FermARTI | L'arte contro il femminicidio

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FERM-ARTI

l’arte contro il femminicidio 25 NOVEMBRE-29 DICEMBRE 2017

AUDITORIUM UNITÀ D’ITALIA - ISERNIA

Progetto ideato e curato da

Patrocinato da Comune di Isernia Camera di Commercio del Molise Ti Amo da Morire Onlus Ordine degli Architetti di Isernia Questo libro è stato curato da

via G. Lanza 174 - 176 00184 ROMA www.dmake.it In collaborazione con 25 NOVEMBRE.ORG MEMORIE URBANE www.25novembre.org Ufficio stampa

Donato Giannini

Giuseppe D’Emilio Gaetano De Francesco Rosamaria Faralli Denise Franzè Michela Lombardi Composto in Helvetica (Max Miedinger 1957) Helvetica Neue (variazione sviluppata da D. Stempel AG 1983) Stampato in offset digitale su carta patinata opaca 250 g per la copertina e 170 g per l’interno e allestito in brossura fresata con colla PUR

©Terzo Millennio Dicembre 2017 ISBN 978-88-95-38758-1 Sigmastudio Via Giovanni XXXIII 86170 Isernia info@sigmastudio.it Progetto grafico Michela Lombardi Foto evento FaRo Image Testo critico Tommaso Evangelista Disegni LVCE1807 I testi delle biografie e delle didascalie sono stati forniti dagli artisti Si ringrazia Gestione Orizzonti Srl per aver sostenuto i costi di produzione di questo catalogo.





FERM-ARTI Il progetto


Affrontare un tema così delicato come quello del femminicidio presuppone una presa di coscienza del fenomeno e della sua complessità, una complessità legata a dinamiche sociali, culturali, educative. A fronte di una forma di violenza così tristemente diffusa, ciò che colpisce innanzitutto del femminicidio, è il fatto che sussista indipendentemente da nazionalità e ceti sociali. In ogni paese del mondo si verificano violenze di genere indipendentemente dal contesto socio-economico. Compiere atti di violenza ai danni di una donna, a livello psicologico e fisico, fino al gesto estremo di toglierle la vita, deriva da un retaggio culturale legato a un sistema ideologico patriarcale. A tal proposito, ciò che tutti siamo chiamati a fare, e non solo in occasione di una singola giornata, consiste nel “fermarci” un attimo a riflettere e porre in essere azioni concrete per alimentare un processo di sensibilizzazione che conduca verso la costruzione di una nuova coscienza. Indispensabile risulta essere allora la collaborazione tra i singoli soggetti che, muovendosi sinergicamente per un bene comune, sono in grado di fornire esperienze e punti di vista differenti capaci di accrescere il valore e il significato dell’azione. È in questa logica che prende vita Ferm-ARTI, un progetto dove il contributo dei soggetti coinvolti, associazioni, amministrazioni locali, professionisti, artisti e performers, ha condotto alla realizzazione di un evento culturale per la città di Isernia, all’interno di uno spazio, quello dell’Auditorium Unità d’Italia, che è in grado di promuovere reali e concrete occasioni di crescita. In questo progetto l’arte è stata portavoce indiscussa di contenuti, emozioni, riflessioni, nelle sue varie forme ed espressioni, dalla fotografia alla pittura, dalla scultura alla videoarte. Monologhi teatrali, performances musicali, insieme a dipinti, acquerelli, illustrazioni digitali e opere di street art – come la realizzazione del primo murale isernino per opera dell’artista argentino ALANIZ, in ricordo di una delle tante vittime di femminicidio, Stefania Cancelliere – hanno rappresentato un insieme di azioni volte a scardinare una visione distorta dell’immagine femminile. Ogni contributo a supporto del progetto Ferm-ARTI, ha assunto il ruolo di un piccolo mattone, nella costruzione di un’occasione di dialogo e dibattito, ponendosi al servizio di una tipologia di comunicazione privilegiata, quella legata all’arte, che è in primo luogo un’espressione capace di dialogare con l’anima dell’interlocutore. Le opere degli artisti invitati a partecipare costituiscono la vera sostanza entro la quale si muovono pensieri ed emozioni. Tra gli artisti, un importante contributo è stato fornito proprio dalle donne, nelle cui opere è possibile scorgere un autentico grido di dolore.


TI AMO DA MORIRE ONLUS Testo a cura di Serenella Sèstito Presidente dell’associazione


La scelta di “imporre” questo nome all’Associazione nasce da una riflessione elementare: TI AMO DA MORIRE è la prima cosa che si dicono due cuori quando si riconoscono, ma rappresenta, al contempo, il tragico epilogo di troppe storie definite impropriamente d’amore. Il logo grafico che la contraddistingue è stato strutturato per porre, all’attenzione di chi lo osserva, un messaggio ben preciso. Due palmi di mani protese nell’atto di proteggersi da un atteggiamento violento e la scritta Ti Amo da Morire, dove la scritta MORIRE viene volutamente in parte celata da alcune rose rosse, notoriamente fiori che simboleggiano la passione, a voler evidenziare come l’amore sia impropriamente adoperato quale “scusa” ignobile per procurare la morte di chi si afferma di amare. È evidente, quindi, che il concetto di amore ben si presta a diversi tipi d’interpretazione carichi di accezioni stereotipate e sfocianti nel conseguente pregiudizio che, a sua volta, si trasforma inevitabilmente nella discriminazione di genere. La diffusione degli eventi assurti alla cronaca, attraverso i molteplici mezzi di comunicazione, ha contribuito alla crescita di consapevolezza riguardo a temi di rilevanza sociale, ma, allo stesso tempo, ha rafforzato e continua a rafforzare stereotipi, pregiudizi e discriminazione. Troppo spesso ci imbattiamo in frasi quali: “L’ha uccisa perché l’amava troppo” oppure “Lei lo tradiva” o, ancora, assistiamo all’uso improprio di affermazioni travisate “amore malato” o “delitto passionale”, quasi a voler giustificare, a voler cercare a tutti i costi, la spiegazione di un gesto carico di atrocità in un sentimento nobile qual è l’amore. QUESTO NON È AMORE, non è la passione che porta a commettere omicidi: quello che i media chiamano amore in realtà è ben altro. “L’ha uccisa a seguito di un raptus”, il femminicidio è il triste epilogo di una serie di atti intimidatori, di condotte persecutorie, scaturenti da un incontrovertibile desiderio di sopraffazione e controllo, che non può essere sbrigativamente definito raptus. Questo tipo di pseudo-comunicazione tende a condurre verso “l’empatizzazione” con il carnefice e, conseguentemente, a farne giustificare inconsciamente l’azione criminale. Assistiamo, sgomenti, al continuo perpetrarsi di una tradizione “androcentrica”, che continua a dominare la cultura del nostro Paese, e a un uso linguistico-concettuale improprio e deviante. Tale tendenza spicca nettamente anche nelle immagini associate alle notizie pubblicate, scelte al solo scopo di soddisfare un bisogno voyeristico e spettacolarizzante; ciò avviene, ad esempio, nei casi di stupro, dove spesso vengono poste in prima pagina le immagini che ritraggono la vittima in abiti succinti e in pose avvenenti, creando mediaticamente un nuovo colpevole che non è più l’autore della violenza, ma lo stile di vita di chi l’ha subita. Questo tipo di comunicazione è il canale che veicola i preconcetti e i pregiudizi legati a situazioni di maltrattamento e abuso, che in tal modo si ricollocano nel luogo sbagliato, in quello che afferma a gran voce la discriminazione di genere. Lʼ utilizzo della cultura e di tutte le forme d’arte è imprescindibile da una corretta comunicazione, alla sua diffusione e a uno sviluppo sano della nostra società e dei suoi modelli. Creare una vasta comunità formata da operatori, artisti, giornalisti, scrittori, registi, filmaker, fotografi, grafici, pittori, attori, intellettuali, filosofi, giuristi, psicologi, sociologi e assistenti sociali ecc… uniti dalla stessa sensibilità e convinti che con l’arte e la cultura ci si possa porre al servizio di un tema sociale così importante, veicolandone e amplificandone il messaggio è un preciso dovere per chi, come me, cerca di cambiare il finale della “storia”.




TESTO CRITICO

A cura di Tommaso Evangelista Disegni di LVCE1807


Il testo critico per la collettiva Ferm-ARTI è giocato sulla relazione tra parola e immagine utilizzando il medium del fumetto che, in via eccezionale, si presta a veicolare delle idee di ordine estetico. Una breve storia, ambientata nella stessa mostra e proprio nell’ala dell’Auditorium, racconta l’impressione dell’arte che indaga e stigmatizza la violenza, ovvero l’infinito conflitto tra bellezza e disarmonia. Sul limite tra coscienza critica e concezione artistica la vicenda comunica come anche l’arte, soprattutto quella contemporanea, può generare l’eccesso e frantumare la forma attraverso il consumo della violenza. Le immagini, attraverso l’attivazione simultanea di piani di lettura diversi, descrivono allora proprio questo conflitto irrisolto della mimesi che ha come spazio d’azione la collettiva. Il fumetto come esperienza estetica e “critica” è la sperimentazione che si è voluta tentare, attraverso il segno di LVCE1807 e le parole di Tommaso Evangelista.








ARTISTI


GAETANO ACCETTULLI

SARA BERNABUCCI

PAOLO BORRELLI

ELIO CASTELLANA

TIZIANA CERA ROSCO

STEFANO CIRILLO

ANGELO COLAGROSSI

MARIAGRAZIA COLASANTO

DANILO DI NUCCI

dMake

FaRo Image

VALERIO GALEONE

SILVIO GIORDANO

KICK

MAURO MAGNI

FRANCESCO PETRONE

MICHELA MARIA PIZZI

ILARIA PRIMERANO

SARA QUIDA

ALBERTO TIMOSSI


GAETANO ACCETTULLI

Gaetano Accettulli nasce a Foggia nel 1977. Dal 1996 si occupa di video e fotografia. Dopo aver completato gli studi in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia, lavora fino al 2005 a Milano in realizzazioni pubblicitarie con varie produzioni milanesi e romane. Cofondatore nel 2003 con Vito Livio Squeo del progetto di animazione e sperimentazione filmica “E. G. O.” (Ente Gestazioni Oniriche), partecipa a importanti rassegne e festival di genere in tutto il mondo. Numerose le pubblicazioni e le esperienze espositive come artista ed altre come curatore. È stato docente di digital video presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia dal 2009 al 2014 e per un breve periodo nel 2013 presso la Marmara University di Istanbul, attualmente docente di storia dell’arte in un liceo artistico di Roma.


Trittico delle privazioni 2017 Tre gabbie in ferro con supporto, cm 24x40 Boccetta con smalto, astuccio con rossetto, specchietto con trucco La privazione della libertà è un’altra maniera di uccidere. Un fenomeno subdolo che ha come teatro le pareti domestiche entro le quali si radicano legami malati. Crudeli gabbie che silenziosamente circondano e tolgono libertà di parola, libertà di azione: libertà di “essere”.


SARA BERNABUCCI

Sara Bernabucci nasce nel 1977 a Roma, dove ancora oggi vive e lavora. Dopo il diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2003 e la specializzazione a Firenze, continua nella sua formazione prima nello studio dell’artista Alfredo Pirri e poi nella residenza artistica diretta dallo scultore Hidetoshi Nagasawa (Parco dell’Arte, Cancelli). Durante questa residenza realizza, per la prima volta, un lavoro installativo con oggetti recuperati sul posto che, come tracce di una memoria sommersa, raccontano la storia umana del luogo che l’artista attraversa. Questi oggetti sono vere e proprie matrici da cui origina tutto il lavoro di Sara, un alfabeto che l’artista compone per creare nuove parole e raccontare nuove storie, come nell’istallazione “i cento fiori” nel villaggio di Howeigou a Pechino o la Percée al MAAM di Roma. Nel 2008, vince la borsa di studio Muvin’up per una residenza artistica in Cina, qui la sua ricerca approfondisce la linea espressiva che la contraddistingue, l’utilizzo della carta e lo stile quasi calligrafico del disegno. Quest’ultimo aspetto del suo lavoro, l’ha portata nel 2009 ancora all’estero nella fondazione Karim Bennani, a Rabat, per un progetto di gemellaggio artistico curato dall’ambasciata del Marocco. Sarà il meticoloso lavoro di tessitura delle donne magrebine che spingerà Sara ad utilizzare in questo periodo i fili e le trame delle stoffe come matrici che entrano nel lavoro non come oggetti, ma come impronte lasciate dalla polvere di grafite attraverso un lento processo di sedimentazione, stratificazione e fissaggio. Mostre collettive ultimi due anni: Genova, biennale di arte contemporanea, a cura di Mario Napoli; Roma, Galleria Interno 14 a cura di Giorgio de Finis; Biella, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, “Insieme per il MAAM” a cura di Giorgio de Finis; Formello, Palazzo Chigi “Wunderkammern” a cura di Giorgio de Finis; Montefiascone, “Face to Face” a cura di Giorgio de Finis; Catanzaro, Collezionisti&Collezioni al Marca - Museo delle Arti a cura di Rocco Guglielmo, Francesco Nucci e Giorgio de Finis. Mostre personali: Il sogno di Eva RIALTOSANTAMBROGIO, Roma a cura di Giulia Giovanardi (2007); Empty city\mutant place Galleria Art Channel, Pechino a cura di Filippo Salviati e Ambra Corinti (2008); Senza perdere il filo Galleria Marte, Roma a cura di Lea Mattarella (2009); Segno e corpo teatro dei Dioscuri, Roma a cura di Giulia Giovanardi, patrocinio Regione Lazio e Medfilm Festival (2010); “Signe et corps” Galerie Bab Lakbir, Rabat a cura di Giulia Giovanardi e Abderrahman Benhamza, patrocinio ambasciata del Marocco (2014); Percée con Sauro Radicchi, MAAM, Roma a cura di Giorgio de Finis; Scenografie in trasparenza istallazione e performance liberamente tratta dall’Enrico IV di Pirandello, Teatro Valle, Roma (2014). Opere in collezioni permanenti: Fondazione Karim Bennani, Rabat-Marocco; MAAM, Museo dell’altro e dell’altrove, Roma; DIF, Museo Diffuso, Formello.


Un’altra nascita 2017 Stampa fotografica su carta trittico dimensioni totali cm 300x250 Davide Di Gianni/Digid’a elaborazione grafica e stampa fotografica Emiliano Lucci allestimento dell’opera L’istallazione qui riprodotta fotograficamente (100 fiori scultura in resina, Cina 2008, a cura di Filippo Salviati) è qui riproposta in un corpo nuovo, il cui volume è nelle curve della carta e le mani-fiore associate a quelle della poetessa F. Farrokhazad (un’altra nascita). La forza evocativa dell’opera è nella molteplicità dei piani di lettura, materiali e simbolici. L’immagine - il biancore dei fiori/mani, la forma che si flette e si assottiglia - cattura con mille risonanze. Si pensa a Bernini e ai miti da lui ripresi: metamorfosi, momenti di trasformazione, Dafne e Proserpina, radicate alla terra perché vittime di un destino di cui, in entrambi i casi, è artefice un uomo, per quanto divino. Ma qui la terra si scuote e il destino non è fatale: Proserpina emerge dalle profondità telluriche alla luce, le radici di Dafne non sono ceppi ineluttabili. Un’altra nascita è possibile. Testo di Anna Maria Panzera


PAOLO BORRELLI

Paolo Borrelli (Gorizia, 1959) vive a Campobasso. Nel 1994 fonda l’Associazione culturale Limiti inchiusi arte contemporanea. Nel 2012 è tra gli ideatori del progetto Vis à Vis Fuoriluogo - Artists in Residence Project. Principali mostre collettive: “XIV Quadriennale d’Arte di Roma”, Palazzo Reale, Napoli 2003; “LIV Biennale di Venezia – Padiglione Molise”, MACI, Isernia 2011; “Regioni e Testimonianze d’Italia – 1861/2011”, Complesso del Vittoriano, Roma 2011; 48° (2003) - 50° (2005) e 59° (2014) “Premio Termoli”, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Termoli (CB); “Viagem”, Museo Històrico Municipal Francisco de Paula Lima, Itatiba (San Paolo) Brasile 2010; “Persistenze sul confine dell’immagine”, MAT (Museo dell’Alto Tavoliere), San Severo (FG) 2009; “Fuoriluogo 11 - Duecentoanni”, Galleria Limiti inchiusi, Campobasso 2006; “Ma fin est mon commencement”, ARATRO, Università degli Studi del Molise, Campobasso 2011; “La città ideale – Artisti italiani e africani”, Fiumara d’Arte, Chiesa San Nicola, Pettineo (ME) 1995. “You Get What You See”, Palazzo Ràcani Arroni, Spoleto - Galleria de’ Serpenti, Roma - Palazzo Falcione, Campobasso 1994; “Fuoriluogo 6 – L’Arte decentrata”, Palazzo Calabresi, Viterbo 2001. Principali mostre personali: “Dreamers”, Sala 1- Centro Internazionale d’Arte Contemporanea, Roma 2016; “Egemonia della lotta”, ARATRO, Università degli Studi del Molise, Campobasso 2014; “Messaggi Minatori”, Galleria Limiti inchiusi, Campobasso 2010; “Invasori invasi”, AOCF, Roma 2006; “ Il tempo inferiore”, Galleria Limiti inchiusi, Campobasso 2006; “Intime barbarie”, BencivArt Gallery, Pesaro 2005; “L’infinito monocromo”, Galleria Arte in Transito, Roma 1999; “Corsi di vuoto”, Studio Toni De Rossi, Verona 1997; “Limiti inchiusi”, Galleria de’ Serpenti, Roma 1995. Principali opere d’Arte Urbana: Il Museo Sospeso - L’arresto/L’eccitante, Kalenarte, Torre dell’Orologio, Casacalenda 2010; Vuoto immanente - Moneta unica, Parco San Giovanni, Campobasso 2008; La Testa, Palazzo Mascia, Campobasso 2005. Principali pubblicazioni: “Le Donazioni 2013”, Galleria Civica F. Libertucci, Casacalenda, Beatrice Mastrorilli e Federica Regillo, Palladino Editore, Campobasso 2014; “Le arti plastiche e figurative dell’ultimo quarantennio”, Campobasso Capoluogo del Molise, Palladino Editore, Campobasso 2008; “La pittura contemporanea nell’italiana meridionale 1945-1990”, Massimo Bignardi, Edizioni Electa, Napoli 2003; “Itinerari eccentrici”, Edizioni Enne, Campobasso1992; “Contemporanea - Appunti per una storia delle arti visive in Molise dal 1945 al 1992”, Massimo Bignardi, Edizioni Vitmar, Isernia 1997; “Di cronaca e critica”, Lino Mastropaolo, Edizioni AxA, Roma 1994. Ha pubblicato i volumi: “Underground – Avvistamenti fuoriluogo”, Edizioni Limiti inchiusi, Campobasso 2003; “Gli spifferi del sentire – Quattro artisti nel disincanto”, Edizioni Joyce & Co., Roma 1996.


Addizionatori di dolore 2017 Acrilico, legno e collage su tela cm 40x30 Is a Political Fact 2017 Inchiostro pigmentato e collage su carta cm 19,5x29,5 La violenza sulle donne non è una questione solo privata, è profondamente politica, riguarda il modo in cui è organizzata la società e le norme che la regolano. Riguarda, inoltre, due crisi di identità in divenire, la “complessificazione” di quella femminile e la “fragilizzazione” di quella maschile. L’uomo che usa la violenza sulla donna non le riconosce alcuna identità, la idealizza secondo schemi autoprodotti, in definitiva non le riconosce la dignità di persona.


ELIO CASTELLANA

Elio Castellana (Brindisi, 1971) artista visivo e fotografo, ha studiato psicologia e comunicazione all’Università di Roma. Ha lavorato per un decennio nell’ambiente della sperimentazione teatrale e si è perfezionato presso la Scuola Romana di Fotografia. Opera da sempre sul confine tra realtà e finzione, tra freddezza e incandescenza, utilizzando diversi media, dall’installazione al video, dalla performance alla fotografia. La sua esperienza come regista teatrale e cinematografico e come psicologo sociale lo portano a utilizzare strumenti concettuali quali la sospensione dell’incredulità, la giustapposizione di elementi incoerenti e il ribaltamento del senso comune come chiavi per indagare le tensioni spirituali e i paradossi che permeano l’immaginario visivo contemporaneo, con un focus specifico su temi come l’identità, la memoria, la morte, la sessualità, il sacro, la rappresentazione del sé e del prodotto artistico. Più recentemente la fotografia è diventata un mezzo privilegiato nel suo percorso artistico. Partendo dal concetto di “errore” fotografico, l’artista esplora con questo mezzo il mistero dell’esistente e la meraviglia insita in ogni atto percettivo, sondando al contempo la natura dell’immagine e della rappresentazione visiva. Con uno sguardo che si lascia alle spalle il tecnicismo fotografico e i paradigmi linguistici di questo mezzo troppo a lungo confinato in una posizione ancillare rispetto all’arte visiva o auto-ghettizzato in un perimetro intellettualistico asfissiante, l’artista utilizza il linguaggio fotografico come un vivo precipitato delle sue esperienze performative e delle sue creazioni installative, scardinando la natura documentaristica del linguaggio fotografico, sviscerandone gli aspetti più squisitamente estetici o pittorici, e concependo l’atto fotografico come un gesto performativo di cui l’immagine è soltanto la traccia finale. Nel tempo si confronta con artisti e performers, collaborando e partecipando a lavori linguisticamente diversi e articolati (Luigi Ontani, Marcello Maloberti, Zimmerfrei, MK fra gli altri). Le sue opere sono state ospiti in sedi istituzionali e non, come Palazzo delle Esposizioni (Roma), Teatro Parenti (Milano), Istituto Svizzero di Cultura – Istituto di Romania (Roma), Teatro India (Roma), Accademia di Ungheria (Roma), Museo Nazionale di Cosenza, gallerie private, luoghi d’arte non convenzionali come il MAAM e il Forte Prenestino di Roma e in vari festival cinematografici; alcuni dei suoi video sono stati prodotti e trasmessi da Sky Cinema Italia. Sue opere sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private. Fra gli impegni più recenti ricordiamo Open Space 2 presso la Galleria Nazionale di Cosenza, Rebirth day al MAAM di Roma, Artsiders presso la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, Ostrale ’15 a Dresda (Germania), l’installazione in nomine presso la Galleria Spazio Y (Roma), ad un tratto e per sempre presso interno 14 (Roma), la residenza internazionale BoCs di Cosenza. Vive e lavora fra Roma e Brindisi.


L’equilibrio del vuoto 2015 Fotografia in banco ottico, stampa digitale da negativo su carta Photo Rag Baryta Hahnemuhle cm 104x84 L’equilibrio del vuoto è parte della serie Theatrum Organicus, dedicata al mistero dell’essere e alla meraviglia dell’atto visivo, investigati attraverso la fotografia. Il lavoro, emerso da visioni notturne, si colloca in un’ideale Wunderkammer inconscia che reinterpreta la tradizione della natura morta barocca. Realizzata in banco ottico, l’opera è basata sulla sospensione delle leggi naturali: ogni elemento della composizione perde il significato originario per partecipare a una logica iconografica in cui scienza, natura e magia si intrecciano in un linguaggio ineffabile e allusivo. La velata crudeltà e il senso di claustrofobia che segnano L’equilibrio del vuoto riflettono il clima di oppressione e disorientamento che è spesso il substrato domestico su cui si innescano violenze psicologiche ed aggressioni fisiche alle donne.


TIZIANA CERA ROSCO

Tiziana Cera Rosco è nata nel ’73 e vive a Milano. Cresciuta nel Parco Nazionale d’Abruzzo porta nel suo lavoro artistico tutto il retaggio legato al sacro naturale e al colloquio religioso con i luoghi. Fotografia, scultura, performance, installazione, scrittura: nel suo lavoro si rintraccia una matrice religiosa, ossia la domanda di presenza verso un assente. Il corpo, il suo - che è sia soggetto degli autoscatti sia matrice originale di ogni singolo calco - è lo strumento dominante di tutti questi linguaggi. La sua visione poetica intreccia i temi della ferita, della deposizione, della preghiera, del doppio, del relitto con quello dell’innesto e della metamorfizzazione con animali e alberi.


Ricuci 2015 Bende, gesso, poliuretano, acrilico, fuoco - calco diretto sul corpo dell’artista (dimensioni reali) Elettra 2015 Bende, gesso, poliuretano, acrilico, fuoco - calco diretto sul viso dell’artista (dimensioni reali) Entrambi i lavori sono dettati dall’idea del danno e sono composti sul mio corpo. Ogni dolore è uno sfondamento profondo e alcuni dolori sono irrecuperabili: la testa che ha gli occhi e la bocca aperti e risigillati ormai inservibili con un’escrescenza cerebrale simile ad un colpo male assorbito, sia il corpo che ha uno spaccamento irricucibile che ne ha determinato l’abbandono. Sono immagini segrete, sia da vive che da morte. Ogni danno modifica le nostre sembianze, convive con noi anche a grandi lontananze, qualunque sia il volto che decidiamo di avere.


STEFANO CIRILLO

Nasce nel 1975 ad Isernia. Frequenta prima l’Istituto Statale d’Arte ad Isernia e successivamente lo IED a Roma. Lavora nel campo dell’illustrazione editoriale, si dedica con passione alla fotografia minimalista, ma è principalmente un pittore surrealista e predilige la tecnica dell’acquerello. Ha esposto le sue opere in numerosissime occasioni, tra mostre sia collettive che personali. Ha esperienza come live performer, fotografo, grafico, insegnante di tecniche pittoriche ed educazione visiva, curatore e scenografo. Vive e lavora ad Isernia.


Rhapsody 2015 Acquerello, carta per acquerello Arches cotone 100% - 300g cm 55x55 Opera facente parte di una serie ispirata alla musicalità del Genio di Sergej Vasil’evič Rachmaninov (1873-1943). Rhapsody incarna il sogno, l’incontro tra fantastico e reale dal quale scaturisce la creazione di nuove dimensioni.


ANGELO COLAGROSSI Pittore italiano - 1960 - laureato in Studi Storico Artistici – Università La Sapienza Roma. La sua attività espositiva ha inizio a Roma nel 1986 con una personale a Palazzo Valentini. Sono di questi anni alcune partecipazioni di rilievo a mostre collettive, “Dodicimenotrentacinquesecondo, Giovani artisti a Roma”, Mattatoio di Roma, Ex Borsa in Campo Boario e “Arte e ambiente”, Museo Centrale del Risorgimento, Roma. All’inizio degli anni Novanta nascono i cicli pittorici: Alberi d’argento, Pc e le prime Sagome, tutt’ora largamente presenti nella sua poetica. Tra le esposizioni ricordiamo la mostra personale a Palazzo Acito, Matera e la collettiva “L’Arte a Roma”, Ex Mattatoio di Testaccio, Roma. Negli anni Duemila inizia il ciclo Molto moltissimo anzi troppo, quantità eccessive di oggetti e di merci cadono nel vuoto stagliandosi su fondali piatti, bidimensionali. L’azzeramento della terza dimensione acquisisce metaforicamente il significato della perdita della dimensione del passato e del futuro riducendo tutto ad un qui ed ora. In questi anni sue mostre personali si tengono presso Alitalia, “Sala Freccia Alata”, Milano Malpensa; KPMG, Sede di Berlino; Palazzina Azzurra, San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno; Palazzo dei Capitani, Ascoli Piceno; Foyer Santa Chiara, Trento; Galleria Plus Arte Puls, Roma. Partecipa inoltre alle collettive “S/AGO/ME 547”, Traforo Umberto Primo e Farnesina, Roma; Gezira Art Center, Il Cairo; Planet Vivid Gallery, Francoforte ed è invitato a partecipare ai premi: Sulmona, Morlotti, Ferrazzi, Campo Marino e al 55° Premio Michetti. Nel 2011 viene invitato ad Hangzhou, Cina. Questa esperienza si conclude con la partecipazione a due mostre collettive una presso la Hen Lu Gallery, Hangzhou, RPC e presso la Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia. Dalle suggestioni riportate da questo viaggio si precisa, nell’artista, un interesse per la ceramica che si concretizza nella realizzazione di un ciclo di Sagome in terracotta smaltate. Lo stesso tema viene ripreso nel 2014, nell’ambito di un progetto curato dall’antropologo Giorgio de Finis, su una delle due grandi pareti dipinte al museo MAAM di Roma. Nel 2015 è protagonista di una importante mostra personale alla Philobiblon Gallery di Roma. Nel mese di settembre parte per un’altra residenza artistica in Cina a Ningbo. Nello stesso anno dona un’opera alla nascente Collezione del DIF, Museo Diffuso di Formello. Nel 2016 è invitato alla Biennale d’Arte di Viterbo. Successivamente partecipa a due importanti collettive, “Arteporto”, Porti di Claudio e Traiano, Fiumicino, Roma e “Arteporto. Rompete le righe”, presso l’ex Studio Chia, Roma. Nel 2017 realizza un’opera pittorica su parete presso il Moma Hostel – Museo Abitabile Roma, espone alla collettiva “A tu per Tour”, presso Ex Cartiera Latina, Roma e una sua personale si tiene a Palazzo Chigi, Formello, Roma. Realizza un’opera dal vivo allo Studio Pisani in Roma all’interno di Art Week ed è invitato alla residenza artistica BoCS Art a Cosenza, al termine della quale una sua opera viene donata al nascente Museo d’Arte Contemporanea della città.


Numeri unici 2017 Acrilico e smalto su tela cm 150X100 Una sequenza di “uno�, come un lungo taglio, senza principio senza fine. Una linea senza vita che nega un orizzonte e segna il tempo del dolore.


MARIAGRAZIA COLASANTO Artista visiva di origine molisana, nasce e vive a Campobasso. Si è diplomata al Liceo Artistico Statale di Campobasso, proseguendo la preparazione artistica presso I’ Accademia di Belle Arti di Frosinone, specializzazione in Decorazione con docenti preparati e attenti. Espone le sue opere dal 1980 in mostre personali e collettive, ricevendo ammirazione e interesse da parte dei critici d’arte. Nella sua ricerca visiva, partendo da tematiche concettuali, sviluppa un percorso creativo dal linguaggio eclettico e sperimentale: un inizio figurativo-simbolista, successivamente approdato al concettuale - con un occhio rivolto alla lezione lasciata dalla poesia visiva. Spesso utilizza oggetti trovati per caso, utensili che “trasforma” e in seguito finiscono per assumere altre sembianze e si caricano di altre storie. Si colloca in un filone di sensibilità verso la natura e l’ambiente, inserendo elementi naturali nelle installazioni o nelle sculture-calchi. Lavora con fotografie in digitale, trasformandole in qualcosa di “altro” dalla forma di origine: l’azione-creazione di scattare e poi di trasformare un’immagine o il contorno di un particolare oggetto o corpo, contiene una parte manifesta, palpabile, materiale ed una intima, profonda, inconfessata: concetto questo che racchiude la natura composita ed intricata delle donne in generale. I suoi lavori sono echi del proprio vissuto personale, ne portano alla luce i “segnali” inevitabili. Il bianco è un colore che prevale nella produzione: simbolo di purezza ma anche di trasformazione, è un colore che “attende” una mutazione, che dal “vuoto” passa poi al colore del “pieno” -rosso-, che si lascia colmare e liberare, che satura e tace. “Dal momento che le paure del passato sono collegate alle funzioni del corpo, esse riappaiono attraverso il corpo. Per me la scultura è il corpo. Il mio corpo è la mia scultura.” (Louise Bourgeois) La realtà del corpo è imprescindibile, è un dovere. Quello del portar via l’orma delle mie modelle calcando con le garze di gesso il loro corpo è un concetto che mi affascina e mi incanta. Perché il senso del tatto viene completamente coinvolto, soggiogato, addestrato. Stupore e sorpresa per la forma che si crea, che si stacca dal contorno della pelle, che brilla di bianco freddo rispetto al colore naturale della pelle nuda... L’accostare poi di queste “ombre bianche” ad oggetti reperiti per caso nei pressi di periferie, in boschi o riscoperti nella cantina - oggetti che sarebbero finiti nella spazzatura - a cui dare una nuova dimensione per me inaspettatamente coinvolgente, così da renderli inseparabili l’uno dall’altro, perché uniti da significati profondi ed intimi. Calchi che sembrano freddi, calmi, ma che celano un’anima. Inquieta. Come me. Inquietudine che rapisce il sonno e l’attenzione… E che può rivelare un’identificazione sottile, ma percepibile. Ma lo spettatore è chiamato a scegliere la controversia che più preferisce.


Consumptùs 2008 Calco su modella in garze di gesso mediche, barbecue arrugginito, stoffa, piedistallo in legno Veritas 2008 Calco su modella in garze di gesso mediche, foglie secche colorate, piedistallo in legno Era mio 2017 Calco su modella in garze di gesso mediche, valigia antica Remains 2011 Calco su modelli con garze di gesso mediche, piedistallo, contenitore in vetro, elemento in legno dipinto con acrilico nero, cenere Un invito il mio all’ascolto di un canto “bianco”, silenzioso; un canto che parla di vittime, soprusi, dolore muto. Un augurio “bianco” e puro di risalita, per tutti di riscoperta (un’emergenza dell’anima) per ricostruirci, per ascoltarci, per riflettere su noi stessi e su quanto oggi accade spesso nel silenzio e nella paura, intorno, purtroppo molte volte a nostra insaputa.


DANILO DI NUCCI

Danilo Di Nucci nasce ad Agnone nel 1980. Dopo la laurea in ingegneria elettronica svolge varie professioni tra cui, ovviamente, quella di ingegnere. Rimasto senza lavoro nel dicembre del 2014, rifiuta svariati incarichi nel settore delle energie rinnovabili per dedicarsi, con tempo e passione crescenti, alla fotografia. La decisione di passare al professionismo avviene nell’autunno del 2015 quando, assieme a Salvatore Cerimele, film-maker e pilota di droni, dà vita a “Le Iridi Digitali”, uno studio fotografico ubicato ad Agnone. Nato come fotografo paesaggista e amante dei grandi spazi, grazie anche ai suoi incarichi nel settore del real wedding, ha iniziato ben presto ad interessarsi alle persone attraverso un tipo di fotografia che abbraccia soprattutto (ma non solo) il reportage, dove naturalezza e autenticità, oltre ad essere requisiti fondamentali del suo modus operandi, si ritrovano anche nei suoi scatti. Le persone da lui ritratte non si vedono più belle ma, quasi a voler rendere omaggio al percorso artistico sopracitato, affermano che nelle sue fotografie si scoprono autentiche. Quello che sta per concludersi è un anno che segna un importante punto di svolta per Danilo e Le Iridi Digitali grazie alle collaborazioni avute con la sede centrale del Rotary International di Evenston, Rai1 e la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli. Oltre alla fotografia, sua principale attività, attualmente si occupa di film-making, storytelling e social media management.


La Serenità 2017 Fotografia digitale, carta fotografica cm 150x100 Il Tormento 2017 Fotografia digitale, carta fotografica cm 150x100 Contrasti è un’opera creata appositamente per “Ferm-ARTI” ed è composta da due grandi fotografie: una a colori e l’altra in bianconero da osservare l’una accanto all’altra. Nella visione dell’autore, infat-

ti, non può esistere la donna serena senza quella tormentata in quanto il fine ultimo dell’opera è quello di mostrare come si trasformi il volto di una donna a seconda del suo stato d’animo, a testimonianza del fatto che, ancor prima di essere fisica, la violenza sulle donne è soprattutto mentale. Il femminicidio, pertanto, è visto come un atto brutale che, ancor prima delle percosse, nasce infliggendo pesanti ferite nell’anima.


dMake

dMake nasce a Roma nel 2014 per opera di quattro giovani architetti: Gaetano De Francesco, Giuseppe D’Emilio, Rosamaria Faralli e Denise Franzè, che si riuniscono con l’intento di fondare uno spazio interdisciplinare capace di coniugare l’arte, l’architettura e il design con le nuove tecnologie. Nel cuore del quartiere Monti, dMake sviluppa progetti di architettura, design, organizza eventi d’arte e corsi di formazione sull’utilizzo delle stampanti 3D. Partecipa a diversi concorsi di architettura, ottenendo premi, riconoscimenti e pubblicazioni su riviste di settore. Nel campo del design progetta elementi di arredo innovativi realizzati attraverso l’impiego della tecnologia della stampante 3D. Dal 2015 organizza eventi artistici finalizzati alla promozione di giovani artisti nazionali e internazionali. Tra gli eventi promossi all’interno dello spazio espositivo dMake figurano la mostra San Pietrone, facente parte del progetto dStrati, finalizzato ad avvicinare gli artisti alla tecnologia della stampante 3D; nel 2017, in occasione della manifestazione Open House Roma, a 40 anni di distanza dalla pubblicazione di quello che per molti è definito l’album per antonomasia del punk, dMake realizza la mostra site specific pAnk_Punk Anniversary, dedicata al movimento punk, mediante l’impiego di stampanti 3D, tecniche classiche di scultura, illustrazioni digitali e collage fotografico. Nel 2017, in collaborazione con Street Art Gallery e in occasione del festival “Memorie Urbane”, promuove la mostra collettiva sul tema della street art, che vede la partecipazione di numerosi artisti internazionali. Sempre nel 2017, a cura di Davide Rossillo, dMake ospita la prima mostra personale in Italia del giovane artista polacco Daniel Chazme.


Rip_49 2017 Legno verniciato Rip_49 è un’opera commemorativa dedicata alle numerose vittime del femminicidio. 49 elementi verticali che si ergono da terra e che manifestano l’assenza della vita. Volumi semplici e puri che alludono a quella purezza recisa prima del tempo, non più libera di esprimersi. Un’opera che indaga il concetto di irreversibilità degli atti di violenza e il senso di impotenza che opprime l’animo umano. Il fattore tempo, tanto breve quello impiegato dal carnefice per uccidere, eterno quello per commemorare la perdita di una persona, ne enfatizza la drammaticità.


FaRo Image

Rosamaria Faralli, architetto e fotografa, fonda nel 2014, con tre suoi colleghi nel centro storico di Roma, lo spazio interdisciplinare dMake che si divide tra Architettura - Arte - Design. Pronipote dello scultore italiano Antonio Venditti, esponente del Gruppo Sud e del M.A.C. (Movimento Arte Concreta), cresciuta in una famiglia di artisti, manifesta sin da bambina uno spiccato interesse per l’arte e la fotografia. Ha partecipato a numerosi concorsi, laboratori ed esposizioni oltre a maturare nel corso del tempo la sua ricerca, in campo fotografico, indirizzata alla decontestualizzazione del dettaglio architettonico ed al suo reinserimento all’interno di una nuova logica formale compositiva. Organizza e collabora alla realizzazione di vari eventi artistici all’interno dello spazio espositivo dMake art Gallery, come la mostra “San Pietrone” di Francesco Petrone, le collettive di Street Artists da tutto il mondo con Street Art Place di Gaeta e Memorie Urbane, e, sempre insieme a Street Art Place e Memorie Ubane, la mostra “Silence Perfect | Silenzio Perfetto di Chazme 718 solo show”. In occasione dell’Open House Roma 2017 dMake organizza all’interno dei suoi spazi una mostra dedicata ai 40 anni del punk e in questa occasione FaRo Image realizza, con i suoi tre colleghi, l’istallazione principale della mostra, che unisce Arte e Stampa 3D, oltre a realizzare 4 illustrazioni a tema. Nel 2017 prende parte, con la composizione fotografica Roma dei Venti, all’evento “Padiglione Molise” a cura di Giorgio Grasso, in occasione della “57esima Biennale di Venezia”. L’opera viene pubblicata nel catalogo “Padiglione Molise” di Terzo Millennio Editore.


No portraits 2014 Digital art serie di sei cm 56x40 No portraits indaga l’essenza dell’animo umano, esplorando il confine tra spirito e corpo fisico. Dietro ogni essere umano c’è un mondo che è sintesi, è fusione tra ciò che è immateriale e ciò che non lo è. Dietro ad ognuno

di questi sguardi si cela prima di tutto la vita. L’indefinito si vivifica nello sguardo, punto focale di ognuna delle sei composizioni, uno sguardo limpido, diretto e penetrante. Ognuna di queste donne osserva il proprio carnefice, in una dimensione di limbo tra l’essere e il non essere. Nei loro sguardi così vivi e lucidi è il desiderio di parlare all’anima.


VALERIO GALEONE

Valerio Galeone (VAGA), architetto, urban artist e maker, nasce a Grottaglie (TA) e si laurea nel 2013 in Architettura all’Università La Sapienza di Roma. Ha collaborato con lo studio AlvisiKirimoto and Partners e con Renzo Piano Building Workshop nel 2015. Ha realizzato interventi di urban art, in particolare a Sapri (SA) per il Festival OLTRE IL MURO ed il Centro sociale BAM. Nel 2015 con il gruppo nitrogroup e deltastudio ha progettato e realizzato un’installazione per il museo MAAM di Roma. Finalista del concorso YAP MAXXI 2016, ha esposto con il suo attuale studio di architettura deltastudio al MAXXI di Roma, al MOMA PS1 di New York. “La formazione artistica di VAGA si interseca pesantemente con quella accademica, l’artista italiano attraverso tratteggi, forme geometriche ed organiche elaborate con nastro, carta ed acrilici, affianca gli studi in architettura per portare avanti il proprio lavoro in strada, un’indagine che utilizza parti delle fasi di progettazione dove emergono direttrici e linee di costruzione atte qui però a ridefinire la superficie e l’aspetto degli edifici scelti come supporto visivo. Partendo quindi dalla struttura della parete (...), l’artista elabora pezzi che possono innestarsi alla perfezione e contemporaneamente cambiarne la conformità, un lavoro di smembramento ragionato atto a spazzare via ed a ridefinire e donare un nuovo aspetto più estroso e meno incanalato nei binari pre-scelti dall’architettura della struttura.” ilgorgo. com


Energia vitale 01 2017 Stampa digitale su tela cm 84x118 Energia vitale 02 2017 Stampa digitale su tela cm 84x118 Le due opere in mostra raffigurano due donne appena assassinate. L’immagine cruda dei corpi si astrae in un disegno a fil di ferro che modella le forme femminili smaterializzandole in energia vitale. Nella prima opera le direttrici energetiche modellano il corpo per poi divenire lampi che tuonano lo sdegno per il gesto appena compiuto. La seconda, ricordando la prospettiva del “Cristo morto” del Mantegna, rilascia l’energia in un’onda fluida, che avvolge ancora il corpo. Le due opere costituiscono un monito contro la violenza attraverso una rappresentazione multidimensionale della potenza vitale e generativa che la donna porta con sè, come madre, come figlia, come moglie.


SILVIO GIORDANO Silvio Giordano nasce il 27 novembre 1977 a Potenza. Vive e lavora tra Potenza e Milano. La sua ricerca si sviluppa attraverso videoarte, fotografia, installazione, scultura, performance, vj. I temi principali affrontano le previsioni catastrofiche legate all’idea di morte, la bellezza, la diversità dell’Io, la religione, la vanità la massificazione e la biologia. Il primo video dal titolo Escape viene selezionato da Peter Gabriel ed Oliviero Toscani ed entra nel DVD The Best of Capalbio Film Festival. La prima personale di fotografia dal titolo Deformography è del 2003, lo stesso anno in cui viene selezionato per il Festival Enzimi 03 Roma. È finalista della prima edizione del “Premio Terna”. Nel 2009 collabora al progetto Mammut dell’artista Robert Gligorov, con la partecipazione di Sting. Nel 2009 vince il “Premio Celeste 09/Fabbrica Borroni”. Il video vincitore dal titolo Packaging’s Life diventa virale sul web e viene richiesto per molti eventi internazionali, tra cui la “Biennale di Videoarte in Corea”, presso il Sungkok Art Museum, curata da Kim Rachel Jinsub, il festival Videoformes in Francia e partecipa alla mostra “Latitudini/ Longitudini” presso la Galleria Michela Rizzo di Venezia. Nel 2010 vince il REWF Roma Europa Web Factory - Opificio Telecom-Rome-Italy e viene premiato da Pio Baldi. Nel 2011 viene invitato alla mostra “EAT ART” a Milano, New York e all’Istituto di Cultura Italiano a Los Angeles. Segue “Nemeton” alla Villa Annoni di Milano, a cura di Nila Bonetti e “Spazi aperti” all’Accademia di Romania a Roma. Nel 2012 prende parte a diverse mostre tra cui “16.9 Videoarte”, “PhotoReload”, “Thirteen Light Movies …di luce propria”. Nel 2013 realizza due mostre personali a Firenze: StadioDrome presso la Galleria Corte Arte Contemporanea e The Silver Mirror allo Spazio DNAXX Residenza Famiglia Cavalli. Nello stesso anno prende parte alla mostra “Things” presso TAF The Art Foundation di Atene, insieme a Jan Svankmajer e Fischli & Weiss. Partecipa alla mostra “Sport Your Food” al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano. Nel 2014 vince il Primo “Premio RAI e Camera di Commercio”. Nel 2015 prende parte alla kermesse culturale “La Milanesiana” ideata e organizzata da Elisabetta Sgarbi presso la Fondazione del Corriere della Sera a Milano. Partecipa alla mostra internazionale “INDIGESTUM” presso Palazzo Bottigella Gandini a Pavia a cura di Valerio Dehò e nello stesso anno espone al museo MUDEC di Milano per la mostra istituzionale THE FUTURE OF ITALY. Nel 2016 realizza il film “The Prince of Venusia”, sulla musica e i tormenti del madrigalista Gesualdo Da Venosa. Nel 2017 gli viene commissionato dal Comune di Satriano di Lucania la realizzazione di un monumento pubblico in bronzo per la città dal titolo “il Rumita”, e viene pubblicata la sua prima monografia cartacea sulla rivista Or Not 13, prodotta dalla Galleria Gilda Contemporary Art di Milano.


100% NO AL FEMMINICIDIO 2017 Video art di Silvio Giordano e Dario Molinari 100% No al Femminicidio è un video a metà tra videoarte e comunicazione sociale. La bambola di Barbie è da sempre il simbolo di una certa bellezza femminile stereotipata ed è anche la rappresentazione della donna nei giocattoli. Vediamo una Barbie che si dissolve lentamente fino ad annullarsi. Si scioglie come sotto l’azione di acido muriatico. Il dissolvimento dell’essere è soprattutto interiore che esteriore. La violenza tramuta la donna in un oggetto da usare a piacimento come una bambola. Il suono assordante del video è la simulazione dell’Acufene cioè il ronzio che sentiamo all’orecchio quando prendiamo un colpo forte alla testa.


KICK

KICK_Giuseppe D’Emilio nasce a Potenza il 27 Giugno 1986. Si diploma nel 2006 all’Istituto Statale d’Arte di Potenza e intraprende gli studi alla Facoltà di Architettura La Sapienza di Roma, dove si laurea nel 2013. La sua ricerca artistica affonda le radici nelle stampe giapponesi, passando per l’opera di Toulouse-Lautrec, fino ad arrivare a Jean-Michel Basquiat e Keith Haring. Altre forme d’arte che influenzano il lavoro dell’artista sono movimenti come la street art e il graphic design. L’opera di D’Emilio cerca di trovare una commistione visiva tra gli artisti citati, mentre le idee nascono da una ricerca vorace, attraverso testi, riviste, mostre, il tutto condito con una pungente vena ironica. Nel 2011 tiene la sua prima mostra presso il Caffè Letterario di Potenza, ottenendo un grande consenso, al termine della quale viene realizzato un servizio curato de Oreste Lopomo e trasmesso sui canali Rai. Dopo la sua prima personale D’Emilio inizia a orbitare tra gli artisti della galleria d’arte contemporanea Memoli. Prende così parte per due anni alle collettive “Schegge_Movimenti e percorsi dall’inizio del 900 alla POP-ART” tenutesi nell’estate del 2012 e 2013 nel centro storico di Maratea (PZ). Sempre nel 2013 una sua opera viene scelta per essere esposta nella galleria Come Se di Roma per la serata evento “Open Mind Roma” che vede come protagonista Allan Wexler. Nel 2014 vince il contest per artisti indetto da Dominio Pubblico, “All In-Chiamata alle arti”, realizzando così una personale al Teatro Argot Studio di Trastevere. Nel 2014 realizza un murales in occasione del workshop “Sotto il viadotto”, organizzato dal gruppo G124, guidato dall’architetto Renzo Piano presso il cavalcavia Dei Presidenti a Roma. Negli anni ha collaborato e realizzato diverse illustrazioni e cover per la rivista online ON/OFF MAGAZINE. Nel 2016 inaugura insieme ai tre soci (G. De Francesco, R. Faralli, D. Franzè) lo spazio ibrido dMake. Qui ha organizzato diverse mostre collettive e personali. In occasione dell’Open House Roma 2017 dMake organizza all’interno dei suoi spazi una mostra dedicata ai 40 anni del punk e in questa occasione D’Emilio partecipa all’ideazione e realizzazione dell’istallazione principale della mostra oltre a realizzare 4 illustrazioni a tema. Nell’ultimo periodo la ricerca dell’artista continua ad evolversi, ispirandosi ad antiche incisioni vittoriane e approcciando al collage. I suoi nuovi lavori indagano la natura umana, attraverso una vena mistica ed esoterica. Questo percorso artistico si discosta dai vecchi lavori accesi e colorati, dando così un calcio a tutto ciò che è stato. Il nome KICK, con il quale ora si identifica l’artista, significa letteralmente “calcio” e sta proprio ad indicare un nuovo corso, una nuova ricerca, un calcio al passato.


Today is the day 2017 Tecnica mista su supporto in legno serie di tre cm 80x80 Il primo Dio in terra era donna. Dio è il creatore di tutto. Chi meglio della donna reincarna il ruolo di generatrice e simbolo di vita. Oggi la donna è considerata da molti “uomini” un mero oggetto con cui fare ciò che si vuole, fino ad arrivare a toglierle la propria dignità, la propria vita. “Cos’è una donna? La strut-

tura deambulatoria di una fica” (Stephen King “Il gioco di Gerlad”). Nelle menti piccole il diverso e il superiore rappresentano una minaccia, la donna appare quindi come una minaccia, ed è vittima dell’odio e della rabbia. E...oggi è il giorno... Il giorno in cui la donna (Dio) reclama tutto, il giorno in cui le urla strazianti femminili si trasformano in lacrime d’oro. “Il mondo sarebbe un posto di merda senza le donne. La donna è poesia. La donna è amore. La donna è vita. Ringraziale, coglione!” (Charles Bukowski).


MAURO MAGNI

Pittore italiano (Roma, 1962), dal 2008 risiede a Trevignano Romano, luogo che ha segnato una svolta significativa nella sua pittura espressa nel ciclo delle Montagne ed ispirata alla locale montagna di “Rocca Romana”. Il suo lavoro si esprime con l’uso di tecniche miste, collage e stratificazioni delle superfici, metafore della memoria. Nella sua ricerca pittorica e ceramica Magni affronta l’indagine introspettiva del sé. Le Torri babeliche, gli Incendi, i Reliquiari smaltati, divengono luoghi onirici e metaforici, pretesti per un’accusa contro i mali dei nostri tempi. Nelle ultime opere, preghiere mantra e lettere caotiche compaiono come simboli della confusione odierna e suggeriscono spunti per una riflessione. Tra le ultime partecipazioni: la personale “Limes Human Land Scapes” nel 2011, a cura di A. G. Benemia, presso lo Spazio Mirionima di Macerata; “Seguendo il cammino di Marco Polo”, ad Hangzhou (Cina) e a Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa; la personale “VISUS” a L’Avana nell’ambito della “XIV Semana de la Cultura italiana” su invito del Centro L. Di Sarro e dell’Ambasciata Italiana a L’Avana; nel 2012 la mostra “AL BUIO”, nell’ex Lavanderia dell’ex Manicomio di Roma, a cura di P. Pancaldi; “Reset” e “Sacro Fuoco”, due grandi opere site-specific presso il MAAM di Roma, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, progetto curato da G. de Finis così come “Insieme” del 2015, opera corale degli artisti del MAAM, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella. È del 2015 la significativa personale “Con i propri occhi” alla Philobiblon Gallery di Roma curata da S. Aslan, stesso anno in cui a Viterbo sulle facciate del rinascimentale Palazzo Perotti dipinge “MARTE (GAZA)”, a cura di A. Rocca e G. M. Cervo. Nel 2015 è ancora invitato in Cina per la residenza artistica “On One Belt and One Road” ed espone presso il “Ningbo City Exibition” e il “Jiangbei Art Culture Center”. Una sua opera è in collezione permanente al DIF, Museo Diffuso di Formello, a cura di G. de Finis. Nel 2016 partecipa alla IV Biennale di Viterbo. Espone poi a “Machina.Scriptoria-Screib.Maschine”, mostra curata da P. Pancaldi presso il Museo delle Macchine da Scrivere di Parcines (BZ); nello stesso anno realizza con A. Colagrossi e V. Pennacchi la grande installazione “Pranzo domenicale - Del precipitare, della dissoluzione”, a cura di F. Benincasa presso la chiesa sconsacrata di S. Francesco a Velletri (RM). Nel 2016 è ad “Arteporto” a cura di S. Polo e S. Calvarese nel Parco Archeologico dei Porti imperiali di Claudio e Traiano a Fiumicino (RM), poi a “Rompete le righe”, Palazzo Majnoni Guicciardini, e ad “A tu per Tour”, Ex Cartiera Latina, Roma, degli stessi curatori. Nel 2017 realizza la “Gayatri Room #3” presso il MOMA Hostel di Roma. Ad agosto è nell’ex carcere di Montefiascone (VT) per “Face to Face - The maieutic machine” di G. de Finis. Ad ottobre 2017 è invitato a Cosenza da A. Dambruoso alla residenza artistica internazionale BoCS Art. Nel novembre 2017 espone a Melfi, nel Museo Civico Palazzo Donadoni, con la personale “Finis Terrae” curata da R. Nigro.


Peccato originale 2017 Acrilico su tela cm 150 x 120 L’opera realizzata vuole raccontare il conflitto tra l’ Uomo, rappresentato da un Fuoco Nero distruttore, e la Donna, raffigurata da un cerchio di Fuoco Bianco che assume anche la forma del simbolo del femminile, del pianeta Venere e del rame dal quale prende il colore. Questo antico conflitto, in atto fin dall’origine dei tempi, si estremizza sfociando nell’immane tragedia del femminicidio svelando tutta la violenza e la fragilità maschile. Sullo sfondo, un atto di dolore cancellato, diviene icona di fallimento e dell’incapacità dell’Uomo di far fede alle proprie promesse, nonostante i “pentimenti” e l’ appartenenza ad una cultura religiosa che però non riesce ad evitare i delitti dei suoi figli.


FRANCESCO PETRONE

Francesco Petrone (Foggia 1978) vive e lavora a Roma. Si laurea con lode nel 2002 presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia, con tesi sugli Anti-Eroi seguita dal Professore e Artista Giovanni Albanese. Per anni lavora come scenografo, attualmente è docente presso il Liceo Artistico Argan di Roma. Artista, scultore, lavora con ironia, fragilità, a volte cinismo, sul rapporto tra società e cultura popolare contemporanea, costruendo un immaginario fatto di controsensi, provocazioni e citazioni. Una ricerca artistica che negli ultimi anni lo porta ad operare con materiali industriali: preminentemente cemento armato, ma anche ferro, resine, ottone, stagno; materiali con i quali racconta una visione della cultura italiana e occidentale attraverso progetti che mantengono un medium comune, ma che approfondiscono tematiche diverse. Il cemento armato inteso come “carne e ossa”, rapportato alla durata e caducità della vita umana stessa. Materiale che, se non mantenuto, subisce una lenta evidente usura, ricolmo di cicatrici e decadenza, rapportabile appunto all’arco temporale umano. Materiale che affascina l’artista, per estetica, cruda, sintetica, imprecisa, ma forte. E per il suo procedimento produttivo, quasi biblico: una roccia fatta polvere, che torna roccia. Le ricerche di Petrone sono confluite recentemente in una serie di esposizioni, come quelle per il MAAM, Il Museo Diffuso di Formello, il Museo Crocetti, la Galleria Curva Pura di Roma, il Museo Omero di Ancona, la Galleria di Arte Moderna di Perugia ed il Museo d’Arte di Catanzaro. L’ultima sua opera, Monumento ai Decaduti, è stata collocata nella Piazza Bologna di Roma il 20 luglio 2017. L’ultimo e significativo progetto Amen, è costituito da dodici sculture prevalentemente in cemento, tra queste Souvenir da una Croce, che racconta la mercificazione dei simboli della fede umana, pubblicata nel volume Volgeranno lo sguardo, la Passione di Gesù: Vangeli, Storia, Sindone, Iconografia (Lateran University Press, Città del Vaticano, 2017). La narrazione di Petrone è concentrata sugli usi e (cattivi) costumi italiani. Un vivere fatto di scaramanzia, fede, incoerenza, violenza. Il processo è quello “fotografico”, ovvero della realizzazione di sculture contenenti micro-storie, completate dal titolo, che diventa didascalia e parte integrante della stessa opera. Le ultime ricerche lo portano a mettere in dialogo il cemento con altri prodotti: pane, verdure, muffe, terra, tessuti realizzati a mano. Fotografie scultoree evocative, richiamanti la rappresentazione quotidiana o la iconografia biblica. Le opere di Francesco Petrone esprimono la ricerca di quello che c’è oltre il tangibile quotidiano, aprendo una finestra al di là del tempo che scorre, oltre il cemento e la materia, oltre le forme che possiamo assumere, collegando la caducità dell’uomo con l’incorruttibilità di Dio, in un movimento corale in cui l’immagine diventa domanda a cui può rispondere solo lo sguardo dell’osservatore. Testo di Roberto Luciani.


Adamo AD Eva 2017 Cemento armato cm 75x8 L’opera è costituita da una colonna vertebrale lunga 75 centimetri (lunghezza media di un essere umano), al cui lato sinistro, all’altezza del cuore, è posizionata un’unica costola, rappresentazione dell’atto di forza di Adamo nel riappropriarsi della costola generatrice, di cui era stato privato. Un gesto dimostrativo di “Adamo” che AD “Eva”, toglie ciò che in origine ha donato per la sua creazione. Ogni storia di violenza femminile, spesso nasce da un amore. Un amore finito. La storia di un uomo che, ad amore consumato, si riappropria della propria “costola”, posizionandola sul petto. Come una medaglia, come il trofeo che demarca la linea tra amore e supremazia, tra sacrificio e sopruso.


MICHELA MARIA PIZZI

Michela Maria Pizzi è un’illustratrice e graphic designer. Nasce nel 1990 a Miranda, un piccolo paesino sulle montagne che guarda dall’alto la città di Isernia. Sin da bambina si appassiona al disegno, un tratto che distinguerà tutta la sua adolescenza e maturità. Non a caso, dopo aver conseguito la maturità scientifica senza mai allontanarsi dal richiamo del disegno, studia Illustrazione e Animazione Multimediale all’Istituto Europeo di Design di Roma, diplomandosi nel 2012. Spinta dalla passione per la grafica e dal desiderio di ampliare le sue conoscenze, prosegue i suoi studi all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino, diplomandosi nel 2014 in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva. Amante dell’arte in tutte le sue forme espressive e vogliosa di crescere professionalmente, due anni dopo, e sempre all’Isia di Urbino, conclude il suo percorso di studi, conseguendo anche il diploma biennale in Grafica delle immagini ed Illustrazione. Allieva di Riccardo Mannelli, Giuseppe Palumbo e Gianluigi Toccafondo, adora il disegno digitale e il video making, ma non la troverete mai senza un quaderno e una penna a sfera. Poliedrica ed eclettica, è un’attenta osservatrice della realtà che ci circonda in tutte le sue sfaccettature e al tempo stesso una sognatrice spietata. Le sue opere ritraggono istanti di vita reale o sognata e colgono istinti ed emozioni che spesso tendiamo a celare e, proprio per questo, finiscono con l’essere i più sinceri ed umani. Tanto nella schiettezza del reale quanto nell’allegoria del sogno. Nelle sue opere diventa, così, difficile discernere la verità fattuale dall’illusione del mondo immaginifico. Realtà e illusione si fondono. Esattamente come avviene nella vita più profonda e più ardentemente vissuta perché, come diceva Marcel Proust, “se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo”. Il suo stile, caratterizzato da forme decise e tinte piatte, esprime al meglio l’universo che è tutto raccolto nelle sue opere. Amante della natura e della lettura, attualmente vive e lavora a Santa Marinella (Roma).


Nina 2017 Digital painting cm 70x100 Anna 2017 Digital painting cm 70x100 Rita 2017 Digital painting cm 70x100 Luna 2017 Digital painting cm 70x100 Le illustrazioni esposte durante l’evento Ferm-ARTI ritraggono giovani donne e portano i loro nomi. Sono donne bellissime e vulnerabili. Le loro pose comunicano la forza e la sensibilità che le contraddistinguono. Si tratta di disegni digitali con tinte piatte e forme decise e l’atmosfera è un mix tra il fiabesco e la realtà. Una realtà quotidiana, spaventosa e tragica come quella del femminicidio. I volti di queste donne esprimono tragedia e rassegnazione, paura e speranza in una via d’uscita. La violenza sulle donne umilia donne e uomini e c’è bisogno di apertura ed attenzione per affrontare questi pezzi di vita che ci riguardano. Non essere cattivi non basta.


ILARIA PRIMERANO

La necessità di raccontare la magnifica illusione del sogno e mescolarla con il reale è la forma di espressione di Ilaria Primerano, nata ad Isernia nel 1992. Si trasferisce a Milano e si laurea allo IED, Istituto Europeo di Design, al corso di fotografia con specializzazione in fotografia di moda. Il suo interesse si dirama dalla fotografia artistica a quella di moda, cercando di legarle insieme, sviluppando così un nuovo punto di vista. “La fotografia è per me un luogo di contaminazione, un modo per intrecciare linguaggi, è importante riuscire a contagiare la fotografia con le arti e con altri mezzi di comunicazione. Ho scelto la fotografia perché è credibile. Per cui, il mondo che si inventa, ma che si propone fotograficamente, per accezione comune, è stato davanti all’obiettivo e quindi è reale. A me piace lavorare sul verosimile. Sull’illusione. Mi sono accorta da subito che non riuscivo ad andare in giro e fotografare quello che avevo intorno, era come se non vedessi le cose che mi circondavano. Mi piaceva vedere oltre la patina della realtà. Sono una sorta di costruttrice di realtà immaginate. La fotografia è per me uno strumento terapeutico, un tutt’uno con la psicologia, un mezzo che permette di comunicare e di emozionare senza l’utilizzo della parola. Ho quindi iniziato a parlare e a conoscermi attraverso di essa. Sono alla continua ricerca del “perché”, amo dare un significato alle mie foto sviluppando uno storytelling molto accurato per ogni progetto e per questo mi definiscono precisina e risoluta”.


UNDERPRESSURE Safe and Sound 2016 Stampa Fine Art serie di otto cm 42X30 UNDERPRESSURE, nato nel 2015, è un progetto attraverso cui ho utilizzato la fotografia a scopo terapeutico per cercare di “risorgere” da un profondo periodo di buio causato da una serie di avvenimenti di attacchi di panico. Con Starving for Air, primo capitolo dell’opera, ho cercato di mettere in scena quelle sensazioni di soffocamento provate durante quegli interminabili e terribili momenti, ma soltanto l’anno seguente con Safe and Sound, secondo capitolo qui esposto, decisi di prendere la situazione in mano e cercare piano piano di venirne fuori. Scavarmi dentro per poi buttare tutto fuori, cosa non facile ma necessaria. Così scelsi di ironizzare questi miei demoni, di sdrammatizzarli e renderli buffi o addirittura banali, per meglio esorcizzare la paura.


SARA QUIDA

Sara Quida è originaria di Orosei (Isola di Sardegna). È lì che trascorre gran parte della sua vita e che, sin dalla sua infanzia, mostra interesse e passione per diverse discipline artistiche, tra le quali la danza, la scrittura, la fotografia e successivamente la pittura. Nei suo dipinti possiamo vedere chiaramente l’influenza che l’Isola esercita, come pure l’attenzione quasi ossessiva per tematiche sociali delicate quali l’abbandono, la violenza, l’emarginazione, la morte, l’amore, la follia. Nel suo percorso è sempre stata accompagnata da una scrittura piena di sfumature poetiche, dai diari dove annota tutto ciò che il suo sguardo fotografico capta, uno sguardo che va oltre l’inerzia delle cose fisiche, uno sguardo profondo che cattura istantanee di emozioni. Emozioni, queste, vissute intensamente anche con la danza, in particolare con il tango argentino nel cui abbraccio si compie una perfetta sincronizzazione emotiva, una speciale connessione tra Sara e il mondo esterno dove, come dice lei, “ruba le emozioni” per poi plasmarle con il colore su tela. È nel 2009 che Sara Quida intraprende un intenso e arduo viaggio itinerante nella ricerca e nello studio del colore e della materia, guidata da un desiderio urgente di raccontare attraverso il suo stile informale o astratto il complesso mondo delle emozioni, un viaggio in cui ancora oggi Sara “deambula”. Sara Quida mostra un crescente interesse per l’arte contemporanea, in particolare per la corrente informale, ma resta sempre influenzata e nutre grande rispetto per le precedenti correnti artistiche, soprattutto per i maestri del Rinascimento e dell’epoca Barocca, con particolare attenzione alle grandi opere di Caravaggio. La sua ricerca artistica si fa sempre più profonda e orientata verso una pittura sensoriale. Essa crea la giusta fusione fra colore e materia, dove l’espressione delle emozioni prende forma e rilievo esaltata da una gestualità feroce, istintiva e liberatoria. La forza dei suoi dipinti sta nel movimento e nel dinamismo attraverso un uso sapiente del colore. Sara Quida realizza esposizioni personali, partecipa ad estemporanee di pittura ed installazioni en plein air e a importanti mostre personali e collettive a livello nazionale ed internazionale. Nelle regioni italiane in Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna, Molise, Veneto, Sicilia, e Sardegna e all’estero in Croazia, Spagna, Francia, dove ha collaborato al progetto “Hotel 128” Street Art City nella cittadina di Lurcy Levis, ricevendo riconoscimento e approvazione di pubblico e critica. Le sue opere si trovano in numerose collezioni private in Italia, Spagna, Francia, Slovenia, Olanda e Australia. Attualmente vive e lavora a Vasto (CH) e alterna periodi di residenza e lavoro a Vic (Barcellona) e a Lurcy Levis (Francia) dove prepara sue mostre personali e partecipa a mostre collettive con artisti locali.


La Vittima 2017 Olio su cartoncino, su supporto di legno multistrato cm 72x101 Il Carnefice 2017 Olio su cartoncino, su supporto di legno multistrato cm 72x101 Con queste due opere dai cromatismi uguali, ho voluto interpretare con tecnica astratta i protagonisti principali del femminicidio: il carnefice e la vittima (Graffi d’Amore), dove in questo caso la vera vittima è il carnefice. La scelta dei colori è la stessa, cambia la forza e il movimento dinamico delle opere, in cui nel caso del Carnefice il suo supporto è “appesantito” da frammenti di vetro a simboleggiare la fragilità dell’uomo. È noto che il femminicidio sia un fenomeno che non ha tempo e non ha età. Non ha territorialità, non ha categorie, non è frutto di emarginazione, non appartiene ad un basso ceto sociale. Questo atto violento compiuto allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità della vittima, trova terreno fertile in quelle dinamiche della coppia in cui la convivenza diventa degenerativa.


ALBERTO TIMOSSI

Alberto Timossi (Napoli 1965) si è formato fra Genova e Carrara, dove ha frequentato l’Accademia di Scultura. Vive e lavora a Roma. Dopo un interesse per la pietra, che lo porta a partecipare al Simposio Internazionale di Scultura di Wei-Hai, Cina (1993) e di Horice, nella Repubblica Ceca (1994), volge il suo interesse verso la scultura in ferro, in particolare realizzata in tondini e tubi, che lo portano a esporre nella Plaza Gallery di Tokyo (1997 e 2000), nel “Periplo della scultura italiana contemporanea” presso le chiese rupestri di Matera (2000), nella rassegna “Giovani artisti all’inizio del nuovo millennio” presso il Chiostro del Bramante di Roma (2000), all’Accademia Nazionale di San Luca (2002) e nel parco dell’Albornoz Palace Hotel di Spoleto (2003) con un’opera stabile di grandi dimensioni intitolata Largo gesto. Successivamente dedica la sua attenzione alle capacità espressive del tubo industriale, realizzando inserimenti nel tessuto urbano che chiama Innesti. Sculture e installazioni site specific sono realizzate nel 2006 nel cortile della Fondazione Pastificio Cerere di Roma (Innesti) e nel 2008 nella Galleria Tralevolte di Roma e nel Musma di Matera (Parti del discorso). Spinto dall’interesse per le capacità espressive della scultura sonora, realizza interventi con il musicista elettroacustico Simone Pappalardo e si serve di azioni di danza contemporanea per realizzare performance quali Anywhere nella Galleria Trebisonda di Perugia e successivamente nel Teatro Furio Camillo di Roma (2005), Crisalide presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma (2009) e Variazioni sull’albero nel Conservatorio Respighi di Latina (2012). Nel 2010 espone una serie di Innesti-stele in una personale nella Casa dell’Architettura presso l’Acquario Romano. Nel 2013-14 espone nella Collezione Manzù di Ardea una serie di sculture dal ciclo Flussi e, nel 2014, una grande mostra intitolata Flussi: il rosso, il giallo, lo vede impegnato nel medioevale palazzo dei Consoli di Gubbio. È presente nelle prime tre edizioni della Biennale di scultura di Piazzola sul Brenta (2013, 2015, 2017) dove le opere si inseriscono nel parco e sui canali della storica Villa Contarini. Nel 2015 espone un trittico di grandi dimensioni nel parco di Beelden in Gees, in Olanda, e alla sesta Triennale di scultura di Bad Ragaz, in Svizzera. Negli ultimi anni la scultura ambientale è al centro della sua ricerca. In Illusione, un grande tubo arancio lungo 75 metri simula l’attraversamento delle Cave Michelangelo di Carrara (2015) e soprattutto in Fata Morgana/Dentro l’Antropocene (2017), un insieme di 33 tubi galleggianti su un laghetto glaciale del Monte Rosa, a 2722 metri di quota, l’artista dichiara il suo allarme per l’ambiente modificato dall’uomo e dai cambiamenti climatici in atto.


Vacuum 2016 PVC cm 205x40 Vacuum è una scultura composta da due elementi sovrapposti che si elevano per oltre due metri di altezza, presentandosi con due facce differenti fra loro. Il retro, come un guscio che protegge, è liscio e convesso, mentre il fronte, concavo, è solcato da volumi e cavità longitudinali mossi e deformati. L’opera pare l’ingrandimento di un’arteria, un organo strappato dal corpo. Il rosso sanguigno che l’avvolge è passionale. Il vuoto all’interno della scultura è segnato dallo scorrimento di una linfa vitale che si è interrotto. Si tratta di un frammento che segnala la mancanza di una parte importante dell’esistenza e si manifesta come una ferita.




PROGRAMMA


SABATO 25 NOVEMBRE

I 17:00

INAUGURAZIONE: PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA E DEL MURALES Intervengono: Amministratori COMUNE DI ISERNIA ROSAMARIA FARALLI Co-fondatrice dello studio dMake - promotore dell’evento SERENELLA SÈSTITO Pres. Ass. Ti Amo da Morire Onlus a seguire SPETTACOLO MUSICALE MARILYN AND THE WILDWOOD FLOWERS

SABATO 9 DICEMBRE

I 18:00

GENERE: “SPESSO, OLTRE L’APPARENZA, C’E’ LA VIOLENZA. QUANDO L’AMORE UCCIDE” Tavola rotonda con: SERENELLA SÈSTITO Pres. Ass.Ti Amo da Morire Onlus SARA NINI Avv. e Pres. A.I.G.A ISERNIA “ANTONIO DI ROLLO” FRANCESCA CAPOZZA Psicologa e Criminologa In sala l’ AVV. MARIA FANELLI, segretaria e tesoriera dell’Ass. Ti amo da Morire Onlus, fornirà delucidazioni a quanti sentiranno la necessità di approfondire l’argomento in termini legali.

MONOLOGO TEATRALE “IO CHE AMO A MODO MIO”

a seguire SPETTACOLO MUSICALE LINO RUFO Canzoni contro la violenza

adattamento teatrale a cura di ASIA FRANCESCHELLI

VENERDI’ 22 DICEMBRE I 18:00

DOMENICA 17 DICEMBRE I 18:00 INCONTRO CON L’ASS. TI AMO DA MORIRE ONLUS - CONTRO IL FEMMINICIDIO E LA VIOLENZA DI

CONFERENZA : “VIOLENZA DI GENERE: LA SITUAZIONE IN MOLISE TRA NORMATIVA E INTERVENTI DI PREVENZIONE SUL TERRITORIO”

a cura della DOTT. SSA GIUDITTA LEMBO Consigliera uscente di Parità della Regione Molise

VENERDI 29 DICEMBRE

I 17:00

FINISSAGE E SALUTI Intervengono: Amministratori COMUNE DI ISERNIA MICHELA LOMBARDI Graphic designer e promotrice dell’evento TOMMASO EVANGELISTA Critico d’arte PRESENTAZIONE CATALOGO FERM-ARTI TERZO MILLENNIO EDITORE SIGMA STUDIO a seguire SPETTACOLO MUSICALE FRIDA NERI La bellezza salverà il mondo: dove la violenza nasce dall’incapacità di esprimere, l’arte viene a liberare appassionatamente


25 NOVEMBRE.ORG

Stop Violence Against Women


Nell’evento Ferm-ARTI confluisce “25 novembre.org Stop Violence Against Women”, il progetto artistico con cui Memorie Urbane ogni anno celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, unendosi alla campagna di sensibilizzazione sul tema promossa dalle Nazioni Unite. Il portavoce dell’impegno di Memorie Urbane per l’anno 2017 è ALANIZ, artista argentino classe 1984, originario di Mendoza, che dal 16 al 26 novembre ha realizzato nei comuni di Fondi, Terracina, Minturno, Isernia e Pontinia cinque splendidi murales dedicati alle donne. Quello per la pittura è un talento che in Alaniz si manifesta precocemente, già dall’età di 10 anni. Nel 2011, in seguito ad un trasferimento a Berlino, sperimenta l’approccio artistico in strada, inizialmente tramite la poster art e dipingendo in luoghi abbandonati, e successivamente creando murales di grandi dimensioni. L’arte di Alaniz è diretta, d’impatto, una forza benefica che mira ad opporsi alle brutture del mondo. Il 18, 19 e 20 novembre 2017 l’artista giunge ad Isernia per realizzare il murale intitolato Minerva Mirabal, su una delle pareti dell’Auditorium Unità d’Italia, prospiciente via Giovanni XXIII. Minerva Mirabal de Tavárez è una delle tre sorelle Mirabal, conosciute anche come “Las Mariposas” (Le Farfalle), assassinate da ordini diretti del dittatore della Repubblica Dominicana, Rafael Leónidas Trujillo, il 25 Novembre 1960. Nel 1999 questa data viene designata dall’ONU come la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in ricordo del brutale assassinio delle tre sorelle, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Trujillo, che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre trenta anni. Minerva, che studiò legge e che nel 1949 rifiutò le avances romantiche di Trujillo, rifiuto per il quale le fu negata la licenza per esercitare la professione di avvocato, era la più vocale e radicale delle figlie di Mirabal e fu arrestata e molestata in varie occasioni su ordini del dittatore. Essa affermò: “È una fonte di felicità fare tutto ciò che può essere fatto per il nostro paese che soffre così tante angosce: è triste stare con le braccia incrociate”. L’opera realizzata da Alaniz, che riqualifica uno dei muri dell’Auditorium Unità d’Italia, è stata dedicata al ricordo dell’isernina Stefania Cancelliere, uccisa nel 2012 per mano dell’ex marito.




SPETTACOLO Gli artisti


MARYLIN AND THE WILDWOOD FLOWERS I Il duo musicale “Marilyn and THE wildwood Flowers” nasce nel 2016 con l’intento di rivisitare e proporre, in un territorio che ha tutt’altra storia musicale, il genere “Southern Gospel”. L’idea in merito e la profonda amicizia e stima tra Vincenzo Roccia, chitarrista e armonicista, e Marilina Rago, cantante, ukulelista e percussionista, entrambi componenti della suddetta band, hanno portato quest’ultima, seppur giovanissima, a raffrontarsi in vari luoghi e situazioni interessanti. Per l’evento Ferm-ARTI, si è aggiunto Claudio Amodei, armonicista, cantante e trombettista.

ASIA FRANCESCHELLI I

Nata ad Isernia il 19 novembre 1993, vive a Napoli dove studia Storia dell’Arte all’Università Federico II. Attrice di prosa, approfondisce gli studi di recitazione con la Compagnia Teatrale Cast di Isernia, con cui attualmente lavora.

LINO RUFO I Artista attivo da due ventenni. ’78 registrazione Notte Chiara con Naples Power . ‘79 Laura G, Amore in manicomio e Fa’ che mi telefoni; effettua tour con Pooh e Vasco Rossi; passaggi TV a L’altra Domenica; video clip Figlio d’Amore di Enzo Trapani; ‘79 Ballerina/Fuoco; programmatore e conduttore di Radio Anch’io, Musicalmente, Disco contro. ’80 Disco Estate e Festival Sanremo. Da ’97 live Piazze, Festival e Locali. Dal 2008 fonda noGospel e incide Dal Volturno al Mississippi e Swing low, tour John Mayall. CD Io vendo le emozioni di Francesco Pannofino. Per chi suona la campana? con Samaritani e Bassignano al Teatro Arciliuto di Roma. 12 dischi, 2 film cinema, trasmissioni radio RAI.

FRIDA NERI I Nome d’arte di Michela Di Ciocco, cantautrice nata in Molise, ma marchigiana d’adozione. Consulente filosofico cantautrice ed interprete, appassionata delle musiche dal mondo, delle melodie vere ed espressive. Mischia linguaggi e forme d’arte nei suoi spettacoli, alla ricerca dell’anima.


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