Bollettino Diocesano Settembre-Ottobre 2009

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BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria

Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto


BOLLETTINO DIOCESANO

l´Odegitria Atti ufficiali e attività pastorali dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996 ANNO LXXXV - N. 5 - Settembre - Ottobre 2009 Redazione e amministrazione: Curia Arcivescovile Bari-Bitonto P.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450 www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: curia@odegitria.bari.it Direttore responsabile: Giuseppe Sferra Direttore: Gabriella Roncali Redazione: Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastrandrea, Bernardino Simone, Francesco Sportelli Gestione editoriale e stampa: Ecumenica Editrice scrl - 70123 Bari - Tel. 080.5797843 - Fax 080.9190596 www.ecumenicaeditrice.it - info@ecumenicaeditrice.it


SOMMARIO DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE MAGISTERO PONTIFICIO Discorso all’Università di Praga durante l’incontro con il mondo accademico Discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali

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DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Comunicato dei lavori della sessione autunnale del Consiglio Permanente Messaggio per la vita Nomina di don Jean Paul Lieggi ad assistente ecclesiastico nazionale per la branca Rovers/Scolte dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI)

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DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Meditazione al Clero dell’Arcidiocesi di Milano “Ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4,1). La prospettiva mistagogica del ministero ordinato (Basilica di S. Ambrogio, Milano 27 ottobre 2009)

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ASSEMBLEA DIOCESANA (Bari, 14 settembre 2009) Relazione di S.E. Mons. Felice di Molfetta, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano: La domenica nel cammino di iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. L’impegno dei genitori e dei catechisti

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CURIA METROPOLITANA Cancelleria Ordinazioni e decreti

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Ufficio Amministrativo-Beni culturali L’illuminazione e la scenografia notturna della Cattedrale di Bari

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Settore Presbiteri. Ufficio Presbiteri Laboratorio liturgico pastorale (19-20 ottobre 2009) Intervento introduttivo di mons. Vito Angiuli su La famiglia “chiesa domestica” e il Giorno del Signore La settimana di formazione del clero (Milano, 26-30 ottobre 2009) Settore Evangelizzazione. Uffici: Catechistico, Comunicazioni sociali. Missionario, Tempo libero e sport, Chiesa e mondo della cultura Incontri di formazione settembre-ottobre 2009: L’urgenza dell’educazione alla fede e alla vita cristiana nella prospettiva mistagogica della pastorale (mons. Vito Angiuli) La Chiesa comunità educante: attenzione e scelte educative della pastorale (prof. Marianna Pacucci) Educazione alla fede e alla vita cristiana: quale dialogo tra catechisti e insegnanti di religione? (don Nicola Monterisi) Settore Evangelizzazione. Ufficio Missionario Le iniziative diocesane per la Giornata missionaria mondiale 2009

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CONSIGLI DIOCESANI Consiglio Presbiterale diocesano Verbale della riunione del 18 marzo 2009

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FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO DI SOLIDARIETÀ ANTIUSURA Relazione socio-pastorale del Presidente Quindici anni di solidarietà

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PUBBLICAZIONI

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NELLA PACE DEL SIGNORE Domenico Saracino. Una vita a servizio della Chiesa e degli uomini

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DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Settembre 2009 Ottobre 2009

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D OCUMENTI

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C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso all’Università di Praga durante l’incontro con il mondo accademico

L’incontro di questa sera mi offre la gradita opportunità di manifestare la mia stima per il ruolo indispensabile che svolgono nella società le università e gli istituti di studi accademici. Ringrazio lo studente che mi ha gentilmente salutato in vostro nome, i membri del coro universitario per la loro ottima interpretazione e l’illustre Rettore dell’Università Carlo, il Professor Václav Hampl, per le sue profonde parole. Il mondo accademico, sostenendo i valori culturali e spirituali della società e insieme offrendo ad essi il proprio contributo, svolge il prezioso servizio di arricchire il patrimonio intellettuale della nazione e di fortificare le fondamenta del suo futuro sviluppo. I grandi cambiamenti che venti anni fa trasformarono la società ceca furono causati, non da ultimo, dai movimenti di riforma che si originarono nelle università e nei circoli studenteschi. Quella ricerca di libertà ha continuato a guidare il lavoro degli studiosi: la loro diakonia alla verità è indispensabile al benessere di qualsiasi nazione. Chi vi parla è stato un professore, attento al diritto della libertà accademica e alla responsabilità per l’uso autentico della ragione, ed ora è il Papa che, nel suo ruolo di Pastore, è riconosciuto come voce autorevole per la riflessione etica dell’umanità. Se è vero che alcuni ritengono che le domande sollevate dalla religione, dalla fede e dall’etica non abbiano posto nell’ambito della ragione pubblica, tale visione non è per nulla evidente. La libertà che è alla base dell’esercizio della ragione – in una università come nella Chiesa – ha uno scopo preciso: essa è diretta alla ricerca della verità, e come tale esprime una dimensione propria del Cristianesimo, che non per nulla ha portato alla nascita dell’università. In verità, la sete di cono-

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scenza dell’uomo spinge ogni generazione ad ampliare il concetto di ragione e ad abbeverarsi alle fonti della fede. È stata proprio la ricca eredità della sapienza classica, assimilata e posta a servizio del Vangelo, che i primi missionari cristiani hanno portato in queste terre e stabilita come fondamento di un’unità spirituale e culturale che dura fino ad oggi. La medesima convinzione condusse il mio predecessore, Papa Clemente VI, ad istituire nel 1347 questa famosa Università Carlo, che continua ad offrire un importante contributo al più vasto mondo accademico, religioso e culturale europeo. L’autonomia propria di una università, anzi di qualsiasi istituzione scolastica, trova significato nella capacità di rendersi responsabile di fronte alla verità. Ciononostante, quell’autonomia può essere resa vana in diversi modi. La grande tradizione formativa, aperta al trascendente, che è all’origine delle università in tutta Europa, è stata sistematicamente sovvertita, qui in questa terra e altrove, dalla riduttiva ideologia del materialismo, dalla repressione della religione e dall’oppressione dello spirito umano. Nel 1989, tuttavia, il mondo è stato testimone in maniera drammatica del rovesciamento di una ideologia totalitaria fallita e del trionfo dello spirito umano. L’anelito per la libertà e la verità è parte inalienabile della nostra comune umanità. Esso non può mai essere eliminato e, come la storia ha dimostrato, può essere negato solo mettendo in pericolo l’umanità stessa. È a questo anelito che cercano di rispondere la fede religiosa, le varie arti, la filosofia, la teologia e le altre discipline scientifiche, ciascuna col proprio metodo, sia sul piano di un’attenta riflessione che su quello di una buona prassi. Illustri Rettori e Professori, assieme alla vostra ricerca c’è un ulteriore essenziale aspetto della missione dell’università in cui siete impegnati, vale a dire la responsabilità di illuminare le menti e i cuori dei giovani e delle giovani di oggi. Questo grave compito non è certamente nuovo. Sin dai tempi di Platone, l’istruzione non consiste nel mero accumulo di conoscenze o di abilità, bensì in una paideia, una formazione umana nelle ricchezze di una tradizione intellettuale finalizzata ad una vita virtuosa. Se è vero che le grandi università, che nel medioevo nascevano in tutta Europa, tendevano con fiducia all’ideale della sintesi di ogni sapere, ciò era sempre a servizio di un’autentica humanitas, ossia di una perfezione dell’individuo all’interno dell’unità di una società bene ordinata. Allo stesso modo oggi: una volta


MAGISTERO PONTIFICIO che la comprensione della pienezza e unità della verità viene risvegliata nei giovani, essi provano il piacere di scoprire che la domanda su ciò che essi possono conoscere dispiega loro l’orizzonte della grande avventura su come debbano essere e cosa debbano compiere. Deve essere riguadagnata l’idea di una formazione integrale, basata sull’unità della conoscenza radicata nella verità. Ciò può contrastare la tendenza, così evidente nella società contemporanea, verso la frammentazione del sapere. Con la massiccia crescita dell’informazione e della tecnologia nasce la tentazione di separare la ragione dalla ricerca della verità. La ragione però, una volta separata dal fondamentale orientamento umano verso la verità, comincia a perdere la propria direzione. Essa finisce per inaridire o sotto la parvenza di modestia, quando si accontenta di ciò che è puramente parziale o provvisorio, oppure sotto l’apparenza di certezza, quando impone la resa alle richieste di quanti danno in maniera indiscriminata uguale valore praticamente a tutto. Il relativismo che ne deriva genera un camuffamento, dietro cui possono nascondersi nuove minacce all’autonomia delle istituzioni accademiche. Se per un verso è passato il periodo di ingerenza derivante dal totalitarismo politico, non è forse vero, dall’altro, che di frequente oggi nel mondo l’esercizio della ragione e la ricerca accademica sono costretti – in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile – a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine o solo pragmatici? Cosa potrà accadere se la nostra cultura dovesse costruire se stessa solamente su argomenti alla moda, con scarso riferimento ad una tradizione intellettuale storica genuina o sulle convinzioni che vengono promosse facendo molto rumore e che sono fortemente finanziate? Cosa potrà accadere se, nell’ansia di mantenere una secolarizzazione radicale, finisse per separarsi dalle radici che le danno vita? Le nostre società non diventeranno più ragionevoli o tolleranti o duttili, ma saranno piuttosto più fragili e meno inclusive, e dovranno faticare sempre di più per riconoscere quello che è vero, nobile e buono. Cari amici, desidero incoraggiarvi in tutto quello che fate per andare incontro all’idealismo e alla generosità dei giovani di oggi, non

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solo con programmi di studio che li aiutino ad eccellere, ma anche mediante l’esperienza di ideali condivisi e di aiuto reciproco nella grande impresa dell’apprendere. Le abilità di analisi e quelle richieste per formulare un’ipotesi scientifica, unite alla prudente arte del discernimento, offrono un antidoto efficace agli atteggiamenti di ripiegamento su se stessi, di disimpegno e persino di alienazione che talvolta si trovano nelle nostre società del benessere e che possono colpire soprattutto i giovani. In questo contesto di una visione eminentemente umanistica della missione dell’università, vorrei accennare brevemente al superamento di quella frattura tra scienza e religione che fu una preoccupazione centrale del mio predecessore, il Papa Giovanni Paolo II. Egli, come sapete, ha promosso una più piena comprensione della relazione tra fede e ragione, intese come le due ali con le quali lo spirito umano è innalzato alla contemplazione della verità (cfr Fides et ratio, Proemio) L’una sostiene l’altra ed ognuna ha il suo proprio ambito di azione (cfr ibid., 17), nonostante vi siano ancora quelli che vorrebbero disgiungere l’una dall’altra. Coloro che propongono questa esclusione positivistica del divino dall’universalità della ragione non solo negano quella che è una delle più profonde convinzioni dei credenti: essi finiscono per contrastare proprio quel dialogo delle culture che loro stessi propongono. Una comprensione della ragione sorda al divino, che relega le religioni nel regno delle subculture, è incapace di entrare in quel dialogo delle culture di cui il nostro mondo ha così urgente bisogno. Alla fine, la «fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà» (Caritas in veritate, 9). Questa fiducia nella capacità umana di cercare la verità, di trovare la verità e di vivere secondo la verità portò alla fondazione delle grandi università europee. Certamente noi dobbiamo riaffermare questo oggi per donare al mondo intellettuale il coraggio necessario per lo sviluppo di un futuro di autentico benessere, un futuro veramente degno dell’uomo. Con queste riflessioni, cari amici, formulo nella preghiera i migliori auspici per il vostro impegnativo lavoro. Prego affinché esso sia sempre ispirato e diretto da una sapienza umana che ricerca sinceramente la verità che ci rende liberi (cfr Gv 8,28). Su di voi e sulle vostre famiglie invoco la benedizione della gioia e della pace di Dio. Salone di Vladislav del Castello di Praga, Domenica, 27 settembre 2009


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA U NIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO Discorso all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali

Signori cardinali, venerati fratelli nell’episcopato e nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle in Cristo,

con grande gioia vi porgo il mio cordiale benvenuto in occasione dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Desidero anzitutto esprimere la mia gratitudine a mons. Claudio Maria Celli, presidente del vostro Pontificio Consiglio, per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di voi tutti. Estendo il mio saluto ai suoi collaboratori e a voi qui presenti, ringraziandovi per il contributo che offrite ai lavori della Plenaria, e per il servizio che rendete alla Chiesa nel campo delle comunicazioni sociali. In questi giorni vi soffermate a riflettere sulle nuove tecnologie della comunicazione. Anche un osservatore poco attento può facilmente costatare che nel nostro tempo, grazie proprio alle più moderne tecnologie, è in atto una vera e propria rivoluzione nell’ambito delle comunicazioni sociali, di cui la Chiesa va prendendo sempre più responsabile consapevolezza. Tali tecnologie, infatti, rendono possibile una comunicazione veloce e pervasiva, con una condivisione ampia di idee e di opinioni; facilitano l’acquisizione di informazioni e di notizie in maniera capillare e accessibile a tutti. Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali segue da tempo

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questa sorprendente e veloce evoluzione dei media, facendo tesoro degli interventi del magistero della Chiesa. Vorrei qui ricordare, in particolare, due istruzioni pastorali: la Communio et progressio del papa Paolo VI e la Aetatis novae voluta da Giovanni Paolo II. Due autorevoli documenti dei miei venerati predecessori, che hanno favorito e promosso nella Chiesa un’ampia sensibilizzazione su queste tematiche. Inoltre, i grandi cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi vent’anni hanno sollecitato e continuano a sollecitare un’attenta analisi sulla presenza e sull’azione della Chiesa in tale campo. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris missio (1990) ricordava che «l’impegno nei mass media, non ha solo lo scopo di moltiplicare l’annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso». Ed aggiungeva: «Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa ‘nuova cultura’ creata dalla comunicazione moderna» (n. 37 c). In effetti, la cultura moderna scaturisce, ancor prima che dai contenuti, dal dato stesso dell’esistenza di nuovi modi di comunicare che utilizzano linguaggi nuovi, si servono di nuove tecniche e creano nuovi atteggiamenti psicologici. Tutto questo costituisce una sfida per la Chiesa chiamata ad annunciare il Vangelo agli uomini del terzo millennio mantenendone inalterato il contenuto, ma rendendolo comprensibile grazie anche a strumenti e modalità consoni alla mentalità e alle culture di oggi. I mezzi di comunicazione sociale, così chiamati nel decreto conciliare Inter mirifica, hanno oggi assunto potenzialità e funzioni all’epoca forse difficilmente immaginabili. Il carattere multimediale e la interattività strutturale dei singoli nuovi media ha, in un certo modo, diminuito la specificità di ognuno di essi, generando gradualmente una sorta di sistema globale di comunicazione per cui, pur mantenendo ciascun mezzo il proprio peculiare carattere, l’evoluzione attuale del mondo della comunicazione obbliga sempre più a parlare di un’unica forma comunicativa, che fa sintesi delle diverse voci o le pone in stretta reciproca connessione. Molti fra voi, cari amici, sono esperti in materia e possono analizzare con più grande professionalità le varie dimensioni di questo fenomeno, incluse soprattutto quelle antropologiche. Vorrei cogliere l’occasio-


MAGISTERO PONTIFICIO ne per invitare quanti nella Chiesa operano nell’ambito della comunicazione e hanno responsabilità di guida pastorale a saper raccogliere le sfide che pongono all’evangelizzazione queste nuove tecnologie. Nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali di quest’anno, sottolineando l’importanza che rivestono le nuove tecnologie, ho incoraggiato i responsabili dei processi comunicativi ad ogni livello a promuovere una cultura del rispetto per la dignità e il valore della persona umana, un dialogo radicato nella ricerca sincera della verità, dell’amicizia non fine a se stessa, ma capace di sviluppare i doni di ciascuno per metterli a servizio della comunità umana. In tal modo la Chiesa esercita quella che potremmo definire una “diaconia della cultura” nell’odierno “continente digitale”, percorrendone le strade per annunciare il Vangelo, la sola Parola che può salvare l’uomo. Al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali tocca approfondire ogni elemento della nuova cultura dei media, a iniziare dagli aspetti etici, ed esercitare un servizio di orientamento e di guida per aiutare le Chiese particolari a cogliere l’importanza della comunicazione, che rappresenta ormai un punto fermo e irrinunciabile di ogni piano pastorale. Proprio le caratteristiche dei nuovi mezzi rendono, peraltro, possibile, anche su larga scala e nella dimensione globalizzata che essa ha assunto, un’azione di consultazione, di condivisione e di coordinamento che, oltre a incrementare un’efficace diffusione del messaggio evangelico, evita talvolta un’inutile dispersione di forze e di risorse. Per i credenti la necessaria valorizzazione delle nuove tecnologie mediatiche va sempre però sostenuta da una costante visione di fede, sapendo che, al di là dei mezzi che si utilizzano, l’efficacia dell’annuncio del Vangelo dipende in primo luogo dall’azione dello Spirito Santo, che guida la Chiesa e il cammino dell’umanità. Cari fratelli e sorelle, quest’anno ricorre il 50.mo anniversario della fondazione della Filmoteca Vaticana, voluta dal mio venerato predecessore, il beato Giovanni XXIII, e che ha raccolto e catalogato materiale filmato dal 1896 a oggi in grado di illustrare la storia della Chiesa. La Filmoteca Vaticana possiede pertanto un ricco patrimonio

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culturale, che appartiene all’intera umanità. Mentre esprimo viva gratitudine per ciò che è già stato compiuto, incoraggio a proseguire tale interessante lavoro di raccolta, che documenta le tappe del cammino della cristianità, attraverso la suggestiva testimonianza dell’immagine, affinché questi beni siano custoditi e conosciuti. A voi qui presenti ancora una volta grazie per l’apporto che offrite alla Chiesa in un ambito quanto mai importante, com’è quello delle comunicazioni sociali, e vi assicuro la mia preghiera perché l’azione del vostro Pontificio Consiglio continui a portare molti frutti. Invoco su ciascuno l’intercessione della Madonna ed imparto a tutti voi la benedizione apostolica. Sala del Concistoro, giovedì 29 ottobre 2009

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D OCUMENTI

DELLA

C HIESA I TALIANA

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Consiglio Permanente

Comunicato finale dei lavori della sezione autunnale (Roma, 21-24 settembre 2009)

1. La “grande finestra” da cui guardare il mondo «Non ci lasceremo guidare da qualche “piccola finestra” del dettaglio, del pregiudizio o dell’incertezza, “ma dalla grande finestra che Cristo ci ha aperto sull’intera verità, guardiamo il mondo e gli uomini e riconosciamo così che cosa conta veramente nella vita”». Questa suggestiva immagine del Papa, posta all’inizio della prolusione, spiega la prospettiva di fondo dei lavori del Consiglio Permanente, dominati dalla fiducia, nonostante l’amarezza per l’allarmante degrado del vivere civile. Per questo tutti i vescovi si sono ritrovati nella convinzione espressa dal Presidente, secondo cui «la Chiesa è in questo Paese una presenza costantemente leale e costruttiva che non può essere coartata né intimidita solo perché compie il proprio dovere». Pensare in grande, senza lasciarsi rinchiudere in visioni anguste, è la prospettiva da tutti condivisa, che si fa appello alla comunità ecclesiale e civile, nella consapevolezza che solo quando il Vangelo diventa cultura, cioè si declina in comportamenti concreti, assolve al suo compito di offrire una speranza fondata a una società scettica e disorientata. 2. Anno sacerdotale: una preziosa opportunità In questo contesto, l’Anno sacerdotale indetto da Benedetto XVI al

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fine di «contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi» (Lettera di indizione, 16 giugno 2009), costituisce una risorsa non solo per la comunità ecclesiale, ma anche per la stessa società civile. A ben vedere, infatti, tutti abbiamo bisogno di testimoni credibili per superare la rassegnazione e il fatalismo. Come è stato osservato, la crisi odierna non si pone semplicemente sul piano delle idee, ma pervade i costumi e perciò non può essere affrontata limitandosi a enunciare principi e valori. Da questa inedita condizione il prete è decisamente sfidato, ma allo stesso tempo egli medesimo diventa una sfida agli occhi di tutti, se vive all’altezza della propria vocazione. Non si è taciuto il fatto che proprio il sacerdote rischi oggi - anche a motivo dell’accrescersi degli impegni - una preoccupante scissione tra la sfera personale e l’attività ministeriale, separando l’essere dall’agire. Occorre dunque affrontare la possibile deriva di una “professionalizzazione” riduttiva, incapace di rendere ragione di quel mistero di salvezza a cui il sacerdote deve attrarre con la propria persona, ancor prima che con le sue attività. Egli, infatti, riesce a educare efficacemente soltanto se dietro al suo fare si colgono le tracce di un’esistenza di fede e dunque lieta, anche quando è segnata da fatiche e prove. Per questo, il Consiglio Permanente ha ribadito sincera gratitudine per la testimonianza di tantissimi preti che rendono presente la Chiesa nel Paese, senza sottrarsi alle dinamiche di un mondo che cambia e alle sollecitazioni del Vangelo che non muta.

3. Verso gli Orientamenti pastorali del decennio 2010-2020 680

La Chiesa intera è chiamata a generare nuovi credenti attraverso l’esperienza dell’educare. A questo tema - già affrontato nell’Assemblea generale celebrata nel maggio scorso - è stata dedicata un’ampia riflessione nel contesto della presentazione della prima traccia degli Orientamenti pastorali del prossimo decennio. Come è noto, da tale traccia scaturirà il testo che, una volta approvato nell’Assemblea generale prevista nel maggio 2010, costituirà l’asse portante della proposta della CEI per gli anni 2010-2020. Si è auspicato un documento unitario ed essenziale, che abbia la capacità di “trafig-


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA gere i cuori” per raccogliere l’emergenza dell’educazione nel nostro contesto liquido e plurale. Si è ribadito che la malattia mortale che rende tanto difficile il rapporto educativo è l’incapacità di rapportarsi con il reale, avendo smarrito il senso dell’oggettività. È emersa la necessità di focalizzare anche altre dimensioni fondamentali dell’esperienza umana, quali la libertà, la volontà, la ragione, l’amore, e - non ultima - la fede. La famiglia gioca un ruolo decisivo in questa traditio dell’arte di vivere, a condizione che sappia superare la tentazione iperprotettiva a risparmiare ai figli qualsiasi esperienza del limite e del sacrificio. Perché sia efficace, l’intervento educativo richiede l’apporto di tutti gli adulti e delle diverse agenzie sociali. Perché la domanda di educazione non resti un’aspirazione generica e confusa, deve penetrare in tutti gli ambiti di vita: la famiglia, la comunità ecclesiale, la scuola e il lavoro, ma anche il tempo libero, lo sport e la comunicazione sociale, come si ricava dallo stimolante rapporto-proposta La sfida educativa, appena pubblicato per iniziativa del Comitato per il progetto culturale.

4. La questione del Mezzogiorno Il convegno Chiesa del sud, Chiese nel sud, celebrato a Napoli nel febbraio scorso, ha posto i presupposti per riconsiderare i temi affrontati dai vescovi vent’anni or sono nel documento Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno. A detta di molti, infatti, la questione meridionale rischia di essere oggi avvolta in un clamoroso silenzio, pur in presenza di preoccupanti segnali di crisi. Non tutto il Sud è povero - è stato sottolineato - ma patisce un impoverimento progressivo in alcune macroaree. Tale situazione richiede non assoluzioni preventive né indebite colpevolizzazioni, ma una parola di responsabilità indirizzata alla gente del Sud e alla Chiesa che colà vive, capace nel contempo di rivolgersi al Paese intero, come voce di tutta la Chiesa che è in Italia. Per questo occorre fare appello a tutte le forze positive, declinando l’attenzione alle problematiche locali nella coscienza di appartenere a un’unica nazione. Il docu-

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mento, che sarà esaminato nella versione definitiva dall’Assemblea generale che si terrà ad Assisi dal 9 al 12 novembre, non si limiterà a denunciare i problemi con taglio sociologico, ma offrirà chiavi di lettura animate dalla speranza cristiana, virtù che non tace il peccato, ma sa far leva sulla responsabilità, sulla solidarietà e sulla sobrietà.

5. Nuovo Rito delle esequie, vademecum e adempimenti giuridici

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Il Consiglio Permanente, approvando l’ordine del giorno dell’Assemblea generale di novembre, ha stabilito che in quella sede sia vagliato il testo del nuovo Rito delle esequie. Nell’attuale scenario socioculturale questa frontiera della vita viene spesso censurata, mentre chiede di essere accompagnata alla luce della fede. È infatti quello della morte uno dei momenti in cui la prossimità della Chiesa si manifesta più chiaramente, esigendo una particolare attenzione alle persone. È stato anche approvato il progetto di demandare ai competenti uffici della CEI la preparazione di un vademecum pastorale, che aiuti i parroci e le parrocchie a rispondere in maniera giuridicamente corretta ed ecumenicamente rispettosa alle richieste circa l’amministrazione di sacramenti e la catechesi, che con sempre maggiore frequenza provengono da fedeli giunti da Paesi dell’Est europeo e appartenenti all’ortodossia. È stata licenziata la Nota di ricezione per l’Italia dell’Istruzione sugli istituti superiori di scienze religiose, recentemente pubblicata dalla Congregazione per l’educazione cattolica. Con questo adempimento giunge a compimento il processo di adeguamento degli istituti di formazione teologica, strumenti indispensabili per rispondere alla domanda di teologia da parte dei laici e per disporre di docenti di religione e di operatori pastorali in grado di fare fronte alle esigenze della comunità ecclesiale, inserendosi con competenza nel dibattito pubblico e nel mondo del lavoro. Per quanto concerne il sostentamento del clero, è stata ribadita la necessità di promuovere con rinnovato slancio una campagna per incrementare le cosiddette offerte deducibili. Sono state, inoltre, approvate le determinazioni che fissano il punteggio aggiuntivo a favore di docenti e officiali a tempo pieno delle Facoltà teologiche e degli Istituti superiori di scienze religiose e la quota minima della remune-


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA razione dovuta dalle parrocchie personali ai parroci e ai vicari parrocchiali. Tenendo conto del modesto incremento del tasso di inflazione, si è deciso di mantenere invariato nel 2010 il valore del punto. Infine, è stato licenziato il testo del Messaggio per la 32a Giornata per la vita, che si terrà domenica 7 febbraio 2010, ed è stato approvato lo statuto dell’Associazione Incontro matrimoniale.

6. Nomine Il Consiglio Episcopale Permanente ha proceduto alle seguenti nomine: - S.E. Mons. Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato, membro della Commissione episcopale per la liturgia. - S.E. Mons. Giovan Battista Pichierri, vescovo di Trani-BarlettaBisceglie, membro della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo. - S.E. Mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto, membro della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali. - Don Franco Magnani (Mantova), direttore dell’Ufficio Liturgico Nazionale. - Don Maurizio Viviani (Verona), direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università. - Don Paolo Gentili (Grosseto), direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia. - Mons. Adolfo Zambon (Vicenza), direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi giuridici. - Dott. Matteo Calabresi, Responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. - Mons. Ugo Ughi (Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola), vice assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana. - Don Giuseppe Masiero (Padova), assistente ecclesiastico nazionale dell’Azione Cattolica Italiana per il settore adulti. - Don Jean Paul Lieggi (Bari-Bitonto), assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI) per la branca Rovers/Scolte.

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- Don Stefano Caprio (Foggia-Bovino), assistente ecclesiastico generale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC). - Padre Edoardo Ricevuti, O.Cist., assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC) per la branca Lupetti. - Don Giuseppe Cavoli (Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola), assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC) per la branca Esploratori. - Padre Gerardo Pasquinelli, F.D.M., assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC) per la branca Coccinelle. - Don Fabio Gollinucci (Trieste), assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC) per la branca Scolte. - Don Giovanni Facchetti (Bolzano-Bressanone), assistente ecclesiastico nazionale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC) per la branca Guide. - Il Consiglio Permanente ha espresso il gradimento della terna presentata dall’Associazione Cattolica Esercenti Cinema (ACEC) per la scelta del proprio presidente.

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La Presidenza della CEI, riunitasi lunedì 21 settembre, ha proceduto alle seguenti nomine: - S.E. Mons. Eugenio Ravignani, Amministratore apostolico di Trieste, membro della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo. - Mons. Adolfo Zambon (Vicenza), membro del Comitato per gli enti e i beni ecclesiastici. - Dott. Matteo Calabresi, membro del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica. - Prof. Gian Carlo Blangiardo, membro del Comitato per il progetto culturale. - Don Alfonso Raimo (Salerno-Campagna-Acerno), membro del Collegio dei revisori dei conti della Fondazione Missio. - Don Angelo Auletta (Tricarico), don Paolo Angelo Bonini (Albenga-Imperia) e don Bernardino Pessani (Milano), assistenti spirituali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - sede di Roma. Roma, 29 settembre 2009


D OCUMENTI

DELLA

C HIESA I TALIANA

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Consiglio Permanente

Messaggio per la 32a Giornata nazionale per la vita (7 febbraio 2010)

Chi guarda al benessere economico alla luce del Vangelo sa che esso non è tutto, ma non per questo è indifferente. Infatti, può servire la vita, rendendola più bella e apprezzabile e perciò più umana. Fedele al messaggio di Gesù, venuto a salvare l’uomo nella sua interezza, la Chiesa si impegna per lo sviluppo umano integrale, che richiede anche il superamento dell’indigenza e del bisogno. La disponibilità di mezzi materiali, arginando la precarietà che è spesso fonte di ansia e paura, può concorrere a rendere ogni esistenza più serena e distesa. Consente, infatti, di provvedere a sé e ai propri cari una casa, il necessario sostentamento, cure mediche, istruzione. Una certa sicurezza economica costituisce un’opportunità per realizzare pienamente molte potenzialità di ordine culturale, lavorativo e artistico. Avvertiamo perciò tutta la drammaticità della crisi finanziaria che ha investito molte aree del pianeta: la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti. La povertà, infatti, può abbrutire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità. Si tratta, in ogni caso, di motivi di inquietudine per tante famiglie. Molti genitori sono umiliati dall’impossibilità di provvedere, con il proprio lavoro, al benessere dei loro figli e molti giovani sono tentati di guardare al futuro con crescente rassegnazione e sfiducia.

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Proprio perché conosciamo Cristo, la Vita vera, sappiamo riconoscere il valore della vita umana e quale minaccia sia insita in una crescente povertà di mezzi e risorse. Proprio perché ci sentiamo a servizio della vita donata da Cristo, abbiamo il dovere di denunciare quei meccanismi economici che, producendo povertà e creando forti disuguaglianze sociali, feriscono e offendono la vita, colpendo soprattutto i più deboli e indifesi. Il benessere economico, però, non è un fine ma un mezzo, il cui valore è determinato dall’uso che se ne fa: è a servizio della vita, ma non è la vita. Quando, anzi, pretende di sostituirsi alla vita e di diventarne la motivazione, si snatura e si perverte. Anche per questo Gesù ha proclamato beati i poveri e ci ha messo in guardia dal pericolo delle ricchezze (cfr Lc 6,20–25). Alla sua sequela e testimoniando la libertà del Vangelo, tutti siamo chiamati a uno stile di vita sobrio, che non confonde la ricchezza economica con la ricchezza di vita. Ogni vita, infatti, è degna di essere vissuta anche in situazioni di grande povertà. L’uso distorto dei beni e un dissennato consumismo possono, anzi, sfociare in una vita povera di senso e di ideali elevati, ignorando i bisogni di milioni di uomini e di donne e danneggiando irreparabilmente la terra, di cui siamo custodi e non padroni. Del resto, tutti conosciamo persone povere di mezzi, ma ricche di umanità e in grado di gustare la vita, perché capaci di disponibilità e di dono. Anche la crisi economica che stiamo attraversando può costituire un’occasione di crescita. Essa, infatti, ci spinge a riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri. Ci fa capire che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto. Sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande. Del resto, come insegna il Papa Benedetto XVI nella recente enciclica Caritas in veritate, «rispondere alle esigenze morali più profonde della persona ha anche importanti e benefiche ricadute sul piano economico» (n. 45), in quanto «l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica» (n. 44).


CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Proprio il momento che attraversiamo ci spinge a essere ancora piÚ solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, e ci impegna a manifestare concretamente loro aiuto e vicinanza. Ci fa ricordare che, nella ricchezza o nella povertà , nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale. Roma, 7 ottobre 2009 Memoria della Beata Vergine del Rosario

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D OCUMENTI

DELLA

C HIESA I TALIANA

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Nomina

Roma, 29 settembre 2009 Prot. 724-2009 Eccellenza Reverendissima, compio il gradito incarico di comunicarLe che il Consiglio Episcopale Permanente, nella riunione del 21-24 settembre 2009, ha nominato don Jean Paul Lieggi, del clero di codesta arcidiocesi, Assistente Ecclesiastico Nazionale per la branca Rovers/Scolte dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI), per un ulteriore triennio. Allego copia del biglietto di nomina, per l’archivio della curia. Mentre assicuro la mia partecipazione spirituale al Suo servizio pastorale, La saluto fraternamente. Dev.mo nel Signore. + Mariano Crociata Segretario Generale

IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE

– vista la proposta del Comitato Nazionale dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI);

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– ottenuto il nulla osta dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto; – ai sensi dell’art. 23, lett. o) dello statuto della Conferenza Episcopale Italiana, nella sessione del 21-24 settembre 2009, ha nominato il Reverendo

Don Jean Paul Lieggi dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto Assistente Ecclesiastico Nazionale per la Branca Rovers/Scolte dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI), per un ulteriore triennio. Roma, 29 settembre 2009 Angelo card. Bagnasco Presidente

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D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO «Ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio» (1Cor 4,1) La prospettiva mistagogica del ministero ordinato*

Ringrazio S.E. il card. Dionigi Tettamanzi per l’invito a tenere questa riflessione al clero di Milano. Essa si colloca nel contesto della visita che con un gruppo di presbiteri della Diocesi di Bari-Bitonto stiamo svolgendo nella vostra Chiesa locale, a un anno di distanza dalla venuta a Bari di un gruppo di sacerdoti milanesi del primo quinquennio accompagnati da S.E. Mons. Redaelli, mons. Maffi, don Tremolada e don Torresin. Venire a Milano per noi, oltre ad esprimere un gesto di cortesia e di amicizia, manifesta anche il desiderio di approfondire l’incontro con la vostra Chiesa per uno scambio reciproco di doni spirituali presenti nella storia e nella tradizione delle nostre due Chiese: la vostra, segnata in modo particolare dall’azione magisteriale e pastorale di Sant’Ambrogio e San Carlo e la nostra impreziosita dalla presenza delle reliquie di San Nicola, punto di riferimento e di costante dialogo con la tradizione delle Chiese di Oriente. La comunicazione di questa mattina non intende, però, richiamare queste nostre radici storiche, ma desidera riferirsi al progetto pastorale che muove il cammino delle nostre Chiese locali. La nostra Chiesa di Bari-Bitonto ha sempre guardato con grande attenzione *

Meditazione al Clero dell’Arcidiocesi di Milano (Basilica di S. Ambrogio - Milano, 27 ottobre 2009).

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alle prospettive pastorali che hanno guidato la vostra Chiesa in questi anni postconciliari. Da parte nostra, stiamo sviluppando una progettualità pastorale che abbiamo definito “pastorale mistagogica”. In questo incontro desidero illustrarne alcuni aspetti e collegarli con il ministero ordinato.

1. La genesi di un’idea pastorale

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Sappiamo bene che la mistagogia è essenzialmente un’esperienza ecclesiale o, per meglio dire, la pedagogia dell’Ecclesia Mater che consiste nel prendere per mano i fedeli e condurli a un’esperienza concreta del rito e, attraverso il rito e le preghiere, farli incontrare con il mistero; metterli, cioè, in rapporto vivo con il Cristo che salva. Nei Padri della Chiesa del IV-VI sec. era chiara la distinzione tra la catechesi catecumenale e quella mistagogica. Una distinzione non solo cronologica (giacché la prima preparava ai sacramenti dell’iniziazione, mentre la seconda seguiva immediatamente la loro celebrazione), ma soprattutto ontologica: i sacramenti, infatti, operano una reale trasformazione; il Risorto con l’azione dello Spirito Santo dona ai neofiti una conoscenza e una vita nuova. In altri termini, l’iniziazione non era intesa come un punto di arrivo, ma di partenza. Alla catechesi mistagogica propriamente detta, che si svolgeva nell’ottava di Pasqua ed era rivolta ai neofiti, seguiva una catechesi mistagogica permanente indirizzata quest’ultima a tutti i battezzati. Ecco allora la necessità di una mistagogia permanente, che sostenga il credente nella fedeltà al dono ricevuto. Così si esprime il Crisostomo: «Voglio rivolgere un’ultima parola ai nuovi illuminati; e chiamo così non solo quanti hanno meritato di recente il dono spirituale, ma pure coloro che l’hanno ricevuto già da un anno o da molto più tempo. Anch’essi se vogliono, possono gioire continuamente di tale appellativo. In realtà questa nuova giovinezza non conosce vecchiaia, non soggiace a malattia, non cede allo scoraggiamento, non appassisce con il tempo, non si arrende a nulla, non è vinta da nulla, tranne solo che dal peccato. È il peccato infatti la sua gravosa vecchiezza»1.

1

GIOVANNI CRISOSTOMO, Catechesi mistagogiche, X, 21.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Il punto di avvio delle Catechesi mistagogiche dei Padri era sempre il riferimento al rito, ai segni e alle preghiere liturgiche. S. Ambrogio scandisce le sue spiegazioni con domande incalzanti: «Cosa abbiamo compiuto sabato?»; «Che significa questo?»; «siamo venuti al fonte, sei entrato, sei stato unto»; «quando il vescovo ti ha chiesto…»; «ti sei avvicinato ancor più, hai visto il fonte e, sopra il fonte, il vescovo»; «viene il vescovo, recita una preghiera presso il fonte»2. Su questa linea si muove il progetto pastorale della Chiesa di BariBitonto. Desidero innanzitutto raccontare la genesi di questa scelta e il suo radicarsi nella consapevolezza della Chiesa barese e mia personale. Successivamente intendo illustrare alcuni aspetti pastorali riferendoli anche al modo di intendere il ministero ordinato. a) Il cammino pastorale della Chiesa di Bari-Bitonto Poiché la pastorale non è solo scienza e arte, ma anche azione collegata alla storia di una Chiesa locale, parto dal racconto di come è maturato il nostro progetto. Di certo, non si è trattato di una scelta improvvisata o formulata dopo una frettolosa analisi delle emergenze pastorali, ma di un orientamento scaturito da una riflessione che, in tempi successivi e con modalità diverse, ha impegnato l’intera Chiesa diocesana in un lungo e profondo discernimento comunitario3. La scelta mistagogica, proposta dal Sinodo diocesano4 e illustrata nei suoi riferimenti essenziali nel progetto pastorale che ho proposto alla Chiesa di Bari-Bitonto5, è il punto di arrivo di un discernimento comunitario. In questo cammino di riflessione e di pro-

2

AMBROGIO DI MILANO, I Misteri, I, 2; II, 4; II, 5; III, 9; V, 14. Cf V. ANGIULI, Evangelizzazione, testimonianza e mistagogia. Il cammino pastorale postconciliare della Chiesa italiana e della Chiesa di Bari-Bitonto, “Odegitria- Annali”, 14, 2007, pp. 79-116. 4 Cf ARCIDIOCESI DI BARI-BITONTO, Il Libro del Sinodo. Un futuro pieno di speranza, Ecumenica Editrice, Bari 2002, Proposizioni nn. 7-15, pp. 56-57. Vedi anche la relazione di V. ANGIULI, Nova et vetera (Mt 13, 52). Per una scelta della “pastorale mistagogica”, “L’Odegitria. Bollettino dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto”, 77, 2001, n. 1, pp. 53-76. 5 Cf F. CACUCCI, La mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006. 3

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grammazione pastorale un ruolo determinante ha avuto il magistero di mons. Mariano Magrassi6, riconosciuto da tutti come uno tra i più importanti protagonisti del rinnovamento liturgico in Italia7. L’attenzione al fatto liturgico è stato uno degli aspetti del suo insegnamento che ha arricchito la riflessione pastorale dell’intera Chiesa di Bari-Bitonto. Per valutare appieno l’importanza del suo magistero occorrerebbe approfondire il ricco contributo liturgicospirituale che egli ha dato alla Chiesa italiana e alla nostra Chiesa locale. La sua figura di monaco benedettino, di esperto liturgista e di pastore zelante richiederebbe un’analisi più approfondita e puntuale. Di certo, non si può non condividere il giudizio di mons. Brandolini, per il quale mons. Magrassi è stato «tra i primi a promuovere e sostenere la necessità di una più profonda e operosa osmosi nella vita e missione della Chiesa tra l’annuncio della Parola di Dio, la celebrazione liturgica e la carità, in vista di una pastorale più unitaria ed integrata. Questa, del resto, fu – al dire di tutti – la linea portante del suo ministero episcopale a Bari»8. Anche l’attuale abate di Noci, p. Donato Ogliari, ha sottolineato che durante gli anni del suo episcopato a Bari è emersa una «provvidenziale fusione in lui del monaco, del teologo e del pastore. Chiamato a dare la propria esistenza per quella porzione del popolo di Dio che è in Bari, p. Mariano si rivelò sempre più un vero “mistagogo”, un pastore che – sulla scia dei grandi Padri della Chiesa – si faceva catechizzatore del popolo affidatogli accompagnandolo verso l’esperienza dell’incontro con Cristo che salva»9. La considerazione che la liturgia fondi l’unità tra la fede e la vita è stato il principale guadagno che ho tratto dalla lezione magistrale di mons. Magrassi; un guadagno non di poco conto se si considera che la Gaudium et spes ammonisce che «la dissociazione, che si costa-

6

Cf P. G. POGGI osb (a cura di ), P. Mariano Andrea Magrassi osb, Edizioni La Scala, Noci 2005. «Chi farà la storia del rinnovamento post-conciliare di questo quarantennio non potrà prescindere dal significativo apporto ad esso dato dalla testimonianza personale e dall’alto magistero di mons. Magrassi» (L. BRANDOLINI, Maestro e testimone del rinnovamento della liturgia, “L’Osservatore Romano”, giovedì 22 aprile 2004, p. 8). 8 L. BRANDOLINI, Maestro e testimone, cit., p. 8. 9 D. OGLIARI, Profilo biografico di mons. Mariano Magrassi, in P. G. POGGI osb (a cura di ), P. Mariano Andrea Magrassi osb, cit, p. 30. 7


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO ta in molti tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo»10. Il rapporto tra fede e vita non è automatico, ma deve essere necessariamente mediato attraverso la liturgia. La celebrazione liturgica diventa realmente “culmine e fonte” della vita cristiana quando è vissuta nel contesto della vita della comunità nella quale il credente fa esperienza del dono di Dio, lo testimonia nel mondo per ritornare nuovamente attraverso il rito liturgico a far memoria del mistero di Cristo. La celebrazione è la sorgente alla quale attingere continuamente la grazia divina, la sola forza che è capace di cambiare e rinnovare l’esistenza del cristiano. Il circolo vitale tra mistero celebrato, professato e vissuto non può essere spezzato, ma deve esprimersi secondo la regola fondamentale che vede la lex orandi come fondamento della lex credendi e della lex agendi. L’unità tra la liturgia, la catechesi e la vita manifesta la bellezza della fede cristiana perché mostra – come diceva Romano Guardini – che «la liturgia è arte divenuta vita»11. b) Il riferimento alle fonti patristiche Il secondo apporto allo sviluppo di questa scelta pastorale è venuto dall’approfondimento degli scritti dei Padri della Chiesa. È noto che il momento di maggiore fulgore è coinciso con le Catechesi mistagogiche di alcuni grandi Padri del IV-V secolo: Cirillo di Gerusalemme, Ambrogio di Milano, Giovanni Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia12. In un tempo nel quale la crisi dell’Impero romano si era fatta più evidente e mentre emergeva l’aspirazione a un cambiamento e un rinnovamento sociale e culturale, i Padri adottarono un “nuovo metodo” per l’educazione alla fede: il metodo mistagogico. Essi cioè richiamarono la centralità del mistero di Cristo, consapevoli che la fede in Cristo, celebrata, professata e vis10

Gaudium et spes 43. R. GUARDINI, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, Brescia 2005, p. 83. 12 Cf. E. MAZZA, La mistagogia. Le catechesi liturgiche della fine del quarto secolo e il loro metodo, CLV-Ed. Liturgiche, Roma 1996. 11

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suta sarebbe stata la giusta risposta alle aspirazioni spirituali che serpeggiavano nella tarda antichità. Accostandomi alle loro opere ho percepito che il metodo mistagogico rappresenta una possibile risposta alle difficoltà che oggi appesantiscono la pastorale delle nostre comunità cristiane. La nostra situazione, infatti, oscilla tra un intellettualismo raffinato e un attivismo snervante, con l’inevitabile conseguenza del perdurare della frattura tra fede e vita. Nonostante le molte affermazioni di principio, perdura la separazione tra la catechesi, la liturgia e la testimonianza della carità in ambiti così distinti da non favorire una sintesi vitale. Il sovraccarico di iniziative ed attività rischiano di far perdere di vista l’essenziale e il ricorrente dilemma se preoccuparsi esclusivamente di coloro che frequentano la comunità o interessarsi soprattutto dei tanti che la sfiorano rimane spesso insoluto dando così vita a parrocchie spesso ripiegate su se stesse o eccessivamente “estroverse”. Sono questi solo alcuni dei problemi che oggi viviamo e sui quali spesso torniamo a riflettere con passione. La mia convinzione è che il confronto con il metodo patristico può costituire un possibile contributo a cercare “nuovi” percorsi.

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c) La ricezione del Concilio Vaticano II Il terzo apporto è venuto dalla riflessione sul Concilio Vaticano II. Ovviamente il tema dell’interpretazione del Concilio e della sua ricezione avrebbe bisogno di un approfondimento maggiore di quanto è possibile fare in questo incontro. D’altra parte, la riflessione circa il significato che questo evento ha avuto e deve avere nella vita della Chiesa è una questione ancora aperta e fortemente dibattuta. Mi sembra però che alcuni rilievi siano degni di nota. Innanzitutto il fatto della centralità che hanno avuto in tutti i documenti conciliari la riscoperta della categoria di mistero e la ripresa della prassi iniziatica. Su questo punto penso che non si possa non condividere il giudizio di Enrico Cattaneo secondo il quale «la riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II è stata una “ripresa” della tradizione, che si riallaccia alla mistagogia patristica come iniziazione globale al mistero di Cristo»13. In altri 13

E. CATTANEO, La traditio liturgica nella Chiesa: uno strumento vivo, “Rivista liturgica”, 95, 2008, n. 1, pp. 19-34, qui p. 32.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO termini, il Concilio avrebbe proposto una svolta mistagogica della pastorale14 e con questa svolta una nuova visione teologica, una diversa concezione antropologica e una nuova prospettiva di educazione alla fede e di impegno pastorale. Tutto ruota attorno al mistero pasquale di Cristo celebrato, professato e vissuto. Non è senza significato che fin dal 1964 l’istruzione pastorale della Congregazione per il Culto divino, Inter oecumenici, ha sottolineato che «lo sforzo di questa azione pastorale incentrata nella liturgia deve tendere a far vivere il mistero pasquale»15. D’altra parte lo stesso svolgimento dei lavori conciliari fornisce un particolare modo di leggere questo grande evento ecclesiale. Acutamente J. Ratzinger annota che l’andamento storico con cui sono state approvate le quattro grandi costituzioni conciliari indica non solo il semplice accadere dei fatti, ma apre uno spiraglio sul significato di quanto proposto dalla riforma conciliare. «Il Vaticano II – scriveva il card. Ratzinger – voleva chiaramente inserire e subordinare il discorso della Chiesa al discorso di Dio, voleva proporre una ecclesiologia nel senso propriamente teologico (…). Qualcosa di analogo si può per altro dire a proposito del primo testo, che il Vaticano II mise a punto – la costituzione sulla Sacra Liturgia. Il fatto che essa si collocasse all’inizio, aveva dapprincipio motivi pragmatici. Ma retrospettivamente si deve dire che nell’architettura del Concilio questo ha un senso preciso: all’inizio sta l’adorazione. E quindi Dio. Questo inizio corrisponde alla parola della regola benedettina: Operi Dei nihil praeponatur. La costituzione sulla Chiesa, che segue poi come secondo testo del Concilio, la si dovrebbe considerare ad essa interiormente collegata. La Chiesa si lascia guidare dalla preghiera, dalla missione di glorificare Dio. L’ecclesiologia ha a che fare per sua natura con la liturgia. E quindi è poi logico che la terza costituzione parli della Parola di Dio, che

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V. ANGIULI, La recezione del Concilio Vaticano II e la “svolta mistagogica” della pastorale. «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur», “Orientamenti pastorali”, 55, 2007, n. 11, pp. 8-44. 15 SACRA CONGREGATIO RITUUM, Inter oecumenici, 6; ECEI, II/216.

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convoca la Chiesa e la rinnova in ogni tempo. La quarta costituzione mostra che la glorificazione di Dio si propone nella vita attiva, come la luce ricevuta da Dio viene portata nel mondo e solo così diviene totalmente la glorificazione di Dio»16. In tal senso, si può dire che la prospettiva mistagogica, pur non esplicitamente tematizzata nei testi conciliari, ha permeato profondamente l’intera riforma liturgica e pastorale che ne è scaturita17. D’altra parte, è lo stesso sviluppo postconciliare a darne una conferma. Non si comprenderebbe infatti il valore di alcuni documenti come il RICA e, per certi versi, anche il Rinnovamento della catechesi senza ricollegarli alla intenzionalità più profonda del Concilio. Lo stesso Sinodo dei Vescovi del 1985, celebrato a vent’anni dal Concilio con l’intento di definirne il tema centrale, nella Relatio finalis, fin dal titolo, richiama unitariamente le quattro costituzioni conciliari e le ripresenta in prospettiva misterica: Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi. Come a dire che nella celebrazione del mistero di Cristo (l’allusione è alla Sacrosanctum concilium), la Chiesa (il richiamo è alla Lumen gentium), ammaestrata dalla Parola di Dio (il riferimento è alla Dei verbum), incontra il Signore risorto ed è da lui inviata ad annunziare e a testimoniare la novità di vita che sgorga dall’evento della risurrezione del Signore Gesù (il rimando è alla Gaudium et spes)18. La riscoperta conciliare della categoria di mistero e della prassi iniziatica ha così favorito la ripresa dell’idea che l’esistenza cristiana è “vita in Cristo e nello Spirito” cioè è vita mistica (cf LG 7), una chiamata ad entrare in comunione con il mistero della Trinità attraverso la partecipazione ai sacramenti. Non si tratta di una esperienza elitaria, ma della normale condizione di vita di tutti i christifideles, che vivendo l’esperien698 16

J. RATZINGER, L’ecclesiologia della costituzione “Lumen gentium”, in R. FISICHELLA (a cura di), Il Concilio Vaticano II. Recezione e attualità alla luce del Giubileo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000, pp. 67-68. 17 «Il concetto di “mistagogia” non è ancora esplicitamente presente nella Sacrosanctum concilium, anche se questo documento e l’intera impostazione della riforma liturgica ne sono profondamente permeati» (D. SARTORE, Mistagogia, in Dizionario di Liturgia, San Paolo 2001, 1211). 18 Cf F. CACUCCI, Ecclesia sub verbo Dei, in ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA,“A misura di Vangelo”. Fede, dottrina, Chiesa (a cura di M. Vergottini), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2003, pp. 205-228.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO za sacramentale entrano sempre più profondamente nella conoscenza del mistero di Cristo19. Questo spiega perché lo stesso Sinodo chiede che «le catechesi, come già accadeva all’inizio della Chiesa, devono tornare ad essere un cammino che introduca alla vita liturgica (catechesi mistagogica)»20. Successivamente il riferimento alla prassi mistagogica è diventato sempre più esplicito. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica il termine mistagogia ricorre come espressione della catechesi liturgica che introduce alla comprensione dei misteri celebrati e «mira ad introdurre nel mistero di Cristo (essa è infatti “mistagogica”) in quanto procede dal visibile all’invisibile, dal significante a ciò che è significato, dai “sacramenti” ai “misteri”»21. Infine, Benedetto XVI, in Sacramentum caritatis ha dedicato a questo tema un intero numero ed ha sottolineato che i «Padri sinodali all’unanimità hanno indicato, al riguardo, la strada di una catechesi a carattere mistagogico, che porti i fedeli ad addentrarsi sempre meglio nei misteri che vengono celebrati»22.

2. L’attualità della prospettiva mistagogica della pastorale Le tre tappe che ho brevemente richiamato possono aiutare a comprendere la genesi di questa visione pastorale. Rimangono però da precisare due questioni concernenti la sua attualità e alcune dimensioni pastorali qualificanti. La domanda circa l’attualità della mistagogia si può illustrare richiamando quattro motivazioni fondamentali.

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Cf Catechismo della Chiesa Cattolica 2014. SINODO DEI VESCOVI, Relatio finalis, Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi, II, B, b2, in Enchiridion del Sinodo dei Vescovi, 2738. 21 Catechismo della Chiesa Cattolica 1075. 22 Sacramentum caritatis, 64. 20

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2.1 Motivazione culturale La prima motivazione è di natura culturale. La situazione della tarda antichità presenta qualche somiglianza con il nostro tempo. Emergeva, infatti, in quel periodo, un sentimento religioso nuovo, caratterizzato da un’atmosfera di pietà mistica, di ricerca del divino, di bisogno di salvezza, di desiderio di felicità23. Non mancavano contraddizioni segnate da tendenze di sapore sincretistico, con un ritorno all’occultismo, alla magia, all’astrologia. In questa situazione, i Padri offrirono una proposta educativa che non era semplicemente un insegnamento di dottrine, ma una concezione della vita e dello sviluppo della persona a partire dall’azione della grazia divina. La partecipazione al mistero di Cristo, morto e risorto, diventava sorgente di trasformazione interiore, di novità di vita, di una “nuova saggezza” che insegnava un altro modo di vivere, di utilizzare il tempo, di pensare i rapporti familiari, di concepire la morte. La possibilità di instaurare un parallelismo tra la situazione odierna e quella nella quale vissero e operarono i Padri del IV-V secolo è una convinzione condivisa anche da altri autori. Il card. Paul Poupard ha ritenuto di scorgere «sconcertanti analogie fra il nostro mondo del Duemila e quel momento storico (…). Al di là della grande distanza di tempo, una sorta di parentela spirituale lega le nostre due epoche. È illuminante vedere perché e come, nell’ora in cui vacillava e poi morì l’Impero, e nel mezzo di tante proposte che venivano dall’Oriente e dall’Occidente, sia la fede di Cristo a vincere»24. Anche per J. Daniélou «il IV secolo correva lo stesso rischio che corriamo noi: quello di non vedere nei riti se non dei gesti incomprensibili, e ciò apre la strada alla magia o, al contrario, allo scetticismo. Si tratta quindi di proiettare il massimo di luce e di significato sui gesti e sugli oggetti che vengono presentati a degli spiriti impreparati»25.

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Cf. H.-I. MARROU, Decadenza romana o tarda antichità? III-VI secolo, Jaca Book, Milano 1979; molto illuminante è lo studio di A. DI BERARDINO, I cristiani e la città antica nell’evoluzione religiosa del IV secolo, in E. DAL COVOLO - R. UGLIONE (a cura di), Chiesa e impero: da Augusto a Giustiniano, LAS, Roma 2001, pp. 45-79. 24 P. POUPARD, Il cristianesimo all’alba del terzo millennio, Piemme, Casale Monferrato 2000, p. 67. 25 J. DANIÉLOU - R. DU CHARLAT, La catechesi nei primi secoli, Elle Di Ci, Torino-Leumann, 1982, p. 161.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO Naturalmente parlare di sintonia e analogia non significa fare un’operazione “archeologica” o “nostalgica”, quasi che si possa riproporre ai nostri giorni in modo pedissequo e formale la mistagogia dei Padri della Chiesa del IV-V secolo. Senza la necessaria attenzione alla diversità dei contesti sarebbe un’operazione destinata probabilmente ad esaurirsi come una moda passeggera. Quello che invece si vuole evidenziare è l’opportunità e l’utilità, anche per il nostro tempo, di ispirarsi alla preziosa eredità dei Padri. Essa non può essere relegata ad argomento di studio riservato agli esperti delle tradizioni della Chiesa dei primi secoli, senza nessun valore per la vita della Chiesa del nostro tempo. Le catechesi mistagogiche - sottolinea ancora J. Daniélou - offrono «se non proprio dei modelli da imitare senza alcun ritocco, almeno dei criteri teologici e catechistici durevoli a motivo della loro essenzialità»26. Tali criteri «risiedono in un duplice simbolismo: il simbolismo dei riti e la tipologia delle Scritture»27. «Qui sta tutta l’attualità della mistagogia per la nostra Chiesa, per l’annuncio dell’evangelo oggi; in quanto la mistagogia non è un metodo tra altri possibili, non è una semplice scelta pastorale fra tante, ma è conoscere ciò che Cristo compie nella liturgia per la sua Chiesa oggi (…). Come l’esegesi spirituale delle Scritture è conoscenza di Cristo, così la mistagogia in quanto esegesi spirituale della liturgia è anch’essa conoscenza di Cristo, intelligenza spirituale di Cristo»28. Il recupero della dimensione simbolica superando una visione razionalista e positivista della realtà, la ricerca di una sintesi evitando il pericolo di cadere in una prospettiva frantumata e frammentata della vita e la necessità di proporre un nuovo modo di fare esperienza di Dio sono aspetti che si impongono con una certa urgenza nel nostro tempo. Il Sinodo del 1985 ha sottolineato che

26

Ibidem,, p. 136. Ibidem, p. 167. 28 G. BOSELLI, La mistagogia per entrare nel mistero, in CAL (a cura di), Liturgia epifania del mistero, CLV-Ed. Liturgiche, Roma 2003, pp. 100-101. 27

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«nonostante il secolarismo, esistono anche segni di un ritorno al sacro. Oggi infatti ci sono segni di una nuova fame e sete per la trascendenza ed il divino. Per favorire questo ritorno al sacro e per superare il secolarismo dobbiamo aprire la via alla dimensione del “divino” o del mistero»29. Anche Giovanni Paolo II ha indicato nella “diffusa esigenza di spiritualità” un “segno dei tempi“ al quale la Chiesa del terzo millennio dovrebbe prestare grande attenzione30. Infatti, dopo il “tempo del disincanto” (esaminato da Max Weber e legato alla secolarizzazione della civiltà occidentale), assistiamo oggi a due fenomeni di vistosa incidenza nella società contemporanea. Il primo si presenta come un “ritorno del magico”31. In un recente articolo su La Civiltà Cattolica, Jan Koenot scrive che «la nostra epoca è dunque passata dall’era della ragione a quella delle emozioni. Noi manteniamo certamente la fiducia nella ragione scientifica quando si tratta di risolvere problemi pratici (…). Ma quando si tratta di problemi più importanti dell’esistenza – la nostra origine, il nostro destino, le nostre relazioni affettive, la vita e la morte, il bene e il male – la scienza non ci dà risposte. Tuttavia viviamo intensamente le emozioni che sorgono spontaneamente nel cuore dell’esperienza di questi dati incontrovertibili della condizione umana. Se ci mancano le parole per lavorare su queste esperienze e per metterle in vista, abbiamo una grande necessità di immagini e di miti che esprimano le nostre emozioni»32. Il secondo fenomeno si riferisce al crescente interesse per la mistica33. «Tra gli eventi culturali del nostro tempo – ha scritto Giandomenico Mucci – va annoverato anche il sempre più diffuso interesse per la mistica. Negli ultimi anni, non c’è rivista, casa editrice, giornale che non abbia pubblicato articoli, libri, recensioni, antologie su questa materia riservata una volta a pochissimi iniziati e trascurata perfino nei corsi di studi ecclesiastici. E recentemen-

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SINODO DEI VESCOVI, Relatio finalis, Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi, II, A,1, in Enchiridion del Sinodo dei Vescovi, 2727. 30 GIOVANNI PAOLO II, Novo Millennio Ineunte, 33. 31 Cf M. MAFFESOLI, Iconologies. Nos idol@tries postmodernes, Paris, Albin Michel 2008. 32 J. KOENOT, Il ritorno del “magico”. Alcune riflessioni sulla cultura contemporanea, “La Civiltà Cattolica”160, 2009, quaderno 3821, p. 356. 33 Cf J. M. VELASCO, Il fenomeno mistico, Jaca Book, Milano 2002.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO te un teologo spagnolo ha dato forse la ragione più convincente di questo revival. La mistica si presenta come il territorio nel quale lo studio speculativo del fatto religioso incontra la domanda sulla possibilità di vivere l’esperienza religiosa nella situazione di avanzato secolarismo caratteristico dell’attuale società occidentale»34. 2.2. Motivazione antropologica Il riferimento alla prassi mistagogica si giustifica anche per una motivazione di carattere antropologico. Di solito si dice che, oggi, l’uomo è più sensibile al dato esperienziale piuttosto che a quello puramente dottrinale. Questa nuova sensibilità pone l’interrogativo su come risvegliare l’esperienza di Dio nell’uomo di oggi. È sotto gli occhi di tutti il fatto che nella situazione attuale siamo di fronte a una crescente difficoltà nel processo di trasmissione del cristianesimo. Pertanto «qualsiasi modello attuale di iniziazione cristiana deve includere e sottolineare la condizione eminentemente personale del processo che la stessa mistagogia contenuta nei sacramenti della iniziazione comportava nei primi secoli cristiani. Attualmente, sottolineare il carattere personale dovrà incorporare elementi che si oppongano agli ostacoli che la situazione di assenza, inevidenza e crisi di Dio comportano per qualsiasi progetto di iniziazione a una relazione viva con Lui»35. Karl Rahner parla della «mistica della vita quotidiana»36. 2.3. Motivazione liturgico-sacramentale Infine vi è una motivazione liturgico-sacramentale legata alla natura del mistero e del segno sacramentale. Quanto al primo aspetto,

34

G. MUCCI, La mistica come crocevia del postmoderno, “La Civiltà Cattolica”160, 2009, p. 3. AA.VV., Risvegliare l’esperienza di Dio nell’uomo, LEF, Città del Vaticano 2004, p. 41. 36 K. RAHNER, Sulla teologia del culto divino, in ID., Sollecitudine per la Chiesa. Nuovi Saggi VIII, Edizioni Paoline, Roma 1982, p. 282. Sulla prospettiva mistica e mistagogica della teologia rahneriana vedi R. ZINKEVIčIūTE, Karl Rahners Mystagogiebegriff und seine praktische-theologische Rezeption, Peter Lang GmbH Europäischer Verlag der Wissenschaften, Frankfurt am Main 2007. 35

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si possono richiamare alcune pertinenti osservazioni di don Divo Barsotti: «Dio – egli afferma – si comunica tutto, si rivela tutto nel Cristo, ma appunto si comunica e si rivela attraverso il Mistero perché l’uomo non può accogliere il dono di Dio nella sua immensità. La partecipazione dell’uomo al Mistero di Dio è tale che esige dall’uomo una iniziazione progressiva, un progresso senza fine. S. Gregorio di Nissa insegna che nemmeno nell’altra vita terminerà il progresso di questa iniziazione dell’uomo al Mistero di Dio, e appunto per questo egli ha bisogno di un’eternità senza fine perché mai, nonostante un dilatarsi continuo sempre più vasto della sua capacità, l’uomo potrà accogliere e chiudere in sé l’Infinito. Questo non può essere vero perché l’eternità esclude di per sé, nella sua semplicità, ogni successione e ogni progresso: l’atto dell’eternità è fuori del tempo. Ma l’insegnamento di S. Gregorio c’insegna la verità paradossale di un possesso di Dio nel tempo che ha proprio nel desiderio e nella ricerca dell’anima la sua misura più certa. Dio si dona a me nel mistero perché sempre mi supera: non si manifesta senza vincere le facoltà visive di chi lo contempla, e perciò la sua rivelazione esige la fede, non può avvenire che nelle tenebre della fede; come anche Dio non si dona senza vincere la capacità che ha l’uomo di poterlo ricevere, sicché nel suo dono non tanto Egli è posseduto, quanto Egli piuttosto crea la speranza e accende il desiderio, che spinge l’uomo verso di lui. E l’uomo così non possiede Dio quaggiù che in quanto lo cerca. Dio è presente per l’uomo nel Mistero – si mostra e si comunica attraverso il Mistero. Il Mistero non è qualcosa che muti Dio in Se stesso, dice soltanto il modo onde Egli è presente nel mondo; per l’uomo, il modo onde Egli si rivela e si dona»37. Circa il secondo aspetto riguardante la natura del segno sacramentale, occorre osservare che è la stessa natura simbolica del segno sacramentale a richiedere una progressiva illuminazione dello stesso nella coscienza dell’uomo. «La mistagogia – osserva Paul De Clerk – è una dimensione fondamentale della liturgia; essa si basa sulla consapevolezza che il senso delle cose non si esaurisce in quello che si può vedere, ascoltare e realizzare la prima volta. Gli atti liturgici si ripetono, e non solo per accompagnarci nel viaggio del-

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D. BARSOTTI, Il mistero cristiano nell’anno liturgico, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2004, pp. 30-31.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO l’esistenza, ma anche perché non si ascoltano le beatitudini con le stesse orecchie a quindici, o a quarantancinque anni” (…). La struttura del rito (dell’IC) ci permette di penetrare ancor più in profondità nella comprensione dei sacramenti. Infatti i sacramenti dell’iniziazione cristiana ricevuti a Pasqua sono tre: battesimo, confermazione eucaristia. I primi due non si ripetono, il terzo molte volte. I primi due sono segni del dono inalienabile di Dio, del suo impegno irrevocabile verso di noi. L’eucaristia invece si ripete, si presenta nella forma di un cibo, del quale abbiamo un bisogno costante (…). Una volta messi i piedi nell’ingranaggio dell’iniziazione, il terzo sacramento ti afferra, ti invita ad avanzare, ti porta sempre più lontano alla scoperta di diversi aspetti della vita cristiana»38.

3. Le dimensioni pastorali qualificanti Dopo aver richiamato alcune motivazioni circa l’attualità della prospettiva mistagogica, passo a illustrare alcuni aspetti pastorali qualificanti. In primo luogo, occorre ribadire due verità fondamentali: la natura personale del mistero cristiano (sia nel senso che il mistero si identifica con la Persona di Cristo sia nel senso che il mistero riguarda tutto l’essere dell’uomo) e il primato della grazia. Al centro della pastorale mistagogica c’è l’azione misteriosa, ma reale di Cristo e del suo Spirito. Giovanni Paolo II, in Novo millennio ineunte, ha messo in guardia da «una tentazione che da sempre insidia ogni cammino spirituale e la stessa azione pastorale: quella di pensare che i risultati dipendano dalla nostra capacità di fare e di programmare. Certo, Iddio ci chiede una reale collaborazione alla sua grazia, e dunque ci invita ad investire, nel nostro servizio alla causa del Regno, tutte le nostre risorse di intelligenza e di operatività. Ma guai a dimenticare che “senza Cristo non possiamo far nulla” (cf Gv 15,5)»39.

38 39

PAUL DE CLERCK, Liturgia viva, Qiqajon, Magnano (Bi) 2008, pp. 116-117. GIOVANNI PAOLO II, Novo millennio ineunte, 38.

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La consapevolezza del primato dell’azione di Cristo dovrebbe indurre a operare una scelta tra una pastorale di inquadramento (d’encadrement) e una di accompagnamento (d’engendrement). La prima privilegia la dimensione strategica, la seconda fa leva sulla circolarità tra la vita dell’uomo e l’azione della grazia. In altri termini, la pastorale di inquadramento si svolge nella logica del controllo perché tenta di configurare la realtà secondo uno schema e una strategia messa a punto dalla capacità di analisi e di progettazione. Essa – avverte André Fossion – «può essere attuata altrettanto bene sia dentro un orizzonte nostalgico di restaurazione del passato, sia in uno spirito progressista per una Chiesa nuova. In entrambi i casi è uno stesso immaginario d’impresa che agisce; tutto sembra dipendere dal dispiegarsi della nostra azione. In entrambi i casi si è condotti o all’attivismo secondo il quale non si è fatto mai abbastanza, o al sentimento di impotenza, al disfattismo e alla depressione quando le resistenze incontrate sono troppo forti. Attivismo e disfattismo sono, a questo riguardo, atteggiamenti gemelli: sono tutti e due tributari di una stessa volontà di potenza»40. Diversa, invece, è la prospettiva di una pastorale di accompagnamento. Essa ha come suo proposito quello di mettersi a servizio della vita che sta nascendo accompagnando la sua maturazione con discernimento e competenza, con cura e materna sollecitudine. Una pastorale di accompagnamento – scrive ancora Fossion – «accetta la condizione di ogni nascita; per prima cosa, noi non siamo all’origine della vita e della crescita. Poi, si genera sempre qualcosa che è altro da sé. I genitori lo sperimentano; i figli non sono mai l’esatto prolungamento del loro desiderio o del loro sogno. Quel che nasce è sempre diverso da sé. Anche per la trasmissione della fede è così. Non appartiene all’ordine della riproduzione o della clonazione. È sempre dell’ordine dell’avvento. In questa pastorale si parte dal principio che l’essere umano è “capace di Dio”. Non dobbiamo produrre in lui questa capacità. Non abbiamo nemmeno il potere di comunicare la fede. Non si fabbricano nuovi 40

A. FOSSION, Evangelizzare in modo evangelico. Piccola grammatica spirituale per una pastorale di accompagnamento (d’engendrement), “Quaderni della Segreteria della CEI”, 12, 2008, n. 34, p. 42.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO cristiani come si fabbricano pagnotte o pneumatici Michelin. La fede di un nuovo credente sarà sempre una sorpresa e non il frutto dei nostri sforzi. Il risultato di un’impresa. Certo, la fede non si trasmette senza di noi. Ciononostante, non abbiamo il potere di comunicarla. Il nostro compito è di vegliare sulle condizioni che la rendono possibile, comprensibile, praticabile e desiderabile. La pastorale lavora sulle condizioni. Il resto è questione di grazia e libertà»41. Una pastorale di accompagnamento intende favorire una esperienza personale del mistero e si radica in un ambito di vita comunitaria. Il Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti ribadisce con forza che la mistagogia tende a una «esperienza dei sacramenti ricevuti» e si realizza in un contesto di vita comunitaria intensa e coinvolgente42. In altri termini la comunità deve diventare realmente il soggetto della pastorale superando ogni forma di individualismo e di clericalismo (derive sempre incombenti, anche se assumono forme diverse). In un contesto culturale, come il nostro, fortemente frammentato risulta ancora più urgente la necessità di fare sintesi tra Parola, sacramento e vita. È un compito, questo, che vale per tutti gli operatori pastorali. Nella loro persona e nella loro azione deve trasparire, quasi naturalmente, il valore dell’unità nella persona e tra le persone, in modo da favorire la crescita di tutta la comunità cristiana e dare forza alla sua azione missionaria. La Parola, la liturgia e la vita non devono essere, dunque, scompartimenti stagni, ma “vasi comunicanti”. Senza questa circolarità vitale tra le tre dimensioni della vita cristiana, la catechesi rischia di scivolare inevitabil-

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Ibidem, p. 43. «In realtà una più piena e più fruttuosa intelligenza dei misteri si acquisisce con la novità della catechesi e specialmente con l’esperienza dei sacramenti ricevuti. I neofiti, infatti, sono stati rinnovati interiormente, più intimamente hanno gustato la buona parola di Dio, sono entrati in comunione con lo Spirito Santo e hanno scoperto quanto è buono il Signore. Da questa esperienza, propria del cristiano e consolidata dalla pratica della vita, essi traggono un nuovo senso della fede, della Chiesa e del mondo» (Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, 38). 42

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mente nell’indottrinamento, la celebrazione nel ritualismo, la testimonianza della carità nell’attivismo. «Fede, culto ed ethos – ha scritto Benedetto XVI – si compenetrano a vicenda come un’unica realtà che si configura nell’incontro con l’agape di Dio»43. In questa triade, la lex orandi si pone come ponte e anello di congiunzione tra la lex credendi e la lex vivendi, tra verità e storia, tra pensiero e azione e si presenta come luogo generatore di vita e di cultura. Si tratta di un aspetto che è stato fortemente sottolineato anche dal vostro Arcivescovo, il card. Tettamanzi. Nel piano pastorale Mi sarete testimoni egli ha scritto: «Al cuore dell’azione formativa sta il pieno rispetto della triade indivisa e indivisibile di Parola-SacramentoVita: dall’ascolto della parola di Dio e dalla celebrazione della Messa scaturisce una vita nell’amore che si traduce nell’impegno quotidiano del servizio dei fratelli»44. La sintesi, però, non è mai un dato compiuto una volta per tutte, ma è un processo da realizzare sempre nuovamente. Per questo la domenica e l’anno liturgico devono costituire l’asse portante del cammino di fede del cristiano e dell’intera comunità. «Come Dio, nel suo rivelarsi, incontra l’uomo nel tempo, così l’educazione alla fede lo introduce passo dopo passo alla pienezza del mistero e si fa itinerario. Il primo itinerario da valorizzare è quello comune a tutto il popolo di Dio, l’anno liturgico, scandito dalla domenica, giorno del Signore e giorno della Chiesa, della Parola, dell’eucaristia, della carità»45. Vivere secondo la domenica46 significa mettere in luce il nesso tra l’eucaristia e la vita quotidiana. Questa deve assumere una forma eucaristica e rendere visibile, nelle scelte concrete, la grazia che si è attinta dal sacramento. In altri termini, significa «vivere nella consapevolezza della liberazione portata da Cristo e svolgere la propria esistenza come 708 43

BENEDETTO XVI, Deus caritas est, 14. «L’intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyría), celebrazione dei sacramenti (leitourghía), servizio della carità (diakonía). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro» (Ibidem, 25). «La forza che ha trasformato il cristianesimo in una religione mondiale è consistita nella sua sintesi tra ragione, fede e vita: è precisamente questa sintesi che è raccolta nell’espressione religio vera» (J. RATZINGER, Fede Verità Tolleranza, Cantagalli, Siena 2003, p. 184). 44 D. TETTAMANZI, Mi sarete testimoni, Centro Ambrosiano, Milano 2003, p. 45. 45 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Col dono della carità dentro la storia, 14. 46 IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Epistola ai Magnesiani, 9, 1.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO offerta di se stessi a Dio, perché la sua vittoria si manifesti pienamente a tutti gli uomini attraverso una condotta intimamente rinnovata (…). Un tale giorno, pertanto, si manifesta come festa primordiale, nella quale ogni fedele, nell’ambiente in cui vive, può farsi annunziatore e custode del senso del tempo. Da questo giorno, in effetti, scaturisce il senso cristiano dell’esistenza ed un nuovo modo di vivere il tempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la morte»47. L’espressione dei martiri di Abitene, Senza la domenica non possiamo vivere, è stato il tema del Congresso Eucaristico Nazionale di Bari (2005) e richiama l’evento pasquale che ogni domenica celebriamo. La pastorale mistagogica tende a concretizzare in modo unico la centralità della domenica.

4. Il presbitero, ministro del mistero La prospettiva mistagogica della pastorale getta una luce anche sul ministero ordinato perché aiuta a comprendere che il sacerdote è essenzialmente ministro del mistero, cioè un uomo che definisce il suo essere e la sua azione in relazione al mistero di Dio. A ben vedere, questa è la prospettiva indicata anche dal Rito di ordinazione. Consegnando il pane e il vino, il Vescovo si rivolge al nuovo ministro con parole che indicano la sua nuova dignità e il cammino spirituale che egli deve perseguire nell’esercizio del suo ministero: «Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai. Conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore». La liturgia sottolinea così che compito del sacerdote è uniformare la sua vita al mistero che celebra. È la stessa idea che san Paolo richiama nel brano della Prima Lettera ai Corinti che ho voluto porre come titolo di questa conversazione. È nota la centralità e l’importanza che la categoria di mysterion riveste nella teologia paolina. A più riprese, egli ritorna su questa idea, nelle

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BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, 72-73.

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sue Lettere48. Richiamandone i tratti essenziali si può dire che, con questo termine, Paolo intende il grande disegno del Padre che consiste nell’adottare l’uomo come suo figlio, rendendolo partecipe della sua stessa vita divina, e che ha il suo compimento e il suo culmine nella morte e risurrezione di Cristo. Egli è il centro verso cui tutta la storia anteriore converge, come prefigurazione e preparazione, e da cui tutta la storia posteriore deriva come dalla sua fonte49. Romano Penna scrive che «mysterion è l’imperscrutabile beneplacito salvifico di Dio che, facendo perno sulla ineguagliabile statura personale di Gesù Cristo crocifisso-risorto, si realizza linearmente nella storia e nell’eskaton»50. Riprendendo l’espressione di una antifona dei vespri, potremmo dire che mistero indica “il disegno del Padre di fare di Cristo il cuore del mondo”. In questa prospettiva, il compito del ministro ordinato è di mettere la propria vita a servizio di questo progetto, facendosi servo di Cristo e dispensatore dei misteri di Dio. Paolo esprime con chiarezza questa convinzione nella Prima Lettera ai Corinti: «Così (hoútos) ci si consideri quali (hós) ministri di Cristo (hyperétas Chrístou) e amministratori dei misteri di Dio (oikonómous mysteríon theoú)» (1Cor 4,1). Vale la pena di fare una breve analisi di questo testo paolino51. L’avverbio iniziale congiunge questa unità a quanto precede e, di fatto, introduce una conseguenza pratica dello sviluppo teorico di 1Cor 3,5-17. Il pensiero paolino si snoda nel modo seguente: Noi

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Segnalo i testi più significativi: Rm 16,25-27; 1Cor 4 1-2; Ef 1,3-14; 3,1-12; 6,18-20; Col 1,24-29; 2,1-3; 4,3-4; 1Tim 3,16. 49 Cf G. BORNKAMM, Mysterion, in K. KITTEL - G. FRIEDERICH, Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. VII, Brescia 1971, coll. 645-716. «La fede cristiana ha solo un oggetto, il mistero di Cristo morto e risorto. Ma questo unico mistero sussiste in differenti modi: è prefigurato nell’Antico Testamento, è storicamente compiuto nella vita terrena di Cristo, è contenuto in mistero nei sacramenti, è misticamente vissuto nelle anime, è socialmente compiuto nella Chiesa, è consumato escatologicamente nel regno dei cieli» (J. DANIÉLOU, Le symbolisme des rites baptismaux, “Dieu vivant”, 1, 1945, 17). Per V. Warnach il termine mysterion nel Nuovo Testamento indica i seguenti significati: disegno divino sul mondo e sulla salvezza; mistero della creazione; opera salvifica di Cristo o mistero di Cristo in senso stretto; mistero della Chiesa; mistero del culto nella Parola e nel sacramento; realtà salvifica dei fedeli; consumazione escatologica; mistero del male come antagonista del mistero divino; cf V. WARNACH, Il Mistero di Cristo. Una sintesi alla luce della teologia dei misteri, Edizione Paoline, Roma 1983. 50 R PENNA, Il “Mysterion” paolino. Traiettoria e costituzione, Paideia, Brescia 1978, p. 89. 51 Per queste considerazioni ho tenuto presente lo studio di G. BARBAGLIO, La prima Lettera ai Corinzi, EDB, Bologna 1995, in particolare pp. 213-215.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO siamo servitori (diákonoi) del Signore e amministratori di Dio (theoú sýnergoi); dunque voi dunque considerateci per quello che siamo, ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio (hyperétas Chrístou e oikonómous mysteríon theoú). Le due qualifiche di servitori e amministratori riguardano le persone subalterne che prestano servizio al padrone, ma con alcune specificità: diákonos è un salariato che riceve il salario pattuito (misthos: cf. 3,8); hyperétes è un subordinato, distinto dallo schiavo (doúlos) per la libertà personale che conserva, preso a servizio da un superiore o un preposto; oikónomos è l’amministratore che regge la casa per incarico del padrone e non riceve il salario, bensì la lode (v. 5). La varietà delle qualifiche sottolinea che l’accento cade sull’essenziale riferimento a un padrone. Ministro non è tanto chi compie un servizio, ma soprattutto colui che mantiene una relazione con chi gli ha conferito tale incarico. Più che l’aspetto funzionale, emerge la dimensione relazionale. Nell’espressione paolina, questa sottolineatura è messa in evidenza dal duplice genitivo «di Cristo / dei misteri di Dio» (Christou / mysteríon theoú). Ministro è colui che viene preso a servizio da Cristo e da Dio e da loro viene incaricato per uno specifico compito. Staccare il ministero da tale costitutivo rapporto di subordinazione vuol dire misconoscere l’identità propria del ministro. Per questo Paolo richiama i suoi interlocutori a cambiare giudizio, in termini positivi a farne una valutazione “oggettiva” e coerente con la realtà delle cose. L’esortazione non si riferisce solo al cambiamento circa l’idea del ministero, ma investe anche il modo di rapportarsi ad esso. In 1Cor 3, 5-6 non viene precisato il servizio da rendere, ma non c’è dubbio che si tratti della predicazione del vangelo (funzione indicata in termini propri in 3,5) e della costruzione della comunità (che figurativamente viene rappresentata con l’immagine di piantare e irrigare il campo di Dio in 3,6ss). In 1Cor 4,1, invece, viene chiaramente indicato che il servizio è riferito ai misteri di Dio52.

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Il plurale ritorna in 13,2 e 14,2 (mystèria panta / mystèria) a indicare i contenuti dell’ispi-

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Le due autoqualifiche concordano nella sostanza; e in senso kerigmatico indicano che i ministri sono servitori di Dio in quanto portano alla conoscenza di fede, alla sapienza misteriosa di Dio incarnata in Cristo crocifisso. I due rispettivi referenti, cristologico e teologico, costituiscono una stretta unità funzionale. Cristo e Dio li hanno scelti come propri servitori per la stessa impresa salvifica: far conoscere la grandezza nascosta del mistero (mystérion / mystéria) dell’amore di Dio per l’uomo. In tal senso, Paolo sottolinea il motivo della fedeltà del servitore (v. 2 pistos tis eurethé). Ciò che Dio esige dall’amministratore è appunto che sia fedele al compito avuto. Non per nulla nelle parabole evangeliche «fedele» (pistos) è aggettivo qualificativo di «servo» (doúlos) (Mt 24,46; cf 25,21) o, come qui, di «amministratore», oikónomos (Lc 12,42). Raccogliendo queste osservazioni possiamo dire che il ministero ordinato per Paolo si presenta con alcune precise connotazioni. Innanzitutto, egli è consapevole dell’inscindibile legame con Cristo risorto. Paolo è fermamente convinto che è Cristo glorificato ad agire e ad essere attivamente presente nella sua persona e nella sua azione ministeriale. La forza del suo ministero risiede unicamente nell’azione di Cristo. È lui a infondergli l’energia necessaria per svolgere il ministero della predicazione e dell’insegnamento mediante il quale egli spera di presentare uomini e donne maturi in Cristo (cf Col 1, 28-29). La seconda connotazione riguarda l’indissolubile legame tra la vita del ministro e l’esercizio del ministero. Paolo è profondamente convinto che il ministero coincide con la sua vita e la sua vita è intimamente legata al suo ministero. Non vi è, dunque, nessuna separazione tra vita personale e ministero pastorale. Vivere secondo il Vangelo e predicare il vangelo fanno un tutt’uno. In questa senso, l’esercizio del suo ministero non è un’attività professionale liberamente scelta, ma un incarico che è stato affidato da Dio da compiere come testimonianza di fede in lui (cfr 1Cor 9,16-17). La terza convinzione si riferisce alla dimensione liturgica del ministero della predicazione. Nella Lettera ai Romani, Paolo scrive: «Per razione carismatica. Invece il singolare è attestato in Rm 11,25 e 1Cor 15,51 dove si riferisce a uno specifico mistero: la salvezza d’Israele.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO essere ministro (leitourgòn) di Cristo Gesù tra i pagani, adempiendo il sacro ministero (ierourgoùnta) di annunciare il vangelo, affinché l’offerta sacrificale (prosphorà) rappresentata dai pagani divenga accetta, santificata dallo Spirito Santo» (Rm 15, 16). Il linguaggio con il quale viene indicata la predicazione del vangelo attinge alle formule e ai termini tecnici del linguaggio sacrificale. Si evidenzia così un altro aspetto del ministero: l’inscindibile unità tra l’annuncio della parola, la celebrazione del sacrificio e l’offerta della vita.

5. La testimonianza esemplare dei maestri spirituali e del Santo Curato d’Ars Queste caratteristiche del ministero ordinato presenti nelle Lettere di Paolo sono richiamate anche nei documenti conciliari e postconciliari. Valga per tutti un luminosissimo passo di Pastores dabo vobis nel quale, dopo aver sottolineato la «connotazione essenzialmente relazionale dell’identità del presbitero»53, ossia il suo riferimento al mistero cristologico e trinitario, si sottolinea che «il presbiterio nella sua verità piena è un mysterium: infatti è una realtà soprannaturale perché si radica nel sacramento dell’Ordine. Questo è la sua fonte, la sua origine (…). Questa origine sacramentale si riflette e si prolunga nell’ambito dell’esercizio del ministero presbiterale: dal mysterium al ministerium»54. In questa linea, pur se con una diversità di accenti e di espressioni, si muove anche la spiritualità sacerdotale nei grandi movimenti di riforma. Si pensi, ad esempio, agli autori e maestri spirituali della Francia della prima metà del ‘600 come Bérulle, Olier, Condren, Bourdoise, san Francersco di Sales, san Vincenzo de’ Paoli, san Giovanni Eudes. Per loro il sacerdote ha un’esistenza “ricevuta”. La sua vita è quasi il prolungamento dell’incarnazione e della funzio-

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GIOVANNI PAOLO II, Pastores dabo vobis, 12. Ibidem, 74.

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ne mediatrice di Cristo. La spiritualità sacerdotale è vista in relazione al Verbo e, attraverso di lui, al mistero della Trinità. Come Cristo, il sacerdote è il “religioso del Padre”. Egli, pertanto, aderendo e conformandosi a Cristo, “onora” il Padre, principio della missione, “onora” il Figlio nella sua kenosi, “onora” lo Spirito Santo, dato che il culmine dell’azione pastorale è la realizzazione dell’uomo spirituale. Solo a mo’ di esempio, richiamo un testo di san Giovanni Eudes, tratto dal suo Mémorial de la vie ecclésiastique (1681), nel quale egli delinea la dignità e la santità del sacerdote in prospettiva cristologica e trinitaria: «Voi – egli scrive – siete gli occhi, la bocca, la lingua e il cuore della Chiesa di Gesù: o, meglio ancora, voi siete gli occhi, la bocca, la lingua e il cuore di Gesù stesso. Voi siete gli occhi; attraverso di voi, infatti, il buon pastore veglia continuamente sul suo gregge; tramite voi lo illumina e lo guida (…). Voi siete la sua bocca e la sua lingua: tramite voi, infatti, egli parla agli uomini e continua ad annunciare loro la stessa parola e lo stesso Vangelo che ha predicato loro personalmente, quando viveva sulla terra. Voi siete il suo cuore: tramite voi, infatti, egli dona la vera vita, la vita della grazia sulla terra e la vita di gloria in cielo, a tutti i veri membri del suo corpo. Quale meraviglia! Quanti favori! Quanta grandezza nella dignità sacerdotale. «Ma non è tutto. Vi considero e vi rispetto come gli associati al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, e nel modo più eccelso e più mirabile che si possa dire. Ascolto il grande apostolo che annuncia a tutti i cristiani che sono chiamati da Dio alla società con suo Figlio e dice loro: Vocati estis in societatem Filii eius Jesu Christi (1Cor 1, 9); ma io posso giustamente dire di voi: Vocati estis in societatem Patris, et Filii et Spiritus Sancti». «L’eterno Padre, infatti, vi associa alla sua opera più eccelsa, che è la generazione ineffabile di suo Figlio, che ha fatto nascere da tutta l’eternità nel suo seno paterno; e alla sua qualità più eccellente, che è la sua divina paternità, rendendovi in un certo meraviglioso modo, padri di quello stesso Figlio, poiché vi ha dato il potere di formarlo e farlo nascere nella anime cristiane, e vi ha scelti per essere padri delle sue membra che sono i fedeli, e svolgere nei loro confronti un autentico ruolo di padri. Recate, quindi, in voi un’immagine viva della divina paternità del Padre celeste: O sacerdos, esclama sant’Agostino, Dei vicarie et pater Christi!».


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO «Il Figlio di Dio vi associa a sé nelle perfezioni più nobili e nelle sue azioni più divine; vi rende, infatti, partecipi della sua qualità di mediatore tra Dio e gli uomini, della sua dignità di giudice sovrano dell’universo, del suo nome e del suo ufficio di Salvatore del mondo e di molte altre eccelse prerogative di cui è ornato; egli vi dà il potere di offrire insieme a lui al Padre suo lo stesso sacrificio che egli ha offerto sulla croce, e che tutti i giorni offre sui nostri altari; ed è questa l’azione più grande e più santa che abbia mai fatto e che mai farà». «Anche lo Spirito Santo vi associa a sé in ciò che ha operato e in ciò che opera tutti i giorni di più grande e di più mirabile (…). Oltre a una meravigliosa alleanza con le tre eterne Persone, voi siete gli associati alla santissima Trinità; siete i coadiutori e i cooperatori dell’Onnipotente nelle sue grandi opere: Dei adiutores (1Cor 3, 9); cooperatores veritatis»55. In questo Anno sacerdotale siamo stati invitati dal santo Padre ad attingere a questa ricca tradizione spirituale. In particolare, dobbiamo riferirci alla testimonianza esemplare del Santo Curato d’Ars. Il suo insegnamento, la sua dedizione pastorale, la sua consapevolezza della grandezza del dono del sacerdozio offrono a ciascuno di noi un significativo punto di riferimento, di confronto e di rinnovamento per l’esercizio del nostro ministero pastorale. Due sono gli aspetti della testimonianza del Santo Curato d’Ars che voglio evidenziare anche perché mi sembrano in sintonia con la prospettiva mistagogica richiamata in questa relazione: la totale identificazione della vita con il ministero e la consapevolezza che la grandezza del mistero è capace di risolvere positivamente le inevitabili miserie connesse con la nostra debolezza umana. 5.1. Identità e missione del ministro ordinato Quanto al primo aspetto, Benedetto XVI nella Lettera di indizione dell’Anno sacerdotale ha rilevato che ciò che dobbiamo apprendere

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Il testo è tratto da L. MEZZADRI, A lode della gloria. Il sacerdozio nell’école française XVII-XX secolo, Jaca Book, Milano 1989, pp. 113-114.

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dal metodo pastorale di san Giovanni Maria Vianney è «la sua totale identificazione col proprio ministero. In Gesù, persona e missione tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo “Io filiale” che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padre in atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Con umile ma vera analogia, anche il sacerdote deve anelare a questa identificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro»56. Il santo Curato d’Ars aveva la viva coscienza di essere posseduto dall’amore di Cristo. Per lui l’espressione paolina «l’amore di Cristo ci possiede» (2Cor 5,15) è stata un punto di riferimento costante per comprendere il suo sacerdozio. A questo programma di immedesimazione e di totale conformazione a Cristo, egli si è costantemente attenuto in tutta al sua vita. Per lui, il rapporto con Cristo e l’esercizio del ministero sacerdotale formavano un’unica realtà. Va però rilevato che questa identificazione non aveva solo un valore strumentale, ma indicava una relazione costituiva di tutto l’essere e di tutto l’agire. Troppo spesso, oggi, parlando del ministero, si accentua la concezione strumentale del ministero ordinato, la sua destinazione al bene degli altri. Questa verità non deve far dimenticare che il ministero – che è senza dubbio per gli altri – si radica nel mistero stesso di Cristo, realtà trascendente e misteriosa che deve attraversare tutta la vita del presbitero, radicarsi dentro le fibre più intime della sua persona e cambiare totalmente lo stile della sua azione ministeriale. «In verità, – afferma Benedetto XVI in una recente catechesi sul Curato d’Ars – proprio considerando il binomio “identità-missione”, ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con Cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. Lo stesso titolo dell’Anno sacerdotale - Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote - evidenzia che il dono della grazia divina precede ogni pos-

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BENEDETTO XVI, Lettera per l’indizione dell’anno sacerdotale in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney (16 giugno 2009).


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO sibile umana risposta e realizzazione pastorale, e così, nella vita del sacerdote, annuncio missionario e culto non sono mai separabili, come non vanno mai separati identità ontologico-sacramentale e missione evangelizzatrice. «Del resto – continua il Pontefice – il fine della missione di ogni presbitero, potremmo dire, è “cultuale”: perché tutti gli uomini possano offrirsi a Dio come ostia viva, santa e a lui gradita (cfr Rm 12,1), che nella creazione stessa, negli uomini diventa culto, lode del Creatore, ricevendone quella carità che sono chiamati a dispensare abbondantemente gli uni agli altri. Lo avvertivano chiaramente negli inizi del cristianesimo. San Giovanni Crisostomo diceva, ad esempio, che il sacramento dell’altare e il “sacramento del fratello” o, come dice, “sacramento del povero” costituiscono due aspetti dello stesso mistero. L’amore per il prossimo, l’attenzione alla giustizia e ai poveri non sono soltanto temi di una morale sociale, quanto piuttosto espressione di una concezione sacramentale della moralità cristiana, perché, attraverso il ministero dei presbiteri, si compie il sacrificio spirituale di tutti i fedeli, in unione con quello di Cristo, unico Mediatore: sacrificio che i presbiteri offrono in modo incruento e sacramentale in attesa della nuova venuta del Signore. Questa è la principale dimensione, essenzialmente missionaria e dinamica, dell’identità e del ministero sacerdotale: attraverso l’annuncio del Vangelo essi generano la fede in coloro che ancora non credono, perché possano unire al sacrificio di Cristo il loro sacrificio, che si traduce in amore per Dio e per il prossimo (…). Quando non si tiene conto del “dittico” consacrazione-missione, diventa veramente difficile comprendere l’identità del presbitero e del suo ministero nella Chiesa»57. 5.2. Miseria e grandezza del ministro ordinato Il secondo insegnamento che dovremmo raccogliere dall’esperienza sacerdotale del santo Curato d’Ars è la consapevolezza della miseria

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BENEDETTO XVI, Udienza 1 luglio 2009.

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del ministro e, insieme, la convinzione della grandezza del dono che egli ha ricevuto. “Povero prete”, egli soleva definire la sua persona. E non per un falso sentimento di umiltà, ma per la consapevolezza della povertà e della inadeguatezza dei suoi mezzi umani a un compito così grande ed eccelso. Conosciamo tutti le difficoltà che egli ha incontrato nel suo cammino verso il sacerdozio, soprattutto in campo culturale. Il suo itinerario vocazionale è stato costellato di umiliazioni, di sconfitte clamorose, di esami falliti, di recriminazione di ogni genere. Questo difficile cammino formativo ha contribuito a far maturare in lui la consapevolezza di non meritare il sacerdozio e la convinzione che solo la fedeltà e la grazia di Dio possono colmare le lacune della persona umana. La consapevolezza di questa sproporzione tra dono e compito è un aspetto che dovremmo attentamente considerare. Sempre più spesso, oggi, si parla e si fanno indagini sul “burnout del clero diocesano”. Quella realizzata dalla Facoltà Teologica del Triveneto così conclude la sua analisi: «Le crisi in genere, e questa in particolare, hanno una valenza spirituale (…). Se la vocazione è una crisi che ha portato il futuro presbitero a un radicale riassetto e riorientamneto della vita, la crisi che interviene nel corso della vita, e sovente proprio a la metà della vita, è anche occasione di rinnovamento della vocazione e del ministero»58. Questo rinnovamento, però, sarà possibile se il ministero sarà percepito come un mistero di grazia e di novità di vita. Commentando l’esperienza sacerdotale del santo Curato d’Ars, il cardinale Ballestrero ha scritto alcune preziose osservazioni che vorrei offrire alla vostra attenzione a conclusione di questo mio intervento: «Pensiamo per un momento – egli afferma – a certe difficoltà che circolano con tanta frequenza: il sacerdote che si trova ripetitivo, annoiato, che si trova stanco di fare sempre le stesse cose, di stare sempre in mezzo alle stesse difficoltà. È evidente che questo deriva da una visione del sacerdozio molto angusta, molto superficiale ed epidermica. Tutta la misteriosa fecondità del sacerdozio come dono divino, non dovrebbe permetterci di conoscere queste difficoltà e rimanerne prigionieri. 58

G. RONZONI (a cura di), Ardere, non bruciarsi, Messaggero, Padova 2008, p. 132.


MAGISTERO E ATTI DELL’ARCIVESCOVO «Ripetitivi? Possiamo ripetere dei gesti esteriori, ma il mistero non si ripete. Siamo annoiati delle solite cose? Ma se si approfondisce, se si diventa capaci di vedere dentro con la luminosità dell’umiltà, ci accorgeremo che è un universo sconfinato quello nel quale entriamo, nel quale viviamo ed operiamo e che si identifica coinvolgendoci fino in fondo, fino a quella configurazione piena a Cristo Signore, del cui sacerdozio viviamo e al cui ministero siamo dedicati e consacrati. «E a me pare che questo continuo confronto o, se volete, questa continua tensione tra la povertà e il mistero, tra la pochezza e la potenza, tra l’infermità e lo splendore dovrebbe diventare qualcosa di identificante. «Tutti noi abbiamo certo conosciuto giorni di ebbrezza spirituale. Che meraviglia essere prete, che incanto, che stupore, che esultanza interiore, che gioia, vorrei quasi dire che estasi, che rapimento! Dovrebbe essere sempre così e l’appiattimento del nostro sacerdozio deriva proprio da questo mancato, continuo confronto tra ciò che siamo come povere creature e ciò che siamo come sacerdoti del Signore. «La nostra miseria è necessaria al sacerdozio come il sacerdozio è necessario alla nostra miseria perché così il Signore sempre rimane glorioso e noi ne diventiamo la testimonianza, ne diventiamo, per così dire, il sacramento. Nella vita del santo Curato d’Ars a questo proposito c’è da fare anche un’altra osservazione. Questa continua ambivalenza dell’immensità del mistero e della povertà della creatura non laceravano l’unità del suo sacerdozio, ma la fecondavano, la nutrivano e quest’uomo (il curato d’Ars) non era mai l’uomo frustrato, stanco, deluso e se i suoi drammi interiori conoscevano momenti di parossismo fino a diventare tentazione di fuga, dentro di lui la contemplazione della sua identità di prete era sempre alta e da quell’altezza derivava quello sgomento che più di una volta lo ha sorpreso e fatto vacillare. «Noi vacilliamo per motivi assai diversi, probabilmente molto meno nobili, molto meno interiori e anche questo deve servire a farci riflettere. Leggendo la vita di questo prete, che non è un prete

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complessato, sia chiaro, che è un prete monolitico, che non ha mai messo in discussione il dono di Dio, noi siamo costretti a riconoscere che la sua identità di prete l’ha sentita con una chiaroveggenza globale così grande da essere più il frutto di sapienza mistica che non di umana capacità di capire. «Troppe volte noi ci preoccupiamo di capire, ci pare di avere il diritto di capire tutto, ci pare di dover capire perché se non si capisce che merito c’è, se non si capisce che possibilità c’è di andare avanti? Se non si capisce che discernimento si può praticare? «Il Curato d’Ars conosceva bene un gesto: quello di gettarsi a terra davanti al tabernacolo proprio per assaporare il mistero di non capire, ma nello stesso tempo la gioia di credere e di essere fedele. Su questa dimensione profondamente mistica dell’intelligenza dell’essere prete noi avremo forse bisogno di ritornare (…) perché questo è il secolo della razionalità: bisogna capire e finché non abbiamo capito ci mettiamo in lista di attesa. Sono convinto che questo discorso è veramente previo e fondamentale. Cerchiamo di farlo oggetto della nostra preghiera, di macinarlo dentro di noi perché l’umiltà della creatura e lo splendore del Signore non appaiano realtà che si mettono in tensione, ma realtà che si integrano in un mistero mirabile di incarnazione, la cui fecondità è il nostro sacerdozio, è il nostro essere preti»59. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari-Bitonto

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A. BALLESTRERO, Il cuore del curato d’Ars. Linee di spiritualità sacerdotale, Elledici, Leumann (To) 2009, pp. 15-16.


D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

ASSEMBLEA DIOCESANA La domenica nel cammino di iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. L’impegno dei genitori e dei catechisti (Bari, 14 settembre 2009)

1. Per cominciare Vi risuona certamente ancora negli orecchi l’eco del “Sine dominico non possumus”, slogan che ha condensato tutta la fase preparatoria del Congresso eucaristico nazionale e che ha polarizzato l’attenzione dell’intera celebrazione congressuale nei suoi vari ambiti tematici. La forza irradiante e vitalmente dinamica che dal Sine dominico si sprigiona non si sarà esaurita se questa sera siamo ancora a parlarne. E non può essere diversamente perché il Dominicum è il DNA del cristiano e della comunità credente. Perciò, la sollecitudine del vostro pastore, S.E. Mons. Francesco Cacucci e mio carissimo fraterno amico, ci induce quasi a tornare indietro per poter andare avanti nella riscoperta dell’iniziazione cristiana, ricollocando la “Domenica nel cammino di iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi”, chiamando in causa però l’impegno dei genitori e dei catechisti, pienamente consapevoli che senza la domenica, l’identità cristiana rischia di morire per mancanza di alimentazione. Ecco perché «bisogna ritrovare il coraggio di affermare di fronte al mondo questa verità elementare, e cioè che chi non è ancora entrato nella logica del sine dominico non possumus vivere, non ha ancora

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accolto e forse neppure ancora compreso il vangelo»1. D’altronde, è la celebrazione dell’eucaristia vissuta nel giorno del Signore che manifesta l’identità e la missione della Chiesa e del singolo cristiano, considerando che l’essere stati battezzati e cresimati è avvenuto in vista di poter prendere parte all’assemblea eucaristica. A ricordarcelo è il CCC, 1119: “mediante il battesimo e la confermazione il popolo sacerdotale è reso idoneo a celebrare la liturgia”. E lo stesso CCC incalza: “coloro che sono stati elevati alla dignità del sacramento regale per mezzo del battesimo e sono stati conformati più profondamente a Cristo mediante la confermazione, attraverso l’eucaristia partecipano con tutta la comunità allo stesso sacrificio del Signore” (CCC, 1322). Potrà sembrare paradossale, ma è così sotto il profilo teologico. Anzi, una corretta catechesi battesimale e crismale, per essere fedele al suo statuto, deve poter partire dall’eucaristia che è il vertice dell’iniziazione cristiana, essendosi ingenerato nella vita dell’uomo nuovo una reciprocità tra la domenica e l’eucaristia, fino a determinarsi una vera pericoresi dove l’eucaristia trova il suo momento appropriato e primordiale nella domenica e la domenica trae il suo significato dall’eucaristia. Sono a voi già noti gli Acta martyrum in cui troviamo un’impressionante narrazione dell’interrogatorio subìto da Saturnino, Dativo e altri (IX) nella colonia di Abitene, durante la persecuzione di Diocleziano (304) che li condusse al martirio. In essi infatti appare così forte e inscindibile il nesso tra eucaristia e giorno domenicale da diventare legge; legge così imprescindibile da essere seguita anche a costo della vita. Quale vera epifania della vocazione cristiana, è essenziale la presenza di tutti, perché è proprio dell’eucaristia dominicale manifestare in modo pieno l’unità e la fraternità dei cristiani; tant’è che non si è cristiani senza il dominicum. A confermarcelo è il martire Felice: “Quasi che si possa essere cristiani senza il dominicum! O celebrare il dominicum senza il cristiano” (Ibid. XII). Questa è una testimonianza per noi estremamente significativa, se si pensa che la sinassi

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V. SPICACCI, «Evangelizzazione, iniziazione cristiana, rinnovamento della pastorale», in La Civiltà Cattolica, 2008, I, p. 375.


ASSEMBLEA DIOCESANA domenicale dei cristiani avveniva prima dell’alba (cfr Giustino, I Apologia, 67), essendo la domenica ancora giorno lavorativo! E se dovessero chiederci i nostri ragazzi: cos’è la domenica? Dovremmo rispondere loro: la santa convocazione del Signore, ovvero l’assemblea eucaristica: dei tre sacramenti che fanno il cristiano, l’eucaristia è il solo che si ripete di domenica in domenica al fine di ribadire e alimentare l’identità battesimale quale identità nativa del cristiano.

2. Crisi di fede e trasmissione della fede: risposta della Chiesa antica L’attuale situazione della Chiesa è sempre più quella di una minoranza inserita in un contesto culturale non cristiano, in una sorta di dispersione che rende sempre più sfilacciato il tessuto comunitario e più forte la tentazione dell’assimilazione al mondo. Per cui la domenica, da giorno comunitario ed ecclesiale per eccellenza, è diventato per molti «proprio il giorno della massima estraneità»2. È urgente dunque ricomprendere la domenica e immettere nella catechesi l’insegnamento vitale ed esperienziale sul valore del dies Domini e della sua osservanza. Perché è su di esso che si gioca molto del futuro della Chiesa e della fede. Nella relazione conclusiva del Convegno ecclesiale di Verona (16-20 ottobre 2006), il card. Ruini richiamandosi ai punti più significativi emersi dal cammino pastorale compiuto nel decennio passato, sottolineava come «l’iniziazione cristiana si presenta oggi alle nostre Chiese come una sfida cruciale e come un grande cantiere aperto, dove c’è bisogno di dedizione e passione formativa ed evangelizzatrice, di sincera fedeltà e al contempo del coraggio di affrontare creativamente le difficoltà odierne»3.

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota Pastorale Il giorno del Signore, 15 luglio 1984, n. 28. C. RUINI, La missione della Chiesa, la vita della società. Intervento conclusivo, Verona 2006, n 4.

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In tal senso, la rilevanza dei percorsi iniziatici veniva detta da Ruini “speciale” per i ragazzi, gli adolescenti e i giovani: «Sono proprio le nuove generazioni, del resto, le più esposte a un duplice rischio: crescere in un contesto sociale e culturale nel quale la tradizione cristiana sembra svanire e dissolversi - perfino in rapporto al suo centro che è Gesù Cristo - rimanendo viva e rilevante soltanto all’interno degli ambienti ecclesiali, e pagare le conseguenze di un generale impoverimento dei fattori educativi nella nostra società»4. Una crisi di fede, quella evidenziata dal card. Ruini, ma che nondimeno chiama in causa il grave compito pastorale della trasmissione della fede alle nuove generazioni in una profonda rimotivazione della fede stessa, con la creazione di spazi e luoghi dove essa sia vivibile e trasmissibile, dando preminenza all’iniziazione rispetto al confezionamento dei sacramenti. La vivente tradizione della Chiesa antica ci può essere di grande ammaestramento; tradizione secondo la quale la partecipazione all’eucaristia domenicale era subordinata a un lungo itinerario iniziatico. È la voce di Ippolito che qui piace far risuonare, voce racchiusa in quel compendio della vita liturgica di Roma all’inizio del terzo secolo, La tradizione apostolica5: «Quando ciò sarà terminato, ciascuno si applicherà a compiere opere buone, a piacere a Dio e a comportarsi bene, ad essere zelante per la Chiesa, facendo ciò che ha appreso e progredendo nella pietà»6. Questo pronunciamento è collocato alla conclusione di un ordo, cioè di una celebrazione, presumibilmente compiuta nella veglia pasquale, nel corso della quale è stato conferito agli eletti adulti e ai piccoli il baptisma, nella unitarietà sacramentale del bagno, dell’unzione crismale e nella partecipazione al banchetto della festa. Ma, dal momento in cui il candidato al catecumenato è stato pre-

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Ibid. La Tradition apostolique de saint Hippolyte (= TA). Essai de reconstitution par dom Bernard Botte OSB, Aschendorff, Münster Westfalen 1963. Attualmente, diversi studiosi avanzano seri dubbi circa l’autore, l’ambiente d’origine, la datazione e l’unità del testo. Nonostante ciò, ritengo che quanto ivi descritto rifletta la veridicità di una prassi e l’arcaicità dei suoi testi. 6 TA 21, p. 58: «Cum vero haec fuerint, festinet unusquisque operam bonam facere et placere Deo et conversari recte, vacans ecclesiae, faciens quae didicit et proficies in pietate». 5


ASSEMBLEA DIOCESANA sentato alla comunità «ad audiendum verbum» e interrogato de vita, sono passati tre anni, durante i quali «si dominus non dat testimonium quia bonus est, reiciatur»7. A conclusione di questo rigoroso itinerario il catecumeno, prima di ricevere il battesimo, è sottoposto ancora a un ulteriore esame sulla sua condotta morale. E «solo se ha vissuto onestamente e ha onorato le vedove, visitato gli ammalati, compiuto opere buone»8 potrà ricevere il battesimo; a dare questa testimonianza sarà ancora il padrino, che si fa garante davanti alla comunità del suo autentico processo di conversione. Mi chiederete: perché questa testimonianza della TA all’interno del nostro intervento? Il motivo è di carattere metodologico: l’iniziazione nel suo statuto ha infatti un “prima”, un “culmine”, un “dopo”; in questa successione triennale di tempo la disciplina antica ha inteso realizzare il facere christianum. Per cui all’adesione a Cristo provocata dall’audiendum verbum doveva corrispondere un progressivo cambiamento di vita. I catecumeni, infatti, venivano sollecitati ad allontanarsi dagli idoli, deporre i vizi, vincere le passioni, staccarsi dai peccati, portare frutti di opere buone; tant’è che Tertulliano rivolgendosi ai catecumeni, poteva affermare: «Noi non siamo immersi nell’acqua per mettere fine ai nostri peccati. Poiché vi abbiamo posto fine, siamo già lavati moralmente»9. Questo serio cambiamento di vita doveva comportare, inoltre, lo sviluppo delle fondamentali dimensioni della vita cristiana e l’acquisizione di comportamenti evangelici: l’amore al prossimo, la disponibilità al perdono, una vita di preghiera, la sobrietà, il controllo della lingua e dei sensi. Alla luce di questo rigoroso impianto il “prima” veniva a dare garanzia al “dopo” in vista della fedeltà nuziale agli impegni battesimali, mentre il rito del battesimo posto frammezzo veniva così a suggellare quel radicale processo di metanoia espresso dall’iniziale richiesta del facere cathecumenum. 7

TA 15, p. 32. TA 30, p. 42. 9 De Poenitentia, IV, 6. 8

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Una formazione al plurale e un apprendistato globale della vita cristiana: era questo l’itinerario iniziatico antico per gli adulti e per i genitori che presentavano i piccoli al fonte battesimale, mettendo in atto la dinamica della traditio, receptio, redditio. In questo processo formativo, la catechesi occupava un ruolo centrale in quanto, radicata nella sacra scrittura, offriva una visione essenziale e organica del messaggio cristiano non disgiunta dalla esposizione della morale e dall’approfondimento della fede attraverso la spiegazione del simbolo e del Padre nostro. Piace, infine, tra le rilevanti figure poste dalla Chiesa antica a servizio della maturazione di fede dei catecumeni (catechisti, diaconi, presbiteri, vescovo), evidenziare il decisivo ruolo del padrino, oggi completamente vanificato; ruolo esercitato attraverso una costante condotta individuale con il compito specifico di accompagnare spiritualmente il catecumeno prima, il nuovo credente dopo, illuminandolo e consigliandolo, correggerlo, sostenerlo amorevolmente. Per questo, Giovanni Crisostomo non esita a chiamarlo con il nome di “padre spirituale”10. Questa rapida ma necessaria immersione nella prassi iniziatica antica altro scopo non ha avuto se non quello di farci prendere coscienza di una esperienza che non esiterei a chiamare integrata per i suoi apporti reciproci che vi sussistono; esperienza che, pur provenendo assai da lontano, ritengo sia di estrema attualità se consideriamo che le connotazioni sociologiche di ieri, segnate dalla persecuzione e dal paganesimo, sostanzialmente sono anche le nostre, caratterizzate da un neo-paganesimo e da un altrettanto relativismo etico dolcemente assorbito dall’etsi Deus non daretur. Per cui, se la Chiesa antica, mossa dallo Spirito e in vista del facere christianum ha esigito un cammino di preparazione al baptisma impostato in maniera alquanto esigente, ritengo che lo spirito che ha animato la sua prassi pastorale debba essere il medesimo, oggi, stagione in cui l’azione ecclesiale è delineata come «un momento fluido di transizione»11. A tal riguardo, l’attività pastorale misura uno scarto di notevoli proposizioni per il quale sembra di dover

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Catechesi II, 16. P. CASPANI - P. SARTOR, Iniziazione cristiana. L’itinerario e i sacramenti, EDB, Bologna 2008, p. 14.

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ASSEMBLEA DIOCESANA riconoscere la sterilità dell’iniziazione cristiana, come se essa non generasse la fede.

3. Motivi dell’abbandono È sotto gli occhi di tutti l’esperienza drammatica dell’abbandono della pratica cristiana e del distacco dalla Chiesa da parte dei ragazzi che hanno concluso l’iniziazione. Sono essi che, ricevuta la cresima - quando la ricevono! - disertano il cammino di catechesi e la partecipazione alla messa domenicale; le vacanze estive e, prima di esse, quelle natalizie e pasquali, coincidono poi con l’interruzione della frequenza alla celebrazione domenicale; e talvolta, cosa che capita di frequente, i ragazzi che frequentano il catechismo durante la settimana, non partecipano alla messa domenicale. Nel tentativo di individuare i motivi dell’abbandono, si assiste spesso a un penoso rimpallo delle responsabilità: gli operatori pastorali danno la colpa ai genitori, ritenuti poco interessati alla dimensione religiosa dei figli; i genitori, a loro volta, “presentano il conto” a preti e catechisti, giudicati incapaci di coinvolgere i ragazzi. Le inchieste che hanno cercato di mettersi in effettivo ascolto dei ragazzi rivelano però che l’elemento decisivo per spiegare l’abbandono è da cercare altrove. Per i ragazzi di questa età, crescere significa abbandonare progressivamente talune pratiche, collegate con l’età infantile: sicché il loro abbandono è giudicato ovvia conseguenza del fatto di ritrovarsi ormai in una fase di superamento di tale età. D’altronde va anche detto che i ragazzi hanno l’impressione di aver già appreso quello che dovevano, per cui ogni proposta ulteriore sembra una noiosa ripetizione. E allora, proprio perché all’interno di questa fenomenologia c’è un intreccio di motivazioni, tale da provocare la crisi della forma ordinaria di iniziazione cristiana - tra l’altro di natura anche socio-culturale - sarà bene evitare di rimproverare o colpevolizzare solamente uno degli attori in gioco: i genitori, oppure i catechisti, oppure i ragazzi di oggi, oppure la comunità latitante. Nel contempo, però,

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è d’obbligo avviare la nostra “conversione pastorale”, sollecitati dai cambiamenti in atto nella società e di fronte alla fede12. Dovendo stare nel tema, ci chiediamo ancora: se la domenica costituisce di per sé una grande risorsa da dover essere vissuta dai nostri ragazzi, come dobbiamo valorizzarla? E qui siamo al nodo della problematica iniziatico-pastorale dei ragazzi. Una volta si diceva: “partiamo dai ragazzi, e raggiungeremo gli adulti”. Questo vecchio assioma pastorale ha mostrato invece de facto, tutta la sua fragilità. Urge allora, «spostare il baricentro»13 della nostra azione pastorale che dovrà puntare necessariamente sugli adulti, ripartendo dalla famiglia, per arrivare conseguentemente ai ragazzi. Infatti, tra le carenze della catechesi attuale, gli specialisti14 sottolineano l’incapacità di intercettare in maniera adeguata la famiglia, superando la riduttiva configurazione della catechesi come preparazione ai sacramenti. D’altronde, c’è da prendere coscienza di un dato che sembra essere incontrovertibile, secondo il quale ancor oggi, «di fatto si continua a registrare una sproporzione vistosa nelle nostre comunità: il 90% dei nostri 300 mila catechisti si dedica alla catechesi per i bambini e i fanciulli e solo il restante 10% ai ragazzi, giovani, adulti»15. La sapienza pastorale, in tal senso, esige coraggio operativo da parte delle comunità parrocchiali nell’inventare iniziative ed esperienze inedite pur nel rispetto della realtà e della tradizione. Sì, soprattutto della tradizione, quella vera, che è sempre portatrice di valori perenni.

4. Partire dalla casa e dalla famiglia 728

Chi deve iniziare alla domenica i fanciulli e i ragazzi e dove deve avvenire questa iniziazione? Di certo, devono essere i genitori, a partire dalla

12

Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 59. F. LAMBIASI, «Introduzione», in UCN-SERVIZIO NAZIONALE PER IL CATECUMENATO (ed.), L’iniziazione cristiana. Documenti e orientamenti della Cei, Elle Di Ci-Leumann, Torino 2004, p. 6. 14 P. CASPANI - P. SARTOR, Iniziazione cristiana, cit., p. 22. 15 Ivi, p. 20. 13


ASSEMBLEA DIOCESANA casa e della famiglia. La trasmissione della fede, come ogni atto efficacemente educativo, è un fatto prevalentemente esperienziale: si impara, per imitazione, facendo! È questa la legge di ogni processo educativo in bene e, ahimè, anche in male. «Se può esservi famiglia, se vi è ‘ancora’ famiglia, è perché un rapporto prima di coppia e poi di generazione diviene rapporto che inizia, che forma, che educa»16. La casa, che nella prassi evangelizzatrice di Cristo riveste sotto il profilo esperienziale un ruolo determinante e di grande rilievo pedagogico nella storia di Israele e della Chiesa antica, viene considerata la struttura base del cristiano primitivo. Nel processo di trasmissione della fede, l’iniziazione interpella la responsabilità originaria della famiglia in quanto comunità di relazioni affettive e luogo permanente di educazione reciproca. Occorre perciò fare un passo indietro, cioè un passo che precede la stessa partecipazione dei nostri ragazzi alla messa domenicale, soprattutto se consideriamo che la tipologia di presenza familiare all’eucaristia è variegata: a volte si concretizza in una presenza dimezzata perché vi partecipa un solo genitore con i suoi figli o solo i genitori senza i figli o solo i figli che vengono condotti dal genitore fin davanti alla chiesa e poi ripresi quando è terminata la celebrazione. Perciò, è inutile pensare di educare i figli alla fede senza che i genitori non vengano aiutati a crescere insieme con loro. Nell’orizzonte dell’esperienza anticotestamentaria e nell’esperienza di Cristo a Nazaret, la casa, la famiglia è considerata luogo di culto, un vero spazio “liturgico” il cui centro focale è costituito dalla mensa apparecchiata, dove i genitori esercitano la loro ministerialità attraverso l’amore coniugale consacrato dal Signore, che li abilita alla benedizione quotidiana del pasto, alla celebrazione delle feste - in particolare a quella della Pasqua - e alle tappe religiose della vita. La casa, con la sua liturgia familiare, non solo sarà più importante

16

A. GRILLO, «Ritualità familiare e rito cristiano: nuovi orizzonti di comprensione della vita cristiana», in D. FALCO e S. NICOLLI (edd.), Famiglia e Liturgia, Cantagalli, Siena, 2009, p. 13.

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della sinagoga, ma precede anche quella del tempio. In questo spazio “liturgico” il racconto e la celebrazione sono i due canali tradizionali per la trasmissione della memoria: «Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato non lo hanno tenuto nascosto ai loro figli diremo alla generazione futura le lodi del Signore...» (Sal 78,3-4). E se in questa dimensione domestica della liturgia la madre è la prima ad essere chiamata in causa dall’altra, la tradizione ebraica sottolinea con forza che alla sua testimonianza deve associarsi quella del padre, in quanto entrambi sono responsabili della educazione religiosa dei figli anche se in maniera diversa e complementare. Sicché, testimoniare la fede attraverso la memoria, a partire dalla convivialità della mensa quotidiana e festiva, è un dovere fondamentale degli adulti nei confronti dei giovani e, in particolare, è un dovere dei genitori all’interno della famiglia: «Una generazione narra all’altra le tue opere annunzia le tue meraviglie […] e raccontano i tuoi prodigi» (Sal 145,4-5)17. È davvero consolante apprendere come i migliori frutti di una educazione cristiana in famiglia esercitata dall’ebraismo siano stati certamente i martiri. Al prefetto Rustico che lo interroga su chi l’abbia istruito nella religione cristiana, Peone risponde: «Dai genitori abbiamo ricevuto questa nobile fede», così pure Evelpisto aggiunge: «Ascoltavo volentieri i discorsi di Giustino, ma è stato dai miei genitori che ho appreso ad essere cristiano»18. Giustino era un ebreo convertito al cristianesimo! La famiglia, prima cellula della società e della Chiesa, partecipando unita all’eucaristia, educa alla fede e lascia un esempio ai figli che cresceranno. Il fanciullo Ilarione, figlio di Saturnino, avendo partecipato al dominicum nella Chiesa domestica, interrogato dal proconsole, risponde: «Sono cristiano, e di mia spontanea volontà ho

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Cfr. E. L. BARTOLINI, «Famiglia e liturgia nella tradizione ebraica», in D. FALCO e S. NICOLLI (edd.), Famiglia e Liturgia, cit., pp. 68-72. 18 Atti del martirio di Giustino, 4,6-7.


ASSEMBLEA DIOCESANA partecipato all’assemblea con mio padre e con i miei fratelli»19. E qui non sarà superfluo ricordare che il padre di Ilarione e i suoi fratelli erano già stati martirizzati! In questo processo educativo, il ruolo della donna, della mamma è singolare. È la prima persona che può instaurare un rapporto significativo con il nascituro fin dal concepimento; è lei che per prima può testimoniare attraverso gesti e parole l’appartenenza a una fede religiosa. E qui, come non pensare alla 2 Tm 1,5 in cui Paolo, evidenziando il ruolo educativo sul suo discepolo Timoteo, afferma: «Mi ricordo infatti della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Loide, poi in tua madre Eunice e ora, ne sono certo, anche in te...»? Così come è risaputo nell’esperienza educativa patristica, fondamentale è il ruolo svolto dalle donne, nella vita e soprattutto nel periodo della fanciullezza e della gioventù, per alcuni famosi padri della Chiesa del IV secolo: Nonna per Gregorio di Nazianzo, Antusa per Giovanni Crisostomo, Monica per Agostino. Perciò, la latitanza da parte dei genitori nella formazione globale dei figli è contro la natura stessa del matrimonio il quale, attraverso le categorie spazio-temporali, mette in atto una originaria e archetipale ritualità, l’unica capace di tenere insieme e di far interagire vitalmente il biologico, il sociologico-culturale nonché il teologico-spirituale. Tant’è che la liturgia stessa ritrova ed elabora il proprio singolare linguaggio attingendo all’ambito Ur (= originario archetipale) costituito dal codice familiare20, in quanto la famiglia è il luogo nativo dell’agire rituale: ciò ex natura rei. Non è a caso che il rito scelto da Gesù, in continuità con la tradizione dei suoi padri per perpetuare il memoriale della sua pasqua, non è tratto dalla liturgia ufficiale del tempio caratterizzata da un ordinamento rubricale di tipo sacrificale, ma piuttosto dal rito familiare della cena festiva, vissuto in maniera comunitaria e in

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Atti dei Martiri di Abitene, 17. Cfr. F. MAGNANI, «La preghiera familiare: luogo dove si celebra la vita», in D. FALCO e S. NICOLLI (edd.), Famiglia e Liturgia, cit., p. 183.

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grande esultanza. Perciò non si farà mai festa da soli. Soli si può vivere il tempo libero o il tempo del lavoro. Ma non il tempo della festa: tempo della memoria e della promessa, tempo delle parole che ripresenta l’illo tempore e anticipa il futuro. Sicché, il tempo proprio della famiglia non può non essere che il tempo festivo, tempo che la liturgia domenicale assume nella valenza simbolica e sublima nella pienezza della valenza misterica. Proprio per questo la celebrazione diventa «luogo educativo e rivelativo della fede»21 e la partecipazione ad essa è lo strumento privilegiato per esprimere e comunicare il deposito della fede e i fondamentali atteggiamenti della vita secondo lo Spirito. Se ciò esige una introduzione progressiva al mistero cristiano, che a sua volta chiede di essere vissuto e non semplicemente conosciuto intellettualmente, nondimeno la testimonianza degli adulti, dei genitori è la prima e fondamentale iniziazione alla messa. Le scienze dell’educazione ci attestano che i fanciulli percepiscono la vita nella varietà dei suoi codici espressivi attraverso la via della mimesis. Pertanto, essi devono poter incontrare la fede nei tratti concreti delle persone che vogliono loro bene, essendo la fede un fatto relazionale in cui attraverso una storia concreta di relazioni tra persone si può giungere all’incontro con Dio nella propria vita e all’interno della comunità. Siamo soliti parlare con enfasi della partecipazione attiva, intesa come condivisione dell’unico atto rituale da parte dell’intera comunità celebrante in cui comunione e comunicazione si intrecciano per dare vita alla parola e al pasto comune. Ma come potranno i nostri ragazzi entrare nella dinamica partecipativa domenicale quale forma nativa con cui si vive la festa, se il pasto donatoci è solitario e la parola è muta perché intaccata profondamente dalle pratiche televisive? Potrebbe suonare forse offensivo quanto sto per dire, ma è necessario che lo dica: fino a quando non si darà spessore di senso veritativo alle nostre mense, continueremo sì a parlare di famiglia, ma l’avremo già perso. E sarà, di conseguenza, molto difficile reperire la valenza simbolico-sacramentale della partecipazione attiva alla

21

CVMC, 49; SC, 48.


ASSEMBLEA DIOCESANA messa domenicale. È su questo versante che forse dovremmo lavorare, progettare e far fare esperienza. Per cui, sotto il profilo meramente pedagogico, è necessario educare alla ritualità familiare fin dall’infanzia, quale tempo propizio per familiarizzarsi con forme rituali che, ripetute, saranno avvertite come vicine e preziose nella comprensione del linguaggio liturgico in chiesa. E così, ogni momento celebrativo potrà assumere uno spessore più ampio se compreso e vissuto nell’esperienza concreta della vita familiare, venendosi così ad instaurare un naturale processo di reciprocità tra azione liturgica e famiglia, tra celebrazione dell’eucaristia e vissuto familiare. Il recupero poi della convivialità, della gioia dello stare insieme potrà diventare con più facilità espressione di un vissuto comunitario.

5. Il ruolo dei catechisti Dalla casa alla Chiesa, dalla Chiesa alla casa22. In questa affermazione, che ha tutto il sapore di un vero programma pastorale, vedo racchiusi i due grembi privilegiati dell’iniziazione dei fanciulli alla messa domenicale, ossia la famiglia e la parrocchia, vitalmente e imprescindibilmente interconnesse: − l’una per la sua originaria responsabilità educativa, − l’altra perché «qui, più che altrove l’evangelizzazione può diventare insegnamento, educazione ed esperienza di vita»23. Perché ciò si realizzi, è necessario operare un cambio di mentalità negli operatori pastorali, dovendo dare alla parrocchia il volto della comunità che esiste per annunciare l’evangelo e fare discepoli di Cristo generando e accompagnando coloro che, divenuti cristiani, sono chiamati ad assumere gli stessi tratti della missionarietà di

22 23

Cfr Famiglia e liturgia, p. 237. RICA, Introduzione generale, 7.

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Gesù24. Dovendo poi la parrocchia accogliere, generare, accompagnare, deve necessariamente offrire ai genitori quegli elementi essenziali che li aiutino a sostenere la loro missione nel fornire ai figli l’alfabeto cristiano, crescendo insieme con essi. E se è vero che l’impegno educativo dei genitori e della famiglia trova continuità e completamento nell’azione catechistica della comunità locale attraverso l’intervento dei vari soggetti25, è necessario allora che la parrocchia disponga di catechisti adulti, maturi nella fede e capaci di svolgere il compito di trasmettere i contenuti della fede in quel processo tipico dell’inculturazione, secondo il quale la tradizione deve essere sempre una traduzione nei diversi contesti e nei differenti linguaggi dell’oggi. Ed è proprio per inculturare l’esperienza cristiana che ritorna fondamentale il ruolo di quelle realtà di formazione permanente o mistagogica da affidare a una rinnovata figura di catechista, sì che questi assolva il ruolo di maestro, educatore e testimone della fede, di inviato e mandato dalla comunità ecclesiale26. Per iniziare alla domenica i fanciulli e i ragazzi, urge anzitutto ascoltare i bisogni percepiti e formulati dai potenziali riceventi, senza trascurare quanto le scienze della comunicazione ci insegnano, secondo le quali non basta confezionare un ottimo messaggio, progettarlo e trasmetterlo; è necessario invece conoscere e comprendere dove sono, come stanno vivendo, che cosa sperano i destinatari dell’annuncio, per non rischiare di parlare invano27. Il catechista, in quanto inviato ad esercitare il ruolo di testimone della fede, è un pneumatoforo, è uno che porta lo Spirito in sé, e come fiaccola che illumina e arde, non può fare altro che comunicare a quanti gli si accostano il fuoco che è in lui. Prima di interrogarci sulle modalità, sulle capacità e i linguaggi - aspetti tutti essenziali è necessario allora che egli sia immerso nella fede, e abbia «veduto e toccato» (1 Gv 1,1) per poter essere araldo credibile piuttosto che maestro erudito.

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Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7. Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, L’iniziazione cristiana 4, n. 28. 26 Cfr R. d. C., cap. 10. 27 «Editoriale», in Credere Oggi, n. 24 (6/2004), n. 144, p. 4. 25


ASSEMBLEA DIOCESANA E se, per un verso, il messaggio iniziatico della e sulla domenica dovrà essere proposto con lineare chiarezza e con gioia vera, carico di slancio e ricco di speranza sì da toccare la vita dei destinatari; dall’altro verso non potrà giovare l’aridità nozionistica e l’ombrosità moralistica, memore di quanto impietosamente ha affermato Paul Tillich, un po’ generalizzando ma forse non troppo esagerando: «Poche cose hanno contribuito all’irrilevanza del cristianesimo quanto le scuole di catechismo»28. Va detto inoltre chiaramente che una iniziazione efficace del dies Domini potrà avvenire solo se i catechisti sapranno trasmettere, nella loro fede vissuta, la radicale novità che l’eucaristia domenicale introduce nella vita della persona, sull’onda dell’iuxta dominicam viventes di Ignazio di Antiochia29, giusto il linguaggio del marketing: «chi è davvero certo che un prodotto o un’idea sia migliore, ne diventi perciò stesso promotore»30. Non si può, quindi, pensare di contagiare gli adolescenti e i giovani, così attenti alla logica dei modelli, senza essere stati per primi afferrati e colpiti dall’iuxta dominicam vivere.

6. Per finire Concretamente: che significa iniziare dalla domenica? Penso sia urgente recuperare una delle dimensioni costitutive del giorno del Signore come giorno della carità 31. Viviamo in un contesto socio-culturale affetto da “sindrome afflittiva”. È, invece, tipica della domenica cristiana la connotazione pasquale di quella gioia vera e incontenibile che scaturisce da quel

28 P. TILLICH, L’irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano per l’umanità oggi, Brescia, Queriniana, 1998, p. 47. 29 Ai Magnesiani, 9.1. Cfr BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, n. 72. 30 «Editoriale», cit., p. 5. 31 Cfr GdS 14; DD 68-73.

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lontano “terzo giorno”, la cui onda d’urto, per la vis sacramentale dell’anamnesis, raggiunge le nostre assemblee. Come e quanto siano sensibili i nostri fanciulli, ragazzi e giovani al senso della festa e della gioia che da essa scaturisce, lo sappiamo tutti. Educarli però alla logica del «c’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35) significa far rivivere ad essi il nesso inscindibile tra eucaristia e carità fraterna, capitolo questo assai fecondo della vivente tradizione della Chiesa antica. E non solo di esso. A partire perciò dalla fondamentale e insostituibile esperienza familiare, i fanciulli e i ragazzi dovrebbero potersi rendere conto che la festa cristiana non può né deve limitarsi a un atto di formale religiosità e tanto meno all’esercizio di culto idolatrico del proprio egoismo. Non ci potrà essere gioia senza amore. Né si può essere felici da soli. E allora, perché la domenica sia più festa, sarà doveroso inculcare nell’animo degli adolescenti la prassi cristiana della solidarietà con gesti di carità, piccoli o grandi che siano, facendo passare in loro la consapevolezza che il culto cristiano non è un evento chiuso fra le mura del tempio ma che deve invece estendersi fuori, attraverso i gesti di un cuore dilatato e attento ai bisogni degli altri. E qui, più che attingere dalla ricchezza biblica e patristica, piace farvi riudire una splendida pagina de I promessi sposi di Manzoni, in cui sembra essere racchiuso tutto quello che siam venuti dicendo finora. È una pagina di alto spessore narrativo ma anche di grande efficacia sotto il profilo dell’esperienza domenicale vissuta nella casa del sarto, al cap. XXIV:

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Tutt’a un tratto, si sente uno scalpiccio, e un chiasso di voci allegre. Era la famigliola che tornava di chiesa. Due bambinette e un fanciullo entran saltando; si fermano un momento a dare un’occhiata curiosa a Lucia, poi corrono alla mamma, e le s’aggrappano intorno: chi domanda il nome dell’ospite sconosciuta, e il come e il perché; chi vuol raccontare le maraviglie vedute: la buona donna risponde a tutto e a tutti con un “zitti, zitti”. Entra poi, con un passo più quieto, ma con una premura cordiale dipinta in viso, il padrone di casa. Era, se non l’abbiamo ancor detto, il sarto del villaggio.

Manzoni fa poi raccontare al sarto l’esperienza vissuta in chiesa e le


ASSEMBLEA DIOCESANA reazioni suscitate in lui dal portamento del cardinale e dalla sua predica, riproponendo alla famigliola raccolta intorno alla tavola alcuni pensieri, tra i quali questo: «E poi ha fatto proprio vedere che anche coloro che non son signori, se hanno più del necessario, sono obbligati di farne parte a chi patisce». Qui interruppe il discorso da sé, come sorpreso da un pensiero. Stette un momento; poi mise insieme un piatto delle vivande ch’eran sulla tavola, e aggiuntovi un pane, mise il piatto in un tovagliolo, e preso questo per le quattro cocche, disse alla sua bambinetta maggiore: «piglia qui». Le diede nell’altra mano un fiaschetto di vino, e soggiunse: va qui da Maria vedova; lasciale questa roba, e dille che è per stare un po’ allegra coi suoi bambini. Ma con buona maniera, ve’; che non paia che tu le faccia l’elemosina. E non dir niente, se incontri qualcheduno; e guarda di non rompere». Lucia fece gli occhi rossi, e sentì in cuore una tenerezza ricreatrice; come già da’ discorsi di prima aveva ricevuto un sollievo che un discorso fatto apposta non le avrebbe potuto dare.

A conclusione di questa testimonianza manzoniana, mi obietterete: sono cose di altri tempi, in quanto comunicare la fede tra le pareti domestiche in un processo di continua e progressiva iniziazione sta purtroppo venendo meno. Ed è proprio per questo che deve prendere corpo quella “conversione pastorale” di cui si è fatto cenno sopra; conversione che richiede di dare spazio ed energie all’accoglienza delle famiglie giovani instaurando un circuito virtuoso tra parrocchia e famiglia, protagonisti indiscussi nel cammino di formazione delle nuove generazioni. Convinto qual sono che la famiglia rimane il luogo privilegiato in cui si getta il seme prezioso della fede che apre allo stupore verso Dio, nondimeno siamo chiamati a concentrare tutte le forze sulla pastorale familiare, quale punto cruciale cui deve far riferimento l’intera pastorale favorendo, quella che viene chiamata dai pastora-

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listi la ministerialità plurale, in cui lo stesso compito del catechista viene ad essere notevolmente ampliato rispetto alla semplice preparazione al sacramento, per divenire invece figura importante e punto di riferimento nell’accompagnamento delle famiglie. In questa prospettiva della ministerialità plurale il catechista è colui che si impegna a comunicare e risvegliare, accompagnare e rafforzare la fede cristiana, a prescindere dalla preparazione ai sacramenti. Cosa questa che chiama in causa necessariamente la presenza di figure di uomini e donne, maturi sotto ogni profilo, umano e cristiano. Cari operatori pastorali, la vostra presenza così numerosa è certamente un annuncio concreto di quella vitalità che attesta la ministerialità plurale, quale antidoto contro il fenomeno di una secolarizzazione progressiva e inarrestabile, idea questa che non riterrei pienamente valida se diversi studiosi di queste problematiche segnalano invece un risveglio religioso, ancora sottotraccia ma reale, una ricerca di senso rispetto alle vicissitudini della vita che potrebbero preparare cambiamenti rilevanti. E non credo sia il caso che filosofi di origine marxista, come Habermas, scoprano l’importanza delle religioni. Sta a noi, però, avere chiari gli obiettivi di tutte le dimensioni della vita della Chiesa - parola, liturgia, testimonianza - con l’intento specifico di introdurre comunità e singoli nel mistero pasquale reso presente in ogni eucaristia, e ben consci che noi siamo iniziati dai sacramenti e non soltanto coloro che si adoperano ad iniziare ai sacramenti. La domenica con la sua assemblea eucaristica tornerà perciò significativa per i ragazzi, i giovani e gli adulti, se avremo saputo accompagnarli dentro questa esperienza, tornando alla fatica di elaborare percorsi di apprendistato della fede, tesi a far fare esperienza e non semplicemente a spiegare il valore della domenica. Bisogna, perciò, programmare percorsi di conversione pastorale per gli adulti e preparare i vari ministri - non solo i presbiteri - affinché la molteplicità dei ministeri faccia risplendere la bellezza della liturgia festiva, recuperandone il fascino e l’attrattiva. Torni a risuonare sulle nostre labbra ma soprattutto nei nostri cuori l’antico inno domenicale: “Salve, festa dies / toto venerabilis aevo / qua Deus infernum vicit / et astra


ASSEMBLEA DIOCESANA tenet”32. Se anche noi sapremo affidare al canto e alla lode il giorno che “il Signore ha fatto”, senza indulgere a nostalgia e a depressione, inneggiando in tempo di crisi, affideremo al futuro non solo questo giorno, ma anche il cuore del mistero che esso custodisce. È quanto vi auguro di cuore. † Felice di Molfetta Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano

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VENANZIO FORTUNATO, Inno Salve, festa dies: «Salve giorno di festa, il più venerabile di ogni tempo, nel quale Dio ha vinto l’inferno e governa gli astri».



D OCUMENTI

E

V ITA

DELLA

C HIESA

DI

B ARI -B ITONTO

CURIA METROPOLITANA Cancelleria

1. Sacre ordinazioni, ammissioni, ministeri istituiti - La sera del 12 settembre 2009, vigilia della XXIV Domenica del Tempo Ordinario, nella Pontificia Basilica di S. Nicola in Bari, S. Ecc. mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, con le legittime dimissorie del Priore Provinciale, ha ordinato presbitero il diacono fra Francesco Giacomo M. Marino, O.P. - la sera del 19 settembre 2009, vigilia della XXV Domenica del Tempo Ordinario, nella chiesa parrocchiale S. Maria Assunta in Grumo Appula, S. Ecc. mons. Francesco Zerrillo, Vescovo emerito di Lucera-Troia, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, con le legittime dimissorie del Superiore Maggiore e la licenza dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto, ha ordinato presbitero il diacono Paolo Misciagna, S.D.B. - la sera del 10 ottobre 2009, vigilia della XXVIII Domenica del Tempo Ordinario, nella Cattedrale di Bari, S.E. mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, durante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha ordinato diacono il seminarista Alessandro Tanzi, incardinandolo nel clero diocesano; - la sera del 31 ottobre 2009, vigilia della Solennità di Tutti i Santi, nella cappella maggiore del Seminario Arcivescovile in Bari, S. Ecc. mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, du-

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rante una concelebrazione eucaristica da lui presieduta, ha istituito accoliti i seminaristi diocesani Pierpaolo Fortunato e Pietro Tanzi, e ha ammesso tra i candidati al diaconato e al presbiterato i seminaristi diocesani Mario Diana, Nicola Flavio Santulli e Antonio Stizzi.

2. Decreti generali S.Ecc. l’Arcivescovo, con decreto del - 13 ottobre 2009 (Prot. n. 65/09/D.A.G.), ha prorogato di altri due anni la durata del Consiglio Pastorale dell’Arcidiocesi di BariBitonto.

3. Nomine e decreti singolari A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data

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- 17 settembre 2009 (Prot. n. 42/09/D.A.S.-N.), il prof. Michele Loconsole all’incarico di collaboratore dell’Ufficio Chiesa e mondo della cultura della Curia diocesana, per cinque anni; - 30 settembre 2009 (Prot. n. 46/09/D.A.S.-N.), don Sabino Perillo all’ufficio di amministratore parrocchiale della parrocchia Maria SS. Addolorata in Mariotto; - 30 settembre 2009 (Prot. n. 49/09/D.A.S.-N.), don Ubaldo Aruanno, confermandolo per altri cinque anni, all’ufficio di direttore della Casa del clero “Mons. Enrico Nicodemo” in Bari; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 50/09/D.A.S.-N.), mons. Antonio Parisi, confermandolo per altri cinque anni, all’ufficio di amministratoreeconomo della Casa del clero “Mons. Enrico Nicodemo” in Bari; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 58/09/D.A.S.-N.), mons. Domenico Falco, per cinque anni, vicario episcopale per la Liturgia, direttore del Settore Liturgia e direttore dell’Ufficio Arte sacra della Curia arcivescovile; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 59/09/D.A.S.-N.), don Mario Castellano, confermandolo per altri cinque anni, direttore dell’Ufficio liturgico della Curia arcivescovile;


CURIA METROPOLITANA - 12 ottobre 2009 (Prot. n. 64/09/D.A.S.-N.), il sig. Vito Carelli, confermandolo per altri quattro anni, all’incarico di presidente del comitato della Pia Associazione “Misteri della Vallisa” in Bari; e i sigg. Michele Sciannimanico, Angelo Marzano, Luigi Loretti e Vittorio Fiore all’incarico di membri del medesimo comitato, per quattro anni.

B) S. Ecc. l’Arcivescovo ha istituito, in data - 1 settembre 2009 (Prot. n. 34/09/D.A.S.-I), p. Mario Volpe, O.F.M., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Antonio in Bari; - 1 settembre 2009 (Prot. n. 35/09/D.A.S.-I), p. Pio Capri, O.F.M., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Maria di San Luca in Valenzano; - 1 settembre 2009 (Prot. n. 36/09/D.A.S.-I.), p. Domenico Fiorentino, O.F.M., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Antonio in Bari; - 1 settembre 2009 (Prot. n. 37/09/D.A.S.-I.), p. Giovanni Foggetta, O.F.M.Conv., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Francesco d’Assisi in Bari; - 11 settembre 2009 (Prot. n. 38/09/D.A.S.-I.), p. Giuseppe Benegiamo, O.F.M.Cap., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Francesco d’Assisi in Triggiano; - 11 settembre 2009 (Prot. n. 39/09/D.A.S.-I.), p. Angelo Garzia, O.F.M.Cap., all’ufficio di parroco della parrocchia Beata Vergine Immacolata in Bari; - 11 settembre 2009 (Prot. n. 40/09/D.A.S.-I.), p. Onofrio Farinola, O.F.M.Cap., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Francesco d’Assisi in Triggiano; - 30 settembre 2009 (Prot. n. 44/09/D.A.S.-I.), p. Raffaele Zoppi, C.S.S., all’ufficio di parroco della parrocchia Maria SS. Immacolata in Palombaio; - 30 settembre 2009 (Prot. n. 45/09/D.A.S.-I.), p. Francesco Russo, O.S.I., all’ufficio di cappellano dell’Ospedale “Di Venere” in BariCarbonara;

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- 30 settembre 2009 (Prot. n. 47/09/D.A.S.-I.), p. Francesco Cannito, O.F.M., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Maria di San Luca in Valenzano; - 30 settembre 2009 (Prot. n. 48/09/D.A.S.-I.), p. Gerard Yapo, A.G.C., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Rocco in Valenzano; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 52/09/D.A.S.-I.), p. Paolo Polci, S.S.S., all’ufficio di parroco della parrocchia S. Ottavio in Modugno; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 55/09/D.A.S.-I.), p. Giovanni Distante, O.P., all’ufficio di assistente spirituale dell’associazione ecclesiale “Amici di San Nicola”; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 60/09/D.A.S.-I.), p. Carmine Salvatore Cipolla, O.S.I., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Maria del Campo e della Pietà in Bari-Ceglie del Campo; - 15 ottobre 2009 (Prot. n. 66/09/D.A.S.-I.), don Giuseppe Resta, S.D.B., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia SS. Redentore in Bari; - 15 ottobre 2009 (Prot. n. 67/09/D.A.S.-I.), p. Fulvio Procino, C.S.S., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia Maria SS. Immacolata in Palombaio; - 15 ottobre 2009 (Prot. n. 68/09/D.A.S.-I.), p. Flavio Formenti, C.S.S., all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Cataldo in Bari; - 15 ottobre 2009 (Prot. n. 69/09/D.A.S.-I.), p. Cesare Geroldi, S.J., all’ufficio di cappellano della cappella dell’Ateneo dell’Università degli Studi di Bari. C) S. Ecc. l’Arcivescovo ha trasferito, in data 744

- 24 settembre 2009 (Prot. n. 43/09/D.A.S.-T.), don Donato De Felice dall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Ferdinando in Bari, all’ufficio di vice rettore del Seminario diocesano; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 51/09/D.A.S.-T.), don Bruno Fontana dall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Maria Assunta in Cassano delle Murge all’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia Maria SS. Annunziata in Modugno; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 53/09/D.A.S.-T.), il diacono permanente


CURIA METROPOLITANA Nicola Tamma dall’ufficio di collaboratore della parrocchia Santa Famiglia in Bari all’ufficio di collaboratore della parrocchia S. Pio X in Bari; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 54/09/D.A.S.-T.), il diacono permanente Michele De Leo dall’ufficio di collaboratore della parrocchia S. Antonio di Padova in Bari-Carbonara all’ufficio di collaboratore della parrocchia S. Maria del Fonte in Bari-Carbonara; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 56/09/D.A.S.-T.), il diacono permanente Rocco Gagliardi dall’ufficio di collaboratore della parrocchia S. Nicola in Toritto all’ufficio di collaboratore della parrocchia Santa Maria Assunta in Binetto; - 1 ottobre 2009 (Prot. n. 57/09/D.A.S.-T.), il diacono permanente Pasquale Caiano dall’ufficio di collaboratore della parrocchia S. Maria Assunta in Binetto all’ufficio di collaboratore dell’assistente spirituale dell’Ospedale di Grumo Appula; - 9 ottobre 2009 (Prot. n. 61/09/D.A.S.-T.), mons. Domenico Falco dall’ufficio di parroco della parrocchia Madonna di Pompei in Bari-Carbonara all’ufficio di parroco della parrocchia Santa Maria di Costantinopoli in Bitritto, per nove anni; - 10 ottobre 2009 (Prot. n. 62/09/D.A.S.-T.), don Carlo Cinquepalmi dall’ufficio di vicario parrocchiale della parrocchia S. Nicola in Bari-Torre a Mare all’ufficio di parroco della parrocchia Madonna di Pompei in Bari-Carbonara, per nove anni.

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Laboratorio liturgico-pastorale (19-20 ottobre 2009)

Nei giorni 19-20 ottobre 2009, presso la Casa del clero, si è tenuto il Laboratorio liturgico-pastorale. È il terzo anno che viene programmata questa iniziativa alla quale sono invitati tutti i presbiteri e i diaconi della diocesi. Il Laboratorio si è tenuto dopo l’assemblea diocesana (14 settembre 2009), con l’evidente scopo di consentire ai sacerdoti la ripresa del tema pastorale dell’anno (La centralità della domenica nel cammino dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. L’impegno dei genitori e dei catechisti). Il Laboratorio si è così proposto come una opportunità per favorire il discernimento comunitario, promuovere una maggiore condivisione del progetto pastorale diocesano, orientare verso una più forte sintonia nelle scelte operative. Il primo giorno, mons. Vito Angiuli e mons. Franco Lanzolla hanno animato la riflessione e il dibattito sviluppando il tema sul piano teologico-pastorale. Il secondo giorno, don Felice Jacobellis ha offerto suggerimenti e proposte perché l’itinerario dei fanciulli e dei ragazzi possa trovare nella domenica il suo fulcro e il suo punto di riferimento.

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Intervento introduttorio di mons. Vito Angiuli

La famiglia “chiesa domestica” e il Giorno del Signore 1. Due affermazioni conciliari su “Chiesa domestica” e giorno del Signore «Tutte le loro attività (dei laici), preghiere e iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr 1 Pt 2,5); nella celebrazione dell’eucaristia sono in tutta pietà presentate al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, in quanto adoratori dovunque santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso» (Lumen gentium, 34). «La famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere la cellula prima e vitale della società. E essa adempirà tale missione se, mediante il mutuo affetto dei membri e la preghiera elevata a Dio in comune, si mostrerà come il santuario domestico della Chiesa; se tutta la famiglia si inserirà nel culto liturgico della Chiesa; se infine praticherà una fattiva ospitalità e se promuoverà la giustizia e le buone opere a servizio di tutti i fratelli che si trovano in necessità» (Apostolicam actuositatem, 11).

2. Due principi teologico-pastorali 762 Perché la famiglia viva “secondo la domenica” è necessario che si riscopra il valore del suo essere “icona del mistero” e “Chiesa domestica” nella linea indicata dal Concilio Vaticano II. a) La famiglia “icona del mistero trinitario” 1 La famiglia luogo della presenza del mistero già nella sua costituzio1

Cfr A. PANZETTA, La famiglia icona del mistero. L’illuminazione reciproca tra la realtà familiare e il


CURIA METROPOLITANA ne naturale. L’amore e la relazione tra l’uomo e la donna sono valori sanciti dalla volontà creatrice di Dio e inscritti come elementi costitutivi della loro realtà personale. b) La famiglia “Chiesa domestica”2 Occorre considerare che la famiglia è un modo di essere Chiesa (forma Ecclesiae). Il Concilio Vaticano II considera la Chiesa secondo gradi diversi e complementari: Chiesa universale, locale, parrocchiale, familiare. La famiglia è la Chiesa in miniatura: piccola Chiesa (parva Ecclesia), Chiesa domestica (domus Ecclesiae). Questa connotazione “ecclesiale” della famiglia è molto più di una semplice immagine e rappresenta un vero e proprio “luogo teologico”, un ambito concreto in cui si attua il mistero della salvezza. Sotto questo profilo va sottolineato che, «senza essere una Chiesa locale o particolare, la famiglia cristiana è una vera cellula di Chiesa, perché ritroviamo in essa molteplici realtà essenziali alla stessa costituzione della Chiesa intera: la presenza di Cristo, la missione evangelizzatrice, la vita di preghiera e di carità. Essa rappresenta in qualche misura un’unità fondamentale della Chiesa e ne realizza la presenza concreta in un luogo determinato»3. Va, però, anche evidenziato che la famiglia non rappresenta tutto il

mistero di Dio, Quaderni della Rivista di Scienze Religiose dell’Istituto Teologico Pugliese (Molfetta), vol. VII, Vivere In, Roma 2005. 2 Si può riassumere la dottrina conciliare sul tema della famiglia come Chiesa domestica con queste parole di Erio Castellucci: «Il Vaticano II, riecheggiando l‘espressione di Crisostomo Ecclesia domestica (LG 11) e il suo equivalente “santuario domestico della Chiesa” (AA 11), intende recuperare la pregnanza teologica della “famiglia cristiana”, illustrandola come una sorta di “piccola Chiesa“, che rende accessibili a tutti le caratteristiche della “grande Chiesa”. (…) Non è dunque tanto nella linea neotestamentaria e proto-patristica della domus Ecclesiae che il Vaticano II riprende l’espressione, quanto nella linea tardopatristica e medievale della familia christiana come luogo e testimonianza viva dell’essereChiesa» (R. FABRIS-E CASTELLUCCI (edd.), Chiesa domestica. La Chiesa-famiglia nella dinamica della missione cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo, Milano 2009, p. 202). 3 N. PROVENCHER, Vers une théologie de la famille: l’Église domestique, in “Église et Théologie”, 12, 1981, p. 33.

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mistero della Chiesa ma solo un aspetto. È necessario, pertanto, che essa sia intimamente unita alla comunità parrocchiale e alla Chiesa locale. A tal proposito, Domenico Sartore scrive: «La famiglia è la manifestazione più originaria del mistero della Chiesa, un’immagine in piccolo della Chiesa universale (…). Tuttavia la famiglia cristiana sarà sempre consapevole di essere una chiesa…incompleta: essa non ha l’eucaristia e il sacerdozio ministeriale; è chiamata ad aprirsi alle altre espressioni della Chiesa: sa di essere immagine di una Chiesa pellegrinante e spesso peccatrice, incamminata verso un amore più grande, verso una più totale fedeltà»4.

3. Indicazioni per l’azione pastorale Questi due principi implicano che il modo di intendere il rapporto tra famiglia e comunità cristiana non può essere inteso nella linea di estraneità, di delega o di autosufficienza, ma di circolarità dinamica. La famiglia deve sentirsi strutturalmente legata alla comunità parrocchiale e riscoprire la sua costitutiva funzione ecclesiale e ministeriale; la parrocchia deve essere attenta a sviluppare il “ministero proprio della famiglia” valorizzando la famiglia come l’ambito ecclesiale privilegiato e insostituibile per l’educazione e la trasmissione della fede alle nuove generazioni. a) In tal senso occorre che la comunità cristiana si consideri come famiglia di famiglie. In particolare è necessario che i catechisti e gli operatori pastorali siano i primi a riscoprire e a vivere la vita familiare come Chiesa domestica. Saranno così le famiglie a educare la famiglia. 764

b) Occorre, inoltre, mettere in atto un accompagnamento delle giovani coppie prima e dopo la celebrazione del sacramento del matrimonio. Il tempo del fidanzamento e i primi anni di matrimonio sono un prezioso periodo di apprendistato per comprendere il valore del “sacramento del matrimonio” e per imparare a vivere la vita familiare come una vera esperienza ecclesiale. 4

D. SARTORE, La famiglia “Chiesa domestica”, in “Rivista di Pastorale Liturgica”, 18, 1098, n. 5, pp. 25-30, qui, p. 27.


CURIA METROPOLITANA c) La riscoperta della centralità della domenica passa anche attraverso la valorizzazione degli “eventi” della vita familiare. Questa è il luogo in cui ciò che è stato celebrato nella liturgia dovrebbe essere ripreso, approfondito e vissuto nella quotidianità delle relazioni familiari. La vita familiare è intessuta di tanti momenti e fatti che hanno una particolare importanza, come la nascita e la morte, le tappe della vita, l’assunzione di particolari responsabilità. Nessuno di questi momenti è insignificante. Il collegamento con il rito e la celebrazione aiuta a comprendere il significato più profondo dei gesti che si compiono e il loro legame con la storia della salvezza. Quanto si narra nella Bibbia getta luce sulla vita della famiglia, fa scoprire che gli eventi narrati hanno una loro rilevanza e attualità nel tessuto della vita quotidiana. Si pensi, ad esempio, all’importanza del tempo della gravidanza, dell’evento della nascita e della morte. Si tratta di fatti che, riletti alla luce della Parola di Dio, possono dare origine a una “piccola mistagogia familiare e domestica” per far percepire a tutti i membri della famiglia di trovarsi dentro il “mistero” della vita. d) Occorre inoltre rilevare la circolarità tra rito e vita familiare: il rito liturgico illumina la vita familiare e questa esprime la concretezza della celebrazione liturgica. La famiglia mutua dalla liturgia molti simboli e, viceversa, la liturgia contiene molti simboli della vita familiare (per esempio, il ritrovarsi insieme, l’ascolto e il pasto in comune). Per questo occorre valorizzare il significato “familiare” dei riti e dei simboli liturgici. Per celebrare il mistero di Cristo la comunità utilizza un linguaggio spaziale (la chiesa, il presbiterio, l’altare, l’ambone, il battistero..) e tattile (imposizioni delle mani, unzioni, darsi la mano, baciare…). Anche la famiglia ha i suoi luoghi (casa, salotto, sala da pranzo…) e i suoi gesti (baciare, tenersi per mano, accarezzare…) per vivere il mistero nella vita quotidiana.

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CURIA METROPOLITANA Ufficio Presbiteri

La settimana di formazione del clero (Milano, 26-30 ottobre 2009)

Quest’anno la settimana di formazione del clero si è tenuta a Milano dal 26 al 30 ottobre; hanno partecipato insieme all’Arcivescovo 53 sacerdoti di cui 2 religiosi e un diacono. È stata scelta la diocesi di Milano anche per accogliere l’invito dei responsabili della formazione del clero di Milano che nel novembre 2008 erano stati ospiti nella nostra diocesi con un gruppo di giovani presbiteri. La settimana di formazione è stata vissuta con fraternità tra di noi ma anche con cordiale accoglienza e condivisione di doni ed esperienze ecclesiali, pastorali e presbiterali con alcuni presbiteri della diocesi di Milano che abbiamo avuto la gioia di incontrare e conoscere. La settimana è stata dunque un arricchimento a livello spirituale, ecclesiale-pastorale e culturale. Significativi sono stati i momenti spirituali con la celebrazione eucaristica secondo il rito ambrosiano (in una parrocchia di Cernusco sul Naviglio, nella Basilica di Sant’Ambrogio, nella Basilica di San Simpliciano, nel Seminario Teologico di Venegono e nel Duomo di Milano) e con la preghiera sulla tomba di alcuni testimoni della fede e della carità: sant’Ambrogio, san Carlo Borromeo, beato Carlo Gnocchi, padre Agostino Gemelli, Armida Barelli. A livello ecclesiale e pastorale numerosi e arricchenti sono stati gli incontri di ascolto, condivisione, dialogo e confronto:

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– con il cardinale Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, che ci ha parlato della situazione ecclesiale della diocesi, delle sue ultime lettere e scritti (ci ha fatto dono del testo La Chiesa risplende della luce di Cristo sul mistero della Chiesa e i suoi ministeri nel pensiero di sant’Ambrogio), della creazione delle comunità pastorali per favorire la comunione tra presbiteri e laici e per incrementare la pastorale integrata; – con mons. Redaelli, vescovo ausiliare e vicario generale, che ci ha presentato in modo più dettagliato la diocesi strutturata in zone, decanati, comunità pastorali e parrocchie; – con alcuni presbiteri responsabili di ambiti pastorali (pastorale giovanile, oratorio, caritas, pastorale dei migranti, liturgia) che ci hanno comunicato la gioia, la fatica e l’impegno per rinnovare la pastorale perché risponda alle sfide della società, alle attese dei fedeli, ai bisogni del territorio in una diocesi particolare che si estende in una superficie di 4200 kmq, comprende cinque milioni di abitanti (con 1.100 parrocchie, circa 2000 presbiteri diocesani e circa 800 presbiteri religiosi); – con il rettore maggiore, mons. Maffi, e i responsabili della pastorale vocazionale e della formazione permanente del clero. Significativa è stata la visita al Seminario di Venegono inferiore e l’incontro con i seminaristi. Molto apprezzata dal cardinale e dai sacerdoti di Milano è stata la riflessione che l’Arcivescovo ha tenuto nella basilica di Sant’Ambrogio sul tema “Ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio”(1Cor 4,1). La prospettiva mistagogica del ministero ordinato. Quello che ci ha impressionato è la valorizzazione dei carismi e delle competenze dei presbiteri e dei laici, la capacità di lavorare insieme “per fare bene e fare meglio”, la capacità organizzativa per progettare e realizzare la pastorale a livello diocesano e zonale e anche per gestire le strutture pastorali. Di grande interesse sono stati gli incontri e le visite culturali: all’Università Cattolica Sacro Cuore, alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, alla Biblioteca-Pinacoteca-Accademia Ambrosiana, al Cenacolo di Leonardo da Vinci oltre al ricco patrimonio artistico delle chiese e delle basiliche. Non sono mancati momenti di fraternità tra di noi, necessari per conoscerci e per condividere la nostra vita di presbiteri vista la


CURIA METROPOLITANA diversità di età e di esperienze pastorali. Vivendo questa settimana di formazione (che da anni è proposta a tutti i presbiteri), abbiamo valorizzato un’esperienza significativa in questo anno sacerdotale, con l’auspicio che quanto abbiamo visto e ascoltato sia stimolo per la nostra vita personale e il nostro impegno pastorale per uscire dall’individualismo, per non cadere nel pessimismo, per guardarci dal rischio del clericalismo e per guardare il presente e il futuro con fiducia sostenuti dall’esempio dei santi Ambrogio e Carlo Borromeo, pastori intrepidi e instancabili nella testimonianza della verità e della carità. sac. Antonio Serio

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CURIA METROPOLITANA Settore Evangelizzazione. Uffici: Catechistico, Comunicazioni sociali, Missionario, Tempo libero e sport, Chiesa e mondo della cultura

Incontri di formazione (settembre-ottobre 2009)

Presso l’aula “Mons. Mariano Magrassi” in Bari, nei giorni 28–29 settembre 2009 per i catechisti e gli operatori pastorali delle parrocchie dei paesi e nei giorni 30 settembre–1 ottobre 2009 per i catechisti e gli operatori pastorali delle parrocchie della città, dalle ore 18,30 alle ore 20,30 si sono tenuti degli incontri di formazione con la seguente tematica: L’educazione alla fede e alla vita cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Hanno partecipato agli incontri: dalle parrocchie dei paesi 325 persone, dalle parrocchie della città 152 persone. Si sono tenute le seguenti relazioni e comunicazioni: Relazione di mons. Vito Angiuli – Pro-vicario generale: L’urgenza dell’educazione alla fede e alla vita cristiana nella prospettiva mistagogica della pastorale. Relazione della prof.ssa. Marianna Pacucci – sociologa e docente di religione: La Chiesa comunità educante: attenzioni e scelte educative della pastorale. Comunicazione di don Nicola Monterisi – direttore dell’Ufficio Scuola: Educazione alla fede e alla vita cristiana: quale dialogo tra catechisti e insegnanti di religione?

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Comunicazione di don Andrea Favale – direttore dell’Ufficio Missionario: La Giornata missionaria mondiale 2009 In cartella è stata inserita una presentazione di don Carlo Lavermicocca della Lettera ai cercatori di Dio e un contributo dell’Ufficio Catechistico sul tema pastorale dell’anno: La centralità della Domenica nel cammino della iniziazione cristiana: l’impegno dei genitori e dei catechisti.

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Nella relazione L’urgenza dell’educazione alla fede e alla vita cristiana nella prospettiva mistagogica della pastorale mons. Vito Angiuli ha iniziato parlando della sfida dell’educazione oggi e ha posto i seguenti interrogativi e provocazioni: Educare è facile o è difficile? Educare è possibile o impossibile? Educare richiede una capacità pedagogica o è cosa del cuore? Educare è un’arte faticosa o è un’arte gioiosa? Ha quindi parlato della pastorale mistagogica. Ha detto che compito della Chiesa oggi è quello di ripartire dal mistero nel suo significato biblico, liturgico-sacramentale e culturale. Nella prospettiva misterica ha parlato in modo analogico del mistero di Dio, dell’uomo e del mondo: Dio come «mistero personale», immanente e trascendente, visibile e invisibile, vicino e diverso, giusto e misericordioso; l’uomo come animale razionale, spirito incarnato, capace di Dio; il mondo come universo di segni, di figure, di simboli che lasciano trasparire qualcosa del mistero di Dio. Ha parlato, poi, del metodo mistagogico come metodo educativo che parte dal mistero di Dio che è in atto nella storia per mezzo della grazia comunicata da Dio nei sacramenti. Ha poi accennato alla pedagogia di Dio, alla pedagogia di Cristo e alla pedagogia della Chiesa. Ha invitato tutti a lasciarsi educare dal mistero e a educare al mistero, a lasciarsi educare dalla vita e a educare alla vita. Ha concluso parlando della famiglia cristiana “icona del mistero” e proponendo dieci regole per una famiglia “comunità educante”: genitori educatori cioè mistagoghi, educare alla vita, testimoniare la speranza, trasmettere la fede in famiglia, parlarsi in famiglia, il senso dell’autorità: dire sì e dire no, condividere l’interiorità, educare integralmente (affetti, intelligenza, volontà), educare alla fatica, educare all’autonomia. Nella relazione La Chiesa comunità educante: attenzioni e scelte educative della pastorale la prof.ssa Marianna Pacucci ha detto che la comunità cristiana, provocata oggi dall’emergenza educativa o meglio dalla


CURIA METROPOLITANA fame educativa, è chiamata ad ‘evangeducare’, cioè ad assumere la prospettiva dell’evangelizzazione in chiave pedagogica, ad evangelizzare mediante l’educazione, ad educare ponendosi nell’orbita della pedagogia di Dio e di Gesù. Perciò la comunità cristiana è convocata quale protagonista e destinataria allo stesso tempo di un processo di crescita, che chiede disponibilità di conversione, intelligenza dei contenuti educativi, competenza nelle relazioni e nei linguaggi educativi, lungimiranza nell’individuazione delle mete da raggiungere. In questo momento storico, ha continuato la relatrice, l’‘evangeducazione’, intesa come mediazione educativa della pastorale, pone due priorità: quella di aver cura delle nuove generazioni e quella di coinvolgere gli adulti in un cammino di fede permanente. Concludendo, la relatrice ha proposto le seguenti scelte educative per la pastorale della comunità cristiana: passare dalla logica del fare alla logica dell’essere, educandosi a pensare, a significare, a condividere le azioni ordinarie della vita ecclesiale; assumere la reciprocità delle relazioni educative; vivere la disponibilità alla formazione come responsabilità comune; dare importanza alle relazioni interpersonali e alla qualità della comunicazione ecclesiale; ricordare e agire in modo che la missione prenda vita dalla comunione e trovi il suo compimento nella comunione. Educando con amore e lasciandosi amare le comunità cristiane saranno rianimate e si moltiplicheranno le risorse pastorali per una nuova inculturazione della fede. Nella comunicazione Educazione alla fede e alla vita cristiana: quale dialogo tra catechisti e insegnanti di religione? don Nicola Monterisi, dopo aver sottolineato l’urgenza dell’impegno educativo ai nostri giorni, ha parlato del delicato impegno dei catechisti nella educazione della fede perché i fanciulli, i giovani e gli adulti possano dare sempre più responsabilmente il proprio assenso al dono della fede. Quindi ha parlato della specificità culturale dell’insegnamento di religione cattolica regolato dalla legge di revisione del Concordato tra Stato Italiano e Santa Sede del 1929, firmata il 18 febbraio 1984, in cui si riconosce da parte dello Stato l’incancellabile contributo

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culturale dato alla storia del nostro popolo dal patrimonio del cattolicesimo. Don Nicola ha quindi sottolineato la complementarietà della catechesi e dell’insegnamento di religione cattolica, poiché entrambe sono attente a favorire la crescita umana, ciascuna con la propria specificità partendo dalla persona di Gesù. Concludendo, il relatore ha auspicato la collaborazione tra catechisti e insegnanti di religione su temi specifici di carattere pedagogico per opportuni approfondimenti. Nella comunicazione La Giornata missionaria mondiale 2009 don Andrea Favale, direttore dell’Ufficio missionario, ha ricordato che la missione della Chiesa è quella di illuminare con la luce del Vangelo tutti i popoli, anzi la Chiesa deve “contagiare di speranza” tutti i popoli. Il fuoco della missione deve animare l’intera formazione cristiana in tutte le sue tappe e in tutte le sue manifestazioni ed ha proposto di presentare e vivere il sacramento della Cresima come specifico sacramento della missione. Concludendo gli incontri, mons. Angelo Latrofa ha ricordato che l’11 e il 12 gennaio 2010 ci saranno altri incontri di formazione ed ha augurato a tutti un generoso e fecondo anno pastorale. sac. Mario Sarno vice-direttore Ufficio catechistico

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CURIA METROPOLITANA

Mons. Vito Angiuli

L’urgenza dell’educazione alla fede e alla vita cristiana nella prospettiva mistagogica della pastorale

1. La sfida dell’educazione, oggi: interrogativi e provocazioni a) EDUCARE È FACILE O È DIFFICILE? Educare è facile! «In effetti l’educazione dei giovani, come anche una certa formazione permanente degli adulti, sono rese insieme più facili e più urgenti dalle circostanze attuali. Gli uomini, avendo una più matura coscienza della loro dignità e della loro responsabilità, desiderano partecipare sempre più attivamente alla vita sociale, specie in campo economico e politico, d’altra parte gli sviluppi meravigliosi della tecnica e della ricerca scientifica, i nuovi mezzi di comunicazione sociale danno loro la possibilità, anche perché spesso hanno più tempo libero a disposizione, di accostarsi più facilmente al patrimonio culturale e spirituale dell’umanità e di arricchirsi intrecciando tra i gruppi e tra i popoli più strette relazioni. Per questo dappertutto sorgono iniziative atte a promuovere sempre più l’attività educativa; si definiscono e si pubblicano con documenti solenni i diritti fondamentali in ordine alla educazione degli uomini, ed in particolare quelli dei fanciulli e dei genitori; crescendo rapidamente il numero degli alunni, si moltiplicano e si perfezionano le scuole, come pure si fondano altre istituzioni educative; attraverso nuove esperienze si perfezionano i metodi educativi e didattici, e si fanno sforzi davvero grandiosi per educare ed istruire tutti gli uomini,

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anche se è vero che moltissimi sono ancora i fanciulli e i giovani che mancano dell’istruzione di base e tanti altri non hanno quell’educazione completa che sviluppa insieme la verità e la carità»1. No, educare è difficile! «Educare però non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita»2. b) EDUCARE È IMPOSSIBILE O È POSSIBILE?

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Educare è impossibile. «Dentro un tale orizzonte relativistico non è possibile, quindi, una vera educazione: senza la luce della verità, prima o poi ogni persona è infatti condannata a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune»3. «L’educazione sarebbe oggi impossibile perché ancora prima sarebbe stata resa impensabile. Se il significato della realtà (apprehensio entis) è negato all’uomo nel senso che su di essa non può pronunciare un giudizio veritativo, allora diventa impossibile l’educazione. Il tratto distintivo della postmodernità, infatti, è il congedo da ogni fondamento e, al limite, dall’idea stessa di persona, di umanesimo, di educazione. La dissoluzione della realtà e quindi della libertà genera un senso di stanchezza spirituale, di tristezza del cuore»4.

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CONCILIO VATICANO II, Gravissimum educationis, Proemio. BENEDETTO XVI, Lettera sull’educazione. 3 BENEDETTO XVI, Discorso, 6 giugno 2005. 4 UFFICIO NAZIONALE DELLA CEI PER L’EDUCAZIONE LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ - SERVIZIO NAZIONALE DELLA CEI PER IL PROGETTO CULTURALE, Le sfide dell’educazione 1. Manipolazione e artificializzazione, EDB, Bologna 2007, pp. 9-10. 2


CURIA METROPOLITANA No, educare è possibile! «L’abdicazione dei genitori alla loro missione educativa non nasce dalla mancanza di convinzione del dover educare. Nasce dallo scoraggiamento: educare è diventato impossibile. Trattasi di un sentimento di sconfitta di fronte a forze ritenute invincibili e con le quali è meglio “venire a patti” (per es. i mass media). Dobbiamo liberare completamente il nostro cuore da questo senso di impotenza: esso non ha fondamento»5. c) EDUCARE RICHIEDE UNA CAPACITÀ PEDAGOGICA O È COSA DEL CUORE? Educare richiede una capacità pedagogica! La responsabilità maggiore della educazione del fanciullo ricade sui rispettivi genitori, i quali hanno il dovere di creare per i propri figli un ambiente familiare, che oltre a garantire la soddisfazione delle necessità primarie del fanciullo sia anche in grado di trasferire ai propri figli quelle informazioni culturali che lo rendano, un domani, autonomo e produttivo di benessere, per sé e per gli altri. Purtroppo molti genitori non hanno le capacità culturali e professionali per educare i propri figli; di conseguenza la scuola, sia essa paritaria, sia essa statale, si assume il compito della intera educazione e formazione dei figli degli altri. No, educare è cosa del cuore! «In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall’altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita. Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi. Studiamoci di farci amare, di

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C. CAFFARRA, Famiglia ed educazione, Incontro con i genitori dei cresimati di Bologna, 28 marzo 2004, in www.cafarra.it.

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insinuare il sentimento del dovere del santo timore di Dio, e vedremo con mirabile facilità aprirsi le porte di tanti cuori ed unirsi a noi per cantare le lodi e le benedizioni di Colui, che volle farsi nostro modello, nostra via, nostro esempio in tutto, ma particolarmente nell’educazione della gioventù»6. d) EDUCARE È UN’ARTE FATICOSA O È UN’ARTE GIOIOSA? Educare è un’arte faticosa! «Educare è faticoso e presuppone anche l’umiltà di richiedere aiuto a tutto il contesto familiare e a quello sociale, buono e sano, che abitiamo. Da soli i genitori non possono farcela. Devono però ergersi a controllori attenti sia nello scegliere, sia nel vigilare, gli educatori che li aiutano, non senza dimenticare che essi genitori hanno sulle loro spalle l’ultima responsabilità in termini di educazione»7. No, educare è un’arte gioiosa! «L’educazione è un’arte gioiosa, non può essere un lavoro forzato. Nemmeno può essere motivata in se stessa da un fine di lucro, ma soltanto dalla creazione armoniosa e felice il più possibile di un persona umana»8.

2. La pastorale mistagogica

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1. UNA INDICAZIONE DI CONTENUTO: RIPARTIRE DAL MISTERO «Nel contesto della società odierna, spesso chiusa alla trascendenza, soffocata da comportamenti consumistici, facile preda di anti-

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DON BOSCO, Lettere. F. SCAPARRO, psicoterapeuta, Genitori e figli, “Corriere della sera”, lunedì, 24 agosto 2009. 8 C. M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, Centro ambrosiano di documentazione e studi religiosi, Milano 1987, pp. 73-74; cf C. GHIDELLI, L’educazione è un’arte gioiosa, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1989. 7


CURIA METROPOLITANA che e nuove idolatrie e, nel contempo, assetata di qualcosa che vada oltre l’immediato, il compito che attende la Chiesa in Europa è impegnativo ed insieme esaltante. Esso consiste nel riscoprire il senso del «mistero»; nel rinnovare le celebrazioni liturgiche perché siano segni più eloquenti della presenza di Cristo Signore; nell’assicurare nuovi spazi al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione; nel ritornare ai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, quali sorgenti di libertà e di nuova speranza»9. La categoria mistero «offre alla teologia un terreno di dialogo non solo con le scienze umane, ma in certa misura anche con le scienze naturali. In pochi ambiti della sua esperienza scientifica, infatti, l’uomo percepisce il mondo come qualcosa di dato, di “donato”, qualcosa la cui razionalità e bellezza fanno appello alla sua ragione e al suo spirito, e sono dunque capaci di rimandare ultimamente all’esistenza di un “mistero” di cui l’uomo non possiede le chiavi. Va certamente precisato che la nozione di mistero è qui impiegata in modo analogico, perché Dio, l’uomo e il mondo non sono mistero nello stesso senso; eppure abbiamo a che fare con livelli di realtà fra loro connessi, le cui modalità di comprensione sono gerarchicamente ordinate e si aprono verso livelli progressivamente superiori»10. a) Chi è Dio? Tipi attuali di resistenza alla fede Un Dio indecifrabile e imperscrutabile (agnosticismo) Un Dio incredibile (razionalismo illuminista) Un Dio insopportabile e indesiderabile (vitalismo) Un Dio proteiforme (sincretismo)

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GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, 69 G. TANZELLA-NITTI, Teologia e scienza. Le ragioni di un dialogo, Paoline, Milano 2003, p. 10. Dello stesso autore vedi la voce Mistero in G. TANZELLA-NITTI-A. STRUMIA, Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, Urbaniana University Press, vol. I, Città Nuova, Roma 2002, pp. 978-990.

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La prospettiva misterica considera Dio come un “mistero personale”, immanente e trascendente (intimior intimo meo, superior summo meo), visibile e invisibile, vicino e diverso, giusto e misericordioso… b) Chi è l’uomo? L’uomo virtuale «Non si stanno sostituendo agli uomini reali, radicati in determinate culture e religioni, degli uomini virtuali, talmente mobili da non avere più ancoraggio e da diventare oggetti inconsapevoli delle manipolazioni più subdole perché invisibili?»11. L’uomo vegetale «Nessun uomo è un vegetale, e di nessuno si può decidere la morte per fame e per sete. Il sottosegretario alla Salute Francesca Martini torna sul caso di Eluana Englaro, sottolineando che “abbiamo una donna che si trova in uno stato che non è vegetativo, non accetto che si assimili una persona a un vegetale, ha funzioni fisiche regolari, respira autonomamente, viene soltanto alimentata e idratata artificialmente come tantissime persone in questo paese: siamo tutti Eluana o potenzialmente Eluana. La sentenza - sottolinea Martini, a margine di una conferenza stampa al ministero - la considero una sentenza di morte: togliere alimentazione naso-gastrica significa far morire di fame e di sete un essere umano, e si rischia una deriva di tipo economicista del paziente, potrebbe aprire un varco su chi vale la pena economicamente curare e chi no, una cosa di una gravità assoluta sul piano etico».

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L’uomo macchina «Noi ci saremo come pezzi di macchine o pezzi di materiale indispensabile alla macchina: da quel momento come uomini saremo eliminati»12. L’uomo animale «È forse ora di riformulare la definizione aristotelica dell’uomo come animale razionale; l’uomo non è un animale razionale ma un animale che vorrebbe essere razionale. Zòon logisti-

11 P. VALADIER, Modernità, mondializzazione e culture, in R. PAPINI (a cura di), Globalizzazione: conflitto di civiltà, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, p. 300. 12 G. ANDERS, Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze 1995, p. 60.


CURIA METROPOLITANA kòn può anche significare “animale che parla”, senza specificare la sensatezza di quello che l’uomo dice»13. La prospettiva misterica considera l’uomo come animale razionale, spirito incarnato14, capax Dei (immagine e somiglianza con Dio). La questione antropologica, oggi Il card. Camillo Ruini nella lectio magistralis tenuta al prestigioso Collegio San Carlo di Milano ha affermato: «Nella cultura di oggi, sta cambiando di significato quella definizione classica dell’uomo come “animale razionale” (di origine aristotelica ma poi corroborata e internamente potenziata dall’idea ebraico-cristiana dell’uomo come immagine di Dio, che ha retto attraverso i secoli la nostra civiltà). La tendenza delle scienze empiriche considera invece l’uomo come un oggetto, come tale conoscibile e misurabile attraverso le forme dell’indagine sperimentale (…) Questo approccio è certamente legittimo, anzi indispensabile per il progresso della conoscenza e della cura di noi stessi, ad esempio per la cura delle malattie fisiche e mentali. Quando però, cedendo a un tipo più o meno nuovo di scientismo, si considera quella scientifica come l’unica forma di conoscenza del nostro essere che sia davvero valida e universalmente proponibile, si finisce con il negare che l’uomo sia anzitutto e irriducibilmente soggetto ossia persona, il quale, proprio nella sua intrinseca e ineliminabile soggettività, non può mai essere totalmente oggettivato e non può essere conosciuto adeguata781 13

«Perciò è chiaro che l’uomo è un animale più socievole di qualsiasi ape e di qualsiasi altro animale che vive in greggi. Infatti, secondo quanto sosteniamo, la natura non fa nulla invano, e l’uomo è l’unico animale che abbia la favella: la voce è segno del piacere e del dolore e perciò l’hanno anche gli altri animali, in quanto la loro natura giunge fino ad avere e a significare agli altri la sensazione del piacere e del dolore; invece la parola serve a indicare l’utile e il dannoso, e perciò anche il giusto e l’ingiusto. E questo è proprio dell’uomo rispetto agli altri animali: esser l’unico ad aver nozione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e così via» (Aristotele, Politica, in Politica e Costituzione di Atene di Aristotele, a cura di C. A. Viano, U.T.E.T., Torino 1995, pp. 66-67). 14 L. LUCAS RAMÒN, L’uomo spirito incarnato. Compendio di filosofia dell’uomo, San Paolo 1997.


mente attraverso le scienze empiriche (…). All’interno di queste coordinate culturali, che sopprimono la differenza essenziale dell’uomo dal resto della natura e tendenzialmente lo riducono a un oggetto, diventa assai difficile, o meglio logicamente impossibile, mantenere quel primato assoluto della persona umana, per il quale essa (e solo essa) ha una dignità assoluta e inviolabile, e va considerata e trattata, per usare le parole di Emanuele Kant, sempre come un fine e mai come un mezzo (…). È chiaro che se cambia il nostro concetto di uomo, e a maggior ragione se dovesse cambiare la realtà stessa dell’uomo, cambia a sua volta il concetto di educazione ed entrano in crisi, o comunque in grande movimento, tutti i nostri parametri educativi. A mio parere - afferma il cardinale - è proprio questo ciò che sta avvenendo, anche se per ora molti non se ne rendono conto». Nella prospettiva della formazione della persona, secondo il card. Ruini «va anche inquadrata la questione forse più controversa e dibattuta in ambito educativo: quella del rapporto reciproco tra libertà e disciplina». c) Cosa è il mondo? physis (realtà divina capace di dar vita a una infinità di cose) natura (infinità potenzialità del reale che l’uomo può conoscere e sfruttare secondo i suoi disegni, i suoi progetti, i suoi desideri) cosmo (realtà informe a cui viene dato un ordine e un’armonia) creato (realtà che riceve vita, energia, ed esistenza dall’amore e dalla misericordia di Dio) La prospettiva misterica considera il mondo come un universo di segni, di figure, di simboli che lasciano trasparire qualcosa del mistero di Dio 782 2. UNA INDICAZIONE DI METODO Quale metodo educativo? Da dove partire nell’educazione: dalla situazione di fatto, dai problemi, dalle domande o dalla verità dottrinale, dai contenuti veritativi, dai principi dogmatici? Dal basso o dall’alto, dal metodo induttivo o da quello deduttivo? Il metodo mistagogico segue un’altra via: parte dal mistero di Dio


CURIA METROPOLITANA che è in atto nella storia, dal “dono ricevuto”, dalla grazia che già è stata comunicata o che Dio vuole comunicare. La pedagogia di Dio: pedagogia della condiscendenza (DGC 139) — parole ed eventi — cammino progressivo La pedagogia di Cristo: pedagogia della esemplarità (DGC 140). È opportuno innanzitutto tenere conto del “modo di agire di Gesù”: il suo modo di compiere i miracoli (fede, azione, parola cfr Gv 9,1-41); il suo modo di educare i discepoli (il richiamo al progetto originario di Dio: «Da principio non fu così» Mt 19,8; cfr Mc 10,5); il suo modo di presentarsi ai discepoli dopo la risurrezione (presenza, parola, segno, missione: cfr Lc 24, 13-35; Gv 20; 19-29; 21, 1-14). La pedagogia dello Spirito: pedagogia della santificazione o della maturità cristiana (DGC 1429) — integrale ed efficace La pedagogia della Chiesa Tenendo conto del modo di agire di Gesù durante la sua vita pubblica e soprattutto dopo la sua risurrezione e richiamando alcune indicazioni proposte nel Rinnovamento della catechesi, si possono indicare i seguenti aspetti del metodo mistagogico: — continuità con la pedagogia di Dio, di Cristo e dello Spirito (DGC 141) — Cristo/Spirito, mistagoghi del mistero del Padre (RdC 82); — educazione integrale (sensibilità, intelligenza e volontà). Cristo introduce progressivamente nell’esperienza/conoscenza del Padre (RdC 32, 117); — educazione come azione “sintetica” perché richiama sempre il kerigma e aiuta a comprendere l’unità del mistero di Cristo (RdC 113-114); — educazione come ritrovare il centro e l’armonia del tempo (l’anno liturgico è la storia della salvezza in atto; la domenica è la sintesi della storia della salvezza; l’eucaristia è il nucleo centrale della sintesi; essa racchiude tutta la vita cristiana (RdC 46, 116);

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— un modello concreto di “conformazione” a Cristo (RdC 38); — l’educatore è un mistagogo cioè una persona che “ha visto e ha sperimentato” il mistero di Dio (RdC 115). c) Educati dal mistero, educare al mistero Ci preoccupiamo esclusivamente di una formazione alla liturgia, dimenticando che dobbiamo preoccuparci anche di essere formati dalla liturgia. Significa che non possiamo preoccuparci semplicemente di preparare ai sacramenti e dimenticando che si è anche formati dai sacramenti. — opus Dei / opus Ecclesiae (azione di Dio/ azione della Chiesa) — memoriale (di Dio e della Chiesa: Ricordati! Memores, Domine!) — ripresentazione / ripetizione / attualizzazione — actuosa participatio come unità la lex orandi, lex credendi lex agendi — traditio, receptio,redditio

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d) Educati dalla vita, educare alla vita L’educazione «deve mirare alla perfezione integrale della persona umana, al bene della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell’ammirazione, dell’intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale e di coltivare il senso religioso, morale e sociale»15. La Lettera ai cercatori di Dio parte da alcune domande presenti nella vita che ruotano intorno a questi temi: felicità e sofferenza, amore e fallimenti, lavoro e festa, giustizia e pace, la sfida di Dio16. Anche il V Convegno di Verona ha preso in esame cinque aspetti: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza. — la via della verità ossia la gioia del riconoscimento del senso ultimo delle cose e la meraviglia che suscita la scoperta della profonda unità di tutto ciò che esiste;

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Gaudium et spes, 59. COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Lettera ai cercatori di Dio. 16


CURIA METROPOLITANA — la via della bellezza, l’estasi che produce nel cuore e nella mente dell’uomo la contemplazione dello splendore della forma; — la via dell’amore, l’irresistibile desiderio di relazione e di unione con l’altro diverso da sé; — la via dei valori (giustizia, pace, solidarietà), lo struggente anelito a un mondo rinnovato e riconciliato; — la via della debolezza, l’accettazione consapevole del senso di caducità e di fragilità che fa capolino in ogni momento dell’esistenza17; la via del sacrificio e della sofferenza, il riconoscimento del dolore come un valore fondamentale della vita umana18.

3. Dieci regole per una famiglia “comunità educante” La famiglia è icona del mistero e per questo è l’ambiente educativo più appropriato per la proposta valoriale e la trasmissione della fede19. La grazia sacramentale suggella il patto coniugale, lo rende immagine del rapporto tra Cristo e la Chiesa conferendo ai coniugi il carisma dell’educazione, ossia una speciale capacità di essere la prima scuola di vita, di preghiera e di introduzione all’esperienza della fede.

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«Sfuggire alla debolezza significherebbe sfuggire alla potenza di Dio che è all’opera solo in essa. Dobbiamo dunque imparare a dimorare nella nostra debolezza, ma armati di una fede profonda, accettare di essere esposti alla nostra debolezza e nello stesso tempo abbandonati alla misericordia di Dio. Solo nella nostra debolezza siamo vulnerabili all’amore di Dio e alla sua potenza.. Dimorare nella tentazione e nella debolezza: ecco l’unica via per entrare in contatto con la grazia e per diventare un miracolo della misericordia di Dio» (A. LOUF, Sotto la guida dello Spirito, Qiqajon, Magnano (BI) 1990, p. 51). 18 «Soffrire con l’altro, per gli altri; soffrire per amore della verità e della giustizia; soffrire a causa dell’amore e per diventare una persona che ama veramente – questi sono elementi fondamentali di umanità, l’abbandono dei quali distruggerebbe l’uomo stesso» (BENEDETTO XVI, Spe salvi, 39). 19 Cfr A. PANZETTA, La famiglia icona del mistero. L’illuminazione reciproca tra la realtà familiare e il mistero di Dio, Quaderni della Rivista di Scienza Religiose dell’Istituto Teologico Pugliese (Molfetta), vol. VII, Vivere In, Roma 2005.

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Questa missione costitutiva della famiglia, però, potrà realizzarsi se saranno rispettate alcune condizioni. 1. Educatori cioè mistagoghi Innanzitutto, si richiede che i genitori vivano la grazia sacramentale ricevuta con la celebrazione del loro matrimonio. Per loro si deve applicare lo stesso principio che vale per ogni cristiano: la grazia sacramentale fonda e sostiene la specifica vocazione di ogni credente in Cristo. Ad essa bisogna rimanere fedeli, perché l’amore coniugale diventi la “dimora” nella quale la persona viene educata: quello che è l’utero della donna per il concepimento fisico e il primo formarsi del bambino è l’amore coniugale per l’educazione cristiana. 2. Educare alla vita Ciò che blocca la trasmissione dei valori tra le generazioni non è tanto l’incoerenza pratica, la contraddizione tra il pensare e l’agire, retaggio della fragilità umana, ma la sfiducia nelle possibilità di aderire alla verità. Come giustamente afferma Benedetto XVI «alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita»20. In questa situazione diventa difficile educare perché si percepisce che la vita è fondata sul nulla, sul vuoto, sull’assenza di significato, che essa è in contraddizione con se stessa e che tutto sia fondato sulla menzogna. Educare non consiste solo nel dovere di mostrare una coerenza tra la parola e la vita, ma soprattutto nel far percepire che la vita è un bene assoluto e incommensurabile.

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3. Testimoniare la speranza Occorre che i coniugi mantengano un rapporto sereno col futuro, si protendano all’avvenire con sguardo fiducioso, vivano l’apertura alla speranza21. Non si può educare, se manca un orizzonte di valori da indicare e da promuovere. 20

BENEDETTO XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione. «A fondamento di tutto però deve esserci la fiducia. Persino ciò che non è bene deve essere inserito in essa. Altrimenti, le cose semplicemente non vanno» (R. GUARDINI, L’educazione, in Id., Etica, cit., p. 899). 21 Cfr «L’anima dell’educazione può essere solo una speranza affidabile» ((BENEDETTO XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione). Vedi anche G. CATALFAMO, Fondamenti di una pedagogia della speranza, La Scuola, Brescia 1986; P. FREIRE, La pedagogia della speranza, EGA, Torino 2008.


CURIA METROPOLITANA 4. Trasmettere la fede in famiglia Dalla casa alla Chiesa dalla Chiesa alla casa. Fondamentale e ineliminabile è il compito affidato alla famiglia di trasmettere la fede cristiana. Non si tratta semplicemente di insegnare preghiere, di recitare formule, di imparare i comandamenti; non è una trasmissione astratta o teorica di un sapere religioso. La trasmissione della fede è qualcosa di molto più radicale e profondo perché fa parte integrante della comunicazione affettiva. Un figlio che cresce respirando un sano ambiente affettivo si apre fiducioso alla vita, agli altri, a Dio; in una parola, impara la fede. Infatti, la fede non è semplicemente un contenuto, ma è primariamente una relazione, un rapporto vitale, un legame amoroso con Dio padre. 5. Parlarsi in famiglia È un esercizio che contiene in sé numerosi risvolti umani, quali l’ascoltare, l’incoraggiare, il valorizzare, il coinvolgere. La famiglia dovrebbe essere il luogo della confidenza e dell’accoglienza; il luogo dove non si teme di essere se stessi fino in fondo e senza maschere, dove nessuno ha paura di esternare i propri sentimenti, dove ognuno si sente importante per ciò che è e per quello che dice. 6. Il senso dell’autorità: dire “sì” e dire “no” Una delle principali caratteristiche del rapporto educativo è senz’altro l’esercizio dell’autorità. Il vero senso dell’autorità sembra essere quello dell’autorevolezza. L’autorevolezza, frutto di esperienza e di competenza, consiste nell’affascinare e nel rassicurare l’altro con la propria esistenza adulta, matura e coerente». “Se mi vuoi bene, dimmi di no!”. L’amore non consiste in un buonismo vago e indifferenziato, ma in un’autentica ricerca del bene dell’altro. Ma il bene dell’amato si raggiunge anche dicendo dei “no”. Occorre imparare a dire dei “no”, cioè trovare il modo e il momento più opportuno per insegnare il limite. 7. Condividere l’interiorità La condivisione della propria vita interiore costituisce uno degli

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aspetti più profondi e costruttivi del dialogo in famiglia, tra marito e moglie, tra genitori e figli e tra fratelli. La comunicazione, se vuol essere completa e autentica, non può limitarsi a ragionamenti, opinioni, notizie da dare all’altro, ma deve arrivare ad essere un “dire se stessi”, chi sono io, ciò che provo, quello che sento di fronte a fatti ed avvenimenti. 8. Educazione integrale (affetti, intelligenza, volontà) La formazione integrale chiede che siano attivate l’esperienzialità, la creatività, l’affettività, l’intersoggettività, la capacità di comprensione, di giudizio, di decisione, di azione senza che nessuno di questi elementi vada a discapito degli altri, cosa che avrebbe come logica conseguenza uno sviluppo incompleto e carente della persona. «Infatti se ci si limita al far fare esperienze si ha l’esperienzialismo; se si sottolinea solo il comprendere si ha l’intellettualismo; se si danno solo giudizi invitando le persone ad assumerli come veri si ha il moralismo; se si insiste solo sulla scelta si ha il volontarismo; se si opera enfatizzando il livello dell’amore, separato dagli altri, si ha il sentimentalismo»22. 9. Educare alla fatica In un mondo che esalta il benessere e assolutizza il piacere, parlare di educazione alla fatica e di impegno serio e laborioso può sembrare davvero fuori luogo. In che cosa consiste l’educazione alla fatica? Sostanzialmente in questo: porre davanti ai figli obiettivi realistici, sostenerli nella volontà di raggiungerli, confermare i risultati raggiunti, trasformare le sconfitte in acquisizioni positive aiutandoli ad un sano recupero dell’insuccesso. 788

10. Educare all’autonomia Uno degli obiettivi primi e fondamentali del compito educativo dei genitori è proprio quello di aiutare i figli a diventare adulti, cioè ad essere autonomi e autosufficienti. Chi si sente accettato e desiderato costruisce dentro di sé un solido nucleo di personalità che gli permette una sufficiente autonomia e indipendenza di fronte al mondo. Il punto forse più delicato dell’opera educativa è trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. 22

P. TRIANI, Che cosa significa educare?, “Servizio della Parola”, 330, settembre 2001, p. 21.


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Marianna Pacucci

La Chiesa comunità educante. Attenzione e scelte educative della pastorale La Chiesa italiana va riflettendo, in questo periodo, sull’emergenza educativa, o meglio, sulla fame educativa che la società contemporanea presenta anche alla comunità cristiana come ‘in-vocazione’ silenziosa ma viva, che parte dalla pletora dei poveri in educazione che abitano le città, ma stentano ad essere consapevolmente e responsabilmente persone, cittadini di questo mondo, cercatori di Dio. ‘Pro-vocata’ da questo bisogno che non sempre si traduce in domanda, la comunità ecclesiale è chiamata a giocarsi non nella capacità di dare risposte efficaci, ma di assumere la prospettiva dell’evangelizzazione in chiave pedagogica: evangeducando è il neologismo che dice come reinterpretare la missione della Chiesa in questo terzo millennio: evangelizzare mediante l’educazione, educare ponendosi nell’orbita della pedagogia di Dio e di Gesù. Si tratta di affrontare un compito, che la comunità credente ha sempre affrontato, ma che talvolta è stato affidato soltanto all’azione catechistica intesa come mera trasmissione di un pacchetto di verità e dogmi estranei a qualsiasi rimodulazione, che esprimesse nuove mediazioni culturali. Oggi vi è l’urgenza di un recupero sostanziale: la consapevolezza che l’educazione è un impegno comunitario e non soltanto individuale, permanente e non confinabile ad una particolare età della vita, aperto alle sfide della progettazione umana e non semplicemente teso alla custodia della tradizione. La comunità ecclesiale è perciò ‘con-vocata’ quale protagonista e destinataria allo stesso tempo di un processo di crescita, che chiede disponibilità di conversione, intelligenza dei contenuti educativi, competenza nelle relazioni e nei linguaggi educativi, lungimiranza nell’individuazione delle mete da raggiungere.

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Tutta la pastorale viene così ad essere percorsa da questa attenzione: una pastorale che da sempre è inscritta nella capacità di offrire con il Vangelo la possibilità di restituire ad ogni persona, e soprattutto ai piccoli e agli ultimi, un’apertura all’oltre che possa rilanciare e sostanziare la speranza di diventare persone e non essere soltanto individui, di dare senso alla vita, di sperimentare la gioia di vivere con gli altri e per gli altri, di pensare con la propria testa e di fare esperienza di libertà, di celebrare la vita e di custodirla profeticamente nella barbarie dei tempi. Questo itinerario di salvezza deve essere toccato con mano da chiunque, i bambini come gli adulti, attraverso una passione educativa della comunità cristiana che tocca tutte le espressioni e condizioni dell’esistenza umana. L’educazione è, in questa prospettiva, il lievito della carità, così come la carità è il lievito dell’educazione. Tutto questo non può essere riservato ad una dimensione spiritualistica o intellettualistica della fede, ma impregna la dimensione comunitaria della Chiesa, modellandola sulla dimensione delle famiglie, che incontrano la parrocchia mediante la partecipazione dei bambini agli itinerari dell’iniziazione cristiana. L’educazione è, pertanto, il leitmotiv della concreta esperienza della comunità cristiana all’interno di un territorio particolare, nel tempo della ferialità e della quotidianità della gente, così come nel tempo della festa solenne propria della liturgia, nell’ambito di un’esperienza istituzionale e comunitaria, qual è, storicamente, la parrocchia, che, insieme alla Parola e al Pane della vita, si fa testimone fragile, ma convinta della solidarietà umana verso tutte le situazioni in cui emerge la difficoltà di comprendere e orientare l’esistenza umana verso Dio. Si tratta, allora, di avviare e realizzare un percorso di cambiamento della vita pastorale, che parte dalla disponibilità a stare nella storia, in questa storia con amore e simpatia, con la consapevolezza che la Chiesa non è di fronte, ma dentro le mutazioni e le lacerazioni culturali e sociali del presente e che si sviluppa nell’attenzione e nel servizio educativo alle persone, perché possano costruire o ricostruire la loro dignità grazie all’annuncio che Dio educa prendendosi cura di ogni persona che ama e chiama per nome. Questo servizio riguarda tutti, quale che sia il carisma e il compito esercitato per il bene della comunità, ma, ovviamente, vede i cate-


CURIA METROPOLITANA chisti in prima linea, quali protagonisti di una ricerca di Dio che è educazione dell’intelligenza e dell’affettività ed esperienza di un modo rinnovato di essere e non soltanto di un modo consolidato di sapere e di fare: «Ispirandosi in continuità alla pedagogia della fede, il catechista configura il suo servizio come qualificato cammino educativo, ossia da una parte aiuta la persona ad aprirsi alla dimensione religiosa della vita e dall’altra propone a essa il Vangelo, in maniera tale che penetri e trasformi i processi di intelligenza, di coscienza, di libertà, di azione, così da fare dell’esistenza un dono di sé sull’esempio di Gesù Cristo» (Direttorio catechistico generale, 147). In questo momento storico l’evangeducazione, intesa come mediazione educativa della pastorale, pone due priorità – avere cura delle nuove generazioni, perché si sta esaurendo sia la memoria, che la profezia cristiana, all’interno di una trasmissione religiosa che è sempre meno significativa e incisiva nell’integrazione fra la fede e la vita; il disorientamento etico del presente, peraltro, non è una questione che riguarda solo gli adulti e i giovani, ma ha radici profonde nel mondo dell’infanzia e della preadolescenza e nella fluidificazione del processo di crescita che dovrebbe portare all’adultità; – coinvolgere gli adulti in un cammino di fede permanente, per aiutarli ad uscire da un’identità religiosa spesso infantile o comunque lacunosa e incoerente, sia sul piano delle convinzioni, che su quello della partecipazione liturgica, che nelle espressioni della condivisione e della carità fraterna. Gli adulti, peraltro, hanno bisogno di riscoprire la loro forte responsabilità nei ruoli famigliari e professionali, da cui, in definitiva, dipende la temperatura pedagogica dell’ambiente sociale. Da questo punto di vista, la catechesi dei fanciulli non può più essere considerata, come è avvenuto negli anni più recenti e come viene rilevato da numerose indagini socio-pastorali, come una sorta di alfabetizzazione di massa, che porta a trasferire nelle nuove generazioni un generico sentimento religioso e un’approssimativa conoscenza della fede cristiana. È, invece, un impegno delicatissimo, perché deve fondare un’attenzione e dare vita ad una matrice cultura-

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le, che possano consentire, nel tempo futuro, la volontà di continuare in prima persona la ricerca di Dio, la capacità di decodificare le informazioni relative alla dimensione religiosa che verranno ulteriormente messe a fuoco, le competenze necessarie ad orientarsi nel campo della complessità culturale e religiosa, assumendo una posizione culturale ed etica che non sia indefinita o sincretista. La misura dell’efficacia dell’azione pastorale, oggi, è, dunque, tutta in questa scommessa: se è vero che tutta la comunità parrocchiale deve fare propria una rinnovata prassi operativa “pedagogico-pastorale” che sia simultaneamente “spinta pastorale” e “intelligenza pedagogica”, ai catechisti dei fanciulli spetta il compito delicatissimo di avviare un processo che faccia convergere e interagire l’educazione e l’evangelizzazione, mediante lo “squisito esercizio di maternità ecclesiale”. Le parrocchie sono davvero disponibili a chiamare a tale ministerialità i loro elementi migliori, partendo dal presupposto che la catechesi dei bambini non è un un’impresa quantitativamente rilevante, ma un investimento qualitativamente fondamentale per la cristianità del futuro? Occorre credere con tutte le forze che, all’interno della parrocchia, l’azione educativa può diventare particolarmente efficace, perché essa è il luogo concreto in cui si attivano i processi educativi, le relazioni tra le generazioni, l’iniziazione cristiana, coinvolgendo la famiglia, ambiente primario della formazione della persona. La chiesa educante, inoltre, può farsi servizio alla gente, entrando nel circuito di rete che si compone progressivamente nella realtà territoriale, contrastando le sue tentazioni di anonimato e di disgregazione sociale con proposte e prassi di solidarietà a quanti vivono con fatica il cammino di formazione della propria umanità o lo vedono minacciato da esperienze di limite e di fragilità. È chiaro che questo itinerario non è esente da incertezze e fallimenti, per il travaglio del cambiamento ambientale in atto, per la perdita di identità culturale della comunità ecclesiale, per la fatica di armonizzare i tanti percorsi formativi al suo interno, per la scarsa consapevolezza degli operatori di operare a nome della comunità. Vi è dunque da crescere insieme, per costruire comunità credibili, per percepirsi come soggetto unitario rappresentativo di tutte le componenti, per condividere tra tutti l’impegno educativo di chie-


CURIA METROPOLITANA sa, per porsi in dialogo fecondo con il mondo esterno. Sul piano metodologico, occorre accettare – uno stile sinodale che arricchisca i percorsi verso la costruzione di identità cristiana matura; questo significa che tutte le azioni ecclesiali devono essere ricondotte ad una comune ispirazione pedagogica e divenire segno di una proposta educativa trasparente e incisiva; – la sfida di allargare gli spazi della corresponsabilità pastorale, dando ai laici la possibilità di esprimere al meglio le potenzialità educative che, tenute in allenamento nella vita domestica e professionale, possono divenire, nella luce della fede, competenze mature nel mettere in pratica la pedagogia di Dio.

Tutti devono essere coinvolti nella conversione teorico-pratica per la pastorale della comunità educante; tutti possono confrontarsi con alcune istanze fondamentali nel lavoro educativo odierno: – transitare dalla logica del fare alla logica dell’essere, educandosi a pensare, a significare, a condividere le azioni ordinarie della vita ecclesiale; – assumere la reciprocità delle relazioni educative: il confine che separa l’educando e il suo educatore è sempre meno netto e rigido; – vivere la disponibilità alla formazione come responsabilità comune che serve a far sentire ciascuno valorizzato nella vita della comunità; – dare importanza a relazioni interpersonali e alla qualità della comunicazione ecclesiale, con fondamento comunionale-comunitario; – ricordare e agire in modo che “la missione prenda vita dalla comunione e trovi il suo compimento nella comunione”. La Chiesa educante ha dunque a cuore l’organicità dell’offerta e dell’azione educativa e si sforza perché la pastorale catechistica possa diventare l’avamposto di una missionarietà che si rivolge agli adulti (soprattutto quelli che esprimono compiutamente una vocazione famigliare), perché “si lascino educare per imparare a educare”.

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Solo così, e non certamente per motivi strumentali, possono davvero essere rianimate e moltiplicate le risorse pastorali della comunità, superando il settorialismo, la specializzazione degli educatori o il loro utilizzo secondo forme improprie di “carriera”, soprattutto la tentazione di chiudersi dentro la comunità ecclesiale per proteggere la proposta e l’esperienza cristiana. Al contrario, gli operatori della catechesi diventano i sensori di un lavoro di frontiera, perché sono chiamati a metabolizzare gli elementi di forza e le fragilità culturali della realtà ambientale e ad offrire mediazioni pedagogiche tese a realizzare, con il contributo di tutti, una nuova inculturazione della fede. Tutto questo è possibile se la parrocchia, cuore palpitante e missionario nel territorio, educa con amore e si lascia amare; questo vale soprattutto nel riferimento ai poveri, agli emarginati, ai lontani: «una comunità col volto di famiglia, costruita attorno all’Eucaristia e alla domenica, forte delle sue membra più deboli, in cui le diverse generazioni si frequentano, dove tutti hanno cittadinanza e contribuiscono ad edificare la civiltà della verità e dell’amore».

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CURIA METROPOLITANA

don Nicola Monterisi

Educazione alla fede e alla vita cristiana: quale dialogo tra catechisti e IdR 1. Introduzione Emergenza educativa, sfida educativa, il coraggio di educare, alleanza per l’educazione sono slogan ricorrenti degli ultimi tempi che sottolineano la particolare attenzione dettata da un’urgenza dei giorni nostri. Educare è stato sempre facile nel tempo passato? No. Ma pare che le difficoltà che ieri appartenevano alla fisiologia dell’impegno educativo, oggi siano diventate patologia. L’allarme non è di maniera. Quanti, tra i più attenti studiosi nei campi della pedagogia, psicologia, sociologia, si interessano di questi temi denunciano concordemente il bisogno di un impegno particolarmente significativo cui far fronte. Il recentissimo rapporto-proposta redatto dal Comitato per il progetto culturale della CEI (presentato nel volume La sfida educativa, ed. Laterza) elenca gli ambiti educativi interessati da tale impegno: famiglia, scuola, comunità cristiana, lavoro, impresa, consumo, mass-media, spettacolo, sport. Le preoccupazioni non sono dell’ultimissima ora. Sappiamo che già i Padri Conciliari, oltre che essersi interessati in altri documenti del Concilio Vaticano II di problemi legati all’educazione (Gaudium et spes e Apostolicam actuositatem in particolare) hanno redatto uno specifico documento interamente dedicato ai problemi dell’educazione – la Gravissimum educationis, appunto –. Eravamo al 1965! Sempre in campo ecclesiale, la Commissione episcopale CEI per l’educazione cattolica, la cultura, la scuola e l’università nel documento Per la scuola del 1995, così indicava l’impellente bisogno di

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occuparsi più attentamente dell’educazione dei giovani: «Le trasformazioni che stiamo vivendo, così rapide e sconvolgenti; le tensioni e i conflitti, armati o di tipo sociale ed economico, che ogni giorno mietono le loro vittime; le tecnologie, sempre più potenti e sempre meno controllabili, che l’umanità si trova a disposizione; il degrado ambientale e lo sperpero delle risorse naturali, ci avvertono che il pianeta Terra avrà un futuro solo se verrà riconosciuta la centralità della persona umana e se ci saranno uomini capaci di dominare e guidare i processi della vita personale e sociale... Si tratta di pensare alla formazione di una umanità nuova. Si tratta di capire che il futuro è legato alla scelta dell’educazione» (n. 2). Queste affermazioni, quindici anni fa, sembravano forse molto pessimistiche. Ma oggi si rivelano profetiche. Fin dall’inizio del suo pontificato, papa Benedetto XVI insiste frequentemente nell’indicare la necessità di interessarsi di quella che ripetutamente chiama “emergenza educativa”. L’emergenza indica una situazione di pericolo. Recentemente (5 maggio 2009) la Congregazione vaticana per l’educazione cattolica ha inviato ai presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo una lettera sull’insegnamento della religione nella scuola e la CEI ha deciso di dedicare il prossimo decennio della Chiesa italiana al tema dell’educazione. Educare è, dunque, più che mai un impegno per tutti. 2. Differenza tra catechesi e IRC

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a) Il n. 5 del CCC così definisce la catechesi: «La catechesi è un’educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana»(cfr n. 18 della CT di Giovanni Paolo II). Attenti: educazione della fede e non alla fede. È una differenza non da poco – sempre ricorrente in questi dibattiti – che ci aiuta ad approfondire il tema che affrontiamo. Sembrerebbe che Giovanni Paolo II voglia affermare che, essendo la fede un dono, non può esservi nessuna azione umana che possa iniziare alla fede. Quest’azione, tutt’al più, può educare ad


CURIA METROPOLITANA implorare la grazia per approfondire, radicare, allargare la fede di ragazzi, giovani, adulti al fine – questo sì – di vivere sempre più una vita che sia testimonianza della fede professata. La catechesi, dunque, aiuta a dare sempre più responsabilmente il proprio assenso al dono della fede. Si ritiene sempre meno opportuno, d’altronde, parlare di catechesi per “l’iniziazione ai sacramenti” ma si ritiene più opportuno affermare che tutti siamo “iniziati” alla fede dai sacramenti, a conferma che solo la Grazia sacramentale continuamente genera in noi la fede. E’ ben per questo che Origene si rifiutava categoricamente di fare catechesi a quanti non avevano fede. Il delicato impegno dei catechisti, quindi, si rivolge a quanti dichiarano di professare la fede cattolica, si impegnano ad approfondirla sistematicamente secondo percorsi opportunamente stabiliti e si verificano con continuità in gruppi ecclesiali sotto la guida di un responsabile, al fine di adeguare le proprie scelte di vita. Se la vita è l’ambito in cui si testimonia la fede, la comunità è il luogo nel quale se ne celebrano i riti. b) E l’IRC? La constatazione che il CCC non ne dà alcuna definizione è sufficiente a farci capire che esso è altra cosa rispetto alla catechesi. Cosa è l’IRC bisogna ricercarlo nei documenti magisteriali e nella normativa statale che ne ha favorito l’inserimento nei programmi di ogni ordine e grado di scuola. La legge di revisione del Concordato tra Stato italiano e Santa Sede del 1929, firmata il 18 febbraio 1984, riconosce da parte dello Stato italiano l’incancellabile contributo culturale dato alla storia del nostro popolo dal patrimonio del cattolicesimo. È un riconoscimento di valore profondissimo. Lo Stato laico, cioè, riconosce che è impossibile leggere la storia del popolo italiano ignorando i principi del cattolicesimo. Ignorare ciò non solo falsifica l’interpretazione di ogni forma di arte ma anche impedisce l’interpretazione di molte forme di vita sociale e poli-

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tica perché anche la legislazione italiana sia a livello nazionale che locale contiene valori cattolici. Di qui la proposta offerta ai genitori di poter liberamente scegliere l’insegnamento della religione cattolica per i propri figli in ogni ordine e grado di scuola. Alla specificità di questo insegnamento è garantita la natura di disciplina scolastica uguale alle altre, con le quali interagisce per favorire la riflessione sulle grandi domande di senso (da dove vengo? dove vado? è possibile la giustizia? come e dove trovare la pace?). La specificità culturale dell’IRC, inoltre, offre i codici indispensabili per decodificare i segni della storia. Ha detto tra l’altro Benedetto XVI all’ assemblea degli IdR convenuti a Roma da ogni parte d’Italia il 25 aprile 2009: «L’insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia... Porre al centro l’uomo creato ad immagine di Dio è, in effetti, ciò che contraddistingue quotidianamente il vostro lavoro, in unità d’intenti con altri educatori ed insegnanti... La dimensione religiosa, infatti, è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita... Grazie all’insegnamento della religione cattolica... si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto e ad affinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro... La dimensione religiosa rende l’uomo più uomo». Così concepita, è accettabile l’accusa fatta all’IRC di catechesi di Stato? Avvalersi dell’IRC, quindi, non presuppone una dichiarazione di fede, tanto che si diffonde sempre più nella scuola italiana la presenza di ragazzi di altre etnie e religioni che gradiscono essere presenti durante le lezioni di religione cattolica. 3. Complementarietà delle due esperienze Le due esperienze (catechesi e IRC) sono, quindi, complementari perché entrambe attente a favorire la crescita umana, ciascuna con la propria specificità partendo dalla persona di Gesù.


CURIA METROPOLITANA Nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza di quanti loro affidati è auspicabile la collaborazione tra catechisti e IdR su temi specifici di carattere pedagogico per opportuni approfondimenti. È chiaro che tale collaborazione sarà più favorita nelle località dove più facilmente sono presenti le due figure dei catechisti e degli IdR e che insieme individuano i bisogni e le attese del proprio territorio. Oggi questa esperienza dialogica è rarissima nelle nostre comunità. È necessario, a mio parere, individuare una nuova dimensione del servizio alla persona, che nasce da una collaborazione non necessariamente legata da momenti di incontro fisico tra le due figure, ma anche usando tecnologie moderne che favoriscano incontri virtuali ma produttivi. Per il maggior bene di tutti.

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CURIA METROPOLITANA Settore Evangelizzazione. Ufficio Missionario

Le iniziative diocesane per la Giornata missionaria mondiale (18 ottobre 2009)

Vangelo senza confini è il tema guida della Giornata missionaria mondiale 2009 che si estende al mese di ottobre, all’intero anno e magari a tutta la vita. È un invito anzitutto a riconoscere il bene ricevuto nella personale esistenza; rendersi conto che siamo amati: questa è una “bella notizia” (Vangelo), che dà forza sempre, ovunque. Quando l’autore di ogni bene, di ogni bontà, di ogni bellezza è il Signore Gesù, la forza d’amore non si può contenere, perché naturalmente e necessariamente esplode senza confini. «Le nazioni cammineranno alla sua luce» (Ap 21, 24): è l’amore che illumina. Il nostro papa Benedetto XVI con il suo messaggio ci accompagna nel «contagiare di speranza tutti i popoli» con la luce dell’amore. Quest’anno la Giornata missionaria mondiale, che ricorre nella penultima domenica di ottobre, è stata celebrata in tutte le parrocchie della diocesi il 18 ottobre. A livello diocesano, l’Ufficio missionario e il Centro diocesano vocazioni hanno organizzato giovedì 8 ottobre, presso la parrocchia Buon Pastore in Bari, l’adorazione vocazionale missionaria sul tema “Venite a vivere di Gesù, per potere vivere con Lui”. Durante la celebrazione, i delegati delle parrocchie hanno portato all’altare oggetti e suppellettile liturgica da inviare ai missionari tramite l’Opera Apostolica delle Pontificie Opere Missionarie. Su iniziativa dell’Ufficio missionario, la ricorrenza della Giornata

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missionaria mondiale è stata annunciata alla cittadinanza barese con l’affissione di manifesti nei quartieri della città. Inoltre, domenica 25 ottobre, per tutto il giorno, nella galleria del Centro commerciale Mongolfiera di Bari-Japigia, l’Ufficio missionario diocesano ha allestito uno stand con distribuzione gratuita di materiale informativo e proiezione di filmati sulle missioni. Moltissimi i visitatori che hanno mostrato interesse alla manifestazione e che si sono soffermati per chiedere maggiori informazioni. L’iniziativa è stata realizzata grazie alla dimostrata disponibilità della direzione del Centro commerciale Mongolfiera di BariJapigia, alla collaborazione dell’Associazione onlus “Mondo antico e tempi moderni” e della direzione della ditta Euronics, operante nel centro commerciale, che ha messo a disposizione gratuitamente un televisore. Per tutto il mese di ottobre, infine, è stata allestita nel Seminario arcivescovile, sempre su iniziativa dell’Ufficio missionario, una mostra missionaria sul tema “Farsi tutto a tutti” del concorso missionario “Don Franco Ricci” – edizione 2009 – con l’esposizione dei lavori premiati degli studenti delle scuole elementari, medie e superiori che vi hanno partecipato. dott. Mario Conforti Centro Missionario Diocesano

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CONSIGLI DIOCESANI Consiglio Presbiterale diocesano

Verbale della riunione del 18 marzo 2009

Il giorno 18 marzo 2009, alle ore 9.30, presso il salone della Casa del Clero in Bari, si è riunito il Consiglio Presbiterale diocesano, convocato e presieduto dall’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci. Sono presenti: il vicario generale mons. Domenico Ciavarella, il pro-vicario mons. Vito Angiuli e i vicari episcopali: don Candeloro Angelillo, don Ubaldo Aruanno, mons. Vito Bitetto, p. Giulio Doronzo O.F.M. Cap., mons. Angelo Latrofa. Sono assenti: don Angelo Cassano, don Luciano Cassano, don Gaetano Coviello, don Vito Manchisi, don Vito Marziliano, don Vito Marotta, p. Leonardo Di Pinto O.F.M., p. Mauro Paternoster C.S.S., p. Giuseppe Capriati O.F.M., p. Mariano Bubbico O.F.M. Cap., p. Rosario Scognamiglio O.P. All’ordine del giorno: 1. La dimensione comunitaria del ministero presbiterale a livello vicariale e diocesano. 2. Varie ed eventuali. Dopo la preghiera dell’ora media, l’Arcivescovo comunica lo stato di salute di alcuni presbiteri e ricorda don Olindo Del Donno e p. Danilo Panato, stimmatino, che sono deceduti. Mons. Angiuli comunica alcune iniziative e proposte che riguardano la vita diocesana e la formazione dei presbiteri.

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Si chiede il parere ai membri del Consiglio circa la scelta dei vicariati in cui si svolgerà la visita pastorale nell’anno 2010; vengono indicati i vicariati terzo e quarto. Si chiede anche il parere circa la scelta del tema per l’anno pastorale 2009-2010 e le modalità di realizzazione. Dopo diversi interventi, si è concordi nel continuare a riflettere sul tema di quest’anno: “La Domenica nel cammino di iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi”, evidenziando maggiormente la dimensione della catechesi, la corresponsabilità dei genitori e dei catechisti, la realizzazione di sperimentazioni pastorali. Inoltre per gli anni successivi viene proposta una riflessione sulle scuole cattoliche presenti nella nostra diocesi. Si comunica che nel mese di aprile ci sarà la riunione congiunta del Consiglio Pastorale diocesano e del Consiglio Presbiterale per ricordare i venti anni del Centro Studi storici (1989-2009) e i venticinque volumi della collana: Per la storia della Chiesa di Bari. Si passa al primo punto dell’o.d.g. e il vicario generale mons. Ciavarella introduce il tema della comunione presbiterale, presentando i membri dell’Ufficio Presbiteri, il cui direttore è mons. Francesco Colucci, vicario episcopale per il clero, le finalità dell’ufficio e il lavoro che si sta svolgendo attraverso incontri mensili. Dopo aver vissuto gli incontri nei vicariati nei mesi di gennaio e febbraio, mons. Ciavarella evidenzia tra gli aspetti positivi: la presenza unanime e interessata dei presbiteri e dei diaconi all’incontro, alla mensa e alla celebrazione eucaristica, l’accoglienza da parte di diverse comunità religiose presenti nei vicariati e la partecipazione dei laici. Il vicario generale presenta alcune considerazioni. La comunione presbiterale nasce dal sacramento dell’Ordine da accogliere e vivere non solo come dono ma anche come impegno a sentirsi parte del presbiterio a livello effettivo e affettivo. La comunione presbiterale è segno di credibilità nei confronti dei laici, ma è anche necessaria per un’azione pastorale comune ed efficace; tale comunione non deve essere qualcosa di emotivo legato a rapporti amicali che sono comunque importanti, ma deve essere motivata da una forte spiritualità e carità fraterna che unisce le diverse generazioni di presbiteri dai più giovani agli anziani. Il vicario generale cita mons. Cacucci che nelle visite ai vicariati nel 2003 (cfr Bollettino Diocesano, n. 1, 2003, pp. 153-154) aveva ribadito:


CONSIGLI DIOCESANI «Le esperienze di vita comune nella nostra Diocesi sono state e sono tuttora diverse, connesse o no alla casa canonica. Certo, molto cammino resta da percorrere, iniziando col coltivare la mentalità dello stare insieme e la gioia del ritrovarsi, col sentire interiormente il bisogno dell’altro e il desiderio di cercarlo, col nutrire una grande stima reciproca e accogliere l’altro come dono; quindi, organizzarsi per vivere momenti di fraternità presbiterali, dalla preghiera al pasto comune tra presbiteri, così come suggerito dal Sinodo (n. 132), nel rispetto sempre dell’autonomia e della libertà proprie del presbitero diocesano». Inoltre l’Arcivescovo aveva precisato che: «la casa canonica non è la casa del parroco, ma dei sacerdoti; una casa canonica vuota o adibita ad altre finalità, sia pure pastorali, è un controsenso. È fondamentale per un presbitero la vita di comunione anche per un suo equilibrio psichico e affettivo». Mons. Ciavarella ricorda le comunità-segno e le esperienze presenti in diocesi da valorizzare; le comunità sono: la Casa del clero, il Seminario arcivescovile, la canonica della Cattedrale in Bari, Casa Betania in Cassano Murge, la canonica della Concattedrale in Bitonto. Le esperienze di comunione presbiterale e di formazione sono: ritiri mensili unitari e vicariali, settimana di formazione per il decennio (giugno) e per tutti i presbiteri (ottobre), laboratorio di pastorale, formazione del biennio e del decennio, incontri di fraternità nelle parrocchie (esperienza nella parrocchia S. Croce in Bari). Bisogna valorizzare il vicariato e le case canoniche del paese o dei quartieri della città per vivere concretamente la comunione presbiterale. Si ricorda che il papa Benedetto XVI indirà l’anno sacerdotale (19 giugno 2009-11 giugno 2010) in occasione del 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, il curato d’Ars. Alcuni (don Aruanno, don Romita, don Gramegna, don D’Urso, don Castoro) evidenziano la necessità di vivere momenti di fraternità e di comunione informali aperti a tutti e di valorizzare i momenti che già ci sono e di programmare qualche esperienza

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comune per l’anno sacerdotale; altri (don Moro, don Decaro, don Carone) sottolineano l’importanza dell’autoformazione e dello scambio di riflessioni e di esperienze pastorali su particolari tematiche; altri (don Favale, mons. Ladisa, don Serio) ribadiscono la cura e l’attenzione alla persona in particolare impegnandosi nel creare legami tra presbiteri più giovani e anziani; altri (don Fazio, don Mario Castellano) affermano che la comunione presbiterale è fondata e motivata non sugli incontri e sulle cose da fare ma sul modo di vivere la fraternità, l’aiuto reciproco, sentendosi compagni di viaggio più che maestri, valorizzando i carismi e le competenze di ciascuno e non sentendosi autoreferenziali e autosufficienti nella vita presbiterale e pastorale. Viene evidenziata l’opportunità che anche i giovani presbiteri valorizzino e facciano riferimento alle esperienze di vita comune presenti in diocesi. L’Arcivescovo a conclusione interviene ricordando l’incontro vissuto con i religiosi il 3 marzo a S. Fara in Bari e sottolinea l’amore che i religiosi hanno per la Chiesa locale (nonostante la loro mobilità) e la comunione e collaborazione con il vescovo e i presbiteri diocesani. L’Arcivescovo chiede di essere aiutato a recepire i bisogni dei presbiteri circa la comunione e la formazione, ma anche di avere la volontà di partecipare alle esperienze che già si realizzano da anni e che talora vedono alcuni assenti. Bisogna valorizzare gli organismi di comunione e di partecipazione (Consiglio Pastorale diocesano e vicariale, Consiglio Presbiterale, Ufficio Presbiteri, case diocesane e case canoniche) e anche il ruolo dei vicari zonali, che hanno il compito di far crescere le positività e di fare attenzione alle difficoltà e ai disagi che vivono i presbiteri per cercare di trovare una soluzione possibile e condivisa. La riunione si conclude alle ore 12.40 con la preghiera dell’Angelus e la preghiera alla Beata Elia di San Clemente nel terzo anniversario della beatificazione. Il segretario sac. Antonio Serio


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FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI - FONDO DI SOLIDARIETÀ ANTIUSURA

Relazione socio-pastorale del Presidente

Premesse «Con la grazia del Signore, e solo con essa, possiamo sempre nuovamente sperare che il futuro sia migliore del passato»: così il Santo Padre nel primo Angelus dell’anno 2009. Ci lasciamo alle spalle un annus terribilis, mentre camminiamo con tante incertezze legate ad avvenimenti di difficile valutazione: una crisi economica di portata mondiale. Per troppo tempo si è creduto che i segnali provenienti dagli USA fossero solo un fatto “domestico”, cioè interno, relegato alla loro economia finanziaria e che solo tangenzialmente avrebbe interessato anche noi. Per troppo tempo abbiamo creduto di essere al riparo da una vera crisi economica, perché convinti, anche per colpa di un’informazione “addomesticata”, di operare in un sistema bancario e finanziario sani. Ancora oggi, come se fosse fondamentale per rilanciare l’economia mondiale, si discute sulla differenza tra la crisi del ’29 e quella odierna. In realtà, a differenza del ’29, l’attuale crisi ci mostra il funzionamento del mondo globalizzato. Non è un caso se in pochi giorni dalla crisi dei mutui americani essa si è irrimediabilmente estesa in tutto il mondo.

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Secondo alcuni esperti, si tratta di recessione che durerà almeno un anno e forse più; tutto dipenderà dalle capacità di reazione dell’economia mondiale. Molti paesi pensano che mettendo in atto strategie interventistiche e protezionistiche, quali misure di breve periodo, si possa risolvere il problema. Quasi tutti, però, concordano di dare maggiore impulso all’economia stimolando l’aumento dei consumi. In verità, anche nel ’29, in primis l’America, attuando misure protezionistiche, fece sì che la crisi durasse per molti anni. Questa volta per uscire dalla crisi è chiamata a collaborare tutta la comunità economica mondiale. Alla speranza economica degli americani, bisogna che si accompagni la speranza e l’impegno di tutti per costruire un futuro migliore, come ha ricordato il Santo Padre nel primo Angelus del 2009. La crisi economica attuale offre una grande opportunità: costruire un’economia nella quale c’è l’uomo al centro e non la finanza invisibile della quale si vedono solo preoccupanti effetti con le pensioni ferme da molti anni (1992), precari che hanno perduto anche quel poco che avevano, cassa integrazione che avanza a più non posso e migliaia di licenziamenti. Per dirla con le parole di don Luigi Sturzo: «manca un’etica effettiva che, sulla scia della dottrina sociale della Chiesa, riscopra la centralità della persona e l’importanza del suo lavoro, nello stretto rispetto della libertà individuale». Nostro malgrado abbiamo dovuto fare i conti con dei termini poco conosciuti nel nostro linguaggio ordinario: mutui subprime, derivati, reverse mortgage, ma che ben presto sono diventati molto noti perché all’origine di tutti i nostri mali. Ad oggi una cosa è certa: la crisi colpisce maggiormente le fasce più deboli della popolazione e i popoli maggiormente esposti alle oscillazioni dei mercati e quindi ostaggio di eventi irrazionali come questi. Tutti comunque, devono fare i conti con le scadenze delle bollette o delle rate, con le spese per il cibo e le medicine, sempre nel timore che qualche altro imprevisto metta in discussione la distribuzione delle già scarse risorse. Occorre ritrovare il senso del limite, rilanciare uno stile di vita ispirato alla sobrietà, rivalutare il concetto stesso della solidarietà, che non


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA riguarda certo solo la finanza e l’economia ma ancor più una visione della persona all’interno della comunità civile, familiare, lavorativa ed ecclesiale che la cultura consumistica ignora colpevolmente e che le casse dello Stato penalizzano con interventi normativi e legislativi in netta contraddizione: un aumento delle cause di indebitamento (es. azzardo) e fondi per assistere gli indebitati (es. accesso ad un mutuo di 5.000 euro per le famiglie che nel 2008, 2009 e 2010 hanno un figlio). In un simile contesto, avanzano le disuguaglianze sociali. Il gap tra le classi sociali, la distanza economica tra i ricchi e i poveri, aumenta e secondo l’ultimo rapporto OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), l’Italia è al sesto posto in questa classifica. Se tale distanza cresce del 12% in media OCSE, l’Italia guida il gruppo con un aumento del 30%. Ciò spiega la flessione dei prodotti a medio e basso prezzo e la resistenza di prodotti ad alto prezzo. Questo significa che il 10% dei più abbienti possiede il 42% della ricchezza totale. Il reddito medio del 10% degli italiani più poveri è di circa 3.770 euro, mentre il reddito medio del 10% degli italiani più ricchi è di circa 41.500 euro, notevolmente superiore alla media OCSE. Argomento a sé, è la fluttuazione dei tassi bancari. Si è passati da situazione di vero panico allorché sono arrivati al 4,25%, così come stabilito dalla BCE, ad una situazione, quella odierna, in cui i tassi sono all’1,50% e si stima debbano ancora scendere, nella speranza che l’economia riparta. Un livello così basso del tasso “euribor” sotto il 2%, non si era mai visto. È necessario ripartire; ma chi deve ricominciare a far da treno? Gli USA, paese tradizionalmente votato a far questo, è in panne, afflitto da problemi strutturali tipici del suo sistema finanziario-bancario. I nostri dati sulla produzione industriale sono disastrosi, le ore di cassa integrazione sono 10, 20 volte superiori rispetto allo scorso anno, i lavoratori licenziati non si contano più. L’anno trascorso ci ha visti seriamente impegnati a moderare il disagio di chi aveva contratto mutui a tasso variabile, la cui rata men-

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sile, per gli alti tassi d’interesse, era diventata insopportabile. Ci siamo attivati a trasformarli a tasso fisso, ma la caduta vertiginosa dei tassi ha portato ad una situazione paradossale e cioè, che tali pattuizioni risultano, in questo momento, estremamente penalizzanti. Tutte le analisi di aumenti dei costi delle famiglie sono saltate per effetto del continuo turbinio prezzi petrolio, prezzi materie prime, e poi gas, Enel, riscaldamento, mutui … . Si deve ripartire dall’economia familiare. Servono interventi strutturali mirati ad interrompere la spirale dell’indebitamento delle famiglie che si autofinanziano attraverso cessioni del quinto dello stipendio, col ricorso a società finanziarie, debiti verso parenti ed altro per affrontare il tranquillo menage familiare ordinario. In testa a tutte le preoccupazioni, la rata del mutuo. Se è vero che oltre il 75% degli italiani è proprietaria di case è anche vero che molti lo sono perché hanno stipulato un mutuo. In Puglia, il 13% delle famiglie, secondo i dati forniti dal prof. Fiasco, che ha condotto uno studio sull’indebitamento delle famiglie, ha un mutuo che incide sul debito familiare per il 28% del reddito. Nel rapporto è interessante osservare che il deficit di bilancio corrente di ogni famiglia avviene: ogni giorno per spesa alimentare; a scadenze ravvicinate per il pagamento di utenze, polizze assicurative, tasse comunali o statali; per eventi improvvisi per spese mediche, guasti abitazione; per consumi non essenziali irresistibili come la telefonia, l’azzardo e i trattenimenti. Secondo notizie acquisite presso la sezione delle esecuzioni immobiliari del Tribunale Civile di Bari e di altri Tribunali, si prevede che i pignoramenti e le esecuzioni potrebbero crescere ulteriormente oltre il 23% rispetto all’anno precedente. I dati da noi raccolti recentemente a Bari indicano che nel 2006 vi sono stati iscritti 756 nuovi pignoramenti; nel 2007 ben 930, con un aumento del 23% ed infine, in tutto il 2008 1038, che paragonati al 2006 corrisponde ad un balzo del 37%. Una riflessione si impone: quanti sacrifici fatti per acquistare una casa e poi perderla per le suaccennate ragioni? Per noi queste osservazioni sono sempre motivo di profondo disagio, perché riteniamo il bene della casa prioritario rispetto a tutti gli altri. Quasi due milioni di famiglie sarebbero a rischio insolvenza. Non ci stupiamo quando poi vengono pubblicati i dati della Caritas ita-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA liana che, con la Fondazione Zancan, presenta ogni anno il Rapporto sulla povertà. L’emergenza, si legge nell’ultimo, riguarda ormai 15 milioni di persone, quindi non solo i sette milioni e mezzo ufficialmente sotto la soglia di povertà, ma altrettanti che si collocano poco sopra, sono da considerare ad alto rischio. «Assistiamo in questi giorni a montagne di soldi pubblici che con il giusto accordo di tutti, corrono al capezzale della grande finanza o della grande impresa. Perché non fare altrettanto per chi lotta quotidianamente per sopravvivere?» ci si chiede nel Rapporto. Ancora una volta, la Chiesa si mobilita. Nella sua omelia durante la Santa Messa di Natale, il card. Tettamanzi, Arcivescovo della Diocesi di Milano, affermava: «può dirsi etica una economia che non metta al centro l’uomo ma solo il profitto? Tutti siamo invitati a cambiare uno stile di vita basato sul consumismo per tornare ad una Santa Sobrietà (torna il concetto di sobrietà tante volte richiamato dal magistero del Papa e del card. Bagnasco per la Chiesa italiana) segno di giustizia, prima ancora che di virtù». La diocesi di Milano ha stanziato una considerevole somma di danaro a disposizione di famiglie indigenti per il pagamento delle rate dei mutui ma anche per il disagio connesso alla difficoltà di arrivare alla seconda o terza settimana senza indebitarsi. Altre diocesi, come Foggia, Lanciano-Ortona, ecc., stanno seguendo questo esempio. In particolare la Conferenza Episcopale Italiana, al termine dell’Assemblea di gennaio, per mezzo del suo segretario nazionale mons. Mariano Crociata, ha annunciato la prossima istituzione di un fondo nazionale per aiutare le famiglie in difficoltà per il pagamento delle rate dei mutui, che serva a fronteggiare le attuali preoccupazioni delle persone e delle famiglie, per sostenerle e accompagnarle verso la via d’uscita dell’attuale crisi. Nell’occasione mons. Crociata ha affermato: «Davanti alla situazione economica che va incontro ad una grande crisi, i vescovi italiani intendono rafforzare le Caritas diocesane e parrocchiali, da tempo impegnate per aiutare i più deboli. Pertanto hanno stabilito

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di intraprendere un’iniziativa straordinaria che avrà come destinatarie le famiglie». Anche lo Stato pare voglia mobilitarsi. Nel testo di legge presentato alla Camera, il cosiddetto Mille Proroghe si chiede la disponibilità delle Regioni per attuare un piano di salvataggio delle famiglie, stanziando danaro già disponibile. Si parla di otto miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali. Quando e con quale efficacia e in che modo avverrà l’attuazione è al momento tutto da stabilire.

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Sovraindebitamento delle famiglie Unitamente a quanto esposto in premessa, non potevamo sottacere la ponderosa relazione del prof. Fiasco, presentata in occasione dell’assemblea della Consulta nazionale a Genova il 26 giugno 2008. Traspare in essa la necessità di spesa responsabile, cioè compatibile con il progetto di promozione della famiglia. E’ ciò che noi predichiamo negli ascolti quotidiani in Fondazione, quando ci si trova di fronte al prototipo di famiglia monoreddito, con coniuge a carico o con figli disoccupati, con anziano convivente ed apportatore di reddito. Un rilievo deve far riflettere: molti finanziamenti sono possibili, grazie alla pensione della persona anziana. Dai dati si evince che circa il 20% delle famiglie ha un debito nel bilancio. Al primo posto nelle cause è il consumo di beni non durevoli; segue l’onere per il mutuo casa e l’azzardo. Da ciò derivano le sfide, che lo stesso card. Bagnasco, Presidente della CEI, individua come «sfide di oggi, che costituiscono il terreno in cui viene coltivata la più perniciosa delle conseguenze», quella che il Santo Padre Benedetto XVI non ha esitato a definire «l’infamia dell’usura che annienta la vita dei miseri». Da parte nostra, offriamo aiuto, perché le fasce più deboli, vengano di nuovo inserite nel più ampio tessuto sociale, facendoci carico di una missione educativa attraverso il tutoraggio, consistente nell’assistenza assicurata anche dopo l’erogazione del finanziamento. Possiamo tranquillamente affermare che quando ciò si realizza, l’assistito percorre, unitamente al suo tutor, la strada dell’assolvimento del proprio debito, attraverso azioni di sostegno e di collegamento con le banche.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA In Fondazione tante famiglie si presentano “frantumate”, però dopo aver intrapreso un cammino ispirato ai valori umani e cristiani, acquistano valore di famiglie di nuovo unite. Concludiamo il capitolo famiglia, citando il disegno di legge n.770 del sen. Centaro che istituisce la procedura di insolvenza anche per le famiglie, ammettendo la presenza di un accordo di ristrutturazione del debito da parte del debitore che non è più in grado di poter far fronte con regolarità alle proprie obbligazioni. Tale accordo può anche prevedere la cessione dei redditi futuri che va sottoscritto da terzi, in veste di garanti, provvisti di beni propri. La Fondazione, unitamente alla Consulta nazionale, sta approntando le opportune osservazioni, soprattutto per il ricorso all’art. 14 della Legge 108/96 che non prevede l’accesso delle famiglie al Fondo di solidarietà. Questa richiesta sarà presentata e commentata ufficialmente alla Commissione Giustizia del Senato il 17 marzo 2009 da padre Massimo Rastrelli e da mons. Alberto D’Urso, rispettivamente presidente e segretario della Consulta Nazionale Antiusura durante l’udienza richiesta e concessa. Attività e prospettive della Fondazione S. Nicola e SS. Medici Siamo stati nelle scuole di ogni ordine e grado; abbiamo sempre risposto con entusiasmo a chi ci ha invitato a trattare dell’usura e dell’estorsione; abbiamo partecipato a numerose trasmissioni televisive di rilevanza nazionale e locale; abbiamo pubblicato articoli, interviste su quotidiani e riviste locali e nazionali; abbiamo organizzato e partecipato a conferenze, convegni, tavole rotonde, cercando di offrire sempre informazioni, consigli e orientamenti sulla prevenzione, sulla solidarietà, sull’educazione alla legalità e al tutoraggio. Abbiamo ascoltato con piacere quanto affermato da un relatore e membro del mondo accademico e della cultura barese, il prof. Gaetano Veneto in una tavola rotonda organizzata alla Camera di Commercio di Bari: «è giusto attribuire alla Fondazione un “rating” a livello d’investimento lodevole che vada incontro alle esigenze dei cittadini…».

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La Fondazione ha prestato ogni attenzione anche nei confronti di coloro che hanno chiesto aiuto solo pochi giorni prima della vendita della casa di abitazione, a seguito di procedura di pignoramento immobiliare. Con estremo altruismo, tante volte, facendo ricorso a tutte le risorse disponibili, si è attuata una vera e propria task-force di volontari, che hanno coinvolto i responsabili degli istituti bancari, giudici dell’esecuzione, creditori, legali delle parti, per evitare che tante persone perdessero il bene della casa. E questo non solo per quanto riguarda il territorio barese ma tutto il territorio pugliese. Nel corso dell’anno 2008 delle 47 pratiche bancarie erogate, circa 20 hanno riguardato l’estinzione di una procedura esecutiva immobiliare gravante sulla casa di abitazione. A tutti costoro abbiamo donato la serenità e la sicurezza di aver risanato una situazione patrimoniale altrimenti insanabile. Non senza una punta di orgoglio, è giusto sottolineare questa difficile solidarietà ispirata al messaggio evangelico dell’amore. Ancora una volta registriamo le parole di apprezzamento che il Presidente della Corte di Appello di Bari, dott. Vito Marino Caferra, ha avuto verso la Fondazione nella relazione sull’amministrazione della giustizia nel 2008, elogiando l’opera svolta: «nel campo della prevenzione e della lotta all’usura, pur in presenza di notevoli difficoltà» (cfr Relazione p. 110 – All. n. 4). Nell’impegno di educazione alla legalità, registriamo notevoli risultati per aver convinto non poche persone alla denunzia. Per alcuni nostri assistiti che hanno fatto denunzia è scattato il programma di protezione personale. La Fondazione si è costituita parte civile in non pochi processi a fianco delle persone che hanno sporto denunzia. Questo a sottolineare come, da parte della Fondazione, le persone non vengono mai abbandonate a se stesse, ma incoraggiate sul piano dell’attenzione legale, anche con sostegno economico ed alimentare durante il periodo delle indagini. Nei loro confronti l’operato della Fondazione si è manifestato in una duplice azione: - in primo luogo, con la concessione di un contributo, prelevato dai Fondi della solidarietà della Fondazione per mettere a loro disposizione gratuitamente un legale per seguirli nella denuncia e nel fare


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA domanda alla Prefettura per poter godere dei benefici ex art. 14 della Legge 108/96; - in secondo luogo, con l’attuare un programma di sostegno a favore dell’interessato e della sua famiglia che prevede una elargizione economica, sia per favorire la ripresa dell’attività professionale, sia per non far mancare i supporti alimentari necessari per vivere. Ad oggi, i suddetti interventi ammontano a 30.000 euro per 20 interventi di assistenza legale, oltre 100.000 euro per anticipazioni di sussistenza e oltre 3.000 euro per i supporti alimentari. Fondamentale e imprescindibile è stata ed è la collaborazione dei volontari. Alcuni di loro si sono avvicendati in Fondazione. Li ricordiamo con grata riconoscenza, anche perché se momentaneamente hanno dovuto, per motivi condivisibili, sospendere la loro collaborazione, resta nel cuore di tutti la testimonianza della loro disponibilità e del loro impegno… con la nostalgia di riprendere servizio appena possibile. Salutiamo contemporaneamente i nuovi volontari che sono subentrati più numerosi al loro posto, animati sempre dalla volontà di mettersi a disposizione di chi ha più bisogno. Un particolare saluto e un grazie vanno all’avv. Mario Cogliandro che per 15 anni ha vissuto la sua esperienza di servizio come membro del direttivo della Fondazione. Questo riconoscimento di stima è motivato anche dalla sua disponibilità a continuare l’impegno di coordinatore del comitato giuridico in Fondazione e dalla certezza che opererà saggiamente e generosamente come membro del comitato di solidarietà a Roma e come membro del direttivo della Consulta Nazionale Antiusura. Incalcolabile sarebbe il costo delle loro prestazioni per lo Stato: il loro servizio è sempre e unicamente ispirato dalla gratuità, che il Vangelo sottolinea nella parabola del buon Samaritano, attento a curare le piaghe e i problemi di chi versa nel bisogno. Sentiamo nostra l’asserzione di Edward Deci, professore di psicologia e scienze sociali dell’Università di Rochester: «una persona è intrinsecamente motivata nello svolgimento di una attività quando non riceve alcun compenso al di là dell’attività stessa...».

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Un corale grazie a tutti: a quanti hanno lavorato e a quanti continuano a lavorare in Fondazione. È ad ognuno di loro che si deve la nostra crescente operatività. In questa cornice di ringraziamenti, rivolgiamo un saluto cordiale a tutti i presenti che hanno accolto il nostro invito e partecipano a questo importante appuntamento. Salutiamo in particolare le autorità presenti, i rappresentanti delle istituzioni locali, i responsabili degli istituti bancari con cui siamo convenzionati, i rappresentanti della stampa locale e nazionale. L’essenza stessa della nostra azione, ci impone di coltivare e alimentare ulteriori rapporti di collaborazione. Da soli, ne siamo convinti, non avremmo realizzato questo cammino, ricco di confortanti risultati a favore di persone e famiglie. Abbiamo bisogno di aiuto costante da parte di tutti per affrontare giorno per giorno – per la nostra parte - le sfide che la società pone sul terreno arduo e al tempo stesso affascinante della solidarietà. Ogni aiuto, anche piccolo, ci porta a risolvere problemi, nei confronti di assistiti a cui manca tutto e che a volte hanno bisogno veramente di poco per uscire dalla loro miseria materiale, tante volte morale e spirituale. Attività degli organi collegiali

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Consiglio Direttivo Il Consiglio Direttivo, nel quale hanno prestato il loro servizio mons. Alberto D’Urso nel ruolo di presidente, don Luigi Trentadue nel ruolo di vice presidente, don Paolo Sangirardi, l’avv. Mario Cogliandro e il dott. Giuseppe Lucchese nel ruolo di consiglieri, si è riunito per un totale di 40 incontri e, come da tradizione, ordinariamente, il giovedì di ogni settimana, assumendo 478 delibere (un numero superiore a quello già molto alto dello scorso anno, circa dodici delibere per consiglio). Di volta in volta, quando il caso lo ha richiesto, sono stati presenti i relatori delle pratiche, per una più opportuna conoscenza, e l’avv. Manuel Costantino, nella veste di curatore delle pratiche ex art. 14 Legge 108/96. Il Consiglio si è avvalso della costante e generosa collaborazione del dott. Nicola Agnano, segretario della Fondazione, che è stato coadiuvato dalla dott.ssa Angela Editori, che ha curato la contabilità e l’attività di segreteria.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA Fino a qualche mese fa, ha collaborato il sig. Giuseppe Leone, che dopo anni di presenza tra noi per motivi di lavoro si è trasferito a Lecce dopo aver vinto un concorso nell’Acquedotto Pugliese. Ci offrono ora una collaborazione settimanale il dott. Attilio Simeone, in qualità di consulente volontario, laureatosi brillantemente in giurisprudenza con una tesi sull’usura, e il giovane universitario Roberto Musio subentrato a Giuseppe Leone, legato alla Fondazione e alla Consulta Nazionale da rapporto di collaborazione duratura. Saltuariamente non manca il consiglio della sig.ra Ilda Traetta, che per circa 10 anni ha lavorato in segreteria. Anche a questi amici il nostro ringraziamento più grato per l’opera svolta. Svolgono inoltre un proficuo lavoro di sostegno il sig. Fabrizio Lovecchio e il dott. Ruggero Ricco, segretario aggiunto della Consulta Nazionale, che curano in modo particolare il collegamento con la Consulta Nazionale. Quest’anno, ai sensi dello statuto della Fondazione, il Consiglio è dimissionario per la scadenza triennale e si procederà pertanto al rinnovo. Ci piace ricordare, con gratitudine, l’opera svolta dai consiglieri don Luigi Trentadue e don Paolo Sangirardi, che pur essendo pastoralmente molto impegnati come parroci, hanno partecipato, nei limiti del loro tempo, attivamente sia agli incontri del Direttivo il giovedì, sia agli ascolti in Fondazione il martedì, e dal dott. Giuseppe Lucchese, disponibile ogni giorno a tutto campo per le diverse iniziative di consulenza, di assistenza e di rappresentanza. A loro vada il nostro saluto e la nostra stima. Collegio dei Revisori dei conti Il Collegio dei Revisori dei Conti che, sotto la presidenza del dott. Gerardo Mennella, si avvale del servizio del dott. Giuseppe D’Alessandro e della dott.ssa Teresa Ceglie, nel ruolo di consiglieri, assicura alla Fondazione un’imprescindibile collaborazione, oltre che per gli incarichi statutari, anche per la preziosa consulenza in

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materia di convenzioni con le banche e rapporti con la commissione V del Ministero del Tesoro. Al dott. Gerardo Mennella, in particolare, un grazie per la cura che manifesta nella delicata fase degli investimenti dei fondi statali e nei non facili rapporti con il ministero dell’Economia e delle Finanze. Questo suo impegno è valso alla Fondazione un particolare elogio da parte dei funzionari del ministero in occasione della visita ispettiva. Comitato Tecnico Significativamente qualificato e degno di lode è stato il servizio reso dal Comitato Tecnico, composto dal dott. Ennio Pizzini, dall’avv. Vincenzo Scicutella e dal rag. Michele Belviso. Si è incontrato ordinariamente ogni martedì pomeriggio in Fondazione e straordinariamente presso la parrocchia Santa Croce. I pareri, espressi all’esito delle proposte operative formulate dai gruppi d’ascolto per ciascuna pratica, e la verifica puntuale della sussistenza dei criteri di meritevolezza, stabiliti dalla Legge n.108/96, hanno sicuramente facilitato l’attività deliberante del Consiglio Direttivo.

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Comitato Giuridico Anche il lavoro del Comitato Giuridico, presieduto dall’avv. Mario Cogliandro, è notevolmente cresciuto. Composto dall’avv. Vincenzo Scicutella, dall’avv. Manuel Costantino, dell’avv. Michele Carnevale, dall’avv. Angelo De Gaetano, dall’avv. Edoardo Altieri, dall’avv. Paolo Vitti, ha assicurato, attraverso una rotazione programmata, la presenza di almeno un penalista e un civilista, offrendo la copertura legale nei giorni d’ascolto che sono sempre caratterizzati dalla necessità di un parere legale e di dare una risposta puntuale ed efficace ai quesiti degli assistiti. In particolare, gli avv.ti Costantino ed Altieri hanno assicurato un prezioso servizio per l’inoltro delle pratiche di assistenza ai sensi dell’art. 14 Legge 108/96. Pool d’Ascolto Qualificato, paziente e insostituibile è stato il contributo dei volontari nel delicato compito di ascoltare chi ha chiesto aiuto in


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA Fondazione. Le situazioni che le persone presentano a volte sono drammatiche, di grande complessità dal punto di vista finanziario, bancario, legale e soprattutto umano. Occorre una grande sensibilità in questo lavoro! Alcuni amici hanno dovuto interrompere il loro servizio per motivi di salute (dott. Nicola Gisonda), altri per motivi familiari. A tutti il nostro grazie e l’augurio di un gioioso impegno ai nuovi volontari. Sono stati pienamente operativi: il rag. Nicola Belsanti, il dott. Luigi Cappiello, la dott.ssa Elvira Clemente, la rag. Cecilia Di Cagno, il dott. Antonio Giuliani, la sig.ra Maria Minischetti, il sig. Vincenzo Oreste, il dott. Raffaele Papadia, il dott. Teo Penta, il dott. Nicola Riccio, il dott. Francesco Serra, il dott. Nicola Totaro, il dott. Francesco Ritorto, la dott.ssa Mirella Mazzone, l’avv. Nicola Rondinelli, l’avv. Samuela Riccio, l’avv. Vincenzo Sabini e l’avv. Chiara De Bellis. Convenzioni e Centri d’ascolto Durante l’anno sociale trascorso, non sono state siglate nuove convenzioni. Proseguono i contatti con le diocesi di Lecce, Nardò e Trani, con le quali si spera di poter operare presto in rete. Si tratta di convenzioni particolarmente utili per assicurare capillarità al nostro servizio, in quanto prevedono che venga effettuato un primo ascolto in sedi più prossime alla residenza degli assistiti e che, all’esito della pratica, gli stessi possano essere seguiti da tutor locali. Intanto non sono poche le richieste di aiuto che giungono da persone di queste zone. Negli scorsi anni abbiamo siglato convenzioni con le diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva (responsabile don Vito Cassese che si avvale della collaborazione del dott. Saverio Costantino, della avv. Liliana La Greca e del dott. Rino Manicone), di Molfetta-RuvoGiovinazzo-Terlizzi, (responsabile il diacono Ferdinando Vitelli con cui collabora l’avv. Mario Boccardi), di Taranto (responsabile don Nino Borsci, che si avvale della collaborazione del dott. Mimmo Greco e del dott. Ulderico Perrone), di Castellaneta (responsabile mons. Leonardo Molfetta, che si avvale della collaborazione del

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dott. Nicola Calò), di Conversano-Monopoli (responsabile don Angelo Sabatelli, che si avvale della collaborazione dell’avv. Rosalba Berardi), di Oria (responsabile don Vito Cavallo, che si avvale della collaborazione di don. Pietro Chirico), di Otranto (responsabile don Enzo Pisanello, che si avvale della collaborazione dell’avv. Emilio Fasano), di Ugento-Santa Maria di Leuca (responsabile don Luca De Santis), di Brindisi-Ostuni (responsabile don Giuseppe Laghezza, che si avvale della collaborazione della sig.ra Maria Minischetti e dell’avv. Lorenzo Maggi). Ringraziamenti Rinnoviamo doverosamente, anche quest’anno, il più vivo ringraziamento all’Arcivescovo mons. Francesco Cacucci per gli ambienti messi a nostra disposizione. Comprendiamo, a tal riguardo, la necessità espressa dalla Diocesi per un contributo spese per quanto attiene il pagamento delle utenze luce-riscaldamento. Abbiamo ritenuto che ciò sia ampiamente condivisibile e a partire dal 2009, non mancherà il nostro sostegno. Ringraziamo, inoltre, gli amici che operano nella sede della Consulta Nazionale, lo Staff di Segreteria della Fondazione, i menzionati rappresentanti delle Diocesi convenzionate, gli amici della Caritas diocesana di Bari-Bitonto e in particolare della comunità parrocchiale di Santa Croce per la costante disponibilità di mezzi, ambienti e collaborazioni che ci riserva in occasione delle riunioni settimanali del Consiglio Direttivo, nelle fasi organizzative delle tavole rotonde e della realizzazione di pubblicazioni a mezzo stampa e di ogni iniziativa che richiede “straordinario coinvolgimento di persone”. 820

Ascolti Nel corso del solo anno 2008 circa 300 persone/famiglie sono state ascoltate per la prima volta. Riteniamo che un numero altrettanto significativo sia tornato per il completamento di pratiche in corso. Il totale delle ore di ascolto effettuate non è quantificabile. Oramai ogni giorno la nostra sede viene raggiunta da uomini e donne i cui problemi non possono attendere il martedì per essere affrontati. Sebbene l’impegno di ciascun volontario non sia a tempo totale, ci si è prodigati al massimo per offrire a tutti un consiglio, un inco-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA raggiamento, una parola di conforto, una disponibilità di ascolto, in comunicazione costante con il nostro Presidente. La sede degli ascolti, in via dei Gesuiti n.20, è presidiata dalla dott.ssa Angela Editori, dal sig. Roberto Musio e da alcuni volontari che dedicano tempo e passione alla causa ogni giorno feriale dalle ore 8.30 alle ore 17.30, tranne il lunedì e il venerdì in cui la sede è aperta fino alle ore 14.00. Collaborazione con le istituzioni civili Esprimiamo il più vivo ringraziamento al nostro Presidente onorario, il Prefetto Carlo Schilardi, che, insieme ai suoi più stretti collaboratori, ci è stato vicino, partecipando ai problemi che ci occupano, presente nelle manifestazioni più significative del nostro servizio. La sua attenzione all’Associazione Impegno e solidarietà, ci vede rappresentati dall’avv. Mario Cogliandro con cui collaborano l’avv. Manuel Costantino e il dott. Nicola Agnano. Rapporti con il commissario straordinario governativo e con il ministero dell’Interno I rapporti con il dott. Raffaele Lauro, commissario straordinario di Governo per le iniziative Antiracket e Antiusura fino al mese di febbraio 2008, e con l’on. Ettore Rosato, sottosegretario all’Interno fino all’aprile del 2008, sono stati costantemente coltivati ed improntati ad una fattiva e reciproca collaborazione, testimoniata dai non pochi interventi effettuati in tema di usura in sede parlamentare e dalla programmazione per i finanziamenti in favore delle Fondazioni Antiusura e dei Cofidi. A seguito delle elezioni legislative dell’aprile 2008, il Prefetto Lauro è stato sostituito dal Prefetto Giosuè Marino, del quale abbiamo avuto modo di apprezzare a più riprese l’operato. Al sottosegretario on. Rosato è subentrato l’on. Alfredo Mantovano, che è tornato a rivestire un ruolo già ricoperto nel precedente Governo. Anche ai nuovi eletti abbiamo assicurato la nostra massima collaborazione.

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In seguito alla scadenza del loro mandato, all’avv. Manuel Costantino e al dott. Paolo Giusto sono subentrati l’avv. Mario Cogliandro e l’avv. Paolo Magliulo presso il Comitato di Solidarietà, presieduto dal commissario straordinario. Nel mentre ringraziamo “i vecchi rappresentanti” per il lavoro svolto, auguriamo ai “nuovi” buon lavoro, sapendo che è impegnativo e qualificato. I rapporti con il ministero dell’Economia e delle Finanze sono stati sempre ben curati, anche se è con grande rammarico rileviamo che non è ancora disponibile il contributo ministeriale del 2008 e ciò solo per lentezze burocratiche che ci hanno messo in seria difficoltà, come l’annotazione seguente sottolinea. Infatti, al 31 dicembre l’ammontare delle nostre garanzie bancarie è stato pari al totale degli importi versati dallo Stato, al netto delle escussioni e comprensive degli interessi maturati. Ciò significa che abbiamo potuto operare unicamente per effetto del moltiplicatore, ma con molta saggezza se l’ispezione da parte del Ministero per l’accertamento delle regolarità dei nostri finanziamenti, nel rispetto della Legge 108/96, ci ha procurato le più vive congratulazioni per come la Fondazione ha operato e soprattutto per come ha investito e valorizzato i fondi governativi.

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Rapporti con la Consulta Nazionale I rapporti con la Consulta Nazionale sono facilitati dalla vicinanza della sede e dalla condivisione di un percorso comune con le persone che la animano. Alcune di esse, come già accennato, operano sia in Consulta che in Fondazione. Diverse attività sono state programmate e realizzate con grande spirito di collaborazione ed integrazione, come ad esempio: - le domande per l’accesso ai fondi della Regione Puglia (L.R. n. 7 del 3 aprile 2006) e per l’assegnazione dei locali confiscati alle cosche malavitose; - l’iscrizione all’albo specifico sempre della Regione Puglia ai sensi della L.R. n. 7 del 3 aprile 2006; - la creazione del Progetto Pon - Sicurezza per lo Sviluppo Obiettivo Convergenza 2007-2013. Obiettivo operativo Pon 2-4; - le riunioni in Prefettura per l’Associazione Impegno e Solidarietà. In particolare utilissimo trait d’union tra le due realtà è il dott.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA Ruggero Ricco, già membro dei gruppi d’ascolto di questa Fondazione e, da alcuni mesi, segretario aggiunto della Consulta Nazionale. Dati significativi dell’attività della Fondazione Rimandando alla relazione amministrativa per il quadro riepilogativo – in forma numerica – dell’attività svolta dalla Fondazione, sono però da evidenziare alcune problematiche. Rapporti con le banche Al 31 dicembre 2008 abbiamo registrato ben 329 pratiche in essere presso le diverse banche con noi convenzionate (Banca Popolare di Bari: 188; Banca Popolare di Puglia e Basilicata: 50; Banco di Napoli: 68; Ubi Banca Carime: 23). Un dato importante che emerge è che il tasso di insolvenza si aggira tra il 4,5% e il 7%: un dato più che accettabile e che dimostra nel contempo la professionalità che accompagna la delibera per ogni finanziamento. Esso tiene conto delle sofferenze al 31/12 ed, in pari data, del conto delle esposizioni totali. Nel corso dell’anno abbiamo richiesto ed ottenuto importanti modifiche alle convenzioni vigenti, al fine di renderle più efficaci ed idonee alla risoluzione delle sopravvenute problematiche, legate alla situazione congiunturale di cui si è detto. Nel corso dell’anno abbiamo consolidato quanto ottenuto negli anni passati, sia per quanto riguarda l’ammontare del finanziamento sia la loro durata, ciò per meglio rispondere alle sempre più pressanti esigenze dei nostri assistiti. Notevoli difficoltà per l’accesso al moltiplicatore, per tutto il 2008, abbiamo dovuto affrontarle con il Banco di Napoli. Prevediamo comunque a breve una positiva conclusione di ogni questione alla luce dell’accordo ABI. Ciò, comunque, ha comportato il blocco di tutte le pratiche presenti in banca, per molti mesi. Un importante traguardo nel rapporto con le banche si è realizzato con la stipula di mutuo con relativa erogazione, iscrizione d’ipoteca, estinzione della procedura di pignoramento, davanti al giudice

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dell’esecuzione, nel Tribunale adito. Questa procedura, in atto fino al 2007, solo con il Banco di Napoli che ha esperienza consolidata, è stata accolta anche dalle altre banche, con risultati molto vantaggiosi. Accanto a queste note positive registriamo, purtroppo, ancora alcune lentezze che è necessario eliminare per evadere le pratiche presentate in banca entro trenta giorni. Comprendiamo che viviamo in un periodo di grandi difficoltà in cui sono coinvolte le persone e le stesse banche. L’esigenza di contenimento dei costi richiede ogni sforzo da parte di tutti, sapendo che ogni ritardo genera ostacoli grandissimi e a volte danni irreparabili (es. vendita degli immobili). In ogni occasione abbiamo evidenziato che le persone che si rivolgono alla Fondazione sono “all’ultima spiaggia” e a domande urgenti, dobbiamo assicurare risposte celeri e responsabili. Quando ci sono state – e spesso ciò è capitato – i risultati sono stati premiati (ad es. presso la citata sezione delle esecuzioni immobiliari. In questa occasione, mentre ringraziamo per ogni comprensione, ribadiamo la richiesta, richiamando alla comune attenzione lo spirito di solidarietà e di collaborazione che sempre ci deve orientare. E’ non senza una punta di orgoglio che pensiamo di poter affermare che da sempre abbiamo condiviso quanto sottolineato nell’udienza del 3 dicembre u.s. dal Santo Padre: «che la solidarietà nei confronti delle fasce più deboli deve essere uno degli obiettivi degli Istituti Bancari e di Credito». Circa la partecipazione delle banche a spese per iniziative intraprese, di volta in volta, nell’ambito della prevenzione, c’è da sottolineare che le nostre sollecitazioni sono state accolte con diversa sensibilità: qualche banca in particolare si è mostrata attenta e generosa. Auspicheremmo vi fosse un contributo annuale fisso su cui poter contare anche per programmare meglio queste iniziative, sempre incisive e apprezzate. I poveri non possono aspettare e tutto il peso della cultura preventiva non può gravare unicamente sul bilancio della Fondazione, che, pur avvalendosi di collaborazioni volontarie e di ambienti di lavoro messi a disposizione in forma gratuita dalla diocesi di Bari-Bitonto e della parrocchia di Santa Croce, sostiene notevoli spese di gestione.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA Rapporti con la Conferenza Episcopale Italiana La CEI, rappresentata dal suo Presidente, card. Angelo Bagnasco e dal suo segretario generale, mons. Mariano Crociata (che ha sostituito mons. Giuseppe Betori, ora Arcivescovo di Firenze) continua ad apprezzare tutto l’operato della Fondazione. La particolare stima e simpatia del card. Bagnasco si è tradotta in termini reali con la presentazione da lui scritta per il libretto che ha accompagnato il CD Concerto per la pace edito dalla Fondazione nel 2008. Abbiamo rilevato questa sua attenzione per il nostro lavoro anche in occasione del suo intervento come relatore all’Assemblea dello scorso giugno a Genova, in occasione dell’approvazione del bilancio della Consulta Nazionale. Rapporti con il mondo accademico La crescente e sempre più aggressiva moltiplicazione, all’interno del territorio pugliese, delle varie offerte di gioco (sale bingo, video poker, sala corse, ecc.), causa di deciso aumento dei disturbi patologici, ci ha spinto a siglare con il Dipartimento di Psicologia dell’U-niversità di Bari, un protocollo d’intesa, volto a promuovere un’attività di assistenza specialistica in favore dei giocatori d’azzardo patologici. Esso prevede che la Fondazione metta a disposizione, presso la parrocchia di Santa Croce in Bari, i locali all’interno dei quali il Dipartimento di Psicologia possa esplicare l’attività di consulenza e ricerca, sotto la direzione della prof.ssa Maria Sinatra. I rapporti con il mondo universitario vengono coltivati in particolare con docenti per consulenze, interventi a tavole rotonde e con giovani, sempre più interessati a discutere tesi di laurea sul tema dell’usura. Presso la nostra Fondazione ormai buona parte della biblioteca è dedicata alle tesi di laurea che i nuovi laureati ci fanno pervenire. A questi “giovani” amici abbiamo continuamente assicurato la massima attenzione e collaborazione, fornendo tutta l’assistenza e la disponibilità richiesta.

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Lotta all’azzardo

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L’azzardo è “un accantonamento del reddito per consumi non essenziali irresistibili”, così come afferma il prof. Fiasco nella relazione citata. Tali mezzi irresistibili si dimostrano sempre capaci di sottrarre denaro alle famiglie, con il ricorso a tecniche sempre più raffinate che hanno sostituito le vecchie e fumose sale corse, disperse in grandi stanzoni anonimi. Proliferano oggi i Lounge&Bet, salette riservate e confortevoli in cui si gioca e si prende il tè, si offrono pasticcini, si guarda la TV, si gioca alle slot machines e ci si collega “on line”. Si stima che in tutto il 2008 l’azzardo abbia incassato 4,8 miliardi di euro più dell’anno scorso e che abbia coinvolto un enorme numero di giocatori, circa 30 milioni. Tale cifra, a quante finanziarie corrisponde? Quante persone si sono rovinate, favorendo l’attività di chi ha prestato denaro “a strozzo”? Quanti pensionati hanno integralmente speso la loro pensione non appena incassata? I giornali registrano solo parzialmente le tragedie, i drammi di tanti giocatori; solo saltuariamente riportano il grido di dolore dei familiari, molto sommessamente riportano il dissesto economico causato da frequentazioni in circoli privati e l’accesso crescente tra macchinette mangiasoldi ecc., ma non cessano di offrire le loro pagine – a pagamento – per sollecitare a giocare, a spendere, a sperperare, ad incentivare la cultura della fortuna e della disperazione! Tra i giochi tradizionali, rileviamo la preferenza al “Gratta e vinci” nuovo, mirabolante, diversificato, ma alla fine sempre con le stesse possibilità di vincita. Nell’ultimo anno tale “innocente divertimento e svago”, così come lo chiamano i gestori (l’Azienda Monopoli di Stato), ha subito un aumento di giocate del 100%! E’ attuale uno spot mandato in onda dalle tv nazionali che dice: ”i nostri tecnici stanno studiando il modo di rendere più piacevole il gioco…” e alla fine aggiungono: “giocate con moderazione!”. Questo è cinismo, equivalente a quello scritto sui pacchetti di sigarette in vendita: “Il fumo uccide!”. Ogni tabaccheria, bar, giornalaio, presenta un invito che catturano il giocatore e lo spingono a provare, a tentare. Le persone che giocano, appartengono a qualsiasi condizione sociale, uomini e donne, grandi e piccoli, massaie, lavoratori, studenti. I


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA cartelli appesi sulle vetrine “qui vinti…” si sprecano. Peccato che omettono di comunicare quanto hanno incassato in quella ricevitoria. Il tagliando del Gratta e vinci si vende da 2, 3, 5, 10 euro del costo totale di 300 euro. Che dire poi dell’odierno metodo di giocata on-line? Un giornale dello scorso ottobre intitolava un articolo, scrivendo: “Giochi online, ecco un nuovo affare di Stato”. Che si tratti di un altro “affare” lo si è capito subito quando si è appreso che lo Stato ha incassato 480 milioni di euro solo per le concessioni. Non si riesce oggi a fare una previsione per gli incassi futuri. Come si può non credere che tali giochi generino un comportamento a rischio? Scegliendo di legalizzare la nuova attrazione dei casinò virtuali, il Parlamento, con voti trasversali, non ha fatto altro che accontentare una domanda di gioco sempre più elevata e i giocatori potenziali vengono incoraggiati a giocare su più tavoli contemporaneamente: mentre si partecipa al sudoku, in attesa della classifica finale, si può puntare a poker o guidare una formula 1, tutto purché si disponga di denaro. Sempre più inascoltati appaiono gli appelli degli psicoterapeuti e di quanti curano le vittime dell’azzardo. Per tutti ricordiamo il responsabile della Società Italiana Patologie Compulsive, fondatore della Comunità terapeutica per il gioco d’azzardo di Bolzano, il quale afferma che “se è vero che i giochi premiano solo i giocatori bravi, il basso costo d’accesso, la durata illimitata del gioco e la possibilità di apprenderne ogni tecnica possono portare a lungo ad una vera dipendenza”. A riguardo non è mancato un intervento del nostro Presidente in campo nazionale, riportato anche dalla Gazzetta del Mezzogiorno, da Avvenire e altri quotidiani, quanto alla richiesta di aprire casinò in Puglia. La Consulta Nazionale e la Fondazione sono riuscite a scongiurare per ora, grazie anche ad altri collaboratori, dopo un’audizione dinanzi alla Commissione del Senato della Repubblica chiamata a

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pronunciarsi sulla materia, il varo di una legge che tentava di istituire un casinò in ogni regione d’Italia. Ci piace infine ricordare l’opera svolta dall’Associazione “Giocatori Anonimi”, operante attualmente presso la parrocchia S. Carlo in Bari, coordinata da un nostro assistito, ex giocatore d’azzardo. Per la Fondazione è motivo di orgoglio sapere dell’esistenza e dell’operato di tale centro, noto grazie alla sensibilità di un nostro giocatore assistito ma guarito. Quando capita - negli ultimi tempi è capitato, sempre più spesso - è diventato riferimento presso cui inviare i giocatori d’azzardo unitamente a tutta la famiglia, come prescrive il protocollo. Rapporti con la Regione Puglia Accantonata definitivamente la possibilità che la Regione continui ad essere socio promotore della Fondazione, il 2008 ci ha visto impegnati alla partecipazione al bando di concorso di cui alla L.R. n. 7 del 3 aprile 2006. Nel corso dell’anno, si è finalmente avuta la prima rimessa di 30 mila euro, certamente inferiore alle nostre aspettative, che è confluita su un conto separato. È dell’inizio di quest’anno un nuovo bando di concorso per l’assegnazione di un ulteriore contributo quantificato come quello dello scorso anno. Una riflessione dolorosa ma significativa è doverosa: calcolando che la media dei finanziamenti ai nostri assistiti si aggira sui 30-40 mila euro, il plafond accumulato è appena sufficiente per una sola assistenza. 828

Iniziative varie Elenchiamo solo le più significative tra quelle realizzate nel 2008: 13 gennaio 2008: si è svolta, organizzata dalla parrocchia Santa Maria delle Grazie di Campi Salentina, una conferenza sul tema: L’usura, una piaga diffusa, pochi ne parlano molti la subiscono. Il Presidente, mons. Alberto D’Urso, ha svolto la relazione e padre Massimo Rastrelli ha chiuso i lavori.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA 24 gennaio 2008: si è svolta a Bari, presso la Camera di Commercio, organizzata dalla Fondazione Antiusura S. Nicola e SS. Medici, dal Centro culturale Marin e dalla Consulta Nazionale Antiusura una tavola rotonda dal titolo: Mutui immobiliari e contesti favorevoli all’usura. Ricco e nutrito il parterre degli invitati. In questa occasione la dott.ssa Maria Luisa Traversa, magistrato del Tribunale di Bari, ha svolto il tema: Mutui immobiliari e pignoramenti. È stato un intervento particolarmente apprezzato con riferimento a dati molto precisi e documentati perchè ha riguardato le novità delle procedure esecutive immobiliari; il prof. Aldo Loiodice dell’Università Europea di Roma, ha relazionato su: Famiglia e risparmi nelle leggi sull’usura; il prof. Gaetano Veneto dell’Università di Bari, ha parlato di Lavoro e insicurezza della famiglia oggi e il dott. Fabio Piccolini, segretario nazionale Adiconsum, ha parlato di Tutela dei consumatori e sistema bancario. Il presidente mons. Alberto D’Urso ha introdotto e moderato i lavori, che sono stati conclusi dall’intervento del presidente della Consulta Nazionale, padre Massimo Rastrelli. 16 febbraio 2008: presso la Banca di Credito Cooperativo, del Centro direzionale di Rende (Cs), organizzata dalla Fondazione Antiusura don Carlo Cardone e dall’arcidiocesi metropolitana di CosenzaBisignano, si è svolto un convegno dal tema: L’antiusura a Cosenza, passato, presente e futuro. Il nostro presidente mons. Alberto D’Urso ha svolto una relazione avente per oggetto: Cronistoria delle battaglie vinte per legiferare a livello nazionale sull’usura. Ha altresì svolto una relazione padre Massimo Rastrelli dal titolo: Insieme verso il futuro, nuovi orizzonti in Calabria. L’occasione è stata propizia per un proficuo scambio di idee sulle realtà meridionali che hanno in comune un basso livello di occupazione e diffusa illegalità. Erano presenti all’incontro i dottori Lucchese, Ricco e Agnano. 13 marzo 2008: si è svolta la conferenza stampa organizzata dalla UISP per l’illustrazione delle manifestazioni promosse nell’ambito della Primavera della Solidarietà. L’invito, rivolto alla Fondazione, ispirato oltre che dal reciproco rapporto di stima tra il nostro presidente mons. Alberto D’Urso e il presidente della UISP dott. Elio

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Di Summa, è motivato dal riconoscimento della Fondazione quale organismo che agisce sul territorio a favore di tutti coloro che ne abbiano bisogno, con interventi di solidarietà e sostegno al credito. Era presente per la Fondazione il segretario dott. Agnano. 8 aprile 2008: si è svolta ad Ortona, presso la sede della diocesi di Lanciano-Ortona, una conversazione tra il nostro presidente mons. Alberto D’Urso e il presbiterio della diocesi. La relazione, ricca e variegata, ha spaziato su natura, nascita, compiti e responsabilità e speranze delle Fondazioni Antiusura in Italia, alla luce delle esperienze maturate nella nostra Fondazione barese. 21 aprile 2008: si è svolto presso la Biblioteca comunale di Sammichele di Bari, organizzato dall’Associazione dei soci e dei clienti del Banco di Credito Cooperativo di Alberobello e Sammichele, un incontro sul tema: Sotto schiaffo, storie di usura. Erano presenti, per la Fondazione, il presidente mons. Alberto D’Urso e i dott. Lucchese e Agnano. Il nostro presidente ha trattato un tema di grande attualità, che ha spaziato su natura, legislazione e strumenti per combattere l’usura. Erano presenti il giornalista Vittorio Stagnani e l’attore Nicola Pignataro, che è intervenuto su L’indebitamento per futili motivi, illustrando l’argomento con ironia efficace ed ilarità gradevole. 12 maggio 2008: in collaborazione tra la Fondazione Antiusura San Nicola e Santi Medici, il Centro culturale Marin, l’Associazione Amici della musica d’organo e la parrocchia S. Croce si è svolto il concerto straordinario “La musica contro l’usura”, realizzato da artisti, da orchestre e coro affermatisi in campo regionale e nazionale che hanno eseguito brani di autori classici. Erano presenti il Prefetto dott. Carlo Schiraldi, il prof. Aldo Loiodice, numerosi vescovi delle diocesi convenzionate, autorità civili e religiose. Da questo concerto è stato tratto il CD Concerto per la pace. È il nono di una collana prodotta dalla Fondazione dopo Concerto per il Giubileo del 2000; Concerto per Maria del 2001; Concerto per la speranza del 2002; Dies Domini del 2003; Dies Ecclesiae del 2004; Dies Hominis del 2005; Concerto per il Natale del 2006; Concerto per il Risorto del 2007. È stato diffuso in abbinamento con il quotidiano locale “La Gazzetta del Mezzogiorno”. La sponsorizzazione ha coinvolto il santuario dei Santi Medici di


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA Bitonto, alcuni soci fondatori come la Banca Popolare di Bari, la Banca Popolare di Puglia e Basilicata, la Camera di Commercio e alcuni sostenitori quali l’università LUM, la Ubi Banca Carime e il Banco di Napoli. 17 maggio 2008: si è tenuta a Bari, a cura dell’Associazione culturale Gens Nova, l’incontro dibattito dal tema: Il reato di usura, profili giuridici e sociali del fenomeno. Era presente il presidente mons. Alberto D’Urso. 30 maggio 2008: organizzato dal Lyon’s Club G. Murat-Bari, si è svolto un incontro a cui ha partecipato mons. Alberto D’Urso che ha tratteggiato le cause che generano l’usura, risalendo ai redditi delle famiglie, minacciate dal continuo aumento del costo della vita, e dei rincari dei prodotti di prima necessità che impediscono tra l’altro di far fronte al pagamento delle rate di mutuo. 26 giugno 2008: si è svolta a Genova, presso il Santuario Nostra Signora della Guardia, l’assemblea annuale per l’approvazione del bilancio della Consulta Nazionale Antiusura, in collaborazione con la Fondazione Antiusura Santa Maria del Soccorso di Genova. Il tema scelto per l’assemblea è stato di grande attualità: Vicini e solidali con la famiglia. All’incontro hanno partecipato le autorità civili e religiose della Regione Liguria, gli esponenti autorevoli della Consulta Nazionale Antiusura ed i rappresentanti delle 27 fondazioni italiane. L’incontro si è realizzato con la presenza del card. Angelo Bagnasco, Presidente della CEI, arcivescovo della diocesi di Genova. La sua relazione, ha costituito motivo di stimolo e di dibattito profondo per il prosieguo dell’Assemblea. Nell’occasione ha svolto una relazione anche il nuovo commissario straordinario per il coordinamento delle attività antiusura e antiracket, prefetto Marino, intervenuto per la prima volta ad un nostro incontro. Il segretario nazionale della Consulta, mons. Alberto D’Urso, ha introdotto con una relazione i lavori, ha moderato gli interventi dei relatori, ringraziando quanti continuano ad assicurare quotidianamente la loro collaborazione all’interno della Consulta e delle Fondazioni Antiusura.

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16 settembre 2008: si è svolto a Pescara, organizzato dalla locale sezione del Rotary Club, una tavola rotonda sul tema: Indebitamento e usura, ai sensi della L. 108/96. Il nostro presidente, mons. Alberto D’Urso, davanti ad un qualificato ed attento uditorio, ha illustrato l’attività della nostra Fondazione con una relazione ampia ed esauriente che ha riscosso notevole successo. Le osservazioni fatte dai presenti, confermano da una parte l’attenzione sui problemi dell’usura, e dall’altra quanto sia ancora necessaria una incisiva azione di penetrazione nel tessuto sociale, per l’affermazione dell’attività di prevenzione all’usura che è alla base costante della nostra azione. Hanno accompagnato il presidente i dott. Lucchese ed Agnano. 7 novembre 2008: organizzato dal Movimento di cultura cristiana di Bitetto, si è tenuta una tavola rotonda dal tema: Il consumismo è un bene o un male?. Il presidente mons. Alberto D’Urso, accompagnato dai dott. Lucchese, Agnano e dall’avv. Scicutella, ha svolto un approfondito esame dal punto di vista economico-giuridico, riscuotendo notevole successo. Si sono altresì svolti incontri, presso la sede della nostra Fondazione, con i vertici delle banche con noi convenzionate, di volta in volta trattando temi di stretta attualità, sui quali si è cercata ogni convergenza per una collaborazione efficace. Attività globali in Fondazione L’importo relativo al TOTALE DELL’ATTIVITÀ GLOBALE per l’ANNO 2008 ammonta a 20.141.200,00 euro così ripartiti:

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FONDO STATALE ex art. 15 Legge 108/96 n. 89 PRATICHE DI FINANZIAMENTI BANCARI, per un totale di € 7.691.500,00. Al 31 dicembre 2008 le pratiche ex art. 15 L. 108/96 in istruttoria presso la Fondazione erano 200, per un potenziale erogabile complessivo di ulteriori 12 milioni di euro circa. FONDO PROPRIO DI SOLIDARIETÀ n. 63 PRATICHE, per un totale di €449.700,00 n. 7 finanziamenti bancari in Fondi Propri, per un totale di € 97.700,00;


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA n. 25 beneficenze, per un totale di €43.400,00; n. 31 sovvenzioni a titolo non oneroso, per un totale di € 308.600,00. Da una prima analisi di questi dati si evince che: Sono aumentate le archiviazioni. Risalta il gran numero di pratiche archiviate, ben 293. Si può comunque tentare di dare una risposta elencando i diversi aspetti del fenomeno: Circa il 15% del totale, è riferito a gente che ha richiesto assistenza senza avere i requisiti minimi necessari richiesti dalla Legge 108/96. Pur di assicurare un aiuto, si è cercata sempre qualche strada, ricorrendo anche a soluzioni attraverso erogazioni a valere sui fondi di solidarietà, con notevoli sacrifici; Circa il 15%, ha riguardato richieste di persone che presentavano un’alta debitoria, molto al sopra del massimo consentito in convenzione presso le nostre Banche, e scarso reddito, in conseguenza della perdita del posto di lavoro, o perchè erano in cassa integrazione, o per le conseguenze economiche negative legate a separazioni o divorzi; Circa il 30% è dovuto a gente che ha “tentato” pur sapendo in partenza che non era possibile ottenere alcun aiuto dalla Fondazione o ritenendo che, raccontando storie fantasiose potesse essere creduta, presentando, a volte, dichiarazione dei redditi non validi. Circa il 20% è dovuto a coloro che dichiarano (o presentano) il reddito a “nero”, cioè senza busta paga a supporto. Su questo dato significativo, noi crediamo sia importante riflettere in particolare in altre sedi più opportune. Il crescente numero delle persone che lavorano a nero negli ultimi anni ci vede costretti, a volte, a presentare le domande di finanziamento, agli istituti di credito che ordinariamente le respingono se non vengono garantite al 100%. Eppure molte pratiche avrebbero requisiti per essere finanziate. Alle difficoltà di cui sopra, ci sono da aggiungere quelle degli assistiti con contratto di lavoro a tempo determinato o a progetto, oggi in rapido aumento, che hanno le stesse esigenze di accompagnamento e di sostegno di tutti ma non gli stessi diritti. La restante parte è relativa a coloro che dopo il primo ascolto, sebbe-

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ne invitati telefonicamente, non si sono ripresentati in Fondazione. Il rovescio della medaglia è costituito da coloro che svolgono attività di piccoli artigiani, lavoratori autonomi che presentano il loro modello unico con un reddito di poche migliaia di euro l’anno. Alla nostra richiesta, “come si fa a vivere con un reddito così scarso” ci viene risposto che ”in effetti il reddito è molto più alto, ma non dichiarato per motivi fiscali”. Bene, se tra gli scopi della Fondazione c’è l’educazione alla legalità, è chiaro che non si può condividere questo stile di denunzia dei redditi e le pratiche finiscono per essere archiviate. Sono aumentati l’impegno profuso e l’impiego di fondi della solidarietà per assistenze legali. Si tratta di un dato molto importante e motivato da diversi fattori: la riapertura dei termini per l’accesso al Fondo di Prevenzione ex art. 14 L. 108/96; l’esigenza di verificare la legittimità dei tassi d’interesse e dei costi delle varie commissioni applicati dalle banche; la scelta di costituirsi parte civile in diversi procedimenti penali a carico di usurai. Sono aumentate le beneficenze e le sovvenzioni come numero e come importo, grazie anche alla scelta di elevare i limiti statutari di erogazione. È opportuno ricordare che si ricorre alle sovvenzioni-microcredito, tutte le volte che non è possibile un finanziamento bancario perché le condizioni economiche dell’assistito non lo consentono. Si ricorda che sono a tasso zero e possono arrivare, secondo lo Statuto della Fondazione, sino a 10.000,00 euro. Dobbiamo purtroppo rilevare come molte di esse, non sono rimborsate e pertanto, ciò è un danno perchè molta altra gente che potrebbe fruirne, non lo potrà, stante la limitatezza dei fondi. Non sono aumentati i finanziamenti bancari. È la logica conseguenza del blocco quasi totale di cui si è già parlato. Si pensi che a fronte di 57 pratiche di art. 15 deliberate nel corso dell’anno, solo una ventina sono state erogate. Il resto è ancora bloccato in banca, anche se, come suaccennato, gli accordi dovrebbero essere imminenti. Quanto alle difficoltà riscontrate nella risoluzione dei problemi sottoposti ai gruppi d’ascolto, esse sono essenzialmente legate: alla naturale ritrosia degli assistiti a manifestare i loro bisogni sia personali che familiari;


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA alla frequente incapacità o indisponibilità a riconoscere le cause del proprio indebitamento. Il tutto rivela leggerezza, scarsa assunzione di responsabilità, (in particolare il disordine morale, familiare, uso superficiale del denaro, scarso rispetto delle leggi). Per molti l’ultimo pensiero è pagare l’assicurazione, il bollo auto, le tasse in genere; al tentativo di nascondere e sottodimensionare la propria situazione debitoria (come a volte dopo l’erogazione del finanziamento conferma l’esistenza di altri debiti contratti, taciuti o per vergogna o per il timore di non essere aiutati); alla frequente incapacità di armonizzare la consistenza delle proprie disponibilità economiche con il regime di spese personali e familiari. Il nostro appello per uno stile di vita più responsabile quando ci si accorge della presenza in famiglia di un extra reddito, riveniente da carte di credito o finanziamenti facili, ci si sente rispondere che “non è possibile tornare indietro…”. Anche per questo l’attività di tutoraggio ha richiesto e richiede un enorme impiego di tempo, grande esperienza e infinita pazienza, sia per la fase dell’ascolto che per l’istruttoria delle pratiche, per la gestione delle opportune transazioni con i creditori, per trovare rimedi a condizioni pregiudizievoli in corso (come ad esempio le procedure espropriative in atto) e per curare i contatti con le banche convenzionate per meglio adeguarle alle mutate esigenze dei nostri assistiti, tenuto conto della rapidissima evoluzione del settore e delle sempre nuove fattispecie che si affacciano sul mercato. Allo scopo di fotografare meglio la situazione, ci sembra opportuno allegare una rappresentazione grafica della distribuzione degli assistiti, divisi per età, sesso e attività svolta, utile a tracciare un profilo degli “assistiti-tipo”. Conclusioni La situazione descritta si riferisce a tutto il 2008. Nel momento in cui viene letta questa relazione, molte cose sono cambiate. L’andamento dei prezzi delle materie prime è in netta discesa, ma ciò che si risparmia sul prezzo del gasolio, benzina, gas,

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non viene compensato da diminuzioni del prezzo di generi alimentari. Ad un netto calo dell’inflazione, scesa a livelli minimi nel 2007, non corrisponde un calo dei prodotti alimentari che, anzi, sono aumentati in ragione mensile del 4%. Ciò comporta, secondo il Codacons, un aumento di spesa per famiglia di 580 euro all’anno, e lascia intravedere un percorso in salita per il 2009 che avvertirà in particolare chi già è nel bisogno. Ci preoccupa inoltre il numero crescente dei disoccupati che avrà conseguenze gravissime sui bilanci familiari. Ci domandiamo anche: non è in questa chiave di preoccupazione da leggersi il calo dell’8% delle nascite negli ultimi quattro anni? Ci sarà una provvidenziale inversione di tendenza? Lo speriamo, confidando questa volta più che mai, prima in Dio e poi negli uomini. Sì, guardiamo al buon Dio perché illumini i governanti in campo nazionale e regionale per cercare ogni strada possibile affinché l’attuale congiuntura economica trovi un suo sbocco; Sì, preghiamo il buon Dio perché la solidarietà sia intesa da tutti come il nome nuovo del Vangelo; Sì, lasciamoci ispirare dal buon Dio perché sempre siamo credibili con le parole, i nostri orientamenti e il nostro servizio; Sì, condividiamo in Dio «le gioie, le sofferenze e le speranze degli uomini del nostro tempo» (Gaudium et spes n.1); Sì, confidiamo in Dio perché il nostro impegno “a servizio della famiglia” sia costante e condiviso, sostenuto da quanti hanno responsabilità nella società civile e nella comunità ecclesiale; Sì, guardiamo al futuro con fiducia in Dio: nel 2009 celebreremo il 15° anniversario della costituzione della Fondazione (1 luglio 1994). Siamo grati al Signore per quanto abbiamo operato, ma chiediamo al Signore di saper bene operare anche in futuro. Penseremo a delle iniziative che ci permetteranno di evidenziare questi Quindici anni di solidarietà, guidati dall’apostolo Paolo: «né chi pianta, né chi irriga è qualcosa: è Dio che fa crescere. Non c’è differenza tra chi pianta e chi irriga: ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro. Lavoriamo insieme nell’opera di Dio» (1 Cor 3,9). Questa coscienza di servizio, di comunione e di collaborazione ci accompagni sempre. mons. Alberto D’Urso


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Quindici anni di solidarietà Questa creatura è stata battezzata il 1° luglio 1994, dopo essere stata concepita nel cuore di mons. Mariano Magrassi e del Presbiterio della Chiesa di Bari-Bitonto con il messaggio pasquale di qualche mese prima: “Strangolati dall’usura”. La nascita di questa creatura fu salutata da un coro di consensi: a) dalla comunità ecclesiale che più volte aveva interessato il suo vescovo circa la presenza di questa piaga sociale sommersa; b) dalla società civile che in quel periodo scese in campo con l’autorevole intervento del prefetto Corrado Catenacci, sostenuto da alcuni suoi collaboratori di Prefettura, dai commissari governativi presenti in alcuni comuni del barese, il quale coinvolse nell’iniziativa il mondo non solo istituzionale ma anche quello bancario e imprenditoriale attraverso la Camera di Commercio. L’atto costitutivo, a firma del notaio prof. Michele Buquicchio, registra: per la comunità ecclesiale, accanto alla firma dell’Arcivescovo mons. Magrassi, quella dei vicari episcopali di tutta la Chiesa locale e del Provinciale dei Frati Cappuccini; per la società civile, accanto alla firma del Prefetto, nominato Presidente Onorario della nascente Fondazione, quella dei rappresentanti delle comunità locali di Bari, Gioia del Colle, Trani, Monopoli, Terlizzi e Modugno. La Fondazione è partita come “voce” della comunità religiosa e della società civile identificando come responsabile mons. Alberto D’Urso, che, da subito, presentava i suoi primi collaboratori, dando vita al Consiglio Direttivo, ad un Comitato Tecnico per la valutazione delle pratiche e a un gruppo di volontari – pools di ascolto - disponibili per incontrare ed ascoltare negli ambienti messi a disposizione in quel periodo dall’Arcivescovo di Bari presso il Seminario Arcivescovile in corso Alcide De Gasperi, 274/A, le persone in gravi difficoltà economiche, in usura o a rischio di usura. È iniziato con questi collaboratori il cammino della seconda Fondazione Antiusura nata in Italia, dopo quella ideata a Napoli

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dal padre gesuita Massimo Rastrelli, che ci è stato a fianco per offrirci utili consigli, frutto della sua esperienza pregressa. La stampa offrì in quel periodo ampio risalto all’iniziativa che partiva come una risposta attesa soprattutto dalle persone “strangolate dall’usura”. Una grande attenzione fu riscossa nel mondo della scuola, grazie alla sensibilità dei docenti, nel mondo dei Rotariani, dei Lyons, e nelle parrocchie di diverse diocesi pugliesi. Furono individuate presto le vie da percorrere per assicurare risposte concrete e precise: la strada della prevenzione, della solidarietà e della educazione alla legalità e in seguito quella del tutoraggio, accompagnando le vittime dell’usura, per non farle ricadere nel baratro dell’indebitamento, vanificando così l’opera della Fondazione. Il percorso sin dall’inizio non è stato facile: abbiamo rilevato fasce di scetticismo intorno a noi e non poche persone ci hanno definito “poveri untorelli” che mai avrebbero potuto scalfire il mondo dell’usura per estirpare una piaga antica quanto l’uomo; abbiamo fotografato uno scarso sostegno legislativo che certamente non favoriva la credibilità del nostro servizio; abbiamo dovuto affrontare il tema delle convenzioni con le banche per trasformare il debito usuraio in debito bancario, rendendolo sostenibile per le persone indebitate. Avevamo il problema del reperimento dei fondi, che ci è sembrato subito di estrema gravità. Avevamo, altresì, la necessità di reperire altre persone professionalmente disponibili sul piano del tempo e della gratuità, nonché di disporre di altri ambienti accoglienti per assicurare riservatezza alle persone umiliate dai debiti. Riscontravamo una estensione dell’usura oltre i confini regionali e nazionali e contemporaneamente un’assenza di attenzione su questo problema nel mondo universitario e presso la Regione Puglia. Abbiamo ritenuto di dover coinvolgere tutte le diocesi presenti sul territorio pugliese stipulando, con i responsabili, alcune convenzioni allo scopo di avere a disposizione un Fondo di dotazione per poter dare aiuto a tutti coloro che non erano sostenibili con i fondi statali. Ad oggi, ben nove diocesi su tredici hanno risposto e ci sostengono annualmente e più precisamente: Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, Taranto, Conversano-Monopoli, Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, Oria, Ugento-S. Maria di Leuca, Otranto, Brindisi-Ostuni e Castellaneta. Ripetuti ed accorati sono stati gli inviti rivolti alle dio-


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA cesi tuttora assenti (Lecce, Trani-Barletta-Bisceglie e NardòGallipoli), di sostenere il nostro progetto. Fecondo e costruttivo è lo scambio di informazioni e di sostegno che ci lega con gli operatori delle diocesi. Ai centri locali è devoluto il compito di primo ascolto restando alla Fondazione la responsabilità della delibera finale. Quanto alle altre diocesi pugliesi, sono tutte convenzionate con la Fondazione “Buon Samaritano” di Foggia, per la cui istituzione è stato offerto un notevole contributo e sostegno. Nessuno ha mai avuto la presunzione di poter eliminare la piaga dell’usura, tante volte e per tanti versi legata a quella della estorsione. Nel suo messaggio pasquale del 1994 mons. Magrassi aveva scritto: «Se si organizza l’usura, è possibile organizzare la lotta all’usura». Furono scoperte tante pagine della Bibbia su questo tema, tanti insegnamenti dei Padri della Chiesa e abbiamo dato vita a una serie di pubblicazioni e di sussidi pastorali: “L’usura e la comunità ecclesiale”; “Manuale di difesa contro l’usura e l’estorsione”; “Nessun debito che l’amore”; “La disumana ricchezza”; “Ricchi per ogni generosità”; “I Padri della Chiesa e l’usura”. Prossimamente sarà edito un volume dal titolo Rapporto sull’usura che registrerà il contributo di docenti universitari, magistrati ed esperti del mondo del diritto. Abbiamo trovato le strade aperte per indicare il tema dell’usura agli estensori del Catechismo degli Adulti che hanno accolto i nostri suggerimenti evidenziando l’usura «che procura sofferenze gravissime alle famiglie ed umilia la dignità e i diritti delle persone» (ColA. n. 1122). Abbiamo trovato spazi per interventi mirati sullo stesso tema su Riviste come la Civiltà Cattolica, il Regno, Jesus, Famiglia Cristiana, Vita Pastorale, Settimana e tante altre, sui maggiori quotidiani nazionali, con non pochi interventi radio-televisivi, compresi alcuni messaggi pubblicitari in collaborazione con il Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa. Provvidenziale si è manifestata l’intuizione che ci ha ispirato per la costituzione di altre Fondazioni Antiusura accanto a quelle già nate in Italia: Matera con la Fondazione “Mons. Cavalla”, Roma con la

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“Salus Populi Romani” e Torino con la “S. Matteo”. Abbiamo così convocato a Bari il 16 maggio 1995 i responsabili di queste Fondazioni e dopo una mattinata di lavoro è stata accolta la nostra proposta per la nascita di una Consulta Nazionale Antiusura, a partire da una segreteria che avrebbe avuto la sua sede operativa a Bari, con il compito di allargare e coordinare nelle altre regioni italiane la lotta all’usura. Si cominciava a capire come organizzarci per essere efficaci e efficienti e “lavorare in rete”. Si deve pertanto alla Fondazione di Bari la costituzione della Consulta Nazionale e il reperimento dei fondi per la istituzione delle attuali 26 Fondazioni Antiusura in Italia. Ciò è avvenuto grazie alla disponibilità della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana alla quale era stato presentato un progetto preciso da sostenere e finanziare per estendere in ogni regione la rete delle Fondazioni Antiusura. L’azione della Fondazione S. Nicola e SS. Medici, collegata con le altre Fondazioni Antiusura, ha sviluppato un ulteriore significativo impegno che si è concretizzato nel cartello “Insieme contro l’usura” dando il via ad un’azione sincronica di due provvidenziali leggi per la lotta all’usura: la n. 108 del marzo 1996 e la n. 44 del febbraio 1999. La necessità di aggiornare le leggi sull’usura era sotto gli occhi di tutti. Con le nuove leggi si sono istituiti: il Commissario governativo antiracket e antiusura, il Fondo di Solidarietà per le vittime dell’usura e del racket, il Fondo di Prevenzione per la lotta all’usura e modificate le norme per definire e punire il reato di usura, ecc. Un altro significativo impegno la Fondazione lo ha realizzato promuovendo ogni possibile iniziativa per ricevere orientamenti e sostegno morale dall’Episcopato italiano e dal Santo Padre. Non sono state poche le udienze pontificie, 4 con Giovanni Paolo II e 1 con l’attuale Pontefice. In particolare ricordo quella del 24 novembre 2004 in occasione del decennale della istituzione della Fondazione sotto la guida del nostro Arcivescovo mons. Francesco Cacucci e la presenza del Sindaco dott. Michele Emiliano e l’ultima, in ordine di tempo, del 1° luglio u.s.. In questa occasione il Santo Padre ha rivolto un preciso messaggio allo Stato a favore delle famiglie, una calda esortazione alle vittime dell’usura per incoraggiarle alla denunzia e un significativo ringraziamento ai membri della nostra Fondazione e delle altre Fondazioni Antiusura: «Saluto i rappresentanti della Consulta Nazionale Antiusura e di


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA tutte le Fondazioni Antiusura che operano sul territorio italiano. Mentre li ringrazio per l’importante e apprezzata opera che svolgono accanto alle vittime di tale flagello sociale, auspico che vi sia da parte di tutti un rinnovato impegno per contrastare efficacemente il fenomeno devastante dell’usura e dell’estorsione, che costituisce una umiliante schiavitù. Non manchi anche da parte dello Stato un adeguato aiuto a sostegno delle famiglie disagiate e in difficoltà, che trovano il coraggio di denunziare coloro che approfittano della loro spesso tragica condizione». Con queste ultime parole il Santo Padre ha dato voce ed ha incoraggiato tutti noi nella richiesta presentata per il tramite della Consulta Nazionale Antiusura nel corso di audizioni presso la Commissione Giustizia del Senato e della Camera relativamente alla modifica della legge 108/96, prevedendo l’accesso al Fondo di Solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura anche alle famiglie (pertanto, soggetti non esercenti attività economiche) sanando così una evidente disparità di trattamento in contrasto con il dettato costituzionale. Prima di queste iniziative e di tante altre, che per brevità ometto, il più significativo e provvidenziale impegno la Fondazione lo ha realizzato con l’ascolto, in via ordinaria e sistematica ogni martedì, delle persone che ad essa si sono rivolte chiedendo aiuto e sostegno. Per gli incontri ordinari e straordinari in 15 anni, hanno varcato la soglia di via dei Gesuiti 20, non meno di 12 mila persone. Hanno usufruito tutti di consigli e di sostegno morale. Con fondi propri sono state erogate pratiche per 3 milioni di euro (tra finanziamenti bancari, sovvenzioni a titolo non oneroso e beneficenze); con fondi statali pratiche pari a 22 milioni e 700 mila euro; sono state realizzate sovvenzioni per 1 milione 356 mila euro e beneficenza per 474 mila euro; ci si è costituiti parte civile in due processi (clan Capriati e usurai di Corato presso il Tribunale di Trani) mentre è stata deliberata la costituzione di parte civile per altri 5 procedimenti; abbiamo collaborato per assicurare il Programma di Protezione personale e delle loro famiglie in almeno 10 casi e abbiamo delineato un preciso quadro delle usure presenti sul nostro territorio: quelle di vicinato (ultimamente più

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rare), di quartiere (sempre più frequenti, non di rado unite anche all’estorsione …), dei fornitori di merci, quelle legate al luogo del lavoro (specie negli ospedali …), quelle tra commercianti (con ricettazioni …), quelle legate alle associazioni per delinquere (con suddivisione di ruoli per estorsione, recupero crediti, corruzione, rapporti con il sistema bancario); quelle legate alla criminalità di tipo mafioso (presente non solo a Bari ma su tutto il territorio pugliese in forma abbastanza diffusa con riciclaggio di denaro sporco, traffico di droga, corruzione, criminalità negli affari), quelle che hanno origine dalla connivenza con il sistema bancario; quelle legate al mondo degli immigrati (con costituzione di rendita, sfruttamento della prostituzione, caporalato, introduzione clandestina di mano d’opera …), ai giochi di alea (con fitte collusioni con settori istituzionali come i cambisti presso casinò, con riciclaggio di liquidità criminale …) e alla massa dei consumatori dei giochi pubblici d’azzardo con ampio ventaglio di usurai di quartiere e di usurai specializzati nei pressi delle sale scommesse e delle sedi dei Bingo (in cui si segnalano abusivismo finanziario, rilevazione di imprese e di beni immobili delle famiglie). Questo quadro ci ha fatto capire facilmente come si possa cadere in usura sottovalutando inizialmente un indebitamento che di giorno in giorno può diventare più oneroso. I bombardamenti mediatici e gli incoraggiamenti a spendere sono purtroppo tanti e quasi mai utili. Abbiamo anche individuato le cause che favoriscono l’indebitamento e la diffusione della piaga dell’usura. Tra esse sento il bisogno di denunziare ancora una volta quelle legate alla pubblicità ingannevole, al gioco d’azzardo e alle infinite proposte di gioco per le quali abbiamo presentato anche un disegno di legge per moderarne le vincite; al facile ricorso alle finanziarie, i cui tassi, abbastanza alti, costringono il pagamento di rate mensili, che si rivelano gradualmente insopportabili e i cui raggiri – come abbiamo denunziato spesso e come dimostra la truffa scoperta nei giorni scorsi a Bari per merito della Guardia di Finanza – portano ad abusare di famiglie indigenti, dei disoccupati e dei lavoratori in difficoltà. L’azione di contrasto della Fondazione si presenta innanzitutto nella sua azione pastorale, assicurando un paziente ascolto a chi desidera consigli e chiede di dialogare.


FONDAZIONE S. NICOLA E SS. MEDICI – FONDO ANTIUSURA Tante volte, sul tema dell’indebitamento e dell’usura, il primo sfogo lo riceve il sacerdote. È con il sacerdote che molte vittime dell’usura vogliono innanzitutto confidarsi: è con lui che ritrovano la voglia di parlare per uscire dalla loro disperazione. Sono ancora tante le persone “sotto schiaffo” che hanno bisogno di essere incoraggiate per essere capaci di denunziare. La Fondazione non impone la denunzia degli usurai ma educa a farlo. Aiuta ad avere la forza necessaria e offre assistenza legale a chi la sporge. La sua azione è stata definita “meritoria” per il terzo anno consecutivo dal Presidente della Corte d’Appello di Bari nella sua relazione in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario. Ricordo in proposito che l’attuale Presidente, il prof. Vito Marino Caferra, è stato il 1° luglio del 1994, uno dei primi firmatari dell’atto costitutivo della Fondazione. La Fondazione che, come già detto, favorisce la cultura della prevenzione, della solidarietà, della condivisione, della legalità e dell’accompagnamento delle persone a rischio di usura o sue vittime, insiste nell’educare al giusto uso del denaro e ad apprezzarne il valore; programma la sua attività indicando sempre alle persone di avere come riferimento ciò che si possiede, senza inseguire miraggi irraggiungibili: in una parola ad avere uno stile di vita sobrio e responsabile. L’azione di contrasto dell’usura viene realizzata anche attraverso l’erogazione di forme di microcredito nei confronti di persone non in grado di essere assistite con i fondi statali, attingendo ai fondi della solidarietà. A volte basta poco per ridare la serenità a chi non ha niente. Solo nel 2008 la Fondazione ha erogato beneficenze per oltre 33.000,00 euro, finalizzate ad aiutare persone e famiglie a cui era stata sospesa l’erogazione dell’energia elettrica o del gas, a causa del mancato pagamento delle bollette, o per onorare canoni di locazione arretrati, o conti in sospeso con i salumieri o altri fornitori. Per quanto è stato possibile, a tutti si è andati e si va incontro. Il nostro lavoro in via dei Gesuiti continua. Sappiamo che ci attendono tempi difficili, legati ai bisogni primari delle persone, come ci documenta il 14,4% delle famiglie italiane già vittime della “povertà alimentare” e la crescente disoccupazione.

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In ogni modo alimenteremo l’impegno della educazione alla condivisione, cercando di dare “voce e speranza” a chi non crede di avere più “né voce, né speranza”. Nel nostro servizio contiamo di poter avere accanto a noi “altre persone di buona volontà”, tutte le istituzioni compresa la Regione Puglia in maniera più concreta, e di sapere che la Fondazione entra sempre di più nel cuore della comunità civile ed ecclesiale perché la sentano come una loro creatura che si spende per dare “voce” e “speranza” soprattutto a chi è “sotto schiaffo”. Salone del Portico dei Pellegrini, 13 ottobre 2009 mons. Alberto D’Urso

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PUBBLICAZIONI Le visite pastorali pretridentine in terra di Modugno a cura di Nicola Colatorti Presentazione di mons. Francesco Cacucci a Le visite pastorali pretridentine in terra di Modugno a cura di Nicola Colatorti “Fonti documentarie per la storia di Modugno”, 3 Ecumenica editrice, Bari 2009 Indice: Presentazione di Mons. Francesco Cacucci; Introduzione di Nicola Colatorti; Abbreviazioni di Nicola Colatorti; Bibliografia; Contesto storico: 1) Sinossi cronologica, 2) Cenni di storia della chiesa; Giovanni Giacomo Castiglione, Visitatio terrae Medunei 1510 ca.; Stefano Gabriele Merino, Ordini della Visita pastorale del 1513, Supplica del capitolo all’arcivescovo, Decreti della seconda visita pastorale fatta nel 1519, Traduzione in volgare della visita del 1519; Girolamo Grimaldi; Girolamo Sauli, Relazione della visita pastorale fatta nel 1548; Giacomo Puteo, Frammento di visita pastorale del 1556; Documenti; Indice dei nomi di persone e dei luoghi.

Con vivo compiacimento vedo crescere la costruzione della memoria della Comunità di Modugno. Sono grato, pertanto, a don Nicola Colatorti che di questa impresa sta diventando il diligente architetto. Il mio compiacimento e la mia gratitudine si mescolano all’ammirazione per la sua ricerca paziente delle tracce del passato della comunità parrocchiale che guida con amore. Egli trova i frammenti in cui emergono momenti di quella vitalità di Modugno nell’arco di cinquant’anni di quel secolo così decisivo per il cristianesimo occidentale in età moderna.

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E il mio stupore si concentra su quelle carte, sia pur poche, che sono state conservate con cura nell’archivio parrocchiale e altrove, che si impone ora come “ tabernacolo della memoria“ di questo territorio. Quanti l’hanno curato e custodito, per secoli, hanno assolto un compito di alto valore culturale per le generazioni seguenti. La fatica odierna di don Colatorti ne esalta i grandi benefici che si riversano ancora sulla cittadinanza e sulla comunità ecclesiale. L’una e l’altra, infatti, si arricchiscono di elementi che irrobustiscono la consapevolezza di essere noi gli eredi di una storia. Il suo patrimonio di esperienza giova ai percorsi, talvolta incerti, che dobbiamo pur compiere agli albori del terzo millennio cristiano. La tavola cronologica delle prime pagine porta a considerare le vicende di Modugno in contesti più ampi,quasi a comprendere che ancor oggi, anzi ancor più, le vicende cristiane di Modugno, come di ogni altra comunità, si collocano nel contesto organico della Chiesa barese, come quelle civili si intrecciano con quelle contestuali della società contemporanea. A questo, del resto, miravano le visite dei Vescovi nei secoli passati, come oggi: vedere le situazioni, sostenere gli sviluppi, migliorare le potenzialità, confortare le speranze, animare di solidarietà gli impegni ordinari e quotidiani dei singoli e dei gruppi, dei ceti e delle istituzioni. Queste riflessioni che il terzo quaderno di don Colatorti suscitano, ben sì inquadrano nel lavoro apostolico che vado svolgendo con la visita pastorale. Con modalità diverse da quelle dei miei antichi predecessori, e con intenti specialmente religiosi ed educativi, vado cogliendo i passaggi che si susseguono nell’unica grande missione della Chiesa del Signore che qui in Bari–Bitonto e nelle sue comunità. La rilettura del passato contribuisce alla comprensione del presente e spinge verso l’avvenire. + Francesco Cacucci Arcivescovo di Bari – Bitonto


PUBBLICAZIONI

La confraternita laicale di “Maria SS.ma del Rosario“ in Sannicandro di Bari a cura di Nicola Rotundo Presentazione di Liana Bertoldo Lenoci a La Confraternita laicale di “Maria SS.ma del Rosario” in Sannicandro di Bari a cura di Nicola Rotundo Seriografia Artistica Pugliese Cassano Murge (Ba) 2009 Indice: Presentazione di Liana Bertoldi Lenoci, Introduzione, Aspetti giuridici e devozionali delle confraternite pugliesi in età moderna di Liana Bertoldi Lenoci; Prefazione dell’autore; Capitolo I: Sannicandro di Bari – Cenni storici di Nicola Racanelli; Capitolo II: Breve storia della pratica devozionale del Rosario; Capitolo III: Chiese – Cappelle – Confraternite – Terz’Ordini secolari e Feste religiose con o senza processione; Capitolo IV: La cappella dello Spirito Santo ( “o Cappella di San Pietro“): Le origini – L’edificio: esterno e interno; Capitolo V: La fondazione della confraternita del S. Rosario: 14.10.1690; Capitolo VI: Le Regole della “Congregazione del Santissimo Rosario della Terra di Sannicandro“: 1. Richiesta del Regio Assenso sulle Regole e sulla fondazione: 10.3.1979, 2. Il contenuto delle Regole; 3. Concessione del Regio Assenso di Ferdinando IV: 23.3.1779, 4. Appendice documentaria: Il Regio Assenso sulle Regole e sulla fondazione; Capitolo VII : Le confraternite del Rosario e dell’Addolorata si trasferiscono nella cappella dello Spirito Santo: 1832 -1834. Richiesta di acquisto della cappella “diruta“ dello Spirito Santo : 1832. Richiesta di restituzione dell’altare del Rosario, per ricollocarlo nella cappella: 1833. Appendice documentaria: Inventari della confraternita; Capitolo VIII: Le nuove insegne della confraternita in aggiunta a quelle già in uso: Decreto di Ferdinando II: 7.9.1858, La confraternita delibera di chiedere al Re l’autorizzazione di aggiungere nuove insegne da far indossare dagli amministratori: 18.4.1858, Il Decreto di Ferdinando II sulle nuove insegne:

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7.9.1858; Capitolo IX: I restauri alla cappella dello Spirito Santo : 1858, Il diritto di padronato sulla cappella. La perizia dei lavori di restauro da eseguirsi per le gravi lesioni provocate dal terremoto; Capitolo X : Vertenza fra la confraternita del Rosario e quella dell’Addolorata. Contrasti con la confraternita dell’Addolorata: 1881, Liti con le altre confraternite sulla precedenza delle consorelle nelle pubbliche processioni: 1911; Capitolo XI: Altri lavori di riparazioni:1905 e 1906 Riparazioni dell’organo: 1905, Riparazione del campanile crollato a causa di un fulmine: 1906; Capitolo XII : Lo Statuto delle Consorelle: 1907; Capitolo XIII I contrasti con la confraternita di S. Giuseppe: 8.3.1932; Capitolo XIV: La confraternita passa alle dipendenze dell’autorità ecclesiastica: 1936; Capitolo XV: Il Terz’Ordine domenicano a Sannicandro: 21.7.1940, Le consorelle del Rosario ricevono il possesso di terzine domenicane: S. Domenico e l’Ordine dei Frati Predicatori o Domenicani. La Regola del Terz’ordine (compagnia dei “Fratelli e sorelle della Penitenza di S. Domenico”); Capitolo XVI: Altri provvedimenti deliberati dalla confraternita,provvedimenti disciplinari, provvedimenti caritativi e assistenziali, Provvedimenti amministrativi interni, Provvedimenti per restauri ed acquisti di oggetti di culto; Capitolo XVII: I consigli direttivi della confraternita - 1. I compiti degli amministratori, 2. Elenco cronologico degli amministratori; Capitolo XVII: I Padri Spirituali della confraternita - 1. I compiti del Padre Spirituale, 2. Elenco cronologico dei Padri Spirituali; Capitolo XIX: La Confraternita di Maria SS.ma del Rosario oggi, e i suoi componenti, 1. Organizzazione interna, 2. La divisa attuale della confraternita, 3. Le attività della confraternita ;Conclusione; Bibliografia: A- Fonti archivistiche, B – Fonti a stampa in ordine cronologico; Breve Dizionario dei nomi; Appendice iconografica.

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Svolgere una ricerca storica, indagando e ricostruendo attraverso le fonti di archivio conservate in sedi diverse, e non sempre ordinate come dovrebbero, è opera faticosa e complessa. Per scrivere la storia della confraternita di Maria SS. ma del Rosario di San Nicandro di Bari, don Nicola Rotundo ha dovuto fare tutto questo. La confraternita, la cittadinanza, e la comunità degli studiosi pugliesi gli devono essere molto grati per aver voluto caparbiamente, come nelle sue precedenti ricerche, scrivere una pagina inedita della storia di Sannicandro. La storia di una confraternita è, coralmente, anche la storia di tutte le altre della città. Non importa che le devozioni siano diverse. Quello che importa è documentare e raccontare la storia di un gruppo di devoti, che si associano per edu-


PUBBLICAZIONI carsi ad essere buoni cristiani, operando come tali e, quindi fare testimonianza di fede con l’esempio. Quindi abbiamo la storia di una scuola di devozione, che si ispira alla Madonna del Rosario e pratica questa devozione che viene da lontano e che è stata l’asse portante dell’educazione religiosa dei semplici, attuata dalla predicazione dei Domenicani. Vivere cristianamente per morire cristianamente e meditare, così, il Paradiso. La confraternita studiata da don Nicola è tutto questo, ma non solo questo. E’ solidarietà verso i poveri, solidarietà verso gli ammalati, i moribondi; è pietà per i defunti. Dalla documentazione studiata evinciamo il tipo di organizzazione giuridica, civile ed ecclesiastica, che ha retto il gruppo per secoli, con l’impegno di tutti i suoi componenti, che lotteranno per riavere il loro altare e i loro arredi. Che si tasseranno per ricostruire la loro chiesa, e l’esempio di carità è bellissimo, aiuteranno con un’offerta i terremotati di Messina. Nihil sub sole novi ! La storia di questo gruppo di devoti laici si snoda nei secoli attraverso la trascrizione ed il commento dei documenti reperiti nei diversi archivi, dalla fondazione del 1690 attraverso le testimonianze statutarie fino al 2009, all’oggi. All’interno di questo percorso, che riguarda l’aspetto giuridico della fratellanza, don Rotundo racconta le travagliate vicende dalla sede, la “casa“ della confraternita, le vertenze con le altre confraternite, in uno spirito non proprio fraterno ma, piuttosto, di competizione biliosa. Lungo questo percorso puntuale, ci sono numerosi flash riguardanti l’importanza dell’Ordine domenicano, patrocinatore del culto rosariano a livello prima europeo e poi mondiale, grazie ai diversi patrocini papali. Dall’universale al particolare dei provvedimenti che la confraternita dovrà adottare, nel tempo, nei riguardi dei confratelli, dai comportamenti poco ortodossi. Ecco quindi ricomparire la “scuola cristiana“. Accanto alla cura morale e spirituale sono documentate le iniziative economiche per la corretta gestione del gruppo e delle sue proprietà. Quasi quattro secoli di storia non sono facili da raccontare, soprattutto in presenza di vistosi vuoti documentali. Tuttavia, la ricerca è

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uno spaccato interessante, una pagina preziosa della vita dei cittadini devoti di Sannicandro, che si sono impegnati per secoli a sostenere la fede, la carità, il suffragio nella speranza di ottenere il Paradiso. Dobbiamo forse ricordare le tre virtù teologali la Fede, la Speranza e la Carità e che cosa rappresentino? Si sono impegnati insomma ad attuare quella solidarietà della quale l’umanità ha avuto, ha ed avrà sempre bisogno. Ricordare a tutti questo passato così attuale è il merito maggiore di questa preziosa ricerca. Liana Bertoldi Lenoci

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NELLA PACE DEL SIGNORE Domenico Saracino Una vita al servizio della Chiesa e degli uomini

Il 15 ottobre 2009, memoria liturgica di Santa Teresa d’Avila, è tornato alla casa del Padre il prof. Domenico Saracino. Una vita al servizio della Chiesa e degli uomini: credo si possa così sintetizzare la testimonianza che il professore ha dato e ci ha lasciato. La vita di un fedele laico, ma interamente consacrata all’avvento del regno di Dio. L’Arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, ha voluto presiedere nella concattedrale di Bitonto la messa esequiale proprio per sottolineare il valore di una testimonianza laicale come quella del prof. Saracino e si è soffermato nell’omelia a considerare come tale testimonianza il professore l’ha data, non perché avesse scelto la via della consacrazione nell’Istituto secolare ‘Opera della Regalità’, fondato da quell’altra grande figura del laicato cattolico che è stato il prof. Giuseppe Lazzati, ma perché ha sempre avvertito il bisogno e il dovere di vivere fino in fondo il proprio Battesimo, quella consacrazione fontale che ci fa appartenere a Cristo, in modo irreversibile e indelebile, sepolti e risorti con Lui. La scelta della consacrazione nell’Istituto secolare ha solo perfezionato e coronato la consacrazione battesimale, rendendola più ricca e feconda. Questa adesione radicale e totale a Cristo, perseguita con fermezza, lucidità e coerenza, e con un carattere deciso, fino alla caparbietà, ha fatto sì che egli non si appartenesse e fosse tutto per lui e per il

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suo regno, qualunque cosa facesse. È stata una consacrazione a servizio del Regno che il prof. Saracino ha vissuto veramente da laico, nell’insegnamento di storia e filosofia nei licei di Stato, nell’impegno politico diretto, nell’impegno culturale, nell’impegno ecclesiale, nell’impegno di carità e di servizio ai poveri, agli anziani, fino all’ultimo, anche quando la salute era ormai compromessa. Nato a Bitonto nel 1926, ha studiato presso il Ginnasio-Liceo “Carmine Sylos” ed è stato discepolo del Servo di Dio Giovanni Modugno, con cui ha avuto un intenso rapporto di frequentazione, dal 1943 al 1957, spesso incontrandolo, insieme ad altri amici, nella sua casa a Bari, in via Cardassi, incontri che Mimì amava ricordare con tanta gratitudine e commozione. Conseguita, nel 1949, la laurea in filosofia, storia e pedagogia presso l’Università di Bari, ha insegnato storia e filosofia nei licei di Stato fino al 1949. Ha ricoperto più volte la carica di consigliere comunale, è stato consigliere provinciale dal 1956 al 1960 e sindaco della città di Bitonto dal 1962 al 1966. Impegnato nel volontariato sociale, ha ricoperto con grande amore e dedizione per circa vent’anni l’incarico di presidente della “Villa Giovanni XXIII Casa dell’anziano”. Nella comunità ecclesiale è stato valido collaboratore del vescovo di Bitonto mons. Aurelio Marena; nella unificata arcidiocesi di Bari-Bitonto è stato membro del Consiglio Pastorale diocesano e ha svolto l’incarico di moderatore nel Sinodo diocesano. Autore di articoli e saggi su diverse riviste, ha pubblicato, tra l’altro, il volume Una città in pieno sviluppo (Tipografia A. Amendolagine, Bitonto 1966). Importante e significativo l’impegno da lui profuso negli ultimi anni per la causa di beatificazione del Servo di Dio Giovanni Modugno, il suo ‘professore’, per farne conoscere la personalità, la testimonianza umana e cristiana, gli scritti, curando diverse pubblicazioni (ultima G. Modugno. La missione educativa. Corrispondenza 1903-1956, Stilo editrice, Bari 2009), animando l’associazione ‘G. Modugno’ a Bitonto. Al prof. Modugno, suo vero maestro, Mimì Saracino si è sempre rifatto, alle sue virtù eroiche, alla sua missione di educatore, al suo impegno civile e politico, al suo servizio nella comunità cristiana. Come il suo maestro, anche il prof. Domenico Saracino ha combattuto la “bella battaglia della fede” e certamente il Signore, giusto giudice, avrà dato la meritata ricompensa al suo servo buono e fedele.


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DIARIO DELL’ARCIVESCOVO Settembre 2009

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Al mattino, in Arcivescovado, presiede la riunione dei vicari episcopali. A S. Maria di Leuca s’incontra con i Vescovi Pugliesi. A Cracovia, partecipa all’Incontro interreligioso per la pace “Uomini e religioni” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Al mattino, presso le suore Missionarie della Carità, celebra la S. Messa nella memoria della Beata Madre Teresa di Calcutta. Al mattino, a Castel del Monte, celebra la S. Messa per i partecipanti al Congresso nazionale dell’Associazione Teologica Italiana. Al mattino, partecipa alla cerimonia di inaugurazione della Fiera del Levante. Alla sera, nella Pontificia Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa per l’ordinazione sacerdotale di fra Francesco Marino, O.P. Al mattino, nella chiesa di S. Maria Maddalena in Mola di Bari, celebra la S. Messa per la festa patronale di Maria SS. Addolorata. Alla sera, presso la parrocchia S. Andrea in Bari, celebra la S. Messa per il 40° anniversario dell’ordinazione sacerdotale del parroco don Michele Sardone. Alla sera, presso l’Auditorium della Scuola Allievi della Guardia di Finanza, presiede l’assemblea diocesana sul tema La centralità della domenica nel cammino dell’iniziazione

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cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. L’impegno dei genitori e dei catechisti, relatore S.E. Mons. Felice di Molfetta, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano. 16 – Alla sera, in Bitetto, nella chiesa di S. Domenico, partecipa alla cerimonia di inaugurazione di una tela restaurata. 17-20 – Visita pastorale alla parrocchia Immacolata in Gioia del Colle. 21-24 – A Roma, partecipa ai lavori del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. 24-27 – Visita pastorale alla parrocchia S. Maria delle Grazie in Cassano Murge. 28 – Al mattino, presso la parrocchia Maria SS. Annunziata in Modugno, presiede l’Eucaristia, in occasione dell’apertura della chiesa restaurata. 29 – Al mattino, presso la Casa del clero in Bari, presiede l’incontro dei vicari zonali e dei direttori degli uffici di Curia. – Alla sera, presso la parrocchia Immacolata in Modugno, presiede la S. Messa per il 25° anniversario dell’ordinazione sacerdotale del parroco don Nicola Laricchia. 30 – Al mattino, presso l’Auditorium della Scuola Allievi della Guardia di Finanza, celebra la S. Messa e amministra il sacramento della Cresima. – Alla sera, presso la parrocchia Maria SS. Immacolata in Bitonto-Palombaio, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Raffaele Zoppi, C.S.S.

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Visita pastorale alla parrocchia S. Maria Maggiore in Gioia del Colle. Alla sera, partecipa alla cerimonia d’inaugurazione del restaurato Teatro Petruzzelli. Presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, partecipa agli esercizi spirituali della Conferenza Episcopale Pugliese. Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, presiede il ritiro del clero.


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Al pomeriggio, presso la parrocchia S. Fara in Bari, celebra la S. Messa per l’inaugurazione dell’anno accademico 2009-2010 della Facoltà Teologica Pugliese. Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa per l’ordinazione diaconale di Alessandro Tanzi. Al mattino, nella chiesa di S. Domenico in Bari, celebra la S. Messa per la festa di Maria SS. del Rosario e per il 45° anniversario di ordinazione presbiterale di don Antonio De Santis. Alla sera, presso la parrocchia Madonna di Pompei in BariCarbonara, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco don Carlo Cinquepalmi. Alla sera, presso la parrocchia S. Ottavio in Modugno, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Paolo Polci, S.S.S. Al mattino, presso il Seminario arcivescovile, incontra l’équipe degli educatori. Alla sera, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa per il 15° anniversario della Fondazione Antiusura S. Nicola e SS. Medici. Alla sera, presso la parrocchia S. Maria di Costantinopoli in Bitritto, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco mons. Domenico Falco. Alla sera, presso la parrocchia S. Maria del Monte Carmelo in Bari, celebra la S. Messa per la festa di S. Teresa d’Avila e per l’inizio dell’anno pastorale e conferisce il mandato ai catechisti. Alla sera, presso il Politecnico di Bari, partecipa all’assemblea diocesana del laicato: relaziona il prof. Franco Nembrini, della Fraternità di CL. Alla sera, presso la parrocchia S. Francesco d’Assisi in Bari, celebra la S. Messa per l’ingresso del nuovo parroco p. Giovanni Foggetta, O.F.M. Conv. Al mattino, presso l’abbazia di S. Scolastica in Bari, celebra la S. Messa.

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Alla sera, presso il Santuario dei SS. Medici Cosma e Damiano in Bitonto, celebra la S. Messa per la festa patronale. 19 – Alla sera, presso la Camera di Commercio in Bari, interviene al Convegno organizzato dalla Confcooperative sull’enciclica “Caritas in veritate” di papa Benedetto XVI. 20 – Alla sera, presso la parrocchia S. Marcello in Bari, celebra la S. Messa, incontra i componenti del Consiglio Direttivo ANSPI e guida la lettura del film “Io e Marley”. 21 – Alla sera, presso il monastero S. Giacomo delle monache Benedettine Olivetane in Palo del Colle, celebra la S. Messa per il 70° anniversario della professione di suor Erminia, O.S.B. Oliv. 22 – Al mattino, presso la Casa del clero in Bari, presiede la riunione del Consiglio Presbiterale diocesano. 22-25 – Visita pastorale alla parrocchia S. Lucia in Gioia del Colle. 26-30 – A Milano, partecipa alla settimana di formazione del clero diocesano. 31 – Alla sera, presso la cappella maggiore del Seminario Arcivescovile, celebra la S. Messa per il conferimento dell’accolitato ai seminaristi Pierpaolo Fortunato e Pietro Tanzi e per l’ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato dei seminaristi Mario Diana, Nicola Flavio Santulli e Antonio Stizzi.

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