Theoria degli affetti | un paese
isabella bordoni
d i s l o c ata
isabella bordoni
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Isabella Bordoni Theoria degli affetti | un paese 25 settembre - 26 ottobre 2014 Vignola (MO), DISLOCATA spazio espositivo Curatela Wunderkammer
© Gli autori (testi e opere)
Nessuna parte di questo catalogo può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti. Tutti i diritti riservati. Traduzioni Angelina Zontine e Chiara Masini Progetto Grafico: emiliacomunica.com in copertina: fotografia di Davide Dutto - Refugee|Archivio1, Isabella Bordoni 2011
Finito di stampare nel mese di settembre 2014 per conto di WunderKammer Associazione Culturale Sostenuto da Assicurazioni Gestione Enti Bologna
Organizzazione Dislocata - spazio espositivo - via Cantelli 3/1 – Vignola (MO) facebook.com/WunderKammerAssociazioneCulturale info@associazionewunderkammer.it
Con il contributo di
WunderKammer Associazione Culturale Via Vespucci, 82 – 41058 Vignola (MO) C.F. 94170770369
Isabella Bordoni: la via del sorriso. di Francesca Alfano Miglietti “Onesti verso noi stessi e verso ciò che solitamente ci è amico; valorosi contro il nemico; magnanimi verso il vinto, cortesi – sempre: così ci vogliono le quattro virtú cardinali” “Honest with ourselves and with whatever is friend to us; courageous toward the enemy; generous toward the vanquished; polite – always: that is how the four cardinal virtues want us” F. Nietzsche.
Lo spirito dell’arte è lo spirito della continuità: ogni opera è la risposta alle opere che l’hanno preceduta, ogni opera contiene tutta l’esperienza anteriore ad essa. Lo spirito del nostro tempo è invece concentrato sull’attualità, un’attualità tanto vasta da escludere il passato dal nostro orizzonte e ridurre il tempo al solo presente. Ma se così fosse veramente nessuna opera sarebbe opera d’arte, la caratteristica dell’opera d’arte è infatti la durata, l’attimo che congiunge il passato a ciò che deve ancora avvenire, tutto si risolverebbe altrimenti in un avvenimento di attualità come tanti, un gesto senza seguito. Isabella Bordoni sa che ogni opera è un problema di immaginario, l’arte per lei è luogo dove le trasformazioni possono avvenire, la trasformazione di un oggetto in opera d’arte, di un luogo in un altro luogo, di una passione in una mostra, di una relazione in un’opera, di un pensiero in un suono. Isabella sa che ogni opera tratta di contegno, non di atteggiamenti. Tra i materiali di Isabella ci sono la creazione di dispositivi creativi, la poesia, la musica, la performance, il teatro, i testi e un sorriso: il sorriso di chi non è abituato ad accontentarsi del semplice orizzonte delle contingenze, di chi pensa all’arte come relazione, passo, incanto e incontro.
Isabella Bordoni: pathway to a smile. The spirit of art is the spirit of continuity: every piece is a response to the pieces that came before it, every artwork incorporates the entirety of the previous experience. And yet the spirit of our time is focused instead on the present, a present so vast it excludes the past from our horizons and reduces time to the now. If this were really the case, however, no work would be a work of art; indeed, what distinguishes artwork is precisely duration, that moment that connects the past to what is yet to come – otherwise everything would be reduced to just another present event among others, a gesture that leads to nothing. Isabella Bordoni knows that every artwork is a matter of imagination; for her, art is a space of possibility for transformations, the transformation of an object into a work of art, of one space into another, of a passion into an exhibit, of a relationship into a piece of artwork, of a thought into a sound. Isabella knows that artwork is about behavior, not attitude. Isabella’s chosen materials include the building of creative devices, poetry, music, performance, theater, texts and a smile, the smile of someone who is not in the habit of settling for the horizon of mere contingency, of someone who thinks of art as a relationship, a step, a spell, an encounter.
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La voglia di misurarsi con l’universale, di pensare l’infinito… “Tutto ciò che può sperare la filosofia è di rendere la scienza e la poesia complementari, di unirle come due contrari ben forgiati. Bisogna dunque opporre allo spirito poetico espansivo lo spirito scientifico taciturno per il quale la diffidenza preliminare è una sana precauzione”, scriverà Bachelard. Isabella Bordoni intreccia gli elementi nel gioco delle complementarietà, nella terra che brucia, nell’aria pesante, nell’acqua che sommerge, nel fuoco che si disperde. Elementi esposti allo stato puro, rappresentazioni, nel gioco di un’istallazione che tende a penetrare quanto più possibile lo spazio, nel tentativo di sommergere lentamente tutto lo spazio che la circonda, tutto il reale, fino a farlo sparire in una unica, immensa opera. A volte tra sogno e immaginazione non esiste molta differenza... Una sospensione appena un po’ malinconica e struggente che, durante il giorno, ci prende quasi improvvisamente e ci sospende dal presente delle ore che passano e ci consegna ad una specie di assenza di tempo come invasi dai ricordi, da un profumo lontano, da una sensazione di… Isabella Bordoni sa che non c’è dolore, nell’immaginazione, semmai una leggera malinconia e una infinita consonanza col mondo e con il cosmo, lontana dal presente e diversa dai nostri sogni notturni e dai nostri incubi, troppo vicini al nostro giorno dopo giorno. Talvolta, quello stato di sospensione dal mondo si fa acuminato e si spezza tra le mani. In Isabella quella dolorosa vicinanza alla vita rafforza l’istinto al sogno, alla sua indomabile irrequietezza, alla propria storia, alle proprie disperazioni, alla ricerca, alla violenza contro se stessi… ogni azione ne mette in moto altre, quei pensieri che fanno sentire di essere in un cielo più largo, di respirare una visione maggiore, di uscire dalla rigidezza e dal limite del pensiero… Da quando la vita si è allontanata dagli individui, la dialettica reale-immaginario è ben presto divenuta un discorso sempre più complicato… è stata sottratta l’idea di un luogo, conscio o inconscio, in cui si annidano le ragioni, i significati, i meccanismi di pensiero. Isabella cerca di scoprire le infinite molteplicità
The will to engage with the universal, to think the infinite ... “All that philosophy can hope to accomplish is to make poetry and science complementary, to unite them as two well-defined opposites. One must therefore oppose the expansive poetic spirit and taciturn scientific spirit, for which preliminary antipathy is a healthy precaution,” wrote Bachelard. Isabella Bordoni interweaves various elements in the game of complementarity, in the burning land, in the heavy air, in the inundating water, in the dying fire. Elements displayed in their pure states, representations, playing with an installation that seeks to pierce space as deeply as possible in an attempt to slowly submerge all the space that surrounds it, all that is real, until it is made to disappear into one single, immense piece. Sometime there is little difference between dream and imagination... A faintly melancholic and poignant suspension that, in the daytime, almost takes us by surprise, carrying us away from the present, the passage of time, and delivering us into a kind of temporal absence as if flooded by memories, by a distant fragrance, by a feeling of ... Isabella Bordoni knows there is no pain in imagination; if anything, there is a slight melancholy and infinite harmony with the world and the cosmos, far from the present and nothing like our nighttime dreams and nightmares, which too closely resemble our day to day. Sometimes that state of suspension from the world becomes so acute it disintegrates between your hands. In Isabella’s work, that painful proximity to real life reinforces the urge to dream and its indomitable restlessness, the urge to draw closer to our own history, to our individual forms of despair, to research, to self-inflicted violence... every action gives rise to other actions, those thoughts that make you feel as if you are inhabiting a more spacious sky, taking in a broader vision, leaving behind the rigidity and limitations of thought... At the point when life began to pull away from individuals, the real-imaginary dialectic quickly become an increasingly complicated discourse ...we lost the sense of place, conscious or unconscious, wherein reside the reasons, meanings and mechanisms of thought. Isabella seeks to uncover the infinite multiplicity of the imaginary in her search for the algorithm concealed in a story that has been recounted a million times over, reaching for any kind of transforma-
dell’immaginario alla ricerca dell’algoritmo nascosto in una storia già narrata qualche milione di volte, verso ogni tipo di trasformazione, opera dopo opera provoca un dileguarsi dei canoni, l’ibridazione dei codici. L’arte per definizione va oltre la distinzione tra reale e immaginario, l’arte è un “come se”, e per passeggiare nell’assoluto occorre la distanza, la consapevolezza di un vuoto che è anche il principio della fondazione di un senso. È così, dunque, che tutte le opere di Isabella Bordoni divengono unità provvisorie, blocchi precari di differenze, contenitori mutevoli di pratiche discorsive aperte, ritmate da una diversa logica dove tutto può essere semplice, innocente, lieve. La dissoluzione del tempo… scompare il dispositivo di effetto “naturale”, che lascia al suo posto il suggerimento di mixare le differenze, facendo dilagare l’orizzonte estetico nei territori più impraticabili, nelle culture più atipiche: il sogno (o una bugia di “sogno”, come direbbe R. Barthes). Il mondo reale sembra essere quello in cui si incontrano i desideri nel loro stato di autonomia, perché è qui che riescono ad incontrarsi e a riconoscersi l’uno con l’altro, il mondo dell’alienazione invece è quello in cui i propri desideri si sviluppano senza nessuna restrizione né opposizione, in piena solitudine, e il sogno rimane una costante carica di molteplici implicazioni, il luogo in cui le reti tematiche si complicano in una sovrapposizione di. La potenza di Isabella è costituita dall’indipendenza dalla regola, nell’eclissi del luogo comune e la sua trasformazione in luogo di incontro. L’immagine della “frattura”, si è rovesciato il concetto di tempo. I temi di Isabella si presentano, innanzitutto, come una fusione di forme, in equilibrio non sul filo di rasoio della ragione, ma sul doppio supporto, della ragione e del sogno, la capacità di riuscire, dunque, a “tenere il sogno tra le mani”, di varcare la soglia. L’immaginazione nella sua autentica funzione poetica, medita sull’identità… e se è vero che essa circola attraverso un universo di immagini, non è nella misura in cui essa l’incoraggia e le riunisce, ma nella misura in cui le frammenta, le distrugge e le consuma… in questo Isabella è un’artista.
tion, an element that, piece after piece, dissipates established canons and hybridizes codes. Art by definition goes beyond the distinction between real and imaginary, art is an “as if” and to take a walk in the absolute you need distance, an awareness of the emptiness that is at one and the same time the foundation of meaning. It is in this way that all of Isabella Bordoni’s pieces become provisional units, temporary blocks of difference, changeable containers of open-ended discursive practice punctuated by a divergent logic in which everything is allowed to be simple, innocent, light. The dissolution of time ... the “natural” effect device disappears, replaced by a suggestion of mixing the differences, enlarging the aesthetic horizon into the most impassible terrain, the most atypical cultures: the dream (or the lie of a “dream,” as Roland Barthes would say). The real world seems to be a place where desires meet in autonomy because it is where they manage to meet and recognize each other; the world of alienation, on the other hand, is a space in which our own desires develop without restriction or opposition, in complete solitude, and the dream remains an invariable collection of multiple implications, the space in which thematic networks overlap and gain complexity. Isabella’s strength lies in her autonomy from the rule, her eclipse of the commonplace and the way she transforms it into a space of encounter. The image of the “fracture” has overturned the concept of time. The issues Isabella engages appear first and foremost as a fusion of forms, balanced not on the razor’s edge of reason, but on the two-fold foundation of reason and dream; the ability, therefore, to successfully “hold the dream in your hands,” to cross the threshold. In its authentic poetic role, imagination meditates on identity ... and if it truly does circulate through a universe of images, it does so not by encouraging and reuniting them, but rather by fragmenting, destroying and consuming them ... Isabella is an artist at doing precisely this.
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Isabella Bordoni
Theoria degli Affetti [ un paese + Fortuna_in.attuale ]
Una specie di incolto che fa da sottobosco. Guidata dall’andatura degli altri. Pungente duratura bellezza dei capelli cotonati della donna più piccola. L’altra donna un po’ più alta, sandali, gonne, gambe affusolate, vita stretta. L’andatura, fino alle poste di via della Pace, ed oltre. Le due donne davanti e i due ragazzini appena un po’ dietro. Pantaloni scuri lunghi, scarpe lucide nere con i lacci, camicia a maniche lunghe arrotolate al braccio. Cintura di pelle ripiegata su sé perché il giro di vita è snello e il passo in levare. Eleganza d’altri tempi - e d’altri luoghi. Anni ‘30, ‘40, ‘50 Nord Africa, invece è l’8 agosto del 2014 a Vignola, provincia di Modena, in via della Pace accanto all’ufficio postale l’ampia estesa bellezza, meta-storica, meta-geografica.
Nell’osservare in questi mesi Vignola città-paese, e da lì appena un po’ lontana a tratti, posso da una lontananza ri-vedere ciò che riemerge agli occhi, così tornare a confrontarmi su quale sia il compito della memoria e quale il rapporto tra memoria e visione. Intendo con visione un venire allo scoperto, l’apparire, legato non solo alla vista ma a tutti cinque i sensi, quindi l’entrare di ciò che è visto, nel sistema dei sensi come cognizione e percezione. Intendo con memoria non già più solo il ricordo ma piuttosto il presagio, ovvero quel sistema di sensi, conoscenza e percetto, che fa della memoria l’atto di una messa al mondo, oppure e anche un’anticipazione del mondo, tessendo così quel legame non solo intergenerazionale ma piuttosto intergenerativo tra le età. Una generatività reciproca, di relazione anche tra corpi e spazi, che non ri-guarda solo un lascito di memoria, ma soprattutto un sentimento, un sentire comune, una teoria d’affetti, un movimento capace di fare dell’archivio, una mappa. Il ritmo di questo movimento che dona spaziature al tempo, che trasforma l’archivio in mappa, è l’andante. In aggettivo e avverbio, l’andante è colei/ colui che si muove, che in cammino va. Andante è anche quel tempo moderatamente 10
lento che musicalmente caratterizza un passo, tempo e ritmo dell’andatura. A Vignola nelle giornate che da giugno ad agosto a settembre ho soprattutto scoperto ventose, ho molto camminato. E in cammino ho ascoltato e osservato nelle diverse ore del giorno e della notte le abitazioni e gli abitanti, i giardini, le strade, i cieli, così da diventare viandante nei luoghi di un’affettività implicita che lega e slega gli abitanti ai luoghi, il singolo alla collettività. Non posso non pensare alla vite dei singoli come a circonferenze che si toccano, compenetrano, si attraggono o respingono con passi e balzi nel tempo e nello spazio, e di cui nessuna è assente all’altra per via di quel ritmo che, insieme le fa “andare”. Penso al caso o alla necessità che fa nascere una vita in un luogo con alcune persone accanto, e la fa morire in un altro, in altra solitudine o compagnia. “Guarda, perché l’orecchio mente. Ascolta, perché l’occhio mente. Non trascurare l’eco, perché di echi tu vivi” mi suggerì Jabès più di trent’anni fa. Infatti vivamente, tenacemente credo nella ricchezza degli intrecci, delle cose miste, impure, incerte, nella musicalità degli echi, parole ascoltate e dette da infanzia e vecchiezza; fuori (se possibile) dalla retorica del “lascito” e dell’insegnamento ma che pur nel corpo scabroso del morire proseguono una maestria d’insieme, dove memoria e presagio sono dignità e bellezza, materia della comune indagine e ricerca, della comune testimonianza e eredità, della comune infanzia e vecchiezza, di tutte le vite. Grande dimora il linguaggio, che dispone per l’infanzia - opposto biologico della
vecchiaia - un in privativo nel verbo fàri: affermare, dire solennemente, profetizzare. Il prefisso in indica la negazione: chi non è in grado di parlare è appunto in-fans o in-fante; tuttavia conserva - quel in - anche il valore di luogo, la preposizione del “dentro”. L’in-fanzia allora è sì la condizione della mancanza di parola, ma è anche il luogo in cui il dire è contenuto, non come parola ma lingua, voce. E quell’esser taciturno e resiliente del corpo che invecchia è sì la sospensione della parola, ma non la mancanza di una lingua: eloquenza del silenzio, che è lingua che (solo momentaneamente) tace, propensa e protesa alla voce. Incontro la parola Xéniteia con Michel De Certeau in “Mai senza l’altro”, parola che indica l’andare non come cacciata o fuga ma esilio volontario, espatrio, ricerca e cammino di separazione tra ciò che si è prima verso ciò che si è dopo, in una temporanea sospensione ed estraneità al mondo. Portata nel tempo biologico della vita umana, Xéniteia sembra la parabola delle età tra nascita, infanzia, giovinezza, adolescenza, età adulta, vecchiaia, morte. Di soglia in soglia, il tornare della lingua alla lingua, attraverso il cammino della parola. Theoria degli affetti a Vignola è questo viaggio, fatto in ascolto soprattutto. Ascolto dei luoghi e dell’umano, dell’animale, del vegetale. Del vento, dell’acqua. Con occhi e orecchi, con i passi, con smemoratezza, con abbandono. Da natura a natura. IB. Milano-Vignola, 11 settembre 2014 11
[1] inizio - 19 giugno 2014: giornata di avvio
del progetto con la consegna del libro d’artista Refugee|Archivio1 da persona a persona e da persona a paese.
[2] residenza d’ascolto - agosto, preparazione dei quaderni un paese e avvio della loro distribuzione tra gli abitanti, che prosegue nel corso del mese.
[3] residenza d’ascolto - fine agosto/inizi
settembre, periodo durante il quale, seguendo il percorso di lettura di Refugee|Archivio1 e la consegna dei quaderni un paese, s’incontrano abitanti e luoghi. Parallelamente inizia e si svolge il lavoro di audio mapping di comunità e photo-mapping dei quaderni, su indicazioni degli abitanti. Queste le cuciture poetiche, le tessiture e le trame di Theoria degli Affetti.
[4] residenza d’ascolto - settembre, con Isa-
bella anche Marco Caselli Nirmal e Christian Mastroianni. La residenza si concentra sull’elaborazione dei materiali acustici, fotografici, testuali raccolti attraverso i quaderni, che sono il dispositivo di innesco che rende anche possibile una serie di altri incontri con gli abitanti, e si conclude con i due allestimenti: mostra e performance
[5] libro - Un libro e un quaderno (per la verità sono 80) avviano le residenze d’ascolto che danno corpo a Theoria degli Affetti processo di emersione di reti di comunità.
È arrivato a Vignola in silenzio, in una mattina di giugno il libro d’artista Refugee|Archivio1, librooggetto che dà voce a un progetto che ha voluto confrontarsi sui concetti di patria e di cittadinanza. Nell’estate e nell’autunno 2011 muovendosi a piedi e su mezzi lenti tra Rimini, Alta Val Susa, Valle Tanaro, ho dato vita a un’esperienza in cammino alla quale il libro-oggetto Refugee|Archivio11 rende in parte testimonianza. Un cammino fatto d’incontri e soste lungo le dorsali della montagna italiana, Appennini e poi Alpi, per dire con le poetiche dell’accoglienza e dell’ospitalità, le politiche dell’abitare e del congedo. Un libro a tiratura limitata Refugee|Archivio1, che si sta 1. Vedi scheda Refugee|Archivio1 12
muovendo da un paio d’anni in Italia e all’estero secondo una diffusione che lo fa transitare di mano in mano, e dalle mani di Carla Muzzioli Cocchi lo scorso 19 giugno è passato a quelle di Lucia Biolchini poi per suo tramite ad altri nodi di azione territoriale a Vignola: associazioni, gruppi, singoli, si passano il libro di mano in mano. Grazie allo strumento libro, si avvia così il processo che introduce Isabella nel luogo e si avvia la relazione tra persona e comunità. La consegna ha avuto luogo nella cornice del Giardino Alzheimer presso la Casa Residenza per Anziani, luogo scelto per dare inizio a un percorso di incontri che Isabella conduce attraverso residenze d’ascolto, ovvero periodi di permanenza nei mesi di agosto e settembre tesi a comporre quel processo che chiama da anni, di “cittadinanza poetica” e che a Vignola è la tessitura indispensabile per dare corpo al progetto. Theoria degli Affetti è un processo e non solo un progetto, che ha alla fine di settembre 2014 due momenti pubblici: mostra + performance, oltre ad accadimenti più sottili e invisibili.
[6] quaderno - Anche il quaderno un paese
fa parte del progetto Theoria degli Affetti e ne sono stati dati a Vignola un’ottantina. Quaderni tascabili con pagine bianche, in copertina la scritta “un paese” e all’interno un abecedario minimo suggerisce alcune parole per spazi di riflessione. I quaderni possono essere scritti, disegnati, usati come raccoglitori e altro, anch’essi strumento che aiuta a comporre in un racconto corale la percezione, i sentimenti, la lettura che del luogo, del territorio, del paese e del paesaggio fanno i singoli abitanti. Lo strumento quaderno rende possibile un processo che tende anche a fare incontrare tra loro le reti della comunità territoriale e attivare piccole pratiche di relazione. Non codifica e non riassume, al contrario moltiplica e dissemina, poiché avvia un processo poetico e visionario che chiede all’arte di mettersi in ascolto e in attesa delle diverse multiformi narrazioni relative al proprio modo di abitare il mondo, e guarda alla memoria e al linguaggio come materiale affettivo utile alla costruzione del presente. Il quaderno un paese, che dà il nome anche alla mostra, contiene alcuni
Suggerimenti d’uso: Se hai in mano uno di questi quaderni, puoi prenderlo ed è Tuo. Aprendolo, scoprirai che ogni quaderno è un abecedario incompleto, tra le pagine bianche sono distribuite in ordine alfabetico alcune parole che – solo se vorrai – ti faranno da guida, suggerendoti una pausa tra queste parole. Parole che, come ogni parola, contengono possibili associazioni, abbinamenti o contrari, e parole che, se vorrai, apriranno una finestra ulteriore su ciò che già stavi scrivendo o disegnando in questo quaderno.
Ti chiediamo 1) di impegnarti ad usarlo. Per scrivere, disegnare, o raccogliere qui in altre forme (puoi considerarlo un raccoglitore di foto nuove o vecchie, un erbario, un piccolo archivio) le tue annotazioni, le riflessioni spontanee e anche quelle indotte dalle parole che il quaderno contiene. 2) di lasciare l’indicazione topografica di dove prevedi che userai più spesso questo quaderno: casa tua, un parco, una strada, un bar…affinché noi possiamo comporre una mappa acustica dei luoghi in cui i quaderni distribuiti in paese andranno a loro volta ad abitare. Immaginiamo che questi luoghi abbiano proprie temperature sonore, situazioni d’ascolto nell’essere usati, disegnati e scritti durante questo periodo estivo, ad esempio la radio o rumori domestici e di ambienti urbani o naturali. La mappa ci aiuterà a realizzare l’audio mapping di comunità. 3) acconsentire a cederlo in prestito temporaneo all’interno della mostra Theoria degli Affetti | un paese che inaugurerà il 25 settembre allo spazio Dislocata di Vignola in via Cantelli 3/1 e che rimarrà allestita fino al 26 ottobre, occasione che vedrà ogni Autore del quaderno co-Autore della mostra. Al termine della mostra il quaderno torna a te. 4) infine ti chiediamo la possibilità di un invito. Ovvero che tu ci contatti e ci inviti a casa tua (o nel tuo parco, o nel tuo bar, o sull’autobus o sul treno su cui viaggi con frequenza) o nei luoghi dove dedichi abitualmente del tempo a questo quaderno, con la possibilità che il quaderno sia fotografato all’interno dell’habitat che tu hai scelto per esso. L’insieme delle fotografie ci aiuterà a comporre una sorta di mappa dell’abitare poetico nel paese-città di Vignola.
[7] mostra - un paese - 25 settembre/26 otto-
bre 2014. In Dislocata spazio espositivo sono allestite insieme ai quaderni degli abitanti, anche le 70 pagine con caratteri in piombo realizzate in Lynotipe e che sono il vero pezzo unico del libro d’artista Refugee|Archivio1, da qui poi stampato su carta in 100 esemplari numerati e firmati. L’ambiente, creato dalle pagine di piombo e la raccolta dei quaderni un paese interpretati dagli abitanti, è pensato anche come luogo d’ascolto attraversato da una tessitura acustica composta dalla voce di Isabella + l’audiomapping di comunità.
[8] performance - Fortuna_in.attuale - 27
settembre 2014 ore 17,00. Performance poetica-sonora inserita nel programma di PoesiaFestival, tesse la scrittura poetica e la voce di Isabella con l’ambientazione sonora di Christian Mastroianni, utilizza le residenze artistiche di Vignola anche per comporre la relazione tra archivi - quello storico delle memorie e quello del presente [Archivio del presente2] creato con mappature sonore e fotografiche. Si tratta di comporre una relazione nuova tra memoria, visione, testimonianza, relazione che pone in essere - o meglio, in evidenza - uno spaziotempo ulteriore, forma arcaica e contemporanea inscindibile dall’archè, sempre anacronistico e intempestivo e per questo coraggiosamente in presenza e contemporaneo. Perché ogni forma di vita, ogni venuta al mondo, non aderisce e non si 2. vedi scheda Archivio del presente 13
esaurisce nell’attualità ma si articola, si dissemina, si disperde e si dipana, si rigenera e si fonda nella sua appassionata distanza da sé. Perché inattuale è l’arte (e la vita) messa al mondo, che fa i conti non tanto con il presente ma con la presenza: l’irriducibile “in presenza” dell’arte (e della vita) a sé. Fortuna_in.attuale oscilla tra infanzia e storia, pone l’adesso come transito e somma. Convinta che il teatro sia ciò che di simbolico e rituale rivive unico e irripetibile, e superate per il mio lavoro le definizioni di “replica” ma anche quella di “spettacolo” e “evento”, da oltre quindici anni mi misuro con spazi e pratiche di piccole comunità, per innescare pedagogie reciproche tra sensibilità e specificità dell’arte e processi di partecipazione civile. Interessata a trattare linguisticamente quella particolare percezione capace di commutare il tempo in spazio, è anche intorno a questa spaziatura del tempo (tempo come luogo, topìa e s-paesamento) che muovo pensiero, politiche e affettività. testo e voce Isabella Bordoni - musica Christian Mastroianni - immagini fotografiche Marco Caselli Nirmal, e con la collaborazione del Gruppo di Documentazione Vignolese “Mezaluna - Mario Menabue”
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Refugee| Archivio1 Isabella Bordoni fotografie di Davide Dutto
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[ ] Refugee| Archivio1 Refugee|Archivio1 è l’unico esito “tangibile” del progetto quadriennale Refugee. Stati d’esilio|Epifanie [2011-2014] Ancora un processo più che solo un progetto, quello di Refugee. Stati d’esilio| Epifanie che affronta anche attraverso soggiorni in ambienti naturali o urbani, con periodi di cammino e incontri, i concetti di “patria” e di “cittadinanza” e le pratiche dell’amicizia come politica civile. Assumendo il lascito di Hannah Arendt, che ci insegna che “amicizia” è quella pratica pi ù che-politica di fare, insieme, discorso. Si tratta di un percorso (e un discorso) pensato per abitare la soglia tra parola e azione, lo spazio biopolitico dei corpi nella relazione con il linguaggio e il paesaggio. 15
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Refugee è partito dal Montefeltro, è approdato nell’estate 2011 in Alta Val Susa, è passato nell’inverno 2011 dalla Valle Tanaro, ha sostato sui confini di Stati, cercato le montagne e i suoi immaginari, prospettive della luce, utopie, ritorni. Ero interessata a capire del “rifugio” come spazio fisico e del “rifugiato” come condizione, le implicazioni di senso che vanno dal politico al poetico, dall’essere luogo e atto di resistenza, resilienza, ri-esistenza, a luogo del riparo, a quello dell’esilio, tra scenari della lontananza, nomadismo e approdi. Tra paesaggio e tempo, mi interessava anche ibridare e comprendere le pratiche e le politiche del lavoro materiale e immateriale. Nell’agosto 2011 la sezione di lavoro e cammino in Alta Val Susa ha fatto base in un rifugio a quota 2.035 metri, guardando ai confini nazionali le resistenze di ieri e di oggi tra montagna e mare. Con me, a fasi alterne, Antonio Cipriani (scrittore), Luca Berardi (videomaker), Erika Lazzarino (antropologa), Luca Francesco Garibaldo (architetto), Davide Dutto (fotografo), Maria Nadotti (scrittrice), per condividere, ascoltare, guardare e restituire nel tempo un discorso di immagini e parole. Unico esito tangibile, un libro d’artista. Stampato in 100 esemplari numerati e firmati, Refugee|Archivio1 è frutto di una felice collaborazione con stamperia L’Artistica Savigliano che ne è l’editore e con Lab80, centro di ricerca e divulgazione del cinema documentario, che ha stampato il dvd allegato. Inoltre il lavoro materiale che io ho svolto in rifugio, è andato a coprire le economie del lavoro immateriale legate a questo progetto. Il libro d’artista consiste in un box cartonato di 25 cm x 17,5 cm, comprende cartelle di testo composto in Linotype con carattere Garamond, stampato in tipografia su Heidelberg a stella; oltre ai testi scritti da me, Antonio Cipriani, Maria Nadotti, contiene tre fotografie di Davide Dutto (in combinazione variabile da box a box) un dvd con video di Luca Berardi, mappa di Erika Lazzarino e Luca Francesco Garibaldo. Questo il gruppo coinvolto nella sezione del progetto, che su mio invito e coordinamento ha trovato in una porzione delle Alpi Occidentali (dall’Alta Val Susa alla Valle Tanaro) un luogo dove mettersi in ascolto e in cammino. 18
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Il progetto Refugee. Stati d’esilio|Epifanie [2011-2014] guarda al Mediterraneo e alle coste di un altro continente. Di altri tratti di strada e di vita che Refugee sarà in grado di compiere, mi è impossibile oggi perfino prevederne le forme. Conosco però l’attitudine che mi muove, che ancora è quella di stanare il poetico nelle pieghe del mondo e fare, di questa scalfittura, esperienza. Esperienza anche dell’arte, perché quella domanda che già mi ha messo in cammino – se corpo e paesaggio possano essere luoghi e tempi di utopia – chiede l’impegno e il rischio dell’abbandono. «Se non pensiamo l’essere stesso, l’essere dell’esistenza abbandonata, o l’essere dell’essere-nel-mondo come ‘libertà’ (e forse come una libertà e una generosità più originaria di ogni libertà) siamo condannati a pensare la libertà come un’idea e come un ‘diritto’ puri, per concepire in compenso l’essere-nel-mondo come una necessità assolutamente cieca e ottusa!»
Jean-Luc Nancy, L’esperienza della libertà
Stampate a fine luglio 2012, le 100 copie di Refugee|Archivio1 numerate e firmate, sono in vendita direttamente al sito dell’editore o presso le librerie, le gallerie, i centri che lo richiedono. D’accordo con l’editore abbiamo deciso di disporre di alcune copie fuori commercio, alcune di queste hanno raggiunto in dono persone che sento di formazione e riferimento. Altre sono affidate a testimoni che lo ricevono in lettura e in visione che poi lo passano ad altre, seguendo un filo che si tesse di mano in mano. Questo percorso di conoscenza e di trasmissione aperto a partire dal 2012, è passato da Tuscania, Roma, Rimini, Bologna, Milano, Torino, Vienna, Parigi.
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collettivo & singolare Ci sono parole, come paese, popolo, orchestra, frutta…che sono nomi collettivi singolari. Mi vengono in mente altre parole come libreria, biblioteca, poesia, dizionario, pace, guerra, vita, che benché non lo siano grammaticalmente, metterei in questo sapersi collettivo del nome. Voglio tenerlo a mente: collettivo & singolare. Marzo 2012. Tuscania. Residenza artistica pensata in solitaria per abitare, ancora una volta, il paesaggio come misura poetica. Prima di partire ne parlo con Sara e Claudia, mie studentesse a Milano. Sarà invece un’esperienza a tre e Sara e Claudia le prime a leggere i testi del libro non ancora stampato. Il 22 marzo il portone dei Magazzini della Lupa si apre su un lungo tavolo al centro della stanza. Abbiamo eluso il teatro per stare nella poesia. Agosto 2012. Bressanone. Il libro è lasciato su un tavolo come parte disgiunta dell’installazione poetry.scapes alla Galleria Civica di Bressanone e lì leggibile per un mese. Centinaia le mani. Ottobre 2012. Roma. Isabella Moroni ne cura la prima presentazione, in un luogo dove si beve il the e si leggono libri. In quell’occasione Maria Nadotti con me, in un incontro tra poche persone ma che dura alcune ore. Lì ho intuito l’esattezza di una misura. Dicembre 2012. Milano. Solstizio d’inverno: dal 21 dicembre Refugee|Archivio1 è consultabile alla Libreria Pecorini di Milano, in Foro Buonaparte, 48. Gennaio/Febbraio 2013. Rimini. A disposizione su un tavolo con una sedia accanto. Per chi lo vuole vedere e leggere, il libro è alla Libreria Riminese nel centro storico di Rimini. Marzo 2013. Rimini. In forma di installazione alla Biblioteca Gambalunga di Rimini: una teca accanto alle Sale Antiche ne accoglie i testi, le fotografie, la mappa, il dvd. Via radio, in cuffia, è possibile ascoltarmi nella lettura dei testi, muovendosi tra le stanze e gli scaffali della Biblioteca, o affacciati alla finestra.
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d’aiuto è stato un versante che a un tratto ho chiamato “mutismo” «Poésie n’a pas exactement un sens mais plutôt le sens de l’accès à un sens chaque fois absent, et reporté plus loin. Les sens de la poésie est en un sens toujours à faire [...].»
Jean-Luc Nancy, Résistance de la Poésie
Refugee|Archivio1 è un’esperienza. Come alcune esperienze, questa è impossibile pensarla conclusa. Questa esperienza è inconclusa perché non bastano le parole, non bastano i simboli, non bastano le intenzioni, neppure “amicizia” e “conoscenza” sono sufficienti, per rispondere a quale spazio reale e utopico possa aderire o sottrarsi il corpo, in quanto soggetto e oggetto poetico e politico. L’incompletezza incontra una misura. Quella del tavolo. Inverno 2013 Ho individuato persone e case, spazi perlopiù domestici (ma anche qualche bar) dove è stato possibile incontrarsi intorno alla giusta misura del tavolo con persone che si conoscono tra loro o anche no. Gli incontri intorno al tavolo accadono per gruppi che vanno da due a dieci persone, tante quante se ne possano sedere intorno al tavolo che ci ospita. Nasce così il ciclo 2013 AROUND A TABLE_incontri intorno al tavolo, che si sono svolti in 4 quartieri di Milano, ma anche a Rimini, Bologna, Cesena, Vienna. Inoltre da marzo 2013 Refugee|Archivio1 è entrato a far parte della collezione di libri d’artista della Bibliothèque Kandinsky al Centre Pompidou di Parigi e sempre a Parigi il libro è in mostra permanente a “La Libreria”, libreria italo-francese. Estate 2014 con Theoria degli affetti, Refugee|Archivio1 si emancipa da sé stesso, andando da persona a paese. 23
Fortuna Isabella Bordoni fotografie di Marco Caselli Nirmal
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[ ] FORTUNA Il 20 luglio 1969 Neil Armstrong fa il primo passo dell’uomo sulla Luna. Presto compirò sette anni e quella è l’età in cui si chiude il lungo testo Sequenze in 6x6, lo spazio tragico dell’infanzia che all’età dei miei sei anni inizia e all’età di sette finisce. Sequenze in 6x6 attraversa un anno che in verità è più d’uno e che in sé è volume e soglia. Di quel passaggio da un’età privata a un’età pubblica, scolare, esponibile e politica al mondo, Sequenze in 6x6 è il meccanismo della rammemorazione grazie al quale la bambina e la donna si danno appuntamento nel testo. Scritto nel 2004 tra Rimini e Brema, dove per tre mesi fui artista residente alla Die Höge Foundation, Sequenze in 6x6 nel suo farsi e darsi biografico e nel dirsi a-biografico, narrativo e poetico, intreccia piani e sfasature temporali in un gioco in cui i soggetti narrante e narrato - le madri e le figlie - si scambiano di posizione, e dove il detto conserva la complessità genealogica e l’ambiguità su chi effettivamente sia la soggettività parlante. Poiché sono convinta che l’infanzia non sia un periodo della vita ma sua sostanza imperitura, c’è nella vita che cronologicamente le segue, un mistero e c’è un lavoro da fare che è insieme un compito privato e pubblico, individuale e collettivo, biografico e storico. E c’è, nella parola che nel tempo è persa e presa, una domanda speculare antica e sempre nuova: “Può, e come, l’io farsi carico del mondo? Può, e come, il mondo farsi carico dell’io?”.
Sequenze in 6x6 si snoda come quadri cine/fotografici, tratta la parola in visione e movimento, affida a quel 6 che è età di biografia e Storia, anche il formato fotografico 6x6 che è indice della tecnica e della poetica di un certo modo di testimoniare visivamente un’epoca. Scritto all’età di 42 anni, numero che di 6 è multiplo, nel multiplo risiede la struttura poetico-mnemonica di questo lavoro. Scrivevo nel 2006 in occasione della prima messa in scena teatrale del testo, che vedeva con me in scena anche l’indimenticato Stefano Scodanibbio al contrabbasso: “Sono nata nell’Italia degli anni ’60 a Rimini, un luogo che più di altri è stato provincia d’Europa, assunto a emblema di una metamorfosi economica, culturale, linguistica. Ho attraversato da bambina gli anni ’70, anni di piombo, stragi di stato, ferite di corpi lanciati nella Storia. Ho attraversato i paesaggi e i presagi sonori di un mondo fatto di voci vicine e lontane, di un’infanzia per me domestica e insieme forestiera. Turismo e Migrazione sono due parole raramente abbinate tra loro eppure per me fu lì, nella molteplicità delle lingue, e tra tutte quella tedesca, l’habitat acustico di un’infanzia a me familiare e straniera sempre. Grazie all’incontro con quelle lontananze, nelle infanzie che allora erano “turistiche” ma da sempre erano con me “migranti”, ho compreso e con-tenuto le biografie che mi hanno attraversata.” Come si abita un mondo così? Come abitare quell’insidia e quella soglia? Poeticamente.
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Sei anni dopo, nel 2012 Sequenze in 6x6 viene ridotto e ripensato drammaturgicamente, trova una sua pulsazione sonora con la scrittura musicale di Christian Mastroianni, musicista giovane, sensibile e raffinato, e diventa Fortuna. Chiameremo il nostro duo IB-CM/50-25 cifrando i nomi e le nostre età. Da Sequenze in 6x6 a Fortuna il testo si snellisce e affonda nell’infanzia di un io che si fa mondo e la soglia è nel cuore stesso della parola. Nel frattempo, nel maggio 2013, Maria Grazia Calandrone pubblica Fortuna con un proprio commento all’opera, sulla rivista “Poesia” di Crocetti Editore1. Infine nel 2014, grazie alla collaborazione con Andrea Felli, con Christian Mastroianni abbiamo realizzato il master di Fortuna presso lo studio di registrazione Farmhouse che Andrea dirige, e con le edizioni musicali Acanto abbiamo realizzato nel febbraio 2014 la pubblicazione digitale. Helga Pöcheim, italianista e fondatrice della Literatur-Verein zur Förderung von Werk-und Kunstverständnis Ingeborg Bachmann a Vienna, lavorava intanto alla traduzione del testo dall’italiano al tedesco, pronta a giugno. La traduzione del testo in tedesco prelude alla realizzazione di Fortuna in versione radiofonica per la trasmissione integrale sulle frequene di ORF-Kunstradio nell’ottobre di quest’anno, mentre un estratto dalla composizione italiana è stata trasmessa da Radio3 nel programma Battiti nel luglio scorso.
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http://www.mariagraziacalandrone.it/index.php?option=com_content&view=article&id=245:isabellabordoni-5-13&catid=17:cantiere-poesia&Itemid=160
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Ma la composizione musicale, nella costruzione di suono e voce, è anche uno spazio, un habitat che già si è prestato a tessere ulteriori relazioni performative e va in questa direzione l’allestimento di Vignola all’interno di Theoria Degli Affetti dove Fortuna si riversa negli spazi urbani e relazionali del paese per esporsi al contemporaneo passando dall’in.attuale.
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[ ] Archivio del presente Ho avviato la riflessione che nomino Archivio del presente nel 2007, assumendo attraverso gli archivi storici del Novecento i concetti di eredità e testimonianza, di memoria e visione. Da qui, Archivio del presente emerge come una diversa configurazione narrativa della testimonianza, data della auto-rappresentazione da parte dei soggetti, del proprio essere singolarità e comunità, e esperienza documentabile. Con Archivio del presente cerco di indagare le relazioni contemporanee tra memoria, visione, eredità, testimonianza, e dal finire del 2013 affianco alla riflessione teorica un nuovo orizzonte d’osservazione grazie alla collaborazione con Marco Caselli Nirmal, fotografo di scena e dello spazio architettonico. Le pratiche messe in atto con Archivio del presente sono state un tassello importante nella costruzione del lavoro filmico del gruppo di ricerca “Immaginariesplorazioni”, progetto che con Dynamoscopio abbiamo attivato e condotto da ottobre 2013 a giugno 2014 con gli abitanti del “Primo Quartiere Operaio l’Umanitaria” di via Solari 40, a Milano, anche perché un punto sensibile di Archivio del presente è proprio l’affondo nelle forme dell’abitare contemporaneo, nel ridisegno della città contemporanea, nei rapporti spesso prescrittivi e normativi tra persona e territorio, tra persona e servizi, tra competenze e valori, tra persona e comunità.
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Infanzia storia nel quartiere operaio. In esergo all’Abitare Isabella Bordoni fotografie di Marco Caselli Nirmal
Urta, Urta per sempre. Nell’insidia della soglia. Contro la porta, sigillata, Contro la frase, vuota. Nel ferro, ridestando Solo queste parole, il ferro. Nel linguaggio, nero. In colui che è qui Immobile, vegliando Sul tavolo carico Di bagliori, di segni. E che tre volte Viene chiamato, ma non si alza. { …} Nell’adunarsi, cui è mancato Il celebrabile. Nel grano deformato, Nel vino prosciugato.
«Perché Nell’insidia della soglia? Perché parecchi anni della mia vita furono occupati dal compito di ridare esistenza a una grande casa in Provenza - un monastero con un’antica chiesa, stalle, granai, ma soprattutto rovine - che in quel suo luogo straordinario sarebbe potuta essere - immaginavo - la soglia del paese in cui vivere, il portico della «vera vita». Ma in seguito le difficoltà andarono crescendo, sia quelle interiori sia quelle materiali, e finirono per rendere irrealizzabile l’impresa. Ne ricavai, tuttavia, una lezione. Se le soglie sono illusioni, “insidie”, anche le insidie possono diventare occasioni per una riflessione più lucida. E quindi, a loro volta, possono diventare soglie attraverso le quali accedere alla verità nel proprio rapporto con se stessi: là dove l’essere nasce dal non avere. Il libro tenta di fare questa esperienza che è anche una mise en question della scrittura, spazio di tutte le insidie; tende verso quelle parole che rinunciano a imporre i loro sogni e che possono anzi, nella dissipazione di questi sogni, consentirci una luce nuova. […]» Questo scrive Yves Bonnefoy a proposito del suo “Nell’insidia della soglia” e da qui, da una poesia che è abitazione e parola, proviamo ora a partire.
Nella mano che trattiene Una mano assente. Nella inutilità Del rammemorare. Yves Bonnefoy, Dans le leure du seul, tr. it. di Diana Grange Fiori, Nell’insidia della soglia, Giulio Einaudi Editore,1975
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Nel novembre 2013 si sono avviati a Milano i venerdì pubblici di Immaginariesplorazioni_Solari, un laboratorio di ricerca audiovisiva con approccio antropologico che vuole sperimentare un percorso interdisciplinare sulle forme possibili dell’abitare urbano. Motore del progetto (che si inserisce nell’ampia cornice di DENCITY) è Dynamoscopio, associazione milanese che si impegna a cucire le relazioni tra gli sguardi e le pratiche dell’arte, dell’antropologia, delle politiche urbane e dell’abitare. Luogo degli incontri “teorici” è l’ex-panetteria di via Solari 40, uno spazio composto da tre ampie stanze oggi destinate ad attività culturali e precedentemente punto di produzione e vendita del pane, che si trova all’interno del quartiere operaio Umanitaria, il primo quartiere di case popolari costruito nel 1906 a Milano. Questi gli spazi - fisici e mentali - che ospitano il progetto Immaginariesplorazioni_Solari, un articolato percorso formativo che per la seconda volta dal 2011 Dynamoscopio porta avanti con un gruppo di circa 30 giovani partecipanti, e che avrà come esito finale - nel novembre 2014 - la realizzazione collettiva di un film documentario. La prima esperienza condotta aveva già portato nel 2012 alla realizzazione del film entroterra Giambellino. L’utilizzo di questi spazi è frutto di una sinergia con il Comitato inquilini “1° quartiere operaio Umanitaria” che appunto ospita un progetto che ha nei temi e nelle pratiche del fare casa e dell’abitare collettivo un solido benché critico punto di partenza. Una prima fase teorica quindi, con successive fasi operative che sposteranno il centro dal quartiere alla città e dalla ricerca all’azione. Al laboratorio nella sua parte teorica sono intevenuti esperti dell’amministrazione pubblica di Milano, docenti, artisti e registi, ne citiamo alcuni: Piergior-
gio Monaci, Angelo Foglio, Gabriele Rabaiotti, Francesca Cognetti, Ivan Bargna, Ferdinando Fava, Patrizio Esposito, Paolo Barberi, Eyal Sivan; il tutto ha in Dynamoscopio il cuore teorico di una ricerca che accoglie il concetto critico e polisemico di riflessività. Concetto che nel suo portato positivo (società che pensano sé stesse e intervengono su sé stesse, che si pongono la questione della legittimazione nell’ambito della produzione della conoscenza, del discorso e delle rappresentazioni, che operano il tentativo di superare polarizzazioni o dicotomie) sia nei suoi limiti (la riflessività non risolve in sé la complessità che affronta) ci insegna che un possibile mutamento di paradigma lo si può raggiungere lavorando tenacemente sui margini, forzando i limiti di un paradigma dominante. « […] All’abitare, così sembra, perveniamo solo attraverso il costruire. Quest’ultimo, il costruire, ha quello, cioè l’abitare, come suo fine. Tuttavia non tutte le costruzioni sono delle abitazioni […]. Eppure, anche questi tipi di costruzioni rientrano nella sfera del nostro abitare. Questa sfera oltrepassa l’ambito di queste costruzioni, e d’altro lato non è limitata alle abitazioni […]. Queste costruzioni albergano l’uomo. Egli le abita, e tuttavia non abita in esse, se per abitare in un posto si intende solo l’avervi il proprio alloggio». Martin Heidegger, da «Costruire abitare pensare» in Vorträge und Aufsätze, Verlag Günther Neske, Pfullingen 1957, tr. it. di G. Vattimo, Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1991.
Va in questa direzione l’incontro/installazione Abitare l’infanzia_Nell’insidia della soglia realizzato il 13 dicembre 2013. In quell’occasione sono state incluse e attraversate le forme fino a lì consuete dei venerdì pubblici che hanno visto esprimersi il formato “conversazione e dibattito” per mettere in circolo forme altre che qui chiamiamo “performative”. L’ex-panetteria di via Solari 40 si è fatta contenitore e contenuto di più formati e più attitudini ed esattamente questo abbandono di una sola specificità linguistica del discorso, ha reso possibile compiere - insieme agli inquilini del quartiere e con il pubblico milanese convenuto in loco - un passaggio che ha portato il discorso nel cuore di un’esperienza. Abitare l’infanzia_Nell’insidia della soglia ha composto quindi alcuni ambienti acustici e visivi che hanno da una parte riportato le tracce di archivi della contemporaneità: materiali tratti da assemblee di quartiere promosse dal comitato degli abitanti del Giambellino (periferia ad alta criticità abitativa), dibattiti con l’amministrazione comunale ed esponenti dell’Aler, oggetti d’uso domestico portati degli inquilini del quartiere Umanitaria, repertorio iconografico del quartiere; e dall’altra un’ampia texture poetica che ha risemantizzato quelle ed altre tracce d’archivio.
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Il 13 dicembre 2013 alle 19.00 si convocava quindi sia il pubblico esterno che numeroso seguiva da novembre i venerdì pubblici di Immaginariesplorazioni_Solari, sia gli inquilini dell’Umanitaria che dalla mattina del giorno prima avevano portato ciascuno da casa propria una sedia e una coperta per accogliere il pubblico che il giorno dopo avrebbe preso parte con loro a questa “possibilità”, di dare luogo e tempo ad un’esperienza per certi versi radicale. Esperienza che ha cercato nell’arte e nella poesia una lingua, “affettiva” e “riflessiva” insieme, capace di essere emozione e discorso, dispositivo poetico e politico. La coperta e la sedia portati da casa dagli inquilini, sono poi stati riportati a casa, messi “a disposizione” temporaneamente come prestito affettivo e come reale protezione dal freddo, dal momento che gli spazi dell’expanetteria non erano al momento dotati di riscaldamento. Questi oggetti sono stati delle leve ed anche attraverso il loro portato affettivo e funzionale, è stato possibile comporre uno spazio pubblico a partire dalla condivisioni del privato, ovvero la cessione di spazi di intimità temporanei ma prolifici di conseguenze. Qui la voce e la scrittura poetica - così esposte e vulnerabili - hanno condotto un’infanzia nella rete dell’infanzia di tutti e di ciascuno, per essere infranta, corrosa, predata, restituita. Voce e poesia, infanzia e storia, sono state messe in comune nella loro funzione civile. Sono state strumento contemporaneamente del passato e del futuro, del lontano e del vicino per abitare il salto, il lascito, l’abbandono, l’appartarsi e l’appartenenza.
Abitare l’infanzia_Nell’insidia della soglia chiedeva - tra le altre disposizioni dello spazio e del tempo - un’ora di ascolto al buio che poteva essere trascorsa stando seduti scaldati da una coperta. “Grazie per essere qui. Faremo insieme un’esperienza dell’ascolto” - è stato detto dopo un’ora dall’inizio dell’incontro pubblico - “Accomodatevi”. Faceva piuttosto freddo, l’ex-panetteria di via Solari 40 era senza riscaldamento. Non una persona è andata via. Protagonismo di nessuno perché di tutti, di tutto e di ciascuna cosa: degli individui, degli oggetti, dello spazio, delle relazioni presenti, passate, future. Un’esperienza per certi versi radicale, ho detto ed è vero. Non si è trattato di fare “teatro” ma certamente questa esperienza ha messo in atto alcune pratiche del teatro: la costruzione di uno spazio, la regia, la drammaturgia come tessitura e trama. Tuttavia, non di uno spettacolo si è trattato ma di un processo temporaneo e insieme duraturo, che ha chiesto e ancora chiede all’arte di spendersi linguisticamente per un cambiamento di prospettiva, per quel piccolo ma significativo mutamento di paradigma a partire dai margini. Allora, proviamo a restare sui margini ed andiamo in una città che non è Milano ma Berlino, per guardare a “qui” da “altrove”. C’è un’ampia area che verte sulla stazione della metro U-Spittelmarkt, a Berlino, che se percorsa a piedi congiunge e abbraccia con lo sguardo l’arteria stradale di Leipziger Straße con Spree Kanal, poi scende su Alte Jakobstraße, incontra Oranienstraße, lambisce Waldeckpark, unisce Mitte a Kreuzberg. Qui si situa uno dei grandi cantieri edilizi attualmente in corso, che ospiterà appartamenti di varie metrature e piccoli alloggi per studenti. Giungo in questa zona che porta poi sulla Köpenicker Straße, attraversa il fiume Sprea ed entra nel quartiere Friedrichshain, cercandone un’altra, così come mi accade spesso di fare e come so, oramai, essere questo il modo in cui io giungo ai luoghi. Per un’erranza che porta la cognizione di un errore solo apparente: in realtà per una georeferenziazione spontanea che il corpo stabilisce con il luogo che lo spazia, una slabbratura funzionale, un’uscita dall’efficienza dei percorsi per - invece - darsi tempo/darsi luogo, così da comprendere ogni volta che perdersi è sempre un trovare un sì e un sé, proprio lì, nel posto giusto: esser-ci.
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Più a nord rispetto a quest’area ma sempre a est nella mappa della città, precisamente nella fascia che storicamente l’ha voluta da metà Ottocento a vocazione industriale e operaia, l’area compresa tra lo Sprea e l’Ostbahnhof era già stata oggetto nel 2008 di una imponente reinvenzione urbanistica con la costruzione di un nuovo quartiere direzionale e residenziale che - come sempre accade - ha riconfigurato quel paesaggio urbano anche a livello sociale e culturale. Friedrichshain è un quartiere che si trova a nord-est di Mitte, al confine con Prenzlauer Berg. Qui si trova il Volkspark Friedrichshain il più antico parco pubblico di Berlino, la cui realizzazione risale al 1846-48, il terzo in ordine di grandezza dopo Tempelhofer Park e Tiergarten. E qui a partire dal 1870 e fino al 1914 l’area dell’attuale quartiere fu interessata alla costruzione di case d’affitto per la classe operaia, portò il quartiere a raggiungere indici altissimi di densità edilizia ed abitativa. Tra centri e periferie che si espandono e contraggono, alcuni dati del 2008 prevedevano entro il 2050 una riduzione della popolazione nella regione del Brandeburgo dagli (allora) attuali 2,58 milioni a 1,81 milioni di abitanti. I flussi abitativi continuano a far prevedere anche ora una forte crescita della popolazione nelle zone di concentramento intorno a Berlino e una forte decrescita nelle campagne lontane dall’epicentro. Ma anche questo flusso avrà un suo apice e poi un suo arresto, in un duplice 38
movimento di gentrificazione da una parte e di città in contrazione dall’altra. Il fenomeno lo conosciamo bene anche in Italia e in città come Milano meglio che altrove. Con il termine ambiguo di riqualificazione urbana, grandi fette di territorio sono oggetto di investimento economico e immobiliare, così che diventano appetibili e anzi progettate su misura per spostamenti di capitali e di abitanti, persone e gruppi appartenenti a fasce sociali più benestanti rispetto ai residenti, professionisti, studenti (ne esistono anche di questi) abbienti, turisti. Così che gli abitanti precedenti, coloro che in quell’area hanno vissuto prima che vi arrivassero grandi flussi di denaro, vengono progressivamente spostati su periferie sempre più ai margini. Speculazioni, vale la pena ricordare, non estranee al riciclo del denaro e non estranee ad ambienti legati alla criminalità organizzata. “Strumenti investigativi e prospettive normative nel contrasto al crimine organizzato - la confisca oggi e domani” è il titolo del convegno internazionale promosso dall’Associazione “Mafia? Nein, Danke! Come dire no al racket” nelle giornate di giovedì 6 e venerdì 7 febbraio 2014. Raggiungo la Meeting room Atlantic dell’Hotel Pestana, in Stülerstraße 6, con Irene, più esperta di me nel muoversi oggi in una città che io ripercorro perlopiù a piedi vent’anni dopo averla abitata a lungo, per ritrovarla in tanto uguale e in tanto diversa da allora. È qui che si tiene la due giorni che vede al centro degli
incontri un tema spinoso come quello della confisca dei beni alla mafia e il loro utilizzo a fini sociali; tema affrontato con invitati tedeschi, spagnoli, italiani e che vede tra gli altri la partecipazione di Nando dalla Chiesa. L’Associazione con sede a Berlino, è stata fondata il 21 agosto 2007 da Laura Garavini e da alcuni ristoratori subito dopo la strage di Duisburg del 15 agosto 2007, evento che ebbe una forte eco in Italia, scosse la Germania e orientò una moderata consapevolezza in un paese che si riteneva fino ad allora immune dai clan. Le aziende aderenti al movimento antimafia - leggo - si impegnano a non assumere persone con precedenti mafiosi e nel contempo a rifiutare, denunciare e combattere qualunque tentativo d’estorsione. Ristorazione ed edilizia i due mondi che qui si incontrano, anelli di liaisons dangereuses ben complesse che passano in Italia attraverso il settore agro-alimentare e lo smaltimento dei rifiuti.
Dal 2011 con Dynamoscopio lavoriamo proprio sui cambiamenti e le metamorfosi urbane che mettendo al centro dello sviluppo urbanistico il capitale finanziario mondiale, sradicano e trapiantano sistemi valoriali e identitari locali; pratiche che ci chiedono di riflettere ancora su quel paradigma che già con Foucault abbiamo nominato biopolitica e che nell’ottica allargata delle pratiche “governamentali” attraverso cui si costituiscono le forme di legittimità politica, ci chiedono ancora d’interrogarci su quali siano - o come possano essere rivelate o inventate - le “controcondotte” capaci di ribaltare le liturgie economiche della modernità. Il passo non è breve ma è affascinante (e sempre istruttivo) comporre la parabola del pensiero benjaminiano che già vedeva nei Passages di Parigi capitale del XIX secolo, un monumento teologico, la religione della merce. Così come affascinante e sempre istruttivo è rinnovare con Benjamin e Foucault la riflessione mai sopita intorno al «governo dei viventi». Neppure è breve e tuttavia è necessario fare il passo che lega queste riflessioni ad un’etica d’insieme, risalire un pensiero che si interroga e indaga a tutto tondo sui processi di sviluppo urbano. “Tendere l’arco” - diremmo - tra biopolitica-governamentalitàgentrificazione-infiltrazioni mafiose.
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A fianco di una sempre più serrata urgenza di approfondimento teorico, esistono poi delle pratiche o anche retroguardie, ed è infatti “alle retroguardie” che il film entroterra Giambellino (citato in precedenza) è dedicato, intendendo quel lavoro dei margini e sui margini su cui si innestano forme di resistenza etico-politica e veri e propri atti di creazione. Creazione di concetti, di forme, atti di invenzione e di messa al mondo. Perché la scommessa di un certo pensiero contemporaneo, di alcune riflessioni e di alcune pratiche artistiche, di alcune esperienze durature di impegno civile sui territori locali, benché spesso scivolose ci indicano alcune strade da percorrere. Abbiamo sentito, nel tempo, la necessità di un vocabolario che annoverava tra le proprie, parole come resistenza, comunità, soggettività, resilienza, perché siamo certi che la scommessa del presente abita anche il linguaggio in un momento in cui le parole si sviliscono saccheggiate e corrose dal design della comunicazione. Diciamole, altre parole: “economia”, “legge”, “debito”, ne facciamo il terreno critico di un confronto multidisciplinare e non specialistico, di conoscenze e desideri messi in rete, aperto e bisognoso di risposte strategiche e concrete. Questo lo sforzo e la scommessa di Immaginariesplorazioni
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Il gruppo di lavoro Immaginariesplorazioni 2013-14 comprende, con Dynamoscopio (Erika Lazzarino, Luca Francesco Garibaldo, Jacopo Lareno Faccini), Alessandra Marsiglia, Alessandro Bruzzone, Alice Bescapè, Alice Ranzini, Céline Volonterio, Davide Pedemonte, Diana Di Tuccio, Elena Bassi, Elena Maranghi, Elisabetta Lojra, Federica Guerra, Francesca Santulli, Francesca Stamuli, Gianpaolo Contestabile, Irene Borchi, Luca Rigon, Massimo Mosca, Nadia Riolo, Rita Maralla, Susanna de Guio, Valeria Spatafora, Vanina Lappa, e Claudia Ventola, Giulia Frailich, Mario Marche, Marco Maiocco, Marta Ferretti, Simone Garibaldi. Grazie al Comitato e agli inquilini del “Primo Quartiere Operaio l’Umanitaria”, alla sezione Arci dell’Umanitaria e a Mario Gaeta, prezioso raccordo tra gli abitanti e il progetto Immaginariesplorazioni.
foto Davide Dutto
Isabella Bordoni
Un paese l’esposizione Individuale la traccia che ciascuno lascia nel quaderno un paese ma già un principio di coro, nella consapevolezza di ciascun abitante-autore che la propria testimonianza si presta ad una eredità messa in comune. Grande o piccola che sia, temporanea, in transito o di più lunga durata e appartenenza, radicata a fondo o in superficie, critica, complessa, parziale, comunque una theoria degli affettivi il paese, se chiamiamo “paese” quel soggetto mutevole, di contemplazione e azione, dove l’uno entra in relazione
con sé e con l’altro e dove il luogo è. Così, in una densità non materica che usa le coordinate topografiche del luogo per dire che lì in quel punto più che altrove il paese è ricovero del sé, sapientemente anche si lega e si slega, si spazia la geografia in poetica d’insieme, si georeferenzia l’io nel noi. Così anche succede che le pagine di piombo di Refugee|Archivio1 traccia di un nord alpino e resiliente, incontrano le pagine di carta del pre-appennino e della valle. I suoi abitanti.
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APPARATI Fraternité _hidden voices la lettera di Isabella Bordoni 22 SETTEMBRE - 23 NOVEMBRE 2006 22 settembre/20 ottobre installazione e broadcast 23 settembre live performance e broadcast live at Kühler Brunnen, 06108 Halle – Deutschland on air at Radio Corax - Freies Radio im Raum Halle auf UKW 95.9
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“Pratico da anni un’arte che sta nelle sfumature, che vive nelle pieghe dei luoghi, nelle minoranze, nei luoghi di transito. I lavori che creo compongono uno spazio che attraversa alcune frontiere dell’arte, “poetry.scapes” li chiamo, eventi e allestimenti dove poesia, suono, arti visive, architettura, entrano in relazione reciproca e in relazione con la scena. Credo in un’arte che è anche sguardo sul mondo, che punta a creare una comunità temporanea di idee, posta al di sopra dei confini convenzionali dei generi. Da decenni realizzo progetti per la scena teatrale e radiofonica, per spazi urbani e periferici; creo ambienti poetici che dicono l’infanzia e le migrazioni, quest’ultime viste sia nelle sue manifestazioni geografiche che in quelle mentali e artistiche; e da due anni sto portando avanti un progetto intorno all’opera di Ingeborg Bachmann. Di lei amo la voce insieme lirica e civile… Migrazione è, per me, il transitare tra mondi geografici e corporei, identitari, di genere, di età. Potente, nella Bachmann, questo viaggiare tra soglie di confini tutti interiori. Questo anche è, (potentemente lo è) migrare. Il lavoro che presento ad Halle raccoglie queste “tensioni poetiche” in un unico progetto che è insieme d’arte e di comunicazione. Arte e comunicazione perché alla complessa esperienza artistica, qui ho affiancato un lavoro di testimonianza; una sorta di reportage sonoro dove il microfono è stato in questi mesi lo strumento sensibile alle voci più nascoste. La voce di vite “minori”, migranti, rifugiate, clandestini...
Ho incontrato in giro per l’Italia nel corso dell’estate, vite e voci di uomini e donne che hanno voluto o dovuto lasciare la propria terra e la propria lingua madre, e cercarne un’alta, d’adozione. Ho ricevuto da documentaristi, operatori interculturali, radio indipendenti, archivi sonori, l’autorizzazione ad utilizzare alcuni dei loro materiali. Così l’installazione audio/video “Fraternité_Hidden Voices” crea uno spazio che è insieme lirico e civile, poetico e politico, pubblico e privato. In “Fraternité_Hidden Voices” si sovrappongono più livelli visivi e auditivi. Il visitatore entra in uno spazio piuttosto ampio e parzialmente oscurato. Qui, ad accoglierlo, un mondo di voci in transito, in partitura poetica. Nello spazio della Kühler Brunnen, le finestre rigettano nella stanza volti di adolescenti, mentre un’altra proiezione di video forma un ulteriore asse diagonale nella stanza. Su tutto, un verso di Ingeborg Bachmann: Wort, sei von uns, freisinnig, deutlich, schön. Gewiß muß es ein Ende nehmen, sich vorzusehen*. appare proiettato su un velo trasparente. Credo nella comune, indiscutibile, irrinunciabile, cittadinanza poetica di ogni esistenza. Le voci raccolte vengono dal Brasile, dalla Nigeria, dal Senegal, dall’Algeria in Italia, dall’Italia in Germania (già, anche noi siamo stato un popolo di migranti), dall’Iraq alla Tur-
chia, l’Italia. In occasione del festival radiofonico Radio Revolten, queste voci saranno un puzzle, una babele sonora, che vuole essere testimonianza e speranza collettiva di ogni migrante, di ogni persona che ha fatto l’esperienza della separazione, dell’abbandono, della distanza. Dalla propria terra per trovarne un’altra, quasi sempre sentita come “difficile” se non inospitale. Dalla propria lingua per trovarne un’altra. Questa è la fratellanza delle voci nascoste, voci che per ascoltare, bisogna cercare. Lo spazio dell’installazione sarà predisposto
con alcuni trasmettitori radio e i visitatori saranno muniti di un ricevitore portatile. Transitando da un punto ad un altro, sarà il visitatore stesso a compiere una propria rotta migratoria, a farsi, lui stesso, migrante. In questo spostamento, il visitatore potrà sintonizzarsi su una frequenza radio o su un’altra ed ascoltare via via le voci nascoste. La partitura di questo ascolto intimo si sovrappone al suono dell’ambiente. Inevitabile il mix sonoro tra privato e pubblico. Vita su vita, la voce si fa coro, la poesia si fa domanda, il racconto si fa denuncia.
* “Parola, sii nostra, / libera, chiara, bella. / Certo, dovrà avere fine / ogni cautela”. Sono partners del progetto Fraternité_Hidden Voices Cultura21 e Radio Papesse Hanno dato il loro contributo: Asterisco Radio, Bologna (I) – WAM We Are All Migrants, Roma (I) – Roman Herzog, Catania (I) Radio Parole – Benti Debelar Dico – Andrea Giuseppini, Roma (I) Radio Parole – Migration Audio Archiv, Colonia (D) – Deutsche Beamtenburg-Jugend NW, Colonia (D) – Comunità Islamica del Rubicone – Alberto Masala, Bologna (I) – Tahar Lamri, Ravenna (I) – Anton Roca, Cesena (I) – Rosa Crispim de Costa, Sant’Agata Feltria (I) – e tanti altri. Senza la loro fiducia questo progetto non sarebbe esistito.
Condotta Poetica Laboratorio nomade di cittadinanza poetica, tra città e paesaggio per un racconto dell’infanzia. Con bambini da 6 a 10 anni, 22/26 maggio workshop - 26 maggio inaugurazione installazione - dal 7 luglio al 20 agosto mostra collettiva dei lavori degli artisti ospiti di Godard, al museolaboratorio di CIttà Sant’Angelo (Pescara). Direzione artistica Enzo De Leonibus La parola “condotta” rimanda a diversi significati, diretti e allusivi. Da una parte indica un comportamento e in questo senso Condotta Poetica ci fa pensare a un tempo e a un luogo di resistenza e sviluppo culturale, a una vocazione e uno stile di vita che vorremmo a misura d’individuo e a misura dell’infanzia. Condotta sta anche a dire quel qualcuno o quel qualcosa che, accompagnata, va. In questo senso possiamo immaginarci, con il gruppo di bambini, come una comunità in transito. Condotta è poi anche detta quella rete di utilizzo prettamente idraulico che alloggia la distribuzione sotterranea delle acque. Sul filo delle parole e dei significati, il workshop Condotta Poetica tende a inventare un luogo: luogo intimo ma anche luogo in una rete, dunque dell’andare comunitario e condiviso attraverso la città. Si tratta di effettuare monitoraggi audio e video di luoghi
urbani ed extra-urbani secondo una mappatura topografica ed emotiva, tra spazio pubblico e privato di parole e segni che i bambini sanno ancora dire. L’esercizio di osservazione e di ascolto conduce ad un percorso alternativo e poetico nel cuore della città/paese, accompagnato da una riflessione narrativa/poetica capace di creare nei luoghi piccole soste ospitali dove poesia, infanzia e città tessono un racconto. Si creano quindi dei micro-luoghi, come delle unità poetiche dislocate in maniera non invasiva, anzi “minori” e tanto più legate allo stato di stupore. Si crea, parallelamente, anche un video, come parte dell’installazione finale. Due quindi le modalità: la prima nella forma dell’happening, legata anche al caso ed alla capacità di organizzare artisticamente l’imprevisto; la seconda nelle maniere di una installazione multimediale.
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Isabella Bordoni
BIOGRAFIA E progetti Isabella Bordoni, poeta, autrice, artista. Nata a Rimini nel 1962, avvia la propria vicenda artistica a metà degli anni ‘80 all’interno della scena nord europea delle arti sceniche e elettroniche dove ha collaborato con compositori e musicisti, ricercatori e programmatori, occupandosi della scrittura drammaturgica, della mise-en-espace, della direzione e dell’interpretazione di lavori per il teatro, la radio, i media. Attenta alle relazioni tra parola, voce, suono e scena, tra paesaggio e tempo, tra tecnologia e natura e nel solco di una poetica dei media, progetta e realizza ambienti e accadimenti poetici, sonori, visivi. Dopo l’esperienza in seno a Giardini Pensili che ha fondato nel 1985 e diretto fino al 2000, nel 2001 con Progetto per le Arti da vita a una piattaforma che tende a comporre con l’arte, un ponte tra orizzonti poetico e civile e non di rado include docenza e curatela nei processi creativi e partecipativi.
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Isabella Bordoni is a poet, author and artist. Born in Rimini in 1962, she began her artistic career in the mid-80s as part of the northern European performing and electronic arts scene, collaborating with composers, musicians, researchers and programmers and focusing on dramatic writing, staging, managing and interpreting pieces for theater, radio and mass media. In the wake of a poetics of media and with special attention to the relationships between speech, voice, sound and scene, between landscape and time, technology and nature, she designs and creates poetic, audio and visual environments and happenings. After having founded Giardini Pensili in 1985 and directed it until 2000, in 2001 she worked with Progetto per le Arti to launch a platform that uses art to build a bridge between civil and poetic terrains through creative and participatory processes that frequently include teaching and curating.
Alcuni progetti in corso: pubblicazione in edizione limitata di FORTUNA (con Christian Mastroianni), opera poetica in ambiente sonoro. Cd + libretto con testo italiano e tedesco. “PAYSAGE VÉRITABLE. Michel Butor et l’univers géopoétique”, video-commento dedicato alla persona e all’opera di Michel Butor, sul rapporto tra letteratura e arte, scrittura e geografia, corpi e paesaggi del narrare. “Refugee. Stati d’esilio|Epifanie” [2011-2014] itinerario poetico-filosofico che, camminando, ha tessuto intorno alle parole «patria», «cittadinanza», «legge», «economia» le poetiche e le pratiche dell’abitare e ha visto tra i suoi esiti il libro d’artista “Refugee!Archivio1” (2011/12), il ciclo di incontri “Around a table” (2012/13) e all’interno del quale è ascrivibile ma prende vita propria THEORIA DEGLI AFFETTI (Vignola, giugno/settembre 2014). “Art&Swap District” è la sezione del progetto triennale “Dencity” (2013/15) che Dynamoscopio ha pensato per i quartieri Giambellino-Lorenteggio di Milano, con la direzione artistica di Isabella. Dynamoscopio è la piattaforma di ricerca e azione attiva dal 2010, che incrocia i metodi e gli sguardi dell’antropologia, dell’architettura, dell’urbanistica, delle politiche urbane, con quelli dell’arte. “Art&Swap District” sviluppa nuove economie dell’abitare, un lavoro di innesto e di emersione d culture, scambio di saperi e competenze tra persone e luoghi, e tra abitanti permanenti e temporanei. Le pratiche di osservazione e ascolto messe in atto con “Archivio del presente” sono state un tassello importante nella costruzione del lavoro filmico “Immaginariesplorazioni”, progetto che con Dynamoscopio è stato attivato e condotto da ottobre 2013 a giugno 2014, con gli abitanti del “Primo Quartiere Operaio l’Umanitaria” di via Solari 40, a Milano. Dall’esperienza “Immaginariesplorazioni” a Solari, un film in via di ultimazione e il progetto di una mostra fotografica.
Her current projects include: publishing (with Christian Mastroianni) a limited edition of FORTUNA, a poetic piece in a sound environment. Cd + booklet with Italian and German text. “PAYSAGE VÉRITABLE. Michel Butor et l’univers géopoétique”, a video-commentary dedicated to Michel Butor and his work as well as the relationships between art and literature, writing and geography, bodies and narrative landscapes. “Refugee. Stati d’esilio|Epifanie” [2011-2014] a poetic-philosophical journey that weaves the poetics and practices of dwelling around the ideas of “homeland,” “citizenship,” “the law,” and “the economy” and, among its multiple fruits, has produced the artist’s book “Refugee/Archivio1” (2011/12) and the meeting series “Around a table” (2012/13), which gave rise to the independent project THEORIA DEGLI AFFETTI (Vignola, June/September 2014). “Art&Swap District” is the component of the three-year project “Dencity” (2013/15) that Dynamoscopio designed for Milan’s Giambellino-Lorenteggio neighborhoods under Isabella’s artistic direction. Dynamoscopio is a platform for research and action established in 2010 that brings together the methodologies and interpretive approaches of art with those of anthropology, architecture and urban planning and policies. “Art&Swap District” works to develop new economies of inhabitation, grafting and generating new, different cultures, swapping forms of knowledge and skills between people and places and between permanent and temporary inhabitants. The practices of observation and listening contained in “Archivio del presente” represented a key step in developing the filmic work “Immaginariesplorazioni”, a project carried out from October 2013 to June 2014 with the residents of the “Primo Quartiere Operaio l’Umanitaria” at no. 40 via Solari, Milan, together with Dynamoscopio. “Immaginariesplorazioni” in via Solari in turn gave rise to a film currently nearing completion as well as a photographic exhibit.
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Marco Caselli Nirmal, nato a Ferrara nel 1957 dove risiede, è considerato uno dei maggiori fotografi di scena. Inizia l’attività di fotografo nel 1977, interessato agli ambiti dell’architettura e del design amplia successivamente questi interessi indirizzandoli verso la danza, il teatro, la musica e l’arte contemporanea, approfondendo il complesso rapporto fra fotografia, musica e teatro. Fotografo di Claudio Abbado dal 1990 per 23 anni, collabora con i maggiori artisti italiani e internazionali per i quali ha firmato un grande numero di copertine di dischi, manifesti teatrali, foto di scena. Rapporti continuativi con teatri, centri d’arte contemporanea, rassegne e premi teatrali attori e registi (Premio Scenario - Sala Polivalente/Centro Video Arte del Palazzo dei Diamanti - Galleria d’Arte Moderna di Ferrara Teatro Comunale di Ferrara - Festival musicale “Aterforum” - Ferrara Musica - Archivio de’ “Iteatri” di Reggio Emilia - Compagnia del Pratello di Bologna, Marco Paolini , Toni Servillo, Gianmaria Testa, Roberto Benigni etc) e la collaborazione con enti culturali, orchestre, case discografiche, compagnie teatrali e di danza, centri di produzione teatrale, festival musicali e teatrali in Italia e all’estero (Emilia Romagna Teatro, I Teatri di Reggio Emilia, Deutsche Grammophon, TeatroDue di Parma, Regione Emilia Romagna, Teatro Nucleo, Babilonia Teatri, Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna, Mahler Chamber Orchestra, Orchestra Mozart etc) hanno reso e rendono possibile la costituzione di un Fondo fotografico in evoluzione, di enorme valore storico e artistico, unico in Italia e raro in Europa. Un Archivio d’Autore che raccoglie la documentazione fotografica di circa 10.000 spettacoli per oltre 800.000 scatti.
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Marco Caselli Nirmal, born in 1957 in Ferrara where he currently lives, is considered a leading theatrical photographer. He began working as a photographer in 1977; initially interested in architecture and design, he later expanded his foci to include dance, theater, music and contemporary art, delving into the complex relationship between photography, music and theater. He has been working as Claudio Abbado’s photographer since 1990, going on 23 years, and collaborating with major Italian and international artists, shooting numerous album covers and theatrical posters and photos for them. His ongoing relationships with theaters, contemporary art centers, festivals, theater awards, actors and directors (Premio Scenario – Sala Polivalente/Centro Video Arte del Palazzo dei Diamanti - Galleria d’Arte Moderna in Ferrara - Teatro Comunale in Ferrara - Festival Musicale “Aterforum “- Ferrara Musica - Archivio de’ “Iteatri” of Reggio Emilia - Compagnia del Pratello from Bologna, Marco Paolini, Toni Servillo, Gianmaria Testa, Roberto Benigni, etc.) as well as collaborations with cultural institutions, orchestras, record companies, theater and dance companies, theatrical production centers, music and theater festivals in Italy and abroad (Emilia Romagna Teatro, I Teatri in Reggio Emilia, Deutsche Grammophon, TeatroDue in Parma, Emilia Romagna Region, Teatro Nucleo, Babilonia Teatri, the Philharmonic Orchestra of Bologna’s Teatro Comunale, the Mahler Chamber Orchestra, Orchestra Mozart, etc.) have and continue to contribute to the establishment of a constantly evolving photographic archive with enormous historical and artistic significance, one of its kind in Italy and rare in Europe. This unique archive preserves the photographic record of nearly 10,000 performances in a total of more than 800,000 shots.
Christian Mastroianni, musicista e compositore. Nato a Tivoli nel 1987 si forma musicalmente come bassista e contrabbassista, interessato a diversi generi e presente in varie formazioni musicali, approda negli anni più recenti all’elettronica e alla ricerca sonora. Nel 2009 firma come Chris Yan, “Urban Mantra” suo primo concept album solista in co-produzione con Roberto Zoli. La pubblicazione dà il via a collaborazioni che lo vedono coinvolto in reading, performance, cortometraggi, colonne sonore. È del 2012 “Mnesterophonìa”, il suo secondo concept album a cui fa seguito un interesse crescente nella sperimentazione sonora con laptop, controllers midi, iPad, synths, in sala di registrazione e dal vivo. Muovendo la propria ricerca su ampio raggio, è interessato a sviluppare i rapporti tra rumore/suono/parola, composizioni electro/ambient, musiche per immagini. Nel 2011, sulla scorta di un comune amore per gli scritti di John Berger, inizia la collaborazione con Isabella Bordoni e firmano nel 2012 il loro primo live con la sigla IB/CM50/25 in omaggio all’età e al tempo.
Christian Mastroianni, musician and composer, was born in Tivoli in 1987. His musical training is as a bass and double bass player and his interests span multiple genres; he has played with various musical groups and, in recent years, gotten involved with electronic music and audio experimentation as well. In 2009 he released “Urban Mantra”, his first solo concept album (co-produced with Roberto Zoli) under the name Chris Yan. This release paved the way for a number of collaborations including readings, performances, short films and soundtracks. In 2012 he came out with “Mnesterophonìa”, his second concept album, after which he developed a growing interest in sound experimentation using laptops, midi controllers, iPads and synths, both live and in the studio. His sound experimentation projects have continued to expand, leading him to explore relationships between noise/sound/word and electro/ambient compositions as well as music for images. In 2011, inspired by a shared passion for the writings of John Berger, he began working with Isabella Bordoni and in 2012 they came out with their first live release under the name IB/CM-50/25, an homage to age and time.
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Davide Dutto vive in Piemonte dove è nato nel 1961. Fotografo professionista dal 1982, si muove in bilico tra arte e mestiere attraverso tutti i territori della fotografia. Interessato ad una fotografia che racconti luoghi fisici e dell’anima, dove spesso l’occhio s’intreccia con la vita. Così nascono libri come “Istantanee”, ritratto di un’azienda attraverso i volti dei suoi operai; il “Gambero Nero”, la vita quotidiana dei detenuti all’interno di un carcere con un occhio particolare sul cibo, “Segnali di tempo”, percorso visivo tra le antiche meridiane del Piemonte, e vere e proprie coabitazioni dentro ai mondi che fotografa, come quello del carcere e del circo. I libri si spostano di pari passo con le mostre itineranti (Torino, Milano, Roma, Barcellona, Colonia) come “Shipibo, Amazzonia che resiste”, uno sguardo sulle ultime comunità indigene dell’Amazzonia peruviana; “Fischen in der zeit” l’antica pesca del pesce spada con arpione nello stretto di Messina, o “dal gambero nero a sapori reclusi” dove alta cucina e realtà del carcere si incontrano attraverso la fotografia. Attualmente segue i progetti dell’associazione Sapori Reclusi raccontando con le immagini le realtà nascoste nelle periferie della società. È autore di tutto il percorso fotografico di REFUGEE|ARCHIVIO1, dai primi sopralluoghi in alta quota alla stampa a piombo, intrecciando lo sguardo fotografico ad una propria appassionata cultura della montagna e ai diversi saperi della produzione tecnica, fotografica e tipografica.
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Davide Dutto currently lives in Piedmont, where he was born in 1961. He has been a professional photographer since 1982, exploring the common terrain between art and craft through all the facets of photography. He is interested in photography that conveys physical places and the inner spaces of the soul, where the eye frequently intertwines with life. This interest has given rise to books such as “Istantanee”, the portrait of a company through the faces of its workers; “Gambero Nero,” the daily life of prisoners with a focus on the food they eat; “Segnali di tempo,” a visual journey across the ancient sundials of Piedmont, and a series of first-person cohabitations inside the worlds he photographs, such as the prison and circus. The books go hand in hand with traveling exhibitions (Turin, Milan, Rome, Barcelona and Cologne) such as “Shipibo, Amazzonia che resiste,” an exploration of the last remaining indigenous communities of the Peruvian Amazon; “Fischen in der Zeit”, about the traditional practice of swordfish fishing by harpoon in the Strait of Messina; and “dal gambero nero a sapori reclusi,” in which haute cuisine and the harsh realities of prison are brought together through photography. He is currently involved with the association Sapori Reclusi, using images to narrate the events and experiences concealed at the margins society. He handled the entire photographic journey behind REFUGEE|ARCHIVIO1, from the first high-altitude surveys to the lead prints themselves, weaving the photographic gaze together with his own passion for the mountains and various skills in technical, photographic and typographic production.