Bollettino Diocesano Ottobre-Dicembre 2017

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria

Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto


BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 ANNO XCIII - N. 4 - Ottobre - Novembre - Dicembre 2017 Redazione e amministrazione: Curia Arcivescovile Bari-Bitonto P.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450 www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: curia@odegitria.bari.it Direttore responsabile: Giuseppe Sferra Direttore: Gabriella Roncali Redazione: Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea, Bernardino Simone, Francesco Sportelli Gestione editoriale e stampa: Ecumenica Editrice scrl - 70132 Bari - Tel. 080.5797843 www.ecumenicaeditrice.it - info@ecumenicaeditrice.it


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA USNIVERSALE OMMARIO

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE MAGISTERO PONTIFICIO Messaggio per la Giornata mondiale della pace Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace (1° gennaio 2018)

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Discorso ai partecipanti al Convegno “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”

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FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE CONFERIMENTO DELLA LAUREA AD HONOREM A S. EM. HILARION ALFEEV (Bari, 18 dicembre 2017) Laudatio dell’Arcivescovo S. E. Mons. Francesco Cacucci a S. Em. Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk, per il conferimento della Laurea ad honorem in Sacra Teologia

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Lectio doctoralis di S. Em. Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk: “San Nicola di Myra e lo stato attuale delle relazioni ortodosso-cattoliche”

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO “Il simbolismo dell’acqua nella tradizione cristiana”: Lectio magistralis al Festival dell’Acqua (Aula magna dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, 9 ottobre 2017)

383

“I social-network e la convinzione di interpretare la realtà”: Lectio magistralis all’inaugurazione dei Corsi di laurea del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari Anno accademico 2017-2018 (Aula “Aldo Moro”, 30 ottobre 2017)

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Decreto di attribuzione delle somme derivanti dall’8 per mille IRPEF

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CURIA METROPOLITANA Cancelleria Sacre ordinazioni e decreti

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Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico Incontri diocesani di formazione per catechisti e operatori pastorali

407

5 357


“Fanciulli e ragazzi nell’azione simbolico-rituale della Chiesa: liturgia e catechesi” (don Mario Castellano)

412

“La relazione problematica tra iniziazione cristiana e messa domenicale nella parrocchia” (don Tino Lucariello)

424

“Liturgia e itinerari associativi”: intervento di Giuseppe Panzarini, responsabile diocesano ACR

427

Caritas diocesana In ricordo di don Vito Diana

435

Ufficio Musica sacra-Comunicazioni sociali-Museo-Cattedrale L’ottava Rassegna di “Notti sacre”

439

PUBBLICAZIONI

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NELLA PACE DEL SIGNORE Don Luigi Minerva Don Nicola Troccoli

453 455

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

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Ottobre 2017 Novembre 2017 Dicembre 2017

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INDICE GENERALE DELL’ANNATA

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D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Messaggio per la Giornata mondiale della pace

Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace (1° gennaio 2018)

1. Augurio di pace Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale1, è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace»2. Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta. Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale. 1 2

Luca 2,14. Angelus, 15 gennaio 2012.

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Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento»3. Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare4.

2. Perché così tanti rifugiati e migranti?

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In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, san Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”»5, che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre. Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire»6. Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di 3

Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57. Cfr Luca 14, 28-30. 5 Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 3. 6 Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2013. 4


MAGISTERO PONTIFICIO questi diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato sì, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale»7. La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o troppo lenta. In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano8. Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.

3. Con sguardo contemplativo La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione»9. Queste parole ci ripropongono l’immagine della 7

N. 25. Cfr Discorso ai Direttori nazionali della pastorale per i migranti partecipanti all’Incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), 22.09.2017. 9 Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011. 8

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nuova Gerusalemme. Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno. Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia»10, in altre parole realizzando la promessa della pace. Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti. Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso»11, considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi. Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati. 362 4. Quattro pietre miliari per l’azione Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una 10 11

Esort. ap. Evangelii gaudium, 71. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.


MAGISTERO PONTIFICIO strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare12. “Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo»13. “Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non discrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova»14. “Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli dà pane e vestito»; perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto»15. “Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità

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Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, 15 agosto 2017. Ebrei 13,2. 14 Salmo 146,9. 15 Deuteronomio 10,18-19. 13

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locali. Come scrive san Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio»16. 5. Una proposta per due Patti internazionali

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Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il processo che lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza. Il dialogo e il coordinamento, in effetti, costituiscono una necessità e un dovere proprio della comunità internazionale. Al di fuori dei confini nazionali, è possibile anche che Paesi meno ricchi possano accogliere un numero maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la cooperazione internazionale assicura loro la disponibilità dei fondi necessari. La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito 20 punti di azione17 quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che nell’atteggiamento e nell’azione delle comunità cristiane. Questi ed altri contributi intendono esprimere l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione dei suddetti patti globali delle Nazioni Unite. Tale interesse conferma una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata in molteplici sue opere fino ai nostri giorni.

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Efesini 2,19. “20 Punti di Azione Pastorale” e “20 Punti di Azione per i Patti Globali” (2017); vedi anche Documento ONU A/72/528.

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MAGISTERO PONTIFICIO 6. Per la nostra casa comune Ci ispirano le parole di san Giovanni Paolo II: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra terra una reale “casa comune”»18. Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile. Tra costoro va annoverata santa Francesca Saverio Cabrini, di cui ricorre nel 2017 il centenario della nascita al cielo. Oggi, 13 novembre, molte comunità ecclesiali celebrano la sua memoria. Questa piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle. Per la sua intercessione il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che «un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace»19. Dal Vaticano, 13 novembre 2017 Memoria di santa Francesca Saverio Cabrini, Patrona dei migranti Francesco

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Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2004, 6. Giacomo 3,18.



D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso ai partecipanti al Convegno

“Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”

Cari amici, porgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto ed esprimo viva gratitudine per la vostra presenza e per la vostra attività al servizio del bene comune. Ringrazio il Cardinale Turkson per le parole di saluto e di introduzione. Siete convenuti a questo Simposio per affrontare argomenti cruciali, sia in sé stessi, sia in considerazione della complessità delle sfide politiche dell’attuale scenario internazionale, caratterizzato da un clima instabile di conflittualità. Un fosco pessimismo potrebbe spingerci a ritenere che le “prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, come recita il titolo del vostro incontro, appaiano sempre più remote. È un dato di fatto che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani1. 1

Cfr Messaggio alla III Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, 7 dicembre 2014.

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Non possiamo poi non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari. Pertanto, anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano. Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici. Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà2. Insostituibile da questo punto di vista è la testimonianza degli Hibakusha, cioè le persone colpite dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, come pure quella delle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari: che la loro voce profetica sia un monito soprattutto per le nuove generazioni! Inoltre, gli armamenti che hanno come effetto la distruzione del genere umano sono persino illogici sul piano militare. Del resto, la vera scienza è sempre a servizio dell’uomo, mentre la società contemporanea appare come stordita dalle deviazioni dei progetti concepiti in seno ad essa, magari per una buona causa originaria. Basti pensare che le tecnologie nucleari si diffondono ormai anche attraverso le comunicazioni telematiche e che gli strumenti di diritto internazionale non hanno impedito che nuovi Stati si aggiungessero alla cerchia dei possessori di armi atomiche. Si tratta di scenari angoscianti se si pensa alle sfide della geopolitica contemporanea come il terrorismo o i conflitti asimmetrici. Eppure, un sano realismo non cessa di accendere sul nostro mondo disordinato le luci della speranza. Recentemente, ad esempio, attraverso una storica votazione in sede ONU, la maggior parte dei Membri della Comunità Internazionale ha stabilito che le armi 2

Cfr Messaggio alla Conferenza dell’ONU finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per proibire le armi nucleari, 27 marzo 2017.


MAGISTERO PONTIFICIO nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra. È stato così colmato un vuoto giuridico importante, giacché le armi chimiche, quelle biologiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo sono tutti armamenti espressamente proibiti attraverso Convenzioni internazionali. Ancora più significativo è il fatto che questi risultati si debbano principalmente ad una “iniziativa umanitaria” promossa da una valida alleanza tra società civile, Stati, Organizzazioni internazionali, Chiese, Accademie e gruppi di esperti. In tale contesto si colloca anche il documento che voi, insigniti del Premio Nobel per la Pace, mi avete consegnato e per il quale esprimo il mio grato apprezzamento. Proprio in questo 2017 ricorre il 50° anniversario della Lettera Enciclica Populorum progressio di Paolo VI. Essa, sviluppando la visione cristiana della persona, ha posto in risalto la nozione di sviluppo umano integrale e l’ha proposta come nuovo nome della pace. In questo memorabile e attualissimo Documento il Papa ha offerto la sintetica e felice formula per cui «lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (n. 14). Occorre dunque innanzitutto rigettare la cultura dello scarto e avere cura delle persone e dei popoli che soffrono le più dolorose disuguaglianze, attraverso un’opera che sappia privilegiare con pazienza i processi solidali rispetto all’egoismo degli interessi contingenti. Si tratta al tempo stesso di integrare la dimensione individuale e quella sociale mediante il dispiegamento del principio di sussidiarietà, favorendo l’apporto di tutti come singoli e come gruppi. Bisogna infine promuovere l’umano nella sua unità inscindibile di anima e corpo, di contemplazione e di azione. Ecco dunque come un progresso effettivo ed inclusivo può rendere attuabile l’utopia di un mondo privo di micidiali strumenti di offesa, nonostante la critica di coloro che ritengono idealistici i processi di smantellamento degli arsenali. Resta sempre valido il magistero di Giovanni XXIII, che ha indicato con chiarezza l’obiettivo di un

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disarmo integrale affermando: «L’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica» (Lett. enc. Pacem in terris, 11 aprile 1963, 61). La Chiesa non si stanca di offrire al mondo questa sapienza e le opere che essa ispira, nella consapevolezza che lo sviluppo integrale è la strada del bene che la famiglia umana è chiamata a percorrere. Vi incoraggio a portare avanti questa azione con pazienza e costanza, nella fiducia che il Signore ci accompagna. Egli benedica ciascuno di voi e il lavoro che compie al servizio della giustizia e della pace. Grazie. Sala Clementina, venerdì, 10 novembre 2017 Francesco

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F ACOLTÀ T EOLOGICA P UGLIESE CONFERIMENTO DELLA LAUREA AD HONOREM A S. EM. HILARION ALFEEV

Laudatio dell’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci a Sua Eminenza Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk, per il conferimento della Laurea ad honorem in Sacra Teologia da parte della Facoltà Teologica Pugliese*

Sua Eminenza Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk, è un brillante interprete dell’attuale teologia russa, forse il migliore se si considera la sua giovane età e la sua capacità di armonizzare la corrente chomjakoviana e quella filaretiana. Nato a Mosca il 24 luglio 1966, dopo anni dedicati allo studio della musica, nel 1986 entrò nel monastero dello Spirito Santo a Vilna. Ieromonaco nel 1987, nel 1990 era rettore della cattedrale di Kaunas. Intensissima fu la sua attività di insegnamento fra il 1990 e il 1995. Intuendo le potenzialità del suo talento, il Metropolita *La cerimonia di conferimento della Laurea ad honorem in Sacra Teologia a Sua Eminenza Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, si è svolta il 18 dicembre 2017 nell’aula magna “Enrico Nicodemo” dell’Istituto di Teologia ecumenico-patristica “San Nicola”. Dopo la Laudatio di S.E. mons. Francesco Cacucci, il Metropolita Hilarion ha tenuto la sua Lectio doctoralis: “San Nicola di Myra e lo stato attuale delle relazioni ortodosso-cattoliche”.

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Kirill di Smolensk prima lo mandò all’università di Oxford, dove Hilarion Alfeev si laureò con la tesi su “Simeone il Nuovo Teologo e la Tradizione ortodossa”, quindi lo chiamò a collaborare al Dipartimento per le Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca. Una sintesi estremamente proficua, in quanto Simeone il Nuovo Teologo infondeva in lui lo spirito “mistico” (tanto caro a Vladimir Losskij) di quella che sarebbe stata l’ortodossia successivamente all’epoca patristica, mentre il Dipartimento per le Relazioni Esterne lo poneva di fronte ad una realtà alquanto difficile per l’ortodossia: la Russia invasa da sette protestanti, l’Europa in crisi profonda dei valori cristiani. Divenuto vescovo di Vienna ha iniziato a rappresentare la Chiesa ortodossa russa presso le istituzioni europee, impegno che ora, quale Presidente del Dipartimento per le Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, continua con assoluta autorevolezza. Conseguito il titolo di dottorato in teologia a Parigi nel 1999, Sua Eminenza Hilarion ha al suo attivo numerosissime pubblicazioni. Alcuni titoli servono a capire il mondo culturale e spirituale nel quale si muove: Il mistero della Fede. Introduzione alla teologia dogmatica ortodossa, Vita e pensiero di S. Gregorio Nazianzeno, Il mondo spirituale di S. Isacco il Siro, La teologia ortodossa a cavallo di due epoche, Voi siete la luce del mondo, Il volto umano di Dio. Il Metropolita Hilarion scrive in una limpida lingua russa, accessibile alla gente comune. Valga come esempio il volumetto Il mistero della fede (Tainstvo very). I suoi scritti sono tradotti nelle principali lingue europee, specialmente inglese e francese, ma anche italiano e tedesco. Sarebbe troppo lungo elencarli. Recentemente ha pubblicato con le edizioni Du Cerf due volumi sulla Chiesa ortodossa, uno a carattere storico l’altro dottrinale. Per il lettore italiano segnalo i seguenti lavori: L’Ecumenismo è un’eresia? Uno spiraglio nel dialogo ecumenico («La Nuova Europa», 1998, n. 2), La Chiesa ortodossa russa e la sua partecipazione al movimento ecumenico (ivi, 1999, n. 2), La teologia russa alle soglie del terzo millennio (in Atti del VII Convegno ecumenico di Bose, sett. 1999, Magnano 1999), L’eredità dei Padri e l’epoca contemporanea («La Nuova Europa, 2000», n. 4). Un anno fa il Metropolita ha presentato a Bari il terzo volume della sua opera, appena pubblicato in italiano: La Chiesa Ortodossa 3: Tempio, icona e musica sacra (Dehoniane,


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Bologna 2015), che faceva seguito alla pubblicazione dei due primi volumi che presentano magistralmente la Chiesa ortodossa. Dopo il quarto volume di quest’anno sulla “Liturgia”, è in via di pubblicazione il quinto volume sui “Sacramenti”. Una presentazione dell’opera teologica del Metropolita Hilarion sarebbe lacunosa se non si facesse menzione che, diplomato in violino, pianoforte e composizione, ha al suo attivo numerose composizioni di musica sacra. Ha scritto in particolare una “Divina Liturgia”, una “Passione secondo Matteo”, un “Oratorio di Natale”, una “Vigilia notturna” e tantissime altre composizioni che sono state eseguite nel mondo intero e spesso in Italia. Nel 2010 una sua sinfonia, inti-

373 tolata “Canto dell’Ascensione”, è stata eseguita in Vaticano in presenza di Sua Santità Benedetto XVI. A ragione, il Metropolita è considerato come uno dei migliori compositori contemporanei di musica sacra, una musica che è anche un ponte tra le nostre Chiese. Il pensiero teologico del Metropolita Hilarion Alfeev è chiaramente nella scia di Kiprian Kern, Vladimir Losskij, Georgij Florovskij, John Meyendorff, con una forte tendenza patristica e bizantina.


Intransigente in materia di fede, egli è però molto sensibile alla difesa della civiltà cristiana di fronte agli enormi rischi che questa sta correndo nel mondo contemporaneo. Significativa in questo contesto la sua partecipazione all’incontro di Cuba fra il Patriarca di Mosca Kirill e il Papa Francesco, avvenuto il 12 febbraio 2016. In questo senso risente del benefico influsso di due delle maggiori personalità della Chiesa russa, Filarete di Minsk e Kirill di Smolensk. Dopo anni nei quali rappresenta la Chiesa russa nel Consiglio Mondiale delle Chiese, Hilarion sta divenendo sempre più critico, accorgendosi che gli ortodossi spesso si sentono solo “ospiti”. È sostenitore di una specie di alleanza con i cattolici e con le chiese precalcedonesi. A suo avviso, infatti, il solco fra queste Chiese è meno profondo di quello che divide i cristiani liberaldemocratici dai cristiani legati ai tradizionali valori ecclesiali. In occasione del trasferimento alla Chiesa ortodossa russa di una parte delle reliquie di S. Nicola, custodite nella Pontificia Basilica di Bari, dal 21 maggio al 28 luglio 2017, il ruolo di Sua Eminenza è stato determinante nella realizzazione di questo evento eccezionale, frutto dello storico incontro tra il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia e Papa Francesco, contribuendo all’ulteriore miglioramento dei rapporti tra le due Chiese. + Francesco Cacucci Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto Gran Cancelliere della Facoltà Teologica Pugliese

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FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE

Lectio doctoralis di Sua Eminenza Hilarion Alfe≤ev, Metropolita di Volokolamsk

San Nicola di Myra e lo stato attuale delle relazioni ortodosso-cattoliche

Eccellenza Reverendissima, Reverendi Padri, cari amici, è per me una grande gioia ritornare a Bari in occasione della festa del grande san Nicola, arcivescovo di Myra, le cui sante reliquie sono conservate in questa città già da 930 anni. Ed è per me un onore del tutto particolare ricevere qui, nelle vicinanze immediate della tomba di questo grande santo, la laurea ad honorem in Sacra Teologia, conferitami dalla Facoltà Teologica Pugliese. Desidero esprimere la mia riconoscenza a monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, Gran Cancelliere della Facoltà Teologica, per l’onore accordatomi e la fraterna ospitalità. Il fatto che la prima laurea honoris causa di questa stimata scuola teologica venga attribuita a un vescovo della Chiesa ortodossa russa mi sembra un fatto di alto significato simbolico. Tutti conoscono i profondi vincoli che legano Bari alla Chiesa russa, tutti sanno quante migliaia di fedeli della nostra Chiesa ogni anno vengono in pellegrinaggio a Bari per venerare le reliquie di san Nicola. Ma quest’anno nella storia delle relazioni tra la Russia e Bari, e tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica, c’è stato un evento senza precedenti: per la prima volta nella storia, nel maggio-luglio di quest’anno, un frammento delle reliquie di San Nicola, che non avevano mai lasciato Bari prima di questa data, è stato portato a Mosca e San Pietroburgo. Monsignor Francesco Cacucci e padre Ciro Capotosto, O.P., priore della Basilica di San Nicola, che hanno accompagnato la reliquia in Russia, hanno potuto constatare di persona la sorprendente quan-

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tità di fedeli che sono accorsi a venerarla, facendo la fila per molte ore. Basti dire che nei due mesi in cui la reliquia si è trovata in Russia, essa è stata venerata da circa due milioni e mezzo di persone, provenienti non solo da varie regioni della Russia, ma anche dall’Ucraina, Bielorussia, Moldavia e altri Paesi. Molte altre persone avrebbero voluto venire a venerare il santo. Circa quattordicimila volontari hanno assistito e sostenuto i pellegrini in attesa, le autorità cittadine di Mosca e San Pietroburgo hanno aiutato a organizzare l’accesso alle reliquie, assicurando il mantenimento dell’ordine. Possiamo dire con certezza che la venuta della reliquia di san Nicola in Russia è stato il primo avvenimento della storia dei rap-

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porti tra il Patriarcato di Mosca e la Chiesa cattolica a essere largamente conosciuto, in cui sono stati coinvolti i più diversi settori della nostra società. A sua volta, la venuta della reliquia di san Nicola in Russia è stata resa possibile da un altro evento storico senza precedenti nei rapporti tra le due Chiese, cioè l’incontro tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco a L’Avana il 12 febbraio 2016. Come ha detto Sua Santità il Patriarca Kirill nella sua omelia durante la divina liturgia, celebrata a San Pietroburgo il 28 luglio 2017, alla presenza della delegazione della Chiesa cattolica guidata dal cardinal Kurt Koch, la venuta


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE della reliquia di san Nicola ha favorito il riavvicinamento tra le nostre Chiese più di tutta la diplomazia ecclesiastica, perché a questo avvenimento ha partecipato la Chiesa tutta intera, e tutto il Paese ha saputo che questo evento è stato possibile grazie agli accordi raggiunti nell’incontro a L’Avana. Colgo l’occasione per esprimere ancora una volta la cordiale riconoscenza del Patriarca Kirill e di tutta la Chiesa ortodossa russa a Sua Santità il Papa Francesco e all’arcivescovo Francesco Cacucci, per aver offerto a milioni di fedeli ortodossi questa possibilità di venerare la reliquia. Riflettendo ora, a distanza di qualche tempo, su questi due avvenimenti, non si può non vedere il profondo legame spirituale che li lega. Non a caso il Papa e il Patriarca nella loro Dichiarazione comune hanno sottolineato la comune tradizione spirituale delle Chiese d’Oriente e d’Occidente, una delle cui espressioni più significative è la venerazione dei santi: «Condividiamo la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo» (punto 4 della Dichiarazione). La più eloquente conferma di queste parole dei Primati della Chiesa ortodossa russa e cattolica romana è stata la benedetta visita che ha reso alla Russia il santo più venerato dai fedeli ortodossi, le cui spoglie riposano nell’Occidente cattolico. La venerazione di san Nicola ha giocato un ruolo essenziale nei rapporti tra la Russia antica e Roma durante il Medioevo. Tale venerazione è giunta in Russia da Bisanzio col battesimo, ma alla fine dell’undicesimo secolo ha avuto una grande diffusione per via della traslazione delle reliquie del santo da Myra della Licia a Bari. L’autore russo antico del racconto del “Miracolo del bambino” per la prima volta fa menzione della festa della traslazione delle reliquie il 9 maggio e aggiunge: «Vieni in Russia e vedrai che non c’è città, né villaggio, in cui non si moltiplichino i miracoli compiuti da san Nicola». Secondo le testimonianze delle cronache, a cavallo tra gli anni 1080 e 1090 vi è stato un frequente scambio di legazioni tra Kiev e Roma.

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Il Papa Urbano II (anni del pontificato: 1088-1099), che fece installare le reliquie del santo nella cripta della basilica e istituì la festa della Traslazione delle reliquie a Bari, ha compiuto vari sforzi in favore del superamento dello scisma del 1054 tra la Chiesa d’Occidente e d’Oriente. Nel 1090, avendo notato da parte dei greci un rallentamento del processo di riappacificazione tra le Chiese, il Papa decise di agire attraverso la metropolia di Kiev, che costituiva all’epoca una parte importante del Patriarcato di Costantinopoli. Nel 1091 il Papa inviò a Kiev una delegazione che portò non solo la conferma del desiderio di Roma di ristabilire la pace, ma anche una reliquia di gran valore: una parcella delle reliquie di san Nicola. Il metropolita Efrem II, che all’epoca era probabilmente locum tenens della cattedra episcopale di Kiev, si dedicò attivamente al riavvicinamento tra greci e latini, e istituì nella Chiesa russa la festa occidentale della Traslazione delle reliquie di san Nicola a Bari, festa che, come si sa, non conoscono le Chiese ortodosse di tradizione greca. Ciò avvenne attorno all’anno 1092, cioè solo tre anni dopo l’istituzione della festa da parte di Papa Urbano II. A questa stessa data risale la redazione del testo della letteratura russa antica “Racconto della Traslazione delle reliquie di san Nicola a Bari” e la composizione dell’ufficiatura liturgica del santo per il 9 maggio, in cui si fa memoria dei miracoli attribuiti al santo in Russia. L’idea della riunione della cristianità di fronte alle invasioni dei pagani, che alla fine dell’XI secolo stavano sopraffacendo l’impero bizantino e i confini orientali dell’Europa, era condivisa dal gran principe Vsevolod Jaroslavitch (1030-1093), che difendeva i confini del mondo cristiano dalle popolazioni nomadi, e dal metropolita Efrem II, che per lungo tempo aveva amministrato la diocesi di Perejaslavl lungo tale confine. Entrambi consideravano i marinai baresi, che avevano portato via le reliquie di san Nicola dall’Asia Minore al tempo delle invasioni dei turchi-selgiuchidi, autentici salvatori di dette reliquie, e l’istituzione in Russia della festa della Traslazione delle reliquie del santo significò una sorta di atto di solidarietà nell’opposizione comune agli invasori. Gli storici ritengono che di tale atto sia stata informata Roma, dove fu inviata una legazione, la quale a sua volta poté portare in dono le reliquie di qualche santo russo. Con tutta probabilità, un rappresentante della


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Chiesa russa partecipò a Bari, nel 1098, al Concilio che Papa Urbano II convocò allo scopo di ristabilire la pace tra Occidente e Oriente, e che si svolse nella cripta della Basilica accanto alle reliquie di san Nicola. Purtroppo l’unità tra i cristiani d’Oriente e d’ Occidente, cui aspiravano molti rappresentanti delle nostre Chiese, per diverse ragioni ancor oggi non è stata raggiunta. Tuttavia le circostanze storiche in cui i cristiani si ritrovano oggi, e le sfide cui si confronta l’intera umanità, ci spingono, pur senza aspettare la piena ricomposizione della comunione tra noi, a vivere ed agire in questo mondo non come concorrenti, ma come fratelli, per difendere insieme i valori che ci sono comuni. L’incontro a L’Avana dei Primati delle due più grandi Chiese cristiane ha testimoniato la coscienza di entrambe le parti che la situazione odierna del mondo esige che agiamo senza perder tempo. Oggi che i cristiani in Medio Oriente, nel nord Africa e in altre regioni del mondo, sono vittime di persecuzioni e genocidio, occorre che tutti i cristiani del mondo si uniscano nell’opporsi all’estremismo e nel difendere i nostri fratelli e le nostre sorelle perseguitati. Nell’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill, e nella dichiarazione da loro sottoscritta, uno spazio centrale è stato dedicato alla tragedia dei cristiani in Medio Oriente e nei paesi africani. Dalle labbra del Papa e del Patriarca di Mosca e tutta la Russia è risuonato un chiaro appello a unire gli sforzi per opporsi all’estremismo, un richiamo ai leader politici a superare le divergenze e mobilitarsi nella lotta contro la minaccia comune. Il testo della Dichiarazione comune dei due Primati, parlando del significato della venerazione comune dei santi per il ristabilimento dell’unità tra ortodossi e cattolici, si riferisce in particolare ai martiri, i quali «hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati seme di cristiani» (punto 4). Il Papa e il Patriarca non a caso stabiliscono un parallelo tra il martirio dei primi secoli e le sofferenze dei cristiani nel Medio Oriente. I martiri dei nostri giorni «a costo della propria vita, testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all’apostasia di Cristo». Uniti dalla comune soffe-

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renza, essi «sono un pegno dell’unità dei cristiani» (punto 12), poiché nella loro comune professione della fede cristiana dinanzi alla morte essi superano già oggi le divisioni esistenti. I martiri cristiani del passato e del presente ci uniscono nello sforzo di preservare la presenza cristiana in terra biblica e di sostenere i nostri fratelli nella fede sofferenti. Un passo concreto per lo sviluppo della cooperazione interecclesiale e il sostegno alla popolazione cristiana del Medio Oriente è stata la visita in Libano e Siria compiuta, il 6 e 7 aprile del 2016, da un gruppo di rappresentanti della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa cattolica. Le consultazioni con le confessioni religiose locali, compiute durante la visita, devono costituire la base per elaborare ulteriori progetti comuni a sostegno dei fratelli e delle sorelle in difficoltà. È stato designato un certo numero di questioni di primaria importanza, che devono essere affrontate al fine di raggiungere l’obiettivo globale di preservare la presenza cristiana nella regione. Dopo la completa liberazione della Siria dai combattenti, che speriamo possa avvenire nell’immediato futuro, sarà necessario ricostruire chiese e monasteri, che sono i centri tradizionali di consolidamento delle comunità cristiane; occorrerà assicurare alla popolazione, soprattutto ai giovani, il lavoro, ricreare le infrastrutture economiche tradizionali della Siria. In queste questioni, i siriani si aspettano un’assistenza su vasta scala da parte della comunità internazionale, non appena la guerra nel paese cesserà del tutto. Nel marzo del 2017 la Commissione per la collaborazione internazionale del Consiglio per la cooperazione con le organizzazioni religiose presso la Presidenza della Federazione Russa ha istituito un gruppo di lavoro per il coordinamento delle attività delle diverse comunità religiose operanti in Russia, in favore dell’aiuto alla popolazione siriana. Le comunità cristiane e musulmane in Russia, tra cui la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana, hanno unito i loro sforzi per raccogliere fondi per la popolazione sofferente della Siria. Dal 20 al 24 agosto, il Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, è stato in visita ufficiale in Russia. Durante gli incontri, abbiamo potuto avere uno scambio di opinioni sui problemi più urgenti del nostro tempo. Innanzitutto sono state toccate le questioni riguardanti la situazione dei cristiani in Medio Oriente e la situazione in Ucraina. Gli incontri hanno mostrato che le posi-


FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE zioni della Chiesa ortodossa russa e della Santa Sede sono molto vicine. Abbiamo convenuto che eventuali cambiamenti politici nella leadership della Siria saranno possibili solo dopo la liquidazione dei gruppi terroristici del paese. Abbiamo sottolineato l’importanza di sviluppare la cooperazione tra le due Chiese nell’assistenza umanitaria alla popolazione sofferente della Siria. Il nostro lavoro comune per proteggere i cristiani dalla persecuzione ha ottenuto ampia risonanza in tutto il mondo e ha permesso di raggiungere un livello senza precedenti di attenzione al problema della persecuzione. Tuttavia, la minaccia dell’estremismo e del terrorismo è ancora molto alta, i cristiani continuano a lasciare le loro terre, i terroristi compiono ancora attacchi contro i copti in Egitto, e in Nigeria e in altri paesi africani continuano i massacri di cristiani. Ritengo che occorra che continuiamo ad alzare la voce in difesa dei cristiani, a sviluppare progetti comuni e testimoniare il martirio dei nostri fratelli perseguitati. Un posto importante nelle nostre relazioni bilaterali è occupato dal conflitto in corso in Ucraina. La Dichiarazione congiunta firmata a L’Avana esorta «le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto» (punto 26). Siamo grati alla Santa Sede per la sua posizione di grande equilibrio riguardo al conflitto in corso in Ucraina. Sfortunatamente, lo scontro pubblico in Ucraina, che è stato menzionato nella Dichiarazione congiunta dello scorso anno, non è terminato, il che ha anche un effetto negativo sulle relazioni interconfessionali. La Chiesa ortodossa ucraina, non volendo sostenere nessuna delle parti in conflitto, è come presa in ostaggio dallo scontro nel paese. Una grandissima pressione politica e amministrativa viene esercitata su di essa, i luoghi di culto le vengono sottratti, la nostra Chiesa è fatta bersaglio di una potente campagna di diffamazione. Un importante prerequisito per giungere al consenso e alla fiducia tra le confessioni in Ucraina è stata la dichiarazione che l’uniatismo non è un mezzo adatto al raggiungimento dell’unità tra le Chiese, e

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che il proselitismo, in qualsiasi sua manifestazione, è inaccettabile nelle relazioni ortodosso-cattoliche: «Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità» (punto 25 della Dichiarazione comune). Per la prima volta nella storia, una tale valutazione dell’uniatismo e del proselitismo è stata espressa non solo da parte ortodossa, ma anche dal capo della Chiesa cattolica romana. Questa è una condizione indispensabile per la riconciliazione tra ortodossi e greco-cattolici, senza la quale, in definitiva, sarà impossibile anche raggiungere la riconciliazione civile in Ucraina. E sebbene la leadership della Chiesa greco-cattolica ucraina abbia percepito in modo negativo le affermazioni della Dichiarazione congiunta riguardanti l’Ucraina, stiamo operando degli sforzi per fare in modo che la presa di coscienza della comune responsabilità per la pace interreligiosa e civile nella società ucraina possa servire a un fruttuoso sviluppo del dialogo tra le Chiese. Durante l’incontro tra il Papa e il Patriarca sono stati pianificati numerosi progetti che serviranno a un riavvicinamento tra i credenti delle Chiese ortodossa e cattolica e alla loro crescita spirituale personale. Come ci ha mostrato l’esperienza della venuta della reliquia di san Nicola in Russia, una grande importanza per le nostre relazioni bilaterali è il pellegrinaggio ai santuari comuni. Ad esempio, un enorme flusso di pellegrini ortodossi viene regolarmente a venerare reliquie custodite dalla Chiesa cattolica, e pellegrini provenienti dai paesi cattolici si recano ai santuari ortodossi. Possiamo intensificare questi due flussi, per far in modo che i fedeli che visitano i santuari dell’altra Chiesa possano incontrarsi e conoscersi meglio. L’incontro a L’Avana ha suscitato nell’ambiente cattolico grande interesse nei confronti della Chiesa ortodossa russa, della sua ricca storia, delle sue tradizioni spirituali e del suo risveglio dopo decenni di persecuzioni. San Nicola il Taumaturgo è venerato come patrono dei viaggiatori. Il dialogo e la cooperazione tra le nostre Chiese possono essere metaforicamente paragonati al difficile, ma benedetto cammino verso l’unità che dobbiamo percorrere insieme. Che la benedizione di questo grande santo di Dio, e la sua intercessione davanti al trono dell’Altissimo, ci sostengano in questo cammino. S.Em. Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk


D OCUMENTI

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MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Il simbolismo dell’acqua nella tradizione cristiana*

Come si inserisce il tema del simbolismo dell’acqua nella tradizione cristiana all’interno del Festival dell’Acqua che stiamo – è il caso di dirlo – celebrando? L’etimo di festival richiama la festa, il festivo, quella serie di manifestazioni e spettacoli che non contraddicono l’aspetto scientifico, ma lo raccordano con quello sociale, più ampiamente culturale. E se ogni festa si può definire come celebrazione simbolica di un oggetto, di un fenomeno, in questo caso dell’acqua, l’ambito profano e quello sacro inevitabilmente si raccordano. Allora mi introdurrei nel tema accennando alle radici bibliche dell’Antico Testamento, rilette cristianamente dai Padri della Chiesa. Ci accorgiamo allora che emerge con chiarezza la realtà-simbolo dell’acqua.

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Lectio magistralis tenuta da mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, al Festival dell’Acqua (Aula magna dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, 9 ottobre 2017).

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La terra promessa per gli ebrei è descritta come un paese di torrenti e di sorgenti, una terra di fiumi, di acque che sgorgano dai precipizi verso le valli. A dire del Deuteronomio, l’acqua scorre ovunque fecondando la terra. Ma la Bibbia eleva l’acqua a livello di simbolo. L’acqua limpida e pura è innanzitutto simbolo della rivelazione di Dio, della conoscenza, della sapienza. L’Antico Testamento conosce l’espressione «acqua viva», che nella sua prima accezione significa acqua corrente, per designare poi simbolicamente i profluvi della sapienza e, addirittura, lo Spirito di Dio. Simbolo e realtà si intrecciano. I pozzi d’acqua scavati dai patriarchi diventano proprietà dei loro figli. Nel libro della Genesi c’è sempre una lotta tra i beduini per i pozzi. Spesso i matrimoni sono combinati presso i pozzi, dal momento che le ragazze venivano ad attingere l’acqua. Il grande padre della Chiesa Origene innesta così l’Antico Testamento nel Nuovo, nel cristianesimo e nella Chiesa: i veri eredi di Abramo, i cristiani, diventano i destinatari dei pozzi di acqua viva. C’è un libro nell’Antico Testamento, quello dei Numeri, che al cap. 21, ricorda che gli ebrei, appena liberati dall’Egitto, hanno scoperto, in pieno deserto, un pozzo d’acqua e hanno cominciato a danzare intorno ad esso. La gioia della scoperta dell’acqua nel deserto fu tale che si compose un canto sul pozzo. Non vi sembra che questa bellissima scena danzante possa rappresentare una sorta di icona di questo Festival dell’Acqua e del nostro Acquedotto Pugliese? La nostra vita assomiglia a un deserto, e per questa traversata nel deserto abbiamo bisogno dell’acqua viva. 384

*** L’importanza dell’acqua non è in discussione sin dagli albori della civiltà. In Occidente è il filosofo Talete (ca. 547 a.C.) a porre l’acqua quale principio di ogni realtà. Non si può d’altronde sostenere che le scienze empiriche spieghino completamente la vita. La sfida naturale che ne deriva orienta verso quei simboli religiosi che posseggono una forza motivante che apre sempre nuovi orizzonti (cfr Evangelii gaudium, 256).


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Allora la formula brevissima H2O, che pure è una definizione concentrata, esatta dell’acqua, potrebbe risultare limitata, perché paradossalmente fissa l’acqua come realtà statica. È tipico del nostro tempo tendere a rendere inanimate le realtà vive, cosificandole. Ci sono stati e vivono ancora maestri che, al contrario, hanno insegnato a personalizzare le cosiddette cose, anche nel solco della lunga tradizione cristiana. Come ha fatto, ad esempio, san Francesco d’Assisi (+1226) quando ha cantato: «Laudato sì, mi’ Signore, per sor’aqua la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta». L’acqua, quando è ammirata con gli occhi del cuore, è prima di tutto sora, e quindi può essere considerata non solo multo utile, ma anche humile et pretiosa et casta. Commenta Papa Francesco nella lettera Laudato si’ sull’ecologia: «La reazione [di san Francesco] era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui da vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui “considerando che tutte le cose hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella”. Questa convinzione – continua il Papa – non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento […]. La povertà e l’austerità di Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale; una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio» (n. 11). Lo stesso Papa Francesco, nel maggio 2015, ha avvertito la Chiesa e gli uomini di buona volontà che non si possono differire alcune urgenti scadenze. È questo il significato della Laudato si’ “sulla cura della casa comune”. La questione dell’acqua affligge Papa Francesco. Lo affligge la condizione sempre più precaria di tante popolazioni che non hanno a sufficienza l’acqua potabile, la cui presenza è cancellata dal riscaldamento globale con un circolo vizioso e iniquo (LS 24). L’enciclica, dal n. 27 al 31, affronta alcune tematiche come la situa-

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zione sconvolgente in Africa (LS 28), le falde acquifere inquinate e la pessima qualità dell’acqua che provoca «molte morti al giorno» (LS 29), la tendenza a privatizzare l’acqua in alcuni luoghi in cui questa risorsa scarseggia (LS 30). Il tutto in un contesto di «inequità planetaria» (LS 48). A queste e altre calamità sociali si aggiunge l’aumento dei costi della produzione alimentare che dipende in gran parte dall’acqua (LS 31). E conclude: «gli impatti ambientali potrebbero colpire miliardi di persone, e d’altra parte è prevedibile che il controllo dell’acqua da parte di grandi imprese mondiali si trasformi in una delle principali fonti di conflitti di questo secolo» (LS 31). Anche al di fuori della Chiesa cattolica, altre Chiese cristiane – come pure altre religioni – hanno manifestato profonda preoccupazione su questo tema. Di particolare rilievo è il contributo del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, che abbiamo avuto la gioia di accogliere a Bari nel dicembre scorso in occasione della festa di S. Nicola. È suo il richiamo ad «accettare il mondo come sacramento di comunione», dove «il divino e l’umano si incontrano nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta». Il Patriarca aggiunge: «L’acqua è verosimilmente il simbolo più divino nelle religioni mondiali e, al contempo, il più controverso tra gli elementi delle risorse del nostro pianeta». ***

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Approfondendo la nostra riflessione sul simbolismo dell’acqua nella tradizione cristiana, sottolineerei che l’acqua è considerata sotto vari aspetti. 1) L’acqua è una realtà autonoma dotata di una vis particolare, conferitale da una benedizione finalizzata a una sua efficacia, come l’acqua battesimale che dona la vita in Cristo. 2) È, inoltre, un segno-simbolo che rimanda a una realtà “altra”, diversa e inaccessibile nell’immediato, come avviene in primo luogo nei sacramenti. L’acqua nel mondo cristiano mantiene uno stretto legame con l’iniziazione cristiana. Riflettendo e prolungando la pratica naturale e


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO abituale, l’acqua nel battesimo svolge un’azione purificatrice, pulisce la persona integrale1, mentre la rende capace di accedere a un livello più profondo. Nel battesimo, infatti, non solo siamo mondati dal peccato originale e dalle nostre eventuali mancanze, ma tutta la nostra vita acquisisce una nuova dimensione: rinasciamo in Cristo, siamo nuove creature2. In alcuni testi il termine “acqua” è usato per esprimere la vita in Cristo, prolungando così il dialogo di Gesù con la samaritana3. Le parole di Gesù, che invita la donna samaritana presso il pozzo di Sichem a chiedere l’acqua della vita, sono all’origine della nostra vita cristiana, e riecheggiano il dialogo iniziale dei Riti di accoglienza del battesimo. Non dimentichiamo la richiesta di Gesù alla samaritana: “dammi da bere”, commentata in modo sublime da un padre della Chiesa antica: «Dio ha sete che si abbia sete di lui» (Gregorio di Nazianzo). Nell’immersione totale nel fonte battesimale, simbolo e realtà si integrano in un unico gesto di salvezza: moriamo con Cristo sprofondando nell’acqua – gesto reso “opaco” dall’uso dell’infusione diffusa per motivi pratici – e risorgiamo con Lui nella pienezza della vita di figli di Dio. Nell’acqua del battesimo è immerso totalmente e muore l’uomo vecchio, e risale alla vita l’uomo nuovo, alter 1

Haec nobis praecepta servantibus tu deus omnipotens clemens adesto tu benignus adspira tu has simplices aquas tuo ore benedicito ut praeter naturalem emundationem quam lavandis possunt adhiberi corporibus sint etiam purificandis mentibus efficaces [GeV 447* SABBATO SCO CONSECRATIO FONTIS/3]. 2 Domine sanctae pater omnipotens aeternae deus qui es et eras et permanes usque in finem cuius origo nescitur nec finis conprehendi potest te domine supplices inuocamus super hunc famulum tuum quem liberasti de errore gentilium et conuersatione turpissima. Dignare exaudire eum qui tibi ceruices suas humiliat perueniat ad lauacri fontem ut renatus ex aqua et spiritu sancto expoliatus ueterem hominem induatur nouum qui secundum te creatus est accipiat uestem incorruptam et inmaculatam tibique domino nostro seruire mereatur [GeV 601/b AD CATECUM. EX PAGANO]. 3 Cfr. due antifone: Dixit Samaritana mulier domine da mihi hanc aquam ut non sitiam in aeternum ei dicit dominus si quis biberit aquam quam ego dabo ei non sitiet in aeternum. Cfr. anche un’antifona per la X stazione della Via crucis: Popule meus quid tibi feci aut in quo contristavi te responde mihi Ego eduxi te de domo servitutis in terram promissionis et tu me descendentem e sinu patris eduxisti ad mortem crucis Ego te plavi vineam meam speciosissimam et tu factus es mihi nimis amara Ego te potavi aqua salutis de terra et tu me potasti felle et aceto Quid ultra debui tibi facere et non feci.

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Christus. Diventiamo l’immagine concreta e reale del Figlio di Dio4. Il cristiano vive, pertanto, in se stesso la dinamica propria dell’acqua che rigenera. Intingendo le punte delle dita nell’acquasantiera, egli fa il segno della croce confessando la propria fede nella Trinità alla luce dell’evento pasquale del battesimo. Questa nuova realtà si situa all’incrocio tra il divino e l’umano. «I sacramenti sono un modo privilegiato in cui la natura viene assunta da Dio […]. L’acqua, l’olio, il fuoco e i colori sono assunti con tutta la loro forza simbolica […]. Non fuggiamo dal mondo né neghiamo la natura quando vogliamo incontrare Dio» (LS 235). Ciò si rinnova costantemente nella vita della Chiesa e nell’esistenza del singolo cristiano lungo l’itinerario dell’anno liturgico. Vorrei ricordare almeno tre tappe principali: 1) La vigilia dell’Epifania. Nelle Chiese d’Oriente – in seguito anche nelle nostre comunità grecaniche in Puglia – è viva dai primi secoli la tradizione della benedizione dell’acqua, uso che successivamente si è diffuso nelle Chiese occidentali. Da ricordare l’usanza tutta orientale di immergere una croce nell’ “acqua amara” per renderla dolce5, mentre in Occidente l’acqua veniva preparata con un esorcismo e un triplice versamento di sale nell’acqua stessa. 2) La veglia pasquale. Il ciclo delle letture bibliche di questa notte comincia con la narrazione della creazione secondo un’antica concezione diffusa nel Medio Oriente. Le acque primordiali, all’inizio disordinate, rientrano in un preciso disegno di Dio (Gn 1) e si modellano secondo il piano della salvezza. Nella tradizione cristia4

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Descendat in hanc plenitudinem fontis uirtus spiritus tui et totam huius aquae substantiam regenerandis fecundet effectu Hic omnium peccatorum maculae deleantur Hic natura ad imaginem tuam condita et ad honorem sui reformata principiis cunctis uetustatis squaloribus emundetur ut omnis homo hoc sacramentum regenerationis ingressus in uerae innocentiae noua infantia renascatur per dominum nostrum Iesum Christum filium tuum qui uenturus est in spiritu sancto iudicare uiuos et mortuos et saeculum per ignem [GeV 448 SABBATO SCO CONSECRATIO FONTIS/4]. 5 Cfr. Unde benedico te creatura aquae per deum vivum per deum sanctum per deum qui te in principio verbo separavit ab arida et in quattuor fluminibus totam terram rigare praecepit qui te in deserto amaram suavitatem inditam fecit esse potabilem et sitienti populo de petra produxit Benedico te et per Iesum Christum filium eius unicum dominum nostrum qui te in Cana Galileae signo admirabili sua potentia convertit in vinum qui pedibus super te ambulavit et a Iohanne in Iordane in te baptizatus est qui te una cum sanguine de latere suo produxit et discipulis suis iussit ut credentes baptizarentur in te dicens Ite docete omnes gentes baptizantes eos in nomine patris et filii et spiritus sancti [GeV 446* SABBATO SCO CONSECRATIO FONTIS/2].


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO na, i Padri della Chiesa vedono nei quattro fiumi che escono dal paradiso terrestre la Sacra Scrittura, la stessa Parola di Dio. Ciascuno di noi, nel proprio battesimo, attraverso le vicissitudini del tempo in qualche modo recupera l’ordine affiorato dopo la creazione grazie all’intervento dello Spirito: «Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque». Con Noè partecipiamo come atleti al superamento del diluvio universale e di tutte le peripezie che hanno messo in pericolo l’esistenza del creato6. Occorre prendere coscienza del panorama unico e assai ampio che si apre davanti alla vita del credente. Sia in termini di tempo che di spazio. Radicati nel nostro ambiente sociale, siamo tuttavia cittadini del mondo, siamo chiamati a vivere oltre i confini regionali e oltre le barriere nazionali. Ciò avviene perché siamo stati semplicemente purificati e rigenerati dall’acqua nello Spirito Santo7. E forse ce ne dimentichiamo, anche

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Cfr. l’antifona Inter hostium saevientium vincula et frementium fluctuum periculum dei athleta Noe iustum equiperabat qui in arca clausus inter bestiarum iras et diluvii aquas domino in timore serviebat. 7 Deus qui invisibili potentia tua sacramentorum tuorum mirabiliter operaris affectum et licet nos tantis mysteriis exequentis simus indigni tu tamen gratiae tuae dono non deseres etiam ad nostras preces aures tuae pietatis inclina Deus cuius spiritus super aquas inter ipsa mundi primordia ferebatur ut iam tunc virtutem sanctificationis aquarum natura conciperet Deus qui nocentis mundi crimina per aquas abluens regenerationis speciem in ipsa diluvii effusione signasti ut unius eiusdemque elementi mysterio et finis esset vitiis et origo virtutum respice domine in faciem ecclesiae tuae et multiplica in ea generationes tuas quae gratiae tuae effluentis impetum laetificas civitatem tuam fontemque baptismatis aperis toto orbe terrarum gentibus innovandis ut tuae maiestatis imperio sumat unigeniti tui gratiam de spiritu sancto Qui hanc aquam regenerandis hominibus praeparatum archano sui luminis ammixtione fecundet ut sanctificatione concepta ab immaculato divini fontis utero in novam renatam creaturam progenies caelestis emergat et quos aut sexus in corpore aut aetas discernit in tempore omnis in una pareat gratia mater infantia Procul ergo hinc iubente te domine omnis spiritus immundus abscidat procul tota nequitia diabolicae fraudis absistat nihil hic loci habeat contrariae virtutis admixtio non insidiando circumvolet non latendo subripiat non inficiendo corrumpat Sit haec sancta et innocens creatura libera ab omni impugnatoris incursu et totius nequitiae purgata discessu Sit fons vivus aquae regenerans unda purificante ut omnis hoc lavacro salutifero diluendi operanti in eis spiritu sancto perfecti purgationis indulgentiam consequantur. [GeV 445* SABBATO SCO CONSECRATIO FONTIS/1]. Deus omnipotens pater domini nostri Iesu Christi qui regenerasti famulos tuos ex aqua et spiritu sancto quique dedisti eis remissionem omnium peccatorum tu domine immitte in eos spiritum sanctum tuum paraclitum et da eis spiritum sapientiae et intellectus spiritum consilii et forti-

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quando tracciamo sul nostro petto il segno della croce. C’è un testo del profeta Zaccaria (14,8), che leggiamo dopo la Pasqua, che dice: «fiumi d’acqua viva usciranno da Gerusalemme». Sotto il Tempio ci sarà un fiume, che andrà verso il mar Morto e questo fiume sarà sempre più grande, e accanto a questo fiume cresceranno alberi in pieno deserto; i fiori di questi alberi saranno medicinali e piccoli pesci potranno vivere in questo fiume. Questo fiume va nel mar Morto, dove non c’è vita, e permetterà che piccoli pesci possano vivere anche lì. Questo testo si applica a Cristo in croce, Tempio nuovo, dal cui costato sgorga sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa. Ecco la medicina profonda. I sacramenti sono proprio medicinali, guariscono l’uomo. Tutta la tradizione cristiana ha letto in questa duplice luce il testo del profeta Zaccaria. 3) Il battesimo. Questo sacramento conserva ancora un’incidenza sociale, ancorché manchi spesso il contesto familiare che aiuti il battezzato a crescere nella fede. A proposito dell’acqua e dell’impatto molto forte sulla vita emotiva delle persone, menzionerei anche un uso attestato da alcuni padri della Chiesa che vedono nella lavanda dei piedi il gesto specifico, la “forma”, del sacramento del battesimo8, e anche dell’eucaristia. A Gerusalemme c’è una bellissima chiesa degli anglicani, sulla cui porta si trova una iscrizione: «Il Signore ti ha invitato alla Sua cena […]. Adesso che torni a casa ricordati che la missione tua è di lavare i piedi ai fratelli». Questo segno dell’acqua accompagna la notte di Pasqua degli ebrei: devono invitare a tavola uno straniero, un povero, nel ricordo di Abramo che ha lavato i piedi ai tre Ospiti divini, che lo visitano per annunciargli la nascita del figlio della promessa. 390 tudinis spiritum scientiae et pietatis adimple eos spiritum timoris dei in nomine domini nostri Iesu Christi cum quo vivis et regnas deus semper cum spiritu sancto per omnia saecula saeculorum Amen [GeV 451/1* SABBAT SCO]. 8 Cfr. gli studi di Pier Franco Beatrice. Interessante anche un’antifona del giovedì santo presente già nel Pontificale Romano-Germanico Ante diem festum Paschae sciens Iesus quia eius hora venit ut transeat ex hoc mundo ad patrem et caena facta surrexit linteo praecinxit se misit aquam in pelvem coepit lavare pedes discipulorum venit ad Petrum dicit ei Simon non lavabis mihi pedes in aeternum respondit Iesus si non lavero te non habebis partem mecum domine non tantum pedes sed manus et caput.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO *** In conclusione, non temo di affermare che ciascuno di noi, purificato e rigenerato dall’acqua del battesimo9, oppure – in modalità diverse, ma pur sempre attuali – dalle acque di un profondo impegno sociale e di accoglienza, realizza la parola del Salmo (35): «è in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce». La nostra esistenza, quando è viva, diviene spumeggiante come l’acqua di una cascata che supera tutti gli ostacoli, riflette una luce che apre gli occhi a una Luce superiore e più splendente. Ciascun uomo che realizza se stesso nella solidarietà oblativa di sé diviene sorgente di vita10. La sua presenza, le sue azioni e le sue parole, sono acqua che toglie macchie e incrostazioni, rinfresca e disseta. Sono vita che trasmette vita. Ogni volta che piove gli ebrei scorgono una benedizione di Dio. Si ringrazia il Signore per il dono della pioggia. Noi invece siamo abituati a brontolare: ancora la pioggia! I rabbini hanno un testo meraviglioso che si trova nel Midrash, il cantico Abba, dove fanno il paragone tra l’acqua, la pioggia e la Parola di Dio. La pioggia da dove viene? Viene dal cielo e viene data gratuitamente a tutti, come la Parola. E concludono: come l’acqua deve essere conservata in giare di terra, non in recipienti di metallo, di argento o di oro, così 9

Nec te latet satanas imminere tibi paenas imminere tibi tormenta imminere tibi diem iudicii diem supplicii diem qui venturus est velut clibanus ardens in quo tibi atque universis angelis tuis aeternus veniat interitus Proinde damnate da honorem deo vivo et vero da honorem Iesu Christo filio eius et spiritui sancto in cuius nomine atque virtute praecipio tibi ut exeas et recedas ab hoc famulo dei quem hodie dominus deus noster Iesus Christus ad suam sanctam gratiam et benedictionem fontemque baptismatis dono vocare dignatus est ut fiat eius templum per aquam regenerationis in remissionem omnium peccatorum in nomine domini nostri Iesu Christi qui venturus est iudicare vivos et mortuos et saeculum per ignem [GeV 419/2* SABBATO SCO]. 10 Cfr. le antifone in memoria di san Domenico e di san Vittorino O lumen ecclesiae doctor veritatis rosa patientiae ebur castitatis aquam sapientiae propinasti gratis praedicator gratiae nos iunge beatis. - O lux infidelium in tenebris errantium praedicator gratiae doctor veritatis tu et verbi gladio et praeclaro martyrio aquam sapientiae propinasti gratis O quantis insigniis o quam nimis prodigiis merita dant gaudia tua iubar clarum tot bellis expositis pater succurre miseris miseratus taediis ovium tuarum.

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la Parola di Dio rimane solo in chi è umile (san Francesco), in chi sa che è fatto di terra. Tutto ciò può avvenire, con nostra grande sorpresa, se ci lasciamo avvolgere dall’acqua, immergendoci nella sinfonia cosmica cantata dal profeta Daniele (3,57.60.64.68.70.77-79): Benedite, opere tutte del Signore, il Signore… Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore… Benedite, piogge e rugiade, il Signore… Benedite, rugiada e brina, il Signore… Benedite, ghiacci e nevi, il Signore… Benedite, sorgenti, il Signore, benedite, mari e fiumi, il Signore, Benedite, creature marine e quanto si muove nell’acqua, il Signore… Benedetto sei tu, Signore (…), degno di lode e di gloria nei secoli. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO I social-network e la convinzione di interpretare la realtà*

Da quando la tecnologia della comunicazione ha messo a disposizione di un pubblico planetario il medium della rete, ai media tradizionali (cinema, tv e stampa) si sono aggiunti i canali comunicativi dei social-network. La posta elettronica e la consultazione del web sono state integrate da piattaforme come Twitter, Facebook, WhatsApp, Instagram e tante altre, che permettono, potenzialmente, di entrare in contatto con chiunque, in qualunque parte del mondo, tramite parole scritte e immagini. Questi strumenti, fino a poco tempo fa impensabili, però, vanno utilizzati con discernimento e metodo, in una chiave non semplicemente individualistica. Anche questo nuovo medium della rete, quindi, con le sue varie articolazioni, presenta due volti (uno buono e uno rischioso), che vanno studiati per non divulgare e incoraggiare interpretazioni confuse della realtà.

* Lectio magistralis tenuta da mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, all’inaugurazione dei Corsi di laurea del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari (Anno accademico 2017-2018), Aula “Aldo Moro”, 30 ottobre 2017.

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1. Conoscere il medium

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Per esemplificare l’attuale condizione del singolo utente davanti a un social, prendiamo in considerazione uno dei più conosciuti ed estesi fenomeni massmediali dei nostri giorni: Facebook. Si tratta, dal punto di vista tecnico, di un complesso sito web, a cui si ha accesso tramite un’iscrizione gratuita, e dentro cui si possono «condividere» testi e immagini con altri iscritti. Originariamente concepito come un modo per rimettere in contatto tra loro vecchi compagni di scuola, Facebook si è pian piano trasformato in una gigantesca comunità virtuale, che oggi conta più iscritti dell’intera popolazione europea. Oggi, Facebook è «abitato» da milioni di persone che creano tra loro relazioni basate sull’amicizia, la condivisione di interessi, o addirittura il puro caso. La «rete» delle amicizie, ossia quel sistema di connessioni che consente agli iscritti di separare il gruppo delle persone conosciute da quelle sconosciute, è certamente uno dei punti nodali dell’architettura di questa community, se non l’unico vero punto cruciale. Interagendo con il sito, appare evidente come il centro di questa «vita digitale» sia, in buona sostanza, la visualizzazione in tempo quasi-reale di ciò che noi stiamo pensando o gli altri «amici» stanno facendo in quel momento. Ogni iscritto, oltre a stati d’animo, pensieri, immagini, ha, infatti, la possibilità di condividere, ad esempio, collegamenti a un altro sito web contenente un articolo di particolare interesse per chi scrive. Tutto ciò che un utente «condivide» viene automaticamente mostrato sullo schermo, nella cosiddetta Home Page dei suoi amici. Appare quindi chiaro come, semanticamente, il concetto di «amicizia» diventi estremamente labile e superficiale nell’era di Facebook. Poiché l’amicizia è l’unica categoria semantica disponibile per entrare in relazione con qualcuno all’interno di FB, tutte le relazioni di conoscenza, rapporto sentimentale, parentela vicina o lontana, vengono immediatamente appiattite su quest’unico significato: amicizia. Paradossalmente persone separate da decenni, che per strada nemmeno si riconoscerebbero, si trovano così in un mondo fatto dalle opinioni, dai pensieri e dagli stati d’animo degli altri, con ben poche possibilità di reale interazione con essi.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Si creano dunque rapporti umani sempre meno approfonditi e meditati, in cui la prova della propria esistenza è data dal tasto «mi piace», presente sotto ogni «post» (il termine usato per indicare una qualsiasi forma di contenuto pubblicato su Facebook). In mancanza di tempo per approfondire l’amicizia o l’argomento che si segnala o viene segnalato, tutto ciò che frettolosamente ci resta da fare è far sapere agli amici che quello che essi hanno scritto (da «aiutiamo i terremotati di Amatrice» a «vorrei tanto dormire un’ora in più»), indistintamente «ci piace». A parte questo consenso stereotipato, diventa difficile graduare la reazione e così si impoveriscono le argomentazioni. È ben vero che, oltre al «mi piace» possiamo apporre al post altrui, come giudizio o valutazione, un piccolo simbolo iconico in forma di «faccina» che stupisce o piange o è arrabbiata, ma se troviamo che un contenuto è fuorviante, non ci restano che due strade, entrambe insoddisfacenti. Possiamo abdicare a una testimonianza e ignorare il post semplicemente, oppure avventurarci nella rischiosa impresa di lasciare un commento più o meno «ragionato». Impresa rischiosa, perché è lo stesso medium comunicativo che impone la fretta, la superficialità, l’hic et nunc. Lasciare un commento più lungo di una estemporanea battuta rischia di essere percepito più come un esercizio di pedanteria che come un utile tentativo di avere rapporti umanamente sinceri e profondi. Anche se tutto appare legato al presente e viene rapidamente sostituito da una miriade di nuove impressioni, tutte le informazioni inserite, anche quelle eliminate, sono custodite in eterno nelle memorie dei server, creando notevoli problemi di privacy e di sicurezza, ben oltre quelli della posta elettronica, già facilmente penetrabile dall’esterno. Comincia in questo modo a delinearsi una strategia, la cui liceità pone seri problemi morali prima che politici. Ogni utente è in realtà un perfetto target di marketing: di lui, un potenziale venditore potrebbe conoscere (o dedurre) interessi, tipo di conoscenze, orientamenti religiosi e politici, tempi e ritmi di vita, capacità professionali o di leadership, gusti sessuali, alimentari, estetici… tutto. Ogni

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utente diventa quindi, nella migliore delle ipotesi, un numero nelle statistiche compilate (e rivendute) da Facebook a tutte le agenzie che hanno interessi di mercato e a tutte le istituzioni civili e militari di controllo sociale, ideologico e politico.

2. Social e media tradizionali

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Un tempo, nella fase dei media tradizionali, non tutti potevano raggiungere un pulpito da cui giudicare pubblicamente gli altri. Solo certi giornalisti, certi registi, certi conduttori televisivi, oppure i leader politici e sindacali potevano sfruttare la comunicazione di massa per esprimere critiche, condanne e censure. La gran massa restava solo destinataria di messaggi unidirezionali da parte di figure con cui non poteva direttamente interagire. Anche negli anni dell’assemblearismo movimentista la comunicazione rimaneva spesso unilaterale. Occorreva coraggio e occorreva «metterci la faccia» personalmente per manifestare, affermare o dissentire nei confronti di un pubblico, il più delle volte intollerante e, comunque, di vastità non oceanica. Cinema e televisione rappresentavano e rappresentano, quindi, un potere comunque riservato relativamente a pochi e che viene conseguito nel tempo come status professionale e sociale in base a un percorso e ad alcuni precisi requisiti di competenza. La comparsa dei social-network, invece, ha offerto potenzialmente a tutti di avere, almeno in teoria, un vasto pubblico, cui indirizzare la propria momentanea opinione sulla più disparata varietà di argomenti. Apparentemente parrebbe una grande conquista di libertà e democrazia, ma a guardare a fondo si scopre ben altro. Ora, infatti, con i social la platea è potenzialmente smisurata, e ogni post o tweet, per quanto feroce e inopportuno, è destinato a raggiungere un pubblico nei confronti del quale ci si assume la responsabilità di ciò che si scrive, pur sapendo che il post in breve tempo sarà dimenticato. La momentanea conclusione, quindi, è che i social non sono una comunità virtuale pacifica, ma una arena gladiatoria, dove la responsabilità morale fa presto a sbiadire e dove la serietà di intenti perde importanza.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO 3. Aspetti politici Qualcuno abituato a considerare la rete come il massimo della partecipazione democratica, ha proposto di istituire tribunali popolari per sbugiardare le notizie dei media e della rete. In apparenza una buona idea, ma densa di esiti a rischio di totalitarismo. Questo eccesso di fiducia, che oggi in Italia si ripone nell’uso politico della rete come strumento di consultazione per una democrazia diretta, ha già portato alla gestione delle candidature e delle liste elettorali o alla approvazione o meno di aspetti di legge o addirittura alla censura di persone impegnate in politica. C’è da chiedersi, comunque, se questo tipo di uso politico rappresenti davvero una consultazione democratica di base o se non sia, piuttosto, un alibi per un’ulteriore dittatura mediatica nella sua veste di manipolazione referendaria, per avere ragione dei mutevoli umori di un immenso pubblico. A mano a mano che scomparirà la generazione di chi non è riuscito a familiarizzare con le nuove tecnologie, i social saranno sempre più la proiezione di una società reale, dove viene liberata quella aggressività e quel giustizialismo personale, che, se trovassero spazio nella vita vera, porterebbero a sanguinosa violenza fisica. Tuttavia è lecita la domanda: fino a quando le due sfere resteranno distinte? Orwell, Bradbury, McLuhan e quanti si sono soffermati sull’aspetto tecnico-linguistico dei media tradizionali, sono un’ineliminabile risorsa per capire il nostro tempo, ma senza l’apporto delle neuroscienze e della teoria sulle comunicazioni inavvertite (che il recettore non si accorge di ricevere), non saremmo in grado di capire che mondo reale e mondo virtuale dei social si influenzano reciprocamente. Se il mondo virtuale trabocca di violenza, presto anche quello reale sarà percorso da sempre nuove forme di conflittualità, innescata proprio da quanti non comprendono che anche una espressione offensiva e sarcastica, usata sui social, richiama violente emozioni e provoca ferite interiori profonde in chi viene colpito.

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4. Distinguere il vero dal falso sul web

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Per attribuire una patente di veridicità o meno a una notizia, occorre sapere di che cosa si parla nella notizia e di come si procede nell’accertamento della rispondenza di una notizia ai fatti di cui parla. Sotto il profilo strettamente scientifico ci viene in aiuto uno studio dell’Università americana di Stanford, che nel 2016 ha esaminato un vasto campione di studenti dalle medie all’università. La ricerca ha teso a stabilire quanto il singolo studente sia o meno in grado di porsi domande sulla autenticità di una informazione digitale (scritta o in immagine). Si è così visto che quasi tutti non sono stati in grado di separare la informazione dalla interpretazione e dalla sponsorizzazione di una notizia (quello che sui tradizionali media si chiama pubblicità redazionale). Le foto artefatte che sono state diffuse su Facebook, accompagnate da didascalie evidentemente false rispetto alla realtà, sono state considerate come forti prove documentarie e attendibili di fenomeni ed eventi in verità inesistenti o non congruenti con i luoghi e i tempi delle didascalie. Il dato, quindi, è davvero allarmante: se gli adulti hanno smesso di dare importanza alla verità, i giovani troveranno sempre meno persone disposte a insegnare loro come avere una coscienza vigile per difendersi dalle menzogne, per capire la differenza tra verità e pubblicità, tra opinione e fatto, tra informazione e propaganda. Infatti, sempre molti di più, pur essendo “nativi digitali”, multitasking e capaci di diffondere selfie su più social contemporaneamente, finiranno per non sapere riconoscere una notizia da una cosiddetta “bufala”. È questa una ulteriore dimostrazione del fatto che anche i social sono lo specchio di una società, dove solo il frammentismo effimero del proprio parere dato o del proprio «mi piace» o del I follow you illudono l’utente di contare. Sono invece, soprattutto, aspetti misurabili quantitativamente dalle agenzie demoscopiche a fini commerciali e dalle intelligence, che operano sui dati della rete con compiti di controllo sociale e di sicurezza. Ma le vere domande profonde circa la verità di ciò che sottostà alle problematiche toccate restano inevitabilmente inevase.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO 5. Per un uso intelligente e vigile dei social Non si tratta solo di un problema di contenuti o di capacità tecnica nell’usare lo strumento del web, ma dell’importanza di acquisire un metodo e un linguaggio adeguati, per chi intende frequentare in modo non superficiale questi media. Ci troviamo, quindi, di fronte a un nuovo tipo di linguaggio, che non è più concettuale, ma contornuale. Il destinatario dei messaggi crede d’essere «informato», mentre di fatto recepisce, per lo più inavvertitamente, le interpretazioni personali e soggettive dei loro autori. Di qui la nuova mentalità, frutto di idee allo stato di opinione, allo stato «caldo». La tipica comunicazione per stereotipi prende il sopravvento. Lo stereotipo è una frase, un’immagine (anche mentale) che assolutizza un relativo. È una forma di bugia semiologica, cioè una bugia detta con cose vere, ma collegate in maniera da dire praticamente una cosa falsa (slogan). Chi vuole essere presente in quest’ambito mediatico linguistico e psicologico, deve stare ben attento a non diventare solo dispensatore di peregrine osservazioni o di risposte affrettate. Oppure deve stare attento a non cadere nell’ingannevole accoglienza di una piazza digitale, dove dietro i rumores e le apparenti condivisioni amichevoli si può celare una superficiale vocazione al pettegolezzo o alla propalazione di aspetti personali in un ambito non facilmente controllabile. Certo Facebook non è la quintessenza della cultura accademica, ma snobbarlo è sbagliato. Sintetizzare i concetti e utilizzare i termini più idonei a esprimerli rappresenta una vera e propria traduzione del succo del pensiero personale. Per quanto possa sembrare una formulazione «in pillole», se questa vuol essere realizzata con efficacia ha bisogno di affidarsi alle indicazioni di una metodologia del linguaggio comunicativo, oggi ancor più valida nell’affrontare la comunicazione attraverso le più sofisticate tecnologie. Il proprio post va formulato come se fosse il frutto di un vero e pro-

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prio obiettivo comunicativo, che risponde sempre alla domanda: «Che cosa voglio dire di questo argomento o di questo fatto?». Fissata bene l’idea di fondo, si tratta di scegliere le parole e la costruzione più opportuna in funzione della comprensione e della psicologia di chi riceverà il messaggio e che potrà rilanciare presso altri amici. Si pensi solo alla differenza che esiste tra il dire a un solo amico: «Hai letto il tal articolo sul tal quotidiano?» e il segnalare in Facebook quell’articolo, che tutti gli amici troveranno sotto gli occhi quando apriranno la pagina del loro profilo. Forse non saranno d’accordo con il commento o con le idee dell’articolo, ma, intanto ne verranno a conoscenza. Allo stesso modo si dica di un passo di una trasmissione televisiva che è sfuggita e che si vuole commentare. Ogni aspetto può diventare oggetto di una attenta e rapida segnalazione, commentata con professionalità. Quello dell’identità culturale e del patrimonio dei valori è quanto deve essere presente nella coscienza di chi avverte il bisogno di testimoniare la verità in un mondo che ha modificato il modo di concepire la realtà in senso individualistico e relativistico. Non intervenire utilizzando gli strumenti dell’universo mediatico per fare educazione su valori e concezioni di vita, vuol dire collocarsi fuori dal mondo e recitare il ruolo consolatorio di chi loda il passato, ma non sa come tradurne il senso a beneficio del presente. Non apportare ai social una linfa di mature riflessioni significa consentire che prenda sempre più piede una mentalità soggettivistica e massificata che incrementa valutazioni e comportamenti errati nella vita reale. Dunque, se è vero che i media sono una scuola extra-scuola, questo canale è una piccola scuola, accanto ad altre che sfruttano le tecnologie. Tenervi accesa una scintilla di saggezza e di orientamento del pensiero può incidere sul singolo utente, suggerendo riflessioni mature e atteggiamenti mentali che poi si traducono in comportamenti reali nella vita quotidiana. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto


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MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Decreto di attribuzione delle somme derivanti dall’8 per mille IRPEF

Prot. 404-30.11.2017

L’Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto VISTA la determinazione approvata dalla XLV Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (Collevalenza 9 – 12 novembre 1998); CONSIDERATI i criteri programmatici ai quali intende ispirarsi nell’anno pastorale 2018 per l’utilizzo delle somme derivanti dall’otto per mille dell’IRPEF; TENUTA PRESENTE la programmazione diocesana riguardante nel corrente anno priorità pastorali e urgenze di solidarietà; SENTITI, per quanto di rispettiva competenza, l’incaricato del Servizio diocesano per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica e il Direttore della Caritas diocesana; UDITO il parere del Consiglio Diocesano per gli Affari economici e del Collegio dei Consultori dispone

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I) Le somme derivanti dall’otto per mille IRPEF ex art. 47 della Legge 222/1985 ricevute nell’anno 2017 dalla Conferenza Episcopale Italiana “per esigenze di Culto e Pastorale” sono così assegnate:

777 1 2

2 1 2 4 5 6 7 9

3 1 2

ESIGENZE DI CULTO E PASTORALE

2017

ESIGENZE DEL CULTO CONSERVAZIONE O RESTAURO EDIFICI DI CULTO GIA’ ESISTENTI 497.032,00 497.032,00 ESERCIZIO CURA DELLE ANIME ATTIVITA’ PASTORALI STRAORDIN. 0,00 CURIA DIOCESANA E CENTRI PAST. 19.248,45 MEZZI COMUNICAZIONE SOCIALE 80.555,00 ISTITUTO DI SCIENZE RELIGIOSE 50.000,00 CONTRIBUTO ALLA FACOLTA’ TEOLOGICA 100.000,00 ARCHIVI E BIBLIOTECHE DI ENTI ECCLESIASTICI 256.064,00 CONSULTORIO FAM. DIOCESANO 33.116,70 538.984,15

4 5 6

FORMAZIONE DEL CLERO SEMINARIO DIOCESANO, INTERDIOCESANO, REGIONALE RETTE SEMINARISTI E SACERDOTI BORSE DI STUDIO PER SEMINARISTI FORMAZIONE PERMANENTE CLERO FORMAZIONE DIACONATO PERMANEN. PASTORALE VOCAZIONALE5.224,63

4 4

SCOPI MISSIONARI SACERDOTI FIDEI DONUM

6 1

CONTRIBUTO SERVIZIO DIOCESANO CONTRIBUTO SERVIZIO DIOCESANO

104.048,30 51.380,00 37.250,00 25.000,00 10.000,00 232.902,93

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TOTALE DELLE ASSEGNAZIONI

15.226,18 15.226,18

2.324,06 2.324,06 1.286.469,32

II) Le somme derivanti dall’otto per mille IRPEF ex art. 47 della Legge 222/1985 ricevute nell’anno 2017 dalla Conferenza Episcopale Italiana “per interventi caritativi” sono così assegnate:


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO 888

INTERVENTI CARITATIVI

2017

1 1 3

DISTRIB. PERSONE BISOGNOSE DA PARTE DELLA DIOCESI DA PARTE DI ENTI ECCLESIASTICI

2 2 3 6

OPERE CARITATIVE DIOCESANE IN FAVORE DI TOSSICODIPENDENTI IN FAVORE DI ANZIANI FONDAZIONE ANTIUSURA

4 3

OPERE CARITATIVE ALTRI ENTI IN FAVORE DI ANZIANI

5 1

ALTRE ASSEGNAZIONI/EROGAZIONI A DISP. DEL VESCOVO PER CARITÀ

TOTALE DELLE ASSEGNAZIONI

155.080,00 575.621,36 730.701,36

237.000,00 20.883,85 25.822,84 283.706,69

25.534,93 25.534,93

200.000,00 200.000,00 1.239.942,98

Le disposizioni del presente provvedimento saranno trasmesse alla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso i prospetti di rendicontazione predisposti secondo le indicazioni date dalla Presidenza della C.E.I.

Bari, 30 novembre 2017

403 + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto



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CURIA METROPOLITANA Cancelleria

1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti – La sera del 7 ottobre 2017, vigilia della XXVII domenica del T.O., S. Ecc. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, con le legittime dimissorie del Ministro Provinciale, nella Basilica Pontificia di S. Nicola in Bari, ha ordinato presbitero il diacono fra Vito Logoteto, dell’Ordine dei Frati di S. Agostino. – La sera del 26 dicembre 2017, festa di S. Stefano, S. Ecc. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, nella parrocchia “Cattedrale” in Bari, ha ordinato diacono l’accolito Fabio Carmosino, incardinandolo nel clero diocesano.

2. Nomine e decreti singolari 405 A) Sua Eccellenza l’Arcivescovo ha nominato, in data: – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 42/17/D.A.S.-N.), don Carlo Lavermicocca all’incarico di vice direttore dell’Ufficio Scuola della Curia diocesana di Bari-Bitonto, per cinque anni; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 43/17/D.A.S.-N.), mons. Angelo Latrofa all’incarico di direttore dell’Ufficio Scuola della Curia diocesana di Bari-Bitonto, per cinque anni; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 44/17/D.A.S.-N.), don Donato Lucariello


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all’incarico di direttore dell’Ufficio Catechistico della Curia diocesana di Bari-Bitonto, per cinque anni; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 45/17/D.A.S.-N.), don Michele Camastra all’incarico di direttore diocesano Migrantes, per cinque anni; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 53/17/D.A.S.-N.), don Donato De Felice all’ufficio di parroco della parrocchia “SS. Sacramento” in Bitonto, per nove anni; – 22 ottobre 2017 (Prot. n. 56/17/D.A.S.-N.), il diacono permanente Liberato De Caro all’ufficio di collaboratore della parrocchia “Madonna di Pompei” in Bari-Carbonara; – 22 ottobre 2017 (Prot. n. 57/17/D.A.S.-N.), il diacono permanente Giuseppe De Serio all’ufficio di collaboratore della parrocchia “S. Girolamo” in Bari; – 22 ottobre 2017 (Prot. n. 58/17/D.A.S.-N.), il diacono permanente Luigi Fanelli all’ufficio di collaboratore della parrocchia “Salvatore” in Bari-Loseto; – 22 ottobre 2017 (Prot. n. 59/17/D.A.S.-N.), il diacono permanente Vito Frasca all’ufficio di collaboratore della parrocchia “Stella Maris” in Bari-Palese; – 22 ottobre 2017 (Prot. n. 62/17/D.A.S.-N.), don Alessandro Emanuele all’ufficio di parroco delle parrocchie “S. Giorgio Martire” e “Salvatore”, in Bari-Loseto per nove anni; – 4 novembre 2017 (Prot. n. 66/17/D.A.S.-N.), don Massimo Ghionzoli all’ufficio di parroco della parrocchia “S. Giovanni Bosco” in Bari, per nove anni; – 7 novembre 2017 (Prot. n. 67/17/D.A.S.-N.), il diacono permanente Nicola Rondinone all’ufficio di consulente spirituale della “Unione Diocesana Sacristi”; – 20 novembre 2017 (Prot. n. 69/17/D.A.S.-N.), don Carmine Leuzzi all’ufficio di parroco della parrocchia “S. Maria Maddalena” in Bari, per nove anni; – 20 novembre 2017 (Prot. n. 70/17/D.A.S.-N.), padre Vincenzo Giannelli O.F.M.conv, all’ufficio di cappellano dell’Istituto “Madre Clelia Merloni” delle Suore Apostole del S. Cuore in Bari; – 27 novembre 2017 (Prot. n. 71/17/D.A.S.-N.), don Nicola Laricchia all’ufficio di vicario del terzo vicariato zonale dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, per quatto anni.


CURIA METROPOLITANA B) Sua Eccellenza l’Arcivescovo ha istituito, in data: – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 47/17/D.A.S.-I), padre Arockiadass Muthusavary C.P.P.S., all’ufficio di cappellano della chiesa del Corpus Domini in Bari; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 48/17/D.A.S.-I), padre Costantino Liberti S.d.V., all’ufficio di parroco della parrocchia “Santissima Trinità” in Mola di Bari; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 49/17/D.A.S.-I), padre Giuseppe Stiano S.d.V., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “Santissima Trinità” in Mola di Bari; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 50/17/D.A.S.-I), padre Raffaele Zoppi C.S.S., all’ufficio di parroco della parrocchia “Maria SS. Immacolata” in Bitonto-Palombaio; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 51/17/D.A.S.-I), padre Fulvio Procino C.S.S., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “Maria SS. Immacolata” in Bitonto-Palombaio. C) Sua Eccellenza l’Arcivescovo ha trasferito, in data – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 46/17/D.A.S.-T.), don Rocco Priore dall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “Cattedrale” in Bari, all’incarico di vicario parrocchiale delle parrocchie “Maria SS. Assunta-Concattedrale” e “S. Giovanni Evangelista” in Bitonto; – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 52/17/D.A.S.-T.), don Antonio Serio dall’ufficio di parroco della parrocchia “SS. Sacramento” in Bitonto, all’ufficio di parroco della parrocchia “S. Maria Assunta” in Sannicandro di Bari, per nove anni; - 2 ottobre 2017 (Prot. n. 54/17/D.A.S.-T.), don Rafael Antonio Arango dall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia “Spirito Santo” in Bari-S. Spirito, all’ufficio di padre spirituale della chiesa “Sacro Cuore” in Bari-Palese Macchie; – 22 ottobre 2017 (Prot. n. 60/17/D.A.S.-T.), il diacono permanente Michele Mastromatteo dall’ufficio di collaboratore della parrocchia “S. Girolamo” in Bari, all’ufficio di collaboratore della parrocchia “S. Cataldo” in Bari;

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– 22 ottobre 2017 (Prot. n. 61/17/D.A.S.-T.), don Natale Modesto dall’ufficio di parroco delle parrocchie “S. Giorgio Martire” e “Salvatore” in Bari-Loseto, all’ufficio di parroco della parrocchia “S. Maria di Monteverde” in Grumo Appula, per nove anni; – 4 novembre 2017 (Prot. n. 64/17/D.A.S.-T.), don Giuseppe Cutrone dall’ufficio di parroco della parrocchia “Spirito Santo” in Bari-S. Spirito, all’ufficio di parroco della parrocchia “Maria SS. del Rosario” in Bari, per nove anni; – 4 novembre 2017 (Prot. n. 65/16/D.A.S.-T.), don Fabio Campione dall’ufficio di parroco della parrocchia “S. Giovanni Bosco” in Bari, all’ufficio di parroco della parrocchia “Spirito Santo” in Bari-S. Spirito, per nove anni.

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D) Sua Eccellenza l’Arcivescovo, in data – 2 ottobre 2017 (Prot. n. 51 bis/17/D.A.S.), ha riconosciuto a don Nicola Rotundo il diritto di usufruire dei benefici previsti per la condizione di anzianità; – 22 ottobre 2017 (Prot. n. 60 bis/17/D.A.S.), ha riconosciuto a don Francesco Vitucci il diritto di usufruire dei benefici previsti per la condizione di anzianità; – 4 novembre 2017 (Prot. n. 63/17/D.A.S.), ha riconosciuto a don Francescopaolo Sangirardi il diritto di usufruire dei benefici previsti per la condizione di anzianità; – 20 novembre 2017 (Prot. n. 68/17/D.A.S.), ha riconosciuto a don Filippo Ciavarella il diritto di usufruire dei benefici previsti per la condizione di anzianità; – 9 dicembre 2017 (Prot. n. 72/14/L.A.), ha concesso licenza a S. Ecc. Mons. Giuseppe Giuliano, Vescovo di Lucera-Troia, per il conferimento, nella Cappella Maggiore del Seminario Regionale di Molfetta, del ministero istituito dell’accolitato a Giacomo Giuseppe Capozzi e Tommaso Genchi e del ministero istituito del lettorato a Vincenzo Grandieri, seminaristi di questa Arcidiocesi.


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Settore Evangelizzazione. Ufficio Catechistico

Incontri diocesani di formazione per catechisti e operatori pastorali Fanciulli e ragazzi nell’azione simbolico-rituale della Chiesa (Bari, 4-10 ottobre 2017)

Un «fondamentale ambito della catechesi è la formazione di una corretta sensibilità liturgica, nel senso della conoscenza della liturgia e delle sue esigenze – il senso del rito, l’anno liturgico, la forma rituale dei sacramenti e i testi eucologici – e, ancor più, nel senso di apertura al Mistero di Dio e di incontro con il Cristo che in essa, per opera dello Spirito attraverso la Chiesa, accade. Una visione della liturgia solo in prospettiva concettuale e didattica va contro la sua natura di forma che dà forma, secondo la quale il credente, pervenuto alla fede, si lascia plasmare ed educare dall’azione liturgica, quale espressione del culto della Chiesa nella sua fontalità sacramentale, sorgente della vita cristiana. La celebrazione, inoltre, con i suoi plurimi linguaggi che interpellano il cuore, la mente, i sensi corporei e psichici e con le sue esigenze comunitarie ha un grandissimo potenziale educativo» (CEI, Incontriamo Gesù, 2014, n. 17). 409 Su invito degli orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, Incontriamo Gesù, a più di cinquant’anni del Concilio Vaticano II e del Documento Base, Il Rinnovamento della catechesi, e su indicazione del Convegno tenutosi a Roma nel mese di giugno dell’Ufficio Catechistico nazionale e della Liturgia, la nostra diocesi ha voluto organizzare alcuni momenti di formazione per tutti i catechisti e gli operatori pastorali presso l’aula sinodale Mons. Mariano Magrassi, nei giorni 410 ottobre 2017. Il tema, indicato da una riflessione nazionale a


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riguardo, intende offrire ai parroci, ai catechisti, alle famiglie e agli animatori impegnati in parrocchia e in oratorio, la possibilità di confrontarsi sul rapporto tra liturgia e catechesi nei cammini di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi. Quest’anno la tematica nazionale è stata declinata nella nostra diocesi con la seguente tematica: Fanciulli e ragazzi nell’azione simbolica-rituale della Chiesa. Infatti, la prima relazione è stata tenuta da don Mario Castellano, direttore degli Uffici Pastorale e Liturgico, il 4 e 9 ottobre, sul tema Fanciulli e ragazzi nell’azione simbolica-rituale della Chiesa: Liturgia e catechesi. Hanno partecipato agli incontri: per i paesi 37 parrocchie con 330 partecipanti, per la città 34 parrocchie con 167 partecipanti. Don Mario Castellano, nella sua relazione, ha offerto alcune “buone pratiche” catechistiche e celebrative per i più piccoli. Il relatore ha sottolineato una importante prospettiva che impegna tutti gli operatori pastorali a valorizzare la stretta connessione esistente tra catechesi, celebrazione liturgica e vita quotidiana. Infatti, la liturgia ha per sua natura un’efficacia pedagogica (cfr Sacrosanctum Concilium, n. 33) nell’introdurre i fedeli alla conoscenza del mistero celebrato. Le indicazioni offerte dagli orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, Incontriamo Gesù, richiamano il valore esemplare della tradizione catecumenale e mistagogica della comunità cristiana con la sua forte connotazione in chiave cristocentrica. Il cammino formativo di ogni cristiano necessariamente assume un carattere esperienziale in cui diventa determinante l’incontro con Gesù annunciato da autentici testimoni. Naturalmente, questo implica una formazione solida dei formatori e degli operatori pastorali. Don Tino Lucariello, parroco della parrocchia di S. Giuseppe in Bari e nuovo direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano, durante la tavola rotonda, ha presentato all’assemblea la problematica tra messa domenicale e iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Nella Chiesa di oggi fortemente caratterizzata da una crescente secolarizzazione e da una disaffezione di molti fedeli e quindi dei fanciulli e dei ragazzi alla partecipazione della messa domenicale, emerge in modo impellente la necessità di una rinnovata cultura eucaristica. Una tematica che necessita di essere guardata e affrontata, non fosse altro che per la portata evangelizzatrice che la liturgia assume nei percorsi di annuncio e di catechesi. Un passo del Direttorio per le Messe dei


CURIA METROPOLITANA fanciulli, del lontano 1973, risulta ancora attuale nel descrivere riflessioni e considerazioni con cui tante volte come sacerdoti e catechisti guardiamo la partecipazione dei bambini e dei ragazzi alla liturgia: «È vero che anche nella loro vita quotidiana i fanciulli non sempre né tutto comprendono delle loro relazioni ed esperienza con gli adulti, senza che si dimostrino per questo infastiditi o tediati: parrebbe quindi che neanche in fatto di liturgia sia il caso di pretendere che tutto e sempre sia per essi intelligibile e chiaro. Ma rimane il pericolo di un danno spirituale, se nei loro rapporti con la Chiesa i fanciulli sono costretti a fare per anni ripetute e identiche esperienze di cose che ben difficilmente riescono a comprendere; studi psicologici recenti hanno dimostrato quale profonda influenza formativa eserciti sui fanciulli, in forza della loro innata religiosità, l’esperienza religiosa dell’infanzia e della prima fanciullezza». La celebrazione, perciò, con i suoi plurimi linguaggi che interpellano il cuore, la mente, i sensi corporei e psichici e con le sue esigenze comunitarie ha un grandissimo potenziale educativo. «L’evangelizzazione gioiosa – scrive il Papa nella Evangelii gaudium n. 24 – si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi». Nella tavola rotonda, Giuseppe Panzarini, responsabile della Equipe diocesana di Azione Cattolica Ragazzi, ha relazionato sul tema La Liturgia all’interno degli itinerari associativi dell’Azione Cattolica dei ragazzi (cfr Orientamenti, n. 55), presentando alcune slides in cui evidenzia l’integrazione in un cammino di fede della catechesi, liturgia e vita. Infatti, come ha chiaramente affermato il responsabile dell’Acr diocesana, la proposta dell’Azione cattolica ragazzi fa proprie le scelte della Chiesa italiana rispetto al rinnovamento della catechesi dell’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi. La catechesi in Azione cattolica non è altra cosa da quella della Chiesa: la sensibilità associativa evidenzia la dimensione comunitaria e quella missionaria e inserisce l’atto catechistico all’interno di un

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processo educativo organico e globale. Fedele alle linee della Cei, l’Acr adotta i catechismi per l’iniziazione cristiana, li rende fulcro della propria proposta catechistica, elemento imprescindibile, libro della fede che tutti i fanciulli e i ragazzi che aderiscono all’associazione sono impegnati a conoscere e ad approfondire. L’Acr fa suoi i catechismi e se ne serve con un itinerario formativo diversificato per esperienze e metodo, costruisce il proprio itinerario catechistico differenziato proprio a partire dalle tre tematiche fondamentali dell’iniziazione cristiana, da queste tre precise angolature, con la seguente scansione: iniziazione al mistero di Cristo (anno della novità), alla vita della Chiesa (anno della compagnia) e conversione al Vangelo della vita (anno della sequela). Per cercare di superare il rischio della frammentarietà e della episodicità l’Acr propone un cammino organico e completo di otto anni (dai 6 ai 14 anni), all’interno del quale ciascuno riscopre il Battesimo, si prepara, riceve e vive la Riconciliazione, l’Eucaristia e la Confermazione. Infine, la prof.ssa Annalisa Caputo, responsabile Settore disabili dell’Ufficio Catechistico Diocesano, ha concluso con un tema molto delicato e impegnativo circa I riti e i simboli nella Liturgia con persone con disabilità, attraverso un video che mostrava l’esperienza di un ragazzo autistico che riceve la Prima Comunione in una celebrazione parrocchiale (cfr Orientamenti, nn. 17,41,54,56,67,7172,88,93). Infatti, «La comunità cristiana non può non avvertire l’urgenza di offrire la proposta di fede, nella sua pienezza, anche a tutte le persone disabili, nel modo più appropriato possibile, perché esse possano ascoltare Dio che parla nella loro particolarissima situazione come un Padre amorevole, lo accolgano, trovino in Lui le risposte più significative per la loro vita e imparino ad amarlo e a seguirlo» (CEI, L’iniziazione cristiana alle persone disabili. Orientamenti e proposte, 2004, n. 3). All’interno dell’Ufficio Catechistico è sorta ormai da anni un’attenzione particolare verso le persone disabili. Attraverso la riflessione, lo studio e il sostegno ad alcune esperienze di accompagnamento nella fede di ragazzi disabili, il Settore disabili intende favorire nelle nostre comunità parrocchiali lo sviluppo di una mentalità di accoglienza verso le “membra fragili” della Chiesa. Pertanto, l’Ufficio Catechistico diocesano è disponibile per pro-


CURIA METROPOLITANA grammazioni e scambi con i catechisti per l’educazione alla fede dei ragazzi disabili. L’équipe diocesana ha l’obiettivo di costituire in diocesi una presenza visibile nel campo della disabilità per rispondere ai bisogni delle comunità parrocchiali e dei singoli catechisti chiamati ad accompagnare bambini e ragazzi disabili nel percorso di iniziazione cristiana. In una rinnovata evangelizzazione, sollecitata dall’Esortazione apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco, la Chiesa è chiamata a rafforzare sempre più una comune azione pastorale in un mondo che cambia. sac. Tino Lucariello Direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano

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Fanciulli e ragazzi nell’azione simbolico-rituale della Chiesa: liturgia e catechesi

Premessa Un «fondamentale ambito della catechesi è la formazione di una corretta sensibilità liturgica, nel senso della conoscenza della liturgia e delle sue esigenze – il senso del rito, l’anno liturgico, la forma rituale dei sacramenti e i testi eucologici – e, ancor più, nel senso di apertura al Mistero di Dio e di incontro con il Cristo che in essa, per opera dello Spirito attraverso la Chiesa, accade. Una visione della liturgia solo in prospettiva concettuale e didattica va contro la sua natura di forma che dà forma, secondo la quale il credente, pervenuto alla fede, si lascia plasmare ed educare dall’azione liturgica, quale espressione del culto della Chiesa nella sua fontalità sacramentale, sorgente della vita cristiana. La celebrazione, inoltre, con i suoi plurimi linguaggi che interpellano il cuore, la mente, i sensi corporei e psichici e con le sue esigenze comunitarie ha un grandissimo potenziale educativo» (CEI, Incontriamo Gesù, n. 17).

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Questo testo densissimo, tratto dagli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia Incontriamo Gesù, redatto dalla Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi della CEI (2014), ha orientato sul tema della nostra riflessione il convegno unitario dei direttori e collaboratori degli Uffici diocesani di catechesi e liturgia (Salerno, giugno 2017) voluto dall’Ufficio Catechistico Nazionale e dall’Ufficio Liturgico Nazionale. Per la prima volta insieme! E già questo dice tanto circa la necessità come auspicato dai nostri vescovi - di offrire un contributo in ordine alla promozione di una pastorale integrata e meno frammentata o settorializzata anche nel cantiere dell’iniziazione cristiana. Una prospettiva che riguarda, quindi, sia la catechesi sia la liturgia, ma senza escludere l’altra dimensione fondamentale che è quella della


CURIA METROPOLITANA carità (per una vita cristiana a 3d). Parlare di ‘iniziazione cristiana’ significa in realtà parlare di ‘iniziazione alla vita cristiana’ e non semplicemente di preparazione alla ricezione dei sacramenti. La ‘novità’ di un convegno unitario, come anche quest’ultima affermazione, non dovrebbe essere così ‘nuova’ per noi della diocesi di Bari-Bitonto che abbiamo fatto della scelta mistagogica, indicata dal nostro Arcivescovo, l’idea progettuale del comune impegno ecclesiale in vista di una fede celebrata, professata e vissuta. Abbiamo tante volte ribadito in questi anni la necessità e l’urgenza di una pastorale più organica che aiuti a ‘risvegliare la fede’ nel cuore dei battezzati e a suscitarla ‘per attrazione’ in chi ancora non ha ricevuto tale dono. In questa prospettiva un’attenzione privilegiata per l’educazione alla fede dei bambini e dei ragazzi non può più prescindere o procedere indipendentemente da un cammino formativo che coinvolga i genitori, gli stessi catechisti e/o i loro formatori. Un impegno per gli operatori pastorali (tra i quali i catechisti) che veda tutti chiamati alla formazione e alla missione, riscoprendo una iniziazione alla fede, mediante la celebrazione e l’annuncio, per essere iniziati alla vita cristiana.

Le difficoltà del dialogo e una necessaria conversione Il tema affidato alla nostra riflessione in merito al coinvolgimento dei fanciulli e dei ragazzi nell’azione simbolico-rituale può essere affrontato da angolature differenti e presentare diverse sfaccettature. Soprattutto può – come sempre accade in queste occasioni – prestarsi alla voglia di soddisfare immediatamente la domanda: “che cosa dobbiamo fare?”, pensando soprattutto ai più piccoli, destinatari di un’azione pastorale fatta da adulti che si ‘presume’ abbiano dimestichezza con termini quali ‘simbolo’ e ‘rito’ e, quindi, dialoghino facilmente con essi. Per questo, pur tentando di dare qualche risposta alla prima domanda più immediata, sarà meglio cogliere questa occasione per provare a rispondere a ‘questioni pastorali’ più nascoste e radicate, e

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in realtà non meno secondarie per l’efficacia di ogni possibile ‘strategia’ pastorale verso i più piccoli. La quaestio princeps è ripensare l’interazione tra liturgia e catechesi, domandandoci innanzitutto come noi ci poniamo dinanzi ad esse, perché non è detto che il dialogo tra queste due dimensioni sia facile né scontato. Dovremmo partire dal ridirci cosa non è liturgia e cosa non è catechesi, destrutturando quello che è ormai un immaginario collettivo che, alle volte, non risparmia neanche noi. E contemporaneamente provare a dirci cosa è azione rituale, che è molto più e meglio di ‘ritualismo’, cerimonie alle quali partecipare o sacramenti da amministrare e ricevere, e cosa è linguaggio simbolico/simbolo, che è alla base dell’annuncio kerigmatico della catechesi, che è molto più di ‘dottrina’, perché capace di ‘generare la fede’ e non semplicemente di ‘comunicare concetti’ se pur belli, veri e religiosi. Sono così sintetizzati i rischi di un certo tipo di approccio a queste dimensioni della fede e insieme la prospettiva in cui dovremmo muoverci affinché non si venga solo ‘informati’ sulla fede ma ‘formati’ dalla fede ed essa dia ‘forma’ ad una vita non solo religiosa ma autenticamente cristiana. Questo è l’obiettivo dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e non di meno degli adulti. La domanda di fondo è la seguente: “è una dottrina insegnata e appresa o una fede celebrata e professata a plasmare l’identità del credente piccolo o adulto che sia?”. «La cultura cattolica – scrive A. Grillo –, che pure ha sempre coltivato negli ultimi secoli un nativo interesse per le ‘cerimonie’, ha ridotto queste stesse cerimonie ad ‘atti esterni’ e con ciò le ha rese estranee alla vita dei cristiani contemporanei. La conformità alla chiesa sembrerebbe esigere alcuni ‘atti esterni’. Però ogni investimento spirituale o etico, emotivo o politico, passa per altre vie. Questo è vero non solo per l’uomo della strada, ma per larga parte del popolo cristiano e anche, bisogna ammetterlo, per non pochi pastori». C’è una riduzione all’ ‘indottrinamento’ e al ‘ritualismo’ che sta alimentando di fatto una cultura antirituale - nel senso più forte della parola ritualità - che non affida più alcuna ‘funzione’ alle azioni simboliche-rituali, ma traduce tutto in concetti o in sentimenti. Scrive ancora Grillo: «La dottrina e la devozione assorbono tutto il vissuto religioso del credente. Alcune ‘tradizioni’ come alcuni ‘insegnamenti’ religiosi, oggi e da ormai un secolo, non sono più capaci


CURIA METROPOLITANA di ‘iniziazione’. Possono solo assicurare consenso concettuale e un sentimento di devozione individuale. L’edificazione della Chiesa e dei credenti che la costituiscono non accade più nella celebrazione - ossia nell’ascolto della Parola e nell’azione rituale - ma prima o dopo o parallelamente ad essa». Una dottrina ossessionata dalla oggettività (come una catechesi preoccupata principalmente di un ‘programma didattico’ da eseguire e portare a termine) senza soggetto o meglio soggetti, e una devozione che sentimentalizza ogni mistero (come una sproporzionata e spropositata cura, tante volte solo coreografica, della ‘prima comunione’ come se non ne dovesse seguire una seconda, una terza, una settimanale, domenicale, comunione sacramentale, il cui fine rimane la comunione ecclesiale da realizzare di comunione in comunione…) gradualmente hanno smarrito il fine che quelle stesse modalità pastorali avevano fino a qualche ventennio fa, ma in un contesto di ‘cristianità diffusa’. Non si tratta ora di esaltare un’epoca precedente dove, forse proprio a causa di un’apparente ‘società cattolica’, si era smarrita una più forte e autentica adesione e appartenenza cristiana, ma sicuramente oggi, ancora più di ieri, una dottrina più soggettiva e una devozione meno sentimentale possono tornare ad essere ‘principio di comunità e di comunione’. Una dottrina più soggettiva non è da intendere come tendenziale apertura al rischio del soggettivismo, o del relativismo, pericoli del mondo moderno dai quali abbiamo pensato di poterci salvare con l’oggettività della dottrina, ma è da ritenere come mediazione efficace capace di in-formare la coscienza personale per un’adesione più libera e consapevole, e non semplicemente costretta dall’autorità dottrinale o dalla norma disciplinare. Così anche l’azione rituale o atto di culto si libera da quella riduzione ad una rubrica canonica e cerimonia esteriore che ne fanno una serie di ‘norme’ e una serie di ‘segni’… e niente di più! La domanda che ci accompagna costantemente è “come fare o cosa fare in questo tempo di continui e veloci mutamenti sociali e culturali?”; “Cosa possono fare la catechesi e la liturgia oggi?”. La risposta

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non è detto debba essere catastrofica, come spesso ci accade di pensare… Anzi, proprio le nuove sfide poste, ad esempio, dalla cultura digitale, dai così detti ‘nativi digitali’, come nuovo modo di ‘stare dentro’ la realtà e di percepirla, possono paradossalmente aiutarci a riscoprire quel potenziale dell’azione simbolico-rituale che abbiamo smarrito. Restando però consapevoli delle dovute distinzioni tra le due situazioni e soprattutto del grande limite della ‘mediazione digitale’ che ci isola davanti ad uno schermo attraverso il quale “si vede senza essere visti”, rimanendo nascosti, e del grande potenziale invece della ‘mediazione rituale/sacramentale’ che ci mette in relazione/comunione, ci fa uscire allo scoperto, rivelandoci il nostro vero volto proprio mentre è rivolto all’Altro e agli altri. C’è un termine ricorrente nella cultura odierna che è “media”, con il quale si indicano i mezzi di informazione e di comunicazione (mass media: giornali, televisione, internet…), plurale del latino medium: ‘mezzo’, ‘mediazione’. È ‘un modo’ di essere ‘dentro la realtà’ (si parla di film in 3d o addirittura in 4d capaci di far percepire anche i profumi e i sapori) o di dare l’illusione di ‘esserci dentro’. La positività di questo sta tutta, e forse solo, nel coinvolgimento e in un’esperienza integrale attraverso tutti i sensi e non solo attraverso una conoscenza esclusivamente intellettiva. I riti, dei quali è fatta ogni azione liturgica, sono altrettante mediazioni. Più che ‘finestre’ aperte sul Mistero - come a me piace definire l’icona sacra - le azioni rituali o celebrazioni liturgiche sono vere e proprie ‘porte’ di accesso al mistero di Dio e del prossimo e all’esperienza dell’altro e di sé. Ogni rito è un insieme di parole e silenzio, canto e musica, spazio e tempo, luce e tenebra, profumi e colori, sapori e gesti… Bisogna entrare in queste mediazioni, lasciarsi coinvolgere (in realtà più e meglio di quanto possa fare un’esperienza virtuale/digitale) e lasciarsi tras-formare dal con-tatto con loro. La mediazione rituale è, quindi, molto di più che semplice mezzo di comunicazione e proprio il simbolo, che a sua volta è molto di più del semplice segno, può difenderla da ogni riduzione e ridare alla liturgia il suo valore di fons, come indicato da Sacrosanctum Concilium. Mentre il segno rimanda al significato di qualcosa che rimane altro ed esterno ad esso, il simbolo è capace di tenere dentro, insieme (syn-ballein), la realtà a cui rimanda. Il segno indica, il simbolo è!


CURIA METROPOLITANA Es. Il pane eucaristico non è segno di Cristo ma è simbolo, perché non indica ma è il Corpo sacramentale di Cristo. L’azione simbolico-rituale di ricevere e mangiare quel pane/Corpo di Cristo fa sì che chi lo mangia diventa il Corpo di Cristo/Chiesa, cioè è Corpo di Cristo. L’azione simbolico-rituale non solo rimanda, indica, comunica, ma informa facendo entrare, realizza, trasforma. In questo recupero del valore di fonte, sorgivo, iniziatico sta il recupero della mediazione simbolico-rituale per l’edificazione dell’esperienza ecclesiale e quindi della vita cristiana.

Alcuni criteri per l’azione liturgica Innanzitutto occorre affermare e assumere il valore ‘originario’ dell’azione liturgica. I gesti liturgici non sono soltanto, né principalmente, strumenti per ‘esprimere’ la fede, come se essa fosse già tutta data e compresa e andrebbe solo ‘detta’, ma anzitutto sono la sua “forma ecclesiale”, cioè la mediazione attraverso la quale la fede ‘si esprime’, si dice, si rivela continuamente, e ‘prende forma’ il nostro essere credenti e la nostra vita cristiana. Nella liturgia, attraverso l’agire simbolico-rituale, non si parla di Dio, ma si parla a Dio, o meglio si risponde a Dio Padre che ci parla mediante il Figlio, Verbo fatto carne, e parlandoci (la sacramentalità della Parola) e nutrendoci del suo Corpo (il pane eucaristico), mediante lo Spirito ci modella suoi figli in Cristo, membra del suo Corpo, e ci plasma come fratelli. Un buon approccio alla liturgia avviene attraverso il metodo mistagogico che non ‘spiega’ la celebrazione in termini intellettualistici, ma ‘fa entrare’ nel suo dinamismo e lo sviluppa. La mistagogia non spiega per via teorica quello che avverrà al fonte o sull’altare, preoccupandosi che il fanciullo o l’adulto comprenda tutto razionalmente, ma richiama quanto è già avvenuto al fonte o sull’altare dove si è già realizzato qualcosa per la persona, mediante le parole e le azioni che hanno coinvolto tutto il suo corpo e i suoi sensi.

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Quanto quella persona è diventata, ora è chiamata a custodirlo e ad esprimerlo nelle scelte e nei gesti della sua vita in piena sinergia tra la sua volontà e la continua azione dello Spirito. Proprio qui – a mio avviso – c’è tutto il vantaggio del metodo mistagogico. Esso non solo lascia il primato al rito liturgico e all’esperienza ma, aiutando a cogliere successivamente la ricchezza simbolica contenuta in quel gesto e in quella parola alla luce della Scrittura (Antico e Nuovo Testamento), apre all’impegno e alle esigenze della vita cristiana che scaturiscono naturalmente e non come obbligo dottrinale o imposizione normativa. Occorre allora riscoprire il valore del gesto rituale senza inventare altri segni. I gesti rituali fondamentali della liturgia hanno la capacità di ‘accogliere’ tutti e di non escludere nessuno, secondo una gradualità di partecipazione e una varietà di livelli di implicazione (corporea, affettiva, intellettiva), recuperando la loro capacità di “mettere in gioco” chi li compie stando dentro l’azione, secondo una logica più elementare di cui anche l’adulto ha bisogno per stare davanti a Dio. Il mondo della disabilità permette di vivere un approccio di cui abbiamo bisogno tutti, paradossalmente più corporeo, contrapposto alla ‘verbosità’. Un approccio che fa essere dentro. Modello immersivo, osando di più anche con la musica e con l’immagine artistica. È quanto è più comune con il mondo multimediale. Anche riscoprendo l’esigenza del gratuito, dell’improduttivo, del ludico che sono la linfa vitale di una prassi simbolica e rituale. «Il luogo della celebrazione liturgica - scrive P. Sequeri - è lo spazio in cui la Chiesa ferma se stessa, diventa inoperosa, per concentrarsi sull’opera di Dio, diventa silenziosa per concentrarsi sulla parola di Dio. La liturgia è il luogo nel quale i credenti dicono al mondo: se non posso sentire Dio che mi parla sono perduto. L’effetto non sarà “qualcuno mi ha parlato di Dio”, ma “Dio mi ha parlato”. La liturgia è il momento generativo di ciò che non può farsi da sé, della relazione di Dio con il mistero dell’essere umano. È il luogo nel quale la Chiesa si fa grembo e provvede alla gestazione, riportando all’atto creatore di Dio, che non è sostanza né relazione, ma generazione».


CURIA METROPOLITANA Alcuni criteri per l’azione catechistica Introdurre i fanciulli e i ragazzi (insieme agli adulti) nella liturgia è introdurli in una Chiesa che celebra innanzitutto. E che celebrando lascia manifestare il kerigma: la bella notizia di Cristo che è morto ed è risorto per donarci una Vita nuova. La catechesi diventa eco e sviluppo del kerigma. L’atto catechistico non è nell’ordine della dottrina – sostiene C. Torcivia – né è nell’ordine della pedagogia o didattica, anche se queste discipline sono necessarie in vista dell’assunzione della visione di Dio, dell’uomo e della Chiesa, e della scelta di modelli pedagogici adeguati per una comunicazione efficiente. Da una parte la catechesi deve richiamare i grandi temi della storia della salvezza, soprattutto nella catechesi pre-sacramentale, ma poi soprattutto in quella mistagogica (successiva alla ricezione del sacramento) deve esplicitare i significati che sono presenti nell’azione simbolicorituale della celebrazione sacramentale, favorendo così lo sviluppo del kerigma. Scrive sempre Grillo: «Questo è decisivo anche per la catechesi, perché cambia il modo di farla e di pensarla: non si arriva semplicemente al sacramento, ma dal sacramento si parte. È molto imbarazzante per le pratiche pedagogico-educative cui siamo abituati, che partono dall’idea che prima le cose dobbiamo saperle, dobbiamo capirle, poi le possiamo fare. Questo in senso tecnico si chiama intellettualismo. Per i sacramenti bisogna ammettere il contrario: nella loro logica, una cosa prima la si fa e poi la si capisce. Il che vuol dire spogliarsi dell’idea che quando si agisce si è un po’ meno lucidi di quando si pensa. Non è sempre vero che prima si pensa e poi si parla, a volte bisogna parlare per cominciare a pensare. Finché non ammettiamo queste ‘inversioni’, non sappiamo celebrare e non impariamo che la liturgia è fonte». Una domanda credo nasca spontanea nella testa e nel cuore del catechista: “come fare se concretamente si continua ad incontrare i fanciulli, principalmente se non esclusivamente, prima della rice-

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zione del sacramento constatando l’immediato allontanamento dalla catechesi una volta ricevuto il sacramento, o almeno una sospensione degli incontri una volta giunti al ‘termine’ [?] del percorso?” Già porsi questa domanda significa che si è compresa l’inadeguatezza e l’insufficienza di un cammino catechistico come è strutturato normalmente. La difficoltà più grande non sta tanto o solo nei ‘tempi’ degli itinerari catechetici (sbilanciati più nel ‘prima’ che nel ‘dopo’ i sacramenti) quanto nel ‘modo’ di condurli. Se la catechesi mistagogica prende sul serio l’azione simbolico-rituale in cui si dà la celebrazione del sacramento, questo ‘metodo’ può e deve ispirare anche la nostra prassi catechistica. Innanzitutto occorre partire dal rito (gesti, simboli ed eucologia). Nella ripresa degli incontri catechetici (sia che passi qualche giorno, o qualche settimana) chi ci impedisce di riprendere il cammino ripartendo dalla celebrazione del sacramento ricevuto? Anche quando la catechesi fosse previa al sacramento e mirasse alla ‘preparazione’ per la sua ricezione, che posto occupa il rito dello stesso sacramento? Siamo certi di partire dall’annuncio del kerigma? E siamo capaci di far vedere come questa gioiosa verità passa nella nostra vita proprio attraverso quei ‘simboli’ e quelle ‘forme’ rituali che danno/daranno ‘forma’ alla nostra vita cristiana libera e salvata? Es. Ci si potrebbe rivolgere così ai fanciulli: Quando hai celebrato il sacramento della riconciliazione, dopo la confessione dei tuoi peccati, il sacerdote ha steso sul tuo capo la sua mano - Ricordi?... [il ministro lo avrà fatto?], ha pronunciato una preghiera di assoluzione [sperando che non abbia detto semplicemente: ‘io ti assolvo dai tuoi peccati’ ma l’intera formula trinitaria ed epicletica] - cosa ha significato per te? Cosa è successo nella tua vita in quel momento e da quel momento in poi?... oppure Quando partecipi alla messa e vedi [?] il ministro che spezza il pane per condividerlo con tutti [sperando che non se lo mangi tutto lui per poi prendere dalla riserva eucaristica il pane per gli altri] affinché ognuno entri in comunione con Cristo e con i fratelli, cosa ricorda quel gesto nella tua vita? A cosa ti invita? Cosa cogli del gesto di avvicinarti all’altare e di tendere la mano per ricevere il pane eucaristico spezzato e condiviso? «Lo ricevi nella mano dalla mano di un altro: la tua bocca è libera, non soltanto per assumere il dono che ti viene fatto, ma anche per esprimere il tuo


CURIA METROPOLITANA grazie, per dire qualcosa, per parlare, per cantare…» (cfr G. Lafont, Eucaristia il pasto e la parola. Forza e grandezza dei simboli). «‘Un tavolo è un tavolo’: così si dice? Ma è davvero solo questo? Un tavolo è ben più di un tavolo… Intorno ad esso s’incontra la famiglia; gli ospiti vengono accolti nella comunità familiare: mangiare insieme crea un legame. Nel vocabolario è scritto: Tavolo: mobile formato da una superficie piana posta su un supporto generalmente a quattro gambe. Tutto questo è indiscutibile, visto da fuori. Nella nostra vita però il tavolo non è solo questo. Esso è il centro della casa, ‘simbolo del vivere insieme’» (cfr. H. Halbfas, Religionsunterricht in der Grundschule). Questa comprensione e questo tipo di accompagnamento può facilitare il passaggio alla scoperta del significato cristiano della mensa eucaristica. Compito del catechista è di accompagnare il fanciullo nello sviluppo di quel ‘senso simbolico’ che il catecheta tedesco citato indica come “l’apertura del terzo occhio” o l’ingresso nella “terra oltre la cruna dell’ago”. «Il primo passo per la scoperta della dimensione simbolica della realtà - scrive F. Kannheiser - è prendere coscienza del proprio corpo che respira, si muove, percepisce attraverso i sensi. Ascoltare, guardare, toccare, odorare, gustare sono modalità fondamentali che ci mettono in contatto con il mondo esterno, ma che sviluppano anche la coscienza di noi stessi come essere vivi, consapevoli, in relazione, innescando un processo trasformativo da cui nasce un modo nuovo di vedere le cose. Il nutrimento buono che il neonato riceve, in modi e tempi adeguati, nel calore dell’abbraccio materno, si trasforma nell’esperienza psichica della fiducia; la mano del papà che regge il sellino della bicicletta, nell’esperienza della sicurezza, ecc. … Il bambino è in grado di comprendere e utilizzare i simboli, manifestando la capacità di andare oltre la mera realtà descrittiva molto prima di quando probabilmente pensiamo». «Questa educazione liturgica ed eucaristica [dei fanciulli] non si può separare da quella generale, nel suo contenuto, umano e cristiano insieme; una formazione liturgica priva di questo fondamento presenterebbe anzi dei riflessi negativi. Coloro pertanto che rive-

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stono un compito educativo, dovranno concordemente ed efficacemente adoperarsi perché i fanciulli, i quali hanno già innato un certo qual senso di Dio e delle cose divine, facciano anche, secondo l’età e lo sviluppo raggiunto, l’esperienza concreta di quei valori umani, che sono sottesi alla celebrazione eucaristica, quali l’azione comunitaria, il saluto, la capacità di ascoltare, quella di chiedere e accordare il perdono, il ringraziamento, l’esperienza di azioni simboliche, il clima di un banchetto tra amici, la celebrazione festiva» (Direttorio per la Messa dei fanciulli, 8.9). Questa capacità di ‘guardare dentro’ le cose è condizione indispensabile per comprendere il linguaggio biblico e passare dai simboli primari ai simboli biblico-cristiani. Qui si scopre il grande bisogno di una formazione biblica dei catechisti con l’intera comunità cristiana. Dentro questa logica ha senso parlare di competenza simbolica e rituale che un catechista deve possedere non tanto per spiegare i riti liturgici ma per far brillare i simboli presenti sia nei riti stessi sia nelle diverse narrazioni della fede contenute nella Scrittura. Catechisti adulti nella fede, formati alla liturgia ma per essere formati dalla liturgia e che sappiano introdurre i più piccoli nell’universo simbolico e rituale, distinguendo nettamente i veri ‘simboli’ da quella insipiente e fantasiosa ricerca di ‘segni’, eccessivamente presente nei nostri itinerari. Proprio questi ultimi sono la morte dei simboli e capaci solo di effimero emotivo.

Un augurio per concludere

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Quanto detto ci ha resi più consapevoli che la ‘liturgia celebrata’ non è un campo riservato agli animatori liturgici, ma è patrimonio di ogni fedele, perché è ‘linguaggio originario’ con cui si esprime l’atto di fede della Chiesa. Mi piace concludere con le parole non di un liturgista ma di un catecheta: «Non si ‘apprende’ Cristo solamente attraverso un ‘insegnamento’ verbale o scritto, ma anche attraverso la testimonianza, la ‘narrazione’ di un’esperienza vissuta e trasmessa “di generazione in generazione”, ma soprattutto mediante la forza simbolica ed iniziatica dei riti della liturgia. Ben vengano pertanto tutte quelle sperimentazioni di catechesi che


CURIA METROPOLITANA sono pensate a partire dalla dimensione simbolico-rituale e che pongono al centro l’evento sacramentale come evento rivelativo, non privilegiando la sola comunicazione verbale, ma piuttosto la dimensione simbolica e rituale. sac. Mario Castellano Vicario episcopale per la pastorale e direttore dell’Ufficio Liturgico diocesano

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La relazione problematica tra iniziazione cristiana e messa domenicale nella parrocchia

Il problema dell’educazione alla fede è un problema molto avvertito e, in particolar modo, quello inerente alla partecipazione dei fanciulli e ragazzi alla messa domenicale. Tutti noi pastori, catechisti, educatori ci troviamo spesso di fronte a molte problematiche, che vanno dalla conoscenza dei contenuti da trasmettere alle modalità con le quali trasmettere. Ancora e non per ultimo, un problema notevole riguarda la conoscenza, più o meno approfondita, di quello che è il cammino di iniziazione cristiana.

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I catechismi italiani si mettono sulla scia di questa definizione di iniziazione, di educazione alla fede dei fanciulli e dei ragazzi. Mettersi di fronte all’impegno della formazione cristiana vuol dire tenere fisso un principio che è espresso nel Documento di Base Il rinnovamento della catechesi (cap. IX, spec.160): la fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo. Fedeltà a Dio: alla sua Parola, alla sua Rivelazione in Gesù. Fedeltà all’uomo: alla sua situazione storica, alla sua cultura, al suo ambiente di vita. Accostarci ai catechismi vuol dire tener sempre presente questa duplice realtà fondamentale. Non un annuncio che non tenga conto della vita dei ragazzi (perché sarebbe indottrinamento e, quel che è peggio, negligenza di ciò che vuol operare Dio nella storia di ogni fanciullo e ragazzo) e, allo stesso tempo, non un annuncio esclusivamente “orizzontale” che tenda a svuotare il significato della Parola dell’incarnazione di Gesù. Non a caso, il Progetto catechistico italiano insiste nel sottolineare la centralità della domenica nel cammino di fede dei fanciulli e dei ragazzi che si preparano a ricevere i sacramenti.


CURIA METROPOLITANA 1. Quali sono gli elementi “costitutivi” dell’IC che la nostra comunità parrocchiale ha sempre presente nella programmazione catechistica? La nota dell’Ufficio catechistico nazionale del 1991 (n. 8) li elenca in modo sintetico ma chiaro: a. La dimensione comunitaria: «La parrocchia è il luogo ordinario e privilegiato dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi». b. La dimensione familiare: «La tradizione della Chiesa e il magistero recente riconoscono che i genitori sono i primi educatori dei figli nella fede». c. La formazione alla globalità della vita cristiana: «L’adesione personale al Dio vero e al suo piano salvifico in Cristo…; l’acquisizione di una mentalità cristiana e di un comportamento evangelico; l’educazione alla preghiera; l’iniziazione e il senso di appartenenza alla Chiesa; la partecipazione sacramentale e liturgica; la formazione alla vita apostolica e missionaria; l’introduzione alla vita caritativa e all’impegno sociale». d. Un’articolazione unitaria e a tappe. e. La dimensione esperienziale: «(La catechesi) deve essere capace di suscitare le domande dei fanciulli e dei ragazzi e di rispondervi in modo vitale per aprire la totalità della loro vita alla fede». f. Il ruolo insostituibile di accompagnamento dei catechisti: «Al catechista, in particolare, spetta il compito specifico e delicato di trasmettere la fede e di educare alla totalità della vita cristiana». 2. Esperienza pastorale per aiutare i fanciulli ad entrare meglio nel mistero eucaristico Tutto rientra in un progetto globale di iniziazione cristiana che la diocesi elabora e la parrocchia si impegna a realizzare attraverso l’itinerario liturgico, catechistico e caritativo in una prospettiva comunitaria e catecumenale. Il cammino di fede, dunque, nasce dal progetto globale e si presenta come autentico cammino di catechesi, liturgia e carità; un cammino

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di iniziazione cristiana che si attua attraverso la scelta esperienziale. Durante l’anno i fanciulli di III elementare non dovrebbero partecipare alla messa domenicale né ricevono alcun sacramento ma vivono, in un salone a parte, un cammino d’iniziazione ai segni e ai gesti liturgici eucaristici con un itinerario ad hoc. Non si tratta né di liturgia della Parola (i fanciulli di III elementare non sono ancora in grado di capire l’importanza della Parola di Dio) né tantomeno di paraliturgia (termine che non ha nessun significato). 3. Come (non) conclusione L’esperienza pastorale, che ho appena evidenziato in modo sintetico, mette in luce l’approccio serio, completo e rispettoso della crescita umana e spirituale del fanciullo. Pertanto, occorre, oggi più che mai, una formazione profonda, sistematica e permanente dei catechisti dell’iniziazione cristiana. Ma questa è un’altra storia… sac. Tino Lucariello Direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano

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CURIA METROPOLITANA

Liturgia e itinerari associativi Intervento di Giuseppe Panzarini Responsabile diocesano ACR

A. Analisi introduttiva Mi piace cominciare il nostro cammino da questa frase degli Atti degli apostoli dell’incontro di Filippo spinto dallo Spirito Santo con l’etiope in viaggio da Gerusalemme a Gaza: «E come potrei capire, se nessuno mi guida? e invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui» (At 8,31). Comincio da questa riflessione perché mi piace vedere il catechista proprio come Filippo che si mette accanto: che possa davvero diventare il nostro stile con i più piccoli. Estrapolo un secondo punto, che metterei alla base di questa riflessione, da Incontriamo Gesù - Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, nei quali i vescovi scrivono: «L’azione catechistica necessita di legami integranti con l’esperienza celebrativa. La catechesi non può essere fine a se stessa». E ancora scrivono: «L’intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro» (n. 17). 429 B. Il cammino dell’Azione Cattolica dei Ragazzi, un percorso per educare alla vita buona del Vangelo: la Chiesa discepola, madre, maestra Possiamo ora soffermarci e constatare come nel cammino esperienziale dell’Azione Cattolica dei Ragazzi ritroviamo l’intreccio di queste tre dimensioni. Infatti, coerentemente da quanto indicato dai vescovi, e forte della sua esperienza, il cammino che l’Acr propone è


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un unico itinerario che integra in sé le tre dimensioni della vita cristiana: catechistica, liturgica e caritativo-missionaria. Il cammino nasce dall’incontro tra la realtà dei ragazzi, con le loro domande di vita, e le fonti della proposta cristiana e dell’esperienza associativa: la parola di Dio, i contenuti catechistici, i documenti magisteriali, il Progetto formativo dell’Azione Cattolica, la proposta “Bella è l’Acr”. La dinamica formativa dell’Acr prevede appunto che, partendo dai desideri più profondi (domanda di vita), i ragazzi comprendano e accolgano l’annuncio evangelico (brano biblico e contenuti catechesi) di cui fanno esperienza (catechesi/carità/liturgia), perché la propria vita si conformi a quella di Cristo (atteggiamenti e scelte). Pertanto, la scelta esperienziale e mistagogica consente all’itinerario formativo di accogliere la peculiarità identificativa di ciascun ragazzo e di accompagnarlo nel vivere un percorso graduale di maturità umana e cristiana. Al centro di tutta la proposta formativa c’è la Parola. Importante è lo stretto legame che c’è tra la Parola e la liturgia. Possiamo considerarli i due fuochi dell’ellisse della vita cristiana, infatti la vita di una comunità cristiana è ritmata dall’ascolto costante della Parola (origine e guida nel cammino di fede) e dalla Liturgia (tempo dell’uomo abitato da Dio). La liturgia è proprio il “ritmo” della comunità, tempo in cui la comunità si mette alla scuola di Gesù nella lettura continuata del Vangelo e vive nella grazia dei sacramenti elargiti nei tempi dell’anno liturgico. Cosa significa quindi mettere la Parola al centro dei propri percorsi formativi? Significa modulare i percorsi formativi sulla pedagogia che Dio mette in atto. Dio ha sempre agito e continua ad agire con amore gratuito nei confronti dell’uomo, pertanto i processi formativi devono essere ispirati all’amore gratuito. Nelle linee guida per gli itinerari formativi “Bella è l’Acr” leggiamo: «L’annuncio del Vangelo è al centro dell’esperienza formativa che i ragazzi vivono in Acr. Attraverso l’Associazione i ragazzi sperimentano la comunità e imparano a fare esercizio di ascolto del Vangelo, grazie alla testimonianza di giovani, adulti, assistenti che camminano con loro e provano come la Parola sia in dialogo con la vita». L’impegno è appunto quello di aiutare i ragazzi a fare esperienza della Parola. Lo sforzo che da sempre l’Acr fa nel suo percorso formativo è quello


CURIA METROPOLITANA di aiutare i ragazzi a incontrarsi con la Parola di Dio a partire dalla loro vita, consapevole che «la scoperta della fede si sviluppa a partire dalla conoscenza di Gesù e della sua Parola». Per questo motivo «l’Acr sceglie di partire dalla vita dei ragazzi, accogliendo le loro domande di vita e cercando di leggerle e interpretarle alla luce della Parola di Dio». L’obiettivo di aiutare i ragazzi a fare esperienza della Parola si sviluppa attraverso il confronto tra di loro e con la comunità cristiana, con l’approfondimento dei documenti della fede, con la preghiera e la celebrazione attraverso il nutrimento nei sacramenti, vivendo la missionarietà e il servizio ai fratelli. Il percorso formativo dell’Acr è strutturato temporalmente sull’anno liturgico che tutta la Chiesa vive, poiché, come è stato ribadito, la Parola, con la centralità dell’anno liturgico è al centro del percorso formativo. È il punto di partenza dell’itinerario ed è anche il filo conduttore che lega tutto il percorso di un anno. Il cammino formativo offerto ai ragazzi in Acr si sviluppa in una prospettiva di ciclicità; agganciandosi al progetto catechistico italiano e alla vita liturgica della Chiesa, si propone di affrontare le tre tematiche fondamentali dette anche categorie che, assunte come prospettive sintetiche, percorrono trasversalmente i 4 volumi. Ogni anno il cammino di Acr viene costruito intorno a una di queste prospettive per approfondire il mistero di Cristo. VANGELO

CATEGORIE

DOMANDE DI VITA

ATTEGGIAMENTI DELL’ANNO

Luca (Anno C)

Novità: Iniziazione al Mistero di Gesù Cristo

Autenticità/ Originalità

Disponibilità Discernimento Condivisione Accoglienza

Matteo (Anno A)

Compagnia: Iniziazione alla vita della Chiesa

Prossimità/ Accoglienza

Discernimento Stupore Responsabilità Generosità

Marco (Anno B)

Sequela: Conversione al Vangelo della vita

Realizzazione/ Progetto

Gratuità Accoglienza Gratitudine Condivisione

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Le quattro fasi temporali, scandite dai tempi liturgici, aiutano i ragazzi a vivere il rapporto con la Parola annunciata, celebrata e testimoniata in maniera organica e globale. È sempre la stessa Parola che viene accolta. I continui rimandi a queste tre dimensioni fanno intersecare le attività proposte in modo che non manchi mai al ragazzo lo stimolo ad accogliere l’annuncio, a celebrare il Signore che gli parla, a vivere nella vita ciò che ha ascoltato attraverso scelte concrete che portano al dono di sé. Obiettivo dell’educazione liturgica è portare i ragazzi «a fare della loro vita quotidiana una risposta sempre più autentica al Vangelo».

C. Alcune scelte concrete per aiutare i ragazzi ad accostarsi alla Parola e vivere la liturgia 1. Stile di approccio alla Parola Proporre dei percorsi di appropriazione della Parola significa innanzitutto aiutare i ragazzi a maturare uno stile di approccio al testo che deve aiutarli sempre più a leggere tra le righe per comprendere il testo. Uno stile che risponda alle caratteristiche legate all’età, alla capacità di apprendimento, allo sviluppo del loro mondo interiore e del loro modo di relazionarsi con l’esterno.

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A. Approccio esistenziale Riconoscere che la Parola parte da te, anzi parla a te. Maturare un approccio esistenziale alla Parola significa fare in modo che ogni situazione e stagione della vita siano illuminate da essa. I ragazzi hanno bisogno di sentire che questa Parola non è come tutte le altre, ma è capace di colmare la sete di felicità, imparando a riconoscerla nel proprio intimo e compiendo scelte coraggiose. B. Approccio intelligente Significa fornire un paio di occhiali ai ragazzi per creare più familiarità con la Parola. Fornire strumenti adatti per aiutare i ragazzi ad imparare a leggere dentro la Parola.


CURIA METROPOLITANA C. Approccio attento al contesto Il rischio più grande che potremmo correre è quello di far dire alla Parola ciò che vogliamo. Perciò è necessario interrogare la Parola stessa per scoprire il vero senso, lasciando che sia essa a rivelarsi, a parlarci. Aiutare i ragazzi a calarsi nel contesto in cui quella Parola è raccontata, per poter rivivere quel momento di annuncio a partire dalla loro vita. Un modo per fare ciò è ripercorrere a grande linee i passaggi principali della lectio divina, in un percorso così strutturato: cosa dice il testo, cosa dice a me, cosa dico io a Dio. L’utilizzo della tecnica della drammatizzazione può aiutare i ragazzi a leggere il brano dal di dentro, calandosi nella situazione raccontata. Ovviamente questo può avvenire se per drammatizzazione non intendiamo lo sterile racconto a più voci, ma la possibilità di dare voce ai personaggi e a ciò che hanno sentito e sperimentato, come se fossero loro presenti. D. Approccio condiviso La condivisione tra i ragazzi aiuta a comprendere come la Parola non ha un significato a senso unico. Ad ognuno Dio rivela una verità e la condivisione può aiutare ad edificare l’esperienza del ragazzo. E. Approccio orante La Parola è animata dallo Spirito Santo. Per comprenderla appieno è necessario che il contesto in cui si legge e medita sia la preghiera. Lo stesso Spirito che ha ispirato quella Scrittura potrà così ispirare le vie attraverso le quali quella Parola possa incarnarsi nella storia personale di chi l’ascolta. 2. Valorizzando l’ordinario e sperimentando nuove vie L’Acr vuole aiutare i ragazzi a vivere, già all’interno dei suoi percorsi formativi ordinari, delle esperienze belle di ascolto e appropriazione della Parola, per fornire un metodo, uno stile con cui aiutare i ragazzi a incontrarsi direttamente con la Parola:

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Si riportano di seguito alcune esperienze significative da tenere in considerazione: – Curare la lettura della Parola di Dio durante gli incontri settimanali; – La celebrazione dei sacramenti: tappe importanti nel percorso. Fare tesoro della Parola di Dio letta durante la liturgia eucaristica domenicale. – Sussidi personali di preghiera per l’Avvento/Natale e per la Quaresima/Pasqua; – Esperienza di spiritualità: shemà – lectio, ritiro d’Avvento e gli esercizi spirituali a misura di ragazzo; – Esperienza del campo estivo. In sintesi, si tratta di aiutare i ragazzi a maturare un approccio alla Parola di tipo affettivo, amoroso, relazionale: non come uno studente che prende appunti, ma come chi custodisce le parole-avvenimenti importanti. L’educazione liturgica quindi nel percorso dell’Acr auspica di aiutare i ragazzi a partecipare consapevolmente alla celebrazione eucaristica. Le esperienze concrete di liturgia aiutano a farne esperienza. La liturgia alimenta e sostiene la relazione personale con Dio di cui si fa esperienza. Della liturgia non si parla … la liturgia si vive. L’Acr da sempre ha investito sul protagonismo dei ragazzi: fare la scelta del protagonismo nell’educazione liturgica è la garanzia che la partecipazione attiva nelle celebrazioni costituisce un obiettivo che viene sempre perseguito. 3. Buone prassi possibili

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Non esistono ricette pronte che risolvono il problema della partecipazione dei ragazzi alla liturgia, ma possiamo evidenziare alcune buone prassi che bisognerebbe mettere in atto perché l’educazione liturgica abbia spessore e, soprattutto, porti il frutto desiderato. A. Il ben celebrare di una comunità Un’assemblea consapevole e capace di celebrare bene vale più di tante nostre parole per iniziare i ragazzi alla liturgia, in particolar modo all’Eucaristia.


CURIA METROPOLITANA B. Ottica graduale e orizzonte temporale ampio Nell’educazione liturgica, soprattutto, non possiamo pretendere che tutto avvenga subito. Dobbiamo prefiggerci obiettivi a lungo termine, tenendo presente l’arco d’età che abbraccia l’Acr; piccoli passi, anno dopo anno, conducono all’obiettivo della partecipazione consapevole e attiva. A partire da come gestiamo il silenzio nella preghiera del gruppo, a come viviamo le celebrazioni di fase, costruiremo lo spazio perché la liturgia diventi familiare ai ragazzi. C. Comunicazione efficace Adattare la celebrazione alle esigenze di partecipazione dei ragazzi non significa stravolgere il modo di celebrare. Non c’è bisogno di inserire continuamente segni se già quelli che la liturgia prevede non sono compresi. Così come non è detto che un canto che a noi sembra per ragazzi li aiuti davvero a pregare. Comunicare efficacemente nella liturgia significa usare in modo saggio e intelligente la creatività liturgica. Occorre recuperare il senso della bellezza, la stimolazione dei sensi, l’attenzione al canto e la musica, il tempo di silenzio. La liturgia, e in particolare l’Eucaristia, non è un contenitore in cui mettere tutto ciò che vogliamo, sempre (bans al posto dei canti liturgici, innumerevoli segni offertoriali poco pertinenti, eccessivo spazio ai protagonismi…). Il problema nella celebrazione non è riuscire ad intrattenere i bambini, ma riuscire a celebrare con loro il mistero della fede. 435 D. Celebrazioni di fase È questo lo spazio della vera creatività liturgica. L’itinerario formativo dell’Acr propone, al termine di ogni fase, uno schema di celebrazione che aiuti i ragazzi a portare davanti a Dio ciò che hanno scoperto negli incontri. Preparare bene questi momenti è già educare al senso del mistero celebrato con tutta la comunità. La liturgia non è solo messa.


E. Preparazione della liturgia eucaristica Partire dal modo in cui i ragazzi comprendono significa anche tenere presente che un’esperienza vissuta è molto più efficace di una esperienza da ascoltare. Preparare ciò che serve per la celebrazione, o cantare e suonare nel coro che anima, imparare a proclamare la Parola o scrivere le preghiere dei fedeli, portare i doni all’altare, prendere contatto con i luoghi celebrativi aiuta i ragazzi a entrare in ciò che celebrano non da spettatori, ma da protagonisti. Trovare le giuste modalità è un ulteriore aiuto a rendere la loro partecipazione più intensa e viva.

Una conclusione: Ora tocca a noi! Ora tocca a noi come Filippo spinto dallo Spirito Santo. Siamo strumenti nella Chiesa attraverso i quali il Signore vuole raggiungere la vita dei nostri ragazzi. Ciascun catechista ed educatore è chiamato, come Filippo, ad annunciare il Vangelo ai piccoli. È questo il ruolo di tutta la comunità cristiana. L’Acr ha scelto di mettere i bambini al centro e di valorizzare i suoi doni, le sue capacità, i suoi carismi, perché ognuno possa, nell’ascolto della Parola di Dio, riscoprire il dono del Battesimo e prepararsi a ricevere e a vivere i sacramenti della Riconciliazione, Confermazione ed Eucaristia. Il tutto è possibile se partiamo dalla consapevolezza che i bambini sono “capaci di Dio”. E, come dice Paolo Crepet, “i bambini sono bassi, non sono scemi”. Non sono contenitori da riempire, ma fratelli desiderosi di fare la stessa esperienza che annunciamo. Buon cammino. 436

Bibliografia: - Conferenza Episcopale Italiana, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, Roma 2014. - Bella è l’Acr, in Aci, Sentieri di Speranza. Linee guida per gli itinerari formativi, Editrice AVE, Roma 2007. - La Parola di Dio e l’educazione liturgica nel cammino formativo dell’Acr (Giorgio Nacci), in Ascoltare e celebrare, Editrice AVE, Roma 2012. - Direttorio per la messa con i fanciulli, Roma 2012.


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Caritas diocesana

In ricordo di don Vito Diana

Sarebbe contento don Vito Diana (1931-1996) del nuovo dormitorio Caritas per i Senza Fissa Dimora, che porta già il suo nome, inaugurato il 18 novembre 2017 nel Quartiere Libertà di Bari. Il primo, ubicato al Sottopasso Luigi di Savoia, aveva una struttura prefabbricata; mentre l’attuale è in un posto più solido, nei locali di una palazzina concessi, in comodato d’uso, dalle Suore Missionarie del Sacro Costato. Sarebbe molto lieto perché non si tratta solo di un posto per dormire, ma ha lo scopo di favorire l’integrazione con attività culturali e l’insegnamento della lingua italiana. Don Vito Diana, mio zio, era un prete come ne ho incontrati pochi, sembrava ‘uscito’ da un libro di George Bernanos, Diario di un curato di campagna. Semplice, umile, disponibile, mai vista una fede più profonda, entusiastica, senza dubbi e cedimenti. Ma il curato di Bernanos viveva in un remoto villaggio francese, e, pur toccato da vicende umane dolorose, operava in una dimensione ridotta, mentre don Vito era un vulcano, aveva la passione irrequieta di una fede dinamica, veloce, creativa e, a un certo punto, esagerando con le iniziative, era stato criticato dai suoi superiori, che non riuscivano a stargli dietro. Non c’erano sufficienti mezzi e, soprattutto, con il suo eccessivo “fare”, privilegiava il sociale a scapito dell’evangelizzazione. Leggendo il libro del prof. Vito Lacirignola sulla sua vita Povero con i poveri, si resta impressionati dalla moltitudine degli impegni da lui svolti: diverse esperienze parrocchiali e vicariali (SS. Sacramento, S. Girolamo-Fesca, Japigia), delegato arcivescovile al Cimitero, direttore della Caritas Diocesana, Comunità Lorusso-Cipparoli per ex tossicodipendenti, Comunità Casa-Famiglia San Pietro, promozio-

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ne del volontariato, insegnamento della religione per 20 anni. E queste sono solo alcune delle attività più significative. Nato da famiglia nobile e benestante, consegue il diploma di aspirante naviglio mercantile, e lo sconcerto, quando disse che voleva entrare in Seminario, lo rammento. C’era un’azienda da mandare avanti che venne chiusa. La prima cosa che fece da sacerdote fu di vendersi la proprietà e finanziare la costruzione della chiesa. «Finalmente non sono più proprietario». Voleva essere povero tra i poveri e verrà mandato per il suo ministero in posti di frontiera, i più spogli, disagiati, con gioventù allo sbando. Fu un prete all’avanguardia: arrivando nei quartieri non si limitava a celebrare messa, confessioni, matrimoni, funerali, ma chiamava le famiglie, s’interessava delle frequentazioni scolastiche dei ragazzi, dei centri sociali e sportivi, combatteva l’emarginazione femminile. Era importante l’aggregazione, scardinare la solitudine delle anime. Trovava odio tra le famiglie ed era difficile mediare, unire. Era un moto perpetuo, tanto che, durante il terremoto del 1980, si recò a Calabritto (Av), per soccorrere i terremotati. Tale fu l’impegno, la tenacia, la capacità organizzativa che fece dire all’Arcivescovo Mariano Magrassi (1930-2004): «Se il terremoto non ci fosse avremmo dovuto inventarlo per lui». ‘Zio Vitino’, fratello piccolo di mia madre (Raffaella Diana), ogni tanto veniva a pranzo a casa nostra, e da molto giovane, fresco di sacerdozio, si mise in testa di convertire mio padre (ateo, cacciatore, commerciante, capitalista convinto) e i duetti che saltellavano tra il primo e il secondo piatto erano esilaranti. Si parlavano addosso, uno citava «sant’Agostino, il Vangelo, il valore della preghiera»; l’altro tirava in ballo «i sacrifici fatti, i risultati, le case comprate per i figli e, in ultimo, le tasse». Durò poco l’afflato mistico, capì che era inutile. I pranzi ritornarono silenziosi. Da nipote, un rimbrotto c’è. Per seguire meglio il percorso degli ex tossicodipendenti, si trasferì in comunità, lasciando sola la sorella nubile Porzia, che per l’intera vita l’aveva seguito, condividendo povertà, malattie, alterne vicende, traslochi. Era una donna non più giovane, che aveva avuto il grande amore morto in guerra e di quella storia le erano rimaste le foto e le lettere profumate di lavanda. Nella sua nuova esistenza, la vedevo sempre più mite, dolcissima, silenziosa. Non si lamentò mai e mi toccava il cuore perché capivo che tutta la sua vita, tutte le attenzioni materne erano state per quel fratello che se n’era andato. Lilli Maria Trizio


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CURIA METROPOLITANA Ufficio Musica sacra Comunicazioni sociali - Museo - Cattedrale

L’ottava Rassegna di “Notti Sacre”

Abbiamo archiviato anche l’ottava Rassegna di “Notti Sacre” 2017. Ormai l’espressione con tutto ciò che significa è entrata nei discorsi comuni dei baresi. “Notti Sacre” ormai indica incontro di un numeroso pubblico, chiese riempite fino all’inverosimile, contenuti artistici di alto livello. Con questa iniziativa, riusciamo a mettere insieme istituzioni pubbliche e realtà singole e private. Fondazione Petruzzelli di Bari, Orchestra Sinfonica della Città Metropolitana di Bari, Conservatorio di Bari e Monopoli, insieme a gruppi e singoli musicisti riempiono il programma della settimana. Vorrei evidenziare alcune realizzazioni originali della Rassegna. Innanzitutto l’apertura con la celebrazione della Messa officiata dall’arcivescovo mons. Francesco Cacucci, durante la quale è stata eseguita la Messa Regina Caeli scritta dal maestro Donato Falco. Ogni anno si esegue una nuova messa scritta appositamente per la Rassegna; in questo modo si valorizzano i nostri musicisti. Ma l’esecuzione della Messa di Donato Falco non è stato l’unico lavoro inserito nella programmazione; abbiamo ascoltato anche lo Stabat Mater di Gaetano Panariello, musicista di Napoli, la presentazione del CD Angel Dreams di Celestina Masotti, docente di pianoforte al Conservatorio di Bari, e i lavori di composizione degli allievi della

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classe di Musica corale e Direzione di coro della prof. Cinzia Cannito del Conservatorio di Monopoli. Novità che il pubblico ha apprezzato e condiviso; queste scelte costruiscono un percorso che valorizza i compositori viventi mettendoli a contatto con un pubblico più vasto. L’altra realtà da sottolineare è l’esecuzione di capolavori musicali che raramente vengono eseguiti a Bari; in questo modo si consente di allargare la conoscenza musicale del pubblico. I lavori eseguiti sono: lo Stabat Mater di Haydn, la Messa da Requiem di Mozart, la Johannes Passion di Bach, fino ai più recenti capolavori dei Catulli Carmina di C. Orff e i lavori sacri di Rota e Bettinelli. L’aspetto pedagogico e artistico anche quest’anno è stato evidenziato dalla presenza della Fondazione “Frammenti di Luce”, cammino di evangelizzazione ormai conosciuto e consolidato nella nostra diocesi, e il Progetto musicale dell’Associazione “Nova Artistu-dium” che da anni lavora sul territorio coinvolgendo ragazzi e adulti in un percorso artistico-musicale di indubbio valore. La tavola rotonda sul tema “Famiglie e città, un cammino comune”, ha fatto dialogare alcuni esperti intorno a luci ed ombre della nostra situazione barese. L’altro punto forte di questa Rassegna sono state le quattro mostre allestite al Museo Civico di Bari, nel Battistero della Cattedrale, nella chiesa di S. Teresa dei Maschi e presso la Vallisa. Mostre che hanno ricordato il martirio di don Franco Ricci, i 725 anni della Cattedrale di Bari, la mostra dei luoghi dimenticati di Uccio Papa e infine la mostra pittorica di Maria Pierno. Come ogni anno, ricordiamo insieme a don Alberto D’Urso la beata Elia di san Clemente, ascoltando suoi scritti nella piazzetta antistante la casa natale. L’organizzazione è possibile grazie alla disponibilità di un gruppo di amici musicisti che mettono a disposizione tempo e competenza per realizzare al meglio tutti gli eventi in programma. La macchina organizzativa si mette in moto fin dal mese di gennaio con contatti, richieste, confronti vari. L’altro problema che ogni anno ci assilla è la ricerca di contributi ai vari enti. Il principale sostegno viene dall’8 per mille della Chiesa Cattolica, che ci permette ogni anno di far fronte alle spese vive da sostenere. Il Teatro Pubblico Pugliese e l’Assessorato alle Culture,


CURIA METROPOLITANA Turismo, Partecipazione e Attuazione del Programma del Comune di Bari sostengono qualche evento. Quest’anno abbiamo anche avuto il sostegno della Water Academy dell’AQP. Ma questi vari contributi sono appesi ad un filo molto tenue; non sono contributi certi nel tempo e ogni anno si è in trepida attesa affinché tutte le tessere modellino il mosaico finale. Non riusciamo ad individuare un mecenate che condividendo la nostra passione e il nostro impegno per l’arte, ci dia un sostegno per la realizzazione di questa Rassegna. Lanciamo un invito a chi ha disponibilità economiche a farsi carico di questo bel progetto di educazione culturale e di evangelizzazione. Allora arrivederci al prossimo anno, la nona Rassegna “Notti Sacre”, da sabato 22 settembre a domenica 30 settembre 2018. mons. Antonio Parisi direttore dell’Ufficio Musica Sacra

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PUBBLICAZIONI Suor Teresa di Gesù Gimma Un cammino di santità. Scritti spirituali di una Serva di Dio

Presentazione di mons. Francesco Cacucci a Suor Teresa di Gesù Gimma Un cammino di santità. Scritti spirituali di una Serva di Dio vol. II (1920-1948) a cura di Giuseppe Micunco Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2016 INDICE: Presentazione di Mons. Francesco Cacucci Prefazione di Mons. Vito Angiuli Introduzione - Un cammino di santità e di martirio 1. RACCONTI E RIFLESSIONI (1924) Per i fiori del nuovo Carmelo 2. RITIRO PER IL 25° DELLA VESTIZIONE RELIGIOSA (1926) Io sono del mio amato e il mio amato è mio 3. RITIRO SPIRITUALE (1927) Per slanciarmi verso Gesù 4. RITIRO DI P. SERAFINI (1928) La croce, la gemma preziosa 5. DIARIO ROMANO (MAGGIO 1931) L’uva pigiata nel tino 6. RITIRO AL REGINA CARMELI (DICEMBRE 1931) Lo Sposo crocifisso 7. PENSIERI E PROPOSITI DAL RITIRO AL REGINA CARMELI (NOVEMBRE 1931) Cercati in me e io sono in te

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8. RITIRO PER LA PROFESSIONE SOLENNE (GENNAIO 1932) Il profumo di Dio Uno e Trino 9. LA PROFESSIONE SOLENNE (ROMA, 6 GENNAIO 1932) a) Il verbale della Professione b) Rendiconto dell’esercizio di unione con Dio c) Considerazioni sulla vita al Regina Carmeli 10. RITIRO AL RIENTRO A BARI (OTTOBRE 1932) I fiori più belli in una valle di pianto 11.POESIE (1933-1934) Il confidente abbandono del cuore 12. RIFLESSIONI (1934) Nella sua volontà la nostra pace 13. CONSIDERAZIONI SULLA SEMPLICITÀ 14. ESERCIZI SPIRITUALI 1936-1938 Partecipi della natura divina 15. ESAME DI COSCIENZA (OTTOBRE 1941) Rinnegare se stessi 16. POESIE E DEDICHE PER LA COMUNITÀ (1940-1948) Un cuore solo e un’anima sola Poesie Poesie alla Madre Priora – 2. A suor Maria Augusta M. Maestra – 3. Alle consorelle – 4. A san Giovanni della Croce – 5. Preghiere Dediche 17. ANNIVERSARIO (1948) Una vita per l’amore a) Triduo per il 50° dell’entrata nel Carmelo: Sull’Amor di Dio e del prossimo – Sull’obbedienza – Sull’umiltà b) Testamento spirituale 18. SFOGHI DELL’ANIMA Fammi presto tua

444 Nota biografica “Un volo d’amore”. Così avevo definito la vicenda umana e cristiana di suor Teresa di Gesù Gimma, presentando la sua biografia spirituale, curata dalle Consorelle del Monastero di S. Teresa Nuova, un “volo” «che l’ha costantemente sospinta verso l’alto, fino all’incontro con Dio» (Una vita per l’Amore, Mottola 2003, p. 7). Gli scritti di Teresa contenuti nel primo volume (Un cammino di santità. Scritti spi-


PUBBLICAZIONI rituali di una Serva di Dio, Cinisello Balsamo 2012) ci hanno permesso di seguire e gustare la prima parte di questo volo, quello dalla casa dei genitori al Carmelo di S. Giuseppe, e i ventidue anni (18981920) da lei vissuti in quel giardino di pace, un «cammino interiore – dicevo – compiuto nel silenzio e nella preghiera». Gli scritti di questo secondo volume ci fanno seguire e gustare la seconda parte di quel “volo” (gli anni 1920-1948), quello fatto con la fondazione di un nuovo Carmelo in Bari, quello di S. Teresa Nuova, per volontà dell’Arcivescovo mons. Giulio Vaccaro, un volo in tanti momenti messo alla prova, un volo sulla croce, prima di spiccare il volo definitivo nel cielo. Se negli scritti del primo volume, come scrivevo nella Presentazione (p. 6), trovavamo soprattutto «le modulazioni tipiche della spiritualità carmelitana: l’abbandono alla volontà di Dio … le prove della “notte oscura … l’annichilimento nell’umiltà e nel nascondimento» con delle note tutte sue, in particolare l’amore per Gesù Bambino, al centro di tanti meravigliosi scritti, in questo secondo volume la nota predominante è quella del martirio. Fino all’uscita dal Carmelo di S. Giuseppe Teresa aveva vissuto un martirio degli affetti, soprattutto per le difficoltà in famiglia, col papà in particolare, con la fondazione del nuovo monastero il suo è soprattutto un martirio dell’obbedienza, una obbedienza che le viene richiesta tante volte, in circostanze spesso drammatiche: l’ordine perentorio di mons. Vaccaro (quanto volentieri sarebbe rimasta nel Camelo in cui era stata per tanti anni…), le difficoltà nella gestione anche economica e amministrativa, soprattutto dopo il tragico assassinio del Canonico mons. Capozzi, amministratore e direttore spirituale del nuovo monastero; le vicende giudiziarie per la morte di una giovane monaca per un grave male che fu accusata di aver trascurato; il suo allontanamento da Bari per contrasti interni alla sua comunità e il vivere un anno e mezzo nel monastero Regina Carmeli di Roma, in pratica da novizia; il rientro nel suo Carmelo, ma senza più responsabilità di governo, di fatto da semplice monaca; infine i malanni fisici che la travagliarono negli ultimi anni.

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In tutto suor Teresa vive il martirio dell’obbedienza alla volontà di Dio: perché, e dagli scritti appare con chiarezza, in tutto ella vede la presenza del Signore, la sua volontà tante volte oscura e imperscrutabile, ma che proprio per questo è mistero di fede ed è mistero d’amore e di misericordia, e perciò anche di gioia. In alcuni scritti, straordinari per la tensione spirituale e le espressioni, Teresa descrive momenti di vera estasi e, soprattutto, alla comunione eucaristica, momenti di intima e profonda unione con Gesù, e in lui con la SS.ma Trinità, a cui si conforma pienamente, parlando più volte di “deificazione”, di totale immedesimazione con Dio. Un martirio dell’obbedienza che è piena conformazione alla volontà e al mistero di Dio. E il linguaggio di Teresa è quello della Scrittura, tante volte quello del Cantico, ma anche il linguaggio di delicate immagini. Basti leggere solo alcuni dei titoli preposti ai suoi scritti dal curatore del volume: Per i fiori del nuovo Carmelo; Io sono del mio amato e il mio amato è mio, La croce, la gemma preziosa, L’uva pigiata nel tino, Lo sposo crocifisso, Il profumo di Dio Uno e Trino, I fiori più belli in una valle di pianto, Partecipi della natura divina, Un cuore solo e un’anima sola… per citarne solo alcuni. Un secondo elemento del martirio dell’obbedienza di Teresa è costituito dall’amore per le sue “figlie”: le ha accolte nel nuovo Carmelo, le ha viste crescere e le ha aiutate a crescere, a prendere i voti, a fiorire. Per amore ha vissuto sino in fondo, anche in momenti di incomprensione con qualcuna, l’obbedienza a una missione che le era stata affidata, certo da mons. Vaccaro, ma per Teresa da Dio stesso, perché tutto faceva risalire a lui, in tutto vedeva lui e la sua volontà misericordiosa. Non sempre il Signore ha ascoltato la sua preghiera, ma, certo doveva ritrovarsi in ciò che scriveva quella giovane monaca, suor Elia di San Clemente, ora Beata, che per qualche mese lei aveva conosciuto nel monastero di S. Giuseppe: «Non mai mi sento così vicino a Te, o mio dolce Gesù, come quando ti chiedo qualche grazia e Tu me la rifiuti» (suor Elia di San Clemente, Scritti, Roma 2001, p. 350). E nemmeno a suor Elia le prove sono mancate. Questi due fiori dei due Carmeli di Bari, fiori nella nostra città e nella nostra Chiesa in anni non facili per via della precaria situazione socioeconomica, per via delle guerre, per via di un ambiente anticlericale e spesso anticri-


PUBBLICAZIONI stiano, ancora fioriscono tra noi, e possono e devono fiorire ancora di più. Sono grato al prof. Micunco, che ha curato anche questo secondo volume: la conoscenza e la diffusione degli scritti di queste due sante monache ci permettono non solo di entrare sempre più in questa spiritualità carmelitana che tanto bene ha fatto e continua a fare alla nostra Chiesa e alla nostra società barese, ma di avere dei modelli di vita cristiana validi non solo per i consacrati e le consacrate, ma per tutto il popolo di Dio. Suor Teresa, che dopo tanto soffrire ora gode della visione divina, assista in particolare il Carmelo di S. Teresa Nuova, ma anche aiuti tutti a “volare” in alto, a seguire le vie della santità, a celebrare nella nostra vita la misericordia di Dio. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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125 anni della Parrocchia Sacro Cuore in Bari dal 1887 al 2013

Presentazione di mons. Francesco Cacucci a 125 anni della Parrocchia Sacro Cuore in Bari dal 1887 al 2013 di don Marco Mancini Ecumenica Editrice, Bari 2017

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INDICE: Presentazione di Mons. Francesco Cacucci; Premessa; Introduzione; Bari, prima e dopo Gioacchino Murat; Lo sviluppo edilizio; La cura pastorale a Bari; L’episcopato di Mons. Pedicini; Casimiro Gènnari; Alcune considerazioni; Inizio delle attività parrocchiali; Il parroco (o Vicario Sostituto) Vincenzo Ladisa; Monsignor Vaccaro; Gaetano Grandolfo; Rivendicazione di un corridoio; Cura degli infermi; Visita pastorale del 30 novembre 1916; Nuove chiese: – Chiesa dell’Immacolata – Chiesa di S. Scolastica; Istituti Religiosi: Le suore di Maria Bambina – Le suore del Preziosissimo Sangue; Periodi di transizione; La chiesa di Sant’Antonio rivendicata dai Frati Minori; La Chiesa Metodista a Bari; Il culto al S. Cuore; La crescita del laicato; Notizie dal Bollettino Diocesano; L’acquisto della chiesa; Don Francesco Gagliardi parroco; Don Marco Mancini parroco; L’esperienza dei primi anni; L’impegno per la liturgia; La Pia Opera dei Tabernacoli; I parroci; I vice parroci; Le vocazioni; La lettera del parroco; L’adeguamento liturgico del presbiterio; Visite Pastorali: – La Visita Pastorale di Mons. Nicodemo – Le relazioni per la Visita Pastorale – La Visita Pastorale di Mons. Magrassi – Visita Pastorale di Mons. Magrassi: le conclusioni – Gli incontri del Vescovo con le realtà parrocchiali – Padre Mariano tra l’A.C.R.; Ancora notizie anni 19781984; La nuova chiesa; Una storia che non finisce; Postilla. Appendice: Documento 1: Verbale di consegna dal Capitolo Metropolitano alla Provincia dei Frati Minori – Documento 2: Lettera di fra Ezechia D’Agnessa – Documento 3: Saluto dei Frati Minori alla Diocesi – Documento 4: Discorso di don Giuseppe Natale per la morte di don Michele Lisco – Documento 5: Statuto del Collegium Christianorum – Documento 6: Frequenza dei fedeli nella rilevazione statistica dell’11


PUBBLICAZIONI marzo 1962 – Documento 7: Borsa di studio per un seminarista –Documento 8: Filodrammatica S. Cuore – Documento 9: Mappa del territorio parrocchiale

È una vera gioia per me riannodare i fili di una conversazione avviata qualche anno fa, quasi per caso, con don Marco Mancini, e che ora è giunta a maturazione. In quella circostanza, ricordando il breve periodo vissuto da suo vice parroco nella parrocchia del Sacro Cuore in Bari, esprimevo il desiderio che egli facesse memoria della storia di quella parrocchia a noi cara. Era stato come un seme gettato nel terreno e quasi dimenticato. Ma come il seme del Vangelo anche questo era caduto in terreno fertile, e così anno dopo anno don Marco non ha smesso di frequentare archivi e di leggere i testi classici della storia di Bari, finendo con l’offrire al pubblico barese un libro che va ben oltre la tradizionale storia di una chiesa. La sua è, infatti, una storia che segna una specie di spartiacque tra il passato e il futuro. E da fedele servitore della Chiesa e del suo cammino storico, don Marco si è immerso in un gran numero di documenti del passato, gustando di volta in volta la scoperta delle cause come dei protagonisti della vicenda ecclesiale barese. Sfogliando le pagine del suo libro noi entriamo in un mondo in fermento ed in costante sviluppo così da rendere difficile a qualsiasi storico di collocare gli eventi in un ordine fra il tematico ed il cronologico. Don Marco lo fa egregiamente, perché, a parte la prima metà del XIX secolo (egli prende le mosse dalla svolta murattiana del 1813 con la decisione di ampliare la città con la creazione del Borgo Nuovo), man mano che avanza nella narrazione, smette le vesti dello spettatore per entrare negli avvenimenti. E lo fa prima con giudizi diretti e personali sulle vicende che si susseguono e poi con i ricordi personali. Per la storia di Bari il periodo preso in considerazione è del tutto particolare in quanto, dopo molti secoli di quasi anonimato (a parte San Nicola e la Cattedrale), la città come tale riprende quota. L’aspetto più evidente di questo cambiamento è il vorticoso incremento demografico, e l’Autore è molto attento a rappresentare qua e là la nuova situazione. Può sembrare un dettaglio. In realtà è un punto fondamentale,

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soprattutto per il tipo di discorso che egli intende fare. La sua non è una storia della chiesa/edificio parrocchiale, bensì della parrocchia nel suo significato più pieno: la comunità cristiana. L’entità numerica della popolazione parrocchiale non è un aspetto secondario, ma incide sulla qualità delle varie attività catechetiche, liturgiche, caritative. La sua storia parte dunque dal tempo in cui la parrocchia nella città vecchia è una, quella della Cattedrale, l’unica che conserva il fonte battesimale e che dipende direttamente dal Capitolo dei Canonici. E finché la comunità parrocchiale è confinata nella città vecchia, il problema non esiste. Comincia invece ad esistere quando, da un lato, la città si amplia dando vita al borgo murattiano, dall’altro varie chiese degli ordini religiosi sono chiuse o in difficoltà a motivo delle soppressioni d’inizio secolo. In tutto il XIX secolo, infatti, vengono costruite solo due chiese, San Ferdinando e San Rocco. Con la reticenza dello Stato a permettere nuovi edifici di culto, la Chiesa fu costretta ad una soluzione di ripiego: il rescritto di papa Leone XIII che chiedeva ai religiosi di mettere almeno un altare a disposizione dei parroci. Dopo i vani tentativi dell’arcivescovo Pedicini, fu l’amministratore apostolico Casimiro Gennari, vescovo di Conversano, a prendere le redini della situazione, spingendo nel 1887 i religiosi a collaborare. Così don Giovanni Chiumarulo poté fare i primi battesimi nella chiesa di S. Antonio. Intendendo delineare la storia della “parrocchia del Sacro Cuore”, don Marco parte dalla chiesa alla quale la futura comunità del Sacro Cuore faceva allora riferimento. A quel tempo la parrocchia di S. Antonio abbracciava il vastissimo territorio sud est di Bari, che oggi comprende ben 14 parrocchie. Le soppressioni, sia di epoca napoleonica che del primo decennio di Unità d’Italia, avevano portato un vento poco favorevole alla vita ecclesiale e i parroci, da sempre in prima linea, se ne dovettero rendere conto. Ben fa l’Autore a portare esempi concreti. Nel caso specifico il successore di don Giovanni Chiumarulo, don Vincenzo Ladisa (1887-1903) si vide recapitare questa lettera del noto sindaco di Bari Giuseppe Re David: «La chiesa è di proprietà del Comune, che ha un suo rappresentante per l’amministrazione delle temporalità della chiesa nella persona di Vincenzo Carrassi e che in quanto alle temporalità stesse Ella nulla può disporre senza il permesso del Comune o del suo rappresentante , […] perciò la invito a rispettare l’autorità del Comune che è il solo padrone della chiesa e del suo contenuto, non avendo la S. V. altro dirit-


PUBBLICAZIONI to che quello di esercitarvi il sacro ministero quoad spiritualia tantum; a rendermi conto degli oggetti preziosi venduti e dell’uso fatto dopo del prezzo di essi e di far rimettere a posto il pergamo dove stava». Molto attivo fu anche il successore di don Ladisa, don Gaetano Grandolfo (1903-1917), che cercò di avere almeno l’uso di parte della caserma militare annessa alla chiesa. Se però la chiesa di Sant’Antonio era il cuore della parrocchia, non va dimenticata la chiesa di Santa Scolastica, sia perché permette al Mancini di entrare nel mondo della spiritualità femminile sia perché, come edificio, è proprio a fianco alla chiesa del Sacro Cuore. Ne traccia quindi la vicenda, ricordando che nel 1866 le soppressioni colpirono anche le benedettine di S. Scolastica al Porto, che si trasferirono a San Giacomo, riuscendo però nel 1899 a comprare uno stabile in via Cardassi, edificando la chiesa che nel 1930 fu dedicata a Santa Scolastica, e che sul portale aveva un bell’affresco del Sacro Cuore. Tra il 1880 e il 1930 in quell’area operarono attivamente tre istituti femminili, Santa Scolastica, Maria Bambina e Preziosissimo Sangue. Don Marco non passa sotto silenzio gli attriti interni alla realtà ecclesiale, rilevando come non sempre i rapporti fra il Capitolo e l’Arcivescovo erano ispirati a collaborazione, come pure quelli fra religiosi e Chiesa locale. Con molta forza stigmatizza l’atteggiamento dei Minori che rientrarono nella chiesa di Sant’Antonio nel 1930, creando grossi problemi all’attivissimo don Michele Lisco (1919-1955). I frati l’ebbero vinta perché la Congregazione dei Religiosi applicò alla lettera il rescritto papale che prevedeva un solo altare (San Pasquale) da riservare al parroco, trascurando il fatto che quel rescritto era stato redatto quasi cinquanta anni prima, quando la popolazione era di gran lunga meno numerosa. Le cose si trascinavano quando un fatto provvidenziale sbloccò la situazione. Nel 1936, dopo dieci anni di permanenza in Corso Cavour 72, i Metodisti lasciarono la città, mettendo in vendita la chiesa e gran parte dello stabile. Don Lisco riuscì a convincere la moglie del compratore a cedere la chiesa alla comunità parrocchiale ad un fitto simbolico. Quando l’arcivescovo di Bari Marcello Mimmi la inaugurò, la chiesa prese il titolo di “parrocchia di S.

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Antonio nella chiesa del S. Cuore”. Solo nel 1956 Mons. Nicodemo la farà intitolare “Parrocchia del Sacro Cuore”. A Francesco Gagliardi (1955-1961) successe l’autore di questo pregevole libro. Era vice parroco di San Giuseppe quando don Marco Mancini ebbe la nomina di parroco del Sacro Cuore (1961-1984). Naturalmente qui il libro cambia tono: è un vero e proprio diario sacerdotale con una miriade di ricordi grandi e piccoli. Personalmente ho seguito questa fase con intensa partecipazione affettiva. I nomi di mons. Michele Schiralli, mons. Nicola Milella, insieme a tanti altri, hanno richiamato alla mia mente tratti significativi di vita cristiana e sacerdotale. Ero presente anch’io, da seminarista, all’ingresso di don Marco quale parroco del Sacro Cuore nel 1961. Già in quegli anni si prospettava l’ipotesi del trasferimento altrove del Monastero benedettino di Santa Scolastica. Riprendendo le fila dei suoi ricordi, don Marco raccoglie, in particolare, l’esperienza dei primi anni, attraverso l’impegno nella catechesi, nella liturgia e nella vita comunitaria. Il richiamo a tante persone che hanno attraversato e segnato la vita della comunità parrocchiale fa emergere un tratto peculiare della personalità umana e sacerdotale di don Marco: la sua attenzione nel seguire “personalmente” tutti coloro che il Signore gli ha affidato (“potrei citare nomi e cognomi di tanti ragazzi e ragazze”, confida a p. 195). E poi la descrizione della vita del consiglio pastorale parrocchiale e delle indicazioni delle visite pastorali. La narrazione è molto più ampia e colmerà di gioia il cuore di tanti. In particolare, verso il finale, rende omaggio al suo padre spirituale don Carmine de Palma e al prof. Giovanni Modugno (dei quali è avviato il processo di beatificazione), e nota la recente concessione della chiesa del Sacro Cuore alla comunità greco ortodossa alla presenza del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e del suo rappresentante in Italia, il metropolita Gennadios Zervos. Emerge la vocazione ecumenica della Chiesa di Bari. Lo dimostrano diverse pagine del libro, come il tono che egli usa quando parla dei Metodisti e dell’errata traduzione italiana dell’iscrizione che a loro si riferiva nel 1936, come pure quando parla della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Forse per questo, interpretando ed accogliendo gli eventi alla luce della Provvidenza, intitola l’ultimo capitolo: “Una storia che non finisce”.


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NELLA PACE DEL SIGNORE don Luigi Minerva

Il giorno 12 dicembre 2017 è tornato alla Casa del Padre don Luigi Minerva, sacerdote della nostra Chiesa di Bari-Bitonto. Nato a Palo del Colle il 4 giugno del 1931, è stato ordinato presbitero il 4 luglio del 1954. È stato primo parroco della parrocchia di S. Alberto e successivamente dal 1995 Cappellano dell’Opera Pia “Di Venere” in Carbonara. Vorrei ricordare il suo impegno a favore della musica sacra; ha iniziato fin dai primi anni della Riforma Liturgica a formare i futuri sacerdoti in questo settore così vitale della vita della Chiesa. Fin dalla prima media - siamo nel 1958 – ho iniziato con lui un percorso di studi di musica. Il seminario minore era frequentato da circa 180 seminaristi e circa una cinquantina facevano parte della schola cantorum; fra questi ne sceglieva una ventina che chiamava la piccola schola. Oltre al coro, nel corso degli anni, ha istituito una piccola orchestra con vari strumenti: tastiere, melodica, flauto dolce fino ad arrivare ad una piccola orchestra di ocarine che lui stesso comprava. Ed ogni anno si organizzavano accademie in onore del Papa, concerti con brani classici, varie manifestazioni in particolari occasioni. Istituì anche il gruppo dei Pueri Cantores, collegato all’Associazione Italiana e quasi ogni anno si partecipava agli incontri nazionali e ad alcuni internazionali che si svolgevano a Roma. Per ben due volte il

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gruppo dei cantori fu scelto per partecipare alla Rassegna di Cappelle Musicali di Loreto. L’altro impegno del coro del seminario riguardava la vita liturgica e le celebrazioni in seminario e specialmente i solenni pontificali in Cattedrale col vescovo; durante tutto l’intero anno liturgico la cantoria del seminario animava le varie celebrazioni in cattedrale: Natale, Triduo Pasquale e Pasqua, solennità varie, messa dell’Odegitria. Don Luigi era sempre pronto e individuava il repertorio adatto alle varie celebrazioni: canto gregoriano, messe ceciliane in latino, vari mottetti. La svolta del suo insegnamento la si è avuta con la Riforma Liturgica del Vaticano II; si è documentato e preparato al nuovo rito in italiano partecipando a diversi convegni nazionali e internazionali e portando in diocesi i nuovi fermenti musicali e le nuove idee conciliari. Frutto di tale cambiamento fu l’istituzione della Scuola Diocesana di Musica Sacra, che ancora tutt’oggi continua a formare gli animatori musicali delle sacre celebrazioni. Agli inizi di tale scuola don Minerva si è circondato di una schiera di musicisti altamente qualificati: Nino Rota, Adamo Volpi, don Salvatore Pappagallo, Biagio Grimaldi, don Nicola Vitone, don Luigi Sanseverino Gramegna, il maestro Candido, il maestro Donato Marrone, padre Anselmo Susca; erano tutti musicisti amici della Scuola e alcuni di loro anche docenti. Quella tradizione scolastica, interrotta per qualche anno, continua ancora oggi a dare i suoi frutti; dopo tanti anni di formazione possiamo affermare che il livello musicale delle nostre celebrazioni è stato sempre dignitoso e musicalmente attento e adeguato. Tuttora una schiera di giovani e adulti offrono il loro servizio ministeriale nella quasi totalità delle nostre parrocchie. Concludo affermando che il lavoro di don Minerva rimarrà come una pietra miliare della nostra diocesi; la sua passione e il suo impegno saranno per tutti noi un esempio da tenere sempre presente. Il Signore lo accolga fra le schiere dei cantori e musicisti che cantano in eterno le sue lodi. mons. Antonio Parisi


NELLA PACE DEL SIGNORE

don Nicola Troccoli

Don Nicola Troccoli nasce a Bari il 2 maggio 1930. Era il 28 giugno 1953 quando l’allora Arcivescovo di Bari mons. Enrico Nicodemo lo ordinò sacerdote nella parrocchia Cattedrale di Bari; fu il primo sacerdote ordinato da mons. Nicodemo, giunto da poco a reggere l’arcidiocesi di Bari. Lo stesso Arcivescovo il 15 maggio 1967 lo nominò parroco della erigenda chiesa di Stella Maris in Palese. Qualche mese dopo, il 15 settembre dello stesso anno, don Nicola prese possesso virtualmente della chiesa, ancora in costruzione, trasferendosi a Palese. Finalmente il 25 marzo 1969, alla presenza di mons. Nicodemo, durante una cerimonia solenne, don Nicola divenne il primo parroco della nuova parrocchia di Stella Maris. Prima di essere nominato parroco rivestì incarichi importanti a livello diocesano, tra cui insegnante e direttore del coro dei seminaristi nel Seminario arcivescovile di Bari, nonché loro professore di lettere classiche. Fu anche l’organista ufficiale della Cattedrale di Bari. È stato un fattivo e zelante collaboratore nella veste di vice parroco nelle chiese di San Giuseppe, Sacro Cuore e San Ferdinando a Bari. Diventato parroco della Stella Maris fu tra l’altro professore di religione alla scuola media di Palese per diversi anni, e fu sua l’iniziativa di fondare nella canonica e nei locali della stessa parrocchia la scuola elementare paritaria “Mons. Sanna”, tutt’ora esistente, diventando direttore didattico della stessa con la collaborazione delle Suore di Gesù Crocifisso Missionarie Francescane di Palese. «La misura dell’amore è amare senza misura»: questa citazione di sant’Agostino (molto amato da lui) è stata sempre presente nel pensiero e nell’anima di don Nicola spentosi il 27 dicembre 2017. I funerali si sono svolti nella sua parrocchia di Stella Maris il 28

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dicembre alla presenza di tante persone che hanno amato don Nicola e il cui ricordo rimarrà indelebile. La celebrazione è stata presieduta da mons. Domenico Padovano, vescovo emerito della diocesi di Conversano–Monopoli, che ricordando alcuni tratti significativi della sua vita l’ha definito l’apostolo del sorriso. L’amore verso il prossimo è stato uno dei pilastri della sua vita sacerdotale, il suo cuore di padre buono ha sempre accolto tutti coloro che si sono accostati a lui nel tempo.

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA B ARI -B ITONTO

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Ottobre 2017

1 – Al mattino, presso la parrocchia “Maria SS. del Carmine” in Sannicandro di Bari, celebra la S. Messa e amministra le Cresime. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Francesco d’Assisi” in Bari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Mario Marino, O.F.M.Conv. – Successivamente, in Cattedrale, assiste al concerto conclusivo della Rassegna “Notti sacre”. 2/6 – A S. Cesarea Terme (Le), partecipa al corso di esercizi spirituali per i vescovi pugliesi. 6 – Nel pomeriggio, a S. Cesarea Terme, presiede la riunione dela Conferenza episcopale pugliese. – Alla sera, partecipa a “Km8”, pellegrinaggio di giovani e famiglie organizzato dal Servizio di Pastorale Giovanile e dall’Ufficio per la Pastorale della Famiglia, dal Santuario della Madonna del Pozzo in Capurso al piazzale della chiesa di Santa Maria del Carmine in Noicattaro, con tappa intermedia a Cellamare. 7 – Alla sera, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa per l’ordinazione sacerdotale di p. Vito Maria Logoteto, O.S.A. 8 – Al mattino, nella chiesa di S. Domenico in Bari, celebra la S. Messa per la festa della Madonna del Rosario. – Alla sera, presso la parrocchia “SS. Sacramento” in Bitonto, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Donatello De Felice. 9 – Al pomeriggio, presso l’aula magna dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari, nell’ambito del “Festival dell’ac-

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qua”, tiene la lectio magistralis su Il simbolismo dell’acqua nella tradizione cristiana. Alla sera, presso la parrocchia “Sacro Cuore” in Bari, partecipa alla presentazione del libro di don Marco Mancini 125 anni della Parrocchia Sacro Cuore in Bari dal 1887 al 2013. Al pomeriggio, in Cattedrale, celebra la S. Messa per le esequie del prof. Maurizio Perchinunno, docente universitario di Diritto privato. Alla sera, presso la parrocchia “S. Nicola” in Adelfia, tiene la catechesi comunitaria. Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, partecipa al ritiro del clero. Alla sera, nella chiesa di S. Maria degli Angeli in Bari, celebra la S. Messa e benedice l’organo restaurato. Al mattino, presso la parrocchia “S. Francesco d’Assisi” in Triggiano, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Gianpaolo Lacerenza, O.F.M. Cap. Alla sera, presso la Basilica dei SS. Medici in Bitonto, celebra la S. Messa per la festa esterna. Alla sera, presso l’Hotel Federiciano in Valenzano, tiene la relazione sul tema “Giovani e adulti: narrare la vita, testimoniare la fede” alla Scuola unitaria dell’Azione Cattolica diocesana. Al pomeriggio, in Episcopio, presiede la riunione del Consiglio per gli Affari economici. Alla sera, nella Cattedrale di Lucera, partecipa alla concelebrazione eucaristica per l’ordinazione episcopale di mons. Ciro Fanelli, Vescovo eletto di Melfi-Rapolla-Venosa. Al pomeriggio, presso l’Oasi diocesana di San Martino, incontra i diaconi dell’Arcidiocesi. Al mattino, presso la Casa del clero in Bari, presiede la riunione del Consiglio Presbiterale diocesano. Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria Assunta” in Cassano Murge, partecipa alla presentazione delle opere restaurate provenienti dallo scomparso monastero di Santa Chiara. Al mattino, presso il Santuario di S. Maria d’Anglona in Tursi, interviene al convegno teologico-ecumenico sull’incontro tra cristianesimo bizantino e cristianesimo latino in territorio lucano.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO – Alla sera, presso la parrocchia “Beata Vergine Immacolata” in Bari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Ruggiero Doronzo, O.F.M.Cap. 22 – Al mattino, presso la parrocchia “S. Marcello” in Bari, celebra la S. Messa per la professione perpetua di suor Emilia e suor Rita, della Congregazione delle Suore dello Spirito Santo. – Al pomeriggio, presso il Nicolaus Hotel in Bari, celebra la S. Messa per il Meeting della vita consacrata. – Alla sera, presso la parrocchia del “Salvatore” in Bari-Loseto, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Alessandro Manuele. 24 – Al pomeriggio, presso l’aula sinodale in Bari, incontra gli insegnanti di religione cattolica. – Alla sera, presso la parrocchia “Maria SS. del Carmine” in Sannicandro, celebra la S. Messa e tiene la catechesi sul tema pastorale dell’anno. 26/29 – A Cagliari, partecipa ai lavori della 48° Settimana sociale dei cattolici italiani. 30 – Al mattino, presso l’aula “Aldo Moro” dell’Università degli Studi di Bari, tiene la lectio magistralis su I social network e la convinzione di interpretare la realtà, in occasione dell’inaugurazione dei Corsi di laurea del Dipartimento di Scienze Politiche (anno accademico 2017-2018). – Alla sera, presso la parrocchia “S. Antonio” in Bari, benedice la sala restaurata e guida la lettura del film di Paolo Genovese Perfetti sconosciuti. 31 – Al mattino, in Episcopio, incontra l’équipe educativa del Seminario arcivescovile. – Alla sera, presso la parrocchia “Immacolata” in Adelfia, celebra la S. Messa per il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale del parroco don Salvatore De Pascale.

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1 – Al mattino, presso la parrocchia “Ognissanti” in Valenzano, celebra la S. Messa per la solennità di Tutti i Santi. – Al pomeriggio, presso la parrocchia “S. Maria Assunta” in Sannicandro, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Antonio Serio. 2 – Al mattino, presso la chiesa del Cimitero di Bari, celebra la S. Messa per la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa. 3 – Al pomeriggio, in Episcopio, riceve l’Ordo virginum diocesano. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria La Porta” in Palo del Colle, presiede l’adorazione eucaristica e conferisce il mandato agli operatori pastorali. 4 – Al mattino, presso il Sacrario dei Caduti d’Oltremare in Bari, nella giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate, celebra la Santa Messa per i caduti, presente la presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Giovanni Bosco” in Bari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Massimo Ghionzoli. 5 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria di Monteverde” in Grumo Appula, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Lino Modesto. 10 – Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, partecipa al ritiro del clero diocesano. Successivamente, incontra il Collegio dei Consultori. 11 – Alla sera, presso la parrocchia “Spirito Santo” in Bari-Santo Spirito, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Fabio Campione. 12 – Al mattino, presso l’Istituto Margherita di Savoia in Bari, guida il ritiro all’USMI. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Marcello” in Bari, celebra la S. Messa a conclusione della Giornata per gli operatori pastorali. 14 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria Assunta” in Cassano Murge, presiede i lavori del Consiglio Pastorale parrocchiale.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO 15 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria del Carmine” in Sammichele di Bari, celebra la S. Messa e conferisce il mandato agli operatori pastorali; successivamente tiene la catechesi comunitaria. 16 – Al mattino, nella cripta della Cattedrale, celebra la S. Messa in suffragio dei vescovi defunti. Al pomeriggio, presso il Museo diocesano, presiede l’incontro del Comitato scientifico del Centro di studi storici della Chiesa di Bari-Bitonto. 17 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria della Pietà” in BariCeglie del Campo, celebra la S. Messa nel primo anniversario della presenza delle Suore Oblate di S. Giuseppe in parrocchia. 18 – Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa e amministra le cresime per i ragazzi della parrocchia “Preziosissimo Sangue in San Rocco”. – Al pomeriggio, benedice la nuova sede del dormitorio della Caritas diocesana per i senza fissa dimora “Don Vito Diana”. 19 – Alla sera, presso la parrocchia “Maria SS.ma del Rosario” in Bari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Giuseppe Cutrone. 20 – Alla sera, presso la parrocchia “Cattedrale”, inaugura la sala di comunità “Odegitria”. 21 – Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la festa della “Virgo fidelis”, Patrona dell’Arma dei Carabinieri. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Cecilia” in Bari, tiene la catechesi comunitaria sul tema pastorale dell’anno. 22 – Alla sera, presso la sala di comunità “Odegitria” in Cattedrale, partecipa al primo incontro sul Cantico dei Cantici organizzato dal Centro di cultura biblica “Bereshit”. 23 – Alla sera, presso la parrocchia “S. Girolamo” in Bari, tiene la catechesi comunitaria su “La casa di Dio tra le case degli uomini”. 24 – Al mattino, presso la sede della Curia diocesana, incontra i sindaci dell’arcidiocesi sul messaggio di papa Francesco per la prima Giornata mondiale dei poveri. In seguito, presso

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l’aula “Aldo Moro” dell’Università degli studi di Bari, partecipa alla terza assemblea nazionale del Forum Bambini e mass media sul tema “Dipendenze e patologie della comunicazione massmediale. L’esigenza di sperimentare”. Successivamente, presso il Pontificio Seminario Regionale Pio XI in Molfetta, incontra i seminaristi teologi. Al pomeriggio, presso la parrocchia “S. Caterina d’Alessandria” in Bitonto, celebra la S. Messa e amministra le cresime nella festa della Titolare. Al mattino, presso la parrocchia “Cristo Re Universale” in Bitonto, celebra la S. Messa nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Al pomeriggio, presso l’Istituto S. Teresa delle Suore del Sacro Costato in Bari, celebra la S. Messa in occasione della Giornata dell’adesione al CVS. Alla sera, nella chiesa di S. Domenico in Palo del Colle, incontra la comunità parrocchiale di S. Maria La Porta. Alla sera, presso la parrocchia “S. Marco” in Bari, tiene la catechesi liturgica di Avvento-Natale. Al mattino, presso l’aula Tonino Bello del Palazzo ChiaiaNapolitano dell’Università degli studi di Bari, partecipa al seminario di studi “Giovani in fuga” organizzato dall’Università, dagli Uffici Scuola e Pastorale sociale e del lavoro dell’Arcidiocesi e dalla Associazione “Bottega dell’Orefice” sul rapporto Italiani nel mondo 2017 della Fondazione Migrantes della Cei. Alla sera, presso la parrocchia “S. Marcello” in Bari, incontra i genitori e i padrini dei cresimandi. Alla sera, presso la parrocchia “S. Andrea” in Bari, celebra la S. Messa per la festa del Titolare.

Dicembre 2017 1 – Al mattino, presso la cappella maggiore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese Pio XI in Molfetta, celebra la


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S. Messa per l’inaugurazione del nuovo anno accademico della Facoltà Teologica Pugliese, e successivamente partecipa alla cerimonia accademica. Al pomeriggio, presso il monastero di Santa Teresa Nuova in Bari, partecipa alla presentazione della monografia: Suor Teresa Gimma, Un cammino di santità, Scritti spirituali di una Serva di Dio, vol. II (1920-1948), a cura di Giuseppe Micunco. Alla sera, presso l’Oasi De Lilla in Bari, saluta i partecipanti al dialogo cattolico-pentecostale promosso dalla Comunità di Gesù. Alla sera, presso la Cattedrale di Lucera, presiede la concelebrazione eucaristica per il conferimento del grado di Grand’Ufficiale e Priore della Delegazione diocesana dell’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme a S. E. mons. Giuseppe Giuliano, vescovo di Lucera-Troia. Al mattino, presso la parrocchia “S. Giovanni Battista” in Bari, celebra la S. Messa e benedice le nuove campane. Alla sera, presso la parrocchia “S. Maria Maddalena” in Bari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Carmine Leuzzi. Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la festa di S. Barbara, patrona del Corpo dei Vigili del Fuoco e dei membri delle Capitanerie di Porto. Al pomeriggio, nella sala conferenze del Castello Svevo di Bari, partecipa alla cerimonia di inaugurazione della Settimana della cultura italo-polacca. Al mattino, presso il Pontificio Seminario Regionale Pugliese Pio XI in Molfetta, presiede i lavori della Conferenza Episcopale Pugliese. Alla sera, nella Basilica di San Nicola, partecipa alla solenne concelebrazione eucaristica per la festa del Santo Patrono, presieduta da S. Em. il card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani. Al pomeriggio, presso il Duomo di Cerignola, partecipa alla con-

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celebrazione eucaristica per l’ordinazione episcopale di don Giacomo Cirulli, Vescovo eletto della diocesi di Teano-Calvi. Al mattino, presso la parrocchia Concattedrale “Maria SS. Assunta” in Bitonto, celebra la S. Messa per la festa dell’Immacolata. Alla sera, presso la parrocchia “Immacolata” in Adelfia, celebra la S. Messa per la festa della Titolare e il tesseramento dei soci di A.C. Alla sera, in Cattedrale, assiste al concerto del Coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina. Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa animata dal coro della Cappella Sistina. Alla sera, presso la parrocchia “S. Michele Arcangelo” in Bitetto, celebra la S. Messa nel XX anniversario della morte di don Ciccio Occhiogrosso. Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la festa della Madonna di Loreto, patrona dell’Aeronautica. Successivamente, in Episcopio, presiede il Consiglio di Amministrazione della Biblioteca Ricchetti. Al mattino, nella Cattedrale di Siracusa, presiede la concelebrazione eucaristica in occasione della festa di Santa Lucia, Patrona della città. Alla sera, presso il Seminario arcivescovile, presiede l’Adorazione eucaristica vocazionale. Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, partecipa al ritiro del clero predicato da mons. Ermenegildo Manicardi. Al pomeriggio, nella sala convegni dell’Ospedale oncologico Giovanni Paolo II, introduce i lavori del convegno su “Tra la vita e la morte: aspetti medico-legali”. Alla sera, presso la parrocchia “S. Pietro Apostolo” in Putignano, presiede la celebrazione della Novena di Natale. Al pomeriggio, in Cattedrale, nella sala di comunità “Odegitria”, incontra i bambini della parrocchia per gli auguri natalizi. Alla sera, in Cattedrale, assiste al concerto meditazione “Gloria in cielo e pace in terra” a cura della Fondazione Frammenti di luce con l’orchestra sinfonica metropolitana di Bari.


DIARIO DELL’ARCIVESCOVO 17 – Al mattino, presso lo stabilimento Magneti Marelli in Bari, celebra la S. Messa in preparazione al Natale. 18 – Al mattino, presso la sede CISL di Bari, incontra i dirigenti in occasione del Natale. – Al pomeriggio, nell’aula magna “Enrico Nicodemo” dell’Istituto di Teologia ecumenico-patristica “San Nicola”, pronuncia la laudatio di S. Em. Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca in occasione del conferimento della laurea ad honorem in Sacra Teologia da parte della Facoltà Teologica Pugliese. 19 – Al mattino, presso la sede del Dopolavoro Ferroviario della Stazione F.S. di Bari Centrale, porta il saluto e benedice il Pranzo della Solidarietà per i senza fissa dimora, organizzato dal compartimento della Polizia Ferroviaria di Puglia, Basilicata e Molise. – Al pomeriggio, presso il Liceo Scientifico “Arcangelo Scacchi” in Bari, tiene una conversazione su “Informazione, fake news e formazione critica”. 20 – Al mattino, presso la sede della Direzione generale dell’INPS di Bari, incontra il personale in occasione del Natale. Successivamente, presso l’Ospedale Mater Dei in Bari, celebra la S. Messa in preparazione al Natale per i degenti e il personale sanitario. – Al pomeriggio, a Villa De Grecis, incontra i membri del Rotary Club Bari in occasione del Natale. 21 – Al mattino, nella chiesa di S. Chiara in Bari, celebra la S. Messa per i dipendenti della Soprintendenza dei Beni culturali in preparazione al Natale. Successivamente, presso il C.A.R.A. di Bari-Palese, benedice il presepe e incontra gli ospiti del campo. – Al pomeriggio, presso la sede della Direzione delle Poste in Bari, benedice il presepe e incontra il personale in occasione del Natale.

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– Alla sera, presso la parrocchia “Stella maris” in Bari-Palese, celebra la Novena di Natale e successivamente benedice i locali dell’Oratorio e il nuovo campo di calcio. – Al mattino, nell’aula magna del Policlinico di Bari, celebra la S. Messa in preparazione al Natale per i degenti e il personale medico e paramedico. – Al pomeriggio, presso la Casa circondariale di Bari, celebra la S. Messa per i detenuti e il personale carcerario in preparazione al Natale. – Al mattino, nella sede della Curia arcivescovile, scambia gli auguri natalizi con i curiali. – Alla sera, presso la parrocchia “S. Vito Martire” in Palo del Colle, celebra la S. Messa e benedice il nuovo presbiterio. – Al mattino, presso l’Ospedale oncologico “Giovanni Paolo II” in Bari, celebra la S. Messa in preparazione al Natale per i degenti e il personale medico e paramedico. – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa della Notte di Natale. – Al mattino, nella Concattedrale di Bitonto, celebra la S. Messa del Giorno di Natale. Al pomeriggio, presso la mensa delle Suore Missionarie della Carità, celebra la S. Messa. – Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per l’ordinazione diaconale di Fabio Carmosino.


INDICE GENERALE Indice generale dell’annata 2017

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE MAGISTERO PONTIFICIO Lettera ai giovani in preparazione al Sinodo dei Vescovi

7

Discorso ai capi di stato e i governi dell’Unione Europea in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma

11

Lettera apostolica in forma di motu proprio Sanctuarium in Ecclesia

21

Discorso in occasione del 150° anniversario di fondazione dell’Azione Cattolica Italiana

179

Saluto in apertura dei lavori della LXX Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana

183

Discorso in occasione della visita ufficiale al Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella

189

Lettera apostolica in forma di motu proprio Magnum principium con la quale viene modificato il can. 838 del Codice di diritto canonico

279

Lettera apostolica in forma di motu proprio Maiorem hac dilectionem sull’offerta della vita

283

Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2018

359

Discorso ai partecipanti al Convegno “Prospettive per in mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”

367

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA La memoria liturgica di san Nicola diventa obbligatoria

25

LXX Assemblea generale (Roma, 22-25 maggio 2017) Comunicato finale dei lavori

195

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Consiglio Permanente Comunicato finale dei lavori della sessione autunnale (Roma, 25-27 settembre 2017)

287

CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE Il Convegno regionale “Il lavoro che vogliamo” in preparazione alla Settimana sociale dei cattolici italiani: Relazione di mons. Filippo Santoro, Arcivescovo metropolita di Taranto e Presidente del Comitato organizzatore della Settimana

203

FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE Decreto della Congregazione per l’Educazione Cattolica per l’erezione dell’Istituto di Scienze religiose “San Sabino” in Bari Conferimento della laurea ad honorem in Sacra Teologia a S. Em. Hilarion Alfeev, Metropolita di Volokolamsk: Laudatio dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto S. Ecc. Mons. Francesco Cacucci Lectio doctoralis di S. Em. Hilarion Alfeev: “San Nicola di Myra e lo stato attuale delle relazioni ortodosso-cattoliche”

211

371 375

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO PELLEGRINAGGIO IN CAPPADOCIA La partecipazione dei Pastori delle Chiese di Bari e di Lecce al pellegrinaggio in Cappadocia con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I (17-19 maggio 2017)

215

LA RELIQUIA DI SAN NICOLA A MOSCA E SAN PIETROBURGO

468

Un importante e ulteriore passo nel cammino verso l’unità dei cristiani di Oriente e Occidente

159

Protocollo d’Intesa circa il trasferimento temporaneo di un’insigne reliquia di San Nicola il Taumaturgo alla Chiesa Ortodossa Russa

167

Discorso di Sua Santità il Patriarca Kirill ricevendo le reliquie di San Nicola Taumaturgo nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca

170

Intervista di TV2000 a S.Ecc. Mons. Francesco Cacucci

175

Il ritorno a Bari della reliquia di San Nicola (28 luglio 2017)

295

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Decreto di attribuzione delle somme derivanti dall’8 per mille IRPEF 2016

27

Saluto all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese

31

Omelia nella festa di san Tommaso d’Aquino, Patrono della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino “Angelicum” (Roma, 7 marzo 2017)

34


INDICE GENERALE Omelia nella Messa della XXV Domenica del Tempo ordinario “Chiamati a lavorare nella vigna del Signore” (Bari, 24 settembre 2017)

305

Il simbolismo dell’acqua nella tradizione cristiana

383

I social-network e la convinzione di interpretare la realtà

393

Decreto di attribuzione delle somme derivanti dall’8 per mille IRPEF 2017

401

ASSEMBLEA DIOCESANA Presentazione della traccia per l’anno pastorale 2017-2018: Di generazione in generazione: Giovani e famiglia (Bari, 20 settembre 2017)

307

CURIA METROPOLITANA Vicariato generale Le visite pastorali dell’Arcivescovo ai vicariati - Anno 2017 Vicariato generale. Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso La Chiesa di Bari-Bitonto in ascolto della Chiesa sorella di Costantinopoli

37 41

Presentazione del Centro di Cultura biblica “Bereshit”

45

Per una dimensione ecumenica della Chiesa locale

315

Cancelleria Sacre ordinazioni e decreti

57, 221, 311, 403

Settore Presbiteri. Ufficio Presbiteri La settimana di formazione per il clero (Bologna, 17-21 aprile 2017)

223

Settore Diaconato permanente e ministeri istituiti Relazione sulle attività pastorali del 2015-2016 Relazione sulle attività dell’anno 2016-2017

255 327

Settore Laicato. Ufficio Laicato-Consulta diocesana delle Aggregazioni laicali Giovani e lavoro

229

Settore Evangelizzazione. Ufficio catechistico Incontri di formazione per i catechisti (Bari, 30-31 gennaio 2017): “La Lettera apostolica di Papa Francesco Misericordia et misera: contenuti ed orientamenti pastorali” (p. Luigi Gaetani, O.C.D.) “La Bibbia nella vita della Chiesa e del cristiano” (don Carlo Lavermicocca) Incontri di formazione per catechisti e operatori pastorali: “Fanciulli e ragazzi nell’azione simbolico-rituale della Chiesa” (Bari, 4-10 ottobre 2017): “Fanciulli e ragazzi nell’azione simbolico-rituale della Chiesa: liturgia e catechesi” (don Mario Castellano)

59 61 74

407 412

469


“La relazione problematica tra iniziazione cristiana e messa domenicale nella parrocchia” (don Tino Lucariello) “Liturgia e itinerari associativi”: intervento di Giuseppe Panzarini, responsabile diocesano ACR

427

Settore Evangelizzazione. Ufficio Missionario Intervista a Rosetta Mancini, Missionaria di Maria, Saveriana, a sessant’anni dal “sì”

233

Cerimonia di premiazione del concorso “Don Franco Ricci” – XVI edizione 2017

237

Settore Carità. Ufficio Caritas In ricordo di don Vito Diana

435

Settore Carità. Ufficio per la pastorale della salute La XXV Giornata mondiale del malato nell’arcidiocesi

87

Uffici: Musica sacra- Liturgico- Museo-Comunicazioni sociali L’ottava edizione della Rassegna di “Notti Sacre”

439

Ufficio Scuola Indirizzo di saluto di don Nicola Monterisi ai docenti di religione cattolica al termine del mandato di direttore dell’Ufficio scuola

49

Momenti di vita curiale “Chi ha viaggiato conosce molte cose” (dal libro del Siracide 34,9). Esperienza dei curiali a Matera (12 giugno 2017)

239

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CONSIGLI DIOCESANI

470

Consiglio Presbiterale Diocesano Verbale dell’elezione del nuovo Consiglio per il quinquennio 2016-2021 (9 dicembre 2016)

93

Verbale della riunione del 6 febbraio 2017

99

Verbale della riunione del 19 maggio 2017

331

Consiglio Pastorale Diocesano Verbale della riunione del 15 novembre 2016

107

Verbale della riunione del 3 aprile 2017

241

CENTRO DIOCESANO VOCAZIONI “Alzati, va’ e non temere”: Riflessioni sulla Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni e la pastorale vocazionale diocesana

249

TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE Relazione del Vicario giudiziale per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese

115

AZIONE CATTOLICA ITALIANA La XVI Assemblea diocesana di Azione Cattolica e la nuova Presidenza diocesana

127


INDICE GENERALE FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI Comitato Regionale della Puglia La lunga festa della famiglia nel mese di maggio 2017

255

PUBBLICAZIONI

133, 337, 443

NELLA PACE DEL SIGNORE don Oronzo Valerio

143

don Luigi Minerva

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don Nicola Troccoli

455

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Gennaio 2017

145

Febbraio 2017

146

Marzo 2017

149

Aprile 2017

259

Maggio 2017

261

Giugno 2017

264

Luglio 2017

343

Agosto 2017

344

Settembre 2017

345

Ottobre 2017

457

Novembre 2017

460

Dicembre 2017

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