Giovedì 23 aprile 2020
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TRADIZIONE E DIVERTIMENTO CON LE CARTE DA GIOCO PIACENTINE
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no dei passatempi più diffusi e divertenti è il giocare a carte: pratica diffusa forse già dal XIII secolo in Europa, a Piacenza il giocare a carte è entrato nella cultura generale e nella tradizione, grazie alle carte da gioco piacentine. Le carte piacentine sono carte da gioco in stile spagnolo: il mazzo è formato da 40 carte ed ha figure “a due teste” (sebbene in alcuni casi, soprattutto più recenti, le figure si possano trovare anche “intere”). Le carte piacentine sono nate in città probabilmente durante l’occupazione francese, “importandole” e rielaborandole dalle carte usate dai soldati francesi. È poco noto ma le carte piacentine non sono diffuse soltanto a Piacenza e provincia: si gioca con queste carte anche nel resto dell’Emilia (occidentale e centrale) nel sud della Lombardia, nella Toscana appenninica, ma anche nelle Marche, in Umbria e perfino nel Lazio. I quattro semi delle piacentine sono: denari, coppe, bastoni e spade e ogni asso ha il suo nome “culturale” specifico: l’asso di denari è la Pula, un'enorme aquila coronata col bollo d'imposta sulla pancia, l’asso di coppe è il Fiaschei, un grande fiasco che ricorda vagamente un fiasco di vino, ma estremamente lavorato e decorato finemente, l’asso di bastoni è il Didon, un grande tronco mozzato, che può ricordare un pollice all’insù mentre l’asso di spade è chiamato Diaulei, rappresentando un putto (che diventa nel linguaggio
comune un diavoletto) che tiene una grande spada ricurva, lavorata e decorata da una ghirlanda con fiori. Ogni seme, oltre agli assi, ha sei carte, dal 2 al 7 e tre figure, il Fante, il Cavallo e il Re. I primi mazzi delle piacentine, inoltre, avevano lo stemma di Piacenza al centro del 4 di denari (oggi sostituito, spesso, con stemmi generici o della città dove viene realizzato il mazzo). Esistono tantissimi giochi che si possono fare con le carte da gioco, ma il più conosciuto e forse il più tradizione è certamente la briscola. Il primo riferimento alla briscola è del 1828 mentre la prima citazione letteraria è in un poema di Gioacchino Belli del 1847. Il primo trattato sul gioco, però, arriverà solo nel 1888. Arduo è stabilire l’origine del gioco, tuttora sconosciuta, forse derivato da giochi francesi a loro volta derivati da precedenti origini olandesi o scandinave, ma il gioco è ormai entrate nella cultura di massa. Nel piacentino, spesso, già ai bambini i loro nonni insegnano spesso i giochi con le carte, dal rubamazzo fino alla “nostra” briscola (naturalmente non farebbero mai vincere apposta i nipotini). Le regole sono chiare: ogni carta “presa” porterà un punteggio, l’asso darà al giocatore 11 punti, il Tre darà 10 punti, il Re 4 punti, il Cavallo 3 punti, il Fante 2 punti, mentre tutte le altre daranno 0 punti. Ci sarà un seme di briscola, le cui carte potranno “vincere” la mano (ad esempio se è briscola bastoni, un semplice 2 di bastoni “vincerà” su
un asso di coppe, ma “perderà” con un altro bastoni di più alto rango). Dopo aver mischiato il mazzo, ogni giocatore avrà 3 carte, mentre al centro del tavolo resta il resto del mazzo, con sotto una carta messa di traverso, ben visibile, che indica quale seme sarà “di briscola”. Partendo dal giocatore di destra da chi ha dato le carte e proseguendo in senso antiorario, ogni giocatore cala una carta. Si aggiudica la mano il giocatore che ha messo la briscola con il valore più alto. Alla fine del turno ogni giocatore pescherà una carta (sempre in senso antiorario). Vince il gioco chi (giocatore o squadra) alla fine del mazzo, avrà totalizzato almeno 61 dei 120 punti disponibili.
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A M R E F N O C A S TE