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CORRADO AUGIAS

L’ultima

sua visita a Trieste, Corrado Augias la fece poco meno di due anni or sono, per partecipare a Link, il festival del buon

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giornalismo del Premio Luchetta. Nell’occasione, chiese di vedere, ottimizzando al massimo la sua breve permanenza, qualcosa che potesse arricchire il capitolo che voleva dedicare alla città nel libro che stava scrivendo, dal titolo Questa nostra Italia. A fargli da guida fu l’assessore alla cultura Giorgio Rossi, accompagnato dal professore Renzo Crivelli, ritenuto da molti il più informato biografo dello scrittore James Joyce, che nella Trieste degli scrittori pensata da Augias come asse portante del capitolo avrebbe occupato un ruolo di rilievo. Ma perché la scelta degli scrittori per parlare di Trieste?

“Trieste –spiega Augias– è una città piccola con una popolazione che supera di poco i duecentomila abitanti ma tra le città di dimensioni simili credo sia quella che comprime nel suo territorio il maggior numero di contrasti, quindi di storie. È stata a lungo il solo porto dell’impero austro-ungarico, una città di mercanti e di assicuratori, di naviganti impavidi e di scrittori. Ecco: scrittori. Se si calcola, anche solo a mente, il numero di scrittori nati a Trieste o che l’hanno scelta o raccontata, si rimane stupiti”.

“Chissà da che dipende il misterioso fascino di questa città, forse dalla collocazione geografica, dal mare, dalle complicate vicende della storia, dalla compresenza di più culture e di più lingue, dai loro attriti; resta l’effetto di una “città interiore” come l’ha

chiamata Mauro Covacich facendone il titolo di un suo libro”.

“Di Trieste ha fatto il cuore della sua narrazione Claudio Magris quando ne ha parlato direttamente o quando l’ha solo richiamata come un’identità di frontiera”. E ancora … “Lo scrittore istriano Pier Antonio Quarantotti Gambini –prosegue Augias– ha definito i triestini… italiani sbagliati. E sbagliato, in quel senso, è stato per esempio Aron Hector Schmitz, austriaco e italiano, ebreo e dopo la conversione, cattolico, che mantenne la sua duplicità anche nello pseudonimo con il quale lo conosciamo, Italo Svevo”.

“A questo punto –prosegue Augias– dovrei ricordare James Joyce, adottato dalla città al punto da poter scambiare con l’amico Italo Svevo lettere in un triestino quasi perfetto. Tra i numerosi appartamenti che cambiò nel periodo triestino –aggiunge Augias– quello di via Bramante 4, sul colle di San Giusto può essere considerato la sua vera residenza. È lì che comincia a lavorare all’Ulisse, da lì scende ogni giorno in città vecchia percorrendo via San Michele”.

E proprio a poche centinaia di metri dalla via San Michele si concluderà, dopo un percorso sui luoghi degli scrittori, la visita triestina di Augias con l’assessore Rossi ed il professor Crivelli. L’ultima curiosa tappa è “nel bel museo cittadino d’arte moderna Revoltella, lascito di un generoso barone”. Qui – racconta Augias– ho trovato “il ritratto di un mio sosia. Il titolo del dipinto è Ritratto di anziano, autore Giuseppe Tominz”. La singolarità della somiglianza non ha bisogno di commenti.

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