Storia della Chiesa I

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FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA

STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO - CATANIA -

Ignazio Coco, Giuseppe Agatino Scrivano

STORIA DELLA CHIESA I Dalle origini a S. Gregorio Magno

_______ APPUNTI DELLE LEZIONI

_______

Chiar.mo Prof. GIOVANNI MAMMINO

ANNO ACCADEMICO 2001 / 2002


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PROGRAMMA DEL CORSO DI STUDI1 Introduzione metodologica generale alla storia della Chiesa. I cristiani di fronte al mondo giudaico e al mondo pagano. La Chiesa e l'impero romano: 1. L'espansione del cristianesimo e la nascita dell'apologetica cristiana. 2. Le persecuzioni. 3. Il vissuto del popolo cristiano. La Chiesa e le insidie interne: Il pericolo delle eresie. La Chiesa si struttura: 1. Le chiese episcopali del III secolo. 2. La posizione preminente di Roma. La svolta costantiniana: dalla tolleranza ad una situazione di privilegio. La "Chiesa imperiale" sotto i successori di Costantino. La Chiesa e le popolazioni barbariche. Il contesto storico della controversia ariana e i concili di Nicea e Costantinopoli. Le dispute teologiche fino alla metĂ del quinto secolo: 1. Le "scuole teologiche" di Antiochia e Alessandria. 2. I concili di Efeso e Calcedonia. Il monachesimo: 1. Monachesimo orientale. 2. Monachesimo occidentale. La Chiesa al tempo di Giustiniano I: la nascita delle chiese nazionali. Gregorio Magno: La Chiesa in un'epoca di transizione. TESTI Storia della Chiesa, diretta da H. Jedin, I-III, Jaca Book, Milano 2

1992 ; J. DANIELOU - H. MARROU, Nuova storia della Chiesa. I. Dalle origini a S. Gregorio Magno, Marietti, Torino 1994.

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annuario 2001 / 2002, Istituto Teologico S. Paolo, Catania, 2001, 44


-3SABATO 16 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 L'oggetto della Storia della Chiesa è la crescita nel tempo e nello spazio della stessa Chiesa fondata da Gesù Cristo. La sua ragione di vita scaturisce dal fatto che «il Verbo si è fatto carne»2 ed è entrato nella storia umana. Ha voluto una Chiesa che dipendesse da azioni umane, ma non l'ha abbandonata a sé stessa. Ha mandato lo Spirito Santo perché la guidasse nei secoli. Il compito dello storico della Chiesa è quello di ricostruire il passato delle comunità cristiane e la loro evoluzione attraverso i secoli con metodi rigorosamente scientifici. Tale ricostruzione viene realizzata rivelando le tracce che questo passato ha lasciato nei documenti scritti e quant'altro passa al vaglio della critica storia (Es: fonti archeologiche, ecc). C'è una differenza tra teologo e storico: il primo ci parla della Chiesa dal punto di vista divino e di salvezza, lo storico, invece ci descrive le esperienze, le vicende concrete, i fatti della storia della salvezza senza alcun intento apologetico. Non è da ricercare principalmente nella storia della Chiesa un carattere edificante, sono fatti storici in sé stessi, la morale è un aspetto secondario. Lo storico della Chiesa vuole solamente dimostrare ciò che è avvenuto in passato; vuole conoscere i fatti per poterli valutare e dimostrare. Epoca antica Divisioni convenzionali

Epoca medioevale

Cronologiche

Epoca moderna Epoca contemporanea

Il Periodo di cui ci occuperemo in questo corso sarà quello antico e medioevale che va dalle origini a S. Gregorio Magno.

2

Gv 1,14


-4MARTEDÌ 19 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15 Il periodo della Storia della Chiesa antica va dall'anno 6 a.C., all'anno 70 d.C. Perché iniziamo dal 6 e non dall'anno 1 d.C.? Perché la nascita di Cristo viene fatta risalire intorno al 5-6 a.C., visto che Dionigi il Piccolo sbagliò il computo della nascita di Gesù. TESTIMONIANZE E FONTI SUL CRISTIANESIMO DEGLI ALBORI Nel primo secolo gli autori pagani parlano molto poco del Cristianesimo perché ancora è formato da una sparuta minoranza e perché ancora non aveva raggiunto una propria identità all'interno delle comunità giudaiche. Solo Tacito e Svetonio parlano dei Cristiani. Tacito racconta dell'incendio di Roma imputato ai Cristiani. Tacito però non conosce l'ideologia dei Cristiani, ne parla infatti in modo approssimativo. Svetonio, nella "Vita di Claudio" parla della espulsione dei Giudei da Roma, perché creavano dei tumulti e non partecipavano alle attività organizzate dall'Imperatore. Scacciavano i Giudei da Roma perché creavano tumulto in nome di un certo Cristo; «perché Claudio aveva ordinato che tutti i Cristiani partissero da Roma»3. Un'altra testimonianza è di Giuseppe Flavio: Giacomo, il fratello del Signore, fu ucciso a Gerusalemme nell'anno 62 d.C. Le fonti ebraiche e pagane offrono pochissimo su tutto ciò che potrebbe aiutarci nel nostro lavoro di ricerca del Cristianesimo delle origini4. Le altre fonti cristiane sono i Vangeli sinottici Matteo, Marco e Luca: sono i documenti più significativi per la storia del Cristianesimo delle origini insieme alle Lettere Paoline. Fra gli studiosi, già nel 19° secolo, si afferma la teoria delle due fonti; il primo Vangelo fu quello di Marco, gli altri due (Mt. e Lc.) utilizzano il primo come fonte ed ebbero una seconda fonte: la fonte dei detti o fonte Q. Questa fonte Q è stata rac3

Cfr. Atti 18,2


-5colta tra il 30 e il 60 d.C.: questa raccolta all'inizio orale e poi scritta, è il tentativo, non solo di raccogliere la tradizione di Gesù, ma anche di interpretarla in qualche modo. Lo scopo è quello di salvaguardare la tradizione di Gesù nella Chiesa. I Vangeli non possono essere intesi come delle biografie: non era questo l'intento degli autori. Si presentano, invece, come scritti teologici impiantati alla fede della prima comunità cristiana. I Vangeli sono anche l'insieme di pezzi distinti di tradizioni che furono poi inseriti in una cornice istituzionale. Questa tradizione della fede della Chiesa era prima orale, il termine stesso Vangelo indica una trasmissione orale dell'annuncio. Gli autori non vogliono scrivere una biografia, ma la vita e le opere di Gesù che è il Salvatore, vogliono comunicare la fede nella buona novella. Questi testi erano utilizzati come catechesi e predicazione, sbaglia chi prende questi libri come testi storici, la cosa che volevano trasmettere era l'annuncio del Kerigma. La stessa cosa vale anche per il Vangelo di Giovanni, che esprime le sue visioni teologiche con nuove rielaborazioni, inserisce il patrimonio come tradizione. Nel Vangelo di Giovanni troviamo molte immagini, una forte carica simbolica. Anche se può sembrare una interpretazione simbolica, molti dati sono riscontrabili realmente. Il Vangelo di Giovanni è l'ultimo cronologicamente, è stato scritto intorno all'anno 100 d.C. Negli Atti degli Apostoli si descrive il periodo tra l'Ascensione di Gesù e l'arrivo di Paolo a Roma, comunque Luca, l'autore, fa intravedere una dimensione dinamica: lo Spirito Santo viene accentuato. Nella rappresentazione degli inizi del Cristianesimo, Luca vuole dimostrare, che la storia della Salvezza non si è interrotta, non ha avuto alcuna frattura, quindi indica una continuità. Le tredici lettere giunte nel Nuovo Testamento sotto il nome di S. Paolo rappresentano una fonte di particolare rilevanza nella Storia della 4

W. SCHNEEMELCHER, Il Cristianesimo delle origini, Il Mulino, Bologna, 1987


-6Chiesa degli albori. Ci fa capire la situazione delle prime comunità cristiane soprattutto nella area geografica dell'Asia Minore. Altre fonti sono i Vangeli Apocrifi, ma non è opportuno tenerli molto in considerazione per la loro poco attendibilità, perché seguivano idee di raggruppamenti di Cristiani con varie ideologie, anche gnostiche. I dati sulla figura di Gesù non superano quelli del N.T., dobbiamo allora stare attenti ad interrogare le fonti, proprio perché gli autori non avevano inteso di comunicare notizie per lo storico, ma l'annuncio della buona Novella. LA SITUAZIONE POLITICA E RELIGIOSA AL TEMPO DI GESÙ Situazione Politica

Israele è uno "Stato cuscinetto" perché ap-

parentemente autonomo, ma sottoposto alle autorità imperanti romane. I Giudei avevano continuamente la paura dei Romani e non sopportavano il loro dominio Situazione Religiosa

I Romani erano di una religiosità politei-

stica, i Giudei aspettavano il Messia e questa attesa era interpretata come attesa di un leader politico, questo elemento crea problemi a Gesù stesso. Poi c'è il ruolo importante del Tempio di Gerusalemme, vi erano a quel tempo diverse corrente religiose che applicavano in diverso modo la legge. I Sadducei riconoscevano solo il Pentateuco, non credevano per niente alla resurrezione dei corpi e alla immortalità dell'anima; erano molto aperti all'ellenismo, erano cioè mondanizzati. I Farisei erano per una meticolosa osservanza della Legge, e per questo venivano accusati di ipocrisia, erano molto influenti politicamente, curavano molto l'aspetto morale in modo esagerato. Gli Zeloti erano quasi un partito politico, non tolleravano il governo straniero, per questo provocavano diverse insurrezioni (come ad esempio quelle di Barnaba e di Giuda). Gli Esseni; il culto del Tempio si era ormai contaminato, non restava altro che ritirarsi in silenzio, vivevano una vita comunitaria molto rigida nell'osservanza dei pre-


-7cetti del Signore. I Giudei della diaspora fuori dalla Palestina mantenevano forte il loro credo e la loro lingua pur essendo stati ellenizzati; si trovavano in Asia Minore e in Egitto. È nell'ambito di quest'ultimo raggruppamento che nasce "la settanta", è la prima interpretazione della Bibbia di filone alessandrino. GLI INIZI DELLA CHIESA Con la Crocifissione di Cristo per i discepoli fu la fine di ogni speranza, il fallimento. Ma presto si riunirono per annunciare che Gesù è vivo e Risorto! Con la Resurrezione di Gesù Cristo si sono adempiute le Scritture, la Storia della Salvezza non ha avuto interruzioni5. I Cristiani annunciano la Resurrezione, non si interessano del come, ma del fatto che è Risorto, come aveva promesso; la testimonianza del Risorto segna l'inizio della Chiesa. Dalla fuga si ha nuovamente una Comunità compatta a Gerusalemme per annunziare la Resurrezione. Questa Comunità era uno dei tanti raggruppamenti sopracitati. Si chiamavano loro stessi: "i Santi", "gli eletti", ma anche "la Chiesa". Pian Piano questa Comunità dei dodici acquista una identità propria, anche se ancora non era stato coniato il nome di cristiani. Si radunavano per celebrare il memoriale della morte di Cristo e Battezzavano per portare la Salvezza a tante altre persone. Chi sono i dodici? Sono i testimoni della Resurrezione, e fra i dodici, Pietro è la persona più autorevole perché ha visto il Signore, è in seguito che si sviluppa il termine di "apostoli" per indicare i dodici, che racchide in sé il significato missionario. Apostolo=inviato (dal greco: ). Successivamente si attenua questa dimensione missionaria. Dopo Pietro successe Giacomo che diede una impronta stretta col giudaismo, andavano come i giudei al Tempio a pregare, non sussistevano grosse differenze col giudaismo "a parte l'appartenenza a Cristo". 5

Cfr 1 Cor


-8-

Più legati alle

NASCONO

Più mondanizzati,

prescrizioni della Torah

DUE CORRENTI

legati all'ellenismo

Giudeo-Cristiani di

Leader

Giudeo-Cristiani di

lingua aramaica

Giacomo

-

Stefano

lingua greca

Le differenze sono solo di tipo teologico: dobbiamo restare dentro al giudaismo o fuori? Restare nel popolo eletto (i Giudei) o essere annunciatori verso tutti i pagani? Giacomo era appunto a capo dei GiudeoCristiani di lingua aramaica, Stefano, invece, era il leader dei GiudeoCristiani di lingua greca. Solo il secondo gruppo riesce a continuare a vivere ed a espandersi fuori di Gerusalemme. Questa non fu una spaccatura all'interno della Chiesa, ma una divisione col Giudaismo ufficiale, ed è così che il Cristianesimo si apre a nuovi ambiti e nuove strade, diventa così missionario, aperto al mondo ellenizzato, e autonomo dal Giudaismo. S. Paolo con la sua conversione avverte questo suo mandato missionario, la sua conversione è una svolta perché annuncia il Vangelo fuori dal Giudaismo ai "Gentili". Annunciava il Vangelo nei capoluoghi e fondava comunità che poi camminavano autonomamente, lui era il fondatore o la guida spirituale di quelle comunità, ma poi delegava una guida per ogni singola comunità, ha aperto più di ogni altro la missione del Vangelo, ha disancorato la Chiesa dalla Legge, ha dato una chiara differenziazione dalla cultura giudaica.


-9SABATO 23 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 LA CHIESA DI FRONTE AL MONDO PAGANO In contrasto con l'unità politica e culturale imposta dall'Impero, i romani lasciavano liberi i popoli assoggettati di professare la propria religione. L'Imperatore Augusto voleva ricostruire l'unità dell'Impero, ma non si interessava della religione e dei culti praticati all'interno dell'Impero perché erano molteplici. La situazione religiosa era piuttosto variegata, le reazioni dei militari romani sul popolo d'Israele avvenivano solo quando sorgevano dei reali problemi come delle insurrezioni, c'era massima autonomia religiosa. IL TRAMONTO DELLA ANTICA RELIGIONE GRECA E ROMANA C'era una svalutazione del politeismo greco e dell'Impero romano, da parte di stoici, epicurei, ecc… Gli stoici non accettavano un dio trascendente e personale. Per gli epicurei il mondo è governato da leggi fisiche, dunque non c'è spazio per gli dei o per un unico Dio, qualora ci fosse un dio esso non si interessa del mondo. L'Emanerismo, invece, è una divinizzazione dei miti del passato. In ambiente romano, fin dal tempo della seconda guerra punica, si era diffusa una ellenizzazione del culto romano. Penetrano idee filosofiche elleniche che influenzano anche il mondo romano: lo scetticismo, lo stoicismo, l'epicureismo. L'Imperatore Augusto cercò con tutti i mezzi di fermare il disfacimento delle autorità romane, per l'autorità che ricopre decide di ripristinare dei culti per mezzo della costruzione di santuari, templi, ecc., Augusto viene così denominato "Pontefice Maximus", ma questo suo tentativo risulta un fallimento perché l'ellenizzazione sul mondo romano ha la meglio.


- 10 IL CULTO AGLI IMPERATORI Augusto impone anche il "culto all'Imperatore", porta a Roma questa pratica, perché tenta di creare unione nelle diversità religiose dei culti imponendosi con autorità come oggetto di venerazione. Per questo l'imperatore veniva chiamato: " "

" (salvatore), "

" (signore),

" (manifestato), ecc… nomi poi assunti dal cristianesimo per

dare valori attributivi a Dio. Nel sovrano si manifesta direttamente la divinità, l'Imperatore vuole assodare il suo potere paragonandolo al culto di una divinità. Venivano anche eretti dei templi alla dea Roma e all'imperatore Augusto perché aveva costituito questo culto che fu il principale punto di attrito e di rottura tra l'impero Romano ed i Cristiani che si rifiutavano di praticare il culto all'imperatore. I CULTI MISTERICI ORIENTALI Mentre il culto dell'imperatore era di carattere pubblico ed ufficiale, esistevano dei culti di tipo privato denominati misterici-orientali. Perché si diffondevano questi culti privati? Perché davano agli adepti delle risposte sull'aldilà, ricercavano la salvezza nella soteria. Questi culti si diffondevano maggiormente nei luoghi di commercio e nell'incontro dell'esercito romano con le popolazioni orientali. Vi era quasi come una sorta di sincretismo religioso di stampo ellenistico. Questi culti misterici provenivano dall'Egitto, dall'Asia Minore, dalla Siria, dalla Persia, ecc. Dall'Egitto proveniva il culto di Iside e di Osiride (dea della vegetazione) entrambe legate all'agricoltura; dall'Asia Minore la dea Cibele, dea della fecondità, a chi aderiva a questi culti vi era una "promessa di salvezza"; dalla Persia ed a Roma si diffonde il culto di Mitra, culto prettamente riservato ad uomini, si diffonde per lo più nell'esercito romano.


- 11 LA RELIGIONE POPOLARE La grande massa del popolo si rivolgeva alle sfere più basse della superstizione, soprattutto alla credenza astrologica, che attribuiva alle stelle un particolare influsso sul destino umano; questo culto proveniva dalla Babilonia. Anche la filosofia stoica ammetteva o accettava l'astrologia. Venivano interrogate le stelle per verificare, ad esempio, se un lavoro che si stava per iniziare sarebbe andato a buon fine o meno. Si diffonde anche la pratica della magia. Si cercava di assoggettare gli astri ed i poteri buoni e cattivi della natura per utilizzarli a proprio vantaggio. Si inizia a credere all'esistenza di spiriti cattivi governabili solo con la magia. Si diffonde anche la fede verso i miracoli e la interpretazione dei sogni. In conseguenza di tutti questi fenomeni c'era una spaventosa carenza di senso morale, sussistevano forme di depravazione e di orge giustificate dal culto. Alla base di questa tendenza alla formazione di diversi culti stava di fondo una diffusa superficialità religiosa. TERRENO FERTILE PER IL CRISTIANESIMO In questo contesto dove si avvertiva un profondo senso di vuoto emergono aspetti favorevoli per il possibile innesto della cultura cristiana: c'era nella gente un profondo anelito di redenzione, una sete di salvezza; anche se i culti erano diversi di numero e tra loro si era ormai indirizzati verso il monoteismo. Questo è il terreno fertile nel quale può attecchire il seme della predicazione cristiana. Siamo al tramonto della antica religiosità greca e romana, ormai sostituite da vari culti misterici, dal culto dell'imperatore e dalla religiosità popolare, si ha il desiderio di ricercare un unico Dio e di avere un ordine nella propria vita.


- 12 MARTEDÌ 26 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15 LA CHIESA E L'IMPERO ROMANO L'ESPANSIONE DEL CRISTIANESIMO Il Cristianesimo uscendo gradualmente dal Giudaismo si immette nel contesto dell'Impero Romano. Non fu facile per i primi cristiani aprirsi all'annuncio verso i pagani. I fedeli di Cristo (li denominiamo così perché ancora al tempo non esisteva l'epiteto "Cristiani", ed è improprio utilizzarlo riferendosi a quel periodo storico) non si ponevano dapprima neppure il problema di annunziare il Vangelo ai pagani. Il fatto più eclatante di conversione di pagani fu quello dell'apostolo Pietro che battezzò il Centurione Cornelio e la sua famiglia a Cesarea. Pietro doveva giustificarsi di fronte alle comunità di fronte a questo gesto e lo fa descrivendo questa visione: 1 C'era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica, 2 uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. 3 Un giorno verso le tre del pomeriggio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: «Cornelio!». 4 Egli lo guardò e preso da timore disse: «Che c'è, Signore?». Gli rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, innanzi a Dio. 5 E ora manda degli uomini a Giaffa e fà venire un certo Simone detto anche Pietro. 6 Egli è ospite presso un tal Simone conciatore, la cui casa è sulla riva del mare». 7 Quando l'angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un pio soldato fra i suoi attendenti e, 8 spiegata loro ogni cosa, li mandò a Giaffa. 9 Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. 10 Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. 11 Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. 12 In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. 13 Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro, uccidi e mangia!». 14 Ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». 15 E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano».6

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Atti 10, 1-11


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Per quanto sia stato un gesto importante non ebbe un grande rilievo; l'impulso alla vera apertura al paganesimo fu dato da un gruppo di giudeo-cristiani di stampo ellenico che si dirigeva ad Antiochia di Siria, questa fu la prima volta nella storia che un gruppo di seguaci di Cristo vengono denominati Cristiani, questa comunità è come una "succursale" della Chiesa di Gerusalemme. Ad Antiochia vi è la prima grande Comunità attiva di Cristiani provenienti dal paganesimo: 22 La notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, la quale mandò Barnaba ad Antiochia. 23 Quando questi giunse e vide la grazia del Signore, si rallegrò e, 24 da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al Signore. 25 Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiochia. 26 Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.7

ATTIVITÀ MISSIONARIA DELL'APOSTOLO PAOLO Come Barnaba che viene inviato ad Antiochia, anche Paolo proviene dalla diaspora giudaica, nasce infatti a Tarso in Cilicia. Paolo è identificato come cittadino romano, si appella di fronte alle autorità romane e chiede di essere giudicato da loro. Paolo parla il greco della Koinè il che fornisce l'apertura al mondo ellenico. Paolo è anche legato alla cultura giudaica per giunta di stampo farisaico rigorista. Dopo la morte di Gesù, Paolo va a Gerusalemme per la sua formazione dal fariseo Gamadiele: 3 che conosci a perfezione tutte le usanze e questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza. 4 La mia vita fin dalla mia giovinezza, vissuta tra il mio popolo e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei; 5 essi sanno pure da tempo, se vogliono renderne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigida della nostra religione.8

Partecipa Paolo anche alle prime persecuzioni dei Cristiani (Saulo era presente anche alla martirizzazione di Stefano).

7 8

Atti 11, 22-26 Atti 26, 3-5


- 14 Nella lettera ai Galati Paolo parla della sua vita prima della conversione e della persecuzione ai cristiani: 13 Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi,14 superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri.15 Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque16 di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo,17 senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. 18 In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni;19 degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.20 In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco.21 Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia.22 Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo;23 soltanto avevano sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere» 24 E glorificavano Dio a causa mia.9

È fortemente legato all'ambiente giudaico e alla cultura rigorista dei farisei. Il fulmineo e radicale cambiamento di Paolo fu dovuto ad una diretta apparizione di Gesù che Paolo ebbe sulla via di Damasco, avviene una svolta nella sua vita, viene battezzato e inizia la sua missione prima nelle sinagoghe a Damasco e poi a Gerusalemme. Poi tornò a Tarso, dopo qualche anno di silenzio torna ad Antiochia e lì comprende che la sua missione deve rivolgersi ai popolo pagani. Prima incontra le comunità solo nella sinagoga, adesso il campo di missione di Paolo diviene l'impero dove comunica con il greco della Koinè. Il punto di partenza della attività missionaria di Paolo è nelle sinagoghe delle città giudaiche, Paolo non si limitava ad annunciare la buona novella ai giudei osservanti, ma anche ai giudei della diaspora e ai pagani convertiti al cristianesimo. Il racconto degli Atti ci fa capire che gradualmente i giudei della diaspora rifiutano il messaggio di Paolo, le controversie si trasformavano spesso in tumulti. Paolo soprattutto insiste sulla libertà dalla Legge per i neoconvertiti pagani, per questo fu aspramente respinto dalla corrente estremista

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Gal 1, 13-24


- 15 giudeo-cristiana della Palestina che imponeva ai pagani convertiti la circoncisione. Per la salvezza basta Cristo e la sua Grazia, dice Paolo. Così Paolo e Barnaba furono inviati per ovviare questa controversia a Gerusalemme (Concilio di Gerusalemme 49-50 d.C.). Fu accettato il principio della tesi di Paolo secondo il quale la Legge di Mosè non doveva avere nessun potere vincolante per i pagani convertiti al cristianesimo. Viene data piena libertà a Paolo riguardo la sua missione ai pagani.

I Viaggi di San Paolo 10

10

L'APOSTOLO PIETRO A ROMA La tradizione "del soggiorno di Pietro a Roma" e del suo martirio è molto forte. Si sa che fu martirizzato a Roma, abbiamo notizie poco certe sul tragitto che fece per arrivare a Roma, sulla durata del suo soggiorno a Roma. Partecipò al Concilio di Gerusalemme nel 49 d.C., fu poi ad Atene ed a Roma. Le date non sono certe quindi il fondamento per cui la Chiesa Romana si edifica su Pietro trova ragione su alcune testimonianze storiche cronologicamente vicine:

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La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna, 199916


- 16 1- Epistola di Clemente ai Corinti. Clemente parla di avvenimenti per cui i Cristiani furono perseguitati tra cui Pietro e Paolo. Probabilmente è una allusione al martirio dei Cristiani sotto Nerone nel 64 d.C.; 2- Epistola di Ignazio di Antiochia ai Cristiani di Roma. Dice loro di non interferire sulle autorità che devono condannare Pietro e Paolo, sottolinea "non vi comando come loro" (riferendosi alla autorità di Pietro e di Paolo). 3 - L'Ascensione di Isaia. Scritta circa nel 100 d.C., è di autore anonimo. "Ecco, a te Pietro ho rivelato tutto, a Roma berrai il calice della persecuzione". 4 - Anche nel Vangelo di Giovanni vi è allusione al martirio di Pietro: 18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».11

Questa tradizione, inoltre, non è stata rivendicata da nessuna altra Chiesa di altra confessione. A Roma si pensa che ci sia l'edicola di Gaio: "se volete venire a vedere il trofeo di Gaio"12 (per trofeo ci si riferisce alla tomba di Pietro). SISTEMA DI COMUNICAZIONE DELL’EPOCA

Espansione del Cristianesimo alla fine del primo secolo.

Esaminando la cartina possiamo notare la diffusione che ebbe il cristianesimo nel primo secolo. (Cesarea di Palestina: porto, centro com11 12

Gv 21, 18-19 Il martirologio Ieromilianum


- 17 merciale, centro politico; Antiochia: fiorente comunità cristiana). Tale diffusione avviene pertanto progressivamente. In un testo contemporaneo di Siniscalco, viene sottolineato come la diffusione del cristianesimo avviene grazie alle reti stradali e viarie costruite dai Romani. Le vie di comunicazione dell’epoca erano formate dalla rete stradale e dalla rete marittima 1) rete stradale: strade erano molto efficienti (percorsi più agevoli) e quelle più importanti si trovavano nei pressi delle coste e successivamente si inoltravano verso l’entroterra. Lungo le strade vi erano delle STAZIONI dove si poteva pernottare, mangiare, etc.; attorno alle stazioni si formavano delle cittadine. Con le strade si potevano percorrere circa 50 km al giorno. 2) rete marittima: via mare era più facile muoversi nel periodo che va dalla primavera all’autunno. Si percorrevano mediamente 70 km al giorno. (Anche Paolo si avvalse di tale via) I mercanti ebbero un grande beneficio dall’uso delle vie stradali e marittime. Il cristianesimo si diffuse dalla città alle campagne perché le città erano centri di irradiazione culturale e commerciale. L’area cittadina è dunque la prima ad essere evangelizzata. La cultura cristiana espandendosi venne a scontrarsi con altre culture, in modo particolare con quella pagana, intrisa di filosofia. Grandi città costiere ed interne: Antiochia, Efeso, Smirne, Filippi, Tessalonica, Atene, Corinto, Alessandria, Roma ed altre ancora. Anche i Giudei si trovavano nelle città per commerciare e divulgare la loro cultura. IL CRISTIANESIMO IN SICILIA Non abbiamo fonti scritte riguardo l'insediamento della fede cristiana nel primo secolo in Sicilia, sappiamo solo dagli Atti degli Apostoli che Paolo passò da Siracusa per tre giorni, dove probabilmente vi era una comunità di Giudei non necessariamente cristiani. Si pensa che la Sicilia orientale fu cristianizzata dalla Palestina e dell'Asia Minore, la Sicilia occidentale fu successivamente cristianizzata da cristiani africani alla fine del II secolo secondo fonti archeologiche. Nei libri di Storia della Chiesa Siciliana viene riportata una legenda secondo la quale Pietro mandò tre suoi discepoli in Sicilia: Marciano a Siracusa, Berillo a Catania e Pancrazio a Taormina, ma non ci sono prove di questa "legenda apostolica". Il cristianesimo è arrivato in Sicilia presto, ma ci vuole prudenza nel parlare di queste leggende, perché non abbiamo un fondamento storico. Più certe sono invece le testimonianze sul martirio di Sant'Agata datate intorno al III secolo. Successivamente si hanno notizie su l'esistenza di alcune diocesi in Sicilia tra il III e il IV secolo.


- 18 SABATO 02 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 LA CHIESA E LE INSIDIE INTERNE: IL PERICOLO DELLE ERESIE GIUDEO-CRISTIANI ETERODOSSI Le loro ideologie si concentravano su due questioni di particolare importanza: la Cristologia (teologia intorno la figura di Gesù, vero uomo o vero Dio, o entrambe?) e la validità normativa della legge mosaica. CERINTO13 sosteneva che Gesù era il figlio naturale di Maria e Giuseppe, e siccome si distinse per virtù e sapienza, sarebbe divenuto il Cristo solo dopo il suo battesimo con la discesa dello Spirito Santo. Dopo la morte in Croce il Cristo avrebbe lasciato Gesù, chi muore in Croce è solamente Gesù e non Cristo. Questa immagine di Gesù è fortemente colorata di Docetismo, Adozionismo e Millenarismo, dottrine respinte dall'Asia Minore. GLI EBIONITI (radice etimologica dal greco

povero, umi-

le) vogliono osservare la legge nella sua purezza e interezza. Anche per loro Gesù era il figlio naturale di Maria e Giuseppe. Vi è una concezione dualistica della origine del mondo, vi è un principio buono (Cristo, il profeta messianico) e un principio cattivo (ciò che domina il mondo presente). C'è un anti-paolinismo, per loro Paolo aveva falsato il vero pensiero di Gesù. In Cristo vogliono negare il valore salvifico della sua morte opponendosi all'insegnamento di Paolo, snaturando il messaggio cristiano. Essendo adozionisti non concepiscono il discorso trinitario, l'artefice principale è il Padre. GLI ELCESAITI O ELCASAITI nel III secolo avevano raggiunto una certa diffusione soprattutto nell'area geografica tra i Siri e i Patti. Hanno come punto fondamentale la legge. Continuano ad obbligare i loro adepti alla circoncisione. Anche loro rigettano l'insegnamento di Paolo, e consi-


- 19 derano Cristo come un semplice uomo e/o profeta. Fondamento della loro predicazione era un libro sacro a cui si attribuiva una origine soprannaturale. Avevano una parte importante nel loro libro sacro due esseri celesti: uno femminile (lo Spirito Santo), ed uno maschile (Cristo). Sostenevano che il Cristo era già venuto nel mondo in ripetute incarnazioni. ETERODOSSIA PROPRIAMENTE CRISTIANA: IL FENOMENO DELLO GNOSTICISMO

LO GNOSTICISMO Nei primi secoli la Chiesa si trovò a fronteggiare lo gnosticismo cristiano perché divenuto pericoloso, è la manifestazione del sincretismo religioso della tarda antichità. Sulla base di un dualismo, lo gnosticismo univa ad alcune concezioni religiose del tardo giudaismo alcuni elementi travisati dalla cultura cristiana. Le comunità cristiane subivano una forte contaminazione dello gnosticismo perché aveva la presunzione di dare risposte pronte sulla creazione, e su domande esistenziali. All'interno delle comunità cristiane gnostiche veniva adoperato un ricco simbolismo, si servivano della letteratura e di inni sacri, attirando così gente assetata di verità soprattutto penetrando nella Chiesa per svuotarla dal di dentro. Vi è una sconcertante abbondanza di bizzarre e peregrine idee religiose. Come si può trovare la vera conoscenza per risolvere l'enigma del mondo, del male, dell'esistenza dell'uomo? Le risposte vengono date attingendo a varie tendenze religiose. L'uomo tende all'unione col Dio Vero, cerca di conoscerlo sempre più, però l'uomo che cerca Dio è stato "mandato" in questo mondo non creato da Dio e dominato dalle presenze cattive, per risalire a Dio -affermano gli gnostici- deve conoscere prima se stesso liberandosi dalle presenze cattive. Notiamo tendenze dualistiche: luce e tenebre; bene e male, ecc. Nello gnosticismo troviamo conce13

Cfr. Storia della Chiesa, diretta da H. Jedin, I-III, Jaca Book, Milano 19922, cap. 11°,


- 20 zioni filosofiche elleniche di stampo religioso, molto sincretismo, la figura di Cristo viene inserita in questo mondo gnostico-concettualesincretista. Il nuovo messaggio di salvezza per l'uomo si presentava in un culto attraente in cui l'esacerbato mistero era garante della salvezza. Molti maestri gnostici trovavano nelle comunità cristiane degli adepti che avevano sete di salvezza. Questi maestri predicano la vera gnosi in cui vi è la vera sorgente della conoscenza nella successione apostolica e nelle rivelazioni private. Le rivelazioni private potevano essere comprese solo dai cristiani di grado superiore, gli illuminati o spirituali, i cristiani di grado inferiore venivano denominati psichici. Così si creava una spaccatura "tra cristiani di serie A e cristiani di serie B". Giustificavano questa loro dottrina con un brano dal Vangelo di Marco: 33 Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi disce14 poli, spiegava ogni cosa.

Tra questi maestri i più importanti sono Marcione, Valentino e Montano che promuovono diverse dottrine gnostiche: MARCIONE era un facoltoso armatore cioè possedeva delle navi, era di Sinope e andò a Roma per divulgare l'annuncio. Rifiutava l'Antico Testamento, asserendo l'antagonismo tra il Dio Misericordioso del NT e il Dio spietato e giudice del VT, vietava il matrimonio ai suoi adepti. Questa dottrina era di stampo docetista. VALENTINO era Platonico e Gnostico. L'umanità ha elementi provenienti da Dio, ma è decaduta perché è materia, la materia viene disprezzata perché deriva dal male, bisogna liberarsi dalla materia per raggiungere l'Uno (dottrina platonica: il corpo tomba dell'anima).

pagg. 201 e seguenti 14 Mc 4, 33-34


- 21 MONTANO si distingue per la vita morale, praticava un forte ascetismo e rigorismo nella vita morale, sentiva in sé il dono della profezia e predicava l'imminente fine del mondo. La Chiesa allora dovette prendere dei provvedimenti di fronte all'insorgere di queste eresie, molte di queste correnti eterodosse venivano così escluse, venivano denominati eretici. Si incominciò a sentire l'esigenza di elaborare i "simboli della Fede" rappresentanti il patrimonio della nostra fede. Si sentì la necessità di ribadire l'importanza della tradizione apostolica. Si sviluppò il lavoro dei primi "teologi", nasce una letteratura capace di contestare le molteplici eresie gnostiche (Es: Ireneo di Lione nello scritto apologetico Adversus Haerases).


- 22 SABATO 09 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 LA NASCITA DELLA APOLOGETICA CRISTIANA (II SECOLO) FORME discorso apologetico

TEMATICHE

ATTEGGIAMENTI

Gesù e il Messia

Positivo

giudaismo

la ricerca religiosa dei pagani si compie

pagani

nel cristianesimo dialogo giudei

Tematiche

varie

Negativo

contro le "dicerie" pagani

scherno

per

la

cultura greca

I padri apostolici nei primi nei primi secoli si rivolsero ai membri delle comunità cristiane per comunicare loro le basi della fede. Ma adesso gli scrittori cristiani, nel periodo apologetico, trovano ostilità sempre crescenti, non si scrive più per un ambito "ristretto" e forse "chiuso". Vengono indotti a scrivere al mondo non-cristiano che li circonda, per far conoscere la fede cristiana, intorno a certe "dicerie". È così che nascono delle opere letterarie: le Apologie. Si contraddistinguono nella forma, nello stile, nel genere letterario: è un discorso di difesa simile e analogo a quei discorsi che si tenevano davanti alle autorità giuridiche per difendersi. Gli esponenti apologisti scrivevano per controbattere la cultura pagana, scrivevano anche ai giudei, ma miravano più al dialogo (un esempio di apologia per i giudei è "Il dialogo con Trifone l'Ebreo" di Giustino). In contrapposizione al giudaismo presentano Gesù come il Messia, il Salvatore, non come profeta. È in Gesù che si compie il V.T. I cristiani in contrapposizione ai pagani ed agli ellenisti, respingono le "dicerie" che attribuivano ai cristiani le seguenti calunnie: empie-


- 23 tà, non partecipazione alla vita pubblica, ecc. Il cristiano non si oppone alla ricerca religiosa dei pagani, anzi il cristianesimo è il coronamento di questa ricerca. Anche se c'era una certa ostilità con i pagani, il cristianesimo integrava del mondo ellenistico ciò che c'era di buono, il cristianesimo cerca di incarnarsi nella storia di quel tempo. I pagani allora cercano di dialogare, il cristianesimo inizia a permeare sempre di più nella cultura ellenistica entrando in dialogo, prima con i giudei, e successivamente con i pagani. Queste opere letterarie hanno causato nella coscienza del cristianesimo una auto-comprensione, una chiarificazione della propria identità e un progresso della dottrina con lo sviluppo della ricerca teologica. Alcuni nomi: Quadrato (Apologia all'Imperatore Adriano); Aristone di Pella; Melitone di Sardi; Aristide di Pella (utilizza una terminologia specificatamente pagana, scrive anch'egli una "Apologia all'Imperatore Adriano"); Giustino (scrive "le due apologie", "il dialogo con Trifone l'Ebreo"); Taziano (scrive il "discorso ai greci"); Anatagora di Atene; Teofilo di Antiochia; Milziade; Lettera a Diogneto. LE PERSECUZIONI PRESUPPOSTI GENERALI: GIUDEI E PAGANI CONTRO I CRISTIANI Il cristianesimo si presenta come religione assoluta e universale scavalcando i singoli culti e quell'equilibrio stabilito dallo Stato. Il cristianesimo minava lo Stato nelle sue basi. I cristiani venivano accusati di lesa maestà allo Stato per il rifiuto di culto all'Imperatore. I cristiani si dissociavano dai momenti forti di socialità e di unità dello Stato, non partecipavano ai culti pubblici, agli spettacoli, e a spedizioni militari. Circolavano inoltre false accuse sui cristiani: ateismo perché non hanno Tempio, immagini e statue. La Croce inoltre scandalizzava i pagani, li accusavano di banchetti tiestici (antropofagia perché si cibavano del


- 24 corpo di Cristo), di vita licenziosa, di immoralità e di odio verso il genere umano (visto che si dissociavano dai pagani). I ceti colti prendevano in giro questa "superstizione" del cristianesimo. I cristiani divenivano così i "capri espiatori". I pagani credevano che siccome i cristiani non veneravano più le divinità, queste ultime si vendicavano verso l'Impero Romano, da qui scaturivano le sommosse popolari e le prime persecuzioni.


- 25 MARTEDÌ 12 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 12,15 LE PERSECUZIONI PRESUPPOSTI GENERALI: GIUDEI E PAGANI CONTRO I CRISTIANI I cristiani si tenevano in disparte dai costumi pagani ed erano esclusi dai pagani come i giudei. Vengono ritenuti: atei, perché senza Dei e senza Templi, rifiutavano la religione ufficiale, sono da bandire, immorali e impudici. LE PERSECUZIONI DEL PRIMO SECOLO Inizia il contrasto tra i cristiani e l'Impero (inteso come la popolazione pagana). Il primo ad iniziare il dialogo è l'apostolo Paolo che nell'anno 59 è chiamato a comparire davanti al procuratore Porcio Festo, Paolo si appella come cittadino romano all'imperatore Cesare e viene condotto a Roma per essere sentenziato. L'IMPERATORE CLAUDIO (42 D.C.) Vi sono fonti che documentano alcuni fenomeni sotto l'imperatore Claudio: Svetonio e Cassio citano nelle fonti Claudio che fece un ordine per espellere i cristiani da Roma per causa di un certo " ρηστος" (sembra attendibile pensare che col nome "Crestos" si voglia identificare "Cristos"). Ne parlano di questa espulsione gli Atti degli Apostoli: 18,1 Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. 2 Qui trovò un Giudeo chiamato Aquila, oriundo del Ponto, arrivato poco prima dall'Italia con la moglie Priscilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si 15 recò da loro .

Vengono espulsi i Giudei e tra di essi i Cristiani

15

Atti 18,1-2


- 26 L'IMPERATORE NERONE (64 D.C.) Degli avvenimenti che coinvolsero le comunità cristiane di Roma, in seguito all'incendio dell'anno 64, ce ne parla Tacito. L'imperatore (che era ritenuto colpevole) ha avuto un capro espiatorio: i cristiani. Molti furono giustiziati, alcuni appesi su pali e bruciato, altri uccisi con sopra pelli di animali ed altri ancora nell'arena circense. Nella città di Roma vi era una comunità cristiana e il loro comportamento faceva notizia. Nerone si servì delle ostilità del popolo verso i cristiani per scaricare su di loro la sua colpa. Non soltanto Pietro e Paolo, ma una grande moltitudine di cristiani, subirono tormenti e martirizzazioni. L'IMPERATORE DOMIZIANO (95 D.C.) Molte più scarne sono le notizie sulle persecuzioni dei cristiani sotto Domiziano. I cristiani vengono accusati di ateismo perché in contrapposizione col politeismo pagano, vengono anche accusati di "lesa maestà". Domiziano comincia a consolidare il suo potere assoluto e ad esigere il culto verso la sua persona. Ci sono delle fonti storiche bibliche che lo attestano: l'Apocalisse di Giovanni dove si vedono le allusioni di una lotta tra il culto dell'imperatore e il cristianesimo. 20 Il resto dell'umanità che non perì a causa di questi flagelli, non rinunziò alle opere delle sue mani; non cessò di prestar culto ai demòni e agli idoli d'oro, d'argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare; 21 non rinunziò nemmeno agli omicidi, né alle stregonerie, né alla fornicazione, né alle 16 ruberie .

Con Domiziano le persecuzioni iniziano a coinvolgere le altre zone dell'Impero anche fuori Roma (come in Asia Minore). Vi erano nello stato delle leggi che tutelavano le associazioni. I cristiani erano considerati come una associazione clandestina, questo fu l'appiglio per l'inizio delle persecuzioni.

16

Apocalisse 9,20-21


- 27 -

IMPERATORI ROMANI TRA IL PRIMO E IL SECONDO SECOLO D.C. → Claudio

41-54 Dinastia degli Antonini

→ Nerone

54-68 → Nerva

→ Galba - Ottone - Vitellio 68-69 → Traiano → Adriano

Dinastia dei Flavi

96-98 98-117 117-138

→ Vespasiano

69-79 → Antonino Pio

138-161

→ Tito

79-81 → Marco Aurelio

161-180

→ Domiziano

81-89 → Commodo

180-192

LE PERSECUZIONI DEL II SECOLO PERSECUZIONE DELL'IMPERATORE TRAIANO (98-117 D.C.) Sappiamo qualcosa di Traiano dalle fonti cristiane (riportati da Eusebio e Giustino). Un governatore della provincia della Bitinia, Plinio il Giovane (111-112 d.C.), scrive all'imperatore Traiano per avere delle direttive sul modo come trattare i cristiani in casi limiti. Il cristianesimo si diffuse non solo nelle città, ma anche nelle campagne. Al governatore arrivavano molte denunce anonime contro i cristiani dettate da uno spirito di vendetta, alcuni allora dichiaravano di essere cristiani, altri invece no. Ma solo per il fatti che i cristiani erano malvisti dal popolo erano condannabili. Plinio chiedeva all'imperatore se era sufficiente perseguitare i cristiani solo per il nome che portavano oppure dovevano essere trovati altri delitti? Traiano rispose: "i cristiani non vanno ricercati, e le denunce anonime non vanno prese in considerazione, chi viene denunziato ufficialmente deve essere interrogato, e se afferma di non essere cristiano deve essere rilasciato. Soltanto se nell'interrogatorio si professa cristiano va punito"17. Il semplice fatto di essere cristiani, per Traiano, è fonte di condanna, perché sono visti come sovvertitori. Il "Rescritto di


- 28 Traiano" resta come punto di riferimento per il governatore Plinio. Questo provvedimento tende ad arginare il fenomeno dei tumulti popolari. È vista positivamente anche dai cristiani perché adesso non vengono denunciati anonimamente. Anche le fonti cristiane parlano del Rescritto di Traiano: La storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea. ADRIANO (117-138 D.C.) Non esiste una legge uniforme per tutto l'Impero che regolasse la questione verso i cristiani. Pian piano si forma l'idea nei pagani, che l'essere cristiano è inconciliabile con le consuetudini dell'impero romano, questa concezione "popolare" fa pressione verso le autorità romane. Quindi le persecuzioni di questo periodo hanno un carattere locale e sporadico, e le persecuzioni sono rivolte ai singoli cristiani . Adriano formula anch'egli un rescritto: "Il Rescritto di Adriano", che è in perfetta continuità col Rescritto di Traiano. In questo periodo vi furono diversi martiri a Roma e nell'Asia Minore. Ne "Gli atti e le persecuzioni dei martiri" si raccolgono le loro testimonianze, i cristiani raccoglievano gli atti ufficiali romani dell'interrogatorio del processo dei cristiani. Oggi sono giunti a noi queste fonti e sono pubblicate anche le edizioni critiche. MARCO AURELIO Col suo avvento al trono si verifica una grande novità, i cristiani vengono ricercati per volontà dell'imperatore. Melitone di Sardi nel 176 scrive una testimonianza che si riferisce a queste persecuzioni che avvengono in Asia e di questo nuovo provvedimento imperiale. Il pagano Celso riconosce che l'iniziativa parte dall'imperatore, gli stessi funzionari locali possono e devono ricercare soprattutto coloro che si macchiano del peccato di sacrilegio, gli impostori, e in questa categoria vengono inclusi 17

Rescritto di Traiano (nella seconda metà del II secolo)


- 29 anche i cristiani. Questi reati riguardano un abito molto ampio di persone, ma soprattutto ai cristiani si poteva imputare il delitto di sacrilegio. I sacrilegi sono visti nel linguaggio giuridico romano; per sacrilego si intende: colui che distruggeva e saccheggiava le cose sacre dello stato. Poi da parte dei cristiani c'erano delle esagerazioni come le sette dei montanisti, dei rigoristi ed erano visti come capri espiatori per il loro eccessivo fanatismo, si distaccavano totalmente dal mondo pagano per l'ascesi. COMMODO Commodo continua nella stessa linea, i cristiani vengono ricercati e portati a itribunali e se confessano di essere cristiani vengono condannati.


- 30 SABATO 16 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 LE PERSECUZIONI DEL TERZO SECOLO IMPERATORI ROMANI TRA DEL TERZO SECOLO D.C. Dinastia dei Severi → Settimo Severo

193-211

→ Caracalla

211-217

→ Geta

211-212

→ Macrino

217-218

→ Elagabalo

218-222

→ Alessandro Severo

222-235

Anarchia Militare → Massimo il Trace

235-238

→ Gordiano I

238

→ Gordiano III

238-244

→ Filippo l'Arabo

244-249

→ Decio

249-251

Nel III secolo la Chiesa si sviluppa sempre di più, si consolida al suo interno, aumenta il numero delle comunità cristiane, si intensifica lo sforzo missionario, viene organizzato il culto e la liturgia, si incrementa e sviluppa la scuola teologica (Es: L'Exsapla di Origene). SETTIMIO SEVERO (202 D.C.) Nel suo primo periodo di impero il suo atteggiamento verso i cristiani era di apertura perché nella sua corte imperiale molti erano cristiani, era ancora in vigore il "Rescritto di Traiano", ma c'era una certa tolleranza verso i cristiani. Le cose cambiano circa dieci anni dopo, nel 202 viene pubblicato un editto di Settimio Severo che annuncia gravi pene a chi aderisce al Giudaismo e al Cristianesimo, per allontanare gli adepti. Cercavano di distruggere gradualmente lo spirito missionario delle comunità cristiane. Adesso, non è il singolo cristiano ad essere perseguitato, ma tutta la Chiesa veniva punita se accoglieva o evangelizzava nell'Impero per "reclutare" gli adepti. La persecuzione colpì maggiormente i catecumeni e i neofiti che si inserivano nelle comunità, venivano martirizzati


- 31 e uccisi (Cfr. Libro II, cap I di Eusebio di Cesarea - Testimonianza dei Cristiani). I piĂš importanti martiri furono in Africa (07 Marzo 203 d. C. a Cartagine) e ad Alessandria (martirio di Perpetua e Felicita). CARACALLA Con Caracolla, il successore di Settimio Severo, vi fu un certo periodo di tolleranza religiosa, anche se qualche piccola persecuzione a livello locale avvenne, soprattutto per i cristiani che si rifiutavano di arruolarsi per l'Impero romano. MASSIMINO IL TRACE Massimino il Trace colpisce soprattutto i cristiani che erano a corte e i capi della Chiesa, il vescovo di Roma, Ponziano e il presbitero Ippolito, vengono portati in Sardegna, condannati ai lavori forzati. FILIPPO L'ARABO Fu particolarmente benevolo verso i cristiani, uno dei suoi consoli era cristiano, ma neppure questa sua benevolenza potĂŠ fermare le insurrezioni locali verso i cristiani. Cosa accomuna tutti questi interventi? Una incertezza e una asistematicitĂ verso la problematica religiosa affrontata dall'Impero.


- 32 -

SABATO 23 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 DECIO (249-251) Decio perseguita i cristiani coi soliti metodi anche se non in modo sistematico, l'imperatore si lascia persuadere dal furore popolare e punisce i cristiani che divengono i capri espiatori. Nel 249 la persecuzione è a Roma e nel 250 viene giustiziato il vescovo Fabiano di Roma. Decio nel 250 emana un editto che non è giunto fino a noi, ma che ricaviamo da alcune fonti: "a tutti gli abitanti dell'impero fu imposto di prendere parte a una supplicatio" (cioè a un sacrificio agli dei). Si credeva che con la implorazione unanime degli dei si potesse risollevare l'impero. Furono create delle commissioni di ispettori che sorvegliavano le applicazioni dell'editto, e rilasciavano dei certificati: i libelli. Alla fine di questo periodo di culto venne richiesto di esibire i libelli alle autorità, chi ne era sfornito veniva carcerato e torturato. I cristiani hanno visto questo editto come il più grave attacco che la Chiesa aveva subito fino ad allora. L'editto fu applicato particolarmente in Africa settentrionale e in Egitto. Le persecuzioni di Decio furono il banco di prova della fede dei cristiani: molti compiono il rito sacrificale, molti altri che dapprima accettarono il carcere poi si pentirono e compirono il rito sacrificale, altri ancora ebbero il libello senza aver compiuto il rito sacrificale corrompendo gli ispettori, questi furono chiamati: i libbellatici. I sacrificati erano invece quelli che offrivano il culto sacrificale nella sua interezza. I thurificati si limitavano ad un minimo atto di culto: mettere l'incenso nella statua degli dei. I lapsi che sono coloro che hanno rinnegato la fede, volevano successivamente rientrare nella Chiesa e si poneva dappertutto il problema. In Africa settentrionale, sotto il vescovo Cipriano (vescovo di Cartagine), si poneva questo problema. In una lettera di Cipriano si fa citazione anche di una Chiesa di Sicilia. La triplice divisione dei lapsi (libellatici, sacrificati e


- 33 thurificati) fu elaborata dalla chiesa. Molte persone subirono il martirio ma poi superando la prova furono liberati, questi si chiamano "confessores". Dovevano compiere tre gesti davanti alla commissione: incensazione, libagione, cibarsi delle carni sacrificali. La persecuzione di Decio fu particolarmente dura soprattutto in Africa, Egitto, Roma e in Sicilia, dove ricordiamo il martirio di Agata. Abbiamo fonti epigrafiche (cioè iscrizioni sepolcrali) ritrovate all'isola di Ustica e attribuite al terzo secolo: "Lucifera è morta il giorno di Agata", che vuol dire? Che già si era diffuso il culto. Un'altra iscrizione di Iuria Fiorentina è del quarto secolo, è stata seppellita nel foro dei martiri a Catania. "A Iuria Fiorentina, fatta cristiana col battesimo, il padre pose questa lapide, morì a Ibla, vicino a Catania con appena quattro ore di battesimo…" è certo allora che Agata morì a Catania sotto Decio, e anche Euplo il diacono sotto Diocleziano. Con la persecuzione di Decio fu impegnata tutta la commissione dello stato per controllare il rilascio dei libelli e la per persecuzione pian piano si affievolì. Questo danno alla Chiesa non fu persistente nel tempo. La grande massa dei lapsi fece grande pressione per tornare nella Chiesa, lo Stato non raggiunse il suo obiettivo: aumentare i fedeli alle divinità. La persecuzione di Decio suscitò una riflessione profonda. Cipriano scrive un vero e proprio trattato sui lapsi.


- 34 MARTEDÌ 09 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 12,15 VALERIANO (253-260) Dal 250 al 256 d.C., dopo la persecuzione di Decio, si ebbero anni di tranquillità per la Chiesa. L'imperatore Trebioniano Gallo però fece arrestare Cornelio e lo mandò in esilio a Civitavecchia (ma furono fatti sporadici in quel periodo). A Trebioniano Gallo succede Valeriano dal 253 al 260 d.C. I primi ani di Impero furono tranquilli, ma bene presto si passa alla persecuzione nel suo quarto anno di regno, intraprese una dura e cruenta persecuzione sistematica come quella di Decio. Il loro obiettivo era quello di perseguitare i cristiani per confiscargli i beni per rimediare alla situazione economica precaria dell'Impero. Nel 257 vi fu il primo editto di Valeriano, l'intenzione era quella di colpire il clero a questi veniva imposto di fare il sacrificio agli dei, veniva proibito di celebrare il proprio culto. Nell'Africa settentrionale, in Egitto, furono arrestati il vescovo Cipriano e Dionigi, molti cristiani venivano condannati ai lavoro forzati e all'esilio. Cipriano si convertì al cristianesimo nel 245 e affrontò la prima persecuzione di Decio nel 249, ma scampò il martirio rifugiandosi, successivamente subì il martirio nella persecuzione di Valeriano. A Roma subì il martirio Papa Sisto II, con i suoi diaconi nel 257258 nella stessa persecuzione subì il martirio S. Lorenzo. Nel 259 l'imperatore Valeriano fu imprigionato dai persiani e morì poco dopo. GALLIENO (260-268) Gallieno era il figlio di Valeriano, non soltanto fa cessare la persecuzione, ma emana un editto a favore dei cristiani, inoltre restituì parte dei beni confiscati ai cristiani dal padre Valeriano e fece riaprire i loro luoghi di culto. L'editto di Gallieno favorì un periodo di pace di oltre quaranta anni che favorì la diffusione del cristianesimo in piena libertà. In questo periodo storico, al tempo di Diocleziano, inizia la prima tetrar-


- 35 chia formata da due Augusti (solitamente uno per l'Oriente e l'altro per l'Occidente) e due Cesari. Questa riforma istituzionale era stata stabilita dalla riforma amministrativa di Diocleziano. 2 AUGUSTI Diocleziano (284-305)

Massimiano (285-305)

Iovis, figlio di Giove

Erculeo, figlio di Ercole

ORIENTE con sede a Nicomedia

OCCIDENTE con sede a Milano

2 CESARI (dal 293) Galerio

Costanzo Cloro

Zona di Il lirico, Macedonia e Gre- Zona di Spagna, Francia, Britannia, cia, con sede a Sirnio

con sede a Treviri.

DIOCLEZIANO (284-305) Si rende conto che i cristiani assumono grande influenza e crede che creino opposizioni alle riforme amministrative della società. Nel 295 pubblicò un editto sul matrimonio. Fece pulizia all'interno dell'esercito che doveva essere fedelissimo all'imperatore estirpando i cristiani dall'esercito. Emanò quattro editti di persecuzione: 1 - il primo è generale ed è del 303, veniva ordinata la distruzione di tutte le chiese cristiane e la confisca di tutti i libri sacri. Venivano vietate le riunioni cultuali cristiane e vengono dichiarati incapaci di compiere atti giuridici validi. Diocleziano incominciò nell'Asia Minore da Nicomedia, di ciò ne parla "De mortibus persecutorum" di Lattanzio; 2 - il secondo editto sempre nel 303 promuoveva la persecuzione della gerarchia della Chiesa e dei pastori, Eusebio di Cesarea ce ne parla ne "la storia ecclesiastica"; 3 - nel terzo editto sempre del 303 ci sono istruzioni dettagliate per procedere contro il clero; 4 - il quarto editto, nel 304 prescrive a tutti senza eccezioni il sacrificio agli dei (come aveva fatto Decio).


- 36 In quel periodo nel 304, in occasione della "festa dei decennalia", i vent'anni dell'impero, Diocleziano andò a Roma per festeggiare, ma non fu accolto molto bene e tornò a Nicomedia. Nel 305 ci fu l'abdicazione all'impero con la sostituzione di altri Augusti. La parte orientale subì tutta la persecuzione dal 303 fino all'editto di tolleranza di Galerio del 311. Risale a questo periodo la persecuzione di Sant'Euplo di Catania nel 303 che si rifiutò di consegnare i libri sacri. Continua la persecuzione anche con Galerio, ma con l'editto del 311, ordinava la cessazione delle persecuzioni dei cristiani, su tutto il territorio dell'impero; morì nel 311. L'Editto di Galerio è un atto di resa verso i cristiani, purché questi ultimi per lo meno siano fedeli allo Stato e alle sue leggi, per la prima volta un editto imperiale riconosceva i cristiani. Veniva equiparato il loro culto agli altri culti dell'impero, non era più ritenuta una "superstitio". Ormai per il cristianesimo si apriva una nuova strada, il pieno riconoscimento del cristianesimo all'interno dell'Impero.


- 37 SABATO 13 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 11,15 IL VISSUTO DEL POPOLO CRISTIANO L'AMBIENTE L'ambiente è quello delle caste del mediterraneo, soprattutto delle città portuali, in seguito, il messaggio cristiano si allarga nell'entroterra dell'impero. Il centro del cristianesimo nel secondo secolo è Antiochia, anche Roma è un centro importante. In questo periodo si creò una rete stradale dell'Impero che era efficiente e che favoriva lo spostamento delle legioni ed erano protetti militarmente per evitare saccheggi. Anche via mare c'era il commercio dell'impero che era fermo nel periodo invernale a causa del tempo non favorevole. Vi era fra i cristiani un forte senso di fraternità in questi viaggi, e vi erano anche delle lettere di presentazione fra di essi, per chi non aveva una dimora fissa vigeva molta ospitalità. Quando c'era un nuovo vescovo, un nuovo martire, o una notizia importante venivano comunicate tra di loro. Intanto il cristianesimo si diffondeva in tutti i ceti sociali e questo destava meraviglia nei pagani. Nella comunità cristiana c'erano anche i padroni oltre che gli schiavi, colti e incolti. Nella epigrafe (iscrizione tombale) cristiana non c'erano preferenze o distinzioni. Nella cultura pagana vi era disprezzo per coloro che svolgevano attività lavorative manovali, quindi non capivano la fraternità cristiana. La Chiesa, invece, disapprovava coloro che lavoravano nel settore della astrologia, della magia, dei spettacoli circensi. Nella comunità cristiane le "grandi novità" erano l'uguaglianza tra la donna e l'uomo e l'importanza della verginità e della moralità, il rispetto della vita e la disapprovazione verso l'aborto.


- 38 LA PRESENZA NEL MONDO I cristiani per comunicare utilizzavano la lingua dall'aramaico al greco attraverso l'evangelizzazione che non partiva dalla gerarchia, ma dalla gente semplice e comune, lo stile che si diffondeva era per "contagio", semplice, modesta, fatta in sordina, sottovoce, nell'ombra del silenzio. I cristiani erano inseriti ovunque senza far rumore (medici, commercianti, mogli, mariti, figli, ecc… senza distinzioni). Le conversioni al cristianesimo potevano anche essere totali nelle famiglie, se il padre di famiglia diventava credente, o la madre, spesso, tutta la famiglia veniva coinvolta. Le donne hanno un ruolo importante per la conversione. In Oriente la Chiesa diede alle donne anche il diaconato. Anche nell'esercito il cristianesimo si diffondeva. IL VOLTO DELLA CHIESA Davanti alla società pagana la Chiesa si poneva in un modo nuovo. La fraternità, l'accoglienza, l'unità cristiana, era uno stile nuovo. La cura delle vittime della legge, la prigionia dei fratelli cristiani si svolgeva con la dedizioni spirituali e materiali e questo era anche per le vedove e gli orfani. Lo Stato si disinteressava di queste realtà, della cura dei poveri e di malati, soprattutto dei malati schiavi. La sepoltura degli emarginati e dei poveri, la solidarietà verso i condannati ai lavori forzati erano il primo interesse dei cristiani. Questi aiuti erano possibili anche grazie ai cristiani facoltosi. Ireneo di Lione fu un grande divulgatore della parola e della concretezza materiale.


- 39 EROISMO QUOTIDIANO Non solo le persecuzioni, ma anche la vita quotidiana era un eroismo dall'alba al tramonto scandita dalla preghiera e dalle opere buone. Per molti cristiani anche la notte era un momento di preghiera. Origene sosteneva che i cristiani dovevano fare la preghiera prima dei pasti e durante la giornata. Il sabato sera veniva accesa una lampada che anticipava il giorno del Signore: la Domenica.


- 40 MARTEDÌ 16 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 12,15 DALLE PICCOLE COMUNITÀ ALLE CHIESE EPISCOPALI Nelle lettere di Paolo si incomincia a intravedere l'importanza delle comunità. Allora il vescovo non esisteva, ma comunque le comunità avevano a capo dei sorveglianti. Ignazio di Antiochia insiste sull'unità della Chiesa, questa si manifesta nella Eucaristia. Il pericolo delle eresie e dello scisma è sempre dietro l'angolo, e per questo le guide delle comunità organizzano la difesa a questi attacchi con l'unità delle comunità. Nelle lettere di S. Ignazio si vedono tre ministeri: vescovi, presbiteri e diaconi. Nel secondo decennio del secondo secolo si forma l'episcopato monarchico che è un'unica figura a capo delle comunità, coordinato dal collegio dei presbiteri. Il vescovo diventa il garante di questa comunità, quindi dalla gestione di molte persone, i cosiddetti sorveglianti, si passa alla guida di una: "il Vescovo"; si cerca un legame tra il vescovo e gli apostoli e questo è lo Spirito Santo. I Chierici portano avanti la guida delle comunità e il sostentamento viene dalle comunità stesse e dal lavoro dei vescovi. Il Concilio di Elvira in Spagna, però, vieta ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi lavorare, perché devono concentrare le loro forze solo sulle comunità. Le guide furono obbligate a soddisfare queste richieste, inoltre potevano sposarsi una sola volta. Col tempo vedremo che le guide saranno scelte fra persone non sposate avviandoci così al celibato. Pian piano si diffonde la scelta del celibato e dell'ascetismo . LE CATEGORIE: CONFESSORI DELLA FEDE & IL CLERO Questi sono i cristiani valorosi che hanno sofferto per la fede durante le persecuzioni, senza aver perso la vita. Venivano tenuti in alta considerazione, si arrogavano il diritto di assolvere i lapsi, cioè coloro che avevano rinnegato la fede. I lapsi dovevano scontare delle penitenze,


- 41 ma grazie alle raccomandazioni dei confessores venivano assolti. Questa situazione diede molto fastidio ai vescovi, quindi ci furono alcune discordie con i confessori. Alla fine prevalse il pensiero dei vescovi, Cipriano scrisse diverse lettere su questa situazione sostenendo che solo i vescovi oggettivamente avevano il diritto di assolvere i lapsi, infatti scrive il "De unitate Ecclesiae" sottolineando tutto ciò. Nel terzo secolo il vescovo si afferma nelle città con la collaborazione dei presbiteri. Poi pian piano anche le periferie sono guidate da questi ultimi. A Roma nel secondo secolo si organizza una divisione in settori, i "Tituli", nelle varie comunità si costruiscono chiese dette "Tituli", cioè erano case vere e proprie che divenivano chiese. Queste casechiese venivano affidate erano affidate ai vescovi ed ai presbiteri. I diaconi erano i collaboratori più stretti del vescovo gestivano l'economia del clero e avevano il ruolo di dare i soldi ai più bisognosi. La città di Roma si divideva in quattordici regioni a livello civile, mentre a livello ecclesiale in sette. A ciascuna venivano affidati i diaconi, le singole diaconie assistevano i poveri delle città con viveri, alimentari, e con soldi, in questo periodo storico il rapporto con lo Stato è altalenante. Il principale collaboratore del Vescovo è l'arcidiacono che poteva divenire vescovo dopo la morte di quest'ultimo. Nel terzo secolo si istituirono nuovi ministeri, come i lettori. I diaconi avevano i suddiaconi, a questo erano subalterni gli accoliti, poi vi erano gli esorcisti e infine gli ostieri. Quest'ultima categoria erano come i sacristi di oggi, chiudevano le chiese. Un'altra categoria erano i fossaris, che si incaricavano delle catacombe. LA DIVISIONE TERRITORIALE DELLE CHIESE Le piccole comunità in ambito cittadino erano guidate dal vescovo, da queste parte una vera e propria ramificazione, o nuove diocesi, o nel caso dei sobborghi, chiese guidate dai presbiteri che potevano rima-


- 42 nere stabili o essere itineranti. Le diocesi a loro volta fondavano altre diocesi. In Oriente dalla grande città venivano mandati i "Corepiscopi" che erano veri e propri vescovi dei villaggi, ma ben presti questi villaggi scomparvero, formandosi vere e proprie diocesi. In Italia questo passaggio non ci fu, perché in ogni villaggio c'era un vescovo, non il presbitero come in Oriente. Si crea così la diocesi metropolita che ha le diocesi suffraganee. Il vescovo metropolita presiedeva alle ordinazioni episcopali dei nuovi vescovi, ma le suffraganee avevano la loro autonomia. In Italia le diocesi dipendevano da Roma, ed era Roma che si occupava dell'elezione del vescovo nel momento in cui non si mettevano d’accordo sul nome del nuovo vescovo e l'eletto andava a Roma per essere ordinato. Nel quinto-sesto secolo al di sopra delle diocesi metropolite sorgono i patriarcati, cioè le grandi città e sono cinque: il patriarcato di Roma, di Costantinopoli, di Antiochia, di Gerusalemme e di Alessandria. Il Africa vi era il "Primate" che era il vescovo più anziano e lo stesso era per Alessandria. Ogni patriarcato era autonomo da Roma, vi era una unione ecclesiale, ma nell'ambito organizzativo si governavano da sole. All'interno delle metropoli provinciali si formavano dei concili o sinodi che parlavano della fede e della organizzazione delle Chiese. LA POSIZIONE PREMINENTE DI ROMA Le Chiese guardavano Roma con ammirazione, difatti Roma attraeva le altre chiese in modo quasi sentimentale. Cipriano nelle sue lettere accentua l'importanza dell'unità delle chiese col vescovo di Roma, anche se non vi era stato un Concilio su questo, tutto ciò nasceva spontaneamente. Questo si spiega perché Pietro e Paolo morirono a Roma. Roma era considerata la cattedra di Pietro ed era esempio di fede e carità, sosteneva spiritualmente ed economicamente anche le altre chiese. Chi era in difficoltà faceva capo a Roma. Il successore di Pietro in ca-


- 43 rica era il principale interlocutore dell'imperatore. Con la tradizione romana la Chiesa rappresentava la continuitĂ apostolica.


- 44 VENERDÌ 19 APRILE 2002 - ORE 08,30 / 09,15 LA "SVOLTA COSTANTINIANA": DALLA TOLLERANZA AD UNA SITUAZIONE DI PRIVILEGIO

ACCORDO DI MILANO NEL 313 Con Costantino cominciano a cambiare sul serio le cose. Adesso si passa ad un riconoscimento vero e proprio della religione cristiana ed anche di privilegio. Col Cesare dell'Oriente Massimino Daia continua la persecuzione nonostante l'editto di tolleranza di Galerio. Quindi mentre in una parte dell'impero si applica la tolleranza, dall'altra continua la persecuzione. Continua la tetrarchia: i due augusti sono Galerio e Costanzo Cloro:

Il 28 ottobre del 312 ne "La battaglia del ponte Milvio" costò a Massenzio l'impero e la vita, cos' l'Italia e l'Africa divennero imperate da Costantino che in questa battaglia si è affidato al Dio dei cristiani, che fece apporre sullo scudo dei soldati del suo esercito il "segno di Dio" cioè la "Chi - χ" e la "Ro - ρ" di "Cristos - Χριστοσ".


- 45 Costantino attribuisce questa vittoria al Dio dei Cristiani. Costantino nacque nel 285 da Costanzo Cloro e da Elena (che era una serva che conviveva con l'imperatore). Già nella famiglia imperiale di Costanzo Cloro si respirava una certa tolleranza religiosa, Costanzo Cloro era molto predisposto al monoteismo, credeva ad una sola divinità "Sole invitto", era inoltre aperto e tollerante verso i cristiani. Di tutto questo ce ne parla Eusebio Di Cesarea in "La Storia Ecclesiastica". Nel 313 si giunge ad un accordo in materia religiosa tra Oriente e Occidente tra Costantino e Licinio che si incontrarono a Milano nel febbraio del 313 e decisero di mettere in esecuzione l'editto di Galerio in tutto l'impero e di ampliarne il contenuto verso la tolleranza religiosa. Con questo accordo ciascun cittadino può avere piena facoltà di seguire la religione che vuole seguire, ai cristiani vengono restituiti i loro beni, chiese, cimiteri, ecc… I cristiani vengono riconosciuti come persone giuridiche capaci di produrre atti giuridici e quindi di possedere dei beni. In Africa si creò una divisione tra le chiese, ci fu uno scisma donatista, ci furono dei "traditores" e quindi si ripresentò il problema che si era presentato coi lapsi. Ci si chiedeva se il sacramento celebrato era valido in sé stesso o se la validità del sacramento dipendeva dalla persona che lo celebrava. Questo problema scoppiò nel 312 lungo l'ordinazione episcopale del vescovo Ceciliano di Cartagine. Costantino volle mettere pace tra i due raggruppamenti. La legislazione di Costantino emana leggi ispirate al pensiero cristiano, al rispetto della persona umana, da anche ai cristiani la facoltà di ridare la libertà ai propri schiavi. Nel 321 emana una legge che implica al cristiano di non eseguire lavori manuali la domenica per poter celebrare il giorno del Signore.


- 46 MARTEDÌ 23 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 12,15 LA "SVOLTA COSTANTINIANA":

DALLA

TOLLERANZA

AD UNA SITUA-

ZIONE DI PRIVILEGIO

Il cristianesimo veniva riconosciuto alla pari delle altri confessioni pagane, c'è una equiparazione. Successivamente dalla situazione di equiparazione si passa alla benevolenza, cioè ci sono delle preferenze verso il cristianesimo. Nella battaglia contro Licinio la lotta è "per così dire" dei pagani contro il cristianesimo e vince così Costantino, dalla parte dei cristiani, divenendo l'unico imperatore. Costantino si dichiara "l'eletto di Dio", lui sentiva per sé questa missione di propagare il culto per l'Unico Vero Dio, inoltre l'unico imperatore sulla terra doveva essere l'immagine dell'unico Vero Dio. "Dio ha voluto la mia opera al suo servizio per far sì che le opere di Dio si compiano sulla terra", dichiara Costantino. Inoltre si riveste di autorevolezza anche all'interno della gerarchia della Chiesa, partecipa ai problemi della Chiesa insieme ai vescovi. Dal 324 Costantino in diversi modi manifesta questa condizione di privilegio verso i cristiani. A partire dalla legislazione, quest'ultima risente dell'influsso cristiano, ci sono leggi in cui si vieta il divorzio e il concubinato, non era più possibile vendere schiavi sposati ai diversi acquirenti, perché sono una famiglia, si proibivano i giochi dei gladiatori per il rispetto della vita umana, viene abolita la pratica della crocifissione come pena di morte, se una persona si convertiva dal giudaismo al cristianesimo veniva aiutata e protetta, ai vescovi veniva riconosciuta dallo Stato la competenza giuridica nel giudicare o condannare (Episcopalis Audentia). Altri disposizioni sono contro gli eretici o scismatici, viene anche pubblicato un editto in merito, c'è una persecuzione contro l'eresia non verso il singolo, ma verso le comunità eretiche. Costantino vuole pace nella Chiesa, se c'è pace nella Chiesa ci sarà anche la pace nell'Impero.


- 47 Anche se ancora i pagani non sono in netta minoranza, sono ormai destinati a scomparire e ad essere messi da parte. Vengono emanati alcuni decreti ed editti che mirano al progressivo disfacimento del mondo pagano, molti templi venivano abbandonati e molti materiali venivano portati a Costantinopoli e venivano utilizzati per costruire delle Chiese. Costantino intraprende una attività edilizia di costruzione di nuove chiese, in Palestina fa costruire la Basilica del Santo Sepolcro, la Rotonda attorno al Santo Sepolcro vuoto, e al calvario di Cristo. A Bethlemme costruì la Basilica della Natività del Signore Gesù. A Roma costruisce la Basilica del Santissimo Salvatore dapprima dedicata ai Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, e dopo fu chiamata "San Giovanni in Laterano", fu la prima Basilica cristiana a Roma, la cattedrale del papa di Roma, è la Chiesa Madre di tutte le Chiese. Successivamente fece costruire a Roma pure la Chiesa di San Pietro. Costantino fece costruire una nuova capitale dell'Impero: "Costantinopoli", la concepisce come città cristiana, libera dalle influenze pagane, viene chiamata "la nuova Roma" perché la concepisce ad immagine di Roma. Costantinopoli fu inaugurata con grandi feste l'undici maggio del 330. Costantino rimandò sempre il proprio battesimo. Nel 337 quando si aggravarono le sue condizioni di salute convocò a sé alcuni vescovi, chiese loro il battesimo, e divise il regno ai suoi tre figli: Costatino II, Costanzo II, e Costante. Eusebio di Cesarea ci dice che da quel giorno in poi rinuncia alla veste di porpora per indossare solo una veste bianca, morì il 22 maggio del 337 e fu sepolto a Costantinopoli. Entrò nell'immagine popolare come il "grande imperatore" e fu anche visto come "santo". Costantino affrontò due grandi questioni: nel nord-Africa lo scisma donatista e in occidente la controversia ariana. Erano le divisioni più grosse in quel periodo tra i cristiani.


- 48 A Roma, vicino al Colosseo, c'è "l'arco di Costantino", è un arco di trionfo per l'ispirazione della divinità che vincerà con questo segno. LA CONTROVERSIA ARIANA Tutto sorge all'interno della comunità di Alessandria in Egitto nel quartiere Bacauli da alcune dottrine del presbitero Ario di formazione Antiochena, il suo maestro era stato Luciano di Antiochia. Ario si vantava di essersi formato ad Antiochia, nella predicazione attirava a sé molte persone, aveva una vasta cultura ed una buona capacità dialettica, attirò a sé molta parte del clero e molte vergini consacrate. Predicava la sua concezione del "Logos" e la sua concezione del Figlio in rapporto con il Padre: in che rapporto stanno? Lui sostiene che il Figlio è subordinato al Padre. Sostiene che il Figlio non è esistito da sempre, è stato fatto da nulla e c'è stato un tempo in cui non è esistito; queste dottrine sono esposte nella sua opera "Talio". "Il Dio diede vita ad una realtà che chiamò Verbo, il Verbo non è vero Dio anche se egli è chiamato Dio, gli fu data una divinità dal Battesimo e con la sua morte la perse". Queste idee nascevano dall'adozionismo Antiocheno e dal subordinazionismo origeniano. Da un lato ad Alessandria c'era Ario che diceva che il Figlio di Dio fu creato dal nulla, dall'altro lato c'erano molti del clero che respingevano questa dottrina dicendo che il Figlio è consustanziale al Padre ed è eterno. L'eresia di Ario si diffondeva a macchia d'olio, la questione fu affrontata dal vescovo Alessandro di Alessandria che espulse Ario e quella parte di clero che aderì alla sua dottrina. Ario si spostò a Palestina in Cesarea; lì incontrò dei sostenitori perché legati alla formazione Antiochea: Eusebio di Nicomedia e Eusebio di Cesarea. Ad Alessandria si indisse, allora, un sinodo dove parteciparono cento vescovi, le conclusioni furono quelle di espellere Ario e i suoi seguaci dalla Chiesa perché eretici, in quanto scardinano in centro della Fede e della stessa dottrina cristiana.


- 49 Si creano così due partiti o schieramenti: gli ariani e gli antiariani: ARIANI

ANTIARIANI Marcello di Ancira

Ario Eusebio di Nicomedia Eusebio di Cesarea Teognide di Nicea

Macerio di Gerusalemme Alessandro di Alessandria Eustazio di Antiochia Atanasio di Alessandria (dopo)

Costantino volle affrontare questa questione: mandò una lettera ad Alessandro e ad Ario per cercare di mettere pace. Costantino si avvale del suo consulente vescovo Osia di Cordova per quanto riguarda le lettere di tipo dottrinale, fu lo stesso vescovo a consegnare le lettere. Già mezzo secolo prima di Ario, il rapporto tra il Padre ed il Figlio era stato discusso dai teologi, e vi furono vivissimi contrasti. Paolo di Samoseta in ambiente Antiocheno fu un precursore, aveva professato il monarchianismo cioè esasperava l'aspetto umano di Gesù. L'arianesimo viene da diverse tendenze: dal monarchianismo e dal subordinazionismo di stampo origeniano. CONCILIO DI NICEA Si apre un sinodo per discutere questa questione dottrinale e altre questioni (la data della Pasqua, lo scisma Veneziano in Egitto, ecc…). La sede fu Nicea in Bitinia nel maggio del 325. Costantino voleva favorire in tutti i modi la partecipazione dei vescovi e offrì loro i servizi dello Stato: il vitto, il viaggio e l'alloggio gratuito. Molti vescovi parteciparono a questo Concilio, anche il vescovo di Roma a cui si attribuiva già molta autorevolezza. Tra i padri conciliari vi erano personalità autorevoli: Alessandro di Alessandria (il capo della lotta contro Ario), Eustazio di Antiochia, Marcello di Ancira, Macerio di Gerusalemme, ecc…


- 50 L'Occidente latino era poco rappresentato (5 rappresentanti) in quanto il viaggio era difficoltoso. Erano presenti soprattutto i vescovi pi첫 esperti in materia teologica. Vi erano anche diaconi e molti dotti laici che assistevano i vescovi.


- 51 SABATO 27 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 11,15 IL CONCILIO DI NICEA (325) LA FEDE IN CRISTO, CONSUSTANZIALE AL PADRE Chi è il Cristo? Contro le idee di Ario, l'imperatore Costantino convoca il Concilio che si apre il 20 maggio del 325. l'intento di Costantino è quello di suscitare la pace tra i vari vescovi. Anche Eusebio ci parla di questo Concilio, lui addirittura è un "addetto ai lavori". Dopo il discorso introduttivo, Costantino lasciò liberi i vescovi di esporre le loro dottrine. Gli ariani espongono le loro dottrine con lo scritto di Ario: "Talia", tutti gli antiariani reagiscono e si oppongono, ma non si riesce ad arrivare ad una soluzione. Interviene allora Eusebio di Cesarea, che avanza un compromesso, proponendo il "Simbolo della Fede" della Chiesa di Cesarea. Ci forno delle integrazioni in questo "Simbolo della Fede" viene introdotta la parola "

" che significa consu-

stanziale, anche se non c'è molto accordo tra gli occidentali che l'accettano e gli orientali che sono un po’ scettici, infine con l'apporto di Costantino si arrivò all'accordo della dottrina della consustanzialità.18 Una volta giunti all'accordo, Costantino chiede che i documenti del Concilio vengano sottoscritti e firmati da tutti i vescovi. Soltanto due non firmarono: Secondo e Teonato, i quali vengono allontanati. LA DATA DELLA PASQUA L'altra questione era quella della data della Pasqua da stabilire: La data della Pasqua Oriente

Occidente

14 del mese lunare di Nisan

La Domenica successiva al 14 di Nisan (Vangelo di Gv.: il giorno dopo il

(è l'usanza della Pasqua ebraica)

18

Sabato c'è la Resurrezione del Signore)

Cfr. Conciliorum Oecumenorum Decreta - tutti i documenti dei Concili Ecumenici da Nicea a Vaticano II.


- 52 Si scelse di celebrare la Pasqua la Domenica successiva al primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera del 21 marzo. QUESTIONI DISCIPLINARI, "LA CONTROVERSIA ARIANA" Il Concilio di Nicea, rappresenta un incontro di importanza capitale, è il primo concilio "ecumenico", l'intenzione fu quella di pronunziare una sentenza definitiva riguardo a delle dottrine "incerte", discusse e personali. Lo scopo del concilio fu raggiunto, nonostante le miserie umane. Ritornati, però, alle loro sedi, diversi vescovi ci ripensarono: Eusebio di Nicomedia e Teognide di Nicea comunicarono all'imperatore, dopo un anno, che ritiravano la loro professione di fede stabilita a Nicea. Costantino manda in esilio questi vescovi e ne manda due nuovi. Nel 328 si presentò un mutamento dell'atteggiamento dell'imperatore verso i filo-ariani che riescono ad accattivarsi le sue simpatie, tant'è che l'imperatore ritira il loro esilio e avvicinano i loro contatti con l'imperatore. Eusebio di Nicomedia, riprese la condizione di guida del "partito ariano". Gli ariani mettevano in cattiva luce la contrapposizione, Eustazio di Antiochia venne screditato di fronte allo stesso imperatore. Eustazio e Atanasio vennero deposti dall'imperatore. Sembra proprio allora che il partito ariano abbia avuto la meglio, adesso vuole puntare alla reintegrazione di Ario, quest'ultimo viene convocato dall'Imperatore nel 334 per uno scambio di idee. A Gerusalemme si convocarono nuovamente i vescovi che, dichiararono le dottrine di Ario, ortodosse, anche se era già morto qualche anno prima. Successivamente morì anche Costantino, i problemi sorsero dopo.


- 53 GIOVEDĂŒ 02 MAGGIO 2002 - ORE 08,30 / 10,15 LA LOTTA SUL SIMBOLO NICENO SOTTO I FIGLI DI COSTANTINO

Costantino fu arrestato ed ucciso nel 340 d.C. ad Aquileia. Nel 340 restano due Augusti Costantino II in Oriente e Costante in Occidente. Ora si passa da una tolleranza ai culti pagani ad una intolleranza che spinge gli imperatori a chiudere i templi. A Treviri c'era Sant'Atanasio in esilio e Costanzo II lo libera dall'esilio per farlo rimpatriare ad Alessandria.


- 54 Ci sono due schieramenti politici: Eusebiani

(Arianesimo moderato) ariani seguagi di Eusebio di Nicomedia

Atanasiani

fedeli al simbolo di Nicea

Gli Eusebiani credevano che il rientro di Atanasio ad Alessandria era illegittimo. Atanasio indice un sinodo dei vescovi in Egitto che riconoscono in lui la legittimità di essere vescovo in Alessandria. Gli Eusebiani chiesero allora di eleggere un nuovo vescovo: Gregorio di Cappadocia, con questa scelta Atanasio dovette scappare da Alessandria nel deserto. A Roma, mentre Gregorio di Cappadocia era già vescovo di Alessandria arrivò la decisione del sinodo romano sulla scelta del nuovo vescovo di Alessandria. Roma aveva scelta Atanasio, ma ormai era troppo tardi. La questa dottrinale ancora non era stata chiarita e si sentì l'esigenza di fare un sinodo. Papa Giulio nel 342 convoca il Concilio di Sardica in Bulgaria e in questo sinodo appare lo schieramento dei vescovi occidentali (circa 90) e dei vescovi orientali (circa 80). Gli orientali si impongono: non partecipano alla seduta del concilio se ad essa partecipano i vescovi occidentali precedentemente esiliati. I vescovi orientali tornano nelle loro sedi senza riuscire ad arrivare ad un compromesso. Gli occidentali portarono avanti il concilio pur senza gli orientali, fu sancito il pieno disaccordo ai vescovi orientali. Il sinodo di Sardica, fu un fallimento, con la scomunica dei vescovi guida di oriente, l'atmosfera si avvelenò e si incominciò a vedere la rottura tra la chiesa d'oriente e la chiesa d'occidente. Costante fece richiesta al fratello maggiore Costanzo II di far riconoscere i diritti legittimi dei vescovi atanasiani anche in oriente, chiedeva di far tornare Atanasio dall'esilio nella sua sede di Alessandria. L'influsso di Costante fu importante, dopo la morte di Gregorio di Cappado-


- 55 cia, Costanzo II richiamò Atanasio per tornare ad Alessandria, dove fu accolto trionfalmente. Ormai la strada verso la pacificazione era stata aperta, ma arrivò un'altra disavventura. Nel 350 ci fu una insurrezione nell'esercito d'occidente e Costante dovette fuggire, fu ucciso nei pirenei e fu eletto dal popolo Magnanzio, un usurpatore. Costanzo II, però, fece valere i suoi diritti e vi prese l'impero usurpato al fratello. Costanzo II divenne nel 350 unico imperatore d'oriente e occidente. Atanasio perde così l'appoggio dell'imperatore Costante. Gli avversari di Atanasio incominciarono a screditarlo di fronte all'imperatore Costanzo II. Si indisse a Milano un altro sinodo dove il volere dell'imperatore diventava legge, il papa Liberio non accettò questi concili indetti dall'imperatore, quest'ultimo mandò anche il papa in esilio e ne mise uno nuovo di stampo ariano, per poter mettere a tacere tutte le voci "ribelli" all'imperatore. Atanasio scappa nuovamente nel deserto dove scrive le sue apologie più importanti, oggi è un dottore della chiesa. In tutti questi problemi l'oggetto dei contrasti non è per l'ortodossia, ma questioni personali tra vescovi, sulle scomuniche, su Atanasio, ecc… Ci si sofferma solo su questioni personali, e la vera fede, l'ortodossia non è più argomento di cui vale la pena parlare. Atanasio fu santo perché campione dell'ortodossia. Nasce un triplice schieramento dottrinale nel ceppo delle eresie ariane: ANOMEI

OMOUSIANI

o Eunomiani o Aeziani Ariani radicali Il Figlio è dissimile al Padre

OMEI

Ariani più vicini ai niceni Il Figlio è simile al Padre nella sostanza • Macedonio di Costan-

Eunomio di Cirico

Eudossio di Antiochia

Giorgio di Alessandria

Silvano di Tarso

Aezio

Basilio di Angira

tinopoli

Ariani moderati Il Figlio è simile al Padre (non interessa la sostanza) •

Acacio di Cesarea

Valente e Eursacio


- 56 Nel 256 inizia ad avviarsi un certo dibattito teologico-dottrinale, stavolta non basato su questioni personali. Aezio fu l'estremista della corrente ariana degli Anomei, che affermava che il Figlio non è né della sostanza, né della stessa materia del Padre. Basilio di Angira riproponeva un nuovo termine,

,

che riconosceva una similitudine della sostanza del Figlio con quella del Padre, questa terminologia ottiene un certo consenso da parte di molti perché questa definizione sembrava ortodossa. Basilio di Angira propose all'imperatore di fare un doppio sinodo contemporaneamente uno ad Oriente (a Selencia nell'Asia Minore) ed uno ad Occidente (a Rimini). Il sinodo partì nel 359, in questo contesto fu elaborato un nuovo termine "Il Figlio è simile al Padre" coniato da Valente e da Eursacio esponenti del'arianesimo omeo.


- 57 SABATO 04 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 IL TENTATIVO DI RESTAURAZIONE PAGANA SOTTO L'IMPERATORE GIULIANO "L'APOSTATA" (361-363)

Giuliano è detto "l'apostata" perché era colui che aveva rigettato la religione cristiana. L'esercito acclama Giuliano imperatore, e invece di andare dal cugino Costanzo per aiutarlo, marcia verso di esso per attaccare il suo esercito. Giuliano ha una certa nostalgia della cultura pagana, per questo vuole cercare di farla rivivere. Era uno dei pochi superstiti della famiglia imperiale. Quando salì al potere disse chiaramente che non gli interessava niente del cristianesimo e che voleva ripristinare il culto pagano. Fece riaprire i templi e i luoghi di culto pagani, emanò delle leggi di riforma distruggendo così l'operato di Costantino. Non scatenò la persecuzione contro i cristiani, perché lui stesso era contro la violenza. Emanò una legge nella scuola dove vietava ai docenti cristiani di insegnare dottrine religiose. Di fronte a queste decisioni il popolo rispose con una certa apatia. Giuliano escluse i cristiani dalle responsabilità imperiali, fece tornare Atanasio perché credeva di aumentare le divisioni nella Chiesa, invece Atanasio favorì l'unione nella Chiesa. Il tentativo di Giuliano l'apostata si rivelò un fallimento perché il cristianesimo ormai si era diffuso e consolidato, difficilmente si riusciva a fare attecchire la cultura pagana. Il suo impero durò appena due anni. Tavola Cronologica degli Imperatori Costanzo (350-360) Giuliano "l'apostata" (361-363) Gioviano (364) Valentiniano I (364-375) Occidente - Niceno

Valente (364-378) Oriente - Filoariano


- 58 Nel 364 diventa imperatore Valentiniano I e divide l'impero col fratello Valente a cui affida l'Oriente. Valentiniano I segue la teologia Nicena, mentre Valente è per l'arianesimo. In occidente, soprattutto i niceni si organizzano, nella Gallia il rappresentatnte niceno è il vescovo Ilario di Poitiers. Le fratture all'interno dell'arianesimo aumentavano sempre più, soprattutto tra gli omousiani e gli omei. Gli omousiani si avvicinavano sempre di più ai niceni e si discostavano dagli omei. In Oriente Valente propende per gli ariani. Gli omoiusiani rifiutavano tutto ciò che era stato stabilito nel concilio di Rimini, si avvicinavano ai niceni ed erano contro gli omei. Anche se ci sono questi avvicinamenti nella Chiesa nasce un nuovo problema quello sullo "Spirito Santo"…è una persona divina?. E in che rapporto sta col Padre e col Figlio?. Il simbolo di Nicea non trattava questo problema. I Pneumatomachi erano omousiani e credevano che lo Spirito Santo non era una persona divina; i maggiori rappresentanti sono: Eustazio di Sebaste, Basilio di Angira, Eulesio di Cizio e Maratonio. Valente l'imperatore continua a sostenere gli omei, e comincia a perseguitare tutti gli altri. Inizia il lavoro dei padri neo-niceni (vescovi): Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo. Si avvia la ricerca teologica, i padri neo-niceni si adoperavano per arrivare alla unione dei gruppi che aderivano al credo di Nicea. Chiarirono a livello dottrinale la questione della Persona dello Spirito Santo con una corretta terminologia, precisarono l'unità e l'individualità dello Spirito Santo, ha una sostanza divina. Parlarono di tre ipostasi e di una sostanza divina.

Una sostanza divina

tre sostanza individua

persona


- 59 MARTEDÌ 07 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15 LA TEOLOGIA DEI PADRI NEO-NICENI

una sostanza -

tre

persone

(oppure

)

I padri neo-niceni iniziano un dibattito teologico, per chiarire il rapporto tra il Padre e il Figlio. Cominciano ad elaborare un linguaggio teologico preciso, prima non c'era chiarezza dei termini, per questo prima nascevano controversie. Alcuni omousiani credevano che lo Spirito Santo non era una divinità, erano dei pneumatomachi o macedoniani. I padri neo-niceni risolveranno anche questo problema. "Una sostanza, tre persone", i padri neo-niceni sono portati ad asserire la consustanzialità delle tre persone, lo Spirito procede dal Padre attraverso il Figlio, si arriva ad una chiarificazione della teologia trinitaria perché più elaborata, questa teologia anche se innovativa è in piena continuità con il concilio di Nicea. Si arriva alla unanimità della teologia di Nicea. Anche se c'è da dire che tutte le scelte teologiche dipendono anche dagli imperatori in carica. Occidente

Oriente

Valentiniano I (364-375)

Valente (364-378)

Graziano (375-383)

Teodosio I (379-395)

Teodosio I (392-395) 380 - Editto CUNCTOS POPULOS Valentiniano I chiese aiuto al nipote Graziano. Valente, annullò i decreti contro l'esilio dei vescovi cattolici. Valente nel 378 morì, nel 379 Graziano affidò alla parte orientale Teodosio I. Ambedue riconoscevano


- 60 il concilio di Nicea e questo faceva ben sperare. Lo schieramento dei vescovi ortodossi fedeli a Nicea cominciarono a divenire la maggioranza. Il 28 febbraio del 380 Teodosio I emanò un editto per tutto l'impero che dichiarava la religione cristiana come religione di Stato (cunctos populos). IL CONCILIO DI COSTANTINOPOLI (381) Teodosio I si orienta a convocare un grande concilio dove trattare le questioni dello scisma di Antiochia e la questione pneumatologica a partire dal simbolo di Nicea, questo concilio doveva iniziare nella primavera del 380, ma il concilio di Costantinopoli inizia nel 381. I vescovi al solito vennero agevolati nel viaggio, nel vitto e nell'alloggio. La maggior parte erano vescovi orientali, in questo concilio c'è finalmente piena libertà dei vescovi. I pneumatomachi che erano in minoranza andavano via a priori, per partito preso. Chiarirono la questione sullo scisma di Antiochia e quella sullo Spirito Santo. Viene affrontata la dottrina dei padri neo-niceni: Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo. Viene riconosciuta la divinità dello Spirito Santo. Nel 381 fu approvato un simbolo in parte nuovo, ma che riprende quello di Niceo. "Credo nello Spirito Santo che è Signore e da la vita, che procede dal Padre, che insieme al Padre e al Figlio deve essere adorato e glorificato, e che ha parlato per mezzo dei profeti".19 Col simbolo di Costantinopoli del 381 venne riconosciuta l'omoiusia, e venne accolto lo Spirito Santo come consustanziale, porta a conclusione in maniera efficace la problematica legata alla Trinità, favorendo così la definitiva affermazione della Teologia Nicena. Da quel momento in poi (381), all'interno della Chiesa Imperiale, l'arianesimo non rappresenta più alcun pericolo. Dopo il simbolo, il Concili emanò

19

Simbolo di Fede Costantinopolitano


- 61 una lettera "noi abbiamo sopportato da parte degli eretici prove e persecuzioni, ma coloro che sono rimasti fedeli a Nicea hanno vinto!". Il Concilio di Costantinopoli deliberò anche altri canoni: piena continuità con Nicea (can.1), ordinamento territoriale delle diocesi, molto importante è il canone 3 "il vescovo di Costantinopoli avrà il primato d'onore dopo il vescovo di Roma, perché Costantinopoli è la nuova Roma". Questo anche per l'antagonismo che c'era tra Alessandria e Costantinopoli. Il canone parla però solo di un primato di onore e non giurisdizionale. Con Nicea (325) e Costantinopoli (381), si ha finalmente una visione globale sulla Trinità. I concili successivi tratteranno le questioni Cristologiche. I RAPPORTI TRA CHIESA E STATO NEL IV SECOLO Gli imperatori cercavano di imporre le loro decisioni sulla Chiesa, si era prospettata la "Chiesa Imperiale", cioè l'impero che subordina la Chiesa. Anche l'impulso missionario della Chiesa era pilotato dallo Stato; "fede-organizzazione-missione" i tre punti pilotati dall'impero. COSTANTINO: IL RICONOSCIMENTO DELLA CHIESA Costantino aveva una piena coscienza della "propria missione". Cercò di favorire la pace e l'unità della Chiesa, fu lui stesso per questi motivi a convocare i vescovi a Nicea. Finché visse Costantino il diritto dell'imperatore a convocare sinodi non fu mai messo in dubbio. Eusebio di Cesarea nelle sue opere concepisce idee e dottrine su come deve essere il rapporto tra l'Impero e la Chiesa: "come il potere celeste viene da Dio, così l'Impero deve avere solo un imperatore eletto direttamente da Cristo Logos. L'Imperatore è il rappresentante di Dio sulla terra. È il nuovo Mosè, medico delle anime e padre, è un vescovo dei vescovi, un vescovo dei tutti, universale". " scovo di tutti".

- Ve-


- 62 COSTANZO E VALENTE: UNA CHIESA SUBORDINATA ALLO STATO È una teologia pericolosa, quella di Eusebio di Cesarea, perché successivamente a Costantino la Chiesa viene subordinata allo Stato. I vescovi venivano messi a tacere, scomunicati, allontanati, condannati eretici, ecc… come Atanasio. Si pretendeva la totale sottomissione della Chiesa allo Stato. Nonostante ciò nacquero un gruppo di oppositori che difendevano la libertà della Chiesa dallo Stato. Forze esterne non dovevano intromettersi nell'assegnazione di cattedre vescovili, il pensiero di Atanasio era contrario a quello di Eusebio. Valente proibì le riunioni dei vescovi fedeli a Nicea. Lo scontro più forte si ebbe tra il vescovo Ambrogio di Milano e l'imperatore Teodosio I, e tra Ambrogio e Valentiniano II. In Occidente c'è una Chiesa più "libera", in Oriente la Chiesa è più sottomessa allo Stato: Cesaropapismo.


- 63 SABATO 11 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 LA CONTROVERSIA CRISTOLOGICA FINO AL CONCILIO DI EFESO (431) ALESSANDRIA

ANTIOCHIA

Logos - Sarxs -

Logos - Antropos -

Dio si è fatto carne e non uomo completo UNA NATURA

Dio si è fatto veramente uomo DUE NATURE

Accertazione divinità • • •

Accertazione umanità

Pietro di Alessandria Didimo il Greco Cirillo di Alessandria (successore di Atanasio) Contemporaneamente

al

• • • •

Diadoro di Tarso Giovanni Crisostomo Teodoro di Mopsuestia Nestorio

dibattito

trinitario

di

Nicea-

Costantinopoli incomincia il dibattito Cristologico. Nascono in merito due correnti: Alessandrina e Antiochena. Gli alessandrini erano più vicini al pensiero neo-platonico col razionalismo, gli antiocheni invece erano legati all'aristotelismo. Gli alessandrini sostengono che nell'Incarnazione il Verbo assume solo la carne dell'uomo, ma non un anima umana, perché il Logos la sostituisce. Al posto dell'anima razionale, il Logos ha preso solo un corpo. Dunque sostengono che Cristo ha assunto solo una natura, perché quella umana è stata solo "presa in prestito", Cristo non è un "uomo completo", c'è una esaltazione della divinità. Gli alessandrini sono molto legati all'arinesimo, la dottrina del Logos-Sarxs porterà al monofisismo. In questa corrente c'è Apollinare di Audicea, come Eudossio di Costantinopoli che asserisce: "noi crediamo in un unico signore Gesù visto che si è fatto carne ma non uomo". Gli antiocheni sostengono che il Logos assume una natura umana completa, Dio si è fatto veramente uomo, c'è una natura fisicamente divina e una natura fisicamente umana, due nature riconosciute in Gesù.


- 64 Questa dottrina del Logos-Antropos porterà al bifisismo. A questa corrente aderiscono i padri Cappadoci o neo-niceni, affermano l'esistenza in Cristo di un anima umana integra ma divinizzata, vi è una commistione delle due dottrine. Cirillo di Alessandria della scuola alessandrina e Nestorio della scuola antiochena arrivano ad un conflitto. Dopo la nomina a vescovo di Costantinopoli, nel 328, Nestorio, si accorse di un dibattito che sorse su Maria Santissima. Alcuni la chiamavano "Madre di Dio -

", al-

tri "Madre dell'uomo". Nestorio cominciò a dire che Maria non può essere chiamata Madre di Dio, al massimo "Madre di Cristo". Questo schierarsi di Nestorio genera delle insurrezioni nel popolo e tra i monaci, perché ormai il termine "

" era anche inserito nella liturgia.

Iniziò così la polemica: Cirillo mandò una lettera a Nestorio dicendo di essere di scandalo per il popolo di Dio. Le cose precipitarono, Nestorio cominciò a divulgare le sue idee e informò di questa discussione papa Celestino di Roma, questa disputa arrivò fino in Francia a Marsiglia dove Giovanni Cassiano scrisse il "De incarnatione Domini" approfondendo il tema. Nestorio rifiuta l'appellativo Teotokos di Maria Santissima perché suscita l'idea che la stessa natura divina sia nata con Maria e sia morta. Si additava Nestorio, in contrasto alla tradizione cristiana perché sminuiva Cristo, vedendo in Lui solo la natura umana. Invece il contenuto della lettera di Cirillo fu ritenuta anche dal papa celestino ortodossa. Anzi Cirillo fu investito dal papa di scrivere dodici anatematismi, in contrapposizione alle dottrine di Nestorio. Si arriva al Concilio di Efeso, perché la questione si diffonde a macchia d'olio. È l'imperatore Teodosio II, col consenso dell'altro imperatore Valentiniano, a indirre il Concilio a Efeso, dove c'è una cattedrale dedicata alla "dormizione della Madonna". Il papa delegò Cirillo come suo pieno rappresentante al Concilio, Cirillo godeva dell'appoggio dei padri occidentali e raggiunse la maggio-


- 65 ranza nel Concilio. Ma gli Antiocheni non arrivavano, allora Cirillo iniziò ugualmente il Concilio a giugno, senza l'arrivo dei vescovi antiocheni e della delegazione papale. Nestorio non intervenì al Concilio e disse che avrebbe partecipato solamente quando sarebbero arrivate le delegazioni antiochene. Fu resa nota la seconda lettera di Cirillo a Nestorio, fu approvata dalla maggioranza e fu condannato il pensiero di Nestorio. Nestorio fu privato della dignità di vescovo, fu chiamato il "nuovo Giuda" e nemico della fede. Nestorio si lamentò contro questo modo di procedere, nel frattempo arrivarono gli Antiocheni che indissero un altro Concilio con Nestorio che fece un'altra scomunica a Cirillo. Si scomunicarono a vicenda. L'imperatore mandò una delegazione che annullò tutte queste decisioni. Il Concilio di Efeso pur tra meschine lotte umane porta ad una svolta teologica: Maria Teotokos, Logos con due nature e la "communicatio idiomatum", le due nature sono unite intrinsecamente, i termini venivano ulteriormente chiariti con il Concilio di Calcedonia.


- 66 MARTEDÌ 14 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15 DA EFESO A CALCEDONIA LA RICONCILIAZIONE TRA ANTIOCHENI E ALESSANDRINI (433) Papa Celestino era convinto di aver risolto tutte le questioni, ma invece si erano accentuate le fratture. Gli antiocheni chiedevano al papa che Cirillo doveva ritirare i dodici anatematismi. Cirillo, però pretendeva in cambio dagli alessandrini di firmare la condanna di Nestorio. Tra questi due partiti i mediatori erano: l'imperatore Teodosio II, il vescovo Acacio di Beria e San Simeone lo Stiita. Avvenne che il Vescovo Giovanni di Antiochia inviò a Cirillo e ad altri vescovi alessandrini un documento in cui veniva accettato il simbolo di fede, elaborato ad Efeso nel 431 e veniva accettato il titolo di "Maria Teotokos". Inoltre approvava la deposizione di Nestorio e disapprovava la dottrina di quest'ultimo. Cirillo risponde favorevolmente e rinuncia ai dodici anatematismi. La notizia della raggiunta unione fu comunicata all'imperatore Teodosio e a papa Sisto III. L'unione tra alessandrini e antiocheni fu sancita nel 433. A portare avanti la riflessione teologica fu un teologo antiocheno: Teodoreto di Ciro. Le sue riserve contro Cirillo si basavano sulle esagerazioni dei dodici anatematismi, contestava a Cirillo il discorso delle due nature di Cristo fuse (crasis) tra di loro - mischiate, così si rischia di cadere nel monofisismo (una sola natura -

natura

sostanza o persona). ANTIOCHENI Logos - Antropos -

Dio si è fatto veramente uomo

ALESSANDRINI Logos - Sarxs -

Dio si è fatto carne e non uomo completo

Difisismo Monofisismo Accertazione umanità Accertazione divinità Calcedonia (451) Una ipostasi in due nature distinte


- 67 Per Teodoreto (

! natura e (

) sostanza-persona

non sono sinonimi, ma ci sono in Cristo due nature e una persona. EUTICHE E IL MONOFISISMO Nel 446 riprese di nuovo la discussione sulla cristologia, ma nel frattempo erano cambiate le tre guide delle tre città più importanti dell'impero: Costantinopoli, al vescovo Proco succede Flaviano; Antiochia, a Giovanni d'Antiochia succede Domno; Alessandria, a Cirillo succede Dioscoro. A Costantinopoli in questo periodo si fa avanti una personalità che mette in discussione tutto: il monaco Eutiche, si professava fedele al simbolo di Nicea, accettava Efeso, la formula di unione, ma professava idee sospette, idee di ambito alessandrino, monofisite, sosteneva che c'è una sola natura in Cristo. Così diceva:"io professo che Nostro Signore prima dell'unione consisteva di due nature ma dopo l'unione ipostatica ha assunto una sola natura". Eutiche inoltre aveva un esercito di monaci a suo seguito e riusciva a farsi valere. Eutiche era molto legato a Crisafio, un ministro dell'imperatore. Teodoreto di Ciro reagì al monofisismo di Eutiche e scrisse un opera per confutare le sue tesi: "Eramistes - il mendicante" è un dialogo. IL "LATROCINIO" DI EFESO (449) Dioscoro, vescovo di Alessandria, appoggia Eutiche e si riaccendono i contrasti. La questione fu portata al vescovo di Costantinopoli, Flaviano, che dapprima non prese delle posizioni, poi convocò un sinodo dove Eutiche venne deposto perché dichiarò l'unica natura di Cristo. Eutiche cercò l'appoggio del ministro Crisafio per essere riammesso nella Chiesa. Crisafio pensò di convocare un concilio ad Efeso, per poter riabilitare Eutiche e destituire Flaviano. Crisafio fece pressione all'imperatore Teodosio che l'appoggiò. Papa Leone I, inviò dei delegati


- 68 all'imperatore per cercare di convincerlo di convocare un altro sinodo, mandò una lettera a Flaviano: "Tonus Leonis" o "epistola dogmatica ad Flavianus". L'imperatore affida la presidenza del sinodo al vescovo di Alessandria, Dioscoro, e Eutiche viene riabilitato, il concilio era pilotato. Subito fu affrontata la questione della ortodossia di Eutiche che fu riabilitato e Flaviano e Eusebio furono destituiti. Invano furono sollevate proteste da alcuni vescovi sul modo di procedere, inoltre la moltitudine dei monaci seguaci di Eutiche erano minacciosi contro chi non approvava la riabilitazione di Eutiche; il monofisismo esce vincente nel 449 nel "latrocinio" di Efeso. Il papa Leone Magno non accettò questo imbroglio. Flaviano e papa Leone chiedevano la convocazione di un concilio "sul serio", ma l'imperatore non ne voleva sentire. IL CONCILIO DI CALCEDONIA (451) Pulcheria, la sorella di Teodosio II si sposa con Marciano, che diviene imperatore alla morte di Teodosio II. Con Marciano tutto si rimette in discussione, fa tornare i vescovi che erano stati deposti, Eutiche viene mandato in esilio, l'imperatore Marciano fu favorevole alla convocazione di un nuovo Concilio nel 451 a Nicea, ma fu poi spostato a Calcedonia. Al Concilio di Calcedonia partecipavano 350 vescovi e delegati. Papa Leone I mandò una delegazione altamente qualificata. Nella prima seduta prese la parola il vescovo Pascasino di Libeo (vescovo siciliano di Marsala). Pascasino disse che per ordine del papa si vietava il diritto di parola e di voto a Dioscoro. Flaviano e teodoreto di Ciro furono riabilitati e Dioscoro fu deposto con l'unanimità dell'assemblea. Ci fu una sommossa dei monaci che si calmarono dopo una minaccia di deposizione. Marciano voleva elaborare un nuovo simbolo di fede, ma i vescovi dissero che già il concilio di Nicea era stato sufficiente. Alla fine, però, si optò di integrare alcuni pezzi della "Tonus Leonis" al simbolo di fede già esisten-


- 69 te. I vescovi orientali approfittarono dell'assenza del papa per approvare il canone 28 che rendeva Costantinopoli sede metropolita di tutto l'oriente, si ribadisce il potere di Costantinopoli su tutto l'oriente, questo fu l'inizio dei dissapori per lo scisma d'Oriente. Finalmente con Calcedonia si arriva all'equilibrio tra monofisismo e bifisismo.


- 70 SABATO 18 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 IL IV SECOLO: ETÀ D'ORO DEI PADRI DELLA CHIESA I PADRI CAPPADOCI


- 71 -

Quali sono le caratteristiche che accomunano questi padri dell'età aurea? Intanto tutti erano di origine borghese, tranne qualcuno, come sant'Agostino. Avevano una elevata formazione culturale, non importava se erano cristiani o pagani. Erano colti, studiavano retorica e filosofia, coltivavano l'arte oratoria. Avevano un ambiente familiare favorevole, le loro famiglie educavano cristianamente. Molti di essi intrapresero anche l'insegnamento, alcuni furono anche vescovi, ciò vuol dire che sceglieva per l'episcopato persone ben preparate e colte. Veniva riconosciuta in loro non solo la cultura, ma anche le caratteristiche ad essere pastori. Tutto cìò accomunava i padri della Chiesa dell'età aurea. In questo grande periodo di fermento e di progresso teologico, si insinuano anche nuove eresie, perché spesso si volevano chiarire delle questioni dottrinali esagerando. SCISMI E CONTROVERSIE TEOLOGICHE DONATISMO I donatisti osservavano che qualora un vescovo "indegno" avesse ordinato un altro vescovo, quella ordinazione non era valida. La vera chiesa, allora, per i donatisti, era quella che non si contaminava con i lapsi, la vera chiesa erano loro. C'era anche una frangia estremista dei donatisti "circumceliones" che propagandavano un certo estremismo religioso, erano in un certo senso sia dei martiri che dei terroristi. Questa corrente si espandeva soprattutto nell'Africa settentrionale. Nel 347 Costante promulga un editto che obbliga l'unione delle due chiese, cattolica e donatista, sotto un vescovo cattolico, intanto veniva scomunicato Donato. Con l'imperatore Giuliano l'apostata, la situazione peggiorò, perché rimuoveva l'obbligo istituito da Costante. I donatisti credono allora di essere la vera Chiesa, nel nord-Africa ci fu questa divisione della Chiesa con Parmeniano Vescovo. A Parmeniano succede


- 72 Primiano, pian piano il donatismo si intrecciò a dei movimenti di sommossa contro lo Stato, e lo Stato dovette agire contro i donatisti, anche perché in Africa il cattolicesimo si era fortemente indebolito. Nel 403 vi fu un dialogo pubblico per chiarire le questioni, soprattutto quella del'efficacia del battesimo. Inoltre, ci si chiedeva quale rapporto ci fosse tra ministro e Sacramento. I donatisti sostenevano che un sacramento impartito da un ministro indegno non era valido, mentre i cattolici sostenevano che il Sacramento non dipendeva dal ministro, e che aveva una efficacia in sé stessa. S. Agostino distingue tra "l'atto sacramentale del ministro" e la "Grazia santificante", che agisce comunque indipendentemente dalla santità del ministro. Agostino riconosceva la Chiesa così com'era: i buoni e cattivi vivevano insieme fino alla fine dei tempi, dopo ci sarebbe stata la separazione. PRISCILLANISMO Era una eresia che si insinuò in Spagna, simile al donatismo, l'ispiratore di questo movimento fu Priscilliano. I vescovi spagnoli si insospettirono di questo movimento perché erano eccentrici e fanatici. Si staccavano dalla comunità per condurre una vita ascetica, perché si ritenevano superiori agli altri, erano gli eletti di Dio. C'erano anche dei vescovi spagnoli che appoggiavano il presbitero Priscilliano, che addirittura lo consacrarono vescovo. C'erano però anche altri vescovi che non approvavano questo movimento come Idacio di Merida. I vescovi si schierarono da una parte e dall'altra, la questione arrivò anche a Roma e anche lo Stato intervenne. Priscilliano fu condannato a morte perché accusato di riti magici, la questione causò scandalo a tutte e due le fazioni per la pena inflitta. Quindi anche in Spagna ci fu un atteggiamento di un rigorismo esagerato.


- 73 PELAGIANESIMO Il Pelagianesimo si diffuse a Roma, in Sicilia, e in Oriente. A Roma giunse il monaco asceta Pelagio, che propagandò alcune idee per una vita pura ed integra in contrapposizione al cristianesimo mediocre. Credeva che con la sola volontà è possibile raggiungere la salvezza. Agostino li combatté proprio perché avevano escluso il ruolo fondamentale che ricopriva la "Grazia di Dio".


- 74 MARTEDÌ 21 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15 IL MONACHESIMO ORIENTALE ELEMENTI

ESSENZIALI

Il IV e V secolo possono essere considerati l'epoca d'oro dei padri della chiesa. Nascono anche dei movimenti eretici, causati dal voler mettere in pratica il cristianesimo in modo sempre più autentico, prendono alla lettera il Vangelo, divenendo estremisti; questi gruppi sono il Donatismo, Priscillanismo e Pelagianesimo. Nello stesso periodo nasce anche il monachesimo: è vero che non è una novità, perché esisteva già nelle altre religioni, ma quello cristiano ha delle caratteristiche proprie, c'era una tendenza a ritirarsi. Il Monachesimo è una creazione genuinamente cristiana e non ha senso cercare origini anteriori nelle altre religioni. In Egitto nascono i primi anacoreti, cioè coloro che si ritirano nel mondo per fuggire le tentazioni. Il termine anacoreto in questo periodo, indicava coloro che fuggivano per non pagare le tasse, il termine adesso acquista un nuovo significato, colui che si ritira per vivere nell'ascetismo. * Imitazione di Cristo e distacco dal mondo Il monaco vuole percorrere la via stretta, l'imitazione del Signore colloca il monaco sotto la Croce * Ritorno all'ideale primitivo cristiano * Martirio incruento: la via della Croce I martiri hanno lasciato una identità profonda nella vita dei cristiani, il martire è il modello da seguire. Però visto che il martirio non era più possibile, si scelse il martirio bianco o incruento, è una lotta alle passioni, al mondo, all'egoismo, ecc…, che merita comunque la corona di gloria del martirio. È il martirio della testimonianza, dell'ascesi (che vuol dire lotta)


- 75 * Vita angelica - anticipo del paradiso è il raggiungimento della vita interiore, attraverso le mortificazioni e la penitenza, con l'esercizio della carità si arriva ad una apertura a Dio, ad una vita di comunione con gli angeli, non è altro che un anticipo delle realtà ultime. * Atteggiamento escatologico: spiritualità dell'attesa Tra i monaci, infatti, vi è una forte realtà escatologica, una forte attesa del ritorno del Signore * Vivere nell'Amore di Dio è l'Amore di Dio il nutrimento per poter vivere l'ascesi. Monachesimo Orientale Abbiamo diverse categorie di Anacoreti • della seconda metà del III secolo, si ritirano in solitudine temporanea per fare vita ascetica; • che dimorano nei dintorni dei paesi di origiAnacoreti ne; • che vanno nel deserto (nel periodo della persecuzione di Diocleziano) soprattutto in Egitto. Semi-Anacoreti • comunità di anacoreti attorno ad un Abate Monachesimo in Egitto • Anacoreti / semi-anacoreti • Antonio • Cenobiti : Pacomio e Scenute • Macario DESERTO: Nitria Schetis

Tebaide

IL MONACHESIMO IN EGITTO ANACORETISMO Il monachesimo si è sviluppato soprattutto in Egitto. Aumentando gli anacoreti si crea sempre più l'esigenza di stare assieme. Attorno ad un anacoreta si aggiungono dei seguaci con i quali mantiene dei rapporti


- 76 sporadici; l'anacoreta è come un padre spirituale. S'incrementa così l'anacoretismo

e

nasce

il

semi-

anacoretismo in forme varie. In questo periodo nasce

L'alto Egitto è diviso dal basso Egitto dal Fiume Nilo. Nell'alto Egitto c'è la zona di Tebe detta "Tebaide". Nel basso Egitto c'è il deserto di "Nitria" e di "Schetis"; in questa zona è anche collocata Alessandria d'Egitto.

l'esperienza di Sant'Antonio Abate, che sarebbe rimasto uno sconosciuto se Atanasio non avrebbe parlato di lui nei suoi scritti. Atanasio con le sue continue peregrinazioni ha esportato il monachesimo d'Egitto in Occidente. Sant'Antonio nasce intorno al 251 e muore intorno al 356, fu presentato come modello di vita monastica. Si dedicò al lavoro manuale, preghiera e lettura della Sacra Scrittura, ma soprattutto l'elemento che contraddistingue la sua vita è la lotta con il demonio, cioè la lotta interna contro le passioni. Antonio dopo aver vissuto nei sepolcri, si ritirò per venti anni nel deserto in un castello abbandonato, ma siccome spesso lo andavano a trovare si ritirò nel deserto successivamente a quel periodo ci fu la persecuzione di Diocleziano, Antonio tornò per un periodo ad Alessandria, per confortare coloro che sono nella sofferenza, e perché anche lui ambiva al martirio. In seguito tornò nel deserto dove divenne un grande padre che istruì i discepoli a vivere il semi-anacoretismo. Infine nell'ultima fase della sua vita si inoltrò nel deserto per poter vivere solo. CENOBITISMO Un'altra forma di vita monastica è il cenobitismo. Il padre di questa forma può essere considerato Pacomio (287), siamo nella Tebaide, nell'alto Egitto. Pacomio, intanto, nel 320-325 forma la prima comunità monastica cenobitica, (nello stesso periodo cronologico delle persecuzioni di Diocleziano) ed elabora una regola monastica per vivere la vita ascetica in comune, sotto la guida di un superiore. Nella Regola, Pacomio, concepiva anche la struttura del monastero (cittadella): alte mura e un'u-


- 77 nica porta che sottolineavano il distacco dal mondo. La sala centrale era la "Sunaxis", attorno alla quale c'erano le stanze dei monaci. Ognuno di loro aveva un incarico, e all'interno della loro cittadella si gestivano da sé, il numero dei monaci aumentava sempre più e nascevano anche nuove cittadelle monastiche. Pacomio nella sua regola insisteva sulla Sacra Scrittura, gli orientamenti per dirigere i monaci li attingeva da essa, voleva che tutti i monaci fossero educati alla familiarità con la Bibbia. Lo stile di vita è quello dell'uguaglianza per tutti i monaci. Con la morte di Pacomio si assiste ad un certo affievolimento di questo stile di vita, perché ci sono troppe ricchezze e perché aumentando il numero dei monaci si abbassa la qualità. Nella Nitria c'è la zona delle "celle", così come anche nel deserto di "Schetis" dove operava il monaco Macario.


- 78 SABATO 25 MAGGIO 2002 - ORE 08,30 / 09,15 IL MONACHESIMO ORIENTALE Come abbiamo visto il monachesimo parte dall'Egitto e si propaga in tutto l'oriente. IN PALESTINA In Palestina un insediamento monastico importante è quello del "Monte Sinai". Abbiamo anche delle fonti "l'itinerario di Egeria" di una nobildonna, Egeria, in viaggio per la Palestina. Ci sono degli insediamenti monastici, chiamati anche "laura", costituite da tante piccole casette abitate dai monaci. In Terra Santa, in Palestina, c'erano anche dei monasteri latini, fondati da Occidentali trasferiti in Palestina. Molti occidentali di circoli ascetici erano spinti ad andare in Terra Santa. San Girolamo, istituì a Roma un circolo di nobildonne romane, dedite alla vita ascetica. San Girolamo, che aveva visitato la Terra Santa incoraggiava queste donne alla vita monastica. Una di queste è Melania Maggiore, che nel 372 intraprese il viaggio verso l'Egitto. Conobbe lungo il pellegrinaggio, ad Alessandria, Rufino di Aquileia che condivideva l'ideale monastico. I due fondarono "all'orto degli ulivi", un doppio monastero (per doppio monastero si intende sia l'ordine maschile che quello femminile). In un viaggio in Terra Santa San Girolamo partì con Paola Maggiore, e nel 376 fondarono un doppio monastero a Bethlemme e un ospizio per pellegrini (questo ospizio è chiamato: "# $

).

Pian piano questi monasteri latini divengono un punto di riferimento per tutti gli occidentali, con i quali avevano uno scambio culturale. Anche Piniano e Melania Minore, dopo la morte dei loro figli, si dedicarono alla vita ascetica e fondarono un monastero a Gerusalemme.


- 79 IN SIRIA La popolazione si mostrò molto favorevole all'ideale ascetico e la gente accoglieva coloro che si insediavano per fondare dei monasteri. Una particolare forma di vita monastica è lo "Stilitismo", fondato da "Simeone lo Stilita". Viveva su una capanna edificata sopra una colonna per non essere disturbato, spesso si affacciava solo per illustrare le omelie al popolo. Allora, i monaci godevano di un alta stima presso il popolo più dei vescovi e dei presbiteri. Molti monaci spesso venivano prescelti come vescovi, proprio per l'autorevolezza che ricoprivano. IN ASIA MINORE Uno dei primi esponenti fu "Eustazio di Sebaste", che con i suoi discepoli gli "eustasiani", andavano oltre l'ortodossia perché praticavano "l'Encratismo", una corrente che disprezzava il matrimonio e vivevano nella miseria. Un altro esponente del monachesimo in Asia Minore è Basilio di Cesarea di Cappadocia, che subito dopo essere stato battezzato, decise di intraprendere la vita ascetica. Fonda anche una "regola" dove parla di una rinuncia al mondo, ma non esasperata come quella encratista, scrive del lavoro manuale e dell'esercizio della carità in cittadelle monastiche. Questa regola ha influenzato in modo preponderante tutto il monachesimo orientale, tant'è vero che viene anche chiamato impropriamente "monachesimo basiliano". Anche a Costantinopoli, sorsero dei monasteri tra il IV e il V secolo. Il più importante è quello degli "Aceneti" fondato da Alessandro.


- 80 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE In Occidente molti si esaltano di fronte a questo ideale di vita monastica. Pian piano anche in occidente si diffondono i monaci itineranti. IN ITALIA San Girolamo divenne il propagatore ufficiale della vita monastica, tra il 381 e il 384, specialmente alle nobildonne vedove. Alcune di queste nobildonne si ritirano nella vita monastica, altre vanno in Palestina iniziando uno stile itinerante. San Martino da Tour, ad esempio, si ritirò in Italia prima di andare in Gallia. Molti andavano nelle isole come Sant'Agostino che si ritirò per un periodo in Sardegna. Eusebio di Vercelli, vescovo, riunisce il suo clero per fare vita monastica, così nasce il primo "monastero clericorum"; la stessa cosa fa Agostino a Ippona e a Tagaste, è una vita comunitaria del clero, ma con caratteristiche monastiche. IN GALLIA A Martino di Tour si imputa il monachesimo martiniano che ha caratteristiche missionarie e pastorali. Vincenzo di Lerino, giovane aristocratico, va a Lerino che è una isoletta dove si stabilisce. Questo stile monastico di Vincenzo è di stampo egiziano. Giovanni Cassiano fondò a San Vittore in Marsiglia un doppio monastero, dove si dedicò allo studio. IN NORD-AFRICA C'era uno studio approfondito della Sacra Scrittura.


- 81 IN SICILIA Alcune nobildonne romane, discepole di San Girolamo, che erano dirette in Palestina, si fermarono, lungo il viaggio, per un periodo, in Sicilia, nei loro possedimenti fondando dei monasteri. Pliniano e Melania Minore fondarono un monastero a Messina. Ilarione sbarcò a Pachino e si addentrò nell'entroterra. Verso il VI secolo gli insediamenti monastici aumentarono vertiginosamente.


- 82 SABATO 01 GIUGNO 2002 - ORE 10,30 / 11,15 V & VI SECOLO D.C. I "NUOVI POPOLI" INVADONO L'IMPERO In questo periodo storico nuove popolazioni invadono l'Occidente romano, questi popoli vengono denominati impropriamente "Barbari", perché di cultura differente. Questa invasione non è una grande novità perché già in passato delle piccole comunità sono immigrate nell'impero Romano, ma adesso l'invasione è più massiccia. Questi popoli provengono da tutte le parti: dai Balcani, gli Unni, i Persiani, i Longobardi, ecc… Questi popoli premono dai confini non solo perché vogliono espandersi e conquistare nuove terre, ma soprattutto per ragioni migratorie e climatiche, tutti preferivano l'Europa. Questa migrazione influisce a livello culturale ed economico… alla fine questi popoli riescono ad entrare e sconvolgono tutti gli equilibri culturali-politici-religiosi. L'impero romano fa un patto con queste popolazioni: da loro accoglienza purché questi ultimi si organizzino come "popolo federato" in zone geografiche prestabilite nei confini per difendere i confini da ulteriori invasioni. Ciò causò il progressivo indebolimento delle milizie romane e la fortificazione delle milizie dei popoli "barbari". Nel 302 c'è l'invasione dei "Goti" di Alarico, nel 306 quella degli Ostrogoti. Contro di loro lotta il comandante federato Stiligone che alla fine stipula un contratto con Alarico senza il permesso delle autorità dell'impero romano e viene bandito da quest'ultimo come traditore. Nella parte alta dell'impero entrano i Germanici. Nel 410 avviene in saccheggio di Roma, "il sacco di Roma", di Alarico, un fatto grave perché si credeva che Roma fosse inespugnabile, una istituzione eterna. Molti aristocratici lasciarono Roma per andare a Costantinopoli (la nuova capitale dell'Impero) o nell'Africa romana, o in Sicilia dove avevano i loro possedimenti e dove ancora non si subiva l'in-


- 83 flusso dell'invasione. Nel 411 entrarono i "Burgundi" in Gallia, e i "Vandali" e gli "Svevi" in Spagna; di fronte a tutte queste popolazioni alcune sono federate, altre no, si sperimenta la fragilità dell'Impero di Occidente, soprattutto perché la capitale è in Oriente, a Costantinopoli, lontana dall'Occidente. I Vandali nel 429/430 vanno anche in Africa Settentrionale e in Sicilia (nel periodo in cui muore S. Agostino). Si sgretolava così la cultura e la civiltà romana; anche il cristianesimo corre il rischio di sgretolarsi. Spesso sono anche i popoli locali ad acclamare questi popoli "esterni" perché l'impero romano era divenuto insopportabile per le troppe tasse. Queste popolazioni arrivavano in un periodo di forte decadenza dell'Impero romano. Salviano si scaglia contro l'aristocrazia e contro lo sfruttamento dei poveri e dà maggiore credibilità ai popoli "barbari". L'impero romano va verso il tramonto tra il 395 e il 430, ma l'anno convenzionale della fine dell'impero romano è il 476 con la deposizione di Romolo Augusto. GIUSTINIANO I: IL GRANDE IMPERO Con Giustiniano I vi è un desiderio di una restaurazione dell'antico impero che apre le porte anche ai monofisiti dell'Egitto e della Siria e vuole riconquistare l'Italia che ormai era suddivisa in tante regioni autonome federali. Il papa ormai era rimasto da solo ed era il rappresentante dell'imperatore in Occidente, e anche se a Ravenna c'era l'esarca il papa era il rappresentante più autorevole. Ecco come nasce lo Stato del Vaticano, il papa si trova a gestire dei territori (Patrimonio Sancti Petri) perché il popolo bizantino è assente. Giustiniano fu imperatore dell'impero d'Oriente dal 527 al 565 nella prima metà del VI secolo. Nel 535 il generale Belisario sbarca a Catania e conquista la Sicilia; per Giustiniano questo fu un trionfo perché credeva che adesso era possibile ricostruire l'Impero. Giustiniano faceva


- 84 il doppio gioco sia con i cristiani ortodossi e quindi col papa di Roma e sia con i monofisiti. Fa elaborare il "codice Justinianum" e organizza tutta una legislazione perfetta per quanto riguarda l'amministrazione ecclesiastica, perché vuole essere in perfetta continuità con la chiesa costantiniana, divenne intollerante verso i pagani. Diverse di queste popolazioni "barbare" erano cristiane, ma di stampo ariano, come i Longobardi e i Goti, diedero quindi per un verso, nuovo vigore alla cultura romana che stava decadendo. GREGORIO MAGNO: PAPA IN UN EPOCA TRAVAGLIATA E DI TRANSIZIONE Papa Gregorio venne chiamato "Magno" proprio perché fu un grande papa in un epoca travagliata e di transizione. Appartiene ad una ricca famiglia senatoriale romana, avanzò sempre più nella carriera politica fino a divenire prefetto della città, poi si ritirò a vita privata ascetica. Nei suoi appartamenti della sua stessa casa fondò un monastero vicino alla Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Papa Pelagio II lo chiamò per svolgere mansioni delicate, conoscendo le sue doti a livello politico, lo mandò a Costantinopoli come "apocrisario" (che corrisponde all'attuale Nunzio Apostolico, cioè rappresentante delegato dal papa). Alla morte di papa Pelagio II fu prescelto Gregorio a succedergli. Fronteggiò il rapporto con gli ariani longobardi. Il re Autari, longobardo, vietava ai suoi sudditi di farsi battezzare dalla Chiesa Cattolica. I longobardi temevano l'impero e il papa a Roma, i longobardi facevano scorrerie in Italia e devastavano le città. Gregorio dovette far fronte a tutte queste situazioni, ebbe un opera missionaria in Britannia, ecc…


- 85 I PRIMI QUATTRO CONCILI ECUMENICI20 Nel trattare la problematica delle eresie trinitarie e cristologiche si è più volte accennato ai Concili ecumenici che, di volta in volta, hanno precisato la dottrina cattolica sui misteri principali della fede. Vogliamo qui riprendere in forma sistematica, e secondo l'ordine cronologico, la tematica dibattuta nei primi quattro Concili, considerati specialmente dal punto di vista storico-religioso. Gli orientali separati da Roma riconoscono come «ecumenici» soltanto i primi sette concili, mentre gli anglicani solo i primi quattro. Nella Chiesa cattolica i primi quattro Concili godono di una particolare venerazione: san Gregorio Magno li paragona ai quattro Vangeli, sant'Isidoro di Siviglia ai quattro fiumi del Paradiso terrestre. La loro importanza sta nell'aver definito la fede nei suoi dogmi fondamentali la Trinità e la Cristologia, e nell'aver dato una coscienza ecclesiale al Cristianesimo delle origini. I Concili sono perciò storicamente sentiti come manifestazione solenne e visibile dell'unità e della vitalità della Chiesa, la quale con l'assistenza dello Spirito Santo e attraverso il libero confronto delle umane passioni, propone ai fedeli l'insegnamento di Cristo e ne esercita il supremo potere pastorale. Per brevità tratteggiamo solo le vicende dei primi quattro Concili ecumenici, celebrati a Nicea nel 325, a Costantinopoli nel 381, a Efeso nel 431 e a Calcedonia nel 451. IL CONCILIO DI NICEA (325) Il primo dei Concili ecumenici dell'antichità cristiana fu convocato dall'imperatore Costantino nel 325 allo scopo di condannare l'eresia di Ario, il prete alessandrino che negava la divinità della seconda persona della SS.ma Trinità, il «Logos», come veniva detto nell'ambiente teologico di lingua e cultura greca. Scomunicato dal suo vescovo Alessandro, Ario trovò rifugio, appoggi e sostenitori nei meleziani e nei seguaci della dottrina subordinazionista di Luciano di Antiochia, fra cui gli influenti vescovi Eusebio di Nicomedia ed Eusebio di Cesarea (lo storico ecclesiastico). In tutto l'Oriente suscitò vasti consensi, ma anche accese opposizioni, rivelando un appassionato interesse all'interno della Chiesa per le «cose di Dio». Fallito un tentativo di pacificazione da parte di Osio, vescovo di Cordoba e consigliere spirituale di Costantino, poiché altre questioni turbavano la pace (per es. lo scisma di Melezio in Egitto e la controversia sulla data della Pasqua), l'imperatore, con il consenso di papa Silvestro I, convocò tutti i vescovi dispersi nelle regioni dell'impero. Le condizioni poli20

Storia della Chiesa, Elledici


- 86 tiche erano mutate grazie alla vittoria su Licinio e alla riunificazione dell'Oriente con l'Occidente nel 324, sicché Costantino poté mettere a disposizione dei «Padri» i mezzi di trasporto riservati agli alti funzionari dello Stato. Dapprima fu scelta come sede la città di Ancira (Ankara), successivamente si trasferirono a Nicea, città più vicina a Nicomedia, sede della corte imperiale. Vi parteciparono circa trecento vescovi, nella stragrande maggioranza orientali. Dall'Occidente arrivarono sette persone solamente: dall'Italia, i due presbiteri romani Vittorio e Vincenzo, in qualità di Legati di papa Silvestro I, di età avanzata, e un vescovo calabrese; dalla Spagna, il vescovo Osio di Cordoba; dall'Africa, Ceciliano di Cartagine; un vescovo dalla Gallia e uno dalla Pannonia. Dall'Oriente, invece, ne giunsero moltissimi dall'Egitto e dalle province ecclesiastiche suffraganee (lì era nata l'eresia); molti dalla Siria, Palestina e Bitinia (dove si teneva il Concilio); in numero discreto dalla Grecia; non mancarono rappresentanti delle regioni più lontane e oltre i confini dell'impero (Armenia e Persia) e perfino il vescovo Teofilo, missionario tra i Goti. Geograficamente era presente l'intera cristianità nei suoi più qualificati pastori: era anche un successo politico di Costantino. Alcuni di questi vescovi erano anziani e venerandi, altri giovani e da poco saliti alla cattedra; alcuni erano celebri per la loro dottrina, altri modesti d'ingegno; alcuni ieratici e fastosi, altri umili e modesti nel portamento e nell'abito; parecchi portavano nelle loro membra i segni delle torture e delle mutilazioni subite durante le recenti persecuzioni... Non si conosce con certezza chi abbia presieduto il concilio: forse il vescovo Osio, il primo a sottoscrivere il simbolo niceno, seguito dai Legati papali, e uomo di fiducia di Costantino. Ma fu l'imperatore a volere l'assise ecumenica, a organizzarla, a dare forza di legge ai suoi decreti. Egli fu anche personalmente presente, circondato dai suoi dignitari e funzionari, impegnati a mantenere l'ordine, a facilitare le discussioni e ad arrivare a una conclusione senza eccessivi indugi. Non è certa la partecipazione di Ario: se vi presenziò, lo fece in veste di imputato. Presente invece fu sant'Atanasio, come consigliere del suo vescovo Alessandro: benché semplice diacono, esercitò un influsso notevole sui lavori dell'assemblea. Del concilio non ci sono rimasti gli atti ufficiali, ma soltanto la professione di fede, venti canoni e una lettera dei Padri al clero egiziano sugli argomenti e le deliberazioni prese. I lavori ebbero inizio il 20 maggio 325, in una sala del palazzo imperiale di Nicea, con un discorso ufficiale di Costantino. Le discussioni sinodali furono spesso lunghe e agitate, tanto che l'imperatore dovette intervenire per raccomandare moderazione e concordia ai Padri. L'assemblea si divise in due partiti: quello ortodosso e quello ariano. Il partito ortodosso era guidato da Alessandro di Alessandria (con Atanasio), Eustazio di Antiochia e Marcello di Ancira, con l'appoggio di Osio e


- 87 dei Legati pontifici; il partito ariano era capeggiato dall'abilissimo vescovo di corte Eusebio di Nicomedia. Prendendo come base il simbolo battesimale della Chiesa di Palestina, si arrivò alla formulazione del simbolo di fede nicena che condannava in modo inequivocabile sia la dottrina di Ario, sia qualunque subordinazione del Logos al Padre. La redazione finale del «Simbolo niceno» avvenne il 19 giugno 325. con queste parole: il Figlio di Dio è della «natura del Padre», «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della identica sostanza del Padre (consostanziale, homousios)...». In seguito vennero espressamente condannate le tesi di Ario, secondo cui «ci fu un tempo in cui il Figlio di Dio non era»; «egli proviene dal nulla»; «è di una sostanza o essenza diversa da quella del Padre»; «egli è creatura mutabile». L'inserimento del termine homousios rappresenta una vittoria della teologia occidentale, soprattutto romana, perché in Oriente non si era ancora raggiunta la chiarezza del suo significato. Questa incertezza terminologica e il trionfo della teologia occidentale spiegano come mai, dopo la definizione di Nicea, anche vescovi ortodossi nella fede non volessero accettare l'homousios: in questo fatto c'è già, in germe, una tensione fra Oriente e Occidente. La confessione di fede fu dunque sottoscritta da 220 vescovi presenti e promulgata da Costantino come legge imperiale; due soli vescovi rifiutarono di firmarla; essi, come Ario, furono esiliati. Il Concilio niceno deliberò su due altre questioni: la data della Pasqua e lo scisma di Melezio in Egitto. Per la prima si adottò l'uso alessandrino e romano della domenica successiva al plenilunio di primavera (14° giorno del mese di Nisan); per la seconda, si intimò al clero meleziano di riconoscere l'autorità del patriarca di Alessandria. IL CONCILIO DI COSTANTINOPOLI I (381) Come la dottrina del «Logos» non era ancora ben chiarita in tutti i suoi aspetti, così la dottrina dello Spirito Santo era esposta a deviazioni. L'esistenza di tre Persone nella SS.ma Trinità era stata riconosciuta ufficialmente nelle ripetute condanne contro i modalisti e i sabellianisti, ma sussistevano tendenze subordinazioniste, per esempio in Origene (il Figlio è inferiore al Padre e lo Spirito Santo è inferiore al Figlio). Per gli ariani, che consideravano il Figlio come creatura del Padre, era logico dichiarare lo Spirito Santo creatura del Figlio. Questo problema non fu oggetto di studio fino alla metà del IV secolo, perché la riflessione teologica si era concentrata quasi completamente sul Logos. Quando anche gli ariani (omeusiani) sostennero che lo Spirito Santo era uno degli spiriti servienti «incaricati di un ministero» (Eb 1,14), di-


- 88 verso dagli angeli solo per grado, sant'Atanasio scrisse quattro lettere a un vescovo in difesa della divinità della Terza Persona della Trinità. Nel 362, poi, presiedette un sinodo ad Alessandria che proclamò lo Spirito Santo «della stessa sostanza e divinità del Padre e del Figlio». Successivamente, altri sinodi ad Alessandria e a Roma si pronunciarono contro questo errore, e soprattutto i tre grandi «Padri cappadoci» (san Basilio di Cesarea, san Gregorio di Nazianzo e san Gregorio di Nissa) lo confutarono acutamente con i loro scritti. La condanna ufficiale venne nel 381 dal Concilio Costantinopolitano I (secondo Concilio ecumenico) composto da 150 vescovi, dopo che 36 «Padri», seguaci di Macedonio, vescovo di Costantinopoli, si erano allontanati. Nel primo e nel secondo articolo (sul Padre e sul Figlio) venne riconfermato quasi alla lettera il Simbolo di Nicea, mentre l'art. terzo (sullo Spirito Santo) fu precisato con l'aggiunta antipneumatomaca «...Signore e Vivificatore, che procede dal Padre e che, insieme col Padre e il Figlio, è adorato e glorificato». Quando il concilio venne riconosciuto «ecumenico» in Oriente e in Occidente, questa formula dommatica entrò a formare il «Simbolo niceno-costantinopolitano». Più tardi, nella Chiesa greca divenne l'unica professione di fede ammessa nel battesimo e nella celebrazione della Eucaristia. Dal punto di vista politico, questo concilio era stato convocato dall'imperatore Teodosio, il quale sostenne sempre l'ortodossia cattolica e l'unità religiosa dell'impero. Rimaneva un'ultima questione e cioè la relazione tra lo Spirito Santo e il Figlio: essa fu risolta diversamente in Oriente e in Occidente quanto alla terminologia, ma ugualmente quanto alla sostanza. Nella Chiesa greca si insegnò che lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio per Filium); in quella latina si disse: «Dal Padre e dal Figlio» (Filioque). Nella storia dello scisma fra le due Chiese, la questione del «Filioque» assumerà un'importanza decisiva. IL CONCILIO DI EFESO (431) Il terzo dei Concili ecumenici venne convocato dall'imperatore Teodosio II per due motivi: condannare gli errori attribuiti a Nestorio e comporre il dissidio fra i due patriarchi di Alessandria e di Costantinopoli. Nestorio era un monaco antiocheno, famoso per la sua eloquenza e austerità di vita, chiamato da Teodosio II alla sede patriarcale di Costantinopoli. Si segnalò subito nel combattere gli ebrei e gli eretici, ma anche nel proteggere i pelagiani; polemizzò quindi nelle sue prediche con i vescovi che chiamavano Maria «Theotokos», cioè madre di Dio, sostenendo che il vero titolo spettante alla Madonna era «Christotokos», cioè ma-


- 89 dre di Cristo, in quanto ella aveva generato l'uomo-Gesù, nel quale la seconda persona della SS. Trinità abitava «come in un tempio». Tale predicazione suscitò in mezzo al clero e al popolo una viva agitazione e una fiera opposizione, perché il titolo mariano di Theotòkos era molto antico e caro ai fedeli. Nella lotta intervenne il patriarca Cirillo di Alessandria, uomo pieno di energia e di zelo per la ortodossia. Il dissidio era di natura teologica, politico-ecclesiastica e personale: Teologica: Nestorio apparteneva alla scuola antiochena, preoccupata soprattutto di affermare che Cristo era vero uomo; mentre Cirillo apparteneva alla scuola alessandrina, preoccupata di sottolineare in Cristo l'unità della persona divina. Politico-ecclesiastica: la rivalità fra i patriarchi di Alessandria e di Costantinopoli aveva portato quest'ultime, dal 381, a conquistare la supremazia in Oriente, mentre il vescovo di Alessandria, Teofilo (412), zio di Cirillo, ambizioso e astuto, aveva umiliato e fatto esiliare il patriarca di Costantinopoli, Giovanni Crisostomo (407). Personale: sia Nestorio che Cirillo erano estremisti e le loro tendenze portavano a errori opposti: verso la negazione della divinità di Cristo, l'uno; verso la negazione dell'umanità di Cristo, l'altro. Ambedue decisero di ricorrere al papa Celestino I, il quale nel sinodo romano del 430 condannò le idee di Nestorio, incaricando Cirillo di intimargli la ritrattazione, pena l'esilio. La scelta non fu psicologicamente felice, tanto più che Cirillo inviò all'avversario anche dodici «anatematismi». Nestorio si rifiutò e ricorse all'imperatore per la convocazione di un Concilio ecumenico. Il concilio doveva aprirsi a Efeso, sulle coste dell'Egeo, il giorno di Pentecoste del 431: il papa inviò i suoi Legati e nominò presidente Cirillo. Ma prima della inaugurazione si verificò una situazione singolare: Nestorio si presentò con sedici vescovi e Cirillo con 50 suffraganei; il terzo patriarca, Giovanni di Antiochia, ritardò il suo arrivo, mentre i Legati pontifici erano trattenuti da una traversata burrascosa. Al concilio non poterono partecipare i vescovi dell'Africa del Nord, prigionieri dei Vandali dal 429; particolarmente dolorosa l'assenza di sant'Agostino, morto il 28 agosto del 430. Nonostante la proposta del Commissario imperiale Candidiano e di oltre 60 vescovi di aspettare l'arrivo imminente di Giovanni con i suoi vescovi filo-nestoriani e dei Legati papali, Cirillo d'Alessandria, nella sua qualità di rappresentante pontificio, aprì il concilio il 22 giugno nella grande chiesa di S. Maria, presenti 198 vescovi (un centinaio dell'Asia Minore, sotto la guida di Mennone di Efeso; una cinquantina dell'Egitto con a capo Cirillo; una quindicina della Siria e Palestina con Giovenale di Gerusalemme; altri gruppi dall'Oriente). Lo stesso giorno, nella sessione inaugurale, il concilio dimostrò la verità del titolo mariano di «Theotòkos» e della reale unione delle due nature in Cristo; condannò Nestorio, il quale, benché citato, non si era presen-


- 90 tato, e fu deposto come «novello Giuda»; i dodici anatematismi furono letti e allegati agli atti; non si definì un nuovo simbolo di fede, ritenendo sufficiente il Credo di Nicea. Al termine della giornata, la popolazione efesina organizzò una gioiosa fiaccolata, accompagnando i Padri conciliari alle loro residenze, al grido di «Maria Theotòkos». Quattro giorni dopo (26 giugno), giunse Giovanni con una quarantina di vescovi della Siria, che tennero per proprio conto, insieme con Nestorio e i suoi amici un altro concilio; successivamente arrivarono i tre Legati papali, che invece parteciparono al concilio di Cirillo. Si avevano dunque, contemporaneamente, due sinodi, l'uno contro l'altro: autentico e legittimo è considerato il primo, mentre il secondo è piuttosto un anticoncilio, un controsinodo. Nella II e III sessione, Cirillo e i Legati approvarono a nome del Papa la sentenza di deposizione di Nestorio; nella IV-V sessione vennero scomunicati Giovanni e i suoi seguaci; nella VI e VII si stabilì di attenersi fedelmente al simbolo niceno con l'esplicita proibizione di formularne altri. A sua volta, l'anticoncilio aveva proceduto a deporre Cirillo e Mennone. La situazione si fece ancora più confusa e tesa: per qualche settimana i protagonisti furono messi agli arresti dai funzionari imperiali. L'imperatore approvò le delibere dei due sinodi. poi convocò le parti per una conciliazione. Risultando impossibile l'accordo, Teodosio II congedò il concilio con parole di deplorazione, rimandando ciascuno alla propria sede. Soltanto Nestorio fu sostituito sulla cattedra episcopale e rimandato nel suo monastero di Antiochia; quattro anni dopo verrà relegato nel penoso esilio del deserto egiziano, dove concluderà la sua vita verso il 450. Nel frattempo, Cirillo aveva intrigato a corte, mandando ricchi doni a Pulcheria, la pia e influente sorella maggiore di Teodosio, e aveva conquistato la folla di Efeso che rumoreggiava e premeva contro Nestorio. Il papa Sisto III, successo nel 432 a Celestino I, tentò di sanare la scissione che perdurava fra i vescovi; dopo lunghi negoziati, Cirillo d'Alessandria e Giovanni di Antiochia raggiunsero nel 433 un accordo o compromesso, sulla base di reciproche concessioni: Alessandria rinunciava a imporre il proprio Credo e gli anatematismi; Antiochia accettava la condanna di Nestorio e sottoscriveva la formula di fede con il Theotokos. Il papa, a ricordo dell'evento, fece costruire a Roma la basilica di S. Maria Maggiore. Già i contemporanei parlarono di «tragedia di Nestorio» e alcuni autori moderni (Duchesne) difesero la sua persona e la sua dottrina, accusando Cirillo: la sua condanna sarebbe stata frutto di rivalità, malintesi e calunnie, piuttosto che di eterodossia verso la fede. In realtà, la teologia delle due persone in Cristo, il titolo «esclusivo» di Theotokos spettante alla Madonna, nonché la «communicatio idiomatum», non possono essere giudicati ortodossi, anche se Nestorio si mostrò più moderato di altri antiocheni.


- 91 IL CONCILIO DI CALCEDONIA (451) Cirillo, in polemica con i seguaci di Nestorio, aveva sottolineato l'unità di persona in Cristo con una formula ortodossa, ma un po’ ambigua perché non distingueva bene tra «natura» e «persona»: «una sola è la natura incarnata del Verbo di Dio». In mano a certi suoi discepoli incauti, la frase diede origine all'eresia monofisita. L'occasione prossima fu la lotta scatenata da Eutiche contro i nestoriani: il vecchio archimandrita, infatti, sosteneva che in Cristo c'era una sola natura (divina), pur ammettendo che fosse veramente uomo, nato da Maria Vergine. Condannato da un sinodo a Costantinopoli nel 448, egli ottenne da Teodosio II la convocazione di un nuovo concilio a Efeso per rivedere la sua causa: aveva l'appoggio del patriarca di Alessandria, Dioscoro, e di un potente ministro di corte. Papa Leone Magno inviò i suoi Legati con alcuni messaggi, fra cui il celebre Tomus ad Flavianum, un testo dommatico di grande importanza, che Roma mandava ufficialmente al patriarca di Costantinopoli Flaviano. Il concilio si aprì ad Efeso nell'agosto del 449 e fu presieduto da Dioscoro, il quale negò la presidenza ai Legati pontifici, impedì la lettura del «Tomo», fece riabilitare Eutiche e condannò Flaviano (che mori pochi giorni dopo a causa delle percosse subite) con tutti i suoi seguaci. Ma papa Leone cancellò le decisioni e definì il concilio «latrocinium ephesinium». La morte improvvisa dell'imperatore Teodosio II nel 450 e l'ascesa al trono di Marciano e Pulcheria, devoti a Roma, permisero la celebrazione di un altro concilio a Calcedonia, presso Costantinopoli, celebrato dall'8 ottobre al 1 novembre 451. È il quarto Concilio ecumenico: di esso ci sono rimasti gli atti ufficiali con i nomi degli oltre 500 partecipanti, tutti orientali, eccetto due vescovi africani e i quattro Legati papali, il capo dei quali - il vescovo Pascasino - presiedette il concilio. Tra i «Padri», oltre ai vescovi e con gli stessi diritti di voto e di precedenza, c'erano corepiscopi, presbiteri, arcidiaconi e diaconi, in qualità di Legati episcopali. C'erano, inoltre, 18 commissari imperiali che, a nome dei due sovrani, praticamente presiedettero e diressero le discussioni, senza votare né sottoscrivere gli atti. Nella seduta inaugurale, assai tumultuosa, furono condannati Dioscoro e gli atti del «latrocinium ephesinum»; nella seconda, venne acclamato il «Tomo a Flaviano» con la famosa espressione: «Petrus per Leonem locutus est»; nella terza, i vescovi e i Legati papali scomunicano Dioscoro e lo destituiscono dalla dignità patriarcale; nella quarta, vengono riammessi al concilio i responsabili minori del «latrocinium», ma scoppiano seri incidenti provocati da monaci introdottisi con la prepotenza; nella quinta, un'aspra polemica minacciò di far naufragare il concilio: fu nominata una commissione di 23 membri, di varie regioni e tendenze teologiche, per la redazione di un nuovo Simbolo di fede; nella sesta, si approvò il testo che riprendeva essenzialmente i concetti del «Tomo a Flaviano» e delle lette-


- 92 re di Cirillo a Nestorio e a Giovanni di Antiochia. In esso si confessa «un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, Unigenito; le due nature sono unite senza divisione (indivise), senza separazione (inseparabiliter), senza mutazione (immutabiliter) e senza confusione (inconfuse); la differenza delle due nature non viene soppressa dalla loro unione, anzi le proprietà di ciascuna vengono salvaguardate e riunite in una sola persona (prosopon) e in una sola ipostasi». Questo Simbolo di fede fu proclamato il 25 ottobre del 451 in una seduta solenne, presieduta dalla coppia imperiale, salutata con acclamazioni del tipo: «Voi siete le fiaccole della fede ortodossa», «grazie a voi la pace regna nel mondo»; «Marciano novello Costantino, Pulcheria nuova Elena». Iperboli del genere erano in uso corrente durante il basso impero, ma la storia avrebbe smentito quell'ingenuo entusiasmo, aprendo una lunga crisi e una estesa opposizione anti-calcedonese. In pratica, il concilio era terminato. Nelle successive sessioni vennero affrontate questioni personali, tra cui la riabilitazione dei vescovi antiocheni che avevano accettato la condanna di Nestorio. Uno strascico polemico si ebbe nella penultima sessione con la promulgazione di 28 canoni, l'ultimo dei quali riproponeva il discusso canone tre del Concilio Costantinopolitano I del 381, che riconosceva un primato di onore al vescovo di Costantinopoli dopo il vescovo di Roma, poiché Costantinopoli era la «nuova Roma». Tale canone era stato rifiutato dal sinodo romano del 382, il quale aveva proclamato il primato della Chiesa romana e stabilito l'ordine gerarchico delle sedi vescovili per la loro speciale relazione con l'apostolo Pietro: 1a Roma; 2a Alessandria; 3a Antiochia di Siria. Anche ora, questo can. 28 viene disapprovato dai Legati pontifici e cancellato da papa Leone con l'autorità che gli proveniva dall'essere il successore di Pietro. I contrasti suscitati, comunque, accentueranno il senso di distacco fra Roma e l'Oriente e la loro progressiva separazione, preludio allo scisma definitivo del 1054.


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