Life Marche Magazine - febbraio 2015

Page 1

FEBBRAIO 201 5 - ANNO 2 - N° 3 - Aut. Tribunale di Ascoli Piceno: 400/201 4

FREE PRESS anche in Edicola vedi l' elenco a pagina 30 - COUPON promozionali all' interno - CRUCIVERBA (quasi) IMPOSSIBILE - www. lifemarche. net

Editoriale

LA NOSTRA MASCHERA MIGLIORE … e quella peggiore di Massimo Consorti Qualcuno afferma, documenti alla mano e senza possibilità di smentita, che il Carnevale più antico d'Italia sia quello di Fano. Nato nel 1 347 per festeggiare la riconciliazione delle due più importanti famiglie fanesi, i Del Cassero e i de' Carignano, il Carnevale di Fano è forse l'unico che ha una maschera tradizionale multifaccia. Vulon, infatti, è un pupo che rappresenta i personaggi più in vista della città, ne sintetizza e caricaturizza i tratti e i caratteri rendendoli pubblici per il divertimento, come si diceva una volta ai veglioni e agli spettacoli per famiglie, di grandi e piccini. Diciamo che le maschere italiane, insieme alle peculiarità fisiche di ciascuna, si portano appresso caratteri e fisime, vizi e virtù di un popolo che nel corso degli anni è praticamente cresciuto nulla rispetto al XVI secolo, periodo che segna la nascita della Commedia dell'Arte. Anzi, se possibile noi italiani siamo andati oltre. Abbiamo deciso di cominciare a esibirci sui palcoscenici che la vita ci offre esattamente come ai tempi di Carlo Goldoni: indossando maschere e rubando tutto ciò che è possibile carpire fraudolentemente alla vita degli altri. In tutti i mestieri e le professioni prosperano attori, più si è in grado di recitare e più le carriere sono assicurate, più siamo in grado di assumere come nostre le vite degli altri, più veniamo scambiati per geni originali e compresi. Sarà che siamo impregnati di maramaldismo esistenziale, sarà che negli anni '80 e '90 qualcuno ha provveduto a smerigliarci l'intelligenza, noi italiani sembriamo bradipi acculturati, pronti alla risposta ma incapaci di scendere da quel ramo sul quale restiamo attaccati come ventose. In tutti i campi e le branche dello scibile umano, accanto a professionisti seri e artigiani magistrali, ci sono gli attori, meglio definibili come mezzecalzette, in grado di stupire grazie a una proprietà di linguaggio che sfrutta al meglio i trecento termini di cui è oggi composto il misero vocabolario quotidiano degli eredi dell'Alighieri. La politica poi è l'arena prediletta, lo scenario preferito, il palcoscenico più adatto per i Mario Bonnard e le Francesca Bertini ai quali bastava mettere il dorso della mano sulla fronte per rendere chiara la tragedia che si svolgeva in quel momento sullo schermo del cinema muto. Incapaci di rendere alcunché, i protagonisti della politica odierna usano le parole (e quante ne usano!) per esprimere sempre e solo lo stesso tototiano concetto: “Vota Antonio”. Ma Antonio chi, La Trippa?

LA “DISPENSA MARCHE” IN FASE DI ESAURIMENTO … Mano al portafoglio e qualità zoppicante le conseguenze di un'annata da dimenticare di Massimiliano Paoloni

Idatifinali diunaproduzione agricola allostremo Qualche settimana fa, in piena raccolta delle olive, due persone sono state arrestate nel Maceratese dopo aver rubato oltre cinquanta chili di olio. Avevano capito, prima degli altri, che il 201 4 sarebbe stato ricordato come una delle annate più nere nei campi marchigiani, con crolli verticali che hanno riguardato molte delle produzioni storiche e una “dispensa Marche” che potrebbe esaurirsi ben prima della fine di quest’anno. Colpa delle bizzarrie di un clima che ha proposto andamenti stagionali praticamente invertiti rispetto al consueto, tanto che nelle campagne c’è chi ha fatto notare sconsolato che “ormai non funzionano più neppure i proverbi”. Si diceva “Con i morti la neve negli orti”? Agli inizi di novembre le temperature medie minime sono state di quasi dieci gradi, quattro in più del normale. La situazione più drammatica è proprio quella dell’olio. Un’analisi di Coldiretti stima un crollo del 40-50 per cento, con il raccolto che potrebbe scendere sotto i 20mila quintali. Si tratterebbe di una delle peggiori campagne di sempre. Una conseguenza del fatto che il caldo è arrivato quando avrebbe dovuto far freddo, mentre è stato freddo quando serviva il caldo. Il risultato è che si stanno svuotando i caveau dall’oro per conservarci l’extravergine, con un ovvio rincaro dei prezzi e una vera e propria caccia al prodotto marchigiano. Pessima stagione anche per frutta e verdura. Meloni, cocomeri e ortaggi come zucchine, pomodori, insalate hanno risentito delle basse temperature e, soprattutto, della pioggia. Sulle ciliegie, invece, hanno pesato le grandinate che hanno colpito a più riprese il territorio. Di altro tenore i problemi che hanno interessato le pesche, vanto della Valdaso, vittime stavolta dei “danni collaterali” causati dal calo della colonnina di mercurio. Nonostante un raccolto discreto, i consumi (e con loro i prezzi) sono, infatti, letteralmente crollati. Con un’estate così fredda e piovosa, chi aveva voglia di frutta? Ma intanto per garantire la qualità del prodotto i costi aziendali sono aumentati del 30 per cento. E gli agricoltori sono rimasti con in mano un pugno di… pesche. Per azzerare o quasi il raccolto di castagne il maltempo ha, invece, agito in partnership con il Cinipide, il parassita cinese che attacca il legno degli alberi. Il crollo produttivo arriva fino all’80 per cento, dopo un 201 3 che aveva già visto le quantità dimezzate. Le uniche buone notizie vengono dal grano e dal vino, la cui produzione, in controtendenza con il dato nazionale, è data in aumento. Anche qui, però, ha pesato il boom dei costi di produzione (+30/40 per cento), che hanno abbassato la rimuneratività per gli agricoltori, mentre spaventa il pericolo di un’invasione di prodotti stranieri spacciati per nostrani, complice la mancanza dell’etichetta d’origine su almeno la metà della spesa di tutti i giorni. E non ci sarà neppure il miele per addolcire la pillola, visto che il cattivo tempo ha ridotto, e di tanto, il lavoro anche nelle arnie della regione.


NEWS

Ilfebbraio dellamusica classica di Giovanni Desideri

Musica classica in lungo e in largo nelle Marche, nel mese di febbraio. A Pesaro, il 1 2 all’auditorium Pedrotti, Grigory Sokolov pianoforte; il 20 al Teatro Rossini, Amalia Hall violino, Sergio de Simone pianoforte; il 27 al Teatro Rossini, Hubert Soudant dirige l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, clarinetto solista Calogero Palermo; i tre concerti iniziano alle ore 21 ; info 0721 .32482. A Fano, il 5 alle 21 al Teatro della Fortuna, Massimo Quarta direttore e violino solista, insieme all’Orchestra Sinfonica G. Rossini; info: 0721 .827092. Ad Ancona, il 1 0 al Teatro Sperimentale, ore 21 , Accademia Musicale dell’Annunciata, Riccardo Doni cembalo e direttore, Carlo Lazzaroni violino, Marcello Scandelli violoncello, musiche di Bach; il 20 stesso luogo e ora, Quartetto Kelemen; info 071 .20701 1 9. A Macerata, il 1 5 ore 21 al Teatro Lauro Rossi, Yuja Wang pianoforte; il 28, stesso luogo e ora, Federico Mondelci sassofoni, Paolo Biondi pianoforte; info 0733.230777. A Civitanova, il 25 alle 21 ,30 al Teatro Rossini, Paolo Fresu tromba, Uri Caine pianoforte; info 348.3442958. A Fermo, l’1 alle 1 7 al Teatro dell’Aquila, Umberto Clerici concertatore e violoncello, e Orchestra Filarmonica Marchigiana, eseguono musiche di Sollima, Vivaldi, Bosso, Puccini e Verdi; l’8 nella Sala dei Ritratti alle ore 1 7, Zhi Chao Julian Jia pianoforte; il 22 Sala dei Ritratti ore 1 7, Sasha Boldachev arpa. Il 28, Sala dei Ritratti ore 21 , Christian Schmitt oboe, Alessandra Gentile pianoforte; info: 347.6529970.

2

DA PESARO A FERMO IL CARTELLONE DELLE MARCHE IN “CLASSIC”


All'Associazioneteatrale marchigianailpremio Danza&Danza

L'IMPEGNO DELL'AMAT PER IL BALLETTO

“Danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti”, diceva l’immensa Pina Bausch, coreografa e ballerina tedesca tra le più note e importanti al mondo. Le Marche obbediscono, e danzano. Anche l’Amat non sfugge a questo irresistibile richiamo e, come ogni anno, rinnova gli appuntamenti con l’arte tersicorea selezionando spettacoli e artisti di prestigio, frutto di una scelta accurata i cui buoni frutti sono evidenti quando vengono assegnati i Premi della rivista Danza&Danza, una sorta di Oscar della danza italiana istituito nel 1 987, che conferisce riconoscimenti alla migliore produzione classica e contemporanea, agli interpreti, ai coreografi, ai talenti emergenti. Quest’anno la giuria - composta dalla direttrice della rivista Maria Luisa Buzzi e dai critici Rossella Battisti, Valentina Bonelli, Elisabetta Ceron, Francesca Pedroni, Silvia Poletti, Ermanno Romanelli, Sergio Trombetta - ha acclamato come migliori coreografi due israeliani, tra i quali salta subito all’occhio il nome di Roy Assaf che con lo spettacolo The hill, è

arrivato per la prima volta in Italia alla ventesima edizione di Civitanova Danza, esattamente un anno in anticipo rispetto al riconoscimento di Danza&Danza. Si tratta di un’autentica rivelazione per il celebre festival marchigiano che, bruciando i tempi, aveva già riconosciuto il suo talento prima ancora che venisse scoperto dall’intera Italia. Ma non finisce qui, perché il Premio ha visto trionfare come migliore interprete-coreografa Cristina Morganti, storica danzatrice del Teatro Wuppertal di Pina Bausch nonchè ideatrice e interprete di Jessica and me, spettacolo che il 7 marzo verrà ospitato al Teatro Annibal Caro di Civitanova Marche. Migliore produzione italiana per Danza&Danza è ‘Sopra di me il diluvio’ della Compagnia Enzo Cosimi, formazione di una delle personalità tra le più autorevoli della coreografia contemporanea, che il 21 maggio sarà presente al Teatro Rossini di Pesaro con Welcome to my world, una produzione molto apprezzata dalla critica. (rs)

Leproposte dell'Amatperfebbraio

MARCHE A TEATRO I consigli di Life Marche di Massimo Consorti Raffica di spettacoli a teatro per l'ultimo mese di un inverno più pazzo dell'estate. Il 6, a Matelica, Teatro Piermarini, “Al Pacino” con Cristina Aubry da un racconto di Pierpaolo Palladino. Sempre il 6 febbraio a Gradara presso il teatro Comunale, uno spettacolo di forte impegno civile, “Gente di rispetto” da Pippo Fava, con Marta Bifano, Giuseppe Esposto, Pascal La Delfa. A Fermo (Teatro dell'Aquila) il 6, a Recanati (Teatro Persiani) il 7 e a Fabriano (Teatro Gentile) l'8, va in scena “La gatta sul tetto che scotta”, da Tennessee Williams, con Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni. La regia è di Arturo Cirillo. A Senigallia, il 6, Teatro La Lenice, “Il vestito di Marlene - la danza incontra il rock”, coreografia Mvula Sungani, musiche eseguite dal vivo e testi Marlene Kuntz. Il 7 febbraio a Maiolati (Teatro Spontini), “La politica insegnata a mio nipote. Capitolo I: il mattino ha l'oro in bocca”, di Sonia Antinori. Spettacolo-concerto tutto da seguire quello che andrà in scena al Teatro Rossini di Pesaro il 7 febbraio: Mauro Pagani “Crêuza de mä 201 4”. A Camerino (Teatro Marchetti) il 1 0; ad Ascoli Piceno (Teatro Ventidio Basso) l'1 1 e il 1 2; a Pesaro (Teatro Rossini) il 1 3, 1 4 e 1 5; il 1 6 a Iesi (Teatro Pergolesi) “Servo per due” (One Man, Two Guvnors), di Richard Bean, con Pierfrancesco Favino e il Gruppo Danny Rose. A Urbino, l'1 1 febbraio al Teatro Sanzio, “Tutto Beethoven”, mega concerto dell'Orchestra Filarmonica Marchigiana. A Maiolati (Teatro Spontini) il 1 3 e a Porto Sant'Elpidio (Teatro delle Api) il 1 4, “Sono nata il ventitrè”, e di con Teresa Mannino. A San Benedetto del Tronto (Teatro Concordia), il 1 9 febbraio, “Taxi a due piazze”, di Ray Cooney, con Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia, regia di Gianluca Guidi. Sempre il 1 9 febbraio a Urbino (Teatro Sanzio), “Il visitatore” di Éric-Emmanuel Schmitt, con Alessandro Haber e Alessio Boni, la regia è di Valerio Binasco. A Pergola, il 1 9 (Teatro Angel Dal Foco), “Il mio amico Giorgio Gaber”, con Gian Piero Alloisio e Gianni Martini. A Osimo il 20 (Teatro La Nuova Fenice), “Earth Hotel” con Paolo Benvegnù. A Matelica il 21 (Teatro Piermarini), Sergio Staino è il protagonista di “Assassination Tango”. A San Costanzo il 21 (Teatro della Concordia), Piero Massimo Marchini in “Scherziamo”, per la regia di Max Giusti. Il 22, ad Ascoli Piceno (Teatro Ventidio Basso), “Il Piccolo Principe” di Antoine De Saint- Exupéry, con Paolo Cutuli e Francesco Aiello. La regia è di Dora Ricca. Due giorni, il 24 e 25, di grande teatro a Iesi (Pergolesi) “La dodicesima notte” di William Shakespeare, con Carlo Cecchi. A Monte Urano (Cine Teatro Arlecchino il 26 e a Pollenza (Teatro Verdi) il 27, “Tale madre, tale figlia”, con Amanda Sandrelli e Elena Ferri. La regia è di Laura Forti. Da non perdere il 27 e 28 febbraio, “Fissòarmonikòs” al Teatro Annibal Caro di Civitanova Marche, di Giorgio Felicetti, con Giorgio Felicetti e Valentina Bonafoni. Chiusura col botto il 27 a Fabriano (Teatro Gentile) e il 28 a Fano (Teatro della Fortuna): in scena Ottavia Piccolo in “7 minuti” di Stefano Massini per la regia di Alessandro Gassmann.

Cinqueartistidellanostraregionealleaudizionilive

MUSICULTURA CON ENZO AVITABILE E LA CHICCA JONATHAN DEMME di Rosita Spinozzi La musica torna ad essere protagonista a Macerata con le audizioni live che si alterneranno, fino al mese di febbraio, nell’ambito della XXVI edizione di Musicultura, dando vita a nove giorni di spettacolo aperti al pubblico, durante i quali le sette note voleranno alte nello storico Teatro della Società Filarmonico Drammatica di Macerata. In programma l’esibizione di oltre 250 musicisti provenienti da tutta Italia, e una rosa di 46 artisti selezionati tra cui spiccano cinque marchigiani in gara: i Lettera 22 di Recanati, già vincitori della XXIII edizione di Musicultura, Elpris di Macerata, Lucio Matricardi di Porto San Giorgio, Francesco Mazzanti di Recanati, Turkish Café di Macerata. Questo e molto altro ancora in vista delle audizioni live che, dopo aver avuto ospiti Mariella Nava e Mafalda Minnozzi con il chitarrista newyorkese Paul Ricci, vedranno il 6 febbraio il sassofonista e cantautore napoletano Enzo Avitabile. Con lui musica e cinema andranno a braccetto, visto che l’artista presenzierà alla proiezione del film ‘Enzo Avitabile Music Life’, presentato nel 201 3 al Festival del Cinema di Venezia e a lui dedicato dal Premio Oscar Jonathan Demme, regista dell’indimenticabile film ‘Il silenzio degli innocenti’. Demme è un grande estimatore del maestro napoletano : “Stavo guidando a New York sul George Washington Bridge – racconta Demme – quando ho ascoltato una canzone di Enzo alla radio. Pur non capendo le parole, quella musica è entrata dentro di me e non mi ha più abbandonato”. La proiezione del film, organizzata grazie alla collaborazione tra Musicultura, il Comune e l’Università degli Studi di Macerata, coinvolgerà gli studenti dell’ateneo e degli istituti scolastici superiori cittadini. Ma anche tutti coloro che vorranno partecipare all’appuntamento, prenotando al numero 071 /7574320 oppure scrivendo a musicultura@musicultura.it. La serata si preannuncia imperdibile, visto che Enzo Avitabile non mancherà di sorprendere il pubblico presente al Teatro della Filarmonica con una performance acustica studiata appositamente per l’occasione.

AcquavivaPicena: l’arteafavoredichihabisogno

IL SOGNO CONTINUA

Arte e solidarietà a volte percorrono la stessa strada grazie all’animo generoso di artisti e mecenati. Ne è chiara dimostrazione l’iniziativa ‘Il Sogno continua’, organizzata dall’associazione Nell’Arte di Gian Luigi Pepa, in collaborazione con l’assessorato alla cultura del Comune di San Benedetto del Tronto, e la partecipazione di venticinque artisti del territorio che hanno ritenuto opportuno mettere il proprio talento a disposizione delle fasce più deboli attraverso un’asta di beneficenza che vedrà protagoniste le loro opere.Tutto è iniziato con la rassegna collettiva ‘Acquaviva nell’Arte’, suggestivo percorso pittorico che durante l’estate ha impreziosito il centro storico di Acquaviva Picena, al quale, grazie all’intuito di Gian Luigi Pepa, è stato affiancato il bando di concorso ‘Il Sogno’, che consisteva nel presentare un’opera ispirata ai versi dell’omonima poesia di Anna Maria Giampieri. A distanza di alcuni mesi, ‘il sogno’ è proseguito nel periodo natalizio con una collettiva presso la Sala Consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto, primo passo verso un’asta pubblica che sarà bandita durante l’estate con lo scopo di devolvere il ricavato in beneficenza. Gli artisti che hanno aderito all’iniziativa sono Tanya Del Bello, Elena Taffoni, Gian Luigi Pepa, Barbara Borsoni Ciccolungo, Emanuele Califano Lidak, Anna Rosa Petrini, Ernesto Veccia, Giorgina Violoni, Nadia Portelli, Katja Amabili, Patrizia Guidotti, Maura De Carolis, Lorita Rogantoni, Marcello Poledrini, Patrizio Moscardelli, Virginia Di Saverio, Elena Di Lorenzo, Milena Bernardini, Giusy Gaetani, Giusy Scartozzi, Gabriele Scartozzi, Fabrizio Scartozzi, Marcella Marri, Gianna Pansironi, Cristian Moldovan. “Anche gli artisti credono nel dono e nella beneficenza, pertanto l’idea dell’asta pubblica è un semplice ma concreto gesto a favore di chi ha bisogno”, spiega Gian Luigi Pepa, sottolineando che l’obiettivo della collettiva ‘Acquaviva nell’Arte’ è quello di portare avanti una manifestazione che non sia fine a se stessa, ma aperta a nuove forme d’arte e collaborazioni aventi come fine ultimo la promozione del lavoro effettuato dagli artisti, dando così visibilità in modo particolare ai tanti giovani che fanno di questo mestiere fonte e ragione di vita. “Motivo per cui, dopo aver ampliato la rassegna con il concorso ‘Il Sogno’, ci è sembrato opportuno mettere all’asta le opere rimaste per dare maggiore forza al gesto di solidarietà. Un’idea che è stata apprezzata da molti perché cerca di unire il valore dell’arte e della cultura all’aspetto benefico”. Ben vengano, dunque, la sensibilità e l’operato di Gian Luigi Pepa che può essere definito a pieno titolo un mecenate della nostra epoca, mosso unicamente dal suo grande amore per l’arte e nei confronti del prossimo. (rs) 3


TURI SMO

TurismoneiluoghidiCulto

SAN GIACOMO DELLA MARCA A MONTEPRANDONE

Iviaggi delpoeta

TORRE DI PALME VIAGGIO D’INVERNO

Pellegrini marchigiani verso l’arte del bello

Dappertutto regnano un ordine e un nitore che s’infondono a chi s’incammina

di Eleonora Crucianelli

di Enrica Loggi

Il volto sereno di Padre Lorenzo mi accoglie all’ingresso del convento dove quello che doveva essere un breve appuntamento informativo si trasforma in un’avvincente visita guidata fino ai locali privati dei frati francescani. La pila di libri che trovo pronti per me in Sagrestia non smentisce le origini di questo acclamato Santuario fondato nel 1 450 proprio come biblioteca dei 1 87 codici che san Giacomo volle mettere a disposizione di studiosi e religiosi esterni. Una biblioteca moderna, per così dire, che sebbene ormai lontana dai tempi di Remigio e Salvatore, minacciava con la scomunica i lettori distratti che non ne avessero restituito i preziosi contenuti. Le curiosità sul Santo e sui suoi luoghi narrate con entusiasmo dal mio mentore sono davvero moltissime e lo sono ancor di più quelle legate alla costruzione del Santuario e alle opere d’arte in esso contenute. Tanto per iniziare, una legata al nome della chiesa: comunemente detta san Giacomo della Marca fu in realtà voluta ed intitolata verso la metà del 1 500 da lui stesso a Santa Maria delle Grazie ritratta proprio nella formella in terracotta donata dal Santo che oggi è diventata fulcro di venerazione miracolosa. Un’opera che rimanda alle famose Madonne Corsini del Della Robbia (come quella dell’ospedale Santa Maria Nuova a Firenze), primordiale esempio di un industrial design ante litteram che qui assume un significato del tutto nuovo. Come avviene continuamente in questo luogo, anche qui l’apprezzamento artistico si intreccia all’adorazione religiosa secondo la quale l’immagine sacra sarebbe stata protagonista di un evento miracoloso che, durante una visita di San Giacomo a frate Francesco della Rovere di Savona, avrebbe visto il capo della Madonna inclinarsi in segno di approvazione della fede mariana del Santo. I piani di lettura del Santuario sono davvero molti ed a quelli già citati si aggiunge la stratificazione storico architettonica dell’edificato che oggi è generato dal rimaneggiamento e sopraelevazione settecenteschi del primo convento biblioteca e della chiesa. Così le tracce murarie antiche fanno capolino quando meno te l’aspetti attraverso le pareti della nuova struttura, come ad esempio nella cappella di san Giacomo dove al corpo intatto del Patrono fa da sfondo un altare in pietra che, se osservato attentamente, si rivela essere un portale rinascimentale probabilmente in origine posto all’ingresso dell’ambiente. Anche il gruppo del Crocifisso deterrebbe una sua peculiarità stilistica e culturale. Pare infatti che nell’eseguire le due figure della Madonna Addolorata e San Giovanni risalenti al 1 540, Vincenzo Pagani, ingaggiato con lo scopo di imitare il modello ascolano di Cola dell’Amatrice, avesse di proposito contraddetto l’ordine personalizzando del tutto le due figure. Perciò la Madonna ci appare del tutto plasticizzata mentre il san Giovanni composto e malinconico ricorda una pittura che si rifà esplicitamente a Lorenzo Lotto. Le bellezze di questo posto sono ovunque intrise di storia e curiosità. Le pareti che oggi ci appaiono intonacate rivelano rarissimi tratti affrescati con tutta probabilità dai fedeli di Monteprandone che qui venivano sepolti nel XVI Secolo e che in quel tempo avrebbero connotato meravigliosamente l’intero paramento murario andato poi distrutto nel tempo. La ricostruzione temporale delle epoche che hanno segnato la realizzazione del Santuario è un viaggio pregno di sorprese come quella rivelatasi ai restauratori del portale ligneo d’ingresso quando, durante il lavoro di ripulitura, rinvennero la moneta con l’effige di Gregorio XIII che ne testimoniava l’epoca e la predilezione del tempio da parte del Papa. La mole con la quale oggi il Santuario domina il paesaggio si deve molto alle operazioni di rifacimento effettuate nel 1 700 in occasione della canonizzazione di san Giacomo che portò con sé anche l’acquisizione di nuovi pezzi d’arte e d’arredo presto ceduti insieme a gran parte dei preziosi Codici in età napoleonica, durante le operazioni di sgombero dai conventi degli ordini religiosi. Solo nel secolo successivo si riuscì a restituire una degna immagine alla chiesa anche e soprattutto attraverso l’impresa del Tegli di raffigurare l’intera vita del Santo nel ciclo pittorico delle lunette del chiostro. Il culto del santo è da sempre una costante per il popolo monteprandonese e più in generale per quello marchigiano. La lettera a Papa Sisto IV con la quale chiedeva di rientrare da Napoli per poter spegnersi nel suo “paesello natale” testimonia una sofferenza del santo alla quale corrispose quella dei suoi concittadini che commissionarono da subito la sua effige ai più talentuosi artisti del tempo. È proprio alla totalità di questa fede che si deve 4

oggi una smisurata produzione artistica legata al suo culto che possiamo rinvenire ancor oggi attraverso i maggiori musei internazionali. Dall’esposizione delle reliquie perfettamente conservate al tronco di quercia superstite esposto nel giardino del Santuario, la presenza di san Giacomo è tangibile in questo luogo e richiama fedeli da ogni dove. È probabilmente a questo che dobbiamo oggi la felice conservazione del patrimonio artistico che essa porta con sé. Dopo oltre un’ora di intensa visita ci congediamo. Appagata da tanta bellezza, mi allontano con la sensazione di aver conquistato un altro pezzetto di quella meraviglia con cui nostro territorio non smette mai di stupirmi.occasione della canonizzazione di san Giacomo che portò con sé anche l’acquisizione di nuovi pezzi d’arte e d’arredo presto ceduti insieme a gran parte dei preziosi Codici in età napoleonica, durante le operazioni di sgombero dai conventi degli ordini religiosi. Solo nel secolo successivo si riuscì a restituire una degna immagine alla chiesa anche e soprattutto attraverso l’impresa del Tegli di raffigurare l’intera vita del Santo nel ciclo pittorico delle lunette del chiostro. Il culto del santo è da sempre una costante per il popolo monteprandonese e più in generale per quello marchigiano. La lettera a Papa Sisto IV con la quale chiedeva di rientrare da Napoli per poter spegnersi nel suo “paesello natale” testimonia una sofferenza del santo alla quale corrispose quella dei suoi concittadini che commissionarono da subito la sua effige ai più talentuosi artisti del tempo. È proprio alla totalità di questa fede che si deve oggi una smisurata produzione artistica legata al suo culto che possiamo rinvenire ancor oggi attraverso i maggiori musei internazionali. Dall’esposizione delle reliquie perfettamente conservate al tronco di quercia superstite esposto nel giardino del Santuario, la presenza di san Giacomo è tangibile in questo luogo e richiama fedeli da ogni dove. È probabilmente a questo che dobbiamo oggi la felice conservazione del patrimonio artistico che essa porta con sé. Dopo oltre un’ora di intensa visita ci congediamo. Appagata da tanta bellezza, mi allontano con la sensazione di aver conquistato un altro pezzetto di quella meraviglia con cui il nostro territorio non smette mai di stupirmi.

C’è una primavera assopita nell’inverno di Torre di Palme, il piccolo borgo fermano arrampicato sulla sommità di un colle che guarda l’Adriatico. Sono andata a cercarlo pescando fra i ricordi, le luci accese nella mente e investite dal tempo. Eccolo, piccolissimo più di sempre e immerso nelle lame di un sole trionfante che cerca le sue viuzze scoscese, esili e tacite in questo inverno caduto a capofitto in un suo divenire, dentro i rabbuffi del vento che agita, all’ingresso, degli alberi di leccio in forma di corone. Dappertutto, il silenzio: come lasciato ad echeggiarsi tra una via e l’altra, diramanti a spina di pesce sul colle aguzzo che guarda da ogni lato, nell’altura che si definisce sotto i passi di chi prova a fronteggiare la sua bellezza petrosa, ad amarla. Torre di Palme nasce presto, nella storia degli uomini. Le sue chiese datano anni intorno al Mille; tre chiese minuscole di mattoni cotti dalla facciata severa e insieme familiare che costeggiano l’infinito, si dispongono lungo la strada maestra che porta al Belvedere sotto il sole di gennaio e ammiccano a una furtiva primavera che scaldi le mura, e si sciolga come in una metamorfosi antica tra passato e presente. La terrazza panoramica conclude il breve perimetro del borgo affacciandosi e lontanando lo splendore del mare, la vicina città di Porto San Giorgio, il Conero all’estremo orizzonte e il contorno festoso delle colline. Vi si erge la torre campanaria di Santa Maria a Mare (XII secolo) e da un lato il piccolo Oratorio di San Rocco, eretto all’epoca dai Monaci Eremitani. Dappertutto regnano un ordine e un nitore che s’infondono a chi s’incammina, adornano case dove lo sguardo può ritrovare un suo nido, una sua storia che da sola si va perdendo nell’incontro con un imminente avvenire. Ed ecco, a sorprenderci ancora, un polittico del 1 400. La firma prestigiosa è quella di Vittore Crivelli. Ci attende nella chiesa di Sant’Agostino, spoglia e magnifica per l’umiltà in cui si racchiude l’immagine centrale della Madonna col Bambino, immersa nei colori smaglianti della veste, nei festoni fiorati e nei frutti che perpetuano il suo denso calore immaginifico, accanto alle effigie di San Pietro ed altri santi che si raccolgono nella perfezione grafica, nell’ordine rigoroso e nella coralità policroma e sentimentale d’insieme, ciascuno immerso in una incandescente e solitaria bellezza. Si esce dalla chiesetta portatrice di questo tesoro per entrare in altri atri, slarghi a precipizio sul mare, fioriture che adornano il cammino, visioni improvvise di piante domestiche a ridosso delle case, in un fervente dettato di pazienza, nell’avvenire segreto che lucida gli spazi, incastona il tempo del silenzio che è il dormiveglia di questo borgo vivo a ridosso delle stagioni, assorto nel suo linguaggio candido, nella sua veste antica che attende dall’alto colle chi ama rifugiarsi nelle precoci propaggini della sua primavera.

Foto di Roberto Tamburrini


IL BORGO SOSTENIBILE

Hotel Rivamare. Best practice dell'accoglienza turistica Il grado di accoglienza di una città o di un’area turistica, assume un’importanza strategica sia come principale strumento di promozione a disposizione degli operatori, sia come elemento determinante per il ritorno del turista in quella località. Il ruolo attribuito dal visitatore al come viene accolto assume una importanza sempre maggiore. Il borgo sostenibile è una realtà locale che si vuole proporre all’esterno come “comunità ospitante”. Questa volontà si deve tradurre in una nuova forma di accoglienza che prevede l’attribuzione al turista o al visitatore di una sorta di “cittadinanza temporanea”. Il turista viene ammesso alla vita della comunità, in questo senso, il ruolo del residente in quanto facente parte della comunità ospitante, diventa un corollario fondamentale affinché il turista possa godere appieno del suo ruolo di cittadino temporaneo e vivere un periodo di vacanza confortevole e degno di essere replicato e consigliato ad altri. Il decalogo del residente del borgo sostenibile consiste nell'essere consapevole di risiedere in un borgo sostenibile che, come tale, gode di un particolare prestigio; nel curare la propria abitazione offrendo alla vista del turista o visitatore di passaggio un giardino curato e/o un balcone fiorito. Tutto quello che esiste all’interno di un Borgo Sostenibile può diventare sfondo per un panorama da ricordare e da fotografare; esprimere cordialità, apertura e disponibilità verso l’ospite forestiero; praticare in maniera rigorosa la raccolta differenziata per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente; contribuire a valorizzare le risorse culturali e ambientali del Borgo; praticare il risparmio idrico ed energetico come modelli comportamentali ecosostenibili; assumere un atteggiamento consapevole ed ecosostenibile nella scelta di prodotti da acquistare; segnalare all’amministrazione locale eventuali inefficienze che potrebbero creare disagio al turista o visitatore; contribuire a migliorare la qualità della vita relazionale all’interno della comunità locale. Gli Hotel utilizzano dei piccoli trucchi per corteggiare gli ospiti fin dal momento del check-in. Piccoli gesti che possono radicalmente conquistare e modificare l'atteggiamento dei clienti e, conseguentemente, influenzare le loro considerazioni e recensioni nel post soggiorno. A differenza di un tempo, dove solo al termine di un soggiorno il cliente andava su TripAdvisor o Expedia per rilasciare una propria recensione, oggi le cose sono cambiate. Con i social network una struttura alberghiera è soggetta fin da subito a giudizi, siano essi positivi o negativi: basta uno status su Facebook o Twitter e l'ospite sta già esprimendo le sue prime impressioni. La sensazione di vivere in un’atmosfera accogliente e ospitale è un fattore emozionale risultante da un insieme di percezioni che vanno dalla positiva considerazione estetica dell’ambiente esterno alla sperimentazione di un confortevole ambiente sociale e relazionale, caratterizzato dalla cortesia, dall’armonia e dalla disponibilità dello staff. Accogliere è fare marketing”, anzi il marketing dell’accoglienza è il marketing che costa di meno e rende di più. Tutte le ricerche dimostrano che i motivi di scelta di una destinazione sono legati alle esperienze precedenti e al passaparola. Saper ascoltare con attenzione è molto importante per adottare strategie di comunicazione adeguate al tipo di cliente. Esperti, consapevoli e profondi sostenitori di questa cultura sono i gestori dell'hotel Rivamare di Massignano. Struttura alberghiera della costa adriatica, aperta tutto l'anno, frequentato anche da molti turisti stranieri. Conferma inconfutabile di “cura del cliente”, ottimo rapporto qualità-prezzo con una promozione hotel dal 1 2 al 22 febbraio per il carnevale 201 5 in mezza pensione € 40, b&b in camera doppia € 45, b&b in camera tripla € 55, occhio attento e critico nei confronti dei trend di accoglienza, presenza costante nella cura dell'ospite, sono le caratteristiche portanti dell' hotel Rivamare di Massignano... come a casa.

Marcheterra dibambole

IL MUSEO DELLA BARBIE DI RIPATRANSONE di Rosita Spinozzi

C’è un po’ di Ripatransone nel ‘curriculum’ della mitica Barbie, biondissima bambola della Mattel che ha fatto sognare intere generazioni. Anzi, possiamo tranquillamente dire senza correre il rischio di essere smentiti, che l’eterna fidanzata di Ken è ormai di casa nel Belvedere del Piceno, dove si è addirittura centuplicata richiamando l’attenzione di molti turisti, visitatori e appassionati del settore italiani e stranieri. Il motivo? La mostra permanente Fashion Dolls, oggi diventata Museo della Barbie, che la giovane collezionista Rosella Iobbi ha inaugurato il 5 ottobre 2008 nel piano superiore dell’agriturismo di famiglia ‘I due cipressi’. L’esposizione è l’unica aperta al pubblico in Italia, vanta oltre 700 esemplari provenienti da tutto il mondo, tra cui

molti pezzi unici di artisti italiani e altri di assoluto prestigio. Uno per tutti la versione bionda della Ponytail, ovvero la Barbie ‘numero uno’ realizzata nel 1 959, che ha un valore di circa ottomila dollari. Tra le chicche, invece, spiccano la serie afroamericana di Byron Lars, tre modelli della Fabergè in porcellana, le collezioni Barbara Millicent, Robert Tonner, Ertè, le Barbie degli anni ‘60 ristrutturate e riproposte dalla Mattel nel 2000. E un prestigioso ‘pezzo’ unico: una Silkstone con abito ispirato a Bob Mackie, appartenente al contest OOAK - One of a Kind (unica nel suo genere). Assai preziosa anche la Bild Lilli, ritenuta la capostipite della Barbie, visto che è stata prodotta nel 1 955 in plastica rigida dalla ditta tedesca Hausser Elastolin su disegno di Max Weissbrodt. «Nel 1 945 Ruthie Mosko fondò la Mattel insieme al marito Isadore Elliot Handler e, osservando la figlia Barbara che trascorreva ore ritagliando bambole di carta dalle riviste, ebbe l’idea di produrne una con un ampio guardaroba da acquistare separatamente. Fu così che durante un viaggio a Lucerna, Ruthie vide nella vetrina di un negozio di giocattoli la bambola Lilli e ne acquistò il brevetto con i relativi diritti. La Lilli venne trasformata in funzione del gusto e della moda americana: nacque così la Barbie, dal nome della figlia degli Handler», spiega Rosella Iobbi, ormai considerata una delle maggiori esperte della bambola tanto da essere invitata a numerose manifestazioni internazionali dedicate al mondo della Barbie. Organizzatrice della ‘Piceno Fashion Dolls Convention’ nelle Marche, evento annuale che include serate di gala, mostre, intrattenimento, e un mercato-scambio per collezionisti, Rosella ha fatto balzare agli onori della cronaca nazionale il Belvedere del Piceno incentivando anche il turismo fuori stagione. Numerosi, infatti, gli appassionati italiani e stranieri che, dopo aver visitato il magnifico Museo della Barbie, si sono innamorati della bellezza del paese. Perché spesso per dare un impulso al turismo, non serve guardare troppo lontano ma promuovere e valorizzare quello che si ha in ‘casa’. Ripatransone, per fortuna, l’ha capito.

Prenotazioni

Via Montecantino, 59 - Fraz. Marina 63061 Massignano (AP) Tel. (+39) 0735 77721 1 Tel. /Fax (+39) 0735 77801 5 hotel@rivamare.it

5


ARCHI TETTURA 6

MeanwhileinMilan...

EXPO CANTIERE 2015 LifeMarche in visita al sito in costruzione

di Eleonora Crucianelli Londra, febbraio 1 851 . Prima Esposizione Universale. Joseph Paxton a soli quattro mesi dall’inaugurazione si impegna a realizzare il suo Palazzo di Cristallo di 33.000.000 di piedi cubi descritto a giugno dal Times come un ordine di architettura interamente nuovo che produce i più meravigliosi e ammirevoli effetti. Parigi, febbraio 1 887. Progetto per l’Esposizione Universale in occasione del centenario della Presa della Bastiglia. Un folto gruppo di eruditi francesi tra cui Maupassant e Zola, protestano con tutte le loro forze contro l’inutile e mostruosa Tour Eiffel che la malignità pubblica, sovente ispirata al buon senso ed allo spirito di giustizia ha battezzato Torre di Babele. All’inaugurazione del 1 889 la stampa e l’opinione pubblica, a bocca aperta definiscono il gigante ferroso come qualcosa di inatteso, fantastico, che lusinga la nostra piccolezza. Milano, febbraio 201 5. EXPO-cantiere in corsa: rubate per voi le immagini che testimoniano un lavoro ininterrotto sette giorni su sette, anche di domenica. Un lavorio a testa bassa come risposta a un turbine di polemiche iniziato fin dall’indizione della Mostra, nel marzo 2008. Dapprima il rischio infiltrazioni mafiose nei subappalti - scongiurato dagli organi antimafia del Comune di Milano, dell’A.N.AC. e della Prefettura il cui operato ha avuto tra gli effetti collaterali anche il blocco della bretella autostradale Zara-Expo - suggeriva già che si sarebbe trattato di un percorso impervio. Poi l’inizio dei ritardi che hanno sancito l’irrealizzabilità entro maggio della promessa linea metropolitana M4. Come se non bastasse, si sono abbattute calamità naturali come le esondazioni incontrollate del Seveso che hanno minato la credibilità organizzativa della città. Di ultima generazione le preoccupazioni legate agli eventi parigini che hanno

decretato l’alto livello di allerta sicurezza e le infinite critiche di contorno come quella ad una promozione balbettante (cit. Philippe Daverio) che fin ora ha permesso di vendere solo 5 dei 20 milioni di biglietti promessi e perlopiù a tour operator asiatici anziché ai visitatori finali. Ben lontani i tempi in cui le critiche (seppur prontamente disattese dalle opere) arrivavano da consigli di voci autorevoli, oggi alla polemica che corre veloce e democratica sui social risponde il NY Times con un patinatissimo video di promozione “36 hours in Milan” in cui la capitale cosmopolita, a metà strada tra la Milano da bere e un’atmosfera radical chic, viene raccontata e decantata efficacemente dagli operatori del settore. Una promozione super partes e sorridente come l’arcimboldiana mascotte Foody, che lascia intravedere un finale a tarallucci e vino, tanto per usare un’espressione ad hoc dovendo descrivere l’epilogo che ci si aspetta dall’italianizzazione di un evento internazionale intitolato “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Vero protagonista di questo semestre sarà dunque il cibo in tutte le sue forme: dall’analisi delle dinamiche socio politiche che ne determinano la scarsità o la sovrabbondanza fino ai percorsi esperienziali narrati da gusto e sapori provenienti da tutto il mondo. 1 40 Nazioni ospiti dislocate tra padiglioni selfmade e Cluster (edifici tematici che accoglieranno anche i Paesi sprovvisti di una sede rappresentativa esclusiva) realizzati secondo i principi di un’architettura ecosostenibile e all’avanguardia che promettono di stupire i visitatori con veri e propri effetti speciali. Il Padiglione Italia, opera centrale nonché unica permanente dell’intera installazione, progettato da Nemesi & Partners sarà realizzato in cemento biodinamico capace di catturare alcuni agenti inquinanti presenti nell’aria e trasformarli in sali inerti utili a liberare l’atmosfera dallo smog. Immaginato come spazio multiforme a metà strada tra Storia epica e Futuro tecnologico, esso conterrà cinque delle maggiori opere d’arte italiane ivi collocate fino al termine dell’esposizione, la cui scelta (la Ebe del Canova - Vucciria del Guttuso - due sculture di Demetra – il Trapezophoros di Ascoli Satriano) non è stata certo immune da polemiche e contenziosi. Così come le opere anche le singole regioni italiane verranno condotte a Milano e dotate di uno spazio in cui poter godere del proprio momento di gloria. Da segnare in calendario il giorno 29 Maggio, apertura del periodo che vedrà le Marche protagoniste fino all’1 1 giugno con un percorso virtuale sul tema della Nutrigenomica e della Prospettiva di Vita attraverso il racconto di cortometraggi originali realizzati da giovani talenti locali. La scelta del progettista è ricaduta inevitabilmente sul marchigiano scenografo Giancarlo Basili, già protagonista a Shangai 201 0 con l’allestimento del Padiglione Italia. A due mesi dal taglio del nastro sembriamo doverci accontentare ancora di rendering fotorealistici per poter prefigurare l’impatto scenografico di un sito accolto con l’onere di risollevare l’economia nazionale e accendere l’interesse del turismo mondiale. D’altra parte, la Storia insegna, i giudizi del febbraio per tradizione pessimista hanno tradito persino i positivisti francesi. Che non sia meglio attendere qualche settimana prima di lasciarsi scappare un italiano «Ti pareva»?

INFORMAZIONI Le Marche oltre la turnazione regionale

Le eccellenze vinicole regionali resteranno in mostra presso il Padiglione del Vino “Taste of Italy” per tutto il periodo dell’esposizione esattamente come il nostro Ufficio di rappresentanza all’interno di Palazzo Italia e nel Fuori Expo di Brera presso lo showroom Elica messo a disposizione per l’occasione. E siccome ci si augura che dei v visitatori approdati a Milano molti siano spinti dalla curiosità di approfondire il nostro territorio così promosso, Urbino, Ancona, Civitanova Marche, Porto S. Elpidio e San Benedetto del Tronto si configureranno come “porte d’ingresso” pronte all’accoglienza e alla promozione delle risorse locali. A Urbino, presso la Data, il tema sarà Arte-Cultura e

distretto del mobile; nella Mole Vanvitelliana di Ancona Blu Economy, Macroregione e Nautica; Edilizia e design dell’Abitare presso lo showroom Simonetti a Civitanova Marche; Moda, Fashion e Lusso al Diamond Centre di Porto Sant’ Elpidio ed infine, presso il Centro Agroalimentare Piceno di San Benedetto del Tronto, il tema sarà Agroalimentare e agroindustria. Per chi avesse mancato occasione di approfondire il tema dell’Expo sponsorizzato dagli eventi regionali del 201 4, c’è ancora tempo per partecipare a Tipicità 201 5, in marzo a Fermo ed entrare nel vivo del “Sistema Marche” attraverso un evento notoriamente agroalimentare che, per l’occasione apre le porte alla promozione di tutti gli aspetti della nostra Regione.


GLI OPIFICI DI MONSAMPOLO JESI E FOSSOMBRONE Continua il viaggio nell’archeologia industriale marchigiana

LeMarche eiNapoleonidi delladiaspora

VILLA EUGENIA A CIVITANOVA MARCHE Quella volta in cui il vino marchigiano salvò Napoleone III

Il duplice passaggio di Napoleone Bonaparte nelle Marche ha lasciato segni interessanti e pregevoli nel nostro territorio, specialmente nell’organizzazione delle tenute agricole, alcune delle quali ancora oggi sono produttive, e consapevolmente tramandano insieme alla loro storia l’intreccio con le vicende napoleoniche. La tenuta civitanovese fu una risorsa fondamentale per Napoleone III quando, rifugiatosi in Inghilterra dopo la sua rocambolesca fuga dalla fortezza di Ham nel nord della Francia, dove era rinchiuso a scontare il fallimento del suo secondo tentativo di rivoluzione, riuscì a sopravvivere vendendo “il vino più asciutto e non zuccherato, mescolato ad acquavite, affinché sopporti il mare e sia vicino al gusto degli inglesi” che si fece spedire da Civitanova. Napoleone III è il “Napoleonide” che più ha dato a Civitanova: non si limitò alla semplice gestione della propria tenuta, ma attivò nella cittadina una serie di iniziative meritevoli. Il suo forte impulso alla tecnologia si diffuse anche alle nostre campagne tramite le nuove esperienze di coltivazione della tenuta che, per le sue dimensioni, ebbe un indubbio ruolo di stimolo sull’intera economia agricola dei dintorni. All’epoca era il solo sovrano europeo con una sincera apertura sociale; con la moglie Eugenia fondò due asili gratuiti a Civitanova Alta e a Poggio Imperiale per i figli dei contadini. Fece realizzare scuole rurali e sostenne l’Ospedale di Civitanova Alta. Tutto ciò portò la popolazione ad una viva simpatia per le vicende della coppia imperiale, proprietaria di oltre metà del territorio civitanovese. Ma facciamo un passo indietro per capire come queste terre arrivarono in mano a Napoleone III e giungere alla costruzione della Villa. Con l’annessione nel 1 808 al Regno d’Italia il territorio marchigiano fu governato da Napoleone Bonaparte, che nominò Eugenio Beauharnais, figlio della moglie Giuseppina, viceré del regno d’Italia. Napoleone attribuì i beni confiscati alla Chiesa alla dotazione personale di Eugenio, rendendo il figlio adottivo uno dei più grandi proprietari terrieri europei. Intorno al 1 820 la tenuta di Civitanova passò da Eugenio a Luigi Napoleone, il più stravagante dei fratelli di Napoleone Bonaparte. Non sappiamo cosa l’abbia indotto ad acquistare da Eugenio

LeMarche elaseta di Sara Anselmi La produzione della seta, diffusa nelle Marche dal Seicento in poi, è fortemente legata al mondo rurale. Gli opifici rappresentano uno dei principali esempi della struttura protoindustriale marchigiana dell’Ottocento, e sono il vero e proprio anello di congiunzione tra città e campagna. Contadini e mezzadri infatti arrotondano i loro guadagni allevando i bachi, mentre nei centri urbani sono attive le filande tra le poche attività extragricole. Lo stesso non si può dire per la fase della tessitura, che rappresenta un po’ il punto debole del processo produttivo nelle Marche, mancando spesso iniziative di innovazione tecnologica principalmente perché, nella maggior parte dei casi, gli stabilimenti erano concessi in affitto e quindi chi li gestiva non era incentivato ad investirvi per ammodernarli. Sono tre gli edifici che citeremo come riferimenti dell’evoluzione tipologica dell’opificio tessile nella nostra regione, a testimonianza sia del contesto storico-economico in cui operavano, e dei modi di produzione, sia della relativa dimensione estetica e forma architettonica L’opificio di Monsampolo del Tronto, col suo impianto ben visibile dalla via Salaria sulla sommità di un colle coltivato a vigneto, sembra non rivelare affatto la vera identità del luogo, del tutto simile ad un edificio rurale. Avvicinandosi si osserva che l’impianto ha due distinti corpi di fabbrica uniti da un passaggio sospeso, che collega lo stabilimento produttivo con l’abitazione degli operai. Entrambi gli edifici sono in muratura con tetto a capanna, ma quello destinato all’allevamento dei bachi si distingue per le dimensioni e la serie di aperture dovute alle necessità igieniche di ventilazione. L’unico elemento decorativo, mutuato dalla tradizione rurale, sono le rientranze ellittiche della muratura. A Jesi prevalgono gli opifici operanti nella fase successiva alla produzione del bozzolo, quella della trattura della seta, come la filanda Bigi – Agostinelli. Come nel caso di Monsampolo, il linguaggio architettonico nasce da principi di pura economia compositiva, nella creazione degli spazi in relazione alla presenza della manodopera, delle macchine e della fonte di energia. La murature in laterizio hanno costolature che consentivano un’ampia flessibilità della struttura per eventuali ampliamenti e la creazione di ampie aperture. Il solaio, costruito in putrelle d’acciaio e voltine in laterizio, e poggiante su pilastrini in ghisa, e la capriata della copertura, realizzata in legno con catena in acciaio, indicano l’origine più recente dell’edificio, rispetto agli opifici analoghi presenti nel comune anconetano, dove prevale l’uso del legno. La filanda Staurenghi a Fossombrone è, nel contesto regionale, l’opificio tessile più vicino ai modelli presenti in Italia settentrionale, ma soprattutto in Inghilterra, dove l’evoluzione architettonica di questa tipologia produttiva rappresenta una decisiva trasformazione della stessa idea di fabbrica. Per dimensione e composizione si tratta di una delle architetture più interessanti nel panorama regionale, col suo splendido affaccio sul fiume Metauro.

la tenuta di Civitanova, resta comunque il fatto che, dopo Waterloo, i Napoleonidi nella diaspora finiscono quasi tutti per procurarsi un pied-à-terre nelle Marche, soprattutto in quell’angolo più marginale, sito a poca distanza dai confini del Regno di Napoli e nelle vicinanze del porto di Ancona. Alla morte di Luigi, il giovane Luigi Napoleone (Napoleone III) ereditò anche il latifondo di Civitanova, proprio mentre si trovava prigioniero ad Ham, dove lo abbiamo lasciato poco fa in procinto di fuggire in Inghilterra e salvarsi commerciando vino marchigiano. Divenuto imperatore sposò Eugenia di Montijo, e la autorizzò farsi una villa a Biarritz, al confine con la Spagna, dove nel 1 856 venne costruita Villa Eugénie. Un episodio che lanciò subito una moda, probabilmente all’origine della Villa Eugenia costruita sul magnifico poggio tra Civitanova Alta ed il mare, sotto la direzione dell’ing. Hallaire. Alla morte del marito Eugenia ereditò la tenuta, che contava “1 00 terreni” e la fece gestire a distanza dai Tebaldi. Nel dopoguerra venne dato il via ad una graduale politica di smobilitazione della tenuta da parte degli eredi e i terreni vennero acquistati dagli stessi contadini. Negli anni cinquanta vi fu una corsa alla parcellizzazione delle aree site a ridosso della villa, con una massiccia speculazione immobiliare, favorita dal fatto che non vi era ancora un piano regolatore. Villa Eugenia venne venduta ad imprenditori del settore calzaturiero e le aree limitrofe alla Villa, classificata dalla Soprintendenza come Bene storico, in occasione dell’adozione del Piano regolatore di Civitanova nel 1 975, divennero edificabili. Le pertinenze della Villa furono separatamente vendute ad imprenditori del luogo. La storica dimora è così rimasta la sola testimone di un passato di bellezza ora negato dal suo stato di abbandono. Il giardino è divenuto una selva, gli arredi e i dipinti sono stati trafugati e dispersi, per anni non è stato fatto nulla. Dopo i recenti crolli del tetto il caso ha suscitato l’attenzione del FAI, che ha organizzato un incontro dal titolo “Villa Eugenia e le residenze Napoleoniche nelle Marche” presieduto dallo storico e critico d’arte Stefano Papetti tenutosi lo scorso dicembre. Si spera sia l’inizio di una fase di recupero di ciò che resta dello splendore di Villa Eugenia. (sa) 7


BI O &GREEN LA MELODIA Igrandi“rossi” delleMarchee dell'Abruzzo

DI UN SORSO CHE SA D'IMMENSO Discorso serio (e provocatorio) sui nostri vitigni e su quelli degli altri. Ma cos'è la purezza?

di Valeria Cesari Oggi provoco, estremizzo, arrivo al paradosso e, nell'osservare la realtà, mi pongo degli inevitabili quesiti. Il fine è sempre quello di invitarvi alla sperimentazione, che nel mondo del vino significa stappare bottiglie e gustarle. Consapevolmente e con mente aperta. Prima di parlare di vino però, è necessario parlare di vitigni, di alcuni dei maggiori vitigni che nella regione Marche vengono egregiamente vinificati, che siano essi tradizionali del nostro territorio, o che siano internazionali. E qui cominciano i dilemmi. Già, perché la guerra ai vitigni internazionali per principio mi ha un po' stancata. L'atteggiamento di molti, che li leggono ormai come sporcatura di un vino che altrimenti sarebbe puro, tira un ceffone a tutti quei territori che invece sono capaci di esprimere molto anche con materiale genetico non originario delle nostre colline, ma che qui ha trovato una dimensione e un'identità propria. E scrivo questo con grande serenità, perché la corsa all'autoctono sempre, comunque, a qualunque condizione rigorosamente in purezza, a mio avviso, rischia alla lunga di sortire l'effetto contrario e apparire come una sorta di accanimento terapeutico nei confronti di varietà che godrebbero invece di felici matrimoni con vitigni di diversa origine... vi avevo avvisato che avrei provocato e spinto il ragionamento al limite. Intendiamoci, io sono per la conservazione del nostro patrimonio genetico, per il suo studio e impiego al massimo del suo potenziale espresso senza accompagnarlo ad altro. Sono per il territorio, per ciò che è unicamente nostro e irripetibilmente di casa nostra, ma parimenti, non sono mai per la condanna dell'altro a prescindere dal risultato finale. Fondamentalmente gli eccessi mi infastidiscono sempre, di qualunque natura essi siano e anche se il punto di partenza del ragionamento non fa una grinza. Ma il troppo stroppia e il sempre stanca. E per questo, fatta salva l'onestà del prodotto e dell'approccio, la sua qualità e la piacevolezza, non chiudo le porte a tutti quei vini che portano con loro una ventata di spezie da legno piccolo, o di profumi di cui alcuni grandi vitigni non italiani sono capaci. Ma partiamo da chi parla la nostra lingua, da quel vitigno che da solo, o in blend con il Sangiovese, dona quei profumi che per noi sono casa, Sua Maestà il Montepulciano. Padre di vini vigorosi e potenti, austeri e suadenti, è diffuso in tutta la nostra regione. Dà origine a un vino di spessore e che col tempo diviene vellutato. Generalmente stabilisce un ottimo rapporto con i legni in cui viene invecchiato e difficilmente li subisce. Nelle Marche, suo compagno storico è il Sangiovese che lo affila e lo impreziosisce nel bouquet specialmente in invecchiamento. Il Sangiovese ha anche ruoli da solista nelle Marche in vini che hanno ancora bisogno di essere raccontati più di altri, non perché siano complicati da gestire al sorso, ma piuttosto perché la loro fama ancora non li precede. Il Sangiovese nella nostra regione è capace di esprimersi intensamente e sa raggiungere profondità e complessità olfattive inebrianti. E poi una chicca, il Lacrima. Viene da un piccolo territorio ed è sulle tavole di tutto il mondo seppur prodotto in quantità contenutissime. Vitigno assolutamente unico nel suo genere, capace di grande freschezza, è potente al naso eppure sussurra raccontando esplosioni di fiori, la rosa su tutti, ma persino di bianco gelsomino, quindi di frutti rossi polposi nella versione superiore. Fragile e indifeso in vigna, quando è maturo lacrima gocce di succo prezioso. Si impone quindi, oltre alla naturale attenzione che ogni produttore accorto ha per sua vigna, anche la veglia perché la vendemmia abbia luogo al lacrimare del primo chicco prima che tutti si spacchino. Da soli, o mano nella mano dei nostri tradizionali, ci sono poi Merlot e Cabernet Sauvignon. Espressione in invecchiamento di spezie scure il 8

primo, più balsamico e dai toni viola il secondo, questi due vitigni sono conosciuti e allevati in tutto il mondo. Non può essere un caso e non se ne può discutere la qualità assoluta. Eliminarli per il solo fatto che sono nati altrove, lo trovo un gesto estremistico da interventista a tutti i costi e che riduce il potenziale di un territorio in cui questi acquisiscono caratteristiche di assoluto pregio. Non pretendo di scrivere per dare risposte. Non possiedo la verità, ma tento un'osservazione cui seguono inevitabilmente, quantomeno, punti di vista. E allora una domanda ce l'ho: perché non consideriamo uno stupro intellettuale usare il pomodoro, arrivato in Italia dall'altra parte dell'oceano, per i piatti della tradizione e lo è utilizzare vitigni internazionali? Perché il pomodoro è arrivato da più tempo? Visione un tantino miope. Nei prossimi numeri vi racconterò di questi signori uno per uno, perché possiate stringere loro la mano. Ora invece, come sempre, vi suggerisco delle etichette per sperimentare quanto da me raccontato. Sono ascolana e, quando apro le finestre, il mio panorama è l'Abruzzo. Per questo tra i miei consigli ci sono anche vini di quella terra che considero da sempre anche un po' mia e che è capace di meravigliose e uniche declinazioni del grande vitigno Montepulciano.

IL VINO COTTO E I RADICALI LIBERI

Dal ragù all'arrosto, da vino da dessert a bevanda dissetante, la nuova vita di un prodotto della nostra terra

“E, mentre la carne inizia a rosolare, aggiungere un cucchiaio da tavola colmo di vino cotto, che darà al vostro ragù un aroma gustoso e inconfondibile”. Per chi era rimasto all’utilizzo del 'vi cuot’ confinato al solo fine pasto, in abbinamento a cantucci, tozzetti e via biscottando, è tempo di aggiornarsi. La più tradizionale delle bevande marchigiane sgomita ora per fare il suo ingresso in grande stile nelle cucine di chef e massaie, dall’antipasto al secondo. “Abbiamo organizzato una serata dedicata al vino cotto in collaborazione con l’Istituto Alberghiero di San Benedetto del Tronto – spiega Laura Frattini, produttrice ripana - ed è stato decisamente rivelatore scoprire in quanti modi può essere utilizzato in cucina nella preparazione dei piatti”. Dal sugo di carne agli arrosti, passando per le verdure, fino alla preparazione di un aperitivo dissetante mescolando vino cotto e acqua frizzante, gli utilizzi di questa bevanda potrebbero rivelarsi una miniera d’oro anche per una ristorazione che oggi deve necessariamente puntare sul prodotto locale per differenziarsi rispetto a un’offerta sempre più standardizzata. Milanese d’origine ma trapiantata nelle Marche da ben diciannove anni, Laura ha conservato probabilmente quella “giusta distanza” che le ha permesso di capire le potenzialità di un prodotto che i “locali” hanno spesso sottovalutato. E’ da qui che è nata l’idea del Centurione, un vino cotto bio-

Dalle Marche

Igt Marche Rosso Quinta Regio, Poderi Capecci - Montepulciano; Conero Riserva Docg Cumaro, Umani Ronchi Montepulciano; Igt Marche Rosso Solo, Fattoria Dezi Sangiovese; Colli Pesaresi Sangiovese Doc Cardomagno, Il Conventino di Monteciccardo - Sangiovese; Lacrima di Morro d'Alba Doc, Marconi - Lacrima; Rosso Piceno Superiore Doc Oro, De Angelis - Montepulciano, Sangiovese; Igt Marche Rosso Doc Pathos, Santa Barbara - Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah.

Dall'Abruzzo

Montepulciano d'Abruzzo Doc Riparosso, Illuminati - Montepulciano; Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane Docg Pignotto, Emilia Monti - Montepulciano; Montepulciano d'Abruzzo Doc Indio, Bove - Montepulciano; Montepulciano d'Abruzzo Dop Amaranta, Tenuta Ulisse - Montepulciano; Montepulciano d'Abruzzo Doc Vigna Vetum, Terzini - Montepulciano; Montepulciano d'Abruzzo Doc Mammut, La Cascina del Colle - Montepulciano; Montepulciano d'Abruzzo Doc Testarossa, Pasetti - Montepulciano

logico realizzato seguendo rigorose norme di produzione che rappresentano una garanzia di qualità e di sicurezza per il consumatore, specie per chi volesse utilizzarlo nella preparazione dei piatti. “Far rimanere questo tesoro confinato nel ‘recinto’ della preparazione casalinga e delle bottiglie regalate a pochi amici e vicini sarebbe stato un vero e proprio delitto e così, seppur con non pochi sforzi, abbiamo deciso di provare a portarlo sulle tavole di tutti”, ricorda Laura. Il primo passo è stato quello di fare un prodotto a norma, capace di poter essere commercializzato in tutto il mondo. E non a caso il Centurione si è subito guadagnato uno spazio lusinghiero nelle cantine di mezza Europa. Merito anche del fatto di essere prodotto da uve biologiche (praticamente un unicum nel panorama marchigiano), a conferma dello stato di salute di un settore, quello bio, che continua a crescere a dispetto della crisi. Il prossimo, auspicato passo, dovrebbe essere quello della Dop, la Denominazione di origine protetta sulla quale si sta lavorando ormai da qualche anno, con il conforto, tra l’altro, di importanti studi scientifici. Secondo quanto emerso da una ricerca della Facoltà di Agraria dell'Università di Teramo, durante la fase di cottura del mosto si sviluppa, infatti, la cosiddetta "reazione di Maillard", grazie alla quale il vino cotto assume un forte potere antiossidante, che "cattura" i radicali liberi e contribuisce alla riduzione di malattie tumorali e cardiovascolari. Nell’attesa, il 'vi cuot’ bussa ora alla porta degli chef marchigiani. Sarebbe un peccato non farlo entrare. (mp) L'Azienda Agricola Laura Frattini, si trova in Contrada Canali, n. 33 a Ripatransone. I numeri di telefono sono 0735 971 04 e 328 2732083. l punti vendita autorizzati sono: Bar Ristorante Dalla Padella alla Brace, via Turati 1 07, a San Benedetto del Tronto, 0735 751 277; Sandwich Time, via L. Einaudi 21 4 Civitanova Marche, 0733 81 6623; Enoteca Terroir, viale F. Corridoni 1 1 , Fermo, 0734 622389. Nella pagina dei coupons di questo numero di Life Marche, si trova quello per acquistare il Centurione con il 1 0% di sconto.


Oltredueettariditerreno coltivatiazafferano

L'ORO ROSSO DELLE MARCHE Il bluff della polvere, la raffinatezza degli stimmi di Massimiliano Paoloni “Costi più tu d’una balla di zafferà”. Chi è abituato ad acquistare al supermercato bustine a 2-3 euro per fare il risotto farà forse un po’ fatica a comprendere questo detto delle campagne marchigiane, eppure c’è stato un periodo in cui anche la nostra regione era uno dei centri di quello che viene chiamato “oro rosso”. Nella zona dei monti Sibillini, dove la coltivazione era particolarmente fiorente dal XV secolo in poi, lo zafferano faceva addi-

rittura parte integrante della dote delle giovani da maritare. Nel corso degli anni la concorrenza di quello straniero, in polvere e solitamente di bassa qualità, ha soppiantato il prodotto locale, con il risultato che la stragrande maggioranza dei campi ha cambiato... destinazione d’uso. Così, chi va ad acquistare zafferano al discount ha circa l’80 per cento di probabilità di portare e casa polvere spagnola, iraniana o indiana. Ovviamente la mancanza dell’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta fa sì che il cittadino resti del tutto ignaro di ciò. Tralasciamo poi il fatto che a volte il basso prezzo può derivare dal fatto che non sempre vengono usati solo gli stimmi (o pistilli), i fili rossi che partono dal centro del fiore e che rappresentano l’unica parte utilizzabile della pianta. Anni di insipidi risotti alla milanese, sposati a un rinnovato interesse per il cibo di qualità, hanno però ridestato l’attenzione sullo zafferano made in Italy, spingendo anche alcune aziende agricole marchigiane a riscoprire questo tipo di coltivazione, le cui caratteristiche (bastano superfici non particolarmente grandi, molto del lavoro è concentrato in periodi ben determinati dell’anno) la rendono peraltro particolarmente indicata anche per piccole realtà a conduzione familiare. La raccolta si effettua tra ottobre e novembre, generalmente alle prime luci dell’alba. Attualmente le imprese produttrici nelle Marche sono una quindicina, più una trentina di piccoli coltivatori hobbysti, per un totale di oltre 2 ettari (circa il 5 per cento del totale nazionale) e un raccolto di più di due chili di zafferano in pistilli all’anno. Chi frequenta i mercati degli agricoltori avrà così avuto modo di notare la comparsa di vasetti con lo zafferano non in polvere ma in stimmi. I tempi di preparazione forse non ci guadagnano, visto che i pistilli vanno fatti sciogliere in acqua calda prima di essere mescolati con la pietanza, ma il palato riconoscerà sicuramente la differenza. Il tutto per un prezzo che si aggira tra i 1 8 e i 25 euro al grammo. Intanto la coltivazione dello zafferano si sta allargando anche ai prodotti trasformati, dal formaggio allo zafferano, altro prodotto di una volta che è tornato sulle tavole, fino al liquore allo zafferano, passando attraverso biscotti, pasta, confetture.

Unaltrotesorodelle campagnemarchigiane

MANGIA VISCIOLE E CAMPI CENT'ANNI

Una ricerca dell'Università di Camerino rivela che le nostre ciliegie selvatiche sono piccoli toccasana per la salute Chi mangia visciole campa cent’anni. Garanzie scritte sarà difficile averne ma ora una ricerca dell’Università di Camerino ha messo nero su bianco che questo tipo di ciliegia selvatica, presente nella tradizione delle nostre campagne, vanta incredibili proprietà salutistiche, al punto da aiutare nella prevenzione delle malattie degenerative. Lo studio, condotto da un’equipe dell’Ateneo camerte assieme a un’azienda agricola maceratese, Si.Gi, premio Oscar Green 201 3 all’innovazione, e alla Regione Marche, deve ancora essere ultimato ma i risultati raggiunti e diffusi sinora sono più che lusinghieri. Analisi e test dal campo al laboratorio hanno dimostrato che nella visciola sono presenti quantità significative di principi attivi che esercitano un effetto benefico per la salute dell’uomo grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. In particolare gli antociani e i polifenoli riducono i danni che le cosiddette sostanze ossidanti causano alle cellule e ai tessuti, proteggendo l’organismo contro la fragilità capillare e vari processi d’invecchiamento. Oltre a ciò, questi frutti sono tra i pochi alimenti ricchi di melatonina, un toccasana per regolare il sonno. In sovrappiù, le visciole vantano un contenuto di betacarotene superiore di quasi venti volte a mirtilli e fragole e sono anche ricche di vitamine C ed E, potassio, magnesio, ferro, folato e fibre. Non deve dunque stupire che questi frutti stiano catturando l’interesse di alcune realtà farmaceutiche per essere utilizzati nel campo della nutraceutica, ovvero di quei particolari alimenti che contengono sostanze benefiche per la salute. Non ditelo però agli agricoltori più anziani, quelli che cinquant’anni fa utilizzavano già le visciole, magari fatte essiccare al sole, per affrontare meglio la fatica nei campi. O che le somministravano ai bambini debilitati per rinvigorirli. Potrebbero non capire il vostro entusiasmo per la novità. (mp) 9


FOOD &WI N E

Unaleggendanatanella ViaVenetodellaDolceVita

LA SAMBUCA E LA MOSCA

La sambuca è un liquore dolce a base d' anice stellato che molto spesso, qui da noi, finisce per tuffarsi nel caffè. Lo scopo è quello di ottenere un dopo pasto dai profumi intensi ed equilibrati. Apprezzata molto per le sue proprietà digestive, ha probabilmente origini arabe. Infatti, ancora oggi, in tutto il bacino del Mediterraneo orientale si usa produrre un liquore a base di anice stellato localmente chiamato Zhammut (profumo), da cui si presume derivi la vera origine del nome sambuca. A dimostrazione di questo, in Sicilia si era soliti bere nei chioschi di piazza “acqua i zammù”, acqua e anice, come dissetante estivo. Gli amanti del caffè corretto con la sambuca adorano il contrasto amaro dell'incontro con il dolce. Sensazione che affascina uomini e donne che vogliono dare un tocco in più al solito caffè. Molto più di una moda la tradizione tutta italiana che lega le due bevande: la sambuca “con la

mosca”, cioè servita con qualche chicco di caffè tostato immerso nel bicchierino. Ma dove nasce questa curiosa usanza? Non ci sono fonti storiche attendibili, ma alcune affascinanti leggende circondano l’origine di questo strano accostamento. Una, in versione cinematografica, colloca la primissima sambuca con la mosca negli anni della Dolce Vita. In un bar di Via Veneto a Roma, Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Walter Chiari e altri grandi attori si sarebbero trovati a bere qualche bicchierino insieme. Per scherzo qualcuno avrebbe gettato un chicco di caffè nel liquore del vicino, urlando “C’è una mosca!”

Per avere sempre a disposizione un ottimo caffè, anche aromatizzato alla sambuca (con aroma naturale), potrete sfruttare le promozioni del mese di Capsy & Cialdy: macchina caffè a 80 euro e in omaggio 50 capsule; oppure l'offerta Lavazza A modo mio, e Nespresso a 23 centesimi a capsula. Il punto vendita Capsy & Cialdy si trova a San Benedetto del Tronto (AP), in via Silvio Pellico, 91 – SS1 6 – tel. 0735 386376

UNA SALSICCIA DA CINEMA Da Bud Spencer e Terence Hill al Totò sceicco. La salsiccia è diventata un must mediatico

10

LedodicidozzinediostrichediGiacomo Casanova

PESCE! E MI RACCOMANDO, BEN CRUDO a cura dello Staff del Puerto Baloo Il pesce crudo rappresenta una "fetta" (si perdoni il gioco di parole) della cultura alimentare tradizionale, identificabile in ogni regione o località costiero-marittima del globo. Fino a pochi decenni fa, in Italia con il temine " pesce crudo" si intendevano soprattutto le ricette a base di prodotti marinati, come le acciughe all'ammiraglia o agli agrumi, le ostriche, le cozze al limone e le uova di riccio di mare. D'altro canto, a oggi, il consumo di pesce crudo non si limita a queste poche preparazioni, tutt'altro. Risultano diffusissimi i carpacci: tonno, pesce spada, ricciola, dentice, orata, ma anche di molluschi come le capesante e le seppie, e di crostacei come l'aragosta, l'astice, gamberi interi e scampi di grossa taglia. Ma in questo periodo dell'anno speciale, dedicato all'amore, sua maestà l'ostrica la fa da regina. La leggenda sul potere afrodisiaco ha origini greche. Si racconta che Venere emerse dagli oceani a dorso di Ostrica e diede in seguito i natali a Eros, dio dell'Amore. Anche gli imperatori romani tenevano in gran conto il consumo di ostriche, e venivano mandate grandi quantità di schiavi in Bretagna per approvvigionarsi del mollusco tanto pregiato; proprio in quel tempo iniziò a diffondersi la fama del potere afrodisiaco dell'Ostrica, che rendeva felici gli amanti e i sovrani di tutto il mondo, disposti a pagare questo mollusco a peso d'oro. Nel Medio Evo continua la popolarità dell'ostrica, ma nel '700 con Casanova, il rinomato bivalve raggiunge il massimo della fama come nobile afrodisiaco. Si dice che il seduttore di tutti i tempi, Giacomo, fosse solito consumarne dodici dozzine prima delle sue epiche imprese. Tutti i molluschi, come le cozze, vongole e ostriche sono famosi cibi afrodisiaci. Devono questa loro fama sia all'aspetto, che ricorda gli organi sessuali, sia al forte contenuto di zinco, un minerale indispensabile per mantenere in buona salute l'apparato riproduttivo. Anche l'aragosta è ritenuta un cibo afrodisiaco, per il modo in cui si mangia: difficile cibarsene con le posate, obbligando i commensali a consumarla con le mani, succhiandone alcune parti come la coda. E questa è la ritualità che, unità alla qualità di prodotti freschissimi, contraddistingue il modo di essere ristorante di pesce di Puerto Baloo. Un luogo che non rappresenta solo il top della qualità ma anche l'angolo in cui la parola “amore” assume significati che profumano di mare e di sentimenti, di carezze sfiorate e baci appassionati. Ristorante PUERTO BALOO: via A.Vespucci n.30 – Molo Nord San Benedetto del Tronto (AP), tel. 0735.593551. Chalet BALOO: lungomare A.De Gasperi n.5 – Grottammare (AP), tel. 0735.633543.

In quanto uomini ancor prima che pensatori, anche i filosofi hanno avuto i loro piatti preferiti, rivelandosi non di rado dei grandi estimatori del mangiar bene. Aristotele stesso ci ricorda che la filosofia nasce quando l’uomo ha risolto i suoi bisogni primari. La salsiccia era nota già nell'antichità romana, fino ad arrivare ai giorni d'oggi dove spopola per versatilità di impiego e soddisfazione per il palato. I cultori di tale alimento sanno riconoscere le salsicce con il giusto equilibrio di carne, grasso, sale, pepe e ovviamente qualità della carne. Oltre ai classici e sempre memorabili impieghi, tra cui la grigliata, nel sugo, nei risotti, con le uova, la salsiccia viene utilizzata anche dai grandi chef stellati. Ecco alcuni esempi famosi. Salsiccia cipolle e birra, risotto con zucca, salsiccia e scamorza, crostata salata di polenta con ripieno di funghi e salsiccia, spaghetti con ragù bianco di salsiccia e carciofi. Anche nel cinema la salsiccia è amata. Come dimenticare la sfida fra Bud Spencer e Terence Hill per la conquista della celebre Dune buggy in “Altrimenti ci arrabbiamo”:"Ce la giochiamo a carte?" "No!" "Vuoi forse dire che sono un baro?" "Sì!" "Perché non ce la giochiamo a braccio di ferro?" "No!" "Ah, sono troppo forte per te, eh?" "L’hai detto…" "Senti, allora giochiamocela a birra e salsicce!" "Sarebbe?" "Una birra e una salsiccia, una birra e una salsiccia… il primo di noi che scoppia paga il conto e perde la macchina!". Indimenticabile anche il film “Totò sceicco”, con la parola d'ordine birra e salsicce - la cui enunciazione è accompagnata dal particolare e spassoso movimento labiale. Una salsiccia da “cinema”, così è stata decretata a furor di popolo, quella del Salumificio artigianale Stipa, ormai diventato mecca per gli appassionati e tutti coloro che amano l'ottimo cibo genuino e con i sapori tradizionali. Il salumificio si trova a Massignano (AP), ma molti clienti arrivano anche dalle provincie limitrofe per fare scorta delle mitiche salsicce di Stipa. Salumificio artigianale Stipa, via Marezi 45/a – Massignano (AP), tel. 0735 72549 – www.salumificiostipa.it


SI FA PRESTO A DIRE SEMIFREDDO Le delizie del palato, le piccole cure dell'anima

Lepesche, lenoci, l'alchermes e... buonCarnevale

IL DOLCE MASCHERATO a cura di Dolce Forno

L'alchermes ha un impiego importante in gastronomia e in pasticceria, come elisir colorante e aromatizzante. E' un liquore composto da alcol puro, zucchero, acqua, cocciniglia, scorza di arancia, acqua di rose e numerose spezie, quali cannella, garofano, chiodi di garofano, vaniglia, cardamomo, fiori di anice. Se c'è un liquore che ricorda l'infanzia, le feste di paese e il carnevale questo è sicuramente l'alchermes. Quale migliore golosità rappresenta il travestimento e l'ambiente scherzoso carnevalesco? Le pesche dolci. Anche la preparazione potrebbe sembrare uno scherzo. Infatti, la tradizione insegna che per dare la famosa forma alle mezze pesche si utilizzano dei gusci di noce, uniti poi da crema al cioccolato. Per gli appassionati che amano preparare queste meravigliose golosità, forniamo la vera ricetta delle pesche dolci: 3 uova, 1 50 gr. di zucchero, 1 50 gr. di burro, 1 /2 bicchiere di latte, scorza di limone grattuggiato, 1 bustina di

Cisonoanchedolcitrendyper tavoleoriginali

MACARONS E POP CAKES LE ULTIME TENDENZE

lievito, farina q.b. (circa 6/700 gr., a seconda del grado di fragranza desiderato), crema al cioccolato, Alchermes, gusci di noce per lo stampo. In una ciotola versiamo la farina, lo zucchero, la scorza grattugiata, il burro fuso, le uova, il lievito e la vanillina. Mescoliamo e amalgamiamo gli ingredienti ottenendo un impasto consistente ma morbido. Stendiamo una sfoglia con l'aiuto del mattarello e con un coppapasta otteniamo dei cerchietti. Appoggiamo ogni cerchietto su metà guscio di noce in modo che cuocendo si formi un incavo. Posizioniamolo sopra una teglia ricoperta da carta forno e cuociamo a 1 80° per 1 5 minuti, facendo attenzione alla cottura. Sforniamo, lasciamo raffreddare sulla grata per dolci per qualche minuto, poi sformiamo i cerchietti di pasta dai mezzi gusci di noce. Immergiamo velocemente in una bagna composta da alchermes e acqua ogni singolo pezzo. Nel frattempo prepariamo la crema al cioccolato nel metodo classico con la quale farciamo le mezze sfere. Uniamo insieme i due gusci e passiamo velocemente nello zucchero semolato. L'opzione per chi ha poca dimestichezza in cucina, o tempo a disposizione ma non vuole comunque rinunciare a portare in tavola dolci bontà fatte come una volta, può acquistare le pesche prodotte da Dolce Forno. Si possono trovare nei supermercati in confezioni nel formato grandi e mignon. Scegliere i prodotti a marchio Dolce Forno significa ritrovare i sapori della tradizione, significa certezza di bontà e qualità. Caratteristiche inconfondibili di questo marchio leader e amato per la sua capacità di rievocare la fatidica esclamazione:”Buono! Fatto proprio come una volta”. Dolce Forno – Contrada Marezi – Massignano (AP). Tel. 0735.72467 – www.dolce-forno.it

di Luca Di Carlo Accantonate il ciambellone, la crostata o il classico pan di spagna morbido e profumato (dolci buonissimi) della nonna. O meglio, preparateli (o fateveli cucinare) con ingredienti sani e magari biologici, per gustarveli a colazione o con un buon tè verde giapponese in foglie. Ma se volete essere trendy e alla moda come le vostre ultime scarpe Louboutin, non presentatele assolutamente come dolci a un evento mondano. In questo caso sareste poco aggiornati e fuori mood, e poco importa se indossate l’ultima giacca della nuova collezione di Lanvin o Dior, perché il tutto risulterebbe comunque stonato. Oggi per festeggiare ricorrenze convenzionali come matrimonio, lauree, compleanni è fondamentale, se vi interessa essere trendy anche in fatto di dolci, affidarvi, ai raffinati Macarons, sempre in voga, coloratissimi e storicamente provenienti dalla nobiltà italiana del 500’ o magari, ai più pacchiani Pop Cakes, provenienti da origini dubbie della cultura popolare anglosassone. Sono questi due tipi di finger food dolci, che coordinati fra loro o presentati singolarmente nelle numerose varianti di gusti e colori, penseranno a rendere le vostre feste, un evento trendy_chic. Il Macaron, vede il suo debutto in Francia all’arrivo di Caterina Dè Medici, la quale commissionò a un pasticcere italiano un dolce da portare con lei nel 1 533 in occasione del suo matrimonio con Enrico II di Francia. Il bravissimo pasticcere ideò queste cialde fatte di meringa all’italiana con farina di mandorle, legate da una crema di burro o meglio ganache al cioccolato. Sono moltissime le varianti di gusti e colori che possiamo trovare oggi in commercio. Ma senza dubbio i migliori Macarons sono quelli realizzati senza colori artificiali, ma solo con colori che lo stesso ingrediente naturale, presente nel suo interno, le conferisce. Estasi pura, quelli del famoso pasticcere francese Pierre Hermé. I Pop Cakes, non saranno raffinati come i Macarons, ma sono di super tendenza e anche buonissimi. Palline che potete realizzare con qualsiasi dolce “sponge” avanzato (pandoro, ciambellone, pan di spagna), tagliato a pezzetti e inumidito con marmellata o creme varie. Una volta formate queste piccole sfere, infilzate con un piccolo stecco, prendono la forma di un grazioso “chupa chups”. Infine, rivestite con ciccolato temperato e sciolto a bagnomaria o eventualmente con glasse di vari gusti e colori, sono pronte per essere disposte con il loro stecchi a disposizione degli invitati, i quali in un sol boccone, si troveranno a gustare un morbido e innovativo dolcetto. Quello che preferite sta a voi deciderlo. Se il nobile Macaron o il plebeo Pop Cake. In entrambi i casi, comunque, il vostro evento risulterà gradito e di sicuro effetto.

Oggi vi parlerò di un dolce molto venduto sia nel mondo della pasticceria che della gelateria: ”il semifreddo”. Per iniziare dobbiamo però fare un po’ di chiarezza. Con il termine semifreddo raccogliamo una serie di tipologie differenti ognuna con caratteristiche diverse tra di loro, per iniziare questo dolce non è un gelato, anche se viene conservato a -1 8°,una delle prime differenze da appuntare è l’incorporamento dell’aria che nel semifreddo è pari al 50%, infatti esso viene spesso definito schiuma ghiacciata,inoltre i semifreddi sono delle miscele realizzate con basi di meringa. Per realizzare un gelato abbiamo bisogno di un mantecatore (macchina che trasforma la miscela liquida tramite il freddo ed un continuo movimento meccanico in gelato), mentre il semifreddo si può realizzare con una semplice planetaria. In questo articolo citerò alcuni passaggi descritti dal noto pasticciere Leonardo di Carlo (traduzione in evoluzione, arte e scienza in pasticceria). Il composto del semifreddo si divide in tre gruppi: 1 -uovo, il quale può essere usato intero, solo l’albume o solo il tuorlo e da questo primo punto ci accorgiamo già che esistono più tipologie. 2-gli zuccheri, oltre al più classico saccarosio, possiamo usare altre tipologie come il destrosio, il miele o gli sciroppi. 3-la parte liquida, come la panna, l’acqua i liquori gli infusi. Quanti sono quindi i tipi di semifreddi ? Semifreddo all’italiana che a differenza di quelli francesi che elencheremo dopo ha come componente in più, la crema pasticciera tra il 20-25%, la quale viene accorpata ad una meringa all’italiana tra il 1 5-25%, con panna tra il 40-50% (la panna deve essere sempre semimontata), il rimanente con aromi e liquori. Il nostro semifreddo risulta quindi più cremoso e meno spumoso, per spiegarci meglio l’aria che incorpora questo semifreddo è minore vista della presenza di una percentuale di crema. Parfait ghiacciato. Questo tipo di semifreddo viene realizzato con una crema pate à bombe dove, mettendo in cottura albume e tuorlo, otteniamo un ricca quantità proteica e di conseguenza una elevata capacità di incorporare aria (ideale per mousse, semifreddi e parfait). La realizzazione del parfait può essere con tre tipi basi: a zucchero cotto, a sciroppo o crema inglese. In pratica si deve cuocere l’uovo fino a 85° e lo sciroppo fino a 1 21 °, i due componenti vengono uniti in planetaria che gira a velocità elevata per ottenere una consistenza spumosa. Il suo risultato sarà un composto equilibrato, in consistenza, non particolarmente grasso e freddo riassumendo così la sintesi del suo nome parfait ovvero perfetto. Bomba gelata. Questa è una composizione mista tra gelato e semifreddo, il termine bomba deriva dal suo stampo originario, una semisfera allungata, dove andremo con una spatola a fare aderire nel suo interno del gelato con uno spessore di due tre centimetri, mentre nel cuore aggiungeremo il nostro semifreddo a base di tuorlo. Lo lasciamo riposare nel freezer per un paio di ore. Per servirlo sarà sufficiente inserire lo stampo nell’acqua calda per pochi istanti, ricordandoci di posizionarlo in un piatto freddo per evitare che si sciolga subito. Il biscotto ghiacciato. Composto da meringa all’italiana tra il 1 0-1 5%, pate à bombe tra il 25-35% e l’aggiunta di panna semimontata tra il 35-45%, la meringa italiana gli conferisce dolcezza, allo stesso tempo il pate à bombe lo rende morbido. Sufflè ghiacciato Rispetto al biscotto ghiacciato si evidenzia un'unica differenza, la maggiore quantità di meringa all’italiana tra il 25-35%, che ne modifica quindi la sua struttura e consistenza. Mousse ghiacciata. In questo semifreddo la presenza di meringa è circa del 30% mentre nel semifreddo all’italiana è circa del 1 0% in meno, la panna raggiunge una percentuale che va tra il 40-50% e il rimanente sono aromi e liquori. Bene ora che abbiamo fatto un po’ di chiarezza nel mondo dei semifreddi non rimane che metterci sotto e prepararne uno insieme: Semifreddo al miele e lavanda (ricetta di Gabriele Bozio). Per lo sciroppo alla lavanda, procurarsi 5g di fiori di lavanda. Fare uno sciroppo di zucchero 1 30g (in una casseruola fare bollire per due minuti 5dl di acqua e 675g di zucchero). Aggiungere 1 ,80 di acqua. Per la base del semifreddo: 1 65 g di tuorlo 300 di zucchero 1 dl di acqua, 40 g di miele, 1 baccello di vaniglia. Per il semifreddo al miele: 1 00g di base semifreddo al miele (preparazione precedente) 50 g di meringa all’italiana,3,5 dl di panna fresca. Buon dolce a tutti. A cura di Fabio Bracciott i Crème Glacée, via Gabrielli, 8 SS 1 6 - Porto d'Ascoli San Benedetto del Tronto (AP) Tel. 349.0524031

11


ARTE& CULTURA LASCIATE Lakermessecarnascialesca diAscoliPiceno

OGNI SPERANZA O VOI CH’INTRATE

Scene, gag e siparietti del Carnevale più pop delle Marche

di Giovanna Mascaretti Il Carnevale di Ascoli Piceno, come tutte le altre manifestazioni carnascialesche, affonda le proprie radici nel substrato storico-antropologico presente in tutte le popolazioni antiche (Babilonesi ed Egizi pare che lo celebrassero per purificare la terra e garantire maggiore fecondità). Arrivando nell’area egea tali riti si codificano in maniera più chiara assumendo un significato spiccatamente religioso dando origine alle Feste Dionisiache e Saturnalia in cui licenza e libertà di costumi, generate sovente dall’assunzione di vino così caro a Dioniso, portano a un totale sovvertimento delle regole della vita quotidiana, con il ricco e il povero che si abbandonano insieme a piaceri e dissolutezze totalmente impossibili nel resto dell’anno (va detto che nelle società antiche le differenze sociali sono molto più rigide e marcate di quanto non avvenga ora). Nel mondo romano i Saturnalia dedicati a Saturno, la divinità che garantiva prosperità al mondo dell’agricoltura, erano partecipatissimi: addirittura veniva eletto un re della festa deputato all’organizzazione dei giochi che erano sempre contraddistinti da un’assoluta licenziosità e sregolatezza. Col tempo l’uso di un costume consente di rendere ancora più irriconoscibili i partecipanti alla festa, nasce quindi la maschera che venne poi esaltata parecchi secoli dopo nella Commedia dell’Arte con la creazione dei travestimenti tradizionali (per esempio Arlecchino, pensate un po’, si riferiva al demone Hallequin o Aliquin!). Il passaggio di queste celebrazioni pagane nel mondo cristiano avviene in un’epoca imprecisata quando vengono inserite nel calendario nel periodo antecedente la Quaresima, cioè il tempo di mortificazione e rinuncia dopo gli eccessi e prima della Pasqua (l’etimologia più sicura del termine Carnevale rinvia infatti a carnem levare, letteralmente abbandonare la carne ossia la proibizione ad alimentarsi con essa come forma di penitenza). Sebbene celebrato in tutto il territorio regionale, quello ascolano è, per tipicità e caratteristiche, il Carnevale che forse più attinge le proprie radici nel passato con il coinvolgimento totale della cittadinanza e degli occasionali stupefatti avventori che diventano essi stessi parte integrante e fondamentale della celebrazione. Scenette e siparietti, con allestimenti fissi o itineranti, allietano tutti i suggestivi angoli del centro storico di Ascoli, in particolare la meravigliosa Piazza del Popolo palcoscenico d’eccezione che per l’occasione viene anch’essa mascherata e colorata da luminarie e festoni, con l’austero Palazzo dei Capitani a vigilare sullo svolgi-

12

mento della festa. Nessuna sfilata di carri come a Viareggio né cortei di maschere dunque ma un vero e proprio teatro popolare che attinge spunti e idee dai fatti legati al costume, alla politica, alla cronaca, sia di stampo locale sia a carattere nazionale e internazionale. Uomini e donne di tutte le età e classe sociale prendono parte alla sacra rappresentazione del Carnevale dando libero sfogo alla propria inventiva imbastendo copioni ricchi di battute taglienti e gags esilaranti in cui però l’improvvisazione gioca un ruolo determinante visto che il coinvolgimento degli spettatori genera risultati sempre diversi e imprevedibili. Costumi ricercati ma più spesso cenciosi e démodé in abbinamento ad un trucco caricaturale e grottesco vanno a completare il quadro in una fantasmagoria di combinazioni prodotto di genio e arguzia, aspetti caratteriali così pregnanti del popolo ascolano. E veglioni, balli e feste sono il naturale corollario alla colorata kermesse…. “Lasciate ogni speranza o voi ch’intrate”, speranza di non riuscire a essere coinvolti e ammaliati da tale spettacolo.

Unodeiteatri-gioiellodelleMarche

L'ANNIBAL CARO DI CIVITANOVA ALTA L'inaugurazione nel 1 872 con Un ballo in maschera e la Norma di Emanuela Voltattorni “Un nuovo ed elegante Teatro si costruirà nell’area comunale, di grandezza proporzionata alla popolazione di Civitanova, e si intitolerà da nome di Annibal Caro, cui la patria intende in simil guisa innalzare un monumento in onore. Avrà tre ordini di palchi. Il prim’ordine ne conterà sedici, oltre la porta d’ingresso: il secondo e terzo diciassette. E sopra i medesimi correrà una loggia aperta e comoda”. Civitanova Alta è un antico borgo - costruito su un colle e protetto dalle mura della fortezza del castello medievale - che conserva tra le sue vie l'eco dell'illustre personaggio locale, di cui la città si pregia di aver dato i natali: il poeta, traduttore, numismatico e drammaturgo, Annibal Caro. Nel 1 859, con un decreto si decise di demolire il vecchio teatro in legno per farne uno più grande e prestigioso che fu inaugurato nel 1 872 con “Un ballo in maschera” di Verdi e la “Norma” di Bellini, e venne intitolato proprio all'intellettuale. Arrancando per le vie del paese, passeggiando tra le bellezze della città, si arriva alla strada principale e non si può che notare il teatro, a partire dal suo antico portale di epoca rinascimentale, riccamente scolpito. Questo si apre sull'atrio dell'Annibal Caro, caratterizzato dalla forma rettangolare, la volta a botte e le colonne doriche alle pareti, che indicano l'entrata della maestosa sala, con tre ordini di palchi e le balaustre decorate sobriamente con le tipiche rosette circolari in gesso dorato. Lo sguardo viene però rapito dallo splendore dell'elegante decorazione pittorica della volta. Vi è infatti raffigurato un velario - un'antica tenda che proteggeva gli spettatori dal sole e dalla pioggia - con un fregio, a foglie d’acanto e medaglioni, dei puttini, cammei e festoni, con al centro un imponente rosone intagliato da cui pende il lampadario. Oltre alle bellezze architettoniche se si visita un teatro non si può che percepirne quel segreto che ne è l'anima e nascosto dietro al sipario, che il regista J-L. Barrault definì “la palpebra del teatro”. Ebbene, vista l'importanza, sul grande tendaggio del teatro di Civitanova Alta non poteva che essere raffigurato Annibal Caro, il quale si trova ritratto al centro di un paesaggio alberato, con lo sguardo rivolto verso i sommi poeti Dante e Virgilio, sullo sfondo di una luminosa visione paradisiaca, affiancato dal dio Apollo e dalle tre Grazie. Rimasto chiuso per 1 4 anni, il teatro è stato sottoposto a un accurato restauro e riaperto al pubblico nel luglio del 1 997.


La“musaMara” eipassinelsacro

LE OPERE E I GIORNI DI MARIO VESPASIANI

Ritratto di un artista poliedrico che ama la materia quanto le nuvole di Rosita Spinozzi Un’onda anomala che dipinge e fa risplendere ogni cosa. L’artista visivo Mario Vespasiani può ‘abitare’ serenamente in questa definizione perché, a dispetto dei suoi 36 anni, ha alle spalle non solo tanta determinazione ed esperienza, ma anche un luminoso percorso in controtendenza rispetto al modus operandi del panorama artistico generale. Vespasiani, infatti, ha iniziato a dipingere quando andavano di moda le installazioni e le provocazioni, parla di spiritualità dell’opera nel momento in cui sono le relazioni e il mercato a decretarne il valore, espone in luoghi che pochi altri avrebbero preso in considerazione. Poi nel 2008 ha dato il via al progetto ‘La quarta dimensione’ in cui, nell’arco di quattro anni, le sue opere hanno ‘dialogato’ con i capolavori di alcuni grandi maestri dell’arte italiana come Mario Schifano, Osvaldo Licini, Lorenzo Lotto. Studia fotografia con Ferdinando Scianna e cinema con Lech Majewski. Ma è anche autore di un libro di fotografie ispirate a una Musa, proprio quando la società esalta un prototipo di bellezza tanto effimera quanto artefatta. Infine ha preferito aprire uno studio nel paese natìo di Ripatransone, anziché assecondare l’esodo verso le grandi città. Perché Mario Vespasiani è nato nel Piceno e desidera mantenere salde le sue radici, portando vitalità di incontri e iniziative in una Regione che, nonostante le pochissime opportunità che offre ai giovani, ha sempre considerato fonte di ispirazione per i colori e le sfumature appartenenti al dna della tradizione pittorica italiana. Non a caso considera i suoi cataloghi strumenti di ricerca per approfondire la conoscenza delle opere, e di un intero racconto tematico che accoglie anche voci estranee al mondo artistico per affrontare l’argomento in diversi campi di studio. Il più recente, presentato alla Libreria Rinascita di Ascoli Piceno, si intitola ‘Mara as Muse’ e contiene le foto che l'artista nel corso del 201 4 ha scattato a Mara, sua splendida consorte: un pregevole lavoro in bianco e nero in cui vengono raccolte oltre ottanta immagini nelle quali, in una sorta di eleganza d’altri tempi, emergono la limpida bellezza di Mara e il suo essere Musa. Scatti in cui l’artista focalizza l’attenzione sull’essenza del fascino femminile, assai lontano dalla concezione attuale dei media che tendono a sacrificare la donna sull’altare della vanità, svilendola così a involucro seducente spesso a margine di un prodotto. Mara, irradiata dall’amore di Mario e vista attraverso il suo obiettivo, è un'altra cosa. Arriva a noi come una dea, velata di grazia e stile. La sua immagine trova riscontro nelle atmosfere, talvolta oniriche, che si fondono con l’ambiente circostante e soprattutto nello sguardo esterno e complice dell’artista che, oltre ad accogliere la bellezza senza appropriarsene, descrive una fioritura estranea ad ogni costrizione iconografica. Nell’intero percorso artistico di Vespasiani, infatti, affiora un delicato equilibro tra l’esterno e l’interno, tra i modi e le parole. Vespasiani attraversa le varie tecniche e le rinnova perché dipinge facendo poesia, presenta carte geografiche dando vita a racconti di storie lontane, realizza splendidi arazzi su purissima seta, trasforma semplici borse in contenitori che fondono arte, architettura e design; ama ritrarre la gente che lo circonda evocando un respiro monumentale. L’arte di Vespasiani non parla a se stessa ma si apre alle contaminazioni, pur mantenendo un riferimento al sacro inteso come componente intrinseco della creazione. Le sue opere adottano un linguaggio simbolico, e la sua pittura parla di un più complesso itinerario dell’anima, incentrandosi sul profondo mistero della creazione e sulla trasmissione del linguaggio dello spirito. Singolare la scelta di fotografare, nel 201 2, corpi nudi di modelle per compiere uno studio sulla calligrafia come origine del linguaggio. Nei corpi femminili, infatti, Vespasiani trova i tratti essenziali, gli ideogrammi di un unico alfabeto che reputa fondamentale nell’evoluzione umana, globale e relazionale. Poliedrico il ‘viaggio pittorico’ di Vespasiani, che ha esposto giovanissimo ai Musei Capitolini di Roma dove ha presentato la mostra ‘Gemine Muse’, per poi vincere a 27 anni il primo Premio Pagine Bianche d’Autore, mentre nel 201 1 è stato invitato al Padiglione Italia della 45° Biennale di Venezia. Dal 1 998 ad oggi ha realizzato circa trenta personali, documentate con volumi prodotti in serie limitata, a cui fanno da corollario testi critici, interviste e testimonianze trasversali.

PALAZZO BUONACCORSI A MACERATA Laforzasimpatica dell’operad’arte di Eleonora Crucianelli

Non c’è metodo migliore per testare l’accessibilità di un luogo di andarci personalmente, magari accompagnati da un campione particolare di quelle persone per cui il luogo è stato concepito. Scriveva Rapisardi: “In ogni opera d'arte c'è sempre una parte tecnica che non può essere gustata che dagli iniziati almeno, e da coloro che ne hanno fatto uno studio speciale. Ma quest'opera d'arte (…) mette in moto tali passioni, suscita tali immagini, che il popolo comprende, e con le quali il popolo si sente in comunione spirituale. È appunto questa forza simpatica (…) che costituisce la popolarità dell'opera d'arte”. Dunque, ammesso che l’arte sia di tutti e che a tutti la si voglia restituire, è soprattutto l’attenzione con cui la si riporge che fa la differenza. Ad accompagnarci in questa visita sono stati prima di tutto mamma Chiara e il suo neonato Giovanni che, nonostante il loro mezzo a quattro ruote e l’esigenza di assecondare la fame oraria, hanno potuto esplorare la collezione per intero: dal Museo della Carrozza al piano seminterrato a quello di Arte Antica al piano primo fino ai tesori di Arte Moderna al secondo livello, con unica tappa presso l’attrezzato baby pit-stop del book shop al piano terra. Sul posto l’incontro con altri compagni di viaggio sconosciuti: essenziali estimatori del moderno e dei futuristi talenti nazionali e nostrani; anziani occhialuti; mariti trascinati; bambini divertiti dall’opportunità di un viaggio virtuale in carrozza e perfino passanti spilorci mossi a entrare da un prezzo d’ingresso che più che politico potremmo definire simbolico. È questo il senso di restituire democraticamente l’arte. In senso concreto e figurato. D’ora in poi il pubblico potrà godere materialmente delle tre esposizioni comunali nell’unico storico Palazzo Buonaccorsi, gioiello dell’architettura cittadina restaurato a partire dal 2002 da Comune e Regione su progetto di Paolo Marconi e Michele Zampilli. Una recentissima operazione di accorpamento delle collezioni (ultima inaugurazione del piano Arte Moderna, Dicembre 201 4), fino a qualche anno fa dislocate altrove, facilita ulteriormente l’accesso diretto alle opere e permette nel contempo di godere appieno degli spazi interni di questo edificio settecentesco che raggiunge il suo climax nel Salone dell’Eneide, laddove potrete intrattenervi nell’estasi stupita sui volti dei visitatori al vostro fianco. Vera essenza di questa democratizzazione artistica il piano primo in cui gioielli dell’Arte Antica si sposano armoniosamente con i tesori decorativi del Palazzo settecentesco. Un connubio perfetto: elementi architettonici barocchi e rococò fanno da cornice a opere pittoriche coeve e antecedenti capolavori dell’arte sacra. Ogni livello è curato in nome di una perfetta coerenza con le opere esposte. Il paramento tessile originale delle sale al primo piano inquadra drammaticamente i volti ritratti mentre il bianco delle pareti del secondo dissimula il contesto architettonico restituendolo con tutta la sua forza nel corridoio d’affaccio sul cortile e sul paesaggio marchigiano. L’attenzione per il visitatore è palese nella cura del dettaglio. Gli strumenti interattivi di approfondimento, lontani dal risultare fuori contesto, si integrano con le opere esposte come nel caso dello schermo orizzontale al piano primo che, attirando lo sguardo verso i testi a comparsa, redime il visitatore distratto attraverso il riflesso in superficie di un imperdibile soffitto cassettonato. Dalla buia tempera del Crivelli all’aeropittura del gruppo “Boccioni”, dalla vettura sportiva Spider Phaeton agli originali arredi delle case dell’architetto Pannaggi, seppur coscienti della inestimabile forza dell’arte si ha la reale percezione di essere parte in prima persona di una narrazione universale che è ancor prima di tutto storia personale di ognuno di noi. 13


MODA &WELLNESS

UN PUNTO DI VISTA STREET UN PO’ HIPSTERICO STYLE Cosa rimane delle collezioni moda uomo autunno inverno 201 5/201 6

di Marco Bagalini Tra Milano e Parigi si è concluso da poco il momento piu significativo della moda uomo. Ci sono state centinaia di sfilate, e ogni designer ha proposto il suo personale punto di vista per la stagione AW 201 5/201 6. Si sa che la moda è soggettiva. E' un sentimento che nasce naturalmente dalla visione e interpretazione di codici che gli artisti presentano. Questa è la ragione per cui si parla di una forma d’arte: l’esperienza eidetica che lo spettatore vive durante una sfilata è paragonabile al sentire soggettivo che scaturisce da un'opera d’arte. Non vogliamo sublimare a tutti i costi un’industria, pur tuttavia, di fronte a questa infinita serie di proposte resta un minimo comun denominatore soggettivo ma tanto naturale quanto un’emozione: cosa ci è rimasto delle collezioni maschili? Un concetto ci è chiaro dopo aver visto molte presentazioni: Hipsterismo di massa. Non vuole essere una critica, ma un modo ironico di vedere un trend che ultimamente si fa sempre piu predominante nello stile maschile. E riteniamo sia un obbligo concedere spazio a questo soggetto emergente: l’uomo un po’ intellettuale, un po’ retrò, un po’ hipster. La palette di colori presentata dalle firme piu seguite,, gira intorno ai classici colori autunnali. Si pensi al verde petrolio, il marrone diluito nei toni sabbia bagnata, il rosso freddo delle albe invernali; codici stilistici declinati verso l’origine dello stile maschile, dello stile retrò di cappotti oversize e di pantaloni di lana classici che non si prendono troppo sul serio. Su questa direttrice sono stati presentati diversi Peacoat, uno dei capi di abbigliamento più antichi, usati ancora oggi nella stessa forma tradizionale sia da uomini che da donne, reinterpretato con contaminazioni piu Pop, decostruito e ricostruito secondo nuovi paradigmi di funzionalità basata su uno stile navy/army che fanno del ritorno al classico un’occasione da sperimentare con accessori vintage e barbe garibaldine. Questo è il trend maschile del momento, è il trend della classicità e della forma, degli accostamenti di estremo rigore scegliendo scarpe dal taglio classico e affusolato magari con doppia fibbia, scarpe che parlano il linguaggio del cuoio di qualità finemente tagliato e che portano avanti un concetto di eterna eleganza; perché una scarpa come quella di Lanciotti de Verzì è un must-have che comunica bene con abiti che nascono dal rigore classico per essere mutuati da dettagli hyper contemporanei e baffi arricciati alla Dalì. L’azienda fornisce ai propri clienti anche scarpe con personale tocco stilistico che nell’armadio di un uomo si collocano a metà tra la moda e il personale senso estetico. In tempi in cui la cifra stilistica è nella ricerca del classicismo rivisitato in chiave ironica e contemporanea, è da tenere d’occhio il best sold dell’azienda: la scarpa classica a doppia fibbia, mascolina e un po’ retrò proprio come vorrebbero Milano e Parigi. Lanciotti de Verzi, Factory Store presso “Il Castagno Brand Village” – Strada Brancadoro Mostrapiedi II, Casette d’Ete- Aperto tutti i giorni dalle ore 1 0.00 alle ore 1 9.30, orario continuato- telefono 0734.871 839.

14

Da Andy Wharol a Madonna, la “strada” che ha rivoluzionato la moda di Luca Di Carlo Partiamo dal presupposto che le "tendenze" che gli stilisti ci propongono ogni stagione sulle passerelle più importanti, nascono da sottoculture urbane, fatte di giovani che vivono la strada, creano e indossano arte e vestiti, in base al loro personalissimo gusto. La Street style è una filosofia, una maniera di vivere e affrontare il quotidiano, non preoccupandosi delle convenzioni, anzi, distruggendo ogni forma convenzionale per creare dalle ceneri di questa uno status personale e affine alle proprie esigenze. E' questa ricerca che dà origine alla creatività, al voler giocare con forme, materiali, colori ed è questa voglia di sperimentare che ha portato negli anni la street fashion a generare varie "correnti" stilistiche. Lo stile Hippy, il punk, lo skinhead, il gotic style, il metal, il grunge e la gym style, per citarne solo alcuni, sono tra gli stili, nati dai giovani, nelle strade delle metropoli più importanti, nella maggior parte dei casi per protesta e voglia di ribellione nei confronti di una vita standardizzata. Ma una nuova corrente stilistica può avere origine anche da un aspetto popolare meno aggressivo e antropologicamente meno "ribelle", quindi più fruibile e comune a tutti, da questi ultimi aspetti nasce la cultura Pop.

I BENEFICI DELLA PRATICA DEL TENNIS

Investire in strutture sportive non è un'utopia "Amici miei, tenete a mente questo: non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori"(Victor Hugo) Praticare uno sport come il tennis procura immensi benefici sia fisici che psicologici. Perciò avere un bravo maestro che insegni con passione il gioco e trasmetta i concetti fondamentali anche attraverso un idoneo materiale didattico è determinante. Imprescindibile è la presenza e disponibilità di campi da tennis adeguati per numero e struttura. La città di Teramo, capoluogo abruzzese con 55.000 abitanti, possiede un solo circolo di tennis: in buona sostanza ci sono più maestri e istruttori che campi. Come è facilmente immaginabile, una situazione così precaria innesca una singolare lotta per la sopravvivenza che non lascia spazio a sentimentalismi, cosa che trovo

Aspetto forse più superficiale, ma non per questo meno rilevante e culturalmente influente, anzi. La Pop Music, la Pop Art, il Pop Style, sono frutti di un unico albero, nessuna prescinde dall'altra, mescolandosi fra loro, per dare origine a un "mood" ben definito. Quando si parla della cultura Pop, non possiamo non pensare al geniale padre della Pop Art, Andy Warhol, ma soprattutto allo spazio che la sua Factory ha dato a innovativi artisti di strada come Basquiat e Keith Haring che ancora oggi sono fonte d'ispirazione per i giovani artisti di tutto il mondo. In questo contesto la moda è stata usata, trasformata, colorata di nuovi aspetti, e soprattutto con la musica e con i suoi rappresentanti, Velvet Underground & Nico, Grace Jones, Madonna, (tutti artisti nati dalla strada e attivi nella Factory di Warhol), solo per citarne alcuni, ha influenzato la grande massa nell'avere un approccio con la moda meno formale, più giocoso e trasgressivo. Ancora oggi, numerose maison di lusso o low cost, utilizzano come testimonial star della musica o del cinema, facendo indossare loro outfit che in molti casi hanno contribuito loro stessi a creare, tenendo in considerazione ciò che piace a un pubblico giovanile, vero e proprio critico nel decidere ciò che è in da ciò che è out. Perchè spesso artefice e creatore all'origine di quello stesso style. oltremodo triste poiché mi piace pensare al tennis come ad uno sport per i nobili d'animo. I benefici apportati da questa disciplina sono molteplici, e non solamente a livello fisico, dato che anche la psiche ne trae giovamento. Difatti con la pratica si sviluppa la capacità di trovare soluzioni tempestivamente, si impara a gestire lo stress mentale e fisico-emotivo nonché ad adattarsi alle diverse situazioni, persino a quelle atmosferiche! Attitudini queste, applicabili e utilissime anche nella vita quotidiana. In più la disciplina personale ne risulta temprata, dal momento che si lavora con l'obiettivo di vincere, ma senza perdere di vista l'etica rispettando le regole del gioco, perché o che si vinca o che si perda, l'importante è battersi con onore. Poi nelle partite di doppio viene dato ampio risalto al lavoro di squadra in quanto sono necessarie una ottima capacità di comprensione reciproca e una certa abilità di comunicazione. In ambito tennistico ci sono attività per tutte le esigenze: dai corsi per bambini a quelli per adolescenti, corsi per adulti, corsi per principianti, agonismo, preparazione per il tennis professionale, campus... L'unico vero problema è la mancanza di campi da tennis nella zona di Teramo. Le conseguenze di ciò sono socialmente sfavorevoli poiché i talenti non si possono esprimere e diventare futuri campioni, i giocatori amatoriali si ritrovano privati della loro passione e ultimi ma non ultimi maestri ed istruttori ne risultano comprensibilmente frustrati. Investiamo nello sport dunque non è una utopia, è nostra responsabilità coltivare i semi del benessere. A cura di PTR, FIT Maria Carolina Chipia Scuola Tennis presso English School, via Delfico, 27 - Teramo - Tel. 333.2278873


In attesa del“big four”, un'occhiata ai trend possibili

MILITARY, SPORTY, BLU, ROSSO E FANGO

Intanto IfStore a Fermo...

È alle porte il nuovo appuntamento dedicato alla moda femminile della fashion week milanese. Quella di Milano fa parte del “big four” insieme a Parigi, Londra e New York. Attraverso questi quattro poli della moda viene forgiato lo stile guida che poi si allarga a tutte le altre manifestazioni; sono le settimane della haute couture, dell’avanguardia e della ricercatezza.Tuttavia il senso di attesa che aleggia intorno a questa manifestazione prende le mosse dalle scommesse che gli addetti ai lavori lanciano come input sulle nuove collezioni. La scommessa è con la qualità, la ricerca di nuove interpretazioni di codici tradizionali, il superamento dei limiti tecnici dei materiali e infine lo studio di nuovi colori e abbinamenti. Questo sentire è il sentire di chi vuole e deve tendere sempre al futuro e all’innovazione, e sono poche le realtà in cui tutti questi

La creativa moda giovane che ispira le grandi griffe

STILE DI STRADA

Tra poco anche da noi l'American Horror Story_Coven di Luca Di Carlo Avere stile, non sempre significa essere alla moda e essere alla moda non sempre è sinonimo di stile. Anzi, se pur legate da un sottile filo, nella maggior parte dei casi, possono essere l'una l'opposto dell'altra. Quando si pensa a Roma, di sicuro non la si vede come innovativa e culla di eleganza e ultime tendenze in fatto di moda, anzi, il contrario. Per strada si possono trovare forme strane, colori e loghi di brand che violentano la vista, tutti mischiati con una così rara accuratezza che quasi non si può credere che tutto ciò sia stato generato da una mente pensante. Ma se consideriamo che tutte le

San Valentino oggi

IL BON TON TRASGRESSIVO La donna contemporanea sa come giocare con la seduzione, si sente forte e ha un’immagine ben precisa del suo corpo e del posto che occupa nel mondo. Si veste per se stessa e fa del fascino della personalità forte e caratteristica uno strumento di seduzione. In questo paradigma l’uomo non può che

concetti sono cosi ben riassunti in un unico evento che dura poco meno di una settimana. Nella sua leggerezza, la moda sa essere un potente media per comunicare messaggi di valore sociale e morale, poiché riflette l’attualità in modo trasparente e tutti ne vengono almeno sfiorati. Ecco allora che emergono squilibri planetari camuffati da pregiate lavorazioni su tessuti e tagli sartoriali. In tal senso la vera questione in ballo non è tanto seguire i trend o ignorarli, bensì codificarli e comprenderli secondo il proprio linguaggio personale. Ecco come spunta allora lo stile military, con sfilate di modelle in divisa nascoste da cappotti sagomati e tonalità mimetiche; oppure ancora lo stile più dichiaratamente sporty che fa della tecnica dei materiali il proprio cavallo di battaglia per dare un tocco ironico all’eleganza di tutti i giorni. Quest’anno sono nell’aria diversi temi e diverse palette colori che saranno ricorrenti: il rosso porpora, il blu, i toni del fango e dell’antracite. Tutti questi trend vengono riassunti in un unico spazio moda, che è uno spazio di ricerca e contaminazione: l'IfStore. All’interno di questa storica boutique, la cui chiave di volta è proprio nella ricerca delle collezioni di avanguardia, a partire dalla jeanseria firmata, fino ad arrivare agli abiti da cerimonia con un tocco in più che contraddistinguono il gusto di Adriano, titolare dell’azienda. Già dal 1 976, la boutique si è prefissa come must lo scardinamento dei tradizionalismi forzati, strizzando l’occhio alla colorata vita di Carnaby Street, e facendo del proprio spazio una finestra sulla qualità di firme giovani e anticonformiste. IfStore è un polo in cui convergono studenti, appassionati e cultori dello stile poiché la boutique si pone come finestra sui trend stilistici contemporanei. Adriano e il suo staff lavorano costantemente per coniugare tradizionale qualità e avanguardia, evolvendo sempre l’immagine del negozio senza perdere di vista la coerenza che da decenni contraddistingue una boutique che si può dire aver fatto la storia nel fermano. (mb) IF Store - Via Ippolito Nievo - Fermo Tel. 0734.600682 - www.ifstore.it

rivoluzioni nella moda sono avvenute creando e mischiando tagli e capi, all'inizio considerati improbabili, allora possiamo, forse, vedere Roma come una nuova Londra. Anche per le strade romane, nella passata stagione, ma ancora oggi, sta spopolando tra i teen ager uno strano mix dark/witch, fatto da pezzi base, come cappelli a falda larga, rigorosamente neri, coordinati a trench o capi spalla neri dal taglio un po' retrò ma anche dallo stile, ancora, vagamente anni 80', e da gonne nere lunghe e strette in alcuni casi o più morbide in altri. Tutto questo è dovuto al grande successo che ha riscosso oltreoceano American Horror Story_Coven, che con le sue aspiranti e trendy streghette, residenti in una magica New Orleans, ha portato nello stile delle giovani ragazze americane prima e nelle passerelle poi, un mix intrigante, sexy ed elegante. Uno stile che griffe storiche come Balenciaga, Saint Laurent e Givenchy hanno assorbito subito nelle loro collezioni, senza nemmeno troppa fatica, visto che di base il nero è il loro must. Ma anche case di moda low cost come il nuovo marchio COS, nato da una costola di H&M, ma per un pubblico dal palato più raffinato e minimalista, che ci offre capi sia da donna che da uomo asciutti e intriganti. Ciò che si vede per le strade di Roma (e c'è da scommettere fra breve anche in quelle di Ancona, di Pesaro, di Ascoli Piceno e di altre città delle Marche), soprattutto da parte di giovani turisti, (inglesi, americani, giapponesi) è una voglia di coordinare, dei lineari stivaletti neri di Paul Smith a un maglione over size della super griffe Acne Studios a un pantalone sdrucito acquistato in un negozio di seconda mano a un cappotto dal taglio classico, magari appartenuto al padre/madre negli anni 70'. È questo mix/gioco che permette alla moda di strada, se fatta con creatività e con un innato stile e allure, di rinnovare e ispirare le grandi griffe che con i loro talent scout, osservano, spiano, cercano, per le strade di New York, Londra, Berlino, le nuove tendenze da proporre al grande pubblico.

essere succube di questo fascino energetico che emanano sguardi taglienti all’eyeliner e passi decisi su tacchi vertiginosi. L’outfit che immagino in questo momento si basa su una serie di contraddizioni che ben equilibrate possono essere contestualizzate in diverse occasioni: un primo appuntamento se si vuole tenere le redini del gioco, una cena fuori con il partner, una giornata di intenso lavoro che finisce in un aperitivo con i colleghi. Ecco perche colorata o black la gonna in pelle è il pezzo cult di stagione per la sua versatilità e fascino un po’ eccessivo che caratterizza la donna che non ha remore di osare con un outfit accattivante. Le varianti sono infinite: in ecopelle, a vita alta, a pieghe, a tubo, con linea a corolla o con un leggero effetto a sirena... perfetta sia di giorno che di sera. L’abbinamento perfetto è con camicie e top di tessuti in antitesi con la matericità della pelle, penso alla seta o al cotone misto seta, a charmeuse a pregiati rasatelli e a leggeri voile si seta. Basti pensare alle camicie un po’ bon ton dal sapore romantico, i tagli un po’ comodi con maniche riprese sul fondo e colletti decisi magari con una doppia rouche sull’abbottonatura; in questo caso immagino una gonna in pelle a vita alta sagomata sui fianchi e con una linea a tubino per valorizzare le curve femminili. Con una gonna a vita alta è facile sublimare le gambe che appaiono chilometriche, soprattutto vengono slanciate sottolineando i polpacci con un tacco vertiginoso, mentre una gonna al ginocchio, per uno stile classico, la potete abbinare con una camicia maschile da smoking, o di bianco seta. La sensazione di bon ton in una gonna di pelle fasciante disorienta e incuriosisce. Sorgono nella mente di chi osserva domande e dubbi ai quali si cerca di rispondere in modo non banale, ma il dubbio su che tipo di carattere si nasconda in una donna che veste per provocare, senza essere per questo volgare, rimane. L’insondabilità dell’animo diviene urgenza di conoscere, e in questo senso scatta felino il gioco della seduzione a metà tra sacro e profano in bilico tra la seta color crema e la pelle nero fumo. (mb)

UN SAN VALENTINO ROSSO SANGUE Cosa ci hanno lasciato gli Anni '20

di Marco Bagalini 1 4 febbraio 1 929, Chicago: Al Capone mette in scacco il rivale George "Bugs" Moran con il quale si contendeva il traffico illegale di alcol. Vengono contati almeno 50 colpi di mitraglietta su ogni dei 7 corpi ritrovati, una nottata al cardiopalma. Cosi inizia l’ultimo anno del decennio del Charleston, il decennio del proibizionismo e delle feste sregolate, il decennio del Grande Gatsby dove ogni cosa era possibile. Quell’anno San Valentino viene ricordato come “Bloody Valentine”, nella notte in cui il ritmo sincopato 4/4 del charleston veniva suonato in un garage a colpi di mitraglietta, qualcosa in America era cambiato. In quel periodo lo stile sregolato e il lusso estremo si rifletteva nei caratteristici party newyorkesi e negli abiti di femme fatale che si erano finalmente spogliate delle rigide costrizioni da bon ton in favore di abiti larghi, dritti, allusivamente scollati con costruzioni semplici, ma adornati di oro, perline, piume e tutto ciò che potesse alludere al lusso, all’esotico, allo stravagante. Gli uomini newyorkesi un po’ piu dandy e colorati dei protagonisti della strage di San Valentino, erano comunque avvolti in ampi cappotti sartoriali dal taglio squadrato e costruzioni con colli a revers di pelliccia, spesso accessoriati da borsalino. Gli anni ’20 ci parlano di uno stile raffinato con eccessi e sperimentazioni che mai si erano vista prima di allora. Sono gli anni del fermento nella moda e del cambiamento; anni in cui lo stile frenetico della società si rispecchia nella stridenti note sincopate delle trombe e dei fiumi di alcol illegale. Ultimamente ho ripensato molto a quel periodo, e a cosa possa insegnarci ancora oggi in termini di eleganza grazie all’ultimo lavoro di Woody Allen, “Magic in the moonlight” e per la frase molto attuale affidata al personaggio della zia Vanessa: “Il mondo forse non ha scopo, ma non è del tutto privo di magia”. E forse non lo è davvero, considerando che la costumista Sonia Grande (nome italiano di caratura internazionale) ci ha davvero trasportati nella magia di quegli anni, nell’eleganza spensierata e nel romanticismo natuale che si respira in tutto il film. A oggi, molto fuori dal contesto storico e al di la del contesto cinematografico, rivedo il sentire di quegli anni e la magica interpretazione di Sonia Grande nelle collezioni di Ann Demeullemester, nata artista-pittrice e affermata artista-designer: nelle ultime collezioni la stilista dal sapore nordico gioca con i chiari e scuri di diverse gradazioni di nero: dal nero opalescente a quello assoluto e opaco. Ma ciò che mi ha sempre entusiasmato dei suoi capi è il dettaglio rosso sangue che mette quasi nascosto, come se richiedesse una scoperta. Nel suo rosso c’è tutto il senso del magico del nascosto, dell’avanguardia e dello Sturm und Drang del primo romanticismo. 15


PEOPLE Emozionidallacosta

I TRABOCCHI CARI A D'ANNUNZIO Le strutture lignee che caratterizzano il paesaggio marino della costa chietina

Foto di Pina Di Vito

di Christian Dolente Percorrendo la via litoranea che dalla splendida cittadina di Ortona, scrigno d'arte e di cultura, conduce fino a Vasto, l'antichissima Histonium di origine romana, si scorgono a ridosso della linea sinuosa della costa chietina, tra che le pieghe spumeggianti del mare adriatico, numerose architetture lignee sospese sull'acqua. Eccole le sentinelle del mare solide nonostante l'aspetto precario descritte da Gabriele d'Annunzio ne Il trionfo della morte, in quell'estate del 1 897 trascorsa in compagnia della bellissima Barbara Leoni in quel che oggi divenuto l'Eremo Dannunziano, luogo incantevole immerso tra le ginestre e situato non distante dall'abitato di San Vito Chietino. Avvolte da un'aura ancestrale che rimanda all'immagine delle palafitte preistoriche o alle carcasse scheletriche di animali di origine antidiluviana, queste arcaiche macchine da pesca, conosciute con il nome di trabocchi sono posizionate lungo una fascia che intercetta i centri di Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro, Casalbordino. Non si hanno notizie certe sulle origini dei Trabocchi, qualche studioso ha ipotizzato in passato che i primi traboccanti siano stati dei pescatori. Secondo un'altra tradizione, invece, nell' VIII secolo alcuni agricoltori costruirono delle lunghe passerelle affinché ci si potesse spingere verso il mare per sopperire alla scarsità dei frutti della terra costiera. Non troppi anni or sono Pietro Cupido si è dedicato a una puntuale e impegnativa indagine di tipo storico etnografico con l'unico obiettivo di rintracciare i marcatori genetici che hanno dato alla luce i trabocchi che in Abruzzo rappresentano un tratto fortemente caratterizzante dell'economia della costa teatina ed in Italia un vero e proprio unicum in termini paesaggistici. Da tale ricerca si evince che la storia di queste architetture, risultato di intelaiature, travi, passerelle, argani, tiranti, piattaforme, puntellate e ancorate sugli scogli, si lega con ogni probabilità alla vicenda di gruppi di migranti ebrei arrivati sulle nostre coste e precisamente a San Vito Chietino nel XVII secolo. Si deve quindi a due famiglie l'origine dei trabocchi: i Verì giunti dalla Francia, il cui nome in realtà deriverebbe dal termine dispregiativo tedesco Wirr e cioè disordine e gli Heineken, famiglia teutonica che darà origine a un cognome tipico dell'area frentana in questione e cioè Annichini o Anechini. Abilissimi cardatori, funai, pontuaroli, carpentieri, fabbri di grande esperienza, dopo una reciproca fase di studio a distanza e di convivenza conflittuale decisero successivamente di unire le proprie competenze professionali per fare fronte all'urgenza dettata dalla fame e della sopravvivenza. I cantieri che si insediarono verso l'ultimo quarto del XIX secolo sulla costa teatina per la realizzazione della ferrovia del sud contribuirono indirettamente all'evoluzione tecnica e strutturale dei trabocchi. Non è difficile immaginare che in cambio di pesce fresco, gli operai potessero fornire ai traboccanti materiali come dadi, bulloni, segmenti di rotaie, filo spinato etc. (Trabocchi traboccanti e briganti, Pietro Cupido, 2003, Ed. Menabò). Oggi il destino di questi monumenti aracnidei, divenuti delle favolose terrazze sul mare aperto, si affida all'entusiasmo, alla passione e alle capacità imprenditoriali dei nuovi traboccanti che annualmente fronteggiano le mareggiate, gli agenti atmosferici e i cavilli burocratici attraverso numerosissime iniziative all'insegna della cultura e delle eccellenze enogastronomiche del territorio, una delle più riuscite è sicuramente quella che si lega al brand di Cala Lenta.

16

Unosguardoainostri “vicini”partendodalcuore

IL MUSEO DELLE GENTI D'ABRUZZO DI PESCARA 700 mila anni fa il primo cacciatore di Christian Dolente*

Il Museo delle Genti d’Abruzzo rappresenta una delle realtà museografiche italiane più innovative e originali, “un museo dell’uomo”, come amava definirlo il suo ideatore e fondatore Claudio de Pompeis. In sostanza, un museo demo-etno-antropologico che attraverso l’allestimento didattico e coinvolgente delle sue tredici sale espositive, ricche di ricostruzioni d'ambiente e di diorami, traccia la storia dell’uomo in Abruzzo dal suo primo apparire come cacciatore paleolitico (circa 700.00 mila anni fa), sottolinea il contributo offerto dalle tribù italiche dell’Abruzzo e del Molise durante la fase espansionistica dei romani fino all’affermazione di Roma caput mundi, tanto da dare il nome di Italia a tutta la penisola. In una rapida sintesi si evidenzia quanto di questo passato si sia tramandato fino a noi in termini di costumi, credenze, luoghi di culto, riti, feste, produzioni, oggetti, forme. Il tema che accompagna il percorso espositivo si incardina sul concetto di continuità e di persistenza culturale. Ampio spazio è riservato alla mondo della pastorizia che per millenni ha caratterizzato l’economia e, di riflesso, la cifra culturale di una regione che a livello orografico e geomorfologico è in gran parte montuosa. E’ dunque un museo dell’abruzzesità, dell’identità culturale ma anche e soprattutto delle differenziazioni che sono il frutto di millenni di adattamento dei vari gruppi ai particolari ambienti naturali dove hanno vissuto e sviluppato le loro diverse economie. Il Museo delle Genti è collocato in una città che è la migliore porta d’ingresso della regione, crocevia di comunicazione tra le vie che collegano tutti i punti del territorio abruzzese ed è ospitato dal 1 991 all’interno dell’edificio delle caserme borboniche lungo il fiume Pescara, nel cuore della vecchia città. Il piano superiore, settecentesco, fu costruito sul seminterrato che apparteneva alla cinquecentesca fortezza di Pescara. Questi locali nell’Ottocento furono adibiti a bagno penale del Regno delle Due Sicilie, per i detenuti politici. Infatti, dal 1 850 al 1 860 vi furono imprigionati molti esponenti del Risorgimento abruzzese. In questo carcere, oggi sede del Museo del Risorgimento d’Abruzzo e location ideale per performance teatrali di grande impatto emotivo, i giovani rivoluzionari venivano incatenati in coppia con i detenuti per reati comuni, per aumentare la loro pena. Oltre che per i numerosi servizi aggiuntivi (biblioteca, archivio fotografico, audioteca, laboratori di restauro, sale convegni e conferenze, auditorium, ristorante, bookshop), il museo si è contraddistinto sin dalla sua fondazione per aver affiancato, attraverso il Centro didattico-sperimentale "P.Barberini-R.Laporta" le due principali agenzie educative, la Scuola e la Famiglia, offrendo ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie nuove possibilità di formazione e proposte alternative di conoscenza del territorio e dei beni culturali. I servizi attivati sono molteplici: formazione docenti, formazione operatori turistici, formazione operatori museali, visite guidate, laboratori ed escursioni per scolaresche, assistenza ai compiti, domeniche al museo per famiglie, laboratori estivi, corsi d'arte e laboratori didattici per associazioni.

Contatti: www.gentidabruzzo.it museo@gentidabruzzo.it tel. 0854510026 Orario invernale: dal lunedì al sabato: 9/13.30 martedì e giovedì:15/18.30 sabato e domenica: 16.30/20 * Coordinatore Servizi Educativi - Museo delle Genti d’Abruzzo - Pescara


Trentacoristicheformano unacomunità

‘LA CORDATA’ DI MONTALTO MARCHE La montagna nel cuore, nell'anima e sul pentagramma. Voci e colori di una Italia che parte dalla tradizione per guardare al futuro di Rosita Spinozzi Cantano da ventisette anni la montagna con una professionalità e un entusiasmo tali da conquistare non solo il cuore dei marchigiani ma anche del Trentino, patria indiscussa del settore, dove sono considerati un’autentica istituzione proprio dagli stessi cori che hanno scritto le pagine più importanti della storia di questa tradizione musicale. A ripercorrere con noi le origini e il brillante percorso del coro ‘La Cordata’ di Montalto Marche, considerato fiore all’occhiello della coralità marchigiana, è il suo fondatore e direttore Patrizio Paci, diplomato in pianoforte presso il Conservatorio ‘Morlacchi’ di Perugia che, parallelamente agli studi pianistici, ha maturato l’esperienza di direttore di coro oltre ad aver studiato composizione curando, in particolare, l’elaborazione corale di melodie popolari, alcune eseguite e incise da celebri cori trentini, emiliani, sardi, piemontesi, veneti e friulani. A Patrizio Paci, su segnalazione dell’ARCA (Associazione Regionale Cori Abruzzesi), nel dicembre 201 4 è stato conferito a Castelvecchio Subequo (AQ) il Premio Nazionale ‘Padre Mario Di Pasquale’ per la sua carriera di direttore di coro che, nel corso degli anni, lo ha visto raggiungere ambiziosi traguardi frutto di lavoro, impegno, passione e di grande rispetto e amore per la tradizione. Elementi che ha saputo trasmettere a un coro maschile che abbraccia diverse fasce d’età, dando vita ad una formazione che vive e canta in perfetta armonia. “La nostra storia inizia nel 1 984: eravamo un gruppo di ragazzi che durante un’escursione al Monastero di San Leonardo, situato poco sopra le gole dell’Infernaccio sui Monti Sibillini, hanno improvvisato a quattro voci il ‘Signore delle Cime’, suscitando l’ammirazione di padre Pietro Lavini. Tre anni dopo, grazie all’aiuto di altri amici, si è costituita ‘La Cordata’, una formazione maschile composta da 30 elementi che attraverso lo studio del canto della montagna, alpino e popolare, coltiva la gioia del cantare insieme. Il coro nasce ufficialmente il 29 maggio 1 987 a Montalto Marche, un centro collinare ricco di storia e tradizioni musicali, poco distante dalla catena dei monti Sibillini”, spiega Paci che durante il servizio militare nel Corpo degli Alpini, ha maturato la passione per i canti della montagna, interpretati secondo lo stile tradizionale tipico del modello trentino. “L’8 dicembre dello stesso anno, nella Chiesa Santa Maria in Viminatu di Patrignone, don Tiberio Caferri ha battezzato il neonato coro e Renato Cacciamani ne ha inventato il nome, realizzando graficamente lo stemma, mentre trenta timidi coristi in pantaloni neri e maglione rosso hanno intonato il primo canto, ‘Sul Ponte di Perati’, nell’armonizzazione di don Fernando Morresi”. Di acqua ne è passata sotto i ponti, e oggi la timidezza dei coristi ha lasciato il posto al talento e al desiderio di condividere il dono del canto con il prossimo, maturando progressivamente la preparazione musicale e partecipando ad oltre 270 importanti concerti e rassegne corali in varie città italiane e straniere. Il coro montaltese, infatti, si è confrontato con i migliori cori dell’arco alpino, riscuotendo ovunque unanimi consensi di pubblico e di critica, giudizi positivi di illustri personaggi della coralità italiana come Giorgio Vacchi (Coro Stelutis di Bologna), Mario Lanaro (Coro Brigata Alpina Julia), Gianni Malatesta (Coro Tre Pini di Padova), Bepi De Marzi (Coro I Crodaioli di Arzignano), Silvio e Mauro Pedrotti (direttori del coro della SAT di Trento). Prestigiosa e ricca di tappe significative l’attività de ‘La Cordata’ nell’arco di 27 anni in cui spiccano l’organizzazione del ‘Festival degli Appennini’; l’annuale Rassegna di Canti Natalizi ‘Capanna Sanda’, in collaborazione con la Corale di Patrignone; le trasferte in Abruzzo, Lazio, Toscana, Umbria, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Friuli, Trentino, Dolomiti. In Alto Adige dove hanno ricevuto parole di elogio da Lino Zanotelli, baritono storico della SAT e da Tone Valeruz, numero uno dello sci estremo. A Budapest e a Wolfsberg (Carinzia austriaca). Particolarmente significativo il brano del Coro, scritto e dedicato alla tragedia del Vajont, e degni di nota il concerto nell’Aula Magna del Conservatorio ‘G.Verdi’ di Torino, con relativi complimenti di Livio Liviabella, prima viola dell’Orchestra della Rai di Torino, così come l’esecuzione de ‘La leggenda del Piave’ nella Sala del Tricolore e nell’Aula Magna dell’Università di Reggio Emilia. A tal proposito, il 3 novembre 2008 durante la puntata serale di ‘Porta a Porta’ condotta da Bruno Vespa e interamente dedicata alle celebrazioni del 90° anniversario della fine della Grande Guerra, il coro ‘ANA’ di Latina ha eseguito ‘La leggenda del Piave’ armonizzata dal maestro Patrizio Paci, autore di 50 armonizzazioni ed elaborazioni corali di canti popolari che verranno raccolte nel libro ‘Voci e suoni d’altri tempi’ con la prefazione di Mauro Pedrotti, direttore del Coro della SAT di Trento, a testimonianza che ‘La Cordata’, oltre che eseguire i classici della montagna, si caratterizza per un proprio repertorio di canti marchigiani ed abruzzesi.

17


FOCUS COMUNI

Affascinanteefieracomel'aquila

VIAGGIO A FERMO, LA CITTÀ CHE LA MARCA TREMARE FA

18

di Rosita Spinozzi La Storia

Regale, maestosa, affascinante e fiera come l’aquila che simboleggia la città, a partire dallo stemma comunale che mostra uno scudo diviso in quattro parti in cui, oltre al re dei volatili, figurano anche due croci. Appare così ai nostri occhi Fermo, sede arcivescovile e capoluogo dell’omonima provincia nelle Marche, che abbiamo raggiunto in una piovosa mattina in cui un ignaro velo di nebbia ha contribuito a rendere ancora più suggestivi i contorni degli antichi palazzi e l’ampia Piazza del Popolo, conferendo al luogo un’atmosfera onirica che ha esaltato la bellezza di un Comune posto sulla vetta e lungo le pendici del Colle Sàbulo, a 31 9 metri sopra il livello del mare Adriatico. Il motto della città è Firmum firma fides (Fermo città di ferma fede), seguito da Romanorum Colonia (Colonia dei Romani) in relazione alla fedeltà assicurata ai Romani nella prima e nella seconda guerra punica. Fedele, dunque, ma anche potente come testimonia il detto in auge dal 1 336, che sottolineava questa peculiarità con la frase ‘Quando Fermo vuol fermare, tutta la Marca fa tremare’. Reminiscenze storiche a parte, Fermo è arrivata all’epoca contemporanea mantenendo intatto il suo splendore artistico in un mirabile equilibrio tra antico e moderno, tradizione e innovazione, folclore e turismo. Ma anche cordiale accoglienza: la stessa a noi riservata in Municipio dal sindaco che ci ha dato il benvenuto e l’opportunità di visitare le strutture cittadine più emblematiche sotto la sapiente guida dell’operatrice di Sistema Museo, Eliana Ameli. La visita

Il percorso è iniziato nello splendido Palazzo dei Priori, edificato alla fine del Duecento e sede attuale della Pinacoteca di Fermo, dove sulla doppia scalea in cima alla loggia centrale, troneggia la statua in bronzo di Papa Sisto V, realizzata nel 1 588 da Accursio Baldi, detto il Sansovino. Sisto V, Vescovo di Fermo nel 1 571 , conferì molti privilegi alla città effettuando parecchie donazioni, in particolar modo a beneficio delle Università. Numerose le stanze presenti all’interno del più antico Palazzo fermano, a partire dalla Sala degli Stemmi, luogo che rappresenta il potere territoriale della città, in cui sono visibili nella cornice superiore delle pareti tutti gli stemmi appartenuti ai 48 Comuni e castelli dell’antica Marca Fermana, mentre al centro della volta campeggia lo stemma comunale. All’interno della sala è possibile ammirare anche un lampadario di Murano a dodici candele con sei appliques (sec. XIX), un tavolo in stile impero in legno e marmo nero, una specchiera e tre consolle Luigi XV in legno dorato e intagliato (sec. XVIII), sei poltrone in noce di fine secolo XVIII e altri arredi di fine Seicento. Suggestive le sculture in marmo che rappresentano frammenti di teste: un ritratto dell’imperatore Augusto proveniente da Falerone, e una testa di divinità appartenente a una statua di dimensioni colossali, presumibilmente di Giove, che arriva dalla cima del Girfalco, parte della città dove oggi sorge il Duomo. Il ‘divino capo’ è stato restaurato di recente grazie al contributo dei componenti l'assemblea cittadina. Altra meraviglia è la Sala dell’Aquila, luogo in cui si riunisce il Consiglio Comunale, che prende il nome dal simbolo per eccellenza della città, e dalla leggenda secondo la quale proprio in questa sala era tenuta un’aquila donata al Comune di Fermo da Gentile Migliorati, reggente della città nel 1 408. L’aspetto di questo salone che colpisce in modo particolare, è il magnifico soffitto dipinto nel 1 762 con pitture quadraturiste dall’artista Pio Panfili di Porto San Giorgio, che ha reso omaggio alle ‘Glorie della sua Città’ in un proliferare di simboli e oggetti che richiamano le quattro Accademie letterarie fermane con i rispettivi motti, gli emblemi delle arti liberali sotto le quali è visibile lo stemma della città di Fermo (l’Impero Romano, già presente dal 264 a.C., donò il simbolo dell’aquila a Fermo per attestarne la fedeltà), e delle arti legate alla scienza e alla medicina. Volgendo lo sguardo ai lati del soffitto sono rappresentate in quattro nicchie altrettante statue: la Giurisprudenza, Mercurio dio della Medicina, Minerva dea della Sapienza, Marte dio della Guerra, in ricordo dei cittadini che hanno reso onore alla patria operando in queste nobili discipline. L’effetto ottico è notevole e abbraccia tutto il campo visivo, anche perché persino le pareti sono dipinte in modo tale da sembrare una carta da parati. Attuale sede del consiglio comunale, la Sala dell’Aquila ha anche il pregio di includere materiale tecnologico in modo talmente intelligente e discreto da non alterare in alcun modo l’antico splendore di un luogo, dove i dipinti sono caratterizzati da un senso


di profondità che rende ancora più suggestivo l’ambiente. Uniche nel loro genere la Sala dei Ritratti, che un tempo ospitava il teatro e oggi si presta a convegni, conferenze, concerti; e la Sala del Mappamondo, ex Sala delle Commedie, divenuta poi sede della Biblioteca Comunale nel 1 688 per volontà del Cardinale Decio Azzolino Junior, al fine di rendere fruibile la sua vasta raccolta libraria e i volumi provenienti dai lasciti di due nobili fermani ai quali, successivamente, si aggiunse l’importante donazione di Romolo Spezioli (circa 1 2.500 libri), medico personale di Papa Alessandro VIII e della Regina Cristina di Svezia, donna di grande sensibilità e cultura con la quale il Cardinale condivise stima, gusti e interessi, fino a diventarne l'erede universale. Con i suoi 1 5.000 volumi la Biblioteca di Fermo, intitolata a Romolo Spezioli, è tra le dieci biblioteche storiche più importanti d’Italia, nonché la più ricca delle Marche. Vanta un patrimonio librario complessivo di oltre 300.000 volumi ed opuscoli, tra cui spiccano il Fondo Spezioli; il Libro delle Ore della Regina Cristina (manoscritto miniato); 681 incunaboli (primi testi a stampa che vanno dal 1 450 al 1 500, quindi i più rari); la preziosa lettera che Cristoforo Colombo scrisse ai reali di Spagna al suo ritorno dal primo viaggio nelle Americhe di cui al mondo esistono soltanto cinque esemplari; 1 27 codici manoscritti,3.000 manoscritti, mentre il seminario vescovile comprende 45.000 volumi. Il mappamondo di Fermo e la Pinacoteca

All’interno della Sala è collocato l’immenso mappamondo realizzato nel 1 71 3 dall’abate Silvestro Amanzio Moroncelli di Fabriano per il nobile fermano Morroni, e in seguito donato alla Biblioteca. Il mappamondo ha una struttura interna lignea con un asse di ferro, è rivestito in carta di Fabriano sulla quale Moroncelli scrisse e disegnò a mano, misura 1 85 cm di diametro ed ha una circonferenza di 568 cm. Una curiosità: nel globo manca l’Australia perché venne esplorata nel 1 770. Degni di nota i capolavori della Pinacoteca, disposti in cinque sale: la Sala di Storia Locale, in cui sono conservati i manufatti ed i cimeli legati alla città, tra cui ‘Lu Marguttu’, fantoccio in legno di rovere policromo che veniva utilizzato il 1 5 agosto per la giostra della Quintana in occasione della Festa dell’Assunta, patrona di Fermo, oggi degnamente rappresentata dalla celebre rievocazione storica ‘Cavalcata dell’Assunta’ che quest’anno raggiunge il traguardo della 34^ edizione con il coinvolgimento di dieci contrade; la Sala degli Ori con i dipinti del periodo gotico cortese tra cui spicca il polittico ‘Storie del martirio di Santa Lucia’ dipinto nel 1 41 0 da Jacobello del Fiore e l’opera ‘Madonna in trono con bambino’ di Andrea da Bologna; la Sala Boscoli, la Sala del Barocco, la Sala del Rinascimento, che ospitano i dipinti di Vittore Crivelli, Vincenzo Pagani; gli arazzi in seta, fili d’oro e peli di cammello realizzati da Giusto di Gand, pittore fiammingo che ha lavorato anche alla corte di Urbino; le pregevoli opere che vengono dalla chiesa di San Filippo, tra cui ‘L’adorazione dei pastori’ (1 608), unico dipinto del fiammingo Pieter Paul Rubens presente nelle Marche, e la Pala della Pentecoste di Giovanni Lanfranco (1 625). Merita una visita approfondita anche il Museo Archeologico, con la sua interessante mostra permanente dedicata al periodo Villanoviano e Piceno dal IX a III secolo a.C, che comprende materiali rinvenuti dalle necropoli fermane in contrada Mossa e contrada Misericordia. Il Teatro dell'Aquila

Altro ‘gioiello’ incastonato nella città di Fermo è il Teatro dell’Aquila, che in precedenza aveva sede nella Sala del Mappamondo e poi nella Sala dei Ritratti, e infine, dopo l’incendio del 1 774, ricostruito fuori dal Comune, in una zona a metà strada tra la Piazza e il Duomo. Inaugurato il 26 settembre 1 790, il Teatro è stato realizzato da Cosimo Morelli di Imola, architetto dello Stato Pontificio, e inizialmente era in stile settecentesco con sala ovale e scena a ‘tre bocche’. Non c’era l’attuale golfo mistico per l’orchestra e i colori erano turchese e oro. Dopo i restauri effettuati nel 1 830, il Teatro dell’Aquila è stato rimodernato e modificato nella forma (a ferro di cavallo) e nei colori (rosso e oro), quindi impreziosito con il dipinto sul soffitto del pittore romano Luigi Cochetti che ha raffigurato gli dei dell’Olimpo con Giove, Giunone, le tre Grazie e le sei Ore notturne danzanti intenti ad ascoltare il canto di Apollo. Al centro splende un grande lampadario del 1 830, proveniente da Parigi. Con i suoi 1 24 palchi distribuiti in cinque ordini a cornice della platea, per una capienza complessiva di 1 .000 posti, un palcoscenico di 350 mq e un’acustica perfetta (tanto da poter utilizzare la struttura anche come sala di registrazione), il Teatro dell’Aquila è il più grande della Regione Marche e uno dei più blasonati d’Italia. In oltre duecento anni di attività ha ospitato manifestazioni di prestigio e ospiti illustri del mondo della lirica come i tenori Beniamino Gigli e Mario Del Monaco, e il soprano Renata Tebaldi. Le Cisterne Romane

Altra peculiarità assoluta del territorio fermano sono le Cisterne Romane, struttura sotterranea del I secolo d.C., utilizzate come acquedotto per fornire acqua alla città di Firmum Picenum. L’ingresso è stato ricavato in età moderna da Via degli Aceti, passaggio realizzato in concomitanza con la costruzione del convento domenicano nel 1 21 0. Via degli Aceti porta con sé le tracce di un’antica storia che vide due fratelli sfidarsi a duello per amore della stessa dama: triste l’epilogo, poichè morirono entrambi infilzati l’uno sulla spada dell’altro. Un passante trovò i due cadaveri e, in segno di lutto, decise di ricordare i rivali in amore incidendo due croci, ancora oggi visibili, sulle mura che conducono alle Cisterne Romane, tra le più grandi del mondo con le loro 30 stanze di 65 mq disposte su tre file da dieci, per un totale di 221 2 mq e 1 5.000metri cubi. Per raggiungerle bisogna percorrere un corridoio medievale dal quale già s’intuisce il loro ottimo stato di conservazione, grazie ai lavori di restauro terminati nel 19


I L PERSONAGGI O 1 965. La temperatura interna delle Cisterne è costante e si aggira intorno ai 1 5° anche d’estate, con un’umidità del 98%. Il pavimento è impermeabile e i reperti trovati nella terra di accumulo, dopo il periodo di abbandono, costituiranno il Museo Archeologico di Epoca Romana che andrà ad integrare la raccolta Picena in mostra a Palazzo dei Priori. Da sottolineare che le ultime sei stanze delle Cisterne sono state utilizzate dal Consorzio Idrico Piceno fino al 1 980 come rifornimento di acqua potabile per la città di Fermo, mentre le cantine hanno svolto anche la funzione di rifugio durante la seconda guerra mondiale. Altri luoghi di interesse

Infiniti i luoghi d’interesse e le strutture storiche presenti nel territorio fermano, tra le quali ricordiamo il Duomo, edificio religioso dedicato a Maria Assunta in cielo, che si erge con il suo prospetto asimmetrico di stile romanicogotico sul piazzale del Girfalco, nella parte più alta della città. Accanto alla cattedrale ha sede il Museo Diocesano, nato su iniziativa dell’arcivescovo Cleto Bellucci e inaugurato il 1 6 aprile 2004. La struttura contiene opere di arte sacra che vanno dal paleocristiano al XX secolo, tracciando le linee fondamentali inerenti la storia della chiesa cattolica, il rapporto dell’arcidiocesi di Fermo con la Chiesa di Roma, liturgia e devozione della comunità fermana. Fermo, la Scienza, le Pipe e un meteorite

Ma la città di Fermo strizza l’occhio anche alla scienza con il Museo Polare di Villa Vitali, fondato dall’esploratore e studioso Silvio Zavatti; il Museo di Scienze Naturali che racchiude la collezione ornitologica ‘Tommaso Salvadori’; la collezione di apparecchi fotografici ‘Alfredo Matacotta Cordella’. E una vera chicca per i ‘seguaci’ del fumo: il Museo della Pipa gestito dal Pipe Cigar Club di Fermo, che vanta 450 esemplari donati principalmente da un grande appassionato del settore come il romano Nicola Rizzi, e altri appartenenti a collezioni private fra le quali è possibile ammirare le pipe del giornalista Rai Mario Azzella, di Sandro Pertini, di Luciano Lama, di Vittorio Feltri, di Sandro Curzi e persino una pipa dell’eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi. Ma non finisce qui, perché la città vanta anche un meteorite che porta il suo nome, caduto il pomeriggio del 25 settembre 1 996 nella campagna fermana e oggi conservata nei Musei Scientifici di Villa Vitali. La caduta del meteorite fu notata da Luigi Benedetti, il rinvenimento avvenne due giorni dopo, a opera di Giuseppe Santarelli, all’interno di un cratere profondo 50 cm e dal diametro di 30 cm. La sua importanza risiede soprattutto nel peso specifico di 1 0,2 kg, e uno dei tanti motivi che ha reso prezioso ‘Fermo’ (condrite rocciosa di 1 9x24x1 6 cm) - a prescindere dalla rarità della misura e dalla modalità di caduta e ritrovamento - è il fatto che non si sia frantumata all’impatto con l’atmosfera. La sua età? Circa 4,5 miliardi di anni. Fermo e l'economia

Per quanto riguarda l’economia invece, l’area fermana è attiva nei due distretti industriali manifatturieri della calzatura e del cappello (Montappone), mentre l’agricoltura è stata la principale fonte di reddito fino agli anni sessanta del Novecento. La vocazione turistica del territorio è concentrata soprattutto nel centro storico, ma è indirizzata anche sulla ricettività alberghiera e sul campeggio. Nelle aree del territorio di Fermo a sud (Marina Palmense) e a nord (Lido di Fermo) è presente la maggiore concentrazione, per estensione, di camping di tutte le Marche meridionali. Sulla costa, inoltre, esiste un tratto di pista ciclabile appartenente alla Ciclovia Adriatica

20

che, una volta completata, andrà a collegare tutte le località della costa adriatica. Gli eventi

Numerosi e prestigiosi gli eventi che caratterizzano Fermo, a partire dall’annuale Palio dell’Assunta, incentrato sull’omonima Cavalcata dell’Assunta e considerato il Palio più antico d’Italia (1 1 82); il Concorso Internazionale Violinistico ‘Andrea Postacchini’; la stagione teatrale e gli appuntamenti con la lirica, la danza, la prosa e i concerti che si tengono al Teatro dell’Aquila e nella Sala dei Ritratti all’interno del Palazzo dei Priori; ‘Tipicità’, fiera dedicata all’alimentazione locale che si tiene nell’area fieristica di Fermo con la partecipazione di ospiti internazionali. Infine, in vista dell’Expò, il Comune di Fermo ha ospitato anche la mostra ‘Menù d’autore – Il cuoco di ieri, oggi e domani’, per rintracciare il filo di continuità tra passato e presente sull’importanza del cibo. L’esposizione è stata impreziosita da una significativa selezione di ricettari antichi tra cui i famosi Messisbugo e Scappi, e autori ‘locali’ come Andrea Bacci e Antonio Nebbia.

A FERMO IL VENTO NON TIRA, MA ANSIMA (AH... AH... AH...) Le Marche e la città dell'aquila viste da un comico di Piero Massimo Macchini Sono Piero Massimo Macchini e vengo dalla città più vivace d’Italia… Fermo! La mia città è talmente morta che anche i morti del cimitero sono emigrati, verso Rimini al nord ! L’altro giorno c’è stato un funerale talmente triste che il morto si è alzato e se ne è andato via! A Fermo il vento non tira, ma ansima (ah..ah..ah)! Ho vissuto 2 anni in Inghilterra in un paesino che si chiama Worthing, Worthing sta sulla manica, sopra l’asola! Quando mi chiedevano: ”Pier Massimo where do you came from?”. Io rispondevo: “I came from Fermo, …ah do you came from Stop! Che angoscia! Fermo si trova nelle Marche, una regione del centro. Al centro non ci si fila nessuno! Soprattutto al cinema. Hanno fatto prima benvenuti al sud poi benvenuti al nord, al centro manco un va' a murì 'mazzatu! Io però nelle Marche ci sto bene, soprattutto grazie alla pensione di mamma che mi mantiene. E comunque io sto al passo con i tempi perché il governo dice che noi giovani non arriveremo mai a prendere la pensione … allora io mi sto godendo quella di mamma! Io sto sempre al Bar del Triangolo con tutti i miei amici e tutti i giovedì facciamo dei forum di approfondimento. L’ultimo giovedi abbiamo affrontato il problema che il Marchigiano si vergogna di essere marchigiano. Vi faccio degli esempi, il romano che viene nelle marche dopo 1 0 anni che sta nelle Marche parla ancora romano. Il milanese che viene nelle marche dopo 1 0 anni che sta nelle Marche parla ancora milanese. Il marchigiano che va a Bologna dopo 2 giorni parla Bolognese! Che un marchigiano che parla bolognese non si può sentire! Mamma dice è come mettere la cravatta sul porco, anche se la cravatta è abbinata al rosa comunque gli sta male. E non è un problema di dizione o di fonetica è proprio un problema di identità. Perché noi ci vergognamo delle nostre origini, pensiamo che l’essere Calzolaio, o Contadino o Marinaio è una cosa dispregiativa, anziché pensare che questo invece sia un Valore da difendere. Noi ci nascondiamo. Noi non abbiamo un ’identità. Il fatto è anche che le Marche è l’unica regione al plurale questo sicuramente non ci aiuta. E poi come si dice “Meglio un morto in casa che un marchigiano dietro alla porta”, perché noi nello stato pontificio eravamo gli esattori delle tasse. I marchigiani cosa facevano, raccoglievano le imposte e le portavamo a Roma … ora stiamo aspettando che Roma ce le riporti, chi vivrà vedrà ma secondo me non ce le riportano! Con questo fatto che stavamo sotto la chiesa non ci siamo potuti sviluppare più di tanto soprattutto a livello sessuale, a casa mia con mamma non si poteva parlare di sesso. Era un tabù …. mamma è vergine! Che poi voglio dire meglio un morto in casa che un marchigiano dietro la porta, … ma sarà meglio il contrario! Perché ora io un morto in casa non ce l'ho mai avuto però non è che è proprio una cosa bella poi dopo un po’ puzza pure!


BUSINESS Conilliberomercato ogniclienteèlibero disceglierel'operatore chepreferisceconilservizio piùvicinoalleproprie esigenze

ENERGIA LIBERA PER IL TERRITORIO Steca Energia dal 2003 è sinonimo di trasparenza e vicinanza al territorio

Dal luglio 2007 il mercato dell'energia in Italia è completamente liberalizzato. Questo significa che qualsiasi cliente, privato o aziendale, può finalmente scegliere in tutta libertà il proprio fornitore di luce e gas,valutando i profili tariffari più convenienti e il servizio più soddisfacente. Prima del luglio 2007, i clienti domestici erano infatti costretti a rivolgersi esclusivamente all'impresa di distribuzione locale per tutti gli aspetti del servizio elettrico, compreso il contratto di fornitura e i servizi commerciali. Da quella data in poi, invece, a quest'ultima è rimasta soltanto la gestione del servizio di distribuzione dell'energia, aprendo a tutti i consumatori l'opportunità di valutare le differenti proposte sul mercato, scegliendo verso quale fornitore orientarsi e concertando con lo stesso le condizioni del servizio.Si è trattato insomma di una svolta epocale che offre grandi opportunità per privati, enti ed aziende, sia nell'ottica del risparmio che della flessibilità nel cambiare fornitore, ma anche nella ricerca di un servizio di maggiore qualità e più attento alle proprie particolari esigenze. All'interno di questo scenario Steca Energia si colloca come un partner solido e dalla lunga esperienza, che crede fermamente in due importanti valori: prossimità e trasparenza verso il cliente. Ciò si traduce in un servizio di consulenza gratuita e in un supporto costante, sia nella fase di vendita che, soprattutto, in quella di post-vendita. Perchè ciò che conta più di un nuovo cliente è un cliente soddisfatto. A garanzia di questo Steca Energia garantisce bollette chiare e semplici da leggere. Una formula vincente che è stata scelta da oltre 1 5.000 marchigiani, con un record di più di 1 .000 nuovi clienti conquistati negli ultimi sei mesi e una sempre crescente presenza di enti pubblici, grandi aziende, PMI e piccoli artigiani. Clienti che hanno visto in Steca Energia un partner energetico cordiale e amichevole, orientato a trovare soluzioni ottimali per ogni specifica esigenza, mettendo a loro disposizione il prezioso supporto dei propri consulenti e dei punti informativi presenti sul territorio. Un territorio che ricopre da sempre un ruolo centrale nelle scelte aziendali del gruppo energetico marchigiano. A testimonianza di ciò ci sono infatti le numerose partnership con alcune fra le più importanti realtà sociali, sportive ed economiche delle Marche: da Tipicità alla Maratona del Piceno, fino all'importante sostegno alle tante associazioni sportive e a quelle che sul territorio operano dell'ambito dei servizi sociali, della cultura e della sussidarietà. Tutto questo al fine di ottemperare a una semplice mission: dare energia al nostro territorio.

COME CONOSCERE LA PROPRIA AZIENDA

È sufficiente conoscere il Fatturato?

L'associazione perlacreatività senzaschemi

UN MANDALA LIBERA IL CORPO E LA MENTE La filosofia della “tecnologia” delle mani e del pensiero

L'associazione Pastrocchio nasce nel 201 4 unendo le idee di Giovanna Grossi e Nicoletta Pezzuoli (due grafiche e atelieriste per passione), con lo scopo di creare dei percorsi creativi per i bambini mettendosi in gioco in prima persona e sperimentando insieme quante più tecniche a disposizione. Purtroppo la riduzione degli orari scolastici ha fatto sì che le ore dedicate ai laboratori artistici venissero ridotte. Spesso si da poca importanza a quella che è una creatività libera, pensando che tutto si limiti a un 'bel disegno o un bel lavoretto', nulla di più sbagliato. I bambini lavorando manualmente, si abituano a coordinare manualità e percezione visiva. Liberi dagli schemi riescono a rilassarsi esprimendo tutte le loro emozioni attraverso quelle che poi saranno le loro opere. Nei laboratori proposti, ad esempio, si è lavorato con la lana insegnando diverse tecniche di tessitura creativa, le difficoltà ci sono state ma l'entusiasmo ha superato ogni ostacolo. Poi c'è stato il confronto con la natura e i suoi frutti; abbiamo utilizzato tutto ciò che la natura ci offre: foglie, pigne e bastoncini di legno. Ogni mese viene trattato un tema, e in base a questo si sviluppano i laboratori settimanali. Si possono iscrivere i bambini ai laboratori in ogni periodo dell'anno e anche per un solo mese. Per poter estendere il più possibile la nostra esperienza avremmo un desiderio, quello di entrare nelle scuole e mostrare ai ragazzi, magari con la collaborazione degli insegnanti, quanto possa essere stimolante lavorare in maniera creativa e alternativa. A tal proposito lo scorso dicembre abbiamo partecipato a un seminario intensivo condotto da Tina Festa, creatrice del Metodo Caviardage, diventando così insegnanti certificate. Il Metodo racchiude diverse tecniche di scrittura creativa poetica che aiutano a scrivere poesie e pensieri non partendo da una pagina bianca ma da testi già scritti: pagine strappate da libri da macero, articoli di giornali e riviste. Il bello di questa tecnica è che ci si sente stimolati nella creatività e soprattutto liberi. Stiamo organizzando laboratori di Caviardage e Found Poetry per adulti e ragazzi, non bisogna essere scrittori, per partecipare, basta semplicemente provare emozioni. I laboratori di Caviardage per adulti inizieranno a febbraio, per data e luogo teniamo aggiornati sulla pagina facebook “Pastrocchio percorsi creativi”. A primavera ripartiremo con il Mandala In Piazza in giro per i comuni della provincia. Il primo mandala è stato realizzato in Piazza Matteotti a San Benedetto del Tronto insieme a bambini e adulti. Un mandala del diametro di 5 metri lavorando con sale colorato, l'intento era quello di riunire tutti in un grande cerchio per creare un'opera corale. All'interno del cerchio tutti sono uguali ognuno deve rispettare i tempi e gli spazi altrui, non ci sono disegni da seguire e sì é liberi di creare senza schemi. Una volta chiuso il cerchio del mandala si è partecipato alla trasformazione danzando all'interno del cerchio stesso creando un miscuglio di colori. I laboratori per i bambini dai 4 ai 6 anni si svolgono il mercoledì alle 1 6:30 alle 1 7:30, per i più grandi, invece, dai 7 agli 1 1 anni si svolgono il martedì dalle 1 8 alle 1 9 e il mercoledì allo stesso orario. A tutti i partecipanti viene offerta la merenda, il martedì dal Panificio Ciarrocchi e il mercoledì da Giorno per Giorno Bio. Ci divertiamo tutti insieme nei locali della parrocchia di San Filippo Neri a San Benedetto del Tronto (AP). Contatti: Giovanna: 328 2891 303 – Nicoletta: 329 2249575. (a cura dell'Associazione Pastrocchio)

Parlando di numeri, uno dei preferiti dall’imprenditore è quello che da qualche giorno l’ufficio amministrativo gli avrà già comunicato: il FATTURATO 201 4. Nei vari uffici amministrativi saranno già partiti i primi commenti scaturiti dal confronto con lo stesso numero del 201 3 e magari ci sarà stata anche qualche riflessione, e seguente imprecazione, su quel cliente che non ha comprato come avremmo voluto. Qualche imprenditore più avveduto quel numero lo conosce da tempo, in quanto il fatturato di dicembre era già desumibile dagli ordini chiusi tempo prima. Ma quanti sono gli imprenditori che non si fermano davanti a quel numero? Oggi possiamo farci molte domande e avere, per fortuna, risposte in tempo reale che ci aiutano a conoscere al meglio il fatturato, i clienti e quindi la nostra azienda. Di seguito tre semplici e non banali interrogativi da porsi: 1 - Chi sono stati i miei primi 20 clienti? C’è una regola non scritta, in queste statistiche, che dice: il 20% dei clienti sviluppano l’80% del fatturato; di solito è vero. Magari mettendoli a confronto con quelli degli scorsi anni sarà più facile capire come sta cambiando l’azienda, e magari “affinare” la nostra strategia commerciale. 2 - Quali sono gli articoli più venduti? Anche qui vale la regola del 20% - 80%, e il confronto con i dati precedenti permette un’analisi dell’andamento della gestione ricca di molti spunti di riflessione, soprattutto se messo a confronto con i primi 20 clienti. 3 - Ma a me cosa conviene vendere? La domanda nasce spontanea, dopo aver visto gli articoli venduti. Oggi non è difficile, anche senza particolari software, collegare all’analisi del venduto i costi diretti dei singoli articoli, presi dalla scheda tecnica o distinta base. Se poi l’azienda gestisce un sistema di controllo di gestione, per quanto semplice, potrebbe essere facile ribaltare sui singoli articoli e sui singoli clienti i principali costi fissi dell’impresa. Insomma, alla fine di questo primo step si ottengono alcune risposte basilari per un corretto controllo di gestione, e quindi una nuova domanda: quanto rende il mio fatturato? Mettendo in ordine i clienti non in base al Fatturato, ma in base alla redditività espressa (primo o secondo margine) possiamo avere un aiuto tangibile per ridisegnare la strategia aziendale e dare ai clienti la loro debita importanza. Dal 2000, Studio Impresa consulting Srl, assiste le piccole e medie aziende ad implementare semplici ed immediati sistemi di controllo di gestione per rispondere a queste ed altre domande, e ad aiutare l’imprenditore a guidare la strategia aziendale: conoscere per governare. www.consulenzaziendale.it

21


SANDWICH TIME Quandolacucinasifaimpresa Sandwich Time è un self-service che ha in sé tutti gli elementi del Ristorante moderno: qualità, servizio, pulizia, ambiente. Fra le sue tante proposte, nuovi arrivati sono il “Menù Light” con cibi dalle calorie “calibrate” seguiti da un esperto nutrizionista ed il “Menù Bio” composto da contorni e frutta freschi provenienti tutti i giorni da fattorie rigorosamente Bio. Ampia ed eccellente la cantina che presenta tante etichette del Territorio Marchigiano. www.sandwichtime.it // sandtime@libero.it // Facebook: Sandwich Time

CORSO DI CUCINA PER ASPIRANTI “ Cuochi Casalinghi” MA CON LA VOGLIA DI STUPIRE Lo staff del Sandwich Time mette a disposizione la sua ventennale esperienza in un corso teoricopratico denominato "Oggi cucino io...". Il corso è rivolto ai "cultori" del cibo, appassionati e buongustai. Durante le otto serate uno chef professionista mette a disposizione dei partecipanti tutta la sua professionalità ed esperienza al fine di migliorare l’approccio con la cucina. Il corso poi si conclude con un’esperienza unica, vivere la preparazione di una cena importante nella Cucina di un Ristorante.

IL CORSO PREVEDE 8 LEZIONI A TEMA

TAGLIATA DI TONNO ROSSO AI PISTACCHI CON CAPONATA DI VERDURE

Ingredienti per 4 P: 800 gr tonno rosso, 200 gr granella di pistacchi di Bronte,1 melanzana piccola, 1 peperone, 1 carota, 1 patata, 4/5 pomodorini pachino, prezzemolo tritato, sale e pepe qb, olio evo, crema di aceto balsamico. Lavate e tagliate le verdure a bastoncini sottili ed in padella scaldate dell'olio con uno spicchio d'aglio in camicia. Unite le verdure e fate rosolare per alcuni minuti, salate ed aggiungete i pomodorini, terminate la cottura lasciando le verdure leggermente croccanti. Ungete le fette di tonno e panatele con la granella di pistacchi, riscaldate la piastra di cottura (va bene anche la griglia a carbone) e quando sarà ben calda, cuocete il tonno 3/4 minuti per lato. A fine cottura tagliate il tonno a bastoncini, servite mettendo alla base del piatto le verdure, adagiando sopra il tonno con olio a crudo e qualche goccia di crema di aceto. Buon Appetito!

22

1 )Le salse madri 2)Le salse fredde 3)I primi piatti 4)Le carni 5)Il pesce 6)Le verdure 7)Il pane e la pizza 8)I dolci

DEGUSTAZIONE VINO ASSAGGIO DI OLI ATTESTATO DI FINE CORSO www.oggicucinoio.info Via Einaudi, 21 4 - Civitanova Marche - MC - Tel. 0733 81 6623 Per info chiamare 0733.81 6623 info@oggicucinoio.info


EXCLUSI VE Larepubblicamarinara diCupramarittima

LAURA, CRIS E UNA BARCA A VELA L'amore per prodotti che sanno di terra. Laura, da Cupra a Bologna fino alla Sorbona. Cris, libri, band e vino. E la “corte” di Joe Bastianich di Marco Bagalini Ho incontrato Laura e Cris mentre, tornati dagli States, girano l’Italia in cerca di vini e birre d’eccellenza. Mi hanno raccontato del progetto che hanno appena avviato, e ascoltandoli mi sono domandato: è possibile mutuare la filosofia del Km zero a 9.000 chilometri di distanza? Quella che a me sembrava, all’inizio, una contraddizione in termini è invece diventata una irrefrenabile curiosità per capire come hanno fatto Laura e Cris a mettere in opera un progetto tanto raffinato incentrato sull’amore: l’amore per la terra, l’amore per le Marche e l’Abruzzo. Innanzitutto Laura e Cris vanno conosciuti per i percorsi che li hanno fatti incontrare, proprio perché “The Maritime Republic Imports” nasce come naturale evoluzione del loro incontro. Laura Marchetti è una marchigiana doc. Abbiamo condiviso per la prima parte della nostra vita la stessa piccola via di Cupramarittima, poi lei ha studiato semiotica con Umberto Eco all'Università di Bologna, prima di rimbalzare alla Sorbona di Parigi. Dopo l’esperienza parigina tra la Sorbona e gli uffici stampa di moda, Laura abbandona il Vecchio Continente e si trasferisce a New York dove incontra Cris che pubblica numerosi racconti e cinque romanzi. Vive da artista a 360 gradi, lavorando con band come The Van Pelt e The Lapse Traveling, con Steven Malkamus, Franz Ferdinand, Cold Cave, e suo fratello Ted Leo e The Pharmacists (solo per citarne alcuni), e viaggia molto, soprattutto in italia, con date e concerti che toccano diverse regioni. Cris è già stato nelle Marche. Durante la sua prima tournée in Italia, datata 1 997, Cris rimane piacevolmente sorpreso dai deliziosi vini che gli vengono offerti, e in special modo dalla Lacrima di Morro d'Alba. A questo punto della storia non si capisce bene se Cris s’innamora prima delle Marche e poi di Laura o viceversa, la cosa certa è che i loro percorsi s’intrecciano e iniziano a gettare inconsapevolmente le basi per il ritorno alla terre marchigiane. Prima, però, entrambi diventano sommelier. Laura studia presso l'istituto Britannico Wine & Spirit Education Trust, mentre Cris frequenta l’istituto Sommelier Society of America, e iniziano a lavorare per nomi di caratura internazionale. Laura come consulente per il vino a El Vino Vini a Venice Beach, come docente e host con LAWineTastings di Beverly Hills, come sommelier presso 3Twenty Wine Lounge a Hollywood, e come barista/sommelier presso il Master Chef ristorante Joe Bastianich Pizzeria Mozza a Los Angeles. Cris inizia da Barback e diventa direttore generale di oltre 1 5 bar e ristoranti di New York City, tra cui come cuoco per il guru del Raw Food Matthew Kenny e Sarma Melngailis a Pure Food and Wine, come manager presso Breslin nell' Ace Hotel di April Bloomfield (Stella Michelin) e, come vice direttore generale di celebrità al Soho Grand Hotel. Si trasferisce infine a Los Angeles per lavorare come principale sommelier di Mario Batali e Joe Bastianich dell’acclamato Pizzeria Mozza. Parlando con Laura di questo periodo di duro lavoro ma anche di grandi soddisfazioni, mi racconta del crescente bisogno di entrambi di iniziare un loro progetto. Così mi spiega come nel corso di questi ultimi anni, i vini Italiani non abbiano nulla da invidiare ai vini d’Oltralpe. Mi racconta dei vini francesi che ha provato durante il soggiorno in Francia, e tiene a sottolineare come i vini marchigiani e abruzzesi non abbiano a loro volta nulla da invidiare ai toscani. E improvvisamente il cerchio si chiude: si ritorna alla origini e si riparte dalla terra. Cris e Laura diventano marito e moglie, scelgono le Marche per la cerimonia nuziale e scelgono di nuovo le Marche per piantare le basi del loro progetto. Decidono di tornare a vivere la nostra terra e di conoscere le realtà di vinificazione direttamente a partire dalla vendemmia. Inoltre vogliono mettere le mani all’interno del sistema produttivo e carpirne i secolari segreti di eccellenza. Tornano ogni anno in Italia, prendono contatti e partecipano alle vendemmie in diverse regioni. Assaggiano prodotti di nicchia, stringono legami con persone che come loro amano il lavoro della terra e la ricerca di un prodotto senza contaminazioni chimiche. Inizia a concretizzarsi il progetto di una nuova Repubblica Marinara, basata sulla ricerca di vini naturali fatti con uve biologiche e biodinamiche, aziende piccole per lo più a gestione familiare ma anche alcune cooperative, realtà molto diffuse che raccontano la storia dei no-

Foto di Marco Biancucci

stri territori, realtà che puntano tutto sulla selezione delle uve e sulla qualità più che sulla quantità. Ma la cosa più importante è che il vino deve raccontare la storia del territorio, deve diventare portabandiera di uno stile di vita e testimoniare la nobiltà che c’è dietro il lavoro nei campi. Lo ammetto, mi sono entusiasmato ascoltando Cris e Laura raccontare di come hanno incontrato agricoltori intellettuali che scommettono ogni giorno sull’ecosostenibilità, e che conoscono intimamente i cicli naturali della terra e che per questo lavorano senza forzature, con amore e con passione, insomma, un made with love prima che un made in Italy. Ecco perché la scelta di vitigni autoctoni (Castignano, Torano Nuovo) che stavano scomparendo, come il Pecorino o la Ribona o il Greco delle Marche, realtà di qualità superiore e con una storia alle spalle che, solo in questo modo, quando si stappa una bottiglia a New York o a Los Angeles, il bevitore può essere trasportato sotto il sole delle colline marchigiane e respirare il profumo minerale delle nostre terre. Ed ecco perché “The Maritime Republic Imports”, nome evocativo delle grandi città commerciali e marittime del Medioevo, si sposa con la passione e con la scoperta di prodotti raffinati e nascosti e promuove vini oltre oceano. Ma anche birre naturali e ricercate, micro produzioni artigianali di pochi ettolitri focalizzate sull'uso di ingredienti dop e biologici come, ad esempio, il miele proveniente dal Parco Nazionale della Maiella. Due imprenditori del gusto per la qualità delle materie prime e per le produzioni “made with love”, non potevano non cercare una via green per esportare queste realtà italiane oltre oceano. Infatti, Laura e Cris hanno deciso di scommettere su un trasporto che consenta di mantenere inalterata la

qualità di questi prodotti e, proprio in questo periodo, stanno progettando di esportare vini e birre in barca a vela. Una scelta coraggiosa dettata dal bisogno di rispettare anche nel trasporto l’ambiente, e conservare inalterate le proprietà dei prodotti artigianali. Si pensi alle escursioni termiche che un carico può subire rimanendo parcheggiato sotto il sole prima di essere stipato nella stiva di un aereo per New York. O anche alle temperature glaciali a cui arrivano gli aerei cargo una volta raggiunte le altitudini di crociera. La Repubblica Marinara di Laura e Cris è un progetto di coscienziosa responsabilità sia verso il produttore, sia verso il consumatore finale, e di rispetto per bottiglie prodotte con amore e trasportate dolcemente mentre vengono cullate dalle onde dell’Atlantico.

23


Labellezzadiuncadeau [quasi]pertutti

Foto di Gloria B.

IL “TEMPO” PER SAN VALENTINO Investire in orologi al tramonto di una crisi troppo lunga

San Valentino, la festa dell'amor gentile. Un'occasione per mettere da parte la vita di coppia logorata dalla monotonia della consuetudine o l'unica opportunità di rivelare i mielati sentimenti per una persona a noi cara. Un'intima cena a lume di candela a casa, un caldo vino rosso delle più prestigiose vigne nei calici e il silenzio della dimora saranno la location perfetta per dimostrare l'amore profondo per il vostro compagno. Lasciatevi alle spalle bigliettini ridicoli e gadget da quattro soldi, che l'indomani verranno dimenticati in quel cassetto del comò dove si accumulano pile, copie di chiavi di chissà quale porta, elastici pronti all'uso e tutti gli spiccioli che per sbaglio appaiono miracolosamente in ogni angolo buio della vostra abitazione. Questo è il 201 5, l'anno del riscatto, della riconquista della propria esistenza dove troveremo tempo per gli amici, per la famiglia, per il lavoro e soprattutto per l'amore. E così perché non pensare a un cadeau che non passi mai di moda, che resista a tutte le intemperie proprio come l'amore più solido e mai fatuo? Quest'anno il fiore

Ritratto della biologa appassionata di botanica

ALESSANDRA SBROLLA E INDACO. IL LABORATORIO DELL'ARTE TINTORIA A FALERONE di Emanuela Voltattorni Un piccolo laboratorio dalle pareti rosa confetto, grandi pentole d'acciaio, fornelli da campo e barattoli di vetro pieni di sali. E poi, ancora, estratti colorati e piante di ogni sorta lasciate a macerare in grossi tini e, a terra, delle grosse macchie di coloranti ricavati da succhi vegetali, che si sono succeduti negli anni. Infine lunghi bastoni di legno per far girare delicatamente le matasse di morbida lana abruzzese, che viene fatta sobbollire con attenzione, grazie alla maestria di Alessandra Sbrolla, una biologa appassionata di botanica e membro del Direttivo dell'Accademia delle erbe spontanee di Monte San Pietrangeli. Se fino a ieri quello del tintore sembrava essere diventato un mestiere quasi dimenticato – anche se contribuì al successo della tradizione tessile italiana - oggi 24

all'occhiello per la vostra amata è indiscutibilmente il Saint-Valentine 201 5 della casa Blancpain, un prodotto altamente rifinito con un quadrante in madre perla e una rosa intarsiata incorniciata da una cassa in oro bianco illuminata da 1 21 diamanti. Peccato che a goderne saranno solo 1 4 fortunate al mondo visto che é questo il numero degli esemplari prodotti per una edizione limitata. Ma non esageriamo e torniamo con i piedi per terra, alla fine tutti portiamo ancora addosso il peso di una crisi ormai passata ma che ha lasciato dentro di noi inevitabilmente la parsimonia nello spendere i nostri risparmi: per questo l'usato dell'alta orologeria è il miglior investimento degli ultimi tempi. Con le sue pure forme geometriche e il suo stile inconfondibile lo Jaeger-leCoultre Reverso Grand Taille si è posizionato tra i capostipiti dell'alta orologeria e, siamo certi, verrà sicuramente apprezzato dalla vostra dolce metà. Perfetto sia per donne raffinate e in carriera che per uomini da giacca e cravatta, questo segnatempo di origini svizzere è caratterizzato dalla cassa reversibile che lo trasforma in un prezioso bracciale: questa icona Art Deco rimane senza tempo e contemporanea come sempre (Watchzone.it € 3249). Se invece siete tipi camaleontici e spesso sognate di guidare ad alta velocità

l’abilità di estrarre pigmenti coloranti, da una pianta per tingere le fibre naturali, è stata riscoperta nel laboratorio di Arte tintoria di Falerone, che si chiama “Indaco” e in cui Alessandra, nel 2004, inizia la propria attività di sperimentazione sul colore naturale, dedicandosi alla colorazione di fibre naturali, utilizzando piante tintorie coltivate e spontanee. “Ogni bagno di colore è unico ed irripetibile spiega l'artigiana - pur utilizzando la medesima ricetta. La lana tinta viene lavata manualmente e in maniera accurata, per eliminare l’eccesso di colore che non è stato assorbito dalla fibre e le matasse asciugate all’ombra saranno pronte per il mercato”. Ma Alessandra non si accontenta di una lana qualunque, magari industriale, e tratta solo lane che gli fornisce Giulio. L'allevamento del suo pastore di fiducia si trova in Abruzzo e si occupa di pecore “Gentile di Puglia” e “Sopravissana”, che sono le prime due razze italiane merinizzate (ottenute dall’incrocio di popolazioni autoctone con arieti merinos francesi, per incrementare la qualità dell’industria laniera tra il XV ed il XVIII secolo). Quando le pecore, con i primi caldi di maggio, arrivano a pascolare nei prati di Campo Imperatore, vengono tosate. La loro lana viene processata a Biella, per diventare un filato sottile, che viene trasformato in matasse da 1 00 grammi, in un picco stabilimento umbro. Tra i colori utilizzati da Alessandra, c'è il “Blu di Guado”, un prezioso estratto ricavato dalla pianta di Isatis tintoria, coltivata e processata a Montefiore dell'Aso, il più grande impianto di estrazione d’Europa.“Marche, Abruzzo e Umbria – conclude Alessandra - si legano attraverso un filo di lana, colorata”.

un'auto sportiva indossando un bomber di pelle e i capelli scompigliati dal vento, allora lo Spitfire Chronograph è il regalo giusto per voi. Disegnato dalla nota casa svizzera IWC questo orologio porta il nome di un aereo caccia monoposto britannico prodotto e utilizzato nella Seconda Guerra mondiale. Il caldo cinturino moro in pelle di coccodrillo fa da giusto contrappunto al freddo della cassa satinata da 42 mm che lo rende indossabile con una varietà di abiti diversi. Questo orologio pilot è classico, funzionale, versatile e farà sognare ad occhi aperti chi lo riceverà in dono (Watchzone.it € 2650). Watch zone è un'azienda che vende, permuta e acquista orologi prevalentemente usati. Da appassionati d'orologeria ai proprietari piace offrire sempre nuovi prodotti ai clienti più affezionati. Questo è il segreto dei prezzi bassi: lieve margine di guadagno su ogni singolo pezzo, vetrina in continuo allestimento e tante soddisfazioni. Qualsiasi persona può acquistare da loro con semplicità, che sia un super appassionato o una moglie alla ricerca ricerca di un regalo: WhatsApp, videoconferenze, chat, info-mailing sono solo alcuni degli strumenti utilizzati per aiutarvi a scegliere l'oggetto più idoneo alle vostre esigenze. Per maggiori informazioni www.watchzone.it 391 .37.98.559


MI STERI IL LAGO DI PILATO, TRA MAGIA E SEGRETI GLACIALI I demoni assopiti in attesa di essere risvegliati di Emily Forlini In una conca di origine glaciale alle pendici del monte Vettore, c’è il Lago di Pilato. Unico naturale delle Marche e tra i pochissimi di tipo alpino presenti sull’Appennino. Durante la stagione invernale riposa sotto la coltre di neve che si propaga dalle ripide vette che lo circondano come le mura di un insediamento nascosto. Con la primavera si rivela in una curiosa forma ad occhiale, con due invasi complementari divisi da una sorta di ponticello centrale, sommerso nei periodi di massima piena. Tutta la valle risuona dell’eco dell’intera catena dei Monti Sibillini, che bisbiglia di luoghi suggestivi dai nomi demoniaci e di leggende sulle misteriose creature che li popolano. Una di queste storie affonda le radici ai tempi del politico romano che ha dato il nome al lago. Si narra che il cadavere di Ponzio Pilato fu trainato sui versanti marchigiani delle vette sibilline da un carro di buoi, che poi si trascinò verso le rive del lago, forse attratto da forze sovrannaturali, lasciandosi inghiottire dalle sue profondità. Ma la storia del luogo è anche più antica. La culla che lo accoglie è fatta di accumuli morenici prodotti dalle ultime glaciazioni e si dice che nelle acque si siano risvegliati remoti demoni che ora le abitano al posto dei pesci. Forse mimetizzati sotto le sembianze di minuscoli crostacei rossi che vivono solo qui. Gli abitanti di città vicine tra le Marche e l’Umbria li temevano e costruivano barriere sui sentieri attraverso le valli e periodicamente mandavano un criminale a trovare il suo destino, come tributo per placare l’ira degli spiriti. Così grande è il potere del lago, considerato una delle porte per il regno degli Inferi, da richiamare streghe, negromanti e alchimisti da tutta Europa. Quando le acque si abbassavano lasciando affiorare la lingua morenica che divide i due bacini, appariva un altare costituito da tre cerchi incisi nelle pietre insieme a segni incomprensibili scritti dai demoni. Gli stregoni si posizionavano nel punto centrale e in cambio di un’offerta invocavano le forze oscure per consacrare il proprio grimorio, il libro di incantesimi che una volta segnato dal demonio diventava fonte di massimo potere. Nel Museo della Grotta della Sibilla, a Montemonaco, è custodita una pietra scura recuperata sulle rive del lago, detta La Gran Pietra. Sulla sua superficie sono incise lettere misteriose, forse i nomi di visitatori o forse una segreta formula per risvegliare demoni assopiti in attesa di essere invocati.

Spiritismoa Cupramarittima

NON PIÙ SOLO CARTOMANTI Nella Perla dell’Adriatico, alcuni studenti hanno chiesto aiuto all’aldilà di Giovanna Mascaretti

ghevole; le fiamme delle candele a ballare insistente mente come quando aperta la finestra entra un po’ di aria. Hanno iniziato a sentire una specie di digrignare di denti e un forte odore di zolfo, neanche si trovassero dentro una fogna. Spavalderia e frenesia sono diventate pessimi consiglieri e il ragazzo più giudizioso si è fatto da parte sottraendosi e spezzando il cerchio disegnato con i coetanei con il sale. La situazione è degenerata. Le candele si sono spente di colpo e un raccapricciante stridio si è sentito sulla tavola dove vengono poste le domande. Più volte hanno chiesto, ma invano, alla presenza di identificarsi, agitando smaniosamente le torce come per cercare di vedere qualcuno o qualcosa all’interno della chiesa buia. Il segna-lettere ha preso a girare a forma di pentacolo e alla fine ha indicato solo due parole: malattia e incidente. È stato allora che hanno sentito un forte boato che stava accompagnando la fuga dei compagni di scuola. Terrorizzati, i tre ragazzi si sono precipitati verso l'uscita e, voltandosi, hanno visto ancora qualche brusco movimento della tavola ouija. Il giovane meno spavaldo racconta che, di lì a poco, un brutto incidente con il motorino ha irreparabilmente danneggiato la rotula di uno dei suoi amici, e che all'altro è stata diagnosticata una malattia del sistema cardio-circolatorio. La speranza è che il finale di questa seduta spiritica faccia riflettere sul rischio di alcune esperienze particolari.

Alcuni ragazzi dell’IPSSCT di Cupramarittima, si sono rivolti allo spiritismo per ricevere una risposta ai loro drammi familiari e un barlume di speranza alla fatidica domanda: “Cosa vuoi fare da grande?”. Lo spiritismo, si sa, nella vulgata popolare consente di ricevere istruzioni dall’oltretomba. Gli Spiriti, infatti, a causa delle differenze delle loro capacità, sono lontani dal possedere la verità; che non è concesso a tutti loro di penetrare alcunimisteri; che la loro conoscenza è direttamente proporzionale alla loro purezza; che gli Spiriti “bassi” non ne sanno più degli uomini e che infine gli Spiriti dell’ordine più elevato, sono i soli che abbiano abbandonato le idee e i pregiudizi terrestri. Ma si sa pure che Spiriti ingannatori non si fanno scrupolo di nascondersi sotto nomi falsi per far accettare le bizzarre utopie di cui sono portatori. È per questa ragione che alcuni giovani si sono recati in una Chiesa sconsacrata per alleviare le loro pene. Tavola ouija, candele e torce, segna-lettere e la magia… rigorosamente nera. Le candele hanno iniziato a vibrare, così come la tavola poggiata su un tavolo pie-

25


WORLD Fascinatingandproudlikeaneagle

TRIP TO FERMO, THE TOWN THAT MAKES MARCA TREMBLE

26

by Rosita Spinozzi The History Regal, majestic, charming and proud like the eagle that symbolizes the town, starting from the municipal coat of arms that shows a shield divided into four parts in which, in addition to the king of the birds, there are also two crosses. This is how Fermo appears to us, an archiepiscopal see and capital of the homonymous province in the Marche region, which we reached on a rainy morning when an unsuspecting veil of fog helped make the contours of the ancient palaces and the Piazza del Popolo even more striking, giving the place a dreamlike feel that exalted the beauty of a Municipality located on the summit and along the slopes of the Colle Sàbulo, 31 9 meters above the level of the Adriatic Sea. The city's motto is “Firmum firma fides” (Fermo city of steadfast faith), followed by “Romanorum Colonia” (Colony of the Romans) in relation to the loyalty pledged to the Romans in the First and Second Punic War. Faithful, therefore, but also powerful as witnessed by the saying popular since 1 336, which emphasized this peculiarity with the phrase “When Fermo wants to stop, all of the Marca tremble”. Historical reminiscences aside, Fermo has reached contemporary time maintaining its artistic splendor in an admirable balance between old and new, tradition and innovation, folklore and tourism. But also a friendly welcome: the same that was reserved for us at the City Hall by the Mayor who extended his welcome and gave us the opportunity to visit the most emblematic city buildings under the expert guidance of the operator of the Sistema Museo, Eliana Ameli. The visit The journey began in the magnificent Palazzo dei Priori, built in the late thirteenth century and current seat of the Art Gallery of Fermo, where on the double staircase at the top of the central loggia, stands the bronze statue of Pope Sixtus V, built in 1 588 by Accursio Baldi, known as Sansovino. Sixtus V, Bishop of Fermo in 1 571 , extended many privileges to the city by making several donations, especially for the benefit of the University. Several rooms inside the oldest Palazzo of Fermo, from the hall “Sala degli Stemmi”, the place that represents the territorial power of the city in which are visible in the upper frame of the walls all the coats of arms belonging to the 48 towns and castles of the ancient Marca Fermana, while at the center of the vault stands the municipal coat of arms. Inside the hall you can also admire a Murano chandelier with twelve candles and six appliques (XIX century), an Empire style table in wood and black marble, a mirror and Louis XV three consoles in carved and gilded wood (XVIII century), six chairs in walnut of the of the eighteenth century, and other furniture from the late seventeenth century. Suggestive marble sculptures that represent fragments of heads: a portrait of the Emperor Augustus from Falerone, and the head of a divinity belonging to a statue of colossal dimensions, presumably of Jupiter, which comes from the top of the Gyrfalcon, part of the city where the Cathedral stands today. The 'divine head' has been recently restored with the help of members of the town assembly. Another marvel is the hall “Sala dell’Aquila”, where the City Council meets, which takes its name from the symbol of the city, and from the legend according to which this very hall housed an eagle donated to the City of Fermo by Gentile Migliorati, regent of the city in 1 408. An aspect of this hall that is particularly striking, is the magnificent ceiling painted in 1 762 in “quadratura” style by the artist Pio Panfili of Porto San Giorgio, who paid tribute to the ‘Glories of his City’ in a proliferation of symbols and objects that recall the four literary academies of Fermo with their mottos, the emblems of the liberal arts under which is visible the emblem of the city of Fermo (the Roman Empire, already present since 264 BC, donated the symbol of the eagle in Fermo to certify fidelity), and arts related to science and medicine. Looking back at the sides of the ceiling in four niches are represented as many statues: the Law, Mercury God of Medicine, Minerva Goddess of Wisdom, Mars the God of War, in memory of citizens who have brought honor to the country operating in these noble disciplines. The optical effect is remarkable and covers the entire field of view, also because the walls are painted in such a way as to seem wallpaper. Current seat of the city council, the hall “Sala dell’Aquila” also has the advantage of including technological material in such an intelligent and discreet manner that does not alter in any way the ancient splendor of a place, where the paintings are characterized by a sense of depth that makes the environment even more impressive. One of a kind is the hall “Sala dei Ritratti”, which once housed the theater and today lends itself to conferences, lectures, concerts; and the hall “Sala del Mappamondo”, a former Hall of Comedies which later, in 1 688, became the town library by will of Cardinal Decio Azzolino Junior, in order to make available his extensive collection of books and volumes from the legacies of two nobles of Fermo, to which was subsequently added an important donation by Romolo Spezioli (about 1 2,500 books), personal physician of Pope Alexander VIII and Queen Christina of Sweden, a woman of great culture and sensitivity with which the Cardinal shared esteem,


tastes and interests, and became her sole heir. With its 1 5,000 volumes, the Library of Fermo, named after Romolo Spezioli, is among the ten most important historical libraries of Italy, as well as the richest of the Marche. It features a collection of over 300,000 books and pamphlets, among which the Fondo Spezioli; the Book of Hours of Queen Christina (illuminated manuscript); 681 incunabula (early printed texts ranging from 1 450 to 1 500, therefore the most rare); the precious letter that Christopher Columbus wrote to the Spanish royal family on his return from the first trip to the Americas of which only five copies exist in the world; 1 27 manuscripts, 3,000 handwritten codes, while the Episcopal seminary includes 45,000 volumes. The world map of Fermo and the Art Gallery Inside the Hall is located the immense globe made in 1 71 3 by Abbot Silvestro Amanzio Moroncelli of Fabriano for the Fermo nobleman Morroni, and later donated to the Library. The globe, which has an internal wooden structure with an iron shaft, is coated in Fabriano paper on which Moroncelli wrote and drew by hand, measuring 1 85 cm in diameter with a circumference of 568 cm. A curiosity: in the globe is missing because Australia because it was explored in 1 770. Most notable masterpieces of the Art Gallery, arranged in five rooms: the hall “Sala di Storia Locale”, which preserves artifacts and memorabilia related to the city, including 'Lu Marguttu', puppet made of polychrome oak wood that was used of August 1 5th for the carousel of Quintana on the occasion of the Feast of the Assumption, patroness of Fermo, now worthily represented by the famous historical re-enactment “Cavalcata dell’Assunta” which this year reaches the finish line of the 34th edition with the involvement of ten districts; the hall “Sala degli Ori” with paintings of the courteous Gothic period among which stands out the altarpiece 'Stories of the martyrdom of Saint Lucia' painted in 1 41 0 by Jacobello del Fiore and the work 'Madonna Enthroned with child' by Andrea of Bologna; the hall “Sala Boscoli”, the hall “Sala del Barocco”, the hall “Sala del Rinascimento”, which house paintings by Vittore Crivelli, Vincenzo Pagani; tapestries in silk, gold thread and camel hair made by Giusto di Gand, Flemish painter who also worked at the court of Urbino; the valuable works that come from the church of San Filippo, including 'The Adoration of the Shepherds' (1 608), the only painting by the Flemish artist Pieter Paul Rubens present in the Marche, and the Altarpiece of Pentecost by Giovanni Lanfranco (1 625). Also worth a visit is the Archaeological Museum, with its interesting permanent exhibition dedicated to the Villanoviano and Piceno period from the ninth in the third century BC, which includes materials found in the necropolis of Ferrmo in the Mossa district and Misericordia district. The Aquila Theatre Another 'jewel' set in the city of Fermo is the Aquila Theatre, which was previously located in the hall “Sala del Mappamondo” and then in the hall “Sala dei Ritratti”, and lastly, after the fire of 1 774, rebuilt outside the municipality, in an area halfway between the Square and the Cathedral. Inaugurated on September 26, 1 790, the theater was built by Cosimo Morelli of Imola, architect of the Papal States, and was initially built in eighteenth-century style with oval room and scene in 'three mouths'. The current orchestra pit did not exist and the colors were turquoise and gold. After the restoration carried out in 1 830, the Aquila Theatre was renovated and changed shape (horseshoe) and colors (red and gold), and therefore embellished with the painting on the ceiling by the Roman painter Luigi Cochetti who depicted the Olympians with Jupiter, Juno, the Three Graces and the six dancing night Hours intent on listening to the song of Apollo. At the center shines a large chandelier of 1 830, which comes from Paris. With its 1 24 stages distributed in five orders framing the parterre, with a total capacity of 1 ,000 seats, a stage of 350 square meters and perfect acoustics (so much so that the structure can be used for recording), the Aquila Theatre is the largest of the Marche Region and one of the most renowned in Italy. In over two hundred years it has hosted prestigious events and distinguished guests from the world of opera such as the tenors Beniamino Gigli and Mario Del Monaco, and the soprano Renata Tebaldi. The Roman Cisterns Another absolute peculiarity of the territory of Fermo are the Roman Cisterns, an underground structure of the first century AD, used as an aqueduct to supply water to the city of Firmum Picenum. The entrance was created in modern times from Via degli Aceti, a passage realized in conjunction with the construction of the Dominican convent in 1 21 0. Via degli Aceti brings with it traces of an old story that saw two brothers fight a duel for the love of same lady: the epilogue is sad, because both died speared one on the sword of the other. A passerby found the two dead bodies and, in a sign of mourning, decided to remember the romantic rivals by carving two crosses, which are still visible on the walls leading to the Roman Cisterns, among the largest in the world with their 30 rooms of 65 square meters arranged in three rows of ten, for a total of 221 2 square meters and 1 5.000 cubic meters. To reach them it is necessary to travel down a medieval hall, from which their excellent condition is already evident, thanks to restoration completed in 1 965. The internal temperature of the Cisterns is constant and around 1 5° even in summer, with a humidity of 98%. The floor is waterproof and the artifacts found in the accumulation earth, after a period of neglect, they will constitute the Archaeological Museum of Roman Period that will complement the Picena collection on display at Palazzo dei Priori. It should be noted that the last six rooms of Cisterns have been used by the Water Consortium of Piceno until 1 980 as a supply of drinking water for the city of Fermo, while the cellars served as a refuge during the Second World War. Other places of interest The landmarks and historic structures in the Fermo territory are infinite, among which is the Cathedral, a religious building dedicated to Mary's Assumption into heaven, which rises with its asymmetric prospectus in Romanesque-Gothic style in the square of the Gyrfalcon, in the highest part of the city. Next to the cathedral is the Diocesan Museum, created on the initiative of the Archbishop Cleto Bellucci and inaugurated on 1 6 April 2004. The

27


structure contains works of religious art ranging from early Christian to the twentieth century, tracing the basic lines related to the history of the Catholic Church, the relationship of the Archdiocese of Fermo with the Church of Rome, liturgy and devotion of the community of Fermo. Fermo, Science, the Pipes and a meteorite But the city of Fermo winks also to science with the Polar Museum of Villa Vitali, founded by the explorer and scholar Silvio Zavatti; the Natural Science Museum which contains the 'Tommaso Salvadori' ornithological collection; the 'Alfredo Matacotta Cordella' collection of cameras. And a real treat for smoking fans: the Pipe Museum run by Pipe Cigar Club of Fermo, which boasts 450 specimens donated mainly by a big fan of the sector, the Roman Nicholas Rizzi, and other private collections among the which it is possible to admire the pipe of the RAI journalist Mario Azzella, of Sandro Pertini, Luciano Lama, Victor Felts, Sandro Curzi and even a pipe belonging to the hero of two worlds Giuseppe Garibaldi. But that’s not all, because the city also boasts a meteorite that bears its name, which fell on the afternoon of 25 September 1 996 in the Fermo countryside and is now preserved in the Science Museums of Villa Vitali. The fall of the meteorite was noted by Luigi Benedetti and was found two days later by Giuseppe Santarelli, inside a crater 50 cm deep with a diameter of 30 cm. Its importance lies mainly in the specific weight of 1 0.2 kg, which is one of the many reasons that made Fermo famous (chondrite rocky 1 9x24x1 6 cm) – apart from the rarity of the size and the manner in which it fell and was discovered - is the fact that it did not fragment upon impact with the atmosphere. Its age? About 4.5 billion years. Fermo and the economy As for the economy, the Fermo area is active in the two shoe and hat industrial manufacturing districts (Montappone), while agriculture was the main source of income until the sixties of the twentieth century. The territory’s tourist vocation is mainly concentrated in the historic center, but is also targeted on hotel accommodation and camping. In the areas of the Fermo territory to the south (Marina Palmense) and to the north (Lido di Fermo) is the highest concentration, by extension, of camping sites in all the southern Marche. Furthermore, on the coast, there is also a bicycle track that belongs to Ciclovia Adriatica which, once completed, will connect all the resorts along the Adriatic coast. Events There are many prestigious events that characterize Fermo, starting from the annual Palio dell’Assunta, that focuses on the homonymous Cavalcata dell’Assunta and is considered the most ancient Palio of Italy (1 1 82); the International Violin Competition

28

'Andrea Postacchini'; the theater season and appointments with opera, dance, drama and concerts held at the Aquila Theatre and in the hall “Sala dei Ritratti” of Palazzo dei Priori; ‘Tipicità’, local fair dedicated to food that is held at the exhibition grounds of Fermo with the participation of international guests. Lastly, in view of the Expo, the City of Fermo also hosted the exhibition ‘Menù d’autore – Il cuoco di ieri, oggi e domani’ ('Signature Menu - The cook yesterday, today and tomorrow'), to trace the thread of continuity between past and present on the importance of food. The exhibition was enhanced by a significant selection of ancient cookbooks including the famous Messisbugo and Scappi, and 'local' authors such as Andrea Bacci and Antonio Nebbia.


PAGI N A 29

ORIZZONTALI 1 . Temistocle vi sconfisse Serse - 8. Sigla del Partito Laburista Americano - 1 1 . La patria di Spartaco - 1 2. Penisola cinese - 1 4. Deterioramento - 1 5. Abile - 1 6. Non si spezza, come il diamante - 1 7. La città natale di Simon Bolivar - 1 8. Dà sempre cattivi consigli - 1 9. Integrano l'aperitivo - 20. Il feudo d'un blasonato - 22. Un colpo avverso - 24. Un monumento verticale - 26. Camicetta succinta - 28. Negozi di tessuti - 29. Flagella Trieste - 30. Il senso destrogiro - 31 . La figlia di Tiresia - 32. Bagna Lima - 33. Lo Steven di "Nico" - 34. Centouno in cifre - 35. Serve per fare matasse. VERTICALI 1 . Lavori preparatori - 2. Calura, siccità - 3. La amava Petrarca - 4. Misura terriera inglese - 5. Né tua né sua - 6. Le ultime in graduatoria - 7. Pianta con fiori rosso cupo - 8. É simile alla robinia - 9. Noto psicanalista francese - 1 0. Carme - 1 3. Abulia - 1 5. Soprascarpe - 1 7. Nicolò mitico radiocronista - 1 9. Canzonatoria - 20. Il locale per il liscio - 21 . Forniscono... cavalli - 22. Romanzo di Maupassant - 23. Le sparano grosse - 25. Luciano compositore - 26. Cook le chiamò "Isole degli Amici" - 27. Ama Francesca - 29. Divinità fenicia - 31 . Il nome di Patacca - 33. Lo scandio.

SOLUZIONI DEL CRUCIVERBA (quasi) IMPOSSIBILE DI GENNAIO


PAGI N A 30

Life Marche Magazine

Editore: Emanuela Pelacchi – Drop Space Studio – P.I.

02083660445 www.dropspacestudio.com Testata iscritta al Tribunale di Ascoli Piceno, - Aut. n. 400/201 4 N. Registro Stampa 51 5 Iscrizione ROC n. 241 53 Redazione e amministrazione: Via Enrico Toti, 86 – 63074 San Benedetto del Tronto AP Direttore: Massimo Consorti Redazione: Rosita Spinozzi (vice direttore), Eleonora Crucianelli, Giovanna Mascaretti, Marco Bagalini Collaboratori: Massimiliano Paoloni (Green&bio), Giovanni Desideri, Emily Forlini (Misteri), Sara Anselmi, Valeria Cesari (Green&bio), Emanuela Voltattorni, Christian Dolente, Luca Di Carlo, Elisa Ruzzene, Giuseppe Piscopo Impaginazione, grafica e foto: Alessandro Paddeu Pubbliche Relazioni: Raffaele Siciliano Tipografia: Arti Grafiche Picene - Stabilimento: Via della Bonifica, 26 - 63040 Maltignano (AP) - Sede Legale: Via Pietro Capparoni, 21 - 001 51 Roma Sito web: www.lifemarche.net Contatti: desk@lifemarche.net Tel. 0735 500539 Free Press mensile distribuito in 25.000 copie Foto di Copertina di Alessandro Paddeu

PROVINCIA DI MACERATA Bar Tazza D'oro Via Principe di

Piemonte,66 Civitanova Marche, Edicola Tabaccheria Barchetta, Via T.Lauri, 1 6, Macerata, Edicola Centrale, Macerata, Profumeria Pot Pourri, Corso Cairoli, 1 57, Macerata, Bar Revival Cafè, Via Pietro Nenni, 25, Porto Potenza Picena PROVINCIA DI FERMO Bar Edicola Caprice, Via Aprutina 43, Altidona, Edicola Ric.3584, Viale Trento 1 98, Fermo, Bar Maracanà Caffè, Via Olimpiadi, 1 , Monte Urano, Bar Tropical, Via Gramsci, 79, Montegranaro, Edicola Ufficio 2000, Largo G. Conti, 1 , Montegranaro, Chupito Cafè, Via Salvadori Tommaso 1 23, Porto San Giorgio , Chicco di grano, Via Fratelli Rosselli ss1 6, 253, Porto San Giorgio, Fatta e Mangiata, Via F.Gentili 7, Porto San Giorgio, Edicola Rossi Ines, Via Don Minzoni1 5, Porto San Giorgio, Bar Garden, Piazza Giovanni XXIII, 2, Porto Sant'Elpidio, Edicola dell'orologio, Via Indipendenza, Porto Sant'Elpidio, Edicola Sebastiani Maria Paola, Corso Baccio, 77, Sant'Elpidio a Mare, PROVINCIA DI ASCOLI PICENO, Tabaccheria Riv. 43 di Cataldi Maria Luisa, Via Delle Zeppelle, Ascoli Piceno, Edicola Pignoloni, Piazza Giacomini, Ascoli Piceno, Merceria Giornali Sestili Spurio Marco, Via Marcello Federici, 4, Ascoli Piceno, Edicola del Corso di Chiara Cicchi, Largo dei Catani, Ascoli Piceno , Rivendita giornali e articoli di Celani Luigina, Piazza Simonetti, Ascoli Piceno , Tabacchi e Giornali Quarta Norma, Piazza Ventidio Basso 32, Ascoli Piceno , Edicola Jolly di Rossella Cardinali, Via De Gasperi,7, Ascoli Piceno , Edicola di Eleonora Lapati, Piazza Immacolata, Ascoli Piceno , Edicola di Grazioli Paola, Via Napoli,1 0, Ascoli Piceno , Edicola Alesi Tiziana, Via Salaria,84, Castorano, Edicola Bollettina Raffaella, Via Gramsci, Castel di Lama, Edicola Sorriso, Corso Vittorio Emanuele 27, Cupra Marittima, Cartolibreria Edicola Papyrus, Via Dante Alighieri 72, Grottammare, Cartoleria Edicola Di Matteo Fabrizia, Via IV Novembre, Maltignano, Edicola Zocchi Mauro, Via Salaria Inferiore, Monticelli, Tabaccheria Eldorado, Borgo Giacomo Leopardi 37, Offida, Edicola Malavolta Monja, Corso Serpente Aureo 89, Offida, Tabaccheria Guido e Fabio, Corso Serpente Aureo 34, Offida, Edicola Annalisa Fuselli, Via Salaria, 57, Pagliare del Tronto, Edicola Cataldi Flavia, Piazza Matteotti, Ripatransone, Edicola Cartolibreria di Emanuele Amabili, Corso Vittorio Emanuele 20, Ripatransone, Giacomini Stefano, Viale della Repubblica 22/a, Roccafluvione, Edicola Malizia Franco, Largo Trieste, S.Benedetto del Tr., Edicola Roberta V.le Marconi 74, S.Benedetto del Tr., Edicola Capriotti Enrica sas di Camela Davide, V.le Marconi 26 (di fronte conc.26), S.Benedetto del Tr., Edicola Falcioni Mirco, Viale Secondo Moretti (di fronte Caffè Sciarra), S.Benedetto del Tr., Edicola La Rotonda, Via Mare 21 9 (di fronte Pizz.Fornaccio), S.Benedetto del Tr., Edicola Pennesi Riccardo, Via Piemonte 91 , S.Benedetto del Tr., Edicola Gaetani Maria Gabriella, Viale De Gasperi (altezza n.7), S.Benedetto del Tr., Edicola Feliziani Angelo sas, Viale Secondo Moretti (vicino fontana Sberleffo), S.Benedetto del Tr., Edicola San Filippo Neri, Piazza San Filippo Neri, S.Benedetto del Tr., Edicola Fazzini Costanza, Via Della Liberazione 5/b, S.Benedetto del Tr., Edicola Del Porto Pignotti Giancarlo, Viale Colombo 51 , S.Benedetto del Tr., Libreria Nuovi Orizzonti, Via Calatafimi, 48, S.Benedetto del Tr., Bar Tabacchi Sabatini Luca, Via E. Nardi 1 1 0, Venarotta, PROVINCIA DI TERAMO Edicola Cirilli,L.re Europa (rotonda Las Palmas), Martinsicuro, Edicola Amerigo Marinozzi, Piazza Orsini, Teramo, Edicola Dos Reis Josè Isidoro, Viale Mazzini, Teramo, Edicola Angelozzi Carlo, Viale Bovio (altezza n.72),Teramo , Edicola F.lli di Biagio, Viale F.Crucioli 1 09,Teramo PROVINCIA DI PESCARA Edicola Vannuci & La Porta, Piazza Sacro Cuore

2015l'annodella comunicazionesecondogliastri

MERCURIO TRIONFATORE Dal punto di vista astrologico il 201 5 è un anno pieno di interessanti fenomeni planetari. Uno fra questi è l’attuale moto retrogrado assunto dal pianeta Mercurio, significatore della comunicazione e del commercio, dal 21 gennaio all’1 1 febbraio 201 5, nel segno dell’Aquario. Il moto retrogrado è un fenomeno secondo il quale ciclicamente un pianeta orbita in moto orario intorno al Sole, anziché in moto antiorario. Questo in astrologia è un fenomeno che viene letto come un’efficacia dimezzata di quel dato principio planetario. Esaminiamo il ruolo di Mercurio applicato alla natura umana: come detto, esso è l’archetipo che rappresenta la comunicazione. Nella nostra mappa astrale di nascita la sua posizione indica se siamo più o meno propensi a condividere le nostre idee, se siamo riservati o emotivi, oppure convinti assertori di ciò in cui crediamo. Esso indica anche se siamo scaltri o ingenui, se sappiamo approfittare delle occasioni propizie. Mercurio rappresenta anche la mente logica e la memoria cognitiva, indica se possediamo un’intelligenza brillante e analitica o piuttosto un cervello viscerale ed empatico. Ci sono tre momenti nell’anno in cui questo pianeta assume un moto retrogrado e le normali funzioni da esso governate si offuscano, si annebbiano. Innanzitutto la mente vacilla e si perde, la memoria entra in stand-by e non collabora. Riusciamo a seguire gli impegni presi con fatica, perché sentiamo l’esigenza di stare in silenzio. Quando un pianeta legato all’estroversione orbita in moto contrario al solito, ci permette di spostare la nostra attenzione sullo spazio interiore. Non sempre è facile essere in qualche modo portati a riflettere su noi stessi, soprattutto perché il moto retrogrado, andando indietro, solleva questioni legate al passato e non tutti noi abbiamo voglia di farne i conti. In questi momenti è molto importante prendersi del tempo per rallentare, perché nella lentezza riusciamo a vedere dei dettagli che altrimenti ci sfuggirebbero, entrando piano piano in un flusso di ponderatezza risolutiva rispetto ad antiche questioni tuttora irrisolte. I moti retrogradi sono sempre fondamentali per supportare ed accelerare il cambiamento nella nostra vita, soprattutto se desideriamo liberarci dai pesi del passato e dai suoi retaggi. Un altro aspetto importante di questa configurazione è il suo valore riguardo alla vita commerciale. Fin dai tempi più antichi Mercurio è stato associato a questo settore e le sue retrogradazioni vengono viste come dei periodi in cui astenersi dal firmare contratti o prendere decisioni importanti o dare inizio a nuovi progetti. Ovviamente tutto deve essere fatto nella giusta misura e preso con sano buon senso, ma in linea generale queste sono le indicazioni. Durante l’anno il moto retrogrado di Mercurio si ripeterà dal 1 9 maggio all’1 1 giugno in Gemelli e dal 1 7 settembre al 9 ottobre in Bilancia. Seguitemi sul mio blog ashtalan.blogspot.com per rimanere aggiornati sui significati dei movimenti planetari, perché essi possono essere rapportati alla nostra vita quotidiana attraverso l’analisi del proprio tema natale, che è la fotografia del cielo al momento della nascita. Questa analisi ci aiuta a scoprire le vie più indicate per percorrere l’esistenza nel modo più armonioso possibile per la nostra natura intrinseca. Il supporto astrologico serve per uscire dalla convinzione che “la vita è faticosa” perché ci permette di vedere quale sia invece il punto di vista attraverso il quale guardare alle difficoltà come ad una sana opportunità di crescita interiore. Se siete curiosi su quali siano le vostre opportunità e come utilizzarle al meglio, potete contattarmi su astrostefania@gmail.com per un appuntamento in studio o un’analisi scritta del vostro tema natale. Stefania Marinelli


ARIETE

In attesa dei primi segni di primavera e la svolta delle stelle da luglio in poi, continui ad agitarti insofferente da un posto di lavoro all’altro o al contrario cercando quello che non c’è. Chi ha chiuso una storia e sente nostalgia, sarà tentato di fare un passo indietro, le stelle, però, sconsigliano i ripensamenti.

TORO

Vi attende un mese a dir poco eccezionale. Al lavoro sarete dinamici e attivi, promotori d'iniziative originali e intelligenti e vi conquisterete nuovi preziosi alleati e consensi. Saturno in transito nel vostro ottavo settore zodiacale, potrebbe far rientrare nella vostra vita una persona che si era allontanata.

GEMELLI

Continua il periodo di incontri e occasioni professionali: la possibilità di iniziare un nuovo percorso in una nuova città a febbraio sarà quanto mai probabile. Se le idee non sono chiare, nuove e diverse esperienze aiuteranno a tenere aperta la mente e a raccogliere stimoli e contatti utili da luglio in poi. Buon momento per investimenti impegnativi in campo mobiliare.

CANCRO

Via libera alla fantasia nell'organizzare serate o week-end da trascorrere all'insegna della passione ritrovata. Una volta tanto rinuncerete volentieri alla volubilità e mitigherete l'atteggiamento con dolcezza e buon senso. Felice chi vi ama che ora sarà propenso ad aprirvi cuore e braccia. Situazione finanziaria in leggera ma costante ripresa.

LEONE

La rivincita è un piatto che va consumato sotto il solleone di luglio e fino ad allora dovrai fare della pazienza la tua arma. Febbraio non è di solito un mese amato e arrivano i nervi a saltare alle prese con colleghi in ufficio, con i tuoi amici per organizzare una serata, con la lavatrice o internet che non vanno più. Festeggerete il compleanno, o San Valentino, sulle note di uno scanzonato, ma intenso romanticismo.

VERGINE

BILANCIA

OROSCOPO

In silenzio e senza dare nell’occhio, stai raccogliendo a poco a poco quello che ti è mancato negli scorsi mesi, a iniziare dalla tua sicurezza, e ne sei consapevole anche tu. Troverai quello che cerchi a patto che rispecchi davvero le tue convinzioni e i tuoi sogni più autentici: un nuovo ruolo professionale, una nuova casa, un amore più equilibrato o al contrario più eccitante, una maggiore fiducia nelle tue qualità. Febbraio oscilla tra le fatiche di ogni giorno, questioni economiche e burocratiche irrisolte e i pesi di quanto successo negli scorsi mesi, soprattutto in amore. Discussioni che partono come micce tra coppie di lunga data, nebbia fitta nei nuovi flirt ancora fino a inizio marzo. Tra rebus, cruciverba e labirinti senza uscita, sei in attesa di soluzioni, miracoli, aiuti esterni che arrivino a toglierti dall’impasse.

SCORPIONE

Il lavoro scorrerà tranquillo per la maggior parte del periodo, e avrete modo di rivalutare con calma i progetti su cui state investendo. Ora sarà problematico riscuotere vecchi crediti o ottenere, qualora ne avrete bisogno, finanziamenti o aiuti d'ogni genere. L’amore vive una stagione speciale: fertilità nelle coppie innamorate, stabilità in quelle nate da poco, emozioni dal 20 con Capricorni mai dimenticati e Gemelli ritrovati.

SAGITTARIO

AAA cercasi via d’uscita tra le incomprensioni di coppia, la fine di una storia e l’attesa di un rimpiazzo decisamente migliore del precedente. Guardi avanti come solo tu sai fare, meglio se frequentando gente e uscendo il più possibile dalla seconda metà del mese. Le rivoluzioni degli ultimi due anni sono ancora difficili da dimenticare, la situazione economica non è delle migliori e l’amore viaggia su binari sbilenchi senza una mèta precisa.

CAPRICORNO

Vita facile con il partner generoso nel propinarvi favori e coccole, però preparatevi ad assumervi maggiori responsabilità o inizieranno i guai! Coinvolgente la vita soprattutto per chi avrà deciso che è finito il tempo dei dubbi e dei sospetti e si aprirà con fiducia all'amore con la "A" maiuscola. San Valentino sarà il momento per decidere la data del matrimonio o l'inizio di una convivenza.

ACQUARIO

Al momento i pianeti non permettono di fare follie senza poi farti pagare il conto, ma fino a luglio Marte ti rende grintosa e piena di voglia di fare, conoscere e muoverti per territori sconosciuti. A febbraio Mercurio nel segno favorisce i contatti e le collaborazioni con sperimentati Sagittario e Gemelli geniali, ma quello che saprà accendere il tuo interesse saranno proprio gli affari di cuore.

PESCI

Preparatevi e caricatevi, perché uno dei mesi più romantici dell'anno segnerà importanti conquiste in campo sentimentale. Giove, vostro astro guida nel sesto settore del vostro cielo, vi renderà quanto mai affascinanti e seduttivi, vere e proprie calamite che attireranno corteggiatori ovunque. Mercurio e Marte vi illuminano e avvicineranno opportunità eccezionali per conoscere gente interessante con cui potere stringere collaborazioni di tutto rispetto.

COUPON

31



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.