Speciale edilizia sostenibile n.2

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SPECIALE

EDILIZIA SOSTENIBILE


COME FARE DUE CONTI PER CALCOLARE LO SPRECO ENERGETICO

Premessa L’energia termica, cioè il calore, fluisce da un ambiente ad un altro in tre modi fondamentali: conduzione, convezione, irraggiamento. La conduzione è la propagazione del calore attraverso le molecole che compongono i corpi solidi. La convezione riguarda principalmente i gas, ed è lo spostamento di calore conseguenze allo spostamento della massa del gas stesso. L’irraggiamento è la trasmissione di calore per mezzo di onde elettromagnetiche, e non necessita di alcun mezzo materiale. La quantità di energia irradiata è proporzionale alla temperatura del corpo irradiante e alla sua natura fisica. Il senso della trasmissione avviene dall’ambiente a temperatura

maggiore verso quello a temperatura inferiore. La potenza calorica che attraversa il divisorio tra due ambienti è proporzionale alla differenza di temperatura tra i due ambienti, alla superfice del divisorio, al suo spessore, e al suo coefficiente di conduttanza termica (la capacità di trasferire il calore). Se il calore trasmesso verso l’esterno non viene ripristinato, la temperatura dell’ambiente si abbassa fino ai valori dell’esterno. Quindi per mantenerla costante occorre produrre il calore che si trasmette attraverso le pareti. Risulta evidente che conviene avere una trasmissione del calore più bassa possibile. Calcolare lo spreco in modo approssimativo è relativamente semplice. Si potrebbe anche fare una stima ad occhio, considerando materiali, tecnologie e tecniche utilizzate.


1° step: determinare la quantità di energia termica che disperde la propria casa. Un modo empirico e puramente indicativo sarebbe quello di controllare la bolletta, ma questa è pure influenzata da fattori come l’Efficienza (tipo di impianto e sue caratteristiche) e la Gestione (temperatura impostata e durata giornaliera di accensione). Altro modo, più indicato e più semplice durante la stagione invernale, sarebbe quello di misurare la temperatura dell’abitazione la sera prima di spegnere il riscaldamento e misurarla al mattino controllando la differenza tra queste due temperature. Questo dato è condizionato dall’inerzia termica dell’ambiente e dalla temperatura esterna (più è alta la differenza tra interno ed esterno, più è accelerata la dispersione di calore). Per chi vuole scendere nel dettaglio e quantificare con precisione entità e modalità dello spreco imputabile alla coibentazione e definire modi e campi di intervento, occorre fare riferimento a quanto riportato qui sotto. Nel campo di vecchie costruzioni può essere difficile risalire ai materiali utilizzati ma, soprattutto, se l’isolamento è presente nell’ intercapedine occorrerebbe essere sicuri che questo sia in un’applicazione continua e che non presenti ponti termici interni coesistenti con intercapedini di ampie dimensioni. Per calcolare la dispersione con esattezza occorre eseguire una serie di calcoli piuttosto complessi, e sarebbe ideale utilizzare quei programmi di calcolo specifici e dedicati allo scopo. Per un calcolo di massima che consenta di avere indicazioni concrete, più che cifre estremamente precise, sul comportamento di un certo ambiente in termini di dispersione si può procedere come qui sotto indicato (approssimazione vuol dire: non avere a disposizione tutti i dati specifici necessari).

1) Moltiplicare l’area delle varie superfici per il coefficiente di trasmittanza termica (è riferito a spessori di 1 metro, va quindi diviso per lo spessore effettivo in metri). Quello che si ottiene indica quanta energia termica viene dispersa in totale per ogni grado di differenza tra interno ed esterno. Esempio 1: Con un pannello spesso 0,05 metri (5 cm) di polistirene espanso sinterizzato (lamba = 0,03) che misura 2 x 1 metri (2 m2), quindi avrò 0,03 : 0,05 = 0,6 W/m °K (dispersione per ogni mq). 0,6 W/m °K x 2 m2 = 1,20 W/m°K (dispersione per tutta la superfice). Per ogni grado di differenza di temperatura verranno cioè dispersi 1,2 W. Esempio 2: Con un muro spesso 0,1 metri (10 cm) in blocchi con argilla espansa (lambda = 0,18) che misura 2 x 1 metri (2 m2), quindi avrò 0,18 : 0,10 = 1,8 W/m °K (dispersione per ogni mq). 1,8 W/m °K x 2 m2 = 3,6 W°K (dispersione per tutta la superfice). Per ogni grado di differenza di temperatura verranno cioè dispersi 3,6 W. 2) Moltiplicare il risultato ottenuto per la differenza di temperatura tra ambiente esterno ed interno. A tal fine si considera normalmente una temperatura media stagionale. a Roma, per esempio, la temperatura media stagionale per il periodo freddo è di circa 10°C . Esempio: nel caso di Roma la dispersione, con una temperatura media invernale di 10°C sarà quindi: 10°C x 1,2 W = 12 Watt. 3) Per avere la dispersione media stagionale moltiplicare il risultato ottenuto al punto 2 per il numero di ore che si vuole considerare, e quindi per 24(ore/giorno) x 30(giorni) x 5(mesi). Il problema si presenta quando si deve stabilire, per una parete realizzata con materiali diversi, qual’è la dispersione. Il metodo più semplice è quello di convertire le conduttanze in resistenze, (dividendo 1 per il coefficiente “lambda λ“). Fatto questo si potranno semplicemente sommare le varie resistenze tra di loro. Quindi la conduttanza totale si ottiene dividendo nuovamente 1 per la somma delle varie resistenze. Esempio: parete composta da 5 cm di polistirene espanso sinterizzato (lambda” 0,03) e da un muro di 10 cm in blocchi con argilla espansa (“lambda” 0,18). Attualizzando il “lambda” per gli spessori, inferiori al metro, si otterranno conduttanze di 0,6 per il polistirene e 1,8 per il muro. Le resistenze saranno: 1 : 0,6 = 1,667 per il Polistirene e 1 : 1,8 = 0,555 per i blocchi con argilla. La somma darà 2,217 (1,667 + 0,555) che trasformata di nuovo in conduttanza attraverso il reciproco sarà 0,45 (1 : 2,217) W/m °K (dispersione per ogni m2). Calcolando un muro di 2 m2 la dispersione totale sarà di 0,9 W/m °K. Con questi valori, ad esempio con una differenza di temperatura di 20°C tra interno ed esterno, tale parete disperderà 18 W ogni ora.


2° step: calcolare il costo in base all’efficienza del sistema di produzione calore (o climatizzazione) utilizzato. Qui le variabili da considerare rendono il calcolo un po’ più complesso, tuttavia si possono stabilire dei punti fermi: • All’interno di sistemi simili il rendimento cambia a seconda del modello e della tipologia utilizzata (ad esempio una moderna caldaia a condensazione ha un’efficienza superiore di una caldaia standard, purché venga fatta funzionare a bassa temperatura, cosa che spesso non accade!). • I sistemi a pompa di calore, soprattutto se utilizzati a temperature medie non troppo basse (in genere >5°C), hanno un rendimento sensibilmente superiore ai sistemi basati sulla “combustione” (il sistema più antico del mondo!). Sarebbe interessante poter approfondire in un’altra occasione il raffronto tra i due sistemi che rappresentano il passato prossimo ed il futuro: caldaia a metano e pompa di calore. La conduttività termica di un materiale indica l’attitudine a condurre calore. La conduttività termica, λ (lambda, misurata in Watt per metro per gradi Kelvin, W/mK), di un materiale rappresenta la quantità di calore che passa attraverso una superficie di 1 m di spessore per metro quadrato e per unità di tempo con un grado di temperatura di differenza tra le superfici.

Il valore lambda mette a confronto la capacità dei diversi materiali di condurre calore in queste condizioni fisse. Valori inferiori di lambda corrispondono ad una migliore capacità isolante del materiale (i valori lambda di materiali di uso comune sono, per esempio: rame 380 W/mK; alluminio 210 W/ mK; acciaio 46 W/mK; legno 0,21 W/mK; lana minerale 0,045 W/ mK; aria 0,026 W/mK). Un materiale da utilizzare a scopo edilizio è definito isolante termico se la sua conduttività termica è inferiore a 0,065 W/mK. Per esempio la lana minerale è normalmente caratterizzata da valori compresi tra 0,035 e 0,040. La capacità isolante dei prodotti a base di lana minerale è dovuta alla bassa conduttività termica dell’aria contenuta nelle intercapedini della lana. La resistenza termica, o valore R, misura la capacità di un materiale, di un dato spessore, di impedire il passaggio di calore. La resistenza termica R di un materiale di spessore d (misurato in m) e di conduttività termica λ, è uguale a R = d/λ (l’unità di misura è metro quadrato e Kelvin per Watt (m2K/W). La resistenza termica R è l’inverso del coefficiente di trasmissione termica, mentre la conduttività è una proprietà insita nella natura del materiale. Quindi più è basso il valore lambda, migliore sarà la prestazione di quel materiale.


Materiali isolanti: Gomma = 0,2 Poliuretano = 0,03 Polistirene espanso sinterizzato = 0,03 Polistirene estruso in lastre = 0,035 Lana di vetro = 0,04 Materassino in lino = 0,04 Cotone = 0,04 Lana di pecora = 0,04 Polietilene espanso in lastre = 0,04 Lana di roccia = 0,04 Fiocchi o pannelli di cellulosa = 0,04 Vetro cellulare = 0,045 Canapa = 0,045 Pannelli porosi in fibra di legno = 0,045 Fibra di cocco = 0,045 Pannelli di sughero espanso = 0,045 Pannelli in fibra minerale = 0,045 Perlite espansa = 0,05 Trucioli di legno = 0,05 Granuli di sughero = 0,05 Canneto = 0,055 Pannelli di calcio silicato = 0,06 Vermiculite espansa = 0,07 Argilla espansa = 0,09 Paglia = 0,09 Pannelli in lana di legno mineralizzata = 0,09 Materiali isolanti sfusi Fiocchi di cellulosa = 0,04 Lana minerale sfusa = 0,045 Polistirolo espanso sfuso = 0,045 Perlite espansa = 0,045 Sughero granulare espanso = 0,045 Vermiculite espansa = 0,07 Granulato di polistirene legato + cemento = 0,07 Argilla espansa = 0,09 Segatura di legno = 0,1 Scorie da altoforno = 0,35 Gas (usati nelle vetrocamere, a 20°) Cripto = 0.009 Argon = 0.017 Aria secca = 0.025 Pannelli da costruzione: Pannelli in canna = 0,055 Fibra di legno porosi = 0,06 Pannelli in polistirene con cemento = 0,07 Pannelli in lana di legno mineralizzato = 0,09 Pannelli in paglia = 0,09 Fibra di legno duro = 0,15 Pannelli in trucioli in legno con collante = 0,16 (mineralizzati = 0,26) Cartongesso = 0,21

Pannelli in legno compensato = 0,45 Pannelli in fibrocemento = 0,6 Materiali vari Legno di conifere (fibra trasversale) = 0,13 Legno di latifoglie = 0,18 Plexiglas = 0,2 Guaine (polietilene, bitume, etc.) = 0,25 Vetro = 1,15 Acciaio inossidabile = 13 Acciaio = 60 Alluminio = 200 Rame = 380 Pavimentazione Quadretti di sughero = 0,06 Legno duro = 0,22 Ceramica = 1,2 Massetto in cemento = 1,4 2000 Massetto in asfalto = 0,8 2200 Intonaci e malte Malta termoisolante = 0,28 Intonaco termoisolante (con perlite o polistirolo) = 0,09-0,13 Intonaco di gesso = 0,7 Intonaco in calce = 0,8 Intonaco plastico per cappotto = 0,9 Intonaco in calce-cemento = 1 Intonaco in cemento = 1,4 Materiali da Muratura Blocchi cellulari autoclavati = 0,1-0,25 Mattone forato porizzato = 0,25 Mattone forato = 0,36 Tramezza in laterizio = 0,36 Blocco “cassero” in laterizio = 0,55 Blocchi cavi con scorie da altoforno, tufo, etc. =0,6 Mattoni da costruzione = 0,6-2,5 (a seconda del tipo) Blocchi con argilla espansa = 0,18 Blocchi cavi con argilla espansa = 0,22 Blocchi cavi con lana di legno mineral. = 0,45 Mattone pieno = 0,7 Solai con travetti e blocchi in laterizio o cemento + caldana = 0,7 Mattone con Klinker = 1 Solai a pannelli cavi in c. a. = 1,2 Calcestruzzo = 1,6 Muratura in pietra = 2,3 Cemento armato = 2,3 Conversioni tra unità di misura differenti: Gradi Farheneit/Celsius: °F = (1,8 x °C)+32; °C = (°F-32) : 1,8 BTU=Kcal x 4: 1 Kw = 0,86 Kcal = 3400 Btu 1Kcal/h °C = 1,1636 W/mK 1 kcal = 4186 joule 1 kWh = 3.600.000 joule = 860 kcal/h 1 kcal/h=1,16 W ( 1 W=0,86kcal/h) 1 W/m2K (la trasmittanza termica ) =0,86 kCal/hm2K


USO DEL LEGNO a cura di Gianni Cecchinato

Una volta, quando la legna era l’unico combustibile per riscaldare l’abitazione e per cucinare, esisteva una conoscenza diffusa sulle caratteristiche dei vari tipi di essenze da impiegare, conoscenze che oggi sono scomparse. Solo in montagna o nelle aree rurali troviamo i depositi di legna accatastata fuori delle case sotto delle tettoie ad essicarsi. Oggi per metter in funzione il caminetto della casa di città andiamo al supermercato a comperare qualche sacco di ciocchi in rete: solo per veder le fiamme più che per riscaldare l’ambiente; poi siccome non sappiamo accendere il fuoco, perché abbiamo perso la memoria dal nostro dna, facciamo più fumo che fiamma (o arrosto) e riteniamo che non vada più acceso perché è il camino che non funziona, o che lo hanno installato male. Quindi la sua funzione sarà quella di un complemento di arredo vis-

suto, più per le tracce di nerofumo che dall’uso quotidiano. Sin dai tempi in cui l’uomo seppe utilizzare il fuoco, adeguandolo alle sue esigenze di vita, migliorò nei secoli i sistemi sia di riscaldamento sia di cottura dei cibi. Per riscaldarsi passò dal semplice fuoco sulla nuda terra al prezioso camino in marmo, mentre in cucina dallo spiedo o dalla graticola sopra le braci al camino con spiedo, alla cucina economica che riuniva due funzioni in una (cucinare e riscaldare). Al riguardo ogni regione, nei secoli, ha prodotto forme, dimensioni e soluzioni tecniche in funzione della destinazione d’uso. Il massimo sviluppo della tecnica e del design lo si ottenne verso la metà del 1800, per quanto riguardano i camini, mentre la cucina economica fece il suo ingresso nelle case tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900.


IN CUCINA Alberi da frutto: sono tutti legni duri che si prestano bene come legna da ardere per i forni a legna. Bruciano lentamente, e rilasciano sostanze aromatiche che conferiscono sapori unici ai cibi. Noce: appartiene alla famiglia delle Juglandacee, molto longevo, il tronco e la chioma possono raggiungere i 30 metri in altezza. La corteccia è di colore grigio e liscia, il suo legno, molto pregiato, è ottimo per la legna da ardere e quando brucia emana un aroma forte e intenso, si può usare per cuocere il pane e i dolci. Larice: della famiglia delle Pinacee è un albero di alto fusto presente sulla fascia alpina, ha corteccia grigiastra, spessa e profondamente solcata. Le sue foglie sono di tipo aghiformi, di colore verde chiaro, riunite in fascetti. Il suo legno duro è un discreto combustibile, essendo resinoso tende a fare fumo e a sporcare la canna fumaria. Va bene per la cottura delle carni essendo aromatico. Pino: con questo termine si usa rappresentare una classe delle

Pinacee, a cui fanno capo circa 90 specie diverse. Le foglie sono di tipo aghiforme. È discreto come legna da ardere, non dei migliori, ma accettabile, sviluppa una fiamma scintillante che riscalda rapidamente. Essendo resinoso fa molto fumo durante le prime fasi dell’accensione. Le pigne sono un ottimo combustibile. Si presta molto bene alla cottura dei cibi essendo un legno aromatico. Ciliegio: può raggiungere i 20 m. di altezza, appartenente alla famiglia delle Rosacee. Le foglie hanno margine dentato con evidenti nervature, apice e picciolo lungo con delle ghiandole alla base. La corteccia è di colore bruno lucente. Il suo legno è ottimo come la legna da ardere per cuocere i cibi al forno, meno come riscaldamento. Olivo: famiglia delle Olacee, è un albero che arriva a 15 m. di altezza. Ha corteccia di colore chiara che si scurisce con l’età le foglie sono persistenti e lisce. Il tronco è sinuoso e nodoso. E’ ottimo per la legna da ardere, brucia anche quando è verde per la presenza di olio al suo interno, che lo porta a fare un fumo fragrante e aromatico all’inizio della combustione. E’ perfetto per cuocere pizze e focacce.


PER RISCALDARE Acacia: è un legno di essenza forte. Appartiene alla famiglia delle latifoglie, ha un tronco che raggiunge spesso il metro di diametro e una corteccia spessa e fessurata. Il legno è di colore giallo rossastro, la sua fibra è sottile e compatta. L’acacia è resistente all’umidità e pieghevole, questo la rende adatta alla lavorazione. Come legna da ardere è indicata al mantenimento del fuoco visto che brucia lentamente. Quercia: appartiene alla famiglia delle Fagacee, ne esistono di vari tipi, le più comuni sono il rovere, il cerro, il leccio, la farnia. Il suo legno è molto pregiato e viene usato nelle costruzioni in edilizia e nell’industria conciaria, è ottimo come legna da ardere perchè essendo compatto brucia molto lentamente, mantenendo la fiamma. Faggio: appartiene alla famiglia delle Fagacee, ha chioma ampia, ovale e folta. il suo legno, compatto e pesante,è adatto come legna da ardere, ha buon potere calorico, bruciatura lenta e va bene per ogni tipo di cottura.

Betulla: della famiglia delle Betullacee, ha corteccia biancastra o rossastra, non molto adatta come legna da ardere ma piuttosto durante la fase di accensione del caminetto perché brucia molto in fretta. La sua corteccia contenendo tanniti viene usata per la concia delle pelli. Pioppo: appartiene alla famiglia delle Salicacee. Ne esistono di due tipi, il pioppo bianco ed il pioppo nero. Non è molto adatto come legna da ardere, essendo un legno particolarmente elastico e leggero, si usa prevalentemente durante la fase di accensione perché brucia in fretta quando è secco. Olmo: è un albero che raggiunge i 35 metri di altezza, la corteccia è di colore bruno con fenditure verticali, le foglie hanno margine dentato, lunghe circa 15 cm. Il suo legno brucia molto lentamente con un ottimo potere calorico, è ottimo come legna da ardere.


I DIECI ERRORI DEL LEGNO

a cura di Gianni Cecchinato

NdR: Non sempre le informazioni sui materiali lignei e la loro effettiva durabilità nel tempo sono corrette, ignoranza e troppi luoghi comuni rischiano di indurre a semplicistiche valutazioni. Nonostante oggi il legno sia considerato a tutti gli effetti un materiale affidabile, grazie alla sua versatilità e alle sue peculiarità, non sempre le informazioni su questa risorsa naturale sono corrette. Ad entrare nel merito delle considerazioni errate, dei pregi e dei difetti del legno, è stato il professor Guglielmo Giordano che, già alcuni decenni fa, aveva stilato un elenco di “luoghi comuni” a cui, in qualità di autorevole esperto a livello internazionale, aveva contrapposto alcune giuste informazione. 1. NON E’ VERO che più lunga è la stagionatura tanto minore sarà l’umidità contenuta nel legno. E’ vero che il legno fresco di taglio, se esposto all’aria, perde progressivamente la sua umidità, ma non appena detta umidità viene a equilibrarsi con quella dell’ambiente il fenomeno non si arresta. In altre parole, dopo quattro mesi dal taglio, il legno trasformato in tavole conterrà meno acqua che a distanza di soli due mesi, ma dopo 8-10 mesi è probabile che esso si sia equilibrato con l’ambiente avendo una umidità che si aggirerà tra l’8% e il 15%. Ovviamente però se l’umidità dell’aria viene a modificarsi anche quella del legno varierà con delle oscillazioni che non possono assolutamente venire eliminate. 2. NON E’ VERO che ci siano dei trattamenti di essiccazione artificiale o delle vernici che impediscano in modo assoluto scambi di umidità tra legno ed aria ambientale. Con tali mezzi si può ritardare la velocità dell’adeguamento alle mutate condizioni ambientali, oppure diminuire l’entità del fenomeno, ma non si potrà mai eliminare del tutto l’oscillazione del contenuto d’acqua del legno e, conseguentemente, la sua possibilità di “lavorare” o “muoversi” per effetto di rigonfiamento o di ritiro. In altre parole nessun procedimento applicabile commercialmente è in grado di “bloccare” o “stabilizzare” completamente e permanentemente il legno in una determinata condizione di stagionatura e di dimensioni. Solo con il termotrattamento si riesce ad avere un legno “stabile”, vedi ad esempio quello impiegato nel “decking” (pavimentazioni da esterni). 3. E’ VERO che il legno all’aria faccia i tarli o la carie. E’ possible che con il passare del tempo si verifichino nel legno forme spontanee di vita di organismi quali insetti (agenti delle tarlature) o funghi (agenti delle carie o marciumi). Non esistono generazioni spontanee: affinché i funghi quanto gli insetti possano insediarsi nel legno è necessario che arrivino su di questo le spore o le

uova: in un secondo tempo, affinché questi organismi possano vivere svolgendo la loro azione distruttiva, è necessario che nel legno permangano delle condizioni convenienti di umidità. Se si vogliono evitare danni da insetti è necessario eliminare questi dai depositi bruciando tutti i cascami e gli scarti, controllare frequentemente lo stato delle cataste. Per i funghi è impossibile impedire che nell’aria circolino moltitudini di spore e, quindi, bisogna cercare di ottenere nel legno, mediante una accurate stagionatura oppure essiccazione artificiale, condizioni di bassa umidità alla quale i funghi trovino condizioni poco favorevoli per il loro insediamento. 4. E’ VERO che esiste un tarlo del legno. Gli insetti che svolgono la loro attività a carico del legno sono svariate centinaia ed ognuno di essi si manifesta e vive in modo suo proprio e con specifica preferenza di determinate specie legnose mentre altre ne sono del tutto immuni. Ciò significa che i metodi di prevenzione e di lotta differiscono talvolta nei loro particolari. 5. NON E’ VERO che basti l’essicazione artificiale a temperatura sufficientemente elevata per sterilizzare permanentemente il legno. Anche ammettendo che l’azione del calore si stata sufficiente a far morire tutti gli organismi presenti al momento del trattamento, nulla impedisce che su di esso vengano poi in un secondo tempo deposte uova da parte di insetti vaganti, o spore portate dall’aria, cosicché l’attacco, particolarmente degli insetti, può ricominciare daccapo. Comunque la migliore prevenzione si potrà fare con una buona conoscenza sia della materia legno sia con un’accorta progettazione/utilizzazione di esso. 6. E’ VERO che la durabilità del legno nel tempo e cioè la sua maggiore o minore resistenza alle alterazioni (carie e tarlature) dipende dalle fasi lunari. L’influenza è esercitata dalle stagioni perché alla ripresa vegetativa incominciano a circolare nell’albero particolari sostanze (linfa) che favoriscono lo sviluppo dei funghi e degli insetti, la cui attività è d’altronde ridotta al minimo durante la stagione invernale (riposo vegetativo). Ad una certa latitudine, per esempio alla cosiddetta “luna di marzo”, può corrispondere la data dell’inizio (locale) della vegetazione ed indicare il limite oltre il quale è bene non più tagliare gli alberi; ma per una località molto più a Nord, come ad alta quota, questo termine si sposta su di un’altra lunazione posteriore, per es. alla “luna di aprile”. 7. NON E’ VERO che a determinare la qualità del legno o la sua applicabilità nelle costruzioni siano sufficienti un


aspetto gradevole delle superfici o la scarsità di nodi. In realtà la facilità di lavorazione e la resistenza meccanica dipendono anche da altri fattori meno appariscenti, ma non per questo meno importanti: così ad es. l’inclinazione della fibratura, la densità (che per le conifere alpine è tanto maggiore quanto più stretti sono gli anelli), le possibili fratture microscopiche da vento o da tensioni interne, ecc. 8. NON E’ VERO che la denominazione commerciale di fantasia, possa garantire determinate caratteristiche del legno. Per agevolare al massimo la vendita di legnami ancor poco conosciuti c’è stato in passato l’uso di attribuire loro dei nomi di legni pregiati aventi un colore più o meno analogo. Non è detto che a tale elemento visivo corrispondano caratteristiche di resistenza o di lavorazione. Così ad es. legni bruni o di facile tinteggiatura in bruno sono sovente denominati “noce” pur non appartenendo alla famiglia del vero noce. Mentre legni rosso scuri vendono fatti passare come “mogano” anche se hanno basse caratteristiche di durabilità ed appartengono a famiglie diverse da quella in cui rientra il vero mogano. 9. E’ VERO che ogni specie legnosa è caratterizzata da un suo preciso valore di densità o peso specifico. Comunemente lo si propone come sinonimo di densità, ma c’è una sottile differenza tra i due concetti fisici. La densità è il risultato del rapporto tra massa e volume; il peso specifico, invece, è il rapporto tra peso (ovvero forza) e volume. E’ chiaro che la densità ed il peso specifico aiutano a capire quale sia l’impiego migliore per le diverse essenze di legno. Risulta intuitivo che più denso sarà un tronco tanto più lo stesso sarà pesante e

difficoltoso al lavoro. Per quanto riguarda la legna da ardere, maggiore è il peso specifico migliori saranno le prestazioni in termini di durata della combustione e tenuta del fuoco. Di seguito uno schema con le principali essenze e relativi valori di peso specifico espressi (non ortodossamente) in tonnellate/metro cubo. Forti sono invece le differenze che vi possono trovare tra più campioni (della stessa essenza) a seconda della zona e delle condizioni in cui è cresciuto l’albero, della parte del tronco, del contenuto percentuale di umidità; comunque tutti i valori di densità del legno naturale in equilibro con l’aria ambiente sono sempre inferiori a 1,350 t/m3. 10. NON E’ VERO che il potere calorifico delle latifoglie sia superiore a quello delle conifere. A tale riguardo non bisogna confondere il potere calorifico, cioè la quantità di calore sviluppata dalla combustione completa di 1 Kg di legno completamente privo d’acqua, con il comportamento ed i risultati finali della combustione. Infatti mentre il potere calorifico delle latifoglie (quali quercia, faggio, carpino) è di 3600 gradi calorie per Kg quello delle conifere leggere (quali pino ed abete) è di 3800 gradi di calorie per Kg. Tuttavia a favore delle latifoglie c’è la durata della brace, la minor presenza di fuliggine nella fiamma e l’impiego di un minor numero di pezzi per sviluppare un certo calore. Bruciano lentamente, ottimi da ardere e al mantenimento del fuoco Acacia, Faggio, Olmo, Quercia (rovere, cerro, leccio, farina) ottimi da per la cottura di cibi al forno Ciliegio, Larice, Olivo, Pino, Faggio, Noce e tutti gli alberi da frutto

Il legno, oltre che leggero, è resistente, perché l’efficienza prestazionale del legno ai fini strutturali ha qualità simili a quelle dell’acciaio. L’efficienza prestazionale può essere definita come il rapporto tra il modulo di elasticità E, ed un parametro di resistenza f (es. resistenza a compressione meccanica).

Materiale

E/f Efficienza prestazionale

Calcestruzzo (Rck300, fck 25 MPa)

1250

Acciaio Fe430 (ft = 430 MPa)

480

Legno lamellare (BS 11 ÷ BS 18)

470

Alluminio (lega 7020, ft 355 MPa)

200


un salto nel passato 1995: ECODIALOGANDO OGGI ECO-NETWORK PROGETTO DI CASA REALIZZATA DALL’ARCHITETTO MARIA ELISA VILLA, in occasione della I‘ edizione della mostra convegno sulla sotenibilità ambientale di Monza e Brianza che si è tenuta presso il Serrone della Villa Reale nel mese di ottobre del 1995



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