Bollettino Diocesano Gennaio-Marzo 2017

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria

Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto


BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 ANNO XCIII - N. 1 - Gennaio - Febbraio - Marzo 2017 Redazione e amministrazione: Curia Arcivescovile Bari-Bitonto P.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450 www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: curia@odegitria.bari.it Direttore responsabile: Giuseppe Sferra Direttore: Gabriella Roncali Redazione: Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea, Bernardino Simone, Francesco Sportelli Gestione editoriale e stampa: Ecumenica Editrice scrl - 70132 Bari - Tel. 080.5797843 www.ecumenicaeditrice.it - info@ecumenicaeditrice.it


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA USNIVERSALE OMMARIO

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE MAGISTERO PONTIFICIO Lettera ai giovani in preparazione al Sinodo dei Vescovi Discorso ai capi di stato e i governi dell’Unione Europea in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma Lettera apostolica in forma di Motu proprio Sanctuarium in Ecclesia

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DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA La memoria liturgica di san Nicola diventa obbligatoria

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Decreto di attribuzione delle somme derivanti dall’8 per mille IRPEF Saluto all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese Omelia nella festa di san Tommaso d’Aquino, Patrono della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino “Angelicum” (Roma, 7 marzo 2017)

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CURIA METROPOLITANA Vicariato generale Le visite pastorali dell’Arcivescovo ai vicariati - Anno 2017

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Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso La Chiea di Bari-Bitonto in ascolto della Chiesa sorella di Costantinopoli Presentazione del Centro di Cultura biblica “Bereshit”

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Ufficio Scuola Indirizzo di saluto ai docenti di religione cattolica al termine del mandato di direttore dell’Ufficio scuola

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Cancelleria Sacre ordinazioni e decreti

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Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico Incontro di formazione per i catechisti La Lettera apostolica di Papa Francesco “Misericordia et misera”: contenuti ed orientamenti pastorali (p. Luigi Gaetani, O.C.D.) La Bibbia nella vita della Chiesa e del cristiano (don Carlo Lavermicocca) Ufficio per la pastorale della salute La XXV Giornata mondiale del malato nell’arcidiocesi

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CONSIGLI DIOCESANI Consiglio Presbiterale diocesano Verbale dell’elezione del nuovo Consiglio per il quinquennio 2016-2021 (9 dicembre 2016) Verbale della riunione del 6 febbraio 2017

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Consiglio Pastorale diocesano Verbale della riunione del 15 novembre 2016

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TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE Relazione del Vicario giudiziale per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese

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AZIONE CATTOLICA ITALIANA La XVI Assemblea diocesana di Azione Cattolica e la nuova Presidenza diocesana

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PUBBLICAZIONI

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NELLA PACE DEL SIGNORE don Oronzo Valerio

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DIARIO DELL’ARCIVESCOVO 6

Gennaio 2017 Febbraio 2017 Marzo 2017

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D OCUMENTI

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C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Lettera ai giovani in occasione della presentazione del documento preparatorio della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi

Carissimi giovani, sono lieto di annunciarvi che nell’ottobre 2018 si celebrerà il Sinodo dei vescovi sul tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». Ho voluto che foste voi al centro dell’attenzione perché vi porto nel cuore. Proprio oggi viene presentato il Documento preparatorio, che affido anche a voi come “bussola” lungo questo cammino. Mi vengono in mente le parole che Dio rivolse ad Abramo: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò» (Gn 12,1). Queste parole sono oggi indirizzate anche a voi: sono parole di un Padre che vi invita a “uscire” per lanciarvi verso un futuro non conosciuto ma portatore di sicure realizzazioni, incontro al quale Egli stesso vi accompagna. Vi invito ad ascoltare la voce di Dio che risuona nei vostri cuori attraverso il soffio dello Spirito Santo. Quando Dio disse ad Abramo «Vattene», che cosa voleva dirgli? Non certamente di fuggire dai suoi o dal mondo. Il suo fu un forte invito, una vocazione, affinché lasciasse tutto e andasse verso una terra nuova. Qual è per noi oggi questa terra nuova, se non una società più giusta e fraterna che voi desiderate profondamente e che volete costruire fino alle periferie del mondo?

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Ma oggi, purtroppo, il «Vattene» assume anche un significato diverso. Quello della prevaricazione, dell’ingiustizia e della guerra. Molti giovani sono sottoposti al ricatto della violenza e costretti a fuggire dal loro paese natale. Il loro grido sale a Dio, come quello di Israele schiavo dell’oppressione del Faraone (cfr Es 2,23). Desidero anche ricordarvi le parole che Gesù disse un giorno ai discepoli che gli chiedevano: «Rabbì […], dove dimori?». Egli rispose: «Venite e vedrete» (Gv 1,38-39). Anche a voi Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare presso di lui. Carissimi giovani, avete incontrato questo sguardo? Avete udito questa voce? Avete sentito quest’impulso a mettervi in cammino? Sono sicuro che, sebbene il frastuono e lo stordimento sembrino regnare nel mondo, questa chiamata continua a risuonare nel vostro animo per aprirlo alla gioia piena. Ciò sarà possibile nella misura in cui, anche attraverso l’accompagnamento di guide esperte, saprete intraprendere un itinerario di discernimento per scoprire il progetto di Dio sulla vostra vita. Pure quando il vostro cammino è segnato dalla precarietà e dalla caduta, Dio ricco di misericordia tende la sua mano per rialzarvi. A Cracovia, in apertura dell’ultima Giornata mondiale della Gioventù, vi ho chiesto più volte: «Le cose si possono cambiare?». E voi avete gridato insieme un fragoroso «Sì». Quel grido nasce dal vostro cuore giovane che non sopporta l’ingiustizia e non può piegarsi alla cultura dello scarto, né cedere alla globalizzazione dell’indifferenza. Ascoltate quel grido che sale dal vostro intimo! Anche quando avvertite, come il profeta Geremia, l’inesperienza della vostra giovane età, Dio vi incoraggia ad andare dove Egli vi invia: «Non aver paura […] perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,8). Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori. San Benedetto raccomandava agli abati di consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (Regola di San Benedetto III, 3).


MAGISTERO PONTIFICIO Così, anche attraverso il cammino di questo Sinodo, io e i miei fratelli vescovi vogliamo diventare ancor più «collaboratori della vostra gioia» (2 Cor 1,24). Vi affido a Maria di Nazareth, una giovane come voi a cui Dio ha rivolto il Suo sguardo amorevole, perché vi prenda per mano e vi guidi alla gioia di un «Eccomi» pieno e generoso (cfr Lc 1,38). Con paterno affetto, Francesco Dal Vaticano, 13 gennaio 2017

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D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso ai capi di stato e di governo dell’Unione Europea in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma

Illustri ospiti, Vi ringrazio per la Vostra presenza questa sera, alla vigilia del 60° anniversario della firma dei Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell’Energia Atomica. A ciascuno desidero significare l’affetto che la Santa Sede nutre per i Vostri rispettivi Paesi e per l’Europa intera, ai cui destini è, per disposizione della Provvidenza, inscindibilmente legata. Particolare gratitudine esprimo all’on. Paolo Gentiloni, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, per le deferenti parole che ha rivolto a nome di tutti e per l’impegno che l’Italia ha profuso nella preparazione di questo incontro; come pure all’on. Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo, che ha dato voce alle attese dei popoli dell’Unione nella presente ricorrenza. Ritornare a Roma sessant’anni dopo non può essere solo un viaggio nei ricordi, quanto piuttosto il desiderio di riscoprire la memoria vivente di quell’evento per comprenderne la portata nel presente. Occorre immedesimarsi nelle sfide di allora, per affrontare quelle dell’oggi e del domani. Con i suoi racconti, pieni di rievocazioni, la Bibbia ci offre un metodo pedagogico fondamentale: non si può comprendere il tempo che viviamo senza il passato, inteso non come un insieme di fatti lontani, ma come la linfa vitale che irrora il presente. Senza tale consapevolezza la realtà perde la sua unità, la

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storia il suo filo logico e l’umanità smarrisce il senso delle proprie azioni e la direzione del proprio avvenire. Il 25 marzo 1957 fu una giornata carica di attese e di speranze, di entusiasmo e di trepidazione, e solo un evento eccezionale, per la portata e le conseguenze storiche, poteva renderla unica nella storia. La memoria di quel giorno si unisce alle speranze dell’oggi e alle attese dei popoli europei, che domandano di discernere il presente per proseguire con rinnovato slancio e fiducia il cammino iniziato. Ne erano ben consapevoli i Padri fondatori e i leader che, apponendo la propria firma sui due Trattati, hanno dato vita a quella realtà politica, economica, culturale, ma soprattutto umana, che oggi chiamiamo Unione Europea. D’altra parte, come disse il Ministro degli Affari Esteri belga Spaak, si trattava, «è vero, del benessere materiale dei nostri popoli, dell’espansione delle nostre economie, del progresso sociale, di possibilità industriali e commerciali totalmente nuove, ma soprattutto [di] una particolare concezione della vita a misura d’uomo, fraterna e giusta»1. Dopo gli anni bui e cruenti della Seconda Guerra Mondiale, i leader del tempo hanno avuto fede nella possibilità di un avvenire migliore, «non hanno mancato d’audacia e non hanno agito troppo tardi. Il ricordo delle passate sventure e delle loro colpe sembra averli ispirati e donato loro il coraggio necessario per dimenticare le vecchie contese e pensare ed agire in modo veramente nuovo per realizzare la più grande trasformazione […] dell’Europa»2. I Padri fondatori ci ricordano che l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire. Essa è una vita, un modo di concepire l’uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile e non solo come un insieme di diritti da difendere, o di pretese da rivendicare. All’origine dell’idea d’Europa vi è «la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, […] con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria»3. Roma, con la sua vocazione all’universalità4, è il simbolo di 1

P.H. SPAAK, Discorso pronunciato in occasione della firma dei Trattati di Roma, 25 marzo 1957. Ivi. 3 A. DE GASPERI, La nostra patria Europa. Discorso alla Conferenza Parlamentare Europea, 21 aprile 1954, in: Alcide De Gasperi e la politica internazionale, Cinque Lune, Roma 1990, vol. III, pp. 437-440. 4 Cfr P.H. SPAAK, Discorso, cit. 2


MAGISTERO PONTIFICIO questa esperienza e per questo fu scelta come luogo della firma dei Trattati, poiché qui – ricordò il Ministro degli Affari Esteri olandese Luns – «furono gettate le basi politiche, giuridiche e sociali della nostra civiltà»5. Se fu chiaro fin da principio che il cuore pulsante del progetto politico europeo non poteva che essere l’uomo, fu altrettanto evidente il rischio che i Trattati rimanessero lettera morta. Essi dovevano essere riempiti di spirito vitale. E il primo elemento della vitalità europea è la solidarietà. «La Comunità economica europea – affermava il Primo Ministro lussemburghese Bech – vivrà e avrà successo soltanto se, durante la sua esistenza, resterà fedele allo spirito di solidarietà europea che l’ha creata e se la volontà comune dell’Europa in gestazione è più potente delle volontà nazionali»6. Tale spirito è quanto mai necessario oggi, davanti alle spinte centrifughe come pure alla tentazione di ridurre gli ideali fondativi dell’Unione alle necessità produttive, economiche e finanziarie. Dalla solidarietà nasce la capacità di aprirsi agli altri. «I nostri piani non sono di natura egoistica»7, disse il Cancelliere tedesco Adenauer. «Senza dubbio, i Paesi che stanno per unirsi […] non intendono isolarsi dal resto del mondo ed erigere intorno a loro barriere invalicabili»8, gli fece eco il Ministro degli Affari Esteri francese Pineau. In un mondo che conosceva bene il dramma di muri e divisioni, era ben chiara l’importanza di lavorare per un’Europa unita e aperta e la comune volontà di adoperarsi per rimuovere quell’innaturale barriera che dal Mar Baltico all’Adriatico divideva il continente. Tanto si faticò per far cadere quel muro! Eppure oggi si è persa la memoria della fatica. Si è persa pure la consapevolezza del dramma di famiglie separate, della povertà e della miseria che quella divisione provocò. Laddove generazioni ambivano a veder cadere i segni di una forzata inimicizia, ora si discute di come lasciare fuori 5

J. LUNS, Discorso pronunciato in occasione della firma dei Trattati di Roma, 25 marzo 1957. J. BECH, Discorso pronunciato in occasione della firma dei Trattati di Roma, 25 marzo 1957. 7 K. ADENAUER, Discorso pronunciato in occasione della firma dei Trattati di Roma, 25 marzo 1957. 8 C. PINEAU, Discorso pronunciato in occasione della firma dei Trattati di Roma, 25 marzo 1957. 6

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i “pericoli” del nostro tempo: a partire dalla lunga colonna di donne, uomini e bambini, in fuga da guerra e povertà, che chiedono solo la possibilità di un avvenire per sé e per i propri cari. Nel vuoto di memoria che contraddistingue i nostri giorni, spesso si dimentica anche un’altra grande conquista frutto della solidarietà sancita il 25 marzo 1957: il più lungo tempo di pace degli ultimi secoli. «Popoli che nel corso dei tempi spesso si sono trovati in campi opposti, gli uni contro gli altri a combattersi, […] ora, invece, si ritrovano uniti attraverso la ricchezza delle loro peculiarità nazionali»9. La pace si edifica sempre con il contributo libero e consapevole di ciascuno. Tuttavia, «per molti oggi [essa] sembra, in qualche modo, un bene scontato»10 così è facile finire per considerarla superflua. Al contrario, la pace è un bene prezioso ed essenziale, poiché senza di essa non si è in grado di costruire un avvenire per nessuno e si finisce per “vivere alla giornata”. L’Europa unita nasce, infatti, da un progetto chiaro, ben definito, adeguatamente ponderato, anche se al principio solo embrionale. Ogni buon progetto guarda al futuro e il futuro sono i giovani, chiamati a realizzare le promesse dell’avvenire11. Nei Padri fondatori era, dunque, chiara la consapevolezza di essere parte di un’opera comune, che non solo attraversava i confini degli Stati, ma anche quelli del tempo così da legare le generazioni fra loro, tutte egualmente partecipi della edificazione della casa comune.

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Illustri ospiti, Ai Padri dell’Europa ho dedicato questa prima parte del mio intervento, perché ci lasciassimo provocare dalle loro parole, dall’attualità del loro pensiero, dall’appassionato impegno per il bene comune che li ha caratterizzati, dalla certezza di essere parte di un’opera più grande delle loro persone e dall’ampiezza dell’ideale che li animava. Il loro denominatore comune era lo spirito di servizio, unito alla passione politica, e alla consapevolezza che «all’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo»12, senza il quale i valori 9

P.H. SPAAK, Discorso, cit. Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 9 gennaio 2017: L’Osservatore Romano, 9-10 gennaio 2017, p. 4. 11 Cfr P.H. SPAAK, Discorso, cit. 12 A. DE GASPERI, La nostra patria Europa, cit. 10


MAGISTERO PONTIFICIO occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili. «E ancor oggi – affermava san Giovanni Paolo II –, l’anima dell’Europa rimane unita, perché, oltre alle sue origini comuni, vive gli identici valori cristiani e umani, come quelli della dignità della persona umana, del profondo sentimento della giustizia e della libertà, della laboriosità, dello spirito di iniziativa, dell’amore alla famiglia, del rispetto della vita, della tolleranza, del desiderio di cooperazione e di pace, che sono note che la caratterizzano»13. Nel nostro mondo multiculturale tali valori continueranno a trovare piena cittadinanza se sapranno mantenere il loro nesso vitale con la radice che li ha generati. Nella fecondità di tale nesso sta la possibilità di edificare società autenticamente laiche, scevre da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto l’oriundo e l’autoctono, il credente e il non credente. Negli ultimi sessant’anni il mondo è molto cambiato. Se i Padri fondatori, che erano sopravvissuti ad un conflitto devastante, erano animati dalla speranza di un futuro migliore e determinati dalla volontà di perseguirlo, evitando l’insorgere di nuovi conflitti, il nostro tempo è più dominato dal concetto di crisi. C’è la crisi economica, che ha contraddistinto l’ultimo decennio, c’è la crisi della famiglia e di modelli sociali consolidati, c’è una diffusa “crisi delle istituzioni” e la crisi dei migranti: tante crisi, che celano la paura e lo smarrimento profondo dell’uomo contemporaneo, che chiede una nuova ermeneutica per il futuro. Tuttavia, il termine “crisi” non ha una connotazione di per sé negativa. Non indica solo un brutto momento da superare. La parola crisi ha origine nel verbo greco crino, che significa investigare, vagliare, giudicare. Il nostro è dunque un tempo di discernimento, che ci invita a vagliare l’essenziale e a costruire su di esso: è dunque un tempo di sfide e di opportunità. Qual è allora l’ermeneutica, la chiave interpretativa con la quale possiamo leggere le difficoltà del presente e trovare risposte per il

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Atto europeistico, Santiago de Compostela, 9 novembre 1982: AAS 75/I (1983), 329.

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futuro? La rievocazione del pensiero dei Padri sarebbe infatti sterile se non servisse a indicarci un cammino, se non diventasse stimolo per l’avvenire e sorgente di speranza. Ogni corpo che perde il senso del suo cammino, cui viene a mancare questo sguardo in avanti, patisce prima un’involuzione e a lungo andare rischia di morire. Quale dunque il lascito dei Padri fondatori? Quali prospettive ci indicano per affrontare le sfide che ci attendono? Quale speranza per l’Europa di oggi e di domani? Le risposte le ritroviamo proprio nei pilastri sui quali essi hanno inteso edificare la Comunità economica europea e che ho già ricordati: la centralità dell’uomo, una solidarietà fattiva, l’apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l’apertura al futuro. A chi governa compete discernere le strade della speranza – questo è il vostro compito: discernere le strade della speranza –, identificare i percorsi concreti per far sì che i passi significativi fin qui compiuti non abbiano a disperdersi, ma siano pegno di un cammino lungo e fruttuoso. L’Europa ritrova speranza quando l’uomo è il centro e il cuore delle sue istituzioni. Ritengo che ciò implichi l’ascolto attento e fiducioso delle istanze che provengono tanto dai singoli, quanto dalla società e dai popoli che compongono l’Unione. Purtroppo, si ha spesso la sensazione che sia in atto uno “scollamento affettivo” fra i cittadini e le Istituzioni europee, sovente percepite lontane e non attente alle diverse sensibilità che costituiscono l’Unione. Affermare la centralità dell’uomo significa anche ritrovare lo spirito di famiglia, in cui ciascuno contribuisce liberamente secondo le proprie capacità e doti alla casa comune. È opportuno tenere presente che l’Europa è una famiglia di popoli14 e – come in ogni buona famiglia – ci sono suscettibilità differenti, ma tutti possono crescere nella misura in cui si è uniti. L’Unione Europea nasce come unità delle differenze e unità nelle differenze. Le peculiarità non devono perciò spaventare, né si può pensare che l’unità sia preservata dall’uniformità. Essa è piuttosto l’armonia di una comunità. I Padri fondatori scelsero proprio questo termine come cardine delle entità che nascevano dai Trattati, ponendo l’accento sul fatto che si mettevano in comune le risorse e i talenti di ciascuno. Oggi l’Unione Europea ha bisogno di riscoprire il senso di essere anzitutto “comunità” di per14

Cfr Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo, 25 novembre 2014: AAS 106 (2014), 1000.


MAGISTERO PONTIFICIO sone e di popoli consapevole che «il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma»15 e dunque che «bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti»16. I Padri fondatori cercavano quell’armonia nella quale il tutto è in ognuna delle parti, e le parti sono – ciascuna con la propria originalità – nel tutto. L’Europa ritrova speranza nella solidarietà, che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi. La solidarietà comporta la consapevolezza di essere parte di un solo corpo e nello stesso tempo implica la capacità che ciascun membro ha di “simpatizzare” con l’altro e con il tutto. Se uno soffre, tutti soffrono (cfr 1 Cor 12,26). Così anche noi oggi piangiamo con il Regno Unito le vittime dell’attentato che ha colpito Londra due giorni fa. La solidarietà non è un buon proposito: è caratterizzata da fatti e gesti concreti, che avvicinano al prossimo, in qualunque condizione si trovi. Al contrario, i populismi fioriscono proprio dall’egoismo, che chiude in un cerchio ristretto e soffocante e che non consente di superare la limitatezza dei propri pensieri e “guardare oltre”. Occorre ricominciare a pensare in modo europeo, per scongiurare il pericolo opposto di una grigia uniformità, ovvero il trionfo dei particolarismi. Alla politica spetta tale leadership ideale, che eviti di far leva sulle emozioni per guadagnare consenso, ma piuttosto elabori, in uno spirito di solidarietà e sussidiarietà, politiche che facciano crescere tutta quanta l’Unione in uno sviluppo armonico, così che chi riesce a correre più in fretta possa tendere la mano a chi va più piano e chi fa più fatica sia teso a raggiungere chi è in testa. L’Europa ritrova speranza quando non si chiude nella paura di false sicurezze. Al contrario, la sua storia è fortemente determinata dall’incontro con altri popoli e culture e la sua identità «è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale»17. C’è interesse nel 15

Esort. ap. Evangelii gaudium, 235. Ivi. 17 Discorso in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016: L’Osservatore Romano, 6-7 maggio 2016, p. 4. 16

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mondo per il progetto europeo. C’è stato fin dal primo giorno, con la folla assiepata in piazza del Campidoglio e con i messaggi gratulatori che giunsero da altri Stati. Ancor più c’è oggi, a partire da quei Paesi che chiedono di entrare a far parte dell’Unione, come pure da quegli Stati che ricevono gli aiuti che, con viva generosità, sono loro offerti per far fronte alle conseguenze della povertà, delle malattie e delle guerre. L’apertura al mondo implica la capacità di «dialogo come forma di incontro»18 a tutti i livelli, a cominciare da quello fra gli Stati membri e fra le Istituzioni e i cittadini, fino a quello con i numerosi immigrati che approdano sulle coste dell’Unione. Non ci si può limitare a gestire la grave crisi migratoria di questi anni come fosse solo un problema numerico, economico o di sicurezza. La questione migratoria pone una domanda più profonda, che è anzitutto culturale. Quale cultura propone l’Europa oggi? La paura che spesso si avverte trova, infatti, nella perdita d’ideali la sua causa più radicale. Senza una vera prospettiva ideale si finisce per essere dominati dal timore che l’altro ci strappi dalle abitudini consolidate, ci privi dei confort acquisiti, metta in qualche modo in discussione uno stile di vita fatto troppo spesso solo di benessere materiale. Al contrario, la ricchezza dell’Europa è sempre stata la sua apertura spirituale e la capacità di porsi domande fondamentali sul senso dell’esistenza. All’apertura verso il senso dell’eterno è corrisposta anche un’apertura positiva, anche se non priva di tensioni e di errori, verso il mondo. Il benessere acquisito sembra invece averle tarpato le ali, e fatto abbassare lo sguardo. L’Europa ha un patrimonio ideale e spirituale unico al mondo che merita di essere riproposto con passione e rinnovata freschezza e che è il miglior rimedio contro il vuoto di valori del nostro tempo, fertile terreno per ogni forma di estremismo. Sono questi gli ideali che hanno reso Europa quella “penisola dell’Asia” che dagli Urali giunge all’Atlantico. L’Europa ritrova speranza quando investe nello sviluppo e nella pace. Lo sviluppo non è dato da un insieme di tecniche produttive. Esso riguarda tutto l’essere umano: la dignità del suo lavoro, condizioni di vita adeguate, la possibilità di accedere all’istruzione e alle necessarie cure mediche. «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace»19, 18 19

Esort. ap. Evangelii gaudium, 239. PAOLO VI, Lett. enc. Populorum progressio, 26 marzo 1967, 87: AAS 59 (1967), 299.


MAGISTERO PONTIFICIO affermava Paolo VI, poiché non c’è vera pace quando ci sono persone emarginate o costrette a vivere nella miseria. Non c’è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un salario dignitoso. Non c’è pace nelle periferie delle nostre città, nelle quali dilagano droga e violenza. L’Europa ritrova speranza quando si apre al futuro. Quando si apre ai giovani, offrendo loro prospettive serie di educazione, reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Quando investe nella famiglia, che è la prima e fondamentale cellula della società. Quando rispetta la coscienza e gli ideali dei suoi cittadini. Quando garantisce la possibilità di fare figli, senza la paura di non poterli mantenere. Quando difende la vita in tutta la sua sacralità. Illustri ospiti, Nel generale allungamento delle prospettive di vita, sessant’anni sono oggi considerati il tempo della piena maturità. Un’età cruciale nella quale ancora una volta si è chiamati a mettersi in discussione. Anche l’Unione Europea è chiamata oggi a mettersi in discussione, a curare gli inevitabili acciacchi che vengono con gli anni e a trovare percorsi nuovi per proseguire il proprio cammino. A differenza però di un essere umano di sessant’anni, l’Unione Europea non ha davanti a sé un’inevitabile vecchiaia, ma la possibilità di una nuova giovinezza. Il suo successo dipenderà dalla volontà di lavorare ancora una volta insieme e dalla voglia di scommettere sul futuro. A Voi, in quanto leader, spetterà discernere la via di un «nuovo umanesimo europeo»20, fatto di ideali e concretezza. Ciò significa non avere paura di assumere decisioni efficaci, in grado di rispondere ai problemi reali delle persone e di resistere alla prova del tempo. Da parte mia non posso che assicurare la vicinanza della Santa Sede e della Chiesa all’Europa intera, alla cui edificazione ha da sempre contribuito e sempre contribuirà, invocando su di essa la benedizione del Signore, perché la protegga e le dia pace e progresso. 20

Discorso in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno, cit., p. 5.

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Faccio perciò mie le parole che Joseph Bech pronunciò in Campidoglio: Ceterum censeo Europam esse ædificandam, d’altronde penso che l’Europa meriti di essere costruita. Grazie. Francesco Sala Regia, venerdì 24 marzo 2017

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D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Lettera apostolica in forma di Motu proprio Sanctuarium in Ecclesia

1. Il Santuario possiede nella Chiesa una «grande valenza simbolica»1 e farsi pellegrini è una genuina professione di fede. Attraverso la contemplazione dell’immagine sacra, infatti, si attesta la speranza di sentire più forte la vicinanza di Dio che apre il cuore alla fiducia di essere ascoltati ed esauditi nei desideri più profondi2. La pietà popolare, che è una «autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del Popolo di Dio»3, trova nel Santuario un luogo privilegiato dove poter esprimere la bella tradizione di preghiera, di devozione e di affidamento alla misericordia di Dio inculturati nella vita di ogni popolo. Fin dai primi secoli, infatti, si pensò al pellegrinaggio anzitutto verso i luoghi dove Gesù Cristo aveva vissuto, annunciato il mistero dell’amore del Padre e, soprattutto, dove si trovava un segno tangibile della sua risurrezione: la tomba vuota. I pellegrini, successivamente, si misero in cammino verso i luoghi dove, secondo le diverse tradizioni, si trovavano le tombe degli Apostoli. Nel corso dei secoli,

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Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti (2002), 263. 2 Cfr V Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano e dei Caraibi, Documento di Aparecida, 29 giugno 2007, 259. 3 Esort. ap. Evangelii gaudium, 122.

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infine, il pellegrinaggio si estese anche a quei luoghi, diventati ormai la maggioranza, dove la pietà popolare ha toccato con mano la misteriosa presenza della Madre di Dio, dei santi e dei beati4. 2. I Santuari permangono fino ai nostri giorni in ogni parte del mondo come segno peculiare della fede semplice e umile dei credenti, che trovano in questi luoghi sacri la dimensione basilare della loro esistenza credente. Qui sperimentano in modo profondo la vicinanza di Dio, la tenerezza della Vergine Maria e la compagnia dei santi: un’esperienza di vera spiritualità che non può essere svalutata, pena il mortificare l’azione dello Spirito Santo e la vita di grazia. Molti Santuari sono stati a tal punto percepiti come parte della vita delle persone, delle famiglie e delle comunità da aver plasmato l’identità di intere generazioni, fino ad incidere sulla storia di alcune nazioni. Il grande afflusso di pellegrini, la preghiera umile e semplice del popolo di Dio alternata alle celebrazioni liturgiche, il compiersi di tante grazie che molti credenti attestano di aver ricevuto e la bellezza naturale di questi luoghi permettono di verificare come i Santuari, nella varietà delle loro forme, esprimono un’opportunità insostituibile per l’evangelizzazione nel nostro tempo.

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3. Questi luoghi, nonostante la crisi di fede che investe il mondo contemporaneo, vengono ancora percepiti come spazi sacri verso cui andare pellegrini per trovare un momento di sosta, di silenzio e di contemplazione nella vita spesso frenetica dei nostri giorni. Un desiderio nascosto fa sorgere in molti la nostalgia di Dio; e i Santuari possono essere un vero rifugio per riscoprire sé stessi e ritrovare la necessaria forza per la propria conversione. Nel Santuario, infine, i fedeli possono ricevere un sostegno per il loro cammino ordinario nella parrocchia e nella comunità cristiana. Questa osmosi tra il pellegrinaggio al Santuario e la vita di tutti i giorni è un valido aiuto per la pastorale, perché le consente di ravvivare l’impegno di evangelizzazione mediante una testimonianza più convinta. Pertanto, camminare verso il Santuario e partecipare alla spiritualità che questi luoghi 4

Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI, Il pellegrinaggio nel grande Giubileo del 2000 (25 aprile 1998), 12-17.


MAGISTERO PONTIFICIO esprimono sono già un atto di evangelizzazione, che merita di essere valorizzato per il suo intenso valore pastorale5. 4. Per sua stessa natura, dunque, il Santuario è un luogo sacro dove la proclamazione della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, in particolare della Riconciliazione e dell’Eucaristia, e la testimonianza della carità esprimono il grande impegno della Chiesa per l’evangelizzazione; e perciò si caratterizza come genuino luogo di evangelizzazione, dove dal primo annuncio fino alla celebrazione dei sacri misteri si rende manifesta la potente azione con cui opera la misericordia di Dio nella vita delle persone. Attraverso la spiritualità propria di ogni Santuario, i pellegrini sono condotti con la “pedagogia di evangelizzazione”6 ad un impegno sempre più responsabile sia nella loro formazione cristiana, sia nella necessaria testimonianza di carità che ne scaturisce. Il Santuario, inoltre, contribuisce non poco all’impegno catechetico della comunità cristiana7; trasmettendo, infatti, in modo coerente ai tempi il messaggio che ha dato inizio alla sua fondazione, arricchisce la vita dei credenti, offrendo loro le ragioni per un impegno nella fede (cfr 1Ts 1,3) più maturo e consapevole. Nel Santuario, infine, si spalancano le porte ai malati, alle persone disabili e, soprattutto, ai poveri, agli emarginati, ai rifugiati e migranti. 5. Alla luce di queste considerazioni risulta chiaro che i Santuari sono chiamati a svolgere un ruolo nella nuova evangelizzazione della società di oggi e che la Chiesa è chiamata a valorizzare pastoralmente le mozioni del cuore che si esprimono attraverso le peregrinazioni ai Santuari e ai luoghi di devozione. Perciò, volendo favorire lo sviluppo della pastorale che viene svolta nei Santuari della Chiesa, ho deciso di trasferire al Pontificio Con5

Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 124.126. PAOLO VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 48. 7 Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI, Il Santuario, memoria, presenza e profezia del Dio vivente (8 maggio 1999), 10. 6

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siglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione le competenze che, in virtù dell’art. 97, 1° della Cost. ap. Pastor Bonus, erano finora attribuite alla Congregazione per il clero e anche quelle previste nell’art. 151 della medesima Costituzione riguardo ai viaggi per motivi di pietà, senza pregiudizio, però, dei compiti delle legittime autorità ecclesiastiche e di quelli che, in virtù di leggi speciali, spettano ad altri organismi nei confronti di determinati Santuari. Di conseguenza, stabilisco che in avvenire sarà compito del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione: a) l’erezione di Santuari internazionali e l’approvazione dei rispettivi statuti, a norma dei cann. 1232-1233 CIC; b) lo studio e l’attuazione di provvedimenti che favoriscano il ruolo evangelizzatore dei Santuari e la coltivazione in essi della religiosità popolare; c) la promozione di una pastorale organica dei Santuari come centri propulsori della nuova evangelizzazione; d) la promozione di incontri nazionali e internazionali per favorire un’opera comune di rinnovamento della pastorale della pietà popolare e del pellegrinaggio verso luoghi di devozione; e) la promozione della specifica formazione degli operatori dei Santuari e dei luoghi di pietà e devozione; f) la vigilanza affinché venga offerta ai pellegrini, nei luoghi di percorrenza, una coerente e sostenuta assistenza spirituale ed ecclesiale che permetta il maggiore frutto personale di queste esperienze; g) la valorizzazione culturale e artistica dei Santuari secondo la via pulchritudinis quale modalità peculiare dell’evangelizzazione della Chiesa. 24

Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgato mediante la pubblicazione sul quotidiano «Osservatore Romano», entrando in vigore quindici giorni dopo la promulgazione, e quindi inserito negli Acta Apostolicae Sedis. Dato nella Città del Vaticano l’11 febbraio 2017, Memoria liturgica di Nostra Signora di Lourdes, anno IV di pontificato Francesco


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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA La memoria liturgica di san Nicola diventa obbligatoria Lettera del Card. Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana ai Vescovi per la Memoria Liturgica di San Nicola

Prot. N. 738/2016 Roma, 9 novembre 2016 Agli Ecc.mi Membri della Conferenza Episcopale Italiana Loro Sedi Venerato Confratello, Tra i testi e gli adattamenti sottoposti a varie Assemblee Generali della Conferenza Episcopale Italiana in occasione dell’approvazione della traduzione della terza edizione del Messale Romano, assume particolare rilevanza, anche sul versante ecumenico, la proposta di rendere obbligatoria la memoria facoltativa di san Nicola, vescovo (6 dicembre), il cui culto si diffuse in Italia fin dall’XI secolo. La relativa istanza, presentata dall’arcivescovo di Bari-Bitonto, venne approvata a larghissima maggioranza dall’episcopato nella 63a Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, svoltasi a Roma nei giorni 23-27 maggio 2011 (112 placet - 23 non placet). Con decreto in data 4 novembre 2016 (Prot. N. 531/16), la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha concesso la necessaria recognitio. Pertanto, a partire dal 6 dicembre 2016, nelle Diocesi italiane sarà già possibile celebrare san Nicola come «memoria». La variazione diventerà obbligatoria a partire dal 6 dicembre 2017. L’occasione mi è gradita per porgerLe un fraterno saluto. Angelo Card. Bagnasco, Presidente

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Lettera di S.E. Mons. Francesco Cacucci al clero, ai presbiteri, ai consacrati, ai laici dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

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Carissimi, sono lieto di comunicarvi che la memoria liturgica di san Nicola, vescovo (6 dicembre), è stata estesa a tutte le Diocesi che sono in Italia. Sono passati alcuni anni da quando, nel corso dell’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (23-27 maggio 2011), avevo avuto modo di presentare un’istanza con la quale mi facevo interprete della richiesta che il culto del nostro Santo Patrono venisse elevato da memoria facoltativa a memoria obbligatoria. Già in quella occasione potetti constatare che la proposta venne accolta a larghissima maggioranza. Ora, un Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, datato 4 novembre 2016 (Prot. N. 531/16), offre la possibilità a tutte le Chiese italiane di celebrare già il prossimo 6 dicembre san Nicola come ‘memoria’; contestualmente, ne stabilisce l’obbligatorietà a partire dal prossimo anno. Non sfugge ad alcuno come questi passaggi esprimano la comune consapevolezza della rilevanza per la Chiesa della figura del nostro Santo Taumaturgo, soprattutto sotto il profilo ecumenico. Questo “riconoscimento” precede felicemente la visita del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I a Bari il 5 e 6 dicembre prossimi. Certi che questo “evento” segnerà provvidenzialmente la nostra Chiesa di Bari-Bitonto, i cui legami con Costantinopoli hanno caratterizzato la nostra storia ecclesiale e civile e rinsalderà la nostra peculiare vocazione ecumenica, vivremo intensamente e coralmente la partecipazione ai vari momenti della Visita. Bari, 12 novembre 2016 † Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto Delegato Pontificio della Basilica di San Nicola


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MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Decreto di attribuzione delle somme derivanti dall’8 per mille IRPEF

Prot. 290/ A/16 L’Arcivescovo della Arcidiocesi di Bari-Bitonto VISTA la determinazione approvata dalla XLV Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana (Collevalenza 9–12 novembre 1998); CONSIDERATI i criteri programmatici ai quali intende ispirarsi nell’anno pastorale 2017 per l’utilizzo delle somme derivanti dall’otto per mille dell’IRPEF; TENUTA PRESENTE la programmazione diocesana riguardante nel corrente anno priorità pastorali e urgenze di solidarietà; SENTITI, per quanto di rispettiva competenza, l’incaricato del Servizio diocesano per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica e il Direttore della Caritas diocesana; UDITO il parere del Consiglio diocesano per gli Affari economici e del Collegio dei Consultori dispone I) Le somme derivanti dall’otto per mille IRPEF ex art. 47 della Legge 222/1985 ricevute nell’anno 2016 dalla Conferenza Episcopale Italiana “per esigenze di Culto e Pastorale” sono così assegnate:

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777 ESIGENZE DI CULTO E PASTORALE 2016

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ESIGENZE DEL CULTO NUOVI COMPLESSI PARROCCHIALI

2 1 2 4 5 6 9 10

ESERCIZIO CURA DELLE ANIME ATTIVITÀ PASTORALI STRAORDIN CURIA DIOCESANA E CENTRI PAST. MEZZI COMUNICAZIONE SOCIALE ISTITUTO DI SCIENZE RELIGIOSE FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE CONSULTORIO FAM. DIOCESANO PARROCCHIE STRAORD. NECESSITÀ

3 1 2 4 5 6

FORMAZIONE DEL CLERO SEMINARIO DIOCESANO, INTERDIOCESANO, REGIONALE RETTE SEMINARISTI E SACERDOTI FORMAZIONE PERMANENTE CLERO FORMAZIONE DIACONATO PERMAN. PASTORALE VOCAZIONALE

4 4

SCOPI MISSIONARI SACERDOTI FIDEI DONUM

6 1

CONTRIBUTO SERVIZIO DIOCESANO CONTRIBUTO SERVIZIO DIOCESANO

8 1

INIZIATIVE PLURIENNALI FONDO DI GARANZIA

TOTALE DELLE ASSEGNAZIONI

16.608,92 16.608,92

77.000,00 440.000,00 15.493,71 50.000,00 100.000,00 33.116,70 71.133,61 786.744,02

297.407.30 25.000,00 25.000,00 10.000,00 5.224,63 362.631,93

2.314,76 2.314,76 2.324,06 2.324,06

128.708,11 128.708,11 1.299.331,80

II) Le somme derivanti dall’otto per mille IRPEF ex art. 47 della Legge 222/1985 ricevute nell’anno 2016 dalla Conferenza Episcopale Italiana “per interventi caritativi” sono così assegnate:


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO 888

INTERVENTI CARITATIVI 2016

1 1 2 3

DISTRIB. PERSONE BISOGNOSE DA PARTE DELLA DIOCESI DA PARTE DELLE PARROCCHIE DA PARTE DI ENTI ECCLESIASTICI

2 1 2 6

OPERE CARITATIVE DIOCESANE IN FAVORE DI EXTRACOMUNITARI IN FAVORE DI TOSSICODIPENDENTI FONDAZIONE ANTIUSURA

4 1 3

OPERE CARITATIVE ALTRI ENTI IN FAVORE DI EXTRACOMUNITARI IN FAVORE DI ANZIANI

5 1

ALTRE ASSEGNAZIONI/EROGAZIONI A DISP. DEL VESCOVO PER CARITA

6 1

INIZIATIVE PLURIENNALI INIZIATIVA PLURIENNALI TOTALE DELLE ASSEGNAZIONI

377.742,39 263.068,95 119.343,34 760.154,68 12.911,42 41.316,55 25.822,84 80.050,81 8.846,85 25.534,93 49.286,77 212.893,72 212.893,72 119.919,73 119.919,73 1.207.400,72

Le disposizioni del presente provvedimento saranno trasmesse alla Segreteria generale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso i prospetti di rendicontazione predisposti secondo le indicazioni date dalla Presidenza della CEI. Bari lì, 22 ottobre 2016 + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Saluto dell’Arcivescovo Moderatore all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese (Bari, 18 febbraio 2017)

Un cordiale saluto a tutti voi, che avete gentilmente accolto l’invito a partecipare all’Inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese. Il mio deferente pensiero va alle Autorità civili e militari presenti, sempre così attente alla vita della comunità ecclesiale in tutte le sue articolazioni. La sintonia istituzionale che si realizza e si consolida nel tempo sul territorio è motivo di speranza affinché il bene comune sia perseguito, tutelato e affermato come espressione autentica delle rispettive responsabilità. Un cordiale benvenuto rivolgo ai rappresentanti del Tribunale Ecclesiastico di Appello di Benevento. I Vescovi pugliesi, per il momento, confermano il loro intento di afferire a tale sede per gli eventuali appelli, nella certezza che si abbiano da quella sede decisioni improntate alla giusta celerità e competenza. È il bene dei fedeli che lo esige più di ogni altra cosa. Saluto altresì i rappresentanti del Tribunale di Albania, che appella alla Puglia, così come i graditi ospiti degli altri Tribunali Ecclesiastici Regionali. Esprimo particolare gratitudine a S.E. Mons. Luigi Renna, Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, già Rettore del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta e stimato docente di teologia morale. Il suo contributo, in questa cerimonia, sarà espressione di quella sintonia tra diritto e pastorale così intensamente auspicata dai Padri sinodali e felicemente confluita nella recente

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riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, promulgata dal Santo Padre ed entrata in vigore nel dicembre 2015. In piena sintonia con le indicazioni pontificie, la Chiesa universale si sta seriamente interrogando su come rendere sempre più tangibile «la gioia dell’amore che si vive nelle famiglie», così come esordisce l’ultima Esortazione apostolica di Francesco, Amoris laetitia. Non si tratta semplicemente di un annuncio ricco di concetti astratti seppur fascinosi: il Pontefice ci chiede di entrare nella “carne viva” (cfr Udienza generale, 24 giugno 2015) delle famiglie, per offrire a tutti itinerari di speranza e proposte concrete per realizzare al meglio il grande progetto di amore che ha il suo fondamento ultimo nella Trinità. A questo proposito, mi piace riprendere alcuni passaggi essenziali dell’Allocuzione che il Pontefice ha tenuto, lo scorso 21 gennaio, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana. Ancora una volta, il Santo Padre ha ritenuto di tornare sul “rapporto tra fede e matrimonio”, già affrontato dai suoi predecessori san Giovanni Paolo II (Fides et ratio, 16) e Benedetto XVI (Allocuzione alla Rota Romana, 26 gennaio 2013, 2; Lumen fidei, 27). Dopo aver evidenziato «una mentalità diffusa [che] tende ad oscurare l’accesso alle verità eterne» e, notando che «tale contesto, carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale», il Papa invita a «trovare validi rimedi». Ne indica due. Il primo consiste «nella formazione dei giovani, mediante un adeguato cammino di preparazione volto a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio». Sappiamo tutti che la formazione rappresenta una sfida importante che attraversa tutti gli ambiti umani. Impegnarsi in questa arte così delicata e necessaria significa davvero “costruire sulla roccia” (cfr Mt 7,24) il futuro delle giovani generazioni. Da sempre la Chiesa vive e spende energie, progettualità e preghiere affinché questa sfida possa raggiungere risultati sempre più apprezzabili. Il Pontefice si spinge ad auspicare un “nuovo catecumenato” in preparazione al matrimonio», affermando in modo incisivo che, «come per il battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale, così anche la preparazione al matrimonio diventi parte integrante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio, come antidoto che impedisca il mol-


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO tiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti». Il Papa esorta «i parroci ad essere sempre più consapevoli del delicato compito che è loro affidato nel gestire il percorso sacramentale matrimoniale dei futuri nubendi, rendendo intelligibile e reale in loro la sinergia tra foedus e fides». Ciò anche al fine di «passare da una visione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, a una fondazione sacramentale ab initio, cioè a partire dal cammino verso la pienezza del loro foedus-consenso elevato da Cristo a sacramento». Il secondo rimedio suggerito da Francesco «è quello di aiutare i novelli sposi a proseguire il cammino nella fede e nella Chiesa anche dopo la celebrazione del matrimonio», anche attraverso un vero e proprio «progetto di formazione per i giovani sposi, con iniziative volte ad una crescente consapevolezza del sacramento ricevuto». A tutti noi ricorda come sia indispensabile «accogliere, accompagnare e aiutare le giovani coppie», proprio perché «spesso i giovani sposi vengono lasciati a se stessi». Mi piace, in tal senso ringraziare e incoraggiare i numerosi gruppi famiglia presenti nelle nostre parrocchie che, già da diversi anni ed efficacemente, realizzano tale indicazione pontificia. Rappresenta un vero percorso “mistagogico”. Il solenne Atto inaugurale che oggi celebriamo, oltre a rappresentare un rito ormai consolidato negli anni, mi offre la possibilità di esprimere sincera gratitudine a quanti, con discrezione e laboriosità, operano per il bene dei fedeli. L’impegno di tutti gli operatori del nostro Tribunale sarà illustrato dal Vicario giudiziale, don Pasquale Larocca, il quale con competenza e scrupolo accompagna e presiede il lavoro di una struttura complessa ben articolata. A lui e a tutti gli operatori della Giustizia ecclesiastica, il mio personale e grato plauso, anche a nome di tutti i confratelli dell’Episcopato pugliese. Rinnovo il mio ringraziamento per la qualificata presenza e auguro a tutti buon ascolto. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto Moderatore T.E.R.P.

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Omelia nella Festa di San Tommaso d’Aquino, Patrono dell’Università “Angelicum” (Pontificia Università “San Tommaso d’Aquino”, Roma, 7 marzo 2017)

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Nella parte centrale della preghiera rivolta al Padre per i discepoli, secondo il Vangelo di Giovanni, proclamato oggi nella liturgia, Gesù dice: «Consacrali nella Verità» (17,17). Non parla di raggiungere la Verità, ma di essere consacrati nella Verità. In realtà, Gesù domanda che i discepoli partecipino della santità di Dio. Verità e santità. In questo rapporto si colloca l’originalità della vocazione di Tommaso d’Aquino alla santità. Lo lascia intravedere egli stesso nella Summa contra Gentiles (I,2,2), citando sant’Ilario: «Sono consapevole che il compito principale della mia vita sia di dovere a Dio che ogni mia parola e ogni mio sentimento dicano di Lui». Nota è la risposta che il Santo dà a Gesù crocifisso, mentre celebra all’altare di San Nicola in San Domenico Maggiore a Napoli: «Null’altro che Te, Signore». Di qui la convinzione che Tommaso sia l’espressione più eloquente di santità intellettuale, il massimo interprete del progetto di san Domenico voluto per il suo Ordine. La sua intelligenza significa la sua elezione divina. Perciò Bartolomeo da Capua, nel processo di canonizzazione dell’Angelico, conclude la sua lunga e precisa narrazione biografica con l’elenco delle sue opere. L’azione intellettuale rappresenta il luogo in cui la sua santità si è pienamente manifestata. Possiamo dire allora che la sua teologia nasce dalla sua consacrazione alla Verità. Come ha ricordato il card. Schönborn, «la sua persona è quasi come un’ombra dietro la sua opera teologica». Vi sono grato perché mi consentite oggi, nella festa di San Tommaso, di ravvivare un dono che ho ricevuto all’alba del mio sacerdozio: cogliere attraverso la ricerca della dottrina tomista sull’immagine una sorta di itinerario, di percorso di santità ministeriale. Attraverso i tre gradi di immagine di Dio impressa nell’uomo: naturale, soprannaturale, di gloria. Conoscere e amare Dio costituisce lo «studium sapientiae» che assi-


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO mila in modo peculiare la creatura al Creatore. Risuona il brano del Libro della Sapienza, oggi proclamato: «La sapienza è un tesoro inesauribile per gli uomini; chi lo possiede ottiene l’amicizia di Dio» (7,14). L’intelletto prorompe in un affetto d’amore, tanto da far esclamare: «Et haec proprie dicitur sapientia, quasi sapida scientia» (I, q.43, a.5 ad 2). È la fede sapienziale. Fino all’imago consummata (o di gloria). Questa somiglianza finale dell’intelletto divino è il «lumen gloriae». Può esserci definizione più intensa di santità intellettuale? Attribuendola a Tommaso e alla sua opera il gesuita Philip Labbe (+1667) ha scritto: «Neque aliud superest nisi lumen gloriae post Summa Thomae». Non dimentichiamo l’altro aspetto della vocazione di Tommaso: quella di frate predicatore. «Contemplata aliis tradere»: consegna ai pastori della Chiesa la sua passione per la causa del Vangelo. Nella consapevolezza del limite creaturale. Nessuna creatura può rivelare, comunicare in modo sufficiente la ricchezza di Dio. Tommaso lo constata con una certa amarezza. La teologia negativa sembra sopravanzare: «Deus cum omnibus similitudinem habet et dissimilitudinem simul» (SCG I, 29), riecheggiando lo Ps-Dionigi: «quid Deus sit penitus manet ignotum» (SCG 3, 49). Perché escludere che questa amarezza, non tanto velata, abbia anticipato quell’«abstractio mentis», che si è accentuata durante l’ultimo anno di vita e che è culminata il 6 dicembre 1273, nella festa di San Nicola? Permettete che provi qualche emozione ricordando come Tommaso d’Aquino proprio quel giorno abbia sperimentato dolorosamente quanto in precedenza aveva intuito: «al termine della nostra conoscenza conosceremo Dio come l’ignoto» (tamquam ignotum) (in Boetium de Trinitate, q.1 a 2 ad 1). Lo «studium sapientiae», la «sapida scientia» si vestono dei colori della passione del Figlio di Dio e si trasformano in «sapientia crucis». + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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CURIA METROPOLITANA Vicariato Generale

Le visite pastorali dell’Arcivescovo ai vicariati Anno 2017

Anche quest’anno si è realizzata la visita dell’Arcivescovo ai 13 vicariati della Diocesi a metà dell’anno pastorale, con inizio il 13 gennaio c.a. e conclusione il 23 marzo c.a. Come da programma ormai collaudato da vari anni, al mattino l’Arcivescovo, accompagnato dal Vicario generale mons. Domenico Ciavarella (con loro anche il Vicario episcopale per i presbiteri don Vittorio Borracci e in tarda mattinata anche il vice direttore dell’Ufficio Amministrativo Diocesano ing. Franco Iacobellis), ha incontrato i sacerdoti e i diaconi. La riflessione è stata condotta personalmente dall’Arcivescovo, che ha illustrato le pagine 31-34 della Traccia Pastorale dell’anno “Con il cuore di Dio. Famiglie in cammino”. Il dibattito è stato ampio e appassionato, si sono delibate con lucida concretezza le questioni più problematiche delle famiglie di oggi, spesso ferite. Il criterio principale da tener presente, ripreso dalla Familiaris consortio, riguarda il “ben discernere le situazioni”, soprattutto da parte dei pastori. L’Arcivescovo ha approfondito il pensiero al riguardo di san Tommaso D’Aquino e di sant’Alfonso de’ Liguori, i quali hanno insegnato la responsabilità dei pastori, che, «senza sminuire il valore dell’ideale evangelico», devono «accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe della crescita delle persone» (Amoris laetitia [AL] 308). È la via caritatis (AL 306), contraria al rigorismo (AL 305) ed al relativismo (AL 307). È una vera sfida che sollecita una conversione pastorale. Al riguardo l’Arcivescovo si è partico-

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larmente diffuso nel proporre opportuni percorsi di misericordia, ritagliando il ruolo dei molteplici operatori (pastori e catechisti del battesimo e del matrimonio, animatori dei Gruppi Famiglia parrocchiali, Ufficio Famiglia diocesano, il Consultorio Familiare, il Tribunale Regionale, ecc.). L’ultimo scorcio di tempo prima dell’agape fraterna ha visto l’intervento dell’ing. Iacobellis sui problemi suscitati dalla normativa anti-sismica, particolarmente inaspritasi negli ultimi anni: anche in Puglia vi sono adempimenti che non è possibile disattendere senza incorrere in esiti negativi e a riguardo ha distribuito un foglio promemoria. La mattinata si è conclusa con il pranzo, anch’esso momento forte di fraternità e d’amicizia (don Vittorio Borracci, Vicario episcopale per i presbiteri).

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La sera mons. Cacucci, dopo aver presieduto la celebrazione eucaristica in una chiesa parrocchiale, concelebrando con i sacerdoti e con la partecipazione di tanti fedeli di tutte le comunità del vicariato, ha incontrato i parroci e i vicari cooperatori con i Consigli parrocchiali vicariali, convocati insieme a tutti i membri dei Consigli pastorali parrocchiali. Agli incontri serali hanno accompagnato l’Arcivescovo il vicario generale, il vicario episcopale per i presbiteri, il direttore dell’Ufficio pastorale e il direttore dell’Ufficio laicato. È stata evidente in ogni appuntamento una presenza attenta con una partecipazione attiva e coinvolgente. Ogni vicariato ha presentato il lavoro svolto nell’ambito delle diverse comunità parrocchiali nella prima parte dell’anno liturgico-pastorale, dimostrando un’efficace ricezione della traccia pastorale affidata dal vescovo sin dal mese di settembre. Alcuni vicari zonali hanno lasciato che ogni parrocchia presentasse il proprio vissuto in modo più articolato. Altri si sono affidati alla presentazione di una sintesi, frutto di un lavoro svolto in precedenza raccogliendo i diversi impegni pastorali, le iniziative, gli obiettivi e le difficoltà. Tutti hanno colto l’occasione per ringraziare l’Arcivescovo dell’approfondimento offerto alle comunità attraverso la traccia pastorale Con il cuore di Dio. Famiglie in cammino e per l’efficacia del riferimento esplicito alle “coppie bibliche” indicate nelle diverse tappe dei tempi liturgici. È stata per tutti un’opportunità per la riscoperta del sacramento


CURIA METROPOLITANA nuziale e per un’attenzione particolare al matrimonio e alle famiglie, declinata con modalità e sensibilità differenti e complementari. In questo modo è stato possibile concepire la pastorale familiare come una pastorale mistagogica, che muove dalla celebrazione del sacramento del matrimonio, momento fondante e fontale della coppia, e accompagna il divenire della famiglia nella sua quotidiana bellezza e complessità. Ogni comunità e gli interventi liberi che hanno arricchito l’ascolto reciproco durante gli incontri hanno evidenziato, come variazioni sull’unico tema, alcuni punti di forza del lavoro svolto, gli obiettivi proposti e perseguiti, e contemporaneamente gli interrogativi e le problematiche più urgenti a riguardo soprattutto dell’approccio alle famiglie, alle giovani coppie, all’iniziazione cristiana e ai giovani. Al di là delle diverse esperienze parrocchiali, segno di una fervida creatività pastorale, sono stati richiamati alcuni principi fondamentali. Innanzitutto l’importanza dell’accoglienza da parte dei presbiteri e dell’intera comunità nei confronti delle tante e diverse situazioni di vita familiare che necessitano della delicata arte del discernimento e dell’accompagnamento, avendo come fine l’integrazione matura e consapevole nella comunità ecclesiale per una crescita che non passi esclusivamente attraverso la ricezione dei sacramenti ma sia alimentata dall’ascolto della Parola di Dio e sostenuta dalla carità. Poi la necessità della formazione costante delle coppie e dei laici in genere come soggetti attivi di pastorale familiare, ambito più ampio in cui collocare le molteplici dimensioni dell’impegno pastorale dei diversi settori, come l’iniziazione cristiana dei fanciulli. In ultimo, ma non meno importante, lo scambio intergenerazionale con una attenzione particolare ai più giovani. L’Arcivescovo, ascoltando ogni volta con interesse e accogliendo con ammirazione l’impegno da tutti profuso, ha richiamato l’importanza della lettura dei segni dei tempi, senza cedere a rassegnate diagnosi né a sterili ricette che inseguono una visione ideale dell’amore e della vita ma, consapevoli - come egli stesso ha scritto che «la storia di Adamo ed Eva continua ancora oggi nelle nostre famiglie che sperimentano l’esperienza del peccato come fallimen-

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to, smarrimento, tradimento o diffidenza», occorre tornare ad annunciare a tutti, con gioia, la bella notizia che mai la caduta sarà l’ultima parola. Da qui deve scaturire la disponibilità all’accompagnamento spirituale, che deve vedere i presbiteri coinvolti con una maggiore disponibilità di tempo per l’ascolto, favoriti in questo da un maggiore coinvolgimento dei laici nella cura corresponsabile della vita comunitaria. L’Arcivescovo ha fortemente additato l’impegno per un maggiore coinvolgimento dei più giovani anche negli organismi di partecipazione come i Consigli pastorali parrocchiali e vicariali. Richiamando costantemente un’espressione del profeta Gioele, cara a papa Francesco, «i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gl 3,1), mons. Cacucci ha ribadito la necessità dell’incontro tra le generazioni per un dialogo efficace, attento ai linguaggi contemporanei, molteplici e diversi, e alle esigenze esistenziali antiche e sempre più profonde. Poiché attenzione ai giovani non significa farli sentire esclusivamente oggetto della cura pastorale di una comunità adulta nella fede, l’Arcivescovo ha esortato tutti a mettersi in loro ascolto e a farli sentire principalmente soggetto dell’annuncio della fede e dell’impegno pastorale. Questa esortazione ha anticipato le linee guida del prossimo cammino pastorale della nostra Chiesa diocesana, che continuerà a riflettere sulla famiglia ma guardando soprattutto ai giovani, che di essa fanno parte, e guardando alla famiglia con i giovani, in sintonia con il cammino della Chiesa universale che avvia la preparazione della celebrazione di un Sinodo ordinario dei Vescovi sui giovani. «Una generazione narra all’altra le tue opere» (Sal 145,5). L’espressione del Salmo diventa desiderio, preghiera e impegno, convinti di poter crescere tutti, sempre di più, partendo dall’ascolto e dalla conoscenza reciproca e di trovare nell’incontro settimanale della comunità uno strumento efficace a tale fine, nell’ascolto del Signore che ci plasma per essere in Lui un solo corpo, e per testimoniarlo con la vita (sac. Mario Castellano, Direttore Ufficio pastorale).


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La Chiesa di Bari-Bitonto in ascolto della Chiesa sorella di Costantinopoli

È ancora vivo in molti di noi l’eco dell’accorato e fraterno magistero di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli, pellegrino ecumenico nella città di San Nicola, santo amato tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi. Sono ben quattro gli interventi del Patriarca che sono stati pubblicati nel Bollettino diocesano “L’Odegitria”1. Quale il significato di tanto illustre insegnamento? Padre Arcivescovo mons. Francesco Cacucci mi sembra dare la chiave di lettura del grande e singolare evento. Nella lettera inviata ai presbiteri, ai consacrati e ai laici della nostra Chiesa, mons. Cacucci, dopo aver manifestato i sentimenti di gioia per la memoria liturgica di S. Nicola, vescovo (6 dicembre) estesa a tutte le diocesi italiane come memoria obbligatoria2, annuncia la venuta a Bari di Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo nei giorni 5 e 6 dicembre 2016. Così egli ne dà il significato: «Questo “evento” segnerà provvidenzialmente la nostra Chiesa di Bari-Bitonto, i cui legami con Costantinopoli hanno caratterizzato la nostra storia ecclesiale e civile e rinsalderà la nostra peculiare vocazione ecumenica». 1

BOLLETTINO DIOCESANO “L‘ODEGITRIA”, n. 4 (ottobre-dicembre) 2016, pp. 415-429. Vedi su questo stesso Bollettino, la lettera della CEIe la lettera dell’Arcivescovo, pp. 2526. Cfr anche Decreto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, datato il 4 novembre n. 2016 con Prot. N. 541/16. 2

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In questo breve articolo desidero illustrare la natura, le finalità della “nostra peculiare vocazione ecumenica” in quanto Chiesa locale, la cui dinamica è segnata in gran parte dall’esperienza ecumenica che mette in circolazione la sua vita in quanto Chiesa. I luoghi principali e specifici di tale vitalità sono ben noti e frequentati dai nostri fedeli: 1) la Basilica di S. Nicola, che custodisce le sacre ossa del grande Vescovo Taumaturgo, meta di continui pellegrinaggi ecumenici provenienti dalle Chiese orientali; 2) l’Istituto di Teologia ecumenico-patristica “S. Nicola”, voluto e istituito nel clima ecumenico promosso dal Concilio Vaticano II dalla Conferenza Episcopale Pugliese nel 1968; 3) la venerazione della sacra immagine della Vergine Odegitria, detta “Madonna di Costantinopoli”, custodita gelosamente nella cripta della Basilica Cattedrale e meta di pellegrinaggio annuale diocesano (celebrazioni eucaristiche vicariali nella prima settimana di marzo). Altre comunità di accoglienza ecumenica sono la Comunità di S. Scolastica al Porto di Bari, intimamente collegata con la Comunità di Taizè dal 1979; la Comunità di Gesù, che organizza annualmente i meeting internazionali “Kairòs” con incontri ebreo-messianici; le chiese già del Sacro Cuore, di S. Chiara, di S. Gaetano, di S. Gregorio in Bari, che accolgono ogni domenica le comunità ortodosse, rispettivamente greca, georgiana, copta e romena per la Divina Liturgia; la comunità parrocchiale di S. Marcello e la comunità di Sant’Egidio che si aprono generosamente al servizio della carità degli emigrati delle nazioni orientali; la comunità di S. Colomba, che ospita il Gruppo Ecumenico di Bari con la sua corale ecumenica “Anna Sinigaglia”. Ma quali sono le profonde aspirazioni ecclesiali che animano il movimento ecumenico barese? È innanzitutto la ricerca dell’unità della Chiesa: questo è l’ecumenismo. Il dialogo, gli incontri, le nuove conoscenze, i nuovi modelli e immagini di Chiesa sono l’esito concreto e sperato di questa ricerca. Ciò esige una precisazione spesso dimenticata. Si ritiene, in genere, che la pratica ecumenica tenda a ricostruire l’unità perduta della Chiesa, così che, nel suo domani, essa possa ritrovarla al modo stesso di come l’unità era alle origini e nei primi secoli della sua esi-


CURIA METROPOLITANA stenza. La precisazione avverte che questa unità è solo la forma visibile di una unità più profonda, radicale e di fondamento, che non sta nel potere dei cristiani perdere o ritrovare. Desidero dire che nell’esercizio del dialogo, i cristiani tra loro separati non possono disporre della Unità che identifica la Chiesa e la fa essere comunità di salvezza. Ciò di cui essi dispongono è la forma storica che essa assume presso gli uomini. Per capire questo mi permetto ricordare che la fedeltà di Dio alla sua Chiesa non dipende dalla Chiesa, ma dalla sua misericordiosa azione di Amore a suo favore. Gesù infatti dichiara ai suoi discepoli che Egli sarà con loro fino alla fine dei secoli (cfr Mt 28, 16). I cristiani possono tradire questa fedeltà. Cristo mai. Ogni decisione di Cristo è senza pentimento, così che Egli non mancherà mai alla Parola data: «I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mc 13, 31). Una decisione sigillata con un Patto definitivo sulla Croce che garantisce, oltre a ogni possibile comprensione, la promessa fatta: «Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò tutti a me» (Gv 12, 32). Non si tratta di una delle tante promesse, ma della promessa stessa della sua vita, come è espressa nella invocazione al Padre, invocazione ultima e angosciata della notte «in cui fu tradito» (cfr Gv 17). Due sono allora le idee-chiave dell’ecumenismo locale. La prima, sempre sapere che l’Unità della Chiesa non è lasciata alla decisione fedele o infedele dei cristiani, perché «Cristo è pietra angolare e pastore delle anime nostre»3. Il che significa che l’Unità non è mai l’esito della buona volontà congiunta dei cristiani. Se così fosse, questa Unità sarebbe l’opera delle loro mani e risultato morale, politico o religioso di una stagione culturale, della riflessione teologica, di decisioni disciplinari, diverse nei tempi e nelle esperienze. Questi possono e sono segni di una Unità invisibile che opera incessantemente per la misericordia del Cristo crocifisso e risorto. La seconda idea-chiave dell’ecumenismo consiste nella consapevo-

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CONCILIO VATICANO II, Decreto per l’Ecumenismo, n. 2.

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lezza, acquisita nella preghiera, che l’Unità è sempre e solo un dono che viene da Dio. Essa può venire esclusivamente da Dio, senza possibilità di ricambio. Essa è solo e totalmente grazia e non conquista. È un fatto di salvezza e mai espressione di politica ecclesiastica, anche se ispirata da nobili sentimenti, ma sempre umani. I «due o tre» del Vangelo cessano di essere somma ordinata e ricomposta di uomini a causa del “Nome” di Cristo, sul fondamento del quale essi diventano comunità. Comunità nella quale è Cristo che abita (cfr Mt 18, 20). Chi raduna è solo Lui, capace di far rientrare gli uomini da ogni “dispersione” (cfr Gv 11, 52). La ragione è questa: l’Unità non è la forma, anche perfetta, di una organizzazione. Essa è prima e soprattutto «comunione» (1 Cor 1,9). È intimità di vita che Dio celebra con i «suoi», che sono chiamati dalla sua Parola (cfr Lc 8, 19-21). Una intimità così profonda che, quando Egli viene, li costituisce sua «famiglia» (cfr Rm 8, 17). Tutto ciò che è suo diventa «eredità» per il credente: quello che Cristo ha di più caro e di più singolare è la volontà di amore di suo Padre (cfr Gv 3, 16). Per questo i suoi discepoli sono definiti «casa» nella quale Dio dimora (cfr Ef 2, 22). La Unità di Cristo e per Cristo significa che la «comunione» celebrata dal Padre con i credenti è talmente «novità di vita» (cfr Rm 6, 4) da non poter essere in alcun modo né pensabile né prevedibile dall’uomo. Essa è il «mistero nascosto» in Dio e sconosciuto agli angeli e agli uomini (cfr 1 Cor 2, 7-8), manifestato e donato al mondo in Cristo Gesù, nostro Signore (cfr Col 1, 22). Cristo stesso è questo dono, perché nella e per la sua vita l’uomo diventasse fratello di Lui, figlio del Padre e in Lui e nel Padre, perché Figlio e Fratello, fratello degli uomini, sua famiglia. 44

don Angelo Romita direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso


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Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso

Presentazione del Centro di cultura biblica “Bereshit”* (Aula Magna “A. Cossu” dell’Ateneo di Bari, 29 marzo 2017)

Buonasera a tutti e un sentito grazie per aver accolto l’invito alla conferenza che sancisce, nella nostra Chiesa locale di Bari-Bitonto e nel nostro territorio, la nascita di un Centro di cultura biblica che si chiamerà “Bereshit”. È la parola ebraica che costituisce l’incipit dell’intera Scrittura e significa «In principio». Perché un centro di cultura biblica? L’obiettivo è quello di promuovere a largo raggio la conoscenza della letteratura biblica, che non è solo patrimonio religioso dell’ebraismo e del cristianesimo, ma ha segnato la cultura di molta parte dell’umanità: sul piano religioso, letterario, artistico, linguistico, giuridico, antropologico, sociale e morale. La matrice della nostra civiltà è quindi profondamente legata alla Bibbia. Il poeta e pittore inglese William Blake (1757-1827) definì la Bibbia «il Grande Codice della cultura occidentale», mentre il pittore di origini ebraiche Marc Chagall affermava che «le Scritture sono l’alfabeto colorato in cui per secoli i pittori hanno intinto il loro pennello». Niente di più vero! Secolo dopo secolo, la fortuna artistica delle Sacre Scritture è stata così grande che oggi sono molti di più coloro che hanno appreso la storia biblica dalla pittura, dalla scultura, dall’architettura e anche dalla poesia e dalla letteratura in generale, di quanti ne hanno letto il testo. Desideriamo dunque che il Centro dia voce ad ogni linguaggio che contribuisca ad evidenziare esattamente questa caratteristica della Bibbia: essa è patrimonio di tutti, non solo dei credenti. Verranno promossi convegni, tavole rotonde, festival biblici, mostre, viaggi nelle terre bibliche, concerti, affinché il testo biblico venga esplorato in tutti i suoi aspetti. D’altra parte, un approccio

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«culturale» alle Scritture di certo non contraddice la dimensione ispirata del testo, ma aiuta a rispettare la sua dimensione più storica, evitando derive fondamentalistiche. Sarà auspicabile la collaborazione con i vari organismi culturali e accademici del territorio, – ed ecco la ragione della scelta dell’Ateneo per questo primo evento – per fare del Centro un luogo di confronto per persone dei più diversi orientamenti. Il tema scelto per questa conferenza: Radici bibliche – cultura condivisa. «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3) – intende gettare le fondamenta alle attività del Centro Bereshit. Siamo certi che il riferimento alle Scritture offra un giusto terreno per la ricerca di una «cultura condivisa». Il sottotitolo della conferenza è tratto dal libro della Genesi: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3). Sono le parole che Dio rivolge ad Abramo quando lo chiama a mettersi in viaggio: Lekh lekhà gli dice – «Vai verso te stesso» / «Vai per te stesso». Vale a dire che Abramo dovrà fare anzitutto un viaggio verso la piena consapevolezza di sé, che lo spingerà poi a spalancare gli orizzonti verso l’intera famiglia umana. Un uomo riconciliato con se stesso può divenire benedizione per tutti. Un uomo che conosce e ama la propria identità è pronto a confrontarsi senza timore di confondersi. È questo il vero orizzonte dell’uomo: una relazione ritrovata che guarda all’altro come risorsa e non come pericolo e come avversario. Potremmo affermare, dunque, che questo è il sogno di Dio racchiuso nell’invito rivolto ad Abramo.

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Abbiamo chiesto a mons. Pizzaballa di tenere a battesimo il nostro Centro con questa prima conferenza1. Perché proprio lui? Perché egli, biblista di formazione, da anni è impegnato nel cercare frammenti di «cultura condivisa» in un dialogo leale e rispettoso delle differenze. Padre Pierbattista non ha bisogno di presentazione, poiché abbiamo conosciuto tutti la sua preziosa opera di guida instancabile prima della Custodia di Terra Santa (provincia francescana inter-

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Il testo della relazione di mons. Pierbattista Pizzaballa, O.F.M., è consultabile sulla pagina facebook del Centro: Centro di cultura biblica “Bereshit” Bari.


CURIA METROPOLITANA nazionale che comprende Israele, Palestina, Giordania, Siria, Libano, Cipro e Rodi e anche alcuni conventi dell’Egitto e di altri paesi nel mondo) e ora della Chiesa latina di Gerusalemme. In un frangente particolarmente inquieto per quella parte di mondo così importante e così complessa che è la Terra Santa e tutto il Medio Oriente, egli si distingue per l’equilibrio e la determinazione con cui ama perseguire la via del dialogo, senza mai indulgere nella pretesa di annullare o sminuire le differenze, ma facendo proprio delle differenze un punto di forza per un reciproco arricchimento. Come lui stesso ebbe a dire in una conferenza tenuta presso l’Università Bicocca di Milano, «l’altro mi sprona a non cedere alla paura, a non mettere steccati, ma a imparare a relazionarmi in maniera nuova: l’altro, chiunque esso sia, è una risorsa per la coscienza di sé» (19 giugno 2015). Inserendosi sapientemente nel tessuto umano, culturale e religioso di Terra Santa, egli ha stabilito preziosi legami anche a livello accademico e politico-amministrativo con le più alte autorità locali israeliane e palestinesi, senza trascurare la difficile sfida di tessere relazioni tra le diverse confessioni cristiane e con ebraismo e islam. Molto significativa l’onorificenza con cui è stato insignito dal Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme Teofilo III: Gran Comandante dell’Ordine Ortodosso dei Crocigeri del Santo Sepolcro «per aver accresciuto il dialogo ecumenico» (30 maggio 2016). Papa Francesco, riconoscendogli questa grande abilità nel costruire ponti, durante il suo pellegrinaggio nei Luoghi Santi del maggio 2014 gli ha affidato la preparazione e lo svolgimento dello storico incontro tenutosi nei giardini vaticani con i presidenti Shimon Peres e Abu Mazen (8 giugno 2014), alla presenza del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Ancor prima di ricoprire i ruoli che abbiamo già menzionato, Padre Pizzaballa ha intrapreso la sua relazione con la Terra Santa, quando da giovane francescano è stato inviato a Gerusalemme per gli studi biblici. Studi accademici svolti prima presso lo Studium Biblicum Franciscanum e poi presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, dove ha avuto occasione di confrontarsi con le diverse

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realtà che compongono la variegata società israeliana e si è interfacciato in maniera più diretta con il giudaismo, approfondito anche mediante una full-immersion vissuta per un periodo di diversi mesi in un kibbutz religioso. In una intervista rilasciata per la «Gazzetta del Mezzogiorno» di oggi (29 marzo 2017) mons. Pizzaballa afferma: «Il confronto con loro [gli ebrei ndr] ha arricchito enormemente la mia lettura dei testi biblici, senza che però venisse meno la mia identità cristiana». A questo periodo di formazione ad ampio raggio è seguito poi l’insegnamento dell’ebraico e dell’Antico Testamento e contestualmente l’esperienza con la comunità cattolica di espressione ebraica di Gerusalemme, di cui è stato parroco fino alla nomina a Custode di Terra Santa. Ritengo che tutte queste esperienze abbiano contribuito ampiamente alla grande apertura che caratterizza il ministero di Padre Pizzaballa. Molto significativo, a mio parere, il fatto che durante il suo mandato di Custode abbia insistito perché i giovani studenti francescani studiassero le lingue delle comunità locali – l’ebraico e l’arabo. Studiare la lingua di un popolo contribuisce, infatti, a conoscerne la cultura e ad acquisire gli strumenti utili a un dialogo in cui cadano i muri del sospetto conseguente anche alla non-conoscenza del proprio interlocutore. Questa sera avremo modo di ascoltare e di apprezzare la sua riflessione e la sua testimonianza. E lo ringraziamo per aver voluto accogliere il nostro invito, nonostante i suoi numerosi impegni. don Angelo Garofalo 48


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Indirizzo di saluto ai docenti di religione cattolica al termine del mandato di direttore dell’Ufficio Scuola (Bari, Seminario arcivescovile, 24 ottobre 2016)

1. Premessa Giunto alla fine di un servizio nel quale ho speso buona parte del mio sacerdozio, sia che fossi responsabile di attività relative alla formazione permanente degli insegnanti di Religione cattolica (IdR) sia che mettessi una firma su di un documento freddamente formale, un sentimento è presente nel mio cuore ed è la gratitudine. Lieto, quindi, di questo incontro che mi offre l’opportunità di dire una parola a me cara e sempre meno frequentemente udita: grazie. a. Grazie al Signore per avermi concesso un’esperienza impegnativa, a volte faticosa, ma esaltante: – esaltante per la dinamicità e la molteplicità dei percorsi attraversati; – esaltante per i temi affrontati a vari livelli (nazionale, regionale, diocesano); – esaltante soprattutto per i numerosi volti incontrati e conosciuti con i quali sono venuto in relazione. b. Grazie al compianto, e da tanti amato, p. Mariano Magrassi che mi

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ha chiamato a svolgere questo servizio a settembre del 1995, accordandomi la sua fiducia, con la sua bonomia convincente. c. Grazie al nostro arcivescovo, mons. Cacucci, che ha voluto confermarmi nell’incarico, credendo nelle mie capacità. d. Grazie a tutti voi per la convinta collaborazione nell’esecuzione dei programmi via via svolti e in particolare a quanti, con generosità, hanno offerto il proprio contributo di tempo, di competenza, di cuore quando l’Ufficio ha avuto bisogno di particolari collaborazioni. e. Un grazie sentito, anche, ad Enza Armao. Per il suo lavoro generoso, svolto con gusto, perché Enza trova nel lavoro un motivo per realizzare la propria vita con una convinzione così inusuale in un mondo piagnone e insoddisfatto di tutto, anche in ambienti a noi vicini.

Il lavoro svolto La funzione dell’Ufficio è definita dal decreto arcivescovile da me proposto, dopo attenta valutazione delle esigenze emerse, a mons. Magrassi, il quale, ritenuta congrua la mia proposta, l’accolse col Decreto n. 34/97 del 16 giugno 1997. In esso si disciplina tutto il lavoro dell’Ufficio, precisando in particolare le norme per le nomine degli IdR a incarichi e/o supplenze. Sottolineo che la nostra Diocesi è forse l’unica in Italia ad avere un tale decreto fin dal 1997. In esso si definiscono norme sia per l’IRC con tutto quanto richiede la formazione permanente degli stessi docenti sia per la pastorale della scuola con tutto ciò che la sua attuazione prevede. 50

A. L’insegnamento della religione cattolica Per quanto riguarda gli IdR si è svolto un intenso calendario di incontri suggeriti dalle esigenze rivenienti da frequenti riforme avvenute nel mondo della scuola. Vi faccio grazia di un arido elenco di quanto realizzato in ventuno anni di lavoro. Chi volesse conoscere tali attività può richiederne l’elenco all’Ufficio. Sempre attenta è stata la scelta di quanti sono stati invitati a tenere lezioni, conferenze, approfondimenti. Nei ventuno anni di mia


CURIA METROPOLITANA responsabilità oltre cinquanta sono stati gli interventi di specialisti invitati a tenere loro conversazioni, provenienti da tutta Italia. Ne ricordo alcuni: mons. Domenico Sigalini, Paola Dal Toso, Giuseppe Russillo, don Vito Orlando, mons. Domenico Caliandro, mons. Angelo Vincenzo Zani, mons. Carlo Ghidelli, Maria Luisa De Natale, Giuseppe Savagnone, don Roberto Rezzaghi, Natale Pepe, Giancarlo Lombardi, Maria Grazia Pau, Vincenzo Robles, Serena Macchietti, padre Francesco Radaelli, Ludovica Carli, Laura Basso, Andrea Tornielli, don Tommaso Mastrandrea, Giuseppe Palummeri, don Angelo Garofalo, mons. Anton Giulio Brambilla, don Francesco Saracino, Raffaele Coppola, Emma Favia, don Maurizio Lieggi, sr. Cristina Alfano, Antonio Calisi, Pasquale Troìa, Annalisa Caputo, Nicola Incampo, mons. Mimmo Falco, il nostro arcivescovo, mons. Francesco Cacucci. Presente anche l’attenzione a offrire momenti di riflessione per la crescita spirituale. Anche per questo ambito abbiamo ascoltato esperti qualificati quali padre Emanuele Scardicchio, Piero Stefani, mons. Domenico Ciavarella, don Francesco Saracino, mons. Giancarlo Bregantini, don Angelo Garofalo. Numerosi gli interventi del nostro Arcivescovo a partire dalle efficaci omelie sempre offerte all’inizio di ogni anno scolastico, oltre all’animazione di una mattinata di spiritualità durante la quale offrì la sua riflessione sul tema: “Chiunque crede in Lui non sarà deluso” (Rm 10,11). Frequenti le collaborazioni con altri uffici di Curia come anche con le associazioni cattoliche. In particolare con queste, tra l’altro, è stata organizzata una tavola rotonda con la partecipazione dei rappresentanti dell’ACI, dell’AGESCI e di CL per discutere il tema “Saper dire Dio tra i banchi di scuola”. Un’attenzione particolare è stata rivolta ai temi della pastorale diocesana e delle iniziative programmate dalla Chiesa italiana. In questo ambito vanno configurati: a. gli incontri tenuti dal vescovo ausiliare pro tempore della nostra Diocesi, il compianto mons. Luciano Bux, sul tema “L’impegno degli IdR nel quadro della pastorale della Chiesa di Bari-Bitonto”; b. la preparazione al nono centenario del Concilio di Bari;

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c. l’approfondimento dei temi relativi al Congresso Eucaristico Nazionale “Senza la domenica non possiamo vivere”; d. la conversazione tenuta dal nostro Arcivescovo sul tema “La scelta pastorale mistagogica: la responsabilità degli IdR”; e. le iniziative prese per sostenere il progetto della CEI “La Chiesa per la scuola. Generare futuro: il nostro impegno” culminato con il raduno del mondo della scuola in Piazza San Pietro con papa Francesco il 10 maggio 2014. Nel programma relativo all’approfondimento di questo tema fu inserito un incontro tenuto dal nostro Arcivescovo con i dirigenti scolastici del territorio diocesano. Una menzione particolare merita il viaggio culturale in Terra Santa guidato da don Angelo Garofalo dal 7 al 14 luglio 2008. Facilmente comprensibile l’assoluta positività dell’esperienza sia sul piano culturale sia per l’emozione che sempre prende durante la visita a quei luoghi resi sacri dalla vita di Gesù e che, inoltre, favorisce riflessioni per la crescita personale. Durante questo viaggio, appunto, per sua spontanea confessione, una IdR – Stefania Francia – concluse l’itinerario di discernimento vocazionale, decidendo in maniera definitiva la scelta di consacrare la sua vita al Signore quale monaca carmelitana, che ora vive la sua esperienza di vita nel Monastero Santa Teresa di Tolentino.

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B. Pastorale della scuola Questo vasto ambito di servizio meriterebbe un’attenzione più incisiva. L’optimum sarebbe poter avere un responsabile per l’IRC ed un responsabile per la pastorale della scuola, considerata la dimensione della nostra Diocesi. A tale riguardo va ricordato che l’apposito decreto arcivescovile indica come principale compito dell’Ufficio quello di seguire la vita del mondo della scuola assumendo iniziative che, interpretando le istanze della scuola, offrano occasioni di approfondimento delle tematiche educative che in essa si vivono. Tentativi di organizzare attività soddisfacenti, non solo occasionali ma anche continuative, sono stati messi in atto più volte. Il più impegnativo è stato certamente l’istituzione di una Scuola per genitori. L’esperienza è durata poco più di due anni, poi è stata chiusa sia perché poco sostenuta dalle parrocchie che erano deputate alla segnalazione di nominativi per la vita dell’esperienza sia perché


CURIA METROPOLITANA all’interno del gruppo di lavoro che se ne occupava sorsero polemiche che non si riuscì a comporre. Il desiderio continuo, comunque, a trovare iniziative per essere presenti nella vita delle scuole rimase nella équipe che ha affiancato il lavoro dell’Ufficio. Si pensò così di dar vita ad un foglio di collegamento che potesse essere distribuito nelle scuole quale segno della presenza della voce della Chiesa all’interno della scuola. Dopo un timido inizio in questo senso, caldeggiato anche dal compianto don Vito Marotta, responsabile allora dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi, e che non smise mai di incoraggiarci a sviluppare l’idea, tempopieno (questo il nome della pubblicazione) si trasformò da Foglio di collegamento, stampato come supplemento al Notiziario diocesano, in Rivista per la scuola, autonoma da altre testate. Venne richiesto il contributo di un articolo all’allora direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale della Puglia, dott.ssa Lucrezia Stellacci, che, presa visione di quanto fino a quel momento pubblicato, ritenne efficaci i contenuti di tempopieno tanto da voler far giungere copia della pubblicazione a tutte le scuole della Regione, esempio unico, crediamo, in tutta Italia. La rivista è stata pubblicata per sei anni, con frequenza trimestrale, e ha affrontato temi inerenti tutto il mondo dell’educazione con la presenza di un dossier monografico per ciascuno dei numeri. Oltremodo impegnativo il lavoro svolto dalla redazione, anche per l’assenza di strumenti adeguati alla composizione di un giornale. Ci incoraggiò a proseguire malgrado queste difficoltà la sorprendente risposta di quanti sono stati invitati a fornire, in assoluta gratuità, i loro articoli. Le firme che si sono succedute nei vari numeri della rivista sono ben 226 (alcune delle quali più volte ripetute). La più prestigiosa è certamente quella del Premio Nobel Rita Levi Montalcini, che volle inviarci uno scritto nella rubrica La scuola che vorrei… Le altre firme comprendono quelle di un cardinale (Dionigi Tettamanzi), dodici vescovi e poi pedagogisti, politici, studenti, genitori, docenti universitari e della scuola, dirigenti scolastici, sacerdoti, teologi, psicologi, artisti, giornalisti e altre categorie di professionisti. Tra tutti questi, nomi di alto rilievo, come quelli di Erri De Luca e di Gian-

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rico Carofiglio, che hanno dato prestigio alla rivista. I temi dei dossier sono stati via via scelti tra quelli presenti nei dibattiti socio-psico-pedagogici del tempo (es.: Educare alla responsabilità; Giovani e media; Scuola e famiglia; Scuola e lavoro – oggi presente nel Decreto della Buona Scuola –; Quale cultura per la scuola; La Bibbia, luce per l’uomo). Senza volerlo questo fu il tema del dossier dell’ultimo numero della rivista, quasi un testamento donato ai lettori. tempopieno dovette chiudere la pubblicazione perché venne meno il sostegno economico da parte dell’ente che lo aveva fino a quel momento garantito. La Visita pastorale in atto nella nostra Diocesi da parte del nostro vescovo è stata una felice coincidenza per incontrare il mondo della scuola pubblica – sia quella statale che quella cattolica – da parte di mons. Cacucci, che ha avuto modo di valutare la serietà dell’impegno di quanti fra docenti e dirigenti ne hanno la responsabilità, come pure di sostenere con parole di incoraggiamento le situazioni di difficoltà, che comunque esistono. La visita alle scuole da parte del vescovo è stata, quindi, un’ottima applicazione di pastorale scolastica. C. Scuole cattoliche L’attenzione verso le scuole cattoliche si è realizzata, innanzitutto, invitando gli IdR di quelle scuole a partecipare agli incontri di formazione permanente previsti anche per gli IdR delle scuole statali. Incontri particolari, al fine di approfondire le specifiche competenze delle scuole cattoliche, sono stati realizzati anche grazie alla generosa disponibilità di S.E. Mons. Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica. 54

Conclusione Non ho voluto presentare un bilancio del lavoro svolto in ventuno anni di servizio. I bilanci non sono mai né totalmente positivi né totalmente negativi. Tutto poteva essere fatto meglio. Ho voluto raccontarvi parte di una storia, scritta insieme a voi, e presentarla come un album dei ricordi, dando a ciascuno dei protagonisti di questa storia la possibilità di ricordare la foto che più sia stata di


CURIA METROPOLITANA proprio gradimento. Personalmente quello che piÚ mi ha interessato fare è stato curare la relazione umana con voi. Ho cercato innanzitutto di esserci, per accogliere le vostre persone, i vostri bisogni, le vostre speranze, a volte le vostre proteste. Ho vissuto soprattutto questa dimensione come servizio sacerdotale. Molti hanno voluto aprirmi il cuore su problemi personali. Li ho affidati al Signore nella preghiera. Grazie. don Nicola Monterisi

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CURIA METROPOLITANA Cancelleria 1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti La sera di sabato 18 febbraio 2017, vigilia della VII domenica del Tempo Ordinario, nella chiesa parrocchiale di S. Nicola in Toritto, S.Ecc. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha ordinato presbitero il diacono Francesco Spierto, del clero diocesano. Domenica 26 marzo 2017, IV di Quaresima, nella chiesa parrocchiale dei SS. Medici in Bitonto, S.E. Mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha istituito lettore il seminarista Nicolino Antonio Sicolo. 2. Decreti arcivescovili S.Ecc. l’Arcivescovo, con decreto del – 9 gennaio 2017 (Prot. n. 01/17/D.A.G.), ha rinnovato il Consiglio Presbiterale dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto per un quinquennio, nominando contestualmente segretario del Consiglio don Pierpaolo Fortunato. 3. Nomine e decreti singolari A) S.Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data: – 12 gennaio 2017 (Prot. n. 15/A/17), S.E. mons. Domenico Padovano vicario dell’XI vicariato zonale; – 1 marzo 2017 (Prot. n. 08/17/D.A.S.-N.), don Francesco Spierto vicario parrocchiale della parrocchia-santuario “Santi Medici Cosma e Damiano” in Bitonto; – 3 marzo 2017 (Prot. n. 09/17/D.A.S.-N.), il prof. Antonio Nicola

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Colagrande all’incarico di Presidente diocesano dell’Azione Cattolica Italiana, per un triennio; – 10 marzo 2017 (Prot. n. 11/17/D.A.S.-N.), don Domenico Giugliano canonico del Capitolo Concattedrale di Bitonto. B) S.Ecc. l’Arcivescovo ha istituito, in data – 20 gennaio 2017 (Prot. n. 02/17/D.A.S.-I.), p. Rosario Fontana, C.P., vicario parrocchiale della parrocchia “S. Gabriele dell’Addolorata” in Bari; – 1 febbraio 2017 (Prot. 04/17/D.A.S.-I.), p. Jozef Zderckiewicz, A.J.C., cappellano dell’Ospedale “Mater Dei” in Bari; – 18 marzo 2017 (Prot. n. 12/17/D.A.S.-I.), p. Carlo Verrecchia, della Famiglia dei Discepoli, parroco della parrocchia “Sacro Cuore” in Gioia del Colle. C) S.Ecc. l’Arcivescovo ha trasferito, in data – 6 febbraio 2017 (Prot. n. 05/17/D.A.S.-N.), il diacono permanente Carmelo Cassano dall’ufficio di collaboratore della parrocchia “Madonna di Pompei” in Bari-Carbonara all’ufficio di collaboratore della parrocchia “S. Pio X” in Bari.

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D) S.Ecc. l’Arcivescovo, in data – 25 gennaio 2017 (Prot. 03/17/L.A.), ha concesso licenza a mons. Antonio Parisi per la pubblicazione del fascicolo di Musica liturgica dal titolo “Tu sei il mio mattino”; – 18 febbraio 2017 (Prot. n. 06/17/D.A.S.), confermando il risultato delle elezioni capitolari, ha istituito mons. Domenico Ciavarella nuovo Presidente–Arcidiacono del Capitolo Metropolitano di Bari, per un quinquennio; e reso noto contestualmente l’elenco degli eletti ai vari incarichi capitolari. – 10 marzo 2017 (Prot. n. 10/17/D.A.S.-N), confermando il risultato delle elezioni capitolari, ha istituito don Francesco Acquafredda nuovo Presidente–Arcidiacono del Capitolo Concattedrale di Bitonto, per un quinquennio. – 18 marzo 2017 (Prot. n. 13/17/L.A.), ha concesso licenza a S.Ecc. mons. Giuseppe Favale, vescovo di Conversano-Monopoli, per il conferimento, nella Cappella Maggiore del Seminario Regionale di Mofetta, del ministero istituito dell’Accolitato al seminarista Fabio Carmosino.


D OCUMENTI

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V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico-Settore Apostolato biblico

Incontri di formazione per i catechisti sulla “Misericordia et misera” (Bari, 30-31 gennaio 2017)

Il 30 e 31 gennaio 2017 si sono tenuti a Bari presso l’aula sinodale “Mons. Mariano Magrassi” gli incontri di formazione dei catechisti sul tema: Misericordia et misera. Hanno partecipato circa 300 catechisti. Il 31 gennaio ha tenuto la relazione p. Luigi Gaetani, O.C.D., vicario episcopale per la vita consacrata, che ha presentato la Lettera apostolica di Papa Francesco Misericordia et misera nei suoi contenuti ed orientamenti pastorali. P. Gaetani ha sottolineato come il Papa con il Giubileo della misericordia ha voluto che tutta la Chiesa riscopra un’attitudine mistica e missionaria, cioè, contemplando e facendo esperienza della misericordia del Padre, diventi strumento e sacramento di misericordia verso tutti, in particolare verso chi vive fragilità fisiche, morali e spirituali. La riflessione su due esperienze bibliche (Lc 19, 10, incontro di Gesù con Zaccheo; Gv 8, 1-11, incontro di Gesù con la donna peccatrice), servono per orientare la comunità cristiana a tenere un evidente stile evangelico, dove l’attenzione per chi è ferito resti alta e sia caratterizzata da comprensione e tenerezza. I luoghi teologici in cui si fa esperienza della misericordia di Dio sono: la liturgia, l’ascolto della Parola di Dio, il sacramento della riconciliazione, la famiglia, i poveri.

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Il Papa, nel cammino della riforma della Chiesa, propone la misericordia come stile di vita quotidiano, come anima della pastorale, come segno dell’umanesimo della cultura, come opzione per guardare il mondo non in astratto, ma abitandolo con carità, con occhi attenti e con la generosità di chi interrompe i propri cammini per farsi carico delle necessità dell’altro, di chi offre all’altro un’ulteriore possibilità di vita e di speranza. Il 31 gennaio ha tenuto la relazione don Carlo Lavermicocca, direttore dell’Ufficio Scuola e responsabile del Settore Apostolato Biblico, sul tema: La Parola di Dio nella vita della Chiesa e del cristiano. Don Lavermicocca nella sua riflessione fa riferimento alla Lettera del Papa Misericordia et misera e alla Nota pastorale della Commissione Episcopale della CEI per la dottrina della fede e la catechesi del 1995 La Bibbia nella vita della Chiesa. Il frutto più evidente del rinnovamento biblico e conciliare è l’importanza che ha assunto la Bibbia nelle celebrazioni: anzitutto la liturgia della Parola nella celebrazione eucaristica; la proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione di tutti i sacramenti; la preghiera dei salmi nelle comunità; uno stile biblico nella predicazione; la Parola di Dio nei percorsi di catechesi; il significato culturale della Bibbia nell’insegnamento della religione cattolica. Bisogna valorizzare la Bibbia in esperienze che già si vivono in tante comunità cristiane come la lectio divina, il movimento ecumenico, i gruppi e le catechesi bibliche. Per i catechisti e gli operatori pastorali che hanno partecipato, i due incontri credo abbiano aiutato a conoscere e riflettere sulla Lettera di Papa Francesco perché il Giubileo della misericordia non rimanga un evento celebrativo passato ma aiuti comunità e singoli fedeli ad assumere la misericordia come stile e prassi pastorale. Anche l’aver valorizzato l’importanza della Bibbia nella vita della Chiesa e del cristiano e quindi di ogni catechista credo aiuti ciascuno nel suo servizio educativo a valorizzare la Bibbia come fonte e libro (e non sussidio) della catechesi, come insegna il Documento base Rinnovamento della catechesi. don Antonio Serio vice direttore dell’Ufficio Catechistico


CURIA METROPOLITANA p. Luigi Gaetani, O.C.D.

La Lettera Apostolica di Papa Francesco “Misericordia et misera”: contenuti ed orientamenti pastorali

Introduzione Le coordinate geografiche consentono di determinare da dove veniamo, dove stiamo e verso dove andiamo. Mi piace pensare che Papa Francesco, nella Bolla di indizione dell’Anno Santo della Misericordia – Misericordiae vultus –, abbia tenuto conto di questo per dire il cammino faticoso che la Chiesa aveva fatto negli ultimi decenni e che l’Anno giubilare rappresentava, quindi, il tempo della verifica evangelica sulla misericordia, cuore del messaggio di Cristo e vero volto della Chiesa; in questo senso, la chiusura dell’Anno giubilare con la Lettera Apostolica Misericordia et misera era la conclusione naturale di un percorso che non poteva considerarsi compiuto, ma che doveva portare la Chiesa ad osare il mare aperto della missione per essere conformata al cuore stesso di Dio: «Adesso, concluso questo Giubileo, è tempo di guardare avanti e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare la ricchezza della misericordia divina» (Papa Francesco, Misericordia et misera, Lettera Apostolica, n. 5, LEV, Città del Vaticano 2016). Perché parlare della misericordia? «Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti» (MV 3). Possiamo comprendere che è stato tracciato un percorso perché dallo sguardo gettato su Dio potesse emergere l’interiorità di Dio, una espe-

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rienza di impatto con la misericordia, l’unica capace di trasformare l’uomo in sacramento, in segno efficace della presenza amorevole del Padre. Questo, possiamo dire, l’obiettivo del Giubileo dove il tempo fissato, un anno, aveva solo valore di incipit e non di tempo compiuto, di tempo favorevole per la Chiesa e per tutti gli uomini di buona volontà. L’attitudine che Papa Francesco ha richiesto alla Chiesa, nel vivere questa opportunità di grazia, è stata un’attitudine contemplativa, mistica, carica di stupore: tenere fisso lo sguardo sulla misericordia. Riconoscere e suggerire questo significa che non c’è esperienza di cambiamento nella Chiesa se non puntando gli occhi sul mistero di Dio-Trinità, educandosi a non avere uno sguardo che cattura ma che ama, che non si attarda a cogliere elementi esterni ma scava il mistero, approdando al cuore dello stesso, a quella conoscenza tutta interiore, fino alle profondità di Dio che, sebbene non sia dato di contemplarlo nella sua essenza, tuttavia è concesso di esperirlo nella sua presenza e dolcezza, attraverso gli effetti del suo amore, che è come linfa che attraversa l’albero, irrorandolo di vita e di frutti. In secondo luogo, il Papa ha richiesto una attitudine ascetica, ossia quella flessibilità a lasciarsi affascinare dalla misericordia a tal punto da viverla come esperienza conformativa, divenendo segno efficace, il linguaggio è teologico, della stessa misericordia del Padre. Questo passaggio non va trascurato, perché senza discernimento e senza conversione non c’è nessun cammino nella vita secondo lo Spirito, nessuna tenerezza e umanizzazione. Infine, il Pontefice ha richiesto una attitudine missionaria, perché la testimonianza di coloro che vivono di Cristo non può restare opaca e inoperosa, ma deve essere segnata da una dimensione irradiante della vita. Per tutto questo, un Giubileo dalle tante porte aperte, perché anche in questo è stato singolare l’appello di Papa Francesco, nel voler comunicare che non ci trovavamo dinanzi ad una strettoia di misericordia ma ad una rete autostradale di misericordia, con tante porte di accesso significate delle cattedrali, dai santuari, dalle chiese, e non solo, destinate in ogni diocesi ad essere un punto di arrivo e di partenza per questo itinerario di grazia e di vita. Non poteva per questo essere limitato a Roma, ma ogni periferia doveva con-


CURIA METROPOLITANA sentirsi visitata, ogni Chiesa particolare essere segno prossimo della misericordia, facendo di questa «carovana umana» (EG 87), del corpo mistico di Cristo, un corpo accolto tenerissimamente nella sua carne, «con la sua vita faticosa» (EG 47).

1. La misericordia non è una parentesi nella vita della Chiesa In questi decenni abbiamo assistito, a livello sociale ed ecclesiale, a delle rincorse progettuali e programmatiche che, senza dubbio, hanno apportato una molteplicità di idee, ma anche una sorta di assuefazione e di moda. Alla luce di questo, come sottolineò Giovanni Paolo II all’inizio del nuovo millennio, bisognerà «guardare avanti, dobbiamo “prendere il largo”, fiduciosi nella parola di Cristo: Duc in altum! Ciò che abbiamo fatto quest’anno non può giustificare una sensazione di appagamento ed ancor meno indurci ad un atteggiamento di disimpegno. Al contrario, le esperienze vissute devono suscitare in noi un dinamismo nuovo, spingendoci ad investire l’entusiasmo provato in iniziative concrete» (NMI 15). Lo stesso intento manifesta Papa Francesco quando dice: «La misericordia, infatti, non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre» (MM 1). Questa opzione fondamentale della misericordia deve tradursi in prassi di misericordia, collegandola alla realtà, perché non si veda costretta a farsi ideologia e lotta politica, riducendosi a lotta di classe. In questo contesto l’icona biblica dell’incontro tra Gesù e la donna colta in adulterio (Gv 8) mette insieme la misericordia e la miseria, dandone una chiave di lettura, diviene frontiera su cui celebrare e vivere, riconciliati, il rapporto Dio-mondo perché, come ricorda lo stesso evangelista: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3, 16). Fino a quando non faremo nostra questa frase chiave del quarto vangelo, la figura di Gesù e il suo messaggio continueranno ad essere un enigma, il mondo irriconciliabi-

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le con Dio e l’uomo irriconoscibile, sfregiato nella sua bellezza. Solo chi ama è capace di guardare il mondo dalla parte dell’altro, scegliendo di stare al posto di chi ha una vita faticosa, difficile, fragile, forse maledetta. Solo chi ama può essere ospitale ed accogliente nei riguardi di un brandello di umanità, verso chi non è simpatico, educato, umile, ragionevole, degno. Papa Francesco ci sta semplicemente ricordando che la pratica fondamentale ed indivisibile dell’amore verso Dio e verso il prossimo, senza restrizioni né esclusivismi, è l’essenza stessa del cristianesimo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 34-35). Cristo Gesù ci manda continuamente per il mondo in missione di amore, un amore fatto di relazioni, non autoreferenziale o platonico, un amore che incontra l’altro nella vita concreta e feriale (Mt 25) e che per questo non resta aulico ma intriso di partecipazione, facendosi misericordia, «vita quotidiana di partecipazione e condivisione» (MM 20) abbassandosi, rivelandosi umile (Fil 2).

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1.1. “Misericordia et misera”, un regalo di sant’Agostino alla Chiesa Il titolo della Lettera Apostolica di Papa Francesco appartiene a sant’Agostino, uomo navigato nella vita e mai vecchio, sempre cercatore inquieto, borderline, su quella linea di confine scomoda, senza mai sapere se la sua ricerca lo avrebbe portato a scantonare oppure no; con un cuore sempre innamorato, come dimostrano i commenti alla Scrittura che ci ha lasciato, segnati da una esegesi pastorale e teologico-spirituale. Il contesto della citazione è l’episodio della donna adultera condannata dagli scribi e dai farisei, ma perdonata da Gesù (Gv 8, 111). Agostino vuole far emergere il senso evangelico della giustizia di Dio manifestata in Cristo Gesù e ricordare che alla fine rimasero solo in due: misera et misericordia, come si evince nel Commento al Vangelo di Giovanni (33,5). Un commento che risale a milleseicento anni fa quando Agostino, pensando anche alla sua vita come non molto distante da quella della donna adultera, narrava mirabilmente l’incontro con la persona di Gesù. Al culmine della narrazione, con essenzialità e drammaticità, il vescovo di Ippona riportava


CURIA METROPOLITANA le seguenti parole: «relicti sunt duo, misera et misericordia» (rimasero in due, la misera e la misericordia). Come a dire una disparità profonda tra colui che incarna la misericordia nella sua stessa persona e colei che, nonostante il suo peccato, non è miseria, subumano, scarto umano, ma misera. In questa definizione di Agostino intravediamo l’infinita distanza tra l’essere peccato e l’essere peccatore, distanza che è alla base del perdono donato da Colui che non è solo misericordioso, ma è la stessa misericordia. Direi che l’essenziale di questa Lettera di Papa Francesco sta nella consapevolezza che non c’è peccato che non possa essere raggiunto dalla misericordia, è sapere per esperienza che, nonostante il peso della propria vita e della propria storia, c’è la possibilità di essere incontrati da un amore tenerissimo, perché come c’è un amore preveniente così esiste una misericordia preveniente, che offre ad ogni uomo la possibilità non solo di dare una svolta alla propria vita, ma di non sentirsi in colpa per tutta una vita. Questo incontro non può stare a cuore solo al peccatore, che con sincerità e pentimento si alzerà e intraprenderà il cammino del ritorno a casa (Lc 15, 11-32), ma dovrà stare a cuore a tutta la Chiesa che, come Madre dal grembo rigenerativo e della grazia, non potrà mai rassegnarsi a chiudere la porta di casa senza che l’ultimo dei suoi figli abbia varcato la porta dell’amore e abbia sperimentato la misericordia, consapevole che questa attitudine non rappresenti un atto eroico o una concessione indebita, ma l’espressione più concreta del suo essere Sposa del Verbo, sacramento di un amore più grande, di una misericordia che la supera e la mette in difficoltà perché, almeno in alcune situazioni, non è in grado di reggere la vertigine dell’amore di Gesù Cristo che si abbassa fino all’altezza del misero, fino a quella scandalosa umiltà di Dio. In fondo la misericordia è un altro modo per narrare l’incarnazione, non solo quella evidente del Verbo che si fa carne, fatto centrale ma incompleto se restasse evento autoreferenziale e limitato in sé, ma anche quella che porta Dio a confrontarsi con persone concrete, fino a stare nella loro stessa condizione (Gv 13, 21-38; Mc 14, 22ss.; Mt 25, 3146), in un faccia a faccia che abbassa Dio all’altezza del volto del-

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l’uomo, perché solo guardandolo negli occhi lo potrà ricreare nella sua stessa bellezza.

2. Due storie che fanno bene alla vita Due testi mi sembrano importanti per richiamare questo faccia a faccia: la storia di Zaccheo e quella della donna senza nome.

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2.1. La storia di un uomo di nome Zaccheo La storia di Zaccheo, come incontro liberante con Gesù, affascina sempre: «Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, […] e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19, 1-4). Quest’uomo crede che per vedere deve salire! Amaro destino di tanta umanità che spende la vita per fare scalate, carriera e si ritrova carica di narcisismo ed evidente solitudine relazionale. Gesù ricorda a Zaccheo che per vedere veramente deve scendere subito, senza perdere tempo e vita. È singolare che nella narrazione lucana tutto è controcorrente: Zaccheo cerca di vedere, ma in realtà viene visto da Gesù; Zaccheo ha un movimento ascensionale, mentre Gesù ha un movimento processionale che attraversa la città; Zaccheo vuole prendere le distanze dalla folla, mentre Gesù lo chiama in mezzo alla gente, lo riconosce come parte di quella carovana umana e lo distingue solo chiamandolo per nome. Zaccheo, come ha ricordato Papa Francesco ai giovani a Cracovia, ha dovuto affrontare alcuni ostacoli per passare dalla non accettazione alla stima di se stesso come figlio amato da Dio, dall’immobilismo che lo condannava a restare dove era alla novità di una vita donata senza paure, da un’idea di Dio che è buono con i buoni e cattivo con i cattivi alla possibilità di poter ospitare Gesù a casa sua: Zaccheo non riusciva a vedere il Maestro perché era piccolo. Anche oggi possiamo correre il rischio di stare a distanza da Gesù perché non ci sentiamo all’altezza, perché abbiamo una bassa considerazione di noi stessi. Questa è una grande tentazio-


CURIA METROPOLITANA ne, che non riguarda solo l’autostima, ma tocca anche la fede. Perché la fede ci dice che noi siamo «figli di Dio, e lo siamo realmente» (13,1): siamo stati creati a sua immagine; Gesù ha fatto sua la nostra umanità e il suo cuore non si staccherà mai da noi; lo Spirito Santo desidera abitare in noi; siamo chiamati alla gioia eterna con Dio! Questa è la nostra “statura”, questa è la nostra identità spirituale: siamo i figli amati di Dio, sempre. Capite allora che non accettarsi, vivere scontenti e pensare in negativo significa non riconoscere la nostra identità più vera: è come girarsi dall’altra parte mentre Dio vuole posare il suo sguardo su di me, è voler spegnere il sogno che Egli nutre per me. Dio ci ama così come siamo, e nessun peccato, difetto o sbaglio gli farà cambiare idea… Zaccheo aveva un secondo ostacolo sulla via dell’incontro con Gesù: la vergogna paralizzante. Davanti a Gesù non si può rimanere seduti in attesa con le braccia conserte; a Lui, che ci dona la vita, non si può rispondere con un pensiero o con un semplice “messaggino”! Cari giovani, non vergognatevi di portargli tutto, specialmente le debolezze, le fatiche e i peccati nella Confessione: Lui saprà sorprendervi con il suo perdono e la sua pace. Non abbiate paura di dirgli “sì” con tutto lo slancio del cuore, di rispondergli generosamente, di seguirlo!... C’è un terzo ostacolo che Zaccheo ha dovuto affrontare,… è la folla mormorante, che prima lo ha bloccato e poi lo ha criticato: Gesù non doveva entrare in casa sua, in casa di un peccatore! Quanto è difficile accogliere davvero Gesù, quanto è duro accettare un «Dio, ricco di misericordia» (Ef 2,4). Potranno ostacolarvi, cercando di farvi credere che Dio è distante, rigido e poco sensibile, buono con i buoni e cattivo con i cattivi. (Omelia nella Santa Messa per la Giornata mondiale della Gioventù, Campus Misericordiae – Cracovia, 31 luglio 2016).

Questa storia sconvolge le nostre prospettive perché rivela che, principalmente, è Gesù che cerca l’uomo e non l’uomo che cerca Dio, e mentre gli ebrei credono che Dio è un Dio di amore e di perdono che accoglie liberamente un peccatore pentito, Gesù va oltre, insegna che

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Dio non aspetta il pentimento del peccatore ma lo provoca, va a cercarlo per chiamarlo a sé: «Oggi devo venire a casa tua». Questo significa che per accedere alla salvezza, la condizione è lasciarsi incontrare dallo sguardo del Figlio di Dio, lasciarsi guardare da Lui, sapendo che quello sguardo è lo stesso che troveremo alla sera della vita, quando saremo esaminati sull’amore (S. Giovanni della Croce).

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2.1. La storia di una donna senza nome Papa Francesco è partito da questa storia di Zaccheo, vera icona di misericordia, per approdare ad un’altra icona, non meno suggestiva, quella che narra l’incontro tra Gesù e la donna adultera che sta per essere lapidata (Gv 8, 1-11). È una storia senza nome, non perché Gesù non glielo conceda, ma solo per indicare che la narrazione è drammaticamente diffusa e così profonda che nessuno può considerarla, semplicemente, la brutta storia di un’altra persona. La narrazione è avvincente: una donna tra le braccia di un uomo che, nonostante non fosse suo marito, sapeva comunicargli forza e dolcezza. Lei, totalmente presa da questa storia che la faceva sognare, come quando era stata ragazza! Eppure lei era presente solo con il corpo perché la sua testa restava altrove, intenta a percepire ogni flebile rumore perché sapeva che quell’amore era rubato e sguardi curiosi, ombre furtive erano in agguato. Così accadde. Uomini inferociti emersero dall’ombra, lasciando a quella donna solo il tempo di indossare la tunica, mentre era già ricoperta di insulti e trascinata con forza sino al cortile del tempio. Lì, in mezzo ad una folla informe che già l’aveva giudicata, senza alcuna possibilità di parlare, spiegare, cercare una difesa. Eppure ne avrebbe avute cose da raccontare quella donna, ma con la dignità gli era stata sottratta la parola, sebbene molti di quegli uomini avrebbero potuto arrossire di vergogna dinanzi alle sue parole e al suo sguardo. Non c’era tempo, tutto era pronto, la sentenza era già scritta sulle pietre che stringevano nelle loro mani. Ma all’improvviso, inatteso, arriva Gesù di Nazaret e prende la scena, andando incontro alla donna, quasi da scudo rispetto a coloro che sussurrano il nome di Mosè, come se fosse un lasciapassare per un Dio che condanna e per un gruppo che esegue una giusta sentenza: «Mosè ha comandato di lapidare donne come questa». C’è disprez-


CURIA METROPOLITANA zo nelle loro parole e a Gesù rivolgono una domanda imbarazzante, frutto della loro sicurezza: «Tu che ne dici?». Già. Gesù, tu che ne dici? Interessa anche a me. Che ne dici di una donna che il suo amore di carne e di sogni era stata costretta a darlo ad un uomo che non l’aveva mai amata, che l’aveva solo posseduta, come le cose; ad una donna che questo amore aveva creduto di averlo finalmente trovato in un uomo che però, come molti uomini, è già andato via per non compromettersi, è scappato. E poi, non è nemmeno ascrivibile a lui la colpa. Che te ne pare della mia vita, Gesù? Non chiede sconti questa donna, sa che quell’amore era rubato, ma nel suo cuore chiede a Gesù di pronunciarsi perché Lui gli sembra così diverso da quella orda di maschi che abusano delle donne e poi le massacrano, o svaniscono nel nulla. Tu che parole dici, uomo Gesù? E tu non dicevi affatto. Se le parole dei maschi erano pietre, il tuo silenzio, Gesù, era come un profumo. Sì, profumavi di vita e questo profumo era lì per terra, perché tu ti eri chinato, ti eri avvicinato alla mia terra. «Uomo alla mia altezza di donna». Scrivevi per terra, su polvere che non lasciò traccia di quello che avresti potuto dire dinanzi a tutti. Per questo con forza ti dissero: «Tu che ne dici?». Loro erano impazienti. Io attenta a misurare la tua umanità. Udii le tue parole anch’io! Non riuscivo a convincermi che fosse vero, che non fosse un sogno, una distrazione. Strana sentenza la tua, diceva sì alla mia lapidazione, ma la affidava ad una categoria inesistente di persone: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Dicesti proprio così. Non con pochi peccati, nemmeno con peccati meno gravi degli altri; no, dicesti «senza peccato». Ora c’era solo tanto silenzio e la piazza sempre più vuota, e le pietre ammucchiate in un angolo. Ci volle un po’ di tempo. Interminabile. Io tacevo e tu non proferivi parola. Eravamo rimasti solo noi due: «misericordia et misera»; pensai per un attimo che c’era ancora uno che poteva lapidarmi, Tu. Scrivevi per terra, invece. Ti sollevasti ed anch’io lo feci. Adesso ci stavamo guardando a quella che si è soliti

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chiamare ad altezza d’uomo. Finalmente gli occhi erano negli occhi. «Donna, dove sono?». Mi chiamasti semplicemente così, donna. Ed io mi sentì ammantata di tutta la mia dignità. «Dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Volevo dire: Signore, mi hanno condannata tutti, tranne te. Dissi solo poche parole: «Nessuno, Signore», mentre Tu continuasti a guardarmi dicendomi: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Mi sentivo nuovamente donna, più bella di prima. Rinata dal tuo cuore, Gesù, quasi mi avessi riplasmata con il profumo della tua carne e con il tuo alito di vita. La flagranza del mio reato si era trasformata nella fragranza del tuo perdono perché «al centro non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona, per comprenderne il desiderio più nascosto, e che deve avere il primato su tutto»(MM 1).

3. Questo è il tempo della misericordia

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La lettura delle due esperienze bibliche narrate (Lc 19, 1ss.; Gv 8, 111), alle quali si può ulteriormente aggiungere quella della peccatrice (Lc 7, 36-50), servono per orientare la comunità cristiana a tenere un evidente stile evangelico, dove l’attenzione per chi è ferito resti alta e caratterizzata da comprensione e tenerezza. La sintesi dei ventidue punti di riflessione di cui si compone la Lettera Apostolica Misericordia et misera potremmo riassumerla nella felice espressione: «È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia» (MM 18) oppure, argomentando più teologicamente, che «Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del perdono. È per questo motivo che nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia; essa rimane sempre un atto di gratuità del Padre celeste, un amore incondizionato e immeritato. Non possiamo, pertanto, correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona » (MM 2). Questi due fattori, fantasia della misericordia e amore incondizionato ed immeritato del Padre, consentono di comprendere che non ci potrà essere vera conversione pastorale senza misericordia: «Le nostre comunità potranno rimanere vive e dinamiche nell’opera di nuova evangelizzazione nella misura in cui la “conversio-


CURIA METROPOLITANA ne pastorale” che siamo chiamati a vivere (EG 27) sarà plasmata quotidianamente dalla forza rinnovatrice della misericordia» (MM 5). Questa pastorale intrisa di misericordia porterà il rinnovamento ecclesiale, approdando a quella scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, le stesse strutture della Chiesa, ponendo gli agenti pastorali in costante atteggiamento di uscita, favorendo così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia (EG 27). I luoghi teologici della pastorale intrisa di misericordia hanno carattere feriale, quotidiano, sono a portata di mano: a) la liturgia come esperienza in cui si celebra la misericordia, itinerario mistagogico che consente di ricevere e vivere la misericordia. In questo ambito la celebrazione eucaristica è una vera scuola della misericordia, «ogni momento della celebrazione eucaristica fa riferimento alla misericordia di Dio» (MM 5). Tutta la vita sacramentale è intrisa di misericordia, ogni sacramento la esprime e la dona «in abbondanza» (MM 5); b) l’ascolto della Parola di Dio domenicale come percorso di narrazione della storia della salvezza attraverso l’incessante opera di misericordia che viene annunciata; la stessa omelia come opportunità per far vibrare il cuore dei credenti dinanzi alla grandezza della misericordia (MM 6); la lectio divina come opportunità perché la vita spirituale trovi sostegno e crescita; c) il sacramento della Riconciliazione, come esperienza ecclesiale in cui la celebrazione della misericordia avviene in modo del tutto particolare. È il luogo in cui sentiamo «l’abbraccio del Padre che viene incontro per restituirci la grazia di essere di nuovo suoi figli» (MM 8). Ai sacerdoti, Papa Francesco rinnova «l’invito a prepararsi con grande cura al ministero della Confessione [e chiede] di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio» (MM 10). A conferma di questo stile, Papa Francesco dice che non è possibile

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sentire la condizione dell’altro nel suo peccato se non facciamo memoria umile dei nostri peccati, così come ha fatto Paolo quando a Timoteo confessa di essere stato il primo dei peccatori, «ma appunto per questo ha ottenuto misericordia» (1 Tm 1,16). Il sacramento della Riconciliazione ha bisogno di ritrovare la sua giusta collocazione nella vita cristiana; per questo Papa Francesco chiede ai sacerdoti che mettano la loro vita a servizio del «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 18) in modo tale che, mentre a nessuno sinceramente pentito è impedito di accedere all’amore del Padre, a tutti è offerta la possibilità di sperimentare la forza liberatrice del perdono: «noi per primi siamo stati perdonati in vista di questo ministero […] Fermarsi soltanto alla legge equivale a vanificare la fede e la misericordia divina. C’è un valore propedeutico della legge (Gal 3, 24) che ha come fine la carità (1 Tm 1, 5) […] Anche nei casi più complessi, dove si è tentati di far prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina» (MM 11). Qui Papa Francesco si rifà alla dottrina dell’efficacia della grazia che dona qualità concreta alla libera decisione del penitente che desidera riconciliarsi con Dio. Poi, «perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio», il Papa concede «d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare - precisa - viene ora esteso nel tempo» (MM 12). Il Papa ribadisce con tutte le sue forze che «l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia», afferma che «non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre» (MM 12). Luoghi non meno teologici della misericordia sono quelli della gioia e della consolazione: «La misericordia suscita gioia, perché il cuore si apre alla speranza di una vita nuova. La gioia del perdono è indicibile, ma traspare in noi ogni volta che ne facciamo esperienza» (MM 3)… «La misericordia possiede anche il volto della consolazione» (MM 13). Luogo teologico sacramentale è quello delle famiglie, spazio esisten-


CURIA METROPOLITANA ziale fragile che ha bisogno di essere guardato con tenerezza in tutte le sue difficoltà umane, «con l’atteggiamento dell’amore di Dio, che non si stanca di accogliere e di accompagnare» (MM 14) la realtà familiare. Ai sacerdoti è chiesto «un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante perché chiunque, nessuno escluso, qualunque situazione viva, possa sentirsi concretamente accolto da Dio, partecipare attivamente alla vita della comunità ed essere inserito in quel Popolo di Dio» (MM 14). Altro luogo teologico è quello dei poveri. «Termina il Giubileo – scrive il Papa – e si chiude la Porta Santa. Ma la porta della misericordia del nostro cuore rimane sempre spalancata. Abbiamo imparato che Dio si china su di noi (cfr Os 11,4) perché anche noi possiamo imitarlo nel chinarci sui fratelli» (MM 16), in particolare i poveri e i sofferenti. Non possiamo dimenticarci dei poveri» (MM 20) – afferma – e per questo istituisce per tutta la Chiesa la Giornata mondiale dei poveri nella XXXIII Domenica del Tempo Ordinario. «Fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa (cfr Lc 16,19-21) sottolinea - non potrà esserci giustizia né pace sociale» (MM 21) nel mondo.

Conclusione Il Papa, nel cammino della riforma della Chiesa, propone la misericordia come stile di vita quotidiano, come anima della pastorale, come segno dell’umanesimo della cultura, come opzione per guardare il mondo non in astratto, ma abitandolo con carità, con occhi attenti e con la generosità di chi interrompe i propri cammini per farsi carico delle necessità dell’altro, di chi offre all’altro un’ulteriore possibilità di vita e di speranza. p. Luigi Gaetani, O.C.D.

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don Carlo Lavermicocca

La Bibbia nella vita della Chiesa e del cristiano

Dalla “Misericordia et misera” 7. La Bibbia è il grande racconto che narra le meraviglie della misericordia di Dio. Ogni pagina è intrisa dell’amore del Padre che fin dalla creazione ha voluto imprimere nell’universo i segni del suo amore. Lo Spirito Santo, attraverso le parole dei profeti e gli scritti sapienziali, ha plasmato la storia di Israele nel riconoscimento della tenerezza e della vicinanza di Dio, nonostante l’infedeltà del popolo. La vita di Gesù e la sua predicazione segnano in modo determinante la storia della comunità cristiana, che ha compreso la propria missione sulla base del mandato di Cristo di essere strumento permanente della sua misericordia e del suo perdono (cfr Gv 20,23). Attraverso la Sacra Scrittura, mantenuta viva dalla fede della Chiesa, il Signore continua a parlare alla sua Sposa e le indica i sentieri da percorrere, perché il Vangelo della salvezza giunga a tutti. È mio vivo desiderio che la Parola di Dio sia sempre più celebrata, conosciuta e diffusa, perché attraverso di essa si possa comprendere meglio il mistero di amore che promana da quella sorgente di misericordia. Lo ricorda chiaramente l’Apostolo: «Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia» (2 Tm 3,16).

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Possiamo commentare questo brano con il riferimento alla Nota pastorale della Commissione Episcopale della CEI per la dottrina della fede e la catechesi del 18 novembre 1995 La Bibbia nella vita della Chiesa, che sarà punto di riferimento della mia riflessione.

La Bibbia nelle nostre comunità Per lungo tempo la lettura personale della Bibbia restò limitata ad alcuni ambienti, per motivi peraltro comprensibili dal punto di vista storico e sociale.


CURIA METROPOLITANA Ma è soprattutto con il Concilio Vaticano II che le nostre comunità ecclesiali sono state spinte a riscoprire decisamente la centralità dell’incontro comunitario e personale con la Sacra Scrittura per la loro vita e per la loro missione. La Bibbia è così divenuta elemento determinante del rinnovamento della catechesi e della liturgia; fonda e anima il progetto pastorale della Chiesa italiana, espresso nei diversi documenti programmatici, e si trova all’origine e nel cuore della vita di associazioni, gruppi e movimenti ecclesiali contemporanei; ispira e sostiene il dialogo ecumenico. Guidate provvidenzialmente dallo Spirito, le Chiese in Italia sono impegnate ad animare con la parola della Bibbia tutta la loro azione pastorale, in maniera sempre più consapevole, estesa e condivisa (La Bibbia nella vita della Chiesa n. 7). In tale prospettiva, si avverte oggi più fortemente il bisogno di attuare a fondo il dettato della Dei Verbum: «È necessario che i fedeli cristiani abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura» (DV 22), promuovendo un contatto diretto con essa. Il frutto più evidente di questo rinnovamento è l’importanza che ha assunto la Bibbia nelle celebrazioni: anzitutto la liturgia della Parola nella celebrazione eucaristica; la proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione di tutti i sacramenti; la preghiera dei salmi nelle comunità; uno stile biblico nella predicazione. Vi è un luogo proprio per la Parola, l’ambone, e c’è l’espressione di una nuova ministerialità intorno alla Parola: dal ministero istituito del lettore, oggi fortemente riproposto, fino ai vari ministeri di fatto e servizi di animazione della liturgia, come quelli di salmista, di commentatore e di cantore (n. 8).

Aspetti carenti La Bibbia è tra i libri più diffusi nel nostro paese, ma è anche forse tra i meno letti. I fedeli sono ancora poco stimolati a incontrare la Bibbia e poco aiutati a leggerla come Parola di Dio. Ci sono persone che vogliono conoscere la Bibbia, ma spesso non c’è chi spezza

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loro il pane della Parola. L’incontro diretto è ancora di pochi, così che l’accostamento alla Scrittura pare riservato ad alcune élite, a movimenti e associazioni dotati di particolari risorse. Il libro sacro non sembra essere a disposizione di ogni cristiano, secondo le sue capacità. L’esigenza di una buona attualizzazione è assai spesso disattesa, riducendosi così a superficiali ed estrinseche giustapposizioni tra parola biblica ed esperienza umana. Anche i presbiteri e i diaconi, ministri della predicazione della Parola, non sempre si mostrano adeguati al compito. Né si può dire che i nostri catechisti e animatori pastorali siano sufficientemente preparati per una buona comunicazione della Bibbia (n.10).

La pastorale biblica

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La pastorale biblica dovrà dunque permeare l’intera pastorale della Chiesa. In forza di tali considerazioni, la pastorale biblica deve tendere a questi obiettivi principali (n. 21): - aiutare i fedeli a conoscere e leggere personalmente e in gruppo la Bibbia, nel rispetto della sua identità teologica e storica; - favorire l’incontro diretto dei fedeli con la Parola di Dio scritta, in modo da saper ascoltare, pregare, attualizzare e attuare la Parola nella vita quotidiana; - abilitare ad alcune forme di condivisione biblica, come avviene nei gruppi biblici; - rendere idonei i ministri della Parola e altri animatori a sapere iniziare i fedeli alla Bibbia. Per raggiungere tali obiettivi è necessario rispettare alcune esigenze metodologiche ben definite; - l’incontro di fede con la Bibbia vale per se stesso, anche se non è chiuso in se stesso; deve cioè poter avere la propria autonomia di procedimento, mantenendo sempre una relazione vitale con le altre forme di comunicazione della fede proprie della tradizione della Chiesa (liturgia, catechesi, ecc.); - vanno considerate due maniere diverse e complementari di valorizzazione della Bibbia: la via diretta al testo sacro e lo sviluppo della componente biblica negli altri canali di trasmissione della fede, come la catechesi e la celebrazione; - diverse e plurime sono le forme e i modi di incontro con la Bibbia,


CURIA METROPOLITANA in riferimento alla condizione di fede e di vita dei destinatari; a questo scopo si terrà conto saggiamente delle svariate esperienze di pastorale biblica realizzate nelle comunità ecclesiali nel mondo. La Nota CEI a riguardo distingue due vie maggiori riguardo a tali esperienze: quella mediata nelle grandi azioni della Chiesa; e la via diretta di incontro. Essa le enumera così: (la Bibbia) nella celebrazione liturgica, nel cammino di iniziazione, nella catechesi, nell’insegnamento della religione nella scuola, in altre opportunità.

1. Forme d’incontro con la Bibbia nell’azione pastorale della Chiesa Dalla “Misericordia et misera” 6. In tale contesto, assume un significato particolare anche l’ascolto della Parola di Dio. Ogni domenica, la Parola di Dio viene proclamata nella comunità cristiana perché il giorno del Signore sia illuminato dalla luce che promana dal mistero pasquale [SC 106]. Nella celebrazione eucaristica sembra di assistere a un vero dialogo tra Dio e il suo popolo. Nella proclamazione delle letture bibliche, infatti, si ripercorre la storia della nostra salvezza attraverso l’incessante opera di misericordia che viene annunciata. Dio parla ancora oggi con noi come ad amici, si “intrattiene” con noi [DV 2] per donarci la sua compagnia e mostrarci il sentiero della vita. La sua Parola si fa interprete delle nostre richieste e preoccupazioni e risposta feconda perché possiamo sperimentare concretamente la sua vicinanza. Quanta importanza acquista l’omelia, dove «la verità si accompagna alla bellezza e al bene» [EV 142], per far vibrare il cuore dei credenti dinanzi alla grandezza della misericordia! Raccomando molto la preparazione dell’omelia e la cura della predicazione. Essa sarà tanto più fruttuosa, quanto più il sacerdote avrà sperimentato su di sé la bontà misericordiosa del Signore. Comunicare la certezza che Dio ci ama non è un esercizio retorico, ma condizione di credi-

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bilità del proprio sacerdozio. Vivere, quindi, la misericordia è la via maestra per farla diventare un vero annuncio di consolazione e di conversione nella vita pastorale. L’omelia, come pure la catechesi, hanno bisogno di essere sempre sostenute da questo cuore pulsante della vita cristiana.

a) Nella celebrazione liturgica Quando dunque una comunità di credenti pone la Bibbia al centro della propria assemblea e la proclama e la rende “Parola viva e operante”, celebra Dio che parla al suo popolo e lo guida attraverso il tempo alla pienezza dell’Alleanza. Nella lettura comunitaria e liturgica della Bibbia si realizza ciò che Dio annuncia. Come ci ricorda la nota della CEI al n. 26: La più incisiva via biblica offerta dalla liturgia è la liturgia della Parola, in particolare quella che viene celebrata nella Messa. La Parola proclamata nella celebrazione non ha una funzione puramente didattica nei confronti del sacramento, quasi sia semplicemente una spiegazione del suo significato. Essa non è una preparazione al momento sacramentale propriamente detto. La proclamazione della Parola è elemento costitutivo della celebrazione e questo rende incoerente il comportamento di quanti, con leggerezza, giungono in ritardo alla celebrazione, in particolare a quella eucaristica.

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I fedeli devono essere condotti a rendersi conto dell’importanza della Parola per la costituzione stessa dell’assemblea liturgica e per la crescita della comunità cristiana. È dalla duplice mensa della Parola e del Pane, attorno cui si riunisce ogni domenica la comunità, che scaturisce la salvezza. Come ogni anno nella terza domenica del tempo ordinario si può collocare la Festa della Parola di Dio così come proposto dal Papa, in parallelo con la Festa del Corpo di Cristo, celebrata a giugno.


CURIA METROPOLITANA Dalla “Misericordia et misera” 6. Sarebbe opportuno che ogni comunità, in una domenica dell’Anno liturgico, potesse rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura: una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo. Non mancherà la creatività per arricchire questo momento con iniziative che stimolino i credenti ad essere strumenti vivi di trasmissione della Parola.

A tale riguardo occorre promuovere una maggiore solennità ed efficacia della proclamazione della Parola nelle assemblee liturgiche, soprattutto in quelle domenicali. I lettori devono essere adulti, ben preparati nel comprendere ciò che leggono e nell’esprimere una corretta pronuncia. L’ambone per la proclamazione della Parola sia un luogo dignitoso, ben illuminato, usato solo per la proclamazione della Parola, con microfoni efficaci. Di qui l’importanza della catechesi liturgica settimanale proposta dal nostro Arcivescovo per la preparazione delle letture domenicali Nelle letture bibliche, che vengono poi spiegate nell’omelia, «Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente per mezzo della sua parola tra i fedeli» (Messale romano, Premesse). Ciò comporta grande cura per la proclamazione delle letture, come pure per la loro interpretazione. Di tutto ciò occorre tener conto nella formazione dei presidenti di assemblea, dei lettori e degli altri loro collaboratori. Potranno così essere valorizzati in tutte le loro potenzialità i nuovi lezionari, che, arricchiti nella riforma liturgica, consentono di svolgere un cammino che copre l’intero sviluppo della storia della salvezza. b) Nel cammino di iniziazione Il Documento di base, Il Rinnovamento della catechesi, afferma: «Alla Scrittura la Chiesa si riconduce per il suo insegnamento, la sua vita

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e il suo culto; perciò la Scrittura ha sempre il primo posto nelle varie forme di ministero della Parola, come in ogni attività pastorale. Ignorare la Scrittura sarebbe ignorare Cristo» (n. 105). La Bibbia diventa dunque punto di partenza, primo libro della catechesi che deve condurci a costruire l’oggi della salvezza. In altre parole, la narrazione iniziata con la Bibbia deve proseguire, passando attraverso la catechesi, con la narrazione della nostra vita di oggi. Non c’è alcuna separazione tra la Bibbia, la catechesi e la vita. Secondo un famoso slogan nella catechesi dobbiamo prendere da una mano la Bibbia e dall’altra il giornale. La Bibbia è una comunicazione che fonda una alleanza tra Dio e l’uomo, Bibbia e catechesi convergono per condurci all’incontro con Dio che salva. Dio non tiene le distanze, ma si avvicina a noi, al nostro modo di pensare, parlare, amare. È l’atteggiamento di Gesù nel Vangelo di Emmaus: «si accostò e camminava con loro» (Lc 24,15). La grande tradizione della Chiesa parla sovente di iniziazione ai sacramenti e l’attua in varie forme. Dell’iniziazione alla fede fa parte però anche l’iniziazione alla Parola di Dio. Il cristiano deve essere reso capace di leggere e capire la parola della Scrittura sacra. A questo scopo è quanto mai opportuno che siano realizzati itinerari di approfondimento della componente biblica ampiamente presente nei diversi volumi del Catechismo della CEI per la vita cristiana, elaborando percorsi di iniziazione biblica per bambini, fanciulli, ragazzi, giovani e adulti (n. 27). c) Nell’insegnamento della religione nella scuola

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Un prezioso canale che permette di imparare l’alfabeto delle conoscenze bibliche è l’insegnamento della religione cattolica nella scuola. Esso, come è noto, considera la Bibbia quale fonte primaria e principale documento di riferimento. Rispetto alla catechesi, ha come proprio obiettivo di realizzare una alfabetizzazione culturale circa la Bibbia, sempre più intensa e bene programmata. Più specificamente, esso mira a far conoscere l’identità storica, letteraria e teologica del libro sacro, il suo contributo per la comprensione della religione ebraica e di quella cristiana, la sua collocazione nella riflessione e nella vita della Chiesa, la sua valenza ecumenica, la prestigiosa storia dei suoi tanti effetti religiosi, civili, artistici a livello


CURIA METROPOLITANA italiano ed europeo, il suo apporto nel dialogo interreligioso e interculturale nel contesto scolastico e sociale attuale. Agli insegnanti di religione cattolica è affidato il compito di elaborare una programmazione capace di far incontrare l’oggettiva presentazione del testo sacro con le attese più vive dei loro alunni, così che tutti possano rintracciare gli effetti di una Parola capace di illuminare e orientare l’esistenza (n. 29).

2. Modi e ambiti di incontro diretto con la Bibbia La lectio divina Afferma Papa Francesco nella Misericordia et misera al n. 7: «Certamente tra queste iniziative vi è la diffusione più ampia della lectio divina, affinché, attraverso la lettura orante del testo sacro, la vita spirituale trovi sostegno e crescita. La lectio divina sui temi della misericordia permetterà di toccare con mano quanta fecondità viene dal testo sacro, letto alla luce dell’intera tradizione spirituale della Chiesa, che sfocia necessariamente in gesti e opere concrete di carità». All’interno dei nostri gruppi e movimenti ecclesiali si sta diffondendo da qualche decennio il metodo di lettura biblica chiamato lectio divina, distinta da quella che si fa nella Liturgia della Parola della celebrazione eucaristica. Il Documento della Pontificia Commissione Biblica così la descrive: Nella sostanza «la lectio divina è una lettura, individuale o comunitaria, di un passo più o meno lungo della Scrittura accolta come parola di Dio e che si sviluppa sotto lo stimolo dello Spirito in meditazione, preghiera e contemplazione [...]. Lo scopo inteso è quello di suscitare e alimentare un amore effettivo e costante per la sacra Scrittura, fonte di vita interiore e di fecondità apostolica, di favorire anche una migliore comprensione della liturgia e di assicurare alla Bibbia un posto più importante negli studi teologici e nella preghiera» (L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa IV, 2).

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Oggi questa pratica si va diffondendo tra i fedeli con qualche integrazione rispetto al modello classico. Si possono indicare cinque momenti che corrispondono al dinamismo stesso della fede: lettura – meditazione-orazione – contemplazione – comunicazione – missione. Il metodo così articolato mette in particolare evidenza come la Parola di Dio comunichi la vita di Dio. I metodi nella preghiera possono essere molti, ma l’incontro assiduo con la Parola è necessario per ricevere, mantenere e sviluppare la vita cristiana. La diffusione della Bibbia

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Accanto all’impegno per incrementare la pratica della lectio divina, ci sono altre vie da percorrere per rendere la Bibbia sempre più presente nella vita del popolo cristiano. È proprio dell’apostolato biblico riconoscerle e promuoverle. In particolare, riteniamo pastoralmente necessarie per la nostra gente la diffusione del testo stesso della Bibbia - in edizioni ben curate sia dal punto di vista esegetico sia sotto il profilo comunicativo e pastorale -, la costituzione di gruppi biblici, l’attuazione di settimane bibliche, la pubblicazione di sussidi e naturalmente l’indispensabile momento di formazione biblica di base. Non è difficile realizzare quest’ultima a livello locale, interparrocchiale, diocesano, tanto più che oggi tale formazione è vivamente desiderata e dispone di esperti e di mezzi didattici. Tale intento formativo è ancora più urgente per aiutare i fedeli a comprendere la lettura cristiana della Bibbia rispetto agli abusi di alcune sètte religiose. Per raggiungere tali obiettivi, la Chiesa cattolica in Italia collabora volentieri con altre Chiese e comunità ecclesiali nel realizzare traduzioni, pubblicare edizioni comuni e favorire la diffusione e la conoscenza del testo biblico (La Bibbia nella vita della Chiesa n. 32). Festival biblico Giunto alla sua tredicesima edizione, sta avendo una risonanza sempre più ampia. La scommessa nasce dalla convinzione circa l’importanza vitale del dialogo tra le Sacre Scritture e l’uomo contemporaneo. Il Festival, che ha come centro nevralgico la città di Vicenza, e oggi allargato ad altre venti città tra cui Verona e Padova,


CURIA METROPOLITANA stimola occasioni di scoperta della Bibbia attraverso modi e linguaggi nuovi: parole e silenzi, meditazioni e giochi, musica e visioni; tutto diventa occasione per un incontro con la Parola che diventa esperienza non solo intellettuale o teorica, ma globale, interpellante sensi e cuore, intelligenza e pensiero, azioni e relazioni. L’iniziativa, che si rivolge a tutti, credenti e non credenti, vuole non solo incuriosire, ma anche dare la possibilità di incontrare, riscoprire o iniziare il dialogo con la Bibbia. La Bibbia nella famiglia La Bibbia è storia della famiglia di Dio tra le famiglie degli uomini ed è quanto mai ricca di risorse pedagogiche e didattiche commisurate all’ambiente familiare. La lettura della Bibbia in famiglia viene caldeggiata dalla Nota CEI (n. 33) in vista del ruolo educativo della famiglia stessa: Un luogo nel quale oggi si deve promuovere il contatto diretto con la sacra Scrittura è la famiglia. Ciò deriva da una duplice ragione: la famiglia è il primo nucleo vitale per l’esistenza del cristiano ed è anche l’ambito primario di educazione religiosa dei piccoli. A ciò corrisponde il fatto che la stessa Bibbia, storia della famiglia di Dio tra le famiglie degli uomini, è quanto mai ricca di risorse pedagogiche e didattiche commisurate all’ambiente familiare: lo stile narrativo, il simbolismo religioso elementare e primario, la concretezza di fatti e la trasparenza di insegnamenti, la continua rivelazione dell’amore di Dio per i suoi figli, ecc. La presenza della Bibbia nella famiglia richiede di abilitare anzitutto i genitori a conoscere la Bibbia, a raccontarla come storia sacra, a valorizzarne i segni e i simboli, a pregare i Salmi, a ricordare i principali avvenimenti salvifici e, al sommo di tutto, a familiarizzarsi profondamente con la figura di Gesù nei Vangeli. Raccomandiamo alle famiglie di preparare la celebrazione eucaristica domenicale leggendo insieme, in un giorno della settimana, i testi biblici proposti dalla liturgia della Parola della dome-

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nica successiva. Un eccellente aiuto per l’incontro con la Bibbia nella famiglia viene prestato dal Catechismo dei bambini Lasciate che i bambini vengano a me e dal manuale della Conferenza Episcopale Italiana La famiglia in preghiera.

Le esperienze non mancano ma sono frammentarie (Équipes Notre-Dame), si deve ammettere la carenza di adeguati sussidi biblici per una lettura familiare nella prospettiva esplicita della educazione dei figli. L’esempio meglio riuscito sembra sia quello proposto dalla Bibbia per la famiglia curata da mons. Ravasi, oltre ai sussidi per le famiglie che oggi si vanno diffondendo per l’IC. Il movimento ecumenico

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L’incontro con la Bibbia ha un’importanza decisiva nel dialogo ecumenico, quale punto d’incontro tra le Chiese e comunità ecclesiali, essendo la Bibbia la base comune della regola della fede. Ciò «comporta, per tutti i cristiani, un pressante appello a rileggere i testi ispirati, nella docilità allo Spirito Santo, nella carità, nella sincerità e nell’umiltà, a meditare questi testi e a viverli, in modo da giungere alla conversione del cuore e alla santità di vita, che, insieme alla preghiera per l’unità dei cristiani, sono l’anima di tutto il movimento ecumenico» (L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, IV C 4). È da raccomandare che «i membri delle Chiese e delle comunità ecclesiali leggano la parola di Dio e, se possibile, lo facciano insieme» (Dei Verbum, 47). La collaborazione ecumenica per favorire la conoscenza del testo sacro e la preghiera con esso, oltre a rafforzare il legame di unità già esistente, costituisce «una forma importante di servizio comune e di comune testimonianza nella Chiesa e per il mondo» (ivi). Cfr La Bibbia nella vita della Chiesa n. 34. Bibbia e cultura In forza dello stretto vincolo che sussiste tra fede e cultura, è oggi ampiamente riconosciuto che la Bibbia è matrice di tanta parte della cultura occidentale, di quella italiana in particolare. Essa è stimata anche da numerosi non credenti quale grande “codice” di pensiero, di etica, di arte, di costume, di istituzioni religiose e civili.


CURIA METROPOLITANA Approfondire tale feconda ricchezza nella storia della Parola di Dio scritta, contribuisce a penetrare ancora di più nel mistero della Parola e favorisce assai il dialogo interculturale e la salvaguardia di universali valori spirituali e umani. Vie di attuazione di tale impegno sono, tra l’altro, l’insegnamento religioso nella scuola, il dialogo con gruppi e movimenti che si dedicano allo studio della Scrittura, le ricerche a livello universitario (n. 35). La formazione degli operatori Esigenze pastorali tanto elevate richiedono uno specifico impegno dagli operatori o animatori biblici e una specifica attenzione alla loro formazione. È questo un compito di particolare importanza, in quanto esige competenza teologica e capacità di trasmissione efficace. Ammonisce il Concilio: «Perciò è necessario che tutti i chierici, in primo luogo i sacerdoti di Cristo e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della Parola, siano in contatto continuo con le Scritture, mediante una lettura spirituale assidua e lo studio accurato» (Dei Verbum, 25). Ciò deve valere anche nella formazione di base dei lettori, dei catechisti, degli animatori liturgici e degli operatori della carità, provvedendo alla preparazione specifica di laici in vista dell’animazione dei gruppi biblici tra i fedeli adulti e a servizio delle famiglie (n. 36). Sussidi e strumenti Insieme alla preparazione delle persone, bisogna attendere alla elaborazione di strumenti e sussidi opportuni per un efficace incontro con la Bibbia. Il punto di partenza è lo stesso testo sacro, espresso in una buona traduzione (Dei Verbumi, 22). Sono poi utili altri sussidi: itinerari biblici per le diverse età e occasioni; guide per la lettura programmata della Bibbia, magari con riferimento al lezionario liturgico; raccolte di passi biblici scelti, per la scuola e la catechesi dei piccoli; commenti biblici alla liturgia della Parola; strumenti per gruppi o circoli biblici; riviste divulgative e fascicoli facilmente

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accessibili per la conoscenza della Bibbia e del suo messaggio. In generale si manterrà il saggio criterio di accompagnare ogni iniziativa con gli opportuni strumenti e insieme di stimolare l’operatore a porre al servizio della Parola la sua creatività in aderenza alle situazioni concrete (n. 38). don Carlo Lavermicocca Direttore Ufficio scuola

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

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B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Ufficio per la pastorale della salute

La XXV Giornata mondiale del malato nell’arcidiocesi

1. Una iniziativa che viene da lontano La celebrazione della Giornata del malato nell’arcidiocesi di Bari Bitonto viene da molto lontano, addirittura prima che fosse istituita da Giovanni Paolo II per la Chiesa universale, grazie alla richiesta del card. Fiorenzo Angelini rivolta al Papa nel 1992 e alla risposta ricevuta, ove venivano indicate l’identità e le otto finalità della stessa. Infatti già dagli anni ’80, mons. Vito Diana, in quel tempo direttore della Caritas e della pastorale dei malati a livello diocesano, organizzava durante le feste del patrono San Nicola nel mese di maggio un raduno dei malati e delle associazioni di volontariato di settore nella basilica del Santo per una solenne celebrazione eucaristica. Lo stesso sacerdote, intravedendo lo sviluppo futuro della pastorale della salute, chiese all’arcivescovo di Bari del tempo, mons. Mariano Magrassi, di scindere i due settori e fece nascere così, tra i primi in Italia, l’Ufficio diocesano per la pastorale della salute, con un direttore e una Consulta specifica. Quest’anno la celebrazione della Giornata del malato è stata vissuta nel contesto del cammino pastorale diocesano, tenendo presenti la fragilità delle famiglie e l’accompagnamento da parte della comunità cristiana per aiutarle a superare la sofferenza della solitudine e dell’isolamento e ad offrire loro un posto concreto nella

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vita pastorale delle parrocchie. È stato di aiuto il sussidio preparato dall’arcivescovo, mons. Francesco Cacucci, dal titolo: “Con il cuore di Dio. Famiglie in cammino” (EDB, Bologna 2016). Da parte sua la Consulta diocesana per la pastorale della salute si è impegnata sia con la partecipazione e il coinvolgimento negli incontri organizzati dall’Ufficio, sia con l’impegno di animazione del proprio territorio e della comunità di appartenenza all’evento celebrativo. Il tema della Giornata 2017 proposto a livello nazionale e locale è stato enucleato nei seguenti termini, in continuità con quello dell’anno precedente e sempre nell’orizzonte mariano: “Stupore per quanto Dio compie: Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente”. 2. Un evento straordinario per le nozze d’argento della Giornata

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L’Ufficio per la pastorale della salute, come è suo stile, non ha fatto mancare l’attenzione all’ampliamento degli orizzonti della Giornata, partecipando attraverso il suo direttore e la sua segretaria al seminario di studio presso il Centro Congresso CEI indirizzato ai Direttori degli Uffici diocesani e ai loro diretti collaboratori (Roma, 9-10 febbraio 2017). Due sono stati gli organizzatori principali dell’evento: il card. Francesco Montenegro, presidente dalla Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, e don Carmine Arice, infaticabile direttore dell’Ufficio nazionale. Vasto e originale il programma: dalla riflessione biblica su “Abbi cura di te!” alla presentazione dei risultati sulla ricerca dell’A.I.Pa.S. da parte del dr. Gianni Cervellera sulla celebrazione e sull’incidenza della Giornata nelle diverse diocesi italiane, dalla presentazione di alcuni temi di riflessione allo studio della Commissione episcopale del settore “Carità e salute” da parte dello stesso cardinale, all’attenzione su “Alcune questioni etiche e la pastorale della salute” presentate dal dr. Maurizio Calipari fino all’illustrazione del futuro convegno nazionale dei diaconi sulla tematica: “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio ai malati” (agosto 2017). Ma le ciliegine sulla torta sono state altre iniziative speciali: la visione in anteprima del film Ho amici in paradiso presentato all’ultima Mostra del Cinema di Roma e con la presenza dello stesso regista,


CURIA METROPOLITANA Fabrizio Maria Cortese; la concelebrazione eucaristica presso l’altare della Cattedra nella Basilica di san Pietro e la processione verso la tomba di san Giovanni Paolo II per la venerazione delle spoglie, e soprattutto, dopo le ore 12.00, l’incontro col Papa nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Papa Francesco prima ha fatto un breve ma chiaro discorso sull’importanza della pastorale della salute, quindi ha voluto salutare, uno per uno, tutti i presenti: erano oltre 200 persone! Certamente è stato un evento ricco di emozioni e di risonanze interiori, fuori della formalità, nella spontaneità dei gesti che ciascuno voleva esprimere al pontefice e con una varietà di atteggiamenti o parole nei pochi secondi dell’incontro personale: dal bacio della mano al breve saluto personalissimo, dall’abbraccio alla consegna di doni individuali, dal ringraziamento spontaneo alle piccole richieste, dal sorriso genuino agli sguardi incrociati negli occhi. È stato veramente un evento umano, pastorale e spirituale insieme, che non sarà dimenticato facilmente né dai partecipanti né dagli organizzatori, cui vanno i doverosi ringraziamenti e la più sincera gratitudine! 3. Le dimensioni informativa e formativa della Giornata Da anni si afferma giustamente che la celebrazione completa della Giornata del malato deve prevedere l’impegno nelle sue quattro dimensioni: quella informativa e quella formativa, quella celebrativa e quella caritativa. Nella nostra Chiesa locale ci sforziamo di realizzarle tutte e quattro e lo abbiamo fatto anche quest’anno. Abbiamo programmato un incontro diocesano di tutti i ministri straordinari della santa Comunione il 28 gennaio 2017, ultimo sabato del mese, presso l’aula magna “Attilio Alto” della Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari. È stato invitato a parlare un relatore qualificato, padre Arnaldo Pangrazzi, docente presso il “Camillianum” di Roma, che ha svolto una relazione sul tema: “Mappe per consolare gli afflitti”. Ha presieduto l’incontro il vicario generale, mons. Domenico Ciavarella, e vi hanno partecipato oltre 500 persone. L’intervento del relatore e la videoregistrazione

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sono stati inseriti nel sito dell’arcidiocesi per metterli a disposizione di quanti li hanno richiesti e per l’intera comunità diocesana. La presentazione del messaggio di papa Francesco è stata fatta sia come intervento durante l’incontro sia come articolo di fondo del “Notiziario diocesano” del mese di febbraio 2017, a cura del direttore dell’Ufficio, padre Leonardo N. Di Taranto. Il materiale di animazione preparato dall’Ufficio nazionale della CEI è stato presentato dalla segretaria dell’Ufficio, d.ssa Ornella Scaramuzzi: i bustoni preparati nelle settimane precedenti sono stati distribuiti in tale occasione per le parrocchie, per gli ospedali, per le case di cura e per le associazioni di ispirazione cattolica. Lo stesso direttore dell’Ufficio ha rilasciato un’intervista telefonica ad un organo di stampa sulle finalità della Giornata, sulle sue ricadute nell’ambito sociale e familiare, sull’incidenza spirituale nella vita delle parrocchie, sulle provocazioni al settore politico del territorio, sulla formazione dei cappellani ospedalieri. 4. Le dimensioni celebrativa e caritativa della stessa Giornata

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Le altre due dimensioni della Giornata si sono realizzate con la celebrazione comunitaria dell’Unzione degli infermi e dell’Eucaristia, inserite in un momento particolare della vita comunitaria degli ospedali o delle parrocchie. I ministri straordinari della S. Comunione si rivelano strumenti preziosi di collaborazione con i sacerdoti e i cappellani ospedalieri (non di sostituzione!), andando a visitare le famiglie che hanno un congiunto malato, portando Gesù eucaristico e vivendo un momento di fraternità e di solidarietà con tutto il nucleo familiare. Ogni comunità cristiana si sforza di mettere in atto la fantasia della carità, organizzando iniziative particolari per l’occorrenza, preparando ricordini dell’evento, distribuendo l’immaginetta della Madonna di Lourdes, con la preghiera scelta per quest’anno. La ricorrenza dell’11 febbraio aiuta a dare alla Giornata una coloritura mariana, ricordando il ruolo della Madre di Dio e madre della Chiesa nel cammino di fede dei battezzati e nel momento delicato della sofferenza. La Madonna di Lourdes occupa un posto particolare nella vita dei malati, nella stagione dell’età avanzata, nelle famiglie che sono segnate da ferite profonde nel corpo e nello spirito.


CURIA METROPOLITANA Alcune parrocchie, considerando il clima di freddo del mese di febbraio, trasferiscono in altra data la celebrazione della Giornata del malato, con gli stessi frutti, e riuscendo a realizzare iniziative di processioni e di liturgie fuori dell’ambito delle chiese. 5. La celebrazione della Giornata nelle parrocchie e negli ospedali Nell’incontro di verifica vissuto il 14 marzo 2017 la Consulta ha ascoltato i racconti delle diverse celebrazioni della Giornata sia nelle parrocchie che nelle istituzioni ospedaliere, ove tutti i giorni dell’anno viene vissuta con l’impegno pastorale degli assistenti spirituali -religiosi e gli altri componenti delle Cappellanie. Le comunità parrocchiali generalmente hanno vissuto l’evento con la celebrazione eucaristica o nel giorno della memoria della Madonna di Lourdes o nella domenica successiva, usando i sussidi preparati a livello nazionale; per alcune di esse è stata l’occasione di unire i sacerdoti dello stesso vicariato e mettere insieme i fedeli in un’unica celebrazione, manifestando in questo modo la comunione degli spiriti e la coesione di presbiteri e laici uniti nel comune servizio dei malati. In una parrocchia il diacono del territorio ha preso l’iniziativa di riprendere il testo della conferenza di padre A. Pangrazzi per studiarlo nel corso dell’anno pastorale con i ministri straordinari della S. Comunione. Nelle comunità ospedaliere alla celebrazione della santa messa è seguita anche una processione eucaristica per i corridoi della struttura sanitaria, accompagnata da canti e benedizione dei degenti e dei familiari nelle loro camere, creando anche un clima di emozione e di coinvolgimento di tutti i presenti. Sia il Policlinico Consorziale che i presidi ospedalieri del “Giovanni XXIII” e del “S. Paolo” hanno offerto ai bambini ricoverati e agli adulti l’occasione per ricevere un messaggio di speranza, il dono di boccettine dell’acqua di Lourdes o di rosari, la consegna e la recita della preghiera riportata nel retro dell’immagine della Vergine Maria. L’associazione dell’UNITALSI si è impegnata ad animare la celebrazione della Giornata sia nelle parrocchie che negli ospedali, mentre

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quella del Centro Volontari della Sofferenza (C.V.S.) è stata arricchita dalla presenza dei propri soci nelle parrocchie per illustrare creativamente il messaggio della ricorrenza. 6. Auspici e speranza Ormai è diventata una felice tradizione: ogni anno, la Consulta dell’Ufficio di pastorale della salute vive un incontro di verifica dello svolgimento dell’evento della Giornata: ciascun referente dei vicariati, ogni cappellano ospedaliero, ogni rappresentante di associazioni riferisce sullo svolgimento della stessa nella propria comunità di appartenenza e in quelle del proprio territorio, con una relazione scritta, arricchita da specificazioni orali. Quest’anno è stato fatto martedì 14 marzo 2017, presso la Casa del clero, dalle ore 17.30 alle ore 19.30. Il direttore dell’Ufficio prepara un resoconto scritto che viene pubblicato sul Bollettino diocesano, in modo che resti traccia di questa attività nella storia della Chiesa locale e si possa far memoria di un cammino progressivo realizzato nel corso degli anni. Gli auspici sinceri sono che la Giornata aiuti la comunità cristiana a crescere sempre più nell’attenzione ai malati, alle loro famiglie, agli anziani e a tutte le persone fragili. Contemporaneamente questa ricorrenza serva a riscoprire il valore particolare che sia la pastorale della salute sia i sofferenti di ogni genere occupano nel programma pastorale delle parrocchie e degli ospedali. A gloria di Dio. Bari, marzo 2017 92

p. Leonardo Nunzio Di Taranto Direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute


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Verbale dell’elezione del nuovo Consiglio per il quinquennio 2016-2021 (9 dicembre 2016)

Venerdì 9 dicembre 2016, dalle ore 9.00 alle ore 19.15, presso l’Oasi S. Maria in Cassano delle Murge, si sono svolte le operazioni di voto per l’elezione del nuovo Consiglio Presbiterale dell’Arcidiocesi di BariBitonto. L’Arcivescovo, con suo decreto, ha nominato suo delegato, come Presidente del seggio, don Alessandro Tanzi e scrutatori i diaconi Domenico Armenise, Giovanni Caradonna, Luigi Inversi e Giuseppe Delle Grazie (quest’ultimo con funzioni anche di attuario). Nei giorni precedenti all’elezione è stato recapitato agli aventi diritto il plico contenente il decreto di indizione, le norme che regolamentano l’elezione del Consiglio, gli elenchi degli eleggibili (e dei non eleggibili). Gli aventi diritto sono stati suddivisi in due liste, “A” e “B”, secondo quanto stabilito dalle Norme per l’elezione del nuovo Consiglio Presbiterale, emanate il 24 novembre 2011, a specificazione delle Norme statutarie. Gli elettori hanno votato su apposite schede vistate dal Vicario generale e consegnate personalmente la stessa mattina del 9 dicembre all’arrivo all’Oasi. È stato allestito il seggio, sia per la lista “A” sia per la lista “B”, presso il salone antistante la cappella al piano terra dell’Oasi e sempre al piano terra sono state affisse, in luogo ben visibile a tutti, le liste con i dati di tutti i presbiteri eleggibili.

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Si è controllata l’identità di chi ha votato. Non si sono registrate contestazioni, né sono stati sollevati problemi. La votazione si è dunque svolta regolarmente. Il Presidente Delegato ha raccolto i voti consegnati in busta chiusa al Vicario generale e ai vicari zonali da chi è stato impossibilitato a partecipare: n. 19 buste per la lista “A” e n. 15 buste per la lista “B”. Alle ore 13.00 si sono concluse le votazioni. Alle ore 14.00, sempre presso il salone antistante la cappella al piano terra dell’Oasi, si sono svolte le operazioni di spoglio delle schede. Ha presieduto il Presidente Delegato coadiuvato degli scrutatori. Si è dapprima proceduto all’apertura delle 19 buste della Lista “A” fatte pervenire al seggio al mattino: le 19 buste contenevano n. 18 schede della lista “A” (delle quali n. 1 bianca) e n. 1 scheda nulla (in quanto una busta non conteneva una scheda, ma un cartoncino pubblicitario). Sono risultate, dunque, n. 17 schede regolarmente votate. Alle ore 14.45 è stata aperta l’urna della Lista “A” e sono state contate n. 148 schede regolarmente votate. Si precisa che per la lista “A” sono state consegnate nell’arco della mattinata (come risulta dai registri del seggio) n. 151 schede: risulta dunque che tre presbiteri, pur avendo ritirate le schede, non hanno votato e non hanno deposto le schede nell’urna. Della lista “A” hanno, dunque, votato n. 148+17 = 165 presbiteri su 272 aventi diritto, con una percentuale del 60, 66%. Dallo scrutinio delle schede della Lista “A”, oltre ai voti validi, è risultato quanto segue: – n. 2 schede bianche – n. 1 scheda nulla in quanto appartenente alla Lista “B” – n. 1 scheda nulla in quanto sostituita con un cartoncino pubblicitario – n. 10 singoli voti nulli perché attribuiti a candidati non eleggibili, in quanto membri di diritto del Consiglio – schede nulle perché incomplete - n. 7 – schede non attribuite perché non eleggibili - n. 10. Alle ore 18.00 si sono concluse le operazioni di spoglio e i conteggi della Lista “A”. Alle ore 18.05 si è proceduto all’apertura delle 15 buste della Lista “B” fatte pervenire al seggio al mattino: le buste risultavano conte-


CONSIGLI DIOCESANI nere 16 schede (una busta conteneva due schede, una delle quali è stata annullata, poiché appartenente alla lista “A”). Alle ore 18.15 si è dato inizio alle operazioni di apertura dell’urna della Lista “B” e allo scrutinio delle schede in essa contenute. Nell’urna sono state trovate n. 15 schede regolarmente votate (pari al numero di schede consegnate al mattino, come risulta dai registri del seggio). Della Lista “B” hanno, quindi, regolarmente votato n. 15+15 = 30 presbiteri su n. 77 aventi diritto, con una percentuale del 38,96%. Dallo scrutinio delle schede della Lista “B”, oltre ai voti validi, è risultato quanto segue: – n. 1 scheda nulla in quanto appartenente alla Lista “A”. I voti validi risultati dallo scrutinio delle liste A e B sono stati riportati negli elenchi allegati al presente verbale, del quale sono parte integrante. Terminate le operazioni di spoglio alle ore 19.15, il sottoscritto diacono Giuseppe Delle Grazie, scrutatore attuario, ha redatto il presente verbale, controfirmato anche dal Presidente Delegato del seggio e dagli altri scrutatori. Il verbale, con gli allegati sarà pubblicato sul Bollettino diocesano a norma del can. 173, §2. Cassano delle Murge, 9 dicembre 2016 diacono Giuseppe Delle Grazie scrutatore attuario Visto; si approva sac. Alessandro Tanzi, diacono Giovanni Caradonna, diacono Luigi Inversi, diacono Domenico Armenise,

Presidente Delegato scrutatore scrutatore scrutatore

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Allegato al Verbale del 9 dicembre 2016

Elenco dei componenti del Consiglio Presbiterale diocesano per il quinquennio 2017-2021

Eletti nella lista A (sacerdoti diocesani) sac. Michele Birardi sac. Sigismondo Mangialardi sac. Michele Camastra sac. Vito Piccinonna sac. Alessandro Tanzi sac. Domenico Castellano sac. Marino Decaro sac. Vito Marziliano sac. Vito Campanelli sac. Francesco Mancini sac. Mario Diana sac. Carlo Lavermicocca p. Franco Annicchiarico, S.J. sac. Pierpaolo Fortunato sac. Angelo Cassano sac. Angelo Garofalo 96 Eletti nella lista B (sacerdoti regolari) p. Lorenzo Invidia, O.F.M. Cap. p. Filippo D’Alessandro, O.F.M. p. Francesco Marino, O.P. p. Damiano Bova, O.P. p. Francesco Preite, S.d.B.


CURIA METROPOLITANA Nominati dall’Arcivescovo sac. Domenico Moro sac. Andrea Favale sac. Domenico Fornarelli sac. Santino Maisano, S.d.C.

Membri di diritto S.E. mons. Domenico Padovano mons. Domenico Ciavarella, Vicario generale mons. Francesco Colucci, Presidente del Capitolo Metropolitano mons. Vito Bitetto, Vicario Episcopale per il Diaconato Permanente p. Luigi Gaetani, O.C.D., Vicario Episcopale per la Vita Consacrata mons. Angelo Latrofa, Vicario Episcopale per l’Evangelizzazione mons. Domenico Falco, Vicario Episcopale per la Liturgia mons. Alberto D’Urso, Vicario episcopale territoriale Bitonto-Palo mons. Francesco Lanzolla, vicario zonale Primo Vicariato sac. Giuseppe Cutrone, vicario zonale Terzo Vicariato sac. Antonio Ruccia, vicario zonale Quarto Vicariato sac. Emanuele De Astis, vicario zonale Sesto Vicariato sac. Marino Cutrone, vicario zonale Settimo Vicariato sac. Francesco Gramegna, vicario zonale Ottavo Vicariato sac. Antonio Lobalsamo, vicario zonale Nono Vicariato sac. Domenico Chiarantoni, vicario zonale Decimo Vicariato sac. Biagio Lavarra, vicario zonale Dodicesimo Vicariato p. Ciro Capotosto op, Rettore della Pontificia Basilica di San Nicola sac. Pasquale Larocca, Presidente Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese sac. Tommaso Mastrandrea, Segretario Diocesano Cism mons. Paolo Bux, Vicario Giudiziale e Cancelliere arcivescovile mons. Vito Nicola Manchisi, Economo diocesano

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sac. Donato De Felice, Rettore Seminario Arcivescovile sac. Michele Sardone, Presidente dell’Istituto per il Sostentamento del Clero Segretario del Consiglio sac. Pierpaolo Fortunato

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CONSIGLI DIOCESANI Consiglio Presbiterale Diocesano

Verbale della riunione del 6 febbraio 2017

Il giorno 6 febbraio 2017, alle ore 9.30, presso il salone della Casa del Clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano rinnovato per il quinquennio 2016-2021, convocato e presieduto dall’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci. Sono presenti: S.Ecc. mons. Domenico Padovano, il vicario generale mons. Domenico Ciavarella e i vicari episcopali: don Vittorio Borracci, mons. Alberto D’Urso, mons. Domenico Falco, mons. Angelo Latrofa, p. Luigi Gaetani, O.C.D. Sono assenti: mons. Francesco Colucci, mons. Vito Bitetto, p. Ciro Capotosto O.P., don Giuseppe Cutrone, p. Francesco Marino, O.P. All’ordine del giorno: 1. Riflessioni dell’Arcivescovo sul Consiglio Presbiterale 2. Prospettive per il programma pastorale 2017-2018. Introduce don Michele Birardi, direttore diocesano della pastorale giovanile 3. Varie ed eventuali. Dopo la preghiera dell’ora media, l’Arcivescovo saluta i presenti, ringraziando coloro che hanno partecipato al precedente Consiglio, così come anche il precedente segretario, don Alessandro Tanzi. Presenta il nuovo segretario nella persona di don Pierpaolo

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Fortunato, il quale dà lettura del verbale dell’elezione del nuovo Consiglio presbiterale e del relativo decreto dell’Arcivescovo.

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1. Si passa dunque al primo punto all’o.d.g. L’Arcivescovo introduce la sua riflessione citando il capitolo 6 della LG, sottolineando l’importanza dei religiosi nella struttura della Chiesa e perciò specificandone la presenza all’interno del Consiglio presbiterale. Ricorda ai presenti la coessenzialità dei vari carismi all’interno della Chiesa; infatti non è carismatica solo la vita consacrata, ma anche l’episcopato, il presbiterato, il diaconato e il corpo dei laici. La Chiesa tutta è carismatica e istituzionale insieme. L’Arcivescovo, citando alcuni punti di importanti documenti (LG 28; CD 28; PO 7), ha esplicitato il fondamento teologico-dogmatico che giustifica la necessità e la natura del Consiglio Presbiterale: facendo riferimento in modo particolare all’affermazione sulla sacramentalità dell’episcopato e ai riti di ordinazione, è significativo il riferimento presente nella preghiera di ordinazione al rapporto tra Mosè e gli anziani del popolo come prototipo del rapporto vescovo-presbiteri, legame che costituisce come un solo sacerdozio collegiale. L’Arcivescovo ricorda a tutti l’importanza della partecipazione al Consiglio presbiterale come responsabilità personale di un servizio alla Chiesa particolare nella quale si è inseriti in virtù dell’ ordine sacro. In seguito l’Arcivescovo, riprendendo il Motu Proprio Ecclesiae Sanctae al n. 14 e i canoni del CIC sul Consiglio Presbiterale (p. II, sez. II, c. III) presenta la struttura del Consiglio presbiterale specificando che esso è necessario, a differenza di quello pastorale che è a discrezione del vescovo, è rappresentazione del presbiterio, è una partecipazione efficace al governo della diocesi, ha solo voce consultiva e cessa in caso di sede vacante. Fanno parte di questo Consiglio tutti i sacerdoti diocesani e religiosi impegnati in qualche opera apostolica, alcuni sono eletti tramite una votazione, altri sono membri di diritto rappresentanti dei diversi ministeri e delle diverse zone della diocesi e altri ancora sono nominati direttamente dal vescovo. L’Arcivescovo sottolinea che il compito del Consiglio presbiterale è quello di coadiuvarlo nel governo della diocesi, escludendo le situazioni che riguardano discrezionalità e riservatezza speciali e questioni inerenti la fede, l’ortodossia e i principi morali. È di competenza del Consiglio la costituzione e mutazione delle parrocchie.


CONSIGLI DIOCESANI In generale il Consiglio ha solo un ruolo consultivo, ma, considerata la natura del Consiglio, il vescovo deve tener conto che il suo apporto non ha solo un valore sociologico, ma teologico. L’Arcivescovo invita, dunque, i presenti ad esprimere eventuali osservazioni. Seguono alcuni interventi: Si suggerisce di riequilibrare meglio il tempo della seduta del Consiglio presbiterale, in modo tale che essa non risulti l’ascolto di una conferenza, ma ci sia più tempo per il dialogo e il confronto tra i sacerdoti. Si propone, nei prossimi incontri, di chiedere ai vari relatori di far pervenire una sintesi scritta del loro intervento di modo che sia lasciato più spazio al dibattito. Si propone, in occasione di qualche argomento particolare, la possibilità di dividersi in piccoli gruppi che facilitino il confronto e il dialogo. Come si è fatto per la tematica giovanile, è stata sottolineata l’importanza di richiamare alcuni argomenti durante il corso dell’anno per permettere ai vari vicariati di lavorare meglio. È fatta notare la nascente esigenza di scambiarci delle riflessioni non solo sui cambiamenti epocali che stanno avvenendo nella società, ma anche sul modo in cui la pastorale abitualmente affronta questi cambiamenti. Si propone, richiamando l’esperienza del 2 giugno che ha visto l’incontro congiunto tra Consiglio pastorale e Consiglio presbiterale, la possibilità di incontrarsi in un tempo più prolungato per approfondire e interrogarsi sulla situazione della nostra realtà ecclesiale. Questo ci renderebbe capaci di proposte più incisive. A questo proposito è ricordata l’esperienza del laboratorio liturgico-pastorale di qualche anno fa: facendo riferimento alla traccia pastorale mistagogica dell’ Arcivescovo si cercava di confrontarsi su alcune tematiche pastorali collegate alla vita contemporanea. È suggerita la ripresa di questi laboratori. Si propone di riprendere qualche aspetto dell’ Amoris laetitia e di ridiscuterlo insieme. Ringraziando per le indicazioni offerte, l’Arcivescovo ricorda la bella esperienza vissuta il 2 giugno a Cassano delle Murge, presso

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l’Oasi Santa Maria, in cui Consiglio presbiterale e pastorale hanno lavorato insieme confrontandosi sulla realtà giovanile, specificando che la visione pastorale non compete solo ai presbiteri, ma è cura della Chiesa nella sua globalità. Pertanto auspica che ci si confronti sulla realtà pastorale nei vicariati e nel Consiglio pastorale dove sono presenti i laici per evitare la deriva del clericalismo, ricordando che lo specifico ruolo del Consiglio presbiterale è quello del governo. L’Arcivescovo, in seguito, invita i vicari di zona a coinvolgere i sacerdoti dei propri vicariati per indicare alcuni argomenti da approfondire nelle prossime sedute del Consiglio presbiterale.

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2. L’ Arcivescovo presenta il secondo punto all’o.d.g., specificando che siamo incamminati verso il Sinodo dei Vescovi sui giovani che si terrà nel 2018. Ricorda le belle e positive esperienze che come Chiesa diocesana sono state vissute negli ultimi mesi: la GMG e la Missione Giovani. Domanda se è possibile che l’anno prossimo nella traccia pastorale si possa approfondire questa tematica giovanile. In seguito passa la parola a don Michele Birardi, direttore dell’ Ufficio giovani, al quale è stato chiesto di introdurre il dibattito e presentare gli orientamenti che la Conferenza episcopale ha dato alle diocesi italiane. Don Michele, dopo aver tratteggiato un breve excursus storico della pastorale giovanile, presenta il documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi sui giovani: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Il documento si divide in tre capitoli, introdotti dall’icona evangelica del “discepolo amato”. Il primo capitolo, intitolato I giovani nel mondo di oggi, fornisce elementi utili per contestualizzare la situazione giovanile nella realtà odierna, tenendo conto che il quadro tracciato chiede di essere adattato alle circostanze specifiche di ciascuna regione. In esso si tengono presenti «alcuni risultati delle ricerche in ambito sociale utili per affrontare il tema del discernimento vocazionale», così pure le molteplici sfide che riguardano la cultura “scientista”, l’insicurezza, la disoccupazione, la corruzione. Il secondo capitolo ha come titolo Fede, discernimento, vocazione. «La fede, in quanto partecipazione al modo di vedere di Gesù […], è la fonte del discernimento vocazionale», attraverso il quale «la perso-


CONSIGLI DIOCESANI na arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito, le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato di vita». Solo un corretto discernimento permetterà al giovane di trovare davvero la sua personale, unica, irripetibile ‘strada nella vita’. Questo percorso è ispirato dai tre verbi già utilizzati in Evangelii gaudium 51: riconoscere (ciò che avviene nel proprio mondo interiore), interpretare (ciò che si è riconosciuto) e decidere (autentico esercizio di libertà umana e di responsabilità personale). Il terzo capitolo, intitolato L’azione pastorale, pone l’accento sul significato che ha per la Chiesa «l’accompagnare i giovani ad accogliere la gioia del Vangelo» in un tempo, come il nostro, «segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza». L’attenzione è rivolta ai soggetti, ai luoghi e agli strumenti di questo accompagnamento. I soggetti dell’azione pastorale sono gli stessi giovani, sia come protagonisti, sia come recettori. Infatti il Sinodo non è solo per i giovani, ma con i giovani. La Chiesa chiede loro «di aiutarla ad identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia». Occorrono persone di riferimento: in primo luogo i genitori, poi i pastori, i consacrati, gli insegnanti ed altre figure educative. I luoghi dell’azione pastorale sono la vita quotidiana, le attività per i giovani, le GMG, gli eventi diocesani, le parrocchie, gli oratori, le università, le scuole cattoliche, il volontariato, le attività sociali, i centri di spiritualità, le esperienze missionarie, i pellegrinaggi, la pietà popolare e il ‘mondo digitale’, che apre ad opportunità inedite, ma anche a nuovi pericoli. Gli strumenti sono i linguaggi (privilegiando quelli più espressivi per i giovani), l’educazione, la preghiera, il silenzio, la contemplazione. Il questionario che segue è parte integrante del documento. Esso si distingue pure in tre parti. La prima riguarda la raccolta di dati statistici. La seconda è composta dalle domande. La novità è costituita dal fatto che alle domande generali proposte a tutti indistintamente (in numero di 15), si aggiungono 3 domande specifiche per ciascuna area geografica, alle quali si richiede la risposta solo degli appartenenti al continente interessato. La terza parte ha come oggetto la “condivisione delle pratiche”. In essa è chiesta a ogni dio-

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cesi di presentare tre realtà significative di pastorale giovanile. Lo scopo di questa parte è quello di arricchire tutta la Chiesa portando a conoscenza le esperienze, spesso di grande interesse, che si svolgono nelle diverse regioni del mondo affinché possano essere di aiuto a tutti. Gli elementi che emergeranno dalle risposte serviranno alla redazione dell’Instrumentum laboris, documento consegnato ai padri sinodali prima dell’Assemblea. Il questionario girerà per tutto il territorio della diocesi e una volta compilato sarà consegnato presso l’Ufficio di pastorale giovanile che raccoglierà tutto il materiale.

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Seguono alcuni interventi: Si sottolinea come il tema dei giovani sia consequenziale al tema della famiglia. Si propone di mettere in evidenza il tema educativo, i giovani infatti non sono dei single ma dei soggetti che nascono, crescono e maturano in un luogo relazionale: la famiglia, che è costituita non solo dai genitori ma anche da nonni, parenti e amici che esercitano un importante ruolo nell’educazione. Si fa notare come sia opportuno coinvolgere i docenti di scuola superiore per incontrare i giovani. Questo coinvolgimento andrebbe a continuare la bella collaborazione avuta nella Missione Giovani. Avendo la possibilità di soffermarci sulla realtà dei giovani anche nei prossimi anni, viene fatto rilevare come sia il caso ancora per l’anno prossimo di soffermarsi sul tema della famiglia, magari sviluppando alcuni aspetti che quest’anno non sono stati pienamente affrontati. Si chiede di non soffermarsi eccessivamente sulla riflessione sociologica e poi per mancanza di tempo, passare direttamente all’azione pastorale, trascurando la parte centrale del documento preparatorio: la fede, il discernimento e la vocazione. Si abbia cura di affrontare approfonditamente questa parte perché occorre riscoprire lo specifico di ogni vita cristiana. Viene fatto notare come le due pastorali, familiare e giovanile, devono camminare insieme. Sarebbe interessante guardare la famiglia con gli occhi dei giovani. Prima erano solo gli adulti che insegnavano ai bambini, ora i giovani nelle competenze sono più bravi degli adulti, ma spesso smarriscono i significati che solo un adulto può trasmettere. Si chiede di porre l’attenzione sui preadolescenti che devono fare la


CONSIGLI DIOCESANI scelta se rimanere o meno nella comunità parrocchiale e su tutti quei giovani che vivono un dramma (sono in carcere, in comunità di recupero ecc.). Si esprime la positività della riflessione sulla realtà giovanile perché i giovani sono coloro che più provocano le comunità parrocchiali. Grazie a loro la Chiesa capisce come saper presentare il patrimonio di fede, come saper ri-annunciare i valori morali, come deve sapere essere un luogo aggregante. Si ricorda che il documento base che ci deve guidare nella riflessione è l’Evangelii gaudium. Si suggerisce un’attenzione particolare al mondo sociale perché se non c’è lavoro non ci può essere nemmeno la famiglia. Viene fatto notare che parlare della famiglia è parlare dei giovani; sono due realtà che si richiamano a vicenda. In questo decennio dedicato alla riflessione sull’educazione si potrebbe approfondire proprio l’ aspetto della comunità educante, perché nella famiglia il vero problema non sono i figli ma i genitori, nella scuola non sono gli alunni ma gli insegnanti, nella Chiesa non sono i fedeli ma preti che non sempre sono santi. Si auspica che il prossimo anno sia l’occasione per parlare non dei giovani ma con i giovani. Viene proposto come guida per la riflessione dell’anno prossimo il libro di Tobia perché racchiude in sé la riflessione sui giovani, sulla famiglia, sull’accompagnamento, sul discernimento, sul pellegrinaggio, sulla provvidenza di Dio, sulla paura. La riflessione su questo libro può essere provocatorio per tutte le figure educative. Si propone la realizzazione di un sinodo diocesano dei giovani. L’Arcivescovo ringrazia per tutti gli interventi e fa notare la convergenza da parte di tutti sul non interrompere il tema della famiglia per l’anno prossimo ma svilupparlo prestando particolarmente attenzione a quella sfumatura giovanile che è presente nelle stesse. L’Arcivescovo chiede al Consiglio di votare sulla proposta di continuare sul tema della famiglia per la traccia pastorale dell’anno prossimo. Il Consiglio approva all’unanimità. Chiede ai vicari zonali che si discuta di queste prospettive pastorali

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per l’anno prossimo anche nei vicariati aiutati da domande che l’Ufficio famiglia e l’Ufficio giovani prepareranno per la riflessione. 3. Viene, in seguito, data la seguente comunicazione: Mons. Ciavarella comunica al Consiglio l’esperienza della settimana di formazione per i presbiteri a Bologna, dal 17 al 21 aprile. La riunione si conclude alle 12.50 con la preghiera dell’Angelus. sac. Pierpaolo Fortunato Segretario

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CONSIGLI DIOCESANI Consiglio Pastorale Diocesano

Verbale della riunione del 15 novembre 2016

Il giorno 15 novembre 2016, alle ore 19.00, presso la Casa del clero in Bari, si è riunito il Consiglio Pastorale Diocesano, convocato e presieduto dall’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci, per discutere il seguente ordine del giorno: 1. “Missione Giovani” (24 settembre-2 ottobre 2016): verifica e prospettive pastorali. 2. Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, in visita a Bari in occasione della festa liturgica di San Nicola. 3. Varie ed eventuali. Risultano assenti giustificati: don Ambrogio Avelluto, mons. Vito Bitetto, don Vittorio Borracci, don Paolo Bux, don Vito Campanelli, p. Ciro Capotosto, O.P., don Vito Carone, don Domenico Chiarantoni, don Carlo Cinquepalmi, don Giuseppe Cutrone, don Enrico D’Abbicco, mons. Alberto D’Urso, mons. Domenico Falco, p. Luigi Gaetani, O.C.D., mons. Franco Lanzolla, don Carlo Lattarulo, don Antonio Lobalsamo, don Donato Lucariello, don Vito Marziliano, don Domenico Moro, p. Luigi Orlando, F.d.B., p. Ottavio Raimondo, M.C., don Angelo Romita, don Michele Sardone, suor Cristina Alfano, suor Cadia D’Amore, suor Luciana Dal Masetto, suor

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Anna Grazia Di Liddo, suor Margherita Martellini, Gennaro Capriati, Giacomo Giuseppe Capozzi, Giuseppe Castoro, Rossella Cinquepalmi, Nicola Costantino, Alfredo De Santis, Michele Gua-stamacchia, Fabio Laricchia, Mariano Mazza, Nicola Mongelli, Ferdinando Nocerino, Giuseppe Panzarini, Donato Pietanza, Simona Piscitelli, Giuseppe Piscopo, Mario Prestigiacomo, Domenico Savino, Salvatore Schiralli, Francesco Sfarzetta, Attilio Simeone, Massimo Tamma, Michele Tanzi, Nicola Ugenti, i coniugi Cinzia e Michele Vurro. Il Consiglio ha inizio con un momento di preghiera, seguito dal saluto che il segretario rivolge a padre Arcivescovo, al vicario generale e a tutti i presenti. Il segretario comunica i nomi di coloro che subentrano nel Consiglio a seguito delle “provviste” disposte da padre Arcivescovo: don Mario Castellano, direttore dell’Ufficio Pastorale Diocesano, don Vito Carone, direttore Ufficio Chiesa e Mondo della cultura, don Carlo Lavermicocca, direttore dell’Ufficio Scuola. Un particolare benvenuto a Giuseppe Giacomo Capozzi in sostituzione di Antonio Lattanzio, in rappresentanza dei giovani seminaristi di teologia della nostra diocesi a Molfetta. In questo ultimo anno del quinquennio, augura a tutti di sentire il Consiglio pastorale come una “famiglia di famiglie”, vivendo l’esperienza in spirito di sinodalità. Prima di procedere con quanto all’ordine del giorno, si chiede al Consiglio l’approvazione dei verbali del 3 maggio e del 2 giugno. I verbali sono approvati all’unanimità.

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1. L’attenzione alla pastorale giovanile è una delle priorità indicate da padre Arcivescovo durante le visite pastorali ed ha ispirato i lavori della giornata di sinodalità dello scorso 2 giugno. Il progetto “Missione Giovani”, svoltosi nella nostra diocesi dal 24 settembre al 2 ottobre u.s., in collaborazione con il Seminario Regionale di Molfetta, dopo la bella Giornata mondiale della Gioventù a Cracovia, merita una verifica di quanto vissuto e realizzato, per tracciare possibili prospettive pastorali. La parola viene data a don Michele Birardi, direttore dell’Ufficio di Pastorale giovanile, che ha coordinato l’attuazione del progetto. Il suo intervento ha toccato i seguenti punti:


CONSIGLI DIOCESANI Premessa. Chiesa in uscita, non è solo un motto, uno slogan da dire per affermare l’urgenza della prossimità, della solidarietà, della carità. È di più: è lo stile dei discepoli che seguono il Maestro sui sentieri del tempo (…). Le scelte. È stata una Missione Giovani, ai giovani, dei giovani, con i giovani (…). La Missione Giovani è stata una scelta maturata insieme al Pontificio Seminario Regionale Pugliese. Ci siamo accolti reciprocamente, ci siamo pensati come compagni di un viaggio aperto al senso della vita. Questa scelta è stata una vocazione; una chiamata a essere significativi. Il vissuto. Il primato del Vangelo come Parola di vita che parla alla vita (…) L’animazione degli spazi dove scorre la vita dei giovani serve a essere intessuti di umanità, per essere confermati nel fatto che il Vangelo non va sussurrato in sacrestia ma gridato nelle piazze, ritrovato nella gioia dello stare insieme dappertutto. La promessa. La prima sfida riporta la parrocchia al suo significato originario che la pone in mezzo alle case, alle cose della quotidianità, alle persone (…). La seconda sfida guarda la Chiesa come una tenda che si leva e si pianta in mezzo alla storia per praticare la compagnia, per vivere la storia in avanti e davanti agli uomini. Al termine dell’intervento, il segretario ringrazia don Michele Birardi e chiede ai presenti di contribuire al lavoro di verifica. Dagli interventi è emerso quanto segue: La “Missione Giovani” è stata occasione per richiamare tutte le comunità al compito educativo di formare persone “adulte nella fede” a partire dal Vangelo. Molti interventi hanno apprezzato il costituirsi di un accordo sinergico tra la Diocesi ed il Seminario Regionale. Nonostante alcuni limiti “temporali” (un’esperienza vissuta a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico, attività pastorali parrocchiali appena avviate), molto positiva è stata la risposta delle comunità locali, soprattutto in riferimento al lavoro delle diverse équipes territoriali: hanno sperimentato la bellezza ed efficacia di lavorare insieme per un progetto comune. La presenza dei seminaristi è

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stata occasione per unire le persone e le forze in vincoli di nuova amicizia, superando persino qualche pregiudizio. Come Chiesa, pertanto, dovremmo fare tesoro, custodire e ripartire dall’esperienza vissuta. È cresciuta in tutti la consapevolezza che i giovani, con i loro sogni e difficoltà, sono presenti sul territorio: ciò che conta è mettersi accanto a loro. Bisogna andare ad incontrarli nei loro luoghi, parlare con i loro linguaggi, farli sentire veri protagonisti, dare più spazio alle loro esigenze. Proprio questa metodologia ha consentito a molti giovani e giovanissimi, durante la settimana, di preferire le attività della “missione“. Gli incontri negli istituti scolastici secondari hanno avuto un buon esito, nonostante qualche iniziale perplessità più da parte dei docenti che dei discenti: ha avuto il sopravvento la curiosità di conoscere e di confrontarsi con le scelte di vita dei giovani seminaristi. Gli incontri, inoltre, sono stati anche un’occasione per tornare a incontrare ragazzi passati dalle nostre parrocchie e invitarli a ritornare. Sempre in riferimento alla scuola, don Carlo Lavermicocca ha cominciato a raccogliere le riflessioni dei docenti di religione, attraverso un questionario trasmesso loro via mail. Dalle prime riflessioni giunte, risulta che: – vi è stata una totale e positiva accoglienza da parte dei dirigenti; – alcuni docenti di altre discipline hanno anche espresso il desiderio di essere maggiormente coinvolti in simili iniziative; – molto positivi i giudizi in ordine al metodo utilizzato per gli incontri che si sono svolti in classe; – una criticità è stata ravvisata nella mancata verifica dell’attività vissuta in classe, per evitare il rischio di vivere esperienze frammentarie e senza continuità. La bella visibilità offerta durante la festa finale a Bari, soprattutto ai tanti giovani presenti casualmente in piazza del Ferrarese. L’utilizzo dei social network non solo ha aiutato a “contagiare” i ragazzi, ma ha rappresentato un’ottima opportunità per valorizzare e dare continuità all’esperienza vissuta. Tutta la comunità ecclesiale è stata invitata a “riappropriarsi” in modo creativo e nuovo di quegli ambienti solitamente trascurati o delegati ad altri: piazze e locali di ritrovo.


CONSIGLI DIOCESANI Il protagonismo giovanile ha trovato nei seminaristi di teologia dei “compagni di viaggio” accolti volentieri nelle case e nelle famiglie dei nostri giovani. La colazione, il pranzo o la cena sono stati momenti per una condivisione in stile famigliare che ha certamente lasciato il segno negli adulti e negli stessi ragazzi. Durante la “missione” anche gli adulti hanno avuto modo di riflettere sul proprio ruolo educativo e di sperimentare la bellezza di un cammino comune, a servizio del protagonismo giovanile. A conclusione degli interventi, don Michele Birardi ricorda che non va trascurato il fatto che la “missione” sia giunta dopo la bella esperienza diocesana della Giornata mondiale della Gioventù a Cracovia. Come e con la GMG di Cracovia, che ha impegnato la Diocesi per un anno intero, anche la “Missione Giovani”, da febbraio scorso, è stata pensata allo scopo di dare un seguito a Cracovia. Non a caso è stato realizzato un pellegrinaggio giovanile a Capurso tra le due esperienze, quasi a congiunzione tra la GMG e l’inizio della “Missione Giovani”. Padre Arcivescovo esprime gratitudine per il dono vissuto e propone ai giovani della diocesi di inviare una lettera ai seminaristi di teologia per ringraziarli. Inoltre, esprime un ringraziamento alla segreteria del Consiglio per la giornata di sinodalità del 2 giugno vissuta congiuntamente con il Consiglio presbiterale: quando il cammino è condiviso, sebbene i soggetti coinvolti e le tappe possano essere diversi, il percorso acquista senso, significato e unità. Invita a non avere tempi corti, ma una progettualità che deve maturare nei lunghi periodi. Inoltre, alla luce dell’annunciato prossimo sinodo della Chiesa dedicato ai giovani, ritiene opportuno che a livello diocesano ci sia una programmazione in continuità con quanto già emerso durante le visite pastorali: la realtà giovanile è particolarmente “fluida” e soggetta a repentini cambiamenti che esigono il nostro sforzo a comprendere “i segni dei tempi” a cui i giovani ci richiamano. Anche per questo risulta indispensabile pensare e impegnarsi a garantire la presenza dei giovani nei consigli pastorali e vicariali.

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In riferimento al coinvolgimento della scuola, padre Arcivescovo accoglie con gioia il buon esito dell’esperienza, avendo avuto notizia che, in alcuni casi, proprio gli insegnanti di religione hanno sollevato perplessità riguardo all’evento, ritenendolo ideologicamente non opportuno. 2. Un segno dei tempi è certamente la visita di Sua Santità il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Bari in occasione della festa liturgica di san Nicola il 6 dicembre. La visita porta a compimento un desiderio e un cammino decennale che non mancherà di portare frutti ecumenici. In riferimento alla festa liturgica di san Nicola, padre Arcivescovo esprime gratitudine verso la Conferenza Episcopale Italiana che ha nuovamente riconosciuto la memoria liturgica di san Nicola come memoria obbligatoria, già a partire da quest’anno. In tal modo viene recuperato il valore ecumenico di san Nicola per tutta la cristianità.

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3. Varie ed eventuali. Padre Arcivescovo coglie l’occasione per alcune comunicazioni. – La riattivazione dell’Ufficio Pastorale Diocesano, affidato a don Mario Castellano. L’Ufficio, infatti, ha accompagnato l’esperienza del dopo Concilio nella nostra diocesi; successivamente questa esperienza è stata interrotta, pensando che tale compito potesse essere assolto dal vescovo o dal vicario generale. In realtà, è necessario che l’unità e la comunione pastorale passino attraverso una strutturazione particolare che abbia presente le parrocchie e i vicariati, si impegni nel coordinamento delle attività dei singoli uffici e sia consapevole dell’unitarietà del progetto pastorale. Per tali ragioni, padre Arcivescovo ribadisce che l’Ufficio, nella nostra diocesi, avrà lo scopo di “promuovere più efficacemente la comunione pastorale”. – Durante l’anno sarà importante dare centralità al tema della famiglia, a cui già la Settimana Liturgica Nazionale a Bari aveva dedicato attenzione. Segno particolare è la Domus Familiae promossa dall’Ufficio per la pastorale familiare. L’impegno di tutti riguarderà in particolare l’approfondimento della traccia pastorale Con il cuore di Dio nei singoli tempi liturgici. – I Vescovi delle Regioni del Sud hanno promosso un convegno a


CONSIGLI DIOCESANI Napoli, dall’8 al 9 febbraio, dedicato al tema: Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani nel Sud? Sarà un convenire di tutte le regioni del sud a Napoli che, in forma laboratoriale, rifletteranno sul rapporto tra lavoro e giovani. La delegazione della diocesi sarà guidata da padre Arcivescovo e dal dott. Tommaso Cozzi, direttore dell’Ufficio Mondo sociale e del lavoro. A lui il compito di riferire in Consiglio nella prossima seduta. Il Consiglio termina alle 21.10 con la preghiera. Antonio Colagrande Segretario

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D OCUMENTI

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V ITA

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C HIESA

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TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE Relazione del Vicario giudiziale sull’attività dell’anno giudiziario 2016 (Bari, 18 febbraio 2017)

Eccellenze Reverendissime, distinte Autorità, cari confratelli, gentili ospiti, compio il gradito incarico di illustrare l’attività del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese svolta nell’anno 2016. Come sempre, rappresenta il frutto di un impegno corale dei Vicari aggiunti, del Collegio dei Giudici, dei collaboratori e di tutti gli operatori della giustizia canonica. Esprimo innanzitutto un sincero ringraziamento alla Conferenza Episcopale Pugliese per la fiducia accordataci e per l’attenzione a noi riservata, in particolare, attraverso il costante consiglio e l’attenta vigilanza dell’Arcivescovo Moderatore.

1. Quadro generale È trascorso poco più di un anno dall’entrata in vigore (8 dicembre 2015) della Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio del Sommo Pontefice Francesco sulla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, Mitis Iudex Dominus Iesus. È doveroso chiedersi quale concreta influenza abbia avuto la nuova normativa nell’attività del nostro Tribunale, stante le decisioni assunte dai vescovi pugliesi.

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Come noto il Pontefice ha inteso sostituire solo i cann. 1671-1691 del vigente Codice di Diritto Canonico, quelli relativi al Libro VII, Parte III, Titolo I, Capitolo I del testo legislativo. Ciò in risposta ad un auspicio emerso nel Sinodo straordinario dei Vescovi dell’ottobre 2014, in cui si affermava «la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità» (cfr Relatio Synodi 2014, n. 48). Era un’esigenza che, in realtà, partiva da lontano. Già il Sinodo dei Vescovi del 1967 (“La preservazione e il rafforzamento della fede cattolica, la sua integrità, il suo vigore, il suo sviluppo, la sua coerenza dottrinale e storica”, 29 settembre-29 ottobre 1967), in piena stagione di riforma codiciale, aveva posto l’attenzione sulla necessità che la revisione del Codice di Diritto Canonico, compiuta nel 1983, fosse ispirata dall’esigenza di rendere più spedita la definizione dei giudizi di nullità matrimoniale (Prima assemblea generale, 136). Questa necessità era posta in relazione alle esigenze di conformare tutta la legislazione canonica, come ribadito da Papa Francesco, alla salvezza delle anime, che è norma di sistema di tutta la vita della Chiesa e norma di chiusura del testo codiciale vigente (cfr can. 1752). Il processo di recezione e attuazione delle nuove norme, soprattutto in Italia, ha avuto un iter alquanto complesso essenzialmente per quanto attiene l’organizzazione dei Tribunali. Il Qua cura dell’8 dicembre 1938 riservava la competenza esclusiva delle cause di nullità matrimoniali ai soli Tribunali regionali. Fin dal momento della pubblicazione del testo pontificio (8 settembre 2015) si sono succedute indicazioni diverse da parte dei competenti dicasteri vaticani. L’11 dicembre 2015 veniva reso pubblico il rescritto del Santo Padre, firmato ex audientia nel pomeriggio del 7 dicembre precedente, circa il compimento e l’osservanza della nuova legge del processo matrimoniale. Il documento, non entrando nel merito della costituzione dei Tribunali (disciplinata dal can. 1673 §§1-2 MI), ha abrogato il Qua cura. Peraltro, la libera facoltà concessa ai singoli vescovi di creare un proprio Tribunale ecclesiastico per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale confliggeva con la riserva esclusiva concessa ai soli Tribunali regionali, precedentemente codificata. Da ultimo, per espressa volontà del Santo Padre, emersa a margine dell’ultima Assemblea generale dei Vescovi, tenuta nel maggio scorso, con lettera pontificia del 1° giugno 2016, si creava


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE un tavolo di lavoro, coordinato dal segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana «per la definizione delle principali questioni interpretative e applicative di comune interesse». L’incontro, cui hanno partecipato il prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, il presidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi e il decano della Rota Romana, si è tenuto il 6 luglio scorso e ha prodotto un documento datato 20 luglio 2016, in cui, tra l’altro, venivano puntualizzate le modalità di costituzione di eventuali nuovi Tribunali diocesani, stante il ruolo di vigilanza della Segnatura Apostolica che «verifica e attesta la sussistenza delle condizioni per un adeguato funzionamento delle strutture giudiziarie».

2. Scelte della Conferenza Episcopale Pugliese Il 9 ottobre 2015, trascorso poco più di un mese dalla pubblicazione del Motu Proprio, si celebrava a Molfetta la prevista sessione ordinaria della Conferenza Episcopale Pugliese. In vista di quella riunione, il Presidente della stessa Conferenza e Moderatore del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese, chiedeva al Vicario giudiziale del medesimo Tribunale una prima informativa circa la riforma pontificia da sottoporre all’esame dei confratelli. Nelle successive sessioni del 9 dicembre 2015 e del 28 gennaio 2016 si poneva all’ordine del giorno una discussione approfondita sul Mitis Iudex Dominus Iesus. Veniva altresì elaborata una Nota dei vescovi pugliesi in cui si definiva l’unanime decisione dell’episcopato. Il testo era datato 7 dicembre 2015. Detta Nota, recependo «lo spirito e la norma della recente riforma del processo canonico», esprimeva «gratitudine in ordine alla dimensione pastorale che si è voluta ribadire, promuovendo l’inserimento della sfera giudiziale nell’ambito della “pastorale matrimoniale diocesana unitaria” (Regole procedurali, art. 2)». In questa linea, in primo luogo, il testo dichiarava l’impegno dei presuli «sulla scia di una collaudata esperienza già operativa nelle

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singole diocesi, a rafforzare le strutture diocesane al fine di rendere ancor più efficace “l’indagine pregiudiziale o pastorale” (RP. art. 2) richiesta dalla riforma pontificia». Si affermava la convinzione che «l’efficace impegno degli uffici di pastorale familiare, unitamente ai consultori operanti nelle singole circoscrizioni diocesane faciliteranno l’attuazione della recente riforma, al fine di accogliere e accompagnare le coppie che vivono esperienze coniugali ferite o fallite a intraprendere, qualora ne ricorrano le condizioni, la via giudiziaria in uno dei tre itinerari contemplati dalla normativa vigente (ordinario, documentale e brevior)». Sono numerose, ormai, le diocesi che si sono dotate di strutture stabili, così come suggerito dalla normativa pontificia (cfr RP, art. 3). In tal modo, si è posto l’accento sulla dimensione pastorale del processo rinnovato che trova ispirazione in numerose allocuzioni pontificie, pronunciate in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario della Rota Romana e, più recentemente, nella celebrazione delle sessioni straordinaria (5-19 ottobre 2014) e ordinaria (4-25 ottobre 2015) del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Tale intento è stato espresso, da ultimo, nel modo più articolato e autorevole, nell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia. Giova rilevare, in riferimento a tale ambito pastorale, la favorevole accoglienza della riforma, in Puglia, concretizzatasi attraverso una serie di iniziative di divulgazione. In tutte le diocesi pugliesi sono stati promossi e si stanno promuovendo incontri di formazione per il clero e per i laici. Similmente sono stati realizzati incontri regionali con gli Uffici di pastorale famigliare e dei Consultori familiari. Inoltre, in diverse parrocchie, i fedeli hanno potuto confrontarsi con i giudici del nostro Tribunale sui contenuti della riforma. Segnalo anche numerosi convegni organizzati di concerto con le Università degli studi di Bari, di Taranto e di Lecce, così come quelli organizzati presso i Tribunali delle medesime città. Utile anche il confronto con gli studenti universitari e liceali che hanno frequentato la sede del Tribunale. In secondo luogo, la Nota dei vescovi pugliesi ha definito la questione circa il Tribunale Ecclesiastico. Come accennato, la recente riforma consente ai singoli vescovi di costituire un proprio Tribunale, competente in materia matrimoniale. Avvalendosi delle facoltà previste dal diritto, i presuli pugliesi hanno


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE deciso che «quanto alla dimensione più strettamente giudiziale, stante il can. 1673 §2 MI, la Conferenza Episcopale Pugliese conferma l’intento di affidarsi al Tribunale Ecclesiastico Regionale». La ragione fondamentale di tale scelta è stata sinteticamente espressa nella citata Nota, nella quale si afferma: «In questa delicata fase di attuazione della normativa processuale, infatti, l’Episcopato pugliese ritiene che l’esperienza e la competenza maturata nel corso di una storia pluridecennale (iniziata nel 1939), può garantire la più compiuta attuazione di quanto previsto dalla recente normativa pontificia». Nell’elaborare la Nota, applicando la nuova normativa canonica, si è fatto appello a motivazioni di carattere pastorale, storico e di prudente economia generale, in riferimento al tessuto specifico e alla consolidata esperienza regionale (in analogia con il Seminario Regionale e la Facoltà Teologica Pugliese). La scelta di fondo è stata quella di contribuire da parte di tutte le diocesi a sostenere al meglio un’unica struttura anziché crearne altre ex-novo, che sarebbero risultate prive di personale sufficiente e qualificato, necessario per assolvere un compito tanto delicato nella vita della Chiesa, non solo nel presente, ma anche negli anni futuri. Il riferimento normativo circa la decisione assunta riguardo alla costituzione del Tribunale è stato il can. 1673 §§1 e 2 del MIDI, che si pone in continuità con quanto affermato dal can. 1423 del Codice vigente. Peraltro, il §2 del citato canone consente ampia facoltà ai vescovi di una metropolia o di diverse metropolie di accedere ad una struttura sovra-diocesana con una discrezionalità nella decisione assoluta. Ciò che conta, come ha sottolineato il Santo Padre nel discorso ai partecipanti al corso promosso dal Tribunale della Rota Romana nel marzo del 2016, è esclusivamente il bene dei fedeli (Città del Vaticano, aula Paolo VI, 12 marzo 2016). Infine, nell’assumere la decisione proposta si è presa in seria considerazione anche la questione economica legata ad una eventuale moltiplicazione delle strutture. Stante, poi, la crisi occupazionale sempre più diffusa, dare continuità e stabilità lavorativa a quindici dipendenti competenti e collaudati nel servizio giudiziario del TERP è parsa una scelta opportuna oltre che di basilare giustizia sociale.

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3. Attività del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese

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Alla luce del panorama appena tratteggiato, veniamo ora a rispondere al quesito iniziale circa la concreta applicazione delle nuove norme in Puglia. La riforma pontificia ha ampiamente soddisfatto le attese circa una giustizia più celere ed efficace, attraverso uno snellimento delle procedure, che si è giovato soprattutto dell’abolizione della obbligatorietà della doppia sentenza conforme. I tempi processuali si sono notevolmente ridotti e un processo celebrato con rito ordinario, nelle condizioni migliori, viene evaso in meno di un anno. La vita del Tribunale, nell’anno appena trascorso, si è svolta in un clima di grande serenità e collaborazione da parte di tutti gli operatori. La citata decisione dei vescovi pugliesi ha contribuito non poco a fugare dubbi circa un futuro incerto e problematico. La preoccupazione di tutti, soprattutto dei dipendenti, ma anche degli stessi giudici, circa un possibile dissolvimento dell’esperienza regionale ha pesato nei primi mesi dell’anno. Tuttavia l’impegno unanime e fattivo per rispondere al meglio alle attese dei Pastori e dei fedeli che, sempre più numerosi, si sono avvicinati al ministero di giustizia del nostro Tribunale è stato tangibile. Un dato per tutti va anticipato. Le cause introdotte nel 2016 sono state 252, rispetto alle 200 dell’anno precedente. Quelle decise sono state 241 (più due processi brevi), rispetto alle 230 del 2015. Come si vede si tratta di un dato particolarmente indicativo. È la risposta più evidente alla sfida lanciata dalla nuova normativa, ma è stato anche il frutto di un impegno di sensibilizzazione capillare realizzato nello scorso anno. La corretta e accurata informazione, come sempre, rappresenta lo strumento più idoneo alla conoscenza della dimensione giudiziale della Chiesa che, seppur gravata da antiche e mai sopite diffidenze e incomprensioni (eccessiva lunghezza dei processi e oneri economici esagerati), continua ad essere la via maestra indicata dal Pontefice per affrontare ed eventualmente risolvere le tante “ferite” inferte nella vita di numerose coppie (cfr Amoris laetitia, 244). Organico. L’organico del tribunale è composto da venticinque giudici (di cui un laico), cinque dei quali sono impegnati a tempo pieno. Lo scorso 24 novembre è deceduto mons. Luca Murolo. L’intero Tribunale ha voluto ricordarlo con una S. Messa celebrata il 26 gen-


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE naio scorso. È stato un modo sentito e grato per affidarlo al Signore, giusto giudice, e per fare memoria di un uomo che ha speso la sua vita, in particolare, in ascolto delle famiglie in difficoltà. Il vescovo di San Severo ha concesso a don Massimo Gagliardi, cancelliere di quella diocesi, di prestare il suo servizio come nuovo giudice. Nel corso della recente sessione della Conferenza Episcopale Pugliese, il vescovo di Molfetta ha presentato il reverendo don Fabio Tangari, anch’egli cancelliere, per l’ufficio di giudice ecclesiastico. Analoga decisione è stata assunta dal vescovo di Nardò, che ha presentato don Luca Albanese, vicario episcopale per gli affari giuridici, e dal vescovo di Trani, che ha presentato don Gaetano Corvasce, rettore del Seminario minore. Rilevo che si tratta di tre giovani sacerdoti. Ciò dà speranza in un futuro sempre più ricco di energie per questo peculiare servizio ecclesiale. Guardiamo con attenzione anche ad altri giovani sacerdoti che hanno completato o stanno completando il ciclo di studi e che, in futuro, potrebbero affiancarci nel nostro lavoro. La formazione permanente è ormai una consuetudine consolidata del collegio giudiziale. Essa si realizza attraverso la partecipazione a corsi e convegni organizzati dalle Facoltà romane e dalle Associazioni canonistiche italiane. Avvocati. Per quanto riguarda gli avvocati iscritti all’Albo, evidenzio una sostanziale fedeltà all’impegno assunto, al fine di collaborare con il Tribunale all’accertamento della verità. Seppur con qualche sacrificio, ognuno di loro si attiene alle tabelle remunerative stabilite dalla CEI. In linea con la prassi degli altri Tribunali, si ammettono all’Albo esclusivamente avvocati che abbiano conseguito il dottorato in Diritto canonico. Le nomine sono ad quinquennium, in conformità con gli altri uffici ecclesiastici. I Patroni stabili operanti presso il Tribunale, tornati ad essere tre, profondono con competenza e dedizione il loro impegno sia nell’ascolto dei fedeli sia nel patrocinio delle cause loro affidate. Nel corso dell’anno hanno introdotto ottantacinque nuovi libelli. Risulta superfluo, ormai, il loro accedere presso le curie diocesane,

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vista la presenza delle citate “strutture stabili”, costituite nelle varie diocesi pugliesi. Difensori del Vincolo. Il Collegio dei Difensori del Vincolo, composto da undici collaboratori e diretto da mons. Felice Posa, offre con esperienza e competenza l’esercizio di un ufficio particolarmente utile e delicato nella trattazione delle nullità matrimoniali. Personale. Il personale laico, composto di tredici unità, offre il proprio servizio con dedizione e spirito ecclesiale. La collaborazione tra gli addetti ai vari servizi appare soddisfacente. Mi piace sottolineare che anche il personale dipendente cura la propria formazione culturale e professionale. Il dott. Vito Colaianni ha conseguito il dottorato in Diritto canonico nel 2016. Sono così tre i dipendenti che hanno raggiunto tale lodevole obiettivo.

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Economia. Quanto alla gestione economica, anche quest’anno si è avuto un notevole avanzo di bilancio di circa settantamila euro che saranno restituiti alla CEI. Come sempre, si è fatto fronte alle esigenze di indigenza reali rappresentate da fedeli impossibilitati a sostenere le spese sia attraverso la concessione del gratuito patrocinio (diciotto casi) sia attraverso l’esonero totale (undici) o parziale (uno) delle spese processuali. Anche in questo caso si sono utilizzati criteri rigorosi e oggettivi (certificato ISEE e lettera del parroco) già in uso presso altri Tribunali. Il nostro Tribunale per decidere e archiviare 255 cause, nello scorso anno ha sostenuto oneri per complessivi Euro 982.772. A fronte di questa spesa il contributo delle parti è stato di Euro 138.667. La somma residua di Euro 844.105 ha trovato la sua copertura finanziaria nel contributo CEI. Ogni singola causa ha avuto un costo di Euro 3.854. A questo proposito, un riferimento merita l’invito espresso al n. VI dei “criteri fondamentali” esposti nel preambolo del MIDI, laddove si invitano le Conferenze Episcopali ad attivarsi affinché «salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali, [...] venga assicurata la gratuità delle procedure». In attesa di nuove determinazioni, che presumibilmente saranno adottate nella prossima Assemblea generale dei Vescovi, è bene ribadire che, in Italia, la questione della “gratuità” dei processi è stata ripetutamente affrontata, secondo lo spirito delle indicazioni pontificie, con le


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE varie delibere della CEI, assunte in attuazione del can. 1649 del CIC. Tali provvedimenti, susseguitisi negli anni, hanno progressivamente affinato il sistema di solidarietà economica, per quanto attiene le spese processuali. Un iter iniziato con delibera del 18/03/1997, rielaborata il 19/10/1998 e poi ancora il 30/03/2001, le cui tabelle economiche sono state aggiornate nel 2010. L’ultima delibera in materia è entrata in vigore l’1/01/2012. Al momento, appare ben disciplinato l’istituto del gratuito o semi-gratuito patrocinio, l’esonero totale o parziale dalle spese processuali, la possibilità di avvalersi gratuitamente della figura del Patrono stabile (anche se il ricorso a tale figura non è strettamente legato a questioni economiche). Le indicazioni della CEI hanno anche inteso disciplinare con chiarezza la misura minima e massima del compenso dovuto dalle parti ai patroni di fiducia, onde impedire eventuali arbitri o emolumenti stridenti con lo spirito di servizio che deve contraddistinguere anche il comportamento degli avvocati ecclesiastici. Tutto questo, se già realizza nei fatti l’auspicio pontificio, continua a garantire un minimo di contribuzione da parte dei fedeli per il sostentamento di un’istituzione complessa e articolata, quale è il Tribunale ecclesiastico, che attinge le sue risorse finanziarie, in massima parte, dal gettito annuale dell’otto per mille riconosciuto dallo Stato italiano alla Chiesa cattolica. Una discreta accoglienza, infine, sta avendo, in Puglia, l’iniziativa di coinvolgere nelle spese necessarie per i singoli processi le parrocchie delle parti. In tal modo, i parroci e le comunità parrocchiali sono sensibilizzati in questa forma di autentica carità pastorale. D’altro canto, l’invito rivolto ai fedeli che hanno fruito del servizio del Tribunale Ecclesiastico a lasciare un libero contributo per le sue attività istituzionali, fa parte delle indicazioni fornite a suo tempo dalla CEI (cfr art. 4 §3 delle Norme del 30/3/2001). Non sembra però che tale esortazione abbia avuto finora particolare accoglienza. A tal riguardo, meriterebbe maggiore attenzione la disposizione codiciale secondo la quale: «i fedeli contribuiscano alle necessità della Chiesa con le sovvenzioni richieste e secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale» (can. 1262 CIC). Si tratta di un

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opportuno richiamo alla corresponsabilità di tutto il popolo di Dio nel farsi carico delle strutture e delle attività della Chiesa.

4. Il processo brevior

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Un ultimo accenno va posto su un’altra novità della recente riforma: il processo brevior. I vescovi pugliesi, anche a norma del can. 1417 (che disciplina il divieto di concorrenza nel giudizio), hanno ritenuto di avvalersi dell’ufficio del Vicario giudiziale del TERP (cui inviare il libello introduttivo, a norma dei cann. 1676 §2.4 e 1685 MIDI, e dell’art. 15 RP), il quale, valutata la fondatezza della richiesta e dei presupposti giuridici della stessa, affida ai tre vicari aggiunti l’istruttoria dei singoli processi, in ragione delle aree di appartenenza dei richiedenti. A essi viene affiancato, in qualità di assessore, un giudice della diocesi interessata, qualora vi fosse, o di una diocesi viciniore. Ciò garantisce, oltre all’osservanza del criterio della prossimità ai fedeli, la competenza e l’esperienza necessaria a questo genere di processi, la totale assenza di oneri finanziari da parte delle singole diocesi, oltre all’ausilio di strutture e personale già esistenti e collaudati. Non è stata sottovalutata la necessità di fornire, al proposito, unitarietà di giurisprudenza che è garanzia di serietà nell’esercizio processuale. Non da ultimo è stata considerata l’importanza di custodire, in un unico archivio, documenti che, per la loro peculiarità e delicatezza, esigono criteri di conservazione rigorosamente disciplinati dalla normativa canonica e civile. Ad oggi sono stati celebrati due processi con il rito brevior, conclusi con sentenza affermativa. Dette sentenze sono state consegnate personalmente dal rispettivo vescovo (di Taranto e di Oria) ai fedeli interessati, realizzando, in tal modo, una forma concreta di “pastorale giudiziaria”. I criteri per la celebrazione del rito brevior sono rigorosamente definiti ed esigono una valutazione altrettanto rigorosa. Tale forma processuale, espressione diretta del citato Sinodo straordinario del 2014, è stata in esso definita: «processo giudiziale straordinario».


TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE 5. Conclusione Nel ribadire la personale convinzione che il tempo e la prassi ci aiuteranno ad apprezzare gli indubbi benefici della recente riforma pontificia, concludo nel richiamare l’auspicio finale della citata Nota dei presuli pugliesi, che, nelle decisioni assunte, hanno inteso restare fedeli alla duplice preoccupazione più volte espressa dal Pontefice: la salus animarum e la riaffermazione chiara della sacralità del vincolo matrimoniale. «I Vescovi Pugliesi confidano che la riforma del processo matrimoniale possa rappresentare un’ulteriore occasione di servizio per il bene del popolo di Dio, ferma restando “la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo” (MI), così come inteso dal Supremo Legislatore». Grazie per l’attenzione. sac. Pasquale Larocca Vicario giudiziale

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AZIONE CATTOLICA ITALIANA La XVI Assemblea diocesana di Azione Cattolica e la nuova Presidenza diocesana

“Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro. Custodi dell’essenziale” è il percorso assembleare che l’Azione Cattolica Italiana sta vivendo in questo anno associativo e che, come sempre, parte dalle associazioni parrocchiali per concludersi con l’Assemblea nazionale che si vivrà il prossimo 28 aprile–1 maggio a Roma. Anche a livello diocesano, l’Azione Cattolica ha celebrato l’assemblea elettiva nei giorni 17–19 febbraio alla presenza di Padre Arcivescovo mons. Francesco Cacucci e del delegato della Presidenza nazionale, il prof. Luca Marcelli. Una tre giorni intensa e partecipata, che ha visto la presenza delle 58 associazioni parrocchiali, 238 delegati tra delegati parrocchiali e membri del Consiglio diocesano. L’associazione ha scelto come riferimento per tutto il cammino assembleare l’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Ed infatti, il documento assembleare discusso in assemblea è stato elaborato avendo come riferimento i quattro principi enunciati da Papa Francesco nel cap. IV. L’Esortazione apostolica, tra l’altro, è stato un riferimento costante durante tutto il triennio 2014-2017. I convegni, che a livello nazionale hanno guidato di anno in anno l’associazione, sono stati linfa vitale per l’associazione, che ha così accolto l’invito del Santo Padre al

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Convegno di Firenze, il 10 novembre 2015, di «avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avrete individuato in questo convegno».

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Dopo aver espresso un vivo ringraziamento a Padre Arcivescovo per la cura, l’attenzione e lo sguardo amorevole e paterno che sempre ha riservato alla esperienza associativa, la Presidente Michela Boezio ha voluto sottolineare l’importanza del cammino assembleare come esperienza di comunione e sinodalità e, ripartendo dalla parole di Padre Arcivescovo nell’ultimo incontro vissuto in forma unitaria domenica 29 gennaio, il tradizionale appuntamento ACR della marcia della Pace, ha sottolineato il valore aggiunto dell’esperienza dell’Azione Cattolica che è il senso di ecclesialità che caratterizza l’associazione. Muovendo ancora dalle indicazioni del Santo Padre a Firenze, «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà», la Presidente ha voluto ribadire l’importanza del vivere l’associazione con uno sguardo attento alla vita ecclesiale senza fare di essa un’illusione di perfezione. Come ha sottolineato il presidente nazionale Matteo Truffelli (7 dicembre 2014), «Scegliere l’AC significa scegliere di vivere nella Chiesa da associati. In pratica, significa avere una scusa in meno per andare in cerca di una Chiesa “su misura”, una Chiesa a nostra immagine e somiglianza, una Chiesa da abitare con chi vogliamo, come vogliamo e quando vogliamo, costruendone una così bella che... può anche correre il rischio di non essere vera, o di non essere aperta, accogliente, ospitale». Questa è la prospettiva in cui l’Associazione diocesana sta camminando e che il Santo Padre esprime nel principio «La realtà è più importante dell’idea» (EG 231) in cui ci mette in guardia dalle tante «forme di occultamento della realtà» che, per l’Associazione, possono essere rappresentate dal sentirsi indispensabili, dall’incapacità di dialogare con tutti, dal vivere la responsabilità come mero formalismo e non come esperienza di relazione autentica, l’incapacità di elaborare i percorsi attenti al tempo e allo spazio che viviamo.


AZIONE CATTOLICA ITALIANA Questi rischi, che sono propri della vita ecclesiale, si percepiscono e vivono anche nel tessuto associativo. Tuttavia, sottolinea la Presidente, «è importante ricordare e ribadire che l’esperienza dell’Azione Cattolica ci insegna a non vivere di perfezione ma essere protesi alla perfezione del Regno che è in divenire. Tutto il nostro cammino associativo è proteso al bene della Chiesa sempre. È questo un bene superiore sempre! Che ci educa a vivere bene lo specifico che l’AC ci propone». Dopo aver sottolineato l’importanza della centralità di Cristo, la Presidente ripercorre ancora l’Evangelii gaudium e, riprendendo le parole del Presidente Truffelli, indica alcune piste fondamentali per il cammino associativo: – vivere il servizio alla Chiesa come servizio incondizionato, generoso responsabile; – vivere l’esperienza associativa come esperienza di comunione e di impegno per la comunione; – vivere l’esperienza associativa come luogo di dialogo con l’uomo di oggi. Anche Padre Arcivescovo, nel suo intervento, ha voluto sottolineare la bellezza del cammino ecclesiale che l’Associazione vive, in modo particolare ha apprezzato il clima di comunione e l’esperienza di unitarietà che l’associazione diocesana vive. L’invito è a «trasfondere l’unitarietà dell’AC nella vita delle comunità». In modo particolare, Padre Arcivescovo indica come attenzione particolare per l’Associazione il Sinodo dei Giovani verso cui tutta la Chiesa è in cammino. Come più volte evidenziato, sottolinea l’invisibilità dei giovani nella parrocchie, soprattutto nei luoghi della partecipazione, constatando, invece, come l’esperienza associativa valorizzi la presenza dei giovani anche nell’assemblea diocesana. Chiede che sia coltivato l’ascolto reciproco, la preghiera comune, l’incontro comunitario di giovani e adulti nella fedeltà al progetto pastorale diocesano. I lavori dell’assemblea sono stati molto partecipati. Diversi gli interventi da parte dei delegati, da cui emerge soprattutto il deside-

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rio di vivere l’Associazione sempre più con slancio missionario, in modo particolare con un’attenzione specifica alla formazione socio-politica. Anche l’intervento del delegato della Presidenza Nazionale, prof. Luca Marcelli, ha sottolineato la bellezza del cammino associativo come esperienza di comunione e di fraternità: ha anche evidenziato l’importanza della scelta democratica che l’associazione vive e che oggi non sempre è vissuta nella società e negli organi di partecipazione. L’assemblea ha eletto il nuovo Consiglio diocesano per il triennio 2017–2020 e nel primo incontro il Consiglio diocesano ha proposto a Padre Arcivescovo una terna di soci per la nomina a Presidente diocesano. L’Arcivescovo in data 3 marzo ha nominato Presidente diocesano il prof. Antonio Colagrande. Successivamente, il Consiglio diocesano ha eletto la presidenza diocesana 2017-2020: segretario diocesano Giovanni Calia (parrocchia Spirito Santo - Palo del Colle), amministratore diocesano Caterina Milella (parrocchia S. Pio X - Bari), vice presidenti per il Settore Adulti Loredana Carnevale (parrocchia S. Nicola - Mola di Bari) e Donato Attolico (parrocchia S. Cecilia - Bari); vice presidenti per il Settore Giovani Cristina Cutrone (parrocchia S. Maria la Porta - Palo del Colle) e Gaetano Laudadio (parrocchia S. Maria del Carmine Noicattaro), responsabile diocesano ACR Giuseppe Panzarini (parrocchia Immacolata - Adelfia), vice responsabile diocesano ACR Dario Quadrello (parrocchia S. Marco - Bari), segretari del Movimento Studenti di AC Roberto Lonigro (parrocchia S. Nicola - Adelfia) e Claudia Stufano (parrocchia S. Marco - Bari). 130

Auguriamo al nuovo Consiglio e alla nuova Presidenza di guidare e animare con gioia e passione evangelica la nostra associazione e auguriamo alla nostra associazione, che si appresta in tutta Italia a celebrare i suoi 150 anni di vita, di dare profondità e spessore a ciò che siamo; capire l’importanza del lungo percorso che abbiamo alle spalle. Saperci eredi di un patrimonio bello e significativo, che siamo chiamati a custodire ma ancor di più a far fruttificare, continuando sulla strada tracciata e cercando nuove vie per far sì che, attraverso l’AC, ancora tante persone possano scoprire l’amore del Signore. L’AC è stata fondata da due giovani: che tutti i ragazzi, giovanissi-


AZIONE CATTOLICA ITALIANA mi e giovani (insieme agli adulti) si sentano sempre più corresponsabili dell’associazione di oggi e di domani, della missione evangelizzatrice della Chiesa. Tutti siamo chiamati a essere e a sentirci sempre discepoli missionari, amici di Gesù, testimoni credibili del Vangelo al servizio del Regno. Michela Boezio Presidente diocesana 2011-2017 don Antonio Serio Assistente unitario

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PUBBLICAZIONI p. Leonardo Di Pinto, O.F.M.

Profilo storico agiografico di Mons. Vinçenc Prennushi e Compagni Martiri Introduzione di Angelo Massafra, O.F.M., Arcivescovo metropolita di Scutari-Pult a Profilo storico agiografico di Mons. Vinçenc Prennushi e Compagni Martiri di p. Leonardo Di Pinto, O.F.M. 2 voll., Casa Editrice Arcidiocesi Metropolitana Scutari-Pult 2016 Indice: Vol. I: Introduzione di S. E. Mons. Angelo Massafra, Arcivescovo metropolita di Scutari-Pult Prefazione di Willy Kamsi, Primo Ambasciatore straordinario della Repubblica d’Albania presso la Santa Sede Recensione di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio Mons. Vinçenc Prennushi Mons. Frano Gjini Mons. Jul Bonati Don Alfons Tracki Don Anton Muzai Don Anton Zogai Don Dedë Maçaj Don Dedë Malaj Don Dedë Plani Don Ejëll Deda Don Jak Bushati Padre Josif Papamihali Don Josef Marxen

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Don Lazër Shantoja Don Lek Sirdanki Don Ligi Prendushi Don Marin Shkurti Don Lark Gjani Don Mikel Beltoja Don Ndoc Suma Don Ndre Zadeja Don Pjetër Çunië Don Shtjefën Kurti Vol. II: Padre Bernardin Palaj Padre Çiprijan Nikaj Padre Gaspër Suma Padre Gjom Shllaku Padre Karl Serreqi Padre Mati Prendushi Padre Serafin Kpoda Padre Danjel Dajani Padre Giovanni Fausti Fratello Gjon Pantalija Mark Çuni Fran Mirakaj Gielosh Lulashi Qerim Sadiku Marije Tuci Appendice: Personaggi Preghiera: Sangue a Scutari

134 Avremmo desiderato che a scrivere questa Introduzione fosse stato lo stesso autore dell’opera, il compianto p. Leonardo Di Pinto, francescano della Provincia di San Michele Arcangelo dei Frati Minori di Puglia e Molise. Ma egli è ritornato a Dio ed ora gode della compagnia dei confratelli Martiri albanesi dei quali ha ricostruito la vicenda umana e spirituale. Un lavoro, il suo, attento, meticoloso, e accompagnato da grande venerazione per coloro che in terra hanno testimoniato l’amore per


PUBBLICAZIONI Dio e per la Patria, donando la vita al grido di “Viva Cristo Re! Viva l’Albania!”. Dare alle stampe questo testo, dunque, è sì il completamento dell’impegno profuso dal p. Leonardo, ma, al tempo stesso, un grato tributo del popolo cristiano d’Albania a questo fratello che, con la sua opera, si è posto sulla scia di quei confratelli francescani albanesi che hanno lasciato il segno nella cultura e nella fede della loro gente. Così penso di non peccare di presunzione se, a nome dei confratelli Vescovi della Conferenza Episcopale Albanese, che rappresento, esprimo sin da subito il sentito ringraziamento a p. Leonardo nella grata memoria della sua squisita persona, della sua amicizia e simpatia per la Chiesa che è in Albania e per il suo lavoro di ricerca, di cui quest’opera può senz’altro essere considerata come il compendio. Come anche ai frati della Comunità Francescana di Bari, che volentieri si è privata della sua presenza per lunghi periodi perché potesse essere qui con noi in Scutari e lavorare per i nostri Martiri. Certamente, la prematura scomparsa di p. Leonardo non gli ha permesso di completare quest’opera che, perciò, si presenta come incompiuta nel perfezionamento dello stile e in alcuni dettagli che la mano dei revisori non ha voluto intaccare più di tanto per rispetto dell’autore. E sempre per lo stesso motivo si è deciso di darla alle stampe così com’è, solo tradotta dall’originale in lingua italiana, che egli ci ha lasciato e con i riferimenti delle citazioni dei testi in italiano da cui egli ha attinto. Ora volendo presentare questo lavoro del p. Leonardo Di Pinto in concomitanza della beatificazione di mons. Vinçenc Prennushi e compagni, Martiri, si è volutamente sostituire la terminologia “Servi di Dio”, che egli aveva usato nel comporre queste pagine, con “Beati”. Inoltre la stampa di questi volumi coincide con la canonizzazione di madre Teresa di Calcutta e per questo motivo abbiamo voluto sostituire il termine “Beata” con “Santa”. Va da sé che, al termine di un lavoro di ricerca lungo e laborioso nell’intento di ricostruire i profili di mons. Prennushi e compagni

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Martiri, si acquisti una certa familiarità non solo con le loro figure eroiche, ma anche con i contesti storici, le vicende politiche, i volti dei perseguitati e dei loro persecutori. Il quadro che ne deriva è sì composto da intense pennellate rosso sangue, ma i nostri campioni della fede rompono la monotonia cromatica di oltre settant’anni di storia con sprazzi verde speranza, germogli rigogliosi di cui oggi si comincia a raccogliere i primi frutti. Tuttavia, come ci insegna la parabola del grano e della zizzania, di evangelica memoria, la sapienza dell’agricoltore deve sempre tener presente che accanto ad ogni pianta buona c’è sempre la possibilità che ne spunti una cattiva che ne va a compromettere la salute. Così la libertà conquistata, oltre a richiedere al giovane popolo albanese un forte impegno di maturazione e di crescita sotto il profilo umano, politico, sociale, economico, culturale e spirituale, deve fare anche i conti con quel percorso storico che, negli anni della chiusura imposta dal regime, il mondo circostante ha già compiuto: l’impatto è inevitabile! È come risvegliarsi all’improvviso da un lungo coma e trovare il mondo attorno a sé cambiato e irriconoscibile rispetto a come se lo ricordava, col rischio di assumere ogni novità alla stregua di un bambino al suo primo incontro col fuoco: meraviglia, desiderio e pericolo. Come non preoccuparsi di fronte al rischio dell’assunzione passiva da parte degli organi governativi di misure legislative che il mondo europeo circostante ancora sta dibattendo, pur avendo anni di realtà conclamate alle spalle? Come rimanere inermi di fronte ai pericoli che soggiacciono all’uso affatto sapienziale dei mezzi di comunicazione? Cosa ne sarà dei grandi valori di questo popolo se venisse meno il forte senso della famiglia; se la vita, dal suo nascere fino all’ultimo respiro, non dovesse più contare nulla; se la solidarietà che pure ha tenuto duro negli anni della dittatura dovesse svanire d’un colpo? Certamente, non sfuggono neanche i limiti legati ora all’indole, ora a regole culturali arcaiche, ora alle vicende tristi di questo popolo. Ma sono proprio questi limiti che meritano attenzione e cura, più e meglio del farsi carico di problematiche mutuate, invece, dai paesi circostanti. Il popolo albanese non può e non deve guardare all’erba del vicino, mentre ha in sé risorse di natura, di cultura e di spiritualità non


PUBBLICAZIONI indifferenti. Sono queste risorse che possono aiutarlo a crescere e svilupparsi. È la riscoperta (o a volte la scoperta ex novo) del bene che ha in se stesso che può garantire la base da cui partire per dare un nuovo volto all’Albania. Un nuovo volto dalla fronte alta, propria di che vive la serenità di una vita buona, condotta secondo giustizia; con occhi grandi, finestre rivelatrici di un’anima buona e non corrotta; con i tratti della gentilezza e del sorriso, in equilibrata sintonia con l’acume necessario a scegliere fra il bene e il male. In fondo, è questo il motivo per il quale pubblichiamo questo testo, nella fondata speranza che il ricordo dei Martiri e delle loro virtù accompagni sempre le nuove generazioni e dia loro le coordinate essenziali per essere, già oggi, l’Albania di domani. Per dirla con uno slogan in voga qualche anno fa, la memoria si fa profezia. Ma ben radicati nel presente! Perché è qui ed ora che comincia ogni opera. Questo hanno fatto i nostri Martiri: nel loro “qui ed ora” hanno segnato l’inizio della nuova Albania, quella che stiamo vivendo. È con gioia e speranza, dunque, che consegniamo quest’opera all’intero popolo albanese e, in modo particolare, a chi è chiamato a curare la formazione delle giovani generazioni perché la memoria dei Martiri sia tramandata come motivo di forza e di speranza sempre nuova; a chi ha responsabilità di governo perché vi trovi la saggezza e il monito necessario a ricordare sempre che la persona umana viene prima di ogni legge e di ogni interesse ideologico. Infine, l’auspicio sincero che il contenuto di queste pagine aiuti a far vibrare ancora i cuori degli Albanesi e, anche se le condizioni sono mutate, in essi possa ancora risuonare forte il grido dei nostri Martiri: “Viva Cristo Re! Viva l’Albania!”. + Angelo Massafra, O.F.M. Arcivescovo metropolita di Scutari-Pult Presidente del Tribunale diocesano per la causa dei santi

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Suor Teresa di Gesù Gimma Un cammino di santità

Presentazione di mons. Francesco Cacucci a Un cammino di santità. Scritti spirituali di una Serva di Dio Vol. II (1920-1948) di Suor Teresa di Gesù Gimma a cura di Giuseppe Micunco Ed. San Paolo, 2016

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Indice: Presentazione di mons. Francesco Cacucci Prefazione di mons. Vito Angiuli Introduzione – Un cammino di santità e di martirio: L’inizio del martirio; Gli scritti del primo decennio (1920-1931). Il martirio del cuore; Gli scritti del periodo romano (1931-1932). Il martirio dello spirito; Gli scritti dopo il ritorno a Bari. Il martirio dell’umiltà; Gli scritti degli anni ’40. Il martirio del corpo; Considerazioni sugli scritti. Il martirio della parola; L’unione con l’Amato; La “deificazione”; Attraverso la croce; Attraverso il mistero pasquale; Tutto per amore; Le immagini. Racconti e riflessioni (1924): Per i fiori del nuovo Carmelo Ritiro per il 25° della vestizione religiosa (1926): Io sono del mio amato e il mio amato è mio Ritiro spirituale (1927): Per slanciarmi verso Gesù Ritiro di p. Serafini (1928): La croce, la gemma preziosa Diario romano (maggio 1931): L’uva pigiata nel tino Ritiro al Regina Carmeli (dicembre 1931): Lo Sposo crocifisso Pensieri e propositi dal ritiro al Regina Carmeli (novembre 1931): Cercati in me e io sono in te Ritiro per la professione solenne (gennaio 1932): Il profumo di Dio Uno e Trino La professione solenne (Roma, 6 gennaio 1932): a) Il verbale della professione; b) Rendiconto dell’esercizio di unione con Dio; c) Considerazioni sulla vita al Regina Carmeli Ritiro al rientro a Bari (ottobre 1932): I fiori più belli in una valle di pianto Poesie (1933-1934): Il confidente abbandono del cuore


PUBBLICAZIONI Riflessioni (1934): Nella sua volontà la nostra pace Considerazioni sulla semplicità Esercizi spirituali (!936-1938): Partecipi della natura divina Esame di coscienza (ottobre 1941): Rinnegare se stessi Poesie e dediche per la comunità (1940-1948): Un cuore solo e un’anima sola Anniversario (1948): Una vita per l’amore Sfoghi dell’anima (1948): Fammi presto tua Nota biografica

“Un volo d’amore”. Così avevo definito la vicenda umana e cristiana di suor Teresa di Gesù Gimma, presentando la sua biografia spirituale, curata dalle consorelle del Monastero di S. Teresa Nuova, in “volo” «che l’ha costantemente spinta verso l’alto, fino all’incontro con Dio» Una vita per l’Amore, Mottola 2003, p. 7). Gli scritti di Teresa contenuti nel primo volume (Un cammino di santità. Scritti spirituali di una Serva di Dio, Cinisello Balsamo 2012) ci hanno permesso di seguire e gustare la prima parte di questo “volo”, quello dalla casa dei genitori al Carmelo di S. Giuseppe, e i ventidue anni (18981920) da lei vissuti in quel giardino di pace, un «cammino interiore – dicevo compiuto nel silenzio e nella preghiera». Gli scritti di questo secondo volume ci fanno seguire e gustare la seconda parte di quel “volo” (gli anni 1920-1948), quello fatto con la fondazione di un nuovo Carmelo in Bari, quello di S. Teresa Nuova, per volontà dell’Arcivescovo mons. Giulio Vaccaro, un volo in tanti momenti messo alla prova, un volo sulla croce, prima di spiccare il volo definitivo nel cielo. Se gli scritti nel primo volume, come scrivevo nella Presentazione (p. 6), trovavano soprattutto «le modulazioni tipiche della spiritualità carmelitana:: l’abbandono alla volontà di Dio… le prove della “notte oscura”” … l’annichilimento nell’umiltà e nel nascondimento» con note tutte sue, in particolare l’amore per Gesù Bambino, al centro di tanti meravigliosi scritti, in questo secondo volume la nota predominante è quella del martirio. Fino all’uscita dal Carmelo di S. Giuseppe Teresa aveva vissuto un martirio degli affetti, soprattutto per le difficoltà in famiglia, col

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papà in particolare; con la fondazione del nuovo monastero il suo è soprattutto un martirio dell’obbedienza, una obbedienza che le viene richiesta tante volte, in circostanze spesso drammatiche: l’ordine perentorio di mons. Vaccaro (quanto volentieri sarebbe rimasta nel Carmelo in cui era stata per tanti anni…); le difficoltà nella gestione anche economica ed amministrativa, soprattutto dopo il tragico assassinio del Canonico mons. Capozzi, amministratore e direttore spirituale del nuovo monastero; le vicende giudiziarie per la morte di una giovane monaca per un grave male che fu accusata di aver trascurato; il suo allontanamento da Bari per contrasti interni alla sua comunità e il vivere un anno e mezzo nel monastero Regina Carmeli di Roma, in pratica da novizia; il rientro nel suo Carmelo, ma senza più responsabilità di governo, di fatto da semplice monaca; infine i malanni fisici che la travagliarono negli ultimi anni. In tutto suor Teresa vive il martirio dell’obbedienza alla volontà di Dio, perché, e dagli scritti appare con chiarezza, in tutto ella vede la presenza del Signore, la sua volontà tante volte oscura e imperscrutabile, ma che proprio per questo è mistero di fede ed è mistero d’amore e di misericordia, e perciò anche di gioia. In alcuni scritti, straordinari per la tensione spirituale e per le espressioni, Teresa descrive momenti di vera estasi e, soprattutto alla comunione eucaristica, momenti di intima e profonda unione con Gesù, e in lui con la SS.ma Trinità, a cui si conforma pienamente, parlando più volte di “deificazione”, di totale immedesimazione in Dio. E il linguaggio di Teresa è quello della Scrittura, tante volte quello del Cantico, ma anche il linguaggio di delicate immagini. Basti leggere solo alcuni dei titoli preposti ai suoi scritti dal curatore del volume: Per i fiori del nuovo Carmelo, Io sono del mio amato e il mio amato è mio, La croce la gemma preziosa, L’uva pigiata nel tino, Lo sposo crocifisso, Il profumo di Dio Uno e Trino, I fiori più belli in una valle di pianto, Partecipi della natura divina, Un cuor solo e un’anima sola… per citarne solo alcuni. Un secondo elemento del martirio dell’obbedienza di Teresa è costituito dall’amore per le sue “figlie”: le ha accolte nel nuovo Carmelo, le ha viste crescere e le ha aiutate a crescere, a prendere i voti, a fiorire. Per amore ha vissuto sino in fondo, anche in momenti di incomprensione con qualcuna, l’obbedienza a una missione che le era stata affidata, certo da mons. Vaccaro, ma per Teresa da Dio stesso, perché tutto faceva risalire a lui, in tutto vedeva lui e la sua


PUBBLICAZIONI volontà misericordiosa. Non sempre il Signore ha ascoltato la sua preghiera, ma certo doveva ritrovarsi in ciò che scriveva quella giovane monaca, suor Elia di San Clemente, ora beata, che per qualche mese lei aveva conosciuto nel monastero di S. Giuseppe: «Non mai mi sento così vicina a Te, o mio dolce Gesù, come quando ti chiedo qualche grazia e Tu me la rifiuti» (suor Elia di San Clemente, Scritti, Roma 2001, p. 350). E nemmeno a suor Elia le prove sono mancate. Questi due fiori dei due Carmeli di Bari, fiori nella nostra città e nella nostra Chiesa in anni non facili per via della precaria situazione socioeconomica, per via delle guerre, per via di un ambiente anticlericale e spesso anticristiano, ancora fioriscono tra noi, e possono e devono fiorire ancora di più. Sono grato al prof. Giuseppe Micunco, che ha curato anche questo secondo volume: la conoscenza e la diffusione degli scritti di queste due sante monache ci permettono non solo di entrare sempre più in questa spiritualità carmelitana che tanto bene ha fatto e continua a fare alla nostra Chiesa e alla nostra società barese, ma di avere dei modelli di vita cristiana validi non solo per i consacrati e le consacrate, ma per tutto il popolo di Dio. Suor Teresa che dopo tanto soffrire ora gode della visione divina, assista in particolare il Carmelo di S. Teresa Nuova, ma aiuti anche tutti a “volare” in alto, a seguire le vie della santità, a celebrare nella nostra vita la misericordia di Dio. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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NELLA PACE DEL SIGNORE don Oronzo Valerio

È tornato alla casa del Padre don Oronzo Valerio, all’età di quasi 92 anni e 67 di sacerdozio. Nacque infatti a Sannicandro di Bari il 28 maggio 1925 da Giovanni e Maria Scalera e fu ordinato sacerdote da mons. Marcello Mimmi nella chiesa madre del suo paese il 24 luglio 1949. Di famiglia profondamente cristiana, maturò la sua vocazione al sacerdozio nelle file dell’Azione Cattolica; pertanto, nel 1944, dopo il Liceo classico a Bitonto, entrò nel Seminario Regionale di Molfetta per gli studi di teologia. Il primo campo di lavoro apostolico fu la parrocchia di S. Giuseppe in Bari, dal 1 ottobre 1949 al 1 ottobre 1952, come vicario cooperatore sotto la guida pastorale di mons. Michele Schiralli. Ma ben presto si ebbe bisogno di lui come vicario adiutore nella parrocchia Maria SS. del Carmine in Sammichele di Bari, dove condivise l’impegno pastorale con l’anziano arciprete don Onofrio Maggipinto dal 1 ottobre 1952 al 14 aprile 1957, dove fonda il primo Centro sociale del Sud voluto dalla POA (Pontificia Opera di Assistenza), lasciando presso quella comunità un vivo e grato ricordo sia pure per i pochi anni ivi vissuti. Il 14 aprile 1957 veniva chiamato a Grumo Appula come arciprete curato nella parrocchia di S. Maria Assunta, rimanendovi sino al dicembre del 1964. Il 3 gennaio del 1965 venne trasferito come par-

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roco presso la parrocchia di S. Ferdinando in Bari dove rimase sino al 1984. Un lungo periodo pastorale impegnato al servizio della Parola e della vita sacramentale, oltre che nel contatto personale accompagnando i vari gruppi parrocchiali, compreso quello delle “Amiche di Betania”. Membro del Consiglio Presbiterale e vicario zonale di Bari–centro, per diversi anni ha servito la comunione tra i sacerdoti attraverso la guida del gruppo diocesano dell’Unione Apostolica del Clero. Nei diversi passaggi di parrocchia gli è stato di grande conforto l’aiuto e la vicinanza specialmente della sorella. Da Bari l’arcivescovo Magrassi lo chiamò infine ad avviare la nuova parrocchia di S. Maria delle Grazie in Cassano delle Murge, con l’annessa Casa di spiritualità sacerdotale “Betania”. Vi giunse nel 1984 e vi è restato sino al 2002. Padre Angelo Centrullo, il fondatore, aveva preparato la struttura con dovizia e splendore, don Valerio ha avviato la nascita della comunità non senza difficoltà, specialmente quelle comuni nei paesi quando nasce la seconda parrocchia. Anche Casa Betania è stata dimora e approdo temporaneo per sacerdoti bisognosi di riposo fisico e spirituale. Concluso l’ultimo parrocato, rimasto a vivere in Cassano delle Murge, ha retto la cappellania presso la fondazione “Salvatore Maugeri” dal 2002 al 2013 ed stato confessore e guida spirituale della Cappella dell’Eucarestia in Bari e della comunità di S. Benedetto nella zona S. Giorgio-Bari. Assistito fedelmente dalla sig.na Lucia Loiudice, è deceduto serenamente presso il reparto di cardiologia intensiva dell’Ospedale “Miulli” di Acquaviva delle Fonti all’alba del 7 gennaio 2017. La liturgia pasquale di commiato, presieduta dall’Arcivescovo, è stata celebrata lunedì 9 gennaio nella parrocchia S. Maria del Carmine in Sannicandro di Bari. È stato tumulato nel cimitero di Sannicandro di Bari. 144


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DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Gennaio 2017

1 e 6 – Al mattino, presso la parrocchia “S. Giovanni Battista” in Bari, celebra la S. Messa. 8 – Al mattino, presso la parrocchia “S. Marcello” in Bari, celebra la S. Messa e amministra le Cresime. 9 – Al pomeriggio, presso la parrocchia “Santa Maria del Carmine” in Sannicandro di Bari, celebra le esequie di don Oronzo Valerio. 13 – Al mattino, presso la “Città dei Ragazzi” e alla sera presso la parrocchia “Sacro Cuore” in Mola di Bari, incontra il vicariato XI. 14 – Al mattino, incontra il Capitolo Metropolitano. 15 – Al mattino, presso la parrocchia “Redentore” in Bari, celebra la S. Messa per la Giornata del Migrante e del Rifugiato. – Al pomeriggio, presso la parrocchia “S. Egidio” in Bitonto, guida la catechesi sul tema pastorale diocesano e celebra la S. Messa. 16 – Alla sera, presiede la riunione del Consiglio diocesano di A.C. 17 – Presso la parrocchia “S. Paolo Apostolo” in Bari, incontra il VI vicariato. 19 – Al mattino presso il Santuario del Beato Giacomo e alla sera presso la parrocchia “S. Michele Arcangelo” in Bitetto, incontra il VII vicariato. 20 – Al mattino, nel Teatro Petruzzelli in Bari, celebra la S. Messa per la festa di san Sebastiano, patrono del Corpo dei Vigili urbani.

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– Al pomeriggio, presso la chiesa di “S. Nicola” in Bitonto, partecipa alla presentazione del libro di Michele Muschitiello e Laura Fano Bitontini alla corte del Principe di Malta. 21 – Al mattino, presso la Camera di Commercio in Bari, partecipa al convegno su “Il virus dell’individualismo”, organizzato dall’Associazione “Sussidiarietà - Angelo Schittulli Onlus”. – Alla sera, presso la Società San Paolo in Bari, celebra la S. Messa per la festa della Conversione di S. Paolo. 22 – Al pomeriggio, nella Basilica di S. Nicola, partecipa all’incontro diocesano di preghiera per l’unità dei cristiani. 23-25– A Roma partecipa ai lavori del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. 26-28– A Roma partecipa ai lavori della Plenaria della Congre-gazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. 29 – Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la festa diocesana di A.C. – Al pomeriggio, presso il Centro Multimediale della Fondazione “Giovanni Paolo II” in Bari, nell’ambito della rassegna “Famiglie a teatro”, partecipa allo spettacolo “Ragù” di Vito Signorile. 30/1-1/2 – A Gravina in Puglia, presso il Centro “Benedetto XIII”, presiede i lavori della Conferenza Episcopale Pugliese.

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– Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la Giornata mondiale della vita consacrata nella festa della Presentazione del Signore. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria Assunta” in Cassano Murge, guida la catechesi comunitaria. – Al mattino, presso la Facoltà Teologica Pugliese, presiede la riunione della Commissione di Alto Patronato. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria delle Grazie” in Casamassima, celebra la S. Messa per il 50° anniversario di fondazione della parrocchia.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO 5

– Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, guida il ritiro spirituale per i fidanzati dei vicariati: Bitonto-Palo del Colle, III, VII, VIII, IX, X. – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la festa diocesana della famiglia. 6 – Al mattino, presso la Casa del Clero in Bari, presiede la riunione del Consiglio Presbiterale diocesano. – Al pomeriggio, nella chiesa madre di Tricase, celebra le esequie di mons. Carmelo Cassati, arcivescovo emerito di Trani-Barletta-Bisceglie. 7 – Al mattino presso il Centro pastorale “Giovanni Modugno” in Bitonto e alla sera presso il Santuario “Santi Medici” in Bitonto, incontra il vicariato Bitonto-Palo del Colle. 8-9 – A Napoli, partecipa al Convegno “Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani del Sud”, promosso dalle diocesi del Mezzogiorno. 10/12 – Guida il pellegrinaggio diocesano a Lourdes. 13 – Alla sera, nella chiesa di S. Domenico in Bari, celebra la S. Messa per i giuristi cattolici. 14 – Al mattino presso la parrocchia “Spirito Santo” in BariSanto Spirito e alla sera presso la parrocchia “S. Michele Arcangelo” in Bari-Palese, incontra il III vicariato. 15 – Al mattino presso l’Oasi Francescana “De Lilla” e alla sera presso la parrocchia “S. Luca”, incontra il XII vicariato. 16 – Presso la parrocchia “S. Pasquale” in Bari, incontra il V vicariato. 17 – Alla sera, partecipa all’Assemblea elettiva di A.C. per il rinnovo del Consiglio diocesano. 18 – Al mattino, presso l’aula “Mons. Enrico Nicodemo” in Bari, presiede la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese. – Al pomeriggio, presso l’aula sinodale della Curia arcivescovile, partecipa alla presentazione del percorso formativo “Comunicare la Bellezza dell’Amore Umano”, organizzato dal Forum Associazioni Familiari di Puglia e dall’Unione

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Cattolica Italiana Insegnanti, Dirigenti, Educatori, Formatori della Puglia (UCIIM). Alla sera, presso la parrocchia “S. Nicola” in Toritto, celebra la S. Messa per l’ordinazione presbiterale di don Francesco Spierto. Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, guida il ritiro spirituale per i fidanzati dei vicariati: I, II, IV, V, VI, XI, XII. Alla sera, nella chiesa del Gesù in Bari, celebra la S. Messa per l’anniversario della morte del Servo di Dio mons. Luigi Giussani, fondatore di “Comunione e Liberazione”. Presso la parrocchia “S. Girolamo” in Bari, incontra il I vicariato. Presso la parrocchia “S. Giuseppe” in Bari, incontra il II vicariato. Al pomeriggio, presso il Palazzetto “S. Giacomo” in Conversano (Ba), partecipa all’ordinazione episcopale di S.E. mons. Giovanni Intini, vescovo di Tricarico. Al mattino, presso il Seminario arcivescovile, incontra l’équipe educativa. Al pomeriggio, preso l’Oasi diocesana S. Martino, incontra i diaconi. Alla sera, presso il Museo diocesano, partecipa alla presentazione di due dipinti restaurati. Presso la parrocchia “S. Maria delle Grazie” in Casamassima, incontra il vicariato VIII. Al pomeriggio, presso la Domus familiae “Nozze di Cana” in Bari-Torre a Mare, porta il saluto al convegno regionale sulla famiglia. Alla sera, presso la parrocchia “S. Alberto” in Bari, celebra la S. Messa per il 40° anniversario di fondazione della parrocchia. Al mattino, presso la parrocchia “Cristo Re Universale” in Bitonto, celebra la S. Messa e amministra le cresime. Alla sera, presso la parrocchia “S. Gabriele dell’Addolorata” in Bari, celebra la S. Messa per la festa del Titolare. Presso il Santuario della Madonna del Pozzo in Capurso, incontra il IX vicariato. Nel pomeriggio, presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” in Molfetta, incontra i seminaristi teologi.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

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– Al mattino, presso la cappella della sede regionale del Corpo della Guardia di Finanza, celebra la S. Messa e impone le Ceneri. – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa del Mercoledì delle Ceneri. 2 – Al mattino, presso la parrocchia “Cuore Immacolato di Maria” in Bari, incontra il IV Vicariato. 6 – A Roma, presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino “Angelicum”, celebra la S. Messa nella Festa di San Tommaso d’Aquino, Patrono dell’Università. 7 – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa nella solennità di Maria SS. di Costantinopoli con la partecipazione del I vicariato. 8 – Al pomeriggio, in Cattedrale, incontra i cresimati della parrocchia “S. Ferdinando” di Bari. – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati IV e V. 9 – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del II vicariato. 10 – Al mattino, presso la parrocchia “Maria SS. Annunziata” in Modugno, celebra la S. Messa per la festa della Patrona, Maria SS. Addolorata. – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del vicariato VIII. 11 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria del Carmine” in Sammichele di Bari, celebra la S. Messa e benedice le immagini restaurate dei Santi Medici. 12 – Al mattino, presso l’Istituto Di Cagno Abbrescia in Bari, celebra la S. Messa per il raduno del Rinnovamento nello Spirito. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Domenico” in Acquaviva delle Fonti, celebra la S. Messa per il quarto centenario della chiesa e l’80° anniversario della parrocchia.

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13 – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del vicariato Bitonto-Palo del Colle. 14 – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione del VII vicariato. 15 – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati III e XI. 16 – Al pomeriggio, presso l’istituto delle Suore Domenicane in Bari, celebra la S. Messa per la FEDER.S.P.Ev (Federazione Sanitari Pensionati e Vedove). – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati IX e X. 17 – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa con la partecipazione dei vicariati VI e XII. 18 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Leucio” in Bitonto, celebra la S. Messa per il 60° anniversario della morte del Servo di Dio Giovanni Modugno. 19 – Al mattino, presso la parrocchia “S. Enrico” in Bari, celebra la S. Messa per l’anniversario della parrocchia. – Alla sera, presso la parrocchia “Sacro Cuore” in Gioia del Colle, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Carlo Verrecchia. 20/22 – A Roma partecipa ai lavori del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale italiana. 22 – Alla sera, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa per il 25° di professione religiosa del priore p. Ciro Capotosto, O.P. 23 – Presso la parrocchia “S. Rita” in Bari-Ceglie del Campo, incontra il X vicariato. 24 – Alla sera, presso la parrocchia S. Maria delle Grazie in Cassano Murge, guida la catechesi comunitaria sul tema pastorale diocesano. 25 – Al pomeriggio, partecipa all’evento conclusivo delle attività dell’Associazione “La Bottega dell’Orefice”. Alla sera, presso la chiesa di “S. Maria del Suffragio” in Modugno, tiene una meditazione sul tema della misericordia nella Parabola del figliol prodigo.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO 26 – Al mattino, nella Cattedrale di Andria, partecipa all’insediamento di S. E. mons. Luigi Mansi, vescovo di Andria, a Priore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. – Alla sera, presso il Santuario dei Santi Medici in Bitonto, celebra la S. Messa per il conferimento del lettorato al seminarista Nicola Sicolo. 27 – Al mattino, in Episcopio, incontra i vescovi della Metropolia. – Al pomeriggio, presso l’aula “Mons. Enrico Nicodemo”, partecipa alla tavola rotonda sulla “Neet Generation” organizzata dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose. – Alla sera, presso il Cinema Splendor in Bari, guida la lettura del film Kramer contro Kramer. 28 – Al mattino, presso la base del 36° stormo dell’Aereonautica Militare in Gioia del Colle, partecipa alla celebrazione del 94° anniversario della nascita dell’Arma, presente il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. – Al pomeriggio, a Castellaneta Marina (Ta), celebra la S. Messa per i partecipanti al 39° Convegno nazionale delle Caritas diocesane. 29 – Alla sera, presso l’aula magna “Aldo Cossu” del Palazzo Ateneo in Bari, partecipa alla presentazione del Centro diocesano di Cultura biblica “Bereshit” con la relazione “Radici bibliche. Cultura condivisa” di S.E. mons. Pierbattista Pizzaballa, O.F.M., amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. 30 – Al mattino, presso la Biblioteca Ricchetti, incontra il Consiglio di Amministrazione. – Al pomeriggio, presso l’aula magna “Mons. Enrico Nicodemo”, interviene al Colloquio ecumenico cattolico-ortodosso “Il Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa: sfide e attualità di uno storico incontro”. 31 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Giuseppe” in Palo del Colle, guida la catechesi comunitaria.

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