Ecumenismo nella UNITATIS REDINTEGRATIO

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FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA

STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO - CATANIA -

IGNAZIO COCO

ESERCIZIO DELL’ECUMENISMO NEL DECRETO «UNITATIS REDINTEGRATIO» METODOLOGIA ECUMENICA

_______ ELABORATO DE «IL MOVIMENTO ECUMENICO: GLI UOMINI ED I PROBLEMI»

_______

Ch.mo Prof. LUIGI CHIOVETTA

Anno Accademico 2004 / 2005


Il movimento ecumenico: gli uomini ed i problemi - Prof. LUIGI CHIOVETTA – A.A. 2004 / 2005

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PREFAZIONE Il seminario in questione ha come oggetto quello di affrontare dal punto di vista storico, teologico e magisteriale lo sviluppo nella storia del cristianesimo del movimento ecumenico. In questo elaborato mi preoccuperò di affrontare la metodologia ecumenica proposta dal capitolo secondo del documento «Unitatis Redintegratio» del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il presente elaborato ha la pretesa di analizzare il decreto magisteriale del concilio Vaticano II, l’«Unitatis Redintegratio». In particolare, ci si è soffermato sul capitolo secondo il quale ha come oggetto l’«esercizio dell’ecumenismo». Tale lavoro costituisce un tutt’uno con il diverso elaborato volto ad analizzare il tema dell’Attività ecumenica del Concilio Vaticano II da un punto di vista storico. Ad abundantiam, si precisa che nell’analisi del sopraccitato documento si è tenuto in particolar modo fede alla cospicua riflessione teologica sulla materia.

INTRODUZIONE Questo secondo capitolo, «Esercizio dell’ecumenismo», del decreto Unitatis Redintegratio, delinea il progetto qualitativo del dialogo ecumenico e fissa gli impegno che la Chiesa Cattolica può e deve assumere per esprimere la propria ecumenicità vocativa, per promuovere e sostenere il dialogo che ricerca l’unità visibile dei cristiani. A tal fine nel documento è possibile individuare tre impegni differenziati e definiti nella letteratura ecumenica: - ecumenismo spirituale - ecumenismo dottrinale - ecumenismo del servizio.


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«Si può dire che il progetto dei tre impegni, la Chiesa Cattolica, li riceve in eredità dal “movimento ecumenico”»1, ed anche partendo dalla certezza che esso viene dallo «Spirito di Dio»2. Il capitolo, nella analisi dei tre momenti progettuali, applica alla responsabilità della Chiesa Cattolica ciò che essi le chiedono, e si muove con delle categorie portanti e caratterizzanti le esigenze proprie dell’ecumenismo, tra le più pregnanti citiamo le categorie della «conversione», del «dialogo» e del «servizio». Senza conversione non si ha ecumenismo ma trattativa di politica ecclesiastica; senza dialogo si ha svendita della missione, perché se da un verso si è coscienti che la divisione smentisce la volontà di Cristo, d’altro canto si è anche coscienti che tutti i cristiani sono ne sono i responsabili: l’origine e la causa. Ed ancora, senza servizio la Chiesa non adempie alla missione della sua chiamata: quella di portare Cristo agli uomini, perché in Essa si manifesti il Regno di Dio. Questo secondo capitolo, come abbiamo detto, è intitolato «De Oecumenismi exercitio», va dal paragrafo 5 al paragrafo 12, e può essere strutturato nel seguente modo: − − − − − − − −

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Il V paragrafo: ha carattere d’introduzione e specifica a chi spetta la responsabilità ecumenica; Il VI: Il rinnovamento nella Chiesa; Il VII: La conversione del cuore; L’VIII: La preghiera in comune; Il IX: La conoscenza reciproca dei fratelli tra di loro; Il X: L’insegnamento dell’ecumenismo; L’XI: Il modo di presentare e di esprimere la dottrina; Il XII: La collaborazione con i fratelli separati.

GERMANO PATTARO, Corso di Teologia dell’Ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985, 199. 2 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio, 1, in EV 1/495.


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IL SOGGETTO DELL’IMPEGNO ECUMENICO (UR, 5) «L’ecumenismo deve interessare allo stesso modo tutti i cristiani, ossia esige la partecipazione attiva sia dei cattolici che dei separati, in quanto discepoli di Cristo non possono non sentire la vocazione unitaria della Chiesa. A chi tocca sostenere il dialogo nelle file cattoliche? A tutti, indistintamente. Debbono considerarsi definitivamente sorpassati i tempi in cui l’azione pastorale sembrava esclusivamente riservata al monopolio ed alla sollecitudine della gerarchia ecclesiastica»3. Il Soggetto ed i soggetti dell’Impegno Ecumenico Quindi il soggetto è la Chiesa stessa in quanto tale, quindi, le comunità ecclesiali, esse pure il quanto tali. Tutti i cristiani devono farsi carico della responsabilità ecumenica, nel senso che la comunionalità li rende responsabili gli uni verso gli altri in quanto Chiesa, vocativamente e costitutivamente, è consegnata in responsabilità a tutti i credenti in Cristo, quindi nella Chiesa nessuno può ritenersi un privato. «La Chiesa è nello stesso tempo comunione e condivisione, per questo l’ecumenismo riguarda nello stesso tempo tutti ed ognuno. Evidentemente ciò non esclude alcun ordine interno, se l’unità di comunione non è certo uniformità non è neppure spontaneismo che provocherebbe ulteriore dispersione e non assunzione di responsabilità reciproca»4. Proprio per questo il decreto precisa che anche se «la cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori», precisa ulteriormente che questa cura riguarda «ognuno secondo la propria virtù»5.

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ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965, 156. 4 GERMANO PATTARO, Corso di Teologia dell’Ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985, 201. 5 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Unitatis Redintegratio, cit. 5, in EV 1/519.


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Ecumenismo e ministerialità Per virtù si intendono due cose: la prima fa riferimento alla realtà battesimale che configura ogni cristiano a Cristo ed in Cristo e lo coinvolge nella Sua causa che è appunto quella dell’«edificazione del Corpo di Cristo»6. Per seconda interpretazione della categoria virtù si intende il riferimento alla ministerialità propria a ciascuno secondo l’economia organica del Corpo ecclesiale, intesa come differenziazione di responsabilità. Tale ministerialità si differenzia nel suo insieme, secondo il sacerdozio universale del popolo di Dio e il sacerdozio ordinato dei pastori. Fedeli

Pastori

Vita

Comportamento

Dottrina

Credenze

(disciplina) Decisioni pastorali (dogma) Magistero dottrinale

«Quindi l’ecumenismo interessa i pastori, non solo nel terreno del loro magistero dottrinale, ma anche nell’ambito delle decisioni pastorali. A sua volta, l’ecumenismo, si proietta sui fedeli: influisce sulle loro credenze, senza escludere tuttavia il suo influsso decisivo sul loro comportamento individuale e sociale»7. L’ecumenicità diviene così responsabilità nella continua presenza cristiana a tutti i livelli della realtà ecclesiale, la ricerca dell’unità deve essere una costante del modo di essere della Chiesa in linea alla sua esistenza vocativa, carismatica ed istituzionale.

6

Cfr. LG, 32. ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965, 157-158. 7


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IL RINNOVAMENTO DELLA CHIESA (UR, 6) Per «Rinnovamento» della Chiesa si intende una continua conversione, come processo di ristrutturazione o di migliore razionalizzazione dei servizi della Chiesa. Non deve essere intesa solo come purificazione morale o come conversione dei singoli gruppi ecclesiali perché la Chiesa li trascende, si parla della conversione della Chiesa in quanto tale che ha origine nella stessa vita intratrinitaria8. La Chiesa vive una dimensione carismatica, la «Ecclesiae signum» ed una dimensione storica, la «res Ecclesiae». È quindi necessaria una mediazione tra la communio (il «mistero» di Dio) e la comunitas (l’azione degli uomini espressa nella istituzione umana). La Chiesa, quindi, «non cessi, con l’aiuto dello Spirito Santo, di rinnovare sé stessa»9: Ecclesia semper reformanda «Nella sua costituzione divina, la Chiesa presenta degli aspetti assolutamente irreformabili, su questo punto l’attuale magistero non intende assolutamente retrocedere»10. Ma come abbiamo già detto, la Chiesa è anche espressa attraverso una rappresentanza umana, che può essere soggetta, come del resto ci dimostra anche la storia, a delle applicazioni erronee. Appunto in questa logica il testo in questione afferma: «la Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno»11. «La trasparenza evangelica, anche se non si eclissa completamente, perché Dio nella sua bontà interviene col suo braccio onnipotente, diminuisce fino a tocca-

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Cfr. LG, 1. Cfr. LG, 9. 10 ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965, 160. 11 Cfr. UR, 6a. 9


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re estremi pericolosi»12. Contro tale deficienza, inerente alla nostra condizione umana, la Chiesa è chiamata a reagire con un programma permanente di purificazione: ecclesia semper reformanda. Deve “riformarsi” per essere in linea col progresso scientifico che spesso è inerente allo sviluppo teologico ed alla vita della Chiesa. La riforma costituisce il primo passo assolutamente imprescindibile per un corretto dialogo, anche se sarebbe errato impostarlo senza una previa precisazione del punto di partenza di ambedue gli interlocutori: definire alla luce del Vangelo le vere dimensioni storiche e sociologiche. L’esperienza in atto della «conversione» «Naturalmente occorre specificare che ogni processo di conversione, quale modo globale di essere della Chiesa, non è legato all’ecumenismo. Se così fosse, l’ecumenicità diverrebbe una categoria ecclesiologica esclusiva. Si vuol dire che tale processo appartiene alla Chiesa in quanto tale, così che essa, perché impegnata in una continua riforma, diviene ecumenicamente disponibile. È perciò la conversione il fondamento della ecumenicità della Chiesa e non viceversa»13. Il decreto in oggetto avverte questa ampiezza del problema e ne elabora due giudizi: il primo è esplicito, prende atto che la Chiesa Cattolica è arrivata alla coscienza ecumenica per mezzo di una serie di rinnovamenti in atto da decenni al suo interno; il secondo è implicito, ricorda che l’ecumenismo ha posto in questi rinnovamenti la suo origine e il suo fondamento, accertare la qualità della disponibilità ecumenica della Chiesa è una questione a carattere storico-teologico.

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ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965, 161. 13 GERMANO PATTARO, Corso di Teologia dell’Ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985, 210.


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«Il testo presenta una serie di movimenti di riforma che la storia della teologia li definisce movimenti ed in particolare: movimento biblico, liturgico, patristico, laicale, missionario, ecumenico, ecc. Il modo con cui il testo li presenta fa capire che questi movimenti hanno provocato una azione interagente al positivo, con un contagio di provocazione reciproco e crescente»14.

ECUMENISMO E CONVERSIONE INTERIORE (UR, 7) Questa riforma della Chiesa deve essere portata nella coscienza per concretizzare un dovere personale alla conversione. È naturale che sia così: il Vangelo ci detta la «

» come formula ideale per preparar-

ci alla venuta del Signore. «Urge potare i polloni spontanei del nostro orgoglio e della nostra durezza. Cristo, nostro Maestro, ci ricorda il programma della sua scuola, fatto di mansuetudine e di umiltà. È necessario cingere i nostri fianchi e servire generosamente i fratelli, così come fece il Signore»15. Il Decreto insiste sulla portata universale di questo atteggiamento, in particolar modo la norma pesa in modo speciale sui membri della gerarchia che detengono l’autorità, ricordando però che il «potere» evangelico è quello del “servizio”, del servizio all’ecumenismo. Riconoscimento delle colpe contro l’unità Il decreto, dopo aver riconosciuto che le colpe della divisione devono essere ripartite, ne accetta la conseguente responsabilità: «con umile preghiera chiediamo perdono a Dio ed ai fratelli separati, come pure

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GERMANO PATTARO, Corso di Teologia dell’Ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985, 211. 15 ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965, 164.


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noi rimettiamo ai nostri debitori»16. È un gesto che non smentisce la Santità della Chiesa, ma che riconosce le miserie dei suoi membri. Così, dunque, la vera conversione non si riduce ad una rettifica di tipo verticale. L’amore di Dio si riflette necessariamente sul piano orizzontale dei nostri contatti con i fratelli. Conversione come pieno sviluppo ecumenico La conversione sorpassa il campo della preparazione per situarsi in pieno sviluppo ecumenico. Non si può parlare di un semplice avanzamento, ma di un vero esercizio di ecumenismo. L’ecumenismo deve essere concepito come un movimento convergente o come un ritorno globale a Cristo. «Si deve ricordare che la perdita della relazione con Dio e con i fratelli legata nella Bibbia all’atto di autoreferenzialità e di autoaffermazione dell’uomo nei confronti sia di Dio che degli altri uomini. autoaffermazione significa entrare nella contrologica adamitica del “sarete come dèi”. L’autoaffermazione è, perciò, il corrispettivo decisionale dell’incredulità, della disobbedienza e della superbia. La permanenza nella divisione, vista come perentoria, cade sotto la stessa logica»17. Unione… come vita conforme al Vangelo «I fratelli tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l’unione, quanto più si studieranno si condurre una vita più conforme al Vangelo»18. Ciò significa che il Vangelo è quindi l’unità di misura che qualifica ecumenicamente l’esistenza dei discepoli di Cristo. La fedeltà al

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UR, 7b. GERMANO PATTARO, Corso di Teologia dell’Ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985, 215. 18 UR, 7c. 17


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Vangelo, come fatto primario dell’esistenza cristiana, è essa stessa e concretamente un vivere già l’unità.

LA PREGHIERA IN COMUNE (UR, 8) Preghiera ed Ecumenismo Sembra che il Decreto collochi al centro stesso dell’ecumenismo, l’orazione: «questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani, si devono ritenere come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale»19. In questo modo, preghiera ed ecumenismo, vivono intimamente legati. Da un verso infatti si aspira che l’ecumenismo, nato in ginocchio, converta il mondo in una gigantesca cattedrale dove risuoni l’«unum sint» di Cristo, nello stesso tempo la preghiera si preoccupa di sostenere l’ecumenismo perché non venga a mancare nel suo cammino, cammino visto come «Via Crucis». Che tutti siano un cosa sola «È consuetudine infatti per i cattolici di recitare insieme la preghiera per l’unità della Chiesa, con la quale ardentemente alla vigilia della sua morte lo stesso Salvatore pregò il Padre: Che tutti siano una cosa sola (Gv. 17,21)»20. Questa preghiera raccomanda tutti i suoi fedeli a Cristo, è Lui che può alleggerire le tensioni e ottenere che tutti gli uomini godano della pienezza dei doni salvifici depositati nel seno della Chiesa. «La preghie19 20

UR, 8a. UR, 8b.


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ra, di conseguenza, è tanto legittima quanto l’ecumenismo, quanto qualsiasi sforzo di carattere unionistico»21. Esistono, davvero, concetti di unità che sono inaccettabili e che sfigurano l’ecumenismo; però gli abusi non sopprimono le legittimità di uno sforzo autentico, appoggiato sulla concezione ortodossa di unità. La «comunione» liturgica «Nella preghiera i cristiani, pur divisi, vivono e sperimentano la comunione profonda che viene a loro dallo Spirito di Dio che, unico, parla loro e li conduce alla sola fede dell’Evangelo ed al Battesimo che li fa essere di Cristo»22. Che ne dire allora di una preghiera doppiamente ecumenica, in cui ci si imponga oltre che pregare per l’unione, di pregare uniti? Con queste asserzioni il decreto legittima l’incontro spirituale che taluni avevano combattuto come cosa inaccettabile dalla dogmatica cattolica. Il Concilio ha posto in risalto un doppio principio che deve regolare gli incontri confessionali sul piano spirituale: se da un lato la preghiera unitaria è un segno di unità, nello stesso tempo diviene anche mezzo per ottenere la grazia dell’unione. Quindi la preghiera per l’unità è legittima, ed in un certo senso obbligatoria, per i medesimi motivi che garantiscono il movimento ecumenico contemporaneo. La preghiera aspira ad un ecumenismo intenso nel duplice senso della sua finalità, in quanto tende all’unione di tutti i cristiani, e nel suo esercizio, in quanto si effettua ecumenicamente con la attiva partecipazione di tutti gli interessati. 21

ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965, 169. 22 GERMANO PATTARO, Corso di Teologia dell’Ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985, 228.


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Naturalmente però la preghiera per l’unità della Chiesa è soggetta alla vigilanza dei pastori legittimi.

LA CONOSCENZA RECIPROCA DEI CRISTIANI (UR, 9) «Bisogna conoscere l’animo dei fratelli separati. A questo scopo è necessario lo studio, il quale deve essere condotto secondo la verità e con animo ben disposto»23. Studio dell’interlocutore o conoscenza diretta? Questo dialogo ecumenico non può quindi prescindere da una previa conoscenza dell’interlocutore. È necessario che lo studio sia pienamente fruttuoso

attraverso

uno

spirito

dialogico.

Lo

studio

dell’interlocutore abbraccia tutta la sua dimensione storica, dottrinale, spirituale, cultuale, culturale, psicologica, ecc. «È anche vero che il previo studio non basta: per la comprensione dell’interlocutore è necessaria una auto manifestazione. In altre parole, la comprensione dell’interlocutore si potrà soltanto raggiungere nell’intimo contatto con l’interlocutore che si apre pienamente alla confidenza»24. Quindi, come visto, il dialogo dovrebbe operare in due fronti: lo studio e la conoscenza diretta e profonda. Il dialogo appare come lo strumento ideale per assicurare una mutua conoscenza che sta al fondamento dell’impresa ecumenica. Inoltre lo studio della teologia deve realizzarsi alla luce del dialogo, bisogna ascoltare con attenzione il fratello separato che rivela la sua dottrina, e bisogna formulare il nostro «dogma» come se realmente par-

23

UR, 9a. ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965, 176.

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lassimo a interlocutori non avvezzi alle nostre categorie (come ad esempio quelle «scolastiche»).

LA FORMAZIONE TEOLOGICA (UR, 10) «L’insegnamento della sacra teologia e delle altre discipline, specialmente storiche, deve anche essere fatto sotto l’aspetto ecumenico»25. Il paragrafo 10 del decreto in questione, è di carattere pastorale e si interessa della destinazione che ha il lavoro di destinazione critica, messo a punto dalla esperienza ecumenica. La formazione teologica deve essere francamente ecumenica sotto due aspetti: Ecumenicità in teologia ed ecumenicità teologica La teologia deve acquisire al suo interno l’ecumenicità, cioè non deve essere appunto una teologia di parte, riconoscendo negli interlocutori la loro tradizione spirituale, liturgica e dottrinale e la genialità nella loro ricchezza. Questo processo farà acquisire una maggiore consapevolezza della «cattolicità» che è il tratto caratteristico che definisce la comunionalità nella Chiesa. Ecumenismo e Missione Una formazione ecumenica alla missione, perché la separazione dei cristiani è «di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura»26. Bisogna non dimenticare che l’ecumenismo affonda le sue radici proprio da problematiche sol25 26

UR, 10a. UR, 1.


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levate in terra di missione, quando i cristiani venivano accusati di aver portato insieme a Cristo anche le loro divisioni e di aver frammentato la Chiesa di Cristo. Proprio per questo la formazione ecumenica alla missione sta alla base della «ecclesiologia» di comunione del Concilio Ecumenico Vaticano II. In parole povere, al primo punto si ribadisce l’importanza del ruolo ecumenico dei «futuri pastori e sacerdoti», mentre al secondo punto l’importanza del ruolo ecumenico «dei cattolici che attendono alle opere missionarie».

IL MODO DI PRESENTARE LA DOTTRINA (UR, 11) Questo paragrafo del Decreto riprende il discorso iniziato al paragrafo 9, e sul filtro di quanto detto al paragrafo 10, precisa come, da parte cattolica, ci si impegna circa la metodologia che caratterizza la presentazione della fede. Definiamo, a riguardo, le tre indicazioni vincolanti propostaci dal decreto: 1- La distinzione tra «ecumenismo» e «falso irenismo». 2- La modalità del linguaggio teologico per la diversità della cultura in cui esso si esprime; 3- La attitudine etico-evangelica che deve qualificare la proposta dottrinale. Al termine, il paragrafo, richiama l’attenzione dei cattolici sul cosiddetto principio «dell’ordine o gerarchia delle verità».


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LA COLLABORAZIONE CON I FRATELLI SEPARATI (UR, 12) L’ultimo paragrafo di questo capitolo si interessa all’ecumenismo detto di «diaconia» o di «servizio». Il progetto che propone, pure puntuale nelle indicazioni concrete, è attento innanzitutto alle sue proprie motivazioni. Ciò per il fatto che l' agire dei cristiani e il particolare agire di cui qui si parla è considerato vocativo e, quindi, costante. Risponde, cioè, all' essere Chiesa della Chiesa. Esso è presentato con la categoria della «collaborazione». Questa, a sua volta, è articolata su due versanti. Interno alla Chiesa, e riguarda il dovere dei cristiani di stabilire dei rapporti di corresponsabilità. Esterno alla Chiesa, e riguarda il servizio dei cristiani nei confronti della società e dei problemi della convivenza umana. I due versanti hanno la loro giustificazione nel fatto che la realtà cristiana non è destinata a se stessa. La Chiesa, abbiamo già sottolineato, è «per» il Regno di Dio. In questa prospettiva prende il suo rilievo determinante la preghiera di Gesù, il quale invoca dal Padre l' unità per i suoi «affinché il mondo creda che tu mi hai mandato»27. L' economia, infatti, che lega i discepoli a Cristo è l' obbedienza a Lui che li «chiama» per «inviarli» presso gli uomini. Non con sollecitazione solo etica, né, tanto meno, pragmatica, ma sulla linea vocativa dello stesso Cristo, che fa entrare la Chiesa nel movimento della Sua Incarnazione: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi»28. Perché, appunto, essa sia “serva” al mondo come Lui fu “servo”. Il testo individua due linee di intervento. La prima chiede ai cristiani di condividere insieme davanti agli uomini e a loro favore i beni e i doni della fede che hanno in comune. La seconda avverte i cristiani che spetta a loro per primi di impegnarsi uniti per promuovere una società 27 28

Gv 17,21. Gv 20,21.


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umana più giusta. Si deve notare che le due linee sono tra di loro in stretta correlazione, perché non si immagini il primo intervento squisitamente evangelico e il secondo solo operativo e, quindi, puramente etico. L' uno e l' altro sono saldati dalla certezza che la Chiesa e i discepoli di Cristo hanno il compito di «porre in piena luce il volto di Cristo servo». Il che vuol dire che la prima e la seconda forma sono varianti dell' unica e sola testimonianza cristiana.

CONCLUSIONI La complessità della materia trattata, l’articolata regolamentazione avutasi con il Concilio Vaticano II, rendono il tema dell’esercizio dell’ecumenismo ancora alquanto problematico e complesso, considerata la fluttuanza delle categorie sopra esaminate. Tuttavia, essendo necessaria una conclusione alla tematica del presente elaborato, si ritiene opportuno demandare la questione ad una riuscita sintesi relativa agli effetti ed ai risultati del Concilio del teologo Rosino Gibellini. «Dal Concilio Vaticano II ci sono stati rilevanti risultati: centralità della Parola di Dio, una mobilitazione di tutte le componenti della comunità ecclesiale, sia livello di direzioni della chiesa con la collegialità episcopale, sia a livello di laici che sono chiamati ad assumere le loro responsabilità, un senso più acuto della missione in termini di servizio, un rapporto non più antagonistico ma di solidarietà nel quale si trova ad operare, un rapporto di dialogo e di attiva ricerca dell’unità con le altre comunità cristiane, un rapporto di dialogo e di collaborazione con le grandi tradizioni religiose dell’umanità. È in questo contesto di ecclesiologia di comunione

che

si

colloca

il

decreto

Unitatis

redintegratio

sull’ecumenismo, che segna l’aggregazione definitiva della chiesa cattolica alla causa ecumenica. Il decreto conciliare espone i principi cattolici


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dell’ecumenismo (e non: i principi dell’ecumenismo cattolico): non ci sono due ecumenismi, l’ecumenismo cattolico e l’ecumenismo dei cristiani non-cattolici, che si sviluppano giustapposti o anche antagonisti, ma solo un ecumenismo, al quale, la chiesa cattolica lentamente partecipa con la sua identità ed autocomprensione ecclesiale; e tratta inoltre dell’esercizio dell’ecumenismo in termini di conversione, riforma, dialogo e cooperazione. I cristiani non-cattolici, già “dissidenti” ed “eretici”, sono riconosciuti come “fratelli nel Signore”, anche se separati dalla piena e perfetta comunione con la chiesa cattolica»29.

29

ROSINO GIBELLINI, La Teologia del XX secolo, Biblioteca di Teologia Contemporanea, Queriniana, Brescia 1992, 527.


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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

FONTI CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sull’ecumenismo Unitatis

Redintegratio,

in

ENCHIRIDION

VATICANUM,

I,

1962-1965, Edizioni Dehoniane, Bologna 198112.

STUDI GERMANO PATTARO, Corso di Teologia dell’Ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985; ANTONIO M. JAVIERRE, Promozione Conciliare del Dialogo Ecumenico, Collana Magistero Conciliare, Elle Di Ci, Asti 1965; PETER NEUNER, Teologia Ecumenica, Biblioteca di Teologia Contemporanea, Queriniana, Brescia 2000; ROSINO GIBELLINI, La Teologia del XX secolo, Biblioteca di Teologia Contemporanea, Queriniana, Brescia 1992; TOM STRANSKY, Concilio Vaticano I e II, in Dizionario del movimento ecumenico, Edizioni Dehoniane, Bologna 1994, 11611163.


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INDICE PREFAZIONE

pag. 02

INTRODUZIONE

pag. 02

IL SOGGETTO DELL’IMPEGNO ECUMENICO Il soggetto ed i soggetti dell’impegno ecumenico Ecumenismo e ministerialità

pag. 04 pag. 04 pag. 05

IL RINNOVAMENTO DELLA CHIESA Ecclesia semper reformanda L’esperienza in atto della «conversione»

pag. 06 pag. 06 pag. 07

ECUMENISMO E CONVERSIONE INTERIORE Riconoscimento delle colpe contro l’unità Conversione come pieno sviluppo ecumenico Unione… come vita conforme al Vangelo

pag. 08 pag. 08 pag. 09 pag. 09

LA PREGHIERA IN COMUNE Preghiera ed Ecumenismo Che tutti siano una cosa sola La «comunione» liturgica

pag. 10 pag. 10 pag. 10 pag. 11

LA CONOSCENZA RECIPROCA DEI CRISTIANI Studio dell’interlocutore o conoscenza diretta?

pag. 12 pag. 12

pag. 13 LA FORMAZIONE TEOLOGICA Ecumenicità in teologia ed ecumenicità teologiica pag. 13 Ecumenismo e Missione pag. 13 IL MODO DI PRESENTARE LA DOTTRINA

pag. 14

LA COLLABORAZIONE CON I FRATELLI SEPARATI

pag. 15

CONCLUSIONI

pag. 16

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

pag. 18

INDICE

pag. 19


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