Assessorato alle Politiche Sociali Programmazione Socio Sanitaria, Volontariato e non Profit
DOPING ASPETTI MEDICI, NUTRIZIONALI, PSICOPEDAGOGICI, LEGALI ED ETICI E INDICAZIONI PER LA PREVENZIONE Manuale teorico-pratico per operatori di prevenzione e dei Dipartimenti delle Dipendenze
a cura di GIOVANNI SERPELLONI ANNALISA ROSSI
con il contributo speciale di: BRUNO PIZZUL
Assessorato alle Politiche Sociali Programmazione Socio Sanitaria, Volontariato e non Profit
DOPING ASPETTI MEDICI, NUTRIZIONALI, PSICOPEDAGOGICI, LEGALI ED ETICI E INDICAZIONI PER LA PREVENZIONE Manuale teorico-pratico per operatori di prevenzione e dei Dipartimenti delle Dipendenze Su iniziativa dell’Assessorato alle Politiche Sociali, Programmazione Socio Sanitaria, Volontariato e non Profit Assessore On. Antonio De Poli
A cura di GIOVANNI SERPELLONI ANNALISA ROSSI in collaborazione con Luciano Guerrini, Guido Fumagalli, Roberto Leone, Claudio Toninel, Elio Sgalambro, Patrizia Allegra, Doriano Dal Cengio, Franco Aldegheri, Monica Zermiani con il contributo speciale di BRUNO PIZZUL
DOPING ASPETTI MEDICI, NUTRIZIONALI, PSICOPEDAGOGICI, LEGALI ED ETICI E INDICAZIONI PER LA PREVENZIONE Manuale per operatori di prevenzione e dei Dipartimenti delle Dipendenze
Pubblicazione “non profit” Vietata la vendita Realizzata nell’ambito del progetto “No doping” della Regione Veneto Piano di lotta alla droga 2003-2005 (Assessorato alle Politiche Sociali, Programmazione Socio Sanitaria, Volontariato e Non Profit - Ass. on. Antonio De Poli) Per informazioni o richieste del volume: Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Via Germania, 20 37135 Verona Tel. 045-8622235 – Fax 045-8622239 e-mail: pubblicazioni@dronet.org; L’intero manuale è scaricabile in formato elettronico dal sito www.dronet.org nella sezione Pubblicazioni. La responsabilità dei dati scientifici e dei contenuti degli articoli è dei singoli autori. Stampato in Italia, 2006 Tipografia La Grafica, Vago di Lavagno (VR)
AUTORI
Agosti Alberto
Professore Associato di Didattica e Pedagogia speciale – Dipartimento di Scienze dell’Educazione – Facoltà di Scienze della Formazione – Università di Verona Aldegheri Franco Psicologo – Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona Allegra Patrizia Direttore Fondazione Exodus Verona Bertoncelli Sara Psicologo – Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona Castellani Marta Medico – Dipartimento Materno ed Infantile – Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università di Verona Ciacciarelli Alberto Presidente Associazione Medici Sportivi di Verona Dal Cengio Doriano Psicologo – Responsabile Unità di Prevenzione del Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona Dominissini Debora Statistica - Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona Filippi Natale Professore Ordinario di Pedagogia generale e sociale – Facoltà di Scienze Motorie – Università di Verona Fumagalli Guido Preside Facoltà di Scienze Motorie – Università di Verona Guidi Gian Cesare Professore Ordinario – Direttore dell’Istituto di Chimica e Microscopia Clinica – Dipartimento di Scienze MorfologicoBiomediche, Università degli Studi di Verona Indelicato Calogera Psicologo – Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona Leone Luca Professore di Diritto Amministrativo – Facoltà di Scienze Motorie – Università di Verona Leone Roberto Professore Associato di Farmacologia – Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica – Sezione di Farmacologia – Facoltà di Scienze Motorie – Università di Verona Lippi Giuseppe Professore Associato – Istituto di Chimica e Microscopia Clinica – Dipartimento di Scienze Morfologico-Biomediche, Università degli Studi di Verona Maffeis Claudio Professore Associato di Pediatria generale e specialistica – Dipartimento Materno ed Infantile e Biologia Genetica – Sezione di Pediatria – Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università di Verona Martucci Laura Dipartimento del Farmaco – Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping – Istituto Superiore di Sanità 5
DOPING
Mastrobattista Luisa Dipartimento del Farmaco – Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping – Istituto Superiore di Sanità Messina Monica Psicologo – Laboratorio di Neuroscienze – Università degli Studi di Cagliari NAS Comando Carabinieri per la Tutela della Salute – Ufficio Comando Sezione O.L.A., Roma Pacifici Roberta Dipartimento del Farmaco – Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping – Istituto Superiore di Sanità Pizzul Bruno Giornalista sportivo Pogliaghi Silvia Ricercatore – Docente di alimentazione e nutrizione umana – Laboratorio di Fisiologia dell’esercizio, Facoltà di Scienze Motorie – Università di Verona Rossi Annalisa Project Manager “Progetto No doping” – Dipartimento delle Dipendenze – ULSS 20 Rossi Silvia Dipartimento del Farmaco – Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping – Istituto Superiore di Sanità Sandrini Tiziano Medico di medicina generale – ULSS 20 Verona – Tutor della Scuola Regionale di formazione specifica di medicina generale Schena Federico Professore Associato di Fisiologia Umana - Direttore Centro Interuniversitario di Bioingegneria e Scienze Motorie – Rovereto Serpelloni Giovanni Direttore Osservatorio Regionale sulle Dipendenze e Direttore Dipartimento delle Dipendenze – ULSS 20 Verona Sgalambro Elio Vicepresidente CONI Verona Toninel Claudio Direttore tecnico Istituzione Comunale “M. Bentegodi” – Assessorato allo Sport – Comune di Verona Tregnaghi Pierluigi Medico dello sport – Associazione Medici Sportivi di Verona Veneri Daniela Presidente Federfarma Verona– Associazione Titolari Farmacia Veneri Nicola Diplomato ISEF – Tecnico di Pesistica e Cultura Fisica (FIPCF) Zermiani Monica Psicologo – Dipartimento delle Dipendenze – ULSS 20 Verona – Istituto Fisiologia Clinica CNR Pisa Zuccaro Piergiorgio Dipartimento del Farmaco – Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping – Istituto Superiore di Sanità
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INDICE
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Antonio De Poli
pag.
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Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Luciano Guerrini
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Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giovanni Serpelloni
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41
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I vantaggi in salute della pratica sportiva e i rischi del doping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Federico Schena
”
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Finalità, applicazione e standardizzazione dei controlli antidoping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Lippi, Gian Cesare Guidi
”
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GLI ASPETTI MEDICO BIOLOGICI E NUTRIZIONALI Dipendenza da sostanze dopanti e dipendenza da sostanze stupefacenti: un modello interpretativo . . . . . Giovanni Serpelloni, Sara Bertoncelli, Monica Zermiani Aspetti farmacologici del doping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Roberto Leone, Guido Fumagalli Educazione alimentare e uso degli integratori nei giovani sportivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Claudio Maffeis, Marta Castellani Alimentazione e performance in giovani sportivi . . . . . . . . . Silvia Pogliaghi
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GLI ASPETTI PSICOPEDAGOGICI, ETICI E LEGALI Gli aspetti motivazionali dell’uso di sostanze dopanti . . . . Monica Messina
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Educazione morale e sport . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Natale Filippi
”
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Doping: gli aspetti legali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Luca Leone
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Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi . . . . . . . . . . . . . . ” Giovanni Serpelloni, Monica Zermiani, Debora Dominissini, Annalisa Rossi
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I giovani di fronte al doping: metodologie didattiche formative per imparare ad educare al diniego consapevole e responsabile . . . . . . . . Alberto Agosti
PROGETTI ED ATTIVITÀ Il progetto “No doping”: i materiali informativi e il programma di prevenzione dell’uso di sostanze dopanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giovanni Serpelloni, Annalisa Rossi, Doriano Dal Cengio Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva nel territorio veronese . . . . . . Giovanni Serpelloni, Monica Zermiani, Annalisa Rossi, Doriano Dal Cengio, Franco Aldegheri e Gruppo di lavoro “No doping” (Patrizia Allegra, Guido Fumagalli, Roberto Leone, Elio Sgalambro, Claudio Toninel)
La tutela della salute nelle attività sportive e la lotta contro il doping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Silvia Rossi, Luisa Mastrobattista, Laura Martucci, Roberta Pacifici, Piergiorgio Zuccaro 8
”
237
Indice
I POSSIBILI “ATTORI” DELL’ANTIDOPING I mass-media e la rappresentazione del fenomeno doping . . Bruno Pizzul
”
245
Il ruolo delle istituzioni sportive nella lotta al doping . Elio Sgalambro, Claudio Toninel
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249
”
267
”
281
La famiglia e la scuola nella prevenzione del doping . . . . . Doriano Dal Cengio, Calogera Indelicato
”
285
Doping e medicina generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Tiziano Sandrini
”
301
Il medico dello sport e il doping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alberto Ciacciarelli, Pierluigi Tregnaghi
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Il ruolo del farmacista nella prevenzione del doping . . . . Daniela Veneri
”
321
L’attività di contrasto del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (anni 2000/2005) . . . . . . . . . . . . . . Comando Carabinieri per la Tutela della Salute – Ufficio Comando, Sezione O.L.A., Roma Il doping nello sport dal punto di vista di un allenatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Nicola Veneri
LE EVIDENZE SCIENTIFICHE SULLA PREVENZIONE DEL DOPING Le evidenze scientifiche sulla prevenzione del doping: i progetti Atlas e Athena del National Institute on Drug Abuse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Annalisa Rossi, Doriano Dal Cengio, Giovanni Serpelloni
”
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PREFAZIONE
Il doping, fenomeno fino a pochi decenni fa limitato soltanto all’ambito degli atleti professionisti, interessa oggi vasti strati della popolazione sportiva anche dilettantistica. Oltre all’ormai noto doping professionistico, dove la ricerca della vittoria e del successo a tutti i costi è determinata dalle pressioni degli sponsor, degli allenatori, dalle attese del pubblico, che spingono l’atleta a far uso di sostanze per migliorare le prestazioni, sono altrettanto diffuse altre forme di doping: il doping tra chi pratica sport a livello amatoriale e il cosiddetto doping “cosmetico”. La società in cui viviamo è, d’altra parte, fortemente orientata al successo e all’alto livello di efficienza. La ricerca della vittoria e del successo a tutti i costi diventa pertanto il modello valoriale proposto, che fa sì che anche gli individui che fanno sport a livello amatoriale facciano uso di farmaci per affrontare la maratona della domenica. Altro aspetto tipico della nostra società che ha impresso un notevole impulso alla diffusione delle pratiche dopanti è la tendenza a cercare nei farmaci la soluzione ad ogni problema fisico, assimilando il farmaco a qualsiasi altro bene di consumo. Il doping cosmetico nasce invece dall’esasperazione culturale e mediatica del corpo che porta ragazzi in difficoltà a far uso di sostanze per aumentare le masse muscolari, imitando stereotipi maschili o femminili televisivi o di spettacolo. Il fenomeno doping ha invaso quindi anche il settore non professionistico con risultati sulla salute e l’integrità psicologica delle persone estremamente preoccupanti. Molti non sono consapevoli delle problematiche correlate all’uso di queste sostanze e molti altri, pur informati dei danni derivanti dall’uso, sottovalutano fortemente il problema con totale superficialità e comportamenti irresponsabili. Il largo uso di queste sostanze fa sì che molte persone le considerino quasi innocue e comunque “tollerabili”, inducendo così una falsa percezione di sicurezza e di normalità, che ne favorisce la diffusione e l’utilizzo da parte di persone anche molto giovani. Dai dati relativi alle indagini realizzate nella Regione Veneto tra la popolazione giovanile è emerso un consumo di sostanze dopanti che spesso esiste in parallelo a quello di sostanze stupefacenti e alcoliche. Di fronte a questo preoccupante fenomeno di “normalizzazione” e passiva accetazione 11
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socioculturale rispetto all’uso di sostanze è necessario mettere in atto un modello di intervento globale ed integrato di lotta al doping e alle droghe, che sia organizzativo e al tempo stesso culturale valoriale, e che preveda una sinergia tra tutte le strutture deputate a fare prevenzione, da quelle che si occupano degli aspetti psicocomportamentali a quelle che trattano gli aspetti medico-biologici e nutrizionali, a quelle che curano gli aspetti etico-legali, alle organizzazioni che si interessano degli elementi tecnico-sportivi, ognuna secondo le proprie competenze e specificità. Tutto ciò al fine che le attività sportive restino un fattore di protezione e promozione della salute e dell’integrità psicofisica e non un’ulteriore fattore di rischio o motivo di frustrazione per mancate vittorie. Vanno infine valorizzati gli aspetti tecnico-scientifici e laboratoristici del problema doping che sono complessi e necessitano di particolare attenzione e competenza, ben presenti negli istituti universitari della nostra Regione. On. Antonio De Poli Assessore alle Politiche Sociali, Programmazione Socio Sanitaria, Volontariato e Non Profit
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INTRODUZIONE
La cronaca di tutti i giorni ci parla della cronica sofferenza del mondo dello sport, quotidianamente afflitto da mali, piccoli e grandi, alcuni curabilissimi, altri molto meno. Illeciti, truffe, violenza, scorrettezze perpetrate da atleti, tecnici, dirigenti, medici sportivi e società, minano e mettono in discussione un ambiente che dovrebbe essere tra i più sani e positivi, anche se purtroppo, sempre più spesso non è così. Il più preoccupante tra questi mali è senza dubbio il “doping”, attualmente da considerare come il nemico numero uno dello sport. È in atto un grande fermento attorno a questo problema, con le istituzioni pubbliche e sportive che finalmente hanno preso una netta posizione nei suoi confronti. Il CONI, con le sue Federazioni, gli Enti di Promozione Sportiva, le Società, si stanno accorgendo che è giunto il momento di intervenire con tutte le energie possibili, per arginare questo problema che, oltre ad alterare i risultati e le prestazioni sportive, mina pericolosamente la salute di quanti ne fanno uso. Il lavoro che andiamo a presentare vuole aiutare a comprendere la portata e la gravità della situazione e come siano necessari interventi immediati e decisi. Nel complesso panorama attuale un ruolo educativo, importante e privilegiato, lo devono avere gli Enti Locali, grazie alla loro possibilità istituzionale di mettere a disposizione economie, personale e strutture per avviare iniziative autonome o di appoggio e sostegno ad attività proposte da altri soggetti sociali. Uno degli obiettivi primari di ogni buon amministratore, dovrebbe essere il personale contributo al miglioramento della qualità della vita dei cittadini amministrati, che è direttamente proporzionale alla bontà della salute degli stessi. Ambiti di intervento, da parte dei rappresentanti degli Enti Locali, dovranno essere la Scuola, tutti gli ambienti sportivi e le realtà sociali di aggregazione, fino a raggiungere i singoli nuclei famigliari. L’azione deve essere portata avanti a 360 gradi, tutti devono ricevere le informazioni, in forma semplice, capillare e precisa, dai giovanissimi ai meno giovani, sportivi e non, nessuno escluso. Personalmente mi auguro che questa lodevole iniziativa, che ha visto la collaborazione della Regione Veneto, dell’Azienda ULSS 20 di Verona, del Comune di Verona Assessorato allo Sport, della Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Verona e del CONI regionale e provinciale, possa avere il massimo dei risultati ed essere di 13
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esempio per altri interventi analoghi, magari ancora più approfonditi e mirati. Se si arriverà a risolvere o almeno a contenere il problema “doping”, si limiteranno certamente le gravissime conseguenze ad esso correlate, rinunciando magari a qualche medaglia, ma vincendo sicuramente in salute. Avv. Luciano Guerrini Assessore all’Ambiente, allo Sport e allo Spettacolo - Comune di Verona
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PRESENTAZIONE
Il presente manuale è stato concepito nell’ambito del progetto di prevenzione “No doping”, progetto coordinato dal Dipartimento delle Dipendenze dell’ULSS 20, in collaborazione con la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Verona, il CONI regionale e provinciale, l’Assessorato allo Sport del Comune di Verona, e finanziato dalla Regione Veneto grazie ai fondi del Piano regionale lotta alla droga 2003-2005 (Assessorato alle Politiche Sociali, Programmazione Socio Sanitaria, Volontariato e Non Profit – Assessore On. Antonio De Poli). La pubblicazione, frutto di tre anni di sperimentazione e ricerca, e del contributo di esperti del mondo accademico, della prevenzione e dello sport, si propone come finalità principale quella di accrescere la diffusione delle conoscenze, fornire indicazioni pratiche e stimolare la riflessione di tutti gli operatori deputati alla prevenzione in ambito sanitario, sportivo, scolastico ed educativo. Si rivolge quindi agli operatori dei dipartimenti delle dipendenze, ai medici di medicina generale, ai medici dello sport, ai pediatri, ai farmacisti, agli insegnanti, in particolare di educazione fisica, agli operatori del settore sportivo (allenatori, personal trainers etc.), e agli educatori in generale. Tutte queste figure sono infatti, potenzialmente in grado di giocare un ruolo cruciale nella tutela della salute dei giovani che praticano attività sportiva, di promuovere stili di vita sani e di valorizzare il ruolo sociale ed etico che lo sport può avere se praticato in modo corretto e scevro da facili lusinghe, che spesso si trasformano in pericolosi comportamenti d’abuso. Ci auguriamo che il manuale possa rappresentare un utile strumento di riflessione soprattutto per gli operatori dei Dipartimenti delle Dipendenze affinché mettano a disposizione le loro conoscenze nel campo delle sostanze d’abuso anche per il problema doping e affinché considerino, nel loro lavoro diagnostico e clinico, la possibilità che comportamenti di assunzione reiterata di sostanze dopanti abbiano un’eziopatogenesi comune a quelli di abuso di sostanze stupefacenti, come suggeriscono ormai molti studi scientifici. Dott. Giovanni Serpelloni Direttore Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, Regione del Veneto Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 - Verona
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GLI ASPETTI MEDICO BIOLOGICI E NUTRIZIONALI
DIPENDENZA DA SOSTANZE DOPANTI E DIPENDENZA DA SOSTANZE STUPEFACENTI: UN MODELLO INTERPRETATIVO Giovanni Serpelloni, Sara Bertoncelli, Monica Zermiani Osservatorio Regionale sulle Dipendenze Regione Veneto
I MECCANISMI GENERALI DELLA DIPENDENZA I meccanismi che sottendono l’instaurarsi della dipendenza da sostanze non sono ancora completamente chiari, anche se le acquisizioni scientifiche in questo ambito negli ultimi anni sono numerose. È ormai indubbio che, tutte le sostanze in grado di creare sensazioni piacevoli per l’individuo e/o funzionali ai suoi bisogni, portano ad una ripetizione del comportamento teso alla ricerca degli effetti sperimentati precedentemente. Ciò è da attribuire all’effetto farmacologico diretto della sostanza sul sistema neuropsicobiologico dell’individuo, alla percezione dell’intensità dello stimolo e all’elaborazione cognitiva dell’attivazione fisiologica (significato personale attribuito all’effetto della sostanza). Molte sostanze classificate come dopanti, ma probabilmente anche molti integratori, producono nel soggetto che li usa effetti di vario tipo e di intensità diversa, che possono assumere una valenza positiva e di rinforzo qualora siano percepiti ed elaborati come piacevoli per l’individuo. Tale fenomeno si riscontra non solo con l’assunzione di sostanze chimiche, ma anche conseguentemente a condizioni comportamentali che stimolano positivamente il soggetto in vario modo, come è emerso da studi relativi al gioco d’azzardo patologico (gambling) (1-14) o alla dipendenza da tecnologia digitale (15-24). Il sistema dopaminergico della ricompensa (Reward System) e la gratificazione diretta
Il substrato neurobiologico più importante nell’indurre e nel mantenere stati di abuso/dipendenza è quello del sistema dopaminergico di ricompensa (Reward 19
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System) composto da neuroni dopaminergici presenti nel mesencefalo (Nucleo Ventro Tegmentale), i cui assoni proiettano nella corteccia prefrontale e nel sistema limbico, nello specifico alla shell del Nucleus Acumbens (25). Tale sistema viene attivato da tutti i comportamenti finalizzati alla sopravvivenza del singolo e della specie (procurarsi il cibo, accoppiamento, riproduzione) e in tutte le circostanze “piacevoli” per l’individuo ed è proprio tale attivazione che porta a ripetere le esperienze gratificanti, in un continuo rinforzo positivo del comportamento. Vulnerabilità alla dipendenza
Non tutti gli individui hanno lo stesso rischio di sviluppare uno stato di dipendenza nel momento in cui assumono delle sostanze stupefacenti. Una serie di indagini dimostra, infatti, che alcune persone, per loro caratteristiche neuropsicobiologiche, presentano un rischio maggiore di sviluppare dipendenza (vulnerabilità) (26-85). Tale condizione non va intesa come “predestinazione”, ma come processo dinamico che si modifica nel tempo e che è in relazione all’esperienza di ogni singola persona. La vulnerabilità rientra nell’ambito di un’ipotesi eziologica multifattoriale in cui il rischio di dipendenza è in relazione a tre fattori che interagiscono tra loro: 1. l’individuo e le sue caratteristiche (congenite ed acquisite) che lo rendono più o meno vulnerabile; 2. le caratteristiche ambientali (stress ambientale, uso di sostanze nel gruppo dei pari e/o familiari, assenza di stimoli gratificanti e/o educativi- protettivi nei confronti dell’uso di sostanze, aggressività tra i genitori e verso i figli, alta disponibilità di droga, ecc); 3. le caratteristiche farmacologiche della sostanza. La combinazione tra fattori di rischio (bio-genetici e ambientali) e fattori di protezione (psichici, educativi e ambientali) può determinare l’evoluzione del comportamento di assunzione della sostanza. Pur non risultando ad oggi, dati scientifici su un eventuale determinismo genetico in senso stretto, numerose sono le evidenze sulla trasmissibilità genetica della vulnerabilità a sviluppare dipendenza correlata all’uso di sostanze (86). In particolare, figli di genitori che abusano o che sono dipendenti da alcol presentano un rischio maggiore di diventare a loro volta dipendenti dall’alcol (87). Alcuni studi recenti hanno evidenziato la presenza di una quindicina di loci genetici potenzialmente implicati nella dipendenza, la cui variazione modula la vulnerabilità dei soggetti a sviluppare abuso/dipendenza (88). È stato, inoltre, osservato che individui con genotipo a rischio per lo sviluppo di sistemi neuropsicobiologici vulnera20
Dipendenza da sostanze dopanti e dipendenza da sostanze stupefacenti…
bili alla dipendenza, percepiscono con maggiore intensità (magnitudo) l’effetto gratificante della sostanza rispetto a persone con genotipi che non sono a rischio. Queste stesse persone tenderebbero a ricercare ed utilizzare più precocemente le sostanze. La gratificazione indiretta
Come è possibile intuire, al di là degli effetti farmacologici diretti delle sostanze sui neurorecettori, esiste un corollario di effetti indiretti (peraltro mediati e valorizzati diversamente da individuo a individuo) che possono influenzare la reiterazione del comportamento di assunzione e la strutturazione di una serie di rituali e di sovrastrutture comportamentali finalizzate alla conservazione degli effetti positivi. Stiamo parlando della “gratificazione” indiretta correlata all’uso di sostanze e all’acquisizione di benefit sociali o psicologici (soggettivamente percepiti come tali dall’individuo) quali ad esempio: l’ascesa sociale nell’ambito del gruppo di riferimento (si pensi per esempio al tossicodipendente che diventa piccolo spacciatore, poi spacciatore “professionista” e le conseguenti variazioni nello status sociale); il successo e il consenso nel gruppo sociale di riferimento derivante e percepito dall’individuo come conseguenza dell’uso di sostanze; l’aumento del proprio reddito, l’aumento del senso di sicurezza sociale e di importanza ecc. Oltre a questi effetti, ve ne sono anche altri che possono essere considerati “piacevoli e/o funzionali” dal soggetto, in particolare: la percezione dell’aumentato senso di autostima e di sicurezza personale nell’affrontare e risolvere i problemi e i pericoli; la percezione di un miglioramento del benessere psicofisico; l’aumento della capacità relazionale e dell’accettabilità sociale; la percezione di aumentata performance fisica e/o psichica (lucidità, prontezza, aggressività eccetera); un effetto ansiolitico e/o anti-depressivo ecc.. Quando una persona entra a far parte di un certo contesto socio-culturale vive una particolare esperienza di sé, con tutte le conseguenze pratiche e psichiche che ciò comporta. Nel tempo essa acquisisce uno status diverso, specifiche competenze, conoscenze ed abilità, una particolare visione della realtà, con un conseguente mutamento nella gerarchia dei valori personali e dell’analisi del proprio comportamento anche in termini di rapporto “costi e benefici percepiti”. Progressivamente, la propria rappresentazione di sé muta e i comportamenti tendono a mantenere e confermare costantemente l’immagine sociale e personale di se stessi, così da raggiungere una coerenza tra ciò che la persona percepisce di essere, ciò che vorrebbe essere e ciò che percepisce di essere per gli altri. Tra queste diverse percezioni di sé ci possono essere delle incoerenze (o dissonanze) che sono in grado di attivare drive motivazionali per variazioni comportamentali. Il cambiamento del proprio comportamento può avvenire sia volontariamente che conseguentemente all’influenza di fattori in21
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terni e può essere influenzato dalla percezione del soggetto di una dissonaza cognitiva che, in termini pratici, spesso comporta la necessità di ristabilire un’equilibrio. Per l’individuo ciò significa ridifinire i propri sistemi valoriali di riferimento e acquisire nuovi stili di vita, che garantiscano comunque la “soddisfazione” dei propri bisogni e che siano funzionali alle proprie aspettative e alle proprie caratteristiche neuropsichiche. Si ricorda che i sistemi valoriali di riferimento non sono universali, poiché sono diversi da persona a persona e nel tempo possono variare in modo dinamico anche nella stessa persona. Ad esempio, se nella gerarchia del sistema valoriale di un’individuo valori come successo, reddito e riconoscimento sociale sono al primo posto e la salute è in priorità secondaria, molto probabilmente egli tenderà a preservarli anche quando i comportamenti messi in atto per raggiungerli si dimostrano pericolosi per la propria salute. Si tratta, infatti, di comprendere il peso (importanza) che ogni persona attribuisce a valori diversi in un determinato momento della propria vita al fine di comprendere anche i comportamenti attivati tesi a conservare, proteggere e promuovere i propri “oggetti di valore”. Smettere di far uso di una particolare sostanza, infatti, non implica solo la rinuncia alla gratificazione derivante dagli effetti diretti della sostanza, ma anche a quella legata agli effetti indiretti (cioè ai vantaggi secondari: successo, status, reddito, benefit ecc.) collegati all’identità, al sistema valoriale e al comportamento precededenti. Al pari di tante sostanze stupefacenti e psicotrope, è stato da tempo osservato che questi effetti diversificati in grado e forma, possono essere presenti anche in varie sostanze classificate come dopanti ed utilizzate dai vari sportivi. Anche, e forse soprattutto, per tale categoria di sostanze non bisogna dimenticare che, oltre agli effetti farmacologici diretti, nel campo degli sport professionisti esistono anche importanti effetti indiretti (in termini di “benefit “ sociali) che possono influenzarne l’assunzione. Analizzeremo quindi, in sintesi, quali siano gli effetti diretti delle principali sostanze dopanti da un punto di vista della possibilità conseguente di sviluppare dipendenza, soprattutto se utilizzate in persone maggiormente vulnerabili. EFFETTI PSICHICI DELLE SOSTANZE DOPANTI Anabolizzanti e recettori
Gli steroidi esercitano un’azione diretta sulle membrane cellulari con attività potenziale principalmente nei recettori degli oppiodi e GABA (89-92). 22
Dipendenza da sostanze dopanti e dipendenza da sostanze stupefacenti…
Alcuni studi indicano che gli steroidi agiscono sugli stessi meccanismi biologici delle sostanze psicotrope (93-94). Ricerche neurobiologiche recenti hanno evidenziano che gli steroidi utilizzano gli stessi sistemi di gratificazione delle sostanze psicotrope (94-95) e che come queste possono dare origine a comportamenti di dipendenza (96-98). Tabella 1: Anabolizzanti: effetti psichici Effetti psichici
Biblio
gratificanti (positivi) Euforia
Effetti psichici
Biblio
avversivi (negativi) Taylor 1987 (99)
Irritabilità
Pope 1987 (100), 1988 (101), 1994 (102)
Senso di benessere
Haupt 1984 (103)
Ansia–Disturbi umore
Brower 1989 (104)
Aumento Motivazione
Strauss 1983 (105)
Panico
Tennant 1988 (106)
Aumento autostima
Strauss 1985 (107)
Disinibizione
Freinher 1985 (108)
Aumento desiderio
Freed 1975 (109)
Capacità di giudizio
Annito 1980 (110)
sessuale
alterata Aumento aggressività Midgley SJ 2001 (111), Yesalis, 1995 (112), Le Greves 1997 (113) Comportamenti
Thiblin 1997 (114),
violenti
Galligani 1996 (115)
Corticosteroidi
I corticosteroidi hanno un’azione diretta sulle membrane cellulari con attività potenziale principalmente nei GABA recettori (azione inibente) (116) . Tabella 2: Corticosteroidi: effetti psichici Effetti psichici
Biblio
gratificanti (positivi)
Effetti psichici
Biblio
avversivi (negativi)
Euforia
Mitchell DM 1984 (117)
Depressione
Brown 1999 (118),
Aumento socialità
Mitchell DM 1984 (117)
Sbalzi d’umore
Brown 1998 (119),
Aumento senso
Twycross R 1994 (121)
Insonnia
Brown 1998,2002
2002 (119)
2002 (120)
di benessere
(119-120)
23
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Betabloccanti Tabella 3: Betabloccanti: effetti psichici Effetti psichici
Biblio
gratificanti (positivi) Controllo aggressività
Effetti psichici
Biblio
avversivi (negativi) Fleminger 2003 (122)
Depressione
e diminuzione dell’ansia
Shore 1987 (123) Rosen RC 1985, (124) Patten SB. 1990 (125)
Diminuzione
Shore 1987 (123)
performance
Rosen RC 1985 (124)
intellettuali
Patten SB. 1990 (125)
Diminuzione libido
Rosen RC 1985, (124) Patten SB. 1990 (125)
Disturbi del sonno
McAinsh J 1990 (126)
Effetti psichici
Biblio
L’efedrina Tabella 4: Efedrina: effetti psichici Effetti psichici
Biblio
gratificanti (positivi) Favorisce perdita peso
avversivi (negativi) Shekelle 2003 (127)
Depressione
a breve termine
Maglione 2005 (128) Shekelle 2003 (127) Pittler 2005 (129)
Aumento energia
Haller 2000 (130)
Agitazione
Maglione 2005 (131) Shekelle 2003 (127) Haller 2000 (130)
Ideazione suicida
Maglione 2005 (131)
Disturbi del sonno
Maglione 2005 (131)
USO DI SOSTANZE DOPANTI E TOSSICODIPENDENZA Diversi studi hanno sottolineato l’esistenza di associazioni tra l’uso di steroidi e l’uso di sostanze stupefacenti (132-137). L’uso degli steroidi è più frequente nei maschi che nelle femmine e le differenze tra i generi sono simili a quelle riscontrate negli studi sull’uso di sostanze (112, 135, 138-141). 24
Dipendenza da sostanze dopanti e dipendenza da sostanze stupefacenti…
Alcuni steroidi anabolizzanti vengono usati anche da persone che non praticano alcuna attività sportiva con possibilità anche di astinenza alla loro sospensione (142). Alcune droghe comuni, quali la cannabis, vengono comunemente utilizzate anche nell’attività sportiva per ridurre il senso di fatica (143). Uno sportivo può comunque, sviluppare dipendenza da sostanze stupefacenti in maniera indipendente dall’attività sportiva. ALCUNE RIFLESSIONI SU UN RISCONTRO EPIDEMIOLOGICO Il Dipartimento delle Dipendenze dell’ULSS 20 di Verona, con la collaborazione del Gruppo di Lavoro “No Doping”, ha svolto nel maggio 2004 un’indagine (vedi anche articolo relativo al “Progetto No Doping”) il cui scopo era quello di rilevare nel territorio veronese, una serie di informazioni relative a: 1. la prevalenza dei comportamenti a rischio per l’assunzione di sostanze dopanti; 2. l’atteggiamento psicologico verso tali pratiche; 3. le attività sportive praticate e la relazione con l’uso di eventuali sostanze. Il tutto era finalizzato alla realizzazione di una campagna informativa permanente di lotta al doping per le giovani generazioni. Un dato interessante emerso da questa ricerca è l’evidenza di una relazione tra l’uso di sostanze stupefacenti e le attività sportive. Ciò significa che per un sottogruppo di individui, lo sport può rappresentare sia un fattore di rischio di sviluppare comportamenti di dipendenza da sostanze psicotrope sia un fattore di rischio aggiuntivo di doping, nonostante la maggioranza di persone che pratica sport non sviluppi forme di dipendenza da sostanze. I soggetti che hanno aderito all’indagine sono stati 779, di cui 492 maschi (63.2%) e 287 femmine (36.8%). Per quanto riguarda l’età, il 60% dei soggetti del campione ha un’età compresa tra i 16-17 anni, il 20% 18 anni, il 10.9% 15 anni, il 6.2% 19 anni e un’esigua parte 20 (2.7%) e 14 anni (0.6%). Il campione è costituito per il 70,4% da soggetti che praticano una o più attività sportive e da una percentuale relativamente bassa di persone che non ne praticano alcuna o solo quella scolastica standard (29.6%). All’interno di quest’ultimo gruppo, 170 soggetti svolgono solo educazione fisica a scuola (73.6%) e 61 soggetti nessuna attività (26.4%). Nel gruppo degli “sportivi”, la maggior parte pratica una sola attività (aderendo ad un’associazione sportiva, autonomamente, attività con la scuola oltre a quella standard) (85.9%), il 10.2% due attività (associazione sportiva e auto25
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nomamente) e una piccola quota (3.9%) pratica sport sia con associazione sportiva, sia autonomamente, sia con la scuola. L’uso di sostanze dopanti, stupefacenti e altre sostanze di interesse nei soggetti che fanno attività sportiva viene rappresentato nella tabella seguente: Tabella 5: Uso di sostanze (% di soggetti) in base alla presenza o all’assenza di attività sportiva (548 soggetti “sportivi” e 231 “non sportivi”) Uso di sostanze Mai
Nel passato
Attuale
Sportivi
94,9
3,3
1,8
Non sportivi
99,2
0,8
0
Sportivi
84,7
8,7
6,6
Non sportivi
83,4
10,2
6,4
Sostanze dopanti (ormone crescita, steroidi, androgeni)
Sostanze stupefacenti (amfetamine, cannabis, cocaina, eroina, ecc.)
Integratori Sportivi
66
19,6
14,4
74,4
19,8
5,9
Sportivi
16,1
45,5
38,4
Non sportivi
25,2
53
21,8
Sportivi
12,4
27,3
60,3
Non sportivi
17,4
30,9
51,7
Sportivi
26,5
29,5
44
Non sportivi
28,1
19,1
52,8
Non sportivi Bevande energetiche
Alcol
Sigarette
26
Dipendenza da sostanze dopanti e dipendenza da sostanze stupefacenti…
Confrontando il gruppo dei ragazzi che praticano sport con quelli che non svolgono alcuna attività sportiva o si dedicano alla sola educazione fisica a scuola emerge quanto segue: 1. il gruppo degli sportivi riferisce un uso corrente di sostanze dopanti pari all’1.8% e un uso passato del 3.3%; complessivamente quindi, il 5,1% degli sportivi riferisce un uso di tali sostanze. Non ci sono differenze tra i due gruppi (sportivi e non) rispetto all’uso di sostanze stupefacenti; 2. rispetto agli integratori e alle bevande energetiche, il gruppo degli sportivi riferisce un uso corrente pari al 14.4% e 38.4% rispettivamente, quello dei non sportivi pari al 5.9% e 21.8%; 3. per quanto riguarda l’alcol, si rileva un uso pari al 60% negli sportivi e al 51% nei non sportivi; l’uso corrente di sigarette è pari al 44% negli sportivi e al 53% nei non sportivi. DIVERSE DIPENDENZE E STIGMA SOCIALE L’uso di sostanze dopanti e l’uso di sostanze stupefacenti presentano numerosi aspetti comuni che vanno sicuramente tenuti presenti in ambito diagnostico e clinico, utilizzando le risorse tecnico scientifiche che sono patrimonio dei dipartimenti delle dipendenze. La complessità della materia deve far valutare la possibilità che individui che presentano comportamenti di assunzione reiterata di sostanze dopanti abbiano di base un’eziopatogenesi molto simile alle persone dipendenti da sostanze stupefacenti. Uno dei fattori che rende difficile questo parallelismo neurobiologico e sociale tra sostanze stupefacenti e sostanze dopanti, sia nella cultura del senso comune sia in quella tecnico- scientifica è il fatto che, mentre chi usa sostanze stupefacenti normalmente viene stigmatizzato (soprattutto se si tratta di eroina), chi usa sostanze dopanti nello sport professionistico invece, viene spesso celebrato socialmente poiché in grado di stimolare le fantasie delle persone e di soddisfare aspettative di successo estremamente gratificanti. L’utilizzo della sostanza e gli effetti ricercati dallo sportivo (migliore performance, maggiore senso di autoefficacia, successo ecc), infatti, sono desiderabili e condivisi dal contesto sociale di riferimento, che appare più tollerante nei confronti dei “campioni dopati” rispetto che dei “tossicodipendenti associali”. La persona pertanto, ha una minore percezione di commettere “infrazioni”, è protetta da un buono status sociale e riceve continui rinforzi positivi che portano ad attribuire alla sostanza importanti significati per la costruzione e il mantenimento della propria identità. Nel 27
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caso dell’eroinomane, invece, la ricerca degli effetti, le modalità di assunzione della sostanza, il frequente comportamento antisociale e le ridotte performance dell’individuo si scontrano con la reazione sociale di disapprovazione e di etichettamento. Utilizzare perciò determinati tipi di sostanze in specifici contesti socio-normativi può acquisire una valenza diversa per la persona, con un corollario di effetti percepiti che influenzeranno la reiterazione del comportamento. Analizzando, ad esempio, gli effetti diretti e indiretti di sostanze come l’eroina, la cocaina e gli anabolizzanti è possibile formulare un’ipotesi interpretativa circa i fattori di mantenimento primari legati all’uso (vedi figura 1). Figura 1
Chi utilizza eroina, infatti, ha come obiettivo primario la ricerca dell’effetto diretto della sostanza, ovvero la gratificazione neuro-psico-biologica grazie al potere fortemente psicoattivo di questa, che diviene il principale fattore di mantenimento dell’uso. Chi utilizza cocaina sembra ricercare, invece, sia l’effetto psicoattivo della sostanza sia le conseguenze indirette, ovvero l’aumento della performance fisica, psichica e so28
Dipendenza da sostanze dopanti e dipendenza da sostanze stupefacenti…
ciale e di conseguenza anche il raggiungimento del successo e del riconoscimento sociale oltre che del profitto. Chi utilizza anabolizzanti, infine, sembra utilizzare la sostanza e gli effetti diretti ad essa collegati (scarsamente psicoattivi), anche per le conseguenze psichiche indirette di gratificazione (aumento della performance, successo, percepito miglioramento estetico, ecc.), che diventano probabilmente un importante fattore di mantenimento dell’uso. È interessante, inoltre, notare come la percezione di “essere tossicodipendenti” vari al variare del tipo di sostanza utilizzata. Si potrebbe, infatti, ipotizzare un continuum che va dall’eroina agli anabolizzanti, passando per la cocaina, con un parallelo aumento della performance dell’individuo e una contemporanea diminuzione della percezione dello stato di “essere un tossicodipendente” (consapevolezza di tossicodipendenza). CONCLUSIONI Nella nostra esperienza abbiamo potuto rilevare come vi sia una certa resistenza culturale da parte di alcune tra le maggiori organizzazioni ed associazioni sportive nazionali ad accettare l’idea che un uso cronico di sostanze dopanti, in grado di creare tutti quegli effetti sopra menzionati, possa essere considerato come una vera e propria “dipendenza” da trattare esattamente con la stessa intensità e lo stesso rigore scientifico con il quale si approcciano le dipendenze da cocaina o da eroina nelle persone sicuramente meno famose e meno “entusiasmanti” dei grandi sportivi che hanno avuto gli onori della cronaca. Questo articolo vuole essere un invito alla riflessione sul giusto inquadramento da dare al comportamento reiterato di assunzione di sostanze dopanti che, nel momento in cui espone l’individuo a rischi o danni per la propria salute psico-fisica e per la propria condizione sociale o integrità morale, non può che essere valutato al pari di qualsiasi altra forma di dipendenza patologica. Concludiamo, pertanto, sottolineando in sintesi i seguenti punti: • molte sostanze dopanti (oltre alle classiche droghe) sono in grado di dare effetti neuropsichici diretti percepiti come gratificanti dal soggetto e quindi come tali, in grado di produrre un comportamento di assunzione reiterato fino ad arrivare a stati di dipendenza; • lo stato di dipendenza può essere sostenuto ed incentivato anche dagli effetti indiretti e dai “benefit sociali” derivanti da tale uso; • le persone vulnerabili alle sostanze stupefacenti sono verosimilmente anche vulnerabili alle sostanze dopanti che presentano effetti neuropsichici o gratificazione di diversa tipologia; 29
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• il pericolo di “normalizzazione” e di tolleranza sociale nei confronti dell’uso del doping è molto maggiore di quello nei confronti delle classiche droghe poiché i valori che vi sono associati, quali la ricerca del successo, della performance personale, del reddito, della notorietà e dell’immagine di “campione popolare”, sono condivisi dal contesto socio-culturale di riferimento; • non vi è dubbio che l’uso cronico di sostanze dopanti possa essere inserito in quel lungo elenco di comportamenti patologici ascrivibili alle varie forme di dipendenza; • non è più vero l’assioma, comunemente accettato, che l’attività sportiva di per sé sia proteggente dall’assunzione di droghe e dallo sviluppo di stati di dipendenza. L’esplicitazione di uno spirito antidoping da parte delle organizzazioni sportive, dei propri dirigenti e degli opinion leader sono i fattori fondamentali per creare o diminuire il rischio di doping che spesso si aggiunge al rischio droga e/o alcol.
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ASPETTI FARMACOLOGICI DEL DOPING
Roberto Leone, Guido Fumagalli Facoltà di Scienze Motorie, Università degli Studi di Verona
CENNI STORICI La parola doping, deriva probabilmente da una antica espressione olandese (dop) che si riferiva ad una bevanda alcolica stimolante usata dai guerrieri Zulù durante le danze tribali; il termine si è diffuso inizialmente in Inghilterra per indicare l’abitudine di drogare i cavalli. Il doping non è un fenomeno recente, fin dall’antichità si è fatto ricorso a sostanze e pratiche per cercare di migliorare una prestazione sportiva; già nelle Olimpiadi del 668 AC viene riportato l’uso di sostanze eccitanti (quali funghi allucinogeni). Galeno (130-200 DC) descrive nei suoi scritti le sostanze che gli atleti romani assumevano per migliorare la loro prestazione. Se nelle civiltà antiche si faceva ricorso a funghi, piante e bevande stimolanti con lo sviluppo della farmacologia e dell’industria farmaceutica si assiste nel XIX secolo ad una diffusione di sostanze quali alcool, stricnina, caffeina, oppio, nitroglicerina e trimetil (sostanza alla quale si deve la prima morte conosciuta per doping, quella del ciclista Linton nel 1886). Nel XX secolo, verso gli anni ’30, si diffonde l’uso delle amfetamine mentre il primo anabolizzante compare verso la fine degli anni ’40 diventando rapidamente molto popolare tra gli “sportivi”. Come risposta all’uso di ormoni maschili da parte dei sovietici, negli anni ’50, gli americani sviluppano diversi steroidi (ad esempio il Dianabol). Il doping raggiunge un estensione allarmante, cominciando a preoccupare le autorità sportive, sanitarie e la stessa opinione pubblica, a partire dagli anni ’60 fino ai nostri giorni. Nuove sostanze si aggiungono negli scaffali della cosiddetta “farmacia del diavolo”, quali l’eritropoietina, l’ormone della crescita o i beta-2 agonisti. 41
DOPING
ALCUNI DATI EPIDEMIOLOGICI Purtroppo non sono disponibili molti dati e studi che consentano di quantificare in maniera esatta il fenomeno doping. Trattandosi di una pratica illecita viene, ovviamente, negata e sottaciuta. I risultati pubblicati dal CIO ogni anno sui test effettuati come controllo antidoping mostrano un grado di positività tra gli atleti testati variante tra l’1,5 e il 2,5%. (1) Ancora più bassi i dati forniti dal CONI, generalmente con una percentuale di campioni positivi inferiore al 1%. (2) In ogni caso, anche se percentualmente i valori sono bassi, questi dati indicherebbero che alcune decine di migliaia di atleti aderenti al CONI utilizzano ogni anno sostanze dopanti. Ma il fenomeno è sicuramente sottovalutato. Un indagine condotta in Italia alla fine degli anni ’80, con interviste ad atleti e tecnici sportivi, mostra che le percentuali di utilizzatori di sostanze dopanti arrivavano fino al 27%. (3) Anche altre indagini, condotte tramite questionari in vari Paesi del mondo e in diversi contesti (ambito sportivo, popolazione generale) riportano percentuali di positività d’uso decisamente superiori a quelle ricavabili dai controlli antidoping. In alcuni contesti, inoltre, la percentuale di utilizzatori è particolarmente elevata, ad esempio in uno studio condotto in Belgio su praticanti di body building, con test antidoping senza preavviso, vennero trovati positivi a diverse sostanze dopanti (in particolare steroidi anabolizzanti) il 42% dei soggetti esaminati. (4) Un’altra indagine condotta in Gran Bretagna su 21 palestre, tramite questionario, ha evidenziato che tra i 1.667 soggetti che hanno accettato di farsi intervistare (59% del totale del campione) il 9,1% dei maschi e il 2,3% delle donne aveva utilizzato anabolizzanti (il 6% dei maschi e l’1,4% delle donne li utilizzava ancora al momento dell’intervista). (5) Ma l’aspetto che maggiormente ci deve preoccupare è quello della diffusione del doping a livello giovanile. Una meta-analisi su 31 studi epidemiologici ha evidenziato una prevalenza del 3-5% di ricorso agli anabolizzanti nei bambini a partire dall’età di 8 anni. Lo studio ha anche dimostrato un maggior ricorso alle sostanze dopanti in chi pratica sport a livello amatoriale rispetto agli atleti professionisti. (6) Studi condotti negli USA tra gli adolescenti hanno dimostrato che almeno 375.000 ragazzi e 175.000 ragazze hanno utilizzato almeno una volta anabolizzanti. (7) Esperti americani in tema di doping stimano che il 3-12% di maschi e l’1-2% di femmine adolescenti utilizzano anabolizzanti. (8) Dati altrettanto allarmanti si riscontrano in Canada, dove il Center for Drugs free Sport ha stimato che, nel 1993, circa 83.000 ragazzi tra gli 11 e i 18 anni hanno utilizzato anabolizzanti. (9) In Svezia un recente studio 42
Aspetti farmacologici del doping
ha evidenziato una prevalenza d’uso di anabolizzanti del 3,6% nei maschi di 16 anni e del 2,8% nei maschi di 17 anni (lo studio non ha stabilito l’utilizzo tra le adolescenti di sesso femminile). I ragazzi utilizzatori di anabolizzanti utilizzavano alcool e oppioidi più frequentemente dei non utilizzatori della medesima età. (10) In uno studio condotto in Francia, intervistando 1.459 studenti praticanti sport, la percentuale di adolescenti che facevano uso di sostanze dopanti era pari al 4%. (11) Negli USA in uno studio su studenti praticanti calcio si è riscontrata una percentuale di utilizzatori di anabolizzanti pari al 6,3%; (12) in Canada la percentuale di utilizzatori di anabolizzanti tra tutti gli studenti (n.= 16.119) è stata stimata essere del 2,8%. (13) Di seguito riporto alcuni risultati di una indagine conoscitiva recentemente condotta, in collaborazione con il CONI, con il Centro Servizi Amministrativi e con la Federazione dei Medici Sportivi di Verona, tra gli studenti delle classi III e IV di 8 Scuole Medie Superiori della provincia di Verona con l’obiettivo di valutare il grado di conoscenza, le opinioni e i comportamenti degli adolescenti nei confronti del doping e dell’uso dei farmaci. Per l’indagine ci siamo avvalsi di un questionario progettato ad hoc, la cui distribuzione e raccolta è stata effettuata dagli insegnanti di Educazione Fisica che hanno collaborato all’attuazione dello studio, la compilazione (in forma anonima) dei questionari da parte degli studenti è avvenuta durante le ore di lezione alla presenza degli stessi insegnanti ma senza il loro intervento. La numerosità del campione, tenuto conto del numero degli studenti della provincia di Verona che frequenta le classi III e IV delle Scuole Medie Superiori, è stata calcolata in modo da ottenere un livello di confidenza del 95% con un margine di errore del 3%. Complessivamente sono stati distribuiti 1003 questionari, di questi ne sono stati esclusi 34 (3,4%) in quanto lasciati in bianco o non compilati in maniera accettabile. Pertanto, l’analisi è stata fatta su 969 (96,6%) questionari compilati da studenti frequentanti per il 57,7% la classe terza e per il 42,3% la classe quarta. Gli studenti che praticano sport sono risultati essere 747 (391 maschi e 347 femmine), il 77% del campione, con una percentuale superiore tra i maschi rispetto alle femmine. Più del 80% dei praticanti svolge l’attività sportiva all’interno di una società o frequentando una palestra. Nella Figura 1 sono riportate le fonti d’informazione utilizzate dagli studenti per le loro conoscenze sul doping. Come si può notare i mezzi di comunicazione rappresentano la fonte più frequente, di fatto utilizzata da tutti (92% del campione), mentre la scuola, l’ambito sportivo e la famiglia non sembrano svolgere un ruolo importante nelle conoscenze in questo campo. La stragrande maggioranza degli studenti ritiene insufficienti (35%) o parzialmente sufficienti (49%) le infor43
DOPING
mazioni in proprio possesso, solo circa il 12% le ritiene esaurienti. La sensazione degli stessi studenti di non avere sufficienti informazioni riguardo al doping viene confermata dalle risposte alle domande specificatamente indirizzate ad indagare le loro conoscenze, che risultano assolutamente inadeguate anche nei confronti di sostanze quali l’eritropoietina di cui si parla molto a livello dei mezzi di comunicazione di massa. Figura 1. Fonti d’informazione, degli studenti delle Scuole Medie Superiori della provincia di Verona, sul doping.
90 80
% sul totale degli studenti
70 60 50 40 30 20 10 0
TV
Giornali
Scuola
Allenatori
Amici
Parenti
Atleti
L’aspetto più interessante e allo stesso tempo più inquietante dell’indagine svolta è raffigurato nella Figura 2, dove sono riportate le percentuali di studenti favorevoli o con un atteggiamento ambiguo nei confronti del doping (dati ricavati incrociano le risposte fornite a diverse domande del questionario). Si riscontra che un 14% del campione ha un atteggiamento favorevole al ricorso alle sostanze dopanti e un ulteriore 16% un atteggiamento di tipo ambiguo o comunque non decisamente contrario. Questi atteggiamenti sono più diffusi, in modo statisticamente significativo, tra i maschi praticanti sport. (14) 44
Aspetti farmacologici del doping
Figura 2. Atteggiamento nei confronti del doping dimostrato dagli studenti delle Scuole Medie Superiori della Provincia di Verona. **Significativo per p< 0.01 vs femmine e vs non praticanti.
Favorevoli al doping 25% Praticanti
20%
Non praticanti
15%
10%
5%
0%
Femmine
Maschi
Totale
Atteggiamento ambiguo sul doping 25% Praticanti
20%
Non praticanti
15%
10%
5%
0%
Femmine
Maschi
Totale
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PRINCIPALI SOSTANZE DOPANTI Nella Tabella I sono riportate le sostanze considerate dopanti e proibite nel mondo sportivo secondo la lista del 2005 della World Anti-Doping Agency (WADA). Ricordo che la WADA è stata fondata nel 1999 e che, nel 2003, con la dichiarazione di Copenaghen è stata accettata da 73 governi e dalle maggiori federazioni sportive (anche se non tutte). Di seguito vengono trattate alcune tra le principali e più diffuse sostanze dopanti con particolare riferimento ai danni per la salute che possono provocare. Tabella I. Lista 2005 delle sostanze e dei metodi proibiti nello sport seconda la WADA. Sostanze la cui assunzione è proibita sia in competizione che fuori S1. Agenti anabolizzanti 1. Steroidi androgenici anabolizzanti (AAS) a) AAS esogeni (es. dianazolo, nandrolone, stanazolo, THG, ecc.) e altre sostanze similari b) AAS endogeni (es. testosterone, DHEA, ecc.) e metaboliti 2. Altri agenti anabolizzanti: clenbuterolo, zeranolo, zilpaterolo S2. Ormoni e sostanze correlate Eritropoietina (EPO), Ormone della crescita (hGH), Insulin-like Growth Factor (IGF-1), Mechano Growth Factors (MGFs), Gonadotropine (LH, hCG), Insulina, Corticotropine e altre sostanze similari S3. Agonisti beta-2 Tutti proibiti: il loro uso richiede esenzione terapeutica. Salbutamolo*, formoterolo, salmeterolo e terbutalina, per via inalatoria per l’asma/ broncocostrizione indotte da esercizio, esenzione abbreviata (*Concentrazioni urinarie >1000 ng/ml sono considerate doping anche con l’esenzione) S4. Agenti con attività anti-estrogenica 1. Inibitori delle aromatasi Anastrozolo, letrozolo, aminoglutetimide, esemestano, formestano, testolattone 2. Modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni (SERMs) raloxifene, tamoxifene, toremifene 3. Altre sostanze anti-estrogeniche: clomifene, ciclofenil, fulvestrant S5. Diuretici e altri agenti mascheranti Diuretici, epitestosterone, probenecid, inibitori alfa-reduttasi, plasma expander (es. albumina, destrano) Metodi proibiti M1 Aumento del trasporto di ossigeno a) doping ematico: sangue autologo, omologo o eterologo, prodotti con globuli rosssi di qualsiasi origine
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Aspetti farmacologici del doping
b) sostanze che aumentano artificialmente la cattura, il trasporto o il rilascio di ossigeno: es. sostanze chimiche perfluorate, efaproxiral (RSR13) o prodotti con emoglobina modificata M2 Manipolazioni chimiche e fisiche Uso di metodi che tentano di alterare i campioni raccolti per i test antidoping M3 Doping genetico Uso di cellule, geni, elementi genetici, ecc. che hanno la capacità di aumentare la performance atletica Sostanze la cui assunzione è proibita in occasione delle competizioni S6. Stimolanti Amfetamine, cocaina, efedrina*, metilefedrina*, metilfenidato, modafinil, pemolina, selegilina, stricnina, ecc., e altre sostanze con struttura chimica o effetto farmacologico similare (*concentrazioni urinarie >10mcg/ml) S7. Narcotici Buprenorfina, eroina, fentanile, idromorfone, metadone, morfina, ossicodone, ecc. S8. Cannabinoidi (es. hashish e marijuana) S9. Glucocorticosteroidi Proibiti per via orale, rettale, e.v. o i.m. a meno di senzione terapeutica. Per altre vie (es. inalatoria) esenzione terapeutica abbreviata. Preparazioni dermatologiche non proibite Sostanze proibite in particolari discipline sportive P1. Alcool*: es. automobilismo (>0.10 g/L), arco (>0.10 g/L), biliardo (>20 g/L), karate (>0.10 g/L), ecc. P2. Beta-bloccanti* (es. atenololo, labetalolo, metoprololo, nadololo, sotalolo, timololo, ecc.) in diversi sport (es. automobilismo, arco**, bridge, ginnastica, nuoto sincronizzato, ecc.) (*solo in competizione, **anche fuori competizione)
Stimolanti il Sistema Nervoso Centrale
A questo gruppo appartengono le amfetamine, la cocaina, l’efedrina, la metilefedrina, il metilfenidato, la pemolina, la stricnina e altre sostanze con struttura chimica o effetto farmacologico similare. Le più utilizzate sono le amfetamine impiegate per allontanare la soglia della stanchezza, aumentare l’energia, la velocità e la resistenza e per perdere di peso. Aumentano la temperatura corporea, il battito cardiaco e la pressione sanguigna. Danno euforia, stimolando la cosiddetta “via del piacere” del cervello con liberazione di dopamina, aumentano l’aggressività, la concentrazione e l’attenzione. Possono provocare ipertensione, aritmie cardiache, crisi convulsive, vomito, dolore addominale, emorragie cerebrali, psicosi, dipendenza e morte. Mascherando la fatica fisica 47
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possono indurre a sforzi eccessivi con conseguenti danni ai tendini, muscoli e articolazioni. Effetti simili vengono provocati anche dagli altri stimolanti del Sistema Nervoso Centrale (SNC), alcuni dei quali come l’efedrina, la fenilpropanolamina, la pseudoefedrina e la caffeina sono contenuti in specialità medicinali utilizzate contro il raffreddore e liberamente acquistabili in farmacia. L’ultima lista della WADA non inserisce più la caffeina tra le sostanze vietate (prima lo era per valori urinari superiori a 12 mcg/ml), questo probabilmente per evitare contenziosi con gli atleti rispetto all’assunzione di caffè o di medicinali contenenti caffeina, che tuttavia quando assunta in eccesso può provocare dispepsia, danni cardiaci, disidratazione e, in combinazione con altri stimolanti del SNC, può anche essere fatale. Ricordo anche che efedrina e pseudoefedrina sono contenute nell’efedra, pianta di origine cinese (Ma-huang). Nel 2003 l’esame autoptico sul cadavere del giocatore di baseball Steve Bechler dei Baltimore Orioles determinò che l’efedra ebbe un ruolo determinante nella sua morte. Dal 1993 al 1997 oltre 800 sono state le segnalazioni di reazioni avverse da efedra, incluse 36 morti. Un cenno particolare va posto, infine, sull’assunzione della cocaina, nota sostanza d’abuso derivata dalla pianta Erythroxylon coca e potente stimolante del SNC, che agisce inibendo il reuptake della dopamina a livello delle sinapsi. Provoca euforia, fiducia in se stessi, potenza sessuale, non fa sentire la fatica, mantiene svegli e aumenta l’attenzione. Può causare aritmie cardiache, infarto del miocardio, ipertensione o ipotensione, ansia, depressione, attacchi di panico, aggressività, irritabilità, psicosi tossiche, tremori, convulsioni, alterazione dei riflessi, mancata coordinazione motoria, paralisi muscolare, respirazione irregolare, dipendenza e morte Steroidi androgeni anabolizzanti
Come già evidenziato in precedenza, gli anabolizzanti sono sicuramente la classe di farmaci maggiormente utilizzata nel doping. Includono gli ormoni maschili endogeni (quale il testosterone, prodotto dalle cellule del Leydig sotto il controllo dell’asse ipotalamo-adenoipofisi) e i derivati esogeni (con struttura chimica simile al testosterone, quali nandrolone, danazolo, ecc.). Questi farmaci hanno effetti anabolizzanti (aumento della massa muscolare) attraverso regolazione genica e aumento della sintesi proteica del tessuto muscolare. Inibiscono anche la disgregazione proteica. Con i derivati esogeni si è cercato, senza successo, di massimizzare gli effetti anabolizzanti del testosterone minimizzando gli effetti androgenici. Molto utilizzati sono anche diversi precursori o derivati del testosterone quali il diidrotestosterone, l’androstenedione e il deidropiandrosterone 48
Aspetti farmacologici del doping
(DHEA). L’ultimo arrivato tra gli anabolizzanti è il tetraidrogestrinone (THG) potente steroide androgeno sviluppato dalla Bay Area Laboratory Co-Operative (BALCO) in modo tale da sfuggire ai controlli antidoping sulle urine.(15) Sicuramente efficaci nell’aumentare la forza muscolare (anche se alcuni, i deboli anabolizzanti, in maniera minima) quando associati all’allenamento o per meglio dire al superallenamento. (16) Tutti gli anabolizzanti hanno molteplici azioni su diversi distretti dell’organismo umano: • SNC: aumento della libido, del benessere generale e dell’aggressività • Ipotalamo/pituitaria: diminuzione dell’ormone che rilascia le gonadotropine (GnRH), dell’ormone luteinizzante (LH) e dell’ormone follicolo stimolante (FSH); aumento dell’ormone della crescita (GH) • Laringe: abbassamento della voce • Petto: aumento delle dimensioni • Fegato: diminuzione della globulina che lega l’ormone sessuale (SHBG), diminuzione delle lipoproteine ad alta densità (HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”, la cui diminuzione è un fattore di rischio aterogenico: infarto miocardico, vasculopatie cerebrali e periferiche) • Rene: aumento dell’eritropoietina • Genitali: aumento dello sviluppo, della spermatogenesi e dell’erezione • Prostata: aumento delle dimensioni • Cute: aumento crescita dei peli e della produzione di sebo • Ossa: aumento della densità ossea) • Muscolo: aumento della massa magra e della forza • Tessuto adiposo: aumento della lipolisi e diminuzione del grasso addominale • Sangue: aumento dell’ematocrito. Molte di queste azioni sono alla base delle numerose reazioni avverse causate dagli anabolizzanti, che vengono spesso utilizzati dagli atleti in associazione e a dosaggi 10-40 volte superiori a quelli terapeutici. Tra i diversi effetti avversi ricordiamo: infarto del miocardio, trombosi, edemi per ritenzione idrica, acne, nausea, vomito, sintomi da astinenza, ginecomastia, ridotta tolleranza al glucosio, danno epatocellulare, aumento dell’incidenza dei tumori epatici (in particolare con oxandrolone e stanozololo) e della prostata, turbe della sfera sessuale (atrofia dei testicoli, infertilità, amenorrea, comparsa di caratteri sessuali maschili nelle donne quali atrofia del seno e irsutismo), arresto della crescita nei bambini. Gli effetti psichiatrici comprendono aggressività, mania, debolezza emotiva, depressione e tendenza al suicidio durante l’astinenza; danno dipendenza psichica mentre controversa è la dipendenza fisica, an49
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che se viene descritta una sindrome d’astinenza con modello bifasico. (17) Infine bisogna ricordare, per il possibile effetto persuasivo sugli atleti utilizzatori che li spinge a sforzi e allenamenti eccessivi, che gli anabolizzanti aumentano il rischio di rottura del tendine. (18) Per mascherare gli effetti degli anabolizzanti alcuni atleti ricorrono anche ad altri farmaci, ad esempio al tamoxifene e al testolattone per contrastare la ginecomastia, alla tretinoina per l’acne, alle gonadotropine per l’atrofia testicolare, aggiungendo ai rischi degli anabolizzanti quelli degli altri farmaci. Ormone della crescita umano
L’ormone della crescita umano (hGH) viene utilizzato per i suoi effetti anabolizzanti e per la difficoltà a distinguerlo dall’ormone endogeno. Agendo sugli specifici recettori di membrana accoppiati alle tirosin-chinasi stimola la sintesi proteica e incrementa la massa magra, ha inoltre un’azione lipolitica riducendo la massa grassa. Stimola la produzione di IGF-1 (Insulin-like growth factor) che media molti degli effetti del hGH. Il suo effetto complessivo è di entità pari a quello degli steroidi anabolizzanti, anche se a breve termine può non aumentare la forza, tuttavia la sua efficacia nell’aumentare la performance sportiva è controversa. (19-21) Può causare edemi, artralgie, mialgie, miopatie, dolore all’articolazione mandibolare, gigantismo, acromegalia, ipotiroidismo, patologie cardiache, diabete mellito, impotenza e osteoporosi. L’uso concomitante con gli steroidi anabolizzanti aumenta il rischio di ipertrofia miocardica. (22) Per evidenziare quanto sia difficile l’attività di contrasto al doping si ricorda come l’Underground Steroid Handbook, pubblicato in California e letto da molti sportivi, conteneva le informazioni sul hGH prima ancora che se ne parlasse nella letteratura scientifica. L’uso del GH è iniziato con quello estrattivo ed ancora oggi esistono traffici al mercato nero di ipofisi umane. L’approvvigionamento di GH umano ricombinante (rhGH) deriva da furti, ricette false e vendita da parte di genitori di bambini affetti da deficit dell’ormone della crescita. Eritropoietina
L’eritropoietina (EPO), prodotta nell’organismo umano dal rene, stimola il midollo osseo a produrre globuli rossi (GR). Come è noto i globuli rossi trasportano l’ossigeno ai tessuti e negli sport di resistenza, ad esempio nel ciclismo, nella maratona e nello sci da fondo, le richieste di ossigeno sono molto elevate. In questo senso l’incremento dei globuli rossi può aumentare la performance. 50
Aspetti farmacologici del doping
L’EPO ha in parte rimpiazzato la tecnica dell’autotrasfusione (doping ematico) in quanto determina un maggiore aumento di GR. Effetti simili a quelli dell’EPO e del doping ematico si possono ottenere anche con gli allenamenti in altura e con le tende ipo-ossigenate. L’eritropoietina umana ricombinante (rhEPO) o di origine animale provoca la formazione di anticorpi ma non è facile mettere a punto test per l’individuazione degli specifici diversi anticorpi. L’EPO ha una vita breve nell’organismo (24 ore) mentre il suo effetto stimolante può durare fino a due settimane. Sebbene siano stati fatti dei progressi nei test antidoping, l’EPO è un ormone naturale e quindi i test sono difficili. Si utilizzano in genere misure indirette per l’EPO, quali la misura della densità dei GR (ematocrito). Recentemente i test antidoping sugli atleti sono stati perfezionati allo scopo di rilevare la presenza di indicatori di trasfusioni autologhe o l’uso di EPO. (23) Alcuni studi, cosi come recenti vicende giudiziarie italiane, hanno messo in luce la diffusione dell’eritropoietina (EPO) in alcuni sport, ad esempio sono stati analizzati i valori di emoglobina di sciatori di fondo, finlandesi e svedesi, dal 1987 al 1999. Mentre nei campionati del Mondo di sci nordico del 1989 i valori di Hb degli atleti erano più bassi di quelli della popolazione di riferimento, a partire dal 1994 fu osservato un incremento nei valori degli atleti (in particolare dei valori massimi) ulteriormente aumentati nel 1996. Gli autori ipotizzano un ruolo dell’EPO per spiegare i dati ottenuti. (24) In un altro studio è stato confrontato il profilo ematologico degli sciatori di fondo partecipanti (68% di tutti i partecipanti e 92% di quelli finiti nei primi 10 posti) ai Campionati del Mondo di Sci. Come valori di riferimento sono stati utilizzati quelli dei Campionati del Mondo di Sci Nordico del 1989. Tra gli sciatori arrivati nei primi 50 posti delle competizioni il 17% aveva profili ematologici altamente anormali, il 19% valori anormali e il 64% valori normali. Il 50% dei vincitori di medaglie e il 33% di quelli arrivati tra il IV e X posto avevano profili ematologici altamente anormali. In contrasto solo il 3% degli sciatori arrivati negli ultimi 10 posti (dal 41 al 50) aveva valori altamente anormali. (25) L’EPO determina un aumento della viscosità del sangue, con problemi di trombosi ed embolie particolarmente di notte, pertanto la sua assunzione, così come quella di soluzioni a base di emoglobina ed emulsioni a base di perfluorocarbonio, (26) non è esente da rischi. Può, infatti, provocare ipertensione arteriosa e aumento del rischio di malattie cardiovascolari quali infarto del miocardio e ictus cerebrale. Diuretici
I diuretici vengono utilizzati in alcuni sport quali wrestling, pugilato, judo, sollevamento pesi, ecc., perché consentono di rientrare nella categoria di peso prevista at51
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traverso la loro rapida azione di eliminare liquidi dall’organismo. L’impatto sulla performance è tuttavia complessivamente negativo. Siccome aumentano l’escrezione e la diluizione di sostanze illecite assunte i diuretici sono anche usati dagli atleti per l’effetto mascherante. Possono provocare disidratazione, ipotensione, crampi muscolari e squilibri elettrolitici che portano ad iperglicemia, ipopotassiemia, ipomagnesemia e iperuricemia. Altre sostanze
Ricordo che, oltre alle sostanze sopra descritte più in dettaglio, vengono utilizzate come doping: l’insulina, per la sua capacità di inibire il catabolismo delle cellule muscolari; i beta2-agonisti, ad esempio il clenbuterolo per le sue proprietà anabolizzanti (aumento massa magra); gli oppioidi (morfina, buprenorfina, eroina, metadone, ecc.) per gli effetti euforizzanti e per non sentire il dolore; i beta-bloccanti e l’alcool in alcuni sport (ad esempio tiro con l’arco, tiro a segno, biliardo) per diminuire il tremore e l’ansia; la gonadotropina corionica umana (hCG) per la sua capacità di stimolare la produzione di testosterone. L’assunzione di qualsiasi di queste sostanze comporta dei rischi per la salute, in particolare: l’insulina può provocare (nonostante gli atleti che l’utilizzano introducano generalmente liquidi contenenti zucchero) ipoglicemia, crisi convulsive, ritenzione idrica, danni epatici e neurologici; (27) gli oppioidi possono causare stipsi, depressione respiratoria, nausea e vomito, miosi, edema polmonare, debolezza muscolare, ritenzione urinaria, sonnolenza, dipendenza e morte, inoltre non facendo percepire il dolore possono aggravare un trauma esistente. DOPING GENETICO I progressi nell’ambito della genetica, con la definizione del genoma umano, aprono prospettive molto interessanti in ambito terapeutico. Ricordo che per terapia genica si intende il trasferimento di materiale genetico alle cellule somatiche umane allo scopo di prevenire o trattare patologie. Il materiale genetico modificato può essere trasferito attraverso tre diverse modalità: ex vivo (le cellule target vengono isolate dal soggetto, coltivate, modificate geneticamente in vitro e quindi reimpiantate nello stesso soggetto); in vivo topico (introdurre dei vettori contenenti materiale genetico in una specifica localizzata sede del corpo); in vivo sistemico (introdurre dei vettori contenenti materiale genetico nel sangue). I vettori utilizzati per il trasferimento possono essere virali (adenovirus, retrovirus, ecc.) o non virali (DNA nudo, liposomi, oligonucleotidi). 52
Aspetti farmacologici del doping
Il timore è che la manipolazione genetica e le tecniche di terapia genica vengano applicate per cercare di migliorare la performance sportiva. Segnali in questo senso sono già emersi e non a caso il doping genetico è già stato inserito nella lista WADA dei metodi proibiti. Un esempio di doping genetico è quello relativo al gene della miostatina. La miostatina è una proteina regolatrice della crescita muscolare, appartenente alla superfaniglia dei TGF-beta, ed è responsabile del differenziamento dei muscoli scheletrici Ha una funzione inibitoria della proliferazione delle cellule satelliti alle fibre muscolari. Mutazioni genetiche (es. ceppo bovino Belgium blue bull) provocano abnormi crescite dei muscoli. L’effetto di ipertrofia muscolare è stato osservato anche in esperimenti su topi privati del gene. Sono ipotizzabili due strade per cercare di migliorare la performance sportiva: modificare il gene che codifica la miostatina o somministrare inibitori della proteina. Tali inibitori sono già acquistabili e disponibili via internet. Altri possibili interventi di doping genetico sono ipotizzabili per i geni dell’IGF-1, del Mechano Growth Factor e del hGH. Non bisogna credere che la manipolazione genetica delle cellule somatiche sia una pratica esente da rischi. Possono esserci problemi legati alle tecniche utilizzate e alla clandestinità della procedura (malpratica, materiale contaminato da patogeni o allergeni, mancanza di follow.up), sono ipotizzabili effetti a breve termine, quali autoimmunità, iperimmunità e shock tossico, o a lungo termine, quali fibrosi, tumori, ecc. INTEGRATORI ALIMENTARI Un altro aspetto preoccupante legato al fenomeno doping, anche tra i più giovani, è il ricorso estremamente elevato agli integratori, al di là delle reali necessità nutritive (generalmente colmabili con una dieta appropriata all’attività fisica svolta). In commercio esistono diversi alimenti classificati dal Ministero della Salute come adattati ad un intenso sforzo muscolare: prodotti finalizzati all’integrazione energetica (ergogenici), prodotti con minerali destinati a reintegrare le perdite idrosaline, prodotti finalizzati all’integrazione di proteine, prodotti finalizzati all’integrazione di aminoacidi e derivati, altri prodotti con valenza nutrizionale adattati ad un intenso sforzo muscolare, combinazione dei suddetti prodotti. Mentre è indubbia l’importanza di reintegrare, attraverso l’assunzione di liquidi e sali minerali, le perdite idrosaline provocate dallo sforzo fisico, così come importante l’assunzione di carboidrati, molte perplessità sorgono rispetto all’assunzione di prodotti a base di proteine, aminoacidi e derivati. Tra le diverse sostanze contenute negli integratori alimentari utilizzati in 53
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ambito sportivo, la creatina merita un cenno particolare per la sua diffusione. Sebbene sintetizzata nel fegato, nel rene e nel pancreas e sia presente in alcuni cibi (carne e pesce) viene assunta sotto forma di integratore per aumentare la forza e migliorare le prestazioni negli sport ad alta intensità. L’azione della creatina è legata alla sua funzione, dopo conversione nell’organismo a fosfocreatina, di donare gruppi fosfato per sintetizzare ATP dall’ADP. Esistono diversi studi sugli effetti della creatina sulla performance sportiva. I risultati non sono tuttavia concordi, per alcuni Autori la creatina è efficace per altri non lo è. Ad ogni modo se efficace lo è solamente per scatti o per sforzi corti (dai 2 ai 30 secondi) di esercizi anaerobi e non per attività aerobica. (28) Ad ogni modo anche l’assunzione di quantità elevate di creatina non è esente da rischi, può infatti provocare ritenzione idrica, aumento di peso e aumentata incidenza di crampi muscolari. (29) Esistono anche alcune segnalazioni aneddotiche relative a problemi renali, dispnea e fibrillazione atriale. Un problema particolarmente grave legato agli integratori è il fatto che un numero non indifferente di essi contengono sostanze illecite, prime fra tutte gli anabolizzanti e i loro precursori, per non parlare della caffeina e dell’efedra. Una recente indagine commissionata dal CIO ha evidenziato come su 634 prodotti esaminati il 14,8% conteneva sostanze dopanti (il dato per l’Italia è risultato del 14,3%) ed un ulteriore 10% dei prodotti ha dato risultati incerti. (30) In conclusione si può affermare che molte persone spendono molti soldi e dedicano molta attenzione all’assunzione di integratori e supplementi alimentari la cui composizione, efficacia e sicurezza non sono sufficientemente controllati. Questo avviene a discapito di un’alimentazione corretta che è: sicuramente efficace nel migliorare la performance, sicuramente innocua e anzi positiva per la salute, sicuramente meno costosa Gli integratori danno un falso senso di sicurezza e possono incoraggiare abitudini alimentari scorrette (ricordiamo che nessuno studio ha dimostrato che migliorino le prestazioni sportive in presenza di un’alimentazione scorretta). Non esistono integratori che rendono più “robusti, forti o veloci” come per magia e in realtà possono rappresentare un primo passo verso il doping vero e proprio. CONCLUSIONI Sebbene oggi vi sia una sovraesposizione del problema doping presso i mass-media e nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia da tempo istituito commissioni ad hoc per studiare il fenomeno, redatto liste di farmaci e pratiche il cui uso è vietato agli atleti che partecipano a competizioni sportive sotto la sua egida, e che i controlli anti-doping siano sempre più diffusi e sofisticati, ciò non di meno 54
Aspetti farmacologici del doping
si osserva che un certo numero di atleti continua ad utilizzare farmaci in modo improprio per ottenere un beneficio sportivo illecito. Non si rendono conto o meglio fingono di non vedere il reale problema, cioè che la maggioranza delle sostanze e pratiche utilizzate come doping presenta così tanti e gravi effetti avversi che sovrastano i vantaggi illeciti offerti allo sportivo. Le tecniche attuali di allenamento, estremamente sofisticate, sono certamente sufficienti a permettere ad un atleta di esprimere al massimo le proprie capacità psicofisiche senza dover ricorrere al doping. Va infine sottolineato che il doping nello sport professionistico può indurre all’emulazione da parte degli atleti non professionisti, amatoriali e nei giovani, che aumentano il rischio per la loro salute con il doping “fai da te”.
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EDUCAZIONE ALIMENTARE E USO DEGLI INTEGRATORI NEI GIOVANI SPORTIVI
Claudio Maffeis, Marta Castellani Dipartimento Materno-Infantile e di Biologia Genetica - Sezione di Pediatria - Facoltà di Medicina e Chirurgia - Università di Verona
L’uso di integratori alimentari e di sostanze dopanti nei giovani sportivi è diventata una pratica diffusa, che non trova motivazioni scientificamente provate. La cultura del “vincere ad ogni costo” sta sostituendo una concezione di sport basata sulla socializzazione, il rispetto delle regole e la salute fisica. Il pediatria e tutte le persone che intervengono nell’educazione del bambino dovrebbero fornire messaggi chiari: l’allenamento è l’unico mezzo utile e scientificamente provato per migliorare la prestazione atletica del giovane sportivo. (1) Il livello di attività muscolare ottenibile è determinato dal proprio patrimonio genetico, dalle condizioni generali di salute, dall’allenamento e da sostanze ormonali e neuroendocrine coinvolte nella regolazione dell’attività metabolica. L’intensità di un esercizio fisico è limitata dall’accumulo dei prodotti della glicolisi anaerobica. Per migliorare le prestazioni fisiche sono così necessarie un maggior rifornimento di ossigeno ai tessuti e una più veloce utilizzazione dell’ossigeno da parte delle fibre muscolari. L’allenamento di potenza e di resistenza avvia processi d’adattamento nel muscolo scheletrico e nell’apparato cardiovascolare garantendo una migliore performance atletica. L’uso di steroidi anabolizzanti o di integratori alimentari come la creatina mira a potenziare o accelerare tali risultati. (2) Si definiscono integratori alimentari i prodotti a base di vitamine, minerali e altre sostanze di interesse nutrizionale e fisiologico. Sono collocabili nelle seguenti categorie: a. prodotti finalizzati ad una integrazione energetica b. prodotti con minerali destinati a reintegrare le perdite idrosaline causate dalla sudorazione conseguente alla attività muscolare svolta 59
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c. prodotti finalizzati all’integrazione di proteine d. prodotti finalizzati all’integrazione di aminoacidi e derivati e. altri prodotti con valenza nutrizionale, adattati ad un intenso sforzo muscolare f. combinazione dei suddetti prodotti Tali sostanze non possono essere considerate “dietetiche” in quanto non sono concepite per rispondere ad esigenze nutrizionali o a condizioni fisiologiche particolari. Il loro impiego ha lo scopo di ottimizzare gli apporti nutrizionali, fornire sostanze di interesse nutrizionale ad effetto protettivo o trofico e migliorare il metabolismo e le funzioni fisiologiche dell’organismo. (3) Secondo i dati forniti dall’associazione “Libera”, in Italia ogni anno vengono spesi 1.500.000.000 di euro in integratori alimentari. Una parte di questo commercio è illegale ed espone i consumatori ad elevati rischi sanitari, associati al mancato controllo del prodotto. (4) Da una recente ricerca condotta nella città di Roma è emerso che un numero elevato di ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 13 anni assume integratori (creatina e aminoacidi): in media circa il 7% degli intervistati (8% maschi e 6% femmine) con andamento crescente in base all’età (5% a 11 anni, 7% a 12 anni e 9% a 13 anni). (5) Al momento la conoscenza dei rischi, dei benefici e dei criteri di prescrizione degli integratori alimentari è frammentaria. In linea generale, l’uso di tali prodotti è sconsigliato in gravidanza ed in età pediatrica. Gli integratori non sono inclusi tra le sostanze dopanti ma dovrebbero essere prescritti dal medico esperto di nutrizione solo in casi ben selezionati in cui particolari situazioni metaboliche ne consiglino l’uso. Dose e durata del trattamento dovrebbero essere chiaramente prescritti così come dovrebbero essere effettuati controlli clinici periodici in caso di uso prolungato (> 6 settimane). L’American Academy of Pediatrics ne condanna severamente l’uso nei bambini e negli adolescenti. (6) PRODOTTI FINALIZZATI AD UN’INTEGRAZIONE ENERGETICA Sono a base di carboidrati a vario grado di polimerizzazione. Devono essere integrati con vitamine del gruppo B (B1-B2-B6-PP) e vitamina C ed, eventualmente, con altri nutrienti ad azione antiossidante. Il numero delle porzioni consigliate deve essere correlato alla durata della prestazione ed all’entità dello sforzo. Sono utilizzati allo scopo di integrare la deplezione di glicogeno muscolare durante allenamenti intensi e di lunga durata. Una dieta ad alto contenuto di carboidrati riduce ma non elimina i sintomi dell’affaticamento a breve e lungo termine (overeaching and overtraining), caratterizzato da astenia, tachicardia, variazione dell’umore e scadimento della per60
Educazione alimentare e uso degli integratori nei giovani sportivi
formance atletica. In ogni caso tali prodotti non dovrebbero essere necessari nella pratica sportiva dei bambini. (7) PRODOTTI CON MINERALI DESTINATI A REINTEGRARE LE PERDITE IDROSALINE CAUSATE DALLA SUDORAZIONE CONSEGUENTE ALL’ATTIVITÀ MUSCOLARE SVOLTA E VITAMINE Contengono elettroliti per reintegrare le perdite idrosaline causate dalla sudorazione conseguente all’attività muscolare svolta. Trovano un’indicazione solo per allenamenti estenuanti e di lunga durata o competizioni prolungate ed intense soprattutto ad alte temperature. Non dovrebbero perciò essere mai necessari nella pratica sportiva consigliata ai bambini. Preparati a base di vitamine e minerali sono anche assunti con l’intento di aumentare la forza o la massa muscolare, migliorare la capacità ossidativa, favorire la concentrazione mentale o reagire a situazioni di stress e stanchezza. La maggior parte degli atleti consuma una dieta bilanciata, che soddisfa i livelli raccomandati (RDA) di minerali e vitamine. Le persone a rischio di deficit sono i soggetti sottoposti a diete dimagranti o incongrue o affetti da disturbi digestivi o del comportamento alimentare. È quindi sufficiente seguire una dieta varia e bilanciata tanto più che il ruolo di vitamine e minerali nel migliorare la performance atletica non è ancora provato. Va ricordato che l’eccessivo consumo di queste sostanze può dare effetti collaterali. Ad esempio, l’eccesso di cromo, utilizzato come minerale ergogenico, può causare disturbi gastrointestinali, anemia, deficit cognitivi, danni cromosomici, nefriti interstiziali (8) mentre alte dosi di zinco, assunte per periodi prolungati, possono deprimere il sistema immunitario, ridurre i livelli di HDL e causare anemia ipocromica come conseguenza della carenza di rame. (9) Sono inoltre ben noti gli effetti tossici dovuti ad un eccessivo consumo di vitamine antiossidanti. Si conoscono i sintomi e i segni dell’intossicazione acuta e cronica da vitamina A, quest’ultima osservata in adulti normali che hanno assunto 50 000 UI al giorno di vitamina a per un periodo di molti mesi e nei ragazzi che hanno assunto 20 000 UI al giorno. Le manifestazioni osservate sono: cute secca, cheilosi, glossite, vomito, alopecia, dolore osseo, ipercalcemia, tumefazioni linfonodali, lipidemia, amenorrea e segni di psudotumor cerebri con aumento della pressione intracranica e papilledema. (10) Molti studi hanno dimostrato che l’assunzione di quantità di vitamine C e E relativamente superiori ai livelli raccomandati è nella maggior parte dei casi priva di rischi, tuttavia dosi di vitamina E eccedenti gli 800mg/die possono ridurre l’aggregazione piastrinica, interferire con il metabolismo della vitamina K e provocare nausea, flatulenza e diarrea. 61
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L’assunzione di una singola dose > 2 g di vitamina C può causare dolore addominale, diarrea e nausea; dosi > 3 g determinano l’aumento dell’alanina aminotransferasi ematica, della lattico deidrogenasi e dell’acido urico. (11) Esisterebbe anche un rischio non provato di sovraccarico di ferro nei pazienti che assumono cronicamente vitamina C e supplementi di ferro. (10) PRODOTTI FINALIZZATI ALL’INTEGRAZIONE DI PROTEINE Gli integratori proteici vengono spesso consigliati per assicurare il maggior fabbisogno proteico indotto dall’attività sportiva. Tuttavia è stato calcolato che il fabbisogno proteico negli atleti è di poco superiore a quello della popolazione generale sana (non supera mai i 2g/kg/die) e può essere garantito da una dieta adeguata. Negli adolescenti l’assunzione giornaliera di proteine non dovrebbe superare 1g/kg e la dieta comunemente consumata dai bambini raggiunge in media 1,4-1,7 g/kg/die. In base ai dati forniti dalla letteratura scientifica si può affermare che gli integratori proteici non migliorano le prestazioni fisiche e influenzano la massa e la forza muscolare in relazione al contenuto di carboidrati e di calorie della dieta. Pertanto una supplementazione in proteine, aminoacidi o derivati di aminoacidi (creatina) non è necessaria ed è controindicata in caso di patologia renale ed epatica, in gravidanza e al di sotto dei 12 anni (e sconsigliata sotto i 18 anni). (12) PRODOTTI FINALIZZATI ALL’INTEGRAZIONE DI AMINOACIDI E DERIVATI Studi recenti hanno evidenziato che gli atleti possono perdere alcuni amino acidi durante l’esercizio fisico, tuttavia non è stato dimostrato che l’integrazione di tali sostanze nella dieta migliori le prestazioni fisiche. Gli aminoacidi più comunemente utilizzati sono: 1) amino acidi ramificati (leucina, isoleucina e valina); 2) amino acidi essenziali e non (L-triptofano, lisina, arginina, glutamina, glicina, aspartato); 3) derivati di amino acidi (HMB e carnitina). L’assunzione di questi composti può provocare effetti collaterali, quali disturbi gastrointestinali (diarrea ad alte dosi), alterazioni metaboliche (alcuni aminoacidi come l’arginina stimolano l’increzione di insulina e GH) ed effetti tossici associati ai metodi di preparazione. (8) A tal riguardo si ricorda l’associazione, riscontrata negli anni ’80, tra supplementazione con L-triptofano e insorgenza di una sindrome connettivale (EMS o eosinophilia-myalgia sindrome). Vennero registrati 1576 casi di EMS e 27 decessi. La causa fu attribuita ad impurità presenti nella composizione del prodotto. (13) La creatina è l’integratore alimentare più utilizzato. È un derivato aminoacidico con 62
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funzione di riserva di fosfati energetici a livello muscolare. È contenuta nelle carni, nel pesce, nel latte. Una dieta varia consente un apporto pari a 1-2 g/die di creatina. Viene inoltre regolarmente sintetizzata a partire dagli aminoacidi glicina e arginina nel rene, nel fegato e nel pancreas. Viene immagazzinata per il 95% nel muscolo ed utilizzata come substrato per la contrazione muscolare. Lo scopo della supplementazione è di aumentare i livelli di fosfocreatina e di creatina libera nel muscolo per ritardare l’affaticamento, con potenziali effetti ergogenici. La fosfocreatina mantiene elevati i livelli di ATP, agisce come un tampone per i protoni e può promuovere una riduzione della glicolisi, i cui metaboliti sono i fattori determinanti l’affaticamento muscolare. Alcuni preparatori atletici la consigliano anche per aumentare la massa o la forza muscolare. La letteratura indica che l’assunzione di creatina favorisce il lavoro muscolare nell’esecuzione di esercizi brevi e ripetitivi (5-15% di miglioramento negli esercizi di durata < 30 secondi, ripetitivi/intermittenti, ad elevata intensità), mentre non migliora le performance di resistenza e di potenza (a questo riguardo i dati non sono concordi). L’aumento di peso registrato con l’uso di creatina è principalmente dovuto alla ritenzione di liquidi e non all’aumento di massa muscolare. Sono stati segnalati effetti avversi, quali crampi muscolari, grastalgie, disfunzioni renali reversibili dopo la sospensione. In ogni caso non sono disponibili studi sui potenziali effetti nocivi negli adolescenti e negli adolescenti o adulti esposti a supplementazioni prolungate ( > 1 anno). (14; 8) SOMMARIO E CONCLUSIONI Tra i giovani sportivi l’uso di integratori alimentari, allo scopo di migliorare le prestazioni atletiche, è assai diffuso. Tale pratica interessa sia i ragazzi che praticano sport a livello amatoriale sia quelli che intraprendono la carriera agonistica. L’educazione alimentare dei giovani atleti spetta al pediatra, che deve saper fornire corrette indicazioni nutrizionali rispondendo adeguatamente alle crescenti domande di supplementazione dietetica. La conoscenza dei benefici e dei limiti di un’integrazione alimentare è frammentaria, al momento però non c’è alcuna evidenza scientifica, che ne dimostri la necessità nella pratica sportiva della popolazione sana. È dovere del medico ricordare che, come per ogni sostanza, l’assunzione eccessiva di integratori alimentari può provocare effetti nocivi, al momento non sempre ben conosciuti. Pertanto, qualsiasi somministrazione di integratori alimentari al fine di ottenere un miglioramento della prestazione va proscritta. L’allenamento è l’unico mezzo utile e scientificamente provato per migliorare il rendimento atletico. La supplementazione dietetica dovrebbe essere sempre prescritta dal medico (dosi, durata 63
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del trattamento, controlli clinici periodici) e solo in casi ben selezionati, in cui particolari situazioni metaboliche ne consiglino l’uso. BIBLIOGRAFIA 1. Booth FW, Thomason DB: Molecular and cellular adaptation of muscle in response to exercise: perspectives of various model. Physiol Rev 1991;71:541. 2. Fitts RH: Cellular mechanism of muscle fatigue. Physiol Rev 1994;74:49. 3. Linee guida sugli alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi Circolare n. 8 del 7 giugno 1999 Ministero della Sanità. 4. Ritsch M, Musshoff F: Dangers and risks of black market anabolic steroid abuse in sports-gas chromatography-mass spectrometry analyses. Sportverletz Sportschaden 2000;14(1):1-11. 5. Giampietro M, Pesce C: Campagna di sensibilizzazione e informazione sul problema del Doping del Provveditorato agli Studi di Roma e del Comune di Roma. Gennaio 2001. 6. AAP: Use of performance-Enhancing Substances. Committee on sports medecine and fitness. Pediatrics 2005;115:1103-1106. 7. Halson SL, Lancaster GI, Achten J, Gleeson M, Jeukendrup AE: Effects of carbohydrate supplementation on performance and carbohydrate oxidation after intensified cycling training. J Appl Physiol 2004;97:1245-1253. 8. Donald E, Greydanus MD, Dilip R, Patel MD: Sports doping in the adolescent atlete The hope, hype, and hyperbole. Pediatr Clin N Am 2002;49:829-855. 9. Fraga CG: Relevance, essentiality and toxicity of trace elements in human health. Molecular Aspects of Medicine 2005;26:235-244. 10. Hathcock JN et al.: Vitamins E and C are safe across a broad range of intake. Am J clin Nutr 2005;81:736-745. 11. Russel RM: Carenza ed eccesso di vitamine e minerali traccia. In: Harrison’s principles of internal medicine. Nebulone D edds Mc Graw Hill Publ, Milano, 2002; pp 544-554. 12. Calderone G: Farmaci ed integratori nella pratica sportiva: uso ed abuso. Il punto di vista del nutrizionista. Minerva pediatr 2001; 53:403-7. 13. CDC. Update. Eosinophilia-myalgia sindrome associated with ingestion of Ltryptophan-United States, through augusto 24, 1990. Analysis of L-tryptophan for etiology of esoniophilia-myalgia syndrome. MMWR 1990;39:587-591. 14. Metzl JD, Small E, Levine SR, Gershel LJ: Creatine use among young athletes. Pediatrics 2001;108:421-425. 64
ALIMENTAZIONE E PERFORMANCE IN GIOVANI SPORTIVI
Silvia Pogliaghi Facoltà di Scienze Motorie - Università degli Studi di Verona
Quello che un atleta mangia e beve influenza la sua salute, il peso e la composizione corporea, la disponibilità di substrati energetici durante lo sforzo, la velocità di recupero dopo esercizio e, come conseguenza, la performance atletica. Il cibo che consumiamo deve in primo luogo assicurare un apporto di energia (calorie o kcalorie, kcal) sufficiente a coprire il fabbisogno energetico 1; in secondo luogo
1 L’organismo umano, per vivere e funzionare, ha bisogno di energia che viene tratta dalla scissione chimica degli alimenti assunti. La quantità di energia consumata tutti i giorni viene detta dispendio calorico quotidiano o fabbisogno energetico. A questo contribuiscono essenzialmente due voci: metabolismo basale e attività fisica. Si chiama metabolismo basale la spesa energetica minima per mantenere le funzioni vitali di un organismo in completo riposo. Questa voce del bilancio energetico non è modificabile volontariamente, ma dipende dall’età, dal genere, dalla massa corporea. In una persona sedentaria, corrisponde circa al 60-75% del dispendio calorico quotidiano ed è più elevato nelle persone giovani rispetto alle anziane, negli uomini rispetto alle donne, in una persona alta e pesante rispetto ad una bassa e magra. A titolo di esempio, in una donna di 16 anni, alta 170 cm e con un peso di 60 Kg il metabolismo basale è pari a circa 1700 Kcal. A questa spesa energetica di base, si aggiunge la spesa per l’attività fisica svolta. Tale spesa energetica è per sua natura variabile (tra il 15 ed il 30% del dispendio calorico quotidiano in un sedentario) e dipende prima di tutto dal tipo dell’attività e dal peso corporeo della persona, come risulta dagli esempi in tabella, per la giovane donna di 60 Kg: Persone più pesanti consumano più energia di persone più leggere per svolgere lo stesso esercizio. Attività Tempo Spesa energetica Attività Tempo Spesa energetica cammino 1 ora 290 Kcal lavori di casa 1 ora 220 Kcal corsa lenta 1 ora 820 Kcal bici 1 ora 500 Kcal nuoto 1 ora 500 Kcal giardinaggio 1 ora 330 Kcal La spesa energetica di un esercizio viene espressa per unità di tempo (in Kcal per minuto o per ora), quindi il costo globale dipende dalla durata dell’esercizio in questione. Inoltre, la spesa energetica dipende dall’intensità dello sforzo ed è tanto maggiore quanto più “faticoso” è l’esercizio fisico. Una persona ingrassa quando l’introduzione di calorie è superiore alla spesa energetica. Al contrario, per dimagrire, è necessario consumare di più di quello che si assume con gli alimenti.
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deve garantire il fabbisogno nutrizionale 2 dell’organismo. Adeguatezza energetica e nutrizionale sono essenziali per conservare e migliorare il benessere psico-fisico (la salute comunemente intesa), a sua volta indispensabile per una performance ottimale in qualsiasi disciplina sportiva. L’alimentazione delle persone che praticano sport presenta alcune particolarità, ma non differisce sostanzialmente dallo schema raccomandato per la popolazione generale. Come per i sedentari, vengono raccomandati: 1. la copertura del fabbisogno energetico, evitando drastiche variazioni di peso 2. la suddivisione degli alimenti in 3 pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini (a metà mattina ed a merenda) 3. l’assunzione prevalente di carboidrati 3 (devono rappresentare il 60% delle calorie totali) 4. un adeguato apporto di proteine 4, in ragione di almeno 1.2 g per Kg di peso corporeo al giorno, corrispondente a circa il 10-15% delle calorie totali
2 Fabbisogno di una serie di sostanze, dette nutrienti, che rappresentano i “mattoni” necessari a sostenere la crescita e successivamente a mantenere l’integrità strutturale e funzionale dell’organismo. I nutrienti sono suddivisi in 6 classi: 1) GLUCIDI o zuccheri o carboidrati, 2) LIPIDI o grassi e 3) PROTIDI o proteine, detti macronutrienti; 4) SALI MINERALI e 5) VITAMINE detti micronutrienti; 6) ACQUA. 3 Carboidrati i glucidi. Si distinguono in: semplici, presenti in bevande zuccherate, frutta, dolci, subito assorbiti e pronti da bruciare; complessi o polisaccaridi (amidi), contenuti in farina, patate, pasta, riso ad utilizzo più lento. La funzione degli zuccheri è essenzialmente quella di fornire energia (4 Kcal per grammo). Se non vengono mangiati zuccheri, l’organismo produce energia consumando le proteine dei muscoli e il funzionamento di alcuni organi, come il cervello viene compromesso. L’apporto raccomandato è attorno al 60% delle calorie totali, per l’80% rappresentato da zuccheri complessi, e per il 20% da zuccheri semplici. La carenza di zuccheri causa stanchezza e consumo di proteine organiche (atrofia dei muscoli, difficile riparazione dei danni muscolari). L’eccesso favorisce il diabete e l’accumulo di grasso. 4 Protidi o proteine. Sono contenuti in cibi di derivazione animale (carne, pesce, uova) e vegetale (legumi, cereali). Assolvono ad una funzione prevalentemente plastica (costruzione e riparazione dell’organismo). Solo in caso di mancanza di altri nutrienti (digiuno prolungato), vengono utilizzate per produrre energia (circa 4 Kcal/g). Sono costituite da aminoacidi, alcuni dei quali, detti aminoacidi essenziali, non potendo essere sintetizzati dall’organismo, devono essere introdotti con la dieta. Le proteine vengono definite ad alto o basso valore biologico in base alla ricchezza in aminoacidi essenziali (le proteine che contengono tutti gli aminoacidi essenziali come quelle dell’uovo hanno valore 100. Altri esempi: pesce e carne=70; latte=60; riso=57; legumi=34). L’apporto raccomandato è pari a 1-1.2g per Kg di peso corporeo/die, pari a ~10-15% delle calorie totali. La carenza causa deficit di crescita, atrofia muscolare, ritardo nella riparazione dei tessuti, affaticabilità. L’eccesso è inutile e dannoso in quanto sovraccarica i reni di scorie azotate.
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5. un adeguato apporto di grassi 5 (devono rappresentare il 25-30% delle calorie totali) 6. un apporto di fibre 6 pari a 30g al giorno 7. un apporto di colesterolo 7 non superiore a 100 mg per 1000 Kcal consumate 8. un adeguato apporto di vitamine 8
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Lipidi o grassi. Si distinguono in: lipidi di origine animale o saturi: contenuti in burro, panna, latticini, tuorlo d’uovo, lardo, grasso della carne; lipidi di origine vegetale o insaturi: contenuti nell’olio d’oliva o di semi, nella margarina, nelle noci, ecc. Hanno una funzione prevalentemente energetica (9 Kcal per grammo), come combustibile pronto e di riserva (tessuto adiposo), ma sono anche costituenti cellulari essenziali (funzione plastica). Inoltre, il grasso sottocutaneo e viscerale assolve a compiti di isolamento termico e meccanico. Da ultimo, attraverso i grassi si assumono alcune vitamine essenziali. L’apporto raccomandato è pari al 30% calorie totali (per il 70% rappresentato da grassi vegetali e per il 30% da grassi animali). L’eccesso favorisce sovrappeso, iperlipidemia, mentre la carenza può causare magrezza, carenza di vitamine e riduzione delle difese immunitarie. 6
Le fibre sono un tipo particolare di zuccheri complessi, non digeribili e pertanto prive di valore energetico. Sono contenute in foglie, radici, semi, bucce. Sono importanti in quanto stimolano il movimento intestinale, diminuiscono il rischio di tumore intestinale e diabete e riducono il colesterolo. L’apporto raccomandato è di 30 grammi al giorno. In tabella, il contenuto in fibre di alcuni alimenti. alimento quantità fibre (g) alimento quantità fibre (g) piselli mezza tazza 5.2 fragole 1 tazza 2.5 mela 1 piccola 3.9 banana 1 piccola 1.3 patata 1 piccola 3.8 spaghetti 1 piatto 2.0 broccoli 1 piatto 5.0 riso 1 piatto 1.0 La carenza favorisce la stitichezza, mentre l’eccesso è molto difficile e può causare flatulenza, occlusione intestinale, malassorbimento. 7 Il colesterolo è un tipo particolare di grasso animale, contenuto in tuorlo d’uovo, fegato, crostacei, carni e formaggi. Ha funzione plastica ed è indispensabile per la sintesi di alcuni ormoni. L’apporto raccomandato è di 100mg per ogni 1000 Kcal per giorno, quindi 200 mg per una persona con un fabbisogno energetico di 2000 Kcal al giorno. Alcuni esempi di contenuto medio di colesterolo per porzione in diversi cibi: manzo=73mg; pesce=43mg; latte intero=33mg; 1 uovo=275mg). L’eccesso sembra favorire un aumento del colesterolo nel sangue, e quindi un maggiore rischio di arteriosclerosi. La carenza viene in genere compensata da un aumento della sintesi endogena, ma può comportare una riduzione delle difese immunitarie. 8
Vitamine. Sono sostanze organiche presenti in tracce negli alimenti, prive di valore energetico ed indispensabili al funzionamento dell’organismo. Si distinguono in: Idrosolubili contenute in frutta, verdura e carni Liposolubili in carne, pesce, latte e grassi in genere vit del gruppo B (B1, B2, B6, B12) vit. A niancina vit. D ac. pantotenico vit. E biotina vit. K ac. folico vit. C Un’alimentazione variata ne garantisce l’apporto sufficiente. Integratori si rendono necessari solo in caso di alcune malattie intestinali, malattie del fegato, diete drastiche, soggetti vegetariani. Carenza di vitamine è causa di molte malattie come il rachitismo, lo scorbuto, la pellagra. Eccesso: possibile per abuso di integratori di vitamine liposolubili e può causare malattie gravi.
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9. un adeguato apporto di sali minerali 9 10. un’idratazione ottimale 10 Nell’atleta il bilancio energetico e l’idratazione sono fattori di primaria importanza che possono comportare qualche maggiore difficoltà di gestione rispetto alla popolazione generale e che pertanto richiedono una speciale cura. Per il resto, le particolarità dell’alimentazione dell’atleta rispetto al sedentario sono poche: – un maggiore fabbisogno di zuccheri semplici – un maggiore fabbisogno di proteine, con differenze in base allo sport praticato – qualche accorgimento nella tempistica di pasti in rapporto allo sport Per quanto concerne i micronutrienti (vitamine e sali minerali), si ritiene che i praticanti sport abbiano necessità superiori ai sedentari, anche se questo maggiore fabbisogno non è stato precisamente quantificato. Detto questo, si ritiene che l’aumentato apporto di cibo, a copertura delle maggiori necessità energetiche, sia sufficiente a coprire il fabbisogno di micronutrienti senza bisogno di integrazioni farmacologiche. Alcuni distinguo riguardano sali minerali, in particolare calcio, ferro e zinco, per i quali un adeguato apporto con la dieta può essere complicato per gli atleti ancor più che per i sedentari. Particolarmente a rischio di carenza per questi micronutrienti sono le atlete donne, per le quali un’integrazione farmacologica può essere ragionevole in caso di carenza documentata ma anche o a scopo preventivo. Per quanto concerne le vitamine, mentre è noto che una riduzione dell’apporto de-
9 Sali minerali. Sono sostanze inorganiche presenti in tracce negli alimenti, prive di valore energetico, ma indispensabili per la costruzione (ossa, globuli rossi) ed il funzionamento (contrazione muscolare, trasmissione degli impulsi nervosi) dell’organismo. Alcuni dei sali minerali principali: • sodio (sale da cucina, dado) • potassio (frutta e verdura, carni) • calcio (latticini, carni, acqua) • ferro (fegato, carni rosse ed in piccola quantità verdure) • zinco (carne, formaggi, noci) • selenio (pesce, frattaglie, carne) • rame (noci, formaggi, carne, pesce) Il fabbisogno è coperto dall’alimentazione abituale. Sono possibili carenze, soprattutto di calcio e ferro, il cui fabbisogno è elevato e relativamente difficile da coprire con i normali cibi (esempio di fabbisogno quotidiano in una giovane donna: calcio 120mg; ferro 15mg). Più soggetti a carenze sono i bambini, donne incinte, atleti ed anziani o soggetti che facciano diete particolarmente drastiche. 10 L’acqua è un alimento fondamentale, privo di valore energetico, ma essenziale per: trasporto e diluizione di tutte le sostanze, controllo della temperatura del corpo, eliminazione delle scorie, lubrificazione delle cavità corporee (articolazioni, pleure e visceri) e mantenimento del volume del sangue e della pressione arteriosa.
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termina un deterioramento della prestazione fisica oltre che della salute, non è dimostrato che un sovradosaggio comporti un miglioramento. Come si diceva, una dieta normale, adeguata dal punto di vista energetico, è perfettamente in grado di fornire le vitamine nella quantità necessaria all’atleta. Una possibile eccezione sono gli atleti vegetariani, che possono sviluppare carenze delle vitamine del gruppo B, oltre che di ferro, e atleti che operino importanti restrizioni caloriche per perdere peso. Bilancio energetico. È ben noto che il peso e la composizione corporea possono pesantemente influenzare la performance sportiva e che esistono caratteristiche fisiche ottimali per i diversi sport (basti pensare a maratoneta vs lanciatore di peso). Peso e composizione corporea sono principalmente determinati dal bilancio energetico, che deve quindi essere particolarmente curato. L’attività fisica comporta un aumento del dispendio energetico in rapporto al tipo dell’attività svolta, alla sua intensità ed alla durata dello sforzo1. Facciamo degli esempi per una persona di circa 60 Kg: uno sport di squadra (calcio, basket, pallavolo), con tre allenamenti alla settimana di 1 ora, comporta un aumento di fabbisogno energetico di circa 1500Kcal a settimana, pari a circa 400-500Kcal nelle giornate di allenamento. Questo fabbisogno va sommato al fabbisogno calorico quotidiano 1 e 400-500Kcal equivalgono a: 1 yogurt + 1 tazza di latte + 1 banana oppure 1 piatto di pasta col pomodoro. Maggiore aggravio energetico comportano invece sport individuali come corsa, bicicletta, nuoto, sci di fondo, per i quali ogni ora di attività comporta una spesa dalle 1000 alle 1500 Kcal. Il bilancio energetico settimanale dipenderà dalla durata e dalla frequenza degli allenamenti e potrebbe essere più complicato da mantenere, in ragione delle grandi quantità di cibo necessarie. Inoltre, le restrizioni temporali che derivano dal mantenere un impegno sportivo oneroso insieme a spostamenti, impegni scolastici/lavorativi, ecc., possono ulteriormente complicare il quadro. In questi atleti il rischio è di una cronica carenza energetica, che pregiudica la performance. Per evitare questo, le scelte alimentari devono cadere su cibi ad elevata densità calorica (cibi “ricchi”, con un buon contenuto di grassi). Gli esempi che ho fatto riguardano sportivi che svolgono attività intensa, a livello agonistico e che sono impegnati con continuità per molte ore alla settimana. Al contrario, ci sono situazioni nelle quali il fabbisogno energetico dell’attività fisica viene inopportunamente sopravvalutato, con una conseguente tendenza a mangiare troppo. A titolo di esempio, un’ora di ginnastica (sala fitness o pesi) comporta un dispendio energetico di circa 200 Kcal (l’equivalente di uno yogurt ed un frutto) e quindi non necessita di “abbuffate” compensatorie. Idratazione. Un altro aspetto importante dell’alimentazione degli atleti è l’assunzione 69
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di acqua perché la disidratazione compromette la performance sportiva ed è pericolosa per la salute. Una disidratazione che comporti una diminuzioni del peso corporeo anche solo dell’1% comporta uno scadimento della prestazione fisica del 10% e inoltre facilita la comparsa di crampi muscolari. Le possibili conseguenze della disidratazione sulla salute sono gravi e vanno dall’ipetermia (debolezza, stordimento, emicrania, polso rapido, intolleranza ortostatica) al colpo di calore (cute secca e calda, elevata temperatura corporea, grave emergenza e pericolo per la vita). L’apporto idrico deve compensare le perdite di liquidi 11, che sono legate alle condizioni climatiche, alla durata e all’impegno della prestazione atletica, nonché alle condizioni fisiche e allo stato di nutrizione ed idratazione dello sportivo. L’assunzione di acqua deve essere abbondante, non limitato al momento dei pasti principali, ma distribuito in tutto l’arco della giornata. Inoltre, è assolutamente scorretta la pratica di non bere durante l’attività fisica, soprattutto se accaldati o in condizioni ambientali estreme (alta temperatura, altitudine). Quando bere? Prima e durante e dopo l’attività fisica. In particolare, si raccomanda il seguente schema di idratazione: nelle due ore prima dell’attività bere 400-600ml di acqua. Poi, durante attività, 150-350ml ogni 15-20 minuti, secondo tolleranza individuale. Bisognerebbe idealmente terminare l’attività fisica senza avere alcun senso di sete. Comunque, per una perfetta reidratazione è necessario non affidarsi al solo senso della sete (questo consentirebbe il recupero dei liquidi perduti in un tempo lungo, 24-48 ore). Si raccomanda, nelle due ore dopo lo sforzo, di bere volontariamente un quantitativo di acqua pari al peso perduto durante esercizio (pesarsi prima e dopo, senza vestiti, e bere tanti litri quanti Kg sono stati persi). Che cosa bere? Liquidi a temperatura fredda (5°C) perché questo favorisce un rapido svuotamento dello stomaco e quindi la capacità di assorbire liquido da parte dell’organismo. Come già detto, bere durante l’attività assolve il principale compito di apportare i liquidi persi con la sudorazione ed il respiro. Inoltre, le bevande consumate
11 Le perdite di acqua dell’organismo avviene con le feci, l’urina, il sudore e anche attraverso la respirazione per un totale di circa 2.5 litri al giorno in condizioni di riposo in ambiente confortevole. In caso di esercizio fisico in clima molto caldo, la sudorazione aumenta moltissimo e la perdita idrica può superare i 2 litri all’ora. Inoltre, altri fattori che possono favorire la disidratazione sono: diarrea, vomito, esercizio fisico prolungato, pasti iperproteici. Perché l’organismo si mantenga in salute, l’acqua persa deve essere bilanciata da quella assunta con i cibi. Quindi, anche in condizioni ambientali normali, bisogna bere circa 2 litri di acqua in un giorno. Affidarsi al senso di sete per decidere se bere o no è un errore perché si comincia ad avere sete solo quando l’organismo ha già perso più del 2-5% dell’acqua. L’eccesso di assunzione di acqua è praticamente impossibile mentre la carenza può comportare crampi muscolari, colpi di calore, cali di pressione arteriosa, svenimenti, stitichezza, calcoli urinari. Quindi bere molto sempre, ma soprattutto quando fa caldo.
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durante lo sforzo possono fornire energia necessaria alla contrazione muscolare prolungata in modo da non andare in riserva energetica. È necessario idratarsi con un liquido energetico durante lo sport se lo sforzo è intenso e la sua durata è superiore ai 45 minuti. Per esercizi leggeri o durate inferiori è sufficiente la sola acqua. Quando serva un liquido energetico, questo deve avere una composizione che tenga conto sia delle necessità energetiche dell’organismo in attività che della massima velocità di assorbimento dell’apparato gastrointestinale 12. Quello che si fornisce in più “resta sullo stomaco” e crea disturbi fastidiosi. Tenendo conto di questi fattori, si raccomanda di consumare un liquido zuccherato con glucosio o fruttosio, con una concentrazione del 4-8% (si può preparare anche a casa mettendo 40-80g di zucchero in un litro di acqua). In condizioni di sudorazione profusa (oltre 2 litri/ora), per esercizi intensi, di durata prolungata (oltre le 3-4 ore) o quando fa caldo, è assolutamente necessario reintegrare, oltre alle perdite di acqua, anche quelle di sali, soprattutto di sodio. Questo può essere fatto aggiungendo 0.5-0.7g di sale da cucina per ogni litro di liquido. Questa aggiunta, anche se non strettamente necessaria, è utile anche per esercizi meno gravosi (durata comunque superiore ad 1 ora), in quanto rende il liquido più gradevole al palato e quindi fa bere di più. Per esercizi eseguiti al freddo (o durante l’inverno), è meno importante che sia fornita un’adeguata quantità di acqua, quindi il liquido può essere più concentrato, anche per evitare di aver bisogno di fare pipì. La concentrazione può essere fino a 150g/L, in questo caso è più opportuno utilizzare maltodestrine o zuccheri complessi per ridurre l’osmolarità ed evitare possibili problemi intestinali. In questo caso è sufficiente bere 300-500ml /h. Ci sono attività nel corso delle quali non è possibile bere, come nel caso del calcio. In questo caso si consiglia di bere prima 400-600ml e 300-500ml tra un tempo e l’altro. Al caldo la concentrazione dovrebbe essere al di sotto di 40-80g/L, al freddo possono bastare 200-300ml di un liquido più concentrato.
12 L’utilizzo di zucchero alimentare da parte dell’organismo durante attività fisica è di 0.5-1.1g/min. La quantità di zucchero che riesco a fornire all’organismo dipende dalla concentrazione del liquido e dalla velocità di svuotamento dello stomaco (massimo 1l/ora) e da quanto riesco a bere (massimo 400-800ml/ora). Tuttavia, liquidi troppo concentrati tendono a richiamare acqua dall’organismo nell’intestino e a favorire la disidratazione e la diarrea. La concentazione ottimale, quando è richiesta anche idratazione è di circa 4-8% (le comuni bevande, succo, coca cola hanno una concentrazione del 6%). Tutti gli zuccheri sono assorbiti egualmente bene, il meglio sembra essere una miscela di glucosio e fruttosio.
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DOPING
Fabbisogno di zuccheri. Lo zucchero semplice glucosio è il principale combustibile utilizzato durante esercizio fisico intenso. La durata dello sforzo è condizionata dal contenuto intramuscolare di glucosio. Per una performance ottimale, gli atleti hanno bisogno di un apporto quotidiano di carboidrati pari ad almeno 4-5g per Kg di peso. Questo apporto potrebbe non essere garantito dall’indicazione generale, valida per i sedentari, di assumere il 60% di calorie sotto forma di carboidrati. Per esempio, per una persona di 60 Kg, che segua la regola generale del 60% di calorie da carboidrati, il fabbisogno minimo di carboidrati viene coperto solo se la dieta ha un apporto calorico di almeno 2000 Kcal. Quindi, per gli atleti, è opportuno costruire la dieta ragionando sul fabbisogno di carboidrati (in grammi) piuttosto che sulle percentuali. Se necessario, si compenserà, con un minore apporto di grassi per non incorrere in eccesso calorico (come spiegato meglio nelle indicazioni finali di questo scritto). Inoltre, se per i soggetti sedentari si raccomanda di non eccedere il consumo di zuccheri semplici (dovrebbero rappresentare il 10% del totale), il loro apporto consigliato negli atleti è in genere un poco superiore (il 20% dei carboidrati totali). Fabbisogno di proteine. Il fabbisogno di proteine degli atleti è riconosciuto superiore a quello dei sedentari e dipende principalmente dalla tipologia di sport praticato (aerobico vs sport di potenza). Inoltre, il fabbisogno di proteine può dipendere dalla fase dell’allenamento e dall’adeguatezza dell’apporto energetico della dieta. Per atleti che praticano sport aerobici, di resistenza, il fabbisogno di proteine è calcolato attorno a 1.2g per Kg di peso corporeo e può aumentare a 1.5g per Kg in condizioni di allenamento particolarmente strenuo. Per un atleta di potenza, in condizioni di allenamento standard, in bilancio calorico positivo, il fabbisogno non supera 1.3g/kg di peso. Se si intraprende un allenamento finalizzato all’aumento della massa muscolare, il fabbisogno sale a 1.5 g/kg e può salire ulteriormente a 1.8-2 g/kg/die in regime ipocalorico, finalizzato alla contemporanea perdita di peso. Tempistica di pasti. È valida per gli atleti, come per la popolazione generale l’indicazione dei 5 pasti al giorno (colazione, pranzo, cena e due spuntini). Questa suddivisione è da preferirsi in quanto evita di sovraccaricare l’apparato digerente con pasti troppo abbondanti e nello stesso tempo fornisce all’organismo un adeguato apporto di energia nel corso delle prestazioni sportive e di tutta la giornata. I singoli pasti devono essere adattati, in senso qualitativo e quantitativo, agli impegni della giornata. La presenza di una o più sedute di allenamento o di gare impone all’atleta l’osservanza di alcune semplici, ma fondamentali, regole: – pranzo o cena (pasti completi) devono essere consumati almeno tre ore prima dell’inizio della pratica sportiva. Questo intervallo di tempo può ridursi a due ore se sono favoriti i cibi ricchi di glucidi complessi (pane, pasta, verdure, frutta, torte). 72
Alimentazione e performance in giovani sportivi
– Quando si debbano affrontare sforzi di lunga durata, o nel caso si lavori dopo più di 3 ore dal pasto sono indicati piccoli pasti prima dell’attività fisica. Il digiuno prolungato infatti peggiora la performance. Il pasto pre esercizio, oltre a fornire un’adeguata idratazione (di cui abbiamo già parlato), ha la principale funzione di fornire energia durante il prolungarsi dello sforzo. L’apporto energetico del pasto pre-esercizio dovrebbe essere di 200-300 Kcal, (dal 10 al 20% delle calorie totali). Relativamente alla composizione in nutrienti, deve avere un basso contenuto di fibre e di grassi, per facilitare lo svuotamento dello stomaco. Inoltre, deve avere un alto contenuto di carboidrati (fonte di energia) e garantire un apporto moderato di proteine (attenuazione del danno muscolare da sforzo). Relativamente all’apporto di carboidrati, per questo pasto vanno preferiti cibi a basso indice glicemico 13. Cibi ad elevato indice glicemico assunti immediatamente prima dello sforzo possono causare iperinsulinemia e ipoglicemia reattiva, diminuzione dell’utilizzo di grassi nelle prime fasi dell’esercizio con compromissione della capacità di esercizio. Al contrario, un pasto pre gara a moderato indice glicemico, consente di indurre e sfruttare una risposta insulinica ritardata che favorisce l’utilizzo di carboidrati durante lo sforzo, aumentando significativamente la resistenza. – Il periodo immediatamente dopo lo sforzo è il momento di maggiore captazione ed utilizzo di substrati (proteine e glucosio) da parte del muscolo. In questa fase, oltre a proseguire l’idratazione, può essere utile consumare un piccolo pasto per massimizzare il recupero post esercizio del danno strutturale (proteine) ed il reintegro delle scorte intramuscolari di glicogeno (glucidi). Questo è cruciale per atleti che svolgano più allenamenti/gare al giorno o in giorni consecutivi, soprattutto se impegnati in attività intense e prolungate (triatleti, gare a tappe). Nell’immediato post esercizio può essere sfruttato l’effetto anabolico di un assetto ormonale favorevole (insulina, ormone della crescita), che è amplificato dall’assunzione di un pasto di carboidrati e proteine. L’apporto energetico è determinato dalla spesa sostenuta durante esercizio e dalla finestra di tempo di cui l’atleta dispone per il recupero. Si raccomanda in genere un apporto di 1.5g di carbodidrati e 0.5g di proteine per Kg di peso corporeo nelle due ore che seguono l’esercizio, sotto forma
13 Indice glicemico: descrittore della risposta glicemica, e quindi dello stimolo alla produzione di insulina, dopo assunzione di un dato alimento. La glicemia viene misurata ogni 30 minuti nelle due ore dopo l’assunzione di un determinato cibo. Viene calcolata l’area sotto la curva ed il risultato è espresso come percentuale della curva prodotta dal cibo di riferimento (50g di glucosio o pane bianco). Basso indice glicemico, <40 (yogurt, mela, spaghetti, cereali integrali); medio, 40-70 (banana, torta di mele); elevato, >70 (purè di patate, corn flakes).
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di liquido (latte) o di un piccolo pasto (pane e prosciutto). Nelle ore successive, il consumo di un pasto principale (pranzo o cena), consentirà il reintegro completo. All’opposto di quanto detto per il pasto pre esercizio, nel pasto post gara si cerca di sfruttare un elevato stimolo insulinico (indotto da cibi ad elevato indice glicemico) per favorire il reintegro delle scorte intramuscolari ed epatiche di glicogeno. ISTRUZIONI PER L’USO In pratica: come faccio a sapere quanto e che cosa mangiare? Bisogna fare qualche semplice calcolo matematico, iniziando da una stima del fabbisogno energetico. 1) Sapendo peso (in Kg) e statura (in cm) si calcola la superficie corporea in metri quadrati: sup corporea (m2) = peso0.425 * statura0.725 * 71.84 /10000 per una persona di 170 cm e 60 kg la superficie corporea è di 1.69 m2. 2) Sapendo l’età, si calcola il fabbisogno moltiplicando la superficie corporea per il consumo energetico per ora trovato in tabella 1 e lo si moltiplica per le 24 ore della giornata. Ne risulta il fabbisogno basale, che in una donna di 16 anni, di 170 cm e 60 Kg, è pari a 1700 Kcal al giorno. Tabella 1. Fabbisogno energetico basale (espresso in chilo calorie per metro quadrato di superficie corporea per ora) in funzione dell’età e del genere (maschile, M e femminile F). Kcal/m2 per ora età
M
F
0
54.0
54.0
5
49.5
47.0
10
44.0
42.5
15
42.0
39.0
20
40.0
36.5
25
39.0
36.1
Questo dato, aumentato circa del 15-20%, rappresenta il fabbisogno energetico giornaliero di una persona sedentaria (circa 2000 Kcal in questo caso). Per chi pratica attività fisica, a questo valore bisogna sommare il costo energetico delle attività praticate (usando dati che si trovano su libri o tabelle in internet, alcuni dei quali riportati in questo testo). La donna di 60 Kg che gioca a pallacanestro 3 volte alla settimana avrà un fabbisogno pari a circa 2200 Kcal/giorno. Noto il fabbisogno energetico, calcoliamo le necessità nutrizionali. 74
Alimentazione e performance in giovani sportivi
3) Stabiliamo il fabbisogno in proteine, a partire dal peso della persona e dal tipo di sport praticato. Per la solita donna di 60 Kg che fa pallacanestro, il fabbisogno è di 60 x 1.2g = 72g di proteine al giorno. L’apporto di energia delle proteine è di 4 Kcal per grammo, quindi verranno fornite in questo modo 288 Kcal, pari a circa 13% delle calorie totali. 4) Calcoliamo il fabbisogno di carboidrati, pari a circa 5g per Kg di peso, in questo caso 350g. Noto che l’apporto energetico dei glucidi è di 4 Kcal per grammo, questo fornirà (350x4) 1400Kcal complessive. (questo rappresenta il 63% dell’apporto complessivo). 5) Il resto delle calorie (2200-288-1400=512) devono essere fornite da grassi. L’apporto di energia dei grassi è di 9 Kcal per grammo, quindi mi servono (512/9) circa 56 g di grassi al giorno (pari al 23% delle calorie totali). Quindi la ragazza di 60Kg che gioca a basket deve mangiare ogni giorno, suddivisi in 5 pasti, 72g di proteine, 350g di glucidi e 56g di grassi. Con un po’ di esperienza, si può stimare che questo fabbisogno sarà coperto da: – buona colazione con latte, yogurt e torta – due pasti principali (pranzo e cena) in cui si consumino alternativamente o il primo o il secondo, accompagnati da verdura e pane – due spuntini a base di frutta, yogurt e piccole quantità di frutta secca con guscio – 2 o più litri di acqua al giorno Ci si può divertire a fare qualche calcolo conoscendo la composizione dei cibi principali (pane, pasta, latte, carni, che si può trovare sui siti e sul libro indicato in bibliografia) e consultando le etichette nutrizionali dei cibi confezionati. Avendo cura di variare i secondi piatti tra carni (manzo, pollo, coniglio, tacchino, cavallo, maiale), pesci, salumi magri (prosciutti, bresaola, speck), legumi e uova, sarà adeguatamente coperto il fabbisogno di proteine e la fornitura di aminoacidi essenziali, di vitamine del gruppo B e di zinco. Utilizzando l’olio extravergine d’oliva come condimento sarà rispettata la raccomandazione di consumare di preferenza grassi vegetali e sarà garantito l’apporto di alcune vitamine liposolubili. Consumando sempre almeno 4-6 porzioni di frutta e verdura al giorno sarà garantito l’apporto dei principali minerali e delle vitamine idrosolubili. Purché si mangino sempre latte, parmigiano e yogurt, l’apporto di calcio dovrebbe essere coperto. Anche l’apporto di ferro dovrebbe essere adeguato, ma se così non fosse può essere coperto con un’integrazione farmacologica. 75
DOPING
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE A dispetto del fatto che è noto che l’alimentazione è fondamentale per la salute e per una performance ottimale, la dieta dei praticanti sport risulta in media scorretta. Al contrario viene attribuita molta importanza ad integratori salini ed alimentari, dei quali è molto frequente l’abuso. Fattori diversi concorrono nel creare l’idea diffusa che un’integrazione alimentare sia sempre utile ed addirittura indispensabile per migliorare la salute e la performance. Questi fattori vanno dalla mancanza di nozioni specifiche, alla scarsità di tempo e difficoltà organizzative, alla riluttanza a modificare le abitudini, ad una forte ed accattivante offerta commerciale nel settore dell’integrazione alimentare, all’idea che “se un po’ fa bene, di più è meglio”. Inoltre, nella concezione dicotomica anima/corpo, tipica della nostra cultura, la “pillola” è un’efficacie strumento per riportare il corpo al posto suo (guarire dai sintomi dell’influenza, superare la stanchezza, fornire la massima performance sportiva). Vale la pena di ribadire che, se è vero che un’integrazione alimentare può essere utile per supplire a delle carenze della dieta abituale, se effettivamente ci sono, nessuno studio ha dimostrato che qualunque integratore o supplemento migliora la performance in presenza di un’alimentazione scorretta. Al contrario, è ben noto che un’alimentazione corretta è: • sicuramente efficace nel migliorare la performance • sicuramente innocua e anzi positiva per la salute generale • sicuramente meno costosa rispetto al consumo di integratori • forse meno complicata Mi pare ragionevole concludere che la massima attenzione dovrebbe essere dedicata ad avere un’alimentazione adeguata. Considerando il concetto di adeguatezza in senso un po’ più ampio, mi ha divertito un’arguta lettera del poeta Olindo Guerrini indirizzata a Pellegrino Artusi e riportata nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Il Guerrini lamentava la supremazia ideologica attribuita ai sensi cosiddetti nobili, la vista (ammirare quadri), l’udito (ascoltare musica) a scapito di quelli reputati più vili, il gusto ed il tatto, a dispetto del fatto che l’istinto di conservazione (alimentazione) e alla riproduzione siano i più determinanti per la sopravvivenza del singolo e del genere umano. “…Tutto è nervi, nevrastenia e nevrosi… in questa razza di saggi e di artisti pieni di ingegno e di rachitide, di delicatezza e di glandule, che non si nutre ma si eccita e si regge a forza di caffè, di alcool di morfina. Perciò i sensi che dirigono alla cerebrazione sono stimati più nobili di quelli che presiedono alla conservazione e sarebbe ora di cessare questa ingiusta sentenza… Non vergognamoci quindi di 76
Alimentazione e performance in giovani sportivi
mangiare il meglio che si può e ridiamo il suo posto alla gastronomia. Infine anche il tiranno cervello ci guadagnerà e questa società malata di nervi finirà per capire che anche in arte, una discussione sul cucinare l’anguilla, vale una dissertazione sul sorriso di Beatrice…” (Il poeta Olindo Guerrini).
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I VANTAGGI IN SALUTE DELLA PRATICA SPORTIVA E I RISCHI DEL DOPING
Federico Schena Centro Interuniversitario di Bioingegneria e Scienze Motorie - Rovereto
Dal punto di vista fisiologico lo stato di salute di ogni persona dipende dalla sua capacità di mettere in atto una interazione positiva tra le sue funzioni organiche e l’ambiente nel quale vive allo scopo di mantenere una condizione di sufficiente controllo (omeostasi). In questa definizione il termine ambiente viene esteso a ricomprendere non solo le condizioni fisico-chimiche esterne ma anche i comportamenti adottati (stili di vita), obbligati o volontari che siano. Tra gli stili di vita considerati salutari l’attività fisica regolare ha un ruolo primario, è una componente essenziale nella promozione, nello sviluppo e nel mantenimento di una condizione di salute durante tutto il corso della vita, ed in particolare nelle fasi più critiche dell’accrescimento e dell’invecchiamento (WHO, Lineeguida di Heidelberg, 1999). L’esercizio fisico agisce in modo positivo sui processi dell’accrescimento fisiologico e rappresenta uno strumento irrinunciabile di prevenzione primaria e secondaria. Nonostante questi indubbi vantaggi una larga parte della popolazione italiana non svolge una quantità sufficiente di esercizio fisico e si deve ritenere pressoché sedentaria (oltre il 35% secondo la rilevazione ISTAT 2001); anche in confronto con gli altri paesi l’Italia si colloca ai livelli più bassi in Europa (Ruetten et al. 2003) non solo se rapportata ai paesi tradizionalmente “attivi” del nord, ma anche verso popolazioni con tradizioni e cultura più simili alle nostre come Francia e Spagna. Questa situazione è solo leggermente migliore tra le fasce di età più basse ed anche nelle età giovanili si deve osservare come si sia ben lontani da quella pratica motoria diffusa ed appropriata che viene considerata da sempre come fondamento imprescindibile per il migliore sviluppo psico-fisico (Astrand et al. 2003). Colpisce inoltre il rapido abbandono della pratica motoria e sportiva con il progredire dell’età a testimoniare in modo eloquente una peculiare carenza educativa sul reale valore e sul significato 79
DOPING
intrinseco dell’attività motoria non solo in termini di gratificazione personale e benessere ma anche di salute. Accanto a questi aspetti positivi, spesso misconosciuti e solo recentemente valorizzati nei piani di programmazione sanitaria nazionali, emerge con sempre maggiore enfasi un “problema doping” che, pur riguardando una percentuale marginale del mondo sportivo considerato nella sua globalità, oscura troppo di frequente l’immagine positiva dello sport minando alla base sia i valori che i vantaggi insiti nella pratica dello sport. SPORT E ATTIVITÀ FISICA UNA NECESSITÀ PER ACCRESCIMENTO E SALUTE Il legame tra attività fisica e salute è immediato ed intuitivo. Un’atleta durante una competizione o una qualsiasi persona impegnata in un gesto sportivo, anche di moderata intensità, evocano in tutti l’idea di un soggetto in stato di buona salute, anzi, in uno stato di ottima funzionalità psico-fisica tale da ottenere il meglio dal proprio corpo. Tuttavia proprio questa idea di esercizio fisico come espressione di una funzionalità “speciale” ha portato per lungo tempo a sottovalutare la rilevanza dell’attività motoria abituale come mezzo fondamentale per il mantenimento dello stato di salute per ogni individuo e ad ignorare la necessità che questo tipo di comportamento debba essere presente in tutte le persone, non già solo a scopo di prestazione sportiva e/o di attività ricreativa, ma per lo sviluppo, il mantenimento ed il recupero di una condizione di buona salute. Documenti internazionali coma la carta di Ottawa del 1985, la relazione del US Department of Health and Human Services, 1996 ed il piano Health 21 hanno contribuito a definire con precisione l’attività fisica come un requisito non eliminabile da una politica sanitaria di promozione della salute, sottolineando come l’attività fisica agisca sullo stato di salute in senso globale. Infatti, non solo riduce la probabilità di contrarre o peggiorare una malattia ma migliora l’efficienza psico-fisica dell’individuo di ogni età e quindi ne innalza la qualità di vita, ampliando le sue potenzialità fisiche e l’attitudine psicologica verso una vita più attiva (auto-efficacia) e favorendo anche la realizzazione di network sociali gratificanti. A fronte di queste evidenze, esiste ancora una scarsa cultura del valore del movimento quotidiano e del significato che lo sport (e più in generale l’attività fisica) può assumere nell’ambito di tutta la durata della vita. Si assiste all’assurdo di una discrasia tra la ricerca del benessere in palestre e centri specializzati e la riduzione della motricità quotidiana per gli spostamenti e per i piccoli lavori domestici. Questo testi80
I vantaggi in salute della pratica sportiva e i rischi del doping
monia la mancanza, non solo nelle fasce di popolazione di età più avanzata, ma anche nei giovani e negli adulti, di una solida conoscenza del gesto sportivo e della consapevolezza dell’esercizio come attività intrinseca e necessaria per il buon funzionamento dell’uomo. È questo il contesto in cui un approccio basato sull’educazione al movimento ed allo sport potrebbe trovare non solo forti motivi di divulgazione tra gli esperti, ma anche ragioni a supporto di uno sviluppo significativo all’interno di ogni progetto educativo e formativo che miri alla promozione della persona nelle sue dimensioni intellettuali e fisiche. Si deve infatti ricordare che la salute è un bene primario, individuale e sociale, senza il quale ogni intervento volto a migliorare il benessere economico non può che risultare sterile e inefficace. I POSSIBILI RISCHI DELLA PRATICA SPORTIVA Ovviamente non vi sono solo i danni della inattività ma anche quelli connessi con la pratica di una attività fisica, visto che questa implica una attivazione superiore rispetto all’abituale dei principali organi ed apparati. Malattie misconosciute possono manifestarsi durante lo sforzo e porre la persona in condizione di rischio ma una corretta gradualità nelle attività è in grado di mettere in evidenza i sintomi prima che vi sia un danno grave. Inoltre, si deve ribadire la necessità di una approfondita visita medica, eseguita da personale sanitario specializzato secondo la normativa in vigore, prima di intraprendere una attività sportiva agonistica. In questo caso infatti, l’attivazione dei vari organi ed apparati si presume debba essere massimale ed un disturbo di qualche rilievo potrebbe manifestarsi fin da subito, senza segni prodromici ed avvertimenti sintomatici, anche in misura rilevante, con conseguenze importanti per la salute dell’individuo. Vi sono anche rischi che hanno una diretta relazione con l’adeguata conoscenza e competenza nella gestione delle capacità motorie personali. Sono i rischi legati ad errori qualitativi o quantitativi nelle attività di allenamento o di competizione che possono portare, al di là degli eventi accidentali, a danni a livello osteo-articolare oppure a quadri di patologie da sovraccarico o da overtraining (Kuipers, 1998). In queste situazioni la conoscenza e la consapevolezza dei principi fisiologici di base che regolano la risposta allenante può rappresentare una concreta opportunità per ridurre i rischi e per evitare di rincorrere il miraggio o la speranza di raggiungere prestazioni eccezionali senza averne le potenzialità biologiche. Ed è in questo contesto che si inserisce il fenomeno doping. Se manteniamo la nostra attenzione sulla relazione sport-educazione-salute possiamo vedere il doping, 81
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soprattutto quando si manifesta a livello giovanile o amatoriale, come un esempio eclatante di una carenza di educazione e cultura del movimento inteso come una delle forme di espressione più elevate della potenzialità psico-motorie dell’essere umano. Il doping rappresenta un tentativo di accorciare il normale percorso fisiologico (esemplificato in figura 1) che porta alla costruzione, passo dopo passo, dei presupposti funzionali, psicologici e tecnici necessari per produrre una certa performance. La prestazione motoria, di cui il gesto sportivo può essere considerato una forma altamente specializzata, deriva principalmente da tre componenti; le basi genetiche dalle quali ognuno di noi esprime il proprio fenotipo (costituzione morfologica, apparati cardio-respiratorio, muscolari, sistema neuro-endocrino, etc), l’ambiente nel quale avviene la prestazione ed i mezzi tecnologici che la rendono possibile in modo ottimale. Queste tre componenti raggiungono, in ogni momento nella persona sana, uno stato di equilibrio che corrisponde ad un certo livello di prestazione motoria. In quale modo possiamo modificare questa prestazione? La risposta più ovvia e fisiologica è attraverso la corretta pratica motoria, ovvero in termini sportivi con l’allenamento. Dal punto vista biologico l’allenamento altro non è che una stimolazione stressante sul nostro organismo il quale normalmente reagisce allo stimolo che altera lo stato di equilibrio con una risposta positiva (incremento della contrazione cardiaca, maggiore massa muscolare, produzione di enzimi, miglioramento del controllo endocrino,…) che viene definita “adattamento”. Un corretto e stabile adattamento richiede un certo periodo di tempo (da vari giorni a qualche mese) a seconda sia della natura dello stimolo che della sua intensità ed è un meccanismo così forte ed insito nella regolazione funzionale umana da essere presente sia nei bambini appena nati che negli anziani ultra-ottantenni. Si può considerare che la mancanza di capacità adattante sia alla base del dis-equilibrio funzionale che porta gli organismi viventi alla malattia ed quindi, se non recuperato, alla morte. Il processo di adattamento ha delle limitazioni intrinseche, uno stimolo eccessivo può generare uno stress troppo elevato verso il quale non si crea un adattamento positivo ma piuttosto un trauma o una patologia, e si avvantaggia da una condizione ottimale di supporto alimentare talvolta (non obbligatoriamente) raggiungibile solo con l’uso di alimentazione speciale o con l’integrazione mirata di specifici nutrienti (ad esempio vitamine, sali, zuccheri o aminoacidi). In pochi casi per mantenere un adattamento di livello elevato ed il successivo stato di equilibrio è necessario anche includere sostanze di tipo farmacologico (ad esempio per contrastare la perdita di ferro che si verifica con l’attività di endurance od per ridurre gli effetti dei micro-traumi abitualmente presenti in molte attività sportive) il cui uso dovrebbe essere considerato con grandissima cautela e restrizione. 82
I vantaggi in salute della pratica sportiva e i rischi del doping
Se questo è il meccanismo fondamentale e fisiologico, è possibile usare anche altre strade inserendo nel ciclo appena descritto stimolazioni (o sostanze) che modificano di per sé lo stato di equilibrio senza che vi sia l’adattamento funzionale positivo dell’organismo appena descritto. Tutto ciò (metodo o sostanza) che agisce modificando la capacità di prestazione senza la necessità di uno stimolo allenante può essere considerato come doping anche se non è incluso in tabelle o liste, ovvero anche se non produce a priori un effetto negativo o un rischio di salute. Tuttavia, se riflettiamo sullo schema appena proposto, risulta evidente come una sostanza in grado di alterare in modo consistente lo stato di equilibrio tanto da modificare la prestazione deve agire profondamente sui nostri apparati e organi e quindi non può che produrre a breve o a lungo termine delle alterazioni negative sulle normali funzioni fisiologiche. Ma non si tratta solo di un fatto meramente fisio-patologico. Il doping, essendo una scorciatoia che esclude l’uso di un processo funzionale che ha al suo interno i suoi stessi limiti (ciascuno di noi ha il proprio personale limite all’adattamento), impedisce che ogni atleta viva appieno il percorso allenamento-miglioramento prestativo che costituisce l’essenza stessa della positiva esperienza di sport quale parte fondamentale della vita di una persona. Se il miglioramento della performance non deriva più dal personale e faticoso impegno nell’allenamento ma dall’assunzione di una sostanza, e se non sperimento direttamente l’impossibilità di ottenere sempre, comunque e subito un miglioramento di prestazione, perdo una delle lezioni di vita che lo sport offre a chiunque lo pratichi a qualsiasi livello esso sia. L’uso di una sostanza o di una metodologia che produce delle modificazioni effettive sui meccanismi che governano la capacità stessa di esercizio, rappresenta una espropriazione della propria unità psico-fisica che ogni persona-atleta mette in gioco nella prestazione (di ogni livello essa sia), il risultato diviene esito di un trucco, di un imbroglio, quale se ne possono usare molti durante una competizione sportiva. Il doping rappresenta inoltre, molto spesso, un concreto e pesante rischio per la salute dell’individuo che ne fa uso. Al di là degli aspetti legali ed anche delle possibili ricadute economiche, l’uso del doping può essere ridotto solo facendo leva a livello giovanile sulla consapevolezza della contraddizione tra l’attività fisica e sportiva, come momento di promozione e sviluppo della salute, e l’assunzione di prodotti che, al contrario, sono un danno effettivo ed una manipolazione profonda del nostro organismo. Per questo, un approccio vincente non può che venire dal mondo dello sport, da uno sforzo comune delle associazioni sportive in stretta sinergia con la formazione scolastica a tutti i livelli e le famiglie, per costruire un percorso ed una esperienza educativa che, superando una visione deviante del risultato sportivo come paradigma del successo sociale, sia ca83
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pace di far crescere atleti – persone in grado di opporsi al ricatto della prestazione fisica costruita con qualsiasi mezzo. Figura 1: Schema fisiologico del ciclo “stimolo allenante-adattamento-prestazione” che individua il doping come fattore alterante dello stato di equilibrio individuale.
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I vantaggi in salute della pratica sportiva e i rischi del doping
6. Rütten A., Vuillemin A., Ooiendijk W.T.M., Schena F., Sjöström M., Stahl T., Vanden Auweele Y., Welshman J., Ziemainz H. (2003). Physical Activity Monitoring in Europe. The EUPASS Approach and Indicator Testing. Public Health Nutrition, 449:11-51. 7. U.S Department on Health and Human Services. (1996) Physical activity and Health: A report of the Surgeon General. Atlanta USA: International Medical Publishing.
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FINALITÀ, APPLICAZIONE E STANDARDIZZAZIONE DEI CONTROLLI ANTIDOPING
Giuseppe Lippi, Gian Cesare Guidi Istituto di Chimica e Microscopia Clinica, Dipartimento di Scienze Morfologico-Biomediche, Università degli Studi di Verona
INTRODUZIONE La principale funzione della medicina di laboratorio consiste nella produzione di informazioni mediche specifiche (esami) che assistano il clinico nei processi decisionali, nella formulazione di prognosi e nel monitoraggio e cura dei pazienti. Per garantire accuratezza, coerenza e comparabilità nel tempo dei dati prodotti da laboratori di una stessa organizzazione sanitaria, e ancor più da laboratori di differenti aziende sanitarie, è necessario un processo di standardizzazione che riguardi processi, strumenti e materiali. Secondo la definizione di ISO/IEC (1) la standardizzazione è “l’attività di stabilire, rispetto a problemi attuali o futuri, soluzioni per uso comune e ripetuto, volte al raggiungimento di un grado di ordine ottimale in uno specifico contesto”. A ciò consegue che il processo di standardizzazione attivo in un contesto di laboratorio è la descrizione di sistemi uniformi e riproducibili di misura, atti a garantire precisione, accuratezza, specificità ed armonizzazione di risultati di test e riguarda sia standard scritti che materiali standard. Uno standard di consenso è il prodotto dello sforzo combinato di varie componenti che operano nell’ambito professionale specifico (Università, Ospedali, Industrie, ecc.). Non era facilmente immaginabile da parte degli estensori della definizione di standardizzazione ISO/IEC la situazione che si sarebbe presentata anni dopo a proposito delle indagini di laboratorio per esigenze di medicina sportiva e doping. Essi avevano tuttavia previsto la possibilità di “problemi potenziali”, che il processo di standardizzazione avrebbe dovuto affrontare e risolvere. Per tale motivo la definizione conserva pienamente il suo valore quando si tratta di “raggiungere il grado di ordine ottimale in uno specifico contesto”. La situazione che si è venuta a creare in questi ultimi anni nell’ambito della medi87
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cina sportiva e dei test antidoping necessita di ulteriori precisazioni. Malgrado si tratti pur sempre d’attività di laboratorio spesso analoghe a quelle prestate per la popolazione generale e la gran parte degli esami richiesti rientri nella routine quotidiana, la necessità di definire nuovi standard, in aggiunta o come evoluzione di quelli precedenti, emerge prepotentemente in seguito alla peculiarità del contesto. Nello specifico, quattro problematiche generali contribuiscono ad alimentare incertezze: (a) i valori osservati sono spesso al limite dei e/o oltre i valori di riferimento della popolazione generale (2), (b) sono emerse pratiche illecite volte ad alterare la fisiologia dell’atleta a scopo di migliorare la prestazione che si riflettono sui dati di laboratorio, alcuni dei quali suscettibili di svelare la frode, (c) vi può essere sovrapposizione fra dati derivanti da variabilità biologica individuale e dati dovuti a pratiche fraudolente e (d) sussistono specifici, oggettivi problemi di standardizzazione della fase preanalitica, che precede l’arrivo del campione biologico in laboratorio. L’adeguata e competente conoscenza di queste peculiarità ha portato a sviluppare procedure antidoping che hanno visto negli ultimi anni notevoli progressi. FINALITÀ DELLO SCREENING ANTIDOPING Inteso screening in termini di “complesso di prestazioni che la Struttura Sanitaria Pubblica offre ad una popolazione apparentemente sana con fini di prevenzione secondaria”, si comprende come l’attuazione di test antidoping s’integri pienamente in questa definizione e come tale dovrebbe essere interpretata. Malgrado lo screening per sostanze dopanti non rivesta strettamente i crismi dell’indagine volta ad identificare malattie o predisposizione alle stesse, esso ha comunque la valenza di prevenire i danni alla salute che potrebbero conseguire alla somministrazione incongrua di sostanze, farmaci o pratiche mediche. Malgrado si tenda spesso a banalizzare o sottovalutare il problema, esistono problematiche oggettive nell’attuazione dei test antidoping. Il problema centrale è l’ambiguità, l’eterogeneità e l’incompletezza dei pannelli antidoping adottati dalle diverse Federazioni sportive. La natura delle prestazioni atletiche è diversa, giacché gli sport si dividono sostanzialmente in sport di resistenza (sci di fondo, ciclismo su strada), potenza (sollevamento pesi, boxe, velocità su pista) concentrazione (tiro a segno) o abilità (pattinaggio, curling, tennis) (3). È evidente che la diffusione di sostanze dopanti tra gli atleti è eterogenea. In sintesi, è alquanto improbabile (e sconsigliabile per l’economia del gesto atletico), che un sollevatore di pesi faccia uso di sostanze eritrostimolanti ed un maratoneta di sostanze anabolizzanti. In linea generale, i pannelli antidoping non dovrebbero quindi essere univer88
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salizzati, ma contestualizzati nello specifico ambito delle diverse federazioni, mirati all’identificazione di pratiche illecite in grado di promuovere vantaggi concreti nel singolo (4). Esistono alcune eccezioni a questa regola, come nel caso di discipline sportive nelle quali è prevedibile la contemporanea assunzione di molteplici classi di sostanze dopanti, con effetti anche molto diversi (ad esempio, un calciatore deve poter calciare forte, ma anche correre ininterrottamente per 90 minuti ed oltre). Il costante progresso della ricerca scientifica e le nuove frontiere aperte dalle moderne applicazioni della biotecnologia dischiudono poi scenari inquietanti, che sconfinano nell’uso di agenti farmacologici insospettabili, quale il cloruro di cobalto (5), finanche nella manipolazione genetica, con tutte le problematiche analitiche e medico-legali che conseguono all’identificazione di queste pratiche (6). Ulteriori fonti di problemi sono le circostanze, spaziali e temporali, nelle quali collocare i controlli. In tempi di massima contrazione delle risorse economiche a disposizione delle Federazioni sportive, è sconsigliabile ed inopportuno dissipare fondi per effettuare analisi in tempi e luoghi inidonei. Ciò presuppone un’adeguata conoscenza delle caratteristiche farmacocinetiche e biologiche delle diverse sostanze assunte a scopo di doping. A titolo esemplificativo, le sostanze eritrostimolanti producono effetti ritardati (un aumento significativo della massa eritrocitaria si manifesta dopo 48-72 ore dall’assunzione) e protratti (l’effetto può perdurare anche due o tre mesi). Per tale motivo, controlli volti ad identificare la positività di atleti per sostanze eritrostimolanti durante le competizioni hanno scarsa probabilità di riuscita, mentre troverebbero idonea collocazione in periodi precedenti l’inizio della stagione agonistica (8). Al contrario, l’effetto di altre sostanze illecite, tra le quali le amfetamine, è breve ed immediato. Pertanto, esse andrebbero ricercate nel contesto agonistico, non al di fuori dello stesso, ove la probabilità d’assunzione da parte dell’atleta è trascurabile (9). La scelta del luogo in cui eseguire i controlli è essenziale. La massima ricaduta in termini di rapporto costo/beneficio si avrebbe attuando controlli durante le competizioni o nelle palestre, ove la concentrazione degli atleti è maggiore. Nondimeno, la probabilità d’identificare atleti dopati in queste circostanze può essere meno probabile per talune discipline sportive. E’ quindi essenziale attuare controlli occasionali (e mirati) in diverse località, comprendendo controlli “a sorpresa” nei luoghi d’allenamento abituale o residenza. Ad esempio, per molti atleti è prassi consolidata ultimare il periodo di preparazione alle competizioni in località precise, che, per ragioni climatiche (temperatura, piovosità, altitudine), meglio s’adattano alla rifinitura della condizione atletica. A questo scopo, molte Federazioni sportive (la Federazione Ciclistica Italiana, ad esempio) richiedono espressa documentazione agli atleti sui loro 89
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movimenti, anche al di fuori del territorio nazionale, al fine di poter essere raggiungibili con controlli a sorpresa. L’accurata selezione dei soggetti rappresenta un ulteriore aspetto essenziale per razionalizzare l’applicazione dei protocolli antidoping. Malgrado i professionisti siano maggiormente esposti al pericolo di cadere nella rete del doping, sarebbe riduttivo pensare che atleti dilettanti ed amatoriali siano estranei al problema. Il ricorso a pratiche illecite o nocive nell’ambito di competizioni amatoriali e giovanili è tutt’altro che trascurabile (3). Poiché si riveli efficace, anche solo come deterrente, lo screening antidoping dovrebbe essere promosso a partire dalle competizioni giovanili ed esteso, in misura mirata e razionale, a competizioni amatoriali, soprattutto quelle più importanti ed in grado di riunire numerosi gli atleti (raduni, granfondo, stracittadine). Le caratteristiche analitiche nell’ambito dei test antidoping rappresentano un aspetto peculiare della biochimica clinica applicata alla tossicologia forense, nella quale lo scopo non è generalmente la quantificazione precisa della sostanza (con qualche eccezione, come nel caso della caffeina), quanto l’identificazione della stessa in campioni biologici (generalmente urine o sangue) (8). Le tecniche analitiche impiegate nei test antidoping non debbono pertanto mutuare presupposti d’efficienza analitica, intesa soprattutto in termini di sensibilità, confrontabili a quelle utilizzate di routine in laboratorio. Per la maggior parte delle sostanze può essere sufficiente produrre risultati qualitativi o semi-quantitativi (positivo/negativo), il che presuppone l’impiego di tecniche meno raffinate e sovente più economiche. Per altre sostanze possono essere invece richiesti processi analitici esclusivi, che non hanno riscontro nella routine diagnostica dei laboratori (ricerca urinaria delle sostanze eritrostimolanti). Il fatto che spesso la sostanza illecita non possa essere agevolmente individuata con le tecniche diagnostiche tradizionali, perché troppo simile o identica a prodotti del metabolismo endogeno, e sia quindi necessario ricorrere ad indagini indirette, accresce ancor più la necessità di ottenere risultati accurati, standardizzati ed universalmente riconosciuti, tali da poter costituire insieme indice incontestabile di frode. Per tali motivi, gli sforzi dei ricercatori e degli organismi internazionali sono rivolti ad individuare procedure, tecniche e materiali idonei a garantire la correttezza della pratica sportiva e la tutela degli atleti onesti (8). Nondimeno, ciò rappresenta un processo complesso ed in costante evoluzione. Malgrado la costante evoluzione delle tecniche analitiche e della strumentazione consenta un approccio sempre più efficace al problema, l’introduzione di sostanze o pratiche dopanti è assidua ed il feedback tra nuove tecniche di doping e metodi di laboratorio efficaci per smascherarle non è sempre immediato. Il paradosso tuttaltro che apparente di atleti professionisti in possesso di farmaci ben prima dei pazienti per cui essi sono stati concepiti 90
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vanifica molti degli sforzi compiuti dai ricercatori. Problemi analitici molto più complessi connaturano l’identificazione del doping genetico, eventualità tutt’altro che remota, secondo quanto recentemente enfatizzato dalla WADA (9). La circostanza di atleti modificati geneticamente al fine di ottimizzare le prestazioni atletiche, ancorché solo ipotizzabile, rappresenta una sfida aperta, un’incognita per il laboratorio, poiché presuppone l’impiego di tecniche di biologia molecolare costose, complesse e non universalmente disponibili, personale specializzato. Non vi è soprattutto univocità di vedute sui geni potenzialmente coinvolti (geni regolatori l’eritropoiesi o l’espressione di enzimi e proteine muscolari). Inoltre, trattandosi di tecniche di transfezione che prevedono l’utilizzo di comuni vettori virali, ampliamente diffusi nella popolazione, (adenovirus), la loro identificazione può non essere possibile a causa del considerevole numero di potenziali “falsi positivi”. L’applicazione di tecniche di ibridizzazione in situ richiederebbe inoltre il prelievo di tessuti, anziché di campioni biologici, ben superando i limiti tollerabili d’invasività dell’esame in rapporto allo scopo. Un ultimo problema rilevante concerne l’identificazione della idonea struttura deputata all’esecuzione di esami antidoping. Ciò ha rappresentato per molto tempo una seria fonte di contenzioso, allorquando i campioni degli atleti venivano indirizzati indipendentemente a laboratori “sul campo”, strutture pubbliche o private, centralizzati in strutture accreditate o eseguiti da agenzie espressamente concepite per questo ruolo (WADA). Se, infatti, la tradizionale diagnostica di laboratorio si attua tra le mura dei laboratori clinici, con infrastrutture e strumentazione spesso molto sofisticate e strettamente monitorate, la traslazione alla medicina sportiva richiede sovente l’attuazione di prestazioni diagnostiche “sul campo”, utilizzando supporti logistici e strumentazione che devono possedere requisiti di facile mobilità e trasferibilità. Tutto ciò poiché, a differenza d’altri ambiti della medicina di laboratorio, i test antidoping richiedono per consuetudine l’espletamento degli esami in tempo relativamente breve dal momento del prelievo. Ciò non toglie che, pur operando in condizioni apparentemente più complesse, è necessario comunque mantenere sotto stretto controllo tutto le operazioni diagnostiche, dalle modalità di prelevamento alla calibrazione ed alla verifica del corretto funzionamento della strumentazione analitica. In particolare, è necessario verificare che gli standard qualitativi offerti dalla strumentazione “da campo” siano confrontabili o sovrapponibili a quelli garantiti dalla strumentazione residente. Se, al contrario, l’esecuzione degli esami si attua in Centri di riferimento, siti in prossimità del punto di prelevamento dei campioni, è necessario garantire che tutte le procedure di trattamento, trasporto ed eventuale conservazione del campione siano rigorosamente rispettate, per non incorrere in er91
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rori che potrebbero avere serie ricadute sul destino civile e professionale dell’atleta, mettendo in dubbio l’autorevolezza e la competenza delle Associazioni che dispongono i controlli. In questa ottica, non è pensabile che la programmazione delle procedure dei controlli antidoping sugli atleti non contempli la partecipazione di professionisti della medicina di laboratorio, i quali hanno una competenza specifica in materia e possono più concretamente analizzare gli eventuali problemi legati alle fasi analitica e, soprattutto, preanalitica (10). In sintesi, le linee guida di laboratorio per i test antidoping devono contemplare chiare indicazioni sulle procedure d’identificazione dell’atleta, modalità di richiesta dell’esame, preparazione al prelievo, procedure di raccolta del campione, trattamento dello stesso campione dopo il prelievo, procedure analitiche e relativi controlli di qualità, refertazione dell’esame e tracciabilità globale delle informazioni prodotte. RISCONTRI ANALITICI Dall’entrata in vigore della legge n. 376 sul doping del 2000, i controlli antidoping promossi dal CONI sul territorio nazionale si sono inaspriti. I primi risultati disponibili attestano una stridente eterogeneità nell’applicazione del protocollo antidoping nell’ambito delle diverse Federazioni sportive italiane, dipendente in larga misura dal diverso numero dei tesserati e della numerosità dei controlli eseguiti (11). Alcune Federazioni hanno promosso un considerevole numero di controlli (calcio, ciclismo, atletica leggera), mentre altre sono state in parte (canottaggio, sport invernali, triathlon) o totalmente refrattarie (cultura fisica). Alla luce di questa premessa, un’analisi superficiale dei risultati può portare alla conclusione approssimativa, ampliamente condivisa dai media, che alcune discipline siano più inclini al doping rispetto ad altre. Il bersagliamento mediatico di questi ultimi anni ha radicato l’erronea convinzione che il ciclismo sia lo sport “dopato” per eccellenza, mentre automobilismo e motociclismo, ad esempio, siano discipline poco o per nulla coinvolte. Analizzando i dati in dettaglio s’evince che, mentre i ciclisti non negativi ai controlli sono all’incirca l’1.5%, la percentuale di controlli risultati non-negativi oscilla dal 4.3% al 7.0% nei piloti. Anche nel rugby, sport maestro di fair-play per cultura e tradizione, la percentuale d’atleti risultati positivi ai controlli è tre volte superiore a quella del ciclismo. Per quanto concerne i risultati relativi alle sostanze illecite identificate negli atleti, emerge con sconcerto il dato relativo all’utilizzo d’anestetici locali, lidocaina in primis. L’utilizzo di questa categoria di farmaci non è ovviamente legato al tentativo di produrre un artificioso miglioramento delle prestazioni atletiche, quanto piuttosto per consentire all’atleta di gareggiare in condizioni di meno92
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mazione fisica (aumento della soglia di sopportazione del dolore). Malgrado sia proprio in quest’ottica che il dato va interpretato, resta il fatto che consentire all’atleta di gareggiare in evidente menomazione fisica può essere un rischio, esacerbando la patologia di base. L’eventuale atto sanzionatorio comminato ad atleti positivi per queste sostanze dovrebbe tener conto di queste considerazioni. Un secondo aspetto riguarda la percentuale di positività per assunzione d’ormoni polipeptidici. Il dato, ovviamente sottostimato, non riflette il quadro reale, mascherato in larga misura dalla relativa inefficienza delle attuali tecniche analitiche nell’identificare le molecole ricombinanti, soprattutto rHuEPO e GH. Appare poi molto allarmante la percentuale di positività per sostanze stupefacenti, le cosiddette “droghe sociali” (7.6% cocaina e 29.5% cannabis) che obbliga ad inquadrare il problema doping in una cornice sociale diversa, più ampia (11). L’ETICA DELLO SCREENING Lo screening antidoping e soprattutto l’eventuale riscontro di positività a sostanze proibite, ha rilevanti conseguenze etiche e medico-legali. Il quesito saliente è: fino a che punto è morale e legittimo sottoporre un atleta, soggetto presumibilmente sano, ad analisi di laboratorio non altrimenti giustificate da quadri clinici o biochimici suggestivi di patologia? Le risposte sono molteplici, alcune valide, altre opinabili. Stabilito che l’esercizio di pratiche mediche non giustificate è deplorevole, oltre che rappresentare un reato penalmente perseguibile, è evidente che la tutela della salute dell’atleta assurga a finalità prima e giustificazione palese per l’attuazione di valide politiche antidoping (principio analogo alla coercizione sancita per legge al rispetto dei limiti di velocità, all’obbligo di indossare caschi e cinture di sicurezza). Un secondo motivo è la corruzione e la distorsione dei risultati delle competizioni in conseguenza d’espedienti proibiti. Lo sport, soprattutto quello professionistico, muove ingenti capitali, in forma di media, pubblicità, retribuzione degli atleti, scommesse lecite o clandestine; alcune importanti società sportive sono oggi quotate in borsa ed è impensabile che il loro destino sia influenzabile da motivazioni che poco hanno a che vedere con lo sport. Infine, lo sport racchiude in se per definizione il principio della lealtà agonistica e non può essere contaminato da pratiche illecite. Nondimeno, esistono riflessi aggiuntivi nell’attuazione di test antidoping che non possono essere trascurati. Primo fra tutti l’aspetto coercitivo. Da anni s’infiammano dibattiti su legittimità ed opportunità d’obbligare gli atleti a sottoporsi allo screening o se sia piuttosto conveniente basare le campagne antidoping sull’adesione libera e volontaria. Sarebbe riduttivo liquidare l’argomento asserendo che atleti “pu93
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liti” non avrebbero nulla da perdere, poiché si tratta pur sempre d’analisi che potrebbero evidenziare alterazioni biochimiche (fisiologiche o anche patologiche) di cui l’atleta può voler legittimamente occultare la presenza. La positività per HCG in un’atleta di sesso femminile può essere spia d’assunzione di farmaci a base dell’ormone ricombinante, ma anche una gravidanza, il cui accertamento potrebbe comportare serie conseguenze professionali, sovente ingiustificate (esclusione dalle competizioni, congelamento dello stipendio, rescissione del contratto). In aggiunta a ciò, i test antidoping, che sono pur sempre analisi di laboratorio, sono passibili d’errori durante tutte le fasi, preanalitica (soprattutto), analitica e postanalitica. L’inadeguata attuazione di rigidi protocolli all’atto di raccolta, trattamento e conservazione del campione può comportare immotivate sanzioni ad atleti, i cui parametri ematochimici possono apparire anomali per cause che nulla hanno a che vedere con il ricorso a pratiche illecite. Un ulteriore problema, emerso di recente, è rappresentato dall’analisi genetica degli atleti, la quale si presta a considerazioni etiche e medico-legali che trascendono le finalità dello screening antidoping, evidenziando mutazioni o polimorfismi che consentirebbero di caratterizzare gli atleti, evidenziando genotipi particolarmente favorevoli, e sostituendosi in ultima analisi alla “selezione naturale” dei migliori (12). CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Il doping, inteso come assunzione di sostanze illecite in grado di migliorare il benessere psicofisico ed ottimizzare le prestazioni atletiche, è oggi un problema di salute pubblica. Il ricorso a mezzi artificiosi per alterare il risultato delle competizioni può generare gravi danni alla salute e corrompe la lealtà del gesto atletico, costituendo altresì un illecito sportivo ed un reato penale, come sancito dalla legislazione italiana corrente. Nondimeno, l’attuazione di necessari controlli antidoping presuppone peculiarità che richiedono un forte e deciso intervento della medicina di laboratorio. A prescindere da conoscenza e rispetto delle variabili in comune alla tradizionale diagnostica di laboratorio, i problemi legati all’attuazione dello screening antidoping possono essere sintetizzate nell’ambiguità ed incompletezza della composizione degli attuali pannelli antidoping, necessità di identificare le circostanze logistiche e temporali idonee per l’attuazione, identificazione e selezione dei soggetti da sottoporre allo screening, implementazione e rispetto di rigorose procedure preanalitiche, utilizzo di tecniche analitiche idonee, identificazione di idonei intervalli di riferimento dei risultati di laboratorio negli atleti, tutela legale e civile dell’atleta (8). 94
FinalitĂ , applicazione e standardizzazione dei controlli antidoping
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GLI ASPETTI PSICOPEDAGOGICI, ETICI E LEGALI
GLI ASPETTI MOTIVAZIONALI DELL’USO DI SOSTANZE DOPANTI
Monica Messina Laboratorio di Neuroscienze - Università degli Studi di Cagliari
INTRODUZIONE La necessità di sensibilizzare allenatori e dirigenti sulla diffusione del doping nasce dall’ evidenza che non si tratta più di un fenomeno circoscritto al mondo dello sport di alto livello, bensì di un problema ben più ampio che si diffonde ad ampio raggio anche fra i giovani che praticano lo sport comune fatto di svago e divertimento ma anche di sacrificio e competizione. Il doping degli atleti dei grandi sponsor viene considerato una condizione indispensabile per il successo e l’opinione pubblica è disposta ad accettarlo come corollario del grande spettacolo offerto da questi grandi atleti. In questo senso non v’è dubbio che la presenza delle sostanze dopanti nello sport è prima di tutto il prezzo della sua compromissione sociale. Una delle prime impressioni è che la droga racchiuda tutto ciò che si pone antitetico rispetto alla tavola di valori che presenta lo sport (A. Aledda). Lo sport rappresenta, infatti, una opportunità di coinvolgimento in un’attività positiva; sentirsi fisicamente in forma, ben inseriti nel gruppo di coetanei, competenti dal punto di vista dello sport praticato e il piacere tratto da queste attività, dovrebbero essere sufficienti per allontanare gli atleti dalle droghe e dal doping. Se lo sport costituisce il trionfo della vita e della vitalità, il doping, nella misura in cui assoggetta l’atleta a un patto faustiano, segna la negazione di questi valori. Se la droga e il doping (in entrambe le versioni di droghe ricreative e sportive), dopo una breve euforia, conducono al lento annichilimento dell’essere, lo sport per antonomasia ne rappresenta l’esaltazione, consentendogli il controllo totale del corpo e aiutandolo a raggiungere un migliore equilibrio mentale (A. Aledda). 99
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Se, poi, pensiamo che lo sport nella percezione generale equivale a fair play, cavalleria, educazione, coraggio, franchezza, ecc., mentre la droga, all’opposto, evoca termini come inganno, codardia, sotterfugio, fuga dalle responsabilità, ecc. ci rendiamo conto che si tratta di due mondi che in apparenza non sono mai destinati a incontrarsi (A. Aledda). Ma il vero problema psico-socio-pedagogico è rappresentato da quanto rimane sommerso cioè da quella parte di sportivi amatoriali giovani e non, frequentatori di società sportive e palestre, che fanno uso di doping. Le campagne di informazione sul doping, che si sono rivolte proprio alla popolazione sportiva di tutti i giorni, hanno basato l’informazione puntando prevalentemente sugli aspetti salutistici e sul valore della lealtà. Ma limitarsi ad affrontare il problema con i ragionamenti sul danno per la salute o sulla questione della slealtà nello sport, non consente di addentrarsi nel campo ‘intricato’ e controverso dei valori che si ritiene siano costitutivi del fenomeno sportivo. E, in particolare, occorre domandarsi se ve ne siano alcuni che possano andare oltre quelli apparenti della materialità e del controllo del proprio corpo, rispetto ai quali soltanto sembra porsi il problema dell’uso delle sostanze dopanti (A. Aledda). Pertanto è bene chiarire, in primo luogo, la nozione di valore che si vuole applicare allo sport. Intanto essa non va confusa con il giudizio di valore sul complesso del fenomeno di natura morale o di preferenze di carattere personale o economico, ecc. [Weber], quanto piuttosto nell’accertamento di una dimensione complessa dell’attività fisico sportiva che è potenzialmente idonea a ospitare una serie di contenuti etici trascendenti gli aspetti materiali. Tra questi possiamo annoverare la funzione pedagogica in quanto nello sport, sede di sublimazione dell’aggressività umana, in interazione con gli aspetti fisici e psicologici, si viene a creare un campo simbolico e analogico con la vita reale, capace di trasmettere una serie di messaggi formativi funzionali alla valorizzazione integrale della persona umana (A. Aledda). LA MOTIVAZIONE ALLO SPORT La “motivazione” può essere definita come “il complesso di fattori che regolano l’azione che ne determina l’innesco, la direzione, il mantenimento e il declino” oppure ancora come “l’insieme dei fattori che promuovono l’attività del soggetto, orientandola verso certe mete e consentendole di prolungarsi qualora tali mete non vengano raggiunte immediatamente, per poi fermarla al conseguimento dell’obiettivo” (Reuchlin, 1957). 100
Gli aspetti motivazionali dell’uso di sostanze dopanti
Preliminarmente va specificato come lo sport sia un’attività che viene praticata per libera scelta; alla scelta – caratterizzata dalla valutazione da parte del soggetto dei diversi elementi sia favorevoli che contrari alla pratica sportiva, prendendo in considerazione tutte le alternative possibili – seguono due momenti successivi: la decisione – di praticare un determinato sport a partire dalla suddetta valutazione- e l’attuazione – cioè la pratica concreta dello sport prescelto (Giovannini, Savoia, 2002). Una delle più importanti ricerche realizzate su adolescenti di Gill, Gross e Huddleston (1983), anche se non più recente, ha permesso di individuare otto fattori, rappresentativi delle categorie generali della motivazione allo sport: – il fattore riuscita/status, che fa riferimento al desiderio di vincere, di essere popolari, di migliorare il proprio status, di fare qualcosa in cui si è capaci e ricevere premi; – il fattore squadra, relativo al desidero di essere parte di una squadra; – il fattore forma fisica; – il fattore spendere energia, comprendente ragioni che riguardano il desiderio di scaricare le tensioni, di muoversi e di stare fuori casa; – il fattore legato a quei rinforzi estrinseci che possono sostenere la motivazione del soggetto, come le persone per lui significative e il piacere derivante dall’uso del materiale sportivo; – lo sviluppo e il miglioramento delle abilità sportive; – l’amicizia e il desiderio di coltivare delle amicizie, nuove e vecchie; – il divertimento. Quello che è apparso maggiormente determinante, in questa ricerca, è il fattore legato allo sviluppo e al miglioramento delle proprie abilità sportive ma ciò che è interessante è che l’acquisizione di queste competenze avvenga in un contesto che tenga in considerazione anche delle altre motivazioni (Cei, 1998), soprattutto al fine di evitare l’abbandono sportivo. Ad esempio è interessante considerare come lo stato emotivo sia fonte di influenza del comportamento emotivo nello sport: se un soggetto è caratterizzato da uno stato emozionale di felicità, divertimento, piacere e orgoglio tenderà a mantenere e ad aumentare il proprio livello di motivazione e quindi di padronanza; al contrario uno stato negativo espresso da ansia, tristezza, vergogna, imbarazzo diminuisce la motivazione e il desiderio di partecipazione allo sport (Giovannini, Savoia, 2002). Pertanto la percezione personale e le valutazioni del soggetto fa sul proprio livello di competenza esercitano una notevole influenza sulle prestazioni dello stesso (Harter, 1978; 1985). In questa ottica un educatore, un allenatore, un insegnante di educa101
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zione fisica non può non tenere conto dell’importanza rafforzativa del senso di autoefficacia. Questo si struttura nella costante sperimentazione delle proprie capacità e, mentre queste ultime vengono raggiunte e si stabilizzano, il soggetto si sente in grado di porsi nuovi obiettivi che lo metteranno nuovamente alla prova. In questo processo di rinforzo positivo che tende a strutturare il sentimento di autoefficacia sembrano essere importanti le risposte fornite dal contesto esterno, in particolare dall’allenatore: il feedback di quest ultimo influenza notevolmente la percezione della propria abilità e la prestazione sportiva, soprattutto nei giovani adolescenti (Weiss, Chaumenton, 1992). I risultati di Weiss e Chaumenton (1992) mettono in luce però come i giovani prediligano dei rinforzi che siano ancorati ad elementi di realtà quali ad esempio suggerimenti di carattere tecnico volti a farli migliorare, poiché solo in questo modo viene stimolata ed accresciuta la loro percezione di competenza. Le teorie approfondite dagli studi di Murray, McClelland e Atkinson, sui processi motivazionali, analizzano il fenomeno sportivo in termini di motivazione alla riuscita e motivazione ad evitare l’insuccesso. In particolare, con riferimento agli sportivi di sesso maschile, sembra che un elevato desiderio di successo e una scarsa paura dell’insuccesso comportino un livello di abilità più elevato durante la competizione; mentre, al contrario, una limitata predisposizione al successo, associata ad una marcata paura dell’insuccesso, comportino prestazioni migliori durante l’allenamento. Ulteriori ricerche hanno messo in evidenza come un livello intenso di paura dell’insuccesso associato ad un elevato desiderio di successo può invece favorire prestazioni positive; questo dato può essere interpretato come capacità del soggetto di utilizzare efficacemente i processi di autoregolazione, consentendogli di utilizzare questa ansia pre-gara in termini positivi per la competizione. In generale, il modello proposto suggerisce che un elevato desiderio di successo comporta prestazioni migliori in confronto ad una bassa attesa di successo (Cei, 1998). Questo modello pone l’accento sulla personalità del soggetto, intesa come forza relativamente stabile che determina le caratteristiche motivazionali; ma bisogna considerare che, oltre alle caratteristiche strettamente individuali, va riconosciuta una notevole importanza anche a quelle situazionali, in una reciproca azione sinergica. Ad esempio, non tutti attribuiscono lo stesso significato al concetto di successo nello sport: cioè quando si parla di senso di riuscita alcuni potranno intenderlo come la realizzazione di prestazioni che manifestano un elevato grado di competenza, altri come vittoria nel confronto con gli altri. In particolare, questo esempio fornisce l’occasione per distinguere due ulteriori orientamenti motivazionali specifici: cioè l’o102
Gli aspetti motivazionali dell’uso di sostanze dopanti
rientamento al compito (per cui il soggetto è interessato a dimostrare un certo grado di competenza/padronanza) e l’orientamento al Sé (per cui il soggetto vuole dimostrare il proprio grado di abilità nel confronto con gli altri) (F. Bertuccioli). La predominanza dell’uno o dell’altro stile motivazionale è determinata non solo dalla disposizione individuale, ma anche da fattori situazionali, come possono essere ad esempio i rinforzi provenienti dagli adulti oppure il modo in cui è strutturato l’ambiente; in quest’ultimo caso è chiaro come una competizione caratterizzata dal confronto interpersonale e da una valutazione pubblica eliciterà un orientamento al Sé, mentre una maggiore enfasi posta sull’apprendimento e sulla dimostrazione di un certo grado di maestria stimolerà un orientamento al compito (Cei, 1998). Nello sport esistono molteplici determinanti di carattere contestuale; con queste s’intendono per esempio: le strutture di ricompensa, l’orientamento dell’allenatore, le differenze legate al tipo di sport ed anche i fattori socio-culturali (classe sociale, razza, etnia) (Giovannini, Savoia, 2002). Relativamente ai processi motivazionali non si può non citare anche la teoria dell’attribuzione; questa spiega come i soggetti tentano di dare una spiegazione agli eventi che gli accadono e attraverso delle relazioni di causa. Il cosiddetto locus of control identifica proprio il modo come interno o esterno a se stessi in cui viene spiegato un certo rapporto di causa effetto. Altrettanto importante è il concetto di stabilità, per cui le cause di un certa prestazione vengono identificate come stabili o instabili (Weiner, 1972, 1979). Il primo concetto permette di determinare se l’individuo interpreta le cause come più o meno suscettibili di controllo da parte sua (locus interno): è evidente come l’attribuzione di un successo a cause interne agisca positivamente sulla propria autostima, incrementando l’interesse verso quella stessa attività; così come, al contrario, attribuire un insuccesso a cause interne può comportare una diminuzione del senso di autoefficacia con una conseguente riduzione del coinvolgimento in quella particolare attività (Francesca Bertolucci). Viceversa attribuire il proprio successo a cause esterne produce l’effetto di una non ripetibilità dell’evento collegato a fattori dipendenti dalla propria volontà e impegno. Anche la stabilità può condizionare le aspettative future di successo agendo anche sul vissuto emotivo: associare un insuccesso a cause stabili comporterà aspettative di fallimento anche in relazione alle prestazioni future; mentre in caso di successo si svilupperà l’atteggiamento opposto. Così come, se un soggetto attribuisce un eventuale fallimento a delle cause instabili, coltiverà aspettative positive in relazione alle situazioni future. Approfondendo il legame tra interpretazione dei risultati, formulazione di nuove 103
DOPING
aspettative e prestazioni è emerso come i soggetti – soprattutto allo scopo di preservare la propria autostima- tenderebbero a fornire interpretazioni causali di tipo difensivo nel caso di insuccessi, e in termini di abilità e d’impegno i successi, riconoscendo quindi una maggiore responsabilità personale nel caso di prestazioni positive, in confronto a quelle negative. Inoltre, oltre ad una particolare enfasi posta al locus of control interno, i successi vengono anche attribuiti in misura maggiore a cause stabili e controllabili (McAuley, Gross, 1983). LA MOTIVAZIONE AL DOPING Uno dei fattori che viene ritenuto una fondamentale componente nel costruire un atteggiamento possibilista all’uso di sostanze dopanti, è il tipo di orientamento motivazionale che spinge un soggetto a praticare uno sport. Per questo motivo gli allenatori, che svolgono un ruolo di educatori attivo nel percorso di crescita dei giovani, devono conoscere lo sviluppo del sistema motivazionale per riuscire a potenziare le motivazioni all’impegno, alla maestria e alla sana competizione che possono costituire una barriera psicologica al consumo di sostanze dopanti. Un importante fattore di prevenzione del doping è la motivazione che spinge i ragazzi a praticare una attività sportiva che, se determinata da un orientamento all’ego, aumenta l’esposizione ad un possibile uso di sostanze dopanti. A partire dai 12 anni i ragazzi iniziano a differire tra loro per quanto riguarda le motivazioni alla sport perché inizia a differenziarsi il loro modo di concepire la capacità: viene considerata cioè associata o no all’impegno. Se ritengono che la capacità dipenda dall’impegno saranno motivati a dimostrarla impegnandosi. Se, viceversa, ritengono che la capacità non sia associata all’impegno, la loro motivazione sarà piuttosto orientata a dimostrare la loro supremazia cercando di primeggiare sugli altri. Questi due orientamenti sono dimensioni indipendenti per cui, non essendo legate tra loro, possono essere presenti entrambe nello stesso soggetto in misura diversa: un individuo può essere fortemente orientato tanto verso il sé quanto verso il compito, oppure un altro potrebbe essere maggiormente focalizzato sul compito e meno sul sé, o viceversa (Nicholls, 1992). Ma perché negli adolescenti l’orientamento al compito e all’ego ha importanti implicazioni con lo sviluppo di una motivazione che favorisca l’uso di doping? Perché, soprattutto negli adolescenti, il tipo di orientamento è strettamente connesso con l’autostima, con il comportamento morale e con lo stile di vita, con particolare attenzione alle abitudini alimentari, all’abitudine al movimento e al consumo di droghe. È facile comprendere che i ragazzi che praticano sport perché sono orientati al com104
Gli aspetti motivazionali dell’uso di sostanze dopanti
pito, e cioè vogliono impegnarsi per migliorare, sono quelli che hanno una solida stima di sé e non cercano conferma del proprio valore confrontandosi con gli altri. Inoltre hanno meno timore degli insuccessi poiché per loro il successo consiste principalmente nel fare progressi personali grazie ad un impegno protratto nel tempo. Invece i ragazzi orientati all’ego, quelli che traggono beneficio dal primeggiare sugli altri, hanno una tendenza ad avere una bassa stima di sé; cercano pertanto conferma del proprio valore confrontandosi con gli altri e sopportano male le sconfitte poiché ad ogni insuccesso sono costretti a mettere in discussione il valore della propria persona in toto. È stato inoltre messo in evidenza come l’orientamento al compito sia in relazione positiva con la percezione dello sport come attività divertente, mentre al contrario l’orientamento al sé ridurrebbe l’interesse intrinseco per lo stesso (Duda, Nicholls, 1992).
Obiettivi
Orientamento al compito
Orientamento all’ego
Fare del proprio meglio
Fare meglio degli altri
Apprendere nuove abilità
Essere bravi come gli altri ma con meno impegno
Fare progressi
Nascondere l’incompetenza
Superare difficoltà Concezione
La capacità dipende anche
La capacità è indipendente
della capacità
dall’impegno
dall’impegno
Percezione della
Basata su standard personali
Basata sul confronto con altri
propria competenze
Successo è fare progressi nel tempo
Successo è superare gli altri
Nell’ambito di una ricerca, da noi condotta sugli studenti degli Istituti Superiori della Provincia di Cagliari, nel corso del 2002, si è cercato di mettere in luce quali fossero gli orientamenti motivazionali che spingevano prevalentemente i ragazzi a svolgere una attività sportiva. Fig. 1 Perché fai attività sportiva? Per migliorare la salute fisica
758
30%
Per migliorare l’aspetto fisico
696
28%
Per partecipare alla vita di gruppo
373
15%
Per confrontarmi con l’altro
209
9%
Per il bisogno di avere un nuovo interesse
259
11%
Missing
165
7%
105
DOPING
Come si evidenzia dalla tabella, le motivazioni salutistiche che spingono a praticare l’attività sportiva per migliorare l’efficienza del proprio corpo risultano essere le più significative (30%). Come si può osservare non esiste una nettissima prevalenza di una delle alternative di risposta fornite. Tuttavia il valore attribuito al miglioramento che l’attività sportiva può produrre sul proprio corpo, sia dal punto di vista della salute che dell’aspetto esteriore, è superiore al bisogno di socializzazione e relazione con gli altri. Nell’ambito della motivazione allo sport i primi studi di rilievo sono stati condotti da Gill, Gross e Huddleston (1983). Questi autori hanno costruito e somministrato un questionario interamente incentrato sulla motivazione alla pratica sportiva negli adolescenti. Come già detto in quegli studi le ragioni emerse come più importanti sono state il miglioramento della competenza sportiva, intesa come padronanza e controllo del proprio corpo e il miglioramento della forma fisica. In quelle ricerche, che ormai risalgono a un ventennio fa, non era stata distinta la forma fisica in termini estetici e salutistici. Tuttavia ci sembra esista una concordanza tra questi studi ed il nostro motivata da aspetti soprattutto evolutivi. Infatti il corpo dell’adolescente è interessato spesso in maniera tumultuosa da cambiamenti importanti. Questo pone nei giovani in via di sviluppo dei problemi di riconoscimento della propria nuova immagine corporea. Il corpo dei ragazzi e delle ragazze, ciascuno per specifiche caratteristiche, modificandosi, può diventare fonte di ansietà. Spesso l’adolescente ha l’impressione di essere disarmonico e non avverte il carattere temporaneo di tale situazione. Praticare sport in questa fase di sviluppo consente all’adolescente di riappropriarsi gradatamente del proprio corpo sia in termini di coordinamento sia in termini di immagine corporea. La relazione tra l’immagine corporea e l’attività sportiva è dimostrata dall’analisi dei più comuni vissuti degli adolescenti. Le situazioni di imbarazzo sperimentate a causa della perdita di abilità acquisite nell’infanzia, la necessità di avvicinarsi ad uno sport per rientrare nei canoni estetici e salutistici proposti in maniera dirompente nell’ultimo ventennio dalla società, costituiscono le motivazioni principali in entrambi i generi. Ma per tornare alla principale dicotomia precedentemente discussa, nel fare una analisi statistica che mettesse in relazione questa domanda con i dichiarati consumatori di doping (all’interno della ricerca) si è evidenziato che i dopers affermano, diversamente dalla prevalenza del resto del campione, di fare sport per il bisogno di confrontarsi con l’altro. È sembrata così, ancora una volta, avvalorata l’ipotesi che chi ha una tendenza all’uso di sostanze dopanti sia un soggetto orientato all’ego ed alla conferma di sé. In un altro studio condotto nelle scuole medie a Roma nel 2000, è emerso che l’as106
Gli aspetti motivazionali dell’uso di sostanze dopanti
sunzione di amminoacidi, creatina ed integratori in genere è più frequentemente associata ad un alto livello di orientamento all’ego e un basso livello di auto-efficacia, mentre è correlato con un basso livello di orientamento al compito. Questo risultato è più marcatamente evidente nei maschi rispetto alle femmine. Ciò significa che i giovani che fanno ricorso all’uso di sostanze esogene come gli integratori, per migliorare il proprio stato fisico, sono più frequentemente coloro che sono motivati al successo nella prestazione con il minor sforzo possibile, dimostrato da un basso orientamento al compito. I fattori di rischio che rendono più probabile il ricorso al doping sono molteplici e vanno da fattori più distali quali l’influenza di fattori socio-culturali e del sistema sportivo, fino a quelli più prossimali quali le abitudini di vita, le caratteristiche psicologiche e le norme individuali. Questi possono essere sintetizzati nella tabella che segue (fig. 2). Fig. 2 Consumo di integratori versus orientamento all’ego, al compito e all’auto-efficacia
Maschi
% assunzione creatina/aminoacidi
13% 12%
Basso
11%
Alto
10% 9% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 2% 1% 0%
Ego
Compito
Auto-efficacia
107
DOPING
Premessa l’esistenza di fattori di rischio, bisogna considerare come tutti i fattori sopra descritti, intervengono in una relazione di reciprocità, a determinare la presa di decisione di un adolescente, ad assumere sostanze dopanti. In base alla prevalenza di alcuni fattori su altri, si possono indicare 3 categorie di motivazioni che inducono gli atleti all’uso di sostanze dopanti: 1. cause psicologiche ed emotive quali la paura di fallire, essere competitivo, acquisire sicurezza nei propri mezzi, ricerca della perfezione psicofisica, la mistica del raggiungimento del successo ad ogni costo. 2. cause sociali: modelli da imitare come altri atleti di alto livello, la pressione dei compagni di allenamento, la pressione di altre persone dell’ambiente sportivo ed anche familiare, come le Federazioni, lo staff, gli sponsors. 3. cause psico-fisiologiche quali la riduzione del dolore, la riabilitazione dopo un infortunio, l’aumento dell’energia e dell’attivazione, il controllo del peso. Fig. 3 Fattori di rischio che predispongono ad una mentalità favorevole al doping riferiti a quattro ambiti fondamentali FAMIGLIA E GRUPPO DEI PARI
ALLENATORE E SISTEMA SPORTIVO
Eccessivo
Eccessivo rinforzo
Dipendenza dal
Eccessiva
orientamento al
del risultato e del
successo
valorizzazione della
successo, stima di
successo
dell’atleta, ricerca
prestazione e
esasperata del
pressione selettiva
INDIVIDUO
sé non realistica Scarso supporto
talento
Dipendenza da
familiare, esempio
rinforzi esterni, alta
negativo degli
Esempio negativo
influenzabilità
amici
dell’alleantore o
Basso livello di
Scarso rispetto
norme morali
delle regole
soggettive
SOCIETÀ
Influenza negativa della pubblicità
del campione
Scomparsa dei
dopato
valori tradizionali di riferimento
Infrazione delle Minimizzazione del
regole del fair-play
Medicalizzazione
Insane abitudini di
problema doping
vita e alimentari
da parte del
Inadeguatezza e
medico
scarsa trasparenza
Eccessiva
dei controlli anti-
valorizzazione
doping
dell’aspetto
della società
esteriore
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Gli aspetti motivazionali dell’uso di sostanze dopanti
DALLA MOTIVAZIONE ALLA PRESA DI DECISIONE ALL’USO DI DOPING Nel caso della presa di decisione se doparsi o meno, si tratta di una scelta tra due alternative. Perché posto di fronte all’offerta del doping, un ragazzo decide favorevolmente o no? Le persone generalmente decidono in base al valore atteso di ogni decisione, facendo una analisi dei costi e benefici di ognuna della alternative possibili di una azione. Ma la presa di decisione non è un processo totalmente razionale. Secondo la teoria psicologica di Tversky e Kahneman ci aiuta a spiegare perché un giovane possa arrivare a scegliere di doparsi, anche se razionalmente ci sono valide ragioni per non farlo. Come sintetizzato nella tabella seguente (fig. 4) esistono 4 fattori che spiegano le implicazioni irrazionali di una scelta. Innanzitutto l’effetto di formulazione, cioè la maniera in cui viene trasferito un messaggio che nel caso del doping potrebbe contenere l’esistenza dei benefici altissimi a fronte di costi minimi. Il secondo fattore è il principio di utilità. Ogni persona è portata da una priorità diversa alle alternative di scelta a seconda del valore che attribuisce soggettivamente ai diversi obiettivi. In altre parole se un ragazzo che attribuisce grande importanza all’obiettivo di diventare un campione il doping viene spacciato come un mezzo sicuro per diventarlo, lui tenderà a valutare la possibilità di doparsi meno negativamente di chi ha una minore motivazione al successo e un investimento progettuale così alto. Un terzo fattore è l’euristica dell’accessibilità. È un fenomeno secondo cui si tende a sottovalutare la probabilità che si verifichi un evento perché non lo si è mai visto verificare nel proprio contesto sociale e non fa parte del proprio immaginario conoscitivo. Nel caso del doping, poiché questo è un illecito penale e sportivo, chi ne subisce i gravi effetti sulla propria saluta tende ad occultarli. Pertanto, risulta difficile che i giovani siano a conoscenza reale delle gravi conseguenze patologiche a cui può portare il doping e tenderà a sottovalutarle. Infine, il quarto fattore che conduce spesso a scelte di tipo irrazionale è l’euristica della rappresentatività. Si tratta del fenomeno per cui, per valutare che effetti ci si può attendere da una data azione da compiere, facciamo riferimento a degli stereotipi. Nel caso della decisione dell’uso di doping, spesso gli adolescenti valutano gli effetti apparentemente positivi, per esempio prestanza fisica o successo sportivo, basandosi sugli stereotipi dei grandi campioni. Ciò che ignorano è la presenza di un 109
DOPING
gran numero di persone che, pur dopandosi, non raggiungono la celebrità e rischiano di danneggiare la propria salute. Da quanto esposto si capisce come la scelta possa essere contaminata da elementi di irrazionalità. Pertanto per ridurre la probabilità che un giovane decida a favore del doping, bisogna rinforzare la loro capacità di prendere decisioni autonomamente e razionalmente. Per fare questo è indispensabile rendere chiari ai ragazzi i passaggi logici di cui si compone un processo decisionale razionale. Questo vuol dire “allenarli” a rendersi chiari gli obiettivi che si prefiggono di raggiungere, ad analizzare le alternative di azione possibili e a saper analizzare la probabilità della presenza sempre di conseguenze positive e negative ma soprattutto del loro peso ed importanza. Una delle tecnice standardizzate di allenamento alla presa di decisione, è quella sviluppata da Treutlein, Janalik e Hanke nel 1992. Brevemente le fasi di cui si compone sono le seguenti: 1. descrivere una situazione realmente accaduta a un ragazzo o una presumibilmente verosimile 2. individuare le possibili alternative di azione dell’attore 3. individuare i possibili obiettivi che persegue l’attore considerato; 4. individuare le possibili conseguenze di ciascuna delle azioni proposte; 5. considerando gli obiettivi perseguiti e le possibili conseguenze che potrebbero derivare, far giudicare ai ragazzi qual è l’azione più razionale. Fig. 5 Fattori decisionali versus presa di decisione a favore del doping Fattori decisionali
Effetto a favore del doping
Principio dell’utilità
Orientamento al successo:
Effetto della formulazione
Percezione alterata del rapportocosti/benefici
Euristica dell’accessibilità
Mancata esperienza diretta: sottovalutazione dei rischi
Euristica della rappresentatività
Stereotipo del campione dopato:
sopravvalutazione dei presunti benefici
sopravvalutazione dei presunti benefici
MOTIVAZIONE E PERSONALITÀ Innumerevoli sono gli studi condotti in campo psicologico volti a mettere in luce una relazione tra tratti di personalità e orientamento motivazionale. In questo campo importantissime sono le implicazioni metodologiche che hanno guidato e ancor oggi 110
Gli aspetti motivazionali dell’uso di sostanze dopanti
guidano gli psicologi che lavorano nel campo clinico o nel mondo delle organizzazioni. Ancora non fiorenti sono invece gli studi che cercano di trovare una correlazione tra le caratteristiche di personalità con l’uso di doping. Alcune speculazioni concettuali però sono state fatte e portate alla ribalta mediatica sotto forma di ipotesi. Potrebbero pertanto esistere dei fattori di personalità predisponesti all’uso di doping cioè che rendono alcuni soggetti più recettivi di altri alla pratica del doping. Senza addentrarsi nel pericoloso contesto della patologia si può osservare come alcuni tratti possono incidere negativamente nella evoluzione della storia di un atleta. Basti pensare ad una personalità di tipo ansioso che può reagire a eventi stressanti sicuramente presenti nella pratica agonistica, in modo evitante. Oppure sviluppare un comportamento di tipo dipendente; questa tipologia di soggetti inseriti nel mondo sportivo potrebbe essere caratterizzata dall’incapacità di prendere decisioni, dal non sentirsi adeguati a risolvere le situazioni di difficoltà e stress emotivo che determinano necessità di ricorrere ai consigli di persone autorevoli. Numerosissime potrebbero essere le ipotesi di relazione tra fattori di personalità che possono risultare ricettivi alla pratica del doping e l’uso stesso, ma occorre realizzare degli studi che ci consentano di trovare delle relazioni plausibili, in un campo ancora inesplorato ma di grande interesse.
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I GIOVANI DI FRONTE AL DOPING: METODOLOGIE DIDATTICHE FORMATIVE PER IMPARARE AD EDUCARE AL DINIEGO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE Alberto Agosti Dipartimento di Scienze dell’Educazione - Facoltà di Scienze della Formazione - Università di Verona 1
L’EDUCAZIONE AL DINIEGO: QUALE APPROCCIO ADOTTARE? La questione del doping s’inserisce nel quadro del fenomeno dell’assunzione di sostanze che alterano in qualche modo la funzionalità fisica, meglio psicofisica e quindi anche psichica dell’organismo umano. Rispetto ad un esclusivo divieto ad avvalersene – che è anche un divieto dettato dalla legge, e per questo in alcuni casi perseguito e punito, qualora esso venga disatteso, e rispetto al dissenso sociale verso le pratiche relative all’assunzione di sostanze doping, vuoi per drogarsi, vuoi per ottimizzare, ma questo termine è improprio, a pensarci bene, la propria condizione fisica e quindi le prestazioni del corpo – per evitare che i giovani accedano a queste pratiche, ovvero per educarli, nel senso di renderli consapevoli e responsabili, quindi capaci di opporsi alle sollecitazioni esterne, si possono adottare diversi approcci, di tono assai diverso l’uno dall’altro. Un primo approccio è quello che s’impernia propriamente e fondamentalmente appunto sulla proibizione, sul divieto, con accentuazione, come s’è detto, dell’aspetto ‘legale’ e dell’aspetto relativo all’attesa sociale, che, almeno ufficialmente, disapprova tali pratiche. Questo primo approccio fa leva, se ci pensiamo bene, appoggiandosi su una morale esterna ai ragazzi, la quale, seppure ha una sua giustificazione e una sua funzione specifica, appare fortemente insufficiente, da sola, a servire da deterrente.
1
Questo testo è stato prodotto a supporto della comunicazione da parte dell’autore nel Convegno Il doping: aspetti medici, aspetti psicopedagogici, aspetti legali ed etici (Verona, 15 marzo 2005). Successivamente, per la presente pubblicazione, è stato rivisto ed ampliato.
113
DOPING
Spesso l’educazione viene pensata come prescrizione (si deve, non si deve… si può fare, è vietato fare…), ma l’educazione e in particolare la pedagogia, che è discorso sull’educazione, non si qualificano come un agire e un sapere rigidamente prescrittivi, bensì di prospettiva, di possibilità, un agire e un sapere che insistono sulla volontà, nell’ottica del ‘si può’ – nel senso della possibilità attiva, esplorata dal soggetto – piuttosto che del ‘si deve’ o, ancor meglio, del ‘si può volere…’ ‘si può scegliere di’. Si evidenzia la dimensione della volontà. Si tratta di insegnare a volere e a non volere e ancor meglio insegnare che ‘si può’ volere e non volere. Si afferma il tema della scelta, della possibilità di discriminazione tra le varie opzioni, e l’urgenza di chiedersi da dove debba provenire o come si debba generare, nei giovani, il sentimento della necessità della scelta. Qual è l’autorità che deve dire che cosa si deve fare, o meglio, che cosa si può fare? Educare vuol dire facilitare l’affermazione della consapevolezza cólta, preparata, informata, avvertita, fondata. Vuol dire lavorare sul senso di colpa responsabile, autentico, e non su quello potenzialmente nevrotico, determinato da una morale repressiva, piuttosto che responsabilizzante. 2 La morale repressiva fa disastri, ne ha fatti soprattutto nel passato. Un secondo approccio può essere riferito all’aspetto medico-sanitario. L’assunzione di sostanze doping può essere dannosa per la salute del corpo, nel tempo, ma anche molto pericolosa, rischiosa, nell’immediato. 3 Insistere troppo o esclusivamente anche su questo secondo approccio, sebbene la prospettiva non debba essere persa di vista, non sembra particolarmente adatto agli scopi educativi. Nel gioco, nella gara, nella competizione, nella partita, anche solo contro o con sé stessi, è insita una componente di rischio, la quale esercita un fascino del tutto particolare, assai difficile da arginare, un rischio che si è tentati sovente di governare, di dominare. In ogni tipo di competizione è presente inoltre una componente ludica, di gioco, anche se spesso il gioco, nella competizione sportiva, diventa qualcosa di estremamente serio, impegnativo, perdendo le caratteristiche del gioco come attività libera e ricreativa, per assumere quelle del gioco professionale, un’attività che cambia quasi natura, rispetto all’originaria idea di gioco. Perché il richiamo al gioco? Sembra utile ricordare le componenti che sono in esso presenti secondo Caillois: il caso (alea), la volontà di sottoporsi al fato; la competizione (agon), consentita dalla presenza di regole; il mime-
2 Di questa tematica propone un’interpretazione pedagogica lucida e per questo efficace Pietro Roveda nel suo Educazione e psicanalisi. Quale etica per quale colpa?, Vita e Pensiero, Milano 2002; cfr. in particolare i capp. IV, V, VI. 3 Cfr. Leone R., Fumagalli G., Il doping: fenomeno con molti rischi, in Filippi N., Fumagalli G., Sanguanini B., Sport, formazione, società, Cleup, Padova 2005, pp. 235-249.
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I giovani di fronte al doping: metodologie didattiche formative…
tismo (mimicry), ovvero il piacere del mascheramento, dell’essere altro da sé e la vertigine (ilinx), che prevede la rottura delle regole morali o fisiche. 4 Occorre prestare particolare attenzione al primo polo di questa mappa quadripolare, il caso, che richiede la capacità di valutazione del rischio, e alla vertigine, che sorge dal piacere di fare l’esperienza di una momentanea perdita di equilibrio, di una paura controllata. Si possono collegare i termini citati – caso, rischio, vertigine, paura – con un termine greco che è hybris 5, che in questo caso si può ricollegare alla tentazione dell’onnipotenza, nel provare il sentimento dell’invincibilità, per cui il caso, e il rischio soprattutto, possono essere fortemente pensati in termini di possibile controllo o dominio. La tentazione all’onnipotenza è estremamente seduttiva, è affascinante, soprattutto se dall’esterno poi si esercitano sul soggetto in giovane età forti pressioni: attese dei genitori, delle società sportive, miraggi dei guadagni, dei riconoscimenti, attese provenienti da un io ideale di spropositate dimensioni. E allora forte è la tentazione di pensare che al caso si possa dare una mano, per rischiare di meno, o di dare spazio al rischio per controllare meglio il caso. Tutto ciò può far passare in secondo piano la percezione del pericolo o dei pericoli che possono derivare dall’assunzione di sostanze dopanti, o può indurre a pensare che, tanto, anche se c’è pericolo, ne vale tuttavia la pena. In base a queste considerazioni e al fatto che il richiamo alla pericolosità fa leva anche sulla paura, sembra, lo si riafferma, che anche questo secondo approccio debba essere considerato in termini fortemente problematici. Si esprime la convinzione che con la paura non si educhi veramente, e che comunque più forte della paura può essere la tentazione. Con la sola paura non si vince, semmai la si reprime, che è ben diverso, la tentazione. Certamente la posizione può sembrare radicale e in parte lo è davvero: una buona informazione degli aspetti medico-farmacologici può a pieno titolo entrare in un progetto di prevenzione, ma occorre qualcosa d’altro. Dovremmo quindi chiederci nuovamente: che cosa vuol dire ‘educare’? Un terzo approccio, che si richiama al primo, è quello che fa appello a valori quali quello della non convenienza, della non liceità, del ‘non si deve perché non va bene’. Questo approccio fa leva su un giudizio ancora una volta esterno, che si tende a vo-
4
Caillois R., I giochi e gli uomini, la maschera e la vertigine, Bompiani, Milano 1981.
5
Termine greco traducibile come “ingiustizia, prevaricazione”. Hybris, per il pensiero greco, è ogni situazione in cui si assiste ad un oltrepassamento del giusto, una prevaricazione della legge dell’armonia. Se il pensiero greco, soprattutto presocratico, è la riflessione sul carattere armonico della realtà, necessario a mantenere in equilibrio l’intero universo, l’hybris rappresenta quella prevaricazione degli elementi che conduce invece ad uno strappo in tale tessuto armonico.
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ler trasmettere ai giovani affinché diventi interno, interiorizzato, ma è un giudizio molto spesso di tipo paternalistico, e spesso anche, se ci pensiamo bene, di tipo ricattatorio. ‘Se lo fai, provochi un dispiacere, o attui un tradimento verso i tuoi genitori, i tuoi insegnanti, i tuoi compagni…’ Non è ovviamente che questo modo di pensare e di sentire sia del tutto sbagliato o debba essere completamente bandito e perciò assente, esso ha una sua logica e una giustificazione d’essere, – viviamo in una società, con gli altri, e siamo tenuti a rendere conto del nostro agire a noi stessi, ma non solo a noi stessi – ma è il modo in cui viene proposto che deve essere problematizzato, il modo attraverso il quale si arriva o si fa arrivare alla percezione dello sbaglio e della non convenienza. Un conto è che i ragazzi, opportunamente guidati, arrivino a mettere a fuoco che se si dopano non fanno del male solo a sé stessi, ma danneggiano anche gli altri, ovvero si fanno autori di un’ingiustizia che ha una ricaduta allargata, e un conto è che questo pensare, questo sentire, venga provocato dall’adulto in modo trasmissivo, condizionante, poco responsabilizzante, moralistico e, se ci pensiamo bene, autoritario. In questo caso la parola autoritario non va pensata solo in rapporto alla persona che con tono minaccioso dice: ‘non si deve perché…’, ma anche alla persona che con tono suasivo, ma fondamentalmente moralistico, si rivolge al giovane per dissuaderlo o tenerlo lontano da scelte e comportamenti ritenuti sbagliati e ingiusti solo dall’adulto. Insomma, un conto è che i giovani si rendano conto da soli e se lo dicano, che se si dopano possono provocare dolore ai familiari e non solo a loro, e un conto che questo venga loro comunicato o addirittura conculcato dall’esterno. Legata a questi approcci va considerata la funzione del senso di colpa, che può essere anche preavvertito, avvertito cioè prima di aver commesso l’azione trasgressiva. È necessaria un’educazione al senso di colpa produttivo, utile, che dovrebbe essere autentico, cioè avere caratteristiche che gli consentano di agire come deterrente capace di condurre non solamente al diniego come privazione, come rinuncia, avvertita magari come una rinuncia destinata a causare rimpianto, ‘ah, se il doping fosse consentito… dalla legge, dalla società, dal mondo dello sport’. Occorre invece educare al diniego consapevole, liberamente scelto e tale da consentire al soggetto di vivere la rinuncia non come perdita di occasione di affermazione di sé, ma come opzione che consente di percorrere un’altra strada, magari più faticosa, magari, per certi aspetti, meno soddisfacente, più ‘limitata’, ma più valida a livello di ‘senso’, ovvero più capace di potenziare il soggetto nella costruzione e nell’affermazione autentica della sua propria identità. Si tratta di un’identità che si afferma nella differenza, e quindi non solo quando egli (o ella) vincono, ma anche quando egli (o ella) arrivano secondi, o terzi, o ultimi, perché quel posto lo occupano in virtù di risorse che provengono da 116
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sé stessi, e non sono state affidate a supporti esterni, che disconfermano il soggetto nel suo essere persona, persona unica, originale e irripetibile; unica, originale e irripetibile nei suoi successi e anche nei suoi insuccessi. Occorre dunque ripensare costantemente, ciclicamente, perché tendiamo forse a dimenticarlo, lo sport e le attività motorie non solo in termini di prestazioni (si usa dire performance, attribuendo al termine inglese… una maggior efficacia), ma anche e forse soprattutto come opportunità di sviluppo della persona. L’allenatore o il professore di educazione fisica, ma anche qualsiasi altro insegnante o educatore, non hanno a che fare con una persona frazionata: atleta versus persona o viceversa, ma con un tutt’uno, la persona appunto, concetto che presuppone dei vincoli, anche di ordine morale ed etico. Si può essere contenti anche di perdere, e, se non proprio essere contenti, di farsene una ragione, trovando e assegnando un senso anche alla sconfitta. 6 I giovani sono molto più bravi di noi in questo, se li conduciamo a pensare, a riflettere. L’EDUCAZIONE ALLA PAROLA E AL PENSIERO AL CENTRO DELL’ATTIVITÀ FORMATIVA Si prospetta dunque l’opportunità/necessità di dare spazio al pensiero dei ragazzi e delle ragazze, e non solo di loro, e di determinare le occasioni o predisporre appositi dispositivi per far incrociare i diversi pensieri in materia di doping, facendoli dialogare tra di loro. Si intende dire che, a fronte dell’azione non sempre correttamente informativa e formativa dei mass-media, è necessario creare spazi ai ragazzi per la produzione di pensiero attorno al fenomeno del doping, e successivamente assicurare il dialogo, il confronto e l’interazione tra i punti di vista dei singoli ragazzi stessi. Si esprime la convinzione che essi, opportunamente sollecitati a ‘mettersi a pensare’ – e nella società odierna c’è poco spazio per il pensiero personale – sappiano insegnare a sè stessi, attraverso l’attività autoriflessiva e l’interazione, arrivando quasi da soli a mettere a fuoco in modo chiaro e profondo i termini del problema. Si osservi qui sotto quante idee sanno esprimere i ragazzi attorno anche ad una sola parola. 7 I ter6
È fondamentale, ad esempio, l’educazione al fair play. Cfr. Filippi N., Rapporti tra sport e attività educative: valenze e criticità, in Id., Fumagalli G., Sanguanini B., Sport, formazione umana, società, cit., in particolare le pp. 92 e 93. 7
Le citazioni riguardanti i materiali prodotti dai ragazzi si riferiscono ad una specifica azione di educazione/formazione condotta dallo scrivente in una classe III media (III C) della Scuola Media Morosini Sansovino, sede Priuli, in Venezia, (anno scol. 2004-2005). Il gruppo di adolescenti era guidato dalla Prof.ssa Lidia Antonini, che si ringrazia per la fattiva ed efficace collaborazione. Un grazie va anche alle allieve e agli allievi che hanno lavorato con tanto entusiasmo e altrettanta partecipazione.
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mini associati alla parola doping sono in corpi diversi ad indicare la frequenza con la quale gli allievi e le allieve li hanno indicati. Come si può constatare la prima idea, il primo collegamento, è con la droga, poi il doping viene associato allo sport, alla morte, alle palestre. Ne risulta una mappa articolata, all’interno della quale si possono mettere in ordine i termini che vi compaiono, costruendo discorsi congruenti. Questo lavoro naturalmente va fatto fare ai ragazzi, magari organizzandoli in gruppi di lavoro. La consegna era: scrivi attorno alla parola ‘doping’ che cosa ti viene in mente (esercizio di associazione di idee). Ecco la tabella riassuntiva elaborata con il computer:
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Ed ecco la ricchissima tabella costruita attorno al termine ‘sport’:
Prendiamo in considerazione solamente la prima elaborazione, relativa al doping. A ben guardare i ragazzi sanno individuare la complessità del fenomeno, descrivendone diversi aspetti, che si possono raggruppare per categorie: i luoghi del doping, le persone e gli ‘attori’ interessati al fenomeno, gli aspetti legati alla salute fisica, quelli medico/farmacologici, quelli legali/giuridici, quelli estetici, morali ed etici. Ciò che si vuole comunicare è che se opportunamente guidati e sollecitati ad esprimersi, i ragazzi sanno offrire una notevolissima quantità di materiale sulla quale lavorare. La differenza, dal punto di vista della metodologia didattica impiegata, che in questo caso si ispira ad un modello di tipo attivo/partecipativo, sta nel fatto che è materiale da loro stessi prodotto. Anche l’impiego di strumenti didattici abitualmente adoperati può risultare davvero utile, come l’assegnazione di temi o composizioni scritte con titoli simili a questi: ‘Il doping: che cosa ne so, quali sono le mie considerazioni?’ oppure ‘Se tu fossi un allenatore o un’allenatrice o un insegnante di educazione fisica, come affronteresti il 119
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discorso del doping con i ragazzi e le ragazze? Ovvero come ti comporteresti, che cosa faresti, che cosa dovresti dire?’ o ancora ‘Per quali motivi un allenatore o un insegnante di educazione fisica dovrebbero affrontare il problema del doping con i ragazzi e le ragazze?’ Anche l’impiego di domande opportune può essere utile: ‘Secondo te, chi fa uso di doping, a chi nuoce?’ Si assicura che le risposte dei ragazzi, che qui non è possibile riportare per motivi di spazio, sono ricchissime di spunti per la discussione, e, quel che più conta, riflesso di tante intelligenze singole le quali, messe assieme e fatte dialogare tra loro, riescono ad esprimere un quadro di risposte e suggestioni quanto mai articolato e preciso. Ovviamente molte cose risultano ‘discutibili’ ed è proprio lì il bello: discutibili! Sono la successiva discussione, il confronto, la comparazione che consentono di proseguire nel lavoro di affinamento delle idee, di percezione delle singole concezioni errate, di individuazione degli spazi di ulteriore necessaria azione di informazione e formazione. Un’attività simile, seppure ovviamente sulla scorta di competenze ben più mature e fondate, e con metodologie diverse, andrebbe condotta tra gli insegnanti stessi, e tra gli altri adulti che hanno il compito della cura dei ragazzi, per esempio tra i genitori. Si esprime la convinzione che anche in questo caso, magari con l’aiuto di facilitatori del lavoro di gruppo, le varie figure preposte all’educazione dei ragazzi saprebbero trovare essi stessi le coordinate di pensiero e di azione utili allo scopo. Il termine inglese empowerment, preceduto da self, self empowerment, indica con precisione questo possibile processo autoinsegnativo. Si tratta di un concetto cardine delle didattiche formative attive tra adulti, e non solo tra adulti. 8 Ormai è tramontato in buona parte, anche se giustamente non del tutto, il modello trasmissivo, che vuole la messa a punto di una serie di raccomandazioni decise dall’alto o dagli esperti, che poi debbano essere assunte ed eseguite. La formazione esclusivamente ‘a cascata’ ha fatto il suo tempo. Molto più proficuo è il lavoro che si può fare partendo, per così dire, dal basso, dalla base: il che significa creare dei gruppi di lavoro, di discussione, di ricerca, tra gli adulti che debbono a vario titolo prendersi cura dei ragazzi: genitori, allenatori, insegnanti, animatori, nonché tra i ragazzi stessi. Quanto sarebbe poi proficuo, produttivo che gli appartenenti alle varie cate-
8 Sulle teorie che supportano le didattiche attive per un efficace allestimento di ambienti di apprendimento si veda Varisco B. M., Costruttivismo socio-culturale, Carocci, Roma 2002. Per una metodologia di riflessione sull’esperienza capace di promuovere l’apprendimento si può vedere Mortari L., Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Carocci, Roma 2003.
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gorie degli ‘attori’ educativi adulti interessati potessero conoscere reciprocamente i risultati di tali lavori di confronto. E quanto sarebbe interessante che all’interno dei vari gruppi (di insegnanti, di genitori…) ci si interrogasse sui compiti degli altri adulti, e fossero poi comunicate e condivise le reciproche rappresentazioni circa compiti e funzioni. Probabilmente questo contribuirebbe ad una maggior consapevolezza, da parte di ciascun adulto, nella sua propria posizione, circa i suoi compiti educativi e una minor predisposizione alla delega, atteggiamento, quest’ultimo, assai diffuso e assai deleterio. LA NECESSITÀ DI UNA MAGISTRALITÀ CONDIVISA E DISTRIBUITA Interessa indicare nel termine magistralità uno dei concetti cardine del discorso che si va proponendo. Che cos’è la magistralità? Che cosa indica questa parola? Potremmo dire che magistralità vuol dire la volontà/capacità di insegnare in modo efficace ed esemplare, ma per essere tale, efficace, e soprattutto esemplare, la magistralità, in materia di doping, è chiamata a tener conto dei vari punti di vista, degli studenti, degli insegnanti, degli allenatori, dei genitori, dei medici, dei giuristi, ecc. Si profila fin da subito la necessità dello scambio di idee, di momenti di riunione/discussione, di brainstorming, e non solo attorno al termine in questione: il doping, bensì anche attorno alle altre parole ed espressioni che interessano, come sport, attività motorie, allenamento (e allenare…), insegnamento, educazione fisica… Questo per avviare una riflessione, meglio, un’autoriflessione, che consenta di rimettere a fuoco la percezione e poi l’apprezzamento profondo delle scelte e dei compiti che ci assumiamo come adulti o che siamo chiamati a svolgere, e di valutare se le nostre azioni educative/insegnative corrispondano al portato, in termini di significato, dei vari termini presi in considerazione. L’ADULTO EDUCATORE COME MÈNTORE, ANCHE DI SÉ STESSO Certo che si tratta di saper fare delle buone domande ai ragazzi e a noi adulti stessi! Educare vuol dire anche fare e farsi domande opportune. Si educa molto di più ponendo delle buone domande piuttosto che elargendo prescrizioni e consigli in quantità e a senso unico. Le domande conducono al pensiero, al pensiero su sé stessi, giovani o adulti che siano, domande ovviamente opportune come ‘Ti piace lo sport? Perché?’ ‘Fai sport? Quale?’ ‘Sport: che cosa ti viene in mente con questa parola?’ ‘Hai scelto tu lo sport/attività motoria che fai?’ ‘Ti pesa fare sport? Perché fai sport? Per quali motivi?’ Sono quesiti che da un lato possono rafforzare le scelte e l’impegno as121
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sunti, dall’altro, ascoltando adeguatamente le risposte, possono indicare all’adulto la presenza di condizionamenti e di imposizioni. Quella del mèntore è la figura che assume in questo caso grande rilievo, senza dimenticare che un bravo mèntore, magistrale, favorisce nel soggetto in educazione una progressiva sana abitudine: quella di essere mèntore di sé stesso. C’è la necessità di esercitare dunque una pressione motivante con domande intenzionali. L’interrogare i ragazzi chiede però il corrispettivo tra gli adulti stessi. È opportuno interrogarsi sulla propria professionalità di allenatori, di insegnanti per l’educazione fisica: chi alleniamo… e perché? Che cosa significa il termine allenamento? Si allena solo il corpo o anche la volontà? È logico il primato dell’educazione della volontà rispetto al resto, o il resto ha tale primato? A che cosa serve l’attività sportiva? Può essere intesa anche come educazione al limite, meglio alla percezione, all’apprezzamento e all’accettazione del limite? Che significato può avere il fatto di non riuscire a vincere, oppure di non riuscire ad ottenere un buon risultato? È la sconfitta o il non raggiungimento di un risultato qualcosa che fa conoscere meglio sé stessi, che permette di riconoscere ed apprezzare i propri limiti, ed è magari questo che permette di migliorare nel vero senso della parola? Anche attorno al concetto di miglioramento si può utilmente lavorare! Che cosa vuol dire ‘migliorare’? Quando ci si affida al doping, si può parlare di un miglioramento o solo di una prestazione più efficiente? Si può dire che esiste un miglioramento che si può definire ‘vero miglioramento’ o ‘miglioramento autentico’ e un altro miglioramento, che non è veramente tale fino in fondo? Come si potrebbero definire una vittoria o un miglioramento, o un record ottenuti con le sostanze doping? Se tutte queste, e altre domande simili, hanno senso e può essere giustificato cercare delle risposte, allora la lotta al doping passa anche attraverso il lavoro attorno a questi e ad altri concetti, idee, parole che riguardano lo sport e le attività motorie, un lavoro che possiamo fare con i ragazzi, ma che dobbiamo fare, lo si ribadisce, anche tra di noi adulti. E credo che non abbia molto senso aspettare che arrivi il professionista esperto o il professore universitario a chiarire le idee. Possono esserci anche loro, ma si crede molto di più nel lavoro autoriflessivo compiuto dai diretti interessati, un lavoro compiuto dalla base operante, magari, questo sì, alla presenza non tanto di un esperto, quanto di un facilitatore del lavoro di gruppo. L’esperto può intervenire in un secondo momento, a colmare i vuoti di informazione e di conoscenza dopo che essi sono stati individuati. In questo caso l’informazione giunge attesa e non viene imposta, e per questo ha maggiori garanzie di venire accolta e tesaurizzata. Occorre dunque operare in modo interattivo e nell’intersoggettività: è nell’intersoggettività in classe, in palestra, in altri luoghi di aggregazione e di pensiero che si 122
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deve lavorare. La dimensione dell’intersoggettività 9 vuol dire dialogo con gli altri, ma anche con sè stessi, anche con il proprio corpo, anche il corpo è un soggetto: rendo conto a me stesso, il corpo è un bene che mi appartiene, ma è un bene che appartiene solo a me? Di chi è il mio corpo? Quali sono le conseguenze, i miei propri compiti, se scopro o decido che il corpo non appartiene solo a me e che non è solo il corpo ad appartenere a me, ma che anche io, in qualche modo, appartengo al mio corpo? Il lavoro sulle parole, il ragionamento sui concetti, sulle idee, sebbene non ci possa garantire che i giovani si troveranno in una situazione di automatica e piena consapevolezza, rappresenta però un investimento che va in quella direzione, che punta al ragionamento, alla razionalità, che fa leva al sentire, quindi all’affettività, che punta all’apprezzamento della dimensione estetica. Il che vuol dire lavorare per ritrovare la consonanza tra ciò che è bello e ciò che è buono e che perciò può essere desiderato, che si appoggia sulla coscienza intima, sull’interiorità, alla ricerca di una legge, di un’autorità da ascoltare, che non provengano solo dall’esterno, ma che partano da sé stessi, assieme agli altri, in dialogo con gli altri. UNA COMPONENTE FONDAMENTALE SPESSO DIMENTICATA: LA DIMENSIONE ESTETICA Non si può dimenticare tale dimensione nell’azione insegnativa/educativa, quella della bellezza del corpo in movimento, del corpo teso alla migliore espressione di sé. E come interviene il doping nella dimensione estetica? 10 La vittoria e il risultato rimangono belli anche quando, per raggiungerli, ci si è dopati? Come si pone il doping rispetto alla bellezza del corpo e della mente impegnati nello sport o nelle attività motorie? Che ne è, con il doping, della bellezza dello sforzo, della fatica? Un atleta, uno sportivo, un corpo in movimento dopati, possono ancora essere contemplati come esempi di bellezza? Il doping verosimilmente inquina la bellezza, altera profondamente la dimensione estetica del corpo e del corpo in movimento e impedisce la fruizione del valore contemplativo, sul quale è profondamente educativo soffermarsi.
9 Per un riferimento teorico di indubbio spessore cfr. G. M. Bertin, M. G. Contini, Costruire l’esistenza. Il riscatto della ragione educativa, Armando, Roma 1983, in particolare il capitolo La dimensione intersoggettiva come orizzonte pedagogico, pp. 125 e segg. 10
Cfr. Bertin G. M., L’ideale estetico, La Nuova Italia, Firenze 1974.
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Quando i ragazzi vedono immagini relative allo sport belle, ne possono ricavare sentimenti edificanti e producono coniugazioni vitali. Far guardare, o ancor meglio contemplare la bellezza del corpo in movimento, impegnato verso un obiettivo, é profondamente educativo. Anche la proiezione di buoni film può servire a far apprezzare ai ragazzi la dimensione estetica del corpo impegnato nel movimento. PER NON CONCLUDERE Si esprime la convinzione che dev’essere l’autoriflessività, tra ragazzi, tra adulti, la strada che va coltivata perché sia lo sport sia l’attività motoria, e attraverso questi la cura del corpo e il suo rispetto, restino a far parte del processo formativo di ciascuna persona, ovvero riescano davvero a contare sul piano educativo, per una vita felicemente vissuta, ma anche agita: vivere e agire la vita non sono la stessa cosa. Questo implica reinterrogarsi sul termine ‘formazione’, non ponendolo o considerandolo in competizione con il termine ‘prestazione’ o ‘performance’, nel senso di una contrapposizione netta, ma comunque adottando un atteggiamento critico, attento, adulto: quando questi secondi termini tendono a porsi come obiettivi assoluti e onnicomprensivi di qualsivoglia attività motoria, sportiva, agonistica o non agonistica che sia, lì forse si aprono i problemi, lì si consente di praticare un attentato all’identità della persona, lì si apre un varco al doping. Che cosa possiamo dunque fare? In sintesi potremo dire che: serve parlare di doping, serve recuperare il pensiero sul doping, trovando lo spazio necessario per le magistralità degli adulti, ma anche e forse soprattutto, degli stessi giovani. Serve evitare ogni tono moralistico, optando per quello morale: più che il giudizio, che pur ha una sua giustificazione, vale l’asse ragionativo, la pratica del ragionamento dialogato, della valutazione condivisa, secondo il principio di realtà, e accanto serve l’educazione al sentire, per l’apprezzamento delle dimensioni anche affettive legate alle attività motorie e sportive 11. Serve dunque fare proposte e parlare in positivo, perché le attività motorie e lo sport vengano amati, difesi, protetti, curati. Che cos’altro possiamo ancora fare? Si esprime la convinzione che sedersi attorno ad un tavolo e cominciare a confrontarsi su questi compiti, mai finiti, sarebbe la risposta più efficace e più soddisfacente verso i ragazzi, ma anche per noi quali educatori.
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Cfr. Contini M., Per una pedagogia delle emozioni, La Nuova Italia, Firenze 1992.
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BIBLIOGRAFIA 1. Agosti A., Per una didattica fondata sui valori. L’insegnamento delle discipline antropologiche, in Calidoni P. (a cura di), Didattica educativa e formazione dei docenti, coll. diretta da G. Flores D’Arcais, Giardini Editori e Stampatori in Pisa, Pisa-Roma 2003, pp. 11-29. 2. Bertin G. M., L’ideale estetico, La Nuova Italia, Firenze 1974. 3. Bertin G. M., Contini M., Costruire l’esistenza. Il riscatto della ragione educativa, Armando, Roma 1983. 4. Caillois R., I giochi e gli uomini, la maschera e la vertigine, Bompiani, Milano 1981. 5. Contini M., Per una pedagogia delle emozioni, La Nuova Italia, Firenze 1992. 6. Filippi N., Fumagalli G., Sanguanini B. (a cura di), Sport, formazione umana, società, Cleup, Padova 2004. 7. Filippi N., Per una pedagogia dello sport, «Pedagogia e Vita», 4, 2005, pp. 92-112. 8. Kaiser A. (a cura di), Gioco e Sport nelle Scienze dell’educazione, Sagep, Genova 1996. 9. Mortari L., Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Carocci, Roma 2003. 10. Roveda P., Educazione e psicanalisi. Quale etica per quale colpa?, Vita e Pensiero, Milano 2002. 11. Varisco B. M., Costruttivismo socio-culturale, Carocci, Roma 2002.
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EDUCAZIONE MORALE E SPORT
Natale Filippi Facoltà di Scienze Motorie - Università di Verona
Se noi dovessimo analizzare il linguaggio utilizzato dagli educatori, dai tecnici sportivi, dagli stessi docenti nei diversi momenti della loro attività ai fini di una valutazione sui risultati conseguiti, si riscontrerebbe il ricorso generalizzato ad espressioni moralmente connotate. I termini maturità, responsabilità, impegno, costanza, ordine, partecipazione, diligenza, rispetto, attenzione ricorrono costantemente nei loro giudizi e attestano che la terminologia è di matrice etica. E tuttavia, se si chiede il senso, la qualità dell’impegno educativo per una migliore formazione morale degli allievi non mancherà di manifestarsi qualche sorpresa, perché si potrà incontrare coloro che dichiarano che la scuola, ad esempio, non ha da svolgere un compito educativo e tanto meno di educazione morale, considerata questa di esclusiva pertinenza della famiglia. E d’altra parte, nella prassi come nella politica educativa, la più diffusa condizione non è l’intesa o il consenso sugli scopi dell’educazione e sul loro grado di importanza, ma piuttosto l’indifferenza o il disaccordo, l’antagonismo ed il conflitto. Ai giorni nostri ciò è vero in misura speciale per le qualità morali e spirituali come scopi dell’educazione. Queste qualità sono fondamentali per l’orientamento dell’individuo ai valori, per la competenza sociale e per la sicurezza spirituale di lui, derivanti da profonde radici in un credo religioso o filosofico. Esso è tenuto in gran conto nella legislazione dei diritti dell’uomo, ma molto trascurato nella teoria e nella prassi educativa contemporanea. Ciò è provocato dal pluralismo delle idee e dei costumi, costitutivo di una società democratica, con i suoi vantaggi e svantaggi. Fino a qualche decennio fa, ad es. in Italia, il termine pluralismo ideologico indicava 127
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un pluralismo di pochi grandi gruppi, fautori di convinzioni religiose e di principi morali, come i cattolici, i comunisti, i socialisti, i liberali. Questo pluralismo di gruppi relativamente stabili e seguaci della tradizione è stato via via sostituito da un pluralismo di individui, i cui stili di vita dipendono più da una scelta soggettiva ed accidentale che non dalle tradizioni e dall’autorità di una comunità orientata di credenze. In tali società individualistiche le convinzioni religiose e filosofiche diventano faccende private. Ideali comuni svaniscono, mentre crescono soggettività, scetticismo, relativismo, nichilismo morale. Gli Stati liberali moderni sono legati al principio di neutralità circa le religioni e le filosofie, per cui nelle scuole si ha il dovere di mostrare non-identificazione, tolleranza, neutralità, imparzialità. Questa norma serve a tutelare le libertà religiose e ideologiche dei membri della comunità. Eppure produce anche effetti sgraditi sotto il profilo educativo. Essa impedisce l’incremento del bene spirituale di ciascun ragazzo a vantaggio di un principio astratto di ugual trattamento per tutti gli alunni. Essa favorisce l’indifferenza alle fedi e perciò incide negativamente sulla formazione spirituale. L’onere della integrazione spirituale grava oggi anzitutto sulle famiglie. Ma molte di esse, però, isolate e fragili come sono, hanno problemi con la loro responsabilità per l’educazione dei figli. Non pochi genitori mancano loro stessi della stabilità morale che dovrebbero trasmettere ai figli. Per adempiere questo incarico occorre loro il sostegno di una più ampia e concorde comunità in grado di veicolare messaggi e valori tali da sostenere le attese e le aspirazioni di un mondo giovanile disorientato e confuso. Noi osserviamo che i nostri ragazzi sono sui banchi di scuola come nella vita apatici, svogliati, sembrano privi di vita. Evitano lo sforzo, le sfide: non sono abituati a combattere e cedono alle prime difficoltà. Non si possono fare solo elogi ai nostri giovani, ripetere demagogicamente che sono la speranza dell’umanità, del futuro. Lo sono se si svegliano. Lo sono se qualcuno riesce a risvegliare in loro la voglia di sapere, di capire, di inventare, di lavorare. L’essere umano è nel profondo un combattente, ha al suo interno una spinta irrefrenabile a salire in alto. È questa che bisogna risvegliare. E la si risveglia non con il compatimento e tantomeno con l’indifferenza di tanta parte degli adulti. La si risveglia solo additando una meta, un progetto alto, difficile, ambizioso e dimostrando con l’esempio, da parte dell’adulto di crederci e che si è pronti a battersi insieme a loro per raggiungere la meta. A questo scopo lo sport può diventare una sicura palestra di vita, ma a certe condizioni! 128
Educazione morale e sport
EDUCAZIONE E SPORT Lo sport non è più un fenomeno marginale del nostro vivere: esso sta diventando una cartina di tornasole del futuro che ci attende, un grande caleidoscopio per leggere se stessi, la società, il mondo. Il livello di civiltà umana di una popolazione organizzata, infatti, può essere commisurato in maniera significativa al suo grado di cultura psicomotoria. La stessa nascita dello sport, sottoposta ad una lettura attenta e critica, risulta essere la storia di un progetto culturale consapevole, di un progetto di modernizzazione e di civilizzazione della società attraverso un’opera sistematica di educazione nazionale e popolare, essenzialmente dedicata alla gioventù: in questo senso si può affermare che lo sport anticipa, promuove, crea modernità. E tuttavia, pur riconoscendo le potenzialità formative dello sport, il discorso si fa assai problematico quando si analizza il modello culturale sportivo invalso, che si identifica con le varie forme di sport-spettacolo o di sport-sponsorizzato, un insieme di ambiguità e di contraddizioni in forza delle quali il termine educazione rischia di essere svuotato del suo significato, ossia della possibilità di “tirar fuori il meglio da ciascuno di noi”. Quello in cui viviamo è un clima culturale dominato dall’etica dell’efficienza, della razionalità numerica, del culto della quantificazione, della standardizzazione, del progresso come crescita materiale illimitata, dove poco valore viene riconosciuto a quell’attività cognitiva impegnata a dire il senso di ciò che accade. Ma venendo meno il pensare viene meno la radice generativa della civiltà. Quando la mente evita l’esercizio del pensare riflessivo, si finisce per stare in una situazione di anonimia, dove ci si sottrae alla possibilità, ma anche alla responsabilità di cercare il senso dell’esperienza, e quindi di farsi autori consapevoli di quello che si va pensando e si va facendo. In questo contesto cade a proposito il richiamo del sociologo G. Magnane: “lo sport può essere messo al servizio dell’umanesimo: culto della libertà per l’arricchimento della partecipazione sociale, oppure al contrario, può rischiare di indirizzare l’adolescente verso un animalismo che lusinga e sviluppa le sue peggiori tendenze regressive” 1. Che lo sport sia un fenomeno culturale e sociale di grande portata può essere provato da ulteriori considerazioni legate alla dimensione profetica dello sport, inteso quale
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G. Magnane, Sociologia dello sport, La Scuola, Brescia 1972, p.151.
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momento che anticipa il futuro della società, dalla sua capacità proattiva, che lo indica come forza che spinge a superare le barriere e i vincoli in cui spazio e tempo ingabbiano la nostra esistenza. Se, da una parte, lo sport esalta il concetto di servizio in maniera intensa, dall’altra, dilata in termini di universalità la comunicazione tra soggetti, popoli e Stati, perché il gesto atletico assume un valore universale. Un vero campione non è tale perché appartiene a un Paese, ma perché esalta le potenzialità umane in modo eccellente. È anche un fatto politico di notevole risonanza. I valori educativi dello sport sono stati riconosciuti dal Consiglio Europeo di Nizza (7-9 dicembre 2000), che ha confermato altre dichiarazioni precedenti in particolare la dichiarazione n.29 allegata al Trattato di Amsterdam, in cui si sottolinea il ruolo che lo sport assume nel forgiare l’identità delle persone. La Decisione n.291/2003/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 febbraio 2003 che ha istituito l’Anno europeo dell’educazione attraverso lo sport 2004, richiama i governanti del nostro continente a riconoscere che l’agire motorio e il fare sport costituiscono una componente fondamentale dell’educazione e che, a questo proposito, è necessario intervenire sulla base di alcuni orientamenti: a) sensibilizzare gli istituti di insegnamento nonché le organizzazioni sportive all’esigenza di cooperare allo scopo di sviluppare l’educazione attraverso lo sport; b) trarre vantaggio dai valori trasmessi attraverso lo sport per lo sviluppo delle conoscenze e competenze che consentono ai giovani di sviluppare capacità fisiche e la volontà a compiere sforzi a livello personale, nonché capacità sociali come il lavoro di gruppo, la solidarietà, la tolleranza e il fair-play in un ambito multiculturale. Ma è soprattutto la Sezione 5 del Trattato della Costituzione Europea a richiamare l’attenzione. Essa accanto alla Istruzione e alla Formazione professionale indica nello sport uno dei “luoghi” privilegiati per la formazione integrale della gioventù. Sembra quasi si sia inteso codificare il pensiero dei grandi educatori e pensatori dell’800, i quali ritenevano che formazione della mente, formazione del cuore, formazione al lavoro costituissero i momenti essenziali e imprescindibili per l’educazione delle nuove generazioni. Lo sport è, dunque, una delle case dell’educazione. Lo sport può diventare una pratica umana di valore! Afferma P.J.Arnold che “sebbene uno sport possa essere considerato come una pratica particolare caratterizzata dalle sue regole, esso non si avvale di mezzi separati dalla vita quotidiana o dai valori morali”, che, “il carattere morale è sviluppato nello sport, come in altre sfere della vita, nella misura in cui alcune qualità umane come la lealtà, il coraggio, la determinazione, vengono stimolate e finalizzate a sostenere azioni corrette e giuste nell’interesse di tutti “ e che “ la formazione del carattere si collega all’autogoverno individuale del giocatore 130
Educazione morale e sport
rispetto non solo a quello che egli sta per fare, ma anche alla determinazione di quello che egli dovrebbe fare in rapporto a ciò che è giusto” 2. Al fine di comprendere il posto che lo sport, o meglio l’attività sportiva, ha nel più generale processo educativo, occorre chiarire innanzitutto il senso che si intende dare al concetto stesso di educazione. a. Occorre cioè domandarsi quale sia il fine di ogni processo educativo, o quando un soggetto possa essere considerato “bene educato”, nella consapevolezza, come sottolinea I.Kant che “l’educazione è il più grande e più difficile problema che possa essere proposto all’uomo”. L’educazione non può non richiamarsi a quel concetto di umanesimo integrale, coniato da J. Maritain e presto convertito nell’idea di “educazione integrale” della persona. Ne consegue la necessità di sviluppare il più armonicamente possibile l’uomo in tutte le sue dimensioni, da quella fisica o corporea a quella emotiva ed affettiva, da quella intellettuale a quella sociale. Assurdo e pericoloso sarebbe, infatti, credere che educando veramente il fisico di un ragazzo si possa prescindere dalla sua educazione morale, o che sviluppando la sua formazione intellettuale si possa fare a meno della sua sensibilità estetica o della sua apertura sociale, e così via. Il ragazzo, come l’uomo, è un tutto unico i cui diversi aspetti sono solo sfumature diverse di un solo essere, sostenere il contrario significherebbe dare un grosso contributo alla creazione di quella condizione alienata dell’uomo che purtroppo caratterizza negativamente il nostro tempo. Si tratta di formare l’uomo anche quando gli si insegna ad adoperare le mani, le braccia, le gambe, proprio perché l’educazione deve tendere ad un traguardo unitario. Educare non significa ammaestrare, addomesticare, o semplicemente allevare, ma significa promuovere valori di autentica umanità. È per questo che il culto del corpo non aiuta a crescere! b. L’educazione si prefigge di formare nel soggetto la capacità di agire autonomamente e responsabilmente secondo scelte di valore. Nella pratica educativa un fine è sempre perseguito anche se non intenzionalmente, ma quello che importa sapere è se i fini siano “valori”. Il discorso pedagogico, indagando sui fini educativi, è portato a considerarli come tali solo se “valori”. Qualora non si facesse riferimento ad un valore umano (etico, religioso, politico, sportivo e altro) risulterebbe inevitabile che anche l’apprendistato per diventare perfetti scassinatori, potrebbe denominarsi educazione. E tuttavia la pedagogia rifiuta situazioni di questo tipo,
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P.J. Arnold, Educazione motoria, sport e spettacolo, Ed. Guerini, Milano 2002, p. 59.
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anche se di fatto esistono, se non istituzioni, certamente addestramenti del genere. Come dunque legittimare la validità degli obiettivi-fini? Il chiarimento di Aristotele è, a questo proposito, esplicito: fini-obiettivi si costituiscono come valori, quando e in quanto rendono l’uomo virtuoso. Meglio sono valori quegli obiettivi che rendono l’uomo più umano. Sono cariche di valore quelle azioni che permettono all’uomo di realizzare la sua forma umana, la forma propria di ciascuno, di garantire la crescita umana di ciascuna persona. Si intende, cioè, la formazione dell’uomo in quanto uomo, oltre i ruoli, gli status, le professioni, per un attingimento dell’essere – il benessere – oltre ogni limite storico, mondano, esistenziale. Che poi anche onore, ricchezza e potere possano essere perseguibili non è da eludere, a patto che si rendano valori educativi, ossia a dire se vengono usati quali mezzi o modi per la crescita umana della persona, intesa questa crescita quale tensione costante al “più” e al “meglio”. Per quanto concerne lo sport, ma non solo, l’attribuzione di giudizio di positività o di negatività non è connessa tanto alla tipologia descrittiva della pratica quanto al contesto morale di senso e alla elaborazione di significati personali che l’accompagnano. L’eccellenza raggiunta nella pratica sportiva non significa assolutamente virtù morale. Quello che conta è la qualità profonda dell’esperienza, la coerenza fra le intenzioni e le azioni. In ogni tipo di sport c’è dunque la possibilità di valore così come il rischio di decadenza e di depotenziamento. Sulla qualità “umana” dello sport, ossia su una sua considerazione sotto il profilo propriamente antropologico di questa esperienza, all’interno della struttura universale dell’attività umana ritengo opportuno dedicare l’attenzione alla funzione che lo sport può svolgere in ordine alla educazione alla gratuità. LO SPORT COME EDUCAZIONE ALLA GRATUITÀ Metaforicamente, la bussola indicherà il nord se lo sport ha queste caratteristiche: 1. È caratterizzato dalla condotta morale dei partecipanti e non dalla ricerca di particolari abilità standard o obiettivi estrinseci e funzionali all’assetto sociale esistente. Nella sua espressione più autentica non esige necessariamente la vittoria, il risultato tecnico, tanto che l’avverbio “sportivamente” indica la spontaneità nell’affrontare situazioni difficili e la serenità con cui si accetta un esito spiacevole. La ricerca angosciosa del successo ad ogni costo è un elemento estraneo allo spirito sportivo. La vittoria non è il fine né unico né principale della gara: è il mezzo per renderla più interessante, più viva e più combattuta. Lo scopo della gara è il misurarsi. Lo sport è un’azione autofruentesi, libera da finalità produttivistiche. 132
Educazione morale e sport
È antitesi al lavoro. Se viene privato del suo contenuto ludico e si esaurisce nel mondo degli scopi perde una sua connotazione essenziale. Il gusto della vittoria non è caratteristico dello sportivo: è in lui perché è radicato nell’uomo. Nello sport, tuttavia, esso si manifesta in maniera più evidente, e talvolta drammatica, perché lo sport esige e impone il superamento di un ostacolo: l’avversario, una parete, uno spazio, un tempo, se stessi. Ma perché la vittoria sia tale, limpida e senza ombre, è necessario che tutto l’uomo vinca. E l’uomo vince quando gareggia con impegno e correttezza, nel pieno rispetto delle leggi tecniche e morali dell’attività sportiva. 2. Punta sulla preparazione di uno sportivo umanizzato e non del superman campione: in altri termini si tratta di percorrere o il sentiero di una concezione sportcentrica nell’educazione mediante la motricità e lo sport, oppure quello di una concezione ludocentrica anche attraverso lo sport. 3. Abilita il soggetto al confronto con i propri limiti. Noi sappiamo che la vita nasce dall’incontro dell’energia del desiderio con un limite, con una regola che lo incanala in uno spazio di possibilità ben definito. Lo sport offre la possibilità di sperimentare, di esplorare e accettare i propri limiti personali e quelli sociali imposti dalle regole da condividere e, nello stesso tempo, di impegnarsi in uno sforzo di trascendimento dei limiti stessi. 4. Educa alla gratuità. In un’epoca fortemente segnata dall’utilitarismo, dove ogni attività deve essere mirata ad un prodotto immediatamente spendibile, fatica a trovare luogo quel modo di essere non acquisitivo che è mosso dall’intenzione di trasformare il vissuto, sia privato sia professionale, da un flusso di accadimenti in cui ci si trova coinvolti in un mondo di significati cui si sente di corrispondere. In un clima culturale dominato dall’etica dell’efficienza manageriale poco valore viene riconosciuto a quell’attività impegnata a testimoniare il senso di un agire disinteressato, seppure è proprio di quest’ultimo che la società continua ad aver bisogno, perché venendo meno la gratitudine e la gratuità viene meno la radice generativa della civiltà. Il gioco-sport si caratterizza per la sua dimensione di gratuità totale. Lo sport è il tempo della libertà, in cui l’uomo diventa aperto, disponibile all’amicizia, sensibile ai problemi degli altri, capace di guardare in fondo a se stesso. Euripide, nel suo Autolycus, si domanda: a cosa serve un uomo che ha ben lottato e corre in fretta, che ha lanciato il disco o fracassato una mascella? Quale vantaggio procura alla patria la sua corona? “Non serve a nulla”. Ma non è questo a preoccuparci. Anzi ci sarebbe da preoccuparsi di vederlo diventare troppo “utile”: strumento di propaganda, di evasione, di sopraffazione. 133
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L’utilità dello sport è quella delle cose sublimi, che non si giustificano nei risultati ottenuti, delle cose autonome, libere, creatrici delle proprie leggi, tanto importanti da costituire involontariamente uno straordinario elemento di equilibrio in tutte le civiltà. Lo sport è inutile perché è libero, lo pratica chi vuole e quando vuole. È sufficiente che entri nel gioco, nell’illusione, e che di esso accetti le regole. Non si tratta di dare nuovi contenuti alla realtà sportiva, ma di scoprire le autentiche forme del suo rapporto con l’uomo: le forme della libertà e della gioia che ci rivelano quella che il teologo Bernard Haering chiama la “teologia del bello”, per la quale le cose sono viste non come utili o come economiche, ma come manifestazione della suprema Bellezza.
BIBLIOGRAFIA 1. G. Magnane, Sociologia dello sport, La Scuola, Brescia 1972, p.151. 2. P.J. Arnold, Educazione motoria, sport e spettacolo, Ed. Guerini, Milano 2002, p. 59.
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DOPING: GLI ASPETTI LEGALI
Leone Luca Facoltà di Scienze Motorie - Università di Verona
Il termine doping 1 viene comunemente impiegato per indicare l’utilizzo di sostanze esogene o di pratiche terapeutiche dirette a migliorare artificialmente le prestazioni agonistiche degli atleti. Una simile azione è ormai da tempo giudicata scorretta dalla maggior parte delle persone, anche (e forse di più) da chi è estraneo al mondo dello sport. Cionostante, i fatti di cronaca degli ultimi decenni – limitati peraltro agli sportivi di vertice – e gli studi scientifici mostrano il doping come un fenomeno ormai di ampie dimensioni, diffuso a livello mondiale e, purtroppo, in crescita. In Italia il doping è oggi vietato esplicitamente, sia dall’ordinamento sportivo che dalla legislazione statale. Le due normative partono però da punti di vista differenti, preoccupandosi l’ordinamento giuridico sportivo di garantire principalmente la lealtà e la correttezza nelle competizioni sportive; quello statale di tutelare la salute dei cittadini, mettendo al bando un comportamento che costituisce per essa un indubbio pericolo. Differenti sono ovviamente anche le conseguenze in caso di trasgressione, distinguendosi in particolare la sanzione dello Stato da quella prevista per l’illiceità sportiva per essere la prima di carattere addirittura penale. Per comprendere le giustificazioni di una riprovazione così forte, espressa dal legislatore italiano nei confronti del doping (peraltro piuttosto tardivamente), bisogna ricordare alcune fondamentali norme, che rappresentano i presupposti giuridici per la condanna dell’assunzione di sostanze dopanti. Rileva infatti in materia innanzitutto il divieto posto dall’art. 5 del codice civile, in base al quale “gli atti del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità
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Dal verbo inglese to dope: drogare.
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fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordinamento pubblico o al buon costume”. È palese, senza che ci sia bisogno di esemplificazioni, come la regola generale dettata da questo articolo abbia trovato molteplici applicazioni anche in altre norme più specifiche di carattere interdittivo. Successiva in ordine di tempo, e tuttavia superiore per importanza, è invece la disposizione della Carta costituzionale che afferma il diritto alla salute, non solo quale diritto soggettivo inerente alla persona, ma altresì quale interesse pubblico di rilievo primario. Secondo l’art. 32 della Costituzione, vero e proprio pilastro del sistema sociosanitario italiano, “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Vengono così messi in evidenza due aspetti del tutto diversi della salute; che a ben guardare possono portare anche ad una reciprocità di obblighi tra il singolo cittadino e la collettività organizzata, di cui egli stesso fa parte, ma nei cui confronti, individualmente, può da un lato richiedere l’erogazione dei servizi sanitari e nondimeno subire legittimamente dall’altro una pretesa comportamentale atta a prevenire rischi per la salute. Sulla scorta di questi principi il fenomeno doping può e deve essere visto come un problema sociale, che va contrastato non solo dalla regolamentazione sportiva, ove da tempo sono previste sanzioni a carico dei diversi soggetti coinvolti che possono arrivare fino alla squalifica a vita, ma altresì dall’ordinamento giuridico generale, preoccupandosi lo Stato dei rischi per gli atleti connessi all’assunzione di sostanze o alla sottoposizione a pratiche mediche finalizzate all’alterazione delle loro prestazioni fisiche. Tenendo presente che resta un discorso a parte, per diversità di ambito e di scopi punitivi, quello della frode sportiva 2, si evidenzia peraltro un’assai limitata produzione normativa in materia di doping. Dopo un lungo periodo di quasi indifferenza legislativa nei riguardi di questo problema, che aveva portato solo alla determinazione, nella legge 26 ottobre 1971 n. 1099 (Tutela sanitaria delle attività sportive), di un generico divieto di usare e di somministrare sostanze che possono risultare nocive per la salute 3, a pena di semplice ammenda (l’illecito è stato poi addirittura depenaliz-
2 La frode sportiva è punita in Italia dalla legge 13 dicembre 1989 n. 401 (Tutela della correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche) come ipotesi fraudolenta specifica, per la prevalente giurisprudenza invero non applicabile al doping c.d. autogeno (praticato cioè volontariamente dall’atleta). Così Cass. Sez. VI 25 novembre 1996 n. 3011; contra però la celebre condanna ad un noto ciclista emessa da Trib. Forlì 11 dicembre 2000, smentita poi da Corte d’App. Bologna 23 ottobre 2001. 3
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Tale legge affidava peraltro alle Regioni i compiti di tutela sanitaria nelle attività sportive.
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zato), si è potuto infatti riscontrare solo in tempi recenti un preciso tentativo di contrastare la diffusione del doping nel mondo sportivo attraverso l’emanazione della legge 14 dicembre 2000 n. 376 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping). Questa legge, integrata dal decreto ministeriale di approvazione della lista dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche mediche vietate 4, costituisce in effetti la risposta legislativa italiana alla crescente diffusione del fenomeno doping; tenendo inoltre con essa fede all’impegno di adottare provvedimenti di contrasto al doping, che l’Italia si è assunta aderendo alla Convenzione europea contro il doping nello sport, deliberata a Strasburgo il 16 novembre 1989 dal Consiglio d’Europa e ratificata nel nostro Paese con la legge 29 novembre 1995 n. 522. Per evidenti fini di deterrenza, che come obbiettivo ultimo hanno l’auspicata diminuzione dell’incidenza del doping sul mondo sportivo, oltre che per motivi di riprovazione etica, la legge 376/00 è una legge di tipo penale, che introduce delle specifiche figure delittuose. Si può nondimeno dubitare che la scelta di utilizzare unicamente uno strumento repressivo così elevato sia ottimale sotto il profilo dell’efficacia sanzionatoria, essendo irrimediabilmente più difficile l’applicazione della norma penale, soggetta a problemi complessi di prova, rispetto ad esempio a previsioni sanzionatorie di carattere amministrativo 5. Venendo ad enucleare le caratteristiche e le disposizioni principali della legge 376/00, è opportuno premettere che tale legge non si limita comunque a dettare previsioni punitive, assegnando tra l’altro alle Regioni, in relazione alle importanti funzioni pubbliche da esse svolte in tema di salute, compiti di programmazione delle attività di prevenzione e di tutela della salute in relazione al fenomeno del doping,
4 Decreto del Ministero della Salute del 15 ottobre 2002, emanato di intesa col Ministero per i Beni e le Attività Culturali, su proposta della Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive istituita presso il Ministero della Salute. La lista dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche mediche vietate è stata successivamente più volte modificata, essendo soggetta ad aggiornamento periodico. 5 È appena il caso di ricordare che, non sussistendo vincolo di pregiudizialità per la giustizia sportiva, questa scelta comunque non influisce sulle possibilità di infliggere le sanzioni disciplinari proprie dell’ordinamento sportivo, caratterizzate da un’assai maggiore applicabilità (si pensi, in proposito, che vale qui il principio della responsabilità oggettiva dell’atleta risultato positivo al controllo antidoping o semplicemente in possesso della sostanza vietata, salvo annullamento o riduzione della sanzione se l’atleta riesce a provare l’assenza di colpa o la colpa non significativa) e tuttavia limitate ai soggetti facenti parte del mondo sportivo.
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da attuarsi nell’ambito dei piani sanitari regionali 6. Viene inoltre fatto obbligo pure per il CONI e per tutti gli enti sportivi di predisporre atti necessari per il rispetto delle norme di tutela della salute, con disposizione peraltro piuttosto vaga 7. L’oggetto giuridico del reato previsto dalla legge - ovverosia il principale bene tutelato, tenendo presente che la tutela penale è possibile solo se vi è un’offesa significativa a beni costituzionalmente rilevanti - è la salute pubblica e non, per i motivi anzidetti, la lealtà e la correttezza sportiva, che si ritiene abbia un interesse rilevante unicamente dal punto di vista dell’ordinamento giuridico sportivo ed è quindi alla base delle sue norme di carattere repressivo 8. Per quanto concerne invece la fattispecie criminale, viene punito con la reclusione da tre mesi a tre anni chiunque risulti in qualche modo connesso al doping, sia che somministri oppure procuri ad altri (al di fuori di casi di vero e proprio commercio, per i quali, come si vedrà più avanti, esiste una previsione apposita) farmaci o sostanze biologicamente o farmacologicamente attive non giustificati da condizioni patologiche; ovvero che ne favorisca l’utilizzo o ne assuma personalmente. Rispetto proprio a questa ultima ipotesi, che statuisce la condanna penale anche per il c.d. doping autogeno, la scelta di utilizzare solo la repressione penale mostra forse di più la propria debolezza; da un lato perché colpisce in ugual misura il soggetto che, almeno in certi casi, costituisce l’anello debole del problema, quantomeno perché è la sua salute a subirne gli effetti; dall’altro perché rende più difficile per gli atleti “uscire allo
6 Secondo l’art. 5 della legge 376/00, riprendendo quanto già stabilito dalla legge 1099/71 in materia di tutela sanitaria delle attività sportive, “le regioni, nell’ambito dei piani sanitari regionali, programmano le attività di prevenzione e di tutela della salute nelle attività sportive, individuano i servizi competenti, avvalendosi dei dipartimenti di prevenzione, e coordinano le attività dei laboratori” di cui al decreto ministeriale previsto dall’art. 4 comma 3, che ne indica i requisiti organizzativi e il funzionamento. Questi laboratori hanno il compito di effettuare i controlli sulle competizioni e sulle attività sportive che non rientrano tra quelle specificatamente individuate dalla Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive (istituita presso il Ministero della salute ex art. 3 della legge), rispetto alle quali i controlli sono invece svolti da differenti laboratori, appositamente accreditati presso il CIO o altro organismo internazionale riconosciuto in base alle disposizioni dell’ordinamento internazionale vigente, sulla base di una convenzione stipulata con la Commissione, ai sensi dell’articolo 4 comma 1. 7 8
Art. 6 comma 3 legge 376/00.
Deve tuttavia evidenziarsi come nell’art. 1 della legge 376/00 vengano altresì richiamati i principi etici e i valori educativi di cui al preambolo della Convenzione europea contro il doping nello sport di Strasburgo.
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scoperto”, denunciando il fenomeno e permettendo quindi di perseguire le persone che influenzano o addirittura spingono gli atleti ad assumere sostanze dopanti 9. Parimenti viene punito chi adotti oppure si sottoponga a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche. Mentre non è invece punito il rifiuto di sottoporsi ai controlli da parte dell’atleta, rinviando per questo la legge alla regolamentazione sportiva, che deve prevedere apposite sanzioni disciplinari, sì da limitare il pericolo di diffusione di comportamenti reticenti 10. Con riguardo alla volontarietà dell’illecito, è previsto per il reato di doping il dolo specifico, essendo cioè necessario per punire il colpevole che questi abbia agito non solo intenzionalmente, ma con il preciso fine di alterare le prestazioni agonistiche oppure, ed è lo stesso, di modificare i risultati dei controlli antidoping, assumendo ad esempio delle sostanze “di copertura”. È utile sottolineare che non si parla più di competizioni sportive, come nelle precedenti normative e come nell’attuale regolamento antidoping del CONI; derivandone pertanto l’applicabilità - quantomeno potenziale - in tutte le attività sportive organizzate, anche se amatoriali, e consentendo di effettuare controlli pure durante gli allenamenti 11. Si tratta inoltre di un reato “di pericolo”, non richiedendosi, perché il fatto costituisca reato, il verificarsi dell’evento illecito voluto dall’agente ed essendo invece sufficiente l’idoneità della condotta (ad esempio la somministrazione di una sostanza dopante) a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo 12. Tale idoneità non deve valutata in astratto, ma in concreto, attraverso un giudizio prognostico che si riferisca alla situazione come si prefigurava all’imputato al momento dell’azione. Il pericolo di un danno alla salute è perciò presunto, in base all’idoneità
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Si noti che in altri paesi, come ad esempio in Francia, non viene invero punito penalmente l’atleta colpevole di doping. In Italia, peraltro, la norma dovrebbe quantomeno essere confrontata con l’art. 72 del d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, che non prevede più, dopo il referendum del 1993, il reato per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, alcune delle quali risultano comprese anche nella lista allegata alla legge 376/00. 10
Il Regolamento dell’attività antidoping, la cui ultima versione è stata approvata dal Consiglio Nazionale del CONI il 30 giugno 2005 e modificata poi dalla Giunta Nazionale del CONI il 22 dicembre 2005, prevede per l’atleta che si rifiuti di sottoporsi al controllo le medesime sanzioni stabilite in caso di riscontrata positività (art. 19.4.1). 11 Tale delimitazione dell’ambito di operatività della legge risulta maggiormente in linea con la Convenzione europea contro il doping nello sport di Strasburgo, ove per «sportivi», ai quali si riferiscono le ipotesi di doping, “si intendono le persone che partecipano abitualmente ad attività sportive organizzate” (art. 2 comma 1 lettera c). 12
In considerazione della sua natura di reato “di pericolo” e non “di evento”, risulta pertanto difficile la configurabilità del tentativo di doping in ambito penale, viceversa espressamente previsto dal Regolamento dell’attività antidoping del CONI.
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lesiva (questa sì) astratta del farmaco o della sostanza oppure della pratica medica vietata. Se poi si verifica effettivamente un danno alla salute la pena è aggravata, così come se il fatto è commesso nei confronti di un minore, ritenendosi maggiore la pericolosità della condotta 13. Attenendosi alla lettera della legge 376/00, è necessaria, per la configurabilità del reato di doping, la ricomprensione del farmaco, della sostanza o della pratica medica impiegata nelle classi contenute nel decreto ministeriale allegato alla legge; determinandosi pertanto il meccanismo - criticato da gran parte della dottrina in considerazione della riserva di legge in materia penale prevista dall’art. 25 della Costituzione - della c.d. norma penale “in bianco”, ove il dispositivo è formulato genericamente e va quindi ricavato in dettaglio da una fonte esterna di livello inferiore alla legge ordinaria. Meno rigorosa, ma anche meno problematica, è l’interpretazione della norma che vede invece nella ricomprensione nelle classi solo una condizione oggettiva di punibilità ex art. 44 c.p., secondo cui il reato sussisterebbe, però non sarebbe applicabile la pena, per motivi di opportunità punitiva che hanno determinato il legislatore a subordinare la stessa al verificarsi di una qualche condizione. Entrambe le interpretazioni renderebbero comunque la legge antidoping sostanzialmente inefficace fino al momento dell’emanazione della lista dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche mediche vietate, avvenuta con il D.M. 15 ottobre 2002, nonostante la legge sia entrata in vigore quasi due anni prima. Di contrario avviso si è però mostrata la Cassazione Penale con la sentenza n. 46764 del 2 dicembre 2004, che ha attribuito alla lista solo un valore ricognitivo 14, di ausilio quindi al giudice e tuttavia non preclusiva rispetto alla valutazione di nocività del farmaco, della sostanza o della pratica medica utilizzata nella fattispecie, da effettuarsi anche grazie ad altri strumenti; considerando in particolare certamente già configurabile il reato commesso dopo l’emanazione della legge 376/00, pur se antecedentemente al D.M. 15 ottobre 2002, laddove il tipo di doping impiegato fosse rientrato nell’elenco, allora già disponibile, allegato alla legge 29 novembre 1995 n. 522 di ratifica della Convenzione europea contro il doping nello sport (richiamata dalla stessa legge 376/00).
13 Quest’ultima aggravante era già contenuta nella legge 1099/71, insieme a quella, ugualmente ripetuta dalla legge 376/00, prevista qualora il fatto sia commesso da un componente o da un dipendente del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal CONI. 14 Più in specifico, nella sentenza citata si legge che il decreto ministeriale “ha natura classificatoria essendo demandato alla commissione il compito di ripartire in classi le sostanze dopanti e non quello di individuarle”.
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La legge in esame si preoccupa infine di introdurre un’ulteriore figura criminosa, volta a punire in modo più pesante, con la reclusione da due a sei anni (la medesima pena stabilita per il traffico di droghe leggere) 15, il vero e proprio commercio illecito di farmaci e di sostanze ricompresi nelle classi di cui al decreto ministeriale, attraverso canali diversi dalle farmacie. Si tratta di un reato del tutto diverso da quello di doping, poiché non serve la presenza di un dolo specifico ed avendo inoltre lo stesso natura di reato “abituale”, per il quale sono richiesti, quali elementi integranti il delitto, l’onerosità della condotta, la sua continuità e la presenza di una vera e propria organizzazione criminale.
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15 Diversamente dal reato di doping, qui è di conseguenza possibile disporre intercettazioni telefoniche e ambientali ed il fermo ex art. 384 c.p.p.
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11. G. Lageard, Sport e diritto penale: il legislatore introduce il reato di doping, in Dir. Pen. e Proc., 2001, 4, p. 429 ss. 12. G. Marra, Tutela della salute umana ed etica sportiva nella nuova legge contro il doping. Profili penalistici, in Cass. pen., 2001, p. 1417 ss. 13. L. Tricomi, Sanzioni penali: il gioco si fa duro, in Guida al diritto, 47, 2000, p. 34 ss. 14. R. Guariniello, La legge sul doping tra Corte di cassazione e ministero della Salute , in Foro It., 2002, II, p. 281 ss. 15. R. Guariniello, Per la legge la salute è un vizio, in Micromega, 1, 2000, p. 191 ss. 16. T. Padovani, Commento alla legge n. 401/89, in Leg. Pen., 1990, p. 94 ss. 17. V. Frattarolo, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano, 2005 18. G. Ariolli, V. Bellini, Disposizioni penali in materia di doping, Milano, 2005; 19. S. Bonini, Doping e diritto penale prima e dopo la legge 14 dicembre 2000 n. 376, in (a cura di) S. Canestrari, G. Fornasari, Nuove esigenze di tutela nell’ambito dei reati contro la persona, Bologna, 2001, p. 255 ss. 20. G. Vidiri, Il doping tra normativa sportiva ed ordinamento statale, in Foro It., 1991, III, p. 225 ss. 21. V. Lenoci, Profili penalistici del doping sportivo, in Riv. Dir. Sport., 1992, p. 127 ss. 22. L. Musumarra, Il doping, in (a cura di) L. Musumarra, L. Selli, Diritto dello sport, Le Monnier Università, Firenze, 2004
PROGETTI ED ATTIVITÀ
IL PROGETTO “NO DOPING”: I MATERIALI INFORMATIVI E IL PROGRAMMA DI PREVENZIONE DELL’USO DI SOSTANZE DOPANTI
Giovanni Serpelloni, Annalisa Rossi , Doriano Dal Cengio Dipartimento delle Dipendenze - ULSS 20 Verona
INTRODUZIONE Il progetto “No doping” è un programma di prevenzione dell’uso di sostanze dopanti realizzato dal Dipartimento delle Dipendenze dell’ULSS 20 di Verona, in collaborazione con l’Assessorato allo Sport del Comune di Verona, la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Verona, il CONI regionale e provinciale, nell’ambito del Piano Regionale lotta alla droga 2003-2005. L’iniziativa nasce dall’esigenza di dare una risposta alla diffusione crescente delle sostanze dopanti, alla scarsa conoscenza dei rischi e dei pericoli derivanti dall’uso, alla presenza di modelli culturali e valoriali favorenti lo sviluppo del fenomeno doping. La società in cui viviamo è infatti, fortemente orientata al successo e all’alto livello di efficienza. La ricerca della vittoria a tutti i costi rappresenta pertanto il modello valoriale proposto, e ciò che fa sì che anche gli individui che fanno sport a livello amatoriale facciano uso di farmaci. Altro aspetto tipico della nostra società che ha impresso un notevole impulso alla diffusione delle pratiche dopanti è la tendenza a cercare nei farmaci la soluzione ad ogni problema fisico, assimilando il farmaco a qualsiasi altro bene di consumo. Vi è poi l’esasperazione cuturale e mediatica del corpo che porta ragazzi dismorfofobici a far uso di sostanze per aumentare le masse muscolari, imitando stereotipi maschili o femminili. 145
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GLI OBIETTIVI Gli obiettivi del progetto sono stati i seguenti: • l’informazione sui potenziali danni derivanti dall’assunzione non giustificata da condizioni patologiche, di farmaci o di sostanze volte a modificare le condizioni dell’organismo al fine di accrescerne le prestazioni, nonché dell’abuso/maluso degli integratori alimentari; la sensibilizzazione sull’importanza di uno stile di vita sano che comprenda una alimentazione corretta e una pratica sportiva pulita. • la promozione di percorsi formativi rivolti a target significativi quali: allenatori, insegnanti di educazione fisica, genitori etc.
IL TARGET Il target era costituito da: • ragazzi che praticano attività sportive di età compresa trai 13 e i 19 anni • insegnanti di educazione fisica, allenatori, gestori di palestre, dirigenti sportivi, genitori
GLI AMBIENTI DI INTERVENTO Gli ambienti di intervento erano i seguenti: l’ambiente scolastico, sportivo, sanitario, ludico del territorio di Verona e provincia. LE FASI DI REALIZZAZIONE 1. Costituzione del gruppo di lavoro, che ha visto coinvolti: il Dipartimento delle Dipendenze dell’ULSS 20 di Verona, l’Asssessorato allo Sport del Comune di Verona, la facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Verona, il CONI provinciale e regionale. 2. Approfondita ricerca bibliografica relativa a progetti di prevenzione del doping nazionali e internazionali. 3. Progettazione, realizzazione e valutazione di indagini conoscitive volte ad una migliore comprensione del problema (vedi capitoli relativi): - una prima ricerca ha interessato una popolazione studentesca di età compresa tra i 14 e i 19 anni finalizzata a rilevare l’atteggiamento verso le sostanze dopanti, verso chi le utilizza, verso chi le propone, il livello di conoscenza del fenomeno doping, le fonti informative, le conoscenze specifiche sulle sostanze do146
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panti, le caratteristiche dei coetanei o amici fruitori di sostanze dopanti, l’uso di doping e di sostanze psicoattive in generale; - la seconda indagine ha coinvolto gli allenatori, i dirigenti sportivi ovvero su tutte quelle figure deputate alla formazione degli atleti e quindi potenzialmente in grado di influenzare in modo determinante i comportamenti dei giovani. 4. Pianificazione della campagna informativa, sviluppo e diffusione dei materiali informativi avvalendosi delle più recenti acquisizioni nel campo del marketing sociale per quanto riguarda la prevenzione dei comportamenti a rischio; 5. Organizzazione di un workshop per la formazione degli operatori deputati alla prevenzione (allenatori, insegnanti di educazione fisica, dirigenti sportivi etc.) LA CAMPAGNA INFORMATIVA Gli obiettivi della comunicazione
• Informare sui potenziali effetti nocivi delle sostanze dopanti e sulla tendenza oggi in uso verso l’abuso/maluso degli integratori alimentari. • Sensibilizzare sull’importanza di perseguire stili di vita corretti: alimentazione adeguata e sport pulito. I messaggi
“Il doping ti cambia”: messaggio forte ed inequivocabile per indicare i potenziali danni permanenti a livello fisico, ma soprattutto psicologico, che le sostanze dopanti comportano; “Io con il doping non gioco”: una presa di posizione forte, decisa, senza ombre di complicità e ambiguità, contro la cultura dell’aiuto chimico senza il quale potrebbe sembrare impossibile vincere, un invito a riflettere sulla imposizione sociale della cultura del doping. Da qui l’elaborazione dei due soggetti: da una parte l’immagine grottesca di uno sportivo con la testa d’asino e in mano una coppa, che suggerisce il seguente interrogativo: “la vittoria e il risultato hanno lo stesso valore anche quando, per raggiungerli, si è ricorsi al doping?; dall’altra, un altro sportivo dallo sguardo fermo e deciso, con le scarpe in mano in atto di rinuncia, che rappresenta la necessità e l’auspicabile capacità di maturare una scelta consapevole senza compromessi. I materiali informativi
– N° 2 locandine 50 x 70, rivolte ad un target giovane, principalmente adolescente, finalizzate a sensibilizzare sulle alterazioni psicofisiche permanenti prodotte dal147
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l’uso del doping e, al contempo sull rispetto della lealtà e delle regole. – kit di schede informative approfondite sulle varie tipologie di sostanze dopanti: gli stimolanti gli anabolizzanti gli ormoni peptidici, glicoproteici ed altri i corticosteroidi i betabloccanti i narcotici i diuretici il doping ematico ed altri metodi simili la marijuana l’alcool gli integratori alimentari ed altre sostanze – n° 1 pieghevole di informazioni sintetiche sulle sostanze dopanti e sugli integratori – n°1 pacchetto didattico per gli allenatori e gli insegnanti di educazione fisica – n° 1 manuale pratico per tutti gli operatori addetti alla prevenzione del doping, riguardante gli aspetti medici, nutrizionali, psicopedagogici, legali ed etici. – una sezione consultabile online sul sito www.dronet.org specifica sulle sostanze dopanti.
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LOCANDINE
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KIT SCHEDE INFORMATIVE
GLI STIMOLANTI COSA SONO Gli stimolanti sono sostanze attive sul sistema nervoso centrale accomunate dalla preminente azione eccitante. QUALI SONO GLI IMPIEGHI IN MEDICINA I farmaci psicostimolanti vengono impiegati in alcuni casi, sotto stretto controllo medico, per la cura di particolari patologie quali la narcolessia, caratterizzata da attacchi improvvisi di sonno, e i disturbi da deficit di attenzione. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT L’uso di stimolanti nello sport risponde ad esigenze legate all’aumento della capacità di concentrazione, alla riduzione del senso di fatica e in generale all’aumento dell’aggressività e della competitività. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO L’uso di stimolanti può essere molto pericoloso e non sono pochi i casi di atleti professionisti deceduti. L’uso di stimolanti infatti, durante uno sforzo intenso determina come effetti: un forte aumento della temperatura corporea, disidratazione, un rallentamento della circolazione sanguigna ed un notevole sforzo cardiaco che può portare anche, nei casi più gravi, alla morte. QUALI SONO LE SOSTANZE STIMOLANTI PIÙ COMUNEMENTE UTILIZZATE PER ACCRESCERE LE PRESTAZIONI SPORTIVE Gli stimolanti più utilizzati sono: • la cocaina • le amfetamine • l’efedrina • la caffeina LA COCAINA La cocaina è una sostanza psicoattiva estratta dalla pianta della coca, che cresce soprattutto in Sud America, in Africa e negli Stati Uniti. Le vie di somministrazione sono due: la via inalatoria (sniffo o fumo) e la via iniettiva. Gli effetti che la sostanza produce sono: aumento dell’aggressività, aumento della sensazione di vigilanza e sicurezza, diminuzione del senso di fatica. L’uso di cocaina determina tuttavia, una serie di gravi rischi per la salute: forte dipendenza fisica e psicologica, forte depressione e senso di disagio interno quando viene meno l’effetto della sostanza; ansia, tremori, irritabilità, attacchi di panico, aumento della pressione arteriosa, aumento della temperatura corporea, tachicardia, aritmie, sospettosità e manie di persecuzione, disturbi del sonno; rischio di infarto cardiaco (gli assuntori hanno probabilità molto più elevate rispetto alla popolazione normale di avere un infarto). LE AMFETAMINE Le amfetamine sono sostanze con azione simile a quella della cocaina: incremento dell’attenzione, vivacità dei riflessi neuromuscolari, attenuazione del senso della fatica, aumento dell’aggressività. Gli effetti collaterali principali sono: forte ansia, tachicardia, tremori, ipertensione arteriosa, crampi addominali, colpi di calore, diminuzione della libido, tremori muscolari.
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GLI STIMOLANTI L’EFEDRINA L’efedrina è una sostanza stimolante estratta dall’efedra, un’erba potente utilizzata nella medicina cinese da circa 5.000 anni. Viene impiegata ampiamente in medicina come rimedio sintomatico per la congestione da raffreddore e come antistaminico. Poiché ha un effetto stimolante, che aumenta il metabolismo e la temperatura corporea, è stata utilizzata anche per il controllo del peso e per impedire il sonno. Nello sport viene impiegata per la sua azione stimolante e la conseguente sensazione di benessere che ne deriva, anche se non ci sono prove scientifiche che incrementi le prestazioni. Molti atleti la utilizzano poi, per dimagrire velocemente riducendo la massa grassa corporea, limitando la perdita di massa muscolare. Le reazioni avverse riscontrate, soprattutto a carico del sistema cardiovascolare e del sistema nervoso centrale, vanno da: ipertensione arteriosa, ritenzione urinaria, irritabilità, nervosismo, cefalea, palpitazioni, tachiaritmie, infarto cardiaco, attacchi epilettici, fino alla morte, nei casi più gravi. LA CAFFEINA La caffeina è uno stimolante del sistema nervoso centrale con effetti sul sistema cardiocircolatorio e respiratorio, contenuto in alcuni alimenti di origine vegetale (caffè, thè, cacao, bevande quali la coca cola). Viene impiegata nello sport, in particolare prima di prove di durata, per la sua presunta capacità di aumentare la resistenza alla fatica, anche se non esistono prove scientifiche relative ad un miglioramento delle prestazioni sportive indotto da dosi, anche elevate, di caffeina. Un iperdosaggio tuttavia, può causare nervosismo, irritabilità, insonnia, disturbi gastrointestinali, aritmie cardiache gravi. L’interruzione brusca dell’assunzione di caffeina può determinare crisi di emicrania.
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GLI ANABOLIZZANTI COSA SONO Gli anabolizzanti sono sostanze sintetiche con azione simile agli ormoni maschili (androgeni). Hanno per lo più effetti anabolici, ossia provocano la crescita dell’apparato muscolo-scheletrico ed effetti androgeni di sviluppo delle caratteristiche sessuali maschili. QUALI SONO GLI IMPIEGHI IN MEDICINA Gli steroidi anabolizzanti vengono utilizzati per i seguenti fini terapeutici: • per trattare la pubertà tardiva; • per trattare l’ipogonadismo, condizione nella quale i testicoli non producono sufficiente testosterone per una normale crescita, sviluppo e funzionamento sessuale; • in caso di deterioramento del corpo causato dalla sindrome AIDS e da altre malattie. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT La scoperta negli anni 30, da parte degli scienziati, che gli steroidi anabolizzanti potessero facilitare la crescita dell’apparato muscolo-scheletrico portò all’uso di questi composti tra i culturisti e gli atleti di altri sport, al punto che negli anni 60 il loro utilizzo era già ampiamente diffuso. Gli effetti ricercati dagli atleti sono: l’aumento della muscolatura e la riduzione del grasso corporeo. Alcune persone che le utilizzano soffrono di un disturbo detto “dismorfia muscolare”, che comporta un’immagine distorta del proprio corpo. Gli uomini con questa patologia si vedono piccoli e deboli, anche se sono grandi e muscolosi. Le donne invece, si percepiscono grasse e poco toniche anche se in realtà sono magre e muscolose. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO Gli effetti collaterali o le reazioni allergiche derivanti dall’uso degli steroidi anabolizzanti sono molto seri. Coinvolgono il sistema cardiocircolatorio, il sistema riproduttivo, il sistema endocrino, epatico, osteoarticolare e l’apparato neuropsichico: • Sistema cardiocircolatorio: maggiori depositi di liquidi nel corpo e nei muscoli causano una pressione sanguigna più elevata; inoltre, l’aumento significativo di colesterolo “cattivo” (LDL) predispone all’infarto e all’ictus. • Sistema riproduttivo: l’uso ha effetti drammatici sul sistema riproduttivo: diminuzione significativa della produzione di testosterone da parte dei testicoli, riduzione del volume dei testicoli, disturbi nella produzione dello sperma, ingrossamento della prostata, diminuzione del 90% della produzione di spermatozoi, comparsa nell’uomo di caratteri femminili quali la crescita del seno. • Sistema endocrino: la regolazione ormonale propria dell’organismo viene disturbata e, in parte, inibita, per cui il corpo produce meno ormoni endogeni. • Sistema epatico: si possono avere danni alle cellule epatiche e, in alcuni casi, tumori. • Sistema osteoarticolare: nelle persone che usano queste sostanze è stato osservato un incremento della fragilità delle inserzioni derivante dalla riduzione della loro elasticità ed è stato accertato che l’incremento della forza muscolare associato ad una minor elasticità facilita l’evento di stiramenti o rotture. Nei giovani l’uso determina una prematura saldatura ossea con una conseguente interruzione della crescita.
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GLI ANABOLIZZANTI • Apparato neuropsichico: gli aspetti psicologici che vengono alterati dalla somministrazione degli steroidi anabolizzanti comprendono: euforia, aggressività, irritabilità, tensione nervosa, cambiamento della libido, mania e psicosi. L’azione a livello del sistema nervoso centrale è amfetaminosimile, euforizzante: il soggetto avverte uno stato di benessere, di allegria, non prova noia durante gli allenamenti e non sente la fatica, almeno in un primo tempo. Con il tempo, e con le dosi, questa euforia si trasforma in aggressività, e può sconfinare in comportamenti asociali. Fino all’80% dei soggetti che usano steroidi sono aggressivi e violenti durante il periodo del loro utilizzo. Gli atleti potrebbero sviluppare depressione clinica durante il periodo di non somministrazione e questo fa insorgere un ulteriore problema legato alla dipendenza farmacologica. • Tra gli effetti collaterali derivanti dall’uso di anabolizzanti c’è anche la comparsa di una forma particolare di acne sul dorso, sulle spalle e sul petto. • Nelle donne, oltre agli effetti sopra illustrati, si possono verificare: una mascolinizzazione della voce, un ingrossamento irreversibile del clitoride, disturbi del ciclo mestruale, irsutismo. QUALI SONO LE SOSTANZE ANABOLIZZANTI PIÙ COMUNEMENTE UTILIZZATE PER ACCRESCERE LE PRESTAZIONI SPORTIVE Gli anabolizzanti più utililizzati sono: il nandrolone, il testosterone, lo stanatolo e, più recente, il tetraidrogestrinone (THG).
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GLI ORMONI PEPTIDICI, GLICOPROTEICI ED ALTRI COSA SONO A questa categoria di sostanze appartengono ormoni di diversa natura chimica. Gli ormoni vengono prodotti in piccole quantità dalle ghiandole endocrine presenti nell’uomo; giungono, grazie alla circolazione sanguigna, ai tessuti sui quali agiscono e fungono da messaggeri per produrre effetti di breve o lunga durata. QUALI SONO GLI ORMONI MAGGIORMENTE UTILIZZATI NELLO SPORT Gli ormoni più utilizzati nello sport sono: - L’ORMONE DELLA CRESCITA (GH O SOMATOTROPINA) - L’ERITROPOIETINA (EPO) - LA CORTICOTROPINA (ACTH) - L’INSULINA - LA GONADOTROPINA CORIONICA UMANA (HCG) L’ORMONE DELLA CRESCITA (GH) L’ormone della crescita (GH), o somatotropina, è un ormone secreto da una ghiandola posta nella scatola cranica, l’ipofisi o ghiandola pituitaria, che viene prodotto in seguito a stimoli quali: l’attività fisica intensa, lo stress, l’ipoglicemia ed il sonno. L’uso clinico di questo ormone è il trattamento di bambini con difficoltà di crescita a causa di un difetto endogeno nella produzione dell’ormone da parte dell’organismo. Nello sport l’utilizzo è molto diffuso e in crescita per la presunta, ma non dimostrata, capacità di aumentare la forza muscolare e di ridurre la massa grassa. In realtà, non esistono prove scientifiche che l’aumento della massa muscolare conseguente all’attività anabolizzante della sostanza determini un aumento della forza e quindi della prestazione. I possibili effetti collaterali derivanti dall’uso sono i seguenti: sviluppo di tumori, ingrossamento della scatola cranica, degli organi interni, e della massa scheletrica, intolleranza al glucosio, effetti a carico del sistema muscoloscheletrico e cardiaco irreversibili. Tra i possibili rischi derivanti dall’assunzione vi è inoltre quello di incappare in partite di GH infettate dal virus della mucca pazza, che possono essere presenti sul mercato nero. L’ERITROPOIETINA (O EPO) L’eritropoietina (o EPO) è un ormone che stimola la produzione dei globuli rossi nel sangue. Viene impiegata per uso clinico in nefrologia, chirurgia e cardiochirurgia, in particolare nei trattamenti delle anemie. Nell’attività sportiva ha soppiantato il ricorso all’autotrasfusione di sangue e rappresenta la forma più diffusa di doping ematico alternativo. Aumenta infatti, la disponibilità di ossigeno nei tessuti muscolari e favorisce il recupero durante l’attività fisica; per questo è impiegata soprattutto negli sport che richiedono sforzi prolungati, come il ciclismo, il nuoto, la maratona etc. Per quanto riguarda gli effetti dannosi, l’Epo, innalzando il numero di globuli rossi nel sangue ed aumentando la densità del sangue, causa ipertensione arteriosa, elevato rischio tromboembolico, infarto del miocardio e ictus cerebrale.
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GLI ORMONI PEPTIDICI, GLICOPROTEICI ED ALTRI LA CORTICOTROPINA (O ACTH) La corticotropina è un ormone secreto dall’ipofisi che stimola le ghiandole surrenali a produrre glucocorticoidi, mineralcorticoidi e steroidi androgeni al fine di mantenere l’equilibrio idrico e metabolico. Viene impiegata nello sport per i suoi effetti anabolizzanti, nonostante non vi sia alcuna prova scientifica che agisca come sostanza anabolizzante. Gli effetti collaterali conseguenti all’assunzione comprendono: ritenzione idrica, iperglicemia, disturbi gastrointestinali, osteoporosi, acne e ipertricosi. L’INSULINA L’insulina è un ormone secreto dal pancreas che gioca un ruolo fondamentale nel controllo dei livelli di glucosio sangue. Viene assunta dagli atleti nella convinzione, non supportata da alcuna prova scientifica, che svolga un’azione anabolizzante e che determini un miglioramento della performance sportiva. Gli effetti collaterali derivanti dall’assunzione di insulina al di fuori del controllo senza prescrizione medica sono: crisi ipoglicemiche acute, ritenzione di liquidi, fenomeni tossici al fegato etc. LA GONADOTROPINA CORIONICA UMANA (HCG) La gonadotropina corionica è una sostanza prodotta dalla placenta che si estrae dall’urina della donna in gravidanza. È impiegata in medicina per favorire l’ovulazione nelle donne con problemi di infertilità e per trattare l’ipogonadismo maschile. Nello sport viene sfruttato l’effetto anabolizzante. La sua assunzione determinerebbe infatti, un aumento della produzione di steroidi androgenici. Gli effetti collaterali comprendono: trombosi, aumento delle dimensioni delle mammelle e dei testicoli, interruzione della crescita.
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i diuretici CHE COSA SONO I diuretici sono sostanze che aumentano la produzione di urina, favorendo l’eliminazione di acqua e sali dal corpo. QUALI SONO GLI IMPIEGHI IN MEDICINA In clinica, l’effetto principale sfruttato è la diminuzione dei liquidi in circolo e, conseguentemente, la riduzione della pressione sanguigna. Le principali indicazioni terapeutiche sono : il trattamento degli stati di edema, l’ipertensione arteriosa, l’insufficienza renale acuta. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT Nello sport non esistono benefici derivanti dall’uso dei diuretici per l’incremento della performance sportiva. L’utilizzo ha, al contrario, un effetto assolutamente negativo sulla prestazione. Vengono tuttavia, utilizzati nella pratica sportiva per due ragioni: • per abbassare il peso prima delle competizioni negli sport che implicano categorie di peso (es. pugilato, judo, karate, lotta, pesistica e cultura fisica); • per mascherare l’ingestione di altri agenti dopanti, riducendo la loro concentrazione nelle urine, attraverso l’aumento dell’escrezione urinaria. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO Gli effetti collaterali derivanti dall’uso sono numerosi e gravi: pericolosa diminuzione della pressione arteriosa che può evolvere in collasso cardiocircolatorio, insufficienza renale e alterazione della funzionalità epatica. Si possono poi avere delle interazioni con altri farmaci.
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i betabloccanti CHE COSA SONO I betabloccanti sono sostanze che, tra le loro azioni, riducono la frequenza cardiaca. QUALI SONO GLI IMPIEGHI IN MEDICINA Trovano la loro principale indicazione clinica nel trattamento delle patologie cardiovascolari:aritmie cardiache, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco. Altre indicazioni terapeutiche comuni sono: il trattamento del glaucoma e dell’ipertensione oculare, il trattamento dei disturbi d’ansia, dei sintomi correlati ad astinenza da alcool, dell’ipertiroidismo. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT Vengono impiegati in alcune pratiche sportive invernali (salto del trampolino, bob etc.) ed estive (tiro con l’arco, tiro al piattello, nuoto sincronizzato, vela etc.) in cui è richiesto un impegno prevalentemente psichico piuttosto che fisico. L’utilizzo in tali discipline può indurre una riduzione della risposta fisiologica allo stress (incremento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della tensione emotiva, del tremore degli arti) con i seguenti effetti utili al miglioramento della prestazione: riduzione del tremore agli arti, riduzione dell’ansia, riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO L’uso di queste sostanze per fini non terapeutici è assolutamente sconsigliato per i numerosi effetti collaterali che possono presentarsi, che interessano principalmente i seguenti apparati: • neuro-psichici: depressione, confusione, allucinazioni, disturbi del sonno; • cardiovascolari: insufficienza cardiaca, bradicardia, arresto cardiaco, morte improvvisa per interruzione del trattamento farmacologico in caso di ipotensione, aggravamento di patologie circolatorie. In caso di sovradosaggio si possono verificare: convulsioni, coma, depressione cardiovascolare fatale, depressione respiratoria e broncocostrizione.
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IL DOPING EMATICO ED ALTRI METODI SIMILI CHE COSA È IL DOPING EMATICO Il doping ematico consiste nel prelievo, in un momento in cui l’atleta non gareggia, di una certa quantità di sangue che viene conservato. Ciò costringe l’organismo ad aumentare la produzione di globuli rossi. In prossimità della competizione, vengono reinfusi i globuli rossi prelevati precedentemente, facendo aumentare la concentrazione di emoglobina e quindi determinando un miglioramento della capacità del sangue di trasportare ossigeno. Questa pratica è meno utilizzata che in passato in quanto sostituita dall’uso dell’EPO. ALTRI METODI SIMILI ADOTTATI PER ACCRESCERE LE PRESTAZIONI Un altro metodo simile utilizzato consiste nella somministrazione di trasportatori di ossigeno sintetici. La trasfusione ematica, autologa ed eterologa, è esordita negli anni ’70, perfezionata con svariate procedure di congelamento. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT L’effetto principale ricercato da chi ne fa uso è un miglioramento delle prestazioni di resistenza, dovuto ad un miglior trasporto dell’ossigeno. QUALI SONO I RISCHI E LE CONSEGUENZE DERIVANTI DALL’USO I rischi connessi con il doping ematico includono reazioni allergiche, la possibile trasmissione di malattie infettive, un sovraccarico del sistema circolatorio e lo shock anafilattico.
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I NARCOTICI (O ANALGESICI OPPIOIDI) COSA SONO I narcotici vietati nello sport, detti anche analgesici oppioidi, sono forti analgesici della classe degli oppiacei. QUALI SONO GLI IMPIEGHI IN MEDICINA I narcotici vengono utilizzati, sotto controllo medico, per sedare i dolori in malattie gravi quali per es. il cancro, per indurre e mantenere l’anestesia o per combattere la dipendenza (es. programma con il metadone). Agiscono infatti, sul sistema nervoso, attenuando il dolore ed elevando, in dosi ridotte, il tono dell’umore. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT L’uso di narcotici nello sport si verifica in discipline sportive che comportano dolore, quali ad es. la boxe e sport da combattimento in generale. Queste sostanze sono infatti, in grado di innalzare la soglia del dolore a tal punto che si può arrivare a non accorgersi neppure di eventuali danni fisici subiti o di percepire come innocue situazioni pericolose. QUALI SONO I PIÙ COMUNEMENTE UTILIZZATI NELLO SPORT I narcotici più utilizzati sono: • la morfina, una sostanza naturale prodotta dall’oppio, che è il prototipo degli oppiacei; • l’eroina; • il metadone, un farmaco di sintesi, le cui azioni farmacologiche sono qualitativamente sovrapponibili a quelle della morfina. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO L’uso di questi farmaci, al di fuori del controllo medico, è assolutamente sconsigliabile. Gli effetti collaterali sono infatti, numerosi e molto gravi. Includono: • danni psichici (dipendenza, sindrome da astinenza); • danni nervosi (aumento della pressione intracranica, coma con alte dosi); • danni cardiovascolari (tachicardia, ipotensione, bradicardia); • danni respiratori (depressione respiratoria e, nei casi più gravi, persino morte); • danni gastroenterici (nausea, vomito).
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I CORTICOSTEROIDI COSA SONO I corticosteroidi sono ormoni secreti dal surrene a seguito dello stimolo della corticotropina. QUALI SONO GLI IMPIEGHI IN MEDICINA Vengono utilizzati principalmente per le loro proprietà antinfiammatorie, in tutte le patologie in cui è fondamentale sopprimere l’attività del sistema immunitario (immunodepressione): reazioni allergiche gravi, malattie reumatiche, asma bronchiale. L’uso di questi farmaci va effettuato solo sotto stretto controllo medico e limitato a patologie quali l’asma o quelle nelle quali sia necessario combattere il dolore e l’infiammazione conseguenti a traumi articolari. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT L’uso di queste sostanze nello sport è finalizzato al raggiungimento di effetti ergogenici. Non ci sono tuttavia, prove scientifiche che dimostrino un miglioramento della performance sportiva. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO I rischi, correlati alla dose e alla durata dell’uso, sono i seguenti: gonfiore, tensione, irritabilità, insonnia, iperfagia e, nei casi di trattamento prolungato, iperglicemia, aumento della massa grassa e riduzione di quella magra, ipertensione arteriosa, ulcere gastriche, osteoporosi, aggravamento di malattie infettive e ritardi nella crescita.
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L`ALCOOL (ALCOOL ETILICO O ETANOLO) COS’È L’alcool etilico o etanolo, noto comunemente come alcool, è il costituente fondamentale di molte bevande largamente diffuse come i vini, la birra ed i liquori. La sua concentrazione varia a seconda dei casi e può essere bassa come nella birra (4%) o decisamente alta, come in alcuni distillati (70%). Le bevande a base di alcool hanno basso valore nutrizionale ed alto contenuto energetico. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT L’alcool può apparire uno stimolante a causa della precoce disinibizione dovuta alla soppressione dei meccanismi di controllo inibitori. In realtà, diminuisce significativamente il rendimento sportivo in quanto deprime il sistema nervoso centrale. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO L’assunzione eccessiva di bevande alcoliche può determinare, a seconda dei casi: stato di ebbrezza, sonnolenza, loquacità, difficoltà a coordinare i movimenti, nausea, vomito, vertigini, sudorazione e stato confusionale. L’alcool induce dipendenza (alcolismo) ed il suo consumo smodato costituisce un problema sociale rilevante. La conseguenza dell’alcoolismo è la cirrosi alcolica del fegato e può portare sino al coma ed alla morte. È fondamentale evitare l’assunzione concomitante di farmaci che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale (per esempio ansiolitici e antidepressivi). L’abuso di alcolici è associato anche a molti altri disturbi: gastrointestinali (esofagite, gastrite, epatite, pancreatite, tumori), ematologici (anemia), cardiovascolari (ipertensione, cardiomiopatia).
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Il progetto “No doping”: un programma di prevenzione dell’uso di sostanze dopanti
La MARIJUANA COS’È La marijuana, così come l’hashish, è un derivato della Cannabis Sativa o Canapa Indiana, pianta originaria dell’Asia Centrale. Il suo principio attivo è il tetraidrocannabinolo (THC). Assunta per via orale o per inalazione del suo fumo provoca cambiamenti dell’umore e della percezione, euforia e allegria, rilassamento e torpore. QUALI SONO GLI IMPIEGHI IN MEDICINA Nella pratica clinica la marijuana è stata studiata principalmente come antinausea nel trattamento del vomito indotto da farmaci antitumorali oltre che per ridurre la pressione intraoculare del glaucoma. Rispetto al trattamento con farmaci antiemetici tradizionali non sono stati dimostrati però reali vantaggi derivanti dall’uso di questa sostanza e, poiché la sua azione ha spiccati effetti psicoattivi, non esiste una giustificazione razionale al suo utilizzo. QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT La marijuana viene impiegata negli sport di tipo “sociale ricreazionale” per gli effetti inebrianti provocati dal suo fumo. Il rilassamento psichico e la riduzione dell’ansia durante la competizione sono i principali effetti ricercati. L’uso di questa sostanza infatti, non determina un incremento delle prestazioni sportive. Al contrario, produce un calo della forza muscolare, tremori, alterazioni del coordinamento muscolare e dell’equilibrio e una diminuzione dei tempi di reazione compromettendo fortemente il rendimento. QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL’USO La marijuana dà abuso e dipendenza. Gli effetti collaterali che possono derivare dall’uso sono i seguenti: • tachicardia, ipertensione arteriosa e aritmie; • vertigini, alterazioni dell’orientamento spazio-temporale, alterazione della coordinazione motoria, irritabilità, attacchi di ansia, episodi psicotici di natura paranoidea, alterazioni della memoria; • diminuzione del testosterone e disturbi del comportamento sessuale, per quel che concerne la sfera ormonale.
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165
DOPING
GLI INTEGRATORI ALIMENTARI ED ALTRE SOSTANZE Una corretta alimentazione, equilibrata e bilanciata nell’apporto dei vari nutrienti energetici (carboidrati, lipidi, e proteine), non energetici (acqua, vitamine, minerali) e delle fibre, che sia varia e ricca di cibi freschi e stagionali, è, in genere, in grado di assicurare la copertura dei bisogni nutrizionali dei ragazzi impegnati in attività fisiche. Ricorrere pertanto, all’uso di integratori, se non sono presenti squilibri dietetici e se non vengono prescritti dal medico, è del tutto ingiustificato e può comportare anche rischi per la salute. L’uso indiscriminato di questi prodotti, soprattutto se prolungato nel tempo, può dare effetti collaterali quali ad es. l’accumulo nei tessuti dell’organismo con conseguenti danni ai vari organi (fegato, reni, cuore), l’interferenza con l’assorbimento di altre sostanze utili ecc.. Ciò nonostante, oggigiorno si assiste, soprattutto a causa dell’azione pubblicitaria martellante delle aziende produttrici, allo sviluppo del mercato degli integratori. I prodotti in commercio sono numerosissimi e classificabili nelle seguenti categorie: • prodotti finalizzati ad una integrazione energetica a base di carboidrati con vitamine ed eventuali altri nutrienti; • prodotti con minerali (sodio, potassio, magnesio) destinati a reintegrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione derivante dall’attività muscolare; • prodotti finalizzati all’integrazione di proteine e amminoacidi essenziali e ramificati; • altri prodotti a valenza nutrizionale quali: lievito di birra, polline, pappa reale, spirulina, guaranà, cola etc. Per quanto riguarda il ricorso agli integratori di carboidrati, vitamine, minerali per far fronte al dispendio energetico ed alla conseguente maggiore produzione di sudore, va detto che il medesimo scopo si può ottenere consumando cibi comuni quali fette biscottate con miele o marmellata, biscotti secchi, frutta fresca, succhi di frutta. Anche l’integrazione di proteine e aminoacidi è del tutto ingiustificata là dove venga seguita una corretta alimentazione che preveda un adeguato ed equilibrato apporto di cibi proteici (carne, pesce, uova, formaggio, legumi). Se utilizzata in dosi eccessive, e per tempi prolungati, può dar luogo a disturbi renali ed epatici. Menzione particolare merita, a questo riguardo, la creatina, sostanza prodotta a partire da alcuni aminoacidi, che costituisce una delle sostanze più utilizzate nello sport per migliorare le prestazioni sportive e che è tutt’altro che innocua. Può provocare infatti, ritenzione idrica, problemi renali, nervosismo, crampi muscolari e, in alcuni casi, anche danni a livello cardiaco. Per quanto concerne infine, prodotti quali lievito di birra, polline, pappa reale, guaranà etc. non esiste alcuna evidenza scientifica che possano incrementare le prestazioni sportive. Va poi sottolineato che, secondo un recente studio, non è infrequente che alcuni integratori in commercio contengano delle sostanze non dichiarate, soprattutto anabolizzanti; alcuni addirittura sostanze inquinanti, quali piombo, vetro ecc. a causa delle pessime procedure di preparazione. Va pertanto, sconsigliato vivamente l’acquisto di prodotti sottobanco o tramite internet. In conclusione: • è importante non farsi abbagliare dalla pubblicità, talvolta ingannevole di alcune aziende produttrici di preparati che promettono effetti miracolistici. Spesso, vi è infatti, una grande discrepanza tra gli effetti reclamizzati e la valutazione scientificamente corretta di questi prodotti; • evitare l’autosomministrazione e il fai da te; • ricorrere ad una alimentazione il più possibile varia e bilanciata, che costituisce sicuramente il modo più efficace e meno dispendioso per migliorare le prestazioni sportive e la salute in generale; • l’utilizzo di integratori con l’idea che si possa migliorare la propria prestazione sportiva attraverso l’assunzione di una sostanza va assolutamente contrastato poiché rappresenta il primo passo per lo sviluppo di un atteggiamento che incoraggia l’uso di sostanze dopanti. Dipartimento delle Dipendenze Ulss 20 di Verona
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Il progetto “No doping”: un programma di prevenzione dell’uso di sostanze dopanti
PACCHETTO DIDATTICO
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Il progetto “No doping”: un programma di prevenzione dell’uso di sostanze dopanti
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DOPING
Il piano di diffusione
Ambiente sanitario: • Ulss e SerT • Distretti socio-sanitari • Farmacie • Medici di medicina generale • Pediatri • Ospedali Ambiente sportivo: • Federazioni sportive • Associazioni sportive • Palestre Ambiente scolastico: • Scuole medie superiori • Facoltà di scienze motorie Ambiente pubblico: • Informagiovani
AMBIENTE SANITARIO DISTRETTI SOCIOSANITARI
AZIENDA ULSS 20 VERONA
FARMACIE
AMBULATORI DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE
AMBIENTE PUBBLICO SPORTELLI COMUNALI ASSESSORATO ALLO SPORT
ISTITUTI SUPERIORI DI II GRADO
AMBIENTE SPORTIVO
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OSPEDALI
Ser.T.
AMBIENTE SCOLASTICO
INFORMAGIOVANI
PALESTRE
PEDIATRI
ASSOCIAZIONI SPORTIVE
FEDERAZIONI SPORTIVE
FACOLTÀ DI SCIENZE MOTORIE
Il progetto “No doping”: un programma di prevenzione dell’uso di sostanze dopanti
I canali di diffusione
• • • •
Quotidiani regionali Radio e tv locali Affissioni Eventi di risonanza regionale, nazionale, internazionale e manifestazioni sportive (fiere, campionato mondiale di ciclismo) • Ambienti sportivi, pubblici, sanitari e scolastici, con esposizione del materiale informativo. La diffusione dei materiali informativi è avvenuta attraverso il coinvolgimento di vari opinion leader. La formazione degli operatori
E stato organizzato un corso di formazione sui vari aspetti del doping specifico per operatori/allenatori con l’intervento di esperti.
171
DOPING
BIBLIOGRAFIA 1. Andreason, A. R. (1995). Marketing Social Change: Changing Behavior to Promote Health, Social Development, and the Environment. San Francisco: Jossey-Bass. 2. DeJong, W., & Winsten, J. A. (1998). The Media and the Messages: Lessons Learned from Past Public Service Campaigns. Washington. 3. Applying Prevention Marketing – Ogden, Lydia, Melissa Shepherd, William A. Smith. Atlanta, GA: Centers for Disease Control and Prevention, Public Health Service, 1996. 5. Overview of Health Communication Campaigns (1999) – The Health Communication Unit at the Centre for Health Promotion –University of Toronto in sport and exercise. II ed. Human kinetics Ed. Champaign, IL, USA, 2000. 5. B. Houlihan. Morire per vincere. Sport e doping. Roma: Ed. Multimediali, 2000 6. Backer, T. Rogers, E., & Sopory, P. Designing health communication campaigns: What works? Newbury Park, CA: Sage Publications 1992. 7. Center for Substance Abuse Prevention. Breaking new Ground in Health Communications: innovative strategies from CSAP.Center for Substance Abuse Prevention. Making Prevention Work. Rockville, MD., MD., U.S. Department of Health and Human Services 1995. 8. C. Bellantuono, M. Balestrieri, Trattato di psicofarmacologia clinica, Il Pensiero Scientifico Editore, 2003. 9. C. Zanussi (a cura di), Trattato di Terapia Medica Pratica, Ed. UTET, Torino, 2002. 10. American Psychiatric Association: DSM-IV Diagnostic and statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revision, Washington, DC, American Psychiatric Association, 2000.
172
INDAGINE SULLO STILE DI VITA DEGLI ADOLESCENTI CHE PRATICANO ATTIVITÀ SPORTIVA NEL TERRITORIO VERONESE Giovanni Serpelloni *, Monica Zermiani **, Annalisa Rossi *, Doriano Dal Cengio *, Franco Aldegheri *, e Gruppo di lavoro “No Doping” (*) Dipartimento delle Dipendenze - ULSS 20 Verona (**) Dipartimento delle Dipendenze - ULSS 20 Verona - Istituto Fisiologia Clinica CNR Pisa. (***) Gruppo di lavoro “No doping”: Allegra P. (Fondazione Exodus), Fumagalli G., Leone R. (Facoltà di Scienze Motorie Università di Verona), Sgalambro E. (CONI Verona), Toninel C. (Assessorato allo Sport Comune di Verona).
PREMESSE Per poter pianificare al meglio una campagna informativa e per attuare programmi di prevenzione specifici sulla popolazione giovanile è necessario conoscere i comportamenti, le conoscenze, le motivazioni e gli atteggiamenti del gruppo a cui ci si riferisce. A tal fine è stata promossa un’indagine su una popolazione di età compresa tra i 14 e i 19 anni, inerente le abitudini sportive e l’eventuale uso di sostanze dopanti. OBIETTIVI Se da un punto di vista sportivo il doping si definisce come “la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” (Legge n. 376, 14 dicembre 2000), da un punto di vista sanitario esso va inteso come un vasto e generalizzato abuso o misuso di medicinali o sostanze assunti non a scopo di cura, ma al fine di modificare le proprie prestazioni o per altri fini salutistici o pseudo tali. L’abuso o il misuso di farmaci o sostanze può essere presente sia a livello sportivo, sia a livello nutrizionale ma anche come mezzo per modificare il proprio corpo o la sua percezione. Anche se non vi è un accordo comune nel mondo medico, abitudini alimentari corrette, nelle proporzioni considerate idonee da studi scientifici riconosciuti, sono sufficienti per coprire 173
DOPING
interamente i fabbisogni nutrizionali della maggior parte dei giovani impegnati in attività sportive, per cui il ricorso ad integratori è del tutto ingiustificato e non privo di potenziali rischi per la salute (American Academy Pediatrics, 2005; Marchi, 2002). In una concezione più ampia, quindi, il doping va ben oltre il mondo dello sport di tipo professionale, e supera, quindi, l’aspetto legale per assumere più i connotati di un fenomeno che coinvolge il mondo sanitario e psicologico in quanto medicinali o altre sostanze vengono assunte non a scopo di cura ma per modificare le proprie prestazioni e il proprio corpo (Kindlundh, 1999).Dai dati presenti in letteratura si evince che oltre il 50% dei giovani italiani pratica attualmente uno sport (Ciampicacigli, 1994), nel progetto effettuato dalla Provincia di Modena (Tallone d’Achille, 2004) i soggetti che praticano sport nella fascia d’età 14-19 anni sono il 78%; il periodo in cui i ragazzi partecipano in modo intensivo alla pratica sportiva sembra collocarsi tra i 13 e i 14 anni (Metzl, 2000). Uno studio piuttosto recente che ha coinvolto 4 paesi, tra cui l’Italia, ha rilevato che il 5.7% degli studenti e degli scolari dichiarano di utilizzare sostanze che migliorano la loro performance, ricorrendo per la loro acquisizione ad Internet o al mercato nero (European Commission, 2002). L’indagine ESPAD (2002) svolta nella Regione Veneto su popolazione studentesca indica una prevalenza d’uso di steroidi anabolizzanti nella vita pari all’1,3% e negli ultimi 12 mesi pari allo 0,9%. Un altro studio (Laure, 2000, 2004) riporta come dato di prevalenza delle sostanze dopanti nei ragazzi e adolescenti che praticano attività sportiva una percentuale variabile tra il 3% e il 5%, con dati più alti in quelli più grandi e che giocano a livello competitivo. Un’indagine nella Regione Veneto della Società Italiana di Pediatria rivela che il 6.2% dei giovani sportivi in questa regione tra 10 e 16 anni ha dichiarato di utilizzare sostanze dopanti (83% degli assuntori sono maschi, di cui il 75% pratica attività agonistica e il 25% amatoriali), il 2% di averne fatto uso “una sola volta” e il 4% “più di una volta” (Ferrara, 2004). Il modello teorico comportamentale di riferimento per l’uso di sostanze nocive per la salute, alla base del presente studio, prevede che i fattori che possono incidere maggiormente nell’assunzione di sostanze dopanti siano, sinteticamente: a) le motivazioni per cui una persona fa sport 1;
1
Secondo varie indagini psicologiche le motivazioni più frequenti che spingono gli atleti all’attività agonistica sono le seguenti: 1) l’aspetto socializzante della pratica sportiva e quindi la necessità di far parte di un gruppo; 2) la ricerca del benessere fisico e la cura del proprio aspetto; 3) il bisogno di muoversi e di stare in attività; 4) l’attrazione verso l’agonismo e quindi il desiderio di competere; 5) la frequentazione di un ambiente diverso da quello scolastico e familiare; 6) la ricerca di divertimento e spirito di avventura; 7) la realizzazione di sé attraverso il successo sportivo; 8) le pressioni familiari (i genitori ambiscono al successo del figlio in ambito sportivo); 9) lo stare con gli amici e il desiderio di emergere nella società (Cei 1998, Antonelli e Salvini 1987, Terreni 1997).
174
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
b) il grado di conoscenza sulle sostanze dopanti, la conoscenza delle sostanze specifiche, degli effetti sia a breve che a lungo termine; c) l’atteggiamento del soggetto verso il fenomeno del doping. L’atteggiamento può essere definito come la valutazione globale di un oggetto, che deriva da tre fonti di informazioni cognitive, ossia le credenze che gli individui hanno di quell’oggetto, una componente affettiva o emotiva relativa ai sentimenti di piacere o dispiacere espresso dalla persona nei confronti dell’oggetto e una parte comportamentale che riguarda le azioni di avvicinamento o evitamento rispetto all’oggetto. Queste componenti hanno fra loro un rapporto di reciproca dipendenza nel senso che l’acquisizione di nuove informazioni riguardanti un oggetto può cambiare il vissuto affettivo che lo investe e quindi il grado di disponibilità e indisponibilità all’azione (Cavazza, 2005). È importante cogliere l’atteggiamento delle persone verso il fenomeno del doping in quanto sapere se è considerato come un mezzo “socialmente accettato per vincere” o “una malattia” aiuta a pianificare messaggi preventivi; in modo particolare interessa rilevare come i giovani si pongono nei confronti dell’uso di sostanze dopanti, di chi le usa, di chi li propone e di come è possibile arginare tale fenomeno; d) la disponibilità del soggetto a modificare il proprio regime alimentare in funzione dell’attività sportiva, e l’individuazione degli adulti che possono modificare il comportamento alimentare degli adolescenti; e) la pressione esercitata da adulti autorevoli. Lo scopo della presente indagine è quello di rilevare nel territorio veronese, bacino di utenza per la quale è attuata una campagna informativa, la prevalenza dei principali fattori determinanti un eventuale uso di doping e i comportamenti a rischio. Nello specifico sono: 1) la frequenza e il tipo di attività sportiva praticata dalla popolazione studentesca; le motivazioni allo sport e il tipo di alimentazione in relazione alla pratica sportiva; 2) l’atteggiamento dei soggetti verso le sostanze dopanti, verso chi le utilizza, verso chi propone di utilizzare tali sostanze; 3) il grado stimato di conoscenza del doping, le fonti informative, la conoscenza specifica delle sostanze dopanti, le motivazioni principali che possono portare una persona a far uso di sostanze, le caratteristiche di coetanei o amici che fanno uso di tali sostanze dopanti; 4) l’uso di sostanze in generale e di dopanti in modo particolare. 175
DOPING
METODOLOGIA Le principali caratteristiche della ricerca vengono riportate nella tabella seguente. Una considerazione a parte va fatta relativamente al questionario messo a punto nel corso di una serie incontri tra esperti di varie discipline (psicologi, medici, farmacologi, educatori e rappresentanti del mondo dello sport) e che ha permesso il confronto di più visioni del fenomeno. Dopo la formulazione del modello e del concetto di doping si è fatta una prima stesura delle macro-aree di interesse, successivamente sono stati scelti, elaborati e rielaborati le domande del questionario. È stato, inoltre, eseguito un pre-test su un piccolo campione di soggetti (50 studenti) che ha permesso di verificare la fattibilità dell’indagine. Il questionario è composto da una prima sezione relativa ai dati socio-anagrafici (sesso, età, scuola e classe frequentata, composizione della famiglia, professione del padre e della madre), una seconda sull’attività sportiva intesa come tipologia e modalità, ore settimanali dedicate e da quanto tempo, la variazione dell’alimentazione in relazione alla pratica sportiva ed eventuali persone che influiscono sulla scelta di modificare il regime alimentare, esami medici in relazione all’attività e motivazioni della pratica sportiva. La terza parte è dedicata ad osservare l’atteggiamento dei soggetti verso l’uso libero di sostanze, verso l’uso controllato di sostanze dopanti, verso chi usa sostanze, verso chi fa usare e verso regole o norme più tolleranti. La quarta sezione riguarda la stima della conoscenza del fenomeno doping, fonti informative e conoscenza specifica delle sostanze, motivazioni che spingono i soggetti a far ricorso al doping, eventuale conoscenza di soggetti che fanno uso di sostanze dopanti (come età, sesso, sport praticato, tipo di sostanze e luogo di reperimento). L’ultima parte è relativa all’uso di sostanze, sono elencate oltre alle sostanze stupefacenti (amfetamine, cannabis, cocaina, eroina, ecc.), quelle dopanti (ormone della crescita, steroidi, androgeni), gli integratori, le bevande energetiche, l’alcool (sia come uso sia come ubriacature), le sigarette e il caffè.
176
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 1: Dati di sintesi delle caratteristiche dell’indagine Campione
Studenti di entrambi i sessi dai 15 ai 19 anni
Periodo di somministrazione
Maggio 2004
Unità di campionamento
Classi
Tipo di campionamento
Stratificato
Classi di somministrazione
Classi 1°, 2° 3° e 4°
Scuole
Tutti i tipi di scuole secondarie
Questionari
Anonimi con domande a scelta multipla
Distribuzione e raccolta del questionario
Insegnante referente alla salute
Numero delle domande del questionario
85
Tempo medio di compilazione
30 minuti
Percentuali di rispondenti
98%
RISULTATI Caratteristiche socio-anagrafiche
L’indagine è stata condotta su una popolazione di studenti, i soggetti che hanno aderito all’indagine sono stati 779: di cui 492 maschi (63.2%) e 287 femmine (36.8%) (tabella 2). Tutti i soggetti sono in possesso del diploma di scuola media inferiore. Per quanto riguarda l’età, circa il 60% del campione è costituito da 16-17enni, il 20% sono 18enni, il 10.9% 15enni, il 6.2% 19enni e un’esigua parte è costituita da ventenni (2.7%) e da 14enni (0.6%). Il 42.6% dei soggetti frequenta un istituto professionale, il 33.2% un liceo e il 24.2% un istituto tecnico, le femmine sono maggiormente rappresentate nel liceo (51.2%), mentre i maschi nell’istituto professionale (45.7%). L’1%, oltre all’attività scolastica, lavora occasionalmente e lo 0.9% indica di fare altre attività tra cui sport e musica. La proporzione di soggetti secondo la classe di appartenenza è così distribuita: il 39.0% è costituito dalle classi seconde, il 34.0% dalle terze e il 25.1% dalle quarte e l’1.9% da una classe prima.
177
DOPING
Tabella 2: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso M
N. soggetti
F
Tot
N
%
N
%
N
%
492
63.2
287
36.8
779
100
Figura 1: Distribuzione percentuale dei soggetti in base al sesso
Femmine 36,8%
Maschi 63,2%
Tabella 3: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso ed etĂ M
F
Tot
14 anni
0
0.0
5
1.7
5
0.6
15 anni
55
11.2
30
10.5
85
10.9
16 anni
137
27.8
82
28.6
219
28.1
17 anni
149
30.3
96
33.4
245
31.5
18 anni
99
20.1
57
19.9
156
20.0
19 anni
40
8.2
8
2.8
48
6.2
20 anni
12
2.4
9
3.1
21
2.7
Totale
492
63.2
287
36.8
779
100
178
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Figura 2: Distribuzione percentuale dei soggetti in base all’età
20 anni 19 anni 18 anni 17 anni 16 anni 15 anni 14 anni 0
10
20
30
40
Tabella 4: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso, tipo di scuola e classe frequentata Tot
%
N
M %
N
%
N
%
Liceo
112
22.8
147
51.2
259
33.2
Istituto tecnico
155
31.5
33
11.5
188
24.2
Istituto professionale
225
45.7
107
37.3
332
42.6
Totale
492
100
287
100
779
100
1°
3
0.6
12
4.2
15
1.9
2°
195
39,6
109
38,0
304
39,0
3°
168
34,2
97
33,8
265
34,0
4°
126
25,6
69
24,0
195
25,1
Totale
492
100
287
100
779
100
Tipo di scuola
F
Classe frequentata
179
DOPING
Tabella 5: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e tipo di convivenza M Convivenza
F
Tot
N
%
N
%
N
%
In famiglia
477
97.0
278
96.9
755
96.9
Con familiari acquisiti
10
2.0
5
1.7
15
1.9
Altro Totale
5
1.0
4
1.4
9
1.2
492
100
287
100
779
100
La maggior parte dei soggetti vive in famiglia (96.9%), 15 soggetti dichiarano di vivere con familiari acquisiti (1.9%) e 9 in altre istituzioni (1.2%) (comunità religiose, ecc.). La famiglia proto-tipica del campione indagato è costituita da madre, padre e due figli, nel 3.3% di casi risulta assente la madre, nel 8.7% il padre. I figli unici sono il 20.5% dei casi, la presenza di tre fratelli-sorelle si registra nel 18%, quattro o più si osservano complessivamente nel 6.9%. Altri soggetti presenti nella famiglia sono i nonni (prevalentemente nonne) nella misura del 5.8%. È stata indagata anche l’eventuale presenza di familiari acquisiti (madri, padri e fratelli) e si osserva come all’incirca nell’1% ci siano madre e padre acquisiti e in misura minore fratelli.
180
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attivitĂ sportivaâ&#x20AC;Ś
Tabella 6: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e composizione della famiglia M
F
Tot
Madre
N
%
N
%
N
%
Assente
15
3.0
11
3.8
26
3.3
Presente
477
97.0
276
96.2
753
96.7
Padre Assente
39
7.9
29
10.1
68
8.7
Presente
453
92.1
258
89.9
711
91.3
0
103
20.9
57
19.9
160
20.5
1
216
43.9
126
43.9
342
43.9
2
94
19.1
46
16.0
140
18.0
3
18
3.7
17
5.9
35
4.5
>4
9
1.8
10
3.5
19
2.4
Non riferito
52
10.6
31
10.8
83
10.7
N. fratelli/sorelle
Altri soggetti Nonni
29
5.9
16
5.6
45
5.8
Nessuno
463
94.1
271
94.4
734
94.2
Tabella 7: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e professione del padre M Professione padre Operaio
F
Tot
N
%
N
%
N
%
149
30.3
65
22.7
214
27.5
Artigiano/commerciante
74
15.1
53
18.5
127
16.3
Impiegato/insegnante
92
18.7
75
26.1
167
21.4
Imprenditore/libero prof.
98
19.9
61
21.4
159
20.4
Pensionato
45
9.2
19
6.6
64
8.2
Non occupato
9
1.8
2
0.7
11
1.4
Altro
13
2.6
3
1.0
16
2.1
Non risposta
12
2.4
9
3.1
21
2.7
Totale
492
100
287
100
779
100
181
DOPING
Tabella 8: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e professione della madre M Professione madre
F
N
%
N
Tot %
N
%
Casalinga
193
39.2
113
39.4
306
39.3
Operaia
80
16.3
46
16.0
126
16.2
Artigiana/commerciante
31
6.3
15
5.2
46
5.9
Impiegata/insegnante
140
28.5
88
30.7
228
29.2
Imprenditrice/libero prof.
23
4.7
14
4.9
37
4.7
Pensionato
10
2.0
6
2.1
16
2.1
Altro
10
2.0
3
1.0
13
1.7
Non risposta
5
1.0
2
0.7
7
0.9
492
100
287
100
779
100
Totale
La professione del padre è quella di operaio per il 27.5%, seguita da impiegato per il 21.4%, imprenditore (20.4%) e dall’artigiano-commerciante (16.3%). L’8.2% è pensionato, l’1.4% risulta non occupato ed una percentuale del 2.1% è costituita da sindacalisti, politici ecc. Per quanto riguarda le madri una certa parte (39.3%) sono casalinghe, il 29.2% impiegate-insegnanti, il 16.2% operaie, il 5.9% artigianecommercianti e una netta minoranza sono imprenditrici-libere professioniste. Le madri pensionate sono il 2.1%. Figura 3: Distribuzione percentuale dei soggetti in base al tipo di professione dei genitori
Casalinga Operaio/a Artig./Comm. Imp./Insegnante Impr./libero prof. Pensionato/a Non occupato/a Altro Non risposta 0
10 Padre
182
20
30 Madre
40
50
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
MODALITÀ E TIPOLOGIE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE Entrando nello specifico la popolazione è costituita da una percentuale relativamente bassa di persone che non praticano attività sportiva (29.6%) e da un 70.4% che ne fa una o più. Nel gruppo dei “non sportivi” 170 soggetti fanno solo educazione fisica (73.6%) e 61 soggetti nessuna attività (26.4%). Nel gruppo degli “sportivi” la maggior parte pratica una sola attività (85.9%), un 10.2% due attività e una piccola quota (3.9%) pratica lo sport sia con associazione sportiva, sia autonomamente, sia con la scuola. Osservando i singoli gruppi chi pratica una sola attività lo fa per il 55.0% con un’associazione sportiva, per il 43.9% autonomamente e l’1.1% attività sportiva con la scuola, chi fa due attività per la maggior parte dei casi la pratica con associazioni sportive e autonomamente (71.4%), un altro gruppo con associazione sportiva e con la scuola (12.5%), e infine chi la fa autonomamente e con la scuola è il 16.1%. Figura 4: Distribuzione numerica dei soggetti in base alle attività fisiche praticate 779 Soggetti dell’indagine
231
29,6%
548
Attività ridotta o assente (soggetti non sportivi)
170 Solo educ. fisica
73,6%
70,4%
Attività (soggetti sportivi)
61
26,4%
471
Nessuna attività
85,9%
56
1 attività
10,2%
2 attività
259
207
5
Ass. Sportiva
Auton.
Att. scuola *
40
7
21
3,9%
3 attività Ass. Sportiva + Auton. + Att. scuola*
9
Ass. Sportiva Ass. Sportiva Auton. + Auton. + Att. scuola * + Att. scuola *
* Attività sportiva svolta in ambito scolastico in aggiunta all’educazione fisica.
183
DOPING
Per valutare le singole attività sportive sono stati esclusi dall’analisi i soggetti che non praticano attività sportiva, includendo solo i soggetti che la esercitano regolarmente, corrispondenti a 548 soggetti, di cui 377 maschi (68.7%) e 171 femmine (31.3%). Tra le discipline sportive il calcio è la preferita per i maschi, praticata, infatti, dal 51.2% dei soggetti, altre discipline come body building (12.5%), pallacanestro (10.9%), ciclismo (10.6%), pallavolo (10.1%) sono scelte sostanzialmente nella stessa percentuale. La pallavolo è la disciplina sportiva praticata più frequentemente (24.0%) dal genere femminile, altra attività preferita è la palestra con le attività aerobiche (19.3%) seguita dalla danza (14.6%) e dal nuoto (13.5%). Le ore medie settimanali dedicate, indipendentemente dalla disciplina sportiva, sono pari a 4.14 (4.27 per i maschi, 3.48 per le femmine), lo sci è quella disciplina che registra più ore, probabilmente concentrata nelle vacanze e nei fine settimana. Per i maschi lo sport praticato da più tempo è il calcio, seguito da sci, scherma, judo, nuoto e pallacanestro; per le femmine la pallavolo, oltre ad essere l’attività preferita, è anche quella praticata da più tempo. L’attività sciistica è praticata in modo simile dai maschi e dalle femmine. Le attività come il body-building e la palestra, a cui vengono dedicate una certa quantità di risorse in termini di tempo, osservando gli anni di pratica si evince come siano abbastanza recenti nella storia dei soggetti. In sintesi è possibile osservare come alcune discipline, soprattutto il calcio nei maschi e la danza e la pallavolo nelle femmine, siano le attività preferite, più radicate nella storia del soggetto, mentre le attività della palestra siano probabilmente più legate allo sviluppo adolescenziale.
184
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 9: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e tipo di attività sportiva* M
F
Tot
N
%
N
%
N
%
193
51,2
4
2,3
197
35,9
Tipo di attività calcio pallacanestro
41
10,9
4
2,3
45
8,2
pallavolo
38
10,1
41
24,0
79
14,4
nuoto
32
8,5
23
13,5
55
10,0
ciclismo
40
10,6
12
7,0
52
9,5
sci (durante la stagione)
38
10,1
19
11,1
57
10,4
tennis
21
5,6
7
4,1
28
5,1
atletica
14
3,7
5
2,9
19
3,5
scherma
2
0,5
0
0,0
2
0,4
judo
4
1,1
3
1,8
7
1,3
karatè
9
2,4
5
2,9
14
2,6
arti marziali
15
4,0
2
1,2
17
3,1
body building
47
12,5
4
2,3
51
9,3
palestra: attività aerobiche
25
6,6
33
19,3
58
10,6
rugby
1
0,3
3
1,8
4
0,7
pallamano
6
1,6
1
0,6
7
1,3
danza
6
1,6
25
14,6
31
5,6
corsa
7
1,8
12
7.0
19
3,5
altro
32
8,5
16
9,3
48
8,7
* I soggetti possono svolgere più attività.
Figura 5: Distribuzione percentuale dei soggetti per genere e tipo di attività sportiva Maschi
Femmine
calcio
pallavolo
body building
palestra: attività aerobiche
pallacanestro
danza
ciclismo
nuoto
pallavolo
sci (durante la stagione)
sci (durante la stagione)
altro
nuoto
ciclismo
altro
tennis
palestra: attività aerobiche
atletica
tennis
karaté
arti marziali
calcio
atletica
pallacanestro
karaté
body building
corsa
judo
pallamano
rugby
danza
arti marziali
judo
pallamano
scherma
corsa
rugby
scherma
0
10
20
30
40
50
60
0
10
20
30
40
50
60
185
DOPING
Tabella 10: Distribuzione numerica dei soggetti per sesso, numero di ore medio settimanale (M ore/sett) e deviazione standard (d.s.), numero di settimane all’anno in cui viene svolta l’attività e ore totale annuo M N
M
F d.s.
sog ore/sett
N
M
Tot d.s.
sog ore/sett
N
M
Set/anno Tot/anno d.s.
N
Ore
sog ore/sett
Tipo di attività calcio
193
6.4
2.8
4
2.8
2.2
197
6.3
2.8
35
220,5
pallacanestro
41
4.3
3.1
4
1.7
0.6
45
4.1
3.0
35
143,5
pallavolo
38
4.2
2.6
41
5.6
2.1
79
4.9
2.4
35
171,5
nuoto
32
3.0
2.7
23
3.6
2.9
55
3.2
2.7
52
166,4
ciclismo
40
6.0
4.2
12
4.6
3.2
52
5.7
4.0
35
199,5
sci (durante la stagione)
38
7.2
8.0
19
10.2
9.6
57
8.1
8.5
13
105,3
tennis
21
3.1
2.9
7
2.6
1.0
28
2.9
2.5
52
150,8
atletica
14
3.2
2.2
5
8.7
7.2
19
4.2
3.9
52
218,4
scherma
2
5.0
1.4
0
-
-
2
5.0
1.4
35
175,0
judo
4
3.3
1.0
3
2.0
0
7
2.7
1.0
35
94,5
karatè
9
5.5
2.0
5
4.4
2.5
14
5.1
2.2
35
178,5
arti marziali
15
6.1
1.8
2
3.0
2.8
17
5.7
2.1
35
199,5
body building
47
5.8
1.4
4
5.5
1.5
51
5.7
1.4
35
199,5
palestra
25
4.0
2.9
33
3.4
2.4
58
3.7
2.7
35
129,5
rugby
1
1.0
-
3
2.0
0
4
1.5
0.7
35
52,5
pallamano
6
4.4
3.8
1
2.0
0
7
4.0
3.5
35
140,0
danza
6
3.5
0.7
25
3.3
1.7
31
3.3
1.1
35
115,5
corsa
7
6.0
1.0
12
2.9
1.0
19
3.5
1.6
52
182,0
altro
32
6.5
4.8
16
4.0
2.9
48
5.2
4.1
52
270,4
186
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 11: Numero dei soggetti, media e deviazione standard per sesso di anni di pratica sportiva M
F
Tot
N sog media d.s.
N sog media d.s.
N sog media d.s.
Tipo di attività calcio
193
8.1
4.1
4
2.8
1.0
197
8.0
4.1
pallacanestro
41
5.7
3.2
4
5.0
1.4
45
5.6
3.1
pallavolo
38
4.1
3.2
41
6.3
3.3
79
5.2
3.4
nuoto
32
5.7
5.0
23
5.0
4.1
55
5.4
4.6
ciclismo
40
4.2
3.7
12
3.4
3.2
52
4.0
3.6
sci (durante la stagione)
38
7.6
4.5
19
6.4
4.6
57
7.2
4.6
tennis
21
3.4
4.2
7
3.5
1.8
28
3.4
3.7
atletica
14
3.7
3.6
5
3.7
4.3
19
3.7
3.6
scherma
2
6.5
7.8
0
-
-
2
6.5
7.8
judo
4
6.0
3.8
3
3.0
1.7
7
4.7
3.3
karatè
9
5.5
2.0
5
4.4
2.5
14
5.1
2.2
arti marziali
15
1.1
1.1
2
2.5
0.7
17
1.3
1.1
body building
47
1.3
1.8
4
1.0
1.5
51
1.3
1.7
palestra
25
1.1
1.0
33
1.1
1.0
58
1.1
1.0
rugby
1
0.1
-
3
0.3
0.6
4
0.3
0.5
pallamano
6
4.0
3.9
1
9.0
0.0
7
4.7
4.0
danza
6
1.2
0.2
25
6.6
4.2
31
6.2
4.3
corsa
7
3.3
3.2
12
1.3
1.1
19
1.7
1.8
altro
32
3.1
2.9
16
4.5
4.2
48
3.9
3.7
Un’altra variabile indagata si riferisce all’influenza della pratica sportiva sull’alimentazione, per la quale la maggior parte dei soggetti risponde “no” (84,1%) e non si registrano particolari differenze tra i due generi. Tabella 12: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e per variazione dell’alimentazione in rapporto alla pratica sportiva M Variazione alimentazione
N
F %
Tot
N
%
N
%
Si
61
16.2
26
15.2
87
15.9
No
316
83.8
145
84.8
461
84.1
Totale
377
100
171
100
548
100
187
DOPING
Secondo gli 87 soggetti che regolano l’alimentazione in base all’attività sportiva la persona che ha maggiormente influenza nel determinare le variazioni dell’alimentazione è l’allenatore, anche se con una certa differenza tra maschi e femmine (42.7% vs 13.5%), seguito dai genitori e il medico, con una discreta discrepanza tra i due generi. Tabella 13: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base al sesso e alla persona condizionante l’alimentazione M
F
Tot*
Agente
N
%
N
%
N
%
Genitori
21
23,6
13
35,1
34
27,0
Medico
21
23,6
12
32,4
33
26,2
Insegnante
1
1,1
1
2,7
2
1,6
Allenatore
38
42,7
5
13,5
43
34,1
Amici/Compagni
2
2,2
1
2,7
3
2,4
Riviste/Internet
2
2,2
3
8,1
5
4,0
Scuola
1
1,1
1
2,7
2
1,6
Altro
3
3,4
1
2,7
4
3,2
Totale
89
100
37
100
126*
100
* Risposte multiple
Figura 6: Distribuzione percentuale dei soggetti per genere e persona condizionante l’alimentazione
Altro Scuola Riviste/Internet Amici/Compagni Allenatore Insegnante Medico Genitori
0
10
20
30 M
188
F
40
50
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 14: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti che fanno sport presso le associazioni sportive per sesso e frequenza esami medici in relazione alla pratica sportiva M
F
Tot
Frequenza esami
N
%
N
%
N
%
Si, saltuariamente
30
12,5
9
10,3
39
11,9
in modo regolare
80
33,3
11
12,6
91
27,9
Si, solo all’inizio
112
46,7
48
55,3
160
48,9
No
18
7,5
19
21,8
37
11,3
Totale
240
100
87
100
327
100
Si, all’inizio e periodicamente
Gli esami medici non vengono fatti complessivamente nell’11.3% e, osservando i generi le femmine ne fanno frequentemente meno rispetto ai maschi (21.8% vs 7.5%). La percentuale più elevata si registra in esami fatti all’inizio della pratica sportiva. Controlli regolari vengono fatti da un 27.9% e, ancora una volta, con una certa differenza tra maschi e femmine; esami saltuari vengono fatti da un 11.9% di soggetti. L’esame più frequente consiste in una visita medica (24.9%), in un elettrocardiogramma da sforzo (19.2%) e in un elettrocardiogramma di base (16.6%). Altri esami relativamente più frequenti sono il controllo della pressione (15.4%) e la spirometria (15.4%). Tabella 15: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base al sesso e agli esami medici eseguiti M
F
Tot
Tipo di esame
N
%
N
%
N
%
Visita medica
209
23,6
35
18,9
274
24,9
Elettrocardiogramma di base
148
16,7
35
18,9
183
16,6
Elettrocardiogramma da sforzo
171
19,3
40
21,6
211
19,2
Esami del sangue
43
4,9
8
4,3
51
4,6
Spirometria
135
15,2
35
18,9
170
15,4
Controllo della pressione
144
16,3
26
14,1
170
15,4
Altro
36
4,1
6
3,2
42
3,8
189
DOPING
Tabella 16: Distribuzione numerica e percentuale di colonna dei soggetti in base alle motivazioni principali della pratica sportiva (1°= meno importante, 3°= più importante) 1°
2°
3°
Motivazioni
N
%C
N
%C
N
%C
per passione
57
10,9
55
10,5
132
25,5
per mantenerti in forma
106
20,2
120
22,9
91
17,6
per svago/divertimento
86
16,4
87
16,6
70
13,5
perché fa bene
52
9,9
58
11,0
56
10,8
per scaricare tensioni
81
15,4
65
12,4
43
8,3
di tempo con gli amici
30
5,7
46
8,8
35
6,8
per metterti alla prova
28
5,3
31
5,9
28
5,4
per farne la tua professione
10
1,9
8
1,5
19
3,7
per trascorrere un po’
per imparare nuove abilità
20
3,8
10
1,9
12
2,3
per vincere
25
4,8
23
4,4
9
1,7
per acquisire sicurezza
9
1,7
11
2,1
6
1,2
per trarne vantaggio economico
4
0,8
1
0,2
5
1,0
per realizzarti
12
2,3
8
1,5
4
0,8
per acquisire celebrità
3
0,6
2
0,4
4
0,8
altro
2
0,4
0
0,0
3
0,6
L’ultima parte del questionario dell’area relativa alle abitudini sportive riguarda le motivazioni per cui una persona fa sport. Le motivazioni principali che inducono i soggetti esaminati alla pratica sportiva portano ai seguenti risultati: la motivazione “per passione” risulta essere la più importante, “per mantenersi in forma” è la seconda scelta più frequente e la terza è per “svago/divertimento”. Complessivamente si può osservare come ci siano alcune motivazioni particolarmente scelte come “perché fa bene”, “per scaricare tensioni” o “per svago/divertimento” e altre che vengono segnalate con percentuali molto basse come “per realizzarsi” o “per acquisire celebrità”. La passione e il mantenersi in forma sono quindi le motivazioni principali che inducono i soggetti del nostro campione a fare sport. ATTEGGIAMENTO VERSO IL DOPING La rilevazione dell’atteggiamento, ossia la disposizione relativamente permanente verso la valutazione positiva o negativa del fenomeno in osservazione, ha dato risul190
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
tati molto interessanti. Prima dell’esame dei singoli item è sembrato utile osservare i risultati ottenuti per le principali aree: l’atteggiamento verso l’uso libero di sostanze che raccoglie i punteggi degli item 2 “Penso che le sostanze dopanti possano essere usate senza problemi, basta sapere come fare”, 3 “Penso che l’uso di sostanze non possa essere mai giustificato”, 8 “Il doping è tutta un’invenzione, da sempre si sono usate sostanze per migliorare le performance umane, non è il caso di fare tutto questo polverone”, 15 “Penso che l’uso di sostanze dopanti possa essere tutto sommato tolleraro se a basso dosaggio”, verso l’uso controllato di sostanze dopanti mediante operatori sanitari (item 9 “Penso che l’uso di sostanze doponti possa essere giustificato, sotto controllo medico, solo in particolari momenti di difficoltà per gli atleti professionisti (crisi da stress, infortunio ecc)”,13 “Credo che molte sostanze che vengono dichiarate dopanti in realtà potrebbero essere usate nello sport sotto controllo medico”, verso chi usa sostanze (item 1 “Non ho nessun problmema verso chi usa costantemente sostanze di vario tipo per praticare attività sportive”, 5 “Chi usa sostanze dopanti è un debole che non vuole impeganrsi con le sole proprie forze”, 10 “Chi usa sostanze dopanti è un coraggioso che sfida i pericoli per arrivare al risultato e al successo”, 12 “Chi usa sostanze dopanti deve essere considerato moralmente deprecabile”), verso chi fa usare le sostanze (item 6 “Gli allenatori che consigliano l’uso di sostnaze dopanti sono paragonabili agli spacciatori di eroina”, 14 “Chi propone ad un atleta di usare sostanze non ha colpa perché dipende dall’atleta se accettare tale rischio”, 16 “Gli allenatori e i dirigenti che fanno usare sostanze dopanti ai loro atleti, ma sotto stretto controllo medico e per ragioni serie, possono essere giustificati”) e verso regole o norme più tolleranti (item 4 “Il fenomeno doping è ovunque, andrebbe accettato e regolamentato senza tanta ipocrisia”, 7 “C’è bisogno di una legislazione più tollerante che regolamenti l’uso di sostanze e che non punisca chi usa e fa usare tali sostanze”, 11 “C’è bisogno di una legislazione più severa che ponga un divieto assoluto di usare le sostanze e che punisca chi usa e fa usare tali sostanze). Complessivamente si può osservare come il 14.7% e l’11.5% presenti un atteggiamento incerto o a favore verso l’uso libero di sostanze dopanti, percentuali che si alzano nettamente quando si ipotizza un uso controllato mediato da medici (il 33% è incerto e il 22.5% è a favore), sostanzialmente quindi più della metà del campione potrebbe comprendere l’uso di tale sostanze se monitorate da operatori sanitari. Complessivamente l’atteggiamento di incertezza verso chi usa tali sostanze o le fa usare presenta una percentuale pari al 19%, mentre è più basso quello “a favore” verso chi usa rispetto a chi fa usare tali sostanze (17.6% vs 22.1%). Regole o norme più tolleranti è l’area in cui l’atteggiamento incerto o a favore è più basso rispetto alle altre aree con percentuali pari a 11.4% e 13.4% rispettivamente. 191
DOPING
Tabella 17: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base a principali fattori determinanti l’atteggiamento Contro Atteggiamento
Incerto
A Favore
N
%
N
%
N
%
verso l’uso libero di sostanze dopanti (item 2, 3, 8, 15)
2300
73.8
457
14.7
359
11.5
verso l’uso controllato di sostanze dopanti mediante medici (item 9, 13)
694
44.5
514
33.0
350
22.5
verso chi usa sostanze (item 1, 5, 10, 12)
1956
62.8
612
19.6
548
17.6
verso chi fa usare sostanze (item 6, 14, 16)
1372
58.7
449
19.2
516
22.1
verso regole o norme più tolleranti (item 4, 7, 11)
1757
75.2
267
11.4
313
13.4
Atteg. positivo
Atteg. incerto
8079
2299
64.8
18.5
Atteg. negativo 2086
16.7
Tabella 18: Atteggiamenti specifici rilevati nei confronti di vari aspetti del doping N. Item item 1
per niente poco d’accordo d’accordo % %
non saprei %
molto del tutto d’accordo d’accordo % %
Non ho nessun problema verso chi usa costantemente sostanze di vario tipo per praticare attività sportive
52.6
24.4
13.9
3.9
5.2
2
Penso che le sostanze dopanti possano essere usate senza problemi, basta sapere come fare
67.7
18.0
7.6
4.4
2.3
3
Penso che l’uso di sostanze non possa essere mai giustificato
6.3
12.2
14.1
28.1
39.3
4
Il fenomeno doping è ovunque, andrebbe accettato e regolamentato senza tanta ipocrisia
65.1
16.6
9.7
5.5
3.1
5
Chi usa sostanze dopanti è un debole che non vuole impegnarsi con le sole proprie forze
7.6
19.3
14.9
29.6
28.6
6
Gli allenatori che consigliano l’uso di sostanze dopanti sono
192
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
paragonabili agli spacciatori di eroina
7.4
12.8
18.0
31.1
30.7
C’è bisogno di una legislazione più tollerante che regolamenti l’uso di sostanze e che non punisca chi usa e fa usare tali sostanze 50.2
23.0
10.5
10.5
5.8
Il doping è tutta un’invenzione, da sempre si sono usate sostanze per migliorare le performance umane, non è il caso di fare tutto questo polverone
40.3
30.3
19.0
6.9
3.5
Penso che l’uso di sostanze dopanti possa essere giustificato, sotto controllo medico, solo in particolari momenti di difficoltà per gli atleti professionisti (crisi da stress, infortunio ecc)
22.7
26.4
28.2
16.9
5.8
10
Chi usa sostanze dopanti è un coraggioso che sfida i pericoli per arrivare al risultato e al successo 64.5
17.3
9.8
4.9
3.5
11
C’è bisogno di una legislazione più severa che ponga un divieto assoluto di usare le sostanze e che punisca chi usa e fa usare tali sostanze
5.7
9.6
14.0
31.3
39.4
12
Chi usa sostanze dopanti deve essere considerato moralmente deprecabile
8.6
17.5
40.1
20.2
13.6
13
Credo che molte sostanze che vengono dichiarate dopanti in realtà potrebbero essere usate nello sport sotto controllo medico
18.2
21.7
37.9
15.4
6.8
14
Chi propone ad un atleta di usare sostanze non ha colpa perché dipende dall’atleta se accettare tale rischio
31.2
32.2
11.8
18.2
6.6
15
Penso che l’uso di sostanze dopanti possa essere tutto sommato tollerato se a basso dosaggio
36.6
34.9
18.0
7.2
3.3
16
Gli allenatori e i dirigenti che fanno usare sostanze dopanti ai loro atleti, ma sotto stretto controllo medico e per ragioni serie, possono essere giustificati
23.4
27.5
27.9
14.8
6.4
7
8
9
193
DOPING
Sintetizzando in un unico indicatore possiamo osservare come il 18.5% abbia un atteggiamento incerto e il 16.7% a favore verso il doping, questo dato, pur con tutti i limiti che può presentare, è molto importante in quanto chi presenta dei dubbi con adeguati messaggi (informativi e non) può modificare la sua opinione mentre chi è più convinto, difficilmente con i soli messaggi informativi è disponibile a cambiare idea o essere più critico verso la tolleranza di queste sostanze. Le affermazioni che hanno trovato maggiori consensi riguardano; a) la pericolosità delle sostanze (“Penso che le sostanze dopanti possano essere usate senza problemi basta sapere come fare”) a cui l’85% dei soggetti risponde dichiarandosi non d’accordo; b) il soggetto che usa le sostanze per vincere (“Chi usa sostanze dopanti è un coraggioso che sfida i pericoli per arrivare al risultato e al successo) a cui l’83% si dichiara non d’accordo; c) l’accettazione sociale del fenomeno (“Il fenomeno doping è ovunque, andrebbe accettato senza tanta ipocrisia”) a cui l’82.7% risponde negativamente. È interessante osservare che seppur vi sia un certo consenso complessivamente in queste affermazioni circa il 15% o non assume una posizione chiara o si dichiara in disaccordo. Le due affermazioni inerenti il bisogno di una legislazione più chiara per regolamentare il fenomeno del doping trovano un consenso piuttosto elevato (70%), in questa area un 30% dei soggetti non si schiera positivamente verso il fenomeno del doping. L’affermazione che ha trovato maggiori difficoltà a far assumere una posizione netta i soggetti verso l’accordo o il disaccordo è “Chi usa sostanze dopanti deve essere considerato moralmente deprecabile” a cui il 40% dei soggetti risponde con “non saprei”, una spiegazione possibile è che l’affermazione è molto forte, coinvolge la morale per cui è difficile prendere una posizione netta. Le affermazioni che riguardano l’uso di sostanze dopanti sotto controllo medico registrano una più alta percentuale di risposte “non saprei” (“Penso che l’uso di sostanze dopanti possa essere giustificato, sotto controllo medico, solo in particolari momenti di difficoltà per gli atleti professionisti (crisi da stress, infortunio ecc”); “Credo che molte sostanze che vengono dichiarate dopanti in realtà potrebbero essere usate nello sport sotto controllo medico”; “Gli allenatori e i dirigenti che fanno usare sostanze dopanti ai loro atleti, ma sotto stretto controllo medico e per ragioni serie, possono essere giustificati”, l’ipotesi che potrebbe spiegare ciò è che una “sostanza potenzialmente dannosa/pericolosa” se fornita da un medico, in qualche misura, lo è meno, attribuendo una grossa importanza a questo ruolo. 194
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Un’altra affermazione che trova un accordo pari al 62% è quella relativa al paragone tra gli allenatori e gli spacciatori d’eroina, anche se un 18% non sa prendere posizione e un altro 20% è in disaccordo. In conformità a questa affermazione è “Chi propone ad un atleta di usare sostanze non ha colpa perché dipende dall’atleta se accettare tale rischio o meno”. Andando a distinguere l’atteggiamento dei soggetti in base alla pratica sportiva si può osservare come, pur non essendoci grandi differenze nei punteggi, si evince un atteggiamento nei non sportivi meno netto prediligendo le risposte intermedie piuttosto che quelle dei punteggi estremi. CONOSCENZE DEL FENOMENO DOPING Il livello di conoscenza autostimato dai soggetti del fenomeno doping è “abbastanza” per il 44.3% e “poco” per il 43.1%, ha un grado approfondito nel 6% e molto approfondito nel 2.6%. Una piccola percentuale di soggetti dichiara di non conoscere per niente il fenomeno (4.0%). Tabella 19: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e livello di conoscenza autostimato M Livello di conoscenza
N
F %
N
Tot %
N
%
Nulla
16
3,3
15
5,3
31
4,0
Poco
179
36,3
157
54,7
336
43,1
Abbastanza
243
49,4
102
35,5
345
44,3
Molto
37
7,5
10
3,5
47
6,0
Moltissimo
17
3,5
3
1,0
20
2,6
Totale
492
100
287
100
779
100
195
DOPING
Le fonti principali di informazioni sono la televisione e i mass-media per il 35.7%, gli amici per il 13.2%, la scuola per il 12.3%, i genitori per il 9.9%. Le riviste specialistiche costituiscono la fonte di informazione per il 7.8%, internet lo è per il 5.2%. I riferimenti sportivi (direttore, allenatore, medico) rappresentano le fonti di informazioni meno citate dal campione dei soggetti (rispettivamente il 2.2%, il 5.1% e il 4.6%). Tabella 20: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso e fonte di informazione M
F
Tot
%C*
Fonte
N
direttore sportivo
34
N
N
%C*
7
41
2.2
allenatore sportivo
77
20
97
5.1
riviste specialistiche
108
40
148
7.8
TV- Mass Media
442
236
678
35.7
medico sportivo
74
14
88
4.6
amici
156
94
250
13.2
genitori
97
91
188
9.9
internet
62
37
99
5.2
compagni di squadra
48
17
65
3.4
scuola
112
122
234
12.3
9
4
13
0.7
altro * Percentuale di colonna.
Figura 7: Distribuzione percentuale dei soggetti in base alle fonti di informazioni
0 TV - Mass Media amici scuola genitori riviste specialistiche internet allenatore sportivo medico sportivo compagni di squadra direttore sportivo altro
196
10
20
30
40
50
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 21: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base al corretto riconoscimento delle sostanze dopanti e non Si
No
Non
Dipende
aminoacidi ramificati
155
139
469
creatina
374
129
208
68
10
15,5
ginseng
49
529
169
32
12
67,4
testosterone*
485
125
124
45
10
63,1
carnitina
142
89
524
24
13
9,9
so
Non risposta
%corrette
19
15,8
16
eritropoietina*
201
64
494
20
11
26,2
ormone della crescita*
335
181
189
74
11
43,6
efedrina*
236
58
465
20
15
30,9
nandrolone*
505
41
223
10
10
65,7
pappa reale
28
624
111
16
9
79,9
anfetamine*
542
65
141
31
10
70,5
guaranà
75
276
395
33
12
34,4
vitamine
27
612
77
63
9
78,3
cannabis*
315
239
143
82
8
40,9
caffeina*
122
406
111
140
9
18,2
acido lipoico
122
121
503
33
17
13,6
* Sostanze dopanti.
Figura 8: Distribuzione percentuale di risposte corrette in base alle sostanze 0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
pappa reale vitamine anfetamine ginseng nandrolone testosterone ormone della crescita cannabis guaranà efedrina eritropoietina caffeina aminoacidi ramificati creatina acido lipoico carnitina
197
DOPING
Tabella 22: Distribuzione percentuale di risposte corrette in base al sesso e alla pratica sportiva Sportivi
Non Sportivi
M
F
T
M
aminoacidi ramificati
21,6
10,9
18,3
creatina
15,0
17,6
15,8
ginseng
67,8
74,3
testosterone
70,8
51,8
carnitina
13,4
6,1
11,2
9,6
eritropoietina
33,6
14,4
27,6
24,3
Totale
F
T
M
F
T
12,3
7,8
10,0
13,0
16,5
14,8
19,4
9,6
15,8
14,5
17,1
15,5
69,8
60,0
63,5
64,9
59,1
58,3
61,7
66,0
69,9
67,4
58,7
68,0
54,4
63,1
4,4
7,0
12,5
5,4
9,9
21,1
22,7
31,5
17,0
26,2
ormone della crescita
50,3
31,9
44,6
43,9
39,1
41,5
48,7
34,9
43,6
efedrina
35,0
22,4
31,1
32,2
28,7
30,4
34,3
25,0
30,9
nandrolone
81,0
51,2
71,8
62,6
40,0
51,3
76,6
46,6
65,7
pappa reale
80,1
84,5
81,5
70,4
81,7
76,1
77,8
83,4
79,9
anfetamine
72,0
70,1
71,4
63,5
73,0
68,3
70,0
71,3
70,5
guaranà
32,2
43,6
35,7
28,7
34,2
31,4
31,4
39,8
34,4
vitamine
78,2
85,1
80,4
73,9
73,0
73,5
77,0
80,2
78,2
cannabis
40,4
46,7
42,3
35,7
39,1
37,4
39,3
43,6
40,9
caffeina
16,6
22,2
18,3
14,8
20,9
17,8
16,2
21,6
18,2
acidolipoico
16,9
8,0
14,2
16,7
7,9
12,3
16,9
8,0
13,6
Le conoscenze specifiche sulle sostanze dopanti sono state raccolte chiedendo ai soggetti di individuare tra una lista di sostanze quelle dopanti da quelle non dopanti. Rispetto alla conoscenza di diverse sostanze dopanti sono state rilevate percentuali più elevate per la pappa reale (79.9%), le vitamine (78.3%) e il ginseng (67.4%). Anche le anfetamine, il nandrolone e il testosterone registrano una discreta percentuale di risposte corrette in relazione alla conoscenza (rispettivamente 70.5%, 65.7%, 63.1%). L’ormone della crescita e la cannabis presentano una percentuale di risposte corrette più contenute, pari a 43.6% e 40.9%, indice di una discreta confusione anche per il guaranà, l’efedrina e l’eritropoietina. Le sostanze meno conosciute sono la caffeina, dove la risposta corretta “dipende” viene indicata da 140 soggetti (18.2%), gli amminoacidi ramificati (15.8%), la creatina (15.5%) e l’acido lipoico (13.6%). La sostanza che ha fatto registrare la percentuale di risposte corrette più bassa è la carnitina (9.9%). Distinguendo i due gruppi, sportivi e non, si nota come gli sportivi siano ben più informati rispetto ai non sportivi, le donne, sono per alcune sostanze più informate (creatina, ginseng, pappa reale, guaranà, vitamine, caffeina e cannabis) e per altre 198
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
molto meno (aminoacidi ramificati, testosterone, carnitina, eritropoietina, ormone della crescita, efedrina, nandrolone, anfetamine, acido lipoico). Analoga tendenza si osserva nelle femmine del gruppo dei non sportivi. Tabella 23: Distribuzione numerica dei soggetti in base ai motivi principali che spingono chi pratica attività sportiva a far uso di sostanze dopanti (1=meno importante, 5=più importante)
insicurezza e scarsa stima di sé
1
2
3
4
5
Non so
85
98
219
178
162
37
desiderio di raggiungere il successo in tempi brevi
23
40
89
219
383
25
bisogno di vincere a tutti i costi
32
58
99
207
353
30
61
126
250
195
104
43
178
179
166
127
77
52
93
144
229
179
84
50
176
131
155
160
108
49
influenza dell’allenatore o di campioni che fanno uso di sostanze dopanti aspettative eccessive dei familiari rispetto alla vittoria dei propri figli pressione dei coetanei che fanno uso di sostanze dopanti scarsa informazione sugli effetti delle sostanze dopanti basso livello di norme morali soggettive
125
152
196
103
67
136
abitudini di vita e alimentari non sane
306
171
105
67
40
90
farmacologico
64
100
206
176
174
59
desiderio di mantenere il successo
23
42
82
250
347
35
idea diffusa che ogni difficoltà possa essere superata con un supporto
bassa percezione della pericolosità delle sostanze dopanti
67
122
190
179
169
52
motivi estetici
263
118
116
100
104
78
199
DOPING
Tabella 24: Distribuzione percentuale dei soggetti in base ai motivi principali che spingono chi pratica attività sportiva a far uso di sostanze dopanti (1=meno importante, 5=più importante)
insicurezza e scarsa stima di sé
1
2
3
4
5
Non so
10,9
12,6
28,1
22,8
20,8
4,7
desiderio di raggiungere il successo in tempi brevi
3,0
5,1
11,4
28,1
49,2
3,2
bisogno di vincere a tutti i costi
4,1
7,4
12,7
26,6
45,3
3,9
7,8
16,2
32,1
25,0
13,4
5,5
22,8
23,0
21,3
16,3
9,9
6,7
11,9
18,5
29,4
23,0
10,8
6,4
22,6
16,8
19,9
20,5
13,9
6,3
influenza dell’allenatore o di campioni che fanno uso di sostanze dopanti aspettative eccessive dei familiari rispetto alla vittoria dei propri figli pressione dei coetanei che fanno uso di sostanze dopanti scarsa informazione sugli effetti delle sostanze dopanti basso livello di norme morali soggettive
16,0
19,5
25,2
13,2
8,6
17,5
abitudini di vita e alimentari non sane
39,3
22,0
13,5
8,6
5,1
11,6
farmacologico
8,2
12,8
26,4
22,6
22,3
7,6
desiderio di mantenere il successo
3,0
5,4
10,5
32,1
44,5
4,5
delle sostanze dopanti
8,6
15,7
24,4
23,0
21,7
6,7
motivi estetici
33,8
15,1
14,9
12,8
13,4
10,0
idea diffusa che ogni difficoltà possa essere superata con un supporto
bassa percezione della pericolosità
Il motivo principale che spinge gli sportivi a ricorrere a sostanze dopanti sono, secondo i nostri soggetti, il “desiderio di raggiungere il successo in tempi brevi”, seguito dal “bisogno di vincere a tutti costi” e al terzo posto “il desiderio di mantenere il successo”. È interessante osservare come la più alta percentuale di risposte “non so” sia quella relativa al “basso livello di norme morali soggettive”.
200
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Figura 9: Distribuzione percentuale dei soggetti in base alla motivazione stimata più importante nel indurre chi pratica attività sportiva a far uso di sostanze dopanti
abitudini di vita alimentari non sane basso livello di norme morali soggettive aspettative eccessive familiari rispetto alla vittoria dei figli pressione dei coetanei che fanno uso di sostanze motivi estetici influenza allenatore o campioni che fanno uso di sostanze dopanti scarsa informazione sugli effetti delle sostanze insicurezza e scarsa stima di sé bassa percezione della pericolosità delle sostanze idea diffusa: difficoltà superata con supporto farmacologico desiderio di mantenere il successo bisogno di vincere a tutti i costi desiderio di raggiungere il successo in tempi brevi 0
10
20
30
40
50
Motivazione principale
CARATTERISTICHE DEI SOGGETTI CHE USANO SOSTANZE DOPANTI Un’altra parte del questionario è dedicata alla conoscenza da parte dei soggetti di amici o coetanei che fanno uso di sostanze dopanti: la maggior parte dei soggetti non conosce persone che facciano uso di tali sostanze. Una percentuale pari al 26.3% afferma di conoscere qualcuno, con una certa discrepanza tra maschi e femmine (31.1% vs 18.1%). Le caratteristiche dei soggetti che fanno uso di tali sostanze sono: maschi nel 87.3% dei casi, con un’età compresa tra i 18-30 anni (59%), che praticano prevalentemente calcio (33.2%), palestra (19%) e ciclismo (12.7%). Tabella 25: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso in base alla conoscenza di coetanei o amici che usano sostanze dopanti M
F N
Tot
N
%
%
N
%
Si
153
31,1
52
18,1
205
26,3
No
339
68,9
235
81,9
574
73,7
Totale
492
100
287
100
779
100
201
DOPING
Figura 10: Distribuzione percentuale dei soggetti in base alla conoscenza riferita di coetanei o amici che usano sostanze dopanti
Tabella 26: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base alle caratteristiche (sesso e fascia d’età) dei coetanei che fanno uso di sostanze dopanti M Sesso
F
Tot
%
N
%
N
%
N
%
Maschi
135
88,2
44
84,6
179
87,3
Femmine
10
6,6
7
13,5
17
8,3
Non riferito
8
5,2
1
1,9
9
4,4
153
100
52
100
205
100
≤ 18 anni
44
28,8
12
23,1
56
27,3
18-30 anni
88
57,5
33
63,5
121
59,0
≥ 30 anni
7
4,6
4
7,7
11
5,4
Non riferito
14
9,1
3
5,8
17
8,3
Totale
153
100
52
100
205
100
Totale Fascia d’età
202
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Figura 11: Distribuzione percentuale dei soggetti in base allo sport praticato riferito di coetanei o amici che usano sostanze dopanti
Scacchi Rugby Pallavolo Free Climbing Danza Culturismo Canoa Bocce Arti Marziali Softball Skate-board Pallanuoto Karaté Golf Atletica Sci Pallacanestro Nuoto Pesistica Body Building Vuote Ciclismo Palestra Calcio
0
10
20
30
40
Tipo di sport
Tabella 27: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base al tipo di sostanze utilizzate e ambiente dell’acquisto dai coetanei/amici che fanno uso Palestra
Centri
Internet
Scuola
Farmacie
Altro
Non so
Tot Sost
sportivi N Anabolizzanti
%C
N
%C N
%C
N
%C
N
%C
45 38,5 12 20,0
%C
N
2
8,3
6,0
6
14,0
5
17,9 56 16,7 129
3
N
%C N
%C 19,6
Stimolanti
22 18,8 20 33,3
5
20,8 4
8,0
14 32,6
3
10,7 55 16,4 123
18,7
Ormoni
20 17,1 14 23,3
6
25,0 2
4,0
10 23,3
3
10,7 61 18,2 116
17,6
Cannabis
10
8,5
4
6,7
7
29,2 36
72,0
0
0,0
7
25,0 59 17,6 123
18,7
Eritropoietina
11
9,4
4
6,7
4
16,7 5
10,0
4
9,3
5
17,9 73 21,7 106
16,1
9
7,7
6
10,0
0
0,0
0
0,0
9
20,9
5
17,9 32
9,5 61
9,3
117 100
60
100
24
100 50
100
43
100
23
100 336 100 653
100
Altro Totale
Rispetto al tipo di sostanze utilizzate dai coetanei/amici la risposta maggiormente indicata è stata “non so”, indice di un’attendibilità non molto elevata. La palestra è, 203
DOPING
comunque, il luogo dove maggiormente si possono trovare sostanze, in modo particolare anabolizzanti. La cannabis è facilmente reperibile a scuola. Tabella 28: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per sesso in base alle altre sostanze utilizzate da coetanei/amici M
Aminoacidi Ramificati e Proteine
F
Tot
N
%
N
%
N
%
1
7,2
0
0,0
1
5.5
Aulin
0
0,0
1
25
1
5.5
Creatina
11
78.4
3
75
14
77.9
Eroina
2
14,4
0
0,0
2
11.1
Totale
14
100
4
100
18
100
USO DI SOSTANZE L’ultima parte del questionario è dedicata alla raccolta delle informazioni sui comportamenti inerenti l’uso di sostanze. Una considerazione da fare rispetto alle prossime tabelle riguarda il numero delle non risposte che in queste sezione del questionario tende ad alzarsi, soprattutto se si confrontano con i dati delle tabelle precedenti. Probabilmente sia la stanchezza sia il tipo di domanda hanno determinato questo risultato. Relativamente alle ubriacature dell’ultimo mese è possibile osservare che il 51.9% dei soggetti non ha mai avuto eventi di questo tipo nell’ultimo mese, il 14.2% 1 volta, il 9.5% 2 volte, il 12.5% dalle 3-5 volte, il 3.2% dalle 6-9 volte e più di 10 il 4.6% dei soggetti. Il 4.1% dei soggetti non ha risposto. Tabella 29: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base al sesso e al numero di ubriacature negli ultimi 30 giorni M Eventi
F
Tot
N
%
N
%
N
%
Mai
240
48,8
164
57,1
404
51,9
1
62
12,6
49
17,1
111
14,2
2
50
10,2
24
8,4
74
9,5
3-5
75
15,2
22
7,7
97
12,5
6-9
18
3,7
7
2,4
25
3,2
>10
29
5,9
7
2,4
36
4,6
Non risposta
18
3,7
14
4,9
32
4,1
Totale
492
100
287
100
779
100
204
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 30: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base alla pratica sportiva e al numero di ubriacature negli ultimi 30 giorni Sport Eventi
No Sport
Tot
N
%
N
%
N
%
Mai
284
51,8
120
51,9
404
51,9
1
78
14,2
33
14,3
111
14,2
2
51
9,3
23
9.9
74
9,5
3-5
76
13,9
21
9,1
97
12,5
6-9
19
3,5
6
2,6
25
3,2
>10
22
4,0
14
6,1
36
4,6
Non risposta
18
3,3
14
6,1
32
4,1
Totale
548
100
231
100
779
100
L’indagine relativa all’uso delle sostanze prevedeva che prima di indicarne la frequenza i soggetti ne indicassero la conoscenza o meno, per cui le risposte sono variabili per le varie sostanze (nella tabella la colonna “R” indica il numero dei soggetti che hanno risposto affermativamente alla conoscenza delle sostanze). Complessivamente le sostanze meno conosciute sono risultate il salbutamolo (51.1%), le maltodestrine (51.3%), la carnitina (52.2%), gli steroidi anabolizzanti (53.8%), gli androgeni (54.9%) e gli amminoacidi ramificati (55.2%). Le sostanze più conosciute, naturalmente dopo il caffè, il vino e le sigarette, sono le bevande energetiche (85.1 per bevande come gatorade, enervit e 82.4 per redbull, energy), tra le sostanze stupefacenti la cannabis risulta la più conosciuta (78.6%).
205
DOPING
Tabella 31: Distribuzione numerica dei soggetti in base alla frequenza dâ&#x20AC;&#x2122;uso delle sostanze R*
Mai
Almeno 1 Solo per volta
Almeno Una volta Una volta
un periodo una volta al mese
nella vita in passato
negli
alla
Tutti i giorni o
settimana piĂš volte
ultimi
alla
tre mesi
settimana
N
N
N
N
N
N
N
N
sigarette
734
198
90
79
25
22
48
272
vino
722
95
118
12
87
103
198
109
birra
721
92
89
26
73
59
237
145
superalcolici
57
719
113
77
26
104
117
225
amminoacidi ramificati 430
386
11
9
1
10
5
8
integratori salini
585
211
103
76
57
48
57
33
integratori vitaminici
640
163
111
125
68
58
59
56
maltodestrine
400
355
7
6
3
8
6
15
caffè
724
46
46
15
38
48
124
407 10
creatina
453
390
16
12
6
9
10
carnitina
407
390
2
4
1
2
5
3
prodotti energizzanti
535
262
88
48
46
31
34
26
integratori omeopatici 460
348
33
32
16
8
14
9
anfetamine
458
415
13
11
4
4
4
7
androgeni
428
416
1
5
2
2
0
2
steroidi anabolizzanti
419
405
2
6
3
0
2
1
diuretici
491
388
54
20
9
3
4
13
ormone della crescita
442
414
7
7
2
3
2
7
eritropoietina (es. spray nasali)
534
274
95
64
60
17
14
10
efedrina
471
370
22
43
8
7
9
12 6
salbutamolo
398
384
0
2
4
2
0
analgesici
538
281
74
30
75
59
12
7
cannabis
612
328
70
48
31
32
52
51
cocaina
514
445
21
13
9
9
7
10 6
ecstasy
496
446
18
12
4
4
6
LSD
475
431
19
7
5
3
4
6
eroina
479
452
7
3
3
1
1
12
stimolanti-antidepressivi 488
440
21
7
3
3
6
8
redbull, energy
642
170
176
27
92
72
76
29
gatorade, enervit ecc
663
73
143
53
133
90
125
46
altre sostanzeâ&#x20AC;Ś
31
8
2
1
4
2
4
10
* Numero dei soggetti che rispondono di conoscere le singole sostanze.
206
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 32: Percentuale dei soggetti in base alla frequenza d’uso delle sostanze %R
Mai
Almeno 1 Solo per volta
Almeno Una volta Una volta
un periodo una volta al mese
nella vita in passato
negli
alla
Tutti i giorni o
settimana più volte
ultimi
alla
tre mesi
settimana
%
%
%
%
%
%
%
%
sigarette
94,2
27,0
12,3
10,8
3,4
3,0
6,5
37,1
vino
92,7
13,2
16,3
1,7
12,0
14,3
27,4
15,1
birra
92,6
12,8
12,3
3,6
10,1
8,2
32,9
20,1
superalcolici
92,3
15,7
10,7
3,6
14,5
16,3
31,3
7,9
amminoacidi ramificati 55,2
89,8
2,6
2,1
0,2
2,3
1,2
1,9
integratori salini
75,1
36,1
17,6
13,0
9,7
8,2
9,7
5,6
integratori vitaminici
82,2
25,5
17,3
19,5
10,6
9,1
9,2
8,8
maltodestrine
51,3
88,8
1,8
1,5
0,8
2,0
1,5
3,8
caffè
92,9
6,4
6,4
2,1
5,2
6,6
17,1
56,2
creatina
58,2
86,1
3,5
2,6
1,3
2,0
2,2
2,2
carnitina
52,2
95,8
0,5
1,0
0,2
0,5
1,2
0,7
prodotti energizzanti
68,7
49,0
16,4
9,0
8,6
5,8
6,4
4,9
integratori omeopatici 59,1
75,7
7,2
7,0
3,5
1,7
3,0
2,0
anfetamine
58,8
90,6
2,8
2,4
0,9
0,9
0,9
1,5
androgeni
54,9
97,2
0,2
1,2
0,5
0,5
0,0
0,5
steroidi anabolizzanti
53,8
96,7
0,5
1,4
0,7
0,0
0,5
0,2
diuretici
63,0
79,0
11,0
4,1
1,8
0,6
0,8
2,6
ormone della crescita
56,7
93,7
1,6
1,6
0,5
0,7
0,5
1,6
eritropoietina (es. spray nasali)
68,5
51,3
17,8
12,0
11,2
3,2
2,6
1,9
efedrina
60,5
78,6
4,7
9,1
1,7
1,5
1,9
2,5
salbutamolo
51,1
96,5
0,0
0,5
1,0
0,5
0,0
1,5
analgesici
69,1
52,2
13,8
5,6
13,9
11,0
2,2
1,3
cannabis
78,6
53,6
11,4
7,8
5,1
5,2
8,5
8,3
cocaina
66,0
86,6
4,1
2,5
1,8
1,8
1,4
1,9
ecstasy
63,7
89,9
3,6
2,4
0,8
0,8
1,2
1,2
LSD
61,0
90,7
4,0
1,5
1,1
0,6
0,8
1,3
eroina
2,5
61,5
94,4
1,5
0,6
0,6
0,2
0,2
stimolanti-antidepressivi 62,6
90,2
4,3
1,4
0,6
0,6
1,2
1,6
redbull, energy
82,4
26,5
27,4
4,2
14,3
11,2
11,8
4,5
gatorade, enervit ecc 85,1
11,0
21,6
8,0
20,1
13,6
18,9
6,9
altre sostanze…
25,8
6,5
3,2
12,9
6,5
12,9
32,3
4,0
*percentuale dei soggetti che rispondono di conoscere le singole sostanze
207
DOPING
Tabella 34: Distribuzione numerica dei soggetti sportivi in base alla frequenza dâ&#x20AC;&#x2122;uso delle sostanze R
Mai
Almeno 1 Solo per volta
Almeno Una volta Una volta
un periodo una volta al mese
nella vita in passato
negli
alla
Tutti i giorni o
settimana piĂš volte
ultimi
alla
tre mesi
settimana
N
N
N
N
N
N
N
N
sigarette
520
138
69
65
19
17
33
179
vino
510
63
81
8
60
76
144
78
birra
508
56
56
23
46
41
177
109
superalcolici
39
510
71
46
19
77
90
168
amminoacidi ramificati 309
271
11
6
1
7
5
8
integratori salini
426
137
77
47
45
39
52
29
integratori vitaminici
463
106
79
82
52
47
50
47
maltodestrine
284
246
6
3
3
7
6
13
caffè
500
45
30
10
26
36
86
267 10
creatina
330
270
14
12
5
9
10
carnitina
284
270
2
2
0
2
5
3
prodotti energizzanti
388
174
61
35
39
26
28
25
integratori omeopatici 323
249
18
24
9
6
11
6
anfetamine
317
290
5
10
2
3
3
4
androgeni
301
291
1
4
1
2
0
2
steroidi anabolizzanti
297
284
2
5
3
0
2
1
diuretici
341
272
36
16
6
3
3
5
ormone della crescita
312
288
5
7
2
2
2
6
eritropoietina (es. spray nasali)
373
197
62
46
41
7
12
8
efedrina
327
259
13
27
5
5
8
10 5
salbutamolo
282
271
0
2
2
2
0
analgesici
372
204
47
19
55
35
7
5
cannabis
431
234
51
31
20
23
34
38
cocaina
362
313
15
9
6
8
4
7 5
ecstasy
345
313
12
7
3
3
2
LSD
334
304
13
4
3
3
2
5
eroina
337
317
5
2
2
1
1
9
stimolanti-antidepressivi 343
312
14
6
3
2
3
3
redbull, energy
458
107
114
23
72
52
68
22
gatorade, enervit ecc
467
41
85
33
95
63
110
40
altre sostanzeâ&#x20AC;Ś
22
3
2
1
2
1
4
9
* Numero dei soggetti che rispondono di conoscere le singole sostanze.
208
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 35: Percentuale dei soggetti sportivi in base alla frequenza d’uso delle sostanze R*
Mai
Almeno 1 Solo per volta
Almeno Una volta Una volta
un periodo una volta al mese
nella vita in passato
negli
alla
Tutti i giorni o
settimana più volte
ultimi
alla
tre mesi
settimana
%
%
%
%
%
%
%
%
sigarette
94,9
26,5
13,3
12,5
3,7
3,3
6,3
34,4
vino
93,1
12,4
15,9
1,6
11,8
14,9
28,2
15,3
birra
92,7
11,0
11,0
4,5
9,1
8,1
34,8
21,5
superalcolici
93,1
13,9
9,0
3,7
15,1
17,6
32,9
7,6
amminoacidi ramificati 56,4
87,7
3,6
1,9
0,3
2,3
1,6
2,6
integratori salini
77,7
32,2
18,1
11,0
10,6
9,2
12,2
6,8
integratori vitaminici
84,5
22,9
17,1
17,7
11,2
10,2
10,8
10,2
maltodestrine
51,8
86,6
2,1
1,1
1,1
2,5
2,1
4,6
caffè
91,2
9,0
6,0
2,0
5,2
7,2
17,2
53,4
creatina
60,2
81,8
4,2
3,6
1,5
2,7
3,0
3,0
carnitina
51,8
95,1
0,7
0,7
0,0
0,7
1,8
1,1
prodotti energizzanti
70,8
44,8
15,7
9,0
10,1
6,7
7,2
6,4
integratori omeopatici 58,9
77,1
5,6
7,4
2,8
1,9
3,4
1,9
anfetamine
57,8
91,5
1,6
3,2
0,6
0,9
0,9
1,3
androgeni
54,9
96,7
0,3
1,3
0,3
0,7
0,0
0,7
steroidi anabolizzanti
54,2
95,6
0,7
1,7
1,0
0,0
0,7
0,3
diuretici
62,2
79,8
10,6
4,7
1,8
0,9
0,9
1,5
ormone della crescita
56,9
92,3
1,6
2,2
0,6
0,6
0,6
1,9
eritropoietina (es. spray nasali)
68,1
52,8
16,6
12,3
11,0
1,9
3,2
2,1
efedrina
59,7
79,2
4,0
8,3
1,5
1,5
2,4
3,1
salbutamolo
51,5
96,1
0,0
0,7
0,7
0,7
0,0
1,8
analgesici
67,9
54,8
12,6
5,1
14,8
9,4
1,9
1,3
cannabis
78,6
54,3
11,8
7,2
4,6
5,3
7,9
8,8
cocaina
66,1
86,5
4,1
2,5
1,7
2,2
1,1
1,9
ecstasy
63,0
90,7
3,5
2,0
0,9
0,9
0,6
1,4
LSD
60,9
91,0
3,9
1,2
0,9
0,9
0,6
1,5
eroina
2,7
61,5
94,1
1,5
0,6
0,6
0,3
0,3
stimolanti-antidepressivi 62,6
91,0
4,1
1,7
0,9
0,6
0,9
0,9
redbull, energy
23,4
24,9
5,0
15,7
11,4
14,8
4,8
gatorade, enervit ecc 85,2
8,8
18,2
7,1
20,3
13,5
23,6
8,6
altre sostanze…
13,6
9,1
4,5
9,1
4,5
18,2
40,9
83,6
4,0
*percentuale dei soggetti che rispondono di conoscere le singole sostanze
209
DOPING
Tabella 36: Distribuzione numerica dei soggetti non sportivi in base alla frequenza dâ&#x20AC;&#x2122;uso delle sostanze %R*
Mai
Almeno 1 Solo per volta
Almeno Una volta Una volta
un periodo una volta al mese
nella vita in passato
negli
alla
Tutti i giorni o
settimana piĂš volte
ultimi
alla
tre mesi
settimana
N
N
N
N
N
N
N
N
sigarette
214
60
21
14
6
5
15
93
vino
212
32
37
4
27
27
54
31
birra
213
36
33
3
27
18
60
36
superalcolici
209
42
31
7
27
27
57
18
amminoacidi ramificati 121
115
0
3
0
3
0
0
integratori salini
159
74
26
29
12
9
5
4
integratori vitaminici
177
57
32
43
16
11
9
9
maltodestrine
116
109
1
3
0
1
0
2
caffè
212
14
18
5
12
13
41
109
creatina
123
120
2
0
1
0
0
0
carnitina
123
120
0
2
1
0
0
0
prodotti energizzanti
147
88
27
13
7
5
6
1
integratori omeopatici 137
99
15
8
7
2
3
3
anfetamine
141
125
8
1
2
1
1
3
androgeni
127
127
0
0
0
0
0
0
steroidi anabolizzanti
122
121
0
1
0
0
0
0
diuretici
150
116
18
4
3
0
1
8
ormone della crescita
129
127
1
1
0
0
0
0
eritropoietina (es. spray nasali)
161
77
33
18
19
10
2
2
efedrina
144
111
9
16
3
2
1
2
salbutamolo
116
113
0
0
2
0
0
1
analgesici
166
77
27
11
20
24
5
2
cannabis
181
94
19
17
11
9
18
13
cocaina
152
132
6
4
3
1
3
3
ecstasy
151
133
6
5
1
1
2
3
LSD
141
127
6
3
2
0
2
1
eroina
142
135
2
1
1
0
0
3
stimolanti-antidepressivi 145
128
7
1
0
1
3
5
redbull, energy
184
63
62
4
20
20
8
7
gatorade, enervit ecc
196
32
58
20
38
27
15
6
9
5
0
0
2
1
0
1
Altre sostanzeâ&#x20AC;Ś
* Numero dei soggetti che rispondono di conoscere le singole sostanze.
210
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
Tabella 37: Percentuale dei soggetti non sportivi in base alla frequenza d’uso delle sostanze %R*
Mai
Almeno 1 Solo per volta
Almeno Una volta Una volta
un periodo una volta al mese
nella vita in passato
negli
alla
Tutti i giorni o
settimana più volte
ultimi
alla
tre mesi
settimana
%
%
%
%
%
%
%
%
sigarette
92,6
28,0
9,8
6,5
2,8
2,3
7,0
43,5
vino
91,8
15,1
17,5
1,9
12,7
12,7
25,5
14,6
birra
92,2
16,9
15,5
1,4
12,7
8,5
28,2
16,9
superalcolici
90,5
20,1
14,8
3,3
12,9
12,9
27,3
8,6
amminoacidi ramificati 52,4
95,0
0,0
2,5
0,0
2,5
0,0
0,0
integratori salini
68,8
46,5
16,4
18,2
7,5
5,7
3,1
2,5
integratori vitaminici
76,6
32,2
18,1
24,3
9,0
6,2
5,1
5,1
maltodestrine
50,2
94,0
0,9
2,6
0,0
0,9
0,0
1,7
caffè
91,8
6,6
8,5
2,4
5,7
6,1
19,3
51,4
creatina
53,2
97,6
1,6
0,0
0,8
0,0
0,0
0,0
carnitina
53,2
97,6
0,0
1,6
0,8
0,0
0,0
0,0
prodotti energizzanti
63,6
59,9
18,4
8,8
4,8
3,4
4,1
0,7
integratori omeopatici 59,3
72,3
10,9
5,8
5,1
1,5
2,2
2,2
anfetamine
61,0
88,7
5,7
0,7
1,4
0,7
0,7
2,1
androgeni
55,0
100,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
steroidi anabolizzanti
52,8
99,2
0,0
0,8
0,0
0,0
0,0
0,0
diuretici
64,9
77,3
12,0
2,7
2,0
0,0
0,7
5,3
ormone della crescita
55,8
98,4
0,8
0,8
0,0
0,0
0,0
0,0
eritropoietina (es. spray nasali)
69,7
47,8
20,5
11,2
11,8
6,2
1,2
1,2
efedrina
62,3
77,1
6,3
11,1
2,1
1,4
0,7
1,4
salbutamolo
50,2
97,4
0,0
0,0
1,7
0,0
0,0
0,9
analgesici
71,9
46,4
16,3
6,6
12,0
14,5
3,0
1,2
cannabis
78,4
51,9
10,5
9,4
6,1
5,0
9,9
7,2
cocaina
65,8
86,8
3,9
2,6
2,0
0,7
2,0
2,0
ecstasy
65,4
88,1
4,0
3,3
0,7
0,7
1,3
2,0
LSD
61,0
90,1
4,3
2,1
1,4
0,0
1,4
0,7
eroina
2,1
61,5
95,1
1,4
0,7
0,7
0,0
0,0
stimolanti-antidepressivi 62,8
88,3
4,8
0,7
0,0
0,7
2,1
3,4
redbull, energy
79,7
34,2
33,7
2,2
10,9
10,9
4,3
3,8
gatorade, enervit ecc 84,8
16,3
29,6
10,2
19,4
13,8
7,7
3,1
altre sostanze…
55,6
0,0
0,0
22,2
11,1
0,0
11,1
3,9
* Percentuale dei soggetti che rispondono di conoscere le singole sostanze.
211
DOPING
Tabella 38: Uso di sostanze (% di soggetti) in base alla presenza o all’assenza di attività sportiva Uso di sostanze Mai
Nel passato
Attuale
Sportivi
94,9
3,3
1,8
Non sportivi
99,2
0,8
0
Sportivi
84,7
8,7
6,6
Non sportivi
83,4
10,2
6,4
Sostanze dopanti (ormone crescita, steroidi, androgeni)
Sostanze stupefacenti (amfetamine, cannabis, cocaina, eroina, ecc.)
Integratori Sportivi
66
19,6
14,4
74,4
19,8
5,9
Sportivi
16,1
45,5
38,4
Non sportivi
25,2
53
21,8
Sportivi
12,4
27,3
60,3
Non sportivi
17,4
30,9
51,7
Sportivi
26,5
29,5
44
Non sportivi
28,1
19,1
52,8
Non sportivi Bevande energetiche
Alcol
Sigarette
Confrontando il gruppo dei ragazzi che fanno sport con quelli che non lo fanno o si dedicano alla sola educazione fisica a scuola si evince: 1) rispetto alle sigarette si osserva che più del 25% dei soggetti in entrambi i gruppi non ha mai fumato e confrontando la nicotina con le altre sostanze legali (vino, superalcolici, birra, caffè) questa rappresenta la sostanza con la percentuale di non uso più alto. Nell’uso quotidiano la percentuale più alta si registra nel gruppo dei non sportivi (40.6 vs 32.7); 2) il vino e la birra presentano dati abbastanza simili nei due gruppi, gli sportivi ne fanno un uso maggiore, soprattutto di birra, sia come uso quotidiano che settimanale, invece il non averne mai usato nella vita è più frequente nei non sportivi; 3) per quanto concerne il caffè non si osservano differenze particolari nei due gruppi, è la sostanza che presenta la percentuale “mai” più bassa rispetto alle altre sostanze; 212
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
4) una certa differenza si osserva nell’uso di amminoacidi ramificati, integratori salini, vitaminici e prodotti energizzanti dei quali gli sportivi fanno un uso sia quotidiano che settimanale ben più alto rispetto ai non sportivi; 5) le amfetamine sembrano essere più utilizzate nei non sportivi; 6) creatina e carnitina non sono utilizzate da nessuno del gruppo dei non sportivi, mentre sono usate da una percentuale di sportivi pari a 9% nell’ultimo mese per la creatina e per il 3% per la carnitina. La frequenza di assunzione negli sportivi, relativa all’ultimo mese, degli amminoacidi ramificati è pari a 6.5%. Tali percentuali sono sovrapponibili a quelle evidenziate nello studio pilota del Comune di Roma (Campagna di sensibilizzazione e di informazione sul doping, 2000) su soggetti della scuola secondaria di primo grado; 7) androgeni, steroidi, ormone della crescita non sono mai stati usati nel gruppo dei non sportivi, mentre tra gli sportivi le percentuali d’uso per gli androgeni e gli steroidi sono pari all’1%, anche per l’ormone della crescita si osserva un uso pari all’1%; 8) i diuretici presentano un uso più frequente nei non sportivi rispetto agli sportivi; 9) eritropoietina e salbutamolo presentano percentuali non molto diverse tra i due gruppi; 10) gli analgesici si differenziano soprattutto nell’uso mensile, più alto nei non sportivi, ciò si spiega probabilmente per la maggior percentuale di femmine in tale gruppo che usano gli analgesici per i dolori mestruali; 11) nelle sostanze stupefacenti la cannabis è quella più frequentemente usata, con percentuali più elevate negli sportivi nell’uso quotidiano (6.9% vs 5.7%), invece nell’uso settimanale la tendenza si inverte per cui nei non sportivi si registra un 7.9% rispetto al 6.2% degli sportivi; 12) nelle sostanze stupefacenti non si osservano particolari differenze nei due gruppi; 13) gli stimolanti anti-depressivi vengono maggiormente utilizzati dai non sportivi; 14) differenze di una certa entità si osservano nelle bevande energizzanti, come “redbull”, che vengono consumate settimanalmente o quotidianamente da un 16% degli sportivi e dal 7% dei non sportivi. Per le bevande come “gatorade” o “enervit” il consumo settimanale e quotidiano nei sportivi è pari al 27% verso il 9% dei non sportivi; 15) nella specifica delle altre sostanze vale la pena di osservare la “coca-cola” segnalata nella maggior parte dei casi dagli sportivi.
213
DOPING
Tabella 39: Media e deviazione standard per sesso e consumo di sigarette, caffè, redbull e gatorade al giorno M Numero Sigarette
F
Tot
Media
D.S.
Media
D.S.
Media
D.S.
Totale
10.2
6.8
9.5
6.4
9.5
6.7
Sportivi
10.2
7.0
7.5
5.0
9.5
6.6
Non sportivi
10.1
6.3
11.6
7.1
10.9
6.7
Totale
2.0
1.4
2.1
1.3
2.0
1.4
Sportivi
2.0
1.4
1.9
1.2
2.0
1.3
Non sportivi
2.0
1.3
2.3
1.5
2.2
1.4
Totale
2.0
1.9
1.2
0.4
1.8
1.6
Sportivi
2.0
1.3
1.3
0.5
1.9
1.8
Non sportivi
1.8
1.6
1
0
1.4
1.2
Totale
2.2
0.7
1.3
1.0
2.0
0.9
Sportivi
2.1
0.7
1.5
1.0
2.1
0.9
Non sportivi
2.3
0.8
1.0
0.9
1.8
0.8
Tazzine Caffè
Lattine “redbull”
Lattine “gatorade”
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE In sintesi possiamo affermare che: – il campione di soggetti esaminato è costituito per il 63% da maschi e per il 37% da femmine, studenti per il 43% di istituti professionali, la classe d’età maggiormente rappresentata è quella dei 16-18 anni. La famiglia tipica è costituita da madre, padre e due fratelli; – il 70% dei nostri soggetti pratica attività sportiva, percentuale più alta rispetto all’indagine di Ciampicacigli (1994); lo sportivo prototipico del nostro campione è maschio, gioca a calcio con un’associazione sportiva, lo fa per circa 4 ore alla settimana da molto tempo (8 anni in media). Le discipline preferite dal genere femminile sono la pallavolo, la danza e la corsa, il loro impegno settimanale si aggira intorno alle 3.5 ore settimanali; – la modifica dell’alimentazione in base all’attività sportiva si registra nel 16% dei soggetti, senza particolari differenze tra maschi e femmine, una fonte di consigli importante su questo argomento è per i maschi l’allenatore, per le femmine i ge214
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
–
–
–
–
–
nitori. In una popolazione di soggetti di età maggiore (20-30 anni) la modifica dell’alimentazione in funzione dell’attività sportiva viene riportata nel 50% dei casi (Università di Perugia, Rosano, 2004); le motivazioni principali scelte per la pratica sportiva sono “per mantenersi in forma” e “per passione”, quelle meno preferite sono “per acquisire celebrità” e “per trarre vantaggio economico”, in un’analoga indagine svolta dall’Università di Perugia su un campione di età tra i 20-30 anni le motivazioni principali allo sport sono sostanzialmente analoghe a quelle segnalate dal nostro campione; per quanto riguarda l’atteggiamento psicologico, nel suo complesso, è nel 18.5% un atteggiamento incerto rispetto al doping e nel 16.7% favorevole. Questo dato, pur con tutti i limiti che può presentare, è molto importante in quanto chi presenta dei dubbi, se sottoposto ad adeguati messaggi (informativi e non), può modificare la sua opinione, mentre chi è più convinto, difficilmente con i soli messaggi informativi, è disponibile a cambiare idea o ad essere più critico verso la tolleranza di queste sostanze. Facendo delle distinzioni non si osservano particolari differenze tra sportivi e non, rispetto alle singole aree si evince come i punteggi di incertezza o a favore siano più elevati nell’area “verso l’uso controllato di sostanze dopanti mediante medici” dove sostanzialmente più della metà del campione potrebbe comprendere l’uso di tali sostanze se monitorate da personale sanitario. L’affermazione che ha trovato maggiori difficoltà a far schierare i soggetti verso l’accordo o il disaccordo è “Chi usa sostanze dopanti deve essere considerato moralmente deprecabile” a cui il 40% dei soggetti risponde con “non saprei”, l’ipotesi possibile è che l’affermazione è forte, coinvolge la morale per cui è difficile prendere una posizione netta; i ragazzi stimano di conoscere “abbastanza” bene il doping nel 44% dei casi è (i maschi più delle femmine), la fonte principale di informazioni è rappresentata dalla TV e Mass-Media (36%). Anche in quest’indagine, così come quella svolta dall’Università di Perugia (Rosano, 2004) solo l’11% dei soggetti riferiscono il mondo sportivo (direttore, allenatore, medico sportivo) come canale di conoscenze; il grado di conoscenza per le sostanze è complessivamente corretto nel 42% dei casi, distinguendo per tipologia quelle dopanti sono esattamente riconosciute nel 44.8%, quelle non dopanti nel 39.3%. Le sostanze dopanti più conosciute sono le amfetamine, il nandrolone, il testosterone, meno l’ormone della crescita e la cannabis, tra le sostanze non dopanti quella meno conosciuta è la carnitina; le motivazioni principali che spingono gli sportivi a ricorrere a sostanze dopanti sono, secondo i nostri soggetti, “il desiderio di raggiungere il successo in tempi brevi”, il secondo “il bisogno di vincere a tutti i costi” e “il desiderio di mante215
DOPING
nere il successo”, “le abitudini di vita e alimentari non sane” rappresenta la motivazione meno importante; – circa il 26% dei soggetti conosce amici o coetanei che fanno uso di sostanze dopanti, di più i maschi rispetto alle femmine. Secondo il profilo descritto dal campione dei soggetti chi fa uso di sostanze dopanti è maschio per l’87% dei casi, con un’età compresa tra i 18-30 anni, gioca a calcio (33%), va in palestra (19%) o fa ciclismo (12%), le sostanze maggiormente usate sono gli anabolizzanti. Le caratteristiche del soggetto che fa uso di sostanze dopanti combaciano con le caratteristiche indicate da un’intervista fatta precedentemente ad un piccolo campione di farmacisti del territorio veronese; – negli sportivi vi è un uso quotidiano di integratori salini, vitaminici e prodotti energizzanti pari a 5.3%, 8.6% e 4.6% rispettivamente, decisamente più alto negli sportivi è l’uso di bevande come “gatorade” (27% vs 9%) e “redbull” (16% vs 7%). Androgeni, steroidi, ormone della crescita non sono mai usati nel gruppo dei non sportivi, mentre negli sportivi le percentuali d’uso sono per gli androgeni, gli steroidi e l’ormone della crescita pari all’1%. Tra le sostanze stupefacenti la cannabis è quella più frequentemente usata, con percentuali più elevate negli sportivi nell’uso quotidiano (6.9 vs 5.7), nell’uso settimanale la tendenza si inverte per cui nei non sportivi si registra un 7.9% rispetto al 6.2% degli sportivi. Il vino e la birra presentano dati abbastanza simili nei due gruppi, gli sportivi fanno un uso maggiore, soprattutto di birra, sia come uso quotidiano che settimanale, il non averne mai usato nella vita è più frequente nei non sportivi. L’indagine condotta ci ha permesso di avere, relativamente agli aspetti psichici, sanitari e sociali, dati utili alla programmazione di interventi di tipo preventivo. Campagne informative specifiche per migliorare il grado di conoscenza delle sostanze, nella nostra indagine non troppo elevato, attraverso i canali informativi preferiti come i mass-media sono sicuramente un ottimo mezzo per informare e sensibilizzare al problema del doping, anche se sarebbe molto auspicabile che anche il mondo sportivo diventasse fonte attiva di prevenzione su questo argomento. La figura del medico, alla luce soprattutto dei risultati rilevati nell’atteggiamento, diventa estremamente importante perché le persone tendono ad assumere una posizione meno critica se le sostanze vengono proposte dagli operatori sanitari; non solo, le visite mediche legate all’attività sportiva potrebbero essere un’occasione per interventi preventivi specifici finalizzati a informare come il doping non sia una pratica ristretta a coloro che praticano attività agonistica ma un problema di salute reale, soffermandosi anche sull’uso degli integratori e di come con un’alimentazione equi216
Indagine sullo stile di vita degli adolescenti che praticano attività sportiva…
librata si possa evitare il ricorso a tali sostanze. Sarebbe molto utile andare ad analizzare che cosa pensano i medici, gli allenatori e i genitori ossia tutti coloro che sono in grado di influenzare in modo determinante i comportamenti dei giovani per quanto riguarda la salute. I dati relativi all’uso delle sostanze, soprattutto degli integratori, si allineano a quelli evidenziati da analoghe indagini in Italia e devono essere oggetto di riflessione sia per i ragazzi che per gli adulti.
BIBLIOGRAFIA 1. American Academy of Pediatrics “Use of Performance-Enhancing Substances” Pediatrics Vol.115 No 4 April 2005. 2. Antonelli F., Salvini A., Psicologia dello Sport, Edilombardo, Roma 1978. 3. Benzi G. “Pharmacoepidemiology of the drugs in sports as doping agents” Pharn Res 1994; 29: 13-26. 4. Cavazza N. Psicologia degli atteggiamenti e delle opinioni, Il Mulino 2005. 5. Cei A., Psicologia dello Sport, Il Mulino, Bologna 1998. 6. Ciampicacigli R. “L’atteggiamento dei giovani verso le attività sportive. La pratica sportiva giovanile” Roma Atti della Conferenza Nazionale CONI 1994 p. 23. 7. European Commission “Europe concerned about doping in amateur sport” Reuters Medical News 15 Maggio 2002. 8. Ferrara S., Doping - Antidoping, Piccin, Padova 2004. 9. Kindlundh A.M.S., Isacson D.G.L., Berglund L., Nyberg F. “Factors associated with adolescent use of doping agents: anabolic-androgenic steroids”, Addiction 1999 Volume 94 (4) 543-553. 10. Laure P., Kriebitzsch-Lejeune A. “Retail pharmacists and doping in sports: knowledge and attitudes. A national survey in France”, Sci Sports 2000; 3: 141-146. 11. Marchi A. “Uso e abuso di integratori alimentari nello sport” in Quaderni di Pediatria 2002 vol. 1 n. 3. 12. Metzl J.D. “Pediatrics Sports Medicine: The changing Role of the Pediatrician” Am Acad Pediatrics Ann Meeting 2000. 13. Rosano A. Il doping nello sport amatoriale conoscenze, studi, iniziative Istituto Italiano di Medicina Sociale 2004. 14. Terreni L., Occhini L., Psicologia dello Sport. Aspetti Sociali e Psicopatologici. Valutazione e Programma di Intervento, Guerini Scientifica 1997. 217
DOPING
15. Aa.Vv., Stima di prevalenza ed incidenza dellâ&#x20AC;&#x2122;uso ed abuso di alcol e di sostanze illecite nella Regione Veneto Rapporto anni 2001 e 2002.
218
INDAGINE IN UN GRUPPO DI DIRIGENTI SPORTIVI
Giovanni Serpelloni *, Monica Zermiani **, Debora Dominissini *, Annalisa Rossi * *Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona; **Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 Verona, Istituto Fisiologia Clinica CNR Pisa
INTRODUZIONE Il Progetto “No Doping” sulla prevenzione dei comportamenti a rischio risponde principalmente a due obiettivi, da un lato, all’organizzazione di una campagna informativa e di sensibilizzazione verso la nocività e la pericolosità delle sostanze dopanti e, dall’altro, alla promozione di percorsi formativi rivolti a target di soggetti che ricoprono un ruolo significativo nel mondo sportivo. L’esigenza di informare, sensibilizzare il mondo sportivo verso il doping ha comportato lo svolgimento di rilevazioni conoscitive ad hoc rivolte, sia, alla popolazione rappresentativa dei giovani che praticano attività sportive (dal lato della domanda), sia, verso quanti si occupano direttamente o indirettamente della formazione degli atleti sportivi (dal lato dell’offerta). Le scelte metodologiche adottate per le rilevazioni sul campo si sono articolate in: – un’indagine campionaria di 700 giovani di età compresa tra i 14-19 anni al fine di conoscerne le abitudini sportive e l’approccio all’uso di sostanze dopanti; – un’indagine esplorativa verso chi si occupa della formazione degli atleti stessi e il loro atteggiamento verso le sostanze dopanti. Il riferimento territoriale è relativo alla provincia di Verona e le indagini sono state volte negli anni 2004-2005. Nell’articolo proposto si pubblicano i risultati relativi a quanto emerso nel corso della seconda fase del disegno complessivo di indagine ovvero quelli riguardanti il mondo sportivo dal punto di vista dei dirigenti sportivi (presidenti di federazioni sportive, allenatori) rispetto al ruolo che potenzialmente ricoprono nella formazione dei giovani atleti e, quindi, in grado di influenzarne i comportamenti a rischio per la loro salute. 219
DOPING
OBIETTIVI Non ci sono studi specifici sui dirigenti sportivi, i pochi presenti in letteratura sugli allenatori evidenziano come questi manchino delle conoscenze e di abilità specifiche per un’efficace azione preventiva verso il doping anche se lo riconoscono come un problema di salute pubblica e sono convinti dell’importanza di uno sport pulito (Laure, 2001). Il mondo sportivo gioca una parte importante nella prevenzione del doping in quanto spesso il ruolo degli allenatori è di leadership, vengono considerati molto importanti dai ragazzi e ciò che dicono viene seriamente preso in considerazione. Il problema è che spesso agli allenatori vengono poste domande contraddittorie, da una parte ci si aspetta che rappresentino i valori tradizionali come lo sport pulito, dall’altra spesso viene loro richiesto, soprattutto dalle fasce dirigenziali, di migliorare le prestazioni al fine della vittoria. In generale l’obiettivo dell’indagine è fornire informazioni su come i dirigenti sportivi si pongono nei confronti del doping, in modo particolare ci si prefigge di rilevare in questo gruppo i seguenti aspetti: – l’atteggiamento sia verso le sostanze dopanti, sia verso chi le utilizza, sia verso chi propone di utilizzarle; – il livello di conoscenza stimato e reale sul doping, nonché le fonti di informazione, le principali motivazioni che possono portare una persona a far uso di sostanze dopanti e le caratteristiche di persone conosciute frequentanti il mondo sportivo che ne fanno uso; – la valutazione dell’utilità e dell’impatto delle campagne informative; – le azioni possibili da mettere in atto per effettuare un’efficace campagna antidoping.
METODOLOGIA In sintesi le caratteristiche metodologiche per il raggiungimento degli obiettivi sono: – strumento di indagine, elaborazione di un questionario cartaceo, anonimo, con domande a scelta multipla. Il questionario è stato messo a punto da un gruppo di esperti di varie discipline (psicologi, medici, farmacologi, educatori, rappresentanti del mondo dello sport, ecc) prevedendo una compilazione da effettuarsi in circa 20 minuti; – definizione della popolazione di riferimento, dirigenti sportivi del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) del Comune di Verona; 220
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
– occasione della rilevazione, in una riunione organizzativa dei dirigenti sportivi distribuzione e raccolta del questionario per conto dei referenti del Progetto No Doping; – periodo di somministrazione, maggio 2005; – rappresentatività dell’indagine, la tecnica di campionamento, seppur non probabilistica, ha consentito di raccogliere le opinioni espresse da circa la metà della popolazione obiettivo. Il trattamento ed analisi statistiche dei dati, non ha portato al calcolo di statistiche inferenziali bensì di carattere esplorativo, descrittivo e confermative di ipotesi conoscitive. La partecipazione alla rilevazione, popolazione osservata, rispetto al campione è stata esaustiva. Le caratteristiche metodologiche sono sintetizzate nella tabella 1. Tabella 1: Dati di sintesi delle caratteristiche dell’indagine Gruppo indagato
Dirigenti sportivi CONI Comune di Verona
Periodo di somministrazione
Maggio 2005
Questionari
Anonimi con domande a scelta multipla
Distribuzione e raccolta del questionario
Referenti Progetto No Doping
Numero delle domande del questionario
50
Tempo medio di compilazione
20 minuti
Percentuali di rispondenti
100%
RISULTATI Prima di procedere con l’analisi dei risultati, si descrive brevemente, attraverso alcuni caratteri demografici, il campione osservato. L’età media dei 40 rispondenti è di 52,5 anni (con un gamma di variazione dai 20 ai 73 anni) e a prevalere è il genere maschile, pari al 97.5% dei casi. Il ruolo esercitato dai soggetti è di dirigente per 33 soggetti (82.5%), allenatore per tre soggetti (7.5%) e 4 soggetti con compiti come delegato provinciale, atleta, docente di educazione fisica. Dei 33 soggetti dirigenti 25 soggetti hanno solo tale ruolo (62.5%) mentre 8 hanno anche il compito di allenatore/istruttore (20%). Nessuno dei soggetti esercita un ruolo sanitario come medico/infermiere, massaggiatore/fisioterapista. 221
DOPING
Grafico 1: Distribuzione percentuale per età del campione osservato
Grafico 2: Distribuzione percentuale per professione del campione osservato
20% 27,5% 55%
62,5%
7,5%
10% 17,5%
≤ 40 anni 41-60 anni
≥ 61 anni
Dirigente
Allenatore/Istruttore + Dirigente
Allenatore/Istruttore
Altro: (Delegato provinciale, Atleta, ecc.)
La descrizione dei risultati proposta di seguito si sviluppa ripercorrendo gli obiettivi conoscitivi sintetizzati in precedenza. L’atteggiamento verso il doping è stato indagato attraverso una batteria di 16 item di cui si riportano le distribuzioni percentuali nella tabella 2. Gli item assumono un punteggio da 0 a 4 su una scala Likert in cui 0 corrisponde a “non so”, 1 “per niente d’accordo”, 2 a “poco d’accordo”, 3 a “molto d’accordo”, 4 “del tutto d’accordo”. L’aggregazione degli item, sulla base del loro contenuto informativo e la somma dei punteggi relativi a ciascuna modalità di risposta fornita da ogni soggetto, ha consentito la costruzione ed analisi di variabili di sintesi per aree. Come sintetizzato nella tabella 3, la classificazione delle variabili ne consente un confronto sulla base di modalità di atteggiamento incerto, avverso o favorevole.
222
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
Tabella 2: Atteggiamenti specifici rilevati nei confronti di vari aspetti del doping N. Item item 1
2
per niente poco d’accordo d’accordo % %
non saprei %
molto del tutto d’accordo d’accordo % %
Non ho nessun problema verso chi usa costantemente sostanze di vario tipo per praticare attività sportive.
77.5
12.5
10
0
0
Penso che le sostanze dopanti possano essere usate senza problemi, basta sapere come fare.
92.5
5
2.5
0
0
10
5
5
12.5
67.5
12.5
5
2.5
7.5
5
20
22.5
25
27.5
3
Penso che l’uso di sostanze non possa essere mai giustificato.
4
Il fenomeno doping è ovunque, andrebbe accettato e regolamentato senza tanta ipocrisia. 72.5
5
Chi usa sostanze dopanti è un debole che non vuole impegnarsi con le sole proprie forze.
6
Gli allenatori che consigliano l’uso di sostanze dopanti sono paragonabili agli spacciatori di eroina.
2.5
10
5
45
37.5
7
C’è bisogno di una legislazione più tollerante che regolamenti l’uso di sostanze e che non punisca chi usa e fa usare tali sostanze. 77.5
10
5
2.5
5
Il doping è tutta un’invenzione, da sempre si sono usate sostanze per migliorare le performance umane, non è il caso di fare tutto questo polverone. 65
20
10
2.5
2.5
9
Penso che l’uso di sostanze dopanti possa essere giustificato, sotto controllo medico, solo in particolari momenti di difficoltà per gli atleti professionisti (crisi da stress, infortunio ecc).
25
7.5
10
2.5
10
Chi usa sostanze dopanti è
8
55
223
DOPING
un coraggioso che sfida i pericoli per arrivare al risultato e al successo.
80
2.5
5
12.5
0
C’è bisogno di una legislazione più severa che ponga un divieto assoluto di usare le sostanze e che punisca chi usa e fa usare tali sostanze.
5
2.5
7.5
32.5
52.5
Chi usa sostanze dopanti deve essere considerato moralmente deprecabile.
5
7.5
25
27.5
35
13
Credo che molte sostanze che vengono dichiarate dopanti in realtà potrebbero essere usate nello sport sotto controllo medico.
45
17.5
25
7.5
5
14
Chi propone ad un atleta di usare sostanze non ha colpa perché dipende dall’atleta se accettare tale rischio.
72.5
12.5
10
2.5
2.5
11
12
15
Penso che l’uso di sostanze dopanti possa essere tutto sommato tollerato se a basso dosaggio.
85
12.5
2.5
0
0
16
Gli allenatori e i dirigenti che fanno usare sostanze dopanti ai loro atleti, ma sotto stretto controllo medico e per ragioni serie, possono essere giustificati.
70
17.5
5
7.5
0
Tabella 3: Distribuzione percentuale dei soggetti in base ai principali fattori determinanti l’atteggiamento Avverso
Incerto
Favorevole
%
%
%
87.5
7.5
5
67.5
17.5
15
75
15
10
verso chi fa usare sostanze (item 6,14,16)
80
12.5
7.5
verso mancanza di regole (item 4, 7,11)
82.5
10
7.5
85
7.5
7.5
Atteggiamento verso l’uso libero di sostanze dopanti (item 2,3,8,15) verso l’uso controllato di sostanze dopanti mediante medici (item 9,13) verso chi usa sostanze (item 1,5,10,12)
Punteggio complessivo
224
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
Come ci si poteva attendere l’atteggiamento avverso più frequente (87.5% dei casi) si osserva nei confronti del libero uso di sostanze dopanti, ossia un uso libero da nessun controllo o regolamentazione, contro quello meno avverso (67.5% dei casi) qualora l’uso di sostanze dopanti avvenga sotto contro medico. L’atteggiamento verso chi usa le sostanze dopanti, cioè verso il singolo soggetto che le assume autonomamente, presenta un punteggio incerto pari al 15% dei casi e favorevole nel 10%. Un atteggiamento più marcatamente di disapprovazione si osserva verso chi fa usare tali sostanze ossia coloro che le propongono o consigliano di farne ricorso (7% incerto e 8% favorevole). Lo schieramento verso l’esigenza di norme e leggi severe che disciplinino l’assunzione delle sostanze si osserva nell’82.5%, il 10% è incerto e il 7.5% è favorevole a non regolamentarle. Il bisogno di una legislazione più severa ed estesa anche ai non professionisti viene segnalata nelle azioni possibili per ben 11 volte (16%) (tabella 10). Si osserva come l’atteggiamento avverso assume un frequenza via via crescente rispettivamente verso chi usa sostanze dopanti (75%), verso chi le fa usare (80%) fino a considerare la mancanza di regole o presenza di norme troppo tolleranti (82.5%). Nel complesso non possiamo non sottolineare come una percentuale dei soggetti rispondenti, intorno al 15%, abbia un atteggiamento incerto o a favore del doping. Pur con tutti i limiti che tale indicatore percentuale può presentare, si tratta di una evidenza importante. Dato, infatti, il target di soggetti su cui si è indagato, si evince che per questi i soli messaggi informativi (per quanto adeguati) saranno insufficienti per modificare la loro opinione o per far assumere un atteggiamento più critico verso l’uso di queste sostanze, probabilmente si tratta di aspetti culturali radicati e difficili da cambiare. Il secondo obiettivo della rilevazione riguarda il livello di conoscenza sul doping, da cui l’approfondimento sulle fonti di informazione. Rispetto all’auto-valutazione della propria conoscenza sul tema del doping (tabella 4) solo il 42.5% dei soggetti dichiara poca conoscenza.
225
DOPING
Tabella 4: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti per livello di conoscenza auto-stimato Tot Livello di conoscenza
N
%
Poco
17
42.5
Abbastanza
21
52.5
Molto/Moltissimo
2
5
Totale
40
100
Il questionario, propone dopo la sezione dellâ&#x20AC;&#x2122;auto-valutazione un test di verifica relativo al riconoscimento delle sostanze dopanti e non. Le sostanze dopanti sono state riconosciute correttamente in media nel 49,4% dei casi contro il 37% dei casi in cui il riconoscimento riguardava una sostanza non dopante. Nel complesso il riconoscimento della sostanza è corretto nel 43% dei casi e rispetto ai soggetti si evidenzia come il 55% manifesti una conoscenza insufficiente nella classificazione delle sostanze. Tabella 5: Distribuzione numerica dei soggetti in base al corretto riconoscimento delle sostanze dopanti e percentuale di risposte corrette Si
No
Non so
Dipende
%corrette
aminoacidi ramificati
5
8
24
3
20
creatina
14
7
15
4
17.5
ginseng
3
24
12
1
60
testosterone*
24
2
12
2
60
carnitina
9
7
21
3
17.5
eritropoietina*
18
0
20
2
45
ormone della crescita*
20
2
15
3
50
efedrina*
16
0
21
3
40
nandrolone*
26
0
13
1
65
pappa reale
0
28
10
2
70
anfetamine*
23
1
15
1
57.5
guaranĂ
1
13
23
3
32.5
vitamine
0
28
11
1
70
cannabis*
23
2
13
2
57.5
caffeina*
8
13
11
8
20
acido lipoico
3
3
33
1
7.5
* sostanze dopanti
226
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
L’osservazione dei dati ha suggerito due ipotesi conoscitive che possono essere chiarite mediante un approccio statistico: – quale caratteristica, l’età o il ruolo nel mondo dello sport dei soggetti poteva spiegare una conoscenza insufficiente; – una possibile discrepanza tra il livello autostimato di conoscenza sul doping dei soggetti con la valutazione al test sulla conoscenza. Dall’analisi ne consegue che: – è l’età ad incidere sulla conoscenza, i soggetti con un’età media di 49 anni sono più preparati, in maniera statisticamente significativa, rispetto a quelli con un’età media più alta, di 55 anni. – non si evidenzia una discrepanza statisticamente significativa tra livello di autovalutazione e valutazione del test, quanti dichiarano di conoscere poco il tema del doping hanno un numero medio di risposte corrette pari a 6,2 su 16 contro un valore medio di 7,4 di quanti dichiarano di saperne di più (conosce abbastanza/molto il tema del doping). Quanto osservato, mediante un campionamento e un indagine con cui non si ha la presunzione di fare dell’inferenza statistica, fornisce ipotesi di lavoro ragguardevoli su cui approfondire la conoscenza in modo mirato e che nell’ambito di un disegno strategico più ampio e completo di comunicazione futura o di pianificazione di attività formative e/o informative possono indirizzare nelle scelte operative in un’ottica di informazione che aiuta nella decisione (finalità di “Decision Making” secondo cui un dato diventa un’informazione quando è capace di modificare la probabilità delle decisioni). Segue un approfondimento qualitativo dell’analisi. Rispetto alla conoscenza sulle sostanze (grafico 3) si evidenzia: – tra le sostanze dopanti, le più conosciute e correttamente classificate siano il nandrolone, testosterone e cannabis, quelle meno conosciute la caffeina e l’efedrina; – tra le sostanze non dopanti, le più conosciute e correttamente classificate siano le vitamine e la pappa reale, quelle meno conosciute l’acido lipoico, la carnitina e la creatina.
227
DOPING
Grafico 3: Distribuzione percentuale di risposte corrette in base alle sostanze dopanti e non sostanze dopanti nandrolone testosterone cannabis anfetamine ormone della crescita eritropoietina efedrina caffeina 0
20
40
60
80
100
sostanze non dopanti vitamine pappa reale ginsen guaranà aminoacidi ramificati carnitina creatina acido lipoico 0
20
40
60
80
100
Ponendo attenzione alle fonti di informazione di cui viene segnalato l’accesso emergono: le conferenze (35%), i corsi di aggiornamento (25%), le riviste specialistiche (17%). Un solo soggetto riferisce quale fonte d’informazione il medico sportivo mentre amici, internet o i Mass Media vengono segnalati rispettivamente dall’8%, 6%, e 2%. Accanto agli aspetti analizzati, l’attenzione si è posta verso la conoscenza dei rispondenti nei confronti di chi fa direttamente uso di sostanze dopanti nel mondo sportivo. Si evidenziano interessanti informazioni fornite al riguardo dai rispondenti. La conoscenza diretta di persone che fanno uso di sostanze dopanti è dichiarata da 6 rispondenti su 40, pari al 15%, tutti attestano di conoscere almeno un atleta che ne 228
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
fa uso nel mondo del ciclismo, metà anche nel mondo del calcio e a seguire nel mondo dell’atletica (confronta tabella 6). Rispetto alla tipologia di sostanza utilizzata, dei 6 rispondenti, tutti, eccetto uno, segnalano che i soggetti conosciuti utilizzano ormoni mentre 4 soggetti su 5 affermano la conoscenza nell’utilizzo di stimolanti (a seguire gli anabolizzanti, la cannabis e eritropoietina). I luoghi di reperimento di tali sostanze sono per lo più i centri sportivi (evidenziati da tutti i soggetti eccetto uno) e a seguire le palestre e le farmacie. Tabella 6: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base alle caratteristiche (tipo di sport) delle persone conosciute che fanno uso di sostanze dopanti Tipo di sport
N*
%
Atletica
2
10
Bocce
1
5
Calcio
3
15
Ciclismo
6
30
Karatè
1
5
Palestra
1
5
Pallacanestro
1
5
Pallavolo
1
5
Sci
1
5
Vari
3
15
Totale
20
100
*risposte multiple
Tabella 7: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base al tipo di sostanze utilizzate e ambiente dell’acquisto dai coetanei/amici che fanno uso Palestra
Centri
Internet Scuola Farmacie
Altro
Non so
Tot Sost
sportivi N
%C
N
%C
N
%C
N
%C
N
%C
N
%C
N
%C
N
%C
Anabolizzanti
1
33.3
1
20
0
0
0
0
1
33.3
0
0
0
0
3
18
Stimolanti
1
33.3
1
20
1
50
0
0
0
0
0
0
1
33.3
4
23
Ormoni
1
33.3
1
20
1
50
0
0
1
33.3
0
0
1
33.3
5
29
Cannabis
0
0
0
0
0
0
1
100
0
0
1
0
1
33.3
3
18
Eritropoietina
0
0
1
20
0
0
0
0
1
33.3
0
100
0
0
2
12
Totale
3
100
5
100
2
100
1
100
3
100
1
100
3
100 17 100
229
DOPING
La conoscenza verso chi fa uso di sostanze dopanti viene analizzata attraverso un quesito meno diretto posto ai rispondenti ovvero la stima della percentuale di soggetti che nell’ambiente sportivo frequentato fa uso di sostanze dopanti. A tale domanda 9 (22.5%) soggetti rispondono in modo evasivo “non so” mentre 10 (25%) dichiarano che, secondo loro, non vi sono atleti che usano sostanze dopanti nell’ambiente sportivo frequentato (tabella 8). Dalla distribuzione emerge come 6 soggetti (il 15%) dichiari invece una stima secondo loro elevata dei soggetti che nell’ambiente sportivo frequentato ne fanno uso, dal 30 al 40%, mentre sono 9 i soggetti (22,5) a stimarne tra l’11 e il 20%. Tabella 8: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti indagati in base alla percentuale riferita di persone direttamente conosciute che ricorrono al doping N
%
0
10
25
1-10
6
15
11-20
9
22,5
30-40
6
15
Non so
9
22,5
Totale
40
100
Tra le motivazioni che i dirigenti ritengono importanti per indurre i soggetti a far uso di sostanze si nota come le tre principali messe in evidenza (“il bisogno di vincere a tutti i costi”, “il desiderio di raggiungere il successo” e quello” di “mantenerlo”) siano correlate alla necessità di vittorie e di successo. Ritenute meno importanti sono le abitudini di vita e alimentari non sane, l’insicurezza e la scarsa stima di sè, aspettative eccessive dei familiari della vittoria dei figli.
230
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
Grafico 4: Distribuzione percentuale in base alla motivazione principale riferita come più importante che spinge chi pratica attività sportiva a far uso di sostanze dopanti
60,0
bisogno di vincere a tutti i costi 52,5
desiderio di raggiungere il successo in tempi brevi
50,0
desiderio di mantenere il successo 35,0
bassa percezione pericolosità sostanze dopanti scarsa informazione sugli effetti delle sostanze dopanti
27,5
influenza allenatore o campioni che usano sost dopanti
27,5
idea diffusa di supporto farmacologico
22,5 20,0
basso livello di norme morali soggettive motivi estetici
12,5
pressione coetanei che fanno uso di sostanze dopati
12,5
aspettative eccessive dei famigliari della vittoria dei figli
10,0
insicurezza e scarsa stima di se
8,0
abitudini di vita e alimentari non sane
7,5 0
20
40
60
80
100
In risposta all’obiettivo inerente la valutazione dell’utilità e dell’impatto delle campagne informative si evidenziano i seguenti risultati. Una campagna informativa sui danni alla salute provocati dalle sostanze dopanti è ritenuta utilissima per più della metà del campione (21 soggetti, 52.5%), molto utile per il 22.5% (9 soggetti) e abbastanza utile per sette soggetti (17.5%). Solo il 7,5% (3 soggetti) pensa che campagne informative specifiche siano poco o per niente utili. Meno definito è il pensiero relativo alla reale possibilità di modificare il ricorso al doping: il 40% (16 soggetti) pensa che vi siano scarse o nulle possibilità di modificare tale comportamento, il 22,5% (9 soggetti) pensa che vi siano discrete possibilità e il 37,5% (31 soggetti) vi siano molte possibilità.
231
DOPING
Tabella 9: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti alle domande sull’utilità di una campagna informativa e sulla possibilità reale di modificare il ricorso al doping Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
Moltissimo
Domande
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
Ritiene utile una campagna informativa sui danni alla salute da doping?
2
5
1
2.5
7
17.5
9
22.5
21
52.5
Ritiene che ad oggi vi sia la possibilità reale di modificare il ricorso al doping da parte degli atleti e allenatori?
3
7.5
13
32.5
9
22.5
11
27.5
4
10
Andando ad analizzare i 16 soggetti che non credono molto alla possibilità di modificare realmente il doping si evidenzia come per sei di loro (37,5%) la percentuale di persone direttamente conosciute che ricorrono al doping è pari a zero. Da una parte si ritiene poco verosimile uno sport che non faccia ricorso al doping, dall’altra si frequenta un’ambiente dove tale uso non c’è. Un’ipotesi formulata per spiegare questo paradosso è un’accettazione sociale del fenomeno, ossia un fenomeno che non ha bisogno di particolari conferme o esperienze dirette. L’ultima parte del questionario riguardava le azioni possibili da mettere in atto per effettuare un’efficace campagna antidoping. Come si osserva dalla tabella 10 una maggiore informazione, a livello generale e a livello scolastico, e la prima attività per prevenire il doping. Migliorare la legislazione, nel senso di renderla più severa ed estesa a tutto il mondo dello sport, e giudicato un’altro mezzo importante per arginare e bloccare tale fenomeno.
232
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
Tabella 10: Distribuzione numerica e percentuale dei soggetti in base alle azioni ritenute più efficaci per attuare una campagna permanente antidoping Azioni
N*
%
Maggiore informazione
16
23
Maggiore informazione scolastica
16
23
Migliorare la legislazione (più severa)
11
16
Educare
9
13
Più controlli
8
11
Moralizzazione-Responsabilizzazione
3
4
Squalifiche
2
3
Migliorare la preparazione dei tecnici
2
3
Scaricare pressione economica
1
1
Maggior impegno dei dirigenti
1
1
Repressione
1
1
Totale
70
100
* risposte multiple
CONCLUSIONI Quanto osservato, mediante un campionamento e un’indagine con cui non si ha la presunzione di fare dell’inferenza statistica, fornisce ipotesi di lavoro ragguardevoli su cui approfondire la conoscenza in modo mirato e che nell’ambito di un disegno strategico più ampio e completo di comunicazione futura o di pianificazione di attività formative e/o informative possono indirizzare nelle scelte operative in un’ottica di informazione che aiuta nella decisione (finalità di “Decision Making” secondo cui un dato diventa un’informazione quando è capace di modificare la probabilità delle decisioni). Ripercorrendo quanto descritto nell’articolo si evidenzia: 1) i soggetti sono quasi tutti maschi (97.5%) e in un’età superiore ai 40 anni nell’82% dei casi; 2) il 15% dei soggetti per quanto riguarda l’atteggiamento generale non si schiera contro il doping, tale percentuale si alza ulteriormente (32%) soprattutto nel fattore dell’atteggiamento delle sostanze dopanti mediate da figure mediche. La figura del medico sportivo assume quindi un ruolo particolarmente importante all’interno del mondo sportivo. L’atteggiamento verso chi usa sostanze è favorevole incerto nel 25%, verso chi fa usare è favorevole-incerto nel 20%. Il 17.5% non è avverso a regole o norme più tolleranti verso il doping; 233
DOPING
3) la conoscenza delle sostanze dopanti è sostanzialmente inadeguata per più della metà del campione; l’autostima fatta dai soggetti è coerente, infatti chi afferma di conoscere poco effettivamente è meno preparato di chi stima di conoscere abbastanza ma per entrambi vi sono lacune informative: i soggetti con un’età media di 49 anni sono più preparati, in maniera statisticamente significativa, rispetto a quelli con un’età media di 55 anni; 4) le principali motivazioni che i dirigenti ritengono importanti per indurre i soggetti a far uso di sostanze sono correlate alla necessità di vittorie e di successo (“il bisogno di vincere a tutti i costi”, “il desiderio di raggiungere il successo” e quello” di “mantenerlo”); 5) il 40% dei soggetti ritiene che non vi siano molte possibilità di modificare realmente il ricorso al doping, con una posizione quindi di passività rispetto a tale fenomeno; 6) una maggiore informazione e una normativa più severa sono le azioni principali, secondo il nostro campione, da attuare per un’efficace campagna di prevenzione per il doping. Tale indagine, che come più volte è stato sottolineato, ha carattere esplorativo ha fornito comunque risultati interessanti che possono aiutare nei processi decisionali, si sottolinea, per altro, la necessità di indagini più ampie e rivolte ai vari target di soggetti (allenatori, medici sportivi, massaggiatori, ecc) che hanno un ruolo importante nel mondo dello sport.
BIBLIOGRAFIA 1. Benzi G. “Pharmacoepidemiology of the drugs in sports as doping agents”, Pharm Res 1994; 29: 13-26. 2. Cavazza N. Psicologia degli atteggiamenti e delle opinioni, Il Mulino 2005. 3. European Commission “Europe concerned about doping in amateur sport” Reuters Medical News, 15 Maggio 2002. 4. Ferrara S. Doping - Antidoping Eds Piccin 2004. 5. Galimberti U. Dizionario di psicologia Le Garzatine 1999. 6. Laure P., Kriebitzsch-Lejeune A. “Retail pharmacists and doping in sports: knowledge and attitudes. A national survey in France”, Sci Sports 2000; 3: 141-146. 7. Laure P., Thouvenin F., Lecerf T. “Attitudes of coaches toward doping”, J Sports 234
Indagine in un gruppo di dirigenti sportivi
Med Phys Fitness 2001 Mar; 41(1):132-6. 8. Laure P. “Medicins generalistes et dopage sportif: connaissences et attitudes”, Santè Publiquè 1997; 2:145-56. 9. Metzl JD “Pediatrics Sports Medicine: The changing Role of the Pediatrician”, Am Acad Pediatrics Ann Meeting 2000.
235
LA TUTELA DELLA SALUTE NELLE ATTIVITÀ SPORTIVE E LA LOTTA CONTRO IL DOPING
Silvia Rossi, Luisa Mastrobattista, Laura Martucci, Roberta Pacifici, Piergiorgio Zuccaro Dipartimento del Farmaco, Reparto Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping - Istituto Superiore di Sanità
Nel corso del III Convegno Nazionale “La tutela della salute nelle attività sportive e la lotta contro il doping”, tenutosi presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), Giovanni Zotta, Presidente della Commissione per la Vigilanza ed il Controllo sul Doping e per la Tutela della Salute nelle Attività Sportive (CDV) del Ministero della Salute, ha presentato i principali risultati in materia di sostanze ad effetto doping per l’anno 2005 (aggiornati al 30 novembre). L’indagine della CVD ha coinvolto 39 federazioni sportive, per un totale di 372 eventi; i controlli sono stati effettuati sia in gara (349) sia “fuori gara” (23) e la federazione in cui è stato effettuato il maggior numero di controlli è stata quella del calcio (66), seguita dall’atletica e dal ciclismo (27 ciascuno), dal nuoto (25), dalla pallacanestro e dalla pallavolo (24 ciascuno). Gli atleti sottoposti ai test antidoping sono stati 1.560 di cui 32 (2,1%) sono risultati positivi. Le federazioni coinvolte sono state: calcio, ciclismo, pallacanestro, pallavolo, nuoto, rugby, tiro con l’arco, danza sportiva, vela, motociclismo, tiro a volo, pesistica e cultura fisica, baseball e softball, golf e bocce (Tabella 1). L’analisi per sesso dei 32 atleti risultati positivi ha evidenziato che sono stati prevalentemente gli uomini ad assumere sostanze vietate per doping (29); infatti, solo 3 donne su 531 esaminate sono risultate positive ai test. Le positività totali riscontrate dalle analisi sono state 38 in quanto alcuni atleti sono stati trovati positivi a più sostanze. Per positività si intende la presenza di una singola sostanza vietata per doping nel campione analizzato (ad esempio, due sostanze rilevate nello stesso campione danno luogo a due positività). Tra le sostanze maggiormente utilizzate si trovano per prime i cannabinoidi (44,7%), seguiti dai diure237
DOPING
Tabella 1 - Atleti controllati e risultati positivi secondo la Federazione Federazione
FIGC - Giuoco Calcio
Tesserati
Atleti
% dei
Atleti
% dei
CONI 2003*
controllati
controllati
positivi
positivi
(A)
(B)
(B/A)
(C)
(C/B)
1.019.674
308
0,030
2
0,6
FIP - Pallacanestro
285.185
98
0,034
1
1,0
FIPAV - Pallavolo
258.527
96
0,037
2
2,1
FIPSAS - Pesca Sportiva
209.099
8
0,004
0
0,0
FIT - Tennis
166.388
26
0,016
0
0,0
FIDAL - Atletica leggera
121.767
108
0,089
0
0,0
FISI - Sport Invernali
112.188
12
0,011
0
0,0
FMI - Motociclismo
99.908
24
0,024
2
8,3
FIJLKAM - Judo
94.904
20
0,021
0
0,0
FIB - Bocce
88.907
4
0,004
1
25,0
FIV - Vela
78.088
25
0,032
2
8,0
FIDS - Danza Sportiva
73.417
32
0,044
1
3,1
Lotta Karate
FISE - Sport Equestri
72.824
8
0,011
0
0,0
FIG - Golf
71.907
4
0,006
1
25,0
FCI - Ciclismo
59.132
108
0,183
3
2,8
FGI - Ginnastica
55.802
16
0,029
0
0,0
FIN - Nuoto
45.787
97
0,212
1
1,0
FIR - Rugby
41.571
80
0,192
4
5,0
FIGH - Handball
37.705
80
0,212
4
5,0
FIHP - Hockey
23.895
68
0,285
0
0,0
FITAV - Tiro a Volo
22.816
15
0,066
1
6,7
FIBS - Baseball e Softball
19.830
12
0,061
2
16,7
FITARCO - Tiro con lâ&#x20AC;&#x2122;arco
17.461
44
0,252
2
4,5
FIPCF - Pesistica
17.456
14
0,080
3
21,4
e Pattinaggio
e Cultura Fisica FITA - Taekwondo
14.093
8
0,057
0
0,0
FISG - Sport del Ghiaccio
13.270
66
0,497
0
0,0
FITET - Tennis Tavolo
10.587
20
0,189
0
0,0
FIS - Scherma
10.046
15
0,149
0
0,0
FIGS - Squash
9.756
7
0,072
0
0,0
238
La tutela della salute nelle attività sportive e la lotta contro il doping
FIWuK - Wushu Kung fu
9.050
8
0,088
0
0,0
FIC - Canottaggio
8.336
26
0,312
0
0,0
FITRI - Triathlon
7.971
24
0,301
0
0,0
FIH - Hockey
6.882
19
0,276
0
0,0
FICK - Canoa Kayak
6.490
20
0,308
0
0,0
FASI - Arrampicata Sportiva
4.912
4
0,081
0
0,0
FPI - Pugilato
4.291
10
0,233
0
0,0
FIBa - Badminton
2.868
12
0,418
0
0,0
FIPM - Pentathlon Moderno
1.542
10
0,649
0
0,0
FIBiS - Biliardo Sportivo Totale
-
4
3.204.332
1.560
0,049
0
0,0
32
2,1
* dati definitivi 2003, forniti dalle strutture del CONI. Fonte: Elaborazione ISS su dati CVD.
tici ed agenti mascheranti e dagli stimolanti (15,8%), dagli anabolizzanti e dai corticosteroidi (7,9%), dagli ormoni e sostanze attive sul sistema ormonale (5,3%) e dall’atenololo (2,6%) (Tabella 2). Nel corso del Convegno è stato distribuito il "Reporting system doping-antidoping 2003-2004" e il report del 2005, a cura della CVD, in cui sono riportate informazioni più dettagliate sui controlli antidoping, sull’uso dei farmaci, sulle patologie doping-correlate e sull’attività di contrasto al doping (disponibili sul sito del Ministero della Salute - Area tematica Antidoping). Tuttavia il monitoraggio delle federazioni sportive rappresenta solo una parte delle attività della Commissione; tra le numerose iniziative promosse dalla CVD si possono citare: la prevenzione e l’informazione sui danni dell’uso di sostanze vietate per doping; la promozione ed il finanziamento dei programmi di ricerca che hanno coinvolto enti universitari e del Servizio Sanitario Nazionale; il finanziamento di programmi di formazione, destinati ad istituti scolastici, medici di medicina dello sport, pediatri ed operatori del settore sportivo, sulla promozione di stili di vita sani e sul ruolo sociale ed etico dello sport. Emilio Borghini, Comandante Carabinieri per la Tutela della Salute, ha illustrato alcuni risultati dell’attività operativa antidoping dei Nuclei Anti-Sofisticazioni e Sanità dell'Arma dei Carabinieri (NAS). Ha riferito che i sequestri di anabolizzanti operati dai NAS per il periodo 2000-2004 sono stati pari a 1.049.986 confezioni/fiale, di cui 997.949 solo nel 2003-2004. Nel suddetto quinquennio sono pervenute 1.284 denunce mentre sono stati eseguiti 191 arresti e 1.379 perquisizioni (il numero maggiore di operazioni si sono registrate nel 2004). 239
DOPING
Tabella 2 - Distribuzione delle positività rilevate per classi di sostanze, sostanze e sport Classi di sostanze
Sostanze
Sport*
Numero
%
casi Derivati della cannabis
thc metabolita
Handball (4), rugby (3),
17
44,7
baseball e softball (2), pallavolo (2), pallacanestro, nuoto, danza sportiva, vela, motociclismo, tiro a volo Stimolanti
Anabolizzanti
formoterolo
Motociclismo
1
2,6
cocaina
Golf, pallavolo
2
5,3
efedrina
Ciclismo, motociclismo
2
5,3
flunisonide
Calcio
1
2,6
norandrosterone
Pesistica e cultura fisica
1
2,6
1
2,6
1
2,6
noretiocolanolone T/E>4 Diuretici e agenti
furosemide
Ciclismo, pesistica e cultura fisica
2
5,3
mascheranti
clorotiazide
Tiro con l’arco
1
2,6
Tiro con l’arco, pesistica
3
7,9
Vela, rugby
2
5,3
idroclorotiazide
e cultura fisica, bocce Ormoni e sostanze attive hCG (gonadotropina sul sistema ormonale Corticosteroidi
Beta-bloccanti
corionica umana) metilprednisolone
Pesistica e cultura fisica
1
2,6
betametasone
Ciclismo, calcio
2
5,3
atenololo
Tiro con l’arco
Totale
1
2,6
38
100,0
* Sono indicati, tra parentesi, i numeri di casi solo se superiori ad uno. Fonte: Elaborazione ISS su dati CVD.
In riferimento al 2005, il Comandante dei NAS ha riferito 279 denunce, 49 arresti eseguiti e 183 perquisizioni con 14.932 confezioni/fiale sequestrate; bisogna tuttavia sottolineare che un numero notevole di operazioni è tutt’ora in corso per cui i dati relativi al 2005 non possono essere considerati totalmente rappresentativi dell’intero andamento delle operazioni. Le strutture maggiormente oggetto di perquisizioni sono state palestre (che rappresentano da sole il 70% delle perquisizioni totali), associazioni sportive dilettantisti240
La tutela della salute nelle attività sportive e la lotta contro il doping
che ed associazioni sportive professionistiche. Le figure più coinvolte risultano essere, in diversa misura, atleti professionisti e dilettanti, titolari di palestre e preparatori atletici, titolari di centri di dimagrimento ed ancora medici, farmacisti e rappresentanti farmaceutici; le sostanze sequestrate sono state stimolanti, steroidi, cortisonici, diuretici, emoderivati ed emoglobina sintetica. Francesco Botrè, Direttore del Laboratorio Antidoping della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) (il laboratorio che esegue le analisi per conto della CVD), ha mostrato l’attività di ricerca dei laboratori antidoping accreditati dalla World Anti-Doping Agency (WADA). Egli ha affermato che l’obiettivo a cui tendere è il miglioramento dell’efficacia dei metodi di laboratorio, da realizzarsi attraverso l’ottimizzazione di procedure di analisi, l’ampliamento del novero delle sostanze/metodi rilevabili con la possibile identificazione di nuove sostanze “doping” (stimolanti, steroidi anabolizzanti, agenti mascheranti, ormoni peptidici, glicoproteici ed analoghi, doping ematico), la differenziazione tra uso proibito/uso consentito di specifiche sostanze. Nello specifico, il Laboratorio Antidoping della FMSI, oltre all’obiettivo di migliorare l’efficacia dei metodi di laboratorio, si propone di migliorare anche l’efficacia delle strategie antidoping; auspica inoltre una stretta collaborazione con gli enti committenti, una buona interazione con centri di ricerca esterni al laboratorio, la possibilità di accedere, in modo controllato e controllabile, a campioni “reali”e, infine, di affiancare alla ricerca di “marker di esposizione” la ricerca di “marker di effetto”. In riferimento all’attuazione di campagne formative/ informative per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione al doping, Antonio Dal Monte, rappresentante degli enti di promozione nella CVD, ha dichiarato che tra il 2002 e il 2005 sono stati finanziati 33 progetti destinati principalmente a federazioni/associazioni sportive (11) e ad enti universitari (9) ma anche ad AUSL e aziende ospedaliere (3), alla FMSI (3), alle società scientifiche (2), all’ISS (2), ad enti regionali (1), a consorzi (1) ed a società di servizi (1). Le modalità degli interventi hanno previsto corsi di aggiornamento teorici e pratici, convegni, seminari ed interventi pubblici, distribuzione di materiali informativi ed aggiornamento delle informazioni online. Nel corso del Convegno sono stati presentati i risultati di due progetti finanziati dalla CVD: “Campagna dei giovani per i giovani contro il doping”, organizzato dall’Unione Italiana Sport Per tutti (UISP) ed il “Corso di Formazione per insegnanti di educazione fisica per la prevenzione del fenomeno doping” organizzato dal Dipartimento di Scienza della Salute dell’Istituto Universitario di Scienze Motorie di 241
DOPING
Roma. In riferimento a quest’ultimo, Fabio Pigozzi dell'UISP ha affermato che 94 responsabili di formazione provenienti dalle 92 province italiane sono stati formati seguendo appositi corsi di base; in seguito 10 candidati, tra quelli ritenuti maggiormente idonei, sono stati invitati a frequentare il Corso Avanzato nel quale le lezioni sono state tenute da esperti inseriti in circuiti internazionali, che hanno trattato argomenti di carattere specifico ed applicativo. Relativamente al progetto della UISP, Alessandro Ribolini ha illustrato gli obiettivi, le modalità di attuazione ed i risultati della campagna di formazione. L’obiettivo principale è stato la sensibilizzazione dei giovani sul fenomeno dell’inquinamento farmacologico e del doping per influire positivamente sulla concezione del benessere psico-fisico e, di conseguenza, sulle scelte di stili di vita anche in altri ambiti. Il progetto ha visto il coinvolgimento di 38 scuole medie-superiori, per un numero di oltre 1.000 studenti di età compresa tra i 14 e i 20 anni e appartenenti a diverse aree geografiche. Inizialmente è stato somministrato ai ragazzi un questionario, dal quale è emerso che il grado di soddisfazione/insoddisfazione per le proprie capacità di prestazione non era la causa principale di un atteggiamento di apertura all’uso di sostanze dopanti; contrariamente era il grado di soddisfazione/ insoddisfazione rispetto al proprio corpo ad essere la ragione principale di una disponibilità all’uso di sostanze vietate per doping. Sulla base dei dati raccolti attraverso il questionario, è stato realizzato un intervento di informazione e sensibilizzazione realizzato dai giovani per i giovani. L’esito dell’intervento è stato un cambiamento nell’atteggiamento dei ragazzi rispetto all’uso di sostanze vietate per doping che è risultato meno vantaggioso, meno desiderabile e meno salutare, nel complesso inutile e negativo. Questo progetto ha portato alla nascita di tutta una serie di iniziative nell’ambito delle politiche giovanili promosse da enti locali, scuole e associazioni.
BIBLIOGRAFIA 1. P. Zuccaro , S. Rossi, M. Mazzola, V. Maurilli, L. Martucci, C. Mortali, S. Pichini, R. Pacifici et al., Reporting System Doping Antidoping 2005 Dati provvisori Istituto Superiore di sanità, 23 gennaio 2006, Roma.
242
I POSSIBILI “ATTORI” DELL’ANTIDOPING
I MASS-MEDIA E LA RAPPRESENTAZIONE DEL FENOMENO DOPING
Bruno Pizzul Giornalista sportivo
Usiamo parole moderne come sport e doping per indicare attività e (cattive) abitudini che in senso lato hanno sempre accompagnato l’uomo nel suo faticoso cammino. Va da sé che tra lo sport di oggi e gli antichi giochi classici esistono palesi differenze, così come non si può assimilare il doping attuale ai comportamenti truffaldini degli atleti di un tempo; non è tuttavia fuor di luogo sottolineare alcune significative analogie e corrispondenze. Come i modermi campioni dello sport professionistico, anche coloro che vincevano le gare nelle grandi competizioni dell’antichità diventavano personaggi famosi e si arricchivano: Pindaro scioglieva in loro onore gli epinici, le città natali li riempivano di onori e ricchezze, spesso erigevano monumenti a celebrarne le gesta, insomma anche allora la vittoria agonistica comportava vantaggi materiali che andavano ben al di là della semplice gloria ludica e della classica coroncina d’alloro o di ulivo. La faccenda era motivo di scandalo, come possiamo capire da alcune testimonianze dei contemporanei: è arrivato fino a noi un frammento di Euripide, sommo tragediografo greco del V secolo a. C., in cui si legge testualmente “l’Attica è frequentata da tanti cattivi soggetti, ma i peggiori di tutti sono gli atleti”. Più o meno in quello stesso periodo, Senofane, una specie di intellettuale ante litteram, potremmo definirlo un tuttologo rompiscatole impegnato a denunciare le piaghe della società ellenica, tuonava contro le città greche che si ritenevano colte ed evolute, chiamavano barbare tutte le altre genti, ma riempivano di onori e ricchezze gli atleti e perfino i cavalli che vincevano ad Olimpia, a Delfi o in qualche altro luogo mentre non tenevano in nessun conto i filosofi, i medici, gli scienziati, i sapienti. Succede qualcosa di analogo anche nello sport moderno. Ma il doping? Le grandi competizioni agonistiche classiche, i giochi olimpici, pitici, panellenici erano manifestazioni ammantate anche da una certa sacralità, non a caso erano dedicati agli 245
DOPING
dei più importanti, ed erano guidate da tutta una serie di regole molto severe. Durante il periodo delle gare, ad esempio, una norma vietava ai partecipanti di mangiare carne: ebbene, testimoni del tempo ci raccontano che molto spesso alcuni atleti venivano scoperti ad alimentarsi di nascosto con robuste bistecche, nel chiaro intento di accumulare illecitamente maggiori energie rispetto agli avversari rispettosi delle regole. La moderna dietologia ci dice che in realtà quegli imbroglioni non traevano alcun vantaggio dalla loro presunta furberia, ma da un punto di vista etico, si atteggiavano esattamente come i moderni fruitori del doping. Vero è che non correvano i rischi connessi all’uso e all’abuso delle attuali sostanze dopanti (tra l’altro di “mucca pazza” allora non si parlava proprio) ma il loro comportamento truffaldino ci fa capire come sempre, quando il risultato sportivo garantisce remunerazioni materiali importanti, scattino nell’uomo meccanismi perversi di tentazione per ottenere la vittoria comunque e a qualsiasi costo. Al tempo stesso diventa inevitabile l’amara constatazione che cambiano le cose che circondano l’uomo, il mondo (si dice) progredisce ma quelle che sono le miserie, le meschinerie, le tentazioni dell’animo umano sono sempre le stesse. I reprobi mangiatori di carne e violatori di altre regole, se scoperti, la pagavano cara: venivano messi alla gogna, la “polis” d’origine decretava l’ostracismo, i loro beni venivano confiscati. A significare come l’imbroglio collegato all’agonismo ha sempre originato una grande disapprovazione morale e l’applicazione di particolari sanzioni. Ma perché il doping nello sport, usiamo le due parole riferendole all’intera storia dell’agonismo per comodità espositiva, è sempre stato motivo di grande scandalo? Proprio perché lo sport ha una sua propria natura che lo differenzia dalle altre attività umane. È sempre possibile, anche se magari non è sempre vero, dire che uno si è arricchito perché ha rubato o sfruttato gli altri, immaginare che un altro abbia avuto il privilegio di raccontare in televisione le partite della nazionale di calcio perché appoggiato da chissà quali raccomandazioni, sospettare che un altro ancora abbia raggiunto il successo e la popolarità grazie a compromessi di ogni genere. Lo sport, al contrario, se praticato e interpretato nella giusta maniera, senza inganni e sotterfugi, consente di stabilire gerarchie di valori e classifiche certe: se uno salta 2 metri e 40 in alto, a nessuno viene in mente che abbia ottenuto quel risultato per importanti raccomandazioni o per agevolazioni di altro tipo. È lui e solo lui, grazie al fisico che madre natura gli ha donato e alla tenacia nella preparazione, che supera quella misura, per la generale ammirazione e stima. Ma se viene accertato l’uso del doping per ottenere la prestazione, cade tutto il valore e il senso quasi mistico del risultato. Sostengono alcuni che, verso gli sportivi, si viene a creare uno squilibrio di giudizio e di trattamento: viviamo in una società malata di farmacomania, la pilloletta d’aiuto viene usata dallo studente preoccupato, dal principe del 246
I mass-media e la rappresentazione del fenomeno doping
foro desideroso di maggior brillantezza nell’eloquio, dall’artista che vuole trascinare il pubblico, dalla massaia che teme la depressione, magari dall’amante insicuro: al più, simili abitudini provocano una riprovazione generica e poco convinta. Non si accetta al contrario che lo sportivo si giovi di analoghi accorgimenti, se scoperto lo si punisce anche penalmente, proprio perché altera artificialmente i limiti della propria prestazione, ne annulla il senso, il valore, la credibilità. Messa giù così, si può ben dire che il doping è la negazione stessa dello sport. Ed è un’affermazione di fondamentale importanza, che andrebbe sempre tenuta presente se si intende creare una vera nuova cultura sportiva, una corretta coscienza ed educazione all’agonismo. L’esperienza insegna che ci sono ben poche speranze di battere il flagello del doping nello sport attraverso una sorta di guerra tra guardie e ladri, come se tutti gli atleti fossero degli imbroglioni e l’unico modo per rimediare fosse un miglior sistema di controlli e analisi per sbugiardali. La ricerca di nuove e più efficaci sostanze dopanti creerà sempre nuovi confini e vantaggi a favore dei disonesti, con la disarmante consapevolezza che, individuata una sostanza proibita con i mezzi a disposizione, se ne troverà subito un’altra non riscontrabile. Ciò non significa arrendersi, i controlli, sempre più severi e rigorosi, ci vogliono, ma va potenziato parallelamente un disegno di educazione e informazione che consenta il recupero dell’etica sportiva, che generi la consapevolezza che il doping è in sé e per sé la negazione dello sport, che chi si dopa non è degno di appartenere alla famiglia sportiva. Capisco che una simile aspirazione può apparire ingenua e impraticabile, ma credo che comunque valga la pena provarcisi, cercando di sensibilizzare al proposito le famiglie e la scuola, insostituibili agenzie educative e chiedendo una più convinta e continua partecipazione degli organi d’informazione, spesso al proposito distratti e portati a svicolare su problemi spinosi e difficili da trattare. La mitizzazione del risultato e della prestazione, glorificati e proposti con toni enfatici, costituisce un naturale e comprensibile canovaccio comunicativo, è materia prima appetibile per il sistema mediatico, ma diventa necessaria una più attenta vigilanza su quelli che sono e possono essere i rischi di imboccare percorsi occulti attraverso i quali approdare a livelli di eccellenza. Nemmeno questo sarà mai sufficiente a debellare il doping, ma è un dovere di chi fa comunicazione, con denunce puntuali e adeguati commenti. Auspicabile anche una costante cura da parte del sistema informativo nell’indicare i rischi terribili collegati al doping sul piano della salute e dell’integrità fisica. Non bisogna temere di passare per terroristi della comunicazione se si ricordano i tanti drammi personali vissuti da sportivi caduti volontariamente o, cosa ancor più grave, inconsciamente nella trappola. È amaro con247
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statare che, secondo ripetuti sondaggi, spesso i giovani affermano di essere disposti a doparsi pur essendo coscienti dei rischi terribili in cui possono incorrere: il miraggio del successo sportivo che significa ricchezza, fama, belle morose, vita da nababbi cancella ogni pudore e azzera le paure delle conseguenze sulla salute. Disposti ad ammalarsi, magari a morire, pur di approdare nel mondo dorato del professionismo sportivo. Ulteriore segno di come sia inaridita e priva di valori veri la nostra società, che propone solo modelli di traguardi materiali da raggiungere subito e comunque. Remare contro questa impetuosa corrente di messaggi sbagliati è impresa disperata, ma la comunicazione sportiva, proprio perché si occupa dello sport che, come detto, possiede connotazioni del tutto particolari, ha il dovere di adoperarsi per bonificare il mondo dell’agonismo, denunciando la slealtà, censurandoa gli imbroglioni, indicando i rischi concreti del doping. Bisogna riconoscere che, negli ultimi tempi, su giornali, radio e televisioni si parla sempre più spesso e in maniera più responsabile del problema: buon segno, poca cosa se non intervengono a sostegno anche le altre componenti del movimento sportivo. Medici, allenatori, preparatori atletici, dirigenti, educatori e genitori devono sentirsi coinvolti e partecipi. Ognuno cominci a fare la propria parte. La convinzione che nello sport non si può sfondare senza il doping è un luogo comune diffuso e pericolosissimo: difficile da sfatare perché, si dice, lo fanno tutti e quindi ci si allinea all’altrui slealtà e scorrettezza. Ma se lo fanno tutti, è come se non lo facesse nessuno, le differenze di abilità tecnica e supporto fisico restano invariate. Il timore che esista il più furbo e più protetto ci sarà sempre. Ma non si deve alzare bandiera bianca. In questa sorta di crociata contro il doping il sistema mediatico è chiamato ad un compito di primaria importanza, sembra averlo capito e cerca di fare il proprio dovere, ma serve una partecipazione convinta e non di sola facciata da parte di tutte le altre componenti del variegato e affascinante (se non c’è il doping) mondo sportivo.
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IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI SPORTIVE NELLA LOTTA AL DOPING
Elio Sgalambro *, Claudio Toninel ** * CONI di Verona, ** Assessorato allo Sport Comune di Verona
DOPING: FENOMENO MONDIALE Il fenomeno doping, variamente definito a seconda dei punti di vista, delle spinte emotive e delle puntualizzazioni accademiche, ma consistente essenzialmente nell’assunzione di sostanze o nel ricorso a pratiche mediche al fine di migliorare le prestazioni fisiche al di fuori del potenziamento indotto dagli allenamenti, è certamente un fenomeno non recente 1, per lungo tempo, tuttavia, considerato dalle istituzioni pubbliche come un affare di prevalente competenza delle organizzazioni sportive, spesso lasciate sole nella lotta di contrasto. Dopo gli avvenimenti che hanno scosso il mondo dello sport, segnatamente dal 1998, è stato oggetto di maggiore attenzione 2 e di un più stretto coordinamento tra tutte le parti in gioco, stante il preoccupante diffondersi tra i non professionisti e in fasce di popolazione sempre più giovani e gli interessi economici sempre più rilevanti che muove. In questi ultimi anni lo sport e il tempo libero sono diventati uno dei maggiori settori di crescita economica e occupazionale, su scala mondiale. Di conseguenza, è cre-
1 Il doping è un tipo di frode attuato da secoli, se non da millenni, se è vero che se ne registrano casi già nel terzo secolo a.C., alle Olimpiadi dell’era antica. 2 I primi tentativi volti a contrastare il doping risalgono al 1928, allorché la Fédération internationale d’athlétisme amateur (IAAF) proibì l’uso di stimolanti. Successivamente molte altre Federazioni ne hanno seguito l’esempio anche se sul piano pratico con scarsi risultati. Il problema, in breve tempo ebbe ad aggravarsi con l’apparizione, durante il 1930, degli ormoni sintetici e la loro massiccia utilizzazione a fini dopanti nel 1950.
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sciuto il flusso di denaro 3 a cui sono esposti atleti e organizzatori e sono cresciuti lo stimolo a frodare nonché le risorse di chi froda. Il doping è in realtà un problema di proporzioni mondiali per cui si è vieppiù avvertita tra le organizzazioni antidoping dei vari Paesi l’importanza della cooperazione, dell’armonizzazione delle leggi, delle tecniche di laboratorio e dell’atteggiamento degli organismi sportivi. LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE: IL CIO E L’AGENZIA MONDIALE ANTIDOPING Mediante un’iniziativa collettiva guidata dal CIO e in seguito alla sua conferenza mondiale sul doping di Losanna, nel novembre 1999 è stata creata l’agenzia mondiale antidoping WADA, destinata a sostenere e promuovere i valori fondamentali dello sport inteso come fattore indispensabile di crescita individuale e collettiva. L’Agenzia, costituita giuridicamente sotto forma di fondazione, è retta da un proprio statuto e annovera tra i propri membri in numero eguale rappresentanti del movimento olimpico e dei governi firmatari. Tra i compiti previsti all’art. 4 dello statuto, per altro tutti rilevanti per la lotta al doping, sono da sottolineare in particolare quelli indicati ai punti. 1, 3, 4, 5: • promuovere e coordinare, a livello internazionale, la lotta contro il doping nello sport in tutte le sue forme, principalmente attraverso test antidoping durante le competizioni e fuori dalle competizioni, ricevendo da tutto il “movimento antidoping” l’impegno morale e politico di sostegno; • stabilire, adattare, modificare e aggiornare, secondo programmi di monitoraggio, la lista delle sostanze e dei metodi proibiti nella pratica sportiva, pubblicando tale lista almeno una volta all’anno con effetto dal primo gennaio successivo 4; • favorire, sostenere, coordinare e, allorché necessario, disporre, in cooperazione con organizzazione pubbliche e private interessate, l’organizzazione dei controlli a sorpresa durante le gare;
3 Si calcola che lo sport rappresenti il 3% del prodotto interno lordo con importanti riflessi anche sul piano occupazionale. 4 L’ultima edizione della “Lista delle sostante e dei metodi proibiti” è del settembre 2005 ed è entrata in vigore il primo gennaio 2006.
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Il ruolo delle istituzioni sportive nella lotta al doping
• elaborare, armonizzare e unificare le norme e le procedure scientifiche, tecniche e relative ai metodi d’analisi, compresa l’omologazione dei laboratori e la costituzione di un laboratorio di riferimento. L’Agenzia, divenuta pienamente operativa nel 2000 in occasione dei Giochi della XXVII Olimpiade a Sydney, ha adottato, come strumento fondamentale di lotta al doping, che deve essere senza quartiere, il “Codice mondiale antidoping”, che, sottoposto a verifiche ed aggiornanti periodici, è entrato in vigore nella versione approvata durante la “Conferenza mondiale sul doping nello sport” di Copenaghen 5, il primo gennaio 2004 così da essere disponibile in occasione dei Giochi olimpici di Atene. Per la prima volta, nella lunga storia di contrasto al fenomeno doping, veniva fornito a tutte le organizzazioni sportive un complesso di regole e di regolamenti validi per tutte le discipline sportive ed in grado di assicurare una sostanziale parità di trattamento agli atleti. La risoluzione finale adottata dalla “Conferenza mondiale sul doping nello sport” di Copenaghen 6 oltre che per l’accettazione formale del Codice Mondiale Antidoping come fondamento della lotta al doping a livello mondiale, assume particolare rilevanza in quanto, riaffermando che l’uso di sostanze dopanti è contrario allo spirito dello sport, avverte il bisogno urgente che la lotta al doping sia intensificata, accelerata, armonizzata e unificata, pur riconoscendo il grande impegno in precedenza svolto da diverse entità. La Conferenza, inoltre, sollecita tutto il movimento olimpico (CIO – Federazioni sportive internazionali – Comitati nazionali olimpici – Co-
5 Il 5 marzo 2003 oltre 1200 delegati rappresentanti di 80 governi, di tutti gli sport olimpici, del CIO, del CIP, dei comitati nazionali olimpici e paraolimpici, di sportivi, di associazione sportive ed organizzazioni nazionali antidoping hanno unanimemente approvato quella che è la versione 3.0 del “Codice mondiale antidoping” nel corso della Conferenza mondiale sul doping nello sport” tenutasi a Copenaghen (Danimarca). 6 La prima vera opportunità offerta a dirigenti sportivi ed autorità governative provenienti da ogni parte del mondo di discutere del fenomeno doping nello sport e di concordare una strategia comune a livello internazionale, si ebbe con la “1ª Conferenza mondiale permanente sul doping nello sport” svoltasi ad Ottawa dal 26 al 29 giugno 1988 per iniziativa del Governo Canadese e del CIO. Alla Conferenza presero parte 85 dirigenti governativi e sportivi provenienti da 27 Paesi unitamente ai rappresentati del CIO, del Consiglio d’Europa, dell’Assemblea Generale delle Federazioni Sportive Internazionali del Consiglio Supremo per lo Sport in Africa, di varie Federazioni Sportive internazionali e della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport. I documenti approvati riguardavano: 1) principi sull’eliminazione del fenomeno doping nella pratica sportiva; 2) Carta Olimpica Internazionale Antidoping (poi approvata e adottata dal CIO nel settembre del 1988); 3) elementi e direttive da utilizzare per contribuire allo sviluppo di una strategia che consenta l’approvazione e l’adozione della Carta; 4) modello di un programma antidoping nazionale.
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mitati internazionali paraolimpici) e le altri parti interessate (organizzazioni nazionali antidroga e le organizzazioni responsabili dei grandi eventi sportivi) a confermare con dichiarazione formale dei rispettivi organismi competenti l’accettazione del “Codice” sì da renderlo operativo al più tardi il primo giorno dei Giochi Olimpici d’Atene. Infine, è oltremodo significativo il richiamo e l’invito rivolto ai governi i quali, sottoscrivendo la Risoluzione di Copenaghen, riconoscono il ruolo dell’AMA (WADA) e lo sostengono; approvano il Codice; sostengono la cooperazione internazionale e intergovernativa al fine di promuovere l’armonizzazione delle politiche e delle pratiche di lotta al doping nello sport; mettono in atto le condizioni per giungere ad una convenzione o altra forma di obbligazione, in conformità del contesto costituzionale e amministrativo di ciascun Paese, concernente tra l’altro, l’applicazione del “Codice” che dovrà avvenire al più tardi il primo giorno dei XXmi Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. L’AZIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA In questo contesto di collaborazione internazionale si pone, con indubbia evidenza, l’azione della Commissione europea, impegnata ora a sostenere l’azione del CIO e dell’agenzia WADA finanziando diversi progetti. Un progetto preliminare, noto come “Armonizzazione di metodi e misure nella lotta al doping”, del 1998, aveva il compito di identificare le ricerche necessarie per migliorare il modo in cui viene condotta la lotta al doping nello sport. La relazione finale del progetto (Relazione Hardop, pubblicata nel 1999) ha posto ben in evidenza come siano necessari nuovi sviluppi nelle tecnologie di misura e prova, ma in particolare nel coordinamento e nell’istruzione. Anch’esso finanziato dalla Commissione europea e avviato dai Comitati olimpici nazionali e dalle Federazioni sportive internazionali è il progetto Cafdis. Il progetto mira a costituire una rete mondiale di raccolta e diffusione di informazioni antidoping, tramite un sito web, essenzialmente in quattro settori: istruzione, prospettive, ricerca e sviluppo e questioni di laboratorio. Gli utenti della rete Cafdis, sulla base del principio della conoscenza selettiva, sono articolati su vari livelli. Il primo livello sarà composto dagli atleti e dal grande pubblico; il secondo livello dagli amministratori, allenatori e dirigenti sportivi; il terzo livello fornirà informazioni sui laboratori, sui mediatori e sul personale medico ed, infine, il quarto livello sarà rivolto alle organizzazioni farmaceutiche, giudiziarie e di polizia. L’azione della Commissione Europea (o meglio, del Consiglio d’Europa) si è esplici252
Il ruolo delle istituzioni sportive nella lotta al doping
tata nel tempo con tutta una serie di raccomandazioni 7 che, pur non avevano carattere vincolante per gli Stati membri, contribuivano a mantenere desta l’attenzione sullo specifico problema della lotta al doping. Il documento più importante risulta, tuttavia, essere la “raccomandazione” n.19 del 25 settembre 1984, che ha adottato la “Carta europea contro il doping nello sport”, predisposta dai Ministri europei responsabili dello sport nel corso della loro quarta conferenza svoltasi a Malta. Occorre, per altro arrivare al 1989 perché si abbia una determinazione del Consiglio d’Europa che sia vincolante per gli Stati firmatari. Il 16 novembre 1989 a Stasburgo, venne sottoscritta “La convenzione europea contro il doping nello sport” nel testo approvato dal Comitato dei Ministri il 19 settembre 1989 8 ai cui principi etici e valori educativi fa ancora riferimento il legislatore italiano allorché afferma che “ l’attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei principi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione contro il doping fatta a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 29 novembre 1995, n. 522” 9. La Convenzione di Strasburgo si pone come documento fondamentale in vista della riduzione e successiva eliminazione del doping nello sport, impegnando le Parti ad adottare, pur nei limiti delle rispettive disposizioni costituzionali, tutte le misure necessarie al raggiungimento di tale scopo. Alla convenzione è allegato l’“Elenco di riferimento delle sostanze doping e dei metodi doping” nel testo approvato dal CIO nell’aprile 1989. Al “Gruppo di vigilanza” (art. 10) veniva affidato, tra gli altri, il compito di approvare la lista, ed ogni sua eventuale revisione, delle classi farmacologiche e dei metodi di doping proibiti dalle organizzazioni internazionali nonché i criteri di accreditamento dei laboratori di analisi (art. 11).
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È del 29 giugno 1967 la risoluzione n. 12 con cui il Consiglio d’Europa raccomandava agli Stati membri l’adozione, in collaborazione con le organizzazioni sportive, delle misure necessarie contro il doping. Sotto il profilo legislativo, la Francia e il Belgio sono state le prime nazioni che hanno legiferato in materia di doping nello sport sin dal 1945. 8
Nel corso della tredicesima riunione informale dei Ministri europei responsabili dello sport, svoltasi ad Atene il 1 giugno 1988, fu deciso di stabilire “una convezione” come segno concreto della determinazione a proseguire nella lotta al doping. Il testo della convenzione, elaborato dal Comitato per lo sviluppo dello sport del Consiglio d’Europa, fu approvato dai Ministri responsabili dello sport nel corso della loro sesta svoltasi a Reykjavik, il 30 maggio 1989 (Consiglio d’Europa - Trattati europei - STE n.135). 9 Art. 1, comma 1 Legge n. 376 del 14 dicembre 2000 “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”.
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La LISTA DELLE SOSTANZE E METODI PROIBITI– ANNO 2005 è stata aggiornata con emendamento all’appendice della Convenzione adottata dal Gruppo di monitoraggio nell’ambito della sua 20esima riunione a Strasburgo il 10 novembre 2004. IL PIANO DI SOSTEGNO COMUNITARIO ALLA LOTTA CONTRO IL DOPING NELLO SPORT” Dopo gli scandali del 1998 che avevano determinato la pronta reazione del CIO e la fondazione dell’Agenzia Mondiale come strumento di risposta al diffondersi del doping negli ambienti sportivi, l’Europa, che con l’adozione della Convenzione europea contro il doping si era trovata ad esercitare un ruolo propulsivo nella lotta a questo fenomeno, ha fatto registrare numerosi e decisi interventi delle istituzioni e organi comunitari. Così il Consiglio d’ Europa, riunito a Vienna nel mese di dicembre 1998, esprimendo preoccupazione, ha tenuto a sottolineare la “necessità di una mobilitazione a livello dell’Unione Europea”. Successivamente i problemi relativi al doping, sono stati affrontati dai Ministri responsabili dello Sport in 3 riunioni tenute nel corso del 1999 10. Il 17 dicembre 1998 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione 11 con la quale invita la Commissione a prendere in considerazione la vera dimensione del problema del doping e a proporre provvedimenti a livello comunitario per garantire in particolare una migliore coordinazione e una migliore complementarità tra i provvedimenti e le azioni adottati a livello nazionale e quelli che dipendono dal livello europeo. Anche il Comitato europeo delle regioni ha emesso un parere su “Il modello europeo dello sport” 12 in cui figura un capitolo dedicato al doping. Il Comitato delle regioni sottolinea che “la coordinazione e l’armonizzazione delle misure nazionali sono necessarie” e appoggia l’invito del Parlamento a favore della “presentazione da parte della Commissione della proposta per l’attuazione di una politica di sanità pubblica armonizzata al fine di combattere il doping”.
10 Le 3 riunioni si sono svolte a Bonn/ Bad Godesberg (18 gennaio 1999), a Paderborn (1 e 2 giugno 1999) e a Vierumäki in Finlandia (25 ottobre 1999). 11
Risoluzione sulle misure urgenti da adottare contro il doping nello sport, G.U. C 98 del 9 aprile 1999.
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Parere del Comitato delle regioni europee 37/99 del 16 settembre 1999.
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Tutto ciò risulta dalla “Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni - Piano di sostegno comunitario alla lotta contro il doping nello sport” del dicembre 1999 13. La Commissione della Comunità Europea, dopo aver preso in esame le cause della proliferazione del doping, indica gli strumenti comunitari 14 da attivare nell’azione di contrasto: 1. Accentuare l’impegno di ricerca sulle sostanze dopanti, sui metodi di rilevazione e sulle conseguenze del doping per la salute; 2. Mobilitare i programmi di educazione, di formazione professionale a favore dei giovani ai fini dell’informazione e della formazione, della sensibilizzazione e della prevenzione in materia di doping; 3. Utilizzare appieno le possibilità offerte dai programmi di cooperazione tra gli organi di polizia e gli organi giudiziari; 4. Rafforzare l’informazione sui farmaci; 5. Sviluppare azioni che rientrano nella politica di sanità pubblica. Per la Commissione Europea, “la lotta contro il doping costituisce un esempio calzante del modo in cui l’azione comunitaria può contribuire a rafforzare l’impegno profuso a vari livelli, in particolare a livello nazionale, e a rispondere così alle attese dei cittadini, nel rispetto sia dell’autonomia delle organizzazioni sportive, sia del principio di sussidiarietà. Infatti una lotta efficace contro il doping non può concepirsi in uno spazio esclusivamente nazionale: in un mondo dello sport che s’internazionalizza, occorre far sì che i vari Stati adottino strategie similari in questo campo. L’Unione europea può apportare un valore aggiunto favorendo una convergenza nelle varie strategie e mettendo a disposizione nella lotta contro il doping i mezzi di cui dispone” 15. Secondo la Commissione occorre muoversi lungo tre assi di intervento: – privilegiare l’etica e rafforzare la protezione della salute dello sportivo; in questo senso ritenendo necessario sentire il parere di esperti sulla dimensione etica, giuridica e scientifica del fenomeno doping la Commissione si è rivolta al gruppo eu-
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Bruxelles, 1.12.1999 COM(1999) 643. Il testo in corsivo è tratto dalla Introduzione della “Comunicazione”.
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Allegato 1 alla citata “Comunicazione”.
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Pag. 5 della “Comunicazione” citata.
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ropeo di etica (GEE) 16 per un parere, emesso l’11 novembre 1999, che ribadisce una serie di principi etici di cui si dovrà tenere conto nelle azioni e riflessioni future; – instaurare un nuovo partenariato individuato nell’Agenzia Mondiale Anti-doping appena costituita, per il manifesto interesse comunitario potendo essere elemento di raccordo tra l’azione delle organizzazioni sportive e quella dei pubblici poteri per lavorare insieme nella lotta al doping; – mobilitare gli strumenti comunitari allo scopo di completare le azioni già svolte in merito dagli Stati membri conferendo loro una dimensione comunitaria, tenuto conto, tra l’altro, della crescente mobilità dello sport europeo e delle competenze comunitarie interessate dal fenomeno doping. Affinché l’impegno profuso contro il doping nello sport possa essere durevole ed efficace è essenziale che vengano garantite una coordinazione e una sinergia reali tra le azioni svolte da quanti sono coinvolti nelle loro rispettive sfere di responsabilità: movimento sportivo, Stati, organizzazioni internazionali, Unione europea, Agenzia mondiale antidoping. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone la Relazione della Commissione al Consiglio Europeo del 10.12.1999 (Relazione di Helsinki sullo sport), “nell’ottica della salvaguardia delle strutture sportive e del mantenimento della funzione sociale dello sport nel quadro comunitario” come recita il titolo. Nella predetta Relazione, la Commissione, dopo aver individuato nella violenza negli stadi, nella espansione delle pratiche di doping, nella ricerca di benefici finanziari rapidi, i fenomeni nuovi che minacciano i valori etici e la funzione sociale dello sport…”indica le piste da seguire che permetterebbero di conciliare la dimensione economia dello sport con al sua dimensione popolare, educativa, sociale e culturale” così estrapolate: – valorizzare il ruolo educativo dello sport, migliorando il posto dello sport e dell’educazione fisica nei programmi scolatici; favorendo la riconversione e l’inserimento degli sportivi nel mondo del lavoro; armonizzando i sistemi di formazione dei quadri sportivi istituiti in ciascun Stato membro.
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Il Gruppo europeo etico (GEE) è stato ufficialmente istituito nel 1991 su iniziativa del Presidente Delors. A seguito di modifiche effettuate nel 1998, il gruppo comprende ora 12 membri, tutti esperti europei altamente qualificati in varie discipline. Il GEE ha per missione quella di emettere pareri per la Commissione.
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Anche se ci sembra eccessivo considerare lo sport “una tribuna ideale per la democrazia sociale 17 è indubbio che lo sport possa essere utilizzato per combattere l’esclusione, le disuguaglianze ed il razzismo. – lottare insieme contro il fenomeno del doping, secondo le linee d’intervento esplicitate nella già citata Comunicazione del 1.12.1999 e di cui si è appena detto. – chiarire la struttura giuridica dello sport, affinché le iniziative delle autorità pubbliche o delle organizzazioni sportive siano conformi al dettato comunitario per garantire sicurezza giuridica alle attività sportive. Sotto questo profilo, viene ribadita la necessità di un coordinamento e di una concertazione tra movimento sportivo, Stati membri e Comunità europea ai vari livelli di operatività: comunitario, nazionale, delle associazioni sportive. Nei confronti di quest’ultime, per la Commissione è opportuno che le Federazioni (in primo luogo quelle internazionali) svolgano “missioni” di promozione dello sport dilettantistico e professionistico e di integrazione sociale (giovani, portatori di handicap, ecc.) assumendone la responsabilità per espressa disposizione statutaria. In definitiva, si tratta, per la Commissione, di stabilire un “nuovo partenariato” al fine di promuovere lo sport nella comunità europea con iniziative convergenti pur nel rispetto dei valori e dell’autonomia della organizzazione sportiva. LA LEGISLAZIONE STATALE SUL DOPING Senza voler sottolineare il pur non breve lasso di tempo occorso per la ratifica della convenzione, è da dire che l’Italia è stata tra le prime nazioni a dotarsi di una normativa in funzione antidoping. La legge n. 26 ottobre 1971 n. 1099 sulla “Tutela sanitaria delle attività sportive” il cui ambito di operatività, come risulta dall’art. 2, è quello delle “attività agonistico-sportive”, è di fatto caratterizzata dalle disposizioni volte a prevenire e a reprimere il fenomeno doping (vedi anche cap. “Il doping: gli aspetti legali”). La legge qualificava come illecito penalmente rilevante l’assunzione, la somministrazione e la detenzione di sostanze che possono risultare nocive per la salute degli atleti e che vengono assunte dagli stessi “al fine di modificare artificialmente le loro energie naturali” (artt 3 e 4). Con successivo D.M. 5.7.1975 venivano stabiliti gli
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“Coesione sociale e sport” Clearing House – Divisione Sport del Consiglio d’Europa – CDDS, Stasburgo marzo
1999.
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“Elenchi delle sostanze capaci di modificare le energie naturali degli atleti nonché le modalità di prelievo dei liquidi biologici ed i relativi metodi di analisi” come era previsto dall’art. 7 della legge 1099/1971. Tuttavia, se il decreto, che è del Ministro della Sanità sentito il Consiglio di Sanità e il CONI, pubblicato dopo quasi 5 anni dalla legge e mai aggiornato, non è stato immune da critiche, la stessa legge 1099/1971 e per i più svariati motivi (un ultimo il mancato finanziamento per i controlli antidoping e per una educazione sanitaria di massa) è stata una legge scarsamente efficace. In questo contesto, dove, per altro, la normativa afferente la tutela sanitaria delle attività sportive è corposa, non è affatto esagerato affermare che il CONI ha dovuto lungamente riempire il vuoto creato dall’inerzia dello Stato ove si consideri che i controlli antidoping, a cura della Federazione Medico-Sportiva Italiana, quale organo del CONI, erano iniziati sin dal 1960 mentre l’intervento del legislatore si è fatto attendere per ben undici anni e con una legge, all’atto pratico, non attuata né dallo Stato né dalle Regioni 18 né dal Servizio sanitario nazionale. Questo almeno sino alla emanazione della legge n. 376 del 14 dicembre 2000 “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta al doping” che si pone finalmente come lo strumento più incisivo per condurre una efficace lotta al doping in un quadro più generale di tutela sanitaria delle attività sportive. Senza entrare troppo in dettagli, occorre tuttavia sottolineare: l’art. 1 che contiene la definizione di doping; l’art. 2 che prevede la costituzione della “Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive; l’art. 6 con l’obbligo per il CONI e le Federazioni sportive e gli Enti di promozione sportiva, le associazioni sportive di adeguare i proprio regolamenti alle disposizioni contenute nella legge prevedendo le sanzioni e le procedure disciplinari a carico dei tesserati in caso di doping o di rifiuto a sottoporsi ai controlli; l’art. 9 che reintroduce il reato di doping 19. Il CONI, al cui carico sono posti gli oneri per il funzionamento della “Commissione di vigilanza”, le Federazioni Nazionali e gli Enti di promozione sportiva devono, altresì, curare l’aggiornamento e l’informazione dei dirigenti, dei tecnici, degli atleti e degli operatosi sanitari sulle problematiche concernenti il doping. Sempre senza ulteriori oneri per la finanza pubblica!
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Alle regioni, in forza del D.P.R. 14.1.1972 n. 4 nel frattempo dell’entrata in vigore della legge, erano state trasferite anche le competenze concernenti la “tutela sanitaria delle attività sportive”. 19
La legge 24.11.1981 n. 689 aveva disposto la depenalizzazione dei reati previsti dalla legge n. 1099/1971 e, pertanto, le violazioni relative al doping non costituivano più reato ed erano soggette soltanto a sanzioni amministrative. Uno strano modo di combattere un fenomeno la cui pericolosità sociale non era certo ignota!
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Il ruolo delle istituzioni sportive nella lotta al doping
Con successivi decreti ministeriali che, questa volta hanno visto la luce in tempi più ragionevoli, sono stati emanati i provvedimenti attuativi della legge 20. RESPONSABILITÀ E INIZIATIVE DEL CONI PER LA LOTTA AL DOPING Il Coni, definito ancora dal D.lgs n. 242 del 23 luglio 1999, di riordino dell’ente, successivamente modificato e integrato con decreto legislativo dell’8 gennaio 2004 n. 15, la Confederazione delle Federazioni sportive nazionali, annovera, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, tra i propri compiti statutari, l’adozione di misure di prevenzione e repressione dell’uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività sportive, anche d’intesa con la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita ai sensi dell’articolo 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376.
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Di seguito la normativa attuativa d’interesse: Decreto 31 ottobre 2001: Regolamento concernente l’organizzazione ed il funzionamento della Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute. Decreto 7 agosto 2002: Norme procedurali per l’effettuazione dei controlli anti-doping e per la tutela della salute, ai sensi dell’art. 3, comma 1 della legge 14 dicembre 2000, n. 376. Decreto 15 ottobre 2002: Approvazione della lista dei farmaci, sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e delle pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping ai sensi della legge 14 dicembre 2000, n. 376. [La lista dei farmaci e delle sostanze il cui impiego è considerato doping è stata interamente sostituita con il Decreto 10 luglio 2003] Decreto 30 dicembre 2002: Integrazione della lista dei farmaci, sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e delle pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping, ai sensi della legge 14 dicembre 2000, n. 376. Decreto 10 luglio 2003: Modifiche al decreto ministeriale 15 ottobre 2002 recante “Approvazione della lista dei farmaci, sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e delle pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping ai sensi della legge 14 dicembre 2000, n. 376”. Decreto 16 gennaio 2004: Modifiche al decreto ministeriale 15 ottobre 2002 recante “Approvazione della lista dei farmaci, sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e delle pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping ai sensi della legge 14 dicembre 2000, n. 376”. [Allegato 1 – Convenzione europea contro il doping nello sport del 16 novembre 1989; Emendamento all’Appendice della convenzione adottata dal Gruppo di monitoraggio nell’ambito della 20esima riunione di Stasburgo, il 10 novembre 2004] [Allegato 2 – Criteri di predisposizione e di aggiornamento della lista dei farmaci, delle sostanze biologicamente e farmacologicamente attive e delle pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping] [Allegato 3 – Lista delle sostanze e metodi proibiti anno 2005] Decreto 19 maggio 2005: Modalità di attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 7 della legge 14 dicembre 2000 n. 376 recante “Disciplina della tutela sanitaria e della lotta conto il doping”.
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Ai sensi degli artt. 2 e 3 dello Statuto, il CONI, nell’esercizio delle sue funzioni di disciplina e regolazione e di gestione: – detta principi per prevenire e reprimere l’uso di sostanze o di metodi che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività agonistico sportive; – deve prevenire e reprimere l’uso delle sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività agonistico-sportive, anche in collaborazione con le autorità preposte alla vigilanza e al controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive. E qui il riferimento è senz’altro alla Commissione ministeriale di Vigilanza e controllo, alle Regioni e ai Dipartimenti di prevenzione delle ASL. Collaborazione che deve essere sempre più puntuale, aperta, senza velleità concorrenziali onde evitare inutili sovrapposizioni, e finalizzata alla salvaguardia del perseguimento di obiettivi. Oltre a ciò, l’art.13 dello Statuto prevede la istituzione, con provvedimento del Consiglio Nazionale, del Giudice di ultima istanza con funzioni concernenti il doping, regolandone il funzionamento. Il predetto organo decide sui ricorsi presentati avverso le deliberazioni assunte in materia degli organi di giustizia sportiva delle Federazioni nazionali e delle Discipline associate 21. Con il “Regolamento dell’attività antidoping” documento tecnico di attuazione del Codice WADA, è stata costituita quella che possiamo definire la struttura operativa del CONI nel particolare settore della lotta al doping. Il Regolamento 22, che consta di un Preambolo, 28 articoli e di una Appendice, riporta in allegato la “Lista delle sostanze vietate e dei metodi proibiti WADA” e il “Disciplinare per l’esenzione a fini terapeutici con modulistica Informativa all’interessato”. Nel “Preambolo” viene fatto espresso riferimento al Programma Mondiale Antidoping elaborato dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) e alle sue finalità e all’adozione da parte del CIO del Codice Mondiale Antidoping (Praga, luglio 2003). E ciò è estremamente significativo per l’attuazione di quel necessario coordinamento internazionale e della armonizzazione delle norme regolamentari.
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N. 8 i ricorsi esaminati e le decisioni emesse sino ad oggi.
Il “Regolamento dell’attività antidoping “ cui si fa riferimento è quello compreso nelle Norme Sportive antidoping – Documento tecnico attuativo del Programma Mondiale Antidoping WADA - approvato dal Consiglio Nazionale del CONI con deliberazione n. 1311 del 30 giugno 2005.
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Il ruolo delle istituzioni sportive nella lotta al doping
STRUTTURE PREPOSTE ALL’ATTIVITÀ ANTIDOPING DEL CONI – – – – – – – –
Giudice di ultima istanza in materia di doping (G.U.I.) (Art. 4) Commissione Antidoping (C.A.) (Art. 5) Commissione Scientifica Antidoping (C.S.A.) (Art. 6) Ufficio di Procura Antidoping (U.P.A.) (Art. 7) Comitato Etico (C.E.) (Art. 8) Coordinamento Attività Antidoping (U.G.G.)(Art. 9) Federazione Medico Sportiva Italiana (F.M.S.I.) (Art. 10) Incompatibilità, durata e decadenza (Art. 11)
Articolazione, competenze, attribuzioni e norme procedurali sono dettagliati nel citato “Regolamento” e nei “regolamenti interni” di ciascun organo che ne disciplinano il funzionamento: agli stessi si rinvia per gli opportuni approfondimenti. Un accenno, tuttavia, occorre fare alla Commissione Antidoping (C.A.) essendo demandato alla sua competenza deliberare, in particolare, il programma annuale dei controlli antidoping, secondo le scelte strategiche del CONI e in armonia con l’attività della “Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e la tutela della salute nelle attività sportive” di cui all’art.3 della legge 376/2000. Un’altra struttura dalle funzioni ben precise e tramite la quale il CONI si rende garante ai sensi dell’art. 4.4 del Codice Mondiale Antidoping WADA, dell’applicazione delle procedure previste per la concessione dell’esenzione ai fini terapeutici di sostanze o metodi altrimenti vietati, per atleti affetti da particolari patologie, è appunto il “Comitato per l’esenzione a fini terapeutici” (CEFT). Il Comitato è una struttura medica centrale istituita dal CONI per l’attuazione delle procedure per la concessione dell’esenzione per tutti gli atleti che non siano di livello internazione 23, secondo le istruzioni e i criteri contenuti nell’apposito “Disciplinare per l’esenzione a fini terapeutici”.
23 Per gli atleti di livello internazionale, l’esenzione va richiesta all’omologo Comitato della Federazione Internazionale di appartenenza, con comunicazione contemporanea al CEFT.
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IL RUOLO DELLE FEDERAZIONI SPORTIVE Le Federazioni sportive nazionali, ma anche le Discipline Sportive Associate e le Associazioni Benemerite 24, hanno l’obbligo di conformare i propri statuti ai principi fondamentali enunciati dal CONI e deliberati dal Consiglio nazionale il 23 marzo 2004, come ultima formulazione. In particolare, è richiesta l’espressa adesione incondizionata al Regolamento Antidoping del CONI e, per ciò stesso, a tutte le norme e procedure del Codice Mondiale Antidoping di cui si è più volte detto. È fondamentale il ruolo delle Federazioni alle quali è affidata l’attività agonistica di alto livello nelle varie discipline sportive e alle stesse è fatto obbligo di recepire la “Lista delle sostanze vietate e dei metodi proibiti” nei propri regolamenti e di curarne la massima divulgazione tra gli affiliati. È da dire che tale Lista diventa comunque operante anche nei confronti della Federazione sportiva o Disciplina Associata che non abbia provveduto alla formale adozione. Nell’ambito di ciascuna F.S.N. e D.A. è istituita una apposita commissione federale antidoping i cui nominativi vanno segnalati alla Commissione Antidoping del CONI (C.A.) unitamente al referente federale. Inoltre alla predetta C.A. devono essere comunicati i calendari dell’attività agonistica nazionale ed internazionale, dei campionati delle diverse serie e/o categorie, dei raduni e degli allenamenti previsti in Italia e all’estero nonché le variazioni relative. Devono essere ancora forniti i nominativi degli atleti di interesse nazionale con tutti i riferimenti utili per una pronta reperibilità. Ancora, le F.S.N. e le D.A. devono collaborare con le strutture del CONI, in particolare per quanto attiene ai controlli su convocazione, ma soprattutto devono pianificare e attuare il programma annuale dei controlli, con priorità ai test a sorpresa, stipulando apposite convenzioni con la Federazione Medico Sportiva per l’esecuzione dei controlli stessi. In ultima analisi, tutto ruota intorno alle Federazioni Sportive e alle Discipline Associate il cui impegno e la convinta collaborazione sono indispensabili per la buona riuscita dell’attività di controllo e, in definitiva, per una efficace lotta al doping.
24 Riteniamo che gli stessi principi e gli stessi obblighi debbano valere anche per gli Enti di Promozione sportiva che hanno un peso non indifferente, come numero di associati, nel panorama sportivo nazionale.
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Il ruolo delle istituzioni sportive nella lotta al doping
ACCERTAMENTI Uno degli strumenti di prevenzione più efficaci nella lotta al doping, si è dimostrato essere l’accertamento sugli atleti. Gli attuali regolamenti prescrivono che i laboratori d’analisi siano preventivamente omologati dal CIO. Tuttavia poiché non sempre la qualità dei risultati è stata soddisfacente, per il futuro i laboratori prima di chiedere l’omologazione dovranno essere certificati, da studi esterni di valutazione, in base alla norma di qualità ISO 17025 25. Alcuni progetti finanziati dall’Unione Europea stanno sviluppando programmi tesi all’armonizzazione dei metodi e alla costituzione di un sistema di controllo della qualità delle competenze accreditate ai laboratori omologati dal CIO. Con il “PROGETTO ALADIN 2002”, si è progettata l’istituzione, secondo gli orientamenti ISO/IEC, di una rete di centri specializzati per i sistemi di accertamento delle competenze dei laboratori. I laboratori omologati dal CIO saranno collegati in rete tra loro in modo che sia assicurata una diffusione adeguata delle informazioni necessarie per il programma di accertamenti tra i laboratori. Un altro progetto, denominato “ISTORACE”, sta sviluppano una nuova tecnologia IRMS (Isotope Ratio Spectrometry) atta a rilevare il contenuto specifico degli ormoni sintetici proibiti, di non facile individuazione con i metodi in uso. Il progetto, identificato come “SGL/MS”, invece, ha come obiettivo quello di sviluppare metodi per sintetizzare gli steroidi anabolizzanti androgenici (AAS), da utilizzare poi come sostanze di riferimento negli accertamenti antidoping, e nello stesso tempo mettere a punto tecniche (cromatografia liquida/spettrometria di massa) per la loro rapida rilevazione. Nell’ambito del costante impegno del CONI per la tutela della salute e per la prevenzione del doping, è stato promosso dalla ricostituita Commissione Scientifica Antidoping 26 il potenziamento del Laboratorio Antidoping dell’Acquacetosa che è stato riaccreditato dal CIO, avendo superato al massimo livello tutti i controlli. I laboratori hanno il compito di effettuare i controlli antidoping 27; eseguire i programmi di ricerca sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili ai fini di doping nelle attività sportive; collaborare con la Commissione di vigilanza
25 Per l’Italia risulta quale ente verificatore il “SINAL - Sistema Nazionale per l’Accreditamento di Laboratori” con sede a Bardonecchia (TO). 26
La Commissione Antidoping è stata ricostituita all’inizio del 2001.
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Dati statistici sui controlli antidoping possono essere agevolmente reperiti sul sito del CONI (www.coni.it).
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istituita presso il Ministero della Sanità per l’individuazione delle competizioni e delle attività sportive per le quali il controllo sanitario è effettuato dai laboratori stessi, anche in conformità alle indicazioni del CIO e di altri organismi competenti 28. I laboratori, inoltre, in attuazione del programma per il monitoraggio istituito dalla WADA per accertare eventuali usi impropri in abito sportivo di sostanze non inserite nella “Lista” e rese note dall’Agenzia, devono riferire alla WADA stessa, dandone notizia al CONI, sui casi denunciati o riscontrati di uso di tale sostanze. I dati vanno aggregati per disciplina sportiva, specificando se i campioni sono stati raccolti durante le competizioni o al di fuori di esse. L’esecuzione dei controlli è affidata alla Federazione Medico Sportiva (F.M.S.I.) che dispone l’effettuazione delle analisi esclusivamente presso laboratori antidoping nazionali ed esteri accreditati dalla WADA o dalla stessa approvati. La Federazione Medico Sportiva ha la responsabilità della designazione degli Ispettori medici, inseriti in un apposito albo, incaricati delle operazioni di prelievo e delle relative formalità, provvedendo altresì alla loro formazione e aggiornamento con adeguati e specifici corsi. CAMPAGNE DI PROMOZIONE E SENSIBILIZZAZIONE Il CONI, nell’intento di salvaguardare la salute psicofisica dei soggetti e il valore della lealtà sportiva, da tempo ha promosso delle campagne di promozione per uno sport pulito, coinvolgendo le Federazioni Sportive, le Discipline Associate, le Società Sportive ma soprattutto Medici, Operatori sanitari ed Atleti. Nel passato triennio è stata avviata la campagna di prevenzione “Io non rischio la salute” con un buon riscontro tra gli stessi atleti. A cura della Commissione Scientifica Antidoping, ricostituita all’inizio del 2001, sono stati, inoltre, predisposti codici di comportamento con schede sanitarie con l’intendo di una corretta informazione circa l’uso degli integratori e dei farmaci assunti per patologie estemporanee. Un’altra campagna di recente conclusa è quella “La mia vita prima di tutto” concepita come ulteriore opportunità a tutela della salute psicofisica dell’Atleta oltre e prima di interventi sanzionatori.
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Art. 3, 1 b e art. 4, 2 c Legge n. 376/2000.
Il ruolo delle istituzioni sportive nella lotta al doping
Protagonisti della campagna, gli Atleti: promossa con adesione volontaria congiuntamente alla Commissione Scientifica e con la compartecipazione del CONI, delle Federazioni Sportive, delle Discipline Associate, la Commissione, i Laboratori, ecc. In quest’ottica molte Federazioni Sportive Nazionali hanno programmato e realizzato altre iniziative autonome tendenti a sensibilizzare ed informare i propri associati sui problemi legati al doping, quale fondamentale mezzo deterrente e di prevenzione del grave problema che affligge tutto il mondo dello sport. ALCUNE INIZIATIVE LOCALI A livello locale, oltre all’attività svolta in collaborazione con le varie ASL del territorio, tramite anche i propri fiduciari, il Coni provinciale di Verona ha dato vita, nell’ottobre 2004, con una adeguata campagna di stampa alla “Staffetta per uno sport pulito” cui hanno preso parte atleti di varie Federazioni sportive e conclusasi all’interno dello Stadio Bentegodi in concomitanza di un l’incontro di calcio di “Serie A” del Chievo Verona che ha contribuito a rendere maggiormente visibile l’iniziativa. Nell’ambito della formazione, sono stati programmati, per intanto e con inizio da gennaio 2006, dei Seminari per dirigenti di società sportive con interventi, a cura di relatori qualificati, su “Il Doping - prevenzione e lotta nello sport”. CONCLUSIONI La lotta al doping, comunque venga definito e considerato, è complessa, lunga, difficile e, per ciò stesso onerosa. Ma la posta in gioco: i valori etici, sociali, educativi dello sport nella sua più ampia accezione e la salvaguardia della salute di chi pratica attività sportiva, è alta ed impone la convinta partecipazione di tutti gli operatori del settore, senza remore, infingimenti o remissione. Pur considerando che sul piano normativo e organizzativo/strutturale si sono fatti decisi passi in avanti, sia a livello internazionale, sia comunitario che nazionale – in particolare con la istituzione dell’Agenzia WADA, l’adozione generalizzata del Codice Mondiale Antidoping, unanimemente approvato nel corso della Conferenza mondiale del marzo 2003, l’impegno dei governi partecipanti di renderlo operante prima dei Giochi di Torino 2006 nonché con la ratifica e la messa in atto della Convenzione internazionale contro il doping preparata sotto l’egida dell’UNESCO – resta ancora molto da fare prima di poter ottenere risultati che siano (come è nei voti di quanti hanno a cuore le sorti dello sport ) definitivi. L’avversario è vecchio di… secoli ma tutt’altro che decrepito. Anzi è più agguerrito e subdolo che mai e le me265
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todologie di produzione delle sostanze vietate ne rendono sempre più difficile la rilevazione. Ma occorre stare al passo. Seppure si è dovuto attendere l’intervento degli organi giudiziari, non solo italiani, devastanti per l’immagine dello sport ma salutari, perché fosse intrapresa una svolta decisa e lungimirante nella lotta al fenomeno doping da parte del movimento sportivo nel suo complesso ma soprattutto da parte delle autorità governative. Solo giocando un ruolo attivo e critico, impegnandosi a sostenere senza riserve il Codice Antidoping, si potrà raggiungere l’obiettivo di uno sport libero da questa piaga. Occorre, pertanto, non abbassare la guardia e insistere, prevalentemente, sull’attività di prevenzione, mediante: – una costante e capillare opera educativa, d’intesa con le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, da attuare con progetti mirati; – una adeguata attività di formazione e di aggiornamento dei dirigenti sociali, dei tecnici e degli allenatori per qualificarne, anche sotto questo profilo, l’impegno professionale; – un sempre più stretto coordinamento tra le istituzioni pubbliche (Stato, Regioni, Strutture sanitarie, ecc) e il movimento sportivo; – una diffusa opera di informazione per sensibilizzare l’opinione pubblica e le famiglie in particolare sui pericoli insiti nell’uso di sostanze o mezzi dopanti; – l’accettazione incondizionata da parte delle associazioni sportive, ai fini del riconoscimento e della affiliazione, del Regolamento antidoping del Coni con espressa previsione statutaria; – l’istituzione di una “certificazione di qualità” per le associazioni e i sodalizi che attesti l’impegno assunto nella lotta al doping, a cui legare la concessione di eventuali agevolazioni fiscali e contributi sportivi; – valorizzare il ruolo delle istituzioni territoriali del Coni sia a livello regionale che provinciale dotandole dei mezzi necessari per intervenire nell’opera di educazione, formazione e controllo. Sul piano dei controlli, inoltre, è necessario che gli stessi siano estesi anche alle attività fuori gara di allenamento e preparazione, sotto l’egida dell’Agenzia e in cooperazione con le Federazioni internazionali, non escludendo il variegato mondo del fitness. Si avranno forse meno medaglie e meno scudetti, ma alla fine cos’è che veramente importa, se non la salute dei nostri atleti?
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L’ATTIVITÀ DI CONTRASTO DEL COMANDO CARABINIERI PER LA TUTELA DELLA SALUTE (ANNI 2000/2005) Comando Carabinieri per la Tutela della Salute Ufficio Comando - Sezione O.L.A. - Roma
Le attività investigative sviluppate nel settore del “Doping” dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute hanno maggiormente riguardato l’area del culturismo professionistico e dilettantistico (vds. allegata sintesi). Le positività registrate negli anni 2003 (2,7%) e 2004 (2,7%) dalla Commissione di Vigilanza Antidoping non giustificavano la portata dei sequestri di sostanze dopanti operati nello stesso periodo dai Carabinieri del N.A.S. (n. 997.949 confezioni/fiale) [Tabb. 1 e 2]. Il business commerciale del fenomeno non rendeva compatibile l’ipotesi per la quale il mercato fosse esclusivamente alimentato da medicinali nazionali muniti di autorizzazione immissione in commercio (AIC), prelevati in farmacia con l’esibizione di falsi titoli sanitari e documenti d’identità contraffatti, a danno di ignari farmacisti che ritenevano cedere prodotti destinati alla cura di specifiche patologie, quali il nanismo ipofisario, rachitismo e deficit staturale dei bambini. Appariva ragionevole supporre che, alla luce delle notevoli difficoltà di approvvigionamento, i particolari farmaci dovessero essere reperiti all’Estero, anche in considerazione delle realtà produttive e commerciali globalizzate (Transazioni on-line – Ecommerce). Le indagini, infatti, hanno riscontrato l’illecita attività condotta da titolari e frequentatori di palestre di “body building”, per gran parte incensurati, interagenti con gruppi di pari livello delinquenziale operanti in diversi Paesi europei ed extraeuro267
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Tabella 1
pei, che consigliavano – in un ambito di diffuso esercizio abusivo della professione sanitaria – la tipologia e posologia dei pericolosi farmaci anabolizzanti e talora stupefacenti, prelevati direttamente in paesi esteri, attraverso periodici viaggi aerei su rotte e scali Shenghen, per evitare i controlli doganali, ovvero avvalendosi di accreditate e celeri compagnie internazionali di spedizione. Sul versante dello sport professionistico, a partire dal 2001, sono state eseguite numerose indagini che hanno portato ad arresti e denunce a carico di ciclisti, medici, dirigenti ed accompagnatori delle squadre. In sintesi, l’attività operativa posta in essere dal gennaio 2000 al dicembre del 2005 ha consentito l’arresto di 240 persone, la denuncia di 1.563 in stato di libertà ed il sequestro, nel contesto di n. 1.562 perquisizioni, di steroidi/anabolizzanti, quantificati in oltre un milione di confezioni, gran parte dei quali di provenienza estera e prive di AIC [Tab. 3]. 268
L’attività di contrasto del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute
Tabella 2
Un dato che si ritiene rivesta notevole importanza attiene alle sostanze e specialità medicinali ad azione anabolizzante sottoposte a sequestro, poiché: – per il 70% circa erano destinate a palestre comuni ovvero specializzate in “Body Building”; – sono risultate essere di varia tipologia (diuretici, emoderivati, cortisonici, stupefacenti, emoglobina sintetica e stimolanti) e, talvolta, per uso veterinario o di impiego terapeutico diretto a trattare particolari, gravi patologie (intossicazione da agenti tossici, obesità, broncopatie, carcinoma della mammella, ipertensione arteriosa, deficit staturale e osteoporosi senile). In conclusione, i risultati conseguiti nel nevralgico settore, associati ai dati che emergono dai “Reporting Systems Doping/Antidoping” della Commissione di Vigilanza sul “Doping”, ufficializzati nel corso del II e III Convegno Nazionale sulla “Tutela della Salute nelle Attività Sportive e la Lotta contro il Doping” (anche per il 2005, positività ai tests per il 2,1% – n. 32 casi positivi su 1.560 atleti controllati), ed alle pato269
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Tabella 3
logie e morti doping-correlate, impone la ferma determinazione del Comando, che ha ulteriormente rimarcato il proprio ruolo a difesa della “salute pubblica” con l’acquisizione dell’attuale denominazione ex D.L. 202/2005, di continuare a monitorare il grave fenomeno, essendo in pericolo il futuro dei giovani e la credibilità dello Sport. PRINCIPALI OPERAZIONI DI SERVIZIO PORTATE A TERMINE NEGLI ANNI 1990/2005 Gennaio/Giugno 1990 Il N.A.S. di Brescia segnala all’Autorità Giudiziaria n. 16 funzionari di associazione ciclistica, per detenzione e somministrazione di farmaci in modo pericoloso per la salute. L’esecuzione di n. 36 perquisizioni consente il sequestro di n. 394 specialità medicinali, in gran parte ad azione anabolizzante.
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L’attività di contrasto del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute
Marzo 1990 Il N.A.S. di Treviso segnala all’Autorità Giudiziaria n. 12 persone, tra farmacisti, medici, chimici, presidenti e massaggiatori di squadra ciclistica, per esercizio abusivo della professione sanitaria, truffa e somministrazione di farmaci in modo pericoloso per la salute. Nel contesto di n. 11 perquisizioni, é operato il sequestro di n. 24 specialità medicinali estere, referti analitici ed altra documentazione sanitaria. Anni 1995/1999 Il N.A.S. di Aosta e la D.E.A. americana avviano indagini estese alle città di Chicago e New York che si concludono con l’arresto di n. 13 persone, tra grossisti, distributori e frequentatori di palestre per commercio illegale di anabolizzanti. Le perquisizioni operate consentono il sequestro di n. 167.000 di dosi di steroidi. 27.03.2000 (Operazione “Hulk”) Il N.A.S. di Latina, in collaborazione con quelli di Roma, Viterbo, Perugia e Pescara a seguito di pregresse indagini, esegue n. 06 ordinanze di custodia cautelare in carcere, a carico di persone che, in associazione tra loro, avevano organizzato un commercio clandestino di specialità medicinali ad azione anabolizzante, che venivano somministrate ad atleti senza alcun controllo medico. Sequestrate, nel corso delle 33 perquisizioni locali a carico di altri soggetti indagati, n. 831 confezioni, n. 363 fiale, n. 7628 compresse delle suddette specialità, n. 03 computers e n. 02 telefoni cellulari, per un valore complessivo di 100 milioni di lire. 05.10.2000 Il N.A.S. di Napoli procede all’arresto di una donna per aver esibito in farmacia due ricette provento di furto, perpetrato ai danni di un medico di base dell’A.S.L. NA/1, con annotate false prescrizioni relative a 12 confezioni di specialità medicinale anabolizzante, destinate ad atleti. Sequestrate ricette relative a prescrizioni di farmaci per un valore di lire 7 milioni del vecchio conio. 12.12.2000 (Operazione “Arficial Body”) A conclusione di complesse indagine, il N.A.S. di Bologna individua un sodalizio criminoso, operante in tutto il territorio nazionale, attivo oltre che nella gestione del traffico e lo spaccio di sostante stupefacenti anche nella distribuzione di sostanze ad azione anabolizzante di provenienza illecita, negli ambienti sportivi. I farmaci erano prodotti clandestinamente ad opera della stessa organizzazione, o provenivano dal mercato nero nazionale ed internazionale ed in minor misura da furti perpetrati in danno di grandi strutture sanitarie ad opera di dipendenti affiliati alla stessa organizzazione. A conclusione dell’attività investigativa, supportata da intercettazioni telefoniche ed ambientali nonché da videoriprese, sono eseguite n. 40 ordinanze di custodia cautelare, di cui
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10 in carcere e 30 domiciliari, n. 202 perquisizioni e denunciate in stato di libertà altre 85 persone. Sequestrate n. 10.158 specialità medicinali per un valore di 600 milioni di lire, 40 milioni di lire in contanti, ed assegni per un valore complessivo di ulteriori 50 milioni di lire. Nell’ambito della medesima operazione di polizia giudiziaria, è tratta in arresto un’altra persona poiché trovata in possesso di Kg. 10 di marjuna per un valore di lire 200 milioni circa. Giugno 2001 (Operazione “Quadrifoglio”) Il N.A.S. di Firenze, durante lo svolgimento dell’84º “Giro d’Italia”, esegue numerose perquisizioni che portano al sequestro di n. 507 confezioni di steroidi ed alla denuncia in stato di libertà di n. 105 persone, tra ciclisti, medici, dirigenti e accompagnatori delle Squadre di pertinenza. 12.04.2002 (Operazione “Triamin”) I N.A.S. di Trento e Udine, a conclusione di una prima fase di indagini effettuate unitamente ai N.A.S. di Napoli, Salerno, Parma e Firenze, tese a contrastare l’illecito traffico di sostanze ad azione anabolizzante, utilizzate da frequentatori di palestre, trae in arresto una persona per avere somministrato specialità medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, esercizio abusivo della professione medica, violazione della disciplina di tutela sanitaria delle attività sportive e contro il doping. In tale contesto sono eseguiti n. 75 decreti di perquisizione locale presso abitazioni private, uffici e palestre, ubicate in diverse province italiane, che consentono il rinvenimento e sequestro di numerose confezioni di farmaci ad effetto anabolizzante, nonché sostanze in confezioni anonime da sottoporre a successive analisi di laboratorio. Sequestrate, inoltre, nr. 5.000 fiale e nr. 1.200 compresse di steroidi per un valore complessivo di 100 mila euro circa. L’operazione comporta, altresì, il deferimento all’Autorità Giudiziaria di n. 30 persone per reati relativi all’illecito uso e commercio dei citati farmaci. Nel prosieguo delle indagini, in data 21 maggio 2002 il G.I.P. di Udine, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con le risultanze investigative del N.A.S. di Udine, ha emette nr. 04 ordinanze di custodia cautelare domiciliare nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili di associazione per delinquere e commercio illegale di farmaci ad azione anabolizzante. 16.04.2003 (Operazione “Flebo”) Il N.A.S. di Padova, nell’ambito di indagini sull’illecito utilizzo di sostanze anabolizzanti, avviate a seguito di ricovero di un ciclista amatoriale colpito da malore provocato dall’inoculazione di sostanze sospette, unitamente a militari dei N.A.S. di Alessandria, Bologna, Livorno, Parma, Trento, Treviso e Udine ed al personale dell’Arma territoriale, esegue nr. 50 perquisizioni domiciliari emesse dall’A:G. di Padova nei confronti di 44 persone ritenute – a vario titolo – coinvolte nei reati di furto, ricettazione, dispensazione e/o somministrazione di farmaci pericolosi, esercizio abusivo della professione sanitaria di medico e farmacista, de-
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tenzione, cessione e vendita di sostanze ad effetto stupefacente e violazione della legge sul doping, essendo emerso che costoro avevano posto in essere una rete clandestina finalizzata al procacciamento e conseguente distribuzione delle suddette sostanze a sportivi, quali ciclisti amatoriali e giocatori di rugby residenti in varie regioni del Nord-Italia. L’operazione comporta l’arresto di tre persone per avere illecitamente detenuto in un magazzino n. 100 capsule circa di efedrina (sostanza stupefacente). Nel prosieguo delle indagini, in data 23 maggio il N.A.S. di Padova, in collaborazione con i N.A.S. di Bologna, Treviso, supportati dall’Arma territoriale, esegue n. 10 ordinanze di custodia cautelare, di cui tre in carcere e 07 domiciliari, nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili di ricettazione, dispensazione e somministrazione di farmaci pericolosi ed esercizio abusivo della professione sanitaria, cessione e vendita di sostanze stupefacenti e violazione della legge sul doping, in quanto reperivano sostanze dopanti che distribuivano a ciclisti amatoriali e atleti vari. 04.11.2003 Il N.A.S. di Bari trae in arresto, in flagranza di reato, un istruttore ginnico responsabile di truffa aggravata, ricettazione, falsità materiale e commercio illegale di farmaci, avendo ottenuto, mediante l’esibizione in varie farmacie del luogo ricette mediche falsificate, provento di furto, nr. 24 confezioni di una specialità medicinale ad azione anabolizzante destinata da atleti di body building. L’operazione comporta il sequestro dei menzionati medicinali e di n. 06 ricette falsificate, intestate a pazienti inesistenti, per un valore complessivo di 9 mila euro circa. 9/02/2004 (Operazione “Hercules”) Il G.I.P. del Tribunale di Vicenza, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con le risultanze investigative del N.A.S. di Padova, intraprese con il N.A.S. di Ancona, emette n. 15 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone, poiché ritenute responsabili di appartenere ad un’associazione per delinquere finalizzata all’illecito procacciamento ed alla successiva distribuzione di farmaci ad azione dopante a sportivi amatoriali ed a frequentatori di palestre. Dall’attività investigativa emerge, inoltre, che l’organizzazione distribuiva agli sportivi anche farmaci veterinari, specialità medicinali guaste od imperfette nonché stupefacenti. Sequestrate n. 880.000 circa di sostanze/fiale/compresse ad azione anabolizzante e varie specialità medicinali detenute dal sodalizio criminoso. 10/06/2004 (Operazione “Golem”) Il G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con le risultanze investigative del N.A.S. di Napoli, emette n. 21 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone – tra cui gestori di palestre, istruttori ed atleti di body building – poiché ritenute responsabili di appartenere ad un ramificato sodalizio criminoso dedito alla ricettazione ed alla importazione clandestina dall’estero di farmaci e principi attivi ad azione anabolizzante.
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Nel corso della complessa attività d’indagine sono denunciate in stato di libertà ulteriori 20 persone ed eseguite numerose perquisizioni domiciliari che consentono il sequestro di tre palestre e n. 3.450 confezioni di specialità medicinali ad azione anabolizzante del valore di oltre 2 milioni di euro. 10/06/2004 (Operazione “Oil for Drug”) Il G.I.P. del Tribunale di Roma, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con le risultanze investigative dei N.A.S. di Firenze, Viterbo e Latina, coordinati dal Gruppo A.S. Carabinieri di Roma, emette n. 10 ordinanze di custodia cautelare domiciliare nei confronti di altrettante persone – tra atleti professionisti ed amatoriali, dirigenti di federazioni sportive, medici e farmacisti – in quanto a vario titolo ritenute responsabili di cessione e somministrazione di specialità medicinali e sostanze farmacologicamente attive. Nel corso delle operazioni sono eseguite numerose perquisizioni domiciliari e denunciati in stato di libertà n. 140 persone e sequestrate 11.000 confezioni di specialità medicinali a base di testosterone e nandrolone, epoetina ed altri stimolanti rientranti nelle categorie degli stupefacenti. 22/06/2004 (Operazione “Anabolik”) Il G.I.P. del Tribunale di Ravenna, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con le risultanze investigative dei N.A.S. di Roma, Bologna, Cagliari ed Ancona, coordinati dal Gruppo A.S. Carabinieri di Roma, emette n. 22 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone – tra gestori di palestre, istruttori ed atleti di body building nonché rappresentanti di aziende operanti nel settore del commercio degli integratori alimentari – in quanto ritenute responsabili di appartenere ad un ramificato sodalizio criminoso dedito alla somministrazione ed all’approvvigionamento – anche dall’estero – di sostanze farmacologicamente attive ad azione anabolizzante destinate ad essere assunte da frequentatori di palestre. Nel corso dell’attività d’indagine sono denunciate in stato di libertà n. 70 persone ed eseguite numerose perquisizioni domiciliari che hanno consentito il sequestro di n. 1.114 confezioni di specialità medicinali a base di testosterone, nandrolone e stimolanti di natura stupefacente. 18.11.2004 (Operazione “Titano”) Il G.I.P. del Tribunale di Parma, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordando con le risultanze investigative dei militari del Gruppo Carabinieri Antisofisticazioni e Sanità di Roma, nell’ambito di servizi diretti alla prevenzione ed alla repressione del fenomeno del doping nello sport, emette n. 12 ordinanze di custodia cautelare, di cui 5 in carcere, ed indaga ulteriori n. 30 persone, tra atleti di “body building”, medici, farmacisti e titolari di palestre nonché titolari di esercizi commerciali per la rivendita di integratori alimentari, in quanto ritenuti responsabili dei reati di associazione a delinquere per il commercio, cessione e somministrazione di specialità medicinali e sostanze
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farmacologicamente attive, esercizio abusivo della professione sanitaria di medico e/o farmacista, ricettazione, contrabbando e importazione di specialità medicinali dopanti di illecita provenienza e non registrati in Italia. L’esecuzione di n. 30 decreti di perquisizione consente il sequestro una palestra del valore di 1 milione di euro e 3.500 confezioni di specialità medicinali e sostanze dopanti per un valore complessivo di 200 mila euro circa. 23.11.2004 (Operazione “Pharma connection”) Il Gruppo A.S. di Roma, a conclusione di complesse indagini coordinate dalla locale D.D.A., mirate allo smantellamento di un’articolata associazione per delinquere, costituita da titolari di depositi farmaceutici, farmacisti e loro dipendenti, medici di base e specialisti, informatori medico-scentifici, agenti di commercio del settore, finalizzata: – al traffico illecito internazionale di sostanze stupefacenti e principi attivi ad azione anabolizzante tutelati da brevetto industriale, mediante importazione illegale da Paesi intra ed extracomunitari; – al traffico illecito di detti principi attivi mediante cessione illegale da parte di ditte italiane importatrici, commercializzandoli in territorio nazionale, per la conseguente preparazione clandestina, commercio e somministrazione di pasticche ad azione stupefacente, anoressizante e dopante destinate al mercato nero ovvero senza il controllo o prescrizione medica, in confezioni anonime o con false etichettature presso farmacie, studi medici, centri dimagranti e palestre; – al traffico di specialità medicinali ad azione anabolizzante/dopante mediante l’illecita e pericolosa cessione da parte di compiacenti farmacie che commercializzavano tali medicinali attraverso canali di vendita clandestini ovvero al di fuori della struttura farmaceutica a professionisti di body-building e frequentatori di palestre; – alla truffa in danno del S.S.N., perpetrata mediante illecite richieste di rimborso di specialità ad altissimo costo effettuate da farmacisti con false ricette mediche rilasciate da sanitari compiacenti ed intestate ad ignari pazienti, in alcuni casi deceduti; – alla ricettazione e riciclaggio di specialità medicinali in precedenza defustellate, destinate a farmacie compiacenti ed al mercato estero con la complicità di operatori del settore che emettevano false fatturazioni di copertura, procede, in collaborazione con i militari dei Gruppi A.S. di Milano e Napoli e dell’Arma territoriale, all’esecuzione di: – n. 07 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti titolari di farmacie, medici e responsabili di depositi all’ingrosso di medicinali; – n. 09 ordinanze dell’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di informatori scientifici del farmaco, collaboratori di farmacie e rappresentanti di una casa farmaceutica; – n. 05 misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla P.G. nei confronti di un agente di commercio, un dipendente di un farmacia, due allenatori e un frequentatore di palestre; – n. 13 misure cautelari interdittive della sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio o ufficio nei confronti di medici e farmacisti; – n. 01 misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare totalmente l’attività imprenditoriale nei confronti di un medico dermatologo.
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In tale contesto, sono eseguite perquisizioni locali e personali, disposte dall’Autorità Giudiziaria mandante, nei confronti di altre 95 persone tra farmacisti, centri benessere, medici e agenti di commercio. Sequestrati kg. 500 di principi attivi, nr. 2 depositi e altrettanti laboratori clandestini, adibiti alla detenzione e produzione delle suddette compresse stupefacenti nonché oltre 3.000 confezioni di specialità medicinali defustellate e migliaia di prescrizioni mediche, per un valore di circa 2 milioni di euro. La truffa a carico del S.S.N. è stimata in 6 milioni di euro circa. 30/11/2004 (Operazione “Body Pump”) I N.A.S. di Trento e Parma, a conclusione di una complessa indagine sull’illecita commercializzazione di sostanze ad azione anabolizzante destinate ai frequentatori di palestre, esegue n. 07 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone, tra cui titolari di palestre e distributori di integratori alimentari, poiché ritenuti responsabili di aver costituito una associazione per delinquere finalizzata al commercio clandestino di farmaci ad azione anabolizzante e stupefacente. Nel contesto dell’operazione sono sequestrate 5.000 fiale e 15.000 compresse di specialità medicinali vietate tra cui Testoviron, Winstrol, Deca Durabolin e cocaina. 11/02/2005 (Operazione “Titano 2”) I G.I.P. dei Tribunali di Forlì e Parma, accogliendo la richiesta della Magistratura inquirente, che aveva concordando con le risultanze investigative del N.A.S. di Parma, a termine di complessa attività di indagine avviata nel 2004, emettono n. 15 ordinanze di custodia cautelare, di cui 5 in carcere e 10 agli arresti domiciliari, nei confronti di altrettante persone, ritenute responsabili di aver costituito un’associazione per delinquere dedita all’approvvigionamento illegale, anche da Paesi esteri, ed alla distribuzione sull’intero territorio nazionale di sostanze farmacologicamente ad azione anabolizzante, con lo scopo di alterare le prestazione sportive degli atleti assuntori. Nel corso delle operazioni sono effettuate n. 46 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati in stato di libertà e sequestrate 3.000 confezioni di medicinali ad azione anabolizzante, il cui valore ammonta a € 150.000 circa. 31/03/2005 (Operazione “Cycling”) Il G.I.P. del Tribunale di Perugia, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con le risultanze investigative del N.A.S. di Perugia, al termine di complessa attività di indagine sviluppate negli ambienti del ciclismo dilettantistico, emette n. 04 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, nei confronti di altrettante persone, ritenute responsabili di aver costituito un’associazione per delinquere dedita all’approvvigionamento illegale ed alla distribuzione di sostanze ad azione anabolizzante con lo scopo di alterare le prestazione degli atleti assuntori. Nel corso delle operazioni sono effettuate n. 20 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati in stato di libertà e sequestrate n. 1.200 confezioni di medicinali ad azione
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anabolizzante, il cui valore ammonta a € 200.000 circa. Maggio 2005 (Operazione “Alta Quota”) I N.A.S. di Firenze e Padova, durante lo svolgimento dell’88º “Giro d’Italia”, eseguono, presso un albergo ospitante alcune squadre ciclistiche, n. 02 perquisizioni che portano al sequestro di n. 29 medicinali, n. 11 dispositivi medici ed una macchina, la quale: – simula condizioni di allenamento ad alta quota; – ha effetto ipossico, in quanto riduce la percentuale di ossigeno nell’aria inspirata dall’atleta; – è ritenuta illegale dalla Commissione di Vigilanza per il controllo sul Doping. 26/05/2005 Il G.I.P. del Tribunale di Alessandria, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con le risultanze investigative del locale N.A.S., emette n. 04 ordinanze di custodia cautelare in carcere ed una di obbligo di domicilio, nei confronti di un sodalizio criminoso costituito da medici, farmacisti e personal trainer. 29.07.2005 Il N.A.S. di Salerno, nel contesto di indagini relative al commercio clandestino di farmaci ad azione anabolizzante illecitamente assunti da atleti di “body building”, presso una palestra rinviene e sequestra n. 334 flaconi di steroidi. Nella circostanza sono sequestrate, inoltre, n. 652 confezioni di integratori alimentari non notificati al Ministero della Salute. I titolari della palestra sono segnalati alla competente Autorità Giudiziaria, unitamente al fornitore dei farmaci per ricettazione e violazione sulla normativa antidoping. Valore della merce sequestrata 120 mila euro circa. 30.08.2005 Il N.A.S. di Salerno, nel contesto di indagini relative al commercio clandestino di farmaci ad azione anabolizzante illecitamente assunti da atleti di “body building” sequestra n. 70 fiale di “Winstrol Depot” e n. 02 flaconi di “Malogen” per un valore di 1.000 euro circa detenute da un atleta. 27.09 – 03.10.2005 (Operazione “Deca”) Il N.A.S. di Pescara, nelle province di Pescara, Livorno, Pisa, Cuneo, Treviso, Forlì, Cesena, Salerno, Brescia, Cagliari, Ancona, Firenze e Roma, a conclusione di complesse e prolungate indagini volte alla repressione del fenomeno del doping nello sport amatoriale, esegue n. 07 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari emesse dal G.I.P. del Tribunale di Pescara nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili di associazione per delinquere finalizzata all’approvvigionamento di farmaci dopanti anche esteri, mediante l’utilizzo di false ricette mediche o attraverso la rete internet.
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Le n. 17 perquisizioni domiciliari, operate nella circostanza, consentono il sequestro n. 4.000 confezioni di specialità medicinali ad azione dopante del valore complessivo di 250 mila euro circa. 10, 11 e 18.10.2005 Il N.A.S. di Napoli segnala alla competente Autorità Giudiziaria un atleta di “body building” e un dipendente di società di spedizioni per avere illegalmente detenuto farmaci anabolizzanti di provenienza estera. La perquisizione eseguita sull’automezzo degli indagati consente il sequestro di oltre 3.000 confezioni di un farmaco ad azione anabolizzante del valore di circa 8 mila euro. Ulteriori accertamenti effettuati dal citato N.A.S. presso una ditta di spedizioni portano al rinvenimento e sequestro di n. 7.375 fiale e 2.432 compresse di ulteriori specialità medicinali ad azione anabolizzante del valore di oltre 120 mila euro (winstrol depot, deca durabolin, primobolan, boldenone), risultate illegalmente importate dall’estero e destinate ai frequentatori di palestre. 13.10.2005 Il N.A.S. di Bologna, nel prosieguo di indagini relative al rinvenimento ed al sequestro di un pacco contenente numerose confezioni di sostanze ad azione anabolizzante, illegalmente importate dall’estero e destinate ai frequentatori di palestre, esegue due decreti di perquisizione a carico di altrettante persone che portano al rinvenimento e sequestro di: – n. 15 confezioni di “nandrolone decantate norma” prodotto da una ditta sita in Atene (Grecia); – n. 17 fiale da 1 ml ciascuna di “winstrol depot” prodotto da una ditta sita in Barcellona (Spagna); – n. 10 fiale da 1 ml ciascuna di “deca durabolin” prodotte in Egitto Il valore delle sostanze sequestrate ammonta a 1.000 euro circa. 11.11.2005 Il N.A.S. di Reggio Calabria, nel contesto di indagini delegate dalla locale Autorità Giudiziaria, relative ad un’organizzazione criminale dedita al commercio internazionale ed alla distribuzione di specialità medicinali ad azione anabolizzante, esegue n. 05 decreti di perquisizione nei confronti di altrettanti atleti di “body-building”, che consentono il sequestro di: – una palestra; – n. 150 confezioni di specialità medicinali ad azione anabolizzante; – una confezione di siringhe per insulina; – n. 07 computers e 02 telefoni cellulari, per un valore complessivo di 1,5 milioni di euro circa. 11/11/2005 (Operazione “Pharma connection bis”) Il G.I.P. del Tribunale di Roma, accogliendo la richiesta della coesistente Procura della Repubblica, che aveva concordato con gli ulteriori sviluppi investigativi riferiti ad una com-
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L’attività di contrasto del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute
plessa attività di indagine avviata nell’anno 2004 dal N.A.S. di Roma, emette n. 09 ordinanze di custodia cautelare in carcere ed agli arresti domiciliari nei confronti di altrettanti medici e farmacisti ritenuti responsabili, unitamente ad altre 32 persone indagate in stato di libertà, di aver costituito un’associazione per delinquere operante su gran parte del territorio nazionale, finalizzata alla: – commercializzazione illegale di sostanze anoressizzanti, stupefacenti e dopanti illecitamente impiegate per la preparazione di farmaci galenici destinati per le diete dimagranti o per migliorare le prestazioni sportive; – ricettazione ed alla vendita di farmaci e principi attivi farmaceutici contraffatti o di provenienza illecita; – truffa in danno del S.S.N. perpetrata mediante prescrizioni di farmaci ad alto costo a pazienti ignari o deceduti.
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IL DOPING NELLO SPORT DAL PUNTO DI VISTA DI UN ALLENATORE *
Nicola Veneri Diplomato ISEF - Tecnico di Pesistica e Cultura Fisica (FIPCF)
È indubbio che la questione “doping nello sport” sia una patata bollente. È indubbio che, poiché “scotta”, venga passata di mano in mano da sempre, senza che nessuno si prenda veramente l’impegno di farla “raffreddare”, in modo concreto, e non solamente a parole. L’intento di questo intervento è di essere provocatorio, sia per far riflettere da un diverso punto di vista, sia per dire qualche scomoda verità (almeno questa è la presunzione), per la quale, però, nessuno si senta chiamato in causa, poiché come si dice al cinema: “qualsiasi riferimento a fatti o persone è da ritenersi puramente casuale”. Si tratta di una serie di considerazioni “sparse” a 360 gradi, o giù di li. Cosa si intende, dunque, per “doping”? Si intende l’assunzione di tutta una serie di sostanze che possono alterare la prestazione sportiva, migliorando il rendimento dell’atleta, e quindi facendogli ottenere risultati, che con il solo allenamento, non sarebbe in grado di produrre. C’è un lungo elenco di queste sostanze vietate, pericolose per i loro effetti, come ad esempio anabolizzanti, epo, betabloccanti etc., oppure presenti nella alimentazione quotidiana, come la caffeina, che però, se assunte in notevoli quantità, possono alterare la prestazione. Chiariamo subito che la condanna del doping è, per noi, ovvia, cioè siamo contrari all’uso di sostanze che possano in qualche modo danneggiare la salute di chi pratica
* Nota dei curatori: Abbiamo deciso di pubblicare anche questa “provocatoria” testimonianza di un allenatore perché sia utile al lettore per comprendere la realtà del quotidiano, anche se contiene punti di vista molto discutibili e conclusioni non condivisibili. Quanto sopra riportato, che è sotto la diretta responsabilità dell’autore, deve essere considerato quindi come una semplice opinione e non come una indicazione di orientamento.
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sport, perché il concetto di sport è relativo al benessere dell’individuo, e tutto ciò che va contro questo non lo accettiamo, ne’ tanto meno lo promuoviamo. Chiariamo anche che, essendo la vita un insieme di tonalità di grigio, e non bianco o nero, possiamo comunque fare diverse riflessioni, anche “border-line”, nella speranza che ci aiutino a ragionare, a chiarirci maggiormente le idee. Una prima riflessione riguarda i media: il doping fa notizia, quindi, quando viene scoperto qualcuno positivo, il mostro viene sbattuto in prima pagina, lo si paragona a un drogato e tutti siamo a posto. Il primo pensiero è: come mai questo fa uso di doping? È un losco mariuolo, colui che fino a due minuti prima veniva ricercato da tutti, quello che era il nostro idolo, e che ora acquisisce lo status di appestato…oppure è sempre una persona come noi, con gli stessi diritti e doveri, con il torto di avere commesso uno sbaglio, in mezzo a tanti altri sbagli, spinto anche dal sistema che premia solo i vincitori e i vincenti, che ci dice che chi perde è nessuno? Comincino i media a non demonizzare, ma ad avere più equilibrio nei giudizi, meno enfasi ai vincitori, meno inquisizione a chi sbaglia. Più equilibrio anche nel trattare il doping in relazione al tipo di sport incriminato, perché c’è evidente disparità di trattamento tra sport poveri, pesantemente attaccati, e sport ricchi, che danno da mangiare ai media, e quindi trattati con guanti di velluto. È l’impostazione del sistema che non è corretta: io sono qualcuno e sono valorizzato, anche in termini economici, solo quando vinco, altrimenti sono il signor Nessuno. Quindi per “essere” devo “vincere” e per vincere, nell’ambito sportivo, si ricorre al doping, perché anche chi nasce campione con il doping diventa più forte, e così si innesta il circolo deleterio di: uso il doping / ho più possibilità di essere vincente / sono gratificato / uso ancora il doping… Nei media troviamo, a volte , delle notizie di questo genere: “sono pentito di avere assunto creatina”, oppure: “hanno vinto grazie alla sostanza proibita della carnitina…”; in alternativa si possono ascoltare le leggende metropolitane che riguardano gli aminoacidi ramificati (nome che ricorda le pozioni delle streghe…), le proteine…tutte sostanze che assumiamo regolarmente con la normale alimentazione ogni giorno, e che, qui sta la disinformazione, vengono fatte passare come sostanze proibite, cosa che fa sorridere l’addetto ai lavori, ma diventa una falsa credenza per la maggioranza delle persone e per le famiglie che hanno i figli che frequentano la palestra e gli ambienti sportivi in genere. La pericolosità di queste sostanze sta nella quantità con cui vengono prese, perché si possono creare accumuli e sovraffaticare organi, ma ricordiamo che anche bere di seguito cento litri di acqua, può far male! (per inciso, questa era una tortura dell’epoca medioevale). 282
Il doping nello sport dal punto di vista di un allenatore
È altresì vero che molti allenatori si sono dimostrati senza scrupoli e senza professionalità, improvvisandosi dietologi, ma non facciamo di tutta l’erba un fascio: ci sono anche persone che consigliano gli atleti pensando alla loro salute, e avendo cognizione di causa, come titolo di studio e come esperienza sul campo. Un’altra riflessione riguarda quella categoria di persone qualificate in un campo vicino a quello sportivo, che spesso dice agli atleti: non serve a nulla assumere aminoacidi o proteine, basta che tu mangi bene e vedrai che risultati: anche questa è una meravigliosa leggenda metropolitana, perché di vero c’è solo che queste persone non hanno mai praticato attività a livello agonistico e forse nemmeno a livello amatoriale. Quando si spinge il proprio corpo oltre il suo limite, aumenta il consumo di vitamine, proteine, sali minerali, glicogeno, e quindi l’integrazione mirata diventa importante, per non creare squilibri; la cosa vera e che è opportuno ricordare è che, lo sport agonistico fa male, proprio perché spinge il sistema uomo spesso al proprio limite e oltre, e il corpo si usura prima, creando, in tempi non lunghissimi, patologie che si porteranno come “souvenir” nell’età adulta (questo non lo dice nessuno…o non interessa a nessuno). Entriamo ora, nel campo minato dello sport a livelli molto alti: davvero pensiamo che i controlli antidoping funzionino? Abbiamo la convinzione che i “malandrini” vengano scoperti nella maggioranza dei casi? Penso, ed è la mia personalissima opinione, che mi sono fatto negli anni, che non sia così! Per prima cosa il controllo antidoping, da sempre, è inadeguato sia per forma (non bastano le analisi delle urine, bisogna testare sempre il sangue, anche se in verità, ora qualcosa si sta movendo), che per contenuto (si testano sostanze “antiche”, quelle all’avanguardia non vengono spesso rilevate), che per tempistica (alcune sostanze hanno periodi di carico e scarico che vengono attentamente studiati, per non far risultare l’atleta positivo in un certo periodo); poi ricordiamo che chi si dopa, a certi livelli, alle spalle ha le migliori equipe di medici, non il salumiere di casa, che quindi sanno il fatto loro riguardo al modo di eludere i controlli. Sempre a livello di opinione personale, esclusivamente formatasi nei venticinque anni di pratica sportiva come atleta, allenatore e gestore di palestra, credo che la stragrande maggioranza degli atleti di un certo livello, sia molto probabile che usi il doping, perché molte prestazioni non si spiegano altrimenti, la struttura di molti fisici, nemmeno. Però questa è un’illazione, una maldicenza…la verità è che se volessimo veramente fare una cosa seria, cominceremmo a fare controlli a sorpresa (vera sorpresa, non annunciata) nelle sedi di allenamento, a casa, con dei blitz degni di un’incursione delle teste di cuoio…allora forse si ridurrebbe il fenomeno, senza, ovviamente avere la pretesa di debellarlo. 283
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Una cosa veramente triste, e lo dico senza retorica, è che la cultura del doping pare sia ormai presente in tutti i livelli dello sport. Sembra che si dopino persino gli amatori di molti sport famosi che fanno gare per arrivare in posizioni non certo di prestigio, sembra che si dopino ragazzi solo per il piacere di avere un fisico più bello, supportati dall’ignoranza loro e dalla poca coscienza di chi li incoraggia per guadagnare sulla loro pelle. Il consiglio che mi sento di dare a tutti gli allenatori e le persone che frequentano gli ambienti sportivi: la cosa migliore da fare, l’unica che possiamo sicuramente fare, è creare una cultura positiva nelle persone che ci circondano, spiegando i pericoli a cui andrebbero incontro, dando, noi per primi, l’esempio positivo con i fatti, di ciò che andiamo dicendo. Concludo con un paio di proposte che potrebbero limitare i danni, regolamentando il fenomeno a mio avviso, ormai dilagante, soprattutto nello sport agonistico. Dividiamo gli atleti in due grosse categorie in ogni disciplina sportiva, i “professionisti” e i “dilettanti”; ai primi, sotto stretto controllo medico, si permette l’uso del doping per avere risultati spettacolari, sponsor, grosso giro di denaro, quindi guadagno e possibilità che sia una sorta di lavoro per loro che quindi comporta dei rischi, che coscientemente decidano di assumersi; ai secondi il divieto assoluto di usare le sostanze dopanti, con controlli severi e con la possibilità di essere squalificati a vita in tutte le discipline sportive, non solo nella propria, qualora vengano trovati positivi una volta; la posta in gioco sarebbe molto alta e molti sarebbero più cauti nell’usare il doping. Questa proposta vuol dire anche bassa ipocrisia a tutti i livelli. Un’altra idea che credo già in vigore in alcuni paesi del nord Europa, riguarda le palestre, ma potrebbe essere estesa anche alle società sportive: una sorta di marchio di qualità che dia prestigio a chi lo esponga, e riguardi i gestori di palestra o i presidenti di società che si dichiarino contrari al doping e si impegnino a tenerlo lontano dai propri ambienti di competenza, anche loro soggetti a periodici controlli. Un antico proverbio recita “Regala un cavallo a chi dice la verità, ne avrà bisogno per fuggire”. Vado a comprarne uno!
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LA FAMIGLIA E LA SCUOLA NELLA PREVENZIONE DEL DOPING
Doriano Dal Cengio, Calogera L. Indelicato Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20 - Verona
DOPING E DROGHE Viviamo in una società caratterizzata da rapidi cambiamenti che sollecitano sul piano culturale ed istituzionale interventi atti a ridefinire anche normativamente le condizioni che regolano e rendono possibile la convivenza civile. La rapidità con cui la trasformazione dei fenomeni sociali produce nuovi problemi supera di gran lunga la capacità istituzionale di produrre adeguate risposte per cui si è sempre in ritardo nella gestione della realtà sociale. Il fenomeno del doping, che non è nato ieri, si propone come problema sociale oggi in quanto sconfina l’ambito che più gli è stato consono, cioè quello dello sport agonistico, per dilagare nella pratica non professionale o amatoriale dove i controlli sono più difficili se non impossibili. In questi ultimi anni, infatti, il fenomeno si è diffuso a largo spettro tanto da coinvolgere non solo il settore dello sport giovanile ma anche il variegato mondo delle palestre e dei centri fitness assumendo una configurazione nuova e al contempo preoccupante per i risvolti sanitari e legali che comporta. Nello specifico, la diffusione del doping nella popolazione di sportivi che non perseguono obiettivi agonistici o che, pur perseguendoli, possono ancora trarre dall’allenamento e da una alimentazione adeguata ampi margini di miglioramento della prestazione, indicano che il doping è ormai diventato un fenomeno sociale ben più complesso, che assume significati che vanno oltre la dimensione prestazionale, la performance fisica, per assumere in sé significati altri più vicini alla definizione della propria identità, identità che passa sempre più attraverso la rappresentazione corporea di sé. 285
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Il fatto di vivere immersi in una cultura che ripropone con forza la dimensione dell’apparire come elemento fondante nell’espressione dell’essere, facilita e legittima la manipolazione del proprio corpo in quanto interfaccia più immediata e visibile della propria identità. Non è casuale che oggi forse più di ieri gli adolescenti, che solitamente sono il termometro più sensibile dei mutamenti in atto sul piano culturale, esprimano una tendenza a manipolare il proprio corpo con maggiore accanimento rispetto al passato attraverso modalità diversificate quali per esempio tatuaggi, piercing, uso di steroidi anabolizzanti, uso ed abuso di sostanze psicoattive fino a raggiungere forme estreme che esprimono un tentativo di alterazione degli stessi bisogni corporei come nel caso dei disturbi alimentari (G. Pietropolli Charmet, 2000). Il corpo quindi, come terreno comune di sperimentazioni e ricerca di identità, che unifica sia nella pratica che sul piano dei significati l’utilizzo della manipolazione chimica. Da questo punto di vista risulta evidente, infatti, come vi sia un’associazione fra l’uso di sostanze dopanti come gli anabolizzanti e l’uso di sostanze come l’alcool, o droghe quali la cocaina, l’ecstasy o la cannabis (DuRant et al.,1994; Kidlundh et al. 1999). Alcuni studi hanno evidenziato che, per amplificare gli effetti di una sostanza dopante sulla capacità di prestazione, si ricorre all’uso combinato con altre sostanze. Ad esempio, gli anabolizzanti sono spesso assunti in combinazione con sostanze come caffeina, antidolorifici, stimolanti e diuretici (Singler & Treutlein, 2000). Il legame tra doping e sostanze psicoattive emerge anche dal fatto che chi fa uso di sostanze dopanti, rispetto a chi non ne fa uso, risulta essere più frequentemente disponibile a fare uso di sostanze psicoattive (C. Pesce, 2001). Quindi sempre più oggi il fenomeno doping è da considerarsi un fenomeno che rientra a tutti gli effetti nella più vasta problematica delle tossicodipendenze. Alcuni studi mettono in luce che l’uso di anabolizzanti induce alterazioni della personalità, dell’umore e della salute mentale, come psicosi, schizofrenia e disturbi della memoria, (Williamson & Young, 1992) nonché alterazioni del comportamento dovute a un’aumentata aggressività (Galligani et al. 1996). Gli anabolizzanti, così come altre sostanze dopanti, inducono gli effetti tipici delle sostanze stupefacenti quali ad esempio: la dipendenza e la tolleranza (Brower et al. 1991). Dipendenza significa che chi fa ricorso a sostanze dopanti, analogamente a chi fa uso di sostanze psicoattive, dopo un uso continuato del farmaco o della sostanza avrà difficoltà a farne a meno o a cessarne il consumo al momento in cui non ne avrà più bisogno per incrementare la propria capacità di prestazione. Tolleranza significa invece che se l’uso di una data sostanza dopante è protratto e continuativo, occorreranno 286
La famiglia e la scuola nella prevenzione del doping
quantità progressivamente crescenti per ottenere lo stesso effetto. Ma anche sul piano dei significati, che vanno oltre le analogie farmacologiche, vediamo che chi utilizza sostanze sia dopanti che psicoattive, evidenzia un bisogno di compensazione rispetto ad una percezione di sé che è di carenza, di mancanza, di insufficienza e che esprime di fondo l’incapacità o l’impossibilità di accettarsi per quello che è. L’uso di sostanze sia per aumentare la propria performance sportiva, che per alterare i propri stati interni risponde alla stessa logica: aggiungere qualcosa che trasformi magicamente la propria realtà facendola apparire diversa da quella che è, nella speranza di renderla più accettabile e quindi maggiormente spendibile sul piano relazionale. La storia di noti campioni sportivi che, smessa l’attività agonistica, ritornano a riempire le cronache per le loro disavventure tossicomaniche, evidenziano come il doping non sia solo una pratica farmacologia volta a migliorare la performance sportiva, ma vada ad incidere sensibilmente, come per le droghe, sull’immagine di sé e sul proprio modo di percepire sé stessi. Il fatto che il doping “ti cambia” come recita lo slogan della campagna informativa presentata in questo testo, va a puntualizzare come certe sostanze, al pari delle droghe, vanno a toccare equilibri interni molto delicati per cui il farne senza implica una crisi di identità di difficile gestione, come dimostrano le tante storie di tentativi di emancipazione dalla droga che passano spesso per lunghi periodi di lavoro su di sé passati all’interno di luoghi di cura specifici, come sono le comunità terapeutiche. SPORT E SALUTE La necessità quindi di intervenire non solo sulla normativa ma anche sulla cultura sociale ripone in primo piano la pratica preventiva come pratica informativa ed educativa volta non solo ad evidenziare i possibili rischi per la salute ma, in quanto pratica formativa, volta all’espressione e allo sviluppo sano delle proprie potenzialità. Questo aspetto rimette in primo piano il ruolo delle agenzie educative quali la famiglia e la scuola, ma coinvolge direttamente sul piano educativo le associazioni sportive, le federazioni, gli allenatori e istruttori in pratica tutto il mondo che gestisce l’attività sportiva giovanile. È evidente che una politica di contrasto al fenomeno doping passa attraverso una revisione dei significati e una ridefinizione dei valori che la pratica sportiva assume in sé soprattutto nella fascia giovanile andando ad accentuare più che l’aspetto agonistico il suo significato formativo. 287
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Vale la pena ricordare che l’attività sportiva, sia come attività di educazione fisica scolastica che come impegno extra-scolastico, non è solo utile per un potenziamento fisico volto ad ottenere una maggiore tonicità ed elasticità muscolare e una migliore mobilità articolare ma assume in sé importanti significati formativi. L’attività sportiva è sempre stata considerata nel tempo come fonte di salute sia mentale che fisica, come ci ricorda l’abusato detto latino: “Mens sana in corpore sano” che ripete, anche se non nella sua accenzione integrale, l’aforisma di Giovenale (Satire, X, 356) che invece nella sua interezza ammonitrice “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano” propone l’idea non di una equivalenza scontata ma di una più significativa aspirazione a cui tendere e che fa dello sport una occasione di promozione della salute sia della mente che del corpo. Del resto il concetto stesso di salute ha subito negli ultimi decenni una vera e propria evoluzione, passando da una condizione in cui è assente la malattia ad una condizione più generale di benessere psicofisico, intendendo quest’ultimo come stato di efficienza e soddisfazione nel rapporto con se stessi e con il proprio corpo (M. Ingrosso, 2001). La salute, quindi, diventa uno stato che non deve essere esclusivamente preservato attraverso l’intervento della medicina ufficiale, ma si configura sempre più come una condizione che può essere preservata ed incrementata con opportuni accorgimenti quali, per esempio, l’alimentazione, lo sport, l’igiene e così via (M. Bucchi, 2001). Emerge la tendenza a considerare più importante il “sentirsi bene” che non lo “stare bene” (M. Ingrosso, 2001) sottolineando così l’importanza della dimensione psicologica nella percezione del proprio stato di salute che travalica la dimensione fisica per investire più globalmente altre aree fra cui non ultima quella relazionale. Ci sono ormai molti studi che evidenziano come l’attività sportiva sia utile per aumentare la stima di sé, equilibrare l’umore, favorire la soddisfazione verso il proprio corpo e diminuire l’ansia e la depressione (Fox, 2000; Alfermann & Stroll, 2000). In questo senso fare sport fa bene alla salute sia fisica che mentale e vale la pena ricordare come, in particolare nella fascia d’età 5-15 anni, l’attività sportiva soprattutto di gruppo diventi importante occasione di sviluppo psicologico come sostengono Antonelli e Salvini (1978) in quanto: 1. favorisce nella competizione una maggiore capacità a tollerare gli insuccessi 2. offre la possibilità di esprimere e imparare a controllare la propria aggressività 3. stimola l’acquisizione di sicurezza di sé, attraverso la partecipazione alla vita di gruppo 4. favorisce una maggiore identificazione di sé, attraverso l’acquisizione di ruoli determinati 288
La famiglia e la scuola nella prevenzione del doping
5. stimola il senso di partecipazione sociale, derivante dall’accettazione di legami comuni propri nel fare squadra 6. può favorire la compensazione di sentimenti di inferiorità attraverso l’identificazione con il gruppo e l’osservanza delle regole del gioco 7. incanala attraverso la gratificazione, socialmente approvata, certi bisogni di tipo narcisistico È importante che questi aspetti vengano conosciuti e valorizzati da chi gestisce e organizza pratiche sportive rivolte ai minori perché si può capire come l’impegno sportivo, indipendentemente dalla disciplina, può dare un valido contributo alla formazione individuale che, come vedremo, è un elemento centrale della prospettiva preventiva. FAMIGLIA: L’IMPORTANZA DI ESSERE PRESENTI Nonostante i cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni, che hanno condizionato notevolmente i legami familiari sancendo il definitivo passaggio dalla famiglia estesa di matrice contadina a quella nucleare più funzionale alle esigenze della società industriale, la famiglia rimane il luogo privilegiato di formazione dell’individuo in quanto luogo di relazioni e di processi comunicativi specifici funzionali alla strutturazione di apprendimenti. Tutti i processi di sviluppo tipici dell’infanzia avvengono nell’ambito delle interazioni familiari che permettono l’acquisizione di importanti apprendimenti per la salute che vanno dalla cura personale (igiene, attività fisica, alimentazione) a quelli di natura più interpersonale (abilità sociali, autostima, autoefficacia…). Forse il più significativo cambiamento avvenuto nella famiglia contemporanea riguarda la gestione dei ruoli genitoriali con un passaggio dalla famiglia cosiddetta “etico/normativa” a quella “affettiva” (G. Pietropolli Charmet, 1997, 2000, 2001; C. Cristiani, 2003). La famiglia etica nella sua espressione formativa era centrata più nella trasmissione di valori, di regole, di norme, di principi e quindi di un sistema culturale che la rappresentava come luogo sicuro caratterizzato da una identità forte. La famiglia affettiva si caratterizza invece come luogo di trasmissione di affetto, di comprensione, di condivisione, dove l’attenzione principale è quella di creare nei confronti dei figli un clima di soddisfazione affettiva attento alla loro felicità e benessere. Sono cambiati i ruoli per cui quello paterno è diventato meno autoritario di un tempo, più vicino e accogliente, più disponibile al dialogo e al gioco. L’abbandono della posizione autoritaria propria delle precedenti generazioni e sintetizzabile nel289
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l’imperativo “tu devi obbedire” al più accettabile “tu devi capire”, ha orientato la ricerca del consenso non più sull’obbedienza ma verso una maggiore “democrazia degli affetti” (G. Pietropolli Charmet, 2000). Il ruolo paterno si è progressivamente trasformato lasciando spazio ad un padre che ha assunto in sé molte funzioni un tempo appartenenti al codice materno diventando quello che Pietropolli Charmet definisce un padre “maternizzato”, cioè un padre più affettivo ed empatico, esperto nel sostenere la crescita affettiva e relazionale del figlio e non solo quella etica e normativa (2000). Tuttavia, all’interno della nuova famiglia affettiva non è cambiato solo il ruolo del padre ma anche quello della madre che si è gradualmente allontanato dallo stereotipo classico che la voleva passiva e dedita al sacrificio, angelo del focolare la cui unica aspirazione doveva essere la creazione di una famiglia cui dedicarsi totalmente (E. Rosci, 2000). La donna è oggi, rispetto al passato, più disinvolta e impegnata nel campo sociale e lavorativo, tende ad investire maggiormente in attività che vanno al di là della sfera familiare, mutando il modo di essere moglie e madre. Tutto ciò autorizza a parlare di una famiglia diversa rispetto al passato, all’interno della quale si può osservare una ridefinizione dei ruoli parentali spesso intercambiabili, dove le funzioni normative ed affettive non sono esercitate così rigidamente come nel passato, aspetto questo che può rendere a volte ambivalente e contraddittoria la funzione genitoriale. Un altro aspetto che sta caratterizzando la famiglia contemporanea è la riduzione della natalità. Si fanno meno figli e questo porta unitamente ad un prevalere del codice affettivo, ad una inevitabile tendenza iperprotettiva della famiglia di oggi (G. Nardone et al. 2001). I figli della famiglia “affettiva” in quanto al centro delle attenzioni genitoriali crescono solitamente con una limitata esperienza di dolore e frustrazione alle spalle e questo rischia di contribuire non poco a renderli intolleranti nei confronti della fatica, dell’insuccesso, del dolore mentale che il confronto sociale (scuola, competizioni sportive, rapporti con gli altri) spesso comporta, favorendo a volte nella fase adolescenziale, la ricerca di fughe anestetizzanti. Il figlio si trova spesso al centro degli investimenti parentali non solo per quanto riguarda il suo futuro professionale, ma anche per quanto riguarda la sua pratica sportiva che diventa a volte nell’immaginario genitoriale un’occasione di affermazione personale e di riconoscimento sociale. Così la minore capacità di tollerare la frustrazione, nonché il maggior carico di aspettative che i genitori hanno nei confronti del figlio, visto a volte come futuro cam290
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pione, possono rendere più difficile nel giovane accettare una mancata vittoria e spingerlo alla ricerca di aiuti esterni per far fronte alle aspettative. Gli adolescenti che praticano sport e vivono l’attività sportiva come una attività importante per la propria formazione spesso ricercano con costanza l’interesse e il consenso dei familiari, dipendono dal loro giudizio, come spesso dipendono dal giudizio dell’allenatore. Il ragazzo cerca spesso i genitori per informarli su ciò che ha fatto, sui successi ottenuti, o sui problemi che ha avuto, ma soprattutto, è alla ricerca di rassicurazioni, attenzioni, protezione e ascolto. Queste situazioni diventano importanti occasioni di confronto, che danno la possibilità ai genitori di dialogare anche sui significati che l’attività sportiva ha in sé, fornendo così la possibilità di rinforzare quegli aspetti formativi quali l’affermazione di sé, l’accettazione dei propri limiti, la conferma delle proprie capacità, che l’esperienza sportiva può insegnare. Perché questo accada è necessario essere presenti e ricercare un continuo dialogo figlio-genitore che consenta un confronto su cosa succede “fuori casa”. Occorre costruire relazioni familiari solide e non conflittuali, che possano dare spazio a validi punti di riferimento. Gli studi sulla famiglia e le relazioni familiari come fattore di rischio e di protezione nei confronti del disagio e della devianza sociale sono ormai molti. C’è concordanza fra gli studiosi nell’affermare che più esiste un legame positivo tra genitori e figli definibile come presenza, sostegno, comunicazione aperta ed empatica e più è probabile che si sviluppi un buon adattamento psicosociale nei figli, inteso come buon livello di autostima ed autoefficacia, buone relazioni con i pari e soddisfazione nell’attività scolastica ed extrascolastica (Lanz et al. 1999; Cigoli et al. 1995). L’opportunità di esplicitare i propri problemi e le proprie paure, di comprendere meglio la natura di un evento stressante e di ottenere precise rassicurazioni sul proprio valore personale favorisce la riduzione degli stati emozionali negativi, aiuta a contrastare in modo più efficace il disagio e a mantenere soddisfacenti livelli di autostima e benessere. In altre parole il sostegno emozionale svolge un ruolo protettivo nei confronti dell’uso di sostanze (Wills 1990). Alla luce di quanto esposto, si può comprendere che la famiglia può giocare un ruolo nel contrasto alla diffusione del doping, quando sa porsi come contesto che facilita e sostiene una crescita sana dei suoi membri. Quando sa attribuire all’attività sportiva il significato che merita in termini di sviluppo e formazione della persona, senza alimentare eccessive aspettative di successo e sa collocare le esperienze che l’attività sportiva sollecita nell’ambito più vasto delle occasioni di apprendimento che la vita propone. 291
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SCUOLA: L’INFORMAZIONE NON BASTA La scuola sta dimostrando una sempre maggiore sensibilità nei confronti delle tematiche proprie della promozione della salute e della prevenzione dei comportamenti a rischio. Le varie iniziative di riforma che si sono avviate nel corso degli ultimi decenni vanno nella direzione di definire sempre più una scuola che non solo cerchi di adattare le proprie proposte di formazione professionale alle esigenze dei tempi ma riconoscendosi come luogo privilegiato di socializzazione sta cogliendo l’occasione per essere spazio di confronto sulle svariate tematiche che animano il dibattito sociale in corso, fra cui non ultima quella della salute. Forse nell’ambito dell’educazione e promozione della salute non siamo ancora giunti alla definizione di modelli e quindi di attività e procedure riproponibili nel tempo da inserire stabilmente nel piano dell’offerta formativa di ogni singola scuola, ma sicuramente sono in atto varie iniziative e molteplici sperimentazioni, che permettono di tenere alta l’attenzione sulla salute in quanto bene indispensabile per ogni forma di sviluppo. Osservando le varie progettualità ci sembra che due siano gli ambiti in cui vanno a collocarsi le varie iniziative: l’ambito più propriamente informativo e l’ambito più definibile come formativo. Il primo ambito, quello informativo, è sicuramente quello in cui si collocano il maggior numero di esperienze. Qui troviamo tutte quelle iniziative che vanno ad incidere sulla conoscenza dei rischi e dei danni conseguenti a certi comportamenti. È la conoscenza della mappa dei pericoli che si possono incontrare percorrendo strade pericolose. Rientrano in quest’ambito molte delle iniziative di prevenzione ed educazione alla salute quali: educazione alla sessualità, informazione sulle malattie sessualmente trasmissibili, informazioni sui danni derivanti dall’uso di droghe, informazioni sui rischi connessi alla pratica del doping, informazioni su una corretta alimentazione, educazione alla sicurezza stradale e così via. In questo filone si collocano anche tutte quelle campagne di comunicazione ad estensione locale, regionali o nazionali, come quella di lotta permanente al doping qui presentata. È opinione diffusa fra gli addetti ai lavori (U. Mariani 2002) che l’informazione sui rischi sia necessaria ma non sufficiente per produrre cambiamenti di comportamento, o per sviluppare atteggiamenti di protezione nei confronti di possibili comportamenti problematici. Tali iniziative vanno sostenute e integrate con proposte che rientrano nel secondo ambito di attività citato, cioè quello formativo. Qui si collocano tutte quelle iniziative che vanno ad arricchire non tanto il bagaglio di conoscenze dello studente, quanto la sua capacità di far fronte a difficoltà o la sua 292
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capacità di sviluppare o esprimere le sue potenzialità, come ad esempio: laboratori sulle emozioni, sulla affettività, sulla comunicazione, sull’autostima etc. Se le iniziative di carattere informativo vanno ad incidere sulla conoscenza dei rischi, quelle di carattere formativo vanno a potenziare i fattori protettivi. L’idea di fondo che sta dietro a questa impostazione è che se la scuola, come del resto la famiglia, riesce a proporre esperienze che facilitano lo sviluppo sano della personalità dell’individuo, questi sarà più adeguato e preparato a fronteggiare le difficoltà della vita, più difficilmente rischierà di percorrere strade pericolose e meglio saprà recepire le informazioni che nel corso del suo sviluppo gli verranno date sui rischi derivanti da certi comportamenti. Ogni discorso sulla prevenzione dei comportamenti a rischio come ad esempio quello dell’uso di sostanze dopanti o psicoattive, si colloca all’interno di questa cornice. Vale la pena ricordare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) già nel 1994 ha dato indicazioni precise con il progetto “Skills for Life” per promuovere in ambito scolastico delle strategie che potessero favorire l’apprendimento fra i giovani di aspetti sia personali che relazionali che favorissero la capacità di fronteggiare adeguatamente la complessità insita nella loro crescita. Il presupposto da cui è partita l’O.M.S. per definire la sua proposta, nasce dalla constatazione di come i meccanismi tradizionali con cui vengono apprese certe competenze in famiglia o nella scuola, non risultano più efficaci di fronte alla complessità creata dai profondi cambiamenti sociali e culturali avvenuti negli ultimi decenni, ai quali va aggiunta la crescente influenza dei mass media nella definizione dei valori personali e quindi nella determinazione dei comportamenti sia individuali che collettivi. La crescente difficoltà espressa dal mondo della scuola e della famiglia nel proporsi come luogo privilegiato di trasmissione di valori risente molto della pressione esercitata dai vari media nell’affermare determinati valori. Ad esempio il sistema valoriale che sta dietro ad un fenomeno come quello del doping, non tanto all’interno del mondo agonistico dove possiamo immaginare gli interessi in gioco siano molto condizionanti, quanto nell’ambito del mondo amatoriale, risente molto dell’amplificazione proposta dalla cultura dominante dell’estetica del corpo come aspetto di valore in sé, sia per piacere a sé stessi o agli altri, che come elemento per avere successo. Infatti per un numero significativo di giovani, il consumo di sostanze dopanti si connette al desiderio di “possedere” un fisico ideale. Per questi giovani la desiderata forma fisica può essere raggiunta non solo attraverso ore di esercizio in palestra ma anche attraverso l’uso di steroidi anabolizzanti. In questi casi l’uso di sostanze dopanti sembra essere motivato più da ragioni legate alla cosmesi, al senso estetico, alla dimensione dell’autostima, che alla pratica sportiva (B. Houlihan 2000). 293
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Diventa quindi importante come sostiene l’O.M.S. che la scuola in particolare, ma non solo, possa affiancare alle tradizionali discipline scolastiche percorsi formativi volti ad aumentare il livello personale di capacità o abilità sociali. Le Life Skills possono essere innumerevoli e la loro natura può variare a seconda del contesto socio-culturale in cui vengono considerate, tuttavia l’O.M.S. ha individuato un nucleo fondamentale di abilità che dovrebbe costituire l’asse portante di ogni programma preventivo dei comportamenti a rischio. Riportiamo di seguito la definizione delle abilità fondamentali proposte dall’O.M.S.: – Decision making (capacità di prendere decisioni): questa competenza è funzionale ad affrontare in modo costruttivo le decisioni nelle diverse situazioni e contesti di vita. La capacità di elaborare in modo attivo il processo decisionale può avere implicazioni positive sulla salute attraverso una valutazione delle diverse opzioni e delle conseguenze che esse implicano. – Problem solving (capacità di risolvere i problemi): questa competenza che propone una particolare strategia di pensiero, permette di affrontare in modo costruttivo i diversi problemi, che se lasciati irrisolti, possono causare stress mentale e tensione fisica. – Creatività: l’arricchimento della dimensione creativa contribuisce sia ai processi di decision making che di problem solving, permettendo di esplorare le alternative possibili e le conseguenze delle diverse opzioni. La creatività inoltre può aiutare ad affrontare in modo versatile tutte le situazioni della vita quotidiana ed è quindi particolarmente importante nella ricerca di possibili “via di fuga” da situazioni critiche. – Senso critico: anche questa abilità, come le precedenti, arricchisce la dimensione cognitiva della persona, in quanto permette di analizzare informazioni ed esperienze in modo oggettivo, valutandone vantaggi e svantaggi, al fine di arrivare ad una decisione più consapevole. Il senso critico può contribuire alla promozione della salute e alla prevenzione dei comportamenti a rischio, permettendoci di riconoscere e valutare i diversi fattori che influenzano gli atteggiamenti e il comportamento, quali ad esempio la pressione dei coetanei e l’influenza dei mass media. – Comunicazione efficace: consiste nel sapersi esprimere, sia verbalmente che non verbalmente, in modo efficace e congruo alla propria cultura e in ogni situazione particolare. Significa esprimere opinioni e desideri ma anche bisogni e sentimenti, essere in grado di ascoltare in modo accurato, comprendendo l’altro. Significa inoltre essere capaci, in caso di necessità, di chiedere aiuto. – Abilità per le relazioni interpersonali: le competenze interpersonali in senso stretto implicano la capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo. 294
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Questo vuol dire saper creare e mantenere relazioni significative, fondamentali per il benessere psicosociale, sia in ambito amicale che familiare. Può inoltre significare essere in grado d’interrompere le relazioni magari in modo costruttivo, quando ad esempio ci si rende conto che certe relazioni possono essere pericolose o pericolosamente condizionanti. Autocoscienza: per autocoscienza si intende quella capacità introspettiva che permette una buona conoscenza di sé, del proprio carattere, dei propri punti di forza e di debolezza, dei propri desideri e bisogni. Aumentare l’autoconsapevolezza può aiutare a comprendere quando si è stressati o sotto tensione. Rappresenta un prerequisito indispensabile per una comunicazione efficace, per relazioni interpersonali positive e per la comprensione empatica degli altri. Empatia: è quella particolare capacità interpersonale che permette di comprendere gli altri, di “mettersi nei loro panni”, anche in situazioni che non ci sono familiari. L’empatia permette di migliorare le relazioni sociali, soprattutto nei confronti delle diversità etniche e culturali, facilita l’accettazione e la comprensione verso le persone cogliendo ad esempio le difficoltà degli altri o anche la loro pericolosità. Gestione delle emozioni: implica quella capacità di dare un nome e quindi riconoscere le emozioni in sé e negli altri, significa l’essere consapevoli di come le emozioni influenzano il comportamento e la capacità di riuscire a gestirle in modo appropriato. Emozioni intense, come la rabbia e il dolore, se non riconosciute e gestite possono avere effetti negativi sulla salute e sull’agire. Gestione dello stress: consiste nel riconoscere le cause di tensione e di stress della vita quotidiana e nel saperle controllare, sia tramite cambiamenti nell’ambiente o nello stile di vita, sia tramite la capacità di rilassarsi, in modo che gli stress per altro inevitabili non diano luogo a problemi di salute.
I Programmi “Life Skills” sono stati sperimentati positivamente in più paesi, recepiti e promossi dalla Comunità Europea che ne ha consigliato lo sviluppo, anche se in Italia non sono state molte le realtà che li hanno adottati (Boda, 2001). Secondo le indicazioni dell’O.M.S. lo sviluppo di questi programmi dovrebbe prevedere una metodologia di tipo attivo e prevalentemente esperienziale, quindi con uno spazio limitato alle informazioni teoriche. Il presupposto teorico che sta alla base dell’insegnamento delle Life Skills è la Teoria dell’Apprendimento Sociale (Bandura, 1997) che sottolinea il fatto che l’apprendimento è un processo dinamico che passa attraverso la trasformazione e la strutturazione dell’esperienza. La possibilità quindi di vivere in prima persona, sperimen295
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tando ciò di cui si parla, trovando poi lo spazio di riflessione condivisa con gli altri in cui diventa possibile integrare aspetti cognitivi ed emotivi, viene suggerita come la migliore strategia di apprendimento, soprattutto con preadolescenti e adolescenti. Secondo questa impostazione, si ritiene che l’insegnamento delle Life Skills sia prioritario rispetto ad altri interventi preventivi, in quanto vanno ad agire direttamente sulla strutturazione di base dell’individuo aspetto questo che permetterebbe poi una più probabile acquisizione di informazioni proprie di programmi più specifici e mirati ad obiettivi particolari come la prevenzione dell’uso di sostanze psicoattive e dopanti, AIDS, gravidanze indesiderate, etc. Del resto se immaginiamo un contesto educativo, sia scolastico che familiare, in grado di stimolare in un ragazzo l’acquisizione di abilità cognitive quali il senso critico, la creatività, la capacità di soffermarsi sulle varie situazioni ponderandone gli aspetti in modo tale da poter arrivare a prendere delle decisioni, che lo aiuti ad imparare a gestire lo stress e le proprie emozioni, o a sapersi relazionare in modo adeguato, riusciamo ad immaginare quello che si può ben definire uno sviluppo sano. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Le strategie di contrasto alla diffusione del doping non si differenziano molto dalle strategie preventive finalizzate al contrasto dell’uso di sostanze psicoattive o di altri comportamenti a rischio. Da un lato si pone la necessità di definire e aggiornare continuamente la normativa che inquadra l’intera materia distinguendo il livello della legalità da quello dell’illegalità, dando così alle forze dell’ordine un quadro di riferimento chiaro per poter agire, dall’altro si tratta di innescare processi culturali di vasta portata che vanno ad incidere sugli atteggiamenti e i comportamenti sia dei singoli che dei gruppi. In questo senso i livelli della questione sono molti e coinvolgono tutti quegli attori che per ruolo o competenza agiscono in termini di cultura educativa e politica della salute. Ci è più facile pensare alla famiglia e alla scuola per la loro diretta importanza nell’incidere sulla formazione e sviluppo delle giovani generazioni, ma sullo stesso livello di responsabilità vanno a collocarsi anche il mondo dello sport ad ogni livello e quello dei mass media, per la loro capacità di veicolare messaggi e quindi per la loro possibilità di incidere sulla scala dei valori che determina i comportamenti. Molto possono fare gli insegnanti di educazione fisica, come gli allenatori o gli istruttori, i dirigenti sportivi, nel creare e sostenere una mentalità anti-doping. Attività volte all’informazione sugli effetti dannosi sull’organismo delle sostanze dopanti e indicazioni su un’alimentazione equilibrata adatta alla disciplina sportiva 296
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praticata, sono attività che possono essere facilmente inserite sia nei percorsi scolastici di educazione fisica, che nell’ambito della preparazione sportiva. Possono inoltre aiutare i giovani a sviluppare e potenziare quelle caratteristiche psicologiche e motivazionali che li rendono resistenti alla pressione sociale e alla diffusa filosofia del “risultato a tutti costi e per la via più breve”. L’insegnante di educazione fisica così come l’allenatore o l’istruttore hanno un rapporto privilegiato con i giovani che si avvicinano allo sport, li accompagnano spesso nelle loro prime esperienze sportive, si trovano quindi in una posizione ideale per promuovere motivazione e dare fiducia, per intervenire nei momenti di sconforto e sfiducia conseguenti ad insuccessi, hanno l’occasione di creare un clima comunicativo di collaborazione all’interno della squadra, seguono i ragazzi nelle delicate fasi di allenamento e di preparazione alla gara e quindi possono dare preziosi consigli. Possono essere importanti punti di riferimento nel processo di costruzione dell’autostima, che trova nella pratica sportiva, come nell’ambito della attività scolastica, un terreno fertile per la sua promozione. L’autostima infatti è la risultante di un giudizio di valore conseguente ad un processo di valutazione fra ciò che una persona si sente di essere (Sé percepito) e ciò che vorrebbe essere (Sé ideale) (A. Pope et al. 1992). Sia gli insegnanti di educazione fisica che gli allenatori o gli istruttori hanno la possibilità dosando i riconoscimenti, le lodi o le critiche, di ricondurre ad una valutazione realistica delle proprie capacità, cosa che sta alla base di ogni sano processo di accettazione di sé. Se per esempio un insegnante o un allenatore tende a lodare in modo eccessivo un ragazzo, può spingerlo a sovrastimarsi e ad avere aspettative superiori alle sue possibilità, che verranno in gran parte disilluse poi dai fatti. Un’autostima non realistica, infatti, che non tiene conto delle reali potenzialità può diventare un fattore di rischio così come, al contrario, l’utilizzo di giudizi di valore costantemente negativi, possono abbassare il livello di abilità percepita dal ragazzo e incidere negativamente sulla sua autostima e sulla sua capacità di pensare in termini positivi, portandolo ad abbassare ulteriormente il suo livello di prestazioni con conseguente svalutazione di sé. Ciò può, in taluni casi, portare alla messa in atto di comportamenti a rischio, soprattutto in una fase dello sviluppo come quello adolescenziale in cui assume importanza particolare il giudizio degli altri, soprattutto dei coetanei. Infine, un aspetto essenziale da prendere in considerazione al fine di promuovere una cultura antidoping, come già accennato in questa pubblicazione, è la dimensione motivazionale. Ogni formatore, sia in ambito sportivo come in altri ambiti, per creare coinvolgi297
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mento e apprendimento tra i giovani allievi, deve saper creare un clima motivazionale improntato all’entusiasmo e alla voglia d’impegnarsi, enfatizzando l’importanza del progresso personale più che il risultato derivante dal confronto con gli altri. Questo significa alimentare la cosiddetta motivazione intrinseca, che sollecita il miglioramento delle competenze personali attraverso l’impegno, piuttosto che la motivazione estrinseca che è orientata invece ai risultati. Nel primo caso l’esito di una attività (gara sportiva, compito in classe…) è valutato in rapporto a sé stessi e quindi misurato in termini di impegno o capacità personali, nel secondo caso l’esito viene messo a confronto con quello ottenuto dagli altri. È evidente che nella pratica sportiva, come nella vita, l’elemento competitivo è presente ed è parte integrante della motivazione, ma il fatto che un ragazzo sia orientato più verso il compito che verso il risultato assume un valore soprattutto nella sua capacità di reagire agli insuccessi. I ragazzi orientati al compito tendono a sviluppare una buona autostima e sentono meno l’esigenza di cercare conferme del proprio valore confrontandosi con gli altri, in quanto sanno che i risultati ottenuti dipendono dal loro impegno o dalle loro capacità. I ragazzi orientati al risultato, invece, rischiano di avere una bassa autostima in quanto sono orientati a cercare conferme del proprio valore confrontandosi con gli altri, pertanto valgono “solo” se riescono a primeggiare sugli altri. Questo rende difficile accettare la sconfitta, perché l’insuccesso rischia di mettere in discussione totalmente il valore della propria persona. Il fatto di legare la propria autostima al risultato rischia di rendere il giovane più fragile e per questo maggiormente propenso a infrangere le regole o a ricorrere al doping pur di non perdere o di non ricevere disconferme del proprio valore. Una valida politica antidoping si può realizzare solamente ridando significato all’attività sportiva, in quanto “palestra” di formazione dell’individuo, che in essa può trovare un’occasione per esprimere le proprie potenzialità, migliorare ed imparare ad accettarsi per quello che è.
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DOPING E MEDICINA GENERALE
Tiziano Sandrini Medico di Medicina Generale ULSS 20, Verona. Tutor della scuola regionale di formazione specifica di medicina generale
INTRODUZIONE Quando mi è stato proposto di occuparmi dell’argomento “doping e medicina generale” nell’ambito di questa pubblicazione, e di provare ad analizzare il potenziale ruolo preventivo del medico di base rispetto a questo fenomeno, mi sono subito chiesto: “Ma cosa centro io, medico di famiglia con il doping? Tra l’altro, cosa ne so io di doping? È di pertinenza della medicina dello sport l’argomento delle pratiche dopanti. Poi però ragionando sul mio ruolo in questo ambito preciso mi sono posto i seguenti quesiti: l’approccio alle problematiche legate al doping è compito pertinente alla medicina generale? È un problema sanitario socialmente rilevante e pertanto sicuramente di competenza della medicina generale, o di “nicchia” e quindi, demandabile almeno in linea teorica a colleghi od operatori di secondo livello? Non conoscendo l’epidemiologia “ufficiale”, ho fatto riferimento alla mia “casistica personale”. In effetti, nel corso della mia attività ambulatoriale, mi è capitato di entrare in contatto con pazienti che presentavano problematiche d’uso\abuso\mal uso di “vitamine, integratori, amminoacidi ecc”, anche se è vero che la mia “casistica personale” (1500 pazienti) ha un valore epidemiologico scarsissimo. Leggendo poi, articoli che indagano le dimensioni del fenomeno, le campagne di prevenzione dei mass-media, la presenza sempre più massiccia sul mercato farmaceutico di sostanze “parafarmaceutiche”, mi sono reso conto che si tratta di un problema socialmente rilevante. Qualunque situazione sanitaria, banale o impegnativa che sia, se ha dimensioni sociali rilevanti deve essere affrontata dal medico generale. 301
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A questo punto mi sono detto: provo a scrivere un articolo da medico generale “vero”, cioè da non specialista, da generalista vero, da medico che affronta tutti i problemi sanitari e non solo sanitari che gli si presentano in ambulatorio, da medico che dovrebbe sapere tutto lo scibile della medicina, e, poiché ovviamente questo non è possibile, vive e lavora stabilmente nell’area dell’incertezza professionale, ma altrettanto contemporaneamente nella certezza di essere e dovere essere punto di riferimento preciso, spesso unico, talora indispensabile per il paziente in questa situazione di organizzazione della medicina complessa, complicata e spezzettata fra varie situazioni specialistiche. FUNZIONI E COMPITI DELLA MEDICINA GENERALE L’accordo collettivo nazionale recepisce la caratterizzazione della medicina generale italiana secondo i principi espressi dalla definizione europea di medicina generale data da WONCA Europa (la sezione europea dell’associazione mondiale dei medici di famiglia). Le caratteristiche elencate di seguito definiscono le peculiarità professionali: a. la medicina generale è normalmente il luogo di primo contatto medico all’interno del sistema sanitario, fornisce un accesso diretto ed illimitato ai suoi utenti, si occupa di tutti i problemi di salute, indipendentemente da età, sesso, ed ogni altra caratteristica della persona; b. fa un utilizzo efficiente delle risorse sanitarie attraverso il coordinamento delle cure, il lavoro con altri professionisti presenti nel contesto organizzativo delle cure primarie; c. sviluppa un approccio centrato sulla persona, orientato all’individuo, alla sua famiglia alla sua comunità; d. si basa su un processo di consultazione unico fondato sulla costruzione di una relazione protratta nel tempo attraverso un’efficace comunicazione fra medico e paziente; e. ha il compito di erogare cure longitudinali e continue secondo i bisogni del paziente; f. prevede uno specifico processo decisionale determinato dalla prevalenza ed incidenza delle malattie in quella precisa comunità; g. gestisce contemporaneamente i problemi di salute sia acuti che cronici dei singoli pazienti; h. si occupa di malesseri che si presentano in modo aspecifico ad uno stadio iniziale del loro sviluppo e che potrebbero richiedere un intervento urgente; 302
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i. promuove la salute ed il benessere con interventi appropriati ed efficaci; j. ha una responsabilità specifica della salute della comunità; k. si occupa dei problemi di salute nella loro dimensione fisica, sociale, culturale ed esistenziale. Se questi sono i compiti ufficiali e complessivi della medicina generale, quali sono in specifico relativamente al problema doping? Cercherò di elencarli e successivamente di svilupparli seguendo una scaletta che abbia aspetti più operativi che non meramente metodologici. Sostanzialmente credo che nell’attività quotidiana dell’ambulatorio io mmg dovrei: 1. sospettare il problema 2. svolgere un’anamnesi mirata 3. porre la diagnosi 4. identificare la possibile terapia 5. monitorare il paziente 6. scegliere quando relazionarsi con il secondo livello 7. mettere in atto pratiche di educazione sanitaria individuale e collettiva, tese alla prevenzione del problema specifico. Naturalmente bisognerebbe fare tutto questo gestendo “sapientemente” le risorse economiche dell’ente pubblico committente e le risorse di tempo e pazienza degli operatori che naturalmente non sono infinite. SOSPETTARE IL PROBLEMA Perché e quando sospetto l’esistenza del problema doping? Il problema doping deve essere in primis “sospettato” e, soltanto dopo, devono e\o possono essere poste le domande anamnestiche specifiche, perché do per scontato il fatto che, come medici di assistenza primaria, non abbiamo il tempo per effettuare anamnesi allargate ad ogni tipo di problema a tutti i pazienti che afferiscono in ambulatorio per qualunque aspetto sanitario; perfino i fattori di rischio cardiovascolare non sono rilevati alla totalità dei pazienti. È chiaro che si può e si deve impiegare la medicina di opportunità, utilizzando la presenza in ambulatorio del paziente per porre domande anche al di fuori del problema presentato al momento avvalendosi delle risorse di disponibilità di tempo del medico relative alla situazione specifica. Tuttavia, anche questo metodo ha dei limiti: tutti noi facciamo fatica a scegliere cosa 303
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è meglio fare quando un paziente si presenta in ambulatorio una volta l’anno e l’orario di chiusura dello studio è già stato oltrepassato da una o due ore. Nonostante ciò, il dubbio o il sospetto della presenza di un problema non nasce dal niente. Devono presentarsi assieme alcune condizioni: sensibilità del medico al problema stesso, conoscenze professionali specifiche sui fattori di rischio, sulle modalità di presentazione cliniche (sintomi e segni), conoscenza delle abitudini del paziente (anamnesi fisiologica). Si sospetta, si annusa clinicamente un problema quando si conosce bene lo stesso, se ne riconosce l’importanza epidemiologica, clinica, e successivamente si acquista e si affina sensibilità culturale e professionale allo stesso. È evidente a questo punto che nasce una domanda: i medici di medicina generale italiani sono adeguatamente formati sul problema doping, sulle dimensioni sociali del fenomeno, conoscono le sostanze che sono utilizzate dai pazienti, conoscono i farmaci che possono essere utilizzati come sostanze dopanti, o che possono mascherare le sostanze non lecite? La loro formazione è professionale o “per sentito dire”, magari dai mass-media? Alcuni piccoli studi effettuati negli anni scorsi danno esito sfavorevole, come emerge dalla pubblicazione del dott. Rosano Aldo dell’istituto italiano di medicina sociale. Lo stesso lavoro riporta dati sulle conoscenze di medici di vari stati europei e non sono segnalate differenze importanti con gli italiani: la scarsa preparazione professionale sul problema delle sostanze dopanti accomuna i medici generali del vecchio continente. Esiste un evidente bisogno formativo che deve essere colmato con un intervento formativo specifico impostato sul piano metodologico in forma corretta ed aggiornata ai tempi, coinvolgendo cioè, già nella fase preparatoria, tutti gli operatori del settore, compresi assolutamente alcuni rappresentanti degli utenti finali da “formare” al fine di “tarare” giustamente l’evento formativo. Potrei riassumere che sospetto l’esistenza di un problema solo quando si verificano contemporaneamente due condizioni: conosco il problema in maniera professionale e nel contempo lo stesso problema mi interessa. Resta aperto il problema di come sviluppare “l’interesse” del medico di medicina generale in questo specifico settore, in una situazione storica precisa nella quale questi è già oberato di impegni professionali precisi e pesanti. Resta anche aperto il problema della priorità: essendo la risorsa “tempo” finita e non infinita, se il mmg sviluppa interesse e quindi dedica tempo ad un aspetto professionale, inevitabilmente lascerà indietro altri aspetti che dovranno essere pertanto 304
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valutati “meno” importanti nei confronti dello stato di salute di quel paziente o di quella comunità. Non è questa la sede, né mia intenzione affrontare lo spinoso problema delle “priorità” nella medicina di primo livello, perché questo ci porterebbe molto lontano e fuori dal mandato. La conclusione inevitabile però, è che l’anamnesi mirata al doping, in queste condizioni storiche della medicina generale italiana, non può essere effettuata a tappeto ad ogni paziente che afferisce all’ambulatorio, ma deve necessariamente essere limitata ai pazienti che il mmg giudica a rischio, a ragione o a torto, viste le sue condizioni di preparazione professionale non ottimale in questo contesto professionale. DAL PERCHÉ AL QUANDO Quando sospetto? In generale, quando ho un paziente malato e quindi sintomatico oppure quando so che è a rischio, utilizzando terminologie mediche a noi mmg ormai usuali nei settori oncologici e cardiovascolari. Nuovamente si apre il deficit formativo di cui abbiamo appena parlato: noi mmg non sappiamo con certezza chi sia il paziente a forte rischio di doping; sappiamo dei frequentatori di palestre, dei cosiddetti “culturisti”, dei ciclisti professionisti o quasi professionisti, dei sospetti che aleggiano nel mondo del calcio professionistico, della pesistica, del nuoto; ma al medico generale interessa maggiormente lo sportivo amatoriale in genere, non il professionista o figure simili, perché gli amatori sono numericamente molto più frequenti, e sono pure i pazienti che frequentano l’ambulatorio. Inoltre, la gran parte degli studi epidemiologici effettuati sull’uso di sostanze dopanti va ad indagare studenti delle scuole superiori o delle università. In pratica, nel mio ambulatorio la gran parte degli sportivi è rappresentata da maschi e femmine di 30\40\50 anni, amatori, non classificabili fra gli atleti: proprio la popolazione NON rappresentata nella gran parte degli studi epidemiologici effettuati negli ultimi anni in Italia e non solo. Pertanto io mi chiedo: qual è il rischio di questi soggetti? Se fosse basso, potrei “accontentarmi” di un’anamnesi “veloce”, se fosse medio-alto dovrei allora condurre anamnesi più accurate, ripetute. Oppure, addirittura, sempre in questa parte di popolazione, il rischio è sconosciuto o misconosciuto? Sostanzialmente: 305
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a) a quale tipologia di paziente devo svolgere un’anamnesi accurata? b) Quali domande devo porre? c) Quanto tempo posso impiegare? d) Ho un software per l’attività ambulatoriale con una scheda anamnestica che mi consenta la registrazione veloce e mirata di questi aspetti? Provo a dare una risposta alle domande che mi sono posto. a) A quale tipologia di paziente devo svolgere un’anamnesi accurata? In teoria bisognerebbe effettuare un’anamnesi accurata ad ogni paziente che pratica attività sportiva; all’agonista perché, probabilmente, è più esposto al “rischio” o “bisogno” o “desiderio” (non saprei come definirlo) di assumere sostanze in grado di modificare la performance sportiva. Sono pazienti molto spesso seguiti “in toto” da medici o strutture specializzate in medicina dello sport ma, altrettanto, sono pazienti che possono afferire all’ambulatorio di medicina generale quando si presentano patologie aspecifiche o che il paziente ritiene aspecifiche. Sta al mmg stabilire gli eventuali collegamenti fra i sintomi presentati dal paziente e l’eventuale uso di sostanze dopanti, cosa che vedo assai ardua, e che apre il problema di un contatto con consulenti o specialisti di secondo livello, che affronterò più avanti. Però, un’anamnesi veramente accurata andrebbe riservata ai non agonisti, in particolare, ovviamente a mio avviso, a coloro che praticano attività sportive con le seguenti caratteristiche: • particolare intensità (oltre le 4\6 ore settimanali), • sport di squadra con partecipazione a manifestazioni chiamate eufemisticamente “non agonistiche”; • partecipazioni a sport particolarmente a rischio: ciclismo, mountain bike, fondo, corsa su strada su lunghe distanze; • frequenza a quelle palestre dove la pratica del “rinforzo muscolare” è particolarmente esercitata. Esiste una tipologia di paziente, sempre a mio avviso, particolarmente a rischio, rappresentato dal trentenne\quarantenne, sia maschio che femmina, che dopo aver praticato sport agonistici di varia natura in gioventù, deve, gioco forza, per l’età scegliere sport meno traumatici o meno stressanti su alcune strutture muscolari. Talora questo è un paziente che non si “accontenta” della pratica sportiva, ma cerca anche il risultato in fatto di tempo o in manifestazioni chiamate non competitive. Naturalmente, queste caratteristiche sono presenti solo in una piccola fetta di coloro che sono stati sportivi agonisti in giovinezza; non sto sostenendo che tutti o la gran 306
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parte degli ex agonisti è disposta a tutto per il risultato. Tuttavia su questa tipologia di paziente io ritengo sia corretto svolgere un’anamnesi più accurata. b) Quali domande devo porre? Bella domanda! Riprendendo parzialmente alcune affermazioni del precedente punto uno, elenco le domande che io pongo durante la mia attività di mmg: • tipo dell’attività fisica o sportiva • quantità della stessa • livello di pratica: individuale, di squadra, agonistica, amatoriale • uso di integratori e di che tipo Quest’ultima è la domanda centrale, la domanda che consente a me di “classificare”, se così mi posso esprimere, lo sportivo in varie classi: 1. lo sportivo che non assume mai nulla, neanche i sali minerali, o le barrette energetiche; questo sportivo spesso si costruisce da solo i sali minerali con prodotti naturali come i succhi di frutta, e sostituisce le barrette con panini, o alimenti simili fatti in casa. 2. Lo sportivo che assume solo sali e barrette, regolarmente o solo in condizioni di grande performance sportiva. 3. Lo sportivo che assume oltre ai prodotti sopra citati anche integratori di vario tipo, spesso da lui poco conosciuti, e di provenienza talora certa (farmacie) ma talora da canali non certi e\o alternativi. 4. Lo sportivo che ammette l’uso di sostanze non lecite, ma saltuariamente e limitate a brevi periodi: attenzione perché, non raramente, questo paziente non è un praticante regolare di sport ma frequenta, anche saltuariamente, la palestra per “irrobustirsi”. Ovviamente il paziente descritto al punto 4) rappresenta un esigua minoranza dei casi. Il medico deve prestare particolare attenzione al paziente descritto al punto 3), colui cioè che esprime una facilità all’uso di integratori. c) Quanto tempo posso impiegare? Altra bella domanda! Il medico di medicina generale è un professionista che svolge compiti sanitari di varia natura, come ho detto prima. Teoricamente, dovrebbe occuparsi di ogni aspetto sanitario dei suoi assistiti, o coordinare il processo di diagnosi e cura quando la situazione sanitaria dell’assistito richiede l’intervento di più figure sanitarie. 307
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In pratica non riusciamo ad occuparci di “tutto” e di fatto interveniamo: • quando il paziente ce lo chiede (medicina a domanda e non ad intervento programmato); • quando le patologie sono a larga diffusione sociale; • in prima persona quando le patologie sono affrontabili sul territorio; • coordinando processi complessi di diagnosi e cura, con altre figure sanitarie e sociali anche di varie istituzioni quando le condizioni clinico-sociali del paziente lo richiedono. Pertanto, rispondere alla domanda su “quanto tempo posso impiegare” per svolgere un’anamnesi accurata, domanda presuppone il darsi risposta ad altre domande: • quanto è diffusa la pratica del doping? È un fenomeno sociale o di nicchia? • Quali sono le conseguenze sullo stato di salute della popolazione a breve, medio, e lungo termine della assunzione di sostanze dopanti? • Quali sono le procedure più efficienti per raccogliere dati anamnestici nella popolazione in questione? Se la diffusione del doping o la propensione all’uso di sostanze dopanti sono cosi diffuse come alcune indagini fatte su popolazioni delle scuole superiori farebbero pensare, e se come sostiene lo scrivente, sono a rischio pure i praticanti amatoriali, si dovrebbe condurre un’anamnesi mirata tutti i pazienti fra i 15 ed i 60\65 anni, in pratica il 50\60 % della popolazione. La media del tempo dedicato alla visita ambulatoriale per paziente è in Italia intorno agli 8\10 minuti ed è gia doppia rispetto alla media inglese e lievemente più alta rispetto alle medie dei tempi di visita delle nazioni centro-europee. Il mmg deve pertanto effettuare una selezione inevitabile dei pazienti su cui condurre l’indagine anamnestica e limitare assolutamente la raccolta anamnestica in questione ai paziente che praticano attività agonistica e agli amatori che presentano i comportamenti a rischio sopra precisati. Cercando di riassumere penso che si potrebbero porre solo tre domande • che tipo di sport pratichi? • Quante ore dedichi alla settimana? • Fai uso di integratori? (escludendo solo sali minerali e barrette energetiche) Credo che con queste tre semplici domande potremmo identificare i pazienti a rischio. d) Ho un software per l’attività ambulatoriale con una scheda anamnestica che mi consenta la registrazione veloce e mirata di questi aspetti? Nessuna procedura seria di prevenzione può prescindere da una raccolta efficiente, 308
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veloce, graficamente intuitiva dei dati. Studi precisi dovrebbero essere condotti al fine di identificare con certezza quali siano gli indicatori da raccogliere, al fine di non mettere insieme dati inutili o non significativi. Il secondo passo dovrebbe essere quello di fornire questi indicatori alle softwarehouse dei programmi più diffusi negli ambulatori di primo livello al fine di costruire tabelle intuitive e veloci nella loro compilazione, e la successiva validazione sul campo di lavoro. Attualmente non mi risulta che nessun programma o cartella clinica computerizzata per la medicina di primo livello contenga tabelle di raccolta di questi aspetti professionali. DIAGNOSI Una volta che il mmg ha identificato, ma anche solo sospettato, un abuso sia saltuario che regolare di sostanze dopanti, il medico dovrebbe visitare il paziente con particolare riguardo agli organi bersaglio di quella o quelle sostanze ed effettuare controlli laboratoristici, nel caso siano necessari. Qualora il mmg non si senta in grado di affrontare in prima persona il quesito della diagnosi, allora si apre una fase delicata nel rapporto medico paziente. Cerco di precisare il contesto che si può verificare. Il paziente che si presenta in ambulatorio per un problema di qualunque natura, e che è identificato come un paziente che usa sostanze dopanti sia regolarmente sia più spesso saltuariamente, è un soggetto apparentemente sano, e soprattutto è un soggetto che si sente bene, non si sente male, non è soggettivamente malato, se non in una piccola minoranza dei casi. Pertanto, diventa difficile giustificare un invio ad un consulente di secondo livello, come può essere il servizio di medicina dello sport della ASL territoriale, o il dipartimento delle dipendenze o medici specialisti nella stessa disciplina che pratichino attività a libero professionale. Esclusi i pazienti che presentano situazioni di emergenza, a questo punto entra in gioco la relazione medico paziente, la valutazione per forza soggettiva del medico di quella situazione relazionale precisa, di quel particolare momento. Il medico può decidere vari atteggiamenti relazionali: • può affrontare subito il problema; • può registrare il problema, e decidere di fermarsi lì, lasciando ad un secondo tempo un approccio più organizzato e strutturato, perché sa che il paziente in questione viene regolarmente in ambulatorio per vari motivi; • può annotare il problema e decidere per un approccio soft con il paziente, perché 309
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sa di non avere una relazione forte, e si comporta di conseguenza; • vari ed innumerevoli sono i tipi di approccio relazionale, l’importante è non perdere l’occasione e tenere agganciato il paziente con una buona relazione; • è importante disporre di una sistema organizzativo elettronico o cartaceo in grado di segnalare visivamente in maniera efficace e veloce la presenza di problemi ritenuti rilevanti dall’operatore, ma di questo accennerò più avanti. Pertanto, potrebbe essere necessaria a questo punto la richiesta di consulenza al secondo livello. Chi è il medico di secondo livello in questo contesto? Sicuramente il medico specialista in medicina dello sport, pubblico o privato, a seconda della situazione lavorativa nella quale il mmg si trova ad esercitare, ma anche altri specialisti, come il cardiologo, il gastroenterologo, l’ematologo, il farmacologo ed altri, qualora la situazione sanitaria del paziente lo richieda. Dalla richiesta di consulenza ne consegue inevitabilmente un problema di competenze. Quali sono le competenze del mmg e quali invece quelle dello specialista nel contesto del problema doping? Non credo che esista una risposta univoca, una verità unica; tuttavia una “scaletta” di competenze si può tentare di costruire. È sicuramente di competenza del mmg: • l’anamnesi del paziente e l’identificazione dei soggetti a rischio (quando possibile e con tutte le incertezze descritte precedentemente); • l’educazione sanitaria nel senso più ampio del termine anche se il mmg non è certamente l’unico operatore deputato a questo aspetto; • il monitoraggio della situazione sanitaria globale del paziente; • il rapportarsi con il secondo livello, ogni volta che il mmg lo ritenga utile, e nelle forme che il sanitario ritiene necessarie per quel caso specifico; • l’invio concordato con il paziente al secondo livello. Sono di competenza del medico specialista: • la gestione delle problematiche sportive dell’atleta agonista; • la gestione dell’amatore che assume regolarmente o perlomeno frequentemente sostanze dopanti, anche se mi rendo conto che sarà difficile che il paziente collabori; • la gestione del paziente già “sintomatico”. Resta aperto il problema del paziente che assume integratori in quantità “industriale”. Il mmg dovrebbe registrare il problema e rapportarsi al secondo livello quando lo riterrà utile, magari anche solo telefonicamente per una migliore comprensione della situazione. 310
Doping e medicina generale
LA TERAPIA Se un paziente deve essere sottoposto a terapia per problemi di doping, è per definizione un paziente malato e pertanto la terapia deve essere decisa dallo specialista. Deve essere di competenza del mmg, come per ogni altro paziente, la gestione globale della terapia. Le prescrizioni terapeutiche farmacologiche e comportamentali del collega di secondo livello dovranno essere inserite dal mmg all’interno della gestione globale di salute di quello specifico paziente. Sul piano deontologico e metodologico non esiste alcuna differenza con le condizioni quotidiane di collaborazione fra professionisti tipiche della nostra professione, quali quelle che abbiamo regolarmente i colleghi specialisti di tutte le branche della medicina. Potrebbero esserci difficoltà per la scarsa conoscenza di alcuni farmaci o altre forme di trattamento da parte dei mmg, come per tutte le novità, ma queste situazioni possono essere superate con la formazione, con il tempo e con l’esperienza.
MONITORAGGIO DEL PAZIENTE Ho cercato precedentemente di classificare, con tutti i riguardi del caso, il paziente in quatto diverse ipotetiche situazioni personali di approccio al problema dell’uso di sostanze dopanti. Ogni categoria merita un monitoraggio diverso: 1. Al paziente che non manifesta alcun interesse all’uso di sostanze, bisogna solo riconsiderare l’anamnesi specifica con poche domande poste al momento opportuno (quando l’attività di ambulatorio ce lo consente) ogni due o tre anni. 2. Il paziente che assume saltuariamente sali e barrette energetiche va tenuto un po’ più sotto controllo, sempre con un’anamnesi specifica, ma anche in questo caso con atteggiamento soft. 3. Il paziente che assume integratori di varia natura va seguito con maggior attenzione, potrebbe essere un paziente a rischio: l’anamnesi (non più di una-due domande) va ripetuta ogni qualvolta è possibile, compatibilmente con la situazione del paziente e dell’ambulatorio. 4. Lo stesso per il paziente che ammette di assumere talora sostanze dopanti: bisogna comunque, sempre privilegiare la creazione ed il mantenimento di una buona relazione, perché solo da una buona relazione nascono buone e “complete” informazioni, soprattutto se raccolte su ambiti “delicati”. Questa classe di pazienti potrebbe richiedere il ricorso ad una consulenza di secondo livello, a seconda del pro311
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blema che potrebbe presentarsi. Ogni singolo medico saprà decidere modalità e tempi della consulenza. EDUCAZIONE SANITARIA Riprendendo la definizione WONCA, il mmg promuove la salute ed il benessere con interventi appropriati ed efficaci ed ha una responsabilità specifica della salute della comunità. Non vi è dubbio pertanto, che sia nostra precisa competenza l’educazione sanitaria. Precisiamo però il contesto: in alcuni ambiti il mmg è diventato negli ultimi 10\15 anni un operatore sanitario importante e insostituibile nella prevenzione e nell’ educazione sanitaria, come ad esempio in tutto il settore cardiovascolare, diabetologico, oncologico. Nei confronti del problema doping io credo che l’attività di educazione sanitaria della categoria tutta della medicina generale sia stata praticamente nulla negli ultimi anni, anche perché il problema non è “sentito” dal medico generale. Gli attuali successi nel campo della prevenzione cardiovascolare ed oncologica sono il frutto di campagne di sensibilizzazione della popolazione di ampia portata, ripetute nel tempo, coinvolgenti svariati operatori, e tendenti a chiarire l’importanza di più fattori sulla salute della popolazione. Negli anni sessanta e settanta alcuni stili di vita e di alimentazione erano socialmente “vincenti”. In seguito, la scienza medica ha dimostrato che erano anche parte in causa nell’indurre o nel favorire alcune malattie. Il mmg è stato partecipe importante di una campagna di sensibilizzazione più ampia, che ha richiesto e che continua a richiedere l’intervento di operatori sanitari e non sanitari a più livelli; l’utilizzazione dei mass-media è fondamentale come altrettanto fondamentale è l’univocità del messaggio che deve essere mandato alla popolazione (naturalmente ove questa univocità sia sostenuta da basi scientifiche serie e documentate). Altrettanto bisognerebbe fare con il doping, se il problema acquista o ha già acquistato dimensioni sociali rilevanti. In particolare in questo ambito del doping vedo importanti tanti altri operatori, anche non medici: tutto il mondo dello sport, anche amatoriale, la scuola, le famiglie stesse. La stessa “cultura” della società occidentale nel senso più ampio è chiamata in causa in questo ambito: in una società dove chi vince o “emerge” ha sempre ragione, dove 312
Doping e medicina generale
le regole esistono, ma chi le elude, è vincente, dove il confine tra il lecito e l’illecito in ogni ambito diventa sempre più sfumato, dove chi porta i soldi in un paradiso fiscale, è un buon operatore finanziario e non un evasore fiscale, è difficile pensare che un messaggio di un unico operatore sanitario sia sufficiente a rallentare pratiche di uso di stanze tese al raggiungimento di un risultato a “qualunque” costo. Verrà ascoltato il mmg se sconsiglierà al suo assistito, che pratica uno sport amatoriale, l’assunzione di una certa sostanza perché dannosa per la salute, quando con quella sostanza supererà o potrà superare, o crederà di superare i suoi rivali di sempre e tutti questi lo invidieranno? La cultura sportiva e la “cultura generale” della società dovrebbero proporre modelli di comportamento per il quale il cittadino, lo sportivo, il medico, il politico, pensionato e chiunque altro dovrebbe dare il meglio di se stesso in ogni ambito; poi, se il cittadino “arriva” primo, secondo o penultimo cambia poco. Ma passiamo dai sogni ai fatti. Allora ho spiegato come nel doping l’educazione sanitaria debba essere in primis svolta da più operatori. Nel contesto della medicina generale, nell’ambulatorio quotidiano, cosa fare e come fare? Il messaggio che deve essere inviato al paziente è che ogni sostanza esogena può potenzialmente essere tossica o dannosa per l’organismo. Anche sull’uso dei cosiddetti integratori il mmg dovrebbe favorire la cultura della cautela, essendo sostanze poco studiate soprattutto quando usate a dosaggi inusuali. Se applicassimo l’evidence-based medicine agli integratori, quali risultati ci ritroveremo? Noto nella attività ambulatoriale grande difficoltà a far passare simili messaggi negli ultimi anni: i messaggi “chimera” dell’industria parafarmaceutica sono sempre più pressanti e presenti anche nei confronti della classe medica, figuriamoci nei confronti della popolazione generale. Inoltre, essendo parafarmaceutici e non farmaci, molti di noi tendono a non applicare a queste sostanze i criteri della evidence based medicine. COME FARE EDUCAZIONE SANITARIA? • Attraverso il contatto diretto medico- paziente, utilizzando ogni occasione di incontro, compatibilmente con le risorse di tempo, e aggiungo, di pazienza, del momento. • Attraverso la consegna di messaggi educativi brevi redatti a hoc, con terminolo313
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gia adeguata all’utente finale, come foglietti illustrati, piccole guide illustrate di qualche pagina, (attualmente non presenti nella pratica quotidiana per il problema in questione). • Attraverso la sala d’attesa, con manifesti, stampati presenti in ambulatorio che abbiano le stesse caratteristiche descritte per i messaggi educativi brevi del punto precedente.
BIBLIOGRAFIA 1. Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, Ministero della Salute. 2. WONCA (World Organization of Famly Doctors): The European Definition of General Prctice/Family Medicine, Wonca Europe 2002. 3. Il Doping nello sport amatoriale - Conoscenze, studi, iniziative a cura di Aldo Rosano (Itituto Italiano di Medicina Sociale) Febbraio 2004.
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IL MEDICO DELLO SPORT E IL DOPING
Alberto Ciacciarelli, Pierluigi Tregnaghi Associazione Medici Sportivi di Verona
Il ruolo del Medico dello Sport nella lotta al doping si concretizza su vari fronti. Un primo contatto con atleti e praticanti l’attività sportiva avviene in occasione della visita medica periodica per l’accertamento dell’idoneità agonistica allo sport. In tale occasione assume particolare rilevanza l’anamnesi, con la quale il Medico dello Sport rivolge all’atleta alcune domande, fra le quali l’eventuale assunzione di farmaci per scopo terapeutico o per altro motivo. Certamente a nessuno può sfuggire il particolare contesto nel quale si svolge la visita, nella quale l’atleta (o aspirante tale) vede soprattutto “il tramite” legale per accedere alle competizioni, perdendo di vista il significato vero, profondo, dell’accertamento idoneativo: un momento importante di prevenzione. Il timore che venga messa in discussione l’idoneità può pertanto alimentare una certa “ritrosia” nel rispondere sinceramente alle domande, ma ciò non deve sminuire l’importanza per il Medico dello Sport di cogliere l’opportunità del contatto diretto con l’atleta. Un rapporto molto più stretto, con dei connotati per certi versi simili a quello che si instaura tra Medico di Famiglia e paziente, si configura fra il Medico dello Sport in veste di Medico Sociale e l’atleta. Nel rivestire questo ruolo il Medico dello Sport è chiamato ad impostare un piano di lavoro “a trecentosessanta gradi”: dai consigli per una equilibrata alimentazione, all’uso corretto degli integratori alimentari, al monitoraggio della corretta ripresa dei carichi di lavoro dopo infortuni, a provvedimenti di ordine preventivo e, quando necessario, anche terapeutico. Sussiste purtroppo per il Medico di società una sorta di “spada di Damocle”, rappresentata dalla possibilità di essere “scavalcato” da atleti che individualmente o sotto 315
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la spinta di pressioni esterne decidono di intraprendere altre strade, fra cui quella del doping, evenienza quest’ultima che, ovviamente, giustifica il sanitario allorché il ricorso a metodi illeciti avvenga a sua insaputa. Una esaustiva definizione di doping è quella enunciata nella legge n.376 del 2000, nella quale si coglie la doppia istanza: la salvaguardia della salute dell’atleta e la trasgressione dei principi della lealtà sportiva. Così recita il testo di legge all’articolo 1: “costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche e idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”. È il caso di enfatizzare, nella definizione di doping, la sua riconosciuta capacità di “alterare” (inteso naturalmente nel senso di “migliorare”) la prestazione sportiva. Riteniamo che proprio in questa sottolineatura stia, concettualmente, la più importante distinzione tra doping e integrazione alimentare, la quale non possiede tale effetto alterante la performance agonistica, mentre invece ha un razionale di impiego quando correttamente vista appunto come “integrazione”, (“integrum”in latino significa “intero”), come “compensazione” cioè di una carenza o di una perdita (ad esempio la somministrazione di liquidi e sali minerali durante una competizione prolungata che comporta appunto perdita di tali sostanze). La prevenzione del doping vede impegnato in prima persona il Medico dello Sport, chiamato ad un’opera di sensibilizzazione e di informazione, in particolare nei confronti degli amatori e dei giovani praticanti, certamente “più sensibili” rispetto agli atleti professionisti, attorno ai quali gravitano consistenti interessi economici e di prestigio. Nella stessa legge n.376, che configura il doping come reato penale, si fa riferimento nell’articolo 3 all’istituzione presso il Ministero della Sanità della Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive che, fra le altre attività, ha il compito di “ promuovere campagne di informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e di prevenzione del doping, in modo particolare presso tutte le scuole statali e non statali di ogni ordine e grado, in collaborazione con le amministrazioni pubbliche, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), le Federazioni Sportive Nazionali, le società affiliate, gli enti di promozione sportiva pubblici e privati, anche avvalendosi delle attività dei Medici specialisti in Medicina dello Sport”. 316
Il medico dello sport e il doping
Ed è proprio in quest’opera di diffusione e di promozione della “cultura dello sport” che si sostanzia, a nostro avviso, il significato stesso della figura del Medico dello Sport. Certamente, come accennato, un’azione di ordine culturale risulta più problematica e con scarse possibilità di successo laddove venga esercitata nei confronti di atleti professionisti, al punto che la nostra opinione è che sia più produttivo “concentrarsi” su chi pratica sport a livello amatoriale e, forse ancora di più, sui giovani che ancora non si sono avvicinati al mondo dello sport. Proprio per questo siamo convinti che la Scuola possa essere il luogo più adatto per promuovere la cultura dello sport, con interventi che riescano a coniugare gli aspetti etici con una corretta informazione sul piano scientifico. Da anni, proprio con tali presupposti, l’Associazione dei Medici Sportivi di Verona sta svolgendo, di concerto con gli insegnanti (di scienze, di educazione fisica e di filosofia) del Liceo Classico “Maffei” della nostra città, un programma sperimentale finalizzato da un lato a capire quali siano le opinioni dei giovani studenti sul doping, dall’altro a promuovere con loro il dibattito sul concetto di sport e di etica sportiva, dall’altro infine a fornire loro conoscenze scientifiche circa le sostanze dopanti e i loro effetti sulla salute. Il CONI, il massimo organismo sportivo italiano, ha recepito il programma mondiale antidoping elaborato dalla World Anti-Doping Agency (WADA), un organismo che riunisce la gran parte del movimento olimpico mondiale e che stabilisce e coordina le norme in materia di antidoping, pubblicando annualmente, tra le altre cose, la lista aggiornata delle sostanze dopanti. Nel Regolamento antidoping pubblicato dal CONI si fa riferimento (art. 6) all’istituzione della Commissione Scientifica Antidoping, la quale fra i suoi scopi ha il compito di “proporre campagne di prevenzione e di sensibilizzazione per la tutela della salute degli atleti, nonché sull’uso e abuso di farmaci nello sport”. Si rimarca quindi l’indirizzo di operare verso il doping enfatizzando gli aspetti di prevenzione, sui quali i Medici dello Sport possono esercitare un ruolo significativo di educazione sana e virtuosa allo sport, valorizzando al meglio le conoscenze in tema di nutrizione e controllo dell’allenamento. Ma la realtà, non possiamo negarlo, è contrassegnata dal dato preoccupante della diffusione delle pratiche dopanti nel movimento sportivo, in particolare fra gli atleti professionisti, ma non solo. Da anni i Medici dello Sport sono anche impegnati e coinvolti su due fronti della lotta al doping: 317
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– la ricerca scientifica su nuovi metodi di laboratorio per rilevare le sostanze dopanti; – la diretta partecipazione alle fasi del prelievo dei liquidi biologici (sangue e urine) da esaminare. In ambito speculativo particolarmente esemplificativa è l’evoluzione negli anni dello spettro di marcatori proposti per mettere in evidenza il ricorso al cosiddetto “doping ematico”, rappresentato, come noto, dall’eritropoietina (Epo) e dalla pratica dell’emotrasfusione. Considerando l’oggettiva difficoltà della determinazione diretta dell’Epo nel sangue e nelle urine, legata da un lato alla breve emivita dell’ormone, dall’altro all’immissione nel mercato di eritropoietine di nuova generazione simili all’Epo endogena, inizialmente fu utilizzato l’ematocrito, indicandone un valore soglia (superiore a 50% per gli uomini, a 47% per le donne), sulla base del quale veniva posto il sospetto di assunzione di sostanze inducenti l’aumento della densità del sangue. Abbandonato l’ematocrito (per la grande variabilità interindividuale e la facile manipolazione con interventi farmacologici ), è stato proposto un nuovo modello a poliparametrico (emoglobina, reticolociti, recettore solubile della transferrina), quale espressione dinamica dell’eritropoiesi. Nell’ambito dei controlli antidoping all’articolo 10 del Regolamento relativo si afferma che “ l’esecuzione dei controlli antidoping è affidata alla Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI), che ha l’incarico e la responsabilità di designare gli Ispettori Medici incaricati delle operazioni di prelievo e delle connesse formalità. I designati devono sottoscrivere il verbale di prelievo antidoping e sono tutti responsabili per quanto attiene il rispetto delle procedure. La FMSI dispone l’effettuazione delle analisi esclusivamente presso i laboratori nazionali ed esteri accreditati dalla WADA o altrimenti approvati dalla stessa”. Ci sentiamo di concludere con l’affermazione che i contesti nei quali il Medico dello Sport si trova ad operare sono molteplici (davanti al singolo atleta durante la visita di idoneità, assieme a dirigenti ed atleti di una società sportiva, di fronte agli studenti o ai loro genitori in una scuola, nel momento di un prelievo di urina per un’operazione antidoping, in occasione di incontri pubblici di divulgazione medico sportiva ), ma il suo ruolo pensiamo sia sempre uno e uno solo: far conoscere, promuovere, difendere, amare la “cultura dello sport”, come unica, vera alternativa alla “cultura del doping”. 318
Il medico dello sport e il doping
BIBLIOGRAFIA 1. Gore CJ., Parisotto R. et al. Second-generation blood tests to detect erythropoietin abuse by athletes. Haematologica 2003;88:333-44. 2. Lasne F., de Ceaurriz J. Recombinant erythropoietin in urine. Nature 2000; 405:635. 3. Legge 14 dicembre 2000, n.376. Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping. Gazzetta Ufficiale n.294 del 18-12-2000. 4. Consiglio Nazionale del CONI. Regolamento dell’attività antidoping. Approvato con deliberazione n.1311 del 30 giugno 2005, pp. 1-55. 5. World Anti-Doping Agency. 2005 World Anti-Doping Code. 2005; 1-44.
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IL RUOLO DEL FARMACISTA NELLA PREVENZIONE DEL DOPING
Daniela Veneri Pietrogrande Federfarma Verona - Associazione Titolari Farmacia Verona
Quando qualche cliente si rivolge al farmacista per chiedere informazioni sull’utilizzo di integratori mirati ad un veloce recupero fisico o ad una maggiore resistenza allo sforzo sportivo, spesso ci troviamo ad instaurare un dialogo con persone che hanno una conoscenza tratta da giornali o riviste tecniche. E’ opportuno quindi chiarire come “l’attività sportiva è diretta alla prevenzione della salute individuale e deve essere informata al rispetto di principi etici e dei valori educativi richiamati dalla convenzione contro il doping..” art. 1 – Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive della lotta contro il doping. La somministrazione di sostanze appartenenti a classi farmacologiche allo scopo di aumentare la performance dell’atleta è quindi proibito, proprio per tutelare la salute e la vita della persona. Ricorrere a tale pratica in modo immotivato sarebbe paragonabile all’elaborazione di un motore di una macchina per aumentarne le prestazioni, pagando lo scotto di una usura precoce ed un probabile guasto a breve termine. Il Ministero della Salute ha emanato il 13 aprile 2005 di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali, la revisione della lista dei farmaci, delle sostanze biologicamente o farmacologicamente attive in campo medico il cui impiego è considerato doping. Le specialità medicinali appartenenti a questa lista devono riportare nell’etichettatura della scatola un pittogramma riportato nel Decreto 24 settembre 2003 e nel foglietto illustrativo al paragrafo AVVERTENZE SPECIALI la frase “Per chi svolge attività sportiva: l’uso del farmaco senza necessità terapeutica costituisce doping e può determinare comunque positività ai test anti-doping”. Sono menzionate anche alcune specialità medicinali della classe S5 (AGENTI MASCHERANTI – PLASMA EXPANDERS [utilizzati per diminuire la percentuale di 321
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ematocrito]) che non devono riportare il pittogramma sulla scatola ma deve portare al paragrafo AVVERTENZE SPECIALI la frase: “Attenzione per chi pratica attività sportiva : il principio attivo contenuto in questa preparazione è incluso nella lista delle sostanze vietate per doping”. Le disposizioni contenute in un successivo decreto (19 marzo 2005) chiariscono anche la normativa applicabile alle preparazioni galeniche e magistrali contenenti i principi attivi inclusi nella lista del decreto 13 aprile 2005. In dettaglio, l’etichetta di dette preparazioni eseguite su prescrizione medica con ricetta non ripetibile devono riportare la seguente frase “Per chi svolge attività sportiva: l’uso del farmaco senza necessità terapeutica costituisce doping e può determinare comunque positività ai test anti-doping” (art. comma 5). Inoltre, il farmacista ha l’obbligo di trasmettere entro il 31 gennaio di ogni anno al Ministero della Salute – AIFA, i dati riferiti all’anno precedente relativi alle quantità utilizzate e vendute di ogni singolo principio, vietato per doping a partire dall’anno 2004. Le preparazioni contenenti alcool etilico come eccipiente e come unica sostanza vietata per doping, devono riportare sull’etichetta soltanto la frase “Per chi svolge attività sportiva, questo preparato contiene alcool etilico e può determinare positività ai test anti- doping”. Negli ultimi anni si è affermato un interesse sempre maggiore per le terapie dette “alternative” che indicano il bisogno emergente del consumatore – sportivo nel voler utilizzare un prodotto sicuro, senza effetti collaterali. E’ ovvio che durante l’esercizio fisico vengono consumate varie sostanze biologiche, per cui in quest’ottica, non soltanto fra gli sportivi professionisti, ma anche e soprattutto fra i cosiddetti “amatori”, talvolta anche in età avanzata o al contrario molto giovani, si va alla ricerca dell’integratore “naturale”. E’ evidente quanto il concetto di integrazione possa celare insidie da non sottovalutare, quando si voglia combattere sinceramente il fenomeno doping. Se la liceità dell’integrazione non è in discussione, bisogna ammettere che in alcuni “sportivi sfegatati” esiste il problema dell’abuso nella ricerca quasi spasmodica di un magico ingrediente che possa assicurare un vantaggio in fatto di competitività. Molte aziende sollecitate da queste “nuove” esigenze dello sportivo hanno messo in commercio integratori e supplementi nutrizionali proponendoli in modo più o meno esplicito come prodotti che se assunti con una certa regolarità comportano un miglioramento delle prestazioni sportive. Tra i prodotti fitoterapici naturali sono diffusi gli ADATTOGENI ossia quei prodotti che sono in grado di produrre un miglioramento delle condizioni psicofisiche. 322
Il ruolo del farmacista nella revenzione del doping
Un esempio ne è la RHODIOLA ROSEA, pianta rara che cresce sulle montagne nella penisola scandinava, per migliorare la resistenza degli abitanti alle basse temperature. Utilizzata anche dai cinesi, sin dai tempi MING (700 a.C.) per aumentare la resistenza e stimolare la forza, “l’energia vitale”. Utilizzata anche dai russi nei programmi di addestramento degli astronauti. Altri adattogeni più famosi sono il GINSENG e l’ELEUTEROCOCCO, la SCHISANDRA, MACA (Lepidium Meyenii) e MUIRA PUAMA (pianta del Brasile). Tutte queste piante hanno la funzione di aumentare nell’organismo la capacità di “adattarsi” alle più diverse condizioni di stress, senza presentare gli effetti collaterali caratteristici dei tonici e degli eccitanti. Aumentano la resistenza alla fatica, regolano le funzioni metaboliche, migliorando le capacità cognitive. E’ anche opportuno far presente a sportivi e non, che a volte in integratori naturali, nella cui composizione vi siano piante dal nome esotico, si potrebbero celare principi attivi noti in farmacologia che verrebbero assunti anche se banditi. Un esempio sono prodotti che contengono MA HUANG, pianta che contiene EFEDRINA, come nella BAN XIA (Pinella Ternata). Diffusi sono gli integratori a base di GUARANÀ, NOCE DI COLA, THE’ VERDE contenenti CAFFEINA, sottoposti a monitoraggio da parte delle attività anti-doping. L’ARANCIO AMARO (Citrus Aurantium) contenente SINEFRINA, ha lo stesso monitoraggio della caffeina. Il TRIBULUS TERRESTRIS viene spesso proposto agli sportivi per la presunta attività di esercitare un’azione stimolante sulla produzione di testosterone endogeno, mentre recenti studi hanno evidenziato un effetto placebo. Vi è anche menzionato un POLLINE di PINO SCOZZESE che contiene un precursore di testosterone. Purtroppo in alcuni prodotti commercializzati tramite internet o attraverso canali che baypassano il filtro della farmacia, sono apparentemente “naturali” ma contengono ingredienti “extra” (steroidi anabolizzanti) non dichiarati in etichetta. In questi casi i rischi per il consumatore- sportivo si moltiplicano , soprattutto anche perché segnano un regime di autosomministrazione. In base alla quantità del prodotto assunto si può parlare di INTEGRAZIONE, qualora si vada a coprire il fabbisogno dell’organismo o di SUPPLEMENTAZIONE, se si verificano assunzioni superiori al fabbisogno. Funzione dell’integratore, lo dice il termine stesso, è quella di INTEGRARE, di fornire all’organismo quelle sostanze che non si assumono con la dieta o che non sono contenute in quantità sufficienti a soddisfare il fabbisogno dell’attività sportiva. 323
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La SUPPLEMENTAZIONE, ovvero l’assunzione di una sostanza in dosi superiori al fabbisogno, trova invece unica giustificazione nelle carenze fisiche documentate da una visita medica. La supplementazione è una “scienza” che sta diventando appannaggio dei sedicenti “esperti”, troppo spesso autoproclamatisi come tali, spesso privi di laurea e con superficiali conoscenze scientifiche. Gli integratori sono dei prodotti privi, per la maggior parte, di effetti collaterali e tossicità. Bisogna però considerare che le sostanze, soprattutto se assunte in eccesso, devono essere eliminate attraverso il fegato e i reni, sottoponendoli ad un lavoro supplementare. Anche gli integratori più sicuri, se assunti per lunghi periodi, in dosi superiori al fabbisogno, possono risultare tossici. Per chiarire, anche un banale integratore salino può causare, per l’aumento della concentrazione nell’urina, la formazione di calcoli renali. Il principio che “se uno fa bene, due fanno meglio” non funziona per la salute del nostro organismo! Dopo aver chiarito con il nostro interlocutore questi concetti fondamentali, si può quindi valutare quale tipo di integratore si può utilizzare in base allo sport praticato. Una integrazione di sali minerali a base di magnesio e potassio, è consigliata per recuperare tali elementi persi con la sudorazione. Anche lo zinco, la vitamina B6 servono a recuperare situazioni di stress sportivo. Il loro uso è indicato durante e dopo l’attività sportiva. Per chi fa sport di lunga durata (ciclismo, maratona) è opportuno fare dei cicli di integrazione con aminoacidi ramificati, utili per il recupero muscolare, in quanto stimolano la sintesi proteica. Le sieroproteine (o proteine del latte) sono la fonte proteica con più elevato valore biologico e quindi un elevato contenuto di aminoacidi a catena ramificata. Gli aminoacidi ramificati devono essere assunti a dosaggi non superiori a 0,2 grammi per Kg di peso corporeo. L’indicazione al loro uso dipende dall’intensità e dal tipo di allenamento svolto, essendo utili durante il periodo di grande e intenso carico lavorativo e quando si voglia incrementare la forza e la potenza muscolare. In queste circostanze è aumentato il turn over proteico muscolare. Un’assunzione a dosi superiori non ha alcun significato se non quello di sovraccaricare i reni ed il fegato, che si devono occupare del loro smaltimento. Gli integratori vitaminici hanno una concentrazione espressa in Rda o Larn, queste due sigle rappresentano le dosi raccomandate giornaliere. Ad esempio, se una compressa fornisce il 50% del Rda per quella vitamina, significa che 2 compresse contengono la dose raccomandata giornaliera. Le vitamine sono normalmente contenute nella frutta e nella verdura in concentrazione dipendente dal tipo di frutto, dal grado di maturazione, dalla conservazione. 324
Il ruolo del farmacista nella revenzione del doping
La cottura, il congelamento, la conservazione per lunghi periodi, riducono il contenuto vitaminico … spesso le vitamine sono contenute nella buccia che viene quasi sempre eliminata. Vanno assunte a cicli, e soprattutto nelle stagioni in cui si assume meno frutta fresca. Purtroppo, anche se in Italia, a tutela della salute del consumatore, gli integratori vitaminici contengono dosaggi definiti da normative ben precise, molto spesso chi vuole “integrare” si rivolge a canali alternativi che forniscono prodotti con dosaggi più sostenuti. Per quanto riguarda l’integrazione con creatina a scopo energetico, questa è senz’altro indicata per gli sport di brevissima durata con sforzi ripetuti (ciclismo su pista, sollevamento pesi, tennis). La creatina è uno degli integratori proteici che viene supplementata dagli atleti più o meno professionisti, dilettanti e amatori. Vi sono numerosi protocolli che portano ad utilizzarla con effetti positivi in prestazioni sprint o intermittenti. Per quanto riguarda gli sport di lunga durata, la creatina è senz’altro da sconsigliare, in quanto produce un aumento del peso dovuto a ritenzione idrica. Ovviamente è da sconsigliare a tutti coloro che hanno problemi di natura renale. In conclusione è quindi sempre importante che gli sportivi, sia professionisti che dilettanti, si indirizzino verso prodotti distribuiti da canali di vendita qualificati, provenienti da aziende serie, in grado di certificare il prodotto e che facciano riferimento sempre a persone qualificate del settore sanitario come il Medico e il Farmacista.
BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4.
Ministero della Salute - Decreto 13 aprile 2005. Ministero della Salute - Decreto 19 maggio 2005. Ministero della Salute - Decreto 19 novembre 2002. Integratori fitoterapici nello sport - L. Caprino, M.C. Braganò, F. Botre.
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LE EVIDENZE SCIENTIFICHE SULLA PREVENZIONE DEL DOPING
LE EVIDENZE SCIENTIFICHE SULLA PREVENZIONE DEL DOPING: I PROGETTI ATLAS E ATHENA DEL NATIONAL INSTITUTE ON DRUG ABUSE
Annalisa Rossi, Doriano Dal Cengio, Giovanni Serpelloni Dipartimento delle Dipendenze - ULSS 20 Verona
INTRODUZIONE Scopo dell’articolo è quello di passare in rassegna le prove di efficacia esistenti sulla prevenzione del doping. Due sono i principali progetti riportati dalla letteratura scientifica sull’argomento. Si tratta di due programmi educativi americani realizzati entrambi in ambito scolastico e indirizzati a studenti delle scuole superiori impegnati in attività sportive: uno, ATLAS, rivolto a soggetti di sesso maschile, l’altro, ATHENA, diretto invece, al sesso femminile. La loro prova di efficacia è stata dimostrata attraverso rigorosi e lunghi studi di valutazione a cui si rimanda (vedi bibliografia) per eventuali approfondimenti. Poiché entrambi i progetti seguono, dal punto di vista metodologico, i principi di base della prevenzione dell’uso di sostanze psicoattive, prima di illustrare in dettaglio i due interventi, ci sembra utile, ai fini di una maggiore comprensione e inquadramento dell’argomento, passare in rassegna quelli che il NIDA, l’autorevole ente nazionale americano deputato alla prevenzione, indica come gli elementi essenziali di un programma efficace. ELEMENTI ESSENZIALI DI UN PROGRAMMA EFFICACE 1. I programmi di prevenzione dovrebbero cercare di intervenire precocemente sui fattori di rischio presenti a livello dell’individuo, della famiglia, della scuola e della comunità, ad es. • un comportamento eccessivamente aggressivo e impulsivo del bambino 329
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uno scarso rendimento scolastico scarse abilità sociali l’affiliazione con pari devianti una percezione errata rispetto alla diffusione e all’accettabilità dei comportamenti di abuso di droga tra i pari e negli ambienti della comunità • un ambiente familiare caotico • la mancanza di attenzioni e una incapacità di accudimento da parte dei genitori • l’uso di sostanze da parte dei genitori o di altre figure deputate all’educazione Al tempo stesso, andrebbero rafforzati tutti quei fattori identificati come elementi di protezione. Tra questi: • il coinvolgimento genitoriale nella vita del figlio • il legame genitore-figlio • la supervisione genitoriale dei comportamenti sociali dei figli • legami con istituzioni pro-sociali quali la scuola, le organizzazioni religiose, associazioni del territorio • regole e limiti chiari e una disciplina coerente Dovrebbero mirare alla prevenzione di tutte le sostanze: dal fumo all’alcool, alle altre droghe. Dovrebbero essere indirizzati al problema specifico della comunità e adeguarsi alle caratteristiche socio-culturali del target destinatario. Dovrebbero rafforzare i legami familiari, prevedere la formazione dei genitori con attività specifiche loro destinate, volte ad accrescere le loro conoscenze sul problema droga e a incrementare le abilità genitoriali. La prevenzione sarebbe utile già in età prescolare. Si dovrebbero realizzare dei programmi di prevenzione per i bambini della scuola elementare per facilitare l’apprendimento scolastico e socio-emotivo e ridurre i fattori di rischio quali lo scarso autocontrollo, problemi sociali, di comunicazione etc. I programmi indirizzati agli studenti delle scuole medie e superiori dovrebbero aumentare le competenze scolastiche e sociali rinforzando le seguenti abilità: l’attitudine allo studio, la capacità di comunicazione, le relazioni con i pari, l’autoefficacia, la capacità di resistere alle droghe. L’attuazione di interventi di prevenzione indirizzati alla popolazione generale in periodi di transizione, come per esempio il passaggio dalle scuole elementari alle scuole medie, può avere effetti benefici sulle famiglie e sui bambini ad alto rischio. I programmi di prevenzione che prevedono l’associazione di interventi sulla fa-
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miglia e, al tempo stesso, sulla scuola sembrano essere più efficaci di quelli basati solo sull’una o sull’altra. 10. I programmi risultano più efficaci quando c’è coerenza tra i messaggi di prevenzione che vengono diffusi nei vari ambienti, ad. es. a scuola, e negli altri ambienti sociali. 11. I programmi, pur se adattati ai bisogni e alle caratteristiche del target, dovrebbero tuttavia mantenere i propri elementi essenziali (la struttura, il contenuto). 12. Dovrebbero essere protratti nel tempo e non interventi sporadici. 13. Dovrebbero contemplare la formazione degli insegnanti per una buona gestione della classe. 14. Dovrebbero impiegare metodologie didattiche interattive quali ad es. la discussione in gruppo, il role-play etc. piuttosto che le tradizionali tecniche di insegnamento al fine di facilitare la partecipazione attiva degli studenti. IL PROGETTO “ATLAS” (ATHLETES TRAINING and LEARNING to AVOID STEROIDS) ATLAS è un programma educativo attualmente in uso presso numerose scuole superiori americane indirizzato ai ragazzi di sesso maschile delle scuole superiori di età compresa tra i 13 e i 19 anni di età che praticano attività sportiva e finalizzato a ridurre l’uso di steroidi anabolizzanti, di alcool, di sostanze illecite e di integratori sportivi utilizzati per accrescere le prestazioni atletiche. L’uso di steroidi tra gli adolescenti americani è infatti, un fenomeno molto diffuso. Una sovrastima del numero di coetanei che ne fanno uso, l’atteggiamento del “vincere a tutti i costi”, la mancanza di informazioni sugli effetti collaterali, la percezione di essere invulnerabili agli effetti avversi, i comportamenti ostili e impulsivi, la credenza nei messaggi proposti dai mass-media che promuovono l’uso di steroidi, una ridotta capacità di resistenza all’uso, una ridotta percezione delle proprie capacità atletiche, una cattiva immagine del proprio corpo, un atteggiamento di non ostilità verso gli steroidi sembrano essere i fattori individuati che determinerebbero il loro utilizzo. Il successo del programma, la cui prima adozione risale al 1993, anno in cui ha avuto inizio la prima importante sperimentazione, è da ricercare in una piena comprensione dei fattori di rischio e dei fattori protettivi e nella focalizzazione dell’intervento rispettivamente sulla riduzione dei primi e sull’accrescimento dei secondi. La pressione negativa di chi fa uso di tali sostanze sugli altri atleti e la credenza nei messaggi pubblicitari che promuovono prodotti per accrescere le prestazioni spor331
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tive costituiscono i fattori di rischio che il progetto cerca di ridurre. L’allenamento, una corretta alimentazione come alternative all’uso di sostanze, la fiducia nelle proprie capacità atletiche, la capacità di prendere decisioni, la conoscenza degli effetti nocivi legati all’uso degli steroidi e al maluso/abuso degli integratori sportivi rappresentano invece i fattori di protezione da sviluppare. Altro punto di forza del programma è dato dal fatto che gli atleti costituiscono un importante mezzo per la promozione della salute e per la prevenzione dell’abuso di sostanze in quanto vengono percepiti come modelli e opinion leader dagli altri studenti. Il non uso di sostanze da parte loro ha la capacità di contrastare l’uso negli altri compagni. ATLAS ha avuto il riconoscimento da parte di autorevoli enti nazionali americani di “programma efficace” (National Institute on Drug Abuse - NIDA), di “programma esemplare” (Dipartimento dell’Istruzione americano), di “programma modello” (Substance Abuse and Mental Health Services and Administration - Dipartimento americano della Salute e dei Servizi Sociali). Il programma prevede la suddivisione degli studenti/atleti in piccoli gruppi di 6-8 persone, l’individuazione per ciascun gruppo di un “peer leader” a cui viene affidata la conduzione delle attività didattiche, la supervisione da parte di un istruttore/allenatore che funge da facilitatore. Comprende 7 lezioni in classe della durata di 45/50 minuti ciascuna, che hanno luogo con cadenza settimanale, 7 sedute in sala pesi ed una sessione serale per i genitori. Durante le lezioni vengono trattati temi quali: • i fattori di rischio legati all’uso degli steroidi o di altre sostanze dannose in grado di compromettere le capacità fisiche ed atletiche • lo sviluppo delle capacità di resistenza dinanzi a eventuali offerte • l’accrescimento di abilità di vita e sociali • l’aumento della capacità di leadership • l’allenamento • la nutrizione nello sport. Per quanto riguarda l’allenamento vengono dimostrate diverse tecniche di sollevamento pesi e proposti programmi personalizzati con i pesi finalizzati all’allenamento specifico dello sport praticato. Quanto all’alimentazione vengono fornite informazioni dettagliate sul contenuto nutrizionale dei vari alimenti e proposte di menù da consumare prima e dopo l’attività sportiva per ottimizzare il rendimento sportivo. Vengono poi analizzate criticamente alcune pubblicità ingannevoli di prodotti per 332
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incrementare le prestazioni sportive proposte dai mass-media (tv, riviste di body building). Le sedute comprendono inoltre, attività di svago interattive quali: giochi educativi, role play, creazione in gruppo di campagne informative, competizioni amichevoli tra squadre etc. Complessivamente il 50% del percorso didattico è dedicato all’informazione sulle sostanze, il 34% alla nutrizione sportiva, il 16% all’allenamento. Anche i genitori vengono coinvolti nelle attività e negli obiettivi dietetici dei ragazzi. Il progetto prevede inoltre, 100 ore di incontri con le squadre durante la stagione delle gare e l’adozione di un pacchetto didattico che comprende: informazioni di base sul programma, una guida per la formazione dei leader delle squadre a uso dell’istruttore, una guida per i peer leader delle squadre contenenti i piani per 10 lezioni da condurre con gli altri atleti, delle diapositive da proiettare; dei manualetti per gli atleti di informazioni nutrizionali e menù sportivi e di programmi di allenamento. I risultati delle sperimentazioni fino ad oggi realizzati dal 1993 sui soggetti sottoposti all’intervento testimoniano: • un’effettiva diminuzione dell’uso di steroidi e di altre sostanze dannose per la salute • maggiori conoscenze sui potenziali effetti avversi derivanti dal loro utilizzo • una maggiore capacità di resistenza all’uso • una riduzione degli atteggiamenti/comportamenti negativi e dei fattori di rischio • un’aumento dei fattori di protezione (miglioramento dell’alimentazione e dell’allenamento, maggiore percezione delle proprie capacità atletiche, miglioramento della propria autoefficacia atletica, miglioramento delle capacità di resistenza all’uso di sostanze, maggiore autocontrollo, maggiore percezione della propria vulnerabilità personale agli effetti dannosi delle sostanze, maggiore percezione dell’intolleranza del proprio allenatore verso l’uso degli steroidi). IL PROGETTO “ATHENA” (ATHLETES TARGETING HEALTHY EXERCISE and NUTRITION ALTERMATIVES) È un programma basato anch’esso sulla scuola, rivolto alle giovani atlete delle scuole medie e superiori finalizzato a prevenire l’uso di sostanze stimolanti e di altre sostanze utilizzate per incrementare la forma fisica e le prestazioni e a ridurre i disturbi alimentari, frequentemente ad esso associati. Il progetto è al suo quinto anno di finanziamento da parte del National Institute on 333
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Drug Abuse e, allo stato attuale, è in corso una valutazione dei risultati a lungo termine del programma in 40 scuole medie e superiori americane. L’intervento educativo consiste essenzialmente in 8 sedute della durata di 45 minuti ciascuna, inserite nel programma scolastico tra le attività sportive usuali. L’insegnamento viene affidato ad atlete precedentemente identificate come leader del gruppo e adeguatamente formate con la facilitazione dell’allenatore. Tra gli argomenti trattati rientrano: • gli effetti delle sostanze d’abuso e di altri comportamenti dannosi sul rendimento sportivo; • la corretta alimentazione e l’allenamento efficace come alternative salutari a comportamenti dannosi; • la nutrizione nello sport (il ruolo dei nutrienti sul rendimento sportivo, la classificazione dei cibi a seconda del loro quantitativo di carboidrati, di proteine o di grassi, la necessità di assumere sufficienti quantità di proteine e calcio, la scelta di adeguati spuntini prima e dopo l’allenamento; non è invece previsto il conteggio delle calorie per non andare a peggiorare eventuali disturbi alimentari presenti); • la prevenzione della depressione, spesso correlata, nelle atlete, ad abitudini alimentari disordinate e all’uso di sostanze attraverso tecniche di “ristrutturazione cognitiva”; • la pubblicità ingannevole dei vari integratori e l’influenza negativa esercitata dai mass-media sulla propria immagine attraverso la raffigurazione di corpi femminili idealizzati che incoraggerebbe pratiche dannose di perdita del peso. Come ausilii per l’insegnamento vengono utilizzati un manuale ad uso delle atlete leader con i piani scritti delle lezioni per le compagne e delle linee guida rivolte agli allenatori e gli altri membri dello staff per facilitare le sedute e per orientare e supportare le atlete leader nella conduzione dei gruppi. Per le atlete sono invece previste delle mini guide tascabili contenenti indicazioni utili relative all’alimentazione nello sport e all’allenamento. Per la valutazione del programma è stato effettuato uno studio prospettico controllato che ha coinvolto 928 studentesse con una media di età di 15,4 anni, di 40 squadre sportive in 18 scuole superiori pubbliche. Alle ragazze partecipanti è stato somministrato un questionario confidenziale, prima e dopo la stagione sportiva, finalizzato a raccogliere informazioni relativamente a: abitudini alimentari, conoscenze nutrizionali, eventuale uso di pillole per dimagrire, di anfetamine, di steroidi anabolizzanti o di integratori per accrescere la muscolatura, altri comportamenti legati alla salute. 334
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Un’analisi dei dati relativi al pre e post-competizione indica che le informazioni trasmesse attraverso il programma ATHENA aiuta a ridurre l’abuso di pillole dimagranti e altre sostanze, quali anfetamine, steroidi anabolizzanti, integratori per accrescere la muscolatura. L’intervento si è rivelato efficace nella maggioranza degli obiettivi di prevenzione e di promozione della salute che si era posto. Dopo la stagione sportiva le ragazze sottoposte riferivano infatti: • un minor uso di pastiglie per dimagrire • un minor uso di sostanze per accrescere il rendimento sportivo e per modellare il corpo (anfetamine, steroidi e integratori alimentari) • migliori abitudini alimentari • una minore inclinazione verso i disturbi alimentari • una maggiore autoefficacia nell’allenamento • minori episodi depressivi e un maggiore controllo dell’umore • maggiori capacità di resistenza all’uso di sostanze • una minore propensione ai comportamenti a rischio per la salute (quali ad es. salire su un’automobile guidata da un conducente che ha assunto alcolici, non mettere le cinture di sicurezza, ecc.). • un maggiore senso critico rispetto ai mass-media e alla pubblicità Anche qui, come per il progetto ATLAS, molti dei benefici dell’intervento sono da attribuire ad alcuni effetti propri della squadra quali ad es. il cameratismo che si viene a creare tra i compagni e il ruolo giocato dall’allenatore che, nell’insieme, sono in grado di esercitare una notevole influenza sulle giovani atlete rivelandosi una forza potentissima per modificare le loro conoscenze, i loro atteggiamenti e comportamenti. Le ragazze durante l’adolescenza infatti, sono sottoposte ad una forte pressione sociale e culturale rispetto all’immagine corporea, che rischia di accentuarsi nell’ambito della competizione sportiva, favorendo lo sviluppo dei disturbi del comporatamento alimentare. Avere quindi dei modelli positivi di atlete con cui identificarsi rappresenta un mezzo estremamente efficace per la prevenzione dell’uso di sostanze e la promozione della salute. CONCLUSIONI Alla luce delle esperienze sopra illustrate possiamo quindi affermare che una strategia sicuramente efficace per la prevenzione dell’uso delle sostanze dopanti può essere rappresentata dalla “peer education”, o educazione tra pari. 335
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Questo modello di intervento educativo-preventivo, che fa sì che siano gli stessi giovani a trasferire contenuti, valori ed esperienze attraverso il confronto reciproco, lo scambio di punti di vista, la ricostruzione di problemi, l’individuazione di possibili soluzioni, è già adottato con successo nell’ambito di programmi di promozione della salute, specialmente per la prevenzione dei comportamenti a rischio.
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APPUNTI
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Finito di stampare nel mese di aprile dell’anno 2006 dalla Tipolitografia “La Grafica” di Vago di Lavagno - Verona www.lagraficaeditrice.it • tiplagrafica@tin.it
Il doping, fenomeno fino a pochi decenni fa limitato soltanto all’ambito degli atleti professionisti, interessa oggi vasti strati della popolazione sportiva anche dilettantistica. Oltre all’ormai noto doping professionistico, dove la ricerca della vittoria e del successo a tutti i costi è determinata dalle pressioni degli sponsor, degli allenatori, dalle attese del pubblico, che spingono l’atleta a far uso di sostanze per migliorare le prestazioni, sono altrettanto diffuse altre forme di doping: il doping tra chi pratica sport a livello amatoriale e il cosiddetto doping “cosmetico”. La società in cui viviamo è, d’altra parte, fortemente orientata al successo e all’alto livello di efficienza. La ricerca della vittoria e del successo a tutti i costi diventa pertanto il modello valoriale proposto, che fa sì che anche gli individui che fanno sport a livello amatoriale facciano uso di farmaci per affrontare la maratona della domenica. Altro aspetto tipico della nostra società che ha impresso un notevole impulso alla diffusione delle pratiche dopanti è la tendenza a cercare nei farmaci la soluzione ad ogni problema fisico, assimilando il farmaco a qualsiasi altro bene di consumo. Il doping cosmetico nasce invece dall’esasperazione culturale e mediatica del corpo che porta ragazzi in difficoltà a far uso di sostanze per aumentare le masse muscolari, imitando stereotipi maschili o femminili televisivi o di spettacolo. Il fenomeno doping ha invaso quindi anche il settore non professionistico con risultati sulla salute e l’integrità psicologica delle persone estremamente preoccupanti. Molti non sono consapevoli delle problematiche correlate all’uso di queste sostanze e molti altri, pur informati dei danni derivanti dall’uso, sottovalutano fortemente il problema con totale superficialità e comportamenti irresponsabili. Il largo uso di queste sostanze fa sì che molte persone le considerino quasi innocue e comunque “tollerabili”, inducendo così una falsa percezione di sicurezza e di normalità, che ne favorisce la diffusione e l’utilizzo da parte di persone anche molto giovani. Dai dati relativi alle indagini realizzate nella Regione Veneto tra la popolazione giovanile è emerso un consumo di sostanze dopanti che spesso esiste in parallelo a quello di sostanze stupefacenti e alcoliche. Di fronte a questo preoccupante fenomeno di “normalizzazione” e passiva accetazione socioculturale rispetto all’uso di sostanze è necessario mettere in atto un modello di intervento globale ed integrato di lotta al doping e alle droghe, che sia organizzativo e al tempo stesso culturale valoriale, e che preveda una sinergia tra tutte le strutture deputate a fare prevenzione, da quelle che si occupano degli aspetti psicocomportamentali a quelle che trattano gli aspetti medico-biologici e nutrizionali, a quelle che curano gli aspetti etico-legali, alle organizzazioni che si interessano degli elementi tecnico-sportivi, ognuna secondo le proprie competenze e specificità. Tutto ciò al fine che le attività sportive restino un fattore di protezione e promozione della salute e dell’integrità psicofisica e non un’ulteriore fattore di rischio o motivo di frustrazione per mancate vittorie. Vanno infine valorizzati gli aspetti tecnico-scientifici e laboratoristici del problema doping che sono complessi e necessitano di particolare attenzione e competenza, ben presenti negli istituti universitari della nostra Regione. On. Antonio De Poli Assessore alle Politiche Sociali, Programmazione Socio Sanitaria, Volontariato e Non Profit
In collaborazione con:
Prodotto da:
Progetto della REGIONE DEL VENETO