COCAINA - parte 1

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IL CONSUMO PROBLEMATICO DI COCAINA IN EUROPA: COCAINA DATI RECENTI SUI PAZIENTI 1.1 IN TRATTAMENTO 1 Linda Montanari, Julian Vicente Osservatorio Europeo Droghe e Tossicodipendenze

Introduzione Da 0.5% a 6% è la percentuale della popolazione adulta europea che ha fatto uso di cocaina almeno una volta nella vita; più esigua è la proporzione di chi fa un uso regolare di cocaina, ma da diverse fonti provengono indicazioni di un livello di utilizzo decisamente più elevato tra un gruppo ristretto della popolazione, costituito da giovani maschi che vivono in aree urbane e frequentano contesti ricreativi come discoteche e night clubs. Recentemente l’accresciuto interesse sul tema della cocaina ha attirato l’attenzione di mass media, politici e professionisti del settore delle dipendenze. Segnali di un aumento del consumo occasionale e regolare di cocaina provengono da diverse fonti a livello europeo e in particolare dai dati sulle indagini nella popolazione generale e nelle statistiche sui pazienti in trattamento per uso di droga. È necessario tuttavia analizzare i dati con estrema cautela, tenendo presente le differenze tra i paesi, il numero di consumatori relativamente ridotto in termini assoluti e le limitazioni metodologiche di un’analisi comparata a livello europeo. Dai dati disponibili si ricavano alcune indicazioni sulle tendenze di breve periodo nel consumo di cocaina e sulle caratteristiche e i modelli di comportamento sia nella popolazione generale che tra i pazienti dei servizi per le tossicodipendenze in Europa. Allo stato attuale non sono invece disponibili dati sulla popolazione cosiddetta “sommersa” di consumatori di cocaina che non si rivolgono ai centri di trattamento. Il profilo del consumatore di cocaina in Europa, di seguito presentato, fornisce pertanto alcune informazioni di base per una prima analisi del fenomeno e del suo sviluppo recente, nonché sulle caratteristiche e i comportamenti dei consumatori.

Tutti i dati presentati nel capitolo sono pubblicati nel Rapporto Annuale 2006 dell’Osservatorio Europeo Droghe e Tossicodipendenze e nel Bollettino Statistico 2006. 1

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Nota metodologica Nel presente capitolo vengono utilizzati i dati raccolti tramite due dei cinque indicatori epidemiologici chiave dell’Osservatorio Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze (OEDT) 2: il consumo di droga nella popolazione generale e la domanda di trattamento per problemi legati al consumo di droghe. I due indicatori e le rispettive linee guida sono stati adottati dai 25 paesi Europei, dai 3 paesi candidati (Bulgaria, Romania, Turchia) e dalla Norvegia (membro ufficiale dell’Osservatorio Europeo), che si sono impegnati ad implementarli nei rispettivi territori nazionali. Il primo indicatore – il consumo di droghe nella popolazione generale – ha l’obiettivo di raccogliere informazioni attendibili e comparabili a livello europeo sulla dimensione e i modelli di consumo di droghe nella popolazione generale, sulle caratteristiche dei consumatori e gli atteggiamenti dei singoli gruppi di popolazione rispetto all’uso di droghe. Le linee guida standardizzate a livello europeo includono una lista di “core items”, che ogni paese si impegna ad inserire nelle rispettive inchieste nazionali (“European Model Questionnaire”). Le inchieste di popolazione sono basate su un campionamento probabilistico dell’intera popolazione e la metodologia utilizzata consente di misurare l’uso di droga, i modelli di consumo e i fattori socio-demografici individuali. Esistono tuttavia limitazioni metodologiche nella raccolta delle informazioni, dovute alla natura volontaria dell’inchiesta e alle differenze culturali e metodologiche dei singoli paesi. Per maggiori informazioni sulla metodologia e i risultati delle analisi sulle inchieste di popolazione a livello europeo è possibile consultare il sito web dell’Osservatorio al seguente indirizzo: http://www.emcdda.europa.eu/?nnodeid=1380 Il secondo indicatore – domanda di trattamento – si propone di raccogliere informazioni attendibili e comparabili a livello europeo sulle persone che si rivolgono ai centri di trattamento specializzati per problemi legati al consumo di droga (EMCDDA, 2000). L’indicatore si basa su un protocollo europeo, costituito da 20 variabili che riguardano diverse aree correlate all’uso di droga e al trattamento (consumo di droghe, modelli di comportamento, caratteristiche sociodemografiche dei pazienti e utilizzo dei servizi). L’indicatore raccoglie informazioni sulle persone che entrano in trattamento per la prima volta nella vita o nell’anno di riferimento; non fornisce invece nessun dato sui pazienti che restano in trattamento per lungo tempo 3. Limitazioni nella raccolta e analisi dei dati di trattamento sono dovuti alle differenze di rilevazione tra i paesi, alla copertura di dati tuttora variabile e alla natura aggregata dei dati forniti all’Osservatorio. L’analisi di seguito presentata è basata su due fonti di informazione: i dati sui pazienti in trattamento presso tutti i tipi di centro sono stati utilizzati per l’analisi delle tendenze temporali; i dati sui pazienti in trattamento nei centri non residenziali costituiscono invece la base per

Per informazioni sugli altri indicatori epidemiologici è possibile consultare il sito web dell’OEDT al seguente indirizzo: http://www.emcdda.europa.eu/index.cfm?fuseaction=public.Content&nNodeID=1308&sLanguageISO=EN 2

Un progetto finalizzato alla raccolta di dati sui pazienti in trattamento nei servizi da lungo termine è attualmente in fase di sperimentazione; sulla base dei risultati dello studio pilota si valuterà l’opportunità di estendere la raccolta dei dati ai pazienti di lunga durata a livello europeo. 3

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l’analisi delle caratteristiche e dei modelli di consumo di droga. I paesi sono stati inclusi nell’analisi secondo la loro disponibilità dei dati rispetto alle singole variabili analizzate; non tutti i 29 paesi sono pertanto sempre presenti nell’analisi. Per maggiori informazioni sulla metodologia e l’analisi dei dati relativi all’indicatore di domanda di trattamento è possibile consultare il sito web dell’Osservatorio al seguente indirizzo: http://www.emcdda.europa.eu/?nnodeid=1420. Il consumo di cocaina nella popolazione generale Sulla base delle ultime indagini di popolazione, si stima che nel 2004 circa 10 milioni di cittadini europei abbiano usato cocaina almeno una volta nella vita, con differenze molto rilevanti tra i paesi (dallo 0.5% al 6% dell’intera popolazione adulta). In Italia il 4.6% della popolazione adulta ha sperimentato la cocaina almeno una volta nella vita, collocandosi tra i paesi europei con i valori di consumo più alti. Tassi di consumo più elevato sono riportati nelle fasce di età giovanile, in particolare tra i giovani con un ‘età compresa tra i 15 e i 24 anni (Figura 1). La percentuale è ancora più alta tra i giovani di sesso maschile che risiedono nelle aree urbane e frequentano contesti ricreativi come bar, discoteche e night clubs. Alcune indagini effettuate sui giovani maschi con un’età compresa tra i 15 e i 34 in Danimarca, Spagna, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito riportano un tasso di consumatori sperimentali compreso tra il 5% e il 14% (6% in Italia). In media 1/3 dei consumatori sperimentali (una volta nella vita) ha utilizzato cocaina nell’ultimo anno, mentre solo il 13% di essi l’ha utilizzata nell’ultimo mese. Ad esempio in Spagna, Italia, Regno Unito e Bulgaria, tra il 2% e il 4% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni consuma attualmente cocaina. Considerando il dato di utilizzo nell’ultimo mese, come un potenziale indicatore indiretto di consumo regolare, è possibile stimare approssimativamente in 1.5 milioni il numero di consumatori regolari di cocaina in Europa. Tuttavia questa dato è probabilmente solo una sottostima del numero reale di consumatori regolari: gli utilizzatori regolari sono infatti di più difficile identificazione tramite sondaggi: possono essere assenti al momento dell’intervista, non ammettere l’uso di droga per motivi legali o le possibili conseguenze sociali negative, specie se si tratta di utilizzatori socialmente integrati, quali professionisti o managers. Tale gruppo di consumatori, seppur numericamente ridotto, potrebbe essere portatore di problemi sanitari e/o psicologici rilevanti; tuttavia le informazioni disponibili a livello europeo sono ancora troppo limitate per consentire ulteriori analisi. Analizzando poi i dati dei pazienti che si rivolgono ad un centro di trattamento sulle dipendenze per problemi correlati all’uso di cocaina, è possibile avere un quadro più dettagliato del profilo dei consumatori e un indicatore, seppur indiretto, sulle tendenze temporali. Tra i consumatori che richiedono un trattamento per problemi correlati al consumo di sostanze, la cocaina si colloca al terzo posto dopo gli oppiacei (prevalentemente eroina) e i cannabinoidi. Complessivamente il 7% di tutte le persone che per la prima volta nel corso del 2004 si sono rivolte ad un servizio per tossicodipendenti in Europa ha utilizzato cocaina come droga primaria. Cio’ significa che circa 26.500 persone sono state in trattamento in Europa per uso di cocaina nel 2004 per la prima volta. Tale dato -26.500- confrontato con la stima di consumatori “regolari” di cocaina sopra-riportato -1.500.000-, rappresenta soltanto il 2% dei consumatori regolari di cocaina nella popolazione. Pur con notevoli approssimazioni nelle stime presentate, cio’ significherebbe che solo pochi tra gli utilizzatori regolari di cocaina si rivolgono ad un servizio per le dipendenze. È possibile ipotizzare che tra le ragioni della mancata richiesta di aiuto, vi siano l’assenza di un reale bisogno di assistenza e/o la mancanza di servizi adeguati, sia 29


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Figura 1 - Prevalenza nel consumo di cocaina nell'ultimo anno tra gli adulti (15-64 anni), giovani tra i 15 e i 34 anni e tra 15 e 24 anni in alcuni stati europei.

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nel numero che nelle caratteristiche, a tale tipo di consumatori. Tuttavia anche in tal caso le variazioni tra i paesi sono molto rilevanti. I due paesi con il più alto tasso di consumatori di cocaina tra i pazienti in trattamento sono i Paesi Bassi e la Spagna, che riportano rispettivamente il 37% e il 26% di consumatori primari di cocaina tra i pazienti in trattamento. Un secondo gruppo di paesi riporta una percentuale di pazienti cocainomani compresa tra il 5% e il 10% (Cipro, Danimarca, Germania, Francia, Irlanda, Italia, Malta, Regno Unito e Turchia). Nei restanti paesi la proporzione di consumatori di cocaina tra i pazienti in trattamento è invece molto più esigua (Figura 2). È da rilevare come non ci sia corrispondenza tra paesi che riportano alti tassi di consumo di cocaina tra la popolazione generale e paesi con una rilevante proporzione di consumatori tra i pazienti in trattamento. Solo nel caso della Spagna ad un alto tasso di consumo tra la popolazione generale corrisponde un elevata proporzione di pazienti cocainomani in trattamento; nei Paesi Bassi ad un consumo generale medio corrisponde un elevato tasso di pazienti in trattamento; Regno Unito e Italia, pur presentando tassi elevati e moderatamente elevati di consumatori, non riportano alte percentuali di pazienti in trattamento. Tra i fattori alla base di tale incongruenza, è probabile ci sia una scarsa disponibiFigura 2 - Percentuale dei pazienti in trattamento per uso di cocaina in Europa nel 2004 o nei dati disponibili più recenti sul totale dei pazienti in trattamento per uso di droga

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lità e/o appropriatezza dei servizi per consumatori di cocaina; spesso infatti i servizi per le dipendenze sono nati e si sono sviluppati per rispondere ai bisogni dei consumatori di oppiacei, eroina in particolare, non sempre preparati a rispondere ai bisogni di nuovi e/o diversi gruppi di consumatori. Tuttavia è necessario tenere presente le limitazioni metodologiche nella rilevazione e analisi dei dati, che non consentono di fare completa chiarezza rispetto a tali elementi. Le tendenze recenti A causa delle limitazioni metodologiche sopradescritte, anche i dati sulle tendenze temporali recenti non sono di semplice interpretazione. Le informazioni rilevate attraverso le indagini di popolazione riportano dati di prevalenza relativamente bassi in termini assoluti, che pertanto risultano meno precisi. In alcuni paesi poi non sono state realizzate indagini di popolazione di recente e infine il consumo di cocaina spesso non viene ammesso dagli intervistati, causando una sottostima delle percentuali di consumo reale. Tenendo presenti tali limitazioni, è possibile analizzare i dati disponibili per avere un orientamento generale sulle tendenze recenti. Si è osservato negli ultimi anni un aumento del conFigura 3

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sumo di cocaina nella popolazione generale, verificatosi in particolare in due paesi - Regno Unito e Spagna-; tale incremento, verificatosi negli anni 90 sembra ora aver raggiunto una fase di stabilizzazione. In altri paesi, tra cui l’Italia, la Danimarca, l’Ungheria, i Paesi Bassi e la Norvegia, l’aumento è stato più moderato, mentre nei restanti è rimasto sostanzialmente stabile nel corso degli anni. Dai dati di trattamento, si delinea una tendenza simile alla crescita negli ultimi 6 anni. Dal 1999 al 2004 la proporzione di pazienti che per la prima volta nella loro vita ha richiesto un trattamento per uso di cocaina è passata dall’11% al 20% di tutti i pazienti in trattamento; in termini assoluti, il numero di pazienti riportati nelle rilevazioni è aumentato da 11.922 nel 1999 a 28.860 nel 2004 (Figura 3). In Italia la proporzione di pazienti in trattamento per cocaina è passata dal 2.3% al 16.5%; con un aumento dei pazienti da 769 a 5.661. È tuttavia è necessario tenere presente le limitazioni dovute al basso numero complessivo di casi e alla limitata copertura nella rilevazione dei dati dei servizi effettivamente attivi in Europa. Inoltre, come ricordato nel paragrafo sulla metodologia, l’indicatore sulla domanda di trattamento, raccoglie dati riferiti soltanto ai nuovi pazienti, mentre non fornisce nessuna informazione sul totale delle persone seguite dai servizi nel corso degli anni. Cocaina CIH e crack Quando si parla di cocaina si parla essenzialmente di cocaina cloridrato, in polvere, prevalentemente sniffata o fumata e, solo in un minor numero di casi, somministrata per via iniettiva. Il consumo di crack invece presenta dati molto bassi, sia tra la popolazione generale che tra i pazienti in trattamento. L’utilizzo è riportato solo in alcuni paesi e prevalentemente concentrato nelle grandi città. Anche la popolazione che fa uso di crack appare avere caratteristiche totalmente differenti dai consumatori di cocaina cloridrato: si tratta spesso di gruppi marginali, dove il consumo di crack si aggiunge ad altri fattori di esclusione sociale (mancanza di alloggio e di impiego, alcolismo e disturbi psichiatrici, prostituzione, ecc.) (Haasen C. et al., 2005). Dai dati sulla domanda di trattamento, la percentuale di consumatori di cocaina - crack risulta essere relativamente ridotta: il 18% del totale dei pazienti cocainomani fa uso di crack, mentre l’82% consuma cocaina cloridrato. Anche in tal caso i pazienti sono concentrati solo in alcuni paesi e prevalentemente nelle grandi città. Studi inoltre confermano che i pazienti in trattamento per uso di crack appartengono in generale a fasce sociali marginali; uno studio scozzese su 585 pazienti in trattamento per uso di cocaina e di crack, riferisce che i consumatori di crack hanno solitamente una storia di consumo problematico più lunga e un maggior coinvolgimento in attività criminali (Neale e Robertson, 2004). Studi statunitensi e canadesi confermano il carattere marginale dei consumatori problematici di crack, spesso senzatetto e disoccupati, confermando un legame tra uso di crack e povertà. I pazienti cocainomani in trattamento in Europa: caratteristiche e modelli di consumo I dati disponibili in Europa sulle caratteristiche dei pazienti in trattamento presso centri non residenziali consentono di descrivere un profilo di base dei consumatori di cocaina. Si tratta prevalentemente di maschi; dopo i consumatori di cannabis, i pazienti in trattamento per cocaina presentano la percentuale di maschi più elevata: per ogni donna ci sono 5.8 uomini in trattamento. Le differenze tra i paesi sono tuttavia considerevoli: l’Italia ha il rapporto uomini/donne più elevato (15 uomini per ogni donna), mentre la Repubblica Ceca quello più basso (1 a 1). 33


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I consumatori di cocaina in trattamento sono anche tra i pazienti più anziani, con un’età media di 30.7 anni; il 70% di essi si colloca nel gruppo di età compreso tra i 20 e i 34 anni (22% tra 20 e 24 anni, 25% tra 25 e 29; 21% tra 30 e 34). Tali caratteristiche sembrano piuttosto omogenee tra i paesi, sempre considerando il numero spesso esiguo di pazienti riportato in alcune realtà. L’età di primo utilizzo della cocaina è compresa tra i 15 e i 24 anni, con un’età media di 21.7 anni; quasi la metà dei pazienti (44.3%) l’ha utilizzata per la prima volta tra i 15 e i 19 anni e il 10% prima dei 15 anni. Non si rilevano grandi differenze tra i paesi: nei Paesi Bassi il primo utilizzo di cocaina comincia prima (il 17% comincia prima dei 15 anni e il 42% tra i 15 e i 19 anni), mentre in Italia le percentuali più elevate di primi utilizzatori sono riportate tra i 15 e i 19 anni (35%) e tra i 20 e i 24 (25%). È interessante notare il lungo divario di 9 anni tra l’età media di primo utilizzo (21.7 anni) e l’età media dei pazienti in trattamento per consumo primario di cocaina (30.7 anni). Anche tale dato pone interrogativi sulla effettiva capacità di attrazione dei servizi e l’adeguatezza delle risposte ai bisogni Rispetto ai modelli di consumo di cocaina tra i pazienti in trattamento, i dati disponibili in Europa consentono l’analisi di tre variabili di comportamento: la frequenza di consumo, la via di somministrazione principale e la combinazione con altre sostanze. Circa la metà dei pazienti dichiara di sniffare la cocaina (46.7%) e un altro 42.2% di fumarla o inalarla; soltanto il 6.1% dei pazienti dichiara di iniettare la sostanza. In tal caso, tuttavia, le differenze tra i paesi sono estremamente rilevanti: in Germania, Italia e Paesi Bassi dove viene riportato il numero più elevato di consumatori di cocaina tra i pazienti in trattamento, tra il 37% e il 57% dei consumatori sniffa la sostanza e tra lo 0.5% e il 14.8% la inietta. I Paesi Bassi riportano la percentuale più bassa di iniettori (come avviene anche per le altre sostanze), l’Italia si colloca in una posizione intermedia (7.8% di iniettori di cocaina), mentre la Germania riporta il dato più elevato di utilizzatori di cocaina per via iniettiva (Prinzleve M. et al., 2004). Pur tenendo presente la limitata disponibilità di dati riguardo alla frequenza di consumo, è possibile rilevare che un terzo dei pazienti in trattamento riporta un consumo quotidiano di cocaina; gli altri pazienti si dividono tra coloro che la utilizzano saltuariamente, quelli che la consumano nel week end fino a coloro che la usano qualche volta la settimana. Infine riguardo all’uso combinato di cocaina e di altre sostanze, (combinazione che puo’ essere simultanea e/o consecutiva), si osserva che nel 31.6% dei casi la cocaina viene consumata con la cannabis, nel 28.6% con oppiacei e infine nel 17.4% dei casi con alcol. È necessario tuttavia sottolineare che i dati a disposizione non consentono una stima del numero di policonsumatori; non è possibile infatti determinare quanti dei pazienti in trattamento per consumo primario di cocaina utilizzano congiuntamente altre sostanze secondarie. Studi locali riportano una tendenza all’aumento dell’uso combinato di eroina + cocaina; tale combinazione somministrata per via iniettiva e conosciuta con il nome comune di “speedball”, richiede particolare attenzione per i notevoli rischi per la salute. Osservando l’altro versante del consumo combinato di oppiacei e cocaina nei dati dei pazienti che riportano un uso primario di oppiacei, il consumo secondario di cocaina è riferito dal 33.4% dei pazienti. Cio’ si aggiunge al 28.6% che riporta un uso primario di cocaina e secondario di oppiacei. In alcuni paesi tale combinazione sembra particolarmente diffusa: nel Regno Unito il 44% di pazienti eroinomani consuma cocaina come droga secondaria e il 38% di pazienti cocainomani consuma eroina come droga secondaria; in Italia si riportano rispettivamente il 31% (oppiacei +cocaina) e il 28% (cocaina + oppiacei) dei pazienti che utilizza tale combinazione. In conclusione il paziente che si rivolge ai servizi specialistici per la cura delle tossicodipendenze a causa di problemi derivanti dal consumo di cocaina, è spesso un giovane adulto con 34


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un età compresa tra i 25 e i 34, che ha iniziato ad utilizzare la sostanza per la prima volta intorno ai vent’anni. La cocaina viene principalmente sniffata o fumata e consumata con una frequenza di qualche volta la settimana; spesso viene consumata in combinazione con altre sostanze lecite (alcol) o illecite (cannabis e eroina). Dai dati presentati è poi possibile identificare un gruppo di consumatori in trattamento con un profilo problematico: un età di primo utilizzo precoce e una storia di consumo corrispondentemente più lunga, un uso quotidiano della sostanza, spesso iniettata e usata in combinazione con l’eroina. Pur se i dati a disposizione sono limitati e il gruppo di consumatori in trattamento costituisce una realtà delimitata numericamente, è necessario rivolgere maggiore attenzione a tale gruppo di consumatori e alle problematiche ad essi connesse, così come ad una riflessione sull’accessibilità ai servizi e sulla loro appropriatezza per la cura della dipendenza da cocaina. Conclusioni Dai dati disponibili, il consumo di cocaina in Europa, pur riguardando solo una parte relativamente ridotta della popolazione generale, rappresenta un problema in crescita a livello sociale e di aumentato interesse per i mass media, i ricercatori e gli operatori del settore dipendenze. Indicazioni di un incremento nel consumo sperimentale e regolare di cocaina negli ultimi anni vengono da diverse fonti di informazione, imponendo un’analisi ed una riflessione approfondita a partire dai dati esistenti. In Europa circa 10 000 milioni di persone hanno sperimentato la cocaina almeno una volta nella vita, 1 500 000 l’ha consumata nell’ultimo mese e circa 30 000 persone si sono rivolte ad un centro specialistico per la cura dei problemi correlati al consumo di droga. L’uso sperimentale e il consumo problematico hanno entrambi riportato un incremento che, in alcuni paesi è stato considerevole. Dalle informazioni disponibili in Europa, il consumatore tipico di cocaina risulta essere un giovane adulto di sesso maschile con un’età media di 30 anni che sniffa cocaina qualche volta alla settimana, spesso in combinazione con altre sostanze come alcol e cannabis. Da questo gruppo, che costituisce la maggioranza dei consumatori in trattamento, è tuttavia possibile isolare un gruppo di consumatori più problematici, con una storia più lunga di consumo e modelli di comportamento a rischio per la salute (iniezione della sostanza, uso quotidiano e spesso combinato con eroina). Nonostante le possibili problematiche derivanti da un uso regolare di cocaina, solo una parte esigua dei consumatori si rivolge ai servizi per le dipendenze in Europa; cio’ solleva questioni importanti sui reali bisogni dei consumatori di cocaina e sulla disponibilità, accessibilità e adeguatezza dei servizi preposti alla cura delle dipendenze per i consumatori di cocaina. I dati disponibili richiedono ancora molti sforzi per una migliore comprensione della dimensione del fenomeno del consumo della cocaina e delle caratteristiche dei consumatori; tuttavia sulla base delle informazioni disponibili è già possibile ricavare indicazioni utili alla programmazione di attività ed interventi sia nell’ambito della prevenzione che del trattamento.

Bibliografia 1. EMCDDA-Pompidou Group (2000), Treatment Demand Indicator. Standard protocol 2.0. 2. EMCDDA (2005), REITOX National Reports 35


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3. EMCDDA (2005), Annual report 2005: the state of the drugs problem in the European Union and Norway 4. Haasen C., Prinzlebve M., Gossop M., Fischer G., Casas M., CocaineEU Team (2005), “Relationship between cocaine use and mental health problems in a sample of European cocaine powder and crack users”, World Psychiatry, October 2005 5. Neale J., Ropbertson M. (2004), “Recent cocaine and crack use amongst new drug treatment clients in Scotland”. Drugs: Education , prevention and Policy, 11 (3): 213-28 6. Prinzleve M., et al. (2004), “Cocaina use in Europe – A multi-Centre Study: patterns of use in diffferent groups” in European Addiction Research, 2004, 10:147-155

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GLI SCENARI NAZIONALI CORRELATI ALL’USO DI COCAINA

1.2

Riccardo C. Gatti *, Gabriele Grosso ** * Dipartimento Dipendenze Patologiche A.S.L. Città di Milano ** ASL Città di Milano

Introduzione Ovunque e in qualunque momento, chiunque “consuma” qualcosa. Non c’è da stupirsi: da tempo, almeno nei Paesi occidentali, viviamo nell’era del consumismo. Tuttavia, parlando di droga e di sostanze di possibile abuso, farmaci compresi, ciò significa anche che viviamo nell’era dell’additività (1): il consumo – consapevole, diffuso e generalizzato - di sostanze di varia natura (2) (legali o meno che siano) finalizzato alla sostenibilità (3) psico-fisica individuale dei modelli economico-socio-culturali dominanti. Disegnare uno scenario socio-culturale univocamente correlato all’uso di una specifica sostanza, la cocaina, significherebbe perciò tradire (4), fin da principio, un fenomeno complesso, “il consumo di droga”, che non è necessariamente legato ad una sostanza piuttosto che a un’altra. Si tratta di una complessità spesso ignorata e che si rivela, soprattutto, nel crescente scarto interpretativo tra come, nel nostro Paese, si pensa e si discute “sulla” droga e l’attuale realtà “della” droga. È uno scarto interpretativo verificabile a diversi livelli: nell’antagonismo politico, ad esempio, che sembra ricercare maggiormente le posizioni che dividono rispetto a quelle che uniscono; nell’inseguimento continuo di nuovi fenomeni e di nuove emergenze prevedibili (eppure mai previste e che, proprio per questo diventano tali); nell’incapacità e, forse nella non volontà di

(1) Il concetto si chiarirà ulteriormente nel prosieguo del capitolo. (2) In una graduazione di accettabilità personale e/o sociale che va dal caffè sino all’eroina, passando da: cioccolato, alimenti variamente “arricchiti”, integratori vitaminici, bevande energetiche, farmaci analgesici, farmaci prestazionali, psicofarmaci, tabacco, alcol, anabolizzanti, steroidi, le “classiche” droghe. (3) Variamente declinabile in diversi stili esistenziali: ludico-ricreativo, prestazionale, (auto)terapeutico, socializzante, nichilistico, controculturale. (4) L’etimologia del termine tradire è riconducibile al termine tradurre. Tradire è dunque tradurre (interpretare) erroneamente.

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verificare realmente l’efficacia delle politiche e delle azioni di contrasto e/o di prevenzione; nelle demoralizzanti serie di numeri che denunciano, nonostante tutto, una progressiva normalizzazione socio-culturale del fenomeno del consumo di sostanze psicotrope nella popolazione generale. La sensazione è che questo “scarto interpretativo” sia sempre più grande. Il pensiero generale sulla droga sembra fermo da anni, mentre il fenomeno si è evoluto con una rapidità inusuale. Il risultato lo si verifica anche nel linguaggio droga-correlato, costruito su presupposti da tempo superati dalla realtà che voleva comprendere. Si pensi, ad esempio, alla definizione ed al significato della espressione “Servizi per le tossicodipendenze”. La compressione spazio/temporale: un approccio cronologico Il fenomeno droga è strettamente legato all’evoluzione sociale: ne condivide i tempi e gli spazi. La sua evoluzione appare inusualmente rapida solo se, per analizzarlo, usiamo gli stessi schemi logici utilizzati per studiare l’evoluzione delle patologie che, in qualche modo, hanno una loro storia, non necessariamente sincrona con i tempi in cui si sviluppano. Un’epidemia infettiva, ad esempio, interviene in modo dissincrono con la necessità di scambi e di interazioni tipiche dei nostri tempi: li ostacola, li rende problematici, li rallenta o, almeno, ne è dissintona. La diffusione delle droghe, invece, è legata ai mercati ed i mercati sono una delle manifestazioni dell’evoluzione sociale. La non sincronicità tra ciò che la droga rappresenta in un determinato contesto sociale e ciò che questo contesto è … diventa perciò impossibile, soprattutto quando il fenomeno esce dalle nicchie di mercato e dalle sottoculture per diventare parte della cultura e dei mercati dominanti. In questi casi il mercato della droga diventa sintono e sincronico con gli altri mercati: l’uno potenzia l’altro. Il pensiero sulla droga è rimasto statico e non si è evoluto perché incentrato sulla droga vista principalmente come generatrice di patologia tossicomania: la tossicodipendenza in sé, come concetto diagnostico, non è mutata. La sensazione che, in mancanza di una evoluzione del pensiero e di una conseguente strategia di azione, il sistema di intervento preventivo, terapeutico e riabilitativo, assieme al corpus legislativo, stiano gradualmente diventando anacronistici è, perciò, corretta. Il fenomeno droga sta rapidamente cambiando perché il mondo si evolve rapidamente. Sono trascorsi pochi decenni dal medioevo tecnologico in cui termini come jet, computer, missile – ma anche solo frigorifero, lavatrice, radio, stereo, televisione e cellulare - non appartenevano neppure al lessico fantascientifico. E tutto è successo tanto in fretta che sembra quasi impossibile ipotizzare come fosse la vita quotidiana di un individuo adulto appena 100 anni fa. All’inizio del secolo scorso i viaggi aerei, la radio, e la televisione non esistevano. Per molte persone la realtà del mondo poteva essere solo mediata dal rapporto diretto e dalla capacità di raccontare e raccontarsi di altre persone. Molti non sapevano né leggere né scrivere. Gli spazi erano molto più ampi di oggi ed anche i tempi più lunghi. Passeranno pochi anni - di futuribile tecnologico - perché termini come webcam, decoder, Pod-cast e reality show ma, forse, anche stazione spaziale e teletrasporto, divengano familiari. Tutto succederà tanto in fretta che oggi sembra quasi impossibile ipotizzare come potrà essere la vita quotidiana di un individuo adulto fra appena 10 anni (5).

(5) Almeno nei Paesi occidentali che sembrano ormai collocati in uno spazio – tempo differenziato da quello di tutto il resto del mondo.

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I concetti di base che riguardano la nostra interpretazione del fenomeno droga e la costituzione di un sistema di intervento preventivo risalgono agli anni ‘70 e più precisamente al 1975. Per rendersi conto di cosa fosse quell’epoca basta ricordare che il 31 ottobre del 1970 segnò il completamento della teleselezione da utente su tutto il territorio nazionale. I 6 milioni di abbonati telefonici italiani solo da quel giorno furono in grado di collegarsi tra loro automaticamente. Ancora oggi, sul sito Internet della Telecom, è scritto: “In qualche modo sembrò un ritorno alle origini degli anni Venti, quando mille sforzi erano stati profusi per spiegare l’ “arte del telefono” ai tanti profani”. Nel ‘75 andava in pensione il grande transatlantico Michelangelo, ancora “nuovo” ma già anacronistico per i tempi. Il Concorde faceva il suo primo volo passeggeri. La RAI pensava di realizzare un terzo canale. Un attentato a Beirut scatenava, invece, una guerra civile, destinata a durare fino al 1990: causerà centinaia di migliaia di morti. Nel ‘75 la maggiore età si abbassava da 21 a 18 anni. Il Consiglio Europeo decideva la data della prima elezione a suffragio universale diretto del Parlamento Europeo, che avverrà poi nel mese di giugno 1978. Nel mese di dicembre, appena prima di Natale, veniva approvata la legge 685: “Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”. Moriva Pasolini, forse uno dei pochi ad accorgersi che il “fenomeno droga”, nel momento in cui si tentava di “fissarlo” all’interno di una norma, aveva già subito una prima grande mutazione: “Voglio dire che il fenomeno della droga ha cambiato radicalmente carattere rispetto a quello che esso era dieci o vent’anni fa. È divenuto cioè un fenomeno che riguarda la massa e comprende dunque tutte le classi sociali (anche se il suo “modello” resta piccolo borghese, ed è magari quello fornito dalla contestazione)” (6). La compressione spazio/temporale: un approccio interpretativo Già citando l’inizio del secolo appena concluso o, più semplicemente, tornando ad alcuni eventi degli anni ‘70 ci si accorge di come lo scenario socio-culturale dell’Occidente sia profondamente mutato. È un fatto che, in particolar modo dal secondo dopoguerra ad oggi, le cose siano radicalmente cambiate. Le Guerre, La Scienza, l’Informatica, l’Architettura, La Politica, l’Economia e i Mass-Media, questi ultimi, soprattutto, hanno trasformato la vita dei singoli individui, modificandone sistematicamente il pensare e l’agire, quindi il vivere. Sono state rese possibili nuove modalità di interazione, si sono consolidate nuove forme di convivenza, sono stati messi in circolazione nuovi valori, si sono imposti nuovi ritmi di vita, si sono ampliati gli orizzonti relazionali, sono stati indotti nuovi bisogni. Le variabili spazio/temporali, coordinate essenziali per comprendere ed interpretare i fenomeni e le esperienze, dunque, per vivere sono state compresse e rese prossime allo zero. La causa, ma non il movente, va rintracciata nella forte accelerazione bidimensionale, nello spazio e nel tempo, impressa al mondo contemporaneo dal repentino progresso tecnologico dei mezzi di comunicazione (il cui obiettivo era comunicare “in tempo reale”, “ora”, “nel medesimo istante”, “in diretta”) e di trasporto (il cui obiettivo era raggiungere l’”ovunque” nel minor tempo possibile). Un’accelerazione direttamente proporzionale, ecco il movente, alla necessità di globalizzazione di mercati costretti da una situazione endemica di sovrapproduzione ad un’espansione continua. “Qui” e “ora” sono divenute le dimensioni fondanti di bisogni, aspettative e desideri di ogni individuo contemporaneo. Velocità, prestazione, efficienza, adeguatezza, appartenenza, competizione, salute, bellezza: ecco le nuove parole d’ordine dell’uomo (7) occidentale. La vita è (stata)

(6) Pierpaolo Pasolini, La droga: una vera tragedia italiana, Corriere della Sera, 24 luglio 1975 (7) Cittadino e - in quanto - consumatore.

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cambiata, l’uomo è (stato) adeguato. Si sono venuti a determinare, quindi, nuovi stili di vita, aggregati complessi di pensieri ed azioni in costante interazione ed evoluzione con l’ambiente circostante. Filosofia, antropologia, sociologia, psicologia – le cosiddette scienze umane - hanno provato ad interpretare questi cambiamenti alla luce di inedite categorie concettuali: età della tecnica, età del consumismo, età della globalizzazione. Altre categorie, poi, hanno reso possibile descrizioni dettagliatamente plausibili, seppur a volte ideologiche, per questa fenomenologia dell’esistenza: età della cultura di massa, età del nichilismo, età della comunicazione, età dell’immagine, età dell’edonismo, etc. Si tratta di categorie formalmente vere, in quanto sostanzialmente efficaci, di cui è necessario, tuttavia comprendere i limiti. In questo contesto il consumo di droghe, anzi - riprendendo un punto focale del discorso il consumo di sostanze additive (8), già da tempo chiede di essere ri-compreso, ovvero de-compresso. Si tratta infatti di un fenomeno apparentemente “marginale” che, tuttavia connota paradossalmente la quotidianità di un sempre maggior numero di individui. È come se sfuggisse o piuttosto si mettesse in ombra negli interstizi dei modelli di interpretazione delle scienze umane perché mascherato, essendone estremamente funzionale, nella compressione dei tempi e degli spazi della società contemporanea. La questione “droga” Sulla questione “droga” sono state spese riflessioni e parole importanti, ma difficilmente si è provato a contestualizzarlo all’interno di un quadro sistematicamente critico sulla realtà di riferimento. Intendendolo come cartina di Tornasole delle diverse realtà compre(s)se dalle categorie concettuali sopra elencate, si scopre che il pensiero intorno alla “droga” non è mutato nel tempo al variare del fenomeno stesso. Ciò non solo all’interno del “sistema di intervento” o di chi se ne occupa a livello politico-legislativo. Più in generale le categorie tuttora utilizzate sono ormai inadeguate e comunque stereotipate. Marginalità, devianza, trasgressione, illegalità, disagio, abuso, proibizionismo (e antiproibizionismo), riduzione del danno, soglia, modica quantità, sostanze stupefacenti e lo stesso termine “droga” sono concetti tuttora vigenti. In quanto tali regolano pensieri e azioni, strategie di prevenzione e politiche di intervento, laddove la realtà risulta già da tempo evoluta in rapporto ad essi. Tali concetti, che definiscono un “comune senso del problema”, risultano fossilizzati, avulsi dal contesto stesso di riferimento e, quindi, incapaci di render conto della complessità e della continua evoluzione del fenomeno. Il pensiero sulla “droga” è costantemente in ritardo sul reale: è, ad esempio, pensiero dell’emergenza, laddove il fenomeno non è più tale, da tempo. Si tratta, allora, di adeguare le categorie del pensiero alla realtà, occorre adottare nuove prospettive, integrare nuovi punti di vista sul fenomeno. Occorre, allora, pensare nuovamente – e soprattutto in maniera nuova – il fenomeno “droga”, rendendosi conto che nessun contesto sociale riesce a contrastare un pericolo od un problema se non riconoscendolo come tale e dimensionandolo correttamente, in quanto dotato degli strumenti necessari per leggerlo dinamicamente nei suoi significati. È così necessario, per comprendere, prevedere le possibili direzioni di marcia del fenomeno ed i suoi possibili e

(8) Laddove il termine additività è da intendersi nella sua duplice – e implicita - accezione semantica: se da una parte fa riferimento alla ben nota questione dell’addiction, dall’altra si amplia fino a poter comprendere in sé l’inedito – ed emergente - fenomeno di una additività ordinaria e quotidiana.

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repentini cambi di direzione. In questo senso, il concetto di previsione si propone di comprendere il fenomeno nella sua attualità – il presente – ma all’interno di una sua concezione dinamica, ovvero a partire dalla sua storia – il passato – e in direzione della sua prossima (e possibile) evoluzione – il futuro –. Così inteso, allora, il concetto di previsione si propone di decomprimere quello spazio/tempo socio-culturale - soggiacente alla questione “droga” – ridotto pressoché a zero. A questa condizione il fenomeno si manifesta in una inedita complessità, molto distante dagli attuali stereotipi che tendono alla banalizzazione ed alla semplificazione, ma anche alla confusione. Prevedere, dunque, diventa pre-condizione necessaria per programmare e progettare politiche legislative e/o socio-sanitarie adeguate, ovvero, efficaci per con-tenere il fenomeno in questione e le sue conseguenze. Prevedere, quindi, per prevenire ed intervenire. D’altronde, una strategia per la prevenzione dei fenomeni di abuso di sostanze additive e delle relative conseguenze individuali e sociali è molto difficile da realizzarsi quando non è strutturata in base ad una corretta previsione dell’evoluzione dei fenomeni stessi, anche accettando inediti quadri concettuali. L’ipotesi, ad esempio, che esista un “nuovo” mercato delle sostanze d’abuso, non tanto legato alla singola sostanza quanto piuttosto al modo in cui viene venduta, comprata e consumata - attraverso la complessa modalità del “format di consumo” - all’interno di una consolidata “cultura dell’additività”, porta, inevitabilmente, a dover riformulare una serie di altri concetti e prassi operative che hanno a che fare con la prevenzione, il trattamento e la ri-abilitazione (ed anche con la repressione). L’attuale sistema di intervento, quindi, ma anche, più in generale, il pensiero sul fenomeno droga, sembra attualmente fermo perché, nell’incapacità di prevedere, riesce ad evolversi con una velocità molto inferiore rispetto ai fenomeni che vorrebbe contrastare. Gli scenari in gioco: il nuovo mercato In questi anni, in effetti, la valutazione e la considerazione dell’offerta di sostanze d’abuso si è mossa sulla base di un’idea di “vecchio” mercato, basato cioè sulla vendita al dettaglio e su un rapporto molto stretto tra spacciatore e consumatore, dove il cliente è, in genere, un tossicodipendente inserito in una sorta di “sottocultura di consumo”, non condivisa da chi non è un “drogato”. Il “vecchio” mercato, pur caratterizzato da una certa staticità, è riuscito a mantenere posizioni relativamente solide, vanificando il possibile danno economico, dovuto ad una più facile fruibilità di farmaci sostitutivi dell’eroina (metadone e buprenorfina), con l’introduzione ad un uso continuativo di altre sostanze, come la cocaina, di soggetti apparentemente legati, saldamente, all’uso di soli narcotici maggiori. Collateralmente tuttavia si è instaurato un “nuovo” mercato delle sostanze d’abuso, basato su una gestione “manageriale” di strategie e di tecnologie simili a quelle della grande distribuzione e indirizzato, più generalmente, a soggetti non necessariamente tossicomani e di eterogenea estrazione sociale. Il cliente tipo di questo “nuovo” mercato è, in senso ampio, un consumatore che acquista “droghe” all’interno di “format di consumo” dove la droga è venduta attiguamente ad altri beni di consumo leciti. Il “nuovo mercato”, quindi, si caratterizza non solo per le strategie, le tecnologie ed i prodotti ma anche e soprattutto per essere parte integrante di una cultura dominante e non di una sottocultura. In questo senso si rivolge, almeno potenzialmente, alla maggior parte dei cittadini e non solo ad una minoranza. Questa evoluzione, avvenuta in tempi molto rapidi, non è stata prevista e compresa. Questo “nuovo” mercato, necessariamente flessibile e ricco di canali distributivi, si è posto su posizioni spiccatamente dinamiche visto che: 41


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1. i potenziali clienti possono circuitare in situazioni di consumo variegate 2. le sostanze devono avere costi, effetti e conseguenze compatibili con le esigenze di consumatori socialmente integrati Il mercato delle sostanze additive illegali si è così avvicinato ai mercati legali contigui: chi vende “cerca” forme di consumo per i suoi clienti sempre meno dannose, meno criticabili, meno emarginanti, maggiormente di moda e più trendy (eroina fumata, ad esempio). Sempre di più si osserva una cura della qualità della sostanza, insieme all’instaurarsi di una relazione di fiducia, non necessariamente personalizzata, tra chi spaccia e chi consuma con la costruzione di un diverso rapporto di fidelizzazione (9) rispetto al passato. La tendenza attuale porta il mercato delle sostanze a distribuire merce con principio attivo (10), compatibile con un consumo moderato - “normalizzato” - a volte non dipendente. Rispetto al “nuovo” mercato si può dire, inoltre, che esso risulta sempre meno nelle mani di pochi criminali. Un tempo, infatti, lo spaccio di droga apparteneva a gruppi ristretti, organizzati in clan, che gestivano tutte le operazioni di vendita in modo gerarchico. Attualmente, invece, esistono molteplici gruppi criminali coinvolti nello spaccio, che si pongono tra loro in maniera concorrenziale compiendo, tuttavia, azioni sinergiche per la conquista del mercato e, soprattutto, per l’allargamento dei consumi. Inoltre, per piccoli traffici, è possibile far parte di catene piramidali di vendita non necessariamente dipendenti gerarchicamente dalla criminalità organizzata ed incorporate ad essa. Ciò lascia un maggiore spazio ad “attività imprenditoriali” molto parcellizzate che entrano ed escono da una sorta di rete globale senza farne necessariamente parte stabilmente. Per descrivere meglio il contesto sociale, in cui si sviluppa il “nuovo” mercato delle sostanze, è possibile ricorrere al concetto di hub: il nodo di una rete topologica di connessioni che possiede, in media, molti più contatti rispetto ad un altro (11). Considerando il mercato delle sostanze, gli hub sono, ad esempio, luoghi come New York, Londra, Ibiza, Milano e le persone/gruppi/società che passano la droga ad altri. L’hub, quindi, può essere dato da un insieme di elementi differenti: può essere un luogo fisico, come la discoteca, ma anche il tipo di persone che la frequentano; uno senza l’altro potenzialmente non è più un hub; per questo si può parlare di situazioni particolari che generano il passaggio e il diffondersi della droga. Il mercato, quindi, è costituito dagli hub: su questi si andranno a tarare tutte le operazioni pubblicitarie. Il problema della lotta alla droga è che l’hub è globale. Gli stessi gruppi criminali non sono più organizzati in senso piramidale, ma prevalentemente in senso orizzontale. Le organizzazioni di cui fanno parte investono contemporaneamente nel lecito e nell’illecito. Ci sono

(9) Il rapporto di fiducia non è più necessariamente tra singolo cliente e singolo venditore ma tra insieme dei clienti e “grande distribuzione” che, non per nulla, riesce a garantire sempre più uniformità di qualità e di prezzo anche per prodotti diversi. (10) Per quanto riguarda, invece, il mercato della cannabis si assiste ad una controtendenza: viene, infatti, venduta merce con un principio attivo gradualmente più alto. In qualche modo le “droghe leggere” diventano più pesanti e viceversa quasi come se, poco per volta, esistesse un prodotto “droga” socialmente compatibile che viene declinato su varie sostanze dal diverso effetto ma di “usabilità e costi” sempre più assimilabili. (11) Se si pensa all’applicazione di questo modello alla diffusione dell’HIV, gli hubs sono coloro che hanno molti più contatti sessuali della media della popolazione.

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reti sovrapposte, spalmate su tutto il globo: attaccando la rete, la si può danneggiare in un singolo punto, se ne può distruggere un server, ma le parti rimanenti continuano a lavorare. In un mercato polverizzato, quale quello attuale, l’aspetto fondamentale è il flusso dell’informazione: chiaramente gli strati più interessanti della società sono quelli che hanno più contatti. L’utente può diventare spacciatore quando ha molti contatti. Una ipotesi ragionevole è che la velocità nei flussi di informazioni e la numerosità di contatti tra le persone favoriscano di molto la possibilità di diventare spacciatori. A conferma di tale teoria, si può osservare come la cocaina sia stata distribuita in questi ultimi anni, in modo trasversale a qualsiasi classe sociale, su qualsiasi categoria. I contatti tra le persone, infatti, sono aumentati a livello esponenziale, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione globale. Questo nuovo mercato è pertanto estremamente compatibile con i nuovi media ed è coerente con la compressione del tempo e dello spazio che questi permettono. Questa situazione di complessiva maggiore libertà ha contribuito a rendere i prezzi delle sostanze molto più livellati tra loro e, quindi, molto più concorrenziali. In futuro è possibile si possa assistere ad una proposta sul mercato di merci equivalenti tra loro e, quindi, potenzialmente intercambiabili, come accade nella vendita di sostanze legali. Attraverso tali accorgimenti si potrebbe puntare a rendere il mercato delle sostanze illecite sempre più simile a quello degli altri prodotti: libera concorrenza, diminuzione della critica etica, sensazione di non pericolosità, normalizzazione dei consumi. È chiaro che questi cambiamenti di quadro sono stati gestiti in modo da cogliere di sorpresa non solo l’opinione pubblica (che continua a considerare rischioso soprattutto quanto è compreso nel “vecchio” mercato, ma mostra atteggiamenti di grande tolleranza o, meglio, di relativa indifferenza nei confronti del “nuovo” mercato, ben più insidioso e pericoloso da ogni punto di vista) ma anche, come abbiamo visto, il sistema di intervento preventivo, terapeutico e riabilitativo. Probabilmente è proprio il mantenimento di questo GAP - tra ciò che accade e ciò che si comprende - che favorisce processi di comunicazione e marketing in cui il – legale - fa da volano all’ – illegale - e viceversa, permettendo una progressiva normalizzazione sociale del fenomeno “droga” all’interno di una sempre più diffusa, tollerata e implicitamente condivisa “cultura dell’additività”. Gli scenari in gioco: l’additività Il fenomeno del consumo di sostanze psicotrope, legali o meno che siano, appare così sdoganato all’interno di una più generale disponibilità socio-culturale ad una “cultura dell’additività”, ormai diffusa e radicata in strati sempre più ampi della società contemporanea. Un concetto, l’additività, che descrive ed interpreta l’abitudine consolidata di un sempre maggior numero di individui all’assunzione di sostanze additive (legali o meno che siano) e/o all’adozione di comportamenti additivi (12) (legali o meno che siano), finalizzati alla sostenibilità di stili di vita contraddistinti, sempre più, dalle inarrivabili categorie esistenziali ed alla risposta a bisogni funzionalmente indotti di beni di consumo solo qualche anno fa inimmaginabili.

(12) Si pensi – in senso ampio e puramente esemplificativo – a comportamenti quali: il ricorso alla chirurgia estetica, il ricorso al gioco “d’azzardo” (scommesse, lotterie, gratta e vinci, lotto e superenalotto, etc.), il ricorso al mercato della pornografia, il ricorso al credito al consumo per l’acquisto di beni voluttuari, il ricorso al casting televisivo, etc.

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Così, accanto agli ormai tradizionali e integrati tabacco ed alcol, alle sempre più numerose sostanze dopanti, agli psicofarmaci, ai farmaci per il potenziamento sessuale, agli integratori vitaminici, ai farmaci anoressizzanti, alle bevande energetiche, agli smart drink e ad un infinita varietà di altri prodotti, naturali o meno che siano, le sostanze psicotrope illegali regolano i ritmi vitali della quotidianità di un numero sempre più crescente di individui, attutendo talora in modo illusorio il disagio esistenziale, permettendo “momenti ludico-ricreazionali” all’interno di ritmi vitali ossessivi, consentendo stili di vita prestazionali altrimenti insostenibili e/o semplicemente aiutando una socialità fortemente compromessa. Non si dimentichi, tra l’altro, a fianco del disagio esistenziale reale, connesso a situazioni di vita e di aggregazione sociale o, più in generale, alla condizione umana, quello indotto, apparentemente indistinguibile dal primo ma generato artatamente perché pro-motore del consumo. Il “cittadino-consumatore”, infatti, deve essere parzialmente insoddisfatto per definizione. La sua insoddisfazione, di volta in volta, può essere placata dall’acquisto di “beni additivi” leciti o illeciti mentre i modelli proposti dai format di consumo, pur apparentemente a portata di mano, rimarranno, di volta in volta, irraggiungibili e in rapida mutazione per promuovere ulteriori consumi. Tale “cultura dell’additività”, finisce così per corrispondere alla dominante cultura “consumistico/prestazionale” occidentale - basata su valori come “la bellezza, il wellness, la giovinezza, la prestazione, l’adeguatezza, il riconoscimento, la velocità, la fama, il denaro e il divertimento, promuovendosi all’interno di diversi e complessi format socio-culturali trasversali e contigui. Il commercio di prodotti leciti, rispondenti a questo tipo di cultura dominante, gode di grande supporto pubblicitario e mass-mediatico, e porta con sé, inevitabilmente, la loro normalizzazione socio-culturale e la loro diffusione sul mercato, ma di fatto provoca, nella “dubbia” equivalenza tra legalità e liceità, anche una conseguente accettabilità socio-culturale (e quindi morale) di tale “cultura dell’additività”. In tale contesto, già di per sé preoccupante, appare evidente che l’assunzione di sostanze psicotrope “additive” illegali, spesso argomentativamente e, forse, ideologicamente, comparata al consumo di altre sostanze lecite in quanto ad effetti nocivi, divenga culturalmente più accettabile e dunque potenzialmente attraente per strati sempre più ampi della popolazione generale, in un costante rimescolamento delle carte, in un vizioso gioco di specchi, in un continuo mutare di forma(t). Si pensi ad esempio, su un altro piano, come le stesse sostanze stupefacenti possano essere - e siano state di volta in volta (13) - strumenti di alterazione, di socializzazione o di potenziamento della prestazione. Così come il rischio, l’adrenalina, la prestazione, il raggiungimento del limite, ma anche la dispercezione e l’alterazione, possono divenire prodotti che si vendono e si comprano, con un packaging e/o un brand diverso, ogni giorno. È in questa “verità” non “capita”, costituita più di “non-detto” che di “detto” che si insinua la forza retorica e persuasiva di un mercato che, muovendosi in bilico tra lecito e illecito, va facendosi sempre più insidioso, normalizzando una interessata e compartecipata “cultura dell’additività” in cui il consumo di “droga” diviene uno stile di vita, possibilità tra altre possibilità. Stile di vita appreso, stile di vita indotto, stile di vita “formattato”, stile di vita “televisivo”.

(13) Secondo precise logiche di mercato e nel pieno rispetto dei format socio-culturali e/o di consumo dominanti. Pensiamo, tra l’altro, alle dinamiche che regolano l’alternarsi delle mode, il susseguirsi dei trends, i revivals, etc.

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Gli scenari in gioco: il format di consumo La presenza televisiva globalizzata e variegata dei giorni nostri corrisponde ad un altro tipo di “cultura” dominante rispetto a quella che aveva sostenuto inizialmente l’esistenza della televisione stessa. La prima televisione si sposava, più di altri media, con la cultura della famiglia, o, meglio, diventava il sostituto dello spazio/tempo della famiglia in cui raccontarsi, raccontare, educare, apprendere ed accrescere l’esperienza. Costruiva un vocabolario ed una serie di significati comuni proprio in un periodo in cui i valori di una intera cultura preesistente si stavano volatilizzando rapidamente. Era, pertanto, contemporaneamente innovativa, rassicurante e (purtroppo solo apparentemente) un ottimo sostitutivo di quei valori volatilizzati dalla accelerazione della globalizzazione e dalla compressione degli spazi e dei tempi. Oggi la televisione esiste perché veicola pubblicità. La pubblicità esiste perché fa vendere prodotti. Ma la televisione non ha perso il suo valore sostitutivo: è stata e continua ad essere il sostituto dello spazio/tempo della famiglia in cui raccontarsi, raccontare, educare, apprendere ed accrescere l’esperienza, ma, poco per volta, più che un sostitutivo di valori ormai volatilizzati è diventata lo strumento (14) – che oggi è - in grado di determinare la visione della realtà e di regolare il comportamento. La televisione, infatti, ha determinato una nuova “forma” di cultura: la cultura dei format. Il format potrebbe essere considerato uno spazio/tempo esperienziale virtuale dove vengono declinate ed interagiscono regole precodificate - già introiettate e in grado di generare automaticamente comportamenti ed emozioni - assieme ad eventi di nuova codifica che, a loro volta, possono generare ulteriori regole da introiettare. In tal senso si può pensare ad un lento, ma continuo, processo di formattazione, tanto più efficace e irreversibile quanto più prematuro sia. Così come si può richiamare alla mente il concetto di imprinting, ovvero quella modalità di apprendimento che riguarda una specifica fase di sviluppo dei “cuccioli” durante la quale tutto ciò che accade, cognitivamente ed affettivamente connotato, rimane irreversibilmente impresso nella memoria, nel carattere, nello stile relazionale del cucciolo. È una sorta di eredità culturale, assimilabile ad un bagaglio genetico, almeno in quanto ad assoluta mancanza di flessibilità e plasticità. Ragionando analogamente, allora, basti pensare a come, fin da giovanissimi, noi uomini veniamo continuamente “contattati” (15) e “addestrati” a comprendere l’esistenza, o meglio condividere la vigenza, di una (falsa) equivalenza tra “cittadino” e “consumatore” e, di più, tra “buon consumatore” e “consumatore consapevole”. Così addestrato, il giovane diventa adulto nel momento in cui diviene padrone dei propri consumi. Il poter scegliere, allora, non è più solo una questione di “potere di acquisto”, ma anche una tappa nel processo di crescita – e soprattutto di individualizzazione - personale. Se ci fermiamo a riflettere attentamente su questo punto ci accorgeremo che i prodotti cui attribuiamo maggior valore sono proprio quelli che, indipendentemente dal loro valore intrinseco, sono in grado di valorizzare il nostro potere di scelta. L’abilità di chi vende, e quindi an-

(14) Il format televisivo diventa efficace quando non riguarda solo ciò che succede nel piccolo schermo, ma anche ciò che accade nelle case degli spettatori. Le trasmissioni di maggior successo, ad esempio, sono quelle che riescono a trattenerci - più di altre - su di un determinato canale. Il fine di questo in-trattenimento è permettere alle strategie di marketing di essere applicate tramite messaggi pubblicitari più o meno espliciti (15) Occorrerebbe ponderare a lungo sul fatto che mentre gli adulti (i genitori, ma anche il sistema educativo e quello della prevenzione) lamentano la difficoltà a stabilire un contatto con i giovani, questi ultimi siano contattati fin dalla culla da chi confeziona e vende i format socio-culturali compresi quelli droga correlati e/o contigui.

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che di chi vende droga, è proprio quella di farci entrare in “format di consumo” in cui, alla nostra sensazione di scegliere, corrisponde al contempo la verità di essere scelti, alla nostra brama di possedere, la verità di essere posseduti, al nostro anelito di indipendenza, la verità di una situazione di dipendenza. All’interno di questo gioco (16) di format la razionalità entra, ma solo sino a un certo punto, se si considera come è facile far credere che ogni scelta sia personale, mentre, di fatto, è ineludibilmente coerente con il format sociale in cui si vive (17). Senza trascurare il fatto che la forza persuasiva della “cultura dell’additività” è di gran lunga superiore (tecnologicamente, economicamente, retoricamente) alle attuali possibilità di resistenza ed impermeabilità culturale ai suoi contenuti di una società imperniata su cardini come l’efficienza, la prestazione e l’apparenza. Il format, così, nella sua interazione con altri format diventa ciò che facciamo e, in un certo senso, ciò che siamo. La cocaina: il doping della vita quotidiana Quando alla fine degli anni ‘80 scoppiò la “guerra alla droga” in Italia si pensava all’eroina; oltre oceano alla cocaina. Nella quinta strada, vicino alla biblioteca pubblica di New York, si vendeva crack a qualche dollaro mentre nel nostro Paese intere famiglie, interi quartieri, venivano aggrediti dall’eroina. L’AIDS si diffondeva tra gli eroinomani e molti epidemiologi erano convinti che tutte le persone infettate dall’HIV sarebbero morte in poco tempo: una strage. Fu così che ognuno giocò la sua guerra. Finì in fretta, probabilmente senza vincitori né vinti. Come in ogni guerra gli interessi in gioco furono molti e - considerando ciò che di solito non si considera - nemmeno tutti dichiarati: nella storia del mondo, le droghe non sono state solo strumenti di alterazione mentale ma anche moneta di scambio per affari non copribili con operazioni bancarie e strumento di colonizzazione e di controllo sociale. La guerra, da noi, finì nel 1993 quando un referendum abrogò le sanzioni penali per chi si drogava. Fu in quel momento che l’argomento droga perse qualunque priorità probabilmente non nel cuore della popolazione ma senz’altro in quello di chi doveva deciderne le sorti: forse solo la storia potrà dirci perché. Di fatto eravamo alla vigilia di una rivoluzione, ma avevamo creato tutte le condizioni necessarie per non accorgercene. Ai tempi lavoravo in un comune della cintura milanese ed ebbi la netta sensazione che le organizzazioni che vendevano la droga sul territorio stessero cambiando strategia. Avevano bisogno di “personale” più qualificato e presentabile. Si apprestavano ad uscire dalla “piazza”: lo spazio/tempo immutabile per lo spacciatore e per il tossicomane. La cocaina era la droga che ci voleva in una “piazza globale”. La cocaina non è la grappa, ma lo champagne. Fornisce energia frizzante, ottimismo, performance e velocità, ed è socialmente compatibile: può essere utilizzata, a differenza di altre so-

(16) Se non valesse per gli aperitivi come per le automobili, per i detersivi come per i biscotti, per le squadre di calcio come per i partiti, potrebbe sembrare la descrizione di un innamoramento: qualcosa che, comunque, ha a che fare con un istinto primario che regola la sopravvivenza della specie (17) Aderendo ai format si è perennemente insoddisfatti perché i nostri bisogni sono continuamente compressi ed espansi - semplificati e poi resi complessi - attraverso un continuo lavoro di ricodifica che propone costantemente nuovi modelli di consumo. D’altronde la ridefinizione continua dei bisogni è una strategia irrinunciabile per una società consumistica costretta a spostare continuamente l’attenzione del potenziale consumatore - da un prodotto ad un altro - secondo una logica che alterna – sadicamente - gratificazione e frustrazione, appagamento e indigenza, sazietà ed appetito.

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stanze, anche in ambito lavorativo. Può slatentizzare aggressività ma, generalmente, meno dell’amfetamina; può favorire la disinibizione sessuale più dell’ecstasy (che spesso si prende…invece di fare sesso); è empatogena, ma non lassista e ridanciana; sveglia, non addormenta. Se è troppa, lo scenario cambia ma può essere stemperata nei suoi effetti con alcol e farmaci ansiolitici (tutte cose a portata di mano e, ancora, socialmente compatibili). La cocaina, sostanza stupefacente usata per sostenere la compressione spazio/temporale, assume così il significato di vero e proprio doping della vita quotidiana. Questa caratteristica è parte importante del suo format trasversale di consumo, compatibile con la compressione del tempo e dello spazio che ci sono stati imposti o che, forse, più semplicemente, abbiamo cercato. Il fatto che possa essere usata per divertirsi, ma anche per lavorare, la rende una sostanza molto vendibile. Il suo utilizzo progressivo in “piste” ne permette l’assunzione graduale anche alle persone più insicure, tanto che qualcuno, appunto, la incomincia a individuare come “droga dei pavidi”, molto diversa, ad esempio, da un “acido” con cui non si sa mai in quale direzione si “viaggia”. Il problema era creare un nuova rete di distribuzione e vendita, ma anche le basi di mercato necessarie per costruire una sua effettiva espansione. La coca era già sul mercato da anni. Era, però, una droga per piccoli gruppi, molto caratterizzati all’interno di una “old economy” fatta di prezzi alti all’interno di situazioni e servizi particolari: vendita al dettaglio, artigianato. Nella “new economy” si mirava, invece, ad una “grande distribuzione”. Questa droga, come le altre, all’origine non è costosa ma la rete di vendita per potersi espandere deve garantire ottimi guadagni e, contemporaneamente, prezzi accettabili del prodotto al consumatore, altrimenti nessuno opera investimenti a rischio da molteplici punti di vista. L’unica possibilità è dunque guadagnare sui (grandi) volumi di vendita, costruendo una sorta di rete distributiva che, come tutte le catene piramidali, guadagna perché continua a crescere. La prima parte dell’operazione fu quella di far cambiare abitudini al tradizionale parco clienti. Lo “zoccolo duro” dei tossicodipendenti storici - quelli che consumavano eroina, quelli che, al limite, era solo possibile trattare con sostitutivi, come il metadone - erano clienti validi e garantiti. I sostitutivi riducevano o impedivano il loro uso di eroina, ma il mercato non poteva perderli: erano troppo importanti. La “old economy” sarà anche più statica, ma è meno volatile e più sicura per gli investitori. L’eroinomane era abituato ad un certo tipo di spesa mensile. L’aggancio ai Servizi di cura permetteva un risparmio: il problema per il mercato era come capitalizzarlo. La risposta stava in una droga non sostituibile dai Servizi di cura. La risposta era la cocaina. Probabilmente alcune coincidenze internazionali erano favorevoli al riversamento di questa sostanza sul nostro mercato (non ultima la guerra alla droga condotta oltre oceano) ed il tutto andò di conseguenza. Molti eroinomani “classici” diventarono anche cocainomani. Molti esperti di settore, intanto, non capivano, non si rendevano conto, non sapevano cosa fare oppure, più semplicemente ignoravano il problema. La cocaina, per l’eroinomane, diventava una sostanza d’abuso “secondaria”. In fondo, poiché come si è detto, nessuno aveva mai curato la possibilità di pre-vedere l’andamento dei fenomeni d’abuso, ciascun SERT - ciascuna Comunità Terapeutica - poteva vedere quello che aveva di fronte, ma non cosa c’era subito dietro. Chi alla fine degli anni ‘80 ed all’inizio degli anni ‘90 tentò - come il sottoscritto - di lanciare un allarme in questo senso venne considerato una sorta di stravagante esibizionista. I “problemi veri” sembravano altri. Ed è proprio questa declinazione dei “problemi veri”, intesi come quelli contingenti, che ha reso difficile la formulazione di strategie almeno a medio termine. 47


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Fu così che, senza contrasti culturali, iniziò in Italia un fenomeno in rapida espansione. Fotografato dall’esterno, disegnava sul territorio una sorta di diffusione epidemica a partire da certe regioni o da certe città o aggregazioni (hub, per rifarci ad un concetto precedentemente espresso) per poi, progressivamente, espandersi in tutte le altre. Costruita la “base sicura” con i “vecchi tossicomani”, alcuni ex “spacciatori classici” - quelli più presentabili - si convertirono a nuovi clienti e, soprattutto, la rete di distribuzione e vendita venne aperta ad altri interlocutori. Diventò così possibile acquistare e rivendere cocaina anche senza affiliarsi necessariamente ad organizzazioni criminali che, ormai, si erano spostate un gradino più in su della vendita al dettaglio, lasciando spazio ad altri. Oggi è ragionevole pensare che in città come Milano siano diverse migliaia (una ricerca della A.S.L. Città di Milano di qualche anno fa ne valutava 10 – 15 mila) le persone che fanno un uso problematico di cocaina e che, quindi, non ne sono più semplici consumatori occasionali. Sono numeri destinati, ancora, a crescere. L’espansione dell’uso di cocaina rende difficile, a questo punto, considerare il fenomeno droga così come solo poco più di venti anni fa lo considerava, pur profeticamente, Pasolini che, tuttavia, ne aveva previsto la trasversalità: “Per quale ragione quei “diversi” che sono i drogati si drogano?” C’è indubbiamente una spiegazione che riguarda i singoli, e cioè la psicologia. Se io parlo e analizzo - senza né moralismo né sentimentalismo né complicità - un singolo drogato, ho subito una vita concreta da prendere in esame: con la sua infanzia, i suoi genitori, i suoi mali, ecc. Quindi quel poco di sapere psicanalitico di cui ogni intellettuale può disporre è sufficiente a trarre qualche diagnosi: la quale diagnosi è però eternamente la stessa: desiderio di morte. (18) Oggi chi assume droga non desidera più la morte, nemmeno inconsciamente, ma, forse, opera - nella compressione del tempo e dello spazio - un tentativo effimero di immortalità in un mondo in cui la morte non deve esistere a meno che non diventi presentabile mediaticamente, diventando anch’essa parte del “grande format” in cui tutti siamo inseriti. Oggi, nella maggior parte dei casi, incontrando un cocainomane, ci troviamo di fronte, più che ad una situazione di disagio, ad una situazione di consumo (che, tra l’altro, difficilmente riguarda l’uso di una sola sostanza). La patologia, caso mai, è un effetto “collaterale ed indesiderato” dell’assunzione della sostanza “dopante (!?)”: è una prospettiva molto diversa da quella cui eravamo abituati dal punto di vista di chi lavora in ambito preventivo, di chi cura ma anche di chi consuma. Molte persone, oggi, sono disponibili ad assumere farmaci per ottenere un risultato sportivo, per equilibrare i ritmi sonno/veglia, per avere più energia, per migliorare la prestazione sessuale o il tono dell’umore a qualsiasi età. Allo stesso modo sono disponibili ad assumere cocaina perché questa droga sfrutta gli stessi format di consumo che fanno vendere gli altri prodotti. Oggi molti non comprano più una droga (lecita o illecita), ma lo sballo piacevole, l’adrenalina, la performance o il suo mantenimento, il relax, l’interattività positiva. Oggi molti, sempre di più, non comprano affatto la cocaina, ma le sue promesse prestazionali, le sue speranze disinibitorie, le sue virtù relazionali, le sue qualità socializzanti. Questa diversità rispetto agli anni ‘70 non deve essere banalizzata: il marketing della new economy della droga sta trasformando il significato dei prodotti che vende in modo che l’acquisto sembri un bisogno:

(18) “La droga: una vera tragedia italiana”: articolo di Pierpaolo Pasolini sulla droga, pubblicato dal Corriere della Sera il 24 luglio 1975.

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il giusto appagamento di un istinto primario. La cocaina e, in un certo senso, i derivati della canapa sono i prototipi di successo di questa mutazione che cambia la società. Non a caso, quando le leggi si fanno più repressive sul consumo, tanta parte della società civile si ribella. Reprimere il consumo sembra e, probabilmente è, reprimere l’essenza stessa della nostra costruzione sociale e la nostra, ormai acquisita, cultura del consumo. Non importa che sia legale o illegale. Importa, piuttosto, ciò che rappresenta all’interno del format esteso di consumo di cui facciamo parte ed in cui ci riconosciamo. Alla fine degli anni ‘80 i massmedia avevano già cominciato a spiegare che negli U.S.A. gli yuppie usavano coca perché lavoravano su mercati mondiali (aperti 24h su 24h). La ricezione del messaggio fu immediata, sebbene inizialmente lenta. Aderirono – in principio - quanti si riconoscevano in alcuni format di consumo, al tempo, trendy: l’abbronzatura, la velocità, il decisionismo rampante, il successo, la visibilità televisiva, etc. Insomma, quella “Milano da bere” che, in quanto tale, trascinava l’Italia e costruiva tendenze. Fu così che accanto alla riformulazione del vecchio mercato ne nacque uno nuovo. Oggi le cose sono radicalmente cambiate - non ci sono più gli yuppie e non c’è più la “Milano da bere” … ma c’è ancora molto spazio per la cocaina in molte parti d’Italia che vedono in quel modello, modificato e modulato per i tempi che corrono, ancora qualcosa a cui tendere. Molte persone che usano coca sono giovani adulti che lavorano e vivono ancora con i genitori. Non appartengono necessariamente a famiglie benestanti. Non occorre, infatti, disporre di una grande quantità di denaro per acquistare a cocaina: è sufficiente avere un piccolo impiego, senza obbligo di rendere conto a qualcuno dei soldi che si guadagnano. Mediamente occorrono 500/600 euro al mese per consumare tutte le settimane. I costi, comunque, variano molto, poiché ogni venditore ha la sua fetta di mercato e la gestisce in autonomia: non c’è, infatti, controllo sui prezzi e poi … è possibile sempre mettersi in affari. Comprare e rivendere a un piccolo giro di persone può essere un modo per pagarsi la droga ma anche per integrare lo stipendio o rendere più stabile una posizione economica precaria. Esiste, poi, il segmento dei consumatori 35enni, anche sposati, che però hanno un lavoro autonomo che rende abbastanza. Infine, ci sono tutti quei lavoratori che hanno delle entrate variabili o in nero, di cui non devono rendere conto alla famiglia: questi margini di guadagno possono essere impiegati per consumare cocaina, magari anche saltuariamente. Talvolta si tratta di un consumo stagionale e territoriale: d’estate in Italia ci sono zone come la riviera romagnola ad essere interessate da un aumento consistente di consumi di cocaina. Non è solo perché anche i cocainomani vanno in vacanza! E il mercato cresce Intanto, però, la diffusione generalizzata sta volgarizzando il prodotto e quando la cocaina sarà diventata la droga “per tutti” il format di consumo iniziale – sotteso - diverrà obsoleto e verrà sostituito. E per ora è difficile pensare come ma anche la “old economy” della droga, quella basata su spacciatori stabili e su clienti tossicomani, rimarrà solida e continuerà a crescere arricchendosi anche di nuovi clienti provenienti dalla “new economy”. Questo avverrà in Italia e, probabilmente, in Europa dove, a mio avviso, si incominciano già a vedere alcuni segnali di saturazione e di declino del mercato. Se anche altre parti del mondo, pensiamo ai Paesi asiatici emergenti, dovessero assorbire sempre più cocaina potrebbero anche verificarsi situazioni di domanda superiore all’offerta. La possibilità di diminuire il principio attivo della sostanza venduta potrebbe essere una risposta iniziale ma non bisogna dimenticare l’universo di sostanze sintetiche disponibili che, tutto sommato, almeno nel nostro Paese, sembrano, per ora in una situa49


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zione di stand-by. Amfetamino-simili? Può essere, ma potrebbe anche trattarsi di sostanze a cui normalmente non si pensa, come gli ormoni. Una volta accettato il principio e la logica del “doping della vita quotidiana” e delle “grande distribuzione” i confini del ragionamento potrebbero allargarsi. Forse è meglio farlo perché come diceva il Poeta Francese Ambroise-Paul-Toussaint-Jules Valéry “Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta”. Almeno in questo campo, sarebbe meglio non lasciarlo in mano a chi, oggi, lo sta costruendo.

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TRAFFICO DI COCAINA: L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO COCAINA E PREVENZIONE DELLE FORZE 1.3 DELL’ORDINE Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per i Servizie Antridroga Ministero dell’Interno

Premessa Generalità L’attività di prevenzione e repressione svolta dalle Forze di Polizia nel settore degli stupefacenti in genere non può prescindere da una puntuale, attenta ed aggiornata comprensione del fenomeno in tutte le sue forme e manifestazioni. Solo attraverso un’appropriata capacità di studio, analisi e valutazione della minaccia nel suo insieme è possibile elaborare una adeguata strategia di lotta alle multinazionali del crimine, la cui maggiore fonte di lucro proviene proprio dai traffici illeciti di droga, così da contrastare, in maniera sempre più serrata, efficace ed intelligente una offerta che, al momento, non sembra subire contrazioni o invertire il suo trend. Per tale ragione, l’attività delle Forze di Polizia volta alla prevenzione e repressione dei traffici di droga inizia con un’attività di intelligence necessaria per individuare luoghi di produzione, flussi di traffico, mercati di consumo, organizzazioni criminali coinvolte nella promozione e nella gestione dei traffici, per poi proseguire con l’individuazione sul territorio dei terminali di tali flussi e la concreta neutralizzazione dei responsabili. L’attività di Intelligence La rilevazione delle aree di produzione e delle conseguenti direttrici di flusso delle sostanze stupefacenti verso i mercati di destinazione, nonché dei collegamenti fra droga e criminalità organizzata e terrorismo è effettuata mediante l’analisi dei contributi di intelligence provenienti: • dai dati investigativi raccolti e valutati a livello nazionale nel contesto dell’attività di coordinamento antidroga e dal supporto analitico alle operazioni contro il narcotraffico da parte della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga; • dagli Esperti antidroga della D.C.S.A presso le 18 sedi estere; • dalle Agenzie straniere antidroga dei vari Paesi corrispondenti con la D.C.S.A. e dagli Ufficiali di collegamento esteri in Italia; • dagli Organismi internazionali di settore: – UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime); 53


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– OIPC-INTERPOL (Organisation Internazionale de Police Criminelle - Organizzazione Internazionale di Polizia Criminale); – EUROPOL. Punto di situazione sul piano internazionale Sullo scenario internazionale il problema droga si pone ancora all’attenzione in tutta la sua drammatica attualità. I cartelli internazionali della droga stanno adottando una strategia sempre più aggressiva ed espansionistica nell’invadere nuovi mercati con nuove droghe, con schemi di distribuzione in continua evoluzione e con un’abilità sempre più spiccata nell’occultare e trasferire i proventi dei loro traffici. Sempre più spesso si assiste a forme di collaborazione tra i cartelli della droga e gruppi terroristici, che utilizzano gli stupefacenti per autofinanziarsi nella lotta armata. Il ricavato della vendita al dettaglio di droghe illecite è stimato attualmente a oltre 500 000 milioni di dollari l’anno. Si tratta di un importo superiore ai bilanci nazionali di molti Paesi. L’afflusso massiccio di eroina dall’Asia, di cocaina dal Sudamerica, di cannabis dal Nordafrica e delle droghe sintetiche dalle basi europee è di fatto in continua crescita. In questo quadro la tendenza globale della produzione di oppio è leggermente al rialzo. Mentre quella di coca, come si dirà più diffusamente in avanti, a fronte del decremento in Colombia, frutto dell’azione strategica denominata “Plan Colombia”, registra complessivamente un lieve aumento, tanto nella produzione di foglie di coca che di quella di cocaina, a causa degli incrementi produttivi del Perù e della Bolivia. Decisamente al rialzo l’andamento della produzione di cannabis con un aumento rispetto agli anni precedenti a causa del maggior consumo a livello mondiale. Secondo il dato diffuso dalla UNODC il numero complessivo dei sequestri di droga nel 2003 si è quadruplicato rispetto al 1985. Negli ultimi dieci anni il dato più significativo è stato l’aumento dei sequestri di anfetamine, seguito da quello relativo ai derivati della cannabis, mentre quelli nei confronti della cocaina sono rimasti relativamente stabili. Punto di situazione in Italia Nel corso del 2005 l’attività di contrasto al traffico di droga ha portato al sequestro di kg. 31.597 di sostanze stupefacenti. A fronte di tali sequestri, sono stati segnalati alla Autorità Giudiziaria 31.263 responsabili a vario titolo, di cui 8.789 cittadini stranieri, 2.931 donne e 1.198 minori. L’impegno delle Forze di Polizia è stato ulteriormente accresciuto registrando un 5 % in più rispetto al 2004. Tra le sostanze stupefacenti sequestrate registrano considerevoli incrementi la cocaina e l’hashish con una crescita rispettivamente del 21,80% e del 45,53% rispetto al 2004. In ulteriore regresso, invece, i sequestri di eroina e marijuana, assestatisi rispettivamente al 46,29% e 29,28% in meno rispetto all’anno precedente. Sulla stessa linea i sequestri di prodotti anfetaminici che hanno subito un ridimensionamento raggiungendo un 15,48% in meno. La variazione percentuale delle persone denunciate si è assestato con una variazione in diminuzione pari al 0,47%. In particolare, le persone assoggettate a provvedimento restrittivo della libertà personale sono state pari al 76,41% del totale delle persone segnalate, contro il 76,54% del 2004, mentre i denunciati a piede libero sono passati dal 22,33% del 2004 al 22,21% del 2005. 54


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Lineamenti del traffico illecito di cocaina Aree di produzione Nel 2004 l’area totale coltivata a piante di coca in Sud America, secondo i dati diffusi dall’ONUDC, ha registrato un lieve aumento, pari al 3%, dopo essere stata in calo negli ultimi tre anni. Tale fenomeno è imputabile al marcato aumento delle coltivazioni in Bolivia e Perù, che ha bilanciato il calo verificatosi in Colombia in seguito alle attività repressive volte a ridurre l’offerta di droga. Si deve operare una netta distinzione tra Paesi produttori di pianta di coca e Paesi che, nella stessa area, emergono anche come primo stoccaggio di ingenti quantitativi di cocaina. Dal punto di vista della produzione, emergono i Paesi della parte più settentrionale del Sud America: • a partire dal 1995, sotto la pressione degli Stati Uniti, è iniziata una forte campagna di eradicazione che ha portato a una drastica riduzione della capacità di produzione mondiale di cocaina; nel 2004 l’area globale coltivata a coca in Colombia, Perù e Bolivia è aumentata del 3% passando dai 153.800 ettari del 2003 ai 158.000 ettari del 2004. La produzione potenziale mondiale di cocaina è stata valutata in 687 tonnellate, cifra che rappresenta un lieve aumento (pari a 2%) rispetto alle 674 tonn. del 2003; • finora i progressi conseguiti negli ultimi anni dalle Forze Governative nella regione Andina, nell’attività volta ad arginare le coltivazioni di piante di coca, non sembrano aver avuto un impatto significativo sulla disponibilità della cocaina sul mercato mondiale. I persistenti elevati livelli dei sequestri, che si riflettono anche dai dati disponibili relativi al 2004, indicano la possibile esistenza di depositi di stoccaggio e/o la presenza di potenziate varietà di foglie di coca; • nel 2004, in Colombia la superficie coltivata ha subito un forte calo pari al 7% passando dagli 86.000 ettari del 2003 agli 80.000 ettari circa del 2004, mentre la produzione di cocaina è scesa dell’11% passando da 440 tonn. del 2003 alle 390 tonn. del 2004. Gran parte della produzione globale di cocaina ha luogo in Colombia, in laboratori clandestini ubicati in zone che si trovano sotto il controllo dei gruppi armati, che utilizzano essenzialmente pasta di coca di produzione locale. Tuttavia, per la produzione di cocaina colombiana viene utilizzata anche pasta di coca esportata dal Perù. Nel periodo 2003/04 in Colombia è stato smantellato un crescente numero di laboratori di cocaina; • in Bolivia il terreno coltivato a coca nel 2005 è aumentato dell’8% rispetto ai 27.700 ettari del 2004. La produzione di cocaina è cresciuta del 35%, da 79 tonn. del 2003 a 107 tonn. del 2004; • in Perù, l’area coltivata a coca è aumentata del 14%, passando da 44.200 ettari del 2003 a 50.300 ettari del 2004. Sempre nello stesso anno la produzione di cocaina è stata quantificata in 190 tonn., con aumento del 23% rispetto alle 155 tonn. del 2003. 55


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Il Perù, da Paese produttore di pasta base di cocaina si è trasformato in Paese esportatore di cloridrato di cocaina; i sequestri di ingenti partite di cocaina, operati di recente, possono essere un chiaro indicatore della crescente attività di produzione svolta dai trafficanti nel Paese. Presumibilmente l’aumento delle coltivazioni di coca registrato nel 2004 sia in Perù che in Bolivia è una conseguenza dei prezzi elevati delle foglie di coca alla produzione. Va precisato che negli ultimi anni l’attività illecita di produzione di cocaina si è estesa in tutti i Paesi del Sud America, con le uniche eccezioni di Paraguay ed Uruguay. Relativamente all’attività repressiva nei tre principali Paesi produttori della regione Andina, dove globalmente i sequestri sono aumentati del 28%, passando da 122,6 tonn. del 2003 a 156,8 tonn. del 2004, l’andamento disaggregato non è omogeneo ed anzi è contrassegnato da vistose variazioni da un Paese a l’altro. Infatti, mentre in Colombia si è passati da oltre 113 tonn. del 2003 a 149,3 tonn. del 2004 (con un aumento del 32%), in Bolivia si è registrato un calo del 91%, con sequestri diminuiti da 5,9 tonn. del 2003 a 0,5 tonn. del 2004, mentre in Perù, al contrario, si è registrato un eclatante aumento (pari al 104%), dalle 3,6 tonn. del 2003 alle 7,3 tonn. del 2004, ossia praticamente il doppio. Coltivazione di foglie di coca nella regione Andina (Dati UNODC - Febbraio 2006).

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Produzione di cocaina nella regione Andina (Dati UNODC - Febbraio 2006).

Dal punto di vista dello stoccaggio, altri Stati sud-americani (Brasile, Venezuela, l’area caraibica e Argentina) pur non coinvolti, se non in minima parte, nella produzione di cocaina, rivestono particolare importanza come zone di transito e di influenza delle organizzazioni criminali operanti nelle zone di produzione. In particolare: • il Brasile rappresenta un ottimo corridoio per l’esportazione verso i Paesi europei e gli Stati Uniti. Preoccupante è la tendenza che vede sfruttato da parte dei trafficanti il bacino del Rio delle Amazzoni, più difficile da controllare da parte delle Forze di Polizia. • In alcune zone del nord del Brasile, al confine con Perù, Colombia e Venezuela sono state rilevate piccole coltivazioni di una varietà di coca, denominata epadù, caratterizzata da bassissime concentrazioni di principio attivo, generalmente masticata dagli indios locali; • il Venezuela è preferito dalle più potenti organizzazioni criminali come ponte per l’invio di grosse quantità di cocaina in USA ed Europa nonché per l’assenza, sotto il profilo finanziario, di idonei meccanismi di contrasto operanti nel settore. • Ciò consente alle stesse organizzazioni di utilizzare numerose imprese, di solito commerciali e/o industriali dedite all’import-export, come attività di copertura; • i Paesi dell’Area Caraibica, geograficamente rappresentati da un “quadrante” formato da numerose isole vicine al più grande mercato di cocaina del mondo, costituiscono un crocevia ideale per i carichi provenienti dal Sud-America ed un volano del riciclaggio della maggior parte dei proventi del mercato degli stupefacenti; • l’Argentina sta progressivamente assumendo un ruolo chiave nel temporaneo stoccaggio della cocaina colombiana e della conseguente immissione sul mercato attraverso i consoli57


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dati rapporti commerciali sia continentali, sia, soprattutto con l’Europa. Recenti acquisizioni investigative documentano anche il funzionamento di grandi laboratori in grado di procedere alla lavorazione della cocaina base. Linee di transito Le modalità del traffico di cocaina si adattano alle caratteristiche di flessibilità e di globalità delle rotte commerciali. A livello mondiale, la cocaina viene di norma trasportata seguendo la via marittima (80%) o ricorrendo al vettore aereo (20%). Le principali linee di transito mondiali (fig.1) della cocaina sono: – rotta latino-americana: dai paesi produttori verso Argentina, Paraguay, USA, Canada, Europa; – rotta del nord Pacifico: dai paesi produttori via Messico verso le coste occidentali americane; – rotta del sud Pacifico: dal Perù giunge in Australia, passando per l’Argentina; – rotta atlantica: dal Venezuela, Colombia, Brasile, Argentina verso l’Europa; Notizie suscettibili di ulteriore conferma segnalano, come variante alla rotta classica, il passaggio dalla Colombia agli U.S.A., via Africa, dove presumibilmente esistono ampi stocks di cocaina; a sostegno di tale ipotesi strategica vi sono i sequestri di cocaina destinata ai mercati statunitensi segnalati dalle autorità di Ghana e Guinea; le Autorità nigeriane hanno altresì indicato che il 70% della cocaina sequestrata era destinato agli Stati Uniti ed il 30% all’Europa; – rotta dell’Istmo: dalla Colombia verso gli Stati Uniti attraverso i Paesi dell’Istmo ed il Messico. Quest’ultimo è altresì utilizzato come paese di transito per inoltrare in Europa la cocaina; – la rotta africana che dai paesi produttori raggiunge l’Africa centro occidentale, dove esistono ampi depositi. Oltre a base di stoccaggio, il continente africano sta diventando sem-

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pre più anche la sede di comando e controllo dei narcotrafficanti internazionali. Paesi come Capo Verde, Gambia, Togo, Ghana, Nigeria e Guinea Bissau sono utilizzati come aree di transito perché i controlli di Polizia sono più deboli e la corruzione è più diffusa. I legami storici che intercorrono fra tali Paesi ed alcuni stati europei (per esempio del Ghana e della Nigeria con il Regno Unito, della Costa d’Avorio con la Francia e di Capo Verde con il Portogallo) facilitano ulteriormente le operazioni di trasporto delle partite di cocaina dall’Africa all’Europa. Dai porti del Venezuela, Suriname e Brasile, i carichi di cocaina giungono a largo del triangolo marittimo – Isole Canarie, Capo Verde, Azzorre – quindi vengono trasbordati su altri battelli da pesca, provenienti dalle Isole Canarie, Senegal, Guinea Bissau, Togo e Ghana. Successivamente i narcotrafficanti provvedono al trasporto diretto in Spagna e Portogallo, decidendo talvolta, di stoccare i carichi in Togo, Ghana e Guinea Bissau, per parcellizzare le partite di droga e ridurre il fattore rischio. Negli ultimi anni si è accentuata la diversificazione delle rotte per la presenza di: – nuove zone di transito individuate in diverse regioni dell’Asia centrale e del sud-est Asiatico; – nuove connivenze tra organi statali ed organizzazioni criminali in Paesi compresi in aree strategiche; – nuove modalità di traffico, quali la selezione in tempo reale della tipologia dei vettori (aerei, marittimi oppure terrestri); – nuovi mercati in espansione suscettibili di sfruttamento. In Europa, si possono delineare le seguenti rotte (fig.2): • dai punti di approdo portoghesi la droga raggiunge Madrid, Barcellona, Parigi e Amsterdam per poi essere smistata in tutta Europa; • da Madrid e Barcellona la cocaina prosegue per Parigi per via terrestre, a mezzo ferrovia o a bordo di autocarri, da dove in parte viene distribuita sul mercato locale ed in parte viene esportata in altri paesi europei; • da Londra e Francoforte lo stupefacente viene in parte rispedito verso il Canada e negli Stati Uniti (utilizzando corrieri di nazionalità europea) ed in parte destinato ai mercati nazionali o dei Paesi del nord Europa; • la “rotta iberica”, quale itinerario che insiste sulla direttrice costiera franco - italiana (provenienza Spagna) per l’introduzione e diffusione di stupefacenti, lungo la tratta Marsiglia, Nizza, Genova; • attraverso la Francia, dai Paesi Bassi e con destinazione l’area nord occidentale dell’Italia (Lombardia - Liguria). Ci sono anche indicazioni secondo le quali le organizzazioni criminali albanesi, grazie ad una elevata affidabilità loro riconosciuta dai cartelli colombiani, e lo stesso territorio albanese, si pongono come testa di ponte per la preparazione, lo stoccaggio e la diffusione della cocaina in Italia e nel resto d’Europa. Sembra infatti che ingenti quantitativi di cocaina sarebbero stoccati in Albania, pronti per essere smistati. Parte dello stupefacente verrebbe trasportato via mare dal porto di Durazzo fino agli scali marittimi di Pescara, Bari, Brindisi, e parte verrebbe utilizzato come merce di scambio per l’acquisto di eroina di provenienza turca. Infine, occorre sottolineare la presenza di nuove linee di penetrazione seguite recentemente 59


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da bande marocchine, libanesi, nigeriane, tunisine, ghanesi e senegalesi dedite al trasporto clandestino di cocaina. Infatti, i numerosi collegamenti tra il sud America, i suddetti Paesi africani ed il Libano hanno indubbiamente favorito, seppure indirettamente, tali traffici, attese anche le destabilizzate situazioni socio-economiche di vaste aree centro- africane. Consumo Secondo il rapporto annuale dell’Agenzia Antidroga delle Nazioni Unite (UNODC) del 2004, il consumo di cocaina è calato in Nord America mentre è in crescita in Europa Occidentale. Si valuta che a livello mondiale 13 milioni di tossicodipendenti fanno uso di cocaina. La cocaina consumata in Europa proviene prevalentemente dal Brasile, dalla Colombia e dal Venezuela attraverso l’America centrale e i Caraibi. In Asia il traffico di cocaina si mantiene tuttora entro livelli modesti (0,1 dei sequestri globali del 2002), sebbene il numero dei Paesi che hanno segnalato sequestri di cocaina in Asia sia aumentato nell’arco degli ultimi anni. Nella regione asiatica i sequestri più ingenti sono stati effettuati nel Vicino e Medio Oriente. Va segnalato che vi sono stati anche tentativi sporadici di produzione 60


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di cocaina infatti, ad Hong Kong ed in Thailandia, sono stati smantellati alcuni laboratori per la raffinazione della cocaina, mentre per la prima volta, la Cina ha segnalato sequestri di tale sostanza. In Australia, principale mercato della cocaina della regione, i sequestri di cocaina sono risultati in aumento, sebbene si mantengano al di sotto dei livelli registrati negli anni 2000 e 2001. La cocaina giunge in Australia dal Perù, transitando, talvolta, per l’Argentina e per quantitativi più modesti anche attraverso il Regno Unito e gli Stati Uniti. 3. Situazione in ambito nazionale Criminalità organizzata e traffico di droga Generalità Il processo di globalizzazione negli ultimi anni è divenuto una forza economica e sociale fondamentale a livello internazionale. Tuttavia se da una parte questo processo ha contribuito ad incrementare le opportunità per le imprese legali, dall’altra ha facilitato lo sviluppo e la specializzazione dei gruppi criminali che operano su mercati transnazionali. Il traffico di droga è per sua stessa natura un reato a carattere transnazionale, con organizzazioni criminali di tipo mafioso che ne controllano la produzione, lo stoccaggio, la spedizione, il transito ed, infine, la distribuzione e che operano in Paesi spesso molto lontani tra loro. Esso, quindi, non può essere considerato un fenomeno criminoso connaturato alle singole realtà nazionali e tipico di esse, ma destinato naturalmente ad ampliare il proprio raggio di azione in campo internazionale. Operando in campo transnazionale si può approfittare delle disomogeneità legislative esistenti tra i diversi Paesi così come dell’inferiore capacità di controllo da parte di alcune delle agenzie di polizia nazionali. Per questo motivo, ed al fine di sfruttare a pieno tutte le opportunità create dalla globalizzazione, è intuibile che nei gruppi criminali si sia manifestata la necessità di una maggiore efficienza e flessibilità organizzativa. Le ultime operazioni antidroga internazionali sembrano confermare in pieno questo trend; testimoniano, infatti, come i gruppi criminali tradizionali siano in grado di legarsi, secondo le esigenze del momento, a diversi soggetti dell’economia legale o ad altri gruppi criminali, al fine di formare alleanze estemporanee in grado di meglio rispondere a particolari esigenze del mercato. L’analisi statistica ed operativa conferma il carattere di trasnazionalità e multietnicità assunto dalle organizzazioni criminali. Il dato evidenzia l’operatività sul territorio nazionale di sinergie intercorrenti tra i gruppi criminali a base etnica. Organizzazioni criminali italiane Le indagini condotte dai vari Reparti investigativi nazionali consentono di confermare il già noto predominio nel narcotraffico di cocaina delle organizzazioni criminali calabresi della 61


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’ndrangheta, ed in particolar modo di quelle del versante ionico reggino. Tali strutture, infatti, oltre a disporre di stabili referenti sia nei Paesi produttori, sia in quelli di transito del narcotico, attraverso qualificatissime filiazioni radicatesi in varie zone del territorio nazionale, e stabili collegamenti funzionali con organizzazioni criminali di matrice pugliese, romana, siciliana e campana, gestiscono il traffico di cocaina dalla fase dell’importazione a quella della distribuzione finale, utilizzando tali articolazioni anche per la raccolta ed il reimpiego dei narcoproventi. Peraltro, mentre nella rete distributiva nazionale, i diversi locali della ’ndrangheta risultano da tempo dominanti e continuano l’opera di proselitismo tramite affiliazioni, funzionali esclusivamente alla distribuzione, l’elemento che connota maggiormente la gravità della minaccia, è dato dalla significativa presenza delle organizzazioni calabresi all’interno dei più qualificati circuiti transnazionali. Ed è proprio la straordinaria capacità di rapportarsi con le principali organizzazioni mondiali, il fattore che ha consentito alla ’ndrangheta di assumere un rilievo assoluto nel settore del traffico della cocaina. Questa attitudine ha dunque consentito a tali organizzazioni, da un lato di interagire tra loro, assumendo un ruolo egemone a livello nazionale, dall’altro di consolidare sul piano internazionale rapporti diretti con i principali cartelli colombiani e con le organizzazioni terroristiche rappresentate dai gruppi paramilitari che, soprattutto in Colombia, compartecipano alle attività di produzione e fornitura della droga, impedendo di fatto, attraverso la pervicace opposizione militare a qualsiasi intervento dello Stato nei territori controllati, la completa attuazione del Plan de Colombia. Le attività investigative consentono inoltre di confermare la progressiva affermazione di cartelli fra organizzazioni di matrice camorrista in grado di interloquire direttamente con i referenti in Europa dei principali gruppi colombiani e di compartecipare a complesse e rilevanti transazioni con le organizzazioni calabresi. Più di rado le organizzazioni campane si spingono alla ricerca del narcotico direttamente nei Paesi produttori interloquendo soprattutto con i brokers del narcotraffico internazionale. Tuttavia, rispetto alle strutture calabresi, quelle napoletane, ed anche quelle pugliesi, cercano nel più ristretto ambito dei Paesi “Schengen” di stabilire rapporti con brokers o componenti colombiane per importazioni più parcellizzate operanti soprattutto in Olanda, Germania e Spagna. La necessità di abbattere i costi degli approvvigionamenti di cocaina dal Sudamerica, continua peraltro a costituire il filo conduttore cui si ispirano le più agguerrite organizzazioni criminali, interessate a scavalcare i livelli intermedi della filiera criminale, per ricercare il contatto diretto con i cartelli colombiani o le loro emanazioni in Europa. Quello dei brokers è un ruolo cardine nel narcotraffico. Essi, infatti, sono in grado di coniugare domanda ed offerta, in ragione delle profonde conoscenze delle dinamiche del narcotraffico e della credibilità delle organizzazioni da essi rappresentate. L’affidabilità degli stessi è oggi la chiave che consente loro di gestire i flussi più consistenti di stupefacente diretti alle organizzazioni nostrane. Per quanto riguarda Cosa Nostra, appare rinnovato l’interesse nel settore del narcotraffico di cocaina. A dispetto di quanto sostenuto in alcune affermazioni degli uomini d’onore, circa una presunta avversione della mafia rispetto al mondo degli stupefacenti, il narcotraffico è gestito in prima persona anche da Cosa nostra e viene coltivato quasi esclusivamente da elementi tradizionalmente dediti alla specifica attività illecita, costituendo per talune consorterie certamente la più ingente fonte di guadagno. Anche la criminalità pugliese, seppur con le specifiche connotazioni anticipate, dimostra una considerevole capacità di interagire con le organizzazioni albanesi per l’approvvigionamento 62


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

di eroina e marijuana, ed anche di cocaina. Quest’ultimo narcotico, in particolare, viene inoltre approvvigionato sui grandi mercati europei, Spagna e Olanda, attraverso l’opera dei già richiamati brokers ovvero attraverso saldature con le organizzazioni di matrice ’ndranghetista e camorrista. Rilevanti risultano anche gli approvvigionamenti sui mercati nordeuropei resi possibili anche attraverso i collegamenti con connazionali ivi radicatisi e dediti al narcotraffico. Organizzazioni criminali straniere Sul fronte della criminalità straniera, si registra nel centro-nord Italia ed in Campania la presenza significativa di componenti nigeriane, dedite oltre che alla tratta degli esseri umani anche al traffico di cocaina. In tal caso, la droga viene normalmente trasportata in piccoli quantitativi affidati a numerosi corrieri, con un volume complessivo tuttavia molto significativo. Tali gruppi criminali sono caratterizzati da estrema mobilità sul territorio per conseguire un sufficiente mimetismo e dimostrano di essere in grado di convivere con altre realtà criminali, sia autoctone che extracomunitarie; evitano pertanto ogni sorta di conflitto, assumendo un basso profilo, pur a fronte della conduzione di considerevoli traffici illeciti. Le attività di indagine svolte dalle FF.PP. evidenziano come spesso l’elemento di vertice dei vari gruppi non ha contatti diretti con lo stupefacente, manipolato per suo conto dagli altri sodali, mentre la distribuzione al minuto può essere affidata a spacciatori di altre nazionalità. Emerge sostanzialmente una particolare duttilità di tali organizzazioni criminali, capaci di modellarsi sulle esigenze del traffico e del mercato, attraverso l’attivazione di proprie cellule radicate nei vari paesi produttori e/o di transito (principalmente Spagna, Olanda e Brasile), per poi inviare la cocaina a destinazione con il metodo dei c.d. corrieri a pioggia, preferibilmente imbarcati su vettori aerei. In particolare, le attività in corso documentano insediamenti nigeriani funzionali al narcotraffico in Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Umbria e, soprattutto Campania. Oltre alla consolidata operatività di organizzazioni colombiane ed albanesi, ormai radicate stabilmente in tutte le regioni del territorio nazionale, si segnala la presenza di gruppi criminali di matrice bulgara, serbo-croata e montenegrina e quelli di matrice caraibica riconducibile, essenzialmente all’area dominicana, anch’esse dedite al continuo invio di numerosissimi corrieri a pioggia trasportanti quantitativi parcellizzati di cocaina. Punti di ingresso nel territorio nazionale I dati dell’anno 2005 confermano quanto già rilevato negli anni passati circa l’utilizzo da parte dei trafficanti delle due rotte atlantiche: una che dal Centro e Sud-America giunge direttamente in Europa, e l’altra che usa l’Africa come “testa di ponte” per la successiva introduzione in Europa. I paesi europei di transito della cocaina, poi sequestrata in Italia, coincidono con quelli storicamente considerati le porte dell’Europa: Olanda, Spagna e Francia. La cocaina sequestrata in Italia proviene principalmente dalla Colombia e risulta importata in misura crescente dal Venezuela e dall’area caraibica, direttamente verso il nostro Paese per via marittima oppure transitando per altri Paesi dell’Unione Europea, quali la Spagna (il Paese dell’UE con il livello più elevato di sequestri di cocaina) e l’Olanda per via aerea; a questi due Paesi infatti annualmente è attribuibile il 65% dei sequestri di cocaina effettuati globalmente nell’Unione Europea. 63


COCAINA

Punti di trasbordo della cocaina sequestrata in Italia risultano essere Brasile, Argentina e Costa Rica nel continente americano e la Spagna sul territorio europeo (in particolare la zona di Vigo, nel nord del Paese). Recentemente è stato osservato un crescente interesse da parte dei trafficanti colombiani verso l’Albania, quale Paese chiave di transito della cocaina verso l’Italia. Inoltre, non si esclude la possibile installazione di laboratori clandestini per la produzione di cocaina sul territorio albanese che successivamente viene inoltrata in Italia a bordo di veloci motoscafi che in meno di un’ora effettuano il trasporto nel Mar Adriatico. Le principali regioni d’ingresso e di stoccaggio della cocaina sono risultate essere quelle del versante tirrenico ossia: Lombardia, Liguria, Lazio, Campania e Calabria. Altre regioni “deposito” sono la Toscana e l’Emilia Romagna che si riforniscono di cocaina principalmente dalla Lombardia e dal Lazio. La Puglia, estranea alle classiche dinamiche del mercato clandestino della cocaina, è risultata invece essere regione d’ingresso e/o stoccaggio della cocaina in quanto terminale dei flussi provenienti dall’Albania. Rotte interne Le modalità con cui i narcotrafficanti immettono la cocaina nel territorio nazionale, attraverso le suddette regioni di ingresso, varia a seconda dei quantitativi trasportati. Per quantitativi pari o inferiori a kg. 10 la cocaina viene trasportata generalmente via aerea – direttamente dal Sud America oppure con scalo intermedio negli aeroporti di Amsterdam, Parigi, Bruxelles e Madrid – normalmente negli scali aeroportuali di Roma, Venezia e Milano. Le partite di droga vengono occultate in corpore, indosso, nel bagaglio al seguito o in oggetti di artigianato. Per quantità superiori a kg. 10 lo stupefacente viene trasportato principalmente via mare – direttamente dal Sud e Centro America occultata in container o in carichi leciti che fungono da copertura oppure con scalo intermedio nei porti europei di Amsterdam e della Costa del Sol (Spagna) – nei punti di approdo liguri (Genova, Savona e La Spezia), laziali (Anzio e Nettuno), Napoli e Gioia Tauro. Consumo Dall’analisi dei dati relativi al 2° semestre 2004, elaborati sulla base della media dei prezzi registrati nelle città di Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Bologna, Venezia, Firenze, Trieste, Torino, Genova, Milano e Verona e tenendo in considerazione le oscillazioni dovute alla purezza,

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

il prezzo della cocaina risulta stabilizzato tra gli 80 ed i 101 euro al dettaglio (per un grammo) e tra i 37.604 ed i 45.781 euro all’ingrosso (per un chilo). 4. Traffico di cocaina e risposta delle FF.PP. Il compito della Direzione Centrale Servizi Antidroga La normativa antidroga vigente attribuisce alla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (D.C.S.A.) il compito di “coordinare le attività delle Forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza) per la prevenzione e la repressione del traffico illecito delle sostanze stupefacenti e psicotrope”, in conformità alle priorità politiche stabilite nel particolare settore dal Ministro dell’Interno e per il raggiungimento degli obiettivi operativi indicati dal Capo delle Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza. La D.C.S.A. è un organismo interforze, inquadrato nel Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, costituito, in misura paritetica, da personale della Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza. La concreta attuazione del compito istituzionale viene raggiunta attraverso: – la raccolta, archiviazione ed elaborazione di informazioni e dati sulla produzione e traffico di droga; – l’elaborazione di analisi strategiche e operative sul fenomeno droga; – il coordinamento investigativo antidroga sul territorio italiano ed estero, nonché con il supporto agli organi operativi per l’avvio di operazioni speciali (acquisti simulati – consegne controllate); – il mantenimento e lo sviluppo dei rapporti con i corrispondenti Servizi delle polizie estere, nonché con gli organismi internazionali interessati alle attività di polizia antidroga; – la promozione e l’organizzazione di corsi interforze di qualificazione ed aggiornamento per il personale di polizia impegnato nello specifico settore, nonché per personale di Polizia di Paesi esteri impegnati nella lotta al traffico di stupefacenti. La risposta delle Forze di Polizia Nel corso del 2005 le Forze di Polizia hanno proceduto al sequestro di kg. 4.369 di cocaina (fig. 5), con un aumento percentuale pari al 21,80% rispetto all’anno precedente, in cui i sequestri sono ammontati complessivamente a Kg. 3.587 con un valore quasi identico al 2003 dove erano stati pari a kg. 3.539. Figura 5. Sequestri di cocaina in Italia.

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COCAINA

Nel periodo 2001/2005, l’area geografica più interessata dai sequestri di cocaina è risultata essere il Nord Italia (fig. 6). Significativo è l’aumento registrato nel Centro Italia nel 2005 (kg. 1.844,104) rispetto al precedente anno (kg. 841). Figura 6. Chilogrammi di cocaina sequestrati, distinti per area geografica, 2001/2005.

Nel periodo 2001/2005, l’impatto del fenomeno della cocaina si è evidenziato maggiormente nelle seguenti Regioni (fig. 7): Figura 7. Sequestri di cocaina in kg. 2001 523,241

2002 1.011,88

2003 707,71

2004 921,787

2005 1.467,575

TOTALE 4.632,193

LAZIO

255,347

293,52

1262,19

724,149

830,668

3.365,874

CAMPANIA CALABRIA LIGURIA

130,576 25,134 119,63

903,81 450,81 603,77

168,06 387,53 241,71

290,98 777,86 181,58

240,484 11,021 230,594

1.733,910 1.652,355 1.377,284

LOMBARDIA

Tale “indicatore” evidenzia aspetti di attuazione del traffico di cocaina, significando che le Regioni Liguria, Lombardia, Lazio, Campania e Calabria rappresentano i punti di ingresso e successivo smistamento della droga sul territorio nazionale. In particolare la Liguria e la Lombardia, stante anche la posizione geografica, riforniscono in parte anche il mercato del centro Europa. Si evidenzia il notevole aumento dei sequestri di cocaina nella regione Toscana nel 2005 (kg. 801,344), con un aumento percentuale dell’871% circa rispetto all’annualità precedente. Nell’anno 2005, rispetto al 2004, in Lombardia si è verificato un notevole aumento nei sequestri di cocaina (kg. 1.467 circa contro kg. 911 circa) con un incremento pari al 59,21%.

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Sequestri di cocaina distinti per regione (2005) con variazione percentuale sul 2004.

I sequestri di cocaina sono avvenuti per il 53,35% all’interno del territorio nazionale e per il restante 46,62% all’interno degli spazi doganali, quest’ultimi suddivisi in: • 28,06% - frontiera aerea • 17,10% - frontiera marittima • 01,46% - frontiera terrestre Sequestri di cocaina sul territorio e negli spazi doganali (2005).

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COCAINA

Alcuni esempi di carichi di cocaina scoperti dalle FF.PP. 1

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Sequestri negli aeroporti italiani (Anno 2005).

Chilogrammi di cocaina sequestrati nei porti italiani (2005).

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COCAINA

Dall’analisi dei dati statistici emerge che la cocaina giunge in Italia: • per quantitativi minimi, principalmente occultata nei bagagli (massimo 10 kg.) e sulla persona (massimo 3 kg.). Quest’ultima dissimulazione è risultata la più utilizzata in ambiti aeroportuali; • per quantitativi più consistenti, occultata in autovetture, autocarri, T.I.R. e imbarcazioni di vario tipo. Nella tabella (fig. 8) sono riportati i sistemi di dissimulazione utilizzati dai trafficanti nel periodo 2001/2005. Figura 8. Modalità di occultamento. 2001 PERSONA AUTO BAGAGLIO SPEDIZIONI POSTALI AUTOCARRO - T.I.R. NATANTE

corpore indosso

7 48 114 44 49 5 4

2002 93 37 178 62 13 11 8

2003 143 28 48 35 71 3 1

2004 124 76 191 107 97 19 4

2005 118 71 232 170 81 25 1

Un’attenzione particolare va riservata all’occultamento della cocaina nei bagagli e nelle abitazioni, in forte aumento nel 2004, così come va evidenziato il traffico di cocaina mediante spedizioni postali, anch’esso in aumento nel 2004. Vi è da segnalare, inoltre, che tra i sistemi di trasporto della cocaina dal Sud America in Italia è stato anche utilizzato quello di far giungere manufatti di produzione artigianale, abilmente impregnati di rilevanti quantitativi di stupefacente. Successivamente, per il recupero della cocaina, si prosegue attraverso procedimenti chimici sofisticati, utilizzando materiale di laboratorio di varia natura. Tra le modalità di occultamento, si segnala la “cocaina nera” (così denominata dai laboratori tedeschi in cui è stata identificata per la prima volta) formata da un miscuglio omogeneo realizzato in fase acquosa dei composti tiocianato di cobalto, cloruro, acidi e cocaina. Questo miscuglio non può essere individuato attraverso i test basati sulla colorazione, a causa della presenza del tiocianato di ferro. Tale metodo di occultamento è sicuramente tra i più innovativi in quanto permette di superare due degli ostacoli più importanti che i narcotrafficanti debbono affrontare al momento di effettuare le spedizioni: – dissimulare l’aroma della droga in qualsiasi imballaggio o sistema di trasporto; 70


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

– sfuggire ai reagenti utilizzati dalle autorità per l’identificazione preliminare delle sostanze controllate. Successivamente la cocaina viene recuperata, attraverso un particolare procedimento che vede l’utilizzo di alcune sostanze chimiche sotto controllo.

Nel periodo 2001/2005 le Forze di Polizia hanno denunciato all’A.G. 51.034 persone, di cui 16.113 stranieri (fig.3), che rappresentano oltre il 31,57% del totale dei denunciati per traffico di cocaina in Italia. Figura 3. Persone segnalate alle AA.GG. in Italia per traffico di cocaina.

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COCAINA

Nel periodo in esame gli stranieri maggiormente implicati nel traffico illecito di cocaina (fig.4) sono stati i marocchini (nr. 3.949), seguiti dagli albanesi (nr.2.165) e dai tunisini (nr. 1.681). Nell’anno 2005 il coinvolgimento delle suddette tre etnie in fatti di droga, è diminuito rispetto all’annualità precedente. Figura 4. Stranieri deferiti all’A.G. 2001/2005.

L’analisi delle persone denunciate all’A.G. per fasce d’età mostra un preponderanza assoluta, risultata pressoché costante nel corso degli ultimi cinque anni, delle fasce comprese tra 18-30 e 31-50, nel coinvolgimento in traffici di cocaina. Le due fasce rappresentano il 90-95% delle persone implicate con una predominanza della fascia tra 18-30. I minori e gli over 50 tratteggiano una percentuale quasi invariata, oscillante rispettivamente, dall’1,37 al 2,09% e dal 4,29 al 5,02%.

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Soggetti denunciati per traffico di cocaina suddivisi per fasce di età (2001/2005).

Soggetti denunciati per traffico di cocaina suddivisi per sesso (2001/2005).

I minori denunciati in Italia nel 2005 per traffico o spaccio di cocaina sono stati 185, con un aumento percentuale pari al 7% rispetto al 2004 quando erano stati 172. I denunciati del 2005 rappresentano il 15,44% dell’intero numero dei minori segnalati all’A.G. per traffico di droga che sono risultati 1.198. Le denunce a carico dei minori anche per la cocaina rappresentano incrementi costanti man mano che ci si avvicina alla maggiore età, come evidenziato dalle tabelle che seguono.

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Minori segnalati all’A.G. in Italia per traffico di cocaina (2001/2005).

Minori segnalati all’A.G. in Italia per traffico di cocaina suddivisi per fasce di età (raffronto 2004/2005).

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Nel 2005 le operazioni per il contrasto al traffico di cocaina sono state 6.401, che rappresentano il 32,5% del totale delle operazioni antidroga condotte a termine dalle FF.PP. nel 2005. Operazioni antidroga in Italia per cocaina.

Con specifico riferimento al traffico di cocaina la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga anche nel 2005 ha svolto la propria azione di coordinamento a favore dei Reparti presenti sul territorio che si è concretizzata attraverso: – l’individuazione di 226 convergenze investigative; – l’autorizzazione ed il supporto all’esecuzione di 18 consegne controllate nazionali ed internazionali; – lo svolgimento di 19 riunioni di coordinamento e/o info-operative in Italia e all’estero; – il supporto al compimento di 3 commissioni rogatorie internazionali dall’Italia verso l’estero e viceversa. 5. Considerazioni finali L’attività di coordinamento svolta della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, quale punto di convergenza dell’attività antidroga sviluppata sul territorio dalle tre Forze di Polizia, consente quindi di tracciare un quadro statistico e di analisi dell’offerta di droga sul mercato clandestino italiano che, come meglio evidenziato in precedenza, trova i propri indici rilevatori nei sequestri, nelle operazioni condotte e nelle persone denunziate all’A.G. per i reati connessi al traffico delle sostanze stupefacenti. Il quadro che se ne desume, riferito in questo caso alla sola cocaina, sia in termini di sequestri operati, sia con riguardo alle persone denunciate all’A.G. nel corso dell’anno 2005 – parametri che riflettono indirettamente sia i traffici che i consumi – indicano, ancora una volta, un trend ascendente di questo tipo di droga, con un dato ormai tragicamente consolidato da almeno una decina di anni. Nel complesso, il dato evidenzia, rispetto ai due anni precedenti, un concreto aumento, sia del numero di sequestri che di quello delle operazioni di polizia ed una sostanziale conferma del totale dei denunciati, accompagnato da un allarmante aumento delle persone tratte in arresto 75


COCAINA

immuni da precedenti penali per droga. Questo induce a ritenere sempre più, che persone sostanzialmente estranee al circuito criminale, trovino in questa sostanza non solo uno strumento di abuso ma anche la “soluzione immediata” per il raggiungimento di facili guadagni. Il contesto criminale nazionale riferito a questo particolare tipo di droga pone in luce come le consorterie criminali italiane rivestano sempre di più, a livello mondiale, un ruolo di spicco non solo nella importazione/distribuzione della cocaina, ma anche nella fase organizzativa del traffico stesso. Infatti, le risultanze investigative rendono noto come ormai appartenenti alle organizzazioni di stampo mafioso ed, in particolare, quelle riferite alla ’ndrangheta calabrese abbiano insediato, in Paesi dediti alla produzione o allo stoccaggio della cocaina, propri referenti con lo scopo di intrattenere diretti rapporti con le organizzazioni che controllano tale traffico. Ulteriori strategie adottate nel traffico di cocaina da parte di gruppi criminali consistono: – nella crescente commistione e dissimulazione dei traffici di droga con altre attività commerciali lecite, che prevedono lo sviluppo di intensi flussi di merci in entrata ed uscita dal territorio nazionale – nell’esercizio di attività imprenditoriali di sub-agenzia per il trasferimento telematico di valuta. Le organizzazioni di trafficanti si avvalgono sempre più sistematicamente di servizi telematici wire transfers per il pagamento dei compensi ai corrieri di droga, delle relative spese di viaggio e soggiorno, di campioni di stupefacente, nonché per i trasferimenti di capitali a fini di reinvestimento – nella costituzione di network, che vedono associati gruppi di trafficanti di varie etnie per traffici illeciti di varia natura (stupefacenti, esseri umani, rifiuti tossici, armi, ecc.) – nell’utilizzazione del potenziale interattivo offerto da Internet.

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EPIDEMIOLOGIA DELL’USO E DEL CONSUMO PROBLEMATICO COCAINA DI COCAINA IN ITALIA 1.4

Sabrina Molinaro, Stefano Salvadori, Fabio Mariani Sezione di Epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari – Istituto di Fisiologia Clinica Consiglio Nazionale delle Ricerche

Introduzione La cocaina sniffata, fumata o iniettata è il più potente stimolante di origine naturale. Quando viene sniffata, la polvere di cocaina viene assorbita dal tessuto vascolare delle vie nasali, quando viene fumata la cocaina, in fase di vapore, viene assorbita tramite il circolo polmonare cosi rapidamente come quando viene iniettata tramite una iniezione endovena. La cocaina attiva una fortissima condizione di dipendenza che si sviluppa più o meno rapidamente in funzione delle modalità di assunzione(1)(2). Nella figura 1 sono riportate in modo simbolico le aree che, all’interno di una popolazione aperta (ad esempio la popolazione residente in una provincia), individuano concettualmente le differenti quote di soggetti che costituiscono il quadro epidemiologico di riferimento dell’uso di cocaina. Si possono valutare mediante indagini campionarie e metodi di stima le entità numeriche di coloro che fanno uso di cocaina(3)(4)(5)(6)(7)(8) o che ne fanno un uso problematico(9)(10); si possono enumerare sia coloro che si rivolgono alle strutture territoriali di servizio specifiche per le dipendenze i Ser.T., sia coloro che hanno impatto con le altre strutture sanitarie(11)(12). La stima della prevalenza dell’uso, dell’uso problematico e la misura della domanda di trattamento rappresentano tre dei cinque indicatori epidemiologici chiave che l’Osservatorio europeo sulle droghe (OEDT) e le tossicodipendenze ha individuato per descrivere il fenomeno dell’uso di droghe. Gli altri due riguardano i decessi correlati all’uso delle sostanze illegali e la prevalenza ed incidenza della patologia infettiva nei soggetti in trattamento. Questi indicatori rappresentano, insieme alle tabelle standard REITOX, ovvero il sistema dei flussi informativi sulle sostanze illegali che ciascun paese dell’Unione europea è tenuto a fornire annualmente all’OEDT, la base degli indicatori che vengono utilizzati anche per la realizzazione del rapporto annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia e per i rapporti di alcune Regioni che si sono dotate di un sistema di osservatori epidemiologici(13)(14)(15)(16)(17)(18). Particolare attenzione, all’interno del sistema REITOX, viene posta alla descrizione dei soggetti che attivano una domanda di trattamento e che vengono “presi in carico” dalle strutture territoriali di tipo socio sanitario. In questo caso i dati di flusso vengono sintetizzati nel sistema di tabelle denominato TDI ovvero il sistema degli indicatori della domanda di trattamento(19). In Italia nel corso degli ultimi anni, grazie al finanziamento pubblico, sono stati attivati due 77


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FIGURA 1 Rappresentazione simbolica delle diverse popolazioni di soggetti che fanno uso o uso problematico di cocaina o che si rivolgono ai servizi con una domanda di assistenza.

progetti SESIT(20) e SET(21) volti ad allineare il nostro paese agli altri dell’Unione europea in merito alla capacità di gestire i flussi informativi sul fenomeno delle dipendenze e descriverne in modo standardizzato, attraverso l’uso degli indicatori epidemiologici chiave dell’OEDT, la situazione epidemiologica. Il lavoro svolto nell’ambito dei progetti, grazie anche alla collaborazione ed interesse delle Amministrazioni regionali e all’impegno delle strutture di servizio interessate ha permesso l’evoluzione da un sistema informativo basato sul dati aggregati verso un sistema informativo basato su “registri di casi” contribuendo così in modo sostanziale allo sviluppo del nuovo sistema informativo sanitario italiano NSIS(22).

La diffusione dell’uso di cocaina La diffusione dell’uso della cocaina, come evidenziato dagli studi, a carattere nazionale, del Consiglio Nazionale delle Ricerche(3), risulta particolarmente elevata. Negli anni 2002-2003 il 12 per mille circa, della popolazione tra i 15 e i 34 anni di età, riferiva di aver fatto uso di cocaina nel corso dell’ultimo anno, collocando il nostro paese al quarto posto della graduatoria europea che vedeva al primi due posti Spagna e Regno Unito con valori di prevalenza d’uso di cocaina circa doppi rispetto a quello italiano(4) e al terzo posto la Repubblica Ceca con valori appena più elevati (figura 2). Il consumo riferito di cocaina, nel corso dell’ultimo anno, negli Stati Uniti nel periodo 20032004, nella popolazione di età uguale o maggiore a dodici anni, era di circa il 24 per cento (8). Le stime relative all’uso di cocaina applicate alla popolazione italiana di età compresa tra i 15 e i 54 anni pari a 32.230.000 persone indicano che circa 1.300.000 soggetti hanno fatto uso di tale sostanza nel 2003. All’interno di questa popolazione di utilizzatori si possono stimare circa 300.000 soggetti che presentano caratteristiche di consumo di cocaina tali da rappresentare un serio problema per la salute individuale (utilizzatori problematici). Contemporaneamente si deve 78


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

FIGURA 2: Esperienza riferita d’uso di cocaina nel corso degli ultimi 12 mesi (prevalenza 2002-2003 per 100 residenti tra i 15 e i 34 anni di età), in alcuni paesi europei che hanno partecipato allo studio sull’uso di droghe nella popolazione generale promosso dall’Osservatorio Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze.

*=valori stimati

considerare che solo 14.000 soggetti nello stesso periodo di tempo hanno formulato una domanda di assistenza sanitaria alle strutture territoriali specifiche per le dipendenze nel nostro paese(12). Il consumo di cocaina, nella popolazione generale, presenta una prevalenza differente in funzione del genere (sono i maschi a riferire sia una maggiore sperimentazione della sostanza sia l’uso continuato) e dell’età (sono i giovani tra i venti ed i trenta anni che riferiscono le più alte prevalenze d’uso)(figura 3). FIGURA 3: Uso riferito di cocaina nella vita, negli ultimi 12 mesi e negli ultimi 30 giorni (prevalenza per 100 residenti), per genere e classi di età in Italia nel 2003; Studio IPSAD-Italia® del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

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Dagli studi IPSAD-Italia® sulla popolazione generale, realizzati nel 2001 e nel 2003, si evidenzia un incremento nell’uso di cocaina in tutte le classi di età. Se si considera solo l’uso recente, ovvero quello riferito agli ultimi trenta giorni, lo scarto tra le prevalenze riferite è più elevato nelle donne rispetto agli uomini (figura 4). In particolare, nelle classi di età 15-19 anni si osserva una prevalenza di 3,1% nel 2001 rispetto ad una prevalenza del 4,4% nel 2003 per le donne contro una prevalenza di 2,5% e di 4,8 negli uomini. Nella classe 20-24 anni la prevalenza è di 3,4% nel 2001 rispetto al 7,1% nel 2003 per le donne contro una prevalenza di 7,5% e di 7,9 negli uomini. Nella classe di età 2529 anni, i dati rilevati dallo studio IPSAD-Italia® mostrano lo scostamento maggiore, 1,8% nelle donne del 2001 contro il 5% nel 2003 ed il 5% nei maschi del 2001 rispetto al 6,3% dei maschi del 2003.

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

FIGURA 4: Uso riferito di cocaina negli ultimi 30 giorni (prevalenza per 100 residenti), per genere e classi di età in Italia, confronto 2001 - 2003; Studio IPSAD-Italia® del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Le Segnalazioni alle Prefetture per detenzione ad uso personale di cocaina Nell’anno 2004 risultano effettuate dalle Forze dell’Ordine in attuazione degli articoli 75 e 121 del D.P.R. 309/90, 87.894 segnalazioni relative a 67.551 soggetti. Il 75% dei soggetti ha avuto nel corso dell’anno una sola segnalazione, mentre il restante 25% ha presentato due o più segnalazioni. Il numero di soggetti segnalati aumenta del 13% nel periodo 2000-2004. Nel periodo considerato, in analogia con quanto verificato sulla popolazione generale, si assiste ad un significativo incremento delle segnalazioni per detenzione di cocaina che passano dal 6% al 10% del totale. Tale incremento è articolato all’interno delle diverse classi di età, mettendo in evidenza un diversificato coinvolgimento della popolazione giovanile e dei giovani adulti. Non vengono prese in considerazione le differenze legate al genere in quanto il 94% dei casi segnalati è di sesso maschile. Nei 114.511 giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, i soggetti segnalati perchè in possesso di cocaina tra il 2000 e il 2004, passano dal 4% al 6%. Diversa la situazione per i 60.593 giovani adulti tra i 25 e i 34 anni di età segnalati perchè in possesso di cocaina che passano dal 10% al 14% e per i soggetti segnalati in età uguale o superiore ai 35 anni (18.684) che passano dal 15 al 17%. Le segnalazioni alle Prefetture da parte delle 81


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FF.OO. per uso personale di sostanze illegali, rappresentano un notevole potenziale per eventuali interventi sia di prevenzione universale che selettiva in quanto permettono un contatto con i soggetti utilizzatori in una fase precoce del rapporto d’uso delle sostanze. In effetti nel periodo 2000-2004 solo il 4% dei soggetti segnalati è stato avviato ad un programma terapeuti specifico. Tale situazione in funzione della nuova normativa “DDL Fini-Giovanardi sulle droghe”(23) dovrebbe cambiare e si dovrebbe registrare un incremento significativo dei soggetti avviati ad un programma di assistenza specifico presso le strutture territoriali per le dipendenze.

Domanda e offerta di trattamento Anche se l’eroina continua a rappresentare la principale sostanza d’uso che motiva la domanda di trattamento, i soggetti in trattamento presso i Servizi territoriali per le tossicodipendenze che ne presentano l’uso primario sono significativamente diminuiti passando dall’84% del 2001 al 75% del 2004. Negli ultimi anni si è assistito ad un significativo incremento della quota di soggetti ammessi ad un trattamento in relazione all’uso primario di cocaina. Dal 2000 ad oggi, il numero dei soggetti che si è rivolto alle strutture sanitarie specifiche per le dipendenze per un trattamento terapeutico in relazione all’uso primario di cocaina, si è raddoppiato passando da circa 9.000 soggetti a circa 18.000. Se a questi soggetti si aggiungono anche i poliassuntori con uso associato di cocaina l’incremento è ancora più accentuato in quanto si passa da circa 30.000 soggetti in trattamento nel corso del 2001 a poco più di 50.000 nel corso del 2004 (figura 5). FIGURA 5: Trend della domanda di trattamento per uso primario o secondario di cocaina nel periodo 2000–2004 presso le strutture territoriali per le tossicodipendenze Ser.T..

In altri termini, circa un terzo dei soggetti in trattamento nel 2004 nei Ser.T. presenta la cocaina come sostanza secondaria, cioè come droga che accompagna la dipendenza da eroina. Se si somma questa percentuale (29,5%) con quella in cui la cocaina è sostanza primaria (11,4%), si verifica che oltre il 40% dei soggetti dei Ser.T. può presentare uso, abuso o dipendenza da cocaina. La crescita della prevalenza dell’uso di cocaina nella popolazione afferente ai servizi per l’attivazione di un trattamento ha conseguenze sul piano della programmazione degli interventi terapeutici. Alcune caratteristiche (figura 6 e 7), le problematiche cliniche, comportamentali e psichiatriche presentate da questi soggetti sono diverse da quelle che i professionisti dei servizi pubblici 82


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

FIGURA 6: Modalità di accesso al trattamento ed intervallo tra primo uso della sostanza e primo trattamento dei soggetti presi in carico nel 2004 presso le strutture territoriali per le tossicodipendenze Ser.T..

e del privato sociale hanno sino ad ora gestito. Oltre l’80% di questi soggetti arriva alle strutture socio sanitarie su base volontaria o perché inviata da altre strutture sanitarie con evidente presenza di un bisogno di assistenza ben caratterizzato che si è sviluppato nel lungo intervallo di tempo, più di sette anni, di rapporto con la cocaina. Il 90% di questi soggetti è compreso tra i 15 e i 44 anni di età e il 60% ha una occupazione stabile, mettendo in evidenza una integrazione attiva nel tessuto sociale produttivo. FIGURA 7: Condizione occupazionale ed età dei soggetti presi in carico nel 2004 presso le strutture territoriali per le tossicodipendenze Ser.T. con cocaina come sostanza primaria d’uso.

La risposta terapeutica dei servizi, al momento non appare strutturata per rispondere al bisogno di questa tipologia di utenti (figura 8), evidenziando così la necessita di individuare nuovi percorsi clinici, nuove strategie farmacologiche e psicosociali, e le relative opportunità formative, da implementare in relazione a questo mutamento.

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FIGURA 8: Ripartizione percentuale dei soggetti che riferiscono uso di cocaina da sola o in associazione con altre sostanze all’interno della singole tipologie di trattamento effettuate nel 2004 nei Ser.T. italiani

Morbilità e mortalità associate Dallo studio multicentrico effettuato dal CNR, nei soggetti presi in carico per un trattamento nel 2004 nei Ser.T. con sostanza d’uso primaria cocaina (figura 9) la prevalenza di soggetti sieropositivi per HCV risulta del 46%, per HBV del 25% per HIV del 6% e con diagnosi psichiatrica maggiore del 4%. FIGURA 9:Prevalenza della morbilità di HCV+, HBV+, HIV+ e psichiatrica nei soggetti che riferiscono uso primario di cocaina nel 2004 nei Ser.T. italiani

La mortalità legata all’uso di cocaina è spesso causata da arresto cardiaco a seguito di un blocco respiratorio e l’uso combinato con alcool aumenta il rischio di morte improvvisa. Dai dati forniti dall’Osservatorio Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze, i decessi dovuti a cocaina non associata a oppiacei risultano poco frequenti. Purtroppo le informazioni disponibili sui decessi per cocaina sono limitate ed eterogenee da paese a paese, indicando sostanzialmente una inadeguatezza dei sistemi di rilevazione cosi come attualmente definiti. Nonostante queste dif84


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

ficoltà di rilevazione si stima che circa l’8-12% dei 10.000 decessi che sono avvenuti, in media, ogni anno nei paesi dell’UE a 15 stati membri, in relazione all’uso di droghe nell’ultimo decennio, sia attribuibile all’uso esclusivo di cocaina. Si può cosi estrapolare che per l’intera Unione europea si verificano alcune centinai di decessi l’anno per cocaina. Nei paesi dove è possibile raccogliere dati più accurati la mortalità provocata dalla cocaina è un fenomeno grave e in crescita. Il nostro paese deve ancora sviluppare un sistema di registrazione adeguata a questo proposito Conclusioni Le stime di prevalenza dell’uso e dell’uso problematico di cocaina indicano un forte incremento negli ultimi anni nella popolazione tra i 15 e i 44 anni di età ed in entrambi i sessi. La dimensione più preoccupante è quella relativa ai circa 300.000 soggetti che, a seguito dell’uso della cocaina, nel corso del 2003 presentavano una serie di problemi di tipo clinico, psicologico o sociale tali da renderli eleggibili per un trattamento specifico. Nello stesso tempo si è verificato un incremento nella popolazione che usa cocaina come sostanza primaria o in associazione con altre sostanze che fa riferimento ai Ser.T. per un trattamento. La domanda, circa 30.000 soggetti nel 2004, è comunque ancora notevolmente minoritaria rispetto al bisogno. Tale scostamento sembra fortemente collegato alla caratterizzazione dei servizi verso una tipologia di intervento orientata a soggetti che presentano problematiche essenzialmente legate all’uso di eroina. La patologia associata all’uso di cocaina nei soggetti che fanno richiesta di trattamento è significativamente meno frequente rispetto a quella presentata dai soggetti che usano eroina e si concentra in soggetti di genere maschile e prevalentemente nelle classi di età più giovanili. Sarà interessante osservare, nel prossimo futuro, come le strutture del privato sociale accreditato si muoveranno per sviluppare un’offerta di trattamento che in modo complementare a quella dei Ser.T. sia orientata verso soggetti che fanno uso di cocaina e come lo sviluppo di altri strumenti di prevenzione come ad esempio un possibile vaccino possano influire sul quadro epidemiologico complessivo.

Bibliografia 1. Drug Enforcement Administration Web site, Drug Descriptions: Cocaine 2. Drug Enforcement Administration, Drugs of Abuse, February 2003 3. Sezione di epidemiologia e ricerca sui servizi sanitari, Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Risultati dello studio nazionale 2004 sull’uso di droga e di alter sostanze psicoattive nella popolazione generale (IPSAD) e nella popolazione giovanile scolarizzata (ESPAD). 4. Handbook for surveys on drug use among the general population – EMCDDA Project CT.99.EP.08.B, European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction. 5. National Institute on Drug Abuse and University of Michigan, Monitoring the Future 2004 Data from In-School Surveys of 8th-, 10th-, and 12th-Grade Students, December 2004 6. Centers for Disease Control and Prevention, Youth Risk Behavior Surveillance—United States, 2003, May 2004 7. National Institute on Drug Abuse and University of Michigan, Monitoring the Future National Survey Results on Drug Use, 1975–2003, Volume II: College Students & Adults Ages 19–45 (PDF), 85


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DECESSI ED ALTRI INDICATORI CHIAVE DEL CONSUMO DI COCAINA COCAINA NEL REGNO UNITO 1.5 (1990-2004)* Fabrizio Schifano, John Corkery Division of Mental Health, Addictive Behaviour, St. George’s Hospital Medical School - University of London

Abstract Durante gli anni ‘90, si è osservata una tendenza globale di consumo di cocaina/crack sempre più ingente nei diversi paesi dell'Unione Europea e in particolar modo nel Regno Unito. Gli indicatori usati per questo studio descrittivo-correlazionale sono stati: il numero delle segnalazioni sui certificati di morte, le richieste di trattamento, il numero di reati per droga, i sequestri, i prezzi e i livelli medi di purezza della sostanza. I dati disponibili, relativamente al periodo 1990-2004, furono raccolti da fonti ufficiali nazionali. Nel periodo studiato sono state identificate un totale di 1022 segnalazioni di morte per cocaina e nel 36% dei casi la cocaina e il crack sono state le uniche droghe segnalate. Il numero di decessi per cocaina e crack ha mostrato un aumento su base annua e una correlazione positiva con i seguenti dati sulla cocaina (in polvere): consumo nell’anno precedente (p<.001); numero di criminali (p< .001) e numero di sequestri (p< .001). È stata evidenziata, invece, una correlazione negativa tra decessi e prezzo della sostanza (p<.001). Inoltre, il numero di segnalazioni di morte per cocaina e crack presenta una correlazione positiva con il numero di reati collegati al crack (p< .001) e con il numero di sequestri (p< .001), ma, nel tempo, è stata evidenziata una correlazione negativa sia con la purezza del crack (p< .001) sia con il suo prezzo (p< .001). La diminuzione dei prezzi della cocaina e del crack può aver facilitato l’aumento dei livelli di consumo che, a sua volta, potrebbe aver determinato un aumento delle morti attribuibili alla cocaina e al crack. Sussistono però delle limitazioni relativamente ai dati raccolti, in quanto, per tale studio sono stati analizzati solamente i certificati medici di morte e non le inchieste dei medici legali. Parole Chiave: cocaina, cocaina crack, morti per cocaina, epidemiologia della cocaina, uso improprio delle droghe

Traduzione a cura: Staff Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto

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Introduzione La cocaina cloridrato è un sale cristallino e viene comunemente sniffata o iniettata. La cocaina base (crack) viene solitamente fumata in quanto, vaporizzandosi a temperature più basse rispetto alla cocaina cloridrato é più volatile e si decompone prima di volatilizzarsi al contatto con il calore (Schifano, 1996). Il tasso e la relativa quantità di cocaina che entra nella circolazione sistemica dipendono, in gran parte, dal tipo di somministrazione. L'assorbimento di cocaina attraverso le mucose nasali é molto più lento rispetto alla somministrazione per inalazione o per iniezione (Jeffcoat et al., 1989; Jones 1990). Quando la cocaina viene fumata, l’assorbimento tramite i polmoni è molto rapido, presumibilmente grazie alla larga superficie degli alveoli e dei condotti aerei. Il rapido assorbimento, probabilmente è anche il motivo principale per cui questo tipo di somministrazione é tra le più attraenti (Schifano, 1996). Durante la seconda metà degli anni ‘90, si è osservata una tendenza globale di consumo sempre più ingente di cocaina e di crack in diversi paesi. Una stima molto approssimativa del consumo di cocaina nello scorso anno, supponendo una prevalenza media dell’ 1% di tutti gli adulti, fornisce un numero tra i 3 e i 3.5 milioni di persone in Europa. I tassi di consumo dello scorso mese riportano approssimativamente 1 milione e mezzo di consumatori (EMCDDA, 2005). All’interno dell’Unione Europea, l’esperienza del consumo dai 15 ai 34 anni di vita va dall’1% al 11.6%, con i livelli più alti da trovarsi nuovamente nel Regno Unito (EMCDDA, 2005). Gran parte del consumo di cocaina avviene nelle discoteche, durante i rave e in altri luoghi simili (Schifano, 2001). Il consumo di crack fumato rimane un fenomeno esclusivo di alcune tra le più grandi città d’Europa, dove il consumo sembra essere più comune tra i gruppi marginalizzati (EMCDDA, 2005). Durante gli ultimi anni, il consumo di cocaina (crack incluso) é aumentato molto, portandosi dal 4% del 1995/6 al 6% del 2001/02, diventando la principale droga in uso nel Regno Unito (Bellis et al., 2004). Inoltre, Bellis et al. (2003) riportano, tra il 1999 e il 2002, un aumento notevole anche del numero di Britannici che hanno consumato cocaina durante le vacanze all’estero. Nel 2001, l’8% di clienti in Inghilterra indicava la cocaina (crack incluso) come la droga d’assunzione principale, paragonato con il 3% dell’Irlanda del Nord, il 2% del Galles e l’1% della Scozia (DH, 2002; DHSSPS, 2002; ISD, 2003). Nonostante la tendenza di consumo sia in aumento, i dati che riguardano i pericoli della cocaina sono limitati. Secondo il più recente rapporto del US Drug Abuse Warning Network (SAMHSA, 2005), la presenza di cocaina da sola o in combinazione con altre droghe fu segnalata nel 39% dei decessi per abuso di droga nelle aree metropolitane, spesso (dal 72% al 98%) in combinazione con altre droghe. In Europa, casi di morte acuta in cui si evidenzia la presenza di cocaina senza oppiacei sembrano essere rari. Nonostante le limitazioni dei dati disponibili, nei paesi in grado di distinguere tra diversi tipi di droga che causano la morte, la cocaina sembra aver giocato un ruolo determinante in una percentuale dall’1% al 15% dei casi riscontrati. Molti paesi (Germania, Spagna, Francia e Ungheria) hanno riferito un’incidenza dall’8 al 12% del totale delle morti per droga (EMCDDA, 2005). La cocaina potrebbe essere un fattore responsabile di morti dovute a problemi cardiovascolari (Ghuran and Nolan, 2000), e quindi molte di queste morti potrebbero passare inosservate. Diversi studi hanno trovato un’associazione tra i prezzi della droga, la domanda e i danni risultanti dall’uso di queste sostanze. L’aumento del prezzo di composti psicoattivi comunemente disponibili, quali tabacco e alcol, può probabilmente ridurne la domanda tra i giovani (Ogilvie 88


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

et al., 2005). La carenza di eroina in Australia nel 2000-2001 era associata all’aumento dei prezzi, alla diminuzione dell’uso iniettivo nonché delle chiamate d’emergenza e dei casi di overdose (Degenhardt et al., 2005). Sumnall et al. (2004) hanno esaminato l’influenza del prezzo su acquisti ipotetici di alcol, amfetamine, cocaina e ecstasy per quarantatrè persone che abusavano di varie sostanze. I risultati hanno evidenziato una diminuzione negli acquisti parallelamente a un tasso proporzionalmente maggiore dell’aumento del prezzo. Negli ultimi anni, nella maggior parte dei paesi dell'Unione Europea, si rileva una riduzione del prezzo della cocaina (EMCDDA, 2005). Il prezzo di strada di molte droghe illegali é effettivamente diminuito anche nel Regno Unito (Ogilvie et al., 2005). Una regolare diminuzione del prezzo delle droghe ricreazionali illegali viene proposta come uno dei fattori più rilevanti nelle morti riconducibili a sostanze stimolanti, almeno per quanto riguarda l’MDMA/ecstasy (Schifano, 2004; Schifano et al., 2006). Al fine di compilare un’indagine descrittiva sulle tendenze del consumo di cocaina e di crack , scopo principale di questo studio, sono stati utilizzati sette fonti di dati che fungono da indicatori chiave, cioè il numero di segnalazioni su certificati di morte; il numero di domande di trattamento; il consumo per lo scorso anno; il numero di reati correlati alla droga; il numero di sequestri; il prezzo; i livelli medi di purezza). Un’ulteriore obiettivo dello studio è stato quello di testare l’ipotesi secondo cui questi indicatori fossero correlati fra di loro.

Metodi Questo studio descrittivo e correlazionale riguarda il periodo che va da Gennaio 1990 a Dicembre 2004. I dati relativi ai decessi furono ottenuti dall’Office of National Statistics (ONS) che si occupa del General Register Office for England & Wales; Christophersen et al., 1998), dal General Register Office for Scotland (GROS; Jackson, 2004) e dal Department of Health, Social Services and Personal Safety for Northern Ireland, il quale ha diretto accesso ai dati presso il General Register Office for Northern Ireland (GRONI). I dati qui esposti si riferiscono alle segnalazioni totali di decessi avvenuti per uso di cocaina e di crack negli anni 1990-2004, sulla base delle certificazioni di morte. Solitamente sui certificati di morte non è stata fatta distinzione alcuna tra cocaina e crack. I decessi dovuti a droga, usando la definizione standard fornita dall’Office of National Statistics (Griffiths, 2006), sono stati definiti come: codici ICD-10 F11-F16, F18, F19, X40-X44, X60-X64, X85, Y10-Y14 dal 2001, e prima con i codici ICD-9 292, 304, 305.2-.9, E858-8, E950. 0-.5, E980.0 -.5, E962.0. Il numero di persone arrestate per crimini relativi a cocaina e crack e il numero dei sequestri di cocaina e crack nel Regno Unito sono stati ottenuti dall’Home Office Statistical Bulletins (Corkery, 2002; Ahmad and Mwenda, 2004; Mwenda, 2005a, 2005b; Mwenda and Kumari, 2005; Mwenda et al., 2005). Le informazioni sui sequestri sono state riportate all’Home Office da: Forze di Polizia, National Crime Squad e da Revenue e Customs. I dati del Regional Drug Misuse Database (Database Regionale per Abuso di Droga) (RDMD), il quale fornisce informazioni sui tassi di consumo di cocaina e crack tra gli individui che si presentano per il trattamento della tossicodipendenza, sono stati ottenuti da pubblicazioni competenti del Dipartimento della Salute (Department of Health, 1998; 1999; 2000; 2001a; 2001b; 2002). Le informazioni riportate dal British Crime Survey (BCS), riguardanti il consumo di cocaina e crack per l’anno scorso, sono state ottenute dalle pubblicazioni competenti dell’Home Office (Mott and Mirrlees-Black, 1995; Ramsay and Percy, 1996; Ramsay and Percy, 1997; Ramsay et al., 2001; 89


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Aust et al., 2002; Chivite-Matthews et al., 2005). La componente autocertificativa sull’abuso di stupefacenti del British Crime Survey deriva da domande poste direttamente ai soggetti sul consumo di stupefacenti (cioè: cocaina, crack, ecstasy, eroina, LSD, funghi magici e metadone) nel corso della vita, durante l’ultimo anno e l’ultimo mese. L’indicatore che viene considerato qui è quello relativo al consumo di cocaina e crack durante l'ultimo anno. I dati si riferiscono a sondaggi domestici generali, condotti esclusivamente in Inghilterra e nel Galles, circa i partecipanti di età compresa fra i 16 e i 29 anni relativamente al 1992, 1994, 1996 and 1998 e i partecipanti di età compresa tra i 16 e i 24 anni dal 2000/2001 al 2004/2005 (le fasce d'età sono cambiate per gli ultimi quattro sondaggi). I dati per gli anni intermedi, per esempio il 1995, sono rappresentati dal punto medio fra i tassi dell’anno precedente e l’anno successivo, per esempio il 1994 e il 1996. I prezzi sono stati forniti in sterline senza essere tarati per l’inflazione e si riferiscono ai prezzi medi di strada nel Regno Unito per una dose di cocaina (1 grammo) o crack (sassolino - 0.2 grammi) come riportato dalle Forze dell'Ordine al National Criminal Intelligence Service (NCIS, 1994-2002; Bellis et al., 2004) per il periodo 19902004. I dati raccolti si sono basati sulle domande poste dai poliziotti ai trafficanti circa il prezzo di commercio della sostanza e, relativamente a certe aree, sono stati ottenuti direttamente da acquisti-test i cui prezzi venivano riferiti al National Criminal Intelligence Service (NCIS, 19942002). I dati sulla purezza della sostanza sono stati forniti dal Drugs Intelligence Unit, Forensic Science Service (Forensic Science Service, 1992-2004). Per identificare eventuali correlazioni tra i diversi indicatori, sono stati calcolati i coefficienti Pearson.

Risultati Dal 1990 al 2002 il numero totale dei decessi nel Regno Unito in cui è stata segnalata, nei certificati di morte, la presenza di cocaina e crack, è aumentato da 5 a 171 casi, per poi scendere a 142 nel 2003 e presentare un nuovo aumento nel 2004 con 185 casi riferiti. Durante questi anni, la cocaina e il crack sono risultati essere coinvolti in un totale di 1022 morti. Attraverso i certificati di morte dell’Inghilterra e del Galles relativamente al periodo 1993-2004, è stato possibile rendere disponibili anche i dati circa i decessi in cui si segnalava la presenza di altri composti in combinazione con cocaina e crack, alcol incluso. In questo periodo la presenza di cocaina e di crack è stata segnalata in 865 decessi e in 310 di questi (35.8%), la cocaina è stata menzionata come unica droga (cioè senza altre droghe o alcol). L’alcol (assunto da solo o assieme ad altre droghe) è stato identificato in combinazione con la cocaina in 182 casi (21% del numero totale). Secondo i risultati del BCS, il consumo di cocaina nello scorso anno è salito dall’1% del 1992 ad una punta del 5.2% nel 2000, per poi scendere al 4.9% nel 2003. Dall’altra parte, il consumo di crack è aumentato dal 0.2% nel 1992 ad una punta del 0.9% nel 2000, per poi scendere di nuovo al 0.4% nel 2004. Nel 2003 circa 7230 individui sono stati segnalati dalla polizia o processati dai tribunali per reati aventi a che fare con la cocaina. Tale dato rappresenta un aumento di 8 volte superiore se confrontato con gli 860 individui riferiti nel 1990. Similmente, i dati relativi ai crimini per crack sono aumentati di sei volte (da 374 a 2260) tra il 1994 e il 2003. Il numero di casi in cui è stata sequestrata cocaina nel Regno Unito dalle Forze dell'Ordine è aumentato di 5 volte (da 1,636 a 7,744) tra il 1990 e il 2003. Durante lo stesso anno il numero di sequestri di crack aumentò di circa il 52% (da 316 a 482). Durante l’ultimo decennio nel Regno Unito il prezzo della cocaina è sceso rapidamente. Nel 1990, il prezzo medio per grammo di polvere era di £87 mentre nel 2004 era di £53, evidenziando una riduzione di circa il 39%. Nello stesso periodo, il prezzo medio di un ‘sassolino’ di 0.2gr. di crack è diminuita di 90


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circa il 25% (da £25.4 a £19). Prendendo in considerazione anche gli effetti dell’inflazione, la riduzione effettiva dei prezzi risulta ancora maggiore. I tassi di consumo problematico di cocaina tra i soggetti che si sono rivolti ai RDMD tra il 1993 e il 2001 per un trattamento della loro tossicodipendenza, presentano un aumento di quasi 4 volte (cioè da 2331 episodi a 8327). Secondo i dati del Police and Customs, la purezza della polvere di cocaina è rimasta piuttosto stabile nel periodo dal 1990-2004. Considerando i livelli di purezza relativi al crack emerge, invece, uno scenario diverso. Infatti, i livelli di purezza di crack indicati da Customs (che potrebbero indicare ciò che viene importato nel Regno Unito) rimangono piuttosto stabili negli anni ad un valore di circa l’80%. Contrariamente, la purezza del crack sequestrato dalla polizia (che potrebbe riflettere ciò che è disponibile sul mercato della strada) presenta un calo del 30% (cioè dal 90.8% nel 1991 al 63.9% nel 2004). Una serie storica per cocaina e crack è stata tracciata secondo 7 indicatori chiave: numero di segnalazioni di decesso, prevalenza (consumo in Inghilterra e Galles per lo scorso anno, solo dai dati BCS), numero di persone trovate colpevoli o segnalate, numero di sequestri (Regno Unito), Figura 1: Tendenze per la cocaina nel Regno Unito, 1990-2004. (Segnalazioni di morte: fornite da ONS, GROS e GRONI. BCS si riferisce al consumo di cocaina da parte dei partecipanti nello scorso anno, solo in Inghilterra e nel Galles. Il numero di persone processate per reati di droga aventi a che fare con cocaina, il numero di sequestri di cocaina e il numero di dosi di cocaina sequestrate nel Regno Unito furono fornite dal Home Office Statistical Bulletins. I prezzi della cocaina vengono forniti in sterline. Per il 2004 furono resi disponibili solo dati riguardanti consumo, morti, prezzi e livelli di purezza.)

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Figura 2: Tendenze per il crack nel Regno Unito, 1990-2004 (Dati sui rei per crack e sequestri non erano disponibili per il 2004)

numero di consumatori problematici di cocaina tra coloro che richiedevano un trattamento per la tossicodipendenza e riportate dai database regionali sull’abuso di droga (RDMD), sequestri e prezzi. Come si può notare dalla Tabella 1, che si riferisce ai dati per la cocaina in polvere, la maggior parte dei coefficienti di correlazione Pearson sono risultati altamente significativi. In particolare, il numero di segnalazioni di decessi correlarono positivamente con: consumo di cocaina (in polvere) nello scorso anno (p< .001); numero di reati per cocaina (p< .001); numero di sequestri di cocaina (p< .001); e numero di casi RDMD per cocaina (p< .001). Una correlazione negativa è stata, invece, riscontrata tra il numero di decessi e il prezzo della cocaina negli anni (p< .001). Il prezzo della cocaina in polvere mostra, a sua volta, una correlazione negativa con il consumo di cocaina (in polvere) nello scorso anno (p< .01), il numero di criminali (p< .001) e il numero di sequestri (p< .001). Nella Tabella 2 vengono mostrati i coefficienti di correlazione Pearson per il crack. Come si può verificare, il numero di segnalazioni di morte per cocaina e crack correlano positivamente sia con il numero di criminali per crack (p< .001) sia con il numero di sequestri di crack (p< .001); mentre correlano negativamente sia con la purezza del crack (p< .001), come indicato dai dati forniti dalle Forze dell'Ordine sia con il prezzo (p<.05). Infine, la purezza del crack, come indicato dalle Forze dell’Ordine, correlò negativamente sia con il numero di crimini per crack (p< .01) sia con il numero di sequestri di crack (p< .001). 92


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Tabella 1 – Coefficienti di correlazione Pearson per gli indicatori di cocaina per il Regno Unito, 19902004 (Calcoli relative ai sequestri e ai rei sono esclusivamente rivolti ai dati del 1990-2003, gli episodi del Regional Drug Misuse Database –RDMD per il 1993-2001; e il consumo per lo scorso anno per i dati del 1992-2004)

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Tabella 2 – Coefficienti di correlazione Pearson per gli indicatori di cocaina per il Regno Unito, 19902004 (Calcoli relative ai sequestri e ai rei sono esclusivamente rivolti ai dati del 1990-2003, gli episodi del Regional Drug Misuse Database –RDMD per il 1993-2001; e il consumo per lo scorso anno per i dati del 1992-2004)

Discussione Questo rapporto ha fornito una serie di dati ufficiali sulla cocaina e il crack che copre un periodo di 15 anni e che vale per tutto il Regno Unito. Le scoperte di questo studio hanno confermato un aumento della disponibilità di cocaina e crack, del consumo, del numero di reati e dei tassi di decesso relativamente al periodo 1990-2004 nel Regno Unito. E' evidente che i dati sulla disponibilità di cocaina in polvere correlano negativamente con fluttuazioni del suo prezzo negli anni. Un aumento nelle segnalazioni di decesso per cocaina e crack correla negativamente sia con il prezzo della cocaina in polvere che con la purezza del crack. La crescita costante dei decessi negli anni per cocaina e crack osservata in questo studio è coerente con scoperte precedenti per il Regno Unito (Ghodse at al, 2003; Bellis et al, 2004; Ghodse et al, 2005; Griffiths et al., 2002, Griffiths 2006, Jackson, 2004). Potrebbero esserci alcune spiegazioni, non necessariamente contraddittorie, per l'aumento totale del numero di decessi riportati per cocaina e per crack. Questi includono: una maggiore disponibilità di cocaina e crack nel Regno Unito se paragonata con quella di molti altri paesi del94


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

l'Unione Europea (EMCDDA, 2005) e l’aumento del consumo di cocaina in un contesto di abuso di più sostanze (Schifano, 1996); l’aumento delle segnalazioni di cocaina sui certificati di morte. Vi fu un enorme interesse da parte dei media per alcune vicende di uso di cocaina in persone ad alto profilo accadute nell’ultimo decennio nel Regno Unito e ciò potrebbe aver portato ad una maggiore conoscenza delle eventuali conseguenze del consumo di stupefacenti. A sua volta, questo può aver portato migliorare la sorveglianza, il monitoraggio e la registrazione di questa sostanza nelle indagini riguardanti morti improvvise e/o inaspettate. Secondo i dati qui presentati, la cocaina è stata menzionata come unica droga riscontrata nel 36% dei certificati di morte totali in Inghilterra e in Galles. Contrariamente, i dati np-SAD sulla mortalità nel periodo 1999-2004 in Inghilterra e in Galles, suggeriscono che la cocaina o il crack da soli rispondono per non più del 9.6% di tutti i casi in cui cocaina e crack sono risultati implicati nel decesso (Ghodse et al, in press). Il motivo della discrepanza tra i dati np-SAD e quelli presenti potrebbe essere dovuto al fatto che, diversamente dal ONS dove vengono analizzati solo i certificati di morte, il sistema di acquisizione dati np-SAD permette di raccogliere informazioni piuttosto dettagliate dai medici legali alla fine delle loro inchieste. Di conseguenza viene resa disponibile una descrizione più dettagliata dell’indice di morte per cocaina e crack e questo fatto può aver diminuito, negli studi di mortalità np-SAD, il numero di casi in cui si supponeva che il composto fosse coinvolto da solo. L’alcol (da solo o in combinazione con altre droghe) è stato identificato in combinazione con la cocaina in circa il 21% dei casi. In presenza di etanolo la cocaina viene metabolizzata dall’esterasi del fegato in cocaetilene, che ha proprietà farmacologiche simili alla cocaina, (Dean et al., 1991). Sia l’etanolo che la cocaetilene riducono rispettivamente del 47% e del 26% la clearance media della cocaina (Parker et al, 1996). L’effetto della cocaina viene, quindi, prolungato e la ‘caduta’ post-cocaina viene diminuita. Pur non essendo state rese disponibili per il presente studio informazioni tossicologiche più dettagliate, si può supporre che la cocaina abbia avuto un ruolo di facilitazione delle morti nei casi di abuso di più droghe in combinazione qui riportati. È stata evidenziata una correlazione positiva tra l’aumento del numero di decessi per cocaina e crack e gli indicatori dei livelli di disponibilità di cocaina in polvere. Contrariamente, è stata riscontrata una correlazione negativa tra il prezzo della cocaina in polvere, gli indicatori di disponibilità e i dati sui decessi. Questo sembra supportare la più semplice delle ipotesi, e cioè quella secondo cui il notevole calo nel tempo del prezzo della cocaina in polvere, qui osservato, avrebbe facilitato l'accesso alla droga e quindi l’aumento nei livelli di consumo. Questo a sua volta avrebbe contribuito ad incrementare il numero di decessi per cocaina. I livelli di purezza del crack sequestrato da Customs (che può indicare i livelli di purezza delle droghe prima di entrare sul mercato della strada), sono rimasti stabili negli anni. Contrariamente i livelli di purezza del crack sequestrato dalla Polizia (che può indicare i livelli di purezza delle droghe attualmente disponibile sul mercato della strada), ha denotato una costante diminuzione negli anni. L’alto livello di diluizione del crack negli anni; l’enorme incremento di disponibilità del crack (i relativi sequestri sono aumentati di 16 volte tra il 1990 e il 2003) e la diminuzione del suo prezzo hanno implicato, plausibilmente, un maggior numero di individui attratti da questa sostanza. Come conseguenza, sono stati registrati un numero maggiore di crimini e e di casi nel RDMD. L’aumento del numero di individui che sperimentano la droga rappresenta un problema serio. Questo a causa del fatto che, molto probabilmente, tra coloro che assumono la sostanza, esiste 95


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una minoranza di soggetti che sono maggiormente a rischio di conseguenze mediche e decessi correlati all’uso di cocaina (per cause genetiche, quali la piena o la parziale espressione della sindrome long QT; Karch, 2005). Inoltre, una maggiore disponibilità di formule diverse di cocaina rende più facile per alcuni consumatori entrare in uno schema di consumo cronico. Secondo Karch (2005), la maggior parte dei decessi accadono dopo un uso prolungato della droga, che può indurre una serie di cambiamenti a livello molecolare, cellulare e dei tessuti. Le alterazioni miocardiche potenzialmente letali includono: ipertrofia, fibrosi e microangiopatia e tutti questi cambiamenti possono provocare una morte improvvisa, come possibile conseguenza di ipertensione, aritmie e infarto cardiaco (Knuepfer, 2003; Vasica et al, 2002). Darke et al (2005) esaminarono i principali referti delle autopsie relative ai decessi per cocaina avvenuti in New South Wales, Australia, tra il 1993 e il 2002, identificando 146 casi. È stato, infatti, riscontrata una patologia cardiaca nel 57% dei casi, più comunemente aterosclerosi delle arterie coronarie (39%) e ipertrofia cardiaca (14%). La patologia cerebrovascolare è stata evidenziata nel 22% dei casi. Un accesso facilitato alla cocaina in polvere potrebbe voler dire, inoltre, una maggiore probabilità che il consumatore si riempia (“binge”) con dosi più alte di cocaina per ogni singola assunzione. Allo stesso modo, un calo nella concentrazione di crack per cristallo può portare il consumatore ad incrementare il livello di consumo di crack per ogni assunzione. In entrambi i casi si osserva un aumento non proporzionale della droga nelle concentrazioni plasmatiche. In realtà ci si aspetterebbe che ulteriori incrementi della dose di cocaina diano luogo a concentrazioni plasmatiche molto maggiori di quanto previsto (Wilkerson et al, 1991). Questo è simile a ciò che viene descritto nel caso di altri stimolanti come l’MDMA/ecstasy (Schifano, 2004; Schifano et al., 2006), in cui un piccolo incremento nel dosaggio può portare a un notevole aumento nelle concentrazioni plasmatiche (farmacocinetica “non lineare”; de la Torre et al, 2000). Vi sono delle limitazioni relativamente alle informazioni raccolte e pubblicate dai Registri Generali di Mortalità (GMRs)del Regno Unito, quali il ONS, GROS e GRONI. Il numero dei casi identificati sono in realtà ‘segnalazioni’ di presenza di cocaina nei certificati di morte, cioè non vi sono informazioni disponibili riguardo a: dosaggi di cocaina o altre droghe concomitanti, rapporti post-mortem, risultati tossicologici e caratteristiche del contesto. La segnalazione della cocaina in quei documenti presentati ai GMR non significa necessariamente che questa droga sia la causa diretta del decesso, ma che la cocaina è stata ritrovata post mortem e/o identificata da esami tossicologici. D'altro canto, quando la cocaina è stata menzionata come unica , si è potuto presupporre che fosse in qualche modo più direttamente implicata nel decesso (Stephens et al, 2004). Un’ulteriore eventuale limitazione di questi deriva dalle tendenze riportate nel tempo. Nella prima parte degli anni ‘90 il fenomeno relativo alla cocaina e al crack potrebbe non essere stato esaminato sistematicamente. Una proporzione di decessi con tossicologia positiva per cocaina potrebbe non essere stata identificata come tale, tra le statistiche di mortalità GMR, ciò probabilmente per il fatto che non è stato scritto cocaina sul certificato di morte. Da questo punto di vista, i nostri dati sui decessi per cocaina e crack devono essere visti come una sottovalutazione del numero reale di relativi decessi. Inoltre, il numero di criminali e il numero di sequestri potrebbero riflettere cambiamenti nelle politiche, priorità e attività delle Forze dell'Ordine. Le quantità di droghe sequestrate nel tempo, infatti, potrebbero indicare sia le variazioni in attività di Intelligence delle Forze dell’Ordine sia una disponibilità fluttuante di droghe sul mercato nero. 96


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Si potrebbe sostenere che le correlazioni individuate tra alcune delle variabili siano troppo alte. In particolare, è stata identificata una correlazione molto alta tra il numero di sequestri e il numero di criminali. Nonostante questo possa suggerire che ci sia una qualche variabile contraddittoria implicita in tutti i dati, la natura della relazioni tra le diverse variabili non è lineare e può variare nel tempo. Nonostante i rapporti sui prezzi della cocaina del National Criminal Intelligence Service siano i migliori disponibili per il Regno Unito, questi dati hanno le proprie limitazioni (Bramley-Harker, 2001). I prezzi medi sono calcolati da informazioni presentate da singoli di diverse aree di polizia, e in diversi periodi, su base non-sistematica e non-stratificata. Gran parte delle informazioni sono probabilmente di natura aneddotica e non sono basate su “acquisti-test” di routine, nonostante questi siano stati occasionalmente eseguiti dalla Metropolitan Police Service. Le limitazioni sopraelencate devono essere tenute in considerazione quando si osservano tendenze nel tempo, ma il monitoraggio sistematico di tendenze nei mercati illegali della droga è assolutamente necessario per fornire le basi per una pratica efficace nei campi della sanità e delle Forze dell’Ordine (Topp et al, 2004). In particolare, vi è bisogno di una regolare raccolta e analisi di informazioni dettagliate riguardanti decessi associati a cocaina e crack, specialmente relativamente alla distinzione fra quest'ultime. Ulteriori ricerche dovrebbero descrivere meglio le implicazioni cliniche dell'abuso di cocaina in un contesto di intossicazione con più sostanze e dovrebbe anche trattare la questione di eventuali vulnerabilità individuali psicobiologiche/genetiche a decessi causati da cocaina.

Ringraziamenti I dati sui decessi sono stati ottenuti da JC presso Clare Griffiths al ONS General Register Office for Scotland e presso Gillian Fegan (Department of Health, Social Services and Personal Safety) il quale ha accesso diretto ai dati presso il General Register Office for Northern Ireland. I dati riguardanti i livelli di purezza di cocaina sono stati forniti da Scott Parrott presso il Drugs Intelligence Unit, Forensic Science Service.

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

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COCAINA

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

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COCAINA NELLE ACQUE DI SUPERFICIE: UN NUOVO COCAINA STRUMENTO EVIDENCE-BASED 1.6 PER MONITORARE L’ABUSO COMUNITARIO DI SOSTANZE* Ettore Zuccato*, Chiara Chiabrando*, Sara Castiglioni* **, Davide Calamari**, Renzo Bagnati*, Silvia Schiarea*, Roberto Fanelli* * Dipartimento di Scienze Ambientali, Istituto di Ricerca Farmacologica Mario Negri, Milano ** Dipartimento di Biotecnologia e Scienze Molecolari, Università di Insubria, Varese

Abstract Razionale: l’uso di cocaina nel mondo sembra essere in aumento in alcune aree urbane, ma non è facile determinare la reale estensione di questo fenomeno. Le tendenze nell’abuso di sostanze vengono attualmente stimate in maniera indiretta, prevalentemente su larga scala sociale, medica, e attraverso le statistiche dei reati che possono subire dei condizionamenti o essere troppo generici. Quindi noi abbiamo sperimentato un approccio più diretto basato sull’evidenza “nel campo” dell’uso di cocaina da parte della popolazione generale. Metodi: La cocaina e il suo principale metabolita urinario (la benzoilecgonina, BE) sono stati misurati mediante spettrometria di massa in campioni di acque presi dal Po e da industrie urbane per il trattamento dell’acqua di rifiuto in città italiane di medie dimensioni. Per stimare il consumo locale di cocaina in ogni zona sono stati utilizzati: la concentrazione della sostanza, l’indice di flusso dell’acqua e la popolazione. Risultati: Abbiamo evidenziato come la cocaina e la BE siano presenti e misurabili nelle acque di superficie delle aree popolate. Il più grande fiume italiano, il Po, con un bacino circostante di 5 milioni di persone, trasportava costantemente l’equivalente di 4 kg di cocaina al giorno. Questo implicherebbe un consumo medio giornaliero di almeno 27±5 dosi (di 100mg ciascuna) per ogni 1000 giovani adulti, una stima che eccede ampiamente le stime ufficiali nazionali. I dati ricavati dalle industrie per il trattamento delle acque di rifiuto in città italiane di medie dimensioni sono corrispondenti a questi valori. Conclusioni: Questo lavoro, evidenzia per la prima volta che una sostanza illecita, la cocaina, è presente nelle acque, ossia nelle acque di rifiuto urbano non trattate e nei maggiori fiumi. Ab-

* Tratto da: Environmental Health Journal: A Global Access Science Source 2005, 4:14 - “Cocaine in surface waters: a new evidence-based tool to monitor community drug abuse”. Traduzione a cura: Staff Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto.

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COCAINA

biamo utilizzato i livelli ambientali di cocaina per stimare il consumo collettivo del farmaco, un approccio con l’unica potenziale capacità di monitorare le tendenze dell’abuso locale della sostanza in tempo reale, preservando l’anonimato degli individui. Il metodo qui testato, teoreticamente estensibile ad altre sostanze d’abuso, potrebbe essere ulteriormente messo a punto per divenire uno strumento standardizzato, obiettivo, per monitorare l’abuso di sostanze. Razionale L’uso di cocaina, una delle sostanze illecite più potenti e che conferiscono maggior dipendenza, sembra in aumento in alcuni paesi (1-3). Le agenzie internazionali del farmaco suggeriscono di monitorare strettamente il fenomeno, in particolare tra i giovani nelle aree urbane (3). Le tendenze e l’estensione del fenomeno dell’abuso di sostanze vengono di solito stimati indirettamente dalle statistiche generali, basate per lo più su indagini di popolazione, interviste ai consumatori, documentazioni sanitarie, e statistiche sui crimini (3,4). Questi indicatori generali, però, possono non stimare in modo realistico il fenomeno ad un livello regionale, dove specifiche caratteristiche socio-economiche e culturali possono pesantemente influenzare le abitudini d’abuso e le tendenze. Inoltre, dal momento che il self-report di un comportamento socialmente censurato non è verosimilmente affidabile, i dati ottenuti intervistando i consumatori noti o potenziali potrebbero essere sottostimati. Sono perciò necessari nuovi metodi, non solo per fornire stime più realistiche sul consumo illecito di farmaci, ma anche per rilevare rapidamente le variazioni nelle tendenze d’abuso della popolazione locale. Questi metodi, inoltre, aiuterebbero i sociologi e le autorità a rispondere alle variazioni di abitudini con appropriate contromisure preventive, in tempo reale. Diversi studi, incluso il nostro, hanno riportato che i farmaci ad uso umano e veterinario escreti, finiscono nelle acque attraverso i sistemi di scolo (5-9). Abbiamo evidenziato che i livelli ambientali dei farmaci ampiamente usati, riflettono la quantità totale consumata dalla popolazione locale, come calcolato sulle prescrizioni effettuate (10-12). Così, quando vengono presi in considerazione appropriatamente fattori come la farmacocinetica e il metabolismo dei farmaci e il destino ambientale dei prodotti di escrezione, le cariche ambientali (le quantità escrete nell’ambiente nel tempo) di un farmaco e/o dei suoi maggiori metaboliti possono diventare indicatori del consumo dei farmaci della popolazione locale. L’idea di un possibile uso “non-intrusivo di monitoraggio farmacologico nelle sedi delle attrezzature di trattamento delle acque di scolo” “per determinare i parametri di uso collettivo della sostanza a livello comunitario” furono proposti da Daughton (13) nel 2001, ma per quanto ne sappiamo, non sono mai stati utilizzati. In questo studio, abbiamo testato se il suddetto approccio potrebbe essere utilizzato per stimare il consumo comunitario di una sostanza comune d’abuso, ossia la cocaina. Come per gli altri farmaci, infatti, i prodotti di escrezione della cocaina, consumata in una determinata zona, potrebbero in teoria essere rintracciati nelle acque locali di rifiuto (WW) e nelle riceventi acque di superficie (SW). Questi compartimenti ambientali possono essere visti infatti, come una specie di deposito temporaneo per qualsiasi composto sufficientemente stabile escreto dalla popolazione locale. Così il trovare un prodotto di escrezione della cocaina nelle WW e SW potrebbe essere d’aiuto per le stime del consumo locale. Inoltre, se regolarmente monitorato, il variare delle concentrazioni della sostanza nelle WW e SW rifletterebbe le variazioni del consumo in tempo reale. Negli esseri umani solo una piccola percentuale di cocaina, come tale, viene escreta nelle urine mentre una larga quantità viene escreta come BE (14,15). La BE infatti, è il metabolita spesso dosato nelle urine in medicina forense, per dimostrare l’uso di cocaina. Perciò abbiamo 104


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

cercato e misurato sia la cocaina che la BE nei campioni di acqua ambientale, ma abbiamo utilizzato le concentrazioni di BE per calcolare più accuratamente il consumo di cocaina (vedi Metodi). Il metodo qui utilizzato può ovviamente -nel primo campo d’applicazione piuttosto rudimentale- avere molte limitazioni intrinseche (discusse sotto) nell’accuratezza delle stime di consumo collettivo. Ciononostante, ci è sembrato che valesse la pena testare se questo approccio evidence-based offrisse o meno un significativo vantaggio sui metodi indiretti esistenti. Dopo aver identificato la cocaina e la BE nelle acque, il nostro principale obiettivo era inizialmente quello di verificare quanto le nostre stime di consumo si sovrapponessero ai dati ufficiali. Ci aspettavamo che i dati ottenuti dalle nostre ricerche sul consumo di cocaina si collocassero nel range delle stime ufficiali, o forse ad un livello inferiore, ma certamente non superiore. Infatti, l’evidenza consistente ricavata dai dati dei campioni ambientali e l’ipotesi fatta per i nostri calcoli (vedi metodi) potrebbero dar luogo a sottostime ma difficilmente a sovrastime sul reale consumo di cocaina. Una certa frazione (ancora sconosciuta) dei prodotti di escrezione della cocaina, che entra nei sistemi di scolo da una miriade di punti sparsi, potrebbe infatti andare perduta o degrata prima di raggiungere il punto di raccolta del campione, risultando così in sottostime del reale consumo. Inoltre, se noi consideriamo che i metaboliti della cocaina raccolti dalle WW e SW non possono ragionevolmente provenire da fonti diverse dalle escrezioni umane (eccetto sporadici ma altamente improbabili casi di eliminazione di cocaina nei sistemi di scolo o nei fiumi) e che la loro concentrazione nelle acque correnti non può riflettere l’accumulo, dobbiamo ancora una volta concludere che non abbiamo potuto sovrastimare i reali valori. Con queste limitazioni abbiamo, perciò, testato questo approccio sul territorio italiano (figura 1) e comparato i nostri risultati con i dati ufficiali sull’uso di cocaina in Italia, ottenuti da indagini sulla popolazione generale (2).

Metodi Chimici e Materiali Gli standard di riferimento (99% purezza) della cocaina e della BE provenivano rispettivamente dalla MacFarlan-Smith Ltd (Edinburgh, UK), e dalla LGC Promochen s.r.l. (Milano,Italia). Lo standard interno (IS), salbutamolo-D3 (99,1% D) proveniva dalla CDN Isotopi (Quebec, Canada). Gli standard venivano sciolti in metanolo a 1mg/ml e successivamente diluiti a 10 ng/ml. La purezza delle soluzioni veniva testata prima di ogni corsa analitica mediante HPLC-MS-MS. Tutte le soluzioni furono stoccate a –20°C al buio. La cartuccia utilizzata per l’estrazione della fase solida era 3ml a perdere dell’OASIS MCX (60mg, waters Corp., milford, MA). Raccolta dei campioni Sono stati raccolti campioni misti di acqua (5 campioni da 500 ml raccolti ogni 30 min) in 4 diversi giorni dal Po a Mezzano, Pavia (figura 1). In questo sito di campionamento (flusso d’acqua medio per il periodo, 343 m3 sec-1 ) la popolazione del bacino equivalente è 5,4 x 106. Gli indici di flusso furono gentilmente forniti dall’ufficio Mareografico e Idrografico del Po. Furono raccolti dei campioni d’acqua anche da importanti WW in 4 industrie di trattamento (WWTPs) che servono città italiane di medie dimensioni (Cagliari, Latina, Cuneo e Varese, vedi figura 1). Gli indici di flusso delle WWTPs erano 1,0, 0,36, 0,22, e 0,46 m3sec-1 e gli equivalenti della popolazione rispettivamente: 270, 140, 45 e 110 x 103. Per ogni industria, fu ottenuto un campione di 24 ore, composto di 2 litri raccogliendo acqua presa ogni 20 minuti mediante un’at105


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Figura 1 - Zone di campionamento per la misurazione della cocaina.

trezzatura automatica. I campioni d’acqua furono stoccati a 4°C e processati entro 3 giorni per minimizzare una possibile degradazione. Estrazione fase solida La cocaina e la BE sono state misurate adattando il nostro metodo per i farmaci nelle acque di fiume (10). I campioni d’acqua (500 ml) sono stati filtrati su un filtro a micro fibre di vetro e mescolati con 10 ng di IS. Il pH veniva poi portato a 2,0 con il 37% di HCl. Le cartucce dell’Oasis MCX venivano ammorbidite prima dell’uso lavandole con 6ml di metanolo, 3ml di acqua MilliQ e 3ml di acqua acidificata a pH 2. I campioni venivano poi passati attraverso le cartucce sotto vuoto, ad un tasso di flusso di 20ml/min. Le cartucce venivano asciugate sottovuoto 106


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

per 5 minuti e diluiti con 2 ml di metanolo e 2ml al 2% di soluzione di ammonio in metanolo. Le diluizioni venivano riunite ed essiccate sotto un flusso d’aria. Separazione cromatografica del liquido Prima dell’analisi i campioni venivano ridisciolti in 100mL di acido acetico allo 0,01% in acqua (pH 3,5), poi centrifugati e trasferiti in vial di vetro. Aliquote di 10ml venivano iniettate usando un autocampionatore. Il sistema HPLC consisteva di 2 serie da 200 pompe e di una serie da 200 autocampioni (Perkin-Elmer, Norwalk, CT). Per la separazione cromatografica è stata utilizzata una colonna Luna C8 di 50mm x 2mm i.d., con dimensioni delle particelle di 3mm (phenomenex, Torrance, CA, USA). La diluizione iniziava con il 100% di diluente A (acido formico al 0,1% in acqua, pH 2) seguito da 10 min di gradiente lineare al 100% di diluente B (acetonitrile), 2 min di diluizione isocratica e 2 min di gradiente lineare al 100% di diluente A, che veniva mantenuto per 6 minuti per equilibrare la colonna. Durante l’analisi il tasso di flusso era 200ml/min e la colonna era mantenuta a temperatura ambiente. Spettrometria di massa (MS-MS) Per le determinazioni quantitative è stato usato uno spettrometro di massa API 3000 quadripolare triplo (Applied Biosystems- Sciex, Thornhill, Ontario, Canada). Le analisi sono state effettuate in ESI positive mode, con un voltaggio di 5,4 kV, voltaggi all’orifizio della skimmer che variavano da 30 a 54V e voltaggi all’elettrodo anulare da 180 a 280 V. L’acquisizione dei dati fu condotta con monitoraggio delle reazioni multiple (MRM) di prodotti di frammentazione selettiva degli ioni protonati pseudo molecolari (m/z 290 -> 105 e 290 -> 168 per BE, 304 -> 105 e 304 -> 182 per cocaina, 243 -> 151 e 243 -> 169 per IS). Sono state generate 5 curve di calibrazione per ogni composto iniettando 10 ml di 0,01% di soluzione di acido acetico contenente quantità note (0-1 ng/ml) di BE e cocaina e IS (0,1 ng/ml). Le curve di calibrazione correvano con ogni gruppo di campioni mostrando un eccellente linearità (r2 > 0,998). I bianchi strumentali (soluzione standard solo con IS), non mostravano tracce di composti interferenti. I bianchi procedurali e i recuperi sono stati eseguiti con acqua minerale. I bianchi non evidenziavano quantità determinabili di cocaina e di BE. I recuperi erano > 90% per entrambi i composti. I limiti di determinazione erano rispettivamente 0,06 e 0,12 ng/l per la BE e la cocaina (calcolati come la concentrazione che dà un rapporto di segnale di 3 nei test di recupero). L’identità della cocaina e della BE e l’assenza di composti interferenti, venivano successivamente confermate mediante analisi qualitative MS/MS condotte con uno spettrometro ion trap mass LCQ decaXP Plus (Thermo Electron, Waltham, MA). In questo caso le condizioni cromatografiche erano le stesse precedentemente descritte, mentre le analisi di massa sono state effettuate con l’acquisizione degli spettri ESI-MS e MS/MS, corrispondenti agli ioni pseudo-molecolari della BE e COC. Le relative quantità dei frammenti di ioni delle sostanze erano d’accordo (+/20%) con quelle degli standard di riferimento. Calcoli e supposizioni Dal momento che metà della dose di cocaina viene escreta nelle urine come BE, e solo una piccola frazione come farmaco immodificato, usiamo le concentrazioni di BE in WW o SW per stimare il consumo locale di cocaina. Le concentrazioni di cocaina sono state utili per verificare che il rapporto BE/cocaina era stabile e in un intervallo atteso, fornendo così affidabilità sulla loro fonte di consumo umano. Se una eliminazione inaspettata accidentale o intenzionale di una significativa quantità di cocaina si verificasse in qualche punto di raccolta, il normale rapporto BE/cocaina (vedi Risultati) sarebbe transitoriamente e significativamente alterato in favore della 107


COCAINA

cocaina. La carica di BE (gr/die) ad ogni sito di campionamento - calcolato dalla concentrazione di BE nell’acqua (ng/l) e dall’indice di flusso dell’acqua (m3/sec) - è stato usato per stimare la carica di cocaina originaria moltiplicando per il fattore 2,33. Questo tiene conto del rapporto della massa molare BE/cocaina (0,954) e della media della frazione molare (45%) della dose di cocaina che viene escreta come BE, in accordo con i diversi studi (14,15). I carichi di cocaina sono poi stati correlati con gli equivalenti della popolazione locale (es. il numero di persone servite da un WWTP o che vivono nel bacino di prelevamento del fiume), usando i dati del 14° Censimento generale della popolazione italiana (2001) (16). Il consumo stimato (gr/die per 1000 persone) ad ogni sito di prelevamento era riferito sia alla popolazione generale che ai giovani adulti (1534 anni), dal momento che l’ultimo gruppo include quasi tutti i consumatori (2). I dati sono anche stati espressi come numero di dosi al giorno per 1000 persone, assumendo 100 mg come una dose media (1) (l’equivalente di 4 “strisce” da 25 mg di cocaina). Tabella 1: Livelli e carichi di cocaina e del suo metabolica (benzoylecgonina BE) nel Po e nelle WWTPs.

Tabella 2: Uso locale di cocaina nel bacino del Po e in cittò italiane di medie dimensioni, come stimato dai livelli di BE nelle acque.

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DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Risultati Cocaina e BE sono state trovate in tutti i campioni esaminati dalle WW e SW. Le concentrazioni ai vari siti di campionamento sono mostrate nella Tabella 1. Come atteso, i livelli della sostanza d’origine erano molto più bassi rispetto al metabolita, essendo il loro rapporto nei campioni di WW (0,15 ± 0,03, ± SD) in accordo con il destino metabolico conosciuto della cocaina negli esseri umani. Nel Po il rapporto cocaina/BE era stabile nel tempo ma inferiore a quanto atteso (0,05 ± 0,02), suggerendo un differente modello di degradazione e/o una compartimentalizzazione di cocaina e BE nella WWTP e nei veicoli ambientali. In quattro diverse occasioni, allo stesso sito di campionamento, è stato evidenziato che il Po trasporta stabilmente quasi 4kg equivalenti di cocaina al giorno (Tabella 1). Questo suggerisce un totale di circa 40.000 dosi al giorno, o circa 7 dosi per ogni 1000 persone che vivono nel bacino del fiume. Per quanto, considerando solo i giovani adulti, l’uso stimato raggiunge le 27 dosi al giorno per 1000 persone (Tabella 2). In accordo con questi risultati, le cariche di cocaina determinate alle WWTPs forniscono stime di consumo della sostanza di circa 2-7 dosi per 1000 persone o 9-26 dosi al giorno per 1000 giovani adulti (Tabella 2).

Discussione Il metodo che abbiamo qui inizialmente testato con la cocaina, come un nuovo possibile strumento per monitorare il consumo collettivo di sostanze illecite, fornisce stime riproducibili dalle WWTP, confermate su larga scala dai dati del Po. Ciononostante se questo metodo fosse usato in generale per un monitoraggio continuo dell’uso locale della sostanza, sarebbe preferibile usare ripetuti campionamenti in un dato, ben caratterizzato setting. Campionare le WW per l’analisi farmacologia prima che entri in una TP eviterebbe variazioni nelle concentrazioni della sostanza dovute a rimozione o degradazione che potrebbe verificarsi entro le TP. I livelli di una sostanza illecita in un fiume maggiore di un’area molto densamente popolata potrebbe ancora servire per valutare il consumo su una scala più vasta rispetto ad una locale, ma solo in quei casi dove un farmaco è abbastanza stabile in ambiente acquatico. Chiaramente il metodo implementato qui necessita di essere messo a punto, validato e adattato per altre sostanze d’abuso prima che possa diventare uno strumento generale per monitorare l’abuso di sostanze. Gli aspetti principali da validare minuziosamente coinvolgono la stabilità chimica e biologica del principale prodotto di escrezione della sostanza e la sua ripartizione nelle acque di scolo. A nostro parere meno preoccupante è qualche inaccuratezza nello stimare il consumo che può derivare dalle ipotesi correlate a farmacocinetica e metabolismo. Infatti se il consumo è retro calcolato dai livelli di prodotti escreti usando un medio fattore di conversione frazionale farmaco/metabolica da molteplici studi, l’accuratezza della stima sarebbe solo marginalmente influenzata da questo parametro. I nostri dati suggeriscono che l’attuale consumo di cocaina può essere molto più grande di quanto stimato dai metodi correnti. Questo è un risultato che colpisce, considerando che - come discusso sopra - il metodo impiegato e le ipotesi fatte potrebbero solo condurre a dati di consumo sottostimati. Questo infatti non è un meccanismo ragionevole mediante il quale i prodotti di escrezione della cocaina potrebbero accumularsi nelle acque di scorrimento di superficie, e noi abbiamo trovato concentrazioni stabili nel Po nel tempo. Inoltre avendo scelto di monitorare nel nostro studio un metabolita abbondante oltre al farmaco di origine, qualsiasi aumento 109


COCAINA

nei livelli di cocaina, dovuto ad una eliminazione illecita piuttosto che ad un uso umano, potrebbe essere rapidamente scoperto mediante un transitorio aumento del rapporto cocaina/metabolita. Le statistiche ufficiali (2) per l’anno 2001 indicano che in Italia circa l’1,1% di giovani adulti (15-34 anni) ammettono di aver usato cocaina almeno una volta nel mese precedente, ma i dosaggi attuali e la frequenza dell’uso non sono noti. Perciò è difficile stimare la quantità di cocaina che viene consumata dalla popolazione. Se consideriamo che nel bacino del Po ci sono circa 1,4 milioni di giovani adulti, i dati ufficiali in questa area si tradurrebbero in almeno 15.000 utilizzi di cocaina al mese. Ciononostante abbiamo riscontrato circa 40.000 dosi al giorno, una stima molto più ampia. L’impatto economico del traffico di un così elevato quantitativo di cocaina sarebbe sbalorditivo. L’elevata quantità di cocaina (almeno 1500 kg), che i nostri risultati suggeriscono venga consumata all’anno nel bacino del Po, ammonterebbe infatti, a circa 150 milioni di dollari (basata su una media di un valore da strada negli Stati Uniti di 100 dollari al grammo) (17-18). Le stime suddette - ottenute dal bacino densamente popolato del maggior fiume italiano sono state confermate da simili valori trovati in setting completamente differenti, es. nelle WW urbane di città di medie dimensioni, scelte in luoghi geografici ampiamente diffusi, per stimare il consumo locale di cocaina su piccola scala. La giusta corrispondenza dei risultati delle SW e WW, nonostante i diversi setting e ipotesi, suggeriscono che il nostro approccio è affidabile e le nostre stime realistiche. La piuttosto ristretta variazione del consumo stimato tra le WWTPs può riflettere diverse abitudini locali, come le aree urbane scelte hanno alcune differenze socioculturali.

Conclusioni Le indagini sulla popolazione generale sono utili per descrivere i modelli di abuso di sostanze, ma sono molto costosi e certamente troppo lenti per documentare prontamente le variazioni di tendenza (4). Il monitoraggio continuo del consumo illecito di sostanze sarebbe molto importante per stabilire l’attuale estensione di questo fenomeno, e documentare i cambi di tendenza. Un quadro più realistico dei modelli di uso locale per le più comuni sostanze d’abuso sarebbe necessario anche per identificare i problemi prioritari e pianificare selettive contromisure. L’approccio evidence-based prima testato qui, che è sostanzialmente adattabile ad altre sostanze illecite, potrebbe essere messo a punto e successivamente validato per diventare un rapido metodo generale per aiutare a stimare l’abuso di sostanze ad un livello locale. Questo approccio (13), con la sua abilità unica di monitorare le variazioni di abitudine in tempo reale, potrebbe essere d’aiuto ai sociologi e alle autorità per aggiornare continuamente la valutazione sull’abuso di sostanze.

Abbreviazioni WW – acque di rifiuto SW – acqua di superficie WWTP – industria per il trattamento dell’acqua di rifiuto BE – benzoylecgonina MS – spettrometria di massa 110


DIMENSIONI DEL FENOMENO E STRATEGIE GENERALI

Conflitto di interessi Gli autori dichiarano di non avere conflitto di interessi

Contributi degli autori EZ ha disegnato lo studio e scritto il lavoro. CC ha analizzato i dati e scritto il lavoro. SC ha raccolto e analizzato i campioni. DC ha disegnato lo studio e analizzato i dati. RB ha sviluppato il metodo analitico e supervisionato le analisi. SS ha raccolto e analizzato i campioni. RF ha avuto l’idea originale, e ha rivisto criticamente i risultati e il manoscritto. Tutti gli autori hanno letto e approvato il manoscritto finale.

Ringraziamenti Il Dott Davide Calamari sfortunatamente è mancato prima che il lavoro fosse completato. Dedichiamo questo lavoro alla sua memoria. L’Università e il Ministro della Ricerca Scientifica (MIUR) hanno finanziato questo studio (progetto n° 2002098317,2002). Silvia Schiarea fu la ricevente della “COFIN 2002” dall’Università di Insubria.

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COCAINA

NEUROBIOLOGIA DELLA DIPENDENZA DA COCAINA

2.1

Gaetano Di Chiara Dipartimento di Tossicologia, Università degli Studi di Cagliari

Introduzione La dipendenza da sostanze è un tipico esempio di interazione tra fattori genetici e ambientali nel quale l’influenza dei fattori genetici è largamente prevalente. Studi di epidemiologia genetica condotti sui gemelli dimostrano che i fattori genetici contribuiscono per una percentuale che, a seconda degli studi, va dal 63% (Kendler et al, 2003) al 78% (Van den Bree, 1998) della varianza dell’abuso di cocaina. Simili percentuali si ottengono per altre sostanze d’abuso come la cannabis (Kendler e Prescott, 1998) e la stessa caffeina (Kendler e Prescott, 1999). Al contrario dell’abuso e della dipendenza, il semplice uso di sostanze risulta determinato prevalentemente da fattori ambientali piuttosto che genetici. Nel caso della cocaina, l’uso appare dipendente solo per il 39% da fattori genetici e per il resto da fattori ambientali (Van den Bree, 1998). Lo stesso trend si osserva nel caso del semplice uso di cannabis (Kendler e Prescott, 1998). Questa dicotomia dimostra la fondamentale differenza tra i meccanismi alla base dell’uso di sostanze e del loro abuso. Un’altra importante osservazione degli studi di epidemiologia genetica sui gemelli è che il fattore genetico che contribuisce all’ abuso appare essere comune a tutte le sostanze d’abuso, indipendentemente dalla loro pericolosità e capacità di dare dipendenza e quindi indipendentemente dal fatto di essere categorizzate come droghe ‘pesanti’ o ‘leggere’ (Van den Bree et al, 1998; Kendler et al, 2003). Così, non è stato evidenziato alcun fattore genetico specifico per una specifica classe di droghe; al contrario, droghe caratterizzate da meccanismi d’azione primari molto diversi, come la cannabis e la cocaina o gli oppiacei, avevano in comune un unico fattore genetico (Kendler et al, 2003). Perciò, i fattori genetici che in un gruppo di individui determinano la vulnerabilità ad una classe di droghe sono gli stessi che in un altro gruppo di soggetti contribuiscono all’abuso di un’altra classe di droghe. Questi risultati indicano che la dipendenza è determinata in larga misura da fattori costituzionali geneticamente trasmissibili comuni a tutte le droghe. Tale conclusione è del tutto consistente con la nozione che la dipendenza è raramente ristretta ad una sola sostanza ma assume di regola le caratteristiche della politossicodipendenza (‘polidrug abuse’). Inoltre tale conclusione è in accordo con il fatto che la familiarità dell’abuso di sostanze non è specifica per una classe di sostanze ma si estende a tutte le sostanze d’abuso e 115


COCAINA

spesso si associa a disturbi della personalità e a disturbi psichiatrici (comorbidità, doppia diagnosi).

Proprietà comuni a tutte le sostanze d’abuso come determinanti genetici putativi della vulnerabilità alle tossicodipendenze L’osservazione che esistono determinanti genetici della vulnerabilità alla tossicodipendenza comuni a tutte le droghe e a condizioni di interesse psichiatrico indica in maniera chiara la direzione nella quale indirizzare gli studi sui fattori genetici delle tossicodipendenze. Tali fattori andranno ricercati tra quelle caratteristiche che le droghe hanno in comune tra di loro e che sono importanti per la tossicodipendenza in generale. L’individuazione di tali fattori potrà costituire la base su cui indirizzare la ricerca di polimorfismi genici nell’uomo. La constatazione che la tossicodipendenza mostra caratteristiche comuni indipendentemente dalla categoria farmacologica alla quale le droghe appartengono suggerisce da un lato il fatto che le droghe possiedano specifiche proprietà farmacologiche comuni e, d’altra parte, che sostanze dotate delle stesse proprietà farmacologiche possano avere in comune proprietà di indurre tossicodipendenza. La tossicodipendenza si configura come un disturbo della motivazione, che viene indirizzata in maniera compulsiva verso l’assunzione della droga, la quale fornisce la motivazione fondamentale al comportamento del tossicodipendente. Pertanto, una proprietà comune a tutte le droghe è costituita dalle loro proprietà motivazionali. Tali proprietà, tuttavia, si osservano anche in soggetti naive e non sono specifici dell’abuso e della dipendenza da sostanze dato che si esprimono anche nel semplice uso. È possibile tuttavia, che con l’uso ripetuto della droga, alcune proprietà ad esse comuni costituiscano la base per lo sviluppo dell’ abuso e della dipendenza. Nell’uomo i farmaci e le sostanze d’abuso hanno la capacità di provocare euforia ed elevare il tono dell’umore. Questa proprietà è particolarmente spiccata nel caso degli psicostimolanti come amfetamina e cocaina, che alleviano il senso di fatica e riducono la tendenza al sonno e la fame, aumentando la capacità di attività fisica e il desiderio sessuale. Nel caso di altre sostanze, come la morfina e suoi analoghi (eroina e metadone), dei barbiturici, dell’alcol e delle benzodiazepine, le proprietà euforizzanti possono essere oscurate da effetti deprimenti e sedativi tipici di queste molecole ma sono presenti soprattutto a dosi basse e nella fase iniziale dell’effetto farmacologico. Altre sostanze, come i principi della Cannabis e la nicotina, hanno proprietà psicostimolanti intermedie tra quelle degli psicostimolanti propriamente detti e delle sostanze con attività sedativa e deprimente.

Farmacologia comportamentale La maggior parte delle sostanze d’abuso (tranne certi allucinogeni) ha in comune la proprietà di provocare stimolazione psicomotoria negli animali di laboratorio. Questo effetto assume aspetti diversi a seconda della specie animale ma in generale consiste in stato di allerta, aumento della reattività agli stimoli esterni, dell’attività locomotoria ed esploratoria. L’azione stimolante sul comportamento motorio degli animali è particolarmente spiccata nel caso dell’anfetamina e della cocaina, classici psicostimolanti, ma si osserva anche dopo assunzione di sostanze tipicamente deprimenti come alcol, barbiturici e narcotici analgesici. Per tali sostanze, l’effetto psicomotorio si manifesta entro un determinato ambito di dosi e di tempi dalla somministrazione. Questo effetto stimolante sul comportamento spontaneo può considerarsi analogo all’effetto eufo116


ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

rizzante che si osserva nell’uomo. Altra proprietà comune a tutte le sostanze d’abuso è quella di agire come rinforzo positivo, aumentando la probabilità di comportamenti che hanno come conseguenza la presentazione e l’assunzione della sostanza. Così gli animali di laboratorio si autosomministrano quelle stesse sostanze di cui l’uomo fa oggetto di abuso e per raggiungere lo scopo sono capaci di apprendere e attuare complicate procedure (comportamento operante). Questa proprietà delle sostanze di abuso si osserva non solo nei primati, ma anche in mammiferi meno evoluti filogeneticamente come i roditori. Ma le analogie tra l’uomo e l’animale non sono limitate alle proprietà generali di rinforzo delle droghe. In realtà le stesse modalità di autosomministrazione mostrano sorprendenti somiglianze. Così, l’animale da esperimento, preparato con cateteri impiantati cronicamente endovena e connessi ad una pompa ad infusione azionata dalla pressione di una leva, impara rapidamente ad iniettarsi l’eroina a intervalli regolari, secondo una cadenza che dipende dalla concentrazione del farmaco e ha come fine quello di mantenere un costante effetto farmacologico; l’anfetamina e la cocaina, due psicostimolanti, al contrario, vengono autosomministrate dall’animale da esperimento in maniera saltuaria, cioè a ‘tornate’ (binges) nel corso delle quali la frequenza delle somministrazioni viene aumentata fino a livelli talmente elevati da provocare uno stato di eccitazione comportamentale così intenso da essere incompatibile con una corretta autosomministrazione; ciò provoca un’interruzione della autosomministrazione fino a quando non siano cessati gli effetti del farmaco e il soggetto non si sia ripreso; allorché questo avviene, ha inizio un’altra tornata. Il fatto che gli animali manifestino nei confronti delle droghe un comportamento simile a quello dell’uomo indica che i meccanismi alla base della tossicodipendenza sono legati a proprietà biologiche la cui invarianza si è mantenuta nel corso di una lunga stagione filogenetica così da essere comuni all’animale e all’uomo.

Basi neurobiologiche Il fatto che le sostanze d’abuso possiedano proprietà di rinforzo positivo suggerisce che esse agiscano su meccanismi comuni a quelli degli stimoli gratificanti naturali, come il cibo, l’acqua, il sesso. Lo studio delle basi neurobiologiche della motivazione prende le mosse, intorno agli anni Cinquanta del 20° secolo, dagli esperimenti di J Olds e P. Milner, i quali osservarono che ratti portatori di elettrodi cerebrali impiantati cronicamente e in grado di comandare il passaggio di corrente mediante la pressione di una leva, si autostimolavano quando gli elettrodi si trovano in corrispondenza di specifiche aree cerebrali. In altre aree, al contrario, l’animale evitava di autostimolarsi o premeva una leva per interrompere il passaggio di corrente. Altre aree, infine, apparivano neutre dal punto di vista motivazionale dato che l’animale non attuava alcun comportamento volto a ottenere o evitare la stimolazione cerebrale, ma si mostrava del tutto indifferente a essa. Le aree cerebrali da cui sono più facilmente ottenibili le risposte di autostimolazione sono situate lungo il decorso del fascio mediale del proencefalo. In questo fascio corrono neuroni che utilizzano neurotrasmettitori diversi, ma a svolgere il ruolo pricipale nel comportamento di autostimolazione sono quelli che utilizzano come trasmettitore la dopamina. Tali neuroni originano dal tegmento mesencefalico a livello di tre gruppi localizzati nel nucleo prerubrale (A8), nella substantia nigra pars compacta (A9) e nell’area ventrale del tegmento (A1O). I neuroni che originano dall’area A1O proiettano ad aree limbiche (nucleo accumbens septi, tubercolo olfattorio, amigdala, ippocampo, corteccia prefrontale prelimbica) e formano il sistema dopaminergico mesolimbico; i neuroni che originano dall’area A9 ed A8 terminano nel nucleo caudato-putamen e costituiscono il sistema dopaminergico mesostriatale. 117


COCAINA

Proprietà dopaminergiche comuni a tutte le sostanze d’abuso Tutte le più importanti sostanze d’abuso dagli analgesici narcotici, agli psicostimolanti (anfetamina e cocaina), alla nicotina, all’alcol, ai barbiturici e al d9-tetraidrocannabinolo, il principio attivo della Cannabis, hanno in comune la proprietà di aumentare la concentrazione extracellulare di dopamina in un’area terminale del sistema mesolimbico, il nucleo accumbens del setto (Di Chiara, Imperato, 1988) e in particolare nella sua parte ventro-mediale, la shell (Pontieri et al., 1996; Tanda et al., 1997). I meccanismi attraverso i quali le sostanze d’abuso sono in grado di aumentare le concentrazioni extracellulari di dopamina sono diversi a seconda della classe farmacologica cui ciascuna sostanza appartiene. Così la cocaina e la fenciclidina bloccano la ricattura della dopamina da parte delle terminazioni nervose, l’anfetamina libera la dopamina dalle terminazioni riversandola nel liquido extracellulare, l’eroina e altri narcotici morfino-simili (morfina e metadone), l’alcol, il d9-tetraidrocannabinolo e la nicotina, stimolano l’attività elettrica dei neuroni dopaminergici favorendo la liberazione fisiologica della dopamina. Evidentemente, la capacità di stimolare la trasmissione dopaminergica nella shell del nucleo accumbens costituisce una caratteristica fondamentale delle sostanze d’abuso (Di Chiara et al., 2004). A questa proprietà delle d. è stata assegnata una funzione fondamentale sia per i loro effetti acuti sia per i loro effetti a lungo termine, in relazione alla genesi della tossicodipendenza. La stimolazione della trasmissione dopaminergica nella shell del nucleo accumbens è il substrato degli effetti euforizzanti delle d. e della loro capacità di indurre uno stato di eccitazione incentiva che facilita il comportamento motivato da stimoli condizionati a rinforzi primari sia naturali (cibo, acqua, sesso) che farmacologici (droghe). La liberazione di dopamina nella shell dell’accumbens da parte delle d. ha anche la capacità di facilitare l’apprendimento incentivo. In tal modo stimoli altrimenti neutri dal punto di vista motivazionale e quindi incapaci di attrarre l’attenzione e l’interesse del soggetto acquisiscono proprietà incentive del comportamento motivato, quando vengono opportunamente associati a stimoli gratificanti come i rinforzi primari come le droghe. Le droghe, pur avendo in comune con stimoli primari non farmacologici (per es., un cibo particolarmente gustoso) la proprietà di liberare dopamina nella shell del nucleo accumbens del setto non sono soggette, ad abitudine dopo esposizione ripetuta, al contrario degli stimoli naturali. A questa proprietà non-adattativa della stimolazione della trasmissione dopaminergica nella shell del nucleo accumbens da parte delle d. è stato attribuito un ruolo fondamentale nella genesi della tossicodipendenza (Di Chiara, 1998). Le d. producono importanti effetti sulla dopamina anche dopo interruzione dell’esposizione (astinenza). Studi sugli animali di laboratorio hanno dimostrato nell’astinenza dopo trattamenti ripetuti con morfina, cocaina o alcol, una profonda depressione della trasmissione dopaminergica. Questa si manifesta con riduzione delle concentrazioni extracellulari di dopamina nel nucleo accumbens e come sindrome depressiva caratterizzata da sedazione, riduzione della motilità e della reattività agli stimoli esterni e in un aumento della soglia all’autostimolazione elettrica del fascio mediale del proencefalo (un effetto considerato come indice di una ridotta capacità funzionale dei meccanismi centrali della gratificazione). Le modificazioni della neurotrasmissione dopaminergica e la relativa anedonia sono verosimilmente un aspetto di una condizione di dipendenza della neurotrasmissione dopaminergica instauratasi come meccanismo adattivo alla cronica stimolazione della trasmissione stessa da parte della sostanza d’abuso. In tali condizioni il più efficace antidoto all’anedonia e alla depressione della trasmissione dopaminergica è la stessa sostanza verso cui si è instaurata la dipendenza o un suo analogo. Cosi si instaurerebbe un circolo vizioso che lega l’individuo alla sostanza d’abuso. 118


ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

Basi molecolari Le droghe e i loro principi attivi agiscono primariamente a livello del Sistema Nervoso Centrale come agonisti diretti o indiretti di recettori di membrana per i neurotrasmettitori fisiologicamente utilizzati dai neuroni per comunicare tra loro. Così, mentre l’anfetamina stimola indirettamente, attraverso la liberazione di dopamina, i recettori dopaminergici, l’eroina stimola direttamente i recettori oppioidi. Il segnale generato dalla stimolazione di questi recettori viene trasdotto dalla membrana cellulare all’interno della cellula attraverso la produzione intracellulare di molecole diffusibili, i secondi messaggeri (AMP ciclico, inositolo trifosfato, calcio), che a loro volta innescano una cascata di enzimi fosforilanti proteine (kinasi). I substrati proteici di queste kinasi sono molteplici e la loro fosforilazione può produrre effetti immediati (effetti comportamentali acuti) attraverso la fosforilazione di canali ionici voltaggio-dipendenti, ed effetti a lungo termine, attraverso la fosforilazione di proteine che diventano capaci di traslocare nel nucleo e di agire come fattori di trascrizione. Questi fattori di trascrizione (pCREB, pERK. pELK ) attivano la sintesi di una serie di fattori (geni immediati precoci, IEG) come il FOS, il June, che attivano a loro volta la trascrizione di altre proteine importanti per la neurotrasmissione (per es., la sintesi della preprodinorfina, il precursore di un tipo di oppioidi endogeni). Alternativamente o parallelamente, l’aumento del calcio intracellulare induce la liberazione di neurotrofine (BDNF, NGF, GDNF, FGF) che agiscono su recettori di membrana ad attività tirosinkinasica su vari substrati proteici. Si ritiene che l’attivazione da parte delle droghe di questa complessa cascata di fosforilazioni proteiche sia il substrato di processi di neuroplasticità sinaptica che si esprimono con varie modificazioni adattative indotte dalle droghe, come tolleranza, dipendenza fisica e sensitizzazione comportamentale. L’esposizione ripetuta alle droghe modifica la morfologia delle spine dendritiche; tali effetti sarebbero mediati dall’azione delle droghe sui fattori di trascrizione cerebrali e sarebbero a loro volta il substrato morfologico della sensitizzazione comportamentale. Tuttavia, la morfina e i farmaci psicostimolanti, pur producendo ambedue sensitizzazione comportamentale e modificando in maniera simile l’espressione dei fattori di trascrizione, provocano effetti opposti sulla morfologia delle spine dendritiche. Analogamente, sia un’iperespressione che una completa delezione di un IGE come il Fos B nel nucleo accumbens del ratto producono sensitizzazione comportamentale. Non è comunque ancora possibile legare in maniera univoca gli effetti molecolari e morfofunzionali delle droghe ai loro effetti comportamentali. Teorie della dipendenza Si possono distinguere tre principali teorie della tossicodipendenza. Secondo la teoria del processo opponente la dipendenza è strumentale all’evitamento del malessere connesso all’astinenza causata dall’interruzione dell’assunzione di d. dopo una cronica esposizione ad essa (Koob, Le Moal, 2005). In tal modo la droga viene inizialmente consumata per i suoi effetti piacevoli, ma dopo esposizione cronica la sua mancanza produce uno stato di malessere psichico simile alla depressione melancolica che solo la d. può eliminare. La continua esposizione alla droga provocherebbe l’attivazione di un processo antiedonico che si oppone ai suoi effetti piacevoli. In mancanza della d. il processo opponente avrebbe come risultato quello di spostare in basso la regolazione del livello edonico individuale e del tono dell’umore, producendo uno stato di anedonia. Il soggetto sarebbe quindi costretto a consumare la droga per contrastare gli effetti antiedonici del processo opponente la droga. A meno di postulare un’irreversibilità del processo opponente, questa ipotesi, pur attraente, non spiega la durata pressochè illimitata della condizione di dipendenza psi119


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chica. Infatti, percorrendo in senso inverso lo stesso cammino attraverso il quale la d. induce dipendenza, il tossicodipendente dovrebbe poter facilmente ritornare alla condizione di non dipendenza. Per conseguire questo risultato basterebbe uno svezzamento con metadone a scalare. È ben noto, al contrario, che questo trattamento, pur efficace nei confronti della dipendenza fisica, è privo di efficacia nei confronti della dipendenza comportamentale o psichica. Un’altra inadeguatezza di questa teoria è la difficoltà di spiegare il fatto che stimoli condizionati alla droga sono in grado di provocare craving anche dopo molti anni di astinenza. Secondo la teoria della sensitizzazione incentiva, la ripetuta esposizione alle d. produce una sensitizzazione della responsività del sistema neuronale della motivazione (sistema dopaminergico mesolimbico) (Robinson, Berridge, 1993). La sensitizzazione del sistema mesolimbico produrrebbe quell’abnorme aumento delle proprietà incentive di stimoli condizionati alla d. che, secondo questa teoria, costituisce l’essenza della tossicodipendenza. La teoria della sensitizzazione incentiva presenta anch’essa alcuni punti deboli. Una prima incongruenza deriva dal fatto che l’osservazione che l’esposizione alla d. induce sensitizzazione agli effetti incentivi della d. non estende necessariamente questa proprietà agli stimoli a essa condizionati. Inoltre, dato che il meccanismo della sensitizzazione è di natura non associativa, la sua azione dovrebbe applicarsi a tutti gli stimoli condizionati indipendentemente dal fatto che siano associati alla droga o ad altri rinforzi. Se così fosse il tossicodipendente dovrebbe manifestare craving in risposta a qualsiasi stimolo condizionato. Ciò tuttavia non corrisponde all’elevata specificità degli stimoli condizionati alla d. nell’indurre craving. Un’altro problema di questa teoria riguarda la proprietà delle droghe di indurre sensitizzazione comportamentale, che non si osserva nell’uomo. La teoria dell’apprendimento incentivo non fa derivare le abnormi proprietà incentive degli stimoli condizionati alla droga da un meccanismo non-associativo come la sensitizzazione, ma da un meccanismo di apprendimento associativo (Di Chiara,1998). Secondo questa teoria gli stimoli condizionati alla d. acquisiscono eccessive proprietà incentive a causa di un abnorme processo di apprendimento incentivo che deriverebbe dalle caratteristiche peculiari della liberazione di dopamina nella shell del nucleo accumbens da parte delle droghe. Infatti questo effetto non è sottoposto, nel caso delle droga, ad abitudine. Ciò fa si che l’esposizione ripetuta alla droga rinforzi in maniera abnorme l’associazione tra droghe e stimoli a esse contingenti, così da conferire a questi stimoli eccessive proprietà incentive. Questa teoria, al contrario delle due precedenti, rende conto sia della ben nota specificità di stimolo del craving, sia della efficacia praticamente indefinita degli stimoli condizionati alla d. nell’indurre craving.

Il sistema dopaminergico come principale substrato genetico di vulnerabilità alla tossicodipendenza e comorbidità Studi di epidemiologia genetica mostrano che gli effetti comportamentali dei farmaci ad azione centrale, ed in particolare gli effetti gratificanti e di rinforzo dei farmaci d’abuso, sono dipendenti da fattori individuali intrinseci al soggetto (set), di natura ereditaria ed acquisita, e da fattori estrinseci (setting) costituiti dal contesto e dalle modalità dell’esposizione del soggetto ai farmaci stessi. Da questi studi è derivato il concetto che le proprietà intrinseche dei farmaci d’abuso, le caratteristiche individuali (set) e le circostanze dell’esposizione del soggetto ai farmaci (setting) costituiscano un sistema di fattori (cluster) dalla cui interazione dipende sia l’effetto acuto del farmaco stesso che le modificazioni a lungo termine da esso prodotte. Questo approccio trova 120


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nello studio della vulnerabilità alla tossicodipendenza una applicazione pratica ricca di sviluppi e applicazioni. Un altro aspetto ormai diffusamente accettato dalla comunità scientifica è l’importanza del ruolo della dopamina (DA), in particolare di quella del sistema mesolimbico, nel meccanismo d’azione dei farmaci d’abuso e nei processi di apprendimento e di plasticità da essi indotti. Un’aumentata sensibilità alle proprietà DA stimolanti delle sostanze d’abuso sembra essere alla base della capacità di acquisire un comportamento di autosomministrazione di sostanze d’abuso da parte di una popolazione di ratti outbred (non consanguinei) ed è stato ipotizzato che lo stesso meccanismo sia alla base della vulnerabilità alla tossicodipendenza nell’uomo (Piazza et al., 1989). Tuttavia, il ruolo relativo di fattori genetici ed acquisiti in tali differenze interindividuali non è chiaro. L’impiego di linee di ratti inbred (consanguinei) e di linee psicogeneticamente selezionate rivela che sono i fattori genetici piuttosto che quelli ambientali il substrato delle differenze interindividuali nelle proprietà di rinforzo delle sostanze d’abuso in ceppi selezionati di animali da esperimento. Tale substrato potrebbe essere la stessa proprietà di stimolare la trasmissione dopaminergica nella shell e nel core del n.accumbens. Tale proprietà appare geneticamente determinata in linee di rattie di topi inbred o selezionati sulla base di specifiche proprietà comportamentali. Due di tali ceppi di ratti sono rappresentati dai ratti Roman High Avoidance/iVerh e Roman Low Avoidance/iVerh. Questi ceppi di ratti consanguinei sono derivati da due linee di ratti psicogeneticamente selezionati sulla base della loro capacità di apprendere un evitamento attivo a due vie (Escorihuela et al,1999). Recenti studi, effettuati nel nostro dipartimento da Giorgi e coll. (in preparazione) indicano che la cocaina e la morfina attivano la trasmissione DA preferenzialmente nella shell rispetto al core del nucleo accumbens nei ratti RHA ma non nei ratti RLA (Giorgi et al., manoscritto in preparazione). Perciò, nei ratti Roman la reattività della DA ai farmaci d’abuso è geneticamente determinata e solo nei ratti della linea RHA la DA risponde alle sostanze d’abuso in maniera simile a quella dei ratti Sprague-Dawley (Pontieri et al,1995 and 1996; Tanda et al, 1997). Queste osservazioni suggeriscono che anche la variabilità interindividuale nella responsività della DA osservata da Piazza e coll. (1989) e da altri in ceppi di ratti non consanguinei possa essere geneticamente determinata piuttosto che acquisita. Correlata alla proprietà degli RHA di rispondere alla cocaina e alla morphine di stimolare preferenzialmemte la DA della shell è quella di sviluppare sensitizzazione in seguito ad una esposizione ripetuta alla covaina o alla morfina.Tale modificazione è associata ad una sensitizzazione della risposta della DA nel core del nucleo accumbens, mentre non si osserva alcuna modificazione oppure una leggera diminuzione dell’aumento di DA nella shell. I ratti RLA, al contrario, non vanno incontro a sensitizzazione nè comportamentale né biochimica (Giorgi et al.,in preparazione). Perciò, le modificazioni osservate nei ratti RHA sono del tutto sovrapponibili a quelle già osseravte dal nostro gruppo in ratti Sprague-Dawley non-consanguinei sensitizzati alla morfina, alla nicotina ed agli psicostimolanti (Cadoni and Di Chiara, 1999, 2000; Cadoni et al., 2000). Un altro modello caratterizzato da differenze genetiche nella responsività del sistema dopaminergico è costituito dai ratti inbred del ceppo Lewis e Fisher 344, nei quali i farmaci d’abuso provocano risposte differenti a livello della DA del NAc (Cadoni e DiChiara , in preparazione).Questi due ceppi sono diversamente sensibili agli effetti di rinforzo dei farmaci d’abuso in paradigmi di autosomministrazione. In questi paradigmi i Lewis acquisiscono più rapidamente e mantengono l’auto-somministrazione a dosi più basse di cocaina rispetto ai Fisher (Kosten et al, 1997). 121


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Per quanto riguarda i topi, due ceppi inbred, i C57BL/6 (C57) e i DBA/2 (DBA), sono stati particolarmente utilizzati in studi mirati a valutare il ruolo dell’interazione tra genotipo ed esperienza nella modulazione degli effetti centrali e comportamentali delle sostanze d’abuso (Cabib, 1993; Puglisi-Allegra and Cabib, 1997; Ventura et al., 2004). I due ceppi C57 e DBA mostrano notevoli differenze di sensibilità alle proprietà gratificanti dei farmaci d’abuso in un paradigma di preferenza spaziale condizionata (CPP). I topi C57 sono estremamente suscettibili a sviluppare CPP dopo trattamento con anfetamina, cocaina o morfina, mentre i topi di ceppo DBA sono poco o per nulla sensibili a questi trattamenti (Cabib et al.2000; Orsini et al. 2004a; 2005). Queste differenze ceppo-dipendenti (set) vengono modificate dall’esperienza (setting). Infatti, se le condizioni di stabulazione degli animali vengono modificate, le differenze ceppo dipendenti svaniscono (Cabib et al., 2000). Inoltre,dati recenti indicano una maggiore sucettibilità dei topi di ceppo DBA al ripristino della CPP dopo estinzione (Orsini et al., 2004b). Vari studi indicano che la DA gioca un ruolo importante nell’interazione tra i tre fattori cluster (farmaco, set e setting). Innazitutto, la suscettibilità genetica alla CPP indotta da sostanze d’abuso sembra dipendere dall’aumento del rilascio di dopamina (DA) indotto dalle sostanze d’abuso nel NAc. Infatti, l’aumento del rilascio di DA indotto da anfetamina e morfina nel NAc dei C57 è maggiore rispetto a quello indotto nei DBA(Zocchi et al., 1998; Murphy et al., 2001; Ventura 2004). Inoltre, l’eliminazione di questa risposta centrale previene l’induzione di CPP da parte delle sostanze d’abuso nei topi di ceppo C57 (Ventura et al., 2003). In secondo luogo, variazioni delle condizioni di stabulazione alterano il rilascio di DA nel NAc dei DBA (Cabib et al., 2002). Terzo, meccanismi postsinaptici che coinvolgono i recettori dopaminergici del tipo D2 nel NAc mostrano forti differenze ceppo-dipendenti e sucettibilità nei confronti di manipolazioni dell’esperienza (Cabib et al., 1998). Infine è stata osservata una maggior sensibilità post-sinaptica all’anfetamina nella shell del NAc dei C57 mediata dall’attivazione dei recettori D1 (Conversi et al., 2004). Per quanto riguarda in particolare il ruolo specifico della shell e del core del NAc, studi recenti del nostro laboratorio (Cadoni et al, in preparazione) mostrano che tra i ratti inbred Lewis e Fisher, il ceppo più sensibile agli effetti di rinforzo dei farmaci in un paradigma di autosomministrazione, e cioè il ceppo Lewis, è anche quello più sensibile all’effetto stimolante dei farmaci sulla DA del core del NAc piuttosto che della shell. Al contrario, la proprietà di indurre CPP e di promuovere l’autosomministrazione è correlata alla capacità di stimolare la DA nella shell (Cadoni et al in prep.). Questi studi indicano nel sistema dopaminergico mesolimbico che proietta alla shell del n. accumbens e nei sistemi neuronali ad esso connessi il substrato maggiormente indiziato come determinante genetico della vulnerabilità alle tossicodipendenze ed alla comorbidità psichiatrica.

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DIPENDENZA DA COCAINA: ASPETTI GENETICI E DELLA COCAINA VULNERABILITÀ 2.2

Gilberto Gerra*, Amir Zaimovic** *International Narcotics Control Board ONU – Osservatorio Nazionale Tossicodipendenze, Dipartimento Nazionale Politiche Antidroga – Roma; ** Centro Studi Farmacotossicodipendenze e Disturbi del Comportamento – Servizio Tossicodipendenze Azienda ULS Parma- A

Introduzione Come accade per tutte le altre patologie del comportamento e della psiche, ad essere affetti dai disturbi da uso di sostanze sono individui con una specifica vulnerabilità nei quali una serie di fattori concomitanti, e disposti in concatenazioni eziopatogenetiche nella storia clinica, hanno contribuito all’instaurarsi dell’uso problematico, dell’abuso e della dipendenza. Affrontando il complesso argomento della relazione tra genetica e disturbi addittivi, occorre precisare che i disturbi da uso di sostanze non si possono certo spiegare puramente sulla base della genetica. Una stretta interazione tra varianti geniche a rischio, problematiche ambientali e alterazioni neurobiologiche indotte dall’esposizione alle sostanze concorrono alla suscettibilità per la malattia (Merikangas et al., 2000; Vanyukov and Tarter, 2000). Allo stesso modo, appare sempre più chiaro che la componente genetica della vulnerabilità, proprio in relazione alla complessità della malattia addittiva, non può attribuirsi ad un singolo gene, ma verosimilmente ad una molteplicità di alterazioni geneticamente trasmesse che agiscono sinergicamente (Uhl et al., 2002). È necessario ammettere, inoltre, che lo studio del rischio geneticamente trasmesso in relazione alla dipendenza da una singola sostanza risulta alquanto difficile, se si considera la propensione di gran parte dei soggetti affetti dai disturbi addittivi a sviluppare dipendenza da più di una sostanza (Uhl et al., 2001). I caratteri ereditari (cioè trasmessi geneticamente) possono influire sulla funzione delle principali monoamine cerebrali, sul GABA e sui peptici oppioidi, e di conseguenza sul temperamento e sui tratti della personalità espressi sin dai primi anni di vita (Auerbach et al., 1999): queste caratteristiche personali possono a loro volta contribuire a determinare i rapporti interpersonali, in particolare quelli così essenziali con i genitori in età precoce (Maccoby, 2000), il tono dell’umore, la propensione al comportamento impulsivo/aggressivo o piuttosto la tendenza all’autocontrollo e alla progettualità (Twitchell et al., 2001; Cadoret et al., 2003; Gerra et al., 2005a), la stabilità e la sicurezza dell’identità o una tendenza ai disturbi d’ansia (Zai et al., 2005). Per queste ragioni, la suscettibilità individuale geneticamente determinata può favorire, da un lato, il rischio di esporsi precocemente alle sostanze psicotrope d’abuso, mediante una mo125


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dulazione dei tratti del temperamento (Gerra et al., 2005b). Dall’altro, dopo il primo contatto con l’alcool e con le droghe, il genotipo può incrementare le probabilità di rimanere impigliati nella dipendenza, per ragioni studiate dalla farmacogenetica (Mattay et al., 2003). Dunque le varianti geniche individuali influiscono sia sulla possibilità di assumere le sostanze d’abuso per la prima volta, sia sulle risposte psichiche e comportamentali all’assunzione dei farmaci psicotropi, inducendo reazioni vantaggiose o avverse che rispettivamente facilitano la dipendenza o proteggono dal rischio della stessa. Come si è detto, lo stato di vulnerabilità risente in modo cruciale delle possibili interazioni gene-ambiente, con una relazione biunivoca capace di produrre risultati misurabili dal punto di vista neuro-biologico. Evidenze nell’animale da esperimento mostrano, ad esempio, come la separazione dalla madre in età precoce sia un fattore di rischio per lo sviluppo sociale e comportamentale, capace di alterare la funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), ma tale danno, prodotto da una condizione ambientale e relazionale, si manifesti con maggior intensità in soggetti caratterizzati da uno specifico allele (Barr et al., 2004). Analogamente, il genotipo del bambino, e quindi il suo temperamento, interferirebbe significativamente sullo stile educativo adottato inconsapevolmente dai genitori (O’Connor et al., 1998). I fattori ambientali e sociali, in particolare le esperienze avverse durante la gravidanza, l’infanzia e l’adolescenza, sarebbero capaci di imprimere tracce neurobiologiche stabili di per sè, persistenti nella vita adulta (Roy, 2002, Morley-Fletcher et al., 2004), e significative anch’esse, come i fattori geneticamente trasmessi, nel contribuire a modulare la reattività comportamentale e i tratti del temperamento (Wadhwa et al., 2001). In analogia a quanto si è accennato per le sostanze psicotrope in generale, se si vuol considerare l’insieme di fattori che possono determinare una maggior suscettibilità a sviluppare la dipendenza dalla cocaina, occorre tener presente elementi genetici e ambientali assieme, e definire possibili tipologie di cocainomani, sia in relazione alle caratteristiche della personalità, sia per ciò che concerne le aspettative individuali nei confronti della sostanza.

Epidemiologia genetica e vulnerabilità per la dipendenza da cocaina Il ruolo della genetica e più in generale di una vulnerabilità familiare per i disturbi addittivi può essere studiato dall’epidemiologia genetica, che misura la prevalenza del disturbo nei cluster familiari, negli adottivi e nei gemelli. Gli studi sulle famiglie, che verificano la prevalenza del disturbo addittivo tra i parenti di primo grado di soggetti affetti, hanno indicato che in una popolazione di parenti di tossicodipendenti il rischio di dipendenza da sostanze in generale è di 8 volte più elevato di quello che si può rilevare tra i soggetti controllo che non hanno congiunti affetti da disturbi addittivi (Merikangas et al., 1998). Se si considerano negli studi sulle famiglie specifici sottogruppi di cocainomani, quando alla dipendenza dalla cocaina si associa quella da eroina il pattern ereditario sarebbe più evidente, con il 38% dei parenti affetti da problemi droga-correlati, rispetto a percentuali molto più esigue tra i parenti di quei cocainomani che associano la dipendenza da alcool all’assunzione di psicostimolanti (Compton et al., 2002). È evidente che questi studi sulle famiglie non consentono di dirimere tra fattori di vulnerabilità genetica e ambientale, essendo i parenti di primo grado esposti alle stesse condizioni socio-relazionali, a interferenze culturali ed esperienze avverse spesso sovrapponibili. Gli studi gemellari hanno meglio evidenziato il ruolo dell’ereditarietà e dei fattori genetici riguardo all’instaurarsi dei disturbi da uso di cocaina, verificando il comportamento di soggetti 126


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che condividono l’intero patrimonio genico (monozigoti) rispetto a coloro che ne hanno in comune solo una parte (dizigoti). Negli studi di Kendler, ad esempio, la quota di concordanza per la dipendenza da cocaina tra gemelli monozigoti era dello 0.41, mentre quella nei gemelli dizigoti era soltanto dello 0.13. Questi risultati suggeriscono che il 79% della variabilità per la suscettibilità alla dipendenza da cocaina sia attribuibile ai fattori genetici, e solo il 21% a quelli ambientali (Kendler et al., 2000). Occorre ammettere a questo proposito che, secondo gli studi gemellari dello stesso gruppo, tesi a verificare se la componente genetica della vulnerabilità sia specifica per sostanza, sia i fattori ereditari che quelli ambientali appaiono aspecifici, e cioè capaci di condizionare la propensione all’addiction in generale e non per la cocaina in sé (Kendler et al., 2000).

Determinanti genetici della dipendenza da cocaina Gli studi di “linkage”, oggi possibili studiando l’intero genoma, consentono di verificare se uno specifico fenotipo e un determinato marker genetico (locus) siano ereditati insieme all’interno di una famiglia, in modo non indipendente: la spiegazione più ovvia di questa ereditarietà associata è che essi siano fisicamente vicini, cioè “linked” sullo stesso gene. Tali studi, piuttosto che riferirsi al meccanismo biologico ed etiopatogenetico sotteso al disturbo, studiano in modo estensivo e randomizzato il patrimonio genico, identificando il linkage nella trasmissione. Appare ovvio come questo approccio, che offre una prova sicura della ereditarietà di un carattere studiato, richieda l’accesso a dati multigenerazionali e possa risentire di variazioni nella penetranza di un carattere, in particolare per un disturbo complesso come la dipendenza da sostanze. Il fatto che il rischio dell’instaurarsi della dipendenza da cocaina sia significativamente influenzato dalla genetica è oggi sufficientemente provato grazie a uno studio di linkage realizzato da Gelernter e collaboratori (Gelernter et al., 2005). In questo studio è stato determinato, in gruppi familiari di due diverse origini etniche, caucasici-americani ed afro-americani, se il fenotipo “cocaina-dipendenza” o tratti correlati, come “paranoia indotta da cocaina” si trovino associati o meno a 409 marcatori genetici polimorfici che coprono l’intero genoma. L’analisi statistica dei risultati ottenuti ha permesso di mappare geni che rappresentano suggestivi o significativi fattori di rischio per la dipendenza dalla cocaina o per tratti di personalità ad essa associati nella intera popolazione (cromosoma 10: dipendenza dalla dipendenza; cromosoma 9: paranoia) o nelle singole sotto-popolazioni (cromosoma 3: caucasici-americani). Questi risultati rappresentano la base per la identificazione di specifici geni che contribuiscono al rischio per i fenotipi in esame.

Genetica e metabolismo della cocaina Le varianti geniche possono influenzare la dipendenza dalla cocaina a partire dalla capacità di metabolizzare la sostanza. La farmacocinetica della cocaina risente dei livelli degli enzimi coinvolti nel suo metabolismo: un’eccessiva concentrazione della sostanza, connessa a una disfunzione ereditaria nel metabolismo della stessa, può assumere un ruolo protettivo, inducendo esperienze avverse, effetti eccessivi e indesiderati. In particolare, le esterasi dei microsomi epatici, le colinesterasi plasmatiche e il citocromo P450 3A, i cui livelli sono determinati geneticamente, potrebbero influire sul rischio di sviluppare la dipendenza dalla cocaina, modulandone la concentrazione circolante (Warner et al., 127


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2000; Ladona et al., 2000), anche se ad oggi non sono state evidenziate associazioni con i polimorfismi dei geni deputati al controllo enzimatico. In questo ambito, i polimorfismi del gene che modulano la trascrizione della glutatione-S-transferasi (GST), implicata nel metabolismo della cocaina e dei suoi cataboliti, influirebbero sulla possibilità di assunzione protratta e quindi sul rischio di dipendenza dalla sostanza (Guindalini et al., 2005). In particolare, l’allele ad alta attività Ile105 GST-Pi sarebbe coinvolto nell’eziologia della dipendenza dalla cocaina, rendendo più intensivo il metabolismo della stessa e meno problematici gli effetti indesiderati.

Genetica e sistema dopaminergico Considerando il meccanismo d’azione della cocaina, che si basa principalmente sull’attivazione del sistema della gratificazione e delle aree deputate alla memoria emozionale mediante una specifica azione sulla dopamina, è facile attendersi che alterazioni della funzione dopaminergica geneticamente trasmesse possano assumere un ruolo cruciale nella suscettibilità all’uso continuativo e alla dipendenza (Saxon et al., 2005). Individui che per ragioni genetiche sarebbero meno capaci di fruire delle gratificazioni del quotidiano, affetti da una sorta di sindrome da “deficit della percezione del piacere” (Blum et al., 1991; Comings et al., 1991), verosimilmente in relazione ad alterazioni del sistema dopaminergico pre-esistenti all’esposizione alle sostanze, sarebbero particolarmente attratti dagli psicostimolanti e maggiormente vulnerabili per l’instaurarsi della dipendenza. Proprio in riferimento ai correlati biologici delle condizioni psichiche e comportamentali a rischio che sembrano coinvolgere le alterazioni recettoriali post-sinaptiche del sistema dopaminergico, i polimorfismi dei recettori D2 della dopamina sono stati chiamati in causa per la vulnerabilità alla dipendenza da cocaina (Persico et al., 1996). L’associazione tra dipendenza dalla cocaina e varianti geniche che influiscono sulla funzione dei recettori dopaminergici D2 e D3 è stata evidenziata da Comings e collaboratori (1999) e confermata, per quanto riguarda l’allele A1 sul recettore D2, da studi più recenti (Noble et al., 2003). Peraltro, la disomogeneità dei campioni studiati, le differenze etniche e le interferenze di possibili fattori di confondimento connessi con la variabilità individuale portano in questo ambito a risultati molto discordanti. A questo proposito, risultati negativi mettono in dubbio che l’azione della dopamina a livello postsinaptico possa contribuire alla vulnerabilità per la dipendenza dalla cocaina: secondo queste evidenze, l’allele A1 sul DRD2 non sarebbe associato con i disturbi da uso di cocaina (Gelernter et al., 1999) e in un campione della popolazione brasiliana i polimorfismi per i D2 e i D3 non rappresenterebbero un rischio, né per la dipendenza dalla cocaina, né per la severità della stessa (Messas et al., 2005). Al contrario, secondo recenti studi con tecniche di “brain imaging” in un modello animale, la predisposizione a sviluppare la dipendenza da cocaina sarebbe correlata proprio alla concentrazione dei recettori D2 (Nader and Czoty, 2005). Da un lato, una elevata concentrazione dei D2, geneticamente determinata, avrebbe un ruolo protettivo rispetto alla suscettibilità per l’addiction alla cocaina. Dall’altro, l’esposizione alla cocaina stessa indurrebbe una riduzione della concentrazione dei recettori dopaminergici, forse spiegando in parte il meccanismo che induce alla reiterazione dell’assunzione e alla dipendenza. Sempre in relazione alla funzione dopaminergica, specifici alleli del gene che codifica per la dopamina-beta-idrossilasi, enzima implicato nel metabolismo della dopamina, si presentano in associazione con ridotti livelli dell’enzima a livello plasmatico e con la propensione alla paranoia in risposta all’assunzione di cocaina (Cubells et al., 2000), suggerendo che risposte dopa128


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minergiche eccessive all’assunzione della cocaina possano indurre effetti avversi e indesiderati, forse protettivi rispetto al rischio di uso continuativo e di dipendenza. Se appare difficile sostenere che i polimorfismi per i recettori della dopamina abbiano un ruolo specifico nella vulnerabilità per la dipendenza da psicostimolanti, certamente esistono evidenze indirette del fatto che, nella popolazione generale, i tratti del temperamento come la tendenza alla ricerca del nuovo e delle emozioni forti, particolarmente a rischio per la sperimentazione di amfetamine e cocaina, siano correlati ad alterazioni del tono dopaminergico (Gerra et al., 2000; Siever 1994). Considerando ancora più specificamente l’azione neuro-farmacologica della cocaina, che è quella di bloccare il transporter della dopamina (DAT), riducendo il reuptake della dopamina stessa a livello pre-sinaptico, risulta del tutto plausibile che proprio le varianti geniche implicate nel determinare la concentrazione delle strutture deputate al reuptake siano coinvolte nella vulnerabilità per la dipendenza da cocaina. In accordo con questa ipotesi, l’associazione di un polimorfismo del transporter della dopamina con la dipendenza da cocaina è stata evidenziata in un campione della popolazione brasiliana (Guindalini et al., 2006). Le varianti geniche del DAT potrebbero svolgere un ruolo specifico nel sostenere i meccanismi di automedicazione con la cocaina. L’allele 9 del DAT, che si tradurrebbe in un’elevata concentrazione delle molecole di trasporto, sarebbe associato infatti ai comportamenti esternalizzanti nel bambino e nell’adolescente, al disturbo della condotta e al deficit di attenzione con iperattività (Cadoret et al., 2003), tutte condizioni psichiche ad elevato rischio per l’assunzione di pscostimolanti. Una eccessiva attività del DAT condurrebbe a una sostanziale riduzione della dopamina intra-sinaptica, che andrebbe incontro al reuptake in modo così rapido da compromettere la possibilità di legame con i recettori post-sinaptici (Volkow and Fowler, 2000): in questi individui geneticamente vulnerabili il blocco del reuptake indotto dalla cocaina rivestirebbe un ruolo di apparente auto-cura con iniziali vantaggi comportamentali che consolidano lo stato di dipendenza.

Genetica e sistema serotoninergico Diversi studi hanno investigato anche le relazioni tra varianti geniche che possono modulare il tono del sistema serotoninergico e la vulnerabilità per la dipendenza dalla cocaina. L’azione della sostanza infatti è mediata anche dalla serotonina che concorre con il sistema dopaminergico nel produrre gli effetti gratificanti (McMahon et al., 2001, Parson et al., 1996). La ricerca in campo neuroendocrino sembra aver individuato una disfunzione del sistema serotoninergico soltanto in un sottogruppo di cocainomani caratterizzati dalla tendenza al comportamento antisociale e dalla familiarità per i disturbi da uso di sostanze (alcolismo e tossicodipendenza paterni) (Buyden-Branchey et al, 1999), lasciando immaginare l’esistenza di una componente ereditaria capace di interferire con i livelli di serotonina almeno in una tipologia di cocainomani. Al contrario, i polimorfismi del gene che codifica per i recettori della serotonina 5HT1b non mostrerebbero alcuna associazione con la dipendenza da cocaina (Cigler et al., 2001) e analogamente la frequenza delle varianti geniche che controllano l’attività del promoter del transporter della serotonina (5-HTT) non presenterebbe differenze significative tra cocainomani e controlli (Patkar et al., 2004). Come vedremo in seguito, il coinvolgimento di fattori genetici capaci di influire sul transporter della serotonina nella vulnerabilità per la dipendenza dalla cocaina potrebbe essere mediato da fattori ambientali e da esperienze avverse nella storia clinica individuale, con una possibile difficoltà alla misurazione degli aspetti puramente neurobiologici ed ereditari. 129


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Genetica e sistema oppioide L’ipotesi che il sistema oppioide sia coinvolto nell’indurre la propensione alla dipendenza dalla cocaina è stata anch’essa considerata. I polimorfismi dei recettori oppioidi mu sembrano non prendere parte ai meccanismi sottesi alla vulnerabilità (Luo et al., 2003), mentre evidenze significative ricondurrebbero la dipendenza dalla cocaina alla funzione del sistema oppioide kappa. Come è noto, i recettori oppioidi kappa, e il loro ligando endogeno dinorfina, sarebbero deputati alla modulazione inibitoria della secrezione di dopamina, contro-bilanciando l’azione euforizzante e gratificante del sistema oppioide mu (Chefer et al., 2005; Yuferov et al. 2004). Diviene comprensibile, a questo proposito, come una aumentata trascrizione del gene per la prodinorfina possa svolgere un ruolo protettivo rispetto al rischio di sviluppare dipendenza dalla cocaina. Una iperattività del sistema oppioide kappa, capace di ridurre l’attività dopaminergica nell’accumbens, potrebbe essere responsabile di una alterata percezione degli effetti attesi della cocaina (Chen et al., 2002).

Genetica e sistema cannabinoide Anche i recettori per i cannabinoidi (CB1), e i polimorfismi del gene che possono modularne la funzione, sono stati studiati in relazione al rischio della dipendenza dalla cocaina, ma con risultati del tutto contrastanti: uno studio mostra l’associazione tra polimorfismi del CB1 e vulnerabilità per la cocaina ((Comings et al., 1997), mentre una ricerca successiva non sembra confermare le precedenti evidenze (Covault et al., 2001).

Genetica e sistema NMDA Da ultimo, occorre ricordare che l’attivazione del sistema dopaminergico in risposta agli psicostimolanti sarebbe mediata anche dai recettori NMDA per il glutammato posti sulle stesse cellule dei recettori D2. Risultati ottenuti nell’animale da esperimento mostrano una ridotta preference per la cocaina in soggetti con mutazioni che interferiscono sulla funzione NMDA (Heusner and Palmiter, 2005) e suggeriscono un possibile ruolo di queste varianti geniche nel determinare il rischio per l’addiction alla cocaina.

Interazioni gene-ambiente per la vulnerabilità per la dipendenza dalla cocaina Secondo evidenze ottenute nell’animale da esperimento, la separazione dalla madre attuata per poche ore al giorno durante i primi 14 giorni di vita sarebbe capace di sensibilizzare alla cocaina l’animale divenuto adulto. Se da un lato le risposte psicomotorie alla cocaina appaiono incentivate nei ratti che hanno subito questa parziale deprivazione delle cure parentali, dall’altro, in associazione alle differenze indotte in ambito comportamentale, la separazione dalla madre induce un incremento misurabile del release di dopamina nell’accumbens in risposta alla somministrazione della cocaina stessa (Brake et al., 2004). Questi risultati, per quanto non estrapolabili all’uomo in modo semplicistico, suggeriscono che la relazione di attaccamento genitorebambino possa assumere un ruolo specifico nel modulare le risposte agli psicostimolanti nell’adulto, determinando concrete alterazioni nella funzione delle principali monoamine cere130


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brali, in aggiunta o in alternativa alle alterazioni geneticamente trasmesse. È sempre più evidente dunque che siano le interazioni gene-ambiente a definire i livelli di vulnerabilità per il comportamento addittivo in generale, e verosimilmente anche per la suscettibilità per la dipendenza da cocaina. Nei primati non umani, le esperienze di separazione dalla madre in età precoce comportano una iper-attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA axis) che può accompagnare le alterazioni comportamentali e socio-relazionali, ma che si verifica in modo più consistente nei soggetti con l’allele short (S) del gene che codifica per il transporter della serotonina (Barr et al., 2004). Sarebbero dunque le alterazioni geneticamente trasmesse del sistema serotoninergico a mettere a rischio o a proteggere rispetto all’eventuale disregolazione dell’asse HPA, originata da un’esperienza avversa nell’ambito delle relazioni parentali, e coinvolta nella patogenesi dei disturbi affettivi e dell’umore (Rao et al., 1999). Peraltro una iperattivazione di base dell’asse HPA e un’incapacità a rispondere agli stimoli stressanti sono più volte stati documentati in consumatori di psicostimolanti (Gerra et al., 2003) e in eroinomani drug-free (Gerra et al., 2004). Se si considera il meccanismo d’azione della cocaina, capace di stimolare selettivamente la secrezione di ACTH e cortisolo sull’asse HPA (Sarnyai et al., 1996; 2001), appare plausibile che proprio la disregolazione di tale funzione neuroendocrina, indotta da difficoltà ambientali e relazionali in soggetti geneticamente a rischio, possa spiegare i tentativi di automedicazione con la cocaina. A questo proposito, non sembra essere casuale il fatto che, tra i pazienti in metadone, coloro che continuano a utilizzare la cocaina, forse nel tentativo inconsapevole di medicare una condizione depressiva, presentino al test al metopirone una eccessiva risposta di ACTH e manifestino una iperattività dell’asse HPA (Schluger et al., 2001). In ogni caso, le monoamine cerebrali più coinvolte dall’azione della cocaina, quali la dopamina e la serotonina, sarebbero stabilmente modificate nell’adulto in relazione alle esperienze avverse sofferte durante l’infanzia. In un gruppo di cocainomani, i livelli dei cataboliti liquorali della serotonina e della dopamina, l’acido 5-idrossi-indol-acetico e omovanillico (5-HIA e HVA) sarebbero inversamente correlate ai punteggi di negligenza emozionale e di abuso valutati retrospettivamente (Roy et al., 2002). Come si può intuire, queste alterazioni indotte da problematiche socio-ambientali sul cervello possono contribuire in modo sinergico, insieme con i fattori genetici, al rischio per la addiction alla cocaina. Considerando i dati ottenuti in un nostro recente studio, si può osservare un’associazione significativa del genotipo SS, che codifica per il transporter della serotonina, con la propensione all’uso e la dipendenza dalla cocaina. La frequenza del genotipo che influisce sulla funzione del transporter della serotonina appare più che doppia tra i consumatori di cocaina a confronto con i soggetti controllo che non si sono mai esposti all’assunzione di sostanze illegali o all’abuso di alcool (Gerra et al., in press). In questi stessi pazienti cocainomani, una maggior aggressività e una ridotta percezione delle cure parentali è stata rilevata in generale, con una accentuazione particolare nel sottogruppo di soggetti caratterizzati dal genotipo SS, verosimilmente affetti da problematiche della trasmissione serotoninergica. Quel che sembra estremamente interessante in questo nostro studio è la relazione tra elementi socio-relazionali e rischio di sviluppare la dipendenza dalla cocaina, in una significativa interazione con gli elementi genetici. Infatti, per l’incremento di ogni punto della scala psicometrica che manifesta la percezione delle cure genitoriali (Parental Bonding Instrument – PBI) il rischio di sviluppare la dipendenza dalla cocaina si riduce di circa il 10%, indicando l’importanza dell’attaccamento come fattore protettivo, e per i livelli più consistenti di percezione di una buona relazione con i genitori l’associazione tra genotipo SS e rischio per la dipendenza 131


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perde la sua significatività. Una condizione di attaccamento sicura e un forte senso di appartenenza alla famiglia sembrano vanificare del tutto il rischio di dipendenza dalla cocaina costituito da una variante genica e ottenere un risultato protettivo, a dispetto di condizioni neurobiologiche problematiche.

Vulnerabilità neuro-biologica per dipendenza dalla cocaina e conseguenze pratiche In conclusione, la consapevolezza riguardo alle possibili varianti psico-biologiche che possono contribuire alla vulnerabilità per la dipendenza dalla cocaina suggerisce la necessità di politiche di prevenzione selettive e mirate: occorre formare genitori e insegnanti a saper interagire con le condizioni temperamentali problematiche, investire specifiche risorse sugli individui caratterizzati da tratti della personalità a rischio, raggiungere i nuclei familiari che presentano disfunzioni socio-relazionali, implementare programmi formativi ed educativi appropriati e personalizzati. Sempre crescenti evidenze sulla plasticità neuronale indicano che gli interventi di prevenzione selettiva, indirizzati intensivamente su soggetti e gruppi problematici, possono giungere a modulare l’assetto dei neurotrasmettitori cerebrali e indirizzare in senso positivo le pulsioni del comportamento, riducendo sia il rischio dell’esposizione alle sostanze, e agli psicostimolanti in particolare, sia le probabilità dell’instaurarsi dell’assunzione continua e della dipendenza. Allo stesso modo, nell’ambito di una generica addiction alla cocaina dai caratteri apparentemente omogenei, la specificità delle relazioni che gli individui instaurano con la sostanza indica quanto gli interventi terapeutici debbano essere “tagliati su misura” e non riconducibili a protocolli standard. Le aspettative nei confronti del farmaco d’abuso, sostenute dalla varietà delle alterazioni neuro-chimiche di cui si è detto, sono estremamente differenziate e riflettono di volta in volta tentativi di auto-cura, attitudini individuali alla ricerca del rischio e forme di compensazione psicosociale. Gli individui che chiedono alla cocaina un effetto psico-stimolante e un sollievo dalla depressione, modulando con la sostanza l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, non possono essere trattati come coloro che utilizzano la cocaina per calmarsi, concentrarsi e imbrigliare i propri impulsi, in relazione a una eccessiva concentrazione del transporter della dopamina. Chi ottiene con la cocaina esperienze di gratificazione, non fruibili mediante le esperienze ordinarie nell’ambito di una condizione anedonica, forse connessa a un impairment recettoriale D2, richiede un percorso terapeutico diverso da chi, affetto da un disturbo di personalità narcisistico-istrionico utilizza la sostanza per dare corpo ai sui sogni di “grandiosità”. Sia sul piano farmacologico che su quello delle terapie psicosociali, le conoscenze inerenti la vulnerabilità psicobiologica e gli elementi eziopatogenetici della dipendenza dalla cocaina indirizzano a programmi di cura mirati e differenziati, così come richiesto dalle buone pratiche e da un approccio clinico specialistico.

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COCAINA

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MECCANISMI DI AZIONE DELLA COCAINA E IMPLICAZIONI PER I COCAINA TRATTAMENTI FARMACOLOGICI 2.3

Francesco Bricolo*, Franco Aldegheri*, Giovanni Serpelloni** * Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona ** Osservatorio Regionale sulle Dipendenze Regione Veneto

Introduzione La conoscenza dei meccanismi d’azione della cocaina è la premessa fondamentale sia per lo sviluppo di trattamenti farmacologici ma anche per la definizione di strategie preventive. Un esempio per tutti è la differenza tra i neuroni attivati dagli oppiacei e i neuroni attivati dalla cocaina e dalle anfetamine. Gli oppiacei producono sedazione mentre la cocaina produce euforia e piacere. Ognuna di queste sostanze è ricercata per il suo effetto. La conoscenza La ricerca sugli aspetti genetici dei Disturbi Correlati all’Uso di Sostanze è in continua evoluzione e nell’aprile del 2006 sono stati pubblicati alcuni studi su questo tema.(1) (2) Per quanto riguarda gli aspetti genetici va certamente segnalato che se siamo ancora lontani dalla possibilità di identificare uno specifico gene (“specific gene”) all’origine della dipendenza, sono invece progredite le ricerche nell’ambito della farmacogenetica.(3) (4) (5) (6)

Aspetti neurobiologici e clinici Gli oppiacei stimolano i neuroni dell’area ventrale tegmentale che proiettano i loro assoni nel nucleo accumbens rilasciando dopamina. Al contrario gli psicostimolanti, dunque la cocaina così come le amfetamine stimolano la corteccia prefrontale. Il cannabinolo agisce seguendo lo schema degli oppiacei, dunque la via mesolimbica cioè il mesencefalo e il sistema libico. La nostra capacità di provare piacere è legata al fatto che il nucleo accumbens possa ricevere dopamina e più dopamina c’è più intenso è il piacere. Attività tradizionalmente piacevoli come quella sessuale o come l’alimentazione stimolano il rilascio di dopamina nella così detta “shell” cioè nella porzione esterna del nucleo accumbens. È interessante notare che l’attività sessuale come quella alimentare si autolimitano. Non proviamo piacere continuando a mangiare dopo che lo stomaco è pieno così come non proviamo piacere continuando l’attività sessuale dopo l’orgasmo. La continua assunzione di cocaina porta al così detto “crash” di cui parleremo tra poco. Va detto ora che l’uso cronico di cocaina porta ad “apprendimenti associativi” per cui stimoli 137


COCAINA

che per altri soggetti sono normali portano invece l’assuntore di cocaina ad attivare la ricerca della sostanza. (7) La semplificazione delle informazioni ha l’indubbio merito di rendere comprensibile questi aspetti anche ai non addetti ai lavori, ma va detto che le indagini sui correlati neurobiologici dell’addiction rimangono complesse. È infatti del tutto legittimo che gli operatori sociosanitari che a diverso titolo si occupano di soggetti con Disturbi Correlati all’Uso di Sostanze (DCUS), si sentano disarmati quando si trovano per esempio a dover gestire soggetti in “craving” o in “crash”. Non solo infatti non esiste un farmaco sostitutivo per la cocaina ma anche le varie terapie psicofarmacologiche sperimentate non si sono rilevate efficaci. Dalla clinica dunque arriva una importante spinta perché s’individuino trattamenti farmacologici in grado per lo meno di alleviare condizioni sintomatiche legate all’uso acuto della sostanza. Bloccando il “reuptake” della dopamina, la cocaina di fatto produce un aumento del numero di molecole di cocaina nel terminale presinaptico. Alcuni autori parlano di “inondazione” di dopamina nel nucleo accumbens e il sintomo che viene generato da questa inondazione è l’euforia. Un altro effetto della cocaina è l’inibizione dell’up-take dell’adrenalina e questo sarebbe all’origine di sintomi quali tachicardia, ipertensione, sudorazione, tremori, midriasi. Il continuo uso di cocaina rende necessario la catabolizzazione della dopamina che paradossalmente dopo essere stata abbondante viene ora a mancare. Il fenomeno che allora avviene è denominato “up-regulation” post-sinaptico e una delle interpretazioni correnti è che questa “up-regulation” possa spiegare almeno in parte sia il “craving” che il “crash”. La traduzione in lingua italiana di questi due termini è tutt’altro che semplice. In ogni modo un soggetto che presenta “craving” per cocaina produce una serie di comportamenti atti a procurarsi la sostanza. Per “crash” invece s’intende una condizione clinica di forte astenia che può essere poi complicata da produzione sintomatiche psichiatriche anche di carattere psicotico. Provando a osservare l’andamento clinico dell’uso di cocaina si osserva la fase di “binge” in cui il soggetto si abbuffa di sostanza ottenendo un intenso piacere associato ad euforia. In genere un quarto d’ora o mezz’ora dopo il “binge” si osserva il “crash” che può durare qualche giorno associato o meno al “craving”. Di per sé la così detta fase di “estinzione” avviene quando il soggetto riesce a mantenere l’astensione dalla sostanza per 60-90 giorni. La difficoltà a mantenere l’astensione da sostanza è in relazione al fatto che in genere, ma soprattutto nell’uso cronico, dopo il “crash” compaiono sintomi quali disforia e ansia, che portano il soggetto e usare di nuovo la sostanza perché quella è la maniera più sicura di risolvere i sintomi.

Farmacogenetica L’unione in un unico termine della parola “farmaco” e “genetica” non suona più come novità. Si tratta infatti di una linea di ricerca che ha ormai un ampio corpus letterario in diverse specializzazioni della medicina. Fu Friedrich Vogel nel 1959 a coniare il termine “farmacogenetica” che indicava una disciplina finalizzata a individuare le differenze ereditabili in agenti esogeni quali appunto farmaci o tossine. Proviamo a vedere alcuni dati generali. Per esempio 1/3 dei soggetti che fuma diventa un fumatore cronico, il 23% dei soggetti che sperimentano eroina diventa dipendente da eroina e il 17% di coloro che sperimentano cocaina diventano dipendenti da cocaina. Leggendo questi dati sono due le domande che sorgono. Quali sono i fattori di rischio che conducono un soggetto che ha sperimentato la sostanza almeno una volta a sviluppare dipendenza, e quali sono i fattori che consentono ad un soggetto che ha sperimentato la sostanza di non sviluppare dipendenza?. Le 138


ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

indagini compiute su gemelli e famiglie(8) (9) (10) (11) dimostrano che c’è una componente genetica sicuramente, ma non si tratta naturalmente di un semplice approccio “mendeliano” classico. Se si trattasse solamente di fattori genetici allora per esempio le campagne di prevenzione non dovrebbero essere in grado di modificare i comportamenti assuntivi e quando un gemello monozigote prova una sostanza e ne diventa dipendente allora anche l’altro dovrebbe diventare dipendente dopo averla provata. Naturalmente non è così. C’è indubbiamente una “eterogeneità genetica” secondo la quale geni diversi o combinazione di geni producono fenotipi simili in individui differenti, o anche una “oligogenic inheritance”, cioè una ereditabilità di pochi geni è necessaria per spingere qualcuno dalla normalità di un fenotipo verso uno spettro problematico. L’ipotesi di fondo della farmacogentica è che differenti profili genetici rispondano diversamente ai diversi farmaci. Semplificando per estremi, dato un gruppo di soggetti con un profilo genetico denominato “A”, questo gruppo di soggetti risponde alla terapia “X”. Dato un gruppo di soggetti con profilo “B”, questo gruppo risponde alla terapia “Y”. (12) (13) Prescrivere la terapia “X” al gruppo “B” e viceversa la terapia “Y” al gruppo “A” sarebbe un non senso. Si tratta di una semplificazione estrema che ha come vantaggio quello di trasmettere informazioni semplici e ha il limite di saltare a piè pari la reale complessità del problema. Visto che ad oggi l’approccio farmacogenetico non ha applicazioni di cui possano fare uso i clinici nella loro pratica ambulatoriale o ospedaliera, è bene che proviamo ad accennare ad alcuni aspetti di fondo. Un primo punto essenziale può essere sintetizzato in due diversi termini in lingua inglese quali “serendipity” e “design”. Per “serendipity” intendiamo la scoperta casuale a cui la storia di ha abituati. Gli antibiotici per esempio vengono anche da questo tipo di eventi. Possiamo tradurre il termine inglese “design” con “disegnare” e la domanda è disegnare cosa? La ricerca ci ha insegnato che i “recettori” altro non sono che proteine e come tali sono codificare da geni o da gruppi di geni. L’idea di fondo è quella di arrivare ad identificare questi geni perché una volta conosciuti sarà possibile produrre farmaci specifici. Nel nostro cervello la proteina “N” che svolge la funzione di “recettore” per la molecola “V” ha in realtà tutta una serie di “sottotipi” che vengono espressi in maniera selettiva in diverse aree del cervello. Quindi la nostra proteinarecettore “N” avrà per il esempio il sottotipo “N1” in un’area cerebrale e il sottotipo “N2” in un’altra area cerebrale. Uscendo da esempi generici e entrando in ambito specifico sappiamo che la dopamina si “aggancia” ai recettori “D” che hanno cinque sottotipi conosciuti denominati appunto “D1”, “D2”, “D3”, “D4”, e “D5”. Il “D2” è molto presente nello striato mentre “D3” e “D4” sono più presenti nel sistema libico e corticale. Al fine di produrre minori effetti di tipo extrapiramidale, effetti dovuti al blocco del recettori “D2” la ricerca farmacogenomica tenta di produrre farmaci che siano in grado di legarsi particolarmente ai “D3” e “D4”. I farmaci attualmente in commercio sono costituiti da molecole a basso peso molecolare che come è stato detto poco fa svolgono la loro funzione agganciandosi alle proteine recettoriali. Quando si arriverà a conoscere le sequenze degli aminoacidi delle proteine e ancor più le sequenze nucleotidiche degli acidi nucleici, si potrà “disegnare” e sintetizzare brevi peptidi o nucleotidi che avranno specifiche attività farmacologiche e bassa tossicità. Se prima abbiamo utilizzato come riferimento l’esempio dei recettori dopaminergici per esemplificare l’approccio della farmacogenetica è bene dire che proprio gli studi farmacogenetici sulla schizofrenia hanno mostrato quanto sia davvero difficile da realizzare. La combinazione tra le tecniche di genetica molecolare e la valutazione della risposta clinica dovrebbe condurre alla definizione di una vera e propria “mappa” della risposta clinica.(14) Le linee di ricerca innovative sono sempre definite dal rapporto tra limiti e vantaggi e per quanto riguarda la farmacogenetica possiamo dire che è importante valutare due aspetti quali la sicurezza e l’efficacia che nella letteratura in lingua inglese troverete come “safety” e “efficacy”. Il farmaco proveniente 139


COCAINA

dalla farmacogenetica dovrà essere sicuro ed efficace, certamente più sicuro e più efficace dei farmaci attuali. Un aspetto da non sottovalutare è quello della “complessità” termine spesso utilizzato come in senso troppo generico. Riprendendo l’esempio dei recettori della dopamina con i cinque sottotipi conosciuti, potrebbe ben accadere che la ricerca arrivi a identificare farmaci specifici con bassa tossicità lavorando sul sistema dopaminergico per poi scoprire che alcuni sintomi di un disturbo sono mediati anche dal sistema “adrenergico”. Per non “subire” la complessità è importante che ogni progetto di ricerca parta sempre da un’ipotesi eziopatogenetica e tenda a verificarla/falsificarla. Solo in questa maniera si potrà unire le informazioni provenienti dalla ricerca in una teoria unificante che va verificata/falsificata di volta in volta. Un interessante approccio in questo senso viene dall’ipotesi secondo la quale esistono dei sottogruppi di consumatori di cocaina che si differenziano per il loro profilo del sistema dopaminergico. Soggetti con “Low DA”, cioè con una basso tono dopaminergico rispondono a trattamenti con agonisti dopaminergici, mentre soggetti con tono dopaminergico normale rispondo maggiormente a trattamenti con serotoninergici o adrenergici.

Quale modello eziopatogenetico? Tutti noi ormai abbiamo acquisito alcuni schemi “preventivi”. Lavarsi i denti regolarmente comporta un diminuito rischio di carie dentali, portare le cinture allacciate mentre guidiamo un’auto comporta una maggiore protezione in caso d’incidente, essere obesi e fumare sigarette comporta un maggior rischio di infarto cardiaco e così via. Quale modello sorregge questi ragionamenti? È il modello della medicina classica secondo il quale un soggetto nella sua esistenza è esposto a “fattori” che possono essere “protettivi” o “di rischio”. Lavarsi regolarmente i denti è un “fattore protettivo” rispetto allo sviluppo di carie. Nella vita delle persone ci sono dei “fattori di rischio” che sono “modificabili” e altri che sono “immodificabili”. Per esempio l’essere donna comporta i rischi specifici del genere femminile come il cancro della cervice uterina mentre l’essere maschi comporta il rischio di cancro della prostata. Il genere e l’età sono certamente fattori “non modificabili”. Il National Institute of Drug abuse (NIDA) ha per esemplificato questo modello con un disegno che rappresenta una “bilancia”. Essere figli di persone alcoliste per esempio è certamente un “fattore di rischio” per sviluppare alcolismo, ma nella vita di una persona con questo fattore di rischio possono intervenire diversi fattori protettivi che controbilanciano il rischio. Nell’ambito delle tossicodipendenze possiamo segnalare due diversi modelli quali il “modello morale” e il modello del “Brain disease”. Secondo il modello morale l’uso di sostanza è un “vizio” da cui è facile liberarsi nel momento in cui ci si mette la buona volontà e chi non se ne libera è perché non ci mette buona volontà. Questo modello ha ispirato i trattamenti soprattutto per quanto riguarda i programmi di carattere residenziale. Il modello del “Brain Disease” indica invece la tossicodipendenza è una malattia del cervello.(15) In questa ottica gli aspeti biologici e quindi genetici sono fondamentali.(16) (17) È interessante entrare brevemente nello specifico di questo modello biologico. Lachman osserva che se il modello “brain disease” è accolto da diversi operatori, altri tendono a rifiutarlo o comunque a segnalarne un limite strutturale: “genesmade-me-do-it” che potremmo tradurre liberamente e non letteralmente con un’espressione del tipo “non è colpa mia è il gene che mi fa fare questo”. Sempre Lachman osserva che secondo il modello del “Brain Disease” la ricerca dovrebbe focalizzarsi fondamentalmente sugli aspetti genetici e dunque le istituzioni preposte ad attribuire i fondi dovrebbero dare priorità alle ricerche genetiche. Ancora Lachman osserva che nel 2003 la rivista Science ha pubblicato un interessante 140


ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

articolo nel quale si dice il contrario. Per quanto la genetica abbia infatti un ruolo importante le campagne di prevenzione negli ultimi decenni hanno mostrato la capacità di ridurre i comportamenti assuntivi a partire dal tabacco. Gi autori dell’articolo su Science affermano dunque che le ricerche genetiche hanno una “low-priority”.(18) Se dunque il “modello morale” come il modello del “Brain Disease” risultano parziali e inadeguati, allora quale è il modello che funziona? Certamente la “bilancia” del NIDA finora ha retto mostrando la sua capacità d’interpretare in maniera coerente i dati provenienti dalla ricerca. Il modello “balance” possiamo aggiungere un importante spunto che viene fornito da Joni Rutter che nel suo articolo del 2006 propone un modello a due “drive” che sono “genes” e “environment” cioè genetica e ambiente rivoluzionando dunque il modello biopsicosociale. Secondo il modello “balance” l’uso di sostanza avviene con maggiori probabilità in soggetti che presentano alcuni fattori di rischio che non è possibile riassumere in maniera esaustiva in questa sede ma che possiamo provare ad accennare: famigliarità per uso di sostanze compreso l’alcol, genere maschile, presenza di eventi stressanti soprattutto nell’infanzia (con successivo sviluppo di disturbo post traumatico da stress), uso precoce di sostanze non prescritte, deficit dell’attenzione che esordisce nell’infanzia, attaccamento disorganizzato o evitante. Tra i vari ricercatori che hanno indagato gli aspetti biologici della vulnerabilità c’è Gilberto Gerra.(19) (20) (21) (22) Whole-Genome Association Nel 1965 Gordon Moore uno dei fondatori della Intel formulava un’ipotesi che ora è nota come “Moore’s law”. Tenendo conto che un chip è costituito da un’insieme di circuiti integrati Gordon Moore affermava: “The complexity for minimum component costs has increased at a rate of roughly a factor of two per year ... Certainly over the short term this rate can be expected to continue, if not to increase. Over the longer term, the rate of increase is a bit more uncertain, although there is no reason to believe it will not remain nearly constant for at least 10 years. That means by 1975, the number of components per integrated circuit for minimum cost will be 65,000. I believe that such a large circuit can be built on a single wafer.”(23) Una libera traduzione di questo testo potrebbe essere riassunta nel fatto che ogni 18 mesi i ricercatori producono chip con il doppio dei circuiti. La potenza dei chip è un dato essenziale se si tiene conto che la ricerca genetica è in parte vincolata dalla possibilità di elaborare ingenti moli di dati. Il “WholeGenome Association” è un progetto strettamente vincolato allo sviluppo della tecnologia dei chip. Si tratta di un nuovo approccio fondato sullo sviluppo della tecnologia informatica. Lo studio ha identificato 41 markers di vulnerabilità all’addiction in gruppi di studio di americani di razza sia bianca che nera (24) Recentemente lo stesso gruppo ha prodotto un aggiornamento dello studio che ha identificato 38 markers confermando al differenza tra soggetti con uso di droghe e gruppo di controllo.(25) Ognuno di questi ha in teoria un impatto sulla trasmissione dopaminergica e sul sistema recettoriale specifico per le sostanze. Riconoscendo la potenza della alta risoluzione fondata sulla tecnologia chip-based il NIDA ha recentemente supportato Perlegen Sciences (http://www.perlegen.com/) per portare avanti un “whole-genome association scanning” finalizzato ad individuare I geni coinvolti nell’addiction da nicotina.

Considerazioni Posto che in queste pagine non c’è alcuna pretesa di esaustività, possiamo provare a fissare alcuni punti: 141


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– Per quanto la ricerca neurobiologica sia ancora una faccenda per pochi eletti e per quanto effettivamente non siano ancora visibili i suoi effetti nella pratica clinica, lo scenario che si sta proponendo già ora è di una sostanziale rivoluzione dell’approccio clinico classico. Mentre infatti la cultura medica del ‘900 è cresciuta su modello a tre aree bio-psico-sociale, modello definito nel 1977 da Gorge Engel (26), ora si sta chiaramente definendo un modello a due aree l’area genetica e quella sociale.(27) (28) – Seguendo questa strada vale la pena di accennare ai lavori di Nora Volkow, attuale direttrice del NIDA perché in alcuni suoi contributi propone una riflessione che potrà sollecitare reazioni diverse a seconda della cultura dell’individuo. La ricerca neurobiologica fornisce continuamente elementi che confermano l’ipotesi per cui la “libera scelta” nei disturbi del controllo degli impulsi e nei comportamenti di dipendenza è sempre più lontana. È un tema sul quale gli animi si accendono e gli schieramenti si generano immediatamente ed è bene che sia così viste le implicazioni di questa visione. Termini quali “libero arbitrio” o “capacità d’intendere e volere” mostrano tutta la loro precarietà davanti all’evoluzione degli studi neurobiologici. – Per quanto possibile consigliamo la lettura dell’articolo di Elkashef e Vocci (29) dove viene proposta la possibilità di inquadrare i soggetti che usano cocaina in due diversi cluster rispetto al tono dopaminergico: “Low Tome” e “Normal-High Tone”. I soggetti con “Low Tone” possono trovare giovamento dal terapie dopamino agoniste mentre i soggetti “Normal-High Tone” non trovano giovamento dalle terapie agoniste della dopamina per cui vale la pena utilizzare altri neurotrasmettirori come serotonina e adrenalina.

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28. Gerra G, Garofano L, Pellegrini C, Bosari S, Zaimovic A, Moi G, Avanzini P, Talarico E, Gardini F, Donnini C. Allelic association of a dopamine transporter gene polymorphism with antisocial behaviour in heroin-dependent patients. Addict Biol. 2005 Sep;10(3):275-81. 29. Elkashef A, Vocci F. Biological markers of cocaine addiction: implications for medications development. Addict Biol. 2003 Jun;8(2):123-39.

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MARCATORI BIOLOGICI DELLA DIPENDENZA DA COCAINA: COCAINA IMPLICAZIONI PER LO SVILUPPO 2.4 DEI FARMACI* Ahmed Elkashef, Frank Vocci Division of Treatment, Resarch and Development (DTR&D), National Institute on Drug Abuse (NIDA), National Institutes of Health (NIH), Bethesda, MD, USA

Abstract La ricerca di farmaci efficaci per la dipendenza da cocaina è stata poco produttiva. Il fallimento nel trovare tali farmaci fino ad ora può essere dovuto a una scarsa comprensione della biologia specifica, sia nella condizione pre-patologica che in seguito allo svilupparsi dello stato cronico di cocaino-dipendenza. L’eterogeneità della popolazione potrebbe essere un fattore importante nella risposta ai farmaci. Nel tentativo di chiarire la questione dei marcatori biologici, abbiamo analizzato gli studi di fisiologia, di neuroendocrinologia e neuroradiologia per identificare marcatori biologici che possano essere usati per caratterizzare i vari sottogruppi di consumatori cronici di cocaina. Il far emergere le implicazioni biologiche degli studi sui farmaci per gli utilizzatori di cocaina potrebbe dimostrare l’utilità di specifici agenti farmacologici mirati per determinati sottogruppi di pazienti, predire la risposta ai farmaci e l’eventuale ricaduta.

Introduzione Finora non c’è stato un singolo farmaco che sia stato approvato dall’FDA per il trattamento della dipendenza da cocaina. La psicoterapia è ancora il fondamento del trattamento, con efficacia parziale; comunque, il crescente numero di consumatori di cocaina, specialmente tra gli adolescenti, e l’alto tasso di ricaduta fra chi si rivolge ai servizi per un trattamento, hanno reso la ricerca di una cura efficace estremamente urgente. Gli studi pubblicati sui farmaci per la dipendenza da cocaina negli anni ’70 e nei primi anni ’80 si sono principalmente concentrati sugli agonisti della dopamina, per esempio amantadina e bromocriptina, così come sugli anti-depressivi, principalmente la desipramina. Ma i risultati di questi studi variano grandemente a causa della differenza dei criteri di selezione dei pazienti, della differente metodologia e delle differenti misure dell’esito. Una recente metanalisi di alcuni di questi studi1 ha mostrato che la maggior parte di tali agenti sono inefficaci. È anche chiaro dai dati che, anche se i risultati sono stati larga-

* Tratto da: Addiction Biology (June 2003) 8, 129-145 - “Biological Markers of cocaine addiction: implication for medications developments”. Traduzione a cura: Staff Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto.

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mente negativi, c’erano alcuni sottogruppi di pazienti che rispondevano a questi farmaci; peraltro, gli studi non consentono una spiegazione del perché. Crediamo che l’eterogeneità della popolazione sia un importante fattore per spiegare i risultati inconsistenti di queste ricerche. C’è un generale accordo sul fatto che tutti gli individui cocaino-dipendenti differiscano nella risposta allo stress, nella capacità di sperimentare il piacere, nell’auto-stima e nel comportamento di ricerca del rischio. Queste differenze, accoppiate con una alta percentuale di co-morbidità psichiatrica, per esempio depressione, ansia, deficit dell’attenzione, disturbo bipolare e disturbi di personalità, rendono questa popolazione tutto fuorché un gruppo omogeneo. L’obiettivo di questo articolo è di identificare specifici marcatori biologici o alterazioni biologiche che possano essere utilizzati per caratterizzare diversi sottogruppi tra i consumatori cronici di cocaina. Questo potrebbe essere utile per: 1. individuare specifici agenti farmacologici per i vari sottogruppi di utilizzatori di cocaina, che possano ottimizzare l’esito di questi studi; 2. determinare la lunghezza del trattamento; 3. prevenire la ricaduta, iniziando il trattamento al primo segno di un aumento o della riemergenza di un determinato marcatore; 4. riconoscere il carattere genetico o biologico che predispone certi individui a diventare dipendenti dalla cocaina

Metodi Abbiamo analizzato la letteratura scientifica sui marcatori biologici negli utilizzatori di cocaina usando Medline Grateful Med. Sono stati raccolti gli studi di almeno 15 anni sugli indici fisiologici, biochimici e neuroendocrini, cognitivi e neuroradiologici. In questo studio abbiamo usato il termine “marcatore” in modo ampio per indicare una discrepanza dalla normalità che si verifica in una certa fase della malattia, anche se nessuno di tali marcatori è stato definito come marcatore di dipendenza da cocaina. Basandoci su questa rassegna, abbiamo formulato un nuovo approccio alla materia.

Risultati È risultato evidente dalla ricerca che la maggior parte dei dati biologici indagati riguardavano il sistema della dopamina. In misura minore, studi più recenti hanno esplorato anche altri sistemi, per esempio quello della serotonina. A causa della quantità dei dati e nello sforzo di focalizzare questo studio e anche perché l’obiettivo è di presentare un modello funzionale che possa essere applicato ad ogni neuro trasmettitore, abbiamo deciso di limitarci alla dopamina, in quanto la maggior parte dei dati pubblicati riguardavano questo sistema. Comunque, questo non rappresenta affatto un vincolo e non dovrebbe limitare il lettore al sistema della dopamina.

Marcatori biochimici/neuroendocrinologici Gli studi di neuroendocrinologia si sono occupati sia degli effetti acuti che di quelli cronici dell’uso di cocaina sui livelli ematici di prolattina (PRL) e di ormone della crescita (GH) come misura indiretta di modifiche nelle concentrazioni di dopamina. Il rilascio di prolattina (PRL) è 146


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tonicamente inibito dal rilascio di dopamina dall’area tuberoinfundibulare. D’altro canto, la secrezione dell’ormone della crescita (GH) è stimolata dalla dopamina. Entrambe le azioni sembrano essere mediate dai recettori D2. Quanto atteso è che gli effetti acuti della cocaina diminuiscano il rilascio di PRL e aumentino quello di GH. Meno frequentemente sono stati anche misurati i livelli di cortisolo, ACTH, LH e testosterone (Tabella 1). Altri studi biochimici hanno misurato livelli di dopamina e dei suoi metaboliti nel siero e nel CSF, principalmente HVA, così come il metabolita della norepinefrina, MHPG. Quattro studi hanno misurato gli effetti acuti della cocaina o del metilfenidato suo livelli di prolattina. Tabella 1. Studi dei cambiamenti neuroendocrini e neurobiochimici nei pazienti cocaino-dipendenti

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Tre studi 2-4 hanno riportato una diminuzione dei livelli come atteso, mentre in uno studio 5 non è stato rilevato alcun cambiamento. Queste differenze sono state attribuite a una possibile tolleranza agli effetti della cocaina durante l’uso cronico, o a un effetto da esaurimento laddove, dopo uso prolungato di cocaina, i neuroni dopaminergici in alcuni soggetti diventano non-reattivi alla cocaina o privi di dopamina. Questa scoperta chiarisce la plasticità del sistema dopaminergico in seguito a utilizzo cronico di cocaina. Su otto studi, sei, che misuravano i livelli di prolattina, ne hanno mostrato un aumento nel siero sopra i normali valori di laboratorio negli utilizzatori cronici di cocaina che sospendevano l’uso della stessa da un minimo di alcuni giorni a qualche settimana. Questo è sempre correlato con la diminuzione del tono dopaminergico nell’area tuberoinfundibulare dopo cessazione dell’uso di cocaina. Quando sono stati presentati dati individuali, il risultato è che gli incrementi erano nel 40-70% dei soggetti, mentre il 30-60% dei soggetti non mostrava alcun cambiamento. Altri due studi non hanno riportato alcun cambiamento o diminuzione nei livelli di prolattina 6, 7. Due studi 7, 8 hanno incluso soggetti astinenti da cocaina fino a 43-60 settimane, e non hanno riportato differenze nei livelli di prolattina o di HVA. Sfortunatamente, questi studi non includevano i livelli basali di prolattina da confrontare con i livelli di lungo termine, che potrebbero suggerire una normalizzazione del supposto stato ipo-dopaminergico nel corso del tempo e l’utilità dei livelli di prolattina nel follow-up della risposta del paziente al trattamento. Weiss et al. 9 ha seguito 42 pazienti cocaino-dipendenti per sei mesi e ha riportato che i pazienti con iper-prolattinemia basale erano significativamente più vulnerabili alla ricaduta nell’uso di cocaina che quelli con normale prolattinemia. Analogamente, Kranzler & Wallington 10 hanno riportato che pazienti con elevati livelli di prolattina all’ammissione avevano una maggiore probabilità di non-compliance al trattamento e di precoce dimissione contro parere medico. Pochi studi hanno misurato i livelli di GH, cortisolo, ACTH, LH, HVA e MHPG, con risultati inconsistenti. Due studi sugli effetti acuti della cocaina riportano aumento dei livelli di cortisolo in risposta all’infusione di cocaina. I metaboliti solforati della dopamina sono stati segnalati essere significativamente elevati in due studi dello stesso gruppo 11. I dati sugli altri ormoni e le misurazioni biochimiche sono troppo limitati e confusi per trarre qualsiasi conclusione. Volendo riassumere, si può dire che: 1. di tutti i parametri indiretti misurati in questi studi, l’incremento di prolattina sembra essere il più replicabile 2. il follow-up a lungo termine suggerisce che la prolattina è un possibile marcatore di stato 3. la non omogeneità dei dati potrebbe essere spiegata come segue: • dall’eterogeneità dei pazienti tanto quanto dalla plasticità del sistema dopaminergico • dai differenti periodi di astinenza dalla cocaina, per esempio dai differenti profili temporali di guarigione • dall’utilizzo di altri farmaci con effetti antagonisti sulla prolattina (serotonina vs. dopamina) • dai differenti metodi di raccolta dei campioni di sangue per il dosaggio dei livelli di prolattina. I livelli di prolattina sono molto sensibili allo stress, all’esercizio, all’ingestione di cibo e di caffeina. I campioni di sangue per la prolattina dovrebbero essere prelevati in una condizione di riposo, relax e preferibilmente anche a digiuno. La non osservanza di questi requisiti potrebbe causare risultati erronei.

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ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

Marcatori fisiologici Elettroencefalogramma (EEG) e potenziali evocati (ERP) Nove tra gli studi sull’elettroencefalogramma analizzati 16-20 hanno evidenziato cambiamenti nel lobo frontale nella misura di un eccesso relativo dell’onda alfa, deficit assoluto e relativo dell’onda delta e teta e un aumento dell’attività beta negli utilizzatori cronici di cocaina. Uno studio 19 ha riportato la diminuzione della banda beta-2 principalmente nella regione temporale. Eccetto che per uno studio 18, la maggior parte dei soggetti inclusi erano astinenti da cocaina da soli pochi giorni. Gli stessi studi sembrano anche mostrare la correlazione fra l’entità di un recente consumo di cocaina e modifiche specifiche nell’EEG, suggerendo un effetto acuto. Questo rende difficile trarre conclusioni circa l’ampiezza di questi cambiamenti. Comunque, gli studi di Prichep et al. e Alper et al. sembrano suggerire che alcuni cambiamenti delle onde alfa e delta persisterebbero in un sottogruppo di soggetti monitorati per un mese e sei mesi, una volta astinenti. Un simile riscontro è stato riportato da Bauer et al. riguardo a pazienti astinenti da cocaina per 1-5 mesi, suggerendo che questi cambiamenti potrebbero durare più a lungo dopo che il paziente ne ha interrotto l’utilizzo e che non sarebbero direttamente correlati con la sindrome di astinenza acuta. I cambiamenti dell’EEG che sono stati riportati, specialmente il deficit delta nella corteccia frontale, si pensa siano in relazione con il sistema dopaminergico e con una sorta di sensibilizzazione. Simili riscontri sono stati riportati in pazienti con deficit dell’attenzione (ADD) e schizofrenia, dove potrebbero essere responsabili di una anormale reattività agli stimoli esterni. Gli studi sui potenziali evocati 21, 23-25 hanno riportato un ridotto P 300 frontale 21, 22 con una possibile correlazione alla ricaduta. Altri studi, accusando stimoli differenti, hanno riportato una riduzione di P 50 23, P 1 24 e un aumento della latenza di P 100 25. Una scoperta interessante nello studio di King et al. 13 sulle differenze relative al genere, suggerisce un possibile ruolo protettivo degli estrogeni verso gli effetti della cocaina. Le differenze di genere erano anche riportate in uno studio 26 sul flusso sanguigno dei pazienti cocainomani misurato con la SPECT, là dove le femmine risultavano mostrare normali scansioni a differenza dei maschi, che mostravano difetti di perfusione. Peraltro, simili differenze, per quanto riguarda l’elettroencefalogramma, non sono state segnalate nelle analisi sui generi nello studio di Prichep et al. su QEEG. Lo stesso studio 27 ha individuato tre distinti sotto tipi di pazienti in base alla specifica analisi matematica dei discostamenti rispetto al loro QEEG di base. Questi discostamenti erano fortemente correlati con la permanenza in trattamento, ma non con la durata o la severità dell’abuso di cocaina. Questa scoperta è simile a quella dello studio di Bauer 21 (tabella 2). In conclusione: 1. i dati riguardanti il QEEG offrono riscontri accettabili, principalmente riguardo il lobo frontale; 2. la non concordanza nei dati può essere spiegata da svariati fattori molto simili alle valutazioni biochimiche riportate sopra, in aggiunta alle differenze nel metodo di eseguire l’EEG impiegato in questi studi; 3. alcuni dati-pilota suggeriscono che ci potrebbero essere differenze di genere e differenti sottotipi pur all’interno di una popolazione clinicamente omogenea di cocaina-dipendenti; 4. è ipotizzabile l’uso dell’EEG nella previsione di ricaduta e/o di mantenimento in trattamento; 5. studi di lungo termine (maggiore di sei mesi) potrebbero essere utili nel verificare quanto siano duraturi questi cambiamenti e se ad un certo punto diventino non più rilevabili o non differenti da un normale gruppo-controllo. 149


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Tabella 2. Studi su EEG e ERP nei pazienti cocaina-dipendenti

Tracciato oculare Il tracciato oculare è il test dei movimenti degli occhi mentre seguono un oggetto che si muove sia in maniera sinusoidale sia a velocitĂ costante. Le componenti del movimento dell’occhio in150


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cludono il movimento di inseguimento costante (SPEM) e il movimento saccadico (SEM). Entrambi questi movimenti interagiscono per mantenere l’occhio posizionato sull’oggetto; una volta che la fovea è posizionata su un oggetto tramite il sistema arcadico, essa è tenuta in loco dal sistema di inseguimento costante che stabilizza l’immagine sull’oggetto nella fovea, sincronizzando la velocità dell’occhio alla velocità dell’oggetto stesso. Una misura della precisione dell’inseguimento costante è il rapporto tra la velocità dell’occhio e la velocità dell’oggetto. Un punteggio perfetto è 1; le anormalità includono un basso guadagno (più lento di 1) o un alto guadagno (più veloce di 1). Due tipi di movimenti saccadici possono verificarsi durante l’inseguimento costante, il compensatorio e l’intrusivo. I movimenti saccadici compensatori sono di due tipi, di presa (catch-up) e di tenuta (back-up); servono a correggere una posizione sbagliata dell’occhio. I movimenti saccadici intrusivi sono di molti tipi diversi e non correggono gli errori di posizione dell’occhio. I più comuni sono i movimenti saccadici anticipatori. Sono molto pochi gli studi che hanno indagato l’effetto dell’uso cronico di cocaina sul tracciato oculare. I razionali di tali studi sono deboli, e i risultati inconsistenti, semplicemente perché ognuno si rivolge a questione differenti e usa metodologie differenti. È difficile giungere a una conclusione basata su questi pochi studi. Peraltro lo studio del tracciato oculare negli utilizzatori cronici di cocaina potrebbe essere di un qualche valore in quanto emerge l’evidenza, da studi cognitivi e sull’EEG, di una alterata funzione del lobo frontale. Il campo oculare frontale è parte integrante del circuito del tracciato oculare. Potrebbe anche esserci un legame tra lo studio del movimento oculare e la dopamina. In uno studio 28 è stata trovata una anormalità simile del tracciato oculare in pazienti con schizofrenia – una malattia attribuita a uno squilibrio di dopamina negli utilizzatori di cocaina. Lo studi del tracciato oculare in un ampio gruppo di utilizzatori cronici di cocaina e nei loro parenti, così come lo studio degli effetti acuti della cocaina sul tracciato oculare, potrebbero essere utili nel farci capire una possibile predisposizione genetica alla dipendenza da cocaina nelle varie sottopopolazioni (Tabella 3). Tabella 3. Studi sul tracciato oculare nei pazienti cocaina-dipendenti

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Elettroretinogramma (ERG) L’elettroretinogramma è la registrazione dei potenziali elettrici della retina in risposta a lampi di luce. La retina umana contiene 4-6 milioni di coni. I coni sono responsabili principalmente della visione dei contorni e dei colori. La visione dei colori è mediata da tre differenti tipi di coni: lunghi, medi e corti, basati sul loro spettro di assorbimento. I coni più corti reagiscono alla luce blu. Nella retina umana ci sono due tipi di cellule che producono dopamina (amacrine e interplexiformi). Esse ricevono lo stimolo pre-sinaptico dalle cellule bipolari dei coni. Le cellule dopaminergiche modulano lo stimolo dai coni agli altri neuroni comuni e modificano direttamente i segnali fotorecettori. La luce stimola l’attività decarbossilasica sugli aminoacidi Laromatici producendo un aumento di sintesi di dopamina da L-dopa e susseguente rilascio della stessa, che viene captata dai recettori D2 e D4 identificati sui coni. I pazienti con diminuito tono dopaminergico, per esempio i pazienti con morbo di Parkinson o gli schizofrenici in terapia neurolettica, hanno ERG’s anormali, in particolare con minore estensione della percezione del blu. Gli studi mostrati in Tabella 4 hanno valutato se la dipendenza da cocaina fosse associata a ERG anormali. Analogamente agli studi sul tracciato oculare, gli studi sull’ERG sono pochi e prodotti principalmente dallo stesso gruppo; in ogni caso le scoperte sono più rilevanti. Gli studi elencati in tabella mostrano che circa il 60% dei pazienti in astinenza da cocaina avevano una riduzione della ampiezza dell’onda b del cono del blu e che questa riduzione era correlata col craving e col digit span: un test per la velocità percettiva. Studi su un più ampio campione di cocainomani potrà essere utile per meglio definire quei pazienti dal punto di vista clinico, tanto quanto gli studi sugli effetti acuti della cocaina. Analogamente alla prolattina, l’ERG potrebbe essere utile come test di screening del tono dopaminergico; peraltro a livello logistico l’ERG richiede una speciale attrezzatura e un oculista esperto, due fattori che potrebbero limitarne l’applicazione su larga scala (Tabella 4). Tabella 4. Studi su ERG nei pazienti cocaina-dipendenti

Marcatori cognitivi/ neuropsicologici Alcuni studi hanno indagato la questione dei deficit cognitivi secondari all’uso di cocaina. Sono stati postulati due meccanismi: uno riguarda un possibile effetto diretto neurotossico della cocaina, mentre il secondo fa riferimento al modello della demenza, di un ipotetico danno cere152


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brale secondario a microinfarti, risultato degli effetti vasocostrittivi della cocaina. Misurazioni della capacità di attenzione, di apprendimento, di memoria, di astrazione, di esecuzione, di utilizzo delle funzioni spaziali e motorie sono state impiegate negli utilizzatori cronici di cocaina. La maggior parte degli studi suggeriscono che i cocainomani soffrono di parziale deterioramento delle funzioni cognitive, in special modo dell’attenzione, del tempo di reazione, della memoria verbale e della costruzione video-spaziale. Tre studi riportano un miglioramento della performance della memoria verbale e nel test di funzioni esecutive, il tutto attribuito all’effetto stimolante della cocaina. Peraltro questa spiegazione non sembra plausibile in quanto alcuni dei soggetti testati non usavano cocaina da almeno 3-8 settimane. Altre limitazioni rilevate includono la mancanza di un’anamnesi di eventuali farmaci assunti in alcuni degli studi, l’assenza di dati sulle funzioni precedentemente allo stato d’abuso (per esempio i punteggi di IQ e SAT) e la presenza di politossicodipendenza, specialmente se incluTabella 5. Studi sulla funzione cognitiva in pazienti cocaina-dipendenti

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deva l’alcooldipendenza. Inoltre non è stata trovata o riferita alcuna seria relazione tra la quantità e la durata dell’uso di cocaina e il deterioramento cognitivo. Solo uno studio includeva soggetti che avessero interrotto l’uso di cocaina da almeno 6 mesi29 e che presentassero deficit dell’attenzione, della concentrazione, della memoria visiva o verbale. Ulteriori studi sembrano necessari per approfondire l’estensione del deterioramento cognitivo e per stabilire una diretta correlazione tra l’uso di cocaina e lo scadimento/miglioramento intellettivo. Un sottogruppo di pazienti con un marcato deterioramento cognitivo potrebbe in qualche misura essere identificato, particolarmente se esso comprende le funzioni esecutive e le capacità decisionali, per le quali la terapia per essere più efficace dovrebbe essere personalizzata a seconda del tipo di deficit (Tabella 5).

Marcatori neuroradiologici Studi tramite PET Le ricerche svolte sui cocainomani tramite l’ultilizzo della PET hanno preso in esame due principali questioni: il ruolo della dopamina negli effetti acuti della cocaina e il tono dopaminergico dei cocainomani cronici. Questi studi evidenziano il ruolo-chiave della dopamina nell’azione acuta della cocaina e nel soggetto eccitato. In modo analogo c’è l’evidenza di una diminuita funzionalità dei recettori D2, della captazione di dopamina, del suo rilascio e del metabolismo del glucosio nei cocainomani cronici. Rimane ampiamente insoluta la questione di quanto a lungo i cambiamenti registrati dalla PET persistano una volta cessato l’uso di cocaina; peraltro uno studio suggerisce che questi cambiamenti potrebbero persistere fino a 3 mesi30 dopo la sospensione dell’uso di cocaina, mentre altri due studi31,32 segnalano che questi cambiamenti sono di breve durata e il ritorno alla normalità avviene in 2-4 settimane. Queste differenze gettano luce sulle differenze di plasticità del sistema dopaminergico stesso pur all’interno di un apparentemente omogeneo gruppo di pazienti. In un recente intervento al CPDD 2001, il Dr. Volkow ha presentato i dati della PET FDG nei consumatori cronici di metamfetamina, dimostrando che il metabolismo cerebrale ritorna ai livelli normali 9 mesi dopo l’interruzione dell’uso. Questi dati sono utili in quanto forniscono un indirizzo negli studi farmacologici riguardo alla durata del trattamento o del followup, in particolare nei trials dove l’obiettivo finale è la prevenzione delle ricadute. La metodica PET, sebbene costosa, può essere un utile strumento per meglio comprendere le implicazioni biologiche di questo settore e appare promettente per una ricaduta terapeutica (Tabella 6). Studi tramite SPECT Dei 6 studi sulla SPECT, cinque usavano 99mTc-HMPAO per valutare il flusso ematico, mentre uno usava [123I]B-CIT per la captazione di dopamina. Gli studi sul flusso ematico forniscono la dimostrazione degli effetti vasocostrittivi della cocaina evidenziati dai difetti di perfusione. Un riscontro interessante26 è la differenza tra maschi e femmine, laddove tra le femmine mancavano questi difetti di perfusione, suggerendo un possibile ruolo “protettivo” degli estrogeni. Lo studio relativo al [123I]B-CIT illustrava un rapporto lineare tra le dosi di cocaina e la disponibilità di DAT, come evidenziato dalla rimozione del [123I]B-CIT. La SPECT offre un metodo di ana154


ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

Tabella 6. Studi tramite PET in pazienti cocaina-dipendenti

lisi certamente più economico per quanto riguarda il flusso ematico e la saturazione dei recettori, con meno esposizione a radiazioni e meno necessità di ripetizione dell’esame rispetto alla PET. Ci sono pochissimi studi che utilizzano fNMR e NMRS33,34 per indagare lo spettro protonico e fosforico nei cocainomanie poter trarre qualsiasi conclusione; comunque le tecniche più recenti di valutazione della concentrazione dei neurotrasmettitori, per esempio il GABA, sembrano promettenti e in un prossimo futuro potrebbero offrire più ampie applicazioni per la NMR che per la PET o la SPECT. In conclusione, strumenti neuroradiologici come la PET e la SPECT sono utili per studiare il tono dopaminergico di base, anche se sono costosi e pertanto poco pratici per vasti studi di fase II, con più applicazioni a convalida degli studi teorici nella fase iniziale di sviluppo dei farmaci (Tabella 7). 155


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Tabella 7. Studi tramite SPECT inpazienti cocaina-dipendenti

Discussione L’idea di caratterizzare i nostri pazienti dal punto di vista biologico per meglio personalizzare le terapie non è nuova ed è stata perseguita nell’ambito di varie discipline mediche, dallo studio del cancro a quello della malattia mentale. Il principale obiettivo di questa review è di far emergere la questione e di rispondere a due specifiche domande: 1. C’è evidenza nella letteratura che i cocainomani sono biologicamente diversi? 2. Quali parametri biologici possono essere inclusi nei trials farmacologici con un significato e un’utilità pratica da renderli utili nel definire dei sottotipi di pazienti? È apparso evidente che in letteratura c’era una grande confusione e che non c’era stato un approccio sistematico alle domande sollevate. Le principali ragioni sono: • la diversa durata e severità dell’uso di cocaina così come il diverso periodo di astinenza dalla stessa, per esempio il differente tempo di guarigione; • il poliabuso, che potrebbe avere effetti additivi o contrastanti su parametri biologici specifici; • i diversi metodi di misura. Peraltro, pur nell’apparente caos dei dati, emergono alcuni possibili “tracce”, che a noi paiono meritevoli di essere seguite. Tra i dati analizzati, i dosaggi nel siero di PRL, l’EEG,la PET ed eventualmente l’ERG forniscono alcuni riscontri coerenti nei cocainomani cronici. In base ai dati riportati sulla variabilità tra i pazienti, sembra che circa il 40-60% dei cocainomani cronici mostri l’evidenza di un basso tono dopaminergico, come dimostrato da’ aumento della prolattina, la diminuzione dell’onda-b nell’ERG e la diminuzione della saturazione dei recettori D2 e del rilascio della dopamina alla PET. Queste misurazioni potrebbero essere utili strumenti per selezionare i soggetti in base al loro tono dopaminergico, tenendo a mente però i limiti di ognuna di queste tecniche. Tra i tre tipi di misurazione, il dosaggio serico della prolattina po156


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trebbe essere il più facile e pratico da effettuare, sebbene manchi uno specifico protocollo per assicurare l’accuratezza dei dati, come precisato nella sezione sulla biochimica. Anche se ci siamo concentrati sul sistema della dopamina, altre misurazioni biologiche potrebbero essere incluse, per esempio quelle inerenti il sistema della serotonina così come l’asse di tensione(stress axis) HPA (Tabella 8). Tabella 8. Proposta di profili biologici in due sottogruppi di pazienti cocaina-dipendenti sulla base dei dati analizzati

In vista di studi futuri che potrebbero tentare di rispondere a queste domande, ci piacerebbe proporre un approccio sistematico che probabilmente sarebbe d’aiuto in questo contesto. 1. verificare l’attendibilità e la validità di queste misurazioni, da sole o in combinazione, valutandone più di una e almeno due di quelle che ci aspetta cambino; 2. dovrebbe essere stabilita la differenza tra un marcatore di stato e un marcatore di comportamento. I marcatori di stato sarebbero estremamente utili se cambiassero coerentemente con lo stato di dipendenza, distinguendo gli effetti acuti dai cronici, o con lo stato di astinenza, distinguendo quella acuta dal craving prolungato; e infine se si modificassero in corso di ricadute. 3. i marcatori di comportamento sarebbero un grande passo in avanti in questo campo. Peraltro, essendo quasi impossibili da indagare senza condurre lunghi studi ad alto rischio, questi marcatori sarebbero i più appropriati per studi di tipo genetico. Non c’è accordo sulla definizione di “soggetto ad alto rischio”, ma potrebbero certamente essere inclusi in tale definizione quei soggetti con una storia famigliare di abuso di droghe, con specifici tratti di personalità come aggressività e impulsività, e con co-morbidità psichiatrica; 4. le ricerche dovrebbero adeguatamente considerare le problematiche cliniche, per esempio la gravità dell’uso di cocaina, il genere, le condizioni di co-morbidità psichiatrica come depressione e ADD. Sarebbe utile un approccio di stratificazione. Alla luce di quanto descritto, si potrebbe ipotizzare che i soggetti cocaino-dipendenti abbiano un diverso tono dopaminergico di base: basso, alto o nella norma (Fig.1). Queste differenze dopaminergiche sono probabilmente il riflesso di differenze individuali nella plasticità del sistema dopaminergico stesso in risposta all’utilizzo cronico di cocaina (vedi marcatori di stato). Peraltro potrebbero anche essere presenti differenze congenite (vedi marcatori di comportamento), ma questa è solo un’ipotesi non supportata da alcun dato oggettivo. Uno studio recente35 basato sulla PET in soggetti normali ha messo in luce che coloro i quali avevano una bassa densità recettoriale D2 erano in grado di sperimentare gli effetti di piacere in seguito alla somministrazione di metilfenidato, a differenza dei soggetti con normale densità recettoriale 157


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D2. È anche possibile predire che la risposta ai farmaci potrebbe variare tra i vari individui in funzione del loro assetto biologico di base. Per esempio, soggetti con basso tono dopaminergico potrebbero rispondere positivamente a farmaci agonisti della dopamina, a differenza dei soggetti con tono dopaminergico normale o alto, i quali invece potrebbero meglio rispondere ai modulatori di altri neurotrasmettitori o agli ansiolitici (Fig.1). L’inclusione di questi biomarcatori nei trials farmacologici potrebbe rivelarsi utile nella scelta del farmaco migliore e nel predire la risposta terapeutica. Una recente pubblicazione36 si è appunto occupata di questa questione. Gli autori hanno indagato la relazione intercorrente tra la risposta al citalopram SSRI e il tono serotoninergico in un gruppo di alcolisti cronici mediante il monitoraggio dei livelli di prolattina. I pazienti con alti livelli di prolattina mostravano una significativa risposta terapeutica citalopram, manifestata dalla riduzione dell’assunzione di alcool, a differenza di coloro con bassi livelli di prolattina, che non rispondevano affatto al citalopram. Alla luce delle percentuali di risposta ai farmaci utilizzati per il trattamento dei cocainomani, sembra finora emergano deboli segnali d’efficacia terapeutica da parte di svariate sostanze piuttosto che da un singolo farmaco efficace per tutti i pazienti. Questo rende molto arduo il compito di identificare sottogruppi di pazienti con specifiche caratteristiche cliniche e biologiche che rendano più probabile la risposta a specifici farmaci. Quanto più precocemente includeremo i marcatori biologici nei nostri studi farmacologici, tanto più vicino saremo a dare risposta a questo quesito.

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MECCANISMI MOLECOLARI E CELLULARI DELLA DIPENDENZA COCAINA DA OPPIACEI E COCAINA: 2.5 REVISIONE STORICA* Eric J. Nester Department of Psichiatry and center for Basic Neuroscience, The University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, USA

Il National Institute of drug Abuse (NIDA) è stato fondato nel 1974, e da allora sono stati fatti progressi significativi nella comprensione dei meccanismi attraverso i quali l’abuso di sostanze causa “addiction”. Per quasi tutte le sostanze di abuso si conoscono ora i targets proteici iniziali. Sono inoltre disponibili modelli sperimentali che riproducono aspetti fondamentali dell’”addiction”, e tramite tali modelli è stato possibile caratterizzare le regioni cerebrali coinvolte nei meccanismi responsabili dell’“addiction” e di altri effetti della droga, come ad esempio la dipendenza psichica. In queste aree cerebrali sono stati identificati numerosi cambiamenti a livello molecolare e cellulare indotti dalle droghe. Inoltre, si stanno facendo importanti progressi nel tentativo di correlare, in modelli sperimentali di “addiction”, cambiamenti individuali con anomalie comportamentali. La sfida attuale consiste nel trasferire l’impressionante aumento delle conoscenze nel campo della neurobiologia di base dell’“addiction” ai soggetti con problemi di dipendenza, e di identificare geni specifici responsabili della particolare vulnerabilità od al contrario resistenza alla “addiction” da sostanze. In questo articolo verrà presentata una revisione storica della ricerca di base sull’“addiction” da oppiacei e cocaina. Torniamo indietro di 30 anni. Si conoscevano una varietà di droghe che determinavano addiction in alcuni soggetti. Si disponeva di una buona quantità di informazioni relative alle alterazioni comportamentali determinate da queste droghe in modelli animali e, in qualche caso, si conoscevano i sistemi di neurotrasmettittori con i quali le droghe interferivano. Si ipotizzò che dopo somministrazioni ripetute, le droghe inducessero cambiamenti di lunga durata nel cervello responsabili dell’addiction, ma la natura di questi cambiamenti, e le aree cerebrali nelle quali si verificavano, rimanevano quasi completamente sconosciute. Negli Stati Uniti di America si cominciò a ritenere l’addiction come una causa crescente ed importante di mortalità, di morbilità e di perdita di produttività. La necessità urgente, sia clinica che sociale, di interventi nel campo delle dipendenze, assieme allo sviluppo delle neuroscienze quali area di ricerca biomedica, ha portato, nel 1974, alla creazione del National Institute of drug abuse (NIDA) all’interno del Alcohol, drug abuse, and Mental health Administration (ADAMHA). Bisogna però arrivare al 1992 per vedere il NIDA ed altri istituti ADAMHA (National Institute of Mental health and National Institute of alcohol abuse and alcoholism) confluire nel NIH (National In-

Tratto da: Trends in Pharmacological Sciences - Vol. 25 n. 4, April 2004 - “Historical review: molecular and cellular mechanisms of opiate and cocaine addiction”.

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stitute of health). Sebbene ancora adesso vi siano carenza di conoscenze fondamentali relative alle cause dell’addiction, e sicuramente mancano terapie e cure risolutive per molti pazienti, non c’è dubbio che negli ultimi tre decenni si sono fatti progressi straordinari nei nostri sforzi per contrastare la dipendenza da droghe.

Bersagli iniziali delle sostanze di abuso Dal 1974 si conosce il modello di base attraverso il quale molte sostanze di abuso producono i loro effetti immediati sul sistema nervoso. Si riteneva che gli oppiacei agissero sui recettori endogeni degli oppiacei, sebbene tali recettori non fossero stati ancora ben definiti biochimicamente, e tanto meno clonati a livello molecolare. Si pensava che agenti psicostimolanti quali cocaina e amfetamina regolassero il reuptake o il rilascio della monamina. Tuttavia, il preciso bersaglio molecolare delle droghe era sconosciuto, così come non si sapeva quale monoamina risultasse la più importante per le proprietà delle droghe in termini di generare addiction. Si riteneva che la nicotina attivasse i recettori nicotinici dell’acetilcolina (nACh), sebbene a quel tempo tali recettori fossero stati caratterizzati in Torpedo electroplax e preparazioni correlate, ma poco si sapeva dei nACh nell’encefalo. Si sapeva che l’alcohol interferiva con numerosi processi biochimici cerebrali, ma i meccanismi precisi dei suoi effetti erano sconosciuti. I principali allucinogeni erano stati caratterizzati per i loro effetti sul sistema della 5-idrossitriptamina cerebrale, ma poco si sapeva dei loro target proteici iniziali. Inoltre, non si sapeva pressoché nulla sui meccanismi d’azione di altre sostanze di abuso comunemente utilizzate, quali cannabinoidi, fenciclidina e inalanti. Tabella 1. Targets iniziali delle sostanze di abuso. Sostanza

Proprietà

Oppiacei Cocaina

Antagonisti dei recettori peptidici mu, delta e kappa degli oppiaceia Agonista indiretto dei recettori della dopamina mediante l’inibizione dei trasportatori della dopamina b

Amfetamina e stimolanti correlatic

Agonista indiretto dei recettori dopaminergici mediante la stimolazione del rilascio di dopamina b Facilita la funzione dei recettori GABAA ed inibisce quella del recettore NMDA glutammatod

Etanolo Nicotina

Agonista dei recettori acetilcolinici per la nicotina

Cannabinoidi Fenciclidina Allucinogeni

Agonisti per i recettori cannabinoidi CB1 e CB2 Antagonisti dei recettori NMDA glutammato Agonisti parziali dei recettori 5-HT2A

Inalanti

sconosciuto

a

b

c d

e

e

L’attività sui recettori peptidici mu (e probabilmente delta) degli oppiacei è responsabile degli effetti degli oppiacei sull’addiction. Il recettore peptidico kappa per gli oppiacei è responsabile delle azioni avversative. La cocaina e l’amfetamina esercitano azioni analoghe sui sistemi della 5-idrossitriptamina e noradrenalina, che possono contribuire agli effetti di queste droghe sull’addiction. Ad esempio, metamfetamina e metilfenidato L’etanolo interferisce con molti altri canali “ligand-gated” e, ad alte concentrazioni, con canali “voltage-gated”. Inoltre, si ritiene che l’etanolo influenzi molti altri sistemi di neurotrasmissione. L’attività sui recettori CB1 dei cannabinoidi è responsabile dei fenomeni di addiction ai cannabinoidi; i recettori CB2 sono espressi solo perifericamente. Tra i ligandi endogeni che sono stati proposti per il recettore CB1 sono da ricordare i metaboliti dell’acido arachidonico anandamide e il 2-arachinodilglicerolo.

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ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

Uno dei più importanti progressi nella ricerca nel campo dell’addiction nelle ultime tre decadi è stato l’identificazione definitiva del target molecolare per quasi tutte le principali sostanze e abuso (tabella 1). Questo progresso è stato reso possibile dall’introduzione di tecniche radioligand-binding e dalla caratterizzazione biochimica dei siti di legame per i farmaci e, in ultima analisi, dall’applicazione della biologia molecolare per clonare ed isolare questi targets. A posteriori, visto che le sostanze d’abuso differiscono sostanzialmente per la struttura chimica, non è sorprendente osservare che ciascuna molecola agisce su un target specifico ed unico. È inoltre sorprendente che tutti i targets sinora identificati per le sostanze di abuso siano proteine implicate nella trasmissione sinaptica, sebbene droghe differenti interferiscano con differenti sistemi neurotrasmettitori. Il processo di identificazione dei targets iniziali delle droghe è stato recentemente revisionato [1, 2] e non viene ulteriormente discusso in questo articolo. Tuttavia, è importante sottolineare che, oltre ad aver migliorato la nostra conoscenza sull’azione della droga, queste scoperte hanno esercitato un’impatto importante nel campo delle neuroscienze in generale. In particolare, definendo alcuni nuovi sistemi di neurotrasmettitori e di recettori che influenzano le funzioni cerebrali ed il comportamento, hanno aumentato la nostra conoscenza sulle modalità di trasmissione chimica dell’encefalo. Allo stesso modo, tali scoperte sono andate di pari passo allo sviluppo di nuovi farmaci per una varietà di disturbi psichiatrici e neurologici, e continuano a indirizzare l’attuale sviluppo di farmaci attivi sul sistema nervoso centrale. Una delusione iniziale nel settore è stata la difficoltà nel rendersi conto di alcuni punti salienti nel campo delle dipendenze, sulla base della regolazione della droga al target iniziale. Ad esempio, alla metà degli anni 1970 era stato ampiamente teorizzato che la tolleranza alla droga (diminuzione dell’effetto con l’uso ripetuto) e la dipendenza dalla droga (uno stato di alterazione fisiologica che determina sindrome da astinenza quando si sospende la droga) potevano essere spiegate con una semplice “upregulation” o “downregulation” del target della sostanza. Tuttavia, molte delle ricerche iniziali non avevano evidenziato consistenti variazioni nei recettori per gli oppiacei, trasportatori di monoamine ed altri targets che potevano spiegare i fenomeni di tolleranza e dipendenza. Paradossalmente, lavori più recenti hanno identificato importanti adattamenti in alcuni dei targets che sembrano giocare un ruolo cruciale nell’addiction (vedi ad esempio voci bibliografiche 3 e 4). Ciononostante, i fallimenti iniziali hanno indirizzato la ricerca oltre i recettori, focalizzandola su possibili modificazioni indotte dalle droghe nelle vie metaboliche della traduzione del segnale post-recettoriale, man mano che queste venivano scoperte nell’encefalo. La via metabolica cAMP nella dipendenza e tolleranza da oppiacei. Il ruolo di cAMP e della proteino-chinasi cAMP-dipendente (PKA) nel mediare gli effetti dei b-adrenocettori sul metabolismo del glicogeno nei muscoli scheletrici e nel fegato è stato descrtitto negli anni 1950 e 1960. Solo alla fine degli anni 1960 ed all’inizio del 1970 si iniziò a ritenere che cAMP e PKA fossero implicati in fenomeni neuro-specifici, ed in particolare nella regolazione della trasmissione sinaptica [5]. Sebbene a quel tempo vi fossero controversie, tale ruolo del cAMP e PKA è stato largamente riconosciuto nel decennio successivo, ed allargato anche a numerose famiglie di secondi messaggeri e protein-kinasi. Nel 1975, l’evoluzione nella comprensione delle basi molecolari della trasmissione sinaptica è stata applicata alla dipendenza do sostanze di abuso. Sharma, Klee e Nirenberg [6] aggiunsero morfina a cellule di neuroblastoma x glioma in coltura, dimostrando che la morfina diminuiva 165


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inizialmente i livelli cellulari di cAMP. Tuttavia, continuando l’esposizione, i livelli di cAMP ritornavano alla normalità e, quando si aggiungeva un antagonista del recettore degli oppiacei, i livelli di cAMP aumentavano notevolmente rispetto ai controlli. Queste osservazioni, che sono schematizzate nella figura 1, indicano che fenomeni simili alla tolleranza e dipendenza possono essere osservati a livello della singola cellula. Su questa base gli Autori hanno ipotizzato che adattamenti nella via metabolica del cAMP contribuivano alla tolleranza e dipendenza da oppiacei. Collier e collaboratori hanno poi fornito indipendentemente linee similari di evidenza relative al coinvolgimento della via metabolica cAMP nella dipendenza da oppiacei [7]. Un successivo importante progresso è rappresentato dall’applicazione di questa ipotesi all’encefalo e, in particolare, ai neuroni del locus coeruleus (LC), che è il nucleo cerebrale maggiormente ricco in noradrenalina. Si dimostrò che questi neuroni sviluppavano tolleranza e dipendenza da oppiacei a livello cellulare: in maniera repentina, gli oppiacei diminuivano la percentuale di neuroni attivati nel LC; la percentuale di attivazione ritornava ai valori normali se l’esposizione agli oppiacei continuava, mentre la percentuale di attivazione aumentava di molte volte sopra i livelli di normalità quando venivano somministrati antagonisti dei recettori per gli oppiacei [8]. Figura 1. Sovraregolazione della via metabolica del cAMP come possibile meccanismo della tolleranza e dipendenza agli oppiacei. Gli oppiacei inibiscono in modo importante le attività funzionali della via metabolica del cAMP (indicate dai livelli cellulari di cAMP e dalla fosforilazione di proteine cAMP-dipendenti). Con la continua esposizione ad oppiacei, l’attività funzionale della via metabolica del cAMP viene recuperata gradualmente, ed aumenta oltre i limiti nel caso l’oppiaceo venga rimosso (ad esempio con la somministrazione di antagonisti per il recettore degli oppiacei quali il naloxone). Questi cambiamenti nello stato funzionale della via metabolica del cAMP sono mediati attraverso l’induzione dell’adenil ciclasi e della protein-chinasi A (PKA) in risposta alla somministrazione cronica di oppiacei. L’induzione di questi enzimi è responsabile del progressivo recupero della attività funzionale della via metabolica del cAMP che si osserva in occasione di esposizione cronica ad oppiacei (tolleranza e dipendenza), ed anche dell’attivazione della via metabolica del cAMP che si verifica quando gli oppiacei vengono sospesi (astinenza).

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ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

Tabella 2. Sovraregolazione della via metabolica del cAMP nell’addiction da oppiacei. Sito di sovraregolazione

Conseguenze funzionali

Locus coeruleusa Area ventrale tegmentaleb

Dipendenza fisica ed astinenza Disforia durante gli stadi di astinenza precoce

Sostanza grigia periacqueduttaleb Nucleus accumbens

Disforia durante gli stadi di astinenza precoce, dipendenza fisica e astinenza Disforia durante gli stadi di astinenza precoce

Amigdala Corno dorsale del midollo spinale Plesso mioenterico intestinale

Aspetti condizionati dell’addiction Tolleranza all’analgesia indotta dagli oppiacei Tolleranza alla riduzione della motilità intestinale indotta da oppiacei ed aumento della motilità in fase di astinenza

a b

Il circuito cAMP è sovraregolato nei principali neuroni contenenti noradrenalina presenti in questa regione Vi è evidenza indiretta che il circuito cAMP è sovraregolato nei neuroni contenenti GABA che innervano i neuroni contenenti dopamina e 5-idrossitriptamina (5-HT), rispettivamente nell’area ventrale segmentale e nella sostanza grigia periacqueduttale. Durante l’astinenza, questa sovraregolazione del circuito cAMP potrebbe divenire pienamente funzionale e contribuire allo stato di disforia attraverso un aumento del rilascio del GABA, che potrebbe inibire i neuroni contenenti dopamina e 5-HT [27-30].

Inoltre, è stato ipotizzato un ruolo, almeno parziale, del cAMP nel mediare l’azione elettrofisiologia acuta degli oppiacei su questi neuroni [9]. Queste informazioni hanno spinto il nostro gruppo a studiare più approfonditamente gli effetti degli oppiacei sulla via metabolica del cAMP nel LC. In tal modo abbiamo dimostrato che anche in vivo, così come in precedenza era stati dimostrato in colture cellulari, si verificano alcuni cambiamenti generali in questa via metabolica nel LC: gli oppiacei inibiscono in maniera acuta l’adenil ciclasi e la fosforilazione delle proteine cAMP-dipendente; questa inibizione si riduce con la somministrazione cronica di oppiacei (tolleranza), ed aumenta di molto rispetto alla norma dopo somministrazione di un antagonista dei recettori per gli oppiacei (dipendenza ed astinenza) [10, 12]. Altri lavori sul LC hanno fornito informazioni su altri possibili meccanismi molecolari responsabili di questi cambiamenti. In questo modo, in corso di somministrazione cronica di oppiacei, diverse isoforme di adenil-ciclasi e di sub-unità di PKA vengono indotte in neuroni nel LC. Questo potrebbe essere responsabile dei cambiamenti nella attività funzionale della via metabolica del cAMP che si osservano quando si sviluppino fenomeni di tolleranza e dipendenza, e durante le fasi di astinenza (figure 1 e 2) [10-14]. È da tempo risaputo che il LC è un importante substrato neuronale per la dipendenza fisica da oppiacei [15-17]. Per contro, altri nuclei cerebrali contenenti adrenalina sono stati solo più recentemente implicati in aspetti motivazionali dell’addiction [18]. Nel corso degli anni, è stato possibile correlare direttamente la sovraregolazione della via metabolica del cAMP nel LC con le modificazioni elettrofisiologiche che si osservano in questi neuroni a seguito di somministrazione cronica di oppiacei, ed anche con la dipendenza fisica e l’astinenza [15-23]. Il ruolo del LC e della via metabolica cAMP nell’astinenza da oppiacei è stato confermato da numerosi gruppi, anche se viene messo in discussione da qualche autore [24]. Inoltre, la conoscenza dell’azione degli oppiacei nel LC ha portato all’introduzione della clonidina, un agonista a2-adrenocettore, come prima terapia non a base di oppiacei della sindrome da astinenza da oppiacei [25]. Oltre a ciò, il contributo del cAMP alla dipendenza da oppiacei nel LC ha indirizzato in maniera importante gli studi sull’addiction da oppiacei e da altre droghe in altre aree cerebrali. In seguito, dopo le scoperte fatte nel LC, molti laboratori hanno dimostrato che simili sovraregolazioni della via metabolica del cAMP si verificano in numerose aree del SNC e del SNP 167


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e, di conseguenza, sono responsabili di diversi aspetti dell’azione degli oppiacei mediate da questi circuiti neuronali (tabella 2) [26-30]. Ad esempio, sebbene la sovraregolazione della via metabolica del cAMP contribuisca alla dipendenza fisica da oppiacei, adattamenti biochimici simili in aree cerebrali di gratificazione [ad es. il nucleus accumbens (Nac)] contribuiscono ai cambiamenti nella gratificazione da droga e nell’addiction (vedi poi). Base Molecolare della dipendenza da oppiacei nel LC Una sfida attuale in questo campo è rappresentata da una miglior comprensione del meccanismo attraverso il quale la somministrazione cronica di oppiacei determini una sovraregolazione dell’adenil-ciclasi e del PKA. Vi sono numerosi dati a favore del ruolo di un fattore di trascrizione proteico CREB (cAMP-response-element-binding). Gli oppiacei inibiscono in maniera acuta la fosforilazione del CREB nel LC, mentre la terapia cronica della dipendenza la aumenta, e l’astinenza la fa aumentare oltre ai valori normali [31]. Queste modificazioni funzionali potrebbero essere legate, almeno in parte, all’induzione dell’espressione del CREB mediata dalla morfina in queste aree cerebrali, in maniera simile a quella illustrata nella figura 1 [32]. Allo stesso modo la trascrizione CREB mediata è aumentata nel LC ed in altre aree durante la somministrazione cronica di oppiacei, ed aumenta ancor di più in corso di astinenza [33]. Inoltre, l’abbattimento dei livelli di CREB nel LC utilizzando oligonucleotidi blocca la capacità degli oppiacei somministrati cronicamente di sovraregolazione di alcuni, ma non tutti, i componenti del circuito cAMP (figura 2). [14] Questa diminuzione blocca anche alcuni degli effetti della morfina sullo stato elettrofisiologico dei neuroni del LC, ed attenua lo sviluppo di dipendenza fisica agli oppiacei e l’astinenza. Risultati simili sono stati ottenuti più recentemente sia aumentando che diminuendo i livelli di CREB nel LC utilizzando transfer di geni mediato da virus [34]. Questi dati sono in accordo con osservazioni che dimostrano che topi totalmente carenti di CREB sviluppano livelli più bassi di dipendenza agli oppiacei e di astinenza [35] Un aspetto ancora misterioso, tuttavia, rimane il meccanismo attraverso il quale l’esposizione agli oppiacei determina un passaggio da un’inibizione acuta dei circuiti cAMP e CREB alla sovraregolazione cronica. Circuiti Neuronali di rinforzo e dipendenza. I nostri concetti sull’addiction alle sostanze di abuso è rimasta poco chiara per decenni, in virtù del fatto che le principali sostanze di abuso, come gli oppiacei e l’alcool, causano dipendenza fisica oltre che “addiction”. Per tale motivo, la definizione clinica di “addiction” è stata intrecciata con quella di dipendenza. Permangono tuttora residui di questa mescolanza, al punto che il Diagnostic and Statistical Manual dell’associazione Americana degli Psichiatri [36] continua a categorizzare l”addiction” come dipendenza da droghe. Tuttavia, nel corso degli anni 1970 e 1980 è divenuto sempre più evidente che la dipendenza fisica è un fenomeno ampiamente differenziabile dall’addiction. Alcune sostanze che determinano addiction in modo importante (ad esempio la cocaina) non producono elevata dipendenza fisica. Inoltre, Old e collaboratori [37] hanno dimostrato che i roditori si adoperano per stimolare elettricamente aree relativamente distinte del cervello, a dimostrazione dell’esistenza delle cosiddette aree cerebrali di gratificazione. In seguito numerosi gruppi di ricerca hanno evidenziato che i roditori si adoperano anche per autosomministrarsi la sostanza di abuso (ma non altre droghe) e che questo comportamento di autosomministrazione viene interrotto nel caso ven168


ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

Figura 2. Azione degli oppiacei nel locus coeruleus (LC). Gli oppiacei inibisconi in modo acuto i neuroni del LC aumentando la conduttanza di un canale del potassio attraverso l’accopiamento con sottotipi di Gi/o e, probabilmente, diminuendo la conduttanza del canale del sodio, con conseguente inibizione dell’adenil ciclasi (AC), riduzione dei livelli di protein kinasi (PKA), e riduzione della fosforilazione del canale o della pompa responsabili. L’inibizione del circuito cAMP determina inoltre una diminuzione della fosforilazione di molte altre proteine e, di conseguenza,, interferisce con numerosi processi neuronali. Ad esempio, viene ridotto lo stato di fosforilazione del CREB (cAMP response element-binding protein), che potrebbe iniziare alcuni dei cambiamenti a lungo termine nelle funzioni del LC. La somministrazione cronica di morfina aumenta i livelli di ACI, ACVIII, la sub-unità catalitica e regolatoria (RII) del PKA, ed alcune fosfoproteine, incluso il CREB e la tirosino-idrossilasi [TH (l’enzima rate-limiting nella biosintesi della noradrenalina)] (indicato da frecce rosse). Questi cambiamenti contribuiscono all’alterato fenotipo nello stato di “addiction” alla droga. Ad esempio, l’eccitabilità intrinseca dei neuroni LC è aumentata dall’attività facilitante del circuito cAMP e dalla corrente verso l’interno del sodio, che contribuisce alla tolleranza, alla dipendenza ed alla astinenza evidenziata da tali neuroni. La sovraregolazione di ACVIII e TH è mediata attraverso il CREB, mentre la sovraregolazione di ACI e delle sub-unità di PKA sembrano essere in relazione ad una via non identificata, con meccanismo CREB indipendente. Riprodotta con permesso da [38]„ 1997. American Association of Advancement of Science.

gano danneggiate le aree cerebrali di gratificazione [38-42]. Al contrario, la dipendenza fisica e l’astinenza da oppiacei ed alcool sono in gran parte mediate da regioni distinte del SNC. Al momento si sa che i circuiti cerebrali di gratificazione più importanti coinvolgono i neuroni contenenti dopamina nell’area ventrale segmentale (VTA) del mesencefalo e le loro aree target nel sistema limbico prosencefalico, in particolare, le regioni NAc e frontali della corteccia cerebrale (figura 3). In effetti, il circuito VTA-Nac sembra rappresentare un sito dove teoricamente 169


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tutte le sostanze di abuso convergono nel produrre gli stimoli immediati di gratificazione. Due sono i meccanismi principali: primo, tutte le sostanze di abuso aumentano la trasmissione mediata dalla dopamina nel NAc, sebbene con meccanismi molto differenti; secondo, alcune droghe agiscono anche direttamente sui neuroni NAc con meccanismi indipendenti dalla dopamina [38-42]. L’evoluzione delle conoscenze dell’azione delle droghe sul circuito VTA-NAc rappresenta un importante progresso in questo campo. Fornisce inoltre approfondimenti sui meccanismi dell’addiction da sostanze e, più generalmente, sulla neurobiologia della motivazione [42, 43]. L’importanza primaria di tale circuito di gratificazione è inoltre supportata dalla scoperta che anche specie meno evolute, quali vermi e mosche, hanno dei meccanismi che regolano la risposta al cibo e all’abuso di sostanze legati a neuroni contenenti dopamina [45, 46]. Questi dati Figura 3. circuiti neuronali chiave nell’addiction. Le vie limbiche afferenti al nucleus accumbens (NAc) sono evidenziate con la linea spezzata marrone. Le frecce blu rappresentano le vie efferenti dal NAc che si ritiene siano coinvolte nella gratificazione indotta dalle droghe. In rosso sono evidenziate le proiezioni del sistema dopaminergico mesolimbico, che si ritiene essere fondamentale substrato per la gratificazione da droga: questo sistema origina nell’area ventrale segmentale (VTA) e si proietta sino al NAc ed ad altre strutture limbiche, che includono la corteccia prefrontale (PFC), la porzione ventrale del caudato-putamen (C-P), il tubercolo olfattorio (OT) e l’amigdala (AMG) (le proiezioni al OT e AMG non sono illustrate). In verde sono evidenziati i neuroni che contengono oppiacei peptidici e che sono coinvolti nei meccanismi di gratificazione da oppiacei, etanolo e, probabilmente, nicotina. Questo sistema di oppiacei peptidici include i circuiti locali encefalinergici (segmenti corti) ed il circuito ipotalamico mesencefalico b-endorfinico (segmenti lunghi). La distribuzione approssimativa dei complessi recettoriali GABAA, che potrebbe contribuire alla gratificazione indotta da etanolo, è evidenziata dalle aree blu pallide. Sono inoltre indicati i recettori nicotinici dell’acetilcolina, che si ritiene siano localizzati in neuroni contenenti dopamina o oppiacei peptidici. Abbreviazioni: ARC, nucleo arcuato; Cer, cervelletto; DMT, talamo dorso-mediale; IC, collicolo inferiore; LC, locus coeruleus; LH, ipotalamo laterale; PAG, sostanza grigia peri-acqueduttale; SC, collicolo superiore; SNr, pars reticolata della sostanza nigra; VP, pallido ventrale. Basato su [16]. Riprodotto con permesso da: Nature reviews Neuroscience (http://www.nature.com/reviews) [30]. “ 2001. Macmillian Magazine Ltd.

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ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

hanno inoltre focalizzato l’attenzione dei ricercatori su possibili substrati neuronali di comportamenti compulsivi per gratificazioni non legate alle droghe, in situazioni quali i disturbi patologici da iper-alimentazione, gambling patologico, e sex addiction. Recentemente, anomalie in queste regioni cerebrali di gratificazione sono state implicate in deficit motivazionali in corso di depressione [46]. Nonostante questi progressi, si può affermare che il campo dell’addiction è stato eccessivamente focalizzato (si potrebbe dire reso dipendente) su di un singolo circuito. Anche i supporti finanziari del NIDA sono stati eccessivamente indirizzati a ricerche finalizzate al circuito VTANAc, nonostante questo sia solo una parte di circuiti paralleli che controllano la gratificazione e la motivazione (Figura 3). Allo stesso modo,in questo campo di ricerca ci si è eccessivamente basati sul paradigma dell’auto-somministrazione per studiare la gratificazione da droga. Svariati studi hanno valutato la capacità di agenti dopaminergici e di altri agenti farmacologici di regolare il comportamento di auto-somministrazione della sostanza. Questa focalizzazione è persistita, nonostante la consapevolezza che l’addiction alle droghe non è, fondamentalmente, un disturbo legato alla gratificazione immediata fornita dalla droga. Piuttosto, l’aspetto fondamentale dell’addiction è la ricerca e l’assunzione compulsiva della droga, e il persistere del rischio di ricaduta anche dopo anni di astinenza. Nonostante i ricercatori abbiano iniziato ad utilizzare modelli animali di drug craving e ricaduta gia dal 1981 [47], è solo dalla metà degli anni 1990 che tali approcci vengano utilizzati per studiare i circuiti neuronali ed i sistemi di neurotrasmettitori responsabili del craving e delle ricadute [47-50]. Questo lavoro ha confermato l’importanza del circuito VTA-NAc quale fondamentale reostato di gratificazione, ed ha ulteriormente enfatizzato il ruolo fondamentale svolto dai relativi circuiti limbici (ad esempio, amigdala, ippocampo e corteccia frontale) nel controllare gli aspetti di lunga durata dell’addiction e che sono critici per le ricadute [50-54]. In questo momento, questi nuovi approcci comportamentali stanno fornendo potenti modelli per sviluppare nuovi farmaci per l’addiction alle droghe.

Meccanismi molecolari e cellulari dell’addiction nella via metabolica VTANAc. Agli inizi del 1990, l’identificazione delle regioni cerebrali di ricompensa e lo sviluppo di modelli sperimentali progressivamente più sofisticati di addiction hanno reso possibile la ricerca di modificazioni indotte dalle droghe nelle regioni responsabili delle complesse anomalie comportamentali alla base della condizione di addiction. Al momento, come indicato in precedenza, la maggior parte dei lavori si sono focalizzati su VTA-NAc, sebbene importanti sforzi siano ora diretti verso altre regioni critiche. Ruolo del circuito cAMP e CREB. Una delle prime osservazioni a proposito è stata la scoperta che, al pari degli oppiacei, la somministrazione cronica di cocaina o alcool determina una sovraregolazione del circuito cAMP nel NAc [26, 55]. Come ci si poteva aspettare, le droghe attivavano inoltre il CREB in queste regioni cerebrali [33, 56-58]. Attualmente vi è forte evidenza che la sovraregolazione del circuito cAMP e CREB nel NAc rappresenti un meccanismo di “ tolleranza e dipendenza motivazionale”: questi meccanismi molecolari diminuiscono la sensibilità individuale agli effetti di gratificazione di successive esposizione a droghe (tolleranza) ed alterano il circuito gratificante (dipen171


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denza) al punto che dopo l’interruzione dell’assunzione della sostanza il soggetto rimane in uno stato di demotivazione e simil- depressivo [59-64]. L’importanza della tolleranza motivazionale e della dipendenza per il problema dell’addiction nell’uomo è descritta altrove [39]. La possibilità di mettere in correlazione un semplice fattore di trascrizione con un endpoint comportamentale complesso richiede lo sviluppo di nuovi strumenti per manipolare l’espressione di geni in aree cerebrali localizzate di animali adulti. Strumenti quali il transfer di geni mediato da virus, e le mutazioni inducibili con target cellulare nei topi hanno drammaticamente accelerato lo sviluppo di una relazione causale tra molecole, quali il CREB, e particolari anomalie comportamentali che si associano all’addiction. Mediante l’identificazione di geni target nel NAc attraverso i quali il circuito cAMP e CREB produce anomalie comportamentali [65], potrebbe essere possibile sviluppare nuove terapie in grado di far regredire queste modificazioni. È da notare a tal proposito che un oppioide peptidico, la dinorfina, normalmente sopprime l’attività nel circuito di ricompensa VTA-NAc attraverso la stimolazione del recettore per l’oppioide peptidico kappa (KOP) ed in tal modo la liberazione di dopamina [66]. C’è sempre maggior evidenza che l’induzione di dinorfina rappresenti un importante mediatore del fenotipo di comportamento del CREB in questo circuito (figura 4) [57, 59, 61, 64]. Questi dati hanno indirizzato la ricerca allo studio dell’impiego di antagonisti dei recettori KOP per il trattamento dei sintomi emotivi negativi che caratterizzano l’astinenza precoce. Fig. 4. Regolazione della risposta CREB (cAMP response element-binding protein) attuato dalle sostanze di abuso. La figura mostra neuroni contenenti dopamina (DA) dell’area ventrale segmentale (VTA) che innervano un gruppo di proiezioni neuronali contenenti GABA nel nucleo accumbens (NAc) e che esprimono dinorfina (DYN). DYN agisce in questo circuito con un meccanismo di feedback negativo. Il DYN liberato dalle terminazioni neuronali dal NAc va ad agire sul recettore per l’oppioide peptidico kappa (k) su terminazioni nervose e corpi cellulari di neuroni contenenti DYN, inibendone l’attività. L’esposizione cronica a cocaina, oppiacei e, probabilmente, ad altre sostanze di abuso sovraregola questo circuito di feedback negativo attraverso la sovraregolazione del circuito cAMP, che attiva il CREB ed induce la formazione di DYN. Abbreviazioni: O, recettori per gli oppiacei. Riprodotto con permesso da Nature Reviews Neuroscience (http://www.nature.com/reviews) [30]. “ 2001. Macmillian Magazine Ltd.

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ASPETTI GENETICI E MECCANISMI DI AZIONE

Substrati molecolari comuni nell’addiction. Quasi contemporaneamente alla dimostrazione che molte sostanze di abuso sovraregolavano il circuito cAMP nel NAc, molti gruppi riportavano numerose adattamenti addizionali nel circuito VTA-NAc, alcuni dei quali sono in comune con differenti sostanze di abuso. Queste includono alterazioni nei livelli di subunità di G-proteine, tiroxina idrossilasi (l’enzima che limita la produzione nella biosintesi della dopamina), proteine neurofilamentose, recettori del glutammato e sistemi neuropeptidici [55, 68, 72]. Un corollario di questi dati è che il circuito cAMP è solo uno dei numerosi circuiti di segnale intracellulare che vengono alterati dall’esposizione alla droga. Sebbene le esatte conseguenze funzionali della maggior parte di questi adattamenti rimanga da chiarire, il lavoro fatto ha portato al concetto che l’abuso di droghe converge, almeno in parte, verso comuni substrati neuronali e molecolari per produrre gratificazione immediata e cambiamenti cronici nei meccanismi di gratificazione che contribuiscono all’addiction [68]. Ruolo del DFosB. Un’azione, comune e cronica, dell’addiction a droghe, è l’induzione di un altro fattore di trascrizione, il DFosB, nel NAc. Nel 1991, 2 gruppi hanno evidenziato che la somministrazione acuta di cocaina induceva c-Fos ed altre proteine della famiglia Fos nel NAc e dorsale striato [73, 74]. Queste proteine ed i rispettivi mRNA sono instabili, e ritornano al livello di normalità entro 8-12 ore dall’esposizione alla droga. Nel 1992 abbiamo studiato gli effetti della somministrazione cronica di cocaina su questa famiglia di fattori di trascrizione. Basandoci sulla capacità della cocaina di indurre una sensibilizzazione a molti dei suoi effetti sul comportamento, avevamo previsto che le ripetute esposizioni a cocaina avrebbero progressivamente condizionato una maggior induzione di proteine Fos. In effetti si osservò il contrario: la somministrazione cronica di cocaina riduceva drasticamente la capacità di indurre c-Fos ed altre proteine Fos in occasione di successive somministrazioni. Al contrario, determinava l’accumulo di alti livelli di complessi activator protein 1 (AP-1) (che rappresentano dimeri trascrizionali di Fos e proteine correlate della famiglia Jun) [75]. Questi risultati indicano che la somministrazione cronica di cocaina induce una nuova proteina Fos responsabile dell’attività persistente di AP-1. Negli anni a seguire abbiamo poi dimostrato che le proteine Fos responsabili di questi complessi AP-1 di lunga durata rappresentano isoforme modificate di DFosB, una variante del gene FosB [76-79]. Inoltre, la longevità di questo complesso è causata dalla straordinaria stabilità delle isoforme di DFosB, in netto contrasto con altri membri della famiglia Fos. La base molecolare di questa stabilità singolare è oggetto ora di ricerca. Più recentemente, noi ed altri gruppi abbiamo trovato che potenzialmente tutte le sostanze di abuso inducono DFosB nel NAc (ed in qualche caso nel dorsale striato) dopo somministrazione cronica [76, 80-83]. Inoltre, l’accedere ripetutamente a gratificazioni non legate a droga, come ad esempio tramite eccessi di attività motorie (far girare la ruota-”wheel-running) o di assunzione di bevande zuccherine, induce allo stesso modo DFosB in queste regioni [84, 85]. Approfondimenti sul ruolo svolto dall’induzione di DFosB da parte di droghe od altri comportamenti gratificanti derivano da studi in topi transgenici nei quali DFosB o antagonisti dominanti-negativi di DFosB ed altre proteine Fos sono iper-espresse in animali adulti con qualche selettività nel NAc e dorsale striato [86, 87]. L’iper-espressione di DFosB aumenta la sensibilità agli effetti di attivazione locomotoria e di gratificazione indotti da cocaina e morfina, au173


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menta l’autosomministrazione di cocaina. [86, 88-90]. L’iperespressione aumenta anche le pratiche motorie (wheel-running) e l’intake di sucrosio [84, 90]. Per contro, l’espressione del dominante negativo DFosB diminuisce la sensibilità a cocaina e morfina [87, 89]; sono inoltre in corso studi sul dominante negativo DFosB in altre prove comportamentali. Nell’insieme, questi dati supportano l’idea che DFosB sia necessario e sufficiente per sensibilizzare l’animale a gratificazioni da droghe e di altro tipo. Inoltre, dal momento che DFosB è stabile, può mantenere questi cambiamenti comportamentali per settimane o mesi dopo l’ultima somministrazione di droga. A tal scopo, DFosB può essere considerato un importante promotore molecolare che inizia e mantiene lo stato di addiction (figura 5) [65]. Meccanismi di plasticità “permanente” dell’addiction Anche l’induzione di DFosB non è di durata illimitata come altre anomalie comportamentali che si associano allo stato di addiction, e che possono perdurare per l’intera vita. Di conseguenza, una sfida fondamentale nel campo dell’addiction è la comprensione delle modalità attraverso le quali la somministrazione ripetuta di droghe determini cambiamenti straordinariamente stabili nel cervello. Un’ipotesi è che la somministrazione cronica di droga determini modificazioni nei neuroni dei meccanismi di gratificazione. La somministrazione cronica di morfina causa una riduzione ed una diminuzione della densità nelle dimensioni di neuroni contenenti dopamina nel VTA [91], riducendo inoltre la densità delle spine dendritiche di neuroni nel NAc [92]. Per Figura 5. Ruolo del CREB (cAMP response element-binding protein) e DFosB nella regolazione dell’espressione genica indotta dalla cocaina. I Topi erano trattati con cocaina per (a) 5 giorni, oppure (b) per 4 settimane; in seguito l’RNA, isolato dal nucleo accumbens, veniva analizzato con metodiche di DNA microarray. Il diagramma di Venn mostra il numero di geni la cui regolazione per periodi più corti o più lunghi di somministrazione di cocaina (cerchi blu) è sotto il controllo di DFosB (rosso) e di CREB (giallo). CREB ha un ruolo importante nelle fasi precoci di esposizione alla cocaina, mentre DFosB ha un ruolo progressivamente dominante nelle fasi più prolungate di somministrazione della droga. Riprodotto con permesso da Nature (http://www.nature.com) [65].

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contro, la somministrazione cronica determina un’espansione delle arborizzazioni dendritiche di neuroni nel NAc che possono persistere per mesi dopo l’ultima esposizione alla droga [93]. Quali sono i meccanismi molecolari responsabili di tali cambiamenti nella morfologia dei neuroni indotti dalla droga? Una possibilità è che alcuni adattamenti molecolari, anche se transitori, possano dar inizio ad adattamenti strutturali di durata maggiore. Vi è ad esempio evidenza che l’induzione mediata da DFosB della Kinasi 5 ciclino-dipendente sia in grado di mediare in parte l’aumento nella densità delle spine dendritiche nei neuroni nel NAc a seguito di somministrazione cronica di cocaina [94, 95]. L’identificazione di altri target genici per DFosB potrà fornire ulteriori spunti sui meccanismi alla base delle modifiche permanenti nell’encefalo. Anche se importante in termini euristici, non vi è diretta evidenza che le modificazioni strutturali che si osservano nei neuroni VTA-NAc siano alla base della permanente plasticità comportamentale indotta dall’esposizione alle droghe. La sfida alla comprensione delle basi molecolari e cellulari delle modificazioni comportamentali quasi permanenti che accompagnano l’addiction è simile a quella nel campo dell’apprendimento e della memoria, nel quale, nonostante l’esistenza di modelli cellulari e molecolari, vi sono scarsi approfondimenti sulle basi neurobiologiche della memoria comportamentale. Questa sfida comune è interessante perché, nell’ultimo decennio, per i circuiti cellulari e molecolari dell’addiction da una parte, e dell’apprendimento e della memoria dall’altra, sono state trovate vie comuni [96-98]. L’apprendimento, la memoria e l’addiction sono modulati dagli stessi fattori neurotrofici (ad esempio, fattori neurotrofici di derivazione cerebrale), condividono la stessa cascata di segnali intracellulari, e dipendono dall’attivazione del CREB. Essi sono associati con adattamenti simili nella morfologia neuronale (ad esempio cambiamenti nella densità delle spine dendritiche), ed entrambi sono accompagnate da alterazioni nella plasticità sinaptica (ad esempio, potenziamento a lungo termine e depressione a lungo termine) in particolari sinapsi glutamatergiche encefaliche [50, 99-101]. Recentemente vi sono state inoltre convergenze sulle regioni encefaliche ritenute importanti per la plasticità molecolare e cellulare alla base dei fenomeni dell’addiction e della memoria. Pertanto, mentre il campo delle addiction si è concentrato abbondantemente sui circuiti VTA-NAc, e quello dell’apprendimento e della memoria sull’ippocampo, amigdala e corteccia, adesso si sa che tutte queste regioni contribuiscono a circuiti interconnessi e che sono essenziali nei fenomeni di addiction, apprendimento e mnemonici. Questa connessione molecolare tra addiction e memoria sono in accordo con lavori di alcuni decenni fa, che dimostrano l’interessamneto di apprendimento associativo ed operativo nei fenomeni di addiction.

Direzioni Future Con la disponibilità di strumenti genomici e proteomici, la rapidità nell’identificare modificazioni molecolari indotte dalle droghe nel VTA-NAc ed in molte altre regioni cerebrali importanti per l’addiction è aumentata drasticamente negli ultimi 5 anni. Questi studi hanno validato il concetto che le sostanze di abuso producono alcune azioni croniche e comuni in regioni cerebrali di gratificazione e, come ci si poteva aspettare, hanno evidenziato come ogni droga eserciti i suoi specifici effetti. Ad esempio, importanti progressi sono stati fatti nella comprensione di come somministrazioni ripetute di oppiacei alterino i flussi dei recettori degli oppiacei, e di come tali alterazioni contribuiscano all’addiction (non rivisto in questa sede) [3, 4]. Una sfida fondamentale per la fase successiva della ricerca sull’addiction da droghe è data dall’interpretazione e dall’utilizzazione dell’ampia quantità di dati generati dalla genomica e proteomica. In ultima analisi, nuove indicazioni sui substrati molecolari dell’addiction potrebbero emergere 175


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prendendo in considerazione modificazioni coordinate in molteplici proteine in varie regioni cerebrali, qualcosa di non fattibile al momento con le tecnologie disponibili. Un’altra lacuna in questo settore è la difficoltà nell’esatta comprensione delle modalità con le quali modificazioni molecolari e cellulari nei neuroni dei circuiti di gratificazione nelle aree cerebrali siano in grado di mediare realmente i fenomeni comportamentali di ricompensa e di addiction. Ancora non conosciamo, ad esempio, come la diminuzione della suscettibilità dei neuroni del NAc determini fenomeni comportamentali di ricompensa, e di come l’alterata attività di queste cellule contribuisca al craving e alle ricadute. Tali conoscenze richiedono la comprensione di come il NAc, e le strutture cerebrali di ricompensa collegate, funzionino come complessi circuiti neuronali. C’è inoltre necessità di capire i motivi per cui alcuni individui sono particolarmente vulnerabili all’addiction, mentre altri sono relativamente resistenti. Indagini epidemiologiche indicano che circa il 50 % del rischio di addiction alle droghe (includendo l’addiction ad oppiacei, cocaina, nicotina ed alcool) è su base genetica, anche se i geni specifici responsabili non sono ancora stati identificati. Solamente quando questi geni verranno identificati sarà possibile capire come fattori genetici e non interagiscono nel determinare il rischio individuale di addiction. Da ultimo, vi è la necessità di trasferire progressivamente l’impressionante mole di informazioni relative alle basi neurobiologiche dell’addiction da studi in modelli animali alla pratica clinica. Sono stati fatti passi da gigante negli studi clinici in campo di addiction, ed in particolare nell’area del brain imaging e della genetica, cosicché negli ultimi 30 anni sono stati sviluppati numerosi trattamenti, medici e non, dell’addiction. Ciononostante, i trattamenti disponibili sono inadeguati per molti soggetti con problemi di addiction. Il nostro desiderio e la speranza ed è che il miglioramento nella comprensione dell’addiction a livello molecolare e cellulare porterà a trattamenti risolutivi dell’addiction ed, in fasi successive, alla cura e a misure preventive. Rimane tuttavia molta strada da fare.

Ringraziamenti Questo lavoro è stato finanziato con fondi del National Institute on Drug Abuse.

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COCAINA: PROFILI DEI SOGGETTI IN BASE ALLE MODALITÀ D’USO, COCAINA AGLI ASPETTI 3.1 COMPORTAMENTALI E SOCIALI Giovanni Serpelloni*, Sara Bertoncelli** * Osservatorio Regionale sulle Dipendenze Regione Veneto ** Consulente Osservatorio Regionale sulle Dipendenze Regione Veneto - Progetto NOP (National Outcome Project)

Introduzione Al fine di definire strategie efficaci e nuove organizzazioni sociosanitarie per rispondere al problema della dipendenza da cocaina, risulta indispensabile analizzare e comprendere le diverse tipologie di consumatori di questa sostanza. Come è risaputo, infatti, affinché i programmi preventivi e terapeutici siano attrattivi ed efficaci, è necessario differenziare le offerte in base agli specifici bisogni e alle caratteristiche dei diversi gruppi di utenti che, come potremmo verificare in seguito, presentano peculiarità cliniche, sociali e comportamentali molto eterogenee. Il rapporto con la sostanza, infatti, varia molto da persona a persona, in base a diversi fattori: 1. vulnerabilità individuale a sviluppare dipendenza (1); 2. effetti percepiti in relazione alle proprie condizioni (funzionalità dell’assunzione); 3. situazioni e contesti sociali in grado di condizionare il comportamento del singolo; 4. assunzione contemporanea di altre sostanze (che da una parte sono in grado di modulare fortemente l’azione della cocaina e dall’altra creano di per sé un ulteriore rischio di dipendenza); 5. facilità e opportunità di approvvigionamento (disponibilità della sostanza). In questo articolo, quindi, alla luce di vari studi ed indagini eseguiti in questi anni da diversi autori e dal nostro gruppo di lavoro, presenteremo una serie di notizie utili per cercare di analizzare e comprendere i diversi profili clinici e comportamentali esistenti, con la finalità di orientare gli operatori nella pratica clinica, migliorare le strategie di outreach e di prevenzione (primaria, secondaria e della ricaduta) e differenziare le offerte di trattamento. Va tuttavia ricordato che, i dati più numerosi disponibili in letteratura, si riferiscono a persone già in trattamento (e quindi con una storia di dipendenza perdurante da almeno 4 o 5 anni), poiché esiste ancora oggi un’ampia fascia di popolazione che non arriva precocemente in contatto con le varie strutture sanitarie specialistiche per intraprendere un’appropriata terapia. Molte persone con dipendenza da cocaina, inoltre, non accedono ai servizi pubblici ma preferiscono percorsi riabilitativi all’interno della sanità privata che, molto spesso, risulta più gradita, molto probabilmente anche per le caratteristiche di maggiore riservatezza, le condizioni alberghiere che offre e il minor affollamento di utenti con problematicità evidenti e manifeste. 185


COCAINA

Fonti per l’analisi dei dati e delle informazioni sull’uso di cocaina Dallo studio IPSAD 2001 e 2003 del C.N.R. (2), da una serie di osservazioni di casistiche personali e dai dati di uno studio Multicentrico Europeo (3), è possibile tracciare un profilo delle caratteristiche generali delle persone dipendenti da cocaina afferenti ai servizi per le tossicodipendenze. I dati generali confermano che in tutta l’Europa Occidentale, il consumo di sostanze psicostimolanti presenta un trend in aumento in senso assoluto e relativo, a discapito delle sostanze oppiacee, il quale uso resta comunque elevato. La cocaina, infatti, concorre per circa il 10% di tutte le richieste di trattamento dell’Unione Europea ed è riferita come droga primaria dal 7% dei nuovi pazienti che fanno richiesta di trattamento nei servizi per le tossicodipendenze. Essa è inoltre riferita come droga secondaria dal 13% dei nuovi pazienti che fanno richiesta di trattamento nei centri terapeutici ambulatoriali. In generale, circa il 70% dei nuovi pazienti consumatori di cocaina fa uso di cocaina idrocloride (cocaina in polvere), perlopiù inalata, mentre consuma crack il rimanente 30%. Circa il 5% dice di iniettarsi la droga (4). I dati relativi alla situazione europea si riferiscono in parte a quelli forniti dall’Osservatorio Europeo sulle Droghe e Tossicodipendenze, in parte ai risultati dello studio multicentrico europeo “Support needs for cocaine and crack users in Europe”. Quest’ultimo è stato condotto in nove capitali europee nel periodo 2002-2003 e include interviste a consumatori di cocaina e crack al fine di comprendere il loro comportamento d’abuso, il loro stato sociale ed economico e i loro bisogni specifici. In ogni capitale, sono stati analizzati tre gruppi di consumatori costituiti da 70 soggetti circa ciascuno: 70 consumatori di cocaina in trattamento per dipendenza, spesso terapia metadonica (gruppo trattamento); 70 consumatori appartenenti alla vecchia scena di strada, spesso emarginati socialmente e non in trattamento (gruppo strada); 70 consumatori di cocaina e crack socialmente integrati, che spesso assumono la sostanza in contesti ricreativi (gruppo party). Anche i dati sull’accesso ai Sert del Ministero della Salute sono fonti interessanti di informazioni, nonostante si riferiscano principalmente a soggetti in trattamento, molto spesso utilizzatori anche di eroina. La Relazione al Parlamento sullo stato delle Tossicodipendenze in Italia (5), evidenzia un incremento significativo dell’uso di cocaina passando dal 2001 al 2003. I vari studi mostrano che nel 2003 circa il 5% di soggetti appartenenti alla popolazione generale (di età compresa tra i 15 e i 44 anni) riferiva di aver fatto uso di cocaina “almeno una volta nella vita” e l’1.5% di averne fatto uso negli ultimi 12 mesi (dato in aumento in tutte le fasce d’età considerate).

Differenze geografiche in Italia I dati emessi dal Ministero della Salute in Italia (5) sottolineano una diversa distribuzione geografica per quanto riguarda il consumo di psicostimolanti e di cocaina nello specifico. Le Regioni Italiane più interessate dal fenomeno cocaina sono quelle del Nord (24% Nord-Ovest, 19% nord-Est), mentre appare meno diffuso nelle Regioni del Sud (21%). Dal confronto 20012003 emerge, però, un significativo incremento dell’esposizione al consumo nelle Regioni del Centro, dove la prevalenza dei consumatori è passata dal 3,7% al 6,8%. Per quanto riguarda la popolazione degli studenti nello specifico, il confronto tra aree geografiche segnala un aumento dal 3,7% al 6,9% nelle Regioni del Centro-Sud e una diminuzione nelle aree del Nord-Est e nelle Isole. 186


DIVERSI PATTERN D’USO E GRUPPI DI CONSUMATORI

Classi di età Il 4,6% della popolazione adulta, in Italia, ha sperimentato la cocaina almeno una volta nella vita. La classe di età più esposta ai consumi di cocaina sembra essere quella dei più giovani, con età compresa tra i 15 e i 24 anni. Le percentuali più elevate relative ai primi utilizzatori sono riportate tra i 15 e i 19 anni (35%) e tra i 20 e i 24 (25%). L’età media di primo utilizzo in Europa è 21.7 anni. Il 70% dei consumatori di cocaina in trattamento si colloca nel gruppo di età compresa tra i 20 e i 34 anni e l’età media è di 30.7 anni (4). Raddoppia anche il numero di soggetti tra i 35 e i 44 anni che riferisce l’uso di una o più volte nel corso della vita (5). Differenze tra sessi: l’interessamento del sesso femminile Prendendo in considerazione i dati relativi alla popolazione di consumatori in trattamento in Italia, il sesso femminile appare molto meno interessato dal fenomeno cocaina (15 uomini per ogni donna) (4). È interessante notare, però, che tra il 2001 e il 2003 si è assistito ad un incremento dell’uso pari al doppio. Anche dallo studio Multicentrico Europeo (3), condotto su 1855 soggetti all’interno dei servizi per il trattamento (treatment), negli ambienti di strada (scene) e negli ambienti di intrattenimento (party), le percentuali relative al consumo di cocaina nelle donne, rispetto ai gruppi analizzati, sono risultate rispettivamente del 28%, 31%, 37%. Una particolare attenzione, inoltre, va rivolta al fenomeno dell’abuso di sostanze nelle donne con Disturbi del Comportamento Alimentare. Sebbene, infatti, la cocaina sia stata spesso riferita da queste donne come uno strumento utile per il controllo del senso di fame e del peso, questa associazione è stata raramente oggetto di ricerca. Di recente uno studio longitudinale del Dipartimento di Psichiatria del Massachusetts (6), ha indagato l’utilizzo di sostanze nelle donne con una diagnosi di Anoressia Nervosa (136 soggetti) e Bulimia Nervosa (110 soggetti). I risultati indicano che il 17% delle donne intervistate riportava una storia di disturbo da abuso di sostanze nel passato e 19 soggetti del campione riferivano un consumo di sostanze anche durante il periodo dello studio (AN:9; BN:10). Le droghe illegali più utilizzate erano amfetamine, cocaina e marijuana, indifferentemente dalla diagnosi specifica di Disturbo Alimentare. Età di inizio e tempo di latenza per la richiesta di trattamento Dai dati rilevati dagli utenti in carico presso i Sert per l’anno 2004 in Italia si possono evidenziare alcune informazioni interessanti. La valutazione dell’età di inizio dell’uso delle sostanze legali (alcol e tabacco), che indica il primo approccio con una sperimentazione di effetti psicoattivi e con gli stili di vita associati, rappresenta un importante indicatore di rischio, suggerendo l’appartenenza dei pazienti a possibili sottogruppi della popolazione caratterizzata da forme di vulnerabilità. Si rammenta che a fare uso più precocemente di sostanze, secondo le evidenze della letteratura, sarebbero soggetti con attitudine antisociale e con storia familiare positiva per l’alcolismo o dipendenza generale. Nei soggetti che presentano come droga di scelta la cocaina, sembra che il contatto con le sostanze legali sia molto più tardivo rispetto a quanti hanno instaurato una dipendenza da eroina. L’uso di sostanze legali prima dei 18 anni, infatti, viene riferito dal 50% dei soggetti dipendenti da cocaina rispetto all’85% degli eroinomani (5). Il tempo medio che trascorre dal primo uso 187


COCAINA

di cocaina alla prima richiesta di aiuto e di trattamento è intorno ai 4-5 anni. Tale divario viene evidenziato anche a livello europeo, dove tra l’età media del primo utilizzo (21.7 anni) e l’età media dei pazienti in trattamento per consumo primario (30.7 anni) intercorrono 9 anni (4).

Scolarità e Occupazione Per quanto riguarda la scolarità, non si registrano grosse differenze tra gli utenti afferenti ai servizi, anche se gli utilizzatori di cocaina tendenzialmente sono maggiormente scolarizzati rispetto agli assuntori di eroina. Maggiori livelli di occupazione appaiono caratterizzare i pazienti che accedono ai Servizi per problematiche connesse con l’uso di cocaina (circa il 65%), rispetto alle altre categorie di assuntori. Similmente, livelli crescenti di scolarità elevata si evidenziano tra i pazienti che giungono ai servizi a causa della cocaina, della cannabis e dell’alcol, rispetto a coloro che usano eroina o amfetamino-derivati. Peraltro, le caratteristiche socio-culturali dei pazienti dei servizi non mettono sufficientemente in rilievo le possibili differenze relative alla droga di scelta: verosimilmente i cocainomani che non accedono ai servizi pubblici potrebbero presentare distinzioni socio-culturali più accentuate rispetto agli eroinomani (5).

Frequenze d’uso e modalità di assunzione Relativamente a questo aspetto, risulta utile focalizzare l’attenzione sul target giovanile. In Italia, l’assunzione di cocaina tra gli studenti (5), valutata “almeno una volta nella vita” viene, infatti, riferita nel 4,8% dei casi e l’uso negli ultimi 12 mesi nel 3,5% dei casi. L’aumento fra il 2000 e il 2004 è attribuibile, in via prevalente, agli studenti con età pari a 19 anni. Tra i soggetti che riferiscono di aver provato la cocaina almeno una volta nella vita, si osserva che già a 16 anni, oltre il 2% degli studenti ha avuto almeno un contatto con la sostanza, valore che a 19 anni supera il 10%. La via di assunzione prevalente resta quella inalatoria. La cocaina, in fase avanzata di dipendenza, viene spesso utilizzata in solitudine, mentre, soprattutto nelle fasi iniziali di assunzione, la situazione di gruppo appare quella preferita (45%). Lo studio Multicentrico Europeo (3) sottolinea delle differenze interessanti anche per quanto riguarda le vie di somministrazione, specifiche per target di gruppo e per tipologia di sostanza. Il gruppo “trattamento” e quello “strada” presentano una percentuale maggiore per quanto riguarda l’iniezione di cocaina in polvere (rispettivamente 59% e 61%), mentre il gruppo “party” riporta la via inalatoria nel 94% dei casi. Relativamente al crack, il gruppo party riferisce esclusivamente casi di crack fumato, mentre gli altri due gruppi presentano anche casi di crack iniettato (gruppo “trattamento” 13%, gruppo “strada” 10%).

Uso associato con altre droghe e sostanze Per quanto riguarda il fenomeno del policonsumo, circa un terzo dei consumatori appartenenti alla popolazione giovanile riferisce di aver fatto uso di più sostanze illegali nel corso della vita. Spesso, infatti, il trattamento della dipendenza da cocaina viene complicato dalle presenza contemporanea di altre dipendenze che devono essere affrontate dal clinico contestualmente. La cocaina viene, quindi, utilizzata in molti casi in associazione con altre droghe e sostanze 188


DIVERSI PATTERN D’USO E GRUPPI DI CONSUMATORI

alcoliche. Le varie casistiche riportano percentuali molto diversificate in relazione anche al gruppo di indagine (popolazione generale o persone in trattamento presso i servizi). L’associazione prevalente negli utilizzatori di cocaina è quella con la cannabis (65-68% dei soggetti). Se si considera l’associazione di tre o più sostanze la combinazione della cocaina-amfetamine-cannabis è la più frequente (22-24%), seguita da cannabis-cocaina-allucinogeni (7-9%) (5). Relativamente ai pazienti che afferiscono ai Sert, il consumo contemporaneo di eroina si attesta intorno al 50%, mentre il consumo contemporaneo di alcol è intorno al 22%. Dallo studio Multicentrico Europeo già citato (3) risulta che, con forti variabilità in base al paese e alla sede del rilevamento dati (“servizio di trattamento”, “strada”, party), le persone intervistate hanno dichiarato di fare uso contemporaneo prevalentemente di alcol, eroina, farmaci non prescritti e cannabis. La differenza fondamentale di prevalenza di sostanze secondarie, utilizzate dai diversi gruppi, si riscontra nel gruppo “party” dove è molto poco presente l’uso associato di cocaina ed eroina (3%) e molto diffusa l’associazione di cocaina e alcol (69%) e cocaina-cannabis (62%). Circa il 60% dei soggetti intervistati utilizzava anche farmaci non prescritti. L’utilizzo di eroina risulta più frequente nei gruppi “trattamento” e “strada” (rispettivamente 33% e 54%) e il 50% dei soggetti intervistati ha dichiarato di utilizzarla spesso successivamente all’assunzione di cocaina al fine di sedarne gli effetti di sovraeccitazione. Chiaramente, questo espone il soggetto ad un rischio aggiuntivo di dipendenza da oppiacei. Un’ulteriore osservazione deriva dal fatto che circa il 45% dei soggetti ha dichiarato di fare uso contemporaneo di cocaina ed eroina con assunzione miscelata (speedballing). Uno studio recente di Gossop et all. (7) ha indagato le differenze nell’assunzione di alcol esistenti tra consumatori di cocaina-polvere e di crack. I risultati segnalano un abuso comune alle due categorie di assuntori, nonostante i consumatori di cocaina in polvere riportino un consumo maggiore. In molti paesi europei, inoltre, seppure in Italia la prevalenza sia minore, esiste una fascia di cocainomani, solitamente emarginata e con tassi di criminalizzazione maggiori, che utilizza contestualmente crack.

Condizioni sociali e uso di cocaina Lo studio multicentrico europeo (3) ha verificato che l’uso di cocaina è in aumento anche presso le persone socialmente emarginate: tossicodipendenti senza casa, giovani gangs, prostitute, immigrati irregolari, gruppi sociali emarginati. In questi gruppi si trova un’aumentata prevalenza soprattutto di uso di crack: due terzi dei neri che chiedono di entrare in terapia per droga a Londra sono prevalentemente consumatori di crack e il 30% di pazienti consumatori di crack nei Paesi Bassi è di origine non olandese (4). Un dato interessante che emerge dallo studio Europeo è che circa il 50% delle persone intervistate erano socialmente integrate. Sembrerebbe, quindi, essere finita l’epoca in cui la cocaina era una sorta di droga d’élite per particolari e ristretti ambienti sociali, come quelli degli artisti e dell’alta moda. Conseguentemente alla diminuzione del costo negli ultimi anni (che l’ha resa sempre più disponibile anche a persone con basso potere d’acquisto) e al cambiamento della motivazione all’uso (sempre più in relazione al miglioramento della performance e al divertimento a tutti i costi), la cocaina è diventata una droga “alla moda”, trasversale a tutte le fasce sociali, altamente compatibile con i valori e i ritmi della nostra società. Questa diffusione e normalizzazione dell’uso contribuisce alla scarsa individuabilità di alcuni consumatori (medici, av189


COCAINA

vocati, impiegati, manager, insegnanti) che, non avendo mai avuto problemi con la giustizia e contatti con i servizi di cura, restano cittadini insospettabili e invisibili alle statistiche. Da un servizio pubblicato sul mensile Espansione nel 2003, la categoria di lavoratori più esposta al consumo di cocaina sembrerebbe quella dei manager. Il profilo del consumatore-lavoratore a rischio che emerge da questo quadro è infatti, quello di un uomo o una donna con incarichi di responsabilità come quelli dei “middle-manager”, tra i 36 e i 45 anni di età, che si occupa di marketing e di vendite. Solitamente i manager in carriera di questa indagine, che ricoprono un certo ruolo di responsabilità, abusano soprattutto di alcol (45%), di psicofarmaci (31%) e di cocaina (13%). L’assunzione avviene spesso prima di andare in ufficio, oppure nella stanza di lavoro, in bagno o nel parcheggio. I motivi riportati sono: stress da eccessivo carico di lavoro, inadeguatezza al ruolo, il sentirsi fragile (8).

Situazione legale La maggior parte delle persone contattate con uso prevalente di cocaina (80%), non presentavano problemi legali tali da condizionare la loro socialità. Chiaramente vi sono varianti individuali anche il relazione all’attività di cessione e spaccio che spesso è presente in questi soggetti. Questa osservazione relativa alla situazione legale, differenzia molto gli assuntori di cocaina dagli utilizzatori di eroina e di altre droghe. Anche in questi soggetti però, si possono attivare situazioni legali o illegali (strozzinaggio e ricatto) correlate alla situazione di indebitamento che spesso si realizza per l’acquisto della droga. Confrontando i dati forniti dal Ministero dell’Interno e dalle schede di segnalazione presenti presso un campione di Prefetture, l’andamento temporale tra il 2000 e il 2004 mostra un incremento del numero di soggetti segnalati in possesso di cocaina (10%), una stabilità per la cannabis e le amfetamine e un decremento per l’eroina. Le segnalazioni tra i giovani (15-24 anni) sono in aumento rispetto a quelle per eroina che sembrano diminuire (5% per cocaina, 3% per eroina). I giovani adulti tra i 25 e i 34 anni di età mostrano percentuali simili per quanto riguarda le segnalazioni per possesso di cocaina ed eroina (rispettivamente 11% e 12%). I soggetti con età uguale o superiore ai 35 anni rappresentano solo il 10% del totale delle segnalazioni del periodo considerato, e si ripartiscono in funzione delle sostanze di segnalazione per il 56% cannabis, per il 22% eroina, per il 16% cocaina, per l’1% allucinogeni e amfetamine (5).

Caratteristiche e problematiche psicopatologiche generali Per quanto riguarda le caratteristiche psicopatologiche prevalenti di questi soggetti, esse si differenziano molto a seconda delle varie casistiche, della durata dell’assunzione della sostanza e della fase clinica in cui il soggetto si trova in uno specifico momento (che può dipendere da molti fattori esterni ed interni). Risulta, inoltre, difficile stabilire se tali problematiche siano antecedenti o posteriori all’abuso. Ricordiamo che, secondo il DSM IV, i disturbi correlati alla cocaina si possono dividere in due macrocategorie: i disturbi correlati all’uso di cocaina (dipendenza e abuso) e quelli indotti da tale uso (a tale proposito si rimanda all’articolo specifico: “Clinica dei disturbi psichici correlati al consumo di cocaina e criteri diagnostici” M. Faccio, G. Serpelloni) Quello che si può notare è, comunque, un minor grado di comportamenti antisociali rispetto 190


DIVERSI PATTERN D’USO E GRUPPI DI CONSUMATORI

ai soggetti assuntori di eroina, con una maggiore presenza, però, di disturbi psichiatrici, secondo il DSM IV, in asse I e asse 2 rispetto agli utenti utilizzatori di eroina (9). L’autostima risulta di solito ben conservata, con una tendenza, però a sovrastimare le proprie capacità, sottovalutando le difficoltà e i limiti dell’ambiente. Fondamentalmente in questi pazienti è stata osservata una difficoltà di comunicazione con l’esterno accompagnata, spesso, da un’interpretazione distorta della realtà. Tale dato è supportato dalle rilevazioni tramite MMPI 2, che mostrano un’area psicotica aumentata del 27%. Dai dati relativi allo studio ESPAD (5), emerge una correlazione tra facilità ai conflitti, attitudini aggressive ed esperienza d’uso di sostanze nel corso della vita. Il rischio di avere comportamenti aggressivi risulta circa 3 volte superiore nei soggetti che hanno utilizzato sostanze rispetto ai coetanei che non hanno mai fatto uso. Il rischio aumenta se si approfondisce l’analisi per tipo di sostanza assunta. Rispetto ai comportamenti aggressivi gli studenti che usano cannabis presentano un rischio 2 volte superiore, quelli che usano cocaina 8 volte superiore, quelli che usano amfetamino-derivati 10 volte superiore rispetto ai coetanei astinenti. Da un lato le sostanze psicotrope illegali potrebbero avere indotto il comportamento aggressivo; dall’altro a sperimentare le droghe potrebbero essere proprio gli adolescenti più aggressivi per le loro caratteristiche di personalità. Molti pazienti cocainomani sono arrivati alla nostra osservazione per la presenza di stati paranoici, deliranti ed allucinatori (con perdita di contatto con la realtà), schizofrenia, disturbi dell’umore e disturbi d’ansia (spesso anche attacchi di panico). Queste osservazioni sono state confermate anche da altri autori (10) in casistiche analoghe. Alcuni adolescenti sono stati portati alla nostra osservazione per disturbi del sonno, disturbi sessuali e forte diminuzione dell’appetito, con sospetto di anoressia (in seguito scoperta essere in relazione con l’assunzione di cocaina, cannabis ed amfetamine). È da ricordare che l’associazione uso di sostanze – anoressia – bulimia è segnalata anche in attuali studi in merito (6). Va segnalato, anche, che molti pazienti affetti da gioco d’azzardo patologico sono utilizzatori di cocaina (11). Altre caratteristiche psichiche importanti correlate all’abuso di cocaina possono essere: il tentato suicidio (12-13), l’umore depresso, l’irritabilità, l’agitazione psicomotoria, la diminuzione della motivazione, l’aumento della vigilanza e dell’ansia nonché dell’aggressività (14).

Condizioni sanitarie riscontrabili I soggetti utilizzatori di cocaina sono per lo più giovani adulti e quindi prevalentemente in buone condizioni di salute, ma possono presentare alcuni sintomi sentinella che è utile conoscere al fine di identificare possibili utilizzatori che accedono alle strutture sanitarie per sintomi fisici. Molto spesso i pazienti arrivano alla prima osservazione per l’insorgenza di sintomatologia che necessita di interventi di urgenza come, per esempio, quella cardiologica o l’overdose. La patologia cardiovascolare è senz’altro quella più importante sia per le manifestazioni che per le conseguenze cliniche. I sintomi più rilevabili sono: le aritmie, il dolore toracico secondario ad ischemia o infarto del miocardio, l’ipertensione arteriosa (15). Da uno studio condotto dall’Università del Texas (16) risulta che tra i pazienti che giungono al pronto soccorso riferendo dolore toracico non di origine traumatica, in una percentuale tra il 14 e il 25% negli ospedali urbani e del 7% in quelli della periferia, si riscontrano tracce di me191


COCAINA

taboliti della cocaina nelle analisi delle urine. In condizioni di urgenza cardiologica, specialmente nel caso dei pazienti più giovani e con una storia di abuso da sostanze e assenza di fattori di rischio per aterosclerosi, si consiglia perciò di analizzare la presenza della sostanza nel sangue e nelle urine. L’uso di cocaina, inoltre, si associa al rischio di contrarre HIV sia per complicanze dirette dovute alla modalità di assunzione (somministrazione parenterale: uso promiscuo di siringhe, contaminazione di parafrenalia) sia per quelle indirette collegate agli effetti della sostanza sul comportamento sessuale. La disinibizione e la diminuzione della capacità critica indotte dagli effetti della sostanza rendono, infatti, più probabili i rapporti occasionali non protetti, aumentando perciò il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili quali: HIV, sifilide, epatite B e gonorrea (17-19). Infine, in merito alle morti droga-correlate, dati interessanti provengono dalla Sezione di Tossicologia Forense dell’Università di Milano (5). Nei casi di decesso risultati positivi alla cocaina, circa il 25% delle morti sono attribuibili ad overdose, il 31% ad incidenti stradali e il restante 43% ad altre cause (suicidi, omicidi, incendio).

Motivazioni riferite all’uso Le motivazioni riferite all’uso sono diverse a seconda della tipologia del paziente e del suo gruppo sociale di riferimento. Conoscere la percezione soggettiva dei pazienti circa le cause della loro dipendenza è utile, non tanto per analizzare l’eziologia della dipendenza quanto ai fini di un miglior management clinico. Il gruppo dei “Manager” riferisce spesso che l’uso è sostenuto da uno stress da eccessivo carico di lavoro e/o dalla percezione di inadeguatezza al ruolo o ancora il sentirsi fragili e per aumentare le loro performance ed essere competitivi. Alcuni adulti hanno riportato come motivazione all’uso della cocaina, la necessità di un maggiore controllo del peso corporeo (20). Nei gruppi giovanili, invece, vengono riferite motivazioni diverse, quali: ricerca di esperienze piacevoli forti; aumento del divertimento; aumento delle potenzialità relazionali; adeguamento ai comportamenti del gruppo ed esitamento dell’estromissione; aumento della performance fisica e/o sessuale (21).

Motivazioni riferite al trattamento Dalla casistica personale è possibile evincere che le motivazioni prevalenti al trattamento nel gruppo dei giovani consumatori siano: la pressione sociale esercitata dai genitori che hanno scoperto l’uso di sostanze da parte dei figli; problemi correlati alla segnalazione fatta dalle forze dell’ordine; preoccupazioni insorte nel soggetto dopo la comparsa di sintomi incontrollabili (soprattutto psichici) e incidenti stradali correlati all’uso di sostanze. Spesso la richiesta di trattamento da parte dei genitori è motivata dalla comparsa di forti variazioni comportamentali e delle abitudini da parte dell’adolescente, che talvolta presenta anche episodi di aggressività espressa (sia verbale che fisica). Fondamentalmente sono quindi una serie di fattori esterni che inducono l’adolescente alla cura o ad assecondare le richieste dei genitori, e spesso ciò si accompagna ad un basso grado di motivazione reale all’interruzione dell’uso. Diverso è il caso dei consumatori più anziani, con alto grado di inserimento sociale e pro192


DIVERSI PATTERN D’USO E GRUPPI DI CONSUMATORI

duttivo. Solitamente la richiesta di aiuto avviene parallelamente alla comparsa di forti e non più gestibili disturbi fisici e psichici (soprattutto episodi di aggressività e disturbi depressivi), con un’importante compromissione delle relazioni sociali e della performance lavorativa del soggetto. Un’ulteriore spinta importante al cambiamento sembra derivare dai debiti e dalle conseguenze correlate, come la pressione e i ricatti dei creditori.

Gruppi particolari Riportiamo qui alcune descrizioni relative ad alcuni gruppi particolari di consumatori di cocaina che possono avere profili clinici e comportamentali specifici: • Extracomunitari: Da due diverse indagini, svolte nel 2004 (Dipartimento Nazionale per le Politiche Antidroga e Istituto di fisiologia Clinica del C.N.R.)(5), emergono alcuni dati interessanti circa il fenomeno delle tossicodipendenze tra la popolazione immigrata presente sul territorio romano. Secondo il 59% circa degli intervistati, la sostanza principalmente utilizzata dai propri connazionali è la cannabis; seguono la cocaina (11%) ed inalanti (8%). L’analisi delle sostanze utilizzate in funzione della nazionalità evidenzia come l’utilizzo di cocaina sia riferito principalmente da soggetti di nazionalità colombiana (45%), seguiti dai soggetti tunisini (21,7%) e dai soggetti rumeni (17%). Tra i motivi che spingerebbero al consumo vi sarebbero la curiosità e la ricerca del divertimento. In Italia la maggior parte delle persone extracomunitarie afferenti ai Sert, utilizza come droga primaria cocaina in associazione con alcol. • Sportivi: L’uso degli stimolanti nello sport, principalmente per migliorare la performance, ridurre la stanchezza ed aumentare l’euforia, presenta un aumento dei trend di prevalenza. Dal 1993 al 2000, gli sportivi risultati positivi per cocaina si sono triplicati. Non è chiaro, però, se la motivazione all’uso della cocaina tra gli sportivi sia attribuibile più al miglioramento della performance o ai motivi ricreazionali. Risulta, infatti, difficile stabilire se, i dati ricavati dalle analisi effettuate dai laboratori accreditati CIO, rappresentino esclusivamente un problema di doping o anche un problema di tossicodipendenza. La posizione degli esperti è quella di rimarcare l’aspetto di dualità inscindibile della motivazione all’assunzione di cocaina tra gli sportivi. Esiste, infatti, un segmento di popolazione a rischio, che oltre ai noti fattori sociali ed individuali, è sottoposta anche a quelli specificatamente legati all’agonismo (aumento della performance) che, sommandosi, possono portare da un uso inizialmente occasionale della cocaina ad un potenziale conseguente abuso (vedi per approfondimenti capitolo Cocaina nel doping sportivo, Chiamulera C., Leone R., Fumagalli G.) • Adolescenti minorenni: Se focalizziamo l’attenzione sugli adolescenti minorenni, attraverso i dati del servizio della giustizia minorile, si può notare come la principale sostanza d’uso rimanga la cannabis, utilizzata da quasi l’80% dei soggetti esaminati, mentre la cocaina si attesta intorno a circa il 9%, poco lontano dall’8% dell’eroina. Molto spesso questi soggetti utilizzano cannabis in associazione con cocaina (21%). Il problema nei minori è comunque rilevante e destinato a crescere, anche in relazione alle politiche di vendita che sta attuando il mercato illegale. Le 193


COCAINA

offerte sono, infatti, sempre più appetibili e raggiungibili, sia per la grande diffusione che per la riduzione significativa dei prezzi.

Accesso ai servizi di cura Negli ultimi anni si è assistito ad un significativo incremento della quota di soggetti ammessi ad un trattamento presso i Sert, in relazione all’uso primario di cocaina. Nel 2001 erano il 6% dell’utenza complessiva, mentre nell’ultimo anno rappresentano circa il 12% dell’utenza dei servizi. A ciò si sommano i soggetti che utilizzano la cocaina come droga secondaria (29,5%), arrivando quindi ad una percentuale di utenza totale che utilizza in vario modo cocaina di oltre il 40%. Questo grado di accesso deve, comunque, essere considerato inferiore rispetto ai bisogni del territorio che vede il coinvolgimento anche di tipologie di pazienti che non gradiscono accedere agli attuali servizi pubblici, particolarmente orientati ai pazienti con dipendenza da eroina e/o alcol. Un dato interessante a tal proposito proviene dalle segnalazioni dei gruppi di auto-aiuto con accesso anonimo, dove la percentuale di soggetti afferenti con problemi cocaina-correlati rappresentano una percentuale oscillante intorno al 44% rispetto alle altre droghe (22).

Classificazioni sulle diverse tipologie prevalenti di consumatori Per finalità relative alla pratica clinica e all’agevolazione delle procedure diagnostiche e terapeutiche, vi è la necessità di introdurre varie classificazioni dei pazienti utilizzatori di cocaina. Bisogna tener conto che esse possono variare fortemente in base ai criteri che si utilizzano e che risentono a loro volta della finalità per la quale vengono definite. Come risulterà chiaro, anche dalla lettura di altri articoli di questo manuale, esistono molti fattori in grado di condizionare il comportamento degli utilizzatori di cocaina, che sono in relazione sia all’assunzione della sostanza sia alla modalità con cui essi entrano in contatto con i servizi, restano all’interno delle cure impostate, recidivano e rientrano in trattamento. Il nostro obiettivo non è, pertanto, quello di realizzare una classificazione unica ed esaustiva che comprenda tutti i criteri esistenti per definire le caratteristiche cliniche di un paziente, ma quello di fornire una serie coerente di classificazioni sulla base di diversi criteri in modo da poter agevolare e migliorare le pratiche cliniche. Se utilizziamo il criterio della frequenza d’uso possiamo distinguere i pazienti in: 1. Sperimentatori: • di solito con età compresa fra i 15-18 anni; • uso prevalentemente saltuario, non ancora periodico o ritualizzato con scadenze prefissate; • finalità principale soggettiva di tipo socializzante, integrativa gruppale o per finalità empatiche. 2. Weekend drug-user: • età compresa fra i 17-24 anni; • uso prevalentemente periodico e ritualizzato (dalle 2 alle 5 assunzioni al giorno), spesso in contesti ricreativi come discoteche o night club con scadenze prefissate. Utilizzo di grandi quantità di sostanza per tutta la durata del fine settimana spesso associata ad alcol. Si segnala l’abitudine ad utilizzare l’eroina inalata o fumata come “controdroga” della do194


DIVERSI PATTERN D’USO E GRUPPI DI CONSUMATORI

menica notte, al fine di ridurre la sovraeccitazione derivante dal prolungato uso di cocaina; • finalità principale soggettiva di tipo socializzante, integrativa gruppale o per finalità empatiche. 3. Assuntori continuativi regolari: • età compresa tra i 19 e i 35 anni; • uso continuativo quotidiano (dalle 5 alle 15 assunzioni al giorno con forti variabilità soggettive) con differenze nei pattern d’uso, in base, anche, alle caratteristiche compulsive proprie del soggetto. Nel 40% dei casi, la droga può essere assunta nel con modalità che può avere una durata oscillante tra le 12 e le 32 ore e con una frequenza mediana di uso che può andare dai 35 ai 45 minuti; • finalità principale di tipo soggettivo. La droga viene assunta per soddisfare un bisogno di “riequilibrio” o raggiungimento di uno stato di performance psicofisica desiderato e necessario per poter espletare il proprio lavoro o le proprie attività ricreative/sociali. Perde valore la ritualizzazione sociale e l’assunzione avviene spesso in solitudine. Di questo gruppo di pazienti esistono diversi sottotipi: 3.A. Consumatori primari: Persone che utilizzano primariamente e quasi esclusivamente la cocaina; 3.B. Poli-consumatori: Persone che utilizzano contemporaneamente anche altre droghe e sostanze (fondamentalmente eroina e alcol). I pazienti possono essere ulteriormente distinti in base alla via di assunzione della cocaina: 1. Assuntore per via inalatoria (cocaina sniffata, via prevalente al 97% nei soggetti all’inizio dell’assunzione e successivamente con uso continuativo); 2. Assuntore per via respiratoria (cocaina fumata, rara 5%); 3. Assuntore per via iniettiva (cocaina iniettata, via prevalente (60%) nelle dipendenze gravi e nei pazienti in trattamento). Un altro criterio di classificazione può essere quello relativo alla modalità di assunzione: 1. Assunzione non ripetitiva, irregolare, saltuaria con modalità occasionale “no binges”; 2. Assunzione con modalità “binges”, cioè ripetitiva, eccessiva, ravvicinata e compulsiva, presente in circa il 42% dei soggetti che fanno un uso regolare di cocaina e nel 33% in quelli che ne fanno un uso non regolare.

195


COCAINA

Il paziente, inoltre, può essere classificato anche in base alla fase clinica: 1

Paziente in fase di iniziazione

Soggetto che assume saltuariamente la sostanza, da

2

Intossicazione acuta (overdose)

breve tempo, in assenza di dipendenza. Conseguente ad un sovradosaggio di assunzione della sostanza con gravi conseguenze e pericolo di vita.

3

Astinenza / Craving

4

Intossicazione cronica con dipendenza: 4.1 dipendenza con refrattarietà al trattamento

Presenza di addiction con indisponibilità al trattamento,

(precontemplazione) 4.2 dipendenza con disponibilità attiva al trattamento (azione)

negazione del problema e non percezione del rischio. Presenza di addiction con disponibilità al trattamento, riconoscimento del problema e adeguata percezione del

4.3 dipendenza in trattamento intensivo

rischio. Soggetto in trattamento presso strutture residenziali o

Conseguente a non assunzione della sostanza, desiderio/ricerca della sostanza accompagnata da sintomi psicofisici.

ospedaliere con un programma intensivo di cura. Soggetto in trattamento presso strutture residenziali o ambulatoriali o di gruppo, che mantiene una buona adherence alle cure e ai controlli, con stabilizzazione del quadro clinico. In dimissione Soggetto in fase di terminazione del trattamento. Paziente in fase quiescente post-trattamento (nel periodo Soggetto dimesso dal trattamento semi intensivo, in fase dei 12 mesi post-dimissione) di reinserimento e riabilitazione, consolidamento della condizione drug free (astinente). Paziente in recidiva. Paziente in fase di ricaduta con riassunzione (occasionale o continuativa) della sostanza. 4.4 dipendenza in trattamento semi intensivo stabilizzato

5 6

7

Infine, il “National Institute on Drug Abuse” (NIDA) (23) propone una classificazione (simile a quella operata da Cloninger per le persone dipendenti da alcol) (24) sulla base dei fattori che portano all’abuso, la gravità dei sintomi e le conseguenze dell’uso intensivo. Caratteristiche

Tipo A

Tipo B

Cause dell’abuso Genere sessuale Personalità

Prevalentemente ambientale Maschi e femmine indistintamente Basso tasso di impulsività e ricerca di

Prevalentemente genetica Prevalentemente maschi Alto tasso di impulsività e ricerca di

Fattori infantili Età di inizio

sensazioni, alto evitamento del danno Fattori di rischio precoci Tardiva

sensazioni forti Disturbi del comportamento Precoce

Gravità d’abuso della sostanza

Meno grave e più episodico

Psicopatologia

Gravità minore e prevalentemente di

Maggiormente grave e cronico, poliabuso Gravità maggiore e prevalentemente di

tipo affettivo

tipo antisociale

196


DIVERSI PATTERN D’USO E GRUPPI DI CONSUMATORI

Ambienti di cura Le risposte alla domanda di trattamento devono necessariamente essere modellate sulla diversa tipologia di assuntori di cocaina. Molto dipende, infatti, dal gruppo sociale a cui il consumatore appartiene e dal suo modello di consumo. Gli ambienti di cura tradizionali vanno pertanto differenziati da quelli per il trattamento della dipendenza da eroina, non tanto con il criterio di attivare unità operative per ogni singola sostanza, ma con quello di differenziare l’offerta sulla base delle caratteristiche ed esigenze specifiche di ogni utente: 1. servizi a bassa soglia per ridurre il rischio per la salute collegato, soprattutto, all’uso di crack e diminuire il tasso di criminalità associato all’uso di questa sostanza; 2. trattamenti ambulatoriali con attenzione particolare alla tutela della privacy e flessibilità negli orari in modo da consentire un’accessibilità compatibile con gli orari di lavoro; 3. trattamenti residenziali con trattamento intensivo e formula alberghiera per utenti che richiedono un percorso di disintossicazione medica assistita, che desiderano mantenere l’anonimato e che sono impossibilitati ad assentarsi per lungo periodo dal lavoro; 4. trattamenti semiresidenziali post-trattamento per persone che richiedono un percorso di sostegno e riabilitazione dopo le cure e che possono assentarsi per lungo periodo dal lavoro. Per approfondimenti sulle diverse offerte di trattamento presenti a livello internazionale si rimanda al capitolo “Offerte terapeutiche e di supporto psicologico per le persone con dipendenza da cocaina: rassegna dei piani governativi e dei centri di trattamento” G. Serpelloni, S. Bertoncelli.

Conclusioni Da questa descrizione sintetica, ma senz’altro utile per l’inquadramento generale dell’utenza che necessita di assistenza e cure, si evince un quadro molto eterogeneo. Le persone che utilizzano cocaina, infatti, presentano differenze comportamentali, sociali, psichiche e biogenetiche molto elevate, anche se tali differenze tendono ad appianarsi nella fase di dipendenza cronica. Cogliere le diversità segnalate ha sicuramente molta importanza soprattutto nella fase di aggancio precoce e di mantenimento in trattamento dove, fattori rilevanti sono le caratteristiche dei servizi e dell’offerta così come vengono percepite dai soggetti. In Italia esistono ancora pochi studi ed indagini quantitative sulle caratteristiche dei soggetti utilizzatori di cocaina e si sente quindi la necessità di approfondire questa conoscenza, soprattutto sulla base di quello che sta succedendo in Europa e negli Stati Uniti dove il fenomeno è iniziato molti anni prima e la diffusione di sostanze ancora più pericolose della cocaina, quale è il crack, stanno diventando serie e pesanti minacce alla salute della comunità ed in particolare dei giovani.

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COCAINA

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198


CLINICA DEI DISTURBI PSICHICI CORRELATI AL CONSUMO DI COCAINA COCAINA E CRITERI DIAGNOSTICI 4.1

Marco Faccio*, Giovanni Serpelloni** * Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20, Verona ** Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto

La cocaina provoca effetti psichici e comportamentali attraverso una potente attività sul cervello e il suo abuso è associato a numerosi effetti nocivi sulla salute (NIDA – 2004a; Holstege et al. – 2005). La pianta e i suoi effetti sono conosciuti da molti secoli dagli indigeni del Sud America. La cocaina pura fu estratta per la prima volta dalle foglie della pianta a metà del diciannovesimo secolo e fu inizialmente apprezzata per le proprietà anestetiche. In quegli anni la cocaina fu utilizzata come additivo “energetico” in diversi composti e bevande, prima che se ne riconoscessero i rischi per la salute per il forte potenziale di abuso che determina. La cocaina è un alcaloide estratto dalle foglie della pianta della Coca (Erytroxylon Coca). La cocaina produce i suoi effetti agendo come potente inibitore del trasportatore della dopamina impedendo il riassorbimento della dopamina all’interno del neurone. Il blocco del reuptake della dopamina conseguente ad inibizione del trasportatore della dopamina (DAT) si traduce in un accumulo di questo neurotrasmettitore a livello dello spazio sinaptico. Questa attività si esplica anche a carico dei trasportatori della noradrenalina e della serotonina. I meccanismi che correlano la stimolazione del sistema dopaminergico agli effetti della cocaina non sono completamente conosciuti. La dopamina agisce attraverso la stimolazione di specifici recettori di cui sono noti cinque sottotipi. Questi recettori rispondono in modi diversi alla stimolazione dopaminergica e in diverse aree del cervello mediano funzioni differenti. Le aree cerebrali principalmente implicate nelle funzioni dopaminergiche che regolano le funzioni emotive e l’integrazione fra percezione, emozioni e pensiero sono l’ipotalamo, il sistema limbico, i nuclei della base e il sistema reticolare. Questi sistemi hanno complesse relazioni con le aree corticali e sottocorticali deputate alla regolazione delle funzioni cognitive (pensiero, memoria, ecc.) e del comportamento. Il sistema dopaminergico inoltre è strettamente collegato ad altri sistemi di neurotrasmettitori come il glutamato, il GABA, il sistema degli oppiodi endogeni, i sistemi della noradrenalina e della serotonina. In ambito tossicomanico la cocaina può essere assunta attraverso diverse vie: orale, inalatoria (sniffo), respiratoria (fumo), parenterale (endovenosa, sottocutanea, intramuscolare). Può essere assunta da sola, in associazione o mescolata ad altre sostanze (poliabuso). La via di assunzione inalatoria (sniffo) è quella più comunemente usata dai consumatori. Dopo l’assunzione la cocaina si distribuisce ampiamente nell’organismo e passa con facilità la barriera ematoencefalica. 201


COCAINA

Le sensazioni sperimentate come piacevoli in seguito al consumo della cocaina possono indurre a ripeterne l’assunzione. Sono descritte diverse modalità di consumare la sostanza e non ce n’è una prevalente. La cocaina può essere usata continuamente per giorni o a intervalli più o meno regolari quando la persona percepisce denaro o lo stipendio; può essere consumata una volta o due al mese o per periodi di settimane, mesi o anni (Gold e Miller - 1997). Quando assunta, la cocaina determina un quadro di intossicazione che in forma lieve e moderata è caratterizzato dagli effetti ricercati dal consumatore e riferibile principalmente a una condizione di benessere psicofisico ed euforia (rush) seguiti dalla comparsa di uno stato di sgradevolezza all’attenuarsi degli effetti (crash). In forma grave (overdose) l’intossicazione acuta determina quadri drammatici di scompenso psichico e organico. Il desiderio di assumere cocaina dopo averne sperimentato gli effetti può rivelarsi particolarmente intenso e incoercibile innescando una sorta di coazione a ripetere il consumo, a prolungarlo o a riprenderlo anche dopo lunghi periodi di astensione dalla sostanza. Questa condizione, definita craving, è alla base dei meccanismi che determinano il rapido instaurarsi dei comportamenti di abuso e della dipendenza nelle persone che iniziano a consumare cocaina. La dipendenza da cocaina è associata a una sindrome di astinenza qualora ne venga interrotto il consumo. La cocaina provoca effetti e disturbi psichici e fisici a breve termine dopo l’assunzione e a lungo termine nei consumatori cronici (NIDA – 2004a). Le complicanze sulla psiche e sull’organismo sono difficili da prevedere e non c’è una chiara correlazione con le dosi assunte. Molti consumatori di cocaina inoltre presentano condizioni di comorbilità con disturbi correlati ad altre sostanze e con disturbi psichici primitivi che hanno conseguenze importanti nel condizionare l’esito dei trattamenti in quanto aggravano la sofferenza, peggiorano la prognosi e aumentano i costi dell’assistenza sanitaria. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Text Revision (DSM–IV–TR) distingue i disturbi correlati alla cocaina in due categorie: Disturbi da Uso di Cocaina e Disturbi Indotti da Cocaina. I disturbi da uso di cocaina comprendono la dipendenza e l’abuso. I disturbi indotti da cocaina sono nell’ordine: l’intossicazione, l’astinenza, il delirium da intossicazione, il

DISTURBI CORRELATI ALLA COCAINA DISTURBI DA USO DI COCAINA

DISTURBI INDOTTI DA COCAINA

• Abuso di Cocaina

• Intossicazione da Cocaina

• Dipendenza da Cocaina

• Astinenza da Cocaina • Delirium da Intossicazione da Cocaina • Disturbo Psicotico indotto da Cocaina con Deliri • Disturbo Psicotico indotto da Cocaina con Allucinazioni • Disturbo dell’Umore indotto da Cocaina • Disturbo d’Ansia indotto da Cocaina • Disfunzione Sessuale indotta da Cocaina • Disturbo del Sonno indotto da Cocaina • Disturbo Correlato alla Cocaina Non Altrimenti Specificato

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ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

disturbo psicotico indotto da cocaina con deliri o con allucinazioni, il disturbo dell’umore indotto da cocaina, il disturbo d’ansia indotto da cocaina, la disfunzione sessuale indotta da cocaina, il disturbo del sonno indotto da cocaina e il disturbo indotto da cocaina non altrimenti specificato.

Disturbi da uso di cocaina Abuso di cocaina Per alcune persone il consumo di cocaina può non determinare fenomeni di dipendenza, tolleranza e astinenza per lungo tempo. Questo può accadere soprattutto nelle fasi iniziali del consumo di cocaina. In questi casi il soggetto apparentemente non consuma la sostanza in modo coatto sotto la spinta di una condizione di dipendenza e possono trascorrere lunghi periodi tra un periodo di consumo e l’altro. Una persona che consuma in tale modo la sostanza si espone comunque ai rischi dell’intossicazione ogni qualvolta assume cocaina e col passare del tempo può sviluppare dipendenza o andare incontro a conseguenze che sono descritte per l’intossicazione cronica. Nondimeno una persona che consuma cocaina in forma di abuso può avere difficoltà talvolta ad adempiere ai propri doveri di studio o di lavoro o trascurare gli impegni famigliari. Può esporsi a pericoli per comportamenti agiti in stato di intossicazione e può incorrere in problemi legali o avere problemi relazionali di vario tipo. Inoltre a causa dei sintomi residui dopo un periodo di consumo (crash, hang-hover) per esempio può perdere giornate di lavoro o, uno studente, di scuola (A.P.A. – DSM-IV-TR - 2000). F14.1 Abuso di Cocaina [305.60] Criteri diagnostici per l’Abuso di Sostanze A. Una modalità di consumo di una sostanza, che porta a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da una (o più) delle condizioni seguenti, ricorrenti entro un periodo di 12 mesi: 1) uso ricorrente della sostanza risultante in una incapacità di adempiere ai principali compiti connessi con il ruolo sul lavoro, a scuola o a casa (per es., ripetute assenze o scarse prestazioni lavorative correlate all’uso della sostanza; 2) assenze, sospensioni o espulsioni da scuola correlate alla sostanza; trascuratezza nella cura dei bambini o della casa) 3) ricorrente uso della sostanza in situazioni fisicamente rischiose (per es., guidando un’automobile o facendo funzionare dei macchinari in uno stato di menomazione per l’uso della sostanza) 4) ricorrenti problemi legali correlati alla sostanza (per es., arresti per condotta molesta correlata alla sostanza) 5) uso continuativo della sostanza nonostante persistenti o ricorrenti problemi sociali o interpersonali causati o esacerbati dagli effetti della sostanza (per es., discussioni coniugali sulle conseguenze dell’intossicazione, scontri fisici). B. I sintomi non hanno mai soddisfatto i criteri per Dipendenza da sostanze.

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COCAINA

Dipendenza da cocaina La cocaina produce intense sensazioni psichiche e fisiche dopo la sua assunzione. Gli effetti di benessere ed euforia sono estremamente forti e quindi dopo aver consumato la sostanza anche per breve tempo una persona può sviluppare una forte dipendenza psicologica da essa. La cocaina fumata in forma di crack è associata a una rapida assuefazione e dipendenza fin dalle prime dosi assunte (Kaplan and Sadock - 2001). Quando una persona ha sviluppato dipendenza tende ad assumere in modo ripetitivo la sostanza e a orientare i suoi comportamenti alla ricerca e al consumo di essa. Nella condizione di dipendenza il consumatore può investire parecchio tempo, denaro ed energie nel procurarsi la sostanza e può mettere in atto comportamenti antisociali o comunque al di fuori delle norme del suo contesto per raggiungere tale scopo. Questa condizione può determinare gravi problemi personali, di salute, sociali e relazionali alla persona senza che la situazione si modifichi per questo e spesso senza che la stessa persona riconosca di avere un problema per lungo tempo. F14.2x Dipendenza da Cocaina [304.20]

Criteri diagnostici per la Dipendenza di Sostanze Una modalità di consumo della sostanza che conduce a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da tre (o più) delle condizioni seguenti, che ricorrono in un qualunque momento dello stesso periodo di 12 mesi: 1) tolleranza, come definita da ciascuno dei seguenti elementi: a) bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione o l’effetto desiderato b) un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità della sostanza 2) astinenza, come manifestata da ciascuno dei seguenti elementi: a) una caratteristica sindrome di astinenza per la sostanza (riferirsi ai Criteri A e B dei set di criteri per Astinenza da cocaina) b) la stessa sostanza (o una strettamente correlata) è assunta per attenuare o evitare i sintomi di astinenza 3) la sostanza è spesso assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dal soggetto 4) desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso della sostanza 5) una grande quantità di tempo viene spesa in attività necessarie a procurarsi la sostanza (per es., recandosi in visita da più medici o guidando per lunghe distanze), ad assumerla (per es., fumando “in catena”), o a riprendersi dai suoi effetti 6) interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso della sostanza 7) uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla sostanza (per es., il soggetto continua ad usare cocaina malgrado il riconoscimento di una depressione indotta da cocaina). Codificare il decorso della Dipendenza alla quinta cifra: 0 Remissione Iniziale Completa / Remissione Iniziale Parziale 0 Remissione Protratta Completa / Remissione Protratta Parziale 2 (In Terapia Agonista)* 1 In Ambiente Controllato 4 Lieve / Moderato / Grave Specificare se: Con Dipendenza Fisica: prove evidenti di tolleranza o di astinenza (cioè, risultano soddisfatti entrambi gli item 1 e 2). Senza Dipendenza Fisica: nessuna prova evidente di tolleranza o di astinenza (cioè, non risultano soddisfatti né l’item 1 né l’item 2). * Nota: non sono ad oggi approvati trattamenti farmacologici specifici per la dipendenza da cocaina.

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ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

La cocaina determina, insieme alla dipendenza psicologica, anche una dipendenza fisica che si specifica per la comparsa di sintomi di astinenza dopo la sospensione del consumo e per l’instaurarsi del fenomeno della tolleranza per cui il soggetto può essere portato ad aumentare le quantità di cocaina assunta per ottenere lo stato di benessere ricercato. Le condizioni che caratterizzano la dipendenza fisica sono meno costanti rispetto agli aspetti psicologici e possono mancare in alcuni soggetti. Tuttavia nei soggetti consumatori di cocaina è frequentemente presente una forte spinta soggettiva ad usare la sostanza definita craving. Il craving presenta correlati sia psicologici che fisici e può scatenarsi prima di una condizione di consumo, immediatamente dopo la cessazione degli effetti di una assunzione o anche a distanza di tempo da un periodo di consumo attivandosi per stimoli svariati sia esterni (ambientali) che interni all’individuo. Un segno iniziale di dipendenza da cocaina si ha quando il soggetto trova difficoltà crescente a non ricorrere all’uso di cocaina ogni volta che questa sia disponibile. A causa della sua breve emivita, vi è bisogno di ripetere frequentemente l’assunzione per mantenere un senso di elevato benessere (“high”). (A.P.A. - 2001) La condizione di dipendenza si caratterizza per un consumo cronico della sostanza con sospensioni intervallate fra un periodo e l’altro determinate dal bisogno di riaversi o dalla necessità di procurarsi denaro. Nei periodi di interruzione del consumo si possono sviluppare sintomi di astinenza come ipersonnia, umore disforico, aumento dell’appetito e desiderio intenso per la sostanza. Sono comuni i disturbi psichici e fisici da intossicazione cronica e il soggetto rimane persistentemente esposto ai rischi di intossicazione acuta grave durante gli episodi di consumo. La gravità della dipendenza da cocaina e l’età di inizio del consumo sono risultati essere un importante fattore di rischio per la paranoia indotta da cocaina (Kalayasiri et Al. – 2006) caratterizzata dallo sviluppo di un delirio persecutorio e forte sospettosità verso gli altri.

Disturbi indotti da cocania Intossicazione da cocaina A breve distanza da una assunzione di cocaina si sviluppa uno stato di intossicazione. La gravità dell’intossicazione dipende dalla quantità di cocaina assunta, dal grado di tolleranza e dalla via di assunzione della sostanza in quanto quest’ultima determina diverse modalità di assorbimento e distribuzione nell’organismo. Le modalità di assunzione endovenosa e respiratoria tramite il fumo producono effetti immediati, più intensi e che hanno una durata breve (5-10 minuti). L’assunzione per via nasale (sniffo) determina l’inizio degli effetti dopo pochi minuti e una durata dello stato euforico tra venti e quaranta minuti. Anche il contesto dell’assunzione e la personalità o le condizioni psicologiche e costituzionali del soggetto consumatore possono avere una influenza sulla percezione degli effetti e sullo sviluppo di sintomi indesiderati che possono rivelarsi gravi anche dopo singole basse dosi. Lo stato di intossicazione è anche influenzato dalla contemporanea assunzione di altre sostanze. In genere dopo l’assunzione di una singola dose si sviluppa in breve tempo una intensa sensazione fisica associata ad espansione del tono dell’umore fino all’euforia, accompagnata da sensazione soggettiva di aumento dell’energia psichica e fisica e del senso di autostima. È avvertita anche una amplificazione di sensazioni visive, uditive e tattili. 205


COCAINA

Sul piano comportamentale può evidenziarsi disinibizione in vario grado, iperattività motoria, aumento e facilitazione delle capacità relazionali, aumento della quantità e della fluenza dell’eloquio. È aumentato il desiderio sessuale e, nei maschi, è descritto un incremento della prestazione sessuale, della durata dell’erezione e una intensificazione dell’orgasmo. In alcuni casi è riferita una aumentata capacità prestazionale in attività finalizzate, in altri casi viene riferita, all’opposto, una incapacità di focalizzare l’attenzione. Il quadro osservato durante l’intossicazione può non essere distinguibile da una condizione di ipomania o di franca mania. A tale condizione può essere associata una alterazione della capacità di valutare correttamente la realtà e tendenza a sottovalutare situazioni rischiose. Per l’esaurirsi degli effetti in un arco temporale breve, spesso si riattiva il desiderio di assumere altre dosi della sostanza allo scopo di sperimentare nuovamente gli effetti di piacere percepiti oltre che per far fronte allo stato di sgradevolezza che accompagna la cessazione dell’attività euforizzante (crash). L’assunzione di cocaina determina effetti fisici correlati al rilascio di catecolamine. L’incremento dei livelli di catecolamine si traduce in vasocostrizione che può generare fenomeni ischemici in vari organi ed apparati e aumento della pressione arteriosa. Sempre all’azione delle catecolamine rilasciate sono riconducibili la tachicardia, la midriasi, l’aumento della temperatura corporea e la sudorazione che accompagnano il consumo della sostanza. Durante lo stato di intossicazione si riducono l’appetito e il bisogno di sonno. Complicanze dell’intossicazione Il quadro di intossicazione che si produce dopo l’assunzione di cocaina può presentarsi in forma grave per l’insorgenza di complicanze sia psichiche che fisiche. I sintomi e i segni dell’intossicazione grave sono generalmente conseguenti all’assunzione di alte dosi di cocaina o in singola somministrazione o per assunzioni ripetute in un arco breve di tempo ma possono verificarsi anche dopo assunzioni di singole basse dosi in soggetti predisposti per fattori costituzionali, psichici e fisici. L’overdose da cocaina è caratterizzata principalmente dalla comparsa di convulsioni, ipertermia e coma (Agarwal e Sen - 2005) ma tale quadro può essere preceduto da un progressivo evolvere ed aggravarsi dei sintomi che caratterizzano lo stato di intossicazione di grado lieve o moderato. Spesso il quadro tossico è polideterminato per l’assunzione di altre sostanze come l’alcol e per la presenza di additivi come sostanze di taglio. L’intossicazione acuta evolve in genere in tre fasi: • fase di euforia ed eccitamento • fase di agitazione psicomotoria e confusionale • fase di depressione generale delle funzioni psichiche e organiche Nel corso di una intossicazione lo stato dell’umore può trasformarsi da euforico in disforico con l’emergere di ansietà, irrequietudine, irritabilità e labilità affettiva. Il comportamento tende a trasformarsi da disinibito in caotico e disordinato sfociando in agitazione psicomotoria o evolvere verso il rallentamento psicomotorio. Possono emergere comportamenti aggressivi e violenti. A queste condizioni si possono associare disturbi motori automatici come tremori, discinesie, distonie e convulsioni. Il linguaggio può, da accelerato e logorroico, diventare tangenziale oppure possono essere 206


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

F14.00 Astinenza da Cocaina [292.89] Criteri diagnostici per l’intossicazione da Cocaina A. Assunzione recente di cocaina. B. Modificazioni psicologiche o comportamentali maladattive clinicamente significative (per es., euforia o appiattimento dell’affettività; modificazioni della tendenza a socializzare; ipervigilanza; suscettibilità interpersonale; ansia, tensione o rabbia; comportamenti stereotipati; compromissione delle capacità critiche, o del funzionamento sociale o lavorativo) che si sviluppano durante, o poco dopo, l’assunzione di cocaina. C. Due (o più) dei seguenti sintomi, che si sviluppano durante, o poco dopo, l’assunzione di cocaina: 1) tachicardia o bradicardia 2) midriasi 3) ipertensione o ipotensione 4) sudorazione o brividi 5) 6) 7) 8) 9)

nausea o vomito perdita di peso obiettiva agitazione psicomotoria o rallentamento debolezza muscolare, depressione respiratoria, dolore toracico o aritmie cardiache confusione, crisi epilettiche, discinesie, distonie o coma.

D. I sintomi non sono dovuti a una condizione medica generale e non sono meglio spiegabili con un altro disturbo mentale. Nota per la codificazione: F14.04 se Con Alterazioni Percettive.

allentati i nessi ideativi e quindi rivelarsi incoerente. La persona intossicata può manifestare idee di riferimento, idee persecutorie e sul piano percettivo esperienze sensoriali visive, uditive e tattili in forma di illusioni o di vere allucinazioni. La vigilanza e lo stato di coscienza possono essere alterate in grado variabile fino al coma. Gli elevati livelli di pressione arteriosa conseguenti all’azione di stimolo sul sistema delle catecolamine possono determinare danni emorragici cerebrali o in altri organi. A livello cardiaco possono insorgere tachiaritmie o bradicardia e arresto cardiaco. Nello stato di intossicazione il paziente presenta dilatazione pupillare (midriasi), sudorazione, brividi e tremori; può lamentare nausea e manifestare vomito; può essere riscontrata cefalea intensa, depressione respiratoria, dolore toracico, debolezza muscolare. La morte in corso di intossicazione acuta può sopraggiungere per tachiaritmie ventricolari, arresto cardiaco o fenomeni convulsivi seguiti da arresto respiratorio (NIDA – 2004). Astinenza da cocaina Dopo una intossicazione prolungata, alla sospensione o alla riduzione del consumo di cocaina si sviluppa una condizione di malessere con aspetti principalmente psichici a carico dell’umore. La sindrome si sviluppa nell’arco delle ore successive alla sospensione e raggiunge il suo picco dopo qualche giorno mentre la sua durata può essere di una settimana o più. Il sintomo principale è a carico dell’umore con depressione più o meno marcata caratterizzata da sintomi di disforia, ansia, disturbi del sonno come sonnolenza eccessiva, letargia o insonnia, sogni vividi e 207


COCAINA

sgradevoli, stanchezza psichica e fisica, sensazione di svogliatezza e incapacità a provare interesse per la realtà circostante. In genere è presente desiderio per la sostanza (craving). Lo stato depressivo può essere complicato dalla comparsa di idee suicidarie. Meno comuni sono i segni di una psicosi paranoide durante l’astinenza conseguenti a precedente consumo protratto di alte dosi di cocaina. Le persone che si trovano in stato di astinenza da cocaina spesso abusano di alcol e farmaci sedativi e ipnotici per tentare di automedicarsi (Kaplan and Sadock - 2001). F14.3 Astinenza da Cocaina [292.0] Criteri diagnostici per l’Astinenza da Cocaina A. Cessazione (o riduzione) dell’uso prolungato e in dosi pesanti di cocaina. B. Umore disforico e due (o più) delle seguenti modificazioni fisiche, che si sviluppano entro un periodo variabile da poche ore a alcuni giorni dopo che è stato soddisfatto il Criterio A: 1) 2) 3) 4) 5)

stanchezza sogni vividi, spiacevoli insonnia o ipersonnia aumento dell’appetito rallentamento psicomotorio o agitazione.

C. I sintomi del Criterio B causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. D. I sintomi non sono dovuti a una condizione medica generale e non risultano meglio spiegati con un altro disturbo mentale.

Delirium da Intossicazione da Cocaina Nel corso di una intossicazione grave da cocaina possono svilupparsi sintomi e segni di un quadro di delirium caratterizzato da alterazione della coscienza, alterazioni della capacità di attenzione e alterazioni cognitive (memoria, orientamento, linguaggio) o percettive. Tale condizione si sviluppa in seguito all’assunzione generalmente a breve distanza da questa o nel corso di assunzioni ripetute che generano uno stato di grave alterazione tossica. Il quadro del delirium tende a svilupparsi in breve tempo, è fluttuante nell’arco delle ventiquattro ore e persiste per la durata dello stato di intossicazione. Il quadro richiede di essere distinto da altri disturbi che possono presentare aspetti simili. Innanzi tutto è importante tentare il riconoscimento di eventuali altre cause di delirium: altre sostanze o una condizione organica sottostante (encefalopatia epatica, disturbi neurologici o altre condizioni mediche). Altri disturbi che necessitano di essere distinti attraverso una diagnostica differenziale sono i quadri di esordio o di scompenso psicotico, disturbi dell’umore con sintomi psicotici e i disturbi d’ansia con acute manifestazioni d’angoscia come il disturbo da stress traumatico.

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ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

F14.03 Delirium da intossicazione da Cocaina [292.81] Criteri diagnostici per il Delirium da Intossicazione da sostanze A. Alterazione della coscienza (cioè, ridotta lucidità della percezione dell’ambiente), con ridotta capacità di focalizzare, mantenere, o spostare l’attenzione. B. Una modificazione cognitiva (come deficit di memoria, disorientamento, alterazioni del linguaggio), o lo sviluppo di un disturbo percettivo che non è meglio giustificato da una demenza preesistente, stabilizzata o in evoluzione. C. L’alterazione si sviluppa in un breve periodo di tempo (generalmente da ore a giorni), e tende a presentare fluttuazioni giornaliere. D. Vi è la dimostrazione, fondata sulla storia, sull’esame fisico, o sugli esami di laboratorio di una delle due condizioni seguenti: 1) i sintomi del Criterio A e B si sono sviluppati durante una Intossicazione da Sostanze 2) l’uso della sostanza è correlato eziologicamente al disturbo. Nota: Questa diagnosi dovrebbe essere fatta al posto di una diagnosi di Intossicazione da Cocaina solo quando i sintomi cognitivi sono più intensi di quelli solitamente associati alla sindrome da intossicazione, e quando i sintomi sono sufficientemente gravi da giustificare un’attenzione clinica indipendente.

Disturbo Psicotico Indotto da Cocaina con Deliri Disturbo Psicotico Indotto da Cocaina con Allucinazioni Le condizioni di abuso e di dipendenza da cocaina possono portare allo sviluppo di un disturbo psicotico caratterizzato da allucinazioni e/o deliri. Le allucinazioni non uditive sono spesso sinF14.51 Disturbo Psicotico indotto da Cocaina, Con Deliri [292.11]; F14.52 Disturbo Psicotico indotto da Cocaina, Con Allucinazioni [292.12] Criteri diagnostici per il Disturbo Psicotico Indotto da Sostanze A. Rilevanti allucinazioni o deliri. Nota: Non includere le allucinazioni se la persona ha la consapevolezza che sono indotte da sostanze. B. Vi sono prove evidenti dalla storia, dall’esame fisico, o da reperti di laboratorio della condizione (1) o (2): 1) i sintomi del Criterio A si sono sviluppati durante, o entro un mese, dall’Intossicazione o Astinenza dalla sostanza; 2) l’uso della sostanza è eziologicamente correlato al disturbo. C. Il disturbo non è meglio giustificato da un Disturbo Psicotico non indotto da sostanze. Le prove che i sintomi sono meglio giustificati da un Disturbo Psicotico non indotto da sostanze potrebbero essere le seguenti: i sintomi precedono l’insorgenza dell’uso della sostanza; i sintomi persistono per un considerevole periodo di tempo (per es., circa un mese) dopo la fine dell’astinenza acuta o di una grave intossicazione, o sono considerevolmente più intensi di quanto ci si sarebbe aspettato dato il tipo o la quantità di sostanza usata o la durata dell’uso; oppure vi sono altri segni evidenti che suggeriscono l’esistenza di un Disturbo Psicotico non indotto da sostanze (per es., una storia di ricorrenti episodi non correlati a sostanze). E. Il disturbo non si verifica esclusivamente durante il corso di un delirium. Nota: Questa diagnosi dovrebbe essere fatta al posto di una diagnosi di Intossicazione da Cocaina solo quando i sintomi sono più intensi di quelli generalmente associati alla sindrome da intossicazione, e quando sono sufficientemente gravi da giustificare un’attenzione clinica indipendente.

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COCAINA

tomo di quadri psicotici di natura organica o esotossica. In genere il disturbo psicotico indotto da cocaina insorge e si protrae per il periodo del consumo della sostanza in soggetti senza precedenti di disturbo psicotico primario. D’altra parte persone che sono affette da disturbo psicotico primario possono anche essere assuntori di sostanze alteranti e cocaina. In genere quando una persona è affetta da disturbo psicotico primario essa presentava sintomi del disturbo precedenti all’uso di cocaina e il quadro psicotico persiste anche a distanza dalla sospensione del consumo di cocaina. È da sospettare l’abuso o la dipendenza da cocaina o da altre sostanze se un disturbo psicotico insorge ex novo in un soggetto di mezza età senza precedenti di disturbo psicotico. Il disturbo psicotico indotto da cocaina va differenziato dal delirium e da altri disturbi psicotici primari. In soggetti di età giovane consumatori di cocaina e altre sostanze l’insorgenza di un disturbo psicotico necessita di una valutazione attenta per distinguere fra disturbo indotto da cocaina e l’esordio di un quadro schizofrenico. Disturbo dell’Umore Indotto da Cocaina Nel corso dell’intossicazione da cocaina o nella condizione di astinenza sono abitualmente riscontrati sintomi dell’umore ma se questi diventano rilevanti può configurarsi un quadro di disturbo dell’umore di tipo depressivo, maniacale o misto. In un quadro di depressione si riscontra umore depresso, anedonia e perdita di interesse associati ad ansia e rallentamento, facile faticabilità e mancanza di energia, sentimenti di colpa, pessimismo e pensieri o fantasie di morte accompagnate talvolta da azioni autolesive. Questo quadro si riscontra più frequentemente nel corso di una condizione di astinenza da cocaina ma può accompagnare anche la condizione di dipendenza funzionando da fattore di mantenimento del desiderio di ricercare la sostanza. Il consumo di cocaina produce un quadro di umore anormalmente espanso o irritabile, sentimenti di grandiosità e aumento esagerato dell’autostima, riduzione del bisogno di sonno, logorrea, sensazione di rapidità del flusso ideativo fino alla fuga delle idee, agitazione psicomotoria e facile distraibilità che possono assomigliare ad un episodio maniacale o ipomaniacale. Un quadro maniacale indotto da cocaina ha caratteristiche di gravità e persistenza più marcate del quadro determinato da una condizione di intossicazione nel corso di abuso o dipendenza dalla droga. I disturbi dell’umore indotti da cocaina richiedono di essere differenziati dai disturbi dell’umore primari. Questi si caratterizzano per un andamento indipendente dalle fasi di consumo o di astinenza e spesso sono presenti nella vita prima dell’inizio del consumo di cocaina o tendono a persistere o presentarsi dopo, a distanza dai periodi di consumo della sostanza. F14.8 Disturbo dell’umore indotto da Cocaina [292.84] Criteri diagnostici per il Disturbo dell’Umore Indotto da Sostanze A. Domina il quadro clinico una alterazione dell’umore rilevante e persistente, caratterizzata da uno (o entrambi) i seguenti sintomi: 1) umore depresso o marcata riduzione di interesse o di piacere in tutte o quasi tutte le attività 2) umore elevato, espanso o irritabile. B. È evidente da anamnesi, esame fisico o dati di laboratorio (1) o (2): 1) i sintomi di cui al Criterio A sono insorti durante o entro un mese dall’Intossicazione o Astinenza dalla Sostanza 2) l’uso della Sostanza è eziologicamente correlato al disturbo.

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ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

C. Il disturbo non è meglio inquadrabile come Disturbo dell’Umore non indotto da Sostanze. Le prove che i sintomi sono meglio inquadrabili come Disturbo dell’Umore non indotto da Sostanze comprendono: i sintomi precedono l’inizio dell’uso della sostanza; i sintomi persistono per un sostanziale periodo di tempo (per es., circa un mese) dopo la fine dell’astinenza acuta o dell’intossicazione grave, oppure sono notevolmente in eccesso rispetto a quanto ci si attenderebbe dalla quantità di Sostanza usata o dalla durata dell’uso; oppure altre prove suggeriscono l’esistenza di un Disturbo dell’Umore indipendente non indotto dalla sostanza (per es., storia di ricorrenti Episodi Depressivi Maggiori). D. Il disturbo non si presenta esclusivamente durante il corso di un delirium. E. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Nota: Questa diagnosi, anziché quella di Intossicazione da Sostanze o Astinenza da Sostanze, dovrebbe essere posta solo quando i sintomi sono in eccesso rispetto a quelli usualmente associati con la sindrome da intossicazione o da astinenza, e quando i sintomi sono sufficientemente gravi da richiedere attenzione clinica a parte. Specificare il tipo: Con Manifestazioni Depressive: se l’umore predominante è quello depresso. Con Manifestazioni Maniacali: se l’umore predominante è elevato, espanso, o irritabile. Con Manifestazioni Miste: se sono presenti sia sintomi maniacali che depressivi, ma nessuno di essi è predominante. Specificare se: Ad Esordio Durante l’Intossicazione: se risultano soddisfatti i criteri per l’Intossicazione dalla sostanza, e i sintomi insorgono durante la sindrome da intossicazione. Ad Esordio Durante l’Astinenza: se risultano soddisfatti i criteri per l’Astinenza dalla sostanza, e i sintomi insorgono durante, o poco dopo, una sindrome da astinenza.

Disturbo d’Ansia Indotto da Cocaina La sindrome da intossicazione o da astinenza può essere dominata da un disturbo d’ansia che risulta marcato e rilevante rispetto al quadro dei sintomi abitualmente riscontrati nel corso di una intossicazione o dell’astinenza da cocaina. L’ansia e l’irrequietezza sono particolarmente gravi e possono assumere le caratteristiche dell’ansia generalizzata, degli attacchi di panico, delle fobie o delle ossessioni e compulsioni. F14.8 Disturbo d’ansia indotto da Cocaina [292.89] Criteri diagnostici per il disturbo d’Ansia Indotto da Sostanze A. Predominano nel quadro clinico ansia notevole, Attacchi di Panico, oppure ossessioni o compulsioni. B. Sono evidenti dalla anamnesi, dall’esame obbiettivo, o dai dati di laboratorio gli elementi 1) o 2): a) i sintomi di cui al Criterio A sono comparsi durante, o entro 1 mese, l’Intossicazione o l’Astinenza dalla Sostanza b) l’uso della Sostanza è eziologicamente correlato al disturbo C. L’alterazione non risulta meglio giustificata da un Disturbo d’Ansia non indotto da Sostanze. I seguenti elementi possono provare che i sintomi sono meglio giustificati da un Disturbo d’Ansia non indotto da sostanze: i sintomi precedono l’esordio dell’uso della sostanza; i sintomi persistono per un periodo di tempo considerevole (per es., circa un mese) dopo il termine dell’astinenza acuta o dell’intossicazione grave, oppure sono sostanzialmente in eccesso rispetto a quanto sarebbe prevedibile per la quantità di sostanza usata o per la durata dell’uso; oppure vi sono altre evidenze che suggeriscono l’esistenza di un Disturbo d’Ansia indipendente non indotto dalla sostanza (per es., anamnesi di episodi ricorrenti non correlati all’uso di Sostanze). D. L’alterazione non si manifesta esclusivamente durante il corso di un delirium.

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COCAINA

E. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Nota: Si dovrebbe porre questa diagnosi anziché quella di Intossicazione da Cocaina o Astinenza da Cocaina solo quando i sintomi d’ansia sono eccessivi rispetto a quelli usualmente associati con la sindrome da intossicazione o da astinenza e quando i sintomi d’ansia sono sufficientemente gravi da giustificare attenzione clinica indipendente. Specificare se: Con Ansia Generalizzata: se nel quadro clinico predominano ansia o preoccupazione eccessive riguardo a una quantità di eventi o attività. Con Attacchi di Panico: se nel quadro clinico predominano Attacchi di Panico. Con Sintomi Ossessivo-Compulsivi: se nel quadro clinico predominano ossessioni o compulsioni. Con Sintomi Fobici: se nel quadro clinico predominano sintomi fobici. Specificare se: Con Esordio Durante l’Intossicazione: se risultano soddisfatti i criteri per l’Intossicazione dalla sostanza e se i sintomi compaiono durante la sindrome da intossicazione. Con Esordio Durante l’Astinenza: se risultano soddisfatti i criteri per l’Astinenza dalla sostanza e se i sintomi compaiono durante, o poco dopo, una sindrome astinenziale.

Disfunzione Sessuale Indotta da Cocaina Nel corso dell’intossicazione cronica da cocaina è possibile l’insorgenza di disfunzioni sessuali che possono comportare particolare disagio e difficoltà interpersonali per compromissione di funzioni correlate alla performance sessuale (desiderio, eccitazione, orgasmo). F14.8 Disfunzione Sessuale indotta da Cocaina [292.89] Criteri diagnostici per la Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze A. Nel quadro clinico prevale una disfunzione sessuale clinicamente significativa che causa notevole disagio o difficoltà interpersonali. B. Dall’anamnesi, dall’esame fisico, o dai dati di laboratorio è evidente che la disfunzione sessuale è pienamente spiegata dall’uso di cocaina, come risulta da (1) o (2): 1) i sintomi del Criterio A si sono sviluppati durante l’Intossicazione dalla Sostanza o entro un mese da essa 2) l’uso della Sostanza è etiologicamente connesso all’anomalia. C. L’anomalia non è meglio attribuibile ad una Disfunzione Sessuale che non sia indotta da Sostanze. La prova che i sintomi sono meglio attribuibili ad una Disfunzione Sessuale che non sia indotta da sostanze può includere i punti seguenti: i sintomi precedono l’inizio dell’uso di cocaina o la dipendenza; i sintomi persistono per un periodo consistente di tempo (per es., circa un mese) dopo la cessazione dell’intossicazione, o vanno sostanzialmente al di là di quanto ci si potrebbe aspettare dato il tipo o la quantità di sostanza usata o la durata dell’uso; oppure esistono altri dati che indicano l’esistenza di una Disfunzione Sessuale indipendente non indotta da sostanze (per es., una storia di episodi ricorrenti non connessi a sostanze). Nota: Questa diagnosi dovrebbe essere fatta al posto di una diagnosi di Intossicazione da Cocaina solo quando la disfunzione sessuale va al di là di quella che di solito è associata con la sindrome da intossicazione, e quando la disfunzione è sufficientemente grave da giustificare di per sé attenzione clinica. Specificare se: Con Compromissione del Desiderio Sessuale Con Compromissione dell’Eccitazione

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ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

Con Compromissione dell’Orgasmo Con Dolore Sessuale Specificare se: Con Insorgenza Durante l’Intossicazione: se risultano soddisfatti i criteri per l’Intossicazione con la sostanza ed i sintomi si sviluppano durante la sindrome da intossicazione.

Disturbo del Sonno Indotto da Cocaina Nel consumo di cocaina sono frequenti le alterazioni del sonno. Un disturbo del sonno con le caratteristiche dell’insonnia può presentarsi ed essere rilevante nel corso di una cronica intossicazione da cocaina mentre è caratteristico delle condizioni di astinenza o di ‘crash’ un aumento del bisogno di dormire che può compromettere le attività quotidiane (ipersonnia). F14.8 Disturbo del Sonno indotto da Cocaina [292.89]

Criteri diagnostici per il Disturbo del Sonno Indotto da Sostanze A. Una rilevante alterazione del sonno, che sia sufficientemente grave da giustificare un’attenzione clinica indipendente. B. Dimostrazione fondata sulla storia, sull’esame fisico o sui reperti di laboratorio dell’una 1) e dell’altra 2) condizione seguente: 1) i sintomi del Criterio A si sono sviluppati durante, o entro un mese da, una Intossicazione o Astinenza dalla Sostanza 2) l’uso della Sostanza è sostanzamente correlato al disturbo del sonno. C. L’alterazione non può essere meglio spiegata con un Disturbo del Sonno non indotto da Sostanze. Le prove che i sintomi sono meglio spiegati con un Disturbo del Sonno non indotto da sostanze potrebbero comprendere quanto segue: i sintomi precedono l’inizio dell’uso della Sostanza; i sintomi persistono per un considerevole periodo di tempo (per es., all’incirca un mese) dopo la cessazione di un’astinenza acuta o grave intossicazione, oppure sono sostanzialmente sproporzionati rispetto a quelli prevedibili considerato la quantità della Sostanza usata o la durata dell’uso; oppure vi è un’altra prova che suggerisce l’esistenza di un indipendente Disturbo del Sonno non indotto da Sostanze (per es., una storia di episodi ricorrenti non correlati a Sostanze). D. L’alterazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso di un delirium. E. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento nell’area sociale, lavorativa o in altre aree importanti. Nota: Questa diagnosi dovrebbe essere fatta al posto di una diagnosi di Intossicazione o Astinenza da Sostanze solo quando i sintomi riguardanti il sonno sono sproporzionati rispetto a quelli solitamente associati a sindrome di intossicazione o di astinenza, e quando i sintomi sono sufficientemente gravi da giustificare un’attenzione clinica indipendente. Specificare il tipo: Tipo Insonnia: se l’alterazione del sonno predominante è l’insonnia. Tipo Ipersonnia: se l’alterazione del sonno predominante è l’ipersonnia. Tipo Parasonnia: se l’alterazione del sonno predominante è una Parasonnia. Tipo Misto: se è presente più di una alterazione del sonno e nessuna predomina. Specificare se: Con Insorgenza Durante l’Intossicazione: se risultano soddisfatti i criteri per Intossicazione da Cocaina, e se i sintomi si sviluppano durante la sindrome da intossicazione. Con Insorgenza Durante l’Astinenza: se risultano soddisfatti i criteri per Astinenza da Cocaina, e se i sintomi si sviluppano durante, o poco dopo, una sindrome di astinenza.

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COCAINA

Disturbo Correlato alla Cocaina Non Altrimenti Specificato Il DSM-IV-TR ha previsto anche una categoria residua ad uso dei clinici per consentire l’inserimento di quadri correlati alla cocaina osservati nel corso della loro attività e che non risultano rispondere ai criteri specifici per gli altri disturbi correlati alla sostanza: F14.9 Disturbo Correlato alla Cocaina Non Altrimenti Specificato [292.9]

L’assunzione di cocaina e altre sostanze d’abuso I consumatori di sostanze stupefacenti spesso sono assuntori di più di una sostanza contemporaneamente o in diverse occasioni. Tale aspetto è di particolare rilevanza clinica per il fatto che sovente i quadri di intossicazione possono presentarsi polideterminati. Inoltre l’assunzione di cocaina e altre sostanze determina interazione nel determinare fenomeni di tossicità acuta e cronica a carico di vari organi e apparati. Le sostanze di più frequente riscontro assunte dai consumatori di cocaina sono il tabacco e l’alcol. Questa associazione è rilevante clinicamente per l’incremento del rischio cardiovascolare che determina. È riconosciuta una condizione determinata dagli effetti congiunti di cocaina e alcol che vengono trasformati nell’organismo in cocaetilene (Gold and Miller - 1997). Il cocaetilene ha una più lunga durata di azione ed è più tossico delle due sostanze prese singolarmente. Tale combinazione è frequentemente riscontrata come causa di morte negli assuntori di sostanze stupefacenti (Pancheri - 2002). La cocaina e l’alcol determinerebbero un effetto depressivo sull’attività cardiaca non attraverso un meccanismo ischemico ma per attività tossica diretta sulla cellula miocardica. Spesso la cocaina è assunta insieme ad altre sostanze “ricreative” come allucinogeni, MDMA, MDA, MDEA determinando interazioni ad alto rischio di grave tossicità per l’interazione o la sommazione degli effetti nocivi delle singole sostanze.

Disturbi psichici primari riscontrabili nei consumatori di cocaina Con il concetto di comorbilità psichiatrica nell’ambito delle dipendenze si intende l’associazione di disturbi mentali primitivi e abuso di sostanze. È riconosciuto che questa condizione di comorbilità copre un ampio spettro di problemi di salute mentale e di abuso di sostanze che possono contemporaneamente coesistere nello stesso individuo. I pazienti che accedono ai servizi di salute mentale presentano spesso problematiche correlate al consumo di sostanze psicotrope in aggiunta ai disturbi psichici. D’altra parte fra i soggetti che si rivolgono ai servizi per il trattamento delle dipendenze sono frequentemente riscontrati disturbi psichici primitivi. La comorbilità nei consumatori di cocaina può includere diverse condizioni di interesse psichiatrico come disturbi dell’umore; disturbi d’ansia; il disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività; disturbi della condotta e della personalità che comprendono comportamenti aggressivi, passivo-aggressivi, antisociali; disturbi psicotici; disturbi del comportamento alimentare. Gli studi epidemiologici mostrano alti tassi di comorbilità con disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e della personalità nei consumatori di cocaina e un aumento del consumo di questa sostanza in quei pazienti che presentano disturbi psicotici e disturbi d’ansia (Ochoa Mangado – 214


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

2000). Il disturbo bipolare in particolare è spesso una condizione morbosa associata con i disturbi da consumo di cocaina e altre sostanze. Questa condizione di comorbilità determina grave disabilità, morbilità e alto rischio di suicidio (NIDA – 2005b). La presenza contemporanea di disturbi psichici e di abuso di sostanze è un importante fattore di scarsa adesione ai trattamenti e ne condiziona l’esito. La scarsa adesione ai trattamenti può avere effetti negativi rendendo difficile la creazione di una alleanza terapeutica; crea sfiducia e scetticismo sia nei terapeuti che nei pazienti; induce resistenze; aggrava la sofferenza e la prognosi e aumenta i costi dell’assistenza sanitaria (Osterberg and Blaschke – 2005; Montoya – 2006). Disturbi psichici primitivi e disturbi psichici correlati alla cocaina: Linee di orientamento per la Diagnosi Differenziale: Criteri per la diagnosi Differenziale DISTURBI PSICHIATRICI PRIMARI

DISTURBI PSICHICI CORRELATI A SOSTANZE

1) I sintomi del disturbo psichico erano precedenti all’inizio dell’uso di sostanze 2) I sintomi del disturbo psichico persistono a lungo dopo l’interruzione dell’uso di sostanze (un mese) 3) I sintomi del disturbo psichico sono qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli attesi rispetto ai quadri correlati alla sosatnza 4) Anamnesi positiva per episodi precedenti del disturbo psichiatrico in assenza di consumo di sostanze 5) Familiarità per disturbi psichici.

1) Il disturbo psichico è insorto dopo l’inizio dell’assunzione di sostanze 2) Il disturbo psichico tende alla remissione quando è interrotto l’uso della sostanza o al termine del periodo di astinenza (eccettuati i disturbi organici persistenti) 3) Anamnesi negativa per episodi del disturbo precedenti all’inizio dell’uso di sostanze 4) Assenza di familiarità per disturbi psichici 5) Famigliarità per problematiche di abuso o dipendenza da sostanze.

Bibliografia 1. Agarwal Pinky, MD and Sen Souvik, MD – Cocaine – eMedicine.com, Inc. – Omaha - 2005 2. APA – American Psychiatric Association – DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statisticodei disturbi mentali – Edizione italiana – Masson – Milano – 2001 3. Delaney-Black V., Covington C., Templin T., Ager J., Nordstrom-Klee B., Martier S., Leddick L., Czerwinski Harvey R. and Sokol Robert J. – Teacher-Assessed Behavior of Children Prenatally Exposed to Cocaine – Pediatrics – Vol. 106. N. 4 – 2000 4. Gold Mark S. and Miller Norman S. – Cocaine (and crack): Neurobiology – in Lowinson J.H., Ruiz P., Millman R.B. – Substance abuse: a comprehensive textbok, p. 166 – Williams & Wilkins – 1997 5. Holstege Christopher P., MD; Holstege Lori, MD; Baer Alexander, MD – Cocaine –Related Psychiatric Disorders – eMedicine.com, Inc. – Omaha - 2005 6. Janson Paul A., MD ; Vaccaro Carla, MD ; Michals Camille – Cardiomyopathy, Cocaine – eMedicine.com, Inc. – Omaha – 2004. 7. Kalayasiri R., Kranzler H. R., Weiss R., Brady K., Gueorguieva R., Panhuysen C., Yang B. Z., Farrer L., Gelernter J., Malison R. T. – Risk factors for cocaine-induced paranoia in cocaine-dependent sibiling pairs – Drug Alcohol Depend. – 01/2006 215


COCAINA

8. Kaplan Harold I. & Sadock Benjamin J. – Psichiatria, manuale di scienze del comportamento e psichiatria clinica – Ottava edizione - Edizione Italiana a cura di A. Chiò – Centro Scientifico Internazionale – Torino 2001 9. Lowinson Joyce H., Ruiz Pedro, Millman Robert B., Langrod John G. – Substance Abuse. A Comprehensive Textbook. Third Edition – William & Wilkins – Baltimore – 1997 10. Merck (The) Manual of Diagnosis and Therapy, 17th Edition – John Wiley & Sons – 03/1999 11. Montoya Ivan D., MD – Tretment Comliance in Patients with Co-Occurring Mental Illness and Substance Abuse – Psychiatric Times – Vol. XXV – 01/2006 12. National Institute on Drug Abuse (NIDA). Cocaine, Abuse and Addiction - Research Report – U.S. 2004a 13. National Institute on Drug Abuse (NIDA) - NIDA Study Offers New Clues About Connection Between Cocaine Abuse, Thinking and Decision-Making – New Release – U.S. 2004b 14. National Institute on Drug Abuse (NIDA) - Crack and Cocaine – NIDA Info Facts – U.S. 2005a 15. National Institute on Drug Abuse (NIDA) – Valproate Efficacy in Cocaine – Bipolar Comorbidity – ClinicalTraials.gov – NCT00240110 – Study start: november 2005b 16. Ochoa Mangado E. – Cocaine and Psychiatric comorbidity - Actas españolas de psiquiatría – 28 – 2000 17. Osterberg L. and Blaschke T. – Adherence to medication – New England Medical Journal 353 - 2005 18. Pancheri Paolo– La Doppia Diagnosi - Scientific Press – Firenze 2002 p. 442 19. Potter Susan M., Zelazo Philip R., Stack Dale M. and Papageorgiou Apostolos N. – Adverse Effects of Fetal Cocaine Exposure on Neonatal Auditory Information Processing – Pediatrics – Vol. 105. N. 3 – 2000 – www.pediatrics.org 20. Scher Mark S., Richardson Gale A. and Day Nancy L. – Effect of Prenatal Cocaine/Crack and Other Drug Exposure on Electroencephalographic Sleep Studies at Birth and One Year – Pediatrics – Vol. 105. N. 1 – 2000 21. United Nations International Drug Control Programme and World Health Organization – Informal Expert Committee on the Craving Mechanism. Report. Technical Report Series – N. V. 92-54439T – 1992 22. Vogel Gretchen – Cocaine wreaks subtle damage on developing brains – Science - Vol. 278. N. 5335 – 1997. 23. Weekes Anthony J., MD and Lee Douglas S., MD – Substance abuse: cocaine – eMedicine.com, Inc. – Omaha - 2005 24. WHO - World Health Organization - ICD–10. Decima Revisione della Classificazione Internazionale delle Sindromi e dei Disturbi Psichici e Comportamentali. Descrizioni Cliniche e Direttive Diagnostiche – Edizione Italiana a cura di D. Kemali, M. Maj, F. Catapano, S. Lobrace, L, Magliano – Masson Italia – Milano – 1992

216


COCAINA

LA DIAGNOSI LABORATORISTICA: ASPETTI TECNICI

4.2

Teodora Macchia, Stefano Gentili Dipartimento del Farmaco- Istituto Superiore di Sanità

In campo sanitario, il ruolo del laboratorio nell’analisi delle sostanze d’abuso riveste una particolare importanza nell’ambito della diagnosi, della prognosi e del controllo del programma terapeutico. In particolare, risulta spesso essenziale il coinvolgimento di uno specialista, il tossicologo clinico, per la specifica competenza in questo settore analitico. Le indagini tossicologiche non sono tecnicamente e concettualmente raffrontabili alle indagini chimico-cliniche ampiamente utilizzate in ambito sanitario. Per la corretta refertazione ed interpretazione del risultato sono infatti, indispensabili conoscenze sulla farmacocinetica e sul metabolismo delle singole sostanze anche in funzione dei risvolti legali, oltre che sanitari, che tali indagini possono comportare. La diagnosi chimico-tossicologica dell’assunzione di sostanze è infatti, richiesta per molteplici problematiche ed il laboratorio riveste un ruolo e una responsabilità fondamentali che possono essere sostenute da professionisti con un’esperienza negli specifici accertamenti analitici. Esperienza circa la composizione quali-quantitativa degli stupefacenti immessi sul mercato della droga e circa la loro presenza nei campioni biologici di assuntori e dipendenti, presenza varia e imprevedibile. Questo aspetto è particolarmente delicato nel caso delle poliassunzioni dove più sostanze sono presenti contemporaneamente e ciascuna, probabilisticamente, a livelli di concentrazione al di sotto dei cut-off comunemente utilizzati nei metodi immunochimici di screening. Inoltre, l’ingresso nel consumo di nuove sostanze, prevalentemente di sintesi, ha una concreta possibilità che siano presenti sostanze e metaboliti per i quali le consuete procedure di accertamento risultano “cieche”, pertanto inefficaci. Questa eventualità è da considerare quando il laboratorio è coinvolto nella diagnosi (ad esempio in medicina d’urgenza), nel monitoraggio terapeutico, negli accertamenti a fini epidemiologici o nei controlli per finalità amministrative e legali. Nel seguito, le problematiche sopra accennnate verranno sviluppate in riferimento alla cocaina, oggetto del presente volume. Alcune note sono necessarie alla comprensione di quanto verrà nel seguito trattato. Cenni sul Metabolismo La cocaina è un estere della ecgonina ed è caratterizzata da una parte idrofila sita sull’atomo di azoto (N) in posizione 8 (azoto amminico terziario con caratteristiche basiche) ed una parte idrofoba localizzata sull’anello aromatico periferico. 217


COCAINA

L’anello aromatico è legato con un legame estereo al resto della molecola, all’anello piperidinico nella conformazione più stabile “a sedia”. La cocaina è un composto otticamente attivo; l’isomero levogiro è quello farmacologicamente attivo. La formula bruta è C17 H21 NO4; il peso molecolare = 303, 36. Una volta che la cocaina è stata assunta e assorbita dall’organismo, esterasi operano una prima idrolisi del gruppo metilico con produzione di benzoilecgonima (principale metabolita) e metanolo. Una seconda idrolisi trasforma la benzoilecgonina in ecgonina ed acido benzoico. Quest’ultimo viene poi trasformato in acido ippurico. Nel metabolismo della cocaina il fegato ha attività maggiore del rene, dell’encefalo e del muscolo nell’idrolizzare cocaina e benzoilecgonina. La Figura 1 schematizza i principali percorsi metabolici della cocaina nell’organismo. Fig. 1 Metabolismo della cocaina nell’uomo (da Bowman et al. 1999) [1]

La cocaina viene assorbita attraverso tutte le mucose e nel tratto gastrointestinale. Essendo un vasocostrittore, il suo assorbimento è in genere lento, ma può essere influenzato dall’assunzione combinata con altre sostanze (es. cannabis o alcol) e dalla via di assunzione che modula anche la distribuzione nei vari comparti. Metaboliti diversi vengono formati in condizioni particolari e sono rilevabili nei campioni biologici. È quanto avviene, ad esempio, per assunzione combinata di cocaina ed alcol. In questa condizione, che si verifica frequentemente nei consumatori, per transesterificazione della cocaina nel fegato in presenza di alcol, si forma un etil analogo della cocaina, la Cocaetilene (benzoilecgonina etil estere) con attività biologica sui neuroni dopaminergici simile alla cocaina. Un altro metabolita insolito si rileva nei campioni biologici a seguito del consumo di cocaina base, crack, per fumo. Si tratta della Metilecgonidina, agonista mu218


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

scarinico, e del suo metabolita (formato per esterasi) Ecgonidina. Questi due metaboliti sono considerati markers biologici per differenziare l’uso di cocaina per fumo rispetto alle altre vie di assunzione [2]. Elementi di base sulla farmacocinetica e sul metabolismo della cocaina sono essenziali per guidare la scelta della matrice biologica da utilizzare e la metodologia analitica più adatta in base alle finalità dell’accertamento ed all’utilizzo del dato di laboratorio. La trattazione di tutti gli aspetti tecnici che influiscono direttamente o indirettamente sulla diagnosi laboratoristica sarebbe molto ampia. Considerato l’obiettivo del presente volume, focalizzeremo quindi l’attenzione su aspetti tecnici di particolare rilevanza. Procedure e Tecniche Analitiche Occorre prima di tutto tener presente che, rispetto alle analisi chimico-cliniche convenzionali, la determinazione di sostanze stupefacenti necessita di diverso approccio valutativo e di modifiche alle pratiche di laboratorio nelle diverse fasi della procedura: dalla scelta della matrice al prelievo del campione, alla sua conservazione, al trattamento pre-analitico, alle garanzie della catena di custodia, all’esame analitico propriamente detto ed al cuti-off utilizzato, al monitoraggio di qualità esterno e interno, alla formulazione e valutazione del dato analitico. I risultati di laboratorio sono il prodotto di processi articolati e complessi in cui tutte le fasi richiedono di essere mantenute nella migliore efficienza e monitorate con rigore perché possano essere attendibili e quindi utili. Questi requisiti, pur antieconomici in termini di tempo e di denaro, sono non solo necessari, ma indispensabili in quanto gli accertamenti sulle sostanze d’abuso sono utilizzati per scopi non esclusivamente sanitari. Dato l’obiettivo del presente manuale, concentreremo l’attenzione all’ambito clinico.

Preparazione del campione L’analisi strumentale per la determinazione delle sostanze d’abuso in matrici biologiche è preceduta, nelle gran parte dei casi, da un insieme di operazioni finalizzate all’isolamento dello xenobiotico dalla matrice. Vengono di seguito riportate le principali tecniche estrattive finalizzate allo scopo. Estrazione in fase liquida Per quanto riguarda i liquidi biologici, nei quali le principali sostanze di abuso si presentano in elevata percentuale in forma coniugata, è importante tenere presente la necessità di un’eventuale preventiva idrolisi (acida o alcalina, ad esempio con acido cloridrico o sodio idrossido a 50 °C per 30 min; enzimatica, ad esempio con glucuronidasi/solfatasi a pH 5 e 37 °C per 24 ore) per liberare la sostanza dal suo legame con l’acido glucuronico o con l’acido solforico che la rende idrosolubile e quindi non estraibile con solventi organici. La Figura 2 riporta il procedimento orientativo di un’estrazione liquido/liquido che comprende un elenco esemplificativo di sostanze estratte, con l’indicazione media della loro resa di estrazione. Esistono rapporti volumetrici ottimali tra soluzione da estrarre e solvente estraente, da valutare volta per volta: generalmente essi sono nel rapporto di 1:1. È buona regola effettuare l’estrazione due o più volte con volumi inferiori di solvente. Allo stesso procedimento sarà sottoposta una soluzione dello standard della sostanza da dosare, in quanto, per un dosaggio accurato, è neces219


COCAINA

Figura 2. Linee orientative per un’estrazione liquido / liquido

*La Benzoilecgonina per il suo carattere anfotero si estrae con difficoltà in queste condizioni. La sua estrazione è più efficace con sistemi solido/liquido.

sario trattare lo standard con lo stesso procedimento utilizzato per il campione. I componenti della frazione acida possono essere ulteriormente separati tra loro, sulla base delle caratteristiche di acidità, operando estrazioni successive a diversi pH (ad esempio pH 8-9 e pH 13-14). Per i liquidi biologici, soprattutto quando i campioni vengono processati in GLC, può essere necessaria una purificazione più accurata ripetendo il ciclo di estrazioni. Estrazione in fase solida Mediante l’uso di colonnine cromatografiche, si vanno sempre più affermando metodi di estrazione solido/liquido soprattutto per i liquidi biologici, cui ci si riferisce negli esempi che seguono. Questi metodi sono certamente più vantaggiosi dell’estrazione liquido/liquido, perché permettono, in un solo passaggio, la purificazione del campione senza la necessità di estrazioni a diversi pH, impiegando minori quantità di campione e di solventi. Si evita, inoltre, la formazione di schiume, che si formano facilmente nel trattamento di campioni biologici per le elevate quantità di proteine presenti e che, comunque, comportano un abbassamento della resa di estrazione, dell’accuratezza e della riproducibilità del dosaggio. Sono disponibili diversi tipi di colonnine: per ognuno di essi è necessario mettere a punto le singole fasi del procedimento, per ottimizzare la resa dell’estrazione. Nella Tabella 1 si riportano, come esempio, una serie di indicazioni per l’estrazione della cocaina e metaboliti. 220


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

Tabella 1. Schema orientativo per l’estrazione solido/liquido di cocaina e metaboliti. Sostanze: cocaina, norcocaina, benzoilnorecgonina Sostanza: benzoilecgonina Campione: siero, urina (acidificata con acido acetico 1% Colonnina: scambio cationico forte, condizionata con cloroformio/metanolo (50:50), metanolo ac. Acetico 1%

Campione: urina (alcalinizzata a pH 9,5) Colonnina: fase inversa (C18) condizionata con metanolo, acqua

Lavaggio: acido acetico 1%, acqua, metanolo Eluizione: metanolo/tampone pH 10 (50:50) Recupero: 99-100%

Lavaggio: acqua, metanolo Eluizione: cloroformio/metanolo (50:50) Recupero: 80-90%

L’estrazione in fase solida (SPE) è una tecnica di preparazione del campione largamente diffusa e utilizza dispositivi monouso contenenti sostanze assorbenti con particelle impaccate di varia porosità. Sono oggi disponibili numerosi materiali con diverse caratteristiche, ad es., di specificità, selettività, immunoaffinità. Gli analiti sono trasferiti sulla fase solida dove sono ritenuti e, successivamente, recuperati per eluizione attraverso un liquido, un fluido o desorbimento termico nella fase gassosa. Le sostanze nel campione biologico possono essere così isolate, concentrate, purificate (per semplificazione della matrice), e trasferite dalla complessa matrice biologica ad un diverso solvente o alla fase gassosa. I vantaggi di questa procedura sono tanti (basso costo, processare il campione richiede poco tempo, bassi volumi di solventi, procedure semplici, possibilità di automazione); ci sono però anche dei limiti. Tra questi, la non ottimale riproducibilità, i meccanismi di ritenzione possono influire sul recupero, limitata capacità di volume del campione. La selezione dei dispositivi riveste un aspetto importante nell’utilizzo della tecnica [3]. La microestrazione in fase solida (SPME), è una tecnica estrattiva tra le più recenti, che offre diversi vantaggi come semplicità e rapidità operativa. Questa metodica impiega un ago in silice fusa rivestito con un film di fase stazionaria di varia natura (fibra) che scorre all’interno di un ago di acciaio montato su un’apposita siringa. La SPME può essere eseguita per immersione della fibra direttamente nella soluzione acquosa o, in caso di sostanze volatili o semivolatili, esponendo la fibra nello spazio di testa. Le sostanze saranno quindi adsorbite in funzione della loro affinità per la fase stazionaria della fibra fino al raggiungimento dell’equilibrio con la matrice del campione. Il desorbimento termico degli analiti avviene esponendo la fibra direttamente nell’iniettore del gas cromatografo. La Figura 3 riporta il principo della SPME utilizzata in spazio di testa (HS) in un’applicazione su campione di sangue. La tecnica HS-SPME è più semplice e rapida rispetto ai metodi di estrazione convenzionali liquido-liquido (LLE) e solido-liquido (SPE). Il cromatogramma risulta molto più pulito ed il metodo analitico più sensibile per l’elevata capacità di adsorbimento delle sostanze in fase gassosa. La tecnica HS-SPME, in gascromatografia accoppiata alla spettrometria di massa (GC-MS) è stata, ed è sempre più spesso impiegata per la determinazione di molte molecole in diversi settori di applicazione; questa tecnica è stata applicata anche a sostanze utilizzate in ambito ricreazionale, compresa la cocaina. Una interessante e rapida applicazione sui capelli, (utilizzabile anche su plasma, urine, saliva e sudore) è stata messa a punto per finalità anche di screening presso il Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità [5]. Data la possibilità di utilizzare questo metodo semplice e rapido su diverse matrici biologiche, e per la possibilità di 221


COCAINA

Figura 3: Schema di microestrazione in fase solida (SPME) in spazio di testa (HS). (da N. Nagasawa et al. 1996) [4].

utilizzo in ambito di screening colmando le attuali lacune dei metodi immunochimici, si ritiene utile riportarne le condizioni operative ed i parametri analitici-strumentali. Preparazione del campione [Capelli]

Lavare i capelli per 5 minuti con acqua deionizzata e successivamente per 5 minuti con acetone in bagno ad ultrasuoni. Asciugare sotto flusso di azoto a temperatura ambiente e tagliare in segmenti di 3 millimetri circa.

[Urina]

Non è necessario pre-trattamento del campione.

[Saliva, siero, plasma] Porre il 200 µl del campione in una provetta conica Falcon da 15 ml, aggiungere 5 µl di Standard Interno (MDPA 5 µg/ml), 10 µl di acido tricloroacetico al 40%. Centrifugare per 5 minuti a 2600 rpm, raccogliere il sopranatante. [Sudore]

Rimuovere cartoncino assorbente da dispositivo campionamento o cerotto di raccolta.

Procedura analitica [Capelli]

222

Porre 10 mg di capelli lavati, 5 µl di Standard Interno (MDPA 5 µg/ml) in una provetta di vetro a chiusura meccanica per spazio di testa da 20 ml contenente 200 µl di HCL 1M, chiudere ermeticamente e riscaldare per 60 minuti a 60ºC in termostato. Dopo raffreddamento,


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

separare l’estratto e trasferirlo in una provetta in vetro a chiusura meccanica da 2 ml contenente 80 mg di carbonato di potassio (K2CO3). Chiudere ermeticamente la provetta ed esporre la fibra per l’adsorbimento a 90ºC per 5 minuti in blocco riscaldante. Introdurre la siringa nell’iniettore ed esporre la fibra per 5 minuti. [Urina]

Porre 200 µl di campione, 5 µl di Standard Interno (MDPA 5 µg/ml) in una provetta di vetro a chiusura meccanica da 2 ml contenente 80 mg di carbonato di potassio (K2CO3). Chiudere ermeticamente la provetta ed esporre la fibra per l’adsorbimento a 90ºC per 5 minuti in blocco riscaldante. Introdurre la siringa nell’iniettore ed esporre la fibra per 5 minuti.

[Saliva, siero, plasma] Porre il sopranatante raccolto in una provetta di vetro a chiusura meccanica da 2 ml contenente 80 mg di carbonato di potassio (K2CO3). Chiudere la provetta ed esporre la fibra per l’adsorbimento a 90ºC per 5 minuti in blocco riscaldante. Chiudere ermeticamente la provetta ed esporre la fibra per l’adsorbimento a 90ºC per 5 minuti in blocco riscaldante. Introdurre la siringa nell’iniettore ed esporre la fibra per 5 minuti. [Sudore]

Porre il cartoncino assorbente in una provetta di vetro a chiusura meccanica da 2 ml contenente 80 mg di carbonato di potassio (K2CO3), 5 µl di Standard Interno (MDPA 5 µg/ml). Chiudere ermeticamente la provetta ed esporre la fibra per l’adsorbimento a 90ºC per 5 minuti in blocco riscaldante. Introdurre la siringa nell’iniettore ed esporre la fibra per 5 minuti.

Parametri strumentali Gas Cromatografo 6890 Plus, Mass Selective Detector 5973N (Agilent Technologies – Milano, Italia); colonna (5% PH ME Siloxane, film thickness 0,33 µm): lunghezza 12.5 m, ID 0.20 mm). SPME Fiber Assembly 23 GA, 100 µm PDMS 57342-U Temperatura della colonna 60°C (2 minuti isoterma) fino a 250°C (incremento 20°C/min) e 5 minuti isoterma finale Temperatura della porta d’iniezione 250° C Temperatura della sorgente ionica 230°C Temperatura della linea di trasferimento 280°C Flusso gas (elio) 1 ml/min Desorbimento della fibra 250°C per 5 minuti nell’iniettore

223


COCAINA

Sostanze rilevate con questa procedura HS-SPME in GC/MS Sostanze Tempi di ritenzione MA 5.60 MDMA 8.08 MDE 8.36 MBDB 8.62 MDPA (I.S.) 8.88 Ketamine 10.01 Metadone 11.39 Cocaina 11.73 * Ione usato per la quantificazione

Ioni *58, 91, 77 *58, 77, 135 *72, 135,44 *72, 135,44 *86, 44, 135 *180, 182, 209 *72, 294, 91 *182, 82, 303

Tecniche analitiche e strumentali Metodi di screening e metodi di conferma Generalmente le analisi nei liquidi biologici comportano un primo stadio, cosiddetto di screening, e un’eventuale seconda analisi, specialmente nei casi di risultato positivo, di conferma con un metodo di secondo livello, comunque diverso, in genere basato sulla cromatografia preferibilmente accoppiata alla spettrometria di massa. Usualmente per lo screening vengono utilizzate metodiche immunochimiche, in quanto dotate di caratteristiche quali elevata sensibilità, velocità di analisi, non necessità di pretrattamento del campione, possibilità di automazione. Ovviamente, se da una parte le elevate sensibilità escludono o riducono fortemente l’eventualità di falsi negativi, dall’altra l’evenienza di falsi positivi è molto verosimile, soprattutto per il principio su cui si basano questi metodi, cioè una reazione antigene-anticorpo che presenta spesso una specificità di gruppo. A causa, quindi, di queste possibili cross-reazioni, i risultati positivi necessitano di una conferma, mediante metodi diversi, altamente specifici, con limiti di rilevabilità generalmente inferiori al valore del cutoff utilizzato nello screening: tali caratteristiche sono proprie dei metodi cromatografici. Le schede tecniche relative ai metodi immunochimici e cromatografici più utilizzati nell’analisi delle sostanze d’abuso in matrici biologiche sono riportate in appendice. La Tabella 2 schematizza le condizioni sperimentali delle tecniche cromatografiche di base per l’analisi della cocaina e dei suoi metaboliti. Gli Rf e i tempi di ritenzione riportati si devono ritenere puramente indicativi, in quanto la loro riproducibilità è fortemente influenzata dalle condizioni operative e contingenti. In alcuni casi vengono indicati il fattore di capacità K’ o l’indice di ritenzione: entrambi, per le modalità con le quali sono calcolati, rendono più comparabili tra di loro i dati provenienti da diversi laboratori. Per quanto riguarda gli standard interni utilizzabili in HPLC e GC, l’operatore è libero di scegliere le sostanze più idonee sulla base delle indicazioni degli Organismi internazionali, della letteratura scientifica, dell’esperienza personale e della disponibilità. Utili indicazioni e soluzioni tecnico-analitiche per la determinazione della cocaina e metaboliti in diverse matrici biologiche con le più moderne tecniche cromatografiche sono contenute in numerosi lavori. La tabella 3 riporta quelli più significativi per le procedure di trattamento del campione, le condizioni analitiche, le performance, le matrici biologiche adoperate. In alcuni dei lavori citati sono stati operati confronti con metodi immunochimici di screening. 224


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

Tabella 2. Condizioni analitiche e strumentali per l’analisi di cocaina e suoi metaboliti in cromatografia di base.

(*) In soluzione alcalina presenta un unico massimo a 285 nm (E1% = 930)

225


COCAINA

In letteratura sono stati proposti altri metodi meno usuali per la determinazione di cocaina e metaboliti, soprattutto nella saliva: la voltammetria [18], e la fosforimetria [19]. Tabella 3. Tecniche, matrici biologiche e sensibilità analitica di metodi cromatografici per la determinazione di cocaina e suoi metaboliti.

Tecnica

Matrice

Sensibilità

Analita

Bibliografia

HPLC-DAD

urine

µg/mL

0.08 0.15

cocaina benzoilecgonina

M.R.Brunetto e al., 2005 [6]

HPLC-UV

siero urine

µg/mL

0.5 1.0

benzoilecgonina benzoilecgonina

M.W. Linder e al., 2000 [7]

LC-MS-MS

capelli

LOQ pg/mg

R.Kronstrand e al., 2004 [8]

10

cocaina

16

benzoilecgonina

GC-MS HS-SPME saliva

LOQ ng/mL

5

cocaina

M.Yonamine e al, 2003 [9]

GC-MS

saliva

LOQ µg/L

2.5 2.5

cocaina benzoilecgonina

E.Kolbrich e al., 2003 [10]

GC-MS

siero saliva

LOD µg/L

8 20

cocaina, benzoilecgonina cocaina, benzoilecgonina

S.W.Toennes e al., 2005 [11]

GC-MS

urine

LOD ng/mL

1

R.De La Torre e al., 1995 [12]

2

benz.ecgonina, ecgonina metil estere, norcocaina cocaina, cocaetilene

LOD ng/mL

10

metilecgonidina, ecgonidina K.B. Scheidweiler e al., 2003 [13]

GC-MS HS-SPME capelli

LOQ ng/mg

1

cocaina

S.Gentili e al., 2004 [5]

GC-MS SPME

capelli

LOD ng/mg

0.1 0.5

cocaina, cocaetilene benzoilecgonina

F.Crossi Pereira deToledo e al., 2003 [14]

GC-MS SPME

capelli

LLOQ ng/mg

0.4

cocaina, cocaetilene

A.M.Bermejo e al., 2006 [15]

GC-PICI-MS

sudore

LLOQ ng/cerotto 4

cocaina, benzoilecgonina,

D.E. Moody e al., 2004 [16]

o ng/mL estr.

ecgonina metil estere

GC-MS

LC-MS

sangue

meconio LOQ µg/g

1.6

0.0045 p-idrossi benzoilecgonina*

S.Pichini e al., 2005 [17]

0.0013 m-idrossi benzoilecgonina* * Si formano nel metabolismo fetale della cocaina e sono per questo considerate indicatori dell’esposizione intrauterina alla sostanza. LOD (Limit of Detection) = Limite di rilevabilità; LOQ (Limit of Quantification) = Limite di quantificazione.

Matrici biologiche e interpretazione del risultato analitico Per una corretta interpretazione, non basta la pur necessaria “lettura” del risultato sulla base della precisione e accuratezza del metodo e dell’esperienza dell’analista. Per l’analisi di liquidi 226


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

biologici la situazione è leggermente più complessa. Infatti, prescindendo dalle condizioni individuali, molti sono i fattori che influenzano il risultato. Tra questi: la quantità e lo schema metabolico della sostanza assunta; la frequenza dell’uso; il tempo intercorso tra il prelievo e l’ultima assunzione; la sensibilità della metodica e la scelta del cutoff; il tipo di matrice biologica esaminata, la concomitante assunzione di più sostanze, la presenza di sostanze o condizioni interferenti. Un risultato positivo implica solamente che il soggetto ha assunto la sostanza, ma non fornisce altre informazioni sulla dose, sul momento di assunzione, sulle modalità di uso o abuso. Ci si trova perciò di fronte a questo tipo di quesiti: – il soggetto assume la sostanza in seguito a prescrizione medica? – il soggetto assume la sostanza cronicamente o solo saltuariamente? – il soggetto è dipendente da tale sostanza? – la metodica è sufficientemente sensibile e/o il cut-off è stato scelto oculatamente? – il soggetto non ha mai assunto la sostanza? – il soggetto assume la sostanza saltuariamente, ma non l’ha assunta recentemente? – il soggetto, in previsione dell’analisi, ha diluito, adulterato o scambiato le urine? Questo punto è importante perché implica una serie di considerazioni sulle modalità e condizioni di prelievo del campione e sulla definizione di parametri obiettivi, quali temperatura, pH peso specifico, che possano escludere una sofisticazione o sostituzione delle urine. Esistono diverse sostanze che, aggiunte al campione, possono renderlo negativo, soprattutto a un’analisi con metodi immunochimici: cloruro, bicarbonato, ipoclorito di sodio, succo di limone, detergenti liquidi, acqua ossigenata. Per la facilità con cui tali “manomissioni” possono essere opeTabella 4. Esito ed interpretazioni del risultato di un test in campioni biologici Esito del test

Significato chimico

Significato clinico

Positivo

Il composto è presente nel liquido biologico

Il composto è stato assunto, ma non se ne conoscono le modalità

Negativo

Il composto non è presente

Il composto non è stato assunto: - mai - in dose e/o con frequenza - sufficiente - in un periodo di tempo - sufficiente prima del prelievo

Falso positivo

Il risultato è positivo per:

Il risultato positivo è

Risultato positivo in un liquido biologico che non

- cut off troppo basso - errore nella procedura analitica

attribuibile: - fisiologicamente a sostanze

contiene la sostanza

normalmente presenti nello organismo - farmacologicamente alla presenza di un’altra sostanza più o meno analoga

Falso negativo Risultato negativo in un liquido biologico che

Il risultato è negativo per: - cut off troppo alto - sensibilità non sufficiente

Il risultato è negativo per: - diluizione delle urine per forte ingestione di liquidi

contiene la sostanza

- errore nella procedura analitica

- sofisticazione delle urine

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COCAINA

rate, non è superfluo sottolineare la necessità di un’adeguata catena di custodia che inizi già dal momento del prelievo. Nella Tabella 4 vengono schematicamente riportate alcune possibili interpretazioni del risultato di una’analisi in liquidi biologici dal punto di vista chimico o da quello clinico. È noto che alcune sostanze e farmaci possono interferire con i test immunochimici dando un esito falsamente positivo per la sostanza ricercata. I metodi cromatografici metterebbero al riparo da questi inconvenienti. Diversa è la questione se la sostanza, nello specifico la cocaina, viene utilizzata non a scopo di abuso, ma somministrata per finalità diagnostiche. È il caso del “test alla cocaina” per la diagnosi della sindrome di Horner. Una soluzione di cocaina al 4-10% viene utilizzata per uso topico oftalmico. Con gli usuali cutoff SAMHSA per lo screening e la conferma, nel paziente la sostanza, il metabolita, è rilevata nelle urine sino a 2 giorni dopo la somministrazione [20], risultando (criticamente per le possibili conseguenze) in una positività che nulla ha a che fare con l’uso voluttuario. Le analisi tossicologiche si avvalgono di diverse matrici biologiche che da sole, o in abbinamento tra loro, consentono di esprimere una diagnostica appropriata alle diverse finalità per le quali è richiesta. Va subito precisato che il sangue (considerato un “tessuto” più che un fluido) rappresenta ancora oggi la matrice di elezione per rilevare l’attualità d’uso. Questo aspetto è fondamentale soprattutto negli accertamenti per intossicazione acuta e per la valutazione dell’impairement del soggetto. Ciascuna matrice biologica presenta vantaggi e limiti, la sua idoneità risponde a criteri di finalizzazione dell’indagine, alle caratteristiche di farmacocinetica delle sostanze, alle metodologie analitiche da adoperare, alla praticabilità del prelievo nel contesto operativo del momento. Nella Tabella 5 vengono sintetizzate peculiarità e limiti delle matrici biologiche più utilizzate al difuori del sangue. Tabella 5. Caratteristiche delle principali matrici biologiche utilizzate oltre al sangue.

228


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

Urina La possibilità di ottenere più facilmente un campione di urina, in consistente quantità, rende questa matrice ampiamente utilizzata nello screening per ogni finalità. In ambito clinico, la analisi tossicologica in urine riguarda l’identificazione della sostanza, prevalentemente dei metaboliti, più che la quantificazione la quale risente di notevole variabilità inter- ed intra-individuale. A livello di screening, infatti, il valore quantitativo di per sé non è significativo al fine di determinare l’epoca di assunzione, la dose assunta, il grado di dipendenza e di performance del soggetto, l’intensità della cura necessaria, il rispetto del contratto terapeutico durante il trattamento. L’interpretazione di un test urinario deve tener conto di vari fattori, non ultimi i tempi di rilevabilità della sostanza e dei suoi metaboliti. I metaboliti della cocaina vengono eliminati con diversa rapidità nelle urine, ma sono tutti generalmente escreti entro due giorni dall’ultima assunzione. Dopo tale periodo, non si rilevano tracce urinarie. La finestra di rilevabilità varia anche in funzione della via di assunzione della cocaina, dall’abitudine assuntiva (la quantità di metaboliti escreti aumenta anche del 50% nella condizione di assunzione cronica), dalle caratteristiche dei metodi utilizzati per lo screening e la conferma (in particolare dei loro cutoff), dall’associazione con altre sostanze, dalle caratteristiche del campione esaminato (la quota escreta di sostanza e metaboliti è pH dipendente, ad eccezione della benzoilecgonina che è una molecola anfotera). Una dose di 20 mg di cocaina per via endovenosa può essere rilevata al massimo fino ad 1,5 giorni. Dosi di strada, assunte per altra via, sono rilevabili sino ad 1 settimana; dosi molto elevate sino a 3 settimane [21]. La concentrazione di cocaina e metaboliti varia in termini quantitativi, e talvolta qualitativi, a seconda della via di assunzione per differenze nell’assorbimento, nel metabolismo e nell’escrezione. Tali differenze si possono riflettere nei risultati dell’analisi urinaria. Dopo la somministrazione di singole dosi bioequivalenti di cocaina per via endovenosa, intranasale e per fumo, la cocaina si presenta con il suo picco nel primo campione raccolto entro 1 ora e scompare (al di sotto del limite di rilevazione pari a 1 ng/mL) entro 24 ore. La benzoilecgonina risulta il metabolita a più elevata concentrazione e rappresenta il 39%, 30% e 16% della dose assunta rispettivamente con le tre diverse modalità per le quali la somma di ecgonina metil estere e di 6 metaboliti minori corrisponde, rispettivamente, al 18%, 15% ed 8%. La anidroecgonina metil estere è presente in tracce, 0.02%, nelle urine a seguito di assunzione per fumo [22]. Le analisi sono state effettuate con un metodo immunochimico su TDx ed un metodo gas cromatografico accoppiato alla spettrometria di massa con un LOD (limite di rilevazione) pari a 1ng/mL. Sono state inoltre rilevate Norcocaina (attiva nella epatotossicità cocaina-mediata) e Cocaetilene formata per metabolismo epatico a seguito di assunzione combinata cocaina-alcol. Questa combinazione produce un incremento della concentrazione di cocaina nel sangue e nel cervello, inibisce la produzione di benzoilecgonina ed ecgonina metil estere, si associa ad un significativo incremento della concentrazione di Norcocaina. L’interazione con etanolo incrementa quindi l’attività e la tossicità della cocaina [23]. Queste osservazioni sottolineano ancora una volta come il dato quantitativo urinario sia influenzato da un insieme di variabili, oltre che dalla dose assunta, e come sia opportuno abbinare alla determinazione urinaria della cocaina un’analisi alcolemica. Anche l’abitudine assuntiva può influenzare il dato di laboratorio. Pochi studi riportano dati di laboratorio in urine di assuntori pesanti. Sono quindi particolarmente interessanti i risultati ottenuti in uno studio su assuntori cronici in un periodo mirato di sospensione della cocaina 229


COCAINA

[24]. Le indicazioni emerse sono utili per interpretare correttamente il risultato analitico. Con il metodo semi-quantitativo FPIA, cutoff in equivalenti di benzoilecgonina < 300 ng/mL, dopo 24, 48 e 72 ore la benzoilecgonina si riduceva, rispettivamente, al 33%, 8% e 4%. Il primo campione negativo si otteneva, in media, dopo 43.6 + 17.1 ore. Nel 70% dei casi le urine erano positive almeno una volta dopo essere risultate negative e la positività era rilevabile in media per 4,5 giorni, cioè ben oltre le 48 ore dell’attesa finestra di rilevazione [25]. Il tempo di rilevabilità è ulteriormente allungato se si normalizza per la creatinina (cutoff di 300 ng di equivalenti benzoilecgonina/mg di creatinina); in media si passa da 81 ore (34-162) ad 88.4 ore (35.6-235). Questo accorgimento può sopperire ad alcuni limiti dello screening urinario. Infatti, la diagnosi d’uso di cocaina basata su analisi delle urine può perdere molti casi per la breve emivita di eliminazione delle sostanze e per la velocità con cui risultano sotto soglia. A tale riguardo, per estendere il tempo medio di rilevabilità, è stato proposto il sistema di abbassare le concentrazioni di cutoff, cosa però che non sempre è corretta ed opportuna soprattutto per risvolti amministrativi e legali dell’accertamento. Nel caso in cui l’accertamento nelle urine tenda a verificare l’abitudine assuntiva del paziente, più che lo stato attuale di intossicazione, è utile ricorrere all’utilizzo della matrice cheratinica, anche con metodo immunochimico. L’analisi del capello per la cocaina è altamente sensibile e specifico nell’identificarne l’uso pregresso; risulta utile in una situazione di sospetto (es. ricovero per problemi cardiocircolatori) ma di risultato urinario negativo, o per confermare un self-report d’uso[26]. I risultati falsi negativi Un aspetto tecnico importante della diagnostica di laboratorio è rappresentato dall’individuazione e gestione dei falsi negativi. La delicatezza della questione è facilmente intuibile se consideriamo lo sviluppo del drug testing in urine per finalità sempre più ampie (doping compreso) ed il parallelo fiorire di un mercato di adulteranti, prodotti di sostituzione e paraphernalia per “alterare” il campione urinario, indirettamente “sabotare” la fase analitica e produrre un risulFigura 4

230


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

Tabella 6. Secondo le indicazioni SAMHSA, un campione di urina è da considerare: - diluito se

- sostituito se

- adulterato se

creatinina

< 20 mg/dL

peso specifico

< 1.003

creatinina

< 5 mg/dL

peso specifico

< 1.001 o > 1.020

pH

< 3 o > 11

conc. Nitriti

> 500 µg/mL

tato negativo il quale, tranne rare eccezioni, esclude la possibilità che il campione sia riesaminato. Si comprende, di conseguenza, come l’individuazione in fase preanalitica di campioni alterati o contraffatti rappresenti un aspetto essenziale per l’attendibilità/utilità della diagnosi di laboratorio. A tale scopo, ci sono pratiche dettate dal buon senso (come la concentrazione per evaporazione naturale dei campioni sospetti), suggerite da linee guida (come la determinazione della creatinina urinaria), promosse da associazioni scientifiche e organismi internazionali [27, 28]. Nella Tabella 6 sono indicate le più diffuse modalità di contraffazione del campione, le possibili verifiche da effettuare per la sua individuazione ed i livelli decisionali di alcuni parametri secondo le indicazioni SAMHSA. La Figura 4 riporta le principali condizioni che alterano il campione urinario e le più diffuse verifiche per individuare un campione non idoneo. L’adulterazione delle urine può essere ottenuta anche con l’aggiunta di sostanze biologicamente attive come le proteasi. Si tratta di enzimi che agiscono su amminoacidi o gruppi funzionali o su proprietà fisiche. Un esempio è la papaina, ottenuta dal lattice della papaia, che può idrolizzare esteri e ammidi. Il suo potenziale d’uso, come adulterante, è elevato in funzione della sua stabilità anche a temperatura ambiente, perché non produce anomalie nell’aspetto del campione, è poco costosa, di facile reperibilità. Tuttavia, uno studio accurato [29], rileva che la papaina ha forti effetti distorcenti su THC e benzodiazepine, ma non sulla cocaina. In letteratura vengono suggerite diverse strategie di approccio al problema dei falsi negativi. Ad esempio, l’abbassamento dei cutoff di screening e di conferma. Verso questa soluzione è orientato il DHHS (Department of Human and Health Services) che, implementando le regole indicate nelle “Mandatory Guidelines for Federal Register Workplace Drug Testing Program”, nel Draft 4 di revisione delle linee guida, reso noto nel settembre 2001, propone di abbassare da 300 a 150 ng/mL (cocaina metabolita) il cutoff dello screening ed a 100 ng/mL (benzoilecgonina) quello per la conferma della cocaina nelle urine. Infine, l’aplicazione dell’approccio sviluppato da E.J.Cone [30], basato sui rapporti tra risposte all’analisi immunologica con campioni drug-free, è risultato efficace nell’individuare campioni falsi negativi e aumentare di circa il 50% la positività del metabolita della cocaina nelle urine. Questo approccio è risultato soddisfacente per distinguere falsi negativi da negativi veri ed incrementare la rilevazione di campioni positivi. L’applicabilità dell’approccio attraverso l’abbassamento dei livelli dei cutoff è stata studiata valutando la performance analitica e l’accuratezza di tre sistemi immunoenzimatici (EMIT, EIA, FPIA) nelle nuove condizioni [31]. L’importanza di questa valutazione è facilmente comprensi231


COCAINA

bile poiché in alcune popolazioni di pazienti concentrazioni “clinicamente significative” di sostanze nelle urine possono non essere rilevate con i cutoff SAMHSA in uso corrente. Le precisioni dei tre sistemi commerciali valutati nello studio risultavano adeguate a rilevare le sostanze sotto i cutoff SAMHSA. Importante sottolineare che l’applicazione di questo criterio consentirebbe un uso più efficiente delle risorse per i tests di conferma ed una migliore rilevazione dell’uso di sostanze. La stabilità Un’altra questione importante riguarda la stabilità della cocaina e metaboliti nei campioni biologici dopo il prelievo. La conoscenza di questa caratteristica risulta critica per un’appropriata interpretazione dei risultati analitici ed è indispensabile per la validazione delle tecniche analitiche in matrice biologica [32]. Ciò è tanto più vero se si considera che i campioni non sempre vengono analizzati subito dopo il prelievo. Per quanto riguarda la cocaina e i suoi metaboliti, diversi lavori riportano dati sulla stabilità durante la conservazione dei campioni. Sono anche state proposte procedure per verificare omogeneità e stabilità di alcuni analiti tenendo soprattutto in considerazione le esigenze dei controlli antidoping [33]. È opportuno considerare le caratteristiche di stabilità delle molecole anche in fase di estrazione del campione. Ad es. nel trattamento del campione di capelli, la cocaina viene idrolizzata chimicamente nell’ambiente basico prevalentemente utilizzato nella miscela di estrazione e facendo rilevare ecgonina metil estere. In capelli di assuntori, il rapporto della cocaina con la benzoilecgonina è risultato intorno a 3,5 e con la ecgonina metil estere di 1:50. Per preservare la cocaina, ma anche altre sostanze, nella miscela di estrazione da processare in ELISA o GC-MS, viene suggerita un’estrazione con aggiunta di metanolo-acido tricloroacetico (TCA) (9:1) (2 ml) [34]. È interessante sottolineare come a fronte della sua “delicatezza” nell’analisi del capello la cocaina risulta, in vitro, essere la sostanza con maggiore affinità per la melanina rispetto alle 20 sostanze d’abuso più diffuse [35]. Uno studio sulla stabilità in vitro di cocaina, benzoilecgonina, ecgonina metil estere o ecgonina in sangue fresco intero e plasma (0.25% di potassio fluoruro) fornisce utili indicazioni [36]. Le concentrazioni decrescono sensibilmente con l’aumentare del tempo di conservazione e della temperatura; la ecgonina è la sola stabile a temperatura ambiente, l’idrolisi della cocaina in ecgonina metil estere si verifica molto più rapidamente nel plasma che nel sangue intero. In ogni caso, la presenza di prodotti di idrolisi della cocaina nel campione di sangue o plasma fornisce un’evidenza oggettiva di assunzione di cocaina . La determinazione della ecgonina sembra utile anche in caso di campioni non idoneamente conservati in quanto è il solo metabolita stabile anche a temperatura ambiente. La degradazione enzimatica della cocaina nei campioni di sangue inizia quasi al momento del prelievo. Di conseguenza anche il trasporto e le condizioni di conservazione risultano cruciali per l’analisi tossicologica. Per ovviare, o limitare, questo “inconveniente” è consigliato l’uso per il prelievo di Vacutainer commerciali (tappo grigio) che contengono come anticoagulante ossalato di potassio e fluoruro di potassio come inibitore della colinesterasi plasmatica. In questo modo si può inibire il catabolismo della cocaina per un limitato periodo di tempo [37]. Per quanto riguarda le urine, le condizioni di conservazione considerate ottimali per cocaina e metaboliti sono -15°C a pH 5.0, ottenuto preferibilmente con acido ascorbico. In queste condizioni, meglio se al buio ed in provette non silanizzate, si previene la degradazione dei nostri analiti per almeno 110 giorni [38]. 232


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

Sangue Una diagnosi di laboratorio completa si dovrebbe avvalere dei risultati relativi a un campione di sangue. Molti problemi clinici e forensi, nonché attinenti alla sicurezza stradale, richiedono la determinazione quantitativa delle sostanze nel sangue spesso da affiancare ai risultati ottenuti nelle urine. In ambito clinico, la matrice ematica viene utilizzata soprattutto per risolvere problemi legati ad intossicazioni acute e in medicina d’urgenza. Prevalentemente vengono utilizzati plasma e siero, ma lo sviluppo di nuove procedure di preparazione e analisi del campione consentono l’uso di sangue intero anche in analisi di primo livello, cioè di screening. La matrice ematica (il sangue è frequentemente definito “tessuto” biologico) è abbastanza omogenea dato che i suoi parametri fisiologici hanno margini ristretti di variazione; riflette un uso attuale perché la cocaina, come le altre sostanze, è rilevabile a breve distanza dall’assunzione (da pochi minuti o comunque entro un’ora a seconda della via di assunzione), consente di rilevare la sostanza madre prima che venga metabolizzata. Limitazioni all’uso di questa matrice sono rappresentate soprattutto dall’invasività del prelievo, dalla necessità che esso venga effettuato da personale specializzato, dalla delicatezza della sua manipolazione (dal trattamento preanalitico agli aspetti infettivologici) e conservazione, dalla instabilità di molti analiti. Inoltre, le concentrazioni delle sostanze sono anche 100 volte inferiori a quelle urinarie e questo richiede opportune scelte analitiche. Altro limite è l’instabilità di molti analiti, in particolare della cocaina. Per ovviare, o limitare, questo “inconveniente” sono state testate alcune soluzioni e proposti accorgimenti riportati nel precedente paragrafo sulla stabilità. L’efficacia di queste precauzioni è ancor più evidente quando gli stessi prelievi di sangue vengono effettuati sia in Vacutainer senza additivi che in Vacutainer con fluoruro/ossalato come stabilizzanti [39]. In campioni reali prelevati con le due modalità, siero e plasma sono stati analizzati con il metodo di screening FPIA e di conferma in GC-MS. Le concentrazioni di cocaina metabolita nei campioni con stabilizzanti erano in media doppie rispetto ai campioni non stabilizzati. La cocaina come tale non risultava in nessuno dei campioni prelevati normalmente, ma nel 65% dei campioni stabilizzati. Nell’8% di questi campioni era rilevata anche la cocaetilene confermando l’effetto stabilizzante anche su questo metabolita. L’ecgonina metil estere, in termini quantitativi, era circa la metà rispetto alle aliquote non stabilizzate (l’effetto inibente del fluoruro si esplica inibendo la colinesterasi plasmatica che trasforma la cocaina in ecgonina metil estere), ma la benzoilecgonina era inaspettatamente più elevata. La stabilità della benzoilecgonina risulta controversa. I risultati di diverse ricerche sono utilmente riportati nel citato lavoro di Toennes [39]. Un altro elemento rende il sangue meno adatto delle urine nelle indagini ad ampio raggio sulle sostanze d’abuso: la quantità più limitata del campione prelevato. La quantità di campione disponibile è un parametro importante, e a volte limitante, nella scelta del metodo analitico. Le metodiche cromatografiche, ad esempio, richiedono generalmente una maggiore quantità di campione e per la non sempre elevata sensibilità dei metodi correntemente utilizzati e per il necessario pretrattamento del campione. Nonostante queste “restrizioni”, l’utilizzo del sangue per l’analisi quantitativa di cocaina e suoi metaboilti risulta necessario in molti casi che giungono ai Dipartimenti di Emergenza. Dato il carattere del presente Manuale, si farà riferimento esclusivamente alle applicazioni diagnostiche di interesse in campo clinico. 233


COCAINA

Medicina d’urgenza Sono disponibili diversi metodi per la rilevazione di sostanze d’abuso in pazienti presso i Dipartimenti di medicina di urgenza dove il ruolo del laboratorio di tossicologia è quello di fornire elementi per supportare o escludere rapidamente la diagnosi di intossicazione/avvelenamento. Molto spesso però l’analisi richiede diverse ore anche a causa della necessità di trasporto del campione e le procedure di laboratorio. Di conseguenza, l’impatto del supporto tossicologico analitico sulla cura del paziente al momento dell’ingresso in emergenza è pressoché nulla. Data la diffusione delle sostanze d’abuso è però sempre più spesso necessario avvalersi di uno screening tossicologico, anche qualitativo, nell’immediatezza dell’ingresso del paziente. A questo scopo, sono disponibili testi rapidi generalmente immunologici sufficientemente validi per una primissima indicazione, da utilizzare direttamente al letto del soggetto. Il pannello di molecole rilevabili copre le classi di sostanze d’abuso più tradizionali, ma non comprende le sostanze di sintesi che via via si sono diffuse nell’abuso (es. amfetaminosimili, ketamina ed altre) e tantomeno adulteranti e tagli che si possono trovare in eroina e cocanina di strada contribuendo, o determinando, l’episodio acuto. È d’obbligo segnalare subito due limitazioni al loro utilizzo, limitazioni che affliggono la maggior parte dei metodi di screening anche in laboratorio. In primo luogo, nei casi (frequenti) di poliassunzione, le singole sostanze sono presenti sottosoglia, cioè a concentrazioni inferiori di cut-off dei tests immunochimici che non hanno quindi possibilità di rilevarne la presenza. In secondo luogo, i problemi che portano gli assuntori ad intossicazioni acute e a condizioni che richiedono interventi di urgenza, sono non di rado legati alla presenza di determinati tagli, o adulteranti, presenti nelle miscele di strada. A titolo di esempio si ricordano i ricoveri in urgenza per cocaina-atropina in Italia, come in altri paesi europei, o i casi riportati in letteratura di cocaina adulterata con benzocaina [40]. In tali casi il ricorso all’esperienza della Tossicologia Clinica dei Centri Antiveleno (CAV), di campioni ematici e di procedure analitiche sofisticate è d’obbligo. Per un’utile e corretta diagnostica di laboratorio in ambito della medicina d’urgenza sono indispensabili robuste conoscenze sul metabolismo e la farmacocinetica delle sostanze. In alcune condizioni patologiche la vita media della cocaina che è, in condizioni normali, di 60-90 minuti risulta alterata. Questo si verifica, ad esempio, in condizioni di elevata temperatura [41]. Una temperatura corporea elevata (>40°C) si presenta in circa la metà dei pazienti con delirio di eccitazione [42], nei quali però solitamente si rilevano concentrazioni basse di cocaine in autopsia. L’effetto della temperatura corporea sembrerebbe la causa. L’effetto risulta però contenuto in soggetti con delirio da cocaina, con elevate concentrazioni della sostanza in ingresso, con elevata temperatura corporea ma ancora in vita [43]. Si rileva in tali casi la presenza di norcocaina, normalmente assente, a sostegno del danno epatico presente. In sintesi, i risultati analitici devono essere interpretati e utilizzati con cautela ed esperienza tossicologica, non esclusivamente sulla base di cognizioni tecnico-analitiche, perché siano di reale aiuto alla valutazione clinica soprattutto laddove ci sia un’apparente discordanza [44]. Circa la concordanza tra determinazione della cocaina/metabolita in urine e siero con la diagnosi medica, è utile sottolineare come la determinazione sierica della cocaina aumenti anche del 300% il valore predittivo della diagnosi di laboratorio per intossicazione acuta da cocaina [45]. Si evince che la reale situazione del paziente in medicina d’urgenza può essere tossicologicamente e correttamente meglio inquadrata analizzando siero o plasma; nonostante ciò, nella maggior parte delle situazioni si continua ad utilizzare il solo campione urinario. Tale prassi 234


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

contribuisce ad una significativa sottostima del coinvolgimento della cocaina in episodi traumatici. Questa scelta “riduttiva” è dettata prevalentemente dal fatto che test rapidi e metodiche di screening tossicologici sono calibrati e validati sulle urine. Ci sono pochi metodi disponibili per uno screening sufficientemente ampio e rapido nel siero. Tale inconveniente potrebbe essere superato, con le opportune accortezze, dall’utilizzo dell’HPLC, in particolare del REMEDI, per finalità cliniche [46] o da metodi in HS-SPME GC-MS proposti allo scopo [5]. Ci sono pochi lavori sulla validazione dei test rapidi utilizzabili per lo screening di droghe nello specifico campo dell’urgenza dove i pazienti non sono dipendenti da sostanza, ma si presentano con sospetto di intossicazione da droghe, dove sono più probabili le interferenze con altre sostanze, dove ci può essere il problema della capacità di infermieri e medici ad eseguire ed interpretare correttamente il test. I dati disponibili si riferiscono al Triage Panel (7 sostanze d’abuso e antidepressivi triciclici) affidabile soprattutto per la cocaina [47]. Da sottolineare che una positività con questi test non significa meccanicamente intossicazione dalla sostanza, ma deve essere valutata alla luce del decorso clinico e confermata con metodi di secondo livello in caso si osservino incoerenze con il quadro clinico o quando occorra un riscontro quantitativo. A quet’ultimo riguardo sono necessarie alcune considerazioni. Mentre c’è accordo sul dato qualitativo, molto si discute sull’effettiva utilità (per la cura del paziente in urgenza) del dato quantitativo di cocaina e metaboliti ad eccezione ovviamente di casi particolari (es. discordanze tra osservazione clinica e riscontro tossicologico). Si rileva infatti la mancanza di una correlazione statisticamente significativa tra gravità dei sintomi clinici, esigenze di trattamento, esito e le concentrazioni riscontrate di cocaina e metaboliti. A sostegno di quetsa affermazione ricordiamo che le concentrazioni sono soggette a variabilità in funzione di diversi fattori. Il dato quantitativo può invece essere impiegato molto utilmente come indicatore per pazienti che, pur asintomatici all’ingresso in medicina d’urgenza, avrebbero bisogno di un intervento terapeutico specifico e di ricovero ospedaliero per elevata probabilità di sviluppare patologie cocaina-relate [48]. Per l’interesse clinico, è anche utile ricordare le applicazioni della diagnosi d’uso di cocaina in campo ostetrico-ginecologico, durante la seconda fase della gestazione (per l’esposizione fetale) ed alla nascita del bambino. Tecniche di secondo livello vengono utilizzate su liquidi biologici, capelli, meconio per queste finalità. Matrici alternative La tecnologia è andata sviluppando sistemi sempre più accurati per l’identificazione delle sostanze d’abuso e, conseguentemente, dei loro assuntori. L’analisi nelle urine continua ad essere la più diffusamente utilizzata, ma l’impiego di matrici alternative offre alcuni vantaggi e, nel tempo, ha consentito lo sviluppo di procedure a buon livello di performance e standardizzazione. I limiti delle matrici alternative sono progressivamente ridotti dalla ricerca analitica e dalla tecnologia, il consenso su aspetti particolarmente delicati quali i cut-off, la costruzione e l’interpretazione dei risultati è in fase di consolidamento nella comunità scientifica internazionale e negli Organismi regolatori. Si propongono linee guida che procedono parallelamente a quelle per il drug testing nelle urine. Tra i problemi tecnici per una maggiore diffusione di queste matrici (utili a coprire diverse finestre temporali di rilevazione): -necessità di appositi materiali per il controllo di qualità; -standardizzazione delle procedure anche al fine di escludere contaminazioni passive; -cut-off idonei e condivisi; - programmi di formazione per chi deve interpretare i risultati in base alle conoscenze scientifiche esistenti sulla disposizione delle sostanze e le cine235


COCAINA

tiche nelle matrici alternative; - nuove tecniche analitiche per lo screening e le conferme; - biomarkers per la normalizzazione dei risultati del test (come la creatinina per le analisi in urine); - maggiori conoscenze sulla relazione tra concentrazioni e tempo-dose-frequenza dell’assunzione; -interpretazione dei risultati discordanti rispetto alle analisi in urine. Al momento, in campo clinico, il capello, e il sudore risultano maggiormente considerati soprattutto in relazione ai trattamenti. Dispositivi di ultima generazione per la rilevazione onsite di sostanze nel sudore iniziano ad essere adoperati anche come pre-screening in ambito di urgenza e di trattamento. In quest’ultimo contesto, ad es., un test settimanale per la cocaina attraverso cerotto per il sudore, rileva l’uso di cocaina più del monitoraggio trisettimanale delle urine. Alla stessa stregua, l’analisi del capello sembra più efficace delle urine nel rilevare l’uso di cocaina, ma soprattutto nell’identificare soggetti con problemi seri di abuso [49]. Caratteristiche, vantaggi e limiti di matrici convenzionali e alternative sono sintetizzate nella Tabella 5. Si ritiene tuttavia utile fornire qualche elemento in più relativamente a capelli e sudore. Capello Il meccanismo di incorporazione e fissazione delle sostanze xenobiotiche nel capello non è ancora conosciuto nei dettagli, ma sono sufficientemente noti i fattori legati alle caratteristiche del capello che incidono sulla relazione dose-concentrazione rilevabile. Tra questi fattori, ad esempio, il colore, la razza, trattamenti cosmetici, colorazioni, spessore del fusto. In linea generale, le sostanze vengono incorporate nella matrice cheratinica attraverso lo scambio tra il sangue circolante e le cellule del bulbo pilifero. Una volta fissate nella parte prossimale del capello, esse vengono rese rilevabili man mano che il capello cresce superando il cuoio capelluto ad una velocità media di 1-1.5 cm/mese con una variabilità legata al singolo soggetto (ad esempio alla zona della testa), alla stagionalità ed altro. Attraverso la lunghezza del capello è possibile rilevare l’assunzione cronica o, su segmenti sempre più distali, “leggere” l’abitudine assuntiva del soggetto. Le concentrazioni delle sostanze e loro metaboliti nei capelli sono di gran lunga inferiori a quelle rilevabili nelle urine; di conseguenza, l’analisi richiede una sensibilità dell’ordine dei nano-e picogrammi, una specificità per le sostanze lipofile e l’assenza di effetti matrice. Questi requisiti sono soddisfatti da metodi cromatrografici quali la GC-MS, GC-MS-MS; LC-MS, LCMS-MS. A scopo di screening, potrebbero essere adoperati anche metodi immunochimici poco costosi, rapidi e più semplici da utilizzare, ma che presentano notevoli limiti anche di interpretazione. Tra i limiti analitici, la necessità che la “digestione” non denaturi le proteine che costituiscono gli anticorpi dei reagenti. In questi casi è quindi preferibile una “digestione” enzimatica ad una chimica. Una digestione fortemente acida o basica (richiesta per molte sostanze) deve essere ricondotta ad un pH neutro prima della analisi immunochimica che, nel caso dei capelli, richiede una calibrazione con standard di capelli “fortificati” e processati come il campione per correggere possibili effetti matrice. Una sufficiente sensibilità e specificità è soddisfatta da metodi radioimmunometrici quali-quantitativi [50] ed ELISA [51]. Possiamo tuttavia affermare che la quasi totalità dei test su matrice cheratinica (capelli, peli, unghie) viene effettuata con metodi cromatografici accoppiati alla spettrometria di massa, metodi che consentono la rilevazione (mirata) di molte sostanze, dei loro metaboliti, dei rapporti fra questi ultimi (rapporti marker di consumo attivo) e consentono di rilevare la presenza di adulteranti e tagli. Tra le applicazioni del test sul capello, la rilevazione della esposizione a droghe in utero, l’e236


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

sposizione passiva dei bambini in casa di consumatori, nel campo giudiziario, sul luogo di lavoro, per le problematiche legate alla patente, nei trattamenti di detossificazione, in campo clinico nei casi in cui la finestra di rilevazione delle urine e del sangue (da un’ora a massimo 2-3 giorni per i metaboliti) non sia sufficiente per l’inquadramento diagnostico. Il test sul capello rappresenta un marker biologico affidabile per valutare l’esposizione quantitativa e temporale alle sostanze d’abuso, cosa che sangue, urina e saliva non sono in grado di indicare. Di conseguenza, questa analisi ha una indubbia ed esclusiva utilità diagnostica [51]. Sudore Tra le matrici biologiche alternative, il sudore (traspirato) comincia ad essere utilizzato, se pur con le dovute cautele, per rilevare la presenza di cocaina (come di altre sostanze d’abuso) in medicina d’urgenza, nel trattamento, sui luoghi di lavoro, in ambito militare, in ambito giudiziario e nei controlli dei conducenti per la sicurezza stradale. Il metodo di prelievo è il meno invasivo fra quelli disponibili, sono remote le possibilità di adulterare il campione, c’è un’ampia finestra di rilevabilità. L’identificazione della sostanza madre e dei metaboliti, le basse concentrazioni degli analiti, il tempo di rilevazione, le relazioni tra dose e concentrazione rappresentano aspetti importanti per valutare l’analisi della cocaina nel sudore. Altro elemento rilevante è rappresentato dal cut-off sulla scelta del quale, la comunità scientifica ha a lungo discusso per trovare una accordo. Recentemente la Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA) ha proposto un cut-off di 25 ng/cerotto per lo screening di cocaina/metabolita nel sudore e 25 ng/cerotto per la conferma di cocaine o benzoilecgonina [52]. I meccanismi di incorporazione delle sostanze nel sudore non sono ancora completamente chiariti. La sostanza, non ionizzata, passerebbe per diffusione passiva dai capillari alle ghiandole sudoripare. Al basso pH del sudore, le sostanze possono ionizzarsi accumulandosi nel campione, possono attraversare gli strati (derma ed epiderma) della pelle ed essere raccolte in superficie con appositi dispositivi come cerotti protetti da contaminazioni esterne attraverso una pellicola, oppure da piccole superfici assorbenti che vengono strofinati sulla pelle . Occorre però tener presenti fattori di variabilità come la diversa produzione di sudore, la possibile contaminazione ambientale, la perdita di sostanze per degradazione del dispositivo di raccolta o per riassorbimento attraverso la pelle, fattori legati all’escrezione delle sostanze e loro metaboliti nel sudore. Uno studio condotto recentemente [53], ha fatto per primo chiarezza su molti di questi aspetti. È stata studiata la relazione tra dose somministrata e concentrazione di cocaina e metaboliti nel sudore. È stata utilizzata una metodica con estrazione in fase solida e gas cromatografia accoppiata alla spettrometria di massa per l’analisi quantitativa di cocaina, benzoilegonina, ecgonina metil estere, cocaetilene, norcocaina, m-idrossicocaina, p-idrossicocaina, p- idrossibenzoilecgonina, m- idrossibenzoilecgonina. I risultati riflettevanno l’escrezione della sostanza somministrata e sono stati valutati in relazione al cut-off pari al LOQ del metodo (2,5 ng/cerotto) ed al cut-off di 25 ng/cerotto del SAMHSA. La cocaina era l’analita primario (97%), e spesso il solo (59%) rilevato nel sudore; la ecgonina metil estere era più frequente rispetto alla benzoilecgonina e a concentrazione più elevata. Cocaina e ecgonina metil estere sono state rilevate già entro 1-2 ore; la benzoilecgonina non prima delle 4-8 ore. La maggior parte delle molecole era comunque escreta entro 24 ore dalla somministrazione. 237


COCAINA

In base ai risultati, lo studio conclude che l’analisi del sudore rappresenta un metodo efficace e attendibile per il monitoraggio dell’uso di cocaina. Conclusioni Nella diagnostica di laboratorio applicata alle sostanze di abuso, la corretta lettura del risultato analitico prodotto su qualunque matrice biologica richiede necessariamente una valutazione clinica, la conoscenza dei percorsi metabolici delle sostanze in esame, la farmacocinetica e farmacodinamica, le peculiarità delle vie di assunzione per le concentrazioni relative delle singole sostanze e dei metaboliti, la stabilità degli stessi nel campione durante la conservazione, la conoscenza dei problemi tecnici legati ad una corretta scelta ed utilizzazione delle procedure analitiche. Tutto questo allo scopo di fornire non solo dati, ma risultati utili per le finalità richieste. Infine, ma non in ordine di importanza, si sottolinea la necessità che il laboratorio sia periodicamente informato circa le sostanze utilizzate sul proprio territorio ricordando come le performance dei metodi analitici, soprattutto quelli di screening, siano significativamente e direttamente influenzati dalla prevalenza del fattore che con essi si intende rilevare.

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Appendice L’approvvigionamento delle sostanze di riferimento (es. standard analitici) rappresenta un aspetto non trascurabile per il laboratorio che effettua analisi tossicologiche. La normativa in vigore, DPR 309/90 e successive modifiche, prevede specifici adempimenti. Per acquistare e detenere sostanze comprese nelle tabelle degli stupefacenti è necessario: presentare domanda di autorizzazione in carta legale a: Ministero della Salute- Direzione Generale dei Farmaci e dei Dispositivi Medici -Ufficio Centrale Stupefacenti – Viale della Civiltà Romana, 7 - 00144 ROMA. Sono esentati dall’obbligo di uso di carta legale Istituti Universitari, Enti ed Istituti dello Stato e tutti gli altri Enti esonerati da tale uso; in questo caso, la domanda potrà essere presentata su carta intestata dell’Ente e firmata dal Legale Rappresentante dello stesso. La domanda dovrà contenere: a) una dettagliata descrizione ed il relativo scopo delle sperimentazioni che si intendono effettuare; b) i nomi ed i quantitativi ponderali delle sostanze di cui si chiede l’approvvigionamento (le sostanze devono essere indicate con la denominazione riportata nel Decreto di approvazione delle Tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope e successivi aggiornamenti o con la Denominazione Comune Internazionale); 241


COCAINA

c) nome ed indirizzo delle ditte fornitrici (C.A.P. compreso), le quali dovranno essere a loro volta autorizzate da questo Ministero; d) autodichiarazione con dati anagrafici (luogo e data di nascita) e qualifica della persona che si assume la responsabilità della detenzione e dell’uso scientifico di dette sostanze, il quale assume in entrata su apposito registro vidimato dall’Autorità Sanitaria Locale le stesse e si munisce, ai fini della registrazione di scarico, delle dichiarazioni rilasciate dai singoli ricercatori, sperimentatori o periti; e) firma e timbro del direttore del centro; IN CASO DI ACQUISTO DA FORNITORE ESTERO: • dovrà essere specificato il quantitativo totale della sostanza richiesta espresso in base anidra; • dovrà essere versata una tassa di concessione governativa di € 18,88 sul c/c n.60413416 intestato a “Ministero Salute - Dir. Gen. dei Farmaci e dei Dispositivi medici - Ufficio Centrale Stupefacenti - V.le della Civiltà Romana, 7 - 00144 ROMA -” ed inviare copia originale del bollettino allo stesso indirizzo. • andrà indicata la Dogana di entrata nel territorio nazionale, previo accordo con la Ditta fornitrice, se non sia quest’ultima appartenente ad un Paese dell’Unione Europea. Si richiede inoltre di informare tempestivamente l’Ufficio Centrale Stupefacenti in ordine alla data dell’avvenuta movimentazione e alla quantità delle sostanze espresse in base anidra. Tecniche immunochimiche I metodi immunochimici si basano sulla competizione per un determinato sito di legame specifico (che può essere un sito anticorpale o recettoriale, presente in difetto nell’ambiente di reazione) tra l’analita (cioè la sostanza nel campione in esame) e l’analita marcato (tracciante), legato cioè a una particolare molecola o atomo che ne consenta la misura, aggiunto in concentrazione nota alla miscela di reazione e di cui si possa, grazie appunto alla specifica marcatura, determinare la quota che si è legata al sito specifico oppure quella il cui legame è stato inibito dalla presenza dell’analita. Tale competizione, come tutte le reazioni di equilibrio, è regolata dalla legge di azione delle masse, per cui tanto più analista è presente nel campione, tanto più tracciante sarà escluso dal legame con l’anticorpo. Se viene determinata la frazione libera, il valore ottenuto sarà direttamente proporzionale alla concentrazione di analita, si avrà, invece, una relazione inversa, se viene determinata la frazione legata. Le cross-reazioni con metaboliti della sostanza in esame presenti nelle urine anche in quantità rilevanti possono costituire un vantaggio, quando viene richiesta la quota totale di sostanza escreta nelle urine. I metodi immunochimici più diffusi vengono classificati in base alla particolare marcatura utilizzata che, di conseguenza, prevede sistemi di rilevazione diversi. Il RIA (Radio Immuno Assay) prevede l’uso di un antigene marcato con un isotropo radioattivo: i più usati sono il trizio (3H, emivita 12 anni) e lo iodio (125I, emivita 56 giorni). L’EIA (Enzyme Immuno Assay) si basa sull’uso di un tracciante marcato con un particolare enzima di cui viene determinata l’attività dopo che la reazione di competizione tra l’antigene freddo (analita) e l’antigene marcato ha raggiunto l’equilibrio. Tale attività risulta proporzionale alla concentrazione dell’analita, direttamente o inversamente a seconda della particolare metodica utilizzata. Tra le metodiche EIA, una valida alternativa al RIA è rappresentata dall’EMIT (enzyme multiplied immunoassay techique) che utilizza traccianti marcati con enzimi come il lisozima, 242


ASPETTI DIAGNOSTICI E CLINICI

la glucosio-6-fosfato deidrogenasi, la malato deidrogenasi (che hanno periodi di validità più elevata rispetto ai traccianti radioattivi). L’EMIT opera in fase omogenea ed è, perciò, suscettibile di ampia automazione, il che lo rende adatto, ad esempio, a essere utilizzato in programmi di screening. La velocità con cui viene condotta l’analisi, inoltre, fa sì che tale metodica possa venire applicata efficacemente anche in alcuni problemi clinici, come, ad esempio, l’identificazione rapida dell’agente intossicante, durante un’emergenza per avvelenamento. In ogni caso, anche l’EMIT è una metodica soggetta a numerose interferenze. Il FIA (Fluoro Immuno Assay) prevede l’uso di un tracciante marcato con una molecola fluorescente. La misura viene effettuata mediante la misura dell’intensità di fluorescenza, dopo idonea eccitazione, sulla frazione libera o su quella legata opportunamente separate. Fluoresceina, rodamina, umbelliferoni, (derivati della 7-idrossicumarina), isoluminolo, nicotinamide sono le molecole fluorescenti più utilizzate. Anche con i metodi FIA è possibile operare in fase omogenea ed eterogenea. In quest’ultimo caso, si elimina l’interferenza dovuta alla fluorescenza intrinseca della matrice del campione, il che determina, almeno teoricamente, un aumento di sensibilità. Il dosaggio fluoroimmunologico omogeneo con maggiore applicazione è quello basato sulla polarizzazione di fluorescenza (PFIA, Polarization Fluoro Immuno Assay). I metodi basati sull’inibizione dell’emoagglutinazione (HI-Hemoaglutination Inhibition) si basano sulla proprietà di un antisiero di provocare l’agglutinazione di emazie tannate e sensibilizzate con il relativo antigene (analita). Tecniche cromatografiche Le tecniche cromatografiche si inquadrano come metodi di conferma quali-quantitativa in quanto permettono un’identificazione sicura e un dosaggio accurato delle sostanze presenti in un dato campione. Infatti, uno dei maggiori pregi della cromatografia è quello di riuscire a separare i componenti di miscele mediante la loro distribuzione differenziale tra due fasi, una stazionaria e una mobile. La fase stazionaria, contenuta in una colonna di dimensioni opportune, oppure distribuita su un lastra, è costituita da un solido o da un liquido adeguatamente supportato; la fase mobile è costituita da un liquido o da un gas. In base al carattere della fase mobile si distinguono i due tipi principali di cromatografia: quella in fase liquida e quella in fase gassosa. La natura della fase stazionaria solida prevede un meccanismo prevalentemente di adsorbimento (per il quale le sostanze sono separate in base alla loro polarità), oppure meccanismi particolari, quali scambio ionico ed esclusione molecolare; una fase stazionaria liquida, invece, prevede un meccanismo di ripartizione, per il quale i composti sono separati in base alla loro differente solubilità. Gli svantaggi della cromatografia risiedono, soprattutto, nei tempi richiesti dall’analisi, nella dipendenza di un’esecuzione affidabile dall’abilità e dall’esperienza dell’operatore, nel pre-trattamento cui deve essere necessariamente sottoposto il campione, più o meno articolato a seconda della tecnica da applicare. Tecniche cromatografiche di base: La TLC (Thin Layer Chromatography) è uno dei metodi cromatografici più tradizionali, che trova largo uso per la sua semplicità, rapidità e per i suoi costi contenuti. La fase stazionaria (gel di silice, allumina, cellulosa, kieselghur) è uniformemente applicata su una lastra di vetro, di alluminio o di plastica. Tali fasi sono caratterizzate dalla grandezza delle 243


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particelle che le costituiscono e dallo spessore dello strato (dell’ordine dei decimi di mm. La diversa capacità di ripartizione dei componenti di una miscela nei sistemi di sviluppo più frequentemente utilizzati conferisce alla TLC una versatilità di applicazioni riscontrabili solo con allestimenti assai complessi in altre tecniche cromatografiche. Le sostanze presenti nelle miscele in esame vengono identificate in base al loro Rf (rapporto tra il percorso della sostanza e il fronte di migrazione del solvente) e allo specifico comportamento verso taluni reattivi e/o fonti di eccitazione molecolare (radiazioni UV a 254 nm e 360 nm). L’HPLC (High Performance Liquid Chromatography) rappresenta la soluzione strumentale più efficace della cromatografia liquida e si avvale di una strumentazione standardizzata e sufficientemente automatizzata. A seconda del tipo di fase stazionaria e di sistema eluente, si distinguono una tecnica in fase diretta e una in fase inversa. Nella prima, la fase stazionaria è polare (tra le fasi più usate ci sono zuccheri, amido, silicati di alluminio e magnesio, gel di silice, allumina), mentre la fase mobile è apolare, rappresentata generalmente dai più comuni solventi organici (cloroformio, tetracloruro di carbonio, metanolo). La tecnica in fase inversa, assai più versatile e di più ampia potenzialità rispetto alla prima, prevede, invece, una fase stazionaria apolare (come silice modificata dal legame con catene idrocarburiche) e una fase mobile polare (miscele di metanolo, acetonitrile, acqua, tamponi acquosi). I rivelatori più usati per l’HPLC sono lo spettrofotometro e lo spettrofluorimetro per sostanze fluorescenti. I rivelatori più sensibili sono quelli elettrochimici (amperometrici: 50-100 pg, coulometrici: 10-20 pg) e lo spettrometro di massa (1-5 pg), ciascuno idoneo a risolvere problemi specifici. L’accuratezza e la precisione delle misure sono elevate, anche per l’uso di standard interni aggiunti al campione prima di sottoporlo al procedimento analitico. L’identificazione dei singoli componenti di una miscela avviene sulla base dei loro tempi di ritenzione (tr) e fattori di capacità K’ nel sistema adottato. La gas-cromatografia in fase solida (GSC) e in fase liquida (GLC) utilizza un gas inerte (elio, argon, azoto) come fase mobile e come fase stazionaria un solido o, più spesso, un liquido adsorbito su un supporto inerte. La GLC costituisce la tecnica di più vasta applicazione, data l’estrema versatilità delle condizioni adottabili. I componenti del campione, vaporizzato e trasportato dal gas, vengono separati in base alla loro polarità, ai loro punti di ebollizione e al loro peso molecolare. Accuratezza e precisione delle misure sono elevate e così pure la specificità nell’identificazione dei composti in esame. I rivelatori usati in gas-cromatografia si distinguono in distruttivi e non distruttivi. I rivelatori a ionizzazione (a fiamma di idrogeno [FID), azotofosforo [NPD] e a cattura di elettroni [ECD]sono del tipo distruttivo. Di sensibilità superiore, lo spettrometro di massa è un rivelatore molto particolare, sempre più spesso utilizzato all’uscita di una colonna cromatografica. L’uso di questo rivelatore permette un metodo conclusivo di conferma, ma la sua diffusione è ancora limitata dal costo e dall’esperienza specifica richiesta all’operatore. L’analisi quantitativa necessita, come di consueto, di standard interni, più spesso rappresentati dagli stessi composti in esame marcati con un isotopo radioattivo (più frequentemente deuterio) che ne altera solo la massa . Essi mantengono lo stesso comportamento per quanto riguarda la separazione cromatografia, ma sono facilmente distinguibili dallo spettrometro di massa. La derivatizzazione preliminare della molecola permette di superare le limitazioni all’uso della tecnica gas-cromatografica per l’analisi di sostanze tremolabili o ad elevato punto di ebollizione o che si degradano termicamente in colonna. Con i trimetilsililderivati, ad esempio, è possibile migliorare la volatilità o la stabilità termica di alcuni composti e quindi la risoluzione o efficienza della separazione 244


LA COMORBIDITÀ PSICHIATRICA NEI SOGGETTI CON DISTURBI COCAINA CORRELATI ALL’USO DI COCAINA 5.1

Giovanni Serpelloni *, Francesco Bricolo ** e Massimo Clerici *** * Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto ** Dipartimento delle Dipendenze, ULSS 20, Verona *** Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, Polo Universitario AO San Paolo, Università degli Studi di Milano

L’epidemia attuale di cocaina, segnalata ormai da diversi anni a livello di opinione pubblica e di operatori, non sembra ancora aver determinato una chiara consapevolezza della gravità del problema nelle autorità sanitarie, nonostante dagli anni ottanta la popolarità di questa droga fosse ormai stabilmente crescente. La riduzione complessiva del costo della cocaina sul mercato e la progressiva differenziazione delle modalità d’impiego ci hanno, in qualche modo, finalmente reso più accorti dei pericoli legati all’uso della sostanza, dei suoi costi sociali (più di un milione di arresti ogni anno solo negli USA per violazioni conseguenti all’uso di questa droga) e, negli ultimi tempi, delle rilevanti implicazioni sulla salute mentale della popolazione consumatrice (Weiss et al., 1994).

Fattori di rischio, indicatori clinici e comorbidità Tra le molteplici difficoltà che gli operatori dei Servizi sanitari e socioassistenziali si trovano a gestire, nel trattamento di soggetti adulti o in età evolutiva che presentano Disturbi Correlati alla Cocaina (DCC), non può essere trascurata proprio quella della comorbidità psichiatrica associata. 1. Cause biopsicologiche Qualora la genetica fosse la sola variabile in grado di determinare i comportamenti correlati all’assunzione di sostanze, gli studi sui gemelli offrirebbero indicazioni certe sullo sviluppo di tossicodipendenza nelle famiglie a rischio: le ricerche a disposizione invece, pur mostrando senza dubbi alte percentuali di DCC in tali condizioni, non hanno potuto determinare l’esclusività del fattore genetico rispetto a quello ambientale (Agrawal A et al 2004). Tra le più importanti linee di ricerca in questo ambito si possono citare i riscontri relativi alle correlazioni tra DCC e disturbo da deficit di attenzione con iperattività (ADHD) (Schubiner H. 2005). disturbi della condotta (Buydens-Branchey L, et al 2002; Buydens-Branchey L et al 2004), disturbo antisociale (Li CS, et al 2006) e anche disturbo post traumatico da stress (PTSD) (Back SE, 2006) quali precursori di tali condizioni di comorbidità o di quella vulnerabilità che, associandosi a fattori 247


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ambientali stressanti, sostiene - a sua volta - nel corso della vita l’espressività sintomatologica dei disturbi mentali in corso di assunzione di sostanze. In particolare, secondo diverse ricerche sarebbero ereditabili tratti della personalità di tipo impulsivo (cluster B dei disturbi della personalità) che possono predire il rischio di un disturbo correlato all’uso di sostanze. Tale criterio predittivo coinvolge, primariamente, l’associazione tra esordio precoce dell’uso, novelty-seeking e forme più gravi di poliabuso o polidipendenza. Lo studio dei profili genetici ha permesso di identificare set di cromosomi costituiti da geni potenzialmente correlabili ad uno spettro di condizioni di alto/basso rischio per la dipendenza da alcool o per altre sostanze. L’associazione di geni che controllano la neurotrasmissione della dopamina (allele A2) è stata a sua volta correlata all’abuso di sostanze e a tratti correlati come - ancora - la novelty-seeking o l’ADHD. Nonostante gli impressionanti avanzamenti della ricerca in questo campo, saranno necessari ulteriori e più approfonditi studi per confermare la replicabilità di quanto scoperto fino ad oggi e, soprattutto, per chiarire le interazioni non lineari tra i molteplici fattori genetici e ambientali e i “percorsi” che conducono ai disturbi correlati all’uso di sostanze (Tabella 1; Cloninger 1999). Tabella 1. Indicatori clinici che indirizzano alla ricerca di geni candidati in soggetti poliabusatori o polidipendenti da sostanze (Cloninger, 1999) Variabile

Caratteristiche ossrvate

Variabile Ereditarietà Età all’esordio Criminalità Gravità Numero di droghe assunte Temperamento Carattere Diagnosi all’Asse II Livello di funzionamento

Caratteristiche osservate maggiore che in chi abusa di una singola sostanza più precoce, generalmente in adolescenza più frequente la condotta antisociale (nell’infanzia e nell’età adulta) maggiore che in chi abusa di una singola sostanza più di una classe di sostanze esplosivo: più novelty-seeking e harm avoidance, meno reward dependence immaturo: meno self-directed e meno cooperativo più spesso cluster B (borderline o antisociale) in genere, minori capacità di adattamento complessivo (GAF)

Potenziali evocati

più bassa ampiezza del P300

2. Il rinforzo Tra le aree del cervello coinvolte dall’uso di cocaina si possono citare l’amigdala (interessata al controllo delle reazioni emotive), la corteccia prefrontale (deputata al controllo della rabbia, dell’aggressività, della paura e delle reazioni al pericolo) e il nucleo accumbens (che controlla il livello di piacere con il coinvolgimento dei neuroni dopaminergici del mesencefalo quando proviamo piacere) (Li CS, 2006). Lo studio della novelty-seeking (Cloninger, 1999) permette di quantificare differenze individuali nei comportamenti correlati che vengono regolati a livello di corteccia prefrontale mediale (disinibizione comportamentale) o in altre regioni interessate quali il cingolato e il caudato (attivazione comportamentale). Basati su modelli animali, i meccanismi di controllo della dopamina sono l’oggetto dell’ipotesi che ne considera il ruolo chiave nella modulazione della novelty-seeking: tale ipotesi è stata supportata dalla scoperta delle associazioni tra attività striatale dopaminergica e associazioni genetiche con geni che regolano la neurotrasmissione dopaminergica (ad esempio recettori D2 e D4). 248


LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

Prevalenza Le stime oggi a disposizione, per quanto riguarda l’uso di cocaina, risentono delle difficoltà di rilevazione sulla popolazione generale e/o dei fattori di confondimento che derivano dalla selezione di campioni indagati in funzione dell’accesso ai Servizi (medicina generale, psichiatria, tossicodipendenze, etc.) o della tipologia stessa dei Servizi, in particolare dal punto di vista del modello organizzativo e delle caratteristiche dei disturbi che più facilmente vi afferiscono o dei pazienti che vi portano una richiesta di intervento. Per quanto riguarda i più importanti studi a disposizione, quelli statunitensi fanno riferimento, ad esempio, alla popolazione generale stratificata per fasce di età: si può riscontrare come l’aspettativa inerente al consumo di cocaina oscilli tra il 10 e il 25% della popolazione con punte più alte (20-25%) nelle fasce di età tra 25 e 44 anni. Le percentuali corrispondenti alla possibilità di impiego oscillano tra il 20 e il 40% con lo stesso andamento per fasce di età. La proporzione di soggetti che sviluppa dipendenza è riferibile, invece, ad un range tra lo 0.5 e il 4% della popolazione con un andamento che privilegia di più la fascia tra a cavallo tra 25 e 34 anni e, in modo sostanzialmente sovrapponibile, quelle tra 15 e 24 e tra 35 e 44 anni (Anthony, 1999). Gli studi a carico di campioni di soggetti cocaino-dipendenti indicano tassi di comorbidità per disturbi dell’umore tra 33 e 53%. La correlazione con il disturbo bipolare appare estremamente importante in questa popolazione (20-30%) e, ad esempio, si rivela più significativa che nell’impiego di alcool, altra sostanza che presenta tassi tra i più alti nella comorbidità con i disturbi dell’umore. Anche le correlazioni tra uso di cocaina, attacchi di panico e ansia generalizzata, PTSD e ADHD sono importanti ma, in molti casi, difficilmente misurabili in percentuali certe soprattutto a causa di comorbidità multiple. Per quanto riguarda la fobia sociale, invece, la prevalenza lifetime in questa popolazione si esprime attorno al 13.9%. In conclusione, la strategia più importante per conoscere la rilevanza del fenomeno “epidemiologia dei consumi e dei disturbi correlati” riguarda la necessità di una selezione accurata dei campioni oggetto della ricerca con particolare attenzione alla presenza di comorbidità multiple e/ o di familiarità per disturbi correlati a sostanze e/o disturbi mentali. Tale strategia permette infatti di enucleare sottogruppi a maggiore/minore gravità psicopatologica e di offrire, pertanto, indicazioni più certe per ciò che riguarda la “penetranza” delle complicanze psicopatologiche in questi pazienti (Brady et al, 1999). Non esistono ancora, purtroppo, studi italiani in grado di differenziare la prevalenza dei profili comorbili nella popolazione generale ne in campioni di pazienti afferenti a specifici Servizi (DSM o SerT) (DNPA, 2005).

Valutazione 1. Sospetto uso di cocaina Nel caso in cui si possa sospettare uso di cocaina il clinico deve inevitabilmente procedere con alcuni interventi (Galanter, 2001): – Screening tossicologici delle urine tesi a verificare la presenza di sostanze d’abuso, – Utilizzo di tecniche motivazionali per migliorare la presa in carico e la compliance al trattamento nel corso dei primi colloqui, – Coinvolgimento dei membri di una potenziale rete di sostegno per rafforzare la compliance terapeutica, 249


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– Qualora si sospetti che il soggetto non sia del tutto sincero circa l’entità della propria condizione di abuso/dipendenza, valutazione delle opportunità di coinvolgere e consultare altri informatori (parenti ed amici), – Verifica attenta della storia sociale, attuale e remota, del soggetto ed eventuali restrizioni della libertà di uso della sostanza, – Selezione e impiego di deterrenti finalizzati a disincentivare progressivamente l’uso della sostanza 1.1. Test di laboratorio I test di laboratorio sono uno strumento indispensabile della pratica clinica ma vanno integrati con l’osservazione costante del paziente e nell’ambito di una relazione terapeutica accorta. La presenza di cocaina o dei suoi metaboliti può essere ricercata, a 3 livelli, nei liquidi organici: le urine, il sangue e la saliva. Nella pratica clinica tale ricerca viene effettuata per lo più a livello urinario, ma può essere utilizzato anche il capello. I sistemi di visualizzazione cerebrale (ad esempio PET e SPECT) sono strumenti utilizzati in ambito di ricerca clinica (“tono dopaminergico” dei soggetti interessatii) piuttosto che nella comune valutazione diagnostica in ambito di Servizi. 1.2. Test psicologici Un’innumerevole disponibilità di test psicologici permette oggi all’operatore una approfondita valutazione dei differenti aspetti della personalità, normale o patologica, degli specifici disturbi mentali primari e/o potenzialmente indotti dall’uso della sostanza o anche dei singoli sintomi spesso non sufficienti per concorrere ad una diagnosi complessiva di disturbo (DuPont, 1999). Questionari, interviste strutturate, rating scales sono a disposizione con una duplice finalità: la prima, perlopiù deludente, di effettuare screening per identificare i soggetti a rischio di uso; la seconda, per rinforzare un assessment multidimensionale - quantitativo e qualitativo - dei pazienti che si sottopongono a trattamento. I criteri proposti dall’American Society of Addiction Medicine nel 1996 indicano le sei dimensioni che interessano il paziente con problematiche di abuso/dipendenza da droghe e disturbi indotti (DuPont, 1999): a) intossicazione acuta e/o astinenza b) diagnosi medica e complicanze c) disturbi emotivi/comportamentali e complicanze d) accettazione del trattamento o resistenza allo stesso e) ricaduta o uso continuativo f) fasi della guarigione e del reinserimento Gli strumenti più comunemente impiegati per la diagnosi dell’uso di sostanze e della comorbidità sono la SCID (Structured Clinical Interview for Disorders), riferita ai criteri del DSM IV (per la valutazione diagnostica baseline), e/o le scale di rilevazione di sintomi che hanno il vantaggio, grazie alla loro rapidità d’impiego, di essere impiegate in modo sequenziale per misurare anche l’evoluzione del disturbo/dei sintomi nel tempo in funzione delle terapie effettuate. Per quanto riguarda l’assessment della gravità del comportamento tossicomanico l’Addiction Severity Index - nelle sue versioni validate in diversi paesi - permette la configurazione di un profilo composito, anche quantitativo, di tale gravità, la verifica dei cambiamenti al follow-up e un confronto costante con popolazioni di riferimento locali e internazionali. 250


LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

2. L’individuazione e la gestione dei disturbi comorbili Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV-TR) propone, nell’ambito della categoria dei Disturbi Correlati a Sostanze, le sottocategorie dei Disturbi da Uso di Cocaina, che si articolano nelle diverse opzioni della dipendenza e dell’abuso, e dei Disturbi Indotti da Cocaina, che si configurano a loro volta nelle seguenti opzioni: intossicazione da cocaina e intossicazione con alterazioni percettive, astinenza da cocaina, delirium da intossicazione da cocaina, disturbo psicotico indotto (con deliri o con allucinazioni), disturbo dell’umore indotto, disturbo d’ansia indotto, disfunzione sessuale indotta, disturbo del sonno indotto e disturbo correlato alla cocaina NAS. Un corretto approccio clinico, per quanto riguarda la gestione preliminare di tali pazienti, è fondato su tre obiettivi quali il raggiungimento di uno stato di adeguato “compenso” rispetto all’uso, la “stabilizzazione” psicopatologica rispetto ai disturbi mentali indotti dall’uso e l’”osservazione” costante del paziente attraverso un monitoraggio longitudinale della compliance terapeutica e degli effetti del trattamento. Solamente in un soggetto compensato e stabilizzato è possibile, peraltro, organizzare un monitoraggio tale che consenta anche di “osservare” l’evoluzione del quadro clinico nel tempo, in particolare degli aspetti sintomatici di ordine psichico, sia in relazione a disturbi primitivi che possono sollecitare il ricorso a comportamenti d’uso in chiave auto-medicatoria, sia in relazione alle conseguenze stressanti delle eventuali ricadute sulla vulnerabilità biopsicosociale del soggetto e alla sua eventuale propensione ad ammalare di disturbi mentali potenzialmente irreversibili. Tale osservazione, che deve configurarsi necessariamente come longitudinale, richiede di raccogliere fin dall’inizio tutte le informazioni necessarie alla rilevazione, alla definizione ed al trattamento di eventuali quadri di psicopatologia e/o di comorbidità (anamnesi remota e attuale). Una valutazione neuropsicologica dei soggetti con uso cronico di cocaina è sempre opportuna. Nel merito sono diversi gli strumenti a disposizione nella letteratura sul tema (Nnadi CU et al 2005; Kelley BJ et al 2005; Browndyke JN et al 2005) e i dati a disposizione confermano l’esigenza di valutare con attenzione le risorse cognitive dei soggetti interessati (Aharonovich E, et al 2005). 2.1. Sintomi Si riconoscono (vedi Tabelle 2 e 3) due principali punti di vista utili per inquadrare la sintomaTabella 2. SHORT-TERM Overdose (ad esempio, infarto, emorragia cerebrale, convulsioni, insufficienza respiratoria, etc.) Tachicardia ventricolare o fibrillazione Pressione arteriosa elevata Elevata sensazione di benessere Elevato livello energetico Alterazione del sistema senso-percettivo Ansia elevata Attacchi di panico Elevata auto-stima Diminuzione dell’appetito Elevato arousal sessuale ed eiaculazione spontanea Sintomi psicotici caratterizzati da segni preliminari quali “paranoie” ed alterato esame di realtà

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Tabella 3. LONG-TERM Umore depresso e suicidio Irritabilità, aggressività e omicidio Agitazione fisica e possibili incidenti Diminuzione della motivazione Difficoltà nel sonno Ipervigilanza e ansia Attacchi di panico Sintomi psicotici quali allucinazioni o quadro completo di psicosi Complicanze mediche quali problemi nasali cronici, danni all’apparato respiratorio causati dal fumo di cocaina, cardiomiopatia, deficit vitaminici, disfunzioni sessuali, danni dovuti all’uso di aghi non sterili o di adulteranti associati alla sostanza Complicanze dovute all’uso di cocaina in gravidanza: nascita prematura, peso insufficiente alla nascita, anomalie del feto

tologia indotta dall’uso di cocaina: la valutazione short-term (a breve) e quella long-term (longitudinale) (Weiss et al, 1994). 2.2. Diagnosi differenziale La diagnosi differenziale è il percorso attraverso il quale il clinico distingue un disturbo da un altro: i disturbi mentali indotti dall’uso di cocaina sono facilmente confusi con altri disturbi psichiatrici quali, ad esempio, i disturbi bipolari, i disturbi psicotici e la schizofrenia, il disturbo d’ansia generalizzato e il disturbo di panico. L’intossicazione da amfetamine e l’intossicazione da fenciclidina possono causare un quadro clinico simile e si possono spesso distinguere dall’intossicazione da cocaina solo per la presenza di metaboliti della cocaina in un campione di urine o di cocaina nel plasma. Gli screening tossicologici delle urine sono pertanto un importante strumento di diagnosi differenziale. Anche la sindrome di Cushing (abnorme produzione di cortisolo), dal punto di vista medico, è un’altra patologia importante per la diagnosi differenziale.

Tabella 4. CRITERI PER ORIENTARE UNA DIAGNOSI DI: a) DISTURBO PRIMARIO 1) Sintomi del disturbo psichico precedenti all’inizio dell’uso di sostanze 2) Sintomi del disturbo psichico persistenti a lungo dopo l’interruzione dell’uso di sostanze (almeno un mese) 3) Sintomi del disturbo psichico qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli attesi rispetto ai quadri correlati alla sostanza 4) Anamnesi positiva per episodi precedenti del disturbo psichiatrico in assenza di consumo di sostanze 5) Familiarità per disturbi psichici b) DISTURBO SECONDARIO Il disturbo psichico è insorto dopo l’inizio dell’assunzione di sostanze 1) Il disturbo psichico tende alla remissione quando è interrotto l’uso della sostanza o al termine del periodo di astinenza (eccettuati i disturbi organici persistenti) 2) Anamnesi negativa per episodi del disturbo precedenti all’inizio dell’uso di sostanze 3) Assenza di familiarità per disturbi psichici 4) Familiarità per problematiche di abuso o dipendenza da sostanze.

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LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

I pazienti che accedono ai servizi di salute mentale spesso presentano problematiche correlate al consumo di sostanze psicotrope in aggiunta a disturbi psichici primitivi. D’altra parte anche fra i soggetti che si rivolgono ai servizi per il trattamento delle dipendenze sono frequentemente riscontrati disturbi psichici primari, talvolta non diagnosticati o valutati adeguatamente per la loro gravità clinica. È quindi assolutamente necessario che la valutazione diagnostica sia molto accurata e lo sia, soprattutto, in chiave differenziale. La comorbidità nei consumatori di cocaina può includere, inoltre, diverse condizioni di interesse psichiatrico caratterizzate prevalentemente da anomalie del comportamento come disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività; disturbi della condotta e della personalità che si esprimono - a livello clinico - soprattutto per la presenza di quadri aggressivi e autolesivi, passivo-aggressivi, antisociali, persecutori e multiimpulsivi (anomalie del comportamento alimentare, furto patologico, comportamenti sessuali a rischio, gioco d’azzardo, etc.). Tali aspetti rendono la valutazione più complessa e la gestione del caso decisamente più difficile. Gli studi epidemiologici, come già visto, mostrano alti tassi di comorbidità con disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e della personalità nei consumatori di cocaina e un aumento del consumo di questa sostanza proprio nei pazienti che, già in precedenza, presentavano disturbi psicotici e disturbi d’ansia primari. Il disturbo bipolare, in particolare, è una condizione morbosa frequentemente associata con i disturbi da uso di cocaina e altre sostanze (poliabuso/polidipendenza). Tale condizione di comorbidità determina grave disabilità nel bipolare, morbilità per altri disturbi correlati e alto rischio di suicidio. La presenza contemporanea di disturbi psichici e di abuso/dipendenza da sostanze è un fattore predittivo rilevante per la scarsa adesione ai trattamenti e ne condiziona spesso anche l’esito. La scarsa adesione ai trattamenti può avere effetti negativi rendendo difficile la creazione della necessaria alleanza terapeutica; inoltre, crea sfiducia e scetticismo sia nei terapeuti che nei pazienti, induce resistenze, aggrava la sofferenza e la prognosi e aumenta i costi dell’assistenza sanitaria. Tali aspetti possono essere enfatizzati, dal punto di vista clinico, anche a carico dei pazienti schizofrenici che afferiscono ai Servizi di salute mentali e che fanno uso di cocaina (Clerici et al., 2000). Vi sono, infine, alcuni punti di riferimento utili per discriminare i disturbi psichici “primari” da quelli “secondari” laddove si intenda per primario la presenza di problematiche cliniche precedenti all’uso della sostanza e per secondario la presenza di problemi conseguenti all’uso di sostanze (vedi Tabella 4).

Trattamenti L’integrazione degli approcci psicologici, educativi, psicoeducativi e farmacologici è certamente, al momento attuale, la strategia terapeutica migliore per il trattamento dei soggetti con disturbi correlati all’uso di sostanze, in particolare di cocaina. Se il soggetto presenta un quadro di comorbidità per depressione maggiore o schizofrenia, o manifesta significative complicanze mediche dovute all’uso di cocaina, è assolutamente necessario organizzare un trattamento intensivo integrato multimodale che spesso prevede anche l’inserimento in ambienti protetti residenziali. 1. Psicoterapia I modelli di trattamento psicoterapico o di intervento psicoeducativo sperimentati per il trattamento dei soggetti con disturbi correlati alla cocaina sono molteplici ed eterogenei: tra gli al253


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tri, la Cognitive Behavioural Therapy (CBT), i gruppi di auto-aiuto quali Cocaine Anonymous (CA) o altre forme di terapia supportava anche in grado di coinvolgere la famiglia e la rete sociale (Galanter, 2001). Un dato sempre più evidente è che queste forme d’intervento aiutano soprattutto a perseguire l’obiettivo del mantenimento in trattamento. La ritenzione in trattamento è infatti uno degli obiettivi più importanti di ogni approccio terapeutico nel campo dell’abuso/dipendenza da sostanze in quanto si correla strettamente e favorevolmente agli esiti del trattamento. In particolare, l’approccio comportamentale alla prevenzione delle ricadute è stato ampiamente utilizzato per la gestione del cocainomane (Kosten, Singha, 1999). Obiettivi principali di tale trattamento sono: la riduzione dei comportamenti mantenuti dal rinforzo esercitato dall’impiego di droghe e l’aumento dei comportamenti mantenuti da rinforzi non legati all’uso di droga; ciò avviene mediante supporti contingenti, controllo nell’impiego di sostanze attraverso test urinari e, più in generale, contratti definiti per l’effettuazione di protocolli di trattamento strettamente monitorati a livello familiare, ambientale e/o del contesto lavorativo (network therapy, Galanter, 2001) 2. Intervento psicofarmacologico Sebbene le conoscenze sul comportamento tossicomanico correlato all’uso di cocaina siano decisamente ampie e permettano di riconoscere fattori di rischio e “percorsi” eziopatogenetici, a tutt’oggi non esistono farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) per la dipendenza da cocaina; nella pratica vengono comunque utilizzate due classi di farmaci quali gli agenti dopaminergici e gli antidepressivi. Le ricerche a disposizione su entrambe le tipologie sono abbastanza scarse e riguardano soprattutto il controllo dell’astinenza più che la prevenzione delle ricadute. L’uso della prima classe è basato sulla teoria che l’impiego cronico della cocaina riduca l’efficienza della neurotrasmissione dopaminergica centrale. Diverse sostanze sono state impiegate quali l’amantadina, la bromocriptina, il mazindolo e il metilfenidato, derivandone alcune conferme rispetto alla rapidità di azione degli stessi, alla correzione della disregolazione della dopamina e alla possibilità di alleviare i sintomi di astinenza che spesso seguono alla cessazione dell’uso di cocaina. In alcuni casi (mazindolo), però, non si riscontravano differenze nelle risposte tra gruppi trattati e controlli associati a placebo. Talvolta, come nel caso della bromocriptina, gli effetti collaterali riscontrati ne riducevano la possibilità di impiego clinico. Infine, altre sostanze (metilfenidato) risultavano efficaci solo in gruppi ristretti di pazienti (quelli con ADHD). Per quanto riguarda gli antidepressivi, questi farmaci dovrebbero indurre la down-regolazione dei recettori sinaptici, con un’azione opposta a quella presinaptica, up-regolatrice, causata dall’uso cronico di stimolanti. Nonostante gli antidepressivi abbiano un profilo di effetti collaterali scarso, tassi di compliance validi e scarsa potenzialità di abuso i loro effetti cominciano a manifestarsi solo dopo 10-20 giorni e influiscono pertanto sulla percezione che il paziente ha dell’efficacia immediata della terapia e sulle aspettative di cambiamento rapido. Triciclici e altri antidepressivi di nuova generazione (fluoxetina, sertralina, etc.) sono stati impiegati con questi pazienti dimostrando una certa riduzione del craving senza peraltro dimostrare una capacità effettiva di mantenere l’astinenza. Migliori risultati sembrano essersi riscontrati, invece, nei pazienti comorbili dove il trattamento della patologia mentale - primaria o secondaria, a sua volta slatentizzata dall’uso di cocaina - sembra ridurne l’utilizzo. Gli stabilizzatori dell’umore (valproato, litio, carbamazepina), sebbene in grado di contenere l’uso di cocaina, difficilmente man254


LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

tengono nel tempo le promesse evidenziate ai primi riscontri clinici: anche in questo caso i maggiori vantaggi sono riferiti a pazienti comorbili. Il disulfiram sembra offrire qualche buona opportunità a pazienti con uso di alcool e cocaina insieme, mentre la buprenorfina causa più effetti negativi che positivi negli eroinomani che fanno uso di cocaina. In sostanza, poiché i disturbi psichiatrici comorbili, frequenti negli utilizzatori di cocaina, sembrano aumentare il rischio di incentivare l’uso della sostanza (automedicazione) il trattamento di scelta deve essere indirizzato a questa condizione, previa una attenta valutazione diagnostica preliminare. In conclusione, il trattamento dell’uso di stimolanti (le segnalazioni fatte finora valgono infatti anche per le amfetamine) richiede un assessment delle caratteristiche globali del paziente. Il clinico deve essere consapevole che questi pazienti hanno una spiccata tendenza al poliabuso e alla polidipendenza e che questo aspetto complica decisamente la situazione del malato e la sua terapia. In molti casi l’intervento farmacologico è comunque necessario soprattutto durante lo stato di intossicazione: per esempio, i neurolettici devono essere utilizzati nelle condizioni di delirium e/o di psicosi, ma anche come anticraving nelle fasi precoci dell’astinenza. Durante le fasi tardive dell’astinenza, quando la depressione può essere presente, gli antidepressivi sono un’adeguata scelta per il trattamento di questa condizione. Le strategie di trattamento finora discusse possono essere effettuate sia nei setting ambulatoriali che residenziali: nel primo caso, il clinico deve essere a conoscenza dei rischi correlati all’associazione di effetti che l’assunzione contemporanea di psicofarmaci e cocaina può determinare (Kosten, Singha, 1999).

Prevenzione Il fatto che i programmi di prevenzione selettiva risultino efficaci è, di per sé, la migliore dimostrazione della possibilità di ridurre l’uso di sostanze. Usualmente, i programmi di prevenzione possono essere attivati nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle cliniche, nell’ambito del sistema di giustizia, etc. Programmi quali lo “Students Taught Awareness” (STAR) - che coinvolgono genitori e figli con informazione e skills training per quanto riguarda i rischi dell’uso - sono stati valutati in termini di costo-beneficio ed hanno ridotto i tassi di impiego delle sostanze nelle scuole dove sono stati sperimentati. Anche chi lavora può essere associato a workshops sull’uso di sostanze. Ad esempio, the United States Department of Housing and Urban Development (HUD) sponsorizza programmi di prevenzione nell’ambito dei luoghi di lavoro. Inoltre, diverse aziende mettono a disposizione test per lo screening dell’uso di sostanze o programmi di counseling e trattamento per chi risulti positivo. Il sistema di giustizia giovanile statunitense ha implementato, nel corso di questi anni, programmi di prevenzione dell’uso di droghe. In conclusione, i programmi di prevenzione devono essere impostati soprattutto come elemento antagonistico rispetto ai fattori di rischio (intrapersonali, sociale e ambientali) e come supporto ai fattori protettivi derivanti dalla ricerca epidemiologica (Pentz, 1999). A questo livello le strategie preventive non possono che essere distribuite su più ambiti, anche per quanto riguarda la prevenzione dei disturbi mentali o dei fattori di rischio correlati alla salute mentale: si tratterà pertanto, con modalità diversificate, di focalizzare programmi scolastici, programmi 255


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rivolti alle famiglie, programmi di comunità e programmi rivolti ai contesti lavorativi, meglio se comprehensive. Inevitabilmente, il ruolo dei mass-media e di chi imposta le policy socio-sanitarie diventa, a questo livello, strategico.

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LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

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LE PATOLOGIE INTERNISTICHE CORRELATE ALL’USO DI COCAINA

5.2

Oliviero Bosco*, Giovanni Serpelloni** * Centro di Medicina Preventiva ULSS 20 Verona ** Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto

La cocaina è un alcaloide naturale presente nelle piante appartenenti alla famiglia delle Eritroxilacee ed in maggiore quantità è contenuta nell’Eritroxylum Coca ed Eritroxylum Novogranatense. La cocaina svolge la sua azione mediante il blocco del transporter delle monoamine (serotonina, noradrenalina ed in particolare dopamina) ottenendo un sensibile aumento della concentrazione della dopamina nello spazio sinaptico a disposizione del recettore post-sinaptico con un incremento del segnale di “rinforzo”. In questo modo la cocaina potenzia la trasmissione dopaminergica. L’azione gratificante della cocaina si esplica attraverso l’attivazione dei neuroni dopaminergici del sistema mesolimbico. Tali neuroni originano nel mesencefalo e proiettano le loro terminazioni nervose nelle aree cerebrali appartenenti al sistema libico e sappiamo ormai che tutte le sostanze d’abuso sono capaci di agire su questi neuroni e interferire con la loro normale attività. (Fig. 1) La somministrazione ripetuta di cocaina sembra comunque comportare una certa compromissione della funzionalità dopaminergica, come dimostrato dalla riduzione della concentrazione sinaptica della dopamina e dalla ipersensibilità dei recettori post-sinaptici osservabili nel trattamento cronico. L’azione inibente la ricaptazione di altri neurotrasmettitori come la noradrenalina e la serotonina spiega invece gli effetti della cocaina su altri organi ed apparati. La cocaina infatti è fondamentalmente una sostanza stimolante a livello del sistema nervoso centrale, un anestetico locale ed un simpaticomimetico con potente effetto vasocostrittore. L’effetto della cocaina sul sistema cardiovascolare si spiega invece con il blocco del reuptake della noradrenalina, sia a livello centrale che periferico. Il conseguente effetto vasocostrittore si esplica in periferia potenziando la risposta adrenergica. (Tab. 1) L’azione come anestetico locale dipende invece dal blocco della conduzione dell’impulso nervoso a livello dei canali voltaggio-sensibili del Na+, cui si lega con una moderata affinità, in modo da bloccare l’ingresso e la depolarizzazione Na+ dipendente. La depolarizzazione è bloccata anche da una precisa collocazione della molecola su un recettore situato nell’area del canale del Na+, ostacolandone l’ingresso. L’azione anestetico locale e gli aspetti neurocomportamentali della cocaina possono essere letti in una chiave unitaria: la cocaina si dispone su di un recettore posto all’interno del canale 259


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del Na+, ostacolandone l’ingresso e bloccando la depolarizzazione, così come occupa il proprio recettore sulla membrana presinaptica, ostacolando il reuptake di noradrenalina, dopamina e serotonina. Fig.1 Meccanismo d’azione della cocaina

Tab. 1: effetti della cocaina correlati al tipo di neurotrasmettitore interessato Trasmissione Dopaminergica

Sintomo Autostimolazione (rinforzo positivo) Anoressia Stereotipia

Serotoninergica

Iperattività Arousal sessuale Allucinazioni

Noradrenergica (ipertonia simpatica di origine centrale)

Ipertermia Vasospasmo Tachicardia Ipertensione Vasocostrizione Midriasi Tremore

L’uso e l’abuso di cocaina fanno parte di uno spettro di disturbi ben noti e classificati dal DSM IV tra i Disturbi Correlati all’Uso di Sostanze. Gli effetti comportamentali e psicologici della 260


LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

cocaina dipendono, oltre che dalla dose e dalla purezza, da una serie di circostanze quali: via di somministrazione, durata dell’uso, stato di salute mentale dell’utilizzatore, storia personale tossicologica (compreso l’uso concomitante di altre sostanze d’abuso). Gli effetti della droga si verificano più o meno rapidamente (e dipendono dalla modalità di assunzione, in ordine di velocità: iniezione venosa, crack/freebase, sniffare, masticare le foglie) e consistono principalmente in: 1. Effetti psicotropi: – Aumento dell’attenzione e della concentrazione – Riduzione del senso di fatica – Riduzione di sonno e fame – Senso di euforia 2. Effetti fisiologici: – contrazione dei vasi sanguigni – dilatazione delle pupille (midriasi). – aumento della temperatura corporea, del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa – blocco del riassorbimento della dopamina nelle sinapsi 3. Effetti a lungo termine: – depressione, ansia, irritabilità, paranoia, insonnia e psicosi – perdita di peso – rottura del setto nasale nel caso la droga sia assunta per via intranasale per un lungo periodo di tempo 4. Sintomi di Overdose: – Agitazione, ostilità, allucinazioni, convulsioni, ipertermia, infarto, paralisi muscolare e della respirazione, morte. Gli effetti della cocaina sul SNC interessano le funzioni cognitive ed affettive oltre che gli impulsi fisiologici come la fame, la sete, il sonno ed il sesso. A livello periferico è presente un corteo sintomatologico legato in gran parte alla aumentata liberazione di amine biogene come dopamina, adrenalina, noradrenalina. Nell’organismo si scatena una reazione di allarme. Si produce uno stato di allerta, con attivazione del sistema cardiovascolare e risultante tachicardia ed ipertensione. Sono presenti inoltre tremori, contrazioni muscolari, flushing cutaneo e midriasi, accompagnati da un ritardato svuotamento vescicale ed intestinale. L’uso cronico della cocaina può portare ad un grave decadimento delle condizioni generali e alla comparsa di disturbi organici. Gli organi bersaglio sono soprattutto il cuore e il distretto cardio-circolatorio. A livello cardiaco si possono avere delle aritmie di vario tipo e grado; l’aumento del consumo di ossigeno e la riduzione del flusso coronarico conducono ad uno stato di ischemia cronica. La comparsa di spasmi a livello coronarico può condurre ad infarto del miocardio. Vasocostrizione e spasmi possono condurre all’insorgenza di infarti anche in altri distretti (polmone e cervello in particolar modo). Anche l’aterosclerosi è accentuata dalla cocaina ed il suo uso è stato associato alla formazione di trombi. Le crisi ipertensive, causate dall’assunzione di cocaina, possono portare ad emorragie cerebrali. L’assunzione per via nasale può condurre, per gli effetti vasocostrittori della sostanza, alla necrosi e alla perforazione del setto. A livello polmonare si possono osservare ipertensione e edema. È stata descritta anche una 261


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sindrome, detta “polmone da crack”. I sintomi sono quelli di una polmonite: dolore toracico, difficoltà respiratoria e iperpiressia. L’uso cronico di cocaina, diminuendo le scorte di dopamina, può causare anche iperprolattinemia con ginecomastia, galattorrea e amenorrea. La libido è diminuita con riduzione della performance sessuale, impotenza nell’uomo ed anorgasmia nella donna. Infine, la cocaina è anche un agente epilettogeno. La capacità di provocare convulsioni generalizzate aumenta a seguito di ripetute somministrazioni.

Quadri clinici Negli Stati Uniti, la cocaina rappresenta da alcuni anni la causa di una alta percentuale di ricoveri, dovute all’uso di sostanze illecite, afferiti alle strutture di emergenza. In una recente survey del 2002 si registrava in tal senso una percentuale del 30%, di cui un quinto conseguente all’uso di crack. Dal 1995 al 2002, si è inoltre osservato un incremento del 33% dei ricoveri in Pronto Soccorso per uso di cocaina. Uno studio sulla rilevazione delle complicanze da uso di cocaina in 233 soggetti recatisi in Pronto Soccorso, ha evidenziato la presenza di complicanze cardiopolmonari (56% dei casi), neurologiche (39%), psichiatriche (35%) e infettive (10%). Sintomi multipli erano presenti in oltre il 57% dei soggetti: il sintomo più frequente era il dolore toracico (39%), seguito da ansia (22%), dispnea (21%), tachicardia (20%), vertigine (13%) e cefalea (12%). Le principali complicanze mediche sono elencate in tabella 2; abbiamo volutamente tralasciato dall’elenco le complicanze di tipo psichiatrico ed infettivo perché trattate in altre parti di questa pubblicazione. Tab. 2: principali complicanze da uso di cocaina Complicanze Cardiovascolari

Quadro clinico Cardiopatia ischemica Infarto del miocardio Dolore toracico Cardiomiopatia Aritmie Endocardite Miocardite Edema polmonare cardiogenico Ipertensione arteriosa Dissecazione aortica

Neurologiche

Flebiti, tromboflebiti Cefalea Convulsioni Ictus Movimenti involontari Vasculiti Delirio di agitazione Atrofia cerebrale

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LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

Complicanze Polmonari

Quadro clinico Quadro respiratorio acuto Asma Malattia eosinofila polmonare e polmonite interstiziale Pneumotorace Pneumomediastino Pneumopericardio Edema polmonare Emorragia ed infarto polmonare Embolia polmonare “Crack lung” Bronchiolite obliterante Danno acuto delle vie respiratorie

Gastrointestinali

Stomatiti, glossiti Ischemia intestinale Infarto mesenterico Perforazione intestinale Colite Infarto della milza Epatopatia

Renali

Ostetriche e neonatali

Performance sessuale

Muscoloscheletriche Capo, collo e cute

Insufficienza renale acuta Infarto renale Mioglobinuria Rottura placentare Placenta previa Preeclampsia Aborto spontaneo Ritardo dello sviluppo e della crescita intrauterina Prematurità Sindrome da morte improvvisa neonatale Basso peso alla nascita Anomalie congenite Diminuzione della libido Impotenza Alterazioni del ciclo mestruale Rabdomiolisi Erosioni dentali Ulcere gengivali Perforazione del setto nasale Rinite cronica Sinusite frontale Anosmia Granuloma della linea mediana Cheratiti e cheratocongiuntiviti Difetti epitelio corneale

Altre

Neuropatia ottica Ipertermia Acidemia

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Qui di seguito descriveremo i principali quadri clinici correlati alla assunzione di cocaina. 1. Complicanze cardiovascolari Ischemia ed infarto miocardico L’ischemia e l’infarto miocardio acuto rappresentano la complicanze più frequentemente descritte associate all’uso di cocaina. La prima segnalazione di infarto miocardio conseguente all’uso di cocaina è del 1982. Da allora sono stati riportati più di cento casi di insorgenza di infarto e assunzione di cocaina. La cocaina sembra essere la causa di ischemia miocardia o infarto in pazienti con o senza danno coronario preesistente. Il dolore retrosternale è presente nel 40% dei casi di accessi al pronto soccorso correlati all’assunzione di cocaina e nelle persone che si presentano ai reparti di emergenza lamentando un dolore toracico non traumatico dovrebbe essere sempre indagato l’ambito tossicologico ed in particolare l’uso di cocaina; tale sintomo infatti è quello di più comune riscontro nei cocainomani. Approssimativamente il 6% dei pazienti che afferiscono al pronto soccorso con tale quadro presentano innalzamento dei livelli enzimatici, in relazione al danno miocardio. Le persone con infarto miocardio da abuso di cocaina sono indistinguibili dalla popolazione generale in quanto a tempo di insorgenza, localizzazione e durata del dolore, anamesi positiva per patologia cardiovascolare e presenza o assenza di dei tradizionali fattori di rischio per aterosclerosi. Negli individui con infarto associato all’uso di cocaina, il tempo di insorgenza dei sintomi varia in relazione alla via di assunzione: da una media di 30 minuti per la somministrazione endovenosa, ai 90 per il crack e ai 135 per l’assunzione intranasale. Alcuni studi angiografici hanno mostrato sia arterie coronariche normali che compromesse: approssimativamente un terzo dei pazienti aveva coronarie normali. In uno studio autoptico su cocainomani, si è riscontrata la presenza di lesioni coronariche stenosanti, con frequenza maggiore di quanto atteso per l’età. Angiografie coronariche di pazienti assuntori di cocaina con sintomatologia cardiaca, hanno mostrato quadri aterosclerotici in circa il 60% dei pazienti, nonostante la loro relativamente giovane età. I pazienti coinvolti sono relativamente giovani (età media 31-34 anni), più del 90% maschi apparentemente sani. Inoltre in un recente lavoro, è stato evidenziato che il regolare uso di cocaina è stato associato all’incremento di infarto miocardio in giovani pazienti: approssimativamente 1 evento di infarto miocardio non fatale su 4 in persone tra i 18 ed i 45 anni. Il rischio di insorgenza di infarto è massimo nella prima ora dopo l’assunzione (da 24 a 31 volte maggiore rispetto al rischio basale), e il rischio per la vita è stato stimato essere mediamente del 6% maggiore rispetto ai non assuntori. Bisogna comunque ricordare che la sua comparsa è stata riportata fino ad un periodo successivo di 15 ore. La sua insorgenza inoltre è indipendente dalla via di assunzione e non sembrerebbe essere correlata alla dose assunta: si è osservata però, in studi sull’animale, una maggiore e più rapida tossicità per quantità > di 5 mg/kg e minore per dosi < 2 mg/kg. Il monitoraggio elettrocardiografico di assuntori cronici, ha fatto registrare episodi ricorrenti di innalzamento del tratto ST durante la prima settimana di detossificazione, nel 40% dei casi. Numerosi meccanismi sono sta proposti per spiegare la patologia ischemica a carico del mio264


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cardio nei pazienti con abuso di cocaina, ed in particolare: trombosi coronarica, aumento della richiesta di ossigeno da parte del miocardio, vasocostrizione coronarica ed accelerata aterosclerosi. La aumentata aggregazione piastrinica con conseguente formazione di trombi a livello coronarico, rappresenta un’importante meccanismo nello sviluppo di infarto e sembra attribuibile ad una alterazione della funzionalità piastrinica e delle cellule endoteliali, indotte dalla cocaina. Il danno endoteliale si verifica in sede di vasospasmo arteriolare con conseguente formazione di trombo. Per quanto riguarda l’aumento di richiesta di ossigeno da parte del miocardio, l’effetto simpaticomimetico della cocaina induce un aumento della frequenza cardiaca, ipertensione arteriosa ed aumento della contrattilità. Tutti fattori associati con aumentato fabbisogno di ossigeno da parte del cuore. In un contesto di stenosi coronarica, la cocaina può causare una discrepanza tra fabbisogno e fornitura di ossigeno a livello del tessuto miocardico, con conseguente ischemia. Lo spasmo coronarico come causa di infarto, è stato ipotizzato per spiegare la sua evenienza in soggetti non coronaropatici. La vasocostrizione indotta da cocaina è dovuta principalmente agli aumentati livelli di catecolamine circolanti e conseguente stimolazione dei recettori α-adrenergici. Quest’ultimo effetto è imputabile alla cocaina nel caso di sintomatologia ad insorgenza rapida, ai suoi metaboliti quando la sintomatologia anginosa compare tardivamente. Alcuni studi autoptici hanno fatto riscontrare una aumentata prevalenza di lesioni aterosclerotiche in pazienti assuntori di cocaina, inoltre è stata riscontrata anche la presenza di iperplasia intimale in giovani pazienti cocainomani con episodio fatale di infarto miocardico. In sintesi quindi, si può affermare che la cocaina induce ischemia ed infarto miocardico attraverso fattori multipli, che vanno dalla marcata vasocostrizione coronarica (con conseguente stasi ed aggregazione piastrinica, aumentata anche dalla cocaina), all’aumentata richiesta di ossigeno da parte del miocardio e danno vascolare con accelerazione dei processi aterosclerotici. Cardiomiopatia È stato dimostrato che la cocaina può indurre un deterioramento acuta della funzionalità sia sistolica che diastolica del ventricolo sinistro, direttamente, anche in assenza di infarto. Questa disfunzione ventricolare può essere attribuita all’effetto tossico diretto della sostanza, a miocardite o ad entrambe. Negli assuntori cronici di cocaina si è riscontrata una ipertrofia ventricolare sinistra con importante disfunzione sistolica. In questo tipo di pazienti alcuni studi hanno descritto una cardiomiopatia dilatativa, così come una importante e reversibile depressione miocardica dopo uso massiccio di cocaina. In sostanza quindi la cocaina causa compromissione della funzione sistolica del ventricolo cardiaco sinistro attraverso il concorso di più meccanismi. La cocaina induce ischemia subendocardica o infarto attraverso una potente stimolazione simpaticomimetica. L’esposizione ricorrente del miocardio all’eccesso di catecolamine può causare cardiomiopatia (testimoniata istologicamente da “necrosi a bande di contrazione” a livello subendoteliale), come osservato nei soggetti affetti da feocromocitoma. Infine, studi su animali hanno fatto rilevare come la cocaina induca un aumento dell’apoptosi dei miociti attraverso l’alterazione di citochine endoteliale e leucocitarie e l’induzione di variazione della composizione del collagene miocardico e della miosina. 265


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Aritmie L’uso di cocaina è correlato alla possibile comparsa di aritmie di vario grado. Le principali aritmie riscontrate sono: tachicardia e bradicardia sinusale, tachicardia sopraventricolare, l’asistolia, blocco di branca, tachicardia e fibrillazione ventricolare, torsade-de-pointes, quadro di Brugada (blocco di braca destro, elevazione tratto ST in V1 V2 e V3). Il preciso potenziale aritmogeno della cocaina non è ben definito; tuttavia, in parecchie occasioni il disturbo aritmico si verifica in un contesto di profonda alterazione emodinamica e metabolica come ipotensione, ipossiemia, vertigini o infarto miocardico. È ipotizzabile comunque che la cocaina favorisca l’insorgere di aritmie cardiache attraverso più meccanismi. Come potente simpaticomimetico può aumentare l’eretismo ventricolare ed abbassarne la soglia di fibrillazione. Attraverso il blocco dei canali del sodio, impedisce la generazione e la conduzione dello stimolo elettrico (prolungamento del tratto QRS e dell’intervallo QT), agendo come un farmaco antiaritmico di classe I. Mediante l’aumento del calcio intracellulare, potenzia il rischio di insorgenza di aritmie ventricolari. Infine riduce l’attività vagale potenziando l’attività simpaticomimetica. Inoltre l’uso prolungato di cocaina è associato ad ipertrofia ventricolare con aumento di spessore della parete, fattori associati ad aumentato rischio, oltre che di infarto, anche di aritmie cardiache. Fig.2: Meccanismi di cardiotossicità indotta da cocaina.

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Endocardite e miocardite Negli assuntori di cocaina per via endovenosa è stata riscontrata una maggiore frequenza di endocardite, ed essa stessa sembra essere un fattore di rischio indipendente rispetto ad altre sostanze iniettate per la stessa via. L’uso endovenoso di cocaina è associato in particolare ad un aumentato rischio di endocarditi batteriche. Il motivo di questo incrementato rischio non è del tutto chiaro. L’aumento della frequenza cardiaca e della pressione sistolica che accompagna l’uso di cocaina può provocare insulti vascolari e valvolari, che predisporrebbero all’ingresso di patogeni. Anche la maniera con cui è preparata la sostanza potrebbe spiegare l’aumentato rischio di endocarditi: l’eroina viene scaldata prima di essere iniettata, la cocaina no. Infine i suoi effetti immunosoppressivi e la presenza di sostanze adulteranti usate come “taglio”, potrebbero anch’essi esercitare un ruolo. In contrasto alle endocarditi provocate da altre sostanze d’abuso, l’endocardite da cocaina coinvolge più spesso le cavità sinistre del cuore. La concomitante assunzione di sostanze presenti nella polvere assunta o di agenti infettivi può causare anche miocardite. Dissecazione aortica La dissecazione aortica o la sua rottura costituiscono una possibile drammatica evenienza tra gli assuntori di cocaina, in particolare per via inalatoria (crack). Tale eventualità deve essere presa in considerazione in caso di dolore toracico nei cocainomani. Il meccanismo alla base di tale quadro clinico sembra essere riconducibile all’ipertensione arteriosa e all’aumento delle catecolamine causate dalla cocaina. In aggiunta alla rottura dell’aorta è stato osservato anche un incremento della prevalenza di aneurismi delle coronarie, che contribuiscono all’insorgenza di infarto miocardico. Ipertensione arteriosa L’ipertensione arteriosa ed in particolare le crisi ipertensive, sono di frequente riscontro negli assuntori di cocaina. La genesi di questi quadri clinici sembra essere da ricondurre principalmente alla vasocostrizione periferica indotta dal mancato reuptake delle amine vasoattive, ma anche da un deficit dei riflessi dei barocettori, come studi recenti dimostrerebbero. Tale stato contribuisce in maniera importante alla genesi dei quadri patologici cardiaci. Flebiti e tromboflebiti Altre possibili conseguenze dell’uso di cocaina sono le tromboflebiti superficiali e profonde, che si realizzano con meccanismi riconducibili all’azione di vasocostrizione, di stimolo alla aggregazione piastrinica caratteristiche della droga e anche al possibile meccanismo irritativo provocato da sostanze da taglio presenti nei preparati in uso. Associazione con fumo ed alcool Molti pazienti con angina pectoris o infarto, associati ad assunzione di cocaina, sono contemporaneamente anche fumatori di sigarette. Il fumo di sigaretta provoca vasocostrizione coronarica attraverso una stimolazione α-adrenergica, come la cocaina. Studi recenti hanno dimostrato che 267


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gli effetti deleteri della cocaina sul fabbisogno di ossigeno da parte del miocardio, sono esacerbati dal concomitante fumo di sigaretta. Questa associazione incentiva l’aumento della frequenza cardiaca e l’ipertensione arteriosa; combinazione che determina un aumento del fabbisogno di ossigeno da parte del miocardio con una contemporanea diminuzione del diametro delle arterie coronariche. Nel poliabuso di sostanze una combinazione molto comune è quella costituita da cocaina ed alcool. Una recente survey americana ha rilevato che circa 9 milioni di persone assumono contemporaneamente cocaina ed alcool. L’assunzione concomitante di queste due sostanze è associata con un maggior tasso di esiti e morte improvvisa rispetto all’uso disgiunto; si stima infatti che questo rischio sia di 20 volte maggiore, come riscontrato nell’ambito di reperti autoptici di patologie cardiovascolari. Si è infatti ipotizzato che vi sia un effetto sinergico o additivo tra le due sostanze che si riflette in maniera catastrofica sul sistema cardiovascolare, dovuto anche alla presenza di metaboliti della cocaina biologicamente attivi, come il cocaetilene. 2. Complicanze neurologiche La cocaina agisce come uno stimolante del sistema nervoso centrale attraverso l’inibizione del reuptake della dopamina, serotonina e norepinefrina; inoltre causa rilascio di quest’ultima sostanza anche dalle ghiandole surrenali. L’intensità e la durata dell’effetto stimolante è in funzione dalla via di assunzione e dalla conseguente velocità di raggiungimento del picco plasmatico. Numerosi sono i quadri neurologici associati all’uso di questa sostanza e qui di seguito ne verranno illustrati i principali. Cefalea e convulsioni La cefalea rappresenta un sintomo di frequente riscontro, conseguente all’ipertensione arteriosa e può insorgere sia durante l’assunzione della cocaina che nella fase astinenziale. Le convulsioni appaiono con una certa frequenza e sono considerate una manifestazione severa di tossicità. Assieme alle alterazioni del sensorio, le convulsioni sono le sindromi neurologiche più frequentemente osservate nei dipartimenti di emergenza, raggiungendo il 52% dei quadri. La frequenza degli episodi convulsivi per sé è stata riportata con frequenza diversa, dall’1% al 29% delle osservazioni, verosimilmente in relazione al continuo incremento dell’so di questa droga. Le convulsioni correlate alla cocaina possono manifestarsi sia negli assuntori cronici che nei naïve e soprattutto come manifestazione di overdose. Sono solitamente generalizzate, tonico-cloniche e si risolvono senza necessità di intervento farmacologico. Non sembra esserci relazione con il tempo di assunzione, infatti la loro comparsa può essere immediatamente dopo l’assunzione che manifestarsi dopo parecchie ore. Il meccanismo patogenetico ipotizzato è riconducibile all’aumentata concentrazione di serotonina nello spazio sinaptico. Ictus (stroke) Le complicanze vascolari cerebrali, siano esse di natura ischemica o emorragica, possono rappresentare una evenienza drammatica dell’abuso di cocaina. La prevalenza di tali lesioni è molto diversa dalla popolazione generale dove lo stroke è di natura prevalentemente ischemica (85% dei casi) ed interessa soprattutto la popolazione in età 268


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avanzata (80% dei casi), mentre negli assuntori di cocaina l’età media si aggira intorno ai 3034 anni. Nel 50% dei casi il quadro neurologico insorge dopo qualche ora dall’assunzione della sostanza, ma talvolta può manifestarsi a parecchie ore di distanza da un uso massiccio (binge). I quadri ischemici ed emorragici di stroke si manifestano con uguale frequenza con l’uso di cocaina come alcaloide; mentre l’assunzione di cocaina idrocloride è associata nell’80% dei casi con la comparsa di lesioni emorragiche e, nel 50% di questi casi si è riscontrata la concomitante rottura di lesioni aneurismatiche o malformazioni vascolari preesistenti. In uno studio coinvolgente 3700 pazienti assuntori di cocaina, il 54% di coloro che presentavano anomalie radiologiche cerebrali, avevano avuto un episodio ischemico cerebrale. Nell’83% di questi ultimi si è riscontrata una lesione di tipo infartuale che interessava il territorio dell’arteria cerebrale media. Gli infarti sono in genere subcorticali e verosimilmente gli episodi ischemici sono più frequenti di quanto osservato. Infatti si sono riscontrati, con metodiche di neuroimaging, lesioni ischemiche cerebrali che non avevano esitato in quadri clinici evidenziabili. I meccanismi che stanno alla base delle lesioni di natura ischemica sono riconducibili al vasospasmo arterioso come conseguenza diretta dell’azione della cocaina (interferenza sui canali cellulari del calcio e azione simpaticomimetica), all’attivazione dell’aggregazione piastrinica e non da ultimo all’induzione di quadri vasculitici cerebrali. L’azione vasocostrittrice sarebbe inoltre dovuta anche ai metaboliti della cocaina che, avendo una emivita più lunga potrebbero spiegare l’insorgenza dell’ictus anche a distanza Nei quadri emorragici (46% dei casi), i reperti erano equamente rappresentati da emorragia intracerebrale e da emorragia subaracnoidea. L’emorragia intraparenchimale rappresenta una complicazione frequente e ben conosciuta; la sua localizzazione può variare per manifestazione e sede, anche se è più spesso centrale, nella regione talamica e del putamen. Diversi meccanismi sono implicati nella sua genesi. Fatti emorragici possono comparire in aree precedentemente ischemiche; la riperfusione di queste aree può spiegare la comparsa di emorragia. Il transitorio incremento della pressione arteriosa sistemica può contribuire all’instaurarsi di una emorragia. Infine fatti embolici a seguito di aritmie o infarto miocardico possono produrre in alcuni pazienti lesioni di natura emorragica. Il secondo tipo di emorragie intracraniche in relazione all’uso di cocaina, sono le emorragie subaracnoidee, che talvolta compaiono anche in soggetti con emorragie intraparenchimali. Frequentemente questi pazienti presentano delle anomalie vascolari preesistenti come aneurismi del poligono del Willis. In questo contesto può giocare un ruolo importante l’ipertensione arteriosa transitoria che si verifica dopo l’uso di cocaina; questa ipotesi trova conferma in quei casi in cui l’emorragia si verifica entro pochi minuti, in stretta relazione quindi con il transitorio innalzamento dei valori pressori. Come si è già detto la maggior parte dei pazienti con stroke cocaina-correlati sono di età inferiore giovane ed in uno studio su pazienti con ictus tra i 17 ed i 44 anni, il 34% degli episodi era associato con l’uso ricreazionale di sostanze. Nei pazienti con età inferiore ai 35 anni tale tipo di associazione saliva al 47% e la sostanza d’abuso più frequente era la cocaina. Movimenti involontari A livello dello striato l’uso cronico di cocaina diminuisce la densità dei recettori di tipo 1 della dopamina, ma non quelli di tipo 2. L’antagonismo della funzione nigrostriatale della dopamina 269


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può causare disfunzioni nei motoneuroni extrapiramidali con distonie muscolari, bradicinesia, acinesia, acatisia, pseudoparkinsonismo e catalessi. Anche l’uso cronico di cocaina provoca una netta diminuzione dei livelli di dopamina e quindi, la droga, può diventare di per sé un fattore di comparsa di reazioni distoniche. In particolare le distonie sono un disturbo del movimento caratterizzato da contrazioni muscolari involontarie, che costringono alcune parti del corpo ad assumere posture o movimenti anormali e spesso dolorosi. I neurolettici sono i farmaci di cui è conosciuta la possibilità di causare distonie per la loro azione di blocco dei recettori dopaminici a livello nigrostriatale. In questo senso la cocaina può costituire un importante fattore di rischio per la comparsa di tali quadri in persone che assumono neurolettici. Delirio eccitatorio Il delirio con agitazione, conosciuto anche come delirio eccitatorio, è un quadro di comune riscontro tra coloro che muoiono a causa di tossicità da cocaina. Nelle morti associate a cocaina riscontrate negli Stati Uniti tra il 1979 ed il 1990, tale quadro clinico risultava l’evento terminale di 1 caso su 6. Nei pazienti che presentano delirio con agitazione si ha l’immediata comparsa di comportamento bizzarro e violento che include aggressione, combattività, iperattività, ipertermia, paranoia, energia inaspettata e/o grida incoerenti. Tutto questo era seguito da arresto cardiorespiratorio. La frequenza d’uso della sostanza che aumenta il rischio di delirio non è determinata, tuttavia ripetuti binge sono associati alla comparsa di tale evento fatale. Gli individui con delirio eccitatorio sembrano essere più sensibili agli eventi fatali associati all’aumento delle catecolamine circolanti, rispetto agli altri individui che usano cocaina. Il delirio sembra scatenato da un aumento delle concentrazioni di dopamina dovuto ad un difetto nella regolazione del suo transporter; di conseguenza vi è un accumulo di dopamina intrasinaptico, condizione che facilita la comparsa di agitazione e delirio. L’ipertermia aumenta l’incidenza del delirio eccitatorio. Il decesso per quest’ultimo è più comune nei mesi estivi (55% contro il 33% delle atre morti accidentali per cocaina); perciò l’elevata temperatura ambientale l’umidità possono giocare un ruolo importante nel suo sviluppo. Manovre costrittive attuate in caso di delirio possono costituire un fattore aggravante, soprattutto quando il paziente si trova in posizione prona. La morte improvvisa durante una costrizione in posizione prona può essere causata da una serie di fattori: aumento dello stress catecolaminico cardiaco, aumento della domanda di ossigeno a livello del cuore e dei polmoni, insufficienza respiratoria per la difficoltà di espansione della parete toracica e del diaframma. 3. Complicanze polmonari I dati riguardanti l’effetto della cocaina ed in particolare il crack, sulla funzione polmonare, misurati con i test standard, sono variabili. Tuttavia si è riscontrata una modesta. ma significativa alterazione della capacità di diffusione polmonare, nei assuntori di crack rispetto ad altre sostanze, in un terzo dei casi. Una diminuzione della capacità di diffusione di solito implica un danno della membrana alveolo-capillare. Il meccanismo di questa alterazione non è chiaro, ma sono state proposte alcune teorie al riguardo: danno diretto della membrana alveolo-capillare, danno del letto vascolare 270


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polmonare, danno interstiziale in caso di concomitante uso endovenoso. Due ulteriori fattori di confondimento che possono concorrere all’alterazione della capacità di diffusione polmonare possono essere la presenza di anemia (che diminuisce la capacità di diffusione) e l’emorragia alveolare (che può aumentare la capacità di diffusione). Quadro respiratorio acuto I polmoni sono i principali organi esposti ai prodotti di combustione dell’assunzione di cocaina per via inalatoria (crack). La sintomatologia acuta respiratoria compare di solito dopo alcune ore, ma in alcuni casi anche dopo minuti. I disturbi polmonari acuti comprendono: tosse con produzione di catarro di colore scuro, dolore toracico con o senza dispnea, emottisi, esacerbazione di asma. La tosse risulta essere il sintomo di esordio più comune (44% dei casi). Il meccanismo che induce la tosse non è del tutto chiaro, ma una sua possibile spiegazione potrebbe essere ricondotta alla presenze di sostanze nocive nel prodotto inalato che irritano l’epitelio delle vie respiratorie. La produzione di catarro carbonaceo (black sputum) è caratteristico degli assuntori di crack ed è attribuibile alla inalazione di residui carbonacei presenti nelle torce di cotone imbevute di butano o alcool, utilizzate per riscaldare la cocaina. Il dolore toracico (38% dei casi) di solito compare dopo circa un’ora dalla assunzione della droga e viene esacerbato dall’inspirio profondo. Il meccanismo che in duce il dolore toracico rappresenta la risposta sensoriale locale della irritazione acuta della vie respiratorie dovuta sia all’elevata concentrazione di cocaina inalata, che ai prodotti di combustione del crack. È verosimile che sia il dolore toracico che lo sputo carbonaceo siano in relazione alla tecnica con cui riscalda il crack, con l’utilizzo prevalente di butano che contribuisce all’irritazione delle vie respiratorie. In caso di comparsa di dolore toracico devono comunque essere escluse anche altre cause del sintomo quali: ischemia o infarto miocardio acuto, pneumotorace o pneumomediastino. L’emottisi viene riportata dal 6 al 26% dei casi. Il sanguinamento può essere dovuto sia alla rottura di vasi bronchiali o della mucosa tracheale, che originare dalla membrana alveolo-capillare. Asma Numerosi autori hanno riportato casi di esacerbazione di quadri asmatici in pazienti assuntori di crack. Tra i pazienti con un nuovo episodio asmatico, afferenti a strutture di emergenza negli Stati Uniti, il 36.4% è stato riscontrato positivi alla ricerca dei metabolici urinari della cocaina. Il meccanismo scatenante il broncospasmo è da porre verosimilmente in relazione a flogosi dell’epitelio respiratorio da parte sia della cocaina che dalle altre sostanze presenti nelle preparazioni da strada. Malattia eosinofila polmonare e polmonite interstiziale In soggetti con uso inalatorio di cocaina, in parecchie occasioni, è stata riscontrata la presenza di eosinofilia polmonare. Inoltre vi sono parecchie segnalazioni di polmonite interstiziale associate all’uso di crack. Tali quadri si accompagnano dal punto di vista sintomatologico a febbre, tosse, dispnea, ipossiemia ed infiltrati periferici polmonari con eosinofilia ed elevate IgE sieriche. 271


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Pneumotorace, pneumomediastino e pneumopericardio Pneumotorace e pneumomediastino costituiscono due possibili conseguenze dell’uso inalatorio di cocaina ed in particolare di crack. I soggetti presentano usualmente dolore toracico e dispnea. La diagnosi radiologica è facilitata dalla osservazione di raccolta retrosternale di gas nella proiezione laterale e la dislocazione laterale della pleura mediastinica. La causa di questi barotraumi sembra essere attribuibile ad aumento della pressione intraalveolare causata da profonda inalazione seguita da manovra di Valsalva (praticata per aumentare l’effetto della sostanza) o da tosse severa scatenata dalla cocaina. La conseguente rottura alveolare porta a diffusione di aria, attraverso il connettivo peribronchiolare, nello spazio mediastinico, pericardico e pleurico. Infine anche la presenza di processi infiammatori del parenchima polmonare può contribuire alla rottura degli alveoli. Nell’assunzione di cocaina per via endovenosa è stata riportata la pratica di iniezione della sostanza a livello della vena giugulare interna (“pocket shot”), dirigendo l’ago, a livello del collo, nella depressione sopraclaveare e verso il muscolo sternocleidomastoideo. Questi tentativi possono lacerare la pleura apicale e/o i vasi sanguigni provocando pneumotorace ed emotorace. Di solito questo interessa soprattutto il lato sinistro, data la prevalenza di soggetti destrimani. La diagnosi differenziale include la perforazione dell’esofago e i tumori. Edema polmonare L’edema polmonare non cardiogenico è una complicanza dell’uso di cocaina sia per via endovenosa che inalatoria. La radiografia polmonare mostra usualmente infiltrati periilari, interstiziali ed alveolari bilaterali e speso simmetrici. La causa è da ricercare probabilmente all’azione delle catecolamine circolanti, associato o meno ad un effetto diretto della cocaina a carico degli alveoli polmonari. In quasi tutti i casi vi è una stretta relazione temporale tra la quantità di crack inalato (1 grammo o più) e la comparsa dei sintomi (di solito entro 1 o 2 ore dall’inalazione). La dispnea è il sintomo sempre presente. Quadri di edema polmonare cardiogenico sono invece conseguenti a ischemia ed infarto miocardio o alla transitoria insufficienza ventricolare sinistra, dovuta alla vasocostrizione periferica mediata dalle catecolamine. Emorragia ed infarto polmonare Una comune manifestazione dell’abuso di cocaina è costituita da emorragia polmonare diffusa con dispnea ed emottisi, anche se non sempre riportata in maniera adeguata in letteratura. Più comune è l’evenienza di una emorragia polmonare occulta; tale quadro è stato riscontrato, a livello autoptico, nel 30% dei soggetti con morte improvvisa in seguito ad overdose di cocaina. L’emorragia polmonare è verosimilmente in relazione a estrema vasocostrizione della vascolarizzazione polmonare con conseguente ipossia tissutale. Più rara è la possibilità di infarto polmonare come conseguenza di vasospasmo localizzato e trombosi. “Crack lung” In soggetti forti fumatori di crack è stato descritto un quadro clinico denominato “crack lung”. Tale quadro può contemplare varie combinazioni sintomatologiche come febbre, dolore toracico, tosse con emottisi, dispnea, broncospasmo, prurito, emorragia, edema ed interstiziopatia polmonare. A livello tissutale si riscontrano infiltrati alveolari senza effusioni ed eosinofilia, pre272


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sente anche a livello sistemico. Dal punto di vista radiologico si può avere un reperto simile all’embolia polmonare. I possibili meccanismi coinvolti sono molteplici: vasocostrizione polmonare con anossia epiteliale e conseguente danno tissutale con emorragie alveolare ed edema; effetto tossico diretto delle sostanze inalate; trombocitopenia indotta dalla cocaina. Questo sindrome si presenta in genere da 1 a 48 ore dopo l’assunzione di crack. Bronchiolite obliterante Un quadro di insufficienza respiratoria con un reperto bioptico di bronchiolite obliterante e polmonite è stato riscontrato in assuntori di cocaina per via inalatoria. La manifestazione clinica comprende febbre, tosse secca, dispnea, ostruzione delle vie respiratorie e opacità nodulari bilaterali a livello radiologico. Danno acuto delle vie respiratorie Un’altra possibile complicanza polmonare dovuta al crack è costituita da un severo danno termico delle vie respiratorie dovuto sia al rapido ed elevato riscaldamento intratracheale causato dall’alcol impiegato per il processo di assunzione della sostanza, che ad insulto chimico da parte dei prodotti chimici inalati. In seguito a questo danno si può verificare una flogosi acuta delle vie respiratorie con possibile stenosi tracheale, che può richiedere una risoluzione chirurgica. 4. Complicanze gastrointestinali Le complicanze gastrointestinali dovute all’uso di cocaina sono meno frequenti di quelle precedentemente descritte, tuttavia possono costituire ugualmente en evento drammatico. Anche in questo caso il meccanismo principale è da ricondurre all’azione delle catecolamine stimolate dall’assunzione della droga. Stomatiti e glossiti Quadri infiammatori a carico della mucosa della bocca e linguale sono stati descritti in soggetti cocainomani. Tali quadri sono caratteristici dei soggetti che masticano la cocaina. Ischemia e perforazione intestinale In ambito addominale sono stati descritti quadri di perforazione a tutti i livelli del tratto intestinale: prepilorica, gastroduodenale e mesenterica. In seguito all’ingestione della sostanza compaiono dolore addominale e debolezza, con accompagnamento di nausea, vomito e melena. L’insorgenza dei sintomi può variare da 1 ora fino a 48 ore dopo l’uso di cocaina. Le complicanze addominali variano a seconda che si assuma cocaina o crack. L’abuso di cocaina può causare ischemia mesenterica e gangrena, con possibile perforazione a carico del piccolo e del grosso intestino e conseguente emorragia peritoneale. L’ileo distale è il più comunemente interessato, ma vi sono segnalazioni di gangrena coinvolgente qualsiasi parte del piccolo intestino. Il meccanismo patofisiologico è il vasospasmo arteriolare o la vasocostrizione indotti dalla cocaina e che porta a ischemia intestinale con necrosi mucosa e transmurale. Un meccanismo alternativo può essere costituito dalla trombosi mesenterica causata dall’aggregazione piastrinica con il successivo rilascio di mediatori vasoattive. Quest’ultimo costitui273


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sce un processo cronico che interessa pazienti giovani che presentano dolore addominale aggravato dall’ingestione di cibo e perdita di peso: sintomi classici dell’angina mesenterica. La mortalità associata a queste complicanze può essere alta (fino al 21%), specialmente in presenza di gangrena. In seguito all’uso di crack la causa più comune di addome acuto è costituita da perforazione duodenale prepilorica. In aggiunta il crack può comportare l’insorgenza di problemi simili a quelli incontrati nell’abuso di cocaina, quali gangrena intestinale con perforazione; tuttavia il crack causa più frequentemente una perforazione intestinale del tratto alto. Con l’abuso di crack può insorgere anche una colite ischemica, che si presenta con dolore addominale e melena. Il meccanismo del danno indotto dal crack è sempre quello della vasocostrizione con conseguente ischemia e necrosi della parete. Una possibile spiegazione del maggior interessamento del tratto intestinale alto negli assuntori di crack potrebbe essere il suo documentato effetto sulla motilità gastrica e l’incremento della pressione intragastrica a causa dell’aumento dell’aria inghiottita e del trattenimento del respiro. I quadri di ischemia ed infarto intestinale sono osservati più frequentemente nei body packer. Epatopatia Alcune osservazioni cliniche hanno riportato una correlazione tra alterazioni della funzionalità epatica nel poliabuso di sostanze e nell’assunzione non parenterale di cocaina. Tali osservazioni sono molto importanti in quanto, ogni alterazione della funzionalità epatica indotta da cocaina (sul citocromo p-450 o sul sistema della monoossigenasi), può conseguentemente rallentare il metabolismo della droga stessa e aumentare la presenza di metabolici, a loro volta con proprietà vasoattive. L’azione citotossica risulta più marcata se il soggetto abusa anche di alcool, per la epatotossicità del cocaetilene. Infine sono stati riportati anche casi di infarto splenico. 5. Complicanze renali Insufficienza renale acuta L’insufficienza reale acuta dovuta a necrosi tubulare, è la complicanza renale di più frequente riscontro. Tale quadro si verifica in seguito a rabdomiolisi, dovuta ad episodi convulsivi, allo stato ipertensivo e ad ipertermia. Infarto renale L’infarto renale dovuto ad abuso di cocaina solitamente si presenta con dolore persistente e severo al fianco o dolore addominale associato con nausea o vomito con o senza febbre. La comparsa dei sintomi avviene usualmente dopo 2-3 ore dall’uso della sostanza, ma può comparire tardivamente fino a 4 giorni dopo. Tutte le vie di assunzione della cocaina possono portare a tale complicanza. La sintomatologia renale può, in alcuni casi, un dolore suggestivo per infezione delle vie urinarie o nefrolitiasi. 274


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La patofisiologia è multifattoriale e coinvolge variazioni della emodinamica renale, alterazioni della sintesi della matrice glomerulare, stress ossidativi e possibile induzione di aterosclerosi. Tuttavia gli effetti vasocostrittori e l’effetto trombogenico della cocaina sembrano essere i fattori dominanti nell’infarto renale correlato alla sua assunzione. L’effetto aterogenico della cocaina e la sua correlazione con l’infarto renale, sembra essere correlato più ad un effetto a lungo termine che ad un fatto acuto. Infine la cocaina sembra anche favorire la slatentizzazione di una patologia renale preesistente. Dal punto di vista immunologico si è rilevato che la cocaina può causare proliferazione mesangiale con conseguente comparsa di glomerulosclerosi segmentale. 6. Complicanze ostetriche e neonatali In questi ultimi anni si è verificato un sostanziale aumento del consumo di cocaina in gravidanza ed è parallelamente aumentato l’interesse nello studio delle alterazioni conseguenti all’uso di tale sostanza nel corso della gestazione. L’uso di cocaina in gravidanza è chiaramente in relazione all’incremento di problematiche sia per la prosecuzione della gestazione, che per la susseguente crescita e sviluppo fetale. Complicanze ostetriche Con l’assunzione di cocaina durante la gravidanza è stata riportata una maggiore frequenza di aborto spontaneo, sanguinamento per placenta previa e rottura placentare, prolungata rottura delle membrane, ritardo della crescita intrauterina e prematurità fetale. Vi è l’evidenza sperimentale di aumento della pressione materna dose-dipendente con concomitante diminuzione del flusso placentare. La resistenza a livello della vascolarizzazione uterina aumenta in relazione alla dose di cocaina assunta e queste variazioni vascolari sono accompagnati da marcata tachicardia, ipertensione ed ipossiemia fetale. L’aumentata incidenza di aborto spontaneo e rottura placentare è correlata direttamente alla vasocostrizione placentare, diminuzione dell’apporto ematico placentare ed aumento della contrattilità dell’utero. Questi fattori, in aggiunta alla marcata ipertensione sistemica concomitante all’uso di cocaina, possono favorire la rottura placentare. L’assunzione cronica di cocaina comporta la diminuzione del flusso ematico placentare con insufficienza utero-placentare. Tutto ciò gioca un ruolo importante nel ritardo di crescita e sviluppo endouterino del feto. Complicanze neonatali La cocaina è in grado di superare la barriera placentare e si accumula nei tessuti fetali a concentrazioni maggiori di quelle osservate nel plasma materno. L’azione vasocostrittrice della cocaina a livello dell’arteria ombelicale può, inoltre, ridurre il flusso ematico con conseguente ipossia fetale che sembra essere uno dei fattori responsabili delle alterazioni nei neonati. Molti lavori clinici indicano che neonati di madri che assumevano cocaina durante la gravidanza presentavano un peso alla nascita inferiore ai controlli, così come ridotta era la loro circonferenza cranica. Tali ricerche hanno evidenziato che l’uso della cocaina provocava aumento dei movimenti del feto, una maggiore irritabilità e presenza di “scatti”, indipendentemente dalla dose assunta e dal tempo di assunzione. 275


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Da quando è apparsa la prima segnalazione che descriveva alterazioni comportamentali in neonati esposti in utero a cocaina, un considerevole numero di ricerche ha focalizzato la propria attenzione su tale problema. In genere è stata riportata una ridotta capacità di interesse, una diminuita abilità a fornire risposte appropriate agli stimoli, una maggiore irritabilità e una iporeflessia. Osservazioni longitudinali rivolte alla valutazione di possibili disturbi cognitivi nei bambini esposti in utero a cocaina hanno evidenziato significative alterazioni del linguaggio e del QI. Recenti studi hanno dimostrato che bambini esposti a cocaina nel periodo gestazionale esibivano sottili alterazioni del comportamento: maggior irritabilità, disturbi dell’attenzione e maggiore impulsività e ridotta capacità attentiva soprattutto in situazioni di confronto e di competizione nell’ambito del gruppo e della scuola. In sintesi quindi i bambini esposti alla cocaina in utero presentano deficit cognitivi che possono protrarsi fino al secondo anno di vita. Infine vi sono segnalazioni che l’esposizione fetale alla cocaina può causare anomalie di varia natura: cuore, polmoni, fegato, genitali e sistema nervoso. In particolare a livello cardiaco si possono riscontrare difetti settali atriali e ventricolari, ipoplasia sia destra che sinistra. Inoltre l’esposizione prenatale alla cocaina è associata a coartazione aortica, stenosi polmonare periferica, prolasso valvolare aortico ed aritmie. Il meccanismo che induce tale tipo di malformazioni sembra essere correlato ad una maggiore sensibilità miocardia all’ischemia e all’induzione di apoptosi a livello miocardico, da parte della cocaina 7. Complicanze della performance sessuale La cocaina è una droga d’abuso con effetti sessuali acuti e cronici del tutto opposti. Grazie alla sua azione dopaminergica, essa aumenta il desiderio e l’eccitazione mentre, parallelamente, inibisce l’orgasmo in entrambi i sessi. Il mito delle “lunghe notti d’amore” va ridimensionato, soprattutto dal punto di vista maschile. Infatti, per molti uomini, una lunga attività sessuale che non culmini nell’eiaculazione può essere fastidiosa e addirittura dolorosa. Alcuni di essi, invece, apprezzano questo effetto perché consente loro di prolungare il piacere ed evitare eiaculazioni precoci. Al contrario, per le donne, che spesso hanno il problema opposto, questo fenomeno è decisamente indesiderato. Un recente studio effettuato su donne afro-americane ha inoltre smentito il luogo comune secondo il quale la cocaina sia un potente afrodisiaco femminile. L’uso cronico causa una riduzione sostanziale della libido ed influisce negativamente sulle funzioni riproduttive. In utilizzatori di cocaina di sesso maschile sono state osservate impotenza, alterazioni della funzione erettile e ginecomastia, regrediti molti mesi dopo la sospensione dell’uso di sostanza. Nelle donne invece sono stati riportati disturbi del ciclo mestruale quali amenorrea, sterilità e galatorrea. Tali disturbi sono verosimilmente da attribuire ad una persistente iperprolattinemia come conseguenza dell’alterazione nella regolazione dopaminergica della secrezione di prolattina a livello ipofisario, indotta dalla cocaina. La cocaina, una sostanza con note proprietà anestetiche, è talvolta usata localmente per ridurre la sensibilità del pene e prolungare l’orgasmo, soprattutto in soggetti che soffrono di eiaculazione precoce. L’iniezione di cocaina direttamente nei corpi cavernosi può causare priapismo. 276


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8. Complicanze muscoloscheletriche (rabdomiolisi) Numerose segnalazioni riportano la comparsa di rabdomiolisi in relazione all’uso di cocaina, indipendentemente alla via di assunzione, associata a elevati livelli di CK, ipotensione profonda, ipertermia, tachicardia, rigidità muscolare diffusa e, frequentemente, delirio eccitatorio. Tale quadro frequentemente si associa a coagulazione intravascolare disseminata, insufficienza renale acuta con mioglobinuria, ed epatopatia; quadro che ricorda la sindrome maligna da neurolettici. L’uso cronico di cocaina è responsabile di persistenti cambiamenti della funzione dopaminergica, che predispongono al rischio di delirio e rabdomiolisi. Non sempre tale evenienza comporta la comparsa di sintomatologia franca, infatti sono stati osservati quadri asintomatici di innalzamento dei livelli enzimatici muscolari (fino al 24% dei soggetti assuntori di cocaina); ciò supporta l’ipotesi che alterazioni croniche della funzione dopaminergica possano alterare la fisiologia della muscolatura scheletrica. Convulsioni, ipertermia, ipotensione o prolungata perdita di coscienza non sono requisiti indispensabili per la comparsa di rabdomiolisi: questo suggerisce che la cocaina possa agire con una tossicità diretta sul muscolo scheletrico. La rabdomiolisi è frequentemente associata a insufficienza renale con mioglobinuria e tale evenienza comporta un alto tasso di mortalità. Verosimilmente la vasocostrizione e l’alterazione dell’emodinamica a livello renale indotte dalla cocaina, favoriscono la comparsa di tale quadro clinico. Istologicamente si rileva un quadro aspecifico di necrosi delle fibre muscolari. 9. Complicanze di capo, collo e cute Cute Nell’assunzione di coca per via endovenosa, nei siti cutanei di recente somministrazione a si osservano aree discromiche color salmone, che con il passare del tempo diventano blu e quindi gialle per poi scomparire. Anche nei fumatori cronici di crack si possono osservare lesioni cutanee caratteristiche. Sono state descritte lesioni di tipo ipercheratosico alle dita e al palmo della mano, soprattutto quella dominante dovute ad insulto termico della pipa di vetro con cui viene fumato io crack. In dosi terapeutiche la cocaina ha un’azione anestetica e l’applicazione sulla cute e le mucose può causare lesioni di tipo necrotico. ORL e orofaringe Le complicanze otorinolaringoiatriche più frequenti nei consumatori cronici di cocaina per via inalatoria sono costituite dalla perdita dell’olfatto, la comparsa di sinusite frontale, l’atrofia della mucosa nasale e la perforazione-necrosi del setto, in seguito a somministrazione per via inalatoria. In particolare quest’ultimo quadro è associato all’assunzione di cocaina per via endonasale e la perforazione della parte cartilaginea del setto è probabilmente la risultante di una combinazione di fattori quali l’effetto topico della sostanza ed il potente effetto vasocostrittore indotto dalle catecolamine. Sempre tramite quest’ultima vi di assunzione, ci sono state alcune descrizioni di una nuova sindrome con un processo distruttivo aggressivo endonasale ed endofaringeo, simile alla granulomatosi di Wegener e alla reticulosi della linea mediana. Sono infine stati descritti anche quadri di perforazione del palato. 277


COCAINA

A carico dello smalto dei denti anteriori superiori si possono sviluppare erosioni, dovute al gocciolamento della cocaina una volta sniffata, dai seni paranasali e dall’orofaringe. Occhio Numerosi sono i quadri patologici descritti a seguito dell’uso di cocaina. È stata descritto un progressivo calo dell’acuità visiva, o addirittura cecità improvvisa per occlusione dell’arteria centrale della retina in relazione ad episodi vasculitici cerebrali cocainacorrelati, o vasospasmo diffuso. Nei consumatori cronici di crack, l’effetto anestetizzante della cocaina a livello della cornea aumenta il rischio di lesioni da grattamento con conseguente maggiore facilità nello sviluppo di cheratiti e cheratocongiuntiviti. Il contatto della cocaina con la cornea può provocare ulcere ed abrasioni corneali; il danno corneale può anche essere una conseguenza dell’irritazione causata dal fumo. Tale quadro oculare viene anche chiamato “crack eye”. Altri quadri oftalmologici descritti sono: offuscamento della vista, endoftalmite in seguito ad infezione locale o sistemica, neuropatia ottica come complicanza di una sinusite cronica da uso endonasale e che si presenta come diminuzione dell’acuità visiva, granuloma o embolia da corpo estraneo. 10. Altre complicanze Ipertermia L’effetto letale della cocaina è peculiare rispetto alla altre sostanze d’abuso, perché non è legato solamente alla dose assunta, ma anche alla sua propensione a causare ipertermia. Infatti nei soggetti assuntori si verifica ipertermia anche con bassi livelli di sostanza e il tasso di mortalità aumenta sostanzialmente con le temperature calde. Le temperature raggiunte possono essere estremamente elevate (temperatura rettale fino a 45°C). Le proprietà della cocaina di causare ipertermia sono la risultante di diversi meccanismi: lo stato di agitazione ed aumentata attività muscolare che si verifica contestualmente (fino al delirio eccitatorio) e che aumentano la produzione di calore, lo squilibrio della funzione dopaminergica (diminuzione dei recettori D2) con conseguente perdita di controllo sulla regolazione della temperatura interna) ed infine una alterazione dei meccanismi di dissipazione del calore (blocco della sudorazione, della vasodilatazione cutanea e della percezione del calore). La produzione di calore può, infine, contribuire all’aumento della distruzione muscolare con conseguente mioglobinuria. Quest’ultima, in associazione alla diminuita perfusione renale, può causare necrosi tubulare acuta. Acidemia L’acidemia rappresenta un importante quadro tossico e può giocare un ruolo significativo nella mortalità correlata alla cocaina. Sperimentalmente, in presenza di diminuito pH intracellulare, si registra una diminuzione del rilascio del calcio dai miofilamenti con conseguente diminuzione della contrattilità muscolare. Tutto ciò si riflette a livello cardiaco con una diminuzione della contrattilità miocardica. L’acidosi inoltre aumenta la comparsa di aritmie mediante anomalie della polarizzazione e rallenta la trasmissione del segnale a livello atriale. In presenza di cocaina, che blocca i canali del sodio, si possono verificare marcate riduzioni della velocità di 278


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conduzione, con conseguente probabilità di comparsa di aritmie cardiache. L’abuso di cocaina è considerato un fattore di rischio per la comparsa di chetoacidosi in pazienti diabetici. Attraverso l’incremento delle catecolamine plasmatiche la cocaina inibisce la secrezione pancreatica di insulina, e aumenta la produzione di glucagone. Conseguentemente si registra una stimolazione della glicogenolisi e gluconeogenesi epatica con attivazione della lipolisi nella muscolatura scheletrica, riduzione del consumo periferico di glucosio e stimolazione della chetogenesi.

Sintomatologia di presentazione La cocaina esercita un effetto multisistemico e, virtualmente, ogni organo può essere coinvolto. Il sospetto di abuso di cocaina può essere preso in considerazione in presenza di alterazioni dello stato mentale, comparsa ex novo di convulsioni, ipertensione, dolore toracico, ischemia miocardica o infarto, tachipnea, emorragia intracranica, epistassi o quadri psichiatrici, specialmente se a comparsa in giovani soggetti. In questi casi bisogna porre particolare attenzione all’esame cardiologico, polmonare e neurologico. Vengono qui di seguito presentati i principali segni e sintomi che possono insorgere in seguito ad assunzione di cocaina. Tab. 3: principali sintomi correlati all’uso di cocaina Ambito Segni vitali

Cardiovascolare e respiratorio

Segni e sintomi Bradicardia Tachicardia Ipertensione Ipertermia Cute fredda Aritmie Collasso Insufficienza cardiaca Dispnea Tachipnea Arresto respiratorio Edema polmonare

Occhi e naso

Midriasi reattiva Nistagmo Epistassi Atrofia della mucosa Ulcerazione e perforazione del setto nasale

Gastrointestinale e renale

Vomito Diarrea Suoni da iperattività intestinale Dolore e dolenzia addominale Melena Dolore al fianco o al dorso

Cute

Escoriazioni lineari Bruciature Arrossamenti tumefazioni dolenzia (flebiti)

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COCAINA

Neurologico e psichiatrico

Sensorio normale Alterato stato mentale Confusione Irrequietezza Agitazione Attività motoria incoerente (cocaine leaps) Paranoia Delirio Cefalea Tremore

Nella tabella seguente vengono invece riassunte le fasi della intossicazione acuta da cocaina. Tab. 4: le tre fasi dell’intossicazione acuta da cocaina. Fase I. Stimolazione iniziale

Ambito SNC

Circolatorio

Respiratorio

Segni e sintomi Midriasi Cefalea Bruxismo Nausea Vomito Vertigini Tremore involontario Tics Movimenti preconvulsivi Pseudo allucinazioni Possibile ipertensione arteriosa Bradi o tachicardia Pallore Tachipnea Aumento profondità del respiro

Temperatura

Ipertermia

Comportamento

Euforia Eloquio garrulo ed euforico Agitazione Apprensione Eccitazione Irrequietezza Sensazione di fatalità imminente Instabilità emotiva

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Fase II. Stimolazione avanzata

Ambito SNC

Segni e sintomi Encefalopatia maligna Convulsioni generalizzate Stato epilettico Diminuzione della risposta agli stimoli

Circolatorio

Iperreflessia marcata Incontinenza Ipertensione Tachicardia Aritmie ventricolari (possibili)

Respiratorio

Temperatura III. Depressione e stato preterminale

SNC

Circolatorio Respiratorio

Cianosi periferica Tachipnea Dispnea Respiro irregolare ed ansimante Ipertermia severa (possibile) Coma Areflessia Pupille fisse e dilatate Paralisi flaccida Perdita delle funzioni vitali di supporto Insufficienza cardiovascolare Arresto cardiaco (fibrillazione ventricolare) Insufficienza respiratoria Edema polmonare massivo Cianosi Respiro agonico Paralisi respiratoria

È difficile differenziare la sindrome da overdose di cocaina da quella di altre evenienze quali la sindrome serotoninergica (tossicità da litio e antidepressivi triciclici), tireotossicosi, o sindrome neurolettica maligna. Tra le diagnosi differenziali è da considerare, negli assuntori di cocaina, la tossicità da fenitoina. Tale quadro può presentarsi con nistagmo, atassia, disartria, letargia, ipotensione coma.

Cocaina e traumi Lo sviluppo e l’evoluzione tecnologica dei mezzi di locomozione rendono necessarie prestazioni di guida sempre più efficienti e lucide affinché sia mantenuta la sicurezza sia per il conducente che per la comunità. Parallelamente possiamo affermare che le sostanze psicoattive influenzano l’attenzione, la concentrazione e l’adeguatezza di risposta agli stimoli. Questo si traduce in una alterazione dei tempi di reazione per una eccessiva fiducia nelle proprie capacità e sottostima dell’entità del rischio per effetto ad esempio della cocaina e delle amfetamine, soprattutto se associate ad alcool. Dato l’incremento dell’uso di cocaina i dati della letteratura fanno rilevare una frequenza sempre maggiore di positività per i metabolici della cocaina durante la guida. In una survey del 1990, il 56% delle persone morte alla guida in incidenti stradali nella città di New York, presentavano metabolici della cocaina, alcool o entrambe le sostanze, che ne testimoniavano la re281


COCAINA

cente assunzione. È assai probabile che in realtà le persone coinvolte in incidenti non mortali del traffico e sotto l’effetto delle sostanze precedentemente descritte siano molte di più. La cocaina come causa di decessi esaminati dalle medicine legali e forniti dall’Istituto di Medicina Legale di Milano, è aumentata dal 2.8% del ‘96 al 13.8% del 2002. In alcuni studi effettuati negli Stati Uniti è stata riscontrata la presenza di cocaina in soggetti coinvolti in incidenti stradali con una percentuale variabile dall’8 al 42%. In tali studi emergeva anche l’assunzione contemporanea di più sostanze ed in particolare di alcool, con una percentuale dal 13 al 63%. Proprio l’uso contemporaneo di più sostanze con differenti pattern di attività richiede una particolare attenzione nell’approccio ai soggetti afferenti alle strutture di pronto soccorso, in seguito ad incidenti stradali, specie se giovani.

Conclusioni L’assunzione di cocaina è in continuo aumento e tale incremento ha comportato un incremento dei casi osservati in ambito della medicina d’urgenza e della mortalità correlata. La cocaina è una sostanza i cui effetti possono riguardare vari sistemi ed apparati, in relazione sia alla tossicità diretta, che alle azioni mediate dall’interferenza sul metabolismo della dopamina e delle catecolamine. I suoi effetti sul sistema cardiovascolare sono il risultato delle sue molteplici attività biologiche e possono causare infarto miocardio ed aritmie. La comprensione ed il riconoscimento precoce delle complicanze cardiovascolari correlate all’uso di cocaina sono essenziali per il loro corretto trattamento. La possibilità dell’assunzione di cocaina deve essere presa in considerazione ogniqualvolta si presenti un quadro di cardiopatia ischemia, infarto, aritmia o cardiopatia dilatativa, in un soggetto giovane con assenza o minimo rischio cardiovascolare. In ambito del sistema nervoso centrale i quadri più frequentemente associati a questa sostanza sono quelli a carattere ischemico ed emorragico e quando sono sintomatici, si riscontrano, con le tecniche di imaging, lesioni evidenti nel 75% dei casi. In ogni caso è prudente considerare la possibilità di assunzione di cocaina come possibile causa di ictus o emorragia in pazienti con meno di 40 anni. Proprio in considerazione dell’aumentato uso è importante considerarne il coinvolgimento in caso di dolore addominale riferito da soggetti giovani con storia di uso di cocaina; potrebbe infatti trattarsi di complicanze addominali correlate alla sua assunzione, come ischemia mesenterica e perforazione gastroduodenale. Infine l’incremento di uso della cocaina ha fatto riscontrare un aumento della presenza di suoi metaboliti nelle persone coinvolte in incidenti stradali, anche mortali. Tale dato rinforza l’utilità dell’esecuzione routinaria di uno screening tossicologico nelle persone afferenti alle strutture di emergenza in seguito a traumi stradali. Date queste considerazioni sarebbe utile concretizzare la costituzione di un sistema di sorveglianza e di allerta precoce che coinvolgesse sia i dipartimenti di emergenza che delle dipendenze, al fine di costituire una rete integrata per la diagnosi precoce delle patologie correlate all’abuso di cocaina e per l’invio delle persone presso le strutture di specialistiche in ambito delle dipendenze. 282


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LE COMPLICANZE INFETTIVE LEGATE ALL’ABUSO DI COCAINA

5.3

Mario Cruciani*, Giovanni Rezza**, Giovanni Serpelloni*** * Centro di Medicina Preventiva ULSS 20, Verona ** Reparto di Epidemiologia - Dipartimento di Malattie Infettive - Istituto Superiore di Sanità *** Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto

Introduzione L’abuso di sostanze stupefacenti rappresenta uno dei più rilevanti problemi sanitari dei giovani adulti nei paesi industrializzati e, in misura minore, in alcuni paesi in via di sviluppo. L’esistenza di un elevato numero di persone con comportamenti tossicomanici cronici è tuttora, e sembra destinato a rimanere, una fonte di problemi di assoluto rilievo. Tra le patologie associate alla tossicodipendenza, le malattie infettive occupano una posizione di preminenza [1-3], anche se non bisogna sottovalutare l’eccesso di mortalità da altre cause, prima fra tutte l’overdose. Tratteremo di seguito i principali problemi sanitari legati alla tossicodipendenza, con particolare riferimento alle più rilevanti cause di mortalità ed alle patologie di natura infettiva, che rappresentano una importante causa di patologie e decessi nei tossicodipendenti. In seguito verranno esaminate alcune delle problematiche infettivologiche legate all’abuso di cocaina. In effetti, alcune caratteristiche delle modalità di assunzione e, in particolare, degli effetti farmacologici della cocaina, rendono lo spettro e la frequenza di tali complicanze importanti negli utilizzatori di tale sostanza [4]. Eccesso di mortalità e cause di morte nei tossicodipendenti I tossicodipendenti hanno una mortalità più elevata rispetto a quella della popolazione generale della stessa età e dello stesso sesso. Diversi studi, eseguiti a partire dall’inizio del secolo scorso, hanno evidenziato e quantizzato questo fenomeno, aiutando a comprendere quali siano le cause di tale eccesso di mortalità, in parte riconducibili all’azione diretta della droga (es. overdose), in parte ai comportamenti che ne caratterizzano l’assunzione (es. infezioni conseguenti all’uso di aghi non sterili o a scambio di siringhe).Uno studio condotto negli USA su tossicodipendenti da morfina nel 1920 evidenziò per primo come l’età media al decesso fosse nei tossicodipendenti di circa 13 anni più bassa rispetto a quella della popolazione generale [5]; le cause principali di morte risultavano essere le malattie sessualmente trasmesse, la cirrosi, le infezioni da cause violente. Uno studio analogo, condotto su una popolazione più ampia in Inghilterra nel corso di un ventennio, fra il 1947 ed il 1967, evidenziò un tasso di mortalità nei tossicodipendenti del 27 per 1000, ben 28volte superiore a quello riscontrato nella popolazione generale della stessa 289


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età e sesso [6]; oltre il 60% dei decessi era dovuto a overdose o cause violente, il 20% ad infezioni. Altri due studi, eseguiti a Londra e negli USA alla fine degli anni ’60 mostravano tassi di mortalità variabili fra il 15% ed il 10% [7, 8]. Un ulteriore studio iniziato negli USA nel 1969 e proseguito nella prima metà degli anni ’70 evidenziava tassi di mortalità vicini al 15%, ben 14 volte superiori a quelli registrati nella popolazione generale [9, 10]; in questo caso, oltre il 70%dei decessi era attribuibile a cause violente .Studi condotti nei paesi scandinavi durante gli anni ’70 mostravano tassi di mortalità da 5 (Svezia) a 20 (Danimarca) volte superiori nei tossicodipendenti; l’overdose risultava di gran lunga la principale causa di mortalità [11, 12]. La successiva diffusione dell’infezione da HIV/AIDS determinava un incremento della mortalità dei tossicodipendenti in diverse aree urbane: a New-York, ad esempio, la mortalità totale aumentava da 13 per 1000 nel 1984 a 44 per 1000 nel 1987 [13]. In uno studio condotto a Roma negli anni ’80 si evidenziava un incremento del tasso di mortalità dall’11,8 per 1000 al 17,4 per 1000, con un rapporto standardizzato di mortalità (ovvero il rischio relativo di morte rispetto alla popolazione italiana) pari a 10,1. L’eccesso di mortalità si evidenziava non solo per overdose, AIDS ed altre malattie infettive, ma anche per cause cardio-circolatorie, respiratorie e gastrointestinali [14]. Il 16%di tutti i decessi fra i 15-34 anni di età nella città di Roma era attribuibile alla tossicodipendenza; in particolare, la proporzione di decessi attribuibile alla tossicodipendenza raggiungeva il 66% fra i maschi per l’endocardite ed il 37% per la cirrosi, mentre per le donne il 36% per la polmonite [15]. All’inizio degli anni ’90 il tasso di mortalità aggiustato per età continuava a salire fino a raggiungere 27,7 per 1000;ciò era dovuto soprattutto ad un incremento della mortalità da AIDS ma anche delle altre cause [16].In conclusione, il tasso di mortalità dei tossicodipendenti tende ad essere elevato ma non è né omogeneo né stabile, variando a seconda dell’area geografica e modificandosi nel tempo. Ad esempio,l’introduzione e successiva diffusione dell’epidemia diHIV/AIDS ha profondamente influenzato il tasso di mortalità nelle aree maggiormente colpite. Principali tipi di infezioni legate all’uso di stupefacenti La tabella 1 riassume le principali patologie infettive che si possono osservare in tossicodipendenti. La lista delle complicanze è lunga, includendo infezioni virali, batteriche, fungine ed anche protozoarie. Infezioni virali Le infezioni virali a trasmissione parenterale costituiscono un importante capitolo della patologia del tossicodipendente che assuma sostanze stupefacenti per via iniettiva. I risultati di uno studio americano [17]evidenziano come i tossicodipendenti acquisiscano, in tempi relativamente brevi, numerose infezioni virali. L’infezione da HCV viene in genere contratta nei primi anni dopo l’inizio della tossicodipendenza e raggiunge prevalenze superiori all’80%. Simile è anche la probabilità di acquisizione dell’infezione da HBV. La circolazione dell’infezione da HIV è, in genere, più lenta, mentre l’HTLV rimane a livelli di bassa endemia. Il virus dell’immunodeficienza umana Tra gli agenti virali, l’HIV rimane una causa importante di morbidità e mortalità nei tossicodipendenti. Occorre pero’ sottolineare che l’epidemiologia dell’infezione da HIV è andata progressivamente mutando, in Italia cosi’ come in altri paesi europei, e che la tossicodipendenza 290


LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

Tabella 1. Infezioni di riscontro più o meno comune nei tossicodipendenti Tipo di infezione Cute e tessuti molli

Etiologia Erisipela Celluliti Fascite necrotizzante e varianti

Osteomieliti ed artriti

Endocarditi Polmoniti

Infezioni vascolari non cardiache Endoftalmiti Ascessi splenici Patologie del sistema nervoso centrale

Infezioni a trasmissione sessuale

Infezioni trasmesse con sangue

Streptococchi, più raramente stafilococchi Streptococchi, stafilococchi, Gramnegativi Da Streptococchi di gruppo A, o ad etiologia mista(streptococchi +

Piomiositi

anaerobi) Streptococchi, stafilococchi, Gram-

Tetano della ferita Botulismo della ferita

negativi C. tetani C. botulinum

Per via ematogena o per contiguità; a carico della colonna lombo sacrale,

Streptococchi, stafilococchi, Gramnegativi, M. tuberculosis

sterno, gomito Più comuni sulla tricuspide che sulla mitrale Comunitarie e nosocomiali

Stafilococchi i più comuni

Pneumococco, emofilo, stafilococchi, gram-negativi, anaerobi, M. tuberculosis Tromboflebiti settiche, pseudoaneurismi Gram-positivi micotici, aneurismi micotici Candida, Aspergillus, batteriche S. aureus, Streptococchi gruppo A, gram-negativi, anaerobi Primarie o Metastatiche (in corso di Encefalopatie da HSV, encefalopatie sepsi ed endocarditi) HIV correlate, ascessi cerebrali da piogeni, escessi epidurali in corso di spondilodisciti, tubercolosi, meningiti, patologie da tossine (tetano e botulismo) Uretriti Gonococco, clamidia lue T. pallidum Epatiti HIV

Da HBV, HAV, HCV HIV

HIV Epatiti Altre

HIV HBV, HCV Malaria, leishmania

non rappresenta più la principale modalità di trasmissione dell’infezione. I dati del COA (centro operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità) evidenziano infatti come la distribuzione di nuovi casi di AIDS in Italia sia andata progressivamente diminuendo tra i tossicodipendenti, mentre è salità la modalità di trasmissione per via sessuale (figura 1). L’infezione da HIV/AIDS, di fatto, è risultata essere la principale causa di morte fra i tossicodipendenti negli anni ’90 in Italia, scavalcando l’overdose, che lo era stata sino ad allora. L’infezione da HIV si diffondeva in Italia principalmente tramite lo scambio di siringhe e/o aghi contaminati [18]. La velocità di circolazione virale in assenza di interventi può essere molto elevata,come osservato in diverse città del globo [19, 20], e può verificarsi un’ampia variabilità geografica anche in aree contigue [21]. Il cambio dei comportamenti correlati alle pratiche assuntive può determinare un rapido 291


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Figura 1 - Distribuzione dei casi di AIDS in Italia in adulti per categoria di esposizione e per anno di diagnosi (Fonte: COA)

declino del tasso di incidenza e, conseguentemente, una stabilizzazione ed un successivo decremento della prevalenza, come si è osservato anche nel nostro paese nel corso dei 20 anni di epidemia [22]. Ad esempio, la prevalenza di infezione da HIV nei tossicodipendenti italiani, insieme agli spagnoli i più colpiti in Europa, è diminuita da circa 50% a metà anni ’80, al 30%all’inizio degli anni ’90, a circa il 15% a fine secolo. Epatiti virali Infezioni virali di notevole rilevanza fra i tossicodipendenti, sia in termini epidemiologici che per le conseguenze cliniche, sono dovute ai virus epatotropi, in particolare ai virus dell’epatite C (HCV) e B (HBV),nonché al virus delta (HDV), virus difettivo che può replicarsi solo nelle persone infette con HBV. Mentre l’infezione da HBV (e, conseguentemente, quella da HDV) è oggi prevenibile tramite vaccinazione, l’HCV rappresenta ancora un’insidia difficilmente arginabile. L’infezione da HCV è altamente trasmissibile per via parenterale (ad esempio, la probabilità di trasmissione per singola puntura accidentale, fra gli operatori sanitari,è stimata essere 3:1000 per l’HIV, 3:100 per l’HCV, e circa 3:10 per l’HBV). Esistono aree italiane (ad esempio, l’area urbana di Napoli), caratterizzate da una bassa prevalenza di infezione da HIV nei tossicodipendenti, in cui l’incidenza di nuove infezioni stimata a cavallo fra fine anni ’80 e inizio anni ’90 era inferiore all’1% per HIV e di circa il 30% per HCV [23].Considerata l’aumentata sopravvivenza delle persone con HIV a seguito dell’introduzione delle nuove combinazioni di farmaci antiretrovirali, si ritiene oggi che l’HCV, per le sue gravi conseguenze (es. cirrosi e carcinoma epatocellulare) rappresenti un problema emergente di sanità pubblica. Infine, sono stati segnalati outbreak di epatite A in tossicodipendenti,sulla cui origine ancora ci si interroga. Sono state ipotizzate infatti diverse modalità di trasmissione (parenterale, per ingestione di sostanze contaminate, contatto da persona a persona) senza arrivare a definire con esattezza la fonte e le vie di diffusione [24]. 292


LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

Altre infezioni virali emergenti Altre infezioni virali emergenti, trasmesse per via parenterale, sono ampiamente diffuse fra i tossicodipendenti. Fra i retrovirus, l’HTLV-II è endemico fra i tossicodipendenti italiani, mentre l’HTLV-I circola soprattutto fra i tossicodipendenti di colore negli Stati Uniti [25]. L’impatto sulla salute delle infezioni da HTLV nei tossicodipendenti è basso, considerata la scarsa espressività clinica (l’HTLV-I è in grado di provocare rare forme di leucemia o una sindrome neurologica nota come paraparesi spastica tropicale nelle aree endemiche del Giappone meridionale o dei Caraibi, mentre il potenziale neurotropismo dell’HTLV-II è tuttora da definire).Virus epatotropi minori, pure trasmessi per via parenterale, quali il TTV o l’HGV non sembrano avere conseguenze cliniche rilevanti, per cui l’elevata prevalenza riscontrata nei tossicodipendenti non detemina particolari apprensioni. Infezioni (sistemiche o localizzate) batteriche,micotiche e protozoarie Le infezioni della cute e dei tessuti molli costituiscono in assoluto la causa più frequente di ospedalizzazione dei tossicodipendenti per via parenterale. Tra i tipi di infezione vanno ricordate soprattutto le celluliti e la fascite necrotizzante, più comune nei tossicodipendenti e gravata da elevata mortalità. Sono diversi gli agenti batterici in grado di provocare infezioni sistemiche nei tossicodipendenti, tanto da rappresentare la principale causa di quadri acuti febbrili [26]. Lo streptococco beta-emolitico di gruppo A, ad esempio, frequentemente colonizza le superfici cutanee, ed è una delle cause più frequenti di setticemia nel tossicodipendente [27, 28]. Batteriemia,infezioni delle vie respiratorie e del tratto genito urinario sono condizioni frequenti nel tossicodipendente, e gli agenti etiologici più comunemente isolati sono Staphylococcus aureus e Staphylococcus epidermidis,seguiti da Pseudomonas [29]. Una tipica sindrome febbrile del tossico dipendente è la cosiddetta cotton fever, malattia a decorso benigno, identificata nel 1975 in pazienti usi ad utilizzare cotone per filtrare l’eroina. Studi successivi ne hanno rivelato l’eziopatogenesi, che risulta riconducibile a endotossine prodotte da batteri gram-negativi, tra i quali Enterobacter agglomerans [30] ed Eikenella corrodens [31]. Il tetano è stato descritto fra i tossicodipendenti negli USA negli anni ’50 e ’60. Attualmente si verifica sporadicamente ed è associato all’iniezione sottocutanea accidentale (skin popping o”fuorivena”). Di rilievo pero’ il fatto che il 55% dei casi (6 casi su 11) riportati in California nel 1997 si siano verificati in tossicodipendenti (32). Sempre in California, il numero dei casi di tetano tra i tossicodipendenti è salito progressivamente negli ultimi anni. Il 60% dei casi totali di tetano e l’89% dei casi tra i tossicodipendenti per via parenterale si verificano tra ispanici messicani che, rispetto ad altri bianchi non-ispanici, sono più spesso privi di anticorpi protettivi nei confronti del tetano. Gli sporadici casi verificatisi in Italia negli ultimi anni sembrano essere ricollegabili alla progressiva compromissione degli accessi venosi tipica dei tossicodipendenti anziani: gli ascessi e i granulomi conseguenti allo stravaso della sostanza iniettata costituirebbero infatti un ambiente anaerobio ideale per la germinazione delle spore eventualmente inoculate [33]. Gli studi di coorte evidenziano tuttavia la relativa rarità del tetano come causa di morte nel tossicodipendente [34], anche se non può essere esclusa una sottonotifica. Il botulismo, segnalato per la prima volta tra i tossicodipendenti negli Stati Uniti nel 1982, rappresenta una rara complicanza delle ferite da iniezione [35]. La solubilizzazione dell’eroina 293


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mediante esposizione al calore non è sufficiente a garantire la distruzione delle spore di Clostridium botulinum e la segnalazione, nel1995, di 19 casi in tossicodipendenti californiani che avevano utilizzato black tar heroin [36] ha suggerito che le modalità di preparazione e le sostanze di taglio impiegate possano avere un ruolo nell’aumentare il rischio di botulismo. In uno studio caso-controllo, basato su 26 casi osservati in California, è stata evidenziata una relazione statisticamente significativa tra botulismo da ferita e quantità di black tar heroin inoculata intramuscolo o sottocute. Non solo batteri, ma anche miceti quali la Candida, possono dare gravi quadri clinici disseminati, con interessamento di cute, occhio, apparato osteo-articolare e respiratorio [37, 38]. Il dato epidemiologico comune è rappresentato dall’uso di eroina bruna iraniana (brown heroin) che, a causa della sua scarsa solubilità, deve essere diluita nel succo di limone (o in altri solventi acidi), che favoriscono la crescita di Candida albicans. Anche il succo d’arancia, usato per diluire preparati per uso orale contenenti metadone al fine di poterlo iniettare, può favorire la crescita del microrganismo Più recentemente in Irlanda e Gran Bretagna sono stati segnalati numerosi casi di una patologia acuta grave ad eziologia sconosciuta caratterizzata da estesa infiammazione locale in sede di iniezione sottocutanea o intramuscolare (ascessi, fascite, cellulite o miosite) associata a reazione leucemoide, ipotensione e collasso cardiocircolatorio [39]. Il quadro è risultato rapidamente fatale nel 51% dei casi nonostante terapia antibiotica ad ampio spettro. Gli estesi accertamenti microbiologici, che hanno consentito l’isolamento di varie specie batteriche tra cui in particolare Streptococco di gruppoA, ma anche Staphylococcus aureus e Clostridium species, spesso con quadri polimicrobici, ed hanno escluso la presenza di Bacillus anthracis Anche le polmoniti sono comuni nei tossicodipendenti. Il polmone è infatti danneggiato da insulti infettivi e non nell’utilizzatore di sostanze (40-44). La tossicodipendenza per sé, a causa della azione diretta di alcune sostanze d’abuso, in seguito alla loro inalazione, e la compromissione immunitaria dovuta all’infezione da HIV, aumentano il rischio di polmoniti batteriche nel tossicodipendente Tra gli agenti etiologici vi sono i più comuni agenti responsabili di infezioni polmonari comunitarie (pneumococchi ed emofili), con un aumentata incidenza di infezioni stafilococciche e da Gram-negativi. Da ricordare inoltre l’elevata prevalenza di tubercolosi nei tossicodipendenti. Tra le patologie toraciche inusuali merita menzione, per le particolari modalità con cui viene provocato, il piopneumotorace. Infatti, l’iniezione nella fossa sopraclavicolare nel tentativo di raggiungere le vene giugulari, sottoclaveari e brachiocefaliche (pocket shot) può rendersi responsabile di ascessi, celluliti e talora, appunto, di piopneumotorace [45]. Mycobacterium tuberculosis rappresenta nel tossicodipendente una causa importante di malattia. La diffusione e la trasmissione del bacillo tubercolare sono in rapido aumento, sia in Europa, sia negli Stati Uniti [46]. Anche prima della diffusione di HIV, la tubercolosi era considerata una patologia a maggiore incidenza tra i tossicodipendenti, e venivano segnalatele difficoltà di trattamento dovute alla limitata aderenza alle terapie [47]. La maggior incidenza nei tossicodipendenti rispetto alle altre categorie a rischio, anche fra i soggetti con infezione da HIV [48], suggerisce una più elevata prevalenza di infezione latente. Tale assunto è confermato dal riscontro di percentuali di positività alla reazione tubercolinica nettamente maggiori nei tossicodipendenti rispetto alla popolazione generale, nonostante l’immunodepressione indotta da HIV sia in grado di ridurre o abolire la risposta cutanea alla tubercolina [49]. È tuttavia probabile che, a differenza della maggior parte delle infezioni nei tossicodipendenti, la maggior incidenza 294


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di tubercolosi non sia direttamente associata all’uso della droga né alle modalità di assunzione o agli strumenti utilizzati per la sua preparazione, quanto piuttosto alle condizioni sociodemografiche e un più basso livello economico [50, 51]. La tosse, sintomo comune della dipendenza da eroina e da crak, così come la frequentazione di luoghi confinati e la detenzione, può contribuire ad aumentare la diffusione di micobatteri, e anche di ceppi multi-resistenti [52-56]. Un’altra grave patologia infettiva associata alla tossicodipendenza è l’endocardite batterica. La sua incidenza è stimata tra il 15 e i 20 casi per 1000 assuntori di sostanze stupefacenti per via endovenosa per anno [57, 58]. Descritte in associazione all’abuso endovenoso di sostanze stupefacenti già alla fine degli anni ’30 [59], le endocarditi rappresentavano in alcune casistiche negli USA, nell’era pre-HIV, la seconda causa di ricovero ospedaliero dei tossicodipendenti dopo l’intossicazione acuta, e una fra le più frequenti cause di morte[60, 61].In altre casistiche più recenti, le infezioni cardiovascolari rappresentavano una causa frequente di ricovero per patologie infettive comunitarie in tossicodipendenti, precedute peraltro dalle infezioni della cute / tessuti molli e dalle infezioni respiratorie [62]. La scarsa igiene nell’atto iniettivo fa si che un ruolo predominante nel causare infezioni endocardiche sia assunto dai batteri della flora cutanea. Caratteristicamente le endocarditi nel tossicodipendente sono più frequentemente sostenute da Staphylococcus aureus, ed interessano le sezioni destre del cuore (tricuspide). Rappresentano inoltre una causa comune di batteriemia (sino al 40% in alcune casistiche). In 2/3 dei casi si verificano su valvole precedentemente sane. Classicamente il paziente presenta sintomi da 1-2 settimane, ed in particolare febbre; sono spesso presenti segni d’ infezioni in altre sed i (2/3 dei casi) ed i comuni sintomi respiratori (tosse, dolore toracico); rari invece i segni di insufficienza tricuspidale (1/3). È comune la compromissione del sensorio. Le emocolture sono positive nel 80-100% dei casi; l’ecografia transesofagea è sensibile (90-98%) e specifica (100%). Encefalo e meningi rappresentano un altro bersaglio importante di processi infettivi che conseguono all’abuso di sostanze stupefacenti [63]. La maggior parte delle meningiti e degli ascessi cerebrali trae origine da stati setticemici o da emboli settici in pazienti con endocardite [64]. Tra i vari agenti batterici implicati, Staphylococcus aureus è il più frequentemente riscontrato. Il progressivo aumento dell’età media e l’associazione con alcolismo e condizioni di emarginazione sociale rendono non improbabile un incremento del rischio di meningiti pneumococciche. Il tossicodipendente presenta inoltre una più elevata incidenza di quadri infettivi a carico delle diverse porzioni anatomiche dell’occhio, superficiali o profonde (65-69) Le infezioni profonde sono di regola dovute all’inquinamento del materiale iniettato. L’endoftalmite da Candida, già descritta dalla metà degli anni ’80, è l’infezione oculare profonda più frequente nel tossi-codipendente [67] e spesso rappresenta la complicanza di una endocardite. È stato suggerito che la fonte dell’infezione sia da riportare all’abitudine di leccare l’ago prima dell’iniezione [68]. Più raramente l’agente patogeno in causa è Aspergillus [69]. Più recentemente, infine, è stata osservata un’endoftalmite da Fusarium in un assuntore di cocaina per via venosa [70]. I tossicodipendenti possono inoltre sviluppare infezioni del sistema scheletrico e articolare, secondarie alla disseminazione ematogena a partenza da focolai settici situati in altri organi, oppure, meno frequentemente, in conseguenza della diffusione per contiguità di infezioni di cute e tessuti molli. Infine, è da sottolineare la possibilità di outbreak di malaria trasmessa, tramite aghi e/o siringhe scambiate da tossicodipendenti, come avvenuto in passato a NewYork o in Spagna [70], 295


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mentre si ipotizza la possibilità di trasmissione di alcune forme di leishmaniosi da parte di pazienti immunodepressi quali i tossicodipendenti con infezione da HIV [71]. Peculiarità delle complicanze infettive negli utilizzatori di cocaina Effetti Farmacologici della cocaina e patologie infettive Alcuni degli effetti farmacologici della cocaina possono spiegare la propensità a sviluppare infezioni negli utilizzatori. Sono da considerare soprattutto gli effetti sul sistema cardiovascolare e, in minor misura, sul sistema immunitario [1, 72-74]. La cocaina ha un effetto immunosoppressore sulle cellule mononucleate e sui polimorfonucleati in vitro, il cui significato clinico è però difficile da valutare [74]. Per contro, gli effetti sul sistema cardiovascolare giocano un ruolo importante nel determinismo di alcune complicanze infettive, ed in particolare delle endocarditi (vedi poi) Complicanze dirette legate alla via di somministrazione Cosi’ come per altre droghe quali l’eroina, la somministrazione parenterale di cocaina puo’ associarsi ad un vasto spettro di infezioni, responsabili di elevata morbidità ed anche mortalità. In tal caso, la trasmissione dell’infezione puo’ essere legata all’uso promiscuo delle siringhe, con possibilità di trasmissione di patogeni per via ematica (come nel caso dell’infezione da HIV e dei virus epatitici), o all’introduzione di microrganismi contaminanti le sostanze d’abuso ed i parafernalia, o più semplicemente alla rottura dell’integrità delle barriere mucocutanee con possibilità di invasione profonda da parte dei batteri componenti la flora superficiale (come nel caso delle endocarditi stafilococciche). Di queste patologie si è parlato in precedenza; l’epidemiologia ed i quadri clinici sono sovrapponibili indipendentemente dalla sostanza d’abuso. Tra le infezioni così originate ricorderemo quelle della cute e dei tessuti molli, le sepsi, le infezioni osteoarticolari, le endocarditi batteriche, le infezioni vascolari non cardiache, le polmoniti, le epatiti, gli ascessi splenici, le infezioni del sistema nervoso centrale, le endoftalmiti, nonché l’infezione da HIV. Un cenno particolare meritano però le endocarditi nel cocainomane. In effetti, a causa della breve emivita della sostanza, la frequenza delle iniezioni e il conseguente rischio infettivo aumentano significativamente [61]. Indipendentemente poi dalla via di somministrazione, come in precedenza accennato, la cocaina esercita profondi effetti sul sistema cardiovascolare. Lo spasmo coronario inducibile dalla cocaina, in associazione all’attivita procoagulante può essere responsabile di lesioni endoteliali e successiva formazione di microtrombi, sui quali la possibilità di aderire e di proliferare di microrganismi circolanti nel sangue (ad es. in occasione della somministrazione parenterale) è elevata [72]. Questi dati potrebbe spiegare l’elevata prevalenza di endocardite batterica negli utilizzatori di cocaina rispetto ad altre sostanze di abuso [73]. Con gli stessi meccanismi, si è visto che la cocaina puo’ determinare la formazione di lesioni trombotiche a distanza dal sito di iniezione ed anche lesioni infartuati dei muscoli e della cute dopo uso inalatorio [1] Anche la via inalatoria determina una certa propensità a determinare o comunque favorire patologie infettive. In particolare, l’assunzione intranasale di cocaina può rendersi responsabile di una sindrome acuta delle vie aeree inferiori [40-42], per la quale non si esclude una patogenesi idiosincrasica specifica o innescata dagli additivi impiegati nella preparazione del crack, e di una polmonite interstiziale, con depositi di silicati, rapidamente evolvente verso l’insuffi296


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Tabella 2. Prevalenza di infezioni a trasmissione sessuale e/o ematica in adulti americani. (20-59 anni). Fonte: Center for Diseases Control di Atlanta [81] Uso di cocaine nella vita Mai usata Sempre usata

HBV 4.5 10.9

HCV 1.1 14.5

HSV-2 22.1 36.3

cienza respiratoria [43]. Da ricordare, però, che anche l’inalazione di eroina può causare reazioni da ipersensibilità a livello polmonare ed edema polmonare [44]. Le infezioni oculari superficiali possono essere favorite, tra l’altro, dall’uso di crack, che può provocare lesioni corneali, la cui prima segnalazione risale al 1989 [64]. Tali lesioni sono riconducibili sia a effetti tossici diretti, sia alla diminuzione della sensibilità soggettiva dovuta alle proprietà anestetiche della sostanza [65] Complicanze indirette Dal momento che il crack viene spesso utilizzato in ambienti sovraffollati, poco ventilati, vi è la possibilità di trasmissione di agenti responsabili di infezioni respiratorie. Tale modalità è stata documentata in una epidemia di tubercolosi in una locale dove si utilizzava crack in california [75]. Ancora più importante sono gli effetti della cocaina sul comportamento, compresa l’attività sessuale. Ne consegue che l’impiego di cocaina puo’ associarsi ad aumentata incidenza di malattie a trasmissione sessuale, quali infezione da HIV, sifilide, epatite B, sifilide e gonorrea [7579]. A tal proposito, in Italia ed in altri paesi europei, la trasmissione sessuale è divenuta la principale modalità di acquisizione dell’infezione da HIV (fig.1). Inoltre, come sintetizzato in tabella 2, dati recenti dei Center for Diseases Control di Atlanta evidenziano una prevalenza significativamente maggiore di infezioni a trasmissione ematica e/o sessuale, ed in particolare HBV, HCV, ed herpes simplex, nei soggetti che hanno utilizzati cocaina rispetto ai non utilizzatori [81]. Queste allarmanti osservazioni rendono prioritaria l’implementazione di adeguate misure di prevenzione delle infezioni tra i tossicodipendenti in genere, ed in modo particolare tra i cocainomani. Conclusioni La tossicodipendenza puo’ complicarsi con varie patologie infettive, sostenute da virus, batteri, miceti ed anche protozoi. Lo spettro delle complicanze varia da infezioni localizzate alla cute a gravi infezioni sistemiche. I principali meccanismi responsabili di tali infezioni sono legati ai comportamenti che ne caratterizzano l’assunzione, ed in particolare all’iniezione di materiale non sterile e allo scambio di siringhe. I cocainomani possono andare incontro a tutte le complicanze infettive descritte nei tossicodipendenti, ma presentano un rischio ancor maggiore di sviluppare infezioni trasmesse per via sessuale (per via dell’effetto della cocaina sul comportamento) ed endocarditi (favorite, in congiunzione con l’utilizzo della via parenterale, dagli effetti cardiovascolari della sostanza). Con l’aumentare della popolazione di soggetti che utilizzano cocaina, è ipotizzabile in un prossimo un aumento parallelo delle complicanze infettive legate all’uso della sostanza. È importante che 297


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i medici che hanno in carico pazienti con problemi di dipendenza siano a conoscenza di tali problematiche. Parte del presente lavoro è basato sul seguente articolo: Rezza G. Infezioni e mortalità nei tossicodipendenti. . Ann Ist Super Sanità 2002;38(3):297-303

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LE PATOLOGIE CORRELATE NEI CONSUMATORI DI COCAINA

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301



I TRATTAMENTI FARMACOLOGICI DEI DISTURBI PSICHICI CORRELATI COCAINA ALL’USO DI COCAINA 6.1

Francesco Bricolo*, Marco Faccio*, Giovanni Serpelloni** * Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20, Verona ** Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto

Introduzione Non sono ad oggi disponibili farmaci specifici per il trattamento dell’abuso e della dipendenza da cocaina e questo è probabilmente dovuto alla complessità dei meccanismi che regolano i sistemi su cui la cocaina agisce. Tuttavia se si considerano le diverse estrinsecazioni patologiche che l’assunzione di cocaina produce è possibile individuare, per i vari gruppi di problemi clinici, strategie di intervento sulla base delle condizioni cliniche sintomatiche e per i problemi Disturbi psichici associati all’uso di cocaina • Disturbi da uso di cocaina • Disturbi indotti da cocaina

• • • •

Abuso di cocaina Dipendenza da cocaina Intossicazione da cocaina Astinenza da cocaina

• Delirium da intossicazione da cocaina • Disturbo psicotico indotto da cocaina • Disturbo dell’umore indotto da cocaina • Disturbo d’ansia indotto da cocaina • Disfunzione sessuale indotta da cocaina • Disturbo del sonno indotto da cocaina COMORBILITÀ • Sostanze d’abuso

• Disturbi psichici

• Alcol • • • •

Eroina Altre sostanze Disturbi dell’umore Disturbi psicotici

• Disturbi d’ansia • Disturbi del controllo degli impulsi • Disturbo da deficit dell’attenzione • Disturbi di personalità • Altri disturbi psichici

305


COCAINA

correlati. In questa prospettiva l’approccio dimensionale ai problemi clinici può fornire una chiave di lettura che permette l’utilizzo razionale di farmaci che possono contribuire alla gestione del paziente in modo integrato con una più ampia ed articolata strategia di intervento. Il trattamento del paziente che consuma cocaina deve essere preceduto da una valutazione clinica attenta (medica, psichiatrica e tossicologica) sia anamnestica che obbiettiva. È fondamentale che l’approccio farmacologico al paziente con disturbi correlati alla cocaina sia contestualizzato e deciso in relazione alle condizioni cliniche del paziente stesso tenendo presenti le possibili interazioni che diversi farmaci possono avere con la cocaina e altre sostanze potenzialmente assunte da soggetti poliabusatori. La dipendenza e l’abuso di cocaina inoltre sono spesso associate ad altri problemi di consumo di sostanze o a disturbi psichici primitivi il cui trattamento combinato può costituire una strategia di intervento utile e spesso necessaria per interrompere le complesse relazioni fra i disturbi intercorrenti. Inoltre anche i molti disturbi organici acuti e cronici spesso conseguenti al consumo di cocaina necessitano di attenzione e trattamento medico specifico. È possibile quindi considerare i bersagli di diversi trattamenti in relazione a specifici disturbi correlati alla cocaina o associati ad essa.

1 Trattamento farmacologico dei disturbi da uso di cocaina 1.1 Abuso di cocaina 1.2 Dipendenza da cocaina Non sono disponibili terapie specifiche ad attività agonista che consentano di controllare direttamente i comportamenti di abuso o la dipendenza da cocaina, e quindi funzionino da sostitutivi, come avviene per i disturbi da uso di eroina. Inoltre le molecole ad attività di incremento sulle funzioni regolate dalla dopamina e da altre catecolamine non sono esenti da rischi di interazione e di potenziamento reciproco se assunte in associazione con la cocaina. Il trattamento farmacologico dell’abuso e della dipendenza da cocaina quindi necessita di essere inscritto in una strategia terapeutica più ampia in cui i farmaci possono essere utilizzati per la gestione degli stati sintomatici correlati all’abuso e alla dipendenza o contribuire a mantenere la motivazione all’astensione attenuando i sintomi del craving. È fondamentale per il successo del trattamento che questo sia associato a un grado di motivazione adeguata e questo può essere ottenuto attraverso un intervento combinato di counselling specifico o di supporto psicologico e di trattamento farmacologico. Il paziente che presenta comportamenti di abuso o che si trova in condizione di dipendenza dalla cocaina può presentare diversi gradi di motivazione al trattamento. Secondo il modello motivazionale degli stadi del cambiamento di Prochaska e Di Clemente il paziente in condizione di abuso e dipendenza può trovarsi in “precontemplazione”, in “contemplazione” o in fase di “ricaduta”. È necessario che da questi stadi, perché il trattamento abbia successo, il paziente sia accompagnato a fasi successive del processo di cambiamento (“determinazione”; “azione”; “mantenimento”) attraverso una strategia che attivi i processi di cambiamento. Attraverso questi passaggi l’azione congiunta di supporto psicologico-motivazionale o di strategie basate sul modello del contingency management e di prevenzione delle ricadute unite al trattamento far306


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

macologico per controllare i sintomi dei disturbi associati all’abuso e alla dipendenza è una strategia che può dare risultati vantaggiosi. Dal momento che le condizioni di uso continuativo di cocaina sono strettamente correlate al fenomeno del craving, indotto dalla sostanza probabilmente attraverso la stimolazione dei sistemi dei neurotrasmettitori dopamina, noradrenalina e serotonina, alcuni farmaci sperimentati per il trattamento della dipendenza sono stati individuati sulla base della loro attività su questi sistemi. I farmaci fino ad oggi utilizzati sulla base di considerazioni sul loro meccanismo di azione non hanno evidenziato significativi livelli di efficacia nel contribuire al controllo dei comportamenti assuntivi negli studi clinici controllati, mentre le osservazioni cliniche avevano rilevato una qualche utilità nel trattamento. È possibile che questi farmaci agiscano in modo parziale e siano necessarie altre misure di contenimento per favorire l’interruzione dei comportamenti di abuso e di dipendenza. Inoltre i farmaci attivi sui sistemi delle catecolamine necessitano di una stretta sorveglianza medica e possono interagire negativamente con la cocaina potenziandone la tossicità se questa viene assunta durante il trattamento.

2 Trattamento farmacologico dei disturbi indotti da cocaina 2.1 Intossicazione da cocaina L’assunzione di alte dosi di cocaina produce ipertensione, tachicardia, midriasi, ipertermia talvolta associate ad agitazione, aggressività, convulsioni e stato confusionale. Obbiettivi dell’intervento in caso di intossicazione acuta sono il monitoraggio e il mantenimento delle funzioni vitali, la sedazione e il trattamento delle complicanze psichiche e organiche. Gestione dell’intossicazione da cocaina Segni

Misure

Intossicazione di grado lieve – medio

• Osservazione, monitoraggio, assistenza delle funzioni vitali • Sedazione

• Nessuno oppure • Benzodizepine per os

• Mantenere monitorate le funzioni vitali

Agitazione psicomotoria

• Sedazione

• Benzodiazepine per os o

• Mantenere monitorate le

• Contenimento fisico

Trattamento

e.v.

Note

funzioni vitali • Il contenimento fisico potrebbe complicare il quadro se presente ipertermia e rabdomiolisi • Evitare i neurolettici

Convulsioni

• Misure fisiche di protezione • Sedazione

• Benzodiazepine per via e.v. • Barbiturici

• Mantenere monitorate le funzioni vitali • No neurolettici

307


COCAINA

Gestione dell’intossicazione da cocaina Segni Ipertermia

Misure • Dispersione del calore

Trattamento • Abluzioni fredde

Note • Mantenere monitorate le funzioni vitali • Mantenere misure atte a favorire la dispersione di calore

Ipertensione

• Controllo farmacologico della PA

• Vasodilatatori a breve durata d’azione

• Mantenere l’osservazione delle funzioni cardiaca e circolatoria

Tachiaritmia

• Trattamento specifico dell’aritmia

• Antiaritmici

• Necessaria accurata valutazione cardiologica del tipo di aritmia

Ischemia cardiaca

• Trattamento dell’ischemia miocardica

• Trinitrina • Terapia anticoagulante • Terapia fibrinolitica

• Necessaria accurata valutazione e monitoraggio cardiologico

2.2 Astinenza da cocaina Il trattamento dell’astinenza da cocaina rappresenta uno stadio di un intervento più generale di presa in carico e di trattamento del paziente. Il periodo dell’astinenza è un momento estremamente a rischio per la ricaduta in quanto il malessere percepito può accompagnarsi a forte craving per la sostanza. L’astinenza quindi, a seconda del livello di gravità, delle condizioni soggettive del paziente o di quelle ambientali di vita, richiede di fare una prima valutazione del contesto più appropriato dove effettuare il trattamento: ambulatorio o ambiente protetto. L’intervento ambulatoriale, nel caso di quadri di gravità lieve-media, consente al paziente di rimanere nel suo contesto ambientale famigliare e lavorativo e inoltre risulta più vantaggioso in termini di costi dell’assistenza. L’intervento in ambiente ospedaliero sarebbe da riservare a casi più gravi sia per il grado di sofferenza soggettiva che per la presenza di complicanze psichiche e/o organiche che richiedano osservazione, contenimento, trattamento specifico e assistenza. Nei casi in cui vi sia rischio di ricaduta e difficoltà a mantenere l’adesione ai trattamenti a causa di problemi ambientali per compromissione delle relazioni famigliari o per la persistenza di stimoli per il craving nel contesto sociale (disponibilità di cocaina) le misure di ricovero o di inserimento in ambiente residenziale protetto specifico possono contribuire a contenere i rischi e a interrompere l’andamento ricorsivo delle ricadute. In una certa quota di casi l’astinenza da cocaina non presenta aspetti di particolare gravità e può non necessitare di interventi farmacologici. Altri soggetti invece possono sperimentare quadri di malessere più grave con ansia, disturbi dell’umore e disforia tali da costituire elementi di alto rischio di ricaduta e vissuti con forti sentimenti di fallimento e frustrazione. Anche per il trattamento della astinenza da cocaina non sono indicati trattamenti di specifica e provata efficacia. È comunque utile anche qui fare delle considerazioni sull’approccio far308


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

macologico agli aspetti dimensionali del fenomeno e quindi orientarsi a scegliere un tipo di intervento basato sul controllo del o dei sintomi più rilevanti riscontrati clinicamente. In linea teorica i farmaci da cui ci si attenderebbero i migliori risultati dovrebbero essere quelli ad attività di incremento sui sistemi della dopamina e modulatori di altri sistemi di neurotrasmettitori implicati negli effetti della cocaina. La bromocriptina al dosaggio di 2-10 mg ha mostrato di avere qualche vantaggio nel contribuire al controllo del craving. Allo stesso modo l’amantadina è sembrato contribuire al trattamento in questo senso. I dati di studi clinici controllati comunque non confermano le osservazioni empiriche riportate e sono probabilmente necessari ulteriori studi di utilizzo con modalità e in contesti diversi. Altri farmaci che possono essere di aiuto nel trattamento dell’astinenza sono le benzodiazepine a lunga emivita che garantiscono un discreto controllo dell’ansia e della disforia.

Gestione dell’astinenza da cocaina Segni

Misure

Trattamento

Note

Astinenza di grado lieve

• Valutazione e trattamento ambulatoriale • Supporto psicologico • Intervento di prevenzione delle ricadute

• Nessun trattamento farmacologico oppure • BDZ a lunga emivita

• Inserimento in ambiente protetto se presente rischio ambientale

Astinenza di grado medio o grave

• Trattamento ambulatoriale • Trattamento ospedaliero o in ambiente protetto

• Terapia farmacologica sintomatica

• Inserimento in ambiente protetto se presente rischio ambientale o se sintomatologia grave

Ansia

• Trattamento farmacologico • BDZ a lunga emivita

• Trattamento di medio – breve periodo

Insonnia

• Trattamento farmacologico • BDZ a lunga o media

• Trattamento di breve

emivita

periodo

• BDZ a breve emivita Disforia

• Trattamento farmacologico • BDZ a lunga emivita

• Trattamento di medio – breve periodo

Depressione grave

• Trattamento farmacologico • AD SSRI • Misure di contenimento • AD SNARI

• Possibili interazioni tossiche se riprende l’uso

del rischio di suicidio • Trattamento ospedaliero o in ambiente protetto

di cocaina • Aumento rischio cardiotossico per TCA

• Desipramina • Nortriptilina • Altri TCA

• Abbassamento della soglia convulsiva

BDZ = Benzodiazepine; AD = antidepressivi; TCA = antidepressivi triciclici; SSRI = inibitori selettivi del reuptake della serotonina; SNARI = inibitori del reuptake della serotonina e noradrenalina.

309


COCAINA

2.3 Delirium da intossicazione da cocaina Nel corso di una intossicazione da cocaina possono svilupparsi alterazioni della coscienza, cognitive e dispercettive tali da configurare un quadro di delirium. La condizione di delirium è un segnale di gravità dell’intossicazione e necessita di attenzione, osservazione e contenimento in ambiente controllato e medicalizzato. È importante cercare di riconoscerne le cause al fine di indirizzare il trattamento. Inoltre è importante una accurata diagnosi differenziale e la valutazione di condizioni diverse che possono averlo prodotto agendo in concomitanza (ad esempio una intossicazione associata a trauma cranico). In genere lo stato di delirium si sviluppa ed è condizionato dallo stato di intossicazione da cocaina tendendo ad esaurirsi con la risoluzione di questo o dopo breve tempo da esso. Trattamento del Delirium da intossicazione da cocaina Segni • Alterazione della coscienza • Disorientamento • Alterazioni percettive • Agitazione o rallentamento psicomotorio

Misure

Trattamento

Note

• Valutazione diagnostica differenziale • Osservazione, monitoraggio, assistenza delle funzioni vitali • Sedazione • Contenimento

• BDZ a lunga emivita per os o e.v. oppure • BDZ a media emivita i.m. (lorazepam) • Neurolettici (NL)

• Attento monitoraggio dello stato di intossicazione • Valutare lo stato di funzionalità epatica per le decisioni circa il trattamento • Controllare lo stato di coscienza e sedazione • Precauzione nella somministrazione di NL • Il contenimento fisico potrebbe complicare il quadro se presente ipertermia e rabdomiolisi

NL = Neurolettici; BDZ = Benzodiazepine

2.4 Disturbo psicotico indotto da cocaina Il consumo di cocaina può determinare l’insorgenza di quadri di psicosi con sviluppo di deliri e/o allucinazioni e conseguenti alterazioni comportamentali. In genere come per altri disturbi indotti da cocaina il disturbo è limitato ad un periodo circoscritto di uso della sostanza e tende a regredire all’interruzione del consumo della sostanza stessa o a breve distanza da essa. Raramente si possono riscontrare quadri di psicosi che persistono dopo il termine del consumo di cocaina. L’approccio terapeutico al disturbo non si discosta dai principi di trattamento delle psicosi “non organiche” fatte salve alcune considerazioni che derivano da osservazioni degli studi su popolazioni affette da psicosi in carico ai servizi di salute mentale. In questi pazienti è stato notato un frequente ricorso compulsivo a ricercare sostanze stimolanti come caffè, sigarette e anche cocaina. Tale dato è stato interpretato come un effetto indiretto indotto dal trattamento neurolettico. Questi pazienti, secondo tale ipotesi, ricorrerebbero a sostanze eccitanti per contrastare gli effetti sgradevoli di sedazione e rallentamento prodotti dalla terapia neurolettica e mediata 310


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

dal blocco dei recettori della dopamina a livello centrale. Da queste considerazioni sono scaturite alcune considerazioni circa la probabile migliore efficacia nel trattamento di questi pazienti dell’uso di antipsicotici atipici che presentino un basso profilo di attività sui recettori per la dopamina e una azione prevalentemente mediata da una attività sui recettori della serotonina. Trattamento del disturbo psicotico indotto da cocaina Segni

Misure

Trattamento

• Alterazioni del pensiero (deliri)

• Valutazione diagnostica differenziale

• Neurolettici • NL atipici

• Alterazioni percettive (allucinazioni)

• Misure di contenimento del consumo di cocaina

• BDZ

• Ansia • Alterazioni comportamentali

(ospedalizzazione o ambiente protetto) • Trattamento farmacologico

Note • Considerare il rischio di abbassamento della soglia convulsiva dovuto ai NL • Rischio di disturbi extrapiramidali da NL

antipsicotico e sedativo

2.5 Disturbo dell’umore indotto da cocaina Nello stato di intossicazione da cocaina possono prodursi alterazioni dell’umore e comportamentali simili a quelli di un episodio maniacale. In genere tali condizioni tendono ad esaurirsi con la cessazione degli effetti della droga. Lo stato di eccitamento prodotto dalla cocaina in condizioni di intossicazione in genere si giova delle misure indicate per il trattamento dell’intossicazione da cocaina. L’abuso e la dipendenza da cocaina e le condizioni di astinenza possono essere associati a episodi depressivi talvolta con caratteristiche di episodi depressivi maggiori e in questi casi associati ad alto rischio di comportamenti autolesivi.

Trattamento della depressione indotta da cocaina Segni

Misure

Trattamento

Note

• Umore depresso • Anedonia

• Valutazione diagnostica differenziale

• TCA • SSRI

• Necessario garantire una condizione di ambiente

• Mancanza di energia • Alterazioni del sonno

• Misure di contenimento del consumo di cocaina e

• SNRI • Altri AD

sicuro e controllato • Possibili interazioni

• Agitazione/rallentamento • Colpa e autosvalutazione • Indecisione

dei rischi (ospedalizzazio- • BDZ ne o ambiente protetto) • Trattamento farmacologico

• Idee di morte

antidepressivo e sedativo

tossiche se riprende l’uso di cocaina • Aumento rischio cardiotossico per TCA • Abbassamento della soglia convulsiva

AD = Antidepressivi; TCA = antidepressivi triciclici; BDZ = Benzodiazepine; SSRI = inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina; SNRI = inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina e noradrenalina.

311


COCAINA

Il trattamento della depressione indotta dalla cocaina necessita di misure di protezione sia per il rischio di comportamenti suicidari sia per la necessità di poter utilizzare i trattamenti farmacologici in condizioni di sicurezza dati i rischi di interazione fra i farmaci antidepressivi e la cocaina. 2.6 Disturbo d’ansia 2.7 Disturbo del sonno indotto da cocaina I disturbi d’ansia e del sonno indotti dalla cocaina possono giovarsi del trattamento ambulatoriale e della prescrizione di terapia sedativa a base di benzodiazepine. Sono da privilegiare quelle a lunga emivita per i minori problemi di dipendenza che producono rispetto a quelle a breve emivita. In genere i disturbi d’ansia indotti dalla cocaina sono circoscritti ai periodi di consumo e di astinenza e spesso si limitano a queste fasi risolvendosi al risolversi di queste.

3 Trattamento delle condizioni di comorbilità La comorbilità fra consumo di cocaina e altri disturbi correlati a sostanze e disturbi psichici primari è un argomento di interesse cruciale per la scelta dei trattamenti in ragione delle complesse relazioni che i diversi quadri possono avere fra di loro. La non corretta diagnosi dei possibili disturbi presenti concomitantemente in uno stesso paziente può infatti avere ripercussioni negative sull’esito del trattamento. Inoltre è riscontrato che la comorbilità fra disturbi da sostanze e disturbi psichici è un fattore importante di condizionamento dell’aderenza ai trattamenti. D’altra parte la cura di un disturbo può avere effetti anche nel modificare l’andamento degli altri disturbi associati. 3.1Consumo di cocaina e comorbilità con altre sostanze d’abuso I consumatori di cocaina spesso presentano comportamenti di poliabuso e disturbi correlati al consumo di altre sostanze. L’abuso e la dipendenza da cocaina sono spesso associati a consumo Trattamento della comorbilità fra cocaina e altre sostanze Segni Disturbi correlati all’alcol e cocaina

Dipendenza da oppiacei e cocaina

312

Misure • Intervento psicosociale • Gruppi di auto aiuto • Terapia farmacologica

Trattamento • Disulfiram

Note • Controllo dei comportamenti di abuso alcolico e di cocaina

avversativa per i comportamenti di abuso

• Possibili effetti di interazione con la

alcolico

cocaina • Controindicato in caso di ipertensione o cardiopatie

• Trattamento della dipendenza da oppiacei con farmaci sostitutivi

• Metadone • Buprenorfina

• Possibile controllo anche del craving per la cocaina


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

di bevande alcoliche. È stato rilevato che in pazienti in trattamento con disulfiram, un farmaco con attività avversativa, per il trattamento della dipendenza alcolica, che presentavano associati anche problemi di dipendenza da cocaina ottenevano dalla terapia un beneficio anche in termini di riduzione dei comportamenti assuntivi di cocaina. L’effetto può essere spiegato dalla attività inibitrice del disulfiram sull’enzima dopamina-beta-idrossilasi a livello centrale con conseguente incremento dei livelli di dopamina e una riduzione dei livelli di noradrenalina. Il disulfiram potrebbe agire quindi riducendo il craving e forse anche alterando gli effetti piacevoli della cocaina. Il farmaco se assunto in associazione con la cocaina interagisce aumentando il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna e quindi è controindicato in pazienti ipertesi e cardiopatici. Il trattamento dei problemi alcol correlati nei consumatori di cocaina potrebbe comunque agire indirettamente sui comportamenti di abuso di cocaina attraverso l’estinzione di comportamenti predisponenti e facilitatori e l’eliminazione dell’effetto disinibente dell’alcol. In pazienti con dipendenza da oppiacei e consumo di cocaina è stato proposto che il trattamento sostitutivo a base di metadone o buprenorfina potesse contribuire a ridurre il craving, oltre che per gli oppiacei, anche per la cocaina se utilizzati ad adeguati dosaggi (buprenorfina > 16mg). Queste osservazioni ricavate da alcuni studi sperimentali necessitano di ulteriori conferme. 3.2 Disturbi correlati alla cocaina e comorbilità con disturbi psichici primari La comorbilità fra disturbi correlati a sostanze e disturbi psichici primitivi pone importanti quesiti circa le reciproche relazioni e determina complesse richieste ai servizi coinvolti nel trattamento. Innanzi tutto è richiesto che i servizi di salute mentale e i servizi per le dipendenze si facciano carico congiuntamente dei pazienti stabilendo chiari criteri di reciproca collaborazione. Questo è fondamentale per la definizione e la gestione dei trattamenti e per evitare decisioni e orientamenti contraddittori rispetto agli obbiettivi e alle modalità della cura. Il trattamento di concomitanti problematiche psichiatriche è fondamentale per ottenere miglioramenti nel trattamento dell’abuso di sostanze quando queste sono presenti in comorbilità. D’altra parte è opportuno che la prescrizione di trattamenti psicofarmacologici tenga conto delle condizioni di abuso e dipendenza da sostanze per evitare problemi di reciproca interazione e tossicità. Ma è anche auspicabile che sia condivisa e privilegiata la scelta di trattamenti singoli che rispondano a più problematiche o che si utilizzino trattamenti che possano agire sinergicamente su diversi problemi del paziente. Trattamento dei disturbi correlati a cocaina e comorbilità psichiatrica Segni Disturbi da cocaina e depressione

Misure • Corretta diagnosi differenziale

Trattamento • TCA • SSRI

Note • Necessario garantire una condizione di ambiente

• Intervento integrato fra • SNRI servizi di Salute Mentale e • Altri AD

sicuro e controllato • Possibili interazioni

delle Dipendenze • Terapia farmacologica

tossiche se concomitante uso di cocaina • Aumento rischio

• BDZ

cardiotossico per TCA • Abbassamento della soglia convulsiva

313


COCAINA

Trattamento dei disturbi correlati a cocaina e comorbilità psichiatrica Segni Disturbi da cocaina e disturbo bipolare

Misure • Corretta diagnosi differenziale • Intervento integrato fra

Trattamento • Neurolettici • NL atipici

servizi di Salute Mentale e delle Dipendenze

Note • Stabilizzatori dell’umore • Considerare il rischio di abbassamento della soglia convulsiva dovuto ai NL

• Terapia farmacologica

• Rischio di disturbi extrapiramidali da NL • Alcuni farmaci anticonvulsivanti usati anche come stabilizzanti dell’umore hanno dimostrato efficacia nel trattamento della dipendenza da cocaina

Disturbi da cocaina e disturbi psicotici

• Corretta diagnosi • Neurolettici differenziale • NL atipici • Intervento integrato fra servizi di Salute Mentale e delle Dipendenze • Terapia farmacologica

• Considerare il rischio di abbassamento della soglia convulsiva dovuto ai NL • Rischio di disturbi extrapiramidali da NL

Disturbi da cocaina e disturbo da deficit dell’attenzione

• Terapia farmacologica

• Il trattamento del ADHD ha mostrato di avere effetti nel controllare la dipendenza da cocaina in pazienti con ADHD

• Farmaci per ADHD

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GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

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COCAINA

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I TRATTAMENTI SPERIMENTALI PER I DISTURBI CORRELATI COCAINA ALL’USO DI COCAINA 6.2

Marco Faccio*, Francesco Bricolo*, Mario Cruciani**, Giovanni Serpelloni*** * Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20, Verona ** Centro di Medicina Preventiva ULSS 20, Verona *** Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto

La Food and Drug Administration (http://www.fda.gov/), al momento attuale, non riconosce trattamenti farmacologici specifici per i disturbi correlati a cocaina. Nonostante gli sforzi della ricerca non sarebbe ancora identificato un trattamento farmacologico di provata efficacia per la cura dei disturbi correlati alla cocaina. Allo stato attuale gli interventi che presentano risultati significativi in termini di efficacia sono quelli che si basano sull’integrazione di strategie di trattamento farmacologico e psicologico (nella maggior parte degli studi sull’uomo la valutazione dell’efficacia dei trattamenti farmacologici è testata in associazione ad intervento psicologico di terapia cognitivo comportamentale standardizzata). I vari farmaci precedentemente utilizzati hanno evidenziato livelli modesti di efficacia negli studi clinici controllati (De Lima – 2002). Mentre non è emerso ancora un trattamento di provata efficacia, i progressi nella comprensione della neurobiologia della dipendenza da cocaina hanno portato alla scoperta di molte promettenti terapie che hanno mostrato risultati incoraggianti in alcuni studi clinici controllati (Kampman – 2005). Sebbene non ci siano farmacoterapie approvate per la dipendenza da cocaina, un certo numero di farmaci sono stati testati e sono in corso di studio avendo evidenziato dei risultati promettenti. Tra questi ci sono sostanze ad attività dopaminergica e GABA-ergica, antagonisti degli adreno-recettori, vasodilatatori e terapie immunologiche (Sofuoglu and Kosten – 2005). I principali obbiettivi nella ricerca sui trattamenti per i disturbi correlati alla cocaina e alle altre sostanze sono a) la ricerca di strategie farmacologiche e psicologiche che mirano a interrompere i comportamenti assuntivi; b) la ricerca di strategie farmacologiche che aiutino il paziente a tollerare e gestire l’astinenza; c) la ricerca di strategie farmacologiche e psicologiche per il mantenimento dello stato di astensione dal consumo; d) la prevenzione e la gestione delle ricadute. In queste quattro dimensioni un bersaglio comune è il trattamento e la gestione del craving, in quanto fenomeno chiave che spiega il mantenimento della dipendenza e che condiziona i fenomeni di ricaduta. Gli studi preclinici suggeriscono che gli effetti di rinforzo della cocaina che promuovono il suo abuso sono mediati dal blocco del trasportatore della dopamina a livello presinaptico. Questo 317


COCAINA

produce un incremento della attività della dopamina nei sistemi cerebrali della ricompensa a livello mesolimbico e del nucleo accumbens. Lo sviluppo di nuovi farmaci per il trattamento della dipendenza da cocaina si è quindi focalizzato sulla manipolazione di questo sitema, attraverso una azione diretta meccanismi della dopamina (transporter o recettori), indirettamente interessando altri sistemi di neurotrasmettitori che modulano il sistema della dopamina (Gorelick and Gardner – 2004) o agendo sulla farmacocinetica della cocaina (vaccino). La sperimentazione farmacologica quindi si concentra in teoria su quattro principi di intervento: 1) sostanze che funzionano come sostituti della cocaina attraverso la produzione di effetti mediati dalla dopamina (agonisti); 2) sostanze che funzionano con meccanismi ad effetto antidopaminergico sui recettori o bloccando il legame della cocaina al trasportatore della dopamina (antagonisti); 3) sostanze ad attività modulatrice degli effetti della cocaina attraverso una azione su altri siti diversi da quelli di legame della cocaina 4) terapia che agiscano modificando la farmacocinetica della cocaina. Ci sono svariati studi in corso per valutare l’efficacia di singole molecole, di associazioni farmacologiche e di strategie di trattamento combinate nella cura dei disturbi correlati a cocaina e nelle condizioni in cui i disturbi da cocaina si presentano in comorbilità con altri disturbi. Lo sviluppo di terapie efficaci per il trattamento della dipendenza da cocaina rimane una priorità per il National Institute on Drug Abuse (NIDA) al National Institute of Health. Il modello del Cocaine Rapid Efficacy Screening Trial (CREST) è stato sviluppato dalla Division of Tretment Research and Development (DT&D) al NIDA con lo scopo di migliorare la qualità degli studi clinici pilota finalizzati a valutare i vari tipi di medicamenti e di classi di farmaci che abbiano una potenziale utilità nella terapia della dipendenza da cocaina. Il CREST utilizza una metodologia di studio randomizzato, controllato con gruppi paralleli ed in cieco per confrontare una o più terapie versus placebo (Leiderman et Al. – 2005). Vengono qui presi in considerazione alcuni orientamenti della ricerca che, soprattutto a livello pre-clinico, sta testando sempre nuove molecole attive sui sistemi bersaglio o su sistemi modulatori dell’attività delle sostanze d’abuso. L’argomento è vasto e in continua evoluzione, quindi il presente capitolo non si propone di essere esaustivo ma di fare una disamina di alcune delle esperienze di ricerca in corso con attenzione principalmente a quelle più prossime a dare delle risposte sul piano dell’interesse per la clinica. Una grossa mole di ricerche si concentra su molecole che agiscono sui sistemi di regolazione dalla dopamina a livello dei circuiti cerebrali deputati ai sistemi di ricompensa a livello del sistema mesolimbico, del nucleo accumbens e di altre aree cerebrali correlate a questi sistemi. Questa attività può essere di tipo inibitorio, eccitatorio o di modulazione ed avvenire in forma diretta o, indiretta, attraverso l’azione su altri sistemi di neurotrasmettitori che modulano l’attività della dopamina. In generale e sulla base di presupposti teorici è possibile ipotizzare che molecole che incrementano l’attività della dopamina possano essere considerate interessanti come terapie sostitutive della cocaina (Cfr.: Li et Al. – 2006) e quindi aiutare a interromperne i comportamenti assuntivi agendo anche sul controllo dei sintomi dell’astinenza e possono contribuire alla prevenzione delle ricadute controllando il craving. Sostanze che riducono o ostacolano l’attività della cocaina impedendo l’aumento dell’attività dopaminergica potrebbero avere invece effetti di disincentivazione del consumo attenuando gli effetti soggettivi percepiti in seguito al consumo di cocaina. Analogamente sostanze ad azione modulatrice dovrebbero contribuire a mantenere i si318


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

stemi in condizioni di equilibrio fisiologico aiutando a disincentivare i consumo di cocaina ed a controllare i sintomi di astinenza e il craving in seguito alla sospensione del consumo. È possibile che nel trattamento siano da prevedere più bersagli di intervento. Negli ultimi anni vari studi hanno considerato gli effetti di molecole attive sul trasportatore della dopamina (DAT) con effetto inibitore o con effetto attivante come potenziali terapie per il trattamento dell’abuso di cocaina (Sakamuri et Al. – 2003). È stato rilevato che il trasportatore della dopamina (Dopamine Transporter - DAT) è un bersaglio biologico primario della cocaina e che la maggior parte delle sostanze che hanno affinità con il trasportatore della dopamina hanno effetti simili a quelli della cocaina. Il legame della cocaina con il DAT comporta l’inattivazione del DAT con conseguente aumento della quantità di dopamina a livello sinaptico. Allo stesso modo la cocaina esplica attività inibitrice sui trasportatori della norepinefrina e della serotonina. D’altra parte, analoghi della benztropina hanno alta affinità con il DAT ed effetti comportamentali con vari gradi di somiglianza con la cocaina. Desai et Al. riportano che un analogo della benztropina, il JHW007, che presenta alta affinità con il DAT, non ha effetti comportamentali come quelli della cocaina e antagonizza gli effetti della cocaina stessa. L’antagonismo verso la cocaina suggerisce che le sostanze che si legano al DAT con attività che riduce gli effetti cocaino simili possano funzionare come antagonisti della cocaina e questo suggerisce che JHW007 può essere una traccia da percorrere per ulteriori scoperte di farmaci per l’abuso di cocaina (Desai et Al. 2005). È stato rilevato in studi sperimentali che Rimcazolo, una molecola antagonista dei recettori sigma (sigma-1 e sigma-2), e composti simili che condividono questo meccanismo di azione, possiede anche affinità per il trasportatore della dopamina (DAT). Inoltre Rimcazolo manca di effetti come quelli prodotti da altri inibitori dell’uptake della dopamina, come la cocaina e GBR12909. A causa di questo profilo, le interazioni fra rimcazolo, e altri nuovi composti analoghi, con la cocaina, sono oggetto di studi. Katz et Al. hanno studiato vari composti analoghi al rimcazolo (SH1-73; SH1-76; SH3-24; SH3-28). Queste molecole hanno prodotto riduzione dose-correlata dell’attività locomotoria e decremento dell’attività stimolata dalla cocaina in laboratorio negli studi sui topi (Katz et Al. – 2003; Zickler – 2004). Destroamfetamina solfato è uno stereoisomero dell’amfetamina che presenta un potente effetto stimolante a livello del sistema nervoso centrale attraverso l’induzione del rilascio di dopamina e norepinefrina nelle sinapsi nervose di alcune aree del cervello con il risultato di un potenziamento della trasmissione nervosa. Gli effetti clinici di questa attività si traducono in una attività psicostimolante con aumento della vigilanza e riduzione del senso di fatica. La destroamfetamina era stata approvata negli Stati Uniti per il trattamento della narcolessia, dei disturbi dell’attenzione, della depressione e dell’obesità. Come tutte le altre forme di amfetamina la destroamfetamina come farmaco è soggetta a particolari restrizioni per la sua classificazione come sostanza ad alto potenziale di abuso. Attualmente è indicata come farmaco di seconda scelta nel trattamento dell’ADHD e della narcolessia quando altre misure si siano dimostrate inefficaci. Uno studio è in corso a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) per testare la destroamfetamina a vari dosaggi come trattamento per la dipendenza da cocaina per valutarne l’efficacia e la tollerabilità (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00218348). LevoDopa e CarbiDopa sono farmaci utilizzati nel trattamento del Morbo di Parkinson. LevoDopa e CarbiDopa sono usate per rimpiazzare la dopamina nei pazienti affetti da malattia di 319


COCAINA

Parkinson in quanto questi precursori della dopamina possono oltrepassare la barriera ematoencefalica. Successivamente questi precursori sono convertiti in dopamina dall’enzima aromatico-L-aminoacido-decarbossilasi. È stato proposto che queste molecole possano avere effetti nel trattamento di pazienti con disturbi da uso di cocaina. Uno studio è in corso a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) e dalla Università del Texas per determinare se le due molecole siano efficaci nel trattamento di soggetti dipendenti da cocaina. Lo studio ha lo scopo di identificare interventi comportamentali che possono potenzialmente intergire in modo efficace con i trattamenti, in tal modo aumentando i loro effetti. Nel primo studio verranno confrontate tre condizioni terapeutiche di varia intensità: 1) management clinico da solo, 2) management clinico e terapia di prevenzione delle ricadute e 3) management clinico e terapia di prevenzione delle ricadute e procedure di contingency management. L’efficacia incrementale di queste condizioni terapeutiche sarà esaminata per medicamenti attivi e per il placebo. Il farmaco sperimentale è CarbiDopa e Levo Dopa a prolungato rilascio. (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00218075). Cabergolina è un derivato delle ergoline. Si tratta di un farmaco con potente attività agonista sui recettori D2 della dopamina, attualmente usato nella terapia del morbo di Parkinson, che ha mostrato di potersi candidare per ulteriori studi dopo i risultati preliminari di una sperimantazione su farmaci ad attività dopaminergica, che comprendeva anche idergina e levodopa/carbidopa, per la valutazione di trattamenti di possibile efficacia nel trattamento della dipendenza da cocaina. La molecola potrebbe essere candidata per studi più allargati di valutazione della tollerabilità e dell’efficacia (Shoptaw et Al. – 2005). Reserpina ha mostrato di essere degna di candidarsi per ulteriori studi di efficacia e tollerabilità nel trattamento della dipendenza da cocaina in alcune valutazioni preliminari in cui è stata testata insieme ad altre molecole (Leiderman et Al. – 2005; Berger et Al. – 2005). La reserpina è un alcaloide indolico ad azione antipsicotica e antiipertensiva noto per l’azione di legame irreversibile alle vescicole di deposito dei neurotrasmettitori come la dopamina, la norepinefrina e la serotonina. Uno studio è in corso per valutare l’efficacia di amantadina e propranololo nella dipendenza da cocaina in soggetti con grave sindrome da astinenza e craving per la cocaina a cura dell’Università della Pensilvania e del National Institute on Drug Abuse (NIDA) (Cfr.: ClinicalTrials.gov./NCT00128349). Era stato riscontrato che l’amantadina può essere di aiuto nella cura di pazienti con dipendenza da cocaina che presentano gravi sintomi di astinenza alla sospensione del consumo di cocaina (Kampman et Al. – 2000). L’amantadina è un antivirale approvato per il trattamento delle infezioni da virus influenzale A negli adulti. Il farmaco ha anche mostrato di avere effetti nel ridurre i sintomi del morbo di Parkinson e delle sindromi extrapiramidali indotte da farmaci. Il meccanismo degli effetti anti-parkinson non è completamente chiaro, ma sembra connesso al rilascio di dopamina dai terminali nervosi delle cellule cerebrali, insieme allo stimolo di una risposta della norepinefrina. Il meccanismo antivirale sarebbe dovuto all’interferenza con una proteina virale con funzione di canale ionico (proteina M2). L’amantadina è un agonista indiretto della dopamina che si pensa mitighi la condizione di carenza di dopamina associata all’astinenza. L’amantadina sembra non dimostrare effetti impor320


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

tanti nei dipendenti da cocaina con basso grado di astinenza da cocaina alla sospensione della droga, mentre mostrerebbe di avere una qualche efficacia nei soggetti che sviluppano astinenza con un profilo sintomatologico grave (Kampman - 2005). Questi dati necessitano di ulteriori studi e approfondimenti. Disulfiram e selegilina producono un aumento delle concentrazioni di dopamina a livello cerebrale attraverso una inibizione degli enzimi che catabolizzano la dopamina, rispettivamente la dopamina-beta-idrossilasi e la momoamino-ossidasi-B. La selegilina è stata studiata come farmaco con evidenze di funzionamento nel trattamento della dipendenza da cocaina ma in fase III di uno studio clinico controllato non ha mostrato conferme della sua efficacia (Gorelik and Gardner – 2004). Disulfiram è un farmaco usato nel trattamento dell’alcoldipendenza con effetto avversativo dovuto ad una attività di blocco dell’enzima acetaldeide-deidrogenasi a livello epatico. Gli studi sugli animali suggeriscono che il disulfiram, come la cocaina, aumenta l’attività del neurotrasmettitore dopamina. A livello centrale il disulfiram provoca un aumento dell’attività della dopamina attraverso un incremento dei tassi di dopamina dovuto all’inibizione dell’enzima che la catabolizza (dopamina-beta-idrossilasi). Il disulfiram ha mostrato di avere effetti nel ridurre il consumo di cocaina in osservazioni cliniche e in preliminari studi clinici. In uno studio per confrontare l’efficacia del disulfiram con quella del placebo nel ridurre il consumo di cocaina e per confrontare l’efficacia della terapia cognitivo comportamentale (CBT) e della psicoterapia interpersonale (IPT) nel ridurre il consumo di cocaina, disulfiram e placebo sono stati confrontati associati ai due approcci psicoterapici risultando la terapia con disulfiram e CBT efficace nel trattamento dei soggetti cocaino-dipendenti. Disulfiram è risultato avere un effetto diretto sull’uso di cocaina non mediato dalla azione sui comportamenti di consumo alcolico. È stata anche rilevata una differente risposta rispetto al sesso negli individui che hanno partecipato allo studio risultando una maggiore risposta al trattamento nei maschi rispetto alle femmine (Carroll et Al. – 2004; Whitten – 2005). È stato proposto che individui con differenti geni per la sintesi dell’enzima che idrolizza la dopamina (dopamina-beta-idrossilasi - DBH) possano rispondere in modi diversi al trattamento ed è in corso uno studio a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) per valutare le differenti risposte al trattamento in soggetti che presentano differenze geniche per il DBH (Cfr.: ClinicalTrials.gov./NCT00149630). Il National Institute on Drug Abuse (NIDA) in collaborazione con la Yale University e l’Università dell’Arkansas sta promuovendo anche un altro studio di valutazione dell’efficacia del disulfiram in soggetti con dipendenza da oppiacei e cocaina (Cfr.: ClinicalTrials.gov./NCT00218608). Molti studi stanno valutando gli effetti di sostanze ad attività GABA-ergica nel trattamento dei disturbi correlati alla cocaina. L’Acido Gamma-Aminobutirrico (GABA) è un neurotrasmettitore ad attività inibitoria a livello delle sinapsi del Sistema Nervoso Centrale. Le sostanze che agiscono come agonisti dei GABA-recettori o che incrementano la quantità disponibile di acido gamma-aminobutirrico a livello recettoriale producono effetti di rilassamento, ansiolisi e anticonvulsivanti. Le sostanze che agiscono sui recettori del GABA appartengono a svariate classi di molecole: alcol, benzodiazepine e barbiturici, baclofen, carbamazepina, fenitoina, valproato, gabapentin, gabazina (SR-95531), acido gamma-idrossi-butirrico (GBH), propofol, zolpidem, zopiclone, progabide, tiagabina e vigabatrin. È stato dimostrato che il Vigabatrin, un inibitore irreversibile della GABA-transaminasi, 321


COCAINA

producendo un incremento della attività GABA-ergica, riduce l’incremento extracellulare di dopamina a livello del nucleo accumbens indotto da cocaina, nicotina, eroina, alcol e amfetamine così come i comportamenti associati a questi cambiamenti biochimici (Gerasimov et Al. – 2000). Negli animali da laboratorio, il potenziamento della attività del GABA porta ad una inibizione dell’autosomministazione di cocaina e ad una inibizione dei comportamenti di ricerca della cocaina. Allo stesso modo negli umani si è osservato che la terapia GABA-ergica può essere efficace sia nell’induzione dell’astensione, sia nella fase di prevenzione delle ricadute nel trattamento della dipendenza da cocaina. Ma queste supposizioni necessitano di ulteriori studi in quanto l’utilizzo di alcuni farmaci di questa categoria ha dato risultati dubbi e uno studio che valutava l’efficacia di gabapentin associato a terapia individuale settimanale di prevenzione delle ricadute non ha dato riscontro di efficacia superiore al placebo (Bisaga et Al. – 2006). In uno studio in corso sponsorizzato dal National Institute on Drug Abuse (NIDA) ed iniziato nel settembre 2004 – The Effects of GABA Rnhancing Medications on Individuals Addicted to Cocaine – 3 – sono in fase di raccolta informazioni sulle interazioni fra cocaina e farmaci GABA stimolanti in soggetti con dipendenza da cocaina con lo scopo di orientare in futuro studi sull’uso di farmaci attivi sul GABA per il trattamento della dipendenza da cocaina. In questo studio sono valutate cinque molecole attive sul GABA: tiagabina, topiramato, acido valproico, baclofen e progesterone (Cfr.: ClinicalTrials.gov./NCT00142883). Baclofen è un derivato dell’acido gamma-ammino-butirrico e funziona come GABA-B agonista. È utilizzato come miorilassante. Come GABA-agonista il baclofen può ridurre la quantità di dopamina rilasciata a livello del nucleo accumbens come risultato della stimolazione della cocaina o del craving per la cocaina. Negli esperimenti il baclofen ha mostrato di ridurre il craving provocato dall’esposizione a ricordi condizionati di precedenti esperienze di consumo di cocaina (Kampman – 2005). Il baclofen quindi potrebbe essere un utile farmaco per il trattamento dell’astinenza da cocaina e come supporto per la prevenzione delle ricadute. Topiramato è una molecola appartenente alla classe degli anticonvulsivanti utilizzato insieme ad altri farmaci per il trattamento di alcuni tipi di crisi in pazienti affetti da epilessia o sindrome di Lennox-Gastaud. Il topiramato è anche usato talvolta per il trattamento della cefalea a grappolo e di spasmi nei bambini. Il farmaco è stato usato in psichiatria per il trattamento del disturbo bipolare anche se non è ad oggi approvato per tale uso. Questo farmaco è stato testato anche nel trattamento dell’obesità specialmente per ridurre gli episodi di abbuffate ed è stato proposto come un possibile trattamento per l’alcolismo (en.wikipedia.org – 2006). Il topiramato è una molecola con attività sia sui sistemi di neurotrasmissione del GABA che su quelli del Glutammato. Il topiramato incrementa i livelli cerebrali di Acido Gamma-AminoButirrico e facilita la neurotrasmissione del GABA. Il topiramato inoltre inibisce il sistema di neurotrasmissione del Glutammato attraverso il blocco dei recettori del AMPA/kainato (Kampman – 2005). Nei modelli animali il blocco dei recettori AMPA/KA nel nucleo accumbens previene la ricerca e la ripresa dell’autosomministrazione di cocaina (Cfr.: Ghasemzadeh et Al. 2003; Vanderschuren et Al. – 2005). In uno studio in doppio cieco condotto da Kampman e Coll. per valutare l’efficacia del topiramato è emerso che il gruppo di studio trattato con il farmaco fu significativamente più in grado di rimanere astinente durante le ultime cinque settimane dello studio rispetto al gruppo trattato con placebo (Kampman et Al. – 2004). Il topiramato per il trattamento della dipendenza da cocaina è in corso di valutazione in alcuni studi sostenuti dal National Institute on Drug Abuse (NIDA) in collaborazione con l’Università della Pensilvania (Cfr.: ClinicalTials.gov/NTC00167245) e con l’Università della Vir322


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

ginia (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00249691 – NCT00223626). Tiagabina è un farmaco anticonvulsivante usato in combinazione con altri farmaci per il trattamento delle crisi parziali in adulti affetti da epilessia. È usato anche nel disturbo da attacchi di panico. Non è chiaro come la tiagabina eserciti i suoi effetti nell’uomo ma sembra che funzioni come un inibitore selettivo del reuptake del GABA. La tiagabina è stata testata nel trattamento della dipendenza da cocaina in studi preclinici (Winhusen et Al. – 2005) ed è attualmente in corso uno studio a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) per valutare l’efficacia di tiagabina nel controllo della dipendenza da cocaina in pazienti in trattamento di mantenimento con metadone (Tiagabine for the treatment of Cocaine Dependence in Metadone-Maintained Individuals) (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00129298). L’utilizzo sperimentale dell’Acido Valproico e di altri farmaci che hanno effetti stabilizzanti sull’umore è motivato dal fatto che i disturbi bipolari presentano tassi di comorbilità con l’abuso di cocaina e altre sostanze maggiori di qualsiasi altro disturbo psichiatrico maggiore. Questa condizione di comorbilità presenta una delle maggiori sfide del trattamento ed è associata a grave disabilità, morbilità e aumentato rischio di suicidio. Uno studio è in corso a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) in collaborazione con la University of Pittsburgh per valutare l’efficacia del valproato associato ad altri interventi nel ridurre l’uso di cocaina e nello stabilizzare i sintomi dell’umore in pazienti con comorbilità per dipendenza da cocaina e disturbo bipolare (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00240110). Lamotrigina è un farmaco anticonvulsivante usato nel trattamento dell’epilessia e nel disturbo bipolare; in questo caso si comporta come stabilizzatore dell’umore. La lamotrigina ha mostrato di migliorare i sintomi dell’umore, il craving e di ridurre i comportamenti di consumo di cocaina in pazienti affetti da disturbo bipolare in comorbilità con abuso di cocaina (Brown et Al. – 2006) ma i dati di questa esperienza necessitano di ulteriori approfondimenti attraverso studi clinici controllati. Uno studio è in corso a cura della University of Texas Southwestern Medical Center per testare se lamotrigina aggiunta in terapia si associ a riduzione del craving per la cocaina e a miglioramento della gravità di sintomi depressivi rispetto al placebo in pazienti affetti da disturbo bipolare e dipendenza da cocaina (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00280293). In alcuni studi è emerso che gli effetti soggettivi della cocaina nelle donne erano più intensi durante la fase follicolare rispetto rispetto alla fase luteinica del ciclo mestruale. È stato quindi valutato se progesterone somministrato dall’esterno durante la fase follicolare nelle donne attenuasse la risposta alla cocaina in rapporto alla normale fase follicolare, rendendo la risposta alla cocaina simile a quella della fase luteinica. È emerso che il progesterone è attivo nel modulare la risposta alla cocaina nelle donne (Sofuoglu et Al. – 2004; Evans and Foltin – 2006). Il progesterone, come il pregnenolone e il deidroepiandrosterone, appartiene ad un gruppo di neurosteroidi presenti in alte concentrazioni in determinate aree cerebrali. I neurosteroidi a livello cerebrale hanno attività sulle funzioni sinaptiche ed interagiscono con i canali ionici della neurotrasmissione. Attraverso la loro attività i neurosteroidi si comporterebbero come modulatori allosterici dei recettori dei neurotrasmettitori a livello dei sistemi di recettori GABA(A), NMDA e sigma. Il National Institute on Drug Abuse (NIDA) sta portando avanti uno studio iniziato nel 2002 per testare l’efficacia del progesterone nel ridurre le risposte soggettive e fisiologiche alla cocaina in soggetti con dipendenza da cocaina (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00218257). Vigabatrin (Gamma-vinil-GABA) è un inibitore ireversibile della gamma-aminobutirricoacido-transaminasi (GABA-T), enzima responsabile del catabolismo del GABA. Attraverso que323


COCAINA

sta attività Vigabatrin aumenta i livelli di GABA nelle sinapsi. L’attività dell’enziama GABAT si ripristina dopo sei giorni dall’interruzione dell’assunzione di Vigabatrin in seguito a nuova risintesi dell’enzima. Vigabatrin è approvato in alcuni stati per il trattamento di alcune forme di epilessia. Vigabatri, come altre molecole attive sui sistemi dell’acido gamma-amino-butirrico, ha mostrato negli studi preclinici di contribuire a ridurre a livello cerebrale l’incremento di dopamina generato dall’assunzione di droghe attraverso lo stimolo dell’attività inibitrice del GABA. Alcuni studi sull’uomo hanno mostrato che Vigabatrin può contribuire al trattamento della dipendenza da cocaina (Brodie et Al. – 2005; Swan – 2004). I farmaci che agiscono sulle funzioni regolate dal Glutamato sono oggetto di studi per il coinvolgimento dei circuiti del glutamato nelle regioni del cervello collegate ai fenomeni della ricompensa e per l’evidenza dell’induzione di una disregolazione glutaminergica indotta dalla cocaina. Inoltre è sempre più chiaro che le funzioni glutamatergiche sono alla base di numerosi aspetti clinici della dipendenza da cocaina inclusa l’euforia, l’astinenza, il craving e le disfunzioni delle esperienze di piacere (Dackis and O’Brien – 2003). Ricerche supportate dal National Institute on Drug Abuse (NIDA) hanno prodotto evidenze che sostanze che ricostituiscono le concentrazioni di glutamato nel cervello in modelli animali con dipendenza compulsiva per la cocaina possono contribuire a ridurre la vulnerabilità alle ricadute (Hollon – 2004; Baker et Al. – 2003). Modafinil, è un farmaco prescritto per il trattamento della narcolessia e testato in alcuni studi ha mostrato di avere una attività nel ridurre la dipendenza da cocaina. Non si tratta di un tipico stimolante ed è commercializzato come “agente che favorisce la vigilanza”. Non sono chiari i meccanismi di funzionamento del farmaco ma in vitro ha mostrato la capacità di inibire il reuptake della dopamina. Il modafinil attiva i circuiti del glutamato inibendo il GABA. Si ritiene che il modafinil presenti meno potenziale di abuso rispetto agli altri stimolanti dovuto alla assenza di significativi effetti euforizzanti e piacevoli. Alcuni studi limitati hanno evidenziato che il modafinil può avere effetti nel contribuire a migliorare gli esiti clinici quando combinato a trattamenti psicosociali per la cura della dipendenza da cocaina (Dackis et Al. – 2005; Zickler - 2005). Il modafinil è in corso di studio nel trattamento della dipendenza da cocaina in vari studi promossi dal National Institute on Drug Abuse (NIDA) (Cfr.: ClinicalTrials.gov). In uno studio iniziato nel febbraio 2006 ed attualmente in corso, a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) e della Università della Pensilvania, l’obbiettivo è quello di valutare l’efficacia di Modafinil e Naltrexone, da soli o in combinazione, nel ridurre il consumo di alcol e cocaina in soggetti con dipendenza alcolica e da cocaina (Cfr.:ClinicalTrials.gov/NCT00142818). Altri due studi iniziati rispettivamente in luglio e nell’ottobre 2004 a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) si propongono di testare l’efficacia e la sicurezza di Modafinil nel ridurre il consumo di cocaina in soggetti con dipendenza da cocaina. Nel secondo di questi studi saranno anche valutati gli effetti di modafinil sul craving, l’astinenza, la ritenzione in trattamento e gli effetti indesiderati (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00100100 - NCT00129285). Due studi iniziati rispettivamente nell’aprile 2004 e nel dicembre 2005, il primo a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA), il secondo a cura della University of New South Wales, del Australian Gvernment Department of Health and Ageing, del Kirketon Road Centre Hospital e del St Vincent’s Hospital di Sidney, si propongono di valutare l’efficacia di Modafinil combinato a intervento Cognitivo-Comportamentale (CBT) per prevenire le ricadute nei pa324


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zienti affetti da dipendenza da cocaina in fase di astensione dal consumo. (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00218387 –NCT00123383). Altri studi sono in corso per testare l’efficacia e la tollerabilità di Modafinil da solo o combinato ad altri interventi o trattamenti (Cfr.: ClinicalTrial.gov/NCT00218062 – NCT00218036). Memantina è un farmaco antagonista dei recettori NMDA. Gli antagonisti dei recettori NMDA hanno mostrato di ridurre il rilascio di dopamina indotto dalla cocaina nei modelli animali. La memantina è approvata per il trattamento dei sintomi della malattia di Alzheimer. In questo disturbo è riconoscito il coinvolgimento di una disfunzione del sitema glutamatergico. La memantina agisce anche come un antagonista non competitivo a livello del recettore 5HT3 con potenza simile a quella sul recettore NMDA, ma questa attività serotoninergica nella demenza ha un significato non chiaro (http://en.wikipedia.org/wiki/Memantine). È in corso uno studio per valutare l’efficacia della memantina nella prevenzione delle ricadute in soggetti dipendenti da cocaina a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) e della Research Foundation for Mental Hygiene (A Double-Blind, Placebo-Controlled Trial of the Effectiveness of Memantine in Treating Cocaine Dependence). Questo studio inoltre si propone di valutare se il farmaco produce migliori risultati del placebo nel ridurre il craving da cocaina, i sintomi psichici, il deterioramento funzionale e le discontinuità del trattamento negli individui dipendenti (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00134901). Sulla base di osservazioni che indicano che l’uso prolungato di cocaina altera i normali livelli di glutamato a livello del nucleo accumbens e che l’interruzione della assunzione cronica fa cadere i livelli di glutamato e questo spingerebbe il tossicodipendente a cercare nuovamente la sostanza, la ricerca si sta concentrando su molecole che normalizzino i livelli di acido glutammico. Un farmaco che può contribuire a questo effetto è la N-acetil-cisteina (NAC), già in uso nel trattamento della fibrosi cistica e in altre patologie organiche. Le ricerche di laboratorio e le teorie sulla relazione fra glutammato e cisteina fanno ritenere questa sostanza un candidato per studi sulla sua efficacia nell’uomo per il trattamento della dipendenza da cocaina e altre sostanze. La N-acetil cisteina è un derivato di sintesi della cisteina, un amminoacido non essenziale in quanto prodotto fisiologicamente da un altro aminoacido, la metionina, a partire da alcuni alimenti. La cisteina partecipa a numerose funzioni metaboliche importanti come la sintesi di ormoni, di acidi grassi, processi di rigenerazione della pelle, dei capelli, ecc. Essa è anche fondamentale alla produzione di glutatione, un importante antiossidante endogeno, e al suo mantenimento funzionale. La ricerca in questo senso è sostenuta da evidenze riportate da ricercatori del laboratorio di Peter W. Kalivas della Medical University del Sud Carolina che hanno individuato un nuovo bersaglio di azione della cocaina: un particolare complesso proteico, chiamato cysteine-glutamate antiporter (controtrasportatore), che pompa il glutammato fuori dai neuroni in uno spazio fra di essi. Questi ricercatori hanno evidenziato che più del 60% del glutammato extracellulare è determinato dagli antiporter che sono localizzati lungo i lati dei neuroni fuori dalla regione sinaptica (Baker et Al. – 2003; Kalivas et Al. - 2003). Risulta che i trattamenti per la cocaina riducono i livelli di glutammato attraverso una attività di soppressione dell’anti-porter (controtrasportatore) e il trattamento con N-acetil-cisteina non solo riporta il glutammato ai normali livelli ma anche protegge i livelli di glutammato rendendo inutili ulteriori successive iniezioni di cocaina (Cfr.: Moran et Al. – 2005). Inoltre risulta che l’N-acetil-cisteina riduce il rischio di epatotossicità dovuta all’effetto tos325


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sico della cocaina quando agisce in associazione a endotossina (lipopolisaccaride, LPS) (Labib, Abdel-Raman and Turkall – 2003). In uno studio preliminare condotto in doppio ceco con N-acetil-cisteina e placebo per valutare la sicurezza e tollerabilità di NAC nel trattamento di soggetti affetti da dipendenza da cocaina è risultato che la molecola è ben tollerata e può ridurre i sintomi di astinenza da cocaina e il craving (LaRowe et Al. – 2006). Due studi a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA), di cui uno in collaborazione con la Medical University del Sud Carolina, sono in corso per testare l’efficacia e la tollerabilità della N-acetil-cisteina in soggetti con dipendenza da cocaina (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00136825 – NCT00218491). Atomoxetina è un farmaco approvato per il trattamento del Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività (ADHD). È classificato come inibitore del reuptake della norepinefrina agendo a livello presinaptico sul trasportatore della norepinefrina e sembra presentare il vantaggio, rispetto ad altri stimolanti, che invece agiscono sulla regolazione della dopamina a livello cerebrale (Metilfenidato, Amfetamina), di non avere un significativo potenziale di abuso (Stein – 2004). Qualcuno ha sostenuto che avesse effetti antidepressivi coerentemente con i presupposti del suo sviluppo come antidepressivo, ma gli studi pubblicati non hanno dimostrato benefici evidenti nel trattamento della depressione. I dati provenienti dagli studi indicano che i pazienti affetti da Didturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività (ADHD) sono ad alto rischio di sviluppare disturbi da uso di sostanze rispetto alla popolazione non affetta. Inoltre gli adulti affetti da ADHD presentano alti tassi di comorbilità con l’abuso di cocaina. Sulla base di queste evidenze, alcuni clinici hanno suggerito che questi pazienti ricercassero la cocaina come automedicazione per i sintomi dell’ADHD. Per questa ragione alcune linee di studio si sono orientate a testare farmaci proposti per il trattamento dell’ADHD per valutare se questi inducono anche effetti sulla dipendenza e l’abuso di cocaina nei pazienti affetti da questi disturbi. È in corso uno studio a cura del National Institute on Drug Abuse (NIDA) in collaborazione con il New York State Psychiatric Institute per testare l’efficacia di Atomoxetina nel ridurre il consumo di cocaina nei pazienti affetti da ADHD che abusano di cocaina. Un altro studio a cura del NIDA è in corso per valutare le potenziali interazioni fra assunzione intravenosa di cocaina e assunzione di Atomoxetina (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00218543 – NCT0025265). I neurolettici atipici hanno mostrato di poter essere efficaci nel controllare il craving e nel ridurre le ricadute in soggetti con diagnosi di schizofrenia e dipendenza da cocaina e in soggetti affetti da disturbo bipolare associato a dipendenza da cocaina, ma questi risultati, ottenuti in studi pilota, necessitano di essere confermati da studi clinici controllati (Smelson et Al.- 2002; Brown et Al. - 2002). In un piccolo ma rigoroso studio di valutazione dell’attività di olanzapina comparata ad aloperidolo nel contollare i sintomi psicotici e i comportamenti di consumo in pazienti affetti da psicosi e dipendenza da cocaina è emerso che il neurolettico atipico ha contribuito a migliorare i sintomi nel gruppo di pazienti trattati (Smelson et Al. – 2006) ma queste osservazioni non sono confermate da altri studi (Reid et Al. – 2005) e richiedono ulteriori approfondimenti. Lo studio dei neurolettici atipici nel trattamento di forme di comorbilità fra disturbi psichiatrici maggiori e dipendenza da cocaina è sostenuto da evidenze che in soggetti con disturbo bipolare in trattamento con neurolettici tradizionali si riscontrava un aumento del craving per sostanze stimolanti in questi soggetti mentre al contrario era stata notata una diminuzione di 326


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

comportamenti assuntivi di sostanze stimolanti nei pazienti trattati con neurolettici atipici. Questo è verosimilmente dovuto al fatto che i neurolettici tradizionali presentano una attività predominante dopamino-antagonista mentre alcuni neurolettici atipici presentano una attività dopamino e serotonino-antagonista con moderato grado di attività sui recettori della dopamina. Quetiapina, risperidone e aripiprazolo sono in corso di studio in tre trials a cura della University of Texas Southwestern Medical Center, dello stanley Medical Research Institute e del National Institute on Drug Abuse (NIDA) (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00223210 – NCT00227123 - NCT00276874). Gli approcci farmacocinetici al trattamento della dipendenza da cocaina mirano ad impedire che la cocaina raggiunga i siti cerebrali bersaglio attraverso un blocco dell’ingresso della sostanza nel cervello o attraverso un aumento del suo catabolismo per far sì che minori quantità di cocaina raggiungano i siti di azione. Studi sull’aumento del catabolismo della cocaina per ridurne gli effetti sono stati condotti finora sugli animali utilizzando un naturale enzima che metabolizza la cocaina: la butirilcolinesterasi (Pan et Al. – 2005; Zhan and Gao – 2005). L’immunoterapia nella ricerca di strategie per la cura ed il controllo delle dipendenze basa i suoi presupposti sull’assunto che il modello della tossicodipendenza possa essere assimilato a quello di una malattia infettiva in cui la sostanza d’abuso rappresenta l’agente infettante. Se sono create artificialmente condizioni particolari, le sostanze, nonostante il loro basso peso molecolare, possono indurre una risposta anticorpale. Un esempio di ciò è dato dal test immunoenzimatico utilizzato per l’identificazione delle sostanze d’abuso nelle urine o in altri liquidi organici. È in corso di studio uno specifico vaccino (TA-CD). Il vaccino indurrebbe una risposta anticorpale con la creazione di complessi di dimensioni tali da non passare la barriera ematoencefalica e quindi in grado di impedire alla cocaina il raggiungimento dei siti cerebrali bersaglio. Lo studio iniziato nel settembre 2003 è attualmente in corso (Cfr.: ClinicalTrials.gov/NCT00218088). Un altro approccio sperimentale è rappresentato dall’impiego di batteriofagi. I batteriofagi sono virus che infettano i batteri, e si distinguono dai virus animali e delle piante in quanto mancano del tropismo per le cellule eucaristiche. La produzione di batteriofagi filamentosi in coltura è semplice ed economica, inoltre i batteriofagi sono estremamente stabili in una grande varietà di condizioni e, soprattutto, geneticamente flessibili. Alcuni batteriofagi possono infettare cellule batteriche senza produrre lisi delle stesse, ma mettendole nelle condizioni di produrre un’ampia varietà di proteine, anticorpi e peptidi (Dickerson & Janda, 2005, Meijler et al, 2004). Molte compagnie nel campo delle biotecnologie stanno sviluppando le applicazioni terapeutiche dei batteriofagi, al punto che la Food and Drug Administration in USA sta mettendo a punto linee guida regoolatorie per la terapia fagica. I Batteriofagi sono in grado di penetrare in molti tessuti di vertebrati senza arrecare danni all’ospite (Dabrowska et al, 2005). In particolare si è visto che batteriofagi filamentosi sono in grado di penetrare nel sistema nervoso centrale, dove possono pertanto fungere da vettori di anticorpi (Frenkel & Solomon, 2002). Carrera e collaboratori hanno dimostrato che anticorpi anticocaina sono in grado di sequestrare la sostanza e di sopprimere gli effetti psicomotori e di rinforzo della droga (Carrera et al, 1995; Carrera et al, 2000). Sulla base di queste ed altre osser327


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vazioni, è stato ipotizzato che anticorpi od enzimi specifici per la cocaina espressi da batteriofagi potessero raggiungere il SNC, e tale ipotesi è stata verificata nel ratto (Carrera et al, 2004). L’impiego di batteriofagi, a differenza dell’immunizzazione passiva ed attiva, permette di utilizzare la via di somministrazione intranasale, attraverso la quale è possibile raggiungere direttamente il SNC, dove i batteriofagi sono in grado di liberare anticorpi in grado di legare ed inattivare la cocaina direttamente nell’encefalo, il sito primario di azione della cocaina. Tale approccio immunofarmacologico mediato da fagi filamentosi appare promettente, anche se il cammino da percorrere è lungo. In particolare, anche per la terapia con batteriofagi, così per il vaccino, esiste sempre la possibilità che l’utilizzatore di cocaina contrasti gli effetti neutralizzanti del fago impiegando dosi maggiori di farmaco, con conseguenze potenzialmente letali. Inoltre anche tale approccio terapeutico annulla gli effetti della cocaina, ma non annulla il desiderio di assumere la droga. Anche nel caso delle applicazioni dei batteriofagi per via intranasale nelle dipendenze da cocaina, le applicazioni non si limitano agli anticorpi neutralizzanti, ma anche a quelli catalitici

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COCAINA

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GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

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ANALISI DI FATTIBILITÀ PER UNO STUDIO CLINICO ALLARGATO COCAINA CON IL NUOVO VACCINO 6.3 ANTI-COCAINA TA-CD IN ITALIA Giovanni Serpelloni*, Mario Cruciani** * Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione Veneto ** Centro di Medicina Preventiva ULSS 20, Verona

Premesse La possibiltà di un uso preventivo e/o terapeutico della immunizzazione attiva (vaccinazione) contro le droghe d’abuso è argomento di estremo interesse ed attualità, e si basa sull’assunto che una volta immobilizzata dall’anticorpo la sostanza d’abuso non può più esercitare le sue proprietà di rinforzo. Di conseguenza, il comportamento di assunzione non viene acquisito o, se già acquisito, viene ad estinguersi. La vaccinazione, quindi, può considerarsi un sistema per prevenire od arrestare la dipendenza. Nader et al. sono stati i primi a dimostrare che era possibile immunizzare animali da esperimento contro le proprietà rinforzanti di una sostanza d’abuso (1). Scimmie rhesus, addestrate ad autosomministrarsi eroina, vennero iniettate con morfina-6-emosuccinato complessata a sieroalbumina bovina (BSA) in associazione all’adiuvante di Freund. I primati reagirono all’iniezione di tale complesso con la produzione di anticorpi diretti contro la morfina. La presenza di anticorpi anti-morfina circolanti nel sangue portò ad una significativa riduzione dell’autosomministrazione di eroina, fenomeno contrastato però dall’aumentare della dose dell’eroina stessa. Sfortunatamente questa ricerca così promettente venne abbandonata a favore del naltrexone, individuato come una più efficace soluzione terapeutica nel mantenere astinenti i tossicodipendenti da oppiacei. L’ipotesi che l’immunizzazione fosse un valido strumento terapeutico nel trattamento delle tossicodipendenze ha così dovuto aspettare almeno due decenni per essere nuovamente verificata. È solo di recente infatti che il NIDA (National Institute of Drug Abuse) ha deciso di promuovere ricerche finalizzate allo sviluppo di vaccini efficaci nel trattamento della dipendenza da cocaina, nicotina e fenilciclidina.

Il Vaccino anti-cocaina Studi preclinici La scelta della cocaina come bersaglio per la vaccinazione è motivata non solo dall’ampia diffusione di tale sostanza come droga d’abuso, ma anche dal fatto che la terapia farmacologica dell’abuso e/o della dipendenza da cocaina non ha ancora portato a risultati significativi (2-5). La 333


COCAINA

cocaina è, inoltre, una valida candidata anche all’immunizzazione passiva, poiché facilmente può provocare un grave quadro di intossicazione acuta per il cui trattamento non esistono antagonisti competitivi. Molecole a basso peso molecolare, come la cocaina, non sono in grado di indurre una specifica risposta immunologica, a meno che non vengano legate in maniera covalente ad una proteina (aptene), che attribuisce immunogenicità specifica al complesso macromolecolare (antigene), conferendo la capacità di stimolare la sintesi di anticorpi diretti contro la sostanza stessa. Carrera e collaboratori sono stati i primi ad affrontare con successo il problema di costituire un complesso immunogeno con la cocaina (6). Studi sperimentali condotti nei ratti hanno fornito risultati promettenti , dimostrando che nel ratto vaccinato sono necessarie dosi almeno tre volte maggiori affinchè si manifestino gli effetti di rinforzo della sostanza, a testimoniare un blocco parziale, anticorpo-mediato, dell’accesso della cocaina al sistema nervoso centrale. (7) L’immunizzazione produce notevoli cambiamenti nella farmacocinetica della cocaina che, una volta legata agli anticorpi circolanti, non è più in grado di abbandonare il compartimento ematico ed in particolare di attraversare la barriera ematoencefalica e quindi il sistema nervoso centrale. Studi clinici La sicurezza dell’immunizzazione costituisce un aspetto cruciale per un suo eventuale utilizzo terapeutico. A tal proposito gli studi di Fox e collaboratori non hanno mostrato alcuna conseguenza potenzialmente negativa dell’immunizzazione attiva (8). Sulla base di tali osservazioni e delle precedenti osservazioni precliniche il NIDA, l’Istituto nazionale sull’abuso di droghe degli Stati Uniti (dove i cocainomani sono circa 4 milioni) ha promosso una ricerca finalizzata allo sviluppo di un vaccino per il trattamento della dipendenza da cocaina. Il nuovo vaccino anti-cocaina (TA-CD) è stato sviluppato dall’azienda britannica Xenova. Nella prima fase della ricerca (fase I) ha dimostrato di essere sufficientemente sicuro e non tossico. Nella successiva fase di sviluppo (fase II, o della sperimentazione clinica ristretta), condotta da Thomas Kosten alla Yale University , ha fornito dati riferiti come estremamente promettenti, sebbene siano necessarie nuove conferme in quanto i test sono stati sinora condotti su di un numero limitato di persone (9, 10). Il vaccino è stato utilizzato per circa 3 anni in pazienti afferenti a strutture della Yale, su base ambulatoriale. La vaccinazione prevede una somministrazione intramuscolare, in genere ben tollerata se si escludono i fastidi locali legati alla via utilizzata. Ogni iniezione determina una produzione di anticorpi della durata di alcune settimane, con necessità di dosi da ripetere ogni 3-4 mesi. Con il vaccino verrebbe a mancare la gratificazione provocata dall’uso della droga. Resta ora da verificare su scala più ampia quanto il vaccino sia in grado di operare efficacemente questa sorta di “dissuasione biochimica” nei tossicodipendenti per mantenerla nel tempo. I dati raccolti finora sul TaCd hanno mostrato risultati positivi in persone molto motivate a smettere. Sulla base di tali dati, la XENOVA (recentemente acquistata dalla Celtic Pharma) sta programmando una fase III di sviluppo (clinica allargata) che prevede l’arruolamento di centri Europei, inclusi centri Italiani. Per tale motivo vogliamo sollevare in questa sede alcuni punti da considerare per uno studio di fattibilità della sperimentazione allargata con un nuovo vaccino anti-cocaina. 334


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

Criteri per la definizione della fattibilità della sperimentazione del vaccino anticocaina in Italia La definizione della fattibilità di una sperimentazione di questo tipo in Italia passa attraverso la disamina di una serie di elementi che possono variamente essere in grado di condizionare la realizzazione di tale studio. Le sperimentazioni farmacologiche di per se sono assoggettate ad una serie di regole e di comportamenti prudenziali che è necessario rispettare ed applicare costantemente al fine di tutelare la salute e l’integrità delle persone sottoposte alla sperimentazione e contemporaneamente poter avere dati e risultati della ricerca scientificamente affidabili. Quando però tali sperimentazioni si applicano ai vaccini insorgono ulteriori complicazioni data la particolare rilevanza che assume il fatto che questi pazienti sviluppano reazioni anticorpali, temporanee o permanenti che siano, che possono creare effetti meno facilmente prevedibili e gestibili di quelli che a volte si riscontrano con le sperimentazioni farmacologiche. Un ulteriore elemento di complicazione è che questa sperimentazione dovrebbe avvenire in pazienti con dipendenza da cocaina e cioè con una patologia che bene o male è in grado di pregiudicare la loro capacità di giudizio e il loro grado di consapevolezza ed accondiscendenza ad accettare proposte sperimentali. infatti queste persone possono andare in contro a condizioni psicologiche particolari che le rende vulnerabili e più esposte ad accettare condizioni e proposte di terapie sperimentali, magari con il miraggio di risolvere immediatamente, definitivamente e senza sofferenza il proprio problema. Stiamo parlando dell’astinenza e del craving, ma anche delle intossicazioni acute e delle pericolose condizioni psichiatriche correlate che spesso questi pazienti hanno. È necessaria quindi molta prudenza ed una approfondita analisi preliminare al fine di individuare quali potrebbero essere i pericoli e i rischi di una sperimentazione di questo tipo al fine di renderla possibile e fattibile in un contesto di sicurezza, eticità ed accettabilità sociale. Relativamente a questo ultimo punto non va sottovalutato l’aspetto, ahimé tipicamente italiano, dei possibili risvolti politici che questo tipo di studio potrebbe avere. Come è noto in Italia tutto ciò che riguarda la tossicodipendenza è oggetto di una esagerata attenzione politica, a volte quasi “calcistica”, e a volte di prese di posizione fortemente ideologiche che molto poco hanno a che fare con la medicina che prevede invece la necessità di operare sempre in maniera equilibrata e scevra da ideologie, nel condurre qualsiasi sperimentazione scientifica. Non va tuttavia sottovalutato il problema e le reazioni, soprattutto da vari gruppi di operatori del settore (con approccio fortemente ideologico e spesso sconfinante in conflitto politico) che potrebbero creare una opposizione non giustificata ma forse efficace nel creare situazioni ostative. Fin dall’inizio quindi sottolineiamo l’importanza di valutare e creare le condizioni per avere una elevata accettabilità della sperimentazione ai quattro livelli essenziali: per i pazienti interessati (e le loro associazioni rappresentative), per la compagine sociale (cittadini), per i politici ed amministratori responsabili della programmazione socio sanitario nelle Regioni e nel Paese, per gli operatori dei dipartimenti delle dipendenze. Qui di seguito verranno approfondite le principali tematiche da considerare per uno studio di fattibilità con il nuovo vaccino anti-cocaina. Problemi etici e legali L’uso di un vaccino anti-cocaina, una volta dimostrata la sicurezza d’impiego e la potenziale efficacia, può essere considerato eticamente accettabile se utilizzato in pazienti volontari che ab335


COCAINA

biano fornito un consenso libero ed informato (11). È importante escludere che al momento dell’ottenimento del consenso il soggetto non sia sotto l’influenza della sostanza d’abuso. Anche in questo caso, però, potrebbero persistere problemi etici legati alla privacy del paziente. In effetti l’immunoprofilassi attiva (mediante vaccino) contro la cocaina è in grado di determinare una risposta anticorpale durevole nel tempo, se non per tutta la vita. La possibilità di evidenziare tali anticorpi mediante un esame di laboratorio, con le possibili discriminazioni derivanti, deve essere pertanto presa in attenta considerazione in termini legislativi e di educazione pubblica. Non si tratta peraltro di un nuovo problema, essendo già stato sollevato ad esempio per la terapia di mantenimento con metadone e con i test sierologici per HIV, nei tossicodipendenti e non. Il problema della persistenza degli anticorpi può comunque essere evitato, almeno in parte, con la vaccinazione passiva, e cioè la somministrazione di anticorpi anti-cocaina. Questi hanno infatti un’emivita molto più breve, ma rappresentano anche un approccio sostanzialmente differente da quello dell’utilizza dell’immunizzazione attiva. L’impiego del vaccino al di fuori del contesto precedente, e cioè del paziente (dipendente da cocaina) che abbia fornito un consenso libero ed informato, solleva ulteriori problemi etici. Hall e Carter (11) hanno considerato la possibilità di utilizzo terapeutico in clienti legalmente forzati. Questa possibilità, sebbene ancora remota, merita comunque di essere discussa. Hall ritiene infatti che il razionale per un trattamento della dipendenza da droga sotto coercizione è fornito dal fatto che si offre al tossicodipendente che incorra in reati la possibilità di ridurre la probabilità di reiterare il reato, rappresentando quindi un’alternativa al carcere. In alcuni paesi tale modalità d’impiego è ipotizzabile, previa adeguata dimostrazione (su pazienti volontari) dell’efficacia, sicurezza e costo-efficacia dell’intervento, solo nel caso il reo debba obbligatoriamente scegliere: 1) se accettare o no la terapia; e 2) il tipo di terapia. Un simile approccio è stato ad esempio utilizzato nella terapia della dipendenza da eroina di imputati, ma è stato anche recentemente utilizzato in tribunali americani per soggetti dipendenti da cocaina e colpevoli di reati (12). L’altra situazione, ancor più problematica dal punto di vista etico, e comunque al momento speculativa, è relativa all’impiego preventivo del vaccino. In infettivologia la prevenzione mediante vaccinazione è finalizzata alla protezione dell’individuo e della collettività. Se paragoniamo, come è già stato fatto, la tossicodipendenza ad una malattia infettiva, è possibile estendere i principi metodologici dell’epidemiologia classica allo studio della diffusione della tossicodipendenza stessa (13- 15). A questo punto, considerando la tossicodipendenza alla stregua di una malattia infettiva a trasmissione interumana, è anche possibile ipotizzare l’impiego di un vaccino contro una droga come un mezzo per eradicare il suo uso in una popolazione ad alto rischio od addirittura nella popolazione generale. In base a questa ipotesi di lavoro, il vaccino viene somministrato a soggetti che non hanno ancora utilizzato cocaina ma che si ritiene siano potenzialmente a rischio di far uso di una o più sostanze d’abuso. Il problema che ne consegue è di saper definire quali siano i soggetti a rischio. In tale categoria potrebbero rientrare soggetti con storia familiare di abuso, o con facilità di accesso alle sostanze, o soggetti che soddisfino i criteri di vulnerabilità (personalità, condizione sociale, ecc.). Facilmente, una tale applicazione del vaccino coinvolgerebbe adolescenti, con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di fattibilità. Per i minorenni, la partecipazione alla ricerca clinica è necessariamente salvaguardata da particolari regole, e tra queste il consenso di genitori o tutori. Dal momento che non sempre gli adolescenti hanno una percezione adeguata del rischio personale, può essere problematico il consenso informato, il counselling preventivo, ed il follow-up nel corso dello studio clinico 336


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

Come in precedenza, l’impiego preventivo del vaccino potrebbe essere giustificato solo dopo lampante evidenza della sicurezza, efficacia ed anche costo efficacia del vaccino. Problemi clinici non ancora risolti I problemi clinici non ancora risolti e da prendere in considerazione per un’eventuale sperimentazione di un vaccino anti-cocaina sono menzionati qui di seguito Innanzitutto, la produzione di titoli anticorpali potrebbe non essere sufficiente a saturare alte concentrazioni ematiche di cocaina. Di conseguenza, non ci si può aspettare che i soggetti immunizzati siano protetti da un’overdose di cocaina poiché, in queste condizioni, la quantità di sostanza non legata potrebbe essere sufficiente a causare un’intossicazione acuta. In effetti il paziente potrebbe volontariamente superare il blocco periferico indotto dagli anticorpi, con la conseguente attenuazione degli effetti della droga, aumentando le dosi di cocaina sino a livelli tali da poter determinare effetti collaterali, anche gravi. Tali comportamenti possono essere contrastati e prevenuti mediante un’appropriata selezione dei pazienti ed utilizzando un counselling al fine di motivare il paziente e di ottenere la massima compliance ai protocolli terapeutici Un problema particolare è rappresentato dall’uso nell’immunodepresso. Dal momento che i soggetti con problemi di abuso di sostanze presentano caratteristiche nello stile di vita che li mettono a rischio di acquisire infezioni, come quella da HIV, che hanno un profondo impatto sul sistema immunitario, è lecito ipotizzare l’inclusione nella sperimentazione anche di pazienti immunodepressi. In tal caso, è necessario avere dati sull’immunogenicità del vaccino anti-cocaina in base al livello di immunodepressione , ad esempio stratificando per numero di linfociti CD4, e su questa base proporre eventuali schemi vaccinali alternativi, come gia avviene per altre vaccinazioni nei confronti di agenti biologici utilizzate in soggetti con infezione da HIV. Fattibilità di studi controllati, randomizzati, e con gruppo placebo Una volta stabilita la sicurezza ed efficacia del vaccino nel cliente volontario dipendente da cocaina, ed affrontati i problemi di etico-legali comuni a tutte le sperimentazioni cliniche, quelli peculiari al tipo di vaccino in oggetto ed alla popolazione per la quale se ne prevede l’utilizzo, si può considerare la fattibilità della sperimentazione in un range di circostanze. In tutte le possibili applicazione, il vaccino deve essere utilizzato in congiunzione con trattamenti farrmacologici e di sostegno già disponibili ed in uso. Questo apre la possibilità di studi controllati e randomizzati. Più delicato è il problema dell’eticità di una sperimentazione con gruppo placebo. Un gruppo placebo non può essere eticamente accettabile se la terapia vaccinale è l’unica terapia fornita, in quanto la dipendenza da cocaina è una situazione che mette potenzialmente a rischio la vita. Per contro, in assenza di una terapia riconosciuta efficace, qualora venga garantito lo standard del trattamento psicosociale e/o dei trattamenti farmacologici necessari (ad es. per ridurre il craving per la cocaina, o le comorbidità psichiatriche, o la dipendenza da alcool) sia al gruppo placebo che a quello che riceve il vaccino, si ritiene che una sperimentazione controllata con placebo sia eticamente accettabile e fattibile in un contesto di massima sicurezza, come quello fornito dall’ambiente sperimentale. In effetti parte della sperimentazione sino ad ora condotta con il vaccino TA-Cd ha utilizzato questo disegno sperimentale. Inoltre, dal momento che l’eventuale impiego routinario della vaccinazione andrebbe sempre associato con terapie psicosociali standard, i risultati di uno studio disegnato in tal modo sarebbe in grado di fornire dati di maggior rilevanza clinica rispetto ad uno studio non controllato 337


COCAINA

Definizione di altre potenziali aree di impiego Oltre che per la dipendenza da cocaina, si puo prendere in considerazione l’utilizzo del vaccino nelle seguenti condizioni: • Nella terapia dell’intossicazione acuta . In tal caso l’utilizzo di anticorpi specifici anti-cocaina (sia mediante immunizzazione attiva che passiva) potrebbe costituire una terapia salvavita, sollevando poche questioni etiche se non quelle generali precedentemente citate. Da considerare inoltre che nel caso di grave intossicazione con confusione o perdita di coscienza il paziente potrebbe non essere in grado di fornire il consenso • Prevenzione delle ricadute. Una volta raggiunta l’astinenza da cocaina, l’impiego del vaccino (o la somministrazione di anticorpi) potrebbe essere valutato nella prevenzione delle ricadute, soprattutto in soggetti a particolare rischio di ricadute • Uso Preventivo del Vaccino. Come già riportato in precedenza, tale impiego appare ancora del tutto speculativo e denso di problematiche etico-legali che necessitano di ulteriori approfondimenti. Per tale tipo di sperimentazione, il vaccino dovrà garantire un altissimo profilo di sicurezza associato ad una elevata efficacia A fine di proporre uno schema di discussione ed approfondimento vengono qui di seguito riportati una serie di criteri, raggruppate per aree logiche di interesse (dominio), che lo studio dovrebbe soddisfare per essere considerato fattibile anche nel nostro paese, cosa che auspichiamo fortemente. L’elenco non ha la pretesa di essere esaustivo ma rappresenta una traccia su cui sviluppare la discussione e l’approfondimento iniziale.

338


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

Tabella n.1: Criteri per la definizione della fattibilità della sperimentazione del vaccino anticocaina in Italia (G. Serpelloni 2006)

Analisi della fattibilità della sperimentazione del vaccino anticocaina in Italia DRAFT di discussione Area di interesse (dominio) 1

Caratteristiche generali della

Criterio da soddisfare

1.1

Accesso alla sperimentazione, non discriminante gruppi di pazienti

sperimentazione

Note e specifiche

Non dovrebbero esistere criteri di inclusione od esclusione che impedissero l’accesso a gruppi di pazienti in base a criteri quali: razza, religione, reddito e/o posizione sociale, livello lavorativo ecc.

1.2

Da vagliare la possibilità ed adeguatezza Questa pratica potrebbe provocare un di utilizzare gruppi di controllo a cui viene rischio di overdose non tollerabile, in somministrato placebo in cieco anche in quanto il paziente potrebbe studi allargati ingiustificatamente ritenere di essere in qualche modo protetto, il che lo esporrebbe a gravi danni per la sua salute. Fattibilità solo in presenza di interventi di supporto e farmacologici ottimali, in entrambe i gruppi

1.3

Non incentivante, anche indirettamente, l’uso di cocaina per testare l’efficacia del vaccino

lo studio dovrebbe prevedere interventi contestuali di tipo educativo e motivazionale al non uso della droga

1.4

Assicurare adeguato supporto psicosociale al paziente durante la sperimentazione

Andrà garantito un supporto psicosociale ai problemi droga correlati del paziente indipendentemente dalla sperimentazione del vaccino

1.5

Studio condotto all’interno di centri legittimati al trattamento di pazienti

Rete dei servizi pubblici

tossicodipendenti ed in grado anche di erogare cure specialistiche e continuative per la dipendenza da cocaina in regime extraospedaliero. 2

Soggetti interessati

2.1

(Client)

Fornitura di completa informativa su:

Informativa erogata tramite tecniche di

possibili rischi e danni biologici ma anche counselling possibili conseguenze sociali (discriminazione, stigma ecc.) e psicologiche (ansia, disagio depressivo ecc.) derivanti dalla partecipazione alla sperimentazione 2.2

Ottenimento del Consenso informato Attestato mediante contestuale rilevamento lontano da condizioni di intossicazione con tecniche standard del grado di acuta o astinenza/craving che potrebbero astinenza, craving ed intossicazione compromettere la libera formazione di tale consenso

339


COCAINA

Area di interesse (dominio)

Criterio da soddisfare

Note e specifiche

2.3

Presenza di adeguata Copertura assicurativa

Non a carico del paziente

2.4

Retribuzione (??)

Problema aperto. L’assenza di retribuzione può essere sostenuta da motivi etici legati alla presenza di tossicodipendenza che induce bisogni economici nei pazienti, tali da poter diventare drive motivazionali impropri e non eticamente accettabili per l’accettazione della somministrazione del vaccino. Il sinalagma (controprestazione) dovrà comunque essere chiaro ex ante con benefici per il paziente evidenti, chiari e proporzionati all’impegno richiesto.

340

2.5

Presenza di Vantaggi concreti per il paziente

la sperimentazione del vaccino dovrà portare concreti vantaggi, come tali chiaramente compresi e giudicati dall’interessato,

2.6

Costi assenti

Nessun costo diretto o indiretto

2.7

Alta accettabilità predocumentata nel gruppo dei soggetti interessati della ricerca e dei metodi utilizzati, da parte dei pazienti, anche relativamente alle tecniche utilizzate per mantenere il contatto durante il follow up

Necessità di possedere uno studio preliminare specifico

2.8

Garanzia di Privacy

LEGGE 31 DICEMBRE 1996 N. 675 Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 Codice in materia di protezione dei dati personali Decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173 Proroga di termini per l’emanazione di atti di natura regolamentare (G.U. n. 110 del 13-5-2006) Legge 23 febbraio 2006, n. 51 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative (G.U. n. 49 del 28-2-2006 - Suppl. Ordinario n. 47) Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 273 - definizione e proroga dei termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti (G.U. n. 303 del 30-12-2005) Legge 1 marzo 2005, n. 26 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 dicembre 2004, n. 314, recante “Proroga di termini” (G.U. n. 50 del 2-3-2005) Decreto legge 9 novembre 2004, n. 266 - Proroga o differimento di termini previsti da disposizioni legilative Legge 27 luglio 2004, n. 188 Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 24 giugno 2004, n.158, concernente […], nonché di protezione dei dati personali [vedi] G.U. del 30 luglio 2004, n. 177


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

Area di interesse (dominio)

Criterio da soddisfare

2.9

Possibilità di ottenere l’ Anonimato

Note e specifiche

Sulla base anche dell’art. 120 ex 309/90. Ricordiamo che in Italia esiste per questi pazienti la possibilità di ricevere cure in completo anonimato in tutte le strutture sanitarie.

2.10

2.11

Non creazione di discriminazione o

i soggetti no dovranno essere identificati

stigma derivante dal fatto di partecipare alla ricerca

come tossicodipendenti per il solo fatto di partecipare alla ricerca

Maggiore età

Problema aperto se possibile coinvolgere soggetti di minore età con il consenso dei genitori.

2.12

Assenza di patologie concomitanti alla

Condizioni in grado di ridurre l’efficacia

dipendenza da cocaina

del vaccino (es. immunodeficit) con aumento del rischio overdose o patologie in ambito psichiatrico/psicologico in grado di ridurre la capacità di giudizio e di operare scelte consapevoli relativamente all’adesione allo sperimentazione.

3

Centri di sperimentazione (caratteristiche strutturali e tecniche)

3.1

Appartenente alla rete istituzionale pubblica dei servizi legittimati alla cura extraospedaliera di pazienti tossicodipendenti

Escludere organizzazioni ed enti non istituzionali e non appartenenti al sistema sanitario regionale pubblico.

3.2

Presenza delle caratteristiche strutturali e funzionali previste dalla legge sulla privacy

Esistenza del regolamento aziendale sulla privacy

3.3

Presenza della dotazione tecnica necessaria prevista dalla ricerca

3.4

3.5

In grado di assicurare il follow up dei pazienti secondo i criteri previsti

in grado di instaurare relazioni fiduciarie valide con i pazienti

Garanzia di una poter disporre di una

Valutata sulla base dei dati storici già in

numerosità minima sufficiente di pazienti eleggibili per la sperimentazione

possesso delle Regioni

341


COCAINA

Area di interesse (dominio) 4

Legittimazione

Criterio da soddisfare

4.1

Coerenza delle metodologie utilizzate dalla ricerca con la normativa sulle tossicodipendenze italiana

4.2

4.3

Note e specifiche

Legge 21 febbraio 2006, n. 49 “Conversione in legge, con modificazioni del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza e i finanziamenti per le prossime olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’Interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipententi recidivi” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2006 - Supplemento ordinario n. 45

Coerenza con normativa sperimentazione Da verificare generale e sperimentazione nei tossicodipendenti In possesso delle autorizzazioni formali necessarie

4.4

Alta accettabilità sociale documentata

Derivante da una indagine quantitativa eseguita sulla popolazione di riferimento

4.5

5

6

Ricercatori ed 5.1 operatori coinvolti a contatto con i pazienti

Costi per la struttura

Alta accettabilità politica documentata

Derivante da una indagine quantitativa eseguita sulla popolazione di riferimento

Formazione e conoscenza adeguata e Mediante formazione specifica da verificata su: regole e struttura della prevedere per gli operatori sperimentazione, dipendenza da cocaina, legislazione di settore (tossicodipendenze, privacy) e diritti, counseling

5.2

Operatori in possesso di certificazione di idoneità a svolgere le attività previste dalla ricerca, accreditata dal gruppo direttivo della ricerca

6.1

Adeguata copertura esterna

Nessun costo

Bibliografia 1. Nader MA, Grant KA, Davies HML, Mach RH, Childers SR The reinforcing and discriminative effects of the novel cocaine analog 2-propanoyl-3-(4-toyl)-tropane in rhesus monkeys J Pharmacol Exp Ther (1997) 280:541-50 2. Mendelson JH, Mello NK. Management of cocaina abuse and dependance New Engl J Med (1996) 334:965-72. 3. McCance EF Overview of potential treatment medications for cocaina dependence NIDA research Monograph (1997) 175:36-72 4. Bonese KF, Wainer BH, Fitch FW, Rothberg RM, Schuster CR Changes in heroin self-administration by a rhesus monkey after morphine imunization Nature (1974) 252:708-10 5. Dworkin SI, Lambert P, Sizemore GM, Carrol FI, Kuhar MJ, RTI-113 administration reduces cocaine self-administration at high occupancy of dopamine transporter Synapse (1998) 30:49-55 6. Carrera MRA, Ashley JA, parson LH, Wirsching P, Koob GF, Janda KD Suppression of 342


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

psychactive effects of cocaina by active immunization Nature (1995) 378:727-30 7. Carrera A, Ashley J, Zhou B, Wirsching P, et al 2000 Cocaina vaccines: Antibody protection against relapse in a rat model Proc Natl Sci USA 97:62028. Fox BS, Kantak KM, Edwards MA et al Efficacy of a therapeutic cocaina vaccine in rodent models Nat Med (1996) 2:1129-32 9. Kosten TR. Et al. Human therapeutic cocaine vaccine: safety and immunogenicity. Vaccine. 2002; 20: 1196-7. 10. data available at http://www.yale.edu/opa/newsr/00-03-07.all.html 11. Hall W, Carter L. Ethical issues in trialing and using a cocaine vaccine to treat and prevent cocaine dependence. Technical Report Number 140. National Drug and Alcohol Research Centre and Office of Public Policy and Ethics Institute for Molecular Bioscience, University of Queensland. ISBN 1 877027219 12. National Research Council. Informing America’s policy on illegal drugs: what we dont’t know keeps hurting us. National Academy Press, Washigton. 2001 13. Green MH An epidemiological assessment of heroin use Am J Public Health (1974) 64 (Suppl): 1-10 14. Pisetzky F. Immunoterapia delle tossicodipendenze. Disponibile in: http://www.droga.it/terapia/pisetzky/ 15. Kozel NJ, Adams EH Epidemiology of drug abuse: an overview Science (1986) 234:970-74

343



IL VACCINO ANTICOCAINA

COCAINA 6.4

Nicolette Ebsworth Celtic Pharma Development Services Ltd, UK

Sintesi L’abuso di cocaina rappresenta un problema enorme per il mondo medico-sanitario, per il quale, attualmente, non esistono ancora una farmacoterapia o altre forme di trattamento efficaci. TACD è un nuovo approccio terapeutico basato sulla vaccinazione, atto a sopperire ad un’esigenza fino ad oggi non soddisfatta. Gli anticorpi prodotti dai pazienti in risposta al vaccino inibiscono il trasferimento della cocaina al cervello e, conseguentemente, anche la capacità della cocaina di produrre lo stato di euforia. Studi clinici di Fase I e Fase IIa hanno dimostrato che il vaccino è sicuro e ben tollerato. La vaccinazione TA-CD stimola la produzione di anticorpi specifici contro la cocaina (sebbene i risultati a livello individuale siano variabili) e durante gli studi di Fase IIa è stata dimostrata anche una riduzione dell’uso di cocaina. In particolare, si è potuto osservare che i pazienti che avevano una ricaduta durante gli studi riportavano un’attenuazione degli effetti euforici indotti dalla cocaina. Al fine di definire più chiaramente il legame esistente tra la produzione di anticorpi specifici contro la cocaina e la riduzione dell’uso di questa sostanza, furono compiuti ulteriori studi clinici. Uno studio Fase II b randomizzato e controllato con placebo in consumatori di cocaina dipendenti da metadone è stato quasi ultimato, e ne verrà dato un resoconto in Giugno del 2006. Questi dati sono attesi con molta trepidazione, in quanto un risultato positivo permetterà al prodotto di entrare in studi di Fase III quanto prima, assicurando l’emozionante prospettiva di una nuova cura per le persone dipendenti da cocaina entro pochi anni.

Introduzione La cocaina è un agente simpaticomimetico naturale ed è divenuta una droga da abuso grazie alle sue proprietà euforigeniche autorinforzanti. La cocaina è un pericoloso stimolante (1) che crea una forte dipendenza e che, da qualche anno, rappresenta un problema enorme per la salute pubblica negli Stati Uniti (USA). L’abuso di cocaina è un problema crescente anche in molti paesi europei dove, negli ultimi anni, si sono registrati forti incrementi nell’abuso della sostanza. La prevalenza d’uso recente di cocaina tra individui di età compresa tra 15-34 anni in Europa va dall’1 al 10%, con un indice al di sopra del 4% per quanto riguarda il Regno Unito e la Spagna (2). 345


COCAINA

L’abuso di cocaina è caratterizzato da ripetute autosomministrazioni per via intranasale, endovenosa o per inalazione tramite fumo. Il rapido incremento di concentrazione di cocaina nel cervello porta ad una breve, euforica “scarica”, la quale si pensa sia un fattore determinante nel causare e mantenere l’assuefazione. La dipendenza da cocaina si associa a problematiche nella vita sociale e la maggior parte delle persone che ne abusa riferisce anche disturbi d’ansia e stati di depressione. Le complicazioni mediche correlate all’uso di cocaina sono di tipo cardiovascolare, respiratorio e neurologico, e includono anche disturbi di tipo gastrointestinale, quali dolori addominali e nausea (3). Dato che le farmacoterapie testate finora per il trattamento della dipendenza da cocaina si sono dimostrate per lo più inefficaci, vi è la necessità di trovare trattamenti nuovi ed efficaci. Questi nuovi tentativi di cura si sono concentrati sulle funzioni cerebrali, focalizzando l’attenzione sugli effetti della cocaina. Il vaccino TA-CD costituisce, infatti, un approccio alla terapia completamente nuovo, avendo come target la molecola stessa della cocaina mentre si trova ancora libera nel circolo sanguigno, prima che raggiunga il cervello.

Uso proposto del prodotto La capacità della cocaina di produrre uno stato euforico dipende dal rapido afflusso di grandi quantità di droga al cervello. Il vaccino TA-CD è programmato per innalzare il livello di anticorpi in circolo contro la cocaina, i quali poi si fissano alla cocaina che è entrata nel flusso sanguigno a seguito della somministrazione per via intranasale, endovenosa o inalatoria. Il complesso anticorpo-cocaina che viene a crearsi è troppo grande per attraversare la barriera ematoencefalica, e in tal modo viene impedito che elevate concentrazioni di cocaina raggiungano il mesencefalo ed esercitino un effetto euforizzante. Si ritiene che l’assenza dello stimolo di gratificazione atteso nel nucleus accumbens, riduca gli effetti psicoattivi rinforzanti della gratificazione legati all’assunzione di cocaina.

Il principio del vaccino aptene La molecola della cocaina in sé, è di dimensioni troppo piccole per poter provocare una risposta da parte di anticorpi. Tuttavia, si può innalzare il livello degli anticorpi contro un aptene quando esso venga unito ad un vettore proteico più grande (4). La subunità B della tossina colerica (CTB) è stata selezionata come vettore proteico ideale; essa è una proteina altamente immunogenica, nota per le sue capacità di elicitare una forte risposta degli anticorpi, ed è disponibile in forma ricombinante (rCTB), attualmente venduta in 50 paesi come vaccino orale contro il colera (5). Attraverso l’unione di un derivato della cocaina, la succinil-norcocaina (SNC), al rCTB, si può ottenere un coniugato capace di suscitare la produzione di anticorpi in grado di legarsi alla cocaina libera. Il coniugato proteico è adsorbito ad un adiuvante, gel di idrossido di alluminio, rimanendo sospeso in una soluzione acquosa per produrre il vaccino finale.

Studi Preclinici La capacità del vaccino di produrre una riposta anticorpale alla cocaina fu dimostrata dapprima in topi e ratti. Vari esperimenti hanno dimostrato che la risposta è principalmente IgG, e che 346


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

gli anticorpi persistono per un periodo notevole (fino a 5-6 mesi) a seguito dell’iniezione finale. Furono testate varie dosi e programmi di immunizzazione; questi studi portarono alla selezione di un piano di 3 iniezioni a intervalli di 4 settimane per la Fase I dello studio clinico. La specificità del vaccino fu testata in vitro contro una gamma di molecole derivanti dalla cocaina. Questi esperimenti dimostrarono che gli anticorpi riconoscevano la cocaina e le molecole farmacologicamente attive collegate, come la norcocaina e la cocaetilene (prodotto quando la cocaina è consumata assieme ad alcol), mentre si legavano in misura molto minore a metaboliti inattivi, come per esempio la ecgonina metil estere e la benzoylecgonina. Pertanto, è stato dimostrato che le molecole inattive non competono con le molecole attive per il legame ad anticorpi anticocaina. L’eventuale cocaina che rimane libera in circolo, poiché non si è legata ad anticorpi o non è stata trasportata al cervello, viene velocemente metabolizzata, principalmente in benzoylecgonina. È particolarmente importante che questa (ed altre) molecola/e inattive di derivazione dalla cocaina, non riducano l’effetto degli anticorpi disponibili mediante un meccanismo di competizione con i siti di legame. Una volta dimostrata la capacità del vaccino di produrre una risposta anticorpale, in diversi test su ratti è stata testata la capacità degli anticorpi indotti di modificare la risposta biologica alla cocaina. Fu somministrata della cocaina ad animali vaccinati e non vaccinati, e dopo 30 secondi fu rilevata la distribuzione della cocaina nel sangue, nel cuore e nel cervello. Negli animali vaccinati, i livelli di cocaina nel cuore e nel cervello erano significativamente più bassi, mentre erano più alti nel plasma. Questo dato supporta l’ipotesi secondo cui la presenza di anticorpi in circolo inibisce la capacità di grandi quantità di cocaina di raggiungere rapidamente il cervello, ed è in grado di ridurre gli effetti cardiaci e gli altri effetti psicologici indotti dalla cocaina. Sono stati eseguiti esperimenti su ratti, secondo un modello di dipendenza, al fine di verificare se gli anticorpi anticocaina, indotti dall’immunizzazione con il TA-CD, potessero influire sulla risposta comportamentale alla cocaina. Le proprietà rinforzanti della cocaina possono essere misurate attraverso il modello di dipendenza da autosomministrazione endovenosa nei ratti, che si è dimostrato efficace nel predire la probabilità che una droga possa venire abusata da umani (6). L’immunizzazione con il TA-CD riduceva significativamente il numero di infusioni di cocaina autoamministrate da parte del gruppo intero, mentre gli animali immunizzati con placebo non hanno dimostrato una differenza significativa prima e dopo l’immunizzazione. Inoltre, confrontando i due gruppi, si è potuto osservare che gli animali immunizzati con TA-CD lasciavano passare più tempo tra le infusioni di cocaina rispetto agli animali immunizzati con placebo.

Studi Clinici La dipendenza da cocaina è una condizione notoriamente difficile da trattare. La ricaduta, infatti, si associa al rinforzo del craving con il rischio, spesso, di arrivare all’assunzione di dosi esagerate (binges). L’induttore più potente di craving per la droga è il consumo di piccole e modeste quantità della sostanza stessa (ad esempio, priming: innesco), ed è stato ipotizzato che proprio i dati sull’induzione di craving potranno fornire importanti informazioni sugli eventuali effetti benefici del vaccino. In presenza di titoli di anticorpi, la quantità di cocaina che raggiunge il cervello viene sia ridotta che rallentata, limitando così l’effetto rinforzante della ricaduta e riducendo la probabilità che un una singola ricaduta si trasformi in un consumo in347


COCAINA

controllato della droga (binges). I primi studi clinici su questo prodotto si sono rivelati molto incoraggianti. Studio Clinica Fase di I (7) È stato condotto uno studio placebo, doppio cieco, in un singolo centro, di Fase I, per valutare la sicurezza e la immunogenicità di 3 regimi di dosaggio del TA-CD versus placebo in pazienti astinenti da cocaina. Lo scopo dello studio era quello di valutare la sicurezza e la immunogenicità di tre dosi del vaccino versus placebo. I pazienti dello studio avevano una storia di abuso di cocaina ed avevano vissuto in un centro residenziale di cura per almeno un mese. Le loro condizioni di salute generali erano buone e, se femmine, non gravide. Tre coorti, ciascuna composta di 10 pazienti (8 riceventi vaccino attivo e 2 riceventi placebo), furono trattate con iniezioni intramuscolari di 13 µg, 82 µg o 709 µg del vaccino TA-CD a 0, 4 e 8 settimane. Le valutazioni circa la sicurezza e l’immunogenicità furono eseguite frequentemente nelle prime 12 settimane, e continuarono con visite di follow-up nei 12 mesi successivi. Risultati dello studio di Fase I Sicurezza Il vaccino TA-CD è risultato ben tollerato localmente e sistemicamente. Le reazioni rilevate nel sito di iniezione erano di lieve gravità; in 6 pazienti (3 dei quali appartenevano al gruppo placebo) si riscontrarono una o più delle seguenti reazioni: rossore, gonfiore, indurimento, o calore. Le reazioni avverse non erano dose-dipendente e risultavano di breve durata. Immunogenicità I pazienti hanno risposto al ciclo di iniezioni con la produzione di anticorpi contro la cocaina. È stata rilevata una variabilità da paziente a paziente nella risposta ma, in generale, i livelli di anticorpi hanno raggiunto i livelli massimi a 10-12 settimane per poi declinare gradualmente nel corso dei 6-9 mesi successivi. Studi Clinici di Fase IIa (8) I dati della Fase IIa sono stati raccolti attraverso due studi; sono stati paragonati due diversi regimi di dosaggio, 4 x 82 µg (0, 2, 4, 8 settimane) e 5 x 360 µg (0, 2, 4, 8, 12 settimane). I soggetti erano persone dipendenti da cocaina e venivano seguiti attentamente in un setting ambulatoriale per quattordici settimane, con valutazione successiva (follow-up) dopo sei mesi. Il consumo di cocaina veniva monitorato con tossicologia urinaria. I soggetti erano invitati a ritornare dopo 9-12 mesi per una vaccinazione di richiamo. Le misure di outcome primario erano la sicurezza e l’immunogenicità dei due regimi di dosaggio, in modo da identificare la dose ottimale e il piano di dosaggio per gli studi successivi. Un’analisi secondaria esaminò le relazioni fra i titoli di anticorpi del gruppo di vaccinazione e la percentuale di campioni urinari positivi per cocaina alla settimana, utilizzando un disegno di studio del tipo “intention to treat” (approccio pragmatico). Inoltre, attraverso colloqui con i soggetti che avevano riportato una ricaduta (dato rilevato tramite tossicologia urinaria positiva op348


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

pure segnalazione di uso da parte del soggetto stesso) si è cercato di documentare le segnalazioni soggettive dell’attenuazione degli effetti della cocaina dopo il vaccino. Risultati della Fase IIa Sicurezza Il vaccino è risultato ben tollerato localmente e sistemicamente e non sono stati riportati effetti indesiderati gravi. Sono state peraltro riscontrate alcune reazioni nel sito dell’iniezione in alcuni pazienti; non è stata rilevata, però, alcuna differenza statistica fra i due gruppi di dosaggio. Immunogenicità Sono stati rilevati anticorpi nei sieri dei pazienti in entrambi i gruppi di vaccinazione alla 4° settimana; i livelli raggiungevano il picco massimo alla decima settimana per il gruppo 4 x 82 µg (iniezione finale alla 8° settimana), e alla 14° settimana per il gruppo 5 x 360 µg (iniezione finale alla 12° settimana). I titoli di anticorpi declinavano, in entrambi i gruppi, nel corso dei sei mesi successivi. Il livello massimo di risposta degli anticorpi era generalmente più alto nei gruppi ad alto dosaggio, sebbene la risposta anticorpale individuale fosse variabile. Efficacia Nonostante l’esiguo numero di pazienti e l’assenza di un gruppo di controllo con placebo, fu rilevata una differenza significativa tra i gruppi a basso e ad alto dosaggio per tutte le misure di outcome testate. Sebbene un numero importante di soggetti, in entrambi i gruppi, avesse avuto una ricaduta dopo sei mesi, tutti riportarono un’attenuazione di euforia, nonostante il fatto che i titoli di anticorpi fossero in declino. Servono studi più approfonditi per poter meglio aprezzare la relazione tra questa osservazione e i titoli di anticorpi, ed anche per capire in quale modo questa attenuazione degli effetti di rinforzo influisca sul consumo di cocaina a lungo termine. Clinicamente, gli effetti del vaccino per la cocaina sull’euforia soggettiva e sull’uso della droga sono incoraggianti. In generale, entrambi i gruppi di dosaggio consumavano meno cocaina durante il periodo del trattamento, e coloro che sono andati incontro a ricaduta durante lo studio di 14 settimane, hanno riportato comunque un’attenuazione degli effetti euforici della cocaina. Richiamo Dato che i titoli di anticorpi declinavano dopo sei mesi con valori non rilevabili a 12 mesi, fu presa in esame la possibilità di utilizzare dosi di richiamo del vaccino. Alcuni pazienti hanno scelto di ricevere un’unica iniezione di richiamo tra i nove e i dodici mesi (corrispondenti ai valori nadir degli anticorpi); 2-4 settimane dopo, i titoli di anticorpi misurati erano significativamente alti.

Studi Clinici in progresso Ci sono due studi clinici sul TA-CD in procinto di pubblicazione (metà giugno 2006). Dati gli esiti incoraggianti visti finora con questo prodotto, questi dati sono attesi con trepidazione e, 349


COCAINA

se positivi, si intende estendere lo sviluppo del prodotto agli studi di Fase III, non appena possibile Studio sull’efficacia Fase II b È in fase di attuazione uno studio clinico randomizzato e controllato con placebo, doppio cieco, fase IIb, i cui risultati sono previsti per giugno 2006. I pazienti dipendenti da cocaina, in terapia con metadone, sono stati trattati con TA-CD o placebo e il consumo di cocaina è stata misurato usando tossicologia urinaria su campioni raccolti tre volte alla settimana. L’obiettivo primario dello studio è quello di paragonare le percentuali di pazienti vaccinati con quelle dei soggetti appartenenti al gruppo placebo in relazione al mantenimento dello stato astinente da cocaina per tre settimane consecutive. Obiettivi esplorativi e secondari, utili per poter scegliere degli end-point primari per studi futuri, saranno: la valutazione della sicurezza e della immunogenicità del vaccino; la continuazione della cura; i livelli di anticorpi anti-cocaina; l’astensione da droghe illegali fino a 9 mesi e la risposta dei pazienti. Studio preliminare di Fase IIa Uno studio preliminare di Fase IIa sulla cocaina è in procinto di essere completato a Giugno 2006. Gli obiettivi di questo studio sono quelli di esaminare la sicurezza, l’immunogenicità e gli effetti comportamentali del TA-CD in combinazione con l’assunzione di cocaina. I pazienti sono stati stimolati con cocaina, in condizioni controllate, prima e dopo la vaccinazione con TACD. Gli effetti della cocaina sono stati misurati sulla base di un numero di parametri psicologici e degli effetti soggettivi riferiti che sono stati raccolti mediante questionari posti ai pazienti. I livelli sieriologici degli anticorpi saranno misurati in modo da poter stabilire un’associazione tra i titoli di anticorpi e l’effetto fisiologico e psicologico della cocaina.

Conclusione Sebbene i dati clinici disponibili per questo prodotto siano stati raccolti finora solo su un numero limitato di pazienti, i risultati ottenuti in questa difficile area di studio sono stati incoraggianti e saranno, si spera, rinforzati dagli esiti positivi dei due studi di Fase II sopra menzionati. Occorre ammettere, però, che esistono delle particolari problematiche legate a queste tematiche e alla popolazione dei pazienti e che, probabilmente, il vaccino dovrà essere usato in associazione ad altri interventi di supporto per poter essere efficace al massimo. In particolare, si ritiene che l’aderenza (compliance) del paziente a frequentare le cliniche, per ricevere il pieno apporto di iniezioni, rappresenti un aspetto essenziale. Tuttavia, sembra che questo prodotto possa fornire il supporto farmacologico che manca per tentare di interrompere il consumo e, soprattutto, possa essere un valido aiuto per prevenire che un singolo episodio di consumo diventi una ricaduta completa.

350


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

Bibliografia 1. Carroll FI, Lewin AH, Biswas J. Chemical approaches to the treatment of cocaine abuse. Pharm News 1994; 1:11-16. 2. EMCDDA 2004 3. Gold MS. Cocaine, Drugs of Abuse: A Comprehensive Series for Clinicians, Volume 3. New York and London: Plenum Medical Book Company; 1993: pgs 87-103. 4. Kuby J. Immunology. New York: W. H. Freeman and Company; 1994: Chapter 4. 5. Holmgren J, Czerkinsky C, Lycke N, Svennerholm AM. Strategies for the induction of immune responses at mucosal surfaces making use of cholera toxin B subunit as immunogen, carrier, and adjuvant. Am J Trop Med Hyg 1994; 50:42-54. 6. Jatlow P, Elsworth JD, Bradberry CW, Winger G, Taylor JR, Russell R, Roth RH. Cocaethylene: a neuropharmacologically active metabolite associated with concurrent cocaineethanol ingestion. Life Sci 1991; 48:1787-1794. 7. Kosten TR, Rosen M, Bond J, Roberts JStC, Shields J, Jack L and Fox B Human therapeutic cocaine vaccine : safety and immunogenicity. Vaccine 2002; 20: 1196-1204 8. Martell B,A, Mitchell E, Poling J, Gonsai K, Kosten TR Vaccine Pharmacotherapy for the treatment of cocaine dependence Biological Psychiatry 2005; 58: 158-164

351



GLI INTERVENTI PSICOTERAPEUTICI COCAINA PER IL COCAINISMO 6.5

Augusto Consoli, Giorgia Necco Dipartimento di Patologia delle Dipendenze ASL 4, Torino

1- I diversi approcci psicoterapeutici Nel campo del trattamento delle dipendenze gli interventi psicoterapeutici hanno rivestito un ruolo controverso collegato all’identità che nel corso degli anni ha assunto il fenomeno delle dipendenze stesse. Anche il concetto di cura del sintomo o di cura complessiva della persona ha determinato l’applicazione di approcci psicoterapeutici diversi, oppure di un certo tipo di approccio ma indirizzato a obbiettivi diversi. D’altra parte la definizione degli obbiettivi del trattamento delle dipendenze, più in generale, ha coinvolto numerosi studiosi e operatori e solo negli ultimi anni si è giunti nella comunità scientifica, ad una discreta condivisione di quali possano essere gli outcome attesi dai trattamenti per le dipendenze. Studiando in modo specifico gli interventi psicoterapeutici ci imbattiamo comunque in una difficoltà preliminare che consiste nella definizione formale di psicoterapia e nel difficile tentativo di individuare, anche in modo non definitorio o epigrafico, cosa possa essere inteso per psicoterapia, e inoltre se gli interventi caratterizzati in senso psicosociale possano essere inclusi nel concetto di psicoterapia, o su quale livello di profondità debba toccare l’intervento per poter parlare o meno di psicoterapia. La complessità di questo aspetto è stata tale che diversi studi orientati allo studio dell’efficacia della psicoterapia hanno preferito accontentarsi dell’autodefinizione di psicoterapia da parte di chi ha proposto un certo paradigma o una sorta di “disciplinare” di un certo approccio, rinunciando all’assunzione di criteri di discernimento autonomi per individuare cosa fosse psicoterapia e cosa non lo fosse. In una breve trattazione come la presente non possiamo attardarci su questi temi che hanno tuttavia una importanza epistemologica rilevante e appassionano, per i riferimenti culturali e antropologici che sono sottesi, anche chi è chiamato prevalentemente alle responsabilità cliniche o di gestione dei servizi. Ci limiteremo quindi a considerare le applicazioni concrete della psicoterapia o di terapie psicosociali alle dipendenze ed in particolare al cocainismo. Bisogna considerare che lo sviluppo degli interventi psicoterapeutici è stato basato per diversi anni sul trattamento degli eroinomani per i quali dopo un periodo di diversi anni nel quale si è ritenuto che non fosse possibile applicare una tale terapia contemporaneamente all’assunzione di una cura con farmaci agonisti. In molti servizi italiani questo ha condotto per diversi anni ad un distanziamento tra gli strumenti della cura psicologica, i bisogni specifici dei pa353


COCAINA

zienti e gli strumenti di intervento farmacologici e relazionali con cui questi venivano concretamente trattati. Questa posizione è per certi aspetti simile a quelle correnti che hanno ritenuto non applicabile un intervento psicoterapeutico per i pazienti psicotici in trattamento con neurolettici. Il successivo sviluppo di interventi psicologici in presenza di trattamenti farmacologici ha consentito di osservare notevoli miglioramenti in pazienti ambulatoriali, o inseriti in strutture riabilitative (Woody 1983, Rounsaville 1983). Tale rilevazione compiuta a livello scientifico, e una certa evoluzione della cultura operativa e professionale, ha supportato lo sviluppo di approcci psicoterapeutici derivati da riferimenti teorici maggiori con adattamenti alle tipologie di pazienti incontrati nei servizi per le dipendenze. L’applicazione della psicoterapia, usata come intervento elettivo e non associato ad altri interventi, nel campo specifico del cocainismo è stato studiato già da Rawson nel 1986 e da Carrol nel 1991. Gli autori si ponevano la domanda su quali fossero le caratteristiche dei pazienti candidati ad un miglior successo di un intervento psicoterapeutico, non meglio individuato, non associato ad altre terapie. Le ipotesi infatti potevano condurre all’idea che i pazienti che fossero ad un livello di gravità più bassa, potendo rimanere in astinenza da cocaina per diverse settimane con una certa agevolezza, potessero essere eleggibili per tale terapia. Un’altra linea di ricerca ipotizzava che per qualsiasi tipo di paziente gli effetti della psicoterapia fossero meno immediati e più a lungo termine, in modo opposto agli effetti di interventi farmacologici. Queste ipotesi non pienamente confermate sono state però stimolanti per una serie di ricerche sviluppate nel corso degli anni a livello internazionale sugli effetti della psicoterapia in questo settore. Passando da osservazioni sulla valutazione delle psicoterapie studiate nel loro complesso ad una analisi delle caratteristiche dei diversi approcci psicoterapeutici e della loro applicabilità ai diversi profili di pazienti i ricercatori non hanno trovato la superiorità di una psicoterapia sull’altra o elementi per la validazione di abbinamenti di alta efficacia su un certo approccio psicoterapeutico con uno specifico profilo di pazienti (Luborsky 1975, Smith and Glass 1977). La psicoterapia è stata inoltre studiata come trattamento abbinato ad altri interventi, in particolare ad interventi farmacologici. Pur non essendo questo il tema del presente capitolo è importante rilevare che quando la psicoterapia è stata valutata come supporto alle terapie farmacologiche la sua efficacia si è dimostrata quasi assente mentre quando è stato cambiato il paradigma di applicazione, e quindi di ricerca, considerando la psicoterapia un intervento che completa con obiettivi ulteriori ed integrativi quelli dell’intervento farmacoterapeutico è stato possibile rilevarne degli importanti e persistenti effetti. Di seguito si riportano, in modo epigrafico e senza alcuna pretesa di essere esaustivi, alcuni tra gli approcci più utilizzati nel campo degli interventi psicoterapeutici e psicosociali con esclusione di quegli interventi che utilizzano prevalentemente componenti concrete, come i buoni con valore di denaro dati con la funzione di rinforzo o altri tipi di supporto con tali caratteristiche. Nella seconda parte del capitolo sarà invece descritto uno degli approcci più utilizzati, e probabilmente più studiato, nel campo delle psicoterapie del cocainismo, la Terapia cognitivo comportamentale. Terapia di coppia comportamentale Le terapie di coppia a carattere comportamentale sono trattamenti che possono integrarsi con i trattamenti sanitari e hanno come obbiettivo quello di sostenere l’astinenza migliorare i rapporti all’interno delle coppia e ridurre eventuali comportamenti violenti tra i partner. Studi di Autori come O’ Farrel e coll. (2000) e Fals-Stewart e coll. (1997) hanno confermato l’efficacia 354


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di questo approccio e la possibilità di inserire questa offerta terapeutica all’interno del contesto organizzativo e delle risorse umane disponibili all’interno dei servizi. Terapia familiare strategica breve È stato sviluppato come un approccio che ha l’obbiettivo di supportare le famiglie che abbiano membri di età adolescenziale. È stato realizzato all’interno del Cocaine Collaborative Study del Nida per raggiungere o mantenere l’astinenza e per aiutare i soggetti ad affrontare difficoltà personali anche non direttamente connesse all’uso di droga. Una ricerca di Szapocznik (1996) conferma l’utilità di questo approccio. Terapia della famiglia La terapia della famiglia ha un riscontro di notevole rilievo sia in ambito italiano ed europeo che oltre oceano. In Italia l’applicazione di tale paradigma si è rivelato di grande utilità per il trattamento di famiglie con dinamiche familiari particolarmente complesse secondo le ricerche e la manualistica realizzata in diverse scuole con questo indirizzo. Autori come Stanton, o come Cancrini in Italia, hanno effettivamente contribuito ad aggiungere strumenti concettuali di comprensione e di intervento nel settore delle dipendenze. La terapia motivazionale L’approccio incardinato sui riferimenti teorici di Prochaska e DiClemente (1986) relativo al riconoscimento, al sostegno e all’evoluzione del quadro motivazionale del paziente costituisce un elemento di grande impatto nel trattamento delle dipendenze, naturalmente anche nel caso del cocainismo. L’approccio motivazionale può essere usato singolarmente, oppure contemporaneamente ad altri trattamenti o come preludio a successivi interventi psicoterapeutici o farmacologici e psicosociali. La terapia cognitivo-comportamentale La terapia cognitivo-comportamentale si basa sui principi di apprendimento e dis-apprendimento che sono a loro volta riferiti ai meccanismi con cui tali processi avvengono. Questi sono il modellamento che si riferisce alle attività di imitazione e interiorizzazione di comportamenti osservati, il condizionamento operante promosso dagli elementi positivi di ritorno che derivano dallo specifico comportamento ed il condizionamento classico che si determina quando vi sia una associazione tra il comportamento e un qualsivoglia stimolo o evento associato. Degli obiettivi e delle applicazioni di tale approccio al problema del cocainismo si tratta più diffusamente nella seconda parte del presente capitolo. La psicoterapia psicodinamica L’applicazione dell’approccio psicodinamico conduce ad una serie di importanti problemi di valutazione. Innumerevoli sono infatti i saggi sulla problematicità del rapporto tra gli obbiettivi di evoluzione generale dei processi di funzionamento endopsichici del soggetto e la ricerca si soluzione dei sintomi che lo spingono a chiedere un trattamento. L’approccio psicodinamico infatti, almeno nella sua caratterizzazione prevalente, si pone come una terapia generale e non sin355


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tomatica anche se nel corso degli ultimi anni siano state elaborate forme più flessibili ed orientate a specifiche esigenze cliniche dei pazienti. Ad esempio sia a livello internazionale che in Italia sono state sperimentate nel settore delle dipendenze terapie psicodinamiche focali o forme brevi applicate sia in modo isolato che in integrazione con altri tipi di trattamento. Negli Stati Uniti Luborsky (1983) ed i suoi collaboratori hanno realizzato già più di venti anni fa degli adattamenti dell’orientamento psicodinamico rispetto alle dipendenze che ha consentito di realizzare un testo guida per tale trattamento, ed ha inoltre realizzato successivamente diverse ricerche per valutare gli outcome. La ricerca sugli aspetti psicopatologici e sulle tecniche di intervento psicodinamico sono state molto intense sia oltre oceano che in Europa e soprattutto in Francia. Tuttavia pochissimi di questi contributi sono stati canalizzati in ricerche che avessero un rilievo valutativo con una prospettiva di epidemiologia clinica. La terapia dei 12 passi Il trattamento che utilizza la terapia dei 12 passi ha origine dall’approccio sviluppato nei gruppi degli Alcolisti Anonimi. È controverso considerare tale approccio come intervento psicosociale, o psicoterapia o nessuna di queste due cose. Tralasciando tale questione è possibile dire che la sua evoluzione, che sostiene sia le componenti motivazionali che la presa di coscienza della problematicità della propria situazione, ha consentito di realizzare un intervento sistematico che valorizza le risorse del paziente e il riconoscimento dei suoi molteplici bisogni. Questo approccio è stato usato anche nel trattamento del cocainismo in associazione con alcolismo e sono state sviluppate ricerche per la sua valutazione in termini di ritenzione in trattamento e di efficacia (Carroll 2000).

2 - La terapia cognitivo-comportamentale del cocainismo Se gli approcci relativi al trattamento e alla gestione clinica del cocainismo sono molteplici vi sono molte evidenze collegate a ricerche cliniche sulla particolare utilità della Terapia Cognitivo-Comportamentale in questo settore. Questo approccio risulta molto utile soprattutto in quanto si pone in modo focale rispetto alla problematica di uso di cocaina aiutando i pazienti ad affrontare con una certa efficacia, con strategie di contrasto o di evitamento, i rischi di ricaduta. Vi sono esperienze e ricerche svolte a livello internazionale su questo approccio. Anche in Italia le scuole di psicoterapia cognitivo-comportamentale, e i diversi servizi che hanno professionisti preparati in tale area dottrinale e operativa, hanno svolto importanti attività di trattamento e di ricerca. Tuttavia è necessario evidenziare che grande parte del lavoro di ricerca di elevata qualità ed estensione tematica, di costruzione e di sintesi delle diverse esperienze cliniche, e di rielaborazione dei diversi spunti ed evidenze collezionate è stato svolto dalla dottoressa Kathleen Carroll, professoressa presso l’Università di Yale, con la quale l’autore del presente scritto collabora da tempo. Alla dottoressa Carroll e al suo staff va il ringraziamento per la disponibilità espressa ad impiegare e riportare anche il materiale delle ricerche e delle relative elaborazioni e per il fatto di svolgere un validissimo riferimento nel corso delle applicazioni in Italia del modello da loro elaborato, di cui si riporta nel seguito del capitolo una breve traccia.

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Elementi di fondo della terapia cognitivo-comportamentale Vi sono alcune importanti caratteristiche della TCC che la rendono particolarmente utile come terapia contro l’abuso e la dipendenza da cocaina. La TCC rappresenta un tipo di approccio breve e quindi adatto alla maggior parte dei programmi clinici. Questo tipo di approccio è stato ampiamente valutato tramite rigorosi test clinici ed ha una solida base empirica nel trattamento dell’abuso di cocaina. In particolare sono evidenti, come punti di merito della TCC, sia la durata degli effetti sia la sua efficacia con sottogruppi costituiti da cocainomani gravi, aspetto che sarà successivamente illustrato. La TCC è strutturata, orientata e focalizzata verso i problemi immediati cui si trovano di fronte i cocaino-dipendenti che stanno iniziando il trattamento per liberarsi dall’uso della sostanza. La TCC è flessibile, rappresenta un approccio personalizzato che può essere adattabile a un’ampia gamma di pazienti così come a diversi tipi di settino (pazienti ricoverati o pazienti esterni) e di forme di terapia (di gruppo o individuale). La TCC è compatibile con altri trattamenti che il paziente deve ricevere come, ad esempio, la terapia farmacologia e racchiude al suo interno una serie di importanti strumenti e di obiettivi comunemente usati con successo nel trattamento dell’abuso di sostanze. Aspetti prioritari nell’intervento cognitivo-comportamentale La TCC si assume numerosi compiti che, per la loro importanza, possiamo definire critici, al fine di affrontare con successo il trattamento nell’abuso della sostanza (Rounsaville e Carroll 1992). • Incoraggiare la motivazione nei confronti dell’astinenza. Un’importante tecnica usata per accrescere nei pazienti la motivazione a interrompere l’uso di cocaina consiste nello svolgere un’analisi decisionale che chiarisca vantaggi e svantaggi dalla continuazione dell’uso della cocaina. • Insegnare modalità per affrontare i problemi e le difficoltà. Questo è il punto centrale di tutta la tecnica: aiutare i pazienti a riconoscere le situazioni ad alto rischio in cui più facilmente usano la sostanza e sviluppare, con loro,altre e più efficaci modalità sul come affrontare le stesse situazioni. • Modificare le situazioni che agiscono come rinforzo. Come accennato, molti pazienti dedicano la maggior parte del loro tempo all’acquisto e al consumo della cocaina e, poi, al recupero dai suoi effetti escludendo, quindi, la possibilità di altre esperienze. Nella TCC il focus è centrato sull’identificazione e sulla riduzione delle abitudini associate all’uso di droga modificando lo stile di vita tramite l’introduzione di attività stabili e positive per il paziente. • Incoraggiare la gestione delle emozioni più dolorose. L’addestramento è anche focalizzato sulle tecniche utili per riconoscere e fronteggiare lo stimolo verso l’utilizzo di cocaina; questo rappresenta un eccellente modello per aiutare i pazienti a tollerare altre grandi difficoltà interiori come la depressione e l’ansia. • Potenziare le relazioni e sviluppare supporti sociali. La TCC include sia l’apprendimento di importanti modalità relazionali sia l’aiuto, verso i pazienti,affinché possano espandere la loro rete sociale e possano costruire relazioni personali durevoli e non collegate all’uso di droga. 357


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La TCC è basata sulla teoria dell’apprendimento sociale. Essa ritiene che un fattore molto importante associato all’inizio dell’uso, e dell’abuso, di sostanze è che le persone apprendono come farlo. Alcune modalità alla base dell’apprendimento dell’uso di droghe sono il modellamento, il condizionamento operante e il condizionamento classico. Il modellamento Noi sappiamo che le persone acquisiscono nuove capacità osservando altri e provando a loro volta. Per esempio, i bambini imparano il linguaggio ascoltando e copiando i loro genitori. La stessa cosa può essere vera per molti utilizzatori di sostanze. Osservando i loro genitori fare uso di alcool, alcune persone possono imparare ad affrontare i loro problemi bevendo. Gli adolescenti, spesso, cominciano a fumare osservando i loro amici che lo fanno. E così molti abusatori di cocaina hanno iniziato a farne uso dopo aver visto amici o membri della loro famiglia usare cocaina o altre droghe. Il condizionamento operante Gli animali di laboratorio lavorano per procurarsi le stesse sostanze di cui molte persone fanno abuso (cocaina, oppiacei, alcool), semplicemente perché trovano piacevole l’assunzione di quella sostanza e ciò ne rinforza l’utilizzo. L’uso di una droga, pertanto, può anche essere visto come un comportamento rinforzato dai suoi stessi effetti. La cocaina può essere usata perché cambia il modo di sentirsi di una persona (ad es. più forte, energica, euforica, rinvigorita, meno depressa), il suo modo di pensare (posso fare ciò che voglio) e i suoi comportamenti (minor timidezza, maggior fiducia). Le conseguenze positive (e negative) percepite dalle persone variano, però, ampiamente da individuo a individuo. Le persone con storie familiari di abuso di sostanze, con alto bisogno di andare alla ricerca di sensazioni, o quelle con concomitante disturbo psichiatrico possono trovare l’assunzione di cocaina di particolare supporto. È molto importante che i clinici capiscano che ogni individuo che usa la cocaina lo fa per una importante e particolare ragione. Ilondizionamento classico Pavlov dimostrò che l’abbinamento ripetuto di uno stimolo (ad es. il suono di un campanello) a un altro (ad es. la somministrazione di cibo) può produrre una risposta attesa (ad es. la salivazione del cane). Quindi, l’abuso di cocaina può essere associato al denaro o ad altri aspetti collaterali come posti particolari (bar o posti dove si compra la droga), particolari persone (altri utilizzatori o spacciatori), momenti del giorno o della settimana (la fine del lavoro, il fine settimana), stati emotivi (solitudine, noia) e così via. Talora, è sufficiente l’esposizione a uno solo di questi richiami per scatenare un fortissimo desiderio e un bisogno che viene spesso seguito dall’abuso di cocaina. Principali settori di indagine e di intervento Nell’identificazione delle cause dell’abuso di droga, da parte dei loro pazienti, è molto impor358


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tante, per i terapeuti, focalizzare le loro ricerche per coprire almeno cinque aree generali: • Sociale: Con chi passano la maggior parte del loro tempo? Con chi usano la droga? Hanno relazioni con persone non coinvolte con l’abuso di sostanze? Vivono con qualcuno che fa abuso di sostanze? Come è cambiata la loro rete sociale da quando hanno iniziato l’uso della droga o durante l’incremento di utilizzo della stessa? • Ambientale: Quali sono le situazioni ambientali particolari che li stimolano verso l’uso della droga (ad es. denaro, uso di alcool, particolari momenti del giorno, la vicinanza di certe persone)? Qual è il loro livello giornaliero di esposizione a questi stimoli? Può essere eliminato facilmente qualcuno di questi stimoli? • Emozionale: La ricerca ha mostrato che, solitamente, particolari stati emotivi precedono l’abuso della sostanza o il suo desiderio. Questi possono essere sia a valenza negativa (depressione, ansietà, noia, paura) sia a valenza positiva (eccitazione, gioia). Poiché molti pazienti, inizialmente, trovano difficoltà a collegare particolari emozioni al loro abuso (o lo fanno, ma solo a un livello superficiale) risulta che è molto difficile poter identificare con chiarezza gli antecedenti emotivi all’uso della droga, soprattutto durante i primi incontri. • Cognitiva: Particolari modalità di pensiero o di ragionamento frequentemente precedono l’uso di cocaina (io sono capace di smettere, non posso fare ciò se non sono fatto, lo sto facendo perché me lo merito). Spesso, questi pensieri riempiono la testa e procurano un senso di urgenza. • Fisica: Il desiderio di sollievo da spiacevoli stati fisici, così come l’impossibilità di sopportare l’astinenza, è stato spesso implicato come un frequente antecedente dell’uso della droga. Mentre continua la controversia attorno alla natura dei sintomi da astinenza da cocaina, aneddoticamente, gli utilizzatori della stessa, spesso, riportano particolari sensazioni fisiche precedenti all’utilizzo della sostanza (pizzicore allo stomaco, fatica o difficoltà di concentrazione, pensarsi mentre fiutano cocaina).

La ricerca clinica a sostegno della TCC Tra gli approcci psicosociali, i trattamenti cognitivo-comportamentali sono tra quelli più frequentemente valutati per il trattamento dei disturbi derivati dall’uso di sostanze e hanno una validazione che deriva dall’esperienza clinica sufficientemente elevata (American Psychiatric Association 1995; General Accounting Office 1996; Holder et al. 1991). Prima della standardizzazione della metodologia relativa al trattamento TCC del cocainismo, sono stati condotti oltre 24 trial controllati e randomizzati tra adulti che usano tabacco, alcool, cocaina, marijuana, oppiacei e altri tipi di sostanze (Carroll et al. 1996). Una rassegna effettuata da Carroll (1996) suggerisce che, per tutte le sostanze di abuso, ma soprattutto per il tabacco, ci sia una maggior efficacia della TCC rispetto ai casi di controllo non trattati. Test molto rigorosi hanno confrontato la TCC con altri trattamenti attivi ponendosi la domanda: la TCC è più efficace di altri trattamenti attivi comunemente usati? Oppure: è meglio la TCC rispetto alla mancanza di trattamento o a un trattamento minimo? Questi confronti hanno condotto a dei risultati meno consistenti. Infatti alcuni studi indicano la superiorità della TCC, mentre altri hanno trovato una sostanziale equivalenza, e non una maggior efficacia, della TCC rispetto ad altri approcci. La TCC risulta essere particolarmente promettente nel ridurre la gravità delle ricadute, quando queste si verificano, nell’aumentare la durata degli effetti e nel riuscire a rendere adeguato il tratta359


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mento al paziente, particolarmente per i pazienti con livelli di compromissione più elevati in aree come la psicopatologia o la gravità della dipendenza. Riferendosi specificatamente alla TCC per abuso di cocaina si ritiene utile riportare una breve rassegna degli studi condotti presso l’Unità di Trattamento per l’Abuso di Sostanze presso l’Università di Yale, che hanno valutato l’approccio TCC, con individui che soddisfano i criteri relativi alla definizione di abuso o di dipendenza da cocaina. Inoltre questi studi possono fornire suggerimenti e strategie pratiche ai terapeuti che lavorano con questo tipo di popolazione. La TCC e la “psicoterapia interpersonale” Uno dei primi studi comparativi tra l’approccio della TCC e altri tipi di psicoterapia è stato svolto da Carroll et al. nel 1991. In questa ricerca gli autori hanno confrontato direttamente la TCC con un’altra psicoterapia di tipo attivo, la Psicoterapia Interpersonale o PI (Klerman et al. 1984), che è stata regolarmente utilizzata nelle cliniche nord americane. Le modalità di confronto dei due trattamenti hanno richiesto la risoluzione di alcuni problemi di ordine etico e metodologico, legati ai gruppi di controllo non specifici, o costituiti da persone non in trattamento, alle differenti caratteristiche e affidabilità dei trattamenti offerti, alla mancanza di controllo dei fattori comuni delle terapie, e al problema della scelta di chi sottoporre a un trattamento, chi non sottoporre e chi sottoporre a un trattamento minimale (Basham 1986; Kazdin 1986; O’Leary e Borkovec 1978). In questo, come in tutti gli altri nostri studi sulla TCC, sono state usate caratteristiche metodologiche finalizzate alla protezione dell’integrità del trattamento valutato, e sono state controllate le fonti di variabilità. I soggetti sono stati assegnati ai trattamenti in modo casuale. Tutti i trattamenti sono stati guidati dal manuale e condotti da terapeuti esperti, che avevano ricevuto una formazione molto approfondita ed erano in costante supervisione. Al termine, le condizioni dei pazienti sono state accertate da esaminatori indipendenti, che ignoravano il trattamento assegnato. In questo studio ambulatoriale della durata di 12 settimane, 42 pazienti che soddisfacevano i criteri DSM-III per la dipendenza da cocaina sono stati assegnati in modo casuale alla TCC o alla PI. Quelli assegnati alla TCC hanno concluso la terapia in percentuale maggiore, rispetto quelli assegnati alla PI (67% contro il 38%), hanno mantenuto 3 o più settimane di astinenza continuativa (57% contro il 33%) e hanno mantenuto l’astinenza per 4 settimane, o più, dopo il termine del trattamento (43% contro il 19%). Sebbene il campione fosse piccolo e questi risultati non abbiano raggiunto una significatività statistica, è emersa, però, una grande differenza quando i pazienti sono stati stratificati in funzione della gravità della loro dipendenza. Per esempio, tra i sottogruppi composti dagli utilizzatori di cocaina più gravi, i soggetti assegnati alla TCC raggiungevano l’astinenza in modo molto più frequente rispetto a quelli assegnati alla PI (54% contro il 9%). Tra i sottogruppi meno gravi, invece, lo stato di astinenza, valutato all’uscita, era simile per entrambi i trattamenti (Carroll et al. 1991). Questi dati suggeriscono, pertanto, che più è grave la dipendenza da cocaina, più è richiesto un intervento strutturato e direttivo come quello offerto dalla TCC, che insegna e fa provare strategie specifiche, finalizzate al controllo e all’interruzione dell’uso della cocaina. Invece, per fasce di consumatori di cocaina meno dipendenti dalla sostanza, il tipo di trattamento offerto può essere meno importante. 360


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La TCC e la “gestione clinica” Un successivo studio, più complesso in quanto coinvolge sia la psicoterapia sia la farmacoterapia, è stato svolto da Carroll et al. nel 1994. In questo caso è stata confrontata la TCC con la Gestione Clinica (GC) (Fawcett et al. 1987), una psicoterapia non specifica che soddisfa molti dei requisiti necessari per poter effettuare dei controlli. • La GC presenta alcuni elementi comuni di una relazione psicoterapeutica, comprendendo la relazione di sostegno terapeuta/paziente, l’insegnamento, l’empatia e la trasmissione di sentimenti di speranza, senza avere però contenuti specifici diretti alla prevenzione delle ricadute. • La GC comprende la gestione della parte medica, intesa come opportunità di controllo dello stato clinico del paziente e valutazione della terapia. • La GC fornisce una convincente base terapeutica, che favorisce il rispetto e l’adeguamento ai protocolli medici. È importante notare come queste caratteristiche, oltre a essere desiderabili come condizioni di controllo di pazienti in trattamento psicoterapico, in quanto risolvono molti problemi di ordine etico e metodologico, possano determinare una elevata efficacia terapeutica e, pertanto, servire anche come rigoroso test di psicoterapia attiva che si pone come controllo alternativo, allo stesso modo del non trattamento o della lista di attesa. Tutti i soggetti hanno ricevuto un farmaco, la desipramina (che al momento rappresentava il farmaco promettente nel trattamento della dipendenza da cocaina) o un placebo. In questo studio, 121 pazienti, che soddisfacevano i criteri del DSM-III per la dipendenza da cocaina, sono stati assegnati in modo casuale a una delle quattro seguenti condizioni di trattamento: • TCC più desipramina • TCC più placebo • GC più desipramina • GC più placebo Gli autori hanno ipotizzato che TCC e desipramina siano rispettivamente più efficaci di GC e placebo. Questa ipotesi, inoltre, ha permesso di studiare gli effetti combinati di psicoterapia e farmacoterapia, se queste dimostrano di essere sufficientemente valide. Dopo 12 settimane di trattamento, i pazienti coinvolti in tutti e quattro i gruppi di ricerca hanno dimostrato una riduzione significativa nel consumo di cocaina, così come dei miglioramenti in altre aree problematiche. Non sono stati dimostrati effetti significativi attribuibili a psicoterapia o farmacoterapia, in quanto l’uscita dal problema della cocaina è stato analogo con TCC o GC, con desipramina o placebo. È stato trovato, però, un effetto interattivo simile a quello del primo studio e cioè che la discriminante tra i due tipi di psicoterapia è data dalla gravità della dipendenza. I pazienti con maggior dipendenza da cocaina, quando trattati con TCC anziché con GC, sono rimasti in terapia più a lungo, hanno avuto dei periodi di astinenza più lunghi e hanno avuto, negli esami di laboratorio delle urine, valori per la cocaina più bassi. Tutto ciò suggerisce che i pazienti maggiormente coinvolti nell’uso di cocaina possono trovare maggior beneficio da una terapia strutturata, intensa e con contenuti didattici come la TCC, che pone l’accento soprattutto sulla riduzione del contatto con la cocaina e sull’evitamento delle situazioni ad alto rischio, al fine di prevenire ricadute. Questi risultati indicano anche che gli approcci meno intensi possono essere efficaci per i pazienti meno coinvolti nel consumo di cocaina. In successive analisi di dati, relative al confronto tra TCC e GC, sono emersi altri effetti ag361


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giuntivi. Tuttavia, poiché questi risultati sono emersi in ricerche successive all’analisi ad hoc, dovrebbero essere interpretati con cautela. TCC e sintomi depressivi Un interessante ricerca è stata realizzata in relazione ai disturbi affettivi poiché i disturbi dell’umore rivestono una certa importanza tra coloro che fanno abuso di cocaina. E ‘stato quindi valutato il ruolo dei sintomi depressivi in funzione dei trattamenti studiati (Carroll et al. 1995), evidenziando come la TCC sia più efficace della GC nel mantenere in terapia i soggetti depressi. Ci sono, anche, alcuni dati che evidenziano come sia più efficace nel diminuire il consumo di cocaina. Questo può succedere in quanto le persone depresse hanno maggiori preoccupazioni, che possono aver accresciuto la loro motivazione nei confronti del trattamento, la loro disponibilità verso la psicoterapia e le loro abilità nel mettere in pratica le strategie di difesa e trarre beneficio da queste. Peraltro, non ci sono evidenze che la TCC sia più efficace della GC nel ridurre i sintomi depressivi. Mentre, nella riduzione dei sintomi, gli approcci cognitivo-comportamentali per trattare la depressione sono generalmente efficaci quanto i farmaci antidepressivi (Elkin et al. 1989; Simons et al. 1986), la TCC non è specificatamente orientata verso i sintomi depressivi come, invece, può esserlo una terapia mirata, né insegna strategie specifiche per la gestione della depressione coesistente. Piuttosto, nella TCC si pone l’accento quasi esclusivamente sullo sviluppo di strategie finalizzate alla riduzione dell’uso di cocaina, già nelle prime fasi della terapia, anche se evidenziamo la relazione tra umore depresso e uso di cocaina. Una possibile implicazione di questi risultati è la necessità per i terapeuti della TCC di un orientamento più esplicito verso i sintomi depressivi, nei pazienti che li provano (Carroll et al. 1995). Sebbene non sia chiaro cosa guidi il cambiamento, la riduzione dell’uso di cocaina e della depressione sono strettamente associate durante tutto il trattamento. Una possibile spiegazione di questa osservazione può essere che la riduzione dei sintomi depressivi, determinata dalla riduzione del disagio, favorisca la riduzione dell’uso di cocaina permettendo pertanto ai pazienti di fare un uso migliore delle loro risorse, divenute più disponibili grazie alla psicoterapia, o evitando loro di dover usare la cocaina come medicinale contro la depressione. Viceversa, la riduzione dell’uso di cocaina può condurre a un miglioramento dei sintomi depressivi favorendo la diminuzione della depressione associata alla rinuncia della cocaina, ripristinando i normali ritmi alimentari e del sonno, e riducendo l’esposizione ad altre conseguenze negative legate all’abuso di cocaina. TCC e alessitimia Il termine alessitimia si riferisce a uno stile cognitivo/affettivo che compare in disturbi specifici relativi all’elaborazione e alla manifestazione delle emozioni. Letteralmente significa “non aver parole per i sentimenti”, e il termine è stato coniato da Nemiah e Sifneos (1970) per riferirsi a pazienti psicosomatici che mostravano quattro specifici deterioramenti dell’area affettivo/cognitiva: • Difficoltà a verbalizzare gli stati affettivi • La tendenza a canalizzare gli stimoli affettivi soprattutto verso le proprie componenti somatico/fisiologiche • L’impoverimento della vita di fantasia 362


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• Uno stile cognitivo estremamente concreto All’interno degli studi comparati tra TCC e GC, è stata valutata la frequenza e il significato dell’alessitimia tra coloro che fanno abuso di cocaina. Èstato rilevato che il 39% dei dipendenti da cocaina può essere considerato alessitimico, secondo i risultati della Scala Alessitimica di Toronto (Taylor et al. 1985). Mentre rispetto alla globalità del trattamento i soggetti alessitimici non differiscono da coloro che non lo sono, per il mantenimento della terapia e per l’uscita dalla stessa ci sono invece delle differenze riguardo la loro risposta alla psicoterapia. Gli alessitimici restano più facilmente in terapia e, altrettanto più facilmente, abbandonano la cocaina se trattati con la GC, il contrario avviene per i pazienti non alessitimici che ottengono i migliori risultati se trattati con la TCC. Il fatto che i dipendenti da cocaina, con un punteggio più elevato nella scala dell’alessitimia, rispondano più debolmente alla TCC ha parecchie implicazioni. Ai pazienti viene richiesto di identificare ed esprimere chiaramente gli affetti e gli stati cognitivi associati all’uso di cocaina, compito particolarmente difficile per i pazienti alessitimici. La TCC incoraggia i pazienti a identificare, osservare e analizzare i propri desideri, gli stati affettivi con umore depresso e molti pensieri effimeri e transitori. In pratica, richiede ai pazienti di avere un buon accesso al proprio mondo interno. Questi aspetti della terapia possono sopraffare i pazienti alessitimici. Per esempio, come parte di un compito di auto-osservazione, è stato chiesto a un paziente di annotare i suoi sentimenti e la loro intensità in risposta a svariate situazioni. Invece di descrivere i propri sentimenti come allegro, irritabile, annoiato, l’alessitimico tende a scrivere sempre sì o no, suggerendo il fatto che questi provi degli affetti forti, ma che non sia in grado né di esprimerli chiaramente, né di correlarli all’uso di droga. Pertanto, può essere di aiuto fornire a queste persone una fase preparatoria, prima di iniziare l’analisi delle situazioni ad alto rischio e l’apprendimento delle competenze, in modo da impedire che i pazienti vengano sopraffatti da questi compiti e da poterli aiutare a riconoscere i propri sentimenti e i propri stati affettivi. La valutazione degli esiti Alcune delle scoperte più interessanti ottenute dal confronto tra TCC e GC sono emerse dal follow-up a un anno (Carroll et al. 1994a). Globalmente il livello di abuso della cocaina da parte dei soggetti decresce o rimane stabile rispetto ai livelli di fine terapia, piuttosto che ritornare ai livelli precedenti il trattamento. È molto interessante notare come i soggetti trattati con la TCC, rispetto a quelli trattati con la GC, mostrino parecchi miglioramenti successivi, riguardo l’allontanamento dalla cocaina, e questo lo si può notare anche in soggetti non facenti parte di gruppi di studio per il follow-up. Dopo il termine della terapia, i soggetti trattati con la TCC continuano a diminuire l’uso della cocaina, mentre questo rimane relativamente stabile nel gruppo trattato con la GC. Questi risultati possono essere messi in relazione con l’insorgenza ritardata di effetti specifici della TCC. Durante la fase acuta del trattamento, indifferentemente che la terapia sia TCC o GC, i soggetti ricevono tutta una serie di interventi non specifici, compreso il controllo settimanale dell’urina, accertamenti frequenti sull’uso di cocaina o sulla presenza di altri sintomi, sostegno e incoraggiamento da parte dei terapeuti e dello staff di ricerca, e aspettative positive sugli effetti della terapia. Questi fattori comuni possono essere fortemente terapeutici e superare, per importanza, gli effetti specifici del trattamento. L’interruzione di questi interventi non specifici può creare le condizioni affinché gli effetti più specifici e duraturi della TCC possano emergere. La TCC ha lo scopo di insegnare compe363


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tenze molto generalizzabili, per affrontare le difficoltà, che possono essere messe in atto a lungo dopo il termine della terapia, mentre i trattamenti di supporto forniscono ai pazienti una minor quantità di risorse durature (Carroll et al. 1994b). Gli studi di follow-up sulle terapie cognitivo-comportamentali, riguardanti altre popolazioni cliniche, hanno evidenziato la consistenza della durata dei loro effetti. Per esempio, i trattamenti cognitivo-comportamentali sono risultati superiori o uguali alla farmacoterapia, sia acuta sia di mantenimento, con antidepressivi triciclici nella prevenzione di ricadute nella depressione e negli attacchi di panico (Miller et al. 1989; Simons et al. 1986). Inoltre, alcuni studi (Beutler et al. 1987), compreso uno studio recente con alcolisti (O’Mailey et al. 1994), hanno dimostrato che, dopo una terapia cognitivo-comportamentale, gli effetti continuano nel tempo durante la fase di follow-up. La TCC con i dipendenti da cocaina e alcol L’ esperienza clinica evidenzia la ricorrenza dell’abuso e della dipendenza da alcool, abbastanza frequentemente tra chi fa uso di cocaina. In una ricerca relativa alla presenza di disturbi psichiatrici tra 298 consumatori di cocaina, si rilevava che la dipendenza da alcool era il disturbo più frequentemente associato, con il 62% del campione che soddisfaceva i criteri del RDC per la dipendenza da alcool, in qualsiasi momento durante l’arco della vita, e quasi con il 30% per la dipendenza da alcool in corso (Carroll et al. 1993a). Questi risultati sono compatibili con quanto emerso da ricerche svolte su larga scala della popolazione generale, come gli studi nord americani dell’Epidemiological Catchment Area, che hanno trovato come l’85% degli individui che soddisfano i criteri per la dipendenza da cocaina, soddisfano anche quelli relativi all’abuso o alla dipendenza da alcool, un tasso più alto di quanto l’alcolismo si ritrovi associato tra i dipendenti da eroina/oppiacei (65%), cannabis (45%) o sedativi/ansiolitici/ sonniferi (71%) (Regier et al. 1990). È molto importante evidenziare come, rispetto a una dipendenza unica da alcool o da cocaina, la comorbilità tra dipendenza da alcool e da cocaina sia stata associata da diversi autori a una più grave dipendenza dalla droga, una minor capacità di continuare la terapia e una minor riuscita nel raggiungere l’astinenza (Brady et al. 1995; Carroll et al. 1993b; Walsh et al. 1991). Quindi è stata valutata la TCC e altre terapie psicosociali e farmacologiche per questa vasta e impegnativa fascia di popolazione (Carroll et al. In stampa). È stata confrontata la TCC ad altri due trattamenti, la GC e la Facilitazione in Dodici Passi (FDP), (Nowinsky et al. 1992), un approccio individuale basato sui 12 passi degli Alcolisti Anonimi (AA), che ha come obiettivo primario incoraggiare i pazienti a lasciarsi coinvolgere nelle tradizionali attività comuni degli AA e dei Cocainomani Anonimi. In questo studio è stato anche valutato il disulfiram, in quanto alcuni dati pilota suggerivano che la riduzione dell’uso dell’alcool, grazie al disulfiram, potesse essere associata alla riduzione dell’uso della cocaina (Carroll et al. 1993c). I dati preliminari ottenuti suggeriscono che le due psicoterapie attive – TCC ed FDP – sono più efficaci della GC, nel sostenere periodi continuativi di astinenza dalla cocaina o da entrambe le sostanze, alcool e cocaina. Le due psicoterapie attive, inoltre, si associano a una percentuale più alta di esami delle urine senza tracce di cocaina. In aggiunta, TCC e FDP, confrontate con la GC, sono associate a una significativa riduzione dell’uso di cocaina nel corso del tempo, anche tra i soggetti che hanno ricevuto almeno un’esposizione minima al trattamento. La scoperta che TCC e FDP sono più efficaci della terapia di controllo sottolinea l’importanza che svolge un intervento psicosociale, adatto e ben definito, nel trattamento della dipendenza da cocaina. Poiché la GC fornisce un controllo sugli aspetti generali e non specifici della 364


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psicoterapia (compresa la relazione di sostegno terapeuta/paziente), questo studio rappresenta un esame rigoroso e attendibile sugli aspetti specifici della TCC e della FDP, che vanno oltre il semplice sostegno e l’attenzione. La scoperta che la TCC è più efficace della GC nel favorire la riduzione dell’uso della cocaina è in contrasto con quanto emerso da nostri studi precedenti, che non mostravano sostanziali differenze tra TCC e GC (Carroll et al. 1994b). In ogni caso, anche in quegli studi, la TCC era risultata più efficace della GC, per i sottogruppi dipendenti dalla cocaina in modo più grave. Inoltre, poiché la dipendenza concomitante di alcool e cocaina, rispetto alla semplice dipendenza da cocaina, è stata associata a una maggior gravità e a una prognosi peggiore, i soggetti esaminati in questo studio possono essere equiparati al sottocampione più grave del nostro studio precedente. Pertanto, le scoperte ottenute tramite questi due studi suggeriscono che gruppi costituiti da consumatori di cocaina più gravi traggono maggior beneficio dai contenuti intensi e attivi della TCC o della FDP, che non da una terapia di sostegno, meno direttiva e strutturata, come la GC, che pone ai pazienti meno richieste di mettere in pratica le competenze acquisite al di fuori delle sedute. È anche importante notare che i risultati degli studi, riguardo alla dismissione dell’uso di alcool e cocaina, non evidenziano differenze significative tra le due psicoterapie attive, TCC e FDP. Questo suggerisce che queste due psicoterapie siano equivalenti per il campione di questo studio. I risultati sono pertanto equivalenti, a dispetto delle chiare differenze nella base teorica di queste terapie, degli interventi specifici utilizzati dai terapeuti (come dimostrato da esaminatori indipendenti che non sapevano a quale trattamento era stato assegnato il paziente) e dell’evidenza che i cambiamenti comportamentali più significativi sono coerenti con la base teorica della terapia svolta (cambiamento nelle competenze nell’affrontare le difficoltà per la TCC, maggior coinvolgimento con gli AA per la FDP). Tutto ciò è compatibile con i risultati di altre ricerche attuali, svolte su campioni di soggetti dipendenti da cocaina (Wells et al. 1994; Carroll et al. in stampa).

Gli elementi costitutivi della TCC Componenti fondamentali L’analisi funzionale Tutte le volte che, durante il trattamento, il paziente fa uso di cocaina viene svolta insieme al terapeuta un’analisi funzionale che chiarisca pensieri, emozioni e situazioni immediatamente precedenti e susseguenti all’uso della sostanza. All’inizio del trattamento, l’analisi funzionale svolge un ruolo fondamentale nell’aiuto del paziente e permette al terapeuta di accertare le cause o le situazioni ad alto rischio che favoriscono l’uso di cocaina e aiuta a comprendere alcune delle ragioni che spingono il paziente a far uso della sostanza (ad es. far fronte a difficoltà relazionali, situazioni di rischio o di euforia altrimenti non affrontabili dal paziente). Più avanti nel trattamento, invece, l’analisi funzionale degli episodi di uso di cocaina permette di identificare quelle situazioni, o emozioni, che il soggetto ha difficoltà a controllare e a fronteggiare. Il primo passo nella TCC consiste nell’aiutare il paziente a capire perché egli sta usando la cocaina e a stabilire che cosa gli serve per poter evitare o per potersi difendere da qualsiasi tipo 365


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di stimolo favorente. Questo richiede un’attenta analisi delle circostanze di ogni episodio e delle capacità e delle risorse disponibili nei pazienti. Questi aspetti del problema, spesso, possono essere accertati durante poche sedute iniziali attraverso un’intervista aperta sulla storia clinica del soggetto, relativamente all’abuso di sostanza, a che cosa lo ha spinto verso la terapia e ai suoi obiettivi in relazione alla terapia stessa. I terapeuti dovrebbero cercare di comprendere risposte relative alla presenza di difficoltà ed ostacoli e, allo stesso tempo dovrebbero individuare la presenza di capacità e risorse. È importante, quindi, cercare di capire se il paziente è in grado di riconoscere la necessità di ridurre l’uso della cocaina, di riconoscerne i richiami e le situazioni che hanno provocato eventuali ricadute, se il paziente è in grado di tollerare periodi di forte desiderio della cocaina o di difficoltà emotive senza ricadere nell’uso della droga, se questi è in grado di riconoscere la relazione tra il suo abuso di altre sostanze (soprattutto alcool) e la dipendenza da cocaina e se presenta dei disturbi psichiatrici concomitanti o altri problemi che possono vanificare gli sforzi verso il cambiamento. Contemporaneamente è indispensabile riconoscere quali capacità e quali risorse il paziente ha dimostrato durante precedenti periodi di astinenza, se durante l’abuso di droga questi è riuscito a mantenere un lavoro o delle relazioni sociali positive, se ci sono delle persone nella rete sociale del paziente che non facciano uso di droga o non siano spacciatori, se ci sono delle risorse sociali che possano sostenere il paziente nei suoi sforzi verso l’astinenza, come passa il tempo il paziente quando non sta usando la droga, quale era il suo livello prestazionale prima di iniziare l’uso della droga e, infine, cosa lo ha portato ora in trattamento e qual è la sua motivazione. Sarebbe importante, inoltre, cercare di individuare quali possono essere le caratteristiche dell’uso di cocaina: frequenza d’uso, causa scatenante, uso da solo o in compagnia, dove il paziente compra e usa la sostanza, dove e come si procura il denaro, cosa è successo al (o dentro il) paziente prima degli ultimi episodi di abuso, quali circostanze entrano in gioco quando l’abuso di cocaina comincia a diventare problematico, che descrizione il paziente fa della cocaina e dei suoi effetti e i ruoli, sia positivi sia negativi, che la cocaina svolge nella sua vita. Apprendimento delle competenze La TCC può essere pensata come un programma di formazione altamente individualizzato che aiuta chi fa uso di cocaina a disapprendere vecchie abitudini associate all’uso della sostanza e a imparare, o reimparare, abitudini maggiormente conformi alla salute del soggetto. Talvolta il livello d’uso della sostanza è troppo elevato per permettere il trattamento, ad esempio come quando per i pazienti l’uso di cocaina rappresenta la loro unica modalità per fronteggiare un’ampia gamma di problemi relazionali e intrapsichici. Questo capita per svariate ragioni. Ci sono situazioni in cui il soggetto può non aver mai appreso delle strategie efficaci che gli permettessero di affrontare il cambiamento e i problemi legati alla vita adulta, come quando la sostanza viene usata all’inizio dell’adolescenza. Talvolta, invece, il soggetto può avere acquisito le strategie, ma queste competenze si sono gradatamente ridotte in seguito a ripetute ricadute nell’uso della sostanza, utilizzata come sistema primario di difesa. Questi pazienti hanno essenzialmente dimenticato le strategie efficaci a causa di un’involuzione cronica all’interno del loro stile di vita legato all’uso di droga in quanto passano la maggior parte del loro tempo nella ricerca e nell’uso della droga e nel riprendersi dai suoi effetti. Le abilità individuali nell’utilizzare strategie efficaci per fronteggiare cambiamenti e diffi366


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coltà possono andare perse anche per altri problemi come la presenza concomitante all’uso di cocaina di problemi psichiatrici. Poiché i consumatori di cocaina rappresentano un gruppo molto eterogeneo e si presentano al trattamento con un’ampia gamma di problemi, il percorso di apprendimento durante la TCC viene svolto in modo estremamente allargato. I primissimi incontri sono mirati al controllo iniziale dell’uso della cocaina (ad es. identificazione delle situazioni ad alto rischio, fronteggiare razionalmente l’uso della sostanza). Una volta che questi apprendimenti di base sono stati acquisiti, la formazione viene ampliata per includere molti altri problemi che l’individuo può avere difficoltà ad affrontare (ad es.isolamento sociale, disoccupazione). Inoltre si procede per rafforzare e allargare la gamma degli stili individuali che si hanno nell’affrontare le difficoltà focalizzando l’attenzione sia sulle modalità relazionali (ad es. rifiutare le offerte di cocaina) sia su quelle interiori (ad es. possibilità di tollerare maggiormente le difficoltà). Ai pazienti vengono insegnate queste tecniche sia come strategie specifiche(applicabili nel qui ed ora per il controllo dell’uso di cocaina) sia come strategie generali che possono essere utilizzate nei confronti di vari altri problemi. Pertanto la TCC non è solamente adeguata a ridurre ed eliminare l’uso della sostanza nei pazienti durante il trattamento, ma anche all’acquisizione di competenze dalle quali i pazienti potranno trarre beneficio a lungo, dopo il termine del trattamento stesso. L’apprendimento rappresenta un’importante metafora del trattamento dall’inizio alla fine della TCC. I terapeuti dicono ai pazienti che un obiettivo del trattamento è poter “disimparare” vecchi e inefficaci comportamenti e “impararne” di nuovi. I pazienti, soprattutto quelli che sono demoralizzati dai loro insuccessi nel tentativo di interrompere l’abuso di cocaina, o quelli per i quali le conseguenze dell’abuso di cocaina sono state altamente negative, sono spesso sorpresi nel sentir considerare l’abuso di cocaina come una modalità comportamentale appresa, come qualcosa che hanno imparato a fare, oramai da tempo. Quindi, rimangono sorpresi quando pensano a loro stessi come a persone che hanno imparato un complesso insieme di capacità che permette loro di procurarsi il denaro per comperare la cocaina (che spesso porta verso un altro insieme di competenze sia lecite sia illecite), procurarsi la cocaina senza essere arrestati, usare la cocaina ed evitare la detenzione e così via. I pazienti che riescono a riadattare la propria immagine in questi termini, spesso, si rendono conto di avere la possibilità di apprendere nuove competenze che potranno aiutarli in direzione dell’astinenza. Le ricadute nella conduzione clinica dei riferimenti teorici della TCC Acquisizione di strategie Nella TCC si presume che gli individui, essenzialmente, imparino a diventare dipendenti dalla cocaina attraverso una complessa interconnessione di modellamento, condizionamento operante e condizionamento classico. Ognuno di questi principi può essere così utilizzato per favorire la dismissione dalla droga. • Il modellamento viene utilizzato tramite l’ausilio di role-play che il paziente svolge con il terapeuta durante il trattamento e che gli permette di imparare nuovi comportamenti. Il paziente impara a rispondere in modo nuovo, inusuale, osservando le nuove strategie che il terapeuta gli offre e, poi, sperimenta queste strategie al di fuori del contesto di sostegno dell’ora di seduta. 367


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I nuovi comportamenti possono riguardare: come rifiutare un’offerta di droghe, come interrompere o limitare la relazione con altri tossicodipendenti e così via. • Il concetto di condizionamento operante viene utilizzato in vari modi nella TCC: attraverso un esame dettagliato degli antecedenti e delle conseguenze dell’uso della sostanza, il terapeuta cerca di capire perché i pazienti assumono più piacevolmente la droga in una determinata situazione e anche il ruolo che la cocaina giuoca nella loro vita. Questa analisi funzionale dell’abuso della sostanza viene usata per identificare le situazioni ad alto rischio in cui la droga viene assunta più piacevolmente e quindi, sulla base di queste informazioni, provvedere affinché in queste situazioni vengano appresi dei comportamenti di difesa più adeguati. I terapeuti cercano di aiutare i loro pazienti a sviluppare alternative significative all’uso di droga, ad esempio altre attività e coinvolgimenti (relazioni, lavoro, hobbies) che rappresentano delle valide alternative all’uso di cocaina e li aiutano a non ricadere nell’uso della sostanza. Fondamentale sottoporre il paziente ad un esame dettagliato delle conseguenze, sia a breve sia a lungo termine, dell’abuso di cocaina o di altre sostanze, strategia per rafforzare i pazienti a ridurre o cessare l’uso della sostanza stessa. Anche il condizionamento classico svolge un ruolo importante all’interno della TCC, soprattutto, negli interventi diretti alla riduzione di alcune forme di forte attaccamento alla cocaina. Come detto, Pavlov ha dimostrato che l’abbinamento di uno stimolo condizionato a uno stimolo incondizionato può produrre una risposta condizionata, ma ha anche dimostrato che ripetute esposizioni allo stimolo condizionato senza la presenza di quello incondizionato portano, dopo un certo tempo, all’estinzione della risposta condizionata. Quindi, il terapeuta cerca di aiutare i pazienti a capire e riconoscere i forti desideri condizionati, identificando certe loro caratteristiche peculiari o i richiami condizionati al desiderio, ad evitare l’esposizione a questi forti richiami e, quando occorre, a reagire con efficacia agli stessi fino a che il condizionamento a quegli stessi richiami è ridotto. Competenze generalizzabili Poiché la TCC è una terapia breve, solo poche competenze specifiche possono essere individuate come punti di lavoro per la maggior parte dei pazienti. Queste sono destinate ad aiutare i pazienti a guadagnare un iniziale controllo sull’abuso di cocaina e di altre sostanze, inoltre sono importanti per favorire il miglioramento delle difese e la gestione dei pensieri relativi alla droga. Tuttavia, il terapeuta dovrebbe chiarire che le competenze acquisite possono essere applicabili a numerosi tipi di problemi e non solo all’abuso di cocaina. Il terapeuta deve spiegare che la TCC insegna competenze e strategie che il paziente può usare a lungo dopo il termine del trattamento. Per esempio, le competenze coinvolte nel rafforzamento delle difese verso il desiderio (riconoscimento ed evitamento degli stimoli, modificazione del comportamento attraverso tecniche di controllo dello stimolo e così via) possono essere usate in relazione a diversi forti stati emotivi che possono anche essere in relazione all’abuso di cocaina. Analogamente, le sedute relative al problem solving possono essere applicate a quasi ogni tipo di problema del paziente, siano essi in relazione all’abuso di droga o no. Prime competenze di base Le prime sedute sono incentrate sul problema dell’ambivalenza e sul rafforzamento della moti368


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vazione a interrompere l’uso di cocaina, questo avviene aiutando il paziente a distinguere tra il desiderio e la disponibilità della cocaina; altri elementi hanno lo scopo di aiutare il paziente a ottenere l’astinenza inziale e a controllare l’uso della droga. Le sedute successive, collegandosi alle prime aiutano il paziente ad acquisire un maggior controllo sull’abuso di cocaina lavorando su argomenti e risorse più complesse (problem solving, stati emotivi o cognitivi molto meno evidenti). Per esempio, la competenza che i pazienti acquisiscono al fine di ottenere il controllo dei desideri più forti (controllo dello stimolo) rappresenta un modello che li aiuterà, poi, a maneggiare e tollerare altri stati emotivi che potrebbero condurli verso l’uso della cocaina. Analisi del materiale in base alle necessità del paziente La TCC è altamente personalizzata. Piuttosto che considerare il trattamento alla stregua di un manuale di ricette pronte, il terapeuta dovrebbe attentamente confrontarsi con i contenuti, i tempi e il modo con il quale viene presentato il materiale del paziente. Il terapeuta cerca di procedere con l’apprendimento delle competenze nel momento in cui il paziente è maggiormente bisognoso di queste. È importante a più efficace lavorare a un ritmo comodo e produttivo, per un determinato individuo, piuttosto che mettere a rischio l’alleanza terapeutica procedendo a un ritmo troppo elevato. Il terapeuta deve anche fare attenzione a utilizzare sempre un linguaggio adeguato al livello di comprensione e di ragionamento del paziente. I terapeuti dovrebbero, poi, controllare frequentemente i pazienti per essere sicuri che i concetti espressi siano stati chiaramente compresi e che tutto il materiale espresso sia significativo per loro. È necessario anche prestare attenzione ai segnali provenienti dai pazienti che lasciano trasparire quando il materiale è inadatto a loro. Questi segnali includono lo spostamento dello sguardo e altre forme di allontanamento, come risposte brevi, difficoltà a fornire esempi, difficoltà a svolgere i propri compiti a casa e così via. Un’importante strategia per adeguare il materiale alle necessità del paziente (affinché il trattamento sia guidato da lui e non dal manuale) consiste nell’utilizzo, quando possibile, di esempi specifici forniti dai pazienti, tratti dalla loro storia o relativi a quanto accaduto durante la settimana.ultima settimana. Utilità della ripetizione L’apprendimento di nuove competenze, e la loro stabilizzazione, richiedono tempo e ripetizione. Nel momento in cui i dipendenti da cocaina cercano il trattamento, presentano delle abitudini, collegate al consumo di droga, profondamente radicate. Ogni abitudine del paziente circa l’acquisto, l’assunzione e il recupero dagli effetti della cocaina, risulta essere ben stabilizzata e tende a far sentire a proprio agio il paziente, a dispetto delle conseguenze negative legate all’abuso. È importante che i terapeuti aiutino a comprendere le difficoltà e le scomodità, e che il trattamento è destinato cambiare queste abitudini stabilizzate e portare a nuovi comportamenti. Per molti pazienti impadronirsi di un nuovo modo di avvicinarsi a situazioni conosciute richiede diversi tentativi. Inoltre, la maggior parte dei pazienti giunge in trattamento solo dopo lunghi periodi di utilizzo cronico della sostanza, questo può aver intaccato le loro capacità di attenzione e concen369


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trazione e, quindi, le loro possibilità di apprendere nuove informazioni. Altri cercano il trattamento in momenti estremi di crisi (ad es. apprendendo di essere HIV positivi, o dopo la perdita del lavoro): questi pazienti sono così preoccupati dai loro problemi attuali da far fatica a concentrare l’attenzione sui pensieri e sui suggerimenti del terapeuta. Pertanto, nelle prime settimane, la ripetizione è spesso necessaria affinché un paziente possa essere in grado di comprendere e interiorizzare un concetto o un’idea. I concetti base di questa terapia vengono ripetuti durante tutta la durata della TCC. Per esempio, l’idea dell’analisi funzionale dell’abuso di cocaina viene formalizzata durante la prima seduta, come parte fondante del trattamento, quando il terapeuta descrive ciò che sottostà all’abuso di cocaina, in termini di antecedenti e conseguenze, ma anche successivamente, quando ai pazienti viene chiesto di svolgere questa analisi funzionale come parte del lavoro da svolgere a casa. Il concetto di analisi funzionale, quindi, ricorre a ogni seduta. L’idea di contestualizzare l’uso della cocaina con eventi antecedenti e conseguenti è propria di molte sedute. I terapeuti devono imparare a riconoscere che la ripetizione di intere sedute, o parti di queste, può essere necessaria per i pazienti che non afferrano facilmente questi concetti, magari in seguito a un deterioramento delle funzioni cognitive o ad altri problemi. I terapeuti devono, pertanto, sentirsi liberi di ripetere i contenuti delle sedute tante volte, e utilizzando modi differenti, quante pensano essere necessarie per certi particolari pazienti. Normalmente noi non dobbiamo approfondire competenze nuove e complicate, ma semplicemente capirle o osservare altri mentre le applicano. L’apprendimento avviene, poi, provando noi stessi queste nuove competenze, sbagliando, accorgendoci di questi errori e provando di nuovo. Nella TCC la messa in pratica di nuove capacità rappresenta una componente centrale ed essenziale del trattamento. Il motivo per cui il trattamento è una formazione di competenze, piuttosto che una semplice esposizione delle stesse, ha a che fare con la pratica delle medesime. E proprio il fatto che i pazienti hanno la possibilità di sperimentare le nuove competenze all’interno del contesto di sostegno del trattamento rappresenta un aspetto essenziale della terapia. Attraverso le esperienze in prima persona, i pazienti possono imparare quali nuovi approcci sono adatti per loro e quali no, dove incontrano difficoltà o problemi e così via. La TCC offre molte opportunità per fare pratica, sia all’interno delle sedute sia al di fuori di esse. Ogni seduta dà la possibilità ai pazienti di esporre e rivedere le proprie idee, sollevare preoccupazioni e avere un riscontro dal terapeuta. Sono suggeriti esercizi pratici per ogni seduta: questi sono rappresentati da compiti di base da svolgere a casa, finalizzati, in modo strutturato, ad aiutare i pazienti a provare dei comportamenti sconosciuti o, a volte, familiari, ma in nuove situazioni. La pratica, tuttavia, è utile solo se il paziente ne percepisce il valore e svolge i compiti in situazioni reali. Adeguarsi a svolgere compiti al di fuori delle sedute rappresenta un problema per molti pazienti. Esistono, però, delle strategie che aiutano e incoraggiano i pazienti in questa direzione. I terapeuti non possono aspettarsi che un paziente provi a far pratica di una certa competenza o svolga un compito a casa assegnatogli, se non riesce a comprendere in quale modo questa cosa può essergli di aiuto. Così, come parte della prima seduta, il terapeuta dovrebbe sottolineare l’importanza della sperimentazione pratica al di fuori del setting terapeutico. È molto più probabile che noi facciamo cose che abbiamo voglia di fare, piuttosto che quanto 370


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ci viene imposto o suggerito da altre persone. Invece che ritenere che i pazienti li seguiranno nello svolgere un certo compito, quindi, i terapeuti della TCC dovrebbero chiedere ai pazienti se hanno voglia di svolgere questi compiti al di fuori delle sedute e se pensano che svolgerli sarà loro di aiuto. Un chiaro “Sì” trasmette il messaggio che il paziente comprende l’importanza del compito e la sua utilità. Se, invece, il paziente fallisce nei compiti si dà il via a una discussione. D’altra parte, esitazioni o rifiuti possono rappresentare un segnale di problemi clinici, importanti da esplorare con il paziente. I pazienti possono rifiutare di svolgere un compito a casa perché, magari, non percepiscono l’importanza di questo, perché sono ambivalenti nei confronti del trattamento o della rinuncia alla cocaina, perché non hanno compreso il compito o per varie altre ragioni. È essenziale lasciare abbastanza tempo, prima della fine di ogni seduta, per poter sviluppare ed esaminare in dettaglio gli esercizi pratici relativi alla settimana seguente. Ai pazienti deve essere lasciata ampia opportunità di porre domande e di sollevare le preoccupazioni relative ai compiti che li attendono. I terapeuti devono chiedere ai pazienti di prefigurarsi tutte le difficoltà che potrebbero incontrare nello svolgimento del compito e, quindi, applicare una strategia di problem solving al fine di aiutarli a superare questi ostacoli. Per i pazienti è utile partecipare attivamente durante questa fase e poter cambiare o sviluppare il compito insieme al terapeuta, pianificare come mettere in pratica certe competenze e così via. Lavorare intorno agli ostacoli implica poter avere differenti modalità di approccio al compito (ad es. usare un registratore invece di scrivere), pensare a quando verrà svolto, se potrà essere cercato qualcuno come aiuto e così via. L’obiettivo di questa discussione è che il paziente espliciti l’impegno a svolgere l’esercizio. Verificare le esercitazioni rappresenta un aspetto fondamentale al fine di migliorare la collaborazione e di aumentare l’efficacia di queste attività. Il controllo di come sono state svolte permette di sottolineare, sempre, l’importanza dello svolgimento di questi compiti di rafforzamento nell’affrontare le difficoltà al di fuori delle sedute. Rappresenta anche un’opportunità per discutere le esperienze del paziente con i compiti assegnati, così che i problemi possano essere affrontati e risolti in seduta. In generale, i pazienti che svolgono il compito a casa tendono ad avere dei terapeuti che tengono in grande considerazione questo aspetto, che passano parecchio tempo a parlare di queste mansioni e che si aspettano che i loro pazienti li svolgano effettivamente. L’impegno dei pazienti nello svolgere un esercizio pratico e ciò che pensano circa tale compito trasmette un gran numero di importanti informazioni relative ai pazienti stessi, il loro modo di affrontare le difficoltà e le loro risorse, i loro punti di forza e le loro debolezze. Tutto questo deve essere valutato dal terapeuta e, poi, utilizzato durante il trattamento. Un semplice compito di auto-monitoraggio dei pazienti, per esempio, può velocemente rivelare il livello di comprensione del compito o dei concetti di base della TCC, il livello di flessibilità mentale, la consapevolezza dei loro comportamenti, il livello di motivazione, le modalità di far fronte alle difficoltà, il livello di impulsività, le capacità verbali, gli stati emotivi più usuali e molto altro. Invece di controllare semplicemente il compito svolto a casa, il terapeuta della TCC dovrebbe esplorare con i pazienti cosa hanno imparato su se stessi svolgendo quel determinato compito. Questo, insieme alle osservazioni del terapeuta, può aiutare nella scelta del tema e dare il ritmo delle sedute future. Alcuni pazienti svolgono il proprio esercizio pratico nella sala di attesa prima di entrare in seduta, mentre altri, addirittura, non ci pensano neppure. Il fallimento nello svolgere i propri compiti al di fuori delle sedute può assumere vari significati: i pazienti si sentono senza speranza 371


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e non pensano che questo possa portare a qualche cambiamento nei comportamenti; essi si aspettano che il cambiamento avvenga, semplicemente, attraverso la forza di volontà, senza cercare specifici cambiamenti in particolari aree problematiche; la vita dei pazienti è caotica e le crisi si susseguono, così essi sono anche disorganizzati nello svolgere i compiti, e così via. Esplorando la natura specifica delle difficoltà dei pazienti, il terapeuta può aiutarli a lavorare attorno ad esse. Così come molti pazienti non raggiungono l’astinenza completa quando cominciano il trattamento, altri non svolgono completamente i compiti che vengono assegnati loro. I terapeuti dovrebbero cercare di dirigere il comportamento dei pazienti elogiando anche piccoli tentativi di svolgere i compiti assegnati, evidenziando tutto ciò che i pazienti indicano come utile o interessante nel portare avanti l’impegno, reiterando l’importanza della pratica e sviluppando un piano per l’esecuzione dei compiti che verranno successivamente. Contenuti specifici della TCC e contenuti condivisi con altri approcci Tutte le terapie di tipo comportamentistico, o psicosociale, includono sia elementi che possiamo definire comuni sia elementi unici, che sono peculiari e costitutivi di questo tipo di terapie. Gli elementi comuni sono quegli aspetti terapeutici riconducibili alla maggior parte delle psicoterapie: fornire elementi educativi, convincere razionalmente al trattamento, aumentare le aspettative di miglioramento, fornire sostegno e incoraggiamento e, soprattutto, la qualità della relazione terapeutica (Rozenzweig 1936; Castonguay 1993). Gli elementi unici, invece, sono quelli che distinguono o caratterizzano una particolare forma di psicoterapia. La TCC, come la maggior parte delle terapie, è costituita da una complessa combinazione di elementi comuni e di elementi unici. Per esempio, nella TCC la semplice consegna di mansioni, senza lo sviluppo di una relazione terapeutica positiva porta verso un approccio arido e troppo didattico che allontana, o annoia, la maggior parte dei pazienti e sortisce un effetto opposto a quello desiderato. È, pertanto, importante comprendere che la TCC è stata pensata alfine di raggiungere il suo obiettivo attraverso questa intricata rete di elementi in parte comuni e in parte unici. Il compito principale del terapeuta consiste nel trovare il giusto bilanciamento tra la costruzione della relazione e la consegna delle mansioni da svolgere. Per esempio, senza una solida alleanza terapeutica, risulta improbabile che un paziente, durante il trattamento, riesca a impegnarsi sufficientemente per poter apprendere nuove competenze o per poter esaminare successi e fallimenti al fine di trovare nuovi approcci a vecchi problemi. Al contrario, la consegna empatica delle mansioni, presentate come strumenti orientati ad aiutare i pazienti ad affrontare più efficacemente varie situazioni di vita, può rappresentare la base sulla quale si struttura una solida alleanza terapeutica. È importante sottolineare che la TCC presuppone la realizzazione di un clima di effettiva collaborazione. Il paziente e il terapeuta riflettono e decidono insieme gli obiettivi appropriati del trattamento, il tipo e i tempi della formazione, cosa portare di significativo all’interno delle sedute, la natura delle mansioni da svolgere all’esterno e così via. Fare tutto ciò, non solo favorisce lo sviluppo della relazione terapeutica ed evita un atteggiamento troppo passivo rispetto al terapeuta, ma assicura anche che il trattamento sarà molto utile e rilevante per il paziente. Interventi unici ed essenziali Gli elementi chiave attivi che distinguono la TCC da altre terapie, e che è importante presen372


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tare al fine di una chiara comprensione della TCC stessa,sono: • Analisi funzionale dell’abuso di sostanza. • Apprendimento individualizzato per il riconoscimento delle difficoltà e della capacità di affrontarle, controllo dei pensieri riguardo l’uso della sostanza, problem solving, pianificazione delle emergenze, riconoscimento di decisioni apparentemente irrilevanti, apprendimento della capacità di”dire di no”. • Esame dei processi cognitivi del paziente in relazione all’uso della sostanza. • Identificazione e approfondita analisi delle situazioni, sia passate sia future,ad alto rischio. • Incoraggiamento e analisi dei compiti svolti al di fuori delle sedute. • Rispetto delle regole durante le sedute. Interventi raccomandati ma non unici Gli interventi o le strategie che dovrebbero essere utilizzati, in quanto appropriati,durante il trattamento dei pazienti, ma che non sono peculiari della TCC,sono i seguenti: • Discussione, analisi e riformulazione degli obiettivi del paziente in relazione alla terapia. • Controllo dell’abuso e del desiderio della cocaina. • Controllo dell’abuso di altre sostanze. • Controllo del comportamento generale. • Esplorazione delle conseguenze positive e negative dell’abuso di cocaina. • Esplorazione della relazione tra emozioni e abuso di sostanza. • Verifica delle analisi delle urine. • Organizzazione dell’agenda delle sedute. • Verifica dello svolgimento del processo terapeutico. • Discussione dei vantaggi legati all’astinenza. • Esplorazione dell’ambivalenza del paziente in relazione all’astinenza. • Individuazione delle resistenze all’esplorazione e uso del problem solvine per il superamento. • • • •

Sostegno agli sforzi del paziente. Accertamento del livello di sostegno familiare. Spiegazione della differenza tra passo falso e ricaduta. Inclusione dei membri della famiglia o di altre persone significative in almeno due incontri.

Interventi accettabili Ci sono quattro interventi che, pur non richiesti né particolarmente raccomandabili come parte della TCC, sono, tuttavia, compatibili con questo approccio: • Esplorazione dell’auto-coinvolgimento come strumento di rafforzamento. • Identificazione dei mezzi di auto-rinforzo verso l’astinenza. • Esplorazione delle discrepanze tra gli obiettivi del paziente e le sue azioni. • Riflessioni concernenti l’abuso di sostanza e le sue conseguenze. Interventi non facenti parte della TCC Ci sono degli interventi che sono specifici di altre terapie e non entrano mai nella TCC: • Ampi interventi del terapeuta con i propri pensieri. 373


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• Utilizzo di uno stile incentrato sul confronto. • Richiesta ai pazienti di partecipare a gruppi di auto-mutuo-aiuto. • Ampia discussione sul recupero in 12 passi, sull’aumento di potere o sulla filosofia del “Grande Libro”. • Utilizzo di un linguaggio tipicamente sanitario. • Ampia esplorazione di aspetti relazionali collegati all’abuso della sostanza. • Ampia discussione o interpretazione dei conflitti o dei motivi sottostanti. • Fornitura di un sostegno diretto a favore dell’astinenza. • Interventi associati con Gestalt terapia, interventi strutturali, terapia emotivo-razionale o altre tecniche terapeutiche prescrittive. Strumenti di valutazione Gli strumenti standardizzati possono anche essere utilizzati dal terapeuta per la comprensione del paziente e la scelta degli obiettivi del trattamento. I seguenti strumenti favoriscono la valutazione. • Abuso di sostanza e relativi problemi • L’Addiction Severity Index (ASI) (McLellan et al. 1992) accerta la frequenza e la gravità dell’abuso della sostanza così come il tipo e la gravità delle problematiche psicosociali che solitamente l’accompagnano (ad es. mediche, legali, familiari, sociali, di lavoro, psichiatriche). • La Change Assessment Scale (DiClemente e Hughes 1990) accerta l’attuale predisposizione dei pazienti verso il cambiamento (ad es. aspettative, progetti, impegni) che può rappresentare un importante predittore riguardo i possibili risultati del trattamento (Prochaska et al. 1992). • Un diario dell’uso giornaliero di sostanza può essere utilizzato per raccogliere informazioni sull’uso quotidiano di cocaina, o di altre sostanze, durante un periodo significativo. • Il questionario per la valutazione di Treatment Attitudes and Expectation, uno strumento di autosomministrazione, è stato adattato e modificato per l’uso con chi assume cocaina dal National Institute of Mental Health Treatment of Depression Collaborative Research Program (Elkin et al.1985). Si è potuto constatare che si ottengo miglioramenti significativi, verso la risoluzione del problema, tra coloro i quali mostrano una maggior congruenza tra aspettative del trattamento, consapevolezza riguardo le motivazioni che hanno portato all’uso della sostanza e trattamento ricevuto, rispetto alle persone che dimostrano contrasto tra le aspettative del trattamento e il trattamento ricevuto. (Hall et al. 1991). • Diagnosi e sintomatologia psichiatrica • L’Intervista Clinica Strutturata per il DSM-IV (SCID) e lo SCID-P (First et al.1995) permette la diagnosi secondo il DSM-IV (diagnosi psichiatrica secondo gli Assi I e II). Essa può anche essere utilizzata per accertare la gravità della dipendenza da cocaina tramite il numero totale di elementi emersi che confermano la sindrome di dipendenza (dai criteri di abuso di sostanze del DSM-III-R). • La Californian Psychological Inventory Socialization Scale (CPI-So) è stata vista essere sia un valido strumento di misura continuo, riguardo gli aspetti sociopatici degli alcolisti (Cooney et al. 1990), sia un’importante variabile di valutazione, in riferimento al trattamento dei pazienti suddetti (Kadden et al. 1989). • Il questionario autosomministrabile Beck Depression Inventory (BDI) (Beck et al. 1961) e uno strumento di valutazione clinica, la Hamilton Depression Rating Scale (Hamilton 1960), ac374


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certano la depressione. La Symptoms Checklist (SCL-90) (Derogatis et al. 1973) misura, invece, una più ampia gamma di sintomi. • Livello di partenza delle competenze nell’affrontare i problemi e capacità autonome • Il Cocaine Use Situations Inventory monitorizza i cambiamenti della capacità dei pazienti e delle loro aspettative verso l’astinenza. Questo questionario,autosomministrabile, elenca circa trenta diversi tipi di situazioni ad alto rischio e aiuta i medici a identificare con precisione le situazioni che il paziente non è in grado di affrontare efficacemente. Questo strumento deriva da un altro messo a punto da Condiotte e Lichtenstein (1981) utilizzato per misurare l’autoefficacia negli alcolisti nell’affrontare le loro difficoltà. La struttura e il setting delle sedute La TCC è un tipo di terapia altamente strutturata ed è molto più didattica della maggior parte delle altre. Pertanto, i terapeuti della TCC assumono un atteggiamento molto più attivo e direttivo rispetto ai terapeuti che utilizzano altre forme di trattamento per abuso di sostanze. Una grande quantità di lavoro viene svolta durante ogni seduta: la rivisitazione degli esercizi pratici, l’analisi di ciò che è accaduto nel periodo intercorso tra le due sedute, l’insegnamento relativo a competenze, il controllo di come queste competenze sono state comprese, la pratica all’interno della seduta e la pianificazione della settimana successiva. Questo atteggiamento attivo deve, però, essere compensato da un tempo adeguato destinato alla comprensione e alla relazione con il paziente. Al fine di ottenere una buona integrazione tra le indicazioni tecniche per la conduzione della seduta e il materiale portato dal paziente, è stata sviluppata la “Regola 20/20/20” che scandisce il flusso di una tipica seduta TCC da 60 minuti. Durante i primi 20 minuti, i terapeuti devono prestare attenzione a capire chiaramente gli attuali interessi dei pazienti, il livello generale del loro funzionamento mentale, il desiderio e l’uso della sostanza durante la settimana trascorsa e la pratica svolta. Questa parte della seduta tende a essere caratterizzata da un ampio spazio alle parole del paziente, sebbene i terapeuti guidino con domande e riflessioni e diano un senso a ciò che emerge. I secondi 20 minuti sono destinati all’introduzione e alla discussione di una particolare competenza che il paziente dovrà acquisire. Tipicamente, durante questa parte della seduta i terapeuti parlano più dei pazienti, sebbene sia fondamentale che il materiale didattico venga personalizzato e, frequentemente, vengano svolti dei controlli con i pazienti per accertarsi del loro livello di comprensione. Gli ultimi 20 minuti tornano a essere, principalmente, dominati dal paziente; pazienti e terapeuti si accordano sull’esercizio pratico per la settimana successiva e prefigurano e pianificano le difficoltà che i pazienti potrebbero incontrare prima della seduta seguente. La TCC è totalmente compatibile con la farmacoterapia. Quando viene utilizzata in combinazione con cure mediche, il campo di intervento della TCC si amplia portando l’attenzione sull’importanza dell’aspetto medico. Generalmente, i referti medici e la compliance vengono presi in considerazione durante la prima parte di ogni seduta (ad es. il primo terzo di una seduta 20/20/20). Durante tutte le sedute, i terapeuti dovrebbero ascoltare attentamente tutte le preoccupazioni, incomprensioni o pregiudizi circa l’assunzione dei farmaci e cercare di risolverli in modo 375


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rapido e positivo. Questi possono comprendere concezioni errate circa le aspettative sugli effetti dei farmaci, il tempo necessario al manifestarsi degli effetti, effetti collaterali, dosaggio, interazione con la cocaina o con altre sostanze. I terapeuti devono provvedere a chiarire, utilizzando termini familiari e comprensibili, e, con frequenza, cercare dei riscontri per valutare il livello di comprensione dei pazienti. Quando gli effetti della terapia medica non sono immediati, è importante informare i pazienti che possono trascorrere parecchie settimane prima che gli stessi divengano visibili; pertanto, i pazienti devono essere preparati ad attendersi un miglioramento graduale piuttosto che improvviso. La spiegazione che gli effetti dei farmaci saranno graduali fornisce l’opportunità, ai terapeuti, di enfatizzare che i pazienti non devono attendersi benefici da un atteggiamento passivo nei confronti della TCC, semplicemente per il fatto che stanno assumendo farmaci. L’insegnamento e la messa in pratica di competenze, atte a far fronte alle difficoltà, rimangono un’importante ed essenziale parte della terapia; i farmaci possono rappresentare soltanto un’utile aggiunta. Un ruolo cruciale del terapeuta è quello di stabilire e sottolineare la relazione tra corretta assunzione dei farmaci, sedute di psicoterapia e miglioramento. Quando i pazienti non sono ben disposti verso i farmaci, i terapeuti devono trovare un approccio al problema. Essi dovrebbero cercare di aiutare i pazienti, chiarendo le ragioni o gli ostacoli che impediscono l’accettazione della terapia medica e trovando delle soluzioni pratiche. Gli sforzi dovrebbero essere fatti in modo che i pazienti sentano di essere loro a gestire la situazione. Questo avviene quando sono loro ad avere un ruolo primario nella pianificazione, piuttosto che quando sono i terapeuti a dir loro cosa fare. Attività individuale ed attività di gruppo La forma individuale è quella preferita, in quanto permette di adeguare meglio il trattamento alle necessità dei singoli pazienti. I pazienti ricevono più attenzioni e sono generalmente più coinvolti nel trattamento quando possono collaborare e costruire una relazione con un singolo terapeuta. Il trattamento individuale dimostra maggior flessibilità nel calendario degli incontri ed elimina il problema di far iniziare il trattamento con la modalità di rolling admissions o di dover chiedere ai pazienti di aspettare alcune settimane fino a che ci sia un numero sufficiente di pazienti per costituire un gruppo. Anche i minori abbandoni durante lo svolgimento del programma e gli studi effettuati evidenziano, in parte, i vantaggi del trattamento individuale. Parecchi ricercatori e medici, tuttavia, hanno enfatizzato i benefici che si avrebbero unicamente tramite il trattamento in gruppo di questo tipo di pazienti(ad es. condivisione del problema, senso di appartenenza). Risulta sufficientemente semplice adattare il trattamento descritto in questo manuale alla dimensione del gruppo. Generalmente, con il gruppo, sono richieste sedute della durata di 90 minuti in modo da permettere a tutti i partecipanti di poter esprimere le loro personali esperienze dimostrando capacità, portare esempi e partecipare ai role-play. Il trattamento può anche essere meglio strutturato nel gruppo per la necessità di presentare le idee chiave e le competenze in un modo più didattico e meno personalizzato. Durata 376


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

La TCC dura tra le 12 e le 16 sedute, solitamente per circa 12 settimane. Questo trattamento, relativamente breve, intende realizzare inizialmente astinenza e quindi una stabilizzazione. In molti casi questo è sufficiente a produrre un intenso miglioramento che dura per più di un anno dopo la fine del trattamento. I dati preliminari mostrano come i pazienti che riescono a mantenere una astinenza continuativa dall’uso della cocaina per almeno 3 o più settimane durante il periodo di 12 settimane del trattamento generalmente sono in grado di non avere ricadute nei 12 mesi successivi alla fine del trattamento. Per molti pazienti, tuttavia, la terapia breve non è sufficiente a produrre stabilizzazione e miglioramenti a lungo termine. In questi casi la TCC può essere considerata una preparazione a una terapia di lunga durata. Quest’ultimo trattamento viene generalmente utilizzato quando il paziente ne fa richiesta oppure quando il paziente non è stato in grado di realizzare tre o più settimane di astinenza continuativa durante il trattamento iniziale. Stiamo attualmente valutando se sessioni supplementari della TCC, nei 6mesi successivi al trattamento iniziale, possano favorire la risoluzione del problema. Le sedute di mantenimento della TCC sono incentrate sui seguentia spetti: • Identificazione delle situazioni, delle emozioni e dei pensieri che restano problematici per i pazienti nei loro sforzi per mantenere l’astinenza o,comunque, ciò che emerge dopo la cessazione o la riduzione del consumodi cocaina. • Mantenimento degli obiettivi raggiunti attraverso il consolidamento delle più efficaci strategie acquisite per far fronte alle situazioni problematiche. • Incoraggiamento dei pazienti a coinvolgersi in attività e relazioni che siano incompatibili con l’uso della droga. La fase di prolungamento della TCC mira quindi, più che a far acquisire nuove competenze, a consolidare e approfondire quanto era già avvenuto durante la fase iniziale del trattamento. Pazienti ambulatoriali o in situazione di ricovero Il trattamento viene solitamente svolto con pazienti non ricoverati per i seguenti motivi: • La TCC focalizza i motivi sottostanti che determinano l’uso della sostanza e questo è meglio farlo quando il paziente è inserito nel suo contesto di vita quotidiana. Per capire chi siano i pazienti, dove essi vivono e come passano il loro tempo i terapeuti possono sviluppare delle tecniche di analisi funzionale più elaborate. • L’apprendimento delle competenze risulta essere maggiormente efficace quando i pazienti hanno l’opportunità di mettere alla prova queste nuove competenze acquisite confrontandosi con il loro contesto di vita. Imparano così come comportarsi e quindi discutono con il terapeuta le nuove strategie. Caratteristiche dei pazienti La TCC è stata valutata con un’ampia gamma di consumatori di cocaina. Ci sono però alcuni tipi di pazienti per i quali il trattamento non è consigliabile: • Psicotici o portatori di disturbo bipolare non controllabili farmacologicamente. • Coloro che non hanno una sistemazione di vita stabile. 377


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• Coloro che sono in una fase di accertamenti sanitari. • Coloro che sono dipendenti da altre sostanze, con l’eccezione della di pendenza da alcool o marijuana (sebbene noi riteniamo che prima dell’inizio del trattamento sia necessaria la disintossicazione dall’alcool).Non sono emerse differenze significative, rispetto all’esito, tra i pazienti che cercano il trattamento perché ne sono spinti e quelli che presentano diagnosi di disturbo antisociale di personalità, secondo il DSM-IV, o altri disturbi dell’Asse II. Provenienza etnica o diversità di genere non influiscono sul risultato del trattamento. Compatibilità con altri trattamenti La TCC è altamente compatibile con molti altri trattamenti destinati a problemi correlati all’abuso di cocaina: • Farmacoterapia per l’uso di cocaina e/o disturbi psichiatrici concomitanti. • Gruppi di auto-mutuo-aiuto come i Cocainomani Anonimi (CA) o gliAlcoolisti Anonimi (AA). • Terapia familiare e di coppia. • Consulenze professionali, sostegno alle competenze genitoriali e così via. Quando la TCC fa parte di un più ampio gruppo di trattamenti, è indispensabile per il terapeuta della TCC mantenere contatti regolari con tutti gli altri responsabili dei vari trattamenti in corso. Una breve sintesi sulla conduzione tecnica del trattamento con TCC, sugli aspetti tematici del lavoro e sulla sua conclusione La conduzione del TCC si basa su aspetti clinici e relazionali simili a molti altri trattamenti clinici delle dipendenze. La sequenza suggerita per la TCC rispecchia quindi sia le normali procedure cliniche che le necessità specifiche di tale approccio. Nel corso della prima seduta si potrà raccogliere la storia del paziente e stabilire la relazione, lavorare sulla sua motivazione a svolgere il trattamento, presentare il modello della TCC, introdurre l’analisi funzionale, concordare gli obiettivi della terapia e il contratto, fornire una spiegazione ragionata per i compiti esterni alla seduta. La prima seduta è la più importante e, spesso, la più difficile perché il terapeuta deve trattare diversi aspetti: iniziare a stabilire una relazione con il paziente, accertare il tipo di uso della sostanza e altri problemi del paziente che possono essere importanti fattori nel trattamento, fornire un’analisi ragionata del trattamento, stabilire la struttura delle sedute successive, iniziare l’apprendimento delle competenze. È inoltre utile verificare la disponibilità a collaborare da parte di un familiare che potrà essere invitato ad un colloquio congiunto in fase iniziale e alla conclusione del trattamento. Nel corso delle sedute successive la TCC prevede che siano affrontati otto argomenti. Essi potranno essere svolti in modo progressivo secondo l’ordine previsto, o essere variati nella sequenza in base ad esigenze del paziente o a necessità di conduzione dell’operatore. Si riportano in modo sintetico i contenuti degli argomenti. Il primo argomento è relativo al combattere il desiderio. I compiti connessi al primo argomento sono: capire il desiderio, descrivere il desiderio, identificare le cause scatenanti, evitare i richiami, affrontare il desiderio. 378


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

Gli obiettivi della seduta sono il comprendere l’esperienza di desiderio del paziente, trasmettere che il desiderio è una cosa normale e rappresenta un’esperienza limitata nel tempo, identificare le cause e i richiami, insegnare tecniche pratiche di controllo del desiderio e delle sensazioni di necessità. Il secondo argomento è relativo al sostegno alla motivazione e impegno alla motivazione. I compiti connessi al secondo argomento si riferiscono al chiarificare e dare le giuste priorità agli obiettivi, orientare l’ambivalenza, identificare e affrontare i pensieri relativi alla cocaina. Gli obiettivi della seduta sono: riduzione dell’uso della cocaina a livelli “controllati”, interruzione dell’uso di cocaina, ma proseguimento dell’uso di alcol o di altre sostanze, proseguimento della terapia fino a che la motivazione esterna che ha provocato il trattamento appare meno pressante. Il terzo argomento consiste nella modalità di rifiuto della cocaina. I compiti connessi al terzo argomento riguardano l’accertamento della disponibilità della cocaina e passi necessari a ridurla, l’esame delle strategie utili al fine di interrompere i contatti con i fornitori, apprendere e mettere in pratica strategie di rifiuto della cocaina, esame delle differenze tra reazioni di tipo passivo, aggressivo e determinato. Gli obiettivi della seduta sono in riferimento al fatto che i terapeuti dovrebbero rivolgere delle domande al fine di scoprire gli indicatori nascosti dell’ambivalenza e della resistenza al cambiamento e le forze sociali che lavorano contro il cambiamento, l’ambivalenza verso l’interruzione dell’uso di cocaina, il fallimento nel valutare la relazione tra disponibilità di cocaina e uso, le evidenti limitazioni nelle risorse personali e sociali e le indicazioni importanti su quanto attivamente i pazienti partecipano alla terapia. Quarto argomento: esame delle decisioni apparentemente irrilevanti. I compiti connessi al quarto argomento sono relativi al riconoscere delle decisioni apparentemente irrilevanti e loro relazione con le situazioni ad alto rischio, identificazione di esempi relativi a decisioni apparentemente irrilevanti, esercitazione su processi decisionali finalizzati all’evitamento del rischio. Il quinto argomento riguarda un piano di difesa multifunzionale. I compiti connessi al quinto argomento riguardano l’anticipare le situazioni futura ad altro rischio, lo sviluppare un piano per far fronte alle difficoltà che sia ampio e personale. Tale piano deve contenere anche elementi operativi e concreti e sequenze temporali per la verifica dell’andamento del lavoro. Sesto argomento: consiste nel problem solving. I compiti connessi al sesto argomento sono: introdurre le nozioni base di problem solving, mettere in pratica competenze di problem solving all’interno della seduta. Gli obiettivi della seduta riguardano il riconoscere il problema, identificare e specificare il problema, considerare vari approcci per la risoluzione del problema, selezionare l’approccio più promettente, valutare l’efficacia dell’approccio scelto e il mettere in pratica competenze di problem solving. Il settimo argomento focalizza le problematiche di progettazione della conduzione e gestione del caso. Gli obiettivi della seduta sono: riesame e applicazione delle tecniche di problem solving ai 379


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problemi psicosociali che rappresentano un ostacolo alla terapia, sviluppo di un piano concreto di sostegno indirizzato alla risoluzione dei problemi psicosociali, controllo e sostegno degli sforzi dei pazienti nella realizzazione del piano. Ottavo argomento: la riduzione del rischio da HIV. In questa seduta occorre accertare il rischio di infezione da hiv, per il paziente, e costruire le motivazioni a favore del cambiamento dei comportamenti a rischio. Precisare gli obiettivi legati al cambiamento del comportamento ed applicare strategie di problem solving verso ciò che ostacola la riduzione del rischio. Alla fine occorre fornire le linee-guida specifiche per la riduzione del rischio. Nelle fasi finali della terapia è opportuno effettuare una seduta con una persona significativa per il paziente preferibilmente già contattata in fase iniziale. Gli obiettivi della seduta sono l’offrire ad altre persone significative l’opportunità di comprendere il trattamento che sta svolgendo il paziente e analizzare le strategie attraverso le quali possono aiutare il paziente a raggiungere e mantenere l’astinenza. Gli interventi chiave sono relativi al pianificare il futuro, fornire informazioni/precisare gli obiettivi e identificare le strategie. Alla fine al paziente e all’altra persona viene chiesto di formulare un contratto, in cui ciascuno specifichi i cambiamenti di comportamento che desidera nell’altro. A conclusione del trattamento, nella seduta finale, sarà svolta una revisione dell’intero percorso. Gli obiettivi della seduta sono quello di riesaminare il progetto e gli obiettivi della terapia valutando il grado di raggiungimento degli obiettivi concordati e rimodellati nel corso del trattamento. I terapeuti dovrebbero esplicitare le loro opinioni sui progressi fatti dai pazienti anche in termini di ricaduta su competenze e qualità della vita che il soggetto ha raggiunto. Anche i pazienti dovrebbero essere stimolati ad esprimere la loro opinione sugli ultimi e più importanti aspetti della terapia. Infine è necessario prospettare al paziente i possibili scenari rispetto ad aspetti da affrontare in modo particolare nel futuro, sul come comportarsi in caso di ricadute e sulla possibilità di ritornare al servizio nel caso che se ne presentasse la necessità.

Letture consigliate Petry NM, Peirce JM, Stitzer ML, Blaine J, Roll JM, Cohen A, Obert J, Killeen T, Saladin ME, Cowell M, Kirby KC, Sterling R, Royer-Malvestuto C, Hamilton J, Booth RE, Macdonald M, Liebert M, Rader L, Burns R, DiMaria J, Copersino M, Stabile PQ, Kolodner K, Li R. Effect of prize-based incentives on outcomes in stimulant abusers in outpatient psychosocial treatment programs: a national drug abuse treatment clinical trials network study. Arch Gen Psychiatry. 2005 Oct;62(10):1148-56. PMID: 16203960 [PubMed - indexed for MEDLINE] Rohsenow DJ, Martin RA, Monti PM. Urge-specific and lifestyle coping strategies of cocaine abusers: relationships to treatment outcomes. 380


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

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TRATTAMENTO RESIDENZIALE: UN APPROCCIO EMOTIVO E COCAINA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE 6.6

Ina Hinnenthal*, Ester Manera**, Sebastiano Gallo**, Mauro Cibin*** * SerT Imperia, Supervisore Villa Soranzo ** Villa Soranzo, Ceis don Milani, Tessera VE *** Dipartimento per le Dipendenze, Az. Ulss 13 Dolo e Mirano VE

L’alcaloide psicostimolante cocaina è stato usato per centinaia di anni per motivi mistici e/o di cura medica, principalmente in Bolivia e Perù. Fino a pochi decenni fa non era ritenuta nel mondo occidentale una sostanza particolarmente pericolosa. W. Loosen scopre nel 1859 la struttura chimica della Cocaina e l’azienda Merck comincia la sua produzione come anestetico: nasce la cocaina come oggi la conosciamo. Sigmund Freud nel 1884 la considerava un farmaco potente non solo verso il male fisico, ma anche verso il male psichico. La cocaina è stata un ingrediente della Coca-Cola dal 1985 al 1914 e il nome del prodotto lo accenna fino ad oggi. Solo nel 1971 negli Stati Uniti è stata ufficialmente inserita nell’elenco delle sostanze stupefacenti. A partire dagli anni ottanta si assiste alla comparsa del mercato di cocaina nella forma di crack, in particolare nei paesi di cultura anglosassone. Rispetto alla situazione in Europa Haasen et al (2004) e Prinzleve ed altri (2004) descrivono la situazione con una ricerca multi-modale e multi-centrica che conferma l’aumento del consumo di cocaina negli ultimi anni in tutti i paesi europei. Il paese con il record momentaneo di assunzione (prevalenza life-time) è l’Inghilterra: il 5,2% della popolazione generale ha usato la sostanza cocaina nella propria vita. La dipendenza da cocaina nell’ultimo decennio è divenuta un importante problema anche in Italia. Tutti noi che lavoriamo nei servizi per alcol- e/o tossicodipendenza ci troviamo a fronteggiare un fenomeno nuovo, in vertiginosa crescita; la dipendenza da cocaina si configura oggi come la patologia legata all’uso di droghe illegali più frequente, più complessa e più difficile da curare. Ma come è spiegabile che una sostanza ritenuta praticamente innocua dopo pochi decenni diventi la causa di fenomeni così gravi? Questa trasformazione non è spiegabile solo col cambiamento del mercato e con l’introduzione del crack (peraltro poco diffuso in Italia). A nostro parere vi sono altri fattori che, modificando la vulnerabilità personale, rendono l’abuso di cocaina così diverso rispetto a una volta, spesso così palesemente distruttivo. La comprensione di tali fattori sta oggi permettendo una maggior chiarezza rispetto al quadro clinico del cocainismo e al suo trattamento. Questo capitolo tratta dell’esperienza di cura di pazienti con dipendenza da cocaina condotta dagli autori presso la Comunità Terapeutica Villa Soranzo, partendo dai presupposti teorici e dai riscontri di letteratura per giungere poi alla descrizione del programma di trattamento. 385


COCAINA

A) Trattamento residenziale del cocainismo: Presupposti teorici Cocaina e neuroplasticità Il fenomeno dell’aumento di uso di cocaina va in parallelo con altri fenomeni analoghi: l’aumento dei disturbi di controllo d’impulso, per esempio nella forma delle personalità Borderline e antisociali e dei disturbi di iperattività infantile (ADHS). Esistono sempre più spesso insegnanti e genitori disperati che si lamentano di allievi e figli sempre meno disciplinati, concentrati, capaci di accogliere e riprodurre nuove informazioni. Sembrano una generazione di ribelli svogliati, di eroi passivi attaccati a strumenti elettronici come game-boy, play-station, abbattendo eroi, draghi e mostri centinaia di volte al giorno, ma incapaci di usare un coltello vero per ammazzare un animale di carne e ossa e sangue reale. Attrezzati di Mp3, TV, Video, DVD, i nostri ragazzi mostrano scarsa motivazione di fare qualunque cosa senza l’aiuto elettronico: come se nascessero già con la necessità di una continua stimolazione sensoriale elettronica, senza la quale sprofondano in un abisso di noia e di disagio. Danno la sensazione di avere tutti, chi più chi meno, una malattia nel desiderio e nella comunicazione: vivono come se la vita fosse sempre altrove. Possono giocare una partita di Pokemon con il game-boy connesso a Internet insieme a un bambino in Giappone in tempo reale. Ma non sanno più come rivolgersi al vicino di banco per invitarlo a giocare con un pallone da calcio. Le ricerche molto serie ci dicono che i nostri bambini sanno distinguere maggiormente più Pokemon che non piante e animali reali. Tutto questo come c’entra con il nostro tema, la dipendenza da cocaina e la sua cura? La dipendenza da sostanze psicoattive, in particolare da cocaina, è in fondo un disturbo del centro del piacere, il nucleo accumbens/reward system, che a sua volta ha una precisa funzione nella evoluzione della società umana e dei mammiferi: dirige attraverso il piacere l’individuo e la specie in una direzione favorevole alla sopravivenza. Ma i piaceri non sono tutti uguali: il piacere inatteso ad esempio è meglio di quello noto e atteso. Ogni comportamento che provoca un piacere “migliore dell’atteso” provoca una attivazione dell’Area 10 e una scarica dopaminergica maggiore nel centro del piacere: questo evento viene ricordato più intensamente e in modo durevole e ha un potente effetto di orientamento del comportamento. L’animale da esperimento si attiva per cercare di nuovo lo stesso piacere ed è in grado di superare ostacoli in altre situazioni inaffrontabili. Il nostro cervello impara solo dopo infinite ripetizioni, ma aumentando il piacere associato al comportamento quanto più vengono ritenuti nella memoria il comportamento stesso e le associazioni alle circostanze dell’emozione piacevole. Se la fragola viene mangiata dopo un lungo inverno è “meglio del previsto” e particolarmente gustosa. Dopo migliaia di fragole abbiamo nel cervello in fondo una sola fragola, una fragola tipo che però ha tanti profumi e gusti e forme. Se invece comperiamo tutto l’anno le fragole sempre dal supermercato la fragola “tipo” è buona, ma non ha questa varietà di gusti e forme. L’uomo si è evoluto nel gruppo dei suoi simili, e anche la biologia del piacere risente di questa caratteristica: il centro del piacere funziona meglio insieme ad altri individui umani. Spitzer (2002) dice che la dopamina andrebbe chiamata “dopa-mean”, perché ci crea il significato, il vissuto di senso, ci dimostra la direzione del nostro fare e ci aiuta a vivere perché tutto quello che ci serve in fondo ci piace. Il problema comincia quando le persone trovano la scorciatoia delle sostanze stupefacenti e dell’alcol, soddisfano il centro del piacere senza sforzi, senza gli altri, senza imparare nient’altro tranne che vale la pena usare di nuovo queste sostanze. La cocaina è imbattibile come quantità del piacere rispetto a tutte le altre sostanze note. Se la sequenza descritta avviene in un cervello adulto, viene da dire “di altri tempi”, allenato 386


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fin da piccolo a superare frustrazioni per poi arrivare con calma al piacere, ha un certo impatto. Il programma imparato dal cervello dice: prima si fa da mangiare e poi si mangia. Prima deve passare il lungo inverno per poter far arrivare in casa le fragole profumate. Un cervello “giovane di oggi” con poco allenamento di questo genere, dai giorni della culla iperstimolato con una salsa indefinita di impressioni sensoriali confuse e confusive ha pochi strumenti per difendersi dalla forte stimolazione del centro del piacere cocaina e dall’orientamento del comportamento da questa causato. La cocaina diventa immediatamente la fidanzata perfetta, sempre pronta, sempre disponibile (e non invecchia mai!). Non è il semplice senso di responsabilità o dovere che ci tutela dall’uso di sostanze stupefacenti e ci invita a essere più sinceri, autentici e responsabili, in contatto abituale con gli altri esseri umani, ma è l’esperienza sociale stessa che, gratificandoci, mantiene questo equilibrio. Se subentrano le scorciatoie della cocaina, delle altre sostanze e dell’alcol prima dell’esperienza positiva della condizione umana come animale sociale, emotivo, corporeo e comunicativo, la convivenza “normale” non viene più imparata e trovata piacevole. L’empatia verso gli altri esseri e la consapevolezza che viviamo in un complesso sistema di interazioni tra umani, animali, natura e spazio viene persa. La consapevolezza che ogni nostro movimento comporta riflessi sull’intero sistema non viene più acquisita. Ne risulta sempre di più un comportamento antisociale e sociofobico. E questo circolo vizioso viene rinforzato dall’effetto delle sostanze stesse e dalla loro particolare facoltà di anestesia emotiva. Anche qui la molecola cocaina può vantare la potenza maggiore. Ma non basta: la cocaina fa tutto questo incidendo meno, rispetto ad altre sostanze, sulla capacità di svolgere compiti pratici. Anzi, all’inizio la performance appare più efficace, vi è una maggiore capacità di concentrazione e non si sente la fatica. In altre parole: la droga perfetta per il nostro tempo. Possiamo provare un piacere “sintetico”, che non richiede ricerca e socializzazione, ma nel contempo mantenere a lungo la capacità lavorativa e produttiva. La neuroplasticità è quella caratteristica del sistema nervoso centrale che fa si che il ripetersi di una certa esperienza emotiva e sensoriale crei, un po’ alla volta, circuiti preferenziali nuovi, modificando la funzionalità cerebrale stessa. È la scoperta della neuroplasticità che ha dato senso scientifico e biologico a concetti come “esperienza emotiva correttiva” . Stimoli emotivamente validi, gratificanti e ripetuti possono cambiare la situazione descritta creando nuove reti neuronali corrispondenti. La cura della dipendenza da cocaina in comunità terapeutica si basa su questo fenomeno, e la nostra esperienza in questo campo parte da qui. Cocaina e personalità: due tipologie di pazienti? Cloninger nei suoi studi sull’alcolismo descrive due tipologie di pazienti: Tipo I: comincia presto, già nell’adolescenza; è più violento nel percorso; curabile con più difficoltà; associato forse a una componente genetica, dato che nelle famiglie primarie spesso si trovano genitori con problemi di alcol. Gli alcolisti tipi 1 sono persone che cercano sensazioni intense (sensation seeking) e con scarso controllo dell’impulso. Tipo II: inizia più tardi, è più reattivo a traumi ed eventi accaduti nel corso della vita, più facilmente curabile (Nordstrom G., Berglund M., 1987) . Nella nostra esperienza è stato utile applicare ai cocainomani le tipologie di Cloninger. In questo modo abbiamo visto che il tipo I corrisponde al nuovo fenomeno che abbiamo descritto nel paragrafo precedente: persone che sviluppano la dipendenza da cocaina sulla base di una vulnerabilità emotiva maggiore, con le reti neuronali più compromesse e con una grande necessità 387


COCAINA

di maturazione ex novo di facoltà semplicemente non allenate: la facoltà di stare con altre persone, comunicare, vivere senza stimoli esterni sopportando e decifrando le proprie sensazioni ed emozioni in modo corretto senza agire immediatamente verso il mondo esterno, sopportare momenti di attesa e di frustrazione senza abbreviazioni, affrontare in modo fiducioso momenti di stress. La ricerca di continue novità corrisponde a un centro del piacere dipendente da stimoli esterni e non ricavati da fatiche e azioni previste dalla legge della sopravvivenza. I casi più gravi di cocainomani tipo I sono anche classificabili come comorbili tra dipendenza da cocaina e disturbo di personalità Borderline o antisociale (Hinnenthal e coll, 2001). Il tipo II descrive persone con migliore strutturazione emotiva, abitualmente di età maggiore, che subendo un importante evento di vita, o comunque in situazioni di forte stress, utilizza la cocaina per stare meno male, “congelando” le emozioni negative (ma anche quelle positive). Secondo il modello postraumatico di Horowitz (1976) si tratta di persone che hanno subito un evento traumatico troppo pesante per le loro difese, magari sulla scia di una riattivazione di una perdita grave già subita da piccoli. I pazienti di tipo II hanno di solito una funzionalità sociale e lavorativa buona (Hinnenthal, Cibin, 2004). Questa classificazione è importante dal punto di vista terapeutico. Infatti, il tipo I più frequentemente richiede un trattamento residenziale lungo e capace di contenere la tendenza alla impulsività, mentre il tipo II risponde bene a trattamenti ambulatoriali o a interventi residenziali “brevi”. Cocaina e impulsività Vari autori sottolineano come i pazienti con prevalente uso di cocaina presentino impulsività maggiore rispetto ai consumatori abituali di altre sostanze. Bornovalova M. A. et al. (2005) riportano che pazienti con abuso di cocaina e crack (con minima componente di uso di eroina) soffrono di una maggiore impulsività e tendenza a esporsi a rischi anche in assenza della intossicazione acuta rispetto a pazienti con consumo preferito di eroina (con minima consumazione di crack). Si è visto che questa prevalenza di rabbia, impulsività e violenza dei cocainomani si correla con alterazioni in zone cerebrali che controllano processi neurocognitivi di alto livello come il LOFG (lateral orbitofrontal gyrus), esaminate tramite il consumo di glucosio nel corso di PET (Goldstein et al. 2005). Moeller et al (2002, 2004) confrontano 49 soggetti con dipendenza da cocaina con 25 non cocainomani, rispetto a impulsività, comportamenti antisociali nella biografia, uso di cocaina, riscontrando che in entrambi i gruppi le persone con diagnosi di disturbo di personalità antisociale (DPAS) erano in assoluto più aggressive e con meno controllo sugli impulsi, ma che anche le persone senza la diagnosi DPAS ma con uso di cocaina dimostravano più comportamenti antisociali con perdita di controllo d’impulso e aggressività rispetto a quelli senza diagnosi DPAS e uso di cocaina. Gli autori concludono che la maggiore impulsività nei cocainomani non è esclusivamente correlato alla diagnosi DPAS preesistente o comunque a un carattere aggressivo. Questi studi tuttavia non chiariscono se i comportamenti antisociali/aggressivi e l’impulsività non controllata nei soggetti dipendenti da cocaina sono conseguenza del consumo o piuttosto associati a tratti di personalità. Questo problema è molto importante ai fini del trattamento, in 388


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

quanto la impulsività legata all’uso di cocaina si dovrebbe esaurire con l’astinenza, quella legata alla personalità no. (Herbeck ed altri, 2006). Nella nostra esperienza di trattamento comunitario il problema della impulsività è centrale e costituisce la maggiore differenza tra i pazienti cocainomani e gli alcolisti trattati nella stessa struttura con programmi diversi. La richiesta di un periodo iniziale di degenza ospedaliera è connessa al controllo della impulsività legata all’uso di cocaina, più che a veri e propri problemi di astinenza, rari in questi pazienti. L’approccio psicoterapico cognitivo-comportamentale da noi utilizzato dedica molto spazio all’intervento sulla impulsività. Il trattamento Gli approcci farmacologici alla dipendenza da cocaina presentano una efficacia limitata e in molti casi non sperimentalmente accertata. In particolare mancano strumenti farmacologici in grado di trattare il craving per la cocaina e di limitare la frequenza e la gravità delle ricadute. In questo contesto grande interesse è rivolto alla validazione di percorsi psicoterapici specifici. Per effettuare queste sperimentazioni sono stati messi a punto protocolli di ricerca che tendono a garantire la riproducibilità dei risultati in situazioni così variabili e soggettive come la psicoterapie, definendone percorsi, durata e modalità. Sono stati pubblicati manuali che agevolano la riproducibilità dei principali approcci (Carroll, 2005; Woody, 2003). Nel campo dipendenza da cocaina l’approccio psicoterapico maggiormente validato sperimentalmente è quello cognitivo-comportamentale della Carrol (1994), il cui manuale è disponibile in Italiano (Carrol, 2001). Un altro approccio sperimentalmente validato per i disturbi da uso di sostanza in comorbilità con il disturbo Borderline di personalità è quello di Marsha Linehan (2001, 2002). Entrambe queste modalità psicoterapiche a impronta cognitiva partono dal presupposto che le sostanze funzionino da regolatori emotivi esterni in persone con difficoltà ad attuare un controllo emotivo interiorizzato. L’astinenza deriva dal miglioramento delle capacità di regolazione emotiva e dalla acquisizione di abilità di prevenzione della ricaduta (Cibin e coll, 2001). Il concetto della “vulnerabilità verso stress” che è stato sviluppato per spiegare meglio la complessità della sindrome Borderline (Linehan, 2001) si è rivelato molto utile anche nel campo dell’alcolismo e della cocaina. Spiega in analogia ai concetti della neuroplasticità l’aumento di frequenza e gravità dei sindromi postraumatici: non esistono traumi oggettivi, lo stesso evento di vita potenzialmente traumatico ha conseguenze psichiche più gravi in soggetti con più vulnerabilità genetica, biografica e neuroplastica. La cocaina consumata come aiuto per tornare a un controllo emotivo ha effetti più devastanti in soggetti più vulnerabili e/o più traumatizzati. La mancanza di una farmacoterapia in grado di arginare il craving e l’uso di cocaina e le ricadute frequenti e travolgenti rendono spesso impossibile un corretto approccio di trattamento in setting ambulatoriale. È quindi importante disporre di programmi residenziali ove sia possibile condurre i trattamenti descritti in una situazione “protetta” sia dal punto di vista della sostanza sia da quello del clima emotivo (esperienza emotiva correttiva). Negli approcci psicoterapici è infatti importante avere la possibilità di condividere il percorso con un gruppo di pari in una atmosfera calda e supportiva, tale da favorire quel processo di scongelamento che è il presupposto del lavoro psicoterapico, in particolare quello che affronta eventi vissuti come traumatici. 389


COCAINA

B) Trattamento residenziale del cocainismo: l’esperienza di Villa Soranzo Il progetto “Non solo cocaina” e Villa Soranzo Nel 2003 la Regione del Veneto varava il progetto “Non solo cocaina” con l’obiettivo di studiare gli interventi rispetto a questo problema da trasferire nella programmazione regionale. La realizzazione del progetto era affidata al Dipartimento per le Dipendenze della Az. Ulss 13. Il progetto ha preso in considerazione tre tipologie di consumatori di cocaina: 1. giovani nei luoghi di divertimento. 2. eroinomani in trattamento. 3. soggetti con buon adattamento sociale. Per quanto attiene a quest’ultimo target il primo problema è stato quello del reclutamento, essendo notoriamente una popolazione che non fa riferimento al Sistema delle Dipendenze come attualmente configurato (SerT e Comunità terapeutiche). Alcuni pazienti di questo tipo sono stati individuati tra quanti in trattamento ai SerT per alcolismo. Infatti, una quota significativa di alcolisti sotto i 40 anni consuma anche cocaina, e per alcuni di questi il cocainismo è il problema principale. La quota principale di soggetti del gruppo tre è stata contattata tramite la collaborazione con il Servizio di Medicina delle Dipendenze della Università di Verona. Si tratta di una struttura ospedaliera che si dedica alla disintossicazione di pazienti con dipendenza da sostanze. Tra questi vi sono molti soggetti con dipendenza da cocaina e un buon adattamento sociale, attirati dalla fama di eccellenza della struttura. Il secondo problema è stata la proposta a questi pazienti di un programma terapeutico efficace secondo le indicazioni della letteratura scientifica: un programma residenziale breve ad impronta psicoterapica. Si è quindi proceduto a costituire una unità operativa specifica all’interno della Comunità terapeutica “Villa Soranzo”. Questa comunità è nata nel 2000 dalla collaborazione tra il Ceis “don Milani” ed il Dipartimento per le Dipendenze del Az. Ulss 13 di Dolo e Mirano. Il progetto originale aveva come obiettivo la messa a punto di una comunità per alcolisti impostata secondo criteri innovativi e di breve durata, in grado di accogliere 30 pazienti. La scelta di partire da una comunità per alcolisti non è causale, ma deriva da una serie di osservazioni condotte durante il progetto, osservazioni che ci consentono di affermare che in un contesto come quello veneto, in cui la rete ci cura dell’alcolismo è ben sviluppata, è meglio fare riferimento a questa rete piuttosto che a quella delle tossicodipendenze, fortemente connotata in senso eroinocentrico. All’interno di questa comunità si è costituita una unità specifica per pazienti cocainomani: uno spazio sperimentale che ci ha permesso di immaginare un percorso residenziale con caratteristiche in parte prese dalla nostra esperienza con alcolisti e in parte studiato su misura per venire incontro ad altre esigenze che si sono manifestate nel corso del trattamento stesso. Infatti, la nostra esperienza si è formata con pazienti che, come gli alcolisti, conservano una cerchia familiare intatta, un lavoro, anche socialmente ed economicamente ben riconosciuto (spesso chiedono di poter pagare personalmente la retta comunitaria), buone abilità sociali di base e risorse umane ed emotive “congelate” ma valide, infine pazienti con poco tempo a disposizione (qualche mese) per attuare un percorso terapeutico residenziale, quindi necessità di un progetto breve e intensivo, avendone però la necessità. Le evidenti similitudini con gli alcolisti ci hanno portato a pensare di costruire una residenzialità comune, tenendo però presenti anche le differenze legate soprattutto al tipo di so390


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

stanza e alla sua illegalità. Per quanto attiene alla sostanza si riscontrano aspetti di impulsività che riguardano sia le relazioni interpersonali all’interno della comunità sia la capacità di tollerare le regole, per quanto elastiche, della comunità. Questi pazienti, più degli alcolisti richiedono una gestione che investe le caratteristiche di performance richieste alla cocaina (richiesta di un percorso specifico, definito e con riscontri immediati) e atteggiamenti e comportamenti legati all’essere entrati in contatto con un mercato illegale che ha sviluppato, se non era già presente, una tendenza a non fidarsi (poca trasparenza anche nella relazione di cura, tendenza a dire bugie, attenzione a non farsi fregare, essere furbi, trattare, non essere mai del tutto sinceri, non parlare). È fondamentale avere ben presenti queste caratteristiche durante un trattamento terapeutico in quanto sono forse il più importante scoglio da superare, sia per i pazienti che devono imparare a fidarsi, sia per i terapeuti, che devono dare il tempo ai loro clienti per farlo. Tra i cocainomani è più forte rispetto agli alcolisti la tendenza all’omertà, alla gestione nel gruppo di pazienti dei problemi e delle ricadute. Questo è forse l’unico aspetto in cui i cocainomani assomigliano agli eroinomani. I pazienti cocainomani partecipano insieme agli alcolisti ai gruppi terapeutici e alla attività ricreativa e di supporto alla gestione della comunità (turni di pulizia, in cucina…). In una settimana sono previsti tre gruppi “emotivi” la settimana, un gruppo di prevenzione della ricaduta e un gruppo di training autogeno. È inoltre possibile frequentare un gruppo di Alcolisti Anonimi che si riunisce all’interno della struttura. Sono previsti due colloqui la settimana con il terapeuta di riferimento. In questi colloqui si sviluppa il programma psicoterapico descritto di seguito. Infine, le regole di convivenza che riguardano il divieto di assumere alcolici, droghe e farmaci non prescritti, di avere comportamenti minacciosi fisici o verbali, di utilizzare radio, tv, telefonini, videogiochi, di assumere atteggiamenti che distraggano dal programma terapeutico, di fare sesso in comunità, di uscire dalla comunità in maniera non concordata. Il programma comunitario per soggetti con dipendenza da cocaina è stato sinora concluso da 31 pazienti (di cui 10 con problemi misti cocaina/alcol). È in corso il follow up per valutare gli esiti a medio/lungo termine. Tabella 1: Pazienti indicati per il trattamento comunitario Dipendenza da cocaina anche associata a: disturbi mentali non gravi, disturbi di personalità abuso/dipendenza da alcol, benzodiazepine, eroina o a uso di cannabinoidi, ecstasy. disturbi del comportamento alimentare disturbi dell’impulso Si escludono: problemi organici che richiedano un costante intervento specialistico gravi disturbi mentali deterioramento sociale grave intolleranza alla vita comunitaria

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COCAINA

Programma in Villa Soranzo Il paziente deve essere accompagnato da: dati anagrafici relazione clinica elementi sulla situazione familiare e sociale I nuovi ingressi avvengono di norma il mercoledì in tarda mattinata Viene effettuato un colloquio con lo psichiatra del SerT di Dolo al fine di stabilire la terapia farmacologica di proseguimento a partire da quella consigliata in sede di dimissione dalla struttura ospedaliera e viene dato il benvenuto con un gruppo di accoglienza cui partecipano tutti le persone presenti in Comunità Durante la prima settimana verrà somministrata una batteria di test, ripetuta a fine percorso (MAC versione specifica sulla sostanza d’abuso primaria, SCL90, DTCQ). Il programma prevede 2 colloqui a settimana, gruppi quotidiani, apprendimento della tecnica di rilassamento “training autogeno”, altre attività di tipo comunitario. Nella prima settimana si procede all’inquadramento diagnostico per aree (Tossicologica, Psicologica/psichiatrica, Motivazionale, Familiare, Sociale). Dalla 2° alla 4° settimana si sviluppa il programma terapeutico personalizzato; quest’ultimo può essere prolungato fino ad altre 4 settimane se la situazione lo richiede. Il programma terapeutico di basa sui seguenti Punti Chiave: Approccio Motivazionale (Miller & Rollnik, 1994) L’approccio motivazionale tiene in considerazione la posizione dell’utente in un cammino ideale che va dalla mancanza di motivazioni alla disponibilità al cambiamento, in relazione a tre fattori fondamentali: Autoefficacia, Frattura Intreriore, Disponibilità al Cambiamento. Durante la permanenza in comunità si effettuano Colloqui Motivazionali finalizzati alla individuazione di strategie utili per saggiare, valutare e accrescere il potenziale di cambiamento. Analisi Funzionale Assunto di base è che quel che uno fa ha un senso e una funzione. Quindi ogni comportamento serve all’individuo, è una strategia adattiva, la migliore risposta che in quel momento l’individuo è in grado di attuare. L’Analisi Funzionale, coerentemente con questo presupposto, cerca di identificare la funzione che il comportamento problematico ha per quella persona. L’analisi funzionale ha come obiettivo sviluppare abilità di tipo: Osservativo Metacongnitivo (comprendere meccanismi di funzionamento, pensieri, emozioni) di Regolazione (distanziarsi dalle cose) di Anticipazione (prevedere e pianificare) di Autoefficacia (capacità di poter intervenire sugli eventi, senza esserne travolto) Sblocco Emotivo Relazionarsi con gli altri utenti, uno spazio caldo in cui esprimere le proprie emozioni, sentimenti e vissuti, nel gruppo dei pari e nei vari momenti d’aggregazione, permette di sciogliere i blocchi emotivi, di persone congelate nel comportamento di dipendenza. Regolazione Emozionale: Obiettivi Comprendere le proprie emozioni Identificare, osservare e descrivere l’emozione 392


GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

Comprendere cosa le emozioni fanno per te (Strumento: Diario delle emozioni) Ridurre la vulnerabilità emotiva Ridurre la vulnerabilità negativa Incrementare le emozioni positive (Strumenti: Apprendimento abilità di base, Scheda degli eventi piacevoli per l’adulto) Ridurre la sofferenza emotiva Lasciare libero corso alle emozioni dolorose attraverso la mindfulness (attenzione partecipe e non giudicante) Modificare le emozioni dolorose attuando comportamenti di segno opposto Prevenzione della Ricaduta (Stabilizzazione del Cambiamento) (Marlatt e Gordon, 1985, Connors e coll., 1996). Attraverso l’analisi degli antecedenti e dei conseguenti del comportamento di abuso si attua la ricerca della comprensione del significato per la persona. Si attua una normalizzazione della ricaduta, riportandola alle esperienze personali. Si favorisce lo sviluppo di abilità di fronteggiamento per le varie situazioni. Si utilizzano strumenti (diario del craving, bilancia decisionale…) per accompagnare le persone nella quotidianità. Si individuano le personali situazioni ad “alto rischio” di ricaduta: stati emotivi negativi e positivi, conflitti interpersonali, pressioni sociali, occasioni, verifica autocontrollo, uso d’altre sostanze psicoattive, condizioni fisiche negative. Tabella 2: Strumenti terapeutici Gruppi tematici e di discussione Colloqui individuali Colloqui con gruppo familiare Gruppi di Prevenzione della Ricaduta e Regolazione Emozionale Tecnica di rilassamento “Training Autogeno” Attività ginniche guidate Attività lavorative Attività ricreative

Tabella 3: Obiettivi del programma Acquisizione di abilità di prevenzione della ricaduta e regolazione emozionale Riacquisizione di una fisicità “naturale Riacquisizione di abilità sociali Riappropriazione gestione del proprio tempo libero Supporto aftercare nel territorio

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COCAINA

Conclusioni Le caratteristiche cliniche della dipendenza da cocaina e le mancanza di efficaci strategie farmacologiche specifiche rendono ragione della necessità di sviluppare programmi residenziali ad impronta psicoterapica. La applicazione di approcci psicoterapici standardizzati e validati è essenziale per il successo terapeutico. All’interno del progetto “Non solo cocaina”, promosso dalla Regione del Veneto, è stato attivato un programma terapeutico breve per cocainomani centrato su Motivazione al Cambiamento, Analisi Funzionale, Sblocco emotivo, Prevenzione della ricaduta. Nella nostra esperienza la applicazione di tali approcci cognitivo-comportamentali in un ambiente caldo ed emotivamente accogliente consente la riacquisizione di abilità emotive e relazionali “congelate” dal comportamento di abuso, e rappresentano un valido programma terapeutico per il cocainismo.

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GLI ASPETTI TERAPEUTICI E DI SUPPORTO

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