Bollettino Diocesano Gennaio-Marzo 2016

Page 1


BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria

Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto


BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 ANNO XCII - N. 1 - Gennaio - Febbraio - Marzo 2016 Redazione e amministrazione: Curia Arcivescovile Bari-Bitonto P.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450 www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: curia@odegitria.bari.it Direttore responsabile: Giuseppe Sferra Direttore: Gabriella Roncali Redazione: Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea, Bernardino Simone, Francesco Sportelli Gestione editoriale e stampa: Ecumenica Editrice scrl - 70123 Bari - Tel. 080.5797843 - Fax 080.2170009 www.ecumenicaeditrice.it - info@ecumenicaeditrice.it


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA USNIVERSALE OMMARIO

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE MAGISTERO PONTIFICIO Discorso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana Messaggio per la L Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: “Comunicazione e misericordia: un inconto fecondo” Discorso ai Missionari della Misericordia

7 11 15

DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti Decreto “in Missa in Coena Domini”

19

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Consiglio Permanente Comunicato finale dei lavori della sessione invernale (Roma, 25-27 dicembre 2015)

21

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Omelia nella ordinazione episcopale di S.E. Mons. Luigi Renna, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano Saluto all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese

29 33

VICARIATO GENERALE La visita dell’Arcivescovo ai vicariati Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso La preghiera e la conversione del cuore nel movimento ecumenico Riflessioni sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

37

43

CURIA METROPOLITANA Cancelleria Sacre ordinazioni e decreti

51

5


Settore Presbiteri. Ufficio Presbiteri Le salde “fondamenta” della fede. Formazione del clero a Venezia

53

Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico Incontro di formazione dei catechisti

57

Settore Carità. Caritas Diocesana Il Centro di ascolto “San Giuseppe Moscati” della parrocchia Sacro Cuore di Bari Progetto “Convivialità delle differenze”. Uno spazio familiare dove vivere la genitorialità ‘liberata’ dalle sbarre del carcere Settore Carità. Ufficio Migrantes Non è poi così difficile

61

63 65

TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE Relazione del Vicario Giudiziale don Pasquale Larocca Relazione di S.E. mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto

69 81

PUBBLICAZIONI

105

NELLA PACE DEL SIGNORE Don Gaetano Tomanelli

109

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Gennaio 2016 Febbraio 2016 Marzo 2016

6

111 113 117


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso in occasione dell’inaugurazione del Tribunale della Rota Romana

Cari fratelli, vi do il mio cordiale benvenuto, e ringrazio il Decano per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro. Il ministero del Tribunale Apostolico della Rota Romana è da sempre ausilio al Successore di Pietro, affinché la Chiesa, inscindibilmente connessa con la famiglia, continui a proclamare il disegno di Dio Creatore e Redentore sulla sacralità e bellezza dell’istituto familiare. Una missione sempre attuale, ma che acquista particolare rilevanza nel nostro tempo. Accanto alla definizione della Rota Romana quale Tribunale della famiglia1, vorrei porre in risalto l’altra prerogativa, che cioè essa è il Tribunale della verità del vincolo sacro. E questi due aspetti sono complementari. La Chiesa, infatti, può mostrare l’indefettibile amore misericordioso di Dio verso le famiglie, in particolare quelle ferite dal peccato e 1

PIO XII, Allocuzione alla Rota Romana del 1° ottobre 1940: «L’Osservatore Romano», 2 ottobre 1940, p. 1.

7


8

dalle prove della vita, e insieme proclamare l’irrinunciabile verità del matrimonio secondo il disegno di Dio. Questo servizio è affidato primariamente al Papa e ai Vescovi. Nel percorso sinodale sul tema della famiglia, che il Signore ci ha concesso di realizzare nei due anni scorsi, abbiamo potuto compiere, in spirito e stile di effettiva collegialità, un approfondito discernimento sapienziale, grazie al quale la Chiesa ha – tra l’altro – indicato al mondo che non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione. Con questo stesso atteggiamento spirituale e pastorale, la vostra attività, sia nel giudicare sia nel contribuire alla formazione permanente, assiste e promuove l’opus veritatis. Quando la Chiesa, tramite il vostro servizio, si propone di dichiarare la verità sul matrimonio nel caso concreto, per il bene dei fedeli, al tempo stesso tiene sempre presente che quanti, per libera scelta o per infelici circostanze della vita2, vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa. La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità3. Come affermò il beato Paolo VI, la Chiesa ha sempre rivolto «uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi. Per mezzo del matrimonio e della famiglia Iddio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale. O per meglio dire: Dio ha voluto rendere partecipi gli sposi del suo amore: dell’amore personale che Egli ha per ciascuno di essi e per il quale li chiama ad aiutarsi e a donar2 «Forse tutto questo flagello ha un nome estremamente generico, ma in questo caso tragicamente vero, ed è egoismo. Se l’egoismo governa il regno dell’amore umano, ch’è appunto la famiglia, lo avvilisce, lo intristisce, lo dissolve. L’arte di amare non è così facile come comunemente si crede. A insegnarla l’istinto non basta. La passione ancor meno. Il piacere neppure» (G.B. MONTINI, Lettera pastorale all’arcidiocesi ambrosiana all’inizio della Quaresima del 1960). 3 Cfr PIO XI, Lett. enc. Casti connubii, 31 dicembre 1930: AAS 22 (1930), 541.


MAGISTERO PONTIFICIO si vicendevolmente per raggiungere la pienezza della loro vita personale; e dell’amore che Egli porta all’umanità e a tutti i suoi figli, e per il quale desidera moltiplicare i figli degli uomini per renderli partecipi della sua vita e della sua felicità eterna»4. La famiglia e la Chiesa, su piani diversi, concorrono ad accompagnare l’essere umano verso il fine della sua esistenza. E lo fanno certamente con gli insegnamenti che trasmettono, ma anche con la loro stessa natura di comunità di amore e di vita. Infatti, se la famiglia si può ben dire “chiesa domestica”, alla Chiesa si applica giustamente il titolo di famiglia di Dio. Pertanto «lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa: così il cristianesimo deve apparire, e così deve essere. È scritto a chiare lettere: “Voi che un tempo eravate lontani – dice san Paolo – […] non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19). La Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio»5. E proprio perché è madre e maestra, la Chiesa sa che, tra i cristiani, alcuni hanno una fede forte, formata dalla carità, rafforzata dalla buona catechesi e nutrita dalla preghiera e dalla vita sacramentale, mentre altri hanno una fede debole, trascurata, non formata, poco educata, o dimenticata. È bene ribadire con chiarezza che la qualità della fede non è condizione essenziale del consenso matrimoniale, che, secondo la dottrina di sempre, può essere minato solo a livello naturale (cfr CIC, can. 1055 § 1 e 2). Infatti, l’habitus fidei è infuso nel momento del Battesimo e continua ad avere influsso misterioso nell’anima, anche quando la fede non è stata sviluppata e psicologicamente sembra essere assente. Non è raro che i nubendi, spinti al vero matrimonio dall’instinctus naturae, nel momento della celebrazione abbiano una coscienza limitata della pienezza del progetto di Dio, e solamente

4

PAOLO VI, Discorso alle partecipanti al XIII Congresso Nazionale del Centro Italiano Femminile, 12 febbraio 1966: AAS 58 (1966), 219. San Giovanni Paolo II nella Lettera alle famiglie affermava che la famiglia è via della Chiesa: «la prima e la più importante» (Gratissimam sane, 2 febbraio 1994, 2: AAS 86 [1994], 868). 5 Catechesi nell’udienza generale del 7 ottobre 2015.

9


dopo, nella vita di famiglia, scoprano tutto ciò che Dio Creatore e Redentore ha stabilito per loro. Le mancanze della formazione nella fede e anche l’errore circa l’unità, l’indissolubilità e la dignità sacramentale del matrimonio viziano il consenso matrimoniale soltanto se determinano la volontà (cfr CIC, can. 1099). Proprio per questo gli errori che riguardano la sacramentalità del matrimonio devono essere valutati molto attentamente. La Chiesa, dunque, con rinnovato senso di responsabilità continua a proporre il matrimonio, nei suoi elementi essenziali – prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità, sacramentalità6 –, non come un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli battezzati. E perciò, a maggior ragione, l’urgenza pastorale, che coinvolge tutte le strutture della Chiesa, spinge a convergere verso un comune intento ordinato alla preparazione adeguata al matrimonio, in una sorta di nuovo catecumenato – sottolineo questo: in una sorta di nuovo catecumenato – tanto auspicato da alcuni Padri sinodali7. Cari fratelli, il tempo che viviamo è molto impegnativo sia per le famiglie, sia per noi pastori che siamo chiamati ad accompagnarle. Con questa consapevolezza vi auguro buon lavoro per il nuovo anno che il Signore ci dona. Vi assicuro la mia preghiera e conto anch’io sulla vostra. La Madonna e san Giuseppe ottengano alla Chiesa di crescere nello spirito di famiglia e alle famiglie di sentirsi sempre più parte viva e attiva del popolo di Dio. Sala Clementina, venerdì, 22 gennaio 2016 Francesco 10

6

Cfr AUGUSTINUS, De bono coniugali, 24, 32; De Genesi ad litteram, 9, 7, 12. «Questa preparazione al matrimonio, noi pensiamo, sarà agevolata, se la formazione d’una famiglia sarà presentata alla gioventù, e se sarà compresa da chi intende fondare un proprio focolare come una vocazione, come una missione, come un grande dovere, che dà alla vita un altissimo scopo, e la riempie dei suoi doni e delle sue virtù. Né questa presentazione deforma o esagera la realtà» (G.B. MONTINI, Lettera pastorale all’arcidiocesi ambrosiana, cit.). 7


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Messaggio per la L Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

“Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo”

Cari fratelli e sorelle, l’Anno Santo della Misericordia ci invita a riflettere sul rapporto tra la comunicazione e la misericordia. In effetti la Chiesa, unita a Cristo, incarnazione vivente di Dio Misericordioso, è chiamata a vivere la misericordia quale tratto distintivo di tutto il suo essere e il suo agire. Ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti. L’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e a non isolarsi. E se il nostro cuore e i nostri gesti sono animati dalla carità, dall’amore divino, la nostra comunicazione sarà portatrice della forza di Dio. Siamo chiamati a comunicare da figli di Dio con tutti, senza esclusione. In particolare, è proprio del linguaggio e delle azioni della Chiesa trasmettere misericordia, così da toccare i cuori delle persone e sostenerle nel cammino verso la pienezza della vita, che Gesù Cristo, inviato dal Padre, è venuto a portare a tutti. Si tratta di accogliere in noi e di diffondere intorno a noi il calore della Chiesa Madre, affinché Gesù sia conosciuto e amato; quel calore che dà sostanza alle parole della fede e che accende nella predicazione e nella testimonianza la “scintilla” che le rende vive. La comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro

11


12

e l’inclusione, arricchendo così la società. Com’è bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia. Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli. E questo sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale. Pertanto, parole e azioni siano tali da aiutarci ad uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni, e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio. La parola del cristiano, invece, si propone di far crescere la comunione e, anche quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione. È auspicabile che anche il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto. Faccio appello soprattutto a quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato. È facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio. Ci vuole invece coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia [...] Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,7.9). Come vorrei che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio. Lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore. È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando la cattiveria e l’ingiustizia di certi comporta-


MAGISTERO PONTIFICIO menti, al fine di liberare le vittime e sollevare chi è caduto. Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che «la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Questa verità è, in definitiva, Cristo stesso, la cui mite misericordia è la misura della nostra maniera di annunciare la verità e di condannare l’ingiustizia. È nostro precipuo compito affermare la verità con amore (cfr Ef 4,15). Solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa. Alcuni pensano che una visione della società radicata nella misericordia sia ingiustificatamente idealistica o eccessivamente indulgente. Ma proviamo a ripensare alle nostre prime esperienze di relazione in seno alla famiglia. I genitori ci hanno amato e apprezzato per quello che siamo più che per le nostre capacità e i nostri successi. I genitori naturalmente vogliono il meglio per i propri figli, ma il loro amore non è mai condizionato dal raggiungimento degli obiettivi. La casa paterna è il luogo dove sei sempre accolto (cfr Lc 15,11-32). Vorrei incoraggiare tutti a pensare alla società umana non come ad uno spazio in cui degli estranei competono e cercano di prevalere, ma piuttosto come una casa o una famiglia dove la porta è sempre aperta e si cerca di accogliersi a vicenda. Anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi. L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale. Prego che l’Anno Giubilare vissuto nella misericordia «ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione» (Misericordiae vultus, 23). Anche

13


in rete si costruisce una vera cittadinanza. L’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità che va rispettata. La rete può essere ben utilizzata per far crescere una società sana e aperta alla condivisione. Dal Vaticano, 24 gennaio 2016 Francesco

14


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso ai Missionari della Misericordia

Cari fratelli sacerdoti, con grande piacere vi incontro, prima di darvi il mandato di essere Missionari della Misericordia. È questo un segno di speciale rilevanza perché caratterizza il Giubileo, e permette in tutte le Chiese locali di vivere il mistero insondabile della misericordia del Padre. Essere Missionario della Misericordia è una responsabilità che vi viene affidata, perché vi chiede di essere in prima persona testimoni della vicinanza di Dio e del suo modo di amare. Non il nostro modo, sempre limitato e a volte contraddittorio, ma il suo modo di amare, il suo modo di perdonare, che è appunto la misericordia. Vorrei offrirvi alcune brevi riflessioni, perché il mandato che riceverete possa essere compiuto in maniera coerente e come un concreto aiuto per le tante persone che si accosteranno a voi. Prima di tutto desidero ricordarvi che in questo ministero siete chiamati ad esprimere la maternità della Chiesa. La Chiesa è Madre perché genera sempre nuovi figli nella fede; la Chiesa è Madre perché nutre la fede; e la Chiesa è Madre anche perché offre il perdono di Dio, rigenerando a una nuova vita, frutto della conversione. Non possiamo correre il rischio che un penitente non percepisca la presenza materna della Chiesa che lo accoglie e lo ama. Se venisse meno questa percezione, a causa della nostra rigidità, sarebbe un danno grave in primo luogo per la fede stessa, perché impedirebbe al penitente di vedersi inserito nel Corpo di Cristo. Inoltre, limiterebbe molto il suo sentirsi parte di una comunità. Noi invece siamo chiamati ad essere espressione viva della Chiesa che come madre

15


16

accoglie chiunque si accosta a lei, sapendo che attraverso di lei si è inseriti in Cristo. Entrando nel confessionale, ricordiamoci sempre che è Cristo che accoglie, è Cristo che ascolta, è Cristo che perdona, è Cristo che dona pace. Noi siamo suoi ministri; e per primi abbiamo sempre bisogno di essere perdonati da Lui. Pertanto, qualunque sia il peccato che viene confessato – o che la persona non osa dire, ma lo fa capire, è sufficiente – ogni missionario è chiamato a ricordare la propria esistenza di peccatore e a porsi umilmente come “canale” della misericordia di Dio. E vi confesso fraternamente che per me è una fonte di gioia il ricordo di quella confessione del 21 settembre del ’53, che ha riorientato la mia vita. Cosa mi ha detto il prete? Non ricordo. Ricordo solo che mi ha fatto un sorriso e poi non so cosa è successo. Ma è accogliere come padre… Un altro aspetto importante è quello di saper guardare al desiderio di perdono presente nel cuore del penitente. È un desiderio frutto della grazia e della sua azione nella vita delle persone, che permette di sentire la nostalgia di Dio, del suo amore e della sua casa. Non dimentichiamo che c’è proprio questo desiderio all’inizio della conversione. Il cuore si rivolge a Dio riconoscendo il male compiuto, ma con la speranza di ottenere il perdono. E questo desiderio si rafforza quando si decide nel proprio cuore di cambiare vita e di non voler peccare più. È il momento in cui ci si affida alla misericordia di Dio, e si ha piena fiducia di essere da Lui compresi, perdonati e sostenuti. Diamo grande spazio a questo desiderio di Dio e del suo perdono; facciamolo emergere come vera espressione della grazia dello Spirito che provoca alla conversione del cuore. E qui mi raccomando di capire non solo il linguaggio della parola, ma anche quello dei gesti. Se qualcuno viene da te e sente che deve togliersi qualcosa, ma forse non riesce a dirlo, ma tu capisci… e sta bene, lo dice così, col gesto di venire. Prima condizione. Seconda, è pentito. Se qualcuno viene da te è perché vorrebbe non cadere in queste situazioni, ma non osa dirlo, ha paura di dirlo e poi non poterlo fare. Ma se non lo può fare, ad impossibilia nemo tenetur. E il Signore capisce queste cose, il linguaggio dei gesti. Le braccia aperte, per capire cosa c’è dentro quel cuore che non può venire detto o detto così… un po’ è la vergogna… mi capite. Voi ricevete tutti con il linguaggio con cui possono parlare. Vorrei, infine, ricordare una componente di cui non si parla molto,


MAGISTERO PONTIFICIO ma che è invece determinante: la vergogna. Non è facile porsi dinanzi a un altro uomo, pur sapendo che rappresenta Dio, e confessare il proprio peccato. Si prova vergogna sia per quanto si è compiuto, sia per doverlo confessare a un altro. La vergogna è un sentimento intimo che incide nella vita personale e richiede da parte del confessore un atteggiamento di rispetto e incoraggiamento. Tante volte la vergogna ti fa muto e… Il gesto, il linguaggio del gesto. Fin dalle prime pagine la Bibbia parla della vergogna. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, l’autore sacro annota subito: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero delle cinture» (Gen 3,7). La prima reazione di questa vergogna è quella di nascondersi davanti a Dio (cfr Gen 3,8-10). C’è anche un altro brano della Genesi che mi colpisce, ed è il racconto di Noè. Tutti lo conosciamo, ma raramente ricordiamo l’episodio in cui egli si ubriacò. Noè nella Bibbia è considerato un uomo giusto; eppure non è senza peccato: il suo essersi ubriacato fa comprendere quanto anch’egli fosse debole, al punto da venir meno alla propria dignità, fatto che la Scrittura esprime con l’immagine della nudità. Due dei suoi figli però prendono il mantello e lo coprono perché ritorni nella dignità di padre (cfr Gen 9,18-23). Questo brano mi fa dire quanto importante sia il nostro ruolo nella confessione. Davanti a noi c’è una persona “nuda”, e anche una persona che non sa parlare e non sa che cosa dire, con la sua debolezza e i suoi limiti, con la vergogna di essere un peccatore, e tante volte di non riuscire a dirlo. Non dimentichiamo: dinanzi a noi non c’è il peccato, ma il peccatore pentito, il peccatore che vorrebbe non essere così, ma non ci riesce. Una persona che sente il desiderio di essere accolta e perdonata. Un peccatore che promette di non voler più allontanarsi dalla casa del Padre e che, con le poche forze che si ritrova, vuole fare di tutto per vivere da figlio di Dio. Dunque, non siamo chiamati a giudicare, con un senso di superiorità, come se noi fossimo immuni dal peccato; al contrario, siamo chiamati ad agire come Sem e Jafet, i figli di Noè, che presero una coperta per mettere il proprio padre al riparo dalla vergogna. Essere confessore secondo il cuore di Cristo equivale a coprire

17


18

il peccatore con la coperta della misericordia, perché non si vergogni più e possa recuperare la gioia della sua dignità filiale, e possa anche sapere dove si ritrova. Non è, dunque, con la clava del giudizio che riusciremo a riportare la pecorella smarrita all’ovile, ma con la santità di vita che è principio di rinnovamento e di riforma nella Chiesa. La santità si nutre di amore e sa portare su di sé il peso di chi è più debole. Un missionario della misericordia porta sulle proprie spalle il peccatore, e lo consola con la forza della compassione. E il peccatore che va lì, la persona che va lì, trova un padre. Voi avete sentito, anch’io ho sentito, tanta gente che dice: “No, io non ci vado mai, perché sono andato una volta e il prete mi ha bastonato, mi ha rimproverato tanto, o sono andato e mi ha fatto domande un po’ oscure, di curiosità”. Per favore, questo non è il buon pastore, questo è il giudice che forse crede di non aver peccato, o è il povero uomo malato che con le domande è incuriosito. Ma a me piace dire ai confessori: se tu non te la senti di essere padre, non andare al confessionale, è meglio, fai un’altra cosa. Perché si può fare tanto male, tanto male ad un’anima se non viene accolta con cuore di padre, col cuore della Madre Chiesa. Alcuni mesi fa parlavo con un saggio cardinale della Curia Romana sulle domande che alcuni preti fanno nella confessione e lui mi ha detto: “Quando una persona incomincia e io vedo che vuol buttar fuori qualcosa, e me ne accorgo e capisco, le dico: Ho capito! Stia tranquilla!”. E avanti. Questo è un padre. Vi accompagno in questa avventura missionaria, dandovi come esempi due santi ministri del perdono di Dio, san Leopoldo e san Pio, insieme a tanti altri sacerdoti che nella loro vita hanno testimoniato la misericordia di Dio. Loro vi aiuteranno. Quando sentirete il peso dei peccati a voi confessati e la limitatezza della vostra persona e delle vostre parole, confidate nella forza della misericordia che a tutti va incontro come amore e che non conosce confini. E dire come tanti santi confessori: “Signore, io perdono, mettilo sul mio conto!”. E vai avanti. Vi assista la Madre della Misericordia e vi protegga in questo servizio così prezioso. Vi accompagni la mia benedizione; e voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Sala Regia, martedì 9 febbraio 2016 Francesco


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti

Decreto “in Missa in Coena Domini”

La riforma della Settimana santa, con decreto Maxima Redemptionis nostrae mysteria (30 novembre 1955), diede la facoltà, dove lo consigliava un motivo pastorale, di compiere la lavanda dei piedi a dodici uomini durante la Messa nella cena del Signore, dopo la lettura del Vangelo secondo Giovanni, quasi a manifestare rappresentativamente l’umiltà e l’amore di Cristo verso i suoi discepoli. Nella liturgia romana, tale rito era tramandato col nome di Mandatum del Signore sulla carità fraterna secondo le parole di Gesù (cfr Gv 13,34), cantate nell’antifona durante la celebrazione. Nel compiere tale rito, vescovi e sacerdoti sono invitati a conformarsi intimamente a Cristo che «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mt 20,28) e, spinto da un amore «fino alla fine» (Gv 13,1), dare la vita per la salvezza di tutto il genere umano. Per manifestare questo pieno significato del rito a quanti partecipano, è parso bene al Sommo Pontefice Francesco mutare la norma che si legge nelle rubriche del Missale Romanum (p. 300 n. 11): «Gli uomini prescelti vengono accompagnati dai ministri…», che deve essere quindi variata nel modo seguente: «I prescelti tra il popolo di Dio vengono accompagnati dai ministri…» (e di conseguenza nel Caeremoniale Episcoporum n. 301 e n. 299 b: «le sedie per i designati»), così che i pastori possano scegliere un gruppetto di fedeli che rappresenti la varietà e l’unità di ogni porzione del popolo di Dio. Tale gruppetto può constare di uomini e donne, e conveniente-

19


mente di giovani e anziani, sani e malati, chierici, consacrati, laici. Questa Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, in vigore delle facoltà concesse dal Sommo Pontefice, introduce tale innovazione nei libri liturgici del Rito Romano, ricordando ai pastori il loro compito di istruire adeguatamente sia i fedeli prescelti sia gli altri, affinché partecipino al rito consapevolmente, attivamente e fruttuosamente. Nonostante qualsiasi cosa in contrario. Dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti 6 gennaio 2016, solennità dell’Epifania del Signore. Robert Card. Sarah Prefetto + Arthur Roche Arcivescovo Segretario

20


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA I TALIANA

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Consiglio Permanente

Comunicato finale dei lavori della sessione invernale (Roma, 25-27 gennaio 2016)

L’identità propria e unica dell’istituto matrimoniale, la richiesta di politiche familiari consistenti ed efficaci, la condivisione per l’umiliazione dei giovani esclusi dal lavoro e degli adulti che l’hanno perso, le condizioni di povertà e di solitudine provate da tante persone, la persecuzione dei cristiani e di altre minoranze, il dramma dei migranti e la riduzione dell’impegno condiviso dell’accoglienza: attorno ai temi della prolusione del card. Angelo Bagnasco – arcivescovo di Genova e presidente della CEI – si è sviluppato il lavoro del Consiglio Episcopale Permanente, riunito a Roma dal 25 al 27 gennaio 2016. Nelle parole dei vescovi è stato riaffermato l’impegno a continuare una pastorale di prossimità a chi è nella fatica, oltre all’incoraggiamento perché non venga meno la fiducia. Nel solco dell’eredità spirituale del Convegno ecclesiale di Firenze – e, in particolare, del discorso del Santo Padre e dell’esperienza sinodale – il confronto ha aiutato a mettere a fuoco alcune priorità in vista di un’agenda condivisa: famiglia, scuola e poveri, terreno di quella missionarietà che trova nell’educazione la propria finalità. La volontà di valorizzare gli orientamenti contenuti nell’Evangelii gaudium è emersa anche a fronte del processo in corso di secolarizzazione, per arrivare all’individuazione e all’assunzione di nuove

21


forme di presenza testimoniale e di azione pastorale. In questa chiave, il Consiglio Permanente ha affrontato le proposte per un rilancio del Progetto culturale. Una comunicazione specifica è stata offerta in merito alla riforma del processo matrimoniale canonico, rispetto alla quale i vescovi hanno espresso la piena condivisione per le ragioni che hanno ispirato il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus di Papa Francesco. Il Consiglio Permanente ha approvato i nuovi parametri per l’edilizia di culto per il triennio 2016-2018 e ha esaminato gli statuti di associazioni di fedeli. Infine, ha provveduto anche ad alcune nomine, fra le quali quella di membri di Commissioni episcopali e del presidente e dei membri del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani.

Famiglia, misura di civiltà

22

Le difficoltà e le prove della famiglia – e insieme la sua bellezza, centralità e unicità – sono state ampiamente sottolineate dai vescovi, a ripresa e approfondimento dei contenuti offerti nella prolusione del card. Bagnasco. Negli interventi si è espressa la consapevolezza della missione ecclesiale di dover annunciare il vangelo del matrimonio e della famiglia, difendendo l’identità della sua figura naturale, i cui tratti sono recepiti nella stessa Carta costituzionale. L’equiparazione in corso tra matrimonio e unioni civili – con l’introduzione di un’alternativa alla famiglia – è stata affrontata all’interno della più ampia preoccupazione per la mutazione culturale che attraversa l’Occidente. Sul piano delle nuove povertà, il Consiglio Permanente si è fatto interprete di una Chiesa vicina alla gente, della quale non ha esitato a farsi voce: ecco le famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, molte delle quali si trovano a non saper soddisfare nemmeno i bisogni primari; ecco la piaga della disoccupazione, per affrontare la quale non bastano i richiami alla solidarietà, ma serve una nuova, forte imprenditorialità e un welfare di comunità; ecco la preoccupazione per l’inverno demografico, la richiesta di maggior sostegno per i diritti dei figli – a partire dal concepimento – e la denuncia per l’assenza di politiche familiari efficaci.


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA A livello “geografico”, due le sottolineature di fondo: la necessità di superare il divario tra Nord e Sud con un investimento non assistenziale, ma strategico nel Meridione – condizione imprescindibile per la ripresa economica del Paese – assicurando anche una maggiore presenza dello Sato e un sostegno a quanti lottano per la legalità; la valorizzazione del Mediterraneo, sia nella prospettiva dello sviluppo in chiave europea, sia – sul fronte delle migrazioni – quale ponte per entrare in dialogo con le Chiese del Nord Africa, in vista di una cultura non dell’emergenza, ma dell’accoglienza.

Firenze, un convenire che continua Il confronto ha permesso ai vescovi di mettere a fuoco alcune indicazioni volte a continuare il cammino ecclesiale sulla scorta dell’esperienza del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze. Corale è risuonato il ringraziamento per la cordiale accoglienza di cui la Chiesa e la città si sono fatte interpreti, a partire dal generoso servizio dei volontari. Nel solco degli Orientamenti pastorali del decennio, l’attenzione del Consiglio Permanente si è concentrata sulle condizioni per dare vita a un nuovo umanesimo, a un annuncio di fede che non si fermi sul piano delle formule, ma giunga a illuminare le domande di senso che attraversano l’esistenza umana. A Firenze – è stato da tutti ricordato – Papa Francesco ha affidato alla Chiesa italiana per i prossimi anni il compito di «avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare disposizioni, specialmente su tre o quattro priorità». Almeno in parte, tali priorità sono emerse già nelle stesse parole del Santo Padre, relative al primato della carità e alla presenza pubblica della Chiesa. In ordine di un’agenda condivisa, il Consiglio Permanente ha rimarcato innanzitutto la centralità dei poveri, quindi l’impegno per una famiglia che sia maggiormente soggetto politico, attenta a costruire alleanze con la scuola e la comunità. La missionarietà – nell’orizzonte della sfida

23


educativa – è stata indicata come il cuore di un dinamismo e il fondamento di un umanesimo compiuto. Nella prospettiva dei vescovi, tali ambiti necessitano di essere assunti a partire dalle esigenze del territorio, per avviare processi che contribuiscano a risposte nel tessuto quotidiano. Sulla scia del Convegno – e della stessa tradizione ecclesiale – si intende guardare allo stile e alla pratica della sinodalità, quale metodo con cui rinnovare gli organismi di partecipazione, rendendoli sempre più luoghi di comunione, discernimento e progettazione pastorale, aperti al dialogo con le diverse anime della società. La Segreteria generale sta predisponendo un sussidio che, nella luce dell’esperienza del Convegno, consenta di approfondirne il significato teologico e il valore ecclesiale.

Lievito nella cultura e nella società

24

L’importanza di valorizzare gli orientamenti contenuti nella Evangelii gaudium è emerso anche dalla disanima che il Consiglio Permanente ha fatto del cambiamento culturale ed etico in atto nel Paese. Senza indulgere a lamentele o a disfattismo, i vescovi si sono lasciati interrogare dal persistere di una religiosità diffusa, che spesso però non si esprime in senso ecclesiale e non porta a una reale vita cristiana. Dalla cultura tramandata di ieri – che ha delineato i tratti di un cristianesimo di popolo – ci si trova a misurarsi con la sfida di proporre l’esperienza di fede nelle circostanze inedite del tempo presente. In tempi nei quali la stessa visione dell’uomo e la prassi etica non hanno più una forma comune e condivisa, si avverte l’impossibilità di accontentarsi di una pastorale di conservazione, per aiutarsi a individuare – sulla scia dell’insegnamento del Papa – nuove forme di presenza testimoniale e di azione. In questa chiave il Consiglio Permanente ha affrontato le proposte per un rilancio del Progetto culturale orientato in senso cristiano, secondo formule che consentano di evitare ogni autoreferenzialità. Al riguardo, si è sottolineata la necessità di un raccordo tra l’anima accademica e quella pastorale, in modo che i risultati della ricerca intellettuale possano essere condivisi e il dialogo interno ed esterno sia coltivato nell’ottica della missione della Chiesa e della vita credente.


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA La riforma del processo matrimoniale canonico Giusta semplicità e celerità dei processi, accessibilità e vicinanza fisica e morale delle strutture ecclesiastiche, gratuità – per quanto possibile – delle procedure per le parti e centralità dell’ufficio del vescovo: le finalità della legge di riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, stabilite dal Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus di Papa Francesco, hanno incontrato la convinta adesione di tutto il Consiglio Permanente. I suoi membri hanno, in particolare, riconosciuto l’opportunità che nell’attuazione di detta riforma siano ricercate a livello di Regione ecclesiastica soluzioni condivise in merito all’impiego, all’eventuale ricollocazione e alla giusta retribuzione degli operatori impegnati nei tribunali ecclesiastici. La Conferenza Episcopale Italiana assicura l’impegno a valutare l’entità e le condizioni del proprio contributo economico perché sia attuato il principio della giustizia e della gratuità delle procedure. Verrà, quindi, modificata – in sede di Assemblea generale – la normativa CEI sul regime amministrativo ed economico dei tribunali.

Verso il Congresso Eucaristico Nazionale Dal 15 al 18 settembre 2016 si celebrerà a Genova il XXVI Congresso Eucaristico Nazionale, che ha per tema L’Eucaristia sorgente della missione: «Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro». L’appuntamento si colloca all’interno dell’Anno giubilare che il Santo Padre ha indetto per invitare ad aprirsi al dono della misericordia di Dio, sorgente di ogni rinnovamento personale e comunitario. Ai membri del Consiglio Permanente è stato presentato un programma di massima delle giornate, unitamente a un documento teologico-pastorale, che – sulla scorta del testo della Preghiera eucaristica IV – aiuta a contemplare la santità misericordiosa di Dio che viene incontro a ogni uomo e a riscoprire la ricchezza della celebra-

25


zione eucaristica per la vita ecclesiale. Indica, inoltri, alcuni aspetti del rapporto tra Eucaristia e trasformazione missionaria delle comunità cristiane e individua gli ambiti della vita sociale in cui l’Eucaristia impegna a una rinnovata testimonianza. Sono stati, quindi, annunciati alcuni sussidi pastorali, che offriranno – tra l’altro – schemi per le catechesi e l’adorazione come per la preghiera in famiglia. Mentre le diocesi stanno completando l’individuazione dei delegati a cui affidare il coinvolgimento delle Chiese particolari, si avverte l’importanza di sensibilizzare tutte le comunità affinché si sentano coinvolte in una rinnovata esperienza di Dio. A tale scopo è stata condivisa ai vescovi anche la bozza di un Messaggio al popolo di Dio, nell’intenzione – una volta approvato – di diffonderlo in maniera capillare. Nuovi parametri per l’edilizia di culto Il Consiglio Permanente ha approvato le tabelle parametriche dei costi per la costruzione di nuovi edifici di culto. Valide per il triennio 2016-1018, sono state aggiornate applicando un incremento percentuale pari all’1%, considerato adeguato alle previsioni medie dell’indice ISTAT. Varie

26

Su indicazione della Congregazione per i vescovi, entro la fine d’agosto 2016 le Conferenze Episcopali regionali sono invitate a far pervenire alla Segreteria generale della CEI il parere circa un progetto di riordino delle diocesi. Entro il 10 marzo la stessa Congregazione ha chiesto di conoscere come i vescovi vivano l’emeritato, come anche di poter raccogliere suggerimenti in vista di una eventuale ulteriore riflessione. Infine, i presidenti delle Conferenza Episcopali regionali sono invitati a far pervenire le osservazioni e le proposte relative agli Istituti diocesani per il sostentamento del clero. Nomine Nel corso dei lavori, il Consiglio Episcopale Permanente ha provveduto alle seguenti nomine:


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA – Membro della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi: S.E. mons. Guglielmo BORGHETTI (Albenga-Imperia). – Membro della Commissione Episcopale per il servizio della carità e la salute: S.E. mons. Francesco SAVINO (Cassano all’Jonio). – Membro della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo: S.E. mons. Gerardo ANTONAZZO (Sora–Cassino–Aquino–Pontercorvo). – Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani: S.E. Mons. Filippo SANTORO (Taranto), presidente; prof. Mauro MAGATTI, segretario; Membri: S.E. mons. Marco ARNOLFO (Vercelli); S.E. mons. Angelo SPINILLO (Aversa); p. Francesco OCCHETTA, S.J., suor Alessandra SMERILLI, F.M.A., prof. Leonardo BECCHETTI, prof. Flavio FELICE, dott. Sergio GATTI, dott. Claudio GENTILI, prof. Franco MIANO, prof. Giuseppe NOTARSTEFANO. – Coordinatore nazionale della pastorale dei cattolici albanesi in Italia: don Pasquale FERRARO (Roma). – Assistente ecclesiastico nazionale del Movimento di Impegno Educativo di Azione Cattolica (MIEAC): don Michele PACE (Andria). – Assistente ecclesiastico nazionale della Branca Esploratori/Guide dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): don Andrea MEREGALLI (Milano). – Assistente ecclesiastico nazionale per la Formazione capi dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): don Paolo GHERRI (Reggio Emilia–Guastalla). – Presidente della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia: dott. Francesco ANTONETTI. Nella riunione del 25 gennaio 2016, la Presidenza ha rinnovato la composizione del Consiglio nazionale della scuola cattolica, che risulta ora così formato: a) membri designati dai rispettivi organismi: – per la CISM: fra Onorino ROTA, F.M.S.; – per l’USMI: suor Anna Monia ALFIERI, F.M.A. - per la FISM: don Aldo BASSO (Mantova); dott.ssa Biancamaria GIRARDI; dott.ssa Lucia STOPPINI; dott. Antonio TRANI; prof. Redi Sante DI POL; dott. Giannino ZANFISI;

27


– per la FIDAE: p. Francesco Beneduce, S.J.; suor Maria Grazia TAGLIAVINI, P.P.F.F.; padre Vitangelo Carlo Maria DENORA, S.J.; prof. Francis Contessotto; – per la CONFAP: suor Lauretta VALENTE; – per l’AGESC: dott. Giancarlo FRARE; b) membri di diritto: – S.E. mons. Mariano CROCIATA, presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università; – Prof. Ernesto DIACO, direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università; – prof. Sergio CICATELLI, direttore del Centro Studi per la scuola cattolica; – dott. Luigi MORGANO, segretario nazionale FISM; – prof.ssa Virginia KALADICH, presidente nazionale FIDAE; – dott. Roberto GONTERO, presidente nazionale AGESC; – padre Francesco CICCIMARRA, B., presidente nazionale AGIDAE; – dott. Flavio VENTURI, presidente nazionale CONFAP; c) membri di libera nomina: – don Filippo MORLACCHI (Roma); dott.ssa Paola VACCHINA; dott. Antonio QUONDAMSTEFANO; avv. Marco MASI; don Guglielmo MALIZIA, S.D.B.

28

La Presidenza della CEI ha inoltre provveduto alle seguenti nomine: – Consiglio di amministrazione della Fondazione di religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena: S.E. mons. Nunzio GALANTINO, segretario generale della CEI, presidente; Membri: S.E. mons. Carlo CIATTINI, vescovo di Massa Marittima-Piombino; S.E. mons. Maurizio GERVASONI, vescovo di Vigevano; S.E. mons. Ernesto MANDARA, vescovo di Sabina-Poggio Mirteto; don Rocco PENNACCHIO, economo della CEI. – Collegio dei revisori dei conti della Fondazione di religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena: prof. Guido PAOLUCCI, presidente; dott. Salvatore MILETTA, membro effettivo; dott. Massimo PERINI, membro effettivo; mons. Giuseppe BATURI, sottosegretario CEI, membro supplente. – Presidente della Commissione Nazionale Valutazione Film (CNVF): don Davide MILANI (Milano). Roma, 29 gennaio 2016


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

MAGISTERO E AMTTIAGISTERO DELL’ARCIVESCOVO PONTIFICIO Omelia nell’ordinazione episcopale di S.E. Mons. Luigi Renna Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano (Andria, 2 gennaio 2016)

Carissimo don Luigi, e voi tutti qui presenti, partecipi dell’unico popolo di Dio, la chiamata di Dio è un atto creatore. Dio conosce «le creature ancor prima che esistano», dice la preghiera dell’ordinazione episcopale. Quante volte, nel tuo ministero di educatore nei Seminari hai ripetuto che la vocazione, la chiamata di Dio è creatrice e la creazione è sempre progressiva. Oggi, il Prologo di San Giovanni, questa perla del Vangelo, quasi apertura di una mirabile opera musicale, ti rilancia verso nuovi orizzonti e ti coinvolge nella sua melodia. La prima creazione, chiaramente evocata dall’evangelista, raggiunge in Cristo la nuova creazione. Particolarmente tu, questa sera, ne sei al centro. In Cristo, suggerisce san Paolo, il Padre «ti ha scelto prima della creazione del mondo […] predestinandoti […] secondo il disegno d’amore della sua volontà». Alla chiamata, la risposta. La darai tra breve, assumendo gli impegni episcopali; una risposta generosa che ti deve rassicurare circa la vocazione da parte di Dio all’episcopato. La risposta è parte integrante della vocazione e ne assicura l’autenticità. Parecchie volte lo hai ripetuto, prima degli ordini sacri, ai giovani del Seminario di Molfetta, da te saggiamente guidati: «Dio che ha iniziato in te la sua opera, la porti a compimento».

29


30

Il Prologo di Giovanni affonda le sue radici nella Sapienza. Con la sua Sapienza, l’Altissimo ha posto le tue radici nella Chiesa locale di Andria, popolo glorioso, segnato dalla vita di santi pastori, come mons. Di Donna, e ti accompagna nella nuova «porzione del Signore» di Cerignola-Ascoli Satriano. È la tua nuova eredità. Veni, creator Spiritus, stiamo per invocare. In pieno clima natalizio, festa di luce, oggi contempliamo con l’apostolo «il Padre della gloria» che «illumina gli occhi del tuo cuore». Sant’ Agostino commenta l’espressione: «E il Verbo si fece carne» con «Ci ha guarito gli occhi». Il Vescovo è, secondo la Tradizione più antica, una fiaccola che risplende. Anzi, nel corpo mistico di Cristo, assume la funzione degli occhi, come custode che vigila sulle sorti del popolo a lui affidato. Accende lumen sensibus, continueremo a cantare nell’inno. La luce degli occhi si espande per l’intero corpo della Chiesa. Non aveva detto Gesù: «Lampada del corpo è l’occhio» (Mt 6,22)? Gli occhi della Chiesa: questo sei chiamato ad essere, cioè maestro di verità con la Parola che illumina. Il libro dei Vangeli aperto sul tuo capo, dopo l’imposizione delle mani, è un ulteriore simbolo dello scendere e posarsi dello Spirito invocato su di te. Con la consegna dei Vangeli riceverai un vero e proprio mandato come prolungamento della missione apostolica illuminatrice. Secondo l’uso più antico, il giorno indicato per l’ordinazione episcopale è la domenica. Perché? Perché, come successore degli apostoli, il Vescovo viene ordinato nello stesso giorno in cui gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo. La grazia episcopale è la continuazione del mistero della Pentecoste. Per questo l’invocazione dello Spirito Santo su di te è il punto culminante della preghiera di ordinazione e di tutto il rito. Tutto tende ad essa: il mistico gesto dell’imposizione delle mani, il silenzio denso di preghiera «in corde propter descensionem Spiritus». Invocheremo poi il Padre, che conosce «i segreti dei cuori», perché ti conceda di esercitare degnamente il tuo nuovo ministero. Innanzitutto ti conceda di pascere il suo santo gregge. Sarai dunque guida che ama, custodisce, veglia, salva. Gesù, l’unico «grande Pastore», ti affida la missione di pascere tutte le sue pecore. Ti aiuti in questo Giovanni evangelista che rivive direttamente nell’ultima cena, in modo molto audace, l’immagine del Figlio che è


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO nel seno del Padre. Come lui, in ogni Eucaristia che celebrerai, ti chinerai sul petto di Gesù (cfr Gv 13,24). Da oggi, come Giovanni, amerai di più il Signore e ti sentirai da Lui più amato. Avvertirai la sopravvivenza dell’apostolo in te, suo successore. Caro don Luigi, hai tanto amato il sacerdozio in tutta la tua vita. Tanti seminaristi, sacerdoti, vescovi si sono raccolti intorno a te. L’unzione del capo, facendoti «partecipe del sommo sacerdozio di Cristo», corona il tuo cammino ministeriale. I presbiteri, in particolare, d’ora in poi riceveranno dalla pienezza del tuo sacerdozio e del tuo ministero. E noi, vescovi della Chiesa di Dio, ti accogliamo nella comunione episcopale. Attraverso il nostro ministero è Dio stesso che agisce. Il dono viene direttamente da Lui. Intercedono per te il Venerabile mons. Giuseppe Di Donna, il Servo di Dio don Tonino Bello e il Venerabile don Antonio Palladino. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto Andria (Palazzetto dello Sport), 2 gennaio 2016

Conconsacranti: Mons. Raffaele Calabro, vescovo di Andria. Mons. Felice Di Molfetta, Amministratore Apostolico di Cerignola-Ascoli Satriano.

31



D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Saluto all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese (Bari, 13 febbraio 2016)

Un cordiale saluto a tutti voi, che avete gentilmente accolto l’invito a partecipare all’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese. Il mio deferente pensiero va alle Autorità civili e militari presenti, sempre così attente alla vita della comunità ecclesiale in tutte le sue articolazioni. La sintonia istituzionale che si realizza e si consolida nel tempo sul territorio è motivo di speranza affinché il bene comune sia perseguito, tutelato e affermato come espressione autentica delle rispettive responsabilità. Un cordiale benvenuto rivolgo ai rappresentanti del Tribunale Ec-clesiastico di Appello di Benevento. Conosco il rapporto di collaborazione intenso e fruttuoso che, nel tempo, cresce e si rinsalda con sempre maggiore armonia. I fedeli che si rivolgono ai nostri Tribunali non possono che trovare giovamento in questa sinergia di intenti e di azione. Saluto altresì i rappresentanti del Tribunale di Albania, che appella alla Puglia, così come gli ospiti degli altri Tribunali Ecclesiastici regionali. Esprimo particolare gratitudine a S.E. mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, insigne teologo e saggio pastore, cui mi lega antica e sincera amicizia. La sua esperienza sinodale, narrata in questa sede, sarà la più compiuta espressione di quella sintonia tra diritto e pastorale così intensamente auspicata dai Padri sinodali e felicemente confluita nella recente riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, promulga-

33


34

ta dal Santo Padre ed entrata in vigore nel dicembre scorso. Attraverso il solenne Atto pontificio tutta la Chiesa è stata chiamata a riflettere sulla peculiarità del ministero giudiziale in essa esercitato. I Vescovi, in particolare, sono stati invitati dal Pontefice a condividere con il Successore degli Apostoli «il potere delle chiavi per compiere nella Chiesa l’opera di giustizia e verità». Papa Francesco, in linea con i predecessori e nel solco dell’antichissima tradizione giuridica della Chiesa, nelle premesse al documento di riforma, ha evidenziato che «questa suprema e universale potestà, di legare e di sciogliere qui in terra, afferma, corrobora e rivendica quella dei Pastori delle Chiese particolari, in forza della quale essi hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di giudicare i propri sudditi». È importante sottolineare che il Papa ritorna più volte, nel Motu Proprio appena emanato, sul grande valore della salvezza delle anime (norma di sistema del vigente Codice di Diritto canonico) e sulla «necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo». Questo duplice riferimento, più volte espresso dal Pontefice, è sufficiente a fugare ogni dubbio sulla serietà e sul rigore che il processo matrimoniale canonico conserva anche nell’attuale normativa. Equipararlo, come taluno ha fatto, al cosiddetto “divorzio breve”, significa non aver compreso lo spirito e la lettera della recente riforma pontificia. Anzi, proprio in questa linea, mi permetto di applicare ad ogni Tribunale ecclesiastico quanto il Pontefice ha affermato nella recente allocuzione alla Rota Romana: «Accanto alla definizione della Rota Romana quale Tribunale della famiglia, vorrei porre in risalto l’altra prerogativa, che cioè essa è il Tribunale della verità del vincolo sacro. E questi due aspetti sono complementari». I Vescovi pugliesi, così come quelli delle altre Conferenze Episcopali italiane, si sono più volte e attentamente confrontati sul come realizzare al meglio gli intenti della recente legge di Papa Francesco. Attraverso un dialogo franco e costruttivo è emerso con chiarezza che, per quanto attiene alla dimensione strettamente giudiziale, l’attuale Tribunale Ecclesiastico Regionale, sulla scorta della pluridecennale esperienza e competenza maturate fin dal lontano 1939 (anno della sua istituzione) è in grado di assolvere opportunamente l’impegno affidatoci dal Supremo Legislatore. È per tale ragione che, con nota del 7 dicembre scorso, i Vescovi pugliesi, a norma del can. 1673 §2 del Mitis Iudex Dominus Iesus hanno confermato a questo Tribunale


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO le facoltà giudiziarie per la nostra Regione. Ciò, facendo appello a motivazioni di carattere pastorale, storico e di prudente economia generale, in riferimento al tessuto specifico e alla consolidata esperienza regionale (in analogia con il Seminario Regionale e la Facoltà Teologica Pugliese). In tale direzione si stanno orientando la maggior parte delle Conferenze Episcopali Regionali italiane. Al Vicario giudiziale è stato dato mandato di elaborare criteri di attuazione concreta della legge processuale, uniformando ad essa il Regolamento del Tribunale. Si tratta di una nuova fase nella storia processuale canonica che comporterà pazienza e saggezza, soprattutto nell’iniziale periodo di attuazione. Sono convinto che i giudici ecclesiastici pugliesi rispetteranno questi indirizzi. Contemporaneamente, ogni singola diocesi sta approntando una struttura stabile ove accogliere fedeli separati o divorziati, al fine di orientarli, qualora ne ricorrano le condizioni, ad intraprendere la via giudiziaria. Il solenne Atto inaugurale che oggi insieme celebriamo, oltre ad essere un rito ormai consolidato negli anni, mi dà la possibilità di esprimere sincera gratitudine a quanti, con discrezione e laboriosità, operano per il bene dei fedeli. L’impegno di tutti gli operatori del nostro Tribunale sarà illustrato dal Vicario giudiziale, don Pasquale Larocca, il quale con competenza e scrupolo accompagna e presiede efficacemente il lavoro di una struttura complessa ben articolata. A lui e a tutti gli operatori della giustizia ecclesiastica, il mio personale e grato plauso, anche a nome di tutti i confratelli dell’Episcopato pugliese. Mentre rinnovo il mio ringraziamento per la qualificata presenza, auguro a tutti buon ascolto. Bari, 13 febbraio 2016 + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto Moderatore del TERP

35



D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

VICARIATO GENERALE La Visita dell’Arcivescovo ai vicariati

Il 26 febbraio 2016 si è conclusa la visita pastorale dell’Arcivescovo ai tredici vicariati della diocesi, una visita iniziata il 13 gennaio c.a. Come da programma ormai collaudato da vari anni, al mattino l’Arcivescovo, accompagnato dal Vicario generale, mons. Domenico Ciavarella, e dal Vicario episcopale per i presbiteri, di recente nomina, don Vittorio Borracci, ha incontrato i sacerdoti e i diaconi e, alla sera, dopo la concelebrazione eucaristica o la recita dei vespri (solo in un vicariato), il Consiglio Pastorale Vicariale, allargato ai Consigli Pastorali Parrocchiali. Nella mattinata, la riflessione è stata introdotta dalla lettura di un articolo del card. Godfried Danneels circa la vita interiore e spirituale dei sacerdoti, “per tenersi in quota” (titolo dato dal Vicario episcopale). L’articolo evidenziava tre punti nella vita del presbitero: l’usura di sé, la preghiera e la fraternità presbiterale. Qualche pensiero tratto dai tre punti. Circa l’usura di sé: «A furia di preoccuparci dei mezzi da mettere in opera per essere buoni preti, rischiamo di dimenticare Colui che solo ci rende buoni preti: lo Spirito di Dio». Circa la preghiera: «La preghiera deve essere pianificata nell’agenda. Non può ridursi a qualche “buco” nel ritmo della propria vita. … Programmare i propri tempi di preghiera è darsi un ritmo quotidiano, settimanale, mensile (annuale) … Pregare è entrare nel combattimento spirituale in cui si alternano la presenza e l’assenza

37


38

di Dio … La parrocchia ha diritto a un uomo di Dio e alla sua preghiera … L’accompagnamento spirituale dei preti è importante». Circa, infine, la fraternità presbiterale: «Essere con gli altri aiuta a sostenersi reciprocamente … Occorre ritrovare il bisogno del presbiterio … Ebbene, la fraternità deve riformare l’agenda e imporre la sua priorità … abbiamo il dovere di stato di aiutarci a vicenda e lottare contro l’isolamento». I presbiteri e i diaconi (una presenza questa pressoché totale in ogni vicariato) hanno espresso innanzitutto gratitudine per l’argomento scelto, preferendolo a quello pastorale, e, nei loro interventi, hanno con semplicità comunicato la loro esperienza di vita spirituale. L’attivismo, si è detto, è un pericolo costante nella vita del presbitero, che si lascia facilmente coinvolgere dai numerosi impegni nella comunità, portando stanchezza e spossatezza fisica, a danno della vita spirituale. Subentrano, poi, nell’attività del presbitero l’individualismo e l’accentramento, non tenendo in debita considerazione il ruolo prezioso del laicato, al quale affidare vari compiti. Si avverte la fatica a volte di trovare il tempo per pregare; si sperimenta come la stessa preghiera non cessa di essere un combattimento (agonia) interiore. Si rende necessario recuperare nella vita sacerdotale la dimensione dello Spirito, gestire il tempo e darsi una regola di vita, con approfondimento personale della Parola di Dio. Fa anche bene il raccontarsi la propria esperienza, come sta già avvenendo in alcuni vicariati durante i ritiri spirituali (ai preti piace più parlare di pastorale che di vita spirituale!). Molto possono aiutare in questo le comunità di religiosi presenti nei vicariati (oltre l’accoglienza che varie comunità religiose offrono ai sacerdoti per la consumazione dei pasti). Un principio di fondo è stato ribadito con chiarezza: la nostra spiritualità è fondata sul ministero, per cui va molto di più riscoperta la preghiera di intercessione per il proprio popolo. I presbiteri più giovani, infine, hanno raccontato il disagio, che essi provano, nel passaggio dalla vita del Seminario alla responsabilità personale: dal tutto organizzato e strutturato al tutto da organizzare! Una nota a questo riguardo: la necessità dell’accompagnamento spirituale dei preti. Si parla tanto, all’interno del presbiterio. della vita di comunione, nella pratica invece si fa fatica. I sacerdoti, si è detto, nella maggioranza, non sono allenati a stare insieme, ma apprezzano coloro che


VICARIATO GENERALE già vivono questa esperienza. In diocesi, infatti, sono già presenti: con vita in comune, il Centro pastorale “Giovanni Modugno” in Bitonto, la Casa del clero a Bari, la Fraternità sacerdotale “San Sabino” presso la Cattedrale di Bari; gruppi di spiritualità sacerdotale, l’Istituto secolare sacerdotale “S. Cuore di Gesù”, la Fraternità sacerdotale Jesus Caritas; gruppi di sacerdoti che si incontrano periodicamente, o mensilmente come l’Unione Apostolica del Clero, o settimanalmente come avviene in alcuni comuni della diocesi. Emerge la necessità dell’osmosi generazionale tra sacerdoti giovani e quelli anziani e, a tale riguardo, non mancano iniziative già in atto: la settimana di formazione annuale, dove partecipano sacerdoti di varie età, la visita dei preti del biennio ai vari vicariati della diocesi. In appendice, l’Arcivescovo ha presentato e dato la parola al dott. Franco Jacobellis, vice direttore dell’Ufficio Amministrativo Diocesano (UAD) e a don Francesco Micunco, responsabile dell’Ufficio Beni Culturali. Il primo ha esordito affermando che «l’UAD si pone come organo di servizio sia all’Ordinario sia agli Enti Ecclesiastici soggetti alla sua giurisdizione (parrocchie, confraternite…). In particolare, ha continuato, l’Ufficio svolge le seguenti funzioni di supporto all’Ordinario: – istruisce le pratiche per il rilascio di autorizzazioni ad atti di straordinaria amministrazione (contratti, acquisti, permute, donazioni e alienazioni di beni mobili e immobili ecc.); – vigila sull’amministrazione degli enti, esamina i rendiconti ed i bilanci e cura che gli enti siano dotati del Consiglio di Amministrazione; – coadiuva l’Ordinario e gli enti ecclesiastici a lui soggetti, in tutto ciò che riguarda l’adeguamento liturgico, la conoscenza, la tutela, la valorizzazione e l’incremento dei beni culturali ecclesiastici e dell’arte sacra; – mantiene i contatti e collabora con la Soprintendenza e con gli altri organismi delle Pubbliche Amministrazioni competenti in materia di beni culturali; – sovrintende alla programmazione, realizzazione e sviluppo dell’edilizia di culto (in tutte le sue tappe e le sue relazioni con la Conferenza Episcopale Italiana, con gli enti pubblici e con i privati).

39


40

A questo fine, l’Ufficio si articola in tre sezioni, alle quali corrispondono distinte aree di attività: Tecnica, Legale, Beni Culturali. Per quanto riguarda il servizio agli enti ecclesiastici (parrocchie, confraternite, ecc), la sezione Tecnica fornisce supporto di consulenza per l’impostazione delle pratiche di carattere catastale, tecnico-edilizio, per le stime di costi e modalità di intervento. Si sottolinea che l’Ufficio non surroga il ruolo e la responsabilità del legale rappresentante dell’ente; è anzi importante che l’ente individui un proprio tecnico di fiducia (geometra, ingegnere, architetto a seconda dei casi) per interfacciarsi correttamente con la sezione tecnica. La sezione Legale – analogamente a quanto accennato per la sezione Tecnica – fornisce supporto di consulenza per l’impostazione delle pratiche di carattere legale: compravendite, successioni, contenziosi, contratti, eccetera. Anche per queste attività è importante che l’ente individui un proprio professionista (avvocato, notaio, commercialista) per interfacciarsi correttamente con la sezione legale». È intervenuto, quindi, don Francesco Micunco: «La sezione Beni Culturali, ha affermato, è a servizio della tutela e valorizzazione dei beni artistici custoditi nelle nostre parrocchie, che sempre più hanno bisogno di competenze e figure professionali per una corretta tutela. Di qui l’indicazione di contattare l’ufficio ogni volta che sia necessario programmare un intervento di restauro. Il servizio alla valorizzazione si è concretizzato in passato con l’inventario delle opere d’arte mobili; a partire da quest’anno si arricchirà con il censimento degli edifici di culto, che ha anche l’obiettivo di rendere disponibile tutta la documentazione necessaria a qualsiasi intervento di restauro». La mattinata si è conclusa con il pranzo, anch’esso momento forte di fraternità ed amicizia. L’incontro della sera, sempre presieduto dall’Arcivescovo, ha visto la presenza dei direttori di alcuni Uffici di Curia: Catechistico, Laicato, Missionario, Caritas. Dopo una parola d’introduzione del vicario zonale, ogni comunità parrocchiale è stata invitata a riferire circa la traccia pastorale “La sollecitudine del pastore e la docilità del gregge: le visite pastorali nella nostra Diocesi”, in particolare sulla prima tappa del cammino pastorale: “Risvegliare la memoria”, sia «per verificare, scrive l’Arcivescovo, il proprio cammino secondo le indicazioni suggerite dal Vescovo, sia per farlo con uno sguar-


VICARIATO GENERALE do che, varcando i confini della parrocchia, sappia leggere la propria storia nel contesto della vita pastorale dell’intera diocesi». E ciò, facendo un «esercizio di discernimento comunitario», con «il metodo delle tre perle» (la Legge, i Profeti e gli Scritti Sapienziali), usato da Gesù con i discepoli di Emmaus. Quali esperienze sono state attuate e quali problemi sono emersi dalle varie comunicazioni delle comunità parrocchiali? Si va sempre più consolidando l’incontro unitario per lo più settimanale – catechesi liturgica o lectio divina – (per alcune comunità quindicinale e per altre mensile); gli stessi partecipanti, in ascolto della Parola di Dio, cercano aprire il loro sguardo ai vari segni presenti in comunità e nel territorio, favorendo così il legame tra liturgia e vita. Alcune comunità parrocchiali si sono scambiate le lettere pastorali, altre si sono anche incontrate; i consigli pastorali vicariali hanno preso in esame le lettere al vicariato (facendo una lettura del territorio e della sua storia). Lentamente cresce la comunione sia presbiterale che tra le comunità parrocchiali nello stesso vicariato. Eccetto qualche caso, si riconosce il ruolo del vicariato come presenza della Chiesa in un determinato territorio della diocesi e, come tale, si avverte la necessità di esprimere una voce univoca in risposta alle varie esigenze territoriali. In ogni caso, il vicariato resta come centro propulsore di iniziative soprattutto di formazione (per catechisti, giovani, socio-politica…). Tanti sono i problemi emersi che chiedono attenzione e risposte pastorali: dalla condizione giovanile alla realtà familiare, dall’integrazione degli extracomunitari alle povertà vecchie e nuove, dalla mobilità sociale al senso di appartenenza alla comunità. Si riscontra un po’ dovunque l’assenza dei giovani nei consigli di partecipazione e la loro fatica a partecipare agli incontri unitari. Il cambiamento continuo dei parroci (specie religiosi) crea discontinuità nel cammino pastorale della comunità. Alcuni vicariati avvertono fragilità di rapporti tra le comunità parrocchiali, dovuta alla non omogeneità del territorio; in altri, c’è un allentamento di relazioni con le istituzioni cittadine a seguito della nascita dei nuovi municipi. Attualissimo, il problema della fragilità della famiglia (il quarto

41


vicariato ne ha fatto oggetto specifico di riflessione, partendo dalla statistica ISTAT sulla famiglia). L’Arcivescovo, concludendo, oltre a ringraziare per gli interventi, ha invitato innanzitutto a partire «dal dono che il Signore ci concede con la sua Parola, i suoi sacramenti, il suo Amore». Ogni vicariato, ha detto, ha una sua propria identità; ha ribadito ancora una volta la necessità dell’incontro unitario settimanale per contrastare il tarlo della frammentazione; ha insistito sul senso comunionale nel vicariato e di apertura alla diocesi, contro ogni autoreferenzialità; ha invitato a fare molta attenzione al sensus fidei del popolo di Dio (trattasi di qualcosa di cui sempre stupirsi!). In particolar modo, l’Arcivescovo si è soffermato con fermezza, chiedendo la presenza dell’Azione Cattolica in ogni parrocchia, perché «voluta dai vescovi ed è l’unica associazione che abbia un respiro di Chiesa locale»; infine, ha anticipato che il prossimo anno pastorale sarà dedicato alla famiglia, in considerazione anche del documento postsinodale del Papa, atteso in aprile. Il Vicario generale mons. Domenico Ciavarella

42


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

VICARIATO GENERALE Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso

La preghiera e la conversione del cuore nel movimento ecumenico Riflessioni sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

In piena celebrazione dell’Anno santo 2016, Giubileo della Misericordia, si è svolta dal 18 al 25 gennaio 2016 la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Abbiamo vissuto l’ansia ecumenica nell’attesa della piena comunione visibile tra i cristiani presenti nel territorio barese, pellegrinando per otto giorni di chiesa in chiesa nella contemplazione del sacro mistero dell’unità della Chiesa: «Che stupendo mistero! Vi è un solo Padre dell’universo, un solo Logos dell’universo e anche un solo Spirito Santo, ovunque identico; vi è anche una sola vergine che diventa madre, ed io amo chiamarla Chiesa» (Clemente Alessandrino, Paedagogus 1,6). Il Concilio Vaticano II nel Decreto per l’Ecumenismo Unitatis redintegratio (UR) dichiara: «Il supremo modello e principio di questo Mistero è l’unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo» (n. 2). Durante l’ottavario dell’unità la Chiesa di Bari-Bitonto, presieduta dall’Arcivescovo S.Ecc. Mons. Francesco Cacucci, si è riunita, presbiteri e laici, nella Basilica ‘ecumenica’ di S. Nicola in Bari il 24 gennaio, alle ore 18, alla presenza del Padre Priore della Basilica p. Ciro Capotosto, O.P. e dei frati predicatori. Erano anche presenti i presbiteri delle Chiese Ortodosse Greca, Rumena, Etiopica, Georgiana e Russa, rispettivamente: padre Arsenios, padre Mihai, padre Tefera, padre Moses e padre Andrej, i fratelli della Chiesa Cristiana

43


44

Avventista del 7° Giorno, la presidente della Federazione delle Chiese evangeliche di Bari, prof.ssa Santa Abiusi, ed infine il fratello Samuele Russo della Società Missionaria Evangelica Italiana di Bari. L’incontro ecumenico in S. Nicola era il settimo, dopo quelli del: – 18 gennaio presso la Chiesa Evangelica Valdese in corso Vittorio Emanuele n. 138 in Bari, guidato dal pastore Francesco Carri con la predicazione del parroco della parrocchia del Preziosissimo Sangue in S. Rocco, don Domenico Parlavecchia, C.PP.S.; – 19 gennaio presso la Chiesa Evangelica Battista in corso Sonnino n. 23 in Bari, guidato dal pastore Ruggero Lattanzio con la predicazione del padre Ciro Capotosto, O.P. e dello stesso pastore Lattanzio; – 20 gennaio con la celebrazione dei vespri in rito greco-bizantino nella cripta della Basilica di S. Nicola, presieduta da padre Serafim, sacerdote ortodosso greco, e con la partecipazione del pastore della Chiesa Evangelica Luterana di Bari, Wilhelm Grillenberger; – 21 gennaio presso la parrocchia del Preziosissimo Sangue in S. Rocco in via Sagarriga Visconti n. 57 in Bari con la presidenza del parroco don Domenico Parlavecchia, C.PP.S. e con la predicazione del pastore della Chiesa di Cristo prof. Valerio Bernardi; – 22 gennaio presso la parrocchia di S. Marco in via Caldarola n. 50 in Bari con la presidenza del parroco don Biagio Lavarra e la predicazione di padre Emanuel Albano, O.P. e del pastore avventista Daniele Pispisa; – 23 gennaio presso la Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno in via Quasimodo n. 68 in Bari, presieduto dal pastore Daniele Pispisa e con la predicazione di don Biagio Lavarra. Il 25 gennaio la Settimana di preghiera per l’unità si è conclusa presso il Centro Pastorale Ortodosso in piazza Garibaldi in Bari con la celebrazione dei vespri in rito bizantino-rumeno presieduta dal sacerdote padre Mihai Driga. Per la Chiesa di Bari-Bitonto, la preghiera ecumenica, praticata non solo durante la Settimana per l’unità, ma anche durante tutto l’anno con incontri mensili, è la fonte e l’espressione della vocazione ecumenica diocesana. Infatti la preghiera, che continua nel tempo e nello spazio, la preghiera stessa di Gesù al Padre: «Fa’ che siano tutti una cosa sola come Tu, Padre, sei in me ed io sono in Te, anch’essi siano in noi» (Gv 17, 21), è in realtà segno della comunione trinitaria di cui la Chiesa è icona vivente.


UFFICIO PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO La preghiera di Gesù fu alla base dell’intuizione e dell’esperienza di Paul Couturier, il quale volle spostare l’asse della preghiera ecumenica di un intero quadrante: dalla prospettiva ‘ecclesiocentrica’ che mirava alla conversione-ritorno di tutti i cristiani alla propria Chiesa, a quella ‘cristocentrica’ della conversione-convergenza di tutti i cristiani a Cristo. Questa l’invocazione del Couturier: «Tutti domanderanno ad una sola voce il dono supremo dell’unità. Signore, abbi misericordia della tua Chiesa. Donale l’unità quale Tu la vuoi, al modo che Tu vorrai». Paul Wattson, invece, fondatore della Settimana di preghiera e della Congregazione dell’ Atonement, pensava che la conversione a Cristo si desse solo nella Chiesa Cattolica romana. Paul Couturier era certo che lì dove una comunità di cristiani si impegnava nella fedeltà a Cristo era presente la Chiesa Una. L’unità cristocentrica, il Gruppo ecumenico di Bari (GEB), formatosi negli anni ’70 del secolo scorso e costituito da cristiani appartenenti a varie chiese, l’ha sempre coltivata e ancora coltiva negli incontri di preghiera presso le parrocchie della diocesi. Nella preghiera in Cristo e con Cristo, nessuna Chiesa si autoafferma, ma sempre si mantiene sotto il giudizio di Dio che la chiama alla salvezza, donandole misericordia e perdono. Ritrovandosi con i fratelli separati per la preghiera vissuta nella prospettiva della ‘conversione’ di tutti a Cristo, noi cattolici abbiamo meglio compreso l’insegnamento del Decreto per l’ecumenismo circa la “sussistenza” dell’unità dell’unica Chiesa nella Chiesa Cattolica: «tutti i cristiani si troveranno riuniti in quella unità dell’unica Chiesa che Cristo fin dall’inizio donò alla sua Chiesa, e che crediamo sussistere, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica» (UR 4). Pregare per il ritorno dei non cattolici alla Chiesa Romana e pregare per l’incontro di tutti in Cristo non indicano tanto due tradizioni teologiche diverse ma tra loro compatibili, quanto invece un’alternativa, perché radicano la comunione ecclesiale sulla volontà di Cristo nei confronti della Chiesa o sulla volontà autoritativa legittimante della Chiesa stessa.

45


46

La scelta del Concilio Vaticano II è chiaramente sulla volontà di Cristo nei confronti della Chiesa, quando si afferma: “mistero comunionale” che fa della Chiesa una creatura dello Spirito Santo, che la raduna «nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (LG 4). Unità tale, perciò, da essere unità “peregrinante”, cioè in permanente tensione escatologica, mai a termine del percorso che la chiama alla pienezza di Cristo, che viene dal futuro del suo giudizio; unità che «speriamo crescerà ogni giorno di più fino alla fine dei secoli» (UR 4). Il frutto della preghiera cristocentrica è la conversione del cuore, che rappresenta con la preghiera stessa l’anima di tutto il movimento ecumenico. «Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani, devono essere considerate come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale» (UR 8). Il tema della conversione è per il Concilio certo e autorevolmente vincolante, non tanto e solo come priorità interiore rispetto all’agire teologico e pastorale (agere sequitur esse), ma anche e soprattutto come esigenza profonda e radicale, come ragione stessa del movimento ecumenico. La conversione del cuore sta all’interno della priorità della fede cristiana e quindi, dell’ecumenismo. È una priorità che giustifica il significato dell’ecumenismo. Ciò perché le divisioni tra i cristiani non sono riconducibili al contenzioso teologico e dottrinale, che possiamo chiamare “causa materiale” dell’emergenza storico-fenomenologica. La conversione invece è la “causa formale” e quindi l’oggetto proprio dell’ecumenismo che si muove ad un altro livello: quello appunto della conversione-fedeltà, in quanto il peccato della Chiesa e dei cristiani compromette la realtà stessa della comunione. «Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l’unità» (UR 6). Per dire, riprendendo i molti incisi fin qui rivolti all’ecumenismo nella nostra Chiesa di Bari-Bitonto, la vocazione ecumenica di una Chiesa si spiega come attenzione “formale” e “finale” sul mistero della comunione, che verrebbe compromessa con il peccato della Chiesa diocesana e dei cristiani. Il che significa che l’ecumenismo in diocesi sta o cade entro la dimensione del “mistero di comunione”:


UFFICIO PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO «questo è il sacro mistero dell’unità della Chiesa, in Cristo e per mezzo di Cristo, mentre lo Spirito Santo opera la varietà dei doni. Il supremo modello e principio di questo mistero è l’unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio e Spirito Santo» (UR 2). Il mistero del Dio Uno e Trino si pone al di là della riflessione teologica. Il che non significa che la teologia non debba occuparsi della esposizione dottrinale della verità trinitaria. Significa però che essa sarà sempre inadeguata rispetto alla rivelazione della sua divinità. Così come la ricerca dell’unità visibile non può sottrarsi a questa economia che viene dall’alto come dono di Dio. Se l’unità visibile è il segno sacramentale della comunione della Grazia Divina, essa sarà sempre appunto un dono e, quindi, una sorpresa di Dio. Il dono della comunione divina è sempre interamente nelle mani di Dio e non è deducibile del tutto dall’azione o dalla riflessione teologica. Essa è donata quando, come e dove Dio vorrà, secondo la finezza teologale dell’abbé Couturier: «Siamo divisi gli uni dagli altri non solo in maniera di fede, di ordine ecclesiastico e di tradizione, ma anche dal nostro orgoglio nazionale, di classe o di razza. Ma Cristo ci ha fatti suoi e Lui non è diviso. È cercandolo che noi ci troviamo» (dal Messaggio finale della prima Conferenza del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Amsterdam, 1948). Certi che la divisione è causata dall’uomo e dalla sua infedeltà a Dio, i cristiani, pregando e implorando pietà per le loro divisioni, professano la fede nell’unità, cercata e implorata, restando nell’attesa penitente (conversione) che dispone all’accoglienza del dono. Con lo studio e con l’azione pastorale i fedeli in Cristo, benché divisi ecclesiasticamente, saranno pronti e puntuali al dono della misericordia divina che sana le ferite. Nella implorazione orante a Dio misericordioso l’accento ecumenico si sposta dal fare all’essere. Tuttavia un essere che non esonera dal fare, ma che non vuole sottrarre in alcun modo il fare dal suo centro di grazia. Quel centro di amore di Dio che molti nell’ecumenismo hanno chiamato “rivoluzione copernicana”. È in gioco non la signoria della Chiesa, ma la Signoria di Cristo sulla Chiesa, per-

47


ché ovunque e sempre si compia in ogni comunità cristiana la volontà di Dio, il luogo “teologico” dove il movimento ecumenico intende portare tutti i cristiani. Un luogo circoscritto dall’adorazione, dall’implorazione e dal pentimento.

48

La preghiera, infatti, non è uno dei modi in cui si manifesta la conversione della Chiesa e dei singoli cristiani, ma il modo unico senza il quale ogni iniziativa ecumenica cadrebbe nella nullità. Così insegna il Signore ai cristiani ancora separati e impegnati nell’opera ecumenica: «Io sono la vite, voi siete i tralci. Se uno rimane unito a me ed io unito a lui, egli produce molto frutto; senza di me non potete fare niente» (Gv 15, 5). La preghiera adorante e implorante è l’atto con cui si confessa che solo il Signore Gesù ci conduce al Padre nel suo Spirito. È atto della Chiesa che si svolge nell’amore a Cristo, che rivela il cuore stesso della Chiesa, Corpo di Cristo, e che riflette nel modo più alto la sua dottrina e il suo agire. Diremmo che la preghiera è l’atto di identità della Chiesa che cerca l’unità dei suoi figli, perché lascia allo Spirito di Dio, e non al proprio spirito, di gemere “Abbà, Padre!” (cfr Gal 4, 6). I cristiani delle diverse Chiese infatti non possiedono il tempo, neppure il “tempo dell’unità”. Essi ricevono il tempo da Dio per viverlo nel futuro di Dio che viene sempre dal domani delle sue promesse, che ci chiamano sempre in avanti. L’unità è quindi l’“ora di Dio” che, scandita attentamente dai cristiani, diventa l’“ora delle Chiese”, e questa va ora attesa con la «lampada accesa» (cfr Mt 25, 1-13). La preghiera, perciò, è il luogo della consapevolezza ecumenica, riconoscendo che anche le divisioni di cui la Chiesa soffre appartengono esse pure all’area del Mistero, nel senso che essa constata allo stesso tempo di non saper dove guardare e che cosa decidere per esserne guarita. La divisione, almeno intenzionalmente, si è operata forse per “amore di Dio”, il quale può talvolta chiedere che si rompa l’unione anche con «il padre e la madre» (cfr Mt 19, 29), per rimanere nella fedeltà a Cristo. Ma la fedeltà a Cristo diventa la ragione più alta per ritrovare l’unità perduta o compromessa: essa infatti genera unità e non separazione, perché porta dove sta Cristo


UFFICIO PER L’ECUMENISMO E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO che è morto e risorto per amare e unire gli uomini nel suo amore. Si può dire che la preghiera per l’unità ha il suo fondamento nella Pasqua di nostro Signore Gesù Cristo, come afferma il decreto per l’Ecumenismo al n. 8: «È infatti consuetudine per i cattolici di recitare insieme la preghiera per l’unità della Chiesa, con la quale ardentemente alla vigilia della sua morte lo stesso Salvatore pregò il Padre: “ che tutti siano una cosa sola”! (Gv 17,21)». Il Concilio Vaticano II ci fa intendere che la preghiera per l’unità non fu ‘uno’ dei momenti del pregare di Gesù. Il pregare di Gesù, che ha nell’ultima cena il momento culminante, è la manifestazione del suo “essere” davanti al Padre, è la dichiarazione di massima identità tra il suo cuore e il cuore del Padre. È l’atto di amore con cui il Figlio si abbandona nell’obbedienza completa al Padre con assoluta libertà; atto di obbedienza che il Padre nell’amore accoglie e trasforma in amore salvifico per l’uomo a cui il Padre lo invia: «Era ormai vicina la festa ebraica della Pasqua. Gesù sapeva che per lui era venuto il momento di lasciare questo mondo e tornare al Padre. Egli aveva sempre amato i suoi discepoli che erano nel mondo e li amò sino alla fine» (Gv 13, 1). L’amore al Padre e all’uomo lascia entrare Gesù nella preghiera dell’ultima cena con tutto se stesso, divenendo in essa il soggetto e il contenuto della sua preghiera. Rivolgendosi al Padre, Cristo manifesta la comunione trinitaria e da, con e per essa manifesta questa “comunione”: «Io ho dato a essi la stessa gloria che tu avevi dato a me, perché anch’essi siano una cosa sola come noi: io unito a loro e tu unito a me. Cosi potranno essere perfetti nell’unità e il mondo potrà capire che tu mi hai mandato, e che li hai amati come hai amato me» (Gv 17, 22-23). Preghiera che raccoglie la vita di Gesù al massimo della concentrazione: tutto ciò che Gesù è stato e vuole essere diventa preghieraparola, contemplante e amante. Preghiera ben definita che diviene testamento ed eredità per i discepoli. Ciò spiega perché il luogo privilegiato per accogliere il testamento e l’eredità di Gesù è la preghiera, nella quale i cristiani espri-

49


mono il loro “sì” della vocazione all’unità e che diventa per loro imperativo di grazia e di fedeltà. Nella preghiera di Gesù i cristiani dicono a Dio chi è Dio, adorano e vivono nell’intimità donata e ricevuta. Con Dio e in Dio confessano di non appartenersi più e di essere donati gli uni agli altri in maniera vincolante. La preghiera per l’unità diviene, allora, il movimento del cuore dei cristiani nel duplice aspetto: sistole e diastole. Nel momento “sistolico” i cristiani sono uno con il Padre e il Figlio nello Spirito Santo e nel momento “diastolico” sono uno tra di loro con amore sincero e fraterno. don Angelo Romita direttore dell’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso

50


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Cancelleria

1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti – La sera del 3 gennaio 2016, nella Basilica Cattedrale di Bari, S.E. mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha ordinato diaconi, in vista del presbiterato, i seminaristi Marco Carozza, Antonio Stizzi, Nicola Gioacchino Tatulli e Giuseppe Tunzi, incardinandoli nel clero dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto; – la sera del 12 marzo 2016, nella Basilica Cattedrale di Bari, S.E. mons. Ottavio Vitale, R.C.J., vescovo di Lezhë (Albania), durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, con le legittime dimissorie del Superiore Provinciale e la licenza dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto, ha ordinato presbitero il diacono Savino Angelo M.Vulso, B.; – la sera del 22 marzo, martedì santo, nella cappella maggiore del Seminario arcivescovile di Bari, S.E. mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha ammesso tra i candidati al diaconato e al presbiterato dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto i seminaristi Giuseppe Capozzi, Tommaso Genchi e Nicolino Antonio Sicolo.

51


2. Decreti arcivescovili S.E. l’Arcivescovo, con decreto del – 2 marzo 2016 (Prot. n. 07/16/D.A.G.), ha costituito il Tribunale per la causa rogatoriale di beatificazione del Servo di Dio card. Anastasio Alberto Ballestrero, O.C.D., nominando il sac. Ubaldo Aruanno giudice delegato del Vescovo, il sac. Vittorio Borracci promotore di giustizia, il prof. Francesco Mastrandrea notaio attuario.

3. Nomine e decreti singolari A) S.E. l’Arcivescovo ha nominato, in data: – 10 marzo 2016 (Prot. n. 08/16/D.A.S.-N.), il diacono permanente Luigi Inversi, confermandolo per altri cinque anni, collaboratore della Cancelleria arcivescovile della Curia diocesana di Bari-Bitonto e notaio di Curia; – 12 marzo 2016 (Prot. n. 09/16/D.A.S.-N.), la dott.ssa Rosa Pinto presidente del Consiglio dell’Ente Sociale Assistenziale Sanitario e direttore del Consultorio Familiare Diocesano, per cinque anni. B) S.E. l’Arcivescovo, in data – 22 febbraio 2016 (Prot. n. 05/16/D.A.S.), ha incardinato nel clero dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto don Massimo Ghionzoli, escardinato a norma del diritto dall’Istituto religioso Apostoli di Gesù Crocifisso.

52

C) S.E. l’Arcivescovo, in data – 2 marzo 2016 (Prot. n. 06/16/L.A.), ha concesso licenza a S.E. mons. Luigi Renna, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, per il conferimento, nella cappella maggiore del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, del ministero istituito del lettorato al seminarista Fabio Carmosino.


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Settore Presbiteri

Le salde “fondamenta” della fede. Formazione del clero a Venezia (28 marzo-1 aprile 2016)

Conoscere la ricchezza della nostra Chiesa italiana è sempre fonte di nuove idee e sostegno al cammino pastorale della nostra comunità diocesana. Con queste intenzioni un gruppo di circa 40 preti ha vissuto nei giorni dal 28 marzo al 1° aprile l’esperienza annuale di formazione del clero insieme al nostro vescovo. La scelta quest’anno è caduta su Venezia, città con la quale Bari condivide la vocazione marinara e soprattutto l’apertura verso l’oriente. Il filo rosso che ha attraversato la nostra esperienza è stato quello del rapporto tra la fede e l’arte, che a Venezia è vissuto come centrale nell’impostazione di una larga fetta della pastorale. Dall’incontro con il Patriarca S.E. Francesco Moraglia, che ci ha accompagnati nella prima giornata di visite, con don Gianmatteo Caputo, delegato patriarcale per i Beni culturali, e con gli altri confratelli presbiteri, con i quali abbiamo condiviso un pomeriggio di dialogo, è emersa una realtà a due facce: da un lato una diocesi di 300.000 abitanti, dei quali meno di 50.000 vivono nella città lagunare; dall’altro un flusso quotidiano di 100.000 pendolari e annuale di 27 milioni di turisti. Al di là delle problematiche del quotidiano, che presentano perlopiù problemi condivisi, è proprio questo aspetto caratteristico della città d’arte che ha costituito il cuore del nostro percorso. Anche la Puglia, infatti, sia pure in misura decisamente minore, è chiamata sempre più a confrontarsi con questo

53


54

fronte di evangelizzazione possibile, discreto eppure estremamente eloquente, che affonda le sue radici in un passato lontano ma affascinante. Le visite agli storici monumenti di Torcello, Burano, Murano e Venezia sono state allora occasione per confrontarsi con i fondamenti della fede: se mi è consentito il gioco di parole, dato che in laguna le fondamenta sono le palafitte su cui si costruisce. Venezia nasce come una città in cui fede e vita quotidiana sono fortemente intrecciate, ed il forte legame con Costantinopoli ha avuto in questo un ruolo determinante: infatti la città marittima ha ben presto fatto suo il ruolo di difesa della cristianità e la vicinanza tra autorità civili e religiose che hanno caratterizzato l’impero Romano d’Oriente fino alla sua caduta. Venezia si propone come nuova Bisanzio, ed esprime anche nell’arte tale aspirazione: non sono solamente i marmi e le tante opere provenienti dall’oriente, di cui la basilica di san Marco è una sorta di museo, a parlare questa lingua, ma anche i mosaici, di stile orientale, ma realizzati da maestranze locali. Ed è forse proprio nella lettura di quei mosaici che la Chiesa sorella di Venezia ci ha fornito un esempio altissimo delle grandi prospettive pastorali che si sono aperte. Una diocesi che sceglie di dedicare parte delle sue risorse alla formazione di volontari che siano in grado di illustrare le opere d’arte e i monumenti della laguna non solo in quanto tali, ma come documenti di una fede vissuta, solide fondamenta sulle quali il popolo veneziano si è appoggiato per secoli, è una Chiesa in missione sul suo stesso terreno, aperta a chi non è esplicitamente interessato al messaggio di fede, ma lo accoglie di buon grado perché fonte della bellezza che gli sta davanti. Questa prospettiva ci ha accompagnati dall’isola di Torcello, sede della prima comunità lagunare e della Chiesa nata attorno al martyrion di Santa Fosca, fino alla Scuola Grande di San Rocco, dove l’arte di Tintoretto traduce in immagini la carità espressa in opere dalla Confraternita di San Rocco, per concludere con l’isola di San Francesco del Deserto, luogo in cui la bellezza di un’architettura sobria si sposa con quella naturale della laguna per continuare a raccontare il passaggio di san Francesco in questi luoghi. Spesso è controversa la questione se le nostre chiese possano o meno correre il rischio di diventare dei musei: la risposta dei nostri fratelli dell’alto Adriatico è l’arte che parla della fede. Non si è scel-


CURIA METROPOLITANA to di piegare le opere a degli itinerari di catechesi, ma di lasciare che sia l’intenzione di chi ha realizzato questi monumenti a guidarci in una catechesi scritta su muri e tele da centinaia di anni, eppure ancora attuale. È una provocazione anche per noi, come ha sottolineato più di una volta il nostro arcivescovo: assumere nuova consapevolezza delle ricchezze che il nostro passato, remoto e recente, ci ha consegnato, per saperne fare dono a quanti ci incontrano: penso alle tante occasioni che ci stanno impegnando come diocesi, dai flussi turistici alla rinascita di percorsi di pellegrinaggio che seguono la direttrice della Francigena verso sud. Si tratta di opportunità che oggi lo Spirito ci invita a cogliere, per rinsaldare la nostra fede e per annunciarla con la semplicità di chi è consapevole del proprio patrimonio a quanti, credenti e non, si trovano a contemplare la bellezza che quella fede è stata in grado di generare. don Francesco Micunco

55



D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico

Incontro di formazione dei catechisti (Bari, 27 gennaio 2016)

Mercoledì 27 gennaio, presso l’aula sinodale “Mons. Mariano Magrassi” in Bari, si è tenuto l’incontro di formazione dei catechisti sul tema La misericordia: una forma, uno stile, una sfida; ha relazionato fratel Michael Davide Semeraro, monaco benedettino che vive nella Comunità “La visitation” a Rhêmes-Notre-Dame (Aosta). Hanno partecipato circa 300 catechisti. Fratel Michael Davide ha precisato all’inizio il motivo principale per cui Papa Francesco ha voluto e indetto il Giubileo della Misericordia con l’inizio dell’8 dicembre 2015, come afferma nella Bolla di indizione Misericordiae vultus al n. 4: «Ho scelto la data dell’8 dicembre perché è carica di significato per la storia recente della Chiesa. Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di

57


annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per testimoniare con più entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilità di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre».

58

Significative sono le parole di Giovanni XXIII all’inizio del Concilio e di Paolo VI alla conclusione dello stesso per evidenziare l’atteggiamento di misericordia che la Chiesa deve avere verso l’umanità e verso il mondo nella sua missione evangelizzatrice. Tornano alla mente le parole cariche di significato che san Giovanni XXIII pronunciò all’apertura del Concilio per indicare il sentiero da seguire: «Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore […] La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati». Sullo stesso orizzonte, si poneva anche il beato Paolo VI, che si esprimeva così a conclusione del Concilio: «Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità […] L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio […] Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette […] Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità». La misericordia dunque diventa per la Chiesa e per ogni cristiano una forma per annunciare il Vangelo oggi in modo comprensibile e quindi portare e testimoniare l’amore del Padre in Cristo che è il volto della sua misericordia. Perché la misericordia non sia un sentimento occasionale ed emo-


CURIA METROPOLITANA tivo, deve diventare anche stile di vita; volgere lo sguardo a Dio, Padre misericordioso, e ai fratelli bisognosi di misericordia, significa puntare l’attenzione sul contenuto essenziale del Vangelo: Gesù, la Misericordia fatta carne, che rende visibile ai nostri occhi il grande mistero dell’Amore trinitario di Dio. Celebrare un Giubileo della Misericordia equivale a mettere di nuovo al centro della nostra vita personale e delle nostre comunità lo specifico della fede cristiana, cioè Gesù Cristo, il Dio misericordioso. La misericordia e il perdono non devono rimanere belle parole, ma realizzarsi nella vita quotidiana. Amare e perdonare sono il segno concreto e visibile che la fede ha trasformato i nostri cuori e ci consente di esprimere in noi la vita stessa di Dio. Amare e perdonare come Dio ama e perdona. Questo è un programma e stile di vita che ci spinge ad andare sempre oltre senza mai stancarci, con la certezza di essere sostenuti dalla presenza paterna di Dio. Nell’ultima parte della sua relazione e riflessione fratel Michael Davide ha parlato della misericordia come sfida che interpella la Chiesa, ogni comunità cristiana e ogni cristiano discepolo del Signore; ha indicato le porte che bisogna aprire e le porte che bisogna chiudere. Le porte che bisogna aprire: rispetto di ogni vissuto e di ogni sofferenza, fiducia nella libertà anche di coscienza di ogni persona, accoglienza e integrazione di ogni persona e cultura, comprensione e valorizzazione di nuovi linguaggi e mutismi soprattutto dei giovani, umiltà e disponibilità al servizio della carità. Le porte che bisogna chiudere: privilegi e trionfalismi pastorali, superiorità ecclesiastica e clericalismo anche di alcuni laici, nostalgia di noi stessi e del passato, vittimismo e apologismo, legalismo e burocratizzazione. La conclusione della relazione riprende la conclusione della Bolla di indizione di Papa Francesco al n. 25: «Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sor-

59


prendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita. La Chiesa sente in maniera forte l’urgenza di annunciare la misericordia di Dio. La sua vita è autentica e credibile quando fa della misericordia il suo annuncio convinto. Essa sa che il suo primo compito, soprattutto in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti contraddizioni, è quello di introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il volto di Cristo. La Chiesa è chiamata per prima ad essere testimone veritiera della misericordia professandola e vivendola come il centro della Rivelazione di Gesù Cristo. […] In questo Anno Giubilare la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e convincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: “Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre” (Sal 25,6)».

La riflessione del relatore è stata ben accolta dai partecipanti ed è stata un aiuto nel comprendere meglio il dono e la responsabilità personale ed ecclesiale di questo Anno santo della Misericordia e quindi del rinnovamento pastorale che la Chiesa deve continuare nell’essere segno e sacramento di salvezza al servizio del Regno. don Antonio Serio vice direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano 60


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Settore Carità. Caritas diocesana

Il Centro di ascolto “San Giuseppe Moscati” della parrocchia Sacro Cuore di Bari

Sabato 6 febbraio 2016, presso la parrocchia “Sacro Cuore” in Bari, è stato inaugurato il Centro di ascolto e consulenza sanitaria “San Giuseppe Moscati”, un’iniziativa nata all’interno del Gruppo Caritas parrocchiale e fortemente voluta dai volontari che vi operano, ma resa possibile grazie al contributo e apporto di quanti, anche estranei alla comunità parrocchiale, hanno saputo e voluto accogliere l’invito a mettere a disposizione non risorse economiche, ma il proprio tempo e (soprattutto) le proprie competenze e professionalità, per un servizio di solidarietà, carità e giustizia sociale. Il Centro, operativo dal 27 febbraio scorso, aperto ogni mercoledì (h 18.00 – 20.00) e sabato (h 10.00–12.00), si rivolge a quanti, a causa della loro condizione di stranieri, sperimentano molteplici difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria attraverso i canali ‘ordinari’ (Asl-ambulatori, ospedali pubblici e privati) e, in molti casi, rinunciano a curarsi, con conseguente peggioramento della qualità di vita, ma anche aumento dei rischi per la propria famiglia e per l’intera comunità in cui gli stessi vivono ed operano, e in genere per la salute pubblica. Le cause di queste difficoltà sono di varia natura: economico-sociale, linguistica (la scarsa padronanza della lingua rappresenta senz’altro un ostacolo importante), ma non vanno trascurati gli aspetti psicologici, ad es. i timori e le paure connaturati alla condizione

61


62

di straniero irregolare: basti pensare, infatti, che in Italia (non per ragioni solidaristiche, ma per il principio per cui la ‘clandestinità sanitaria’ non conviene alla salute pubblica) anche lo straniero irregolare ha diritto di ricevere, con la garanzia assoluta dell’anonimato, cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti ed essenziali, anche continuative, previo rilascio da parte dell’Asl, con diritto all’anonimato, di un codice-tessera cd. STP (straniero temporaneamente soggiornante): eppure, di fronte ad un sistema normativo che garantisce la salute dell’immigrato irregolare, vi è un’altra realtà, un’altra storia che racconta di persone che, pur nel bisogno di cure urgenti, tendono a nascondersi, a mentire e ad evitare qualsiasi ‘contatto’ con le istituzioni. A quest’ultima realtà intende rispondere il Centro di ascolto “San Giuseppe Moscati”, nel quale sono gratuitamente coinvolti ed impegnati medici di varie specializzazioni, infermieri, mediatori culturali e volontari dell’accoglienza, che, unitamente alla costante presenza di suor Patrizia De Cesare, e senza la pretesa di poter risolvere tutti i problemi di chi si presenta al Centro, cercano innanzitutto di capire se vi siano bisogni e disagi inespressi (di carattere sociale, familiare e psicologico) spesso sottesi a problematiche apparentemente solo di carattere medico-sanitario, e di essere vicini a chi, per la sua condizione di immigrato, avverte maggiormente quella familiare sensazione di sconforto e solitudine comune a chi, già gravato da problemi di salute, si imbatte nei costi e nei tempi della burocrazia sanitaria. La prospettiva ‘operativa’ del Centro e la speranza dei volontari che vi operano è quella di poter estendere il servizio, dopo un primo periodo di ‘sperimentazione’ dei bisogni e dell’affluenza degli assistiti, in rapporto alla disponibilità e alle forze del personale volontario, anche a quei cittadini italiani che, versando in particolari situazioni di disagio socio-economico, familiare e psicologico (si pensi alle varie situazioni di dipendenza, vecchie e nuove), riscontrano difficoltà di accesso all’assistenza sanitaria ‘ordinaria’ o, semplicemente, hanno ed esprimono il bisogno di essere ascoltati. L’équipe del Centro “San Giuseppe Moscati”


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Settore Carità. Caritas diocesana

Progetto “Convivialità delle differenze”. Uno spazio familiare dove vivere la genitorialità ‘liberata’ dalle sbarre del carcere

Il 19 marzo a Loseto, frazione di Bari, nella parrocchia S. Giorgio Martire, l’Arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, su un’intuizione della Caritas diocesana e del Servizio di Pastorale carceraria dei Frati Minori di Puglia e Molise ha inaugurato l’Opera Segno per il Giubileo della misericordia: “Casa Freedom” e il Centro Sostegno alla Genitorialità “Don Tonino Bello”. La Casa è destinata all’accoglienza di detenuti in permesso premio con i loro familiari e può ospitare un massimo di 8 persone. La finalità è il ricongiungimento familiare, cioè creare uno spazio neutro dove recuperare i rapporti genitoriali sfilacciati che la detenzione ha creato all’interno del nucleo familiare. Perché accogliere un carcerato? La comunità parrocchiale di Loseto, che già da tempo rifletteva e s’interrogava circa la possibilità di rendere una struttura attigua alla chiesa di S. Giorgio in Loseto un luogo di carità operosa, si è chiesta il senso di un progetto che la coinvolgerà con i carcerati. In questo anno giubilare è sembrata una provvidenza, un’indicazione forte che il Signore mostrava, Lui che ha detto: «Ero carcerato e mi avete visitato». La comunità parrocchiale, dopo attento discernimento, ha ritenuto che condividere questo progetto avrebbe significato accogliere l’ultimo degli ultimi, cioè Gesù in carcere. L’incontro con fra Mimmo Scardigno, della Pastorale carceraria dei Frati Minori di Puglia e Molise, ha consolidato questa intuizione di fede. Egli infatti ci ha raccontato:

63


«Perché visitare e accogliere un carcerato? È la domanda che moltissime volte mi sono posto sin dall’inizio del mio percorso di formazione nell’Ordine dei Frati Minori, da quando il mio formatore, sicuramente illuminato dallo Spirito Santo, mi incoraggiava a visitare i luoghi delle lacrime: tra questi il carcere. Nicola, un giovane ex-tossicodipendente, conosciuto nelle mie diverse esperienze di minorità in comunità terapeutiche, mi aiutò a rispondere. Mi disse: “Frate, solo se entri in prigione potrai comprendere le mie lacrime e raccoglierle”. La folgorazione fu chiara! Signore, questo voglio, questo desidero ardentemente con tutto il mio cuore! Un sogno che custodivo nel cuore da sempre, ma solo la potenza dello Spirito Santo poteva farlo realizzare. Visitare e accogliere un carcerato, per me, significa andare nella sua prigione, ascoltare la sua storia, sentire il suo dolore per la pena e l’espressione del suo sentimento di colpa. Nel carcere la tristezza e il dolore si respirano nell’aria. Entrare nel carcere e superare le diverse barriere di controllo è sentire sulle spalle una diffidenza, come una cappa pesante. Sento freddo, perché il mio sentimento e la mia solidarietà naturale si collocano dalla parte delle vittime e non dei carnefici. Eppure questa diffidenza mi aiuta a riflettere e lascio spazio a un desiderio intenso di arrestare il giudizio per capire come l’umano si è messo in gioco, come è accaduto che arrivasse a toccare i bassifondi della violenza senza la forza di fermarsi. Visitare e accogliere un carcerato non è operazione ingenua, perché non sono ingenue né lineari le domande indotte dall’incontro con chi ha incentrato alcune sue scelte di fondo proprio sulla violenza».

64

Visitare e accogliere il carcerato è non lasciare solo chi ha sbagliato, significa offrire un’opportunità di riscatto anche a noi stessi. Lo spirito di questa nuova opera segno, che arricchisce il territorio della nostra diocesi, vuole essere quello suggerito dalla Scrittura (Eb 13, 3): «Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere». Se visitare in carcere un detenuto ci costringe alla separazione da lui fatta da muri e cancelli, quest’esperienza di prossimità e vicinanza rende a noi volontari e operatori la possibilità di farci prossimi, di essere accanto da compagni, da fratelli, in nome di Colui che è la buona Notizia, il Vangelo incarnato nella storia dell’uomo, Colui che è la libertà dell’uomo che a Lui si rivolge. L’équipe della Consulta “Convivialità delle differenze”


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

C MURIA AGISTERO METROPOLITANA PONTIFICIO Settore Carità. Ufficio Migrantes

Non è poi così difficile

Desidero qui raccontare brevemente della casa “Le Querce di Mamre”, sita in via De Viti de Marco 20, nei pressi della parrocchia di S. Marcello, nata a seguito dell’appello dello scorso settembre di Papa Francesco, che chiedeva in occasione del Giubileo della misericordia un gesto concreto: «Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa, ospiti una famiglia di profughi, cominciando dalla mia diocesi di Roma». Ho chiesto alla comunità cosa volesse fare di questo appello, sottolineando che il papa si rivolgeva non a ogni parroco, ma a ogni parrocchia, e che i locali della chiesa erano tutti, ringraziando Dio, molto frequentati e in parte occupati da una casa-famiglia, la “Casa di Betlemme”, per minori in difficoltà. Una quarantina di famiglie si sono dette disponibili a prendere in fitto una casa nei pressi della parrocchia (per ora l’impegno è di un anno) contribuendo ciascuna secondo le sue possibilità. Ma anche i gruppi del catechismo, l’ACR, gli scout hanno inventato piccole iniziative per contribuire all’impresa. Avendo deciso di accogliere, non potevamo dare ospitalità in una di quelle case buie e umide dove sono relegati abitualmente gli immigrati nella nostra città. Abbiamo scelto una casa luminosa e spaziosa (4 stanze) di proprietà del papà di una scout, in un palazzo di 10 piani nei pressi della parrocchia: 700 euro di fitto + il condominio. Per due mesi abbiamo pagato a vuoto perché nonostante avessimo

65


66

fatto presente questa disponibilità in Prefettura e a tutte le cooperative che gestiscono i CARA e gli SPRAR della provincia, nessuna famiglia di profughi è arrivata. Il motivo l’ho capito dopo (quello divino, non quello umano!). Dovevamo cambiare la tipologia di ospitalità della casa, che ora è destinata ad accogliere neomaggiorenni stranieri, cioè quei minori non accompagnati che dopo aver compiuto i 18 anni non possono più usufruire dell’accoglienza dello Stato, e il primo ad esservi accolto doveva essere Ibrahim. Ibrahim, un giovane senegalese di 21 anni, lo avevo conosciuto a maggio. Gli avevano rubato i documenti dalla casa abbandonata nei pressi della stazione di Mungivacca dove abitava (senza luce, senz’acqua, senza riscaldamento), e per sostenere gli esami di stato (frequentava l’ultimo anno presso l’Istituto Marconi), aveva urgenza di rifarli, ma per questo aveva bisogno di indicare un domicilio. Mi colpì il suo sorriso, la sua gentilezza e il pesante zainetto che portava con sé, nel quale custodiva un raccoglitore con tutti i suoi documenti. A giugno si è diplomato con 85 e poi ha realizzato il suo sogno: iscriversi all’università, alla facoltà di ingegneria. Di tanto in tanto ci siamo rivisti (la sua posta arrivava in parrocchia), e così ho pensato a lui quando abbiamo deciso di accogliere dei giovani stranieri. Ma non sapevo ancora quasi nulla di lui, non potevo immaginare che stavo accogliendo un angelo secondo l’espressione della Lettera agli Ebrei che ora mi torna sempre alla mente: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo» (Ebr 13,2). Così poco alla volta ho conosciuto la sua storia. È stato abbandonato in ospedale al momento della nascita, e adottato e teneramente amato da una famiglia senegalese cristiana, povera, già con due figli. Però non è stato battezzato perché la sua famiglia naturale era musulmana e quella adottiva non ha voluto imporgli la sua religione. Anche per questo coltiva una gratitudine immensa verso la madre. Non posso qui raccontarvi la sua storia, breve ma intensa: la partenza dal Senegal a 14 anni nonostante tutti lo sconsigliassero, rendendosi conto dei troppi sacrifici che la sua famiglia faceva per mantenerlo a scuola; il viaggio nel deserto; la Libia e la traversata fino a Lampedusa. Chi vuol saperne di più può chiedere a don


CURIA METROPOLITANA Alessandro Tanzi o don Rocco Priore, che hanno avuto modo di conoscerlo alla mensa Caritas della Cattedrale. Il giorno in cui è venuto ad abitare nella nostra casa avevo intenzione di invitare gli inquilini del palazzo perché potessero conoscerlo e dargli il benvenuto. L’amministratore mi ha negato l’uso della sala condominiale (alcuni avevano protestato), e poi sono venuti ad incontrarlo nell’appartamento solo in tre (di cui due sono catechisti). Ma questo era nel conto, la casa è stata aperta non solo per accogliere alcuni profughi, ma anzitutto per cambiare noi, perché anche noi, come Abramo e Sara, accogliendo scopriamo una nuova fecondità. Adesso, dopo solo 20 giorni, le cose vanno già molto meglio, Ibrahim sta conquistano tutti con la sua educazione e il suo sorriso. Da qualche giorno sono venuti ad abitare a “Le querce di Mamre” altri due giovani di 18 anni, Saed e Sohel, che abbiamo selezionato fra le numerose richieste ricevute. Non è stato poi così difficile. Qualcuno ha mandato i suoi angeli perché non inciampassero nella pietra i nostri piedi (Sal 91,12). Subito dopo l’ingresso di Ibrahim, ho iniziato a ricevere segnalazioni di famiglie di profughi bisognose di una accoglienza. Una coppia di curdi irakeni, lei è incinta all’ottavo mese, è stata accolta dalla parrocchia di S. Maria del Fonte a Carbonara e da don Mimmo Chiarantoni. Nei prossimi giorni altre famiglie di profughi arriveranno nel nostro paese attraverso il canale umanitario aperto dalla Tavola Valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio. Altre parrocchie vorranno rispondere all’appello del Papa? don Gianni De Robertis Ufficio Migrantes

67



D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE Inaugurazione dell’Anno giudiziario 2016

Relazione sull’attività dell’anno giudiziario 2015 (Bari, 13 febbraio 2016)

Eccellenze Reverendissime, distinte Autorità, cari confratelli, gentili ospiti, compio il gradito incarico di illustrare l’attività del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese svolta nell’anno 2015. È il frutto di un impegno corale dei vicari aggiunti, del collegio dei giudici, dei collaboratori e di tutti gli operatori della giustizia canonica. Esprimo innanzitutto un sincero ringraziamento alla Conferenza Episcopale Pugliese per la fiducia accordataci e per l’attenzione a noi riservata anche attraverso il costante consiglio e l’attenta vigilanza dell’Arcivescovo Moderatore. La Nota del 7 dicembre scorso, che conferma il riferimento unanime della Chiesa pugliese al nostro Tribunale, è segno ulteriore di stima nei nostri confronti. Un particolare e grato ricordo va al compianto mons. Luigi Stangarone, vicario giudiziale emerito, che il 30 giugno scorso ha vissuto il suo pio transito verso la casa del Padre. La nostra riconoscenza e il sincero affetto per lui si fanno preghiera di intercessione costante.

Contesto generale Anche l’anno appena trascorso ha visto il nostro impegno giudiziale confrontarsi con due eventi particolarmente significativi per la vita della Chiesa: la celebrazione della XIV Assemblea generale ordi-

69


naria del Sinodo dei Vescovi, dal 4 al 25 ottobre, e l’entrata in vigore della riforma del processo canonico per le cause di nullità del matrimonio, l’8 dicembre. Abbiamo il privilegio, quest’anno, di attingere alla ricchezza dell’evento sinodale attraverso la testimonianza personale di S.E. mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, il quale, su nomina pontificia, ha seguito i lavori di entrambe le sessioni assembleari, nella veste privilegiata di segretario speciale. L’argomento del Sinodo, La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo, ha inevitabili riflessi anche sul nostro lavoro. Evidenzio il n. 82 della Relazione finale consegnata al Santo Padre Francesco, in cui si fa esplicita menzione ai recenti documenti di riforma processuale1. Il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus del 15 agosto 2015, pubblicato l’8 settembre ed entrato in vigore l’8 dicembre scorso, ha rappresentato certamente un evento storico nella vita della Chiesa, in quanto è il terzo intervento di revisione del processo canonico dopo quelli di Papa Benedetto XIV (con la Costituzione apostolica Dei Miseratione, promulgata il 3 novembre 1741, con la quale si decise la necessità della doppia sentenza conforme ai fini della definitiva dichiarazione di nullità di matrimonio) e di Papa Pio X (il quale, con specifica normativa del 1908, diede un decisivo impulso affinché i processi canonici venissero celebrati preferibilmente in diocesi, limitando gli appelli e i ricorsi alla Sede apostolica). Tali elementi sono poi confluiti, in modo diverso, nel Motu Proprio Causas Matrimoniales di Paolo VI (28 marzo 1971) e nel Codice di Diritto canonico (25 gennaio 1983). 1

70

«Per tanti fedeli che hanno vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica dell’invalidità del matrimonio rappresenta una via da percorrere. I recenti Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus hanno condotto ad una semplificazione delle procedure per la eventuale dichiarazione di nullità matrimoniale. Con questi testi, il Santo Padre ha voluto anche “rendere evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati” (MI, preambolo, III). L’attuazione di questi documenti costituisce dunque una grande responsabilità per gli Ordinari diocesani, chiamati a giudicare loro stessi alcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia. Ciò implica la preparazione di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale. Sarà pertanto necessario mettere a disposizione delle persone separate o delle coppie in crisi, un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che potrà pure accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale (cfr MI, artt. 2-3)».


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE Il tempo ci aiuterà ad apprezzare gli indubbi benefici della recente riforma pontificia che è frutto peculiare del Sinodo straordinario dei Vescovi dell’ottobre del 2014. Tale Sinodo, infatti, ha dato impulso decisivo alla normativa appena emanata. In quel contesto, da parte di alcuni Padri sinodali, è emerso un certo disagio circa il processo matrimoniale, così come veniva celebrato (cfr Relatio Synodi 2014, n. 48)2. Taluni proponevano di risolvere i casi di nullità matrimoniali attraverso il foro interno; altri suggerivano la via amministrativa; altri ancora evidenziavano il rischio di privare l’accertamento della nullità matrimoniale delle tutele giuridiche che solo un autentico processo avrebbe potuto garantire. Quest’ultima è la linea emersa e fatta propria dal Supremo Legislatore. Infatti, come espresso nel preambolo del MP, fedele alla linea intrapresa dai Predecessori, il Papa ha stabilito che: «le cause di nullità del matrimonio vengano trattate per via giudiziale, e non amministrativa, non perché lo imponga la natura della cosa, ma piuttosto lo esiga la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo: e ciò è esattamente assicurato dalle garanzie dell’ordine giudiziario». L’attuale documento pontificio intende perseguire due obiettivi fondamentali: il primo è quello di inserire pienamente la prassi giudiziaria nella dimensione pastorale che pure le appartiene (con le conseguenze che saranno illustrate successivamente sul ruolo del vescovo diocesano e sulla normativa circa l’istituzione di una struttura diocesana stabile); il secondo mira a snellire il processo da elementi storicamente datati (l’obbligatorietà della duplice sentenza «Un grande numero dei Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra le proposte sono stati indicati: il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Alcuni Padri tuttavia si dicono contrari a queste proposte perché non garantirebbero un giudizio affidabile. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo. Secondo altre proposte, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio, tenendo fermo che tra battezzati tutti i matrimoni validi sono sacramento». 2

71


conforme decisa dalla Costituzione apostolica Dei Miseratione di Benedetto XIV, citata) o ritenuti superflui. La vera novità del Motu Proprio, dunque, si manifesta nella sua dimensione pastorale, oltre che giuridica. In questo senso, in linea con la normativa precedente, è stata ribadita la responsabilità del vescovo diocesano, secondo indicazioni precise e articolate. È bene chiarire che la normativa attuale ripropone quella precedente circa i canoni riguardanti il vescovo come giudice nativo nella propria diocesi. Si tratta, infatti, di un principio teologico, prima ancora che giuridico, che deriva dalla tradizionale dottrina della Chiesa. La conseguente possibilità di creare tribunali diocesani che si occupino delle nullità matrimoniali non è, pertanto, una novità esclusiva del presente MP. Innovativa e più incisiva appare, invece, la norma che chiede di istituire in ogni diocesi una vera e propria «struttura stabile», con personale qualificato e competente, che dovrà occuparsi dell’indagine «pregiudiziale o pastorale», previa alla celebrazione del processo canonico (artt. 2-5 delle Regole Procedurali; cfr inoltre Relatio Synodi 2015, n. 82, citata). Tale struttura è stata concepita come il punto di riferimento essenziale per tutti i fedeli che vivono il dramma degli affetti spezzati. In tale sede, essi potranno verificare, con l’ausilio di persone «dotate di competenze anche se non esclusivamente giuridico-canoniche» (RP 3), le condizioni che eventualmente consentiranno loro di accedere alla via giudiziaria. È questo il luogo naturale di innesto tra la pastorale familiare ordinaria e la dimensione giudiziaria canonica, fortemente auspicato dalla recente riforma pontificia. 72

Quanto allo snellimento del processo, ciò è avvenuto tramite l’abolizione della obbligatorietà della doppia sentenza conforme. Ciò era già stato anticipato dalle «facoltà speciali» concesse alla Rota Romana da Papa Benedetto XVI, l’11 febbraio 2013. Il processo, infatti, si conclude ora con la sentenza emanata in primo grado di giudizio, salvo il diritto di appello riconosciuto alla parte che si ritiene onerata dalla sentenza. Accanto a questa novità vi sono altre due disposizioni che rendono obbligatorio quanto era semplicemente suggerito nella normativa precedente. Ciò riguarda la fase di


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE introduzione della causa (contestazione della lite, can. 1676) e la fase dibattimentale (possibilità di prendere visione degli atti giudiziari in corso di istruzione, can. 1677 §1). Tali indicazioni, già presenti nella normativa precedente, ma pressoché disattese, nel nostro Tribunale erano già state rese operative, con evidente beneficio nell’economia generale dei tempi processuali. In linea con lo snellimento della procedura, un riferimento speciale merita il processo brevior, che rende triplice la via giudiziaria ora percorribile (stante il processo ordinario e quello documentale). Tale processo è affidato al vescovo diocesano, secondo le modalità indicate dalla normativa. La richiesta di un simile procedimento, infatti, va presentata al vicario giudiziale (cann. 1676 §§ 1 e 4 e 1685; art. 15 Regole Procedurali) affinché provveda all’istruzione della causa. I presupposti per la sua celebrazione sono la concordia delle parti e la sussistenza di determinate «circostanze» che «rendano manifesta la nullità» (can. 1683). Solo al termine dell’istruttoria, gli atti del processo saranno consegnati al vescovo diocesano il quale, udito l’istruttore e l’assessore deputato, avrà due possibilità: emettere sentenza affermativa, qualora avesse raggiunto la certezza morale del caso, oppure inviare la causa all’esame ordinario. A seguito del pronunciamento del vescovo, è data possibilità di appello. Va rilevato, infine, che il MP non ha inteso rendere più facili le nullità matrimoniali né introdurre nuovi capi di nullità. Il Papa ha voluto affermarlo con chiarezza nelle premesse del documento: «si favorisca non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi», stante la preoccupazione, più volte espressa, della salvezza delle anime da un lato e della fermezza della dottrina della indissolubilità del matrimonio dall’altro. Il documento pontificio ha inoltre posto l’attenzione alla dimensione economica del processo, affermando: «curino per quanto possibile le Conferenze Episcopali, salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali, che venga assicurata la gratuità delle

73


procedure». Ciò è prevedibile che sarà motivo di attenta riflessione dell’Assemblea generale della CEI che si terrà il prossimo mese di maggio. In realtà, dal nostro modesto punto di vista, in Italia la questione è stata già ampiamente affrontata e risolta con le varie delibere della CEI che si sono susseguite a partire dal 1997 e che hanno riconosciuto e disciplinato il gratuito o il semi-gratuito patrocinio così come l’esonero parziale o totale delle spese processuali per quei fedeli che ne dimostrino l’effettiva necessità. Sulla stessa linea si è elaborata una rigorosa disciplina circa gli onorari spettanti ai patroni di fiducia. Tutto ciò, se già realizza nei fatti l’auspicio pontificio, continua a garantire un minimo di contribuzione da parte dei fedeli per il sostentamento di una istituzione complessa e articolata quale è il Tribunale ecclesiastico, che attinge le sue risorse finanziarie, in massima parte, dal gettito annuale dell’8 ‰ riconosciuto dallo Stato alla Chiesa cattolica. È nostra cura costante coinvolgere, per quanto possibile, i parroci dei fedeli che a noi si rivolgono, in questa materia.

74

Un ultimo riferimento merita la scelta della sede del Tribunale. È noto che l’entrata in vigore della riforma di Papa Francesco ha posto il problema, ampiamente dibattuto, della sussistenza dei Tribunali regionali, istituiti a seguito dell’entrata in vigore del precedente Motu Proprio Qua Cura (1938). Detto documento ha affidato la riserva esclusiva della trattazione delle cause matrimoniali, appunto, ai Tribunali regionali. Il Rescritto pontificio del 7 dicembre scorso ha abrogato tale disposizione, onde consentire ai vescovi di creare liberamente un proprio tribunale diocesano. Agli stessi vescovi è stata data facoltà, a mente del can. 1673 §2 MI (in linea con il can. 1423 CIC), di «accedere a un altro viciniore tribunale diocesano o interdiocesano». La Conferenza Episcopale Pugliese, riunita in sessione plenaria il 9 dicembre scorso, in una Nota ufficiale ha, tra l’altro, chiarito: «quanto alla dimensione più strettamente giudiziale, stante il can. 1673 §2 MI, la Conferenza Episcopale Pugliese conferma l’intento di affidarsi al Tribunale Ecclesiastico Regionale. In questa delicata fase di attuazione della normativa processuale, infatti, l’Episcopato pugliese ritiene che l’esperienza e la competenza maturata nel corso di una storia pluridecennale (iniziata nel 1939), possa


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE garantire la più compiuta attuazione di quanto previsto dalla recente normativa pontificia». Simile decisione è stata assunta dalla maggior parte delle altre circoscrizioni regionali. La recente riforma pontificia, nell’innestare nella prassi giudiziale della Chiesa elementi di novità, contribuisce a creare una maggiore sensibilizzazione nei confronti di un istituto, il Tribunale ecclesiastico, appunto, che è e si sente parte viva nell’ambito della più ampia pastorale familiare.

Rapporti istituzionali Alla luce della recente normativa, ancora più intenso si è reso il confronto con i Tribunali ecclesiastici presenti sul territorio nazionale. Nel novembre scorso si è tenuta a Bari una riunione in cui erano presenti 12 dei 18 vicari giudiziali regionali italiani. All’incontro ha partecipato anche il prof. Manuel Arroba Conde, preside dell’Istituto Utriusque Iuris della Pontificia Università Lateranense ed esperto internazionale di diritto processuale. La sua presenza è stata particolarmente illuminante ed ha contribuito non poco a fornire linee di comprensione e di attuazione puntuale del Motu Proprio. Su nomina pontificia, il prof. Arroba ha, peraltro, partecipato ai lavori dei due recenti Sinodi, in qualità di esperto. Merita una particolare menzione, il rapporto che si va consolidando con l’Università degli Studi di Bari, in particolare con la cattedra di Diritto canonico, grazie all’attenzione del prof. Gaetano Dammacco e della prof.ssa Carmela Ventrella. Almeno una volta l’anno gli studenti, accompagnati dai docenti, hanno la possibilità di conoscere da vicino il Tribunale, confrontandosi direttamente con il vicario giudiziale. Sono in cantiere iniziative comuni, tese ad una reciproca collaborazione formativa e istituzionale. In particolare, si sta elaborando un progetto comune con la Pontificia Università Lateranense di Roma, al fine di agevolare eventuali studenti universitari che volessero completare il loro corso di studi nelle materie canonistiche ecclesiastiche.

75


Giudici Continua con intensità e profitto la collaborazione con i tre vicari aggiunti, ai quali, d’intesa con i vescovi della Conferenza Episcopale Pugliese, è stato affidato il compito di istruire, su nomina del vicario giudiziale, la celebrazione del processo brevior, secondo le zone di competenza, divise nelle tre aree regionali: mons. Mario Cota per il nord (metropolia di Foggia), mons. Giacomo Giampetruzzi per il centro (metropolia di Bari-Bitonto), mons. Paolo Oliva per il sud (metropolia di Taranto). A mons. Antonio Caricato è affidata la metropolia di Lecce. Ad essi sarà affiancato, in qualità di assessore, un giudice della diocesi d’origine delle parti, qualora vi fosse, o di una diocesi viciniore. L’intero Collegio dei giudici (composto di ventiquattro sacerdoti e un laico) continua ad operare in modo motivato e intenso, compatibilmente con gli altri impegni diocesani propri di ciascuno. Sono certo che nuove forze potranno essere messe a nostra disposizione dai vescovi, al fine di realizzare in pienezza lo spirito e la lettera della riforma pontificia. Evidenzio anche l’impegno, fortemente avvertito da tutti, di un costante aggiornamento che si realizza attraverso la partecipazione a corsi e convegni organizzati dalle Facoltà romane e dalle Associazioni canonistiche italiane.

Patroni

76

Gli avvocati iscritti all’Albo operano con una sostanziale fedeltà all’impegno assunto, al fine di collaborare con il Tribunale all’accertamento della verità. Seppur con qualche sacrificio, ci si attiene alle tabelle remunerative stabilite dalla CEI. È prevedibile che la prossima Assemblea generale dei vescovi apporterà qualche novità anche riguardo a questo aspetto. I patroni stabili operanti presso il Tribunale, con la recente nomina del dott. Carlo Cassano, sono tornati ad essere tre. In questo modo si riesce a far fronte alle crescenti richieste dei fedeli, che trovano in essi persone esperte e qualificate, idonee a rendere loro il dovuto servizio di assistenza previsto dalla normativa vigente.


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE Difensori del vincolo Il Collegio dei difensori del vincolo, composto di undici collaboratori e diretto da mons. Felice Posa, continua a fornire ai giudici quel contributo prezioso e competente, particolarmente utile e delicato nella trattazione delle nullità matrimoniali. Tale servizio rappresenta un riferimento essenziale e unanimemente apprezzato dal Collegio dei giudici.

Personale Il personale laico, composto di dodici unità e recentemente arricchitosi con la presenza del sig. Luca Eracleo, offre il proprio servizio con dedizione e spirito ecclesiale. La collaborazione tra gli addetti ai vari servizi, coordinati dal Cancelliere, appare soddisfacente e davvero efficiente. Sottolineo che anche il personale dipendente cura la propria formazione culturale e professionale.

Gestione economica Anche il quadro di riferimento economico potrebbe, in un prossimo futuro, contemplare delle novità normative, stante la citata esortazione pontificia a garantire, per quanto possibile, la gratuità delle procedure. La gestione economica dello scorso anno, mantenendo un costante e attento contenimento delle spese, pur a fronte di un bilancio preventivo inferiore all’anno precedente, ha consentito nuovamente un risparmio finanziario rispetto allo stesso bilancio approvato per il 2015. Il risparmio è stato di oltre 62.000 euro. La struttura, entrata in proprietà dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto nello scorso mese di settembre e dalla stessa Arcidiocesi concessa in uso gratuito al Tribunale, continua comunque ad essere puntualmente dotata di nuove attrezzature necessarie al lavoro.

77


Dati

78

Quanto ai dati numerici, si allegano le tabelle complete e dettagliate circa l’intera attività processuale dell’anno 2015. Ci si limita a evidenziare solo quelli principali. I libelli introdotti nel 2015 sono stati 200 (rispetto ai 220 del 2014), mentre le cause decise sono state 230 (rispetto alle 260 del 2014). Di conseguenza, le cause pendenti sono scese dalle 452 al 31 dicembre 2014 alle 405 al 31 dicembre 2015. Nonostante le iniziali incertezze dovute all’introduzione della riforma processuale, evidenzio il trend positivo che si è registrato in Puglia rispetto alle altre Regioni italiane. È un fatto indubbiamente apprezzabile. La fiducia dei fedeli pugliesi nel Tribunale Ecclesiastico Regionale e il valore che si attribuisce al sacramento del matrimonio andrebbero sostenuti in tutti i possibili ambiti pastorali. Le costituende strutture stabili (diocesane o metropolitane) di accoglienza e di discernimento dei fedeli separati o divorziati ove realizzare l’indagine pregiudiziale o pastorale, così come previsto dal MI (artt.1-5 delle RP) sarà di indubbio ausilio al servizio giudiziale. Attingendo nuovamente ai dati regionali Istat relativi al 2014 (ultimi dati disponibili) risulta che in Puglia, presso i Tribunali civili, sono state concesse 6226 separazioni e 2853 divorzi. La evidente sproporzione numerica rispetto ai procedimenti pendenti presso il nostro Tribunale ecclesiastico appare impressionante. Ci auguriamo che la riforma processuale in vigore possa contribuire a fare verità sui tanti matrimoni falliti, registrati nel territorio regionale. Da questo punto di vista è sempre più proficua e concreta la collaborazione con gli Uffici diocesani di pastorale familiare, con i Consultori familiari diocesani e, in particolare, con i responsabili della Confederazione regionale degli stessi Consultori.

Conclusione Concludo citando il Santo Padre che, in modo chiaro e incisivo, esprime lo spirito della riforma processuale nel preambolo del documento legislativo: «È quindi la preoccupazione della salvezza delle anime, che – oggi come ieri – rimane il fine supremo delle isti-


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE tuzioni, delle leggi, del diritto, a spingere il Vescovo di Roma ad offrire ai Vescovi questo documento di riforma, in quanto essi condividono con lui il compito della Chiesa, di tutelare cioè l’unità nella fede e nella disciplina riguardo al matrimonio, cardine e origine della famiglia cristiana». Ed è un servizio alla famiglia e al desiderio di famiglia, custodito nel cuore di ognuno, che si pone il nostro discreto ministero ecclesiale. Grazie per l’attenzione. sac. Pasquale Larocca Vicario giudiziale

79


Allegato

Statistiche Anno 2014

80

Relazione al 31 dicembre 2015 Cause introdotte Cause archiviate Rato Cause decise Cause pendenti al 31/12/2015

200 17 0 230 405

Decise Affermative Negative Totale

198 32 230

Capi di nullità Esclusione della indissolubilità Esclusione della prole Simulazione totale del consenso Incapacità ad assumere gli obblighi coniugali Defectus discretionis iudicii Timore Esclusione della fedeltà Errore di qualità Impotenza Condizione Esclusione del bonum coniugum Dolo Impedimento per vincolo precedente

81 affermative 47 affermative 33 affermative

40 negative 17 negative 47 negative

50 affermative 50 affermative 3 affermative 12 affermative 6 affermative 2 affermative 4 affermative 1 affermative 4 affermative 0 affermative

22 negative 16 negative 7 negative 9 negative 6 negative 0 negative 4 negative 7 negative 4 negative 0 negative

La somma dei capi ammessi o respinti non corrisponde al numero delle sentenze affermative o negative in quanto alcune volte nella stessa sentenza il Tribunale si è pronunziato su più capi, alcuni dei quali vengono ammessi e altri respinti.


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE La famiglia come promessa, dono e sfida a partire dal recente Sinodo dei Vescovi

Introduzione: il Sinodo dei quattro Papi e la centralità della famiglia L’Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebrata dal 5 al 19 ottobre 2014, e quella ordinaria, celebrata dal 4 al 25 ottobre 2015, costituiscono un unico cammino sinodale, che è stato accompagnato nelle due tappe da una larghissima consultazione delle Chiese in comunione con Roma, realizzata mediante questionari ad esse inviati e che hanno ricevuto amplissima risposta, non solo dalle Chiese locali, ma anche da molte istituzioni e centri di ricerca in tutto il mondo. Il Sinodo vissuto in due tappe potrebbe essere caratterizzato anzitutto dal suo rapporto a diverse figure di Pontefici, tanto da azzardarne la definizione di “Sinodo dei quattro Papi”. Il primo fra essi è certamente Francesco: la sua impronta si è vista sin dall’inizio, quando ha invitato i vescovi a parlare in assoluta libertà, precisando che non dovesse esserci niente di cui si potesse dire “di questo non si può parlare”. I Padri sinodali hanno preso alla lettera l’invito del Successore di Pietro, dando vita a un dibattito libero e nutrito, dove sono risuonati accenti anche molto diversi fra loro, pur nella comunione della fede e della volontà di cercare il bene maggiore per le famiglie di tutto il mondo, al cui servizio la Chiesa si pone. In questo senso, l’Assemblea sinodale nelle sue due tappe ha rappresentato un esercizio ampio e ricchissimo

81


82

della collegialità episcopale, della partecipazione attiva e responsabile, cioè, del collegio dei vescovi al governo pastorale del popolo di Dio con il Papa e sotto la sua guida. Ne è risultata l’esperienza di una Chiesa viva, adulta nell’assumere la complessità, accomunata dall’ascolto dello Spirito, in cammino nella ricerca delle vie nuove cui il Signore la chiama: una Chiesa “sinodale”. «Potrei dire serenamente - ha affermato Francesco nel discorso di sabato 18 ottobre 2014 - che con uno spirito di collegialità e di sinodalità abbiamo vissuto davvero un’esperienza di Sinodo, un percorso solidale, un cammino insieme… e come in ogni cammino ci sono stati dei momenti di corsa veloce, quasi a voler vincere il tempo e raggiungere al più presto la mèta; altri momenti di affaticamento, quasi a voler dire basta; altri momenti di entusiasmo e di ardore». Il Papa non ha esitato poi ad aggiungere: «Personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se… tutti fossero stati d’accordo o taciturni in una falsa pace quietista. Invece ho visto e ho ascoltato - con gioia e riconoscenza - discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia. E ho sentito che è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la suprema lex, la salus animarum». Nel discorso commemorativo del 50° dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, poi, Papa Francesco ha affermato che esso, «rappresentando l’episcopato cattolico, diventa espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale… Esso manifesta la collegialitas affectiva, la quale può pure divenire in alcune circostanze ‘effettiva’, che congiunge i vescovi fra loro e con il Papa nella sollecitudine per il Popolo di Dio». Soprattutto per questo, il cammino sinodale appena concluso è stato quello del Sinodo di Papa Francesco, caratterizzato dalla grande fiducia che sin dall’inizio del suo servizio petrino egli ha voluto dare alla collegialità episcopale. Un’altra figura di pontefice che ha ispirato e accompagnato i lavori sinodali è stata quella del Papa emerito Benedetto XVI: sebbene sia stato fisicamente presente solo alla canonizzazione dell’amato Paolo VI il 19 ottobre 2014, si può dire che la scelta di fondo di affrontare con onestà le sfide e i problemi della famiglia oggi corrisponda a quanto egli ha voluto decisamente per la Chiesa negli otto anni del suo pontificato riguardo a tutti gli aspetti della vita del popolo di Dio. Alcuni temi, poi, sono stati ispirati direttamente al


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE suo magistero: così l’attenzione alla rilevanza della fede degli sposi nella celebrazione del matrimonio. Già da Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, egli aveva affermato: «Ulteriori studi approfonditi esige la questione se cristiani non credenti - battezzati che non hanno mai creduto o non credono più in Dio - veramente possano contrarre un matrimonio sacramentale. In altre parole: si dovrebbe chiarire se veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale». Il ragionamento è stringente: dal momento che la fede è parte dell’essenza del sacramento, “l’evidenza della non fede” ha come conseguenza che il sacramento non si realizzi. Gli effetti di una simile conclusione potrebbero essere ampi nel riconoscimento dell’invalidità di molti matrimoni, aprendo così la strada allo snellimento di non pochi processi matrimoniali canonici. Soprattutto, però, l’insistenza di Papa Benedetto sulla rilevanza della fede motiva l’esigenza di un’accurata preparazione alle nozze, intesa anzitutto come “mistagogia”, e dunque come cammino che porti gli sposi cristiani a riscoprire e vivere la grazia del loro battesimo e degli altri sacramenti nella costruzione della nuova famiglia e nell’assumere gli impegni relativi alla indissolubilità del vincolo e all’apertura alla procreazione: temi su cui il Sinodo si è espresso con chiarezza dottrinale e attenzione pastorale. Il terzo papa di cui si è avvertita particolarmente la presenza ispiratrice al Sinodo è stato Giovanni Paolo II, il “Papa della famiglia”, come lo ha definito Francesco: di frequente il lavoro sinodale si è rifatto al suo magistero sulla famiglia. Così ne ricorda l’apporto la Relazione finale dell’Assemblea ordinaria del 2015 (RS): «San Giovanni Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi sull’amore umano e sulla teologia del corpo. In esse, egli ha offerto alla Chiesa una ricchezza di riflessioni sul significato sponsale del corpo umano e sul progetto di Dio riguardo al matrimonio e alla famiglia sin dall’inizio della creazione. In particolare, trattando della carità coniugale, ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità. Nella Lettera

83


84

alle famiglie Gratissimam sane e soprattutto con l’Esortazione apostolica Familiaris consortio, Giovanni Paolo II ha indicato la famiglia come ‘via della Chiesa’, ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna, ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società» (RS 44). Era stato peraltro Giovanni Paolo II a scegliere “la famiglia cristiana” come tema della V Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi (26 settembre - 25 ottobre 1980), non esitando ad affermare nell’Esortazione apostolica ad esso seguita che «l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia!» (FC 86). Infine, viva è stata la memoria del beato Paolo VI, a partire dalla scelta di far coincidere la chiusura dell’assemblea sinodale straordinaria con la sua beatificazione, ma anche e soprattutto per lo stile e lo spirito dei lavori. Papa della conclusione e dell’attuazione del Concilio Vaticano II, Montini è stato il grande testimone del dialogo della Chiesa con la modernità, attento alla ricerca tutt’altro che facile e scontata delle mediazioni opportune fra la salvezza offerta in Cristo e la storia reale. In ascolto fedele dei segni dei tempi e nella rigorosa fedeltà all’identità della Chiesa e del suo patrimonio di fede, Paolo VI ha sovente vissuto in se stesso la tensione della ricerca, quella sofferenza del divenire in cui la luce dell’Eterno andava proposta fra le penombre e perfino nelle tenebre di un’ora carica di contraddizioni e di resistenze. Questo è però anche il compito che i credenti di oggi si trovano ad affrontare in rapporto alle culture del “villaggio globale”, spesso omologate a modelli forti ed insieme diversificate in relazione alla varietà e complessità delle sfide contestuali. Non pochi Padri hanno testimoniato di avvertire un clima di lavoro per tanti aspetti simile alle atmosfere conciliari, prolungate nella grande opera di servizio al popolo di Dio e all’umanità di Papa Montini. Anche così il Sinodo nelle sue due tappe è stata un’avventura bella, che ha aperto la porta a nuovi cammini ed esigerà coraggio e impegno da parte di tutti i credenti per corrispondere a quanto lo Spirito sta dicendo alla Chiesa. Appare anche ricco di spirito montiniano l’appello di Papa Francesco a essere la Chiesa «che non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini; che non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone [...] che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o coloro


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE che credono di essere perfetti! La Chiesa che non si vergogna del fratello caduto e non fa finta di non vederlo, anzi si sente coinvolta e quasi obbligata a rialzarlo e a incoraggiarlo a riprendere il cammino e lo accompagna verso l’incontro definitivo, con il suo Sposo, nella Gerusalemme celeste». Una Chiesa di uomini e per gli uomini, decisa a non abdicare mai al suo compito di essere voce del Dio vivo, che ha parlato alla storia in Gesù Cristo. Già questo legame forte del recente Sinodo ai grandi Papi che hanno governato la Chiesa dal Concilio a oggi, mostra come il tema della famiglia sia stato centrale nel magistero dei successori di Pietro a noi più vicini nel tempo. Peraltro, la Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, fra le sfide cui chiedeva di dedicare maggiore attenzione e impegno, aveva menzionato al primo posto la famiglia, fondamento del vivere insieme degli esseri umani: «La famiglia, nella quale le diverse generazioni s’incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della società» (GS 47). Le ragioni di questa importanza dell’istituto familiare sono riconoscibili nella sua natura e missione, basate sul disegno divino sull’umanità, come afferma la Relazione conclusiva della recente Assemblea ordinaria del Sinodo: «Grembo di gioie e di prove, la famiglia è la prima e fondamentale ‘scuola di umanità’ (cfr GS, 52) […] La famiglia assume per il cammino della Chiesa un’importanza speciale: “Tanto era l’amore che [Dio] ha incominciato a camminare con l’umanità, ha incominciato a camminare con il suo popolo, finché giunse il momento maturo e diede il segno più grande del suo amore: il suo Figlio. E suo Figlio dove lo ha mandato? In un palazzo? In una città? A fare un’impresa? L’ha mandato in una famiglia. Dio è entrato nel mondo in una famiglia. E ha potuto farlo perché quella famiglia era una famiglia che aveva il cuore aperto all’amore, aveva le porte aperte” (Papa Francesco, Discorso alla Festa delle Famiglie, Philadelphia, 27 settembre 2015)» (RS 2). Le riflessioni che seguono toccheranno allora innanzitutto le sfide attuali che riguardano l’isti-

85


tuto familiare, per richiamare poi il “Vangelo della famiglia” che la Chiesa è chiamata ad annunciare, per considerare infine la pastorale familiare in generale e quella delle situazioni difficili o irregolari, alla luce specialmente della relazione finale presentata dall’Assemblea ordinaria del 2015 a Papa Francesco.

1. Crisi dell’istituto familiare?

86

Nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium (2013) Papa Francesco ha scritto: «La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove s’impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende a essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia» (EG 66). Non mancano, naturalmente, aspetti positivi nella situazione attuale dell’istituto familiare, mescolati e talvolta perfino oscurati da aspetti negativi. Gli uni e gli altri sono così presentati nella Relatio conclusiva del recente Sinodo: «Siamo consapevoli […] dei cambiamenti antropologico-culturali, in ragione dei quali gli individui sono meno sostenuti che in passato dalle strutture sociali nella loro vita affettiva e familiare. D’altra parte, bisogna egualmente considerare gli sviluppi di un individualismo esasperato che snatura i legami familiari, facendo prevalere l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri, togliendo forza ad ogni legame. Pensiamo alle madri e ai padri, ai nonni, ai fratelli e alle sorelle, ai parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni matrimonio. Non dobbiamo tuttavia dimenticare la realtà vissuta: la solidità dei legami familiari continua ovunque a tenere in vita il mondo. Rimane grande la dedizione alla cura della dignità di ogni persona – uomo, donna e bambini –, dei gruppi etnici e delle minoranze, così come alla difesa dei diritti di ogni essere umano di crescere in una famiglia» (RS 5).


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE È necessario considerare in primo luogo i condizionamenti che nei vari contesti gravano sulla realtà familiare: «Nella società odierna si osservano una molteplicità di sfide che si manifestano in misura maggiore o minore in varie parti del mondo. Nelle diverse culture, non pochi giovani mostrano resistenza agli impegni definitivi riguardanti le relazioni affettive, e spesso scelgono di convivere con un partner o semplicemente di avere relazioni occasionali. La diminuzione della natalità è il risultato di vari fattori, tra cui l’industrializzazione, la rivoluzione sessuale, il timore della sovrappopolazione, i problemi economici, la crescita di una mentalità contraccettiva e abortista. La società dei consumi può anche dissuadere le persone dall’avere figli anche solo per mantenere la loro libertà e il proprio stile di vita [...] I matrimoni in alcune parti del mondo diminuiscono, mentre le separazioni e i divorzi non sono rari» (RS 7). La Relatio non tace neanche sulle sfide emergenti specie nel Nord del mondo: «Una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del ‘gender’ che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. Nella visione della fede, la differenza sessuale umana porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio (cfr Gn 1,26-27). “La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. […] La rimozione della differenza […] è il problema, non la soluzione” (Francesco, Udienza generale, 15 aprile 2015)» (RS 8). La stessa Relatio descrive, poi, articolatamente i fattori più rilevanti che incidono sulla crisi della famiglia in ampi settori del “villaggio globale”: «La qualità affettiva e spirituale della vita familiare è gravemente minacciata dalla moltiplicazione dei conflitti, dall’impo-

87


verimento delle risorse, dai processi migratori. Violente persecuzioni religiose, particolarmente nei riguardi delle famiglie cristiane devastano zone intere del nostro pianeta, creando movimenti di esodo e di immense ondate di rifugiati che esercitano grandi pressioni sulle capacità delle terre di accoglienza. Le famiglie provate in questo modo, molto spesso, sono forzate allo sradicamento e condotte alla soglia della dissoluzione [...] Gli sforzi di tutti i responsabili politici e religiosi per diffondere e proteggere la cultura dei diritti dell’uomo sono ancora insufficienti. Bisogna ancora rispettare la libertà di coscienza e promuovere la coesistenza armoniosa tra tutti i cittadini fondata sulla cittadinanza, l’uguaglianza e la giustizia. Il peso di politiche economiche e sociali inique, anche nelle società del benessere, incide gravemente sul mantenimento dei figli, sulla cura dei malati e degli anziani. La dipendenza dall’alcool, dalle droghe o dal gioco d’azzardo è talora espressione di queste contraddizioni sociali e del disagio che ne consegue nella vita delle famiglie. L’accumulo di ricchezza nelle mani di pochi e la distrazione di risorse destinate al progetto familiare accrescono l’impoverimento delle famiglie in molte regioni del mondo» (RS 8). Non di meno, resta il dato innegabile che, «nonostante i segnali di crisi dell’istituto familiare, nei vari contesti, il desiderio di famiglia resta vivo nelle giovani generazioni» (RS 2). Fra desiderio e rifiuto, la famiglia è decisiva per tutti, e non può non essere oggetto dell’attenzione prioritaria della Chiesa, impegnata ad annunciare il Vangelo alle donne e agli uomini d’oggi.

2. Il Vangelo della famiglia 88

Alla luce delle sfide e delle attese riguardanti la famiglia oggi la Chiesa si riconosce, dunque, chiamata a proporre con convinzione il “Vangelo della famiglia”, fondato sul disegno del Creatore e sulla parola e l’azione del Figlio incarnato. I contenuti fondamentali di questa buona novella sono così evocati: «La famiglia basata sul matrimonio dell’uomo e della donna è il luogo magnifico e insostituibile dell’amore personale che trasmette la vita. L’amore non si riduce all’illusione del momento, l’amore non è fine a se stesso, l’amore cerca l’affidabilità di un ‘tu’ personale. Nella promessa reci-


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE proca di amore, nella buona e nella cattiva sorte, l’amore vuole continuità di vita, fino alla morte. Il desiderio fondamentale di formare la rete amorevole, solida ed intergenerazionale della famiglia si presenta significativamente costante, al di là dei confini culturali e religiosi e dei cambiamenti sociali. Nella libertà del ‘sì’ scambiato dall’uomo e dalla donna per tutta la vita, si fa presente e si sperimenta l’amore di Dio. Per la fede cattolica il matrimonio è segno sacro in cui diventa efficace l’amore di Dio per la sua Chiesa. La famiglia cristiana pertanto è parte della Chiesa vissuta: una ‘Chiesa domestica’» (RS 4). La buona notizia riguardo alla famiglia abbraccia in particolare quattro aspetti, che vanno proposti nella loro unità: la famiglia come scuola di umanità, di socialità, di vita ecclesiale, di fede e di santificazione. La famiglia è anzitutto scuola di umanità, scuola di amore nella vita e nella crescita della persona (cfr Gaudium et spes 52). La Familiaris consortio aveva posto giustamente al centro e a fondamento della realtà familiare il vincolo dell’amore che ci fa umani: «L’amore è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano […] L’istituzione matrimoniale non è una indebita ingerenza della società o dell’autorità, né l’imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d’amore coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuta così la piena fedeltà al disegno di Dio Creatore» (FC 11). Perciò, riconoscere il valore di questo amore unitivo ed evangelizzarne continuamente la necessità e la bellezza è compito ineludibile dei credenti: «Testimoniare l’inestimabile valore dell’indissolubilità e della fedeltà matrimoniale è uno dei doveri più preziosi e più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo» (FC 20). All’amore che nasce dall’alto ed è alla base di ogni vero amore, in particolare di quello familiare, Benedetto XVI ha consacrato la sua enciclica Deus caritas est (25 dicembre 2005). Nella distinzione che l’enciclica fa fra “eros” e “agape”, fra amore passionale e amore oblativo, si avverte l’eco del dibattito novecentesco avviato dalle ricerche di Anders Nygren (autore dell’opera classica Eros e agape). In questo quadro, il Papa afferma che l’amore cristiano «non è

89


90

rifiuto dell’eros, non è il suo avvelenamento, ma la sua guarigione in vista della sua vera grandezza» (DCE 5). E questo avviene mediante un amore più grande, che ci è donato dall’alto: l’esperienza del Dio Amore rende possibile il dono di sé all’altro e agli altri. «Sì, amore è ‘estasi’, estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (DCE 6). È l’amore di chi sa di dover dare la vita: «L’intima partecipazione personale al bisogno e alla sofferenza dell’altro diventa un partecipargli me stesso: perché il dono non umilii l’altro, devo dargli non soltanto qualcosa di mio ma me stesso, devo essere presente nel dono come persona» (DCE 34). Un programma, questo, ineludibile per ogni vita familiare che voglia essere autentica e umanizzante, e che si lasci plasmare dal modello dell’amore eterno: «Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano» (DCE 11). Nell’enciclica Lumen Fidei (29 giugno 2013) Papa Francesco si sofferma sul tema della famiglia alla luce del primato della fede: «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cfr Gn 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata. La fede poi aiuta a cogliere in tutta la sua profondità e ricchezza la generazione dei figli, perché fa riconoscere in essa l’amore creatore che ci dona e ci affida il mistero di una nuova persona» (LF 52). Sulla via dell’amore, illuminato e nutrito dalla fede, la famiglia può profilarsi dunque come un’autentica scuola di umanità buona, sana e felice secondo il progetto di Dio.


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE La famiglia è anche scuola di socialità: essa fa crescere la persona nello sviluppo delle sue capacità di socializzazione e nella costruzione della società. Afferma la Familiaris consortio: «La famiglia è la prima e fondamentale scuola di socialità: in quanto comunità di amore, essa trova nel dono di sé la legge che la guida e la fa crescere. Il dono di sé, che ispira l’amore dei coniugi tra di loro, si pone come modello e norma del dono di sé quale deve attuarsi nei rapporti tra fratelli e sorelle e tra le diverse generazioni che convivono nella famiglia. E la comunione e la partecipazione quotidianamente vissuta nella casa, nei momenti di gioia e di difficoltà, rappresenta la più concreta ed efficace pedagogia dei figli nel più ampio orizzonte della società» (FC 37). Così, «nel matrimonio e nella famiglia si costituisce un complesso di relazioni interpersonali nuzialità, paternità-maternità, filiazione, fraternità -, mediante le quali ogni persona umana è introdotta nella famiglia umana e nella famiglia di Dio, che è la Chiesa» (FC 15). Afferma la relazione finale del Sinodo: «La bellezza del dono reciproco e gratuito, la gioia per la vita che nasce e la cura amorevole di tutti i membri, dai piccoli agli anziani, sono alcuni dei frutti che rendono unica e insostituibile la risposta alla vocazione della famiglia. Le relazioni familiari concorrono in modo decisivo alla costruzione solidale e fraterna dell’umana società, irriducibile alla convivenza degli abitanti di un territorio o dei cittadini di uno Stato» (RS 50). In maniera analoga, la famiglia diventa grembo di vita ecclesiale, che educa a vivere nella comunione della Chiesa: «Il matrimonio e la famiglia cristiani edificano la Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona umana non solo viene generata e progressivamente introdotta, mediante l’educazione, nella comunità umana, ma mediante la rigenerazione del battesimo e l’educazione alla fede essa viene introdotta anche nella famiglia di Dio, che è la Chiesa» (FC 15). «In quanto “piccola Chiesa”, la famiglia cristiana è chiamata, a somiglianza della “grande Chiesa”, ad essere segno di unità per il mondo e ad esercitare in tal modo il suo ruolo profetico testimoniando il Regno e la pace di Cristo, verso cui il mondo intero è in cammino» (FC 48). Il protagonismo attivo e rilevante della famiglia nella vita ecclesiale

91


92

e dell’azione pastorale a favore della famiglia è così messo in luce dalla Relazione finale del Sinodo: «In virtù del sacramento del matrimonio ogni famiglia diventa a tutti gli effetti un bene per la Chiesa. In questa prospettiva sarà certamente un dono prezioso, per l’oggi della Chiesa, considerare anche la reciprocità tra famiglia e Chiesa: la Chiesa è un bene per la famiglia, la famiglia è un bene per la Chiesa. La custodia del dono sacramentale del Signore coinvolge non solo la singola famiglia, ma la stessa comunità cristiana, nel modo che le compete. Di fronte all’insorgere della difficoltà, anche grave, di custodire l’unione matrimoniale, il discernimento dei rispettivi adempimenti e delle relative inadempienze dovrà essere approfondito dalla coppia con l’aiuto dei Pastori e della comunità» (RS 52). D’altra parte, alla famiglia la Chiesa può guardare come ad un modello cui ispirarsi: «Grazie alla carità della famiglia, la Chiesa può e deve assumere una dimensione più domestica, cioè più familiare, adottando uno stile più umano e fraterno di rapporti» (FC 64). La famiglia è infine scuola di fede e di santificazione, in cui si esercita e si alimenta il cammino di santità dei coniugi e dei figli: «I coniugi cristiani sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo con la forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, e assieme rendono gloria a Dio» (GS 48). Il sacramento nuziale è in se stesso fonte della grazia necessaria a realizzare un simile progetto di vita: «Come dal sacramento derivano ai coniugi il dono dell’obbligo di vivere quotidianamente la santificazione ricevuta, così dallo stesso sacramento discendono la grazia e l’impegno morale di trasformare tutta la loro vita in un continuo sacrificio spirituale» (FC 56). La realizzazione di questa chiamata alla santità coniugale e familiare è alimentata dai doni del Signore e dalla corrispondenza docile e orante ad essi: «La famiglia, nella sua vocazione e missione, è veramente un tesoro della Chiesa. Tuttavia, come afferma san Paolo nei riguardi del Vangelo, “noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta” (2 Cor 4,7). Sulla porta d’ingresso della vita della famiglia, afferma Papa Francesco, “sono scritte tre parole […]: permesso?, grazie, scusa. Infatti queste parole aprono la strada per vivere


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE bene nella famiglia, per vivere in pace. Sono parole semplici, ma non così semplici da mettere in pratica! Racchiudono una grande forza: la forza di custodire la casa, anche attraverso mille difficoltà e prove; invece la loro mancanza, a poco a poco apre delle crepe che possono farla persino crollare” (Francesco, Udienza generale, 13 maggio 2015) […] La preghiera domestica, la partecipazione alla liturgia e la pratica delle devozioni popolari e mariane sono mezzi efficaci di incontro con Gesù Cristo e di evangelizzazione della famiglia. Ciò metterà in evidenza la speciale vocazione degli sposi a realizzare, con la grazia dello Spirito Santo, la loro santità attraverso la vita matrimoniale, anche partecipando al mistero della croce di Cristo, che trasforma le difficoltà e le sofferenze in offerta d’amore» (RS 87).

3. Pastorale familiare e delle situazioni difficili o irregolari Annunciare il Vangelo della famiglia è dunque dovere prioritario di tutta la Chiesa, che deve adempierlo nella concretezza delle situazioni e nella fedeltà ai tempi in cui opera: «L’azione pastorale della Chiesa deve essere progressiva, anche nel senso che deve seguire la famiglia, accompagnandola passo dopo passo nelle diverse tappe della sua formazione e del suo sviluppo» (FC 65). Occorre, pertanto, discernere attentamente le vie pastorali adatte a meglio proporre la bellezza e l’importanza della famiglia e quelle più consone a manifestare la misericordia di Dio alle famiglie in difficoltà, a quelle in crisi, ai separati, ai divorziati, risposati e no. A tal fine l’azione evangelizzatrice e catechetica del popolo di Dio dovrà anzitutto testimoniare il valore irrinunciabile della dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, fondata sull’analogia fra il vincolo nuziale e quello indissolubile di Cristo con la Chiesa. Afferma la Relatio Synodi: «La famiglia offre la possibilità alla persona di realizzarsi e di contribuire alla crescita degli altri nella società più ampia. La stessa identità cristiana ed ecclesiale ricevuta nel Battesimo fiorisce nella bellezza della vita familiare» (7). Per questo, la meta dell’in-

93


94

dissolubile fedeltà fra i coniugi va sempre incoraggiata e sostenuta e nessuna forma di “divorzio” potrà considerarsi accettabile alla luce della fede ecclesiale. Occorrerà pertanto verificare e potenziare tutte le modalità con cui sostenere i coniugi nel loro impegno di fedeltà reciproca e di dedizione ai figli. Non di meno sarà necessario riflettere sul modo migliore di accompagnare i separati e i divorziati non risposati in una vita di fede e di carità, che li faccia sentire protagonisti della comunione ecclesiale, oltre a individuare le forme e i linguaggi per annunciare ai divorziati risposati che essi restano figli della Chiesa e oggetto della misericordia di Dio, invitandoli a cammini di fede che li aiutino a sentirsi amati dal Padre. In proposito, la Relatio Synodi afferma: «La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur riconoscendo che tra i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che quello sacramentale, e che ogni rottura di esso è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli che faticano nel cammino della fede. “Pertanto, senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno. […] Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà. A tutti deve giungere la consolazione e lo stimolo dell’amore salvifico di Dio, che opera misteriosamente in ogni persona, al di là dei suoi difetti e delle sue cadute” (EG, 44). Questa verità e bellezza va custodita. Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (FC, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione» (RS 51). Il significato del carattere eminentemente pastorale che ha avuto la recente assemblea sinodale ordinaria sulla famiglia si coglie qui in tutta la sua evidenza: non è in discussione la dottrina della Chiesa, più volte ribadita anche negli ultimi anni dai vari interventi magi-


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE steriali. La riflessione del Sinodo ha riguardato le applicazioni pastorali, il modo di proporre la dottrina (ad esempio a livello di linguaggio), di accompagnarne la recezione e la pratica, di mostrarne in maniera chiara le potenzialità umanizzanti a fronte di una diffusa non conoscenza o incomprensione, di favorire processi di discernimento delle situazioni personali e di integrazione. L’Evangelii Gaudium sottolinea in proposito come l’agire pastorale della Chiesa nei confronti delle persone in situazioni familiari difficili o irregolari debba riflettere lo sguardo di misericordia con cui il Padre celeste guarda e ama ciascuno dei suoi figli: di conseguenza, verso chi vive realtà che comportano grande sofferenza «la vera urgenza pastorale è quella di permettere a queste persone di curare le ferite, di guarire e di riprendere a camminare insieme a tutta la comunità ecclesiale» (EG 80). A sua volta la Relatio Synodi afferma: «Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cfr Gv 1,9; GS, 22), ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione, li incoraggia a compiere il bene, a prendersi cura con amore l’uno dell’altro e a mettersi al servizio della comunità nella quale vivono e lavorano» (RS 53). Tutto questo non ha nulla a che vedere con l’idea banalizzante di un’eventuale rinuncia a proporre le esigenze della verità che salva: la medicina della misericordia non è mai finalizzata a favorire i naufragi, ma sempre e solo a salvare la barca sul mare in tempesta e a dare ai naufraghi l’accoglienza, la cura e il sostegno necessari. «Tutti hanno bisogno di uno sguardo di comprensione, tenendo conto che le situazioni di distanza dalla vita ecclesiale non sempre sono volute, spesso sono indotte e a volte anche subite. Nell’ottica della fede non ci sono esclusi: tutti sono amati da Dio e stanno a cuore all’agire pastorale della Chiesa» (RS 34). Se non si comprende questa fondamentale intenzione, si equivocherà irrimediabilmente anche quanto il Sinodo ha detto sulla situazione dei separati, dei divorziati, dei divorziati risposati, delle

95


96

convivenze, delle unioni di fatto, o delle unioni fra persone dello stesso sesso. La coniugazione di testimonianza alla verità e di esercizio della misericordia deve essere, dunque, lo stile proprio dell’azione pastorale della Chiesa, pronta ad accogliere ed accompagnare chi si trovi in situazioni segnate da ferite o difficoltà. La Relatio Synodi non esita ad affermare: «Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico – ed è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove – può essere vista come un’occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio, laddove questo sia possibile [...] La situazione di fedeli che hanno stabilito una nuova unione richiede una speciale attenzione pastorale: “In questi decenni […] è molto cresciuta la consapevolezza che è necessaria una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella verità, verso i battezzati che hanno stabilito una nuova convivenza dopo il fallimento del matrimonio sacramentale; in effetti, queste persone non sono affatto scomunicate” (Papa Francesco, Udienza generale, 5 agosto 2015)» (RS 54). Un aspetto peculiare di questa sollecitudine pastorale verso le famiglie ferite o divise riguarda la cura dei cammini rivolti ad accertare la validità o la nullità del vincolo matrimoniale: «I recenti Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus hanno condotto ad una semplificazione delle procedure per la eventuale dichiarazione di nullità matrimoniale. Con questi testi, il Santo Padre ha voluto anche “rendere evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati” (MI, preambolo, III). L’attuazione di questi documenti costituisce dunque una grande responsabilità per gli Ordinari diocesani, chiamati a giudicare loro stessi alcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia» (RS 82). Soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui tante coppie di sposi conoscono il dramma del fallimento del loro progetto d’amore, e non pochi cercano di rifarsi una vita affettiva mediante nuovi vincoli sentimentali e nuove nozze civili, quest’aspetto del ministero ecclesiale verso la realtà della famiglia assume un significato rilevante. Peraltro, una costatazione onesta rileverà facilmente come non pochi dei matrimoni celebrati in Chiesa possano risultare non validi, in particolare se si tiene


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE conto dell’importanza della fede in ordine alla valida ed efficace ricezione del sacramento, pur senza svalutare naturalmente la presenza della retta intenzione che salva la validità del vincolo nuziale. Nell’azione pastorale riguardante i divorziati e risposati, la Relatio Synodi sviluppa significativamente, accanto all’idea di accoglienza e accompagnamento, quelle di discernimento e integrazione: «I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Quest’integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti. Per la comunità cristiana, prendersi cura di queste persone non è un indebolimento della propria fede e della testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale: anzi, la Chiesa esprime proprio in questa cura la sua carità» (RS 84). L’esercizio del discernimento rinvia alla necessità di un criterio secondo cui orientarsi: su questo punto il Sinodo ha richiamato le indicazioni offerte dal magistero di Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda

97


98

unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (FC 84). Il Sinodo ha qui aggiunto: «È quindi compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento [...] Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno» (RS 85). Inoltre, la Relatio Synodi ha sottolineato l’importanza del giudizio della coscienza, che può essere a volte condizionato senza colpevolezza della persona: «Non si può negare che in alcune circostanze “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate” (CCC, 1735) a causa di diversi condizionamenti. Di conseguenza, il giudizio su una situazione oggettiva non deve portare ad un giudizio sulla “imputabilità soggettiva” (Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000, 2a). In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. Perciò, pur sostenendo una norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi. Il discernimento pastorale, pure tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi» (ib.). Viene a tracciarsi così un preciso percorso pastorale, che il Sinodo ha descritto nella maniera seguente: «Il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità (cfr FC, 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa» (RS 86). Il paragrafo dedicato


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE all’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale si ferma a considerare la situazione delle famiglie con figli che abbiano tale tendenza e offre queste indicazioni: «La Chiesa conforma il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni (MV, 12). Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4). Si riservi una specifica attenzione anche all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale. Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” (ib.). Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso» (76). Accompagnamento, discernimento e integrazione sono dunque le tappe indispensabili di un atteggiamento pastorale sollecito nei confronti di tutte le possibili situazioni difficili o di famiglie ferite: «Stare vicino alla famiglia come compagna di cammino significa, per la Chiesa, assumere un atteggiamento sapientemente differenziato: a volte, è necessario rimanere accanto ed ascoltare in silenzio; altre volte, si deve precedere per indicare la via da percorrere; altre volte ancora, è opportuno seguire, sostenere e incoraggiare. “La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa ‘arte dell’accompagnamento’, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che

99


100

nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana” (EG, 169)» (RS 77). È questo il cammino che porta a riconoscere nella famiglia non solo l’oggetto di una specifica attenzione pastorale, ma anche un decisivo soggetto, protagonista della vita della Chiesa e della sua missione: «Se la famiglia cristiana vuole essere fedele alla sua missione, essa dovrà ben comprendere da dove essa scaturisce: non può evangelizzare senza essere evangelizzata. La missione della famiglia abbraccia l’unione feconda degli sposi, l’educazione dei figli, la testimonianza del sacramento, la preparazione di altre coppie al matrimonio e l’accompagnamento amichevole di quelle coppie o famiglie che incontrano difficoltà. Da qui l’importanza di uno sforzo evangelizzatore e catechetico indirizzato all’interno della famiglia. Al riguardo, si abbia cura di valorizzare le coppie, le madri e i padri, come soggetti attivi della catechesi, specialmente nei confronti dei figli, in collaborazione con sacerdoti, diaconi, persone consacrate e catechisti. Questo sforzo inizia sin dalle prime frequentazioni serie della coppia. È di grande aiuto la catechesi familiare, in quanto metodo efficace per formare i giovani genitori e per renderli consapevoli della loro missione come evangelizzatori della propria famiglia. Inoltre, è molto importante sottolineare il nesso tra esperienza familiare e iniziazione cristiana. La comunità cristiana tutta deve diventare il luogo in cui le famiglie nascono, si incontrano e si confrontano insieme, camminando nella fede e condividendo percorsi di crescita e di reciproco scambio» (RS 89). Tutto questo la comunità potrà farlo se saprà «infondere nelle famiglie un senso di appartenenza ecclesiale, un senso del ‘noi’ nel quale nessun membro è dimenticato. Tutti siano incoraggiati a sviluppare le proprie capacità e a realizzare il progetto della propria vita a servizio del Regno di Dio. Ogni famiglia, inserita nel contesto ecclesiale, riscopra la gioia della comunione con altre famiglie per servire il bene comune della società» (RS 90). Infine, la Relatio Synodi tocca i temi della trasmissione della vita, della denatalità e dell’educazione. Circa il primo punto si osserva come sia «purtroppo diffusa una mentalità che riduce la generazione della vita alla sola gratificazione individuale o di coppia. I fattori di ordine economico, culturale ed educativo esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro. Anche in questo ambito occorre partire dall’ascolto delle persone e dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l’amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. Si coglie qui la necessità di divulgare sempre più i documenti del Magistero della Chiesa che promuovono la cultura della vita» (RS 62). Il richiamo all’uso dei metodi naturali per la procreazione responsabile e l’accenno ai valori positivi della Humanae vitae di Paolo VI si collegano al forte invito ad accogliere e promuovere l’accoglienza della vita a tutti i livelli, facendosi carico del compito educativo che introduce la persona cui si è data la vita nella realtà totale illuminata dalla fede nel mistero santo di Dio. Su queste sfide si gioca il futuro stesso dell’umanità, e l’impegno della comunità cristiana in questo campo assume più che mai la rilevanza di un servizio decisivo alla causa dell’uomo e del suo destino.

Conclusione In conclusione, è lecito chiedersi quale immagine di Chiesa ha espresso il Sinodo dei Vescovi presieduto da Papa Francesco. Non esiterei a dire che emerge il volto di una Chiesa libera, vivissima e fedele. È una Chiesa libera quella che si è manifestata negli interventi e nei dialoghi sinodali: lo è stata per desiderio preciso del Papa, che ha invitato i vescovi rappresentanti di tutte le Chiese del mondo in comunione con Roma a esprimersi in totale franchezza. «Non c’è niente di cui si possa dire: di questo non si può parlare!». E l’invito è stato raccolto con entusiasmo, tanto da poter dire che non ci siano situazioni significative per la vita delle famiglie nel “villaggio globale” che non siano state in qualche modo evocate o rappresentate nell’aula sinodale. D’altronde, lo stesso tema del Sinodo portava naturalmente a riferirsi alla rete complessa di condizioni, di sfide, di possibilità e di problemi che toccano le famiglie nei diversi contesti del pianeta. Dalle lacerazioni connesse alla guer-

101


102

ra in varie parti del pianeta, alle difficoltà economiche e sociali del Sud del mondo, alla crisi dell’istituto familiare nell’Occidente europeo e americano, alla variegata considerazione della famiglia in paesi come la Cina e l’India, è veramente il mondo intero e la realtà familiare nei suoi molteplici aspetti e problemi a essere stato al centro della riflessione. L’esame di coscienza sul modo in cui la Chiesa si pone in questa complessità di situazioni ha mostrato luci e ombre: non basta affermare il valore della realtà familiare se poi non si pone al centro dell’azione pastorale la cura delle famiglie, estesa ad abbracciare anche le più diverse situazioni di famiglie ferite (divorziati risposati e no, separati, coppie in crisi...). Dal punto di vista socio-politico, poi, la ferma denuncia di molte carenze di attenzione e di sostegno alla famiglia è stata largamente presente. La Chiesa che parla con piena libertà delle sfide, dei problemi e delle risorse delle famiglie nei diversi contesti non può non sentirsi interpellata da quanto viene presentato in Sinodo: è una Chiesa viva quella che si è sentita palpitare nel dibattito sinodale. Lo è anzitutto per la testimonianza diretta di innumerevoli iniziative pastorali suscitate e vissute al servizio delle famiglie, per accompagnarle e integrarle nella vita della comunità cristiana e della società civile. Lo è anche dove si denunciano le carenze, sia da parte dell’azione della Chiesa stessa, che da parte delle istituzioni politiche e sociali. Tutt’altro che indifferente alla complessità dei contesti e delle forme di governo che li caratterizzano, spesso è la comunità cristiana che porta avanti azioni di denuncia e di promozione umana, sollecitando alla giustizia i detentori del potere. La Chiesa che il Sinodo ha mostrato al mondo non è in alcun modo una dirimpettaia delle vicende umane, ma un lievito nella pasta della storia, un popolo di donne e di uomini che, uniti ai loro Pastori, vivono la quotidianità della lotta per la giustizia o dell’azione di sensibilizzazione ad essa nei più diversi contesti. Viva in se stessa, nell’articolazione dei compiti e delle responsabilità, la Chiesa cui i Padri sinodali hanno dato voce è presente e partecipe sui fronti più diversi in cui ci si impegna per la causa di tutto l’uomo in ogni uomo. Colpisce infine nell’esperienza vissuta del Sinodo il senso di unità e di comunione profonda che ha unito i sinodali fra loro e al Vescovo di Roma, il Papa, chiamato a «presiedere la Chiesa nell’amore», come afferma un’antichissima testimonianza di Ignazio di Antio-


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE chia, padre della Chiesa delle origini. Per quanto possa apparire impossibile agli occhi del mondo, i Padri sinodali, provenienti dalle più diverse regioni e culture della terra, hanno sperimentato fra loro, con e sotto la guida di Papa Francesco, una profondissima unità nella fede e nel senso di responsabilità verso gli uomini cui si riconoscono inviati ad annunciare il Vangelo. È questa la forza singolare che unisce la Chiesa cattolica nel tempo - i duemila anni della sua spesso non facile storia - e nello spazio, che abbraccia lingue e ambiti culturali e geografici diversissimi dell’intero pianeta. Che questa comunione debba valorizzare le Chiese locali, come i diversi livelli regionali, nazionali e continentali della comunione ecclesiale, lo ha sottolineato lo stesso Papa Francesco nello stupendo discorso fatto il 17 ottobre per il cinquantesimo dell’istituzione del Sinodo da parte di Paolo VI: «In una Chiesa sinodale, il Sinodo dei Vescovi è solo la più evidente manifestazione di un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali». Se questo vuol dire confessare la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica con libertà e convinzione, farne esperienza come è avvenuto in questo Sinodo è stato un dono singolare, che ha parlato di per sé di una presenza più alta e profonda che tutti univa, valorizzando la dignità di ciascuno: quella del Signore Gesù che il Sinodo ha confessato e proposto come luce, speranza e forza per ogni famiglia del mondo. + Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto Segretario speciale del Sinodo dei Vescovi

103



D OCUMENTI

E VITA DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

PUBBLICAZIONI Nel nome di Teresa di Gesù tra Ávila e Bari a cura di Michele Bellino

Presentazione di Michele Bellino a Nel nome di Teresa di Gesù tra Ávila e Bari Un dardo d’amore nella “Transverberazione” del Museo Diocesano di Bari a cura di Michele Bellino Gelsorosso Ed., Bari 2016 Indice: Presentazione di Michele Bellino Àvila e Bari unite nel nome di Teresa Cepeda y Ahumada. Connubio tra le arti nel Museo Diocesano di Bari di Angela Agnusdei Per approfondire: Il Percorso dell’anima: Santa Teresa d’Àvila e San Giovanni della Croce Su alcuni dipinti restaurati del Museo Diocesano di Bari e la fortuna seicentesca della devozione e dell’immagine di Santa Teresa d’Àvila e di San Giovanni della Croce fra Napoli e le Puglie di Pierluigi Leone de Castris Relazione di restauro del dipinto ad olio su tela raffigurante la Transverberazione di Santa Teresa d’Àvila, con cornice lignea dorata (sec. XVII, autore Ippolito Borghese?) di Rosanna V. Guglielmo Relazione di restauro del dipinto ad olio su tela San Giovanni della Croce (sec. XVII, autore Carlo Rosa) di Rosanna V. Guglielmo Note storiche sul Carmelo barese di Michele Bellino Cronologia del Carmelo barese Indice dei nomi e dei luoghi notevoli Ringraziamenti Indice delle immagini

105


Strutturo la presente introduzione ai lavori inseriti in questo studio: “Nel nome di Teresa di Gesù tra Ávila e Bari. Un dardo d’amore nella Transverberazione del Museo Diocesano”, lasciandomi guidare dalle seguenti riflessioni. Che cosa è un museo? «Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto». Questa resta la definizione di museo più diffusa e condivisa nel panorama professionale; ci si riferisce allo statuto del Consiglio Internazionale dei musei (ICoM) del 2007. Da essa ne consegue che ogni qualvolta si entra in un museo si realizza un viaggio, in cui attraverso le diverse opere che lo compongono, si tenta di costruire quell’identità collettiva di umanità intera attraverso il suo cammino nella storia.

106

Indicazioni alla luce del rinnovamento tridentino Le prescrizioni tridentine sulle arti figurative furono inserite all’ultimo momento della sessione finale del Concilio nel quadro di un decreto che disciplinava il culto delle immagini e delle reliquie1. Quali sono i principi teologici di riferimento? Eccone in sintesi. Cristo è l’unico Salvatore e Redentore, ma possiamo invocare i santi che sono in lui nella gloria come intercessori. Il culto delle reliquie e delle immagini è accettato e favorito non perché esse contengono in sé una sacralità magica, bensì perché la devozione è rivolta ai prototypa che esse rappresentano. Nel decreto del Concilio di Trento al primo posto non abbiamo un richiamo allo scopo devozionale, bensì alla finalità educativa delle immagini come racconti visivi: «per historia mysteriorum nostrae redemptionis, picturis vel aliis similitudinibus expressas». Il decreto tridentino deve fare i conti con la pala d’altare moderna, dove la storia si installa sempre più spesso al centro a differenza del 1

Il decreto De invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum, et de sacris imaginibus è della sessione XXV del Concilio di Trento, il 3-4 dicembre 1563.


PUBBLICAZIONI polittico medievale. Questo, infatti, era pieno di storie, ma come contorno alla figura del santo presentato nella sua immagine ieratica. Nello spirito del Concilio Vaticano II Quale visione hanno i padri conciliari sulle arti? Per rispondere a questo interrogativo, come non far riferimento a ciò che è espresso nella Gaudium et spes: «Esse si sforzano, infatti, di conoscere l’indole propria dell’uomo, i suoi problemi e la sua esperienza, nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; si preoccupano di scoprire la sua situazione nella storia e nell’universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità e di prospettare una migliore condizione dell’uomo»2. L’arte è considerata così, come strumento per conoscere l’uomo ed ha il grande compito educativo di «mettere la gioia nel cuore e resistere al logorio del tempo»3. La bellezza è strumento di Verità, come contributo alla conoscenza di Dio4. Prospettive di insegnamento Riprendo alcune affermazioni della Lettera agli artisti di Giovanni Paolo II del 1999. Esattamente nelle prime battute di questo sunto dottrinale, il Papa ricorda un’identità di verità tra il Bene e la Bellezza. Dio «nel rilevare che quanto aveva creato era cosa buona, vide anche che era cosa bella»5. C’è dunque un’etica, una spiritualità dell’arte, che può contribuire alla vita, alla rinascita. In questo sentiero, papa Francesco esprime che l’arte è evangelizzazione: «una realtà vitale che sappia custodire quel passato per raccontarlo agli uomini di oggi, a cominciare dai più umili, e disporsi così, tutti insieme, con fiducia al presente e anche al futuro»6. L’arte diventa così uno scrigno in cui ritrovare «consolazione e speranza».

2

Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 62. Paolo VI, Messaggio agli artisti, 8 dicembre 1965. 4 Gaudium et spes, n. 62. 5 Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 1999, n. 3. 6 Papa Francesco, La mia idea di arte, Milano 2015, p. 10. 3

107


Ragione del presente lavoro Il rinnovo di un’ala del Museo Diocesano di Bari (2010-2015), voluto da S.E. mons. Francesco Cacucci, con il recupero di opere presenti in deposito, è stata la ragione dell’intervento di salvaguardia dei dipinti qui esaminati. Il restauro dei due dipinti teresiani, realizzato da Rosanna V. Guglielmo – il San Giovanni della Croce in dialogo con Cristo e la Transverberazione di Santa Teresa d’Ávila – è l’inizio di un viaggio. Sì, viaggio tra le forme, i colori, gli stili, il contenuto, il contesto d’origine, il messaggio. Ecco le diverse voci inserite in questo, spero, agile contributo di ricerca: relazione di restauro, lettura iconografica, sunto storico, letteratura. L’ordine di presentazione privilegia l’aspetto del comunicare ed educare i “non addetti ai lavori” a soggetti così religiosi e temi anche apparentemente lontani: cammino interiore, preghiera, immolazione, santità. Lo snodarsi di una chiave narrativa è la trama che vuole comunicare la missione del Museo Diocesano. I contributi offerti dal professor Pierluigi Leone De Castris e dalla professoressa Angela Agnusdei sono un connubio perché l’arte di chi insegna apra non solo conoscenza ma vivacità nel porre interrogativi e curiosità intellettuali. In questo contributo si sono volute anche riportare idealmente le opere sacre nel loro contesto: il Carmelo barese. Esse imprimono i volti di Teresa d’Ávila e Giovanni della Croce, le loro parole, le loro esperienze, i loro scritti, gli esempi da imitare. È sorto, a tal fine, un dialogo reale con le comunità baresi di San Giuseppe e Santa Teresa Nuova, ed ideale con le loro testimoni: la Beata Elia di San Clemente e la Madre Teresa di Gesù Gimma. Da questa reciproca conoscenza è scaturita la letizia di dedicare il presente studio alle due comunità teresiane della città di Bari. 108 don Michele Bellino direttore del Museo diocesano


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

NELLA PACE DEL SIGNORE Don Gaetano Tomanelli

Il 3 febbraio 2016, don Gaetano Tomanelli è tornato alla casa del Padre all’età di 86 anni. Nato a Grumo Appula il 6 settembre del 1919, è stato ordinato sacerdote il 14 maggio del 1944 dall’arcivescovo di Bari mons. Marcello Mimmi. L’8 dicembre 1950 viene istituita in Grumo Appula la nuova parrocchia di S. Maria di Monteverde e don Gaetano Tomanelli viene nominato coadiutore del primo parroco don Giuseppe D’Amato. Gli anni cinquanta sono anni laboriosi per ambedue i sacerdoti, che insieme collaborano a costruire la nuova comunità parrocchiale. Alcune parrocchiane ricordano, ancora oggi, la benevola e continua azione pastorale del parroco don Peppino D’Amato e del vice-parroco don Gaetano. Con il lavoro di entrambi, si avvia l’Azione Cattolica parrocchiale, maschile e femminile, che diventa il motore trainante della parrocchia. Nel 1963 don Peppino D’Amato è costretto a lasciare l’incarico di parroco per motivi di salute e vi subentra don Gaetano, come amministratore parrocchiale, fino al gennaio 1965, quando l’arcivescovo Enrico Nicodemo lo nomina parroco. Don Gaetano ha retto la parrocchia di S. Maria di Monteverde dal 17 gennaio 1965 al 10 settembre 1995. La sua azione sacerdotale, feconda nello stile e nelle attività, si è sempre distinta in pietà e ardore pastorale per il bene della comu-

109


110

nità, con la generosità di un padre premuroso e caritatevole, pronto a intervenire nei momenti del bisogno e della prova. Il suo orizzonte non si dischiuse mai alla quotidianità delle cose, ai ristretti confini del paese, ma ebbe sempre una visione più ampia della sua missione sacerdotale, sensibile ai problemi del mondo, alla missione della Chiesa, all’ecumenismo. Don Gaetano non si accontentava di un impegno cristiano superficiale o di facciata, ma esigeva un’adesione alla fede piena e convinta; non si stancava mai di annunciare al suo popolo, attraverso la parola di Dio e il ministero dei sacramenti, la fede in Cristo, testimoniandola e vivendola lui stesso in prima persona con la preghiera, la carità e la donazione totale a Dio. Diverse sono le piccole opere, valide e meritorie, eseguite durante gli anni del suo ministero pastorale: il restauro totale della chiesa, la sua pavimentazione negli anni ’60, la costruzione della cella campanaria con la messa in opera di altre due campane, la costruzione dei due attuali altari laterali a devozione della Beata Vergine Addolorata e del Cuore di Gesù, la costruzione del piccolo locale attiguo alla sacrestia, con ingresso esterno. Altra opera meritoria è stata la costante cura e abbellimento del piccolo Santuario rupestre di Mellitto, dedicato alla Madonna delle Grazie. Per il paese che gli ha dato i natali ha scritto, nel 1984, un volumetto intitolato Storia e tradizioni di Grumo Appula, nel quale racconta la storia della sua gente con la quale e per la quale ha vissuto esercitando tutti quei carismi che il Signore gli ha donato. Don Gaetano nella sua vita non ha compiuto cose eccezionali: eccezionale è stata la sua totale donazione a Cristo. È stato l’umile servo del Signore che ha guidato il popolo di Dio con saggezza, tenendo sempre aperto davanti a sé il vangelo, come un bene prezioso e unico. Ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, per motivi di salute, tra le mura della sua casa, nella quale gli giungevano voci, sguardi e notizie dal paese da lui sempre amato. Giorno dopo giorno, in contatto intimo con Dio, ha realizzato la sua vocazione alla santità. Le esequie sono state celebrate dall’arcivescovo mons. Francesco Cacucci, con la partecipazione di sacerdoti e diaconi e alla presenza di una affettuosa e numerosa schiera di fedeli.


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA B ARI -B ITONTO

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Gennaio 2016

1 –

2 –

3 –

6 –

7 –

8 – 9 – 10 – –

Alla sera, presso il Santuario della Madonna del Pozzo in Capurso, celebra la S. Messa per l’apertura della Porta della Misericordia. Al pomeriggio, nel Palazzetto dello Sport in Andria, presiede la concelebrazione eucaristica per l’ordinazione episcopale di S.E. mons. Luigi Renna, vescovo eletto di CerignolaAscoli Satriano. Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per l’ordinazione diaconale di Marco Carozza, Antonio Stizzi, Nicola Gioacchino Tatulli e Giuseppe Tunzi. Al pomeriggio, presso il monastero di S. Giuseppe in Bari, celebra la S. Messa in occasione della elezione della nuova priora, madre Teodora dell’Eucarestia (al secolo: Maria Luisa Amerio). Al pomeriggio, presso il Museo diocesano, partecipa alla tavola rotonda promossa dall’Opera per la Preservazione e Diffusione della Fede sui progetti e l’attività della Comunità terapeutica Lorusso-Cipparoli. Alla sera, presso la parrocchia “S. Ferdinando” in Bari, guida la catechesi comunitaria. Al mattino, presso il Seminario arcivescovile, celebra la S. Messa per gli ex allievi. Al mattino, presso la parrocchia “S. Marcello” in Bari, celebra la S. Messa e amministra le Cresime. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la Festa diocesana della Famiglia.

111


11 –

13 – 14 – 15 – 16 –

17 –

18 –

19 – 20 –

– 112

21 – 22 – 23 –

24 –

Alla sera, presso la Fondazione “Paolo Grasso” in Martina Franca, guida la catechesi su “L’Anno della misericordia in un tempo senza misericordia”. Presso la parrocchia “S. Maria del Carmine” in Sammichele di Bari, incontra il Vicariato VIII. Presso l’Istituto dei Missionari Comboniani e la parrocchia “Maria SS. Addolorata” in Bari, incontra il Vicariato IV. Presso la parrocchia “Maria SS. del Rosario” in Bari, incontra il Vicariato I. Al mattino, presso l’Istituto “SS. Rosario” delle Suore Domenicane Missionarie di San Sisto in Bari, celebra la S. Messa e incontra genitori e alunni nel 123° anniversario di fondazione della Congregazione. Alla sera, nell’abbazia di S. Scolastica in Bari, partecipa alla presentazione del libro di p. Giulio Meiattini, O.S.B., Innanzitutto figli. Nascere sposarsi generare. Al mattino, presso la parrocchia “Immacolata” in Modugno, celebra la S. Messa in occasione della Giornata mondiale dei migranti. Alla sera, presso il Cinema “Il Piccolo” in Bari-Santo Spirito, guida la lettura del film di Edoardo Falcone Se Dio vuole. Presso il Santuario del Beato Giacomo in Bitetto, incontra il Vicariato VII. Al mattino, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa per la festa di S. Sebastiano, patrono del Corpo dei Vigili Urbani. Successivamente, presso la parrocchia “S. Maria del Soccorso” in Noicattaro, incontra il Vicariato XI. Presso la parrocchia “S. Marcello” in Bari, incontra il Vicariato V. Al mattino, presso la Casa del clero, presiede la riunione del Consiglio Presbiterale diocesano. Alla sera, presso la Società San Paolo in Bari, celebra la S. Messa per la Festa della Conversione di san Paolo e incontra la comunità dei Paolini. Al mattino, presso la parrocchia “Sacro Cuore” in Mola di Bari, incontra i ministranti delle scuole superiori della diocesi.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO – 25-27 28-30 30 –

31 – –

Alla sera, nella Basilica di S. Nicola, partecipa all’incontro ecumenico di preghiera per l’unità dei cristiani. A Roma, partecipa ai lavori del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. A Lecce, presiede i lavori della Conferenza Episcopale Pugliese. Al pomeriggio, presso il “Gran Teatrino di Pulcinella” presso lo Stadio della Vittoria in Bari, partecipa alla presentazione del libro di padre Kizito Sesana Accogliere gli stranieri. Al mattino, presso la parrocchia “Cristo Re Universale” in Bitonto, celebra la S. Messa e amministra le Cresime. Al pomeriggio, presso l’Istituto “S. Maria de Mattias” in Bari Carbonara, celebra la S. Messa per i cento anni di suor Maria Tancredi, A.S.C. Alla sera, presso la parrocchia “Resurrezione” in Bari, celebra la S. Messa per il trigesimo del diacono Vito Romito.

Febbraio 2016 1 –

2 – – 3 –

– 4 –

Al mattino, a Roma, nella Sala stampa vaticana, partecipa alla conferenza stampa di presentazione degli Atti del corso annuale di formazione per i nuovi vescovi, tenutosi dal 7 al 16 settembre 2015 a Roma per iniziativa della Congregazione per i Vescovi: “Testimoni del Risorto”. Al mattino, in Episcopio, incontra i vicari episcopali. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per il Giubileo della vita consacrata nella festa della Presentazione del Signore. Al mattino, presso l’Istituto comprensivo XVI Circolo “Marconi-Lucarelli” in Bari, assiste allo spettacolo “Studio Dante a scuola, imparando per la vita”. Alla sera, presso la Casa del clero, presiede la riunione del Consiglio Pastorale diocesano. Presso la parrocchia “S. Rita” in Bari-Ceglie del Campo, incontra il Vicariato X.

113


5 –

6 –

7 –

– 8 – 9 – –

10 – 114

– 11 – 12 –

13 –

Al pomeriggio, presso la parrocchia “S. Maria di Monteverde” in Grumo Appula, celebra la S. Messa per le esequie di don Gaetano Tomanelli. Presso il Centro “Giovanni Modugno” e la Basilica dei SS. Medici in Bitonto, incontra il Vicariato territoriale Bitonto-Palo del Colle. Al mattino, presso la parrocchia “Sacro Cuore” in Bari, benedice e inaugura il Centro di consulenza sanitaria e di primo orientamento per migranti e persone senza fissa dimora, intitolato a S. Giuseppe Moscati. Al pomeriggio, presso il Museo diocesano di Bari, partecipa alla presentazione del restauro, realizzato dai giovani dell’Accademia Margherita, dell’antica pianeta del card. Bonviso Bonvisi. Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano delle Murge, guida il ritiro spirituale diocesano per i fidanzati delle parrocchie dei paesi. Alla sera, presso la parrocchia “S. Cataldo” in Bari, tiene la catechesi comunitaria sul tema pastorale dell’anno. Alla sera, nella chiesa di S. Domenico in Bari, celebra la S. Messa per i giuristi cattolici. Al mattino, nella cripta della Cattedrale, celebra la S. Messa per la festa di S. Sabino, copatrono dell’Arcidiocesi. Al pomeriggio, nel Salone degli affreschi del Palazzo Ateneo di Bari, tiene una conferenza su “Le radici dell’amore”, organizzata dall’Associazione Inner Wheel di Bari e Casamassima. Al mattino, presso la cappella della sede regionale del Corpo della Guardia di Finanza, celebra la S. Messa e impone le Ceneri. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa del Mercoledì delle Ceneri. Presso la parrocchia “S. Gabriele dell’Addolorata” e la cappellania dell’Ospedale S. Paolo in Bari, incontra il Vicariato VI. Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria di Monteverde” in Grumo Appula, tiene la catechesi comunitaria sul tema pastorale dell’anno. Al mattino, nell’aula “Mons. Enrico Nicodemo” in Bari, presiede la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO 14 –

– 15 –

16 – 17 – 18 – –

19 – –

20 –

21 – 22 –

23 –

Al mattino, presso la chiesa di S. Scolastica in Bari, tiene il ritiro spirituale per la comunità parrocchiale del Buon Pastore. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la Giornata del malato e della vita. Alla sera, presso la parrocchia “S. Michele Arcangelo” in Bitetto, celebra la S. Messa e benedice il Crocifisso ligneo restaurato. Presso la parrocchia “Spirito Santo” in Bari-Santo Spirito, incontra il Vicariato III. Presso la parrocchia “S. Francesco di Assisi” in Bari, incontra il Vicariato XII. Presso il Santuario della Madonna del Pozzo in Capurso, incontra il Vicariato IX. Al pomeriggio, presso la parrocchia “Maria SS. Annunziata” in Modugno, celebra la S. Messa per le esequie della dott.ssa Anna Macina. Al mattino, nel Salone degli affreschi del Palazzo Ateneo di Bari, partecipa al convegno provinciale di Federcooperative. Alla sera, presso il salone “Odegitria” della parrocchia Cattedrale, tiene la catechesi comunitaria sull’anno della misericordia. Al mattino, presso l’Istituto delle Suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù in Cassano Murge, celebra la S. Messa per l’anno giubilare. Al pomeriggio, presso la chiesa di S. Gaetano in Bari, tiene la catechesi sulla misericordia ai membri della Pia Associazione dei Misteri della Vallisa. Alla sera, presso la parrocchia “S. Vito” in Palo del Colle, celebra la S. Messa. Alla sera, presso la chiesa del Gesù in Bari, celebra la S. Messa per l’anniversario della morte del Servo di Dio mons. Luigi Giussani, fondatore di “Comunione e Liberazione”. Al mattino, presso il Seminario arcivescovile, incontra l’équipe degli educatori.

115


24 –

25 – –

26 – 27 –

– 28 –

29 –

116

Alla sera, presso la parrocchia “Spirito Santo” in BariSanto Spirito, guida la lettura del film di Alessandro Blasetti Io, io, io… e gli altri. Al mattino, presso il Pontificio Seminario regionale “Pio XI” in Molfetta, partecipa all’incontro nel 50° anniversario della Presbyterorum ordinis. Al pomeriggio, presso la parrocchia “S. Sabino” in Bari, partecipa alla presentazione del libro della prof.ssa Annalisa Caputo Periferie in cattedra. Al mattino, presso la Curia arcivescovile, presiede l’incontro con i direttori degli uffici di Curia e i vicari zonali. Alla sera, presso la parrocchia “S. Antonio” in Bari, guida la catechesi comunitaria sul tema: “Comunità, preghiera e Parola”. Presso la parrocchia “Preziosissimo Sangue in S. Rocco”, incontra il Vicariato II. Nel pomeriggio, nella chiesa di S. Giacomo in Bari, partecipa alla presentazione del volume della prof.ssa Mimma Pasculli Atlante del Barocco. L’arte dei marmorari in Italia meridionale. Tipologie e tecniche in età barocca. Alla sera, presso la parrocchia “S. Gabriele dell’Addolorata” in Bari, celebra la S. Messa per la festa del Titolare. Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, guida il ritiro spirituale per i fidanzati delle parrocchie della città di Bari. Alla sera, nell’auditorium “Anna ed Emanuele De Gennaro” – Fondazione Opera SS. Medici in Bitonto, guida la lettura del film La strada di Federico Fellini.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

Marzo 2016 1 –

2 – 3 – 4 – – 5 – –

– 6 –

– 7 – 8 – 9 – 10 –

Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa nella solennità di Maria SS. di Costantinopoli, con la partecipazione del I vicariato. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del III vicariato. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati II e IX. Al mattino, in Episcopio, presiede la riunione della presidenza CEP. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati IV e V. Al mattino, presso l’Oasi Francescana “De Lilla”, porta il saluto all’incontro dei cappellani e operatori penitenziari. Al pomeriggio, nella Cattedrale di Trani, presiede la concelebrazione eucaristica per le esequie di S.E. mons. Vincenzo Franco, arcivescovo emerito di Otranto. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del vicariato XII. Al mattino, presso la parrocchia “Madonna di Pompei” in Bari-Carbonara, celebra la S. Messa per il 75° anniversario di fondazione della parrocchia. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del vicariato VI. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati Bitonto-Palo del Colle e VII. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del vicariato XI. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati VIII e X. Al mattino, presso la parrocchia “Maria SS. Annunziata” in Modugno, celebra la S. Messa per la festa di Maria SS. Addolorata.

117


11 –

12 –

13 –

– 14-16 17 – –

18 –

19 –

118

20 –

Alla sera, presso la parrocchia “S. Vito” in Gioia del Colle, tiene la catechesi sul sacramento della Confessione e benedice il confessionale. Al pomeriggio, presso l’Istituto “SS. Rosario” delle Suore Domenicane Missionarie di San Sisto in Bari, celebra la S. Messa per la Federazione Nazionale Sanitari Pensionati e Vedove, sezione di Bari. Al pomeriggio, nella Cattedrale di Cerignola, partecipa alla concelebrazione eucaristica per l’ordinazione episcopale di S. E. mons. Luigi Mansi, vescovo eletto di Andria. Al mattino, presso l’Istituto Di Cagno Abbrescia in Bari, celebra la S. Messa per la comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo. Alla sera, presso la parrocchia “SS. Salvatore” in Capurso, celebra la S. Messa e amministra le Cresime. – A Roma, partecipa ai lavori del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per le Interforze in preparazione alla Pasqua. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per il decimo anniversario della beatificazione della Beata Elia di S. Clemente, O.C.D. Al mattino, presso il Centro Polifunzionale della Polizia di Stato in Bari, celebra la S. Messa in preparazione alla Pasqua. Al mattino, presso la parrocchia “S. Giorgio” in Bari-Loseto, inaugura “Casa Freedom”, struttura promossa dalla Caritas diocesana con il sostegno della comunità parrocchiale, per l’accoglienza di detenuti in permesso premio. Alla sera, in Bitonto, incontra gli operatori dell’Hospice “Aurelio Marena” e successivamente, partendo dall’Hospice, presiede la Via crucis diocesana con i giovani, organizzata dagli Uffici Missionario, Giovani e Liturgico e dalla Caritas. Al mattino, sul sagrato della chiesa della SS. Trinità e dei SS. Medici in Bari, benedice i rami d’ulivo, quindi si reca processionalmente in Cattedrale, dove celebra la S. Messa della Domenica delle Palme.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO –

21 – –

22 –

23 –

– –

24 – – 25 – – –

Alla sera, nella sala multimediale della Fondazione “Giovanni Paolo II” in Bari-San Paolo, nell’ambito della rassegna “A trovar Bellezza… Il Cinema che racconta di Noi”, guida la lettura del film di Destin Cretton Short Term 12. Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, tiene la meditazione al clero diocesano. Al pomeriggio, nel Salone degli affreschi nel Palazzo Ateneo di Bari, partecipa alla presentazione dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco con il dott. Ruggiero e don Rocco D’Ambrosio. Al mattino, presso l’Unità Spinale Unipolare nel Policlinico di Bari-Padiglione Asclepios, celebra la S. Messa in occasione della Pasqua e incontra degenti e familiari. Alla sera, nella cappella maggiore del Seminario arcivescovile, celebra la S. Messa per l’ammissione agli ordini sacri di Giuseppe Capozzi, Tommaso Genchi e Nicolino Antonio Sicolo. Al mattino, presso la sede dell’INPS in via Putignani-Bari, incontra i dirigenti e il personale per un momento di preghiera in preparazione alla Pasqua. Successivamente, presso la Curia arcivescovile, scambia gli auguri pasquali con i curiali. Al pomeriggio, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa in preparazione alla Pasqua per i dipendenti delle Poste Italiane. Alla sera, nella cripta della Cattedrale, presiede il rito di fine cammino della III Comunità del Cammino neocatecumenale. Al mattino, in Cattedrale, celebra la Messa crismale. Alla sera, in Cattedrale, celebra la Messa “in Coena Domini”. Al mattino, in Cattedrale, presiede la celebrazione dell’Ufficio delle Letture. Successivamente, a mezzogiorno, nella Basilica di S. Nicola, guida il Santo Rosario per l’evento della Sacra Spina. Al pomeriggio, in Cattedrale, presiede l’Azione liturgica “in Passione et Morte Domini”.

119


Alla sera, in Bitonto, partecipa alla processione del Venerdì santo a cura dell’Arciconfraternita “S. Maria del Suffragio”. 26 – Al mattino, in Cattedrale, presiede la celebrazione dell’Ufficio delle Letture. – Successivamente, scambia gli auguri pasquali con i membri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. – Alla sera, in Cattedrale, presiede la Veglia pasquale. 27 – Al mattino, nella Concattedrale di Bitonto, celebra la S. Messa nella Domenica di Pasqua. 28/3-2/4 – A Venezia, partecipa alla settimana di formazione del Clero diocesano.

120



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.