The temptation of the Abstract by Estelle Arielle Bouchet

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The Temptation of the Abstract IMAGES FROM ALEXANDER MCQUEEN CATWALK A/W 09/10 IMMAGINI DALLE SFILATE DI ALEXANDER MCQUEEN E DOLCE & GABBANA A/I 09/10

From Modernism to Abstraction, a breath from the Fifties dal modernismo all’astrazione, l’influenza degli anni cinquanta BY Estelle Arielle Bouchet

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ABEL ABDESSEMED - PLUIE NOIRE, 2006

The concept of Abstract Art is not confined to being a sophisticated movement of our time or some intellectual affectation for a circle of insiders, but rather relates to a pictorial tradition that is brutal, vernacular and instinctive, dating back to the beginning of time: rock painting without any kind of human representation whatsoever or like the Gate of Babylon which highlights a pictorial dialectic made up of symbols and animals or the ancient frescoes of the Lascaux caves. These representations, because of their mystery and their origins that are so remote, leave enormous room for poetry. Whether it’s the funerary art of the Pharaohs with its hieroglyphics or the cave paintings or the early writings of Sumer in Mesopotamia, there is always the same mystery and an invitation to dream, similar to what happens in the Abstract art of the Twentieth Century. This latter vigorously rejects the figurative academicism of the Nineteenth Century that never stopped reproducing, with a romantic monotony, relative reality with its still lifes, portraits and landscapes. The intention was to take over reality in a rational faithful way, it was with an almost neurotic toughness, this was ruled by a fear of seeing the unknown, so one thus stripped away, at the same time, the poetic, symbolic and magical dimension of creation and the surrounding world. This obsessively figurative vision reflected human confinement that cut us off from the original myth of Narcissus, which on the contrary gave everyone the opportunity to be in a permanent state of metamorphosis. “You have to dive into the unknown to find the new” was the battle cry for Baudelaire in the well-mannered bourgeois Nineteenth Century. All painters or artists who were committed to the Abstract view aimed at rebirth with this Paradise Lost which corresponded to the very nature of the poetic topos. Whether it be a work by Miro or by Kandinsky or the dark and mysterious atmosphere of a film by Alfred Hitchcock lit up by the presence of a star like Grace Kelly at the peak of her sublime goddess beauty, it is the same dialectic of a mystery in search of a transcendent fugitive moment, but to which we can devote a lifetime. The search for the Sublime is inextricably linked to the abstract approach. This metaphysical form which follows just after the original form, whether in design like the wonderful black and white sketches of Christian Dior featuring an ideal of refined elegance that suggested more than it imposed and gave birth to the “New Look”, the name given by Caramel Snow, editor of the celebrated Harper’s Bazaar. But make no mistake, under this apparent simplicity; Christian Dior once again made Paris, like a phoenix from the ashes, the world capital of fashion just after the Second World War. It is similar in the purity of the constructions on blank backgrounds by the painter Mondrian in the 40s: silence embodied in the colour white, itself symbolizing a window onto the breath of the imagination and mouthfuls of oxygen from an emptiness that is healthy and calming, taking us to a perfectly-structured geometric space. André Courrèges later took up these themes again in his minimalist dresses in the 60s which were highly graphic. The first, although this is still subject to controversy, was Mary Quant from Great Britain with her

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Il concetto di arte astratta non è relegato a un movimento sofisticato di epoca contemporanea o a l’ostentazione intellettuale di una cerchia di iniziati, ma si ricollega a una tradizione pittorica bruta, primitiva e istintiva che risale alla notte dei tempi. La pittura rupestre, ad esempio, che rifiutava ogni sorta di rappresentazione dell’uomo oppure la Porta di Babilonia, che metteva in luce una dialettica pittorica fatta di simboli e di animali, o ancora gli affreschi arcaici delle grotte di Lascaux. Il mistero e le origini lontane di tali rappresentazioni lasciano spazio alla poesia. Che si tratti di arte funeraria faraonica con i suoi geroglifici, di pitture rupestri o anche dei primi scritti dei Sumeri in Mesopotamia, vi è comunque lo stesso mistero e un invito al sogno e a un altrove che prevale proprio come nell’arte astratta del XX secolo. Quest’ultima nasce da un forte rifiuto dell’accademismo figurativo del XIX secolo che con le sue nature morte, i suoi ritratti e i suoi paesaggi, non si stancava mai di riprodurre la realtà relativa con monotonia romantica. Attraverso un modo razionale e fedele, si è voleva plagiare la realtà, e con un accanimento quasi nevrotico perché tutto era retto da una paura della percezione dell’ignoto, si era sradicata la dimensione poetica, simbolica e magica della creazione e del mondo circostante. La visione troppo figurativa invece esprimeva la reclusione umana escludendoci dal mito originale di Narciso che offre a ciascuno di noi la possibilità di rivelarsi in una metamorfosi permanente. «Per trovare il nuovo bisogna immergersi nell’ignoto» era il motto di Baudelaire nel suo XIX secolo benpensante e borghese. Tutti i pittori e gli artisti che hanno intrapreso la via dell’astratto avevano per oggetto quello di riallacciarsi a quel paradiso perduto che corrisponde alla natura stessa del topos poetico. E questo che si tratti di un’opera di Mirò o di Kandinsky, o dell’atmosfera plumbea e misteriosa di un film di Alfred Hitchcock illuminata dalla presenza di una stella come Grace Kelly nel fiore del suo splendore ieratico e sublime. È sempre la stessa dialettica del mistero alla ricerca di un istante di trascendenza improbabile e fugace ma alla quale dedicare la propria vita. La ricerca del Sublime è indissolubilmente legata all’approccio astratto. Questa metafisica viene dopo la forma iniziale, ossia la stilizza come negli straordinari bozzetti in bianco e nero di Christian Dior, che mettono in scena un ideale di eleganza purificata che suggerisce più di quanto impone e fa nascere il «New Look», nella definizione di Carmel Snow, caporedattrice del celebre Harper’s Bazar. Attenzione però a non fraintendere questa apparente semplicità. All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, Christian Dior ha saputo fare di Parigi la capitale mondiale della moda, una fenice che risorge dalle sue ceneri. Lo stesso vale per la purezza delle composizioni su vuoto di Mondrian negli anni ’40: il silenzio incarnato dal bianco - che simboleggiava esso stesso una finestra aperta sul respiro dell’immaginario e sulla ventata di ossigeno di un vuoto salutare e atarassico - ci rinvia a uno spazio geometrico perfettamente strutturato. In seguito fu André Courrèges a riprendere tali tematiche, nei suoi abiti minimalisti degli anni ’60, in termini eminentemente grafici. La prima, anche se la questione è ancora oggetto di contese, fu l’inglese Mary Quant, con la creazione della minigonna venduta in migliaia di esemplari nella

©Abel Abdessemed and David Zwirner, New York Photo Marc Domage Palazzo Grassi - Venezia “mapping the studio” Francois Pinault Foundation

PIERRE MARIE BRISSON Nouvelles I, 1995

VIVIENNE WESTWOOD Red Label Collection

Studio Mark Bradford

Courtesy Sikkema Jenkins & Co. New York Photo Juan Carlos Avendano

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FRANKIE MORELLO LALIQUE necklace Tourbillon Collection LALIQUE vase Tourbillon Collection FRANKIE MORELLO LALIQUE collana Collezione Tourbillon LALIQUE vaso Collezione Tourbillon

CINDY SHERMAN - Untitled, 2007-2008 Color photograph Courtesy of Cindy Sherman And Metro Pictures “Mapping The Studio” PUNTA DELLA DOGANA,Venezia, Francois Pinault Foundation

creation of the mini-skirt which sold by thousands in her shop in the King’s Road in 1965. Mary Quant represents a perfect example of that era when mechanization was at the service of creativity: faced with a voracious enormous demand, the answer was by infinitely producing and reproducing and to use this to make the industrial tools available through Taylorism. In this Modernist era, America reigns supreme and imposes its laws. On the same subject of global success: at the 1959 American Toy Fair in New York, Ruth Handler presented the first Barbie. The doll-woman exactly corresponded to the aesthetic canons of the pin-ups of the 50s. The fatal carnal beauty of the sex-symbols of the 50s makes themselves seen, embodying life and its physical appetites. America, the country that rescued Europe from horror and destruction, often had the lead in World War II hero figures. Its all-time stars had no rivals and this period invented the feminine ideal: platinum-blond hair, wasp waists, wide hips and

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sua boutique di King’s Road nel 1965. Mary Quant incarna l’esempio perfetto dell’era in cui la meccanizzazione si mette al servizio della creazione; per far fronte a una domanda avida e pletorica, il Taylorismo impone la produzione e riproduzione all’infinito e l’utilizzo degli strumenti industriali che si hanno a disposizione. In tale era modernista, l’America regna sovrana e impone le sue leggi. Nella stessa vena di successo planetario, nel 1959 Ruth Handler presenta alla Fiera Americana del Giocattolo di New York la prima Barbie. La bambola-donna corrisponde perfettamente ai canoni estetici della pin-up degli anni ’50. Si intromettono le bellezze fatali e carnali dei sex symbol degli anni ’50, che incarnano la vita e i suoi appetiti tangibili. L’America, allora nazione con il vento in poppa – eroina della Seconda Guerra Mondiale –ha fatto uscire l’Europa dall’orrore della distruzione. Le sue star di tutti i tempi non conosceranno rivali, l’epoca in questione ha generato l’Ideale Femminile, donne biondo

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Photographer Rachel de Joode’s “hors d’oevre collections”, photo-wallpaper designs Dalla collezione “hors d’oeuvre collections”, della fotografa Rachel de Joode photo-wallpaper design, Jannelli& Volpii

large breasts. From Rita Hayworth to Ava Gardner, from Liz Taylor as Cleopatra at her peak, through Grace Kelly who radiated the glow of her very aristocratic more discreet beauty. This Modernist and Post Modernist movement, two sides of the same coin, embodies everything and its opposite: the frantic sensuality of this post-war period mingled with invention and the development of the applied arts, pre-announcing the bulimic consumption of the 60s. From the phantasmagorical elegance of Kenneth Lane, inventing delirious jewellery for well-bred American WASPs while drawing his inspiration from a bestiary of animals or going back to a new Ancient Egyptian purity with his grand Cleopatra-like wrist pieces. A world where Hollywood has its importance and television has already announced the warning signs of “all virtual” which, on the eve of 2010, occupies a growing space in the field of communication and contact of any kind. +

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platino, vitini da vespa, fianchi formosi e seni prosperosi. Da Rita Hayworkt ad Ava Gardner, da una Liz Taylor Cleopatra al suo apogeo, passando per Grace Kelly che ha fatto risplendere lo splendore della sua bellezza, molto aristocratica e dalle misure più contenute. Questo movimento modernista e postmodernista, due facce della stessa medaglia, incarnano tutto e il suo contrario: dalla sensualità esasperata del periodo del dopoguerra e di invenzioni, allo sviluppo delle arti applicate che preannunciavano il consumo bulimico degli anni ’60. L’eleganza fantasmagorica di un Kenneth Lane, inventadei gioielli deliranti per il wasp americano benpensante, traendo ispirazione da un bestiario animale o da una purezza neofaraonica con i suoi modelli alla Cleopatra. Un mondo in cui Hollywood ha il suo peso e in cui la televisione, ai suoi primi passi, annuncia già i segni premonitori del «tutto virtuale», che occupa, alla vigilia del 2010, sempre più spazio in materia di comunicazione e di scambi di ogni natura. +


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