Eco di Piacenza 11/03/2021

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Anno 10 - Numero 09

Giovedì 11 marzo 2021

UN ANNO DAL PRIMO LOCKDOWN: CHIUSURE E SACRIFICI CON VISTA VACCINO

È

l’inizio del 2020: da mesi ormai si parla di un virus che ha messo in difficoltà prima la metropoli di Wuhan, poi tutta la Cina. L’omertà del governo cinese ha camuffato per settimane la gravità della situazione, con soli pochi coraggiosi che, grazie alle nuove tecnologie e ai social hanno provato a mettere in guardia il mondo, che, tuttavia, non considera ancora il virus “cinese” come un serio problema. Anzi, pur nella preoccupazione, i rischi più grossi di cui si sente il peso sono nel rallentamento della locomotiva cinese, ormai alla base di gran parte dell’economia globale e globalizzata. La costruzione di un ospedale a Wuhan in poche settimane più che allarmare, ha suscitato, anche tra qualche commentatore, manifestazioni di ammirazione per l’efficienza del governo cinese. Nelle grandi metropoli italiane, si prende lo spritz normalmente, se ci si preoccupa di non “discriminare” il popolo cinese: chi ritorna in Europa dal capodanno cinese non porta con sé alcun virus sconosciuto. Il 21 febbraio, a Codogno, viene scoperto il primo caso di coronavirus in Italia, il cosiddetto “Paziente 1” (non si è mai riusciti a ricostruire con certezza come il virus sia arrivato nel nostro paese). Nei primi giorni dopo la scoperta dei primi casi di coronavirus l’Italia si divide in due atteggiamenti, uno di forte preoccupazione, l’altro di relativa tranquillità: i casi sono ancora pochi, il Governo ha assicurato che, anche nelle ipotesi peggiori, tutto sarebbe stato pronto. I casi di contagio aumenteranno ancora con una rapidità sconcertante, casi di coronavirus vengono scoperti anche negli altri paesi europei, i rischi per la salute (ci si interrogava ancora sulla necessità dell’uso di

mascherine, che non erano affatto abbondanti) sono sconosciuti, nessuno conosce il virus e i suoi veri effetti e non si sa come curarlo. Il 9 marzo 2020, il Governo prende una decisione senza precedenti: la chiusura totale del paese. Restano aperte solo le attività essenziali, come alimentari, farmacie e pochissime altre, mentre tutti gli spostamenti, anche per una semplice passeggiata, sono vietati, se non per ragioni di lavoro, salute e necessità effettive. Il lockdown durerà fino al 18 maggio 2020. A poco più di un anno dalla prima chiusura totale dell’Italia molte cose sono cambiate: tutti abbiamo modificato le nostre abitudini di vita, il modo di lavorare, di relazionarci con gli altri, e le mascherine sono diventate di uso comune. Abbiamo imparato a conoscere le autocertificazioni, il coprifuoco, le chiusure di bar e ristoranti, la chiusura di cinema, teatri, musei e cultura. La quasi totalità degli eventi, delle feste, dei momenti di svago sono stati cancellati, moltissime aziende non ce l’hanno fatta a sopravvivere, e le persone che hanno perso il lavoro si contano a centinaia di migliaia. In questo quadro già molto critico siamo ancora a fare i conti con restrizioni, zone rosse, arancioni, gialle, colorate e variopinte, e vengono chiesti ulteriori sacrifici. Ma, oggi, diversamente dallo scorso anno, esistono i vaccini contro il coronavirus: il primo vaccino antiCovid, approvato dalla Cina, per un uso limitato in campo militare, risale al 24 giugno 2020, mentre la Russia già l’11 agosto approva il suo vaccino Sputnik 5, anche se solo poche dosi saranno distribuite nei mesi successivi. Il 2 dicembre il Regno Unito, primo paese occidentale, approva l’uso del vaccino nato dalla partnership Pfizer-BioN-

Tech ed entro la fine di dicembre molti paesi europei autorizzano il vaccino, a cui seguiranno ne seguiranno altri di altre aziende farmaceutiche. Nei primi due mesi del 2021 inizia una campagna di vaccinazione di massa a livello globale (l’unica campagna di queste dimensioni è forse quella del vaccino contro il Vaiolo) che ha portato alcuni paesi, come gli Stati Uniti, a vaccinare, con la prima di due dosi, oltre 80 milioni di persone in poche settimane, mentre paesi come il Regno Unito ha già immunizzato, sempre con la prima dose, un quarto della popolazione e Israele, arriva ormai al 57%. L’Unione Europea, invece, ha commesso evidenti errori, fidandosi troppo di forniture irrealistiche, ed oggi fa i conti con una campagna vaccinale che procede a dir poco a rilento: su quasi 450 milioni di europei, solo 40 milioni hanno ricevuto almeno una dose di vaccino (il solo Regno

Unito è a circa 23 milioni di dosi). Nel prossimo trimestre, forse, le cose miglioreranno, con l’arrivo di moltissime dosi, che dovranno essere somministrate a tutta la popolazione, con uno sforzo organizzativo e logistico mai messo in campo, ma che può permettere, in poche settimane, di ritornare ad una condizione di semi-normalità, allentando restrizioni e vincoli, con il calo del rischio di ospedalizzazione. Dopo oltre un anno la stanchezza è tanta, ma proprio perché i sacrifici sono stati pesanti, non dovremo lasciarsi andare alla disperazione, tenendo duro ancora per qualche mese, per un’estate di rinascita.

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