Bollettino Diocesano Marzo-Aprile 2010

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BOLLETTINO DIOCESANO

l’Odegitria

Anno LXXXVI n. 2

Bollettino Diocesano

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Arcidiocesi di Bari - Bitonto • Largo S. Sabino, 7 • 70122 Bari Arcivescovado: Tel.: 080 5214166 Curia Metropolitana: Tel.: 080 5288111 Fax: 080 5244450 • 080 5288250 www.arcidiocesibaribitonto.it • e-mail: curia@odegitria.bari.it

Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 Spedizione in abbonamento postale comma 20/c art. 2 L. 662/96 Filiale di Bari

Marzo - Aprile 2010




BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria

Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto


BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 ANNO LXXXVI - N. 2 - Marzo - Aprile 2010 Redazione e amministrazione: Curia Arcivescovile Bari-Bitonto P.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450 www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: curia@odegitria.bari.it Direttore responsabile: Giuseppe Sferra Direttore: Gabriella Roncali Redazione: Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea, Bernardino Simone, Francesco Sportelli Gestione editoriale e stampa: Ecumenica Editrice scrl - 70123 Bari - Tel. 080.5797843 - Fax 080.9190596 www.ecumenicaeditrice.it - info@ecumenicaeditrice.it


SOMMARIO DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE MAGISTERO PONTIFICIO Messaggio per la Giornata delle vocazioni Discorso alla Penitenzeria Apostolica

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DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Comunicato finale dei lavori della sessione primaverile (Roma, 22-25 marzo 2010)

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Presentazione della Lettera dei vescovi italiani su “Annuncio e catechesi per la vita cristiana”

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CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE Commissione regionale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi Seminario di studi su: “Come fare iniziazione cristiana dei ragazzi oggi nelle Chiese di Puglia” (15-16 febbraio 2010): Domenica e iniziazione cristiana (mons. Vito Angiuli) Cosa vuol dire fare iniziazione cristiana oggi in Italia (le ragioni del cambio, l’identità, i compiti) (don Carlo Lavermicocca) Conclusioni: In cammino verso un nuovo modello di iniziazione cristiana

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO 197

CURIA METROPOLITANA Cancelleria Sacre ordinazioni e decreti

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Ufficio Laicato. Ufficio Comunicazioni sociali La strana geografia dell’informazione. Nord-Sud, Est-Ovest. I mondi noti e ignoti (G. Micunco)

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Settore Evangelizzazione. Ufficio catechistico Gli incontri di formazione per catechisti e operatori pastorali: Vangelo e bellezza: evangelizzare attraverso l’arte e la musica (don Maurizio Lieggi - sr Cristina Alfano)

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CONSIGLI DIOCESANI Consiglio Presbiterale diocesano Verbale della riunione del 22 ottobre 2009 Verbale della riunione del 29 gennaio 2010 Consiglio Pastorale diocesano Verbale della riunione del 19 gennaio 2010 Allegato: “Il cammino dell’Ufficio per la pastorale della salute all’insegna della ricerca e della creatività”: relazione del direttore p. Leonardo di Taranto nei 25 anni di attività dell’Ufficio

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FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Istituto Superiore di Scienze religiose “Odegitria” La nuova configurazione giuridico-accademica degli ISSR: relazione per l’anno accademico 2008-2009

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AZIONE CATTOLICA ITALIANA Incontro dei sacerdoti con il prof. Franco Miano, Presidente nazionale di A.C.

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PUBBLICAZIONI

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NELLA PACE DEL SIGNORE Don Leonardo Cardetta Don Carlo Fiore

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DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Marzo 2010 Aprile 2010

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D OCUMENTI

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C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Messaggio per la XLVII Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

La testimonianza suscita vocazioni

Venerati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, cari fratelli e sorelle! La 47a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebrerà la IV domenica di Pasqua - domenica del “Buon Pastore” - il 25 aprile 2010, mi offre l’opportunità di proporre alla vostra riflessione un tema che ben si intona con l’Anno sacerdotale: La testimonianza suscita vocazioni. La fecondità della proposta vocazionale, infatti, dipende primariamente dall’azione gratuita di Dio, ma, come conferma l’esperienza pastorale, è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della testimonianza personale e comunitaria di quanti hanno già risposto alla chiamata del Signore nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata, poiché la loro testimonianza può suscitare in altri il desiderio di corrispondere, a loro volta, con generosità all’appello di Cristo. Questo tema è dunque strettamente legato alla vita e alla missione dei sacerdoti e dei consacrati. Pertanto, vorrei invitare tutti coloro che il Signore ha chiamato a lavorare nella sua vigna a rinnovare la loro fedele risposta, soprattutto in quest’Anno sacerdotale, che ho indetto in occasione del 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, modello sempre attuale di presbitero e di parroco.

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Già nell’Antico Testamento i profeti erano consapevoli di essere chiamati con la loro esistenza a testimoniare ciò che annunciavano, pronti ad affrontare anche l’incomprensione, il rifiuto, la persecuzione. Il compito affidato loro da Dio li coinvolgeva completamente, come un “fuoco ardente” nel cuore, che non si può contenere (cfr Ger 20,9), e perciò erano pronti a consegnare al Signore non solo la voce, ma ogni elemento della loro esistenza. Nella pienezza dei tempi, sarà Gesù, l’inviato del Padre (cfr Gv 5,36), a testimoniare con la sua missione l’amore di Dio verso tutti gli uomini, senza distinzione, con particolare attenzione agli ultimi, ai peccatori, agli emarginati, ai poveri. Egli è il sommo Testimone di Dio e del suo anelito per la salvezza di tutti. All’alba dei tempi nuovi, Giovanni Battista, con una vita interamente spesa per preparare la strada a Cristo, testimonia che nel Figlio di Maria di Nazaret si adempiono le promesse di Dio. Quando lo vede venire al fiume Giordano, dove stava battezzando, lo indica ai suoi discepoli come «l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). La sua testimonianza è tanto feconda, che due dei suoi discepoli «sentendolo parlare così, seguirono Gesù» (Gv 1,37). Anche la vocazione di Pietro, secondo quanto scrive l’evangelista Giovanni, passa attraverso la testimonianza del fratello Andrea, il quale, dopo aver incontrato il Maestro e aver risposto al suo invito a rimanere con Lui, sente il bisogno di comunicargli subito ciò che ha scoperto nel suo “dimorare” con il Signore: «Abbiamo trovato il Messia - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù» (Gv 1,41-42). Così avvenne per Natanaele, Bartolomeo, grazie alla testimonianza di un altro discepolo, Filippo, il quale gli comunica con gioia la sua grande scoperta: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret» (Gv 1,45). L’iniziativa libera e gratuita di Dio incontra e interpella la responsabilità umana di quanti accolgono il suo invito a diventare strumenti, con la propria testimonianza, della chiamata divina. Questo accade anche oggi nella Chiesa: Iddio si serve della testimonianza di sacerdoti, fedeli alla loro missione, per suscitare nuove vocazioni sacerdotali e religiose al servizio del Popolo di Dio. Per questa ragione desidero richiamare tre aspetti della vita del presbitero, che mi sembrano essenziali per un’efficace testimonianza sacerdotale.


MAGISTERO PONTIFICIO Elemento fondamentale e riconoscibile di ogni vocazione al sacerdozio e alla consacrazione è l’amicizia con Cristo. Gesù viveva in costante unione con il Padre, ed è questo che suscitava nei discepoli il desiderio di vivere la stessa esperienza, imparando da Lui la comunione e il dialogo incessante con Dio. Se il sacerdote è l’“uomo di Dio”, che appartiene a Dio e che aiuta a conoscerlo e ad amarlo, non può non coltivare una profonda intimità con Lui, rimanere nel suo amore, dando spazio all’ascolto della sua Parola. La preghiera è la prima testimonianza che suscita vocazioni. Come l’apostolo Andrea, che comunica al fratello di aver conosciuto il Maestro, ugualmente chi vuol essere discepolo e testimone di Cristo deve averlo “visto” personalmente, deve averlo conosciuto, deve aver imparato ad amarlo e a stare con Lui. Altro aspetto della consacrazione sacerdotale e della vita religiosa è il dono totale di sé a Dio. Scrive l’apostolo Giovanni: «In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16). Con queste parole, egli invita i discepoli ad entrare nella stessa logica di Gesù che, in tutta la sua esistenza, ha compiuto la volontà del Padre fino al dono supremo di sé sulla croce. Si manifesta qui la misericordia di Dio in tutta la sua pienezza; amore misericordioso che ha sconfitto le tenebre del male, del peccato e della morte. L’immagine di Gesù che nell’Ultima Cena si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugamano, se lo cinge ai fianchi e si china a lavare i piedi agli Apostoli, esprime il senso del servizio e del dono manifestati nell’intera sua esistenza, in obbedienza alla volontà del Padre (cfr Gv 13,3-15). Alla sequela di Gesù, ogni chiamato alla vita di speciale consacrazione deve sforzarsi di testimoniare il dono totale di sé a Dio. Da qui scaturisce la capacità di darsi poi a coloro che la Provvidenza gli affida nel ministero pastorale, con dedizione piena, continua e fedele, e con la gioia di farsi compagno di viaggio di tanti fratelli, affinché si aprano all’incontro con Cristo e la sua Parola divenga luce per il loro cammino. La storia di ogni vocazione si intreccia quasi sempre con la testimonianza di un sacerdote che vive con gioia il dono di se stesso ai fratelli per il Regno dei

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Cieli. Questo perché la vicinanza e la parola di un prete sono capaci di far sorgere interrogativi e di condurre a decisioni anche definitive (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 39). Infine, un terzo aspetto che non può non caratterizzare il sacerdote e la persona consacrata è il vivere la comunione. Gesù ha indicato come segno distintivo di chi vuol essere suo discepolo la profonda comunione nell’amore: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). In modo particolare, il sacerdote dev’essere uomo di comunione, aperto a tutti, capace di far camminare unito l’intero gregge che la bontà del Signore gli ha affidato, aiutando a superare divisioni, a ricucire strappi, ad appianare contrasti e incomprensioni, a perdonare le offese. Nel luglio 2005, incontrando il clero di Aosta, ebbi a dire che se i giovani vedono sacerdoti isolati e tristi, non si sentono certo incoraggiati a seguirne l’esempio. Essi restano dubbiosi se sono condotti a considerare che questo è il futuro di un prete. È importante invece realizzare la comunione di vita, che mostri loro la bellezza dell’essere sacerdote. Allora, il giovane dirà: «questo può essere un futuro anche per me, così si può vivere» (Insegnamenti I, [2005], 354). Il Concilio Vaticano II, riferendosi alla testimonianza che suscita vocazioni, sottolinea l’esempio di carità e di fraterna collaborazione che devono offrire i sacerdoti (cfr Decreto Optatam totius, 2). Mi piace ricordare quanto scrisse il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II: «La vita stessa dei presbiteri, la loro dedizione incondizionata al gregge di Dio, la loro testimonianza di amorevole servizio al Signore e alla sua Chiesa - una testimonianza segnata dalla scelta della croce accolta nella speranza e nella gioia pasquale -, la loro concordia fraterna e il loro zelo per l’evangelizzazione del mondo sono il primo e il più persuasivo fattore di fecondità vocazionale»(Pastores dabo vobis, 41). Si potrebbe dire che le vocazioni sacerdotali nascono dal contatto con i sacerdoti, quasi come un prezioso patrimonio comunicato con la parola, con l’esempio e con l’intera esistenza. Questo vale anche per la vita consacrata. L’esistenza stessa dei religiosi e delle religiose parla dell’amore di Cristo, quando essi lo seguono in piena fedeltà al Vangelo e con gioia ne assumono i criteri di giudizio e di comportamento. Diventano “segno di contrad-


MAGISTERO PONTIFICIO dizione” per il mondo, la cui logica spesso è ispirata dal materialismo, dall’egoismo e dall’individualismo. La loro fedeltà e la forza della loro testimonianza, poiché si lasciano conquistare da Dio rinunciando a se stessi, continuano a suscitare nell’animo di molti giovani il desiderio di seguire, a loro volta, Cristo per sempre, in modo generoso e totale. Imitare Cristo casto, povero e obbediente, e identificarsi con Lui: ecco l’ideale della vita consacrata, testimonianza del primato assoluto di Dio nella vita e nella storia degli uomini. Ogni presbitero, ogni consacrato e ogni consacrata, fedeli alla loro vocazione, trasmettono la gioia di servire Cristo, e invitano tutti i cristiani a rispondere all’universale chiamata alla santità. Pertanto, per promuovere le vocazioni specifiche al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, per rendere più forte e incisivo l’annuncio vocazionale, è indispensabile l’esempio di quanti hanno già detto il proprio “si” a Dio e al progetto di vita che Egli ha su ciascuno. La testimonianza personale, fatta di scelte esistenziali e concrete, incoraggerà i giovani a prendere decisioni impegnative, a loro volta, che investono il proprio futuro. Per aiutarli è necessaria quell’arte dell’incontro e del dialogo capace di illuminarli e accompagnarli, attraverso soprattutto quell’esemplarità dell’esistenza vissuta come vocazione. Così ha fatto il Santo Curato d’Ars, il quale, sempre a contatto con i suoi parrocchiani, «insegnava soprattutto con la testimonianza di vita. Dal suo esempio, i fedeli imparavano a pregare» (Lettera per l’indizione dell’Anno sacerdotale, 16 giugno 2009). Possa ancora una volta questa Giornata mondiale offrire una preziosa occasione a molti giovani per riflettere sulla propria vocazione, aderendovi con semplicità, fiducia e piena disponibilità. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, custodisca ogni più piccolo germe di vocazione nel cuore di coloro che il Signore chiama a seguirlo più da vicino; faccia sì che diventi albero rigoglioso, carico di frutti per il bene della Chiesa e dell’intera umanità. Per questo prego, mentre imparto a tutti la benedizione apostolica.

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D OCUMENTI

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C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso ai partecipanti al corso sul foro interno promosso dalla Penitenzieria apostolica

Cari amici, sono lieto di incontrarvi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio benvenuto, in occasione dell’annuale corso sul foro interno, organizzato dalla Penitenzieria apostolica. Saluto cordialmente mons. Fortunato Baldelli, che, per la prima volta, come penitenziere maggiore, ha guidato le vostre sessioni di studio e lo ringrazio per le parole che mi ha indirizzato. Con lui saluto mons. Gianfranco Girotti, reggente, il personale della Penitenzieria e tutti voi che, con la partecipazione a questa iniziativa, manifestate la forte esigenza di approfondire una tematica essenziale per il ministero e la vita dei presbiteri. Il vostro corso si colloca, provvidenzialmente, nell’Anno sacerdotale, che ho indetto per il 150° anniversario della nascita al cielo di san Giovanni Maria Vianney, il quale ha esercitato in modo eroico e fecondo il ministero della Riconciliazione. Come ho affermato nella Lettera d’indizione: «Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli, [il Curato d’Ars], metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia Misericordia è infinita”. Dal Santo Curato d’Ars, noi sacerdoti possiamo imparare non solo una inesauribile fiducia nel sacramen-

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to della Penitenza, che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del “dialogo di salvezza” che in esso si deve svolgere». Dove affondano le radici dell’eroicità e della fecondità, con cui san Giovanni Maria Vianney ha vissuto il proprio ministero di confessore? Anzitutto in un’intensa dimensione penitenziale personale. La coscienza del proprio limite ed il bisogno di ricorrere alla misericordia divina per chiedere perdono, per convertire il cuore e per essere sostenuti nel cammino di santità, sono fondamentali nella vita del sacerdote: solo chi per primo ne ha sperimentato la grandezza può essere convinto annunciatore e amministratore della misericordia di Dio. Ogni sacerdote diviene ministro della Penitenza per la configurazione ontologica a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, che riconcilia l’umanità con il Padre; tuttavia, la fedeltà nell’amministrare il sacramento della Riconciliazione è affidata alla responsabilità del presbitero. Viviamo in un contesto culturale segnato dalla mentalità edonistica e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita, non favorisce l’acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferimento e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giusto senso del peccato. Questa situazione rende ancora più urgente il servizio di amministratori della misericordia divina. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che c’è una sorta di circolo vizioso tra l’offuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del senso del peccato. Tuttavia, se guardiamo al contesto culturale in cui visse san Giovanni Maria Vianney, vediamo che, per vari aspetti, non era così dissimile dal nostro. Anche al suo tempo, infatti, esisteva una mentalità ostile alla fede, espressa da forze che cercavano addirittura di impedire l’esercizio del ministero. In tali circostanze, il Santo Curato d’Ars fece «della chiesa la sua casa», per condurre gli uomini a Dio. Egli visse con radicalità lo spirito di orazione, il rapporto personale ed intimo con Cristo, la celebrazione della S. Messa, l’adorazione eucaristica e la povertà evangelica, apparendo ai suoi contemporanei un segno così evidente della presenza di Dio, da spingere tanti penitenti ad accostarsi al suo confessionale. Nelle condizioni di libertà in cui oggi è possibile esercitare il ministero sacerdotale, è necessario che i presbiteri vivano in “modo alto” la propria risposta alla vocazione, perché soltanto chi diventa ogni giorno presenza viva e chiara del Signore può suscitare nei fedeli il


MAGISTERO PONTIFICIO senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio. Cari confratelli, è necessario tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui “abitare” più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare la presenza della misericordia divina, accanto alla Presenza reale nell’Eucaristia. La “crisi” del sacramento della Penitenza, di cui spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la loro grande responsabilità di educare il popolo di Dio alle radicali esigenze del Vangelo. In particolare, chiede loro di dedicarsi generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo mondo (cfr Rm 12,2), ma sappia compiere scelte anche controcorrente, evitando accomodamenti o compromessi. Per questo è importante che il sacerdote abbia una permanente tensione ascetica, nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante aggiornamento nello studio della teologia morale e delle scienze umane. San Giovanni Maria Vianney sapeva instaurare con i penitenti un vero e proprio “dialogo di salvezza”, mostrando la bellezza e la grandezza della bontà del Signore e suscitando quel desiderio di Dio e del Cielo, di cui i santi sono i primi portatori. Egli affermava: «Il Buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’Amore del nostro Dio, che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci» (Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di GianBattista-Maria Vianney, vol. I, Torino 1870, p. 130). È compito del sacerdote favorire quell’esperienza di “dialogo di salvezza”, che, nascendo dalla certezza di essere amati da Dio, aiuta l’uomo a riconoscere il proprio peccato e a introdursi, progressivamente, in quella stabile dinamica di conversione del cuore, che porta alla radicale rinuncia al male e ad una vita secondo Dio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1431). Cari sacerdoti, quale straordinario ministero il Signore ci ha affida-

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to! Come nella celebrazione eucaristica Egli si pone nelle mani del sacerdote per continuare ad essere presente in mezzo al suo popolo, analogamente, nel sacramento della Riconciliazione Egli si affida al sacerdote perché gli uomini facciano l’esperienza dell’abbraccio con cui il padre riaccoglie il figlio prodigo, riconsegnandogli la dignità filiale e ricostituendolo pienamente erede (cfr Lc 15,11-32). La Vergine Maria e il Santo Curato d’Ars ci aiutino a sperimentare nella nostra vita l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Dio (cfr Ef 3,18-19), per esserne fedeli e generosi amministratori. Vi ringrazio tutti di cuore e volentieri vi imparto la mia benedizione. Sala Clementina, 11 marzo 2010

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D OCUMENTI

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C HIESA I TALIANA

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Consiglio Permanente

Comunicato finale dei lavori della sessione primaverile (Roma, 22-25 marzo 2010)

1. La trasparenza è un punto d’onore della nostra azione pastorale Lo “sgomento”, il “senso di tradimento” e il “rimorso” per ciò che è stato compiuto da alcuni ministri della Chiesa spiegano l’atteggiamento fermo e illuminato di Benedetto XVI che, senza lasciare margini di incertezza né indulgere a minimizzazioni, invita la comunità ecclesiale ad accertare la verità dei fatti, assumendo nel caso i provvedimenti necessari. A lui va la piena ed affettuosa solidarietà dell’Episcopato italiano, che si stringe intorno a Pietro, grato per la cristallina testimonianza di fede e l’appassionato magistero. I Vescovi del Consiglio Permanente hanno anzitutto riaffermato la vicinanza alle vittime di abusi e alle loro famiglie, parte vulnerata e offesa della Chiesa stessa. Concordano sul fatto che il rigore e la trasparenza nell’applicazione delle norme processuali e penali canoniche sono la strada maestra nella ricerca della verità e non si oppongono, ma anzi convergono, con una leale collaborazione con le autorità dello Stato, a cui compete accertare la consistenza dei fatti denunciati. Ancora una volta, è stata confermata l’esigenza di un’accurata selezione dei candidati al sacerdozio, vagliandone la maturità umana e affettiva oltre che spirituale e pastorale. Si è pure sottolineato il valore del celibato, che non costituisce affatto un impedimento o una meno-

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mazione della sessualità, ma rappresenta, specialmente ai nostri giorni, una forma alternativa e umanamente arricchente di vivere la propria umanità in una radicale donazione a Cristo e alla Chiesa. Infine, si sono confermate piena fiducia e sincera gratitudine ai tanti sacerdoti che, al pari dei religiosi e delle religiose, si dedicano nel nascondimento e con spirito di abnegazione all’annuncio del Vangelo e all’opera educativa, costituendo spesso l’unico punto di riferimento in contesti sociali frammentati e sfilacciati.

2. Una nuova stagione educativa e di iniziazione cristiana

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Il Consiglio Permanente ha esaminato la bozza rivista degli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, dedicati al tema dell’educazione, ritenendola matura per l’invio a tutti i membri della Conferenza Episcopale, in vista della discussione e dell’approvazione nel contesto della prossima Assemblea generale, che si terrà a Roma dal 24 al 28 maggio. È stata autorizzata la pubblicazione della Lettera della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, intitolata Annuncio e catechesi per la vita cristiana. Suscitata dalla ricorrenza del quarantesimo anniversario della pubblicazione del Documento di base Il rinnovamento della catechesi, essa riconferma la validità dell’opzione posta allora alla base del percorso catechetico della Chiesa in Italia, cioè la scelta antropologica per cui «chiunque voglia fare all’uomo d’oggi un discorso efficace su Dio, deve muovere dai problemi umani e tenerli sempre presenti nell’esporre il messaggio» (n. 77). Nel contempo, sottolinea la necessità di una costante attenzione ai contenuti della dottrina cattolica, per non ridurre l’iniziazione cristiana a una generica esperienza di animazione. La convinzione che soggetto della catechesi sia la comunità ecclesiale nel suo insieme, sia pure articolata nei diversi ministeri, rappresenta una feconda acquisizione che deve essere ancor più assimilata. Per questo si auspica che il prossimo decennio, dedicato all’educazione, sia anche l’occasione per riproporre una riflessione adeguata sull’iniziazione cristiana e per mettere a tema una più concreta dinamica di collaborazione fra associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali in rapporto alla vita delle parrocchie e delle diocesi.


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA È stato, infine, autorizzato l’invio ai membri della CEI della seconda parte dei materiali preparati per la terza edizione italiana del Messale Romano.

3. I “valori non negoziabili” e la Settimana sociale dei cattolici italiani Nel prendere visione della bozza del Documento preparatorio dell’ormai imminente Settimana sociale di Reggio Calabria (14-17 ottobre 2010), la cui pubblicazione avverrà nei prossimi mesi sotto la responsabilità dell’apposito Comitato, si è dato rilievo all’impostazione e ai contenuti dell’Enciclica Caritas in veritate, punto di riferimento imprescindibile nel discernimento delle questioni che costituiranno l’agenda dell’evento. Si è in particolare ribadito che ogni questione sociale è sempre anche questione antropologica. A questo proposito, sono chiare ed esplicite le parole di Benedetto XVI: «Non può avere solide basi una società, che - mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace - si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata» (Caritas in veritate, n. 15). In tale contesto, si comprende appieno come i “valori non negoziabili”, richiamati nel dettaglio dal Presidente nella prolusione, rappresentino la ragione e la missione dell’impegno dei cattolici nell’azione politica e sociale. Essi sono: «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna. È solo su questo fondamento - continua la prolusione - che si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata. Si tratta di un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla frontiera della vita

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e della solidarietà, che costituisce l’orizzonte stabile del giudizio e dell’impegno nella società. Quale solidarietà sociale, infatti, se si rifiuta o sopprime la vita, specialmente la più debole?» (n. 8).

4. Ulteriori questioni ed adempimenti giuridico-amministrativi

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Ampia attenzione è stata dedicata a un primo bilancio della presenza di sacerdoti stranieri in Italia. Negli anni recenti, il numero di quanti di loro si dedicano al servizio pastorale, sia coadiuvando la pastorale ordinaria, sia prendendosi cura dei connazionali, è cresciuto in maniera significativa, e raggiunge il 5% del clero operante nel nostro Paese. Si è confermata l’esigenza di mantenere vivi i legami con le Chiese di provenienza, nell’ottica della cooperazione missionaria, e di favorirne il pieno inserimento nel tessuto delle nostre diocesi. A tal fine, sono state approvate alcune modifiche ai modelli di convenzione in uso dal 2006. Il Consiglio Permanente ha discusso la proposta di ripartizione delle somme dell’otto per mille per l’anno corrente, in vista dell’approvazione da parte della prossima Assemblea generale. È stata approvata la misura del contributo da assegnare ai Tribunali Ecclesiastici regionali per le cause matrimoniali per l’anno in corso. Si tratta di un servizio che coinvolge questioni di rilevante spessore umano e cristiano e che costituiscono sempre casi di coscienza. Si è anche provveduto all’aggiornamento delle tariffe e dei compensi per l’attività dei Tribunali, tenendo fermo il principio di favorire l’accesso anche alle persone con limitate disponibilità finanziarie. È stata attuata la verifica della fase di avvio del fondo di garanzia Prestito della speranza, promosso lo scorso anno dalla CEI per sostenere le famiglie numerose o con figli disabili rimaste senza lavoro. Preso atto della situazione economica del Paese, al fine di venire incontro a un maggior numero di situazioni di bisogno, si è deciso di abbassare da tre a due il numero dei figli che consente l’accesso al prestito. È stata infine approvata una modifica dello statuto del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. In conclusione del quinquennio di attività, sono state approvate le relazioni sull’attività delle dodici Commissioni episcopali, verifi-


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA cando gli obiettivi raggiunti e le consegne da trasmettere alle Commissioni future. In questa occasione, il cardinale Presidente ha manifestato la riconoscenza dell’intero Episcopato ai presidenti uscenti, nonché al vice presidente per l’area nord, S.E. Mons. Luciano Monari, che come loro concluderà in maggio il proprio mandato quinquennale.

5. Nomine Nel corso dei lavori, il Consiglio Episcopale Permanente ha provveduto alle seguenti nomine: - mons. Stefano Russo (Ascoli Piceno), direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici, per un secondo quinquennio; - don Claudiu Lucian Pop (Oradea), coordinatore pastorale per gli immigrati greco-cattolici romeni; - dott. Paolo Buzzonetti, revisore dei conti di Caritas Italiana; - p. Vincenzo Sibilio, SJ, assistente ecclesiastico nazionale della Comunità di Vita Cristiana Italiana (CVX); - S.E. Mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Cattolica Internazionale al Servizio della Giovane (ACISJF); - mons. Giancarlo Santi (Milano), presidente dell’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani. La Presidenza della CEI, riunitasi il 22 marzo 2010, ha proceduto alle seguenti nomine: - prof.ssa Maria Luisa De Natale, membro del Consiglio direttivo del Centro studi per la scuola cattolica; - rag. Ruggero Mischi, revisore dei conti della Fondazione Centro Unitario per la cooperazione missionaria tra le Chiese (CUM). Roma, 30 marzo 2010

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D OCUMENTI

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C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Presentazione della Lettera dei vescovi italiani su “Annuncio e catechesi per la vita cristiana”

La Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi della CEI, in data 4 aprile 2010, domenica di Pasqua, ha scritto una lettera alle comunità ai presbiteri e ai catechisti. Annuncio e catechesi per la vita cristiana è il titolo del documento, che ripropone all’attenzione di tutte le componenti della comunità ecclesiale le linee portanti del documento di base Il rinnovamento della catechesi (DB) pubblicato quarant’anni fa, il 2 febbraio 1970, che avviava il rinnovamento della catechesi in Italia secondo le linee del Concilio Vaticano II. Il documento della CEI comprende tre parti: I. Il valore permanente del documento di base; II. Il contesto attuale; III. Le nuove esigenze pastorali. Ne pubblichiamo alcuni stralci significativi. Il Concilio Vaticano II è stato come il “grembo materno” del DB: ha favorito il nascere e l’impiantarsi di una nuova sensibilità missionaria; ha introdotto nuove tematiche, un nuovo linguaggio, un nuovo metodo di lavoro. Esso fu elaborato con la collaborazione di tutte le chiese d’Italia. Nella fase della sua stesura ogni diocesi fu chiamata ad esprimersi nello stile del dialogo, della ricerca e del confronto dinamico per contribuire alla ricezione condivisa dell’insegnamento del Concilio Vaticano II. L’esperienza ecclesiale, singolare e coinvolgente, dell’elaborazione del testo ha avuto il pregio di

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valorizzare in chiave di missione le quattro costituzioni conciliari: Sacrosanctum Concilium, Lumen gentium, Dei Verbum, Gaudium et spes. Esso è diventato così la prima strada attraverso la quale i documenti conciliari sono arrivati alla base. Il DB ha stimolato le comunità ecclesiali e in particolare i catechisti a conoscere e assimilare il Magistero conciliare. Il DB ha anche aiutato a veicolare una visione rinnovata della fede, intesa non solo come adesione dell’intelligenza alle verità del messaggio cristiano, ma prima di tutto come adesione della mente e del cuore alla persona di Cristo, come accoglienza, dialogo, comunione e intimità con Dio in Gesù Cristo. Il DB ci ha offerto una visione rinnovata della Chiesa, grembo che genera alla vita in Cristo mediante l’iniziazione cristiana, comunità tutta responsabile dell’evangelizzazione e dell’educazione della vita di fede. Il DB ci ha insegnato anche quali sono le fonti della catechesi: la Sacra Scrittura; la tradizione, luogo della trasmissione e dell’incontro con la parola di Dio vissuta e professata; la liturgia, celebrazione del mistero di Cristo; le opere del creato. Queste fonti danno alla catechesi una dimensione di annuncio e di contemplazione della storia della salvezza (cap. 6). Anche il contesto sociale va guardato con gli occhi della fede: esso non è solo lo spazio in cui annunciare la parola di Dio, ma è anche il luogo teologico in cui Dio si manifesta, attraverso i segni dei tempi (cfr n. 77). Nel cammino della Chiesa italiana il DB ha soprattutto messo in evidenza il primato dell’evangelizzazione. Il DB ha avviato l’elaborazione dei nuovi catechismi per la vita cristiana. La Lettera dei vescovi per la riconsegna del testo “Il rinnovamento della catechesi” (3 aprile 1988), nel riaffermare la validità del DB, diede inizio alla seconda stesura dei catechismi. Inoltre essa sottolineò l’urgenza di orientare la catechesi in senso marcatamente missionario, integrandola in una pastorale organica e dando priorità alla catechesi degli adulti. Nonostante le ripetute affermazioni del DB circa il ruolo della Chiesa locale e in particolare della comunità parrocchiale nei confronti della catechesi, questa fondamentale indicazione pastorale non sembra sia stata adeguatamente recepita dalle nostre comunità. Questa carenza, in un contesto secolarizzato, compromette molto l’efficacia della catechesi. Perciò è necessario educare la


MAGISTERO PONTIFICIO coscienza missionaria della comunità tutta intera, stimolandola a diventare attraente, accogliente e educante: una comunità che accoglie le persone come sono e fa vivere loro esperienze significative di vita cristiana; una comunità in cui i praticanti accostano gli indifferenti e i non credenti, stabiliscono con loro rapporti di amicizia e narrano la propria esperienza di fede sull’esempio di quanto proposto nella Lettera ai cercatori di Dio. Il DB ha sottolineato la priorità della catechesi degli adulti e dei giovani (n. 124). Di fatto, questo obbiettivo primario di formare cristiani adulti, capaci di rendere ragione esplicitamente della loro fede con la vita e con la parola, è rimasto spesso disatteso dalle nostre comunità. È fondamentale dare a tutti i fedeli la possibilità di accedere alla Bibbia, obiettivo primario dell’apostolato biblico. Per cogliere la continuità dell’azione salvifica di Dio nell’oggi, occorre imparare a leggere i “segni dei tempi” in modo da portare il messaggio biblico dentro gli avvenimenti e le matrici culturali del nostro tempo, secondo l’intuizione portante del progetto culturale della Chiesa italiana. La storia, in base al Concilio Vaticano II, non è solo il contesto in cui annunciare la parola di Dio, è anche il luogo teologico in cui Dio si manifesta attraverso i segni dei tempi. La catechesi deve aiutare le persone a leggere la storia come storia di salvezza, dove Dio opera oggi e dove l’uomo è chiamato a collaborare da protagonista. La catechesi deve educare non solo a leggere i “segni dei tempi”, ma anche a valorizzare il rapporto tra fede e ragione, con particolare attenzione a porre le “ragioni della fede” in dialogo con la cultura, per poter scegliere ciò che è buono, vero, nobile, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode. Deve educare i cristiani a considerare alla luce del Vangelo i problemi morali che emergono nella vita dei singoli e nella convivenza sociale. Inoltre la catechesi deve educare i cristiani a dialogare con tutti gli uomini. I catechisti, oltre a narrare e spiegare il messaggio cristiano (traditio), devono preoccuparsi di fornire a ciascuno gli strumenti espressivi perché possano riesprimere con la vita e la parola ciò che hanno

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ricevuto (redditio). Una comunicazione che si esaurisse nel solo processo di trasmissione produrrebbe cristiani “infanti”, che “non parlano”, “muti e invisibili” e alla fine perderebbe ogni rilevanza nella vita delle persone. Il cristiano è un testimone che, per rendere ragione della sua fede, non può limitarsi a compiere le opere dell’amore, ma deve anche narrare ciò che Dio ha fatto e sta facendo nella sua vita, e così suscitare negli altri la speranza e il desiderio di Gesù.

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D OCUMENTI

DELLA

C HIESA I TALIANA

CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE Commissione regionale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi

Seminario di studi su: “Come fare iniziazione cristiana dei ragazzi oggi nelle Chiese di Puglia” (15-16 febbraio 2010)

Mons. Vito Angiuli

Domenica e iniziazione cristiana1 Il presente contributo sul rapporto tra domenica e iniziazione cristiana tiene conto del cammino della Chiesa di Bari-Bitonto il cui progetto diocesano si muove nella prospettiva della pastorale mistagogica2. Con questa idea, la Chiesa barese intende mettersi in sintonia con il Concilio Vaticano II3, sottolineando la necessità di promuovere un’azione pastorale che privilegi l’essenzialità e la sintesi. Il mio intervento si articola in due punti. Tratto prima alcune questioni preliminari legate al modo di intendere l’azione e il metodo pastorale; in seguito mi soffermo sul tema specifico riguardante il rapporto tra domenica e iniziazione cristiana. 1

Comunicazione al Seminario di studi della Commissione pastorale regionale per la dottrina della fede, annuncio e catechesi, Come fare iniziazione cristiana dei ragazzi oggi nelle Chiese della Puglia, Oasi S. Maria, Cassano Murge, 15-16 febbraio 2010. 2 Cfr F. CACUCCI, La Mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006; ID.,Colligite Fragmenta. Genesi e viluppo della scelta mistagogica, Levante editori, Bari 2007; V. ANGIULI, Evangelizzazione, testimonianza e mistagogia. Il cammino pastorale postconciliare della Chiesa italiana e della Chiesa di Bari-Bitonto, “Odegitria- Annali”, 14, 2007, pp. 79-116. 3 Cfr La recezione del Concilio Vaticano II e la “svolta mistagogica” della pastorale. «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur», “Orientamenti pastorali”, 55, 2007, n. 11, pp. 8-44.

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1. Questioni preliminari 0. Il punto centrale e sintetico della fede e della pastorale Al centro della fede cristiana c’è il mistero di Cristo morto e risorto, prefigurato nell’Antico Testamento, compiuto storicamente nella vita terrestre di Cristo, contenuto nei sacramenti, vissuto misticamente nelle anime, reso perfetto escatologicamente nel Regno4.

1. La pastorale come “gesto pasquale” e “azione materna” della Chiesa

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- «La pastorale è un gesto pasquale, perché mira essenzialmente a far compiere all’intera comunità quel “passaggio” che si è attuato in Cristo. I due termini del passaggio (passaggio/passione) sono in ultima analisi da una parte la schiavitù del peccato che è morte; dall’altra la libertà dei figli di Dio, che è vita. (…) È questa un po’ tutta l’opera della Chiesa: far passare gli uomini nella sostanza celeste del Corpo glorioso di Cristo, associandoli al mistero della sua Pasqua»5. - La pastorale per l’IC è l’espressione della fecondità materna della Chiesa che genera nuovi figli alla vita divina e li educa ad entrare in modo sempre più pieno nel mistero di Cristo6. La pedagogia dell’Ecclesia Mater. - I sacramenti dell’iniziazione cristiana inseriscono la persona nel mistero di Cristo e trovano nella connotazione pasquale della domenica (Pasqua settimanale) il contesto più idoneo della loro celebrazione e della loro memoria 7. 4

Nei sacramenti il mistero si presenta come signum rememorativum passionis, signum demonstrativum gratiae, signum prognosticum gloriae. 5 M. MAGRASSI, Vivere la Liturgia, “La Scala”, Noci 1978, pp. 455-456. 6 Cfr ivi, pp. 122-127. 7 «La domenica è anche il giorno in cui facciamo memoria del battesimo, evento che, unendoci alla morte e alla risurrezione di Cristo, è per noi fonte di vita nuova», CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CEI, Senza la domenica non possiamo vivere, Lettera in preparazione al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale (Bari, 21-29 maggio 2005), 3.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE 2. La questione del metodo in generale e in riferimento all’IC Da dove partire nella pastorale e, in particolare, nella pastorale dell’IC? Dal basso o dall’alto, dal metodo induttivo o da quello deduttivo? Dai problemi, dalle domande, dall’esperienza o dalla dottrina, dai contenuti veritativi, dai principi dogmatici? La questione del metodo è un’annosa questione che si presenta in ogni genere di sapere. Può essere utile riportare due testi che si riferiscono rispettivamente al metodo filosofico e a quello teologico: Filosofia «Non ci sfugga la differenza tra i ragionamenti che muovono dai principi e quelli invece che ai principi risalgono. Anche Platone era imbarazzato su questa questione e giustamente, e cercava di stabilire se la via da seguire fosse il muovere dai principi, oppure il giungere ad essi, come nello stadio se si corre dai seggi dei giudici di gara alla mèta o viceversa. Certamente, bisogna partire dalle cose conosciute. Queste possono esserlo in due modi: ciò che è noto a noi, e ciò che è noto in sé. Ora è forse opportuno che, per parte nostra, si cominci dalle cose che sono note a noi, appunto. Perciò occorre possedere già una buona formazione morale se si vuol ascoltare con profitto intorno al bello, al giusto, insomma alla politica (giacché si parte dal fatto; e se questo appare sufficientemente spiegato, non avremo più bisogno del perché). Chi è già educato, o possiede già i principi o li può acquistare facilmente»8. Teologia «Al metodo scolastico, che partiva dall’unità divina, posizionando successivamente il discorso trinitario e la cristologia, si è sostituito un metodo induttivo che parte dalla cristologia per concludere con la dottrina trinitaria»9. 221 3. La prospettiva mistagogica Il metodo mistagogico segue una sua via in quanto si fonda sul primato del mistero e istituisce una circolarità dinamica tra vita e mistero. 8

ARISTOTELE, Etica nicomachea, I, 4. P. GAMBERINI, Un Dio relazione. Breve manuale di dottrina trinitaria, Città Nuova, Roma 2007, p. 18. 9


a) Primato del mistero «Si deve sempre parlare di mistero quando una cosa o una persona, o qualsiasi essere, ci si dischiude soltanto a partire dal suo intimo. In un mistero non si può penetrare dall’esterno, non lo si può penetrare con violenza. Dall’esterno non v’è alcun accesso al mistero. Le sue porte si aprono soltanto dall’interno. Se però si aprono, allora il mistero diviene non soltanto esperibile, ma anche interamente comprensibile senza tuttavia cessare di essere mistero. Non è quindi che noi affermiamo l’inconoscibilità di Dio, quando ci limitiamo semplicemente a dire di Lui che è un mistero, il mistero per eccellenza. E non è affatto che Dio cessi di essere un mistero, se noi veniamo a conoscerlo. È questo che distingue il mistero dall’enigma: il fatto che, quando viene compreso, esso non cessa di essere misterioso»10. b) Circolarità tra mistero e vita Il mistero di Cristo, mistero che è noto in sé ed è noto a noi, è principio verso cui dirigersi e principio da cui cominciare, realtà metastorica e in atto nella storia, dono ricevuto e compito da realizzare, grazia comunicata e da comunicare, esperienza e dottrina, verità e azione. Poiché il termine ‘mistero’ può essere inteso in chiave liturgico-sacramentale o in senso antropologico-esistenziale (vi è anche un significato cosmologico)11, si può partire dal mistero liturgico per raggiunge la vita o dal mistero della vita per riferirsi al mistero salvifico celebrato nella liturgia. A ben vedere, questa prospettiva trova nel Rinnovamento della catechesi un suo riscontro. In esso, infat-

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E. JUNGEL, Che cosa significa dire: Dio è amore?, “Protestantesimo”, 56, 2001, pp. 160-161. La categoria mistero «offre alla teologia un terreno di dialogo non solo con le scienze umane, ma in certa misura anche con le scienze naturali. In pochi ambiti della sua esperienza scientifica, infatti, l’uomo percepisce il mondo come qualcosa di dato, di “donato”, qualcosa la cui razionalità e bellezza fanno appello alla sua ragione e al suo spirito, e sono dunque capaci di rimandare ultimamente all’esistenza di un “mistero” di cui l’uomo non possiede le chiavi. Va certamente precisato che la nozione di mistero è qui impiegata in modo analogico, perché Dio, l’uomo e il mondo non sono mistero nello stesso senso; eppure abbiamo a che fare con livelli di realtà fra loro connessi, le cui modalità di comprensione sono gerarchicamente ordinate e si aprono verso livelli progressivamente superiori», G. TANZELLA-NITTI, Teologia e scienza. Le ragioni di un dialogo, Paoline, Milano 2003, p. 10. Dello stesso autore vedi la voce Mistero in G. TANZELLA-NITTI-A. STRUMIA, Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, Urbaniana University Press, vol. I, Città Nuova, Roma 2002, pp. 978-990. 11


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE ti, si sottolinea che le fonti della catechesi sono la Parola, la Tradizione, la liturgia, la vita. In altri termini, si afferma che vi è una circolarità tra mistero celebrato, creduto e vissuto (cap. VI, in particolare nn. 105-108 per la Scrittura, nn. 109-112 per la Tradizione, nn. 113-117 per la liturgia, nn.118-122 per la vita). Si può, dunque, procedere nel seguente modo: - Dal mistero liturgico al mistero della vita. Non è senza importanza la seguente affermazione del Rinnovamento della catechesi: «Espressione culminante di tradizione e di vita, la liturgia è nella Chiesa una sorgente inesauribile di catechesi; essa permette di cogliere in unità tutti gli aspetti del mistero di Cristo, parlando con un linguaggio concreto alla mente e ai sensi» (RdC 113). Forse ci preoccupiamo eccessivamente di una formazione alla liturgia, dimenticando che dobbiamo preoccuparci di essere formati dalla liturgia. - Dal mistero della vita al mistero della salvezza celebrato nella liturgia. Vale la pena di ricordare che l’intero Progetto catechistico è stato pensato come accompagnamento “alla vita cristiana”. Si tratta di partire dalla vita quotidiana nella consapevolezza che essa è carica di mistero, dello stesso mistero di Dio. Una esemplificazione catechistica di questo approccio lo ritroviamo nella recente Lettera ai cercatori di Dio, nella quale si parte da alcune domande presenti in ogni uomo (felicità e sofferenza, amore e fallimenti, lavoro e festa, giustizia e pace, la sfida di Dio12) per incrociare il mistero di Dio. Anche il IV Convegno nazionale di Verona ha seguito questa linea prendendo in esame cinque ambiti della vita quotidiana (affettività, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza). In questa prospettiva, si sta organizzando il prossimo Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona (4-11 settembre 2011) sul tema Signore, da chi andremo? Eucaristia per la vita quotidiana. 12

COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Lettera ai cercatori di Dio.

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2. Questioni specifiche: la domenica e l’IC a) Alcune indicazioni magisteriali Il Progetto catechistico italiano insiste sulla centralità della domenica nel cammino di fede dei fanciulli e dei ragazzi che si preparano a ricevere i sacramenti dell’IC. A tal proposito, è sufficiente richiamare alcune affermazioni: - «Nel catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi queste tre dimensioni dell’esistenza cristiana (Parola, sacramento e vita nuova) si richiamano reciprocamente e trovano la loro migliore espressione nei contenuti e nella pedagogia dell’anno liturgico e nella celebrazione eucaristica nel giorno del Signore»13. - «La domenica è giorno da vivere e far vivere ai fanciulli e ragazzi come il giorno dell’assemblea liturgica, del riposo, dell’accoglienza nella carità, della anticipazione festosa del regno che il Signore ha preparato per i suoi. È il giorno dell’ascolto della Parola e della conversione, del perdono e dell’accoglienza reciproca, del servizio fraterno e verso i poveri. Per questo verso la domenica deve convergere l’intera settimana, la catechesi feriale e la vita della comunità. Il giorno della comunità e della missione, è momento privilegiato dell’azione educativa, per crescere nella comunione di Cristo e della Chiesa»14.

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- «Il neofita dovrà essere accompagnato dalla comunità – concretamente dal gruppo in seno al quale si è preparato – a fare proprio l’impegno della celebrazione eucaristica domenicale e a continuare la sua formazione cristiana nell’età dell’adolescenza e della giovinezza»15. - «La celebrazione dell’eucaristia della domenica è punto di arrivo di un cammino catechistico e punto di partenza di un cammino

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CEI, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 5. Ivi, 20. 15 CEI, L’iniziazione cristiana 2. Orientamenti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, 49. 14


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE mistagogico, che introduca al mistero di Cristo, procedendo dal visibile all’invisibile, dal significante a ciò che è significato»16. - «Un ripensamento si impone, se si vuole che le nostre parrocchie mantengano la capacità di offrire a tutti la possibilità di accedere alla fede, di crescere in essa e di testimoniarla nelle normali condizioni di vita. Per questo abbiamo pubblicato tre note pastorali sull’iniziazione cristiana, così da introdurre una più sicura prassi per l’iniziazione cristiana degli adulti, per quella dei fanciulli in età scolare e per il completamento dell’iniziazione e la ripresa della vita cristiana di giovani e adulti già battezzati. Qui richiamiamo alcuni obiettivi importanti. Anzitutto riguardo all’iniziazione cristiana dei fanciulli. Si è finora cercato di “iniziare ai sacramenti”: è un obiettivo del progetto catechistico “per la vita cristiana”, cui vanno riconosciuti indubbi meriti e che esige ulteriore impegno per una piena attuazione. Dobbiamo però anche “iniziare attraverso i sacramenti”. Ciò significa soprattutto salvaguardare l’unitarietà dell’iniziazione cristiana. Non tre sacramenti senza collegamento, ma un’unica azione di grazia: parte dal Battesimo e si compie attraverso la Confermazione nell’Eucaristia. È l’Eucaristia il sacramento che, continuamente offerto, non chiude un’esperienza, ma la rinnova ogni settimana, nel giorno del Signore. Le sperimentazioni che, secondo le disposizioni date dai vescovi e limitatamente ad alcune parrocchie, alcune diocesi hanno avviato o stanno avviando circa una successione, diversa da quella attuale, della celebrazione della Confermazione e della Messa di Prima Comunione, potranno essere utili per una futura riflessione comune su questo tema. Nel cammino di iniziazione, preparando ai sacramenti, occorre evitare due pericoli: il lassismo che svilisce il dono di Dio e il rigorismo che potrebbe lasciar intendere che il dono sia nostro, magari dimenticandosene subito dopo, facendo poco o nulla per l’accompagnamento mistagogico. In prospettiva catecumenale, il cammino va 16

UCN, La formazione dei catechisti nella comunità cristiana, 7.

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scandito in tappe, con percorsi differenziati e integrati. Occorre promuovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna integrare tra loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere, celebrare e vivere la fede, ricordando che costruisce la sua casa sulla roccia solo chi “ascolta” la parola di Gesù e la “mette in pratica” (cfr Mt 7,24-27). La fede deve essere nutrita di parola di Dio e resa capace di mostrarne la credibilità per l’uomo d’oggi. La partecipazione alla Messa domenicale va anche proposta come momento essenziale della preparazione ai sacramenti. L’accoglienza dei fratelli, soprattutto se deboli — si pensi ai disabili, che hanno diritto a un pieno accesso alla vita di fede —, e il servizio dei poveri sono passaggi necessari di un cammino di maturazione verso il sacramento e a partire da esso. L’iniziazione cristiana dei fanciulli interpella la responsabilità originaria della famiglia nella trasmissione della fede. Il coinvolgimento della famiglia comincia prima dell’età scolare, e la parrocchia deve offrire ai genitori gli elementi essenziali che li aiutino a fornire ai figli l’“alfabeto” cristiano. Si dovrà perciò chiedere ai genitori di partecipare a un appropriato cammino di formazione, parallelo a quello dei figli. Inoltre li si aiuterà nel compito educativo coinvolgendo tutta la comunità, specialmente i catechisti, e con il contributo di altri soggetti ecclesiali, come associazioni e movimenti. Le parrocchie oggi dedicano per lo più attenzione ai fanciulli: devono passare a una cura più diretta delle famiglie, per sostenerne la missione. Come si è visto, “diventare cristiani” riguarda sempre più anche ragazzi, giovani e adulti: non battezzati, bisognosi di completare la loro iniziazione o desiderosi di riprendere dalle radici la vita di fede. Le tre note sopra ricordate definiscono gli itinerari catecumenali previsti in questi casi. Essi vanno inquadrati in una rinnovata attenzione al mondo dei giovani e degli adulti, per scoprire le difficoltà che molti incontrano nel rapporto con la Chiesa, per cogliere le tante domande di senso che solo nel Vangelo di Gesù trovano piena risposta, per suscitare attenzione alla fede cristiana tra gli immigrati non cattolici. Si tratta di valorizzare i momenti – tutti, non solo quelli che appartengono strettamente alla vita comunitaria – in cui le parrocchie entrano in contatto con questo mondo lontano, distratto, incapace di dare un nome alla propria ricerca. Decisivo resta l’incontro personale: ai sacerdoti, soprattutto, va chiesta disponibilità al dialogo, specie con i giovani.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE Alla parrocchia, dunque, spetta non soltanto offrire ospitalità a chi chiede i sacramenti come espressione di un “bisogno religioso”, evangelizzando ed educando la domanda religiosa, ma anche risvegliare la domanda religiosa di molti, dando testimonianza alla fede di fronte ai non credenti, offrendo spazi di confronto con la verità del Vangelo, valorizzando e purificando le espressioni della devozione e della pietà popolare. All’immagine di una Chiesa che continua a generare i propri figli all’interno di un percorso di trasmissione generazionale della fede, si affianca quella di una Chiesa che, prendendo atto della scissione tra fede e cultura nella società, propone itinerari di iniziazione cristiana per gli stessi adulti. La parrocchia assume così gli stessi tratti della missionarietà di Gesù: la sua sollecitudine verso tutti, per cui accoglie le folle e dona loro parola e vita, senza però lasciarsi rinchiudere da esse (cfr Mc 1,3738); la cura per il gruppo dei discepoli, invitati a “seguirlo” ma anche ad “andare” (cfr Mc 3,14-15). Gesù pensa alla comunità in funzione della missione, non viceversa»17. b) “Sine dominico non possumus”: qualche orientamento per la prassi - Valorizzare il significato teologico del dominicum per comprendere la centralità della domenica nella vita della comunità cristiana e nel cammino di fede del cristiano. Nel concetto di dominicum si incontrano la persona (Cristo risorto), il sacramento (eucaristia), la comunità (chiesa), il tempo (ora dell’incontro celebrativo) e lo spazio (luogo dell’incontro celebrativo). - Riconsiderare il significato antropologico della domenica (dies hominis) per comprendere il suo valore teologico (dies Domini e dies Christi) ed ecclesiologico (dies Ecclesiae). In particolare, riscoprire il senso del tempo festivo come risorsa di umanizzazione del tempo e delle relazioni interpersonali. 17

CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 7.

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- Far emergere l’unità tra la celebrazione liturgica, la partecipazione alla vita ecclesiale (nel caso del ragazzo alla vita di gruppo) e l’impegno nel quotidiano, in particolare nei gesti di carità (lex orandi, lex credendi, lex agendi). - Sviluppare un accompagnamento educativo, in sinergia tra parrocchia e famiglia, che partendo dalla recezione del sacramento si prolunghi nella vita. In tale prospettiva, la domenica diventa il “punto centrale”, la “scadenza settimanale “ per collegare il prima con il dopo. Per dare cioè unità al cammino di fede.

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CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Carlo Lavermicocca

Cosa vuol dire fare iniziazione cristiana oggi in Italia (le ragioni del cambiamento – l’identità – i compiti)

1. Le ragioni del cambiamento Le attuali profonde trasformazioni socio-culturali hanno ripercussioni pure sul modo di credere delle persone e della loro relazione con la Chiesa, mettono in discussione l’impianto pastorale consolidato e richiedono un ripensamento della prassi formativa. Ripercorriamo ora qui una breve sintesi degli elementi problematici e stimolanti dell’attuale contesto culturale occidentale. Quali le ricadute sulle nostre comunità cristiane? Oggi si assiste alla progressiva scomparsa della “società cristiana” 1. Le indagini sociologiche condotte nell’Europa occidentale rilevano che nella società contemporanea il cristianesimo tende a privatizzarsi nella vita pubblica e a soggettivizzarsi nella vita ecclesiale2. Le ricerche denunciano una progressiva marginalizzazione del cristianesimo, poco significativo culturalmente, ridotto a fatto privato ed esposto al rischio di diventare solamente una delle tante risorse per il benessere dell’individuo3.

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Cfr GIOVANNI PAOLO II, Novo millennio ineunte,6 gennaio 2001, n.40. Cfr R. GRASSI, I mille volti della religiosità giovanile, in ID. (a cura di), Giovani, religione e vita quotidiana. Indagine dell’Istituto IARD, Il Mulino, Bologna 2006, pp. 45-72. 3 P. ZULEHNER, Tipologia del senso religioso e delle sue espressioni, relazione tenuta a Graz (31 maggio 2006). Cfr la sintesi di M. SIBOLDI in www.catechetica.it. 2

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Gli studi specialistici mettono in luce che all’interno stesso della Chiesa si diffondono degli atteggiamenti che hanno sostituito l’ateismo nel suo aspetto di principale problema socio-religioso: tra questi appaiono rilevanti la non appartenenza istituzionale4, che va dal sincretismo all’agnosticismo e l’indifferenza religiosa5 che considera la religione come una dimensione “ermeneutica” della vita. Se è vero che il sacro permane si vanno però diffondendo forme di nomadismo religioso, di ricerca cioè di sempre nuove forme di esperienze ed emozioni religiose. Inoltre lo spirito obiettivo e critico, tipico della cultura contemporanea, mette in discussione la categoria del mistero, centrale nel cristianesimo6.

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Quali le ricadute pastorali nella nostra prassi catechetica? Il mutato contesto sociale in cui anche la Chiesa italiana oggi è chiamata a vivere la sua missione non permette di portare facilmente i fanciulli alla fede. La struttura attuale della catechesi dei fanciulli e dei ragazzi e gli stessi sacramenti dell’iniziazione cristiana (IC) che ordinariamente ricevono in questa età risponde più ad un criterio di cristianità che di missione; offre una struttura di accoglienza che risponde più ad una specie di socializzazione religiosa che ad una vera e propria evangelizzazione. Il modello a cui oggi si fa riferimento è quello di una comunità parrocchiale che vive una sua tradizione cristiana ma non sempre verifica nelle sue scelte pastorali la radice di fede da cui sono nate certe istituzioni. Manca una “nuova evangelizzazione” eppure si continua a fare catechesi e a dare i sacramenti. La sua struttura catechistica e pastorale è quella di una organizzazione di tipo scolastico, senza neppure un convinto coinvolgimento degli adulti da cui i ragazzi affettivamente dipendono. Non sembra possibile - come fa la CEI con i catechismi e i documenti sull’iniziazione cristiana dei

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Cfr F. GARELLI-G. GUIZZARDI-E. PACE (edd.), Un singolare pluralismo. Indagine sul pluralismo morale e religioso degli italiani, Il Mulino, Bologna 2003, p. 115. 5 Cfr R. ZAS Fiz De Col, Presente e futuro della pratica religiosa. Una interpretazione, in “Rassegna di Teologia” 46(2005)2, pp. 252-253. 6 Cfr D. VILLEPELET, Catechesi come iniziazione. Quali conseguenze per l’azione catechistica?, in “Catechesi” 74 (2004-2005) 2, pp. 3.8.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE fanciulli e dei ragazzi - riadattare semplicemente la prassi antica della iniziazione cristiana proposta dal RICA, senza opportuni riferimenti di nuova inculturazione della fede. La scelta qualificante della Chiesa italiana fatta nel Convegno ecclesiale di Palermo7 intende avviare con urgenza una pastorale permanente che ricerchi delle “forme più idonee per annunciare il Vangelo”. Questo dovrebbe mettere i pastori ed i catechisti sulle vie di una pastorale di missione permanente, di cui proprio le nuove attenzioni ad adulti e bambini non battezzati, o ai tanti tipi di “ricomincianti”, dovrebbero essere una concretizzazione. In questi anni i cambiamenti sono esigiti anche da una presa di coscienza delle esigenze della nuova evangelizzazione. A livello di Chiesa universale il tema della nuova evangelizzazione, caro a Giovanni Paolo II, ha avuto un momento fondamentale nell’evento del Giubileo del 2000 ed un impulso determinante nella Novo millennio ineunte, con il suo invito evocativo a “prendere il largo”, a impegnarsi per una nuova evangelizzazione e inculturazione della fede. Il cammino recente della Chiesa italiana è stato ispirato dagli orientamenti pastorali per il decennio 2001-2010 (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia), concretizzatosi nelle tre Note sull’iniziazione cristiana, dal documento sul volto missionario della parrocchia (Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia) e finalmente culminate nella Nota pastorale sul primo annuncio (Questa è la nostra fede) e oggi completata dalla recente Nota sulla Lettera ai cercatori di Dio. In questo decennio sta quindi maturando un cambiamento di prospettiva che riguarda la parrocchia, chiamata ad andare oltre la “cura delle anime” verso una dimensione missionaria, evangelizzante, estroversa e non più centrata sulle strutture; il processo di iniziazione cristiana, finalizzato non ai sacramenti ma alla vita cristiana che mette al centro gli adulti con attenzione anche ai “ricomincianti”, che adotta uno stile “catecumenale”; la stessa catechesi, tenuta a sua volta a recuperare il primo annuncio, finalizzato a proporre la fede come esperienza globale di vita. 7

Cfr CEI, Con il dono della carità dentro la storia, n. 23.

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2. L’identità

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Punto di partenza per passare in rassegna le pietre miliari di un itinerario “catecumenale” in riferimento alla Nota 2 è la definizione di “iniziazione cristiana”, ripresa da un documento precedente8: «Per iniziazione cristiana si può intendere il processo globale attraverso il quale si diventa cristiani. Si tratta di un cammino diffuso nel tempo e scandito dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione e dalla testimonianza dei discepoli del Signore attraverso il quale il credente compie un apprendistato globale della vita cristiana e si impegna in una scelta di fede e a vivere come figlio di Dio ed è assimilato con il battesimo, la confermazione e l’eucaristia al mistero pasquale di Cristo nella Chiesa». Come si vede, tale definizione fa parte del Progetto catechistico italiano già negli anni precedenti la Nota 2, la quale tuttavia (n. 19) «ha inteso rinnovare la pastorale della educazione alla fede dei fanciulli integrando più armoniosamente, con la nozione di iniziazione cristiana, la dimensione catechistica e la dimensione liturgico-sacramentale e la vita di carità». L’iniziazione cristiana è, dunque, molto più che un semplice percorso catechistico: è un’azione particolarissima che coinvolge i protagonisti (ragazzi, adulti, chiesa, grazia divina…) affinché crescano nella fede e nella vita cristiana, a poco a poco, intrecciando tra loro legami di fraternità, imparando ad affrontare la vita per riconoscere in essa gli appelli del Padre, lasciandosi modellare dall’azione dello Spirito, riproducendo atteggiamenti e comportamenti evangelici. È un percorso educativo e pastorale che coinvolge molti protagonisti e tutti gli aspetti della persona. Per questo oggi l’itinerario catecumenale è proposto autorevolmente a tutte le comunità ecclesiali, tenendo conto della situazione pastorale delle nostre Chiese. Soprattutto là dove, sempre di più, ci sono ragazzi da battezzare.

8

UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Nota per l’accoglienza e l’utilizzazione del catechismo della CEI (15 giugno 1991), n. 7.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE Le tre Note dell’IC offerte dalla CEI Dopo la pubblicazione della Conferenza Episcopale Italiana della versione definitiva dei suoi catechismi per i fanciulli e i ragazzi, qualificandoli come testi per l’IC, i vescovi italiani, attraverso il Consiglio Episcopale Permanente tornano a pronunciarsi ufficialmente sull’IC, con una serie di Note: L’Iniziazione cristiana 1. Orientamenti per il catecumenato degli adulti (1977), seguita da un secondo analogo documento: L’Iniziazione cristiana 2. Orientamenti per l’Iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi da 7 ai 14 anni (1999), e da un terzo testo: L’Iniziazione cristiana 3. Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’Iniziazione cristiana in età adulta (2003)9. Il percorso dell’IC così come viene delineato nelle tre Note modifica radicalmente lo stile pastorale dell’annuncio, della celebrazione e delle attività comunitarie. Esse in nessun modo possono risultare una semplice preparazione al sacramento, bensì allenamento a vivere quotidianamente il sacramento in riferimento a Cristo Gesù e non rappresentano per chi si avvicina alla parrocchia un’occasione saltuaria, di cui diventare utenti occasionali, bensì aggancio per un cammino prolungato nel tempo, prima e dopo il sacramento, per introdursi pienamente nella vita cristiana. Tra gli elementi che costituiscono la globalità dell’itinerario la Nota 2 elenca: «l’annuncio-ascolto accoglienza della Parola, l’esercizio della vita cristiana, la celebrazione liturgica e l’inserimento nella comunità» (30). Così ogni itinerario di IC diventa un “tirocinio” di vita cristiana. Si procede così dalla attenzione alla persona con il suo vissuto quotidiano, cercandovi i segni della presenza di Cristo; attraverso l’annuncio incarnato del Cristo morto e risorto; per accompagnare gradualmente nel tempo a una scelta prima e a uno stile di vita poi, con la parola, la testimonianza e la celebrazione a

9

UCN, L’Iniziazione Cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana, Elle Di Ci, Leumann (TO) 2004.

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vivere da cristiani; giungendo appunto a scrivere con la vita itinerari per “diventare cristiani” o “risvegliare la fede»10. La riflessione sull’IC promossa dalle tre Note ha portato anche a un ripensamento della pastorale di IC dei ragazzi nella nostra prassi ordinaria. Fermandoci appunto ai ragazzi dell’IC, la proposta espressa in modo particolare nella seconda Nota è quella di riorganizzare totalmente la pratica attuale della catechesi, rendendola un cammino vero e proprio per diventare cristiani, a cui la famiglia accetta liberamente di partecipare con i propri figli, scandito da riti e celebrazioni, fatto anche di esperienze di vita cristiana e di partecipazione progressiva alla vita della parrocchia, che porta alla celebrazione unitaria dei sacramenti di battesimo, cresima ed eucaristia. Le tre Note fanno riferimento all’Introduzione del RICA di cui vengono puntualizzati i seguenti criteri: - Il primato dell’evangelizzazione. Scelta che ancora fatica ad attuarsi e che riprende l’opzione fatta dalla Chiesa italiana già nel primo Piano pastorale degli anni ’70 (cfr Evangelizzazione e sacramenti). Nell’intento di evitare la riduzione della pastorale a prassi sacramentale il piano esortava a partire dall’annuncio e dall’ascolto della Parola, che conduce alla fede e alla conversione, per poi trovare nella celebrazione dei sacramenti l’incontro vitale con il Signore. Il primato dell’evangelizzazione viene ripreso nel nuovo progetto come uno dei cardini dell’iniziazione che ha come destinatari privilegiati soprattutto gli adulti. - L’IC nella forma del catecumenato. Il riferimento al paradigma catecumenale intende superare la prassi che riduce l’IC alla sola celebrazione dei sacramenti. Una prassi sbrigativa e facile che ancora permane e il Consiglio Episcopale Permanente tende a far abbandonare proponendo l’IC come realtà ampia, articolata in tempi e tappe, comprendente diverse dimensioni e l’elaborazione di percorsi adatti all’età e all’esperienza delle persone. Nel suo complesso l’IC, nella forma del catecumenato, comprende questi quattro aspetti: 1. Il primo annuncio di Gesù Cristo che suscita la fede e l’adesione a Lui; 2. La catechesi propriamente detta per l’approfondimento in forma 10

Cfr A. FONTANA, Il mondo è cambiato, cambiamo la pastorale, Elle Di Ci, Leumann (TO) 2006, pp. 73-75.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE organica del messaggio in vista del progressivo cambiamento di mentalità e stile di vita; 3. L’esperienza liturgico-sacramentale che inserisce in Cristo e nella vita della Chiesa; 4. La testimonianza, la vita della comunità, la missione. - L’unità dei tre sacramenti e il loro corretto ordine, che ha nella partecipazione alla mensa eucaristica il culmine dell’iniziazione. Diversamente dalla comune prassi occidentale, le note del Consiglio Episcopale Permanente, seguendo le indicazioni del RICA, ripristinano i tre sacramenti nell’ordine e significato originario. - La funzione materna della Chiesa. La Chiesa è il grembo materno dove il cristiano viene generato alla vita divina. Questa funzione materna della Chiesa è assolta nel processo di IC. La comunità guida e accoglie la persona all’incontro con Dio, la educa nella fede e alla conversione, la conduce alla celebrazione dei sacramenti, la inserisce nella sua vita. Tale compito spetta all’intera comunità, ma è affidato anche ad operatori specifici: sacerdoti, diaconi, catechisti, padrini e accompagnatori. - La responsabilità del vescovo. Quale animatore della Chiesa locale, il vescovo adatta il percorso dell’iniziazione alla realtà della propria Diocesi e conferisce personalmente i tre sacramenti nel corso della veglia pasquale. Attiva il “Servizio diocesano del catecumento” con lo scopo di accompagnare e sostenere la pastorale dell’IC. - Segue l’anno liturgico. L’IC, in quanto celebrazione del mistero della salvezza nel tempo, segue il dinamismo dell’anno liturgico che nel suo svolgersi conduce verso una conoscenza sempre più profonda di Cristo. In virtù dello stretto legame tra la Domenica, Pasqua della settimana, e la Pasqua annuale con tutta la pregnanza che tale solennità ha in rapporto all’IC, le varie celebrazioni aiutano a maturare gli atteggiamenti propri del discepolo di Cristo. In tal modo l’anno liturgico manifesta la propria valenza celebrativa oltre che quella pedagogica. - Il sapiente adattamento delle forme e dei tempi dell’IC. È un criterio dettato dalla diversità delle situazioni locali e dall’attenzione all’esperienza delle singole persone e anche dalle condizioni iniziali di cia-

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scuno, all’età e cultura, alla maturazione della fede e alle motivazioni che spingono alla richiesta dei sacramenti. Le tre Note del Progetto si collocano a sostegno della conversione non soltanto attraverso vaghe esortazioni ma proponendo itinerari concreti, percorribili, rivolti agli adulti che chiedono il Battesimo, ai fanciulli e ai ragazzi battezzati e non, al risveglio della fede in chi, già battezzato, ha interrotto il proprio cammino: itinerari da sperimentare nelle Diocesi e nelle parrocchie11.

Pietre miliari della seconda Nota (cfr Fontana) Il primo annuncio o evangelizzazione La pietra fondamentale dell’itinerario è il “primo annuncio”. Non è ancora esplicito nella Nota 2 il termine “primo annuncio”, così come sarà elaborato negli anni successivi alla Nota stessa 7. Tuttavia, quando nei nn. 38-50 si presentano i tempi e le tappe dell’itinerario, mi pare con sufficiente chiarezza, la Nota 2 indica nell’evangelizzazione “rivolta alle famiglie e ai ragazzi per far scoprire la persona di Gesù” il punto originante del percorso catecumenale. È importante questa annotazione poiché in Gesù deve trovare fondamento la nostra ricerca, la richiesta dei sacramenti stessi, il modo con cui percepiamo e viviamo la fede oggi. «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5), neanche un itinerario catecumenale! Per questo la Guida pone all’origine del percorso la lettura o il racconto del vangelo di Marco, in forma adatta ai ragazzi e alle famiglie, senza interferenze con altri testi biblici impropri. 236

La Bibbia e i catechismi della CEI La Nota 2 propone dunque un percorso catecumenale che, partendo dalla storia della salvezza per imparare a distinguere gli avvenimenti attraverso cui Dio ci parla e ci chiama all’alleanza, aiutandoci a vedere la storia con il Suo sguardo, passando attraverso l’acquisizione degli atteggiamenti propri del celebrare cristiano con i suoi

11

Cfr A. FONTANA, I criteri e le prospettive del rinnovamento in atto alla luce del Progetto Catechistico italiano, in NUCN 34 (2005) 3, pp. 67-82.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE simboli e i suoi segni per incontrare oggi l’amore del Padre e vivere oggi l’alleanza, ci conduce a poco a poco ad appropriarci di atteggiamenti e comportamenti improntati all’amore predicato e praticato da Gesù. Sono le tre fasi del catecumenato (biblica, liturgico-comunitaria, esistenziale) e possono durare tre o quattro anni e culminare, durante l’ultima Quaresima prima dei sacramenti, con la preparazione spirituale e ascetica suggerita dai vangeli dell’anno A. Il gruppo catecumenale, la famiglia, la comunità ecclesiale Il RICA afferma: «Poiché i fanciulli da iniziarsi sono spesso in rapporto con qualche gruppo di compagni già battezzati, che si preparano con la catechesi alla Confermazione e all’Eucaristia, l’iniziazione è impartita gradatamente e si appoggia come su fondamento in questo stesso gruppo catechistico» (308). Ma la Nota 2 parte dal contesto più ampio della comunità ecclesiale ed esorta a «creare un ambiente adatto alla loro età, capace di accompagnarli nella loro progressiva crescita nella fede, in un autentico cammino di conversione personale e di adesione a Cristo» (26). E aggiunge: «Questo è possibile attraverso l’inserimento del fanciullo e del ragazzo in un gruppo “catecumenale” con la presenza di alcuni adulti (catechisti, accompagnatori, padrini), della famiglia e, almeno nei momenti più significativi, della comunità tutta» (26). - La progressione o gradualità del percorso con le sue tappe educative Più volte la Nota 2 insiste sull’attenzione pedagogica ed educativa propria della comunicazione della fede nel corso dell’itinerario: ciò che era già un principio fondamentale nel documento di base (cioè, l’attenzione all’“uomo in situazione”) diventa nell’itinerario catecumenale una condizione senza la quale non si può procedere nell’itinerario. Il fatto stesso che il percorso sia scandito da varie tappe, da piccoli passi, da celebrazioni che segnano i cambiamenti nel gruppo e invocano lo Spirito santo, ci fa toccare con mano che il cammino «non ha scadenze precostituite né date della prima comunione e della confermazione fissate per tutti, ma è attento e rispettoso della diversa maturazione delle persone» (n. 27).

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Le celebrazioni e l’unità dei tre sacramenti dell’iniziazione cristiana Sia nel Rica sia nella Nota 2 si parla raramente della mitica “prima comunione”: si parla, invece, sempre di Battesimo, Cresima ed Eucaristia proprio perché – come altre istituzioni o feste cristiane – per molti oggi essa ha perso il suo significato in riferimento a Cristo, ma è diventata semplicemente un gesto socialmente corretto come “festa dei bambini”, isolata e a sé stante, senza rimando ad un seguito di vita cristiana vissuta. Così come il Battesimo non ha rilevanza alcuna nell’esistenza di molti cristiani, poiché confinato nell’età incosciente dall’infanzia di cui nessuno conserva memoria. Infine, la Cresima, stiracchiata lungo gli anni, più avanti o più indietro secondo le esigenze pastorali, caricata di troppi significati ad essa estranei, è diventata una specie di sacramento conclusivo della propria appartenenza alla comunità cristiana.

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- La mistagogia Se ormai è chiaro il quadro generale del percorso catecumenale con le sue pietre miliari, proposte dal Rica e dalla Nota 2, pare altrettanto chiaro che l’itinerario non si può concludere con la celebrazione dei sacramenti, come la maggior parte dei “corsi” catechistici sia per ragazzi sia per giovani e adulti realizzati ancora nelle nostre comunità. Questa è un’altra pietra miliare. La mistagogia esiste per indicarci che nessun itinerario è orientato ad un sacramento, ma tutti sono orientati alla vita cristiana attraverso il sacramento celebrato. Anzi, tutta la vita cristiana sta sotto la luce del sacramento celebrato e dunque è essenzialmente una esistenza mistagogica. La sequenza nelle dimensioni cristiane della vita è: la fede creduta, poi celebrata, quindi vissuta, infine testimoniata. Così si esprime la Nota 2: «Con la celebrazione del battesimo, della confermazione e dell’eucaristia non è terminato l’itinerario di iniziazione cristiana. Inizia il tempo della mistagogia per familiarizzarsi sempre di più con la vita cristiana e i suoi impegni di testimonianza (Rica 369)» (n.48). Come dire che senza la mistagogia non esiste nessun itinerario catecumenale, perché essa ne è parte integrante. Fin dall’inizio deve essere chiaro, quando si fa la proposta alle famiglie e alle comunità.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

3. I compiti Che cosa è successo in dieci anni? (cfr Fontana) Subito dopo l’uscita della Nota, di cui celebriamo il decennale, attuando ciò che la stessa suggerisce al n. 57 («Al Servizio nazionale per il catecumenato, con la collaborazione dell’Ufficio catechistico nazionale e dell’Ufficio liturgico nazionale è affidato il compito di predisporre un sussidio dettagliato per attuare in modo facile e ricco gli itinerari indicati»), fu pubblicata dalla Elledici la Guida per l’itinerario catecumenale dei ragazzi come modello per costruire nelle esperienze diocesane e locali i percorsi per i ragazzi e le famiglie. La Guida è firmata dal Servizio nazionale e possiede dunque una certa autorevolezza. La Guida sviluppa il cammino catecumenale per i ragazzi da battezzare, che sempre più numerosi frequentano il catechismo, ma in linea con il Rica al cap. V propone di attuare l’itinerario «insieme a un gruppo di coetanei già battezzati che, d’accordo con i loro genitori, accettano di celebrare al termine di esso il completamento della propria iniziazione cristiana» (Nota 2, n. 54). Inoltre, fondando i propri suggerimenti su alcuni criteri che caratterizzano lo spirito missionario proprio del catecumenato, propone un percorso fatto di ascolto della Parola di Dio nella Scrittura, di celebrazioni che ne scandiscono le tappe, di esperienze graduali e progressive di vita cristiana. Non perde mai di vista neanche i contenuti dei catechismi della CEI, pur utilizzandoli in modo creativo, adattandoli al percorso tipico del catecumenato, già in qualche modo implicito nei testi stessi. Molte diocesi e parrocchie hanno accolto gioiosamente e con entusiasmo la proposta, cercando attraverso i propri orientamenti “in loco” di attuare la Nota 2 e la relativa Guida. Così sono iniziate le prime sperimentazioni a macchia di leopardo in tutta Italia, con risultati sorprendenti là dove lo spirito della Nota 2 venne acquisito in maniera convinta. Molti parroci hanno riconosciuto che il nuovo impianto catecumenale offre la possibilità di evangelizzare le famiglie e di trasformare la comunità stessa che prende coscienza di esi-

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stere per generare alla fede nuovi cristiani. Sarebbe lungo elencare gli effetti positivi e i risultati straordinari spesso verificati proprio nelle famiglie più lontane dalla fede, che liberamente hanno assunto l’impegno di lasciarsi coinvolgere in un cammino graduale per riscoprire la fede con i propri figli. - Gli orientamenti Diversi indizi segnalano decisivi orientamenti nuovi nella prassi come: la finalità dell’iniziazione che è alla vita cristiana attraverso i sacramenti e non iniziazione ai sacramenti; una logica più iniziatica e catecumenale e meno di socializzazione; i soggetti promotori implicati in una rete ampia di relazioni; la modifica dell’impianto organizzativo di iniziazione in una forma creativa e fedele ai propri contesti. Il problema del ripensamento del tradizionale processo di iniziazione Cristiana è certamente il compito più urgente e più complesso della pastorale attuale, non soltanto italiana, ma europea12. A questo proposito risulta dunque decisiva, secondo Biemmi, una sinergia ai tre livelli implicati.

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1. Il primo livello è quello delle catechiste e dei catechisti di iniziazione cristiana. In questo momento essi stanno vivendo il loro compito con molti disagi e i due atteggiamenti tra cui oscillano sono l’autocolpevolizzazione (“le cose non vanno bene perché io non sono capace, preparato...”) e la colpevolizzazione dei genitori (“a casa distruggono quello che noi costruiamo a catechismo”). Manca in loro la consapevolezza di quello che sta accadendo, della transizione che è in atto. È urgente, per rasserenare il loro lavoro e per renderli creativi, che siano coscienti che la catechesi non è la causa dell’insuccesso dell’evangelizzazione delle nuove generazioni, ma che, se mai, la catechesi vive le difficoltà della Chiesa intera nel suo compito di inculturazione della fede. Perché di questo si tratta, e non di conte12

Cfr E. ALBERICH, Regards sur la catéchèse européenne, “Catéchèse”, n. 100-101(1985), p. 169. Sorprende, a questo proposito, l’uniformità dell’impianto di iniziazione cristiana nei paesi europei, persino sconcertante quando la si vede riprodotta nei suoi schemi più tradizionali in quei paesi (come i paesi dell’Est e nel Nord Europa) nei quali più evidente è lo scarto culturale di questo modello. Si vedano le 10 rubriche sulla rivista “Evangelizzare” (settembre 2000 - giugno 2001) che presentano la prassi attuale di iniziazione in dieci paesi europei.


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE nuti o di metodi: di una nuova inculturazione della fede per una cultura che è di fatto ancora in gestazione. 2. Il secondo livello che deve stare in movimento è quello dei formatori dei catechisti. Non si può cambiare nulla alla base se non si tiene in evoluzione la formazione stessa. Ad ogni discorso indirizzato alla base e a ogni progetto di cambiamento parziale deciso occorre ripensare il modello formativo (e non solo i contenuti) applicato sulle persone chiamate ad attuare questi cambiamenti, tenendo conto di quel principio fondamentale per cui le persone formate applicano inconsapevolmente il modello con il quale sono state formate. Se si vuole cambiare, si deve cambiare formazione. 3. Il terzo livello implicato è quello di chi gestisce l’autorità, al vertice (i vescovi), alla base (i parroci) e nel ruolo di mediazione (i direttori UCD). Occorrono delle precise decisioni istituzionali assunte ai tre livelli dell’autorità. In un certo senso, l’evoluzione va provocata. Molte linee proposte nella formazione sono infatti vanificate se non trovano accoglienza da parte dei parroci e sostegno autorevole da parte dei vescovi. Un certo coraggio istituzionale si rende necessario, per piccoli passi ma in maniera determinata, se si intende effettivamente sbloccare questa situazione. Solo un orizzonte di comprensione comune maturato ai tre livelli (catechisti, formatori, autorità) e una reale intenzione operativa assunta da chi gestisce l’autorità può far procedere il cambiamento senza far perdurare lentezze e frustrazioni. Un rischio forte sarebbe quello di pensare che le attuali difficoltà siano frutto di una crisi passeggera, e che tutto tornerà come prima; il modello non è finito, basta riprenderlo con un supplemento di impegno e di fantasia13. È una posizione generosa, ma che rischia di far perdurare illusioni e frustrazioni. Un 13

Questa posizione può essere tenuta sia per inconsapevolezza dei cambiamenti in atto, sia per un eccesso di generosità pastorale. Si veda a questo proposito il dibattito aperto su “Settimana” in seguito al Convegno dei catecheti italiani, in particolare Catechesi: perché e come cambiare i modelli esistenti?, “Settimana”, 16 XII 2001, n. 45, p. 2.

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secondo rischio, non meno grave, sarebbe quello di lasciare le nuove esperienze a se stesse, senza assistenza e orientamento. In conclusione afferma ancora Biemmi: «È dunque necessaria una parola autorevole, non certo per dare soluzioni magiche, ma per segnalare che il problema va affrontato e per fornire alcuni orientamenti di fondo. Deve essere una parola realistica, serena e rasserenante, e per ciò stesso mobilitante. Deve anche essere una parola orientativa, che fornisce i punti di riferimento di fondo e le attenzioni da avere per procedere. Tale parola autorevole sul ripensamento del processo tradizionale di Iniziazione cristiana è forse il modo più adulto per assumere seriamente il progetto decennale “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia”. I differenti modelli di iniziazione alla fede che nel corso della sua storia la Chiesa ha assunto dimostrano che la fedeltà al vangelo richiede processi comunicativi adatti alle differenti situazioni culturali e che non c’è reale fedeltà al Vangelo se non c’è una altrettanto reale e paziente fedeltà al proprio mondo che cambia»14.

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14

Cfr BIEMMI. Nuove esperienze, cit..


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE

Conclusioni

In cammino verso un nuovo modello d’iniziazione cristiana. Prospettive comuni per un rinnovamento nelle Chiese di Puglia

La Commissione catechistica regionale della Conferenza Episcopale Pugliese, a dieci anni dalla II Nota sull’Iniziazione cristiana1, si è ritrovata a confrontarsi e a riflettere su Come fare Iniziazione cristiana dei ragazzi oggi nelle Chiese di Puglia all’interno di un Seminario di studi “ad hoc”, presieduto dal vescovo presidente mons. Francesco Pio Tamburrino e finalizzato ad accogliere l’appello al “ripensamento” che, in molteplici occasioni, il magistero pastorale delle Chiese in Italia ha rivolto alle comunità cristiane, «se si vuole che le nostre parrocchie mantengano la capacità di offrire a tutti la possibilità di accedere alla fede, di crescere in essa e di testimoniarla nelle normali condizioni di vita»2. Tra le prospettive comuni emerse c’è la fondamentale convinzione, frutto dell’analisi delle pratiche in atto nelle nostre chiese di Puglia, secondo cui il rinnovamento della catechesi passa attraverso un

1

CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, L’iniziazione cristiana. 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni [23 maggio 1999], in UCN (a cura di), L’iniziazione cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana, LDC, Leumann (To) 2004, pp. 59-82 e in SERVIZIO NAZIONALE PER IL CATECUMENATO, Guida per l’itinerario catecumenale dei ragazzi, LDC, Leumann (To) 2001, pp. 9-33. 2 CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia [2004], n. 8. Per una sintesi del lavoro svolto all’interno del Seminario di studi, di cui sono espressione condivisa queste note di orientamento elaborate in vista di un successivo cammino progettuale di sperimentazione, cfr l’allegato report.

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cambiamento da attivare anzitutto all’esterno dei percorsi d’iniziazione in atto. Condizione privilegiata e necessaria è il collegamento con la comunità e l’intera sua prassi educativa e formativa. Così intesa, a tutti coloro che ne vogliono usufruire e/o si apprestano a farne richiesta all’interno delle comunità cristiane, l’Iniziazione Cristiana (=IC) va presentata e offerta in quanto progetto, e non come opportunità meramente convenzionale, e in quanto progetto di rinnovamento e di cambiamento delle pratiche in atto. Detto altrimenti, il percorso di IC deve apparire come parte inscindibile e non distaccata di un progetto più ampio, qual è appunto quello catechistico diocesano/parrocchiale, e soprattutto come espressione dell’impegno di tutta la comunità. Non si tratta di uno spezzone isolato di cammino, semplicemente legato ai sacramenti, o all’età scolastica. È tutta la comunità che, dietro e all’interno dell’intero cammino di iniziazione, si impegna e vi si riconosce come madre e mediatrice di grazia. Il cambiamento all’interno deve tener conto di tre forti attenzioni da assumere sinergicamente e in chiave progettuale come punti di forza di verifica, ripensamento e rinnovamento della prassi diocesana e parrocchiale dell’IC: - la trasformazione in itinerario dell’intero cammino con precise e significative tappe celebrative e/o caritative intermedie; - il coinvolgimento in maniera diretta o indiretta della famiglia, che è invitata a diventare corresponsabile del cammino dei fanciulli e dei ragazzi; - la programmazione di concreti e significativi momenti di incontro e/o di tappe del cammino catechistico con l’intera comunità sia a livello celebrativo che a livello di confronto e di testimonianza. È importante che la proposta di un ripensamento dell’IC non si esaurisca con la stesura di un testo scritto, ma preveda spazi e luoghi di sperimentazione. Per questo sarà necessario costituire un’équipe che all’interno dell’UCD e in collaborazione con altri uffici interessati, possa guidare una sperimentazione dell’intero progetto. Tale sperimentazione potrebbe essere condotta solo in alcune parrocchie che lo desiderano, cercando di attivare così processi di cambiamento dal basso, tuttavia sempre sotto la diretta responsabilità del vescovo e con la sua approvazione. Sul piano regionale, un’ipotesi di questo genere potrebbe partire


CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE per esempio dalle 30 parrocchie che hanno attivato percorsi catecumenali3 e da quelle dove già ci sono itinerari di catechesi familiare e si vive un coinvolgimento sistematico dei genitori per studiare empiricamente in maniera più approfondita i percorsi, paragonarne gli itinerari, gli effetti sulle rappresentazioni di fede dei ragazzi e dei genitori, il grado di coinvolgimento dei genitori e della comunità. Ciò porterebbe ad una sinergia di luoghi di ricerca e di azione, che vanno dalle sedi accademiche, agli organi pastorali di coordinamento, per arrivare alla sperimentazione condivisa di una sostenibile alternativa proposta pugliese di IC. Non è sufficiente impostare una ricetta pronta da proporre, ma è necessario stimolare il cambiamento attraverso un’azione dal basso, che guardi ad un consapevole bisogno di rinnovamento della pastorale dell’IC presenti nelle attuali comunità locali. Ciò richiede una visione comune, di cui è espressione il magistero pastorale espresso dai vescovi di Puglia e alla base non può non mancare la formazione continua degli operatori pastorali. In proposito viene riconosciuta da parte di tutti l’importanza della Scuola regionale per operatori pastorali, attivata in sinergia con il Servizio regionale di pastorale giovanile e coordinata dall’Istituto Pastorale Pugliese nella modalità finora sperimentata dell’Itinerario biennale di formazione (IBF), così come resta necessario l’ascolto e il dialogo per un confronto creativo e autentico fra le esperienze in atto. La Commisione catechistica regionale e i Direttori degli UCD della Puglia

3

Per questi dati cfr il report dell’esplorazione condotta da Francesco Zaccaria e Pio Zuppa, in occasione del Seminario di studi tenuto a Cassano.

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Cancelleria

1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti - La sera del 30 marzo 2010, martedì della Settimana santa, nella cappella maggiore del Seminario arcivescovile di Bari, S. Ecc. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, ha ammesso tra i candidati al diaconato e al presbiterato dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto i seminaristi Alessandro D’Angelo, Alfredo Gabrielli, Nicola Simonetti e Gerri Zaccaro; e tra i candidati al diaconato permanente della medesima Arcidiocesi i sigg. Carlo Benito Errico e Donato Lippolis; - la sera del 19 aprile 2010, lunedì della III settimana di Pasqua, nella chiesa parrocchiale di S. Ciro in Bari, S. Ecc. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha ordinato diacono il seminarista Pietro Tanzi, incardinandolo nel clero diocesano.

2. Decreti arcivescovili S. Ecc. l’Arcivescovo, con decreto del - 10 marzo 2010 (Prot. n. 06/10/D.A.G.), ha costituito un nuovo Postulatore per la causa di beatificazione e canonizzazione di

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madre Teresa di Gesù (Teresa Gimma), carmelitana scalza, nella persona del rev.mo padre Luigi Borriello, O.C.D., in sostituzione del rev.mo padre Ildefonso Moriones O.C.D.; - 22 marzo 2010 (Prot. n. 08/10/D.A.G.), ha costituito una commissione di periti in storia composta dal prof. Francello Sportelli e dal rev.do sac. Giacomo Fazio, per la causa di beatificazione e canonizzazione di madre Teresa di Gesù (Teresa Gimma), carmelitana scalza; - 22 marzo 2010 (Prot. n. 09/10/D.A.G.), ha costituito una commissione di periti in teologia composta dai rev.di sac. Jean Paul Lieggi e sac. Vito Mignozzi, per la causa di beatificazione e canonizzazione di madre Teresa di Gesù (Teresa Gimma), carmelitana scalza.

3. Nomine e decreti singolari A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data: - 16 marzo 2010 (Prot. n. 7/10/D.A.S.-N.), don Sabino Perillo all’ufficio di cappellano dell’Ospedale Pediatrico “Giovanni XXIII” in Bari.

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B) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data: - 10 marzo 2010 (Prot. n. 05/10/D.A.S.), ha concesso licenza a S. Ecc.za Rev.ma Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, Arcivescovo di Lecce, per il conferimento del ministero istituito del Lettorato, nella cappella maggiore del Seminario di Molfetta, ai seminaristi diocesani Mario Diana e Nicola Flavio Santulli; - 1 aprile 2010 (Prot. n. 16/10/D.A.S.), ha riconosciuto a don Giuseppe Gesualdo il diritto ad usufruire dei benefici previsti per la condizione di anzianità.


D OCUMENTI

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V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Ufficio Laicato. Ufficio Comunicazioni sociali Giuseppe Micunco

La strana geografia dell’informazione Nord-Sud, Est-Ovest. I mondi noti e ignoti

Il 27 marzo 2010, presso la Sala del Museo diocesano, è intervenuto Mariano Benni, direttore di “MISNA”, Agenzia Stampa Internazionale dei Missionari, per una riflessione-testimonianza sulla situazione dell’informazione oggi, in particolare in quelle aree del mondo che appaiono le più dimenticate e perseguitate. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio Laicato e dalla Scuola di Comunicazioni sociali “Don Vito Marotta”, diretta dal dott. Enzo Quarto, in collaborazione con l’UCSI, è stato introdotto dal prof. Giuseppe Micunco, direttore dell’Ufficio Laicato dell’Arcidiocesi, e concluso da S.E. l’Arcivescovo. Pubblichiamo di seguito l’intervento del prof. Micunco. Come Ufficio Laicato e Comitato dei Presidenti della CDAL (Consulta Diocesana delle Aggregazione Laicali) ci siamo messi da tempo, in diversi incontri, a passare in rassegna i tanti problemi sociali, politici, economici di oggi, le tante situazioni di disagio, il momento culturale, e abbiamo concluso di ripartire dalla comunicazione: ci è sembrata questa l’urgenza prima, la realtà più soggetta a violenza, una violenza che rende difficile, a volte impossibile,

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affrontare nel modo corretto i problemi. L’abbiamo proposto alle comunità parrocchiali, alle associazioni in un primo comunicato, La verità vi farà liberi, in cui scrivevamo: «I mezzi della comunicazione e dell’informazione, la televisione in modo particolare, sono sempre più mezzi della persuasione, di una persuasione aggressiva, violenta soprattutto nel potere che hanno di imporre modelli di comportamento, stili di vita, gerarchie di valori, modi sbagliati di comunicare e di relazionarsi. «Il linguaggio persuasivo è dilagante: lo usano i mezzi di informazione per acquisire più lettori o telespettatori, lo usano i politici per convincere più elettori, lo usano persino i figli per portare i genitori sulle proprie convenienze, e così tra colleghi e in ogni altra relazione della nostra vita quotidiana. Il linguaggio persuasivo usa l’altisonanza. Il risultato è che viviamo in un mondo falso. L’altisonanza non è verità, ci allontana dalla verità. E senza la ricerca della verità l’uomo vive male» (cfr E. Quarto, “Gazzetta del Mezzogiorno”, 25 ottobre 2009).

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Abbiamo poi accolto e diffuso, in un secondo comunicato, alcune delle considerazioni che il papa Benedetto XVI proponeva nel discorso a Piazza di Spagna, nella festa dell’Immacolata (8 dicembre 2009): «Maria è la Madre... che ripete... agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio. Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. È un meccanismo perverso... al quale purtroppo si stenta a resistere... C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto». Anche il recente documento dei vescovi italiani su Chiesa italiana e


CURIA METROPOLITANA mezzogiorno denuncia il contrasto tra la nostra tradizione meridionale sociale e culturale e «l’assorbimento acritico di modelli comportamentali diffusi dai processi mediatici» (n. 6). Volendo in tale contesto svolgere il tema portante della Enciclica Caritas in veritate, e cioè la centralità della persona e lo sviluppo di un umanesimo integrale, di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, ci è sembrato utile affrontare il tema oggi all’attenzione: la strana geografia dell’informazione. Abbiamo seguito per un po’, ognuno per sé, in separata sede, l’informazione, in particolare i tg di varie reti, che più dei giornali o delle riviste fanno l’informazione della gente media, e abbiamo fatto una prima rilevazione, che propongo per brevi flash. C’è, eccezion fatta per l’informazione cattolica, un sostanziale complessivo disinteresse per quanto avviene fuori d’Italia, se non per aspetti drammatici (stragi, sequestri, catastrofi naturali: tutto questo, peraltro, a tempo, finché la notizia è da prima pagina, vedi il caso di Haiti); accenno appena alle cosiddette guerre dimenticate... La scarsa attenzione si verifica soprattutto per i paesi più lontani, ma anche per l’Europa, per paesi dell’Est, anche quelli a noi più vicini, dei Balcani, del Kossovo e dell’Albania, della Grecia; ma anche Gran Bretagna, Francia, Germania, ecc. interessano prevalentemente per questioni economiche e monetarie, e magari, spesso, solo per futili notizie di cronaca rosa, di curiosità, di animali... Grande trascurata è l’Africa (se non per fatti molto eclatanti ma “dati” in maniera veloce, sintetica), ma anche buona parte dell’Asia. L’Iran e l’Iraq, e Israele e la Palestina, sono tra le nazioni più citate forse perché le loro situazioni interne possono costituire un serio pericolo per la stabilità economica e politica dell’Occidente. La Cina trova spazio solo in caso di contrapposizioni con l’Europa o gli USA; l’India, di tanto in tanto, e solo per scontri etnico-religiosi. L’America latina è alla ribalta solo quando ci sono rivolte o elezioni, o i terremoti e i cicloni... È privilegiata l’informazione economica sugli USA. Sarebbe interessante analizzare anche la strana geografia del-

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l’Italia... la Salerno-Reggio Calabria, la frana sulla linea FoggiaNapoli... O anche la strana geografia dell’informazione religiosa: si parla poco o niente del lavoro dei missionari, dei cristiani perseguitati in varie parti del mondo; pare in questi giorni che l’unico problema della Chiesa sia la pedofilia dei preti, e c’è comunque, e non solo in Italia, un palese attacco alla Chiesa. In ogni caso le “buone notizie” sono in genere sottaciute o raramente presentate e comunque sempre in una sola edizione dei TG.

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Diceva ancora Benedetto XVI: «Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, ... c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. È l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili». C’è una grave responsabilità dei mass-media, perché la gente ripete: “l’ha detto la televisione... sta scritto sul giornale...”. L’altra sera, al Politecnico, mons. Cacucci, parlando di comunicazione, sottolineava l’importanza dell’idea che sta dietro, quella che produce l’immagine o la notizia scritta, quella che chiamava ‘comunicazione clandestina o inavvertita’. Dietro la strana geografia della comunicazione, oltre che superficialità o ignoranza, c’è piuttosto una visione politico-culturale: al centro siamo noi, l’Italia e l’Europa; l’eurocentrismo, spesso denunciato per lo studio della storia nelle nostre scuole, piuttosto che nel senso di ‘Europa al centro’, sembra si debba intendere come ‘euro al centro’. Dal punto di vista del messaggio cristiano non possiamo parlare se non in termini di fraternità universale, una fraternità che è carità, e che ha il modello e la sorgente, come dice il papa in apertura della Caritas in veritate, in Dio che è amore, in Dio che è Trinitàamore (ne parlavamo in una recente assemblea diocesana del laicato). Gesù aveva messo in guardia i suoi connazionali dal ritenersi il centro del mondo: «E verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio» (Lc 13, 29). Mette in guardia anche noi. Ancora nel messaggio nella festa dell’Immacolata Benedetto XVI invitava «a guardare gli altri come li guarda Lui: a partire dal cuore.


CURIA METROPOLITANA E a guardarli con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati», e ammoniva opportunamente: «Non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società». È quello che vogliamo fare, vogliamo guardare in positivo, la sola denuncia è sterile, vogliamo credere nella «irriducibilità del cuore umano a farsi manipolare senza speranza dai produttori dell’informazione», diceva uno di noi. Per far questo proponevamo così nel nostro primo comunicato: «Il punto di ripartenza ci è sembrato il rivalorizzare la comunità: la capacità di comunicare nel modo giusto cresce con esperienze di vita comunitaria, oggi abbondantemente in crisi a tutti i livelli, di luoghi in cui è possibile amare la verità, la sola che rende veramente liberi (cfr. Gv 8, 32), in cui è possibile “gareggiare nello stimarsi a vicenda” (Rm 2, 10), in cui è possibile fare discernimento» dell’informazione. È sostanzialmente un impegno formativo quello che ci aspetta, soprattutto come laici, ed è un impegno che approfondiremo nel Convegno regionale delle Chiese di Puglia del prossimo 2011 a S. Giovanni Rotondo. È un impegno che dobbiamo vivere sia a livello personale, «in una disponibilità al servizio, fondata su una tensione etica, personale, di amore e di testimonianza della verità, in virtù anche dell’esperienza cristiana vissuta che permette il giudizio sulla realtà, investendo ogni ambito della vita con una luce di bellezza e una possibilità di vera letizia»: sia a livello comunitario, «favorendo il più possibile delle esperienze vive di comunità; incontrarsi, conoscersi, ascoltarsi, imparare a stimarsi, leggere insieme la realtà umana e cristiana, sociale ed ecclesiale, in cui viviamo, favorire il discernimento comunitario, incontrarsi qualche volta di più, magari proprio sulla comunicazione, di vedere un po’ di televisione in meno e di leggere qualche libro in più, anche un po’ di Sacra Scrittura in più... È urgente riprendere a comunicare in modo umano e cristiano. Il mondo dell’informazione deve fare la sua parte. Per quanto ci riguarda, cominciamo da noi e dalle nostre comunità».

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CURIA METROPOLITANA Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico Don Maurizio Lieggi e sr Cristina Alfano

Vangelo e bellezza: evangelizzare attraverso l’arte e la musica*

“Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell’arte. Essa deve infatti rendere percettibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell’invisibile, di Dio” (Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 12)

Premessa Nella comunità ecclesiale l’impegno per una nuova evangelizzazione è una costante che anima la riflessione e la ricerca di nuove vie per continuare a raccontare il Vangelo. Come non ricordare i ripetuti appelli di Giovanni Paolo II alle soglie del terzo millennio? I continui cambiamenti storici, culturali e sociali richiedono un cambiamento altrettanto forte ed efficace nella maniera di annunciare il Vangelo-Gesù, in un continuo e rinnovato slancio. Assistiamo ad una crescente difficoltà nella comunicazione della *

Intervento nel corso degli incontri di formazione per catechisti e operatori pastorali l’11 e 12 gennaio 2010).

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fede. Il messaggio evangelico è difficile farlo dialogare con l’esperienza quotidiana. Il nostro tessuto culturale sfida e minaccia continuamente il progetto di vita cristiana. Spesso si afferma che esso è lontano, staccato dalla nostra vita, dal nostro sentire. Spesso si chiede alla Chiesa di essere al passo con i tempi. È più facile attaccare piuttosto che professare la fede. In tanti ambienti è più facile dirsi agnostici piuttosto che credenti. Il Vangelo rischia di perdere spessore nel tessuto sociale e nelle scelte concrete della vita. Non diventa più il parametro di paragone con il quale confrontarsi per decidere della propria vita1. Il soggettivismo e il relativismo prevalgono spesso come misura e criterio di verità. Una indifferenza religiosa ostentata emargina la fede in quanto evanescente, senza consistenza né pertinenza culturale, nell’ambito di una cultura prevalentemente scientifica e tecnica. «I criteri di giudizio e di scelta assunti dagli stessi credenti si presentano spesso, nel contesto di una cultura ampliamente scristianizzata, estranei o persino contrapposti a quelli del vangelo» (Veritatis splendor, n. 88). Paolo VI nella Evangelii nuntiandi aveva riassunto la situazione dell’epoca contemporanea nella frattura tra fede e cultura: «La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre dunque fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l’incontro con la buona novella» (n. 20).

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È indubbia la complessità oggi dell’evangelizzazione, a meno che non ci si accontenti di percorrere i consueti sentieri tracciati fino ad oggi, non curanti delle continue trasformazioni a cui è sottoposta ogni persona, anche al di là della propria volontà e delle proprie scelte. Occorre salvaguardare una duplice fedeltà: quella al Vangelo e quella all’uomo. Il mondo cambia, il Vangelo non cambia! Come, allora, rendere ancora Bella, oggi, la Parola di Gesù? L’evento cristiano ha qualcosa di significativo da proporre:

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Cfr Giovanni Paolo II, Ecclesia in Europa. Esortazione apostolica post sinodale, n. 7


CURIA METROPOLITANA La fede cristiana non è il prodotto delle nostre esperienze interiori, ma un evento che ci viene incontro dal di fuori. La fede poggia sul fatto che ci viene incontro qualcosa (qualcuno) a cui la nostra esperienza di per sé non riesce a giungere. Non è l’esperienza che si amplia o si approfondisce ma è qualcosa che accade. Le categorie di «incontro», «alterità», «evento» descrivono l’intima origine della fede cristiana e indicano i limiti del concetto di esperienza. Indubbiamente ciò che ci tocca ci procura esperienza, ma esperienza come frutto di un evento[…] Questo è ciò che determina anche la storicità della realtà cristiana, che poggia su eventi e non sulla percezione delle profondità del proprio intimo, che poi è quel che si chiama «illuminazione». La Trinità non è oggetto della nostra esperienza, ma qualcosa che mi deve essere detto dall’esterno, mi si avvicina dal di fuori come «Rivelazione»2.

Come evangelizzare, oggi? Come “dire” la Verità che da questo evento scaturisce? Quale percorso può coniugare l’esigenza di comunicare dei contenuti della fede e che permetta, allo stesso tempo, una adesione libera, consapevole e coinvolgente? Una proposta di annuncio in cui appare necessario il superamento del “sentire senza contenuto”, e del “contenuto senza sentimento”.

La Via della Bellezza La Via della Bellezza è una risposta efficace a questi interrogativi. Si presenta come un itinerario privilegiato per raggiungere ogni persona. Può aprire la strada della ricerca di Dio, disporre il cuore e la mente all’incontro col Cristo, lasciarsi interpellare e interrogare dalle proposte del Vangelo. La Via della Bellezza può saziare la fame e sete di verità, di bello e di buono che ogni uomo porta in sé, una via che apre allo stupore.

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J. Ratzinger, Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Ed. Cantagalli, Siena 2005, pp. 91-93.

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Ma di quale bellezza parliamo? Una bellezza che permetta di trasmettere la fede mediante la sua capacità di raggiungere il cuore delle persone, di esprimere il mistero di Dio e dell’uomo, di presentarsi come un autentico ponte, spazio libero per camminare con gli uomini e le donne del nostro tempo che sanno o imparano ad apprezzare il bello, e aiutarli a incontrare la bellezza del Vangelo di Cristo che la Chiesa deve, per sua missione, annunciare a tutti gli uomini di buona volontà3.

Nella sua lettera pastorale del 1999, anche il card. Martini, nello sforzo di aiutare la sua diocesi a vivere bene il passaggio di millennio, affrontava il tema della Bellezza come esperienza salvifica. La bellezza di cui parlo non è dunque la bellezza seducente, che allontana dalla vera meta cui tende il nostro cuore inquieto: è invece la “bellezza tanto antica e tanto nuova”, che Agostino confessa come oggetto del suo amore purificato dalla conversione, la bellezza di Dio; è la bellezza che caratterizza il Pastore che ci guida con fermezza e tenerezza sulle vie di Dio, che è detto dal vangelo di Giovanni “il Pastore bello, che dà la vita per le sue pecore” (Gv 10,11). È la bellezza cui fa riferimento san Francesco nelle Lodi del Dio altissimo quando invoca l’Eterno dicendo: “Tu sei bellezza!”. È la bellezza di cui recentemente ha scritto il Papa nella Lettera agli artisti affermando: “Nel rilevare che quanto aveva creato era cosa buona, Dio vide anche che era cosa bella...La bellezza è in un certo senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della bellezza” (n. 3). È la bellezza di fronte alla quale “l’animo avverte una certa nobile elevazione al di sopra della semplice predisposizione al piacere sensibile” (Immanuel Kant, Critica del giudizio, § 59). Non si tratta quindi di una proprietà soltanto formale ed esteriore, ma di quel momento dell’essere a cui alludono termini come gloria (la parola biblica che meglio dice la “bellezza” di Dio in quanto manifestata a noi), splendore, fascino: è ciò che suscita attrazione gioiosa, sorpresa gradita, dedizione fervida, innamoramento, entusiasmo; è ciò che l’amore scopre nella persona amata, quella persona che si intuisce come degna del dono di sé, per la quale si è pronti a uscire da noi stessi e giocarsi con scioltezza. Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo. Non basta neppure, per la nostra epoca disincantata, parlare di giu-

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Pontificio Consiglio della Cultura, La Via Pulchritudinis, cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo. Documento finale dell’assemblea plenaria, 2006, II.1


CURIA METROPOLITANA stizia, di doveri, di bene comune, di programmi pastorali, di esigenze evangeliche. Bisogna parlarne con un cuore carico di amore compassionevole, facendo esperienza di quella carità che dona con gioia e suscita entusiasmo: bisogna irradiare la bellezza di ciò che è vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio4.

L’arte L’arte in tutte le sue forme aiuta l’uomo a cercare e ad andare verso un «oltre» perché l’arte non è mai fine a se stessa. Se la Chiesa ha sottolineato la funzione dell’arte nella sua preghiera pubblica, lo ha fatto perché ben sapeva che una formazione estetica vera e solida era necessaria per la completezza della vita e del culto cristiano. Liturgia, canto e arte sacra tendono a formare e a spiritualizzare la coscienza umana […]. Esiste una sola ragione per cui questo è assolutamente vero: l’arte non è fine a se stessa. Introduce l’anima in un ordine spirituale più elevato, che esprime e in un certo modo spiega. Musica, arte e poesia sintonizzano le anime con Dio, perché stabiliscono una specie di contatto con il creatore e il Signore dell’universo5.

Quello dell’arte è un linguaggio efficace perché non intende dimostrare qualcosa, ma mostrare in modo avvincente e coinvolgente la verità in essi contenuta. È la stessa dinamica della Rivelazione. «Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé… con eventi e parole intimamente connessi» (Dei Verbum, 2). Il linguaggio dell’arte diventa una proposta di evangelizzazione rivolta all’uomo; una proposta capace di provocare in lui una adesione libera e liberante. «L’arte riesce a trasferire in formule significative ciò 4 5

C. M. Martini, Quale bellezza salverà il mondo. Lettera pastorale 1999-2000. T. Merton, Nessun uomo è un’isola, Milano, Garzanti, p. 53.

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che è in se stesso ineffabile» (Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 12). È proprio la via della Bellezza quella che sembra capace «di mostrare come il Cristo non sia solo vero e giusto, ma anche bello (“il bel pastore” di Gv 10,11.14) e come sia proprio la bellezza a renderlo attraente e significativo per chi cerca ragioni per vivere e vivere insieme con gli altri». È importante che la ricerca teologica si apra all’«amore del bello, nella capacità di riconoscerne il volto nel Signore crocifisso, vera porta della Bellezza, che libera il frammento del tempo e lo redime per l’eternità»6. «La Chiesa ha bisogno dell’arte perché essa è chiamata a predicare Cristo, Vita eterna che si è resa visibile, uomo-immagine che in ogni parola e azione ha rivelato l’invisibile Dio. Come la vita sacramentale e liturgica estende nel tempo gli effetti salvifici dell’operato di Cristo, così l’arte sacra, intimamente legata alla liturgia e considerata essa stessa un “sacramentale”, estende la visibilità del Figlio di Dio» (T. Verdon). Ecco, allora, l’arte visiva: strumento antico di catechesi dopo le Scritture. Pittura, scultura, architettura fanno vedere, fanno toccare, fanno entrare fisicamente nel sacro. L’arte della Chiesa invita a conoscere in maniera sperimentale il Dio che in Gesù Cristo ha voluto essere visto, toccato, “inabitato”. L’arte sonora: alla musica già i filosofi dell’antichità attribuivano una grande importanza a causa della sua influenza sulle passioni umane. Essi vietavano certe melodie e certi strumenti musicali, ma ne consigliavano altri proprio perché la musica era considerato un mezzo potente per purificare l’anima. L’arte corporea: come non ricordare Davide che danza davanti all’arca (2 Sam 6, 5.14)? La danza quasi come anticipazione della futura danza dei risorti; danzare perché la liturgia della Chiesa ci invita a camminare verso Dio, ad alzare le braccia per benedirlo e invocarlo, a stringere le mani dei fratelli in Cristo. Danzare perché la gioia di Dio entri in tutto il nostro essere e che nulla resti fuori dalla potenza trasfigurante dello Spirito di Cristo.

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Cfr B. Forte, Dove va il cristianesimo?, Ed. Querinana, Brescia 2000, p. 83.


CURIA METROPOLITANA Un’esperienza ecclesiale: “Frammenti di Luce” In questo impegno di evangelizzazione si colloca il progetto Frammenti di Luce. Esso ha lo scopo di portare la Parola del Vangelo attraverso i mezzi artistici, facendo dialogare tra loro le diverse forme dell’arte (la musica, la pittura, la poesia, la danza…). Impegnati in prima persona, come ideatori, in questo progetto sono un gruppo di consacrati, che mettendo a disposizione il loro carisma, il loro cammino di fede e le proprie competenze professionali, hanno risposto alle sfide che il nostro tempo lancia continuamente al mondo e alla Chiesa. Giovanni Paolo II, scrivendo ai consacrati così diceva: «È soprattutto a voi, donne e uomini consacrati, che rivolgo il mio appello fiducioso: vivete pienamente la vostra dedizione a Dio, per non lasciare mancare a questo mondo un raggio della divina bellezza che illumini il cammino dell’esistenza umana». Il progetto è una risposta a questo appello del papa; vuol essere un impegno di duplice fedeltà: al Vangelo e all’uomo. Il “concerto meditazione” è la forma privilegiata attraverso cui fare esperienza del Bello. Seguendo un tema guida, ogni concerto si articola in un dialogo tra testi (poetici, in prosa, della Sacra Scrittura come anche della letteratura cristiana), musiche (recuperando il grande patrimonio che la Chiesa e la storia ci ha consegnato, dallo stile gregoriano fino ai giorni nostri, utilizzando tutte le forme musicali), immagini (opere d’arte pittoriche come anche fotografie d’autore), danza. Un’esperienza di immersione nella grande Luce dell’amore di Dio, come frammenti della sua Luce. L’impegno di evangelizzazione non può limitarsi a creare degli eventi, delle esperienze per quanto belle e significative possano essere. Occorre una formazione permanente. Quella formazione che viene chiesta a tutti coloro che in prima persona si impegnano nella comunità ecclesiale ad essere discepoli e servitori del Vangelo. Per esserne sempre all’altezza!

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Ecco perché Frammenti di Luce si sta impegnando anche nel campo della formazione attraverso l’itinerario de La Via della Bellezza, con conferenze-seminari, concerti-lezione, laboratori, avendo come destinatari non solo il mondo ecclesiale ma anche quello laico, fino a raggiungere i cosiddetti lontani, tutti i cercatori di Dio. Un particolare sguardo è rivolto al mondo giovanile con appositi concerti meditazione e speciali esperienze legate all’arte, pensate appositamente per loro. Il Pontificio Consiglio della Cultura invita ad impegnarsi a educare i giovani alla bellezza aiutandoli a plasmare la loro sensibilità e il loro carattere per elevarli e condurli ad una reale maturità. Tante sono state e continuano ad essere le occasioni per vivere questa esperienza di evangelizzazione: incontri giovanili, rassegne artisticomusicali, pastorale carceraria, catechesi liturgiche, incontri diocesani del clero, eventi ecclesiali nazionali. Un’esperienza che vede coinvolti in maniera crescente giovani e meno giovani che desiderano collaborare al progetto. La costituzione di un coro composto da circa 40 giovani è uno dei segnali della positività della strada percorsa.

Arte e catechesi

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Cosa ci impedisce, allora, di utilizzare l’arte nelle nostre catechesi? L’esperienza vissuta con Frammenti di Luce insieme a tante altre esperienze ecclesiali e artistiche è il segnale che anche nelle comunità parrocchiali più piccole è possibile mettere in atto un percorso e un progetto di formazione e di catechesi basato sull’arte. Nonostante viviamo nell’epoca delle immagini che da ogni parte bombardano i nostri sensi, non sempre sappiamo leggere il loro significato. Nelle scuole, se già esiste qualche lezione di arte o di musica, spesso è ridotta ad una semplice enumerazione di nomi, di luoghi, di date. Quanto patrimonio artistico e musicale ci ha consegnato la Chiesa! Cosa sarebbe l’arte senza Cristo? Necessaria è la riscoperta dello stupore e del fascino. Il rischio di considerare tutto scontato è molto forte; anche il Vangelo corre questo rischio! Ecco allora la sfida: l’arte di fare catechesi con l’Arte!


CURIA METROPOLITANA Alcune proposte molto concrete da poter mettere in campo: - utilizzazione di canti di evangelizzazione soprattutto per i bambini e i ragazzi dell’Iniziazione cristiana; - riscoperta e valorizzare di affreschi, pitture e sculture nell’ambito del territorio della propria parrocchia o diocesi, attraverso l’allestimento anche di qualche mostra; - ciclo di catechesi, specie nei tempi forti, in cui utilizzare pagine di grandi musicisti (un esempio: la Matthäus-Passion di J.S. Bach nel tempo quaresimale); - parlare della creazione utilizzando il ciclo di mosaici di Monreale insieme all’ascolto guidato dell’oratorio La creazione (Die Schöpfung), di F.J. Haydn; - realizzazione di concerti meditazione o concerti spirituali in cui impegnare le competenze della propria comunità. Sono solo alcune proposte; ma esprimono il desiderio e l’impegno nel trovare nuove strategie e nuovo slancio per narrare l’euanghelion, la Bella Notizia, Gesù: Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Senti? Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano di gioia, poiché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutti i popoli; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio (Is 52,7-10). Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1 Gv 1,1-4).

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CONSIGLIO DIOCESANI Consiglio Presbiterale Diocesano

Verbale della riunione del 22 ottobre 2009

Il giorno 22 ottobre 2009, alle ore 9,30 presso il salone della Casa del clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano, convocato e presieduto dall’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci. Sono presenti: il pro-vicario mons. Vito Angiuli e i vicari episcopali: don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons. Francesco Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa. Sono assenti: don Vito Carone, don Angelo Cassano, don Luciano Cassano, don Enrico D’Abbicco, don Domenico Fornarelli, don Vito Piccinonna, don Francesco Savino, don Gaetano Coviello, don Vito Marziliano, don Nicola Colatorti, don Marino Decaro, don Vittorio Borracci, don Domenico Lieggi, don Vito Rescina, don Nicola Di Bari, p. Leonardo Di Pinto O.F.M., p. Mauro Paternoster C.S.S., p. Piergiorgio Taneburgo O.F.M. Cap., p. Francesco Neri O.F.M. Cap., p. Rosario Scognamiglio O.P. All’ordine del giorno: 1. Celebrazione dell’anno sacerdotale: riflessione e proposte (introduce don Giacomo Fazio) 2. Normativa dei matrimoni misti (comunicazione di don Angelo Romita) 3. Varie ed eventuali

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Dopo la preghiera dell’Ora Media, l’Arcivescovo comunica lo stato di salute di alcuni presbiteri e ricorda p. Giulio Doronzo O.F.M. Cap. e don Lorenzo Ekwe, tornati alla casa del Padre, sottolineando la loro esemplarità nella vita sacerdotale e la loro dedizione alla Chiesa locale. Inoltre l’Arcivescovo presenta mons. Domenico Falco, nuovo membro di diritto del Consiglio in quanto vicario episcopale per la Liturgia e comunica la nomina di p. Leonardo Di Pinto O.F.M., nuovo vicario episcopale per la vita consacrata. L’Arcivescovo chiede il parere al Consiglio per l’incardinazione di p. Giuseppe Spano, religioso clarettiano, presente in diocesi da circa sette anni e attualmente amministratore parrocchiale della parrocchia S. Pio X in Bari. Dopo la testimonianza positiva di alcuni presbiteri, il Consiglio esprime parere favorevole all’unanimità.

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Si passa al primo punto all’o.d.g.: Celebrazione dell’anno sacerdotale: riflessione e proposte. Introduce don Giacomo Fazio, direttore del CDV e membro dell’Ufficio Presbiteri. Don Fazio presenta il tema dell’anno sacerdotale Fedeltà a Cristo, fedeltà del sacerdote facendo riferimento ad alcune parti della lettera di indizione di Benedetto XVI del 16 giugno 2009 sulla spiritualità, i consigli evangelici, la comunione presbiterale, la valorizzazione della corresponsabilità dei laici nella missione della Chiesa, l’imitazione di sacerdoti esemplari, la constatazione di limiti e debolezze. Inoltre don Fazio presenta l’obiettivo di questo anno sacerdotale voluto dal Papa in occasione del 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney: far percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanea. Infine don Fazio presenta alcune proposte dell’Ufficio Presbiteri per vivere questo anno sacerdotale: - Programmare un corso di esercizi spirituali per i presbiteri o valorizzare uno dei corsi che si tengono presso l’Oasi Santa Maria di Cassano Murge. - Disponibilità di un confessore presso la Casa del clero in Bari. Far conoscere e valorizzare la realtà delle comunità sacerdotali presenti in diocesi. - Realizzare il pellegrinaggio ad Ars programmato per la settimana di formazione del clero in ottobre del prossimo anno.


CONSIGLI DIOCESANI - Attualizzare le indicazioni della nota pastorale dell’Arcivescovo “Un solo altare, una sola mensa” come segno di comunione presbiterale e pastorale. Seguono i diversi interventi. Don Aruanno ricorda la realtà del gruppo dei familiari del clero che si incontra mensilmente e si impegna a sostenere i sacerdoti con la preghiera e l’affetto e auspica che altri familiari facciano parte di tale gruppo. Mons. D’Urso auspica che oltre a vivere l’anno sacerdotale in diocesi, ci si organizzi per partecipare alla conclusione a Roma a giugno del prossimo anno; inoltre invita a custodire la memoria di sacerdoti esemplari come mons. De Palma. Mons. Falco propone di pubblicare una lettera dei presbiteri ai laici e di valorizzare i presbiteri della diocesi per la celebrazione di novene o per momenti di preghiera e di catechesi. Alcuni (d. Lobalsamo, p. Bubbico, d. Romita, d. Mangialardi, d. Trentadue, d. Moro, d. Gramegna) sottolineano la necessità di incontri di fraternità informali e spontanei, l’importanza di aiutare i laici a riflettere sul dono e sul ministero sacerdotale, la valorizzazione della confessione e della direzione spirituale. La riflessione prosegue sull’adorazione vocazionale diocesana che si realizza da venticinque anni e che fu voluta e organizzata da don Tonino Ladisa come esperienza forte di preghiera per la nascita e il sostegno delle vocazioni. Tale adorazione è partecipata da tanti laici specialmente giovani, presbiteri, consacrati e consacrate ma non vede il coinvolgimento di tutte le parrocchie. Don Domenico Castellano propone che, oltre a partecipare, si può valorizzare lo schema dell’adorazione vocazionale utilizzandolo nelle adorazioni in parrocchia. Don Fazio sottolinea che lo spirito dell’adorazione vocazionale è rimasto lo stesso nonostante qualche modifica nello schema proposto; quest’anno, in occasione del venticinquesimo, ogni mese si inviteranno rispettivamente: i presbiteri, i seminaristi di teologia, i consacrati e le consacrate, le famiglie, i malati. Mons. Colucci propone di valorizzare nella meditazione personale

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e nei ritiri vicariali alcune riflessioni del card. Ballestrero sulla vita sacerdotale e sul curato d’Ars. Don Serio chiede che ci sia più attenzione e stima reciproca tra presbiteri e che ciascuno “adotti” un confratello specialmente se in difficoltà o non molto partecipe nel presbiterio o nei momenti diocesani e vicariali e lo sostenga con la preghiera, con l’amicizia, il consiglio e l’aiuto fraterno. L’Arcivescovo accoglie le diverse riflessioni e proposte e indica che si realizzino soprattutto a livello personale e vicariale in modo da non aumentare gli incontri diocesani o cadere nell’attivismo e nell’emotività di momenti particolari che non incidono nella vita e nel ministero quotidiano del presbitero. Circa l’adorazione vocazionale mensile, l’Arcivescovo ribadisce che è un’esperienza ecclesiale che deve coinvolgere tutti (come l’assemblea diocesana di inizio anno pastorale e la messa crismale); nessuna parrocchia, aggregazione laicale e presbitero può disattendere l’adorazione vocazionale che, se partecipata e vissuta, può aiutare le comunità e le persone a non essere autosufficienti e autoreferenziali ma ad avere un respiro ecclesiale diocesano. Anche in occasione delle visite pastorali, l’Arcivescovo, incontrando i laici, ascolta il loro bisogno di diocesanità che va sempre incrementato.

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Don Angelo Romita presenta una bozza di indicazioni pastorali sui matrimoni misti (cattolico-ortodossi, cattolico-evangelici, islamocattolici) preparato dall’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e l’Ufficio di cancelleria. Vista la delicatezza e la complessità del tema, si propone di elaborare meglio tale bozza e di attendere una pubblicazione in materia da parte della CEI. Infine don Vito Cicoria, presbitero fidei donum in Sidamo (Etiopia) aggiorna il Consiglio sulla sua esperienza in missione e sulla realtà in cui egli vive, chiedendo il sostegno nella preghiera, la vicinanza del presbiterio e della diocesi e invitando i confratelli a visitare e a trascorrere un periodo nella sua missione. La riunione si conclude alle 12.45 con la preghiera dell’Angelus. sac. Antonio Serio, segretario


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Verbale della riunione del 29 gennaio 2010

Il giorno 29 gennaio 2010, alle ore 9,30 presso il salone della Casa del Clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano, convocato e presieduto dall’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci. Sono presenti: il Vicario generale mons. Domenico Ciavarella, il Pro-Vicario mons. Vito Angiuli e i vicari episcopali: don Candeloro Angelillo, don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, mons. Francesco Colucci, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa, P. Leonardo Di Pinto, O.F.M. Sono assenti: don Angelo Cassano, don Luciano Cassano, don Domenico Castellano, don Domenico Fornarelli, don Francesco Gramegna, don Gaetano Coviello, don Nicola Colatorti, don Domenico Lieggi, don Carlo Lattarulo, p. Mauro Paternoster, C.S.S., p. Rosario Scogliamiglio O.P. All’ordine del giorno: 1. La riflessione e la formazione all’impegno sociale e politico nella catechesi e nella pastorale ordinaria (introduce il dott. Vito Micunco). 2. Varie ed eventuali. Dopo la preghiera dell’Ora Media, l’Arcivescovo comunica che si va

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definendo il programma di preparazione al Convegno regionale sul laicato che si terrà dal 28 aprile al 1° maggio 2011; sarà inviata la lettera di indizione da parte della Conferenza Episcopale Pugliese da presentare alle comunità la prima Domenica di Quaresima a cui seguiranno tre tappe: la prima di sensibilizzazione (QuaresimaPentecoste 2010), la seconda di approfondimento con tre incontri a livello regionale (settembre-ottobre 2010), la terza di preparazione a livello diocesano. Quest’anno la Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali (CDAL) ha organizzato, in vista del Convegno regionale, quattro assemblee diocesane invitando i responsabili nazionali di alcune associazioni e movimenti (Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Focolarini, Rinnovamento nello Spirito). L’Arcivescovo sottolinea il prezioso impegno dell’Ufficio Laicato e della CDAL nella crescita della conoscenza reciproca, della comunione ecclesiale e della collaborazione delle diverse aggregazioni laicali. L’Arcivescovo comunica lo stato di salute di alcuni presbiteri e invita a sostenerli con la preghiera e a visitarli. Inoltre presenta i nuovi membri del Consiglio che subentrano a confratelli deceduti, impossibilitati o trasferiti: p. Santo Pagnotta O.P., don Giuseppe Bozzi, don Francesco Paolo Sangirardi, don Carlo Lattarulo, don Nicola Boccuzzi, p. Luigi Gaetani O.C.D.

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Il Vicario Generale, mons. Domenico Ciavarella, e il Direttore dell’Ufficio Missionario, don Andrea Favale, comunicano l’esperienza vissuta in Etiopia dal 29 dicembre 2009 al 12 gennaio 2010. Sono andati per incontrare i nostri missionari “fidei donum” don Leonardo D’Alessandro e don Vito Cicoria e per condividere fraternamente per alcuni giorni la loro vita e il loro ministero. Nella missione di Soddu Abala, nel vicariato di Awasa, in cui opera don Leonardo, sono state ripristinate le attività avviate da don Franco Ricci: servizio pastorale costante e proficuo nelle diverse cappelle dislocate nel territorio; attività scolastica ben consolidata e corsi di alfabetizzazione nei luoghi utilizzati a cappelle; prevista, a breve, una comunità di religiose per riaprire l’infermeria e i corsi di cucito. Nella missione di Neghelli, nel Vicariato di Meki, opera don Vito Cicoria: è in costruzione la nuova chiesa parrocchiale; si celebra


CONSIGLI DIOCESANI quotidianamente l’Eucaristia; è presente una comunità di religiose con scuola per infanzia e collaborazione missionaria. Entrambi i nostri missionari curano le traduzioni dei testi della Sacra Scrittura in lingua locale e don Leonardo è un membro della Commissione Liturgica Nazionale. In Etiopia prevale la religione cristiana (ortodossa copta 51%, fortemente presente con le proprie tradizioni; protestante 11%; quella cattolica è una minoranza); la religione islamica (33%) è in costante crescita. La vita che si conduce è molto semplice e affrontata con dignità in ogni condizione: ci si dedica alla pastorizia e più recentemente alla coltivazione dei campi. Mons. Ciavarella e don Andrea hanno respirato un gran clima di accoglienza e serenità dappertutto, sia con la gente sia con le comunità di religiose, missionari, volontari presenti nel territorio. Edificanti sono stati alcuni incontri con i Vescovi locali per un ampio respiro ecclesiale; con la comunità di Gosa, presso la quale è stato per circa nove anni don Leonardo; con i missionari “fidei donum” di Mantova, presenti a Gighessa, con i quali don Vito ha collaborato e continua a condividere l’impegno missionario; con p. Angelo, frate cappuccino, da circa trent’anni in Etiopia, il quale ha comunicato la sua ricca esperienza innestata nelle radici storiche, culturali, religiose dell’Etiopia. Si potrebbe dire che in Etiopia si sperimenta “un’eterna primavera” non solo dal punto di vista climatico, ma soprattutto nel contatto umano gioioso e fraterno, colmato dalla fede profonda, spontanea e sincera delle persone che hanno incontrato. Si passa al primo punto dell’o.d.g. Il dott. Vito Micunco, Direttore dell’Ufficio Mondo Sociale e del Lavoro, introduce il tema: “La riflessione e la formazione all’impegno sociale e politico nella catechesi e nella pastorale ordinaria”. Micunco presenta un fondamento biblico circa l’attenzione dei credenti alla vita sociale e politica facendo riferimento al Pentateuco, ai Vangeli (parabola del samaritano, opere di misericordia corporale), agli Atti degli Apostoli. Si fa riferimento ai cristiani dei primi secoli con la Lettera a Diogneto, all’insegnamento dei Padri, all’impegno

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delle congregazioni religiose e al grande fermento laicale dell’Ottocento. L’insegnamento conciliare della “Gaudium et Spes” è una pietra miliare nel definire la presenza della Chiesa e l’impegno dei cristiani nel mondo al servizio del Regno di Dio. Anche il Magistero sociale della Chiesa dalla “Rerum novarum” alla “Caritas in veritate” è e deve essere sempre più il riferimento costante per la riflessione e l’impegno dei cristiani nella vita sociale e politica. Micunco evidenzia l’indole secolare propria dei laici in forza del Battesimo e la vocazione alla santità nella vita e nella testimonianza nel mondo e quindi nella vita familiare, sociale, professionale e politica. Spesso l’impegno nella vita sociale e politica è legato alla disponibilità e alla sensibilità del singolo e non è espressione della comunità cristiana. Sta venendo a mancare una presenza visibile e un impegno concreto dei cattolici nella vita sociale e soprattutto politica e anche le aggregazioni laicali non sono sempre incisive nella formazione delle coscienze per una testimonianza credibile nella vita personale e comunitaria. In forza dell’unità della persona e della sua formazione globale, anche la pastorale mistagogica deve aiutare i singoli e le comunità, a partire dalla catechesi ordinaria e collaborando con le istituzioni e gli altri soggetti presenti sul territorio, ad essere soggetto di discernimento e di animazione culturale finalizzata anche a promuovere e a consolidare nella società civile valori condivisi su cui possa svolgersi una necessaria ma costruttiva dialettica politica per la crescita della stessa società. Nella nostra diocesi non mancano esperienze di formazione come le scuole all’impegno sociale e politico o l’attenzione ai temi sociali attraverso conferenze e dibattiti. Anche il Sinodo Diocesano si è espresso su questi temi (cfr. Libro del Sinodo in particolare nn. 290314) e il Consiglio Pastorale Diocesano diverse volte ha riflettuto sulla missione della Chiesa e sull’impegno dei laici nella società. Seguono gli interventi. Don Trentadue afferma che tutti devono preoccuparsi del bene comune e dei temi sociali per aiutare le persone a responsabilizzarsi e a non delegare. Don Carone afferma la necessaria distinzione tra sociale e politico e invita a riflettere sui forti condizionamenti delle multinazionali sul sistema finanziario ed economico mondiale e nazionale.


CONSIGLI DIOCESANI Padre Bova evidenzia che si sta perdendo l’identità dei laici cattolici nella vita sociale e politica, per cui è necessario essere presenti attivamente nella formazione e nel mondo della cultura a partire dall’Università. Don Sangirardi evidenzia come sia necessario che i laici stessi (e non solo il magistero) si esprimano e prendano posizione riguardo alla dignità della vita, della persona umana, del matrimonio e della famiglia, alla legalità e al bene comune. Si propone di valorizzare gli osservatori per leggere meglio le risorse, i problemi, gli interventi sul territorio. Altri (don Marziliano, don Romita, don De Robertis, don Borracci) sottolineano che come pastori alla guida di comunità, siamo chiamati a formare e accompagnare i laici nella vita sociale e politica sia per una loro testimonianza cristiana sia per un impegno diretto. La formazione permanente del clero deve riguardare anche i temi sociali, per cui è necessario conoscere e studiare la dottrina sociale della Chiesa e valorizzare anche gli interventi più recenti e l’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI. Il laboratorio pastorale di ottobre potrebbe riguardare questi temi ma è opportuno che sia partecipato da presbiteri, diaconi e laici insieme. Don Lanzolla e don Mario Castellano sottolineano la necessità che i temi sociali e politici entrino nella pastorale e nella catechesi ordinaria e che si vigili affinché la pietà popolare non sia legata o condizionata da interessi estranei alla dimensione di fede. Don Piccinonna afferma che da parte dei presbiteri si deve avere maggior stima per la vocazione secolare e la missione dei laici e non valorizzarli solo come operatori pastorali a volte in modo strumentale e dipendente, mortificando la loro dignità e responsabilità. Mons. Latrofa richiama alcune indicazioni del Convegno di Verona sul tema della cittadinanza. Don Savino evidenzia la complessità del tema in discussione e degli eventi storici e politici e presenta una riflessione su tre livelli: 1) Impostare una pastorale integrata e globale secondo l’insegnamento conciliare della Lumen Gentium e Gaudium et Spes, evitando la

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frattura tra fede e vita. La scelta della mistagogia deve aiutare la comunità cristiana in questa sintesi e testimonianza nella vita; 2) Curare il discernimento comunitario per valorizzare carismi e persone che si impegnino attivamente nel sociale e nella politica, saper leggere il territorio locale e diocesano alla luce della dottrina sociale della Chiesa (circa il bene comune, la destinazione universale dei beni, la sussidiarietà); 3) Accompagnare le persone impegnate in politica nel rispetto della loro autonomia. Mons. Angiuli evidenzia come il Concilio e il postconcilio hanno orientato la Chiesa ad un lavoro di elaborazione e di sintesi su questi punti: soggettività della comunità cristiana, prassi pastorale, impegno e testimonianza nella vita sociale e politica. Mons. D’Urso sottolinea la necessità di lavorare in rete su questi temi per aiutare le persone a crescere nel rispetto dell’etica e della legalità e a ricentrare il dibattito politico sui reali bisogni e problemi delle persone e della comunità civile.

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L’Arcivescovo ringrazia per la profondità dei numerosi interventi ed evidenzia la difficoltà anche da parte dei presbiteri ad aiutare la comunità a leggere la realtà e a fare discernimento a livello di contenuti e di metodi pastorali. Nelle parrocchie spesso manca la “lettura politica” del territorio e si rischia di cadere in luoghi comuni quando si riflette sulla vita sociale e politica, questo lo confermano le visite pastorali. L’incontro comunitario settimanale non deve essere solo preparazione alla liturgia domenicale, ma anche esperienza di discernimento sulla vita e il cammino della comunità che incarna il Vangelo nella storia. Basti ricordare la testimonianza di tanti laici cattolici impegnati nella politica, come Aldo Moro, che è si è formato anche nella FUCI di Bari. L’Ufficio Mondo Sociale e del Lavoro ha il compito di accompagnare le parrocchie nella lettura del territorio e della storia incarnando e testimoniando il Vangelo. Non basta fermarsi all’analisi della situazione, è necessario trovare un metodo pastorale che formi le coscienze laicali a scelte autonome e responsabili nell’impegno e nella testimonianza nella vita sociale e politica. Oltre a favorire l’attiva partecipazione ad iniziative e incontri che già si rea-


CONSIGLI DIOCESANI lizzano in diocesi su questi temi, si può pensare ad un laboratorio pastorale di formazione su temi sociali specifici per tutti cioè presbiteri, diaconi e laici insieme. La riunione si conclude alle ore 12.50 con la preghiera dell’Angelus e la preghiera per le vocazioni in occasione della imminente Giornata del Seminario. Il segretario sac. Antonio Serio

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CONSIGLI DIOCESANI Consiglio Pastorale Diocesano

Verbale della riunione del 19 gennaio 2010

Alle ore 19.00 del 19 gennaio 2010, presso la casa del Clero, si riunisce il Consiglio Pastorale diocesano convocato da S.Ecc. l’Arcivescovo. Sono presenti nr. 53 consiglieri; nr. 3 assenti risultano giustificati. Introduce l’odg la segretaria Annalisa Caputo, che dà subito la parola a p. Leonardo Di Taranto, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute, per una presentazione del lavoro fin qui svolto dall’Ufficio stesso. La relazione, allegata agli atti, si articola in più punti, riguardanti la nascita dell’Ufficio (a lui affidata nel 1985 dal p. Mariano Magrassi), uno sguardo al presente e prospettive per il prosieguo del cammino. Avvia la discussione mons. Vito Angiuli, che ringrazia per la relazione, che ha evidenziato con efficacia l’ambito della pastorale della salute e per tutto il lavoro svolto. Sottolinea tre punti: la formazione, la presenza nelle strutture ospedaliere e l’attività pastorale nelle parrocchie: a) Riguardo alla formazione e in particolare al citato ‘Biennio di etica e umanizzazione’ da parte del relatore, propone che l’ISSR si affianchi ad esso (ma anche i diversi uffici della curia) e che l’ISSR stesso colleghi tutte le esperienze formative. Questo per-

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ché è compito proprio dell’Istituto non tanto e non solo fare teologia, ma anche e soprattutto accompagnare i bisogni formativi del territorio. Si dovrebbe creare un polo formativo unitario. b) La presenza come cappellania nelle strutture ospedaliere è lo strumento che mette in relazione la Chiesa e il mondo. c) E infine, le parrocchie. Bisognerebbe dare molta più importanza a questo ambito (pastorale della salute), collegandolo alla preghiera e ai sacramenti. I catechisti dovrebbero formare i ragazzi anche a fare azioni di carità. M. Luisa Logiacco ricorda che nella convenzione tra Conferenza Episcopale Pugliese e Regione Puglia si parla anche di pastorale interreligiosa e questo potrebbe essere interessante. Riguardo alla bioetica, le persone sono a volte sbandate e il ruolo della pastorale della salute dovrebbe anche essere quello di orientare in questo senso. Manca poi, in Puglia, spesso, l’attenzione agli ammalati soli. Interviene Chiara Trotta che riscontra, nella sua attività di medico, la mancanza di umanizzazione. Il Policlinico, ad es., è un’azienda dove si parla solo di costi e di efficienza. L’umanizzazione è resa possibile dagli operatori, attesi sempre con trepidazione dagli ammalati. In questo, il lavoro svolto dalla Cappellania, a suo avviso, è stato ed è fondamentale. Per mons. Angelo Latrofa, è necessario promuovere sempre più il volontariato sanitario, che risulta ancora insufficiente, nonostante il gruppo dei volontari di Bethesda. Pino Castoro ricorda che il problema riguarda tutti, perché ognuno di noi fa esperienza, nella propria famiglia, di ammalati e di anziani non autosufficienti. Ma ci vuole un salto di qualità nell’impegno. Annalisa Caputo riporta il dibattito sul ruolo pastorale dei malati e dei sofferenti. Il malato deve essere considerato non come oggetto, ma come risorsa. Ma tutti i settori della pastorale dovrebbero avere a cuore questo problema o meglio questo obiettivo. Interviene l’Arcivescovo che comunica che lui stesso ha voluto, dopo 25 anni dall’istituzione dell’Ufficio, che si parlasse di questo argomento e dà atto a p. Leonardo per la conduzione di questo ufficio. È stato un cammino preziosissimo! È necessario, però, ora “sistematizzare” meglio l’attività. Questo non è compito del CPD, che però può dare degli orientamenti. Secondo l’Arcivescovo, il primo compito dell’Ufficio dovrebbe ora


CONSIGLI DIOCESANI essere quello di fare un censimento di tutte le iniziative, associazioni, proposte già presenti sul territorio e trovare il modo di fare un coordinamento. Per esempio, le case di cura private... non sono ospedali anche quelli? Eppure spesso mancano della presenza del sacerdote. Quindi, anche i sacerdoti devono maturare in questo senso. La pastorale della salute – continua il vescovo – non deve essere solo ospedalizzata (e la scelta di visitare gli ammalati va in questo senso). Ora forse sarebbe il caso di “stoppare” le iniziative, andando avanti in quest’orientamento pastorale. L’atto di carità deve essere fondamentale nell’azione catechistica, iniziando già con le visite agli ammalati da parte dei bambini. La pastorale della salute è una realtà che non va clericalizzata. È, dunque, una realtà che va vissuta dalle associazioni e dalle parrocchie, però con l’attenzione a vivere le diverse esperienze in una dimensione di unità. A mo’ di esempio, l’Arcivescovo cita il libro di Annalisa Caputo, appena pubblicato, sulla pastorale del Centro Volontari della sofferenza, libro di cui l’Arcivescovo stesso ha curato l’introduzione, e che ritiene uno splendido esempio di scelta mistagogica, che ha per ‘soggetto’ i disabili stessi. La replica di p. Leonardo, che ringrazia delle sollecitazioni ricevute: - La sanità non si vive solo negli ospedali. - A M. Luisa Logiacco p. Leonardo risponde parlando della questione ecumenica, sottolineando come i volontari e gli operatori siano educati al confronto e al dialogo. - Nelle parrocchie deve essere promosso il volontariato. Non volontarismo, che dura solo qualche mese, ma quello formativo e duraturo. Il volontariato dobbiamo promuoverlo tutti. Alle 21.00 il CPD si chiude. Per la segreteria Lucy Scattarelli

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Allegato

Il cammino dell’Ufficio per la pastorale della salute all’insegna della ricerca e della creatività 1985/2010: venticinque anni a servizio della Chiesa locale

Introduzione: due indicazioni preziose in un contesto creativo

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È ancora molto vivo nella memoria il ricordo dell’incontro con mons. M. Magrassi, arcivescovo della nostra chiesa locale di Bari/Bitonto, avvenuto nella tarda mattinata di un giorno feriale della seconda metà di settembre del 1985. Senza fronzoli e con estrema immediatezza, il pastore mi diceva: «Ho pensato di affidarti la responsabilità della pastorale sanitaria diocesana, poiché da molti anni sei impegnato in questo campo». Dinanzi alla mia perplessità di inadeguatezza al compito, congedandomi paternamente aggiungeva: «Fai quello che puoi e scegliti collaboratori validi». È ancora più nitido il ricordo dell’incontro con mons. Francesco Cacucci, attuale pastore della nostra arcidiocesi, presso l’Oasi S. Maria di Cassano Murge (Ba), in occasione di un raduno dei direttori degli Uffici diocesani nella prima metà di settembre del 2005. Durante il pranzo, alla mia comunicazione del traguardo dei venti anni di vita dell’organismo pastorale da me diretto, il vescovo mi diceva: «Allora quest’anno termina la fase pionieristica dell’Ufficio: ora la pastorale della salute deve diventare una dimensione della pastorale ordinaria di ogni comunità». Ho voluto ricordare queste indicazioni dei due nostri pastori, che hanno contribuito in modo particolare alla vita dell’Ufficio, perché servono a collocare la sua nascita e il suo sviluppo nel suo contesto più vero e a indicare la strada migliore su cui proseguire il nostro cammino di servizio alla Chiesa diocesana. Quando veniva istituito l’Ufficio nella nostra arcidiocesi era già stata pubblicata la lettera apostolica Salvifici doloris sul senso cri-


CONSIGLI DIOCESANI stiano della sofferenza umana di Giovanni Paolo II (11 febbraio 1984) e con il motu proprio Dolentium hominum era appena nato l’organismo che oggi viene chiamato Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari o per la pastorale della salute (11 febbraio 1985). In Italia, dagli anni ‘60 era attiva la Consulta nazionale per la pastorale della Sanità con riunioni periodiche e con l’organizzazione di convegni nazionali nel decennio degli anni ‘70-80, che molti anni dopo (settembre 1996) faranno maturare la nascita dell’Ufficio nazionale, con un direttore ed una sede a Roma, presso la CEI1. Negli stessi anni (1984-85) erano iniziati i primi approcci di collaborazione tra i quattro ordini religiosi impegnati nell’ambito sanitario-ospedaliero (Camilliani, Frati Minori Cappuccini, Fatebenefratelli, Frati Minori), che nel novembre 1986 sarebbero confluiti nella nascita di un’associazione che oggi si chiama Associazione Italiana di Pastorale Sanitaria (A.I.Pa.S.)2. Nell’anno successivo (1987) iniziava la sua attività accademica l’Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum” di Roma, affiliato alla Pontificia Facoltà Teologica “Teresianum”, che rilascia i titoli accademici della licenza e del dottorato in questa disciplina. Negli anni ‘80 poche erano le Consulte diocesane per la pastorale della salute, già costituite ed operanti3. L’attività pastorale verso i malati ed i disabili era svolta dalla Caritas: nella nostra Chiesa locale, dopo la celebrazione del concilio Vaticano II, essa era stata realizzata attraverso le iniziative benemerite di mons. Giuseppe Natale e, soprattutto, di don Vito Diana. 281 1

Cfr G. Ghilardi, La Consulta Nazionale per la Pastorale Sanitaria, in “Insieme per servire”, rivista dell’Associazione Italiana di Pastorale Sanitaria, anno X, n. 1, gennaio-marzo 1996, Atti del Convegno nazionale AIPaS “Tre volti della speranza: riflessione, collaborazione, progettualità”, Collevalenza (Pg), 9-13 ottobre 1995, pp. 55-62; L. N. Di Taranto, La Chiesa nel mondo della sanità che cambia, Camilliane, Torino 2002, pp. 11-19. 2 Cfr L. Di Taranto, A.N.C.R.O. Un’associazione nuova per un servizio antico, in “Insieme per servire”, cit., anno I, n. 1 giugno 1987, pp. 3-12. 3 Il card. Carlo Maria Martini , arcivescovo di Milano, costituiva l’Ufficio diocesano per la pastorale della salute nel marzo del 1983: cfr S. Pintor, Fragilità e Vangelo 1979-2009: un bilancio, in Il Regno Attualità, 20/2009, p. 677.


A tal riguardo è doveroso ricordare non solo i frequenti viaggi con i malati a Lourdes, organizzati dall’UNITALSI, ma anche la Giornata diocesana annuale del malato collocata all’interno dei festeggiamenti di san Nicola nel mese di maggio, la promozione del volontariato sociosanitario in collaborazione con l’OARI, i primi tentativi di costituzione di una Consulta, le prime iniziative di formazione degli operatori pastorali, la premura particolare espressa verso i malati in occasione della visita del papa a Bari nel febbraio 1984, sia con un posto speciale durante le celebrazioni liturgiche che con la sosta dell’illustre pastore presso il Policlinico Consorziale della città4. La proposta di don Vito Diana, fatta a mons. Mariano Magrassi, di istituire un Ufficio per la pastorale della sofferenza o dei malati, come si chiamava in quegli anni, va considerata realmente un’intuizione profetica e va ascritta a merito dell’uno e dell’altro5.

Senza un modello: all’insegna della ricerca e della creatività I primi passi del nuovo Ufficio sono stati sempre sostenuti dalla buona volontà, dal senso pratico delle persone, dalle intuizioni che sono sorte di volta in volta: non poteva essere altrimenti. Non avendo un modello di riferimento e mancando ancora gli orientamenti pastorali del magistero ecclesiale, tutto si è realizzato all’insegna della ricerca e della creatività, accompagnate dalla preghiera, dalla disponibilità al soffio dello Spirito Santo, dal confronto con gli altri Uffici ben consolidati dalla prassi, dalle prime iniziative comuni prese con loro. Alcuni elementi, che hanno caratterizzato il lavo282 4

I Bollettini diocesani di quegli anni riportano le iniziative pastorali principali realizzate in quel periodo. 5 Cfr Lettera dell’arcivescovo, mons. Mariano Magrassi, a p. Nunzio Leonardo Di Taranto per la nomina a responsabile della pastorale sanitaria per l’arcidiocesi di Bari (prot. n. 20/86 del 26 maggio 1986). Tra l’altro, l’arcivescovo scriveva: «Il lavoro è grande, perché la sofferenza rende gli uomini più vicini a Dio, più simili a Gesù e più distaccati dal mondo. La morale sanitaria ti farà incontrare tutte le classi sociali, e in diverse circostanze. Con profonda bontà disponi tutti al sorriso della grazia umana e divina, e continua in Diocesi quel lavoro che hai già fatto con i Cappellani del tuo Ordine» (in “Archivio dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute”, Primo faldone 1986/87).


CONSIGLI DIOCESANI ro di tutto il percorso compiuto in questo tempo, sono stati i seguenti: * L’entusiasmo e la curiosità nel gettare ponti di conoscenza e di amicizia di persone qualificate nel settore: a questo proposito non va sottaciuto l’evento provvidenziale dell’incontro con alcuni padri camilliani, specializzati nel settore della pastorale sanitaria, che hanno offerto sin dall’inizio un grande contributo alla realizzazione della formazione degli operatori pastorali in diocesi. * L’impegno di presenza attiva nella vita della Chiesa locale, specialmente nei momenti importanti e fondamentali della comunità diocesana, delle parrocchie e delle associazioni di e per i malati: tale presenza è servita a far conoscere l’esistenza di un organismo giovane e le persone incaricate a farlo crescere. * La scelta della politica dei piccoli passi nella programmazione e nella progettualità: la saggezza permetteva di proporre e realizzare quelle iniziative concrete proporzionate alle forze umane e ai mezzi disponibili. * L’orizzonte operativo dell’Ufficio del respirare a due polmoni: il coinvolgimento nelle iniziative della Consulta regionale e in quelle di respiro nazionale, che ha permesso di camminare insieme alle altre Chiese diocesane e alla Chiesa italiana. * La riflessione comunitaria sulle esperienze pastorali realizzate e la conseguente verifica: questo atteggiamento ha permesso di esaminare gli eventuali sbagli commessi e di guardare con speranza al futuro immediato. Nell’orizzonte di queste linee costanti del cammino del nostro Ufficio, possiamo dare un triplice sguardo: lo sguardo al passato permetterà di focalizzare i percorsi principali realizzati in questi 25 anni; lo sguardo al presente servirà per offrire una fotografia dell’identità attuale dello stesso Ufficio nella sua organizzazione operativa; lo sguardo al futuro prossimo aiuterà ad individuare le problematiche e gli impegni che attendono i responsabili di questa area pastorale nell’animazione delle comunità cristiane della nostra Chiesa locale.

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Uno sguardo al passato: i sentieri principali della ricerca creativa Guardare al passato significa conservare la memoria di una vita vissuta e di valori realizzati che possono risultare utili a chi raccoglie il testimone. Guardare al passato inoltre significa ricordare i principi ispirativi che hanno permesso di svolgere un servizio prezioso alla Chiesa diocesana. In questo orizzonte, presento i cinque principali sentieri percorsi dall’Ufficio in questi 25 anni: 1. Formazione iniziale e permanente degli operatori pastorali

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Il nostro Ufficio ha creduto subito all’importanza e alla necessità della qualificazione professionale iniziale e permanente degli operatori pastorali. Non a caso appena nominato direttore, il sottoscritto ha sentito il bisogno di frequentare a Verona, presso il Centro Camilliano di Pastorale, un mese intensivo di Educazione Pastorale Clinica (Education Clinical Pastoral: ECP) nel settembre 1986: questa opportunità formativa è risultata provvidenziale e fondamentale. Le reali ricadute si sono rese visibili nell’impostazione dell’organizzazione generale del lavoro dell’Ufficio, nella metodologia usata nella programmazione annuale, nelle tappe concrete della realizzazione dei progetti individuati. L’azione formativa della comunità diocesana si è concretizzata nello studio della Salvifici doloris con un corso triennale (1988-1991), le cui lezioni furono affidate a docenti del luogo, e con un sorprendente numero di partecipanti (oltre 300!). Negli stessi anni o in quelli immediatamente successivi furono organizzati un corso di bioetica (novembre - dicembre 1988) destinato principalmente agli studenti delle Scuole degli allievi infermieri professionali (1989), un corso di Relazione di aiuto di primo, secondo e terzo livello (1988-91) sotto la guida del prof. A. Brusco, un corso sull’Animazione di gruppo, altri numerosi incontri con i consigli vicariali per illustrare le iniziative culturali dell’Ufficio. Nei primi anni ’90 l’Ufficio ha preparato corsi specifici su “Evangelizzazione e testimonianza della carità nel tempo della sofferenza”, “I sacramenti del tempo della malattia”, “La famiglia nel tempo della sofferenza”. Contemporaneamente prendevano l’avvio gli incontri annuali destinati ai ministri straordinari della Santa Comunione, come formazione permanente ed in preparazione alla


CONSIGLI DIOCESANI Giornata mondiale del malato: è risultata una iniziativa molto partecipata dai destinatari, che tuttora conserva l’obiettivo di approfondire il tema della stessa Giornata, di suggerire un ventaglio di iniziative di animazione dell’avvenimento, di distribuire il materiale per la propria comunità di appartenenza. Alla formazione iniziale dei nuovi ministri straordinari l’Ufficio ha sempre offerto il proprio contributo nei corsi organizzati dalle parrocchie o dalle vicarie, con interventi su specifici argomenti di settore. Da alcuni anni vengono organizzati i convegni diocesani di pastorale sanitaria: ne abbiamo celebrati già tre. Servono a prendere in esame una tematica specifica di attualità del mondo della salute. Di questa attività formativa si sono redatti i relativi Atti, messi a disposizione delle persone interessate e conservati nell’archivio diocesano dell’Ufficio: resta un materiale importante, che potrà sempre risultare utile per la consultazione e per lo studio. Nel 1996, dopo un anno di incontri e di riflessione con la Consulta, è maturato il progetto della Scuola di pastorale sanitaria, che proprio quest’anno ha raggiunto il traguardo dei quattordici anni di vita e di attività a favore della comunità diocesana. È sostenuta dalla collaborazione con il Camillianum di Roma, che ha assicurato il contributo dei suoi docenti più qualificati, e dall’ospitalità della comunità dei Frati Cappuccini di S. Fara. Questa Scuola, che ha assunto nel corso degli anni il nome di “Biennio di etica e umanizzazione”, ha offerto anche al personale sanitario (medici ed infermieri) l’opportunità di una formazione negli ambiti dell’etica e dell’umanizzazione, così necessarie per migliorare il servizio sanitario ed i luoghi di cura. Questa scelta della formazione continua ancora oggi, perché la formazione permanente, insieme all’aiuto dello Spirito, è il primo presupposto per un servizio efficace e fecondo della comunità ecclesiale all’uomo e alla comunità di oggi. 2. Costituzione degli organismi di comunione e di partecipazione Seguendo il consiglio dell’amato pastore, mons. Mariano Magrassi, il secondo sentiero percorso dall’Ufficio è stato quello di cercare

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collaboratori e di creare le strutture della pastorale della salute, indicate dalla Nota CEI del 1989, che «sono a servizio degli operatori pastorali, delle associazioni e delle istituzioni, quale strumento di comunione e di animazione per il perseguimento delle comuni finalità pastorali nel mondo della salute»6. Per questo la costituzione di una Consulta è stata prioritaria nelle preoccupazioni iniziali del direttore: cercando i responsabili delle associazioni di e per i malati, invitando i cappellani delle istituzioni sanitarie, stimolando le suore ospedaliere, chiedendo ai vicari zonali i propri rappresentanti, lentamente si è formato un gruppo di collaboratori e di animatori che hanno condiviso i primi passi del cammino dell’Ufficio che man mano si è andato sempre più sviluppando e consolidando. Per creare un senso di appartenenza dei componenti e per approfondire insieme la conoscenza dell’ambito pastorale di propria competenza è risultata utile e vincente la strategia di convocare una volta al mese la Consulta, i cui incontri, preceduti da una lettera d’invito alla partecipazione e da un ordine specifico del giorno, sono stati sempre caratterizzati dalla serietà e dalla concretezza del lavoro comunitario. Tutte le riflessioni e le conseguenti decisioni comunitarie prese nelle riunioni mensili sono state raccolte dalla segretaria che ha redatto un verbale letto e distribuito ai partecipanti. L’attività annuale poi è stata fissata in un programma, comprendente sia gli obiettivi che le iniziative principali per perseguirli: esso è stato sempre distribuito ai componenti della Consulta e, negli ultimi anni, anche ai parroci. Mensilmente l’Ufficio ha sempre avuto il suo spazio fisso nel “Notiziario diocesano”, ove vengono fatte conoscere gli appuntamenti e le iniziative del mese. Alla conclusione di ogni anno pastorale si fa una verifica del cammino compiuto, dei ritardi sperimentati e delle relative cause, delle conquiste fatte e dell’impegno a guardare sempre in avanti, per l’anno successivo. La relazione annuale scritta delle attività svolte è servita a far conoscere quanto realizzato all’intera comunità diocesa-

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Consulta nazionale CEI per la pastorale della sanità, Nota pastorale La pastorale della salute nella Chiesa italiana. Note di pastorale sanitaria, Roma 30 marzo 1989, n. 65. In seguito: PSCI.


CONSIGLI DIOCESANI na, attraverso la sua pubblicazione nel “Bollettino diocesano”. Va anche riconosciuto che la nostra diocesi, all’occorrenza, attraverso l’economo, non ha fatto mai mancare le risorse finanziare per realizzare le attività culturali e formative dell’Ufficio. 3. Promozione del volontariato sanitario e pastorale La Chiesa ha sempre manifestato la sua attenzione al volontariato sia con gli interventi magisteriali che con la promozione di specifiche associazioni che assicurano il servizio concreto nel tempo della sofferenza fisica, psicologica e spirituale. Grazie ai vari tipi di volontariato – ha affermato Giovanni Paolo II – «i fondamentali valori morali, quali il valore dell’umana solidarietà, il valore dell’amore cristiano del prossimo, formano il quadro della vita sociale e dei rapporti interumani, combattendo su questo fronte le diverse forme dell’odio, della violenza, della crudeltà, del disprezzo per l’uomo, oppure della semplice ‘insensibilità’, cioè dell’indifferenza verso il prossimo e le sue sofferenze»7. Da parte loro i vescovi italiani hanno affermato negli Orientamenti pastorali dello scorso decennio che «l’esperienza sempre più diffusa del volontariato è un’ulteriore, forte testimonianza del servizio delle nostre chiese in risposta alle diverse povertà e un segno della vitalità etica e sociale del vangelo della carità»8. Guardando al mondo ospedaliero la Consulta nazionale CEI per la pastorale della sanità ha sottolineato che «oltre ad inserire più direttamente i cristiani nel contesto sociale, il volontariato svolge implicitamente opera di preevangelizzazione e di evangelizzazione»9. Su questi fondamenti teologici ed ecclesiologici, l’Ufficio diocesano

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Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Salvifici doloris sul significato cristiano della sofferenza umana, Roma 11 febbraio 1989, n. 29. In seguito SD. 8 Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e testimonianza della carità, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per gli anni ’90, Roma 8 dicembre 1990, n. 48. 9 PSCI, op. cit., n. 59.

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si è impegnato in modo diretto nel mondo del volontariato per rispondere concretamente all’invito esplicito fatto dall’arcivescovo, mons. M. Magrassi, nel messaggio pasquale “Diamo vita alla vita – La realtà sanitaria in terra di Bari” (1991), che sollecitava la comunità ecclesiale a «promuovere e formare un volontariato che intervenga sulla linea della gratuità come segno della Chiesa che serve in mezzo ai fratelli». Nel dicembre dello stesso anno nasceva l’associazione “Volontari di Bethesda”, che s’ispira ai principi cristiani e si propone di operare all’interno delle strutture ospedaliere pubbliche, offrendo il proprio contributo specifico per l’umanizzazione del mondo della sanità, mettendo sempre al centro di ogni programma la persona inferma con i suoi bisogni fisici, psicologici e spirituali e lavorando in sintonia col personale ospedaliero ma conservando la specificità dei propri interventi. Essa è stata guidata per un decennio dallo stesso direttore dell’Ufficio come presidente, che in questo ruolo ha potuto inserire lo sviluppo dell’associazione all’interno del cammino della Chiesa locale e si è sforzato di incarnare i valori della fede e della carità sia attraverso la formazione di base e permanente degli stessi volontari sia attraverso la presenza operativa nelle corsie accanto ai malati, ai loro familiari e agli operatori pastorali. Attualmente i “Volontari di Bethesda” raggiungono il numero di circa 170 e sono presenti e operanti nelle tre grandi istituzioni sanitarie del capoluogo pugliese (Policlinico-Consorziale-56 volontari, Giovanni XXIII-68 volontari e Di Venere-38), mantengono buoni rapporti con gli operatori pastorali del servizio religioso e alcuni di essi sono cristiani praticanti o ministri straordinari della Santa Comunione. Nella Consulta dell’Ufficio naturalmente confluiscono anche le esperienze di altre associazioni di volontariato cattolico, che hanno modo di confrontarsi e di arricchirsi periodicamente tra loro, di coinvolgersi nel cammino pastorale della Chiesa diocesana, di diventare ponti di comunione con i vari ambienti parrocchiali, familiari e sociali. Verso la fine degli anni ’90 l’Ufficio diocesano ha accettato la sfida dell’esperienza della cappellania ospedaliera (c. o.), un nuovo organismo pastorale del mondo sanitario che, pur riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa italiana sin dal 1989, fa ancora fatica ad


CONSIGLI DIOCESANI affermarsi nelle singole diocesi. Essa si colloca all’interno del discorso del volontariato pastorale. Nel Policlinico Consorziale di Bari nel dicembre 1997 è iniziata l’esperienza della c.o., col coordinamento del direttore dell’Ufficio diocesano che opera come cappellano all’interno della stessa struttura10. Dopo di essa ne sono sorte altre in altre aziende sanitarie, pur conservando ciascuno una propria e differente fisionomia. Per comprendere meglio la portata dell’esperienza della c. o. è bene ricordare che essa ha la sua fonte ispirativa e il suo fondamento nella ecclesiologia di comunione maturata nel concilio ecumenico Vaticano II, che ha definito la Chiesa primariamente come mistero e come popolo di Dio. La Cappellania ospedaliera, alla luce del percorso sinora compiuto, può definirsi realmente un laboratorio di comunità ecclesiale dove si sperimenta un modo originale di servizio pastorale con il coinvolgimento e l’impegno reale di tutti i componenti del popolo di Dio, ciascuno secondo il proprio carisma. 4. Animazione pastorale e conservazione della memoria (archivio) Conservare la memoria di un organismo e quindi di una comunità significa non far disperdere la ricchezza multiforme di una esperienza vissuta e lasciare un patrimonio culturale a coloro che vengono dopo, perché possa essere continuato il cammino percorso nella fedeltà alla tradizione e nell’attenzione ai segni dei nuovi tempi. Sin dall’inizio della sua attività l’Ufficio ha avuto un archivio, che è stato curato da un responsabile della Consulta. Certo la catalogazione dei documenti è stata fatta a livello amatoriale, ma al momento opportuno e con persone qualificate potrà essere fatta una cernita della documentazione: in tal modo potrà essere conservato quello che si riterrà opportuno.

10

Cfr L. N. Di Taranto, La Cappellania ospedaliera mista. Una novità ecclesiale nelle istituzioni sanitarie, Camilliane, Torino 1999; Id., La cappellania ospedaliera, cantiere di Chiesa comunionale, Servi della Sofferenza, S. Giorgio Jonico (Ta) 2009.

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Nell’archivio dell’Ufficio si trovano oltre una ventina di faldoni, suddivisi in fascicoli dei diversi settori dell’attività: incontri della Consulta, programmazione annuale, appuntamenti mensili, posta in arrivo e in partenza, Scuola di pastorale sanitaria, interventi del direttore, materiale della Giornata mondiale del malato, convegni di Collevalenza,…Sono preparati e conservati copie degli Atti dei corsi e dei convegni realizzati in diocesi, mentre il direttore ha curato una sezione della Biblioteca provinciale dei Frati Minori Cappuccini di S. Fara in Bari, riservata alla pastorale della salute, che comprende circa un migliaio di volumi pubblicati in questi venti anni, suddivisi in sottosezioni. È stato attivato un sito Internet a nome della Cappellania ospedaliera del Policlinico Consorziale (www.cappellaniapoliclinicobari.it), all’interno del quale ha trovato posto il lavoro pastorale dell’Ufficio. Come gli altri Uffici diocesani, nel sito della diocesi (www.arcidiocesibaribitonto.it) trovano spazio le iniziative del nostro Ufficio.

Uno sguardo al presente: lo stato attuale dell’Ufficio diocesano

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Negli ultimi trent’anni la Chiesa universale e quella italiana hanno percorso un cammino di rinnovamento, con le sollecitazioni del concilio Vaticano II e con la lettura dei segni dei tempi. Anche l’azione pastorale ha conosciuto cambiamenti, scoperta di nuovi orizzonti, progetti e sperimentazione dell’annuncio del Vangelo e della testimonianza viva della carità. Per questo è necessario delineare, sia pure con pennellate essenziali, l’evoluzione della pastorale della salute dagli anni ’80 ai nostri giorni e la fisionomia assunta dall’Ufficio diocesano. 1. La pastorale della salute oggi in Italia: identità evolutiva La pastorale della salute «è stata variamente intesa e realizzata dalla comunità cristiana lungo i secoli, in sintonia con l’evoluzione della cultura e della medicina e lo sviluppo della riflessione teologica sulla prassi ecclesiale»11. Negli ultimi decenni, la pastorale della 11

PSCI, n. 19.


CONSIGLI DIOCESANI salute, con un’evoluzione graduale e continua, ha chiarito meglio la propria identità, ha scoperto le sue numerose finalità, ha moltiplicato i suoi soggetti pastorali, si è organizzata in strutture di animazione e di comunione, si è dotata di organismi di partecipazione e di corresponsabilità. Inoltre si è arricchita di una preziosa iniziativa pastorale (Giornata mondiale del malato), vissuta creativamente dalle comunità ospedaliere e parrocchiali, dalle associazioni ecclesiali e spesso anche dalla società civile. Essa non può più essere considerata “la cenerentola delle pastorali”, però ha bisogno di fare ancora un lungo cammino per entrare più profondamente nell’anima della comunità ecclesiale e nel cuore dei singoli credenti. Essa ha vissuto, grosso modo, tre tappe o tre stagioni da non considerare staccate tra loro o addirittura contrapposte: vanno analizzate e armonizzate in un unico orizzonte di graduale sviluppo come tre dimensioni di un’unica pastorale, che si integrano e si arricchiscono vicendevolmente nelle loro specifiche peculiarità. Sono tutte e tre importanti, ciascuna caratterizzata da specifici contenuti e frutti: la pastorale della sofferenza o dei malati è stata vissuta, grosso modo, fino al 1985 ed è stata caratterizzata dalla centralità della persona del malato verso il quale si sono concentrate tutte le cure della comunità cristiana, soprattutto per il suo bene spirituale. La pastorale ospedaliera o della sanità ha abbracciato il decennio 1986-1996 ed ha privilegiato la sua attenzione al mondo sanitario, alla persona dell’assistente spirituale (o cappellano ospedaliero), alla sollecitazione degli organismi di comunione negli ospedali (consiglio pastorale e cappellania ospedaliera). La pastorale della salute si è imposta nel primo decennio del Duemila con la pubblicazione della nota pastorale della Commissione CEI per il servizio della carità e la salute nel 2006, con la maggiore attenzione alla comunità cristiana operante nel territorio. Oggi la pastorale della salute si può definire come «l’impegno missionario di tutte le componenti della comunità cristiana “affinché i valori della vita e della salute siano rispettati e orientati verso la salvezza, e il momento della malattia e della morte possano ricevere,

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oltre il sostegno della scienza e della solidarietà umana, anche quello della grazia del Signore”, sia nelle istituzioni sanitarie attraverso la cappellania ospedaliera che nel territorio con l’impegno della parrocchia»12. Questa definizione ha il merito di presentare l’esistenza umana nei suoi quattro volti (vita-salute, malattia-morte), di chiarire bene le due finalità pastorali (promozione della vita e della salute, cura del malato fino all’ultimo respiro), di indicare i due luoghi operativi (strutture sanitarie e ambito territoriale) e di ricordare esplicitamente il soggetto dell’impegno pastorale (la comunità ecclesiale) nelle due specificazioni di cappellania ospedaliera e di parrocchia, nelle molteplici componenti del popolo di Dio. Per la vita e la salute si afferma che esse sono due valori che vanno rispettati, difesi e promossi, ma anche aperti al dono della salvezza cristiana con la promozione umana e l’evangelizzazione. Per la malattia e la morte si ricorda l’impegno della cura degli infermi e dei morenti con gli interventi terapeutici della medicina, con l’accompagnamento della solidarietà umana e con i mezzi della grazia di Dio (preghiera e sacramenti). 2. L’Ufficio diocesano: identità, organigramma e attività

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La stessa nota pastorale del 2006 afferma che una pastorale organica nell’ambito diocesano trova il suo punto di riferimento nella persona del vescovo che esercita il ministero di governo nella Chiesa particolare mediante organismi e uffici pastorali. L’Ufficio diocesano per la pastorale della salute ha il compito di studiare le linee pastorali diocesane nel campo della sanità, di sensibilizzare le comunità cristiane a tali problemi, di coordinare le iniziative riguardanti la formazione e l’aggiornamento delle persone che operano nel settore, di seguire i vari progetti locali in materia sanitaria. Ad esso è aggiunta una Consulta diocesana, composta, oltre che dal responsabile dell’Ufficio, da soggetti attivi nell’azione pastorale: cappellani ospedalieri; rappresentanti di vicarie, di operatori pastorali 12

Cfr PSCI, n. 2; Commissione Episcopale CEI per il servizio della carità e la salute, Nota pastorale “Predicate il Vangelo e curate i malati”. La comunità cristiana e la pastorale della salute, Roma 4 giugno 2006, n. 1. In seguito PVCM.


CONSIGLI DIOCESANI sanitari, di associazioni ecclesiali, di associazioni professionali cristiane e del volontariato. Le sue principali attività sono: la sensibilizzazione delle comunità ecclesiali, mettendo in rilievo il fatto che esse costituiscono il soggetto primario della pastorale sanitaria; la formazione degli operatori sanitari, con particolare attenzione ai cappellani, ai medici, agli infermieri e ai volontari; la promozione di iniziative finalizzate a migliorare l’assistenza ai malati, con particolare attenzione alle persone sole, emarginate, con patologie che richiedono cure particolari, come i malati oncologici, gli anziani non autosufficienti, le persone affette da AIDS e i malati psichiatrici13. Oggi l’organigramma dell’Ufficio dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto è costituito da un direttore, un vice direttore, una segretaria, da una giunta composta da un ristretto numero di componenti, convocati dal direttore ogni qualvolta si rende necessario, e da una Consulta che ha trovato una propria sistemazione attraverso l’elaborazione e l’approvazione di un regolamento interno. Esso serve a delineare meglio l’identità dell’organismo partecipativo, le finalità da raggiungere, i criteri di appartenenza, la struttura interna, la distribuzione dei compiti. La Consulta, composta da una quarantina di membri, si riunisce regolarmente ogni due mesi, secondo un ordine del giorno prestabilito. Quando è necessario, si istituiscono delle commissioni per studiare un tema particolare che porta alla elaborazione di un sussidio particolare messo a disposizione di tutta la diocesi: finora sono stati pubblicati prima il contributo alla celebrazione del congresso eucaristico nazionale celebrato a Bari nel 200514 e dopo il recente libro sulle realtà ultime e sull’unzione degli infermi15. La

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PVCM, n. 64. Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Ufficio per la pastorale della salute, “Siate sempre lieti il Giorno di Domenica”. Lettera degli operatori pastorali delle Cappellanie ospedaliere alle comunità cristiane, Bari 14 settembre 2004, Ecumenica Editrice, Bari 2004. 15 Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Ufficio e consulta per la pastorale della salute, “Saremo simili a Lui”. Pellegrini verso la casa del Padre. Speranza cristiana e unzione degli infermi, Bari 31 maggio 2009, Edizioni Centro Volontari della Sofferenza, Roma 2009. 14

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sede16 è situata presso la curia diocesana, sezione di Via Alcide De Gasperi, che accoglie anche altri Uffici: la presenza di un componente della Consulta è assicurata tre giorni la settimana. L’Ufficio mantiene collegamenti e partecipa con assiduità alle riunioni della Consulta regionale e a quella nazionale, di cui fa parte il direttore, ed offre il concreto contributo nelle diverse sedi in cui è coinvolto. Non manca mai di partecipare, con un congruo numero di operatori pastorali, ai convegni di pastorale sanitaria sia in Puglia che a quelli organizzati dall’Ufficio nazionale e dall’As-sociazione Italiana di Pastorale Sanitaria (A.I.Pa.S.) a Collevalenza (PG).

Continuando il cammino: alcuni percorsi principali L’Ufficio diocesano per la pastorale della salute non può vivere di soli ricordi del passato o fermarsi a contemplare il presente. Sente rivolte a se stesso le parole di Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, dopo la celebrazione del Grande Giubileo del Duemila: “Ora dobbiamo guardare in avanti, dobbiamo ‘prendere il largo’, fiduciosi nella parola di Cristo: Duc in altum! Ciò che abbiamo fatto… non può giustificare una sensazione di appagamento ed ancor meno indurci ad un atteggiamento di disimpegno. Al contrario le esperienze vissute devono suscitare in noi un dinamismo nuovo, spingendoci ad investire l’entusiasmo provato in iniziative concrete”17. I principali percorsi che attendono la nostra Chiesa locale nell’ambito della pastorale della salute, secondo noi, sono i seguenti: 1. La pastorale della salute nelle parrocchie 294

La Chiesa italiana da alcuni anni ha iniziato a maturare la convinzione che la pastorale della salute dai luoghi sanitari si estenda al 16

La sede dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute è ubicata presso la curia diocesana, secondo piano, in corso A. De Gasperi, 274/A in Bari: è dotata di una stanza, telefono, computer collegato in internet, stampante e mobili per conservare il materiale di archivio. 17 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte all’episcopato, al clero e ai fedeli al termine del Grande Giubileo dell’anno Duemila, Città del Vaticano 6 gennaio 2001, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000.


CONSIGLI DIOCESANI territorio, come è avvenuto per i servizi della Sanità che dagli ospedali si vanno aprendo ai luoghi di vita delle persone. Perciò le parrocchie dovranno avere la capacità di vivere una pastorale integrata, che abbracci tutti i campi dei bisogni dei cristiani e dei cittadini. Nella nota pastorale CEI del 2006 tutta la terza parte è stata riservata a “La pastorale della salute nella comunità”18, il cui «primo progetto da realizzare è la costruzione di una comunità guarita e sanante. Gesù, infatti, non solo ha curato e guarito i malati, ma è stato anche instancabile promotore della salute. Il suo contributo in quest’area del vivere umano si è rivelato attraverso la sua persona, il suo insegnamento e le sue azioni. Il suo agire, infatti, è teso non solo a colmare l’indigenza dell’uomo, vittima dei propri limiti, ma anche a sostenere la sua tensione verso la pienezza di vita: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10)»19. Ogni comunità parrocchiale è chiamata a crescere nella convinzione che «nella trasmissione della fede – insegnamento, catechesi, incontri di studio, ritiri e esercizi spirituali, ecc. – non va solo instillata l’attenzione a tutte le categorie di malati, ma va anche compiuta un’azione preventiva, aiutando i giovani a un sano sviluppo umano e spirituale, accompagnando gli adulti nel superare con equilibrio le crisi della loro età, offrendo agli anziani risorse che li aiutino a vivere serenamente la vecchiaia»20. La scelta della sfida educativa, fatta dalla CEI per il secondo decennio di questo secolo, interesserà anche gli operatori della pastorale della salute che si impegneranno a educare «all’arte della vita interiore, stimolando la capacità di gestire la propria sessualità, affettività ed emotività, educando al discernimento del bene e male, al controllo delle situazioni, all’apprendimento della misura dei propri limiti, allo sviluppo di modalità comunicative e relazionali

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Cfr PVCM, nn. 48-65. PVCM, n. 51. 20 Idem. 19

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significative. Tale attività educativa di prevenzione libera dal mito della onnipotenza, difende dalla depressione, induce a trovare un senso alla vita e favorisce lo stabilirsi di rapporti interpersonali caratterizzati da collaborazione e fraternità»21. In poche parole, la comunità ecclesiale del territorio percorrerà due sentieri: la cura dei malati e «la promozione della salute intesa nella sua integralità (che) apre alla comprensione dei valori della vita, esperienza da amare e rispettare in tutte le situazioni e i momenti, anche in quelli della vulnerabilità e della morte»22. 2. L’impegno della parrocchia nelle strutture sanitarie private

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Un ulteriore servizio si apre alla comunità parrocchiale sin da oggi: la presenza e l’azione nelle strutture sanitarie private, che richiedono un adeguato servizio di assistenza religiosa per i loro ricoverati. L’Ufficio diocesano ha già messo in cantiere il progetto di fare una mappa di tutte le Case di cura e di altre istituzioni similari per iniziare un dialogo sia con i loro responsabili che con i parroci del rispettivo territorio. Il nostro intento è quello di proporre una convenzione privata tra loro e la diocesi per assicurare un servizio pastorale continuo e soddisfacente attraverso i vari componenti del popolo di Dio (sacerdoti, diaconi, religiose e laici). Il tempo della malattia e del ricovero è molto prezioso soprattutto per il cristiano; perciò vanno coniugati contemporaneamente il vangelo della sofferenza e il vangelo della carità per incontrare l’uomo: «La Chiesa, che nasce dal mistero della redenzione nella croce di Cristo, è tenuta a cercare l’incontro con l’uomo in modo particolare sulla via della sua sofferenza. In un tale incontro l’uomo “diventa la via della Chiesa”, ed è, questa, una delle vie più importanti»23. 3. La formazione degli assistenti spirituali delle istituzioni sanitarie La figura dell’assistente religioso ospedaliero è cresciuta nella maggiore chiarezza di identità e di compiti sia da parte delle istituzioni 21

Idem. Idem. 23 SD, n. 3. 22


CONSIGLI DIOCESANI civili con l’inquadramento giuridico della sua figura professionale che nella coscienza della comunità ecclesiale: «La presenza e l’azione del cappellano s’iscrivono in quella visione globale dell’uomo che caratterizza significative correnti della moderna medicina. In tale prospettiva la dimensione spirituale e morale della persona umana ha un ruolo insostituibile nella conservazione e nel ricupero della salute. Ne consegue che l’intervento dell’operatore pastorale risponde a dei bisogni specifici del malato e s’inserisce, così, legittimamente nell’orchestrazione delle cure prestate ai pazienti. In questa linea si muove il riconoscimento giuridico dell’assistente religioso da parte dello stato»24. Perciò nell’azione pastorale tra i malati ricoverati e la comunità ospedaliera non sono sufficienti solo la buona volontà, ma sono richiesti altri requisiti essenziali, messi in evidenza molto bene dalla prima nota pastorale: «Per uno svolgimento adeguato della sua missione accanto ai malati, oltre a una profonda spiritualità il cappellano deve possedere una competenza e preparazione professionali che gli permettano sia di conoscere adeguatamente la psicologia del malato e di stabilire con lui una relazione significativa, sia di praticare una valida collaborazione interdisciplinare. È sulla base di una calda umanità che trova il suo primo appoggio l’accompagnamento pastorale del malato. Rispettando i bisogni e i tempi del paziente, il cappellano saprà anche essere propositivo di un conforto e di una speranza che vengono dalla parola di Dio, la preghiera e i sacramenti»25. L’Ufficio diocesano non si deve stancare di stimolare i cappellani ospedalieri ad assicurarsi una formazione permanente attraverso le molteplici iniziative programmate ogni anno a questo scopo. Dalla qualificazione della preparazione del cappellano scaturirà più facilmente la costituzione delle cappellanie ospedaliere, promosse anche dal Libro del Sinodo della nostra diocesi26.Quella delle cap24

PSCI, n. 39. Idem, n. 40. 26 Cfr Arcidiocesi Di Bari – Bitonto, Il Libro del Sinodo. Un futuro pieno di speranza – Primo Sinodo diocesano 1996 – 2000, Ecumenica Editrice, Bari 2002, nn. 285-289. 25

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pellanie ospedaliere è un’esperienza impegnativa, ma i frutti pastorali a beneficio dei malati, dei loro familiari e dell’intera comunità sanitaria sono abbondanti ed evidenti. 4. L’accompagnamento dei malati nella fase terminale La moderna medicina e l’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale vanno riducendo i giorni del ricovero del malato al minimo, non solo per ragioni economiche. Di conseguenza i malati a diagnosi infausta sono facilmente mandati a casa: è un ulteriore grave problema che si va ad aggiungere agli altri che pesano sulla responsabilità delle famiglie. La Chiesa italiana da oltre un ventennio ha preso coscienza di tale problematica. Già nel 1989 affermava: «Una particolare attenzione va rivolta agli ammalati in fase terminale, creando intorno ad essi un clima di solidarietà, di fiducia e di speranza. Da questo clima, infatti, l’accompagnamento spirituale del morente, che raggiunge la sua espressione più significativa nella preghiera e nei sacramenti, trae credibilità ed efficacia»27. Le nostre parrocchie, attraverso la sensibilizzazione della comunità e il contributo di operatori pastorali specifici, potranno percorrere questa strada specifica della tradizione cristiana di stare accanto ai malati gravi e ai morenti. Oggi si vanno moltiplicando anche i cosiddetti Hospices e le relative cure palliative: quello del santuario dei SS. Medici di Bitonto è una realtà operante nella nostra Chiesa locale, ma ne esistono altri nel nostro territorio. Costituiscono una sfida per la promozione di un volontariato sociosanitario che sappia operare con competenza, umanità e spiritualità a favore dei morenti. 298

5. L’attenzione alla pastorale del lutto Da pochissimi anni, cioè dalla fine degli anni ’90, alla pastorale della salute si è aperto un nuovo, preziosissimo sentiero: quello dell’aiuto alle persone in lutto, anche attraverso i gruppi di mutuo aiuto per l’elaborazione della grave perdita. È un’opportunità pre-

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PSCI, n. 31.


CONSIGLI DIOCESANI ziosa e delicata per la Chiesa, che merita attenzione e coinvolgimento serio attraverso persone qualificate e comunità disponibili. Essa è consona alla sua lunga tradizione di assistenza ai sofferenti e ai malati nella fase terminale della loro vita, ma corrisponde anche allo spirito di una scelta già operata dalla Chiesa conciliare: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo...”28. Le risorse della Chiesa per il tempo del lutto si concretizzano sui tre versanti classici della sua missione: quella dell’evangelizzazione o catechesi della vita e della morte, della salute e della malattia, della gioia e della sofferenza; quella della liturgia e dei sacramenti attraverso una ritualità consolidata nei secoli e la loro dimensione sanante; quella della carità e della testimonianza per mezzo della fantasia del cuore e della progettualità comunitaria. Per la pastorale del lutto rinnovata, che sta muovendo i primi passi da alcuni anni, due sono le strade che possono essere percorse dalla comunità ecclesiale: quella dell’aiuto della preghiera e dei sacramenti e quella dell’aiuto psicorelazionale e spirituale dei gruppi di auto-mutuo aiuto per il lutto. Sul versante dell’aiuto liturgico-sacramentale sono sorte due associazioni: “Figli in cielo” e “Famiglie in cammino”. La prima29 è stata fondata dalla psicologa Andreana Bassanetti in seguito alla morte di un giovane figlio, è presente in 80 diocesi e assiste con la pastorale della consolazione circa settemila genitori che hanno sperimentato il lutto per la scomparsa del proprio ragazzo. La seconda30 è meno conosciuta della prima, ma ugualmente gioca il suo ruolo attivo nel campo dell’elaborazione del lutto per mezzo

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GS 1: EV 1/1319. Cfr L. Moia, Figli in Cielo. La fede che rigenera la morte, in “Avvenire”, martedì 2 novembre 2004. È stata accreditata presso la Conferenza Episcopale Italiana ed è diffusa nel territorio nazionale. È presente e attiva in molte parrocchie ed è collegata con una rete organizzativa e una direzione nazionale. 30 Il sito Internet dell’associazione è il seguente: www.famiglieincammino.org. 29

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della preghiera. È una gemma di Comunione e Liberazione: «“Famiglie in cammino” è un gruppo nato casualmente nel marzo del 1991 a Rimini dall’incontro di alcuni genitori segnati dalla perdita di figli, che partecipavano agli esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione. Il desiderio di aiutarsi, divenuto poi criterio e metodo, ha spinto i primi a giudicare e a condividere il dolore nell’ottica della speranza cristiana». L’altra strada dell’aiuto alle persone in lutto è quella dei gruppi di automutuo aiuto, che stanno sorgendo sul territorio nazionale a macchia di leopardo, sia nel campo laico che in quello cattolico, nelle parrocchie e negli ospedali31. Dal 2002 esiste un Coordinamento nazionale, di cui oggi fanno parte dieci membri sparsi in tutta Italia, che riunisce tali gruppi e promuove convegni, pubblica libri e cura la formazione dei volontari che animano i gruppi. La filosofia e la metodologia usata sono quelle dell’accompagnamento psicorelazionale e, per quelli cattolici, dell’aiuto spirituale e pastorale nei momenti di necessità. La comunità cristiana, chiamata ad offrire appoggio anche ai familiari del morente sia prima che dopo la morte del loro congiunto, per aiutarli nel difficile periodo del lutto, ha queste opportunità che non può lasciarsi sfuggire32. 6. Possibilità di istituzione di nuovi ministeri?

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I nuovi orizzonti operativi della pastorale della salute, che abbracciano molteplici ambiti, richiedono nuovi compiti e nuovi operatori pastorali: è un autentico dono dello Spirito! Sorge spontanea una domanda: Dinanzi a questa rinnovata Pentecoste sarà necessario o possibile istituire nuovi ministeri? Nella Chiesa dei nostri giorni il clima per l’istituzione di nuovi

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Per notizie più particolareggiate sull’identità di tali gruppi, la conformazione e le caratteristiche che li distinguono è molto utile cfr O. Scaramuzzi, Dall’isola all’arcipelago. Il gruppo per l’aiuto psicorelazionale nel lutto, Editrice Camilliane, Torino 2004. Tale pubblicazione è di carattere esperienziale e fa un primo tentativo di delineare il volto specifico di questi gruppi. Essi nel 1999 erano solo 2, nel 2006 erano oltre 50 quelli censiti. Per ulteriori informazioni cfr “Noi-Avvenire”, Genitori e Figli, mensile di vita familiare, Supplemento ad “AVVENIRE” del 28 ottobre 2007, n. 112 anno XI: il Dossier/Sorella Morte Affrontare la perdita con la luce della speranza, pp. 8-22. 32 PSCI, n. 32.


CONSIGLI DIOCESANI ministeri per nuovi bisogni è alquanto favorevole. Giovanni Paolo II, che si era espresso positivamente nella Christifideles laici 33, ha ribadito il suo assenso all’inizio del Terzo Millennio: «Accanto al ministero ordinato, altri ministeri, istituiti o semplicemente riconosciuti, possono fiorire a vantaggio di tutta la comunità, sostenendola nei suoi molteplici bisogni»34. I vescovi italiani, da parte loro, negli Orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000, hanno manifestato chiaramente la loro volontà di favorire la nascita di nuovi ministeri: nell’Agenda pastorale si afferma l’impegno di «riflettere sulla creazione e valorizzazione di nuovi ministeri laicali di tipo missionario: visitatori della famiglie, moderatori di gruppi di ascolto…»35. Nella nota pastorale sulla parrocchia, poi, hanno ribadito: «la missionarietà della parrocchia esige che gli spazi della pastorale si aprano anche a nuove figure ministeriali, riconoscendo compiti di responsabilità a tutte le forme di vita cristiana e a tutti i carismi che lo Spirito suscita…»36. Nell’ambito della pastorale della salute, in alcune diocesi, è stato istituito il ministero della Consolazione, il cui servizio è indirizzato principalmente a favore degli anziani soli in casa (vedi: diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, guidata da mons. Luciano Bux) oppure a sostegno dei malati terminali e delle loro famiglie (vedi: arcidiocesi di Taranto, guidata da mons. Benigno Papa). La nostra Chiesa locale avrà modo di maturare la propria scelta attraverso la riflessione, il confronto e la ricerca più approfondita dei vari aspetti della problematica. In caso positivo, si passerà ai fatti, organizzando un corso specifico di formazione per questo nuovo ministero. 301 33

Cfr CfL, n. 23. NMI, n. 46. 35 Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, Roma 29 giugno 2001. Nell’Agenda pastorale si afferma l’impegno di “riflettere sulla creazione e valorizzazione di nuovi ministeri laicali di tipo missionario: visitatori della famiglie, moderatori di gruppi di ascolto…”. 36 Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, Roma 30 maggio 2004, n. 12. In seguito VMPMC. 34


Conclusione: grati a Dio e alla nostra Chiesa locale Il cammino di questi 25 anni è stato lungo ed esaltante: siamo sinceramente grati a Dio e ai fratelli e alle sorelle che ci hanno permesso questa diaconia nel mondo della sofferenza e della salute. L’Ufficio continuerà il suo servizio con la convinzione che la via da percorrere sia quella indicata dai vescovi nella nota pastorale scaturita dopo il convegno nazionale di Verona, cioè della comunità fondata sulla comunione, corresponsabilità e collaborazione impegnata in una pastorale integrata37. Quanto è stato affermato del parroco nella nota pastorale sulle parrocchie riguarda tutti i sacerdoti e coinvolge tutti i componenti della comunità ecclesiale: «Il parroco sarà meno l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione; e perciò avrà cura di promuovere vocazioni, ministeri e carismi. La sua passione sarà far passare i carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a presenze che pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale»38. Il servizio dell’Ufficio alla diocesi continuerà ad essere alimentato dalla filosofia che l’ha caratterizzato fino ad oggi ed espressa in questa poesia della sete e della fame dell’uomo contemporaneo: «Non venire a me con l’intera verità: / non portarmi l’oceano / se sono assetato / né il cielo / se chiedo luce; / ma donami / un raggio di sole, un suggerimento, un po’ di rugiada. / Come l’uccello, / porto via solo una goccia d’acqua, / e come il vento, / solo un granello di sabbia». Bari, 19 gennaio 2010 P. Leonardo N. Di Taranto Direttore dell’Ufficio 302

37

Cfr Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale “Rigenerati per una speranza viva” (1Pt 1,3): testimoni del grande ‘sì’ di Dio all’uomo dell’Episcopato italiano dopo il 4° Convegno ecclesiale nazionale, Roma 27 giugno 2007, nn. 23-25. 38 VMPMC, n. 12.


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FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Istituto Superiore di Scienze Religiose “Odegitria”

La nuova configurazione giuridico-accademica degli ISSR Relazione per l’anno accademico 2008-2009

Ecc.za rev.ma mons. Francesco Cacucci, Moderatore dell’Istituto rev. mons. Salvatore Palese, Preside della Facoltà Teologica Pugliese, gentili autorità, stimati colleghi e studenti, amici carissimi, rivolgo un fraterno saluto a tutti voi che avete voluto essere presenti a questo atto ufficiale di apertura del nuovo anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bari. Sono grato a tutti coloro che, impossibilitati a presenziare, hanno fatto giungere un segno della loro partecipazione. Mi riferisco, in particolare, ai Direttori degli ISSR di Puglia. Siamo radunati non per una celebrazione formale, ma per rinnovare la nostra comune convinzione dell’importanza che ha questa istituzione accademica per la missione evangelizzatrice della nostra Chiesa locale e per la formazione teologica di tutti coloro che desiderano dare un fondamento più solido alla loro vita di fede. La finalità specifica di questa comunità accademica, infatti, è quella di offrire un percorso di conoscenza teologica tenendo in unità la dimensione scientifica della ricerca con il senso affettivo dell’adesione di fede. Non uno studio asettico, e nemmeno un’indagine approssimativa, ma un approfondimento dei contenuti della fede fatto con intelligenza e amore. Lo richiede lo stesso oggetto del

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sapere teologico: il mistero ineffabile di Dio, che è luce per l’intelletto e forza d’amore per il cuore. Per questo, sentiamo appropriate al nostro impegno le parole con le quali sant’Anselmo d’Aosta descriveva la sua riflessione teologica: «Ti cerco desiderando, ti desidero cercando, ti trovo amando, ti amo investigando» («Quaeram Te desiderando, desiderem quaerendo, inveniam amando, amem inveniendo»).

1. La configurazione giuridico-accademica degli ISSR

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A partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II si è intensificato tra i fedeli (laici e religiosi) l’interesse per lo studio della teologia e delle scienze religiose come strumento per arricchire la propria vita cristiana, essere capaci di dare ragione della propria fede (cfr 1Pt 3,15), esercitare fruttuosamente l’apostolato e collaborare alla missione della Chiesa. Tra le iniziative programmate per rispondere a tale esigenza vanno annoverati gli Istituti Superiori di Scienze Religiose (ISSR). La loro configurazione giuridico-accademica è stata delineata con le disposizioni contenute nella Istruzione sugli Istituti Superiori di Scienze Religiose (25 settembre 2008) della Congregazione per l’Educazione cattolica. Gli articoli 2 e 3 delineano la diversa natura dello studio della teologia nelle Facoltà e negli ISSR. Per quanto riguarda le Facoltà l’art. 2 così recita: «Lo studio della Teologia e lo studio delle Scienze Religiose si articolano in due percorsi distinti, che si differenziano soprattutto per la natura degli insegnamenti e per i curricoli formativi che essi propongono. Il percorso di studio che viene offerto dai Centri accademici ecclesiastici - quali le Facoltà di Teologia e gli Istituti ad esse incorporati, aggregati e affiliati - ha lo scopo di assicurare allo studente una conoscenza completa e organica di tutta la Teologia; ciò è richiesto in particolare a coloro che si preparano al sacerdozio. Inoltre, esso si propone di approfondire in modo esauriente le diverse aree di specializzazione della Teologia, di acquisire il necessario uso del metodo scientifico proprio di tale disciplina, nonché di elaborare un contributo scientifico originale». L’art. 3, invece, sottolinea che gli ISSR «intendono offrire la conoscenza degli elementi principali della Teologia e dei suoi necessari


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE presupposti filosofici e complementari delle scienze umane. Questo percorso di studio, più specificamente, ha lo scopo di: promuovere la formazione religiosa dei laici e delle persone consacrate, per una loro più cosciente e attiva partecipazione ai compiti di evangelizzazione nel mondo attuale, favorendo anche l’assunzione di impieghi professionali nella vita ecclesiale e nell’animazione cristiana della società; preparare i candidati ai vari ministeri laicali e servizi ecclesiali; qualificare i docenti di religione nelle scuole di ogni ordine e grado, eccettuate le Istituzioni di livello universitario». Lo scopo specifico degli ISSR è regolato dall’art. 4: «Gli ISSR — si legge nell’Istruzione — designano un’ulteriore opportunità di partecipare, assieme alla Teologia, dello sforzo di approfondimento della verità, allo scopo di accompagnare la crescita nella fede delle singole persone e dell’intera comunità. Lo studio e l’insegnamento delle Scienze Religiose forniscono gli elementi necessari per elaborare una sintesi tra la fede e la cultura nella singolarità delle situazioni vissute dalle Chiese particolari. Si tratta di una prospettiva che risponde alla richiesta di una qualificazione del servizio ecclesiale nelle concrete esigenze dei tempi e dei luoghi. Essa, pertanto, adotta specifici strumenti di studio, metodi pedagogici e l’impiego di energie per un apprendimento e un’applicazione didattica differenti da quelli che vengono richiesti dalle Facoltà di Teologia». La pubblicazione dell’Istruzione ha posto al Comitato per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose e ai Presidi delle Facoltà teologiche italiane l’interrogativo sulla ricezione e attuazione della medesima Istruzione come testo normativo definitivo per gli ISSR insistenti sul territorio italiano. Al predetto Comitato e al Consiglio dei Presidi delle Facoltà teologiche italiane è parso più semplice recepire in toto l’Istruzione, prevedendo solo di “segnalare” le norme che variavano rispetto alla precedente Nota della CEI del 2005 e di “attuare” quelle che consentivano o richiedevano alle Conferenze episcopali nazionali di essere determinate. Nella Nota di ricezione, approvata ed emanata il 23 settembre 2009 dal Consiglio Permanente della CEI, sono indicate sobriamente le norme “recepite” e “attuative” della Istruzione della Congregazione;

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norme che forniscono il quadro con cui procedere alla revisione degli statuti e regolamenti degli ISSR. A questa revisione sono impegnati tutti i sette Istituti superiori di Scienze religiose della Puglia. In tal modo, si può dire che questo “Progetto di riordino” rappresenti la risposta che la Chiesa italiana ha voluto dare a istanze provenienti da più parti e comunque attente alla necessità di garantire spazi formativi adeguati alle mutate esigenze culturali e capaci di formare laici consapevoli.

2. La vita dell’Istituto nell’anno 2008-2009 La vita del nostro Istituto si muove nell’alveo di questa cornice. Sono stati rivisti gli Statuti e siamo in attesa della loro approvazione. Successivamente sarà rivisto anche il Regolamento. Insieme agli Istituti di Puglia, si sta ripensando il Piano degli studi secondo una modalità più rispondente alla finalità specifica dell’insegnamento della teologia nella forma di “scienze religiose”. Segnalo alcune attività svolte nello scorso anno.

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2.1. I Professori, gli studenti e i titoli accademici conseguiti Devo, innanzitutto, riferire della riconferma alla mia persona come Direttore dell’ISSR. Ringrazio per la fiducia accordatami dai professori, dal Preside e dal Moderatore. Gli studenti ordinari iscritti all’anno accademico 2009/2010 in tutto sono 98. Nel triennio sono così suddivisi: 22 studenti (1° anno), 30 (2° anno), 29 (3° anno). Nel biennio di specializzazione sono: 10 (1° anno) e 7 (2° anno). Gli studenti uditori sono 11, gli iscritti al biennio teologico-filosofico 4, gli iscritti al corso di diaconato 4, 1 studente straordinario e 20 studenti fuori corso. In totale gli iscritti sono 138. Tra i docenti vi sono alcuni che hanno lasciato il loro incarico (Leo Giuliano, Domenica Scalera, Marta Lobascio, Fernando Fiorentino) ed altri che sono stati cooptati (Gino Copertino, Antonio Ciaula, Chiara Troccoli). Un particolare e grato ricordo va alla memoria di don Vito Marotta, deceduto lo scorso anno. Durante l’anno 2009, 16 studenti hanno conseguito il grado accademico di Magistero in Scienze religiose, 1 studente il grado accademi-


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE co di Diploma in Scienze religiose, 5 studenti la Laurea in Scienze religiose e 6 studenti la Laurea magistrale in Scienze religiose. Hanno conseguito il Magistero in Scienze religiose: a) nella sessione invernale (9 marzo 2009): CAPUTI Carmen, La mistagogia: dal catecumenato della Chiesa primitiva al neocatecumenato della Chiesa post-conciliare; DI COSOLA Francesca, L’Eucaristia come risposta al bisogno dell’uomo contemporaneo nel magistero di Giovanni Paolo II; NICHOLAS Arputha Mary, Dottrine fondamentali, prassi religiosa e riti di purificazione nell’ induismo; PELELLA Maria, Dalla schiavitù alla libertà; PELLEGRINI Rosa, Annuncio di Gesù Cristo e testimonianza del Vangelo, via privilegiata della missione della chiesa oggi; VANNOZZI Stefania, Il mistero dell’incarnazione del Verbo, vocazione e salvezza dell’uomo - b) nella sessione estiva (13 luglio 2009); BIASI Madia, Dolce Ospite dell’anima. Lo Spirito Santo nella vita del cristiano; BIBA Roza, La vita sacramentale in Albania durante e dopo il regime comunista; CALÒ Simona, Un’ecclesiologia per immagini. Lumen Gentium 6; DELL’EDERA Anna, New Age e cristianesimo: problemi e prospettive; STOPPA Marica, La concezione cristiana del lavoro e del riposo; SUMMO Isabella, La Chiesa “Corpo di Cristo”; TANCREDI Antonietta, Psicologia e vocazione. L’incidenza della psicologia nell’ambito della ricerca vocazionale - c) nella sessione autunnale (9 novembre 2009): BRIGIDO Giustina, L’esistenza cristiana nel tempo della secolarizzazione in Johann Baptist Metz; DI MAGGIO Lucia, Matrimonio e divorzio nell’Islam, nel cristianesimo e nella società contemporanea; GALLUZZI Maria, Le donne e la donna nella Bibbia. Ha conseguito il Diploma in Scienze religiose nella sessione invernale (9 marzo 2009): GRIMALDI Rosanna, Percorsi della teologia del laicato nella chiesa post-conciliare. Ha conseguito la Laurea in Scienze religiose nella sessione invernale (9 marzo 2009): DEDEMOGO ABENA Marie Jeanne, L’inculturazione della fede nella Chiesa congolese attraverso la liturgia e i suoi riti. Hanno conseguito la Laurea magistrale in Scienze religiose: a) nella sessione estiva (13 luglio 2009): CEDRO Giovanna Fulvia, La relazione etica in Emmanuel Levinas; DE PASCALIS Salvatore, Il ruolo di Maria nel dialogo cattolico-anglicano; MINENNA Francesca, Eubiosia e pastorale - b) nella sessione autunnale (9 novembre 2009): CORRADO Irene,

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Globalizzazione e religioni. Problemi e prospettive; POMPILIO Caterina, Il dono della verità (Gv 1,17); SUMMO Nicola, L’alleanza nel lezionario del nuovo rito del matrimonio.

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2.2 Le iniziative culturali Tra le iniziative culturali ricordo le seguenti: — Venerdì 10 ottobre 2008, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E. Nicodemo” si è tenuto il convegno dal titolo Al centro della teologia di Paolo: la vita “in Cristo” (relatore prof. don Giacomo Perego), organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Libreria San Paolo di Bari. — Giovedì 4 dicembre 2008, alle ore 18,00, presso l’aula magna “E. Nicodemo”, si è tenuta la presentazione del volume La riforma di Benedetto XVI la liturgia tra innovazione e tradizione di Nicola Bux, organizzata dall’ISSR di Bari, Libreria San Paolo di Bari e Piemme. Ne ha discusso con l’Autore Giovanni M. Vian, Direttore de “L’Osservatore Romano”; ha moderato Danilo Quinto, giornalista. — Venerdì 12 dicembre 2008, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E. Nicodemo”, si è tenuto il convegno dal titolo Prima ha sofferto, poi si è incarnato: le ragioni di una venuta (relatore prof. padre Giancarlo Bruni), organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Libreria San Paolo di Bari. — Martedì 13 gennaio 2009, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E. Nicodemo”, si è tenuto il convegno dal titolo Teologia e comunicazione, organizzato dall’ISSR di Bari e AIERRE Onlus Associaz. Internaz. Ricerca e recupero disordini della comunicazione umana di Bari. Il convegno è stato introdotto dal dott. Francesco Mininni, audiologo e Presidente AIERRE. Il primo intervento, dal titolo Il primo comandamento è: “Ascolta” è stato tenuto dal prof. don Angelo Garofalo, docente di Sacra Scrittura; il secondo intervento, dal titolo Teologia dell’ascolto e patologia della sensorialità, è stato tenuto dalla dott.ssa Marilisa Andretta, otorinolaringoiatra. Il convegno si è concluso con l’intervento di S.Ecc.za mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto. — Venerdì 20 febbraio 2009 alle ore 16,30, presso l’aula “Aldo Moro”, Facoltà di Giurisprudenza di Bari, si è tenuto il convegno dal titolo Paolo ieri e oggi: la Parola esperienza del Dio vivente, (relatori: prof. Bruno Maggioni, Facoltà Teologica Italia Settentrionale di Milano e prof. Giacomo Perego Pontificia Università Lateranense di Roma) organizzato dall’ISSR di Bari, dalla Libreria San Paolo di


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Bari, e dall’Università degli Studi di Bari. Sono intervenuti il prof. Francesco Bellino, Università degli Studi di Bari, mons. Vito Angiuli, Direttore ISSR “Odegitria” di Bari. Il prof. Leo Lestingi ha letto brani della “Traduzione della 1ª Lettera ai Corinzi” di Giovanni Testori. — Lunedì 30 marzo 2009 alle ore 17,30, presso l’aula magna “E. Nicodemo”, si è tenuta la presentazione dei libri di C. Lavermicocca, Iniziare educando. L’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi oggi. Prospettive pedagogiche e pastorali. Ecumenica Editrice, Bari 2008, e di F. Bellino Il paradigma biofilo. La bioetica cattolica romana, Cacucci Editore, Bari 2008, organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Facoltà Teologica Pugliese di Bari. Sono intervenuti il prof. Giuseppe Morante, UPS di Roma, e il prof. Corrado Germinario, ISSR “Odegitria” di Bari. Ha moderato mons. Vito Angiuli, Direttore ISSR “Odegitria” di Bari. — Mercoledì 29 aprile 2009, alle ore 17,30, presso l’aula magna “E. Nicodemo”, si è tenuto il Seminario di studio sul tema Simone Weil, la passione per la verità, organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Facoltà Teologica Pugliese di Bari. Sono intervenuti i proff. Francesco Saracino e Leo Lestingi. — Mercoledì 6 maggio 2009, presso il Salone degli Affreschi dell’Università degli Studi di Bari, Palazzo Ateneo, si è tenuta una giornata di studio dal titolo Nuove prospettive in psicologia della religione. La teoria dell’attaccamento, organizzata dal Dipartimento di psicologia dell’Università degli Studi di Bari, dalla Società Italiana di Psicologia della Religione e dall’ISSR di Bari. La prima relazione dal titolo La psicologia della religione: oggetto, ambiti, temi specifici è stata tenuta da Mario Aletti, Presidente della Società Italiana di Psicologia della Religione. La seconda relazione dal titolo La psicologia della religione in Italia: metodi e strumenti è stata tenuta da Germano Rossi e Salvatore Iovine dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. Successivamente si è svolta una discussione coordinata da Giacomo Martielli e Giuseppe Moro dell’Università degli Studi di Bari. In seguito la conferenza magistrale dal titolo Il sentimento religioso come esperienza di attaccamento. Prospettive di ricerca, evidenze empiriche e questioni aperte è stata tenuta da Rosalinda Cassibba

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e Alessandro Costantini dell’Università degli Studi di Bari. Alla tavola rotonda sono intervenuti Vito Angiuli, ISSR “Odegitria” di Bari, Corrado Germinarlo. ISSR “Odegitria” di Bari, Marco Innamorati. Università degli Studi di Bari, Carlo Lavermicocca. ISSR “Odegitria” di Bari, Luigi Pastore Università degli Studi di Bari e Loredana Perla, Università degli Studi di Bari. Infine è stato presentato il volume di Silvia Godelli dell’Università degli Studi di Bari, dal titolo Psicologia della religione e teoria dell’attaccamento. — Martedì 12 maggio 2009, ore 17,30 presso l’aula magna “E. Nicodemo”, si è tenuto il seminario di studio sul tema La Croce e il Crocifisso, simbolo e verità, organizzato dall’ISSR di Bari e dalla Facoltà Teologica Pugliese di Bari; sono intervenuti Michele Loconsole, Il segno della croce. Storia e liturgia, Carmela Ventrella Mancini, Symbolum crucis, Raffaele Coppola, Simbolismo religioso e nuove prospettive per lo studio del diritto ecclesiastico dello Stato. 2.3. La rivista e la collana“Studi e Ricerche” La rivista è al suo XV volume. La collana “Studi e Ricerche” si è arricchita di un nuovo volume di un nostro professore: ANTONIO SERIO, Il futuro nelle radici, Ecumenica Editrice, Bari 2010, pp. 158.

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2.4. La Scuola di comunicazioni sociali Da quest’anno, la Scuola di comunicazioni sociali, collegata con il nostro Istituto, è stata intitolata a don Vito Marotta, suo fondatore. Il nuovo Direttore è il dott. Enzo Quarto. Con il nuovo anno accademico, la Scuola propone un laboratorio di ufficio stampa perché, per esempio, volontari di parrocchie, o di altre strutture religiose o di associazioni di laicato cattolico, apprendano sul campo gli elementi base per una efficace comunicazione. La Scuola di comunicazioni sociali si rivolge a tutti coloro che operano nell’ambito dell’informazione anche con l’ausilio di nuove tecnologie, compresi addetti stampa, tecnici di ripresa, fotografi, studiosi dei fenomeni della comunicazione, insegnanti ed educatori sociali, per aprire alla comprensione della complessità del sistema, proprio come l’immissione di antibiotici in un corpo malato. Per difendersi dalla persuasione che nega la verità, occorre capire e conoscere, ed imparare a comunicare secondo le tecniche della modernità, ma nell’etica e nei valori della tradizione cristiana.


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Occorre affermare la verità nel linguaggio della comunicazione dominante insegnando a far riflettere gli altri sui pericoli del linguaggio della persuasione. Come ha scritto papa Paolo VI, gli strumenti della comunicazione sociale sono le nuove grandi vie aperte anche ai cristiani per il loro compito di testimonianza e di servizio alla verità. Ma le comunicazioni sociali non sono solo informazione. Si comunica attraverso i programmi di intrattenimento radiofonici e televisivi, il cinema, il teatro, la letteratura e la poesia, tutte le arti in genere. Per questo è opportuno dedicare la giusta attenzione alla conoscenza delle tecniche adoperate ed alle interpretazioni possibili degli autori. C’è sempre l’agguato di messaggi subliminali, o semplicemente indiretti, occulti e persuasivi. Infine, occorre imparare le tecniche giuste del comunicare per non essere esclusi a priori dal sistema mediatico o non esserne schiacciati. 2.4. La biblioteca La biblioteca diocesana “Odegitria”, operante presso l’Istituto superiore di Scienze religiose di Bari, è specializzata in scienze teologiche e umanistiche ed è aperta a studenti, docenti e al pubblico con 20 postazioni di lettura di cui 2 per disabili. Dieci le sale di deposito libri; una di consultazione per il pubblico oltre ai locali di servizio e per la direzione. Costituita da un ampio spazio di 250 mq., è dotata di scaffali mobili e fissi, di armadi e delle attrezzature informatiche dedicate alla schedatura, classificazione e ricerca del materiale bibliotecario e di una videoteca. Sezioni e collocazione sono illustrate nella planimetria allegata. Le diverse tipologie documentarie presenti ammontano a circa 70.000 volumi e a 780 periodici. Oggi sono 72 i periodici in abbonamento e scambio. La catalogazione elettronica è organizzata per autore, soggetto, titolo, collocazione, edizione. L’indicizzazione è nominale e semantica. Tra le collezioni di interesse specifico vanno ricordate la collana di “Sources chrétiennes”, di “Les belles lettres” e de “La Civiltà Cattolica” a partire dal 1850. La Biblioteca è stata recentemente arricchita dei volumi della biblioteca dei Padri Gesuiti dell’Istituto Di Cagno Abbrescia in Bari e di quella personale della prof.ssa Ada

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Lamacchia avuti in donazione. La raccolta libraria è andata così verso una differenziazione e varietà di opere teologiche e filosofiche. Un’apposita commissione si incarica di valutare l’acquisto e l’accrescimento bibliografico. La biblioteca coltiva rapporti di collaborazione con la biblioteca dell’Istituto di Teologia Ecumenica San Nicola e della biblioteca “Gaetano Ricchetti”.

3. Presentazione della prolusione accademica per l’anno 2009-2010

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Tiene la prolusione accademica il prof. Giorgio Otranto, ordinario di Storia del cristianesimo antico presso la Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Bari. Numerose sono le sue pubblicazioni e gli incarichi ricoperti. Tra questi ricordo i seguenti: dal 1979 al 1993 è stato Direttore dell’Istituto di Studi classici e cristiani (già di Letteratura cristiana antica); dal 1983 al 1989 è stato Presidente del Consiglio di Corso di laurea in pedagogia – Facoltà di Magistero – Università degli Studi di Bari; dal 1986 è Direttore della rivista “Vetera Christianorum”, organo scientifico dell’Istituto di Studi classici e cristiani, e dirige collane editoriali di storia e archeologia (Scavi e ricerche, Prometeo); dal 1990 al 1997 è stato Presidente dell’IRRSAE Puglia (Istituto Regionale di Ricerca, Sperimentazione e Aggiornamento Educativi); dal 1991 al 1997 è stato Coordinatore nazionale dei Presidenti di IRRSAE, CEDE (Centro Europeo dell’Educazione) e BDP (Biblioteca di Documentazione Pedagogica); dal 1995 al 2002 è stato Direttore del “Centro di studi micaelici e garganici”, da lui fondato, istituito dall’Università di Bari e dal Comune di Monte Sant’Angelo come sede distaccata del Dipartimento di Studi classici e cristiani. Ringrazio sentitamente il prof. Otranto per aver accettato l’invito. Considero questo suo intervento come inizio di una collaborazione tra i due Istituti che prevede altre iniziative già in corso e da programmare nel prossimo futuro. Il prof. Otranto terrà la sua prolusione sul tema: Cristianesimo e Chiese in Puglia fino a Gregorio Magno. Gli cedo volentieri la parola. Bari, 1 marzo 2010 Il Direttore prof. mons. Vito Angiuli


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AZIONE CATTOLICA ITALIANA Incontro dei sacerdoti con il prof. Franco Miano, Presidente nazionale di A.C.

Il 21 aprile 2010, alle ore 9.30 presso la sala conferenze della Curia di Bari si è tenuto l’incontro dei sacerdoti con il Presidente nazionale di Azione Cattolica prof. Franco Miano. All’incontro hanno partecipato S.E. l’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci, il prof. Giuseppe Micunco direttore dell’Ufficio Laicato, e alcuni membri laici della Presidenza diocesana di AC. Dopo la preghiera iniziale, il Presidente diocesano di AC Salvatore Schiralli ha salutato i presenti e ha condiviso una riflessione del 1973 di Vittorio Bachelet del 1973, allora presidente nazionale di AC, sull’identità dell’Associazione: Che cosa è l’Azione Cattolica? Ne abbiamo parlato molto, ma mi pare che sia soprattutto una realtà di cristiani che si conoscono, che si vogliono bene, che lavorano insieme nel nome del Signore, che sono amici; questa rete di uomini e donne che lavorano in tutte le diocesi, e di giovani e adulti, di ragazzi e fanciulli che cercano di servire la Chiesa. E questa è la grande cosa. Perché noi serviamo l’AC, non perché ci interessa fare grande l’AC ma perché ci interessa rendere nella Chiesa il servizio che ci è chiesto per tutti i fratelli. E questa credo sia la cosa veramente importante.

Schiralli ha presentato brevemente la realtà viva dell’AC nella diocesi, presente con circa 5.500 soci in 57 parrocchie, e ha manifestato la

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gioia del cammino di fraternità e di comunione che si sta realizzando e rafforzando in questi anni tra le aggregazioni laicali in diocesi. Il prof. Miano ha tenuto la relazione sul tema: “L’Azione Cattolica tra memoria e profezia. La sollecitudine pastorale del presbitero per i laici e per l’Associazione”. La memoria per la vita e la storia dell’AC di 140 anni dice gratitudine al Signore per un’esperienza significativa di Chiesa e di servizio alla Chiesa; questo si è realizzato attraverso la testimonianza e l’impegno di tanti laici, dagli adulti ai ragazzi, ma anche attraverso la cura e l’accompagnamento spirituale di tanti vescovi e presbiteri assistenti. La memoria dice anche impegno nel presente e nel futuro perché l’AC continui anche in forme nuove a testimoniare il Vangelo e a vivere la vocazione alla santità. Miano cita papa Benedetto XVI nel suo discorso all’Azione Cattolica Italiana del 4 maggio 2008:

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La magnifica corona dei volti che abbracciano simbolicamente Piazza San Pietro è una testimonianza tangibile di una santità ricca di luce e di amore. Questi testimoni, che hanno seguito Gesù con tutte le loro forze, che si sono prodigati per la Chiesa e per il Regno di Dio, rappresentano la vostra più autentica carta d’identità. Non è forse possibile, ancora oggi, per voi ragazzi, per voi giovani e adulti, fare della vostra vita una testimonianza di comunione con il Signore, che si trasformi in un autentico capolavoro di santità? Non è proprio questo lo scopo della vostra Associazione? Ciò sarà certamente possibile se l’Azione Cattolica continuerà a mantenersi fedele alle proprie profonde radici di fede, nutrite da un’adesione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un costante impegno formativo. Cari amici, rispondete generosamente a questa chiamata alla santità, secondo le forme più consone alla vostra condizione laicale! Continuate a lasciarvi ispirare dalle tre grandi “consegne” che il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II vi ha affidato a Loreto nel 2004: contemplazione, comunione e missione.

Sono le profonde radici di fede - come afferma il papa - nutrite da un’adesione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato


AZIONE CATTOLICA ITALIANA alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un costante impegno formativo che rendono significativa e feconda la realtà e il servizio dell’AC nelle nostre diocesi e parrocchie. L’AC perché sia se stessa deve da una parte “disperdersi nella comunità cristiana diocesana e parrocchiale” perché è ad essa dedicata e dall’altra deve “ritrovarsi come associazione” perché sia fedele alla sua identità laicale di presenza e testimonianza nella Chiesa e in ogni ambiente di vita. Per questo è necessaria la presenza e il servizio dei presbiteri assistenti che così è presentato nel Progetto formativo dell’AC: I presbiteri assistenti si rendano disponibili in primo luogo all’accompagnamento spirituale e a quella presenza che consente di cogliere il valore spirituale della vita associativa; che aiutino a vivere la dimensione profonda di esperienze ecclesiali non sempre facili; che si pongano al fianco delle persone per portare l’esistenza al confronto con il Vangelo e con il suo orizzonte. La loro presenza, segno della cura del Vescovo per l’Associazione, è anche custodia e promozione di un cammino associativo sempre più ecclesiale e comunionale.

Il loro compito si sviluppa nella semplicità della vita associativa. In particolare ad essi è chiesto di sostenere le persone nei passaggi dell’esistenza e della fede, facendo in modo che ciascuno sia aiutato ad essere fedele agli impegni che la vita associativa propone: gli esercizi spirituali, l’elaborazione di una propria regola di vita, particolari scelte di impegno. Perciò il presbitero assistente è chiamato ad essere padre e fratello nella fede, testimone di Cristo, ad accompagnare le persone nelle scelte di vita e di testimonianza cristiana nella fedeltà alla vocazione battesimale. Seguono gli interventi di alcuni presenti; si sottolinea da una parte la positività di alcune esperienze associative per la crescita della comunione e corresponsabilità ecclesiale e pastorale, dall’altra si avverte la fatica di impegnarsi nella formazione e di essere incisivi

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nella promozione associativa perché altri conoscano l’associazione e vi aderiscano. L’impegno vocazionale dell’AC esiste ma deve essere sempre incrementato: si evidenzia come un’alta percentuale di giovani che hanno fatto esperienza dell’AC, sono stati aiutati a scoprire la loro vocazione alla vita sacerdotale e religiosa. L’esperienza associativa deve aiutare le persone a vivere la vita come vocazione con l’accompagnamento e il discernimento della comunità e dei presbiteri. Positiva è anche la testimonianza dei presbiteri assistenti diocesani che sperimentano la gioia, la ricchezza e a volte la fatica di crescere insieme ai laici nella comunione, nella stima e nella corresponsabilità. Si fa notare la necessità di valorizzare anche i diaconi permanenti nel servizio dell’accompagnamento e della formazione delle persone che vivono l’esperienza associativa. Infine l’Arcivescovo interviene sottolineando che l’esperienza delle visite pastorali ha confermato che l’AC, dove è presente e vive bene il suo carisma, aiuta tutta la comunità parrocchiale a sentire vivo il senso ecclesiale cioè a vivere l’appartenenza alla Chiesa locale riunita intorno al Vescovo e quindi ad uscire dall’isolamento e dall’autoreferenzialità. L’AC aiuta non solo i laici ma anche i presbiteri a vivere il senso e la bellezza della Chiesa locale che è Chiesa di popolo in cammino al servizio dell’edificazione del Regno di Dio nel mondo e nella storia. L’Arcivescovo invita a riprendere (e ripubblicare) una relazione e riflessione significativa sulla vocazione all’Azione Cattolica di mons. Anastasio A. Ballestrero del 1976. Per quanti hanno partecipato, credo che l’incontro vissuto in un clima fraterno di ascolto e di confronto abbia aiutato a conoscere meglio l’AC per quello che è ed è chiamata ad essere attraverso non solo le parole ma la testimonianza del prof. Miano e a prendere più consapevolezza di quello che noi presbiteri siamo chiamati a essere per la comunità e le persone che ci sono affidate, illuminati e provocati dall’esortazione di san Pietro Apostolo nella sua prima lettera 5,1-4: «Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace


AZIONE CATTOLICA ITALIANA a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirĂ il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisceÂť.

sac. Antonio Serio Assistente unitario di AC

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

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PUBBLICAZIONI Antonio Ladisa

D’improvviso il tuo volto mi illumina. Poesie e canti Presentazione di Mons. Francesco Cacucci a D’improvviso il tuo volto mi illumina. Poesie e canti di Antonio Ladisa a cura di Vito Angiuli e Antonio Parisi Edizioni Liturgiche, Roma 2010

A un anno di distanza dall’improvvisa morte di mons. Antonio Ladisa, mons. Vito Angiuli e mons. Antonio Parisi hanno voluto pubblicare le sue poesie e i testi del canti da lui composti per farne dono a tutto coloro che lo hanno conosciuto e amato. Il motivo di questa scelta è facilmente intuibile: la poesia, per sua natura, è canto e il canto trova nella poesia la forma espressiva più appropriata. Così leggendo queste composizioni, sarà più facile cogliere uno degli aspetti dell’eredità spirituale che don Tonino ci ha lasciato: comprendere cioè che la risposta generosa e fedele alla propria vocazione trasforma la vita in poesia e canto. La chiamata, infatti, segna l’inizio del cammino, ma è anche forza che sorregge l’intera esistenza e dà senso alle cose. Come la poesia e il canto, la vocazione nasce da una Parola divina, da un fuoco sacro che sgorga da una misteriosa sorgente: dalla fornace ardente della divina carità. Attratto nel vortice dell’amore, il chiamato si lascia conquistare e avvincere. E ponendosi in ascolto, si lascia completamente possedere dall’amore, per diventare un suo araldo, un suo messaggero, un suo profeta.

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Il poeta, come il profeta, accoglie i misteri ineffabili, afferrato da una Voce che chiama con una forza intima e suadente, cui è impossibile opporre resistenza. «Venne la poesia / a cercarmi – scrive Pablo Neruda –. Non so come né quando, / no, non eran voci, non eran / parole, né silenzio, / ma da una strada mi chiamava, / dai rami della notte, / d’improvviso tra gli altri, / tra fuochi violenti / o ritornando solo, / era lì senza volto / e mi toccava». La poesia non è solo parola, ma anche Presenza che si rivela nel silenzio, avvolta in esso quasi come in un manto regale. Quando essa giunge, il volto si illumina e, “d’improvviso”, scrive Pablo Neruda tutto si rischiara e prende forma. “D’improvviso”, ripete anche don Tonino. I poeti si intendono e, insieme, testimoniano che la poesia, come la vocazione, è grazia che giunge “d’improvviso”, in un’ora segnata dall’eternità, secondo un imprescrutabile disegno e una modalità imprevedibile. Giunge in un’ora che, irrevocabilmente, segna tutta la vita. Nel tempo e nell’eternità. Da quella parola di grazia don Tonino si è lasciato afferrare e la grazia è diventata risposta personale, trasfigurata in poesia e canto e, misteriosamente, tramutata in vita. Una vita che è più forte della morte. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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PUBBLICAZIONI

In memoria di don Tonino Ladisa (10 novembre 1951 - 30 marzo 2009) Fare memoria non significa soltanto non dimenticare, ma vuoi dire soprattutto ri-cor-dare, custodire nel cuore chi è stato strappato alla vita, ma non all’affetto e all’amore, e ricollocare nell’orizzonte della speranza anche la dolorosa esperienza della morte. Per tutti la vita e la morte sono un mistero e a tutti, nell’arco della propria esistenza, può capitare di domandarsi: «Avanza la morte o la vita?». E l’interrogativo che anche don Tonino si pone in una poesia, scritta il 29 novembre 1995, intitolata Vita!1 .

La vita come un’aurora La poesia è un’invocazione per sollevare il velo sul significato del tempo che avanza e corre verso il suo esito naturale. Ma quale? La morte o la vita? L’epilogo o l’inizio? La fine o il fine? A 44 anni, don Tonino sente il bisogno di riflettere sugli anni trascorsi e probabilmente, come in un flash-back, rivede il periodo dell’infanzia e della scuola elementare. Non è improbabile che gli torni alla mente il giorno in cui aveva fatto il suo ingresso nel Seminario Arcivescovile di Bari (27 settembre 1963), dove aveva frequentato le scuole medie e ginnasiali (1963-68). Non è nemmeno da escludere che si affollino in lui i ricordi degli studi liceali, prima a Molfetta e poi a Taranto (1969-1971), e degli studi teologici a Molfetta (1972-1976). Certamente rimane fisso nel suo cuore il giorno dell’ordinazione presbiterale (6 febbraio 1977), avvenuta nella Cattedrale di Bari per l’imposizione delle mani di mons. Anastasio Alberto Ballestrero.

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Cfr supra, pp. 40-41.

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Forse assapora nuovamente il gusto dei primi anni di ministero, prima nella parrocchia d’origine come viceparroco (fino a giugno 1978) e, poi, come educatore (1978-1987) e padre spirituale presso il Seminario Arcivescovile di Bari (1987-1992). Sono anni di fervido lavoro e di intelligente progettazione educativa come Direttore del Centro Diocesano Vocazioni (1984-1995) e del Centro Regionale Vocazioni (1990-2000), Vicedirettore del Centro Nazionale Vocazioni (1997-2009), Membro del Comitato di Redazione della Rivista del Centro Nazionale Vocazioni (1997-2009). Don Tonino scrive la poesia mentre svolge il suo ministero pastorale presso la Cattedrale (1992-1998) e il Capitolo Metropolitano Primaziale di Bari (1992-2009). Era stato Mons. Mariano Magrassi, che apprezzava molto la sua persona, a conferirgli la nomina di parroco e di canonico. In quegli anni, egli ha certamente avvertito di essere anche fisicamente nel “cuore” della Diocesi, a stretto contatto con il Vescovo, a servizio della Chiesa Madre e dell’intera comunità diocesana. E lì, al centro della città di Bari, la sua persona si è arricchita di una nuova e più intensa esperienza pastorale. Ben presto, gli saranno affidati altri compiti a servizio della Chiesa diocesana e regionale: Direttore dell’Ufficio diocesano per il laicato di Bari (1998-2005), Assistente diocesano unitario di Azione Cattolica (2000-2005), Rettore del Pontificio Seminario Regionale Pio XI di Molfetta (2005-2009). E proprio mentre ricopre questo ruolo, per il quale aveva maturato una ricca esperienza educativa, muore prematuramente e inaspettatamente in un incidente stradale, il 30 marzo 2009. II dolore per la sua improvvisa scomparsa spegne la gioia delle Chiese di Puglia, in festa per la ricorrenza del centenario di fondazione del Seminario Regionale; e la celebrazione festosa si trasforma in lutto e pianto. Guardando retrospettivamente, forse possiamo dire che la poesia scritta nel 1995 è un preludio al pensiero della morte. Ce ne dà una conferma un’altra poesia, scritta un anno prima (29 novembre 1994), dal suggestivo titolo Aurora. Rileggendola, oggi, sembra quasi un presagio dei tragici fatti accaduti e, di certo, è la migliore interpretazione della sua vita2.

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Cfr supra, p. 13.


PUBBLICAZIONI Innamorato di Cristo e delle proprie radici La vita come un’alba che avanza, così don Tonino ha interpretato la sua esistenza3. Vivere, per lui, non è stato solo contare le stagioni che si susseguono con ritmo monotono e ripetitivo per riannodare il filo del tempo che inesorabilmente scorre verso la fine, ma prestare attenzione a quel volto che illumina e dona nuovi orizzonti e spazi infiniti. Sì, per don Tonino, l’esistenza è stata una continua ricerca del volto di Cristo e una scoperta che, quando egli viene, albeggia la vita. Aveva imparato ad amare Gesù fin dalla fanciullezza nella parrocchia del “Sacro Cuore”, situata al centro della città di Bari; una comunità viva e un punto di riferimento per molti giovani che l’avevano scelta come “comunità di elezione”. La vicinanza con la sede dell’Azione Cattolica Diocesana aveva reso la parrocchia un punto di incontri di carattere diocesano, contribuendo così ad allargare lo sguardo oltre i confini del territorio parrocchiale. Anche dopo il suo ingresso in Seminario, la parrocchia è stata per don Tonino un luogo di confronto con esperienze di ampio respiro. Significativo per il suo cammino vocazionale è stato il rapporto con i sacerdoti della sua parrocchia, in modo particolare, con il parroco, don Marco Mancini. Tra di loro si era stabilito un vincolo di paternità e di amicizia che è continuato anche dopo l’ordinazione sacerdotale e ha accompagnato tutte le tappe del suo ministero sacerdotale. C’era sempre un misto di venerazione e di affetto, ogni volta che don Tonino parlava di don Marco. Si avvertiva dalle sue parole che il rapporto era costruito non solo su una consonanza pastorale, ma su una intesa più profonda di carattere umano e sacerdotale. Don Marco, da parte sua, ha sempre considerato il sacerdozio di don Tonino come il coronamento del suo ministero. A ogni nuovo incarico che gli veniva affidato, scorgeva una conferma della validità del lavoro pastorale profuso con entusiasmo giovanile.

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Cfr supra, p. 45.

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Rimanere giovani, pur nello scorrere del tempo, è la caratteristica che li ha accomunati. Il segreto, per entrambi, è consistito nel coltivare la relazione personale con Cristo, attinta nella preghiera e vissuta con un’attenzione particolare all’accompagnamento vocazionale e missionario dei giovani. Non si comprenderebbe però in modo adeguato la personalità di don Tonino senza fare riferimento al suo ambiente familiare. Ultimo di quattro figli (due fratelli e una sorella), egli ha scoperto il volto amorevole di Cristo in quello dei suoi familiari, soprattutto dei genitori. Ci sono virtù che si acquistano con l’esercizio, ma ci sono caratteristiche personali radicate nell’ambiente familiare. Tra di esse, una lo ha sempre contraddistinto: la capacità di sorridere e far sorridere. Rimane proverbiale la sua capacità di intervenire nelle discussioni con battute fulminanti che suscitavano in tutti un senso di umorismo e di ilarità. Un dono connesso con il suo carattere, ma forgiato nel clima della vita di famiglia, nella quale ben presto egli ha appreso che le difficoltà vanno affrontate con fiducia e con la capacità di trarre il bene anche dalle situazioni più avverse e difficili. Dal padre, don Tonino ha imparato la semplicità nei rapporti con gli altri, il senso della dignità e dell’onestà. Si può così comprendere il motivo della sofferenza che lo colpì quando apprese la notizia della sua morte. Non si trattava solo del dolore per la perdita di una persona amata, ma della consapevolezza del venire meno di un punto di riferimento nel modo di intendere la vita. A lui ha dedicato una toccante poesia4. Dalla madre, egli ha imparato il valore della fortezza d’animo, la capacità di non scoraggiarsi nemmeno in presenza di gravi difficoltà, la determinazione nel continuare a lavorare con generosità e abnegazione senza badare alla stanchezza fisica. Ha sempre sentito la figura materna come una roccia cui aggrapparsi e un angelo che vegliava sulla sua persona. Chi ha vissuto i giorni tristi della sua morte, ha potuto constatare l’affetto e l’amore con cui la madre lo ha circondato anche in quei momenti di dolore. E stato commovente vederla varcare la soglia del Seminario Regionale di

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Cfr supra, pp. 11-12.


PUBBLICAZIONI Moffetta e ascoltare la sua voce che ripeteva infinite volte: «Tonino, Tonino, Tonino...». È una scena eloquente che lascia trasparire il legame d’amore che vigeva tra loro due. Qualche anno prima (1995), nel suo ottantesimo compleanno, don Tonino le aveva dedicato una tenerissima poesia5. In questo ambiente familiare e parrocchiale don Tonino ha scoperto il volto affascinante di Cristo. Questo volto costituirà il continuo punto di riferimento della sua riflessione. Così egli scrive in uno dei tanti commenti al mistero della vocazione cristiana: Traspare sempre qualcosa di straordinario nello sguardo di Gesù, come è descritto nel vangelo (cf. Lc 19, 5; 22, 61; Gv 1, 42). Marco sottolinea che il Maestro guardò con simpatia il giovane cioè lo amò. Questo gesto di amore è la chiamata cioè l’inizio della sua vocazione di discepolo, come lo fu per Pietro (Gv 1, 42), per Zaccheo (Lc 19, 5). Lo senti qualche volta lo sguardo di simpatia del Signore sulla tua vita? Non girare gli occhi per timore che ti chiami a maggior impegno. Il Maestro ha sempre qualcosa di importante da comunicare. Cosa manca per rispondere pienamente al suo amore e per adempiere il servizio del Regno? E che cosa ha trovato di straordinario in te per averti un giorno invitato al servizio della Parola nella Chiesa? Anche tu, forse, ti sei posto l’interrogativo: «Perché ha scelto proprio me e non altri? Che cosa ha visto in me il Signore di interessante?». La risposta è una sola: «Nulla». Una cosa però è certa: Egli ti ha amato. La responsabilità di questo fatto deve accrescere il senso della disponibilità e della dedizione al servizio della Parola, senza alcun risparmio.

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Cfr supra, pp. 9-10.

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Poeta raffinato e artista geniale

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Nel corso della sua vita egli modulerà l’esperienza dell’incontro personale con il Signore in forme sempre nuove e mai ripetitive, trasformando il proprio vissuto in racconto, poesia, meditazione, preghiera. Con l’andare del tempo, si manifesterà, in modo sempre più evidente, la capacità di offrire testi di una raffinata modulazione stilistica che ben si prestano alla trascrizione musicale. La sua capacità comunicativa si caratterizzerà per la linearità del pensiero e la fluidità della parola. Ne sono testimonianza non solo le poesie e i canti liturgici, ma anche le sue relazioni, il più delle volte, articolate in modo da comunicare il pensiero con uno stile accattivante attraverso la citazione di aforismi, brevi aneddoti, frasi incisive. La fluidità del suo eloquio poteva trarre in inganno, perché forse poteva far pensare solo a un dono legato alla sua persona. In realtà, chi lo ha conosciuto da piccolo e gli è stato accanto negli anni della sua formazione ha potuto constatare il progressivo emergere della sua innata tendenza a cercare la bellezza delle cose e delle parole, e il certosino lavoro per esprimere i sentimenti e i pensieri in una forma originale. Aveva nelle sue corde la naturale tendenza a misurarsi con il bello, ma non ha disdegnato di imparare la tecnica attraverso un costante allenamento per usare la parola non solo come veicolo contenutistico, ma come richiamo estetico. Come un valente artigiano si industria ogni giorno a “creare e dare vita” ai suoi oggetti utilizzando con sapienza la tecnica acquisita attraverso un lungo apprendistato, così don Tonino si è costantemente impegnato a “dare forma alla parola”, creando assonanze e corrispondenze, accordi e armonie. Qui si rivela un aspetto della sua vita che, altrimenti, non sarebbe percepibile. Non si comprende appieno la sua persona se non si immagina il segreto lavoro di autoformazione che egli ha portato avanti in tutta la sua esistenza. Dopo gli anni di studio nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, si dedicò al lavoro pastorale, ma non smise di tenersi costantemente aggiornato sui temi teologici e pastorali. Progressivamente, ha allargato i suoi interessi ad altri ambiti: poesia, arte, musica. Consultando la sua biblioteca si rimane sbalordirti per la varietà dei libri che abbracciano i più


PUBBLICAZIONI diversi campi del sapere e che, indirettamente, testimoniano la sua sete di conoscere, andando anche al di là di quanto poteva avere un interesse e un utilizzo immediato nel ministero pastorale. Da questo lavoro di accumulo di conoscenze, egli ha attinto suggestioni che poi ha travasato nelle sue relazioni e nei suoi scritti che hanno sempre il sapore della novità e della freschezza.

Pastore premuroso ed educatore instancabile La sua capacità “creativa” si è manifestata anche in campo pastorale. Il suo desiderio costante, durante gli anni del suo ministero di parroco della Cattedrale di Bari, è stato quello di coinvolgere il maggior numero di persone nell’elaborazione di un progetto pastorale condiviso, aperto a nuove prospettive e in sintonia con il territorio parrocchiale. Ha mostrato la stessa capacità di proporre idee nuove anche in campo vocazionale, settore al quale egli ha dedicato le sue migliori energie di mente e di cuore. Preziosa è stata la sua partecipazione all’elaborazione di documenti sulla formazione dei futuri presbiteri; utili i suggerimenti proposti nelle relazioni tenute ai convegni diocesani, nazionali e internazionali; efficaci le proposte per dare concretezza agli orientamenti generali; lungimiranti le prospettive delineate nei numerosi incontri di lavoro con le equipes vocazionali. Non è possibile dare conto di tutto questo lavoro. Basta solo richiamare qualche aspetto. È stata sua l’idea di proporre agli animatori vocazionali e ai giovani della Diocesi di Bari-Bitonto di incontrarsi mensilmente per vivere insieme l’adorazione eucaristica vocazionale. L’iniziativa ha avuto un immediato successo e rimane ancora oggi un appuntamento apprezzato da molti per la sua funzione di tenere desto l’impegno per la pastorale vocazionale. Don Tonino comprese subito che compito del CDV era di promuovere e coordinare l’animazione vocazionale, senza sostituirsi all’attività della comunità parrocchiale, che rimane centro primario dell’animazione vocazionale.

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Sotto la sua direzione, il CDV diventa il luogo d’incontro di persone, istituzioni, associazioni in grado di contribuire alla pastorale vocazionale, operando in modo unitario e rispettando i carismi e le finalità proprie di ciascuno. Ugualmente ricco è stato il suo impegno come Vice Direttore del CNV. Ne hanno tracciato un ricordo commosso le persone con le quali egli ha collaborato nel corso degli anni: Mons. Italo Castellani, Mons. Lorenzo Ghizzoni, don Luca Bonari, don Nico dal Molin (cf. la rivista “Vocazioni”, 26, 2009, n. 3 pp. 7-16). II suo intento educativo fondamentale, come Rettore del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, è stato quello di delineare una proposta formativa rispondente alle caratteristiche delle nuove generazioni e in sintonia con le prospettive indicate dai documenti magisteriali. Per questo si è impegnato ad aggiornare il progetto formativo coinvolgendo in questo lavoro educatori, professori e seminaristi. Tutta la vita di don Tonino si può riassumere nel suo instancabile amore per le vocazioni. Mons. Cacucci, nell’omelia in occasione del venticinquesimo anniversario di ordinazione presbiterale, che abbiamo celebrato insieme nella Cattedrale di Bari, il 20 aprile 2002, ha richiamato la tonalità vocazionale del ministero con queste parole:

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La vostra esperienza sacerdotale è stata segnata particolarmente da questa visione del Buon Pastore, perché l’amore al sacerdozio attraverso la cura delle vocazioni ha segnato profondamente la vostra vita. Celebrare il venticinquesimo anniversario del vostro sacerdozio nella trentanovesima giornata mondiale per le vocazioni è davvero un segno mirabile della benevolenza del Signore ed è anche un segno consolante della vostra fedeltà e del vostro amore. Seguire Gesù, le orme del supremo Pastore, che è il compito dei pastori della Chiesa, permette di essere accompagnatori dei fratelli per l’ingresso nel tempio. Gesù è la porta, non una porta. Nessuno di noi è la porta del tempio. Accompagnare i fratelli ad entrare nel tempio è un’opera pastorale privilegiata, intensa, straordinaria, delicata.


PUBBLICAZIONI Nell’acrostico sul sacerdozio scritto in occasione del venticinquesimo di ordinazione sacerdotale di don Vito Spinelli (30 agosto 1995), egli ha riletto in modo poetico le parole che spesso vengono cantate durante l’ordinazione presbiterale, Tu es sacerdos in aeternum 6. È un prezioso dono che don Tonino ci ha lasciato, mentre stiamo celebrando l’Anno sacerdotale; una meditazione in cui si intrecciano il suo stupore e la sua ammirazione per il mistero e il ministero del sacerdote. Rapiti dalla stessa meraviglia, anche noi magnifichiamo il Signore perché ha donato alla Chiesa e al mondo un uomo e un sacerdote come don Tonino Ladisa. Siamo certi che ora egli canta il suo personale inno di lode alla Trinità con la stessa gioia e lo stesso amore manifestati durante la sua vita. Con amicizia. don Vito Angiuli

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Cfr supra, pp. 34-36.


La Messa è finita. “Vorrei essere Volto di Dio” Preghiere di don Vito Marotta

Prefazione di Luca Marotta a La Messa è finita. “Vorrei essere Volto di Dio” Preghiere di don Vito Marotta Grafiche del Colle s.a.s., Gioia del Colle 2010

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“La Messa è finita” è un titolo che vuole ricordare un momento un luogo, un personaggio, una missione e una passione. Il momento è quello che segna la fine della celebrazione eucaristica domenicale. In quel preciso momento, che si ripete all’infinito, venivano proclamate e distribuite le preghiere di questa raccolta. Se da un punto di vista pastorale, questo rituale rappresenta un tentativo di far meglio cogliere il messaggio della celebrazione eucaristica, da un altro punto di vista rappresenta certamente il tentativo di superare la parola “fine”, cercando di creare un continuum che affondi le sue radici nella mente e nel cuore delle persone. Il luogo è l’aula liturgica, dove si celebra la messa. L’aula liturgica concepita come luogo di “insegnamento dello spirito”. Non ci si pone dall’alto verso il basso ma si parte da un “sentire” individuale, inteso come sensazioni che derivano dall’ascolto della parola, per conseguire un’elevazione spirituale, che ci tende verso Dio, verso una dimensione superiore. Il personaggio è il sacerdote. Il sacerdote che deve testimoniare il Vangelo, che è Pastore che ama e cura le sue pecore. Non si limita alla celebrazione eucaristica, contenente il sermone del giorno, che rischia di diventare un rituale meccanicistico, ma va oltre: rende partecipe del suo vissuto spirituale e conduce verso la via della Verità. La missione è quella evangelizzatrice. La nostra periferia è terra di missione. In questi ultimi decenni, a causa della secolarizzazione, si


PUBBLICAZIONI sta invertendo la dinamica del rapporto sacerdote-fedeli. Adesso il sacerdote se aspetta i fedeli nel tempio, rischia di rimanere da solo. Deve uscire dalla chiesa, fare il “porta a porta”. In questa ottica la consegna del foglio contenente la preghiera domenicale diventa “volantinaggio dello spirito”. È uno strumento che serve per entrare sia nell’intimo spirituale del fedele che nella sua casa. Cercando un contatto con quei familiari che forse non sono andati a messa. La passione è quella del cinema. Forse questa raccolta è una risposta a don Giulio, il sacerdote personaggio del film di Nanni Moretti, che scappa perché preso da un forte senso di impotenza, non riuscendo ad affrontare i problemi, i dolori, i drammi grandi e piccoli, che siano, dei suoi parrocchiani. La risposta “Vorrei essere Volto di Dio” è la stabilitas, nella certezza della Fede, di un vissuto reale caratterizzato dal “già ma non ancora”. Forse i problemi non si risolveranno, ma, se si ha la certezza che la parola fine non esiste, assumeranno una dimensione relativa.

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Ignazio Damiani

Quattro cammei per un ritratto. Don Mario Dalesio Presentazione di Mons. Francesco Cacucci a Quattro cammei per un ritratto di Ignazio Damiani Ecumenica Editrice, Bari 2010

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Indice: Presentazione, Prefazione. Questo libro, i tempi, il protagonista: I tempi, il protagonista -... spero di farcela- La sua mano scarna mi sfiora il volto. PRIMO CAMMEO. Don Mario Dalesio e l’Azione Cattolica: 1969: la collaborazione tra Gioventù Femminile e Gioventù Maschile di Azione Cattolica, a Bar La Nostra voce trema, il Nostro cuore palpita - Al cader della giornata: recital di canti - Il convegno del 1970 - “Vivere consolidati nella fede quale vi fu insegnata” (Col 2,7) - “Io sono il pane disceso dal cielo” - L’essere e l’apparire - Relazioni, sussidi ai gruppi di studio, documentazione L’anno 1972 - Come alberi piantati lungo il fiume noi aspettiamo la nostra primavera. SECONDO CAMMEO. Confessione sacramentale, realtà di salvezza: Il Buon Samaritano medica le ferite - ... e nel tuo perdono vivrò - Due potentissimi fasci di luce - Il sacerdote è per l’uomo: deve essere Cristo stesso - Ego te absolvo a peccatis tuis - La figura del confessore: dal Catechismo della Chiesa Cattolica - So che da ogni male Tu mi libererai “Tu mi libererai” - Sosta che rinfranca. Don Mario e Triggiano: Triggiano, il paese della Madonna della Croce. TERZO CAMMEO. La parrocchia: Il cristiano e la Parola - Qual era in fondo la preoccupazione di don Mario? - Preti indaffarati: la sostituzione della preghiera con l’azione - Lo vuoi? Te lo regalo. Vicario Episcopale per la pastorale: Chi mi separerà dall’amore di Cristo? - Don Mario morì sul campo - I programmi generali della Diocesi del 1992 e del 1993 - Anno pastorale 1993/94 - Le affermazioni conclusive nelle due note. QUARTO CAMMEO. Il trapasso: Finché avrò respiro, fino a quando Tu vorrai, fino al giorno che Tu sai - Vi do un consiglio: comprate da me oro purificato col fuoco, per diventare ricchi davvero (Ap 3,19) Io ti prego con il cuore, so che tu mi ascolterai - Un amico fedele: balsamo della nostra vita - Tu sei la mia vita, altro io non ho. Niente nella vita ci


PUBBLICAZIONI separerà - Spezza ancora il pane, come facesti un dì - In Cristo rifiorirà ogni speranza perduta.

La memoria di don Mario Dalesio, sacerdote della nostra Chiesa di Bari-Bitonto, dopo quasi diciassette anni dalla sua morte, è ancora una memoria viva in tanti di noi che l’abbiamo conosciuto, amato, apprezzato. Sembra ravvivata la commozione vissuta nella cattedrale di Bari l’8 settembre 1993, il giorno della “sua” messa esequiale. Potrebbe forse apparire strano: non ho provato “lutto” per la sua morte. Mi son sempre chiesto il perché. Credo che la sua luminosa “nuova vita” in Gesù Risorto l’abbia reso misteriosamente, ma "realmente" vicino. I vari ricordi della sua persona che affiorano nel cammino della vita, sono sempre fonte di serenità e di gratitudine. Il suo “ritratto” offerto da Ignazio Damiani, amico comune, è un dono per tutti. Seguiamone il percorso. Attorno alla persona e al ministero di don Mario si intersecano una serie di considerazioni e di annotazioni di diverso genere, da quelle storio-geografiche a quelle esistenziali e spirituali, che arrichiscono la trama dei ricordi di una molteplicità di elementi. Con questo metodo di scrittura, la personalità di don Mario prende progressivamente forma e i diversi temi del racconto, quasi fossero tasselli di un grande mosaico, si compongono in un quadro unitario che sapientemente unisce i ricordi personali ai fatti accaduti. A dire il vero, un precedente libro, a cura di Vito Angiuli e Michele Giorgio, pubblicato nel primo anniversario della morte di don Mario e stampato dalla stessa casa editrice nel 1994, aveva raccolto i suoi scritti pastorali e spirituali, offrendo così la possibilità di conoscere la sua ricca personalità umana e sacerdotale e la fecondità del suo ministero pastorale. Le riflessioni ivi contenute, infatti, rivelano la carica di umanità del cuore sacerdotale di Don Mario e richiamano i temi spirituali e pastorali a lui più cari. Ignazio Damiani conosce questi scritti, ma nel suo libro segue un’altra via, perché fonda tutta la sua scrittura sulla sua esperienza,

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essendo egli stato legato a don Mario da una profonda e lunga amicizia personale. Scavando nella sua memoria, egli riporta alla luce gli avvenimenti e i luoghi degli incontri avuti con don Mario, richiama le sue parole “forti e suadenti” impresse in modo indelebile nella sua mente e rivela i sentimenti di affettuosa amicizia sedimentati nel fondo dell’anima. Di volta in volta, l’Autore mette in luce gli aspetti caratterizzanti la personalità di don Mario: la delicatezza nel modo di avvicinare e trattare le persone che a lui si rivolgevano per un colloquio o per una confidenza; la capacità di intessere relazioni interpersonali, fraterne e paterne insieme, diventando così per tanti giovani e adulti un punto di riferimento insostituibile per la loro crescita umana e cristiana; la grande generosità nel non appartenersi e nel darsi a tutti senza riserve; la discrezione assoluta nel conservare le confidenze ricevute e, insieme, la capacità di infondere sempre fiducia e speranza. Insomma, si tratta di quell’insieme di virtù umane che il Concilio Vaticano II nell’Optatam totius considera come qualità indispensabili per l’esercizio del ministero pastorale. Ed è proprio questa capacità di vivere la propria vocazione sacerdotale nella linea del rinnovamento conciliare che è possibile leggere la vita e il ministero di don Mario. Intorno a questo tema, Ignazio Damiani racconta episodi dei quali egli è stato diretto testimone; avvenimenti che concorrono a delineare il ritratto di una persona che ha incarnato il modello sacerdotale proposto dal Concilio Vaticano II. Nel racconto, quasi come due perle dello stile sacerdotale conciliare, emergono due qualità di don Mario: la sua grande attitudine a costruire rapporti di comunione tra le persone e la sua spiccata sensibilità a promuovere la corresponsabilità dei laici. In un periodo nel quale questi valori sono continuamente richiamati come qualità indispensabili per l’esercizio del ministero, ripresentare una figura sacerdotale che li ha incarnati in modo luminoso è uno dei meriti che bisogna riconoscere all’Autore di questo libro al quale va tutto il mio personale ringraziamento per aver ripresentato alla nostra Chiesa locale una persona amata da tutti e a me particolarmente cara. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto


PUBBLICAZIONI

Nicola Bux

Gesù il Salvatore. Luoghi e tempi della sua venuta nella storia

Introduzione a Gesù il Salvatore. Luoghi e tempi della sua venuta nella storia di Nicola Bux Ed. Cantagalli, Siena 2009 Indice: Introduzione; I. L’origine di Gesù Cristo: 1. Tra Apocrifi e Vangeli – 2. La nascita e l’infanzia di Maria: La festa orientale della Concezione; II. Egli salverà il suo popolo: 1. Perché Nazaret - 2. L’annuncio a Maria e il sogno di Giuseppe: Il luogo del villaggio evangelico, Il santo Luogo dell’incarnazione, La santa Casa di Maria tra Nazaret e Loreto; III. La preparazione dell’avvento del Salvatore: 1. La visita di Maria e la nascita di Giovanni: I Misteri di Ein Karem, Chiesa della Visitazione, Chiesa di San Giovanni Battista, S. Atanasio: Lettera a Epitteto – 2. San Giovanni nel deserto – 3. Colui che ha preparato la via della salvezza: Il luogo del Battesimo del Signore al Giordano – 4. Il martirio a Macheronte in Transgiordania: La sepoltura e il culto a Samaria-Sebaste; IV. Non temete: è nato il Salvatore: 1. Perché Betlemme – 2. Il viaggio: La sosta di Maria – 3. Il censimento: La data del Natale, Annuncio di Natale (Kalenda) – 4. La Natività: La tradizione della Grotta, Dal Protovangelo di Giacomo – 5. L’annuncio dell’Angelo ai pastori: I campi dove pascolavano, Visione avuta da santa Brigida a Betlemme – 6. Le traversie della basilica: Il luogo oggi, Joseph Ratzinger: La porta stretta di Betlemme – 7. La santa Grotta: La mangiatoia, Le grotte adiacenti, La Grotta “del Latte” e la “casa” di san Giuseppe, La liturgia di Natale ieri e oggi; V. I miei occhi hanno mirato il Salvatore: 1. La festa della circoncisione e il nome di Gesù – 2. Gesù al Tempio e la profezia della redenzione – 3. I Magi venuti per adorarlo: Chi erano, “Vedemmo la sua stella”, La liturgia dell’Epifania, Paolo VI a Betlemme, gennaio 1964

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– 4. La strage degli innocenti: Chi era Erode – 5. La fuga in Egitto: La preghiera alla Vergine Maria; VI. Il ritorno a Nazaret: 1. San Giuseppe il giusto: La chiesa della Nutrizione – 2. Il pellegrinaggio al Tempio: Sefforis, dove Gesù lavorava e parlava greco – 3. I parenti del Signore; Nota bibliografica.

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Questo libro nasce dall’attrattiva di Gesù, contemplato in particolare nel mistero affascinante della sua infanzia. Dice santa Teresa d’Avila: «non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacralissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi. Ne ho fatto molte volte l’esperienza, e me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per quieta porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. È da lui, Signore nostro, che vengono tutti i beni. Egli ci istruirà. Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto»1. Tutti i santi hanno seguito la via di Gesù, molti hanno privilegiato la sua infanzia perché sacramento dell’eterna giovinezza di Dio: l’Unigenito, ci ha fatto conoscere Dio che nessuno aveva mai visto. Quanti santi sono raffigurati con Gesù bambino tra le braccia. Tommaso da Celano, al termine della descrizione del presepe di Greccio, annota che «il fanciullo Gesù era stato abbandonato alla dimenticanza nel cuore di molti, e per grazia di Dio fu risuscitato in costoro per mezzo del suo santo servo Francesco e fu impresso nella loro memoria amante»2. In Gesù è apparsa nel mondo la verità3 e la grazia apportatrice di salvezza per tutti gli uomini4. A qualcuno tutto questo potrà apparire incongruo con lo studio dei dati storici ed archeologici, ma l’Incarnazione è avvenuta nella storia e la storia non può prescindere da essa. A tal fine si menzionano in questo studio le reliquie e i luoghi santi trasferiti o riprodotti in Europa, che appartengono alle sue radici cristiane. Per farsi un’idea dell’infanzia di Gesù, è necessario tenere presenti i sobri

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Opuscolo Il libro della vita, cap. 22, 6. 1 Cel 86: FF 470. 3 Cfr Gv 1, 17. 4 Cfr Tit 2, 11. 2


PUBBLICAZIONI dati evangelici e la tradizione orale e scritta dei santi Padri e delle sacre liturgie che ancora oggi si celebrano in Terra Santa, ma anche gli apocrifi, i racconti e le meditazioni dei pellegrini antichi o recenti. Quando poi è dato di pellegrinare in quei luoghi santi, si comprende meglio la storicità dei fatti che hanno avuto al centro la persona divina di Gesù. Una lettera di Melitone vescovo di Sardi, riportata dal primo storico della Chiesa Eusebio di Cesarea, annota: «Recatomi dunque in Oriente, ho veduto i luoghi dove fu annunziato e si compì ciò che contiene la Scrittura»; e del vescovo Alessandro racconta: «Intraprese il viaggio dalla Cappadocia… alla volta di Gerusalemme per pregare e visitare i luoghi santi»5. Allo stesso modo si comportò Egeria, la celebre pellegrina del IV secolo, che con occhi semplici ha descritto i luoghi santi e nello stesso tempo ha osservato con stupore e meditato con amore i misteri che in essi si sono compiuti e continuano a compiersi. Tuttavia, san Massimo il Confessore s’interroga: «Ma il grande mistero dell’incarnazione divina rimane pur sempre un mistero. In effetti come può il Verbo, che con la sua persona è essenzialmente nella carne, essere al tempo stesso come persona ed essenzialmente tutto nel Padre? Così come può lo stesso Verbo, totalmente Dio per natura, diventare totalmente uomo per natura? E questo senza abdicare per niente né alla natura divina, per cui è Dio, né alla nostra, per cui è diventato uomo? Soltanto la fede arriva a questi misteri, essa che è la sostanza e la base di quelle cose che superano ogni comprensione della mente umana»6. Auguriamo a chi leggerà questo libro di potersi abbassare e passare per la ‘porta stretta’ come suggerisce Joseph Ratzinger 7: così ci si avvicina al mistero di Gesù Salvatore. Perché dei piccoli è il regno dei cieli.

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Historia ecclesiastica, IV, 26,14; VI, 11, 2. 500 Capitoli. Centuria 1, 13; PG 90, 1186. 7 Cfr il presente libro, pp. 83-85. 6

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Salvatore De Pascale

Viaggio nei 10 anni 1999-2009 Parrocchia S. Giuseppe Moscati in Triggiano

Prefazione di Salvatore De Pascale a Viaggio nei 10 anni 1999-2009 Litopress, Bari 2009

Indice: Introduzione, Decreto Costitutivo Parrocchia, Pensiero di Vincenzo Giannelli Diacono, Pensiero di don Paolo Bux, Saluto di don Salvatore, Le immagini, Verbale Assemblea Parr. 1996, Le immagini, L’Oratorio, Lettera aperta Halloween? No, thanks!, Le immagini, Primo Verbale C.P.P., Le immagini, Articolo Gazzetta sugli incidenti stradali, Le immagini, I Care, Le immagini, Pensiero del don su Santiago, Le immagini, Teriamik, Bozza Progetto Chiesa nuova, Le immagini, Messaggi Pastorali, Le immagini, Presepi e Altari del repositorio.

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Carissima famiglia parrocchiale, quando il 7 ottobre del 2002 con la benedizione di Sua Ecc.za mons. Francesco Cacucci facevo il mio primo ingresso in qualità di parroco di questa comunità, non avrei mai pensato che mi sarei ritrovato dopo 8 anni a scrivere queste righe in occasione del 10° anniversario di erezione canonica della nostra Parrocchia. «Grandi cose ha fatto in noi l’Onnipotente e Santo è il Suo Nome». Questi sono i miei sentimenti a distanza di tempo. È solo Grazia di Dio infatti, tutto quello che di buono insieme abbiamo costruito, pietra dopo pietra, nel corso di questi anni. Quello che invece abbiamo seminato male, per le nostre negligenze o incoerenze, lo affidiamo alla Misericordia di Dio perché abbia pietà di noi e ci perdoni. Le foto e gli scritti, corredo di questo libretto, non siano allora per noi motivo di vanto ma solo di riconoscenza nei confronti del Buon


PUBBLICAZIONI Dio che «tutto opera in colui che crede», consapevoli che «se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori». O mia amata famiglia, il meglio è sempre e comunque dinanzi a noi, perché il futuro é nelle mani di Dio. La nostra speranza ha un nome e un volto: si chiama Gesù. Siamo appena all’inizio della Sua costruzione spirituale per la nostra comunità. Buon lavoro a noi tutti e grazie di cuore per quello che siete e sarete per me.

Vostro don Salvatore

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Alberto D’Urso

Mons. Carmine De Palma eroe nel confessionale

Prefazione di Francesco Cacucci a Mons. Carmine De Palma eroe nel confessionale di mons. Alberto D’Urso

Indice: Prefazione; Cenni biografici; Anima sacerdotale; Sensibilità pastorale; La spiritualità benedettina; La pietà Eucaristica e il Ministero della Confessione; La preghiera e la devozione alla Madonna; La devozione a San Nicola; Allegato Testo della deposizione resa da Mons. Carmine De Palma al Processo Ordinario della Diocesi per la Beatificazione di Suor Elia di San Clemente; Bibliografia.

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«Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù». La bella espressione del santo Curato d’Ars, proposta quasi a mo’ di icona da papa Benedetto XVI nella lettera di indizione dell’Anno sacerdotale, può pienamente applicarsi al Servo di Dio mons. Carmine De Palma. Barese, presbitero di grande cultura e di grande spiritualità, di intensa attività pastorale, mons. De Palma ha segnato la storia della nostra Chiesa locale con la personalità, le sue virtù umane e cristiane, spendendosi fino alla fine per la cura delle anime, soprattutto nella direzione spirituale e nel sacramento della Riconciliazione. Dal suo confessionale sono passati presbiteri, consacrati e consacrate, laici senza numero. Della sua sapienza spirituale hanno potuto godere, tra gli altri, la beata Elia di San Clemente, la serva di Dio Bina Morfini, il servo di Dio Giovanni Modugno, la prof. Anna De Renzio, le figure di santità della Chiesa di Bari–Bitonto.


PUBBLICAZIONI Nei confronti di mons. De Palma la nostra Chiesa ha un debito che è difficile quantificare. Fu uomo di larga erudizione, ma anche di profonda umiltà, di tanti impegni pastorali, ma anche di intensa preghiera nello spirito benedettino, di doti meravigliose, ma anche di una grande riservatezza, di incarichi ufficiali, ma anche di assidua disponibilità al colloquio personale. Ho avuto la gioia di conoscerlo di persona e in altra occasione già ebbi a scrivere di lui: «Era l’uomo del silenzio, della fede e dell’amore profondo, della solitudine non vuota, dell’accoglienza paterna e dell’autentica comunione». Mons. De Palma è stato davvero "l’amore del cuore di Gesù". Da quando è stata introdotta la sua causa di beatificazione, la pubblicazione di alcuni suoi scritti ci da già dato la possibilità di conoscere l’anima sacerdotale, il cuore d’oro di mons. De Palma, la sua cultura, la sua particolare devozione a Maria e a san Nicola. Questa nuova pubblicazione ci propone, in agile libretto, la vita e la spiritualità di mons. De Palma, le sue virtù di sacerdote, di pastore di anime, la sua pietà eucaristica. Sono davvero grato a mons. Alberto D’Urso per questo lavoro, che nasce dalla grande venerazione, dal grande affetto che ha sempre avuto per mons. De Palma, per averne promosso la conoscenza, e non solo a Bari, grazie all’attività che egli segue come vice presidente nazionale dell’Unione Apostolica del Clero. Il mio auspicio è che il libretto possa contribuire, profittando anche dell’Anno sacerdotale che stiamo vivendo, a far crescere una spiritualità sacerdotale, non soltanto tra i presbiteri, ma anche tra i religiosi e i laici, popolo sacerdotale dell’unico vero sommo sacerdote, Cristo. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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NELLA PACE DEL SIGNORE Don Leonardo Cardetta

Don Vito Leonardo Cardetta è nato a Bari il 9 ottobre 1945 ed è stato ordinato presbitero il 12 luglio 1970. È tornato alla casa del Padre il 21 aprile 2010. Le esequie sono state celebrate da S.E. l’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci il 22 aprile 2010 nella chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore in Gioia del Colle. Don Leonardo è stato il dono più prezioso di quest’anno sacerdotale. Un dono per la Chiesa e una testimonianza della vitalità del sacramento dell’Ordine che il 12 luglio 1970 lo ha reso sacerdote. La forza dello Spirito Santo si è resa presente in lui nell’efficacia del ministero sacerdotale. In questi ultimi mesi, come se nulla si fosse mai interrotto, ha espresso la pienezza della sua personalità umana e sacerdotale, la sua cultura sconfinata, un senso pratico attento e originale e soprattutto ha diffuso in mezzo a noi la sua felicità: tutti se ne sono accorti! Grazie per essere ritornato: e anche negli anni in cui lo abbiamo percepito lontano, in realtà è stato spinto dal bisogno di essere di aiuto al caro e venerato fratello Vito. Hanno percorso, insieme, infinite strade. Ha sofferto tanto per la sua morte: ora lo immaginiamo accanto a lui a camminare incontro al Signore. Fonti inesauribili del suo sacerdozio sono state l’Eucaristia e la

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Parola di Dio. L’Eucaristia che ha offerto ogni giorno in comunione con Cristo al Padre, nel silenzio della sua casa. La Parola di Dio di cui è stato un appassionato studioso e divoratore. Parola ed Eucaristia lo hanno sostenuto e accompagnato. Lo hanno tutti sperimentato vedendolo trepidante nel presiedere la celebrazione eucaristica e autorevole nell’insegnamento omiletico. Ha amato il suo paese, Gioia del Colle, le tradizioni, le persone, le pietre scolpite del centro storico, ma soprattutto la sua parrocchia S. Maria Maggiore: la chiesa madre. Lo ricordiamo zelante viceparroco nella parrocchia S. Lucia in Gioia del Colle e docente appassionato di religione presso la scuola media Losapio e come rettore della chiesa di S. Domenico. Molti giovani sacerdoti lo hanno conosciuto per le belle lettere di auguri che scriveva in occasione dell’ordinazione presbiterale: erano cariche di affetto, fraternità sacerdotale e incoraggiamento a intraprendere il cammino del sacerdozio. Ringraziamo don Leonardo per la sua testimonianza di coraggio a tornare in mezzo al popolo a cui il Signore lo aveva affidato e avere aperto il suo cuore al vescovo e al presbiterio, e particolarmente ai sacerdoti delle parrocchie di Gioia del Colle che lo hanno accolto con delicatezza e cura. Grazie don Leonardo per essere stato il dono più prezioso di questo anno sacerdotale.

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NELLA PACE DEL SIGNORE

Don Carlo Fiore Nasce a Gioia del Colle il 23 aprile 1926, secondogenito di cinque figli. Nel pieno della seconda guerra mondiale, all’età di tredici anni, entra nel seminario di Bari, dove frequenta le scuole medie e il ginnasio.Trasferitosi a Roma, partecipa assiduamente alle attività della parrocchia della Mercede, retta dai religiosi “Mercedari”, che con la parola e l’esempio segnano spiritualmente la vita di don Carlo sino alla chiamata al sacerdozio. Nonostante la salute malferma, completa gli studi teologici a Macerata, dove il 29 giugno 1968 viene ordinato sacerdote. Dopo l’ordinazione viene nominato parroco nella chiesa S. Maria degli Angeli a S. Gabriele dell’Addolorata, in provincia di Teramo. Dopo tre anni di ministero in Abruzzo, viene accolto da mons. Enrico Nicodemo nella diocesi di Bari, dove svolge il suo servizio pastorale a Mola, dapprima nella parrocchia S. Nicola, e in seguito nella parrocchia Maria SS. del Rosario. Dal 1971 al 1991 svolge con passione e dedizione l’incarico di insegnante di religione presso l’Istituto professionale “Luigi Santarella” di Bari, riscuotendo l’apprezzamento di tutto il corpo docente e del Provveditore agli studi. Nel 1996 ritorna a Gioia del Colle dove svolge il suo ministero presso la parrocchia S. Lucia, e in seguito nella parrocchia Immacolata, con l’incarico di rettore della chiesa del Crocifisso. Dal 2006 ha offerto il suo prezioso contributo alla parrocchia S. Vito Martire, sempre in Gioia del Colle. Con grande gioia, per quello che la sua precaria condizione di salute gli consentiva, si è reso disponibile a servire la comunità attraverso la celebrazione dell’Eucaristia e soprattutto del sacramento della Confessione. Il 29 giugno 2008 S.E. mons. Cacucci celebrava la solenne liturgia di ringraziamento per il 40° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Carlo, che particolarmente commosso rinnovava la sua la

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sua fedele adesione alla chiamata del Signore. Da allora la salute è lentamente peggiorata rendendogli impossibile la celebrazione della Messa: ciò nonostante rimaneva disponibile a ricevere in casa quanti volevano un consiglio o un incontro. Durante la visita pastorale a novembre 2009 gioiva commosso per la presenza dell’Arcivescovo che lo incontrava in casa: don Carlo garantiva l’offerta delle sue sofferenze per il bene dell’intera comunità diocesana e in particolare per tutti i sacerdoti. Lasciava questo mondo il 30 aprile 2010. Nella liturgia funebre, svoltasi il 2 maggio presso la parrocchia S. Vito Martire, l’Arcivescovo accoglieva la sua testimonianza sacerdotale presentandola come offerta a Dio gradita.

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DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Marzo 2010

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- Al pomeriggio, presso la chiesa di Maria SS. del Carmine in Bari vecchia, celebra la S. Messa e successivamente, nell’aula “Mons. Enrico Nicodemo”, presiede la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze religiose “Odegitria”, relatore il prof. Giorgio Otranto. - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa nella solennità di Maria SS. di Costantinopoli con la partecipazione dei vicariati I, III, VI e XII. - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati VII, X e XI. - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del vicariato episcopale territoriale Bitonto-Palo del Colle e i vicariati II e VIII. - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati IV, V e IX. - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per il 175° anniversario di fondazione della Congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo. - Al mattino, presso la parrocchia S. Enrico in Bari, celebra la S. Messa per il 50° anniversario di fondazione della parrocchia. Successivamente, presso il santuario S. Fara in

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Bari, celebra la S. Messa per il Convegno regionale degli Istituti secolari (C.I.S.). Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la consacrazione nell’Ordo viduarum. Alla sera, in Mola di Bari, presiede l’inizio degli esercizi spirituali cittadini per i giovani. Al pomeriggio, visita la zona industriale di Modugno e successivamente, presso l’Oratorio S, Giovanni Bosco in Modugno, presiede l’incontro interparrocchiale in preparazione alla Visita pastorale. Al mattino, nella parrocchia Maria SS. Annunziata in Modugno, celebra la S. Messa per la festa di Maria SS. Addolorata e successivamente incontra l’amministrazione comunale nell’ambito della Visita pastorale alla città. Alla sera, presso la sede della Biblioteca “G. Ricchetti” in Bari, partecipa alla celebrazione del 90° anniversario della fondazione della Biblioteca. Visita pastorale alla parrocchia Maria SS. Annunziata in Modugno. Alla sera, nell’aula magna “Attilio Alto” del Politecnico di Bari, incontra gli studenti sul tema: “Educazione ai mass media: un’emergenza”. Al mattino, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa per le Interforze, in preparazione alle festività pasquali. Al pomeriggio, presso la parrocchia S. Luca in Bari, inaugura il nuovo campo sportivo. Alla sera, in Cattedrale, guida la catechesi per la comunità parrocchiale. Visita pastorale alla parrocchia S. Agostino in Modugno. Al mattino, presso Villa Romanazzi Carducci, porta il saluto al convegno del Rotary Club. A Roma, partecipa alla riunione del Consiglio Permanente della CEI. Al pomeriggio, presso il Pontificio Seminario Regionale pugliese Pio XI in Molfetta, celebra la S. Messa nel primo anniversario della morte di mons. Antonio Ladisa e presiede la cerimonia di intitolazione dell’aula magna del Seminario al compianto Rettore.


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- Al mattino, presso l’Ufficio regionale del Catasto nel Palazzo delle Finanze in Bari, celebra la S. Messa in preparazione alle festività pasquali. - Al pomeriggio, in Contrada Copiana in Bari, partecipa alla cerimonia in occasione del decimo anniversario di fondazione del Villaggio Aurora. - Alla sera, nella Basilica di S. Nicola, partecipa a un incontro sulla pastorale familiare. - Al pomeriggio, presiede presso l’Arcivescovado l’incontro con i giornalisti e celebra la S. Messa in preparazione alle festività pasquali. - Al mattino, sul sagrato della chiesa della SS. Trinità e dei SS. Medici in Bari vecchia, benedice i rami di ulivo, quindi si reca processionalmente in Cattedrale, dove celebra la S. Messa della Domenica delle Palme. - Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, presiede il ritiro del clero. - Alla sera, presso la parrocchia S. Carlo Borromeo in Bari, celebra la S. Messa e benedice le nuove campane. - Alla sera, presso il Seminario Arcivescovile, celebra la S. Messa per l’ammissione al diaconato e al presbiterato dei seminaristi Alessandro D’Angelo, Alfredo Gabrielli, Nicola Simonetti e Gerri Zaccaro, e al diaconato permanente dei sigg. Carlo Benito Errico e Donato Lippolis. - Al mattino, presso la Curia arcivescovile, scambia gli auguri pasquali con i collaboratori della Curia.

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Al mattino, in Cattedrale, celebra la Messa crismale. Alla sera, in Cattedrale, celebra la Messa “in coena Domini”. - Successivamente partecipa all’adorazione del SS. Sacramento. 2 - Al mattino, in Cattedrale, presiede l’Ufficio delle Letture. - Alla sera, in Cattedrale, presiede la celebrazione della Passione del Signore. - Successivamente, in Bitonto, partecipa alla processione del Venerdì santo. 3 - Al mattino, in Cattedrale, presiede l’Ufficio delle Letture. - Alla sera, in Cattedrale, presiede la Veglia Pasquale. 4 - Al mattino, nella Concattedrale di Bitonto, celebra la S. Messa del giorno di Pasqua. 8 - Al mattino, in Cattedrale, concelebra la S. Messa con S.E. mons. Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta, in occasione del pellegrinaggio della sua diocesi sulle orme di sant’Anselmo. - Al pomeriggio, nella cattedrale di Otranto, partecipa, come conconsacrante, alla concelebrazione eucaristica per l’ordinazione episcopale di S.E. mons. Vincenzo Pisanello, nuovo vescovo di Oria. 9 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la consacrazione nell’Ordo virginum. 11 - Al mattino, celebra la S. Messa presso la chiesa dell’Annunziata nella fraz. Monte Sannace in Gioia del Colle. - Al pomeriggio, presso la parrocchia S. Marcello in Bari, presiede un incontro di spiritualità familiare. 12 - Alla sera, presso la Casa del clero in Bari, incontra i membri del Serra Club. 13 - Alla sera, presso l’Oasi S. Martino in Bari, incontra i diaconi permanenti. 15-18 - Visita pastorale alla parrocchia SS. Apostoli in Modugno.


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Alla sera, presso la parrocchia S. Ciro in Bari, celebra la S. Messa per l’ordinazione diaconale di Pietro Tanzi. 20 - Al mattino, presso il Pontificio Seminario Regionale Pio XI in Molfetta, presiede la riunione della Conferenza Episcopale Pugliese. - Alla sera, presso la sede dell’Azione cattolica diocesana, incontra la Presidenza di A.C. 21 - Al mattino, presso la Casa del clero in Bari, partecipa all’incontro del prof. Franco Miano, presidente nazionale di A. C., con i sacerdoti diocesani. - Alla sera, presso l’aula magna “Attilio Alto” del Politecnico di Bari, partecipa all’Assemblea diocesana del laicato: relatore il prof. Franco Miano, presidente nazionale di A.C., sul tema “Educazione integrale della persona e comunità cristiana”. 22 - Presso la parrocchia S. Maria Maggiore in Gioia del Colle, celebra le esequie di don Leonardo Cardetta. 22-25 - Visita pastorale alla parrocchia S. Ottavio in Modugno. 26 - Alla sera, presso la parrocchia S. Marco in Bari, presiede i vespri e incontra la comunità parrocchiale. 27 - Al mattino, presso il santuario del Beato Giacomo in Bitetto, celebra la S. Messa per la festa del Titolare. - Alla sera, presso l’Istituto “S. Maria De Mattias” in Bari Carbonara, partecipa alla presentazione del volume di Ignazio Damiani Quattro cammei per un ritratto. Don Mario Dalesio. 28-29 - Presso il Salone degli Affreschi nel Palazzo Ateneo di Bari, partecipa ai lavori del IX Convegno nazionale della Società Italiana per la Bioetica e i Comitati etici sul tema: “La sofferenza umana tra fragilità, solitudine e speranza”, relatore S.Em. il card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. 30 - Al mattino, presso la Casa del clero, presiede i lavori del Consiglio Presbiterale diocesano. - Alla sera, presso la parrocchia S. Maria Assunta in Binetto, celebra la S. Messa per l’intitolazione del quartiere a “S. Giuseppe artigiano”.

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BOLLETTINO DIOCESANO

l’Odegitria

Anno LXXXVI n. 2

Bollettino Diocesano

2-2010

Arcidiocesi di Bari - Bitonto • Largo S. Sabino, 7 • 70122 Bari Arcivescovado: Tel.: 080 5214166 Curia Metropolitana: Tel.: 080 5288111 Fax: 080 5244450 • 080 5288250 www.arcidiocesibaribitonto.it • e-mail: curia@odegitria.bari.it

Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 Spedizione in abbonamento postale comma 20/c art. 2 L. 662/96 Filiale di Bari

Marzo - Aprile 2010


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