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L’A35 Brebemi, l’autostrada attira-business che ha già creato 5mila posti di lavoro - L’ALTRA COPERTINA

www.economymag.it

NON CI RESTA CHE MANGIARE

Va bene l’export, corre la ristorazione, tengono i consumi. L’industria alimentare

si conferma un volano del Pil. E 100 miliardi in più si potranno fare combattendo i falsi

«COSÌ IL PAPA RIPENSERÀ L’ECONOMIA»

ZAMAGNI: ECCO IL PROGETTO DI ASSISI 2020 CHE FRANCESCO CI INDICA 40 ANNI DI MEETING

A Rimini dal 18 al 24 agosto un’edizione fondamentale

INNOVATION MANAGER L’ECONOMISTA STEFANO ZAMAGNI

Grazie a Federmanager il via al voucher per tutte le imprese

INCENTIVI R&S Attesi dal Mise chiarimenti sulle modalità di erogazione

PRIVATE EQUITY

Con Aifi sul portale K4G già 1000 progetti di crescita

With compliments


«SULLE CORSIE DELL’A35 VIAGGIANO LAVORO E PIL» Intervista multimediale con Francesco Bettoni, presidente e fondatore della Brebemi: «Lungo la nostra arteria, 18 nuovi stabilimenti produttivi» - Inquadra il QR e accedi al video


EDITORIALE

RISCOPRIAMO LA FIDUCIA IN NOI STESSI E NEL FUTURO

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obbiamo avere fiducia, nei mercati, nelle imprese e nelle famiglie», ripete Giovanni Tria, ministro ecoDI SERGIO LUCIANO nomico del governo più strano del mondo. Il quale ha trascorso la prima parte di questa torrida estate 2019 a ricostruire una parte di questa fiducia, quella dei mercati sulla solvibilità della Repubblica italiana, negoziando abilmente con la Commissione europea. Ma questa fiducia “istituzionale” che i mercati hanno concesso alla Repubblica italiana e ai suoi Btp riducendo lo spread, non si è tradotta in una ripresa della fiducia delle famiglie sul proprio futuro e delle imprese sulle proprie opportunità. L’Italia è oggi un Paese che continua a investire meno di quanto dovrebbe, a consumare meno di quanto potrebbe e a investire peggio di quanto saprebbe. Secondo Confindustria quest’anno le imprese private investiranno il 2,5% in meno dello scorso anno. Nel quarto trimestre 2018 i consumi delle famiglie sono cresciuti appena dello 0,5%. Mentre i risparmi finiscono per quasi 1400 miliardi nei conti correnti, dove non maturano alcun interesse. È come tenerli nel materasso, anzi peggio, perché tenerli sul conto corrente costa la commissione bancaria. La coverstory di questo numero racconta, tra economia e costume, quanto vada bene, invece, un settore che da sempre traina l’economia italiana e anche oggi risalta perché

«

IL CORSIVO

viaggia in controtendenza: il food, l’industria agroalimentare, con il corollario della ristorazione ed anche del suo sottoinsieme, il food-delivery. La forza del cibo italiano non richiede descrizioni: la conoscono tutti. Il fenomeno, però – come ben sottolinea Roberta Schira, una delle critiche gastronomiche più quotate non solo d’Italia che inizia la sua collaborazione con Economy – richiama alla mente sinistri ricordi, quelli di tutte le altre epoche storiche di decadenza valoriale nelle quali la cultura di interi popoli è sembrata focalizzarsi più che mai sul cibo. Rispetto a tanti altri piaceri costa meno, garantisce soddisfazione e gusto immediati, è perfettamente reversibile (“oggi ho mangiato molto, domani risparmio e faccio dieta!”) e non implica continuità di spesa: “oggi godiamocela, a domani penseremo domani”. Ma al netto del valore economico positivo che questo fenomeno regala al Pil nazionale, perché “non ci resta che mangiare” è e dovrebbe restare soltanto un titolo scherzoso, o almeno che spera di risultare tale? Perché denota la mancanza persistente di quella fiducia nel futuro che è stata invece la vera benzina di un popolo come il nostro, letteralmente costruitosi con le sue mani il suo benessere, non avendo all’attivo un’industria estrattiva degna di questo nome ma solo industrie manifatturiere, di trasformazione, e un turismo vivaci. Ma con chi dobbiamo prendercela se oggi invece c’è tanta sfiducia in giro? E se davvero sembra che non ci resti che mangiare? Con noi stessi. Con noi come popolo elettore e come popolo contribuente. Indotti da quell’illusione ot-

DELEGITTIMARE L’AVVERSARIO MINA IL PRINCIPIO DELL’ALTERNANZA tica che si chiama bipolarismo a schierarci drasticamente o di qua o di là – e fin qui passi – ma anche ad esprimere questo schieramento come se fossimo in curva allo stadio, ad aggredire e denigrare chi non la pensa come noi. Alimentando un clima livido di insulti e scontri incrociati. Un clima di delegittimazione dell’avversario, che mina alla base il principio dell’“alternanza condivisa” su cui si basano i sistemi bipolari efficienti nel mondo. Per cui, quando governano “i nostri” bisogna approfittarne, e quando governano gli altri si salvi chi può. Come avere fiducia nel futuro, con simili premesse? Ma se non si ha fiducia nel futuro, come si può pensare ad investire? «Il vero motore dei consumi, – diceva il padre del “new deal” John Maynard Keynes - risiede nella fiducia prima ancora che nei tassi. Se la fiducia viene meno, nemmeno tassi di interesse nulli o un aumento della base monetaria possono far ripartire i consumi». Ripartiamo dalla fiducia in quel che sappiamo fare. Tutti insieme, anche con quelli che non la pensano come noi.

E ADESSO PROVIAMO A VIAGGIARE UN PO’ DI PIÙ CON ALITALIA

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ice: “Ci è già costata 8 miliardi, basta col salasso”. Vero: Alitalia è stata un buco senza fondo, per le casse dello Stato. Tuttavia chi tra noi, avendolo sotto il suo polpastrello, si sentirebbe di premere il bottone che deciderebbe il fallimento di quel che è ancora e pur sempre la nostra “compagnia di bandiera”? Il lungo commissariamento

non è bastato a riportare in attivo l’azienda, ma senza dubbio ha ridotto drasticamente le perdite e l’ha ricollocata ai vertici di tutte le classifiche per puntualità e qualità del servizio, Una compagnia aerea capace di rappresentare il suo Paese nel mondo e sostenere i flussi turistici in entrata è parte integrante, ad esempio con Lufthansa, del

modello vincente dell’economia tedesca. Si straccino pure le vesti i liberisti duri e puri, la frittata Alitalia è fatta, quest’ultimo giro di giostra sembra partire con premesse migliori che in passato. Crediamoci un po’ anche noi e, quando possibile, a parità di condizioni, voliamo Alitalia. Non c’è niente di male, anzi. (s.l.)

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SOMMARIO

Agosto 2019 011

COVER STORY

ALIMENTARE, LA CRESCITA PASSA DAL CONFINE

015

CONSUMISMO VERSUS SALUTISMO

016

L’IMPORTANZA DEL FATTORE UMANO

018

ALLEANZE STRATEGICHE

020

PUNTARE SUL BEST SELLER

022

L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

024

PRIMO: DIVERSIFICARE

011

027 GESTIRE L’IMPRESA

Il mercato domestico vale 33miliardi. Ma puntando sull’export si può arrivare alla fatidica “quota 100”

I consumi vanno a pari passo con la ricerca della qualità Dal lavapiatti al manager, il caso del Gruppo Langosteria Se i margini mordono, la ricetta passa dal fronte comune Come Ferrari, che fattura il 60% su un solo prodotto Dalla mensa al brand commerciale: ecco Cirfood Gourmet, easy, pop: le formule vincenti nella ristorazione

041 FINANZIARE L’IMPRESA

073 COMUNICARE L’IMPRESA

SINLOC Il Roe dell’Investimento sul territorio

044

STUDI LEGALI

045

INVOICE TRADING

046

AIFI

047

NSA PMI INDEX

048

VERIFICHE FISCALI

CRIPTOVALUTE La moneta complementare

030

MERCEDES

031

ROCHE

032

EASY HUNTERS

033

RSM

034

LIUC

037

038

L’ufficio personale della felicità La trasparenza innanzi tutto

La soluzione al credit crunch Il portale per la crescita La “matita”, eccellenza italiana Il credito Ricerca & Sviluppo

MARKETING Il Parmigiano ribalta i paradigmi

076

PODCAST

Lo storytelling da ascoltare

079 STORYLEARNING BREBEMI L’autostrada della crescita

Il recruitment diventa digitale

082

QATAR AIRWAYS

084

BRITISH AMERICAN TOBACCO

086

FABBRICA INTELLIGENTE

088

SECURSAT

Il futuro dell’audit

Alla ricerca delle competenze

CHANGE MANAGEMENT

Il manager “a tempo”

FEDERMANAGER

Arriva il voucher per l’innovazione

048 4

Una rete di boutique per le Pmi

La qualità non si improvvisa Italia, paese pilota del vaping

Il cluster strategico per l’impresa La sicurezza in azienda grazie all’AI



SOMMARIO

Approfondimenti 051

ASSISI 2020 Papa Bergoglio, un realista ispirato

054 UOMINI&DENARI di Alfonso Ruffo

051

055

PRIVATE BANKER di Ugo Bertone

056

OFFLINE Il nuovo lusso resta fuori dalla rete

059 SOCIAL La verità è relativa: ora vince chi urla 060

INTELLIGENZA ARTIFICIALE La ribellione degli umani

062 CONFPROFESSIONI L’Europa punta sui professionisti

060

066

CI PIACE/NON CI PIACE Affari, i promossi e i bocciati

068

QUI PARIGI di Giuseppe Corsentino

090

DOLCIARIA

117

092

AUTOTRASPORTO

L’avventura rende tosto il manager

095

GHC

119

LEADERSHIP

097

IL PAESE CHE CRESCE...

La Tenerina prende il volo Ambrogio, l’inventore della logistica

La sanità privata cresce in Borsa Le news dal mondo produttivo

099

STARTUP-TELLING

102

103

107

SCORCI MILANESI

124

COURMAYEUR

MILANO CONTRACT DISTRICT

125

Piccolo è bello, purché di lusso

IL NUOVO CHE AVANZA

126

Modelli e case histories in breve

DOMANDE & OFFERTE

MOTORI

E POI IL PIACERE...

La logistica dietro al click

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114

121

E-COMMERCE

L’alta orolegeria punta sull’Italia

Tra doti umane e innovazione tecnologica

Alla scoperta di Palazzo Borromeo

112

TEAM BUILDING

HUBLOT

VITA DA MANAGER

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130

AUTO

La nuova “ibrida” di Audi

MOTO

redazione@economymag.it Hanno collaborato Silvia Antonini, Ugo Bertone, Maddalena Bonaccorso, Annalisa Caccavale, Giuseppe Capriuolo, Gilda Ciaruffoli, Alessandro Cola, Giuseppe Corsentino, Tommaso Costa, Lorenzo Dornetti, Giovanni Francavilla, Francesca Frediani, Giuliana Gemelli, Marco Gemelli, Giovanni Luchetti, Emilio Mango, Franco Oppedisano, Vincenzo Petraglia, Maurizio Quarta, Alfonso Ruffo, Roberta Schira, Monica Setta Partnership editoriali Aifi; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Per la pubblicità su questa rivista commerciale@economymag.it Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Pier Carlo Barberis, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Editore incaricato Domenico Marasco

La selezione dui Motoappassionati.it

Responsabile commerciale Aldo Carlo Rosina

LE RAGIONI DEL GOSSIP

Casa editrice Economy s.r.l.

a cura di Monica Setta

Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777

Distribuzione

Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097

L’AI che permea i processi aziendali

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Sharjiah, la perla nascosta

In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi

Numero iscrizione ROC: 29993

LENOVO

Un business che non conosce crisi

EMIRATI ARABI

Direttore responsabile Sergio Luciano

Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017

Il metano è “eco” due volte

MEDICINA ESTETICA

L’hotellerie di lusso ai piedi del Mont Blanc

Il mensile dell’economia che cambia

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Stampa

Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI)


valleverde.it


COVERSTORY

SARÒ FRANCO

SE L’EDUCAZIONE DIGITALE È INVERSAMENTE

L’

loro sottoposti. Questo non Enel, nella sua ultima sarebbe particolarmente versione, ha 95mila grave se non fosse che la dipendenti sparsi in nostra società si trova in un quasi tutto il mondo, dalla processo di inarrestabile Russia all’America Latina, digitalizzazione di quasi un interessante campione tutte le attività: se la dell’umanità che lavora situazione non cambia i prevalentemente negli uffici, responsabili delle imprese, ma anche in attività varie non solo italiane, si che richiedono almeno una troveranno ad operare in un media scolarità. Un paio ambiente a loro estraneo, di mesi fa, tenendo conto governato da regole dei tempi di elaborazione, operative sconosciute, l’Amministratore Delegato con processi di sviluppo dell’Enel Francesco Starace imperscrutabili, sorpresi ha avuto un’idea semplice e in ogni momento da nuovi geniale, rivolgersi a questa concorrenti che propongono popolazione con una facile soluzioni più adatte alle domanda uguale per tutti: richieste del mercato quanto sei digitale? Sul rispetto ai prodotti correnti materiale raccolto si sono o addirittura scatenati LA SOCIETÀ DIGITALE in grado di drappelli di È UN PERCORSO OBBLIGATO far nascere statistici alla E L’IMPREPARAZIONE DEI LEADER bisogni ricerca di È UN GRANDE SVANTAGGIO fino ad oggi correlazioni PER IL POSIZIONAMENTO sconosciuti. significative, Sono certo che all’Enel un compito che si rivelò stia partendo un intenso presto improbo a causa di programma di formazione una successione di risultati per preparare i propri incerti o deludenti finché, collaboratori al futuro che contro ogni aspettativa, li aspetta. Se il programma si trovò una correlazione avrà successo, l’azienda assolutamente certa: il nei prossimi anni avrà un livello di educazione e sicuro vantaggio competitivo dimestichezza digitale è dal quale noi tutti potremo inversamente proporzionale trarre vantaggio. Non credo al livello gerarchico. In altre che la situazione della parole i capi, i manager stragrande maggioranza di ogni livello, quelli che delle aziende italiane, con prendono le decisioni l’eccezione ovviamente di piccole o grandi di indirizzo chi opera professionalmente dell’impresa hanno una nel digitale, sia molto cultura digitale inferiore ai

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FRANCESCO STARACE, AMMINISTRATORE DELEGATO DELL’ENEL

diversa da quella dell’Enel di oggi. La società digitale è un percorso obbligato ed è pertanto un grave svantaggio che proprio il fattore decisivo per un posizionamento favorevole nelle nuove condizioni operative, le risorse umane, siano impreparate a partecipare o addirittura a comprendere le nuove possibilità di sviluppo. Ancora più preoccupante è l’assenza di programmi e strumenti per correggere quello che possiamo chiamare gap conoscitivo e motivazionale. Credo anche che si compia l’errore di paragonare la carenza di cultura digitale alla carenza di alfabetizzazione. Non si tratta di imparare a leggere e a scrivere un nuovo linguaggio; nessuno sarà chiamato a imparare la programmazione dei

computer quantistici, cioè a scrivere e a leggere pagine e pagine di linee di codice simili a misteriose partiture musicali, ad eccezione ovviamente degli addetti ai lavori, già oggi carenti in numero e qualità. I computer potranno continuare a usare la loro alfabetizzazione per leggere 900 pagine di racconti qualunque scritti da uno scrittore qualunque come Paul Auster, con tutto il rispetto per un autore di successo. L’alfabetizzazione digitale è un’altra cosa e consiste nella comprensione delle possibilità offerte da nuovi strumenti come l’intelligenza artificiale, ovvero dall’applicazione di algoritmi sempre più complessi ad enormi quantità di dati, collegandoli tra loro e trasformandoli in informazioni utili al


di Franco Tatò

PROPORZIONALE AL LIVELLO GERARCHICO IN AZIENDA conseguenze MANCA LA CURIOSITÀ mancante nella PER GLI SVILUPPI della preparazione nei DELLE TECNOLOGIE robotizzazione nostri giovani E PER LE INNOVAZIONI del lavoro e meno giovani CHE PORTERANNO distrae è la passione, l’attenzione dai veri l’interesse, la curiosità per problemi che dovremo gli sviluppi delle tecnologie, affrontare. per le profonde innovazioni Con questo non voglio dire che esse porteranno alla che il mondo del lavoro vita sociale e nel modo di non verrà profondamente fare business: non più la sconvolto, ma che questo vecchia deintermediazione è un problema analogo con la quale peraltro stiamo a problemi affrontati in ancora combattendo, ma passato. il vero e proprio cambio di La trasformazione paradigmi. della mobilità con la La preoccupazione per le

raggiungimento di obiettivi magari costruiti strada facendo. Dico questo perché si tratta dell’acquisizione di elementi culturali e non di strumentazioni o di automatismi. Ecco perché non si tratta di andare a scuola per apprendere qualcosa con sistemi tradizionali, ma piuttosto di partecipare ad attività valutative e motivazionali sotto la guida di un coach esperto. Se devo dire quale mi sembra essere il principale elemento

rapida diffusione delle automobili elettriche senza guidatore sarà solo un assaggio di quello che ci aspetta. È sorprendente che le organizzazioni imprenditoriali e professionali non si facciano promotrici di attività educative che vadano aldilà di noiosi convegni. La gravità della situazione richiederebbe una vera e propria mobilitazione di tutte le migliori risorse professionali disponibili, per aiutarci a non soccombere.

IL CORSIVO

QUEL VALORE A QUATTRO ZAMPE CHE FA GRANDE LA SOCIETÀ di Giuliana Gemelli

non sanno dare più: la fedeltà, l’amore

zampe! Non fatelo, vi prego, in nome

a nostra

completo e totale, il rispetto. Un cane

della giustizia che riguarda tutte le

libertà è

ama chi ti ama, ma non esita a difenderti

creature, in nome della solidarietà che

figlia della giustizia

da chi vuole farti del male. E non è poco”.

riguarda tutti gli esseri viventi e in

che sapremo

È un sogno che condivido con tutto

nome della civiltà e non da ultimo in

conquistare e della

il cuore e il rendere pubblico

nome della fedeltà che è amore, la

solidarietà che sapremo sviluppare”:

questo sogno, insieme ad illustri

forma più pura di amore che esista.

E una frase tratta dal discorso di

citazioni è il mio modo per esprimere

insediamento di David Sassoli al

un auspicio che è, in realtà, un’

Parlamento europeo, una frase che

esortazione espressa ad altissima

vorrei associare in modo, forse

voce: Non abbandonate i vostri quattro

“L

Contatti per saperne di più: giuliana.gemelli@unibo.it http://grandegiu.blogspot.it/p/ progetti.html

inusitato, a altre due citazioni: una universale e profondamente etica è di Gandhi, “La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”, e ad un’altra, molto intima e personalissima, del regista Franco Zeffirelli recentemente scomparso, “Ho amato e amo così tanto i cani, che il mio sogno è quello di spegnermi con uno di loro al mio fianco. Li ho amati perché sanno dare quello che gli uomini, ormai,

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Ogni anno milioni di creature marine muoiono anche a causa dell’inquinamento da microfibre provenienti dal lavaggio dei nostri capi. Meno lavaggi e a basse temperature, con cicli brevi, senza centrifugare e usando poco detersivo, preferibilmente bio-ecologico. Se vuoi, puoi fare la differenza.

Banor SIM è una Società di Intermediazione Mobiliare che si distingue per la trasparenza, la sostenibilità e l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance societaria (ESG) nella selezione degli investimenti per la propria clientela privata ed istituzionale. Scopri di più sul progetto #STOPMICROFIBRE e sulle soluzioni offerte da BANOR per una gestione del patrimonio più sostenibile su www.banor.it


:

COVERSTORY

ALIMENTARE, PER CRESCERE È ORA DI PUNTARE A QUOTA 100

15 COMMENTO CONSUMISMO DECADENTE O DERIVA SALUTISTA?

Tanti sono i miliardi di valore del falso cibo italiano nel mondo. Il nostro export alimentare cresce, ma ne vale 33: solo un terzo dell'italian sounding. Il mercato interno regge ma fatica, la crescita passa dall’estero

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di Riccardo Venturi

LANGOSTERIA L'INGREDIENTE PIÙ IMPORTANTE È IL FATTORE UMANO

18 ALLEANZE STRATEGICHE SE I MARGINI MORDONO LA RICETTA È ALLEARSI

20 FERRARI COL GRATTUGGIATO SI PUNTA SUL BEST SELLER

22 CIRFOOD L'EVOLUZIONE DELLE SPECIE DALLA MENSA AL BRAND

24 IMPRENDITORIA GOURMET, EASY, POP L'IMPORTANTE È DIVERSIFICARE

C'

è un numero che esprime a un temsecondo le stime l’italian sounding, che utipo la forza e le grandi potenzialità lizza impropriamente parole, colori, località, ancora inespresse del comparto immagini, denominazioni e ricette che fanno alimentare italiano: 33 miliardi. È la quota in riferimento all'Italia, ci toglie trecentomila poeuro dell’export 2018, in crescita del 3,4% sul sti di lavoro. Ma dall’altro è una grande oppor2017. Un risultato importante: peccato che il tunità: a fare la fortuna dei falsari delle nostre falso Made in Italy alimentare nel mondo valprelibatezze è proprio la fame di Made In Italy ga più del triplo, oltre alimentare. «Parliamo IL FALSO MADE IN ITALY ALIMENTARE 100 miliardi secondo di prodotti che richiaNEL MONDO È AUMENTATO DEL 70% la recente analisi di mano l’Italia» dice il NELL'ULTIMO DECENNIO. MA DIMOSTRA Coldiretti e Filiera Itapresidente di ColdiLA GRANDE VOGLIA DI CIBO ITALIANO lia, con un aumento retti Ettore Prandini, del 70% nell'ultimo decennio. Per ogni botti«se ci fosse il nostro vero prodotto all’estero i glia di vero Prosecco, per ogni vera mozzarelconsumatori non avrebbero dubbi su cosa acla, per ogni vera fetta di Parmigiano Reggiano quistare: sta a noi esserci». Per il fondatore di esportati, all’estero ne vengono contraffatti e Eataly Oscar Farinetti proprio il valore stimavenduti almeno tre – o più, se il prezzo segue to del falso Made in Italy alimentare dev’esalmeno in parte la qualità al ribasso. Da un sere l’obiettivo di medio termine: «Abbiamo lato si tratta di un dato drammatico, visto che raddoppiato l’export da 20 a 40 miliardi negli

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COVERSTORY

ultimi 10 anni» osserva Farinetti, che fa riferimento alla categoria più ampia dell’agroalimentare, «con un’alleanza tra coltivatori e produttori possiamo più che raddoppiare nei prossimi 10 e arrivare a 100 miliardi, perché non siamo mai stati così di moda: la gente ama il cibo italiano, abbiamo il vantaggio di una cucina semplice e replicabile che fa impazzire tutti i cittadini del mondo». Come dice Gian Domenico Auricchio, presidente di Assocamerestero e delle Fiere di Parma nonché ex presidente di Federalimentare, l’industria alimentare italiana si conferma una corazzata: 56mila imprese per un fatturato che nel 2018 ha superato i 140 miliardi di euro, in aumento di circa il 2% rispetto al 2017. «È il secondo comparto manifatturiero (dopo quello meccanico, ndr) della seconda manifattura europea dopo quella tedesca» sintetizza Auricchio, «con dati significativamente migliori di quelli fatti registrare dall’industria italiana nel suo complesso, sia in termini di fatturato che di produzione». Così, mentre la produzione industriale totale nel mese di aprile è scesa dell’1,5%, quella alimentare è salita del 4,9%; mentre il fatturato totale nello stesso mese è sceso dello 0,7%, quello alimentare è aumentato del 5,5. Le imprese del settore stimano oltre 43mila nuove assunzioni nei prossimi 5 anni, con competenze digitali che faticano a trovare nei candidati. A conferma della tenuta del mercato interno nonostante le difficoltà, i dati Istat indicano che nel 2018 le famiglie hanno compresso alcune spese, come quelle per abbigliamento e calzature, ma non quella alimentare, che è anzi lievemente cresciuta. Anche se c’è da aggiungere che l’Istat ha da poco suonato un campanello d’allarme: nel mese di maggio infatti, ultimo dato disponibile al momento di chiudere questo numero di Economy, le vendite di beni alimentari al dettaglio sono calate dell’1%, confermando l’impressione di un paese in apnea che attende di capire le sorti del Governo gialloverde e quindi le prospettive economiche. Anche nelle esportazioni l’alimentare va meglio dell’industria generale: nel primo quadrimestre sono cresciute dell’8% contro il 2,9. Proprio

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GIAN DOMENICO AURICCHIO, PRESIDENTE DI ASSOCAMERESTERO

l’export è la chiave che può trasformare la corazzata alimentare in una più moderna portaerei, con tanto di bombardieri gourmet di pasta, vino, formaggi e altro ben di Dio italiano, lanciati in assetto di pacifico combattimento sui cinque continenti. «Dalla crisi del 2007 al 2018 l’export alimentare è cresciuto dell’81%, contro il 28,5% dell’alimentare nel suo comL'INDUSTRIA ALIMENTARE ITALIANA È UNA CORAZZATA CON 56MILA IMPRESE, UN FATTURATO DI OLTRE 140 MILIARDI DI EURO IN AUMENTO DEL 2%

plesso, un differenziale di quasi 50 punti» sottolinea il presidente di Assocamerestero. La crescita dell’alimentare italiano, in presenza di un mercato interno che tiene le posizioni con qualche fatica crescente in attesa della sospirata ripartenza dei consumi, è dunque legata a quella delle esportazioni. «L’incidenza dell’export sul fatturato totale del comparto è ancora troppo bassa: il 23,5%» afferma Auricchio, «se si vuol vedere il bicchiere mezzo pieno, nel 2007 era al 13%. Quello mezzo vuoto però ci dice che Francia, Germania e Gran Bretagna hanno percentuali significativamente più alte» aggiunge il presidente di Assocamerestero che fa dell’internazionalizzazione il suo cavallo di battaglia, e che da presidente di Federalimentare dal 2007 al 2010 ha aumentato la quota al 21%. «Il nostro export è di poco superiore ai 40 miliardi» osserva Prandini di Coldiretti, «ma ci dovrebbe far ri-

LA QUOTA DI EXPORT SULL'ALIMENTARE ITALIANO È ANCORA TROPPO BASSA flettere il fatto che il Belgio, che è solo un po’ più grosso della Lombardia, è a 30 miliardi». Se si aggiunge che siamo solo al quinto posto in Europa dopo l’Olanda a 85 miliardi, la Germania a 76, la Francia a 60 e la Spagna a quasi 48 (dati 2017), le nostre grandi potenzialità inespresse risultano del tutto evidenti. «Se vogliamo crescere davvero ci vuole un piano strategico per l’internazionalizzazione che preveda diversi piani di intervento a partire dalle infrastrutture, che sono fondamentali, comprese le piattaforme logistiche» afferma Prandini, «dovremmo uscire dalla mera logica autostradale e puntare sulle ferrovie, la Spagna l’ha fatto negli ultimi 10 anni, investendo in modo importante sulle connessioni con le reti di viabilità, e oggi esporta 13 miliardi di euro di ortofrutticolo mentre noi siamo fermi a 5». L’irrisolta questione del trasporto merci

ETTORE PRANDINI, PRESIDENTE COLDIRETTI


NON CI RESTA CHE MANGIARE

OSCAR FARINETTI, FONDATORE DI EATALY

ha un impatto rilevante in particolare sul comparto ortofrutticolo: «Per un prodotto deperibile che ha una vita media di 10 giorni» spiega il presidente di Coldiretti, «avere la possibilità di recuperarne 2 nel trasporto fa la differenza laddove la distribuzione europea decide di acquistare il prodotto in un paese piuttosto che in un altro». Così gli spagnoli ci fanno concorrenza anche in casa nostra: le importazioni di pomodori dalla Spagna sono aumentate del 50% nell’ultimo anno, e anche le fragole e perfino le albicocche spagnole si trovano spesso più facilmente delle nostre, portando la crisi in zone vocate ma poco collegate come la Basilicata. In Italia oltre l’80% delle merci viaggia su gomma: «questo incide anche sui tempi e quindi sul costo del trasporto, che ci penalizza fortemente» aggiunge Prandini, «mentre il trasporto via mare soffre della mancanza

I GIOVANI TORNATI ALL'AGRICOLTURA SANNO PUNTARE SULLE TIPICITÀ

DOBBIAMO SAPER RACCONTARE LA VARIETÀ UNICA DEI NOSTRI PRODOTTI di adeguati collegamenti delle aree portuali». Un altro aspetto fondamentale per aiutare le imprese a internazionalizzarsi è quello delle azioni istituzionali: «Ancora oggi ogni regione fa la sua politica» rimarca il presidente di Coldiretti, «e dobbiamo competere con paesi come la Francia dove c’è un‘agenzia unica che accompagna le imprese all’estero sostenuta dalla rete delle ambasciate, dove le carriere sono legate al numero di contratti commerciali stipulati. Dovremmo investire sull’Ice, e se ci sono anche altre agenzie, bene; l’importante è che ci sia una pianificazione nazionale». Il sostegno delle istituzioni è ancora più importante in una fase di turbolenze globali. Lo ha detto anche il presidente di Federalimentare: «L’interazione tra il sistema delle imprese e le istituzioni è fondamentale specie a fronte di uno scenario politico ed economico difficile, tra dazi Usa e Brexit, che rischia di minare le esportazioni» ha osservato Ivano Vacondio. Secondo il suo predecessore Auricchio il ruolo di Ice in questo senso è cresciuto molto negli ultimi anni: «Già con la presidenza di Michele Scannavini, e ancora di più con il nuovo presidente Carlo Maria Ferro, l’Ice è diventato veramente un contenitore con la c maiuscola, dal quale passa grandissima parte dell’export» mette in Evidenza Auricchio, «si comincia a fare sistema, un sistema che giustamente viene interfacciato per la prima volta in questi anni con tanti attori comprimari. Non posso non ricordare il sistema camerale italiano,

Unioncamere ha condiviso con il ministero un percorso che pur vedendo in Ice il contenitore, attribuisce alle camere italiane il ruolo di collettore dell’ultimo miglio: nessuno conosce il territorio, con le piccole e piccolissime imprese, come il sistema camerale italiano». Auricchio è presidente di Assocamerestero, l´associazione delle Camere di Commercio italiane all´estero presente in 55 paesi: «Ice trova interlocutori attenti nelle 80 camere di commercio italiane all’estero, che sono una straordinaria rete di presenza in tanta parte del mondo anche dove non ci sono uffici Ice» rimarca Auricchio, «sono presiedute e gestite da italiani che ricoprono ruoli di rilievo e conoscono il tessuto economico in maniera approfondita, con la voglia, l’entusiasmo di fare qualcosa di positivo per il paese». Le camere sono molto attive in campo agroalimentare: «Nel 2018 più di un terzo delle centinaia di iniziative promozionali fatte dalle camere di commercio italiane all’estero hanno riguardato l’agroalimentare: dalle azioni di business scouting agli incontri b2b, dall’organizzazione di missioni di imprenditori da e verso l’Italia all’accompagnamento alle fiere». Una componente fondamentale del mondo italiano del cibo è la ristorazione, come dimostrano i numeri: 300mila imprese, 85 miliardi di fatturato, 43 miliardi di valore aggiunto all’anno per 1 milione di occupati. Il presidente della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) Lino Enrico Stoppani sottolinea che anche in quest’ambito cruciale l’Italia non riesce a fare sistema come dovrebbe: «La ristorazione è uno strumento di soft power che il mondo ha cominciato a utilizzare» afferma Stoppani, «la cucina giapponese è patrimonio mondiale dell’umanità Unesco, le competizioni internazionali vengono vinte da danesi e olandesi perché hanno politiche di ristorazione gestite dai loro governi. Gli Stati Uniti si sono aperti la strada con McDonalds, Starbucks, Coca Cola». L’Italia potrebbe, dovrebbe fare molto di più: «Noi che sul cibo abbiamo di tutto e di più dobbiamo valorizzarlo al meglio» incalza il presidente di Fipe, «ci vuole un salto di qualità. Siamo ad un bivio, o la ristora-

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COVERSTORY

Industria food vs totale, produzione 4,9%

2,2%

-1,5% Settore alimentare

-0,7% 1° Quad. settore alimentare

Totale

Totale

Industria food vs totale, fatturato 5,5%

-0,7% Aprile Totale

Industria food vs totale, export 8%

3,1%

1° Quad

14

Totale

LINO ENRICO STOPPANI, PRESIDENTE FIPE

LA RISTORAZIONE È UN FATTORE STRATEGICO PER IL MADE IN ITALY

zione è considerata un fattore strategico per redditività imprenditoriale». «Abbiamo 1010 il made in Italy, con una valorizzazione che varietà di mele, 538 cultivar di olive, e al separta anche dalla diffusione all’estero, oppure condo posto c’è la Spagna che ne ha 70» mette diventa un banale strumento commerciale». in evidenza Oscar Farinetti, «in questo sta il I prodotti agroalimentari che hanno fatto renostro segreto, non abbiamo la cucina più angistrare le migliori performance in termini di tica, la cinese, l’indiana e la giapponese lo sono export sono quelli a denominazione di origine di più. Ma la nostra è più fresca, più nuova, e e a indicazione geografica: dop, igt, doc e così soprattutto è quella che gode di una varietà via, che dal 2007 al 2018 sono cresciuti del maggiore grazie alla biodiversità legata anche 145%, contro l’80% medio dell’agroalimentaal clima, ai venti che si incontrano». Per Farire. L’indicazione che viene dai mercati si sponetti è fondamentale la capacità di raccontasa dunque con la vocazione italiana: quella di re questa ricchezza: «gli asparagi di Bassano puntare sulla tipicità. L’Italia infatti è il paese del Grappa, le carote di Polignano, i peperoni dell’Unione Europea con il maggior numero di Carmagnola, non puoi solo prezzarli, devi di prodotti alimentari saperli raccontare, I PRODOTTI CHE SONO CRESCIUTI protetti: «ne abbiamo anche con packaging DI PIÙ NELL'EXPORT SONO DOP E IGT. più di 800 compreso fantastici come quelli L'ITALIA È IL PAESE DELL'UE CHE NE HA il vitivinicolo, oltre il dell’insalata trevigiaIL MAGGIOR NUMERO: OLTRE 800 doppio della Francia» na». Secondo il fondadice Prandini di Coldiretti, «è un patrimonio tore di Eataly, come italiani ci possiamo perunico che ci deve caratterizzare, un aspetto mettere il lusso di ribaltare lo slogan Think anche di carattere culturale. Ogni territorio global, act local: «Chi ha avuto il culo pazzesco sa valorizzare un certo tipo di prodotto perdi nascere nel paese più bello del mondo, con ché lo trasforma in modo diverso rispetto alla il 75% dei beni artistici culturali globali, il provincia confinante». Puntare su queste capiù alto numero di siti patrimonio mondiale ratteristiche uniche è essenziale: «Siamo perdell’umanità Unesco» affabula Farinetti, «podenti se pensiamo di poter competere sull’otrebbe entrare nell’ordine di idee contrario: mologazione produttiva: le dimensioni delle think local, cioè studiare le cose belle del noaziende, il costo del lavoro e dell’energia, oltre stro paese e accumulare così un coraggio da alla tradizione, non lo permettono» rimarca leone per andare all’estero. L’alternativa è Prandini, «Ma sono fiducioso perché le nuol’impreparazione che ti frena e ti fa diventare ve generazioni che sono tornate a occuparsi provinciale. Dobbiamo studiare la storia, la di agricoltura hanno capito che l’esaltazione tradizione dell’agroalimentare e poi narrare e della tipicità è la chiave per tornare ad avere vendere queste meraviglie nel mondo».


NON CI RESTA CHE MANGIARE

Consumismo da crisi dei valori? No, oggi è la qualità a vincere I dati sull'aumento dei consumi, solitamente legato alla decadenza culturale, evidenziano anche una maggior attenzione alla qualità di Roberta Schira

E

siste un termometro utilizzato

confortano. L’export del comparto

dalle imprese, si chiama sentiment

food è di 42 miliardi, quello dei prodotti

analysis, ovvero analisi computazionale

agricoli segna un +79% negli ultimi

di sentimenti e opinioni emergenti,

10 anni. Senza contare il fenomeno

in rete, su un prodotto o un’azienda.

della «Prosecchizzazione», che ha fatto

Questo strumento ci parla chiaro: in

addirittura +38% nel Regno Unito: si

Occidente, uno dei pochi comparti in

pensi che nella top 30 di Mediobanca

crescita negli ultimi anni è collegato al

ci sono 26 aziende che producono

mondo del cibo e dell’alimentazione. Se

Prosecco. Cresce l’attenzione alle farine

non stessimo parlando di economia, ma

di qualità, ad esempio Molino Pasini,

di antropologia – discipline del resto

azienda mantovana in crescita. Oltre

correlate – mi piacerebbe riprendere

ai generi alimentari di base, cresce il

fuoricasa rappresenta il 36% della

la teoria secondo la quale il cibo

mercato di nicchia: Longino & Cardenal

spesa alimentare totale, con un valore

diventa centrale nei momenti storici di

SpA, per esempio, che seleziona e

aggiunto di 43,2 miliardi di euro.

decadimento morale e perdita di valori.

distribuisce cibi rari ed è ormai punto

Ancora in calo i consumi alimentari in

Più crescono il consumismo alimentare,

di riferimento per l’alta ristorazione

casa. Forse bisognerebbe chiedersi

lo spreco, la bulimia mentale verso i

nazionale ed internazionale. Il fatturato

come sarà il profilo del commensale

programmi televisivi che si occupano

di 32 milioni e una crescita del 12,2%,

italiano nel futuro. Uno studio appena

di cucina, maggiore è il degrado etico

rispetto al 2017, ci raccontano molto.

uscito di Roberta Garibaldi (docente

e sociale. Il pensiero va a Lucullo e ai

Continuiamo il profilo del commensale

all'Università di Bergamo, autrice del

suoi banchetti memorabili; visse un

italiano oggi? Mai cedere alle

“Rapporto sul turismo enogastronomico

momento storico della storia romana,

generalizzazioni, impossibile mettere

italiano”) riguarda i Millennials, nati tra

il I secolo a.C., considerato l’apice della

seduti allo stesso tavolo pensionati,

1981 e 1998: amano il cibo di strada,

corruzione politica e dei costumi. Forse

studenti, un consumatore del Nord

i ristoranti etnici, i food truck e gli

la visione è un po’ pessimista: invece

e uno del Sud. Dato interessante al

eventi a tema. Millenials che vedono

che addentrarci in analisi sociologiche,

Nord è l’espansione del Food delivery:

un incremento di interesse del +86%

dovremmo esultare per i dati positivi.

il 30,2% degli italiani ha ordinato cibo

nell'ultimo anno e si rivelano il target in

Per esempio, il consumatore medio

per consumarlo in casa. I più ordinati

ascesa del turismo enogastronomico.

inizia a correlare sempre più cibo e

nel 2018 sono stati i Poke Bowl, ciotole

Sprecheremo meno cibo, la plastica

salute: leggiamo meglio le etichette,

personalizzate a base di pesce crudo,

andrà scomparendo, le carte dei

mangiamo meno salato, consumiamo

riso, cereali, verdure. In cima anche

ristoranti diminuiranno la quantità di

meno carne rossa, frutta, pane e

hamburger con patatine, la pizza, il

pesce e di carne, forse farà capolino nel

pasta, ma cresce la propensione a

sushi e i ravioli asiatici. Gli italiani

menu qualche piatto a base di insetti e

mettere in tavola le verdure. Stiamo

tornano alla spesa del “giorno per

alghe. Di certo, la questione alimentare

diventando più attenti e raffinati.

giorno”: il 50,1% preferisce acquistare

non passerà mai di moda: alimentarsi,

I dati Fipe (Federazione italiana

il necessario quotidianamente. E la

non dimentichiamolo, rimarrà un

pubblici esercizi) e gli studi di settore

ristorazione? Il settore dei consumi

bisogno primario.

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DAL LAVAPIATTI AL MANAGER: LE PERSONE CONTANO Da un piccolo (ma ambizioso) ristorante di pesce in una zona periferica di Milano a un brand riconosciuto anche all'estero: la parabola del Gruppo Langosteria guidato dall'imprenditore Enrico Buonocore di Roberta Schira

U

no dei modelli di ristorazione vincenti, e tra i più invidiati nel panorama nazionale, è frutto della mente visionaria e controcorrente di Enrico Buonocore (nella foto), l’imprenditore che ha creato Langosteria. Nel 2007 era un piccolo ma ambizioso ristorante di pesce in una zona di Milano ancora inesplorata, via Savona, oggi è una holding solida, con fatturato a sei zeri. I locali da uno sono diventati quattro e una partnership blasonata ne ha amplificato la risonanza a livello internazionale. Siamo a Milano, città che oggi vive un Rinascimento culturale e gastronomico, ma che vanta pochi competitor con i ristoranti del Gruppo Langosteria. Anche tra gli stella-

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ti. Prenotazioni a pioggia, il pesce e i crostacei migliori in circolazione, grande cantina, servizio professionale: sarà banale, ma la domanda viene spontanea. Qual è il segreto, chiediamo a Buonocore. «Le persone, il prodotto e la magia che vogliamo regalare ogni

volta che si entra nei nostri locali. Le persone sono importanti, dai lavapiatti ai manager. Ma intendo anche il cliente. Facciamo molti coperti, ma i numeri non ci devono far dimenticare le persone». A inizio 2012, apre Langosteria Bistrot, in via Privata Bobbio, pochi passi da via Savona. Stessa matrice gastronomica, in un contesto meno formale e più conviviale, aperto sia a pranzo sia a cena. Nel marzo 2016 è la volta di Langosteria Café Milano, in Galleria del Corso, crocevia di business, turismo e moda. Infine una piccola perla, Langosteria Paraggi: nasce nel 2017 in una delle baie più famose al mondo, tra Santa Margherita Ligure e Portofino, all’interno dei Bagni Fio-


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re. Poco più in là, Frank Sinatra negli anni Settanta cantava My Way, e Berlusconi si innamorava di un Castelletto a picco sul mare, tuttora in suo possesso. Paraggi, dopo gli anni d’oro, ha vissuto anni di oscurantismo gastronomico. Buonocore, il rivoluzionario, trasforma l’offerta sulla spiaggia: da un toast tristanzuolo a un vassoio ghiacciato ricolmo di pesce crudo, e Champagne. Uno stile di cucina dall’impronta mediterranea, ma nello stesso tempo internazionale; sembra un ossimoro, qui è realtà. Da sempre, non si risparmia sulla spesa, non solo per pesce e crostacei di alto livello, ma sino al pomodorino, all’olio, agli ortaggi, le paste fresche. Dice Buonocore: «Dopo mesi di prove, ho appena chiuso un accordo con il distributore JC Mackintosh. Avremo una fornitura assicurata di tonno rosso, catturato con il metodo giapponese sostenibile GreenStick. L’autentica qualità di tonno rosso selvatico Ike Jime, il migliore del mondo, dallo Stretto di Gibilterra. Unici in Italia a poterlo degustare: da noi oppure in Francia, da un signore che si chiama Alain Ducasse». Nel 2018, poi, è arrivata la svolta internazionale. Langosteria cede il 40% delle quote ad Archive (società controllata al 100% da Ruffini Partecipazioni Holding). Enrico Buonocore rimane socio di maggioranza, la sua presenza è vitale per la crescita del brand. Dice Remo Ruffini: «Archive nasce per supportare leader visionari e progetti imprenditoriali fortemente innovativi e contemporanei, in un percorso di crescita significativo e sostenibile. Langosteria incarna pienamente questa visione. Credia-

mo moltissimo in Enrico Buonocore e nel suo team manageriale, vogliamo sostenere Langosteria nel suo percorso di crescita e sviluppo internazionale». Il socio di maggioranza per assicurare la

PER ASSICURARE LA CONTINUITÀ DELL'ASSETTO MANAGERIALE IL SOCIO DI MAGGIORANZA HA FONDATO LA SOCIETÀ EB MANAGEMENT

continuità dell’assetto manageriale ha fondato una società parallela, EB Management, che accorpa il 20% dei collaboratori in posizione apicale. «Credo sia rarissimo che l’ingresso di una partecipazione non comporti

un cambio di personale», dice Buonocore. Quali i focus per l’autunno? «Dare sempre più rilievo e smalto alla formazione in sala», continua Buonocore. «Inoltre stiamo sistemando e ampliando il locale in via Savona: sarà qualcosa di diverso dagli altri, pur mantenendone l’anima. In autunno ci saranno già novità per la Holding. Una sorpresa, posso solo dire che sarà una Langosteria senza fretta, per dare più valore al tempo dei nostri affezionati clienti». Cerchiamo di strappargli dove sarà la prima apertura all’estero. «In Europa», dice Buonocore, e non si sbilancia, ma si vocifera che sarà Parigi.

LE CIFRE DEL GRUPPO LANGOSTERIA 4 LOCALI Langosteria (2007)

Langosteria Bistrot (2012) Langosteria Café Milano (2016) Langosteria Paraggi (2017) sul Golfo del Tigullio (stagionale maggio-settembre) 18 MILIONI di euro fatturato 2018 180 dipendenti 3.500 Coperti medi alla settimana 1600 etichette di vino di altissimo livello 70/80 euro scontrino medio pranzo 130/140 euro scontrino medio cena + 15% previsione fatturato 2019

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Se i margini mordono la ricetta è allearsi Unilever, Ferrero, Illy, ma anche Parmareggio, Sterilgarda e molte altre: le aziende del food cercano (trovandoli) partner strategici per risparmiare sui costi e accedere a nuove aree di business di Marina Marinetti

F

ood is the new black. Perché è perfetto in ogni occasione. Così, tra chef superstar e happening culinari, tutti si scoprono gourmand. E puntano sul cibo. Ma nell’era del foodtech la forte richiesta di prodotti innovativi e più salutari sta facendo emergere fenomeni come lo sviluppo di start-up che attirano ingenti investimenti. E le grandi multinazionali rispondono con una strategia di collaborazione, stringendo inedite alleanze. Qualche numero: nel 2018 le vendite di prodotti alimentari per la salute e il benessere hanno superato in Europa i 145 miliardi di euro (fonte: Euromonitor). I consumatori oggi richiedono un accesso immediato a prodotti nuovi e più sani, realizzati in modo sostenibile e disponibili a prezzi contenuti. Così, negli ultimi quattro anni sono stati investiti 4,2 miliardi di euro nel food-tech europeo (fonte: FoodDrinkEurope), che rappresenta ancora oggi solo il 16% degli investimenti globali nello stesso periodo. I deal che hanno coinvolto aziende Foodtech (agritech, food science,

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delivery e retail) in Europa sono stati 999; di questi, solo 67 sono italiani, contro i 341 in Francia e i 223 in UK. Inoltre, il rallentamento della crescita nei mercati occidentali e l’aumento del potere della distribuzione hanno ulteriormente ridotto i margini delle aziende alimentari, che con una ridotta nuove aree di business. «Esistono molti tipi disponibilità finanziaria non riescono a indiversi di alleanze», spiega Marco Eccheli, vestire adeguatamente nell’innovazione. Director di AlixPartners, che ha condotto Adattarsi a queste nuove pressioni può riun’indagine per individuare le ultime tenvelarsi difficile per il settore del food&bevedenze nell’industria alimentare, «ma in linea rage europeo, che resta il più grande settore di massima si formano per aiutare i partner manifatturiero dell'Unione con un fatturato a godere di qualche forma di vantaggio orgadi 1.000 miliardi di euro. La soluzione? Allenizzativo, economico, strategico. Sempre più arsi. Perché grazie alle alleanze strategiche aziende stanno stringendo alleanze strategile aziende possono condividere competenze che per migliorare il loro vantaggio compeculturali o fornire l'accesso a siti produttivi titivo, entrare in aree di business in crescita consolidati e a strutture di distribuzione. E o in nuovi mercati, contribuendo a mitigare se, tradizionalmente, i rischi della più traLA CRESCITA DEL CANALE DISCOUNT le grandi multinadizionale attività di E L'AUMENTO DELLA PENETRAZIONE zionali considerano M&A». DELLA MARCA PRIVATA OGGI fusioni ed acquisizio- RIGUARDANO ANCHE LA FASCIA PREMIUM Il problema principani (M&A) come una valida alternativa agli investimenti nello sviluppo di nuovi prodotti, oggi si stanno imponendo nuove dinamiche, come rivela un approfondito studio di AlixPartners: le alleanze strategiche che consentono alle aziende di espandere e diversificare la loro offerta, senza bisogno di ingenti investimenti in infrastrutture. L'identificazione di un partner con le giuste capacità consente enormi risparmi sui costi. Non solo: le piccole imprese e le start-up possono accedere alle strutture produttive e logistiche dei grandi operaMARCO ECCHELI, DIRECTOR DI ALIXPARTNERS tori, offrendo in cambio una via di accesso a


NON CI RESTA CHE MANGIARE

le, manco a dirlo, è la pressione sui margini: «Ci sono condizioni esogene che riguardano i fattori produttivi come il costo della materie prime, condizionato dalle tendenze protezionistiche e dall’aumento dei dazi, il costo del lavoro, che sta crescendo soprattutto nei paesi emergenti, e anche il costo della “sostenibilità”, che impone scelte non sempre economiche su packaging, trasporti, scarti», spiega Eccheli. «D’altra parte esistono fenomeni specifici di settore che riguardano la crescita del canale discount e l’aumento di penetrazione della marca privata non solo nella fascia dei prodotti low-cost ma ora anche in quella premium: in entrambi i casi i retailer erodono la marginalità dei produttori di marca. E la soluzione è, appunto, quella dell’allenza strategica. «Le alleanze hanno principalmente due vantaggi: da un lato consentono di investire in innovazione limitando i costi degli investimenti R&D e migliorando il “time to market” nell’introduzione di nuovi prodotti; dall’altro consentono di sperimentare potenziali sinergie di costo e ricavo senza avventurarsi in attività di M&A, il cui costo di un eventuale fallimento sarebbe molto più alto rispetto ad una alleanza», continua il Director di AlixPartners. Si fa presto a dire “alleanza strategica”. Ma non tutte le alleanze sono uguali: ««Tradi-

zionalmente le aziende hanno stretto alleandi capsule a marchio Illy compatibili con il ze per sfruttare la massa critica nelle fasi a sistema Nespresso, evitando così gli ingenti monte della value chain (acquisti, produzioinvestimenti necessari per produrre tali capne)», continua Eccheli, «mentre ultimamente sule. Illy continuerà a produrre internamenstanno nascendo accordi strategici nelle fasi te il caffè con il blend che l’ha resa famosa, a valle, come la distribuzione (piattaforme per poi produrre la capsula compatibile Nedistributive comuni, soprattutto all’estespresso presso JAB. «L’accordo tra Illy e JAB/ ro), la vendita (espansione internazionale, JDE per la produzione delle capsule compaingresso in nuovi canali) e il marketing (attibili-Nespresso a marchio Illy (contenente tività di co-branding e co-marketing, oltre quindi il caffè prodotto da Illy con il blend al licensing). Questo tra l’altro permette di che ha reso l’azienda italiana leader nel caffè condividere e accedere ad un profit pool più premium nel mondo) è un esempio di alleampio, che risiede maggiormente nelle fasi a anza di co-manufacturing e co-distribution», valle della value chain, rendendo l’alleanza spiega Marco Eccheli: « JAB/JDE si occuperà più attrattiva anche da un punto di vista ecoanche di distribuire le capsule in tutti i paesi nomico-finanziario». Un esempio di alleanza esclusa l’Italia; questo permetterà ad Illy di tra una grande realtà avere accesso ad un aziendale e una start- CRESCE IL COSTO DELLA SOSTENIBILITÀ, parco di consumatori CHE IMPONE SCELTE NON SEMPRE up è quella di Eurovo, molto più ampio, con ECONOMICHE SU PACKAGING, uno dei più imporla possibilità poi di TRASPORTI, GESTIONE DEGLI SCARTI tanti produttori e diestendere l’esperienstributori di uova in Europa, che per tenere za di consumo del “taste” Illy oltre la capsuil passo con le richieste salutiste dei consula». Anche Unilever ha individuato un partmatori e produrre l’uovo strapazzato con ner strategico in Ferrero per la produzione e ingredienti solo vegetali, si è alleata con Just la distribuzione europea di gelati a marchio Egg, una start-up che aveva già in tasca il breKinder. Si tratta di un'enorme partnership vetto necessario. Poi c’è Barry Callebaut, che tra due giganti del settore, che ha evidenti ha stretto un'alleanza strategica con la Burvantaggi reciproci: «In questo caso, Ferrero ton's Biscuit Company per la fornitura anha sfruttato l'esperienza di Unilever nella canuale di oltre 12.000 tonnellate di cioccolato tegoria dei gelati per portare il suo marchio e composti. Nell'ambito dell'accordo, Barry Kinder in un nuovo e attraente territorio, Callebaut acquisisce gli impianti di produsenza il costo di investimento nella supply zione di cioccolato di Burton, espandendo chain del surgelato». È un esempio di succesla sua produzione nel Regno Unito. Barry so di co-brandig, che sfrutta l’immagine di Callebaut ha anche un accordo di partnerprodotti iconici come Kinder Sorpresa e Kinship con Unilever per der Bueno. «Un altro fornire il cioccolato esempio di co-branper i gelati Magnum, ding è evidente nel consentendo loro di grande successo del concludere accordi prodotto “ABC dela lungo termine la merenda” che con i coltivatori di racchiude in un cacao. E Illycaffè unico concetto di ha firmato un marketing maraccordo di lichi come Parcenza con JAB mareggio, Valper la produziofrutta, Teneroni e ne e la distribuzione Sterilgarda».

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COL GRATTUGIATO SI PUNTA SUL BEST SELLER Crescere in controtendenza all'andamento generale del settore, grazie alla concentrazione su un solo segmento: è il caso di Ferrari Formaggi, che da parmigiano e pecorino in busta ricava il 60% del proprio fatturato di Marco Scotti

C

Parmigiano Reggiano. La mia convinzione è orre come se fosse una vettura di che, una volta provato il grattugiato in busta, Formula Uno. Ha il nome della più non si torni indietro al tradizionale “pezzo”. blasonata tra le scuderie - le altre La praticità, la garanzia di un prodotto vorranno perdonarci - ma sta ottenendo comunque buono, l’assenza di muffa, la risultati migliori di quella macchina rossa possibilità di richiudere il tutto una volta che tante generazioni di appassionati ha utilizzato rendono questo prodotto un mifatto sognare: l’industria casearia Ferrari glioramento reale rispetto all’esistente». ha vissuto un 2018 in pole position – tanto L’azienda, negli ultimi mesi, ha rafforzato il per restare nella metafora automobilistica proprio posizionamento nei segmenti Dop con una crescita di valore del 6,9% rispetto ad alto valore quali il Parmigiano Reggiano all’anno precedente e un fatturato di 121,5 prodotto di Montagna, grazie all’acquisiziomilioni di euro realizzato attraverso 180 dine del caseificio di Valsporzana - che si agpendenti in tre stabilimenti e due caseifici di giunge a quello di Bedonia, già di proprietà produzione. Il merito di questa crescita - in dell’azienda, entrambi nell’Alta Valtaro - ed un segmento, quello dei formaggi, che ha inil Grana Padano Riserva che rappresenta il vece subito uno stop con un calo del volume 25% delle vendite di Grana Padano. Inoltre, (-0,8%) e un aumento del valore dello 0,1% con una crescita totale delle esportazioni - è soprattutto della continua concentradel 6% e nei prodotti zione sui grattugiati FERRARI FORMAGGI HA AVVIATO a più alto valore del Dop, che rappresenUNA PARTNERSHIP CON LA FRANCESE 13%, il 2018 ha vitano oltre il 60% del SAVENCIA PER LA DISTRIBUZIONE sto importanti risulfatturato complessiDEI PROPRI PRODOTTI ALL'ESTERO tati anche all’estero. vo del gruppo. «Abbiamo avviato una partnership – agLa famiglia Ferrari rimane ancora molto giunge Estrinelli – con il gruppo Savencia presente in azienda: detiene la maggioranza (uno dei più importanti player dell’agroadelle azioni e ha tutte e tre le sorelle impelimentare francese, ndr), che distribuisce i gnate in prima persona. Laura è presidente nostri prodotti all’estero. Stiamo iniziando del gruppo, le altre due sono membro del a espanderci in Asia, siamo presenti in Cile. consiglio di amministrazione. Ma per la priMa, certo, ancora non siamo dove vorremma volta la famiglia ha scelto di affidarsi a mo essere: in Belgio, per esempio, abbiamo un amministratore delegato esterno, Massiuna presenza ancora troppo marginale, mo Estrinelli (nella foto), un passato in Kraft così come siamo assenti in Regno Unito e dove si è occupato del segmento formaggi. Spagna. La nostra strategia non è quella di «La nostra azienda – ci spiega il managing fare partnership, ma di mantenere il nostro director di Ferrari Formaggi – ha raggiunbrand: una strategia decisamente più preto la leadership dei formaggi duri italiani miante per quanto riguarda i margini». nel mercato tedesco. Siamo numeri uno, L’agroalimentare, e il comparto del lattieper quanto concerne i grattugiati in Italia, ro-caseario in particolare, sono infatti dinei misti, nel Grana Padano e nel pecorino, ventati ormai da tempo terreno di conquista mentre occupiamo la seconda posizione nel

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per i più importanti operatori del settore. Ma la presenza di questi player non sembra preoccupare particolarmente il managing director di Ferrari Formaggi, Massimo Estrinelli: «Certo – conclude – l’ideale sarebbe contare su investimenti di minoranza da parte dei capitali stranieri, senza che la testa decisionale venga spostata. Però noto alcune differenze: le multinazionali francesi sono diverse da quelle anglosassoni. Le prime, infatti, hanno una maggiore capacità di preservare i business locali, e questo è un vantaggio che consente di conciliare le esigenze locali con le necessità di una multinazionale. I secondi, invece, hanno un approccio più pragmatico: entrano nell’azienda, la ristrutturano, centralizzano l’operatività e poi replicano in qualunque mercato lo stesso prodotto, senza declinarlo a seconda delle esigenze locali».



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L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE DALLA MENSA AL BRAND Da impresa cooperativa dedita alla ristorazione collettiva sul territorio emiliano a player internazionale orientato ai format commerciali: ecco come è cambiata negli anni Cirfood. Imparando dai propri errori di Marina Marinetti

D

olce e salato, tenero e croccante, «un’anomalia per delicato e corposo: i contrasti sono lo standard italiafattori determinanti del successo no: anch’io sono di un piatto. Ma non solo. Pensate a Cirfood, un “virgola ma”, quel cubo di specchi che si incontra scendencome tutta Cirfodo lungo l’A14, all’altezza di Reggio Emilia: è od». Un’impresa una cooperativa fortemente radicata sul terricooperativa che torio, ma è riuscita a internazionalizzarsi conimpiega più di 13mila persone, serve oltre quistando mercati nel nord Europa. È leader cento milioni di pasti l’anno, ha un patrimonio nella ristorazione collettiva, con mense aziennetto di 164,9 milioni di euro e nel 2018 ha dali e scolastiche, registrato ricavi per ma è dietro a format LA RISTORAZIONE COLLETTIVA È PASSATA 664,2 milioni, con un DAL RAPPRESENTARE L’80% DEL BUDGET commerciali di sucebitda a quota 33,9 DI CIRFOOD A CONTARE SOLO PER IL 30% cesso come Rita, Red e milioni e un utile netto A FAVORE DI FORMAT COME RITA O RED Antica Focacceria San di 11,7. E quest’anno Francesco. È “anziana”, con sessant’anni sulle punta ai 700,6 milioni di euro di ricavi grazie, spalle, ma è talmente moderna da essere guiappunto, ai “virgola ma”. data da un presidente donna, Chiara Nasi, e da «L’altro giorno un nostro possibile partner un direttore generale “giovane”, Giordano Curcommerciale ci ha detto: “Però, per essere una ti, che con si suoi 45 anni si definisce da solo cooperatia siete svegli! In effetti, da quando

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nel ’59 nasceva in un sottoscala come circolo per dar da mangiare agli operai, la cooperativa ne ha fatta di strada: ci ritroviamo quasi nel 2020 in un mondo completamente trasformato. E stiamo dimostrando che un’impresa cooperativa può evolvere e trasformarsi, approcciandosi al mercato con velocità e capacità manageriale pur mantenendo la sua natura. È questa la vera sfida, è questa la “virgola ma”». Curti è uno cresciuto nell’ambito delle risorse umane, «e quando parli di risorse umane parli di organizzazione, a maggior ragione in un’impresa cooperativa. Abbiamo fatto evolvere la cultura cooperatica misurandoci col mercato e coi competitor». Che per Cirfood sono colossi come le francesi Sodexo ed Elior, la tedesca Dussmann, l’italiana Camst. «Abbiamo due ingredienti: la cultura e i valori. Se li metti insieme a metodo, organizzazione e managerialità, hai un asset competitivo pazzesco». Prendiamo la ristorazione collettiva, il core business di Cirfood, che nel piano di budget 2019 pesa per 498 milioni di euro: state pensando a mense scolastiche e affini? Ebbene, in realtà se scuole e strutture sociosanitarie contano rispettivamente per 238,1 e 139,6 milioni, ci sono altri 120,3 milioni di tutto rispetto che arrivano da clienti come Bulgari, Coca-Cola, Deloitte, Generali, Hp, Max Mara, Philip Morris, solo per citarne alcuni. E non stiamo parlando di soggetti che si accontentano di una mensa qualunque, ma che vogliono al proprio interno veri e propri ristoranti. «La cosa interessante è vedere come cambia la


NON CI RESTA CHE MANGIARE

Nelle foto di queste pagine alcuni dei format commerciali di Cirfood. Sotto, il direttore generale Giordano Curti

torta dei ricavi nel piano industriale», spiega Curti. «Dimostra l’evoluzione di questa impresa, che tutti immaginano si occupi essenzialmente di ristorazione scolastica, mentre invece negli anni questa componente è passata dall’80% del budget al 50% e oggi è al 30%. Se abbiamo chiuso il 2018 con ricavi per più di 660 milioni di euro, l’anno prossimo atterreremo sui 700 milioni sia per crescita organica che per linee esterne». Cirfood sta affrontando una campagna acquisti che l’ha portata ad avere 140 locali in Olanda (con l’acquisizione di Cormet, leader nella ristorazione universitaria, ora cobrandizzata in “by Cirfood”) che nel 2018 hanno generato 41 milioni di euro di fatturato (saliranno a 46,1 nel piani di budget 2019) e altri 43 locali in Belgio, con ricavi per 29 milioni nel 2018, che l’impresa vuole portare a 30,5 quest’anno. «Abbiamo adottato un approccio da first mover», spiega il direttore generale (nella foto a lato): «Avevamo già provato in Vietnam, Emirati Arabi, Turchia, Stati Uniti, ma senza mai riuscire a collocarci. Ma non riuscivamo a internazionalizzarci perché non bisogna fare cose diverse da quelle che facciamo in Italia. Così siamo andati in mercati culturalmente simili al nostro alla ricerca di soggetti con un’identità che ci rappresentasse, per potrerla trasformare in Cirfood con una modalità evolutiva e non disruptive. Siamo approdati così con successo in Olanda e Belgio e ora abbiamo aperto lo scouting anche in Germania e nei paesi limitrofi, con una strategia per adiacenze, secondo la cosiddetta water lily philosophy». E poi c’è la ristorazione commerciale, l’altra linea di crescita per Cirfood, che quest’anno punta a raggiungere i 110,6 milioni di euro di

vamo le competenze per gestire il business, fatturato grazie alla gestione di circa 120 locacosì l’idea era andata più veloce dell’impresa. li. La strategia di sviluppo di questo segmento, Insomma, non eravamo attrezzati. Poi abche prevede 12,6 milioni di investimenti, si biamo capito che l’importante era rimanere fonda sul rafforzamento del posizionamennoi stessi. Quello che sappiamo fare è ristoto dei brand Cirfood, coi format Rita, Tracce, razione nelle sue varie dimensioni. Abbiamo Chiccotosto, Viavai, Aromatica in Italia e all’etraslato nei format commerciali l’efficenza stero, sull’apertura di nuovi e innovativi fordei processi, cammat di ristorazione e sulla partnership con RISTORAZIONE COLLETTIVA NON SIGNIFICA biando punto di parSOLO MENSE SCOLASTICHE: CIRFOOD tenza: dalla gestione Il Gruppo Feltrinelli, GESTISCE PER BULGARI, COCA-COLA, con cui Cirfood, attra- MAX-MARA, VERI E PROPRI RISTORANTI dei progetti in base ai costi alla gestione verso la joint venture dei format in base ai ricavi». Così, dopo il sucparitetica Fc Retail, sviluppa i marchi Red e cesso dei format proposti, in pipeline adesso Antica Focacceria San Francesco. «Per anni c’è un format legato alla bakery all’italiana, avevamo tentato la via della ristorazione comcon il posizionamento del brand Viavai eremerciale, sia in Italia, con la catena Pastarito ditato da Expo «che stiamo ribrandizzando: Pizzarito, che all’estero», racconta Giordano siamo in garage, pensando al nuovo nome», Curti. «Non aveva funzionato perché non avedice Curti. «E poi c’è Kalamaro Piadinaro, che unisce due anime di territori italiani, pesce e piadine, e sulla curiosità generata da questa associazione fonda la sua identità e il posizionamento: probabilmente verrà chiamato con un vezzeggiativo, “K”, con il target dei casual dining, una fascia inclusiva e trasversale». «In questo momento stiamo lavorando più sul repositioning che sul fatturato», spiega Curti. «In pochi anni siamo passati dall’essere quelli della ristorazione collettiva che volevano affacciarsi in un mondo non loro ad accreditarci nel segmento». La ciliegina sulla torta? «Quando Malpensa ha messo in gara un paio di posizioni ha invitato alla trattativa privata i tre player classici della ristorazione in concessione, Autogrill, Cremonini e Mychef, oltre alla Gardere, già presente nei duty free. E poi ha invitato un quarto soggetto, un outsider: Cirfood. Che soddisfazione».

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COVERSTORY

GOURMET, EASY, POP: L’IMPORTANTE È DIVERSIFICARE Coprire diverse fette di mercato grazie a un’offerta il più ampia possibile: è la formula vincente di Ilaria Puddu, che con Stefano Saturnino ha aperto 35 locali con sette diversi brand. E in pipeline ce ne sono altri due di Gilda Ciaruffoli

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uccede più o meno così. Identificata una possibile nuova location, « mi siedo al centro della stanza e aspetto. Aspetto che l’ambiente mi parli, mi trasmetta una vibrazione. Se è quella giusta, andiamo avanti». La si potrebbe presentare in tanti modi Ilaria Puddu, imprenditrice creativa, food startupper, “problem solver”. Ma l’immagine di questa giovane donna seduta, da sola, in un ambiente vuoto, che elabora emozioni e intuito, visione e suggestioni, riassume bene l’impressione che si ha ascoltandola parlare e raccontare del percorso che nel giro di 7 anni l’ha portata ad aprire, assieme al suo socio Stefano Saturnino, 35 locali e 7 brand. Tanto più che Ilaria, classe 1980, laureata allo Iulm, inizialmente lavorava in tutt’altro ambito: comunicazione ed ILARIA PUDDU eventi. «Nel 2012 vengo a sapere che stavano cercando qualcuno che seguisse il marketing che di impasto, ricerca sulle farine, con nuove di quelli che, ai tempi, mi erano stati presenaperture che si rincorrono a ritmo sostenuto. tati come ‘tre bar a Milano’. Scopro poi che Avanguardia di un trend ormai nazionale, questi ‘bar’ erano in realtà i primi tre Panini Marghe, la prima insegna a portare chiara la Durini, fondati da Stefano. Era il 2012, e così firma di Ilaria, nata proprio nel 2016. «Quanè iniziata la nostra collaborazione». do Stefano mi ha chiamato dicendomi che «Di marketing e comunicazione però mi sono eravamo pronti per partire con questa nuova occupata ben poco in sfida, mi ha chiesto LA COLLABORAZIONE CON STEFANO quegli anni – prosese volevo occuparmi SATURNINO È INIZIATA NEL 2012 gue Ilaria – Stefano della comunicazione. PER IL MARKETING DEI PRIMI TRE LOCALI mi ha insegnato da Io ci penso, una notA INSEGNA “PANINI DURINI” subito tutto sul food te, poi gli propongo retail, ha iniziato a farmi seguire le aperture, di farmi entrare in società. Lui ci pensa, una gli aspetti burocratici e persino i cantieri, e mezza giornata, poi mi dice va bene, anzi votutto questo per 17 nuovi locali». Poi è arriglio che sia tu l’amministratrice di questa sovata la pizza. «Era il 2016 e sentivamo che cietà. Ed io con un po’ di incoscienza mi sono la bolla stava per esplodere», ci dice Ilaria. buttata». Ed è in buona parte merito proprio E chi conosce la piazza food meneghina sa di Marghe se, nel giro di pochissimo tempo, bene quanto, negli ultimi anni, l’universo pizil concetto di “pizza di nuova generazione” – za in tutte le sue declinazioni si sia imposto alcuni la chiamano gourmet, definizione efal centro dell’attenzione, campo di battaglia ficace ma imperfetta – è diventato familiare aperto dove ci si sfida a colpi di lieviti, tecnianche ai meno attenti all’argomento food. A

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NON CI RESTA CHE MANGIARE

essere sfornato da Marghe è infatti un prodotto di alta qualità, con grande attenzione alle materie prime e alla lavorazione, per un menu ridotto e ricercato destinato a un bacino di consumatori comunque di nicchia, ma una nicchia dai margini più ampi, più facilmente accessibile di quanto l’offerta “gourmet” non fosse stata fino a quel momento. Una scelta che oggi, per i più, è un dato acquisito, ma solo un paio di anni fa è stata, a suo modo, rivoluzionaria. Ma Ilaria e Stefano non sono ancora soddisfatti. Nasce così Pizzium, brand più easy, dal taglio pop, «e anche quello che ad oggi conta più punti vendita tra tutti i nostri marchi», commenta Ilaria; 14 nel momento in cui scriviamo, tra Milano e Lombardia in generale, Roma e Torino. Tutto in tre anni. E non solo. Nel 2018 aprono Giolina, pizzeria “dandy chic”, e Gelsomina, la pasticceria più “instagrammabile” di Milano. E questo grazie a uno stile inconfondibile, di assoluta tendenza. Lo stile di Ilaria. «Con Stefano avevamo da tempo il pallino della pasticceria, abbiamo individuato un laboratorio sotto un ex negozio di tessuti, e a quel punto lui mi ha detto: fai tu! E io mi sono messa al lavoro. Ho scelto pezzo per pezzo,

tra materiali di recupero e arredi artigianali, dalle sedie al pavimento». E la parte del lavoro che Ilaria Puddu dedica quotidianamente a questi tipo di ricerca è rilevante: «Anche 4 o 5 ore al giorno», dice lei. «Su internet principalmente, su instagram. Studio le tendenze, cerco ispirazione all’estero. Ma ormai sono diventata un’esperta anche nel reperire i complementi. Se mi mandi la foto di una sedia che hai visto in un locale ad Amsterdam e mi piace, io in un giorno te la trovo, ti dico quanto costa e in quanto tempo posso farmela arrivare», spiega ridendo. Marghe, Pizzium, Gelsomina, Giolina… Tante insegne diverse per differenziare. Ma non solo: «Perché questo sarà il futuro del food retail, all’estero già funziona così», specifica Ilaria Puddu. «Molte grosse holding di questo ambito non si specializzano su una sola catena, ma su locali diversi, che fanno cose diverse ma con lo stesso taglio, con la stessa visione di base», spiega l’imprenditrice. «Io non amo il concetto di ‘catena’, anche se è molto più facile da gestire. Io da agosto dello scorso anno a maggio del 2019 ho dovuto pensare e studiare 4 brand, uno ogni due mesi. E non per rivenderli, ma per seguirli personalmen-

GIOLINA, UNA NUOVA IDEA DI PIZZERIA Si è immaginata seduti a quei tavoli Tarantino, Elvis e Bukowski mentre chiacchierano bevendo whisky. Così è nato il mood di Giolina, pizzeria “dandy chic” che ha alzato ulteriormente l’asticella dell’offerta milanese. «Non è stato facile delinearne l’anima avendo già due brand legati alla pizza, ma in questo caso abbiamo voluto distinguerci proponendo un locale di fascia alta, come se fosse il salotto di una signora dell’alta società milanese, colta,

lontana dagli eccessi, ma che ama divertirsi»”. Anche in questo caso l’impronta di Ilaria è totale, dagli arredi con il loro classicismo vintage, alle materie prime selezionate personalmente, stagionali, provenienti per la maggior parte dal sud Italia e da piccoli artigiani del gusto. «I pomodori di Casa Marazzo, l’olio del Frantoio Guglielmi, i latticini del Caseificio Barlotti, i salumi del Salumificio Santoro di Martina Franca e il prosciuttificio Casa

te in tutti i loro aspetti». Mentre scriviamo sono infatti due i nuovi progetti che si vanno ad aggiungere a quelli già in essere. Prossimamente, l’imprenditrice aprirà il format Carmelina, “la zia che viene dalla Costiera Amalfitana”, dedicato alla cucina partenopea, e un nuovo e al momento ancora inedito progetto legato ai tacos. La location? Nel posto migliore per sperimentare: Milano.

GIOVANI TALENTI

Tra le tante responsabilità sulle sue spalle di Ilaria, anche quella di gestire i pizzaioli che lavorano nei vari locarli. «Sono tutti cresciuti con me in questi anni, vengono da piccole pizzerie di provincia per realizzare il loro sogno e per questo rinunciano alla loro vita da ventenni, a vedere le famiglie o le fidanzate per mesi, e si dedicano a questo lavoro durissimo in una città lontana da quella dove sono cresciuti – racconta Ilaria – Io li seguono un po’ come una mamma, li accompagno se devono fare qualcosa, li ascolto se hanno dei problemi. Perché sono ragazzi che credono in quello che fanno e se hanno talento è giusto che abbiano la possibilità di crescere. Uno dei momenti più toccanti lo abbiamo vissuto durante l’ultima edizione di Identità Golose, dove ci hanno chiamato per partecipare come relatori a una sessione sul mondo della pizza. E questi ragazzi di 24, 25 anni si sono trovati fianco a fianco con personaggi che per loro sono miti come Franco Pepe, ad esempio, ma anche tanti chef stellati. Avevano le lacrime agli occhi. È stato molto bello».

Graziano» cita Ilaria, che conclude «Per l’impasto usiamo farina semi integrale del Molino Quaglia, la tecnica di lavorazione invece è segreta».

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GESTIRE L’IMPRESA 30 RISORSE UMANE IN MERCEDES FLESSIBILITÀ FA RIMA CON FELICITÀ

31 FARMACEUTICA DA ROCHE UN PIANO IN TRE MOSSE PER GARANTIRE LA TRASPARENZA

32 RECRUITMENT IL CANDIDATO ORA SI SELEZIONA ONLINE

34 DIGITAL TRANSFORMATION IL DIGITALE NON BASTA SERVONO PROCESSI E COMPETENZE

37 TEMPORARY MANAGEMENT ADESSO C’È IL “COACH” PER LE PICCOLE E MICRO IMPRESE

38 FEDERMANAGER VIA LIBERA AL VOUCHER PER L’INNOVATION MANAGER

LA CRIPTOVALUTA IN AZIENDA È UTILE MA COME MONETA COMPLEMENTARE Da Toyota a Nestlè, da Pfizer a Walt Disney Company, e ora Facebook, ma anche aziende minori e settori come l’industria del sesso o le sette religiose stanno inglobando i bitcoin nel proprio business di Marco Gemelli

C’

è chi ancora le guarda con diffidenza, negli Usa non mancano i giganti bancari JP chi invece ha deciso di puntare su di Morgan Chase & Co e la Bank of America. E se esse in maniera più decisa: all’indoFrancia e Spagna vedono rispettivamente Bnp mani della decisione di Facebook di lanciare Paribas e Banco Santander, in Italia è Intesa dall’anno prossimo la criptovaluta “Libra”- più Sanpaolo a aver conquistato la palma di leader che una sorta di binell’uso di blockchain. MANCANO ACCORDI INTERNAZIONALI tcoin è uno stablecoin, Tra le assicurazioPER REGOLAMENTARE LA MONETA VIRTUALE che non dovrebbe ni non mancano la E AL MOMENTO SOLO IL LIECHTENSTEIN soffrire della volatitedesca Allianz o la HA CREATO UN BLOCKCHAIN ACT lità della più celebre francese Gruppo Axa, valuta virtuale né nell’inflazione valutaria - il mentre nel campo dell’informatica si spazia rapporto non sempre facile tra le imprese e le da Apple a Samsung, fino a Microsoft, Intel criptovalute vede in prima linea autentici coCorporation, Ibm e Siemens. Il settore autolossi del business globale. In Cina ci sono l’Inmobilistico si aggiudica tre grandi brand: la dustrial and Commercial China Bank (Icbc) giapponese Toyota, la tedesca Daimler Ag, che ha brevettato l’utilizzo della blockchain produttore di Mercedes-Benz e la statunitense per verificare i certificati digitali invece di Ford. E ancora: usano le criptovalute Walmart, affidarli ad autorità centrali, o la China ConNestlé, Amazon, Pfizer e persino la Walt Distruction Bank Corporation (Ccb), mentre sney Company. Il quadro di riferimento, però,

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è tutt’altro che semplice. «Sul tema c’è molta confusione, che deriva sia dai nomi usati (c’è già una differenza tra ‘criptovalute’ o ‘criptoasset’) – spiega Filippo Zatti, docente di Diritto dell’economia all’Università di Firenze – sia dal fatto che il Bitcoin nasce per attivare un sistema di pagamento alternativo a quello finanziario mentre con ‘criptoasset’ si indicano cose diverse: mentre il Bitcoin punta a essere un sistema di pagamento, altri ‘coin’ hanno la funzione primaria di premiare, con un prezzo, chi valida i nuovi blocchi della blockchain. Giova ricordare che di per sé i critpoasset non avrebbero valore, se non esistessero piattaforme di scambio che li trasformano in moneta reale: se invece rimanessero all’interno della blockchain, il loro incentivo resterebbe slegato da un universo economico di riferimento. Il tema è molto complesso – aggiunge Zatti - ma spesso si cerca di codificarlo con le regole del mondo economico tradizionale: basti pensare che esistono diverse blockchain con regole di funzionamento e di governo delle tecnologie completamente diverse. All’orizzonte ci sono problemi di sicurezza, ma anche di tempistiche: per ottenere la validazione di un pagamento oggi servono circa 10 minuti (tuttavia col progredire della tecnologia questo problema dovrebbe rivolversi). Poi c’è il tema dell’accessibilità, della regolamentazione e della stessa natura giuridica di beni come gli utility token. Nonostante la questione sia di carattere sovranazionale, e auspicando accordi internazionali in merito – conclude Zatti - il Paese che saprà dare una giurisdizione al fenomeno avrà comunque vantaggi nell’immediato perché creando un ecosistema più favorevole ve-

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drà arrivare gli investimenti. Al momento solo il Liechtenstein ha creato un Blockchain Act». Intanto, tra le 2.000 oggi in circolazione c’è una “moneta” per celebrare – in maniera bipartisan, of course - i presidenti Donald Trump e Vladimir Putin, una per effettuare acquisti specifici, dalla cannabis ai panini del fast food fino al saldo del dentista o del sexy shop di fiducia, e persino una che consente di pagare la merce semplicemente facendosi scattare una foto in topless. Parafrasando una storica campagna della Apple secondo cui c’è un’App per tutto, anche il mondo delle criptovalute sta dando prova di grande, grande fantasia creando “token” che oscillano tra l’improbabile e il provocatorio: E poi c’è Libra, l’iniziativa di Mark Zuckegberg, di cui parliamo nel riOLTRE AL TEMA DELLA SICUREZZA C’È ANCHE QUELLO DEI TEMPI: PER OTTENERE LA VALIDAZIONE DI UN PAGAMENTO OGGI OCCORRONO DIECI MINUTI

quadro della pagina accanto). Quando si parla di moneta di scambio sul web, il pensiero corre subito alle più note - da Bitcoin a Ripple, da Ethereum a Litecoin – ma nelle maglie di internet in realtà esiste un gran numero di criptovalute sconosciute ai più e divenute peculiari per i motivi più disparati. In alcuni casi è l’argomento cui è legata la valuta, l’industria del sesso in primis, in altri le modalità di creazione della moneta, mentre non manca quella famosa per essere stata creata dal fratello del signore della droga sudamericana, Pablo Escobar. In altre parole, il nome (della moneta virtuale) non fa il monaco. Una carrellata tra le criptovalute non può

prescindere da quelle istituite per omaggiare i presidenti di Russia e Stati Uniti. Se negli Usa, infatti, è stata creata una moneta virtuale per supportare la campagna elettorale del 2016 del presidente Trump, il Trumpcoin, con l’obiettivo di “creare un futuro luminoso per gli americani”, non dissimile è il Putincoin realizzata per sostenere l’economia russa all’interno dei propri confini e oltre. La seconda, complici anche i maggiori anni di esperienza politica del suo ispiratore rispetto al tycoon newyorkese, gode di una capitalizzazione di mercato doppia di quella del Trumpcoin (1,43 milioni contro 397mila dollari), che, almeno finora, si è rivelato un tentativo non riuscito per attirare gli elettori di Trump e i patrioti americani ad investire. Per i più religiosi esiste il Jesuscoin, che promette la salvezza eterna e – a detta degli sviluppatori, evidentemente distratti quando a scuola spiegavano il girone dantesco dei simoniaci – “sta negoziando con le chiese per diffondere il perdono dei peccati”. Meno fortuna ha avuto invece il CoinyeCoin, che si presentava con l’immagine di un cartoon di Kanye West ed è naufragato dopo una perentoria lettera da parte degli avvocati del musicista. Al di là degli ispiratori, ci sono criptovalute palesemente provocatorie ed altre nate per scherzo ma diventate sufficientemente solide: è il caso del Dogecoin, creato nel 2013 dal product manager di Adobe Jackson Palmer e dall’ingegnere informatico di Ibm Billy Markus come parodia del Bitcoin e diventata invece moneta virtuale a tutti gli effetti con una capitalizzazione da un miliardo di dollari, arrivata a essere la 35° criptovaluta più scambiata al mondo con 400 milioni di dollari. Non mancano valute per vegani (il VeganCoin che si presenta come “criptovaluta cruelty-free” e può essere usata su piattaforme di meal sharing) cui fa da contraltare il WhopperCoin per gli amanti del fast food, quelle per la comunità Lgbt - l’Lgbt token, appunto – o quella kosher, il BitCoen, creata dall’imprenditore Vyacheslav Semenchuk: chiunque può investire e negoziare con essa, ma il 10% dei profitti della moneta sono disponibili sotto forma di pre-


stiti a tasso zero per i membri della comunità ebraica. Tra il serio e il faceto, poi, va registrata anche la moneta ideata per acquisire diritti minerari su oltre 600mila asteroidi, con la “valuta spaziale” Astrocoin pensata per quando (forse) un giorno entreremo in commercio con altri pianeti, così come la UfoCoin che non ha nulla a che fare con il contatto con gli extraterrestri ma significa “Uniform Fiscal Object”. E ancora: esistono la valuta Garlicon, immaginata nel 2017 per la comunità di Reddit e curiosamente ispirata all’aglio; il FuckToken (Finally Usable Crypto Karma), il DentalCoin per l’industria dei dentisti, e la Uet (Useless Ethereum Token) che fa esplicito riferimento a “nessun valore, nessuna sicurezza e nessuna utilità”. Insomma, una garanzia. Non mancano valute legate ai prodotti agricoli, dal CannabisCoin o il PotCoin per effettuare pagamenti e IL 10% DEI PROFITTI DEL BITCOEN (SI SCRIVE PROPRIO COSÌ) È DESTINATO A PRESTITI A TASSO ZERO PER I MEMBRI DELLA COMUNITÀ EBRAICA

vendite della pianta preferita da Bob Marley, marijuana e prodotti correlati, fino al BananaCoin il cui valore è strettamente legato al prezzo di un chilogrammo di banane nelle piantagioni del Laos. Ma il vero regno delle criptovalute bizzarre è sicuramente il sesso, specie declinato nell’industria del porno. L’elenco oscilla tra Lustcoin - dedita al pagamento di prestazioni sessuali – al Sexcoin (che capitalizza oltre 3 milioni di dollari) o il BunnyToken, nati come sistema di pagamento alternativo per il settore degli adulti e per chi intende pagare servizi e intrattenimento osé con questa moneta. Tra le più curiose c’è poi il Titcoin, con le donne che potranno pagare nei negozi attraverso una fotografia del proprio seno: fatti gli acquisti, alle casse basta sollevarsi la maglietta, slacciare il reggiseno e farsi fotografare dal cassiere. Questi invierà le foto a Pornhub che verserà nelle casse l’importo richiesto. Infine, una citazione va a Spankchain, letteralmente “la moneta delle sculacciate”.

E CON LIBRA, FACEBOOK VUOL DIVENTARE BANCA Il social network come una banca, con una propria moneta. Dall’anno prossimo sarà operativa su Facebook – la piattaforma con due miliardi di utenti – la criptovaluta Libra, promossa dall’azienda di Mark Zuckerberg con “l’obiettivo di diventare una solida base per l’accesso ai servizi finanziari, inclusa una moneta globale, per soddisfare le esigenze finanziarie quotidiane di miliardi di persone” (come si può leggere nel Libra White Paper diffuso da Fcebook/Calibra). Libra è strutturata su un nuovo tipo di blockchain (costruita su una combinazione di approcci innovativi e tecniche consolidate), al momento permissioned, gestita da un’associazione indipendente, no-profit, di diritto svizzero con sede a Ginevra. I membri fondatori dell’associazione promossa da Facebook/ Calibra coinvolge importanti società in eterogenei settori di attività: servizi di pagamento, tecnologia, piattaforme on-line, telecomunicazioni, blockchain, venture capital e organizzazioni no-profit. In prospettiva, saranno coinvolte le prime cento istituzioni accademiche in base al ranking Qs o Cs, con l’obiettivo di raggiungere

complessivamente, entro il 2020, cento membri così da avere un numero di nodi tale da consentire di aprire la blockchain a più fruitori possibili trasformandola, tempo cinque anni, in permissionless. Ulteriore particolarità di Libra è che sarà asset-backed ovvero il valore sarà garantito da un fondo di attività finanziarie a bassa volatilità, come depositi bancari e titoli di

Stato a breve termine in valute affidabili sottoposte al controllo di banche centrali che godono di un elevato standard reputazionale. Queste caratteristiche candidano Libra ad essere potenzialmente una moneta digitale globale, espressione dell’economia mondiale. Un Bancor privato, insomma.

Di conseguenza, le autorità di controllo dei mercati finanziari dovranno accelerare il lavoro, peraltro in molti casi già avviato, di una definizione di un quadro regolatorio efficace a gestire un sistema complesso, non solo per i potenziali effetti sulla stabilità del sistema finanziario internazionale, ma anche per la protezione dei dati personali. Infatti, verrebbe in possesso di Facebook una mole di dati tale da controllare di fatto la vita privata di un terzo degli abitanti del pianeta. Le prime reazioni all’annuncio di Libra esprimono quanto meno perplessità sull’operazione. Significativa, a tal proposito, è la lettera inviata il 2 luglio scorso a Mark Zuckerberg e Sheryl Sandberg di Facebook e a David Marcus di Calibra da parte del Comitato sui servizi finanziari della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti d’America, nella quale, senza troppi giri di parole, si richiede di procedere, d’accordo con i membri fondatori dell’associazione Libra, ad una moratoria sullo sviluppo di Libra per i problemi che il progetto comporta per la tutela della privacy, le operazioni finanziarie, la sicurezza nazionale e la politica monetaria. Zuckerberg avvisato...

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GESTIRE L’IMPRESA

Via il cartellino, flessibilità fa rima con felicità

ne sia all’interno che all’esterno dell’azienda, sono altri esempi di un cambiamento di approccio al lavoro che coinvolge tutta Mercedes che a Roma ha oltre 1500 i dipendenti con una varietà di business, ruoli e case madri molto elevata. Una mutazione genetica culminata nei Mercedes Benz Italia ha deciso di eliminare la timbratura mesi scorsi con l’abolizione del cartellino che del badge aziendale e introdotto smart working e iniziative ha incontrato prima le resistenze dei sindacati di coinvolgimento delle persone (vietato chiamarli “dipendenti”) che avevano paura che fosse un manovra subdi Franco Oppedisano dola per far lavorare di più senza la sicurezza di un orario fisso, e, poi, ha dovuto fare i conti con le perplessità dei “capi”. «Non nego» continua Paliotta «che c’è stato un momento sulla timbratura che io che pensato: “Questa è una battaglia solo tua”. Ma poi, abbiamo imparato a chiedere scusa, e a non chiedere permesso. Nel senso che abbiamo capito che per cambiare si possono forzare un po’ le organizzazioni, i sistemi, i paradigmi. Quando, ad esempio, abbiamo permesso a tutti di accedere una volta alla settimana al lavoro agile non abbiamo chiesto ai responsabili se fossero d’accordo. Perché sapevamo che avremmo incontrato molte resistenze. Ma eravamo certi che l’idea vincente era avere fiducia nelle persone (Daniela ha abolito dal proprio vocabolario la parola dipendente, ndr) ed essere sicuri che avrebbero portato i risultati richiesti dovunque fossero». La misurazione della prestazione in base alla presenza in azienda e a organizzato un incontro sul tema timbrare il cartellino o IL DIRETTORE RISORSE UMANE DANIELA al fattore tempo è la della felicità in azienda, ma non è passare il badge sia in PALIOTTA: «ABBIAMO INFRANTO TABÙ commutazione più INCONTRANDO LE PERPLESSITÀ una fricchettona. Ha fatto sparire gli uscita che in entrata. semplice, quella più DEI CAPI E PERSINO DEI SINDACATI» orologi che segnano la timbratura dei cartelli«Abbiamo rotto molti immediata e facile da ni, ma non è una maga. E ha permesso a tutti tabù» spiega Paliotta «puntando sulla flessibigestire. Il salto dalla presenza fisica alla auto quelli che lavorano di stare a casa un giorno lità oraria totale e sulla responsabilizzazione. responsabilità è una sfida non facile, sopratalla settimana, ma non è una pericolosa rivoluVogliamo ragionare per obiettivi quantitativi tutto per chi gestisce un gruppo di lavoro. Per zionaria. È il direttore delle Risorse umane di o di progetto anche per le funzioni di tipo amquesto il tema della leadership è forse quello su Mercedes Benz Italia, Daniela Paliotta. Lavora ministrativo. Facciamo cose che altri possono cui più insistono Paliotta e i suoi collaboratori: per una casa automobilistica tedesca che neessere considerare folli, ma che sono solo fuori «Ci siamo inventati la passeggiata manageriale, gli ultimi anni ha cambiato prodotti, strategie dall’ordinario e necessarie per cambiare logiaperta a tutti i livelli di comando per uscire dale comunicazione, ma ha anche mutato pelle al ca e mettere le persone al centro dell’organizle solite logiche aziendali e portare le persone suo interno cercando di realizzare un nuovo zazione aziendale». I mille corsi organizzati in su un piano diverso di condivisione e consaapproccio al lavoro che potesse coinvolgere in azienda, i gruppi di lavoro messi in piedi per ripevolezza. Siamo andati insieme all’aperto in maniera maggiore le persone: open space al solvere problemi che negli anni non hanno trocampagna, abbiamo letto i classici e discusso posto delle stanze chiuse, smart working per vato soluzione abbattendo totalmente le linee con un medico oncologo dell’ospedale Bambin tutti ogni settimana e una piccola rivoluzione gerarchie totale e le tradizionali competenze o Gesù su fiducia e promesse. In fondo la nostra che le rappresenta tutte: nessuna necessità di le iniziative per valorizzare il ruolo delle donsfida sta tutta in queste due parole».

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“La Roche che vorrei” è trasparente La casa farmaceutica lancia un’iniziativa che in tre semplici mosse ritiene di poter garantire una piena trasparenza nei rapporti tra industria, associazioni di pazienti, enti ospedalieri e operatori sanitari di Paola Belli

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a Roche che vorrei», iniziativa predell’Osservatorio conti pubblici, Maurizio de sentata da Roche nelle scorse settiCicco - presidente e amministratore delegato mane presso la Sala Buzzati a Milano, Roche Spa, Nino Cartabellotta – presidente è un nuovo modello operativo che segna un Fondazione Gimbe e Michele Tesoro-Tess cambio di passo nella gestione dei trasferiamministratore delegato Reputation Institute menti di valore verso tutto il settore farmaceuItalia e Svizzera. tico. Roche rivede radicalmente le modalità di Le aree di intervento interessate dall’iniziativa interazione e di collasono tre: donazioni, ROCHE RIVEDE LE MODALITÀ borazione con la clasincarichi di consulenDI INTERAZIONE COL SISTEMA SALUTE se medica, le strutture za e partecipazione ad E INTRODUCE MECCANISMI ospedaliere, gli enti di eventi e congressi. Le DI TERZIETÀ E INDIPENDENZA ricerca e le associaziodonazioni saranno asni di pazienti, e introduce meccanismi di tersegnate tramite bandi, valutati da commissioni zietà e indipendenza per sciogliere il nodo del esterne indipendenti, che si rivolgono a enti conflitto di interessi che, ancora oggi, è fonte di di ricerca, strutture sanitarie e associazioni di pregiudizio. pazienti. La nuova modalità di conferimento All’incontro di presentazione (nella foto) degli incarichi di consulenza, tramite la stipula sono intervenuti Carlo Cottarelli - presidente di contratto formale, prevede il coinvolgimento

diretto dell’ente di appartenenza del medico a cui spetta la decisione finale se l’azienda possa o meno confermare l’incarico. Per quanto riguarda infine la partecipazione degli operatori sanitari a eventi e congressi scientifici, Roche rinuncia a invitarli direttamente lasciando la scelta al datore di lavoro del medico stesso. «Siamo molto soddisfatti di aver avviato questo percorso perché riteniamo che la trasparenza sia un pilastro fondamentale per la credibilità di un’azienda – afferma Maurizio de Cicco – ma, nonostante il nostro settore sia uno dei più regolamentati, continua ad essere oggetto di un diffuso pregiudizio particolarmente quando si tocca il tema dei rapporti tra industria e clinici. Bisogna prendere coscienza che, in sanità, la condizione di conflitto di interessi è fisiologica e ineliminabile: è importante imparare a gestirla in modo maturo e farla evolvere verso un concetto più appropriato di “comunione di interessi”. La nostra ricetta è “La Roche che Vorrei” che si sta rivelando una soluzione realmente efficace per generare valore a beneficio di tutti. Auspichiamo che possa essere motore di un più ampio processo di cambiamento in grado di stimolare analoghe riflessioni all’interno dell’intero comparto». Forte di alcuni progetti che già utilizzano il meccanismo dei bandi e delle commissioni valutative indipendenti, ne è un esempio “Roche per la Ricerca”, avviato nel 2016 e giunto oggi alla sua terza edizione, l’Azienda ha deciso di ampliare il proprio raggio di azione adottando un nuovo modello operativo, basato su un processo di analisi del contesto esterno e di confronto con i propri stakeholder, scelti tra professionisti sanitari, componenti delle principali società scientifiche, rappresentanti istituzionali, magistrati e la stessa Anac. «La trasparenza è una questione fondamentale – conclude Carlo Cottarelli. Penso che iniziative come questa, che introducono nuovi codici di condotta basati sulla trasparenza e sulla terziarietà, sono indispensabili per migliorare la percezione dell’equità del sistema da parte del cittadino, cioè dell’utente dei servizi sanitari. La trasparenza è determinante in tutta la finanza pubblica, e in modo particolare in un settore delicato come quello sanitario».

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GESTIRE L’IMPRESA

Col digitale il recruitment diventa zero carbon footprint Il modello operativo di Easy Hunters si basa su processi che sfruttano completamente la tecnologia. Con un risparmio di tempi e di costi valutabile e misurabile direttamente anche da parte del cliente di Marina Marinetti

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talenti si trovano setacciando il «Ricordo con estremo piacere una candidaweb. Ne è convinta Francesca Conta con cui effettuammo il colloquio da un tardi, managing e co-foudner di autolavaggio via WhatsApp: era la persona Easy Hunters, la prima società di ricerca e giusta per il posto giusto, il perfetto match selezione con un modello operativo digitatra azienda e candidato. Ma senza la tecnole. È attiva a Milano, in Albania a Tirana, da logia, ci sarebbe sfuggita». settembre sarà anche negli Usa a PhiladelIl digitale è essenziale in tutto il processo phia. Ma, soprattutto, del modello operatiI CANDIDATI VENGONO INDIVIDUATI Easy Hunters è attiva vo di Easy Hunters: ONLINE E I COLLOQUI AVVENGONO online. «Siamo l’unica «Una volta individuaATTRAVERSO STRUMENTI COME sociatè di recruiting to il candidato, tutta WHATSAPP, FACETIME E SKYPE ad avere un modello la relazione avviene operativo digitale», sottolinea Contardi. «Il tramite strumenti digitali: dalla condivisionostro è un processo che si occupa di ricerne di file, che effettuamo con un sistema care il profilo migliore per l’azienda clienbasato su app o sistemi Google a Hanghouts te individuando i curriculum vitae in rete Meet per i successivi colloqui. all’interno di database estesi come Monster, Il digitale consente un risparmio di tempo InfoJobs e altri, nei social da Facebook a e di risorse valutabile in termini economiLinkedIn, sul nostro sito, piuttosto che atci sia da parte dei candidati che del cliente. traverso gruppi chiusi o profili raggiungibili Possiamo a ragione definirci zero carbon esclusivamente attraverso l’offerta di opfootprint». portunità lavorative. La ricerca, in sostanza, Se poi la selezione va a buon fine, l’intelliavviene completamente in rete». genza artificiale cede il passo a quella umaE in rete avviene anche il processo di selena e avviene il passaggio fisico tradizionale zione. «Contattiamo i candidati esclusivadel candidato nell’azienda del cliente. «Nemente per telefono ed email ed effettuiamo gli ultimi 24 mesi abbiamo messo a segno solo vidoecolloqui», spiega Francesca Con200 piazzamenti in area finance, commertardi: «La tecnologia ci permette du ragciale, mondo ingneristico, produttivo, It. giunge chiunque dovunque». Il modello del Lavoriamo prevalentemente sulla mezzalucandidato che si muove magari da Napoli na che da Udine va a Torino, passando per per un colloquio a Trieste, spendendo soldi Bologna. Il nostro panel cliente è costituito e tempo prezioso, magari senza poi avere soprattutto da piccole e medie imprese, ma alcuno sbocco lavorativo, è ormai superato: ci ingaggiano anche grandi aziende italiane

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FRANCESCA CONTARDI DI EASY HUNTERS

sotto i 100 dipendenti, con 20-30 milioni di euro di fatturato e un business model basato sull’export. Abbiamo un team di retruiters poliglotta, che parla sette lingue diverse». D’altra parte, cercare lavoro e talenti è un lavoro. E le aziende difficilmente hanno un dipartimenti di gestione delle risorse umane adeguatamente strutturato. «Il processo di selezione deve avere tre elementi: qualità, velocità ed efficienza», spiega la managing director di Easy Hunters. «È difficile che il fabbisogno di risorse venga pianificato efficacemente». Senza contare il fatto che, come sottolinea Contardi «Ognuno nel curriculum scrive quello che vuole. Bisogna saper leggere tra le righe». E per attrarre talenti, l’azienda che caratteristiche deve avere? «Innanzitutto devono offrire percorsi di crescita medio-lungo periodo», risponde Contardi: «i candidati devono poter capire dove vanno e dove sono proiettate le aziende. E poi c’è fame di apprendimento: le imprese che offrono formazione permanente sono più attrattive e il continuos learning è un parametro ormai oggettivo nel mondo del lavoro. Infine, il worklife balance è una risorsa irrinunciabile: tutto quello che è flessibilità e smartworking rende la vita lavorativa migliore e addirittura più produttiva. L’approccio flessibile è un plus per le aiznede ed è ormai un elemento fondamentale per trattenere le risorse a bordo».


Le imprese chiamano l’audit: «Da voi vogliamo consulenza» Un’indagine in sei Paesi europei commissionato da Rsm Italia a Makno rivela che l’attività di controllo dei conti è sempre più vista dagli imprenditori come un’opportunità per orientare al meglio il business di Sergio Luciano

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osa sarà l’audit del futuro? Non sarà una tecnologia. E cosa sarà, invece? Una “specialty” – una specializzazione – e non una commodity, cioè un’attività ordinaria e replicabile. Sono due delle provocazioni intellettuali con cui Rocco Abbondanza, managing partner di Rsm Italia, di cui è stato fondatore dopo una brillante carriera in altre multinazionali tra Milano e Londra, ha introdotto, all’European Conference di Varsavia, la presentazione della ricerca preparata da Makno Rsm per Rsm Italia e curata da Mario Abis sul “Futuro dell’audit”. Una ricerca corposa e del tutto inedita, per approccio e conclusioni, condotta interpellando 303 testimoni in sei Paesi europei nel mese di maggio 2019: Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Gran Bretagna. A rispondere prevalente Cfo o direttori amministrativi, capi dell’internal audit, responsabili fiscali. Insomma, addetti ai lavori, per lo più attivi in piccole o medie imprese. Cruciale la parte della ricerca nella quale è stato chiesto al campione degli interpellati di dichiarare i loro bisogni sull’attività di audit e le attese che ripongono nei loro consulenti. Gli è stato chiesto se avessero mai “sperimentato una grande differenza tra ciò di cui ritenete che i revisori siano responsabili e ciò di cui i revisori stessi riconoscono di esserlo”. E la risposta è stata che la discrepanza tra le responsabilità riposte nell’audit e quelle accettate non c’è stata solo nel 10,9% dei casi, mentre nel 62,4% qualche volta è stata riscontrata e nel 26,7% è stata

riscontrata spesso. Dunque c’è come minimo un problema di comunicazione da migliorare, soprattutto sulla prospettazione dell’articolato quadro di compiti che un auditor può e deve assolvere e di quelli che invece esulano dai suoi obblighi. Più chiarezza, dunque. A pieni voti invece la promozione del servizio di audit per quanto attiene alla sua adeguatezza alle normative di ciascun Paese. Alla domanda “A suo avviso, il servizio di audit di cui si avvale si sta adattando adeguatamente alle modifiche normative in corso?”, gli interpellati hanno risposto di sì nel 98% dei casi in Francia, nel 96% dei casi in Spagna, nel 94,1% in Italia. Fanalino di coda in questa graduatoria di soddisfazione – paradossalmente – la Germania, a dispetto dei luoghi comuni sull’ordine e sull’efficienza burocratica. La domanda finale era quella determinante: “Per quanto riguarda l’audit di cosa avreste bisogno e cosa vi aspettate per il futuro?”. Una domanda aperta, che ha suscitato risposte diverse. La più ricorrente, nel 48,8% dei casi, la dice lunga su quanta quanta attesa ci sia nei clienti sulla capacità degli auditor di fornire “spunti preziosi sulle sfide da affrontare sul mercato”. Altro che controllo contabile nudo e crudo, dunque: attraverso il rapporto con l’auditor e l’esame della vita dell’azienda attraverso il bilancio i clienti si attendono consulenza strategica. E ancora: nel 47,2% dei casi chiedono “pareri chiari sui risultati attuali e futuri dell’azienda”, dunque sulle sue prospettive. O, nella stessa percentuale, “proposte costruttive per il manage-

MARIO ABIS

ROCCO ABBONDANZA

ment” dell’azienda. Nel 46,5% dei casi le richieste si concentrano su “una contabilità di qualità e difendibile” sul mercato. Nel 45,9% dei casi c’è una richiesta che suona come un’implicita critica: le aziende si attendono una “maggiore competenza tecnologica dei singoli revisori”. E infine, nel 42,9% dei casi, l’attesa è per un “miglioramento tecnologico fino all’automazione del processo”, che suona in verità un po’ inverosimile perché presuppone la robotizzazione di una funzione che in tante altre risposte viene chiaramente considerate come non riconducibile a una mera funzione algoritmica, ma che in parte sollecita la professione, anche con l’introduzione della fatturazione elettronica, ad avvalersi delle più moderne tecnologie digitali e di data mining.

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GESTIRE L'IMPRESA

Il digitale non basta, impariamo processi e competenze Per guidare in modo pratico le imprese nella trasformazione, la Liuc ha organizzato un corso esperienziale in collaborazione con la Rold di Cerro Maggiore, l’unica italiana tra le Manufacturing Lighthouses nel mondo di Riccardo Venturi

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n corso esperienziale che guida in modo pratico la Pmi nella trasformazione digitale dei processi industriali, allo scopo di costruire una posizione competitiva di successo sia sul mercato nazionale che su quelli internazionali. È il Digital Operations Excellence della Liuc, che in due giornate di ottobre e altrettante a novembre ha l’ambizione di imprimere una svolta alle aziende partecipanti, anche attraverso la condivisione di tutti i passaggi chiave della trasformazione che ha permesso alla Rold di Cerro Maggiore (Milano) di essere inserita dal World Economic Forum, unica media azienda e unica a capitale italiano, nella ristretta cerchia delle “Manufacturing Lighthouses”, strutture “faro” che si pongono come punto di riferimento e leader mondiali nell’adozione e integrazione di tecnologie d’avanguardia in ambito Industry 4.0. Rold, che ha 240 dipendenti e produce meccanismi di chiusura per lavatrici e lavastoviglie, è uno dei 7 nuovi “fari” a livello globale nominati a gennaio, tra i quali figurano giganti quali Bmw, Foxconn, Tata Steel… «Il nostro è un corso esperienziale che abbiamo progettato insie-

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me a Rold» spiega Raffaele Secchi, dean della Liuc Business School, «mettendo insieme le competenze sviluppate nella nostra fabbrica 4.0 all’interno del campus di Castellanza con quelle della loro fabbrica, oggetto dell’importante riconoscimento del World Economic Forum». Quel che si sperimenta nel percorso di trasformazione proposto dalla Liuc è, tra l’altro, che la dimensione meramente digitale per funzionare deve essere necessariamente integrata da altri aspetti: «Siamo convinti che ci debba essere una progettazione congiunta di tre dimensioni» spiega Secchi, «quella tecnologica di per sé non è risolutiva, deve essere accompagnata dalla riorganizzazione di processi e strutture operative, e dalla creazione di nuove competenze da formare attraverso il re-skilling di competenze esistenti, per portarle a un livello coerente con le tecnologie digitali». Una particolare attenzione viene posta proprio alla componente formativa: «A questo dedichiamo una giornata sulle quattro del corso» sottolinea il dean della Liuc Business School, «per noi è un presupposto, in assenza di questa dimensione le trasformazioni digitali rischiano di abortire. L’esempio di Rold è molto utile, dà un’idea concreta e paragonabile con la realtà imprenditoriale tipica della Pmi italiana». Grande importanza riveste anche l’aspetto organizzativo: come abbiamo già avuto modo di scrivere su Economy, la premessa ideale per l’adozione dei criteri di Industria 4.0 è il cosiddetto lean management, la filosofia pro-

RAFFAELE SECCHI

duttiva che punta a minimizzare gli sprechi. «Il lean management è il fattore abilitante della trasformazione digitale» conferma Secchi, «le aziende che hanno iniziato un percorso di lean transformation hanno acquisito competenze che risultano fondamentali per accelerare la trasformazione digitale, così come è avvenuto anche in Rold, che già dal 2012 ha attivato programmi di miglioramento in ottica lean». Idealmente, a partecipare al corso della Liuc dovrebbe essere «un microteam dell’azienda, composto da una figura apicale, l’imprenditore, l’ad, il dg, e un paio di suoi riporti, magari referenti dell’area industriale e dell’IT» rimarca il dean della Liuc Business School, «i processi di trasformazione digitale non sono l’idea di un singolo, ma richiedono diverse prospettive che devono trovare una sintesi: in questo caso il valore del corso è decisamente elevato, un’occasione per ragionare in presa diretta sulla trasformazione digitale dalle diverse prospettive funzionali». I microteam sono attesi da un lavoro sul campo: «un giorno all’interno della nostra fabbrica modello i-fab, sperimentando concretamente come le tecnologie possano migliorare i processi» puntualizza Secchi, «e un giorno nello stabilimento Rold, per vedere concretamente come hanno applicato le tecnologie digitali. E per capire che non sono più un’opzione, ma uno strumento concreto per migliorare l’approccio al mercato, la relazione con i clienti, i processi industriali».


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GESTIRE L’IMPRESA

Il manager a tempo, “coach” per le piccole imprese Generare risparmi e ritorni di efficienza con interventi a tempo parziale mirati su specifici obiettivi e attività: è il ruolo del Fractional Manager, il Temporary Manager declinato per le aziende di piccole dimensioni di Maurizio Quarta *

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crive Vincenzo Boccia nella predi aziende molto piccole (es. sotto i 5 milioni fazione di un mio libro, che le Pmi di fatturato), ma che viene spesso utilizzato «devono metabolizzare il concetto anche in PMI più grandi (es. fino a 20 milioni che un dirigente, pur se con esperienza nelo a partire da 100-150 dipendenti) per dare la grande impresa, può fornire competenze una guida operativa ad alcune funzioni di strategiche anche per una azienda di piccole staff (es. soprattutto Risorse Umane e Finandimensioni». za) in fasi di crescita accelerata. E le Pmi, anche quelle molto piccole, semPer la piccola impresa, il FM è uno strumenbrano aver compreso il messaggio: da una to ideale per portare in casa competenze di recente indagine emerge infatti che nella faalto livello, non altrimenti disponibili, a costi scia tra 2-5 milioni di fatturato la conoscenza accessibili, con il risultato di accrescere le del temporary management (TM di seguito) capacità delle persone già operanti in azienè del 63% con un utilizzo dell’8%, soprattutda, che alla fine di un intervento saranno in to per progetti di lunga durata (es. 24 mesi), grado di fare le stesse cose meglio di prima ma gestiti a tempo oppure di nuove. PER LA PICCOLA IMPRESA IL FRACTIONAL parziale. Gli “attori” sono idenMANAGER È UNO STRUMENTO Si parla soprattutto di tici al mondo del TM: PER PORTARE A CASA COMPETENZE interventi di “ottimizsia all’estero che in DI ALTO LIVELLO A COSTI ACCESSIBILI zazione” funzionale, Italia, sono le società in cui il manager opera come coach del madi TM a gestire anche interventi di FM nell’otnager presente in azienda per trasmettergli tica di fornire al cliente la migliore soluzione competenze: l’imprenditore privilegia quelle possibile in funzione della sua tipologia e dei con un più immediato impatto sul conto ecosuoi bisogni specifici. nomico (es. produzione, commerciale). Il Fractional Manager non è che un TemAnche però nelle aree risorse umane e fiporary che in taluni casi opera part time, nanza sarebbe possibile generare rilevanti avendone le stesse caratteristiche di base: risparmi e ritorni di efficienza con interventi elevata seniority ed esperienza di gestione, a tempo parziale e mirati su specifici obietgrande motivazione nella ricerca di un protivi e attività, mediaticamente più noti come getto e delle relative sfide; approccio orienpart time management o Fractional Managetato al fare, quindi manageriale più che conment o Fractional Executive (FM nel seguito). sulenziale. Il Fractional Management è una declinazione TM e FM sono una via alternativa, accanto del Temporary nata per soddisfare i bisogni alla dirigenza a tempo indeterminato e alla

MAURIZIO QUARTA

consulenza, da cui nettamente si distinguono, attraverso cui un’azienda può accedere a risorse di qualità per migliorare i propri processi gestionali. Siamo stati tra i primi a gestire progetti fractional: internazionalmente dagli anni ’90 e in Italia dal 2006. Alcuni esempi: • CFO part time con focus su elementi finanziari chiave e non sull’ operatività giornaliera (in USA: “pacchetti” mensili ad ore, es. 10-12) • Startup: advisory board virtuale con manager di diverse aree (es. produzione, Risorse Umane, commerciale) • Reti di imprese: CFO e HR per coordinamento rete e a rotazione sulle società partecipanti • Internazionalizzazione: utilizzo di manager del paese per verificare opportunità di crescita in Germania, UK e Scandinavia • R&D: “pacchetti” orari per valutare nuove tecnologie o affinare un piano di investimenti (es. l’adozione di una tecnologia di stampa in 3D) • HR: una figura di interfaccia come l’unico interlocutore tra l’imprenditore e fornitori di servizi terzi in area Risorse Umane. Per approfondimenti www.temporary-management.com * Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors

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GESTIRE L'IMPRESA

contribuito a redigere questo documento che prevede un’agevolazione per l’acquisto di consulenze specialistiche in materia di processi di trasformazione tecnologica e digitale. La dotazione complessiva del voucher è di 75 milioni di euro per il triennio 2019/2021. L’incentivo sarà diversificato in base alla tipologia di impresa che ne fa richiesta: il contributo sarà per le micro e piccole imprese pari al 50% dei costi sostenuti entro il limite massimo di 40mila euro, per le medie imprese del 30% entro il limite di 25mila euro, per le reti di impresa del 50% entro le 80mila euro. Il contributo è a fondo perduto e per essere erogato deve essere suffragato da progetti di trasformazione tecnologica e digitale che utilizzano le tecnologie abilitanti previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0. Sono compresi anche i progetti di ammodernamento degli asset gestionali e organizzativi dell’impresa, e in ultimo sono compresi anche gli I nuovi executive previsti dal decreto del Mise dovranno aver fatto interventi per l’accesso ai mercati finanziari domanda d'iscrizione al registro dei dirigenti qualificati, in fase e dei capitali. Rispetto alla proposta originadi istituzione presso Unioncamere o associazioni come Federmanager ria, infatti, sono state decurtate sia la soglia di investimento (passata da 40 a 25.000 di Marco Scotti euro) sia l’aliquota del rimborso che è passata al 30%. Importante, poi, che lo stesso è una forte aspettativa sulla misustituirsi a loro – ma le evidenze attuali non incentivo arrivi a 80.000 euro – con aliquora del voucher. Riceviamo richieste sembrano avvalorare questi timori – anche ta al 50% - per le aziende che costituiscono « da parte dei manager e da parte i manager devono comprendere il modo mireti d’impresa un provvedimento che incendi altri stakeholder. Ci chiedono come fungliore per svolgere appieno le loro funzioni tiva le aziende a creare network e a unire le ziona, come accedere, come candidarsi agli compatibilmente con nuove necessità tecforze. elenchi. Noi siamo in prima linea nel fornire nologiche e nuove richieste da parte dell’a«Vogliamo svolgere - prosegue Cuzzilla tutte le informazioni ai colleghi e, soprattutzienda e dei lavoratori. I nuovi manager – una funzione di facilitazione per chi ha to in questa fase, a collaborare con il Mise previsti dal decreto del Mise dovranno aver interesse ad aderire al voucher e una funper assicurare il successo di questa misura». fatto domanda d’iscrizione di garanzia, PER LE MICRO E PICCOLE IMPRESE Non riesce a nascondere la sua soddisfazione al registro dei assicurando tramite IL CONTRIBUTO SARÀ PARI zione Stefano Cuzzilla, presidente di Fedirigenti qualificati, il nostro sistema la AL 50% DEI COSTI SOSTENUTI ENTRO dermanager, dopo che dal 1 luglio scorso in fase di istituzione, qualità del serviIL LIMITE MASSIMO DI 40MILA EURO il voucher per l’assunzione di innovation presso Unioncamere o zio di consulenza manager è diventato realtà. Una battaglia di altre associazioni di rappresentanza come, manageriale alle imprese che ne faranno civiltà, una necessità per accompagnare le appunto, Federmanager. richiesta». Federmanager, infatti, in qualiaziende in quella che è diventata una delle Il voucher per l’Innovation Manager era statà di Organizzazione della rappresentanza trasformazioni più radicali, complesse e per to inserito nel decreto del Ministero dello del management, è abilitata dal decreto certi versi violente dai tempi della rivoluzioSviluppo Economico emanato lo scorso 7 a fornire la lista di profili di manager per ne industriale. E se i lavoratori temono che maggio, come disposto nell’ultima Legge l’innovazione che, rispondendo a qualificati le macchine possano in qualche modo sodi Bilancio. Federmanager ha proposto e requisiti di professionalità, costituiranno un

L'innovation manager arriva con il voucher

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bacino di opportunità per le piccole e medie imprese italiane. Finora sono 120 i manager LA CERTIFICAZIONE "BE MANAGER" dell’innovazione già certificati dall’associaun’opportunità per le Manager, Export Federmanager ha zione guidata da Stefano Cuzzilla, pronti a manager e Manager per imprese che possono lanciato “Be Manager”, collaborare con le imprese che vogliono inattingere da un portfolio la sostenibilità. un nuovo servizio di profili manageriali Si tratta, spiegano che consente la vestire nella trasformazione digitale. Saranportatori di esperienze da Federmanager, di certificazione delle no i primi a essere inseriti nell’elenco che la competenze manageriali. competenze manageriali e competenze nel campo Federazione dei manager industriali fornirà dell’innovazione e sempre più cruciali L’innovation manager al Mise e dal quale le imprese potranno atinternazionalizzazione. per le imprese italiane è solo uno dei 5 profili In un mercato del tingere per dotarsi della collaborazione del che vogliono essere che l’Organizzazione sta lavoro in costante competitive. Il sistema validando attraverso profilo più appropriato al proprio fabbisotrasformazione, sotto “Be Manager” si rivolge un percorso che parte gno, utilizzando il “voucher. la spinta delle nuove in prima istanza ai dall’assessment, passa Per offrire una rosa di nomi di particolare tecnologie e dall’avvento manager che intendono per la formazione spessore Federmanager ha avviato due anni dell’Industria 4.0, avere riorientare il proprio mirata e si conclude una certificazione di percorso di carriera, con una valutazione fa il programma di certificazione Be Manaqualità può fare la rafforzare le aree operata da un ente ger, in modo da selezionare dirigenti che differenza. di miglioramento, e certificatore, terzo e abbiano ottenuto una validazione specifica Per info: http:// accreditarsi per una imparziale. Le altre delle competenze e abilità coerenti con la bemanager. determinata funzione. figure sono: Manager materia della digital transformation. «Siafedermanager.it/ Rappresenta, inoltre, di rete, Temporary mo partiti due anni fa con questo progetto - chiosa Cuzzilla - che oggi ci consegna una di impiego grazie al voucher avranno un squadra di 120 colleghi preparati, formati delle competenze manageriali. Continuecontratto di consulenza della durata di ale attestati nelle competenze indispensabili remo su questa strada, impegnandoci lato meno nove mesi e fino a 24. I temi su cui ci si per traghettare le nostre imprese nei contenostro a dare massima efficacia al provvedidovrà concentrare sono molteplici. A mero sti 4.0. Non è stata semplicemente una buomento del Mise». titolo esemplificativo si può parlare di IoT, na intuizione. Siamo fortemente convinti Per diventare operativo, il voucher attende cloud, intelligenza artificiale, stampa 3d, ma che questa trasformazione digitale sia parun successivo provvedimento del Direttore anche concetti meno direttamente tecnoloticolarmente veloce generale per gli inLE PMI ITALIANE HANNO BISOGNO gici come il digital marketing e il fintech. e molto selettiva: le centivi alle imprese DI DOTARSI IN TEMPI RAPIDI Stringenti i requisiti dal punto di vista Pmi italiane hanno del Mise la definizioDI MANAGER COMPETENTI dell’istruzione: i manager dovranno avere bisogno di dotarsi in ne dei termini e delle NELLA TRASFORMAZIONE DIGITALE competenze idonee certificate da un dottotempi rapidi di mamodalità di presentarato di ricerca, da un master universitario nager competenti per fare il salto di qualità zione delle domande di iscrizione all’elenco di secondo livello o una laurea magistrale e garantirsi un posto sul mercato. Questo è il dei manager e delle società di consulenza in determinate discipline, ovvero in matemotivo per cui abbiamo lanciato una seconqualificate. matica, informatica, fisica, chimica, biologia, da edizione del programma di certificazione I manager che beneficeranno del nuovo tipo ingegneria industriale e dell’informazione, economia e statistica. Saranno, infine, oggetto di merito gli incarichi presso imprese in ambito tecnologico per una durata tra tre e sette anni.

La campagna di Federmanager che annuncia la formazione dei nuovi innovation manager

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“MISSION POSSIBLE”: GUADAGNARE INVESTENDO SUL TERRITORIO FINANZIARE L’IMPRESA

Sostenere attività con un impatto sociale positivo: è il core business della padovana Sinloc. Che in dieci anni sulle opere di utilità pubblica ha ottenuto un Roe medio del 5%. Nonostante la crisi di Sergio Luciano

44 STUDI LEGALI UNA RETE DI BOUTIQUE A FIANCO DELLE IMPRESE

45 INVOICE TRADING LA SOLUZIONE AL CREDIT CRUNCH SI TROVA NEL FINTECH

46 FINANZA ALTERNATIVA KEY FOR GROWTH, IL PORTALE CHE FA CRESCERE L’IMPRESA

47 NSA PMI INDEX QUANDO È LA MATITA A DISEGNARE IL BUSINESS

48 RSM ACCERTAMENTI E CREDITO R&S: FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA

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l bando per il nuovo porto di Olbia, Padova, appunto la Sinloc, un solido passato in ma anche il nuovo sistema di illuPrometeia, un manager anti-divo per dna, che minazione pubblica di Savigliano; o alla terza parola è già tutto proteso a valorizzal’Orto botanico di Padova; o il Centro Anfass di re il team: dal presidente Gianfranco Favaro, il Selargius, vicino Cagliari; e ancora il porto turivice Gilberto Muraro, al vicedirettore generale stico di Sulcis, in Sardegna, uno dei più grandi Andrea Martinez e agli altri dirigenti Gian Luimpianti fotovoltaici del Veneto, sul mercato igi Fiorini, Enzo Pietropaoli, Marina Mazzanti, agroalimentare di Padova, e tante altre opere Mara Bernardini, Vittorino Bombonato, Rafdi utilità pubblica. Il faele Mazzeo, Oscar NELL’AZIONARIATO, DIECI FONDAZIONI comun denominatore Zecchin. Sinloc è una si chiama Sinloc (Si- BANCARIE DI DIMENSIONI DIVERSE TRA società di consulenza e LORO MA EGUALMENTE ED EQUAMENTE stema iniziative locali), investimento che opeRAPPRESENTATE NEL CDA ed è un piccolo-grande ra su tutto il territorio esempio del modo virtuoso, e insieme intellinazionale. «È controllata – specifica il presigente, di gestire denaro privato a scopi di indente Favaro - da dieci fondazioni bancarie di teresse generale, con un moderato ma sicuro dimensione diverse tra loro ma egualmente ed guadagno ed un nettissimo dividendo sociale equamente rappresentate in CdA : di Padova e per le collettività. Rovigo, Bologna, Lucca, Friuli, Sardegna, Forlì, «Cerchiamo di essere un elemento di innovaGorizia, Teramo, la Compagnia di San Paolo e zione», spiega con semplicità Antonio Rigon, la Cariplo; e orienta i suoi investimenti, come amministratore delegato di questa società di pure la sua attività consulenziale, secondo i

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FINANZIARE L’IMPRESA

Il team di Sinloc. In primo piano, seduti, da sinistra: Enzo Pietropaoli, Gian Luigi Fiorini, Antonio Rigon (a.d.), Gianfranco Favaro (Presidente), Andrea Martinez (Vicedirettore Generale), Marina Mazzanti e Oscar Zecchin.

principi della sostenibilità economico-finanziaria, sociale e ambientale». Criteri di gran moda oggi, tanto che perfino Wall Street – dopo averli etichettati in vario modo, da Esg (enviromental, social and government) a “impact investing” – celebra e dice di praticare (salvo poi non farlo) ma che quando Sinloc entrò nell’attuale fase operativa (quindi dal 2006, prima della crisi, quando ancora “l’avidità era una cosa buona”) avrebbero suscitato molta sufficienza e qualche ironia. «Chi oggi non dice queste cose? Ma per noi sono valori connaturati, da sempre – afferma Rigon. E dunque, sintetizzando al massimo, in dieci anni abbiamo sviluppato 300 progetti e 20 investimenti, mobilitando oltre un miliardo di euro, con un Roe (return on equity, cioè ritorno sul capitale investito, ndr) che, comprese le plusvalenze ottenute dalla cessione delle partecipazioni, si colloca tra il 4 e il 5 per cento», riassume l’a.d. «Abbiamo la ferma determinazione di non puntare alla massimizzazione a breve termine del rendimento del capitale – spiegano in questi sobri uffici padovani che ospitano il quartier generale – ma di trovare un adeguato ritorno nel tempo del nostro investimento restando coerenti rispetto all’impegno. Quando il target di un’operazione è raggiunto, il surplus lo reinvestiamo sul territorio. La nostra missione è questa, e questa è la chiave per realizzare progetti solidi nel medio-lungo termine». Una cosa dunque sono le destinazioni filantropiche dell’attività diretta delle fondazioni ex-bancarie; un’altra è questo modo responsa-

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bile di gestirne una parte dei patrimoni. E il ritorno economico deve esserci, ma in un’ottica diversa da quella che seguirebbe qualsiasi fondo di private equity: «È una missione chiara – osserva Rigon – Sosteniamo lo sviluppo dei territori scegliendo attività e investimenti che abbiano anche un impatto sociale positivo». Molte infrastrutture produttive, quindi: con una crescente specializzazione nella portualità e nella gestione idrica, due settori che in futuro cresceranno, come anche quello dello smaltimento dei rifiuti, drammaticamente attualizzato dalle cronache. Come garantire quest’equilibrio tra sano impatto sociale e rendimento? 1Sappiamo che ogni settore ha sua tipologia di rischio. Applichiamo il criterio di IN DIECI ANNI SINLOC HA SVILUPPATO TRECENTO PROGETTI E VENTI INVESTIMENTI, MOBILITANDO OLTRE UN MILIARDO DI EURO

perseguire un rendimento di equilibrio conseguito il quale puntiamo al ritorno sociale. Ma le due cose non sono in contrasto tra loro». Già, perché Sinloc ha ricevuto un mandato duplice dai suoi soci, le fondazioni: ottenere un ritorno finanziario dagli investimenti che effettua e insieme arricchire i territori, renderli socialmente migliori e più solidi. «Se siamo intervenuti a Bologna efficientando da un punto di vista energetico l’ospedale Sant’Orsola l’abbiamo fatto sia ottenendo un ritorno finanziario che creando valore per quella comunità, come desiderava la Fondazione di Bologna per adempiere ai suoi scopi. Nella stessa linea va,

poi, la nostra attività di consulenza. Ci piace pensare di essere soggetti che aiutano i territori, sia lavorando con le pubbliche amministrazioni che con i privati, nello sviluppare progetti concreti, sostenibili, finanziabili e bancabili. Perchè questo Paese ha un’enorme problema di progettualità, più che di soldi». Anche perché soldi disponibili ce ne sarebbero tanti, se solo sapessimo avvalercene: sono i fondi europei. «A disposizione del nostro Paese ci sono 75 miliardi di fondi Ue che spendiamo in minima parte, e intanto dobbiamo leggere che la sanità rischia il collasso perché ci mancano i 250 milioni che servirebbero per allargare le scuole di specializzazione!», osserva Rigon: «Anche per questo, i nostri azionisti ci hanno chiesto di impegnarci sui bandi Ue. Abbiamo studiato il dossier e abbiamo capito che dovevano cambiare metodo rispetto a quello invalso in Italia. A Bruxelles ci hanno spiegato: ragionate sul perché l’Italia vince meno bandi di tanti altri Paesi, pur partecipando ad un maggior numero di concorsi. Accade perché spesso l’Italia si candida a tutto e mette insieme un po’ alla buona progetti per partecipare a tutto. Non si fa così. Si analizzino prima i bisogni, si preparino i progetti di massima e quando esce un bando attinente si adatti il progetto a quel bando. Questo ci è stato consigliato, questo stiamo facendo. E non a caso, quest’anno, abbiamo vinto tre bandi, il terzo del quali importantissimo che gestirà 10 milioni di risorse per l’efficientamento energetico delle isole minori europee». Per Sinloc, questo è l’approccio professionale giusto per rinnovare il rapporto del Paese con i fondi europei, «una grande opportunità per l’Italia. E questo nostro approccio è, in chiave consulenziale, a disposizione del mercato. Siamo pronti a dare assistenza anche nella prossima fase di programmazione, utilizzando tutti gli strumenti finanziari, come nel caso di successo dei fondi Jessica, in cui lo Stato definisce indirizzi, target, monitora i progetti ma ne lascia la gestione a chi sa farla».


142BCC 750mila Soci 2600 filiali 4milioni di clienti

Un gruppo forte e solido che punta al futuro facendo tesoro del passato.

Ăˆ nato il Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea. La Prima Banca Locale del Paese. www.gruppoiccrea.it


FINANZIARE L’IMPRESA

Una rete di buotique legali per affiancare le Pmi in crisi Per le imprese familiari relazionarsi con i grandi studi, italiani o internazionali, è difficile. Per questo Maurizio Borra sta costruendo un network in grado di creare rapporti di fiducia con le famiglie di Sergio Luciano

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i si potrà accusare di utopismo, ma nell’impiantistica ospedaliera, evitando un all’idea di creare una rete di studi fallimento che sarebbe stato socialmente de« legali indipendenti ma cooperanti vastante. credo molto. Non è utopia, è interesse comu«Dalla crisi del 2009, acuita pesantemenne»: Maurizio Borra (nella foto), nato a Cuneo te dal fallimento delle due banche venete», e attivo a Vicenza, ha nel sangue la grande e spiega, «abbiamo cominciato, nel nostro sturicca provincia italiana. dio, a lavorare per salvare aziende. Ci siamo Fa assai bene il suo lavoro, ma ne conosce i messi decisamente dalla parte delle famiglie problemi, riassumiimprenditoriali. In VeNELLE FAMILY COMPANY LA CRISI bili in una formula neto, come e più che FINANZIARIA INSTAURA UN CONFLITTO semplice semplice: D’INTERESSI TRA L’AZIENDA E LA FAMIGLIA nel resto d’Italia, la 260 mila avvocati in COSÌ LA CONSULENZA DIVENTA CRUCIALE famiglia e l’impresa Italia, con un reddito sono la stessa cosa. medio dichiarato di 40 mila euro lordi all’anMa la crisi finanziaria instaura un conflitto no. Ovvero, come trasformare una professiod’interessi tra l’azienda e la famiglia. L’azienne prestigiosa e delicata in un lavoro che, per da deve pagare i creditori, se vuol vivere. La lo meno nelle grandi città, è oggettivamente famiglia non sempre ha le risorse necessarie ingrato e precario, se si considera che un avma vuole continuare a fare impresa. Bisogna vocato è un libero professionista e da quel convincere gli imprenditori a saldare questo reddito deve ritagliare quanto gli servirà per conflitto. Laddove ci sia prodotto di qualità vivere da pensionato. E dunque? Dunque un e una sufficiente capacità produttiva, si può. avvocato come Borra, che ha acquisito notoMa spesso occorrono competenze esterne rietà per qualche “missione impossibile” che all’impresa, e la consulenza legale e societagli è però riuscita assai bene nel settore delle ria è cruciale. Materia da avvocati dal nuovo ristrutturazioni aziendali – denso, purtropapproccio». po, di opportunità nel Vicentino, ultimamenPerché – è la tesi di Borra – affiancare un’imte – ci prova. Insieme al civilista piemontese presa in crisi richiede un approccio interdiStefano Ambrosini e all’ingegnere Giancarlo sciplinare che l’ottica giuridica agevola. «L’ho Masciarelli, per esempio, è riuscito a far amcapito nella prima ristrutturazione, quella mettere al concordato un’azienda sana ma in della Ferroli, che produce caldaie a San Bocrisi nera come la Guerrato Spa, specializzata nifacio di Verona, 500 milioni di ricavi, 3.000

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dipendenti anche in Cina e in Vietnam… Morto a 83 anni il fondatore Dante Ferroli, spaesati gli eredi, abbiano trovato il fondo Attestor che ha reso possibile trasformare i debiti bancari in Spf (strumenti partecipativi finanziari), che non risultano debiti, ma sono convertibili a 5 anni. Con la famiglia passata in minoranza l’azienda si è salvata e abbiamo fatto accordo di ristrutturazione dei debiti ex 182bis». Dunque una capacità di “traduzione” dei problemi finanziari in soluzioni giuridicamente salde, «e anche di traduzione tout-court», aggiunge Borra, scherzando un po’ ma non troppo: «Con le famiglie venete funziona meglio se si parla in dialetto che con lessico finanziario inglese, il che negli studi internazionali o in quelli italiani ma giganteschi è ben difficile». Dunque, ecco il progetto: «Creare una rete di boutique professionali con soggetti che hanno – a differenza di un approccio formale che i grandi studi tendono adottare – rapporti naturali e profondi con le famiglie imprenditoriali, una forte capacità di servizio su misura e soprattutto non hanno il difetto tipico delle grandi strutture dove si parla una volta col senior partner e poi vedono solo gli junior. La sto costruendo, questa rete: potrebbe anche societarizzarsi, prima o poi. Ma sempre in nome della tutela delle famiglie e delle loro imprese».


CREDIT CRUNCH, LA SOLUZIONE È (ANCHE) IL FINTECH Secondo i dati di Bankitalia, la contrazione del credito colpisce soprattutto le microimprese, “invisibili” alle banche. Ma l’invoice trading consente una valutazione del rischio che bilancia le fragilità finanziarie delle Pmi

B

rutte notizie: secondo Bankitalia, prosegue la contrazione del credito, passato dai 914 miliardi di euro di novembre 2011 ai 726 del 2017, ai 668 di aprile 2019. Brutte notizie soprattutto per le microimprese, che registrano tassi di decrescita anche superiori al 3% in 7 regioni, perché le banche spostano l’attenzione verso le imprese più grandi. «Dopo sette anni di ritirata precipitosa del credito, il sistema bancario non è ancora riuscito a trovare un nuovo equilibrio in grado di consentire il rilancio delle imprese italiane», commenta Fabio Bolognini, Chief Risk Officer di Workinvoice, il primo mercato online di invoice trading in Italia, che ha settembre ha stretto una partnership con il leader della business information Cribis. «Se da un lato occorre tenere in considerazione che parte di questa riduzione deriva dalla cessione e cancellazione di prestiti in sofferenza (circa 50 miliardi da gennaio 2018), è altrettanto vero che al credito ‘cattivo’ non si è sostituito credito nuovo». A una lettura più approfondita del fenomeno, realizzata a partire dai rapporti pubblicati periodicamente dalla Banca d’Italia per le economie regionali, si delinea un quadro più articolato, in cui si possono notare due fenomeni principali: nell’ultimo anno la contrazione del credito in Italia è stata a macchia di leopardo, con tassi di ricrescita in Friuli, al Sud e nelle Isole, ma in calo negli assi Piemonte-Lombardia-Veneto al Nord e Toscana-Marche-Umbria al

Centro. E la minore disponibilità a concedere credito colpisce decisamente le micro-imprese (società di persone fino a 20 addetti), con tassi di decrescita anche superiori al 3% in 7 regioni e leggeri miglioramenti solo nelle due Isole. «Le riduzioni dei prestiti alle imprese», sottolinea Bolognini, «hanno colpito le regioni con maggiore quota relativa, penalizzando il Nord (che vale il 65% del totale) con eccezioni in Friuli e Trentino; mentre per quanto riguarda le piccole imprese è stata penalizzata in modo pesante tutta l’area centrale (23% del totale). I dati mostrano invece una leggera ripresa al Sud, che opera ancora su volumi limitati e sta ricostituendo in parte un magazzino di prestiti falcidiato pesantemente dal 2011 al 2017. La panoramica regionale conferma due trend già noti a Workinvoice: ovvero, la difficoltà nell’accesso a nuovo credito e lo spostamento continuo operato dalle banche verso imprese di maggiori dimensioni, che in buona parte sostituiscono il credito alle piccole im-

prese nelle regioni più produttive e più indebitate con il sistema bancario». Così, la risposta è sempre di più la finanza alternativa e digitale – il cosiddetto Fintech - perché gradualmente compensa la carenza di credito fornito dal canale bancario in tutti i casi dove il rischio è giudicato percorribile. «A più incisivo può rivelarsi l’apporto delle soluzioni di invoice trading come quelle fornite da Workinvoice», spiega ancora Fabio Bolognini, «perché consentono una valutazione del contesto e del rischio che bilancia alcune tipiche fragilità finanziarie delle Pmi con la qualità del loro portafoglio clienti e l’appartenenza a filiere di produzione certificate dal capo filiera. Non a caso lo “sconto fatture” digitale italiano, sebbene abbia ancora un mercato potenziale enorme, dimostra una crescita costante: basti pensare che ha registrato ad aprile 2019 un erogato annuale di circa 840 milioni, con un incremento del 26% rispetto al trimestre precedente e del 126% rispetto al primo trimestre del 2018».

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FINANZIARE L’IMPRESA

Per le Pmi il portale che guida alla finanza alternativa Si chiama K4G (Key for Growth) e si rivolge alle piccole e medie imprese che vogliono puntare alla crescita e all’internazionalizzazione. Al lancio organizzato da Aifi a Roma oltre 200 tra startup e innovatori di Annalisa Caccavale

INNOCENZO CIPOLLETTA

L’

edizione 2019 di VentureUp ha rea far crescere l’azienda portandola a essere gistrato diversi record: la presenza, più efficiente e pervasiva in altri mercati di mai avuta prima, di ben 29 investiriferimento, anche interazionali. Per questo, tori che hanno partecipato agli incontri one to l’associazione ha realizzato anche un test di one con imprenditori che volevano presentaautovalutazione che permetta, a chi comre il proprio progetto innovativo, l’iscrizione pleta il percorso, di capire a quale soggetto di oltre 200 tra startup e innovatori all’evento rivolgersi sia esso un fondo che si occupa di che si è tenuto a Roma, e più di mille parteexpansion, buyout, turnaround o private debt. cipanti alla giornata che ha avuto anche una Perché questi sono i problemi che spesso l’immattinata di dibattito con le istituzioni nazioprenditore deve affrontare e non sempre sa nali. Numeri importanti che mostrano come come affrontarli adeguatamente. Il punto da sia alto l’interesse verso l’innovazione e la cui l’associazione è voluta partire è che l’Italia nuova imprenditoria. L’intento di AIFI, con ha una grande imprenditorialità (sono 4,39 la nascita del portale milioni le pmi presenti IL PORTALE K4G È UNO STRUMENTO K4G, era di mettere sul territorio secondo IMPORTANTE PER RISOLVERE PROBLEMI in contatto i fondi con i dati Istat) e ottimi DI CAMBIO GENERAZIONALE, TENSIONE tutte le nuove iniziatimanager che hanno FINANZIARIA, INEFFICIENZA ve innovative, l’obietenormi potenziali di tivo è stato raggiunto e oggi sul marketplace crescita; private equity e private debt sono gli del sito sono stati registrati oltre mille progetstrumenti di finanza alternativa che possono ti. Ora l’associazione fa il bis con K4G. Questa aiutare le imprese a passare al livello succesvolta, il portale Key for Growth, vuole rivolgersivo. Come dimostrano i numeri delle diverse si alle piccole e medie imprese già costituite e pubblicazioni dedicate all’economic impact, il in fase di attività che però necessitano di capiprivate capital è un capitale paziente che actali per fare il salto di qualità e dimensionale. compagna l’attività aziendale; le imprese itaAl di là delle informazioni e del materiale utile liane che negli ultimi anni sono passate sotto il che il sito può fornire a chi non conosce il pricontrollo dei fondi hanno saputo crescere ben vate capital, K4G è uno strumento importante più delle società senza l’intervento di finanper chi deve risolvere il problema del cambio za alternativa; le aziende che hanno aperto il generazionale, della eventuale tensione finanloro capitale a investitori istituzionali nell’ulziaria, della mancanza di una struttura idonea timo decennio hanno registrato performance

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IL PRIMO PASSO VERSO LA CRESCITA È LA CONOSCENZA DELLE POTENZIALITÀ migliori della media delle imprese nazionali. Il private capital si impegna in aziende dalle solide basi dove e vede potenziale inespresso e svolge questo ruolo che, dal 1986, anno in cui in Italia è nata l’associazione che li rappresenta, ha visto crescere gli investimenti nel settore arrivando, nel 2018 all’ammontare più alto mai investito, 11 miliardi di euro su 500 operazioni. K4G potrebbe diventare lo strumento per porre in collegamento sistema imprenditoriale e mondo allargato degli operatori connessi all’ecosistema quali investitori, advisor e studi legali. Il primo passo verso la crescita del sistema è la conoscenza stessa dell’imprenditore verso nuove forme di alimentazione della propria attività o del fondo verso una nuova potenziale eccellenza.


LA “MATITA” È UN BUSINESS SU CUI INVESTIRE Settore fashion e design - classifica per area geografica

NORD-OVEST

NORD-EST

CENTRO

Classifica Ragione sociale

SUD

D

al big del design come lo stilista degli yacht Francesco Paszkowsi di Prato a boutique del fashion e del design come la Duccio Grassi Architects di Reggio Emilia o il P+P Studio di Milano, nomi magari sconosciuti al grande pubblico (e magari presenti con le loro creazioni nelle case di molti) ma non ai player del settore: l’Italia, si sa, è patria dell’eccellenza creativa. E non si tratta solamente di una questione di capacità di “tenere in mano la matita”. Anzi. Quei disegni che ai più dicono poco, si trasformano in business redditi e, soprattutto, solidi. Business, in sostanza, nei quali vale la pena investire. Lo dimostra nsaPMIndex, il primo indice annuale globale sullo stato delle PMI italiane, (vedi riquadro a lato), il primo indice annuale globale sullo stato delle piccole e medie imprese italiane, realizzato dall’Ufficio studi del Gruppo Nsa, la più grande azienda italiana di mediazione creditizia, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università di Bologna (Disa). Ogni numero Economy pubblica un’elaborazione mensile dell’indice, divisa per settori e aree geografiche, che racconta un’Italia delle eccellenze. In questo numero, la classifica riguarda il settore del fashion e del design, che distingue il nostro Paese nel mondo. Il rank attribuito alle aziende è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Il rank è calcolato sull’analisi dei bilanci, del 2017, regolarmente depositati. L’analisi individua le imprese più performanti secondo criteri di affidabilità, redditività, ecc. utilizzando gli indicatori e le dimensioni degli stessi definiti per l’elaborazione di nsaPmindex. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’Indice nsaPmindex, indice annuale sullo stato delle PMI italiane.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Fatturato

BARBATO DESIGN STUDIO SRL Macerata (MC) AGENDA S.R.L. Urbania (PU) SIGNAL PRODUCTS ITALY S.R.L. Roma FRANCESCO PASZKOWSKI DESIGN S.R.L. Prato (PO) DE JORIO DESIGN INTERNATIONAL - S.R.L. Roma DEGLI UBERTI S.R.L. Empoli (FI) GIERRE STUDIO’S SRL - UNIPERSONALE - Sarnano (MC) GLAD S.R.L. Firenze (FI) STUDIO CHIASSAI SRL San Giovanni Valdarno (AR) OBIETTIVO MODA S.R.L. Firenze (FI) TEZUK SRL Castel Maggiore (BO) FIRST FLOOR HOME FURNITURE SRL Campodarsego (PD) REUSCH INTERNATIONAL S.P.A. Bolzano/Bozen (BZ) DESIGN FACTORY S.R.L. Galzignano Terme (PD) L SERVICES S.R.L. Vigonza (PD) DUCCIO GRASSI ARCHITECTS S.R.L. Reggio Emilia (RE) PRO-CORD S.P.A. Bologna (BO) MASSIMO OSTI S.R.L. Bologna (BO) X-MOD SRL Casalecchio di Reno (BO) CLAUDIO PIRONI & PARTNERS S.R.L. Forlì (FC) GIANVITO ROSSI SRL Milano (MI) ARCHITETTO MICHELE DE LUCCHI SRL Milano (MI) MOGHI S.R.L. Milano (MI) MORGANA S.R.L. Milano (MI) P + P STUDIO S.R.L. Milano (MI) GIORGIO GALLI DESIGN LAB S.R.L. Milano (MI) FOREVERMARK ITALY S.R.L. Milano (MI) IN TESTA SRL Milano (MI) SPAZIO ZERO S.R.L. Milano (MI) EFFEA SRL Oggiono (LC) ARCO ITALIA SERVICE S.R.L. Altamura (BA) COSTANZO S.R.L. Caivano (NA) HOSI CONCEPT S.R.L. Cepagatti (PE) FESTA LAB S.R.L. Napoli (NA) SALENTO CREAZIONI MODA S.R.L. Matino (LE) PACKLY S.R.L.Campochiaro (CB) PLANET ITALIA S.R.L. Martina Franca (TA) ANDY & FLINCH S.R.L. Bronte (CT) GRUPPO ALIBERTI S.R.L. Montecorvino Rovella (SA) E.P.S. S.R.L. Santa Maria la Carità (NA)

565.933 € 792.006 € 2.535.397 € 1.450.439 € 3.109.251 € 525.508€ 610.307 € 1.186.643 € 1.033.215 € 738.000 € 2.804.576 € 12.240.179 € 1.420.000 € 845.124 € 646.881 € 641.198 € 5.239.895 € 732.977 € 597.407 € 1.009.408 € 5.038.806 € 3.869.070 € 2.449.801 € 2.242.817 € 2.138.749 € 1.867.955 € 1.705.149 € 1.671.877 € 1.147.500 € 833.100 € 662.417 € 2.047.584 € 3.918.023 € 1.027.585 € 1.431.895 € 641.561 € 909.535 € 1.009.263 € 1.155.668 € 6.955.493 €

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FINANZIARE L'IMPRESA

ACCERTAMENTI E CREDITO R&S: ORA FACCIAMO CHIAREZZA Le prime annualità di fruizione del credito di imposta per ricerca e sviluppo al vaglio dell’amministrazione finanziaria

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l credito di imposta per la ricerca e sviluppo è stato introdotto dalla Legge di bilancio 2015 con la finalità precipua di stimolare la spesa privata nel settore della ricerca, accrescendo stabilmente la competitività del sistema produttivo italiano a livello internazionale. La misura, ricordiamolo, incentiva le spese incrementali sostenute in ricerca dalle imprese residenti nel territorio nazionale, rispetto ad un triennio convenzionale di comparazione (2012-2014), in misura massima pari al 50% e nel limite annuale di 10 milioni di euro. A condizione che siano riconducibili ad attività di ricerca fondamentale, ricerca industriale o sviluppo sperimentale sono agevolabili i costi del personale tecnico, i contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e imprese esterne, meglio se start-up o Pmi innovative, le quote di ammortamento di strumenti e attrezzature di NELLA FOTO L’AUTORE GIUSEPPE CAPRIUOLO, PARTNER DELL’UFFICIO DI ROMA DI RSM ITALY

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L’Amministrazione Finanziaria ha tradiziolaboratorio, le competenze tecniche e le prinalmente legato l’innovazione ad un “mivative industriali. glioramento significativo” di prodotto e/o L’accesso alle agevolazioni, di natura autoprocesso. In tal senso, infatti, si esprime matica, ha generato negli anni molteplici l’importante Circolare n. 5/E del 16 marzo questioni interpretative, prevalentemen2016, che include nel perimetro di agevote incentrate sul corretto inquadramento labilità ai fini del credito sulla ricerca “le delle attività ammissibili, nel modifiche di processo o di prodotto che rispetto del requisito essenapportano cambiamenti o miglioramenti ziale di “novità”. significativi delle linee e/o delle tecniche di Ai numerosi dubbi applicatiproduzione o dei prodotti (quali, ad esemvi le imprese hanno trovato, pio, la sperimentazione di una nuova linea invero, parziali risposte nelle produttiva, la modifica delle caratteristifrequenti indicazioni di prasche tecniche e funzionali di un prodotto)”. si prodotte nel corso del priNegli stessi termini l’Agenzia si esprimeva mo triennio di applicazione già con la Circolare n. 25/E del 10 maggio della misura dall’Agenzia delle Entrate, ma 2005, escludendo dall’alveo delle attività il carattere mutevole e la natura esegetica di ricerca e sviluppo delle posizioni degli IL REQUISITO ESSENZIALE DELLA NOVITÀ le trasformazioni di Uffici, applicabili con È QUELLO DIRIMENTE E SI RIFLETTE processo/prodotto efficacia retroattiva, SUL PIANO SANZIONATORIO SE L'ADE che rappresentano ha reso molto comRITIENE IL CREDITO NON SPETTANTE un mero “adattamenplessa la definizione to della tecnologia esistente”. dei confini di una prudente applicazione Secondo la consolidata prassi, pertanto, della norma agevolativa. qualora l’oggetto della ricerca consista in In un quadro applicativo che presenta confiun miglioramento di un processo produtni non ancora consolidati, peraltro, le contetivo, un eventuale contestazione relativa stazioni sull’assenza del requisito di novità alla “non spettanza” dell’agevolazione non si riflettono sul piano sanzionatorio, quanpotrebbe operare, essendo pacifico che do l’amministrazione finanziaria ritiene di qualunque ricerca finalizzata a risolvere elevare sanzioni per indebita compensaziocriticità tecniche o migliorare sostanzialne di un credito considerato “inesistente” o mente tragga spunto da risultati di ricerche “non spettante”. pregresse. Ma proviamo a fare ordine su cosa intendoQualche perplessità ha destato, in tale no le Entrate per “novità”.


scenario, la recente risoluzione 40/E del 2 aprile 2019 nel passaggio in cui esclude dal perimetro delle attività ricerca e sviluppo agevolabili le modifiche che apportano miglioramenti significativi a processi o di prodotti esistenti, nel caso in cui non generino nuove conoscenze per il settore di riferimento. La prevalente dottrina auspica, pertanto, che i prossimi interventi interpretativi sul tema fughino ogni dubbio circa la correttezza della tradizionale impostazione dell’Agenzia delle Entrate. Venendo ai profili sanzionatori, gli uffici e la Guardia di Finanza hanno recentemente mostrato un comune orientamento teso, in assenza del requisito di novità, all’elevazione di sanzioni per indebita compensazione dei crediti d’imposta qualificandoli come «inesistenti per mancanza del requisito costitutivo», piuttosto che «non spettanti». Tale impostazione ha avuto un impatto notevole sui contribuenti: le sanzioni per utilizzo del credito d’imposta non spettante sono pari al 30% del credito mentre, nel caso di contestazione di un credito inesistente, la sanzione applicata sale dal 100% al 200%, senza possibilità, peraltro, di potere fruire della «definizione agevolata delle sanzioni». La dottrina non condivide tale approccio, ritenendolo contrario agli obiettivi dell’articolo 13, comma 5 del Dlgs n. 471/1997, come modificato dal Dlgs n. 158/2015 di «revisione del sistema sanzionatorio». La sanzione comminata per l’indebita compensazione di crediti inesistenti, infatti, dovrebbe limitarsi alle ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, quale la costruzione di un sistema di documentazione contabile ed extracontabile avente quale unico scopo quello di rendicontare attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga “artatamente creato” in sede di compilazione del modello F24 (Risoluzione 8 maggio 2018, n. 36/E). Si può agevolmente ritenere che la man-

cata sussistenza del requisito di “novità”, soprattutto in un quadro caratterizzato da un’esegesi della norma instabile che rende complesso talvolta il compito delle imprese di valutare le fattispecie operative concretamente riconducibili all’alveo applicativo dei benefici, non configura un comportamento fraudolento del contribuente. Più corretto sarebbe, invece, un inquadramento di tale casistica nel perimetro del credito “non OCCORRE UN CHIARIMENTO DAL MISE SUL CORRETTO INQUADRAMENTO DEI MIGLIORAMENTI SOSTANZIALI DI PRODOTTO E DI PROCESSO

spettante”, per di più in presenza di una relazione illustrativa dei progetti e dalla certificazione del revisore legale dei conti che attesti la regolarità formale e l’esistenza dei costi rendicontati ai sensi della circolare n. 5/E del 2016 - paragrafi 7 e 8 - e della successiva circolare n. 13/E del 2017 - paragrafo 4.9. L’eventuale violazione di regole di carattere procedurale non previste a titolo

costitutivo del credito stesso, infatti, rappresenterebbero al più una violazione inquadrabile nella fattispecie di “non spettanza”. Ai fini di una “sicura” fruizione del credito d’imposta sulla ricerca e sviluppo, stante anche l’assenza di specifiche linee guida che consentano di stabilire per ogni settore quale sia lo “stato dell’arte” e quale, in concreto, sia l’attività da poter considerare di ricerca, le imprese dovranno identificare opportuni driver di innovazione di prodotto e processo e dare adeguata rappresentazione, oltre che delle evidenze documentali sottese all’importo compensato in F24, del merito scientifico-tecnologico delle iniziative. D’altra parte, occorrerà senz’altro che un intervento chiarificatore del MiSE sgombri il campo da equivoci sul corretto inquadramento dei miglioramenti sostanziali di prodotto/processo che frequentemente caratterizzano le contestazioni degli Uffici accertatori. soprattutto quando le attività di innovazione traggono origine da ricerche precedenti.

NUOVE IMPRESE A TASSO ZERO, SMART & START E DIGITAL TRANSFORMATION: WHAT’S NEW? Con la conversione in Legge del Decreto Crescita, dallo scorso 30 giugno entra in vigore l’interessante articolo 29, che rafforza e semplifica le note misure “Nuove imprese a tasso zero” e “Smart & Start”, gestiti da Invitalia, oltre ad introdurre il nuovo incentivo per la “Digital transformation”. Ma vediamo nel dettaglio le novità. Nuove Imprese a tasso zero e Smart & Start Sarà concesso più tempo per restituire i finanziamenti (fino a dieci anni), cesseranno

i divieti di cumulo con altre agevolazioni, sarà innalzato i tetti di spesa e di copertura del finanziamento (investimenti fino a 3mln, finanziati fino al 90%). Agevolazioni alla Digital Transformation Una nuova cabina di regia congiunta tra MiSE e Agenzia per l’Italia Digitale definirà l’incentivazione alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle imprese. Saranno concesse agevolazioni fino al 50% dei costi ammissibili per le

aziende che investono almeno 50.000 euro per l'implementazione delle tecnologie 4.0 e delle soluzioni tecnologiche finalizzate a: - ottimizzazione della gestione della catena di distribuzione, - sviluppo software, piattaforme e applicazioni digitali (per svariati impieghi: e-commerce, EDI, geolocalizzazione, tecnologie per l' in-store customer experience, system integration applicata all'automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things).

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MOVIES | SERIES | SPOT | MUSIC | RADIO


APPROFONDIMENTI

56 SOCIAL MEDIA IL NUOVO LUSSO? TORNARE OFFLINE

«PAPA BERGOGLIO, UN REALISTA ISPIRATO CHE RIPENSA L’ECONOMIA» Un patto post ideologico promosso da Papa Francesco ad Assisi, dal 26 al 28 marzo 2020, per cambiare il mercato. Ce ne parla Stefano Zamagni di Giovanni Luchetti SE IL CRISTIANO PONE L’ACCENTO SULLA

60 SCENARI LA MINACCIA DELL’A.I. SUL FUTURO DELLE PROFESSIONI

61 SVILUPPO LO SPORT COME VOLANO DEL SETTORE IMMOBILIARE

62 CONFPROFESSIONI UN’EUROPA DI PROFESSIONISTI PER SOSTENRE I CITTADINI

68 QUI PARIGI APPUNTI DALLA DÉFENSE DI G. CORSENTINO

70 SHORT STORIES LE NEWS DA AZIENDE E ISTITUZIONI

NECESSITÀ DI RIDISTRIBUIRE A TUTTI LE RICCHEZZE PRODOTTE, IL NEO-LIBERISTA SI È CONCENTRATO SULL’AUMENTO DEL PIL E DELLA RICCHEZZA NELLA CONVINZIONE CHE POI IL RESTO SI AGGIUSTERÀ. La quadratura del cerchio sta nella possibilità di mostrare che è possibile organizzare un’economia che avanzi nella direzione della prosperità, senza lasciare indietro nessuno. È la sintesi di una visione del mondo di cui parla ad Economy, in questa intervista, Stefano Zamagni, economista e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

Come è cambiato il rapporto tra religione ed economia? La domanda ovviamente non è oziosa, a condizione che si tenga distinto il concetto di religione dal concetto di fede. Nel senso che la fede è un’opzione libera della coscienza individuale nei confronti della trascendenza, la religione invece è l’insieme di norme sociali e a volte legali che incarnano nel concreto una certa fede. In breve, una persona

può essere religiosa senza avere fede. Posto questo chiarimento è evidente che l’economia ha a che vedere con la religione perché la religione nel momento in cui fissa certe norme di comportamento, fissa certi canoni o limiti che non possono essere violati; ha un impatto diretto sull’agire economico. In che modo? Ad esempio, fintanto che la religione proibiva la cessione di crediti con tasso d’interesse, perché questo avrebbe significato un comportamento usurario, è evidente che certe iniziative di natura economica non poterono svilupparsi. Ecco perché per quanto riguarda il mondo occidentale è fondamentale il contributo della scuola di pensiero francescana. Molti lo ignorano, ma l’economia di mercato nasce tra il 1300 e 1400. Furono proprio i francescani i primi, già nel 1300, a spiegare e motivare che la richiesta di un tasso di interesse limitato era pienamente compatibile con la religione cristiana e da lì ovviamente è nata tutta l’economia di mercato quale conosciamo oggi. Questo è un esempio, tanti

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APPROFONDIMENTI

altri se ne potrebbero fare. Se una norma religiosa impedisce alle donne di lavorare fuori casa, è chiaro che questo ha un impatto diretto sull’attività economica. Chi pensa che ci sia una separazione dimostra di non sapere, di non capire bene che cosa è l’economia. Quale che essa sia, il funzionamento dell’economia dipende dalle norme sociali prevalenti in un certo contesto storico e in una certa configurazione geo-politica. Cogliere questo collegamento è fondamentale per comprendere la specificità del dato e dell’agire economico. Quando nascono i principi fondamentali dell’agire economico? Nascono con i padri della Chiesa. Se noi leggessimo i documenti di economia di Basilio STEFANO ZAMAGNI da Cesarea, per esempio, avremmo come l’impressione di leggere documenti di economia scritti ieri. I principi fondamentali è evidente che la traduzione pratica dei sono i quattro principi della Dottrina soquattro principi o quattro pilastri è andata ciale della Chiesa e sono sempre rimasoggetta a varianti diverse perché la realsti quelli: 1. La centralità della persona tà è mutata. umana, 2. Il principio di solidarietà, 3. Il E qual è l’ atteggiamento economico di Papa principio di sussidiarietà, 4. Il bene coBergoglio rispetto ai cambiamenti attuali e mune. Dottrina sociale della Chiesa che rispetto ai precedenti Papi? nasce nel IV secolo dopo Cristo, non con Quando si fanno questi confronti si dimenl’encliclia Rerum Novarum di Papa Leone tica che la religione cristiana è una religioXIII come a volte erroneamente si crede. ne incarnata, ovvero che è dentro la storia; Per tale Dottrina questi quattro principi mentre altre religioni sono fuori dalla storia. devono essere compresenti tutti e quatTema nodale anche nel dialogo inter-religiotro nelle varie situaso. Una persona, ovSECONDO STEFANO ZAMAGNI zioni di vita. Non è viamente, è libera di L’APPROCCIO DI PAPA FRANCESCO possibile conside- È BOTTOM-UP E RIENTRA NEL PENSIERO poter dire che preferiFILOSOFICO DEL REALISMO STORICO rarli in una relaziosce una matrice reline additiva, bensì giosa ad un’altra, ma moltiplicativa. non si può negare il fatto che il cristianesimo sia incarnato nella storia ed è attento alle Cioè? sue trasformazioni. Ecco perché, ad esemPer affermare o fare avanzare uno dei pio, Leone XIII nella celebre enciclica Rerum quattro principi, non si può sacrificare Novarum (1891) si concentra sulla questione uno degli altri 3. Questo è un punto che operaia perché in quel tempo stava nascendo si tende a dimenticare, ma la Dottrina la seconda rivoluzione industriale e il Papa sociale della Chiesa insiste che un’azione era preoccupato del modo in cui gli operai economica in linea con questi presuppoerano trattati. Quando arriviamo a Benedetto sti deve portare avanti in simultanea tutti XVI, invece, egli inaugura con l’enciclica Carie quattro i principi. Nel corso del tempo, tas in Veritate (2009) la stagione della cosid-

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FISSANDO LIMITI INVIOLABILI LA RELIGIONE HA SEMPRE UN IMPATTO SULL’AGIRE ECONOMICO detta dopo-modernità, che ha conosciuto la fioritura della quarta rivoluzione industriale iniziata nel 2001. Papa Francesco invece, che viene dopo Papa Benedetto, vive nella nostra situazione attuale in cui gli effetti congiunti della globalizzazione e finanziarizzazione da un lato e dell’ultima fase della quarta rivoluzione industriale dall’altro stanno radicalmente trasformando il quadro di riferimento. Ecco perché egli scrive prima l’enciclica Evangelii Gaudium e poi la Laudato Sì, citata in tutto il mondo da credenti e non credenti. Anche i Papi precedenti si erano occupati nei loro documenti magisteriali della questione ambientale, ma Papa Francesco dedica un’intera enciclica, la Laudato Sì appunto, al tema ambientale perché questa è diventata una delle principali questioni che affliggono l’umanità. E a livello di “stile papale”? È evidente che ci sono sottolineature diverse, come è evidente che ci sono stili espostivi diversi. Ad esempio, l’impostazione filosofica di Benedetto XVI era quella che che si potrebbe definire top-down, cioè parte dai principi per scendere alla realtà, mentre l’approccio di Papa Francesco che rientra nel pensiero


filosofico del realismo storico, è piuttosto bottom-up. Papa Francesco parte della datità storica, la legge alla luce dei principi, la interpreta e si spinge a lanciare proposte o linee di intervento. La Dottrina sociale della Chiesa rimane sempre la stessa, ma nel corso del tempo riceve sottolineature e focalizzazioni diverse a seconda delle problematicità che gli eventi storici richiedono. Un esempio? Beh, un conto è applicare il principio di solidarietà in una società stazionaria e chiusa come è stata fino al medioevo, altra questione è applicare lo stesso principio in una situazione come quella attuale caratterizzata da fenomeni come la globalizzazione e la quarta rivoluzione industriale. Perché la scelta di Assisi? Come dicevo, perché l’economia sociale di mercato la fanno nascere i francescani intorno ad Assisi. Il primo monte di pietà, da cui proviene la banca moderna, viene istituito a Perugia nel 1462. Le prime banche, così come altre innovazioni economiche, sono nate in Italia e in particolar modo in terra di Toscana e Umbria e poi sviluppate ulteriormente altrove. Quindi un primato italiano? La questione non è affermare un primato italiano, bensì affermare la verità storica ed

è per questo che Papa Francesco intende organizzare un evento come Assisi 2020. È la prima volta ,nella storia bimillenaria della Chiesa di Roma, che accade qualcosa del genere. Dunque un’operazione di verità storica alla presenza di 500 invitati che oggi si stanno formando e stanno iniziando a studiare e praticare una economia diversa. Ad Assisi saranno presenti giovani economisti, imprenditori e imprenditrici provenienti da tutti e 5 i continenti per ricordare insieme a Papa Francesco in quale contesto nacque l’economia di mercato. LO SLOGAN DI ASSISI 2020 POTREBBE ESSERE “OPERARE UNA PROSPERITÀ INCLUSIVA”, COME VUOLE LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Un incontro culturale, dunque? Non solo. Papa Francesco, come dicevo, si richiama ad un approccio da realismo storico ed è evidente che dopo dei documenti di principio realizzati in questi ultimi anni dovesse passare al piano dell’azione. Ecco perché proporrà ai 500 giovani under35 provenienti dai 5 continenti di sottoscrivere un accordo, per riportare al centro i quattro principi della Dottrina sociale della Chiesa e ripensare il modello economico in crisi. Quindi anche lei pensa che sia possibile creare una valida alternativa al sistema liberi-

sta come si manifesta oggi nel mondo? Non solo penso sia possibile, credo che non ci sia altra soluzione. Dopo il capitalismo delle campagne, il capitalismo industriale, il capitalismo della finanza, oggi siamo entrati in una nuova fase che è quella del capitalismo immateriale legato cioè alle nuove tecnologie: intelligenza artificiale, cloud, robotizzazione, ecc. In questo modello di capitalismo immateriale, se noi non cambiamo i principi fondativi che finora hanno guidato il sistema, assisteremo alla sua stessa autodistruzione. Di questo rischio se ne stanno rendendo conto anche i non credenti e soprattutto quelli che vivono in terra d’America. Il problema non è quello di mettere dei correttivi al sistema, ma di salvare l’economia di mercato. Lo slogan di Assisi 2020, infatti, potrebbe essere: “operare una prosperità inclusiva”. La stessa Dottrina sociale della Chiesa vuole un modello che garantisca la prosperità e quindi non accetta affatto la tesi della decrescita. La prosperità è fondamentale, ma deve essere inclusiva e non appannaggio di pochi come vuole il neo-liberalismo. La grande sfida è fare stare insieme, il che è possibile, la prosperità con l’inclusivisità. Questa proposta sta piacendo molto in tutto il mondo e in modo trasversale sia ai credenti che ai non credenti, perché entrambi iniziano a vedere la speranza e la possibilità concreta di ripensare il modello economico.

Dopo la «Laudato sii» il Papa torna a indicare all’umanità un tema cruciale: ripensare l’economia per superare l’ormai fallita mera logica del mercato

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el maggio del 2015, con l’enciclica “Laudato sii”, Papa Francesco, semplicemente riallacciandosi al magistero spirituale del Santo dal quale ha preso in prestito il nome, ha riacceso in tutto il mondo il fuoco del dibattito ecologico. Cinque anni dopo, l’iniziativa assunta dal Pontefice convocando ad Assisi – di nuovo San Francesco! – i giovani economisti e gli imprenditori di tutto il mondo promette di segnare una nuova svolta nella storia

dell’umanità. Quella di “ridare un’anima” all’economia. Oltre la mera logica del mercato. Comunque la si pensi in materia religiosa non è negabile, infatti, che oggi Papa Bergoglio è davvero l’unico leader ideologico capace di catalizzare il dibattito colto e, insieme, l’emozione popolare sui temi che indica all’attenzione del mondo. I suoi non pochi detrattori prendono le distanze da questo Papa dandogli paradossalmente

del “comunista”. Non hanno evidentemente mai letto il Vangelo. Il mercato, lecitamente, provvede a dettare le regole di quella gara che è la competizione economica: e a stabilire chi può salire sul podio. Gli esseri umani, poi – tutti insieme – devono occuparsi e preoccuparsi al meglio anche di chi a salire su quel podio non ce l’ha fatta. Assisi ci ricorderà quest’obbligo. E da questo numero Economy contribuirà, nel suo piccolo, a preparare il terreno. (s.l.)

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APPROFONDIMENTI

Il Mezzogiorno scommette sull'alta formazione L'ex sindacalista (e amministratore pubblico) Enrico Cardillo ha deciso di investire sull'istituto Stoà fondato dall'allora presidente dell'Iri Romano Prodi. Ad affiancarlo, Enrico Letta, Luigi Nicolais e Paolo Scudieri di Alfonso Ruffo

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indacalista di lungo corso, responnazionale che riunisce la filiera dell’indusabile nazionale dei metalmeccanici stria automobilistica) e Cavaliere del Lavoro della Uil al tempo della riconversione Paolo Scudieri – titolare della multinazio(poi degradata in chiusura) dell’Italsider di nale per il confort dell’auto Adler - che ne Bagnoli, più volte amministratore pubblico e ha assunto la presidenza diventando anche assessore al Bilancio al Comune di Napoli azionista di riferimento. con Rosa Russo Iervolino sindaco, messo Una bella scommessa in una terra, il Mezzosotto inchiesta con accuse che sono regogiorno, che ha perso un po’ alla volta tutte le larmente cadute una a una, da sempre somigliori istituzioni del settore nonostante il cialista, Enrico Cardillo ha deciso d’investire bisogno di qualificazione e riqualificazione di l’età matura in un progetto molto sfidante: giovani e meno giovani che i tempi richiederiportare ai fasti di una volta e possibilmente rebbero. Si tratta di colmare un grande vuosuperarli l’istituto di to, dunque, e Cardillo STOÀ LANCERÀ UNA PROPOSTA alta formazione Stoà, ne è consapevole viFORMATIVA PER I DIRIGENTI DELLA fondato a Ercolano – sto l’impegno che sta PUBBLICA AMMINISTRAZIONE con sede nella splenmettendo nel ricucire INCROCIANDO IL BANDO DI DE LUCA dida Villa Campolieantichi legami con il to – dall’allora presidente dell’Iri Romano territorio e aprirsi a nuove collaborazioni Prodi. Per riuscirci ha raccolto intorno a sé con la Bocconi di Milano e i due Atenei più un parterre di amministratori di altissimo vicino dal punto di vista geografico come la livello a partire dall’ex premier Enrico LetFederico II di Napoli e il Vanvitelli di Caserta. ta, attualmente direttore della Scuola di AfFamoso per i suoi master in Direzione e fari internazionali all’Università SciencePo Gestione d’Impresa, Stoà lancerà presto di Parigi. Nel Consiglio, da poco rinnovato, un’allettante proposta formativa anche per siedono anche l’ex ministro ed ex presidente i dirigenti della pubblica amministrazione del Cnr Luigi Nicolais incrociando il bando lanciato dal governae il numero uno di tore della Campania Vincenzo De Luca che Anfia (l’associazione ha deciso di passare dalle parole ai fatti con un grande piano di assunzioni nei ranghi degli enti locali con l’obiettivo di svecchiare il L’AUTORE ALFONSO RUFFO personale, inserire competenze più adegua-

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ENRICO CARDILLO

te ai tempi moderni, contribuire anche per questa via a sollevare l’occupazione in una regione che non brilla per quantità e qualità dei posti di lavoro. Insomma, l’istituto nato ai tempi d’oro dell’industrializzazione del Sud – quando le politiche meridionaliste erano ancora in vigore e non si era persa la speranza di avvicinare le due parti del Paese in termini di ricchezza per abitante – si riorganizza per recuperare la vecchia missione di allevare la classe dirigente del posto e darsene una nuova allargando lo sguardo al bacino del Mediterraneo, considerato la frontiera su cui investire anche in ragione dei rapporti personali e istituzionali che possono svilupparsi. L’ambizione resta quella di contribuire al miglioramento dell’economia dell’area fornendo una sponda agli attori pubblici e privati che vogliano accogliere la suggestione – e trasformarla in realtà – di migliorare le proprie performance puntando sulla componente strategica delle risorse umane. Tutto questo perché le persone – con i propri sogni e desideri - possano tornare con prepotenza al centro di una società che impari a progettare il futuro fuggendo dall’ansietà provocata dall’incertezza e facendo delle proprie competenze l’arma più potente del riscatto.


PRIVATE BANKER

Dal capolinea della Germania può ripartire la nuova Europa La crisi ha colpito anche l'efficienza teutonica: da Deutsche Bank a Volkswagen, da Bayer a Daimler, l'industria tedesca mostra la corda. Così il Paese dovrà cambiare rotta in materia di integrazione europea di Ugo Bertone

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chtung! Fate attenzione alla caduta degli dei che stanno scivolando giù dalla vetta dell’Olimpo. Non molti avevano previsto le difficoltà della Germania, cuore economico dell’Unione Europea, che si affaccia all’autunno con tassi di crescita “italiani” e non promette di fare meglio nel 2020. Al di là dei numeri del pil (solo mezzo punto di crescita, meno della metà di Francia e Spagna) a sottolineare la gravità della crisi è il malessere che accomuna in pratica tutte le eccellenze del made in Germany. Deutsche Bank, già leva finanziaria della prima potenza mondiale dell’export, ha annunciato una precipitosa ritirata entro i confini europei, rinunciando a competere negli Stati Uniti e uscendo dalla banca d’affari della City. Pochi giorni prima Harald Kruger, il manager che avrebbe dovuto guidare la rivoluzione elettrica di Bmw, ha rassegnato le dimissioni per le perplessità emerse in consiglio. Il bollettino della settimana nera dell’economia di oltre Reno si completa con l’allarme utili L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

di Basf, che prevede profitti in calo del 30 per cento a fronte della caduta della domanda, e con il profit warning di Daimler, il secondo di fila in un mese. Prende così velocità un fenomeno così esteso da avere, aldi là dei casi individuali, ormai il carattere di crisi di sistema. L’auto, innanzitutto, stenta a ritrovare il passo degli anni buono. Pesa la crisi scatenata dal dieselgate che si combina con il costo degli investimenti necessari per competere nell’auto a guida autonoma e nella transizione a marce forzate verso l’elettrico. E così Volkswagen, anche perché indebolita (come Deutsche Bank) dell’onere di cause e spese legali, ha deciso di condividere gli investimenti e di sfruttare, a pagamento, le tecnologie sviluppate da Ford. Ma non va meglio in altri settori. L’ansia di trovare nuovi sbocchi industriali ha suggerito missioni rischiose e sfortunate come l’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer che si sta rivelando un massacro per l’eredità delle passate gestione, sotto accusa per la produzione di sostanze cancerogene. Non va meglio all’acciaio di Thyssen, alle prese con una ristrutturazione contestata, né alla Sap, il gigante dei software (l’unica società del gotha tedesco nata dopo il 1970), anch’essa alle prese con tagli e cambiamenti strutturali. L’elenco potrebbe

continuare anche perché la crisi dei grandi sta contagiando il Mittelstand, ovvero le piccole e medie imprese che rappresentano il cuore dell’industria. Così come pesa sul triangolo industriale (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) che è strettamente legato alle sorti del made in Germany. Un bel guaio ma, come sempre accade, nel disastro c’è sempre un aspetto positivo: la crisi può spingere la Germania a cambiare rotta finalmente in materia di integrazione europea, dall’Unione Bancaria all’avvio di progetti comuni di crescita in ambito europeo. È la speranza di Marcel Fratzscher, l’economista che guida il centro studi Diw. Uno dei grandi pensatoi di Berlino. «Tra le cause - dice – spicca l’illusione di una parte della classe dirigente di poter fare a meno dell’Europa, considerata un costo a tutto vantaggio dei partner. Quasi che la Germania possa competere nel mondo senza un solido retroterra finanziario e politico all’altezza degli altri». Un’illusione alimentata dai successi dell’economia di questi anni: perché cambiare, è stato il pensiero dominante di questi anni, se il sistema funziona? Ma questa mentalità sparagnina, che rallentato le riforme e frenato l’economia europea, oggi è al capolinea. E speriamo che la Germania del dopo Merkel lo capisca in fretta.

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APPROFONDIMENTI

La nuova frontiera del lusso? L' esclusività di essere offline Chi era convinto che tutta la relazione col cliente si sarebbe giocata sul web si era sbagliato. Così i brand stanno lentamente facendo marcia indietro. E gli studi di Neurovendita dimostrano che occorre attivare il sistema limbico di Lorenzo Dornetti

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l trend nel luxury è sintetizzato dallo slogan del futurologo Gerd Leonhard: “L’Offline è il nuovo lusso”. Dopo un decennio di dominio assoluto del social-web, in cui la parola “moda” faceva rima con digitale, si osserva un cambiamento. Alcuni studiosi nell’eccitazione da rete si erano spinti a dire che in pochi anni tutta la relazione con il cliente sarebbe stata solo on-line, gli store sarebbero spariti, il personale sostituito da chat-box virtuali e robot. Le cose non stanno andando così. Si osserva da molti brand la volontà di un ritorno verso strategie di vendita e comunicazione non intermediate dal canale digitale. Si tratta di un effetto nostalgia o c’è di più? Gli studi di Neurovendita, l’applicazione delle più recenti scoperti sul cervello al mondo dello shopping, spiegano

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perché il lusso, per tornare esclusivo, ridiventa offline. Il motivo è la volontà di attivare il cervello limbico e sensoriale, le porzioni più antiche del sistema nervoso. Serve andare all’origine biologica del concetto di “Lusso”. Cos’è “lusso” per il cervello? Il sistema nervoso percepisce “qualcosa” come lussuoso quando intriso di scarsità. Il principio di scarsità fa percepire prezioso tutto quello che è poco disponibile, raro, difficile da trovare, unico. Il cervello è un organo fatto per sopravvivere in ambienti difficili, in cui le risorse erano scarse per definizione e quindi altamente preziose. Esiste un automatismo implicito scritto nei circuiti nervosi più primitivi. Se un bene è poco disponibile, allora è prezioso, quindi sono disponibile a pagarlo di

più perché possederlo mi conferisce una posizione “dominante” nel mio ambiente. Lo stesso principio in maniera automatica si attiva nello shopping, in cui la posizione dominante fa rima con attirare l’attenzione, aumentare il proprio status, sentirsi bene. La lente delle neuroscienze con cui leggere il concetto biologico di “lusso” è utile per comprendere questo ritorno all’offline. La facilità dell’e-commerce ha reso tutti i prodotti facilmente accessibili. Secondo una recente ricerca di Alec Ross, 7 miliardi di persone posseggono uno smartphone. Tutti possono comprare con facilità e soprattutto vedere qualsiasi tipo di prodotto, anche se non se lo possono permettere. L’impatto sui consumi è paradossale, nessun prodotto è più davvero esclusivo e invisibile. Per questo motivo molti marchi, ad esempio Dolce & Gabbana e Hermès, hanno scelto per la loro linea parfume un ritorno totalmente alle origini. Alcune fragranze più esclusive non sono vendibili on line, non si possono nemmeno conoscere on line, ma si possono provare ed acquistare solo nei punti vendita fisici. L’acquisto on-line elimina l’esperienza connessa alla situazione. “Click aggiungi al carrello” si basa sul vedere il bene, immaginando come sarà. Si aspetta il pacco a casa. Questa modalità di acquisto è sicuramente molto comoda, tuttavia si perde completamente l’effetto della situazione. Il cervello è un organo sensoriale, oltre il 40% dei neuroni si occupa di elaborare gli stimoli che provengono dall’esterno trasformandoli in segnali di piacere emotivo. Il profumo che si respira. La musica che si ascolta. L’esperienza tattile quando si prova il capo. L’esclusività di un calice che si degusta mentre si decide. Comprare in un contesto “reale” non è solo prodotto, ma l’esperienza di cui quel prodotto è parte. Per questo motivo molte icone sono tornate a vedere i punti vendita fisici come “luogo elettivo” in cui invitare i propri clienti, non solo per mostrare il prodotto, ma soprattutto per far vivere al cervello un’esperienza sensoriale a 360 gradi, che attivando pienamente il cervello


COMPRARE IN UN CONTESTO REALE NON È SOLO PRODOTTO, MA ANCHE ESPERIENZA consente di raggiungere livelli di soddisfazione, eccitazione e fidelizzazione impensabili con il solo “bene” cliccato ed aggiunto al carrello. La diffusione di social e chat ha reso tutti sempre connessi, raggiungibili in ogni momento, riducendo il tempo a disposizione per un’attività divertente come lo shopping. Comprare on line significa acquistare velocemente. L’effetto secondario di questa pratica è ridurre il tempo per rilassarsi, che l’atto del comprare ha sempre significato, soprattutto nel segmento del lusso. Ritornare nella dimensione dello store, magari meno affollato di qualche anno fa, prevede una dinamica più lenta, che consente a chi compra di dedicarsi tempo. Molti camerini sono schermati. Questo rende i cellulari senza segnale, permettendo al cliente di staccarsi dal virtuale e immergersi nel reale. Anche la scelta di non poter fotografare l’interno degli store, va verso la direzione di non distrarre il consumatore dall’esperienza d’acquisto alle reazioni social di quanto postato su instagram. La tecnologia ha ridotto le relazioni “vis a vis”. Una recente ricerca di Marlow ha identificato che ognuno di noi ha una media di 100 amici che “segue” tra facebook ed instagram. Tuttavia questo network aumentato non porta ad una maggiore socialità. Infatti rispetto a 5 anni fa, le occasioni di relazione reale dell’utente rispetto a questa rete di relazione di è ridotta del 50%.

Insomma abbiamo la possibilità di essere in connessione con chiunque, ma abbiamo ridotto gli spazi per la relazione reale, “faccia a faccia”. La dimensione dello store permette di ricreare un rapporto umano legato all’acquisto. L’assistenza, la presenza, la coccola ed il consiglio del personale in store, ridiventa un valore in un mondo in cui la comunicazione reale tra le persone si è drasticamente ridotta. Il cliente deve poter identificare con un volto il Brand. Si crea una relazione. In quest’ottica di ricreazione di una relazione reale si comprende la scelta, ad esempio, di Prada nel creare una relazione one to one tra il cliente ed il personale di store, in un rapporto che sia reale, fiduciario e unico. Conoscere la persona che rappresenta l’icon fa sentire il cliente importante. L’ultimo punto riguarda la comunicazione tra il brand ed il cliente attraverso lettere spedite a casa. Perché la lettera è più efficace delle e-mail o di un invito via chat? La Neurovendita lo spiega attraverso il concetto di “ridondanza dello stimolo”. Nessuno scrive più. La National Public Radio ha stimato che negli USA una famiglia riceva una lettera con un diretto o indiretto contenuto commerciale ogni 60 giorni. Una ogni 2 mesi. Un recente focus group realizzato per studiare la variazio-

PERSINO L'HOTEL PIÙ LUSSUOSO ALLE MALDIVE HA ELIMINATO LA CONNESSIONE WI-FI DALLE STANZE DELLA STRUTTURA

ne dei comportamenti degli adolescenti ha dimostrato che l’83% dei millenials non ha mai ricevuto una lettera d’amore. Al contrario, il canale web-social è diventato ridondante, ultra utilizzato. Si è bombardati da una media di 12 mail giornaliere per comunicazioni commerciali e 26 post sponsorizzati in un’ora sui social network. Quando un canale diventa poco utilizzato, come la posta, è più efficace colpire l’attenzione. Inoltre l’invio fisico attiva il cervello in maniera molto potente. L’atto di aprire la busta e toccare la carta è magico. Ricevere un invito fa percepire quella comunicazione come esclusiva e rara, proiettando questo valore sul brand stesso. Questo spiega perché la quasi totalità dei brand del lusso, dal fashion agli orologi, dai gioielli agli yacht, è tornata ad investire in eventi reali, spesso in location ad alto impatto, in cui accogliere i propri clienti per un momento esclusivo. Come si comunica ai clienti? Con un invito che arriva per posta, su carta spessa, scritta a mano. Nel futuro il vero lusso sarà solo “offline”. Un ritorno al passato spiegato molto bene dalle scoperte della neurovendita applicata allo shopping. Un’ultima riprova per i più scettici. L’hotel più lussuoso al mondo alle Maldive ha tolto la connessione Wi-fi dalle stanze. Il vero lusso è ritagliarsi e godersi un momento fuori dal digitale, una disintossicazione dalle “spunte blu” e dai “like”.

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APPROFONDIMENTI

Senza nuovi impianti teniamoci l'emergenza rifiuti Paola Petrone, dg uscente della livornese Azienda ambientale di pubblico servizio ed ex dg dell'Amsa di Milano, ricorda che la Lombardia un quarto di secolo fa era come il Lazio oggi. E deve la salvezza ai termovalorizzatori di Riccardo Venturi

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onnezza: è una delle parole simbolo della decadenza del (fu?) Belpaese. Prima Napoli, quest’anno Roma: gli sguardi esterrefatti di turisti di ogni parte del mondo, venuti a ammirare le nostre ineguagliabili bellezze storico artistiche, di fronte a cumuli di immondizia valgono più di tante parole. Ma c’è un modo per evitare questo scempio? Lo abbiamo chiesto all’esperta che è riuscita a far cambiare idea al Movimento 5 stelle: Paola Petrone, dg uscente della livornese Azienda ambientale di pubblico servizio (Aamps) a causa del cambio di giunta (un motivo sufficiente di fronte a risultati quali l’aumento della raccolta differenziata dal 39 al 70% e il risanamento aziendale di un’azienda gravata da quasi 40 milioni di debiti?) aveva il mandato di chiudere l’inceneritore, ma è riuscita a far ragionare i suoi interlocutori politici. Risultato: oggi l’azienda, che perdeva e con la chiusura dell’inceneritore sarebbe stata probabilmente affossata, ha buone performance e fa politica industriale. «Secondo la mia personale visione, il problema delle ricorrenti emergenze rifiuti nasce perché c’è carenza di impianti, specie nelle regioni dalla Toscana a scendere» dice la Petrone, che è anche ex dg dell’Amsa di Milano dove ha introdotto la raccolta porta a porta dell’organico e portato al 50% la raccolta differenziata. «La Lombardia 25 anni fa era come il Lazio oggi, i rifiuti si portavano solo nella discarica di Cerro Maggiore, finché si è realizzato il primo

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impianto di incenerimento». Il problema è che la parola chiave della questione è diventata quasi una parolaccia: inceneritore, sarebbe meglio chiamarlo termovalorizzatore. «Sugli impianti di termovalorizzazione c’è molta ignoranza diffusa, si tende a non volerli costruire» sottolinea la dg uscente di Aamps, «servirebbe una corretta informazione: basta guardare a Lazio, Campania e Sicilia in perenne emergenza proprio per la carenza di impianti. In una visione programmatica strategica ogni regione deve avere i suoi impianti». Secondo la normativa europea, il 65% dei rifiuti dovrà essere riciclato, meno del 10% dovrebbe finire in discarica: ma il 25% è comunque da trattare. «Capisco chi dice di voler aumentare la quota di differenziata, ma ci sarà sempre una quota di rifiuti residua da smaltire» osserva la Petrone, «per questo non è lungimirante non avere impianti di trattamento, che possono essere per recupero energetico, impianti di trattamento dell’organico da cui ottenere compost e biometano, oppure impianti di tipo meccanico biologico avanzato che però hanno sempre uno scarto del 10-15% che va in discarica. Comunque bisogna costruire impianti dalla Toscana in giù». Per fare un inceneritore, tra autorizzazioni e realizzazione vera e propria, ci vogliono circa tre anni. E nel frattempo? Quando le discariche sono piene, in mancanza di un accordo tra regioni per spostare i rifiuti (che manca quasi sempre, spesso per il diverso colore politico delle amministra-

PAOLA PETRONE

zioni), questi vengono trasportati all’estero, dove con la nostra monnezza fanno affari d’oro. «Portarli all’estero costa di più ma è più facile» rimarca l’ex dg di Aamps, «nei termovalorizzatori del nord e dell’est europeo con i nostri rifiuti si produce e si vende energia». L’altro aspetto sconcertante del dibattito italico sulla monnezza è la sostanziale assenza del tema rifiuti industriali. Peccato che a fronte di 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani ce ne siano 135 milioni di industriali. «Quello dei rifiuti industriali è un tema molto importante che a livello nazionale non è stato affrontato ancora con la dovuta serietà» mette in evidenza la Petrone, «ci sono contraddizioni normative che andrebbero affrontate: perché il rifiuto urbano necessita di accordi interregionali per poter viaggiare, mentre quello industriale no? Perché il concetto di autosufficienza e prossimità dello smaltimento vale per quello urbano e non per l’industriale?». Misteri della giungla legislativa tricolore. «Da un punto di vista ambientale non ha senso: ci sono troppi rifiuti che viaggiano, con le conseguenze del caso. Vanno gestiti, trattati, controllati, e c’è bisogno anche di impiantistica industriale» conclude il dg di Aamps.


La verità è diventata relativa: nell'era dei social vince chi urla In assenza di informazioni dettagliate, il singolo tende a uniformare le proprie opinioni a quelle dei conoscenti. E la bolla di filtraggio operata dagli algoritmi di Google e di Facebook acuisce il fenomeno di Alessandro Cola

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assoluto si è disintegrato sotto i colpi letali della soggettività. Se con Newton il tempo era un concetto assoluto, dopo Einstein si è relativizzato anch’esso e oggi grazie a un buon esponente della fisica mondiale, Carlo Rovelli, le conclusioni sembrano a tutti ancora più impattanti: il tempo non esiste. Non c’è più una verità da scoprire, una ragione da seguire, l’ago della bilancia pende in favore di chi grida più forte o di chi ha più like sul proprio profilo. Una notizia diventa “vera” senza passare sotto un’analisi attenta e critica della ragione, basta che abbia un numero sufficiente di interazioni. Le fake news popolano il web, l’informazione si è fatta orizzontale dal momento che non passa più solamente attraverso i canali ufficiali. Avete mai sentito parlare della teoria della terra piatta? È solo un esempio, nemmeno il più imbarazzante. I

social network sono spesso un nido in cui si insedia il pericoloso meccanismo per cui il volume di contenuti pubblicati diventa predominante sia rispetto al messaggio veicolato che alla forma. Si pensi ad esempio ad un politico che utilizza i canali social. All’aumentare del numero di follower, aumenta necessariamente anche la probabilità che il “signor Rossi” venga intercettato, nei momenti liberi spesi sui social, dall’interazione tra un amico digitale e quanto espresso dal candidato. A questo punto entra in gioco un fenomeno psicologico, chiamato social proof, per cui il singolo, in assenza di informazioni più dettagliate, tende ad uniformare le proprie opinioni a quei conoscenti ritenuti più competenti in materia. E gli amici, si sa, hanno maggior peso rispetto agli sconosciuti. Il passaparola si configura quindi come una

tra le più potenti armi per diffondere e veicolare il messaggio, senza che esso venga vagliato dalla ragione. Diventa credibile quindi, sebbene manchi una sua ragion d’essere. Questo anche a causa della cosiddetta bolla di filtraggio, fenomeno secondo cui vediamo nel web solo le notizie in linea con i nostri interessi. Se riprendiamo l’esempio della terra piatta, interagendo con contenuti promossi dai terrapiattisti, riempiremo il nostro feed di ulteriori post, articoli, promozioni allineate a questo tema e volti a confermare il nostro punto di vista. L’algoritmo di Facebook, Instagram, Google privilegerà quelle notizie che riterrà per noi più “interessanti” togliendo di mezzo la buona e sana opposizione. La iper-personalizzazione dell'esperienza di navigazione, dunque, è da una parte utile per chi non vuole perdere tempo a cercare dati che non servono, ma allo stesso tempo può alimentare molte false certezze, fino all’estremo. Al fine di raggiungere il target più ampio possibile, si rende necessario far sentire la propria voce, sovrastare il prossimo o l’oppositore, non necessariamente con argomentazioni qualitative, ma semplicemente “alzando la voce”. In un contesto socioeconomico instabile come quello contemporaneo urlare significa esprimere un malessere, e attirare l’attenzione di tutti coloro i quali soffrono del medesimo disagio, ma che forse non hanno la forza, la voce, o il coraggio di urlare E chi si occupa di marketing e comunicazione, questi meccanismi li conosce bene, e li sfrutta quanto più possibile. Anche la politica ha risentito molto di questa nuova impostazione: da una parte abbiamo al governo un partito dove il ministro degli interni ha il più alto numero di fan Facebook di tutti i politici europei. Dall’altra, dove regna l’incertezza e la precarietà, è facile affidarsi a una filosofia dell’esclusione. Ma anche se non è possibile intravederla ancora, la sintesi arriverà. Il caos che stiamo vivendo ogni giorno può avere un duplice ruolo: distruggere uno status quo ormai obsoleto e generare nuovi orizzonti inediti.

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APPROFONDIMENTI

Grande Fratello, la minaccia sul futuro delle professioni Dai baristi di Las Vegas contro i barman automatici ai medici "rimpiazzati" dall'app Babylon Health: monta la protesta contro l'intelligenza artificiale. Se n'è discusso alla tre giorni sull'innovazione organizzata da Valore srl di Riccardo Venturi

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edici ridotti a operatori di call center da app con intelligenza artificiale, baristi che scioperano contro i robot che fanno cocktails, autisti che protestano contro la guida autonoma. Non è tutto oro quel che luccica nel lavoro del futuro, che è già presente: se n’è parlato nella tre giorni dal titolo “Il futuro delle professioni e l’impatto sul welfare”, organizzata da Valore Srl, che ha riunito i maggiori esperti del settore. Un dibattito da cui è emersa l’esigenza di investire in innovazione, ricerca e sviluppo e formazione, con uno sguardo di prospettiva rivolto alle nuove generazioni. La tre giorni ha partorito un paper dedicato all’influenza dell’innovazione digitale sulle professioni, «che invieremo ai ministri Di Maio e Salvini, affinché ne traggano spunto e ai quali abbiamo chiesto un incontro di approfondimento», commenta Stefano Ronchi,

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ad di Valore. Davide Casaleggio, presidente di Casaleggio Associati, ha sottolineato l’impatto della velocità inedita con la quale le tecnologie travolgono gli assetti tradizionali del lavoro: «Con le tecnologie esponenziali i dati si moltiplicano con una velocità alla quale non eravamo abituati» dice Casaleggio, «sono tecnologie che non viaggiano in modo lineare. Se faccio trenta passi arrivo alla porta, se ne faccio 30 esponenziali la nostra mente non riesce nemmeno a capire quale distanza percorreremo: 24 giri del mondo». Intanto, numerose categorie professionali vengono spazzate via in un breve lasso di tempo. «Ci stiamo abituando a vedere intere classi di professioni di massa protestare per difendere il loro lavoro» osserva il presidente di Casaleggio Associati, «come i baristi che scioperano a Las Vegas contro i barman

automatici, o gli autisti che protestano contro le macchine autonome, che a Phoenix sono già attive e funzionanti, e ancora avvocati o medici che reclamano la necessità di una firma umana sui lavori eseguiti da macchine». Un caso particolarmente significativo per la professione medica, quello della app Babylon Health che collabora con il National Health Service, il servizio sanitario nazionale britannico, è stato portato al dibattito da padre Benanti, docente di Etica delle tecnologie alla Pontificia Università Gregoriana, nonché membro del gruppo di esperti sull’intelligenza artificiale (IA) del Mise, con un intervento dal titolo “Algoretica: la macchina al servizio dell’uomo”. Il video di una telefonata tra un paziente e un medico, mediata dalla app, è sconcertante: mentre il paziente elenca i sintomi, l’intelligenza artificiale automaticamente effettua una diagnosi con la percentuale di esattezza, e segnala i farmaci più indicati. Tutto in tempo reale. «Il medico si sta trasformando in lavoro operatore di call center» mette in evidenza padre Benanti, «una trasformazione che è la fine della classe medica: se non paga a Babylon la sua fee, non lavora. Ma quanto mangia del salario questo sistema abilitante? Il Governo inglese ha scambiato questa trasformazione con un risparmio sul sistema sanitario». Nel corso dell’evento Alessandra Ghisleri ha presentato un sondaggio di Euromedia Research, effettuato presso i cittadini e i professionisti iscritti alle Casse di previdenza privata, in merito al futuro del mondo del lavoro. Per il 59,1% degli intervistati, il mondo delle professioni negli ultimi 5 anni non è cambiato in maniera rilevante mentre, per il 35,5% in futuro si modificherà ma lentamente, perché i cambiamenti fondamentali sono già avvenuti negli ultimi 5 anni. «Un dato importante» commenta Luca Eleuteri, partner di Casaleggio Associati, «si tratta di una chiara sottovalutazione del contesto attuale, che è in crescita esponenziale. C’è un ritardo del Paese rispetto ai principali trend di innovazione digitale e dunque le persone hanno una percezione errata del cambiamento».


Lo sport può fare da volano all'immobiliare (e non solo) Dal super-palazzetto che nascerà sul terreno di Santa Giulia alla sfida delle Olimpiadi Invernali del 2026, passando per Matera: investire sulle infrastrutture può portare a cascata al rilancio di interi territori di Angelo Curiosi

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rena Italia, il nuovo super-palazzetto dello sport che Davide Albertini, manager di Risanamento, farà nascerà sul terreno di Santa Giulia, è la dimostrazione che non tutto deve essere per forza da buttare e che le infrastrutture sportive possono essere un ottimo veicolo per incrementare un business immobiliare che ha avuto le sue vicessitudini. Parola di Marco Davide Castejon, il manager che - dopo avere chiuso definitivamente il rapporto, nel gennaio scorso, con il gruppo Zunino (di cui è stato liquidatore) indica una riserva di valore che l’immobiliare moderno non potrà che cavalcare sempre più. «Le infrastrutture, non solo legate allo sport, sono un settore al quale mi sto dedicando attivamente, come consulente tra l’Italia e la Svizzera», spiega. «E devo dire che il potenziale dello sport anche dilettantistico dal punto di vista del business è a mio avviso largamente sottoutilizzato. In questo senso, lo straordinario successo dei mondiali di calcio femminile è eloquente. E parlo da intenditore». Già: perché Castejon è stato vicepresidente della Football Femminile Lugano, una squadra che classificatasi seconda nel Campionato Svizzero di serie A e che parteciperà ai sedicesimi di finale della UEFA Wo-men’s Champions League. «Fino a quattro-cinque anni fa eravamo in

serie B», rievoca Castejon, «e grazie alla passione del Presidente Gaiarin è stato costruito con pazienza un percorso di successo. Sono infatti convinto che sia la municipalità di Lugano che numerosi investitori privati possano oggi puntare sulla squadra per la visibilità che ha ottenuto e si prepara ad ottenere anche all’estero». Basta crederci ed innovare e anche una disciplina marginalissima com’era poco tempo fa il football femminile può diventare celebre, attrarre pubblico, diventare appetibile per le sponsorizzazioni, il merchandising, la biglietteria e un domani anche le platform tv, che hanno ottime prospettive di crescita con lo sport cosiddetto minore. «Però su questo tema c’è un problema di cultura e di sensibilità. Possiamo brindare tutti alla vittoria di Milano e Cortina nella gara per le Olimpiadi Invernali del 2026, così com’è un gran bene che la stessa Cortina ospiti i mondiali di sci del 2021. Ma siamo anche reduci dalla strana dissociazione di Torino dalla sfida olimpica, che ha seguito quella, doppia, di Roma, espressa in prima battuta dal governo Monti e poi dalla sindaco Raggi. Peccato. Per non parlare del caso Matera». Già: Matera. La meravigliosa città dei Sassi, patrimonio mondiale dell’umanità nello scrigno dell’Unesco, brillante teatro di de-

MARCO DAVIDE CASTEJON

cine di manifestazioni culturali al giorno nel corso di questi mesi in quanto capitale della Cultura Europea 2019... Ebbene, non riesce ad accasare la sua squadra di calcio, che al momento non è nemmeno sicura di riuscire ad iscriversi alla serie C. Nonostante un’accesa tifoseria la supporti. E nonostante l’appello, lanciato dal Comune agli imprenditore - “Salvare il calcio a Matera” – rimasto senza risposte. «Nella società disgregata dei selfie, lo sport resta uno dei pochi fattori catalizzanti. Ma il problema delle infrastrutture è per questo più acuto che mai, soprattutto ma non solo al Sud. Il Matera Calcio è fallito lo scorso anno per una gestione sbagliata, ma il brand è del Comune, che avrebbe tutto da guadagnare da un rilancio. Ci vuole un progetto forte, che sia insieme sportivo, sociale ed economicamente sostenibile, grazie anche a uno stadio, e quanto legato allo stesso, che sappia offrire un’ottima potenzialità, sia per la sua posizione che per la dimensione dell’area e che deve essere sfruttata. A mio avviso – conclude Castejon, che di esperienza in questo campo può vantarne - un progetto di 3/5 anni può portare Matera ad essere la prima capitale della cultura e dello sport, per i valori complementari che esprimono, proprio anche e attraverso il controllo del Matera Calcio».

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in collaborazione con CONFPROFESSIONI

Un'Europa di professionisti per sostenere i cittadini L'executive board del Consiglio europeo delle professioni liberali ha fissato il piano d'azione per il triennio. Il presidente Gaetano Stella: «Le Istituzioni europee devono aver maggior considerazione del nostro settore» a cura di Giovanni Francavilla

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entre a Strasburgo si insediava il nuovo Parlamento europeo, il 2 luglio a Milano si riuniva l'executive board del Consiglio europeo delle professioni liberali (Ceplis), presieduto dal presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. Un timing perfetto per riallacciare a doppio filo un legame con i nuovi decision-makers europei in Commissione, in Parlamento, in Consiglio e nel Cese (il Comitato economico e sociale europeo); ma anche per mettere sul piatto tutto il peso di 5,6 milioni di liberi professionisti che contribuiscono al 10% del Pil europeo e che, per dirla con le parole del neo-presidente del Ceplis, «devono avere maggiore rilevanza nelle decisioni

politiche delle rinnovate istituzioni europee». Il nuovo corso del Consiglio europeo delle professioni liberali, attraverso lo sviluppo organico delle professioni in Europa, punta ad aumentare la competitività dell'intero sistema produttivo e a garantire diritti e tutele sociali a tutti i cittadini europei. «Quando sosteniamo le battaglie dei liberi professionisti, stiamo difendendo le cause dei cittadini, dei nostri pazienti e dei nostri clienti», sottolinea Stella. «I liberi professionisti europei non lavorano solo a scopo di lucro, bensì la loro soddisfazione e il loro orgoglio raggiungono l’apice quando il loro lavoro ben fatto incontra la riconoscenza dei loro clienti e dei loro pazienti» Un progetto piuttosto ambizioso, che

ridefinisce il ruolo e il perimetro economico e sociale dei professionisti nel nuovo scacchiere europeo. Il piano d'azione disegnato da Stella per il prossimo triennio del Ceplis si muove infatti su più livelli d'intervento, che incrociano la necessità di consolidare e implementare i punti fermi della legislazione europea sulle professioni con le spinte evolutive dettate dal mutato scenario del mercato dei servizi professionali, ma anche con un occhio di riguardo alle scottanti problematiche sociali che attraversano l'Europa. C'è l'esigenza di portare avanti il lavoro sul “Bolstering the Business of Liberal Professions”, avviato dall'ex presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani;

STELLA: ERRORE STRATEGICO ABOLIRE IL CNEL

«Lè un gravissimo errore

a soppressione del Cnel

di strategia politica che impoverisce l'economia e il mercato del lavoro del nostro Paese». In una nota diffusa a fine giugno, il presidente di Confprofessioni e consigliere del Cnel, Gaetano Stella, rilancia con forza l'appello delle parti sociali contro

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l'abolizione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, prevista dalla riforma costituzionale approvata in Commissione Affari Costituzionali del Senato. «L'iniziativa della Commissione è l'ennesimo tentativo per destabilizzare la democrazia rappresentativa e forzare ancora una volta il processo

di disintermediazione delle forze sociali. Privare il Paese di un organismo dove siedono 38 categorie produttive dei lavoratori, delle imprese, delle libere professioni e del terzo settore per un bacino di oltre 15 milioni di associati significa azzerare la partecipazione sociale al processo legislativo e alla vita politica del Paese».

il monitoraggio continuo dell’applicazione delle Direttive Europee sul “Riconoscimento reciproco”, “Servizi nel mercato interno”, “Proporzionalità” e “Pacchetto Servizi”; il rilancio della mobilità dei professionisti nei diversi Paesi dell'Ue, anche attraverso una spinta più decisa al programma “Erasmus per Giovani Imprenditori/Professionisti”; marcare da vicino la programmazione del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, con focus particolare sui fondi europei che promuovano la crescita e la sostenibilità dei professionisti. Ma c'è anche il bisogno di avviare politiche mirate sulla digitalizzazione per sostenere lo sviluppo del settore professionale; di semplificare gli oneri amministrativi e delle procedure burocratiche; di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, sollecitando l’Europa affinché adotti una propria Agenda e, non ultimo, la partecipazione attiva delle rappresentanze dei professionisti al dialogo sociale europeo. Su questi tavoli si giocherà il confronto con i nuovi decisori politici delle istituzioni europee, attraverso un dialogo aperto e costruttivo.


QUEL CHE RESTA DEL MESE in collaborazione con ILSUSSIDIARIO.NET

L'ideologia del "debito nullo" affossa la Germania L'asse franco-tedesco rischia di aver preso tutti i posti chiave nelle istituzioni europee proprio nel momento peggiore DI GIOVANNI PASSALI

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era da aspettarselo, prima o poi i nodi al pettine sarebbero arrivati anche per Deutsche Bank. Tramontata ogni ipotesi di fusione, il piano di "ristrutturazione" (lo chiamano così quando ci rimettono i lavoratori, quelli dal lavoro "flessibile") prevede il taglio di circa diciannovemila risorse e la dismissione del settore di speculazione finanziaria, che in questi ultimi anni aveva combinato alcuni disastri. Il problema di questo tipo di operazioni è che servono solo a mantenere in piedi la baracca, non certo a rilanciare l'azienda. Servono a preservare i profitti degli azionisti, non certo a cercare nuovi mercati. E "tenere in piedi la baracca" è pure un esercizio senza speranza, se il resto dell'economia soffre, come sta accadendo in Germania. Sì, la Germania soffre, nonostante gli enormi surplus di bilancio. E come mai soffre? Soffre perché i surplus dipendono tutti dalle esportazioni che vanno a mille. Ma se il contesto internazionale soffre, anche le esportazioni trovano dei limiti invalicabili. E se a compensare una minore brillantezza delle esportazioni non c'è un mercato interno vivace (o vivacizzabile), allora l'intera economia rischia un brutto colpo indietro. In Germania è molto forte la protesta dei ceti produttivi per la mancanza di investimenti sulle infrastrutture, ormai fatiscenti. Non si tratta più di applicare una dottrina

economica (nota come austerità), ma di mettere in condizioni il Paese di funzionare normalmente. Decenni in investimenti sempre decrescenti in ossequio a un'ideologia hanno fatto i loro devastanti danni. Trasporti pubblici, strade, scuole, università, infrastrutture digitali tremende: problemi in tutti i settori. A giugno per ben tre giorni i grandi utilizzatori della rete elettrica (le grandi industrie) sono state tagliate fuori dalla stessa per il sovraccarico della rete, arrivata quasi al collasso. E tutto per perseguire quello che i politici chiamano lo SE A COMPENSARE UNA MINORE BRILLANTEZZA DELLE ESPORTAZIONI NON C'È UN MERCATO INTERNO VIVACE L'ECONOMIA RISCHIA UN COLPO INDIETRO

"Schwarze Null", il "nero zero", cioè l'assenza di debito, quello che qui noi chiamiamo il "rosso" nel bilancio. Nessun debito, nessun deficit, nonostante lo Stato possa finanziarsi a tassi di fatto negativi (a causa della poca inflazione e di rendimenti vicino allo zero comunque inferiori all'inflazione). Un'ideologia ottusa che prevale sul buon senso. Per capire quanto sia astrusa l'ideologia e tutta la situazione, basti pensare che le aste dei titoli tedeschi hanno difficoltà a essere coperte dal mercato proprio per lo scarso rendimento dei titoli in questione e perché le banche tedesche hanno necessità di ren-

dimenti positivi reali. A questo si può aggiungere la politica dei dazi Usa che inizia a penalizzare l'esportazione tedesca, la crisi del settore auto, con i colossi Mercedes, Audi e Volkswagen in difficoltà, e la politica aggressiva della Cina, che certo non lesina in investimenti, e le problematiche derivanti dalla Brexit, che certo complicherà le esportazioni verso la Gran Bretagna. E le prospettive sono davvero fosche perché le relazioni in Europa, con la crescita di tanti partiti sovranisti, rischiano di essere sempre più sotto stress per l'impossibilità di trovare politiche economiche comuni (impossibili senza politiche fiscali e finanziarie comuni). Politiche comuni che tanti paesi non accetteranno mai perché hanno i loro grossi vantaggi proprio da questi squilibri. Quando mai paesi come l'Olanda accetteranno politiche fiscali comuni, quando proprio grazie a queste differenze molti grossi gruppi industriali hanno trasferito in quel Paese le loro sedi? E quando mai paesi come la Germania accetteranno di condividere il debito degli altri? Di fatto si avvicina l'implosione della zona Euro e l'asse franco-tedesco rischia di aver preso tutti i posti chiave nelle istituzioni europee proprio nel momento peggiore. da www.ilsussidiario.net

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APPROFONDIMENTI

L'ECONOMIA INCLUSIVA PASSA DALLA SUSSIDIARIETÀ

La 40ma edizione del Meeting di Rimini, in programma dal 18 al 24 agosto, metterà al centro dei convegni i temi del lavoro e della formazione, ma anche la sostenibilità ambientale delle attività economiche a cura della Redazione

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ono oltre settemila i relatori che dal 1980 ad oggi hanno partecipato ai convegni del Meeting. Tra di loro premi Nobel, leader mondiali, santi come Madre Teresa e Giovanni Paolo II. Personalità di orientamenti, provenienze e sensibilità diverse, che dialogano sui temi più cruciali. Significativo il caso dei presidenti della Repubblica.
 Dopo Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, sia Giorgio Napolitano sia Sergio Mattarella hanno lanciato proprio dal Meeting importanti messaggi di incoraggiamento, di ripresa e di coesione sociale. Quest’anno il Meeting approfondirà alcune tematiche in alcune aree dedicate. L’area Sussidiarietà e lavoro, promossa dalla Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con ASviS, Consorzio Scuole Lavoro ed Elis, sarà divisa in tre quartieri: sostenibilità, lavoro e formazione, quest’ultima con varie eccellenze della formazione professionale che presenteranno i loro prodotti. In quest’area si affronterà il tema di un nuovo

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modello di sviluppo che tende al bene comune. Un bisogno divenuto ormai urgente per “un’economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda”, come ha scritto papa Francesco in una lettera aperta a giovani economisti e imprenditori per invitarli alla due giorni organizzata ad Assisi nel 2020 su L'IMPOVERIMENTO SOCIALE E CIVILE IN CUI VIVIAMO PUÒ ESSERE AFFRONTATO SOLO RITROVANDO LA VITALITÀ DELLE COMUNITÀ DI BASE

questo tema. Il grande impoverimento sociale e civile in cui viviamo può essere affrontato solo ritrovando la vitalità delle comunità di base, luoghi in cui le persone vengano aiutate a vivere una giusta dimensione ideale e sociale. Cioè diffondendo una cultura sussidiaria. Il Meeting è il luogo dove si incontrano interlocutori di diversa estrazione culturale che vedono la strada maestra per creare per-

corsi di convivenza nelle società pluraliste e democratiche contemporanee. Diffondere una cultura sussidiaria è l’unica possibilità perché la partecipazione e l’esperienza delle persone possano tornare a incidere e perché siano difese le istituzioni democratiche. Al villaggio “Sussidiarietà&Lavoro” si parlerà anche di che cosa significa in un’epoca di grande smarrimento mettere al centro la persona; del fatto che solo una cultura sussidiaria può permettere che gli individui siano i soggetti, protagonisti e destinatari, dello sviluppo; infine che ciò si attua attraverso due strumenti fondamentali: la formazione e il lavoro. Nel “quartiere sostenibilità” del villaggio, si parlerà di come realizzare uno sviluppo più umano e più rispettoso del pianeta e, con l’esperienza del Banco Alimentare, di che cosa sia l’economia circolare. “Sostenibilità” è il termine che da più di un ventennio si è cominciato a usare per affermare una cosa molto semplice: lo scopo dello sviluppo è il bene comune. Per questo non si può continuare a trascurare impegni come quello di garantire equità e giustizia sociale, rispetto delle generazioni future e dell’ambiente. L’Onu ha fissato 17 obiettivi di sostenibilità per il 2030. Papa Francesco richiama spesso alla necessità di cambiare il paradigma dello sviluppo. Nel “quartiere lavoro” si potrà approfondire, insieme a esperti, soggetti pubblici e privati, tutto il percorso che va dalla scelta della scuola all’inserimento nel mondo del lavoro, dalla formazione continua, ai servizi di orientamento, alle nuove opportunità professionali. La mancanza di lavoro, insieme alla sua precarizzazione, è la grande criticità di questi anni nelle società sviluppate. Colpisce i più fragili e i giovani. Parlare di sviluppo senza occupazione (che significa profitto solo per pochi) è un attentato alla stessa dignità delle persone. Il tema della formazione è diventato cruciale anche per poter stare al passo


EMANUELE FORLANI (A SINISTRA) E GIORGIO VITTADINI

dei cambiamenti nel mondo economico. Le eccellenze della formazione professionale presenti nel villaggio mostreranno quanto il giusto mix di capacità educativa e passione per il lavoro sia in grado di far fiorire la personalità e le conoscenze di ragazzi che spesso provengono da situazioni di disagio. Il “quartiere formazione” ospiterà diverse eccellenze nella formazione professionale, quelle dei consorzi Elis e Csl, che offriranno i loro servizi e prodotti: la birreria e il salone “barber e coiffeur” di Piazza dei Mestieri; la ciclo-officina, la sartoria e la cucina di In-presa; il forno con la produzione di pani speciali abbinati al formaggio fresco di Dieffe. Si vedranno all’opera elicotteristi e le ingegnose installazioni di aria condizionata di

Aslam; i laboratori di oreficeria e di pasticceria di Galdus, mentre nella sala da pranzo della grande famiglia di Cometa si metterà a tema come motivazione e spirito di iniziativa nascano da accoglienza e certezza affettiva. Nell’arena del villaggio interverranno alcuni dei principali esperti in materia, come Gian Carlo Blangiardo, Marco Bussetti, Luigino Bruni, Annamaria Furlan, Enrico Giovannini, Mauro Magatti, Corrado Passera, Ermete Realacci, Nando Pagnoncelli, Carlin Petrini, Stefano Zamagni. Proporranno alcune inedite evidenze empiriche Nando Pagnoncelli, Giancarlo Blangiardo (Istat), Alberto Brugnoli che presenterà il Rapporto “Sussidiarietà e… Pmi per lo sviluppo sostenibile”. L’area Polis rifletterà sui temi della città attraverso un percorso fatto di incontri, testimonianze e momenti di racconto, da parte di sindaci, archistar, testimoni. Anche qui numerosi i nomi di rilievo tra i quali Giuseppe Sala, Manfredi Catella, Stefano Boeri, Enrico Testa, Andrea Peruzy, Mario Abbadessa, Giuseppe Bonomi, Nicola Maione, Stefano Paleari, Luca Doninelli. Meeting Salute per il terzo anno riunirà gli opinion leader del mondo medico-scientifico per tracciare le linee future della medicina e

IL MEETING IN CIFRE Il programma 2018 800.000 presenze agli eventi da 70 nazioni Il programma 2019 200 incontri 500 relatori 20 mostre, 18 spettacoli 3.000volontari circa da ogni parte d’Italia e dall’estero 130 mila metri quadri allestiti di cui 21.000 riservati alla ristorazione 4.500 per spazi dedicati ai bambini

dell’assistenza ai pazienti con relatori quali Walter Ricciardi, Andrea Lenzi, Roberto Bernabei, Mariella Enoc, Giovanni Scambia, Matilde Leonardi e Gianfranco Gensini. L’area ospiterà anche mostre, tra cui una su Takashi Nagai, il medico-eroe di Nagasaki, e sull’Istituto degli Innocenti di Firenze, una delle più antiche istituzioni italiane dedicate alla tutela dell’infanzia.

Quarant'anni di relazioni umane per la crescita sociale

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uella di quest’anno, dal 18 al 24 agosto, sarà la 40° edizione del Meeting di Rimini. Quarant’anni di incontri, di relazioni umane, di crescita, come anche di crisi perché nell’incontro c’è lo scambio di identità e differenze, e quindi può esserci crisi come passaggio di una sintesi. Ma sempre di costruzione, e di incontro. Il verso di una poesia di Papa Wojtyla – “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi” - che dà il nome a quest’edizione, rievoca tanti passi delle scritture, il più celebre tra i quali è quello della Veronica che fissa Cristo mentre passa con la croce verso il Calvario: e dunque Veronica nel senso di “vera icona, vera immagine”. Ciascuno di noi trae il suo nome, dunque la sua identità, da ciò che fissa, da chi incontra, da ciò con cui interagisce. Pur in decenni così densi, difficili e controversi per il mondo e per l’Italia il Meeting è riuscito – proprio per la sua identità collettiva e densa e per questo suo trarre identità dall’incontro con gli altri – a restare se stesso ed a confermarsi come il momento di aggregazione più importante e incisivo di ogni estate italiana. Anche quest’anno Economy vuole essere vicino al Meeting cui dedica dunque questa presentazione e una presenza, che speriamo si perpetui e cresca (s.l.).

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TALENT SHOW

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CI PIACE IL PASSAGGIO GENERAZIONALE CONSOLIDA L’AZIENDA Seppure precoce, il passaggio del testimone nel Gruppo San Donato diventa occasione per managerializzare ulteriormente

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e un passaggio generazionale – tra l’altro crudelmente precoce – deve avere un senso, è quello di favorire la migrazione di un’azienda familiare verso una società dall’assetto gestionale più professionale di prima. Nel caso del Gruppo San Donato, “ancora più professionale”, perché già Giuseppe Rotelli, che ne era stato il fondatore e lo straordinario sviluppatore, aveva sempre tenuto nella massima considerazione l’autonomia responsabile di quella specialissima categoria di manager che in un’azienda ospedaliera sono i manager. Oggi, il primogenito di Giuseppe Rotelli, cioè Paolo, d’intesa con la sua famiglia, ha deciso di consolidare ancor più il vertice del gruppo insediandovi come presidente l’ex ministro dell’Interno e degli Esteri Angelino Alfano e retrocedendo (si fa per dire) al ruolo di vicepresidente insieme al manager svizzero-tunisino Kamel Ghribi. Entra nel consiglio di amministrazione Federico Ghizzoni – già amministratore delegato di Unicredit, ed oggi presidente di Rothschild Italia; confermati Marco Rotelli, che lascia però la carica di vice presidente per quella di consigliere di amministrazione, con Nicola Grigoletto, Vittorio Emanuele Falsitta e Francesco Galli in qualità di amministratore delegato. Ma in quest’operazione i Rotelli hanno coinvolto altri nomi di assoluto rilievo: nel consiglio del San Raffaele entra l’ex capo di McKinsey Italia Vittorio Terzi; a presiedere la Gsd Sistemi e Servizi va Ernesto Maria Ruffini, ex direttore generale dell’Agenzia delle Entrate. E molti altri nomi di prima grandezza a rinnovare un po’ tutta la governance del gruppo, ormai diventato sinonimo di eccellenza nella sanità a livello internazionale.

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Giuseppe Rotelli cede la poltrona ad Angelino Alfano e sarà vicepresidente

Troppo lassisti quelli europei e in generale inefficienti

er eccesso o per difetto, fatto sta che gli stress test bancari orchestrati dall’Eba (European banking authority) non convincono nessuno. Ma proprio non convincono come metodo, e non solo quelli europei. Per esempio: quelli appena fatti recentemente dalla Federal Reserve, la banca centrale americana, hanno “promosso” la Deutsche Bank, colosso tedesco ammalato, che per salvarsi sta tagliando diciottomila posti di lavoro e le relative attività che assorbivano capitale di vigilanza e che quindi non potevano essere mantenute senza ridurre le altre attività bancarie, a meno di fare un aumento di capitale che oggi però l’istituto avrebbe estrema difficoltà a piazzare sul mercato. A criticare specificamente gli stress test europei, invece, biasimandoli per eccessivo lassismo, è stata negli ultimi giorni la Corte dei conti europea in una relazione ufficiale, dicendo che quegli esercizi di verifica sulla capacità delle banche di resistere a una crisi finanziaria “dovrebbero essere più focalizzati sui rischi sistemici a livello Ue”. E allora cos’avranno mai verificato, se non questo tipo di rischi? La verità è che l’Authority a lungo guidata dall’italiano Andrea Enria (nella foto), oggi passato a dirigere la vigilanza europea della Bce al posto della temuta Daniele Nouy, è stata molto severa ma imprecisa, o comunque fallace: come ogni umana attività. Nessuno può dire però cosa sarebbe accaduto sui mercati senza quegli stress test. Semmai, è stata troppo succube agli interessi tedeschi (vedasi proprio Deutsche Bank) e ai metodi di controllo che meglio li tutelavano: ma questo è stato finora un mal comune di tutte le istituzioni europee. Causa principe della disaffezione degli elettori degli altri Paesi.

NON CI PIACE GLI STRESS TEST NON CONVINCONO NESSUNO Anche la Corte dei Conti europea pone l’accento sulla necessità di focalizzarsi sui rischi sistemici a livello Ue


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QUI PARIGI, APPUNTI DALLA DÉFENSE

La Francia diventa un incubatore pubblico Macron l’aveva promesso due anni fa a Davos, ora la “start-up nation” è realtà, grazie ai finanziamenti veicolati dalla Dinsinc, che finora ha sostenuto una cinquantina di nuove iniziative imprenditoriali di Giuseppe Corsentino

LO HA DETTO E LO HA FATTO. ED È UNA BUONA NOTIZIA, UNA DI QUELLE “NEWS TO USE”, NOTIZIE UTILI CHE VALE LA PENA SEGUIRE E CHE SONO LA FILOSOFIA EDITORIALE DEL GIORNALE CHE STATE SFOGLIANDO.

Allora, il presidente Macron, due anni fa (appena eletto, dunque) al Forum di Davos, il gran concilio mondiale del capitalismo globale, aveva promesso che la Francia sarebbe diventata una “start-up nation”, come a dire il posto migliore (per ricchezza dei finanziamenti, apertura culturale degli attori economici, sostegno pubblico, etc.) dove sviluppare e far crescere embrioni di aziende innovative destinate a diventare - ma non sempre, si capisce - “unicorni”, cioè imprese di successo con almeno un miliardo di dollari di fatturato. Macron ha fatto di più. Ha introdotto il concetto della “start-up nation” all’interno dell’organizzazione dello Stato creando un vero e proprio incubatore pubblico che dipende dalla Direction interministérielle du numerique e du système d’information et communication (Dinsic) con il compito di sviluppare idee e progetti di servizi digitali che nascono all’interno dei vari ministeri, che prima si perdevano nei meandri della burocrazia e che oggi, invece, diventano start-up. Anzi, start-up di Stato. Ce n’è già una cinquantina, hanno avuto (complessivamente) più di sette milioni di euro di finanziamenti (con procedure diverse, inutile spiegarle qui) e generato app e servizi digitali che hanno risolto molti problemi e semplificato la vita ai cittadini. «Perché è a loro che si pensa prima di tutto e questa è la differenza tra una start-up di Stato e una start-

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up privata il cui obiettivo è trasformare un’idea in business», spiega a Economy la responsabile dell’incubatore (Hela Ghariani, lionese, giovanissima) che è stato battezzato Beta e che si può visitare all’indirizzo www.beta.gouv.fr. Facciamo qualche esempio. All’interno di Beta sono stati sviluppati app e servizi (ora on-line) come Mes-aides.gouv.fr, un sito (allocato presso il ministero del lavoro) che consente di “verificare in meno di sette minuti” (è questa la promessa dichiarata in homepage) il proprio pacchetto di diritti sociali (assegni familiari, sussidio di disoccupazione, contributo per l’affitto, assegno-energia per pagare la bolletta e così via). E sempre qui, all’incubatore Beta (che ha la struttura giuridica del Groupement d’intérêt public, una specie di società mista pubblico-privato che collabora con molte università e può reclutare consulenti esterni, ingegneri e tecnici informatici) è nata l’app Pix.gouv.fr che consente di verificare le proprie competenze informatiche e di avere, in tempo reale, una sorta di certificazione pubblica, utilissima per i giovani in cerca di lavoro (altro che i nostri Navigator per il reddito di cittadinanza). Agli stessi giovani in cerca di lavoro risulta, poi, utilissimo il supporto digitale della Bonne boite. gouv.fr che fa incontrare offerta e domanda nei vari dipartimenti, cioè sul territorio (anche questo da segnalare al ministro Di Maio). Continuiamo. Ecco un’idea e una start-up per il Ministero dell’Agricoltura: Peps, acronimo di Pratiques économes en produits phytosanitaires, che guida gli agricoltori nell’utilizzo dei pesticidi e dei prodotti chimici e soprattutto - ecco l’idea - a come sostituire il famigerato glifosato (il

Round-up della Monsanto, ora Bayer) che il governo francese, condizionato dalla lobby dell’industria agro-alimentare fa una certa fatica a mettere al bando. Insomma, grazie all’incubatore Beta.gouv.fr, in meno di due anni, la “start-up nation” evocata da Macron è diventata realtà. L’incubatore funziona a pieno ritmo. E con un modello di grande efficienza: ogni mercoledì - la sessione settimanale si chiama in gergo “standup” - chi ha avuto un’intuizione, un’idea, si ritrova con i giovanotti digitali dell’incubatore, che ha sede al ministero al numero 20 di avenue de Sègur dietro la cupola napoleonica di Les Invalides, per verificarne la fattibilità tecnica. Ma anche siamo in area pubblica, l’ultima parola spetta a un privato, ad un imprenditore digitale che lo Stato ha assunto come super-consulente di Beta.gouv.fr. Si chiama Pierre Pizzardi (lontane origini italiane), un visionario che ha inventato “l’informatique conviviale”, cioè semplice a portata di tutti, e che ha scritto un saggio dal titolo “Dalle start-up di Stato allo Stato-piattaforma”. Se si supera, scatta il primo finanziamento (in genere, 200mila euro) attinto dai budget ministeriali o da banche pubbliche. La start-up di Stato è pronta a partire.


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SHORT STORIES

A Torino gli stati generali del lavoro

STATI GENERALI MONDO LAVORO

ITALIA

Professioni

25-26-27-28 SETTEMBRE

Dal 25 al 28 settembre, un focus sui temi più caldi: innovazione, sviluppo e sostenibilità È il primo evento diffuso e inclusivo sul mondo del lavoro in cui tutti gli stakeholder avranno la possibilità di contaminarsi su tutte le verticalità del mondo del lavoro, dallo smart working fino alla gestione della diversity in azienda. Per la prima volta si incontreranno tra di loro i direttori del personale delle società di calcio europee. E ci sarà anche un diversity day. Sono gli Stati Generali Mondo del Lavoro, in programma a Torino dal 25 al 28 settembre 2019, da un’idea di Pier Carlo Barberis, membro del comitato scientifico di Economy, organizzati in partnership con LabLaw (e con Manpower, Cesop, Shenker, In-recruiting, MyVisto, JobPricing, Mobike), patrocinati da Citta di Torino (e con la collaborazione di Turismo Torino e provincia Covention Bureau), che avranno come focus tre principali punti cardine:

Formazione

La Sda Bocconi lancia i corsi on demand La nuova offerta consente di abbattere i costi e di eliminare le distanze geografiche Un’estetica di tipo cinematografico nei video, un’interfaccia grafica intuitiva, la possibilità di una costante interazione utente/ docente e corsi in diverse aree tematiche da poter fruire

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Innovazione Sviluppo Sostenibilità

TORINO 2019

Scopri di più sul programma

innovazione, sviluppo e sostenibilità. Attraverso quattro giorni di grandi eventi, l’obiettivo è quello di richiamare in città tutte le energie e i principali attori del mondo del lavoro (Manager, OOSS, Istituzioni, mondo della formazione, professionisti, aziende, talenti) per condividere le prospettive e collaborare insieme alle soluzioni per il futuro, in alcune delle più belle location di Torino: dal Museo del Risorgimento al Palazzo della Luce, dal Palazzo Saluzzo Paesana al Piccolo Regio fino al Museo dell’Automobile Biscaretti di Ruffia. In programma, le testimonianze del progetto che mettere in pratica un percorso di prevenzione attraverso il in totale autonomia, secondo il calendario che meglio si adatta alle proprie esigenze professionali. È questa l’idea di lusso accessibile applicato alla formazione continua di SDA Bocconi School of Management, che lancia il suo portafoglio di corsi online on demand all’indirizzo www. sdabocconi.it/ondemand. “Con la formazione online vogliamo abbattere ogni barriera geografica, economica e psicologica e dare a tutti la possibilità di fruire di una formazione continua di alta qualità”, dice Gabriele Troilo, associate dean per la Divisione Open Market

metodo/approccio #ISEEYOU, introdotto dall’associazione Lidia Dice…, che si avvale della collaborazione di donne artiste e atlete, simbolo di talento al femminile, ma anche confronti, workshop e talk all’interno di Copernico Torino Garibaldi (smart working hub, una rete di luoghi e di lavoro flessibile in grado di accelerare il business dei propri clienti) su Etica e Felicità del Lavoro, incontri sul tema della sostenibilità ambientale delle aziende, che non deve essere solo una moda, ma un impegno concreto per tutte le imprese, con la valorizzazione di quelle aziende che sono riuscite a raggiungere posizionamenti distintivi realmente sostenibili e analizzare i risvolti positivi di chi ha scelto di non guardare al «ritorno immediato» ma di avere una visione a lungo termine, il “challange” di MyVisto, l’innovativa piattaforma di videomakers torinese con il primo Festival del cortometraggio sul mondo del lavoro: i vincitori saranno premiati con un contratto di stage retribuito nella comunicazione interna di primarie aziende italiane, e molto altro. Per consultare il programma completo: www. statigeneralimondolavoro.it and New Business di SDA Bocconi. “L’utilizzo delle tecnologie più efficaci e un dispiego di risorse degno di produzioni di alto livello si accompagnano, infatti, a un prezzo molto contenuto”. Tutti i corsi del portafoglio online fanno un uso intensivo dei video e delle animazioni interattive, presentano numerosi case study in formato elettronico e interviste a manager e imprenditori di grande esperienza. Gli strumenti di autovalutazione, poi, consentono ai partecipanti di capire il proprio livello di preparazione prima del test finale, che dà diritto a un certificato.

Poltrona

JULIE SWEET NOMINATA NUOVO CEO MONDIALE DI ACCENTURE

L’incarico partirà il 1° settembre. La Sweet era ceo della branch americana Il cda di Accenture ha annunciato la nomina di Julie Sweet come nuovo amministratore delegato. David Rowland, attualmente amministratore delegato ad interim, è stato invece nominato presidente esecutivo. Marge Magner, attualmente presidente non esecutivo del consiglio di amministrazione, riprenderà il suo ruolo di Lead Independent Director. Le nuove nomine saranno effettive a partire dal 1° settembre 2019. Julie Sweet è attualmente amministratore delegato di Accenture in Nord America, il più grande mercato geografico dell’azienda, con un fatturato di circa 18 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2018, che serve oltre il 70% delle società inserite nella lista di Fortune 500. In precedenza, Sweet è stata General Counsel, Secretary e Chief Compliance Officer di Accenture. In qualità di senior leader in Accenture per quasi un decennio, ha svolto un ruolo fondamentale nelle strategie di business e investimento dell’azienda. Prima di entrare in Accenture, Sweet è stata per 10 anni partner dello studio legale Cravath, Swaine&Moore LLP. Con il nuovo incarico, Sweet entrerà a far parte del consiglio di amministrazione della società. La manager fa parte del cda di Catalyst ed è membro del TechNet Executive Council.


SHORT STORIES

Turismo

Finanziamenti

Il gruppo si conferma tra i più importanti player del comparto con ricavi a 286 milioni di euro

Capofila dell’operazione Sarona Partners 365x insieme a un pool di investitori internazionali

Gattinoni, balzo del fatturato: +16% nel 2018 LDurante l’esercizio 2018 Gattinoni ha registrato un fatturato complessivo pari a 286 milioni di euro, a fronte dei 246,5 milioni del 2017, con una crescita del 16%. Gattinoni, attiva da 36 anni, timonata dallo stesso Presidente, Franco Gattinoni, opera attraverso due Società, Gattinoni Travel Network e Gattinoni&Co con 6 divisioni che si occupano di diverse aree di business: Incentive&Event, Communication, Healthcare, Business Travel, Made in Italy e Gattinoni Mondo di Vacanze (il network di agenzie di viaggio). L’azienda ha prodotto volumi costantemente in crescita. Piani pluriennali di sviluppo, investimenti, oculatezza e passione hanno dimostrato, anche nel 2018, la concretezza del marchio e le sue potenzialità. In termini di redditività, l’EBITDA è passato da 3,5 milioni di euro del 2017 a 6 milioni di euro nel 2018, con un incremento del +72%. Questo aumento della marginalità conferma che le strategie adottate hanno generato buoni risultati.

Tecnologia

NETGEAR LANCIA UNA NUOVA GENERAZIONE DI ROUTER CON WIFI 6

Con il nuovo standard la connessione sarà fino a quattro volte più veloce Aumentano le connessioni, aumentano i device e aumentano perfino le esigenze di velocità di risposta. Per questo motivo, Netgear ha

RockAgent chiude round da 3 milioni

Soprattutto, il gruppo ha scelto di operare investimenti ingenti nei campi risorse umane (integrazione e formazione), comunicazione/marketing, tecnologia e start up in house hanno consentito a ogni business unit di performare di più e meglio. Gattinoni Travel Network Srl, che consta dei network di agenzie di viaggio Gattinoni Mondo di Vacanze e Marsupio (acquisito nel 2019), delle agenzie di proprietà (30 ubicate tra nord e centro Italia) e della divisione Business Travel, ha chiuso il 2018 con un fatturato di 242,5 milioni di euro, in crescita del 18,3% rispetto al 2017, di cui 110,5 milioni di euro prodotti dal segmento leisure, in incremento del 18,6 % rispetto allo scorso anno, e 132 milioni dal segmento business travel che registra una crescita del +17%. L’incremento significativo di volumi e di marginalità di Gattinoni Travel Network arriva dopo un 2017 già in forte crescita. La Società, grazie all’area business travel, alle singole agenzie di viaggio e ai lanciato un nuovo standard per WiFi che promette di aumentare fino a quattro volte la velocità di navigazione, riducendo costantemente la latenza per i device connessi e aumentando l’efficienza. «La nostra soluzione - ci racconta Ivan Tonon, country manager di Netgear Italia consente perfino di ridurre il consumo di batteria: questo perché abbattendo il tempo di attesa del client, sia esso uno smartphone, un tablet

prodotti ha acquisito quote di mercato e generato importanti risultati. Queste performance sono il frutto di investimenti realizzati negli scorsi anni in ambito tecnologico, di prodotto (accordi con partner, creazione di linee di prodotti di nicchia come Gattinoni Travel Experience), di marketing e comunicazione (tra le molte attività il successo del progetto di brandizzazione vetrine delle agenzie di viaggio), di piani di formazione e organizzazione delle risorse umane. Gattinoni&Co. Srl ha invece chiuso il 2018 con un fatturato di 43,5 milioni di euro, in crescita del 5% rispetto all’anno 2017, dove ha inciso in prevalenza il segmento Logistica. La crescita registrata è un risultato molto positivo considerando che nel corso del 2018 Gattinoni&Co strategicamente ha spostato attività minori (come i minimeeting e gruppi organizzati tipo cral) su altre business unit liberando energie e risorse per concentrarle su attività ad alto valore aggiunto. o qualsiasi altro dispositivo connesso, automaticamente si migliora la comunicazione con il router che, di conseguente, permette di mantenere maggiore efficienza dal punto di vista dei consumi. Il nostro standard WiFi 6 è studiato appositamente per le connessioni di più moderna concezione, che beneficiano di una velocità media intorno ai 30 Mb/sec. Lo standard precedente, AC o WiFi5, era vecchio di otto

RockAgent, principale agenzia immobiliare ibrida in Italia (agenzia online con agenti sul territorio), ha raccolto un finanziamento da 3 milioni di euro. L’operazione è stata guidata da un pool internazionale di business angels coordinati, in qualità di advisor, da Sarona Partners 365x, acceleratore israeliano partner di importanti realtà come Microsoft e Salesforce. Il nuovo investimento servirà a velocizzare le operazioni di crescita dell’azienda in Italia: dopo il lancio su Roma, entro il 2019 la società ha programmato l’avvio delle attività anche a Milano e dal 2020 l’espansione su scala nazionale coinvolgerà altre città tra cui Torino, Genova, Bologna e Firenze. Oltre all’ampliamento del team, che conta già 50 persone, di cui 36 agenti, i fondi sosterranno anche nuovi sviluppi tecnologici a supporto delle compravendite immobiliari, focalizzati in particolare sulla realtà virtuale, sull’elaborazione di big data e sulla centralizzazione dei processi di gestione. anni e per questo motivo si è reso necessario svilupparne uno nuovo che rispondesse a rinnovate esigenze. Anche perché il WiFi6 (o AX) permette di incrementare il numero di dispositivi connessi perché dedica a ciascuno un “pezzo” di banda, garantendo sempre una buona performance dal punto di vista della velocità». I nuovi router di Netgear consentono di migliorare la connettività anche di quei device non ancora con WiFi6.

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IL MARKETING ALLA ROVESCIA DEL PARMIGIANO REGGIANO

COMUNICARE L’IMPRESA Nuovi paradigmi si stanno imponendo nel mondo della comunicazione aziendale. Così, per esempio, il Consorzio Parmigiano Reggiano decide di stabilire direttamente le proprie regole di marketing, sovvertendo la filiera pubblicitaria tradizionale. Ma cambiano anche i canali di comunicazione. E all’orizzonte si affaccia un nuovo media: il podcast

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Per la prima volta dalla fondazione, il Consorzio si dota di un direttore marketing. Sarà Carlo Mangini a ridefinire la brand identity e i piani di comunicazione, sovvertendo l’ingaggio delle agenzie pubblicitarie di Silvia Antonini

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ull’acquisizione da parte di Lactaè passato sotto il controllo del fondo di private lis della Nuova Castelli, principale equity inglese Charterhouse Capital. Ma il vero esportatore di Parmigiano Reggiano timore è che la presenza sempre più massiccia e leader nella distribuzione di formaggi Dop, delle multinazionali nel settore potrebbe far ennesimo marchio italiano che finisce nelle venir meno le regole stringenti che governano mani della multinazionale francese dopo Parla produzione del Parmigiano Reggiano. malat, Galbani, Locatelli, Invernizzi, CadermarIl rischio è per ora scongiurato dalla disciplitori, Vallelata, persino nare Dop che impone il Governo si è speso, LA NUOVA STRATEGIA DEL CONSORZIO l’utilizzo di latte cruMIRA A INSTAURARE UN RAPPORTO attraverso il ministro do prodotto in Italia SEMPRE PIÙ DIRETTO CON CONSUMATORI delle politiche agrisolo nelle province di E STAKEHOLDER DELLA FILIERA cole Gian Marco CenParma, Reggio Emilia, tinaio che ha sottolineato come «un marchio Modena e Bologna. A difendere il marchio c’è storico tra i più rappresentativi del made in anche il Consorzio Parmigiano Reggiano, fonItaly, un vanto riconosciuto in tutto il mondo» dato nel 1934. Nicola Bertinelli, presidente dal vada difeso «senza se e senza ma e deve resta2017, ha ribadito che questa acquisizione dire in Italia». Peraltro la Nuova Castelli è in mani mostra la buona salute della filiera che vanta straniere dal 2014, quando l’80% della società un giro d’affari di 1,4 miliardi di euro, con un

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COMUNICARE L’IMPRESA

CARLO MANGINI

giro d’affari al consumo di 2,4 miliardi di euro e una quota export del 40%. Il Consorzio si occupa di promuovere l’immagine e il consumo del Parmigiano Reggiano sin dal 1954, ma la prima pubblicità arrivò negli anni Sessanta con l’introduzione di un testimonial d’eccezione: Giorgio Gaber. Un altro volto celebre che si prestò a comunicare il brand del Parmigiano Reggiano fu l’esordiente attore comico Gino Bramieri. Poi ci fu la sgangheratissima banda di “briganti mattacchioni” in un cartone animato andato in onda all’interno di Carosello nel 1970 e, sempre sul tema del tesoro nascosto, ricordiamo la campagna di comunicazione del ’73 con Arnoldo Foà che mirava a valorizzare le zone di produzione del Parmigiano Reggiano con un linguaggio più sofisticato. Negli anni ’80 e ‘90 Parmigiano Reggiano comunica di volta in volta la propria bontà, unicità, peculiarità, qualità. Negli anni 2000 il Consorzio rivolge ai giovani con la saga della “mucca intrusa”, firmata dall’agenzia bolognese Max Information. In questi anni, la comunicazione del Parmigiano Reggiano è tornata sui punti chiave della comunicazione del prodotto. Nel 2018 il Consorzio ha proposto una nuova brand identity con il rifacimento del logo, e insieme all’agenzia Grey si è concentrata sulla valorizzazione del marchio, instaurando un dialogo diretto tutti i consumatori potenziali del prodotto, che si

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propone come alimento “della vita” a bambini, adulti, sportivi, influencer, produttori. Quest’anno il Consorzio ha fatto un ulteriore passo avanti, chiamando Carlo Mangini alla guida della nuova direzione Marketing, Trade Marketing e Sviluppo Commerciale in cui si concentrano tutte le attività di sviluppo, comunicazione e gestione degli investimenti di marketing. «Il Consorzio ha desiderato assegnare una precisa responsabilità a chi dovrà allocare le risorse finalizzate alla promozione del brand, avviando un percorso di valorizzazione della marca in ogni touch-point con il quale gestiamo la nostra relazione con il consumatore – spiega Mangini -. Parmigiano Reggiano è un marchio unico, che rappresenta molto più del formaggio noto in tutto il mondo». Come prima mossa, Mangini ha istituito un tavolo di lavoro creativo che raduna alcuni professionisti della comunicazione pubblicitaria che dovrà elaborare un “manifesto” di valori del brand da trasformare poi in indicazioni per le nuove campagne, in partenza probabilmente in autunno. «Ci stiamo concentrando sull’elaborazione di un nuovo percorso di comunicazione che rappresenti i valori distintivi del nostro sistema-prodotto. Abbiamo promosso un confronto con persone di grande esperienza, da cui elaboreremo la versione finale del nostro manifesto e la conseguente strategia anche di comunicazione». Sostanzialmente, Mangini ha invertito il processo che vede l’azienda presentare il brief e l’agenzia pubblicitaria elaborare la strategia creativa. In questo modo, il Consorzio chiede ai professionisti della comunicazione di prendersi una responsabilità in più, partecipando alla costruzione delle linee guida a cui attenersi anche per l’utilizzo dei mezzi su cui sarà veicolata la campagna. Le parole d’ordine di questo nuovo corso sono efficacia ed efficienza. Oggi, il Parmigiano Reggiano punta soprattutto sulla televisione, ma in futuro il digitale deve crescere, perché «offre grandi opportunità di arrivare al target con messaggi diretti». La tabellare potrebbe essere più concisa che in passato, rinunciando a qualche soggetto per evitare ridondanze e guada-

gnare in precisione. Il messaggio dovrà avere un contenuto anche istituzionale, oltre alla componente emozionale che ha contraddistinto la comunicazione del Consorzio: «Valuteremo i mezzi più idonei per rendere memorabile il nostro messaggio e ci concentreremo sulla misurazione dell’efficienza, rafforzando i nostri rapporti con chi sarà capace di massimizzarla». La nuova strategia del Consorzio cerca soprattutto di instaurare un rapporto sempre più forte e diretto con consumatori e stakeholder della filiera: «Non dobbiamo “comunicare” ma generare relazioni con chi condivide i nostri valori, che sono tali, così come la nostra storia, da consentirci una produzione di contenuti unici e dovremo essere capaci di valorizzarli in un piano editoriale coerente anche con la nuova strategia digital». Ma in cosa consiste il manifesto valoriale del Parmigiano Reggiano? «Il manifesto rappresenterà i pilastri valoriali della marca, impegnando tutti gli attori protagonisti della nostra magnifica filiera». La guerra alle falsificazioni come il famigerato “parmesan” è un tema che attiene agli stessi principi del Consorzio, e deve esser condiviso «proprio da coloro che si sentiranno parte del nostro sistema e che saranno capaci di distinguere l’originale nei suoi quasi mille anni di storia da coloro i quali non appartengono al nostro mondo valoriale».


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COMUNICARE L’IMPRESA

STORYTELLING AZIENDALE, MAI PROVATO IL PODCAST? Gucci, Chanel e Harrods lo fanno già da un pezzo. E ora anche le aziende italiane stanno cominciando a utilizzare i file audio ascoltabili dal web per fare formazione, incrementare l'engagement e comunicare l'identità di brand di Marina Marinetti

S

e leggere impegna, ascoltare insegna. E riempie in modo produttivo quegli spazi della giornata in cui le mani e gli occhi sono impegnati a fare altro. Tanto che secondo i dati raccolti per la prima volta da Nielsen, attualmente in Italia ci sono circa 3 milioni di ascoltatori abituali di podcast. Un numero in continua espansione che segue i trend d’oltreoceano, che hanno ormai coinvolto anche le più importanti multinazionali: Gucci, Chanel e Harrods sono solo alcuni degli ultimi nomi. Persino Spotify (che ha investito 500milioni di dollari nel mercato podcasting, di cui quasi 300milioni per l'acquisto di Gimlet I FOUNDERS DI ACTION MEDIA LTD, MANUELA RONCHI E RAFFAELE TOVAZZI Media, società che produce contenuti nativi) e nosciuto fin da quando eravamo nella pancia Netflix (che dai contenuti podcast dà vita ad l’utilizzo del podcast come strumento di fordella mamma. Narrare il brand vuol dire utialcune delle sue serie più seguite) attingono mazione e informazione quotidiana in pillole, lizzare la voce per raccontare la storia che c’è a piene mani dal mondo podcast. Perché da tendenzialmente della durata di un minuto dietro un brand/prodotto/azienda usando un lato permette di comunicare l’identità di e mezzo con suggerimenti e informazioni e anche il sound telling, creare suoni campiobrand e di veicolare messaggi targetizzati per suggerimenti quotidiani su come mettere il nati che evocano esattamente le emozioni sul’ascoltatore, dall’altro è uno strumento utile pensiero in azione, un modo per fare formascitate da quel brand. Noi ci siamo avvicinati per la formazione e l’engagement dei propri zione innovativa con suggerimenti pratici, e al podcast due anni fa ed è da due anni che collaboratori. c’è l’engagement, con il format proposto da cerchiamo di portare “il verbo” per far capire Così, sono sempre più le aziende che iniziano a Action Media Ltd “Il Buongiorno dell’AD”, un che il voice first, quindi il podcast, sarà la fronesplorare il podcast per comunicare se stesse. podcast settimanale che raccolga informaziotiera del nuovo media. «Il brand va raccontani utili ed eventuali linee guida dalla vivavoce A OGGI, ACTION MEDIA LTD CONTA Per noi il podcast è un to, la gente acquista dell’amministratore delegato e un consiglio PIÙ DI 65MILA ASCOLTATORI SULLA vero e proprio media, per emozione, e quee una dritta pratica da mettere in pratica nel PIATTAFORMA CON I SUOI FORMAT, per cui va creato un sto dato è ampiamencorso della settimana. «Il podcast utilizzato INCLUSO "IL FUTURO DEL BUSINESSS" linguaggio nativo. Siate dimostrato da ricercome strumento di formazione, attraverso la mo stati la prima società, con sede in Italia e a che», spiega Manuela Ronchi, founder Action micro-frammentazione acustica dei contenuti Londra, dedicata allo studio di nuovi linguaggi Media Ltd, che a oggi conta più di 65.000 didattici, segna una nuova era nello sviluppo a declinare l’utilizzo del podcast in azienda. Il ascoltatori sulla piattaforma Spreaker (con delle HR che possono da oggi beneficiare di podcast in azienda può avere molteplici fununa media di 800/1000 ascolti al giorno), più una risorsa al tempo stesso scalabile, efficace e zioni, legate moltissimo alla “sostenibilità”: ci di 40.000 download e più di 200 puntate totali misurabile», spiega Raffaele Tovazzi, co-founpermette di cercare di ottimizzare il tempo che prodotte, con i suoi format, incluso “Il futuro der della società. «È in atto una rivoluzione nel abbiamo a disposizione, che è sempre meno del business”, dedicato proprio al mondo cormodo di fare comunicazione delle imprese: la ed è diventato un bene prezioso». porate. «La voce e il suo utilizzo come mezzo narrazione acustica del podcast diventa veicoMa non c’è solo la comunicazione del brand. di comunicazione diventano fondamentali», lo di autenticità nella creazione di un legame Ci sono anche il cosiddetto “traincast”, cioè continua: «è il primo media che abbiamo coindissolubile tra i brand e i loro clienti».

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BREBEMI COME UNA CALAMITA L'AUTOSTRADA ATTIRA-BUSINESS

STORY-LEARNING, CHE COSA INSEGNANO QUESTE STORIE

L'importante è crederci. E lo diciamo senza alcuna ironia, anzi. Quanti si sono scagliati contro il progetto della Brebemi, per esempio, si stanno ricredendo. Perché al di là della viabilità, il nuovo asse viario si sta rivelando un boost formidabile per l'economia del territorio. E, in generale, le idee imprenditoriali, anche azzardate, sono vincenti. Come dimostrano le storie che raccontiamo in queste pagine

Non solo è stata premiata come il miglior project financing strutturale d'Europa: a soli tre anni dall'apertura, la nuova asse viaria ha già attirato 18 nuovi insediamenti industriali, tra cui Porsche e Amazon di Sergio Luciano

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na bella, ulteriore conferma della dente, “con il traffico che quest’anno sta auqualità internazionale della nostra mentando del 18 per cento sul 20% di increautostrada: dopo Amazon, anche mento già incamerato nel 2018. La gestione Porsche ha scelto Brebemi”: contiene a fatica caratteristica ci dà un ebitda del 65% perché l’entusiasmo Franco Bettoni, presidente – e i costi sono efficientissimi in linea con i mi“padre” morale - della Brebemi, l’autostrada gliori parametri europei. E intanto il nostro A35 che unisce Milano con Brescia saltando territorio è già ampiamente decollato”. la sovraffollata A4 e passando a Sud per TrePer i teorici della “decrescita felice” e i canviglio. Un’arteria che tori occhiuti e diffiIL TRAFFICO STA AUMENTANDO DEL 18% dopo quattro anni denti del bilancino DOPO AVER INCAMERATO UN +20% di altissimi standard NEL 2018. LA GESTIONE CARATTERISTICA costi-benefici, la paMOSTRA UN EBITDA DEL 65% di qualità – uno dei rabola della Brebemi migliori asfalti d’Eudovrebbe essere uno ropa, corsie più larghe dello standard e 300 shock, se fossero capaci di shockarsi. Costi telecamere di sorveglianza, per citarne qualdi realizzazione di 1,8 miliardi e 1,5 di becuno – ma anche anni di fucileria avversaria nefici economici di sistema già contabilizzati da varie impensabili controparti, sta finalin quattro anni. Davvero la Porsche è solo mente decollando. “E noi stiamo decollando l’ultimo dei successi. L’azienda automobilicome risultati economici”, aggiunge il presistica tedesca, sinonimo nel mondo di stile,

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STORY-LEARNING

Franco Bettoni, presidente e "padre morale" della Brebemi

potenza e prestazioni, ha scelto l’autodromo di Castrezzato, in Franciacorta (4000 posti sugli spalti, oltre 2,5 chilometri di anello, 12 curve) per farne un importante punto di riferimento per lo sviluppo dell’auto elettrica “Ma la verità è che lungo il nostro asse si è sviluppato un indotto formidabile, logistico e industriale”, osserva Bettoni. E i dati gli danno ragione. Un recente studio dell’Agici – società di ricerca guidata dal professor Andrea Gilardoni, titolare di Economics and management alla Bocconi – rivela che dal 2017 (anno di apertura effettiva dell’autostrada con il collegamento diretto all’A4) ad oggi sono stati varati lungo la nuova asse Chromavis e Akno… L’Esselunga sta investenviaria 18 insediamenti industriali di cui 6 do 300 milioni per il suo hub con oltre 1000 già operativi, acquistati 2,8 milioni di metri dipendenti a Ospitaletto, stanno ultimando la quadrati di superfici di cui 940 mila edifibonifica dell’area che era di un’ex acciaieria. cabili per altrettanti impianti e fatti già 913 Lo stesso fa la MD comprando l’altra ex-area milioni di euro di investimenti, contrattuadi acciaieria di Antegnate, 400 mila metri lizzati 3.620 lavoratori dipendenti e riscossi quadrati… E poi Amazon che da quando ha 22,6 milioni di oneri aperto pochi mesi fa a di urbanizzazione UN RECENTE STUDIO DELLL'AGICI RIVELA Casirate, sta facendo CHE DAL 2017 A OGGI SONO STATI VARATI dai Comuni (per non numeri importanti. LUNGO LA BREBEMI 18 INSEDIAMENTI parlare dell’Imu). Dunque il boom conINDUSTRIALI DI CUI 6 GIÀ OPERATIVI Dunque la Brebemi tinuerà? ha indotto un aumento del 9,9% dei posti di Senza dubbio! lavoro tra il 2017 e il 2018, le compravenVa bene, le crediamo, perché oggettivadite immobiliari nelle zone servite (Trevimente lei è un manager credibile. E allora: glio-Romano di Lombardia-Montichiari) quali altri investimenti? sono cresciute del 51% e le nuove costruAbbiamo scelto la strada dell’elettrificazione zioni del 48%. e la porteremo fino in fondo. Vorremmo essere una delle prime autostrade a proporre la Presidente, un boom? guida autonoma. Prego: vorrà dire l’inizio di un boom… In tre In questa progettualità che prevede intervenanni l’autostrada ha determinato, direttati su tutta l’infrastruttura s’inserisce perfettamente e indirettamente, la creazione di oltre mente il nostro piano di digitalizzazione, che 5.000 mila posti di lavoro. E il trend contici permetterà di essere tra i primi a poter asnuerà. Siamo in una delle zone più ricche, sicurare la copertura 5G con tutta la trasmisdinamiche e prima di noi peggio collegate sione e la sensoristica necessaria. d’Italia. Ora è quella collegata meglio. Stanno Una roba da Silicon Valley… iniziando ad operare i camion dei due inseMa questa è infatti la Silicon Valley della logidiamenti logistici di Italtrans e, a fine anno, di stica. E il nostro obiettivo strategico è quello

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di far nascere qui un vero e proprio distretto della logistica dell’alta tecnologia. Perché le grandi infrastrutture sono ancora – piaccia o meno – il driver dell’economia, di tutta l’economia. Questa è la realtà. Naturalmente vanno progettate, realizzate e gestire con professionalità, trasparenza, assoluto rispetto dell’ambiente. E voi siete sicuri di averlo fatto? Ancora una volta: lo dicono i fatti. Pensi che nello svolgere i lavori, ogni volta che si reperiva un oggetto d’arte, lo si consegnava alla Sovraintendenza alle Belle Arti, per farlo identificare e stimare. Loro venivano, circoscrivevano l’area, prelevavano i reperti come va fatto e li portavano nei laboratori di restauro. Con questi reperti è nato il museo MAGO di Pagazzano, il Museo archeologico delle Grandi Opere, dove sono state portate alla luce e valorizzate realtà straordinarie dell’Età del Bronzo da Antegnate e da Caravaggio o meraviglie romane dalle necropoli di età romana di Antegnate, Bariano, Caravaggio, Fara Olivana e tantissime altre gemme di alto valore culturale. Ci sono oltre 400 opere catalogate, e faremo una grande mostra, prossimamente, per procedere anche in questo modo nella nostra strategia di valorizzazione del territorio.


La valutazione costi/benefici, un termometro da utilizzare ma senza paraocchi per capire il valore delle infrastrutture

L IN TRE ANNI L'AUTOSTRADA HA DETERMINATO LA CREAZIONE DI 5 MILA POSTI DI LAVORO

a valutazione costibenefici delle grandi opere è «sostanza» o «accidente»? Il dualismo con cui Aristotele divise la realtà, caro ad Alessandro Manzoni, merita la stessa ironia se applicato, oggi, alle infrastrutture che l'autore dei Promessi Sposi utilizzò per prendere in giro il personaggio di Don Ferrante. Il nobiluomo, studioso di filosofia, non ritenendo che

la peste fosse «sostanza» e considerandola «un accidente», non adottò precauzioni, la contrasse e ne morì. Oggi la pretesa di paragonare i benefici, per definizione incerti perché futuri, con i costi di realizzazione che sono invece certi si sta risolvendo in una specie di paralisi del sistema. Il che si riverbera in una paralisi dell'economia in interi distretti, e dell'industria

Se si guarda alle spalle, cosa ricorda della globali straordinari ed globali come Amazon sfida Brebemi? ed altri ci dà lustro, ma sono anche le aziende La coerenza della nostra realizzazione con come Italtrans e tante altre che confermano la l’idea originaria, che risale al ’94: venticinque qualità della nostra sfida. anni fa. E quest’idea era la valorizzazione dei Nemici e amici? territori e lo sprigionamento della loro ecceNemici tanti, ma soprattutto amici e sostezionale attrattività, grazie all’idea lungimirannitori. Banca Intesa, sicuramente, e il suo te di un’autostrada ad presidente Giovanni L'INFRASTRUTTURA SARÀ LA PRIMA economia circolare Bazoli. La Regione A POTER ASSICURARE LA COPERTURA 5G e impatto zero. Oggi Lombardia, con ForCON TRASMISSIONE E SENSORISTICA la presenza di brand NECESSARIE PER LA GUIDA AUTONOMA migoni prima e Maro-

edilizia in particolare, che è da sempre uno dei motori del Paese. Per misurare correttamente il rapporto tra il costo certo di un'opera e i suoi benefici futuri occorre togliersi i paraocchi, tener conto delle esperienze del passato - anche quelle positive - e insomma non permettere che fattori ideologici remino contro. Realismo, sì; prevenzione no. Facile a dirsi... (s.l.)

ni e Fontana poi. Ricordo anche l’ex ministro Di Pietro, dapprima contrario e poi convintosi dell’opera e proattivo nel sostenerla. A vantaggio davvero di tutti: pensi solo ai 300 milioni di euro distribuiti agli agricoltori proprietari dei terreni espropriati… Dovesse scegliere un solo indicatore per esprimere la forza di Brebemi? Le candele votive vendute al santuario di Caravaggio da quando operiamo noi: il 30 per cento in più di prima! UN NASTRO DI ASFALTO DA 62,1 KM CON SEI CASELLI E DUE STAZIONI DI SERVIZIO L’A35 Brebemi, attiva dal 23 luglio 2014, ha un’estensione di 62,1 km a cui sono state aggiunte la stazione di esazione di Castegnato e le rampe di interconnessione con l’autostrada A4. L’autostrada è raggiungibile da Brescia attraverso l’autostrada A4 (prendendo la rampa di uscita dopo Brescia Ovest in direzione “A35 Milano – Linate”, dal 13 novembre 2017), la Tangenziale Sud di Brescia e la SP19 oppure utilizzando la nuova A21 (Corda Molle). I caselli dell’autostrada sono sei: Chiari Ovest, Calcio, Romano di Lombardia, Bariano, Caravaggio e Treviglio. Superato l’ultimo casello di Treviglio, ci si immette nell’A58 Tangenziale Est Esterna Milano (TEEM) che consente all’A35 Brebemi di raggiungere la A1 all’altezza di Melegnano, la A4 all’altezza di Agrate, Linate e l’Area Metropolitana di Milano tramite due svincoli, a destra, Pozzuolo Martesana e a sinistra Liscate.

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L’ANTI LOW-COST CHE PUNTA SUI SERVIZI DI QUALITÀ Dalla poltrona in grado di diventare un letto matrimoniale all’offerta gastronomica: ecco perché Qatar Airways si è aggiudicata il premio di miglior compagnia aerea al mondo al World airlines awards di Skytrax di Maddalena Bonaccorso QATAR AIRWAYS SI È APPENA AGGIUDICATA IL PREMIO COME MIGLIOR COMPAGNIA AEREA AL MONDO AL “WORLD AIRLINE AWARDS 2019” coordinato da Skytrax, società di ricerca inglese che stila ogni anno una classifica basata sui servizi delle compagnie aeree e degli aeroporti. Non solo: la compagnia di bandiera dello Stato del Qatar ha anche ottenuto il riconoscimento per la “Miglior Compagnia Aerea del Medio Oriente”, “Miglior Business Class al mondo” e “Miglior Poltrona di Business Class”. Il vettore del Golfo copre 160 destinazioni in tutto il globo con una flotta di più di 250 aeromobili ed è anche il terzo player mondiale nel settore cargo. Abbiamo intervistato Máté Hoffmann, Country Manager Italia e Malta per capire i segreti del successo di Qatar Airways.

Quali sono a suo parere i punti di forza che vi hanno permesso di conquistare i viaggiatori e di aggiudicarvi il prestigioso World Airline Award 2019? Innanzitutto il fatto di avere una delle flotte più tecnologicamente avanzate al mondo oltre ad offrire connessioni frequenti per quasi ogni angolo del globo. In Italia, per esempio, mettia-

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mo a disposizione di tutti i nostri viaggiatori un’ottima flessibilità, grazie ad una presenza sempre più importante sul territorio che conta più di 160 destinazioni servite dai 4 scali di Roma, Milano, Venezia e Pisa (via Doha), permettendo alla clientela leisure e business di volare da e per i principali aeroporti di tutto il mondo con collegamenti frequenti e orari ottimali. Inoltre, negli ultimi anni abbiamo arricchito il nostro servizio con una scelta più QATAR AIRWAYS VANTA UNA DELLE FLOTTE PIÙ TECNOLOGICAMENTE AVANZATE DEL MONDO E OFFRE CONNESSIONI FREQUENTI PER OGNI ANGOLO DEL GLOBO

ampia di prodotti e servizi premium, come la pluripremiata poltrona di Business Class “Qsuite”, una rinnovata esperienza di ristorazione a bordo e un sistema di intrattenimento che conta più di 4.000 opzioni fra film, TV, giochi e musica. Quali sono i settori nei quali Qatar Airways investe maggiormente in ricerca e sviluppo? L’innovazione è uno dei nostri punti di forza, perciò il processo di ricerca e sviluppo per noi

è imprescindibile e continuo. Il nostro obiettivo è quello di ridefinire gli standard del settore dell’aviazione offrendo a tutti i nostri viaggiatori il massimo dell’eccellenza e dell’innovazione. Siamo anche la prima compagnia ad aver introdotto l’aereo tecnologicamente più avanzato del mondo, l’Airbus A350-1000: con gli oltre 7 metri in più rispetto all’A350-900, questo aeromobile ci ha permesso di aumentare sostanzialmente la nostra capacità sulle rotte su cui operiamo, offrendo 46 poltrone Business Class in Qsuite e 281 poltrone extra large da 45.72 cm in Economy Class. Quali sono le tratte più apprezzate a livello globale e quali (oltre a Doha) introdurrete per il mercato italiano? Doha è sicuramente la nostra destinazione chiave, sia come meta finale che come crocevia verso le oltre 160 destinazioni servite da Qatar Airways in tutto il mondo. Tra le altre località più attrattive a livello nazionale e internazionale menzionerei sicuramente il network della Thailandia con quattro destinazioni. Phuket, in particolare, è una meta molto apprezzata dai viaggiatori Italiani tanto che, a partire da dicembre, proprio per rispondere alla for-


te domanda sarà raggiungibile con tre voli giornalieri dall’Italia. E poi l’Africa: Zanzibar, ad esempio, si conferma il sogno di numerosi italiani, che dal prossimo inverno potranno raggiungere l’isola africana a bordo di un più capiente Boeing 787 Dreamliner. Infine, Australia e Cina riscuotono da sempre molta curiosità. Riguardo alle novità, tra il 2018 e il 2019 abbiamo lanciato nuovi servizi in tutto il mondo, come ad esempio Da Nang (Vietnam), Mombasa (Kenya) e Canberra (Australia) ed altre nuove ed entusiasmanti destinazioni verranno lanciate nei prossimi mesi, come ad esempio Davao (Filippine) e Langkawi (Malesia). Non vedo l’ora! L’Italia è quindi un mercato strategico? Sicuramente, e lo è sia come destinazione che come gateway: basti pensare che solo qualche mese fa (settembre 2018) i voli dall’Italia erano 42 ed ora la compagnia opera 56 voli settimanali. A partire da giugno 2019, infatti, abbiamo introdotto una frequenza aggiuntiva da/per Milano Malpensa e Doha, portando a tre i voli giornalieri da/per il capoluogo lombardo, che sia aggiungono ai 21 voli settimanali (tre al giorno) da/per Roma Fiumicino e i voli giornalieri da Venezia e Pisa. Negli anni del boom dei viaggi low cost e delle compagnie con pochi servizi, Qatar Airways ha scelto invece di offrire anche in economy servizi di alto livello e un intrattenimento di qualità. Potrebbe essere questo

il futuro del viaggio in aereo? Servire al meglio i nostri passeggeri è nel nostro dna, non potremmo pensare a svolgere diversamente il nostro lavoro, e ci impegniamo ogni giorno per far vivere loro un’esperienza di viaggio senza precedenti, che sia in Business o in Economy Class. All’Itb Berlin abbiamo infatti presentato una nuova Economy Class che va proprio in questa direzione: una poltrona con un innovativo sistema reclinabile a 19°, spazio aggiuntivo per le gambe, doppi tavolini estraibili, schermo 4K da 13,3 pollici e porta Usb di ricarica rapida.

ANCHE IN ECONOMY CLASS LA POLTRONA È RECLINABILE A 19 GRADI, C’È PIÙ SPAZIO PER LE GAMBE, DOPPI TAVOLINI E UNO SCHERMO DA 13,3 POLLICI

E anche nel campo dell’offerta gastronomica la vostra Economy è all’avanguardia. Precisamente: l’offerta gastronomica è stata recentemente rinnovata, e la nuova ‘Quisine’ ridefinisce radicalmente il servizio di Economy Class, con nuove stoviglie, un menu con più alternative, piatti principali più grandi del 25% e dessert più abbondanti del 50%. Con la ‘Quisine’, inoltre, abbiamo voluto anche limitare l’impatto ambientale del nostro servizio di ristorazione, con un aumento significativo di prodotti riciclabili e biodegradabili e la riduzione della plastica monouso.

Quali innovazioni avete introdotto nelle vostre cabine negli ultimi anni? E quali introdurrete a breve? Abbiamo introdotto uno dei nostri prodotti di punta, la Qsuite, all’Itb di Berlino nel 2017 e lo scorso 15 maggio abbiamo introdotto l’esclusiva poltrona di Business Class anche su alcuni voli selezionati da/per Milano Malpensa. La Qsuite ha ridefinito lo standard di comfort e servizi a bordo, con letti spaziosi completamente reclinabili e grande spazio per riporre i propri effetti personali. I pannelli mobili, inoltre, consentono di creare uno spazio privato completamente personalizzabile in base alle specifiche esigenze di ogni passeggero. È inoltre la prima poltrona di Business Class che permette di ricreare un vero e proprio letto matrimoniale. Quali sono i punti di forza del vostro intrattenimento di bordo, Oryx One? Oryx One offre più di 4.000 opzioni tra film, TV, giochi e musica adatti a tutti i nostri passeggeri, dai più piccoli ai più grandi. La selezione che proponiamo comprende le novità, le più famose serie TV di sempre, i film classici, programmi TV e documentari speciali, nonché i più grandi successi del cinema di Hollywood e Bollywood in più di 30 lingue. Solitamente faccio fatica a ricordarmi i film visti al cinema ma Gravity visto nella Qsuite durante un viaggio di lavoro non lo scorderò facilmente. Come valuta l’attrattività turistica dell’Italia? L’Italia è un Paese meraviglioso e una delle mete che ogni viaggiatore sogna di visitare almeno una volta nella vita. Dalle Alpi al Mediterraneo, l’Italia offre davvero la soluzione ideale per qualsiasi necessità e tipologia di viaggio. Io stesso ho vissuto in diverse parti del mondo, in Ungheria e a Doha per esempio, e ho visitato moltissime località in tutti e sei i contenenti: l’Italia è imparagonabile a qualsiasi altro Paese al mondo. Inoltre, l’Italia rappresenta un mercato molto interessante anche per i viaggiatori business, che sempre più spesso viaggiano per lavoro da tutto il mondo per raggiungere i poli economici del nostro Paese, prima fra tutte la città di Milano.

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L’Italia è un paese pilota per il business del vaping British American Tobacco ha un piano di investimenti quinquennale da circa un miliardo di euro, che si va a sommare ai 2,3 miliardi già stanziati nel 2004 per rilevare la quota dei Monopoli di Stato di Marco Scotti

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on oltre sette milioni di morti ogni anno nel mondo, di cui 93mila in Italia, non serve ribadire che il fumo sia dannoso per la salute. Per questo motivo, i principali produttori di tabacco hanno da tempo deciso di non investire più nelle “bionde” per concentrarsi soprattutto sulla ricerca di prodotti “a potenziale rischio ridotto”. Si tratta di alternative alle tradizionali sigarette che non prevedono la combustione di carta e tabacco, ma il riscaldamento o la vaporizzazione. Un sistema per fumare che sembrerebbe, ma il condizionale è ancora d’obbligo nonostante un primo pronunciamento favorevole della Food and drug administration americana, presentare minori controindicazioni rispetto a quanto avveniva con le sigarette. Ha deciso di investire in modo molto significativo su questa nuova tipologia di offerta la British American Tobacco (Bat), multinazionale che è particolarmente attiva nel nostro Paese, con un piano di investimenti quinquennale da circa un miliardo complessivo che si va a sommare ai 2,3 miliardi già stanziati nel 2004 per la privatizzazione dell’Ente Tabacchi Italiani. In particolare, sono gli stick per il riscaldamento del tabacco il prodotto che Bat ha deciso di incentivare: oggi, nel mondo, l’azienda è presente in 30 mercati

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con le proprie referenze a potenziale rischio ridotto e, nel 2018, ha realizzato ricavi per 901 milioni di sterline da quelli a tabacco riscaldato e da vaping (le cosiddette sigarette elettroniche). Una crescita del 180% per i soli prodotti da tabacco riscaldato, con ricavi pari a 576 milioni di sterline e una crescita pari al 217% in termini di volumi, per circa 7 miliardi di stick venduti nel mondo in questa categoria. «L’Italia – ci spiega Alessandro Bertolini, vice presidente British American TobacMENTRE LA MEDIA EUROPEA È DEL 62%, IN ITALIA LA FISCALITÀ SULLE SIGARETTE INCIDE PER IL 77%, A CUI VA AGGIUNTO UN ULTERIORE 10% FISSATO PER LEGGE

co Italia, direttore affari legali e relazioni esterne – è un caso quasi virtuoso. È stato il primo Paese nel quale sono state prese iniziative contro il fumo, già nel 2014, quando si è deciso di introdurre sui pacchetti le immagini che raccontano i danni causati dalle sigarette. Ancora: nonostante la presenza della criminalità organizzata, abbiamo un tasso di contrabbando che è inferiore al 10%, mentre in altri Paesi come Uk supera il 20% o si attesta intorno al 15% nel caso della Francia. Certo, non possiamo in questo momento dirci del tutto tranquilli: ci

ALESSANDRO BERTOLINI

stiamo avvicinando a quella “zona rossa” in cui vengono fatti da parte dell’esecutivo i budget per l’anno successivo e in genere si colpisce proprio il settore in cui operiamo principalmente. Questo nonostante la fiscalità sia già altissima: mentre la media europea è intorno al 62%, l’Italia applica un’incidenza del 77%, oltre a un aggio del 10% fissato per legge. Se quindi dovesse aumentare l’Iva, automaticamente aumenterebbe anche il costo medio delle sigarette, che è oggi intorno ai 4,9 euro a pacchetto. Per quanto riguarda, invece, il prezzo del tabacco riscaldato, l’imposizione è circa del 25%, il che ci consente di tenere costi più bassi per l’utente finale». Per questo motivo, con la Legge di Bilancio 2018, l’assetto regolatorio e fiscale delle categorie dei prodotti a potenziale rischio ridotto, riconoscendo implicitamente il principio dello spettro del rischio attraverso un taglio sensibile della tassazione, è diminuito drasticamente, permettendo a Bat di portare il prezzo degli stick da 5 a 3,5 euro. Sono proprio gli stick, così come le sigarette elettroniche, il business su cui Bat vuole puntare nei prossimi anni, con l’obiettivo di raggiungere i 5 miliardi di sterline entro il 2023-24, tra tabacco riscaldato, vaping e altri prodotti innovativi a potenziale rischio


CI SIAMO DATI LA MISSIONE DI TRASFORMARE IL TABACCO IN PRODOTTI ALTERNATIVI ridotto. L’Italia è il primo Paese al mondo in cui Bat ha scelto di essere presente con queste nuove tipologie merceologiche. Per questo, a partire dal 2015, ha stanziato un piano da un miliardo, di cui 845 milioni già spesi. Nel 2018 gli investimenti di British American Tobacco in Italia ammontano a circa 229 milioni di euro, superando il target annuale previsto. Si è scelto di puntare forte su “glo” uno stick che, lanciato a Torino ad aprile 2018, ha raggiunto una quota di mercato del 6% del tabacco riscaldato, con un tasso di penetrazione del mercato pari al 2,5% dei consumatori adulti e circa 400.000 stick venduti. «Questi nuovi prodotti – prosegue Bertolini – rientrano nella missione che ci siamo dati di trasformare il tabacco, offrendo la più ampia gamma possibile di prodotti alternative alle sigarette tradizionali. Vogliamo mettere i consumatori in condizione di orientarsi verso soluzioni che, in base alle nostre analisi, presentano un profilo di rischio potenzialmente molto più ridotto, fino al 95% rispetto al passato. Il nostro target è rappresentato da fumatori adulti, non vogliamo certo rivolgerci ai più giovani, ma a chi è già un consumatore abituale di tabacco. Abbiamo iniziato a lanciare nuovi prodotti per il riscaldamento del tabacco

da ottobre dello scorso anno, quindi è ovvio che non sempre però ottiene il risultato speche ci vorrà del tempo prima di vedere rirato. In Italia, ad esempio, nonostante l’insultati apprezzabili. L’ideale sarebbe riuscitroduzione sui pacchetti di immagini partire a registrare aumenti tra lo 0,1 e lo 0,2% colarmente forti allo scopo di dissuadere i sul mercato generale. Per quanto riguarda, consumatori dall’acquisto, non si sono regiinvece, le sigarette elettroniche, pur non esstrati particolari cambiamenti nel numero sendo un mercato di facile misurazione vidi fumatori. Anzi, questi sono aumentati di sta la molteplicità di esercizi che le possono mezzo milione di unità tra il 2017 e il 2018, vendere, sappiamo che siamo al secondo o dimostrando che non sono i sistemi coercial terzo posto in Italia per volumi nelle tativi quelli più efficaci per ridurre drasticabaccherie». mente il fumo. Una tendenza confermata La necessità per le aziende del comparto di da Bertolini che nota come «il proibizionitrovare nuovi prodotti che sostituiscano le smo non è la via più efficace. Fino ad oggi sigarette è certificato dal voto del consiglio l’obiettivo di contenimento o riduzione dei comunale di Beverly Hills. La città dell’afumatori a livello globale è stato gestito atrea metropolitana di Los Angeles, infatti, traverso un incremento delle restrizioni reha decretato all’ugolamentari, in parte nanimità la messa al NEL 2018 IN ITALIA BAT HA EFFETTUATO anche attraverso bando delle “bionde” INVESTIMENTI PER 229 MILIONI DI EURO la fiscalità. Ma non SUPERANDO IL TARGET ANNUALE da negozi, tabaccai e sono stati raggiunti E PUNTANDO SULLO STICK “GLO” farmacie a partire dal i risultati sperati. C’è 2021. Il divieto riguarderà anche le sigaretperò – conclude il vice presidente di Bat te elettroniche, già vietate anche a San FranItalia – uno strumento non banale: offrire ai cisco per non incentivare i giovani a fumare. consumatori e ai fumatori della alternative Una serie di norme sempre più restrittive meno dannose, perseguendo insieme alle istituzioni un concetto molto importante, cioè quello della riduzione del pericolo. Se i fumatori adulti avessero, in maniera consapevole, la possibilità di utilizzare strumenti potenzialmente meno dannosi, potrebbe essere un supporto interessante a livello mondiale. Perfino il professor Veronesi, un luminare e un paladino della lotta al cancro, è sempre stato a favore di un impiego meno costrittivo dei metodi di prevenzione. E, infine, per tutti coloro che stanno sollevando dubbi sulle sigarette elettroniche o sugli stick, non c’è che una richiesta: non trattiamo questi prodotti alla stessa stregua delle sigarette tradizionali, o l’unico effetto che otterremo sarà quello di eliminare un concorrente delle “bionde”, mantenendo un danno certo alla salute dei consumatori».

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LA FABBRICA CON IL CLUSTER DIVENTA INTELLIGENTE Integrare sempre di più il mondo della ricerca con quello dell’applicazione: è l’obiettivo del gruppo di lavoro che dal 2012 mette insieme Miur, mondo accademico e industrie. Ce ne parla il presidente Luca Manuelli di Davide Passoni

“INTELLIGENZA NON È NON COMMETTERE ERRORI, MA SCOPRIRE SUBITO IL MODO DI TRARNE PROFITTO”, DICEVA BERTOLT BRECHT. Una massima vera anche nel mon-

do dell’industria, che si trova di fronte alle sfide della digitalizzazione, pane quotidiano del Cluster Tecnologico Nazionale Fabbrica Intelligente (Cfi). «Ma una fabbrica non è mai sufficientemente intelligente, perché se lo fosse capirebbe che il processo di miglioramento continuo è fondamentale per mantenere la competitività a confronto con i grandi player come Usa, Russia, Cina e Paesi del Far East». A parlare è Luca Manuelli, Chief Digital Officer & SVP Quality, IT and Process Improvement di Ansaldo Energia e Presidente del Cluster Fabbrica Intelligente. Laureato in Economia e Commercio alla Luiss con un Master in Business Administration, è dal 2012 in Ansaldo Energia dove coordina il processo di definizione e implementazione della strategia di trasformazione digitale dei prodotti e dei processi.

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aiutando con bandi finanziari questo tipo di iniziative. Quali obiettivi ha? La missione è quella di sfruttare le migliori competenze del mondo della ricerca e dell’industria per individuare le tecnologie che favoriscano il miglioramento della competitività del processo manifatturiero. Nel precedente Piano nazionale della ricerca 2015-2020, la fabbrica intelligente ha avuto un ruolo significativo, tanto che c’è stato un collegamento con Horizon 2020, il framework europeo che individuava le linee guida adottate dai Paesi per lo sviluppo industriale. Ora è in fase di elaborazione il nuovo Piano nazionale della ricerca 2021-2027 coordinato dal Miur, che dovrà parlare con un framework che da Horizon 2020 è diventato Horizon Europe. Ci spiega in breve come nasce Cluster FabHa idea di come sarà questo piano? brica Intelligente? Il governo ha dato un impulso alla sua impoSono subentrato come presidente a marzo a stazione dividendo nettamente il mondo deluna persona di grande valore come Luigi Vila ricerca di base da quello dell’applicazione, scardi. Lui per primo, nella sua azienda, ha faavendo come obiettivo non la ricerca applicata vorito una trasformazione tecnologica che l’ha al manifatturiero, ma la ricerca allo stato puro. spinto ad attivare un processo che aiutasse le Abbiamo partecipato ai tavoli di lavoro con Pmi a utilizzare l’innovazione tecnologica e la esperti delle aziende appartenenti al cluster, trasformazione digitale verso l’Industria 4.0. ma oggi abbiamo una discreta preoccupazione Fabbrica Intelligente che il piano possa usciè nato insieme ad altri LA MISSIONE DEL CLUSTER TECNOLOGICO re senza la fabbrica o i NAZIONALE FABBRICA INTELLIGENTE (CFI) cluster per iniziativa processi industriali al È APPLICARE ALLA PRODUZIONE LE del Miur nel 2012, con COMPETENZE DEL MONDO DELLA RICERCA centro. Stiamo spinl’obiettivo di creare gendo sul Miur per una maggiore integrazione tra il mondo della elaborare la fase successiva del piano, mettenricerca e il mondo dell’applicazione. Da subito do insieme i nostri esperti, quelli del ministero, intorno al suo tavolo si sono seduti i maggiori di Confindustria, per evitare che sia sbilanciato esperti in ricerca e formazione, le grandi aziensulla componente ricerca e con un basso livello de e le Pmi. In alcuni casi sono stati individuati di applicazione, rischiando un disallineamento degli stakeholder a livello di governo locale con il framework Horizon Europe. per favorire le linee guida di sviluppo delle Tornando al Cluster Fabbrica Intelligente, imprese manifatturiere del territorio e creare come si compone? i presupposti per sviluppare ulteriori sinergie, È composto da circa 300 realtà. Le regioni con


una configurazione completa di cluster territoriale sono sette: Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Marche e Puglia. Ho chiamato “Quota 1000” uno degli obiettivi che mi sono proposto durante il periodo della mia presidenza: portare a 1000 il numero degli associati, sia aumentandoli nelle regioni in cui il cluster è già presente, sia portando quest’ultimo in altre regioni. Altro tema è individuare un’ulteriore tipologia di partner, tipicamente tecnologici, che potrebbe facilitare questo sviluppo. Finora hanno partecipato poco, perché si voleva evitare di fornire una vetrina commerciale per un interesse che non fosse quello del cluster. L’idea, ora, è allargare a loro lo sviluppo del cluster in modo venture con Shanghai Electric e poi ha acquisiche aiutino a sviluppare la seconda fase della to Alstom nel 2016, diventando il terzo player missione, la creazione dei Lighthouse Plant, o mondiale nel power generation. In cambio impianti faro. dell’investimento, l’azienda ha ottenuto un Di che cosa si tratta? finanziamento a fondo perduto da parte del Sono impianti produttivi che, a fronte di evoMise e della Regione Liguria pari al 25% luzioni strategiche, hanno fatto forti investidell’investimento globale. A febbraio 2018 è menti specialmente in innovazione digitale. stato firmato un accordo tra il governatore Toti Nel caso di Ansaldo e il direttore generale PER I LIGHTHOUSE PLANT, Energia, per esempio, del Mise Firpo, che ha OVVERO GLI IMPIANTI FARO, negli ultimi anni ha portato quello di AnSONO STATI FATTI FORTI INVESTIMENTI prima stretto una joint saldo Energia a essere SPECIALMENTE IN INNOVAZIONE il primo impianto faro del Piano Industria 4.0. Quanti ce ne sono in Italia? Ne sono stati individuati altri 3, oltre ad Ansaldo Energia: Tenova/ORI Martin, ABB Italia e Hitachi Rail Italy. A giugno abbiamo firmato l’accordo per il primo, entro l’anno vorremmo far partire ABB, poi Hitachi Rail, per il quale si stanno riqualificando gli impianti di Reggio Calabria e Napoli che porteranno il cluster in due regioni dove ancora non c’è. Conviene essere un Lighthouse Plant? Nel caso di Ansaldo Energia abbiamo favorito la filiera dei fornitori. Ne abbiamo individuati cento strategici in collaborazione con Digital Innovation Hub di Confindustria. Abbiamo somministrato loro il questionario di maturità digitale di Polimi-Assoconsult e un altro sulla cybersecurity, in collaborazione con l’Università di Genova: una prima wave con 35 fornitori è stata realizzata nell’ultimo trimestre 2018,

SIAMO PREOCCUPATI CHE L’ECOSISTEMA SI SMONTI ALLA FINE DEGLI INCENTIVI con un incontro di restituzione per spiegare loro dove vuole andare Ansaldo Energia e come può aiutare la loro filiera a sfruttare al massimo i benefici della digitalizzazione. Il workshop finale della seconda wave con altri 35 fornitori è stato il 4 luglio scorso, la terza wave sarà entro la fine dell’anno. In più, un’altra iniziativa ci ha portato a creare una nuova filiera di fornitori digitali. A fine 2017, Ansaldo Energia ha lanciato una call for innovation, chiamata Digital X-Factory cui hanno partecipato 160 start up e Pmi innovative. Abbiamo ricevuto 90 idee progettuali per aiutare a realizzare il nostro impianto faro, ne abbiamo selezionate 11 e ha vinto un’azienda genovese, Smart Track, che sviluppa tecnologie wearable a supporto della sicurezza sul lavoro. Insieme ad altre 5 partecipanti, ora lavora all’interno del Lighthouse Plant. L’obiettivo è sia quello di trovare altri impianti faro, sia casi di aziende con elevato livello di innovazione ma più piccole, creando un nuovo tipo di impianto chiamato Flagship Plant. Quali sono le prospettive del Cfi? Siamo preoccupati che lo sforzo fatto per realizzare un ecosistema possa smontarsi finita la stagione degli incentivi, allargando il gap di competitività che il sistema Paese potrebbe avere. Avere un supporto anche da questo governo, credo sia un elemento rilevante: stiamo infatti lavorando per mantenere, e se possibile migliorare ancora, gli ottimi rapporti avuti in passato con Mise e Miur.

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La sicurezza in azienda è questione di intelligenza Rendere smart le tecnologie esistenti preservando gli investimenti già effettuati in hardware, software e connettività: è il core business di Secursat, che aiuta i clienti a ripensare i propri modelli organizzativi di Davide Passoni

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ati sensibili, informazioni corporate riservate, strategie di business… La gestione della sicurezza di un’impresa non si limita alla protezione dei beni fisici, ma coinvolge l’intera architettura aziendale. Una sfida che è cresciuta nel tempo, man mano che l’evoluzione tecnologica e l’ingresso nel mercato di nuovi prodotti intelligenti hanno stimolato le imprese a ripensare e riprogettare ciò che fanno e il modo in cui lo fanno. Questi stessi prodotti hanno ridisegnato i confini tra gli scenari competitivi, creandone di nuovi e costringendo le aziende a rivedere i propri modelli per la ricerca di sviluppo del business e di creazione del valore. Tutto ciò in un momento economico complesso, nel quale le imprese sentono come critico e necessario l’aggiornamento tecnologico, ma temono di orientare gli investimenti su aree di business percepite come tradizionali e prive di valore. In questo contesto operano aziende come Secursat, attiva nella progettazione e nell’a-

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nalisi di modelli e strategie di sicurezza dal 2013. Secursat si è posta l’obiettivo di aiutare le aziende a individuare soluzioni e prodotti per rendere intelligenti le tecnologie esistenti, preservando dunque gli investimenti già effettuati in hardware, software e connettività da parte delle imprese. «Siamo nati in piena crisi economica, in un periodo di sofIL FONDATORE GIUSEPPE CALABRESE ALLE SPALLE HA UNA CARRIERA A CAVALLO TRA FORZE DELL’ORDINE E MULTINAZIONALI DELLA SICUREZZA

ferenza specialmente per le banche, il principale mercato di riferimento per chi si occupa di sicurezza privata. Il nostro approccio è stato quello di aiutare i clienti a ripensare i propri modelli organizzativi, consigliando loro di preservare ciò in cui avevano investito, entrando nei loro processi operativi già esistenti e rendendoli intelligenti». A parlare è Giuseppe Calabrese, fondatore, amministratore delegato e socio di maggioranza di

Secursat, con alle spalle una carriera tra pubblico e privato, prima all’interno delle forze dell’ordine e poi in aziende internazionali operanti nel settore della sicurezza, in Italia e all’estero. Calabrese ha sviluppato il modello di business di Secursat rivedendo il concetto tradizionale di sicurezza e ridisegnandolo in un perimetro più ampio, che coinvolge la tutela del business e il governo dei processi. Ciò che rende intelligenti i prodotti non è infatti la natura degli apparati ma, secondo Secursat, la capacità di integrare le funzionalità di prodotti tradizionali attraverso piattaforme smart. Il tutto unito a una gestione efficace che consente di realizzare il vero cambiamento, guardando oltre le specifiche tecnologie e identificando la natura delle trasformazioni necessarie. L’approccio di Secursat parte dalle componenti fisiche tradizionali dei sistemi di security, composte da parti meccaniche ed elettriche, rendendoli sistemi intelligenti grazie a software, microprocessori, sistemi operativi integrati e a ciò che serve per ampliarne la capacità. L’utilizzo della connettività ne aumenta poi il valore. «Per noi la connettività è uno strumento per realizzare i nostri progetti e abbiamo le competenze giuste per gestirla in maniera sicura», prosegue Calabrese. Attraverso un utilizzo intelligente di questa connettività si realizza lo scambio di informazioni tra il prodotto, il suo ambiente operativo, gli utilizzatori e gli altri sistemi, preservando l’esistente e accompagnando le aziende verso scelte tecnologiche razionali,


compatibili con i budget, con gli investimenti in essere e con quelli pianificati. Sulla base della propria visione innovativa di gestione della sicurezza, Secursat ha dunque sviluppato un modello di business che prevede una completa gamma di soluzioni e servizi. «La soluzione centrale è diventata per noi la consulenza - prosegue Calabrese - ossia la capacità di analizzare strumenti e strutture tecnologiche esistenti e verificare, senza fare stravolgimenti, l’adeguatezza dell’esistente ai rischi attuali e agli scenari di rischio prospettati, mettendo nelle condizioni l’azienda di fare investimenti intelligenti e razionali. Questa parte di consulenza rappresenta oggi il 15% del nostro fatturato ed è strategica, perché ci aiuta a capire ciò che il cliente ha e a renderlo efficiente, in un percorso di investimento tecnologico adeguato agli scenari di rischio. La consulenza è ciò che oggi ci differenzia da tutti gli altri player del settore». Il modello di business di Secursat, fondata nel 2013, ha portato significativi risultati economici. Nonostante un periodo di congiuntura sfavorevole, l’azienda ha raggiunto un fatturato complessivo, nel 2018, di oltre 6,5 milioni di euro, con un ebitda del 9% e una struttura di costi indiretti stabile al 20%. L’azienda ha inoltre avviato un percorso di investimenti in ricerca e sviluppo e nuove risorse dedicate alla data analysis, equiparato alla crescita media del fatturato dell’ultimo triennio, pari al 18%, creando contemporaneamente un business etico e sostenibile, ca-

GIUSEPPE CALABRESE, FOUNDER E A.D. DI SECURSAT

ratteristica alla quale il mercato pone sempre maggiore attenzione, attribuendole valore. «Abbiamo un’età media dei dipendenti molto bassa e inseriamo costantemente risorse giovani», spiega il fondatore. «Nel momento in cui ci si interroga chiedendosi se ha ancora un senso lavorare in Italia, noi cerchiamo i giovani talenti migliori, sviluppando un business etico nella misura in cui cerchiamo di dare valore alle persone che lo meritano. Valore che si ritrova anche nelle retribuzioni: i nostri giovani hanno stipendi interessanti e stimolanti nell’evoluzione del mercato. Per noi uno stagista non è una persona che fa fotocopie e un laureato ha una retribuzione adeguata al suo livello. Abbiamo poi adottato un codice etico e ci piace che su questo tutte le nostre persone abbiano una sensibilità comune. Infine, sul lato sostenibilità, abbiamo tutte auto a metano, che per una realtà piccola non è un elemento banale».

ANTICIPIAMO I BISOGNI E PROPONIAMO LE SOLUZIONI L’architettura del business di Secursat, bilanciata tra diversi segmenti di mercato (Bancario, Retail, Industrie, Energia, Trasporti, Infrastrutture critiche, Real Estate) e differenti tipologie di servizio (Consulenza, Progettazione, Monitoraggio e Assistenza), le consente di affrontare gli scenari evolutivi con la flessibilità necessaria per rendere il proprio business sostenibile, oltre che in grado di accompagnare e anticipare le evoluzioni e i cambiamenti globali. «Anticipare il cambiamento è per noi strategico e fa parte del dna dell’azienda fin da quando è nata», conclude Calabrese: «Lavoriamo da sempre su questa necessità e non avremmo avuto una crescita importante se non avessimo anticipato i bisogni del mercato cui ci siamo rivolti fin dall’inizio e a cui ci rivolgiamo ancora oggi. Il nostro è un approccio predittivo, con la capacità di intuire le dinamiche di ciò che accade al di fuori e ci interroghiamo costantemente sui bisogni dei clienti. Di una banca, per esempio, non ci interessa solo capire di quale sistema di sicurezza ha bisogno, ma vogliamo studiare il piano strategico, capire l’evoluzione economica. Lo stesso vale per i retailer. Non aspettiamo che siano i clienti a farci delle richieste o che arrivino da loro i bisogni: nel momento in cui questo accade, significa che è già tardi. Anticipare e capire i bisogni e proporre delle soluzioni, alle volte rischiando anche di andare troppo veloci, di vederci troppo lungo: questo siamo noi. Il tutto, gestendo in maniera sana la nostra azienda».

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La tenerina di Ferrara decolla e conquista i tedeschi Lsg Sky Chef, il più grande fornitore al mondo di servizi di ristorazione aerea, ha scelto il dolce prodotto da una piccola azienda italiana, la ferrarese Rizzati, per il catering di bordo dei voli Lufthansa di Tommaso Costa

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e vi trovate a viaggiare su un volo cioccolateria artigianale di alta qualità che business della linea Lufthansa ed oggi si è trasformato ed è da poco diventato di è l’ora del pasto, potreste avere la proprietà al cinquanta per cento della famiglia possibilità di mordere un’eccellenza italiana Pascucci (celebre per il caffè) e della famiglia che è riuscita a conquistare il palato della comferrarese dei Matteucci. La nuova società, che pagnia tedesca. Si tratta della “Tenerina”, un ha una previsione di fatturato di circa un miliodolce morbido al cioccolato tipico della città ne di euro per il 2019, è pronta alla sfida. di Ferrara che ha entusiasmato i proprietari di «Siamo una piccola azienda di soli 12 dipenLsg Sky Chef (di proprietà al 100% di Lufthandenti il cui nome adesso potrà viaggiare in sa) che è il più grande fornitore al mondo di giro per il mondo, assieme a quello del nostro catering per compapaese e ne siamo orgoLA PICCOLA SOCIETÀ DOLCIARIA gnie aeree. La società gliosissimi», commenCON 12 DIPENDENTI È DI PROPRIETÀ infatti è specializzata ta sorridendo Marco DELLE FAMIGLIE PASCUCCI (CELEBRE nella consegna di paMatteucci, direct PER IL CAFFÈ) E MATTEUCCI sti, bevande e snack manager di Rizzati. agli aerei per voli nazionali e internazionali. «I vertici della Lsg hanno assaggiato il nostro Ha 34.000 dipendenti, un fatturato di 3.200 prodotto per caso», racconta Matteucci: «Ci miliardi di euro, 214 aeroporti, gestisce 600 hanno contattato e chiesto di collaborare con milioni di pasti ogni anno e ha voluto inserire un formato adatto ai viaggiatori da servire il dolce ferrarese nella sua offerta, stipulando sul volo e nelle vip lounge degli aeroporti che un primo accordo che prevede la produzione gestiscono, ma che mantenesse l’alta qualità di circa un milione di pezzi per un valore comdel prodotto che li aveva conquistati la prima plessivo di 200 mila euro. A produrre il dessert volta. Non ci siamo di certo tirati indietro, e sarà la rinata azienda Rizzati di Ferrara, un nonostante il nostro prezzo fosse decisamente nome conosciuto da tempo nel settore della superiore a quello di altri concorrenti hanno

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scelto noi, scegliendo così l’eccellenza italiana e l’artigianalità». Sono solo quattro per ora le aziende italiane che forniscono prodotti alimentari a Lsg e si parla di “colossi” come Ferrero, Barilla, Loacker. Un club a cui da oggi appartiene anche la “piccola” pasticceria ferrarese. «Abbiamo fatto tantissime prove, assaggiato, modificato, assaggiato nuovamente e messo in produzione», svela Matteucci. «La torta tenerina è un dolce tipico di Ferrara a base di cioccolato fondente, riconosciuta a livello nazionale come Pat (prodotto agricolo territoriale) che ha oltre cento anni di storia. Noi abbiamo realizzato un prodotto senza conservanti, biologico, gluten free certificato e con cioccolato che proviene dal Venezuela. L’abbiamo fatto seguendo la nostra ricetta, senza compromessi, cambiando solo il processo di cottura e raffreddamento per renderla conservabile un pò più a lungo». La “piccola Rizzati” oltre alla torta tenerina, presente da Eataly e NaturaSì, produce anche cioccolatini, praline e scorze di agrumi canditi e ricoperti, si trova oggi a veder riconosciuto il proprio nome sugli aerei di mezzo mondo. «È una grandissima soddisfazione - continua Matteucci - e siamo molto orgogliosi di come l’artigianalità e il “saper fare” italiano vengano apprezzati soprattutto all’estero. Stiamo facendo conoscere un dolce e il suo territorio d’origine a tutto il mondo, e questo è pazzesco». La scommessa non era facile, la concorrenza altissima. Sono molti i dolci al cioccolato che possono essere sfornati da sapienti mani, ma quello di Rizzati ha vinto su tutti. L’accordo è l’inizio di un lungo e proficuo rapporto commerciale che porterà l’alta qualità e l’eccellenza del made in Italy nei cieli di tutto il mondo.


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LA TAV È UTILE, PAROLA DI CAMIONISTA Negli anni ‘50 Domenico Ambrogio con un camion importava pulcini dall’Olanda. E grazie ai problemi da risolvere allora, oggi l’azienda guidata dal figlio Livio fattura 75 milioni di euro e ha 400 dipendenti di Marco Scotti

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ulcini e trasporto intermodale. Il denominatore comune è rappresentato da Domenico Ambrogio, un piemontese delle campagne del cuneese - dalla proverbiale scorza dura – che nella metà degli anni ’50 importava pulcini dall’Olanda per poi rivenderli in Italia. Ma c’era un problema non di poco conto: metà degli animali arrivava morta a destinazione. Per questo, nella seconda parte del decennio, Ambrogio decise di dotarsi, nel nostro paese, di incubatori in cui far nascere i pulcini. Un primo problema era risolto: in Olanda si andavano ad acquistare, nelle cascine del nord, uova non ancora schiuse che venivano poi portate a maturazione in Italia. Un business nuovo che si tradusse in un rapido successo con un nuovo quartier generale, a Candiolo, in provincia di Torino. «Grazie al commercio con l’Olanda – racconta Livio Ambrogio (nella foto), attuale titolare dell’azienda – il camion che era stato acquistato inizialmente si è velocemente moltiplicato fino a costituire una flotta di sette veicoli. A quel punto, mio padre ha deciso di estendere

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il suo business facendo il trasportatore per conto terzi verso la fine degli anni ‘50. La meta prescelta era il Belgio. Così, nel 1966, approfittando di suo fratello Michele che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, era rimasto in Normandia, sviluppò un trasporto stradale acquisendo una società francese. E si espanse ulteriormente, arrivando a gestire 25 camion». C’era però una novità nel mondo dei traspor-

NEL 1969 AMBROGIO PUNTÒ AL SISTEMA INTERMODALE INTEGRANDO LE POTENZIALITÀ DI STRADE E FERROVIE E INVESTENDO NELLE INFRASTRUTTURE

ti: nel 1968 iniziarono ad arrivare nei porti del nord Europa i primi container provenienti dagli Usa. I quali, una volta sbarcati, dovevano essere trasportati via camion verso il resto del continente. Con una serie di controindicazioni non indifferenti: tempi di percorrenza variabili, affaticamento dei guidatori, costi elevati, inquinamento. Con questa convinzione, nel 1969 Ambrogio puntò al sistema intermodale integrando le potenzialità migliori di strada e

ferrovia e investendo consistentemente nelle infrastrutture e nei mezzi idonei al suo esercizio più efficace. Ambrogio preveniva così gli effetti dell’appesantimento del sistema stradale. «Mio padre – prosegue Livio Ambrogio – stava trovando il modo di realizzare il trasporto combinato. Lo presero ovviamente per pazzo sia le ferrovie, sia le banche che non sembravano molto intenzionate a concedergli credito. Mi mandò negli Stati Uniti nel 1969 e da lì iniziò una fitta corrispondenza oltre oceano con aziende che potessero essere interessate alla realizzazione di una partnership. Da una parte gli americani, che mettevano un semirimorchio intero sul carro ferroviario lungo sei metri. In Italia, invece, le sagome erano diverse e il profilo massimo più basso. Per ovviare a questo problema, mio padre studiò un sistema per prendere un semi-rimorchio, staccargli il gruppo di ruote (il cosiddetto dolly) e metterlo su vagoni di nuova concezione. Per fare questo era necessario dotarsi di due gru che vennero acquistate nel 1970».


Il resto è storia nota. Il Gruppo Ambrogio oggi fattura circa 75 milioni di euro e ha 400 dipendenti. Alla casa madre, si aggiungono quattro società estere, tutte attive nel trasporto intermodale ed organizzate a loro volta con terminal, mezzi e strutture tecniche di supporto atte a garantire un’efficiente gestione del network intermodale in treni blocco tra i diversi paesi europei. Sono la Ambrogio Nv di Mechelen, in Belgio; la Ambrogio France; Ambrogio Spagna di Barcellona e la Ambrogio GmbH attiva tra Germania e Svizzera. Proprio la regione elvetica rappresenta un modello a cui Ambrogio vorrebbe ispirarsi per quanto riguarda le infrastrutture in Italia. Per la sua posizione centrale, la Svizzera è un hub importante per il traffico ferroviario europeo. I due assi di transito del Lötschberg e del Gottardo, infatti, sono situati nel cuore dei traffici Italia – Nord Europa. Le due gallerie, in pochi anni, hanno portato ad un incremento del traffico merci e viaggiatori, agevolando il trasferimento modale dalla strada alla ferrovia con conseguente riduzione dei tempi di percorrenza e delle emissioni di Co2. La galleria di base del Lötschberg è lunga 34,6 Km, è la prima galleria “di base” (ovvero in pianura) realizzata nell’arco alpino ed è stata inaugurata il 15 giugno 2007. Basata in Svizzera, attraversa le alpi Bernesi ed è il nodo essenziale della linea Sempione-Basilea. Viene utilizzata per il traffico merci e viaggiatori, con circa 110 tratte giornaliere disponibili (50 treni viaggiatori e fino a 60 treni merci al giorno). Il tunnel del Gottardo, con i suoi 57 chilometri, è la galleria ferroviaria più lunga del mondo ed è utilizzata sia per il traffico merci sia per il traffico viaggiatori. Il passaggio quotidiano è pari a circa 67.000 tonnellate (120 treni al giorno), una quantità che equivale al carico di 5.576 tir. Con il completamento della galleria di base del Ceneri nel 2020, consentirà un risparmio

LIVIO AMBROGIO

di 1 ora e mezza per i viaggiatori da Milano a Basilea. Le due Gallerie, insieme a quella del Ceneri, fanno parte del progetto ferroviario svizzero AlpTransit, che ha l’obiettivo di realizzare collegamenti ferroviari rapidi ed efficienti attraverso le Alpi. Mentre la Svizzera diventava un hub per il trasporto intermodale delle merci, l’Italia si trovava paralizzata dall’annosa polemica sulla Tav. «Inizialmente – prosegue Ambrogio – i treni tra Belgio e Italia passavano via Frejus, che era un eccellente valico dal momento che la Svizzera aveva scelto di attuare una politica protezionistica e di non concedere permessi oltre le 16 tonnellate. In quegli anni furono anche realizzate le gallerie stradali in quota, il San Bernardo e il Monte Bianco, che fecero di Torino, insieme a Verona e Bolzano, il luogo migliore per fare il trasportatore. Ma poi abbiamo allevato i No Tav, e mentre gli altri hanno costruito, noi vogliamo rimettere a posto il Frejus, una struttura ormai totalmente decadente. Per andare in Spagna attraverso quel valico, infatti, si possono usare due locomotori che trasportano complessivamente 1.150 tonnellate, mentre nelle gallerie del Gottardo basta una sola locomotiva per tirare 1.600 tonnellate che potrebbero facilmente arrivare a 2.000.

POTENZIARE IL SISTEMA FERROVIARIO È UN OBBLIGO Per questo motivo il traffico a Candiolo si è ridotto drasticamente, costringendoci ad aprire a Gallarate e oggi riusciamo a fare in un giorno quello che prima si faceva in una settimana. C’è stato un enorme sviluppo nel triangolo Parigi-Londra-Bruxelles e se non ci fossimo trasferiti saremmo già faliti». Proprio la Tav, invece, potrebbe diventare un buon modo per incrementare il traffico lungo queste direttrici, da cui l’Italia rischia di restare tagliata fuori, oltretutto riducendo l’inquinamento. In Svizzera, dopo lo sviluppo delle tratte via treno, si è scesi sotto il milione di transiti camionistici nel 2018 e oggi solo il 29% del trasporto merci avviene via strada. «Dall’inizio del 1970 a oggi –abbiamo fatto passare oltre 20.000 treni dal Frejus. Se fosse un tunnel così bello come vogliono farci credere i 5 Stelle, sarei il primo a volerlo ammodernare. Abbiamo Torino che si sta svuotando perché a forza di dire no la gente si è stufata, mentre Milano diventa ogni giorno più importante. L’apertura del Gottardo nel 2017 ha ridotto tempi e costi del 5%. Il valico del Moncenisio, che è la base per la Tav, accorcerà il percorso di quasi 60 km. E se si pensa che il tragitto tra Torino e Parigi è di 800 km, stiamo parlando di quasi l’8%. Infine, c’è un problema di sostituzione della forza lavoro, visto che nessuno vuole più fare l’autista: abbiamo un turnover al 70%, l’età media degli autisti in Europa è di 57 anni, abbassata dalle persone dell’est che sono ancora giovani. E se diminuiscono i lavoratori, potenziare il sistema ferroviario è un obbligo».

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Anche la sanità privata cresce grazie alla Borsa Finanziare la crescita senza cedere azioni, ma aumentando il capitale sociale, per essere competitivi: così il gruppo Garofalo Health Care a fine 2018 è approdato al segmento Mta, primo e unico caso in Italia di Riccardo Venturi

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a quotazione in Borsa a fine 2018, medie strutture, aziende di famiglia che dopo con pieno successo nonostante le 40 anni dalla nascita si trovano di fronte a un condizioni avverse dei mercati, e passaggio generazionale complicato». La tensubito dopo due acquisizioni di peso: il podenza è dunque quella dell’uscita dal mercato liambulatorio Dalla Rosa Prati di Parma e gli di singoli operatori e della nascita di grandi Ospedali Privati Riuniti (OPR) di Bologna. È il concentrazioni. «Abbiamo pensato che la ruolino di marcia degli ultimi mesi del GrupBorsa potesse rappresentare il miglior trampo Garofalo Health Care (Ghc), tra i principali polino di lancio per cogliere le opportunità in Italia nel settore della sanità privata accreche il settore presenta» osserva l’ad del Grupditata, prima e unica società del settore sanipo Garofalo Health Care, «per questo ci siamo tario ad essere quotata in Borsa Italiana, sul quotati esclusivamente mediante l’aumensegmento Mta. «Ci siamo quotati il 9 novemto del capitale sociale, senza cedere azioni. bre 2018 in un momento di massima criticità Così abbiamo reperito risorse finanziare per dei mercati finanziari» dice Maria Laura Gafinanziare la crescita e la creazione di valore rofalo, amministratore delegato del Gruppo per il nostro progetto». Maria Laura Garofalo Garofalo Health Care, «abbiamo sofferto ma si è trovata impegnata in un roadshow all’enon abbiamo mollato, e la tenacia ci ha prestero proprio mentre lo spread superava abmiati: la richiesta è stata tre volte superiore bondantemente i 300 punti, per proporre di offerta». Lo sbarco in Borsa è arrivato dopo investire in un gruppo italiano che eroga seranni di crescita, culmivizi con spesa a carico nati nel 2017 con l’ac- LA QUOTAZIONE HA PERMESSO AL GRUPPO del sistema pubblico. GHC DI OTTENERE VISIBILITÀ E MEZZI quisizione del Gruppo FINANZIARI PER COGLIERE LE OPPORTUNITÀ «Il nostro principaFides, 11 strutture le cliente è lo Stato CHE SI PRESENTANO SUL MERCATO socio-sanitarie disloitaliano, e sedersi in cate tra Genova e provincia, e della casa di quel momento a un tavolo con gli investitori Cura Prof. Nobili in provincia di Bologna. esteri a Londra, Parigi e Francoforte non era «Abbiamo deciso di quotarci perché il nostro per niente facile» racconta lei, «eppure oltre il settore, quello della sanità privata accredita60% degli investitori che hanno aderito sono ta, dopo 40 anni dall’istituzione del Servizio esteri, entrati nel capitale in sede di Ipo per sanitario nazionale sta attraversando un restare nel medio periodo, così da cogliere i momento storico particolare» spiega Garorisultati della crescita che faremo soprattutto falo, «è frammentato in tante singole piccole per linee esterne. Sono molto soddisfatta del-

MARIA LAURA GAROFALO, A.D. DEL GRUPPO GHC

la loro risposta». La quotazione ha permesso al gruppo Ghc di essere vincente nella partita delle acquisizioni: «ci ha dato un grande vantaggio sui competitor» sottolinea l’ad, «oggi abbiamo una notevole visibilità, le opportunità ci arrivano in modo molto facile e abbiamo i mezzi finanziari per coglierle. Quindi nel giro di pochi mesi abbiamo portato a termine due importantissime acquisizioni: il 5 febbraio il Poliambulatorio Dalla Rosa Prati di Parma, il 6 maggio gli Ospedali Privati Riuniti di Bologna. Così siamo diventati un gruppo leader in Emilia Romagna, dove avevamo già due strutture, che è considerata una delle regioni più virtuose». E non è finita qui. «Stiamo già valutando la terza operazione» segnala Maria Laura Garofalo, «avevamo annunciato al mercato che avremmo fatto 5 operazioni importanti in 18 mesi, siamo perfino in anticipo: ne sono particolarmente orgogliosa». Il peso specifico acquisito grazie alla quotazione ha permesso al gruppo Ghc di battere anche concorrenti stranieri importanti: «La nostra operazione con gli Ospedali Privati Riuniti di Bologna ha suscitato grande scalpore» rimarca l’ad, «sono stati sul mercato per lungo tempo, e hanno suscitato l’interesse di tutti i big della sanità italiana e internazionale. Ma il fatto di esserci quotati e di avere i mezzi finanziari disponibili per chiudere l’operazione in tempi rapidi, con il pagamento al closing, ci ha dato un vantaggio decisivo».

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IL PAESE CHE CRESCE STORY-LEARNING

I SALDI DECOLLANO GRAZIE ALL’E-COMMERCE

NEL 2018 IL MESE DI LUGLIO È STATO IL PIÙ PROFICUO DOPO QUELLO DI NOVEMBRE

Secondo un’indagine eBay il 40% dei consumatori ha comprato online Il periodo dei saldi fa rima con eCommerce. Secondo i dati eBay, i consumatori guardano infatti sempre più anche all’online per trovare le migliori offerte, in un approccio multicanale che vede online e offline integrarsi con successo, all’insegna di un’esperienza d’acquisto personalizzata. Una ricerca condotta dalla piattaforma eBay rivela infatti che ben il 92% dei consumatori si aspetta di trovare i saldi estivi anche nell’online, mentre oltre il 40% dei consumatori ha già dichiarato che si affiderà

all’eCommerce per fare i propri acquisti per l’estate. Il 34% delle persone sostiene invece che il successo delle vendite online possa portare benefici al negozio fisico. Guardando ai principali trend su eBay.it, nel 2018 le vendite durante il mese di luglio hanno subito una vera e propria impennata, piazzandosi al secondo posto tra i mesi con il maggior volume di transazioni dopo novembre, mese che però ha risultati “falsati” a causa di Natale e del Black Friday, divenuto ormai appuntamento fisso.

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EDITORIA PROFESSIONALE, SORPASSO DIGITAL

SEMPRE PIÙ LETTORI PROFESSIONISTI SI SPOSTANO SUL DIGITALE

Un segmento in costante crescita che ha sposato l’elettronica Un mercato da 537 milioni di euro di fatturato, molto concentrato e con elevate barriere all’ingresso, rappresentato per i tre quarti dalle aree giuridica e fiscale, i due comparti in cui si concentra il maggior numero di pubblicazioni di carattere tecnico e che mantengono la primazia sugli altri settori. Sono i macro trend confermati dall’annuale Indagine sull’Editoria Professionale di Cerved-Databank, che quest’anno sancisce il sorpasso del digitale sulla carta. Nel 2018 infatti oltre il 60% del fatturato è stato realizzato nel segmento dell’editoria elettronica online e

dei software gestionali, sempre più interattivi e integrati. In particolare, in un contesto in cui i supporti tradizionali registrano segno negativo, l’editoria elettronica online – che include banche dati, servizi internet e portali tematici – cresce del 3% nel 2018, a oltre 200 milioni di euro di giro d’affari. Segue nel trend positivo il segmento dei software gestionali in ambito fiscale, aziendale, paghe, contabilità e nell’area legale - in aumento del 2,4%, a circa 130 milioni, grazie soprattutto allo sviluppo di proposte innovative e cloud.

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LGC INVESTE TRE MILIONI IN FREIA FARMACEUTICI

LA CANAPA PER MOTIVI MEDICALI È UNA ECCELLENZA ITALIANA

L’azienda è una Pmi italiana innovativa leader nella canapa per il medicale Freia Farmaceutici, azienda italiana pioniera nello sviluppo di innovativi dispositivi medici, integratori alimentari, dietetici, presidi medico-chirurgici e alimenti a fini medici speciali a base di derivati del seme di canapa sativa, annuncia l’ingresso del fondo canadese LGC Capital nel capitale della società, con una partecipazione pari al 35% per un corrispettivo di 3,3 milioni di euro. Iscritta al registro delle Pmi innovative, Freia Farmaceutici è una delle due aziende europee – l’unica in Italia – ad aver

sviluppato soluzioni terapeutiche a base di canapa sativa registrate presso il Ministero della Salute, prive di THC e CBD. Grazie a una lungimirante strategia R&D in ambito agronomico, estrattivo e farmaceutico, Freia è titolare di sette brevetti e ha già lanciato sul mercato diversi prodotti farmaceutici destinati a pazienti sottoposti a trattamento radio e chemioterapico, affetti da dermatite atopica e da dismetabolismo (ipercolesterolemia, diabete e disfunzione endocrina).

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IMMAGINARE IL FUTURO Avete intenzione di aprire il vostro business alle vendite online? Allora ci sono elementi da non sottovalutare. Perché l'e-commerce è prima di tutto un servizio alla clientela, come racconta l'esperienza di Sendabox. E proprio i servizi sono al centro dei nuovi business. Come quello, declinati nell'immobliare di lusso, offerto dalla startup milanese Mcd

DIETRO LE QUINTE DEL CLICK L'E-COMMERCE È LOGISTICA Da startup a scale-up: il caso di Sendabox dimostra che più il core business diventa digitale, più i servizi assumono centralità. E l'esperienza di acquisto deve tener conto di una serie di variabili di Marina Marinetti

A

vete presente l’effetto farfalla? un fatturato 2018 di 82 miliardi e un aumenQuello che – è privo di fondamento, to dello 0,6% rispetto all'anno precedente, il va detto - vuole che un battito d’ali quinto anno di una crescita che ha visto il suo dell’insetto in Brasile scateni un tornado nel picco nel 2016 con una percentuale dell'1,7%, Texas? Ecco, il “tap” del dito sul trackpad del stando ai dati dell’Osservatorio Contract Lolaptop o sul touchscreen dello smartphone gistics Gino Marchet della School of Manageè qualcosa di molto, molto simile al battito ment del Politecnico di Milano. E, se il numero d’ali della farfalla. di persone che comI DATI DELL'OSSERVATORIO CONTRACT Specialmente se quel pra sul web continua LOGISTICS DIMOSTRANO CHE GLI “tap” riguarda un aca salire, passando ACQUISTI ONLINE PERFORMANO PIÙ quisto online. Perché dal 53% del 2017 al DELLE VENDITE NEGLI STORE FISICI ognuno di quei sem55,9% nel 2018 – ben plici click mette in moto una complicatispiù della metà degli italiani! – parallelamente, sima macchina organizzativa per prelevare anche il valore degli acquisti e-commerce crel’articolo scelto dallo stock e recapitarlo sce a doppia cifra, segnando un +15% rispetto all’acquirente. Ovunque si trovi. al 2017, facendo meglio delle vendite “tradiSarà anche dietro le quinte, ma la vera prozionali” in negozio che invece faticano (dati tagonista dell’e-commerce è la logistica, con Istat 2018). «Questa corsa a ritmo spedito è

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STARTUP-TELLING

spinta proprio dalla gestione della logistica sottostante, che crea il vero valore di tutte quelle aziende che dell’e-commerce hanno fatto la propria principale leva strategica», sottolinea Federico Pozzi Chiesa, fondatore di Supernova Hub (l’incubatore di GC Holding, il gruppo che controlla Italmondo Spa, da 65 anni tra i leader del settore dei servizi logistici italiani ed internazionali, di cui Pozzi Chiesa è amministratore delegato), che ha investito ad oggi 10 milioni di euro in 12 startup, tra cui Supernova Factory, Sendabox, IoRitiro, Termostore, Zoro.ai, BorsadelCredito.it. I servizi di consegna hanno un impatto sempre maggiore sulle vendite: secondo i dati Netcomm - School of Management del Politecnico, la qualità e l’ampiezza dei servizi di consegna sono importanti per il 72,1% degli utenti e la facilità del reso per il 69,9%; fattori preceduti solo dall’esperienza di acquisto, dai prezzi dei prodotti e dall’affidabilità del venditore (77,6%). «L’e-commerce è stato da sempre QUASI LA METÀ DEGLI OPERATORI ONLINE SI ASPETTA CHE ALL'EVOLUZIONE DELLA LOGISTICA SEGUIRÀ UN AUMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ

legato a doppio filo al settore della logistica: la sua diffusione capillare a tutti i destinatari dispersi sul territorio nazionale è stata possibile solo grazie a una copertura adatta dei trasporti e a una vera e propria rivoluzione nel campo delle consegne», continua Pozzi Chiesa. «Negli anni gli ordini sono divenuti più piccoli ma più numerosi, la varietà dei prodotti più ampia, il numero dei resi (a cui bisogna aggiungere quello delle mancate consegne) ha iniziato a crescere. Ma anche il futuro delle vendite online dipenderà sempre di più dalla logistica: quasi la metà degli operatori si aspetta che all’evoluzione della logistica seguirà un aumento della produttività, il 37% prevede una maggiore visibilità sui processi e il 27% migliore tracciabilità». Ecco perché è importante intercettare le esigenze di un mercato in evoluzione. «La tendenza di crescita dell’e-commerce – per chi sa guardare – era chiara già da qualche anno. In particolare per quei player che già si muoveva

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FEDERICO POZZI CHIESA

nel mondo più tradizionale delle consegne e dei trasporti su larga scala, ma che avvertivano la potenza rivoluzionaria della rete e avevano voglia di innovare».

Il caso di Sendabox Nel 2014 Federico Pozzi Chiesa ha dato vita a una startup di e-logistics, Sendabox, poi incubata all’interno di Supernova Hub. «La nostra percezione era che la rete non fosse solo un nuovo mezzo di comunicazione, ma uno spazio da riempire o, ancora di più, uno spazio commerciale da riempire, con regole completamente nuove», spiega. «Abbiamo quindi unito le nuove tecnologie alle nuove esigenze del mercato della logistica per creare qualcosa di completamente disruptive sul mercato italiano. Forte di un’esperienza e di un know-how consolidati, abbiamo lanciato un nuovo business, che si potesse integrare con Italmondo offrendo nuove competenze da unire a quelle tradizionali consolidate dal Gruppo. Nella e-logistics di Sendabox, internet viene usato in modo strutturale nella gestione della catena logistica per abbattere i costi di transizione e ricerca, favorendo la disintermediazione e permettendo all’utente di compiere in un unico passag-

LA RETE È UNO SPAZIO COMMERCIALE DA RIEMPIRE CON REGOLE NUOVE gio al computer (o da telefono) la ricerca, il confronto, la configurazione e l’acquisto di un prodotto o servizio». Sendabox è nata nel 2014 come comparatore online di corrieri espressi per spedizioni fino a 50 kg in tutta Europa e, crescendo anno su anno, in pochi anni è diventata un’azienda da 2 milioni di fatturato che oggi offre servizi legati a logistica e supply chain per e-commerce con 30mila punti di ritiro e consegna in tutta Europa. «Sendabox mette in contatto clienti e fornitori, accorciando le distanze tra loro; offre un servizio più efficiente per organizzare spedizioni, ritiri e resi alle aziende; e accorcia il time-to-market», commenta il fondatore. «I numeri ci hanno dato ragione: Sendabox, nata come piattaforma online basic, dopo appena qualche mese già fatturava 15mila euro e oggi


il fatturato mensile medio è di 270mila euro, crescendo del 170% in tre anni. Partita con una sola persona, in poco tempo è stato strutturato un team che oggi è salito a 15 persone». E nel 2016, l’ormai ex startup Sendabox ha acquistato un’altra startup: IoRitiro, una rete di bar e negozi, le cosiddette “portinerie sostitutive”, che nasce per offrire a chi è spesso fuori casa l'opportunità di gestire il ritiro o la consegna di pacchi e buste, per estendere la copertura di servizi. Oggi conta 2000 punti ritiro in tutta Italia e oltre 30.000 in tutta Europa. La gestione dei resi In inglese si chiama reverse logistics ed è la componente del commercio online che diventerà sempre più influente nei prossimi anni: si tratta della gestione dei resi, un’arma vincente per avere successo nell’era dell’e-commerce. «Finché il cliente non clicca sul pulsante “paga”, il venditore è preoccupato della possibilità di abbandono, e in effetti le percentuali sono altissime: secondo il Baymard Institute il tasso di abbandono del carrello raggiunge il 69,57%», spiega Federico Pozzi Chiesa. «I motivi sono tanti. L’indecisione, i costi di spedizione, la paura che l’articolo scelto non piacerà… ma soprattutto l’incubo del reso. La policy sui termini e le condizioni di restituzione genera infatti molte preoccupazioni sui consumatori online: si può fare? Quanto costa? Quanto tempo ci vorrà? Dovrò richiudere il pacco come l’ho ricevuto? Non sono questioni da ignorare, anzi, rappresentano il cuore dell’evoluzione dell’e-commerce». Perché il 95% delle persone soddisfatte delle procedure di reso afferma che tornerà a comprare sulla stessa piattaforma. Non solo, il 74% degli intervistati nel sondaggio Narvar Consumer Report del 2017 sostiene che le spese per i resi scoraggiano gli acquisti. Il 22% dice che non avrebbe comprato niente senza la possibilità di restitu-

L'IMPORTANZA DI POTER CAMBIARE IDEA «Avere una chiara politica sulle condizioni dei resi è strategico per avere successo. Ma chiaro non è sinonimo di rigoroso. Più vincoli ci sono meno voglia avranno le persone di fare un acquisto su una piattaforma, invece più chiare saranno le informazioni e flessibili le modalità per restituire qualcosa se non gradito o non rispondente alle aspettative, più alte saranno le percentuali di acquisto», sottolinea Federico Pozzi Chiesa. E cita gli esempi di Zalando e di Westwing. L’e-commerce tedesco specializzato in calzature e abbigliamento, infatti, ha sviluppato un servizio per facilitare i resi (che

si possono effettuare fino a 100 giorni dopo l’acquisto): «Il “Prova prima, paga dopo” riduce la percentuale di abbandono del carrello degli acquirenti indecisi perché – proprio come in un negozio tradizionale – si possono provare i capi a casa e decidere cosa tenere e cosa lasciare al negozio». Ma anche per l’italiano Westwing, leader nel mondo dell’Home & Living, il reso è un elemento chiave nell’esperienza di acquisto del cliente, in un settore dove il tasso di resi è superiore al 30% degli acquisti effettuati. “Per Westwing, con il supporto di Supernova Hub, attraverso la startup

zione. «Tuttavia il costo per il venditore è alto. I resi aumentano tra l'8% e il 10% il costo del prodotto e le proiezioni indicano un continuo aumento del costo della reverse logistics: i resi sono meno prevedibili delle vendite, partono tutti da punti diversi della città e del Paese e se c’è stato un reclamo per difetto o malfunzionamento, occorre fare un controllo e successiva riparazione. Tutto ciò rende difficile, quasi impossibile, per le aziende stabilire un budget ad hoc e fare previsioni». Secondo l’Associazione

incubata Send a Box, è stata sviluppata una piattaforma specifica per i resi che ha migliorato i flow e il data entry lato logistica, e la user experience lato utente, con un sistema di “reso facile” che consente al cliente finale di rendere in autonomia un prodotto tra quelli acquistati, prenotando direttamente il giorno di ritiro e specificando la motivazione. Attraverso “reso facile” l’azienda ha registrato una riduzione dei costi, semplificando la tracciabilità del pacco in inbound, e un aumento delle richieste supportate da una motivazione reale e predefinita», spiega il Pozzi Chiesa.

European Ecommerce, nei negozi fisici i resi sono pari a circa l’8-9%, mentre in quelli online vanno dal 15% al 30%, superando anche il 40% nel settore dell’abbigliamento. E secondo quanto rilevato da Narvar, il 40% degli utenti compra più articoli sapendo che qualcosa restituirà. «La logistica dei resi è quindi fondamentale per chiunque abbia un e-commerce, come riscontrato dalle analisi di Supernova Hub, osservatorio privilegiato sul mondo della logistica smart e dell’e-commerce».

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STARTUP-TELLING

Il fondatore di Mcd, Lorenzo Pascucci

Piccolo è bello, purché siano metri quadri di lusso Si chiama Mcd, acronimo di Milano Contract District, la startup fondata da Lorenzo Pascucci, che offre servizi esclusivi per il mercato immobiliare residenziale a clienti come Generali, Bnp Paribas e Dea Capital di Marco Scotti

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ffrire servizi esclusivi “chiavi in mano” per il mercato immobiliare residenziale b2b: è la sfida, finora stravinta, di Mcd, acronimo di Milano Contract District. Una nuova tendenza, quella del contract, che va incontro a un’esigenza duplice e, per certi versi, quasi opposta: da un lato la necessità, per l’utente finale, di entrare in un immobile in cui le possibilità di personalizzazione sono ridotte al lumicino. Basta pensare agli ultimi edifici creati nel capoluogo lombardo dalle cosiddette “archistar” in cui l’impianto non può essere modificato. Dall’altra parte, però, l’utenza media di queste strutture, ovvero persone con elevato potere di spesa, ha il desiderio continuo di rendere unica la propria dimora. Non solo: dimentichiamo per un attimo ampie metrature e soluzioni extra-lusso. Oggi le esigenze, specie a Milano, sono «di appartamenti tra i 30 e i 50 mq: si tratta di una rivoluzione del comfort abitativo e corrisponde alla richiesta

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di un pubblico sempre più in caccia dei cosiddetti “tagli piccoli” non certo perché costino meno, ma perché rappresentano una soluzione più adatta al nuovo modo di intendere la città» ci spiega il fondatore di Mcd, Lorenzo Pascucci, un passato tra le multinazionali e sette anni trascorsi come General Manager e Responsabile Business Development della divisione Contract di Ernestomeda. Nata nel 2016, questa startup quindi offre la possibilità di rendere unica la propria casa attraverso soluzioni di pregio, esclusive e in linea con le esigenze dei costruttori. Oggi Mcd, che conta su una solida struttura logistica interna e su un team di 65 professionisti (decuplicati rispetto all’avvio), ha in attivo partnership su oltre 60 cantieri non solo a Milano ma anche a Roma e Torino, con un portafoglio di oltre 1.300 unità abitative, in consegna entro il 2021. Tra i clienti e i progetti più significativi, Citylife con Generali, Bnp Paribas RE, Savills,

Dea Capital, Nexity, Reale Immobili (la divisione RE di Reale Mutua), i fondi di investimento Polis, InvestiRE sgr, le imprese Rusconi, Borio Mangiarotti, Mangiavacchi e Pedercini e molti altri importanti players nazionali e internazionali. «La nostra idea – prosegue Pascucci – è offrire un percorso esperienziale che consente di occuparsi del “bello” nei due anni che separano dall’acquisto alla consegna. Abbiamo uno showroom di 1.700 metri quadri con un team di persone dedicate. In questo modo possiamo gestire qualsiasi esigenza. La nostra startup ha funzionato bene soprattutto a Milano per una duplice combinazione di fattori: c’è una richiesta di immobili che supera la possibilità e di soddisfarla e c’è una propensione a sperimentare nuovi processi e nuove strategie». Una proposta che è piaciuta talmente tanto da essere inserita – dal Joint Research Center Proptech del Politecnico di Milano – tra le 75 startup più importanti attive nel settore immobiliare italiano. A ottobre 2018, intercettando le esigenze dei nuovi modi di abitare, ha lanciato More+Space, la nuova piattaforma dedicata specificatamente al microliving che offre innovative soluzioni di interior progettate per ampliare gli spazi piccoli, i mono e i bilocali, che in questo modo acquistano metri quadri in più. Un monolocale di 30 mq arriva ad averne 8 in più, mentre per un bilo di 39, se ne aggiungono altri 16 (di fatto una stanza in più). Tra le collaborazioni già attive per Mcd c’è anche il progetto di Horti, la residenza milanese nata da un’idea dell’architetto Michele De Lucchi. E soprattutto, conclude Pascucci, «la riqualificazione integrale degli asset nel centro di Milano di uno dei gruppi assicurativi più importanti del paese».


IL NUOVO CHE AVANZA STARTUP-TELLING

AUMENTO DI CAPITALE DA 600.000 EURO PER ERMES

LA VALUTAZIONE POST-MONEY DELL’AZIENDA TORINESE È DI 2,7 MILIONI

Tra gli aderenti al finanziamento alla startup di cybersecurity anche Invitalia Ermes Cyber Security, la startup torinese nata come spinoff del Politecnico di Torino e cresciuta all’interno di I3P - Incubatore delle Imprese Innovative del Politecnico di Torino, annuncia un aumento di capitale di 600.000 euro. L’aumento di capitale è stato sottoscritto per un terzo da soci interni, con una valutazione post-money di 2,7 milioni di euro: oltre a tutti i dipendenti di Ermes Cyber Security, hanno aderito Enrico Castellani, che è anche socio di Epicura e presidente advisory board di Enerbrain, e Angelo Italiano, Business

Angel di Club degli Investitori e Business Angel dell’anno nel 2016. Circa 400.000 euro di aumento provengono invece da Invitalia e sono stati concessi nell’ambito del bando Smart&Start, che intende stimolare una nuova cultura imprenditoriale legata all’economia digitale, e valorizzare i risultati della ricerca scientifica e tecnologica: in questo caso, Ermes Cyber Security è stata valutata da parte dei tecnici del Ministero dello Sviluppo Economico, che hanno ritenuto il progetto imprenditoriale meritevole e ad alto contenuto tecnologico.

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NUOVA PARTNERSHIP TRA ENDEAVOR E BAIN&COMPANY Con Codemotion parte un programma di externship per startup Dal 2011, Bain e Endeavor sono infatti impegnati in un programma di externship in cui i membri dello staff di consulenti di Bain lavorano, esclusivamente pro bono, direttamente con uffici Endeavor in tutto il mondo e con gli imprenditori selezionati per un periodo di 2-6 mesi. Ora la partnership, che ha visto Endeavor e Bain & Company insieme in Italia fin dal 2016, si rafforza ulteriormente grazie alla collaborazione operativa incentrata sul progetto per Codemotion, la piattaforma omnichannel che supporta gli

sviluppatori nella loro crescita professionale e aiuta le aziende a ingaggiarli in attività di marketing, hiring e open innovation. Una grande community europea che coinvolge più di 500.000 sviluppatori veicolando durante tutto l’anno contenuti di alta qualità sulle ultime tendenze tecnologiche e opportunità per il network. Il team management di Codemotion (Chiara Russo, Mara Marzocchi, Carlotta Cattaneo e Andrea Ferlito) è recentemente entrato a far parte del network di Endeavor.

CODEMOTION È LA PIATTAFORMA OMNICHANNEL CHE SUPPORTA GLI SVILUPPATORI NELLA LORO CRESCITA

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SUMUP FINANZIAMENTO DA 330 MILIONI PER ACCELERARE LA CRESCITA

IL LETTORE SUMUP PERMETTE DI AVERE UN POS A PORTATA DI MANO SENZA CANONI BANCARI

Bain Capital Credit, Goldman, HPS & TPG Sixth Street tra gli aderenti SumUp, l’azienda fintech leader nel settore dei pagamenti digitali, annuncia oggi un aumento di capitale di 330 milioni di euro da parte di Bain Capital Credit, Goldman Sachs Private Capital, HPS Investment Partners e TPG Sixth Street Partners. SumUp utilizzerà il capitale per accelerare la sua crescita e acquisire nuovi commercianti nei suoi 31 mercati intorno al mondo. In particolare, i fondi saranno impiegati per continuare ad espandere il database di SumUp, sia organicamente che attraverso

acquisizioni (M&A): la compagnia infatti ha recentemente espanso l’offerta dei suoi prodotti con l’acquisizione di Debitoor, per i servizi di contabilità e fatturazione, e di Shoplo, per le funzioni e-commerce e per raggiungere diversi mercati. SumUp intende continuare il suo percorso virtuoso, basato su una crescita di oltre il 120% anno su anno (YoY), puntando inoltre a coinvolgere i migliori talenti al mondo nei suoi 15 uffici in 3 diversi continenti, per implementare il suo team attualmente composto da oltre 1500 persone.

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L'ITALIA PUNTA ALLA GUIDA DELL'ALTA OROLOGERIA

DOMANDE &OFFERTE Superare le difficoltà è solamente una questione di strategie.Così, se la crisi porta i grandi brand ad allontanarsi da alcuni mercati, ecco che si aprono opportunità per chi invece decide di restare. E, anzi, di incrementare il proprio impegno. Un paradigma che si applica tanto all'orologeria d'alta gamma, quanto al problema delle emissioni. Non ci credete? Sfogliate le prossime pagine e cambierete idea.

110 MOTORI ECOLOGICO ED ECONOMICO IL METANO È "ECO" DUE VOLTE

114 MEDICINA ESTETICA IL RITOCCHINO NON CONOSCE CRISI

Ricardo Guadalupe, amministratore delegato di Hublot, spiega la strategia controcorrente del brand: puntare sulla penisola come porta commerciale d'Europa, mentre i competitor guardano all'oriente e ai mercati emergenti di Davide Passoni

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toricamente l’Italia è sempre stata diminuito gli acquisti nel settore del lusso. il mercato di riferimento, in Euro«Fino a pochi mesi fa in Cina crescevamo del pa, per l’alta orologeria. Una cultu30-40% annuo, mentre ora siamo intorno al ra orologiera superiore, una rete di retailer 10%. Le tensioni economiche e politiche non unica a livello internazionale e un’economia ci fanno bene, speriamo di chiudere i prossiin salute hanno fatto del nostro Paese un faro mi mesi comunque in doppia cifra». A parlare per le lancette di preè Ricardo Guadalupe, IL MARCHIO HA APPENA APERTO gio, svizzere e non. 54 anni, amministraUN FLAGSHIP STORE DI 65 METRI Tanto che solo 50 tore delegato di HuQUADRATI A ROMA, NELLA anni fa, un imprendiblot dall’1 gennaio CENTRALISSIMA PIAZZA DI SPAGNA tore illuminato come 2012. Manager elvePalmiro Monti acquistava un marchio storico tico di origini spagnole con studi economici dell’orologeria elvetica come Eberhard & Co. tra Svizzera e Stati Uniti, Guadalupe ha pasTra i diversi fattori che, purtroppo, hanno sato la propria vita professionale e sviluppapoi portato alla perdita di questo primato to la propria carriera nell’orologeria, sempre vi è anche lo spostamento a est dei mercati tra marchi top, da Blancpain a Bulgari fino, più ricchi o promettenti, in primis la Cina. appunto, a Hublot. Ora il brand di proprietà La quale però negli ultimi mesi, complici le del Gruppo LVMH si impegna a riportare l’Itensioni commerciali con gli Stati Uniti, ha talia allo storico ruolo di guida nel mercato

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DOMANDE&OFFERTE DOMANDE&OFFERTE

Ricardo Guadalupe, 54 anni, amministratore delegato di Hublot dall’1 gennaio 2012

orologiero, investendo e credendo nel nostro Paese come porta commerciale dell’intero continente. In controtendenza rispetto ad altri marchi, infatti, Hublot rafforza la propria presenza sul mercato italiano con l’apertura della sua prima boutique a Roma. Uno spazio di 65 mq in Piazza di Spagna che porta a cinque i punti vendita italiani, testimoniando come la fiducia nelle potenzialità dell’Italia si costruisca anche a partire da scelte imprenditoriali coraggiose ma ponderate.

Molti marchi abbandonano il mercato italiano mentre voi scegliete la strada inversa, investendo sull’Italia e sulla città di Roma: Perché? L’Italia è diventata un mercato centrale per noi in Europa e volevamo, dopo alcuni anni, aprire una boutique importante, che per noi è un vero flagship store. Abbiamo già la boutique di Milano con Pisa Orologeria, ma è più uno spazio all’interno del loro negozio; abbiamo poi aperto a Porto Cervo e a Capri, che sono però due boutique stagionali. Quella di Roma è invece la prima boutique dove vera-

L'ITALIA È DIVENTATA UN MERCATO CENTRALE PER NOI IN EUROPA. SONO TANTI I LEGAMI CREATIVI CHE CI UNISCONO AL PAESE mente facciamo capire con forza che Hublot crede nell’Italia e in Roma. La città è importantissima a livello storico e turistico, non devo essere certo io a spiegarlo. Tanti di questi turisti, anche altospendenti, passano per luoghi come Piazza di Spagna. Ecco perché la nostra scelta di aprire non solo nella Città Eterna, ma in uno dei punti più frequentati da romani e visitatori. Crediamo molto in questo mercato perché ci dà tanti segnali che

ci inducono a credere in lui.

E poi, Hublot ha un rapporto storico con l’Italia. Hublot ama l’Italia. Come ha detto lei, sono tanti i legami creativi che ci uniscono al vostro Paese, dalla partnership con Ferrari alle collaborazioni molteplici con Lapo Elkann e con le sue diverse aziende. Ma amiamo anche Roma, Milano, le città nelle quali siamo presenti e quelle in cui apriremo. Perché abbiamo intenzione di aprire altre boutique nel Paese e di investire con forza su questo mercato.

Quali riscontri avete avuto dall’ultimo salone di Baselworld? Positivi. Abbiamo vissuto un inizio di anno molto forte, considerando che già venivamo da un anno di grande crescita perché per noi il 2018 è stato eccezionale. Negli ultimi mesi stiamo un po’ scontando l’incertezza della congiuntura internazionale, come le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti, che stanno avendo degli impatti anche sul nostro business. Vale non solo per gli orologi ma in generale per gli acquisti di lusso nel Paese asiatico, ma è chiaro che anche noi ne

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risentiamo. In particolare nei mesi di aprile e maggio, a livello globale siamo cresciuti a cifra singola e non a doppia cifra come in passato. Stiamo a vedere, di certo siamo fiduciosi nelle potenzialità dei nostri prodotti.

Il vostro marchio appartiene al Gruppo LVMH: quanta libertà vi lascia il fatto di poter contare sulla forza di una realtà così grande? Il nostro presidente, monsieur Bernard Arnault, è a capo di un gruppo che conta svariate decine di Maison e vuole che a capo di ciascuna di esse non ci sia un manager, ma un vero imprenditore che gestisca il marchio come se fosse proprio. Naturalmente il presidente vuole delle cifre, possibilmente buone, alla fine di ogni mese e quindi vendite e profittabilità devono essere sempre in linea con le aspettative. Ormai sono 11 anni che siamo stati acquistati dal Gruppo e in questo periodo abbiamo sempre fatto registrare delle crescite, per cui il presidente è ben contento e ci sprona a proseguire in questa direzione. Detto questo, ammetto che siamo molto liberi a livello di strategia commerciale, sviluppo prodotto, marketing e distribuzione. E questo è un bene.

Hublot è un marchio che investe molto in re qualcosa di unico. Ogni retalier di Hublot comunicazione tra arte, sport, musica… deve essere ben preparato sul marchio e sui Ma quale brand identity volete trasmetteprodotti; per questo motivo lavoriamo molre? to con grandi investimenti sulla formazione Vogliamo creare un mondo Hublot che facdei nostri retailer, in modo che sappiano cia parte del mondo di oggi, un mondo in cui esattamente che cosa comunicare e come la globalizzazione è un dato di fatto. Ogni comunicarlo. consumatore di alto livello non compie solo un’attività: può acquistare una Ferrari, seIl tempo libero è la risorsa più preziosa che guire una gara di Formula 1, le partite del abbiamo: lei come impiega il suo? campionato del monQuando ho la possiI BRAND AMBASSADOR SONO do di calcio, visitare bilità, mi piace rimaPERSONE CHE DEVONO CREDERE una mostra d’arte. Ha NEL MARCHIO E AMARLO: ECCO PERCHÉ nere nella mia casa di tutto un mondo in cui Losanna. Dal momenÈ CENTRALE L'ENGAGEMENT vive e noi vogliamo to che viaggio molto, creare per lui un ulteriore mondo nel quaquando posso essere a casa sono felice. Poi, le possa identificarsi; far parte del proprio sono appassionato di gastronomia e di vino: mondo, per lui, è logico e normale e indosse ho dei weekend liberi, amo cucinare e insare un orologio Hublot lo fa entrare nella vitare amici a pranzo o a cena. Ma cucino per dimensione che noi facciamo vivere ogni pochi, 3-4 persone. Se si invitano 10-12 pergiorno per lui. Lo stesso vale per i brand amsone, finisce che si rimane ai fornelli a cucibassador: sono persone che devono credere nare mentre gli amici si divertono, mangiano nel marchio, amare il marchio e tutto quello e bevono. Meglio essere a tavola con loro che che facciamo. bloccato tra le pentole. In questo 2019, altri marchi orologieri del Gruppo LVMH festeggiano anniversari importanti: i 50 anni del Monaco di TAG Heuer, i 50 di El Primero di Zenith... Voi che cosa festeggiate? Noi festeggiamo i 90 anni di presenza nelle competizioni motoristiche da parte di Ferrari, di cui siamo partner, e ci siamo legati a realtà come il campionato del mondo di calcio femminile e il campionato del mondo di cricket, di cui siamo stati official timekeeper. Siamo una maison giovane, ma argomenti per festeggiare non ci mancano.

Quali consigli dà ai retailer per comunicare e vendere il marchio e gli orologi Hublot? Il concetto di arte della fusione, che è il nostro payoff e caratterizza tutta la nostra produzione, è geniale, semplice da intuire ma va spiegato bene. I nostri orologi sono diversi dagli altri proprio perché sono creati attraverso questa fusione, lavorando al prodotto sui materiali e sui movimenti, per realizza-

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DOMANDE&OFFERTE

ECOLOGICO + ECONOMICO: IL METANO È ECO DUE VOLTE Tutti gli studi concordano sull’opportunità di puntare sul gas come carburante nei motori termici. Eppure sono poche le case automobilistiche che stanno dimostrando di credere nell’opportunità di investirci di Franco Oppedisano

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volte i numeri nascondo la verità invece di svelarla. È il caso di quelli che riguardano le immatricolazioni delle auto a metano in Italia, che dicono di 37.422 veicoli venduti nel 2018 e poco meno di 17 mila nei primi sei mesi di quest’anno. Pochi, rispetto ai quasi due milioni di auto nuove vendute ogni anno nel nostro Paese. Moltissimi, se si considera che sono in vendita solo 16 modelli di due gruppi automobilistici: Volkswagen e Fca. Inoltre, la produzione di queste versioni non sono in cima ai pensieri dei produttori perché finiscono solo in Italia e in misura minore in Germania e in Olanda. I tempi d’attesa per averle sono lunghi, come sono stati lunghi i tempi per le omologazioni ai nuovi standard di misurazione delle emissioni di queste vetture, che sono finite in coda a tutte le altre. «Il mio problema non è venderle», ci raccontò in confidenza qualche mese fa un manager del settore, «ma riuscire ad averle, farle produrre. Se ne avessi di più sarei solo felice». In un mondo dell’automotive tutto proiettato verso un futuro elettrico, una soluzione facile e immediata per ridurre le emissioni di CO2 e degli altri inquinanti viene presa in considerazione da pochi, non ottiene spazio sui giornali e non viene per niente considerata dai politici in cerca di popolarità. Eppure le auto a metano

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sembrano avere tutti NEL 2030 IL METANO AVRÀ UNA QUOTA magine triste di qualDI MERCATO IN EUROPA PARI AL 12%, i numeri per esseche anno fa», spiega re dei best seller tra CHE SALIRÀ AL 25% NEI MEZZI PESANTI Fabrizio Longo, che E ADDIRITTURA AL 33% NEGLI AUTOBUS le alimentazioni: un “guida” in Italia Audi, prezzo quasi sempre uguale alla versione a il marchio premium del costruttore tedesco. benzina grazie alle promozioni, consumi ri«E tra le soluzioni oggi fruibili e concrete è la dotti che assicurano una percorrenza di 100 più intelligente dal punto di vista ambientale. chilometri con circa 3,5 euro, una riduzione Oggi offriamo la gamma g-tron di A3, A4 e A5 delle emissioni di NOx del 75%, le emissiocon prestazioni identiche a quelle delle altre ni di particolato ridotte quasi a zero e quelAudi. Si risparmia, senza rinunce, il 50% sul le di CO2 inferiori a quelle delle auto mild o carburante e moltissimo sul bollo, in più si acfull hybrid. Un’auto ideale, sia nella versione cede a molte zone a traffico limitato». bifuel (quella dei modelli Fca) che aggiunge Secondo uno studio della Ngva, un’associaun serbatoio per il gas a quello della benzizione europea nata per promuovere l’uso del na, sia nella versione monofuel (quella dei gas naturale e del biogas come carburante nei marchi del Gruppo Volkswagen) che ha veicoli e nelle navi, il metano nel 2030 avrà un piccolo serbatoio di benzina che una quota del mercato auto in Europa pari al fa da supporto a quello principale 12%, che salirà al 25% nei mezzi pesanti e al a metano, per gli ambientalisti e 33% negli autobus. Sempre secondo questo le famiglie, per coloro che badano studio, le auto con questo tipo di alimentaal sodo e non seguono a tutti i costi zione in circolazione saranno 12,6 milioni, i la moda. «Il metano non ha più l’imveicoli commerciali 190 mila, gli autobus 110


mila e i mezzi pesanti 280 mila. Non è affatto chiaro su che cosa si basano queste previsione o se siano soltanto delle mere speranze. Sta di fatto che oggi in Europa circolano solo poco più di 2 milioni di auto a metano. Uno studio effettuato da Deloitte per GasNam, associazione spagnola del settore, racconta che nel 2045 in Spagna verrà raggiunta la quota di 800 mila veicoli a gas naturale e, per quanto riguarda il settore dei mezzi pesanti, il 79% dei camion utilizzerà il metano per autotrazione, ma per ora i distributori spagnoli aperti sono solo un centinaio e i mezzi in circolazione sono meno di 10 mila. In Germania l’obiettivo delle autorità è arrivare a un milione di auto a gas naturale entro il 2025, ma se ne vendono circa solo 1500 al mese, nonostante la buona presenza (865 stazioni operative) di punti di rifornimento. In tutta Europa sono operative 3.788 stazioni di rifornimento e oltre un terzo di queste sono in Italia. Ci sono in tutto solo 92 distributori di metano in autostrada e oltre la metà (49) sono nel nostro Paese. E su due milioni di veicoli con questa alimentazione circolanti in Europa, la metà hanno una targa italiana. Questi numeri danno il quadro di una grande opportunità e di un problema. Da una parte, l’impegno che si rinnova ogni giorno nella realizzazione di nuovi punti di rifornimento di

MARCO ALVERÀ, A.D. DI SNAM

gas naturale e la capillarità della rete di distribuzione fornisce già in Italia un’ottima base per puntare a un incremento delle vendite di auto nuove a gas e a un aumento delle trasformazioni a metano di veicoli usciti dalla fabbrica con un’altro tipo di alimentazione. Dall’altro i numeri sono troppo bassi per invogliare i costruttori a investire su questo tipo di alimentazione. Qualcuno, come Mercedes, lo faceva e non lo fa più perché, raccontano, «la burocrazia italiana ci faceva impazzire». Altri non ci pensano affatto e nei listini ci sono solo modelli Fca (che lo fa per tradizione) e modelli del Gruppo Volkswagen, che segue una strategia precisa. «Il gas naturale destinato ai veicoli rappresenta un enorme potenziale

LA A5 SPORTBACK G.TRON DI AUDI. NEL RIQUADRO, FABRIZIO LONGO, BRAND MANAGER DI AUDI IN ITALIA

d’affari» ha spiegato Luca De Meo, presidente di Seat, annunciando come a Barcellona lavorino mille ingegneri sulla tecnologia a metano anche per gli altri marchi del Gruppo tedesco «sia per l’industria dell’auto che per l’industria del gas. E il bello è che esiste già, non sono necessari grandi investimenti e può essere ampiamente offerta ai clienti. Il metano non deve essere considerato come una tecnologia “ponte”, bensì come una reale alternativa a lungo termine perché è due volte Eco (ecologica ed economica) e sulla terra ci sono riserve di gas metano sfruttabili per centinaia di anni». Le riserve potrebbero durare anche di più e questo tipo di trazione essere ancora più ecologica se aumentasse la quota di biogas. Si tratta di una miscela di vari tipi di gas, composti principalmente da metano, prodotti dalla fermentazione batterica in assenza di ossigeno dai residui organici vegetali o animali ed è quindi una fonte energetica rinnovabile. Per ora si parla ancora di uno zero virgola immesso in rete rispetto al metano di origine fossile, ma le prospettive sembrano eccellenti. Infatti, secondo uno studio commissionato dal consorzio Gas for Climate, che riunisce sette aziende europee del trasporto gas e due associazioni attive nel settore del gas rinnovabile, in Europa c’è un potenziale di 270 miliardi di metri cubi di gas rinnovabile, prevalentemente biometano e idrogeno, da immettere nelle infrastrutture esistenti che potrà aiutare l’Europa a eliminare le emissioni di CO2 nel 2050 risparmiando circa 217 miliardi di euro l’anno. «Per questo il consolidamento della filiera italiana del biometano» ha spiegato Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, una delle sette aziende di Gas for Climate «è un obiettivo sul quale Snam è impegnata con un programma di investimenti di almeno 200 milioni di euro al 2022 tra infrastrutture e per la mobilità sostenibile. Il biometano e i gas rinnovabili avranno un ruolo determinante nel raggiungimento degli obiettivi climatici in Italia e in Europa e nello sviluppo della filiera agricola italiana, in un’ottica di economia circolare».

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DOMANDE&OFFERTE

Artificiale, intelligente ma soprattutto pervasiva Produzione, logistica, analisi dei dati, gestione del rapporto con i clienti: le applicazioni dell’AI non conoscono limiti. Così i grandi player la stanno implementando in ogni processo aziendale. Il caso di Lenovo di Emilio Mango

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baglia chi pensa che l’intelligenza nenti dei grandi data center, come i server). artificiale sia un fenomeno, per Ma Lenovo utilizza le nuove tecniche di proquanto dirompente, circoscritto ad grammazione anche e soprattutto per renalcune applicazioni come il riconoscimento dere più efficienti i propri processi interni, facciale o la creazione di assistenti virtuali generando valore e migliorando l’esperienin grado di dialogare con l’essere umano. za dei clienti. L’A.I., senza scendere in dettagli, è un insie«Stiamo utilizzando l’intelligenza artificiame di tecnologie e di tecniche che possono le», ha detto Arthur Hu, Cio di Lenovo, «per migliorare le prestazioni di qualsiasi sistetrasformare il servizio clienti con chatbot ma digitale, e come tale viene utilizzato e e assistenti virtuali, una modalità di dialointerpretato dalle aziende più innovative in go che rappresenta una quota sempre più modo pervasivo. significativa del nostro volume di attività “Pezzi” di intelligenza artificiale vengono di assistenza. L’elaborazione del linguaggio inseriti nei sistemi naturale in più linLENOVO UTILIZZA L’INTELLIGENZA di produzione, di logue e la costruzione ARTIFICIALE ANCHE PER TRASFORMARE gistica, di analisi dei di grafici della conoIL SERVIZIO CLIENTI CON CHATBOT dati. Insomma, non scenza (che permetE ASSISTENTI VIRTUALI c’è un limite alla sua tono di rappresentaapplicazione e non c’è un solo modo di vere in modo efficace le nozioni necessarie a derne i benefici. risolvere i problemi tecnici) aiutano a miLenovo, ad esempio, ha interpretato questa gliorare la soddisfazione del cliente e ad aunuova opportunità declinandola secondo la mentare la nostra efficienza. Stiamo anche sua filosofia, che vede il cliente al centro di utilizzando tecniche di analytics per identutti i processi aziendali. La multinazionale tificare le cause alla base di guasti ripetuti, è ovviamente in prima linea, perché produin modo da poter diagnosticare i problemi ce e vende sia i dispositivi che vengono utipiù frequenti correggendoli in modo precilizzati dall’uomo per interagire con i sistemi so e veloce appena si presentano. E questi digitali (smartphone, tablet e personal comsono solo due esempi di applicazione delle puter) sia quelli dove vengono elaborate le tecniche di intelligenza artificiale studiate grandi moli di dati che alimentano le appliper servire meglio i clienti». cazioni di intelligenza artificiale (i compoLenovo sta anche utilizzando l’apprendi-

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ARTHUR HU, CIO DI LENOVO

mento automatico per sviluppare modelli predittivi della del mercato dei personal computer. L’intelligenza artificiale aiuta a gestire questi scenari molto complessi in cui si dispone di grandi quantità di dati strutturati e non strutturati, come ad esempio gli ordini di vendita, le informazioni di marketing e promozioni, le condizioni meteorologiche, la stagionalità, i lanci di nuovi prodotti, oltre ovviamente alla valanga di dati che arriva dai social media. «La cosa bella dei modelli di machine learning (una delle tecniche di intelligenza artificiale)», dice Arthur Hu, «è che una volta progettati, auto-apprendono e diventano più efficienti nel tempo, un fenomeno che stiamo già toccando con mano: l’accuratezza delle nostre previsioni è già migliorata del 10% da quando li applichiamo. Li stiamo anche utilizzando», continua il Cio della multinazionale, «per prevedere la domanda dei componenti che acquistiamo e utilizziamo nei nostri prodotti, il che ci aiuta a consolidare gli ordini e a promuovere l’efficienza. Usiamo anche le simulazioni per gestire in modo migliore e più accurato il nostro magazzino. Gestire in modo più efficace ed efficiente la nostra supply chain ci consente di consegnare il prodotto giusto per ciascun cliente il più rapidamente possibile».



STORY-LEARNING DOMANDE&OFFERTE

ALTRO CHE RECESSIONE, L’ESTETICA NON CONOSCE CRISI Da sempre considerato appannaggio del mondo femminile, oggi aumenta il bacino d’utenza del “ritocchino”, che sta registrando sempre più utilizzatori maschili. Ecco perché il settore continua a crescere di Francesca Frediani

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edicina e chirurgia estetica sembrano essere settori immuni da ogni possibile recessione economica. Se in altri ambiti, infatti, si tende a limitare spese e uscite di denaro considerate non indispensabili, prendersi cura di sé stessi e apparire sempre giovani è diventata quasi una necessità. La grande novità rispetto al passato è il ruolo sempre più attivo da parte degli uomini: da semplici spettatori (o accompagnatori di mogli e figlie) a utilizzatori attivi ed esigenti. Ciò che colpisce maggiormente è che i maschi (ma vale anche per le loro compagne) si rivolgono al chirurgo e al medico estetico non solo per correggere quelli che considerano dei difetti (in particolare la riduzione dell’adiposità addominale e dei fianchi, o

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un’eccessiva evidenza della mammella a livello pettorale o per la caduta dei capelli) ma, soprattutto, per prevenire. E il risultato deve essere, tassativamente, naturale. È finita l’epoca in cui la medicina e la chirurgia estetica significavano, nella maggior parte LA CHIRURGIA NON MIRA PIÙ A CAMBIARE I CONNOTATI, MA A CORREGGERE ALCUNI DIFETTI FISICI RESTITUENDO UN RISULTATO NATURALE

dei casi, cambiare i connotati. Grazie dunque ad una nuova consapevolezza e alle nuove tecnologie, si interviene in maniera sempre meno invasiva. – «È importante restituire il giusto equilibrio tra l’immagine riflessa nello specchio e quella che sentiamo di avere», ci conferma il chirurgo plastico brasiliano Mau-

ricio De Maio, considerato un vero e proprio guru del settore che, come molti chirurghi plastici, non disdegna l’utilizzo di prodotti e di tecnologie tra le più conosciute e utilizzate nell’ambito della medicina estetica. Una conferma arriva dai dati dell’Osservatorio permanente del Congresso di Medicina Estetica Agorà, che si svolge ogni anno a fine ottobre a Milano, in cui emerge una nuova esigenza che non ha nulla a che vedere con la vanità, ma rileva la necessità di affrontare lo scorrere del tempo nel miglior modo possibile. «Al riguardo – spiega Alberto Massirone, presidente del Congresso e direttore della scuola omonima – un recente articolo scientifico, pubblicato su una nota rivista internazionale, conferma come le procedure minimamente invasive riducano la negativa


sta ponendo molta attenzione». Il picco di richieste maschili si raggiunge nella fascia d’età tra i 35 e i 50 anni e le procedure più gettonate sono i trattamenti anti-aging: filler e peeling chimico al primo posto (65%), seguiti da rivitalizzazione cutaALBERTO MASSIRONE nea (64%) e tossina percezione del sé per botulinica (63%). Tra DALL’EPILAZIONE AI TRATTAMENTI un beneficio psico- ANTI-AGING, PASSANDO PER BOTULINO i 51 e i 64 anni c’è una sociale e generale di E FILI DI SOSTEGNO: ECCO I TRATTAMENTI maggiore richiesta di PIÙ RICHIESTI DAGLI UOMINI qualità di vita, scopo fili di sostegno e biointrinseco della Medicina Estetica. Un desistimolazione (che rappresentano, infatti, il derio, questo, ormai fondamentale anche per 50% delle procedure effettuate). “Soltanto gli uomini che sempre più frequentemente nell’ultimo anno – prosegue il Prof. Massi prendono cura del proprio aspetto fisico sirone – le richieste da parte dell’universo con trattamenti antiaging a differenza dei maschile, sono aumentate del 3%”. Millennials, sempre attenti all’immagine, Anche chi non ha mai fatto un trattamento che puntano invece per il 56% all’epilazione di chirurgia estetica, non disprezza l’idea: laser, ai trattamenti per combattere l’acne e solo il 4% degli italiani si dichiarerebbe ina piani alimentari personalizzati. Proprio il fatti contrario al ritocchino al maschile. La desiderio dei giovani e giovanissimi di supefine del mito della chirurgia estetica come rare il “complesso dei selfie”, è un tema estreun vezzo tipico femminile? Dati alla mano mamente attuale in cui anche la letteratura sembrerebbe di sì!

È IMPORTANTE L’EQUILIBRIO CON L’IMMAGINE ALLO SPECCHIO

MAURICIO DE MAIO

IL LIFTING IN PAUSA PRANZO In Argentina sta diventando un vero e proprio must! Si tratta di una terapia rapida, poco invasiva e dai costi contenuti. - Il ‘lunchtime lift’ è un trattamento antiage che consiste nel posizionare dei sottilissimi fili in polidiossanone (Pdo) montati su aghi molto piccoli e sottili nel derma, facilitando il riposizionamento parziale della pelle

cadente. “Non si tratta di un vero e proprio lifting - afferma la dottoressa Patricia Frisari, vice presidente della Società Argentina di Medicina Estetica (SOARME) – ma di una procedura più discreta che garantisce tuttavia di ritrovare la compattezza della pelle nella zona trattata”. Il riassorbimento lento (circa 180 giorni) e una lunga tenuta, ne garantiscono i risultati.

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VITA DA MANAGER Come sarà il manager del futuro? Sicuramente sarà ipertecnologico e avrà un’attitudine al cambiamento oggi inimmaginabile. Ma dovrà essere anche un vero “duro”. Per essere alla portata delle sfide che lo attendono

119 LEADERSHIP MANAGER IN EQUILIBRIO TRA DUE FUOCHI CONTRAPPOSTI

IL TEAM BUILDING ESTREMO RENDE PIÙ TOSTO IL MANAGER Cimentarsi in imprese alla Rambo aumenta la capacità di problem solving e di adattamento, ma incrementa anche l’attidutine alla leadership e al gioco di squadra. Ecco perché le aziende puntano alle “avventure” di Vincenzo Petraglia

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AA cercasi manager eroi: il mondo mento e di fare gioco di squadra certamente, aziendale pare puntare sempre più ma anche per rafforzare la propria leadership su formazione ed empowerment dei e il proprio carattere, andando oltre le proprie propri uomini tramite esperienze in alcuni casi paure e i propri limiti, accrescere le cosiddette anche un po’ al limite. «Diverse aziende – spiega soft skill, essenziali nell’affrontare imprevisti e Michele Arcieri, esperto di risorse umane – conovità, uscire dagli schemi, prendere decisioni minciano a sperimentare forme di team builin tempi rapidi e sotto stress, caratteristiche che ding un po’ più estreme. Veri e propri viaggi ed le aziende sempre più ricercano nelle proprie esperienze all’insegna figure apicali. dell’avventura in cui ESISTONO PERSINO PERCORSI DI STUDIO Ecco perché all’esteAD HOC, COME IL MASTER IN OUTDOOR ciascuno è chiamato a ro e sempre di più MANAGEMENT TRAINING, E SOCIETÀ rimboccarsi le manianche in Italia sono DI FORMAZIONE SPECIALIZZATE che in presenza degli nati percorsi di studi ostacoli spesso posti dalla natura e in vista di un ad hoc, come per esempio Master in Outdoor obiettivo da raggiungere». Che può avere diversi management training e società di recruiting gradi di difficoltà: da una traversata in barca a e formazione specializzate. «Gli sport e le atvela a una spedizione al Polo Nord, dall’arrampitività estreme all’aria aperta», spiega Franco cata su montagne impegnative alla traversata di Barbieri Ripamonti, founder e senior trainer un deserto, passando per veri e propri training di Poliedro, società di formazione specializzadi sopravvivenza. Tutti modi per migliorare le ta anche nell’outdoor management training, proprie capacità di problem solving, adatta«sono un forte acceleratore emotivo, quindi

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VITA DA MANAGER

Da sinistra: Fabio Barbieri Ripamonti, founder e trainer di Poliedro, e Luciano Bassani, specialista in riabilitazione

uno strumento molto utile per far emergere alcuni comportamenti su cui poi, attraverso un approfondito debriefing, si possa comprendere cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato, per poi poter applicare nella realtà aziendale quanto appreso. Insieme col cliente individuiamo esperienze tramite cui lavoriamo con i partecipanti su skill quali la fiducia all’interno del team, il flusso delle informazioni, la gestione dello stress sotto pressione, la capacità di prendere decisioni o di risolvere problemi». Sull’onda di questo trend sono nati anche tour operator e agenzie di viaggi che propongono esperienze non convenzionali su misura per imprenditori e manager. Come Azonzo Travel, uno dei primi in Italia. «Lavoriamo soprattutto con le grandi aziende, ma non solo con loro», racconta Fabio Chisari, founder e ceo. «Si tratta soprattutto di imprenditori, top e middle management, professionisti, e fra le esperienze di viaggio che vanno molto e che si rivelano estremamente utili ci sono le ascese ad alcune delle montagne più importanti del pianeta, dall’Everest al Kilimangiaro. Non solo: organizziamo spedizioni anche al Polo Nord e in Antartide, in Mongolia e in altri posti remoti, funzionali all’empowerment personale e di gruppo. Si tratta di esperienze dove la condivisione della fatica per raggiungere un obiettivo crea un collante davvero forte, base per un ottimo team building». C’è chi propone, come l’operatore Viaggiaconcarlo, un training in Namibia presso i Boscimani, con i quali si fanno veri e propri corsi di sopravvivenza, si sperimentano le regole e i rapporti che intercorrono fra i diversi capi

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della comunità, si impara ad allestire un accampamento, a riconoscere piante medicinali e a cacciare. O chi, come Bush Adventures, propone esperienze fianco a fianco dei Masai, in Kenya, dove cercare l’acqua e filtrarla per renderla potabile e fronteggiare i periodi di siccità diventa, trasposto in azienda, una scuola di crisis management. O dove imparare a capire il comportamento degli animali dalle tracce un’occasione per esercitare la capacità di problem solving strategico, l’attingere energie e risorse per sopravvivere nella Savana, base solida di self empowerment. «Le esperienze più impegnative possono aiutare un uomo a crescere e fortificarsi come poche altre cose al mondo. Si sviluppa la capacità di tenere duro, di saper resistere, di andare avanti nonostante le difficoltà, ma anche di fare i conti con l’insuccesso e la necessità di ridefinire le exit strategy; tutte competenze che l’uomo ha per natura, ma che sta lentamente perdendo», spiega Alex Bellini, esploratore e mental coach di sportivi ma anche di manager, imprenditori e professionisti, che ha attraversato a piedi il Sahara e remato in solitaria negli oceani, impegnato in questo periodo nel progetto “10 rivers 1 ocean”, incentrato sulla navigazione dei dieci fiumi più inquinati di plastica al mondo e sull’at-

traversamento a remi del Great Pacific Garbage Patch, il più grande agglomerato di plastica al mondo. «Riuscendo a gestire con successo anche le situazioni più complesse», continua, «si fortifica la sensazione di saper fare, di riuscire a gestire sé stessi e le altre persone in un mondo dove nessun uomo è un’isola, per cui solo unendo le forze si può far fronte alla complessità delle sfide lavorative di oggi. A maggior ragione in un contesto come quello aziendale in cui un imprenditore o manager, esattamente come un atleta o un capo spedizione che si trovano ad agire in ambienti molto competitivi e stressanti finalizzati al risultato, prima di chiedere fiducia e supporto al gruppo, deve saperli dare creando un ambiente psicologicamente protetto in cui ogni membro del team è libero di esprimere se stesso e così performare al massimo del suo potenziale, sicuro che un errore o un fallimento non pregiudichi la sua posizione e il suo ruolo all’interno del team». Le proposte non mancano, ma è importante prepararsi in modo adeguato, come spiega il dottor Luciano Bassani, specialista in terapia fisica e riabilitazione a Milano. «Facendo vita sedentaria, per chi non fa abitualmente sport è necessario seguire un apposito training almeno di qualche settimana o mese perché lo sport estremo richiede una totale efficienza fisica, per cui è utile un controllo del sistema tonico-posturale che valuti e riequilibri eventuali inefficienze per evitare problemi durante o dopo le attività». «Lo sport e certi tipi di esperienze sono una scuola di vita», dice Matteo Marzotto, uno che ha alle spalle parecchie sfide, fra cui ben cinque Parigi-Dakar, e che ha da poco compiuto la Castelli 24ore in bici in solitaria e la traversata a nuoto dello Stretto di Messina per sostenere la ricerca in favore della fibrosi cistica. «Educano alla costanza, necessaria per migliorarsi continuamente e spingersi oltre i propri limiti, al controllo emotivo e alla resilienza, approcci mentali da cui ogni imprenditore o manager di successo non può prescindere».


Il vero leader? Un equilibrista in bilico tra due fuochi Da un lato l’innovazione tecnologica sempre più spinta, dall’altro le qualità umane e la capacità di motivare il proprio team: ecco le caratteristiche che dovranno avere i manager secondo Grant Thornton di Marina Marinetti

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leader di domani dovranno riuscire a destreggiarsi tra due forze contrapposte: l’avanzamento tecnologico da un lato ed il potenziamento delle capacità umane dall’altro, identificando le combinazioni vincenti e promuovendo soluzioni di business innovative. Almeno stando all’International Business Report 2019 di Grant Thornton, network presente con 53.000 professionisti in 140 nazioni, tra cui l’Italia con uffici in 18 città. La ricerca globale effettuata sui dirigenti di imprese del mid-market mette in fila i fattori del cambiamento che innescheranno la Quarta Rivoluzione Industriale. Ovvero l’avanzamento del mondo digitale secondo il 42% degli intervistati, l’intelligenza artificiale e i big data (40%) e un maggior utilizzo dell’automazione e della robotica (35%). I leader del futuro dovranno riformulare i propri modelli di business e dotarsi di un nuove competenze coerenti con l’utilizzo di strumenti “intelligenti”. Intelligenza artificiale, machine learning, Internet of Things ed infrastrutture cloud diventeranno di uso comune, richiedendo ai leader di impresa di riassortire i propri team, favorendo una cultura aziendale più flessibile e aperta alle novità. Secondo i dati dell’IBR, il 20% degli attuali dirigenti globali nel mid-market crede che la capacità di essere innovativi sarà la caratteristica più importante per i leader d’impresa nel 2030 mentre il 16% ritiene che lo sia già oggi. Allo stesso tempo il 18%

sostiene che sapersi adattare al cambiamento sarà essenziale in futuro. Per Gabriele Labombarda, Partner e IBC Director di Bernoni Grant Thornton, «l’innovazione tecnologica, l’intelligenza artificiale applicata ai Big Data, l’automazione e la robotizzazione dei processi sono ormai divenuti asset strategici per le imprese, in assenza dei quali è difficile restare competitivi. Data la continua evoluzione che questi fattori impongono ai processi aziendali, è fondamentale che chi riveste un ruolo di guida possegga forte propensione al cambiamento e all’innovazione». Ma non basta: «La curiosità e la capacità di adattamento sono le doti che oggi non possono mancare in un leade», continua Labombarda, «Il successo sarà il risultato della tensione al cambiamento e della propensione a innovare. Dare ai giovani talenti la possibilità di sbagliare seguendo strade innovative, imparando dagli errori, in un ambiente che li stimoli a rivoluzionare modus operandi consolidati nel passato, sarà certamente vincente. È evidente che le probabilità di successo sono elevate nei team di lavoro che si dimostreranno inclusivi, senza barriere di genere, provenienza, età, cultura, in cui le esperienze vengono Michele Milano, vicepresidente e partner di Ria Grant Thornton

IL SUCCESSO SARÀ IL RISULTATO DELLA TENSIONE AL CAMBIAMENTO E ALL’INNOVAZIONE. MA ANCHE LA CURIOSITÀ SARÀ IMPORTANTE

condivise ed ampio spazio viene dato al punto di vista di ognuno in un’ottica di collaborazione e spirito di squadra». Insomma: innovazione, adattamento e flessibilità saranno i punti chiave delle strategie di successo, ma il vero vantaggio competitivo delle imprese 4.0 saranno le persone. I leader dovranno anche formare i propri team, rendendoli il più possibile pronti ad affrontare le sfide del cambiamento e a raccogliere le opportunità che deriveranno da nuovi stimoli. La leadership di domani dovrà impegnarsi a diffondere una cultura partecipativa, sperimentando soluzioni diverse e a volte rischiose. «La tecnologia non sarà l’unico settore ad influenzare il mondo del lavoro», aggiunge Michele Milano, Vicepresidente e Partner di Ria Grant Thornton: «Il 32% degli intervistati dell’IBR cita la globalizzazione di risorse quali i mezzi finanziari e la proprietà intellettuale mentre il 30% dichiara rilevanti gli effetti sul lavoro legati ai cambiamenti demografici e generazionali. Altri elementi in gioco fondamentali di cui tener conto saranno le aspettative in merito alle buone pratiche etiche e di sostenibilità ambientale realmente adottate dalle aziende. Queste variabili stanno stimolando un complessivo cambiamento dei valori sociali e aziendali e del modo di fare impresa».

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Crema


I GIOCHI E LE “GIOIE” DI PALAZZO BORROMEO PIACERI Non importa quanto affollata sia una città, quanto turistico sia un luogo, quanto trafficata sia una strada: ci sono sempre angoli che attendono di essere scoperti. Come ad esempio Palazzo Borromeo, che a due passi da Piazza Affari ospita affreschi medievali (e una boutique di alta gioielleria), o le piste della driving school di Courmayeur. Che meritano una gita in auto o in sella a una due ruote.

124 MONTAGNA NEL CUORE DI COURMAYEUR TRA GOURMET E DRIVING SCHOOL

126 MOTORI SOLIDITÀ E AGILTÀ ALLEATI NELL’IBRIDA DI AUDI

130 LE RAGIONI DEL GOSSIP

Nel cuore del centro storico di Milano, nel palazzo da cui prese il via l’epopea della famiglia destinata a segnare i destini della città, i gioielli disegnati da Sergio Antonini e le installazioni di artisti contemporanei di Marina Marinetti

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ia Orefici, via Moneta, via Zecca, via Borromeo, dove si organizzavano feste e torDel Bollo, via Spadari, via Armorari... nei. Quel palazzo della fine del XV secolo che La toponomastica racconta una Mioggi reca il civico n.12 e che costituisce uno lano che non è solo la città cosmopolita dallo degli esempi più completi e grandiosi dell’arskyline ridisegnato. Che, a due passi da quella chitettura gotica, già alla fine del Quattrocento piazza Cordusio ormai in mano ai grandi fondi era talmente ricco di opere d’arte da costituire internazionali, dall’americana Hines al cinese una meta irrinunciabile per ospiti importanFosun, serba una storia di corporazioni meti e amanti del bello. Una vocazione che ha dievali che qui avevano i propri laboratori. Nel mantenuto inalterata nei secoli. Superato il cuore di quello che fu portale coronato da un LA STORICA GIOIELLERIA ANTONINI il distretto dei gioielarchivolto con tralci di CELEBRA QUEST’ANNO IL SUO lieri c’è una piccola vite e foglie di quercia CENTESIMO ANNIVERSARIO DI NASCITA piazzetta, intitolata ai CON LA COLLEZIONE “ANNIVERSARY100” scolpite nella pietra, si Borromeo, la famiglia accede al cortile d’onodi origine fiorentina che, trasferitasi a Milano, re, decorato con motivi araldici della famiglia divenne una delle più importanti e influenti Borromeo, tutt’ora proprietaria dell’edificio. della città, legata a doppio filo ai Visconti priSpostando lo sguardo sulla sinistra del cortile, ma e agli Sforza poi, e che ne secoli successivi, si nota una porta di vetro in penombra, a chiuper impegno di Carlo e Federico Borromeo, dere un arco a sesto acuto oltre il quale si inavrebbe ridato lustro alle chiese cittadine fino travede il soffitto ligneo. Oltrepassando il varalla costituzione dell’Ambrosiana, poco distanco, si entra nell’anticamera di quella che viene te. Proprio da quella piazzetta, è cresciuta una chiamata “la stanza dei giochi”. Qui, gli affresorta di cittadella di proprietà della famiglia schi dei cosiddetti Giochi Borromeo, realizzati

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E POI IL PIACERE...

RICORDO UN’ESTATE, IN VACANZA, MIO PADRE E MIO NONNO DISPERATI PERCHÉ NON TROVAVANO I RUBINI PER LA PARURE DI MARIA CALLAS intorno al 1440 da Michelino da Besozzo, già attivo a Pavia e nella Basilica di Sant’Eustorgio a Milano, restituiscono uno spaccato della vita aristocratica del tempo. Sulle pareti i giochi dell’ambiente cortese, il gioco della palla e dei tarocchi. Sotto gli affreschi, una collezione di gioielli in oro lucido, giallo, bianco, impreziositi da onde di diamanti, forme morbide e flessuose che rivelano brillanti sfavillanti incastonati a 45 gradi di una luminosità straordinaria. Lunghissime catene aristocratiche quanto i muri che le ospitano. È Anniversary100, la collezione del centenario di Antonini, storica gioielleria che da 1919 è nel cuore di Milano e che la famiglia Borromeo, proseguendo una tradizione di mecenatismo, ha voluto nel suo storico palazzo. «Sono creazioni a cui teniamo molto», esordisce Sergio Antonini, il direttore creativo del marchio. Sergio Antonini rappresenta la terza generazione dello storico marchio milanese di alta gioielleria. Anche se all’aggettivo “alta”, storce il naso, lui che ha esordito da Harry Winston a New York: «Ho avuto la sfortu-

Due momenti della lavorazione dei pezzi della collezione Anniversary100 di Antonini

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na-fortuna di rimanere senza papà giovanissimo», racconta. «Avevo 25 anni – oggi ne ha 58, ndr - e mai avrei pensato di intraprendere questa carriera. Frequentavo un corso di industrial design al Politecnico e finii a New York per una full immersion nella lingua inglese. Avevo bisogno di un lavoro per mantenermi e così finii a fare fotocopie da Henry Winston, nella Trump Tower, in quello che un tempo era il loro petit

salon. Petit per il tetto al prezzo dei gioielli: dai 30 ai 50mila dollari. Quando sei giovane, è normale venire “spremuto” e iniziare a esprimere le proprie potenzialità: così anche io iniziai a fare qualche disegno e, dato che da sempre avevo respirato nell’ambiente, venni invitato a cercare un produttore di alta qualità a Valenza. Così iniziai a viaggiare tra New York e l’Italia. Al nome di Henry Winston si spalanca-


va qualsiasi porta, mi sembrava tutto facilissimo. Una trappola, un disastro», scherza lui, che mai avrebbe pensato di calcare le orme del padre e del nonno. E invece: «A quel punto aprii un laboratorio a Milano e iniziai a produrre la mia collezione. E funzionò». Già nel 1996 Antonini si aggiudicò il Diamond International Jewellery Awards nella categoria Best italian jewellery brand collection. Oggi le sue creazioni e i suoi pezzi unici vengono indossati da star come Carrie Underwood, Anne Hataway, Halle Berry, Jennifer Lopez, Taylor Swift, Selena Gomez. Il brand Antonini è presente negli Stati Uniti presso il luxury good department store Bergdorf Goodman, in Canada e Giappone, in Russia, a Mosca a Smolensky Passage, a Nagoya, in Giappone, con un corner da Bols1987. E in Italia, a Firenze da Luisaviaroma, a Portofino. E a Milano, ovviamente, dove da un paio d’anni si sono trasferiti dal negozio di via Manzoni al palazzo di proprietà dei Borromeo, che hanno voluto investire nel brand di alta gioielleria, così

come Fope, storico marchio vicentino di preziosi quotato all’Aim, che a gennaio 2017 è entrato nel capitale con una quota del 20%. Con Fope, Antonini condivide anche l’amministratore delegato, Diego Nardin. Con la famiglia Borromeo, Antonini condivide la passione per architettura, design e arte moderna. Negli spazi di piazza Borromeo 12, infatti, grazie alla collaborazione con LCA Studio Legal e il supporto tecnico di Axa XL Art & Lifestyle e Apice, ogni anno accanto agli affreschi quattrocenteschi e alle creazioni uniche di Sergio Antonini si possono apprezzare le installazioni di artisti contemporanei. Le stanze in cui i Borromeo nel Quattrocento si ritrovavano a giocare hanno infatti ospitato le opere di Letizia Cariello, le fotografie di Brigitte March Niedermair, lo studio sui Giochi Borromei di Michele Guido e, in occasione di Miart 2019, le opere scultoree e un intervento site-specific di Mattia Bosco, artista rappresentato dalla Galleria Fumagalli di Milano, che in Val d’Ossola cerca e preleva le pietre dal loro ambiente attorno alle cave per trasformarle in sculture. Ma i gioielli della collezione Anniversary100 restano protagonisti, a celebrare i primi cento anni del marchio: «Antonini è un marchio del 1919, esattamente lo stesso anno dell’azienda di Mario Bucellati, che peraltro fu testimone OGGI GLI SPAZI DI PALAZZO BORROMEO OSPITANO, OLTRE ALLO SHOWROOM ANTONINI, ANCHE INSTALLAZIONI DI ARTISTI CONTEMPORANEI

essere più splendenti di quelli della Tebaldi, la divina sua rivale. Quel set di rubini fu una tragedia: mio padre dovette partire e andare a Parigi perché il colore degli orecchini della Callas non erano perfettamente congrui con quello della riviere che avrebbe indossato al collo». E oggi? «Oggi non è certo come lavorare per le dive di allora. Certo, siamo celebri per i nostri pezzi unici, realizzati su commissione del cliente, insieme al quale cerchiamo e selezioniamo le pietre ed elaboriamo il disegno, pezzi che possono arrivare anche a 100 o 200mila euro. Ma siamo altrettanto noti per le nostre collezioni prêt-à-porter, decisamente più a portata di mano». Sono gioielli i cui prezzi vanno dai 3 ai 25mila euro: «I nostri clienti amano la portabilità delle creazioni Antonini, oggetti legati all’arte contemporanea, con cui condividono il design minimal. Pezzi, soprattutto, che vivono nell’arco dell’intera giornata, senza essere relegati all’evento specifico. Sono le creazioni che mi danno più soddisfazione».

di nozze dei miei genitori», racconta Sergio Antonini. «Mio nonno Nullo aveva l’ufficio qui accanto, in via Santa Maria Fulcorina. Lui e mio padre Giulio commerciavano in pietre preziose: in casa, senza rendermene conto, ho svolto un percorso formativo di tutto rispetto. Ricordo la cena di una sera d’estate, in vacanza, in cui mio padre e mio nonno erano disperati perché non riuscivano a trovare le pietre per Maria Callas. Lei aveva i suoi gioielli di scena, che dovevano

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E POI POIIL ILPIACERE PIACERE

Ai piedi del tetto d’Europa tra gourmet e driving school Courmayeur vanta la più antica struttura ricettiva della Val d’Aosta, il Grand Hotel Royal e Golf, che ha inaugurato la stagione estiva con un happening culinario e 35 tra chef, bartender e pasticceri di Paola Belli la più antica struttura ricettiva ideato la terza versione del menù Declinadella Valle d’Aosta. Vi hanno sogzioni, basato su un’idea insolita. Il menù è giornato la Regina d’Italia Marghepensato come un regolo, un vero e proprio rita di Savoia (in onore della quale fu dato gioco per il commensale, che può comporil nome “Royal” all’albergo), e il Nobel per re la propria portata scegliendo una o più la letteratura Giosuè Carducci. La luminomaterie prime o ispirazioni come né Carne sa sala da pranzo da cui si gode una vista né Pesce, A Colori, Foglia, Jolly, I love Aosta. meravigliosa durante tutto l’anno è stata Lo Chef comporrà numero e ingredienti dei progettata da Gio Ponti. Ha un ristorante piatti e delle diverse portate, in base alla con un unico esclusivo tavolo per due perscelta di ogni ospite. Il Grand Royal propone sone in una torre del Seicento. Alzi la mano invece piatti legati al territorio di montagna chi ha indovinato che stiamo parlando del e un menù degustazione che esalta i granGrand Hotel Royal e Golf, nel cuore di Courdi ingredienti valdostani, interpretandoli mayeur da oltre 160 in chiave moderna. LA DRIVING SCHOOL DI ENTRÈVES anni, che ha aperto Oltre ai ristoranti, VANTA DUE PISTE INNEVATE UTILIZZABILI ufficialmente la stal’Hotel Royal propoTUTTO L’ANNO PER CORSI DI GUIDA gione estiva 2019 il ne una cantina con SPORTIVA E DI GUIDA SICURA 21 giugno con l’atteoltre 750 referenze sissimo Summer Royal Summit, che ha visto da vini locali a Cru internazionali, un oyster oltre 200 avventori (tra i quali spiccava Arbar, una terrazza per aperitivi, degustazioturo Artom, che qui è di casa, con famiglia ni di piatti tradizionali valdostani, Grands al seguito) accolti dalla Direttrice Veronica Plateaux de Crudités. E per i piccoli amici Revel Chion, dallo Chef Executive Paolo Grifa quattro zampe, sfiziose portate nel menù fa e dallo chef Andrea Alfieri: un happening speciale ideato per loro che prevede cinque culinario pensato come una cena itinerante, piatti, che variano periodicamente in base spettacolare e variegato, con oltre 35 proagli ingredienti stagionali, studiati appositagonisti “cucinanti” tra chef, bartender e tamente per loro. pasticceri. Perché il punto di forza del Royal, Vip, famiglie, grandi sportivi e foodlover da sempre, è proprio la ristorazione. dall’Italia e dal mondo intero si danno apLo Chef Paolo Griffa dirige i ristoranti delpuntamento al Royal ogni inverno. E d’estala struttura: il Grand Royal offre proposte te, il brivido del Test Drive e della Driving smart e sfiziose di cucina italiana ed interExperience: due piste uniche, le sole in Valle nazionale, il Petit Royal, ristorante di alta d’Aosta che possano essere utilizzate durancucina, lo scorso inverno completamente te tutto l’anno. La Driving School del Grand ristrutturato in chiave moderna e il nuovisHotel Royal e Golf, in località Entrèves, è simo Bistrot dove provare la classica cucina dotata infatti di un impianto d’innevamenvaldostana. Per il Petit Royal Paolo Griffa ha to artificiale e d’irrigazione, che consente

È

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di creare le condizioni ideali per testare la guida su asfalto bagnato, su ghiaccio, su neve e in notturna, grazie al versatile sistema di illuminazione. I corsi di guida sportiva e quelli di guida sicura sono tenuti da uno staff di istruttori professionisti, che alla conoscenza delle tecniche uniscono la capacità di accompagnare chiunque, dai neofiti agli esperti, in un percorso di apprendimento personalizzato. È presente anche una seconda pista di Karting con venti Kart CRG per adulti e quattro per bambini, che possono essere chiodati per divertirsi sul ghiaccio e sulla neve. A completare l’offerta, la Spa e Centro Benessere del Grand Hotel Royal e Golf con sauna, bagno turco, frigidarium, docce emozionali, zona relax, cabine massaggi, una tisaneria e una splendida piscina esterna riscaldata con affaccio sul Monte Bianco.


Sharjah, la perla nascosta degli Emirati Arabi Uniti È la capitale culturale del mondo arabo, tra festival letterari, giornate teatrali, manifestazioni artistiche. Ma è anche un emirato cosmopolita, in cui la tradizione convive con la modernità di Riccardo Venturi n concentrato di cultura, con i musei sull’antica tradizione islamica e quelli di arte contemporanea, oltre a centinaia di moschee accanto a tante chiese; ma anche di natura, con le dune del deserto, la più antica foresta di mangrovie della penisola arabica, le corse dei cammelli. Tutto nell’emirato di Sharjah, uno dei sette che formano la Federazione degli Emirati Arabi Uniti, nuova destinazione culturale (e non solo) dell’anno dopo aver preso il posto di Atene come Capitale mondiale del libro Unesco, e dopo che l’Emirato dal 9 al 13 maggio scorsi è stato ospite d’onore al Salone del Libro di Torino. La Sharjah Book Authority (nella foto il presidente Ahmed Al Ameri) si è guadagnata la nomina sul campo: la Sharjah Book Fair, nata nel 1982, è l’evento letterario più importante del mondo arabo, la terza fiera del libro più grande al mondo dopo Londra e Francoforte. Ma l’Unesco ha voluto premiare anche il programma di promozione della lettura nella popolazione, con proposte studiate per coinvolgere la folta popolazione di migranti. A Sharjah ogni famiglia ha una libreria di almeno cinquanta volumi, ed è incoraggiata a scambiarli con amici e vicini. Il grande monumento al libro che campeggia in città

U

non è insomma un simbolo vuoto, ma riflette una pratica reale nella quale lo sceicco Sultan bin Ahmed Al Qasimi crede da tempo: le Giornate teatrali di Sharjah sono nate nel 1984, il Festival Culturale per i bambini nel 1985, la Biennale di Sharjah nel 1993. Prima di diventare capitale mondiale del libro, Sharjah è stata nominata Capitale della cultura araba nel 1998, Capitale della cultura islamica nel 2014, Capitale del turismo arabo nel 2015. Passeggiando sul lungo laguna di Sharjah si respira uno spirito di apertura culturale cosmopolita. Convivono pacificamente famiglie locali vestite all’occidentale, altre con abbigliamenti più tradizionali, uomini d’affari occidentali in monopattino elettrico, turisti in bermuda. Lo stesso nell’interessante zona artistica, ricca di musei di arte contemporanea e di atelier. Fiere,

festival e manifestazioni artistiche animano la vita dell’Emirato, baluardo nella conservazione e promozione dell’immenso patrimonio culturale della tradizione arabo-islamica grazie alla presenza di gallerie d’arte, musei e siti quali il Museo della Calligrafia, un unicum nel mondo arabo, il Museo della Civiltà Islamica che custodisce più di 5000 manufatti artistici tra ceramiche, dipinti e oggetti in vetro, il Sharjah Heritage Museum per scoprire i vari aspetti della vita quotidiana locale, dall’alimentazione alla religione, il Contemporary Arab Art Museum che ospita le opere di artisti arabi del XVIII e XIX secolo con un ricco repertorio di paesaggi e ritratti, il Museo Archeologico e la Cultural Square, cuore spirituale della città, dove si erge una scultura di oltre 15 metri del Corano, progettata dallo scultore spagnolo Carlos Marinas Rubias. Senza dimenticare la grande moschea di Al Noor. Alla vocazione culturale Sharjah aggiunge quella legata all’eco turismo, grazie a un paesaggio estremamente variegato che va dalle lunghe spiagge affacciate su Mar Arabico e Oceano Indiano fino al deserto, attraverso paludi e foreste di acacie. A meno di un’ora dalla città adulti e bambini possono assistere alle spettacolari corse dei cammelli ad Al Dhaid, vivere l’emozione di un’avventura 4x4 sulle alte dune del deserto di Al Badayer Oasis e visitare il Centro Archeologico di Mleiha, sorto nel 2016 nell’ambito di un ambizioso progetto di eco turismo, per poi concludere la giornata con una grigliata sotto le stelle nel deserto. Sulla costa orientale, invece, le montagne a picco sull’Oceano Indiano offrono scorci sulla Kalba Conservation Reserve, meta dei birdwatchers.

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E POI IL PIACERE MOTORI

Solidità e agilità, alleati su strada nell’ibrida di Audi Uguale a se stessa, migliore di se stessa: è la nuova versione dell’A6 Avant 50 TDI 3.0 quattro tiptronic. Che in meno ha solo il manopolone dell’infotainment. Ma in più ha un’attitudine particolare al viaggio di Franco Oppedisano come la Nutella. Un superclassico Come ci sono, oltre alla frenata automatica conosciuto bene anche dalle non pod’emergenza, di serie, 39 sistemi di assistenchissime persone che sono allergiza alla guida suddivisi in diversi pacchetti. che alle nocciole. Non sappiamo, sinceramenInoltre, ci sono sospensioni pneumatiche, il te, dire a che numero retrotreno sterzante, NELLE FASI DI RILASCIO L’A6 PUÒ di versione siamo arrilo sterzo dinamico e il VELEGGIARE A MOTORE SPENTO vati, ma possiamo dire differenziale sportivo. A UNA VELOCITÀ COMPRESA TRA 55 senz’altro che è semTutte cose di cui non E 160 CHILOMETRI ALL’ORA pre uguale a se stessa vi accorgerete neane sempre meglio. È un’Audi A6. Basterebbero che, ma vi daranno la sensazione di guidare queste lettere e questo numero per descriverl’auto in totale sicurezza. Rimane la stessa la al meglio, ma proviamo lo stesso a racconattenzione ai particolari di sempre, lo stesso tarvela cominciando a dirvi cosa non c’è più. È comfort durante la marcia, la stessa silenziosparita, infatti, la classica manopola con cui si sità che l’hanno sempre caratterizzata, ma interagiva per accedere al sistema di infotainaumenta la sensazione di solidità e di agilità ment: al suo posto ci sono invece due schermi alla guida, due elementi che è sempre difficile touch, che confermano i comandi impartiti conciliare. Nonostante i suoi quasi cinque mecon una leggera vibrazione e un click e gestitri di lunghezza e le due tonnellate di peso, è scono un impianto mutimediale MMi ereditaattaccata alla strada e affronta le curve, anche to direttamente dalle sorelle più grandi come quelle più strette senza nessuna sbavatura. l’A8, con cui condivide anche la piattaforma. Il bagagliaio della A6 Avant (esiste anche una

È

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versione a tre volumi) è un po’ più capiente, la linea è un po’ più sportiva, ma la vera novità non la si vede proprio. Ad affiancare i motori presenti in gamma (due a benzina e tre a gasolio da due o tre litri di cilindrata con una potenza che va da 163 a 286 cavalli) c’è, infatti, un sistema mild hybrid evoluto con una batteria al litio, che sfrutta una rete elettrica supplementare a 48 volt con un motore elettrico collegato a quello termico tramite una cinghia, che svolge le funzioni di motorino d’avviamento e di alternatore per ricaricare la batteria durante le decelerazioni. I risultati? Un’omologazione come ibrida e soprattutto un risparmio di carburante che può arrivare fino a 0,7 litri per cento chilometri. In questo modo nelle fasi di rilascio l’A6 può veleggiare a motore spento a una velocità compresa tra 55 e 160 chilometri all’ora, mentre lo start and stop è attivo sin da 22 chilometri all’ora.


QUEI SISTEMI D’ALLARME CHE SALVANO I DISTRATTI AL VOLANTE IL DIESEL ELETTRICO, L’OSSIMORO DIVENUTO REALTÀ È un ossimoro. Ovvero una figura retorica che consiste nell’accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro. Eppure esiste, viaggia sulle nostre strade e lo fa con risultati di emissioni e consumi impressionanti, alla faccia di amministratori, associazioni e pseudo scienziati paranoicamente alla caccia di streghe inesistenti. La Mercedes E300 de Q Power unisce un efficiente motore diesel a un sistema elettrico plug-in, con il risultato di fare circa cinque litri di carburante per cento chilometri fuori città, e avere zero costumi nelle metropoli per una cinquantina di chilometri a ogni ricarica.

L’uovo di Colombo per chi si sposta in città durante la settimana e la lascia nei week end per una breve vacanza. Ed anche un piccolo gioiello di meccanica visto che da una parte il modulo elettrico EQ Power da 90 122 cavalli e 440 Nm di coppia, è inserito all’interno della struttura del cambio 9G-Tronic e dall’altra ha un motore termico molto efficiente. Per la prima volta su vetture diesel viene adottato un nuovo processo di combustione, un basamento in alluminio, pistoni in acciaio e

superfici di scorrimento dei cilindri rivestite con la perfezionata tecnologia Nanoslide® che riduce l’attrito interno di circa il 25%. Un sacco di questioni tecniche che alla fine significano solo meno peso, maggiore efficienza e minori consumi ed emissioni. Per il resto è una Mercedes Classe E, con tutto cura dei particolari che ha sempre contraddistinta. La lista delle dotazioni serie è quasi infinita e a queste si devono aggiungere quelle che si occupano della gestione delle batterie del motore elettrico. Il prezzo di listino parte poco al di sopra dei 65 mila euro per la versione berlina e 67 mila per la versione station wagon.

Altro che “invadenti”: un’indagine condotta da Nissan su un campione di mille automobilisti italiani ha rivelato che la presenza di strumenti per evitare potenziali distrazioni è un fattore determinante nella scelta di un nuovo veicolo. Così, a sopresa, si scopre che i guidatori non ritengono i sistemi di intervento automatico come un’interferenza al proprio stile di guida, anzi. Oltre un acquirente su tre (il 43%), infatti, ha dichiarato ai ricercatori incaricati da Nissa che la sua prossima auto dovrà essere dotata di sistemi di assistenza alla guida, come la frenata automatica d’emergenza, l’avviso di cambio di corsia involontario o il cruise control adattivo. Determinante in tale propensione all’acquisto, secondo l’indagine condotta dalla casa automoblistica, è la presenza di bambini a bordo. È infatti emerso che oltre cinque genitori italiani su dieci (il 52%, per la precisione) ammettono che è faticoso mantenere la concentrazione al volante quando i piccoli passeggeri sono inquieti. I genitori trascorrono in media circa quattro ore a settimana in auto con i bambini e c’è chi adotta strategie per tenerli occupati con tablet e smartphone (35%), giocattoli (39%), canzoni (59%) o caramelle (16%). E il rischio di distrarsi è dietro l’angolo.

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E POI IL PIACERE... NOVITÀ MOTO 2019

BMW F850 GS ADVENTURE, la maxi enduro 4.0 Il nome GS, anzi G/S, rappresenta una pietra miliare nella storia della BMW. Fu infatti la R80 G/S che nel 1980 lanciò la Casa tedesca in una nuova dimensione, salvandola da una crisi che pareva irreversibile. Quella moto creò una nuova categoria, quelle delle maxi enduro, che non solo fece la fortuna della BMW, ma divenne terreno di confronto tra tutti i Costruttori. Il top della gamma GS è rappresentato dalla R1250 GS, ma con la nuova F850 GS Adventure, BMW ha voluto elevare la dotazione anche sul suo modello più accessibile. Declinata anche nelle versioni Rally ed Exclusive, tutte coperte dalla garanzia di 4 anni con chilometraggio illimitato e

dal servizio di mobilità BMW Motorrad Mobile Care per 5 anni. La Adventure monta il noto bicilindrico parallelo frontemarcia Euro 5 con due alberi di equilibratura e intervallo di accensione 270°/450°. Questo garantisce l’assenza di vibrazioni e un’erogazione della coppia particolarmente sostanziosa fin dai bassi regimi, coadiuvata dalla possibilità di inserire due diverse modalità di guida, Rain e Road. Come da tradizione, la gamma di accessori BMW non ha rivali e la F850 GS non è da meno, con proposte quasi automobilistiche come lo strumento combinato Connectivity con display TFT da 6,5” e il sistema di chiamate d’emergenza eCall.

DUCATI MULTISTRADA 950S, la terza generazione La Multi, abbreviazione con la quale è comunemente identificata la più versatile tra le Ducati, è stata creata nel lontano 2003 con lo scopo di unire per la prima volta su una bicilindrica fabbricata a Borgo Panigale, il DNA sportivo tipico del Marchio con doti di abitabilità e di guida che potessero avvicinare a queste bicilindriche italiane un pubblico più eterogeno. Operazione riuscita, tanto che la Multistrada è giunta oggi alla terza generazione e può contare su una gamma ulteriormente ampliata. Offerta in due cilindrate, 937 cc e 1.260 cc, è nella versione più ‘piccola’ che la Multistrada esalta la sua versatilità e, con l’arrivo della

versione S, anche quella dotazione tecnica che la avvicina alle moto top di gamma. Parliamo delle sospensioni elettroniche DSS (Ducati Skyhook Suspension), in cui è attiva la regolazione istantanea dello smorzamento di forcella e ammortizzatore per adattarlo alle condizioni del fondo stradale, offrendo un comfort unico. La dinamica è controllata dalla piattaforma inerziale IMU Bosch a sei assi che consente, tra l’altro, di modulare l’ABS e il controllo di trazione a seconda dell’assetto della moto. L’assistenza alle partenze in salita e il Ducati Quick Shift sono altre due ‘chicche’ che completano la dotazione della Multistrada 950S.

KAWASAKI ZX-6R, la Ninja supersportiva In un settore come quello delle supersportive che a livello numerico rappresenta ormai una piccola percentuale nel business delle grandi Case, la Kawasaki con coraggio punta nuovamente su una sua best seller del passato, riproponendo la Ninja 636. Una cilindrata intermedia fondamentale per chi intende il motociclismo nella sua declinazione più estrema, fatta di una crescita progressiva della propria tecnica di guida in pista senza disdegnare, però, la guida sportiva su strada. Esteticamente la ZX-6R è vicina alla 400, ma il motore è un quattro cilindri Euro 4 fronte marcia di 636 cc, che eroga

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130 CV a 13.500 giri, con una coppia di 70,8 Nm a 11.000 giri. La ciclistica segue i canoni delle sportive di razza, con il telaio perimetrale di alluminio. La forcella rovesciata Showa è regolabile nel precarico molla e nell’idraulica in compressione ed estensione, così come l’ammortizzatore posteriore, collegato al forcellone da un cinematismo progressivo. Evoluta anche l’elettronica, col KTRC (Kawasaki TRaction Control a tre livelli), il KIBS (Kawasaki Intelligent anti-lock Brake System) e il nuovo KQS (Kawasaki Quick Shifter) di serie, che però non funziona in scalata. Due le mappe motore, Full e Low, e frizione con antisaltellamento.


in collaborazione con Motoappassionati.it

MOTO GUZZI V85TT, Tutto Terreno Made in Italy La Casa italiana ritorna nel settore delle enduro adatte anche alla marcia su strada, nel quale si confrontano quasi tutti i più importanti Costruttori, europei e giapponesi. TT come Tutto Terreno, una sigla che affonda le proprie radici alla metà degli anni ‘80. Già allora il motore era il bicilindrico a V di 90°, che oggi ritroviamo anche sulla V85TT, pur se in una forma completamente rinnovata, con cilindrata di 853 cc ed Euro 4 ready. Una moto ‘Made in Italy’, precisamente a Mandello del Lario, sede storica della Moto Guzzi, che unisce una meccanica classica a un’estetica moderna, ma semplice ed essenziale, adatta a piloti

di ogni taglia e ospitale anche con il passeggero. La sella posta a 830 mm da terra, il peso di poco superiore ai 200 kg e il motore che privilegia la coppia di 80 Nm piuttosto che la potenza massima, rendono la V85TT facile da guidare per i neofiti e comunque appagante per i più esperti. Sul fronte tecnologico spiccano il comando del gas Ride by Wire, che ottimizza erogazione e consumi, i tre Riding Mode (Strada, Pioggia e Off-Road, con ABS poco invasivo o escludibile) e il Cruise Control. Numerose varianti grafiche e una vasta di accessori originali completano l’offerta di una delle più interessanti novità del 2019.

SUZUKI KATANA, gli anni Ottanta in moto L’ onda del revival ha coinvolto anche la Suzuki, che ha preso ispirazione dagli anni ‘80 per riproporre un suo classico di quel periodo, la Katana. Una moto che impose al pubblico una ricerca stilistica per l’epoca molto spinta e per certi versi non capita, ma che oggi, a trent’anni di distanza, afferma il suo rigore formale con attraverso linee nette che non paiono affatto invecchiate. Se il richiamo al passato è tutto concentrato nel frontale e nel serbatoio, sul quale spicca un vistoso logo della Casa, la base è moderna ed ispirata dalla GSX-1000S, una naked dalle proverbiali doti di guida della

ciclistica ed eccellente erogazione del motore. Quest’ultimo è derivato da quello della GSX-1000R K5 ed eroga 150 CV a 10.000 giri/min. I tecnici Suzuki lo hanno ‘addolcito’ irrobustendo la curva di coppia ai regimi di maggior utilizzo. Ne è uscito un motore dolce e trattabile, adatto a tutti, che però è in grado di tirar fuori le unghie e richiede piglio deciso ed esperienza se lo si vuole sfruttare al massimo. La forcella regolabile Kayaba completa una ciclistica di prima classe, anch’essa derivata dall’esperienza superbike. Il codino minimale, infine, fa da contraltare all’imponente frontale scultoreo.

TRIUMPH SPEED TWIN, modern classic a 100 CV Speed Twin è il nome più evocativo in casa Triumph: così fu infatti denominata la prima bicilindrica progettata nel 1938 da Edward Turner, quella che divenne l’icona della Casa. Oggi la Speed Twin è una ‘modern classic’ che si inserisce nella gamma più fortunata della Triumph, quella che, ripescando l’architettura del bicilindrico fronte marcia originale, ha generato una serie di motociclette tecnicamente evolute ma con evidenti radici nel passato. Il motore di 1.200 cc sfiora i 100 CV di potenza e ha una coppia di 112 Nm a 4.950 giri. La Speed Twin mantiene le caratteristiche essenziali della Bonneville, della Street Twin e della

Thruxton, prendendo da ciascuna il necessario, in modo da offrire un piacere di guida unico e prestazioni di tutto rispetto, grazie anche al telaio derivato dalla sportiva Thruxton R e a un peso di poco inferiore ai 200 kg. Fari LED, numerosi dettagli in alluminio spazzolato che aggiungono un tocco artigianale alla finitura, tre Riding Mode (Sport, Road e Rain), Traction Control, freni Brembo con pinze a 4 pistoncini e doppio disco anteriore da 305 mm e un’eccellente gommatura di serie fanno di questa motocicletta una vera ‘castigamatti’ nei percorsi più guidati, dove sorprende la rapidità dei cambi di direzione e facilità di inserimento in curva.

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

D’ESTATE LA CELEBRITY PERDE IL PELO... ...MA NON IL VIZIO DELLA PRIVACY Per consentire alla propria clientela vip di rilassarsi al riparo da sguardi indiscreti, le strutture più esclusive mettono in campo strategie degne di set cinematografici. Come (si dice) il telo con le iniziali per Matteo Salvini SARÀ UN’ESTATE ALL’INSEGNA

per quell’incidente Zanini non

piccolo ristorante italiano. Fra

sia pure non televisivi.

DEL SOVRANISMO CHIC.

sarebbe diventato quel che è:

i clienti fece la sua comparsa il

Sbarcano qui da Milano o da

Se il vicepremier andrà a

una delle firme dell’hôtellerie

direttore del Four Seasons, mi

Roma avvocati commercialisti

Milano Marittima con la giovane

mediterranea con oltre 1.200

chiese se fossi interessato a

e consulenti pagati con cifre da

fidanzata Francesca Verdini,

uomini e donne al proprio

lavorare per loro. È cominciata

capogiro.

uno dei simboli del sovranismo

fianco in quota ad enne hotel

così». Fra le scintillanti vetrine

Tra questi si segnala Federico

televisivo come Lorella

del segmento luxury targato

del tallest hotel di Manhattan

Giachini, uno dei migliori

Cuccarini trascorrerà solo

commercialisti d’Italia.

qualche giorno in montagna con

Lavora fino a 13 ore al giorno

marito e figli. «Devo preparare

ma quando smette i panni

la Vita in diretta» confida

professionali indossa le Tod’s

lei «non ho mai condotto un

e sale in barca alla volta di

programma quotidiano. Sono

Capri con la bellissima moglie

emozionata ma so che dovrò

Roberta. Zanini conosce

lavorare tanto». Ferragosto in

ogni tipo di cliente e sa come

tv anche per Roberto Poletti,

fare. «Ci vogliono qualità

biografo e amico di Salvini,

un po’ speciali per entrare

al timone di Uno mattina con

nell’ecosistema dove la privacy

Valentina Bisti. Tra le mete più

è un elemento fondamentale.

ambite dai ministri e leader

Attenzione, capacità di dosare

di partito c’è il Capri Palace,

le parole ma anche i gesti,

ex tempio di Tonino Cacace,

movenze di velluto» confida

uno dei play boy dello show biz

il manager a Economy. Ne

fidanzato storico di Roberta

sa qualcosa Andrea Sabato,

Capua. A fare gli onori di casa

plenipotenziario delle strutture

c’è Ermanno Zanini. Classe 1969, centrocampista, regista,

IN SENSO ORARIO: SALVINI CON FRANCESCA VERDINI, LA CUCCARINI, ERMANNO ZANINI E I CONIUGI GIACHINI

alberghiere del Talea group ossia il Melograno e la

uomo d’attacco. Gli anni ’80

Mytha hotel anthology, una

si muove fra molti reparti ma il

Peschiera... Perché se davvero

ruggiscono e Zanini, come

collezione di dimore sparse

suo preferito è la cucina.

ci si vuole non far vedere, beh:

scrive la giornalista pugliese

fra Roma, Anacapri, Uçhisar,

Un vizio che gli è rimasto, lo

allora Andrea le sa tutte.

Sonia Gioia, porta i calzoni

Bodrum, Dubrovnik, Madrid

ha capito Andrea Migliaccio,

Dicono i bene informati che

corti. Nel 1987, la corsa del

e Datca. «Dopo l’incidente mio

executive de L’Olivo del Capri

siano stati preparati dei teli

goleador, che si immagina

padre mi mandò a New York

Palace (due stelle Michelin).

di lino celeste con le cifre MS

sulle figurine Panini, si arresta

per distrarmi, lì c’era un mio

Ermanno è il punto di

destinati proprio a Salvini. I teli

sulla costiera napoletana a

zio. Facevo terapia riabilitativa,

riferimento di multimiliardari

esistono, confermano. Ma il

cavallo di una Kawasaki enduro.

studiavo l’inglese e bighellonavo.

e volti noti dello spettacolo.

vicepremier è già andato o deve

Saltano i legamenti, salta la

Una volta rimesso in sesto ho

Ma Anacapri è meta di

ancora andare? Non lo sapremo

carriera. Ma se non fosse stato

lavorato come cameriere in un

professionisti ricchi e ruggenti

mai. È la privacy bellezza.

130




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