Economy Agosto - Settembre 2020

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ECONOMY | ANNO IV | N.37 | MENSILE | AGOSTO - SETTEMBRE | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 21 AGOSTO 2020 POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

www.economymag.it

Ago/Sett 2020 Euro 3,50

IN OMAGGIO / “Patrimonio, trust e altre tutele”, di Carlo Carmine: manuale di sopravvivenza contro gli abusi fiscali

ITALIA DA RICUCIRE La crisi ha diviso le Regioni tra loro e dallo Stato Gli aiuti Ue possono riunirle e far crescere tutti Francesco Boccia: «La coesione non si discute» Bonaccini: «Nessuno ce la fa da solo»

BERNARDO MATTARELLA: «IL CREDITO AL SUD RIPARTA DA BARI» INCHIESTA / Fondi strutturali europei: non è vero che non li spendiamo ma dobbiamo fare di più VORAGINE-EVASIONE

LO STATO COME SOCIO

OLIMPIADI AL VIA

ll maxi-buco “da riscossione” di Antonio Uricchio

In che modo le Pmi ora possono trovare un azionista pubblico

Già in moto Milano-Cortina un’azienda che produrrà miti

FUTURO TELEMATICO

SFIDA FRANCHISING

W LA FAMIGLIA SPA

Cannata (Mercatorum): «Definitiva la svolta nella formazione»

A ottobre un salone digitale per ripartire da 26 miliardi

Le imprese familiari sono sempre le più resilienti





EDITORIALE

SVEGLIAMOCI O RISCHIAMO LA FINE DELLA RANA BOLLITA

Se il governo si scollega dalla realtà economica

È

una cattiva mancano, non fandomanda no storia. Il buon politica e esempio è scacamministrativa ad ciato dal cattivo. attivare al Sud una L’orizzonte sempre pessima offerta o è più breve abbracla pessima offerta ciato dallo sguardo amministrativa e dei decisori, presi DI SERGIO LUCIANO E ALFONSO RUFFO politica a generare ormai in ostaggio la cattiva domanda? Il quesito ricorda quello dalla prepotenza del presentismo, impedidella nascita dell’uovo e della gallina e suscisce di alzare gli occhi e immaginare scelte ta risposte contrastanti. L’unica certezza è che superino il vincolo dell’oggi per impeche domanda e offerta, avvitandosi in un cirgnarsi sulle necessità di domani. È normale colo vizioso, sono ben al di sotto della decenche in questa pentola sempre in ebollizione za che occorrerebbe per assicurare alla soci si lasci cuocere da promesse e pratiche cietà meridionale una prospettiva di crescita assistenziali perdendo le ragioni di una e di sviluppo. Come nell’esempio della rana progettualità a lungo termine come quella bollita, la lunga esposizione a una situazione dell’investimento produttivo. Per invertire di disagio invece che indurre a saltar fuori la direzione, e dare impulso a un circolo che dell’acqua bollente, a ribellarsi e reagire, diventi virtuoso, occorre che almeno uno dei porta all’assuefazione e a lasciarsi morire. due termini della questione cambi di segno. Fuor di metafora, l’immersione prolungata Che si incarni nell’offerta o che alimenti la in un ambiente diventato nella media inefdomanda, l’esigenza di buon governo deve ficiente e sciatto ha portato ad abbassare irrompere con decisione sulla scena civile le aspettative e ad affidarsi alla dinamica di delle regioni meridionali e portare quello un aggiustamento che trova il suo equilibrio shock positivo di cui si avverte l’urgente bisempre più in basso. sogno. Le lodevoli eccezioni, che naturalmente non (segue a pagina 6)

L’

efficacia della tattica del presidente Conte in Europa gli va riconosciuta tutta. Aver insistito sul diritto del nostro Paese e degli altri economicamente più deboli ad ottenere dall’Unione europea aiuti senza precedenti, come la crisi causata dal Covid-19 imponeva, ha fatto breccia nella linea franco-tedesca ed ha finito col prevalere, pur lasciando ora ai partner – giustamente, perché nella sede collegiale del Consiglio europeo - il diritto di controllo sulle riforme dei Paesi supportati. Ma, all’opposto, poca o nessuna sensibilità il governo ha dimostrato verso le istanze delle imprese, al di là degli enunciati e di un vistoso insieme di norme agevolative che però non è concretamente finora andato oltre le moratorie (pasticciate) e le garanzie sui crediti, erogate in misura inferiore ai massimali promessi. E infatti raramente sono stati così tesi come oggi i rapporti dell’esecutivo con l’associazione imprenditoriale.

(segue a pagina 6)

5


EDITORIALE

(continua da pagina 5)

Non vale più solo predicare, ma bisogna agire in forma organizzata per raggiungere quel minimo di massa critica che diventi attrattiva e consenta di inaugurare una nuova e accettabile normalità. A queste condizioni si potrà discutere legittimamente di diritti e risorse rivendicando con giustezza un diverso trattamento in termini di opportunità per fermare la deriva che allontana il Sud dal Nord e tentare il recupero che è alla base dei più elementari princìpi della coesione. Per chiedere aiuto - al Paese, all’Europa - il Mezzogiorno deve imparare prima di tutto ad aiutarsi da solo. Anche perché l’Italia squassata dal Coronavirus si ritrova oggi più scissa e discorde di prima. Ai problemi endemici del Sud, miracolosamente meno flagellato dalla pandemia di quanto si potesse temere, si sono affiancati imprevisti problemi del Nord. Distanziato dal suo concorrente naturale, il Nord Europa, almeno quanto distanzia il Meridione italiano. Un Nord operoso, sì, ma non così organizzato come appariva. Dipendente da un export che per un po’ di tempo ancora non potrà riprendere ad acquistare quanto prima. Un’Italia con due Sud, dunque. Ai minimi storici di coesione territoriale. Alla vigilia di una serie inten-

siva di sfide elettorali amministrative. Di una virtuale pioggia di soldi che rischia di essere sperperata dal drenaggio dei localismi improduttivi. Il percorso a ostacoli che abbiamo davanti come Paese, pur reso avvincente dal possibile traguardo di una straordinaria irrigazione di risorse finanziarie, deve anche e soprattutto transitare per una riscrittura delle regole della pubblica amministrazione. Sburocratizzazione, digitalizzazione e decentramento responsabile. Se n’era parlato fin troppo prima del Covid-19, oggi sembrebbe un tema archiviato, ed è invece preliminare a qualunque politica di sviluppo. La nuova coesione territoriale, la ripresa corale di questa straordinaria ma fiacca Italia dei due Sud, saranno oggetto centrale dell’impegno giornalistico di Economy. Sia con approfondimenti d’inchiesta, come la coverstory di questo numero doppio, sia con una serie di iniziative sul territorio che dettaglieremo nel prossimo numero. Perché senza spiegarsi, senza capirsi, senza convergere lealmente su pochi, essenziali obiettivi comuni, non può esserci ripresa. E stavolta, se non ci riprendiamo, finiamo inesorabilmente nella serie B del mondo. Una iattura per noi e per i nostri figli.

(continua da pagina 5)

E non soltanto con le grandi associazioni storiche. Uno dei motori della ripresa – meritoriamente distintosi anche per la produttività durante il lockdown e cioè la logistica, ben rappresentata dall’Associazione logistica per l’intermodalità sostenibile, Alis, presieduta da Guido Grimaldi - ha stigmatizzato questa sostanziale incomunicabilità con l’esecutivo che ha finora lasciato cadere tutte le istanze che gli sono state presentate. Atteggiamento addirittura incomprensibile in tutti i casi in cui le riforme richieste sono di carattere procedurale e non comportano costi! Oggi governare significa soprattutto governare l’economia. Gli attori dell’economia dovrebbero essere cittadini due volte. E al contrario sono trattati come cittadini di serie B. Quale ripresa potrà mai avviarsi se il governo non si connette con chi materialmente dovrebbe renderla possibile? (s.l.)

IL CORSIVO

ALTRO CHE GIUSTIZIA, QUELLA ITALIANA SI CHIAMA PERSECUZIONE

S

e il “piano Merkel” che affida 209 miliardi di euro all’Italia per ripartire interpella la nostra classe politica per l’ultima volta – se non ora, quando? - sulle riforme economiche, quel che le rende possibili sono alcuni passaggi abilitanti e preliminari, funzionali allo sviluppo sereno di un Paese quanto lo è l’aria per respirare. Tra essi, una riforma della giustizia da considerare, più che altro, come una vera e propria palingenesi. Nel bel saggio con cui Alessandro Barbano - “La visione – Un’altra politica per guarire l’Italia”, Mondadori – traccia appunto una sua idea di percorso possibile per il riscatto del Paese, un intero capitolo tratta

6

della catastrofe giudiziaria italiana. La miglior recensione è riportarne uno stralcio. «Immaginate di restare quattro anni sotto inchiesta, e magari di averne trascorsi una parte in carcere o agli arresti domiciliari, di avere perso il lavoro e di avere sconvolto la vostra famiglia e i vostri affetti, e alla fine di questo calvario di essere stati assolti. Poi moltiplicate ciò che avete immaginato accadesse a voi per un milione e mezzo di persone. E avrete la percezione corretta di ciò che avviene in Italia, dove un imputato ogni tre viene assolto nei giudizi di primo grado di fronte al tribunale collegiale, e un imputato su due di fronte al giudice monocratico. Aggiungete

le assoluzioni in ap- pello e in cassazione, e proiettate questo dato su scala nazionale per un decennio: avrete la cifra monstre di un milione e mezzo di indagati, arrestati, intercettati, interrogati, pur essendo innocenti, che attendono in media quattro anni per sottrarsi all’incubo di un’inchiesta penale che coincide con una persecuzione. Una coscienza civile che origina oltre due secoli fa nel pensiero di patrioti liberali come Cesare Beccaria non dovrebbe ignorare l’orrore che si nasconde in certi angoli oscuri delle democrazie. Perché di orrore si tratta. Un immenso carico di dolore, privazioni, lutti, ferite tra le famiglie e le generazioni, che si infligge per mano dello Stato. E che produce frustrazione, rabbia, desiderio di vendetta e contribuisce ad avvelenare ancora di più il clima di una comunità già esasperata da un declino economico e civile che si trascina ormai da decenni».


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SOMMARIO

Agosto - Settembre 2020 017

COVER STORY

RICUCIAMO LO STRAPPO

018

L’UNITÀ D’ITALIA... TRA STATO E REGIONI

024

PROGRAMMI EUROPEI

026

L’INTERVENTO DI BERNARDO MATTARELLA

028

MIND THE GAP/1

029

MIND THE GAP/2

031

MERIDIONALISTI...

Dopo la pandemia, Nord e Sud fanno fronte comune cogliendo l’ultima occasione utile per riunificare il Paese Il ministro Boccia e il governatore Bonaccini a confronto Quanta fatica inutile per poi toccare il Fondo «Per aggregarsi non c’è bisogno di essere in difficoltà» Vito Grassi (Confindustria): «Occorre più coesione» Federmanager: «Serve una trasfusione di managerialità» Pino Aprile, Amedeo Lepore e Federico Pirro

034 ...E NORDISTI

Luigi Brugnaro, Giancarlo Pagliarini e Giulio Sapelli

037

STORIE D’IMPRESA

Terna, Webgenesys e La Molisana: ecco cos’è la coesione

059 SUSTAINABILITY

043 GESTIRE L’IMPRESA

& CIRCULAR ECONOMY

067 FINANZIARE L’IMPRESA

GLI ANTICORPI CONTRO LA CRISI passano di padre in figlio

ANNO 2020

c’è anche il public equity

046

SUPPLY CHAIN

061

SORGENIA

070

L’energia green è digitale

GOLDEN POWER

049

CUOA BUSINESS SCHOOL

062

MERCEDES

072

NSA ECONOMY RANKING

050

AMAZON

064

ABOCA

053

AFFARIESTERI.IT

Un manager per andare all’estero

NEL PARCO TECNOLOGICO

PACIOLO

078

USA VS CINA

082

ASTRACO

054

056

Prevedere l’imprevedibile Imprenditori a scuola di M&A Pmi in vetrina online

Il gestionale facile e in cloud

GETRESPONSE

Alla scoperta dell’online marketing

8

062

fuga dal carbone

Il risparmio non è solo energetico L’impresa come sistema vivente

NON SOLO PRIVATE

La pietra filosofale... al contrario Puntiamo sulla resilienza

075 STORYLEARNING

l’ottovolante della Fase3

La guerra fredda si combatte sul chip Il club degli investitori



SOMMARIO

Approfondimenti

089

090 084

087

012

SARÒ FRANCO di Franco Tatò

014

TRA ME E TECH di Andrea Granelli

089

UOMINI & DENARI di Alfonso Ruffo

090

MAMMA, LA TROIKA! Ma l’Italia non è la Grecia

094

MILANO-CORTINA Lo sport non si ferma

099

LABLAW Aspettiamoci un “autunno caldo”

104

PRIVATE BANKER di Ugo Bertone

106

QUI NEW YORK/ QUI PARIGI Uno sguardo sul mondo

108

CI PIACE/NON CI PIACE I promossi e i bocciati del mese

KEY TO MARKETS

Il trading facile con le chiavi giuste

RECREDITO

I crediti si rimettono senza asta

111 FRANCHISING

118

120

135

DOMINO’S PIZZA

Lo sbarco degli americani

NETWORK MARKETING

La nuova via per il successo

E POI....IL PIACERE

Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi Hanno collaborato: Pino Aprile, Ugo Bertone, Giuseppe Corsentino, Giovanni Francavilla, Serena Gianvecchio, Luca Fumagalli, Giuliana Gemelli, Andrea Granelli, Amedeo Lepore, Glauco Maggi, Franco Oppedisano, Giancarlo Pagliarini, Federico Pirro, Francesco Rotondi, Giulio Sapelli, Salvatore Sciascia, Monica Setta Partnership editoriali Aifi; Aiti; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio °°°° Per la pubblicità su questa rivista Oyster s.r.l. Concessionaria esclusiva Amministratore unico Domenico Marasco Responsabile commerciale Fabrizio Spaolonzi °°°° Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia

...a combattere la crisi

AFFILIANDO S’IMPARA

l’eccellenza si mette in mostra

114

MAISON MAGNIFIQUE

140

TURISMO

116

IMMOBILIARE

144

MOTORI

Il pregio? Una questione di rete La app che cambia il mercato

129 COMUNICARE L’IMPRESA

146

SE IL VIDEOGIOCO SI FA DURO

gli sponsor cominciano a giocare

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PERSONAL BRANDING

Diventare una business celebrity

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OROLOGERIA ITALIANA

La bella stagione non finisce mai Audi Q7, l’ammiraglia dei Suv

LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Direttore editoriale Alfonso Ruffo °°°° Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097 Stampa Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI) Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993

140

Numero chiuso in redazione il 6 Agosto 2020



COVERSTORY

SARÒ FRANCO

ITALIA DA RECOVERY, L’ULTIMA OCCASIONE

P

tanti cittadini, per abnegazione er gestire le risorse del e capacità, lavorano il doppio; Recovery Fund una taske anche perché ancora force costituita da grandi fluiscono qua e là numerosi personalità professionali potrà rivoli di sovvenzioni pubbliche, essere utile al governo. Ma che però hanno deteriorato occorrerebbe un soggetto enormemente le condizioni capace, che organizzi e dell’erario statale, ma non si indirizzi il flusso delle proposte può vivere a debito in eterno. e delle riflessioni. Al contrario, Dunque la domanda-chiave fare una commissione è: cosa fare con i soldi parlamentare significherebbe europei, e farlo subito. Io cercare di disegnare un vedo due risposte, entrambe cavallo ed ottenere un urgentissime: la prima, ad cammello. Una cosa è effetto immediato, è procedere pacifica: i temi da affrontare all’informatizzazione radicale sono chiari. Ed è essenziale del Paese; la seconda è per lo meno individuare riformare profondamente e condividere i principi e i l’istruzione, che produrrebbe macroambiti di intervento. Poi, effetti meno immediati ma certo, ci si concentrerà anche altrettanto sostanziali. Gli su i singoli filoni operativi: esempi del successo di queste come rilanciare il turismo, ad due strategie sono noti e esempio, obiettivo sacrosato, inoppugnabili. L’Estonia ha ma sarebbe dispersivo e saputo digitalizzare il Paese e contro-producente partire la pubblica amministrazione dalle specificità senza avere diventando deciso grandi È ESSENZIALE PER LO MENO l’economia linee. Sono INDIVIDUARE E CONDIVIDERE più avanzata vent’anni che I PRINCIPI GUIDA E GLI AMBITI l’Italia non DEGLI INTERVENTI URGENTI al mondo. La Finlandia cresce. Tutti i ha riformato il sistema nostri mali derivano da questo educativo ed ha scalato dato di fatto. I soldi vanno tutte le posizioni in tutte le spesi per correggere questa graduatorie economicosituazione. L’Italia non cresce sociali. Ma non basta. Nel perché abbiamo dimenticato distribuire i contributi alle cos’è la produttività. Anzi, imprese che devono e per essere crudi, abbiamo possono riprendersi, sarà un problema di produttività necessario individuare delle gigantesco in tutti i settori: condizionalità che riflettano, soprattutto nell’industria, ma a cascata, quelle che anche nelle infrastrutture e l’Unione Europea applicherà quindi costiamo troppo per all’Italia. Per capirci: se i soldi quel che facciamo. Andiamo europei agli Stati saranno avanti solo grazie al fatto che

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L’ACQUEDOTTO PUGLIESE, IL PIÙ GRANDE E INEFFICIENTE D’EUROPA

condizionati all’attuazione di riforme, i soldi nazionali alle imprese dovrebbero essere coerentemente condizionati da modalità e ambiti d’impiego costruttivi a livello sistemico con investimenti nell’innovazione, nell’informatica avanzata, nell’arricchimento delle competenze, nell’internazionalizzazione. L’altro fronte è quello della riforma della pubblica amministrazione. Talmente arretrata e impastoiata, ormai, da richiedere forse una sorta di mega-commissariamento che riesca ad attuarne la digitalizzazione e il riordino di tutta l’operatività. Gli esempi sono infiniti, le brutte prove sono uno stillicidio. Chiunque frequenti la sanità pubblica può constatare la mole di documenti cartacei da compilare, consumando tempo, energie e denaro. In un qualsiasi ambulatorio pubblico, l’accettazione e la fase amministrativa assorbono

più tempo dell’esame clinico quando potrebbe bastare la tessera sanitaria e una firma per soddisfare tutte le esigenze informative. E magari rivedere i chilometri di moduli richiesti per tutelare la privacy. Con strumenti informatici adeguati è possibile eliminare le lunghe attese in coda a qualunque sportello con conseguente miglioramento dell’efficienza degli uffici. Ricordo che circa trentacinque anni fa, in Olivetti, abbiamo venduto ad un’importante banca finlandese un sistema di terminali organizzati in modo da ridurre le attese agli sportelli a non più di 2-3 minuti per cliente, ed erano sistemi primitivi. Figuriamoci cosa sarebbe possibile fare oggi. Non dimentichiamo però che il fattore decisivo è stato ed è la volontà politica della banca orientata all’interesse del cliente e non a quello del burocrate di turno. Nel 2002 un mio libro


di Franco Tatò

PER DIVENTARE LA CALIFORNIA D’EUROPA suscitò molte polemiche. Si intitolava “Perché la Puglia non è la California”. Sono di origini pugliesi e quando posso vengo volentieri nella mia regione. Il libro nacque da un’animata e surreale discussione che ebbi all’aeroporto di Brindisi perché un impiegato, particolarmente lento, mi stava facendo perdere l’aereo. Eravamo in coda e costui impiegava un quarto d’ora per ogni passeggero per svolgere procedure elementari. Alle mie rimostranze intervenne il caposcalo che non mi spiegò nulla salvo ribadire che le procedure erano complesse. Ne ricavai un’impressione pessima, che affidai ad un articolo poi pubblicatomi sul Messaggero

da Pietro Calabrese. L’articolo fu talmente notato e commentato che decisi di prenderne spunto per il libro. Ebbene, sono passati 18 anni. Ma… provate oggi a telefonare in Puglia. Vi convincerete che abbiamo in questo territorio una copertura di telefonia mobile assolutamente arretrata. Provate a usare il wi-fi in giro: non riuscirete ad ascoltare senza interruzioni nemmeno un’emittente digitale: la rete di telecomunicazioni è totalmente insufficiente e malfunzionante. Ed è carente sia nei posti sperduti sia in quelli strategici; ci sono intere grandi zone industriali prive della necessaria connettività. Se non è accaduto praticamente nulla in termini

di telecomunicazioni negli ultimi vent’anni, come pensiamo di rilanciare l’economia pugliese con un rapido decollo dopo la crisi del coronavirus? Si vuol fare della Puglia la California d’Italia? Cominciamo dalle reti. Come si può lasciare il binario ferroviario singolo fino a Lecce? È ridicolo che da Roma a Bari si impieghino più di 4 ore e poi il nulla. Come si possono lasciare talmente inadeguate le strade? Che turismo si potrà mai far evolvere in queste condizioni? Quando ero all’Enel proposi al governo, e trattai con Draghi, di comprare e rilanciare l’Acquedotto Pugliese per farne la Generale des eaux italiana, valorizzando le importanti competenze

idriche delle quali disponeva l’Enel e rendere efficiente il più grande acquedotto d’Europa rilanciandolo nelle attività a livello internazionale. Un grande progetto. Non se ne fece niente e il successivo governo Berlusconi cedette l’acquedotto alla Regione Puglia gratuitamente, a fronte dell’impegno che venisse privatizzato in due anni. Ovviamente i pugliesi stanno ancora aspettando la privatizzazione e un servizio idrico moderno ed efficiente. Ecco: uscendo da queste logiche, la Puglia potrebbe diventare sì la California. E l’Italia potrebbe diventare un Paese leader. Ma quella che vivremo nei prossimi mesi è l’ultima occasione per riuscirci.

IL CORSIVO

QUELLA SOLIDARIETÀ VIRTUALE SOSPESA TRA CIELO E TERRA di Giuliana Gemelli*

capacità di amare che il mondo delle

talora dalla capacità di nutrire l’amore,

persone normali ha spesso dimenticato

la dedizione e la vicinanza oltre la vita

i chiamano

o obliterato, queste meravigliose

stessa in una dimensione inedita nelle

Giorgia Baby

creature e ci hanno insegnato come

nostre latitudini “anafettive” dove anche

Charley, Lavinia,

comunicare e come vivere intensamente

i sentimenti possono essere presi a

Ashley, Baby

S

emozioni ed esperienze, prima che il

prestito, acquisiti,acquistati a seconda

Greyson, Juliana e potrei citare mille

Covid ci costringesse a farlo. Questi

delle opportunità della vita. Questa

altri nomi di bambini ed adolescenti

bambini ed i loro genitori sono le guide

dimensione tra cielo e terra, coltivata

affetti da gravi patologie o da malattie

dell anima, sanno condurci con i loro

anche dalla fisica quantistica e uno

rarissime che vivono nello spazio

video, le loro parole le loro immagini

degli orizzonti che si aprono al nostro

virtuale blog Chat communities nel

verso sentieri dimenticati, rimossi ,

sguardo smarrito .

senso pieno deltermine “vivere”.

repressi. Il virus ci ha costretto ad

Grazie alla forza al coraggio alla

incamminarci verso questi orizzonti

determinazione dei loro genitori,

segnati dal dolore ma anche dalla

grazie al loro stesso slancio, alla loro

speranza e persino dslla gioia delle

meravigliosa intelligenza nutrita da una

piccole cose dei piccoli traguardi e

Contatti per saperne di più: giuliana.gemelli@unibo.it http://grandegiu.blogspot.it/p/ progetti.html

13


COVERSTORY

Dal “tablet” d’argilla a quello digitale l’evoluzione è tecnologica ma non cognitiva di Andrea Granelli

V

erba volant, scripta manent, dicevano i nostri avi. La voce era effimera mentre la carta era un medium non volatile, permanente. Questa antica saggezza vale anche per la scrittura digitale, si applica anche agli eBook? Non solo tutti noi abbiamo imparato sulla nostra pelle (o meglio sulle nostre dita) l’impatto di un improvviso malfunzionamento del computer – o anche la semplice interruzione della corrente di alimentazione – mentre stiamo scrivendo. Ma gli stessi supporti digitali – dischi ottici, hard disk,… sono deperibili, molto di più della vituperata carta (e le tavolette di argilla hanno resistito migliaia di anni…). Inoltre il supporto – il medium – non è indifferente al processo di lettura, anzi. “Il mezzo è il messaggio” usava dire, come noto, Marshall McLuhan … anche se il libro che pubblicò nel 1967 con Quentin Fiore si intitolò The Medium is the Massage. Nell’uso della parola «massage» c’era un evidente errore del tipografo ma, come ci ricorda Gustavo Zagrebesky, la tradizione mcluhaniana vuole ch’egli abbia entusiasticamente impedito la correzione, non solo per il gusto del gioco di parole – “massage” può essere riletto come “mass age” –, ma anche perché effettivamente i media, ciascuno secondo le proprie caratteristiche tecniche, “massaggiano” la forma mentis dei ricettori, «sciogliendone le contratture, sbrogliando e appianando i tessuti su una superficie tutta liscia». Questo è il punto: domandarci se i testi digitali nelle loro varie declinazioni – articoli, post sui social, eBook – hanno la stessa capacità di massaggiarci cognitivamente rispetto alle loro versioni cartacee. Maryanne Wolf – una delle più note neuroscienziate cognitiviste e studiosa dei processi di lettura – affronta il tema nel suo libro “Lettore, vieni a casa”. Il cervello che legge in un mondo digitale. La tesi che lei sostiene, suffragata da numerosi studi svolti in giro per il mondo, è che la lettura profonda – quella che non solo ci fa capire di più e ricordare meglio ma che, soprattutto, plasma il nostro cervello come macchina in grado di connettere concetti apparentemente dissimili, ideare e produrre nuovi insight – avviene solo sui libri di carta. La

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LA VELOCITÀ ELABORATIVA INIBISCE I NEURONI “RALLENTANTI” CHE SERVONO PER L’APPRENDIMENTO morfologia e il funzionamento del nostro cervello si plasmano infatti leggendo. La lettura ci consente di forgiare circuiti cerebrali sempre più elaborati in grado di creare ciò che Darwin suggeriva ad ogni pensatore creativo, e cioè il saper produrre «infinite forme estremamente belle e meravigliose». Nel nostro cervello abbiamo infatti dei neuroni “rallentanti” la cui funzione è posticipare di pochi millesimi di secondo la trasmissione da altri neuroni. Istanti preziosi che ci consentono di introdurre sequenza e ordine nel nostro apprendimento. Il segreto della lettura è infatti il tempo che si mette a disposizione del cervello per pensare e concepire pensieri sempre più profondi. Il digitale punta invece sulla velocità elaborativa e la facile accessibilità (a distanza di click) della conoscenza e costruisce un sapere basato su informazioni la cui fonte è stata scelta in quanto conforme alle modalità e al contenuto di ciò a cui già pensavamo. Nonostante dia l’impressione di creare persone molto preparate, l’uso intenso del digitale fa progressivamente diminuire la motivazione a pensare in profondità, e ancor più a considerare opinioni che sono diverse da quelle che già abbiamo, grazie al fenomeno delle echo chamber dei social e a quel meccanismo che i cognitivisti chiamato effetto Barlett, in virtù del quale tendiamo a memorizzare gli elementi più vicini al nostro modo di sentire a e scartare, per converso, quelli più difformi: preferiamo cioè bugie rassicuranti rispetto a verità scomode. L’azione potente della selettività e della rilevanza dei contatti personali ci confermano, infatti, che la comunicazione di massa rafforza piuttosto che convertire quando si occupa di credenze già radicate.



Asciano #cretesenesi #toscana

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:

COVERSTORY 11,4%

11,5%

9,6%

9,6%

L'IMPATTO DEL COVID-19 SULLA REDDITIVITÀ NETTA

6,8%

6,7%

ROE (%), scenario base 10,3% -1,0% 8,7% 5,0%

9,8% 8,1%

-1,0%

5,09%

-4,8%

-3,1%

FONTE RAPPORTO REGIONALE PMI 2020 CONFINDUSTRIA - CERVED

18 STATO VS REGIONI IL CONFRONTO (VIA INTERVISTA) FRA IL MINISTRO E IL GOVERNATORE

24 I PROGRAMMI EUROPEI QUANTA FATICA INUTILE PER POI TOCCARE IL FONDO

E ORA RICUCIAMO LO STRAPPO CHE HA SEPARATO LE DUE ITALIE Divise su tutto: economia, sanità, politica. Ma da riunire sul fronte di una ripresa che si fa sempre più urgente. Così Nord e Sud devono cogliere l'ultima occasione utile per riconciliare il Paese. Ecco come di Riccardo Venturi

28 MIND THE GAP LA SOLUZIONE PER IL RILANCIO DA CONFINDUSTRIA E FEDERMANAGER

31 VISTO DA SUD IL DIVARIO SI COLMA RIMEDIANDO AI VECCHI VIZI DELLA POLITICA

34 VISTO DA NORD ASSISTENZIALISMO NO, FEDERALISMO MAGARI UN PO'

37 STORIE D'IMPRESA TERNA, WEBGENESYS, LA MOLISANA IL SUD NON È MAI STATO COSÌ A NORD

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a un lato l’ampliamento dello storiche alle elezioni regionali di questo mese di co divario nord-sud, con le imprese settembre la coalizione che sostiene il governo centro-meridionali che, come attesta Conte si presenti in ordine sparso. l’ultimo Rapporto regionale Pmi Confindustria È un’eredità divisiva quella che ci lascia la - Cerved, rischiano di pagare il prezzo più alto pandemia. Ci sono troppe Italie, ma c’è anche nonostante il Covid-19 abbia colpito sopratun’occasione che non capiterà più: quella di tutto al nord. Dall’altro riportarle a unità gral'emergere di un’arre- IL FRONTE DEL COVID HA ESASPERATO zie al collante dei fondi LA CRESCENTE FRAMMENTAZIONE tratezza dello stesso europei anti Covid-19. DEL PAESE, NON SOLO TRA NORD E SUD, nord, resa evidente in Centinaia di miliardi di MA TRA LE DIVERSE REGIONI particolare dagli errori euro che se ben utilize dai ritardi del sistema sanitario in Lombarzati, il che non è affatto scontato visti i precedia. Ma soprattutto la crescente frammentadenti, potrebbero permettere di ricucire la stozione del Paese, non solo tra nord e sud ma anrica lacerazione nord – sud, di curare i malanni che all’interno di ciascuna zona: un fenomeno dello stesso nord, e last but not least di rendere che come riportato dall'Istat si è accentuato a più omogeneo un tessuto nazionale estremapartire dalla crisi del 2008, e si è rafforzato nemente asimmetrico: più che il Paese di gli ultimi mesi. Visto il quadro, non sorprende continua nel box a pag. 20>

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COVERSTORY

LA SFIDA È RIUNIRE NEL CAMMINO PER LA RIPRESA Francesco Boccia: «I collusi con la criminalità fuori dalla politica» Il ministro per gli Affari regionali: «Autonomia vuol dire più responsabilità. E la responsabilità la si può chiedere quando si gioca ad armi pari definendo una volta per tutte i livelli essenziali delle prestazioni» di Alfonso Ruffo MINISTRO BOCCIA, L’EMERGENZA COVID HA RESO PIÙ UNITO O PIÙ DIVISO IL PAESE? CLASSE 1968, NATO A BISCEGLIE, LAUREA IN SCIENZE POLITICHE a Bari, master in

Business Administration alla Bocconi, Francesco Boccia è ministro per gli Affari regionali e le Autonomie in quota Pd. E in quest’intervista con Economy espone la sua visione

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e i suoi piani sul tema della coesione territoriale nell’era post-Covid: "Molto più unito - risponde - Il sentimento generale di solidarietà che caratterizza la storia del nostro Paese è venuto fuori come da nessuna altra parte al mondo. E mentre negli Stati Uniti nel momento più drammatico la reazione dei cittadini è stata quella di armarsi per difendersi da un altro essere umano, in Italia la prima reazione è stata chiedersi che cosa potesse essere utile al prossimo. È successo nelle città, è successo nelle regioni e tra le regioni. L’esempio più luminoso lo hanno fornito i medici e gli infermieri. Qualche errore sarà stato commesso. Quali, col senno di poi? Chi dice che non fa errori è un incosciente o un presuntuoso. Capiremo meglio alla fine della gestione di questa emergenza. Io so solo che quando siamo partiti

eravamo considerati gli untori del mondo mentre oggi siamo considerati uno dei Paesi più sicuri. La nostra rete sanitaria è stata rafforzata. Sicuramente nel primo mese, a febbraio, l’Organizzazione mondiale della sanità aveva sottovalutato le caratteristiche della pandemia e non escludo che i primi interventi sanitari abbiano potuto peccare, in alcuni casi, di inesperienza. Si è avuta la percezione che le Regioni abbiano insidiato la primazia dello Stato e i governatori si siano messi in concorrenza tra di loro… La nostra Costituzione prevede linee guida statali e organizzazione della sanità regionale. È difficile gestire un ospedale da un ufficio ministeriale di Roma. Disabituate a seguire in maniera rigorosa le linee guida dello Stato centrale, le Regioni hanno avuto bisogno di un momento di riassetto. Come accade anche nelle migliori famiglie ci sono state discussioni aspre ma i rapporti tra i diversi livelli istituzionali, come ha detto anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella, devono essere improntanti alla massima franchezza e lealtà. Ci si scontra e poi ci si abbraccia nella consapevolezza che occorre tutelare l’interesse di tutti. Tornerà centrale in autunno il tema delle autonomie

differenziate? Non c’è dubbio. E ci consentirà di completare l’attuazione del Titolo V della Costituzione. Come ho detto fin dal mio insediamento al governo autonomia vuol dire più responsabilità. E la responsabilità la si può chiedere quando si gioca ad armi pari definendo una volta per tutte i livelli essenziali delle prestazioni. È dal 2001 che devono essere varati i cosiddetti Lep e ancora non ci sono per colpa gravissima di tutta la classe politica. Mi riferisco alla scuola, alla sanità, al trasporto pubblico locale, all’assistenza. È giusto completare l’iter per l’autonomia ma su questi temi lo Stato deve garantire le stesse condizioni. Come riuscirà a conciliare le spinte del Nord con l’aspirazione del Mezzogiorno a superare la condizione di Cenerentola nella spesa pubblica? Appare provvidenziale l’ultimo accordo concluso con l’Europa dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. È un’occasione storica per noi. Il Recovery Fund non servirà solo a fare investimenti pubblici ma anche a riequilibrare il Paese a partire dalle aree di montagna e dal Mezzogiorno. Le aree, cioè, che hanno meno attività economiche e devono quindi essere parcontinua a pag. 20 >


L’ITALIA DEI DUE SUD

UN PAESE CHE SI È DIVISO SULLA LOTTA AL COVID-19 Bonaccini: «È la Costituzione a prescrivere la collaborazione» Il presidente della Regione Emilia Romagna e della Conferenza Stato-Regioni: «Programmazione e semplificazione burocratica: è questa l'autonomia su cui insistere. Che non significa scavalcare i ministeri» di Sergio Luciano A DIFENDERE IL PAESE DALLA PANDEMIA «IL GOVERNO NON CE L’AVREBBE MAI FATTA DA SOLO, COSÌ COME OGNI REGIONE NON SAREBBE MAI BASTATA A SE STESSA. A prevalere, come sempre dovrebbe essere, è stata la collaborazione istituzionale. Non ho mai considerato il valore dell’autonomia disgiunto da quello dell’unità nazionale: non è un caso che la Costituzione li fissi entrambi nello stesso articolo 5»: Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna e della Conferenza Stato-Regioni, ha vissuto mesi in una doppia trincea, quella amministrativa nel suo territorio, e quella politica nel delicato rapporto con il governo. Ma la sua linea, da sempre la più attenta – a sinistra – al tema della riforma del decentramento nel senso “asimmetrico” così caro alla Lega, resta improntata all’equilibrio. Presidente, ci spieghi… C’è un aspetto della gestione dell’emergenza sanitaria che è sfuggito a tanti. Nella fase più difficile – quella delle scelte cruciali per arginare la pandemia – quando il Paese ha dovuto imboccare la “porta stretta” del lockdown, le Regioni hanno scelto una linea unanime, di grande unità. In un confronto costante con il Governo, hanno contribuito in

maniera decisiva ad assicurare sia restrizioni omogenee, sia linee guida uniformi per l’intero Paese, calate poi in modo articolato e più aderente ai diversi territori. Se penso all’Emilia-Romagna, ricordo l’istituzione della zona rossa a Medicina, per tutelare la comunità locale e l’area metropolitana di Bologna, o le “zone arancioni” per le due province più colpite, Piacenza e Rimini; ma penso anche ai protocolli di sicurezza scritti insieme alle categorie economiche e alle organizzazioni sindacali per consentire una ripartenza sicura delle attività: molti di quei testi sono poi stati alla base delle linee guida nazionaliche abbiamo scritto insieme come Regioni. Questo vuol dire decidere per il bene del Paese, al di là di colori politici e confini geografici, tenendo insieme le differenze e sapendo rispondere alle diverse esigenze. E dunque non crede che nei mesi della crisi si sia confermata la necessità di un “tagliando” ai rapporti Stato-Regioni? Io credo invece che il binomio fra autonomie territoriali e forte collaborazione e coordinamento nazionali abbia dimostrato grande efficacia proprio durante l’emergenza

sanitaria. Il rapporto StatoRegioni ha ritrovato una volta di più nelle Conferenze il luogo d’elezione per assicurare quella leale collaborazione che la Costituzione prescrive. Se tagliando deve esserci deve fare tesoro di questa esperienza, con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente questi strumenti essenziali che sono appunto le Conferenze. Lo dico a chi pensa di dare risposte semplicistiche a problemi complessi, ad esempio immaginando di risolvere il rapporto tra Stato e Regioni in favore di una istanza o dell’altra senza preoccuparsi delle reali necessità o degli effetti che ciò produrrebbe. Ho sentito addirittura teorizzare la “statalizzazione” della gestione del Servizio sanitario: in EmiliaRomagna i primi a ribellarsi sarebbero i cittadini, giustamente, prima ancora del sottoscritto . Se abbiamo prima retto l’urto tremendo della pandemia e poi avviato nei territori una forte azione di prevenzione

e caccia al virus, lo dobbiamo al sistema sanitario regionale, pubblico e universalistico, che è stato creato in questi anni. Questo non toglie il fatto che anche qui dobbiamo e possiamo migliorare, così come non rimuove la necessità di assicurare a tutti gli italiani continua a pag. 21 >

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VINCENZO DE LUCA

ticolarmente sostenute. Il Covid ha reso tutto questo coscienza collettiva. Sarà un’operazione di portata storica. Il presidente Mattarella ha ammonito contro il rischio che si scateni una corsa cieca ad accaparrarsi le risorse messe a disposizione dall’Unione europea… Sono assolutamente d’accordo. Se la corsa è a dire io ho bisogno di tanto perché devo realizzare questo progetto allora sprecheremo un’opportunità. Se la corsa è a dire rimettiamo in equilibrio il Paese, diamo priorità alle zone disagiate dove le imprese da sole non investirebbero e dove i cittadini non andrebbero a vivere nonostante la bellezza dei luoghi come nelle aree interne, allora avremo centrato l’obiettivo.

MICHELE EMILIANO

Avrà un peso nelle decisioni la sua estrazione meridionale? La mia origine meridionale, lo dico con orgoglio, unita alla mia formazione milanese – per studio e lavoro – mi porta a ritenere il riequilibrio territoriale un valore irrinunciabile. Non solo dell’Italia ma della stessa Europa. La convergenza economica, la coesione sociale, l’integrazione territoriale sono i punti qualificanti dell’impegno dell’intera classe politica. Per me non sono negoziabili.

Quando percepisco che interessi di breve termine prendono il sopravvento sulla visione d’insieme, allora mi oppongo. Per esempio? Due casi su tutti. Cinque anni fa quando sostenevo che per salvare l’Ilva di Taranto occorreva un processo di decarbonizzazione sembrava lanciassi un insulto anche nel mio partito. Così come nella battaglia per le trivellazioni in Adriatico. Io amo l’industria ma per un partito progressista non avere

LA COLONNA MILITARE DEPUTATA AL TRASPORTO DELLE BARE A BERGAMO

Pulcinella, sembra quello di Arlecchino. «Stiamo uscendo dalla pandemia con un'Italia che ha aumentato al suo interno le distanze» dice Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, «da diversi punti di vista: settoriale, visto che ci sono settori che hanno chiuso del tutto durante il lockdown e altri no; per differente dotazione infrastrutturale delle aree, si pensi ad esempio che solo dove la connessione alla Rete era effettiva la scuola ha potuto svolgere una decorosa formazione a distanza; ma anche per genere, visto che le nuove imprese femminili sono calate più di quelle maschili nel periodo della pandemia; così come per aree

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ATTILIO FONTANA

territoriali, alcune ripartite più rapidamente di altre». I dati Istat confermano la crescente disomogeneità del Belpaese: tra il 2008 e il 2017 il Pil è calato in tutte le regioni tranne il Trentino Alto Adige e la Lombardia, ma in misura molto diversa. E se è vero che il nord ha fatto meglio del sud, è anche vero che la Puglia ha battuto il Piemonte e la Campania ha superato la Val d'Aosta. Se poi si guarda alla creazione di valore aggiunto, ecco che l'Italia si mostra per quello che è, un Arlecchino appunto: la variazione dal 2008 al 2016 premia il nord, ma come sottolinea l'Istat la variabilità all’interno di ciascuna zona è molto ampia: a nord si va

il coraggio di guardare alla sostenibilità ambientale è un grande errore. Oggi siamo tutti d’accordo, e ne abbiamo avuto la conferma agli stati generali di Villa Pamphili, che dobbiamo costruire un’Italia verde. Non le sembra strano che mentre chiediamo solidarietà all’Europa ci dimentichiamo poi di praticarla in casa? Sì, è vero, anche se devo riconoscere che con il Covid le cose sono un po’ cambiate. Quando sono sbarcato a Orio al Serio con il primo volo della Guardia di Finanza pieno di medici e infermieri meridionali che andavano in soccorso degli ospedali del Nord ho avuta chiara la percezione di un Paese unito. È un sentimento che resterà o finirà con la scomparsa, che tutti ci auguriamo, del virus? continua a pag. 22 >

dal +23,1% di Bolzano al -11,0% di Imperia, al centro dal +13,5% di Livorno al -14,3% di Rieti, al sud dal +13,8% di Catanzaro al -13,5% di Matera e Campobasso. Il Covid-19 non ha fatto che peggiorare le cose, e le troppe Italie si sono appalesate con una qualche comicità, pur nella tragedia, al momento della riapertura dopo il lockdown il 14 aprile scorso: la distanza di sicurezza, ovunque di un metro, in Toscana era di un metro e ottanta; i negozi di vestiti per bambini erano accessibili a tutti gli italiani, tranne ai sardi e ai piemontesi; e per andare in libreria bastava non essere lombardi, e si può capire, ma anche campani o trentini...


L’ITALIA DEI DUE SUD

GIOVANNI TOTI

livelli essenziali di assistenza a prescindere dal territorio di residenza. Contrapporre queste cose è il classico esempio di semplificazione sciocca che alimenta conflitti anziché fornire soluzioni. E l’idea di trattenere la maggior parte del residuo fiscale nelle casse delle Regioni che lo producono? Ho sempre detto che chiedere di trattenere nel proprio territorio il residuo fiscale significa perseguire la secessione fiscale, una cosa incostituzionale e inaccettabile. Chi era partito per quella strada ha dovuto fare marcia indietro. L’approccio dell’EmiliaRomagna è sempre stato opposto: definire un progetto di autonomia in grado di assicurare programmazione, maggiore efficienza della

LUCA ZAIA

spesa, risposte più rapide e semplici per cittadini e imprese. In un Paese che non è abituato a programmare, dove la spesa pubblica è troppo spesso improduttiva e dove la burocrazia è asfissiante l’autonomia regionale è utile se aiuta a risolvere questi problemi, non se contrappone i territori o il centro e la periferia. Si tratta di far funzionare meglio le istituzioni e la pubblica amministrazione, non di rivendicare potere o separazione. L’Emilia-Romagna non chiede un euro in più allo Stato ma si propone al contrario di spendere meglio le risorse che già sono impegnate sul nostro territorio. Cos’è per lei la solidarietà tra Regioni? Anzitutto riaffermo la necessità improcrastinabile di un

NICOLA ZINGARETTI

progetto nazionale di sviluppo e coesione. La contrapposizione nord-sud è antistorica perché non consente di aggredire questo problema. La prima forma di solidarietà dovrebbe essere questa comune consapevolezza. C’è poi una solidarietà nell’emergenza, ne abbiamo avuto riprova con la pandemia: un'emergenza sanitaria come quella in corso può essere affrontata solo come sistema Paese, nessun territorio si salva da solo. L’idea delle Regioni viste come fortezze dell’egoismo territoriale è lontana dalla realtà ma soprattutto è fallimentare rispetto alle sfide che abbiamo davanti. Le Regioni a statuto ordinario compiono 50 anni, sono soggetti istituzionali “adulti”, è giusto riconoscerle per tali e pretendere che

Secondo il Rapporto regionale Pmi 2020 Conl'esiguità degli investimenti statali al sud: lo findustria - Cerved, l’emergenza sanitaria pro0,43% contro il 4% delle regioni dell’Europa durrà quest'anno effetti peggiori sui conti delle centrale che come il Mezzogiorno ricevono i aziende del nord, ma lascerà ferite più profonfondi strutturali. Proprio da Bruxelles sono in de nel sud, in termini arrivo le risorse che LA LEGGE BASSANINI HA RESO di struttura finanziaria possono permettere LE REGIONI SIMILI A PICCOLI STATI e di capacità di rimail varo di un piano di E L'ABOLIZIONE DELLE PROVINCE nere sul mercato: i dati HA ACCENTUATO LA FRAMMENTAZIONE programmazione ecosulla redditività, che nomica che miri a un al centro-sud cala di più nel 2020 e crescerà recupero di sviluppo omogeneo. «L'Europa di meno nel 2021, lo confermano. Così, il diha fatto un significativo scatto in avanti» sotrettore generale per la Politica regionale della tolinea Tripoli, «si è mutualizzato non solo il Commissione Ue, Marc Lemaitre, ha espresso debito necessario per superare la crisi geneal governo italiano la sua preoccupazione per rata dall'epidemia, ma si è condivisa anche la

svolgano, ciascuna per sé e tutte insieme, quella funzione nazionale che la Carta assegna loro. C’è poi una forma di collaborazione che definirei solidale, quando in Conferenza delle Regioni ci si fa carico di situazioni specifiche: situazioni di calamità che colpiscono specifici territori, le necessità delle piccole regioni, le zone montane, le isole, il bilinguismo e le minoranze linguistiche, il flusso delle migrazioni e le emergenze ambientali. Infine c'è il tema ormai ineludibile di come conciliare l'efficienza nella gestione e la solidarietà di sistema: come ho detto, per me l'autonomia è un progetto di miglior gestione delle risorse e delle risposte, ma per funzionare ha come premessa logica che ciascun cittadino continua a pag. 23 >

soluzione ad un problema comune, si è trovata una modalità che consente ai Paesi membri, e tra questi all'Italia, di aggiungere risorse che non pesano sul loro debito pubblico interno, le focalizza su obiettivi prioritari, cioè sanità, digitale, economia sostenibile e circolare». Oltre all'opportunità, però, ci sono le difficoltà. «Le risorse messe a disposizione da Bruxelles sono molto più rilevanti, e i tempi di utilizzo ridotti di più della metà, rispetto ai vari Fondi europei finora gestiti» osserva il segretario generale di Unioncamere, «questo ci metterà alla prova su tre necessità: definire gli obiettivi, continua nel box a pag. 22>

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COVERSTORY

Resterà. Ci sono cose che fanno la storia di un Paese e quelle immagini nessuno potrà cancellarle. Che cosa chiede ai suoi colleghi di governo per sostenere questa delicata attività di ricucitura? Giochiamo tutti nella stessa squadra e vogliamo tutti fare gol. Ci sono mesi in cui qualcuno di noi è in area di rigore e deve tirare in porta e mesi in cui spetta ad altri. Ogni ministro ha grosse pressioni e grosse responsabilità. A me toccano in questo frangente, in particolare con il collega Speranza e il

presidente Conte. L’importante è stare sempre in campo. Che cosa pensa del Piano per il Sud dell’altro suo collega Provenzano? Sostengo convintamente il suo lavoro. Abbiamo molti punti di contatto e non possiamo che collaborare. L’idea di alleggerire il costo del lavoro abbattendo del 30% dei contributi previdenziali a carico delle imprese? La proposta mi piace, il Pd la sostiene, ora dobbiamo convincere l’Europa. Una cosa è formulare una proposta, un’altra è realizzar-

la. Credo che questa debba essere unanimamente sostenuta. Altre misure per il Mezzogiorno che ritiene essenziali alla sua ripresa? Il Mezzogiorno ha bisogno del massimo d’innovazione tecnologica come se fosse Milano centro. E lo dico da meridionale che a Milano ha vissuto per quindici anni venendone quasi adottato. Come tutti i pugliesi, dopo Bisceglie e Bari, le città dove sono nato e cresciuto, la mia seconda terra è lombarda. In conclusione, che tipo di Paese verrà fuori alla fine di

Andamento del Pil nelle regioni

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Periodo 2008-2017 (variazione percentuale in volume)

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questo periodo difficile? Sono fiducioso del fatto che usciremo con un Paese migliore e con un Sud molto più forte. Il Sud, in questa crisi, ha dimostrato di essere sano. Lo stereotipo della cattiva amministrazione è stato cancellato. Ci sono ancora molte cose da aggiustare ma tutta quella gentaglia che si era impossessata delle amministrazioni locali e le aveva scambiate per una mammella da mungere è ormai ai margini della società. Di tipi del genere ne sono ancora, per carità, ma li stiamo cacciando tutti via. Speriamo allora che non rientrino in gioco nell’imminente campagna elettorale per le regionali… Non deve accadere. È compito dei presidenti e dei candidati. Chi ha fatto male al Sud, soprattutto se collegato alla criminalità organizzata, deve scomparire dall’orizzonte. Le nuove generazioni, più di altri, non tollerano i personaggi equivoci. Sono la causa del ritardo del Mezzogiorno.

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FONTE: ISTAT CONTI NAZIONALI (EDIZIONE 2019)

mettere in fila i programmi e infine realizzarli rispettando i tempi rapidi che sono stati previsti. Non sarà facile, visto che abbiamo un track record spesso non brillante nella capacità di spesa dei fondi europei». Per il sociologo controcorrente Domenico De Masi, se le nuove risorse dell'Ue riusciranno

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oppure no a rendere meno diseguale l'Italia dipende da come verranno utilizzate. «Se la filosofia di fondo che guiderà il governo sarà di tipo neoliberista, le distanze non si ridurranno, anzi si accentueranno» afferma De Masi, «questo è sicuro, è insito nel modello neoliberista di allargare le disparità, come accade ovunque

nel mondo. Se invece la filosofia sarà di tipo socialdemocratico, allora le distanze si ridurranno. Sono due politiche aut aut, o si sceglie una o l’altra, non ci sono i fondi, per quanto ingenti, che permettano di portare avanti quelli che stanno avanti e trascinare velocemente quelli che stanno dietro». Su come si comporterà l'esecutivo in carica se sarà chiamato a gestire il recovery fund, De Masi ha le idee chiare: «Reddito di cittadinanza e nazionalizzazione delle autostrade sono due cose da socialdemocrazia» osserva il sociologo, «è il motivo per cui Conte ha il consenso, che è fatto da tutti, anche dai poveri». Per De Masi è proprio l'adesione


L’ITALIA DEI DUE SUD

possa accedere ad uno standard minimo di servizi e che i territori più forti aiutino quelli più deboli in termini di perequazione. Se anziché alimentare divisioni ideologiche ci occupassimo di questo ci accorgeremo tutti come autonomia e solidarietà possono essere due motori complementari del progetto di sviluppo nazionale cui ho accennato. Lei ha detto di considerare l’autonomia come “programmazione, semplificazione burocratica”. In concreto, questo significa allontanarsi molto dall’interazione con i ministeri? Al contrario, significa che i ministeri fanno di più quello che oggi fanno di meno: principi comuni, linee guida, indicazioni nazionali, da affidare poi alla programmazione e alla gestione regionale e locale. Aggiungo locale perché, almeno in EmiliaRomagna, la stessa regione si occupa di legislazione e programmazione, ma poi

affida la gestione dei servizi a Comuni e Province. Faccio una previsione fin banale: i soldi ottenuti dall'Europa del recovery found, un grande successo del Governo, saranno spesi solo se nel piano nazionale saranno protagoniste le Regioni e gli Enti locali. Se la gestione sarà ministeriale tra due anni saremo ancora al

scuole e ospedali, stendere la fibra o selezionare i progetti di sviluppo delle imprese, riqualificare le periferie e riorganizzare la mobilità, approntare cantieri contro il dissesto idrogeologico o per l'efficiemento energetico degli edifici? Solo le regioni possono programmare e organizzare questi interventi e, ripeto, serve

I TAMPONI A VO' EUGANEO

punto di partenza. Intendiamici: che il piano debba essere nazionale non ci piove; che le priorità vadano stabilite a scale nazionale è imprescindibile; ma se i programmi e i progetti non saranno affidati e gestiti alle regioni stia pur certo che non partirà quasi nulla. Chi dovrebbe mai costruire

al modello neoliberista a spiegare il fiasco del modello sanitario lombardo di fronte alla sfida della pandemia: «Il nord, e in particolare la Lombardia che ha un governo della Lega da molti anni, è avanzato in senso neoliberista» scandisce il sociologo, «ma il progresso neoliberista ha i piedi d’argilla quando avvengono fatti come la pandemia che richiederebbero maggiore solidarietà, mentre è più forte nei momenti in cui occorre competitività: il che è implicito nel modello basato sulla concorrenza, sull’egoismo, sulle idee di Adam Smith. È un modello che ha presentato le sue crepe ovunque nel mondo si sia presentato il coronavirus,

il protagonismo dei Comuni. Considera realistica e soprattutto utile una ulteriore riduzione del numero degli enti locali? Per me la politica è soprattutto saper ascoltare. E i primi che vanno ascoltati sono i sindaci. Ascoltare il territorio vuol dire sbagliare meno. Lì capisci

a New York non meno che a Milano, perché è basato sul privato, trascura gli aspetti solidali, manda i vecchi negli ospizi. Inoltre anche in caso di pandemia tende a chiudere le aziende il più tardi possibile e a riaprirle quanto prima, con un concetto di lavoro post calvinista che confligge con la tutela della salute. E la Lega era contraria a ogni chiusura, come Bolsonaro, come Trump». Anche Giuseppe Tripoli vede un legame tra quanto accaduto nel nord del Paese e lo scenario internazionale: «La globalizzazione ha posto una serie di problemi: se l’economia è globale bisogna avere sistemi di sicurezza solidi» rimarca, «altrimenti le per-

problemi, speranze, paure. Lì capisci quali possano essere le soluzioni migliori per un determinato territorio. Per questo non credo alle soluzioni centralistiche che facciano calare dall’alto una riduzione del numero dei Comuni. Credo però nell’Unione dei Comuni (su base volontaria) e nella gestione associata dei servizi locali. È per questa strada che poi diverse fusioni di comuni sono diventate possibili in Emilia-Romagna. Viceversa, se la logica diventa solo economicistica, sono proprio le comunità più piccole e fragili a ribellarsi. Noi stiamo realizzando un grande piano di sviluppo e coesione per la montagna e le aree interne affinché i territori più fragili siano parte integrante del sistema regionale. Se queste misure avranno successo allora l'integrazione istituzionale diventerà uno strumento di crescita. Sotto questo profilo, le Regioni possono fare molto e debbono fare di più.

sone si sentono molto esposte; questo accade ogni volta che una crisi esplode, abbia essa origine finanziaria, o terroristica, o pandemica o, e già si intravede, climatica. Il sistema di sicurezza sociale in Italia, mi riferisco non solo al sistema sanitario ma più in generale al welfare, ha pagato molto in questi anni in termini di riduzione degli investimenti pubblici. È stato indebolito in misura pressoché equivalente al nord, centro e sud». Tutto il Paese ha insomma bisogno di recuperare il terreno perduto. Per farcela, come ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l'uso dei fondi Ue dovrà essere tempestivo, concreto ed efficace.

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COVERSTORY

Quanta fatica inutile per poi toccare il Fondo Non è vero che non spendiamo i soldi dei Fondi strutturali europei. Solo che lo facciamo sempre in ritardo e male, atomizzando in troppi microprogetti somme che sarebbero utili per le grandi infrastrutture di Marina Marinetti

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rodighi quando si tratta di far liele procedure amministrative, comportano vitare i prezzi delle opere pubblitempi e responsabili da nominare, aperche ed elargire sussidi, pensioni e ture di bandi e soggetti, pubblici e privati, bonus, parsimoniosi - pure troppo - quando che devono partecipare», continua Parenti. si tratta di spendere i denari che giungono Certo, impegnarsi non basta: se poi l’impeda Bruxelles. Che i cosiddetti Paesi frugali gno non si traduce in spesa effettiva, per la ci guardino in cagnesco si può anche capiCommissione europea è un nulla di fatto. re. E pure sull’annosa questione dei fondi Ma c’è un piccolo artificio contabile, che si strutturali europei non ci facciamo una chiama “regola del disimpegno automatico belle figura, se è vero, come afferma Emma (meglio nota come N+3) grazie al quale si Bonino, che del pacchetto 2014-2020 su può prendere tempo e, se la spesa viene 76 miliardi di euro effettuata nel trienLA REGOLA DEL DISIMPEGNO ne sono stati spesi nio successivo alla AUTOMATICO CONSENTE DI PRENDERE solo 27 e abbiamo conclusione del proTEMPO, AGGIUNGENDO UN TRIENNIO anche il coraggio di gramma, viene cerALLA NORMALE PROGRAMMAZIONE chiedere altri soldi, tificata e Bruxelles senza neppure aver avviato (almeno non a la rimborsa, assegnando il cappello eurofine luglio, mentre scriviamo) il Sure, il fonpeo a fine percorso ai cosiddetti “progetti do per contrastare la disoccupazione, “per sponda” o “progetti retrospettivi”. «Si tratcarenza di documentazione”. Ecco, la dota di questioni tecniche, ma l’Italia spende, cumentazione: è proprio questo il grande eccome, e spenderà i fondi europei. Alla problema dell’Italia. «Parlare di soldi spesi fine del programma vedremo che avremo è fuorviante», spiega a Economy Antonio impegnato tutta la disponibilità». Ovvero Parenti, il capo della Rappresentanza in i 53,2 miliardi di euro (di cui 19,6 di coItalia della Commissione europea, «c’è una finanziamento nazionale, in pratica soldi differenza tra la spesa e l’impegno di spesa: nostri che fanno un viaggio contabile di normalmente le spese vengono computate andata e ritorno da Bruxelles) dei 51 Proverso la fine del programma e l’Italia norgrammi operativi del Fondo europeo per malmente recupera proprio nel finale le lo sviluppo regionale e del Fondo sociale incertezze e i ritardi iniziali». europeo 2014-2020. Soldi che servono per L’impegno c’è, ma non si vede: «la questioinfrastrutture, nuove imprese, programmi ne dirimente è che i fondi assegnati ai Paesi di formazione, agricoltura, turismo, sostedevono tradursi in quelli che si chiamano nibilità e cultura, per favorire lo sviluppo “impegni di spesa”, ovvero appalti, procedelle regioni a bassa crescita. «Le risorse dure di gara, sovvenzioni, che, come tutte programmate per le Regioni meno svilup-

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pate (ovvero quelle il cui Pil pro-capite è risultato inferiore al 75% della media UE nel triennio 2007-2009 che in Italia sono Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) ammontano a 32,9 miliardi di euro, pari al 61,8 per cento del totale», spiega il direttore generale dell’Agenzia per la Coesione Territoriale Massimo Sabatini nella relazione presentata alla Camera a giugno. «Se si considerano anche le Regioni definite “in transizione” (Abruzzo, Molise, Sardegna), si copre tutto l’ambito del Mezzogiorno, a cui risulta così destinata un’allocazione complessiva di risorse pari a 35,6 miliardi di euro, equivalente a due terzi delle risorse finanziarie complessive». Insomma, si spende, eccome. Peccato che, rispetto alla media europea, siamo in ritardo. E non solo perché a Bruxelles il pacchetto regolamentare è stato approvato solo negli ultimi mesi del 2013: al ritardo concorrono anche «cause più interne, che rimandano al complessivo indebolimento della capacità progettuale e realizzativa delle amministrazioni pubbliche, ad ogni livello di Governo (ma più sensibile in alcune regioni del Mezzogiorno), che ha determinato l’accumulo di ritardi e lentezze


L’ITALIA DEI DUE SUD

un grande progetto, si preferisce fare centinaia di bandi per poche migliaia di euro, magari anche nell’interesse di far contenta una base più ampia possibile di amici e sostenitori. Una debolezza culturale che si concentra più sull’efficienza che sull’efficacia della spesa, tant’è che il Pil delle regioni beneficiate rimane comunque basso nonostante i miliardi spesi. Per non parlare del atto che a ogni cambio di giunta cambiano i direttori delle autorità di gestione, il che porta alla tendenza a esternalizzare competenze tecniche mancanti, da un lato deresponsabilizzando e dall’altro depauperando delle loro prerogative e funzionari regionali. A lanciare l’allarme, nell’ottobre scorso, era stato il direttore generale per la Politica regionale della Commissione Ue, Marc Lemaitre, con una lettera inviata al goverprocedurali». Per capirci: un’opera pubno italiano in cui additava «le cifre più che blica impiega in media 4,4 anni per essere preoccupanti sugli investimenti al Sud, che realizzata, di cui 2,5 per la progettazione, sono in calo e non rispettano i livelli presei mesi per l’affidamento dei lavori e 1,3 visti per non violare la regola Ue dell’adanni per la loro esedizionalità», che IL PERICOLO È VIOLARE LA REGOLA cuzione. Nella classtabilisce che i conDELL’ADDIZIONALITÀ, RISCHIANDO se che va dai 7 ai 9 tribuiti erogati atDI PERDERE GLI STANZIAMENTI milioni di euro, gli traverso i Fondi non DELLA COMMISSIONE EUROPEA anni diventano quasi devono sostituire la 8. «A pesare sono soprattutto i cosiddetti spesa pubblica o gli investimenti struttu“tempi di attraversamento”, ovvero i temrali dello Stato. Per il settennato in corso, pi che intercorrono tra la fine di una fase l’Italia si era impegnata a garantire investiprocedurale e l’inizio di quella successiva menti pubblici al Sud pari allo 0,43% del (come il passaggio tra la fine della progettazione definitiva e l’inizio della progettazione esecutiva, o tra la fine della progettazione esecutiva e l’inizio delle procedure di aggiudicazione)», sottolinea il direttore dell’Agenzia. Secondo le cui stime, «i tempi di attraversamento rappresentano in media circa la metà della durata complessiva di un opera. Tale velocità di esecuzione degli interventi si ripercuote sui tempi di assorbimento delle risorse comunitarie, e sulla dimensione media degli interventi, sovente necessariamente ridotta per rispettare i tempi della programmazione ANTONIO PARENTI UE». In pratica, invece di concentrarsi su

loro Pil. E invece ci si è fermati allo 0,38%, un quinto delle risorse promesse in meno. «Non conosco nessun altro Paese che ha una situazione così debole», ha spiegato Lemaitre. E non ha tutti i torti: se nelle regioni dell’Europa centrale che come il Mezzogiorno ricevono i fondi strutturali, il tasso di investimenti è del 4%, in Italia ci si ferma a un decimo: lo 0,43%. «C’è una riconosciuta problematica di investimento e un’occasione mancata di sviluppo», commenta il capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea Antonio Parenti, «nel senso che oggettivamente nel corso degli anni il Sud Italia ha avuto un grow up molto limitato rispetto alle altre realtà europee. Eppure il Sud offre potenzialità immense dal punto di vista industriale dei servizi, della cultura, dell’agricoltura, del turismo. Stiamo lavorando alla semplificazione delle procedure proprio per riprendere un cammino, quello dello sviluppo industriale, per reimmettere il Sud e la sua catena di valore, finalmente, nel circuito europeo. C’è bisogno di fare uno scatto qualitativo nelle tempistiche della spesa, perché gran parte dei fondi diventeranno disponibili nel corso del triennio 2021-23 e gran parte dei fondi saranno dedicati allo sviluppo ambientale, delle infrastrutture e digitale, per trovare un’occasione di effettivo sbocco anche internazionale».

C’È BISOGNO DI FARE UNO SCATTO QUALITATIVO NELLE TEMPISTICHE 25


COVERSTORY

IL SISTEMA DEL CREDITO RICOMINCIA DA BARI Rimessa in vita con 1,6 miliardi, la Popolare di Bari rinsalda il legame col territorio grazie al Mediocredito Centrale. Che ora diventa lo snodo del rilancio imprenditoriale. Intervista all’a.d. Bernardo Mattarella di Alfonso Ruffo

IL SUD HA DI NUOVO UNA BANCA? «C’È UNA BANCA BASATA AL SUD, SANATA». SANATA O DA SANARE? «SANATA, DA FAR RIPARTIRE IL PRIMA POSSIBILE». Bernar-

do Mattarella risponde alle nostre domande in una pausa dei lavori della convention dell’Alis, la potente associazione della logistica presieduta da Guido Grimaldi alla quale è intervenuto come relatore. Qui parla come amministratore delegato (nominato nel settembre 2017 e riconfermato ad aprile di quest’anno) del Mediocredito Centrale e cioè dell’istituto che oggi possiede quasi il 97 per cento della rinata ex Popolare di Bari, rimessa in vita con 1,6 miliardi e, in particolare, grazie all’intervento massivo del Fondo interbancario di tutela dei depositi, il consorzio di diritto privato costituito nel 1987 su base volontaria e divenuto successivamente obbligatorio. Si respira un’aria di ripartenza. Come si riesce a far ripartire una banca? La Popolare di Bari ha mostrato una grande vitalità, con oltre 35mila soci-clienti che hanno partecipato, sia pure a distanza, all’assemblea che l’ha trasformata in società per azioni. La banca ripartirà utilizzando questa sua grande energia e con un piano industriale innovativo e competitivo.

Sì, va bene, ma i tempi? Il patrimonio è finalmente a posto, al timone c’è un socio forte come il Mediocredito Centrale, occorre far decorrere i termini tecnici della gestione commissariale. Che può durare all’infinito…

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Premesso che il lavoro dei commissari e dei manager che li hanno coadiuvati ha consentito di giungere al risultato dell’assemblea, c’è un tempo per ogni cosa. Noi siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità di gestione. Avete già in mente qualche nome? Se pure fosse, non potrei dirlo.

Ma vi starete muovendo per cercarli… Questo sì, anche con molto impegno. Caratteristiche richieste? I manager della prima linea dovranno innanzitutto avere spiccate capacità commerciali e motivazionali. Dovranno credere nel progetto. Non dimentichiamo che la banca viene da anni molto difficili. Ci vogliono persone competenti,

trasparenti, con grandi capacità manageriali oltre che dotate di visione.

Progetto che si qualifica per che cosa? Tanto più in un momento critico e complesso come quello che stiamo vivendo, per un forte senso di servizio alle famiglie e alle imprese del Mezzogiorno. Quest’ultima è anche la missione della capogruppo Mediocredito Centrale. Mission impossible? È perché mai? Potremo sviluppare forti sinergie di processo e di prodotto come nel caso, per esempio, del factoring dove noi siamo molti forti e la banca barese è assente.

Tutto qui? Al contrario, l’ex popolare è molto attiva nel retail. È stata gestita male, ma ha potenzialità enormi considerando il grado di affezione dei soci e dei clienti. La banca ha un le-


L’ITALIA DEI DUE SUD

game molto forte con il territorio, non solo pugliese e abruzzese. Ci sembra importante rafforzare questo legame, unendolo a un progetto ampio, solido e competitivo. Questo può essere utile alle attività del Mediocredito.

Insomma, un matrimonio d’affari? Un matrimonio d’affari che dovrà rendere un servizio alla ripresa del Mezzogiorno e delle sue imprese. Già che ci siete, pensate di realizzare altri acquisti al Sud? Perché no? C’è una dotazione di 470 milioni presso il Mef che può essere usata per razionalizzare il sistema del credito. Avete già qualche banca nel mirino? No. Anche se non possiamo negare che ci poniamo l’obiettivo di diventare un polo aggregante.

Eppure gli istituti in difficoltà sono tanti… Non bisogna essere in difficoltà per aggregarsi. Anzi, gli accordi vengono meglio

NON C’È BISOGNO DI ESSERE IN DIFFICOLTÀ PER AGGREGARSI: GLI ACCORDI AUMENTANO LA COMPETITIVITÀ

quando ci si unisce per aumentare la competitività e migliorare il servizio.

Il Mediocredito centrale gestisce uno degli strumenti chiave per il sostegno alle imprese, il Fondo di garanzia. Immaginate un rapporto preferenziale con la banca acquisita? Non è possibile nemmeno pensarlo perché la gestione del Fondo dev’essere assolutamente imparziale. E così sarà. Certo, potremo avvantaggiarci della sensibilità e delle competenze sviluppate nel sistema. La conoscenza dei meccanismi sarà d’aiuto. Una fortuna per voi che il governo abbia puntato sul Fondo di garanzia… Piuttosto, direi che il governo ha potenziato lo strumento più pronto che aveva per agire con efficacia.

Se lo dice da solo che il Mediocredito abbia agito con efficacia? No, lo dicono i numeri. Dal 17 marzo, giorno in cui è stato varato il Cura Italia, a metà luglio sono state realizzate 875mila operazioni. Ci avviamo a raggiungere il milione entro l’anno. Allora il meccanismo non è inceppato come qualcuno afferma… Tutt’altro. Bisogna fare i conti con i volumi che dobbiamo trattare. Quando al sistema bancario arrivano migliaia di richieste al giorno il lavoro da svolgere non è affatto banale. Noi abbiamo gestito una media di oltre 7mila domande di garanzia al giorno, con picchi di 30mila.

Le banche hanno reagito bene? Se c’è stato un difetto, è stato di comunicazione. Non sempre all’interno del sistema creditizio sono circolate informazioni corrette. Paura, impreparazione, pigrizia? Si sono verificati comportamenti diversi anche all’interno di uno stesso istituto. In

ogni caso, parliamo di un sistema che a causa della crisi è stato investito improvvisamente da una mole enorme di richieste. Alla fine la differenza la fanno gli uomini. State conoscendo una centralità mai sperimentata prima… Nel garantire liquidità alle imprese certamente sì.

Si esaurirà presto il plafond a vostra disposizione? Al momento le risorse non mancano. E il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha già annunciato che saranno garantite anche in futuro.

Avete appena sfornato un rapporto sul funzionamento del Fondo. Quali sono le principali indicazioni che se ne ricavano? Che sulle operazioni garantite al 100 per cento, quelle fino a 25mila euro (ora 30mila), c’è una grande partecipazione del Nord che pesa per il 49 per cento mentre il Centro si ferma al 23 e il Sud al 29. Le start up sono l’11,5 per cento e solo l’1 per cento è rappresentato da imprese femminili. Quali sono i settori che hanno tirato di più? Il commercio al dettaglio per gli importi minori, il commercio all’ingrosso per quelli maggiori. Ma il comparto più attivo non supera l’8 per cento degli importi, segno che l’intervento è molto diffuso. Era quello che si aspettava? Direi di sì considerando la platea reale alla quale ci rivolgiamo.

Qualche cambiamento da fare? I dati del Fondo parlano da soli. Sta funzionando bene. Per il futuro immagino una più puntuale valutazione dell’impatto sull’economia del Paese e un potenziamento dello scambio d’informazioni con le banche.

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COVERSTORY

Mind the gap: il divario si supera con la coesione Il Paese riparte solo se riparte il Sud: è ora di impiegare col buonsenso le risorse europee. Parola del vice presidente di Confindustria (e numero uno del Consiglio delle Rappresentanze regionali) Vito Grassi di Angela Milanese «LA STRADA DELLO SVILUPPO PASSA PER SCELTE CORAGGIOSE. UNO DEI FARI CHE DOVREBBE ORIENTARE LE NOSTRE SCELTE È QUELLO DELLA POLITICA DI COESIONE TERRITORIALE E DI SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO, perché la crisi attuale rischia di lasciare indietro quei territori che già scontano ritardi intollerabili». Non ha dubbi Vito Grassi, vice presidente di Confindustria e numero uno del Consiglio delle Rappresentanze regionali e per le Politiche di coesione territoriale: «Mai come oggi – dice - abbiamo un’occasione irripetibile per disegnare un’efficace strategia di rilancio con urgenti interventi a breve, coerenti con riforme e programmi di investimento. Una strategia che abbia un approccio unitario, che punti a superare i divari. Anche perché il Paese riparte solo se riparte il Sud». In che modo lo sviluppo del Paese è legato a doppio filo a quello del Sud? La competitività dell’economia nazionale passa inevitabilmente per il rilancio del Sud. Il Mezzogiorno resta una potentissima leva di sviluppo e di domanda interna per tutta l’Italia: ogni centesimo speso con questa finalità ritorna alla parte più ricca del Paese per oltre il 40% e genera prospettive di rilancio altrimenti impensabili. Al contrario, un Paese che si rinchiude nella difesa di ambiti locali e nella tutela della politica del più forte, non solo non

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cresce ma risulta anche poco attrattivo e alla fine è destinato a soccombere. L’ultimo Rapporto Regionale Pmi 2020, realizzato da Confindustria e Cerved in collaborazione con Srm, lancia un nuovo allarme sul futuro del Sud: la forbice con il Nord è destinata ad allargarsi? Considerato che al Nord si concentra la gran parte dell’attività industriale e produttiva d’Italia, ed auspicando che quest’area si riprenda al piu presto con politiche mirate di consolidamento e sostegno all’export, necessitiamo parallelamente di una efficace strategia di rilancio del resto delle aree del Paese. Altrimenti il gap è destinato inevitabilmente ad aumentare, specie nel medio e nel lungo periodo. Il Sud, infatti, a differenza del Nord, sconta una struttura industriale più rarefatta, più fragile, già molto compromessa dalla lunga crisi del 2008, a cui si aggiunge un Pil fortemente dipendente dalla spesa delle famiglie (che, secondo la Svimez, pesa nel Mezzogiorno per circa l’80% del Pil contro il 60% nel Centro-Nord). Ciò potrebbe determinare un cortocircuito pericoloso: bassa domanda interna, meno consumi, crisi aziendali, meno occupazione. Elementi in grado di far arretrare ulteriormente la competitività delle Pmi meridionali e, più in generale, di innescare una crisi dagli effetti sociali devastanti.

LA COMPETITIVITÀ DELL’ECONOMIA NAZIONALE PASSA INEVITABILMENTE PER IL RILANCIO DEL MEZZOGIORNO E che cosa si può fare per fermare questa deriva? Ci vuole una politica di coesione complessiva che metta al centro lo sviluppo ed il lavoro come cura e rilancio dell’intero territorio nazionale, che tratti i problemi del Paese in maniera unitaria. E questo occorre farlo ora che il Recovery Fund e auspicabilmente anche il Mes ci consentiranno un grande piano di investimenti pubblici. È sicuramente la disponibilità economica piu corposa mai avuta a disposizio-

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L’ITALIA DEI DUE SUD

La cura è una trasfusione ...di managerialità Solo con un cambio di passo nella Pubblica amministrazione si potrà cogliere appieno l’opportunità offerta dal Recovery Fund: ne è convinto il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla di Sergio Luciano «PER COGLIERE L’OPPORTUNITÀ SENZA PRECEDENTI COSTITUITA DAL RECOVERY FUND, OCCORRE UNA MANAGERIALIZZAZIONE SENZA PRECEDENTI DEL SISTEMA. TUTTO IL SISTEMA»: Stefano Cuzzilla, presidente di Feder-

manager, è in prima linea da anni in una specie di apostolato per la managerializzazione di un Paese che sembra refrattario alla giusta valorizzazione della componente dirigenziale nelle aziende private, «ed anche nella Pubblica amministrazione – aggiunge Cuzzilla – dove abbiamo tante persone estremamente qualificate e preparate ma non quante ne serviranno, anzi ne servirebbero già». E dunque, presidente: che fare? Facilitare l’ingresso nei ruoli della pubblica amministrazione di manager che provengano dall’esperienza del privato. Servirebbe a cambiare passo. Un cambiamento di passo necessario. Solo così potremo gestire al meglio i fondi del piano europeo. Noi in Italia capiamo tutti, comprendiamo i problemi, individuiamo le soluzioni, sappiamo progettare i processi. Ma ci perdiamo nell’execution proprio a causa della carenza diffusa di managerialità. Partiamo però dall’Europa. Qual è il suo giudizio sul round di metà luglio dal quale l’Italia è uscita con un portafoglio di 209 miliardi da spendere in due anni? Un buon giudizio! Abbiamo colto un’opportu-

nità importantissima, il governo e in particolare il presidente del Consiglio hanno fatto un gran lavoro, finalmente in sinergia, tutti i ministri hanno cooperato e ne è scaturita un’opportunità storica per il Paese e la sua ricostruzione. Dunque si può essere ottimisti… Sì, direi che si deve essere ottimisti, ma nella misura in cui si lavora uniti per mettere a frutto quest’opportunità. Lo sapevamo già che i tempi stavano cambiando vorticosamente e che questo poteva rimettere bene in gioco l’Italia: con il digitale, con l’internazionalizzazione, con tutte le innovazioni nelle quali eccelliamo. Ma è chiaro che senza un management adeguato a gestire la discontinuità, queste rivoluzioni sono come treni che passano in stazione e ripartono subito… Lei ha parlato di managerializzazione della Pubblica amministrazione, ma le Piccole e medie imprese? Non ne hanno anch’esse un gran bisogno? Soprattutto le nostre Pmi, le stesse che creano prodotti e servizi di eccellenza unici al mondo, avrebbero estremo bisogno di una trasfusione di managerialità. Qualcosa che permetta loro di progettare a medio-lungo termine, pensando operazioni importanti, riconvertendo magari parte delle risorse manageriali qualificate che i contraccolpi del Covid potrebbero

IN ITALIA CI PERDIAMO NELL’EXECUTION A CAUSA DELLA CARENZA DIFFUSA DI COMPETENZE lasciare a casa. Molto lavoro va fatto sul fronte delle politiche attive: ci stiamo impegnando in sinergia con Confindustria e Confapi per trovare tutte le formule possibili per dare forza e coraggio agli imprenditori medio piccoli a compiere questo cambio di passo, a managerializzarsi e tentare il salto di qualità che in molti casi attendono da anni. Anche il management deve però, in molti casi, riqualificarsi al digitale: non crede? Sicuramente la sfida dell’innovazione mette in

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COVERSTORY

Segue da pag.28 > ne: potrà essere la grande occasione per accelerare i processi di riforme interne ormai da decenni in discussione e dimostrare capacità e velocità di spesa al passo con il resto dell’Europa. Innovazione, trasformazione digitale e semplificazione prima di ogni altra cosa. Insomma, serve una svolta rispetto alle politiche economiche attuate fino ad oggi? Precisamente è necessaria una svolta di policy: serve mettere a terra un piano chiaro negli obiettivi, nei tempi e nelle risorse anche perché, paradossalmente, ci troviamo in una congiuntura favorevole agli investimenti. Sono stati sciolti i vincoli di finanza pubblica e una quantità di risorse senza precedenti sarà resa disponibile dall’Ue: abbiamo una sfida che ci può consentire non solo di superare i divari territoriali, ma di lanciare l’Italia in pole position nella competizione globale. La storia dei Fondi europei, però, insegna che le risorse si sono tradotte spesso in occasioni mancate che in sviluppo. Occorre spendere bene (e più velocemente) i Fondi europei e ridargli quel carattere di “ad-

Segue da pag.29 > discussione tante competenze sedimentate, e la contaminazione col nuovo non basta mai. Quindi ci sarà da fare tantissima formazione, nei prossimi anni. Direi di più: l’irruzione delle nuove tecnologie digitali in tutti i settori apre la porta alla formazione continua, che è la vera sfida del futuro. E su questo terreno la Pubblica amministrazione deve investire moltissimo, perché ha al suo interno risorse di ottima qualità ma le deve formare o riformare, e deve agevolare l’affermarsi all’interno dei vari cluster di profili dirigenziali di tipo nuovo, che esprimano quella visione al passo con i tempi di cui il sistema economico ha estremo bisogno per restare competitivo. Altrimenti rischiamo davvero di assistere impotenti a un’ondata migratoria di imprese che si trasferiscono all’estero per cercare condizioni di lavoro più agevoli.

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dizionalità” che hanno ormai perso. A monte è necessario, dunque, un enorme sforzo di pianificazione e di definizione di riforme strutturali da completare nel medio termine. Uno dei fari che dovrebbe orientare le nostre scelte è proprio quello della politica di coesione territoriale, perché come ci dicono le proiezioni, la crisi attuale rischia di lasciare indietro quei territori che già scontano ritardi intollerabili. Oggi abbiamo la grande possibilità e gli strumenti per “aggredire” le differenze territoriali! Di quante risorse stiamo parlando? Il Bilancio 2021-2027 prevede risorse per le politiche di coesione per 323 miliardi euro, di cui circa 38 miliardi dovrebbero essere riservati all’Italia. Dal versante nazionale, poi, c’è da considerare tutta la riprogrammazione nazionale del Fondo Sviluppo e Coesione (Fsc), che riguarderà ben tre cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020) tra interventi effettivamente realizzabili e da realizzare (risorse già impegnate e impegnabili) e interventi da riprogrammare con Piani di Sviluppo e Coesione (Psc), a cui si prevede di aggiungere, secondo il Piano Sud 2020-

2030, ulteriori e rilevanti risorse per quasi 60 miliardi di euro per il ciclo 2021-2027. Senza contare, infine, i 209 miliardi di euro del Recovery Fund, di cui una parte consistente, almeno il 34%, sarà destinata al Mezzogiorno. Ribadisco: è un’occasione senza precedenti. Da dove si parte per ripianare il gap? Dagli investimenti in infrastrutture, senza dubbio. Quelle di trasporto per livellare l’interconnessione di qualità tra tutti i territori, con il completamento dell’Alta Velocità su tutte: e ciò significherebbe più scambi commerciali, imprese più competitive, più lavoro per i giovani, più ricchezza prodotta, più servizi richiesti e dunque offerti, maggior benessere. Quelle energetiche con lo sviluppo di interventi infrastrutturali sulle reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale risultano prioritarie per consentire il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, risolvere le congestioni e ridurre gli oneri di gestione correlati al bilanciamento. Quelle digitali, infine, ma non per ultime: avrebbero effetti immediati su efficienza, produttività, accesso a mercati internazionali, miglioramento dei processi interni.

Qualcuno dice che però sburocratizzare la Pubblica amministrazione significa abbassare la guardia sul presidio della legalità. Non è affatto vero. Significa solo che dove possono bastare due permessi non ha senso permettere che se ne aggiungano altri diciotto! Piuttosto, è nelle procedure lunghe e tortuose che si annida il malaffare. La rete corruttiva si snoda proprio nei passaggi resi deliberatamente farraginosi, nei mille ostacoli e nella poca trasparenza. Attenzione però: sburocratizzare non implica mai abbassare la guardia. I controlli amministrativi e giudiziari devono restare. Il decreto legge Semplificazioni, sebbene abbia bisogno di alcuni accorgimenti che intendiamo segnalare alle forze politiche ora che è iniziata la discussione parlamentare, va nella strada giusta che è quella che punta all’obiettivo di realizzare le opere e accelerare le

procedure. Procedure chiare e veloci aiutano a individuare le responsabilità, non ad eluderle. Dedichiamo la nostra inchiesta di coverstory al nuovo dualismo Nord-Sud esploso con la pandemia. Cosa ne pensa? Che la questione politica e socio-economica vera è e resta ancora quella meridionale. Anche per la nuova coesione territoriale che serve al Paese dobbiamo far tesoro dell’opportunità europea. Dobbiamo investire al Sud senza attendere che investa il Nord. Dobbiamo essere efficienti in tutta la penisola e attrattivi per i capitali stranieri. Attirare gli investimenti significa irrobustire la competitività delle nostre imprese, stare sul mercato, specie per le Pmi del Sud, senza permettere ai grandi player di fare shopping delle nostre eccellenze o, peggio ancora, di danneggiarci con operazioni di speculazione finanziaria.


L’ITALIA DEI DUE SUD

Giù la maschera della “locomotiva d’Italia” La narrazione che vuole il Sud al traino è figlia di una politica nazionale che ha sempre privilegiato le regioni settentrionali a discapito del Meridione. La pandemia ha rimesso in ordine le tessere del puzzle di Pino Aprile

L’

evoluzione procede per catastrofi: disastri naturali, guerre, epidemie. Il Covid dice ai sordi e a chi non vuol sentire, che la civiltà industriale è finita il 9-11 (suggestione: nine-eleven) 1989 e la civiltà informatica costruisce un altro mondo. Il modello di sviluppo fondato su poche megalopoli ove concentrare tutte le possibilità e le risorse (economiche, tecnologiche, umane) è sbagliato: fa i ricchi sempre più ricchi, i poveri più poveri; ed è fragile: colpita la “testa”, il sistema si blocca: da New York, Los Angeles, San Francisco... e da Milano si torna a riabitare l’interno vuoto, cioè da noi Sud e dorsale appenninica, i due terzi del Paese (condannati al minimo di trasporti, infrastrutture, servizi, diritti costituzionali). Il futuro è lì. Da remoto. La Lombardia è stata la peggiore a gestire il morbo (Le Monde: “Lombardia: autopsia di un disastro”; Los Angeles Times: “il disastro del virus in Lombardia è una lezione per il mondo”, gli errori commessi “saranno studiati per anni”). Il

L’AUTORE, PINO APRILE

Sud ha fatto meglio e con meno una dozzina di malati, a Napoli (la spesa pubblica pro-capite ne facevano uno per 72 posti, per la salute nella Provincia di con 7 milioni, in 30 ore “e 45 Bolzano è di quasi 185 euro, secondi”. Per il presidente in Calabria 16) e ha ospitato della Toscana, Enrico Rossi, e guarito malati lombardi (il non fosse stata la Lombardia, Veneto no, nonostante il 60 per ma una regione del Sud, cento dei posti letto di terapia l’avrebbero commissariata. intensiva vuoti). Per El Pais il Nel 1973, il colera a Napoli, virus ha capovolto i ruoli storici debellato in due mesi, 24 del Nord e del Sud d’Italia e la morti. Da allora si insultano i migrazione dalla Lombardia meridionali “colerosi” (Matteo al Sud indica il futuro; le Salvini ci ha rimediato una tv anglosassoni scoprono condanna per razzismo). A l’eccellenza ruoli invertiti, SE LA POLITICA ITALIANA degli ospedali nulla per i NON CONTINUASSE A di Napoli quasi 17mila OSTACOLARE LO SVILUPPO (il Cotugno, morti di Covid DEL SUD, IN POCHI ANNI SAREMMO PRIMI IN EUROPA nella sola unico senza contagi fra Lombardia, malati e personale sanitario) ma giornali e tv parlando e gli italiani lo apprendono di “astio verso i primi della traducendo dall’inglese classe”, da parte dei terroni, (i sociologi Valentina “razzismo”, come se da Sud Cremonesini e Stefano augurassero stragi di padani, Cristante analizzano 30 anni tipo: Vesuvio ammazzali tutti, o di Tg1, tv di Stato!, e mostrano li chiamassero “porci”, “topi da che dedica al Sud, 34 per cento derattizzare”, “di merda”. della popolazione, il 9 per “Il male del Nord” (il mio libro) cento del tempo, quasi solo è che non è più “quel” Nord e mafia e malasanità). Mentre si il Sud è sempre meno “quel” pubblicizzava l’ospedale della Sud. Da un secolo e mezzo, lo Fiera di Milano, costato circa Stato concentra gli investimenti 25 milioni, in due mesi, per pubblici a Nord (in Lombardia

circolano più treni che in tutte le regioni del Sud messe insieme), alimentandone l’economia e l’idea che “il più” sia un merito locale. Ma di quella economia figlia dei soldi di tutti, non resta niente: dai giganti della chimica (la Pirelli? Cinese) alla meccanica (la Fiat è via). Si sono venduti i grattacieli di Milano, l’Italian style, l’Italian food, i giocattoli: Milan e Inter sono cinesi. Il Nord campa di risorse sottratte alla cassa nazionale, con “la spesa storica” (ed Expo, Mose, Olimpiadi...). L’ente statale Conti Pubblici Territoriali documenta che ogni anno, 61-62 miliardi (dieci ponti sullo Stretto) sono tolti al Sud e girati al Nord. “Locomotiva”? Il resto d’Europa, dal 2000, è cresciuto dal 18 al 38 per cento, l’Italia è ferma fra zero e zero virgola. Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis in “L’economia reale del Mezzogiorno”: se l’Italia non ostacolasse lo sviluppo del Sud, in pochi anni saremmo primi in Europa. Il covid-19 è venuto a dire: o questo, ora, o l’Italia si spezza per secessione del Sud.

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COVERSTORY

Diamoci una mossa con riforme e investimenti Non è più tempo di traccheggiare: è ora di avviare un serio disboscamento burocratico per puntare davvero su infrastrutture e accumulazione produttiva. Diversamente, non ci sarà alcuna ripresa di Amedeo Lepore

L’AUTORE, AMEDEO LEPORE

L

e conseguenze economiche e sociali della pandemia non sono state simmetriche, come la diffusione del morbo a livello globale, ma hanno colpito diversamente Paesi e territori, complicando la possibilità di ripresa delle aree arretrate rispetto a quelle più avanzate. In Italia, il Covid-19 ha aggravato una debolezza preesistente di tipo sistemico, che si è manifestata nell’accresciuta divergenza tra Nord e Sud e nel recupero molto lento dell’economia. Per di più, il virus ha trafitto il settentrione più produttivo, riservando al Mezzogiorno minori problemi sanitari, ma una prospettiva molto più impervia. La reazione alla crisi attuale di origine esogena, che ha fatto precipitare sia la domanda che l’offerta, deve essere unitaria in tutto il Paese, puntando su un audace cambiamento di fondo dell’economia, delle istituzioni e della società. Durante la fase dell’emergenza, come spesso accade, il Sud non ha sfigurato, soprattutto per merito di gran parte dei meridionali e del loro senso di responsabilità,

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ma ora che vengono al pettine nodi strutturali e atavici mali, la prova si fa ardua e richiede il dispiegamento delle migliori energie di questa parte come del resto dell’Italia. La confusione provocata dagli interventi distonici delle Regioni e dello Stato e le divisioni della politica nazionale non hanno contribuito a fornire finora una risposta valida anche per il futuro, facendo prevalere terapie immediate, mediazioni e rinvii. Al contrario, IL COVID-19 HA AGGRAVATO UNA DEBOLEZZA PREESISTENTE DI TIPO SISTEMICO ALLARGANDO IL DIVARIO TRA NORD E SUD

occorre una scossa per affrontare adeguatamente i principali problemi italiani, costituiti da produttività, debito pubblico, sistema formativo e divario. Si tratta di temi connessi tra loro, che richiedono una visione di lungo respiro per essere risolti. La produttività è ferma dalla metà degli anni Novanta e penalizza la capacità competitiva del Paese, nonostante rappresenti ancora la seconda manifattura europea dopo la Germania. Il

peso del debito, che aumenterà in maniera consistente per effetto delle manovre di contrasto alla pandemia, è aggravato dal suo costo, durevolmente più elevato rispetto al tasso di crescita del Pil. Il complesso della scuola e dell’università sta manifestando, insieme a una notevole resilienza in condizioni difficili, anche i suoi limiti nella riduzione delle distanze con il sistema produttivo e le imprese in termini di disponibilità del necessario capitale umano. Il divario tra il Nord e il Sud resta, come lo definiva Giuseppe Galasso, il principale “problema aperto” e rischia di pregiudicare il rilancio dell’intera nazione. Al tempo stesso, il Mezzogiorno può svolgere un ruolo fondamentale, nel quadro delle strategie di sviluppo, se riesce a cogliere l’occasione di una discontinuità storica, puntando sulla diffusione dell’innovazione digitale e della bioeconomia. Del resto, le ricorrenze che cadono quest’anno, il settantesimo della Cassa per il Mezzogiorno e il cinquantenario delle Regioni, rimandano, rispettivamente, all’idea del Sud come risorsa per

tutto il Paese e all’esigenza di una nuova coesione tra lo Stato e i suoi territori, in una logica di scelte omogenee ed efficaci. I provvedimenti per il futuro, da adottare al più presto, riguardano due obiettivi di fondo: le riforme e gli investimenti. Nel primo caso, che comprende una vasta opera di disboscamento burocratico, si impone un nuovo rapporto tra Stato e mercato, nell’ottica di una sinergia inedita per modernizzare la pubblica amministrazione e rendere più efficiente l’economia. Nel secondo, va realizzata una forte interazione tra un’idonea dotazione di infrastrutture e una nuova fase di accumulazione produttiva, nel segno della quarta rivoluzione industriale. Queste strategie devono essere valide per tutto il Paese, con una più forte incidenza nella sua parte più fragile, sapendo che, come ammoniva Giustino Fortunato, riprendendo l’esortazione di Mazzini: “L’Italia sarà ciò che il Mezzogiorno sarà”. Il destino del Paese e il suo più che mai indispensabile ruolo europeo dipendono dalla sua unità, dal suo coraggio e dalla sua capacità di innovazione.


L’ITALIA DEI DUE SUD

Il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà Ebbene sì, siamo ripartiti. Lo abbiamo fatto con i nostri ospedali, le nostre industrie, le nostre eccellenze, la cultura, lo sport. Ma il confronto fra le forze politiche non è all’altezza della situazione di Federico Pirro

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iamo ripartiti. Siamo ripartiti al Nord, al Centro e al Sud con un impegno corale e la volontà di puntare sulle comuni eccellenze anche per dimostrare all’Unione Europea, ma anche a noi stessi, che i fondi richiesti e ottenuti per il Recovery Fund non saranno contesi in una guerra fra territori, ma dovranno contribuire a rinsaldare il Paese in un percorso di rilancio che ne valorizzi tutti i punti di forza, qualunque ne sia la loro collocazione geografica. E allora siamo ripartiti con le eccellenze del sistema sanitario dell’Italia settentrionale, ma anche con quelle che esistono a Roma allo Spallanzani e al Gemelli, ma anche nell’Italia meridionale nei Policlinici di Napoli e Bari e nella sanità privata della Puglia. Siamo ripartiti, tornando ad offrire al mondo gli incomparabili splendori della Pinacoteca di Brera, del Palazzo Ducale di Venezia, della Galleria degli Uffizi, dei Musei Vaticani e del Colosseo, del Parco archeologico di Pompei e del Museo Archeologico nazionale di Taranto. Siamo ripartiti con il nostro sistema industriale che ci ha reso

amati da milioni di consumatori dei cinque continenti (ma temuti da agguerriti concorrenti) con il glamour, il fashion e il comfort dell’inimitabile “made in Italy”, certamente più diffuso al Nord come produzioni, ma con presenze significative e crescenti di numero anche nell’Italia meridionale che solo qualche economista accademico, innamorato dei propri modelli econometrici, non vuole ancora vedere e conoscere di persona. Stiamo ripartendo con le nostre grandi navi da crociera e i traghetti di compagnie di rango mondiale come Msc e Grimaldi che in piena sicurezza tornano ad offrire a gruppi fortunatamente in aumento di utenti i loro servizi di trasporto e di divertissement fra i più apprezzati dagli appassionati del turismo sul mare. Siamo ripartiti con i nostri centri di ricerca al Nord e al Sud e i loro ricercatori che, per quanto spesso impiegati con contratti precari, riescono a produrre risultati eccezionali soprattutto, ma non solo, nel campo biomedico. Siamo ripartiti con un’operazione di offerta di acquisto da parte del più grande Istituto di credito italiano che, puntando ad acquisire

L’AUTORE, FEDERICO PIRRO

Ubi banca, ha posto le premesse per un ulteriore consolidamento del sistema bancario nazionale che deve affrontare - piaccia o meno sfide di livello mondiale con spalle che devono essere sempre più solide. Siamo ripartiti con il nostro campionato di calcio fra i più seguiti in Europa per il numero dei suoi tifosi, con i suoi celebrati campioni, da Ronaldo ad Immobile, nel quale emergono LE IMPRESE MERIDIONALI NON HANNO BISOGNO DI AIUTI STATALI IN PIÙ RISPETTO ALLE AZIENDE DEL NORD

e si affermano ormai da tempo - accanto agli squadroni storici - anche compagini e allenatori della grande provincia italiana che produce e compete nel mondo come l’Atalanta di Bergamo e il Sassuolo, cittadina in provincia di Modena, capitale internazionale dell’industria delle piastrelle. Insomma, siamo ripartiti con la nostra invidiata creatività, la nostra storica fantasia, la nostra italianità che – diciamolo francamente – è ormai stanca di divisioni fra Nord e Sud, e

non perché non vi siano ancora squilibri economici e territoriali da colmare, ma perché un sempre maggior numero di imprese meridionali vuole crescere e competere nel mondo e che, se certamente ha ancora bisogno di aiuti dello Stato, non ne ha più bisogno delle aziende del Nord, più duramente provate dalla pandemia da covid 19 rispetto a quelle del Mezzogiorno. Ma siamo anche ripartiti, diciamolo con un pizzico di indignata amarezza, con un livello di confronto sul futuro del Paese fra le forze politiche di maggioranza e fra queste e quelle di opposizione che quotidianamente non sembra proprio - o almeno non sembra ancora - all’altezza della fase storica che l’Italia si accinge a vivere in una Unione Europea che, finalmente, dopo una trattativa a tratti drammatica svoltasi fra il 17 e il 21 luglio scorsi, ha dimostrato di voler tornare con le decisioni sul Recovery Fund alle grandi intuizioni dei Padri fondatori dell’Europa Unita. Ma ora più che mai serviranno il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà.

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COVERSTORY

Brugnaro: «Torniamo al merito e diamo spazio al talento» Il sindaco di Venezia si scaglia contro la politica dei sussidi «che genera arretratezza» e rilancia sulla questione del federalismo per stimolare la crescita dei singoli territori all’interno di una struttura solidale di Sergio Luciano «LE MILLE DIVERSITÀ ITALIANE SONO UNA COSA BELLISSIMA. LA NOSTRA VARIETÀ È LA NOSTRA FORZA, NON DOBBIAMO CAMBIARCI MA RICONOSCERCI ED APPREZZARCI TUTTI. Con reciproco rispetto. Il rispetto è importante come la giustizia, se non di più». Luigi Brugnaro, imprenditore e sindaco, si definisce “un civico” perché la sua giunta a Venezia è sostenuta da una coalizione di centrodestra ma lui è un apartitico, imprenditore nell’animo, veneziano e veneto col cuore ma cittadino del mondo.

Brugnaro, lei dunque non accetta la narrazione delle due Italie, Nord e Sud, che sembra riproposta crudelmente dal Covid? Non credo ci sia questo problema, ci sono invece condizioni anche climatiche, anche storiche, anche geografiche, che rendono l’Italia un Paese molto complesso. Ma questa complesstà – che connota tutto, a cominciare dai cibi, che ci rendono un’eccellenza agroalimentare mondiale – deve indurci a un gioco di squadra, è meraviglioso pensare che Matera ha una storia che non c’entra nulla con Venezia, ma è

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altrettanto bella. Tutta questa magnificenza, secondo me, dovremmo reinterpretarla in maniera proattiva.

È vero, ma oggi si pongono inedite emergenze economiche… Infatti dovremmo organizzarci in modo diverso per gestirle, ma sempre all’insegna del rispetto. Possono benissimo coinvivere, in una democrazia, filoni di pensiero diverso. Li si mette ai voti e in base all’esito si decide chi guida. PER LUIGI BRUGNARO VA RIPENSATA LA TASSAZIONE, ANCHE DIVERSIFICANDOLA TRA LAVORO E RENDITA

Sarebbe molto più funzionale al futuro dell’Italia. Ma occorre concretezza. Se penso di poter aiutare tutti, e non ne ho le forze, cosa sarà di quelli che ho iniziato ad aiutare quando smetterò? Crolleranno con me! I semplici sussidi, anche se decisi per nobili ragioni, generano arretratezza. Il ritorno di tante aziende sotto la proprietà pubblica comporta il rischio che queste aziende sussidiate non siano mai più competitive. Si sente inneggiare

LUIGI BRUGNARO

alle sole imprese statali… E c’è ancora qualcuno che pensa di gestirle col libretto delle tessere partitiche. E intanto gli imprenditori che pagano le tasse si sentono tacciare di essere “prenditori”. Vanno riscritte le regole? La prima nuova regola è: dare opportunità. La seconda: guardiamo i curriculum, le esperienze. E basta con le partiginerie, le parentele… Qualche altra regola andrebbe semplificata, riscrivendola da zero! Va rimesso al centro il talento e la responsabilità. Se devo andare dal dentista scelgo il migliore. Per poter guidare l’auto, devo superare l’esame di patente. Per fare il ministro non serve niente. È giusto? È logico? Torniamo al merito e diamo spazio al talento, questa è la grande rivoluzione che ci serve e credo che i giovani possano crederci, in un quadro di regole semplici e chiare. Tutti hanno capito quali! Anche sul federalismo, ben declinato, sono tutti sostanzialmente d’accordo, non è una riforma da fare contro qualcuno ma nell’interesse

comune… Se no, non passerà mai. Come lo immagina? Come la formula giusta per favorire la crescita dei singoli territori sulle loro specificità all’interno di una struttura solidale coordinata dallo Stato centrale.

Intanto c’è bisogno di decidere in fretta come gestire i fondi europei. Che fare? Investirli nel lavoro, nelle imprese, nella fiducia. Usarli con rispetto e buon senso e destinarli a valorizzare talento e iniziativa. Ripensare la tassazione, anche diversificandola tra lavoro e rendita. Non discriminare tra piccole e grandi imprese. Stiamo meglio dei nostri nonni, lavoriamo per far sì che i nostri nipoti stiano meglio di noi. Per questo conta il talento, contano i fatti, non le parole. La povertà non la si sconfigge con una dichiarazione. Un bilancio della sua sindacatura? Quel che ho ottenuto è stato tanto, anche più di quel che ho dato. E ho toccato con mano quanto sia completta e difficile la politica.


L’ITALIA DEI DUE SUD

Così lo Stato centralizzato diventa un ente contro natura L’impressione è che, anziché adoperarsi per il benessere dei cittadini, i partiti politici abbiano ormai come unico scopo la gestione del potere. Ecco perché andrebbe rispolverata la lezione di Kenichi Ohmae... L’AUTORE, GIANCARLO PAGLIARINI

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problemi di efficienza e rapporti istituzionali che abbiamo vissuto nei mesi più difficili della pandemia sono tutti figli dell’organizzazione supercentralista del nostro Stato e dei nostri partiti politici. Nell’introduzione a un libro di Luca Meldolesi (“Federalismo possibile”) Marco Vitale ha scritto: «Circa 15 anni fa, come commissario straordinario di un ospedale milanese, mi recai a visitare un ospedale cantonale svizzero. Fui accolto con grande cortesia e dopo una visita ai reparti più interessanti dell’ospedale, mi fu fatta un’ampia illustrazione della sua struttura organizzativa ed economica, con il sussidio dei dati fondamentali. Dopo la visita presi un taxi per l’aeroporto ed intavolai un colloquio con il tassista (…) che incominciò a parlarmi dell’ospedale con una padronanza dell’organizzazione e dei punti forti e punti deboli e mostrando una conoscenza dei dati dello stesso, assolutamente straordinaria. Ne fui stupito e mi complimentai con lui per questa straordinaria conoscenza del “suo” ospedale. “Cosa vuole, mi rispose,

di Giancarlo Pagliarini questo è il nostro ospedale e Tra i libri più letti dai militanti questo per noi è il federalismo». della “Lega Nord di una volta” c’era Non solo nella sanità, ma in tutti senz’altro “La fine dello Statoi campi abbiamo bisogno di nazione” di Kenichi Ohmae (1994). cittadini informati e consapevoli. Ricordo che avevamo organizzato Abbiamo sentito tutti le polemiche giornate di studio su quel testo. «I di questi giorni, ma, a proposito di governi nazionali tendono tuttora cittadini informati e consapevoli, a considerare le differenze tra ecco i contributi netti pro capite regione e regione in termini di al bilancio europeo 2018 di tasso o modello di crescita come alcuni Stati: Paesi Bassi 284 Euro, problemi destabilizzanti che Germania 208, Austria 174 e Italia occorre risolvere, anziché come 111 (Fonte: Istituto Bruno Leoni opportunità da sfruttare. Non si 25 Luglio 2020) . PER FARE DEL RECOVERY preoccupano di Stati come fare per UN VERO PIANO MARSHALL DOBBIAMO METTERNE centralizzati aiutare le aree LA GESTIONE NELLE MANI come il nostro più fiorenti DI UN UOMO COME DRAGHI non hanno più a progredire senso, oggi sono assolutamente ulteriormente, bensì pensano “contro natura”. a come spillarne denaro per Purtroppo i detentori del potere finanziare il minimo civile. Si non hanno nessuna intenzione domandano se le politiche che di migliorare la pessima hanno adottato siano le più adatte organizzazione della Repubblica per controllare aggregazioni italiana. Sono passati più di mille di attività economiche che giorni dai due referendum di seguono percorsi di crescita Lombardia e Veneto, ma da noi profondamente diversi. E si la sovranità non appartiene per preoccupano di proteggere niente al popolo, con buona pace quelle attività contro gli effetti dell’Articolo 1 della Costituzione. “deformanti” prodotti dalla Di quei referendum non se ne circolazione di informazioni, parla nemmeno più, malgrado i capitali e competenze al di là dei lodevoli sforzi del “Comitato Rete confini nazionali. In realtà , non 22 Ottobre per l’autonomia”. sono queste le cose di cui ci si

deve preoccupare. Concentrarsi unicamente su questi aspetti significa mirare soprattutto al mantenimento del controllo centrale, anche a costo di far colare a picco l’intero Paese». Questo è il punto: il Paese sta davvero colando a picco! I nostri partiti politici non lavorano per i cittadini. Il loro unico obiettivo è la gestione del potere e la permanente caccia al voto. Ma sono convinto che cambierà, che prima o poi si instaurerà un sistema federale anche in Italia. Purtroppo la Lega non ne parla più, ma qualcosa si muove: oltre agli amici di Grande Nord è molto interessante il movimento di Carlo Lottieri, Nuova Costituente: occorre cambiare la nostra visione del mondo. Sul Recovery Fund voglio dire che il recente atteggiamento assunto dall’Unione Europea è un segnale positivo, ma Enrico Cisnetto intitola così la newsletter TerzaRepubblica numero 30 del 25 Luglio : «Ora se vogliamo i soldi europei (che sono a stato avanzamento riforme) per farne un nuovo piano Marshall dobbiamo metterli in mano a Draghi». Come dargli torto?

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Incentivi tecnologici e culturali e l’economia riparte dal basso L’errore dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno è quello di essere stato fondato sulla logica dell’assistenzialismo a pioggia lanciato negli Anni Settanta e perpetuato con modalità cangianti fino ad oggi di Giulio Sapelli

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a questione meridionale c’è ed esce ingigantita da questa pandemia. Ingigantita ma cambiata rispetto al passato. Storicamente e per decenni è stata definita dall’incrocio tra due variabili: una divergenza economica ed un’asseribile divergenza antropologica. A parer mio quest’ultima sta sempre più rientrando, anzi ha ormai ceduto il passo ad una piena convergenza dei modelli. Si può dire - volendo - che la modernizzazione di quell’area del nostro Paese stia andando avanti a tappe forzate. Quel che non riuscì a Sant’Alfonso Maria de Liguori, quando girava il Meridione predicando i sacri dogma della Controriforma, è riuscito a farlo la modernizzazione, e soprattutto la civiltà dei consumi. Restano tracce di quel “familismo amorale” teorizzato da Edward Banfield nel suo saggio del ’58: “The Moral Basis of a Backward Society”, un fenomeno dettato da una condizione disumana di sopravvivenza naturale, ben raccontata storicisticamente da Carlo Levi, mentre Banfield era per un’antropologia sincronica che non comprendeva la

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L’AUTORE, GIULIO SAPELLI

storia. Ne restano tracce, però L’errore è stato pensare di curare minime; e del resto, a questa tesi il Mezzogiorno con investimenti dell’irreversibilità del familismo a pioggia e dall’alto. Che invece amorale io ed altri storici, come hanno aggravato i problemi. Un lo stesso Levi, non abbiamo mai caso eclatante è la Sardegna. Le creduto. C’è stato e a volte ancora indicazioni che l’Ocse e l’Olivetti c’è l’impulso ad agire solo per diedero negli Anni 50, e che l’arricchimento familiare ma è suggerivano di sostenere al Sud un fenomeno ormai ridotto al lo sviluppo delle piccole e medie minimo, perché siamo usciti imprese, della cooperazione dalla dimensione della pura agroalimentare, dunque di tutte le sopravvivenza. opportunità di crescita dal basso, Resta invece la grande divergenza non vennero seguite. Al contrario, economica si decise di CONDIZIONE ESSENZIALE Nord-Sud. investire nei PER LA RIPRESA DEL SUD È CHE SI RICOSTITUISCA Quella, sì. grandi impianti, UNA GRANDE BANCA LOCALE nacquero Nonostante CHE CONOSCA I TERRITORI l’intervento Ottana, l’Alcoa, le straordinario, anzi anche a causa raffinerie… molte di quelle realtà di esso, troppo spesso fondato oggi sono chiuse o in crisi. sull’assistenzialismo a pioggia L’unica grande industria calata lanciato negli Anni Settanta e dall’alto e bene attecchita al perpetuato con modalità cangianti Sud è stata la siderurgia, per fino ad oggi, la divergenza c’è. la sua eccellenza tecnologica In parte è una divergenza mondiale. La stessa Ilva era strutturale e asfissiante. Infatti, eccellente, è stata distrutta dove non c’è o è minore – penso scientificamente, privatizzata e alla Puglia, che non soffre delle distrutta, Bagnoli privatizzata divergenze infrastrutturali avendo e venduta alla Cina pezzo dopo collegamenti scadenti eppure pezzo. Quindi la vera questione migliori di quelli di Calabria e meridionale residua nasce dalla Sicilia - l’imprenditorialità turistica carenza infrastrutturale, non si è affermata e la crescita è stata imprenditoriale, perché anzi più elevata. spesso si hanno imprenditori più

bravi al Sud che al Nord, e non a caso in Meridione c’è un’alta mortalità di imprese ma una ancor più alta natalità… Quindi il Mezzogiorno presenta oggi un quadro economico a macchia di leopardo. Il nostro Mezzogiorno come anche il Sudamerica, l’India, i paesi di Visegrad. Per il futuro abbiamo l’opportunità di un cambiamento enorme, su cui sono molto ottimista. Con una sana politica di stimoli dal basso la divergenza si può chiudere. Le eccellenze possono diventare la regola. Per esempio, il Politecnico di Bari è partner della Nasa sui progetti dei prossimi viaggi lunari, il nostro Sud merita che ci si occupi di ricerca spaziale, e non di assistenzialismo a pioggia. Incentivi tecnologici e culturali per far rifiorire l’economia dal basso. E la divergenza si chiuderà. Una condizione importante, però, affinchè si chiuda davvero è la riproposizione di uno strumento che è venuto a mancare: una grande banca territoriale come avrebbe potuto essere la Popolare di Bari. C’è lo spazio e c’è il tempo per riproporla, e sarebbe una condizione di eccezionale potenzialità propulsiva.


L’ITALIA DEI DUE SUD

LA COESIONE TERRITORIALE SI FA (DAVVERO) ELETTRICA Ciò che unisce Nord, Centro e Sud è la rete di Terna. Un ruolo testimoniato anche dagli oltre 450 incontri pubblici organizzati per interfacciarsi con gli stakeholder locali e trovare le soluzioni migliori di Angelo Curiosi

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ltre 450 incontri sul territorio ed eventi pubblici in 11 Regioni: non li ha fatti una società commerciale di generi di consumo, non li ha fatti una rete di vendita di polizze, non li hanno fatti i reclutatori del Cantagiro. Questa rete fittissima di presenza territoriale in Italia porta una firma inaspettata, istituzionale: quella di “Terna” e “Terna Incontra”, rispettivamente la società che gestisce e possiede, per conto dello Stato, la Rete di Trasmissione Nazionale dell’elettricità in Alta Tensione e il format di relazioni pubbliche ed educazione energetica coniato appunto dall’azienda. Ma a che scopo? Uno scopo insieme civico e industriale: interfacciare gli stakeholder locali (semplici cittadini e istituzioni amministrative, imprese, scuole, comunità) per individuare le migliori soluzioni progettuali in grado di dare valore ai territori stessi. Tutto deriva dal fatto che Terna è proprietaria di oltre 74 mila chilometri di linee elettriche in Italia. È ovunque! E le alimenta gestendo anche 26 interconnessioni con l’estero. La coesione territoriale che manca all’Italia politica, è fortissima nell’Italia elettrica. Naturalmente, però, la vastità del territorio e la consistenza del sistema elettrico nazionale richiedono a Terna un forte impegno, sia in termini di persone che ogni giorno intervengono per la manutenzione delle linee, sia di investimenti finalizzati all’efficienza e alla sicurezza della rete sul territorio nazionale. Proprio per garantire tutto questo, Terna prevede di investire nei prossimi 10 anni oltre 14 miliardi di euro, per contribuire in

STEFANO DONNARUMMA, NUOVO A.D. DI TERNA

NEI PROSSIMI DIECI ANNI TERNA INVESTIRÀ PIÙ DI 14 MILIARDI DI EURO NELLA MODERNIZZAZIONE DELLA RETE ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ

modo incisivo alle esigenze di adeguatezza, integrazione di fonti di energia rinnovabile e resilienza del sistema elettrico. I rapporti positivi con le comunità e le istituzioni locali servono anche a fa funzionare al meglio il piano di sviluppo degli investimenti e il costante efficentamento della rete. Il percorso di confronto con le comunità locali si avvale in particolare di uno strumento molto efficacie chiamato “Terna Incontra”: creato con l’obiettivo di favorire

il confronto tra l’azienda e le comunità locali per favorire la realizzazione del piano di sviluppo della rete, oggi rappresenta al meglio gli obiettivi di sostenibilità dell’azienda. Si tratta di giornate informative organizzate in spazi pubblici messi a disposizione dalle Istituzioni locali, con allestimenti che descrivono nel dettaglio gli interventi grazie anche alla partecipazione dei tecnici dell’azienda a disposizione della popolazione per un confronto diretto e inclusivo con i singoli cittadini. Il tutto dà quindi sfondo e insieme sostanza agli interventi industriali dell’azienda. Un esempio recentissimo ha investito una larga parte del territorio della provincia di Novara. Che impatterà positivamente sull’ambiente, previa autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico. Si tratta dell’interramento parziale e della conseguente demolizione dell’elettrodotto da 132 kV tra Mercallo e Cameri, con particelle relative alle aree potenzialmente interessate situate nei Comuni di Borgo Ticino, Cameri, Varallo Pombia, Pombia, Marano Ticino, Oleggio e Bellinzago Novarese. L’opera, per cui Terna investirà circa 38 milioni di euro consentirà la demolizione di un tratto aereo di circa 21 km. È previsto, inoltre, lo smantellamento di ulteriori 3 Km dell’elettrodotto 220 kV Magenta – Pallanzeno che insiste nel Comune di Borgo Ticino. Complessivamente, saranno oltre 100 i sostegni elettrici dismessi. Gli interventi di demolizione interesseranno anche il Parco Naturale del Ticino dove Terna provvederà alla rimozione di 28 tralicci per un totale di 5 km di linea aerea, restituendo alla collettività oltre 60 ettari di territorio: l’equivalente di circa 87 campi da calcio.

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L’Ict made in Calabria punta verso la Silicon Valley In piena crisi, nel 2009, hanno puntato su un territorio che all’apparenza non offriva prospettive e opportunità. E hanno vinto: oggi Webgenesys è uno dei più innovativi system integrator italiani

di Marina Marinetti

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commettere su un territorio tradi«Webgenesys, che oggi ha tre sedi in Calabria zionalmente difficile, in cui mancaoltre che a Bari, a Catania, a Napoli, a Roma no risorse, infrastrutture, compee Bassano Del Grappa, nasce da un pool di tenze, e farlo proprio nel momento peggiore, professionisti informatici che hanno scoma cavallo della Grande Recessione, può appamesso su se stessi e sul particolare momento rire una scelta folle. storico», racconta a OGGI WEBGENESYS VANTA PARTNER D’altra parte, genio e Economy AntonelTECNOLOGICI E COMMERCIALI COME follia vanno sempre a lo Posterino: «a fine TIM, OLIVETTI, GOOGLE, MICROSOFT, VODAFONE, ORACLE, HP E CISCO braccetto, esattamen2009, nel pieno della te come fanno crisi e crisi, era quasi da folli opportunità. E quando l’idea è buona e l’exemettere in piedi un’impresa come la nostra, cution ottima, il successo non tarda. Chiedeper giunta in Calabria, ma i fatti ci hanno dato telo ad Antonello Posterino: nel 2009, poco ragione, sia perché in generale il comparto più che trentenne ha scommesso sul “gioco in tecnologico è quello che reagisce meglio ai casa”, affrontando un downgrade (ma solo apparente) che da Milano l’ha riportato in Calabria, dove ha fondato Webgenesys insieme ad un pool di informatici in un ufficietto di due stanze. Oggi Webgenesys è uno dei più innovativi system integrator italiani, che gestisce e integra telecomunicazioni, sviluppo software, ambienti cloud e cyber security, marketing e comunicazione, consulenza e formazione, vantando partner tecnologici e commerciali come Tim, Google, Olivetti, Microsoft, Vodafone, Avaya, Oracle, HP, Cisco, e con più di 300 clienti acquisiti grazie all’impegno dei suoi circa 80 collaboratori. E le due stanze a sei ANTONELLO POSTERINO, A.D. DI WEBGENESYS chilometri da Palmi ormai sono amarcord:

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momenti di crisi economiche e strutturali, e anche per la capacità di Webgenesys di tramutare le difficoltà in opportunità». Nel 2011 il punto di svolta: confluisce in Webgenesys una nuova componente con specializzazione infrastrutturale che, con il contributo di Raffaele Primo, amplia l’organizzazione strategica aziendale, esempio unico di collaborazione tra imprese precedentemente concorrenti: «Il segreto della nostra crescita è il progetto di aggregazione fra gruppi di professionisti, che invece di farsi concorrenza hanno deciso di allearsi, cosa non tipica in Calabria». Nello stesso anno Webgenesys,

AL SUD C’È SPAZIO PER INVESTIRE IN QUALITÀ ED EMERGERE


L’ITALIA DEI DUE SUD

con due sedi e 8 dipendenti, entra nell’Albo fornitori di Olivetti. L’anno successivo inizia la partnership con Tim, nel 2014 l’ingresso nel Consorzio Ins (Italia Net Services), la prima grande società consortile operativa in ambito telecomunicazioni, che aggrega competenze professionali per la fornitura di servizi tecnici specialistici nei settori Tlc e Ict. Le sedi sono ancora due, ma i dipendenti sono già 31. Due anni più tardi raddoppiano le sedi, con le aperture a Bari e a Catania. «Nel 2018 abbiamo dato corpo a Genesy Group, nata per unire sinergicamente risorse e competenze tecnologiche specifiche di alcune società del settore Ict». Genesy Group è oggi un ecosistema che, oltre a Webgenesys, annovera realtà come Igea Soluzioni (e-health), Inginia (servizi alla PA e al mondo private, customer care e call center), PA33 (consulenza normativa alla pubblica amministrazione e alle Pmi su anticorruzione, trasparenza e privacy), Vocalap (soluzioni di intelligenza artificiale basate sul riconoscimento vocale a parlato libero), Innovation Lab (progettazione, finanza agevolata, ricerca e sviluppo) e l’Academy del gruppo, dedicata a formazione professionale e test center per certificazioni sulle tecnologie. «Genesy Group è una holding di concezione 2.0: non è specu-

lativa dal punto di vista finanziario, ma è un imporre la nostra metodologia, ma accompaaggregatore di competenze digitali», racconta gnandolo nel percorso di trasformazione diRaffaele Primo, presidente della holding. «Per gitale e mettendo a disposizione del progetto scalare più velocemente il mercato il nostro le nostre risorse e competenze». obiettivo è rintracciare startup innovative Quanto al Covid, non ha arrestato un percon competenze specialistiche di dominio corso di crescita importante. «Il lockdown con l’obiettivo di affiancarle, senza mai acquiha dato il via allo smartworking, aprendosirle al 100%. Il nostro è un progetto induci nuove opportunità», racconta Posterino. striale, cerchiamo imprenditori e innovatori «Certo, la pandemia ha impattato, ma già in visionari, dando loro una serie di asset proquarantena con l’Academy abbiamo investito fessionali di carattere commerciale, managein maniera importante nella formazione del riale, imprenditoriale e di competenze. Tutte personale sulle nuove tecnologie, che nell’otle startup acquisite nel gruppo nei primi due tica del cambiamento post Covid saranno anni hanno raddoppiato il fatturato». determinanti. Siamo un system integrator, «Aver costruito, parfacciamo leva su molti NEL 2018 È NATA GENESY GROUP, tendo dalla Calabria, comparti dell’univerLA HOLDING CHE UNISCE una realtà solida, che so Ict: nel momento SINERGICAMENTE RISORSE è andata a conquistain cui un settore va in E COMPETENZE TECNOLOGICHE re porzioni di mercato crisi, possiamo contain un territorio molto più vasto, è per noi un re su quelli più performanti». motivo di differenziazione e di orgoglio», sotLa formazione è centrale per la strategia di tolinea Posterino «In questa terra c’è spazio crescita di Webgenesys e della holding: «Nel per investire in qualità e per poter emergere». settore Ict, che evolve a enorme velocità, non Soprattutto se si punta sull’affidabilità: «Nelè sempre facile reperire competenze specifila visione di Webgenesys, la trasformazione che. Per questo motivo, con la Academy siamo digitale affrontata da ogni organizzazione ha in grado di garantire ai nostri specialisti cicli successo quando, partendo da una attenta di formazione continua» sottolinea Posterino. analisi delle esigenze, tramite l’utilizzo delle «In Webgenesys la ricerca della competenza tecnologie digitali realizza una innovazione nelle nuove tecnologie è un aspetto deterdi processo. Potremmo definirci un’azienda minante e fondamentale per essere sempre cliente-centrica, semplice dirlo a parole ma pronti alle nuove sfide che il mercato richiepiù complesso attuarlo nei fatti: cerchiamo de con una velocità spesso difficile da gestire. di adattarci alle esigenze del cliente senza Continuando a investire sulla formazione del personale riusciamo a consolidare sul mercato il nostro posizionamento di azienda innovativa». La veloce crescita di Webgenesys ha una ricaduta positiva sui territori in cui opera, spesso con un impegno concreto nel sociale e nella cooperazione, con la volontà di valorizzarne competenze e professionalità: «Da alcuni punti di vista siamo cresciuti velocemente, abbiamo potenziato tutte le business unit e stanno aumentando anche le posizioni aperte nella nostra azienda. Ecco, ora cerchiamo talenti a livello di middle management». Vogliamo scommettere nell’inversione di tendenza RAFFAELE PRIMO, PRESIDENTE DI GENESY GROUP della fuga di talenti da Nord a Sud?

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LA PASSIONE SPIEGA DI CHE PASTA È FATTO IL SUD Oggi La Molisana è il quarto gruppo italiano e realizza metà del fatturato all’estero. Ma per arrivare tanto in alto è partita “dal marciapiede”, come racconta l’amministratore delegato Giuseppe Ferro di Marina Marinetti

È FACILE MANDARE PASTA IN TUTTO IL PAESE QUANDO SI STA NELLA PIANURA PADANA, A DUE PASSI DALLE AUTOSTRADE. Ma provate a

farlo da Campobasso. Eppure, proprio da qui, in montagna (o quasi), a 700 metri sul livello del mare, in una regione che non si può certo definire fra la più industrializzate, partono ogni anno un milione e 650mila quintali di pasta: quella prodotta dagli stabilimenti La Molisana, il quarto player (dopo Barilla, Divella e De Cecco, ma sta scalando la classifica molto rapidamente) del mercato della pasta secco e co-leader (dopo Barilla) nel mercato della pasta integrale. Qui si sono incrociati i destini di due famiglie: i Carlone, che nel 1912 fondarono la loro bottega artigianale, e i Ferro (, che qui arrivarono nei primi del ‘900 da Fratta Maggiore, in Campania, dove possedevano 9 forni e altrettanti carretti, pronti a ricominciare da zero, inaugurando il primo mulino a palmenti, in una regione non avvelenata dalla presenza della mafia, dando il via a quella che negli anni ‘70 diventerà la F.lli Ferro - Semolerie Molisane, oggi società di capitali e pioniera di un moderno stabilimento ecologico della capacità produttiva giornaliera di 220 tonnellate, interamente realizzato con tecnologia Bühler. Alla quarta generazione, i Ferro hanno deciso di puntare sulla filiera integrata della pasta, nella convinzione che questo vantaggio competitivo, che accomuna solo il 10% delle aziende nel settore agroalimentare, sia un patrimonio inestimabile. Così, nel 2011, hanno acquisito il pastificio La Molisana, allora in crisi, fallita nel 2004, poi affittata dal gruppo Maione di Napoli fino al 2009 e avviata al concordato fallimentare. «Per noi erano come parenti, noi eravamo mugnai e loro pastai», racconta a Economy Giuseppe Ferro, amministratore delegato de La Molisana. «Siamo intervenuti nel concorda-

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to fallimentare, facendoci carico di tutti i debiti, con un’operazione da 20 milioni di euro». LA MOLISANA NEL 2011 È STATA ACQUISITA DAI F.LLI FERRO, CHE HANNO RIASSUNTO TUTTI I DIPENDENTI E OGGI L’ORGANICO È DI 300 PERSONE

E avete riassunto tutti i dipendenti. Nel 2011 erano solo 70, mentre adesso tra dipendenti e collaboratori siamo in circa 300. Bisognava dare loro un segnale importante e motivarli, far capire loro che l’azienda sarebbe davvero rinata, dopo essere stata ferma per anni.

Come avete fatto a motivarli? Non con le chiacchiere, ma dimostrando loro che stavamo investendo molto in azienda, nella sicurezza, nella tecnologia: hanno finalmen-

te visto azionisti l’amore per l’attività.

È qui che la family company fa la differenza: nella lungimiranza. Esattamente: tutti gli utili sono stati reinvestiti in azienda per rinnovarla. Fin da subito. Abbiamo rodato gli impianti e il nostro modo di lavorare, le persone che lavorano nello stabilimento sono rimaste entusiaste nel vedere che ogni anno compravamo una macchina nuova, aggiungendo un nuovo tassello: abbiamo il miglior confezionamento al mondo, la migliore macchina per fare la pasta, il magazzino robotizzato. Tutte cose avveniristiche. In questi anni abbiamo investito qualcosa come 70 milioni euro. E adesso faremo un ulteriore ampliamento che ci costerà 20 milioni, perché il mercato estero tira in maniera molto importante e, stando alla semestrale di giugno, ormai è arrivato a incidere per metà del fatturato.


L’ITALIA DEI DUE SUD

Non sarà stata una passeggiata. Siamo partiti dal basso, praticamente dal “marciapiede”, con il programma degli aiuti alimentari agli indigenti dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Poi abbiamo stretto accordi con alcuni discount tedeschi, fino ad arrivare al passo importante; l’accordo con le grandi catene italiane di Conad, Coop ed Esselunga per la produzione con i loro marchi, entrando anche col prodotto a brand La Molisana. Da quel momento è partita una crescita esponenziale. Anche all’estero, persino ora, siamo riusciti a chiudere contratti estremamente importanti, per esempoio in Australia con Wallmart, e stiamo facendo il 300% in più, grazie anche al pacchetto in carta, una novità assoluta.

Peraltro all’insegna della sostenibilità. Siamo molto sensibili al tema. Nel comprato logistico, ad esempio, utilizziamo un fornitore di bancali e contenitori che offre l’innovativo servizio del pooling pallet, che coinvolge tutti gli operatori della filiera: a ogni pallet consegnato pieno viene restituito un pallet pieno che percorre la strada inversa. Poi abbiamo fatto di qualcosa di particolarmente bello con l’impianto di trigenerazione per la produzione combinata di energia elettrica, termica e frigorifera dell’elettricità, risparmiando non solo in termini di emissioni di CO2: abbiamo un risparmio economico di circa il 30%. Poi facciamo la disinfestazione ad alte temperature con il sistema Themopest, alternativo ai tradizionali mezzi chimici (gas e fumiganti): portiamo lo stabilimento a 62-64 gradi per

tre giorni. Costa il triplo, però è avveniristico anche sotto il profilo della sostenibilità. Cosa non banale. Specie qui a Campobasso: possiamo solo puntare su immagine, qualità e tecnologia. Di tecnologia abbiamo già parlato. Quanto alla qualità, voi producete solo con grano 100% italiano. È stata la nostra scommessa più complessa, fatta quasi quattro anni fa. Noi siamo mugnai: TUTTA LA PASTA DISTRIBUITA DA LA MOLISANA È FATTA CON GRANO 100% ITALIANO COLTIVATO SECONDO RIGIDI STANDARD QUALITATIVI

il grano è l’unica cosa che conosciamo bene bene bene. Abbiamo stipulato contratti di filiera con agricoltori di Molise, Puglia, Marche, Lazio e Abruzzo, che nel 2016 hanno ottenuto una materia prima di altissima qualità e di livello proteico fino al 17%, riconoscendo agli oltre 1.450 agricoltori un prezzo minimo garantito e introducendo modelli premiali che incentivano la qualità della materia prima di cui necessita una pasta premium come la nostra. Ma non è solo il grano che fa la qualit°. contano anche i metodi di coltivazione, la concimazione, eccetera. Abbiamo sviluppato un software predittivo che in base all’andamento della stagione prevede quante probabilità abbia la spiga di ammalarsi. E abbiamo ottenuto qualitativamente un grano di qualità assoluta in Italia: eccellentissimo, il meglio, non solo il buono. Ma c’è abbastanza grano in Italia per supportare tutta la produzione? Per quella destinata al mercato italiano sì, ma per l’estero utilizziamo una miscela, altrimenti non ce la faremmo.

LA FAMIGLIA FERRO

Anche questo è “spirito tenace”. È il nostro claim, non volevamo limitarci a dire che la nostra pasta è più buona, questo lo dicono tutti, ma rendere il concetto forte del fare impresa e resistere anche in un Sud che si sta popolando. Il 63% delle esportazioni, in Molise, lo fa la Molisana. E con l’ampliamento assumeremo altro personale. E tutto questo l’abbiamo fatto e lo stiamo facendo senza un centesimo di denaro pubblico.

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Il motore dell’Italia è ripartito.

Ora più che mai, noi ce ne prendiamo cura. L’Italia è ripartita, anche grazie alla ripartenza del suo motore: l’industria e i lavoratori metalmeccanici. Ma anche quando tutto era fermo, Metasalute non ha mai smesso di essere operativo nell’assistenza ai lavoratori ed alle aziende del settore. Continua e continuerà a prendersene cura. Metasalute è il Fondo di Assistenza Sanitaria integrativa per i lavoratori dell’Industria metalmeccanica e dell’installazione di impianti, e per i lavoratori del comparto orafo e argentiero. Il suo obiettivo è dare risposte concrete alle aspettative e ai bisogni dei lavoratori, offrendo prestazioni sanitarie integrative al Servizio Sanitario Nazionale, con l’intento di migliorare la qualità della vita dei metalmeccanici, a tutto vantaggio dei lavoratori, dell’industria e del Paese. Perché, ora più che mai, la salute è un patrimonio inestimabile. Per tutti.

www.fondometasalute.it


GESTIRE L’IMPRESA Le imprese familiari

IMPRESE ITALIANE CON FATTURATO

›20 MLN DI EURO

16.845

(fasce di ricavi espresse in milioni di euro) 7000

SONO 6,8% IMPRESE

6000

RICAVI TOTALI

3000

DI EURO

41,8%

11.079 FAMILIARI 733,6 MILIARDI

DIPENDENTI

48,4

2.210.200 PER CENTO 46 SUPPLY CHAIN IL COVID FA DA BOOSTER PER LA RIVOLUZIONE LOGISTICA

49 CUOA BUSINESS SCHOOL IMPRENDITORI E MANAGER TUTTI A LEZIONE DI M&A

6.579

LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE NELLA VETRINA DELLE VETRINE

52 MADE IN CHINA RISPARMIARE NON SIGNIFICA RINUNCIARE ALLA QUALITÀ

53 INTERNAZIONALIZZAZIONE PER CONQUISTARE L’ESTERO SI COMINCIA DAL BOARD

54 SOLUZIONI IL GESTIONALE FACILE È IN CLOUD E GRATUITO

56 ONLINE MARKETING DAL CLICK AL BUSINESS C’È DI MEZZO UN “IMBUTO”

15% 23%

5000

meno di 50 anni

+ 70 anni

4000

58,9% 2.468

18%

tra 60 e 70 anni

2000

1000

1.355 774

6,7% +250

44%

tra 50 e 60 anni

22,1%

12,1% Tra 100 e 250

Tra 50 e 100

Tra 20 e 50

GLI ANTICORPI CONTRO LA CRISI SI TRASMETTONO DI PADRE IN FIGLIO Capacità di reazione, proattività, resilienza: sono i tratti distintivi delle imprese familiari. Che anche durante la crisi hanno performato meglio delle altre. Merito della loro visione a lungo termine di Marina Marinetti

50 AMAZON

Età media dei leader

D

alla “A” Agnelli alla “Z” di Zambon ci preservare l’impresa, il cui valore non è solo sono i Barilla, i Bombassei, i Falck, i economico, ma anche affettivo», conferma SalGarrone, i Lavazza, i Menarini, i Molvatore Sciascia, Ordinario della Scuola di Ecoteni, i Moratti, i Prada, i Salini, i Sella... Famiglie nomia dell’Università Liuc. «A ciò si aggiunge che, insieme a una miriade di altri cognomi una forte valenza generazionale dell’impresa molto meno blasonati, con le loro imprese familiare, considerata un bene prezioso da tratengono in piedi il Paese. Lo fanno da decenmandare a giovani imprenditori, che se capaci ni, se non da secoli: la di cogliere a loro volta ANCHE I MERCATI AZIONARI vitivinicola Marchele sfide competitive, diPREMIANO LE IMPRESE FAMILIARI si Antinori, per dire, ventano il nuovo fulcro A CUI VIENE RICONOSCIUTA è stata fondata nel sul quale far leva per UNA STRATEGIA LUNGIMIRANTE 1385, la vetreria Baalimentare lo sviluppo rovier & Toso dal 1295 e le Fonderie Pontifiaziendale», aggiunge Valentina Lazzarotti, Orcie Marinelli addirittura dall’anno Mille. Sono dinario della Scuola di Ingegneria Industriale sopravvissute a carestie, guerre e pestilenze. della Liuc. Il Centro Strategic Management e E sopravviveranno anche al Covid-19. Per Family Business dell’ateneo a luglio ha aperto dirla in romanesco, la tigna, la cocciutaggine, le candidature alla decima edizione del Premio è tutto. «Quando la sopravvivenza è a rischio, di Padre in Figlio (le adesioni chiuderanno il le famiglie imprenditoriali si mobilitano per 30 settembre 2020 e la premiazione si svol-

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GESTIRE L’IMPRESA FAMILY COMPANY

gerà a novembre), con il sostegno di Credit Suisse e Kpmg, che si rivolge ad imprenditori ed aziende almeno alla seconda generazione, con fatturato superiore ai 10 milioni di euro e sede legale in Italia. «Le imprese familiari si rivelano più efficienti e parsimoniose e, poiché meno indebitate, sono più solide e capaci di fronteggiare situazioni di crisi». Tant’è che lo shock economico le imprese con una struttura proprietaria familiare hanno ottenuto comunque performance migliori. Anche sui mercati azionari: secondo il rapporto “CS Family 1000” del Credit Suisse Research Institute in 10 anni le società familiari hanno generato un ritorno cumulativo del 126%, superando il Msci Ac World Index del 55%. E in Italia? «In Borsa Italiana le società quotate sono cresciute», spiegava a fine luglio alla Frankfurter Allgemeine Zeitung Raffaele Jerusalmi, ceo di Borsa Italiana (nella foto):

«Si è passati da 296 a fine 2009 a 375 a fine 2019. Ben 251 nuove società si sono quotate e, di queste, 212 a seguito di offerta pubblica. Un bel segnale di come gli imprenditori italiani, spesso di seconda generazione e quindi più preparati al confronto con i mercati, stiano considerando Borsa come un’opzione di crescita più che in passato. Se consideriamo il mercato Aim, destinato alle Pmi, i numeri sono ancora più impressionanti. Siamo passati da 5 quotate a fine 2009 a circa 130 attuali». Una tappa quasi obbligata, quella di Piazza Affari, che dà i suoi frutti: «Abbiamo analizzato l’andamento di 350 aziende quotate tra gennaio e fine aprile 2020. Molte imprese familiari e non-familiari nel campione hanno realizzato perdite consistenti. Ma, in media, quelle familiari presentano una performance azionaria di 8 punti percentuali superiore a quella delle imprese non familiari», spiega a Economy Gui-

Efficienti, parsimoniose e solide: la lezione delle imprese familiari

do Corbetta, professore ordinario di Strategia Aziendale e titolare in Bocconi della Cattedra Aidaf-Ey sostenuta, appunto, da Aidaf Italian Family Business, l’associazione fondata nel ‘97 da Alberto Falck (a cui peraltro è intitolata la esempio è quello della padovana Gibus, della famiglia Bellin-Danieli, specializzata nella produzione di pergole high-tech: pur mantenendo ferma la produzione, nei mesi di lockdown ha ampliato la rete dei dealer e

di Salvatore Sciascia,

del settore hanno prodotto disinfettanti

ha sviluppato nuovi prodotti, preparandosi

Professore Ordinario

alcolici) e nella meccanica (Ferrari ha

ad una ripartenza vigorosa. Un altro

di Economia Aziendale

prodotto componenti per respiratori). In

esempio è quello della mantovana Novellini,

e Delegato del Rettore

secondo luogo, si sono osservati molti

protagonista del mercato dell’arredo per il

alla Ricerca – Università

comportamenti socialmente responsabili.

bagno, che ha sfruttato le sue competenze

Cattaneo LIUC

Ci sono stati i casi delle imprese che

nella produzione di box doccia per iniziare

hanno aumentato gli stipendi ai lavoratori

a produrre separatori in vetro da ufficio.

n questa crisi senza precedenti c’è una

sottoposti a ritmi più alti (come Rana, Mutti

Oppure ancora, in provincia di Varese,

categoria di imprese che più delle altre

e Ferrero); quelle che non hanno aumentato

la famiglia Giardini della Tmr è riuscita a

sta dimostrando una grande capacità

I

i prezzi dei loro prodotti nonostante

sviluppare un tessuto antivirale. Per non

di reazione: quella delle imprese a proprietà

l’impennata della domanda, tanto

parlare della famiglia Comerio: insieme alla

familiare. Innanzitutto si sono registrati

nell’elettromedicale (è il caso della Siare

comasca Directa Plus, la Comerio Ercole

dei significativi comportamenti filantropici.

Engineering della famiglia Preziosa) quanto

stava lavorando sul possibile utilizzo del

Oltre a casi di ingenti e immediate donazioni,

nel farmaceutico (pensate all’Amuchina

grafene nell’industria della gomma e ha

abbiamo assistito a casi di riconversione

degli Angelini); e infine i casi di grande

deciso di lavorare per lo sviluppo di tessuti

della produzione per supportare le esigenze

rispetto per i fondi pubblici (come Ikea,

non tessuti ad uso filtrazione acqua e aria

sanitarie, tanto nella moda (ad esempio,

della famiglia Kamprad, che ha restituito gli

(che possono trovare grande impiego

Prada, Armani o la Herno dei Marenzi hanno

aiuti pubblici ricevuti in misura eccessiva).

nella produzione di camici, abbigliamento

prodotto mascherine e camici), quanto nel

Infine si sono registrati molti casi di

sanitario e mascherine). Diversi studi

beverage (Branca e molte altre imprese

grande prontezza competitiva. Un primo

scientifici confermano che le imprese

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cattedra), che oggi raggruppa più di 200 aziende familiari che rappresentano il 15% circa del Pil del nostro Paese e raccolgono più di 600 mila collaboratori. «I loro risultati», continua Corbetta, «sono persino migliori quando la famiglia è presente sia nell’azionariato che nella leadership». La spiegazione? Sta tutta nell’orizzonte temporale: se quella dei manager guarda alla trimestrale, quella della famiglia guarda alle generazioni successive. «Anche sui mercati azionari», chiarisce Corbetta, «le imprese familiari trasmettono un orientamento al lungotermine che fa ritenere agli investitori che l’impresa metta in atto un comportamento per superare la crisi più velocemente e con effetti ridotti in modo piu rilevante. Viceversa, l’impressione che può dare invece una proprietà con molti azionisti è che il management per migliorare i conti si concentri più sui tagli che sulla strate-

gia, in un’ottica a breve termine, per poi magari lasciare il campo... e l’azienda. Nelle imprese familiari questo ragionamento non viene mai fatto: la famiglia controllante che è li oggi, ci sarà anche tra dieci o vent’anni». Senza contare la solidità finanziaria. Secondo l’Osservatorio Aub di Aidaf, giunto ormai alla sua undicesima edizione, sulle 16.845 aziende italiane con fatturato superiore ai 20 milioni di euro, 11.176, il 66,3%, sono aziende familiari. E nell’ultimo decennio, i loro ricavi sono cresciuti 12 in più delle non familiari. Non solo: «Le imprese familiari tendono ad avere migliori risultati sia sul tema della crescita che sulla redditività e del grado di indebitamento», continua Corbetta. Dal primo Osservatorio all’ultimo, negli ultimi undici anni, il gap di redditività tra le aziende non familiari e le altre si è sempre mantenuto positivo a favore delle prime: anche l’ultima edizione segna un Roi (il rap-

porto tra reddito operativo e capitale investito) a quota 9 contro l’8,3 delle aziende con un assetto proprieatrio non familiare e un Roe (il rapporto tra reddito netto e patrimonio netto) del 12,1 contro il 10,6. Dal 2007 il rapporto di indebitamento (cioè quello tra il totale attivo e il patrimonio netto) delle aziende familiari si è ridotto di quasi il 40%, con le imprese familiari al 4,6% e le altre al 6%. «Vanno meglio le imprese che sono guidate da uno o più familiari, ma con una governance aperta che include nel consiglio di amministrazione anche non familiari», chiarisce Corbetta. «Il modello aperto è vincente, perché mette insieme l’esperienza sviluppata dal leader familiare, dall’educazione alla conoscenza del business, con il contributo di esterni di valore. Il board aperto consente di ottimizzare il grande know-how di relazioni, competenze, conoscenze, per gestire l’azienda evitando il rischio di deragliare».

familiari sono in grado di resistere meglio

familiari per resistere a questa crisi? Le

informazioni e farle circolare internamente

alle crisi e tendono a tagliare meno posti di

aree di intervento sono cinque. Innanzitutto

con efficienza, nonché mantenersi in

lavoro. Del resto, basta chiedersi quali sono

ripensare i modelli di business: se la crisi

stretto contatto con tutti gli stakeholder per

le imprese più longeve al mondo: sono tutte

ha colpito il sistema delle relazioni aziendali

affrontare la ripartenza.

familiari! Le ragioni di questa resilienza?

(coi clienti, coi fornitori, coi lavoratori, etc.)

Lo spirito con cui affrontare questa fase

Sono più efficienti e parsimoniose, nonchè

occorre ripensarlo, perchè basta che entri

è quello di chi, di fronte alle difficoltà,

meno indebitate: a parità di condizioni,

in crisi una di queste relazioni che l’intero

si rimbocca le maniche con coraggio e

sono più solide e hanno più risorse per

sistema ne risenta. Poi effettuare tagli senza

determinazione: ogni crisi è un’occasione

sopravvivere. Inoltre il valore sociale e

intaccare le fonti del vantaggio competitivo

straordinaria per ripensare se stessi,

affettivo riposto dalle famiglie nelle loro

ricercato: bisogna guardare lontano, e per

cosa difficilmente fattibile quando siamo

imprese le induce a fare di tutto per farle

fortuna le imprese familiari sono rinomate

assorbiti dall’ordinaria routine. Le imprese

sopravvivere, attingendo anche alle risorse

per la loro capacità di adottare orizzonti

familiari hanno l’opportunità di mettere in

familiari. È chiaro però che le imprese

di lungo periodo. Ma anche digitalizzare la

gioco, a ogni livello della governance, sia

familiari non sono tutte uguali di fronte a

maggior parte dei processi: le imprese che

i giovani familiari (se preparati, motivati e

questa crisi. Ci sono settori più colpiti (come

meglio hanno reagito sono proprio quelle

meritevoli) sia figure esterne alla famiglia

quello dell’ospitalità) e altri meno (come

che erano già organizzate per affrontare

(se fra i familiari non ci sono le competenze

il farmaceutico o i servizi di igiene), così

le distanze nel lavoro, nella gestione e

adeguate per competere): ci vogliono nuove

come le micro e piccole imprese familiari

nelle vendite grazie alle possibilità offerte

prospettive ed energie per il “new normal”.

soffrono molto più delle medie e grandi. Ma

dal digitale. Inoltre, va aumentata la cura

Anche in questo caso le imprese familiari

soprattutto sono le famiglie a non essere

dei dipendenti: igiene, sicurezza, salute

si divideranno in due categorie: quelle che

tutte uguali: ci sono quelle più orientate al

mentale, work-life balance e soprattutto

coglieranno le opportunità nascoste in

cambiamento, che emergeranno dalla crisi,

remunerazione saranno decisivi per fare in

questa crisi, e quelle che non lo faranno,

e quelle meno orientate al cambiamento,

modo che la forza lavoro non perda energia

con conseguenze gravissime. Ci auguriamo

che inevitabilmente non ce la faranno. Cosa

ed entusiasmo. Infine, investire nella

che le prime siano ben più numerose delle

sono quindi chiamate a fare le imprese

comunicazione: sarà decisivo assorbire

seconde.

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GESTIRE L’IMPRESA STRATEGIE

Prevedere l’imprevedibile rivoluziona la supply chain La lezione del Coronavirus non è stata vana: grande distribuzione e industria si attrezzano per garantirsi gli approvvigionamenti in quantità e tempistiche a prova di virus. Ecco come di Marco Scotti

I

l Coronavirus non solo ha cambiato le abitudini degli italiani nel fare acquisti, ma ha trasformato in maniera definitiva l’intera supply chain, dai produttori fino ai punti vendita. «Tutte le catene di fornitura – ci spiega Fabrizio Dallari, direttore del Centro sulla Logistica e Supply Chain Management della Liuc Business School – compresa quella del largo consumo, stavano andando verso logiche più leggere, al grido di “just in time”: si tratta di una filosofia che prevede di minimizzare gli sprechi e le scorte di magazzino perché, idealmente, si cerca di vendere il bene o servizio solo quando se ne ha realmente bisogno. È come durante la staffetta: si passa il testimone nell’esatto momento in cui ce n’è bisogno. Ovviamente avere scorte zero nella Gdo è pressoché impossibile, ma ci si era attestati su una disponibilità media di un paio di settimane. Con lo tsunami originato dal Coronavirus, invece, si è svuotata definitivamente la scorta, con qualche preoccupazione:

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è vero che la grande distribuzione organizzata mette sugli scaffali prodotti che provengono per il 92-95% dai confini nazionali, ma lo è altrettanto che, nel caso della pasta, non è che se finiscono le scorte si possono integrare rapidamente, serve il lavoro di mesi». Le aziende hanno dovuto capire rapidamente che c’è bisogno di un Bcp, un business continuity plan che prevede la mappatura dei rischi. Oggi, ad esempio, si assiste da parte delle aziende produttrici a nuove modalità di vendita, come nel caso del “conto deposito”, che significa avere una parte della merce in magazzino e una parte distribuita direttamente ai principali clienti. Ma rimane un prodotto di proprietà dell’azienda finché l’insegna non si accorge di averne bisogno. Questa procedura ha ovviamente un costo per gli attori della filiera, ma garantisce che si possano creare delle situazioni capaci di mandare a gambe all’aria le aziende. In precedenza, ispirandosi al modello di Amazon del magazzino senza limiti,

si è cercato di privilegiare i tempi di consegna e la customer satisfaction alla possibilità che questo modello reggesse l’urto di un evento avverso. Mancava, insomma, un piano B. E questo si è tradotto in un colpo notevole verso le imprese: secondo un’indagine condotta da Gs1 Italia, il 60% delle aziende della Gdo ha riscontrato problemi significativi nell’approvvigionamento dai fornitori durante le settimane del lockdown. Le difficoltà hanno riguardato specialmente le catene lunghe con produzioni o materiali dall’estero. Dagli studi che centri come la Liuc stanno portando avanti emerge chiaramente come il cambiamento di “mindset” delle aziende italiane sia un po’ più complesso del previsto, mentre riesce molto bene a quelle anglosassoni che hanno abitudini più militari nelle catene di approvvigionamento. Senza contare che rimane l’attesa di capire se e come si svilupperà la seconda ondata di contagi. «I diversi scenari che si profilano – prosegue Dallari – cambiano anche la logistica. Se si deve velocizzare il prelievo di un materiale, si chiede all’addetto di caricarne la quantità desiderata su un camion e poi far partire la spedizione. Ma se invece si vuole minimizzare il numero di mezzi in circolazione, sia per necessità di contenere i costi, sia perché magari il personale, causa distanziamento, è diminuito dal punto di vista numerico, allora si cercherà di saturare peso e volume. E questa è una situazione da tempi di guerra: risorse scarse da ottimizzare. È quello che hanno fatto le aziende durante il Covid-19: mentre prima si puntava esclusivamente sul servizio, durante la pandemia, con una riduzione del 50% dei mezzi di trasporto in circolazione, i camion operativi dovevano per forza girare a carico completo. Questo si è tradotto anche in una diminuzione dell’assortimento sugli scaffali. Quando il consumatore si recava al supermercato partiva con la logica del “l’importante è che ci sia qualcosa”. Il che, a sua volta, ha portato a una maggiore efficienza: il riordino veniva effettuato solo per quantità considerevoli, le consegne avvenivano anche di notte e si è avuto un assaggio di un ciclo logistico a ritmo continuo in cui i turni venivano articolati sulle 24 ore. Ma


ora, complici condizioni economiche un po’ migliori, mi sembra che la supply chain stia tornando sui suoi passi». Per evitare che questo succeda ci sono diversi strumenti nelle mani degli statistici che lavorano nelle grandi aziende per garantire al contempo il corretto approvvigionamento (anche in casi estremi come durante la pandemia). Il primo si chiama sales forecasting, ovvero previsioni di vendita. Nulla di nuovo, è uno strumento antico come il marketing, ma che oggi può poggiare su algoritmi e big data analytics. In questo modo si può provare a indagare la percezione che ha la clientela del prodotto e della situazione congiunturale, si può cercare FABRIZIO DALLARI

di prevedere la resa di una campagna di marketing e che permette, quindi, di creare una “scorta di sicurezza” che consente di coprire il cuscinetto della variabilità delle vendite nel tempo. Questo sistema è particolarmente indicato per quelle produzioni, come quella alimentare, che ha dei termini di scadenza ben definiti da rispettare. Il secondo strumento è

quello del “collaborative planning”, ovvero una sorta di allineamento con i principali clienti per capire quali sono le loro previsioni di vendita e modulare ulteriormente la produzione. Infine c’è il Vendor Manage Inventory, Vmi, una metodica che ha quasi 15 anni che consente di vedere le giacenze di magazzino dei clienti e SALES FORECASTING, COLLABORATIVE PLANNING, VENDOR MANAGER INVENTORY: ECCO GLI STRUMENTI CHE SALVANO AZIENDE E MERCATO

anticipare, di conseguenza, le loro esigenze. «Tanto più si è bravi a prevedere la domanda – conclude Dallari – tanto minore sarà il rischio di avere scorte eccessive. Anche perché la capacità previsionale è una vera e propria professione: ci sono aziende di grandi dimensioni che impiegano in questo dipartimento decine di persone per analizzare le temperature, gli orari di apertura dei negozi e molte altre variabili. In questo modo si evita il doppio rischio: non riuscire a soddisfare la domanda, e quindi vendere meno di quanto si potrebbe, oppure accumulare scorte eccessive. Durante il lock-

E ANCHE IL CONSUMATORE È CAMBIATO Non è certo una grande sorpresa scoprire che il Covid-19 ha trasformato forse in maniera definitiva anche l’attore finale della catena distributiva, che esiste proprio perché al termine di essa deve esserci qualcuno che acquista. Ebbene, il consumatore si è mutato in maniera molto profonda, e questo al di là di qualsiasi notazione relativa alla sua capacità di spesa, accresciuta o diminuita da una economia che, forse per la prima volta, è calata in modo molto diverso a seconda dei settori presi in considerazione. Secondo David Parma, Head of Strategy 3 – la nuova divisione di consulenza strategica del Gruppo Ipsos - «servirà un lavoro molto “intimo” tra aziende e consumatori. Questo perché ci troviamo di fronte a diversi game changer che afferiscono molto alla sfera privata: il primo è lo smart working, che cambia completamente

il modo di consumare i pasti. Durante il lockdown si prediligevano prodotti a lunga durata e conservazione, ma ora che si può tornare a fare la spesa senza particolari problemi, che cosa succederà? Il tempo che si trascorre a casa è cambiato, sarà superiore e continuerà a esserlo rispetto a prima. E questo si riverbera in nuove abitudini di consumo che dureranno anche oltre la fine dell’emergenza Coronavirus: ad esempio i prodotti per il benessere, per l’igiene della casa e per la cura della persona sono entrati prepotentemente nel nostro carrello e non ne usciranno». Un’altra tendenza che si nota è quella relativa all’e-commerce. Era un “nice to have”, un di più che si poteva offrire alla clientela. Ma oggi quella stessa clientela pretende di avere un servizio a domicilio, tramutando la spesa online in un “must have”. «La spinta in avanti dell’e-commerce in

down abbiamo assistito a un ribaltamento di ogni prospettiva: visto che la farina scarseggiava, colossi come Amazon parcheggiavano i loro camion direttamente fuori dalle aziende che la producevano. E durante la quarantena sono diminuiti drasticamente i versamenti delle aziende al Banco Alimentare, cui generalmente vengono destinati prodotti che hanno superato la cosiddetta data utile. Ma con il lockdown le persone acquistavano merci in scadenza». L’ultimo punto di trasformazione della supply chain è determinato dall’Industry 4.0. La manifattura additiva può essere la risposta per alcune filiere. Per garantire il distanziamento sociale si possono impiegare robot collaborativi montati a bordo di Agv (ovvero veicoli autonomi) che possono caricare i carrelli e i camion. Oggi le aziende iniziano a guardare a queste innovazioni non più con un occhio rivolto esclusivamente al Roi (quanto mi costa, quanto tempo impiego ad ammortizzare questo investimento) ma, soprattutto, per garantire la business continuity. Anche nel caso di un nuovo, eventuale, cigno nero. Italia – spiega Parma – è tra i più alti al mondo durante il Covid, secondo solo a quello osservato in Cina. E da questo cambiamento non si può prescindere». Cambia radicalmente anche il modo di fare shopping e perfino di affrontare le promozioni: gli eventi oceanici, come il Black Friday, saranno soppiantati per un po’ da un “everyday low price” e questo per garantire al consumatore una maggiore sensazione di sicurezza anche nel negozio fisico, senza assembramenti tipici da saldi. «Un corollario al nuovo modo di comprare nei negozi – conclude Parma – è che ci saranno dei canali che diventeranno un unico punto vendita, vedremo probabilmente una riduzione degli strumenti a disposizione e tutto si svolgerà prevalentemente online. Questo anche in un’ottica di prezzo: la percezione, spesso errata, era che tutto fosse più caro. E questo si può eliminare con internet e con i comparatori».

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GESTIRE L’IMPRESA HSE MANAGEMENT

In outsourcing la sicurezza si coltiva molto meglio Non sempre le Pmi riescono a dotarsi internamente di una figura responsabile dei servizi di prevenzione e protezione. Così HSEquipe mette a disposizione il suo know how tramite il fractional management di Sergio Luciano

VERONICA BONANOMI

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pplicare scrupolosamente i protocolaziende – spiega Veronica Bonanomi - come li, senza forzature, con condivisione, e mero obbligo normativo, eredità della vecchia a settembre la riapertura diffusa de626. Ma i tempi sono cambiati, ed oggi le aziengli uffici potrà avvenire nel migliore dei modi»: de illuminate sono quelle che creano un habitat è rassicurante ma concreta e incisiva Veronica protetto e sicuro, dove la salute – Covid o non Bonanomi, ingegnere ambientale per formaCovid - sia un valore fondante di appartenenza». zione, formatrice e consulente nel campo delle Già: facile a dirsi. Ma per una piccola o anche merisorse umane e della sicurezza e salute sul ladia impresa che voglia evolvere su questo terrevoro per appassionata scelta imprenditoriale. no, il “fai da te” non è molto praticabile… «E per «In settembre sentirsi del tutto sicuri al rientro questo la funzione Hse è tra quelle tipicamente in azienda dipenderà molto dalla cultura delesternalizzabili, uno dei servizi principali tra la sicurezza, da come sapremo fare le cose che quelli che forniamo noi». vanno fatte non pensando solo agli obblighi ma Oggi la normativa obbliga ad avere nell’orgaanche al valore assoluto della sicurezza. Naturalnizzazione interna la figura del “responsabile mente, applicare i protocolli, e poter dimostrare dei servizi di prevenzione e protezione”, ma «ci di averli applicati, cosiamo resi conto – spiemunicati corettamente AFFIDARSI A CONSULENTI SPECIALIZZATI ga Veronica Bonanomi ESTERNI CONSENTE ALLE PICCOLE e tracciati nel loro uti- che dobbiamo fare E MEDIE IMPRESE DI CONCENTRARSI lizzo, è per l’azienda, un salto di qualità, le SOLO SUL PROPRIO CORE BUSINESS per chi ci lavora e per aziende ne hanno bil’imprenditore la migliore garanzia». sogno, l’approccio deve essere più alto di quelBonanomi ha fondato con un socio, Marco Cesalo della mera normativa, e con l’outsourcing na, un’azienda di consulenza e formazione che lo si può realizzare». In altre parole HSEquipe ha battezzato HSEquipe perché sin dal nome fornisce manager specificamente dedicati alla vuol esprimere che si occupa di salute (health, gestione della sicurezza aziendale che possono da cui la lettera “h” della sigla), sicurezza (safety, prestare la loro opera dall’esterno in regime di da cui la lettera “s”) ed ambiente (enviroment, “temporary management” o “fractional manada cui la lettera “e” della sigla) che opera da Mongement”. «Dà lo stesso valore aggiunto di una za in tutto il mercato nazionale fornendo servizi risorsa interna – spiega Bonanomi – ma con in outsourcing per tutto il settore dell’Hr (risorun costo accessibile. La formula fractional è se umane) con particolare attenzione all’ambito più specializzata, e dunque totalmente dedidella sicurezza sul lavoro. cata a gestire la tutela della salute e sicurezza «Siamo abituati a vivere la funzione Hse, nelle e supporta la funzione interna che non avreb-

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LE AZIENDE ILLUMINATE CREANO UN HABITAT PROTETTO E SICURO be competenze; con la formula temporary il manager esterno entra totalmente in azienda, anche se per un breve periodo, e si rapporta pienamente all’organizzazione, adoperandosi naturalmente per individuare dentro o fuori l’azienda le risorse necessarie per renderla autosufficiente. Non a caso noi diciamo che il nostro lavoro è dedito al cliente fino all’abnegazione, perché facciamo di tutto affinché non abbia più bisogno di noi! Affidarsi a consulenti specializzati anche per selezionare i futuri specialisti esterni è un grande valore aggiunto – conclude l’imprenditrice - perché le aziende devono concentrarsi sul core business e quindi ci chiedono di sollevarle da incombenze che sono collaterali eppure importantissime, cui non sono pronte a provvedere direttamente. Non dimentichiamo che sicurezza viene da sinecura, significa ‘senza preoccupazione’. Ecco: noi garantiamo questa tranquillità».


CONTINUOUS LEARNING

Imprenditori e manager a scuola di aggregazione Con la crisi si apre la stagione delle fusioni e acquisizioni. Così la Cuoa Business School si propone come punto di riferimento per le aziende in marcia verso una crescita dimensionale e geografica di Riccardo Venturi

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upportare le aziende nel ripensabusiness school è quello del confronto in aula. mento del modello di business imUna possibilità non solo di conoscenze, con il posto dalla crisi, anche attraverso il classico network, ma anche di scambi di especonfronto e lo scambio di esperienze che avrienze che nasce in un’esperienza forte con viene al meglio in presenza. Così la pandemia una presenza continuativa. Al Cuoa in molti si ha ridefinito il ruolo di Cuoa business school, fermano anche la sera tardi nelle nostre aule che dopo un’intensa fase di e-learning nei mesi con i gruppi di lavoro». del lockdown è stata travolta dalle richieste L’idea di puntare su un sistema misto è uscita dei suoi studenti, tipicamente executive e imconfermata dalle richieste ricevute da parte prenditori, di tornare fisicamente in aula. E ha degli studenti alla fine del lockdown: «Temeriaperto fin dall’8 giugno: un primato di cui va vamo che ci avrebbero proposto di continuafiera. «Già al consiglio generale di dicembre re con una piattaforma solo da remoto, molto avevamo approvato un investimento imporvantaggiosa dal punto di vista del risparmio tante per un piano triennale di formazione da di tempo sugli spostamenti» racconta il preremoto» dice Federico Visentin, presidente di sidente di Cuoa, «invece ci hanno chiesto forCuoa e vicepresidente temente di tornare I CORSISTI DELLA BUSINESS SCHOOL di Federmeccanica, in aula, tanto che pur SONO EXECUTIVE E IMPRENDITORI «abbiamo corsi che avendo inizialmente CHE APPREZZANO IL MODELLO MISTO si svolgono al venerimmaginato di farlo a TRA AULE ED E-LEARNING dì e al sabato per dar settembre, abbiamo modo di partecipare al nostro target principainvece riaperto l’8 giugno, nel pieno rispetto le di dirigenti che lavorano, e avevamo capito delle norme di distanziamento e igieniche, con che le lezioni da remoto potevano essere un piena soddisfazione dei nostri studenti. Quepasso importante». sto ha confermato l’importanza del confronto Cuoa business school si è trovata così ad afche avviene fisicamente nella nostra sede di frontare il lockdown con un piano già avviato Altavilla Vicentina». sull’e-learning, che è stato ulteriormente acceL’esigenza espressa da imprenditori e executilerato, ma non è mai stato progettato per sove di tornare in aula rimanda al ruolo di Cuoa, stituire completamente le lezioni in presenza: che la pandemia ha precisato e rafforzato: «Abbiamo da sempre immaginato un’organizquello di aiutare le imprese nella fase delicazazione blended, cioè mista tra aula e remoto» ta della ridefinizione dello stesso modello di sottolinea Visentin, «eravamo e siamo convinti business, necessaria per affrontare una crisi che uno dei valori principali che può portare la senza precedenti. «C’è una grandissima incer-

FEDERICO VISENTIN

tezza» rimarca Visentin, «la difficoltà di ripensare modelli organizzativi, catene del valore, supply chain... Sta prevalendo anche la dinamica delle dimensioni, che poi è uno dei nostri mantra: l’idea che le Pmi del nordest per diventare vere protagoniste dei mercati mondiali debbano raggiungere dimensioni superiori a quelle attuali». Per il presidente di Cuoa, insomma, si sta per aprire una stagione di m&a e aggregazioni: «Il fenomeno sarà da una parte drammatico, c’è chi non saprà reggere la crisi, e quindi si creeranno spazi per acquisizioni» rimarca Visentin, «in altri casi più virtuoso, ci sono aziende che faranno dei percorsi per rafforzarsi. Questo comporta un ripensamento del ruolo della nostra business school di supporto a queste realtà: si può essere l’imprenditore più bravo del mondo, partito da zero e cresciuto in maniera splendida col prodotto e coi mercati, ma quando si parla di aggregazioni e ci si confronta con altri imprenditori diventa tutto molto più difficile». Cuoa si propone così come punto di riferimento per le aziende in marcia verso una crescita dimensionale e sui mercati: «Le aiutiamo a fare il business plan» puntualizza il presidente della business school, «a cercare fondi, a quotarsi in borsa, ad affrontare al meglio il passaggio generazionale, a confrontarsi con altre compagini azionarie, a organizzare strutture internazionali con culture diverse nel caso di acquisizione di realtà estere. Aiutare le imprese ad affrontare queste difficoltà è precisamente il nostro ruolo».

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GESTIRE L’IMPRESA E-COMMERCE

Made in Italy in vetrina col colosso dell’e-commerce Per le piccole e medie imprese Amazon prevede una serie di servizi e facilitazioni ancora poco conosciute. Un trampolino di lancio per approcciare clienti (anche nel B2B) nel mercato internazionale di Marina Marinetti

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ici Amazon e pensi alla concorgrande opportunità da cogliere», spiega a renza spietata della merce a basso Economy Ilaria Zanelotti (nella foto a lato), costo proveniente da ogni dove. Head of Marketplace di Amazon Italia. «Le Ma basta cambiare prospettiva per rennostre eccellenze italiane mantengono un dersi conto che il colosso dell’e-commerce forte appeal sui consumatori in Italia e nel può essere anche il mondo, ma l’export SONO 12MILA LE IMPRESE ITALIANE trampolino di lancio digitale B2C incide CHE HANNO GIÀ ADERITO per conquistare un solo per lo 0,26% sul AL PROGRAMMA, PER UN VOLUME mercato più vasto D’AFFARI DI OLTRE 500 MILIONI DI EURO Pil italiano contro, e internazionalizad esempio, il 3% in zarsi. «L’attuale divario in termini di digiGermania. Digitalizzare le nostre Pmi e suptalizzazione tra le Pmi italiane e aziende portarne le esportazioni nella competizione omologhe degli altri Paesi europei (1 su 3 globale potrebbe essere anche un elemensecondo il Digital Economy and Society Into non trascurabile per la ripartenza e per dex 2019) deve essere visto oggi come una un potenziale aumento diretto del Pil ita-

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liano fino a due punti percentuali». Grazie all’e-commerce, ça va sans dire. «L’e-commerce rappresenta un canale che va ad integrarsi e a completare l’offerta multicanale delle imprese generando crescita e posti di lavoro: nel 2018, le aziende italiane che vendono su Amazon hanno creato in Italia più di 18.000 posti di lavoro per gestire la loro attività di vendita su Amazon e il valore dei beni esportati da queste imprese ha raggiunto la cifra record di oltre 500 milioni di euro», continua Zanelotti. Si tratta delle oltre 12 mila Pmi italiane che hanno aderito al programma “Vendere su Amazon” per approcciare non solo il mercato domestico, ma anche quello internazionale. Il processo è molto semplice: il partner di vendita decide in quale tra le 20 categorie a disposizione inserire i propri prodotti, seleziona un piano di vendita (in abbonamento a 39 euro al mese per i professionisti, mentre per i privati la fee è di 99 centesimi per articolo venduto, ma gli artigiani che aderiscono al programma Amazon Handmade pagano una commissione del 12%), registra il proprio profilo e crea l’inventario. Se poi si affida ad Amazon la gestione della logistica, dallo stoccaggio alla consegna ai clienti, incluse l’assistenza clienti e la gestione dei resi, è anche possibile usufruire di vantaggi come la consegna rapida Prime e la vendita semplificata in tutta Europa. La Rete logistica europea, infatti, consente di gestire gli ordini di qualsiasi marketplace europeo di Amazon spedendo la merce ai centri logistici di Amazon solo in un Paese, mentre il Programma Paneuropeo di Logistica di Amazon, prevede l’invio dei prodotti ai centri logistici nel paese desiderato (sarà Amazon ad occuparsi di distribuirli per lo stoccaggio in tutta Europa) e l’idoneità dei prodotti a Prime, garantendo una consegna più rapida. E Amazon prevede anche ulteriori servizi quali l’etichettatura dei pacchi, la preparazione e


A destra Francesco D’Amico, docente all’Università Cattolica di Milano. Sotto, Ilaria Zanelotti, Head of Marketplace di Amazon Italia

l’imballaggio e il servizio di confezionamento regalo. «Il programma dedicato alla logistica nasce appositamente per aiutare le Pmi che preferiscono affidare la gestione del magazzino, la consegna dei propri prodotti e i resi ad Amazon», spiega l’ Head of Marketplace di Amazon Italia. E se per il B2B, il programma Amazon Business consente di vendere alle aziende, dalle piccole imprese alle multinazionali, ma anche a società come università, ospedali, enti pubblici e organizzazioni non profit, da cinque anni Amazon sostiene le piccole imprese italiane attraverso la vetrina “Made in Italy” che offre l’opportunità ad eccellenze italiane non solo di vendere su Amazon, ma anche di esportare i propri prodotti all’estero: «Fin dal giorno in cui abbiamo lanciato Amazon in Italia, abbiamo investito nell’imprenditoria italiana», conclude Ilaria Zanelotti. «Abbiamo costruito una serie di strumenti di supporto e di servizi che aiutassero

LA GUIDA COMPLETA

le piccole e medie imprese italiane ad avviare la propria attività online ed a vendere facilmente nel mondo attraverso i 18 siti di Amazon, in 12 lingue, per raggiungere milioni di potenziali nuovi clienti. L’e-commerce continua ad essere una grande opportunità per le piccole e medie imprese italiane. Attraverso questa intesa con l’Agenzia Ice ed i continui investimenti in strumenti ed infrastrutture per le Pmi, queste aziende saranno in grado di vendere a milioni di clienti nel mondo tanto facilmente quanto vendere nel proprio Paese».

FIN DAL GIORNO IN CUI ABBIAMO LANCIATO AMAZON IN ITALIA ABBIAMO COSTRUITO UNA SERIE DI STRUMENTI DEDICATI ALLE PMI

Conviene davvero affidarsi ad Amazon per vendere i propri prodotti (spoiler: la risposta è sì). Se lo è chiesto Francesco d’Amico, consulente senior di Marketing Business Development, docente all’Università Cattolica di Milano per il corso “Ict e scienza dell’informazione” e accreditato dell’Unione Artigiani di Milano e di Monza-Brianza per il servizio di Web Marketing agli associati, nel suo libro “Amazon per le Piccole Imprese e gli Artigiani”. «Si tratta di una guida pratica agli strumenti dedicati. Amazon è uno strumento è formidabile, in cui non esiste linea di confine tra l’artigiano e la piccola o media impresa. Amazon Made in Italy, in particolare, ha permesso anche ad aziende di nicchia e a singoli artigiani di entrare nel mondo dell’ecommerce. Si entra per marketplace, si parte sempre dal mercato locale, dopodiché è semplice allargarsi a tutta Europa. E sull’estero il mio spassionatissimo consiglio è di usare la piattaforma logistica di Amazon: è estremamente efficace e ha prezzi molto competitivi». Insieme alla guida, D’Amico ha anche sviluppato un programma di simulazione che permette di confrontare i costi e le relative marginalità per le diverse opzioni di logistica che è possibile adottare vendendo su Amazon o sul proprio e-commerce (in download gratuito sul sito www.fdaconsulting. it): «Amazon mette a disposizione un suo tool per simulare i costi in Fba (Fulfillment by Amazon, affidare cioè la consegna ad Amazon) che però non include le spese di stoccaggio e nemmeno un confronto con la consegna in proprio via Corriere (nota come Fbm, fulfillment by Merchant), ho voluto voluto realizzare uno strumento completo», conclude D’Amico.

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GESTIRE L’IMPRESA

in collaborazione con

MADE IN CHINA, MA LA QUALITÀ È DEL BRAND ITALIANO Puntare sul risparmio e sulla competitività non significa rinunciare alla sostanza: l’importante è rivolgersi al partner giusto per realizzare in Cina prodotti a marchio certificati. Ecco l’offerta di China-Wi

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osizionare sul mercato il tuo prodotto a marchio vuol dire esprimere qualità in favore della convenienza. Permette di differenziarti rispetto ai competitor, selezionare il pubblico target, comunicare i valori e la mission aziendale nel modo che ritieni più adeguato. Produrre e importare i tuoi prodotti dalla Cina è una prerogativa strategica, oltre che di risparmio. La forte spinta verso produzioni di eccellenza, la riconversione ecosostenibile delle strutture, l’implementazione di tecnologie innovative e sofisticate, insieme all’importante margine di risparmio, sono solo alcuni dei motivi per realizzare i propri prodotti a marchio in Cina. L’iter potrebbe risultare complesso. È necessario porre attenzione e controllare ogni passaggio, assicurarsi delle corrette certificadotti a marchio tramite l’ufficio grafico interzioni per non correre il rischio di importare no e la consulenza di esperti nei vari ambiti. merce invendibile e fare così investimenti fallimentari. La distanza culturale e linguistiRicerca fornitori ca, inoltre, aumenta le difficoltà. Grazie a ChiIl team China Wi svolge l’attività di ricerca na-Wi, avrai il tuo ufficio acquisti a Shanghai, fornitori, confrontando e valutando le diversenza costi fissi e senza grandi investimenti. se proposte sul mercato interno. Selezionare China-Wi supporta le aziende italiane il miglior fornitore in nell’importazione DALLO SVILUPPO ALLA RICERCA termini di qualità/ dei propri prodotti DEI PARTNER, DALLE CERTIFICAZIONI prezzo, di certificazioa marchio dall’Asia ALLA LOGISTICA: IL SUPPORTO ni e affidabilità della gestendo e superviDI CHINA-WI IN TUTTI I PROCESSI struttura produttiva, sionando in prima sono tra le priorità del nostro gruppo. persona ognuna delle fasi di cui è composta la Supply Chain. QC e certificazioni Il team Cina si occupa personalmente di efIdea e sviluppo fettuare i controlli di qualità in fabbrica in diI nostri clienti possono trarre ispirazione verse fasi: prima di assegnare la produzione dalle migliaia di referenze presenti nel noal fornitore, durante la produzione e a pronstro database per realizzare e personalizzare tezza merce. Il team Italia fornisce al cliente i propri articoli. L’esperienza e la flessibilità tutte le certificazioni necessarie all’importadella nostra struttura, ci permettono inoltre zione e la commercializzazione di ogni prodi avviare ricerche e sviluppare nuovi progetdotto, verificando e informandosi presso le ti in qualsiasi settore, supportando i nostri istituzioni doganali italiane e cinesi. clienti nel design e sviluppo dei propri pro-

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Trasporto & Consegna Presentiamo al cliente quotazioni relative a diverse tipologie di trasporto: via aerea, via marittima, via terrestre (treno), illustrando gli scenari con le differenze relative a tempo e costi. Sdoganamento Ci occupiamo di fornire all’agenzia doganale la documentazione e le certificazioni necessarie all’importazione e all’immissione del prodotto nel territorio italiano, supportando il cliente nella procedura di verifica e rilascio merce. Con China-Wi potrai dare al tuo business una marcia in più, incrementando l’offerta con il tuo prodotto a marchio. Non dovrai preoccuparti di nulla, ti basta condividere con noi la tua idea, al resto pensiamo noi. China-Wi: nessun rischio, solo garanzie. www.china-wi.com info@china-wi.net


INTERNAZIONALIZZAZIONE

PER CRESCERE ALL’ESTERO SI COMINCIA DAL BOARD Varcare i confini col proprio business richiede una nuova forma di governo all’interno del cda, la governance dell’internazionalizzazione. L’analisi di Carlo Russo, ceo e founder di Affariesteri.it di Paola Belli

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internazionalizzazione è una delle operazioni più complesse che una società possa intraprendere nel corso della sua storia evolutiva e di crescita. La struttura di governance dell’azienda e la composizione del suo cda, organo strategico e di controllo, assumono una fondamentale importanza: «Un forte e autorevole consiglio di amministrazione, con la presenza di amministratori indipendenti, è importante, fondamentale e imprescindibile per aiutare l’impresa ad espandersi in autonomia all’estero», spiega a Economy Carlo Russo, ceo e founder di Affariesteri.it, società specializzata nell’internazionalizzazione che opera soprattutto nell’area ex Unione Sovietica, l’area del Golfo, nei Paesi Balcanici, in Francia e Spagna. «Dato il contesto globalizzato e la stagnazione del mercato interno, le imprese sono sempre più consapevoli di dover guardare oltre confine per sviluppare il proprio giro d’affari e creare nuove opportunità di rilancio e di sostentamento», continua Russo. Il cda formula la strategia dell’azienda, a breve e a medio/lungo termine, approvando i piani strategici, industriali, finanziari e ha il compito di monitorare l’andamento generale della gestione. Per far questo è composto dal ceo e da esponenti della proprietà e della famiglia e si avvale di consiglieri indipendenti per presidiare l’area legale, fiscale e finanziaria. «La mia esperienza personale, i tanti casi di successo dei miei clienti e sempre più studi autorevoli suggeriscono che uno dei fattori critici di successo per l’’internazionalizzazione dell’impresa è che il cda includa amministratori indipendenti, esperti nel governare la complessità dell’internazionalizzazione». E se il cda governa la strategia dell’azienda,

CARLO RUSSO, CEO DI AFFARIESTERI.IT

«il mancato supporto al ceo, o la insufficiente comprensione dei rischi e dei vantaggi, sono tra le principali cause frenanti le operazioni internazionali delle imprese, soprattutto nel caso delle imprese familiari, dove i manager, anche esperti di internazionalizzazione, non sono sempre in grado di mitigare e superare, in modo convincente, l’avversione al rischio della proprietà. Oltre a dotarsi di un management eccellente in grado di operare sui mercati esteri, oggi è necessario aprire la governance dell’impresa a risorse ed a professionalità che la sappiano dirigere dall’interno». L’introduzione di uno specialista di internazionalizzazione nella governance di un’azienda è quindi una scelta strategica imprescindibile: «apporta valore e pone le proprie capacità al servizio dell’impresa, in particolare le proprie competenze sui processi, le risorse, le competenze e la conoscenza dei mercati esteri e delle loro logiche, necessarie non solo per migliorare la performance ma anche per cogliere nuove opportunità com-

merciali». Questo approccio sviluppa anche un nuovo asset per l’azienda, «che cresce dal suo interno e diventa un’impresa capace di aprire ulteriori nuovi mercati». Ciò migliora indiscutibilmente anche la collaborazione con il resto degli attori coinvolti nei processi di internazionalizzazione, come ad esempio i consulenti esterni, «chi come me si occupa da anni di questi processi trova grande giovamento nell’interagire con un cda in grado di governare questo cambiamento: chiarezza strategica, decisioni efficienti, rapidità d’azione e più veloce raggiungimento degli obiettivi di sviluppo». Il consiglio di amministrazione con la governance dell’internazionalizzazione può essere vero e proprio un motore propulsivo, « gli amministratori indipendenti infatti, possono agire, anche con la loro autorevolezza e la propria reputazione, da “ponte” tra l’impresa e l’ambiente esterno, mettendo in gioco le proprie relazioni per facilitare l’accesso alle risorse necessarie all’internazionalizzazione. All’estero siamo visti come uno dei migliori paesi al mondo su tanti fronti e su tanti settori: dalla tecnologia, alla manifattura, alla manodopera», conclude Carlo Russo. «Allora rivedere la governance della azienda, rivedere i meccanismi di nomina e formazione del consiglio di amministrazione, rivedere la composizione in termini di competenze multifunzionali e complesse, dalla produzione, alla finanza, alla innovazione per finire alla internazionalizzazione, rivedere le politiche di produzione di marketing e commerciali in italia e all’estero, avvalendosi in cda anche di amministratori indipendenti, esperti di internazionalizzazione. Sono questi i fattori di successo dell’azienda di oggi e di domani».

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GESTIRE L’IMPRESA SOLUZIONI

IL GESTIONALE VA IN CLOUD E DIVENTA GRATUITO Facile da usare, gratis in tutto ciò che i competitor offrono a pagamento e personalizzabile con funzionalità ad hoc elaborate per il singolo cliente: ecco il nuovo sistema proposto dalla startup Paciolo di Paola Belli

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i sono i pagamenti da effettuare, i collaboratori da gestire, i fornitori da chiamare, le idee da scambiare, gli estratti conto da consultare, i documenti da archiviare. E poi la prima nota, i registri Iva, i documenti di trasporto, la registrazione dei carichi, le anagrafiche dei clienti, i dati sulla produzione... La vita di un’azienda (ma anche quella del professionista non scherza) è decisamente complicata. Ecco perché esistono i cosiddetti “gestionali”: software che automatizzano i processi di gestione all’interno delle imprese. Peccato, però, che se si occupano di contabilità non gestiscono il magazzino, se raccolgono i dati di produzione non analizzano la situazione finanziaria, se pianificano il budget non gestiscono le spedizioni. Supporto operativo, direzionale o strategico: tocca scegliere, o triplicare i costi. «Non sempre è vero», spiega a Economy Antonio Felitti, che nel 2018, insieme a Giuseppe Potenza, ha avviato una startup, Paciolo, proprio per superare il vecchio concetto di software gestionale. Ponendosi su un piano completamente diverso dai big, ma non per una questione di dimensioni: «I nostri competitor sono giganti del settore, spesso sono veri e propri monopolisti, ma li guardiamo dall’alto al basso. Anzi, non li consideriamo neppure concorrenti». Il claim la dice lunga: “connect your business”. «Abbiamo creato un modello di business del tutto innovativo», spiega Felitti: «offriamo gratuitamente, in cloud, e con assistenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, quello che gli altri fanno pagare, mentre a pagamento offriamo moltissimi servizi e funzionalità che nessuno offre, anche perché appunto innovativi e di nostra creazione. Presto saranno i nostri “colleghi” che dovranno adeguarsi al

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ANTONIO FELITTI CON GIUSEPPE CONTE

nostro modello, o essere bravi a farsi pagare per qualcosa che esiste sul mercato gratuitamente». Il loro software gestionale, Paciolo, offre una soluzione innovativa, ma al tempo stesso facile, intuitiva e completa. Perché non si tratta di un gestionale specializzato, ma di uno strumento modulare, un unico luogo virtuale in cui sono racchiuse tutte le funIL DRIVE INTELLIGENTE CREA ARCHIVI VIRTUALI SFRUTTANDO ASSOCIAZIONI LOGICHE PER ARCHIVIARE E RICHIAMARE IN MANIERA IMMEDIATA I DOCUMENTI

zioni utili all’azienda, compresa la bacheca che raduna i post dei collaboratori, evitando mille email inutili, o i pulsanti per liquidare un’operazione quando eseguita, con la possibilità di archiviarla o di posticiparla, il drive intelligente - che crea archivi virtuali sfruttando associazioni logiche - per archi-

viare i documenti e per richiamarli in maniera immediata per cliente, con tag e hashtag generati automaticamente. O la mailing list avanzata, che cataloga gli utenti in base a criteri assegnati autonomamente (cliente, rivenditore, prospect, ecc.) ma anche automaticamente (per esempio #fatturescoperte, #pagamentoimminente, #roma, #milano, ecc.) sfruttando le informazioni presenti su Paciolo, in modo da inviare comunicazioni a specifici raggruppamenti di utenti senza importunarne altre. «Senza lo strumento giusto, la gestione aziendale può essere disastrosa», continua Felitti, «e le funzionalità del nostro software sono in continua evoluzione», continua Felitti. «Utilizzando Paciolo gli utenti potranno ottenere un enorme vantaggio competitivo anche in termini di costo, efficienza e automatismo, diminuendo l’enorme carico di lavoro gestionale, neces-


sità burocratiche comprese». Per esempio la fatturazione elettronica, intesa come invio, ricezione e conservazione. La piattaforma offre anche una serie di tool aggiuntivi. «Facciamo un esempio», spiega il founder di Paciolo: «Immaginate di dover inviare una comunicazione a vostri 10 collaboratori dai quali attendete feedback. Con 10 e-mail di conferma da ricevere, potrebbe diventare davvero difficile col tempo seguire la conversazione tra feedback ricevuti ed eventuali altre informazioni inserite nelle e-mail. Oggi, grazie il gestionale Paciolo non vi accadrà più di trovarvi in una situazione simile. Una volta creato il vostro post sulla piattaforma, i 10 collaboratori riceveranno una notifica e per aderire sarà sufficiente cliccare sull’apposito pulsante “okay”. Questo farà scattare il contatore connesso al post di chi ha dato il feedback e nei commenti saranno visualizzate tutte le note aggiuntive. Più semplice di così»! Ma come nasce un’idea del genere? «Sono appassionato di Informatica», risponde Felitti, «mi sono laureato alla Sapienza di Roma in Informatica e sono figlio di imprenditori, quindi l’idea di mettere in piedi un’azienda non ha mai spaventato. Non solo: in famiglia di imprenditori ce ne sono diversi, ognuno con mille necessità, tutti scontenti e tutti con

le stesse problematiche gestionali e manageriali». Da qui l’idea di creare uno strumento nuovo, personalizzabile, che inglobasse le funzionalità dei diversi gestionali presenti sul mercato, colmando il gap con ulteriori funzionalità utili, se non indispensabili. «Ogni imprenditore ha un modello di business differente, un modo di lavorare diverso da altri e un software su misura semplifica di molto la vita e la gestione: noi sviluppiamo software gestionali innovativi, semplifichiamo il lavoro di ogni settore dell’azienda dove generalmente esistono colli di bottiglia, o dove esistono vuoti gestionali che le aziende hanno bisogno di controllare con specifiche esigenze». Certo, anche per Paciolo la pandemia ha sbaragliato il piano di business: «Avevamo un piano di marketing da concretizzare nel 2020 che per ovvie ragioni abbiamo rimandato. Ma se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, il lockdown ha accelerato il processo di digitalizzazione e di conseguenza le necessità di soluzioni web e tecnologiche diventa sempre più crescente». E ora che la tensione si è allentata, si può ricominciare a sviluppare: «I software che creiamo nascono su misura, un incontro dopo l’altro per la progettazione e la realizzazione, il test e i miglioramenti. Non ci si ferma mai».

TANTE FUNZIONI, UN SOLO SOFTWARE Documenti Gli utenti possono creare tutti i documenti che vogliono. Preventivi, Parcelle, Fatture, Fatture Elettroniche, DDT, etc etc . Magazzino È possibile gestire i propri prodotti e servizi, gestire magazzini multipli e processi di produzione, merce impegnata, in arrivo, carichi e scarichi. Contabilità Prima nota, estratto conto, pagamenti, scadenziario, solleciti. Drive Il primo drive

intelligente del suo genere, Paciolo crea un archivio reale in base al tuo utilizzo. Pratiche e Fascicoli Archivia e cataloga documenti, scadenze, clienti e files in modo semplice e ordinato. Comunica Gli utenti possono creare le email per lavorare nel modo classico o utilizzare gli innovativi strumenti del gestionale Paciolo che le integrano e le sostituiscono. Condividi Gli utenti

possono condividere i documenti con altri utenti e sincronizzare in un sol colpo magazzino, contabilità e scadenziario. Vendi Paciolo mette a disposizione strumenti professionali di marketing senza la necessità di servizi terzi. Integra Integra Paciolo con altri dispositivi o applicazioni specifiche dell’azienda. www.paciolo.com info@paciolo.com

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GESTIRE L’IMPRESA ONLINE MARKETING

Dal click al business c’è di mezzo un “imbuto” Non basta avere un sito internet: per approcciare il mercato in maniera efficace serve ricorrere a funnel, lead generation e landing page. Ecco i segreti del marketing online spiegati dagli specialisti di GetResponse di Marco Scotti

e funnel, lead generation, webinars marketing, ma c’è chi può aiutare in modo e landing page sono termini che per significativo a migliorare questo processo, gavoi non hanno alcun segreto, allora rantendo risultati interessanti a prezzi compepotete anche smettere di leggere. Ma se, come titivi. Un sogno? Non esattamente. È il caso di nella maggior parte dei casi succede, queste GetResponse, piattaforma di online marketing parole generano sui vostri volti un punto inall-in-one scelta da oltre 350mila aziende in terrogativo di dimen183 paesi. Disponibile GETRESPONSE È UNA PIATTAFORMA sioni variabili, vale in 36 lingue e con oltre DI ONLINE MARKETING SCELTA la pena di prendersi 300 esperti dedicati DA OLTRE 350MILA AZIENDE qualche minuto per che lavorano in PoloIN 183 PAESI, DISPONIBILE IN 36 LINGUE entrare in confidenza nia, Usa, Canada, Macon questi lemmi che – anche a causa del locklesia e Russia, e attiva sul mercato da 20 anni. down – sono diventati imprescindibili per una Che cosa fa l’azienda? Offre una suite di sofetta crescente di attività. luzioni, realizzate su misura per le piccole e Come tramutare le persone che entrano sulla grandi imprese. Gli strumenti sono pensati per pagina di un’azienda o di un esercizio comle aziende che desiderano implementare cammerciale in potenziali clienti e, perché no, pagne efficaci e ad alto impatto per ottimizriuscire a vendere loro beni o servizi? È la zare il ritorno dell’investimento marketing. “domanda delle 100 pistole” nell’ambito del La piattaforma aiuta gli imprenditori a creare

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liste di contatti mirate, inviare newsletter incisive e mettere a punto campagne di follow-up. Offre marketing automation, webinar, email ottimizzate per i dispositivi mobili, template di email pronti all’uso, generatore di landing page e strumenti di analisi delle statistiche. E se la domanda è “chissà quanto costa” la risposta è per certi versi inaspettata: meno di quanto si creda, visto che si parte da circa 15 dollari al mese. «GetResponse – ci spiega Aleksandra Korczynska, Direttore Marketing dell’azienda – è un software as a service che si rivolge alle pmi con una serie di strumenti specifici che vanno dal marketing automation ai webinar fino agli ads per Facebook. Abbiamo un’offerta unica e grazie a prezzi particolarmente competitivi possiamo consentire perfino a una micro azienda di beneficiare dei nostri servizi. Inoltre, essendo disponibili in 36 lingue diverse siamo estremamente versatili e in grado di rivolgerci a tutti i principali mercati». Ma come funziona GetResponse? Obiettivo finale è costruire un “funnel”, ovvero un imbuto che porti gli utenti che entrano in contatto con l’azienda a diventare dei clienti, profilandoli e “convincendoli” della necessità di portare a termine l’acquisto. Il primo passo è la creazione di una landing page, una pagina di atterraggio su cui gli utenti arrivano dopo aver cliccato su un contenuto editoriale o su una pubblicità. A seguire ci sono molte altre azioni che si possono compiere per fidelizzare. «Si può pensare di sviluppare promozioni ad hoc – racconta Korczynska – per chi lascia la propria mail o si iscrive alla newsletter. Un processo che GetResponse può automatizzare, così come generare leads (cioè seguito di utenti che sono interessati a saperne di più, ndr), ottimizzare i contenuti in ottica Seo, vendere prodotti. E, visto che ora sono molto in voga, possiamo anche realizzare l’infrastruttura per i webinar invitando tutti quelli che potrebbero essere interessati». Un capitolo a parte merita la creazione di un vero e proprio negozio virtuale, che deve essere non soltanto una vetrina, ma anche dare la possibilità di effettuare i pagamenti in sicurezza. GetResponse permette sia di creare ex


novo questa piattaforma, sia di integrarsi con una soluzione già esistente in modo da ottimizzarla. Il Coronavirus ha accresciuto l’esigenza di “acchiappare” e trattenere nuovi clienti, sia perché durante il lockdown la compravendita di beni e servizi avveniva quasi solo online, sia perché la pandemia da Covid ha cambiato, forse per sempre, le abitudini di acquisto e le modalità di interazione con i brand. La migrazione in internet, la possibilità di essere trovati facilmente, l’interazione con un consumatore più alfabetizzato dal punto di vista dalla rete diventano quindi strumenti imprescindibili al pari di un registratore di cassa. Ed è per questo che soggetti come GetResponse sono diventati ancora più importanti: per rendere le imprese connesse e per far evolvere il business online. Non solo: lo smart working obbligato ha svelato anche delle nuove opportunità che prima non erano visibili e ha reso alcune modalità di svolgimento del lavoro decisamente più efficienti. «Stiamo ancora lavorando da remoto – prosegue la direttrice marketing di GetResponse – e lo stiamo facendo in modo decisamente più efficace. Per questo abbiamo intenzione di diventare un’azienda “agile”». La prima sfida che ci si trova ad affrontare quando si deve digitalizzare il proprio business è una questione culturale: offline e online non sono proprio la stessa cosa, sia dal punto di vista dei meccanismi di vendita, sia per quanto concerne le modalità di interazione con i clienti. «Per quanto concerne i nostri clienti – spiega Korczynska – c’è moltissimo lavoro da fare. Innanzitutto bisogna spiegare loro come passare da offline a online, come cambiare il modo di mandare email, come automatizzare le campagne e via dicendo. È un’enorme opportunità che va colta. Le persone restano a casa a guardare internet, dove cercano oggetti o beni da acquistare. Siamo al tempo stesso un team di marketing e una software house in cui lavorano oltre 300 persone in tutto il mondo». A livello globale, GetResponse ha oltre 350mila clienti e l’area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) vale da sola circa il 15% del comples-

ALEKSANDRA KORCZYNSKA

sivo. L’Italia è uno dei mercati più importanti, con un incremento incredibile di transazioni e ricerche online dovute all’isolamento forzato causa Covid. Durante l’emergenza, infatti, gli italiani hanno imparato a comprare in rete, tanto che, secondo il consorzio Netcomm, c’è un saldo positivo di oltre 700mila nuovi utenti strutturali che hanno fatto acquisti su internet e che, prima della pandemia, non ne avevano mai fatti. «Abbiamo cambiato le nostre abitudini – chiosa Korczynska – passando più temLA PRIMA SFIDA CHE CI SI TROVA AD AFFRONTARE QUANDO SI DEVE DIGITALIZZARE IL PROPRIO BUSINESS È DI CARATTERE CULTURALE

po online, unendoci a video-conferenze e webinar. Pensiamo anche al real estate e a come cambierà la concezione degli uffici: di che cosa ci sarà bisogno in futuro? Sono tutte domande a cui bisogna trovare rapidamente una risposta. Molte aziende hanno deciso di assumere un’anima “ibrida” in via definitiva, unendo online e offline sia per rivolgersi alla clientela, sia per svolgere il lavoro. Il Covid ha avuto un enorme impatto su come lavoriamo e questo “new normal” sarà permanente. Moltissimi business l’hanno già capito ma è bene ripeterlo: l’80% delle vendite, in futuro, avverrà per

LA MIGRAZIONE IN INTERNET E GLI STRUMENTI DI MARKETING ONLINE SONO ORMAI IMPRESCINDIBILI mezzo dell’online. Per quanto ci riguarda, vogliamo ancora migliorare per quanto riguarda le notifiche “push”. Inoltre, stiamo collaborando con Google e Facebook per essere ancora più efficaci anche per quanto concerne gli ads, in modo che chiunque, e non solo gli “addetti ai lavori”, possano sfruttare questa ulteriore opportunità». Infine, uno sguardo ai clienti: che sono di varia provenienza, natura, dimensione e cultura. Ma che hanno un comune denominatore, ovvero la necessità di innovarsi e di modificare il proprio modello di business dopo la tempesta perfetta originata dal Covid. «Saranno tempi difficili – conclude Korczynska – i clienti rimangono con noi perché sanno che siamo in grado di educarli a essere online nella maniera più corretta. Noi siamo qui per aiutarli, oggi produrre software non è più sufficiente, serve cultura. Per questo vogliamo proporre i cosiddetti “bundle product”, ovvero delle soluzioni in cui uniamo le forze con altri player digitali. Ad esempio, siamo in partnership con il sistema di pagamento Revolut, che ci permette di offrire ai nostri clienti pacchetti completi, che vanno dalla realizzazione della piattaforma all’implementazione dei meccanismi di e-payment. In una parola, vogliamo costruire un ecosistema, sempre a un prezzo competitivo».

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Talento, Passione, Risultati

Il tuo patrimonio gestito sotto una buona stella ORIENTATI A GENERARE VALORE SOSTENIBILE, NEL TEMPO Banor SIM è stata eletta fra i “Migliori Gestori Patrimoniali” in Italia in base ad un’analisi condotta a dicembre 2019 dall’Istituto Tedesco Qualità e Finanza, ente indipendente specializzato nella comparazione di prodotti e servizi finanziari. La valutazione è avvenuta tramite un questionario e un portafoglio richiesto per un investitore tipo e si è basata sui seguenti criteri: organizzazione, orientamento al cliente, qualità del portafoglio e trasparenza.

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SUSTAINABILITY & CIRCULAR ECONOMY VERSO IL GREEN DEAL

ANNO 2020, FUGA DAL CARBONE

Energia pulita, smart mobility, nuovi materiali: sono questi i driver dell’innovazione che trainano i mercati. Anche quelli finanziari, che vedono concentrare l’attenzione verso gli investimenti Esg compliant. E non si tratta solo di coscienza collettiva: puntare sulla sostenibilità conviene, anche economicamente, come spieghiamo in queste pagine.

La pandemia non ha rallentato la corsa alle fonti rinnovabili: l’ultimo Renewable Energy Country Attractiveness Index vede l’Italia al 19esimo posto su 40 Paesi. Ma in Europa siamo i primi della classe di Marina Marinetti

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e classifiche non sempre dicono la temporaneamente rallentato lo sviluppo di verità. O meglio: raccontano una renuove iniziative, in quanto ha portato instabialtà che va filtrata con il buon senso. lità nelle proiezioni del valore dell’energia nel A guardare l’ultima edizione - quella di fine medio periodo», spiega a Economy Giacomo giugno - del Renewable Energy Country AtChiavari, Italy Energy Leader di EY. «Questa tractiveness Index, che classifica 40 Paesi nel implicazione dell’emergenza è stata partimondo in base all’atcolarmente sentita in IN ITALIA I CONSUMI ENERGETICI trattività di investiItalia, dove il prezzo DERIVANO DA FONTI RINNOVABILI menti e opportunità dell’energia elettrica si PER PIÙ DEL 18%, AL DI SOPRA di sviluppo nel settore è praticamente dimezDEL TARGET FISSATO DA BRUXELLES delle energie rinnovazato. Nell’auspicato bili, in cui l’Italia figura al 19mo posto, retroscenario di un graduale ritorno alla stabilità di cessa di due posizioni rispetto a sei mesi fa, si consumi e prezzi, il settore dovrebbe riprenpotrebbe pensare che stiamo facendo il passo dere il suo trend di crescita». del gambero: uno avanti e due indietro. E inE infatti - ecco perché le classifiche vanno vece no. Il fatto è che «L’arrivo del Covid-19 spiegate - in realtà ha poco senso mettere l’Ie la forte riduzione dei prezzi all’ingrosso ha talia a confronto con colossi come Cina e Stati

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> ENERGY Uniti, ma molto di più ne ha controllare com’è QUOTA DI CIASCUNA FONTE SUL TOTALE RINNOVABILI messa in patria, ovvero in Europa. Ebbene, (gennaio - dicembre 2019) stando all’ultimo rapporto del Gestore dei servizi energetici (Gse), nel 2019, per il sesto 5% anno consecutivo, l’Italia ha superato il target Idroelettrico (assegnatoci dalla Direttiva 2009/28/CE per il 2020) del 17% dei consumi energetici sodBioenergia disfatti mediante le fonti rinnovabili. La stima, 21,2% infatti, si aggira intorno al 18%. Già nel 2018 41,0% Eolico l’Italia era risultata essere l’unica tra i grandi Paesi UE (Germania, Francia, Spagna, Regno Fotovoltaico Unito) ad aver superato il target assegnato da 17,5% Bruxelles, registrando peraltro il valore più Geotermia alto in termini di quota coperta da fonti ener15,3% getiche rinnovabili. Per gli amanti dei numeri: a fine 2019 risultano in esercizio oltre 1,2 GW di potenza aggiuntiva rispetto al 2018, di cui circa 750 MW fotovoltaici, la maggior parte dei quali (più di 400 MW) relativi a nuovi imtori-consumatori con impianti fotovoltaici nel nostro Paese grazie al fatto che si è aperto pianti di generazione distribuita in Scambio fino a 100 kW su edifici, viene attribuito un un nuovo mercato di sbocco: accordi di ritisul Posto e per il resto ascrivibili a interventi premio di 10 euro a MWh sulla quota di proro dell’energia da privati o utility interessati non incentivati. A ciò si aggiungono oltre 400 duzione netta consumata in sito, a condizione all’approvvigionamento di energia verde». MW di impianti eolici, incentivati con i decreti che l’energia autoconsumata su base annua Senza contare il capitolo Ecobonus: «Se da del 23 giugno 2016 e 6 luglio 2012. In termini sia superiore al 40% della produzione netta una parte gli impianti a energia rinnovabile di energia, per il 2019 la stima - in attesa dei dell’impianto. di grande dimensione dimostrano di essere consuntivi - è di una produzione rinnovabile Nel 2019, la quota maggiore di incentivi è stafonte di energia elettrica competitiva anche di circa 115 TWh. Merito non solo della cota riconosciuta agli impianti ex Certificati Versenza incentivi, vi è una seconda categoria scienza ecologica, ma anche dei meccanismi di (2,6 miliardi), tra cui spiccano i circa 7 GW tuttora supportata dagli interventi governatidi incentivazione degli impianti a fonti rinnodi impianti eolici a cui sono stati corrisposti vi, ossia l’energia solare prodotta da pannelli vabili. Si tratta in particolare del decreto Fer1, quasi metà degli incentivi, seguiti dalle bioefotovoltaici sugli edifici», conclude Chiavari. in vigore da agosto nergie (quasi un mi«Questa soluzione beneficia dei recenti incenCRESCE IL FENOMENO DEI PROSUMER 2019, che agevola la liardo). E i 2,4 miliardi tivi introdotti dell’Ecobonus e cavalca il trend CHE PRODUCONO L’ENERGIA diffusione dei piccoli di euro di incentivi di mercato della produzione decentralizzata, CHE CONSUMANO E IMMETTONO impianti fotovoltaici, nell’ambito delle tarifovvero la produzione in piccola scala ottenuta IN RETE L’ECCEDENZA eolici on-shore, idroefe omnicomprensive, vicino ai punti di consumo; a km zero, per fare lettrici e a gas di depurazione, e del decreto il 70% è andato a impianti a biogas, seguiti un’analogia. Gli incentivi previsti nei decreti Fer2, rallentato nel suo iter dall’emergenza da quelli idroelettrici ad acqua fluente (300 governativi daranno un nuovo, ulteriore imsanitaria, dedicato agli incentivi per ammomilioni). pulso alla transizione energetica. Si va così a dernare e costruire nuovi impianti a biogas, «Nonostante l’emergenza in corso, continua incentivare e a rendere attrattivo economicasolare termodinamico e geotermoelettrici. a proseguire la transizione energetica che sta mente un qualcosa che sta diventando prioriPoi ci sono le tariffe incentivanti riconosciute trasformando l’intera industria», continua tà nella coscienza sociale, a livello di imprese, per tutto l’arco di vita utile dell’impianto e in Chiavari. «I criteri Esg e la sostenibilità, amfamiglie e governi. La decarbonizzazione e la base alla sua potenza: il produttore sigla con bientale e non solo, sono i driver fondamensostenibilità a più ampio spettro sono i driver il Gse un contratto “a due vie”, ossia vende in tali a supporto degli investimenti in energie del prossimo decennio: l’abbiamo visto a Daborsa la sua energia al prezzo zonale orario e rinnovabili. Il raggiungimento della grid parivos, lo stiamo vedendo sulle scelte strategiche paga o riceve dal Gse la differenza tra tariffa ty nel recente passato ha dato una forte spinta delle aziende e infine sui mercati finanziari. Il e prezzo speso. E ai prosumer, cioè i produtagli investimenti, anche di grandi dimensioni, futuro è segnato: non si tornerà più indietro».

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L’ENERGIA DEL FUTURO? È AUTOPRODOTTA E VERDE Con l’acquisizione di Universal Sun è nata Sorgenia Green Solutions, l’azienda che porta efficienza e sostenibilità agli edifici offrendo energia 100% green e soluzioni ad alto contenuto tecnologico di Paola Belli

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uello dell’autosufficienza energetica non è più un bel sogno. Ormai sta diventando realtà. Le soluzioni tecnologiche ci sono, gli incentivi pure: perché quindi non concedersi il lusso di diventare produttori della propria energia, immettendo in rete il surplus? «Ci sono agevolazioni rilevanti, anche a livello fiscale. E l’ecobonus darà ulteriore impulso al settore», conferma a Economy Mario Mauri (nella foto), Sales Business & Energy Solutions Director di Sorgenia. La prima digital energy company italiana ha appena lanciato sul mercato Sorgenia Green Solutions, una ESCo (Energy Service Company) italiana che offre ai propri clienti energia 100% green e soluzioni di efficienza energetica ad alto contenuto tecnologico, sviluppata a partire dall’acquisizione di Universal Sun. «Sorgenia Green Solutions accompagnerà i nostri clienti verso un futuro in cui aziende e consumatori diventeranno protagonisti nell’auto-produzione e nell’utilizzo responsabile e intelligente dell’energia», continua Mauri. «Un percorso che ci condurrà alla creazione di comunità energetiche rinnovabili, realtà cui guardiamo con grande interesse. Energia verde, le migliori tecnologie oggi esistenti sul mercato e un approccio attento alla sostenibilità ambientale ed economica dei clienti rappresentano le caratteristiche distintive della nostra offerta». Impianti fotovoltaici con batterie di accumulo, colonnine di ricarica per l’auto elettrica e pompe di calore: le soluzioni per il mercato domestico sono molte. E Sorgenia Green Solutions le offre tutte. «Ci rivolgiamo al mercato domestico ma non solo», conferma Mario Mauri. Si tratta di soluzioni abilitate dalla tecnologia digitale, com’è nel dna di Sorgenia: «Per

SOLUZIONI DIGITALI PER DIMENSIONARE CORRETTAMENTE RESA E FUNZIONI DI UN FOTOVOLTAICO ANCHE DA REMOTO esempio è possibile dimensionare correttamente un fotovoltaico da remoto calcolando tutti gli aspetti che ne influenzano la resa, come superficie, esposizione, orientamento del tetto, ma anche l’ombreggiamento dovuto a camini, piante ed edfici adiacenti o addirittura l’impatto estetico. E dopo l’installazione», prosegue Mauri «il sistema viene monitorato da remoto grazie a un’app. La tecnologia, dunque, si mette al servizio della sostenibilità». Il focus è sui prosumer, ovvero quei soggetti attivi che non solo producono l’energia che consumano, ma immettono in rete quella prodotta in eccedenza: «Si tratta di uno dei motivi per cui siamo entrati in questo mercato», spiega Mario Mauri «La sostenibilità è il driver del prossimo futuro ed è la leva che spinge a diventare autonomi. In questo percorso si innestano le comunità energetiche che aggregano i soggetti disponibili a condi-

videre la loro produzione». Sorgenia Green Solutions offre quindi soluzioni personalizzate per imprese e famiglie: partendo da attente diagnosi energetiche propone impianti industriali fotovoltaici a tetto, mini-eolico, impianti di cogenerazione e trigenerazione, pompe di calore industriali, recuperi termici finalizzati al riscaldamento industriale, sistemi termici e di illuminazione. Non solo: ha sviluppato la tecnologia Aplos, un micro co-generatore che si contraddistingue per alta efficienza, minime manutenzioni e ingombro ridotto. Tutti gli impianti, sia domestici sia per le aziende, sono gestiti attraverso piattaforme tecnologiche che ne consentono il controllo e ne ottimizzano il funzionamento anche da remoto. Sorgenia Green Solutions ha già al proprio attivo 100 impianti industriali fotovoltaici a tetto e decine in altre tecnologie, per un totale di oltre 30 MW di potenza installata.

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> ECO-FLOTTE da un dato di fatto oggettivo: dalle ricerche effettuate sulla lunghezza media dei tragitti delle vetture Mercedes nel mondo risulta che il 90% dei viaggi coprono una distanza inferiore ai 50 chilometri, il 96% non superano i 100 chilometri e il 99% coprono una distanza inferiore ai 400 chilometri. E i modelli ibridi plug-in di Mercedes-Benz che si trovano già ora nei concessionari possono coprire il 90% dei tragitti quotidiani in modalità esclusivamente elettrica. In listino c’è una gamma con due motori che rappresenta un punto di eccellenza della tecnologia plug-in hybrid, dalla famiglia delle compatte al gran completo ai grandi Suv, dalle tradizionali berline della Stella alla gamma di vetture EQ Boost, il mild hybrid a 48 Volt della Stella, presente anche in tutti i modelli 53 Amg e negli ultimi 63 Amg, che beneficia anch’esso dell’omologazione ibrida. Inoltre, solo Mercedes dispone di una gamma ibrida plug -in diesel che ai vantaggi della trazione elettrica somma l’economicità e la robustezza dei motori a gasolio, una scurezza per chi usa l’auto per lavoro. Entro due anni l’intera gamma di Mercedes sarà elettrificata Le nuove Classe A, Classe A Sedan, CLA, CLA e ci saranno 130 versioni tra cui scegliere. Ma già ora la casa Shooting Brake, Classe B e GLA con EQ Power automobilistica della Stella propone modelli ibridi in tutti i segmenti hanno autonomia in elettrico puro che va dai 71 ai 79 km (nel ciclo Nedc). Il motore elettrico eroga 75 kW di potenza, insieme al motore di Franco Oppedisano a quattro cilindri da 1,33 litri garantisce una tutta una questione di valore. Resiampiamente i prezzi di listino massimi stabiliti potenza complessiva di 160 kW (pari a 218 duo. E alla fine quello che costa di dal Governo per ottenere lo sconto. cavalli) e prestazioni di marcia di tutto rispetpiù, viene pagato meno. Merito degli Denaro risparmiato anche per coloro che geto: la Classe A 250e (consumo di carburante incentivi, ma soprattutto del prezzo che l’auto stiscono le flotte aziendali e un passo avanti nel combinato 1,5-1,4 l/100 km, emissioni di CO2 elettrificata avrà ancora al termine del contratfuturo perché la strada è segnata: Mercedes, combinate 34-33 g/km), ad esempio, passa to di noleggio. Lo dimostrano i dati di confroncome un po’ tutte le da 0 a 100 chilometri to tra i modelli a benzina e quelle ibride plug-in case automobilistiche, ANCHE I MODELLI 53 AMG E GLI ULTIMI all’ora in 6,6 secondi 63 AMG SONO EQUIPAGGIATI di Mercedes. Stesso chilometraggio in quattro viaggia spedita verso e raggiunge una veloDAL MILD HYBRID A 48 CHE BENEFICIA anni, stessi servizi, stesso anticipo in contanti, una mobilità elettrica. cità massima è di 235 DELLA OMOLOGAZIONE IBRIDA ma, fatti i conti, una Classe A EQ-Power costa Entro due anni l’intera km/h. Se collegati a al mese 130 euro in meno rispetto alla versiogamma della Stella sarà elettrificata in tutti i una wallbox da 7,4 kW in corrente alternata ne identica a benzina. E non è un caso, visto segmenti e gli automobilisti che viaggiano per (CA), questi modelli ibridi plug-in compatche anche il Suv ibrido plug-in/diesel Gle EQ lavoro potranno scegliere tra 130 versioni diti passano da un livello di carica del 10% al Power costa un centinaio di euro in meno al verse, tra EQ Boost, con rete di bordo a 48 Volt, 100% in 1 ora e 45 minuti. La ricarica in cormese rispetto al modello identico a gasolio. E EQ Power, ibridi plug-in, e completamente eletrente continua (CC) da 24 kW richiede circa in questo caso gli incentivi non c’entrano protriche o con celle a combustibile. Un percorso 25 minuti per portare il livello di carica dal prio nulla perché l’auto elettrificata supera spinto da legislazioni sempre più restrittive e 10 all’80% e l’innovativo impianto di scarico

Plug-in Hybrid, il risparmio non è solo energetico

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presenta una configurazione che permette di ridurre il volume del bagagliaio solo in misura minima rispetto ai modelli con i soli motori termici. Le Mercedes compatte sono equipaggiate con la trazione ibrida plug-in di terza generazione, tra le cui funzioni figura la gestione intelligente dell’utilizzo di energia in funzione del percorso, che tiene conto, ad esempio, dei dati cartografici, dei limiti di velocità e dell’andamento dell’itinerario. La stessa cosa vale per il quattro cilindri benzina della C 300e, disponibile sia in versione berlina che station wagon, che combinato al potente motore elettrico eroga una potenza complessiva di 215 kW (293 cavalli) e sviluppa una coppia di 600 Nm. Con questi valori la nuova C 300e vanta le prestazioni di una sportiva, a fronte di consumi di appena 2,1 litri di carburante per 100 chilometri e un livello di emissioni di CO2 pari a 48 grammi per chilometro e un’autonomia di 31 chilometri in modalità esclusivamente elettrica. La C 300de, invece, adotta un modernissimo quattro cilindri diesel di due litri. Il risultato è una vettura in grado di percorrere fino a 57 km (ciclo Nedc) a zero emissioni. Qualcosa in più del nuovo GLC 300e 4matic, il mid size Suv della Stella che garantisce un’autonomia in modalità full electric che sfiora i 50 chilometri e grazie al fatto che, fin dalle prime fasi, è stato progettato con un asse posteriore ribassato e una scocca concepita per l’alloggiamento della batteria, mantiene un vano di carico ampio e pressoché piatto,

OLTRE CENTO CHILOMETRI IN SUV A EMISSIONI ZERO Centosei chilometri senza usare il motore termico. Questo è il traguardo raggiunto da l nuovo GLE 350de 4matic che in modalità elettrica è in grado di viaggiare fino a a160 chilometri all’ora. Il grande Suv, nonostante una potenza complessiva dei due motori di 320 cavalli, ha un consumo di carburante ponderato 1,1 litri per 100 chilometri, emissioni di CO2 di 29 grammi al chilometro, grazie a una grande batteria batteria agli ioni di litio da 31,2 kWh che trova spazio nella zona posteriore della vettura

senza limitare la capienza del vano bagagli che può arrivare fino a 1.915 litri. Il SUV è, poi, dotato di una presa Combo per corrente alternata/AC e corrente continua/DC (con caricabatterie 60 kW a richiesta) e nelle apposite colonnine, la batteria può ricaricarsi in circa 20 minuti dal 10-80%, oppure in circa 30 minuti

che, con i suoi 395-1.445 litri di capacità, è solo di poco inferiore rispetto alle altre GLC. Ma il vero metro di misura del progresso dei nuovi ibridi plug-in Mercedes-Benz sono la E 300e e la E 300de: un benzina e un diesel che sposano la tecnologia ibrida EQ Power di ultima generazione e sono destinate a un segmento importante ed esigente di automobilisti che percorrono molti chilometri, che cercano sia il comfort nei lunghi viaggi sia la possibilità di guidare a zero emissioni nei centri urbani. En-

dal 10-100%. Anche come ibrida plug-in, la GLE offre un carico rimorchiabile praticamente illimitato, fino a 3.500 chili. E grazie all’apposito sistema di assistenza, manovrare l’insieme di vettura e rimorchio risulta semplice perché viene regolato in modo automatica l’angolo di sterzata del veicolo trainante.

trambe le auto sono velocissime (la de accelera da 0 a 100 km/h in 5,9 secondi, la e in 5,7) e queste grandi berline hanno consumi impensabili fino a poco tempo fa persino per le utilitaria (2 litri per cento chilometri per il benzina, e 1,6 per i diesel). Quest’ultimo può viaggiare utilizzando la sola trazione elettrica fino a 50 chilometri e l’autonomia, se in abbinamento al serbatoio da 60 litri disponibile a richiesta, permette di percorrere oltre 1.000 chilometri tra un rifornimento e l’altro. Grazie a un caricatore da 7,4 kW raffreddato ad acqua, la batteria di entrambe le Classi E ibride può essere ricaricata a una wallbox dal 10 al 100% dura poco più di 90 minuti, mentre con una comune presa di corrente di rete, la stessa operazione richiede circa cinque ore. Anche l’ammiraglia della Stella, poi, offre la sua versione plug-in. hybrid. La trazione ibrida della S 560 abbina i 270 kW (367 cavalli) del V6 a ciclo Otto a 90 kW di potenza elettrica ed è in grado di percorrere circa 50 chilometri con la sola trazione elettrica grazie alla capacità di accumulo di una batteria al litio-nichel-manganese-cobalto che assicura una capacità delle celle di 37 Ah.

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> GREEN INSPIRATION DALLA NATURA UNA LEZIONE DI MANAGEMENT Osservare l’ambiente serve a coglierne i modelli organizzativi per rendere più efficace l’azienda. Massimo Mercati, amministratore delegato di Aboca, lo spiega nel saggio “L’impresa come sistema vivente” di Marina Marinetti

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e avete un’impresa, provate a chiedere ai vostri dirigenti perché sono loro a comandare e ai vostri impiegati e operai perché loro devono invece obbedire. Sarà un esercizio interessante, vi aiuterà a conoscere chi avete di fronte e come effettivamente manchi la profonda comprensione di questa dimensione fondamentale dell’organizzazione». Quella di Massimo Mercati, amministratore delegato di Aboca, la BCorp italiana fondata dal padre Valentino nel 1978, non è solo una provocazione, ma un metodo. Perché le aziende sono soggetti fortemente interconnessi con il contesto sociale e l’ambiente in cui viviamo. E prenderne consapevolezza cambia il modo di fare impresa. Così nel suo saggio «L’impresa come sistema vivente (Aboca Edizioni, pp160, €14.00) ricontestualizza i principi del “pensiero sistemico” per proporre un nuovo modello aziendale, una “comunità tra le comunità”, dove la complessità e l’intelligenza naturale indicano le linee guida per gestire le imprese ed il ruolo di ognuno all’interno di esse. «Aboca, l’azienda che mio padre, Valentino Mercati, ha fondato nel 1978 e della quale sono oggi amministratore delegato, è un’impresa costruita su una profonda attenzione al rapporto tra uomo e natura e alle conseguenze che questo determina», spiega l’a.d. di Aboca. «Quando parliamo di reti sociali, parliamo di persone e in questo contesto l’allineamento non deriva da regole biologiche predefinite, ma deve passare attraverso modelli organizzativi artificiali. Modelli, cioè, creati e gestiti da persone a cui viene delegato il compito di guidare e indirizzare altre persone. Qui entrano in gioco i temi fondamentali della leadership e della responsabilità, e di nuovo, in modo se vogliamo ancor più sorprendente, le regole

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BISOGNA USCIRE DAL PARADIGMA DELL’IMPRESA ETICA PER ENTRARE IN QUELLO DELL’IMPRESA RIGENERATRICE COME MOTORE DEL CAMBIAMENTO

della natura possono aiutarci a capire come muoverci in pratica all’interno di un’organizzazione». “L’impresa come sistema vivente” si apre presentando i concetti alla base della visione sistemica, un nuovo approccio scientifico capace di superare il riduzionismo e di spostare l’attenzione dalle parti al tutto, approfondendo le relazioni tra gli elementi che compongono un sistema. Le proprietà essenziali dei sistemi viventi sono infatti caratteristiche complessive che nessuna parte possiede. Si tratta delle cosiddette “proprietà emergenti”, risultato delle interazioni tra le parti secondo dei “pattern”, gli schemi di organizzazione tipici delle reti complesse. Secondo Massimo Mecati l’impresa, per affer-

marsi nella competizione globale, non potrà più essere concepita solo come una macchina da profitto, ma dovrà rivedere i propri obiettivi, passando da una crescita quantitativa ad una qualitativa. Un’inversione di prospettiva che presuppone di rinunciare ai vecchi archetipi e adottare un nuovo approccio, in cui il profitto del singolo non possa prescindere da un benessere condiviso da comunità e ambiente. Quella di Massimo Mercati è una visione imprenditoriale che trova forte sintonia nei sempre più diffusi valori dell’Economia Civile, necessari per rifondare le basi del sistema sociale: una scuola che trae linfa dal pensiero del filosofo ed economista Antonio Genovesi e del suo discepolo Giacinto Dragonetti, e che si pone oggi in continuità con il radicale messaggio espresso da Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ e con i fondamentali lavori di Stefano Zamagni e Luigino Bruni. Mercati parla di proprietà come custodia, invita al superamento del neoliberismo e dell’approccio predatorio di matrice capitalista, offrendo possibili modelli di sviluppo futuro. Dalle speranze riposte nel Green Deal europeo al cambio di paradigma delle “Benefit Corporation”. Modelli non solo giusti e sostenibili, ma anche vincenti. Si tratta di uscire dal paradigma della cosiddetta impresa etica, che profuma sempre più di green washing, ma di far diventare le imprese realmente “rigenerative”, un vero motore del cambiamento, in quanto capaci di apportare un effettivo vantaggio alla comunità e all’ambiente. E l’impresa, per Mercati, diventa così creatrice di valore economico solo quando svolge appieno la sua funzione economico-sociale: «Non è il profitto che crea valore, ma è la creazione di valore che genera il profitto. Non si tratterà di vendere per creare valore, ma di creare valore per vendere».


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FINANZIARE L’IMPRESA

NON PIÙ SOLO «PRIVATE» È IL MOMENTO DEL PUBLIC EQUITY LO STATO IN AZIENDA Se la pandemia lascia scoperto il nervo del neoliberismo, aprendo la strada alla stagione dei saldi su fusioni e acquisizioni, lo Stato tenta di riequilibrare la situazione non solo attraverso il suo ruolo di indirizzo economico, ma anche entrando a gamba tesa nel capitale delle imprese italiane. Si tratta di un’opportunità interessante, alternativa al private equity, per mettere in salvo i “gioielli di famiglia”.

70 GOLDEN POWER L’AMPLIAMENTO DEI POTERI SPECIALI CHE TRASFORMA L’ORO IN PIOMBO

72 NSA ECONOMY RANKING ASPETTANDO LA RIPRESA PUNTIAMO SULLA RESILIENZA

Far entrare lo Stato nel capitale aziendale per finanziare la crescita: sono diversi gli strumenti a disposizione delle Piccole e medie imprese per crescere e competere facendosi supportare da un alleato “di peso” di Laura De Lisa

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ll’espressione “Stato in azienda” un le imprese di accedere al public equity (e al brivido ghiacciato corre lungo la quasi-equity) non mancano. Certo, per distrischiena. Eppure non tutto il pubcarsi nel complicato labirinto degli strumenti blico vien per nuocere: c’è tutta una platea di pubblici a disposizione delle aziende serve un strumenti a supporto delle Pmi che, in cambio Virgilio, un consulente esperto nella tematica della cessione di una e sempre aggiornato LA COMMISSIONE EUROPEA PREVEDE parte del capitale sosulle novità, ma serve L’ISTITUZIONE DI STRUMENTI ciale non di controllo, (o meglio, servirebbe) FINANZIARI CON FORME permette alle imprese anche il supporto di DI COINVESTIMENTO INTERMEDIATO di dotarsi di un’inieun Cfo interno, in grazione di risorse utili (se non indispensabili) al do di comprendere la portata degli interventi proprio sviluppo. Dalla vituperata Unione Eue di spiegarli al board che, specie per quanto ropea allo Stato Italiano fino ad arrivare alle riguarda le imprese familiari, potrebbe spaRegioni, il panorama delle opportunità per ventarsi di fronte alla prospettiva di avere lo Stato (o comunque un ente pubblica) come azionista. L’AUTRICE Già nel corso della programmazione 2014LAURA DE LISA È SENIOR MANAGER – 2020, ormai in fase di chiusura, la CommissioDEL DIPARTIMENTO FUNDING & DEVELOPMENT ne Europea ha previsto con il Regolamento n. DI RSM ITALY 1303/2013 l’istituzione di specifici strumenti finanziari, tra cui forme di coinvestimento che assumono la forma di un fondo gestito da un intermediario finanziario che investe nel

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FINANZIARE L’IMPRESA

capitale (equity) delle Pmi. Lo strumento di coinvestimento ha il fine di attirare risorse private (in affiancamento a quelle pubbliche) nel capitale delle Pmi beneficiarie, finalizzato ad investire nelle fasi di costituzione, di avviamento e di espansione o per la realizzazione di nuovi progetti, per la penetrazione di nuovi mercati o per nuovi sviluppi da parte di imprese esistenti attraverso accordi di coinvestimento con i coinvestitori operazione per operazione, ma anche a fornire maggiore capitale per aumentare il volume degli investimenti.

progetto innovativo scegliere, la tipologia di finanziamento tra solo Grant (che prevede un cofinanziamento fino al 70% delle spese ammissibili tra 500mila euro e 2,5 milioni) e Blenden Finance (che prevede invece un cofinanziamento fino al 70% delle spese ammissibili fino ad un massimo di 2,5 milioni + Equiti da parte del Fondo di Private Equity della Commissione Europea, l’Eic Fund, fino a 15 milioni, utile per finanziare la successiva fase di sviluppo commerciale e di distribuzione dei prodotti e/o servizi pilota realizzati. Le imprese che saranno ammesse al finanziamento con modalità blended finance riIl fondo private di Bruxelles ceveranno, oltre all’invito alla preparazione Eic Accelerator è uno schema di finanziamene firma del contratto di finanziamento con to che supporta, con un budget di 1.3 miliardi la Commissione Europea, anche un invito di euro per il biennio 2019-2020 - ma è già a negoziare il supporto in equity con l’Eic confermata la sua proroga per tutta la proFund, che avvierà con l’impresa un processo grammazione europea 2021-2027 – piccole e di due diligence, che inizierà un mese dopo la medie imprese e start up innovative, stabilite fine della valutazione e potrà durare in mein uno Stato membro dia sei mesi, analogaCON IL SUO BUDGET DI 1,3 MILIARDI dell’UE o in un paese mente alle operazioni DI EURO L’EIC ACCELERATOR SUPPORTA associato a Horizon di private equity tra PMI E STARTUP INNOVATIVE 2020, che intendono soggetti privati. Sulla NEL PROCESSO DI INNOVAZIONE sviluppare e commerbase dei risultati della cializzare nuovi prodotti, servizi e modelli di due diligence, il Fondo Eic cercherà co-invebusiness ad alto rischio e ad alto potenziale, stitori all’interno di una comunità di invein grado di creare nuovi mercati o modificare stitori fidati e pre-verificati. Gli investitori profondamente quelli esistenti. L’introduziointeressati saranno presentati all’impresa, ne dell’equity rappresenta una grande novità che avrà sempre l’ultima parola in merito alla per le Pmi europee e italiane in particolare scelta degli investitori. In assenza di co-inveed una sfida anche per la Commissione eurostitori, sarà l’Eic Fund ad effettuare l’investipea stessa, che si sta attrezzando per offrire mento. alle imprese tutto il supporto necessario. Lo strumento, totalmente bottom-up (senza Il venture capital di InnovFin ambiti tematici predefiniti), offre la possibiInnovFin Sme Venture Capital è lo strumento lità di presentare proposte progettuali, per volto a cofinanziare investimenti da parte di quest’anno, fino al 7 ottobre 2020. L’Eic Acpotenziali intermediari quali business ancelerator finanzia in concreto lo sviluppo di gels, fondi d’investimento, fondi di venture business di una Pmi in un prodotto, servizio capital nelle Pmi e piccole mid-cap innovatio processo che necessita di un’ultima spinta ve, che prevalentemente mirino a commerprima di approdare sul mercato. Le attività cializzare nuovi prodotti e servizi legati, in oggetto di finanziamento possono comprenparticolare, alle Ict companies, specie in fase dere lo sviluppo di prodotti/servizi, prove, pre-seed, seed e di start-up. InnovFin Sme prototipazione, convalida, dimostrazione e guarantee facility, invece, si pone come obiettest in condizioni reali e market replication. tivo di migliorare l’accesso al credito delle Spetta all’impresa che presenta il proprio Pmi e delle small mid-cap fortemente orien-

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E POI C’È IL DECRETO RILANCIO L’art 26 del Decreto Rilancio istituisce il “Fondo Patrimonio Pmi”, finalizzato a sottoscrivere obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione emessi dalle società di capitale. Gli strumenti finanziari possono essere emessi in deroga ai limiti di cui all’articolo 2412, comma 1, c.c. e sono rimborsati decorsi sei anni dalla sottoscrizione, ma l’emittente media impresa potrà riscattare i titoli in via anticipata, in una o più soluzioni, decorsi tre anni dalla sottoscrizione. Nel caso in cui l’emittente sia assoggettata a fallimento o altra procedura concorsuale, i crediti del Fondo per il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi sono soddisfatti dopo i crediti chirografari e prima di quelli previsti dall’articolo 2467 c.c. (finanziamenti dei soci). La società emittente, però, deve rispettare i seguenti obblighi: non deliberare o effettuare, dalla data dell’istanza e fino all’integrale rimborso degli strumenti finanziari, distribuzioni di riserve e acquisti di azioni proprie o quote e di non procedere al rimborso di finanziamenti dei soci; destinare il finanziamento a sostenere costi di personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali localizzati in Italia; fornire al Gestore un rendiconto periodico con i contenuti, la cadenza e le modalità da quest’ultimo indicati, al fine di consentire la verifica degli impegni assunti. Gli interessi maturano con periodicità annuale e sono corrisposti in unica soluzione alla data di rimborso. C’è solo un “ma”: nel momento in cui andiamo in stampa, i provvedimenti attuativi per l’operatività degli strumenti non esistono ancora. Se ne riparlerà verso ottobre, salvo complicazioni.


tate alla ricerca, allo sviluppo e/o all’innovazione tecnologica. La beneficiaria non deve essere quotata in borsa ed avere non più di 249 dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni. Il progetto presentato dall’impresa deve, inoltre, essere considerato “innovativo” o “sostanzialmente migliorativo”. Sono considerate per definizione “innovative” le imprese che presentano un livello di occupazione/fatturato in crescita di almeno il 20% annuo negli ultimi 3 anni; oppure hanno effettuato, nell’ultimo esercizio, investimenti in R&S e/o innovazione pari ad almeno il 20% dell’importo nominale del finanziamento; o ancora hanno ottenuto, negli ultimi 36 mesi, contributi/prestiti/garanzie da programmi europei, nazionali per R&S/innovazione; hanno registrato brevetti negli ultimi 24 mesi; hanno sostenuto costi di R&S che hanno ricevuto negli ultimi 36 mesi certificazioni/riconoscimenti da organismi nazionali oppure hanno ottenuto premi per l’innovazione negli ultimi 24 mesi. Gli importi sono concessi per prestiti, leasing finanziari e garanzie sui prestiti con capitale di debito compreso tra 25.mila euro e 7,5 milioni. Il Fondo dei Fondi In attuazione del Pon Ricerca e Innovazione 2014-2020, il Miur ha creato un “Fondo di fondi” (FdF) gestito dalla Bei. Le risorse comunitarie a disposizione del Fondo di Fondi vengono investite tramite strumenti finanziari

gestiti da Equiter SpA e da Banca del Mezzogiorno-Mcc. Un plafond di 248 milioni di euro per finanziare, fino al 31 dicembre 2022, progetti di ricerca e innovazione selezionati, attraverso il Fondo Ricerca e Innovazione S.r.l. (Gruppo Intesa Sanpaolo)/Equiter S.p.A con strumenti di prestito, equity e quasi-equity per un importo di 124 milioni di euro, Banca del Mezzogiorno - Medio Credito Centrale con strumenti di prestito per un importo di 62 milioni di euro, e Banco di Sardegna con strumenti di prestito, equity e quasi-equity per un importo di 62 milioni di euro. L’attuazione dello strumento finanziario interessa innanzitutto le otto regioni target del programma (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Molise e Sardegna), ma anche le rimanenti aree del Paese, a determinate condizioni. Gli investimenti che i Fondi Ricerca e Innovazione potranno finanziare comprendono attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale e promuovono lo sviluppo e l’utilizzo delle tecnologie abilitanti fondamentali per le aree tematiche della Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (Snsi). Gli interventi in Equity prevedono ingresso di Equiter fino ad un massimo del 49% del capitale delle aziende PER LE IMPRESE CHE REALIZZANO INVESTIMENTI FINALIZZATI ALLO SVILUPPO INTERNAZIONALE, SIMEST E CDP SONO I PARTNER IDEALI

proponenti, sia Pmi che start up, allo scopo di finanziare specifici programmi di ricerca e innovazione, a partire dagli studi di fattibilità e ricerca fondamentale. Particolarmente graditi i programmi di investimento in collaborazione con Università, spin off e centri di ricerca. L’internazionalizzazione in equity Per tutte le imprese che realizzano investimenti produttivi, commerciali o di innovazione tecnologica nell’ambito di un programma di sviluppo internazionale, Simest e Cassa Depositi offrono supporto in qualità di partner istituzionale, partecipando direttamente

con una quota di minoranza nel capitale di società in Italia o all’estero ed erogando un finanziamento soci. Per chi investe in un paese extra-UE è prevista anche la possibilità di beneficiare di un contributo in conto interessi su finanziamenti e sulla partecipazione aggiuntiva del Fondo di Venture Capital. I benefici sono la disponibilità di risorse finanziarie complementari e il rafforzamento della compagine societaria con un partner istituzionale per crescere sui mercati internazionali. La partecipazione del Fondo di Venture Capital al capitale sociale della società estera è aggiuntiva rispetto alla quota di partecipazioni al capitale. La partecipazione complessiva Simest e del Fondo di Venture Capital può raggiungere il 49% del capitale dell’impresa estera e non può superare quella dell’impresa italiana promotrice. La durata della partecipazione arriva fino a 8 anni, comunque non superiore alla partecipazione diretta di Simest, e prevede una remunerazione pari al tasso Bce più uno spread commisurato alla classe dimensionale dell’impresa italiana.

L’equity regionale del Lazio La Regione Lazio (nella foto) nell’ambito del Por Fesr 2014-2020 ha lanciato a luglio 2018 il fondo di venture capital Innova Venture, gestito da Lazio Innova, che coinveste in Pmi attraverso strumenti di equity e quasi equity. L’obiettivo è promuovere e supportare gli investimenti privati ricorrendo all’equity crowdfunding. In quest’ottica Innova Venture prevede la possibilità per le imprese promotrici e i gestori di piattaforme di equity crowdfunding convenzionate di condividere, con reciproci vantaggi, il percorso di valutazione e definizione del round a sostegno del progetto imprenditoriale dell’impresa. La dotazione del fondo è di 20 milioni di euro, destinati a start-up e Pmi, e tutti i settori sono ammissibili. Il coinvestimento iniziale per impresa va da un minimo di 350mila euro a un massimo di 2 milioni (somma della quota Innova Venture e dei coinvestitori obbligatori). La presentazione delle proposte di coinvestimento dà tempo fino al 13 aprile 2023.

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FINANZIARE L’IMPRESA

Se il golden power trasforma l’oro in piombo L’ampliamento dei poteri speciali introdotti dal decreto Liquidità rischia di compromettere, affossandola, l’iniziativa privata. La battaglia contro le dinamiche predatorie sta già producendo i suoi effetti di Marina Marinetti

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a un grande potere derivano grandi responsabilità». Una massima da statista... messa in bocca dal fumettista Stan Lee allo zio Peter Parker, meglio conosciuto come Spider-Man. Chissà che il fumetto Marvel non abbia ispirato il governo Conte, che prima, con il Decreto Liquidità, si è attribuito i “poteri speciali”, gonfiando il Golden Power, e poi ha collaudato subito i nuovi superpoteri lanciando la sua prima tela nel Consiglio dei ministri del 7 luglio, dentro la quale sono finite ben cinque operazioni: quella di Agc Biologics Italy su MolMed, quella di Banca Farmafactoring su Banca Depositaria Italiana, quella di Centurion Holdco su Engineering Ingegneria Informatica e le modifiche del pacchetto azionario di maggioranza della società controllante Aero Sekur Airborne Limited e di Arescosmo Limited. Una settimana dopo, il 15 luglio, il consiglio dei ministri ha fatto il bis, questa volta collaudando il potere di prescrizione, ovvero il veto, all’operazione notificata dalla Ontario Teachers’ Pension Plan Board STG Partners LLC relativa all’acquisizione del 100% del capitale sociale di RSA Security LLC e delle sue controllate, con conseguente acquisto dell’intero capitale sociale di RSA Security

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Italy S.r.l. Protetto dallo scudo dell’interesse nazionale, il pubblico entra così a gamba tesa negli affari privati, ampliando la propria facoltà d’intervento nel mercato, contro le dinamiche “predatorie” scatenate dalla crisi. «Ai settori già inclusi nell’ambito di applicazione della normativa golden power, ossia, difesa e sicurezza nazionale, 5G, energia, trasporti e comunicazioni si aggiungono adesso i settori individuati dal Regolamento UE 2019/452, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti diretti esteri CON LA NUOVA FORMULAZIONE VENGONO CONSIDERATI CRITICI QUASI TUTTI I SETTORI, INCLUSI L’ALIMENTAZIONE E I MASS MEDIA

(Ide) nell’Unione», spiega a Economy Carlo Gagliardi, Managing Partner di Deloitte Legal. «Si tratta di infrastrutture critiche, che includono, tra l’altro, l’acqua, la salute, i media e le infrastrutture finanziarie, inclusi i settori creditizio e assicurativo, tecnologie critiche e prodotti dual-use, incluse intelligenza artificiale, cybersicurezza, stoccaggio dell’energia, nanotecnologie e biotecnologie, sicurezza dell’approvvigionamento di fattori produttivi critici, tra cui l’energia e le materie prime, nonché la sicurezza alimentare,

CARLO GAGLIARDI, MANAGING PARTNER DI DELOITTE LEGAL

accesso a informazioni sensibili, compresi i dati personali, o la capacità di controllare tali informazioni, libertà e pluralismo dei media». In pratica quasi tutte le operazioni di fusione e acquisizione. Ma non è tutto. L’altra novità, infatti, è l’obbligo di notifica alla presidenza del Consiglio, per il momento fino al 31 dicembre, di acquisizioni di partecipazioni di controllo da parte di soggetti intra Ue nonché di tutti gli atti, le delibere o le operazioni che abbiano come conseguenza variazioni della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi o il cambiamento della loro destinazione, adottate da un’impresa che detiene beni e rapporti nei settori “critici” e, nel caso di soggetti extra Ue, anche l’acquisizione di partecipazioni di minoranza tali da garantire all’acquirente una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al dieci per cento, tenuto conto delle azioni o quote già direttamente o indirettamente possedute, nel caso che il valore complessivo dell’investimento sia pari o superiore a un milione di euro. Sempre per i soggetti extra Ue, l’obbligo di notifica c’è anche per ogni superamento della soglia del 15, del 20 e del 50 per cento. E in caso di mancata notifica, nessun problema: il governo può procedere d’ufficio. «Le


ANTONIO SOLINAS, A.D. DEL FINANCIAL ADVISORY DI DELOITTE

nuove norme anticipano l’applicazione del controllo sugli investimenti esteri ai settori di cui al Regolamento UE 2019/452», continua Gagliardi. «Nelle scorse settimane il governo ha reso noto lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che individua beni e rapporti di rilevanza strategica per l’interesse nazionale. Tale schema, tra l’altro, introduce alcune soglie dimensionali che dovrebbero limitare significativamente la tipologia di operazioni soggette a obbligo di notifica. Per esempio - con specifico riferimento ad alcuni importanti settori (energia, acqua, salute, banche e assicurazioni) - sono considerate attività economiche di rilevanza strategica quelle esercitate da imprese con un fatturato annuo di 300 milioni e almeno 250 dipendenti». Se è vero che le indicazioni sono arrivate dall’alto, ovvero da Bruxelles, è anche vero che il governo Conte Bis ha giocato d’anticipo: il regolamento europeo 2019/452, che istituisce un sistema di verifica affidando a Ue e Stati membri la possibilità di adottare misure restrittive a protezione di sicurezza e ordine pubblico, sarà applicabile a partire dall’11 ottobre. È lo Stato (la maiuscola non è un refuso) di emergenza. E gli effetti si stanno iniziando a vedere. «Come team legal

non riguarda solo l’imposizione di prescrizioni ma può arrivare fino al divieto delle operazioni», conferma Solinas. Che getta acqua sul fuoco: «L’entrata in vigore del Regolamento EU 2019/452, in programma per ottobre 2020, dovrebbe tuttavia garantire una certa uniformità applicativa all’interno dell’Unione e il monitoraggio da parte della Commissione europea. A causa della pandemia sarà sicuramente determinante il rafforzamento patrimoniale delle imprese e la loro crescita dimensionale per sostenere la competitività e la capacità di investire e innovare nel nuovo contesto. Per tutelare e far crescere il nostro tessuto economico è venuto il momento delle scelte, perché ormai è chiaro che “piccolo non è più bello” e che le nostre imprese a livello globale competono con realtà spesso molto grandi e ben e M&A lavoriamo al fianco non solo delle imstrutturate. Diventa strategico puntare sulprese, ma anche degli investitori di private la dimensione delle società in modo da far capital, europei e pan-europei», conferma emergere operatori industriali e finanziari Antonio Solinas, amministratore delegato anche domestici che fungano da aggregatori del Financial Advisory di Deloitte. «La prassi nei vari comparti». applicativa seguita dal governo in materia Più facile a dirsi che a farsi. Si è già visto di Golden Power è sempre stata piuttosto con i casi citati all’inizio: «Un certo rigore, estensiva, per cui non in questa fase, è proOGGI È STRATEGICO PUNTARE è da escludere che babilmente legato SULLA DIMENSIONE DELLE SOCIETÀ possa consolidarsi IN MODO DA FAR EMERGERE OPERATORI all’eccezionalità del l’obbligo di notifica momento storico e al CHE FUNGANO DA AGGREGATORI delle operazioni insettore d’attività intra-EU anche oltre il 31 dicembre 2020. Abteressato dall’operazione», commenta Carbiamo rilevato da parte degli operatori una lo Gagliardi. «Per queste come per le altre certa preoccupazione circa la possibilità di società per cui si attiverà il Golden Power è continuare a fare investimenti importanti importante che le aziende siano in condiziosenza il timore di un eventuale intervento da ne di investire per la loro crescita. Il Golden parte del Governo. L’attrattività del nostro Power ha ovviamente senso soprattutto nei Paese in termini di investimenti da parte settori legati alla sicurezza nazionale o, codi operatori nazionali e non passerà anche munque, considerati strategici. L’auspicio è attraverso una definizione chiara e certa dei che venga esercitato prestando attenzione criteri e dell’ambito di applicazione di tali alle prospettive di competitività dell’azienda misure affinché non si ottenga invece un efinteressata. Altrimenti il rischio è che l’intefetto contrario disincentivante e ostativo di resse dello Stato sarà stato perseguito solo naturali processi di crescita dimensionale e parzialmente, compromettendo la possibidi aggregazione». lità di competere sui mercati internazionali Più che un golden power, rischia di traduranche per il tramite di processi di aggresi in un potere di piombo: «È un potere che, gazione o di investimento di capitali per la sulla carta, può essere molto incisivo e che crescita».

È VENUTO IL MOMENTO DELLE SCELTE: ORMAI È CHIARO CHE “PICCOLO” NON È PIÙ “BELLO”

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FINANZIARE L’IMPRESA NSA ECONOMY RANKING

L’occhialeria italiana punta sulla resilienza Esorcizzare i numeri preoccupanti che vengono dall’economia grazie a imprese ben patrimonializzate e con un business solido: quelle classificate per affidabilità dall’Nsa Economy Ranking di Davide Passoni

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ella difficile situazione attuale, cercare i settori di eccellenza dell’industria italiana è un buon modo per provare a esorcizzare i numeri preoccupanti che vengono dall’economia. Imprese di dimensioni medie o anche piccole, ma ben patrimonializzate e con un business solido, sono infatti realtà che possono far valere le proprie doti di resilienza (parola abusata in questi mesi, venuta anche a noia, ma efficace a descriverne la natura), nell’attesa di cavalcare l’onda della ripresa che, presto o tardi, arriverà. Sono imprese che l’Nsa Economy Ranking classificato in una speciale graduatoria, riportata nella tabella a fronte, e che appartengono appunto a differenti ambiti industriali e merceologici. Il settore dell’occhialeria e dell’ottica è uno di questi segmenti, di alto artigianato italiano. Un settore che risentirà in maniera pesante dell’effetto Covid-19 sui dati del 2020, dopo un 2019 discreto, nonostante le tensioni sui mercati internazionali e una domanda interna tutt’altro che brillante. Lo ha certificato Anfao, l’Associazione Nazionale Fabbricanti Articoli Ottici aderente a Confindustria. Dalle analisi dell’associazione risulta che nel 2019 la produzione italiana è stata di 3.991 milioni di euro, +3,3% rispetto al 2018. A questo segmento appartiene la Optilens Italia di Padova, che produce lenti correttive: «Puntiamo ad avere sempre un ottimo rapporto qualità-prezzo - dice il business director Yair Di Segni -; l’obiettivo è offrire prodotti taylor-made per il mercato italiano, di alta qualità e tecnologicamente avanzati, disegnati dalla nostra azienda madre, che è israeliana. Il tutto insieme a un servizio clien-

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ti rapido, avanzato e puntuale, che accorcia i tempi di consegna delle lenti ai clienti, e a una continua ricerca dell’innovazione». Carmelo Marchese è invece responsabile retail della Demengo di Calalzo di Cadore (Bl): «A giugno 2002 siamo passati dalla produzione al retail, creando un sistema che non è quello del solito negozio sotto casa, ma una specie di supermercato dell’occhiale. Abbiamo rifocalizzato il business in un momento in cui la curva del sistema produttivo e commerciale mondiale era ascendente; dopo un inizio cauto, in pochi anni siamo andati a pareggio e abbiamo sviluppato la rete di negozi: oggi ne abbiamo una quindicina, tutti tra i 300 e i 400 mq». Un’altra categoria che riunisce imprese eccellenti è quella della sicurezza, dell’elettronica ed elettrotecnica e dei sistemi avanzati di difesa. Secondo i dati elaborati da Anie Sicurezza, nel 2018 in Italia, il comparto Sicurezza e Automazione Edifici ha confermato una crescita del fatturato totale (+6,8% a valori correnti) e anche le esportazioni di tecnologie legate a questo ambito hanno mostrato un andamento dinamico, crescendo del +9,2%. Un comparto che contribuisce al fatturato aggregato di Federazione Anie, pari a 80 miliardi di euro. Numeri però in calo, visto che il rallentamento del mercato registrato dai settori nella seconda metà del 2018 si è confermato anche nel 2019, che ha fatto segnare una diminuzione complessiva vicina all’1%. E le prospettive sul 2020, con le conseguenze della pandemia tuttora in corso, non sono incoraggianti. Tra le aziende più solide c’è la Virtualabs di Roma, che opera nel campo dell’elettronica

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el settore dell’ottica, secondo Anfao, nel 2019 operavano 879 aziende e oltre 18mila addetti, generando un volume di occhiali esportati pari a 103 milioni di paia. Numeri in calo per il 2020: si prevede -25% di export e -15% di produzione. Per Economy, ha classificato le realtà virtuose di questi segmenti il Gruppo Nsa, primo mediatore creditizio per le imprese italiane per fatturato, vigilato dalla Banca d’Italia tramite l’Organismo agenti e mediatori. Nsa è specializzato nella erogazione di finanziamenti alle imprese, capace di garantire efficacia ed efficienza nei rapporti con il sistema bancario. Il rank attribuito alle aziende da Nsa che vedete nella tabella a fianco è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Viene calcolato sull’analisi dei bilanci, regolarmente depositati. In particolare, l’analisi classifica le imprese per solidità patrimoniale, performance, affidabilità e redditività: i medesimi parametri utilizzati per l’elaborazione nsaPmindex, l’indice sul merito creditizio. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’indice nsaPmindex, indice annuale sullo stato delle Pmi italiane. E la tabella a fianco rappresenta una fotografia dello stato di salute di queste imprese, suddivise per area geografica.

per la difesa: «Siamo una piccola azienda, focalizzata sull’innovazione, lavoriamo essenzialmente per l’estero - dice Candidoro Giannicchi, responsabile commerciale -. Abbiamo clienti affidabili e investiamo in ricerca e sviluppo buona parte dei nostri utili. Non presentiamo al cliente le cose che vorremmo fare ma le cose che abbiamo. Siamo sul mercato da oltre vent’anni e oggi contiamo su una quindicina di giovani ingegneri e su altrettanti consulenti più esperti. Dimensione piccola, decisioni rapide. prodotti innovativi: ecco i nostri punti di forza».


Apparecchiature e strumenti ottici - classifica per area geografica

SUD

NORD-OVEST

NORD-EST

CENTRO

AREA GEOGRAFICA

CLASSIFICA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

RAGIONE SOCIALE ADVANCED TECHNOLOGY RESEARCH (A.T.R.) S.R.L. IL PENTAGRAMMA 2 S.R.L. EASY TRADE SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA KEY OPTICAL EUROPE S.R.L. TRADING EUROPE S.P.A. TRANS WORLD SERVICES TWS - S.R.L. S.I.C.E. S.R.L. AVMAP S.R.L. MERCURY SYSTEMS S.R.L. VIRTUALABS SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA O.M.T. OFFICINA MECCANICA TARTARINI S.R.L. DEMENEGO S.R.L. VUDARA SRL WISYCOM S.R.L. ELETTROTEST S.P.A. OPTILENS ITALIA S.R.L. ECS S.R.L. EMPIRIX ITALY SRL NAVEET S.R.L. MATRIX S.R.L. CASIO ITALIA S.R.L. F.A.C.E.M. S.R.L. FABBRICA APP,CONTROLLO E MISURA CANE’ - S.P.A. MSA ITALIA S.R.L. OCEAN OVERSEAS S.R.L. EL.GA SPA REVENUE COLLECTION SYSTEMS ITALIA S.R.L. AVAYA ITALIA S.P.A. LINAK ITALIA S.R.L. GEFRAN SOLUZIONI S.R.L. MO.MA S.R.L. GLOBAL IT SOCIETA’ A RESP, LIMITATA SEMPLIFICATA AM SERVICE S.R.L. BIG EAGLE DISTRIBUZIONE SRLS S.C. ELETTRONICA S.R.L. VITEKNA DISTRIBUZIONE S.R.L. S.R. ELETTRONICA S.R.L. S.B. SERVICE S.R.L. OMNIA SERVICE S.R.L. SERVITECH SRL

FATTURATO

INDIRIZZO

11.226.885 € 10.435.915 € 9.097.144 € 8.721.232 € 8.465.434 € 8.197.844 € 7.203.061 € 7.099.320 € 6.923.758 € 5.952.982 € 25.277.548 € 20.689.607 € 12.300.104 € 8.555.962 € 7.983.754 € 7.984.532 € 6.796.290 € 6.570.967 € 4.146.550 € 3.998.500 € 28.191.586 € 21.985.955 € 19.747.224 € 19.689.777 € 18.040.663 € 17.634.358 € 17.443.412 € 16.685.430 € 14.706.349 € 11.124.052 € 21.427.162 € 10.662.786 € 7.994.739 € 5.716.574 € 5.344.016 € 5.156.669 € 4.754.576 € 3.538.352 € 3.437.618 € 2.893.023 €

Pistoia (PT) Roma (Roma) Roma (Roma) Firenze (FI) Roma (Roma) Carrara (MS) Roma (Roma) Carrara (MS) Roma (Roma) Roma (Roma) Castel Maggiore (BO) Calalzo di Cadore (BL) Lignano Sabbiadoro (UD) Tombolo (PD) Badia Polesine (RO) Padova (PD) Belluno (BL) Modena (MO) Sant’Ilario d’Enza (RE) Sant’Ilario d’Enza (RE) Milano (MI) Milano (MI) Rivoli (TO) Rozzano (MI) Milano (MI) Cesano Maderno (MB) Pessano con Bornago (MI) Sesto San Giovanni (MI) Buccinasco (MI) Provaglio d’Iseo (BS) Campobasso (CB) Napoli (NA) Atena Lucana (SA) Maddaloni (CE) Napoli (NA) Napoli (NA) Napoli (NA) Padula (SA) Caserta (CE) Napoli (NA)

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STORY-LEARNING 1) Polo tecnologico (Pordenone 2) Luigi Danieli (Udine) 3) Area Science Park (Trieste) 4) Trentino Sviluppo 5) NOI Techpark (Südtirol) 6) Techno Innovation Park (Bolzano) 7) Polo Tecnologico (Pavia) 8) Polo tecnologico (Cremona) 9) Parco Tecnologico Padano (Lodi) 10) ComoNExT 11)Kilometro Rosso (Bergamo) 12) Point (Dalmine) 13) Galileo Visionary District (Padova) 14) Vega (Venezia) 15) Star (Verona) 16) Bioindustry Park (Torino) 17) Environment Park (Torino), 18) Novara Sviluppo 19) Tecnogranda (Dronero) 20) Pst Valle Scrivia 21) Great Campus (Genova) 22) Parco Torricelli Faventia (Ravenna) 23) Toscana Life Sciences (Siena) 24) Consorzio Magona di Cecina 25) Parco tecnologico e archeologico delle Colline Metallifere grossetane 26) Polo tecnologico lucchese 27) Polo tecnologico di Navacchio (Pisa) 28) 3A-PTA (Perugia) 29) Hub21 (Ascoli Piceno) 30) Pa.L.Mer (Latina) 31) Polo scientifico romano 32) Tecnopolo (Roma) 33) Idis-Città della Scienza (Napoli) 34) TechNapoli (Napoli ) 35) Pst (Salerno) 36) Tecnopolis (Bari) 37) CalabriaInnova (Catanzaro) 38) Calpark (Cosenza),39) Pst Magna Graecia (Crotone) 40) Pst della Sicilia (Catania) 41) Parco tecnologico della Sardegna (Cagliari)

78 CINA CONTRO USA LA VERA SFIDA INTERCONTINENTALE SI COMBATTE SULL’HI-TECH

81 YOUNITED CREDIT

NEL PARCO TECNOLOGICO L’OTTOVOLANTE DELLA RIPRESA Mettono in contatto fra loro startup e grandi imprese, acceleratori, enti di ricerca, investitori: i parchi scientifici e tecnologici stanno riorganizzando il proprio network per trainare la ripresa

L’ASSET ALTERNATIVO? È IL CREDITO AL CONSUMO

82 ASTRACO ECCO IL CLUB DEAL CHE INVESTE NELLE PMI

84 KEY TO MARKETS IL TRADING È PIÙ FACILE CON LE CHIAVI GIUSTE

86 THE BANKER’S JAM IL TRADE CON LE MANI NELLA MARMELLATA

di Marina Marinetti

C’

è la Silk Biomaterials che produce menzionate - e molte, molte altre - sono i parchi vasi sanguigni e nervi (e prossimascientifici e tecnologici disseminati sul territomente anche ossa) con la fibroina rio italiano. Offrono spazi, laboratori, impianti della seta, biodegradabili, da impiantare in pilota, piattaforme e uffici. Aiutano a nascere le attesa che l’organismo li rigeneri. E la GlassTostartup innovative e supportano le imprese, anPower, che ha messo a che quelle già esistenti, NON SOLO STARTUP: NEI CIRCA 40 punto una tecnologia nel trasferimento tecPARCHI SCIENTIFICI E TECNOLOGICI che trasforma le finologico. Fanno parITALIANI SONO INSEDIATE ANCHE nestre degli edifici in lare tra loro aziende, UNIVERSITÀ E MULTINAZIONALI pannelli solari capaci. acceleratori, enti di Poi c’è la Zetapunto che per movimentare caricerca, istituzioni. Ottimizzano tempi e risorse richi leggeri ad alta velocità produce robot... e posizionano sul mercato imprese e soluzioni. che imparano da soli. Il futuro è appena nato. E si apprestano a un nuovo ruolo: insieme, saE la sua culla, da cui sono nate le realtà appena ranno il volano della ripresa.

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STORY-LEARNING INNOVAZIONE

«La situazione attuale richiede che alcune idee co e tecnologico è come una rotonda: tutti ci vengano trasformate rapidamente in azioni», girano attorno, ma senza la rotonda le auto anticipa a Economy Fabrizio Conicella (nella si scontrerebbero creando caos e danni. La foto della pagina accanto), presidente del’Assorotonda, cioè il parco, riesce a supportare la ciazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani circolazione delle informazioni e l’incontro, (Apsti), che riunisce una ventina tra i principali non lo scontro, dei diversi soggetti. Un incroparchi scientifici e tecnologici. «Ma in Italia ce cio intelligente», continua Conicella. Molto più ne sono circa il doppio. Il tempo è diventato un di un semplice spazio con servizi condivisi. fattore critico di fronte ad una economia che «L’essere all’interno di un Parco Tecnologico ti stenta a ripartire. Questo implica anche una sepermettere di interagire con differenti realtà, ria riflessione sulle relazioni che i Parchi ed Apscambiare opinioni, punti di vista e problemi sti stessa hanno con l’ambiente che le circonda. che magari qualcuno ha già avuto modo di Riflessioni che obbliaffrontare», confergatoriamente portano I PARCHI NON SI LIMITANO A OSPITARE ma Jacopo Gervasini, LE AZIENDE, MA ANIMANO ad identificare alleco-founder e cero di L’ECOSISTEMA CON INIZIATIVE anze e opportunità di Caracol, che fornisce CONSULENZIALI E DI FORMAZIONE integrazione operativa servizi di manifattura con altri soggetti complementari e sinergici al additiva per aziende industriali ed è insediata fine di massimizzare l’impatto delle azioni e a ComoNeXT, il parco tecnologico di Lomazzo. aumentare la autorevolezza di alcune richieste «Un parco tecnologico funge come da catanei confronti delle istituzioni. In questo senso lizzatore in ricezione di molte informazioni strategicamente ci stiamo muovendo con spie possibilità provenienti dall’esterno che ti rito collaborativo, visionario ed ottimistico sul arrivano diretti», continua: «Lavorare in un nostro futuro». ambiente dinamico come ComoNext ti mette in condizione di venire, ogni giorni in contatto Un nuovo ruolo con tante persone, molte delle quali potenziali In pentola bolle un grande cambiamento: del clienti». nome, ma anche del ruolo: «Il parco scientifiNon solo startup: i parchi ospitano anche cen-

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tri di ricerca e grandi imprese, anche multinazionali. «Non si limitano a ospitare» conferma il presidente Apsti Fabrizio Conicella, «ma animano con iniziative di formazione e servizi consulenziali il piccolo ecosistema che creano. Poi lo ampliano con relazioni dirette con università e imprese esterne, anche a livello internazionale. E fanno questo mestiere senza limitarsi alle startup, ma integrano aziende con età e assetti diversi, multinazionali e piccole imprese locali». Conicella, già direttore generale del Bioindustry Park di Colleretto Giacosa, nel Canavese che ha sfornato eccellenze come come Epygon, che grazie al supporto di un venture capitalist francese produce una bioprotesi della valvola cardiaca mitrale impiantabile trascatetere, quindi a bassa invasività - oggi dirige OpenZone, nel milanese: «È nata grazie a un consistente investimento di Zambon, nell’ordine dei 65 milioni di euro, e ospita 27 tra le delle principali realtà biotecnologiche, farmaceutiche e di terapia genica avanzata a livello nazionale e internazionale». Incluse Newron Pharmaceuticals, che produce molecole innovative per il sistema nervoso centrale e la terapia del dolore, quotata a Zurigo. Il modello è quello del Kilometro Rosso di Bergamo, il polo privato leader dell’innovazione in Europa - “dove le idee diventano business”, come dice il claim -,


nato su impulso di Brembo e oggi sede di 67 resident partner tra aziende, laboratori e centri di ricerca, per un totale di 1.900 tra addetti e ricercatori “nascosti” dietro il “muro rosso” ideato da Les Ateliers Jean Nouvel lungo l’autostrada A4. Nel parco bergamasco è in gestazione JOiiNT Lab, un laboratorio congiunto tra l’Istituto Italiano di Tecnologia e Intellimech, consorzio di ricerca per la meccatronica. Insieme, le 9 consorziate: Abb, Brembo, Cosberg, Elettrocablaggi, Fassi, Giovenzana International, Sdf, Siad, Valtellina svilupperanno progetti su temi di robotica collaborativa, smart working in e intelligenza artificiale in ambito industriale, grazie a un investimento da 5,2 milioni di euro. «Con il JOiiNT Lab», spiega il direttore di Kilometro Rosso Innovation District Salvatore Majorana, «abbiamo raggiunto un traguardo al quale lavoriamo da alcuni anni: fare sistema attraverso i territori legando le eccellenze del Paese. È questa la missione di Kilometro Rosso e poter accogliere il laboratorio nei nostri spazi è un segno di impegno e dedizione che ha radici lontane. Seguo infatti il progetto da quando ero ancora in IIT», di cui Majorana è stato, appunto, direttore. L’unione fa la forza Fare sistema, appunto: ormai un chiodo fisso, per il presidente di Apsti, Fabrizio Conicella:

LE ECCELLENZE IN ITALIA NON MANCANO, MA SI AIUTANO DA SOLE. LO SCOPO DEI PARCHI È QUELLO DI ALZARE LA MEDIA NAZIONALE «Dobbiamo fare sistema non più solo a livello territoriale, ma a livello Paese. Dobbiamo arrivare a porre i parchi come uno degli strumenti che possono utilizzati a livello nazionale. Nel processo delle innovazioni c’è posto per tutti e i parchi non sono solo un gioco, ma realtà serie. Le eccellenze in Italia non mancano, ma si aiutano da sole: il nostro problema è alzare la media». E lo si può fare contando su un ecosistema costituito da circa 150 centri di ricerca pubblici e privati, 13mila lavoratori, 4500 addetti in ricerca e sviluppo, quasi 200 startup e più di 100 Pmi innovative che occupano una superficie di oltre 900mila metri quadrati in 22 città diverse. Tra cui “star” come Kilometro Rosso, appunto, o l’Innovation Huv di ComoNext, situato all’interno dell’antico Cotonificio Somaini a Lomazzo, dove ha visto la luce - è proprio il caso di dirlo - CoeLux, che realizza soluzioni innovative per le industrie dell’illuminazione, l’architettura e quella immobiliare riproducendo fisicamente fenomeni atmosferici ottici in ambienti chiusi. Sempre nella città della seta è nato il progetto di Silk Biomaterials citato all’inizio di questo articolo. Gli altri? Zetapunto è nata lungo il Kilometro Rosso, mentre GlassToPower è di Rovereto, nell’hub di Trentino Sviluppo, dove ha sede

anche la startup Nanomia, che ha brevettato un guscio organico per l’incapsulamento degli agrofarmaci (per esempio per la cura della Xylella). «L’incapsulamento è il modo utilizzato dalle cellule per comunicare: impacchettano in vescicole le sostanze e i composti che fungono da segnali, in modo da proteggerli dall’ambiente circostante e far si che giungano a destinazione», ci spiega il ceo, Marta Bonaconsa. «Così il nostro metodo: incapsuliamo molecole di varia natura in un guscio naturale, organico, completamente privo di microplastiche, per veicolarle a destinazione in modo specifico. Ciò ci consente di diminuire il dosaggio anche di 10 volte». Mentre al Great Campus di Genova (che ospita l’Istituto italiano di tecnologia), accanto al grafene ha visto la luce anche Vinni - poi ribattezzato Ciro e a breve ne intuirete il motivo - un contenitore in polistirene alimentare impilabile che consente a ogni pizza di avere la giusta areazione, impedendo così la formazione della terribile “condensa”, la causa principale per cui le pizze si bagnano, raffreddano e rammolliscono durante il trasporto nel cartone. Oggi conta oltre 80 clienti acquisiti in ogni parte d’Italia, dalla Sicilia sino al Trentino, e oltre 200mila pezzi venduti. Anche questa è innovazione.

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La guerra fredda si combatte sul chip Tra Cina e Usa è lotta sulla supremazia tecnologica. E se Pechino ha perso la battaglia sul web (tranne che nella blindatissima Patria) sta avanzando sempre di più sul fronte di pc, smartphone e 5G di Marco Scotti

E

cosistema, pagamenti digitali, intelligenza artificiale, investimenti monstre. Altro che Silicon Valley, benvenuti nella Tec…China. Sembra di essere tornati agli anni della Guerra Fredda. Due superpotenze, due schieramenti contrapposti, due leader agli antipodi per modi di fare e convinzioni. Solo che in palio questa volta non c’è il dominio militare del mondo, ma piuttosto il controllo sull’oro del Terzo Millennio, la tecnologia. Così, se da una parte dell’oceano i nuovi padroni del mondo – da Amazon a Facebook, da Google ad Apple, da Microsoft a Netflix – hanno ormai capitalizzazioni da Paesi occidentali, all’ombra della Grande Muraglia si ammonticchiano miliardi di dollari per vincere la partita a doppio binario: il 5G e l’intelligenza artificiale. Gli Usa hanno già perso la corsa allo spazio, almeno in un primo momento, visto che Gagarin passeggiò nello spazio già nel 1961. Poi, certo, fu americana la suola che toccò la luna otto anni dopo, ma si sa che quando si contrappongono due superpotenze è il primato a fare la differenza. E dunque la Cina, un paese che tramite WeChat svolge qualsiasi operazione di uso quotidiano e che ha lanciato la nuova moda nel campo dei video con TikTok – piattaforma di streaming che ha già fatto inarcare più di un sopracciglio in materia di sicurezza informatica. A Pechino e dintorni Google è un miraggio e per navigare bisogna affidarsi a Baidu. Ma, come detto, sono la nuova rete ultraveloce 5G e l’intelligenza artificiale a far battere forte il cuore di Xi Jinping. Nel 2017, il partito ha lan-

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ciato un piano per diventare leader mondiale nell’Ai entro il 2030. Secondo Pechino, infatti, questo settore può contribuire in maniera decisiva alla ricchezza del paese e, soprattutto, al miglioramento di alcune industrie strategiche, come il farmaceutico e il militare.

D’altronde, l’ex Celeste Impero offre condizioni perfette per puntare forte sulle nuove tecnologie. Prima di tutto perché ha una platea infinita di utenti: ha 1,43 miliardi di abitanti, ma soprattutto 1,32 miliardi di persone connesse, il 92% del complessivo, un rapporto sbalorditivo. Che fa impallidire non soltanto il 75% (durante il lockdown) registrato in Italia, ma anche l’86% degli Stati Uniti. Gli acerrimi nemici che hanno inventato la Silicon Valley, tra l’altro, hanno dovuto subire lo smacco di vedere una start-up cinese, SenseTime, ottenere la palma di azienda innovativa con la maggiore valutazione, 4,5 miliardi di dollari. Gli atout della Cina non si fermano soltanto

Intanto Xiaomi si lancia alla conquista del Belpaese

«S

iamo ormai stabilmente il terzo player nel mercato della distribuzione in Italia, nonostante siamo arrivati soltanto due anni fa. E la nostra provenienza cinese, nonostante ci sia qualche fase “sospettosa” non ha influito sui risultati. Anzi». Davide Lunardelli, head of marketing Xiaomi Italia, racconta a Economy quale sia la ricetta della crescita dell’azienda, nata dieci anni fa e arrivata all’attenzione di pubblico e critica grazie a smartphone economici ma con dotazioni tecnologiche di livello. Oggi è al 384° posto nella classifica di “Forbes Global 2000”. In Italia ha una quota di mercato del 16% nel comparto dei telefonini e ha triplicato le vendite in un anno.

Lunardelli, come avete vissuto questi mesi? La crisi non è ancora finita, ma fortunatamente il nostro essere un brand cinese non ha influito sulla percezione del pubblico. Ci siamo impegnati molto per essere un brand responsabile fin da subito, abbiamo fatto smart working in tempi “non sospetti”, abbiamo chiuso i nostri store fisici prima dell’obbligo e abbiamo donato mascherine prima ancora che si conoscesse l’importanza dei dispositivi di protezione individuale. In Italia siete il terzo fornitore dopo Samsung e Huawei: segreti? Ricetta? È un risultato doppiamente incredibile perché venuto nonostante non abbiamo


alla pervasività di internet: lo scorso anno il settore dell’e-commerce del Paese ha fatto registrare poco meno di 35mila miliardi di yuan di transazioni, ovvero quasi 5mila miliardi di dollari, facendone ovviamente il primo mercato al mondo. I pagamenti transati sono stati 250mila miliardi di yuan. Un’enormità. La riprova che la nuova guerra fredda si gioca e si giocherà soprattutto a livello tecnologico arriva dal fatto che la pandemia di Covid-19 ha rallentato molta parte dei progetti infrastrutturali che ricadono sotto il nome di Bri, la Belt and Road Initative che dovrebbe essere una novella via della seta. Ma, contestualmente, hanno accelerato i progetti digitali speso più degli altri in pubblicità. Abbiamo saputo creare un buon rapporto con la clientela, abbiamo diversi fan club in Italia e abbiamo creato una community online che poi si è trasformata in fisica. Abbiamo undici store e puntiamo ad aumentarne il numero perfino in questo disgraziato 2020. Qual è il vostro segno distintivo? Il prezzo? I valori? Siamo conosciuti per il rapporto qualità/ prezzo, ma la gente ha imparato a capire che facciamo sul “serio”, vogliamo davvero portare innovazione e portare tecnologia anche a costi accessibili. Ora abbiamo il nostro primo prodotto di punta (il Mi 10 Pro, ndr) che viene venduto a una cifra “insolita” per noi. Ma volevamo far vedere che ci siamo anche nella fascia alta. La nostra promessa, comunque, è di non guadagnare

della Vsd, la Via della Seta Digitale, che poggia avviati proprio in Cina, e sta ora spostando su investimenti sostanziosi in connettività l’attenzione verso la creazione di smart city (fibra ottica e 5G) e, appunto, intelligenza arall’estero attraverso le sue più importanti sotificiale. Secondo Clayton Cheney dell’Univercietà tecnologiche». sità di New York in un intervento sulla rivista Proprio le società tecnologiche sono l’arma dell’Ispi, la Cina «sta concentrando ingenti più potente nelle mani di Pechino. Di Huawei investimenti nazionali per diventare leader e della partita sul 5G si è già detto molto sia nelle alte tecnologie e in quelle a duplice uso, per quanto concerne l’ostracismo anglosasin particolare l’Ai, l’informatica quantistica e sone, sia per quanto riguarda l’apertura del la tecnologia satellitare. Ha dato priorità alla governo italiano. Ma basta anche solo pensacreazione di zone di libero scambio digitali e re a Lenovo. Fondata nel 1984 in Cina, con un all’espansione delle piattaforme di pagamencapitale di appena 25mila dollari, ha saputo to digitale all’estero. Sta esportando la sua crescere in modo talmente rapido da poter visione delle norme cyber e della governancomprare – e inglobare – la divisione pc di ce dello spazio digitale attraverso istituzioni Ibm già nel 2005, divenendo il primo produtmultilaterali e impegno diplomatico, con tore al mondo di computer (scalzato seconl’obiettivo di promuodo alcuni analisti da LENOVO HA INGLOBATO LA DIVISIONE vere il principio di Hp nei mesi scorsi) e PC DI IBM GIÀ NEL 2005, MENTRE sovranità cibernetica. il quarto produttore NEL 2014 HA RILEVATO MOTOROLA Infine, la Cina sta lardi smartphone dopo DA GOOGLE RIPORTANDOLA IN UTILE gamente investendo aver rilevato Motorola nelle smart city, sia a livello nazionale che da Google, nel 2014, per tre miliardi, riporall’estero, che avranno la funzione di nodi tandola in utile dopo anni di “profondo rosso”. lungo la Vsd e metteranno insieme le quattro E dunque dimentichiamoci testate nucleari e anime del progetto. Il Paese si è fatto pioniemissili intercontinentali: il prossimo campo re nel settore delle smart city, con circa 500 di battaglia sarà rigorosamente digitale. Ma dei mille progetti all’attivo in tutto il mondo non per questo meno temibile. mai più del 5% sull’hardware. Come sarà lo smartphone del futuro? Proseguirà ancora la corsa agli schermi sempre più ampi? Secondo me la vera direzione è quella della semplificazione, il telefono deve diventare un hub che possa controllare sempre più cose, non tanto una fun factory. Con il 5G avremo un’ulteriore spinta in questa direzione, con il nostro partner Qualcomm stiamo lavorando sull’AIoT, l’Artificial Intelligence of Things, abbiamo 250 milioni di dispositivi già connessi e con le nuove reti questo numero aumenterà in maniera esponenziale. Il Covid-19 ha cambiato le abitudini di acquisto degli smartphone? Non credo. In Italia siamo ancora abituati a comprare i telefoni in modalità “offline”.

Poi, certo, c’è stata una bella accelerazione causa lockdown, e questo è positivo. Ma c’è ancora un problema di mentalità. Il Coronavirus ha anche cambiato la mobilità. Voi vi state lanciando nel settore dei monopattini elettrici: che aspettative avete? Non usare le automobili per due mesi ha abbattuto le emissioni e ha colpito in maniera profonda le persone. Certo, aiutano gli incentivi previsti dal governo, ma c’è anche la curiosità di provare qualcosa di differente dopo uno shock senza precedenti. Lanceremo altri due modelli di monopattini elettrici a breve, e stiamo pensando anche di entrare nel business delle e-bike. È sempre stata nei nostri piani, ma si tratta di un prodotto non banale su cui stiamo lavorando, senza tempistiche precise.

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STORY-LEARNING

Manuale di sopravvivenza per i casi in cui il fisco bara In omaggio con Economy un libro sulle tutele (rigorosamente legali) che possono proteggere il patrimonio dalle pretese ingiuste dell’erario e consentono di far valere le proprie ragioni nel contenzioso tributario a cura della redazione

C

hi è senza peccato fiscale scagli la prima pietra. Ma non nel senso ovvio e veniale: qualche fattura non chiesta all’artigiano amico, qualche scontrino tralasciato in ristorante. Tutti involontariamente abbiamo peccato nel senso di essere stati infingardi fiscali. Di essersi lasciati derubare da un fisco talmente complesso ed involuto da essere ormai indecifrabile e inapplicabile anche da parte del fiscalista più bravo. La legge tributaria non ammette ignoranza, ma la nostra vita vera e quotidiana è ovviamente intrisa e condizionata dall’ignoranza di tutte le leggi mal scritte. Bisogna riconoscerlo, quanto siamo fiscalmente ignoranti e dunque incapaci di tutelare i nostri legittimi interessi reddituali e patrimoniali. E qual è l’unico modo per colmare questo gap cognitivo nell’unico modo saggio, per chi non sia un commercialista a 24 carati? E’ attrezzarsi per tutelare al meglio, e nell’ambito dei nostri diritti civili, il patrimonio che abbiamo costruito col nostro lavoro o ereditato dal lavoro dei nostri cari. Come? Procurandosi, e seguendo, i giusti consigli. Il libro che Economy regala ai suoi lettori con il numero che state leggendo – “Patrimonio, trust ed altre tutele ai tempi del Covid-19” - è lo strumento più adatto alla bisogna: o quantomeno, rappresenta

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una valida sintesi della consulenza che si può ottenere da professionisti competenti e dedicati alla tutela patrimoniale trasparente ma intrasingente, all’insegna del motto “niente di meno del dovuto, ma neanche un centesimo in più”. L’autore è Carlo Carmine, un bocconiano esperto in fiscalità internazionale, con un curriculum lungo fin lì, è fondatore del Gruppo Cfc Trustee/Cfc Legal che da oltre 16 anni ha come mission la protezione del patrimonio di imprenditori e professionisti attraverso i ricorsi avverso gli Agenti della Riscossione e tramite l’uLA FILOSOFIA DI CARLO CARMINE E DEL SUO STAFF NON È QUELLA DI DIFENDERSI DALLE TASSE MA DALLA LORO SPREGIUDICATEZZA, SÌ

tilizzo dello strumento del Trust. Quindi è capo di una task-force in grado di confrontarsi con il volto peggiore del fisco italiano, quello rapace oltre il giusto, prevalendo nelle sedi proprie del confronto, quelle del contenzioso tributario. E prevenendo il prevenibile con, appunto “il trust e altre tutele”. Intendiamoci: le tasse vanno pagate senza se e senza ma. Non bisogna “difendersi dalle tasse”. Ma dal loro spregiudicato abuso, sì. Perché altrimenti significherebbe farsi “buggerare” da leggi scritte vomitevolmente, in contraddizioni reci-

proche o accavallamenti normativi, regolamenti inapplicabili e giurisdizioni confusionarie e distratte, e dunque di fatto spesso prevaricatrici. In questa fase storica, peraltro, l’attenzione preventiva del contribuente onesto contro il rischio di subire abusi deve salire fino all’allarme rosso. La confusione tecnica e politica negli indirizzi in materia fiscale dell’attuale esecutivo è sotto gli occhi di tutti. La pandemia del Covid-19 sta stressando la nostra economia pubblica con una durezza senza precedenti. Sia pur ritardati dall’inefficienza burocratica, le casse erariali stanno iniziando a erogare risorse: il deficit aumenterà, il debito pure, mostruosamente. Al di là delle vane promesse di riduzione del carico fiscale, tutti i dati a nostra disposizione ci fanno tenere l’esatto contrario. E il denaro in arrivo dall’Europa, se saremo in grado di meritarcelo, ben difficilmente verrà stanziato per dare un sollievo fiscale ai contribuenti. Dunque attrezzarsi per prevenire i danni di un’ulteriore stretta è un imperativo categorico. Scriveva Dante Alighieri: “Saetta previsa vien più lenta”. Appunto, anche una freccia, se sappiamo prevederne la traiettoria, può essere schivata. Ancor più utile, dunque, anzi prezioso, può risuktare a questo scopo il libro che avete tra le mani. (s.l.)


FINTECH

L'asset alternativo? È il credito al consumo Dal 2,5% francese al 4% italiano: è il rendimento (lordo, s'intende) dei fondi che puntano sui prestiti personali. Come, appunto, quelli di Younited Credit, la fintech che opera con il Risk based pricing di Riccardo Venturi

U

n italiano su quattro vorrebbe rialla piattaforma di contenere le perdite da cevere un prestito personale con Covid-19: «Nel mese di completo lock-down un processo interamente online, i progetti delle famiglie sono stati congelati o ma solo uno su 20 ci riesce; in Italia infatti posticipati» racconta Gamaleri, «il settore nel circa il 95% dei prestiti viene ancora quansuo complesso ha registrato un calo di volutomeno concluso fisicamente nella filiale di mi tra il -80 e il -90%, ma noi che operiamo una banca o di una finanziaria. È in questo sul web abbiamo vissuto ‘soltanto’ un calo grande spazio di crescita potenziale che si del 50%. Poi è partita una graduale ripresa, colloca la proposta di Younited Credit, finil settore a giugno era a meno 20-30%, noi a tech specializzata nel credito 100% online, meno 10% sull’inizio dell’anno». nata in Francia nel 2011 come piattaforma di Altra caratteristica dei prestiti personali di credito al consumo per le famiglie e presente Younited Credit è il Risk based pricing: «La in Italia dal 2016. «Sulla nostra piattaforma costruzione del tasso di interesse non viene si può chiedere un prestito personale da milfatta tramite la media dei meriti di credile a 50mila euro» spiega Tommaso Gamaleri, to dei clienti, ma per fasce» spiega il Ceo di Ceo di Younited CreYounited Credit, «parI FONDI DI YOUNITED CREDIT dit per l’Italia, «che tiamo dalle famiglie SONO ACCESSIBILI A INVESTITORI può essere legato a che hanno un merito ISTITUZIONALI E PROFESSIONALI, un progetto, dall’acdi credito più alto, e MA ANCHE INDIVIDUALI quisto di un’auto o di in quel caso essendo un computer a un matrimonio o a un prestiil rischio di default più basso anche i tassi di to per l’azienda, e così via. Anche se l’analisi interesse lo sono; fino a soggetti che per la economico finanziaria, che svolgiamo inteprima volta si affacciano al credito, e quindi ramente online, prescinde dalla finalità del con un tasso di interesse più alto che nel temprestito ed è invece legata al cash flow, alla po viene abbattuto man mano che il cliente si capacità di rimborso e al merito creditizio dimostra solido». del richiedente». Younited Credit coniuga l’esigenza dei privati Per chiedere il prestito, invece di andare in di finanziare i propri consumi con l’interesse filiale si carica sulla piattaforma la documendegli investitori a individuare nuove e divertazione richiesta, per poi entrare in contatto sificate fonti di rendimento per il loro portacon i consulenti finanziari di Younited Credit foglio. I prestiti ai privati, infatti, confluiscono via telefono, whatsapp e videocall. Una moall’interno di fondi alternativi (Fia) accessidalità interamente digitale che ha permesso bili a investitori istituzionali e professionali

TOMMASO GAMALERI

come assicurazioni, fondi pensione, banche, enti non-profit, fondi di investimento, family office e high net worth individuals. «Una gran parte dei soldi che vengono prestati alla clientela viene raccolta dagli istituzionali» sottolinea Gamaleri, «gli investitori possono investire in un fondo che ha come asset class il nostro portafoglio di prestiti personali. Questo ha creato molta trasparenza, quando costruiamo i tassi di interesse partiamo dal rendimento minimo che gli investitori si aspettano da un investimento sul credito al consumo, che si aggira sul 2,5% in Francia e il 3,5-4% in Italia, aggiungiamo il costo del rischio, visto che statisticamente alcuni prestiti vanno in default, e applichiamo una nostra commissione, sempre in totale trasparenza». I 2 fondi di investimento Fia gestiti da Younited sono focalizzati per Paese: Fct Younited France, lanciato a ottobre 2013 e Fct Younited Italy, partito nel febbraio 2018. A marzo il portafoglio del fondo Italy era composto da oltre 11mila prestiti, e quello France da 67mila. Il fondo italiano, più giovane, vale 120 milioni, di cui un centinaio ancora da collocare. A marzo 2020, la piattaforma di Younited Credit ha erogato oltre 300mila prestiti per un valore complessivo di oltre 1,6 miliardi di euro. «Ci avviciniamo a 2 miliardi euro a livello Gruppo» rimarca il Ceo, «i mercati del credito al consumo valgono 100 miliardi; siamo ancora al 2%, ma abbiamo circa il 10% di quota del mercato web».

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Il club degli investitori a caccia di Pmi Panini Durini, LB Officine Meccaniche e ora Crippa: sono le tre acquisizioni (in altrettanti anni) di Astraco, il club deal focalizzato sulle piccole-grandi eccellenze che non riescono a decollare da sole di Marina Marinetti

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I club è un luogo esclusivo per ri», spiega Nino Dell’Arte, amministratore antonomasia. Se poi si tratta di delegato di Astraco. Classe 1974, laureato in un club costituito da persone che Economia e Commercio con il massimo dei possiedono un elevato patrimonio netto e voti presso l’Università di Catania a cui ha che si riuniscono in gruppi per effettuare aggiunto un Mba con lode presso la Chicainvestimenti in imprese con l’obiettivo di go Booth University, Nino Dell’Arte Nino ha sostenerne lo sviluppo e l’internazionalizmaturato 11 anni di esperienza nel mergers zazione, a fronte di un guadagno che vada and acquisitions, 6 anni nel private equity, ad incrementare il 2 anni nella finanUNA VOLTA INDIVIDUATA L’AZIENDA proprio patrimonio za strutturata ed un TARGET, ASTRACO NE METTE A FUOCO e a remunerare il rianno nell’industria. LE POTENZIALITÀ PER CREARE schio, allora non ci Nella sua carriera ha UNA STRATEGIA EFFICACE DI CRESCITA sono dubbi: si tratta perfezionato invedi un “club deal”. Che altro non è se non una stimenti e disinvestimenti nel mid-market forma particolare di private equity. Come per un controvalore superiore a 2 miliardi Astraco, advisory indipendente che orgadi euro. E da consulente della proprietà o nizza e struttura investimenti di private amministratore di aziende controllate da capital sotto la forma, appunto, di club deal. investitori istituzionali ha generato valore La strategia d’investimento si basa su made definendo ed implementando strategie di in Italy, sostenibilità ambientale, passaggio sviluppo, processi di rafforzamento orgagenerazionale. nizzativo e passaggi «Astraco è nata pogenerazionali. nendosi traguar«Nel Club abbiamo di ambiziosi che, imprenditori di succon i miei partner cesso e di grande Bernardo Calculli, esperienza in busiLaura Della Chiara ness differenti che e Gianni Dini, poroffrono un fondatiamo avanti con tementale contributo nacia, guidati da una nell’analisi e nella visione chiara e da scelta delle aziende valori condivisi sia sulle quali investidal nostro team che re», spiega Dell’Arte: NINO DELL’ARTE dai nostri investito«è la parte creativa

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del nostro lavoro, mettere a fuoco le potenzialità di un’impresa, creare una strategia e aiutarla a crescere. Anche questo è un modo per valorizzare le eccellenze italiane, attraverso investimenti in Pmi di valore». La struttura finanziaria degli investimenti di Astraco è sempre pensata in modo da segmentare e ripartire il profilo di rischio e le aspettative di rendimento tra varie categorie di investitori, facendo molta attenzione all’indebitamento delle società acquisite. La logica con cui Astraco opera è incidere e generare coerenza e valore tra governance, comportamenti organizzativi, pratiche produttive e responsabilità sociale d’impresa. Tutte le aziende attualmente guidate dal Club rispondono a criteri Esg che vengono non soltanto validati in fase di acquisizione, ma anche potenziati in fase di sviluppo. E a tre anni dalla sua nascita, Astraco ha portato recentemente a termine la sua terza acquisizione, dopo la catena di food retail milanese Panini Durini e di LB Officine Meccaniche, importante azienda emiliana sempre specializzata in automazione industriale: quella di Crippa Spa, eccellenza lombarda nel mondo dell’automazione in-


TUTTI I VANTAGGI DEL GRUPPO RISTRETTO Il club deal presenta due vantaggi principali: mettendo più investitori insieme è più semplice raccogliere capitali consistenti ed effettuare investimenti diversamente inaccessibili; inoltre, i singoli investitori possono non partecipare ai processi decisionali delle Pmi perché la gestione è affidata al management del club deal che si deve occupare di favorire lo sviluppo delle imprese partecipate avvalendosi della collaborazione

dustriale, con 37,5 milioni di ricavi. Si tratta di un’azienda famigliare con una storia lunga più di 70 anni che si è affermata nel mondo delle macchine curvatubi e sagomatubi elettriche per le applicazioni più varie e per le industrie più diversificate. Il marchio è oggi riconosciuto come sinonimo di altissima precisione ingegneristica, affidabilità ed innovatività di soluzioni. L’acquisizione da parte di Astraco, pur mantenendo un ruolo della famiglia Crippa in continuità manageriale e strategica e anche come investitore, garantisce la soluzione del passaggio generazionale in azienda e una migliore organizzazione societaria, così da realizzare lo sviluppo e la crescita della società nei prossimi anni. Il Club ha scelto di investire in Crippa perché risponde pienamente alle caratteristiche previste dal proprio modello di business che si focalizza sull’impact investing. Uno degli obiettivi del Club è infatti di dare un contributo affinché l’ecosistema nel quale viviamo - ambientale, tecnologico e umano - progredisca attraverso lo sviluppo di progetti imprenditoriali in grado di creare valore sia per gli azionisti, sia per la collettività.

di professionisti e di riferire ai soci le strategie adottate. Si tratta di una forma di investimento molto flessibile, perché i soci possono liberamente scegliere di partecipare o meno ad un singolo deal in base alle proprie disponibilità e a quanto credono nel progetto. Inoltre, l’ammontare della quota investita dal singolo socio può variare e non è prevista una data di exit. La società oggetto dell’operazione può variare tra un range molto

Il Club è composto da imprenditori - o ex imprenditori che hanno già vissuto il passaggio di proprietà delle aziende da loro possedute - che desiderano reinvestire nell’economia reale parte del proprio patrimonio. A monte di ogni acquisizione c’è, come elemento fondamentale, la presenza (o individuazione ante completamento del deal) di un management team in grado di realizzare un piano industriale definito che dia visibilità circa la possibilità di exit in un orizzonte temporale compatibile con il progetto stesso. Nella propria strategia di NONOSTANTE MODELLI DI BUSINESS SOLIDI E PROSPETTIVE DI SVILUPPO CHIARE, I CASI IRRISOLTI DI SUCCESSIONE GENERAZIONALE OSTACOLANO LE PMI

investimento Astraco predilige imprese che mostrano modelli di business solidi e prospettive di sviluppo chiare, che presentano casi irrisolti di successione generazionale che ne limitano lo sviluppo e aziende che operano in ambiti intimamente legati al miglioramento dell’ambiente e al benessere sociale. «Abbiamo concluso questa acquisizione

vasto di tipologie, dalla startup e Pmi innovativa all’azienda famigliare che deve affrontare casi irrisolti di successione generazionale. Investire con un club deal offre una minore diversificazione del rischio rispetto ai fondi, ma può comunque garantire una diversificazione perché i manager del club propongono aziende tra loro anche molto diverse, alle quali destinare parte del patrimonio degli investitori.

in un periodo non facile», continua Nino Dell’Arte, «con forti turbolenze di mercato, ma sono convinto che il contesto macroeconomico attuale unito al solido posizionamento strategico della Crippa S.p.A. possano rappresentare una opportunità per una realtà che da oltre 70 anni è all’avanguardia nella automazione industriale grazie ad un’offerta fortemente orientata alla circular economy. È necessario che l’eccellenza italiana vada tutelata e supportata attraverso operazioni di respiro industriale e con forte attenzione alla crescita ed al perseguimento di ambiziosi percorsi di sviluppo internazionale. Le Piccole e Medie Imprese rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana e credo che, oggi più che mai, le società che hanno saputo costruire la propria leadership di prodotto sul pilastro del rispetto per l’ambiente e dell’efficienza energetica meritino grande fiducia e supporto», conclude Dell’Arte. «Credo che Astraco possa avere un ruolo crescente nel promuovere investimenti in aziende che, grazie alla propria tecnologia ed offerta, contribuiranno a migliorare il sistema economico anche sotto il profilo della eco-sostenibilità».

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STORY-LEARNING

Il trading è più facile con le chiavi giuste Ha sedi a Londra, Dubai, Mauritius e Nuova Zelanda, ma l’anima della piattaforma Key To Markets è tutta italiana. Dal 2016 è disponibile la tecnologia Pamm, che facilita i trader meno esperti. E per il futuro... di Marco Scotti

U

na boutique del trading nata a Londra ma con un’anima tutta italiana. Giunta a dieci anni dalla fondazione, l’azienda continua a crescere rapidamente, sempre capitanata dai due fondatori Giancarmelo Spampinato e Andrea Sabatini. «Il progetto in realtà nasce addirittura nel 2007 – ci spiega Sabatini – quando io e il mio socio lavoravamo per un broker e la sera facevamo “scouting” in giro per Londra, ovvero ricerca di investitori, definizione dei business plan e via dicendo. La nostra idea era di dare vita a un nuovo broker». I primi tre anni sono complicati, gli incontri si chiudono con un nulla di fatto per un circolo vizioso che troppo spesso si verifica: i potenziali investitori vogliono la lista dei clienti, ma come ottenere clienti senza avere un capitale da cui partire e senza aver ancora avviato la società? Poi, nel 2010,

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l’incontro che cambia le carte in tavola: quello con un big player attivo nel settore dell’energia, che decide di credere nel progetto e di finanziarlo. Dopo una promettente fase di start-up, il passaggio successivo, tre anni dopo, è aprire una sede in Nuova Zelanda, a Auckland. E questo perché il mercato più forte, allora come adesso, è quello asiatico. «I giapponesi – chiosa Sabatini – sono i trader più accaniti che ci siano, tanto che da qualche tempo sono state introdotte severe limitazio-

2010

Key To Markets apre la sua prima sede a Londra

ni agli stranieri per agire in terra nipponica nell’ambito dei servizi finanziari. Ma noi volevamo attaccare quel mercato e avvicinarci dal punto di vista geografico». La prima svolta veramente significativa avviene nel 2016, quando Key To Markets acquisisce i suoi server dando vita ad una struttura IT autonoma, finalizzata a ridurre i tempi di esecuzione del trade, oggi approssimabile a 5 millisecondi. «Nello stesso anno, in seguito all’introduzione delle Social Pamms - aggiunge Sabatini - abbiamo moltiplicato il numero dei nostri clienti aprendo le porte anche a trader meno esperti, grazie all’opportunità di replicare le operazioni dei trader professionisti». Nel 2017 viene inaugurata un’altra sede, questa volta a Dubai, per presidiare il mercato del Medio Oriente. Nel 2018 viene compiuto un altro importante passaggio tecnologico con la migrazione di tutte le informazioni e operazioni della clientela dai server fisici al cloud di Microsoft Azure. Questo per garantire maggiore sicurezza alla clientela, dal momento che si moltiplicavano gli attacchi hacker verso questo tipo di piattaforme. Infine, lo scorso anno è stata aperta la sede alle Mauritius. «L’abbiamo fatto – ci spiega il fondatore – per garantire flessibilità ai nostri trader nella selezione della leva finanziaria. Negli ultimi anni infatti, l’Esma ha abbassato il rapporto leva massimo a uno a trenta, mentre grazie alla regolamentazione delle Mauritius possiamo continuare ad offrire una leva decisamente più alta». Key To Markets celebra i primi dieci anni di attività avendo già le idee ben chiare su quale sia la prossima “killer application”: si tratta di un istituto di pagamento, Key To Pay, che dialoga direttamente con il conto che l’investitore ha sulla piattaforma. In questo modo, i guadagni del trading diventano automaticamente

2015

Key To Markets resiste allo Tsunami valutario provocato dalla Banca Nazionale Svizzera grazie all’efficace risk management

TIMELINE

2013

Apertura sede nella città di Auckland in Nuova Zelanda

2016

Nasce il conto PAMM (Percentage Allocation Money Management), per facilitare i trader meno esperti


in collaborazione con KEY TO MARKETS

fondi disponibili in tempo reale sulla propria carta. «Il mondo bancario – aggiunge Sabatini – sta diventando molto rigido, mentre noi vogliamo realizzare un sistema automatizzato in cui la sicurezza e la tracciabilità siano garantiti, grazie all’utilizzo di applicazioni basate su intelligenza artificiale applicata». Quali sono i punti di forza di Key To Markets? In primo luogo la sua italianità, nonostante una presenza globale piuttosto significativa. Non si tratta di un dettaglio o di una vocazione all’italianità a ogni costo, ma piuttosto di una predisposizione culturale che permette di capire meglio di altri le esigenze della clientela. La piattaforma su cui poggia Key To Markets è la più diffusa al mondo, ma a fare la differenza sono i servizi accessori. «Siamo una boutique del trading – ci racconta Sabatini – abbiamo clienti con depositi medi più alti rispetto ai nostri competitor. Grazie al Pamm, infatti, sono attivi sulle nostre piattaforme tantissimi fondi di investimento e gestori per i quali il nostro reparto tecnico realizza soluzioni tailor made estremamente personalizzate. Il punto di incontro tra i servizi offerti a professionisti e investitori privati è l’utilizzo della tecnologia ECN. Grazie a quest’ultima, infatti, tutti i trades vengono eseguiti nel mercato reale sen-

2016

Key To Markets acquisisce i suoi server creando una struttura It autonoma

2017

Key To Markets apre una sede a Dubai negli Emirati Arabi

DA SINISTRA: GIANCARMELO SPAMPINATO E ANDREA SABATINI, FONDATORI DI KEY TO MARKETS

za l’intervento di intermediari garantendo Senza arrivare al disastro del Covid-19 che ha la massima trasparenza senza costi nascosti. fermato il mondo per due mesi, basta pensare Non esistono dunque, conflitti di interessi, a quanto accaduto nel gennaio 2015, quando Key To Markets guadagna soltanto dalle comè stata abbandonata la soglia minima nel tasmissioni sui volumi transati. Abbiamo a cuore so di cambio euro-franco svizzero: in quella le performance dei nostri trader. Solo chi guaoccasione infatti, abbiamo assistito non solo dagna, è disposto a continuare ad investire». al fallimento di trader professionisti ma anProprio per questo motivo è indispensabile che di broker affermati. «Quella circostanza creare un ambiente – conclude Sabatini A FARE LA DIFFERENZA SONO I SERVIZI affidabile e sicuro in – ci ha confermato il ACCESSORI, COME IL BLOCCO DEI CONTI grado di limitare le valore e l’expertise IN MODO DA EVITARE SCOPERTI E perdite anche quando GARANTIRE CHE NON VI SIANO PERDITE del nostro team di risk si verificano “Black management, grazie Swan Events” - secondo la definizione del al quale abbiamo salvato i capitali dei nostri saggista Nassim Nicholas Taleb che ne parlò clienti». L’attenzione di Key To Markets rivolta per la prima volta a proposito della crisi ecoalla tutela per la copertura dei rischi, è dunnomico-finanziaria del 2008-2009 che portò que un’altra chiave indispensabile per aprire al fallimento di Lehman Brothers e al rischio, le porte del successo nell’afdrammatico, di far finire in ginocchio buona fascinante, ma a volte insidioparte dei principali attori del credito e delle so, mondo del trading. assicurazioni a livello mondiale. Si tratta di dinamiche economico-politiche imprevedibili Per informazioni: capaci di stravolgere gli equilibri di mercato. www.keytomarkets.com/it/

2018

Migrazione dell’infrastruttura IT da servers fisici al cloud Azure di Microsoft. Sostituita l’Area Clienti, con una struttura più sicura ed efficiente

2019

Key To Markets apre una sede nella Repubblica di Mauritius

2020

Key To Markets compie dieci anni: sta lavorando ad un progetto ambizioso. La fondazione di una digital bank

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STORY-LEARNING

Il bancario con le mani nella marmellata Dopo anni frenetici nella City, Andrea Tagliabue ha aperto in Brianza The Banker’s Jam. È sempre un trader, ma solo per se stesso. Perché ora coltiva frutti di bosco e crea composte dolcificate col miele di Marina Marinetti

B

rianza-Londra andata e ritorno. È percorso anomalo quello di Andrea Tagliabue, 32enne di Besana. Dopo la laurea in Scienze Bancarie a Milano è volato a Londra a specializzarsi con un Master in Matematica Finanziaria e Trading, fino ad approdare in JPMorgan. Un trampolino di lancio per lui che, nuotatore agonistico, puntava sulla City per farsi una posizione degna di questo nome. «Visto dall’esterno, quello della finanza è un mondo meraviglioso», racconta a Economy. «Ma da dentro non è tutto rose e fiori. Si fa carriera velocemente, ma sei solo un numero e fuori c’è la fila. Troppa competizione. Anche il capo ti vede come una minaccia, se sei bravo. Per me, poi, è stata una cocente delusione perché dopo la crisi del 2008 tutto è cambiato. La mia attività di trader, in partico-

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lare, è quasi scomparsa». Così la meravigliosa Londra per Andrea ha perso appeal: «Al desk dalle 7 di mattina alle 7 di sera, con un launch break che consisteva nell’andare in mensa a prelevare un box da consumare davanti al pc. Vivevo solo per lavorare e lo statement del «A LONDRA VIVEVO SOLO PER LAVORARE E DOPO IL 2008 È CAMBIATO TUTTO. ORA COLTIVO LA MIA PASSIONE E LO FACCIO LETTERALMENTE»

mio fondo pensione indicava il 2053 come traguardo. Troppo lontano». Il rischio era la sindrome da burnout. Così, Tagliabue ha preso armi e bagagli ed è tornato a casa. A fare il trader, ma per se stesso. Con molto, molto tempo libero a disposizione. «Mi sono interessato all’apicoltura in una

scuola di agraria e sono rimasto folgorato quando un apicoltore mi ha fatto assaggiare una marmellata fatta in casa addolcita, anziché con lo zucchero, con il miele. Avevo trovato la mia strada: ad agosto del 2018 ho preso in affitto un ettaro e mezzo di terreno e ci ho piantato all’inizio lamponi, mirtilli e fragole, poi zucche e cipolle». Oggi la sua azienda agricola, battezzata non a caso The Banker’s Jam, produce e vende (anche online) più di 20mila vasetti di una marmellata unica sul mercato: come ingredienti ha solo frutta, miele, pectina (un addensante) naturale della frutta e acido citrico. A differenza di altre produzioni, questa scelta evita l’utilizzo di altri frutti ricchi di pectina, come i limoni, così il sapore e l’aroma del frutto originale vengono preservati. «Effettuiamo la raccolta a mano, scegliendo solo i frutti che hanno raggiunto il giusto punto di maturazione, poi li congeliamo in celle a meno 20 gradi centigradi e, quando abbiamo raggiunto le quantità giuste, li portiamo a Morbegno, dove la cooperativa Il Sentiero le cuoce per noi sotto vuoto a 70 gradi, una modalità che preserva colore, enzimi, vitamine. Per addolcire non aggiungiamo zucchero, ma un delicato miele Millefiori, dal sapore neutro, prodotto sulle verdi colline della Brianza». «Sembra un paradosso», aggiunge Tagliabue, mentre, alle 7:30 di mattina, confeziona i vasetti da spedire, «ma ho tutte le piante a terra: la produzione di massa abbassa la qualità del prodotto perché cresce fuori dal suolo. Certo, la resa è decisamente inferiore: le fragole cresciute a terra, per esempio, producono 80 o 90grammi per pianta, mentre nelle colture industriali si arriva a 1,2-1,3 chilogrammi. Ma il sapore è tutta un’altra cosa. E il nostro è un prodotto di nicchia». The Banker’s Jam non è certificata bio, ma è molto più “bio” di altre: dalla rete antinsetto per proteggere le piantine da drosophile e cimici, al letame a km 0 per concimare, arrivando al certosino lavoro a mano di sradicazione delle erbacce. «Mi aiutano la mia ragazza, Serena, e i nostri padri. Ma adesso vado: è ora di andare a strappare le infestanti, prima che il sole sia troppo alto».


IL CREDITO SI RECUPERA CON LA TECNOLOGIA Dopo la sottoscrizione di un aumento di capitale con sovrapprezzo di 1,08 milioni su una valorizzazione di 12 milioni di SalvaCasa, Cesare Rosati lancia la startup innovativa ReCredito, che aiuta le banche e gli esecutati di Davide Passoni

N

ella crisi attuale, che da sanitaria è diventata economica, con i giusti strumenti si possono cavalcare le opportunità in maniera etica. Da oltre dieci anni faccio business etico e mi piace portare valore nella vita delle persone in difficoltà». A parlare è Cesare Rosati, investitore immobiliare che nell’anno nero del settore in Italia, il 2013, mentre molte agenzie chiudevano ha fondato Immobiliare Rirei, per la vendita di immobili in 48 ore. Nel 2017 ha sviluppato il software ValutaCasa.it, per la valutazione professionale degli immobili online, e nel 2018 ha fondato IoInvesto Academy, che eroga corsi di formazione a chi vuole iniziare a investire in immobili o a investitori che puntano a migliorare i profitti. Lo scorso maggio ha creato ReCredito, startup innovativa nata da un lato per risolvere la difficoltà che spesso hanno le banche nel recuperare i propri crediti ipotecari, dall’altro per aiutare gli esecutati a liberarsi dai propri debiti. «A causa dell’emergenza Covid-19, molte aziende chiudono e le persone che perdono il posto di lavoro faticano a mantenere gli impegni finanziari. Per i prossimi mesi si prospetta uno scenario con molti crediti da recuperare e, di conseguenza, molti immobili che potrebbero subire procedure esecutive da parte dei tribunali. Con ReCredito aiutiamo gli esecutati a chiudere l’intera loro posizione debitoria e le banche a svolgere le operazioni di recupero crediti. Se una banca vanta un credito verso un soggetto di, poniamo, 500mila euro e l’immobile di quest’ultimo viene venduto all’asta per 300mila, la differenza rimane in capo al debitore e la banca può attivare diverse misure per recuperarla, senza essere certa di riuscirci. Se il debitore è collaborativo lo aiutiamo a chiudere la sua posizione debitoria senza pretendere la differenza della vendita all’asta,

«

CESARE ROSATI, FOUNDER DI RECREDITO

come invece farebbe la banca. Per quest’ultima, infatti, la vendita forzata dell’immobile non è sempre la risposta adeguata». Secondo i dati di banca Ifis, in Italia ci sono 325 miliardi di crediti deteriorati. Una mole enorme che spesso le banche faticano a gestire. «Per questo siamo un partner prezioso per loro - prosegue Rosati - I punti di forza di ReCredito sono l’utilizzo degli strumenti giuridici a disposizione e l’impiego di un sofisticato sistema di intelligenza artificiale, in elaborazione, per la previsione del rischio di insolvenza, la valutazione della documentazione legale e l’analisi dei dati. Alle banche e alle società di cartolarizzazione partner gestiamo l’attività di recupero senza costi, se non la fee che ci viene riconosciuta al raggiungimento del risultato. Inoltre, i nostri collaboratori formati nella IoInvesto Academy sono persone qualificate che riescono a essere più incisive nello svolgere l’attività sul territorio, anche grazie al supporto di una struttura legale interna che ci consente di effettuare le corrette due diligence per verificare le effettive percentuali di recupero rispetto ai debiti contratti». Tutto questo

con un risvolto etico e sociale: «Con ReCredito sosteniamo sia le persone in difficoltà a causa del Covid-19, sia quelle che hanno fatto il passo più lungo della gamba e non riescono a onorare i pagamenti. Grazie a noi, possono chiudere tutte le posizioni debitorie legate a un immobile specifico. Ci piace dire che operiamo una sorta di “pulizia della fedina finanziaria”: cancellando quelle posizioni, le persone potranno accedere nuovamente al credito in futuro. La maggiore attenzione al lato etico del business, sollecitata dalla pandemia, è per noi un fattore consolidato, anche perché la società madre di ReCredito, SalvaCasa, è una società benefit il cui impatto sociale è stato ampiamente riconosciuto». Un aspetto che piace anche al mercato: «L’8 giugno - conclude Rosati - abbiamo lanciato per ReCredito un aumento di capitale aperto a terzi per 3 milioni e 240mila euro: in meno di un mese ci sono state manifestazioni di interesse per quasi 700mila euro». www.cesarerosati.it info@cesarerosati.it Tel. 06.87805445

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27&28

Ottobre 2020 MiCo Milano Congressi wobi.com/wbf-milano

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APPROFONDIMENTI

IL CAPITALE (NON SOLO) UMANO CHE FA CRESCERE IL SUD

FILIPPO LIVERINI

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Cooptato nel Gruppo Tecnico di Viale dell’Astronomia, Filippo Liverini punta su un fattore chiave: il rapporto tra banche e imprese

ITALIA DA RECOVERY UNA FACCIA, UNA RAZZA ...UNA TROIKA IN ARRIVO

92 FISCO QUELLA VORAGINE CHE L’ITALIA IGNORA

94 MILANO-CORTINA AI BLOCCHI DI PARTENZA LA MACCHINA DELLE OLIMPIADI

96 E-LEARNING DISTANTI MA VICINI L’APPRENDIMENTO È DIGITALE

104 PRIVATE BANKER ROBIN HOOD A CACCIA DI PENNY STOCKS

106 QUI NEW YORK/QUI PARIGI UNA FINESTRA SUL MONDO

108 CI PIACE/NON CI PIACE

UOMINI & DENARI

I

di Alfonso Ruffo

l presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il suo vice Emanuele Orsini, che ne ha la delega, l’hanno voluto cooptare nel Gruppo Tecnico su Fisco, Credito e Finanza di Viale dell’Astronomia per premiare il suo impegno sul campo. E infatti del rapporto tra banche e imprese - leale e trasparente, come ama ripetere - Filippo Liverini, 58 anni, nativo di Sydney in Australia ma residente a Telese Terme, ha fatto il punto più qualificato del suo impegno da numero uno di Confindustria Benevento. Tra le iniziative rilevanti, un ciclo d’incontri dal titolo esplicativo di Credito Amico e l’apertura di uno sportello territoriale della piattaforma Èlite di Borsa Italiana per avvicinare quanto più possibile le imprese sannite alla conoscenza dei mercati finanziari. Titolare assieme al fratello Michele della Mangimi Liverini Spa, florida azienda con oltre 50 anni di attività, Filippo ha conseguito la laurea in Economia e commercio presso l’Università Federico II di Napoli, è revisore ufficiale dei conti e ricopre numerosi incarichi pubblici e privati. In Campania, dove di diritto è anche vi-

cepresidente della federazione regionale degli industriali, è un punto di riferimento per i suoi colleghi grazie all’equilibrio delle posizioni che gli viene riconosciuto. E che assicura alla più piccola delle province un ruolo decisamente superiore alla taglia che ha. Tra le sue convinzioni la possibilità d’investire proficuamente nel Mezzogiorno e perfino nelle aree interne che, se debitamente dotate d’infrastrutture (e si prepara una stagione che a questo dovrebbe provvedere) possono sviluppare grandi potenzialità legate tra l’altro a un ambiente pulito e accogliente. Membro del Consiglio di amministrazione dell’Università del Sannio, Liverini crede nello sviluppo del capitale umano come leva per migliorare la capacità competitiva del sistema imprenditoriale e aumentarne la produttività: fattore chiave per creare ricchezza, occupazione e benessere. E poiché vale sempre la regola della mente sana in un corpo sano, il neo componente del Gruppo Tecnico di Confindustria affianca da sempre la Telesia Half Maraton collegata alla prevenzione dei tumori del seno.

I PROMOSSI E I BOCCIATI DEL MESE

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APPROFONDIMENTI

LA TROIKA? PEGGIO DELL'ARMATA BRANCALEONE Il sostegno Bce non potrà durare all'infinito e di riforme vere per ora neanche l'ombra. D'accordo, l'Italia è "too big to fail". Ma se non sfrutteremo bene il Recovery Fund e arrivasse la Troika alla greca? Sarebbe un disastro di Franco Oppedisano

C'

è una Troika che bussa alla nostra porta. Come il Bau Bau, l'Uomo nero o lo Spettro del Natale passato, la pattuglia degli economisti della Ue, della Bce e del Fondo monetario che dettano legge evoca paure, lacrime e miseria. L’equazione "Troika + Grecia = disastro" è un'equazione esatta: lo ha certificato anche la Corte dei Conti europea, i modelli econometrici hanno fatto cilecca. Insomma, l’intervento a tre mani sui conti pubblici si può definire la Caporetto degli economisti rigoristi. E l'Italia di Caporetto ne ha già subita una. Altro che "interventi di sostegno": la GreALEXIS TSIPRAS cia, dopo i tre prestiti partiti nel 2010, è l’unico Paese il cui Pil pro capite è diminuminimo il 150%, lo spread crimarrà di ito dalla crisi del 2008. Non solo: in sette gran lunga superiore a quello degli altri anni, dal 2010 al 2017, il potere d’acquisto Paesi europei (Grecia inclusa) e il Pil già dei greci è crollato del 30%, il peggior dato quest’anno perderà una quota prossima nell’Ue. E ha ancora il peggior debito pubal 10%, sicuramente il peggiore risultato blico d’Europa (il 181,2% sul Pil), il più alto dal dopoguerra a oggi. Al netto dei Recotasso di disoccupazione (16,7%) e giovanivery Fund che arriveranno, forse, nel 2021 le (32%). L’operazione, insomma, è andata e dei 37 miliardi di euro del Mes, il Paese benissimo, ma il malato non sta fa affatto resta in piedi soltanto grazie agli acquisti bene. Anche perché, secondo l’European dei bond nostrani efSchool of ManageIN GRECIA LA TROIKA HA ELIMINATO fettuati con il badile ment and Technolo200MILA POSTI PUBBLICI, RIDOTTO ogni giorno dalla gy di Berlino, il 95% GLI STIPENDI DEL 20% E TAGLIATO Bce. Senza questa dei 216 miliardi di LE PENSIONI DAL 20% AL 50% barriera multimiprestiti erogati dalla liardaria, impossibile da scavalcare per Troika fino a quel momento sono serviti a qualsiasi speculatore, non avremmo porimborsare vecchi debiti, pagare gli intetuto fare manovre in deficit e lo spread ressi e ricapitalizzare le banche greche. sarebbe il doppio o il triplo di quello attuaE solo 9,6 miliardi (il 5%) è arrivato nelle le. Con conseguenze disastrose per una casse dello Stato. economia già in difficoltà: finanziarci ci E se la Troika sbarcasse in Italia? Per cacosterebbe di più e, soprattutto, le banche rità, va bene "una faccia, una razza", ma italiane, che detengono circa 450 miliardi l’Italia non è la Grecia. Sappiamo già che di bond made in Italy, vedrebbero il valore il rapporto tra debito e Pil supererà come

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delle obbligazioni crollare e rischierebbero di finire a gambe levate. Ma il vero rischio sarebbe un default dello Stato Italiano che, alle prese con entrate statali in contrazione e con un incremento delle uscite, potrebbe non essere più in grado di onorare i debiti e di pagare stipendi o pensioni. Non arriveremo a tanto (almeno speriamo) perché l’Italia è “Too big to fall”, troppo grande per fallire. Ma l’aiuto della Bce non potrà andare avanti all’infinito e prima o poi (il tempo a disposizione dipende dalle prese di posizione della Bundesbank) dovrà ridursi di entità per poi cessare. A quel punto l’Italia avrà solo due possibilità: o sarà in grado di portare avanti quelle riforme, condivise da quasi tutti a parole ma mai attuate, per rimettere in quadra i conti, oppure l’Europa ce lo farà fare per forza. In un modo o nell’altro, arriverà una Troika: suggerimenti vincolanti della Commissione, imposizioni o diktat del Mes. C’è solo da sperare che la lezione della Grecia sia servita per non rifare gli stessi errori. Per farsi un'idea di cosa accadrebbe in Italia, bisogna vedere cosa è successo in Grecia, dove la Troika ha imposto 450 provvedimenti che hanno stravolto la vita della pubblica amministrazione, delle persone e delle imprese. La cura dimagrante del settore pubblico è stata impressionante. All’inizio della crisi Atene spendeva circa un terzo delle sue entrate per gli stipendi di quasi 900 mila dipendenti pubblici (su una popolazione di circa 10 milioni di persone), mentre, ad esempio, in Italia la spesa è ferma a un quinto, per stipendiare 3,5 milioni di persone su 60. Fatte le debite proporzioni con la popolazione, i


dipendenti pubblici in Grecia erano quasi il doppio di quelli italiani: se dall’inizio della crisi hanno perso il posto 200 mila dipendenti pubblici, sempre facendo le debite proporzioni, in Italia sarebbero oltre mezzo milione di persone. Ma sarebbe un taglio irrealizzabile, perché tra questi ci sono insegnanti, personale sanitario, forze dell'ordine. Quanto agli stipendi, in Grecia chi è rimasto al suo posto (pubblico, s'intende), ha subito un taglio del 20%, con tredicesime e quattordicesime trasformate in pagamenti forfettari di massimo mille euro. Poi c'è il capitolo pensioni: fino al 2009 i greci potevano ritirarsi a poco più di 50 anni di età per lo straordinario numero di eccezioni all’età ufficiale (fissata a 62 anni). L’assegno medio era di 900 euro al mese. Ora l’età pensionabile è fissata a 67 anni, come in Italia, ed è stato posto un limite di 2.300 euro al mese alle rendite. I pensionati greci hanno subito tagli agli assegni che vanno dal 20 al 50% e la rendita minima è stata abbassata a 500 euro, rispetto ai 882 euro garantiti nel 2009. Se sull'età pensionabile già ci siamo allineati, e per quanto riguarda i valori degli assegni, quello medio in Italia è di 1.162 euro netti. Contando che più di un italiano su quattro è titolare di pensione (si tratta di 16 milioni di persone, il 26,5% della popo-

URSULA VON DER LEYEN CON GIUSEPPE CONTE

lazione), e di questi, 6 milioni (un italiano su dieci) con la propria pensione aiuta figli e nipoti, se fosse deciso un taglio sarebbe un disastro, come lo è stato in Grecia. La liberalizzazione del mercato del lavoro, poi, ha fatto aumentare a dismisura i contratti part time e crollare gli stipendi. A sei anni dallo scoppio della crisi i contratti a tempo indeterminato erano scesi di circa 220 mila unità e 6 su 10 nuovi posti il lavoro erano a tempo parziale, con uno stipendio medio che era passato da 568 a 402 euro al mese. Molto, molto peggio di quanto sia riuscito a fare il Job Act in Italia. Il capitolo fiscale è quello più delicato. difPER STESSA AMMISSIONE DI CHRISTINE LAGARDE È STATO «SOTTOVALUTATO L'EFFETTO AUSTERITY» DELLA MAGGIOR PARTE DELLE MISURE IMPOSTE AL PAESE

ficile immaginare una pressione più alta di quella italiana (ma la Francia ci batte). Sulle tasse la Troika ha agito in due direzioni: aumentandole e facendole pagare. Il governo Tsipras ha alzato l’iva dal 19 al 24%, introdotto una tassa di solidarietà dell’8% su redditi più alti e una del 13% sui beni di lusso, innalzando la pressione fiscale al 38,6: due punti in più rispetto alla media Ue. Oggi, se si considerano anche i contributi sociali la percentuale è salita al 41, 4%, un punto in più della media Ue, ma

sempre inferiore a quella che si registra in Italia (41,8% secondo la Cgia di Mestre). Un altro capitolo è la lotta all’evasione fiscale e la riscossione, ma in questo campo per ammissione della Corte dei Conti europea i risultati sono stati scarsi: nel periodo 2010-2014 i debiti d’imposta sono aumentati in media di circa 8,2 miliardi di euro l’anno (4,2 % del Pil), nonostante gli stralci del debito e le misure di riscossione. Un risultato perfettamente in linea con quello che succede in Italia da decenni. C'è da dire che la Troika in Grecia ha messo il naso dappertutto. Dalle privatizzazioni alle strutture bancarie, dalla riforma della giustizia civile per renderla più veloce alla revisione del diritto fallimentare, dai valori catastali degli immobili alla gestione amministrativa dei territori, dai costi standard per gli acquisti ai tagli lineari di risorse ministeriali. I risultati? Per stessa ammissione di Christine Lagarde, allora presidente del Fondo monetario, è stato «sottovalutato l'effetto austerity», ovvero l'effetto recessivo della maggior parte delle misure imposte al paese. Un esempio? Il governo Tsipras in uno dei momenti più caldi della crisi, dopo avere indetto del referendum che doveva scegliere se accettare o meno l’ennesimo intervento di tagli draconiani, decise di chiudere le banche per tre settimane, permettendo ai privati di prelevare dai bancomat solo 60 euro al giorno e cercò di bloccare l’esportazione all’estero della valuta, che in gran parte si era già realizzato. Conseguenza non prevista: una crisi di liquidità che congelò il circuito dei pagamenti tra imprese e privati, una immediata contrazione del Pil che portò il Paese in recessione dopo cinque trimestri di crescita. in un mese persero il posto di lavoro quasi 17 mila persone. Se un’operazione del genere venisse replicata in Italia si creerebbero quasi 100 mila disoccupati in più, in trenta giorni. Noi abbiamo soltanto il vantaggio di sapere cosa già è successo. Non è poco e speriamo che basti.

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APPROFONDIMENTI

QUELLA VORAGINE DA 670 MILIARDI CHE IL FISCO IGNORA L’escamotage di intestare beni e aziende a prestanome nullatenenti ha creato una voragine da 670 miliardi che l’Agenzia delle Entrate non riesce a riscuotere. Eppure non sarebbe difficile unire i puntini per scovare i furbi... di Antonio Uricchio*

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furbi e i fessi. Anche gli evasori fiscali si dividono, al loro interno, fra queste due categorie di italica tradizione. Gli evasori-fessi li conosciamo, sono i piccoli, quelli che non emettono lo scontrino, ma che poi, se pizzicati, almeno ci mettono la faccia e all’arrivo dell’esattore pagano pegno versando il dovuto (in tutto o in parte). I furbi, invece, hanno trovato un escamotage perfetto per sottrarre al Fisco somme ingenti, blindati dietro uno scudo di impunità patrimoniale che resiste imperscrutabile da più di vent’anni. Questi signori emettono scontrini e fatture, talora in eccesso (fatture false o frodi carosello), dichiarano redditi senza pagare il tributo dovuto o compensano crediti inesistenti. Il loro segreto è semplice: nascondersi per bene dietro il paravento di un prestanome. Basta utilizzare una partita Iva fittizia (attivata a nome di un nullatenente) o

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è preoccupazione per l’autunno in arrivo, quando saremo chiamati a verificare i danni della pandemia e la ripresa del mercato interno e internazionale. È necessario un patto tra Stato e corpi intermedi per supportare interventi a sostegno della economia domestica e dare respiro e lavoro alle aziende”: con queste parole Riccardo Chini (nella foto), presidente di Confimi Impresa Meccanica, si è rivolto alla Sottosegretaria al Lavoro Francesca Puglisi, nel corso del Digital Debate dedicato alle Politiche del lavoro per la ripresa del sistema paese. Portare al centro dell’agenda le istanze e i

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L’AUTORE, ANTONIO URICCHIO

previa costituzione di una finta società (in cui ci si guarda bene dal figurare come socio o amministratore). In questo modo il problema la riscossione diviene difficile se non impossibile, Fortunatamente già da diversi anni la GdF, in collaborazione con Agenzia delle Entrate ed

Inps, ha messo in campo una robusta offensiva che ha saputo intercettare, spesso con operazioni di sequestro e confisca di rilevante valore, un gran numero di truffe di questo genere. In termine tecnico si parla di “evasione da riscossione”. Secondo i dati della Corte dei Conti, resi noti il 24 giugno scorso in occasione del giudizio di parificazione del Rendiconto Generale dello Stato per il 2019, degli oltre 800 miliardi di debiti tributari avviati alla riscossione esattoriale nel corso degli ultimi venti anni (al netto di 200 mld di sopravvenuti sgravi per indebito), sono 670 i miliardi che risultano al 31 dicembre 2019 non riscossi, e neppure in alcuna misura riscuotibili in futuro. Ciò per via della incapienza del debitore. Il dato, come ordine di grandezza, era risaputo da diversi anni. A tale cifra monstre si è giunti

«UN PATTO PER L’AUTUNNO» Digital debate / Chini (Confimi): «Nuovo contratto Pmi» bisogni delle imprese e dei sindacati in un confronto diretto con i rappresentanti delle istituzioni e del mondo dell’informazione: questo l’obiettivo dell’incontro organizzato da Consenso Europa – società del Gruppo Hdrà dedicata a Public Affairs e Comunicazione Strategica – nel corso del quale hanno preso la parola esponenti politici, di organizzazioni sindacali e datoriali. Alla

conduttrice di La7 Alessandra Sardoni il compito di introdurre il dibattito con un intervento che ha delineato il difficile scenario politico e soprattutto economico generato dall’emergenza sanitaria, che ha visto il mondo del lavoro subire la perdita di oltre 400 mila posti per il mancato rinnovo dei contratti a termine. Di qui la scelta del Governo, come ha affermato Puglisi, di “con-

sentire il rinnovo dei contratti a termine senza l’indicazione delle causali, permettere alle imprese di cogliere le opportunità di mercato in un momento di grande incertezza e di offrire a lavoratori e lavoratrici un contratto che ha tutte le tutele e i diritti”. “Un momento difficile per affrontare il quale serve la responsabilità di tutti”, ha concluso Chini, “anche per sbloccare il rinnovo del contratto collettivo per le Pmi”, che insieme ad iniziative come il sostegno all’automotive, gli incentivi per le assunzioni, investimenti e semplificazioni “può rappresentare un volano utile per la ripresa di tutto il sistema economico.”


perché da più lustri il Fisco notifica a presunti nullatenenti quote ingenti di accertamenti fiscali. Stando sempre alla Corte dei Conti, infatti, nel corso del 2019, su un totale accertato di 17,5 mld, 6,7 miliardi di atti (il 40%) sono stati notificati a 93.263 soggetti che poi non hanno reagito all’addebito, nel senso che non hanno né pagato, né impugnato l’atto (sempre secondo la Corte dei Conti l’anno prima, il 2018, tali situazioni furono il 52% in termini di valore sul totale accertato). Al riguardo la Corte dei Conti sottolinea la «perdurante anomala frequenza degli accertamenti che si definiscono per inerzia del contribuente» la quale dovrebbe «imporre un profondo mutamento delle tradizionali strategie di contrasto dell’evasione», osservando la singolarità di una «attività di controllo sostanziale» a monte della riscossione esattoriale, che «continua a indirizzarsi verso posizioni sostanzialmente patologiche (irreperibili, falliti, ecc.)». In effetti, un contribuente che non paga quanto dichiarato, non definisce in adesione accertamenti o in modo agevolato le sanzioni, lascia spirare i termini per l’impugnazione, potrebbe essere un intestatario fittizio di par-

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industria metallurgica, e in particolare il settore dell’alluminio, in prima linea per lo sviluppo di politiche ambientali che favoriscano la transizione energetica dal carbone? Ad un profano potrebbe sembrare una contraddizione, ma non lo è: “Con la sua leggerezza, la riciclabilità, durabilità e resistenza, l’alluminio è il materiale ideale per accelerare la transizione ad una economia realmente verde, pilastro indiscusso per la sopravvivenza del pianeta”. Così Mario Conserva (nella foto), Segretario Generale di Face, Federazione dei Consumatori di Alluminio in Europa, nel corso del Digital Debate con la Sottosegre-

tita Iva o semplicemente avere precostituito le condizioni di incapienza. Secondo la Corte dei Conti, il mancato versamento delle imposte dichiarate (IVA, ritenute, imposte proprie), è «divenuto da tempo una impropria modalità di finanziamento e in non pochi casi una modalità di arricchimento illecito, attraverso condotte preordinate all’insolvenza». Alla luce di queste considerazioni desta pertanto perplessità quanto affermato nel Programma Nazionale di Riforma approvato in CdM il 6 luglio scorso secondo cui quale, d’ora in avanti gli sforzi di recupero nella fase di riscossione esattoriale saranno potenziati e concentrati «prioritariamente» all’indirizzo dei debitori «più solvibili». Al contrario, l’enorme massa di furbi-evasori, celati dietro prestanomi fittizi o come soci occulti (cui è imputabile la stragrande maggioranza dei 670 miliardi oggi non più riscuotibili per incapienza) rischia di essere rimanere impunita, non apparendo sufficiente la proposta, pure opportuna, di interruzione dei termini di prescrizione in danno del debitore apparente. È auspicabile, pertanto, che il Governo prenda coscienza della gravità del problema mettendo in campo

le misure idonee a contrastare il fenomeno. In questa prospettiva, fondamentale appare assicurare controlli e azioni di contrasto tempestive anche attaverso l’utilizzo di tecnologie telematiche, banche dati e intelligenze artificiali. Accertamento e riscossione devono essere on time e non più off time, quando ormai è troppo tardi. Occorre invece identificare tempestivamente il contribuente apparente, valorizzando alcuni alert (i c.d. sensori dell’evasione), prassi sintomatiche di pratiche truffaldine e soprattutto orientando i recuperi sul manovratore occulto. Basterebbe rimuovere le cause di questa voragine nei conti pubblici per ripensare i modelli di prelievo anche riducendo il peso fiscale su contribuenti onesti e su cespiti largamente colpiti da imposizione (redditi di lavoro, casa, impresa). È appena il caso di ricordare, al riguardo, che dal 2000 al 2019 l’agenzia delle Entrate ha riscosso solo 55 mld rispetto agli oltre mille miliardi di addebiti tributari lordi affidati per la riscossione esattoriale alla ex Equitalia. *Ordinario di Dirittto Tributario Università di Bari

«L’ALLUMINIO È GREEN» Digital debate / Conserva (Face): «Ideale per la transizione» taria al Mise Alessandra Todde organizzato da Consenso Europa sul tema del Green Deal per il rilancio del sistema produttivo. Politiche ambientali sulle quali il governo intende investire una parte consistente dei Recovery Fund, puntando sulla semplificazione delle procedure di cantierizzazione e su transizione energetica, decarbonizzazione e sostegno alle energie rinnovabili: “il Green Deal

è un programma fondamentale per la trasformazione sociale e culturale, oltre che industriale, del nostro paese” ha argomentato Todde. Introdotto dal giornalista di La7 Andrea Pancani, al dibattito hanno preso parte i rappresentanti di un mondo produttivo impegnato a ripensarsi nel quadro dell’economia verde post Covid-19. Come il settore dell’alluminio, che nonostante la contrazione del

mercato vede segnali di ripresa, con la certezza in prospettiva della crescita continua globale, soprattutto nell’ottica dello sviluppo di filiere produttive sostenibili. “Il mondo sta passando ad un paradigma low-carbon” ha concluso Conserva “e noi vogliamo guidare questa trasformazione attraverso lo sviluppo dell’alluminio verde. Questo nuovo modello produttivo sostenibile sarà uno dei temi centrali di Metef 2021, l’expo internazionale per l’alluminio che si terrà a Bologna nel marzo del prossimo anno, per avviare un dibattito tra gli stakeholder sul rilancio green del manifatturiero italiano.

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APPROFONDIMENTI

Milano-Cortina, tutta l’Italia Le nuove Olimpiadi uniscono

usano algoritmi, preferiscono noleggiare asset anziché possederli e in esse l’engagement è fondamentale per coinvolgere tutti. Si sta così creando un gruppo di dimensioni contenute - dalle 70 persone del primo anno si arriverà a un massimo di 600-700 Durante il lockdown la macchina organizzativa delle Olimpiadi nell’anno olimpico - che pensa, pianifica, invernali 2026 ha avviato i motori. Le chiavi del cruscotto definisce e controlla i criteri di qualità attesono in mano a Vincenzo Novari: ecco il suo programma si dai partner esterni. Nelle ExO, strutture agili con gerarchie assenti o quasi, la capacità di cercare e trovare il know-how anche di Davide Passoni al di fuori dell’organizzazione è un elemento chiave: in questo senso, si sfrutterà il grande l 2020 passerà alla storia come l’annus patrimonio di conoscenza del Comitato Olimsmart-working, il Comitato è riuscito a non horribilis del Covid-19 anche per il monpico Internazionale, ma anche il know-how rimanere indietro nella pianificazione, che do dello sport, la cui resa al virus sta tutdiffuso che le 20 università e le startup del tersarà sviluppata in tre bienni nei quali la fase ta nel rinvio delle Olimpiadi di Tokyo. Non ritorio olimpico possono offrire. dell’ideazione porterà a quella dell’organizdimentichiamo però che anche l’Italia ha Nell’organizzazione degli sport invernali, zazione e infine all’avvio dei Giochi. all’orizzonte una scadenza a cinque cerchi, l’Italia ha poi una grande risorsa: i comitati quella di Milano-Cortina 2026: per quanto sul territorio, che hanno gestito una dozzina Condivisione e ottimizzazione differita, essa vede la macchina organizdi campionati mondiali e tappe della CopMilano-Cortina 2026 si è così data un mozativa con i motori già bene accesi. L’avvio pa del Mondo negli dello organizzativo NON SARÀ L’OLIMPIADE DEI CANTIERI: dell’operatività del Comitato Organizzatore ultimi dieci anni. Sì nuovo, con pochi preVERRANNO COSTRUITI SOLO IMPIANTI tra febbraio e marzo è però coinciso con dunque a un approccedenti a livello monINDISPENSABILI E DURATURI l’iniziale fase acuta della pandemia - che cio incentrato sugli diale e del tutto ineCHE RESTERANNO AL TERRITORIO nelle due regioni olimpiche ha colpito più eventi, massimizdito per le Olimpiadi, duramente - col conseguente lockdown e zando le conoscenze e l‘esperienza delle ispirato alle organizzazioni esponenziali o la transizione allo smart working, sperifederazioni internazionali e nazionali, dei ExO (Exponential Organisations), basate mentando il paradosso di dover pianificare gestori degli impianti e degli organizzatosulla “condivisione di conoscenza”: creano un evento sportivo globale che è l’antiteri locali. Una formula piaciuta molto al Cio community fondate sulla passione condivisi del distanziamento. Proprio grazie allo perché è coerente con la nuova visione delle sa, si affidano anche a personale esterno,

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VINCENZO NOVARI

Olimpiadi contenuta nell’Agenda 2020 e nella New Norm, messa a punto nel 2014, in cui si punta al contenimento dei costi, alla creazione di una legacy per le generazioni future e alla sostenibilità ambientale e sociale. Il tessuto connettivo dell’organizzazione è a sua volta costituito da diadi, o tandem, formate da un senior, che dispone di una marcata competenza verticale e di una ricca esperienza d’azienda, e da uno junior, che a fronte della minore esperienza aziendale offre un elevato potenziale e a una buona dose di energia. Le Olimpiadi d’Italia La visione che ispira il Comitato Organizzatore è legata a quella che ha fatto vincere la candidatura grazie al lavoro del gruppo guidato da Giovanni Malagò. L’obiettivo è che i Giochi siano le Olimpiadi di tutti. L’81% degli italiani ha dato il proprio sostegno alla realizzazione di questo appuntamento, ma perché siano davvero i Giochi di tutti serve comunicare a tutte le generazioni, a chi pratica sport, a chi ha smesso, a chi non si è mai avvicinato alla pratica sportiva, alle persone con disabilità e senza disabilità. Per quanto rispettosa di tutte le diversità, il Comitato ha una visione unitaria delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi. Milano-Cortina 2026 vuole promuovere l’olimpismo in Italia

e l’Italia nel mondo. Certamente sotto i riflettori ci sarà la regione macro-alpina, ma la vetrina è per l’intero Paese. I Giochi non vogliono essere un’Olimpiade di soli cantieri. A fianco delle infrastrutture di cui il territorio ha bisogno, si vuole dare vita a una infrastruttura culturale, creando competenze nuove, lavori a prova di futuro, spingendo sul contrasto al de-popolamento delle Terre Alte e facendo pressione per avere scelte forti in termini di sostenibilità. Un’Olimpiade per chi vive nelle regioni olimpiche, ma anche per il resto degli italiani e per il mondo. «Cibo, musica, animazione sono gli ingredienti per abbattere le distanze e far sì che il pubblico internazionale viva un’Olimpiade unica», disse a gennaio il direttore esecutivo dei Giochi Christophe Dubi, in occasione delle Olimpiadi giovanili: dove si trova il meglio di tutto ciò se non in Italia? L’organico A guidare la Fondazione Milano-Cortina 2026 è stato chiamato Vincenzo Novari, scelto all’unanimità dai soci fondatori della Fondazione. Novari è un manager con una I GIOCHI PORTERANNO AI TERRITORI INTERESSATI UN IMPATTO ECONOMICO DI QUASI 4,5 MILIARDI DI EURO OLTRE A 36MILA POSTI DI LAVORO

solida esperienza internazionale culminata in 3 Italia, dove ha guidato il lancio dell’Umts e del 4g: un progetto complesso, caratterizzato dall’avvio della operatività in una data certa collocata nel futuro, tratto che lo accomuna alle Olimpiadi. A capo di 3 Italia dal 2001 al 2016, ha portato una start-up di grandi dimensioni, con 3mila dipendenti e 12 miliardi di investimenti, all’ebitda positivo, con 2 miliardi di fatturato e 10 milioni di clienti, prima della fusione con Wind. Accanto a Novari vi sono molti manager che vengono sia dal mondo dello sport che da quello delle grandi aziende, per un totale di una quarantina di unità che dovrebbero arrivare a una settantina entro la fine dell’anno.

Gli economics e le ricadute sul territorio Il budget della candidatura è fatto di 3 voci principali: 925 milioni di dollari di contributi del Cio, 450 milioni da sponsorizzazioni domestiche, merchandising e licensing e 250 milioni dalla biglietteria. C’è dunque da attendersi una forte pressione sia sul versante del controllo dei costi, sia su quello dei ricavi, con un elemento di forte incertezza derivante dalle ricadute della pandemia. Bisogna però avere chiara la differenza tra il budget per la delivery dei Giochi - le operations -, e quello per le infrastrutture. Per le prime, il Cio mette quasi un miliardo, ma organizzare le Olimpiadi crea un profitto, come hanno dimostrato gli ultimi Giochi. Sul versante infrastrutture, poi c’è un cambio di passo. Non si costruisce ciò di cui non c’è bisogno e che non costituirebbe un’eredità durevole per la città. Si costruisce solo quando c’è un business plan che dimostra che quell’impianto è sostenibile nel tempo. Anche dopo lo scioglimento del Comitato Organizzatore, il Cio continua a verificare la validità del business plan insieme al Comitato Olimpico Nazionale. Alcuni studi della Bocconi di Milano e della Ca’ Foscari di Venezia - ciascuna per il proprio territorio di riferimento - evidenziano come i Giochi potranno portare ai territori interessati un impatto economico di quasi 4,5 miliardi, con un valore aggiunto di circa 2 miliardi e 36mila nuovi posti di lavoro. Dall’aumento delle attività produttive, le casse dello Stato e degli enti locali interessati otterranno un gettito fiscale aggiuntivo di 310 milioni per la parte lombarda e di 226 milioni per quella nordestina. Uno studio dell’Università La Sapienza di Roma, infine, ha valutato l’impatto positivo che i Giochi avranno sull’intera economia nazionale, con una crescita cumulata di 2,3 miliardi di euro nel 2028 a fronte di costi per 1,3 miliardi. Tutto per portare Milano-Cortina 2026 a realizzare il sogno di Novari: ispirare oggi un ragazzino siciliano per farlo innamorare degli sport invernali e farlo diventare un medagliato tra sei anni.

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APPROFONDIMENTI

DISTANTI MA VICINI: IL NUOVO APPRENDIMENTO È DIGITALE Anticipando una tendenza ormai irreversibile, l'Universitas Mercatorum da anni propone e sostiene il modello della didattica a distanza. Che però va fatta secondo nuove regole. Ce le spiega il rettore Giovanni Cannata di Sergio Luciano «QUESTO VIRUS CI HA PORTATO TUTTI A SCUOLA DI COMUNICAZIONE E DI RELAZIONI SOCIALI. CERTAMENTE NON ERA DIFFUSO IL COSTUME DI SVOLGERE LE NOSTRE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE A DISTANZA – NATURALMENTE NON PARLO DI NOI, MA IN GENERALE – PERÒ ADESSO LA FORMAZIONE A DISTANZA È UNA FORMULA CHE HA SUPERATO UNA PROVA ECCEZIONALE. CHE AVRÀ IMPLICAZIONI OPERATIVE ELEVATISSIME»: Giovanni Cannata, Rettore dell’Universitas Mercatorum – l’università telematica controllata dal gruppo Pegaso e fondata e partecipata tuttora da Unioncamere – è un intellettuale affezionato alle radici della cultura mediterranea e proiettato sull’innovazione e sull’ambiente, come attesta il suo essere anche presidente del Parco nazionale d’Abruzzo. Dove sta recandosi mentre risponde alle domande di Economy, anche in vista dell’avvio della collaborazione editoriale dell’Ateneo con la nostra testata.

GIOVANNI CANNATA,RETTORE DELL'UNIVERSITAS MERCATORUM

ca lo sguardo dello studente del quale cogli la sua attenzione o disattenzione e devi sopperire con un maggior sforzo di essere esaustivo nello svolgimento del compito formativo. Da parte del docente richiede capacità di sintesi e convinzione, un’empatia Dunque, Rettore: il cambiamento iniziato particolare, ma anche una buona capacità per l’emergenza resterà anche nel ritorno del discente di raccoglier con attenzione e alla normalità? impegno i messaggi La lezione è stata LA FORMAZIONE PER VIA TELEMATICA che via voce e via imimpartita, ma non so RICHIEDE AL DOCENTE CAPACITÀ magini gli arrivano. da quanti appresa. DI SINTESI E UN'EMPATIA PARTICOLARE La verifica l’avremo PER ESSERE ESAUSTIVO E INCISIVO Come sta attrezzanda settembre in poi, dosi il sistema dell’istruzione italiana? e man mano che si comprenderà che gli Non era assolutamente preparato a tutto ciò strumenti e le pratiche della formazione a e fa specie che gran parte delle istituzioni distanza sono anche un’integrazione signifipubliche - che peraltro dalla formazione a cativa per l’insediamento tradizionale. distanza avrebbero grandissimi benefici da trarre - non ne abbiano compreso per temLei viene dall’università tradizionale, cosa po il valore. Non erano pronte le università cambia con la formazione a distanza? in generale e in particolare quelle più tradiPer essere chiari: è una cosa diversa. Non è zionaliste, tenendo conto che il ciclo di forcome fare formazione in presenza. Ti man-

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STUDIARE QUANDO SI VUOLE E DOVE SI VUOLE INDUCE MODALITÀ DI APPRENDIMENTO PIÙ EFFICACI mazione a distanza comprende l’erogazione delle lezioni, la verifica dell’apprendimento acquisito, il ritorno al docente dei risultati del processo formativo, tutte fasi comunque innovate dalla dimensione telematica. A parte le poche strutture molto avanzate, tra cui naturalmente la nostra, il mondo della scuola ha avuto grandi difficoltà, connesse alla scarsa disponibilità di connettività avanzata, alla poca dotazione di strumenti di supporto sia per i docenti che per i discenti ed anche alle diffuse difficoltà organizzative del processo di apprendimento, causate dal fatto che durante il periodo di lockdown i genitori erano a casa in regime di lavoro agile, il che ha comportato difficoltà significative soprattutto nella formazione primaria, dove l’aspetto del contatto interpersonale con docenti e compagni e fondamentale per la socializzazione dei ragazzi. L’apprendimento digitale richiede o svilup-


pa particolari attitudini nei discenti, oppure è una formula neutra e generalmente applicabile e valida? È una questione aperta, proprio da noi diversi studenti stanno sviluppando le loro tesi su questo tema. Personalmente credo che sì, i nostri studenti sviluppino attitudini nuove. Studiare quando si vuole e dove si vuole induce modalità di apprendimento diverse rispetto a quelli abituali. La videolezione richiede al docente di condensare l’insegnamento in un arco di tempo definito, tra i 20 e i 25 minuti, oltre i quali il livello di attenzione crolla. La dispensa deve essere pensata come una guida alla preparazione all’esame ma anche all’incuriosimento dello studente, per indurlo a sviluppare anche su altre fonti – in primis la Rete – il livello del proprio apprendimento e delle proprie conoscenze. L’abitudine a lavorare per test porta a frequenti, veloci check-up sul processo di apprendimento, e influisce sul meccanismo di interazione docente-studente. La possibilità di interloquire a distanza, anche al di là del rigido tempo che le lezioni in aula contingentavano, è un’opportunità che stimola le studente e può potenzialmente indurre in lui una attitudine più partecipativa. Si discute molto su qualità ed affidabilità degli esami a distanza: cosa ne pensa? Per un’università telamatica come la Mer-

LA SEDE DELL'UNIVERSITAS MERCATORUM

catorum non sono che una prassi consolidata, anzi l’organizzazione degli esami per test ha addirittura facilitato il percorso da noi seguito. Ma anche l’esame di tipo tradizionale svolto attraverso qualsiasi piattaforma telematica non pone a mio avviso alcuna difficoltà. Veda, l’esame non è un gioco a guardie e ladri, è una misura del livello di apprendimento da parte dello studente, se c’è una volontà cooperativa tra docente e discente non vedo alcun problema. La formazione a distanza paradossalmente incrementa queste opportunità. SEMBRA PARADOSSALE, MA LA FORMAZIONE A DISTANZA INCREMENTA LE OPPORTUNITÀ DI COOPERAZIONE TRA DOCENTE E DISCENTE

Riconoscerà che però alcune discipline mal si prestano alla formazione a distanza… C’è una differenziazione, indubbiamente, tra le discipline rispetto all’impiego della formazione a distanza. Quelle che richiedono molto laboratorio richiedono un approccio più complesso e diversificato. Però, guardando le esperienze internazionali, anche le discipline a forte carattere laboratoriale possono essere inserite nel quadro della formazione a distanza, per esempio in alcuni ambiti dell’ingegneria, del design della moda. Certamente le discipline economico-sociali hanno minori difficoltà perché

l’elemento laboratoriale incide meno. Comunque chi frequenta la letteratura specifica e si informa attraverso la Rete sa che ormai c’è una ricca messe di opportunità da racogliere. È vero secondo lei che in Italia siamo arretrati didatticamente nelle cosiddette discipline Stem: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica? No. Non vedo quest’arretratezza didattica, non c’è inadeguatezza nella docenza. C’è piuttosto una carenza di adesione ai corsi di studio di carattere scientifico, fisica, chimica e matematica (meno alle ingegnerie) che pure rappresentano uno sbocco professionale più immediato con un relativo maggior effetto di richiamo. Le discipline Stem sono caratterizzate da un forte rigore e richiedono maggior sforzo applicativo da parte degli studenti, il che spiega questa minore adesione. Ma non sarà con un editto che riusciremo ad appassionare di più a queste discipline. Lo sforzo va dispiegato in tutto il ciclo formativo: solo se noi facciamo appassionare i giovani a queste discipline già dalla scuola primaria riusciremo ad avere un’adeguata acclimatazione agli studi Stem. Di tutto questo è parte essenziale la sperimentazione, cioè l’abitudine che va inculcata nei giovani al gusto di sperimentare il sapere che vanno costruendo, e qui torniamo ai laboratori e ai relativi modelli didattici. E le competenze economiche? Se ne lamenta la carenza a livello sociale diffuso, ma c’è chi ne lamenta la debolezza anche nella classe dirigente! Cosa ne pensa? Non mi pare che ci siano carenze significative di competenze economiche e finanziarie nella classe dirigente italiana, concordo invece sul fatto che la cura più significativa vada dedicata all’educazione civica intesa come capacità di essere protagonisti della società e del suo cambiamento e certamente sono d’accordo sulla limitatezza dell’educazione finanaziaria della popolazione. Ma dobbiamo distinguere tra l’educazione e

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APPROFONDIMENTI

DANILO IERVOLINO, PRESIDENTE DELL'UNIVERSITÀ TELEMATICA PEGASO

la formazione diffusa e quella della classe dirigente. Si discute da tempo sull’opportunità di sviluppare l’educazione finanziaria, la Banca d’Italia – e non da sola - sta investendo su un’attività formativa che passi anche attraverso la formazione scolastica. Una maggiore educazione finanziaria avrebbe potuto determinare minori crisi dell’economia, con riferimento soprattutto alla gestione del risparmio ed all’uso del risparmio in accumulo… Universitas Mercatorum nasce come espressione delle Camere di commercio italiane e dunque con una forte vocazione economica. Ed evolve arricchendosi con un importante innesto di competenze digitali e gestionali. Ci riassume il senso della strategia didattica attuale? La strategia di Mercatorum segue un’evoluzione chiarissima, tutte le fasi evolutive sono dettate dall’analisi approfondita delle esigenze del mercato. L’attenzione clou è puntata sul made in Italy, sulle eccellenz italiane. Penso al corso su gastronomia, ospitalità e territori, che s’impernia sull’eccellenza naturalistica e agroalimentare o a quello sul design del prodotto e della moda. Ma tutto viene sempre progettato avendo come riferimento il mercato del lavoro e le competenze necessarie. Quanto al digitale, ha permeato di sé

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tutti questi nostri corsi di studi. Ha attivato una competenza specifica sull’ingegneria informatica e quindi sulle discipline principe dell’educazione digitale che però costuituisce una colonna sonora che attraversa sempre di più tutta la nostra formazione. Analogamente l’attenzione significativa è posta alle questioni della gestione, convinti come siamo che il Paese è dotato di risorse e professionalità eccellenti ma ha tuttavia l’esigenza di formare significativamente i quadri gestionali della propria struttura. Il management italiano è una parte importante della classe dirigente chiamata forse più di altre ad evolvere. Come potrà avvalersi della formazione a distanza? La formazione del management va intesa sia per la parte alta, dirigenziale, del segmento, sia per gli operatori intermedi. C’è ancora molto da fare, soprattutto per la

Pubblica Amministrazione… C’è la necessità di implementare molto lavoro digitale per accorciare la distanza tra cittadini e pubblica amministrazione. Tutto è collegato alla questione della semplificazione dei processi e quindi uno sforzo in questo senso è importante. Questo processo è diffuso, la formazione digitale è un’esigenza del Paese, che inizia dal mondo della scuola. Oltre il 50% degli insegnanti avevano delle carenze nella loro cultura digitale, determinate anche dall’età…e dal fatto che la Pubblica Amministrazione deve vivere un processo di ringiovanimento. Penso che lo sforzo della classe dirigente nazionale per evolversi nel campo della digitalizzazione sia significativo e la formazione a distanza è lo strumento più economico ed efficiente, a condizione che sia messa a misura di esigenze specifiche. Una più stretta relazione tra alta formazione e informazione di qualità in che modo potrebbe esprimersi per agevolare e rafforzare l’accrescimento delle compentenze nel management e nella piccola a media imprenditoria italiane? Certamente c’è l’esigenza di rafforzare le competenze relative alla gestione dell’informazione in un rapporto tra alta informazione e informazione di qualità che deve crescere, soprattutto per le competenze manageriali che devono costituire lo zoccolo duro del nostro Paese, ed è evidente che la costruzione di queste competenze richiede uno sforzo di qualità e di messa a misura specifica, e la ricerca di obiettivi specifici di formazione con strumenti altrettanto specifici per diversi gruppi sensibili ai quali rivolgersi.

LA PARTNERSHIP CON ECONOMY Dal prossimo numero, Economy inaugurerà un’edizione digitale speciale riservata agli studenti dell’Universitas Mercatorum. La nuova sezione della nostra rivista proporrà a

questo suo pubblico incrementale contenuti dedicati ed esclusivi di carattere prevalentemente ma non esclusivamente economico che – sotto l’alto indirizzo dell’ateneo - incroceranno gli

interessi dei discenti con le esperienze, i materiali e le testimonianze giornalistiche che la redazione raccoglierà nel suo quotidiano lavoro di ricerca nella società italiana.


E ORA ASPETTIAMOCI UN "AUTUNNO CALDISSIMO" Le lotte sindacali del 1969 rischiano di riproporsi nel 2020, ancora più violente: i nodi irrisolti sul fronte del lavoro stanno per venire al pettine. Ecco perché l'esecutivo teme di uscire dallo stato di emergenza di Francesco Rotondi

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on sappiamo cosa ci aspetterà in autunno, ma qualcosa si può prevedere. Se pensiamo attentamente comprendiamo con poca fatica che le decisioni che si stanno prendendo, i dubbi, sono tutti di natura prettamente politica; come si fa a credere all’incertezza della sussistenza o meno di uno stato di emergenza pandemica? Cioè, ad oggi non sappiamo se la pandemia è ancora pericolosa o meno? Vogliamo credere a valutazioni di tipo scientifico? Diciamo che adesso dovremmo anche essere un po’ stufi di essere presi in giro. La realtà è che ci troviamo di fronte ad un esecutivo che “ha paura” di uscire dallo stato di emergenza perché la normalizzazione rivelerà con tutta evidenza e forza ciò che l’inadeguata gestione ha contribuito a realizzare: avremo un autunno caldissimo. Proviamo a comprenderne le ragioni. Dal punto di vista sociologico crediamo che ci sia stato un arretramento poiché l’individuo si è trovato impreparato a dover gestire questa straordinaria situazione: impreparato sotto il profilo tecnologico sia come “strumentazione adeguata”, sia come “conoscenza” tecnologica e digitale; impreparato “socialmente”, la riscoperta forzata di ritmi di vita, di relazioni, di condivisione di spazi hanno messo a nudo molti equilibri delicati nella più importante formazione “sociale”, ovvero la famiglia; impreparato dal punto di vista economico, ovvero si è trovato a fare i conti con ciò che potrebbe sempre accadere quando affidandosi al “credito” sotto ogni sua forma improvvisamente viene a cessare in tutto o in parte la fonte del reddito. In questa situazione la reazione è quella di sempre, fare riferimento

allo Stato, all’impresa, che deve risolvere i problemi. Ma anche qui non sembra si possa fare troppo affidamento poiché dopo la “tachipirina” che ha abbassato la febbre non si vede nemmeno lontanamente un FRANCESCO ROTONDI

“progetto di cura della malattia”. Ed ancora. L’autunno sarà caldo perché in assenza di un “progetto” di sviluppo volto a risolvere i problemi di sempre (formazione, disoccupazione, immigrazione, demografia, e cosi via) del tutto impercorribile risulta l’affermazione: “speriamo che tutto torni OGGI NON POSSIAMO PIÙ AGIRE COME SEMPRE IN DIFESA, CERCANDO DI SANARE SITUAZIONI E COPRENDO I PROBLEMI CON GLI AMMORTIZZATORI

alla normalità”. Quale normalità? Quella ante Covid, cioè quella “normalità patologica”, quello stato di malessere generale mai curato seriamente e foriero di tutte queste negative conseguenze? Ecco perché sarà un autunno caldo: dobbiamo andare avanti, ma non ci sono idee e non possiamo più tornare indietro. Da qui la sfiducia per il futuro che sociologicamente non è il miglior “stato” per cominciare il lungo percorso del cambiamento, la sfiducia nello Stato che non fa credere ad una soluzione “collettiva” con il conse-

guente atteggiamento individualista che non fa crescere in alcun modo la società e lo spirito solidaristico di cui abbiamo bisogno. Se questo è il quadro sociologico, in esso si innesta un ulteriore problema che certamente è collegato e può essere determinante, ossia quello del lav oro.Speriamo di sbagliare. La pandemia ha comportato una crisi economica/individuale/produttiva/turistica senza precedenti ed i dati sono alla portata di tutti. Non vi è modo di pensare che tutto ciò dopo la cessazione di aiuti straordinari e/o blocchi vari non richieda alle imprese importanti attività riorganizzative con l’emersione di problemi occupazionali ed una disoccupazione che soffrirà ancora di più. Inoltre la pandemia – che non è “crisi” ma una malattia - porta con sé conseguenze che non troviamo nelle normali “crisi economiche e/o finanziarie”, ovvero il mutamento, cambiamento di comportamenti sociali che hanno un riflesso immediato sui consumi e anche sulla sopravvivenza di determinate imprese. Allora qual è il tema oggi? Oggi non possiamo più agire come sempre in difesa, cercando di sanare situazioni, coprendo i problemi con ammortizzatori fini a se stessi. Occorrono cambiamenti forti, impopolari ma volti a far ripartire il Paese, occorre recuperare e mettere in circolo una generazione che fino ad oggi risulta assente: i giovani, che per noi sono almeno fino ai 35 anni. Si deve fare in modo che essi siano parte attiva della società, lavorando e consumando. Occorre che lo Stato, la “Politica” faccia per una volta il proprio lavoro: progettare il futuro, non curare i sintomi di una malattia che sta diventando terminale.

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in collaborazione con ANDAF

Umanesimo digitale alle prese con l'A.I. tra etica e privacy Ad oggi il 3,3%% del Pil statunitense è determinato dall'utilizzo dell'intelligenza artificiale, mentre in Italia siamo fermi all'1,2%. Ma stiamo guardando avanti, definendo, anche a livello europeo, le regole e le linee guida per abbattere i rischi potenziali che le nuove tecnologie comportano di Serena Gianvecchio *

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l termine Intelligenza Artificiale (“AI”) indica quei sistemi che tramite algoritmi analizzano il proprio ambiente compiendo azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere specifici obiettivi. I sistemi di AI possono essere strumenti solo software (es. software per l’analisi clientela) o anche hardware (es. robot avanzati o applicazioni IoT). Utilizziamo l’AI quotidianamente, per esempio per tradurre le lingue, per bloccare lo spam e-mail oppure migliorare i servizi offerti dalla nostra azienda. Dalla quotidianità è nata, infatti, l’esigenza a livello nazionale ed europeo di regolare i possibili sviluppi di quella che si può definire la quarta rivoluzione industriale o nuova RenAIssance. Dal 2015 ad oggi le Istituzioni europee hanno cominciato ad organizzarsi per un piano regolatorio: il piano, da ultimo, ha portato alla redazione del Libro Bianco sull’intelligenza artificiale, documento che

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definisce le linee guida per l'adozione sicura di sistemi AI e per abbattere i rischi associati ad essi. In Italia, sulla scia dei comportamenti delle Istituzioni europee, il Ministero dello Sviluppo Economico ha elaborato alcune proposte per una Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale . Ma perché questa esplosione d’interesse verso l’AI? L’Europa, fanalino di coda rispetto alla Cina e gli Stati Uniti, si è resa finalmente conto che l’utilizzo dell’AI può determinare una forte crescita del PIL. Ad oggi il 3,3% del PIL degli Stati Uniti è determinato dall’utilizzo di sistemi di AI, mentre in Italia la percentuale è pari solo all’1,2%. Questa corsa verso la digitalizzazione dell’industria porta, però, con sé conseguenze etiche con un forte impatto sui diritti e sulle libertà degli interessati correlate ad utilizzi dolosi e/o colposi dell’AI. Tra gli utilizzi dolosi annoveriamo, ad esempio, gli attacchi informatici, mentre tra quelli colposi rientrano l’utilizzo di dataset non rappresentativi che possono causare bias sociali: si pensi, ad esempio, alle forti discriminazioni in campo sanitario che possono

SERENA GIANVECCHIO

causare ritorsioni sulla salute dell’individuo e che sono cagionate da decisioni automatizzate prese a causa di dataset errati. Per affermarsi sul mercato senza incorrere in rischi etici, economici e mediatici, le imprese devono quindi sviluppare un piano di “privacy&ethic by design” prima di adottare un sistema di AI: l’impresa è tenuta, pertanto, ad effettuare una coscienziosa analisi del sistema che intende adottare al fine di comprendere se questo risulti in linea con i principi dell’etica e della protezione dei dati. Ad oggi, l’unico spunto normativo che consente questo tipo di analisi è dato dall’art. 35 Regolamento UE per la protezione dei dati personali n. 679/2016, che richiede al Titolare del trattamento una valutazione sui rischi e gli impatti derivanti dal trattamento di dati personali (“DPIA”). Per un sistema di AI che implichi l’utilizzo di un dataset di dati personali sarà quindi necessaria questa valutazione. Tuttavia, un’analisi dei rischi sui dati personali non è sufficiente a garantire un sistema “ethic&privacy by design”. Per questo è stata

già predisposta a livello europeo una griglia di valutazione denominata Trustworthy AI Impact Assessment (“TAIA”) – ancora in corso di piloting dall’High Level Group – che, unita alla DPIA, potrà essere un valido strumento di valutazione per l’affidabilità degli algoritmi prodotti dalla macchina. Per minimizzare i rischi e gli impatti potenzialmente derivanti dal sistema di AI, si dovranno aggiungere alle misure di cui sopra anche: (i) contratti B2B che regolino gli standard qualitativi e le misure di sicurezza del prodotto o servizio offerto; (ii) contratti B2C volti a tutelare il consumatore che potrebbe risultare svantaggiato dall’utilizzo dell’algoritmo: e (iii) certificazioni private di cui potrà dotarsi l’impresa che adotti un sistema di AI per dimostrare la sua affidabilità e creare fiducia nel cliente. L’Umanesimo Digitale è quindi, ormai, alle porte e le imprese dovranno inevitabilmente iniziare a convivere con l’AI. È bene quindi non farsi trovare impreparati. *Junior Associate di Roedl & Partners


in collaborazione con Aifi

Finanza, segnali positivi tra pubblico e privato Dalle opportunità dello smart working alle sinergie tra capitali pubblici e investimenti privati: i tasselli del puzzle iniziano finalmente a combaciare mettendo insieme obiettivi di politica industriale e logiche competitive di Anna Gervasoni

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l piano Next Generation Eu prevede 750 miliardi di euro di stanziamento per lavorare a una “Europa più sostenibile, resiliente e giusta per la prossima generazione”. Come intende muoversi l’Italia per realizzare questo obiettivo? Può essere una grande opportunità per il nostro Paese per avere risorse da investire nella crescita occupazionale, soprattutto giovanile e femminile. In questi giorni sono uscite le stime sui giovani e il lavoro e a settembre cinque su sei non riusciranno a trovare un posto stabile. Il capitale umano non utilizzato e che stiamo perdendo è enorme, va recuperato con misure che dal concetto del sussidio passino a quello

PROFESSORE ORDINARIO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE ALLA LIUC DI CASTELLANZA. È ANCHE DIRETTORE GENERALE DELL’AIFI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL PRIVATE EQUITY, VENTURE CAPITAL E PRIVATE DEBT)

dello stimolo: alle assunzioni, alla formazione, all’inclusione. Il contraltare deve essere una maggiore flessibilità. Le imprese possono assumere se vengono incentivate e se sono meno vincolate nello strutturare i rapporti di lavoro. Del resto, le recenti prime e forzate esperienze di smart working ci insegnano che la flessibilità del luogo e degli orari di lavoro per alcune funzioni e mansioni può generare valore e può aiutare a rendere meglio compatibili le esigenze di lavoro e di vita. Per far questo dobbiamo abbandonare i vecchi rigidi schemi giuslavoristici. Una vera e propria rivoluzione, che va accompagnata da incentivi mirati a chi assume i nostri migliori giovani. Le imprese dal canto loro, per ripartire e crescere devono essere alleggerite da oneri e burocrazia e devono investire; per essere più sostenibili devono investire. Dopo le corrette misure varate dal governo per aiutare finanziariamente le imprese con stru-

menti di debito e garanzie il tema centrale è quello della capitalizzazione. Per questo ci vogliono capitali pubblici, già previsti nel decreto rilancio e capitali privati, come può fornire il mercato del private capital. Servono entrambi e serve un equilibrio che permetta loro di lavorare e farlo bene nell’interesse della nostra economia reale. Il fatto che il pubblico entri direttamente a finanziare a titolo di capitale di rischio le imprese risponde a una corretta logica di aiutare il sistema in un momento di emergenza, ma è importante che questi strumenti siano temporanei e non duplichino quelli privati, spiazzandoli; utile sarebbe una loro integrazione o addirittura una loro attività sinergica. Mettere insieme obiettivi di politica industriale con logiche competitive non è facile, ma si possono pensare regole di intervento che indirizzino verso gli stessi obiettivi i consistenti capitali pubblici messi a disposizione, con le energie gestionali e le competenze professionali dei privati. Così come i mercati mobiliari, nella loro articolazione, sono un tassello fondamentale per consentire ad una economia progredita l’attrazione di capitali domestici e internazionali. Per attrarre capitali e utilizzare bene quelli che sono stanziati a livello comunitario ci vogliono progetti: costruire una nuova Europa vuol dire avere il coraggio di cambiare e spendere bene, in ottica di sistema. Questo, ancora una volta, vale per il settore pubblico come per quello privato. Competenze scientifiche, manageriali, imprenditoriali vanno unite ad una finanza consapevole, che sappia indirizzare verso obiettivi di sostenibilità oltre che di redditività. Al centro del ragionamento abbiamo l’economia reale del nostro paese, con le sue grandi eccellenze e potenzialità. Ma ci vuole un cambio di passo culturale da parte del mondo imprenditoriale. Un nuovo sviluppo passa attraverso una diversa governance e una visione aziendale in cui l’apertura del capitale può essere una opportunità. Il ricambio generazionale e l’immissione, a tutti i livelli, di giovani può dare sicuramente un grande contributo in questa direzione.

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in collaborazione con CONFPROFESSIONI

Liberi professionisti, nasce il primo network per l'internazionalizzazione Siglata la partnership tra Confprofessioni e l’Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Obiettivo: sostenere l'export grazie all'expertise dei professionisti. Stella: «Bisogna promuovere la cultura del made in Italy». Un master ad hoc per formare nuovi specialisti di Giovanni Francavilla

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l rilancio passa attraverso i liberi professionisti. È questo il nocciolo della partnership siglata tra Confprofessioni e l’Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane - nel corso di un webinar dal titolo «Rilanciamo l’internazionalizzazione del Made in Italy», organizzato da Apri Europa, società di Confprofessioni dedicata all’internazionalizzazione dei servizi professionali, in collaborazione con Sace Simest, punto di riferimento per l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Sono più di 120 mila le imprese italiane che esportano nei mercati internazionali (l'80% delle quali sono piccole imprese che sviluppano un fatturato export di circa 250 mila euro) e rappresentano il 31% del Pil del Paese. Un trend in costante crescita negli ultimi dieci anni, ma che oggi deve fare i conti con gli effetti della pandemia. Se infatti tra il 2010 e il 2019 il valore delle esportazioni italiane è passato da 337 a 475 miliardi di euro, gli analisti hanno stimato una contrazione del Pil italiano che oscilla tra il 9,2 e l'11,2%

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per il 2020, ma in uno scenario di crisi globale è stato calcolato che un rallentamento di 4/5 punti percentuali del prodotto interno lordo tedesco, il più importante partner commerciale dell'Italia, causerebbe al nostro Paese un buco di 10 miliardi di euro. Per fronteggiare la situazione il Governo e il ministero degli Esteri lo scorso 8 giugno hanno sottoscritto il Patto per l'export (coinvolgendo tutte le agenzie governative a supporto delle esportazioni: Sace, Simest e Ice, la Cassa depositi e prestiti, la Conferenza delle Regioni) che stanzia circa 1,4 miliardi di euro per rafforzare gli strumenti per l'internazionalizzazione delle imprese italiane e per finanziare azioni di promozione sui mercati esteri. E in questo solco, si muove la partnership tra Confprofessioni e l’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. La parola d'ordine è “fare sistema”, facendo leva sull'expertise dei professionisti che lavorano al fianco delle imprese per stimolare ulteriormente il processo di internazionalizzazione delle pmi,

GAETANO STELLA

spesso legate in committenza di filiera o nei distretti produttivi con una spiccata vocazione all'export. «Il ruolo dei professionisti a supporto dell’internazionalizzazione diventa oggi più che mai cruciale per agevolare e accompagnare la ripresa delle imprese italiane sui mercati globali» afferma il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. «Possono infatti svolgere quella funzione di traino e di collante, ma anche di valore aggiunto per promuovere cultura e sensibilità sui temi del made in Italy e contribuire quindi a sostenere la nostra economia». Secondo Roberto Lungo, direttore generale dell’Agenzia Ice «la partnership con Confprofessioni, che rappresenta un’importante polo economico-sociale del Paese, costituisce, con il suo potenziale di crescita, un ulteriore tassello per il rilancio del Made in Italy. In base al nostro accordo l’ICE si impegna a collaborare per l’attuazione di azioni comuni a favore dei professionisti italiani per sostenerli e aiutarli insieme alle aziende loro clienti, nell’accesso ai mercati esteri. Fra le diverse attività di supporto, la fornitura, a

tariffe agevolate, di servizi o pacchetti di servizi, quando non gratuiti, ai professionisti interessati ai mercati esteri. L’internazionalizzazione dei servizi professionali – ha proseguito Luongo - che spaziano dall’economia al diritto, dall’ambiente alla sanità, dall’arte all’archeologia, oggi più che mai appare di fondamentale importanza per supportare la ripresa economica del nostro Paese». La partnership rappresenta un primo passo per la creazione di un network di professionisti specializzati nell'internazionalizzazione e nella promozione del made in Italy. In autunno verrà realizzato un master che, come spiega Luigi Alfredo Carunchio, presidente di Apri Europa mira a formare i professionisti che scelgono di lavorare per lo sviluppo dei mercati esteri. «Confprofessioni, attraverso Apri Europa, metterà a disposizione di tutti i liberi professionisti e dei loro clienti un servizio specifico per il supporto all'internazionalizzazione e per l'incentivazione dell'export, fungendo da punto di contatto tra i professionisti italiani e le aziende che guardano a nuovi mercati».


IN CERCA DI TALENTI EVITANDO IL “MORDI E FUGGI” La selezione delle risorse umane con un mix tra digitale e colloqui in presenza: è il modello di Meritocracy, una delle piattaforme della galassia Openjobmetis. Che ha rilasciato una versione 4.0 del sito ottimizzata anche per mobile di Riccardo Venturi

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na piattaforma online specializzata liani, per esempio, 60mila, pari a circa il 25%, nella ricerca delle professionalità digisono sulla piattaforma. «Abbiamo approfittatali, che ora all’utilizzo dell’intelligenza to del tempo che il lockdown ci ha messo a artificiale per un miglior matching tra offerta disposizione per rivedere e migliorare i nostri e domanda di lavoro aggiunge la possibilità modelli di business» rimarca Campiotti, «indi una ulteriore selezione fatta da esperti in vestendo anche sulla nostra forza lavoro: siacarne e ossa. È Meritocracy, che da un paio mo digitali ma abbiamo bisogno di qualcuno d’anni fa parte di Openjobmetis, l’unica agenche ci dia una mano». L’altra principale novità zia per il lavoro quotata in Borsa Italiana. è il rinnovamento della piattaforma online, «Siamo abituati a vedere una dicotomia tra la non solo da un punto di vista grafico ma anche ALBERTO MANASSERO, FEDERICO CAMPIOTTI ricerca e selezione del personale tradizionale per le modalità di interazione dell’utente. Due e quella digitale, completamente touchless» i criteri che hanno guidato il rinnovamento. tempo di permanenza e la frequenza di visita dice Alberto Manassero, co-founder e head «Il primo è l’ottimizzazione da mobile» spieda parte dell’utente. «La nostra prima piattaof operations & product di Meritocracy, «riga Manassero, «da un 25-30% di accessi da forma risolveva un bisogno abbastanza spot maniamo digitali, ma alcuni dei nostri clienti, mobile siamo passati al 65-70%. Ma in tutti i degli utenti, quello di cercare lavoro» eviauspico sempre più numerosi, sceglieranno siti di ricerca di lavoro l’esperienza da mobile denzia il co-founder e head of operations & di ricevere candidati non solamente online, è tradizionalmente traumatica, anche perché product di Meritocracy, «il che portava a una ma che sono passati da un nostro percorso di di solito quando fai l’application è richiesto fruizione orientata al mordi e fuggi. Questo selezione e di verifica. Questo è un vantaggio il cv. Nella maggior parte dei casi però non però non era coerente con la nostra vision. Ci enorme per le aziende, nessuno dei nostri si ha a disposizione il cv da mobile, e il proproponiamo come quel luogo in cui le persocompetitor lo fa». «Se fino all’anno scorso blema è che non ci sono form fatti bene, che ne possono fare un’esperienza di ricerca del erano i clienti che andavano a interagire con i siano dialoganti con l’utente, user friendly. lavoro più confortevole e ricca di informazioni. candidati che fanno parte del nostro network» Un’atavica difficoltà che abbiamo superato Per questo abbiamo lavorato a un’esperienza sottolinea Federico Campiotti, sales director con una serie di accorgimenti, costruendo che andasse oltre quella spot, che fosse condi Meritocracy, «ora quelli che lo desiderano una soddisfacente esperienza da mobile». tinuativa». Perché gli utenti tornassero più possono esternalizzare anche il processo fiIl secondo criterio ha a che fare con il tipo spesso bisognava costruire un sito molto più nale: in questo caso, tramite i nostri talent acdi fruizione della piattaforma, e quindi con il orientato all’esplorazione. «Voquisition specialist, ci occupiamo gliamo che chi visita il nostro sito anche di selezione vera e propria. La community di Meritocracy abbia un outlook il più profondo Anche se non lo facciamo in maNegli ultimi 3 anni, i candidati del mondo Digital & Tech iscritti possibile, fatto di contenuti unici» niera convenzionale, alla base a Meritocracy sono cresciuti di +100%, di pari passo con il posizionamento organico della piattaforma scandisce Manassero, «abbiamo della nostra ricerca e selezione lanciato un ricco piano editoriale, rimane il concetto di employer Utenti organici: 45% che ogni settimana prevede uscibranding». te sul mondo dell’innovazione. L’ampliamento del perimetro 35% Ora l’utente può esplorare moldei servizi offerti ai clienti non è to di più le aziende tecnologiche l’unica novità proposta da Me26% con contenuti verticalizzati, video ritocracy, che ha circa 800mila +205K +135K dei cto, sezioni dei blog relative al visitatori all’anno, molto focalizdigital marketing: un’esperienza zati sul mondo digitale: sui circa molto più immersiva». 250mila software developer ita-

+270K

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APPROFONDIMENTI

Il parco buoi dei Robin Hood scommette sui penny stock Bloccati gli eventi sportivi, durante il lockdown il popolo degli scommettitori si è riversato sui mercati azionari, assaltando, grazie a piattaforme dedicate, i titoli col minor valore unitario di Ugo Bertone

È

stato l’anno di Robin Hood. Sui mercati finanziari Usa impazza l’immagine dell’eroe della foresta di Sherwood scelto da due intraprendenti trentenni cresciuti in Silicon Valley, Vladimir Tenev e Baiju Bhatt, diventati miliardari grazie alla piattaforma di trading a zero commissioni che ha sconvolto la Borsa americana: 14 milioni di clienti a fine agosto, piccoli speculatori capaci di scommettere poche centinaia di dollari per volta. Un esercito di aficionados in cui milita quasi mezzo milione di soci di Tesla, ma che preferisce valori più poveri, a partire dalle penny stock, azioni dal valore unitario basso. Ma il requisito più importante è la volatilità perché i robinhooders amano le sensazioni forti, quelle garantite dai titoli delle compagnie aeree durante il lockdown, ad esempio. Un fenomeno improvviso che ha spiazzato le vecchie volpi di Wall Street che, all’improvviso, si sono trovate a fare i conti con un parco buoi inedito imprevedibile ed imprevisto. Già, perché il sito è in rete dal 2013 ma, dopo un esordio in sordina, ha conosciuto la crescita vera, quella che li porterà sul Nasdaq, ad una

L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

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valutazione miliardaria, solo nell’ultimo anno. Con un’impressionante accelerazione ai tempi della pandemia. Robinhood.com, infatti, è diventato un vero fenomeno di costume con il lockdown, grazie al contributo dei sostegni del Tesoro al reddito dei disoccupati da Covid19: milioni di piccoli speculatori sostenuti dal cash del Tesoro (1.200 a settimana) da giocare, rigorosamente in pigiama nel salotto di casa, sui titoli di Wall Street. Uno sport di massa favorito dalla contemporanea pausa forzata di baseball, baket ed altre discipline che attirano gli scommettitori Usa. Il lockdown, almeno per ora, è finito. Il “vizio” dell’investimento in Borsa no, nonostante alcune tragedie: un ventenne, dopo aver perduto 700 mila dollari in derivati, ha deciso di farla finita, e dopo quest’ episodio il Congresso ha messo allo studio alcuni vincoli per evitare nuove tragedie. La società, invece, ha rinunciato allo sbarco nel Regno Unito, dove già annoverava più di 200 mila iscritti. Ma il fenomeno ha già preso piede in Europa: l’olandese Bux conta già 150 mila soci, superata dalla francese eToro e da altre proposte, compresi non pochi bidoni. Un fenomeno di massa che è la punta dell’iceberg di un atteggiamento diffuso che non può non interessare i professionisti del risparmio. Per gli effetti del Covid-19, negli Stati Uniti l’occupazione è diminuita di circa 15 milioni di unità, con un tasso di disoccupazione che ha

IL "ROBINHOODER" BAIJU BHATT

raggiunto quasi il 15 % in aprile. Nello stesso mese il tasso di risparmio è aumentato di quasi 20 punti percentuali (al 32,2%), il più alto aumento mensile dagli anni Sessanta. Nonostante un arretramento osservato negli ultimi due mesi, le variabili si attestano ancora molto al di sopra della loro media storica: la massa dei risparmi privati è quasi triplicata da febbraio a maggio. In realtà, la letteratura ha mostrato che le due variabili sono interconnesse, e in particolare che un aumento della disoccupazione può alimentare il risparmio accumulato a scopi precauzionali. Il risparmio, come ben sanno gli italiani, è parente stretto dell’incertezza. Il rischio disoccupazione è un formidabile acceleratore , non solo in Usa di quello che potremmo definire “un eccesso di risparmio”. Nel primo trimestre del 2020, scrive su La Voce Valerio Ercolani, il tasso di risparmio dell’area dell’euro è salito a quasi il 17% dal 12,7% del trimestre precedente: il più grande aumento mai verificatosi dall’inizio della rilevazione nel 1999. Insomma, complice la pandemia, emergono due tendenze: l’uso tattico, al limite dl gioco, per la piccola speculazione, in genere dei più giovani, e l’ansia di risparmiare sempre più diffusa tra i risparmiatori al limite dello stress. Agli operatori, compresi i private banker, la scelta dei prodotti e delle strategie più adatti per il risparmio ai tempi della pandemia.


La logistica premia il modello di Verona L'Interporto Quadrante Europa di Verona gestito dal Consorzio Zai si conferma al primo posto in Italia e al secondo nel Vecchio Continente. E la ragione non risiede unicamente nella sua posizione strategica... di Paola Belli

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a posizione conta, ma non è tutto. Se l’Interporto Quadrante Europa di Verona conferma la sua egemonia nel Vecchio Continente, piazzandosi al primo posto in Italia e al secondo in Europa nella classifica quinquennale stilata dalla Deutsche Gvz Gesellschaft (Dgg) di Brema, non è solo per la sua location strategica, all'incrocio delle autostrade del Brennero (direttrice nord-sud) e Serenissima (direttrice ovest-est), nonché all'incrocio delle corrispondenti linee ferroviarie. Perché la Dgg, nella sua valutazione, ha preso in considerazione ben 38 parametri di valutazione. E il Quadrante Europa sfiora addirittura il primo posto. Per un solo punto, l’Interporto tedesco di Brema (362 punti su 400) è il primo classificato contro i 361 punti di Quadrante Europa, con Verona che mantiene comunque la sua leadership tra tutti gli interporti Italiani. «Dopo essere stati per 10 anni al primo posto nelle due precedenti classifiche tra gli interporti europei, abbiano sfiorato per la terza volta il primo posto in Europa», commenta il presidente dell'Interporto Quadrante Europa di Verona, Matteo Gasparato: «Verona si conferma alla pari di quello di Brema leader fra le infrastrutture logistiche intermodali nella logistica italiana e europea, un modello a cui guardano con attenzione anche gli altri Paesi. Ritengo che tale risultato sia merito dell’ente di gestione dell’Interporto – il Consorzio ZAI –, delle sue

società controllate, ma soprattutto merito dell’attività svolta dalle oltre 140 aziende di logistica e di trasporto operanti nell’area del Quadrante Europa».Gestito e ideato dal Consorzio Zai con piano particolareggiato approvato dalla Regione Veneto, l'Interporto Quadrante Europa si estende su una superficie di 2.500.000 mq, con espansione prevista fino a 4,2 milioni di metri quadrati. Nel suo Parco di attività logistiche sono insediate oltre 100 aziende con 10mila addetti, diretti e indiretti e ogni anno transitano nell'Interporto oltre 7 milioni di tonnellate di merci su ferrovia e 20 milioni di tonnellate su gomma. NELL'INTERPORTO QUADRANTE EUROPA TRANSITANO OGNI ANNO OLTRE 7 MILIONI DI TONNELLATE DI MERCI SU FERRO E ALTRI 20 TRASPORTATI SU GOMMA

Non stupisce quindi trovarlo nuovamente sul podio della classifica stilata dall'istituto di Brema in collaborazione con l'associazione europea delle piattaforme logistiche (Europlatform), il cui scopo è quello di dimostrare lo sviluppo e il costante cambiamento del panorama logistico negli ultimi cinque anni, oltre a costituire un 'occasione per scoprire quali suggerimenti si debbano concretizzare per un ulteriore sviluppo. Per la classifica 2020 sono stati individuati in particolare 38 criteri di valutazione, determinati e ponderati. Così, tra i fattori che hanno confermato

MATTEO GASPARATO

il primato dell'Interporto Quadrante Europa di Verona, quello degli occupati -13 mila lavoratori tra diretti e indiretti, contro le circa 4 mila unità degli altri soggetti - così come la capacità terminalistica: è impressionante il volume della capacità complessiva dell'Interporto Quadrante Europa Verona con 800mila unità di carico, mentre il valore medio in Europa si attesta sulle 135mila mila unità di carico. Il dato specifico della capacità di carico dei terminali risulta ancora più significativo, vedendo nuovamente il Quadrante Europa in testa alla classifica, con un carico massimo di lavoro di 730mila unità a fronte di una media Europea di 75mila. Rilevante è stato anche il ruolo del settore informatico che, grazie alla controllata Quadrante Servizi, ha permesso di raggiungere elevati standard di efficienza del comparto Ict, fattore che ha acquisito un peso notevole con i nuovi criteri introdotti. «Il risultato», conclude il presidente Gasparato, «ci sprona comunque a lavorare sempre meglio, ad aumentare la qualità e la varietà dei servizi offerti dall’interporto di Verona e ad investire nello sviluppo di nuovi terminali per espandere sempre di più la capacità terminalistica del nostro interporto, attuare delle politiche di sviluppo green con l'obiettivo di incentivare sempre di più il trasporto su ferrovia, decongestionando la rete autostradale italiana e contribuendo ad abbassare i livelli di inquinamento».

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QUI NEW YORK , APPUNTI DALLA GRANDE MELA

Tutto il Trump minuto per minuto Bando al conformismo dell’informazione omologata: c’è del buono (e parecchio) nell’opera del Presidente Usa più controverso di sempre. Ecco perché metterla nero su bianco in un libro: parola dell’autore! di Glauco Maggi

DA QUANDO - ERA IL DICEMBRE 2019 - HO DECISO DI SCRIVERE UN LIBRO SU TRUMP, AMICI E COLLEGHI STIMATI MI HANNO FATTO UN SACCO DI DOMANDE. MA COME MAI? Che cosa ti spinge a fare il trumpiano? Saprai bene che i media - e intendono quelli mainstream che menano la danza nell’opinione pubblica - non aspettano altro che la sua sconfitta in novembre? In occasione dell’uscita del libro “Il Guerriero Solitario - Trump e la Mission Impossible”, nelle librerie e in digitale (dal 3 settembre), ho quindi deciso di rispondere così, pubblicamente, allo scetticismo di alcuni, alla sincera curiosità di altri e alla (rarissima) ammirazione di pochi. Tra questi il più importante, anzi decisivo, è stato Francesco Bogliari. Ha festeggiato quest’anno il primo decennio di vita della casa editrice da lui fondata, Mind Edizioni, accettando di dare alle stampe questo libro su un presidente tanto controverso. Ed ecco l’auto-intervista. Come puoi essere trumpiano? Preferisco “trumpologo”. Vivendo a New York dal 2000, ho imparato a conoscere il personaggio nella sua metamorfosi da immobiliarista stile-Berlusconi, a brillante conduttore della serie “reality” di successo The Apprentice, a “disrupter” dell’establishment. Animale sociale del gossip, a-ideologico che in vita sua ha passato più anni con la tessera democratica che non da repubblicano, Donald ha compiuto una sbalorditiva opera “rivoluzionaria” nel 2016 quando ha conquistato il Gop. Poi ha battuto la Hillary, e per tutti, sondaggisti per primi, è stata la sorpresa del secolo. Lo avevo seguito

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scrivendo centinaia di articoli su Libero, e poi il libro “Trump uno di noi” nel gennaio 2017, dopo la vittoria. La nomea di “trumpiano” mi era stata attribuita, credo, perché a differenza del gregge giornalistico dissi e scrissi durante la campagna elettorale che Trump “poteva” anche vincere in novembre. E vinse. Pensi davvero che Trump faccia il bis? Via gli equivoci. Sono contro Joe Biden, il cui partito è diventato un consorzio di ex pseudo-centristi in estinzione, come lui, e di socialisti di nome e di fatto in ascesa, come Bernie Sanders, Alexandria Ocasio Cortez e i loro compagni di Black Lives Matter abbatti-statue e anti-poliziotti. Nel sistema squisitamente bipartitico della democrazia Usa, sono perciò, mi viene da dire ovviamente, per Trump anche nel 2020. Il che non significa che scommetto, né tantomeno prevedo che vincerà. Ho imparato a conoscere in questi 4 anni pure i difetti di Trump presidente. Il primo e il più grave è quella sorta di istinto autodistruttivo di farsi autogol, con i tweet ma non solo. Se dovesse vincere Trump entrerei nel girone dei profeti. Di sventura, per l’opinione pubblica anti Trump! E se lui perde? Mi spiacerebbe per l’America, perché le politiche minacciate da Biden-Sanders in economia faranno male al Paese, in termini di posti di lavoro e di Borsa. Ma la democrazia dell’alternanza contempla i ribaltoni. Passerà anche Biden… Comunque, il libro l’ho scritto da “trumpologo”, e ritengo in buona coscienza che lo sforzo fatto sia utile per capire meglio l’America. In ogni caso, è stato soprattutto divertente.

P e r cosa? Il primo mandato di Trump è stato una storia eccezionale, che meritava di essere raccontata. Dai record dei livelli minimi di disoccupazione per neri e bianchi ai massimi di Wall Street grazie ai suoi tagli fiscali e della burocrazia. Poi c’è stato il quarto anno, con la pandemia, la recessione economica indotta dal lockdown, il caso George Floyd, l’iconoclastia e la “cancel culture”. Il libro ne è una esposizione fattuale, in chiave storica. Ok, ma cosa hai trovato da ridere nella ricerca, se non contro Trump? Come chiedere a un giallista chi è l’assassino… Non voglio rovinare la sorpresa. Posso solo dire che è proprio grazie a come funziona la comunicazione quando è omologata e “biased”, ossia il regno dei pregiudizi in cui viviamo oggi, che un cronista curioso, un trumpologo prima che un trumpiano, può divertirsi a sbugiardare i “professionisti delle fake news”. Citerò due tormentoni che conoscete di sicuro. “Trump è un razzista che non ha mai condannato i nazisti”, e “Trump ha detto alla gente di bere o iniettarsi la candeggina per guarire dal coronavirus”. È stato spassoso scoprire come è andata davvero… Perché questo titolo bellicoso? “Il Guerriero Solitario!” è il tweet di Trump del 29 giugno: il grido di guerra di un presidente che crede nella rielezione. O il suo epitaffio.


QUI PARIGI, APPUNTI DALLA DÉFENSE

La Francia del post Covid adesso punta sui manager Per uscire dalla crisi servono competenze, così Oltralpe un ufficio del lavoro supporta la formazione professionale del funzionariato nell’apparato pubblico e dei quadri del settore privato di Giuseppe Corsentino

N E L “NOUVEAU CHEMIN” CHE IL PRESIDENTE MACRON HA TRACCIATO, CON TANTE BELLE PAROLE SI CAPISCE: È IN GIOCO LA SUA RIELEZIONE NEL 2020 E HA MENO DI CINQUECENTO GIORNI PER FAR USCIRE LA FRANCIA DALLA CRISI ECONOMICA POST-COVID, c’è posto anche per loro, i “cadres”, quei cinque milioni di dipendenti che rappresentano il “funzionariato” nel settore pubblico e il “middle management” che fa funzionare l’industria e l’apparato economico del settore privato. Hanno, in genere, un diploma (di solito il bac+5 e qualche specializzazione professionale), buoni impieghi, buoni stipendi, buone pensioni e non hanno mai conosciuto vere fasi di crisi occupazionali, neppure negli anni durissimi della de-industrializzazione del primo decennio del 2000, che ha devastato tutta la Francia del nord, dalla Piccardia al Pas de Calais (che, infatti, è diventato il regno di Marine Le Pen e del Front National). Già nel 2018 il tasso di disoccupazione dei quadri era al 3,4%, una percentuale da pieno impiego. L’anno dopo le assunzioni (quasi tutte con Cdi, contratti a tempo indeterminato) erano salite a 281mila unità con la prospettiva di arrivare a 296mila nel 2020, questo maledetto anno del Covid. Il Coronavirus ha congelato tutto e anche se i quadri non sono alla disperazione come i ristoratori, gli albergatori, i piccoli e piccolissimi

imprenditori, per non dire degli 11 milioni di operai e impiegati del settore privato che da aprile vivono solo di “chomage partiel”, di cassa integrazione, anche loro, questa middle class del sistema produttivo, cerniera importante dell’economia, hanno cominciato a soffrire. Per questo Macron li ha citati nel discorso del 14 luglio e il ministero del lavoro (dove nel frattempo la ministra Muriel Penicaud ha lasciato il posto alla sua collega Elisabeth Borne nel nuovo governo Castex a cui il presidente ha affidato la “mission” di non fare più “âneries”, asinate, sciocchezze come ha strillato in copertina il settimanale Le Point) ha deciso di sostenere in qualche modo quello speciale “Pôle Emploi” che si occupa specificatamente del collocamento/ricollocamento dei quadri. Stiamo parlando dell’Apec, Agence nationale pour l’emploi des cadres, una agenzia nata nel dopoguerra (1947, Quarta Repubblica) con il compito di presidiare il mercato del lavoro dei quadri, organizzare l’incontro tra domanda e offerta (grazie a centinaia di “conseillers” impegnati in 48 uffici regionali sparsi in tutto il Paese) e finanziata dalle trattenute sullo stipendio degli attivi (il 6 per mille, più della metà a carico delle aziende). Da qui la tradizionale governance paritaria tra rappresentanti dei datori di lavoro (Medef, la Confindustria, e Cpme e U2P, le due confederazioni delle piccole e medie imprese) e dei lavoratori, cioè dei quadri (che qui hanno ben quattro sindacati, la Cfe-Cgc, e a seguire la Cdft-Cadres, FO-Cadres e perfino la Cgt-Cadres, la più a sinistra). Non esiste in Italia una realtà operativa come

questa, un ufficio del lavoro dedicato esclusivamente ai quadri come l’Apec francese che, oltre agli uffici e a 900 “conseillers”, ora dispone anche di un efficientissimo portale (www.apec.fr) dove nel mese d’aprile, all’inizio della pandemia quando la Francia era tutta “confineé” con l’apparato economico e produttivo congelato, c’erano 45mila annunci di ricerca del personale (la metà della media del periodo: 95mila annunci), poi spariti e quindi tornati a quota 70mila alla fine del mese di luglio, segno che le cose cominciano ad andar meglio come testimoniano, del resto, i vari indici del consumo e perfino gli indici di Borsa. All’efficienza della struttura, finanziata dai diretti interessati (imprese e quadri) come s’è detto, si è aggiunta, dal 1° luglio, una risorsa umana di particolare valore: un direttore generale che viene dall’alta burocrazia lavoristica e dal mondo dell’impresa, Gilles Gateau, un grand commis di lungo corso che ha lavorato con Martine Aubry, ministra del lavoro negli anni ’90, e con Manuel Valls, primo ministro con Hollande all’Eliseo, poi direttore del personale all’Edf, l’Enel francese, e ad Air France nella stagione calda delle contestazioni violente del sindacato piloti (Gateau è quello delle “chemises dechireés”, delle camicie stracciate dai dimostranti all’aeroporto di Parigi). Gateau all’Apec non rischia la camicia, ma il suo programma è ambizioso: fare dell’agenza “un reel phare dans la tempeste”. Che sia il Covid o un default globale i quadri francesi posssono contare sull’Apec. Un modello che i quadri italiani dovrebbero copiare.

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TALENT SHOW

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CI PIACE

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QUELLA VITTORIA DI PRINCIPIO DELLE POPOLARI La Corte di giustizia Ue ha dato ragione all’Assopopolari nel ricorso contro la riforma Renzi

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isogna dare atto alle banche popolari, e alla loro Associazione presieduta da Corrado Sforza Fogliano (nella foto), di aver perseverato nel confronto/scontro giuridico e istituzionale contro la riforma (governo Renzi) di questo particolare ramo dell’industria creditizia fino alla massima vittoria possibile, quella presso la Corte di giustizia europea, che ha accolto il ricorso all’epoca avanzato dall’Assopopolari in una parte qualificante. La Corte europea ha cioè riconosciuto che la soglia degli 8 miliardi di euro di attivo superata la quale le banche popolari italiane non potevano rifiutarsi più di trasformarsi in società per azioni era arbitraria, comunque troppo bassa, e si risolveva in una lesione del principio della libera circolazione dei capitali. Ora, sia chiaro: dopo 5 anni una sentenza del genere è più che altro una soddisfazione morale. Però premia una linea dura, quella di Assopopolari, volta a ribadire che qualche mela marcia in un settore non ne giustifica la conventrizzazione. Certo, le popolari venete sono state due scandali, e oggi la Bari non sembra da meno, con buona pace del funestro influsso regolatorio che subì. Ma delle 4 banche che andarono in risoluzione solo una era popolare, Carige e Mps non sono popolari, e dunque non è la forma giuridica né la dimensione a predisporre al successo o alla crisi di una banca, ma la professionalità e l’eticità dei suoi capi. Non è affatto vero che la proprietà cooperativa coopti sempre il peggio. E la formula coop aumenta la concorrenza, il pluralismo, e tutela il territorio. Cosa resta? Poco da fare: il Consiglio di Stato si pronuncerà, ma più per la storia che per il mercato. Tuttavia, anche le vittorie di principio valgono.

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li azionisti, quindi, da tempo hanno convenuto sulla necessità di affidare la gestione a manager esterni di grande professionalità ed esperienza, e quindi, anche negli anni a venire, occorrerà preparare gli eventuali avvicendameti nel top-management avendo ben chiari gli obiettivi strategici condivisi nel frattempo e mantenendo una chiara identificazione e separazione tra il ruolo assegnato agli asionisti e quello assegnato ai manager. Se uno dei manager è una persona di famiglia spingerà sempre perché il suo settore venga privilegiato. Per questo sono contento che mio figlio Enrico, che mestiere fa l’amministratore delegato, lo sia di un’azienda che con noi non c’entra nulla»: il 3 luglio 2012 Marco Drago (nella foto), già allora indiscusso capo-azienda della De Agostini e principale socio, teorizzava con logica limpida la distinzione dei ruoli tra soci e manager. Peccato che passati pochi anni e consolidatosi oltre ogni ragionevole dubbio il primato personale di Drago, lo stesso imprenditore abbia collocato ai vertici del gruppo i suoi due figli, ispirando certo la scelta alla massima meritocrazia. Per carità: soltanto gli stupidi non cambiano mai opinione, e può darsi che Drago abbia sviuppato convinzioni diverse, rispetto a quelle che esprimeva allora. Ma sorge legittimo il sospetto che, come dire, nel teorizzare l’opportuno distanziamento sociale dei familiari dalle imprese familiari… il bravissimo imprenditore novarese facesse, come suol dirsi, distinzione tra figli e figliastri… È umano, peccato che spesso anche i più forti non resistano alla pretesa di giustificare la loro forza in nome dei massimi sistemi. Quando invece si tratta solo di giochi di potere.

Cooperazione, territorio, pluralismo e concorrenza

Imparzialità, meritocrazia e... ricambio generazionale

NON CI PIACE DUE PESI E DUE MISURE NELLE AZIENDE DI FAMIGLIA Meglio tardi che mai. Alla De Agostini da anni Marco Drago teorizzava la distinzione tra ruoli. Salvo poi ripetere i medesimi schemi di sempre


SHORT STORIES

Appuntamenti

Torna, online, il Festival del Documentario Visioni dal Mondo In live streaming dal 17 al 21 settembre la sesta edizione dell’appuntamento Il Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo, la serie di incontri dedicata al cinema del reale in calendario da giovedì 17 a lunedì 21 settembre, conferma la sesta edizione e presenta Visioni dal Mondo online, una formula inedita che sarà fruibile sulla piattaforma web ufficiale della manifestazione. Per la prima volta il Festival sperimenta una formula diversa, attraverso un portale digitale live, per raccontare il cinema in modo inaspettato, creando un luogo virtuale dove incontrarsi, dialogare

e confrontarsi sui temi più significativi della scena mondiale contemporanea. Il Festival anche quest’anno si conferma uno degli eventi principali della terza edizione di Milano MovieWeek, promossa e coordinata dal Comune di Miano: una settimana dedicata alla settima arte, al cinema e all’audiovisivo. Il Festival è anche tra gli eventi del palinsesto “I talenti delle donne”. Grande novità di quest’anno la Direzione Artistica affidata a Maurizio Nichetti, che ha sempre affiancato alla sua attività di autore cinematografico, anche uno spiccato interesse per il cinema del reale (per sei anni è stato Direttore del Festival di Montagna, Esplorazione e Avventura di Trento) e per la formazione (dal 2014 dirige la sede lombarda del Centro Sperimentale di Cinematografia). Nichetti è stato giurato a Berlino, Cannes, Montreal e, nel 2018, anche a Visioni dal Mondo. Cinzia Masòtina, head of Industry, gestirà Visioni Incontra, la sezione business rivolta ai professionisti del settore che si terrà nei primi due giorni del Festival, giovedì 17

e venerdì 18 settembre. Visioni Incontra organizzerà una due giorni di pitching di progetti che parteciperanno al concorso come miglior progetto documentario Visioni Incontra e ospiterà incontri one on one, panels e roundtable, riservati ai decision makers del settore, italiani e internazionali. Il cinema è l’arte del sogno. Il documentario è l’arte della realtà; stimola nuove riflessioni, dà input a nuove prospettive e offre nuove opportunità. Così Visioni dal Mondo ha scelto di garantire l’appuntamento annuale perché non c’è virus che possa fermare la cultura con un progetto rivoluzionario nella capacità di aprirsi a nuove audience trasversali: un pubblico che affianca agli addetti ai lavori i fruitori finali con un linguaggio fluido della società e della creatività. «Visioni dal Mondo online nasce come risposta al distanziamento sociale e alla difficoltà di viaggiare imposta dalla situazione sanitaria mondiale - ha sottolineato Francesco Bizzarri, ideatore,

Startup

New economy

La startup che consegna birra a domicilio lancia l’iniziativa su BacktoWork

Una ricerca di EY e Vc Hub segnala il forte ottimismo per il futuro degli attori

HomeBeer, un 2° round di equity crowdfunding Home Beer, la startup che ha sviluppato la piattaforma Homebeer. it dedicata al delivery e l’ecommerce di birre artigianali e cibi di accompagnamento, sta lanciando una seconda campagna di equity crowdfunding sulla piattaforma BacktoWork, e punta a raccogliere fino 250.000 euro con l’entrata di nuovi soci. Nata nel 2018 e ideata dai romani Tommaso Aguiari e Andrea Longhi (19 e 20 anni), Home Beer ha creato anche degli algoritmi elaborare i migliori accoppiamenti tra birra e cibo. Inoltre, nel 2020, complice il lockdown, la startup ha realizzato anche Deliveryonline.it, una Progressive Web App che permette di erogare i servizi di prenotazione tavolo, delivery e take-away in white label per i ristoranti e catene di ristorazione. In particolare, con la piattaforma

Coronavirus, quale l’impatto sull’innovazione? Homebeer.it la startup intende offrire un servizio di delivery e di e-commerce non tradizionale, capace di far incontrare l’offerta di piccoli birrifici, spesso poco conosciuti e a conduzione familiare, con la domanda di clienti esigenti o semplicemente curiosi e alla ricerca di sapori nuovi. “Nonostante il mercato del food delivery sia risultato il primo nel comparto del mercato on-line con un fatturato di 566 milioni di euro nel 2019 e nonostante altre aziende si siano distinte nel campo delle consegne a domicilio, per la birra artigianali non esistono servizi come quello da noi proposto. L’idea di fondo è stata quella di verticalizzare un servizio innovativo di delivery sul mercato delle birre artigianali, creando una community tra gli appassionati di birre di qualità”, spiegano i fondatori.

Crescita dell’occupazione e aumento della domanda, richiesta di misure da parte del Governo a sostegno dell’ecosistema italiano dell’innovazione, fiducia che la situazione possa tornare ai livelli pre-Covid e qualche difficoltà che però non impedirà la ripresa. Sono i principali elementi che emergono dall’indagine L’impatto dell’emergenza Covid-19 sulle startup e sull’ecosistema dell’innovazione in Italia realizzata da Vc Hub Italia - l’associazione del Venture Capital, degli investitori in innovazione e delle startup e PMI innovative, che rappresenta più del 90% degli investitori italiani in innovazione e 70 tra startup e Pmi innovative

FRANCESCO BIZZARRI

fondatore e presidente di Visioni dal Mondo – ma vuole anche essere una soluzione dinamica per supportare il settore, uno strumento funzionale e creativo progettato per proteggere il lavoro dei registi garantendo loro sicurezza e rispetto ma anche un’ulteriore occasione per divulgare la cultura verso il cinema documentario».

- in collaborazione con EY, leader mondiale nei servizi professionali di consulenza. Lo studio analizza l’impatto dell’emergenza Covid-19 sull’ecosistema italiano dell’innovazione, e racconta come questo abbia mostrato una significativa resilienza e come le startup e gli investitori in innovazione abbiano avuto conseguenze meno devastanti di quelle registrati dalle imprese tradizionali. Le startup coinvolte operano prevalentemente sul mercato italiano (68%), la gran parte ha sede in Lombardia - la zona più colpita dall’emergenza - e coprono diversi settori, con una prevalenza del retail ed e-commerce. Per questo lo studio rappresenta una vera e propria analisi orizzontale sull’impatto della pandemia sull’ecosistema dell’innovazione in Italia, la prima realizzata nel nostro Paese. Il 62% delle startup coinvolte è nata negli ultimi 5 anni, e si tratta sia di realtà che hanno avviato da poco l’attività e ottenuto i capitali iniziali, sia di scale-up più mature che hanno già raccolto investimenti più ingenti. Nonostante la crisi, il 58% ha infatti aumentato il personale, il 32% ha registrato un aumento della domanda e il 27% una crescita dei ricavi.

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“È grazie al sorriso dei miei clienti che so di aver fatto la scelta giusta." Andrea Mantero

Franchisee Carrefour con il suo Carrefour Express in Liguria

Siamo orgogliosi di essere stati al servizio dei clienti nei momenti difficili. Ora vogliamo ripartire con l’entusiasmo e la determinazione di nuovi imprenditori. APRI ANCHE TU UN CARREFOUR IN FRANCHISING Scopri di più su carrefour.it/franchising


FRANCHISING & NUOVE IMPRESE

AFFILIANDO S'IMPARA ...A COMBATTERE LA CRISI Dalla crisi all'opportunità il passo è breve. Tra spazi che si libereranno e spinta all'autoimpiego, nei prossimi mesi vivremo un periodo di particolare fermento. Meglio cercare oggi le occasioni per investire nel proprio futuro.

114 IMMOBILIARE IL PREGIO DELL'INVESTIMENTO CHE PUNTA SUL "FARE RETE"

118 DOMINO'S PIZZA LO SBARCO DEGLI AMERICANI CHE HANNO CONQUISTATO L'ITALIA

120 NETWORK MARKETING QUANDO L'AFFILIAZIONE NON È SOLO IN FRANCHISING

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La formula del franchising si rivela un'ottima opportunità per occupare gli spazi di mercato che si stanno liberando. Ma ci sono alcuni elementi da non sottovalutare nella scelta della rete. Ecco quali di Luca Fumagalli

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ai come oggi si è dimostrata la necessità di avere organizzazioni leggere, flessibili, in grado di rispondere velocemente agli eventi. Per reagire occorre una strategia, una visione d’insieme che dia la direzione e orienti gli sforzi di ciascuno. Infine serve la conoscenza dei bisogni della gente e delle modalità per soddisfarli. Tutti questi ingredienti, nel franchising fatto bene, ci sono sempre. Dal Rapporto Assofranchising 2020 (dati al 31 dicembre 2019) emerge che nell’ultimo decennio è cresciuto, in media, del 2% ogni anno, creando circa 37mila nuovi posti di lavoro. Ad oggi l’intero sistema franchising occupa più di 217.000 addetti, che contribuiscono a generare oltre 26 miliardi di fatturato, circa l’1,3% del Pil italiano. Uno dei fattori trainanti della formula franchising è la forza di gruppo: imprenditori, franchisor e franchisee hanno interessi e obiettivi comuni. Ed è proprio grazie a questa coesione

tra pari, libera e volontaristica, che si crea il vantaggio competitivo di una rete di franchising. La selezione, dentro il franchising ma soprattutto fuori, ovvero tra le attività indipendenti meno attrezzate e più deboli, libera oggi nuovi spazi non solo in termini di quote di mercato, ma anche dal punto di vista delle location e delle risorse umane. Queste occasioni che si presentano ora agli investitori possono essere colte proprio grazie al franchising. Un sistema che permette di entrare rapidamente in un mercato senza dover pagare il pedaggio degli inevitabili errori e delle perdite di tempo di chi deve “imparare il mestiere”. Del resto i franchisor più strutturati non hanno paura di accogliere tra i propri franchisee i cosiddetti newcomer. Il know-how c’è già. I franchisor “giusti” l’hanno sperimentato con successo, l’hanno messo a punto, l’hanno standardizzato e reso trasferibile in modo efficace e veloce. Grazie a questo “saper fare” spesso

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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE COME SCEGLIERE

L'AUTORE, LUCA FUMAGALLI, CO-FOUNDER DI AFFILYA

bastano poche settimane di formazione come si deve, manuali operativi costruiti con esperienza e un affiancamento attento da parte dei responsabili dell’azienda affiliante nella fase delicata del percorso pre-apertura, per portare all’inaugurazione una nuova attività. Oggi però, non basta “aprire prima degli altri” o rimpiazzare qualcuno che “non ce l’ha fatta”. Oggi serve essere competitivi in ogni aspetto dell’attività perché, anche ben dopo l’emergenza, la domanda resterà ferocemente selettiva. Ma ancora una volta il franchising ha in sé tutti gli ingredienti che servono per rendere più resistenti e vincenti le nuove imprese: la notorietà di marca, le economie di scala, l’esperienza condivisa, il marketing e la comunicazione integrata. Detto tutto ciò, la partita si gioca su un punto fondamentale: la scelta del franchisor più qualificato, ma anche più adatto alla proprie caratteristiche ed esigenze. È qui che devono entrare in campo i professionisti specializzati del franchising - consulenti e legali - ad affiancare il potenziale affiliato nel delicato e decisivo processo di valutazione del partner d’affari giusto. Chi conosce a fondo la formula sa quali sono gli elementi fondamentali di un buon progetto di franchising. Occorre che il modello di business sia stato sperimentato con successo, ovvero che ci sia stato un congruo periodo nel quale l’azienda,

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direttamente o tramite affiliati definiti “pilota”, abbia potuto oggettivamente verificare la validità dell’attività. Per “oggettivamente” si intende che, da bilancio, siano documentati i risultati economici ottenuti dalle attività pilota e che l’entità dei guadagni sia tale da garantire la soddisfazione dei futuri affiliati almeno da tre punti di vista: adeguata remunerazione del tempo dei titolari, se coinvolti nella gestione, recupero del capitale investito in tempi sufficientemente rapidi, remunerazione del rischio di impresa con utili netti interessanti e competitivi rispetto ad investimenti alternativi altrettanto rischiosi. Occorre poi che l’organizzazione dell’azienda affiliante si dimostri quantitativamente (per numero di persone) e qualitativamente (per competenza e adeguatezza al ruolo) in grado di fare fronte agli impegni che ogni franchisor si assume nei confronti dei propri franchisee. A titolo di esempio, essendo il trasferimento di know-how, cioè la formazione, uno dei due fondamentali oggetti del contratto di affiliazione, è indispensabile che nell’organigramma ci sia una figura qualificata a svolgere le funzioni del training manager. Altrettanto importanti sono l’assistenza e il supporto continuativo che il franchisor deve essere in grado di assicurare a ciascun franchisee. Lo stato di salute della rete è un altro degli elementi-chiave da valutare: franchisor con un elevato turnover

(tra unità affiliate aperte e chiuse) sono sicuramente meno interessanti rispetto a chi ha saputo condurre più affiliati al successo, limitando al minimo fisiologico le chiusure e i fallimenti. La notorietà della marca e il suo gradimento presso i propri clienti finali è un altro degli aspetti rilevanti che aumentano la capacità competitiva della futura azienda affiliata. Ci sono poi aspetti “formali” che sono spesso sottovalutati, ma che costituiscono una cartina al tornasole della serietà dell’azienda affiliante. Ci riferiamo alla documentazione informativa preliminare e alla contrattualistica, che devono essere all’altezza degli standard internazionali ma soprattutto in linea con quanto richiesto dalla legge italiana (Norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale, legge del 6 Maggio 2004, n.129). Detto che un professionista esperto di franchising è in grado di guidare un investitore nella scelta di un franchisor serio e qualificato, occorre che il candidato affiliato faccia un bel lavoro di “autovalutazione” – magari accompagnato dal suddetto professionista - per capire quali sono i progetti giusti, adatti alle proprie caratteristiche personali, alle disponibilità economiche, al mercato di riferimento. Con un approccio serio, informato e consapevole, avviare un attività in proprio con il franchising è una opzione assolutamente valida per cogliere le opportunità che oggi, più che mai, si stanno presentando.

AFFILYA: LA PRIMA FRANCHISING COMMUNITY IN ITALIA La recente crisi sanitaria ha dimostrato che il franchising continua ad essere uno strumento attuale e flessibile, in grado di dare risposte efficaci anche ai più drastici mutamenti dei mercati. Per chi cerca valide opportunità di business la Franchising Community di Affilya è un punto di riferimento sicuro, grazie al processo di

certificazione interno cui viene sottoposto ogni franchisor. Gli esperti di Affilya utilizzano un collaudato approccio metodologico - una check-list di 150 elementi nelle 16 aree chiave di ogni franchisor - per verificare la presenza di tutti i requisiti fondamentali. Il team di Affilya accompagna poi l’investitore - franchisee, multi unit o master- nel percorso di valutazione,

garantendo massima professionalità e trasparenza. Gli ideatori di questa iniziativa sono noti consulenti di franchising: Nicola Dambelli, Luca Fumagalli e Andrea Meschia. Tra i co-founder ci sono anche esperti in campo immobiliare, Maurizio Altobelli e Gianluca D’angelo, nonché partner specializzati in ambito legale, di comunicazione e di digital marketing.


logico che il franchising, come tutti i modelli fondati sulla cooperazione e sul risk-sharing, sia favorito nella competizione di mercato. Si considerino i benefici per entrambe le parti coinvolte – franchisor e franchisee - quali ad esempio l’aumento della visibilità e riconoscibilità a livello nazionale e internazionale del marchio condiviso, il trasferimento del knowhow, l’utilizzo della formula imprenditoriale che caratterizza il brand, o l’espansione aziendale dettata dalla crescita dei punti vendita». La presentazione dei dati di Assofranchising è stata l’occasione per il lancio dell’edizione 2020 di Salone Franchising Milano, l’evento di riferimento per il mondo del franchising e del retail che quest’anno si tiene dal 22 al 24 ottobre per la prima volta in streaming su Umans.com, la piattaforma tecnologica creata da Fandango Club in grado di riprodurre in digitale l’esperienza degli eventi offline. «Salone Franchising Milano rappresenta un importante momento di incontro tra professionisti del settore, imprenditori, franchisee e franchisor di oggi e di domani – spiega Michele Budelli, ceo di Fandango Club, agenzia Il settore del franchising, coi suoi oltre 56mila punti vendita, continua di live communication e branded content che a creare posti di lavoro e a godere di ampi margini di crescita. organizza l’evento - Proprio perché siamo Così Assofranchising rilancia col Salone di ottobre... in streaming consapevoli del ruolo del Salone, oggi più che mai rilevante, abbiamo deciso di non mancare on un giro d’affari di oltre 26 miro. «Sono numeri estremamente positivi, che l’appuntamento 2020, di ripensare il concetto liardi di euro nel 2019 (+4,4% sul ancora una volta dimostrano le potenzialità di incontro e confronto, e di innovare questo 2018), il Franchising in Italia condel franchising e sono indice della fiducia che appuntamento che nell’edizione 2019 ha ractinua a creare nuovi posti di lavoro e a godesempre di più gli italiani nutrono nel sistema colto a Fiera Milano City oltre 200 insegne del re di ampi margini di crescita, come emerso dell’affiliazione – sottolinea Augusto Banpanorama del franchising e del retail provedal Rapporto Assofranchising 2020 (dati al dera, Segretario Generale Assofranchising». nienti da tutta Italia». È nata così una formula 31 dicembre 2019). I dati illustrano la realtà Anche nel 2019 il franchising ha continuato nuova di Salone Franchising Milano, che pundel Franchising in Italia, un settore sano e in a espandersi, così come lo ha fatto negli anni ta su incontri formativi, convegni, consulenze continuo sviluppo: 56.441 i punti vendita, in della crisi. Nell’ultimo gratuite e, soprattutto, NELL'ULTIMO DECENNIO IL COMPARTO crescita del +4,7% (2.555 i negozi aperti nel decennio, è cresciuto, sul Ret@il Innovation È CRESCIUTO IN MEDIA DEL 2% L'ANNO 2019); 217.150 (+5%) addetti occupati nelle in media, del 2% ogni Forum, un’arena di E OGGI OCCUPA PIÙ DI 217MILA ADDETTI reti (10.359 i nuovi posti di lavoro creati); 980 anno, creando circa CHE PRODUCONO L'1,3% DEL NOSTRO PIL discussione con panel le insegne operative in Italia (+2,0% rispetto 37.000 nuovi posti di specifici, relatori d’ecallo scorso anno di cui 880 italiane, 71 master lavoro. Ad oggi l’intero sistema franchising cezione e aziende leader del settore, realizzadi franchisor stranieri in Italia e 29 reti straoccupa più di 217.000 addetti, che contribuito con la collaborazione e l’apporto del gruppo niere che operano in Italia solo con franchisee, scono a generare oltre 26 miliardi di fatturato, Jakala, prima martech company italiana che ma con sede legale in un paese estero); 11.035 circa l’1,3% del Pil italiano». offre supporto in ambito strategico, analytics, (+1,8%) punti vendita italiani all’estero in «In un contesto economico come quello atdigital e technology. Il tutto, però, quest’anno franchising; 178 (+2,3%) reti italiane all’estetuale – continua Bandera - appare quasi fisioin una dimensione digitale, aperta e gratuita.

Quei 26 miliardi di valore sotto l'egida dei brand

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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE

siamo più bravi, ma perché facciamo le cose con un altro metodo: il nostro. I risultati raggiunti sono il frutto di un’attenta analisi del mercato e di una strategia efficace elaborata con Matteo Stella». Al primo posto del metodo e della filosofia di Maison Magnifique, come visto, c’è la centralità del cliente al posto di quella tradizionale dell’immobile. C’è poi l’analisi dell’immobile di pregio, «che non è dato solo da quanto vale in termini economici, ma anche dallo stato di manutenzione, da dove si trova, dalla location, tutta una serie di parametri che andiamo a valutare» puntualizza Galli. Altro elemento centrale è la listing presentation: «Un momento di condivisione con il cliente presso i nostri uffici dove andiamo ad analizzare tutti gli aspetti dell’immobile», sottolinea il cofondatore di Maison Magnifique, «sia intrinseci che estrinseci, i punti di forza e quelli di debolezza, le possibili attività per lavorare sui punti di debolezza, per far percepire l’immobile come è più opportuno per valorizzare la vendita al meglio. Un processo alla fine del quale arriviamo a condividere con il cliente il prezzo e la strategia di vendita». Così come nell’attività dell’agenzia Maison Magnifique mette al centro il cliente, in quella del Maison Magnifique è il brand, ora anche in franchising, specializzato in franchising il protagonista è l’imprenditore: case di lusso. Per i cofondatori Andrea Galli e Matteo Stella, forti di 15 anni d’esperienza nel settore, il successo si raggiunge facendo squadra «Ci assumiamo la responsabilità di portare il nostro partner là dove gli abbiamo promesso di arrivare, cioè al successo» afferma Matteo di Riccardo Venturi Stella, «all’avere un’azienda strutturata che cammina da sola, senza che lui debba avere vendere o acquistare, mettendo lui al primo ffrire una soluzione a chi desidera un ruolo operativo in azienda, salvo che non posto». Alla base di Maison Magnifique c’è un fare impresa nel settore immobiliare lo voglia; all’inizio c’è da investire un po’ di metodo di lavoro strutturato negli anni da Anin modo redditizio e senza diventare tempo, ma lo investo oggi per svincolarmene drea Galli con Matteo Stella: «Io e il mio socio schiavo della propria impresa. È l’obiettivo delun domani. Quindi uno dei principi del nostro abbiamo alle spalle la rete in franchising di agenzie specializzate in franchising è proprio LA GESTIONE DEL TEMPO È CRUCIALE: oltre 15 anni di espeimmobili di pregio lanciata da Maison Magnifiil ruolo dell’imprendiINVECE DI PASSARE ORE AL COMPUTER rienza nel comparto que, un marchio che ha raddoppiato il fatturatore: è l’azienda che lo È PREFERIBILE CONCENTRARSI dell’edilizia» rimarca to nel 2019 grazie a un modello di business che supporta, e non viceSU FORMAZIONE E RETE DI VENDITA il cofondatore, «sia in ora vuole trasferire ai franchisee attraverso versa». Coerentemenmultinazionali che in aziende a conduzione l’affiancamento in fase di avvio e un supporto te, un altro principio della rete di franchising familiare a stretto contatto con l’imprenditore. costante. «Il nostro modello di consulenza perriguarda la gestione del tempo, «che si dedica Questo ci permette di trasferire al cliente un sonalizzata non ha al centro l’immobile, bensì a costruirsi una rete vendita di agenti: quindi maggior livello di professionalità rispetto alla il cliente» spiega Andrea Galli, cofondatore di non a vendere immobili, ma a formare i miei concorrenza. Quindi riusciamo a valorizzare Maison Magnifique, «ci mettiamo al suo fiancollaboratori affinché loro possano vendere in meglio la nostra professionalità, non perché co per realizzare il suo sogno, che può essere autonomia. Questo per creare un team, molti-

«Il segreto del nostro successo sta nell’attenzione al cliente»

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plicare il tempo dell’imprenditore, e far sì che l’azienda sia di successo anche in termini numerici» aggiunge Stella. Per raggiungere gli obiettivi Maison Magnifique punta molto su una formazione orientata ai risultati: «L’abbiamo progettata come un percorso e non come un corso» evidenzia il cofondatore: «non chiudiamo gli affiliati in una stanza per due giorni per bombardarli di concetti e informazioni e lasciarli il giorno dopo a casa da soli a fare esattamente le stesse cose che facevano prima, o quando va bene a portarsi a casa un 5% del contenuto, ma è strutturato in un anno di incontri settimanali, su temi quali la comunicazione efficace e persuasiva, la leadership. Non solo trasferiamo i concetti ai nostri partner, ma facciamo in modo che apANDREA GALLI E MATTEO STELLA, CO-FOUNDER MAISON MAGNIFIQUE partengano a loro». Parallelamente a questo è anche previsto un affiancamento all’imprendicia, ciascuno con un numero di collaboratori tore e al team manager, che è la figura centrale compreso tra 10 e 15, in modo che sviluppino dell’attività, effettuata settimanalmente: «Deun fatturato importante per l’imprenditore e cidiamo le attività da fare e a fine settimana un vero lavoro di squadra. Così, mentre l’affifacciamo un check per vedere cosa è stato fatto liato svolge l’attività sul territorio per implebene, dove sono state riscontrate difficoltà, mentare conoscenza e presenza sul mercato, come correggerle» mette in evidenza Stella, «in ci sono 10-15 colleghi che svolgono le attività modo tale da tenere l’imprenditore sui binari, propedeutiche alla vendita. Se si vuol correre soprattutto nei primi anni. Il rischio, se si fanno più veloce si corre da soli, ma se si vuole andacheck piu dilazionati, è re più lontano si corre che per quanto si possa LA STRATEGIA DI MAISON MAGNIFIQUE in squadra». PREVEDE L’APERTURA DI UN UFFICIO esser convinti di aver Da Ferrara, sede cenPER PROVINCIA CON UN NUMERO DI spiegato bene o di aver COLLABORATORI COMPRESO FRA 10 E 15 trale di Maison Macapito bene, in realtà si gnifique, l’obiettivo stia divergendo: tutto è recuperabile, ma quel è aprire 4 uffici in franchising in altrettante delta sono soldi e tempo spesi inutilmente. E provincie nel 2021, 8 nel 2022, 10 nel 2023: siccome ci siamo voluti assumere la responsa«Le prime città su cui puntiamo sono Bologna, bilità di portare al successo i nostri partner, voMilano, Firenze, Venezia, Verona e Padova. Le gliamo utilizzare le loro risorse per portarceli strutture stesse hanno la loro importanza, deprima». Anche dopo l’anno di formazione, poi, vono essere in location strategiche e ben visibicontinua il coaching da parte della casa madre li in zone prestigiose, così da presentare gli imsulle attività pratiche. mobili in un certo modo, dare un’immagine di L’obiettivo della rete di franchising di Maison professionalità». La strategia di Maison MagniMagnifique è quello di sviluppare un livello di fique denota forte determinazione alla crescita imprenditorialità più alto nel settore rispetnonostante la crisi pandemica, che ha provocato alla concorrenza. «Ci sono diversi marchi to uno stop delle attività. Anche se, a proposito dell’immobiliare che lavorano più sul numero dell’impatto delle crisi sugli immobili di pregio, di uffici aperti che sulla redditività di ogni sinè significativo quanto emerge da una ricerca di golo ufficio» osserva Stella, «il nostro progetto The Boston consulting group: da un lato gli è invece di avere meno uffici, uno per provinimmobili di lusso risentono meno delle sva-

lutazioni in caso di contrazione del mercato; dall’altro la ricchezza finanziaria personale in Italia è in crescita e sempre più polarizzata: nel 2018 si contavano almeno 394mila milionari, che nel 2022 cresceranno a 519mila. «Anche la crisi da Covid sortirà un duplice effetto» osserva Stella, «da un lato purtroppo renderà tanti più poveri, ma dall’altra chi saprà adattarsi e cogliere le nuove opportunità, dimostrando di saper anticipare i tempi, diventerà più ricco: anche per questo ritengo che il target del lusso sarà meno colpito. E non dimentichiamo che negli ultimi 3 anni le transazioni sono cresciute tra il 5 e il 7% annuo». Diversi elementi insomma giocano a favore dello sviluppo di questa nicchia del real estate. Specie a beneficio di chi saprà trovare le chiavi giuste per aggredire un mercato saturo. «C’è una bassa professionalità del settore, arriviamo da trent’anni di boom nei quali bastava aprire un ufficio e aspettare che il cliente entrasse per campare dignitosamente» aggiunge Stella, «e anche una bassa considerazione del cliente sull’attività dell’agente immobiliare e sulla sua professionalità. Proprio su questo lavoriamo, sapendo di dover erodere quote di mercato ai competitor, valorizzando una professionalità e un approccio diversi. Come diceva Sun Tzu: “Il pensiero tattico fa vincere le battaglie, il pensiero strategico fa vincere le guerre”».

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LA HOLDING DEL MATTONE SI NUTRE DI OPPORTUNITÀ Dopo il crowdfunding, i videocorsi, la community e lo sviluppo dei talenti, Giuseppe Gatti anticipa il suo nuovo progetto: «Una app che rivoluzionerà il settore degli investimenti immobiliari» di Davide Passoni

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l grande architetto svizzero Le e iniziative a cui Gatti ama dare nomi partiCorbusier definiva la casa «una colari, suggeriti dalla Logogenesi di Sergio macchina per abitare», ma per Bianco: «Videocometa, il videocorso lanciaqualcuno l’abitazione e l’immobiliare posto due anni fa, evoca la stella che orienta Re sono diventare molto di più: una passione e pastori. Specchiodinamica, nome basato e una missione. Lo sa bene Giuseppe Gatti, sulla capacità di apprendimento dei neu47 anni, operatore e innovatore del settore roni a specchio, è la più grande community immobiliare italiano, che con la sua holdi investitori immobiliari con investimenti ding ha creato un nuovo modo per gestire per 60 milioni negli ultimi tre anni. Inole sviluppare il business del mattone: digitatre, le persone più brave della community le, connesso, aggiornato, in un certo senso entrano nella mia mastermind, Il Giardino democratico, ma sempre caratterizzato da dei Talenti, e i migliori diventano soci nelle una forte concretezza mie aziende oppuLA HOLDING DI GIUSEPPE GATTI e dalla totale traspare ricevono da me i RAGGRUPPA UNA SERIE DI AZIENDE renza nei confronti di finanziamenti per i VERTICALI, CIASCUNA CON UN PROPRIO partner e investitori. loro progetti. RecenAMBITO SPECIFICO DI AZIONE «Mi occupo di invetemente, infine, ho stimenti immobiliari ormai da una ventina inaugurato una piattaforma di e-learning d’anni e lo faccio su più fronti, con il focus chiamata ViaMagistra, della quale sono edipreciso di rendere accessibili questi invetore: aggrega specialisti di vari ambiti del stimenti. Nel 2018 ho realizzato la raccolta settore immobiliare cui ho fatto realizzare equity crowdfunding immobiliare più granalcuni videocorsi per creare una sorta di de d’Italia, ho creato una serie di aziende leNetflix per gli investitori del mattone». gate a una holding per operare investimenti Ora, seguendo la “strada maestra” che lo ha immobiliari verticali e molto altro». Progetti portato a trasformare in professione la pro-

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pria passione, Gatti ha creato un progetto nuovo: «Si tratta di una nuova app che porterà una rivoluzione nel settore degli investimenti immobiliari - anticipa -. Nasce per un’esigenza personale, perché negli anni abbiamo avuto un business sempre più in crescita e sempre più esigenze da affrontare. L’idea è nata due anni fa durante l’evento Specchiodinamica 2018, ma ha trovato uno sviluppo solo oggi alla luce delle dimensioni del nostro network, del quale tra l’altro porterà il nome, Neticwork, e sarà disponibile a tutti gli investitori immobiliari del territorio. La app permetterà di mapparlo con un semplice tocco del dito; cerchiando una zona sulla mappa, saranno resi disponibili tutti gli immobili inseriti in precedenza che rispondono alle richieste in termini di prezzo, numero di locali, caratteristiche specifiche. La app lavorerà di notte, setacciando il web, trovando gli immobili disponibili e aggregandoli; in più, oltre alla geolocalizzazione, consentirà anche a chi la utilizza di entrare nell’immobile, scattare foto ai locali, controllare se vi sono parti che necessitano di lavori di ristrutturazione e di quali lavori, preparando seduta stante il conto economico». Si tratterà dunque di un assistente digitale con un algoritmo interno che permetterà diverse operazioni: «Una delle più interessanti sarà l’accesso a una piattaforma che consentirà di estrarre quelli che in gergo tecnico si chiamano comparabili, ossia gli immobili venduti nella zona negli ultimi mesi con relativi prezzi. Una risorsa operativa straordinaria, da unire alle precedenti, tra le quali la possibilità di stampare o spedire via mail eventuali report, formulare un conto economico e andare direttamente in agenzia a scrivere la proposta. Se un utente dovesse trovare difficoltà durante


il percorso, potrà contare su un assistente come Milano, Torino, Bologna siamo in credigitale che lo guiderà». Un supporto alle scita, non come numero delle compravendiattività degli operatori e delle seconde linee te ma come prezzi. Il nostro business ha un che lavorano per loro. «Ad esempio -proseorizzonte temporale di investimento molto gue Gatti -, la app può indicare quando inbreve, che ci consente di essere estremaviare un idraulico o un elettricista in base mente efficaci: compriamo, ristrutturiamo al cronoprogramma dei lavori, oppure ine vendiamo in 6 mesi, per cui lo stesso cadicare quali clausole inserire nel contratto pitale gira per due volte durante l’anno. Per nel caso, per esempio, di ritardata consegna noi è un ottimo momento, perché i prezdell’immobile. È uno strumento potentissizi, seppur in crescita, sono bassi e i mutui mo nelle mani dell’ovengono erogati: la peratore che consente «COMPRARE, RISTRUTTURARE E VENDERE ripartenza è meglio NELL’ARCO DI UN SEMESTRE: di avere sotto controldi quanto si pensasIN QUESTO MODO LO STESSO CAPITALE lo il progresso dell’in- CIRCOLA DUE VOLTE DURANTE L’ANNO» se, pur non potendo tera timeline di ogni fare previsioni sullo operazione immobiliare attiva. Dal punto di scenario da qui a fine anno. Attenzione però vista finanziario, offre anche la possibilità a non confondere il mercato globale con una di gestire in maniera intelligente il flusso di nicchia, come è quella in cui operiamo noi: cassa delle operazioni perché consente di è compito nostro far comprendere questa utilizzare al massimo la liquidità disponibidifferenza agli investitori». le per le diverse operazioni pianificate». Un compito non difficile per lui, che al buQuesta idea della app si inserisce come tassiness immobiliare affianca la passione per sello più recente nel mosaico imprenditola divulgazione attraverso tre libri editi da riale di Gatti con una logica precisa, come Mondadori. Con il primo “Rivoluzione imspiega lui stesso: «È l’evoluzione naturale mobiliare”, ha creato una guida formativa di una galassia in cui ogni società ha la propria sfera di competenza. Uno strumento innovativo che, tra l’altro, consente anche di far dialogare tra loro diversi investitori, che possono scambiarsi informazioni, consigli, novità. La app sarà disponibile per iOS e Android; entro quattro mesi avremo la versione beta, quella definitiva entro sei mesi. La soluzione base sarà gratuita, mentre sarà a pagamento a seconda del tipo di utilizzo che se ne farà, specialmente per gli utenti evoluti, con diversi scaglioni di prezzo. Il tutto, sempre, con l’obiettivo principale della mia mission: rendere accessibili gli investimenti immobiliari». Il fatto di operare in una nicchia, mette questo modello di business al riparo dalle incertezze di un mercato immobiliare colpito duro dalle conseguenze della pandemia. Conseguenze che, però, Gatti vede solo in parte: «Durante il lockdown ho sentito diversi operatori e amici che paventavano GIUSEPPE GATTI scenari apocalittici. Invece oggi su città

per gli investitori del settore, cui ha illustrato con il secondo, “Errata corrige”, 18 casi di investimenti immobiliari con gli errori che si potevano evitare. Con il terzo, il recentissimo “Forma mentis”, insegna come sviluppare il giusto mindset per avere successo negli investimenti immobiliari. Avendo sempre come stella… cometa la correttezza e l’etica del business: «La mia è una holding italiana - conclude -, che paga le tasse in Italia e porta valore al Paese, oltre che ai soci. Magari guadagno meno di quanto avrei guadagnato se avessi creato una holding basata in un paradiso fiscale, ma non è ciò che mi interessa. Per me l’etica è fondamentale, nella vita e nel lavoro: non a caso, le mie aziende fanno parte della galassia Neticwork che, come dice in nome stesso, è un network che lavora in maniera etica». Un carburante pulito per far correre al meglio la «macchina per abitare». www.giuseppegatti.it info@giuseppegatti.it 800.27.00.28

CI SONO ENORMI OPPORTUNITÀ DI INVESTIMENTO IN ITALIA, QUELLO CHE MANCA È IL TEMPO E LE COMPETENZE PER TRARNE BENEFICI 117


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LA PIZZA AMERICANA ALLA CONQUISTA DEL BELPAESE La catena Domino’s Pizza, nata nel Michigan negli anni ‘60, conta oggi una trentina di pizzerie in Italia. Ma la rete in franchising, assicura il ceo Alessandro Lazzaroni, sta per ampliarsi grazie a un modello digitale di Davide Passoni

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n Oscar, il sesso, un gelato e una pizza… Se avessi questo ogni giorno per il resto della mia vita sarei felice», disse una volta Dustin Hoffman. Limitiamoci all’ultimo dei suoi desideri: come dargli torto? Specialmente quando la felicità arriva calda nel cartone direttamente a casa, grazie anche ad aziende storiche come l’americana Domino’s Pizza. Nata nel Michigan nel 1960, conta oggi 15mila pizzerie in 85 Paesi, di cui una trentina in Italia: «Ma ne apriremo da 5 a 8 dopo l’estate, per poi accelerare nel 2021 assicura Alessandro Lazzaroni, 41 anni, Ceo e master franchisee del brand Domino’s Pizza Italia dal 2015, anno dell’arrivo del brand nel nostro Paese -. Il mercato della ristorazione e i clienti stanno andando nella direzione del food delivery e del digital. Domino’s Pizza è là dove per il quale calcoliamo una disponibilità finansta andando il mercato». ziaria da 50mila euro; il restante viene coperto In Domino’s Pizza Italia lavorano circa 450 con un finanziamento per il quale abbiamo già persone e il fatturato è in parte sui negozi di sottoscritto convenzioni importanti. L’affiliaproprietà e in parte sui franchisee: «Abbiazione comprende inoltre il pagamento del 6% mo punti vendita che generano tra i 550 e i di royalties e il 5% di contributo marketing». 600mila euro di fatturato, con un utile pari a I piani di sviluppo nel nostro Paese sono ambicirca il 10% - dice Lazzaroni, il quale sottolinea ziosi, ma hanno fatto i conti con la pandemia, anche il valore del modello dell’affiliazione -. dalla quale il Ceo ha tratto un importante inAbbiamo un piano per sostenere e finanziare segnamento: «Penso che Covid-19 abbia fatto i dipendenti che hanno voglia e competenze emergere una diversa per diventare franchiIN ITALIA IL 60% DEGLI ORDINI logica di vendita. Prisee, ma non ancora le A DOMINO’S PIZZA ARRIVA TRAMITE ma era legata quasi capacità finanziarie IL CANALE DIGITALE, CON L’80% solo al prodotto, il serper esserlo. Prima abDA MOBILE E IL 20% DA COMPUTER vizio era importante biamo deciso di aprire ma il prodotto era dominante; la pandemia punti vendita corporate, che ci consentissero ha portato allo scoperto la necessità di saper di testare la bontà del modello di business gestire un servizio perfetto, che nel mondo del rendendoli efficienti ed efficaci; solo dopo abfood delivery significa velocità, tempestività e biamo aperto al franchising. Parliamo di un puntualità nella consegna, ma anche e sopratinvestimento iniziale, per una pizzeria di 120 tutto sicurezza. Essere capaci di garantire al mq massimo con 10 posti a sedere, di 175mila cliente che il proprio prodotto non solo è il mieuro esclusa formazione e Iva, che include una gliore sul mercato ma è anche sicuro». fee iniziale di 25mila euro a punto vendita e

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L’azienda è stata attiva durante il lockdown con le consegne a domicilio, chiudendo i servizi di asporto e di consegna sul punto vendita: «Appena ripartiti abbiamo aperto una nuova pizzeria a Monza e da settembre ne apriremo altre. Ci sono anche nuove idee su cui stiamo lavorando, che renderanno l’acquisto ancora più semplice e sicuro, un tema quest’ultimo su cui vi sarà in futuro ancora molta attenzione. Un esempio? Per l’asporto potrà non essere più necessario dover parcheggiare l’auto e scendere a ritirare la pizza: tramite l’app si potrà comunicare di essere arrivati e una persona del punto vendita porterà la pizza direttamente in auto». Una prospettiva che comporta l’introduzione di servizi digitali sempre più avanzati, sui quali un’azienda di food delivery non può smettere di investire. «Domino’s Pizza - prosegue Lazzaroni - è la società che più al mondo ha sviluppato il proprio business attraverso il canale digitale e della consegna a domicilio. Negli Usa, è tra le prime cinque società per numero di


transazioni online, in Italia il 60% degli ordini arriva tramite il canale digitale, con circa l’80% da mobile e il 20% da computer. Forti investimenti in questo ambito sono sempre stati fatti; già prima dell’arrivo del Covid-19 abbiamo introdotto la consegna a domicilio contactless e oggi stiamo migliorando sempre di più le caratteristiche del sito e della app per essere sempre più là dove c’è l’esigenza del cliente». Il prodotto di Domino’s Pizza ha bisogno anche di essere comunicato bene: si tratta pur sempre di una pizza americana che deve affermarsi nella patria della Margherita… «Secondo Coldiretti, in Italia quasi il 70% degli ingredienti utilizzati per preparare le pizze proviene dall’estero - dice Lazzaroni -; noi utilizziamo oltre il 90% di ingredienti italiani, per rispetto di noi stessi e della nazione in cui abbiamo aperto, ma anche perché sono di altissima qualità. Altro nostro punto di forza è l’arrivare a casa dei clienti con una pizza a circa 70 gradi, temperatura simile a quella del prodotto che consumiamo al tavolo in pizzeria. Poi

ALESSANDRO LAZZARONI

SIAMO UNA PEOPLE COMPANY: IL NOSTRO PUNTO DI FORZA SONO LE PERSONE

in menu ci sono le classiche italiane ma anche biamo la volontà di aderire e di essere membri pizze globali, gusti inconsueti ma che attragattivi. Il parterre di imprese che ne fa parte è gono; gli italiani amano la tradizione ma sono favoloso ed esserci come Domino’s Pizza può sempre alla ricerca di innovazione, che nel noportare valore aggiunto sia all’azienda, sia alla stro caso sono i gusti inaspettati, come le pizze community». Pepperoni Passion e Cheesburger, curiose e Ma che cosa serve a un attore giovane e fresco divertenti, i nostri cavalli di battaglia. Se finora per distinguersi nel mercato del food delivery abbiamo parlato tanto di consegne a domicilio, dove c’è di tutto e di più? «Intanto le compedi innovazione, di ricette iconiche, nei prossimi tenze, come quelle digitali che per noi sono un mesi parleremo tanto e in diversi modi di tutto dato di fatto; poi serve identificare un target e il resto, dalle pizze insolite e sfiziose all’attenoffrirgli un valore. Torno alle pizze Pepperoni zione per gli ingredienti italiani». Passion e Cheeseburger; se si pensa a McDoUn’attenzione al prodotto che è pari a quelnald’s si pensa al Big Mac, se si pensa a Burger la verso i dipendenti: «Da un lato siamo una King si pensa al Whopper: in entrambi i casi società digitale, che non si pensa all’hamlavora molto sulla IN ITALIA DOMINO’S PIZZA SI SVILUPPA burger, che si può troIN ESCLUSIVA NELLE AREE CON PIÙ relazione geolocavare ovunque, ma a DI 50MILA ABITANTI LOCALIZZATE lizzata e sui social, quei due prodotti che PER ORA SOPRATTUTTO AL NORD dall’altro siamo anche si trovano solo lì. Con una pizzeria di quartiere il cui motore sono i le nostre due pizze è la stessa cosa: grazie a dipendenti e i franchisee. Siamo una people loro diventiamo la pizzeria di riferimento per company, lavoriamo per formare leader locali, il cliente che le prova e le apprezza». A Domipersone integrate nella società. Attraverso la no’s Pizza non manca dunque l’ambizione per loro forza propulsiva e gli strumenti che diamo aggredire il mercato italiano, «che è un mercaloro, i ragazzi che lavorano con noi possono dito fondamentale, perché è il secondo al mondo ventare una squadra e contribuire al successo per consumo di pizza dopo gli Stati Uniti, con del punto vendita, con la voglia di far crescere meno di un quinto dei loro abitanti - conclude un marchio ancora poco presente e in Italia e Lazzaroni -. In Italia ci sviluppiamo in comuni l’orgoglio di rappresentare la prima catena di sopra i 50mila abitanti o in aree di esclusiva pizzerie al mondo». Una sensibilità alle risorse di 50mila abitanti; siamo presenti prevalenumane confermata dalla volontà dell’azienda temente al Nord, ma arriveremo nei prossimi di entrare a far parte di Hrc Group, la business mesi anche al Centro, con l’obiettivo di aprire community Hr italiana fondata da Giordano sempre più pizzerie. Avere successo qui signiFatali: «Stiamo parlando con Hrc perché abfica avere successo ovunque».

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La nuova strada del network marketing

che riguarda le tasse da pagare e gli obblighi fiscali. Perché il rischio di trovarsi invischiati in meccanismi illeciti come accaduto nel passato è altissimo. Il primo passaggio fondamentale, dunque, è decidere a quale impresa rivolgersi, capendo se sia un marchio affidabile. È organizzato come il franchising, con programmi di affiliazione Chi ha intrapreso con soddisfazione e sucche promettono grandi risultati. Ma bisogna scegliere con cura la rete cesso questa strada è Francesco Comito. «Io a cui aderire, come spiega l’avvocato “pentito” Francesco Comito vengo dal mondo “tradizionale” – ci racconta – e sono sia avvocato che commercialista. Sono i miei genitori che mi hanno insegnato di Roberto Colucci che per progredire grazie all’ascensore sociale bisogna avere un livello d’istruzione superiore alla generazione precedente. E quindi sono stato il primo Comito a prendere la laurea. Ho scelto di iscrivermi alla Luiss, di Roma, per frequentare giurisprudenza nonostante costasse quasi dieci volte tanto rispetto all’università la Sapienza. I miei genitori hanno fatto enormi sacrifici per potermi permettere questa scelta, ma eravamo certi che avrei ottenuto grandi risultati». Happy ending? Mica tanto, nel senso che il giovane Comito si accorge che la professione legale, nonostante un buon livello di soddisfazione economica, non è quello che voleva per sé e la sua vita futura. In effetti, nella sola città di Roma ci sono più avvocati che in tutta la Francia ed emergere, quindi, diventa un po’ complicato. «Avevo intrapreso un percorso di studi nale. Dunque, se tutto funziona in maniera uando si parla di network marketing con indirizzo giuridico-economico, con corretta, se l’impresa non è una venditrice ci si trova nella difficile situazione di una base finanziaria. Ho quindi conseguito di fumo e se ogni anello della catena svolge dover riuscire a distinguere rapidaun’altra laurea del vecchio ordinamento, più il proprio compito, questo meccanismo non mente tra una professione seria e qualcosa di cinque master di secondo livello. Insomma, solo è efficace, ma gavicino alla truffa, a metà tra lo schema Ponzi e ero sicuramente una LA SCELTA DELLE AZIENDE TARGET rantisce anche ritorni quelle iniziative rabberciate che coinvolgono persona formata, ma FA LA DIFFERENZA TRA LO SCHEMA piuttosto interessanti amici e parenti e che in genere si tramutano in non sapevo ancora PONZI E UN BUSINESS SERIO a chiunque decida di un autentico disastro. che cosa fare, non E DECISAMENTE REMUNERATIVO entrarne a far parte. Quindi, prima di tutto, è necessario chiarire trovavo una corretta Una modalità di svolgere una professione che con questo termine si intende un busicollocazione per le mie ambizioni e i miei che è diventata sempre più in voga nel noness model in cui si distribuiscono beni e desideri di crescita. Così ho iniziato a leggestro paese, tanto che nel 2005 si è deciso servizi in modo che tutti gli attori siano conre i libri di americani che suggerivano modi istituire una legge che ne regoli modalicatenati tra loro, partendo da un’azienda dalità d’investimento. Il tutto, ovviamente, tà di esecuzione e ne delimiti i confini, sia che eroga questi prodotti, via via scendendo continuando a fare l’avvocato perché non per quanto concerne l’attività, sia per quello verso altri collaboratori fino all’utente fivolevo affossarmi con le mie mani compien-

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do gesti avventati». Il passaggio successivo, dunque, è quello di rivolgersi, come suggeriscono i guru del degli investimenti, al mercato immobiliare. Ma quello che oltreoceano non conoscono è la situazione del real estate in Italia: per mandare via un inquilino moroso ci vuole più di un anno e i costi di gestione e acquisto sono altissimi. Anche aprire aziende, altro cavallo di battaglia degli Usa, è parecchio difficile nel nostro Paese, tra banche che non collaborano e scartoffie che si accumulano sulle scrivanie. Così la ricerca del business perfetto prosegue anche con il trading. «Non mi sono fermato – chiosa Comito – e mi sono imbattuto nel network marketing. Inizialmente pensavo fosse una cosa “da scappati di casa”, anche perché me l’aveFRANCESCO COMITO va proposto una persona di cui non avevo grande stima. Per questo ho iniziato a studiarlo con ancora maggiore diffidenza, e in azienda. «Bisogna rompere i pregiudizi mi sono accorto subito che c’erano alcune – ci spiega – perché non è un biglietto delproblematiche. In primo luogo, la bassa barla lotteria. Bisogna lavorare, tanto, facendo riera d’ingresso, i costi contenuti, vengono molti sacrifici dal punto di vista mentale. visti come un motivo per non avvicinarsi al Secondo la Harvard Business School, che ha network marketing con il dovuto impegno lavorato molto sul tema del network markee con la necessaria determinazione. Se si ting, le aziende devono avere delle caratteimpiegano pochi solristiche specifiche di TUTTI GUARDANO ALL’AZIENDA di, alla prima avveraffidabilità. Perché i MA QUASI NESSUNO FA RIFERIMENTO sità è molto più facile rischi ci sono, e posAL RUOLO DELLA MENTORSHIP mollare, se invece si sono far perdere non CHE INVECE FA LA DIFFERENZA puntano decine di misolo denaro, ma angliaia di euro, anche la tentazione di gettare che tempo. Se si sceglie l’impresa sbagliata la spugna è decisamente più remota». Così posso disaffezionarmi e bruciare contatti Comito si lancia in questa attività prima preziosi che sarebbero stati assai utili se come “collaterale” della professione legale, avessi individuato fin da subito l’azienda poi come fonte di reddito principale. Anche più corretta. E poi è fondamentale trovare perché dopo un periodo di assestamenun mentore giusto: io guadagno molto, e to iniziale, i risultati iniziano ad arrivare sono la migliore pubblicità per gli altri. Tutti per davvero e oggi l’ex avvocato si porta a guardano all’azienda, ma pochi fanno rifecasa importi a sei cifre, netti, al mese, cui si rimento al ruolo significativo della mentorsomma una qualità della vita estremamente ship. Qui è il segreto!». migliore di quella che aveva quando si muoMa come funziona il rapporto con l’azienda? veva nelle aule dei tribunali. «Sostanzialmente, come una sorta di franLa scelta delle aziende target da cui partire chising. Questa si deve preoccupare della ha fatto la differenza, permettendo a Comito logistica, del marketing e degli aspetti amdi essere sempre tra quelli con il reddito più ministrativi. Non si deve pensare a nulla che alti nonostante non fosse tra i primi entrati non siano i clienti. Ma visto che di aziende

pronte a fare affari con qualcuno ce ne sono tante, è ancora più fondamentale il mentore, che è quello che fa davvero la differenza. «Ed è qui che io faccio la differenza – chiosa Comito – perché ho tanti strumenti da mettere in campo. Uno di questi sono i miei libri, ne ho già scritti due ed entrambi sono diventati best seller nel giro di 24 ore. E un terzo è in rampa di lancio. Chi entra nel mio team ha a disposizione un sistema: un metodo collaudato e duplicabile per avere successo, in questo settore (corsi online e mentorship dirette). La cosa bella del network lecito è che io guadagno solo se quelli che si rivolgono a me ottengono buoni risultati. E quindi, una volta selezionati i miei collaboratori, tutto il mio focus è sul far ottenere loro risultati. Io lavoro in tutto il mondo, in Italia come in Australia, e lo scorso mese ho fatturato 1,5 milioni, ottenuti grazie a 23mila persone. L’importante è che la gente s’impegni e capisca la necessità di mettersi in discussione, l’urgenza di entrare lentamente ma con decisione in questo mondo». In effetti, Comito non ha abbandonato subito la sua professione, ma ha progressivamente tastato il terreno per essere sicuro di non cadere in fallo. Oggi è un full timer network marketing, anche se ha ancora le sue aziende, i suoi immobili e fa trading. Ma è il modello matematico ad avergli suggerito di puntare con decisione su questa attività: perché il tempo è a sua completa disposizione. «Nel mio ultimo libro – conclude Comito – ho scritto una frase: “Il mondo si divide in due categorie di persone, chi non conosce il network marketing e chi lo ama”. Io sono convinto, numeri alla mano, di poter convincere chiunque a valutare questo tipo di business. In Italia ci scontriamo da una parte con l’analfabetismo funzionale e, dall’altra, con attività illecite che hanno infangato il buon nome di questo business. Per me, quindi, è una mission quella di informare che esiste la possibilità di fare business, in Italia, in maniera molto più efficace ed efficiente. E lo racconterò anche nel mio prossimo libro».

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NEWS DALLE AZIENDE CON IL BAMBÙ GIGANTE SI INVESTE IN SOSTENIBILITÀ INNOVAZIONE, SOSTENIBILITÀ, IMPORTANTE MARGINALITÀ E UN NUOVO MERCATO NEL QUALE I PRIMI DETTERANNO LE REGOLE:

sono questi i motivi per cui investire in Forever Bambù, la prima iniziativa italiana, nata nel 2014, che coniuga una filiera strutturata all’attenzione per il pianeta e per i territori attraverso la coltivazione del Bambù Gigante, un materiale versatile, resistente e sostenibile usato in ambito alimentare e industriale. Forever Bambù oggi vanta 85 ettari di superficie coltivata in due regioni italiane e ha ricevuto le adesioni di oltre 400 soci da 5 paesi, dando vita a 25 società agricole e raccogliendo 8 milioni di euro di investimenti. Nel 2017 è stata costituita la Forever Bambù Holding Srl che partecipa tutte le 25 società agricole e nel 2020 è stato avviato il processo di fusione di tutte le società agricole in una unica grande SpA, con l’obiettivo

DOPO MESI DI BELLEZZA FAI DA TE E GIORNI TRASCORSI A SEGUIRE TUTORIAL SUI SOCIAL NETWORK, FINALMENTE È POSSIBILE TORNARE AL PROPRIO SALONE DI BELLEZZA. É stato questo il pensiero delle tantissime italiane che possono rinunciare a tutto ma non alla cura di viso e corpo. Il settore beauty ha infatti registrato una netta accelerazione già in pieno lockdown, con una crescita delle vendite online del +93% tra fine febbraio e inizio aprile ed un picco di fatturati anche in queste prime settimane della cosiddetta ripartenza o fase 3. Un valido motivo per cogliere adesso le nuove opportunità di business, affidandosi alla formula franchising, la sola che può coprire tutte le esigenze a 360 gradi e supportare anche i professionisti che per la prima volta decidono di investire in questo comparto. Come? Affidandosi a Seta Beauty, il brand di estetica avanzata che dal 2011 propone un’offerta di qualità senza compromessi, puntando sull’epilazione permanente, che è stata il tram-

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della quotazione in borsa. Nel frattempo si sono aperte nuove opportunità di investimento, con la startup innovativa Forever Bambù 27: «Avrà come obiettivo l’acquiAL CENTRO EMANUELE RISSONE, CEO DI FOREVER BAMBÙ sto di un nuovo grande comparto, ne esce un’immagine chiara. La Forever Bamquesta volta situato nel Veneto», spiega a Ecobù 27 avrà come limite d’ingresso il minimo di nomy il ceo, Emanuele Rissone. «Stiamo infatti una quota di 2.950 euro così composta 1.500 trattando l’acquisto di 30 ettari in provincia di euro di capitale sociale e 1.450 euro di sovrapVenezia già piantumati nel 2015 da imprenprezzo. Il limite massimo saranno i 3 milioni di ditori veneti che vorrebbero unirsi al nostro aumento di capitale. Oggi Forever Bambù 27 progetto», continua Rissone. «Per chi vorrà è un investimento che andrebbe quantomeno farne parte è un’operazione lanciata in equity approfondito: ci aspettiamo nel nostro worst crowdfunding sulla piattaforma OPstart». E case una redditività media annua del 9.75%». grazie al DL Rilancio, gli investimenti appunto bit.ly/opportunita-fb in Start Up Innovative godono di un beneficio Tel. +39 02 400 31 483 fiscale del 50%. «Se a questo aggiungiamo i info@foreverbambu.com benefici in termini ambientali che ho spiegato www.foreverbambu.com prima e quelli legati alla prossima quotazione

TUTTO IL “BELLO” DI PUNTARE SULL’ESTETICA IN FRANCHISING polino di lancio dell’azienda, fino ai trattamenti di bellezza viso e corpo con tecnologie all’avanguardia ed ai prodotti di cosmesi naturale a cura dei laboratori Seta Beauty e distribuiti in oltre 60 punti vendita fra Italia e Svizzera. Entrare a far parte della famiglia Seta Beauty in questo momento storico vuol dire scegliere un

format collaudato e sicuro, oggi più che mai in forte crescita. Avviare un proprio centro in franchising sarà inoltre un’occasione per sfruttare gli incentivi all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità (come quelli proposti dal DL n. 185 del 21 aprile del 2000) o approfittare dei numerosi fondi per l’imprenditoria femminile. Che si tratti di imprenditori con esperienza alle spalle o di pionieri in cerca di sfide professionali, sposare la mission Seta Beauty vorrà dire ascoltare i bisogni più contemporanei, credere nell’innovazione e al contempo essere competitivi. Un vero e proprio pacchetto vincente derivato dal binomio singolo/grande impresa e dalla visibilità di un marchio più che affermato, che potrà garantire anche un’ampia e capillare copertura sul fronte marketing e comunicazione. www.setabeauty.com


NEWS DALLE AZIENDE ANYTIME FITNESS, IL PIÙ GRANDE FRANCHISING AL MONDO PER PALESTRE, CON OLTRE 4.700 CLUB NEL MONDO E 4 MILIONI DI ISCRITTI A LIVELLO GLOBALE, HA APERTO IL

LA FORMULA VINCENTE DEL FITNESS 24 ORE SU 24

SUO PRIMO CLUB IN ABRUZZO, A FRANCAVILLA AL MARE: oltre 700 metri quadri tra zona

cardio, area funzionale e sala pesi, spogliatoi, bagni ed una sala corsi di oltre 80 mq. Come da format, il centro sarà aperto tutti i giorni dell’anno, 24 ore su 24, festività comprese: grazie ad una chiavetta magnetica che il cliente riceve al momento dell’iscrizione, è possibile accedere ad ogni centro Anytime Fitness nel mondo, in qualunque momento. Anytime Fitness, marchio del fitness nato nel 2002 negli Stati Uniti d’America, punta infatti sull’alta qualità della sua offerta e sulla massima flessibilità degli orari, il tutto con prezzi equilibrati, lontani dalle proposte high level dei club più sofisticati, ma anche dalle formule low cost delle palestre più economiche e iper-affollate. A prendersi cura di ogni cliente sono personal trainer competenti e preparati, ma il vero fiore all’occhiello sono i macchinari all’avanguardia che regalano

una fitness experience altamente coinvolgente ed interattiva. Tutti gli iscritti Anytime Fitness hanno accesso esclusivo all’App grazie alla quale possono usufruire di migliaia di workout personalizzati, esercizi suggeriti e programmi di monitoraggio delle proprie performance. Il format di affiliazione in franchising al network di Anytime Fitness si differenzia dai competitor offrendo un servizio di altissimo livello al partner. Viene fornito un supporto ini-

OK, IL PREZZO È GIUSTO IN ASTA CON LA BLOCKCHAIN CONTINUA LA CRESCITA DEL GRUPPO ASTEBOOK: NEL 2019 CON PAOLO SILIGONI, CEO DI SWISS CROWD, ABBIAMO IMPLEMENTATO LA NOSTRA PIATTAFORMA CON “BLOCKCHAIN” RENDENDO DI FATTO ASTEBOOK LA PRIMA CASA D’ASTE IN EUROPA BASATA SU QUESTA NUOVA TECNOLOGIA.

Nel 2020 siamo entrati nel capitale di Italy Crowd (fondata da Augusto Vecchi) per il lending crowdfunding immobiliare. Nel nostro programma di crescita sul territorio nazionale, ed in particolare per la crescita nel centro-sud Italia, abbiamo avviato con AM Advisor, società di consulenza strategica focalizzata nel Management Consulting e specializzata nei settori di Fin Tech/Corporate Finance, il nuovo hub di Roma alla cui guida si trova il ceo Alessandro Toschi e Paolo Pascarella. Sul nostro portale

il mondo delle aste - finora esclusivamente dedicato al settore giudiziario – continua ad ampliarsi : Astebook apre infatti le porte alle liquidazioni di società “in bonis”. In questo momento di forte contrazione del mercato la nostra Società vuole dare l’opportunità alle aziende di generare liquidità in tempi brevi mettendo in asta beni immobili, impianti, macchinari e stock di magazzino. L’utilizzo del sistema dell’asta pubblica permette di garantire, sia per i venditori che per i compratori, la determinazione del “giusto prezzo” di vendita eliminando qualsiasi tipo di

ziale nella ricerca della location e un supporto per la promozione del centro e per la strategia di marketing generale da attuare, sia in fase di prevendita che dopo l’apertura. Oggi Anytime Fitness conta 21 club in Italia, distribuiti tra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Abruzzo e Lazio ed il piano di espansione prevede 10 nuove aperture per il prossimo trimestre in importanti città italiane tra cui Bologna, Torino, Verona, Brescia, Monza, Roma e Perugia. Anytime Fitness rappresenta un investimento ad alto rendimento e rischio contenuto, grazie al format caratterizzato da solidità finanziaria e stabilità del network che vanta un success rate a livello globale del 96% ed in più del 60% dei casi ha consentito ai franchisee di tutto il mondo di diventare proprietari di più di una palestra. www.anytimefitness.it contestazione sull’importo di realizzo. Per il settore lusso la nuova sezione dedicata al “luxury” con il nuovo portale Astelux è in fase di avvio e a breve sarà possibile l’acquisto in asta di diversi oggetti di valore come opere d’arte, gioielli, imbarcazioni e molto altro La nostra visione di vendita, fondata solo sul modello “telematico”, ha dunque assunto concreta forma e posizione nel mercato. Il numero degli incarichi ricevuti e delle aggiudicazioni dimostrano concretamente l’ampliamento della platea dei soggetti interessati sia all’acquisto che alla vendita andando di fatto ad operare su un mercato endto-end. L’ acquisto in asta telematica sta finalmente diventando per il consumatore una pratica ricorrente ed una reale opportunità . www.astebook.it

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NEWS DALLE AZIENDE IL MERCATO IMMOBILIARE RIPARTE DALLA GRANDE MILANO «MILANO SI È SEMPRE DIFFERENZIATA PER ESSERE UNA CITTÀ METROPOLITANA AL PASSO CON LE ALTRE CAPITALI EUROPEE E COME TALE DIMOSTRERÀ DI ESSERE ALL’ALTEZZA DEL PROBLEMA ECONOMICO». Rodolfo Lombardi (nella foto), oltre trent’anni di esperienza nel ramo immobiliare e oggi a capo di una delle realtà più significative di Milano, con 4 agenzie in centro e più del 93% di trattative concluse, non ha dubbi: il mercato è già ripartito: «Vediamo un mercato in costante crescita. La qualità di vita nella città della Madonnina è ancora al primo posto sul scala nazionale e Milano è una città iche punta moltissimo sulla riqualificazione di aree urbane trascurate e sottovalutate, le quali vedono nascere magnifici complessi dotati di ogni comfort. Proprio per questo si prospetta un mercato immobiliare sempre più attento, internazioIL “BOOM” DEL TRADING ON-LINE, CIOÈ DELLE COMPRAVENDITE DI BORSA “FAI DA TE” CHE SI È VERIFICATO DURANTE IL LOCKDOWN, NON È FINITO. Anche a maggio (ultimi dati disponibili) quest’attività è cresciuta del 10% sul 2019 con 7,2 milioni di operazioni eseguite: «Comprare e vendere azioni era un’attività riservata a pochi professionisti, oggi chiunque lo può fare, direttamente dal proprio computer, basta una connessione internet e un pc e chiunque diventa trader – spiega Maxx (con due “x”) Mereghetti, un trader professionista tra i più seguiti in Rete che alle telecamere di Raitre, recentemente, ha illustrato la filosofia alla base del suo metodo. «Se comprare o vendere è facile, guadagnare è difficile – ha detto – E per guadagnare con una certa costanza dobbiamo dotarci di un modello che ce lo permetta. Trading significa negoziazione – prosegue Mereghetti, 44 anni, parlando con Economy: «Il trader decide se comprare o vendere in un determinato momento, con un orizzonte temporale di giorni o di mesi. Io ana-

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nale e di pregio», dice. Anche perché la casa, «il nostro “porto sicuro” durante questi mesi è stata messa in discussione dalla maggior parte di noi: viverla intensamente per un lasso di tempo così lungo ha dato modo di capire quali sono le proprie esigenze in termini di spazio e confort». Domanda e offerta, però sono cambiati: «Per quanto riguarda l’affitto residenziale ci siamo accorti che, a distanza di due mesi dalla riapertura delle attività commerciali e dunque dalla ripresa socio-economica, viviamo un momento in cui prevale una grande offerta, risultato di alcuni settori non ancora totalmente riavviati come quello turistico e universitario. In merito alla compravendita ci aspettiamo che il valore del mattone continui a crescere nei prossimi anni». Quello che non è cambiato è il rapporto coi clienti: «Per noi è molto importante trasmettere aprofessionali-

tà e trasparenza. Negli anni siamo riusciti a consolidare rapporti creati sulla fiducia che non sono mutati duRODOLFO LOMBARDI rante questo periodo di lockdown, ma si sono intensificati grazie ad una costante presenza sul web e social network. L’impossibilità di raggiungere Milano da chi proviene da altre regioni è stato il motivo che ci ha portato a scegliere uno strumento professionale che ci permettesse di fare video in alta definizione con videocamera grandangolare con lo scopo di accorciare le distanze. Questa modalità ci permette tuttora di effettuare una grande scrematura dei potenziali interessanti che li rende più consapevoli al momento della visita all’immobile». www.lombardire.it info@lombardire.it info: 02/87383443

FARE TRADING È FACILE MA CI VUOLE IL METODO GIUSTO lizzo grafici come fa chiunque, sapere che c’è un rating non mi sposta, ma devo guadagnare cioè agire quando il prezzo va dalla mia parte: è difficile costruire un trading di breve periodo basandosi solo sul rating». Mereghetti ha lasciato il suo lavoro da dipendente 15 anni fa, quando ha scoperto il fai-da-te

borsistico, ed oggi opera sui mercati finanziari. Durante il lockdown si trovava ai Caraibi, per la quinta tappa del suo oramai leggendario giro del mondo. Un portatile, una connessione Wi-Fi e un conto personale da 1 milione di euro: «Solo qualche mese fa avevo pubblicato il mio track record mostrando il 16,9% di guadagno in circa tre mesi con un risultato netto di 169.000 euro. Ora sono passati altri 3 mesi ed eccomi qui con il mio aggiornamento: il 43% in 6 mesi. 430.000 euro». Intendiamoci: questi risultati sono frutto di attenzione e studio. Tutti, potenzialmente, possono arrivarci: ma non tutti hanno un metodo. Che Mereghetti però è disposto a insegnare. E a breve pubblicherà, per insegnarlo al vasto pubblico anche così, oltre che con i suoi corsi, un libro per Mondadori. www.maxxmereghetti.com


Voglio trasformare la crisi in un momento di crescita per la mia azienda

Molti imprenditori stanno ripensando strategicamente all’organizzazione ed al modello di business della propria azienda per affrontare con fiducia il futuro e chiedono competenza e tempestività. I team multidisciplinari RSM offrono un approccio integrato per definire soluzioni mirate alle esigenze di ogni azienda che voglia crescere su solide basi.

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RSM Società di Revisione e Organizzazione Contabile S.p.A and RSM Italy Corporate Finance S.r.l. are members of the RSM network and trade as RSM. RSM is the trading name used by the members of the RSM network. Each member of the RSM network is an independent accounting and consulting firm each of which practices in its own right. The RSM network is not itself a separate legal entity of any description in any jurisdiction. The RSM network is administered by RSM International Limited, a company registered in England and Wales (company number 4040598) whose registered office is at 11 Old Jewry, London EC2R 8DU. The brand and trademark RSM and other intellectual property rights used by members of the network are owned by RSM International Association, an association governed by article 60 et seq of the Civil Code of Switzerland whose seat is in Zug. © RSM International Limited, 2020





COMUNICARE L’IMPRESA

QUANDO IL GIOCO SI FA ONLINE GLI SPONSOR COMINCIANO A GIOCARE Per essere certi di centrare il target bisogna riuscire a prendere bene la mira. Il che significa comprendere quali sono i migliori canali per raggiungere il proprio pubblico. Così, se il target è quello della generazione Z, è inutile puntare sulla tv commerciale: meglio andare direttamente al sodo, sponsorizzando i videogames e gli e-sports. Ecco come stanno prendendo piede strumenti di marketing efficace (incluso il personal branding) per andare a scovare i clienti dove meno se l’aspettano.

132 PERSONAL BRANDING FARSI CONOSCERE È UN’ARTE TUTTA (ANCORA) DA IMPARARE

Top brand alla ricerca di giovani giocatori di videogame: è l’unica via per raggiungere i nuovi consumatori. E anche Mercedes ha mollato la nazionale di calcio tedesca per concentrarsi sui campionati virtuali di Franco Oppedisano

S

e non conoscete metà delle persone in altri Paesi, ha ancora enormi potenzialità di e dei nomi citati, non preoccupatevi, crescita», spiega a Economy Silvia Rossi, Maperché è normale. Avreste qualche naging Director di Mktg, l’agenzia di lifestyle chance in più se avete un/a figlio/a che vedete marketing di Dentsu Aegis Network: «Le azientutti i giorni ma col/la quale non scambiate una de stanno investendo sempre di più in questa parola da un secolo. Ma non è detto. industry perché hanno iniziato a comprendere Perché parliamo di eSports, quelli che ci osticome gli Esport siano oggi un mezzo molto efniamo a definire videogiochi. Un mondo a parficace per intercettare e ingaggiare in maniera te, un universo parallerilevante un target lo che sta diventando TRA SPONSORIZZAZIONI, AMBASSADOR, sfuggente come quello DIRITTI E PARTECIPAZIONE AGLI EVENTI tanto importante da della GenZ». C’è proIL GIRO D’AFFARI COMPLESSIVO ARRIVA attirare investimenti prio Mktg dietro alle A 1,5 MILIARDI DI DOLLARI L’ANNO pubblicitari a go go, sponsorizzazioni della sottraendoli a tutti i settori tradizionali. Quelle Bomber Cup featuring Fortnite, sostenuta da immagini che si agitano sugli schermi guidate Gillette e del campionato italiano di League of dai joypad hanno ormai con di un giro di affari Legends da Vigorsol. tra sponsorizzazioni, ambassador, diritti e par«L’Esport sarà uno dei key trend sul quale tecipazione dei marchi agli eventi che, secondo si focalizzerà l’intero network nel prossimo Eurispes, arriva a 1,5 miliardi di dollari, poco biennio», continua Rossi. «Mktg è fortemente meno della metà degli investimenti pubblicitaimpegnata, in Italia come in altri Paesi, nella ri in tutte le tv italiane: «Un fenomeno decisacostruzione di team dedicati e nello sviluppo mente non trascurabile e che in Italia, più che di operazioni strategiche a livello di partner-

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COMUNICARE L’IMPRESA SPONSORIZZAZIONI

ship. L’idea è quella di fornire un’esperienza di altissima qualità, sia alle aziende che agli utenti finali. Penso per esempio alla Spagna che per i prossimi tre anni organizzerà la Madrid Games Week , agli USA e al Giappone dove stiamo strutturando nuove strategie nel Mondo Gaming». L’ultimo Global Games Market Report di Newzoo su dati del 2018 metteva nero su bianco sponsorizzazioni in crescita del 34,3% rispetto all’anno precedente, diritti media in salita del 41,8%, pubblicità a più 14,8%, biglietti agli eventi e merchandising in aumento del 22,4%. Numeri che farebbero felice qualsiasi editore e che hanno una motivazione chiara: il denaro va dove lo porta il pubblico, cioè online, e dove si ritrovano, i giovani, i più difficili da intercettare e che si ritrovano con il naso incollato agli schermi per vedere gli eSports. In Italia, secondo Eurispes, le persone che nel 2019 hanno seguito quotidianamente eventi del genere sono 350mila, con un incremento del 35% rispetto al 2018 e si arriva a circa 1 milione e 200mila se si calcolano coloro che seguono un evento

sportivo più volte durante la settimana. Sono giovani tra i 16 e i 30 anni, in prevalenza maschi (62%), con un livello di istruzione medio-alto. Che si appassionano a gare che nel 2019 avevano un montepremi complessivo superiore ai 200 milioni di dollari, proprio grazie a partnership con aziende che nulla avevano mai avuto a che fare con i videogames.

IN ITALIA LA BOMBER CUP FEATURING FORTNITE È SOSTENUTA DA GILLETTE E IL CAMPIONATO DI LEAGUE OF LEGENDS DA VIGORSOL

«Abbiamo abbandonato» spiega Mirco Scarchilli, direttore marketing di Mercedes Italia «la sponsorizzazione della nazionale tedesca di calcio e, con i tempi necessari, usciremo dal mondo del pallone a favore degli eSports. Siamo stati il primo brand automobilistico a investire i questo settore sponsorizzando i tornei dell’ESL (Electronic Sports League) a Katowice, Bombay o Birmingham. Da tempo, poi, abbiamo sia una partnership con Sony Playstation Italia e abbiamo sponsorizzato il primo cam-

pionato italiano di Gt Sport e giochi di ruolo». Quella della sponsorizzazione di eventi e tornei è una strada seguita da molti altri. Ad esempio, la Overwatch League dell’omonimo videogioco è stata sponsorizzata da Intel, T-Mobile, Coca Cola, Omen di HP e Toyota, il Campionato europeo League of Legends da Red Bull e quello degli Stati Uniti da Gillette, Intel, Twitch e Logitech. Kentucky Fried Chicken (Kfc) si è associato con ESForce, sponsorizza il Royal Never Never Up cinese e ha, poi, organizzato un torneo Call of Duty, il Black Ops 4 con un premio di 50.000 sterline che si concentra sulla modalità di combattimento “Blackout“. Nike, lo scorso febbraio ha annunciato la sponsorizzazione della LPL (League of Legends Pro League), il principale torneo di questo gioco in Cina e tutti i giocatori, gli allenatori e gli arbitri usano solo l’equipaggiamento Nike durante le loro partite ufficiali. A settembre, poi, Michelin si è aggiunta a Toyota e a Tag Heuer fra gli sponsor ufficiali del campionato mondiale di Gt Sport, il primo torneo automobilistico digitale patrocinato dalla Fia, la Federazione interna-

Dal Big Mac alla campagna di Obama : la partita è virtuale, ma la pubblicità è reale

L’

sperienza è virtuale, ma i soldi sono

2018.

verissimi. Se state facendo un drib-

In un mondo in cui i

bling contro Ronaldo, un sorpasso a Ha-

giocatori online sono

milton alla variante Ascari di Monza o state

circa 1,5 miliardi e ci

sfidando agli alieni armati di un bazooka

sono videogame come

fotonico, sullo schermo della tv, del com-

Fortnite che possono

puter o dello smartphone, oltre ai voi eroi,

vantare 250 mila uten-

c’è anche la pubblicità. E non si tratta solo

ti registrati, la pubblicità insegue il cliente

dei cartelloni pubblicitari come allo stadio.

dei cartelloni sparsi sui percorsi a ai lati del

anche in questo spazio virtuale. E lo fa da

L’idea di trasformarli in dollari fu subito ap-

campo di gioco. Ma anche prodotti come

anni. Nel 1973 comparve il primo Big Mac

provata da Electronics Arts, l’azienda che

scarpe, maglie, auto o qualsiasi cosa ven-

di McDonald in Lunar Lander, ma la storia

ogni anno crea la nuova versione di Fifa e

ga in mente, che entrano nel videogioco e

del settore spiega che fu solo un omaggio

che nel 2008 conquistò una notorietà mon-

ne diventano protagonisti facendosi cono-

del programmatore. Negli anni Ottanta co-

diale grazie ai cartelloni per la campagna

scere. Si chiama In-Game Advertising e, a

minciarono i giochi brandizzati, ma la svolta

presidenziale di Barack Obama nel gioco di

livello mondiale, è arrivato a valere qualco-

arrivò nel 1994 quando usci Fifa che ai lati

auto Burnout Paradise.

sa come 3,3 miliardi di dollari, grazie a una

del campo da calcio, per rendere più ade-

Da allora il combinato disposto tra le re-

crescita complessiva dell’11,4% rispetto al

rente alla realtà il gioco, aveva piazzato

sistenze a pagare i giochi online da par-

130


zionale dell’automobile che organizza la Formula 1. Un altro modo per “farsi vedere” negli esports è la sponsorizzazione di una squadra che raggruppa giocatori specialisti di uno degli sport elettronici. È un modo raggiungere un pubblico più vasto ed eterogeneo riducendo il rischio di puntare tutte le fiche su un gioco solo che può passare di moda. Lo ha fatto la Puma stringendo un accordo con il team Cloud9, al quale fornisce le divise, e per il quale ha potuto creare una speciale linea di abbigliamento femminile. Honda, invece, ha sponsorizzato il Team Liquid (che ha presentato una Honda Civic personalizzata), che fa le sue apparizioni con un minivan Honda Odyssey personalizzato e ha il logo Honda sulla maglia del club. Mentre Coca Cola ha l’esclusività con le 20 squadre Owl, la Overwatch Contenders League, la divisione aperta, la Overwatch World Cup, l’annuale BlizzCon e gli eventi universitari. In Italia ha aperto le danze A|X Armani Exchang che che ha sponsorizzato Mkers, una squadra organizzata recentemente premiata tra le migliori startup innovative del nostro Paese, di-

ventando il primo brand di moda a entrare nel settore degli eSports. La terza possibilità è la sponsorizzazione di un giocatore. Sono “atleti” professionisti sempre più popolari che giocano in streaming su YouTube e Twitch, la piattaforma di Amazon. Ninja, lo streamer che fino allo scorso anno aveva più follower e il giocatore più forte su Fornite, nel 2019 ha firmato un contratto con Red Bull che per lui aveva realizzato una lattina personalizzata in vendita nel mercato nordamericano. Quest’anno Ninja, il cui vero nome è Richard Tyler Blevins, ha lasciato la piattaforma Twitch dove aveva quasi 15 milioni di follower per approdare (con un contratto, si dice, da 20 milioni di dollari) su Mixer, lo streaming di Microsoft, è diventato testimonial di Adidas ed ha stretto contratti nel settore del merchandising e dell’intrattenimento, firmando per apparire in serie TV e film. Ninja lo scorso anno avrebbe messo insieme un reddito di 17 milioni di dollari, scalando la classifica dei più pagati e sorpassando lo youtuber di origine svedese PewDiePie, che ne ha guadagnati “soltanto” 15.

te degli utenti, la ricerca di nuove fonti di

calcio. Difficile dire se il messaggio arrivi

product placement virtuale, naturalmente

fatturato per gli sviluppatori e la caccia di

forte e chiaro al consumatore o si perda.

ha un nome in inglese, o meglio una crasi:

un sempre nuovo modo di comunicare il

Mentre messaggi pop-up, la pubblicità sullo

Advergaming. Le auto virtuali che si pos-

prodotto o il marchio ha portato sempre

schermo e le cut scene disturbano il gioco,

sono guidare su Gran Turismo o su Need

più aziende a a investire nel In-Game ad-

lo rallentano, rendono fastidioso fastidioso

for Speed Heat sono un esempio, quello più

vertising. E allora via ai messaggi pop-up,

l’intervento pubblicitario come avviene nel-

semplice, ma si può andare oltre. Fortnite

cut-scene, pubblicità su schermo, cartelloni

la maggior parte dei casi sulle pagine web.

ha incluso Thanos, il personaggio Marvel

pubblicitari e display di sfondo venduti agli

Una possibile soluzione è quella di coinvol-

nel videogioco come personaggio giocabile

inserzionisti più o meno nello stesso modo

gere i giocatori offrendogli esperienze di

nella modalità Battle Royale. In cambio, la

in cui lo spazio è venduto nel mondo reale.

gioco premium gratuitamente in cambio

Marvel ha promosso Fortnite nei loro ultimi

I giochi, però, sono un mezzo interattivo e

della fruizione di un video di advertising.

Avenger - End Game, un film che ha stabilito

questo rende molto più facile per gli inser-

Un’altra è cambiare completamente pro-

il record mondiale per il più veloce incasso

zionisti tenere traccia di metriche chiave

spettiva inserendo il gioco questa sorta di

di 2,5 miliardi di dollari. Ma il salto quanti-

come l’impegno, il targeting e i tassi di com-

co lo ha fatto Super Mario Kart, l’idraulico

pletamento, o campagne promozionali mol-

della Nintendo che ha abbandonato la sue

to mirate con minori spese e un maggiore

vetturette improbabili da una mezza doz-

ritorno sull’investimento. Ci sono due limiti:

zina d’anni per cominciare a guidare una

l’affollamento e la pazienza dei giocatori. In

Mercedes. La collaborazione non si è mai

una sola schermata di Fifa, ad esempio, è

interrotta e nel 2019, persino una pubbli-

facile individuare una decina di marchi, sui

cità televisiva della casa di Stoccarda era

cartelloni, sulle magliette, sulle scarpe da

incentrata sul personaggio del videogioco.

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COMUNICARE L’IMPRESA PERSONAL BRANDING

COSÌ SI DIVENTA UNA BUSINESS CELEBRITY Competenze e capacità servono a ben poco, se poi non si riesce a raggiungere il proprio target. Ecco perché è utile fare personal branding. Per esempio con i consigli dell’agenzia Stand Out, che lo fa per i propri clienti di Marina Marinetti

C

hiara Ferragni, Giovanni Rana, Davide Oldani, Franco Rosso. Non sono solo imprenditori, ma brand di per sé. Perché ci hanno messo la faccia. Letteralmente. «Fare personal branding significa creare una forte associazione mentale tra una competenza rilevante per un pubblico e la propria persona, tale da essere considerati la scelta numero uno in un preciso campo», spiega a Economy Gianluca lo Stimolo, ceo e founder di Stand Out, la prima e unica agenzia in Italia che offre servizi integrati di personal branding. Tra i suoi clienti imprenditori, ma soprattutto manager e professionisti, i due target che hanno più necessità di emergere, perché per anni hanno compiuto il percorso inverso, nascondendosi dieLe persone cercano tro studi associati qualcuno di cui si e sigle importanti, possono fidare e a cui che vanno benissipossono affidarsi», mo nel curriculum continua Lo Stimolo. ma rischiano di far «La specializzazione diventare anonimo non riguarda tanto il singolo. E quindi? quello che faccio, ma «Bisogna differenquello che comunico. ziarsi, riuscire a far Prima di tutto bisoassociare al proprio gna chiarirsi le idee e nome una competentrovare un argomento za in un settore spe- GIALUCA LO STIMOLO, CEO E FOUNDER DI STAND OUT di specializzazione, cifico». Tra i clienti di poi individuare il segStand Out figura, per NON SI CERCA PIÙ UN PROFESSIONISTA mento di mercato, il QUALUNQUE, MA IL PIÙ ESPERTO, esempio, Lorenzo Pupubblico privilegiato SPECIALIZZATO IN UN ASPETTO glisi, l’avvocato spea cui voglio rivolgerSPECIFICO DELLA SUA MATERIA cializzato in stalking, mi. Per fare un esemo Simona Bastari, l’amministratrice del “conpio: una cosa è definirsi avvocato, un’altra dominio felice”. «Oggigiorno non si cerca più avvocato per infermieri». Per capirci: se pensemplicemente un avvocato, un commerciasiamo a uno chef, ci vengono in mente Guallista, un architetto qualunque. Si cerca quello tiero Marchesi e Carlo Cracco, due personagpiù esperto specializzato in una determinata gi molto diversi tra loro che hanno affermato materia, quello con la migliore reputazione. il proprio personal brand in modi diversi ma

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entrambi efficaci. Se si parla di arte il primo nome che viene in mente di solito è quello di Vittorio Sgarbi. Il secondo, ma solo ad alcuni, quello di Philippe Daverio. Se si parla di pasta fresca, invece, viene subito in mente il nome di Giovanni Rana, l’emblema del personal branding, l’imprenditore che da sempre “mette la faccia” per dare un volto all’impresa e ai suoi prodotti valorizzandoli. Fare personal branding in modo consapevole, in sostanza, significa definire a priori le proprie caratteristiche distintive e comunicarle in modo persistente come promessa di valore al mercato per scalare la piramide del riconoscimento sociale. E se per diventare famosi spesso basta fare qualcosa di bizzarro, il personal branding nel mondo del business è una scienza esatta. La formula di Stand Out Personal Branding parte dall’analisi del posizionamento attuale e del mercato per arrivare a un positioning differenziante. «Il percorso dura circa un anno», spiega Lo Stimolo: «Individuata la specializzazione, come agenzia aiutiamo il


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VISIBILITÀ

cliente a raggiungere il target. Si parte dalla consulenza d’immagine: il logo personale IL PUNTO DI RIFERIMENTO non serve a nulla, è solo decorativo, mentre look e abbigliamento sono facili da ricordare visivamente anche senza eccessi». Meglio IL MILLANTATORE LA CELEBRITÀ non cambiare colore dei capelli e acconciatura troppo spesso, dunque. «Il tratto visivo L’AUTORITÀ distintivo è fondamentale perché le persone LO SPECIALISTA possano ricordarsi di noi». Aggiustato il look, va documentato adeguatamente con fotografie e video da pubblicare sui social e sul IL GENERALISTA L’INCOMPRESO proprio sito personale. «Attenzione, però», avverte il founder di Stand Out Personal Branding: «sconsigliamo vivamente a dipendenti e manager di aprire un loro sito o un COMPETENZA blog. Rischierebbero di fare la figura di quelli IL DELICATO EQUILIBRIO TRA MILLANTERIA, CELEBRITÀ, GENERALISMO E INVISIBILITÀ che “si stanno guardando intorno”, mettendo in dubbio il loro engagement in azienda». selezionati i migliori ghostwriter professiolo storytelling scelto. E poi ci sono il lavoro Con LinkedIn non si sbaglia mai, invece. nisti (il pacchetto di personal branding sodi Seo del sito per le keywords più strategi«Oppure un blog tematico», aggiunge Lo litamente include anche, il media training, il video marketing, le Stimolo. «Social, blog IL LOOK E IL MODO DI PORSI SONO che la scrittura di un risorse per lead generation e marketing aue siti raccontano chi IMPORTANTI, MA LO È ALTRETTANTO libro a propria firma), tomation, la gestione dei social... Tutta roba siamo, quindi i conFARE MARKETING DI STESSI ci si deve affidare a che costa: «Per un percorso annuale in metenuti vanno scelti acATTRAVERSO I SOCIAL E LA STAMPA consulenti d’immagidia occorrono 25mila euro, che poi è il tipico curatamente in base ne e fare shooting fotografici, va realizzato costo di un ufficio stampa». Ma il personal al target. Con me collabora un folto gruppo un sito responsive e un blog coerente con branding è molto, molto di più. di persone specializzate in ambiti diversi: realizzazione di siti internet, videomaking, tecniche di storytelling, fotoreporter, ufficio stampa». Ecco, appunto, l’ufficio stampa: «È A SCUOLA DI PERSONAL BRANDING assurdo che esistano ancora imprenditori che non fanno campagne pubblicitarie su scrivere in modo Se 25mila euro e un anno manuali pdf e coaching efficace, approdare ai sui live per costruire il vi sembrano troppi per stampa. Si tratta di uno strumento incredimass media, creare video proprio personal brand diventare una “business bile, se solo se ne comprendesse il valore. La in modo pratico e diretto. convincenti e “bucare celebrity”, c’è sempre stampa è un target da raggiungere, perché lo schermo”, migliorare «Si tratta di un corso il fai-da-te. Magari ormai si è trasformato da strumento di cola propria immagine, seguendo prima un corso intensissimo». spiega municazione a strumento di autorevolezza: creare contenuti efficaci Gianluca Lo Stimolo. Dal della Personal Branding per ogni contesto e come diventare unici Academy. Bastano 5 è importante non solo per farsi conoscere, obiettivo. Infine, come nel proprio mercato alla settimane (e 1.200 euro, ma anche per diffondere sui propri social e diventare autorevole più un altro migliaio se si creazione del proprio siti gli articoli, sottolineando che si viene cie irraggiungibile. desidera usufruire di due modello di business, tati, modificando così la percezione del pub«Bombardiamo di dalla vendita di se consulenze strategiche informazioni i nostri stessi con lo storytelling blico. Ci sono testate che in curriculum non individuali da 90 minuti corsisti», conclude con Gianluca Lo Stimolo), all’identificazione possono mancare. E poi il personal branding Lo Stimolo: «Il del proprio stile con per imparare tutto deve essere monetizzabile, è la promozione personal branding la progettazione quello che c’è da sapere di se stessi, non si tratta solo di “Ego expeè estremamente dei contenuti. E poi con 11 masterclass rience”: ci dev’essere un Roi misurabile». complesso, non è un come presentarsi e (più una di domande promuoversi su LinkedIn, maquillage». e risposte) in video, Così, va sviluppato un personal business model, scelto uno stile narrativo (storytelling),

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E POI IL PIACERE...

E ORA PUNTIAMO LE LANCETTE SULLA QUALITÀ ITALIANA Grazie al lavoro del collettivo W.O.I. Watches Of Italy, la filiera tricolore dell’orologeria si ritrova a Tortona e presenta le proprie eccellenze. E per competere con i colossi si ispira alle... legioni romane di Davide Passoni

139 CHEF EMERGENTI UN, DUE, TRE... STELLA OVVIAMENTE MICHELIN

140 HOTELLERIE TRA TAYLOR MADE E PERMANENZE ECCO COME CAMBIA IL SETTORE

142 METE ACKLINKS, BAHAMAS L’ISOLA DEI PROFUMI

144 MOTORI AUDI Q7, L’AMMIRAGLIA DEGLI SPORT UTILITY VEHICLE

146 LE RAGIONI DEL GOSSIP

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e vogliamo essere competitivi rispetvo che nasce in modo spontaneo, a fine 2019, to ai top player mondiali, dobbiamo dando corso a più suggestioni pervenutemi da da un lato continuare a distinguerci parte di amici - spiega Dellachà -. La prima mi per le nostre doti di creatività e artigianalità, venne data da Gianfranco Rinaldi di EgoTemdall’altro mettere in condizione le Pmi di non po nel 2017 quando, in una mostra di settore, essere delle formiche al cospetto delle mastomi fece notare quanto gli svizzeri fossero bradontiche e strutturatissime multinazionali e vi a mostrarsi coesi e difendessero fieramente holding del lusso: l’unica via possibile è unirsi e compattamente lo Swiss Made. Lo scorso e coordinarsi, seguendo l’esempio della testuganno invece, Virginio Villa di RdB mi propose gine romana». O delle parti che compongono il di raggruppare almeno i microbrand sotto un movimento di un orologio e lo fanno marciare unico gruppo coordinato, affinché ci si potessincrono e puntuale, se dividere le ingenti DEL COLLETTIVO FANNO PARTE visto che stiamo parspese di promozione e CIRCA 60 MARCHI, DA CHI PRODUCE lando delle aziende marketing, difficilmenCASSE, CINTURINI O MOVIMENTI, FINO della filiera orologiera te affrontabili da parte ALL’OROLOGIO COMPLETO italiana. Nelle parole di delle piccole realtà Fabrizio Dellachà, 44enne ingegnere tortonese, emergenti, pensando anche - ma non solo - alle c’è la sintesi della finalità principale che lo ha grandi fiere di settore, il cui principale probleportato prima ad aggregare il collettivo W.O.I. ma è relativo agli oneri per esserne parte attiva Watches Of Italy e poi a concepire e organizzare in qualità di espositori. Un marchio emergenla prima fiera della filiera orologiera tricolore, te, per quanto foriero di design innovativi o che si terrà nella sua città natale il 26 e 27 setdi primizie tecniche interessanti, oggi fatica a tembre 2020. recuperare le spese di partecipazione a que«W.O.I. - Watches Of Italy è un libero collettisti mega-eventi, rimanendo relegato alla sola

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E POI IL PIACERE... PASSIONI AL POLSO

dimensione virtuale». Che è già tanto, ma che non può sostituire l’esperienza fisica dell’incontro con un segnatempo: «Soprattutto grazie al web e ai social media, la promozione dei microbrand e delle nuove realtà sta avendo una forte spinta con l’interazione diretta tra cliente e imprenditore, ma questa dimensione immateriale non sostituirà mai la sensazione visiva e tattile diretta dell’oggetto, che va provato e indossato, soppesato e osservato da ogni angolazione, maneggiato e valutato caricandolo, regolandolo, azionandone le complicazioni, sentendo quali sensazioni ci restituisce». Raccogliendo queste suggestioni, Dellachà ha censito e contattato diversi imprenditori italiani del settore, per verificare chi fosse interessato a creare un network nazionale di produttori di orologi e accessori legati all’orologeria, che desiderasse coordinarsi per dar vita a eventi di promozione collettiva accessibili a tutti dal punto di vista economico, che avessero una comunicazione efficace e immediata. «L’iniziativa ha subito avuto successo: quasi istantaneamente poco meno di una quarantina di brand ha accolto il nostro invito e a oggi siamo già una sessantina di aderenti al gruppo W.O.I., di cui circa 50 esporranno alla nostra prima mostra a Tortona. Abbiamo raggiunto il numero massimo di espositori che la struttura può contenere, indice di un forte interesse verso il progetto. Nel gruppo di Watches Of Italy abbiamo sia microbrand, sia marchi noti e consolidati come Kienzle Italia, Meccaniche Veloci e Memphis Belle, ma anche artigiani che sono veri maestri d’ars technica poiché realizzano picco-

li capolavori sartoriali in micro-tirature: Sante Castignani, Eric Bigagli, RdB, solo per citarne tre. Vantiamo persino due produttori di calibri 100% Made in Italy, ossia progettati e manufatti in Italia, come OISA/Morezzi e Inceptum Duo A, e uno specialista in complicazioni astronomiche: Marco Guarino, ex Manifatture Suus, oggi Marc&Darnò».

Obiettivo: fare squadra Il valore che una sinergia di questo tipo può portare al comparto orologiero è molteplice: ci si possono scambiare i contatti e i fornitori, si può fare massa critica per effettuare ordini QUASI TUTTE LE REALTÀ ITALIANE DEL SETTORE SONO PMI O LABORATORI DI ALTISSIMO ARTIGIANATO, PER I QUALI L’UNIONE DEVE FARE LA FORZA

cumulativi a cui una microtiratura da sola non potrebbe ambire, si può pensare a una piattaforma comune di progettazione e sviluppo di una filiera di componenti Made in Italy a cui attingere tutti, o si può aderire solo per partecipare a eventi nazionali e internazionali suddividendosi gli oneri. «In questo modo - prosegue Dellachà -, sarà possibile dare visibilità al grande pubblico anche a realtà molto piccole prive di ufficio marketing interno, che magari producono soltanto su richiesta pezzi unici ultra-personalizzati e non avrebbero risorse e tempo di dedicarsi anche alla comunicazione». Potenziare la filiera La filiera italiana è molto diversa sia da quella

elvetica, sia da quella sassone e soprattutto da quella asiatica che è fortemente industriale e serializzata, con una vocazione al low cost: «Le realtà imprenditoriali qui da noi sono quasi tutte Pmi o laboratori di altissimo artigianato. In altri casi si tratta di designer e progettisti che concepiscono il proprio orologio come proprietà intellettuale ma lo fanno produrre in outsourcing, fruendo anche delle filiere estere. Alcuni imprenditori del settore si sono visti costretti a emigrare all’estero, solo per potersi localizzare vicino ai distretti produttivi mondiali più noti. Questa tendenza impoverisce il tessuto imprenditoriale italiano privandolo di elementi di grande capacità e di visioni avanguardistiche che meriterebbero di essere valorizzate; priva inoltre l’Italia di posti di lavoro e sottrae alle casse dell’erario, che non ha mai favorito veramente l’imprenditoria nazionale, notevoli introiti derivanti dagli utili d’impresa». Salone 4.0 L’evento di Tortona è un bel segnale per l’Italia e per il settore, e per Dellachà è un punto di partenza: «Stiamo lavorando su diversi fronti, virtuali e non. L’ufficio stampa è gestito da Silvia Bonfanti, giornalista di settore molto preparata, con una notevole carica di dinamismo e portatrice sana di tante belle idee in materia di comunicazione. Insieme abbiamo avviato anche una pagina su Facebook, un profilo Instagram, un sito web nel quale sono presenti i link ai siti di ciascuna azienda. Abbiamo intervistato in diretta streaming gli espositori, in collaborazione con uno dei Watch Blogger nostro “par-

PRESENTI A W.O.I., SCELTI DA ECONOMY

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FONDERIA LAB

MECCANICHE VELOCI

Taliedo. Orologio solo tempo automatico con datario, cassa in acciaio, quadrante blu con effetto sunray, ghiera conta minuti fissa in rilievo bianca, cinturino in montone con fodera trattata Hydro

Icon Tourbillon. Orologio automatico con tre fusi orari indipendenti e tourbillon decentrato, cassa da 49 mm in oro rosa spazzolato, quadranti in fibra di carbonio neri, cinturino in coccodrillo con fibbia in oro rosa


PRESENTI A W.O.I., SCELTI DA ECONOMY TITOLINO SQUALE DEL BOX Squale 1521. Orologio subacqueo professionale automatico impermeabile fino a 50 ATM, con cassa in acciaio, ghiera unidirezionale, vetro zaffiro, corona di carica a ore 4, bracciale in acciaio a maglia Milanese

VERTIGO WATCHES Tritone. Orologio subacqueo automatico impermeabile fino a 30 ATM, con cassa in acciaio, ghiera unidirezionale con inserto in alluminio, indici e sfere con Superluminova C1, cinturino in silicone o bracciale mesh

tner”, Michele Grassi; in questo modo abbiamo e Basilea, messi in crisi dal Covid-19 e da locreato un coinvolgimento diretto del pubblico giche commerciali ormai fuori dal tempo. E, di appassionati e consentito a chi lo desideraa proposito di Covid-19, c’è chi dice che il bava di interfacciarsi direttamente con i brand. gno di umiltà cui la crisi innescata dal virus ha Un’altra primizia della mostra/expo sarà quella costretto l’orologeria elvetica, le sarà utile per di riservare la hall del Museo Orsi, sede dell’erivedere alcune di queste logiche commerciali. vento, ai blogger, agli YouTuber e ai Watch Re«Certamente - concorda Dellachà -. Essendo de viewer che saranno presenti nella Watch Blogfacto un monopolista di settore, la Svizzera ha gers Arena. Tra essi Cesare Palmisano del blog sempre attuato logiche protezionistiche per Amico Orologiaio, Pier Paolo Cassoni di Undermantenere saldamente il primato. Il capitoseatime, Mattia Papili di Watch Maniac, Marco lato dello Swiss Made prevede peraltro che il Bracca di Wrist Addiction e il già citato Michele 60% del prodotto sia interno ai confini della Grassi di Underwater Time Blog. L’idea è poi Confederazione Elvetica; questo ha foraggiato quella di dar vita a una serie di appuntamenti non poco l’industria asiatica che è diventata periodici, andando a visitare anche il Centro e il sempre più indispensabile per alimentare uno Sud Italia. Non escludo Swiss Made che non è LA FORMULA DEL SALONE RIMANE quindi che nel futuro del tutto Swiss. Inoltre, UTILE E ATTUALE PERCHÉ CONSENTE prossimo ci possa esle grandi Maison sono ALL’APPASSIONATO DI TOCCARE sere anche uno stand quasi tutte inglobate CON MANO LE ULTIME NOVITÀ di Watches Of Italy in enormi holding e alle grandi fiere internazionali di settore». Per si comportano in maniera prevedibile, sia nel quanto se ne dica, infatti, la formula del salone centellinare le novità - che spesso si riducono al espositivo è ancora attuale, perché quando si ridicolo colore di una ghiera ceramica -, sia nel spendono cifre rilevanti per un segnatempo, comunicarle al pubblico con campagne patinaè sempre gradito da parte dell’acquirente farte e messaggi stereotipati, che non stupiscono sene illustrare le peculiarità tecniche de visi, né incuriosiscono più nessuno. La loro manindossarlo e provarlo. «Le expo consentono canza di fantasia si palesa anche nel continuo inoltre alle realtà emergenti di essere presenti ricorrere alle cosiddette “limited edition” e nel a fianco dei brand già consolidati, dando loro riproporre “novità non nuove” che consistono pari visibilità e opportunità di promuoversi tra in cicliche riedizioni di modelli storici. Per veil pubblico dei collezionisti, molto attenti e cudere prodotti veramente dirompenti, design riosi verso ogni primizia». avanguardistici, architetture meccaniche innovative o lavorazioni non serializzate, oggi ci si Le difficoltà del modello svizzero deve rivolgere agli indipendenti, che però sono Quando si parla di saloni dell’orologeria, si anche molto costosi. Essere conservativi è da pensa agli appuntamenti svizzeri di Ginevra un lato la forza degli elvetici, dall’altro spinge

noi italiani a rivitalizzare e alimentare una filiera produttiva che non ha nulla da invidiare a nessuno nel mondo e potrebbe svincolarsi dagli approvvigionamenti d’oltralpe, puntando su capacità, conoscenze e tecnologie già presenti sul territorio».

Competere con i giganti Ma come competere con Svizzera e Paesi asiatici in primis? «La principale criticità dell’Italia è che, basandosi su Pmi e piccoli artigiani, non ha una capacità di investimento pari a quella delle holding del lusso. I Paesi orientali com’è noto sono partiti copiando, cosa che fanno tutt’oggi con la complicità di governi accondiscendenti che fingono di non sapere che l’industria del falso ha il suo epicentro in Cina, Thailandia, Hong Kong, India, etc, e si offrono come polo produttivo di riferimento, grazie ai costi convenienti che non avevano né hanno rivali. Affidandosi a loro, la Svizzera ha consentito a quello che era un nemico da contrastare, di diventare un player indispensabile e ultraspecialistico del settore della micromeccanica e della manifattura di precisione. Ritengo - conclude Dellachà - che laddove la proprietà intellettuale non sia tutelata si debba sempre guardare con sospetto, cercando di affrancarsi da ogni dipendenza diretta. Penso a tanti brand fittizi che oggi offrono design scopiazzati, spacciando per “homage” quelli che sono dei falsi. L’Italia deve quindi sviluppare i propri calibri e produrre le proprie casse in serena autarchia e consapevole indipendenza: sono più che sicuro che la dicitura “Manufatto in Italia” possa valere come, se non più, di uno Swiss Made al 60%».

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E POI IL PIACERE... PASSIONI AL POLSO

Il mercato interno alla prova (durissima) del Covid-19 Se il 2019 è stato un anno di tenuta per il retail italiano dell’orologeria, sul 2020 le nubi della pandemia sono pesanti. Peserico (Assorologi): «Confido che dalla depressione parta lo slancio per la ripresa» di Savino Pisedda

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on si può fermare il tempo, l’industria degli orologi non lo permetterebbe più», disse una volta lo scrittore polacco Stanislaw Jerzy Lec. Un paradosso, con però un fondo di verità. Perché a questa industria si appoggiano Paesi come l’Italia che, pur se in declino in questo settore, continua comunque a dimostrarsi affamata di segnatempo. Nel 2019 il mercato degli orologi da polso nel nostro Paese ha toccato un valore di circa 2,09 miliardi di euro, secondo la stima resa nota da Assorologi in collaborazione con GfK Italia. La stima è stata fatta sulla base di un’analisi comparativa delle diverse fonti di informazione disponibili: l’indagine mensile realizzata da GfK per monitorare le vendite di orologi da parte dei punti vendita (il cosiddetto Retail Panel), la ricerca annuale che sempre GfK realizza per conto dell’Associazione sugli acquisti di orologi da polso da parte del consumatore italiano (Consumer Panel), i dati relativi all’interscambio con l’estero forniti da Istat e dalla Federazione dell’industria dell’orologeria svizzera. È la prima volta che Assorologi e GfK stimano un valore complessivo del “mercato Italia” in grado di coordinare le informazioni provenienti dai differenti strumenti di indagine che si occupano di orologi da polso nel nostro Paese. Un «esercizio difficile e necessariamente imperfetto», lo ha definito il presidente di Asso-

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rologi, Mario Peserico, il quale è però convinto della bontà del metodo, dello strumento e del risultato: «Siamo convinti di avere prodotto un parametro serio, capace di dare un ordine di grandezza sul vero valore del nostro lavoro». L’indagine Consumer Orologi 2019 - condotta sul solo consumatore italiano indipendentemente dal canale d’acquisto - evidenzia un mercato che vale 1,33 miliardi di euro (-2,9%) pari a 6,5 milioni di pezzi venduti (+1,4%). L’indagine Gioiellerie e orologerie sulle orologerie tradizionali, dove effettuano acquisti consumaLO SCORSO ANNO HA VISTO UNA RIPRESA DEGLI ACQUISTI DI SEGNATEMPO NELLE GIOIELLERIE E OROLOGERIE E IL WEB IN CRESCITA

tori italiani e stranieri, evidenzia un calo sia a valore (-1,7%) sia a quantità (-0,8%). Nell’ambito dell’indagine Consumer Orologi 2019, il dato sui canali d’acquisto manifesta una prima inversione di tendenza rispetto alla progressiva contrazione del canale Gioiellerie e orologerie. Dopo anni di lenta erosione, nel 2019 da questo canale è transitato il 47% delle vendite a quantità e il 52% a valore: erano rispettivamente il 44,5% e il 48% nel 2018. Non stupisce la costante ascesa del canale internet, inteso come composto da siti ufficiali dei brand, aste e commercio elettronico: a vo-

IL PRESIDENTE DI ASSOROLOGI MARIO PESERICO

lume, questo canale movimenta ormai più di un terzo dell’intero mercato - il 31,7% contro il 29,4% dell’anno precedente - e si stabilizza a valore con un 21,2%. Nonostante i dati in sostanziale tenuta per il 2019, per l’anno in corso anche il mercato dei segnatempo da polso (in Italia ma non solo) è destinato a fare i conti con i disastri della pandemia di Covid-19. L’indagine sul Consumatore di Gfk-Assorologi è stata chiusa poco prima che l’emergenza sanitaria si manifestasse in tutta la sua drammaticità e i dati sulle intenzioni di acquisto in essa contenuti dovranno necessariamente essere rivisti al ribasso. «Confido che la grande depressione del 2020 possa costituire la premessa per una significativa ripresa nei mesi a venire», dice Peserico. Con l’obiettivo, se non altro, di limitare i danni nei confronti di un 2019 piuttosto stabile: «I dati che emergono sono certamente interessanti e mostrano un mercato italiano dell’orologeria tutto sommato stabile nei grandi numeri pur con qualche segnale di debolezza - conclude il presidente di Assorologi -. Avrei voluto commentare con interesse il migliore andamento del canale tradizionale e una crescita non più esponenziale del canale on line. Purtroppo, le contingenze emergenziali determinate dalla pandemia che sta interessando tutto il mondo fanno passare tutto in secondo piano».


Un, due, tre (ingredienti) ...stella, ma Michelin Augusto Valzelli è stato selezionato dalla celebre guida a soli 22 anni. Ma l’ha abbandonata insieme al Ristorante Agrodolce di Imperia, per aprirne uno tutto suo a Brescia: La Porta Antica di Davide Passoni

C’

novembre 2015 diventai lo stellato più giovane era un tempo in cui l’oratorio e la pard’Europa. Ho mantenuto la stella fino al 2017, rocchia erano i luoghi da cui nascevaquando ho scelto di “tornare a casa” e aprire il no i futuri campioni del calcio, da Facmio ristorante a Brescia». Una città flagellata chetti a Boninsegna, da Tardelli a Rivera. Oggi dal Covid-19, con cui il locale di Valzelli ha fatto dalle parrocchie nascono chef stellati. Come il fatalmente i conti: «Il mio è un ristorante selebresciano Augusto Valzelli, 29 anni, chef e prozionato, prima del lockdown aveva nove tavoli prietario de La Porta Antica di Brescia, fulmiper una ventina di coperti. Abbiamo riaperto il nato sulla via di Damasco della cucina a 13 anni 22 maggio, con cautela, togliendo tre tavoli: uno non dal Padreterno, ma da una volontaria che, per legge, per rispettain parrocchia, intratteneva i giovani facendo LA PORTA ANTICA DI BRESCIA HA POCHI re le distanze, gli altri COPERTI PER VERI INTENDITORI: perché ho voluto metpreparare loro ricette CON LE RESTRIZIONI DEL CORONAVIRUS tere più in sicurezza la semplici. Bona tempoI TAVOLI RIMASTI SONO APPENA SEI clientela». ra currunt… «Quello Meno coperti, ma ancora più voglia di mettersi con Michelin fu invece un incontro particolare in gioco: «Ciò che conta nell’ideazione di una - racconta -; da pochi giorni ero subentrato ad ricetta e nella scelta degli ingredienti è l’inteAndrea Sarri come chef del Ristorante Agrodolro processo creativo, il modo in cui si arriva ce di Imperia, quando ricevemmo la visita di un a comporre un piatto - prosegue -. Io ho una ispettore Michelin. Avevo 22 anni, ero ancora regola, che chiamo la “regola del tre”. In cucina acerbo e con me tutta la situazione del ristoranspesso si parte da due ingredienti da abbinare, te. Nonostante Michelin non tenga conto solo che si completano e funzionano insieme; il terdella qualità dei piatti, ma anche di fattori come zo ingrediente è invece quello determinante, il servizio di sala, l’accoglienza, la pulizia, gli spache può esaltare o rovinare del tutto il piatto zi, facemmo colpo. Nel dicembre 2014 inaugurai creato con i primi due. Dal tre in su, il grado di la nuova gestione del Ristorante Agrodolce e a

difficoltà cresce sempre più. Ecco, io parto da un ingrediente protagonista, da un secondo che vi si abbina e poi passo al terzo che fa da trampolino per i successivi». Una visione che fa da base a una cucina raffinata. Ma non chiamatelo maestro: «Non lo sono per niente. Il prossimo gennaio compirò 30 anni e da quando ho preso la stella Michelin mi sono migliorato; mi piace studiare le evoluzioni del mio mondo, dalla scoperta di nuovi e antichi ingredienti ai metodi di cottura, all’uso delle spezie. Continuo a imparare, scoprire e crescere ogni giorno, per cui maestro proprio no: sono sempre attivo e sul pezzo». Va bene, maestro no; si sente allora artigiano o artista? «Entrambi. Il primo fa un lavoro straordinario, perché elabora i prodotti con la sua manualità, ma senza il tocco in più rimane artigiano e non diventa artista: si ferma a un livello e a un’offerta di cui ormai il mercato è pieno. Ciò che differenzia gli chef al nostro livello è proprio quel qualcosa in più che mette un artista, il terzo, quarto, quinto ingrediente come dicevo prima». Un artigiano e un artista che, quando parla di sé, usa sia la parola cuoco, sia la parola chef. Crisi d’identità? «No - conclude -. Sono diventato cuoco nel 2009 quando mi sono diplomato a scuola, chef forse non lo sono nemmeno ora che ho un ristorante mio: lo chef ha un bagaglio culturale e di esperienza che gli consente di gestire una brigata, ecco perché non sono sicuro ancora di esserlo (ride). Aggiungo però un terzo livello, il mio, ossia lo chef imprenditore, titolare del ristorante; un livello al quale cambiano del tutto le coordinate del mestiere. L’importante, però è non dimenticarsi mai di quando si era cuoco».

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E POI IL PIACERE

LA BELLA STAGIONE NON DOVREBBE FINIRE MAI L’estate turistica è andata male, anche se si temeva peggio: distanziamento sociale e dimezzamento degli stranieri hanno lasciato il segno. Ma gli operatori puntano molto sulle prossime settimane. Ecco cosa bolle in pentola... di Marco Scotti

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el 1990 Gianna Nannini ed Edoardo Bennato cantavano l’inno dei mondiali, “Un’estate italiana”. Trent’anni dopo, un’estate italiana – stavolta senza più maiuscole - è il refrain del settore turistico: ben l’83% di chi partirà quest’anno, secondo l’Enit (Agenzia nazionale del turismo), sceglierà infatti di rimanere in Italia. Finora (questo numero di Economy viene chiuso in tipografia il 6 agosto) la situazione si è purtroppo confermata gravissima: alberghi e ristoranti si ritrovano a fare i conti con mesi di luglio e agosto in calo anche del 95% rispetto all’anno precedente. E non va meglio se si prendono in considerazione gli arrivi internazionali, che dovrebbero crollare del 55% rispetto al 2019, con 119 milioni di pernottamenti mancanti. La grande speranza degli operatori del settore si chiama autunno quando, soprattutto al Sud, sarà ancora possibile sfruttare mare e alberghi. Il 47,5% degli italiani si godrà una vacanza sul finire dell’estate tanto che l’intero comparto si chiede se non si possa prolungare il periodo delle ferie fino a fine ottobre. Sempre per l’Enit, infatti, il 71,2% degli afflussi

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verso strutture di categoria media o superiore avverrà proprio a fine stagione. Il tutto in un clima in cui perfino le compagnie assicurative si sono mosse per trovare soluzioni flessibili a una nuova richiesta di turismo, nella maggior parte dei casi svolto tramite mezzi propri. Ad esempio c’è Allianz Global Assistance, che ha creato la polizza Travel per l’Italia. «Trattandosi di un prodotto pensato per le specifiche esigenze dell’estate 2020 – spiegano dall’azienda – le garanzie legate all’assistenza e I PRECONSUNTIVI DANNO I MESI DI LUGLIO E AGOSTO IN CALO ANCHE DEL 95% RISPETTO AL 2019. MA IL 47,5% DEGLI ITALIANI PARTIRÀ A SETTEMBRE

rimborso spese mediche, sono valide non solo in caso di Covid-19 ma anche di qualsiasi altra pandemia». Di pari passo con il brusco stop negli hotel, è da registrare anche la gelata sui ristoranti che, anche dopo la riapertura, hanno dovuto convivere con distanziamento sociale e un diffuso clima di sfiducia. Ci sono ovviamente delle differenze: se i locali di fascia media e bassa hanno subito un contraccolpo piuttosto

duro per la drastica riduzione del numero di coperti, gli esercizi con elevato standing, o addirittura stellati, non hanno dovuto tagliare i posti disponibili. «Abbiamo ripreso il 1° giugno scorso – ci spiega Enrico Bartolini (nella foto in basso della pagina accanto), che nel suo ristorante al Mudec è oggi l’unico “tristellato” di Milano – che, in un periodo “normale”, sarebbe combaciato con gli ultimi giorni di scuola dei bambini e con la naturale voglia di fare festa. Stiamo lavorando in modo discreto, rispetto ad alcuni target di ristorazione siamo stati piuttosto fortunati. Per noi la questione non è tanto il numero di posti disponibili, ma la capacità di riempirli. Abbiamo come unico obiettivo quello di mantenere alte le aspettative di chi ci viene a trovare. Siamo riusciti a mantenere stabili i livelli occupazionali, ma per avere un’idea definitiva dell’impatto da Covid dovremo aspettare la fine del 2021». Proprio i ristoranti si trovano di fronte a un bivio. Secondo Confesercenti, la perdita è quantificabile in 250 milioni di euro al mese, ovvero un calo del 35% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Se con l’autunno si dovesse ritrovare una definitiva normalità,


il problema sarebbe sostanzialmente tamponato e si potrebbe rivedere un ritorno di quel turismo straniero che manca tanto, soprattutto agli stellati. Altrimenti, si aprirebbero scenari pressoché apocalittici. In questi mesi, comunque, qualcosa si sta muovendo. «Il nostro scontrino medio – prosegue Bartolini – è piuttosto alto. Ciononostante, quando abbiamo riaperto molti hanno voluto festeggiare, godendosi un’esperienza di un certo livello. Poi è ovvio che è un piacere per noi che si scelga il nostro ristorante e che si possa godere di una grande bottiglia, ma non deve essere vincolato all’aver speso tanto o poco». Una parola di gran moda in questi ultimi mesi è stata “resilienza”. Ma forse si dovrebbe iniziare a parlare di “anti-fragilità”, che contempla non soltanto la resistenza alle avversità, ma anche la capacità di trasformazione del proprio business model per venire incontro a rinnovate esigenze. «Il lockdown ha rallentato, ma non fermato la nostra idea di portare il lusso anche nel Salento attraverso una ristrutturazione già programmata» ci spiega Mattia De Gennaro, Direttore Marketing di HO Hotels Collection che ha nel suo “bouquet” anche il Patria Palace di Lecce. «Il mercato più esclusivo – prosegue – si è fermato più a nord. Per questo abbiamo deciso di creare una sorta di Grand Hotel di Puglia, nel centro storico di Lecce, con 60 camere. Risultato: overbooking sia per la stagione estiva sia per i mesi di settembre e ottobre. Qui in Puglia le scuole pare che apriranno il 24 settembre, e questo ci consente di allungare le possibilità per il vacanziero italiano. Quanto agli stranieri, siamo fiduciosi: se non dovessero esserci nuove ondate, avremo le presenze che normalmente si rivolgono a noi a maggio tra settembre e ottobre. Inoltre, qui a Lecce si può immaginare una stagione che dura da metà marzo fino a metà novembre e questo è un discorso da estendere a tutti gli operatori: se si cambiano le politiche con meno concentrazione estiva si potrà allungare il periodo di

DOPO IL BONUS, ARRIVA ANCHE IL BOND VACANZE Comprare, a prezzo scontato, cene e pernottamenti anticipati, da godere nei prossimi mesi? È l’idea di Lovebond. it, un portale che consente di acquistare dei pacchetti presso strutture di alto livello, pagando meno del prezzo nominale. In questo modo il cliente risparmia e l’imprenditore del comparto turistico

fa un po’ di cassa. Una logica che sta piacendo e che ha già coinvolto quasi una ventina di strutture. «Sono dei voucher – ci spiega il fondatore Massimo Giannuzzi – con una scadenza di un anno dal momento dell’acquisto. Per il futuro stiamo studiando anche un meccanismo di validazione tramite

offerta, specialmente al Sud». Una stagione oltre i canonici sei mesi è un tema particolarmente caro nel Meridione. A Taormina, ad esempio, si stava già sperimentando la possibilità di attrarre turismo anche al di fuori dell’estate facendo leva su un’offerta culturale che ha pochi eguali in Italia. Così, le due strutture del Belmond nella cittadina siciliana, il Timeo e il Sant’Andrea, hanno cercato di trovare nuove soluzioni. «Quando è iniziato il lockdown – ci spiega Alessandra Lo Re, pr executive dei due resort – eravamo già chiusi e quindi non abbiamo avuto impatti diretti e immediati. Certo, abbiamo poi avuto qualche difficoltà dopo, invece che aprire a marzo il Timeo e a Pasqua il Sant’Andrea, abbiamo tenuto chiuso fino ai primi giorni di luglio. Siamo una destinazione molto legata al turismo straniero, fino al 70% del totale delle prenotazioni. Fortunatamente sta raddop-

blockchain in modo da tutelare sia le strutture che i clienti. La tecnologia consentirà, inoltre, di guardare ai mercati stranieri. La Cina entro il 2025 varrà il 40% dell’intero comparto del lusso. E con un’iniziativa di questo tipo possiamo portare nuovi turisti nel nostro Paese. È il nostro mantra».

piando il numero degli italiani, anche se in valore assoluto non basta a compensare l’estero. Per il futuro, vogliamo puntare su una tendenza che avevamo già inaugurato: la destagionalizzazione di Taormina, tenendo aperto a Natale e Capodanno. D’altronde, il clima lo permette. Nel nostro ristorante stellato, l’Otto Geleng guidato da Roberto Toro, da quando abbiamo ricevuto il riconoscimento Michelin le prenotazioni sono aumentate del 20%. E questo trend, fortunatamente, l’abbiamo mantenuto». Tornando al nord, la situazione è ancora differente in un territorio, quello del Lago di Como, che è storicamente meta di un turismo straniero che quest’anno non potrà essere presente in modo così massiccio. «La nostra clientela – ci racconta Alessandro Sironi, proprietario del Filario Hotel &Residences a Lezzeno - era quella inglese, australiana e americana, che da sola faceva oltre il 50% del fatturato. Quest’anno è una bella sfida, costruire dei rapporti che dureranno nel tempo con i “locals”. Siamo ripartiti al buio il 26 giugno, ma abbiamo avuto la fortuna di non lavorare con tour operator. Abbiamo visto prenotazioni lunghissime, tra i 7 e i 10 giorni, oltre il doppio della permanenza media. Stiamo lavorando molto bene anche con gli appartamenti (ne abbiamo 22 in gestione), perché chi viaggia si sente più a suo agio. Dal 15-16 luglio abbiamo avuto un’occupazione accettabile, che ci consente di mantenere lo stesso numero di dipendenti dello scorso anno. La chiave per ripartire è la riscoperta di un luogo, come il Lago di Como, strategico e ricco di storia».

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E POI IL PIACERE...

ACKLINS, BAHAMAS: NELL’ISOLA DEI PROFUMI La natura trionfa dove le spiagge da sogno incontrano un ecosistema intatto, protagonista la vegetazione. E proprio grazie a una pianta speciale, la cascarilla, è nato un festival con artisti locali e tanta musica di Saverio Paffumi

S

ognare l’acqua cristallina di un atollo è sintomo di pace e serenità interiore, spiegano gli esperti che studiano la psiche. Il mare delle Bahamas, che non ha confronti per colore e trasparenza, consente di trasportare questo desiderio dall’inconscio alla realtà di una vacanza… da sogno. Sulla superficie di acque chiare, o nel profondo blu di immersioni più impegnative, il mare è il protagonista assoluto, insieme alla natura e alle numerose tracce della storia, dell’architettura, delle tradizioni locali. Relax, buona cucina, o romantiche fughe su isolotti deserti, sono alcune delle tante opzioni possibili. E se Nassau e Paradise Island sono il movimentato centro del divertimento, dello shopping e della cultura bahamiana, fra le isole dell’arcipelago ve ne sono alcune che possono ancora offrirvi il senso e l’emozione della scoperta. Acklins è una di queste isole, più appartata, meno conosciuta, ma non per questo meno attraente. Il silenzio avvolge la bellezza del paesaggio, esaltando dettagli umili quanto inestimabili: il colore vivo delle corolle degli ibisco, la bellezza di una conchiglia, la meraviglia di un uccello mai visto prima. La popolazione locale, allegra e accogliente, non supera i 600 abitanti: questa è la loro casa, ma sono tradizionalmente ospitali e quando chiedono “come stai”… lo stanno chiedendo per davvero. Molti di loro decorano i propri giardini con le innumerevoli conchiglie che sono disse-

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minate su alcune delle lunghe distese di sabbia bianchissima. Lungo Pompey Bay Beach l’antico sito dei Lucayan (i nativi precolombiani) è uno dei più importanti tesori archeologici delle Bahamas. Altri siti più piccoli sono stati scoperti dagli archeologi del National Geographic a Samana Cay, a sud di Spring Point. A sud ovest di Acklins, Castle Island– un tempo covo di pirati - è famosa per il suo faro bianco, costruito nel 1867, mentre a est, i Plana Cays sono una riserva protetta della biodiversità, dove iguana autoc-

tone e le “hutie” sono difese dal rischio di estinzione. Ideale per una vacanza all’insegna dell’ecoturismo, di spiagge dove il distanziamento sociale è l’elemento naturale tipico di grandi spazi, e di ambienti selvaggi, Acklins offre quanto di meglio in fatto di pesca, escursioni in canoa, bird-watching, attività subacquea e snorkeling, esplorazioni delle grotte e trekking fuori dai sentieri più battuti. Frutti selvatici, cactus e piante medicinali si nascondono fra i cespugli. Il gelso-

mino e molte piante locali hanno un così forte aroma da aver meritato ad Acklins l’appellativo di “fragrant island”, l’isola profumata. Tra queste ce n’è una un po’ speciale con un nome simpatico ed esotico insieme, che sembra quello di una danza caraibica: la Cascarilla. Si tratta di una pianta preziosa (Croton eluteria), un arbusto con rami la cui corteccia, aromatica e dal sapore amaro, simile a quello della china, è impiegata in medicina e nella preparazione di liquori e cocktail famosi in tutto il mondo. Ad Acklins la raccolta della cascarilla è una fonte di reddito e di lavoro, tanto che a questa pianta è dedicato l’Acklins Cascarilla Heritage Festival, con tanta musica e artisti locali quali Nita Ellis & Julien Believe, sfilate di moda, balli, giochi, animazione per i bambini, dimostrazioni di cucina, concorsi artistici e speciali attività che includono, tra l’altro, visite alla Portland Slave Plantation e il tour di un parco ecologico.

Come arrivare: da Nassau è possibile raggiungere Acklins con Bahamasair due volte alla settimana Dove alloggiare: bahamas.com/places-stay Dal primo luglio le Bahamas hanno riaperto ai viaggi internazionali. Per ulteriori informazioni sui criteri d’ingresso visitate: bahamas.com/tourism-reopening Per organizzare il viaggio e il soggiorno rivolgetevi alla vostra agenzia viaggi di fiducia.


ALL’OMBRA DELL’ETNA IL BUSINESS SI FA IN HOTEL Da 37 anni il Four Points by Sheraton Catania è il punto di riferimento per i viaggi d’affari in Sicilia, grazie a un’offerta che oltre a suggerire soluzioni congressuali ed espositive in sicurezza lascia ampio spazio al tempo libero di Paola Belli

L’

hotel catanese, appartenente alla più grande compagnia alberghiera al mondo, Marriott International, ne propone gli elevati standard qualitativi e a essi aggiunge un’inedita “esperienzialità”, una vocazione a stupire, che si esprime nella grande differenziazione dei servizi, specchio della lungimiranza del management e di una vision ecosostenibile che guarda al futuro. «Ci siamo e andiamo avanti. Con i percorsi già intrapresi, noi non abbiamo mai mollato». È la certezza di Ornella Laneri, Presidente e Ceo della società che gestisce la struttura dal 1983. Il Four Points by Sheraton Catania Hotel & Conference Center, infatti, ha sempre tenuto aperti i battenti, anche durante il lockdown. Una scelta vincente che ha consentito di sanificare step by step gli ambienti, di approntare novità nell’arredo, di predisporre percorsi alternativi che rispettino le abitudini consigliate in questa fase di “new normal” e di valutare le strategie per far fronte alle nuove esigenze dei viaggiatori. Anche la grande macchina degli eventi è pronta a ripartire: scegliendo l’hotel si potrà contare su

1200mq di spazio congressuale ed espositivo per garantire sicurezza. «Abbiamo già stravolto la nostra visione di evento proiettandoci verso un mix di “presenza e virtuale», afferma la Presidente. «Stiamo già pianificando investimenti digitali per essere pronti ad accogliere la nuova domanda». L’hotel catanese, da 37 anni, è crocevia di una clientela che si reca in Sicilia per affari. Aziende storiche incrociano il passo con freelance e startup che ne apprezzano gli spazi versatili e i servizi professionali e vedono nell’hotel il luogo ideale per offrire ai propri collaboratori incentive avventurosi sull’Etna, meeting e presentazioni di nuovi progetti. Four Points by Sheraton Catania è da sempre sinonimo di uno stile di ospitalità diverso, interamente focalizzato sul cliente, qualunque sia la sua idea di tempo libero, sul rispetto dell’ambiente e sulla valorizzazione dell’arte e del territorio. Ma ciò che fa meglio è stupire con esperienze che il viaggiatore non pensava neanche di desiderare: nell’american lobby bar e al Timo Bistrot, si possono degustare signature cocktail e birra artigianale siciliana abbi-

nati a un piatto della tradizione preparato con ortaggi e spezie dell’“Horto”. dall’executive chef Giuseppe Fucile. Sì, c’è proprio un orto all’interno dell’hotel, che nel 2017 si è aggiudicato il Premio Smau Innovazione a Milano. L’Horto biologico è a disposizione dello chef ma anche degli ospiti che possono passeggiare nel verde o fare una pausa di meditazione con il sottofondo dei suoni prodotti dalla natura diventati musica grazie a Mxou - Musica per Orti Urbani, progetto di un giovane sound engineer. Completano l’offerta la piscina, la piattaforma mare, il centro benessere e la FoN Art Gallery, quattro piani più il lobby floor costellati di opere d’arte di maestri del calibro di Agostino Bonalumi, Urano Palma, Enrico Baj, Mark Kostabi, Urs Lüthi, nonché di artisti locali emergenti, le cui mostre temporanee sono curate dalla Fondazione Oelle Mediterraneo Antico. L’attitudine all’ospitalità e la propensione all’arte sono solo alcuni degli aspetti che rendono l’albergo un luogo vibrante in cui vivere esperienze inedite. Negli ultimi tre anni, il management ha profuso grandi energie intorno ai temi dell’ecosostenibilità e del rispetto dell’ambiente. L’installazione di colonnine per la ricarica di auto elettriche e, nel contesto della mobilità sostenibile, la “Bike Room” sono, insieme all’Horto biologico, una prova tangibile di questo impegno. Dal 2019, con il progetto “Less Plastic, More Planet”, l’hotel ha intrapreso un percorso di eliminazione della plastica monouso, che le è valso il riconoscimento di Legambiente e dello SMAU di Palermo. Four Points by Sheraton Catania Hotel & Conference Center Via Antonello da Messina, 45 95021 Aci Castello (CT) Tel. 095.71.14.111 - Fax 095.27.13.80 info@fourpointscatania.com www.fourpointscatania.com

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EE POI MOTORI POIILILPIACERE PIACEREMOTORI

L’ammiraglia dei Suv 960 chilometri di libertà Grande, grossa e pesante. E con un’autonomia quasi infinita. La nuova Audi Q7 è un salotto su ruote che può tranquillamente partire da Milano e arrivare a Barcellona senza mai fermarsi di Franco Oppedisano lunga più di cinque metri (5,06). E quando occorre, di arrivare da zero a cento larga quasi due, specchietti esclusi chilometri all’ora in 6,3 secondi e di toccare (1,96). La nuova Audi Q7 50 TDI è i 243 chilometri allora i velocità massima) e un’ammiraglia. Grande, grossa, e pesante. Ed della tecnologia mild hybrid (Mhev), di serie è per questo che la prima cosa che colpisce su tutte le versioni. Durante la marcia questa sedendosi al volante è il numero di chilometri soluzione tecnica può ridurre i consumi fino a di autonomia che si legge in alto sul cruscotto: un massimo di 0,7 litri ogni 100 chilometri. La 960. Certo, il serbatoio è capace di contenere rete di bordo a 48 Volt del sistema MHEV vede 75 litri di gasolio, ma l’alternatore-starter QUANDO IL CONDUCENTE RILASCIA la sola idea di andare azionato a cinghia L’ACCELERATORE, LA Q7 È IN GRADO senza fermarsi da Mi(Rsg), collegato all’alDI VELEGGIARE A MOTORE SPENTO lano a Barcellona in bero motore, recuPER UN MASSIMO DI 40 SECONDI cinque su un salotto perare fino a 8 kW di lusso che pesa quasi 2,5 tonnellate, dà una di potenza nelle fasi di decelerazione; questa sensazione di libertà, di poter viaggiare senza energia viene immagazzinata in una batteria meta, senza preavviso e senza organizzarsi, agli ioni di litio, da cui viene portata ai dispomagari anche per la pura voglia di guidare. sitivi integrati nella rete di bordo. Quando il La Casa automobilistica di Ingolstad dichiara conducente rilascia il pedale dell’acceleratore un consumo nel ciclo Wlpt di 6,8–6,5 litri per a velocità comprese tra 55 e 160 chilometri cento chilometri. Guidandola, abbiamo consuall’ora, la Q7 è in grado di avanzare per inerzia mato anche meno. Forse per il tipo di strade “in folle” o di veleggiare a motore spento per percorse, forse perché, a volte, anche i metodi un massimo di 40 secondi. calcolo più sofisticati sbagliano per eccesso. Non appena il conducente preme nuovamente Il merito comunque va a un motore da apl’acceleratore, l’Rsg riavvia il motore in modo plausi (V6 da tre litri con 286 cavalli capace, più rapido e progressivo rispetto a un moto-

È

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rino di avviamento tradizionale. La modalità start/stop è attiva già a partire da 22 chilometri all’ora. Persino il cambio automatico tiptronic a otto rapporti (di serie), grazie a soluzioni tecniche come la frizione di separazione e la pompa dell’olio elettrica, interagisce con la tecnologia mild hybrid. Mentre la trazione integrale permanente Quattro (di serie) con un differenziale centrale autobloccante che distribuisce in modo variabile la spinta privilegiando l’assale con la migliore motricità, ricorda che Audi Q7, oltre ad essere un’ammiraglia con stabilizzazione antirollio attiva e uno sterzo integrale per assicurare un confort di marcia di altissimo livello, è anche un fuoristrada vero. La gestione della dinamica di marcia Audi drive select (di serie), insieme ai programmi auto, comfort, dynamic, efficiency, individual, dispone anche di programmi allroad e offroad, con i quali il conducente può optare per diversi setting della vettura che influiscono sulla servoassistenza dello sterzo, l’erogazione del motore, la mappatura del cambio e la taratura delle sospensioni pneumatiche adattive (di serie sulle versino a sette posti, che permettono di variare l’altezza da terra dell’auto sino a un massimo di 9 centimetri. Percorrendo tratti autostradali, l’Audi Q7 si abbassa automaticamente fino a un massimo di 30 mm in funzione della velocità, a vantaggio della riduzione della resistenza aerodinamica e del miglioramento dell’efficienza. I mille sistemi di serie e la tecnologia presente sull’auto giustificano il prezzo: 72 mila euro.


in collaborazione con Autoappassionati.it MOTORI E POI IL PIACERE

AUDI A3: LA QUARTA GENERAZIONE DELLA COMPATTA Era il 1996 quando la compatta di segmento C di Audi, denominata A3, debuttava sul mercato con la prima generazione. Sono passati 24 anni, milioni di unità vendute e oggi siamo arrivati alla quarta edizione. Esteticamente, il nuovo modello segue la via indicata dal modello precedente, ma propone alcune linee inedite e nuovi gruppi ottici. Cambia di poco la lunghezza, mentre gli interni si modernizzano, grazie a display da 12,3 pollici per la strumentazione e da 10,1 per l’infotainment. La nuova A3 viene

proposta con diverse motorizzazioni: si parte dalla 30 TFSI, 1.0 da 110 CV e si sale alle 35 TFSI, con il 1.5 turbo benzina da 150 CV, anche abbinato al mild hybrid. 30 e 35 TDI sono i due 2.0 Diesel dalla potenza di 116 o 150 CV. In arrivo anche la trazione integrale quattro con la versione Diesel 40 TDI (2.0 190 CV), la 30 g-tron con il 1.5 turbo-metano da 131 CV e il 1.4 TFSI ibrido plug-in in due livelli di potenza, 204 e 245 CV. I cambi sono il 6 rapporti manuale o l’automatico doppia frizione S tronic a 7 marce.

E-DUCATO: FIAT PROFESSIONAL SI ELETTRIFICA

OPEL MOKKA: NUOVA VITA PER IL CROSSOVER TEDESCO

E-Ducato, questo il nome del primo modello elettrico firmato Fiat Professional. L’inizio di una nuova era elettrica per il Marchio del Gruppo FCA, che lo fa esordire con un logo realizzato dal Centro Stile quale simbolico abbraccio tra il futuro e il presente di questo veicolo best seller. Sarà, infatti, l’inedito veicolo “100% Elettrico” a scrivere un nuovo

capitolo della gloriosa storia di Ducato, una leggenda nata 39 anni fa. L’E-Ducato sarà infatti la punta di diamante di Fiat Professional nel campo della mobilità elettrica e soprattutto sarà sviluppata “su misura del cliente”. La proposta è composta anche da opzioni modulari, grazie ad autonomie di percorrenza che

vanno da 200 a oltre 360 km in normali condizioni ambientali a seconda del tipo di batteria e differenti configurazioni di ricarica. Il tutto a fronte di una potenza massima di 90 kW e una coppia massima di 280 Nm, senza sacrificare la volumetria di carico best in class da 10 a 17m3, con una portata fino a 1.950 kg.

Opel Mokka cambia totalmente rispetto alla precedente generazione, svelandosi, per ora, solamente nella sua versione elettrica. Rispetto al passato, il modello cambia anche nelle dimensioni, accorciandosi alla lunghezza di 4,15 metri. Se gli esterni segnano una rivoluzione, anche gli interni sposano il futuro, con un abitacolo completamente digitale. Il futuro del marchio si svela anche dentro, con l’abitacolo di nuova generazione completamente digitale, composto da display widescreen, senza linee di separazione. La Mokka sarà disponibile fin dal suo lancio con una motorizzazione elettrica, ma dovrebbero arrivare versioni endotermiche condivise con il Gruppo PSA. Sotto il cofano della Mokka-e c’è il motore da 136 CV e 260 Nm di coppia, con tre modalità di guida. Sul pianale la batteria da 50 kWh permette, grazie al sistema di ricarica rapida in corrente continua, di ricaricarsi dell’80% in 30 minuti utilizzando le colonnine apposite, così da consentire un’autonomia di circa 320 km nel ciclo WLTP.

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

L’ESTATE RUGGENTE DEL POST-COVID TRA SH0WBIZ E GOTHA DELL’ECONOMIA Meglio non rischiare di trovarsi bloccati dall’altra parte del mondo: anche i vip quest’anno hanno preferito le mete italiane. Con la Puglia in testa, ma non tra trulli e masserie: ecco le nuove location della movida PROVATE A IMMAGINARE UNA

prenotazione importante. Quella

una vacanza di due settimane

del film di Winspeare In Grazia di

SERA AL TRAMONTO IN UNA

che, attraverso una serie di nomi

al Melograno. Dove è atteso

Dio. Gli ospiti sono arrivati all’ora

SPETTACOLARE PIATTAFORMA

in codice, fa riferimento a George

anche Max Tortora (mentre a

dell’aperitivo per poi fermarsi

DI LEGNO CANDIDO NATURALE

Clooney. Quasi sicuramente

inizio luglio è stato avvistato tra i

a cena per le prelibatezze di

SUL MARE. Sospesi tra cielo

il divo sbarcherà a Monopoli

super vip uno dei signori del vino

Giuliano Piscina, storico primo

e acqua, a inizio agosto, si

a Ferragosto e non andrà a

italiano, il marchese Antinori).Ma

restaurant manager dello

sono ritrovati per l’aperitivo

Borgo Egnazia, meta abituale

le masserie extra lusso sono tutte

Splendido di Portofino. Il 16 luglio

alla Peschiera di Capitolo, l’ex

scorso, invece, tutta la Puglia

calciatore Giuliano Giannichedda,

che conta era all’inaugurazione

la moglie Francesca Ridolfi ed

del Paragon 700, il nuovo gioiello

un gruppo selezionato di amici

dell’hotellerie ostunese a 5 stelle

tra cui spiccava-per grazia e

gestito dalla bravissima Laura

classe-l’attrice Luisa Ranieri

Stopani, già general manager

protagonista della nuova fiction

della Sommità. Aperitivo e crudi

“Lolita Lobosco” tratta dai

di mare per un parterre dorato

fortunati libri della bellissima

tra cui abbiamo notato Flavia

scrittrice barese Gabriella

Pennetta e Fabio Fognini, Tania

Genisi. Luisa era accompagnata

Missoni e Nancy Dell’Olio,

dal marito Luca Zingaretti alias

ambasciatore della Puglia nel

commissario Montalbano e

mondo, con la giornalista Angela

dalle splendide figlie. Ma che

Anglani. Presenti anche Antonia

la privacy alla Peschiera sia

dell’Atte, musa di Giorgio Armani,

un “must” oltre che un “plus” lo

e la sorella Annarita, ex moglie

dimostra la risposta asettica e

del ricchissimo produttore Gianni

lapidaria ricevuta dal general

Nunnari. Da lui Annarita ha avuto

manager Andrea Sabato quando La Gazzetta del Mezzogiorno

la figlia Giulia. Dopo di lei, invece, IN SENSO ORARIO: LUISA RANIERI, GEORGE CLOONEY, FRANCESCA BARRA E FLAVIA PENNETTA

Nunnari ha avuto una seconda

ha chiesto conferma del rendez

di Madonna, David e Victoria

in gran fermento perché i ricchi

bimba dall’attrice Vanessa

vous. «Se fra i nostri ospiti di un

Beckam o Ivanka Trump

italiani sono arrivati tutti in agosto.

Hassler. Quanto alle feste pugliesi

aperitivo al tramonto ci fossero

Pare che il mitico George avrà una

Tra le location più in si segnala

della season 2020 da segnalare

nomi noti non possiamo né

suite pied-en-l’eau proprio alla

Torre Maizza, la perla pugliese di

la kermesse organizzata da Tania

confermarlo né smentirlo: si tratta

Peschiera dove hanno trascorso

Rocco Forte affidata alla capacità

Missoni il 31 luglio per la bimba

di eventi privatissimi dunque

il secondo anniversario di nozze

del general manager Franco

di Gianluca Paparesta e Miki

coperti dalla più rigorosa privacy».

l’attore Claudio Santamaria e

Girasoli. Gli inviti sono partiti con

Calcagno. Festa da mille e una

Dietro il linguaggio convenzionale

la giornalista e scrittrice lucana

largo anticipo. Girasoli ha voluto

notte per la piccola Mia Nicole

del general manager del colosso

Francesca Barra. La coppia

avere nella sua Torre Maizza la

con il gotha dell’economia e dello

Talea collection, si cela soprattutto

ha consumato una notte alla

cream del turismo pugliese a 5

showbiz per brindare all’estate

la voglia di tenere coperta un’altra

Peschiera e forse tornerà per

stelle l’11 agosto per la proiezione

ruggente del post Covid.

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