Emozioni nelle relazioni 2016

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Emozioni nelle relazioni


Impaginazione e grafica a cura di Laura Demattè Š 2016 tutti i diritti riservati


Presentazione Conoscere se stessi, conoscersi davvero, è il primo passo per vivere in sintonia con gli altri e con il mondo che ci circonda. Per questo motivo l’Amministrazione Comunale ha deciso di contribuire attivamente alla realizzazione del “Progetto Emozioni” che, grazie al lavoro e alla collaborazione di molte persone, aiuta i nostri ragazzi - i “nostri figli”- a conoscersi un po’ di più, ad avere consapevolezza delle proprie potenzialità. Iniziative di questo tipo, se gestite e coadiuvate con insegnanti ed educatori, possono accompagnare i genitori nel processo di crescita dei propri figli e nel dare loro esempi positivi. “Progetto Emozioni” è più di un semplice progetto formativo, è un investimento per il futuro… è costruire il nostro futuro. Si tratta quindi di un ulteriore tassello nell’accompagnamento alla crescita dei futuri cittadini del nostro territorio che, come molti altri progetti, si sviluppa all’interno del TAG (Tavolo Attenzione Giovani), di cui fanno parte l’Amministrazione Comunale, la scuola, le parrocchie e le associazioni di educazione sociale e sportiva. Luca Durighetto Imma Iaccio

Emozioni nelle relazioni Emozioni nelle relazioni: già questa frase, a chi la legge, apre un mondo. La nostra vita è piena di emozioni che determinano come ci rapportiamo con noi stessi, con gli altri, con tutto il creato, con Dio. Ci giungono in ogni momento, molte volte spontaneamente, ma anche scientificamente programmate soprattutto da televisione, cellulari e spettacoli. Ascoltando i nostri bambini abbiamo colto il bisogno di riconoscerle e farle proprie per poterle gestire correttamente. Le emozioni però appartengono a tutti: bambini, ragazzi, giovani, adulti, an-


ziani, vecchi e fino ad oggi abbiamo pensato o ci hanno insegnato, solo a reprimere le emozioni, perché pericolose. È ora di cambiare strada per trovarne una più emozionante. Ecco allora che emozionandoci tutti assieme, conosceremo e impareremo ad usare correttamente le nostre emozioni in tutte le relazioni, migliorando così il benessere personale, di coppia, di famiglia e di tutti i rapporti sociali. Angela Di Cesare Presidente Associazione Progetto Famiglia Odv L’alfabetizzazione emotiva a scuola Nel processo educativo è fondamentale tenere in considerazione sia i fattori cognitivi che quelli emotivi, entrambi alla base dei processi di apprendimento. Gli studi psicopedagogici hanno posto un’attenzione crescente alla “competenza emotiva” e alla tesi che le emozioni possono caratterizzarsi come potenti risorse per il benessere personale. Il contesto scolastico in cui quotidianamente i bambini osservano e vivono situazioni emotive, è l’ambiente ideale per educare all’intelligenza emotiva e stimolare le capacità empatiche degli alunni. Lo scopo è quello di insegnare la capacità di regolare le proprie emozioni in modo che siano da guida al comportamento e al pensiero. Fondamentale è il ruolo degli educatori sensibili ai bisogni educativi degli alunni che vengono supportati nella comprensione e nella gestione della dimensione emotiva. L’obiettivo del percorso educativo intrapreso dagli alunni di classe quinta è di porre le basi per l’apprendimento di adeguate competenze emotive che permetterà loro di essere avvantaggiati in tutti i campi della vita ed essere in grado di adottare atteggiamenti mentali positivi ed efficaci. Daniela Bettini La Dirigente Scolastica 4


SOMMARIO

Riflessioni

Mettiamoci in gioco

Lavorare su di sĂŠ

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Riflessioni

Riflessioni di chi ha ideato, condotto, supportato il progetto.

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Emozioni nelle Relazioni Io sono Ok e Tu sei Ok. Questa è la premessa di un buon equilibrio emotivo e relazionale, nonché punto di arrivo di chi si addentra in un percorso di consapevolezza. “Accogliere se stessi per accogliere l’altro ed essere accolti” Obiettivo primario del percorso Emozioni nelle Relazioni è stato quello di promuovere buone prassi in tema di ascolto, accoglienza e sostegno emotivo nella rete di persone coinvolte. Ovvero i bambini delle classi 5^ dell’I.C. di Zero Branco, le loro insegnanti, i genitori, gli educatori e le catechiste. Incontri formativi serali rivolti agli adulti, laboratori espressivi mattutini in classe e pomeridiani in oratorio, momenti di confronto con i catechisti, rete con la scuola. Rete: è dialogo, scambio, confronto, critica costruttiva, co-progettazione. I bambini hanno bisogno di sapere che hanno una rete di riferimento e non agenzie slegate tra loro. Rete è protezione e guida: sorregge anche gli adulti che si trovano ad educare i bambini. La rete crea territorio, favorisce l’appartenenza ad un progetto che non è calato dall’alto, bensì vestito ascoltando i bisogni delle persone. Bisogni emersi e sommersi. 8


Rete è valore sociale: come aiuto nella conduzione dei laboratori con i bambini hanno partecipato, in forma di tirocinio e volontariato, giovani studenti laureandi o laureati (afferenti alle facoltà di Scienze dell’Educazione e Psicologia). Ogni intervento si è svolto con un approccio psicoeducativo, di prevenzione del disagio, in un’ottica di promozione del Ben-Essere. Stare bene con se stessi è la premessa per poter stare bene in un gruppo. È una condizione di equilibrio, armonia, flessibilità. È dialogo costante tra pensieri, emozioni, sensazioni, comportamenti. Abbiamo cercato di offrire un inizio di questo che ci piace chiamare viaggio di consapevolezza. Perché non è importante solo sapere o saper fare, ma saper Essere.

Dott.ssa Chiara Caprio Psicologa-Psicoterapeuta Referente e conduttrice del progetto

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I Bambini I bambini si trovano a tutti gli effetti catapultati in una realtà complessa (scuola, ambiente sportivo, oratorio, amicizie) e costellata da un insieme vastissimo di emozioni. Emozioni. Noi grandi abbiamo la presunzione di conoscere bene le emozioni, di capirne il vero significato, di poterle controllare, o ancora scegliere, accettare, capire. Spesso siamo i primi a non con-prenderle. Le etichettiamo, le cerchiamo, le ricordiamo. Ma se noi a fatica abbiamo raggiunto questi traguardi e se a fatica ci fermiamo oggi ad ascoltare il nostro cuore e la nostra pancia, allora i nostri bambini come si possono avvicinare ogni giorno alle emozioni? Il laboratorio emotivo educa alla conoscenza ed alla consapevolezza: non ci si sofferma solo su cosa sono le emozioni, ma anche su come il nostro corpo le parla attraverso le sensazioni, e come la nostra mente le censura impaurita o schiacciata da dovere o vergogna. Da qui l’importanza di coltivare sin da piccoli il nostro giardino emotivo. Mi piace pensare che ogni emozione sia un fiore. Sono fiori gioia, orgoglio, amore, ma anche paura, tristezza, senso di colpa. 10


Dal momento in cui questi fiori sbocciano dentro di noi, dobbiamo cominciare a dar loro la possibilità di crescere, senza soffocarli o nasconderli, ma allo stesso tempo curandoli e nutrendoli. Nei bambini questi fiori sono ancora teneri e freschi, e devono essere sostenuti. Durante il laboratorio i bambini hanno saputo stupirci con le loro riflessioni che, pur nella loro semplicità, esprimevano concetti che noi adulti infarciamo con parole complesse e congetture astratte. I bambini sono concreti, la “pratica” delle emozioni è meno consapevole e controllata, più spontanea: loro possono agire la rabbia buttando per terra una sedia, o stando in silenzio con i pugni serrati; possono piangere disperati, o zittirsi e chiudersi in se stessi. Possono saltare di gioia e rotolarsi per terra, o sorridere timidamente. Insomma, possono.

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Nasce un’emozione C’è un bocciolo che viene dal mio cuore, lo prendo tra le mani, lo accarezzo tenero,verde. Lo osservo, lo proteggo. Silenzio. È nata un emozione. Un odore nuovo e sconosciuto, L’accolgo, la nutro, ne accetto i colori e le spine, la consistenza, la forma. In un giardino di gemme, un profumo unico.

Tu che sei grande… Che confusione! Con tutte queste cose che sento nel mio cuore non una alla volta, ma sempre assieme! E sono tutte diverse tra loro, e arrivano veloci tutte ad un tratto, e se ne vanno ancora più veloci, e ne arrivano altre… e altre ancora e poi ancora di nuove!

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Aiutami tu. Tu che sei grande, che le conosci, che non perdi mai la pazienza, che ascolti sempre queste cose nel tuo cuore, che non ne scambi una per l’altra, che riesci a capire sempre quelle degli altri, che puoi scegliere tu quali cose vuoi nel tuo cuore, voglio questa oggi! E questa domani! E questa non la voglio piÚ! Tu sei grande, ed io sono ancora un bambino. E a volte mi chiedi di non arrabbiarmi, di non urlare, di non ridere, di non avere paura, o di essere gentile e bravo. E mi chiedi di fare queste cose, con tutta la confusione che ho nel mio cuore. Tu che sei grande ci riesci sempre, vero? Allora insegnami come si fa. Valentina Bologna Giulia Contin Jacopo Pistollato Veronica Loschi Serena Rizzardo

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Mettiamoci in gioco

Proposte per “parlare di emozioni�. Con altri linguaggi.

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In questa sezione propongo semplici stimoli e spunti per giocare sul tema emozioni, non solo attraverso le parole e non solamente nei momenti di crisi, ma nella quotidianità.

Se stare nell’emozione diviene un gesto quotidiano, credo possiamo andare nella direzione di una vera prevenzione del disagio.

Attività di consapevolezza Siamo sempre soliti spiegare perché vogliamo che l’altro capisca e chiediamo noi stessi molte spiegazioni perché dobbiamo capire.

Ma quanto e quando siamo disposti a sentire? Sentire implica soffermarsi, stare, entrare in contatto. Sono necessari tempo, pazienza, costanza, umiltà per sentire. E Persone. Persone che dedicano tempo, pazienza, costanza ed umiltà per aiutare l’altro a sentire. Di seguito verranno proposte alcune semplici attività da fare con i bambini. Il mio consiglio è provare prima di tutto in prima persona, per poi proporre. Buon allenamento!

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Consapevolezza del respiro Scegliamo un posto comodo, dove ci troviamo bene. Accendiamo una musica, melodia senza voce o, ancora meglio, suoni della natura. Stendiamoci a pancia in su o sediamoci in una poltrona. Gambe non incrociate, braccia che scivolano lungo i fianchi. Occhi chiusi (ma non è obbligatorio). Cominciamo a respirare così: inspiriamo con il naso ed espiriamo con la bocca, dolcemente, senza forzare il nostro ritmo. Ascoltiamo la pancia: si gonfia ogni volta che l’aria entra e si sgonfia ogni volta che l’aria esce. A questo punto inizia il nostro breve e primo esercizio di ascolto e consapevolezza di sé: la consapevolezza del respiro. È possibile ascoltare la mia voce guida in un audio al seguente link: http://www.chiaracaprio.it/consapevolezza-del-respiro/. Al termine dell’esercizio stiamo. Semplicemente. Non indaghiamo, ma osserviamo il volto, lo sguardo, la posizione della persona che abbiamo davanti (o di noi stessi) e chiediamo solamente “come sei stato?”, “è stata un’esperienza nuova?”, “sono contento che tu ti sia regalato un momento per te, è una cosa importante, perché puoi ascoltare il tuo corpo e non solo la testa che parla sempre tanto”. Ripetiamo l’esercizio con costanza, ogni giorno, in un momento che possiamo dedicare a noi, come se fosse un appuntamento, un incontro. 17


Mandala

Perché usarlo? Per ritrovare calma, per prenderci un momento solo per noi stessi, per abituarci alla consapevolezza emotiva. Come usarlo? Prendiamoci un momento tutto per noi, scegliamo un posto dove stiamo bene, troviamo una posizione comoda. Magari ascoltiamo una musica (solo strumentale o suoni della natura). Concentriamoci su di noi, inspiriamo ed espiriamo delicatamente. Sintonizziamoci, ascoltiamoci e coloriamo. La mano andrà da sé, lasciamola fare, verrà guidata dal cuore. Non è un “compito”, non serve terminarlo o colorarlo in modo bello. Tutto va bene. Quando usarlo? Come pratica quotidiana, non solo nei momenti di emergenza. L’ascolto di sé, costante, aiuta a prevenire le emergenze. Si rivela utile colorare un mandala di piccole dimensioni, segnandoci dietro data ed una parola che sorge spontanea nel mentre lo riguardiamo. Possiamo tenere i vari mandala e quando ce la sentiamo osservarli come fossero una narrazione dei giorni trascorsi. Eccone uno, ma trovate quello che vi chiama e fa per voi. 18


Mi descrivo con un oggetto È complicato trovare le parole. Soprattutto per parlare di qualcosa che abbiamo dentro, magari qualcosa di indefinito. Trovo utile sperimentare altri linguaggi, come quello delle immagini e, in questo caso, degli oggetti. Troviamo in casa oggetti di uso quotidiano che a nostro avviso sono evocativi e raccogliamoli in una scatola che li custodirà. Se dobbiamo presentare il gioco è bene fare un po’ di esercizio con il trovare significati differenti a partire da un unico oggetto. Ad esempio:

Un ombrello può simboleggiare la capacità di proteggersi dalle piogge del cuore. Al contrario può voler significare che tendiamo a proteggerci comunque, anche laddove non è richiesto e quindi diventa un modo per allontanarci dalle situazioni.

Una scatola può voler simboleggiare il fatto che noi teniamo le cose dentro di noi. Oppure che tendiamo a raccogliere e non lasciar andare via nulla. O, ancora, che abbiamo voglia di essere aperti (se la scatola ha un coperchio che si toglie). Un libro può dire di noi che amiamo leggere, che abbiamo una grande immaginazione, oppure che siamo chiusi, o ancora che vogliamo essere aperti. In un altro significato il libro potrebbe rappresentare il fatto che ci piace essere gli autori della nostra vita o che si tratta di un libro di barzellette perché siamo divertenti.

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Ogni oggetto può diventare spunto per parlare di sé, attraverso le caratteristiche dello stesso oggetto scelto. Possiamo chiedere all’altro: - di scegliere un oggetto che gli assomiglia - di scegliere un oggetto che rappresenta una caratteristica che vorrebbe avere - di scegliere un oggetto che rappresenta un difetto - di scegliere un oggetto da donare a noi perché abbiamo bisogno di quella caratteristica. La scatola degli oggetti può sempre essere arricchita di nuovi elementi, essendo così fonte inesauribile di storie su di noi. Tempo pazzerello Seduti a terra, uno dietro l’altro. Occhi chiusi. Chi è dietro, usando solo le sue mani, rappresenta sulla schiena di chi è seduto di fronte, il “meteo del cuore”. Il proprio cuore o il cuore dell’altro.

Se sono arrabbiato come la grandine picchietterò forte ed insistentemente sulla schiena. Se nel mio cuore cala la notte userò le mie mani come per abbassare un telo dalla nuca ai fianchi. E così via. 20


Lasciamoci trasportare dalla creatività: non c’è una modalità più giusta di altre. Chiediamo all’altro semplicemente di farci da tavolozza. Poi i ruoli si invertono. La cosa importante è trovare un linguaggio alternativo per raccontare come stiamo dentro. Non, Devi, Puoi Si può creare in casa, con materiali semplici quali cartoncino colorato, forbici e colla, un semaforo. Il cerchio rosso rappresenta i nostri “non”, quello giallo i “devi”, quello verde i “puoi”. Ogni qualvolta ne abbiamo voglia possiamo scrivere su di un postit una frase o pensiero inerente uno dei tre cerchi del semaforo. I “non” rappresentano le ingiunzioni, ovvero ciò che il nostro Genitore Critico interno ci vieta e ciò che ci dice che non siamo in grado o non possiamo fare, sentire, essere, I “devi” sono le spinte, ovvero le pressioni. Mettono una certe dose di ansia addosso, se non corroborate da una giusta dose di autostima. I “puoi” sono i permessi, quelle parole o quei gesti che ci fanno capire che vediamo una possibilità. I permessi nutrono il cuore ma anche la mente: le persone con permessi affettivi sono in grado di 21


pensare meglio e più liberamente, sanno ascoltare, sono umili, sanno maggiormente chiedere, chiedere scusa, ringraziare e mettersi in discussione. Un buon equilibrio tra “non-devi-puoi” permette alla persona di: - non ficcarsi nei guai - di spingersi un po’ oltre, con un po’ di sana ambizione e amor proprio - di accogliere ciò che viene e lasciare andare, senza trattenere. Questo semplice strumento è un gioco per comprendere meglio il mondo interno dei nostri figli: non serve a giudicarli. Comprenderli: prenderli con noi. Espansioni possibili? Possiamo trasformare i “non” ed i “devi” in “puoi”. Possiamo scrivere i “puoi” desiderati. Possiamo creare tanti semafori quanti i membri della famiglia e vedere se ci sono delle “trasmissioni” o dei collegamenti tra genitori e figli. Il senso è: tutto può essere usato come strumento di comunicazione e di relazione, di contatto e rispetto, di conoscenza.

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Non di diagnosi, non di interrogatorio, non sempre di spiegazione. Apriamoci prima di tutto all’essere consapevoli: scopriremo sicuramente piÚ cose.

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Osservo gli occhi Io e te, uno di fronte all’altro. Musica. Ci osserviamo occhi negli occhi per circa un minuto (un suono, una sveglia, un’altra persona ci avviserà al termine del minuto). Senza parlare. Ci verrà da ridere, è normale. Tutte le esperienze nuove imbarazzano. Ci verrà da distogliere lo sguardo. Non obblighiamoci a restare nello sguardo ma accorgiamoci che c’è qualcosa da cui stiamo allontanandoci. Passato il minuto possiamo completare questa tabellina, se siamo più allenati non serve e possiamo anche trovare nuove domande e nuove risposte. Di che colore sono? Quale emozione esprimono? Guardavano da tutte le parti? Erano fissi su di me? Erano rivolti verso l’alto, il basso, a destra o sinistra? Si chiudevano spesso? Scrivo una parola che secondo me racconta qualcosa di questi occhi 24


Tanti tipi di amore È importante che i bambini conoscano le varie sfumature dello stare con le persone. Parlarne è difficile, sicuramente un buon modo è usare il disegno. Come usare la tavola proposta?

Chiediamo di dare un nome alle immagini Chiediamo di scegliere l’immagine che rappresenta di più la 25


relazione con …. Chiediamo di segnare il tipo di relazione che si vorrebbe o dalla quale si vorrebbe distanziarsi Chiediamo quale immagine è positiva e quale negativa Non giudichiamo la risposta: il nostro obiettivo è descrivere ed ampliare la consapevolezza nostra o dell’altra persona. Farsi un complimento al giorno Mettiamoci di fronte allo specchio. Guardiamoci attentamente: colore della pelle, luminosità dello sguardo, espressione della bocca e degli occhi, tensione o rilassatezza della muscolatura. Poi sorridiamo e teniamo il sorriso per 20 secondi. Ci potrà sembrare strano. Difatti, purtroppo, è strano sorridere a noi stessi, nonostante faccia un gran bene. Mentre sorridiamo pensiamo dentro di noi ad un complimento che vogliamo fare a noi stessi. E ci guardiamo mentre lo pensiamo, ci guardiamo anche se ci viene da abbassare gli occhi. Poi questa voce da interiore diventa sonora e possiamo dire a noi stessi il complimento, sentendo con le orecchie e non solo con mente e cuore. Quindi congediamoci da noi stessi. 26


Sorriso Sappiamo guardarci con amorevolezza? Sappiamo concederci uno sguardo dolce e di approvazione? Solitamente osserviamo sempre gli altri, quando va bene. Raramente ci diamo una “carezza” positiva, la vogliamodesideriamo-pretendiamo dall’esterno, ma è necessario, fin da piccoli, imparare a donarsi un sorriso. Ecco un semplice esercizio che può essere fatto ogni giorno e che, se portato avanti con una certa costanza, permette di sorridere dentro. La base per poter elaborare in maniera positiva gli accadimenti faticosi della vita. Occorrente: uno specchio tascabile, che riusciamo a tenere in mano senza troppa difficoltà e che ci permetta di vedere per intero il nostro viso. Prendiamoci un momento di tranquillità, scegliamo un luogo comodo, cominciamo a respirare inspirando con il naso ed espirando con la bocca. Quando siamo pronti guardiamoci, osserviamoci, con amore, compassione, partecipazione. Sorridiamoci: ognuno a proprio modo; chi a bocca aperta, chi con un timido accenno. Non c’è un modo giusto, ma si può sviluppare una attitudine a guardarsi così, magari accompagnando quello sguardo rassicurante a delle parole dette nella mente come “ti voglio bene, in ogni caso”. 27


Piccolo questionario sulle coccole Ricevo coccole? q Sempre q Spesso q Poco q Mai So fare le coccole? q Si q No Quando qualcuno mi fa un complimento, ci credo? q Si q No q Dipende da chi è Fare le coccole è un gesto: q che dimostra che sei capace di dare e ricevere affetto q che dimostra che sei piccolo q che dimostra che sei debole Da chi ricevi volentieri le coccole? q Da ____________________________________________ q Da nessuno A chi faccio volentieri le coccole? q A _____________________________________________ q A nessuno

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Palloncino Il palloncino, immagine di leggerezza, può essere impiegato per esplorare il polo opposto, la pesantezza e trovare una soluzione. Un gioco catartico e teatrale che, se agito con il giusto pathos, può essere molto liberatorio. Prendiamo un palloncino, lo gonfiamo e ci scriviamo sopra, con il pennarello, tute le cose che ci rendono felici e leggeri. Leghiamo poi il palloncino con una cordina ad un sasso, che lo bloccherà . Sotto al sasso o sullo stesso scriviamo le cose che ci rendono pesanti e ci bloccano. Il sasso è simbolo dei pesi che ci portiamo sulle spalle quando non sappiamo come affrontare una situazione. Insieme al bambino troviamo poi un modo per poter alleggerire i pesi, lo scriviamo su un bigliettino che leghiamo alla cordicella. In quel momento, enfatizzando il rituale, sganciamo il palloncino dal sasso e lasciamolo volare. Guardiamo negli occhi il bambino, facciamo un grande e profondo respiro assieme. Sorridiamo: abbiamo liberato i nostri desideri. 29


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Lavorare su di sĂŠ

Se sta bene il Bambino Interiore, sta bene il bambino reale.

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Porto in questa breve sezione un appello: come adulti recuperiamo sempre il dialogo con noi stessi, il con-tatto con noi stessi. E chiediamo aiuto. Non è debolezza, è saggezza. Opportunità. Io+ Tu+ Quando ci rivolgiamo ad una persona (grande o piccola) chiediamo mai a noi stessi se siamo in grado di fare o essere ciò che stiamo per chiedere a lei? La relazione è più della semplice somma delle persone che ne fanno parte. Un buon ingrediente per una relazione autentica è l’auto esame: se io mi amo, ti amo e mi lascio amare. Lavorare su di sé è sinonimo di cura per l’altro.

Come mi prendo cura di me? Tramite alcuni fondamentali ingredienti: amore, ascolto, accoglienza. Se amo proteggo, permetto, mi prendo cura.

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Tempo cronologico e tempo interno Se seguiamo un andamento lineare e cronologico possiamo constatare senza ombra di dubbio che prima siamo piccoli e poi diventiamo grandi. Passiamo tutti da una fisiologica simbiosi con chi si prende cura di noi permettendoci di sopravvivere (verso cui nutriamo una immensa gratitudine), ad una sana dipendenza (per imparare come si fa o bisogno di starti vicino vicino), per arrivare ad una separazione un po’ oppositiva che apre le porte all’indipendenza ed alla capacità di relazionarci in maniera autonoma. Dentro di noi le cose non sono così sequenziali: la crescita è un andamento a spirale. Come se ognuno avesse dentro sé tre parti compresenti: Genitore, Adulto e Bambino. Il Genitore può criticare, dare le regole e le norme: permette l’instaurarsi di coscienza personale e sociale, l’interiorizzazione di “come devi fare nel mondo e con te”. Se diviene eccessivo allora censura, appesantisce, chiude, decreta, inibisce. Il Genitore può accogliere, prendersi cura, incoraggiare, accarezzare: permette la nascita dell’amore per se stessi, dell’affetto verso l’altro, della capacità di rinforzare. Se diviene eccessivo allora ti sovrasta con la protezione, non ti permette di sperimentare la tua vera essenza, ti riempie, non ti fa provare da solo. Il Bambino risponde ai permessi o divieti che il Genitore gli offre: 33


si adatta o si ribella laddove si sente sopraffatto. È libero laddove sente amore, permessi, protezione, cura, presenza. Quando si innesca un buon equilibrio interno tra regole e permessi, nonché tra capacità di adattarsi ed iniziative originali allora si forma un vero Adulto. L’Adulto pensa, ragiona, pondera, accoglie, sa rendere decisioni. Tanto più l’equilibrio è dentro di noi, tanto più lo possiamo portare fuori di noi, nelle scelte di vita, con le persone che incontriamo e decidiamo di inserire nel nostro cammino. Prendiamoci cura quindi prima di noi stessi. Solo così possiamo DAVVERO prenderci cura dell’altro. Una relazione che cura Molti mi chiedono: cosa intendi tu per cura? Prima di tutto, e sempre, la RELAZIONE. Una relazione reale si prende cura attraverso vicinanza, reciprocità, impegno e sintonia. Una relazione che cura permette all’altro di sperimentare un nuovo modo di essere se stesso. Tra sé e sé e con gli altri. Nello scambio che la relazione offre noi possiamo costruire risposte alternative alla situazione attuale che ci fa male. Quelle che chiamo opzioni. È un processo. Bilaterale. 34


Lo specchio Scorgendo il mio volto delinearsi nel tuo sguardo comprendo come tu mi vedi: come io sono, ed allora tu mi rendi la libertĂ di costruirmi, o come tu vuoi, cosĂŹ da chiudermi in uno specchio che non riflette la mia vera essenza. Dott.ssa Chiara Caprio

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Ringraziamenti Associazione Progetto Famiglia è un’organizzazione di volontariato La specifica finalità dell’Associazione è quella di perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale nella valorizzazione e assistenza della persona, con l’obbiettivo di promuovere la famiglia e di valorizzarla come nucleo fondamentale della società, di valorizzarne gli individui sia socialmente che culturalmente, di favorire la partecipazione attiva della famiglia nella vita sociale e politica. A questo scopo i volontari operano per mettere in rete le famiglie, le associazioni e le istituzioni del territorio per elaborare strategie e implementare azioni a sostegno del benessere sociale della persona e della famiglia. Attualmente le attività vertono su Momenti ricreativi per ragazzi diversamente abili, Scambio testi usati, Psicomotricità educativa e Laboratori sulle Emozioni. Dottoressa Chiara Caprio, Psicologa-Psicoterapeuta, formatrice e coach in potenziamento cognitivo. Da anni progetta e conduce attività per il Ben-Essere della Persona, in campo educativo, psicologico e laboratoriale, costruendo rete sociale nei territori in cui opera. Per maggiori informazioni visita il sito www.chiaracaprio.it 36


Progetto realizzato grazie alla collaborazione di: Associazione Progetto Famiglia (organizzazione di volontariato riconosciuta dalla Regione Veneto). Amministrazione Comunale di Zero Branco. Istituto Comprensivo di Zero Branco. Gli alunni delle classi quinte della scuola primaria. Gli insegnanti ed i genitori delle suddette classi. Parrocchie della Collaborazione Pastorale di Zero Branco, San Alberto, Scandolara. I catechisti La dottoressa Chiara Caprio.

Iniziativa finanziata dal Comune di Zero Branco.

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Assieme ringraziano Tutta l’amministrazione comunale di Zero Branco per aver creduto e finanziato il progetto. La dottoressa Caprio Chiara che ha curato con competenza, gioia, entusiasmo e “leggerezza” tutti gli interventi con i bambini e gli adulti ed ha realizzato, nei contenuti, questa pubblicazione. La dottoressa Serena Rizzardo ed i tirocinanti volontari Giulia Contin, Veronica Loschi, Valentina Bologna, Jacopo Pistollato per aver sostenuto tutti i laboratori e gli interventi in classe con ascolto, precisione, sensibilità e competenza. I genitori dei bambini coinvolti che hanno lavorato per realizzare il progetto e tutti quelli che si sono messi in gioco con i propri figli nel comprendere le emozioni che ci guidano nelle nostre relazioni e determinano la nostra vita quotidiana. Tutte le insegnanti delle classi quinte della scuola primaria Marconi e Fermi, il personale Ata, il Consiglio d’Istituto, la dirigente scolastica per la disponibilità, l’entusiasmo e il lavoro svolto. Le catechiste di quinta elementare delle tre parrocchie per la pazienza, la risorse messe a disposizione e la loro testimonianza di fede cristiana. Il Sindaco Mirco Feston, l’assessore Luca Durighetto, la delegata alla scuola Imma Iaccio per la massima disponibilità donata in tutte le fasi della programmazione e realizzazione del progetto. 38


Don Corrado e don Davide per il loro paziente ascolto e per i locali parrocchiali messi a disposizione gratuitamente. La Cooperatrice pastorale Laura Demattè che ha curato la grafica di questa pubblicazione. Ma soprattutto tutti i ragazzi delle classi quinte delle primarie Marconi e Fermi, soggetto principale della nostra rete tra adulti. La responsabilità verso la loro crescita e la loro educazione, ma anche l’ascolto e l’empatia che loro richiedono, la disponibilità e la passione ad accogliere proposte nuove, il bellissimo lavoro che hanno fatto, ci hanno permesso di creare, attraverso il capitale sociale e relazioni più serene, benessere personale, familiare e sociale. Progetto da portare avanti tutti assieme anche nei prossimi anni? Sta noi decidere.


PROGETTO FAMIGLIA Organizzazione di Volontariato Riconosciuta con D.G.R. n° 2 del 01.02.00 www.associazioneprogettofamiglia.org tel.0422485235 e-mail progetto.famiglia@alice.it

Comune di Zero Branco

Istituto Comprensivo Statale di Zero Branco


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