Bartolomeo I a Bari

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BARTOLOMEO I A BARI 5-6 DICEMBRE 2016



Visita di Sua SantitĂ

BARTOLOMEO I Arcivescovo di Costantinopoli - Nuova Roma e Patriarca Ecumenico Bari, 5-6 dicembre 2016



La grazia dell’incontro L’incontro è sempre esperienza di Grazia. E come ogni evento di Grazia, trasforma. Ci lascia diversi da come ci ha trovati. Sono questi i sentimenti con cui la mia mente e il mio cuore ritornano a quello che le Chiese di Puglia, e quella di Bari-Bitonto in particolare, hanno vissuto durante la visita di Sua Santità, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, in occasione della festa di san Nicola (5-6 dicembre 2016), durante la quale a Lui è stato conferito il Premio ecumenico “San Nicola”. Alla visita ha fatto seguito un viaggio a Costantinopoli, su invito di Sua Santità, cui ho partecipato insieme all’Arcivescovo di Lecce, Mons. Domenico D’Ambrosio, e a Mons. Andrea Palmieri, Sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (15-19 maggio 2017), e di qui in Cappadocia, pellegrini in una terra che è stata solcata dagli apostoli, e che ha visto fiorire alcuni tra i più grandi Padri della Chiesa indivisa. Una terra che ha conosciuto anche l’amara sorte dell’esilio e ora l’abbandono delle sue chiese. Eppure, come diceva Sua Santità in una toccante omelia al termine del Vespro nella chiesa di San Demetrio ad Aravissos: «La memoria guarisce e cessa di causare pena quando si partecipa alla vita della Chiesa, quando si fa costante riferimento al Signore della storia, l’Eterno, Colui che salva le cose nel suo amore, nella prospettiva dell’ora e sempre e nei secoli dei secoli». La visita di Sua Santità Bartolomeo I e del Suo seguito a Bari e in terra di Puglia e la nostra a Costantinopoli e in Cappadocia mi hanno fatto esperire ancora una volta la forza dell’incontro, confermandomi nel convincimento che ciò di cui abbiamo innanzitutto bisogno, tra cristiani non più in piena comunione, è ritrovare la fraternità perduta; e questo avviene in primo luogo nell’incontro concreto con l’altro, preludio indispensabile per ogni passo ulteriore. Ci si scopre allora uomini, credenti e pastori, tutti in cammino verso una comprensione sempre più profonda di quel mistero insondabile che è la Verità del Signore nostro Gesù Cristo. Solo camminando insieme si edifica la Chiesa e si ricostruiscono fraternità che le vicende della storia e la piccolezza di noi uomini hanno lacerato. Il Patriarca Bartolomeo I di tutto questo è stato ed è uno dei più convinti testimoni. Instancabile pellegrino che solca frontiere sempre nuove, incontro a chiunque sia disposto a farsi suo in-

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terlocutore, come abbiamo potuto sperimentare durante il Suo passaggio in terra di Puglia. Difensore del creato al punto da meritare il nome di “Patriarca verde” e anche in questo in perfetta sintonia con il Vescovo di Roma, Papa Francesco. Costruttore di ponti, convinto che opera del cristiano, cioè di colui che crede nella Trinità luogo e fonte della k oinonia, è infondere comunione, tema sul quale Sua Santità ci ha offerto parole sapide durante la sua Lectio magistralis nella Basilica di San Nicola. Diceva infatti, in uno dei suoi passaggi: «L’amore trinitario ci rende persone in relazione, soggetti comunionali, connaturati nel dialogo, capaci di una relazione d’amore che trasfigura il nostro io, e ci rende capaci di agire e pensare che la pace sgorga dal dialogo e che il dialogo porta all’unità». Secoli di relazioni non facili tra Chiese d’Oriente e d’Occidente, in cui ciascuno ha inteso affermare la propria visione di verità, ci hanno a volte fatto smarrire che nel cristianesimo essa non può essere mai dissociata dall’amore, nella misura in cui per noi cristiani la Verità non è un concetto ma una Persona, è Cristo stesso, narrazione dell’amore del Padre per l’umanità intera. Anche di questo il Patriarca Bartolomeo I ci offre l’esempio della sua azione pastorale, come indica il titolo di una raccolta di Suoi scritti: “Dire la verità nell’amore”.

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Egli ci ricorda che i cristiani hanno la responsabilità di cooperare alla realizzazione di una comunione intraumana, di cui il Mediterraneo è simbolo, per disarmare «i fondamentalismi che si trovano in tutte le società e religioni» e per «ricreare la reciproca stima tra i popoli», fino a coltivare anche una «economia di comunione».

In questi incontri con Sua Santità Bartolomeo I ho potuto sperimentare, attraverso la Sua profonda umanità unita ad una grande sapienza teologica e spirituale, come Egli senta parte integrante, e direi fondamentale, del ministero di ogni pastore proprio il coltivare la passione per l’unità. Unità tra le Chiese Ortodosse, come ha mostrato il Suo strenuo impegno per portare a termine il Grande e Santo Sinodo di Creta. Unità tra i cristiani, come attesta il Suo impegno senza ripensamenti perché i dialoghi teologici e le visite fraterne continuino e si moltiplichino. Unità che abbraccia l’umanità intera, in particolare i poveri e i migranti, e il creato, avvilito e deturpato dall’ingordigia di società senza scrupoli. Non è forse primo ministero della Chiesa e dei suoi pastori quello di fare scelte di comunione sotto la guida dello Spirito, come ci mostra l’esperienza dei primi cristiani narrataci negli Atti


degli Apostoli (cfr At 15,28)? Scelte coraggiose e a volte controcorrente, perché il Vangelo è controcorrente.

Questo cammino di comunione trova nel riconoscimento del comune patrimonio di santità una via privilegiata (cfr San Giovanni Paolo II, Ut unum sint, n. 84). La venerazione delle reliquie di san Nicola da parte di pellegrini cattolici e ortodossi promuove un autentico ecum enismo della santità. Le parole pronunciate a Bari da parte di Sua Santità Bartolomeo I, durante la celebrazione del Vespro per la consegna della Chiesa del Sacro Cuore alla Comunità greco-ortodossa di Bari, sono eloquenti: «Myra e Bari, Oriente e Occidente sono spiritualmente legati attraverso questo Santo, la cui venerazione ha varcato tutti i confini degli uomini. Egli è il Santo forse più venerato nell’Oriente cristiano, dopo la Vergine Maria, la madre di Dio, la Theotok os». In questo cammino di comunione, tutte le Chiese di Puglia sono chiamate a proseguire in modo sempre più convinto quel ministero che portano iscritto nella loro stessa identità e storia, che il Patriarca non ha mancato di sottolineare a più riprese, proprio visitando le nostre terre. Penso in particolare a quanto ha affermato nell’incontro presso il Seminario regionale di Molfetta: «Questi giorni di permanenza in Puglia ci hanno manifestato ancora una volta la vocazione ecumenica di questa terra, intreccio di radici del cristianesimo greco e del cristianesimo latino». Una terra, diceva ancora poco oltre, «ricca di profumo di unità». Di quel profumo, di cui ci siamo allietati durante gli incontri con Sua Santità Bartolomeo I, ci sentiamo ora custodi. Il Signore conceda a Bari e a questa nostra terra di Puglia di diventare un luogo in cui sempre più la fraternità tra Oriente e Occidente cresce e trova operatori convinti e appassionati.

† Francesco Cacucci Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto

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Una visita storica La visita del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I alla Basilica di San Nicola costituisce un evento di grande rilevanza ecumenica. Avvenuta in occasione dell’apertura ufficiale dell’anno accademico 2016-17 della Facoltà Teologica Pugliese e in concomitanza con la festa liturgica di san Nicola, la sua presenza a Bari rappresenta una assoluta novità. È la prima volta infatti che nella storia della Basilica un Patriarca Ecumenico venga a Bari per venerare e pregare sulla tomba del Santo della Chiesa indivisa.

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A dire il vero, Sua Santità conosceva già la Basilica di Bari. In quanto Metropolita di Philadephia, vi era venuto nel 1979, per una visita personale. Ora invece veniva in qualità di Patriarca Ecumenico e capo spirituale dei cristiani ortodossi nel mondo. E tale presenza non poteva non destare un grande interesse storico e ecumenico in tutto il mondo. Si tenga presente che non poco tempo prima, nel giugno 2016, aveva presieduto al Grande e Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa, realizzando un evento ecclesiale senza precedenti, malgrado l’assenza di alcune Chiese. Questo dato ha messo ancora più in risalto la sua forte convinzione nell’impegnarsi a perseguire tenacemente la causa della concordia e dell’unità delle Chiese del mondo ortodosso, ma anche a promuovere il dialogo con le altre Chiese e confessioni cristiane. Ecco perché tra i vari motivi del suo invito a Bari era prevista la consegna del premio ecumenico “San Nicola”, particolarmente meritato per le sue note convinzioni ed aperture al cammino verso l’unità, non sempre condiviso da tutti gli esponenti delle chiese ortodosse. Alla luce di queste circostanze e della sua grande fede capace di operare scelte coraggiose, tutta la città di Bari gli ha tributato una grande e calorosa accoglienza in questa terra benedetta dalla presenza delle reliquie del Vescovo di Myra, dove tutti i fedeli delle quattordici Chiese ortodosse si ritrovano e si sentono come a casa loro. In modo particolare, per noi Domenicani a cui la Basilica di San Nicola fu affidata nel 1951 dalla Santa Sede, è stata questa una visita di grande conforto che ha suscitato un indicibile tripudio ed emozione. In realtà, i rapporti di amicizia e fraterna collaborazione con il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli erano stati vivi e costanti fin dall’inizio della nostra presenza in Basilica. Nell’anno 1991 una rappresen-


tanza della nostra comunità si recò nella chiesa di S. Giorgio al Fanar per partecipare alla solennità della intronizzazione di Sua Santità Bartolomeo I. Non sono mancati, in seguito, altri incontri personali e visite con gruppi di pellegrini, rinnovando sempre l’invito a venire in visita alla Basilica di San Nicola, invito che egli accoglieva di buon grado. Il compiersi dei venticinque anni dalla sua intronizzazione è stata l’occasione propizia per realizzarlo. La nostra comunità religiosa aderiva pienamente a quella diocesana ed accademica, in sintonia con S. Ecc. Mons. Francesco Cacucci che, oltre ad essere Delegato Pontificio per la Basilica, è Arcivescovo della diocesi di Bari-Bitonto e Gran Cancelliere della stessa Facoltà Teologica Pugliese.

Due aspetti di questa visita non possono passare sotto silenzio. Il primo è la lettura positiva che Sua Santità ha presentato circa la traslazione delle reliquie di san Nicola da Myra a Bari. Dopo lunghi secoli in cui il mondo ortodosso greco si era espresso in maniera negativa, qualificando tale evento come un “furto” realizzato da marinai baresi, la voce di un Patriarca per la prima volta interrompe questa tradizione per affermare che è stata la Provvidenza divina a volere la presenza delle reliquie del Santo a Bari. Il secondo, non meno rilevante, è il gesto della accensione congiunta della lampada uniflamma che arde perennemente sull’altare della cripta, da parte di Sua Santità il Patriarca e il nostro Arcivescovo. Tale gesto si pone in continuità con quanto già avvenuto nel febbraio 1984, allorché Sua Santità Giovanni Paolo II, venuto pellegrino a Bari, accese la lampada uniflamma unitamente al Metropolita di Myra, S. Em.za Chrysostomos Konstantinidis, rappresentante del Patriarcato Ecumenico. A conclusione di questa visita, il Patriarca ha voluto donare alla Basilica una lampada liturgica in argento che adorna oggi il lato destro della lunetta dell’altare della cripta. La nostra comunità ha voluto esprimere in modo tangibile la propria riconoscenza al Patriarca mediante un dono, non solo per sottolineare la ricorrenza dei venticinque anni della sua elezione al soglio di Costantinopoli, ma anche a ricambiare un prezioso ricordo del Patriarca Atenagora, custodito gelosamente nella Basilica, l’enkólpion donato all’Arcivescovo di Bari del tempo, Mons. Enrico Nicodemo, il 7 dicembre 1965, in occasione della abolizione delle scomuniche del 1054. A saldare la continuità con quel gesto, il dono della comunità, nella festa liturgica di San Nicola, consisteva in un triplice enk ólpion: una croce, «segno luminoso dell’amore, anzi

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della vastità dell’amore di Dio» (Papa Francesco), una Panaghia, la Tutta Santa Madre di Dio, icona della santità della Chiesa, e un San Nicola, testimone fedele della Chiesa indivisa. Nel consegnare tale dono, in qualità di Rettore del tempio nicolaiano, ebbi a sottolineare l’impegno ecumenico profuso da Sua Santità in piena sintonia con il Vescovo di Roma e ad esprimere la speranza che un giorno «quando Dio vorrà e con i mezzi che vorrà» si realizzi l’unità, grazie ai tanti nostri gesti concreti che la promuovono. Plaudo anche a nome della comunità, all’iniziativa di raccogliere e pubblicare l’insieme dei discorsi del Patriarca Ecumenico pronunciati in questa occasione. Auspico che la lettura di tali messaggi, ricchi di contenuti e spunti ecumenici, alimenti la memoria di tutti coloro che seguono il cammino delle Chiese. Fedeli al messaggio di San Nicola, percorriamo la via che conduce all’unità, prendendo esempio anche da quanto vissuto in quei giorni a Bari.

p. Ciro Capotosto OP Rettore della Basilica San Nicola

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Telegramma di saluto di Papa Francesco A Sua Ecc.za Mons. Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari Bitonto Largo San Sabino 70122 BARI

In occasione del conferimento del Premio “San Nicola” a Sua Santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico, da parte della Facoltà Teologica Pugliese, porgo un cordiale saluto a tutti i presenti. In particolare, desidero unirmi spiritualmente al carissimo fratello Bartolomeo nella venerazione del Santo Vescovo di Myra Nicola, le cui reliquie sono custodite a Bari da quasi mille anni, affidando alla intercessione di questo pastore tanto amato in Oriente e in Occidente la nostra preghiera per il desiderato raggiungimento della piena unità dei cristiani. Il significativo riconoscimento, oggi conferito a Sua Santità è un segno di gratitudine per il servizio da lui reso alla promozione di una sempre maggiore comunione tra tutti i credenti in Cristo. Con questa lodevole iniziativa, la Facoltà Teologica Pugliese e l’intera Chiesa di Puglia testimoniano la loro fedeltà alla vocazione di essere ponte tra i cristiani di Oriente e di Occidente. A tutti assicuro il mio orante ricordo, e mentre chiedo di pregare per me, invoco sui presenti la benedizione di Dio Onnipotente.

Dal Vaticano, 5 dicembre 2016 Franciscus PP.

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LAUDATIO DELL’ARCIVESCOVO MONS. FRANCESCO CACUCCI A SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I PER IL CONFERIMENTO DEL PREMIO “SAN NICOLA”

Bari, Basilica di San Nicola, 5 dicembre 2016


Santità, è un onore per la Facoltà Teologica Pugliese accoglierLa, nel venticinquesimo anniversario della Sua elezione ad Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico, per conferirLe il premio ecumenico “San Nicola”, nella Basilica che custodisce il corpo del Santo. Sua Santità l’Arcivescovo di Costantinopoli Bartolomeo I, al secolo Demetrios Archondonis, è nato nel 1940 nell’isola di Imvros. In Turchia, prima a Imvros e poi a Istanbul, ha iniziato il Suo percorso formativo e, successivamente, compiuti gli studi superiori di Teologia, lo ha continuato in prestigiose istituzioni accademiche europee: il Pontificio Istituto Orientale dell’Università Gregoriana di Roma, l’Istituto Ecumenico di Bossey in Svizzera e l’Università di Monaco in Germania. Un tale itinerario di studio e di esperienze basta da solo a rendere conto dell’ampiezza di vedute e della capacità di relazione con culture e sensibilità diverse che unanimemente vengono riconosciute al Patriarca Bartolomeo. Non va poi dimenticata la vasta conoscenza delle lingue che derivano dagli studi e dai soggiorni all’estero del Patriarca: dall’italiano all’inglese, dal francese al tedesco, oltre che il greco e il turco. Quando nell’ottobre del 1991 fu eletto duecentosettantesimo Arcivescovo della Chiesa fondata da sant’Andrea, con il titolo di Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico, fu subito chiaro che avrebbe potuto impiegare a vantaggio della Cristianità il ricco tesoro accumulato negli anni in cui aveva, con rigore e pazienza, costruito la Sua formazione umana e religiosa, grazie alla quale era in condizione di vedere i problemi, di indicare le vie di soluzione e di impegnarsi personalmente per affrontarli. Così ha lavorato senza mai risparmiarsi per la riconciliazione tra le Chiese cristiane; si è fatto promotore di una coscienza ambientalistica che Gli ha procurato il titolo di “Patriarca verde”; si è impegnato in incontri interreligiosi rendendo possibile il dialogo anche quando sembrava impossibile trovare interlocutori disponibili. Tra i temi caratterizzanti l’attività del Patriarca Bartolomeo alcuni spiccano per il coinvolgimento che producono spontaneamente in tutti, senza differenze. È il caso di temi come la pace nel mondo, i diritti umani, la libertà religiosa, la tolleranza religiosa e la tutela ambientale. Gli anni del ministero di Sua Santità Bartolomeo sulla prima Cattedra delle Chiese cristiane ortodosse nel mondo sono caratterizzati da un’intensità e da una ricchezza davvero difficili da raccontare. Ha chiarito fin dal primo giorno della Sua intronizzazione alla sede patriarcale: «Il

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Patriarcato Ecumenico rimane un’istituzione puramente spirituale, un simbolo di conciliazione e una forza disarmata, resta distaccato da ogni politica e si tiene lontano dalla “fallace arroganza del potere secolare”». Questa è la Sua visione del Patriarcato Ecumenico. E noi La accogliamo in questa Facoltà Teologica con rispetto e onore, proprio a partire da queste Sue parole.

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Tuttavia dell’Ortodossia, che conta oggi più di 250 milioni di fedeli, in Occidente sappiamo ancora troppo poco. La Sua presenza qui a Bari, in una città che ha nell’apertura internazionale uno dei suoi tratti caratterizzanti, anche grazie alla memoria dell’amato e venerato san Nicola, ci porta a scoprire un cristianesimo capace di unire il mistero e la libertà, di fare della bellezza una via della conoscenza, di entrare a contatto con una spiritualità non disincarnata ma che si manifesta nella piena rivelazione della persona e della comunità. Sua Santità è al contempo il figlio e il prim o rappresentante di un bimillenario cristianesimo che ha in Oriente le sue radici e nella tradizione bizantina la sua manifestazione. Tuttavia ha saputo unire nella Sua persona i due mondi, quello orientale e quello occidentale. Può esprimere la saggezza dell’Oriente nel linguaggio dell’Occidente. È un uomo che, per il suo percorso di fede e di studi, ha saputo essere un ponte tra le due culture, quella orientale bizantina e quella occidentale latina. La Sua personalità, la rete ecclesiale della Sua Chiesa, venticinque anni di viaggi e di incontri – come mai i Suoi predecessori – fanno del Patriarca Bartolomeo un costruttore di ponti, proprio nel senso profondo della parola: pontifex. Della Sua ampia produzione letteraria mi limito a citare la raccolta di scritti Speak ing the Truth in Love: Theological and Spiritual Exhortations of Ecumenical Patriarch Bartolomew, il cui titolo è una precisa rappresentazione della personalità dell’Autore. “Dire la verità nell’amore” descrive l’atteggiamento che contraddistingue lo stile di Sua Santità: Egli non ha mai rinunciato alla verità e ha saputo farlo sempre con amore, circostanza che Gli procura l’attenzione non solo dei cristiani ortodossi di cui è il riconosciuto capo spirituale, ma anche di tutte le persone alle quali si rivolge. Verità e amore sono due temi di grandissimo rilievo nella letteratura neotestamentaria, soprattutto grazie all’opera giovannea che ha dato tanto alla verità quanto all’amore una consistenza personale, sicché non è possibile per un cristiano pensarli come categorie puramente concettuali. Il Patriarca è testimone di come la relazione con il Cristo, Verità e Amore, debba essere vissuta concretamente nel parlare a tutti in verità e con amore.


Le molte lauree honoris causa conferiteGli da istituzioni accademiche in tutto il mondo sono l’attestazione delle Sue qualità magisteriali e, al tempo stesso, dicono quanto ampiamente la Sua fama sia diffusa e apprezzata in ogni parte della terra. La parola del Patriarca e la Sua presenza hanno raggiunto un incalcolabile numero di persone, tutte colpite da un messaggio che non lascia indifferenti. Prima di consentire a tutti la felice opportunità di fare esperienza dell’insegnamento di Sua Santità vorrei richiamare un avvenimento straordinario, lungamente atteso, del quale il Patriarca Bartolomeo è stato l’artefice.

Nello scorso mese di giugno è stato celebrato a Creta il Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa. Dopo la solenne liturgia della festa di Pentecoste il Patriarca Bartolomeo, che ha convocato il Sinodo Panortodosso e lo ha condotto a termine, ha detto che era stata scritta una pagina storica. E davvero è stata scritta una pagina storica, non solo per l’Ortodossia ma per tutta la Cristianità. Vale la pena di riascoltare le parole di padre John Chryssavgis, portavoce del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli: «Ci sono stati tanti sviluppi, così come molti cambiamenti nel corso di centinaia di anni. Sviluppi politici, sociali, anche scientifici. La Chiesa non può più rimanere fuori da queste discussioni. Deve piuttosto trasformarle, attingendo alla sua ricca ed antica tradizione spirituale, articolando nuove risposte, per non ripetere sempre le stesse». L’attenzione alla storia tesa alla costruzione dell’unità di tutti i cristiani costituisce l’orizzonte d’impegno senza il quale l’annuncio cristiano rischia la sterilità. Questo è l’orizzonte d’impegno che anche la nostra Facoltà Teologica si sforza di rendere possibile, con la sua ricerca, con la sua offerta formativa e con il suo Istituto di Teologia ecumenica, con la speranza di offrire un contributo alla realizzazione dell’uomo nuovo in Cristo. Concluderò la mia breve, e certo non completa presentazione, con alcune parole di Sua Santità a proposito della parola “ecologia”. «La parola “ecologia” contiene il prefisso “eco”, derivato dalla parola greca “oikos”, che vuol dire “casa” o “abitazione”. Sfortunatamente e, in realtà, molto egoisticamente abbiamo ridotto il suo significato e ristretto la sua applicazione. Questo mondo è davvero la nostra casa. È la casa di ognuno, proprio come è anche la casa di ogni creatura vivente e di ogni forma di vita creata da Dio. È un segno di arroganza presumere che

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noi esseri umani abitiamo da soli questo mondo. Ancora di più, è un segno di arroganza immaginare che soltanto la generazione presente goda delle sue risorse».

Queste parole, che possono riferirsi direttamente al Convegno organizzato dalla nostra Facoltà nell’aprile 2016, «La cura della casa comune», mi pare esprimano una volta di più la sintonia esistente tra la nostra Istituzione Accademica e il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I. Santità, di Lei ammiriamo e da Lei vogliamo imparare soprattutto la passione per l’unità. La ringraziamo per il dono della Sua presenza e per quanto vorrà comunicarci la Sua Lectio magistralis.

† Francesco Cacucci Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto Gran Cancelliere della Facoltà Teologica Pugliese

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“Adriatico e Ionio, mari di comunione” LECTIO MAGISTRALIS DI SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI – NUOVA ROMA E PATRIARCA ECUMENICO DURANTE L’APERTURA DELL’ANNO ACCADEMICO 2016-2017 DELLA FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Bari, Basilica di San Nicola, 5 dicembre 2016


Eccellenza Reverendissima Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Monsignor Francesco Cacucci, Ἱερώτατοι ἀδελφoì Ἱεράρχαι, Vostra Eccellenza Mons. Brian Farrell, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Rev.mo Prof. Angelo Panzetta, Preside della Facoltà Teologica Pugliese, Eccellenze, cari fratelli nell’Episcopato, Reverendissimi Padri, Illustri Autorità, Carissimi studenti, Fratelli e sorelle in Cristo

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È un onore tutto particolare, per il Patriarcato Ecumenico e per la nostra Modestia, essere presenti quest’oggi qui a Bari, nella cornice di questa maestosa Basilica di San Nicola, per intrattenerci un poco con Voi e ringraziare Dio, per questa occasione dell’apertura dell’anno accademico della Facoltà Teologica Pugliese. Ringraziamo il signor Preside e tutte le Autorità accademiche, per averci voluto invitare a rendere parte a questo importante appuntamento della vita della Facoltà Teologica Pugliese, con i suoi tre Istituti, centro di studi teologici e filosofici, luogo di dialogo ecumenico e di confronto culturale e scientifico, e soprattutto luogo di incontro di ricercatori e studenti, non solo di questa Regione dalla vocazione ecumenica, ma anche dalle altre Regioni d’Italia e di altri Paesi. Un particolare grazie all’Eccellentissimo Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci, per le calorose parole rivolteci e soprattutto per l’invito a visitare questa Città e a commemorare insieme la memoria del nostro comune Padre tra i Santi, san Nicola vescovo di Myra di Licia, le cui sante e taumaturgiche reliquie sono custodite nella cripta di questa Basilica. Altresì siamo molto commossi e grati per aver voluto attribuire al Patriarca Ecumenico l’importante riconoscimento del Premio Ecumenico “San Nicola”. Lo accogliamo da una parte


come un dono di Dio non solo per la nostra Modestia, ma come un riconoscimento alla Santa e Grande Chiesa martire di Cristo, il Patriarcato Ecumenico, Primo Trono della Chiesa Ortodossa, che presiede, nella carità e nella diaconia all’unità, la sinfonia delle Sante Chiese Ortodosse Autocefali Locali. E dall’altra parte, lo accogliamo come segno profetico dell’unità di tutte le Sante Chiese di Dio, il cui cammino teologico tra le nostre Chiese e l’amore, il rispetto e la collaborazione sono uno dei tratti fondamentali. Non possiamo così dimenticare in questo solenne momento il fraterno amore e la stima che legano la nostra Modestia, vescovo della Nuova Roma, al Santissimo Fratello Vescovo della Chiesa della Antica Roma, Papa Francesco, a cui inviamo il nostro saluto ed il bacio di pace. E poiché è tradizione all’apertura di ogni anno accademico, rivolgere qualche pensiero per l’occasione, permetteteci di meditare brevemente con voi sulla comunione, la kοινωνία, la cui pratica realizzazione è avvenuta molte volte sulla vostra terra di Puglia. L’aspetto primo e capitale della comunione lo ritroviamo nell’augurio finale della II Lettera ai Corinzi: «La grazia del nostro Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo, sia con tutti voi» (2 Cor 13,13). Nella esperienza interrelazionale delle Persone Divine, vi è la piena rivelazione di Dio Padre, di Dio Figlio e di Dio Spirito Santo, rapporto amorevole interpersonale di comunione eterna. Una comune partecipazione di grazia, amore e comunione alla vita di Dio, che diviene esperienza stessa della k oinonia, esperienza di comunione, ossia dell’“essere in relazione”.

Se nell’ accezione comune possiamo definire la “comunione” come una sorta di armonia tra due o più persone, nella esperienza trinitaria essa è piena compartecipazione di scopi, sentimenti ed ideali. È intima relazione tra le Persone Divine e allo stesso tempo intima relazione di Dio in Cristo con i credenti, grazie allo Spirito Creatore. Nel Vangelo di Giovanni la k oinonia viene descritta come un dimorare, un abitare stabilmente del credente in Cristo e di Cristo nel credente: «Io sono nel Padre mio e voi in me ed io in voi» (Gv 14, 20). Essa è anche esperienza concreta di vita in Cristo. San Paolo nelle sue Lettere definisce aspetti vissuti o che saranno vissuti di questa esperienza comunionale con Cristo, usando i termini di sin-ergia, sim-biosi, sin-fonia, sim-patia: «il nostro uomo vecchio fu con-crocifisso con Lui» (Rom 6,6); «con Lui fummo consepolti, con-risuscitati

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(Col 2,12-13) e con-vivificati…. Con Lui con-soffriamo e siamo co-eredi (Rom 8,17)… conregneremo con Lui (2 Tim 2, 11-1; Rom 6,8) e saremo con-glorificati (Rom 8,17)). Questa k oinonia con Cristo significa partecipare alla sua Passione, alla sua Morte e alla sua Risurrezione per entrare nel suo Regno di Gloria.

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Questo aspetto relazionale manifesta due facce della stessa medaglia: da una parte la relazione libera della sinergia dell’uomo col Dio Filantropo, rappresentata dalla Incarnazione, questo amore portato per primo da Dio all’uomo e «interazione dell’amore discendente di Dio e dell’amore ascendente dell’uomo» (P. Evdokimov), che san Nicola Cabasilas definisce m anikòs eros, amore folle di Dio per l’uomo. «Dio si presenta e dichiara il suo amore […]; respinto, attende alla porta […]. Per tutto il bene che ci ha fatto, non domanda in risposta che il nostro amore; e in cambio ci rimette ogni debito». Questa relazione di comunione di libertà manifesta l’adagio patristico che afferma: «Dio può tutto, salvo costringere l’uomo ad amarlo». Nella relazione con Lui tuttavia Egli ci ha resi partecipi della natura divina, comunicandoci la sua vita e venendo a dimorare in noi. «Dio – scrive sant’Atanasio il Grande – si è fatto uomo affinché l’uomo potesse diventare dio secondo la grazia», partecipando alla santità di Dio (2 Pt 1,4). La relazione teandrica dell’Incarnazione si fa quindi partecipazione alla trasfigurazione della natura: «Tu che mi hai dato la tua carne in nutrimento, Tu che sei un fuoco che consuma gli indegni, non bruciarmi, o mio creatore, ma piuttosto penetra nelle mie membra, in tutte le mie articolazioni, nei miei reni e nel mio cuore, fortifica le mie ginocchia e le mie ossa, illumina i miei cinque sensi, e stabiliscimi tutto intero nel tuo amore» (Simeone Metafraste). L’uomo diventa secondo la grazia ciò che Dio è per natura. Dall’altra faccia della stessa medaglia, la relazione si manifesta non tanto verso qualcuno, ma verso la partecipazione al “qualcosa”, aver parte in qualcosa, dare una parte di qualcosa. Significa partecipare insieme della natura divina attraverso la grazia dataci da Dio a tutti gli aspetti della vita cristiana: alle benedizioni, alle prove e tribolazioni, alla consolazione, al sostegno, alla solidarietà, alla fraternità. Significa condivisione della fede, condivisione della spiritualità, pregare gli uni per gli altri, significa realizzare concretamente questa comunione delle nostre vite e metterla in pratica. Significa fare la esperienza di comunione nel dialogo, nella pace e nell’unità. «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella unione fraterna (...τῇ κοινωνίᾳ), nella frazione del pane e nella preghiera» (Atti 2,42).


Pertanto se siamo riconciliati con Dio per mezzo di Gesù Cristo, intimi con lui, percepiamo i fratelli come coloro che ci appartengono, che condividono la nostra stessa origine trinitaria e che camminano verso la stessa meta che è Cristo che ricapìtola tutto in sé. «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono; mentre se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono insieme» (1 Cor 12,26). L’amore trinitario ci rende persone in relazione, soggetti comunionali, connaturati nel dialogo, capaci di una relazione d’amore che trasfigura il nostro io, e ci rende capaci di agire e pensare che la pace sgorga dal dialogo e che il dialogo porta all’unità.

Fratelli e sorelle in Cristo, la nostra Santa Chiesa Ortodossa ha manifestato la sua k oinonia nello scorso mese di giugno, quando a Creta, per decisione unanime di tutti i Santi Primati delle Chiese Ortodosse Autocefale, è stato convocato il Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa. Dopo quasi 55 anni di preparazione, di discussioni, di incontri, di sinassi dei Primati, nonostante i problemi occorsi a pochi giorni dalla sua convocazione, questa grande assise conciliare ha parlato con una sola voce ai propri fedeli, alle Chiese e al mondo. Testimonianza di comunione ed esempio di relazione ad immagine delle relazioni delle Persone Divine, nella Enciclica al mondo essa ha definito i principi fondanti della comunione: «La Chiesa non vive per se stessa. Offre alla intera

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umanità, attraverso l’elevazione e il rinnovamento del mondo in cieli nuovi e terra nuova (vedi Ap 21, 21). Pertanto dà la testimonianza evangelica e distribuisce nell’ecumene i doni di Dio: il Suo amore, la pace, la giustizia, la riconciliazione, la forza della Risurrezione e l‘attesa dell’eternità » (Enciclica, Introd uzione ). Essa ha inoltre espresso il modo di esprimersi della sua comunione: «La Chiesa è per se stessa Concilio, fondata da Cristo e guidata dallo Spirito Santo, in accordo col detto apostolico: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi” ἔδοξε τῷ Ἁγίῳ Πνεύματι καὶ ἡμῖν (Atti 15,28)», e ha introdotto la comunione di santità: «La santità sgorga dal solo Santo. È partecipazione dell’uomo alla santità di Dio, nella “comunione dei santi”, come viene proclamato nella esclamazione del sacerdote durante la Divina Liturgia: “Le cose sante ai santi” Τὰ ἅγια τοῖς ἁγίοις, e nella risposta dei fedeli: “Uno il Santo, uno è il Signore, Gesù Cristo, a gloria di Dio Padre. Amen” Εἷς ἅγιος, εἷς Κύριος, Ἰησοῦς Χριστός, εἰς δόξαν Θεοῦ Πατρός. Ἀμήν» (Enciclica, cap. 3-4).

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Il Santo Concilio ha quindi sentito l’esigenza della comunione col mondo, e con tutto ciò che ad esso è connesso. «La vita dei cristiani è una testimonianza inconfutabile del rinnovamento in Cristo di ogni cosa – “Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, τὰ ἀρχαῖα παρῆλθεν”, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17) e una chiamata per tutti gli uomini ad una partecipazione personale in libertà, alla vita eterna, alla grazia del nostro Signore Gesù Cristo, all’amore di Dio e Padre, per vivere nella Chiesa la comunione dello Spirito Santo» (cap. 2, 6).

Particolare attenzione è stata data alla vocazione comunionale della famiglia come “Chiesa domestica”, ai bambini ed ai giovani e alla loro educazione in Cristo: «Al centro della sollecitudine pastorale della Chiesa si trova una formazione che guarda non solo alla cultura intellettuale, ma anche all’edificazione e allo sviluppo di tutta la persona come essere psico-somatico e spirituale in accordo con il principio trittico Dio, uom o, m ond o …. Così, la pienezza del popolo cristiano trova un sostegno esistenziale, nella comunione divino-umana della Chiesa e vive in essa la prospettiva pasquale della deificazione per grazia» (cap. 9). Il Concilio si è occupato dei cambiamenti attuali, della necessità di una attenzione alla persona umana, di fronte alle conquiste scientifiche, alla genetica e alle nuove scienze, che sviliscono l’essere umano, quale icona di Dio. Ha alzato la sua voce per la povertà diffusa, per la minac-


cia che incombe sull’ambiente naturale, ricordando che: «Nei sacramenti della Chiesa, la creazione si afferma e l’uomo è incoraggiato ad agire come economo, custode e “sacerdote” della creazione, portando davanti al Creatore in modo glorificante: “Il Tuo dal Tuo, a Te offriamo in tutto e per tutto” Τὰ σὰ ἐκ τῶν σῶν σοὶ προσφέρομεν κατὰ πάντα καὶ διὰ πάντα – e coltivando un rapporto eucaristico con la creazione» (cap. 14). Non ha inoltre sottaciuto i problemi derivanti dalla globalizzazione, dagli estremi fenomeni di violenza e della immigrazione: «In nessun momento l’opera filantropica della Chiesa si è limitata semplicemente ad un atto di carità occasionale verso i bisognosi e sofferenti, ma piuttosto ha cercato di sradicare le cause che creano problemi sociali» (cap. 19). Particolare attenzione il Concilio ha dedicato al dialogo, come esperienza intrinseca al sentire ortodosso, in linea con quanto abbiamo prima espresso per il concetto di comunione: «In questo spirito di riconoscimento della necessità di una testimonianza e di una disponibilità, la Chiesa Ortodossa ha sempre attribuito grande importanza al dialogo, e in particolare a quello con i cristiani non ortodossi» (cap. 7, 20). Figli amati nel Signore, Il santo e Grande Concilio, con i suoi documenti, è stato un “mare di comunione” per la intera Chiesa Ortodossa e per il mondo, i cui frutti si raccoglieranno lentamente. Frutti di comunione sono invece stati raccolti e si raccolgono in questa terra di Puglia, bagnata dal Mar Adriatico e dal Mar Ionio, aperti sul grande Mare Nostrum , il mare tra le terre, la Μεσόγειος, o Mare Mediterraneo, culla di storia, civiltà, lingue, culture e religioni capaci di interconnessioni e di scambi, che hanno guidato i processi sociali dell’intera area per secoli, contribuendo alla crescita dei popoli che ad esso si affacciano. Se il Cristianesimo, nella sua accezione orientale ed occidentale, ha giocato un ruolo fondamentale, dopo l’editto di Milano, non di meno l’Ebraismo e poi l’Islam hanno contribuito nelle alterne fasi storiche a trovare vie di comunione e di coesistenza. Il susseguirsi dell’Impero Romano, delle invasioni barbariche, dell’Impero Romano d’Oriente a Bisanzio, di quello Ottomano, non aveva mai rotto la sinfonia di comunione tra le varie anime esistenti tra i popoli dell’area, nonostante le tensioni mai sopite, quanto la nascita degli

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Stati nazionali e la crisi della Prima Guerra Mondiale. L’identità nazionale non esprimeva più l’appartenenza ad un popolo o ad una religione, ma diveniva elemento di divisione e di contrapposizione. Le guerre balcaniche e anche la recente crisi della ex-Jugoslavia sono il frutto di una ricomposizione nazionale, priva di un fondamento di comunione, che spesso ha privato anche le Chiese della capacità di superare l’etnofiletismo, sempre condannato dal Patriarcato Ecumenico. Anche la caduta dei sistemi totalitari dell’Europa orientale ha provocato risentimenti e incapacità di preservare una k oinonia di intenti per la possibile difesa dei valori umani e per la guida dei processi economici, sociali e politici degli stati stessi. La stessa Unione Europea ha faticato e fatica a comprendere la grande valenza del Mediterraneo e la sua portata storico-religiosa, stritolata tra laicizzazione e secolarizzazione. Tuttavia Adriatico e Ionio, alla caduta del Muro di Berlino e soprattutto durante la caduta del regime albanese e la guerra dell’ex-Jugoslavia sono stati il primo luogo di immigrazione verso la Puglia e verso la Grecia. In questi luoghi, nonostante i problemi legati a difficoltà di ordine economico, una economia di comunione ha saputo accogliere e integrare nel proprio tessuto sociale un grande numero di immigrati, così come aveva fatto nel passato con le immigrazioni del periodo tardo bizantino e dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453. 22

Gli anni che sono seguiti alle immigrazioni degli anni ’90 non hanno portato i paesi europei a comprendere o a vedere quello che accadeva sull’altra sponda del Mare Nostrum . Il Mediterraneo, il mare dell’incontro e della cultura, della convivenza di religioni e popoli, si è trovato improvvisamente attraversato da ondate di disperati che fuggono da guerre, dal fondamentalismo religioso, apparso sulla scena medio-orientale, da carestie, prodotte troppe volte dalla ingordigia di pochi a scapito di molti, da tirannie che rendono impossibile la vita, dalla mancanza dei più elementari beni di sopravvivenza. Come essere allora oggi in relazione con Dio e con i nostri fratelli e sorelle che soffrono, manifestando l’amore della relazione trinitaria, con cui abbiamo aperto questi brevi pensieri. Come dare pratica attuazione alle proposte umane e sociali del Grande Concilio della Chiesa Ortodossa e come alimentare i principi di dialogo, amore e pace, in un mondo sconvolto e davanti ad un mare che è diventato la tomba di tanti fratelli e sorelle che sognavano una vita migliore. Crediamo che il ruolo delle religioni divenga fondamentale nel creare, avviare e consolidare


un principio di comunione per la collaborazione e la comprensione reciproca, allontanando i fondamentalismi che si trovano in tutte le società e religioni. C’è necessità di ricreare la reciproca stima tra i popoli, superando diffidenze, violenza, stragi e genocidi. Bisogna che la giustizia sociale e la giustizia tra le nazioni prevalga sui meri interessi della economia mondiale e della globalizzazione più sfrenata, così da porre fine a migrazioni incontrollate. Nessuno lascia piacevolmente il proprio focolare domestico se non è proprio incalzato dalle necessità o dalla violenza. Allo stesso tempo ci vuole una economia di comunione che sappia accogliere, senza creare il malcontento sociale nei paesi ospitanti. Se tutti i soggetti interessati sapranno accettare con coraggio la giustizia, la libertà, e la verità come pilastri della pace e se le religioni sapranno creare ponti tra individui, popoli e culture, allora potremmo essere ancora segno di speranza per l’umanità. Solo così Adriatico e Ionio, Puglia e Italia e le altre sponde dei nostri mari torneranno ad essere luoghi di comunione per tutti. Grazie.

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PREMIO ECUMENICO “SAN NICOLA” Il Premio Ecumenico “San Nicola”, che verrà ora conferito a Sua Santità il Patriarca Bartolomeo I, è rappresentato da una riproduzione fedele della lam pad a uniflamma che arde costantemente nella cripta dove sono custodite le reliquie di San Nicola. Esso è un importante riconoscimento che viene assegnato a eminenti personalità per il servizio reso alla promozione dell’unità dei cristiani.

Questa lampada portata a Bari nel 1936 dal Card. Luigi Lavitrano, fu accesa per la prima volta il 15 settembre da Papa Pio XI. Durante la sua visita pastorale a Bari il 26 febbraio 1984, San Giovanni Paolo II, in segno profetico di comunione con le Chiese ortodosse, volle alimentare la lampada insieme al Metropolita Chrysostomos Konstantinidis, rappresentante del Patriarcato Ecumenico. 24

Come l’unica fiamma della lampada a forma di navicella viene alimentata da due sorgenti di olio, allo stesso modo l’unica fede è vissuta nelle due tradizioni, quella orientale e quella occidentale. L’unica fiamma sta ad indicare il desiderio di unità dei credenti in Cristo. Al centro della lampada, e su entrambi i lati della stessa, emerge la figura del vescovo Nicola, vestito con abiti orientali e occidentali, pastore buono e difensore della fede, santo della Chiesa indivisa, nostro protettore, le cui spoglie conservate in questa Basilica sono memoria vivente della santità alla quale tutti i cristiani devono tendere. Le iscrizioni in latino e greco, che sono un esplicito richiamo alla preghiera sacerdotale di Gesù…che tutti siano uno, danno a questo simbolo ecumenico un grande spessore teologico: come Gesù chiese al Padre l’unità dei suoi discepoli, anche noi siamo chiamati a far salire quotidianamente la nostra preghiera al Cristo perché tutti i credenti in lui manifestino la piena e visibile unità della Chiesa.


Sulla navicella ancora una volta la Parola di Cristo orienta il cammino: Pace a voi. È il dono che il Signore fa ai suoi discepoli nel giorno della risurrezione; è il dono che chiediamo in modo particolare oggi per Lei, Santità, per la Chiesa che presiede, ma che chiediamo anche per tutta la Chiesa di Dio, affinché, ancorata nella ferma speranza della presenza del Suo Signore, non si stanchi mai di annunciare con fedeltà e gioia il Vangelo della Verità. p. Santo Pagnotta OP Segretario generale

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La consegna della chiesa del Sacro Cuore alla Comunità greco-ortodossa di Bari

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Un altro momento di forte significato ecumenico durante la visita del Patriarca Bartolomeo I è stato vissuto in occasione della consegna della chiesa del Sacro Cuore di corso Cavour alla Comunità greco-ortodossa di Bari: secondo le parole dello stesso Patriarca, « questo esempio di amore fraterno, che rinsalda gli storici legami tra questa Chiesa di Bari con il nostro Trono Ecumenico di Costantinopoli, è il frutto maturo delle relazioni delle nostre Santissime Chiese».

Già sede dell’omonima parrocchia ‘storica’ del centro città, trasferitasi nel 2013 nel nuovo complesso parrocchiale di via Cardassi, nell’area dell’ex Monastero delle monache Benedettine, attualmente la chiesa con i suoi locali non era più utilizzata. All’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci, è sembrato un segno per il rinnovato impulso del


dialogo ecumenico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa accogliere la richiesta della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato dell’Europa di un luogo per lo svolgimento della sua vita pastorale. La chiesa del Sacro Cuore sembrava rispondere ai requisiti richiesti essendo stata essa stessa utilizzata per diversi anni come chiesa parrocchiale. L’atto di concessione in uso della chiesa da parte dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto in persona dell’Arcivescovo è stato formalizzato, nella chiesa gremita di fedeli delle comunità cattolica e greco-ortodossa, al termine della solenne celebrazione del Vespro in onore di san Nicola presieduta dal Metropolita Gennadios, Arcivescovo Ortodosso d’Italia e Malta, presenti l’Arcivescovo e Sua Santità Bartolomeo I. Il Patriarca è intervenuto alla fine della celebrazione con un discorso denso di spiritualità e di amore per l’unità, nel quale ha ricordato come «proprio cinquanta anni fa, nel 1966 - qui a Bari - […] sull’onda dell’incontro di Gerusalemme e del Concilio Vaticano Secondo, per espresso desiderio del nostro amato Predecessore di beata memoria, il Patriarca Ecumenico Atenagora, e dell’Arcivescovo di Bari Enrico Nicodemo e dei Padri Domenicani, nella cripta di San Nicola veniva edificata la Cappella Ortodossa, benedetta dall’allora Archimandrita di Napoli, e oggi Metropolita d’Italia e Malta Signor Gennadios».

Al termine della liturgia è avvenuta la consegna del luogo di culto, con la firma dell’atto di affidamento da parte dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto Mons. Francesco Cacucci e del Metropolita Gennadios.

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OMELIA DI SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I DURANTE LA CELEBRAZIONE DEL VESPRO PER LA CONSEGNA DELLA CHIESA DEL SACRO CUORE ALLA COMUNITÀ GRECO-ORTODOSSA DI BARI

Bari, Chiesa del Sacro Cuore, 5 dicembre 2016


Eccellenza Reverendissima Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Monsignor Francesco Cacucci, Eminenze, Eccellenze, Illustre signor Console di Grecia, sig. Stelios Campanale, Autorità tutte, Fratelli e sorelle in Cristo È felice l’occasione di celebrare questa sera, con tutti voi la memoria del nostro Santo tra i Santi Nicola, vescovo di Myra di Licia, il Taumaturgo, le cui sante reliquie che emanano mirra riposano in questa splendida città di Bari. Myra e Bari, Oriente e Occidente sono spiritualmente legati attraverso questo Santo, la cui venerazione ha varcato tutti i confini degli uomini. Egli è il Santo forse più venerato nell’Oriente cristiano, dopo la Vergine Maria, la Madre di Dio, la Theotok os, e per questo ogni anno si riversano in questa città migliaia di pellegrini ortodossi da tutti gli angoli della terra, per poter passare accanto alla cripta del Santo, per essere pellegrini con lui, per ottenere una grazia con le sue preghiere. È confidenziale il rapporto che il fedele ortodosso ha con i santi, ma è familiare il rapporto che tantissimi fedeli hanno con san Nicola. Testimonianza è il grande numero di Chiese a lui dedicate e anche la sua icona è tra le icone più conosciute e venerate. Non è solo il Santo del mare, che ricorda il suo transito da Myra a Bari, così come viene festeggiato particolarmente dai nostri fedeli ortodossi di lingua slava nel mese di maggio con la Festa della traslazione delle sue reliquie, ma è il Santo della verità, della mitezza e della giustizia. Come canta la Innologia della Chiesa d’Oriente, Egli è veramente: Κανών πίστεως καὶ εἰκών πραότητος, ἐγκρατείας Διδάσκαλος, Regola di fede, e immagine di mitezza e Maestro di continenza. Ha difeso la verità delle fede contro Ario, che negava la divinità di Cristo; secondo alcune fonti partecipò anche al Concilio di Nicea nel 325, dove dimostrò tutta la sua sapienza e la sua etica di vita. Fu un vescovo mite ma giusto, come ricordano i racconti sulla salvezza delle tre fanciulle da una vita di peccato e la liberazione dei tre prigionieri innocenti. Ma come vescovo a Myra, dopo la liberazione del Cristianesimo ad opera del grande Costantino, seppe organizzare la Chiesa di Cristo con grande attenzione alla purezza della fede e alla giusta con-

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dotta della vita dei fedeli. Con la umiltà ha raggiunto alte vette e con la povertà la ricchezza: διὰ τοῦτο ἐκτήσω τῂ ταπεινώσει τὰ ὑψηλά, τῂ πτωχείᾳ τὰ πλούσια. È quindi un esempio di fede per i credenti di ogni epoca, è il Santo della confidenza, e della rettitudine.

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Per questo è anche un Santo ecumenico, che unisce tutti in un abbraccio davanti all’Altare di Dio. È l’abbraccio che sentiamo questa sera, Eccellenza Reverendissima, Arcivescovo di Bari-Bitonto, amato Fratello in Cristo, Mons. Francesco Cacucci, della Chiesa locale con la nostra Sacra Arcidiocesi d’Italia e Malta, e con il suo vescovo il nostro fratello, il Metropolita Gennadios, per la concessione di questo Sacro Tempio per gli usi liturgici della nostra locale Comunità greco-ortodossa. La chiesa è infatti il centro della vita parrocchiale, è il luogo in cui si celebra il Santo Mistero della Divina Eucarestia e tutti gli altri Santi Misteri, è il luogo della contemplazione e della preghiera, è il luogo in cui la Liturgia, Ἔργον τοῦ Λαοῦ, diviene Liturgia dopo la Liturgia e forma la comunità. Questo esempio di amore fraterno, che rinsalda gli storici legami tra questa Chiesa di Bari con il nostro Trono Ecumenico di Costantinopoli, è il frutto maturo delle relazioni delle nostre Santissime Chiese, dopo l’incontro benedetto dal Signore, avvenuto più di 50 anni or-


sono a Gerusalemme, tra i nostri grandi Padri nella Fede, il Papa Paolo VI ed il Patriarca Atenagora, sulle cui orme camminiamo e continueremo a camminare anche la nostra Modestia e il nostro amato Fratello, il Vescovo della Antica Roma, Papa Francesco. Fratelli e sorelle, figli amati nel Signore, tutto questo avviene con la preghiera e la intercessione di san Nicola, che ha voluto che questa sera il Patriarca Ecumenico fosse testimone di questo importante gesto d’amore, gesto – non dimentichiamolo – già avvenuto proprio cinquanta anni fa, nel 1966 – qui a Bari – quando, sull’onda dell’incontro di Gerusalemme e del Concilio Vaticano II, per espresso desiderio del nostro amato Predecessore di beata memoria, il Patriarca Ecumenico Atenagora, dell’Arcivescovo di Bari Enrico Nicodemo e dei Padri Domenicani, nella cripta di San Nicola veniva edificata la Cappella Ortodossa, benedetta dall’allora Archimandrita di Napoli, e oggi Metropolita d’Italia e Malta Gennadios. Sono lontani quegli anni, ma in questo tempo il Signore, il Re della Pace e Salvatore delle nostre anime, ha operato con potenza. Il dialogo teologico tra le nostre Chiese avanza, i rapporti sono fraterni, rispettosi, calorosi, e anche quando le difficoltà compaiono, la pazienza e la preghiera sono le nostre armi. Anche in questo il nostro Santo Padre Nicola ci è Διδάσκαλος, Maestro. Voglia Dio, per le preghiere del Santo dell’unità, san Nicola, benedire questa comunità, tutta la città e tutti coloro che in essa vivono, operano e lavorano per il bene di essa; voglia dare sapienza e saggezza alla sua Chiesa ed ai suoi pastori, e a voi amato Fratello Arcivescovo, che ringraziamo di tutto cuore, affinché il nome di Dio sia sempre invocato e glorificato nei secoli. Amen.

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INTERVENTO DI SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I DURANTE LA VISITA AL PONTIFICIO SEMINARIO REGIONALE PUGLIESE “PIO XI”

Molfetta, 6 dicembre 2016


Eccellenza Reverendissima Mons. Domenico Cornacchia, Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, Eccellenze, Reverendissimo don Gianni Caliandro, Rettore della Comunità del Seminario, Reverendi Padri, Fratelli e sorelle, Figli amati nel Signore «Ed ecco che cosa è bello o che cosa dà gioia, se non l’abitare dei fratelli insieme! Come unguento profumato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste; come rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion, perché là il Signore ha disposto la benedizione e la vita in eterno» (Sal 132). Con queste parole del Salmo, desideriamo manifestarvi la nostra gioia di poter stare oggi con voi, in questo maestoso centro del Pontificio Seminario Pugliese “Pio XI” che, sotto la vigile attenzione dei vescovi di questa regione e l’amorevole attenzione dei vostri padri, educatori e maestri, accompagna coloro che il Signore ha scelto per il servizio alla sua Chiesa ed ai fratelli. Siamo giunti da Costantinopoli, dalla sede della Santa e Grande Chiesa di Cristo, il Patriarcato Ecumenico, che secondo l’espressione dei Santi Canoni della Chiesa, presiede nel servizio di unità la sinfonia delle Sante Chiese Ortodosse Autocefale, per festeggiare quest’anno con voi la memoria del nostro Santo Padre Nicola, Vescovo di Myra di Licia, il Taumaturgo, le cui vivificanti reliquie riposano a Bari, e con l’occasione la nostra Modestia, unitamente al rispettabile seguito che ci accompagna, abbiamo potuto gioire alla vista di quanto la Provvidenza e l’Amore di Dio ha operato e opera in questa terra e tra i suoi ospitali abitanti. Questa prima visita di un Patriarca Ecumenico a questa terra, in duemila anni di storia ecclesiastica, ha rinsaldato antichissimi legami, che il susseguirsi del tempo e le vicissitudini della storia, se possono alle volte aver allentato, mai hanno reciso, perché non possiamo non pregare in ogni Divina Liturgia per «la pace del mondo intero, per la stabilità delle sante Chiese di Dio e per l’unione di tutti». E questi giorni di permanenza in Puglia ci hanno manifestato ancora una volta la vocazione ecumenica di questa terra, intreccio di radici del cristianesimo greco e del cristianesimo latino.

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Questa visita alla vostra Comunità pertanto, oltre a gioire per quanto vediamo, vuole portarvi la testimonianza dell’amore che il Patriarcato Ecumenico e tutta la Chiesa Ortodossa hanno per voi, che vi preparate a servire la Chiesa, o che già la servite nel ministero ordinato. Vogliamo esortarvi pertanto, come un padre con i propri figli, affinché la vostra vocazione sia piena alla chiamata del Padre Celeste, sia una vocazione vivificata dallo Spirito Santo, che testimonia l’annuncio che il Figlio ci ha lasciato. Una vocazione di amore e di relazione, secondo l’esempio delle Tre Persone Divine nella Santissima Trinità. Seguite, ascoltate i vostri maestri, i vostri professori, i vostri padri spirituali, amateli e rispettateli, perché è preziosa la loro opera agli occhi del Signore. Anche noi vogliamo incoraggiarvi in questa splendida Comunità, proponendovi cinque percorsi, che reputiamo importanti: 1. La formazione teologica

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Formarsi teologicamente non significa apprendere solamente delle nozioni offerte dalle varie materie dell’ordinamento degli studi; teologo, è colui che prega, è colui che parla delle cose di Dio, non come un osservatore esterno, ma come un vero imitatore, immerso nella conoscenza di Dio. Cristo annunciava e ammaestrava, insegnando le cose di Dio. La Chiesa nel corso della sua bi-millenaria storia è attenta a quanto lo Spirito dice: «Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14, 26). In questo modo fin dalla Chiesa nascente si è diviso il grano buono dalla zizzania, affinché solo la Verità fosse annunciata. I Padri della Chiesa indivisa hanno manifestato con i loro insegnamenti il soffio dello Spirito ed i Concili Ecumenici hanno attuato il percorso teologico della Chiesa. È fondamentale quindi che la Tradizione, espressione della vivificante Parola di Dio, e la stessa esegesi biblica accompagnino chi si accinge a servire nella Chiesa. 2. La formazione spirituale Conoscere Dio significa fare esperienza di Dio con il cuore, e la preghiera è il mezzo e lo strumento che pone ognuno di noi davanti al Volto di Dio. Ma dobbiamo farci soprattutto noi stessi preghiera, perché la preghiera è un mistero radicato nella nostra coscienza spirituale. Efrem il Siro diceva: «La preghiera è la madre di tutte le virtù. Preserva la temperanza, sopprime la


collera, previene i sentimenti di orgoglio e d’invidia, attira lo Spirito Santo verso l’anima ed eleva l’uomo verso il cielo». Per questo anche san Serafino di Sarov diceva: «Se non conosci Dio non puoi amarlo e potrai amarlo solo se lo vedi, ma lo puoi vedere solo se lo conosci». In questo c’è però bisogno della paternità spirituale, colui che guida il neòfita al corretto cammino verso Dio, senza influenzarlo o sforzarlo, ma conducendolo per mano, per entrare nel mistero di Dio. E questo sempre in unione col vescovo, soprattutto per un prete o un confessore. Come dice sant’Ignazio di Antiochia: «Nessuno senza il vescovo faccia qualcosa che riguarda la Chiesa» (Lettera agli Sm irnesi).

3. Vita e formazione liturgica I Santi Misteri della Chiesa sono le mani di Dio nella storia dell’uomo; vivere la Liturgia e santificarsi con essa è opera del sacerdote per santificare il popolo. San Basilio, nelle sue esortazioni al sacerdote esclama: «Cerca, o sacerdote, di presentarti come un lavoratore che non ha di che vergognarsi e che dispensa rettamente la parola di verità… Presentati con cuore puro al Santo Altare». Pertanto chi serve all’Altare del Signore deve essere degno di questo servizio, deve essere cosciente, soprattutto nel celebrare la Santa Eucaristia, di essere al cospetto di Dio, del Suo Corpo e del Suo Sangue. Non “abituiamoci alla Liturgia”, ma viviamola come “fosse la prima e l’ultima e la sola”. È detto infatti: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le perle ai porci» (cfr Mt 7, 6). 4. Il servizio ai fratelli Il sacerdote deve avere amore per tutto, per ogni cosa, per ogni fratello e sorella e soprattutto per i più poveri. Povertà materiale e povertà spirituale sono mali che affliggono le nostre società postindustriali. Nell’epoca dell’appiattimento e della globalizzazione, il sacerdote deve essere vigile sentinella e capire la povertà dell’essere umano, non deve lasciarsi travolgere, ma deve essere porto sicuro per la nave della Chiesa e braccia che accolgono e mai giudicano. Troppe volte i nostri fratelli bussano alla porta della Chiesa, cercando un’àncora di salvezza, ma ci trovano troppo occupati nelle nostre faccende della vita. Leggiamo infatti nel Vangelo di Matteo: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

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5. L’amore per l’unità della Chiesa Da questa terra così ricca di profumo di unità, non deve mancare un impegno tutto particolare a lavorare per il comandamento del Signore: Ut unum sint – ἵνα πάντες ἓν ὦσι (Gv 17, 21). Lavorare per l’unità delle nostre Chiese significa conoscerci reciprocamente, conoscere le tradizioni gli uni degli altri, significa rispetto e anche pazienza. «Vi riconosceranno da come vi amerete» (Gv 13, 35). Figli amati nel Signore, vi accompagni in questo percorso formativo la tenera protezione della Madre di Dio, la Theotok os, Colei che si è fidata completamente di Dio nel momento dell’Annunciazione, colei che ha il volto della tenerezza per suo Figlio e per tutti noi e che qui venerate con particolare ardore come “Regina Apuliae” e custodite la sua Santa Icona. Nel ringraziarvi per la vostra ospitalità, vi benediciamo tutti, portandovi nel cuore con affetto e nella preghiera con amore, «perché là il Signore ha disposto la benedizione e la vita in eterno» (Sal 132).

Grazie. 36


OMELIA DELL’ARCIVESCOVO MONS. FRANCESCO CACUCCI NELLA SOLENNITÀ DI SAN NICOLA ALLA PRESENZA DI SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I

Bari, Basilica di San Nicola, 6 dicembre 2016


«Giubilate, o cieli, rallegrati o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo» (Is 49,13). Il giubilo che accompagna la festa di San Nicola, secondo le parole del profeta, quest’anno si moltiplica per la presenza di Sua Santità Bartolomeo I. La Sua augusta Persona, Santità, impreziosisce in modo unico questa festa e questa celebrazione. San Nicola è il Santo di tutti i cristiani. È il Santo ecumenico per eccellenza. Il cammino faticoso dell’ecumenismo, evocato, nella sua vita terrena, attraverso un significativo episodio, è narrato da uno dei più celebri autori bizantini di canoni e di encomi, sant’ Andrea di Creta. Intorno al 710 egli scriveva che Nicola non si dava pace per lo scisma provocato nella Chiesa dall’eresia ariana. Dato che uno dei maggiori seguaci di Ario era il vescovo Teògnide, cominciò a scrivergli per distoglierlo. Il temperamento energico portava però Nicola talvolta ad un linguaggio aspro. Allora egli scriveva nuovamente al vescovo: «Vieni, riconciliamoci fratello, prima che il sole tramonti sulla nostra ira (Ef 4,26)». 38

A questo raro riferimento biografico fa riscontro la ricca percezione che di lui ha avuto il mondo cristiano. Anche quando l’ecumenismo era ancora lontano da venire, gli scrittori dai quattro angoli della terra lo vedevano come il Santo di tutti i cristiani, dagli scrittori grecobizantini all’occidente meridionale, dal mondo slavo al mondo germanico. Tra i primi a sottolinearne l’universalità fu il panegirista greco Niceta di Paflagonia, intorno all’anno 900 dopo Cristo: «Presentandosi spiritualmente [san Nicola] riconquista gli uomini ormai senza speranza; abbellisce le chiese, conferisce prestigio ai tribunali, guida le città, indirizza rettamente i paesi. È considerato un altro salvato re p er i Cristiani in quanto egli è l’immagine di Cristo. […]. Rendendo Cristo propizio al mondo riconcilia il mondo a Cristo, e ne elargisce i beni. Perciò è invocato non in questa o quella parte della terra, ma o vunque tra i p o p o li, d o ve è stato glo rificato Cristo , lì viene celebrato anche quest’uomo divino: a lui sono stati eretti dappertutto templi e altari onorati. Orefici e falegnami, fabbri e commercianti, contadini e calzolai, re della terra e tutti i popoli, governanti e tutti i giudici della terra e – per dirla in breve – tutta la moltitudine dei Cristiani invoca Nicola».

San Nicola ancora oggi mantiene una straordinaria universalità.


L’incessante pellegrinaggio cattolico e ortodosso alla Basilica di San Nicola è la manifestazione ecclesiale di questo universalità, e la presenza oggi qui di Sua Santità il Patriarca Bartolomeo I è come un sacro sigillo a questa devozione universale. Sulla scia dei suoi grandi predecessori del XX secolo, Sua Santità Bartolomeo è infatti particolarmente sensibile a che i cristiani insieme diano una comune testimonianza al mondo, che mai come oggi ne ha tanto bisogno. Lei, Santità, è Patriarca. La parola “Patriarca” evoca i grandi Patriarchi della storia sacra. Nella Liturgia della Parola, oggi proclamata, san Giacomo fa riferimento ad Abramo: «non fu forse giustificato per le sue opere? Vedi: la fede agiva insieme alle opere di lui, e per le opere la fede divenne perfetta». Questo abbiamo colto in Lei, Santità: è un Patriarca ricco di

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grande fede, che traspare dalla Sua augusta persona, dai grandi come dai piccoli gesti, con un’attenzione squisita alle persone, a cominciare dai più piccoli.

Con la sua fede e le sue opere san Nicola sia sempre il suo ispiratore. L’ecumenicità di san Nicola non solo non è intaccata, ma è esaltata dal diverso modo in cui i cristiani lo hanno percepito. Alcuni lo vedono come il “rapido soccorritore”, altri come “maestro di fede”, altri come il protettore dei pellegrini, dei viaggiatori e dei commercianti, altri ancora come il santo del mare o il “patrono delle fanciulle” e dei “bambini”.

Ma in tanta diversità c’è un punto in comune per tutti. Egli è l’immagine della misericordia, come lo videro Tommaso d’Aquino e Dante Alighieri. È la misericordia tanto propugnata sia da Lei, Santità, che dal Papa Francesco: misericordia e compassione, per accogliere e soffrire con chi soffre. A noi piace oggi considerare voi, pastori che la provvidenza ha voluto donarci, Papa Francesco e Bartolomeo, come immagine di Nicola. Speriamo che il nostro Santo illumini tutti i cristiani nel difficile cammino verso l’unità ecclesiale. Il tempo di Avvento, che stiamo vivendo, ci trovi vigilanti e ci faccia venerare san Nicola come il “padrone di casa” del Vangelo che si cinge le vesti ai fianchi e passa a servirci. 40


INTERVENTO DI SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I DURANTE LA S. MESSA PONTIFICALE IN ONORE DEL SANTO

Bari, Basilica di San Nicola, 6 dicembre 2016


Eccellenza Reverendissima Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Monsignor Francesco Cacucci, Ἱερώτατε Μητροπολῖτα Ἰταλίας καί Μελίτης κ. Γεννάδιε, Ποιμενάρχα τῆς Θεοσώστου ταύτης Ἐπαρχίας, Eccellenze, Reverendissimo Padre Priore, Ciro Capotosto, Reverendi Padri, Illustri Autorità, Fratelli e sorelle in Cristo

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Immersi nella preghiera dentro questa splendida Basilica, attorniati da così tanti fratelli e sorelle, siamo giunti dalla città di Costantino, Costantinopoli, dal Fanar, la sede del Patriarcato Ecumenico, su cortese invito dell’amato Fratello in Cristo il venerabilissimo Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci, e del Consiglio Episcopale Pugliese, per festeggiare insieme quest’anno la memoria di questo grande Santo dell’Unità, il nostro Santo Padre Nicola, vescovo di Myra di Licia, il Taumaturgo, le cui sante reliquie riposano nella cripta di questa Basilica da oltre mille anni e che tra poco venereremo insieme. Siamo giunti in Puglia, questa splendida terra che ha intrinseca la vocazione ecumenica per la sua storia, per rinsaldare l’amore e i legami che le nostre Chiese hanno vissuto comunemente nel passato, ma che neppure le vicissitudini della storia mai hanno interrotto o raffreddato i sentimenti della reciproca stima. In questi giorni abbiamo visitato molte parti della vostra regione e ci siamo rallegrati del successo di questo laborioso popolo, della sua ospitalità abramitica e della sua fervente fede cristiana, riscontrabile in tutte le attività religiose e sociali della sua Chiesa. «Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1 Cor 12,26). E noi abbiamo veramente gioito con voi in questo nostro pellegrinaggio, il primo di un Patriarca Ecumenico in questa terra, e siamo particolarmente grati al Signore.


La vocazione ecumenica e lo stile ospitale di questa terra, lambita dal Mare Adriatico e dal Mar Ionio, ha fatto sì che essa sia terra di accoglienza, nel passato come nel presente. Nel passato qui trovarono rifugio i cristiani perseguitati a seguito di invasioni straniere, a guerre fratricide e conseguenti carestie dei paesi che si affacciano sull’altro versante del mare. Vennero accolti e si integrarono con l’allora tessuto sociale, anche mantenendo le tradizioni delle loro terre di origine, arricchendo nel contempo la nuova patria. Abbiamo visto numerose testimonianze nelle iscrizioni e nella iconografia bizantina di numerosi reperti storico-ecclesiastici, ma anche vestigia di questa presenza nella terra del Salento.

Ma anche in un passato molto recente, questa terra ha saputo essere terra di accoglienza per quelle genti che fuggivano da paesi totalitari, in cui non era possibile essere discepoli di Cristo. Nonostante le difficoltà che tutto questo comporta, e gli inevitabili problemi che possono sorgere, questa terra non ha mai chiuso le sue porte, non è mai rimasta indifferente al grido di aiuto di tanti fratelli e sorelle nel bisogno. Oggi purtroppo, ancora una volta il Mare Mediterraneo, mare di cultura, mare di solidarietà, mare di collaborazione, è divenuto mare di ondate di profughi e migranti da ogni dove. Come cristiani non restiamo indifferenti a questo grido di dolore, - e questa terra sappiamo che continua a fare la sua parte, - ma allo stesso tempo non possiamo tacere davanti allo scandalo della mercificazione dell’essere umano, del fondamentalismo religioso che pretende di agire nel nome di Dio, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del depauperamento delle risorse naturali a vantaggio di pochi e a svantaggio di molti, soprattutto dei più poveri. La casa comune, l’ambiente naturale appartiene a Dio e non siamo solo i suoi economi, non siamo nuovi dei senza Dio. Per questo abbiamo alzato il grido assieme al nostro amato Fratello a Roma, Papa Francesco, dall’isola di Lesbo verso tutti i potenti della terra, verso coloro che hanno in mano le sorti dell’umanità, e continuiamo a farlo nel nome di Dio, Padre onnipotente e Padre misericordioso. Come cristiani, tuttavia, abbiamo un’arma forte, un’arma di pace, un’arma invincibile, che è la preghiera, e questa sera noi siamo qui per pregare insieme il nostro Santo dell’Unità, che continui a essere nostro amico e nostro compagno sulla via della salvezza e dell’unità. Pregando infatti i santi, noi preghiamo Cristo per mezzo delle membra del suo Corpo. La Chiesa, secon-

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do san Paolo, è “casa di Dio” e “famiglia”; «noi riconosciamo nei santi i nostri fratelli maggiori in Cristo, che ci sostengono nella nostra ricerca della città celeste» (P. Evdokimov).

I santi infatti, anche dopo la loro dipartita, continuano ad essere membra viventi della Chiesa, con la loro preghiera sono un legame tra le cose di lassù e le cose di quaggiù. «Supplicando i santi – scriveva il noto teologo P. Evdokimov – noi preghiamo Cristo presente in loro e ci rivolgiamo a quella potenza di amore di Cristo che fa tutti il suo corpo». Così noi tributiamo il giusto onore e la venerazione alle Sante Reliquie dei santi per la grazia del legame incorruttibile del corpo con lo Spirito divino e secondo la tradizione della Chiesa antica, anche con la analoga presenza testimoniata dalla loro icona.

Dopo la icona di Cristo e della Vergine, la icona di san Nicola è quella più conosciuta, più onorata, non manca nelle case dei fedeli. 44

Ma perché questo Santo è così amato, nonostante non ci siano scritti teologici o documenti rilevanti sulla sua opera? Crediamo perché san Nicola è stato un vescovo amato dal suo popolo, un vescovo che ha vissuto per la verità della fede, nella sua battaglia contro la eresia ariana del suo tempo, ma anche il vescovo giusto nella sua Chiesa. Difensore dei poveri, giudice implacabile di fronte alle ingiustizie dei potenti e ferreo combattente del peccato. Ma anche uomo mite, pieno di continenza, pronto al perdono, pieno di compassione per la debolezza dei fedeli, – che iniziava a manifestarsi con la libertà della fede cristiana a seguito dell’editto di Milano, – ma fermo aiutante nella difesa dei costumi e della rettitudine. Per questo la sua fama si è diffusa al di là dei confini della sua Chiesa a Myra di Licia. La Provvidenza di Dio ha fatto sì che il suo corpo giungesse qui a Bari, dove ancor oggi noi possiamo venerarlo con fede. La confidenza di san Nicola con Dio e con noi lo ha reso un Santo “mirovlita”, dalle cui Sante Reliquie sgorga il m yron, o manna come si dice a Bari, testimonianza di santità che vivifica il credente e lo rende confidente di Dio, lo benedice. Già il nostro


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Permetteteci di concludere questo nostro saluto con le parole della Liturgia Bizantina per il nostro Santo Padre:


«Pastori e maestri, conveniamo insieme per lodare il pastore, èmulo del buon pastore; i malati facendo l’elogio del medico; quelli che sono nei pericoli, del liberatore; i peccatori, dell’avvocato; i poveri, del tesoro; gli afflitti, del conforto; i viaggiatori, del compagno di viaggio; quelli che sono in mare, del nocchiero: tutti, facendo l’elogio del grandissimo pontefice che ovunque a noi fervido accorre, così diciamo: “Santissimo Nicola, affrettati a liberarci dall’angustia presente, e con le tue suppliche, salva il tuo gregge”» (Doxastik on d elle Lod i). Amen.

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Pellegrinaggio a Costantinopoli e in Cappadocia 15-20 giugno 2017



La visita a Bari del Patriarca Ecumenico Sua Santità Bartolomeo I ha avuto come seguito la partecipazione dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci, ad un pellegrinaggio a Costantinopoli e in Cappadacia, guidato dallo stesso Patriarca, nei giorni dal 15 al 20 giugno 2017. L’invito a partecipare ad unirsi a questo pellegrinaggio è stato rivolto all’Arcivescovo da Sua Santità Bartolomeo I durante la sua permanenza a Bari. La continuità tra la visita a Bari del Patriarca ed il pellegrinaggio dell’Arcivescovo in Cappadocia non è legata solo a questa coincidenza temporale. L’esperienza vissuta in Cappadocia, come anche la visita dell’Arcivescovo al Fanar, sede del Patriarcato ecumenico, che ha avuto luogo alla vigilia della partenza per la Cappadocia, hanno offerto l’opportunità non solo di rinnovare e approfondire i legami instaurati con Sua Santità Bartolomeo I, ma anche di prendere sempre più coscienza dell’immenso debito che l’intera cristianità ha nei confronti dell’antica e gloriosa Chiesa di Costantinopoli, oggi presieduta dal Patriarca Bartolomeo I, e delle Chiese dell’Asia Minore, e del profondo vincolo che, in particolare, lega le Chiese di Puglia e la Chiesa di Bari-Bitonto a quelle Chiese, vincolo che va ben oltre la comune venerazione di san Nicola, che fu vescovo a Myra. Per questo motivo si è ritenuto opportuno aggiungere un breve resoconto del pellegrinaggio dell’Arcivescovo in Cappadocia.

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PELLEGRINAGGIO DEGLI ARCIVESCOVI DELLE CHIESE DI BARI-BITONTO E DI LECCE


Seguendo una tradizione avviata già da alcuni anni, anche quest’anno, dal 16 al 19 giugno scorso, il Patriarca Ecumenico Sua Santità Bartolomeo I si è recato in pellegrinaggio in Cappadocia. Ubicata nell’attuale Turchia centrale, la Cappadocia è una regione caratterizzata da un’antichissima presenza cristiana risalente all’età apostolica (cfr. 1 Pt 1,1), nella quale sono vissuti grandi santi quali Basilio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa e Amfilochio di Iconio, ma dove oggi, a seguito delle vicissitudini storiche e politiche dello scorso secolo, non esiste più alcuna presenza cristiana. Quest’anno il Patriarca Bartolomeo I ha voluto invitare ad unirsi al pellegrinaggio anche l’Arcivescovo di Bari-Bitonto Mons. Francesco Cacucci e l’Arcivescovo di Lecce Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, dai quali era stato accolto durante il suo viaggio in Puglia del dicembre 2016. Tra gli altri, al pellegrinaggio in Cappadocia hanno partecipato il Patriarca greco ortodosso di Gerusalemme Sua Beatitudine Thephilos III ed il Metropolita di Constantia Sua Eminenza Basilios, della Chiesa ortodossa di Cipro. Arrivati ad Istanbul un giorno e mezzo prima della partenza per la Cappadocia, Mons. Cacucci e Mons. D’Ambrosio hanno potuto subito sperimentare la calorosa ospitalità offerta dal Patriarca Bartolomeo I, il quale ha voluto riceverli in udienza privata nel Fanar, sede del Patriarcato Ecumenico, e ha organizzato per loro la visita di alcune chiese di epoca bizantina, come Santa Sofia, Sant’Irene ed il monastero di Chora, che, sebbene oggi siano state trasformate in museo o in sala per eventi culturali, non cessano di suscitare forti emozioni non solo per la bellezza dell’architettura e dei mosaici che le decorano, ma soprattutto per i ricordi che esse evocano in coloro che conoscono la storia della Chiesa. È sufficiente infatti menzionare che nella chiesa di Sant’Irene fu celebrato il secondo concilio ecumenico, il Costantinopolitano I (381), nel quale venne canonizzata la forma finale del Simbolo di fede che recitiamo ogni domenica nella liturgia domenicale, il Simbolo niceno-costantinopolitano. La mattina di sabato 17 giugno, Sua Santità Bartolomeo I ed il gruppo di pellegrini che lo accompagnava si sono trasferiti in aereo da Istanbul a Kayseri. Da lì si sono diretti a Göreme, dove hanno visitato le chiese di San Basilio e di Santa Caterina, la Karanlik Kilise (la chiesa oscura) e la Tokali Kilise (la chiesa della fibbia). Queste chiese rupestri fanno parte di una vera e propria cittadella monastica, che oggi è parte di un museo a cielo aperto. La cittadella monasti-

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ca di Göreme porta le tracce dell’esperienza avviata nel quarto secolo da san Basilio, il quale all’eremo, tipico del primo monachesimo orientale, preferì il cenobio basato su celle o romitori autonomi, ma con luoghi di preghiera e di lavoro in comune, dando una dimensione familiare alle piccole comunità e favorendo così lo scambio e l’aiuto reciproco. Le chiese, scavate all’interno di piramidi rocciose, sono arricchite da affreschi degni di grande interesse.

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Nel pomeriggio, il Patriarca Ecumenico ha presieduto il vespro nella chiesa di San Demetrio in Aravissos (Gülşehir). Diverse ragioni hanno contribuito a far sì che quella celebrazione risultasse particolarmente commovente. Innanzitutto, il villaggio dove il vespro era officiato era uno dei luoghi nei quali il grande padre della Chiesa e patriarca di Costantinopoli san Giovanni Crisostomo aveva soggiornato durante il tempo del suo esilio. Inoltre, la celebrazione si è svolta in un edificio maestoso costruito dall’allora numerosa comunità ortodossa nel diciannovesimo secolo, ma oggi quasi completamente in rovina a causa dell’abbandono e dell’incuria dopo che nel 1924 gli abitanti ortodossi del villaggio avevano dovuto abbondonare le loro case. Attualmente, l’edificio appartiene alle autorità civili locali che solo per l’occasione hanno dato al Patriarca la possibilità di celebrare il vespro. Molto toccanti sono state le parole che Sua Santità Bartolomeo I ha pronunciato al termine del vespro, quando ha sottolineato che, anche se oggi in quel luogo non si elevano più le lodi del Signore da parte dei fedeli ortodossi, nulla potrà mai impedire al sole, al vento e a tutto il creato, così bello e suggestivo in quella regione, di rendere continuamente gloria a Dio con la loro stessa esistenza.

Domenica 18 giugno, la Divina Liturgia è stata presieduta da Sua Beatitudine Theophilos III, alla presenza del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, nella chiesa dei santi Costantino ed Elena nel villaggio di Sinassos nei pressi dell’attuale Ūrgüp. Anche in questo caso la celebrazione si è svolta in una chiesa ormai abbondonata, grazie al permesso concesso dalle autorità locali. Al termine della Divina Liturgia, Sua Santità Bartolomeo I ha pregato per tutti i fedeli defunti della comunità ortodossa di Sinassos, che un tempo era molto numerosa. Nel pomeriggio, il Patriarca Ecumenico e gli altri pellegrini hanno fatto visita al monastero di San Nicola, che durante il precedente inverno aveva subito ingenti danni a causa del maltempo, e alle chiese di San Basilio e della Santa Croce, che si trovano sempre nella zona di Ūrgüp. La mattina del 19 giugno, i partecipanti al pellegrinaggio hanno visitato altre due chiese edifi-


cate nel diciannovesimo secolo dalla comunità ortodossa ed ora in stato di abbandono: la chiesa della Dormizione della Madre di Dio in Neapoli (Nevşehir) e la chiesa dell’Ingresso della Madre di Dio in Kermira (Kermir), villaggio natale del famoso regista Elia Kazan (all’anagrafe Elias Kazancioğlu). Nel pomeriggio, il pellegrinaggio si è concluso con il ritorno ad Istanbul. La partecipazione dei Pastori delle Chiese di Bari e di Lecce al pellegrinaggio in Cappadocia è certamente legata alla sopramenzionata visita del Patriarca Bartolomeo I in Puglia, ma allo stesso tempo si colloca nell’alveo delle antiche e mai cessate relazioni tra la nostra terra e l’oriente cristiano. Sin dai primi secoli dell’era cristiana la vita di fede e la religiosità delle nostre comunità sono profondamente debitrici nei confronti delle Chiese d’Oriente. In tempi più recenti, man mano che si sviluppava il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, la Chiesa in Puglia, in virtù della sua vocazione di ponte tra Oriente e Occidente, ha giocato un ruolo di primo piano nella tessitura delle relazioni tra cattolici e ortodossi. Non è un caso che quando, alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II, il 7 dicembre 1965, la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli decisero di cancellare dalla memoria delle Chiese le scomuniche che si erano reciprocamente scambiate nel 1054, fosse presente nella delegazione cattolica recatasi al Fanar per quella storica occasione anche l’allora Arcivescovo di Bari, Mons. Enrico Nicodemo. Similmente, non può essere considerata casuale nel 1986 – 1987 la scelta di Bari come sede della sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, della quale l’Arcivescovo di Bari Mons. Mariano Magrassi era membro. La pima visita del Patriarca Ecumenico Sua Santità Bartolomeo I a Lecce e a Bari e la partecipazione di Mons. D’Ambrosio e di Mons. Cacucci al pellegrinaggio in Cappadocia rappresentano una nuova tappa di questo cammino del quale tutta la Chiesa di Bari e tutte le Chiese di Puglia devono sentirsi partecipi. Mons. Andrea Palmieri Sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani

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OMELIA DI SUA SANTITÀ BARTOLOMEO ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI - NUOVA ROMA E PATRIARCA ECUMENICO AL TERMINE DEL VESPRO NELLA CHIESA DI SAN DEMETRIO IN ARAVISSOS (GÜLŞEHIR)

17 giugno 2017


Benvenuti, carissimi fratelli in Cristo, su queste terre sacre della Cappadocia, santificate da molto sangue, lacrime di preghiera, dolori di speranza nelle cose a venire e compianti di lutto. Terre sulle quali si è vissuta l’ascesi, che le ha trasformate da suolo arido in terreno fecondo, e dove la testimonianza e la teologia ortodossa hanno toccato il loro apice, del cui frutto la nostra Santa Chiesa Ortodossa si è sempre nutrita nel corso dei tempi. Alzi gli occhi, Sua Beatitudine, e contempli intorno a sé la terra delle stelle luminose di Cappadocia: «Eccoci, siamo tutti venuti qui dall’occidente e dal settentrione, dal mare e dall’oriente, a te», o Cappadocia, «glorificando Cristo per tutti i secoli» (cfr Canone pasquale, ode VII, tropario II). Carissimi e stimati fratelli, figli nel Signore benedetti pellegrini, durante l’importantissimo evento della Pentecoste «si trovavano in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo […] Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia» (Atti 2,5-6. 9-10). Tra i primi ad ascoltare la predicazione dell’apostolo Pietro e battezzarsi cristiani, dunque, vi erano anche dei Giudei ellenizzati provenienti dalla Cappadocia, i quali hanno contribuito in seguito in modo decisivo alla cristianizzazione della Cappadocia. In Cappadocia predicò anche Pietro, «apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell'Asia e nella Bitinia» (1 Pt 1,1). Qui in Cappadocia predicò, inoltre, anche Andrea, il Protoclito e fondatore della Chiesa di Costantinopoli, l’“occhio dell’ecumene”. È evidente, quindi, sin dai tempi apostolici, il nesso indissociabile, nell’unità di fede, tra Gerusalemme, Cappadocia e Costantinopoli e tutte le Chiese ortodosse che dispensano rettamente la parola della Verità. Questa stessa identica ed inalienabile fede tutti noi continuiamo a preservare ancora oggi, in comunione fraterna, in queste terre santificate della Romanità [Ρωμιωσύνη], dopo aver tolto i sandali dai piedi, perché il suolo dove poggiamo è un suolo sacro (cfr Es 3,5). Per questo, stasera, il Patriarca Ecumenico lascerà parlare, al di sopra di ogni parola, l’eloquente natura della Cappadocia. Di quella Cappadocia ortodossa dalla quale emersero i grandi martiri della fede, i grandi Padri e Dottori della Chiesa, specialmente durante l’età d’oro

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della Chiesa, il quarto secolo dopo Cristo. E non sono emerse soltanto, fino ai tempi nostri, grandi e importanti figure ascetiche, ma anche figure leggendarie, quelle degli ak rites [milites limitanei], quale, ad esempio, il popolarissimo «Basilio il Dighenis [di due stirpi], famoso akritis, diletto e fiore rigoglioso di Cappadocia, del valore e dell’audacia il culmine» (Autori Vari, Cappad ocia – Visita all’Oriente cristiano). Più in particolare siamo personalmente commossi perché in questo luogo, chiamato Aravissos, fu esiliato il grandissimo Padre e Dottore della Chiesa, nostro predecessore, Giovanni Crisostomo, il quale, come riportano le fonti storiche, per maggiore sicurezza fu portato qui dai suoi custodi, durante i mesi invernali, dalla vicina città di Kukussos, nella diocesi del vescovo di Melitene. Proprio qui ad Aravissos Giovanni Crisostomo scrisse al vescovo Ciriaco, anch’egli esiliato, una lettera piena di dolore e angoscia, con la quale cercava di consolarlo, scrivendogli: «Molto si è tramato contro di me, per odio e gelosia. Non soffrirne, caro fratello, ma sempre ricordati che Colui che governa il mondo si è fatto esempio di contegno dinanzi alle tentazioni, onde evitare di essere malvagi con gli altri. Dunque ti prego, allontana da te il lutto della sofferenza e ricordami a Dio».

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Da questi luoghi, da questo mondo presero forma le virtù e la parola dei Cappadoci. Dopo secoli i loro devoti figli, discendenti di eroi e santi - la nostra stirpe - si sono trapiantati, contro il loro volere, in tutto il mondo. Di conseguenza questi luoghi, queste terre si sono svuotate e nelle chiese non si è più potuto celebrare una messa né benedire le tombe dei nostri avi. Le nobili dimore rimaste sono una silente testimonianza dei giochi della storia e del Principe di questo mondo ingannevole. L’avvilimento e il buio hanno pervaso le anime di coloro che lasciarono la patria il 4 agosto 1924, per andare a contribuire alla crescita delle nuove terre dove si sono trapiantati. Raccolti stasera in preghiera nella chiesa di San Demetrio il Megalomartire, la cui campana tace, dove non vi è più cantore né sacerdote, né discepoli di Nostro Signore, vogliamo contemplare e vedere con gli occhi della nostra anima per confessare, in silenziosa adorazione e con il cuore contrito, dinanzi al mare immenso della misericordia del Signore, evocando le parole del poeta: «La memoria, stordita, cerca di riunire le membra sparse e quasi sente dolore. Solo l’olfatto serba ancora il persistente odore d’olio e cero santo che non intende staccarsi dalle chiese vuote» (G. Seferis, Tre giorni nei m onasteri della Cappad ocia).


Ma la memoria guarisce e cessa di causare pena quando si partecipa alla vita della Chiesa e si fa costante riferimento al Signore della storia, l’Eterno [Achronos], Colui che salva le cose nella Sua Carità, nella prospettiva dell’ora e sempre e nei secoli dei secoli. Perciò, cari fratelli e figli di Gerusalemme, Cipro, Italia e Grecia, della nostra Città di Costantinopoli e di tutta l’ecumene, lasciamo parlare i nostri cuori attraverso le parole, antiche ma sempre nuove, del grande figlio della terra di Ionia, Fotis Kontoglou, che condensa i significati e i sentimenti, i dolori e i sospiri, tutto ciò che tutti noi sentiamo sicuramente stasera. «Sulle tegole della chiesa ondeggiano erbe alte. Ma all’interno della cupola c’è il Dominatore dell’universo [il Pantok rator], che sembra come chinarsi dal cielo per prendersi cura di tutti gli uomini. Verso sera, una dolce luce dorata penetra nella santa torre, quasi colmandola d’incenso. In quel momento sacro in cui tramonta il sole, entra ronzando, come sagrestano innocente, l’ultimo devoto alato. Si avvicina con precauzione all’effige divina, Gli bacia la fronte, accarezza i baffi e la santa capigliatura, poi bacia la Sua mano, aleggia sul Vangelo quasi a contare le perle che Lo adornano e continua a volteggiare sopra le spalle di Dio, come frugando nel panneggio del Suo abito. Girovaga in volo più volte all’interno della cupola fiutando il profumo dell’incenso e dei ceri che da secoli esala dalla cupola annerita. A lungo si ode l’armonia prodotta da quell’innocente creatura, una falena che non intende separarsi dal suo Signore Cristo per prendere le vie delle montagne attorno. Anzi, con il suo ronzio sembra cantare: “Quanto sono amabili le Tue dimore, Signore degli eserciti” (Sal 83, 2). Sotto, in quel momento, il monaco canta a bassa voce l’inno “Luce gioiosa”, mentre il sole tramonta e la giornata finisce. Lacrime affiorano agli occhi di colui che ascolta queste parole antiche, semplici e eterne come il tramonto. Nel libro poggiato sul leggio sta scritto che è un poema del martire Atenogene. Antichissimo inno, cantato ogni sera sul finire del giorno, da duemila anni fino ad oggi, da gente semplice discesa dagli antichi greci» (F. Kontoglou, Aivali – La mia patria). Cari fratelli, questa luce gioiosa splende stasera nella chiesa di San Demetrio in Aravissos a gloria del nostro Padre immortale. Luce di Cristo, che tutti illumina, tenue, ma rivolta verso l’eternità a venire. E tutti noi, vedendo la luce vespertina, salmodiamo in gloria: «Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre» (Sal 113, 2) nei secoli dei secoli. Amen.

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Indice Visita del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma La grazia dell’incontro di mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto …………………………………………….. 3

Una visita storica di p. Ciro Capotosto, Rettore della Basilica di San Nicola …………………………………………….. 6 Telegramma di saluto di Papa Francesco …………………………………………………………. 9

Bari, Basilica di San Nicola, 5 dicembre 2016 Laudatio dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Francesco Cacucci a Sua Santità Bartolomeo I per il conferimento del Premio ecumenico “San Nicola” ……. 10 58

“Adriatico e Ionio, mari di comunione” Lectio magistralis di Sua Santità Bartolomeo I durante l’apertura dell’anno accademico 2016-2017 della Facoltà Teologica Pugliese ……...15

Conferimento del Premio ecumenico “San Nicola” ……………………………………………. 24 Bari, Chiesa del Sacro Cuore, 5 dicembre 2016 La consegna della chiesa del Sacro Cuore alla Comunità greco-ortodossa di Bari ……………………………………………………………. 26 Omelia di Sua Santità Bartolomeo I durante la celebrazione del Vespro nella chiesa del Sacro Cuore ……………………………. 28 Molfetta, 6 dicembre 2016 Intervento di Sua Santità Bartolomeo I durante la visita al Pontificio Seminario Regionale Pugliese Pio XI …………………………..32


Bari, Basilica di San Nicola, 6 dicembre 2016 Omelia dell’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci nella Solennità di San Nicola alla presenza di Sua Santità Bartolomeo I …………………… 37

Intervento di Sua Santità Bartolomeo I durante la S. Messa pontificale in onore del Santo ………………………………………...…… 41 Pellegrinaggio a Costantinopoli e in Cappadocia (15-20 giugno 2017)

Pellegrinaggio degli Arcivescovi delle Chiese di Bari-Bitonto e di Lecce …………………... 50 Omelia di Sua Santità Bartolomeo I al termine del Vespro nella chiesa di San Demetrio in Aravissos (Gülşehir) ………………. 54

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A cura della ARCIDIOCESI DI BARI-BITONTO e della PONTIFICIA BASILICA DI SAN NICOLA

Finito di stampare nel mese di Dicembre 2017 da Ecumenica Editrice scrl - Bari




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