Economy Febbraio 2021

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ECONOMY | ANNO V | N.42 | MENSILE | FEBBRAIO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 4 FEBBRAIO 2021

POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

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Febbario 2021 Euro 3,50

BUSINESS & PANDEMIA / Il j’accuse di Philips IIG: «Con più digitale, la sanità avrebbe resistito meglio al virus»

LA TERAPIA LIQUIDA I rubinetti del credito bancario sono sempre più chiusi Ma alle Pmi servono soldi subito: dove li troveranno? Nelle banche più smart, nei prestiti con garanzia statale, nel crowdfunding, nei minibond, nel listino dell’Aim o nel factoring fintech. Ecco una guida completa

ORSINI (CONFINDUSTRIA)

«Viviamo in emergenza, occorre allungare i termini dei rimborsi»

SABATINI (ABI)

I banchieri: «L’autorità europea ci ha cambiato le regole del gioco»

ENERGIA VERDE, ARRIVA LA PRIMAVERA DEL FOTOVOLTAICO Un’alleanza tra imprese contro la burocrazia - Mobilità elettrica, la «mission» della Continental «CORRUZIONE, LA CORTE DEI CONTI DÀ BATTAGLIA» Intervista con Guido Carlino, il nuovo presidente dell’autorità contabile

IL TESSILE È GREEN

PENSIONI DA MANAGER

Marzotto forma ecomanager con l’aiuto di Fondimpresa

Cosa offre il polo Federmanager per integrare gli assegni

Nel piano al ‘23 di Ascopiave crescita innovativa a 360°

Asia, la formula di China-Wi per chi vuol aprire bottega

PROFITTI SOSTENIBILI • LAVORO - Se la cura aggrava i danni • CASA - Sfratti, un blocco-boomerang

AFFILIARSI ALLA CINA



EDITORIALE

LA SOSTENIBILITÀ DELLA SOSTENIBILITÀ

L

e tre parole più usate da Gesù nei testi dei Vangeli canonici sono: padre, dio e figlio. I patiti delle statistiche precisano che padre DI SERGIO LUCIANO ricorre 222 volte, Dio 172 e Figlio 144. Pur con tanta parsimonia, quelle pagine e quelle parole - comunque la si pensi, che si creda o meno - hanno cambiato il mondo. Sfogliamo in un giorno qualsiasi le pagine dei quotidiani non solo italiani e contiamo quante volte vi ricorrono le parole “sostenibilità” e “resilienza”. Un’infinità di volte. Una nauseante infinità. In quest’epoca balorda, dove tutto è inflazionato salvo l’inflazione vera, siamo travolti dalle parole conformiste. Che quelli colti chiamano “main stream”, alias pensiero dominante, politicamente corretto. Anche no. Lasciamo ai politici il pavoneggiarsi con le parole più o meno elitarie e sempre conformiste - resilienza lo è - lasciamolo ai politici che straparlano perché non fanno (e vedremo come finirà questa faticosissima legislatura). La verità è che la resilienza è istinto di sopravvivenza: chi ha avuto la fortuna di conoscere qualcuno che abbia fatto la guerra o la prigionia, capisce. Basta per sopravvivere, poi per riprendersi ci vuol altro. Un

IL CORSIVO

qualcos’altro che per esempio è la sostenibilità. È qualcosa di essenziale, fondamentale, per il nostro futuro. Economy se ne occupa praticamente dal primo numero della nuova serie, e in modo strutturato da almeno due anni. E lo faremo ancor più nei prossimi mesi: anche perché rientrano sotto il cappello della “rivoluzione verde e transizione ecologica” ben 74 dei 209 vagheggiati miliardi che il Recovery Plan promette di assegnare all’Italia. Bene, no? Certo: ma c’è un però. Di fronte a una tale pioggia di soldi sono diventati ambientalisti anche i peggiori inquinatori seriali di ieri e ieri l’altro. Nossignore, troppo comodo. La sostenibilità non è un sussidio, e non è un pasto gratis. È una scelta innanzitutto etica. È la scelta di fare dell’impresa un luogo di promozione umana e collettiva, curando l’ambiente, le persone, il prossimo. Anche in questo numero, come da mesi, racconteremo casi edificanti, in questo senso. Ma sarà bene iniziare a raccontare e denunciare anche il greenwashing, quel darsi una mano di verde per coprire pessime usanze. E poi: gestire un’azienda in modo sostenibile è impegnativo. Richiede competenze, richiede attenzione, richiede coraggio. Già: coraggio. Gli analisti economici decantano la ripartenza della Cina del dopo-Covid. Bravi. Ma c’è da fidarsi dell’ecologismo cinese? Pechino ha violato per decenni i più basilari principi dei

diritti umani (e continua a farlo) per spremere ignominiosamente produttività dalle sue maestranze, facendo concorrenza all’Occidente col social dumping, cosa che l’Occidente ha finto di esecrare e ha poi in realtà cavalcato con i transplant. Vogliamo fare le anime belle e credere che ora la Cina sia verde? Ma non scherziamo. Per costruire la Diga delle tre gole, che da sola produce più energia di quanta se ne produca in Italia, hanno deportato un numero imprecisato di cittadini, comunque oltre 200 mila: 11 anni fa, non cento. Devastando una regione grande come il nostro Paese, cambiandole il clima. Ecco: chi difenderà dalla concorrenza ecologica sleale gli imprenditori ambientalmente corretti? E se la tecnologia indurrà fatalmente dei tagli ad alcune mansioni umane, chi saprà resistere alla tentazione di praticarli, questi tagli, in nome della responsabilità sociale dell’impresa, e chi invece si adeguerà? Perché la sostenibilità sia sostenibile dobbiamo darci da fare: dipende da tutti noi. Economy ne parlerà molto, sempre di più. A cominciare dal convegno del 10 febbraio, organizzato in collaborazione con Federmanager. Imparare a gestire le aziende in maniera sostenibile: non solo intascando bonus, ma anche investendo in proprio. Facile a dirsi (sul nostro sito, le istruzioni per partecipare on-line all’evento, e il programma. Buona sostenibilità a tutti!).

DOVE (NON) PORTA LA POLITICA DELL’INSULTO INCROCIATO

«C’

è questa specie di caccia incessante all’errore. Siamo diventati una nazione di 66 milioni di procuratori. Ma non è così che si affrontano le crisi e che si avanza. Tutti sbagliamo, tutti i giorni. Non sbagliano mai solo quelli che non fanno niente o che ripetono, meccanicamente, le stesse cose»: Emmanuele Macron ha perso il suo aplomb ed è sbottato così, ad una recente conferenza stampa sulla pandemia. Per quanto anche lui e la sua Francia abbiano fatto parecchie sciocchezze al riguardo, come dargli torto? L’invettiva del presidente francese era indirizzata

contro i giornalisti, ma è più appropriata nei confronti della classe politica, non solo francese. Si respira un po’ ovunque la stessa aria di rissa permanente e velenosa che in Italia ha vissuto di parole violente e inconcludenti: il “vaffa” di Grillo, quello che voleva aprire il Parlamento come una scatola di sardine; la rottamazione di Renzi, che chiedeva pieni poteri con parole più eleganti di quelle usate da mister Felpa; e la ruspa di quest’ultimo, Salvini. Basta con questi toni. Che rendono l’avversario un nemico. Più che costruire qualcosa in più di lui o meglio di lui, conta demolire quel che ha fatto. L’Inps

sta tenendo sulla trincea dei pagamenti, avrebbe forse potuto far meglio ma in un’Italia statale dove non funziona più un c***o è un miracolo che l’Istituto regga e che i grillini non abbiamo sbagliato anche la scelta di Tridico. Apriti cielo, l’Inps è cattivo. Arcuri sarà antipatico e pieno di sé, ma sta tenendo botta su molti fronti, e sta facendo innegabilmente un gran lavoro. Si poteva far meglio? Forse: comodo a dirsi, al calduccio di una passiva poltrona parlamentare…Insomma: quando il Presidente Mattarella invocava i costruttori - infausta metafora - non si riferiva ai trasformisti, ma ai costruttivi. Se ne è rotto lo stampo? (s.l.)

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SOMMARIO

Febbraio 2021

GESTIRE L’IMPRESA

APPROFONDIMENTI

08

SARÒ FRANCO

043 DIGITAL TRANSFORMATION

di Franco Tatò

10

TRA ME E TECH

di Andrea Granelli

COVERSTORY

12

ECONOMY & POLITICA

015 LA CURA DEI LIQUIDI

051 CONSULENZA

La battaglia della Corte dei Conti

79

UOMINI & DENARI

021 FATTURAZIONE ELETTRONICA

052 PERFORMANCE

di Alfonso Ruffo

80

LAVORO

022 INNOVAZIONE E SVILUPPO

053 RETAIL

Se la cura fa più danni della malattia

82

BLOCCO SFRATTI

024 AIM

054 FLOTTE

Il welfare con la casa degli altri

83

LIUC

027 BANCA IFIS

Lo shift culturale è circolare

84

PIERO BASSETTI

028 FINTECH

La crisi della classe dirigente

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ESATTORIA

030 INVOICE TRADING

Gli sceriffi privati a caccia di gabelle

88

RECOVERY FUND

034 TITOLI DI DEBITO

Ultima chiamata per il Sud

94

IL GLOBALISTA

036 CONFIDI

di Giuseppe Corsentino

98

CI PIACE/NON CI PIACE

038 PEGNO ROTATIVO

056 DIGITALIZZAZIONE

I promossi e i bocciati del mese

99

PRIVATE BANKER

040 BENI AZIENDALI

057 RECRUITMENT

di Ugo Bertone

4

Se “la decima” andasse alle imprese... Si torna al baratto La doppietta del Recovery L’equity all’italiana

Piccoli Gafa crescono

050 LEGAL

Patti chiari, governance lunga L’evoluzione del service L’importanza del voto in condotta Lo shopping reagisce alla crisi Il benefit su gomma muove il lavoro

La strategia conta più del rating I capitali si pescano con la rete Lo sconto fatture diventa grande Il banco di prova dei minibond Ci si allarga stringendosi alla Pmi La garanzia invecchia in cantina La rivalutazione migliora il rating

Il fattore umano dell’A.I. Vince chi gioca con nuove regole



SOMMARIO

SUSTAINABILITY

COMUNICARE L’IMPRESA

059 FOTOVOLTAICO

115 SOCIAL

Sotto il sole dell’alleanza

061 SMA ITALIA

Il superbonus è “illuminato”

064 CANDRIAM

101 CHINA WI

Investendo si impara

Affiliamoci... alla Cina

103 ACCELERA HUB

068 CONTINENTAL

FRANCHISING & NUOVE IMPRESE

Così sarà la mobilità del futuro

STORYLEARNING

Gli “angeli” delle startup

Anatomia di una shit storm

117 STANDOUT

Il personal branding

118 EMAIL MARKETING

Nelle maglie della rete

...E POI IL PIACERE

104 NOIENERGIA

123 DATING

La rete dà la scossa agli affari

Il sensale è digitale

071 MUNER

106 GENESI LIFE

126 OMNIA HOTEL

La sinergia scalda i motori

Puntando sul bambù

L’hotellerie al tempo del Covid

074 PHILIPS

108 THE LONGEVITY SUITE

127 MAGISTRI

La cura sostenibile e digitale

Investire nell’eterna giovinezza

Gli artigiani che viaggiano nel tempo

076 SCALAPAY

110 CDB LOGISTICS

128 MOTORI

L’ecommerce... a rate

Nel business della canapa light

Il piccolo pensa in grande

077 GENOVAJEANS INVENTED HERE

111 IMPRESE E OPPORTUNITÀ

130 LE RAGIONI DEL GOSSIP

La primogenitura del jeans

Mattone dopo mattone

a cura di Monica Setta

Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Maddalena Bonaccorso, Marco Scotti, Riccardo Venturi Hanno collaborato Ugo Bertone, Giuseppe Corsentino, Giovanni Francavilla, Giuliana Gemelli, Andrea Granelli, Gianluca Lo Stimolo, Franco Oppedisano, Francesco Paolinelli, Federico Pirro, Nello Rapini, Carmine Scoglio, Monica Setta, 6 Domenico Staffieri, Fortunato Summonte, Nicola Tufo

Partnership editoriali Aifi; Aiti; Andaf; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro

Per la pubblicità su questa rivista Oyster s.r.l. Concessionaria esclusiva

Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori

Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano, Tel. 02/89767777 Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano

Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio

Amministratore unico Domenico Marasco

Direttore editoriale Alfonso Ruffo Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097 Stampa Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI) Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993 Numero chiuso in redazione il 27 gennaio 2021



COVERSTORY

SARÒ FRANCO

CONSIDERAZIONI IMPOLITICHE SU UNA CRISI

M

artedì 19 gennaio 2021 è stata una giornata da dimenticare. In questa giornata si è svolta sicuramente una delle più vergognose sedute del Senato della Repubblica. Per un intero giorno non si è parlato di politica, degli interessi del Paese, ma di problemi personali. Infatti, non ci siamo trovati di fronte a una crisi di governo, cioè di un governo che si presenta al parlamento ponendo la questione di fiducia e viene sfiduciato, ma ad una crisi impropria dovuta alle bizze da adolescente in competizione di un ambizioso senatore sostenuto da un gruppetto di transfughi del partito democratico. Essendo i voti di questo gruppetto teoricamente determinanti per le sorti del governo, abbiamo assistito ad una umiliante ricerca di consensi individuali. In uno dei periodi più drammatici della storia italiana, il Presidente del Consiglio in carica, cosciente del fatto che un nuovo governo potrebbe essere solo peggio di quello corrente, è costretto a implorare anche personaggi improbabili di votare a favore della fiducia. Tutta la discussione, le dichiarazioni di voto, le stesse dichiarazioni del Presidente del Consiglio, sono apparse inutili, totalmente avulse dalla situazione di vera emergenza che i cittadini sperimentano quotidianamente. Non che i

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problemi non fossero citati, ma era evidente che gli oratori, esponendo risibili argomentazioni in un faticoso italiano, avevano la testa da un’altra parte. È vero che all’origine di questa crisi di governo strumentale c’è un errore fatto dall’ inesperto Presidente del Consiglio: presentare un raffazzonato piano per la realizzazione del Ricovery Fund, pensando di risparmiare tempo rinviando NELLA BAGARRE DELGLI SCIVOLONI COMUNICATIVI SONO CADUTI PERSINO LUCA ZAIA E LETIZIA MORATTI alle già previste discussioni parlamentari e alle verifiche delle commissioni, le determinante: maggioranza scritte, l’esito della contesa è varianti e i miglioramenti. I e opposizione con 140 voti ancora ignoto. Se il governo miglioramenti sicuramente al netto dei 16 astenuti. dovesse sopravvivere con un necessari da apportare alle Ed è quindi ricominciata trionfale ritorno di Italia Viva proposte dell’esecutivo si la caccia all’uomo. Le nella maggioranza, credo dovrebbero discutere in dichiarazioni dell’opposizione che Conte, guardandosi privato o in Parlamento, non in Parlamento sono state allo specchio al mattino, sui giornali e in televisione imbarazzanti, con il ritornello si domanderà ogni giorno per portare il Paese sull’orlo del governo incapace, a loro perché non si sia dimesso, di nuove elezioni durante un volta incapaci di proporre non per ragioni politiche, ma periodo di pandemia e con la alternative accettabili all’azione per dignità. In realtà questa prospettiva di un dell’esecutivo, il non è una crisi politica, è LA CACCIA ALL’UOMO eventuale nuovo quale esecutivo, una crisi morale, e pertanto SCATENATA IN SENATO governo affollato lui stesso nuove elezioni sarebbero la BEN RAPPRESENTA di sovranisti disperato giusta punizione per tutti. IL CROLLO DELLA POLITICA antieuropei di per i modesti Chi ha perso una grande insuperato becerume, che risultati, penso che sarebbe occasione è Silvio Berlusconi. abbiamo già visto all’opera stato felice di accettare Se fosse uno statista e non un prevalentemente sulle spiagge proposte creative. Se queste impresario, si domanderebbe dell’Adriatico. Chi provoca una proposte ci fossero e venissero che cosa fa il suo partito di situazione come questa è un tenute nel cassetto per non moderati e liberali accanto ai irresponsabile e bisognerebbe aiutare il governo, riservandosi fascisti raccolti attorno alla chiamarlo a rispondere dei di palesarle con un nuovo vociante casalinga Meloni e danni che ha provocato con governo dopo le elezioni, si all’imbarazzante peronista una inutile e dannosissima starebbero producendo in Salvini, rappresentanti del perdita di tempo e di immagine un astuto machiavellismo, Trumpismo all’Italiana. Il per le istituzioni italiane. del quale sono sicuramente passaggio di Forza Italia nella L’esito delle votazioni ha reso incapaci. Al momento in maggioranza di governo in realtà Renzi ancora più cui queste righe vengono consentirebbe un radicale


di Franco Tatò

IMPROPRIA: QUELLA MORALE AL VERTICE DEL POTERE rifacimento della squadra e quindi la nomina di persone capaci di affrontare i gravi problemi del Paese. Berlusconi passerebbe alla storia e non, come al solito, alla cassa. La permanenza o meno di Conte alla Presidenza del Consiglio, secondo me meritata, diventerebbe un problema secondario. Questo è il triste quadro che si ricava dallo spettacolo offerto dai saltimbanchi di Palazzo Madama, che molti, per non vergognarsi, ritengono non rappresenti il nostro Paese, perché gli italiani sono meglio dei loro governanti. Ci si dimentica troppo facilmente

mia stima per una persona che che chi sedeva in quell’aula è ho sempre ammirato. Cosa ha stato eletto proprio dai cittadini a che fare il Pil con la vita delle italiani. In realtà siamo di fronte persone. Molto semplicemente a una seria degenerazione tutti dovrebbero essere dei nostri costumi, del nostro vaccinati, anche ethos, incapaci CI SI DIMENTICA TROPPO quelli che non di resistere alle FACILMENTE CHE CHI SIEDE credono ai provocazioni IN PARLAMENTO vaccini, perché dei social fino È ELETTO DAI CITTADINI siamo esseri alla perdita umani, tutti senza distinzioni. del buon senso. Voglio fare Un altro esempio da una due esempi. Letizia Moratti, persona altrettanto stimabile, persona indubbiamente il governatore del Veneto dotata di grande intelligenza Zaia, il quale ha dichiarato e capacità, ha dichiarato in uno slancio di sensibilità che per la distribuzione dei sociale, che le aziende private vaccini si dovrebbe tenere in non devono avere diritto di considerazione anche il Pil. decidere a chi dare il vaccino. Confesso di essere rimasto Mi dispiace per il governatore, interdetto da questa sfida alla

ma in tutto il mondo le aziende danno i prodotti a chi li ha ordinati. Forse è il processo di emissione degli ordini che bisognerebbe tenere sotto controllo, così come l’equa ripartizione delle dosi. Caro Governatore, io ho 88 anni e non so ancora quando potrò essere vaccinato. Se fossi in Germania, come sono stato per gran parte della mia vita, sarei già vaccinato o avrei in tasca un foglietto con un appuntamento per le prossime settimane. Vorrei che lei capisse questi problemi, ed evitasse di speculare sulla natura del capitalismo. Non ne ha gli strumenti.

IL CORSIVO

SOLIDARIETÀ UNIVERSALE: L’UBUNTU

I

di Giuliana Gemelli

l termine Ubuntu-

nella esplicitazione, attraverso l’agire

riconoscimento che l’essere simpatetici

che non ha alcuna

sociale di sentimenti di reciproco rispetto

verso gli altri significa aiutarli in ogni

traduzione in lingua

e di assoluta considerazione dell’altro,

circostanza, ogniqualvolta si renda

inglese- è molto di più di

tramandando tali principi di generazione in

necessario. Il messaggio che viene

un concetto astratto, è

generazione. Può sembrare paradossale

dall’ubuntu è oggi più che mail vitale per

piuttosto uno stile di vita per tutti coloro che

che una tale visione condivisa sia emersa

le nostre società occidentali - alle prese

appartengono alla cultura Bantu in Africa.

e si sia consolidata nel lungo periodo

con una pandemia senza precedenti- che

Secondo la Nussbaum è “la capacità di

in paesi attraversati da terribili conflitti

ne vivono sia il potenziale - la reciprocità

esprimere solidarietà, reciprocità, dignità,

civili e dal fermento politico, caratterizzati

- sia le drammatiche contraddizioni, tra

armonia e umanità per la costruzione e il

da economie instabili, da carestie ed

la spinta alla solidarietà come risposta

mantenimento di una comunità in grado di

epidemie molto diffuse e ricorrenti. Il

vitale e rigenerativa e il prevalere, in

garantire giustizia e supporto reciproco”.

nucleo dell’ubuntu è la convenzione

molte circostanze, dell’individualismo

Per questo l’Ubuntu ha la stessa intensità

condivisa che si è umani solo in virtù del

egocentrico, della volontà di sopraffazione,

di una religione del’umanità, interiorizzata

rapporto con l’altro nelle sue condizioni

dell’affermazione narcisistica, spinta

attraverso la pratica, il modo di vivere

di vita, nei suoi bisogni, nei suoi valori e

- come si è visto negli Stati Uniti- fino

e di interagire delle comunità africane,

comportamenti etici non solo rispetto a se

alle estreme conseguenze di negazione

indipendentemente da norme scritte

stesso ma alla comunità di appartenenza

provocatoria dei principi di governo

e codificate, ma nella pieno rispetto e

sulla base del principio di reciprocità e del

democratico.

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COVERSTORY

Artificiale o umana, sull’intelligenza siamo ancora decisamente ignoranti di Andrea Granelli

C

on sempre maggiore frequenza leggiamo (soprattutto sulla stampa) di questo nascente dilemma: meglio l’intelligenza umana o quella artificiale? Come ogni quesito mal posto, rischia di trasformare in tifo calcistico – e quindi in semplificazione argomentativa – una questione complessa, delicata e dalle mille sfaccettature che non può essere affrontata in modo binario, per dare la vittoria definitiva a uno o all’altro contendente. Già sulla definizione di intelligenza non c’è accordo. Il percorso esplorativo su noi stessi e sul nostro funzionamento pur durando da secoli – è ancora ai primordi. Anzi per molti non verrà mai svelato, ma forse solo parzialmente rivelato. Il mistero è infatti parte della condizione umana e l’esistenza dell’intelligenza, come pure la scintilla che accende la vita, rimarranno sempre celati. Come ci ricorda John Keats in una sua lettera, dobbiamo imparare a «stare nelle incertezze, nei misteri, nei dubbi senza essere impazienti di pervenire a fatti e a ragioni». Oltretutto ci sono molti tipi di intelligenza: quella logicomatematica, quella visiva, quella manuale dell’artigiano, quella musicale, quella emotiva, quella relazionale. Interessante è anche il fatto che in inglese “intelligence” indica sia l’intelligenza che l’informazione – quella importante e difficile da trovare (pensiamo alla Central Intelligence Agency) – indicandoci che la vera intelligenza si basa su un’intima interrelazione fra capacità di ragionamento e informazione. In che cosa i computer sono imbattibili? Ad esempio nel fare e rifare infinite volte la stessa cosa senza una grinza, senza annoiarsi, senza distrarsi e, così facendo, assicurano l’aderenza procedurale. Ma anche nell’imparare facilmente dall’esperienza di altri, anche dei più esperti – purché questa esperienza lasci tracce in qualche modo osservabili. Questo è il potere delle reti neurali che ha permesso a dei programmi di battere i campioni di scacchi e perfino di Go, considerato più complesso dal punto di vista combinatorio rispetto al già difficile gioco degli scacchi. Sembrerebbe quindi già spianata la via per dare sempre più spazio decisionale alle macchine. Ma la situazione non è così semplice e vi sono tre aspetti particolarmente delicati da tenere in considerazione. Innanzitutto in un mondo che cambia, la nuova normalità sarà caratterizzata dall’affrontare cose mai viste prima. Il

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cuore dell’innovazione non consiste tanto nel fare cose nuove, inventare oggetti che prima non esistevano (anche in questo caso la capacità combinatoria dei computer potrebbe metterli in condizione di produrre oggetti mai visti prima), quanto nell’affrontare – con successo – situazioni e crisi mai incontrate prima, situazioni cioè per le quali l’esperienza pregressa, la conoscenza accumulata non è sufficiente. In secondo luogo vi sono decisioni che richiedono una tale tempestività da non lasciare al sistema razionale il tempo per soppesare tutte le informazioni disponibili. È il regno dell’euristica che consente per esempio ai grandi campioni del calcio di fare goal impossibili o ai piloti esperti di salvare i passeggeri con spericolati atterraggi di emergenza. Non sempre, infatti, il sistema razionale (il sistema 2 nel linguaggio di Kahneman) ci aiuta a prendere le decisioni giuste, visto che è lento e spesso pigro. Talvolta è proprio la parte più primitiva ma reattiva del nostro cervello (il sistema 1) – quello che attiva il meccanismo di “fight or flight” – che diventa la nostra ancora di salvezza bilanciando dati e ricordi, contesto ed esperienza. Infine è proprio la gestione dell’eccezione, del caso in cui le regole codificate non si applicano che caratterizza il vero esperto; è proprio in queste situazioni, infatti, che il luminare dimostra di essere tale e getta nuova luce sulla conoscenza disponibile: quando decide, cioè, di non applicare le regole standard, quelle che tutti applicherebbero. In questo caso l’intuito si sostituisce alla razionalità; cuore e pancia tolgono alla testa la guida decisionale. Queste situazioni si originano quando oltre ai dati normalmente valutati ne emergono degli altri – prima invisibili perché ignorati in quanto considerati trascurabili – che in quel contesto diventano significativi. Einstein in una lettera al suo amico Heisenberg commentava a questo proposito: «È la teoria che determina ciò che noi possiamo osservare». Questo è il cuore della mentalità indiziaria e del cosiddetto ragionamento abduttivo – termine ripreso dal filosofo e linguista Charles Sanders Peirce ma enunciato per la prima volta da Ippocrate nella sua Arte della medicina. E poi non dimentichiamoci mai della qualità del dato. Come dicono gli informatici, “garbage in, garbage out”: se immettiamo nei sistemi esperti dati sbagliati o addirittura manipolati, il sistema prenderà decisioni errate. D’altra parte la filosofia occidentale è nata anche dalla constatazione che l’apparenza inganna.


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LA LUNGA BATTAGLIA DELLA CORTE DEI CONTI CONTRO CORRUZIONE E INEFFICIENZA

GESTIRE L’IMPRESA

Efficacia della spesa pubblica, disonestà, riforma della Pubblica Amministrazione, rapporti tra Stato e Regioni: l’Europa, se non il buonsenso, ci richiama all’ordine. Riuscirà, l’Italia, a superare la storica piaga dell’inefficienza? Lo abbiamo chiesto al nuovo presidente della Corte de Conti, Guido Carlino a cura di Sergio Luciano “La Corte dei conti [cfr. art. 103 c.2] esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato”: un mandato cruciale, quello che la Costituzione – all’articolo 100 – affida alla Corte. Guido Carlino, nuovo presidente della Corte, ha accettato tre domande di Economy su tre questioni delicatissime per il futuro del Paese. 1) Il Pnrr mette il Paese di fronte alla sfida duplice dell’efficienza della spesa e della prevenzione contro la corruzione. Soprattutto su quest’ultimo punto finora il Paese

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Certo, la corruzione e la mala gestio sono ancora diffuse e sempre più globali con l’aumentare delle relazioni e degli interessi economici, lo sappiamo bene. È un fenomeno antico, molto insidioso e subdolo, tanto che lo stesso Dante lo deprecò in un canto dell’Inferno, segno di quanto fosse radicata sul nostro territorio anche allora. La legalità e la trasparenza proprie dello Stato democratico sono profondamente ferite da condotte di abuso e arricchimento indebito che inquinano i meccanismi di accesso alle opportunità e di distribuzione delle risorse regolati dalla legge, realizzando condizioni di opacità e di ineguaglianza che, in ultima analisi, provocano profonda sfiducia da parte dei cittadini verso le stesse istituzioni. La Corte dei conti riveste un ruolo di primo piano nella deterrenza e nel contrasto a tale fenomeno, a protezione della legalità e della buona gestione delle risorse pubbliche, grazie alla complementarità e sinergia fra l’attività di controllo e quella giurisdizionale che intervengono a ogni livello della macchina burocratica. Purtroppo, non sempre il legislatore è intervenuto efficacemente nell’azione di contrasto alla corruzione, introducendo iniziative normative suggestive, ma distanti dall’introduzione di misure di anticorruzione sostanziale. Interventi di anticorruzione formale o

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non ha fatto grandi passi avanti. Si riuscirà finalmente a cambiare strada? 2) L’Europa chiede a chiare lettere una riforma della Pubblica Amministrazione. Come attuarla? E perché tanti ritardi? 3) Nell’emergenza pandemica il rapporto Stato-Regioni ha mostrato più volte la corda e sul fronte sanitario la gestione fatta da alcune Regioni ha suscitato polemiche. Qual è la sua valutazione?

di facciata, di difficile e talvolta impossibile applicazione, finiscono per vanificare in radice l’efficacia deterrente e preventiva delle norme. Constatiamo la poca incisività di talune misure nel porre un serio ed efficace argine a fenomeni di malaffare: si pensi che un soggetto condannato dal giudice contabile con sentenza, anche irrevocabile, a risarcire danni erariali di migliaia o milioni di euro è esente dall’alveo tipizzato della inconferibilità degli incarichi pubblici. Allo stato, un sindaco, un presidente della regione, amministratori o dirigenti, che abbiano cagionato considerevoli danni erariali accertati, e non risarciti, con sentenza passata in giudicato del giudice contabile, non incontrano alcuna limitazione al loro diritto di elettorato passivo ovvero rimangono, senza limite alcuno, a gestire risorse pubbliche o possono essere investiti di tale incarico. Questa significativa lacuna di tutela dalla corruzione e dallo spreco di risorse di denaro pubblico, ancora più grave in un delicato momento storico connotato dalla necessità di gestire ingentissimi flussi di risorse pubbliche, potrebbe essere finalmente colmata da un possibile intervento del legislatore, che porrebbe così fine a una grave contraddittorietà del sistema giuridico. Non è più rimandabile, infatti, l’integrazione del regime di inconferibilità degli incarichi pubblici

con il riconoscimento dell’effetto interdittivo anche alle condanne della Corte dei conti per le lesioni più gravi cagionate all’erario, al pari di quanto oggi avviene in presenza di sentenze di condanna penale passate in giudicato. Ciò nell’ottica di un sistema unitario delle tutele delle risorse pubbliche che si ponga a garanzia del rapporto di fiducia tra amministrazione e cittadini. I costi della corruzione, siano essi di natura economica o sociale, sono altissimi per la collettività perché, come è facilmente intuibile, compromettono la resa dei servizi e l’erogazione dei beni dovuti ai cittadini, l’efficienza del siste-

DOVE C’È CAOS NORMATIVO SI ANNIDANO LE CONDOTTE ILLECITE


&POLITICA ma complessivo e l’allocazione delle risorse, ostacolando la crescita dell’economia del Paese. A ben vedere, se la corruzione in senso lato configura la violazione del principio di economicità nell’azione amministrativa, conseguentemente l’anticorruzione diviene l’insieme dei presìdi per il contrasto, preventivo e repressivo, di tutti i fenomeni di spreco delle risorse pubbliche. Ritengo apprezzabili gli interventi legislativi intesi a garantire non solo la trasparenza e la pubblicità degli atti, ma soprattutto la prevenzione dei conflitti di interesse e il controllo dei momenti procedurali “sensibili” dell’azione amministrativa, più esposti a situazioni di rischio per la legalità dell’azione amministrativa. Altrettanto indispensabili devono ritenersi gli interventi di semplificazione della legislazione, oggi risultante da stratificazioni realizzatesi nel tempo e dall’uso di tecniche normative contrastanti con i necessari principi di chiarezza. Infatti, dove c’è scarsa trasparenza e caos normativo è più facile che si annidino le diverse fattispecie di condotte illecite o di gestioni contabili irregolari. Una ra-

dicale digitalizzazione, che definisca in maniera chiara e lineare i percorsi procedurali delle attività amministrative, potrà rivelarsi uno strumento efficace per avversare indirettamente gli sprechi e i fenomeni di corruttela, che verrebbero così colpiti alla radice, a beneficio di tempestività, trasparenza e imparzialità dell’azione pubblica. La Corte, nell’esercizio della sua attività di controllo, può intercettare fenomeni che potrebbero degenerare in casi di corruzione, incidendo positivamente in maniera diretta su una infinità di processi gestionali. Ciò costituisce in termini di deterrenza un valido baluardo a sostegno della buona e sana amministrazione; così come la nostra funzione di affiancamento delle amministrazioni, potenziata di recente dal legislatore, stimola all’autocorrezione. Viene in tal modo a configurarsi un’azione sinergica tra gli esiti del controllo ispirato al principio della concomitanza, che perviene a pronunce tempestive circa irregolarità gestionali, e le sollecite misure autocorrettive adottate dalle amministrazioni per rimuovere le patologie rilevate e per ricondurre l’azione amministrativa nell’alveo della legalità e dell’efficienza. A favore della lotta alla corruzione, fondamentali si rivelano le attività poste in essere per migliorare lo scambio di informazioni tra organismi anticorruzione, istituzioni superiori di controllo e altri organi governativi operanti nel campo. Si pensi alle sinergie oggi istituzionalizzate tra gli uffici del pubblico ministero della Corte dei conti e quelli della Giustizia ordinaria ovvero ai rafforzati rapporti collaborativi tra gli stessi Uffici del P.M. contabile e le Forze di polizia. Per affrontare temi specifici quali la trasparenza e l’integrità nello sviluppo delle infrastrutture

e gli indici di percezione nella misurazione della corruzione, la Corte dei conti partecipa con l’Anac al Tavolo di negoziazione interistituzionale per il coordinamento delle attività anticorruzione, istituito presso la Direzione Generale Affari Globali (Ddgmo) della Farnesina. Tali accordi si concentrano, tra l’altro, sulla condivisione e l’integrazione delle informazioni, sulla vigilanza e sulla prevenzione della corruzione, nonché sulla diffusione della cultura della legalità e della trasparenza negli enti pubblici e nelle imprese, pure attraverso la predisposizione di iniziative di formazione. Anche a livello internazionale il nostro Paese mette a disposizione la propria esperienza a favore della trasparenza e della responsabilità nella gestione delle finanze pubbliche e, più in generale, nella prevenzione della corruzione e nella lotta a tale fenomeno. Il nostro Istituto, nell’ambito della Task Force Iintonsai, di cui fa parte, ha contribuito a dare concretezza alla cooperazione tra le Istituzioni Superiori di Controllo e le Autorità Nazionali Anticorruzione e a individuare le azioni da intraprendere per la promozione della trasparenza e le potenziali aree di rischio. Un ruolo di primo piano, per evitare che fenomeni corruttivi interessino le spese connesse alla pandemia da Covid-19, è stato riconosciuto alle attività di controllo e al rapporto tra Istituzioni Superiori di Controllo e Autorità Anticorruzione, nell’ambito della Task Force G20 Anticorruption Working Group del Governo italiano, di cui la Corte dei conti è entrata a far parte e che ha come capofila il Ministero della Giustizia e il Ministero degli Affari Esteri.

È vero, il nostro è un punto di osservazione privilegiato e ci mostra che c’è ancora molta strada da fare. Sulla necessità di proseguire nel processo di rafforzamento dell’efficienza ed efficacia della Pubblica Amministrazione....

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Il lavoro, per il futuro. Da vent’anni.

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LA CURA DEI LIQUIDI Dalla Borsa ai Pir, dal venture capital al fintech, dai minibond ai confidi: ci sono molti modi per accedere al denaro fresco e mettere in sicurezza l'azienda. Il confronto incrociato tra Abi e Confindustria

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di Marina Marinetti

L

ciente per durare appena sei mesi. a legge di Murphy - "Se qualcosa Eppure, mentre gli ottimisti del Recovery e i può andar storto, lo farà. Nel peggior pessimisti del Tapering del Pepp discutono se momento possibile" - ha colpito anil bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto, c'è cora. Non bastava la pandemia, non bastavano tutta una bottiglia che attende solo di venire i lockdown a singhiozzo, non bastava la crisi. stappata. Per cominciare, il sistema bancario, Pure l'Eba, l'Autorità bancaria europea, ha nonostante i paletti fissati dall'Eba, non smetdeciso di metterci lo zampino (o meglio: uno terà di sostenere le imprese (ne parliamo con zampone da elefante), con l'entrata in vigore il Direttore Generale dei nuovi criteri per la classificazione a de- PUNTANDO SULLA DEFISCALIZZAZIONE dall'Abi Giovanni SaSI POTREBBERO INCANALARE batini nelle prossime fault e il calendar proNELL'ECONOMIA REALE GLI OLTRE 1.700 visioning. Se a questi MILIARDI DEPOSITATI NEI CONTI PRIVATI pagine). Poi, ci sono quei 4.500 miliardi di ingredienti uniamo euro di ricchezza delle famiglie italiane (imanche la prossima scadenza delle moratorie mobili esclusi, contando i quali si toccano i (per le Pmi fissata al 30 giugno) e la proroga 10.800 miliardi) di cui il Private Banking gedel divieto di licenziamento (al 31 marzo, "salstisce appena il 28,1%, circa 860 miliardi. Che vo intese"), la miscela, per l'economia reale, rischia di diventare esplosiva. Tanto che PwC vanno indirizzati correttamente: un impegno e Afme, l'Associazione dei mercati finanziari, che l'Aipb, che riunisce gli operatori del comhanno lanciato un allarme congiunto: un'imparto, ha più volte ribadito per bocca del suo presa su dieci, in Europa, ha liquidità suffisegretario Antonella Massari. Ma, se si parla di

21 FATTURE CON LA PIATTAFORMA SI RITORNA AL BARATTO

28 FINTECH I CAPITALI SI RACCOLGONO NELLE MAGLIE DELLA RETE

34 TITOLI DI DEBITO IL BANCO DI PROVA DEI MINIBOND

36 CONFIDI EROGATORI DIRETTI DI FINANZA D'IMPRESA

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COVERSTORY

assunzione di "liquidi", più che mai raccomanprima della pandemia erano quasi 2.800 (predata quando la salute, specie quella delle imvalentemente di medie dimensioni e attive prese, vacilla, il menù è ricco e salutare. Aprirsi nella produzione di macchinari di impiego geal mercato dei capitali - tanto o poco, dipende nerale, nell’industria alimentare e nel commercio all’ingrosso.) e oggi sono circa il 20-25% in dalla fame - significa, però, anche iniziare ad meno, comunque più di 2.000. Secondo uno adottare regole di governance che per l'imprestudio di Livolsi & Partner, un'azienda su sei sa sono un po' come l'ormone della crescita. ha problemi di equity. E i 209 miliardi destinaBasti guardare alle quotazioni in Aim Italia: ti all’Italia da Next Generation EU non bastal'anno scorso il mercato per la crescita delle no. Basterebbe, invece, agevolare e spingere Pmi ha contato 23 ammissioni di cui 21 nuogli italiani a indirizzare 175 miliardi (quanto ve Ipo, coi collocamenti concentrati, peraltro, Afme e PwC stimano nella seconda metà dell'anno. Le 21 Ipo LA SOMMA DEI PRESTITI EMERGENZIALI occorra alle imprese E DEL CROLLO DEL CASH FLOW HA FATTO italiane per risollevarhanno raccolto 136 CRESCERE IL PESO DEL DEBITO si), un decimo quindi milioni di euro, con DELLE AZIENDE IN TUTTI I SETTORI dei 1.700 miliardi di una raccolta media di liquidità che tengono sui propri conti correnti, 6,5 milioni, superiore a quella del 2019 (5,9 nel capitale di rischio delle aziende. I canali, milioni di euro in media). appunto, non mancano. C'è il mondo del priCerto, le Pmi continuano a fare ricorso più al vate e quello borsistico, ci sono i Pir (che però finanziamento bancario che alla raccolta di si rivolgono soprattutto a società quotate) e il capitale di rischio. E questo rende il mercato crowdfunding (con 159 campagne finanziaborsistico italiano sottodimensionato rispette per oltre 103 milioni di euro raccolti nel to alle altre economie avanzate: il rapporto 2020), ci sono i confidi, il Fondo di garanzia, tra capitalizzazione di mercato e Pil in Italia è i crediti agevolati, i minibond... E le banche, di circa il 36%, mentre in Germania è più del 50% e in Francia e Regno Unito addirittura più Emanuele Orsini, del 100%. Eppure, le Pmi quotabili in Italia, seVice Presidente per il Credito, condo una recente analisi della Banca d'Italia, la Finanza e il Fisco di Confindustria

La protesta dei banchieri: «L'Eba cambia regole mentre si gioca!»

mentare tenga conto delle situazioni di fatto e non porti a risultati incoerenti con la realtà che viene rappresentata».

La nuova classificazione del default imposta dall'Europa arriva nel momento peggiore. E mette in difficoltà non solo le imprese, ma pure le banche... che sono imprese anch'esse. Intervista al Direttore Generale dell'Abi Giovanni Sabatini

E non si può neppure più fare la media dei saldi. È così. Spesso si cita solo la novità più immediatamente evidente, cioè le nuove soglie, ma in realtà gli elementi che concorrono a rendere più restrittiva la nuova disciplina sono molteplici. Sicuramente l’aver tolto la possibilità di compensare con altri conti correnti o posizioni a credito è una di queste.

La crisi non è finita. Forse non è ancora iniziata davvero. E con le nuove regole imposte dall'Eba rischia di diventare drammatica: oggi se un debitore non ripaga per 90 giorni un ammontare pari all’1% del finanziamento totale (prima era il 5% in Italia) per almeno 100 euro (per i privati) o di 500 euro (per le imprese) il credito viene contabilizzato come

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scaduto. Un tempismo che ha del grottesco. Se poi pensiamo che in Italia lo sconfinamento è la prassi... «L’auspicio è quello di riuscire a contenere gli effetti economici della crisi, tuttavia, le nuove regole citate non vanno in questa direzione», esordisce il Direttore Generale di Abi, l'Associazione bancaria italiana, Giovanni Sabatini. «Abbiamo più

volte illustrato alle istituzioni europee che l’abitudine al ritardo di pagamento e la prassi dello sconfinamento sono diffuse nel nostro Paese e non sono sempre indici di un reale deterioramento del merito creditizio del cliente. Per quanto sia comprensibile lo sforzo dell’Eba di armonizzare le norme tra i vari Paesi, è dunque essenziale che il quadro regola-

Basandovi sui numeri degli anni scorsi degli Utp (le inadempien-


FINANZIARE LA RIPRESA

appunto. Con le quali le imprese italiane hanno 146 milioni di euro di debiti. Una cifra che, tradotta in termini di cash flow, secondo l'Ufficio Studi di Confidustria significa, per alcuni settori, impiegare fino a 11,2 anni per ripagare il debito. «Prima di tutto va riconosciuto che i prestiti emergenziali con garanzie pubbliche hanno arginato il problema di liquidità che le imprese nel 2020, in seguito al crollo dei fatturati determinato dalle misure restrittive imposte dalla pandemia, si sono trovate a fronteggiare», spiega a Economy il Vice Presidente per il Credito, la Finanza e il Fisco di Confindustria, Emanuele Orsini. «Inoltre, va ricordato che nella situazione pre-Covid il debito bancario poteva essere ripagato dalle imprese in modo ragionevolmente rapido grazie al rafforzamento dei bilanci realizzato in Italia nel precedente decennio: 2,2 anni di cash flow nell’industria e 1,9 nei servizi. E con il Covid? La somma dei prestiti emergenziali del 2020 e del crollo del cash flow, ha fatto crescere sensibilmente il peso del debito (+ 47 miliardi

Giovanni Sabatini, Direttore Generale di Abi, Associazione Bancaria Italiana

ze probabili) poi incassati, avete calcolato quante imprese e quanti privati finirebbero in default inutilmente? Su questo non abbiamo stime ufficiali. Tuttavia, anche a prescindere dal numero – che potrebbe essere rilevante – va sottolineato che queste famiglie e imprese vedrebbero i loro crediti classificati come deteriorati quale conseguenza automatica di un cambio nell’approccio regolamentare e non per un reale deterioramento del proprio merito di credito, andando comunque incontro a difficoltà nell’accesso al credito e nell’ottenere la liquidità di cui necessitano. E questo va considerato sotto il profilo delle con-

seguenze per loro, ma anche in termini di riflessi negativi sulla crescita del Paese. Quindi come si è mossa e come si sta muovendo l'Abi? Abbiamo evidenziato sin dal 2015, nell’ambito di consultazioni pubbliche, le ricadute negative e i rischi connessi alle nuove regole; ovvero dal momento in cui erano in corso, da parte dell’Eba, le attività dirette alla loro definizione. Da allora l’attenzione al tema è sempre stata massima con attività volte a ottenere modifiche delle regole e una sistematica azione di concerto con le Associazioni delle imprese e dei Consumatori ai fini di una adeguata

nel solo settore dell’industria). Nell’industria la situazione debitoria è peggiorata in tutti i settori, anche nell’alimentare e chimico-farmaceutico, dove comunque il maggior debito si confronta con risorse interne di poco inferiori ai valori precedenti. All’estremo opposto, troviamo comparti come automotive, metallurgia e macchinari, in cui non è neanche possibile stimare il numero di anni in termini di risorse interne che serviranno ad estinguere il debito. Anche nei servizi registriamo un indebitamento massiccio: parliamo di 57 miliardi, che portano a 11,2 gli anni di cash flow necessari a ripianare il debito e, per i settori del commercio, ospitalità e della ristorazione i numeri sono pesantissimi. Nelle costruzioni poi, il peso del debito è più che raddoppiato, da 3 a quasi 7 anni di cash flow. Una situazione che nel tempo rischia di diventare insostenibile, senza contare che è difficile immaginare nuovi investimenti ai ritmi pre-crisi. Prima della pandemia, il flusso annuo di investimenti delle imprese in beni materiali era di 35 miliardi nel manifatturiero, 51 nei servizi, 5 nelle costruzioni. È chiaro che il cash flow, nella realtà operativa, non può essere impiegato solo per rimborsare il debito, perché se così fosse, come purtroppo sta accadendo in

e tempestiva diffusione dell’informazione presso i clienti. Tale collaborazione si è concretizzata, tra le altre cose, nella realizzazione da luglio 2019 di Guide esplicative come quella rivolta alle imprese su ‘Le nuove regole europee in materia di default’, oppure la ‘Guida tecnica alle nuove regole europee in materia di definizione di default per le persone fisiche’ e altri strumenti come l’infografica ‘Prestiti più attenzione a scadenze e rimborsi’. Fino ad arrivare, il 24 dicembre scorso, all’invio alle Istituzioni europee, come intero mondo italiano di rappresentanza delle imprese, di una lettera per segnalare ulteriormente e formalmente

l’importanza e l’urgenza di intervenire su queste più stringenti e automatiche normative, quanto meno in direzione di una maggiore elasticità per fare fronte alla crisi in cui ci troviamo. Ma come è possibile essere elastici su una direttiva dell'Eba? Naturalmente le banche da parte loro sono obbligate a rispettare le regole, e in questo caso i margini che hanno a disposizione per venire incontro ai clienti sono molto stretti. Per questo la nostra richiesta è proprio quella che l’Eba adotti, almeno temporaneamente, un approccio più flessibile, come fatto su altre normative per aiutare le banche a far fronte

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COVERSTORY

PREVISIONI DEI TASSI DI DETERIORAMENTO PER DIMENSIONI DI IMPRESA (numero delle posizioni creditizie che nel corso dell'anno si deteriorano in rapporto allo stock di posizioni non deteriorate ad inizio anno)

FONTE: STIME E PREVISIONI ABI-CERVED

alcuni settori, l’impresa non avrebbe risorse per nuovi progetti. Nel 2021 si prevede che la situazione resti tesa, anche se meno critica. Il fatturato dovrebbe registrare una risalita parziale e il cash flow tornerebbe positivo nella manifattura. Tuttavia, rispetto al 2019 il debito resterebbe più pesante: nel manifatturiero servirebbero 5,4 anni di cash flow per ripagarlo, più del doppio del 2019. Anche nei servizi all’emergenza. In questo senso, va precisato che, mentre parte della disciplina è sancita in norme primarie e quindi la modifica richiede un processo legislativo, ci sono importanti elementi che l’Eba ha il potere di modificare in tempi brevi. L'Eba non vuole sentire ragioni e sembra vivere su un altro pianeta. La pandemia ci ha insegnato che non esistono decisioni o meccanismi immutabili. Lo dimostrano gli strumenti messi a punto dall’Europa come il Recovery Fund e il Next generation Ue, inimmaginabili solo pochi anni fa. Anche gli altri Paesi misure-

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e nelle costruzioni la situazione non è buona, con quasi 4 anni di cash flow per rimborsare il debito, il doppio rispetto a prima della crisi. Senza contare che questo valore medio non rende appieno le difficoltà in comparti come ospitalità, ristorazione e commercio, dove l’onere per interessi resterebbe oltre il 10% del cash flow. Quindi possiamo dire che in tutti i settori la situazione sarebbe peggiore rispet-

ranno l’impatto dell’applicazione delle nuove regole e riteniamo, così, si possa ampliare il dialogo finalizzato ad intervenire su queste normative che, pensate in un contesto completamente diverso da quello attuale e caratterizzate da un eccesso di automatismi, rischiano di compromettere le prospettive di recupero dell’economia italiana ed europea. Il problema non è solo dei cattivi pagatori. La conseguenza indiretta della direttiva potrebbe essere la chiusura degli addebiti automatici e il venir meno delle commissioni di massimo scoperto e degli interessi passivi. Ma anche la possibilità che molti pri-

to al pre-Covid, con l’onere per interessi che sarebbe del 10% del cash flow. Decisamente troppo.

Quali sono le implicazioni di policy? È essenziale agire su due fronti, con diversi orizzonti temporali. Nell’immediato, si deve arginare l’emergenza e allentare le tensioni finanziarie subite dalle imprese a seguito del maggiore indebitamento, così da consentire loro di liberare risorse per nuovi investimenti necessari per competere e svilupparsi. Si deve trovare una soluzione – anche intervenendo sulle disposizioni del Quadro Temporaneo sugli aiuti di stato della Commissione Europea – per consentire a tutte le imprese, non solo quelle che hanno contratto finanziamenti garantiti di importo fino a 30mila euro, un allungamento oltre i 6 anni del periodo di rimborso dei debiti di emergenza del 2020. In una prospettiva di più lungo periodo, per il rilancio della nostra economia, la priorità è sostenere la crescita dimensionale delle imprese e il riequilibrio della loro struttura finanziaria, attraverso un più ampio accesso a fonti alternative e una maggiore patrimonializzazione. Le misure varate dal Governo in questo campo dall’inizio della crisi sono ancora parziali, so-

vati per evitare problemi chiudano i conti correnti e tornino a pagare in contanti. Si tornerà alle cambiali? Torneremo in fila per pagare un bollettino? Queste ultime mi sembrano ipotesi difficilmente realistiche. Le nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in “default” possono determinare possibili effetti negativi sulla capacità delle banche di erogare credito aumentando le difficoltà delle imprese e dei consumatori, in particolare nell’attuale congiuntura caratterizzata dall’emergenza. Dopo un necessario periodo di assestamento, è prevedibile che il mercato si adeguerà progressivamente. In

ogni caso, è utile precisare che le nuove regole europee non prevedono affatto un divieto agli sconfinamenti, che sono sempre possibili se consentiti dalla banca secondo le sue specifiche policy aziendali. Infine, segnalo che il percorso che porta alla classificazione in default del debitore origina da un mancato rimborso di un pagamento dovuto alla banca, indipendentemente dalle modalità con cui questo si realizza, per addebito diretto o con altre modalità. L' a.d di Mediobanca, Alberto Nagel, ha definito il calendar provisioning, cioè e nuove norme della Bce sulle coperture dei crediti


FINANZIARE LA RIPRESA

stre quindi nel 2021 partiamo già in affanno. prattutto per quanto riguarda Pmi e mid cap. Innanzitutto, come dicevo, per allentare le Aggiungiamo che anche quest’anno è iniziato Vanno rafforzate, mettendo a punto una vera tensioni finanziarie delle imprese legate alla male per molti settori, specie quelli legati al strategia ad ampio spettro, che comprenda loro situazione debitoria, è essenziale un turismo (ma non solo) per via del perdurare interventi di natura allungamento delle VA MESSA A PUNTO UNA STRATEGIA delle restrizioni. Il risultato, nelle variazioni fiscale, semplificazioni scadenze dei nuovi fiAD AMPIO SPETTRO annue del Pil, è un minore rimbalzo nel 2021, regolamentari e altre nanziamenti garantiti. VOLTA A FAVORIRE L'ACCESSO molto sotto i livelli pre-Covid. I fattori che pomisure volte a favorire DELLE IMPRESE AI MERCATI FINANZIARI Ma la strada maestra tranno rilanciare l’economia sono due. Primo: l’accesso delle impreresta la ripartenza una vaccinazione di massa in tempi ragionevose ai mercati finanziari. Si tratta di una quedell’economia. La seconda ondata di pandeli, che consenta di attenuare le restrizioni che stione di natura strutturale che va affrontata mia ha determinato la chiusura negativa del penalizzano consumi e fatturato. Occorre pronell’ambito del Recovery Plan. 2020 e zavorra il 2021. Infatti, la stima delle cedere spediti per avere un impatto positivo nuove restrizioni segnala un calo nel 4° trimeLe moratorie finiranno. La Legge di BilanQUOTA DI MERCATO DEI PRINCIPALI OPERATORI DEL SISTEMA cio le ha prorogate al 30 giugno, che co(var. Odm 2015-2019) munque è dietro l'angolo. Ricchezza delle famiglie italiane 5,5% La moratoria di legge per le Pmi è stata una (+0,4pp) ˜10.800 mld € 28,1% Private 5,3% misura fondamentale per le imprese. Sono cir16,0% (+1,8pp) RIcchezza finanziaria Banking (+0,6pp) 14,2% ca 1,3 milioni le operazioni sospese, relative a 4.445 mld € (2019) 41% finanziamenti di ammontare pari a circa 160 862 mld € Depositi, titoli, risparmio 8,6% 5,6% gestito, altre attività finanziarie, (-0,2pp) miliardi. Si tratta di una misura che abbiamo (giu-2020) azioni proprie, tfr, altre riserve fortemente voluto e della quale con altrettanta 44,7% determinazione abbiamo chiesto la proroga, (-2,7pp) che è stata prevista dalla Legge di Bilancio. Private Banking Altri operatori Ma è appunto una misura in via di esaurimenRicchezza non finanziaria 59% Banche Specializzate Banche Retail to, anche a seguito dell’aggiornamento delle Modelli Misti (Banche/Reti) Reti Retail Banche Universali (Business Unit) Poste Linee Guida dell’Autorità Bancaria Europea Agenti Assicurativi sul trattamento prudenziale delle moratorie. FONTE: ELABORAZIONE AIPB Bisogna trovare delle soluzioni alternative. deteriorati, “una bomba atomica” per i bilanci delle banche nel post-Covid. Che, ricordiamolo, sono anch'esse imprese. Va chiarito che il calendar provisioning di fatto si traduce in una svalutazione automatica dei crediti deteriorati con il mero passare del tempo, fino ad un completo azzeramento del valore nell’arco di pochi anni. L’Abi ha messo in guardia sugli effetti indesiderati di questo approccio fin dalla proposta di queste misure, da parte della Commissione europea e della Vigilanza Bce. Un approccio di questo tipo totalmente meccanicistico appare particolarmente dannoso in questo momento. È infatti importante riflettere su-

gli effetti restrittivi che tale prospettiva può implicare già oggi, sotto forma di irrigidimento delle condizioni per l’accesso al credito dei clienti e di incentivo alla rapida chiusura delle posizioni problematiche - anche attraverso la cessione del credito al di fuori del circuito del mercato bancario regolamentato - invece di incoraggiare la banca ad accompagnare il cliente in un percorso di ristrutturazione, che richiede tempo. In ogni caso, come detto prima, le norme non possono prescindere dalla realtà e quindi quanto meno un adattamento temporaneo è essenziale in quanto non si può non tenere conto dei rallentamenti nell’atti-

vità giudiziaria, e più in generale nelle procedure di recupero dei crediti, conseguenti alla crisi pandemica. L'economia reale si regge sul finanziamento alle imprese. Come si devono muovere, ora, le imprese per non finire nel girone dei cattivi pagatori? Le nuove regole europee sulla definizione di default impongono alle imprese una maggiore disciplina nella gestione del loro rapporto con il settore bancario, evitando di accumulare ritardi nel rimborso dei finanziamenti. Le banche non avranno infatti i margini di discrezionalità finora consentiti nella gestione delle

situazioni di insolvenza. Il suggerimento è che le imprese prendano consapevolezza di queste nuove disposizioni e adottino i necessari presidi organizzativi per gestire correttamente i propri flussi finanziari, con il settore bancario e non solo, nell’ambito di una programmazione di medio periodo. In generale, è sempre opportuno mantenere un canale di confronto con la propria banca per individuare per tempo eventuali situazioni di difficoltà e trovare le opportune soluzioni. L’Abi, anche d’intesa con le associazioni d’impresa, lavora per diffondere quanto più possibile la conoscenza delle nuove regole.

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sul Pil del 2021. Secondo: il Recovery Plan e gli ingenti investimenti che potrebbe finanziare, cruciali nel breve e nel lungo termine, su cui occorre accelerare nell’implementazione. Va in questa direzione il superbonus 110%, una misura cardine di rilancio degli investimenti e della domanda nel Paese, rispetto alla quale serve però un orizzonte temporale più lungo, quindi almeno dicembre 2023, considerata la complessità degli interventi agevolati, Se non si darà impulso alla crescita in tempi brevi, rischiamo molti fallimenti di imprese nel 2021. Nel 2020 grazie a moratorie, misure di sostegno e improcedibilità dei fallimenti, le insolvenze sono calate. Infatti, secondo le stime di Cerved, l’esaurimento di queste misure nel 2021 potrebbe far manifestare con forza gli effetti della crisi: il numero di imprese a rischio default è stimato in aumento al 15,1%, dal 10,5% pre-Covid. O, in uno scenario negativo, addirittura al 20,1%,

INDEBITAMENTO E ONERI DOPO LA PARZIALE RISALITA DELL'ECONOMIA (Italia, stime relative al 2021) Stock Prestiti (mld euro)

Manifatturiero Alimentari, bevande e tabacco Tessili, abbigliamento, in pelle Legno e arredamento Carta e stampa Raff. petrolio, chimici, farmaceutici Gomma e materie plastiche Metallurgia, prod. in metallo, lav. minerali non met. Prodotti elettronici, appar. elettriche e non Fabbric.macchinari e apparecch.nca Autoveicoli e altri mezzi di trasporto Attività manifatturiere residuali Costruzioni Commercio ingrosso-dettaglio, riparaz. autoveicoli Trasporto e magazzinaggio Attiv. dei servizi di alloggio e ristorazione Serv. di informaz.e comunicazione Attività immobiliari Attiv. professionali, scientifiche e tecniche Noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle imprese

In tutto questo si inseriscono le nuove regoFONTE: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA le dell'Eba, in vigore da inizio gennaio. Per finire in stato di default basterà un arretrato per più di 90 giorni pari a una somma tuale rischiano di ostacolare le possibilità di risuperiore ai 100 euro e superiore all’1% del presa dell’economia e quindi è necessaria una totale delle esposizioni verso la Banca, per revisione o un rinvio. Questo vale per il default privati e Pmi, nonché superiore ai 500 euro come per altre regole, ad esempio la riforma di e superiore all’1% del totale delle esposiBasilea e le norme sugli Npl. zioni verso la Banca. Da un lato abbiamo IL TEMA DELLA GOVERNANCE Confindustria ha l'indebitamento inÈ CRUCIALE PER L'ACCESSO espresso perplessità sostenibile, dall'alDELLE IMPRESE AI MERCATI sulla nuova definiziotro 1.715 miliardi FINANZIARI E DEL CAPITALE ne di default sin da depositati nei conti quando è stata posta per la prima volta in conprivati, in aumento. Risorse che si potrebsultazione nel 2015. Una volta entrata in vigobero incanalare nell'economia reale. re, con regole che abbiamo sempre giudicato L’aumento del risparmio è un segnale tipico eccessivamente stringenti, abbiamo eseguito delle situazioni di forte incertezza, come queluna massiccia e tempestiva operazione di inla che stiamo affrontando. Ma anche una volta formazione tra le imprese, mettendo a disposisuperata questa fase resterà un tema di fondo zione del nostro sistema una Guida preparata sul quale siamo impegnati da tempo, tanto più con l’Abi. Con l’avvento della pandemia siamo alla luce dello scenario di tassi bassi. Mi riferitornati a segnalare alle Autorità europee la sco all’afflusso di risparmio delle famiglie e decriticità di quella definizione, da ultimo atgli investitori istituzionali verso le Pmi, che va traverso una lettera congiunta con Abi e altre incentivato. Per questo occorre riprendere il associazioni. Occorre comprendere che regole percorso di rafforzamento dei canali di finanpensate in uno scenario molto diverso dall’atziamento per le imprese alternativi al credito

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Cash Flow* (mld euro)

226 35 21 11 9 18 12 54 13 25 17 10 82 139 37 34 18 77 43 19

Peso del debito (anni di cash flow)

42 12 4 2 2 13 2 6 1 4 -4 4 22 12 12 6 18 15 26 7

Interessi (% di cash flow)

5,4 2,8 4,8 6,3 5,0 1,4 5,7 8,7 14,0 6,1

10,0 5,4 8,8 11,7 9,3 2,7 10,6 16,2 26,3 11,3

2,5 3,7 11,5 3,1 5,9 1,0 5,0 1,6 2,8

4,5 7,1 21,3 5,9 10,8 1,9 9,9 3,1 5,2

bancario, realizzato dal 2010 nel nostro Paese puntando sui diversi mercati del capitale proprio (private equity, venture capital, azionario Aim, etc) e sull’emissione di debito non bancario.

Ma le Pmi difficilmente cedono, sulla governance. Il tema della governance è cruciale per l’accesso delle imprese ai mercati finanziari e dei capitali. Gli investitori chiedono alle imprese una governance solida, oltre che modelli organizzativi efficienti in grado di presidiare i rischi, una comunicazione trasparente e un management competente in tutte le funzioni aziendali. È un tema sia organizzativo che culturale su cui il nostro sistema ha fatto grandi progressi negli ultimi anni. Anche grazie a programmi di formazione e tutoraggio, incentivi per l’inserimento di temporary Cfo e iniziative di autodisciplina sulla governance. La pandemia ha inevitabilmente rallentato questo percorso, ma ho fiducia che riprenderà con più vigore di prima.


FINANZIARE LA RIPRESA

Con le fatture elettroniche si barattano crediti e debiti Nella legge di Bilancio 2021 un emendamento introduce la compensazione multilaterale di crediti e debiti. Funzionerà su base volontaria e ridurrà il fenomeno delle perdite sui crediti di Marina Marinetti

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e la liquidità scarseggia, c’è sempre concorsuali o di ristrutturazione del debito il baratto. Se Tizio è debitore di Caio, omologate, ovvero piani attestati di risanache è debitore di Sempronio, a sua mento iscritti presso il registro delle imprese”. volta debitore di Tizio, perché non chiude«L’idea è stata sostenuta da tutti i gruppi», re il cerchio con la compensazione? Unìidea spiega a Economy l’on. Garavaglia, «e nasce che, in epoca di fatturazione elettronica, può dall’esperienza in Regione Lombardia - nella prendere corpo con il baratto finanziario 4.0. giunta Maroni era assessore all’Economia, ndr A proporlo, l’on. leghista Massimo Garavaglia - Ci sforzavamo di pagare i fornitori a venti (già sottosegretario al Mef nel governo Conte giorni, peccato che poi questi pagassero i pro1), primo firmatario di un progetto di legge pri credito a 200 giorni. Così con Finlombarda presentato a novembre 2020, l’Ac277, fagociintroducemmo il pagamento di filiera, andantato nella Legge di Bilancio grazie a un emendo a saldare direttamente le seconde e terze damento, il 35.046 NF, che introduce l’artifile. Quella era un’operazione verticale, questa colo 35-bis il quale è orizzontale e tutta GRAZIE ALLA PIATTAFORMA – inserendo un comprivata». dalla quale, DI COMPENSAZIONE LE IMPRESE ma 3-bis all’articolo 4 purtroppo, vengono NON AVRANNO PIÙ LA NECESSITÀ del decreto legislativo escluse le amministraDI SCONTARE LE FATTURE 5 agosto 2015 n. 127, zioni pubbliche. dispone che l’Agenzia delle entrate metta a Non solo: questa sorta di stanza di compensadisposizione dei contribuenti una piattaforzione funzionerà su base volontaria, continua ma telematica dedicata alla compensazione di Garavaglia: «Chi vorrà aderire darà mandato crediti e debiti derivanti da transazioni comall’Agenzia delle Entrate di operare la commerciali fra i suddetti soggetti, risultanti da pensazione diretta tra debiti e crediti comfatture elettroniche. “La compensazione effetmerciali. Fortunatamente abbiamo la fattura tuata mediante piattaforma telematica”, recita elettronica, altrimenti sarebbe difficilissimo il testo dell’emendamento, “produce i medesifarlo. Invece sarà una banale questione di mi effetti dell’estinzione dell’obbligazione ai software». sensi del codice civile, fino a concorrenza dello Dalla piattaforma telematica dell’Agenzia delstesso valore e a condizione che per nessuna le Entrate, infatti, ogni anno transitano oltre delle parti aderenti siano in corso procedure 2 miliardi di fatture elettroniche, la maggior

MASSIMO GARAVAGLIA

parte delle quali rappresentano crediti per il fornitore e debiti per il cliente. Implementarla affinché gli operatori (imprese e professionisti) possano attuare su base volontaria anche multilateralmente la compensazione di crediti e debiti derivanti da transazioni commerciali, si traduce in una moneta di scambio senza emissione di nuova moneta né circolante né virtuale, riducendo il fenomeno delle perdite sui crediti e contenendo i ritardi della giustizia, spesso causa di fallimenti e di buona parte dei crediti deteriorati del sistema bancario. «Grazie alla piattaforma, l’impresa non ha più la necessità di scontare le fatture, non serve più il classico castelletto salvo buon fine», sottolinea Garavaglia. «Un sistema del genere a regime immetterebbe decine di miliardi di euro di liquidità nel sistema. Ma ovviamente tutto dipenderà da quanti aderiranno». E se i 5 milioni di euro nei quali il comma 3 dell’emendamento quantifica gli oneri derivanti dall’adeguamento della piattaforma è un’escamotage per accelerare la proposta di legge sul baratto finanziario 4.0 inserendola nella Legge di Bilancio, il rovescio della medaglia non manca: «Il governo ha voluto inserire il concerto del ministero di Grazia e Giustizia. Andrà monitorato l’iter, altrimenti ci vorranno mesi e mesi. Ma noi abbiamo la testa dura e seguiremo il procedimento passo passo».

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COVERSTORY

INNOVAZIONE E SVILUPPO, LA DOPPIETTA DEL RECOVERY I Contratti di Sviluppo e gli Accordi per l’Innovazione sono due strumenti agevolativi per il sistema industriale inseriti nella Legge di Bilancio 2021 e nel Recovery Plan. Ecco cosa prevedono e come funzionano di Nello Rapini*

I

l 30 dicembre 2020 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 322 la Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020). Il testo introduce, tra l’altro, diverse misure per il rilancio delle imprese, così come la più recente versione del Recovery Plan, peraltro ancora in fase di completa definizione. I due più importanti strumenti attuativi comuni ad ambedue i documenti di programmazione per favorire i grandi progetti d’investimento saranno i Contratti di Sviluppo e gli Accordi per l’Innovazione. Vediamo in cosa si caratterizzano: • I Contratti di Sviluppo favoriscono la realizzazione di programmi di investimento di rilevante dimensione allo scopo di rafforzare la struttura produttiva del Paese. • Gli Accordi per l’Innovazione riguardano attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al notevole miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti. I primi, quindi, supportano iniziative industriali di nuovo insediamento o di ampliamento, riconversione, ammodernamento, mentre i secondi agevolano i progetti di ricerca. Le agevolazioni, pur essendo entrambi contributo a “fondo perduto”, hanno una diversa determinazione sia in termini percentuali, sia in relazione ai costi agevolabili. Infatti nel caso dei Contratti di Sviluppo parliamo di contributi in conto impianti o in conto capitale, nel caso degli Accordi per l’Innovazione, di contributi in conto esercizio. Ma andiamo per ordine. Il Contratto di Sviluppo finanzia programmi di investimento nei settori industriale, turistico, e di tutela ambientale, di almeno 20 milioni di euro, ovvero 7,5 milioni di euro qualora il programma riguardi esclusivamente l’attività di trasformazione e commercializzazione di

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Programmi di investimento industriali e turistici DIMENSIONE D’IMPRESA

Settori diversi dalla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli Aree Zone C non predefinite Carta degli aiuti Carta degli aiuti Art Art 107.3.a) 107.3.a)

Attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli

Altre Aree

Regioni Art 171, lett Orientamenti agricoli

Altre regioni

PICCOLE IMPRESE

45% ESL

30% ESL

20% ESL

50% ESL

40% ESL

MEDIE IMPRESE

35% ESL

20% ESL

10% ESL

50% ESL

40% ESL

GRANDI IMPRESE

25% ESL

10% ESL

Non agevolabili

50% ESL

40% ESL

FONTE: INVITALIA SPA

prodotti agricoli. Il contratto di sviluppo industriale, agroindustriale o turistico può riguardare: • La creazione di una nuova unità produttiva. • L’ampliamento della capacità produttiva di un’unità esistente. • La riconversione di un’unità produttiva esistente, intesa quale diversificazione della produzione, per ottenere prodotti che non rientrano nella stessa classe Ateco2007 dei prodotti fabbricati in precedenza. • La ristrutturazione di un’unità produttiva esistente, intesa quale cambiamento fondamentale del processo produttivo esistente. • L’acquisizione di un’unità produttiva esistente ubicata in un’area di crisi. Il contratto di sviluppo per la tutela ambientale finanzia programmi di investimento finalizzati a: • Innalzare il livello di tutela ambientale dell’impresa proponente oltre le soglie fissate dalla normativa comunitaria vigente. • Anticipare l’adeguamento a nuove norme dell’Unione, non ancora in vigore, che innalza-

no il livello di tutela ambientale • Consentire maggiore efficienza energetica • Realizzare impianti di cogenerazione ad alto rendimento • Realizzare attività di riciclaggio e riutilizzo di rifiuti. Le agevolazioni concedibili sono diverse e nelle tabelle in queste pagine diamo una visualizzazione di sintesi. L’acronimo Esl indica Equivalente Sovvenzione Lorda ed in buona approssimazione può essere considerata la percentuale di contributo a fondo perduto ottenibile sul totale dei costi agevolabili. Tutto il Mezzogiorno è ricompreso nelle cosiddette “aree 107.3.a”, mentre il Centro Nord ha alcune aree, quelle a più bassa industrializzazione in zona “107.3.c”, mentre per il resto del territorio è da considerare nelle “altre aree”. Gli Accordi per l’Innovazione sono attivabili da imprese di qualsiasi dimensione, con almeno due bilanci approvati, che esercitano attività industriali, agroindustriali, artigiane o di servizi all’industria. Le imprese proponenti possono presentare progetti anche in


FINANZIARE LA RIPRESA

forma congiunta tra loro e/o con Organismi di ricerca, fino a un numero massimo di cinque co-proponenti. i progetti devono essere realizzati mediante il ricorso a diverse forme contrattuali di collaborazione quali, ad esempio, il contratto di rete, l’accordo di partenariato e il consorzio. Gli Accordi per l’Innovazione, come già detto, finanziano progetti riguardanti attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale finalizzati allo sviluppo di una o più delle tecnologie di seguito riportate: • Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic) • Nanotecnologie • Materiali avanzati • Biotecnologie • Fabbricazione e trasformazione avanzate • Spazio Per l’attivazione della procedura negoziale diretta alla definizione dell’Accordo per l’innovazione i soggetti proponenti devono presentare al Ministero dello sviluppo economico una proposta progettuale con spese e costi ammissibili non inferiori a 5 milioni di euro e non superiori a 40 milioni di euro, e con le seguenti caratteristiche: • rilevanza dell’iniziativa sotto il profilo degli Finalità ambientale (Art. 28 comma 1 DM 9 dicembre 2014)

sviluppi tecnologici e del grado di innovatività dei risultati attesi • interesse industriale alla realizzazione dell’iniziativa in termini di capacità di favorire l’innovazione di specifici settori o comparti economici • effetti diretti e indiretti sul livello occupazionale del settore produttivo e/o del territorio di riferimento • valenza nazionale degli interventi sotto il profilo delle ricadute multiregionali dell’iniziativa • eventuale capacità di attrarre investimenti esteri, anche tramite il consolidamento e l’espansione di imprese estere già presenti nel territorio nazionale • capacità di rafforzare la presenza di prodotti italiani in segmenti di mercato caratterizzati da una forte competizione internazionale I Programmi di R&S devono avere una durata non superiore a 36 mesi ed essere avviati successivamente alla presentazione della proposta progettuale. Le agevolazioni consistono in: • un contributo diretto alla spesa per una percentuale minima pari al 20 per cento dei costi e delle spese ammissibili (a cui si può aggiungere una quota variabile definita in relazione

a)/b) Innalzare il livello di tutela ambientale dell’impresa proponente oltre le soglie fissate dalla normativa comunitaria vigente o in assenza di specifica normativa comunitaria c) Anticipare l’adeguamento a nuove norme dell’unione, non ancora in vigore, che innalzano il livello di tutela ambientale

d) Consentire maggiore efficienza energetica

e) Realizzare impianti di cogenerazione ad alto rendimento

f) realizzare attività di riciclaggio e riutilizzo di rifiuti (limitatamente ai rifiuti speciali di origine industriale e commerciale) FONTE: INVITALIA SPA

ESL%

Dimensione d’impresa

P.I. M.I. G.I. P.I. M.I. G.I.

Aree Aree 107.3.a) 107.3.c) Carta aiuti Carta aiuti

Altre aree

75 65 60 65 55 50 55 45 40 da 30 a 35* da 20 a 25* da15a20* da 25 a 30* da 15 a 20* da10a15* da 20 a 25* da 10 a 15* da 5 a 10*

*Si applica il valore maggiore se l’investimento è effettivamente e ultimato più di tre anni prima della data di entrata in vigore della nuova norma dell’Unione

P.I. M.I. G.I. P.I. M.I. G.I. P.I. M.I. G.I.

65 55 45

55 45 35

50 40 30

80 70 60 70 60 50

70 60 50 60 50 40

65 55 45 55 45 35

alle risorse finanziarie regionali disponibili). • un finanziamento agevolato, nel caso in cui sia previsto dall’Accordo. Il cofinanziamento regionale del contributo alla spesa deve essere di almeno il 3% dei costi, nel qual caso, il Mise, incrementa la propria percentuale agevolativa di un importo identico. In sostanza l’agevolazione in conto esercizio, in presenza di contributi regionali, ripetiamo non obbligatori, assume l’assetto (minimo) di 20% + 3% + 3%. Ambedue gli strumenti prevedono una progettualità molto articolata con elementi di dettaglio estremamente puntuali. Le agevolazioni, anche in relazione ai livelli minimi di spesa prevista, sono quindi rivolte ad aziende strutturate e con uno storico di attività molto consolidato che, inoltre, devono garantire la capacità finanziaria per sostenere gli investimenti. Altro elemento da considerare è quello relativo agli oneri gestionali di progetti di tali dimensioni, con impegni di rendicontazione piuttosto corposi e continuativi e con personale interno con adeguate capacità ed esperienza specifica. I Contratti di Sviluppo e gli Accordi per l’Innovazione sono da considerarsi strumenti tra loro complementari e non certo alternativi, ciò non solo in funzione della diversità delle spese agevolabili, ma soprattutto in relazione alla capacità che, l’utilizzo congiunto dei due meccanismi di supporto, garantirebbe per il sostegno ai piani di sviluppo aziendali articolati su un arco temporale medio lungo. La necessità di impegno delle risorse del Recovery Plan e dei fondi già vincolati nella Legge di Bilancio lascia presumere che prima dell’estate, quasi sicuramente, i soggetti attuatori dei due strumenti, attiveranno le procedure di selezione delle diverse proposte progettuali, ma alla luce della complessità delle istanze sarebbe già opportuno, sin da ora, per le aziende, iniziare una fase di approfondimento e definizione dei contenuti di una eventuale iniziativa che richiedesse le agevolazioni previste per i Contratti di Sviluppo o per gli Accordi per l’Innovazione. * Partner RSM Italy CF Financial Grants and Facilities – Leader

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«Quotarsi in borsa è semplice sulla corsia rapida dell’Aim» L’estensione del Bonus Ipo e i Pir alternativi faranno da booster alla piattaforma di Borsa Italiana in cui capitali e imprese, imprenditori e investitori possono incontrarsi e supportarsi l’un l’altro di Nicola Tufo*

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ario Draghi, ex Presidente della Bce, già qualche settimana fa aveva sollevato il tema quando, su un noto quotidiano, affermava che a suo avviso ci sarà un aumento dei crediti deteriorati in tutto il sistema bancario. Oggi le aziende hanno crescentemente bisogno di risorse, specialmente in Italia, che presenta un sistema industriale strutturalmente depatrimonializzato (alto rapporto debito/patrimonio), che l’avvento della pandemia ha messo ancor più in luce. Pertanto, in considerazione del fatto che anche le piccole e medie imprese continueranno a dipendere dal sistema bancario, la salute degli istituti di credito è importante in quanto se il loro capitale viene assorbito dai crediti deteriorati, quel sostegno verrà meno. Motivo per cui diviene fondamentale, ora più che mai, il concetto della pianificazione finanziaria; il “debito” continuerà a ricoprire un ruolo cardine nell’economia reale ma il ricorso all’equity sarà sempre più vitale per quelle aziende che hanno necessità di pianificare a medio lungo termine. Sempre più le nostre istituzioni si stanno sforzando di offrire delle alternative alle nostre aziende, soprattutto a quelle di più contenuta dimensione. È il caso di Borsa Italiana ad esempio, che prima con Aim Italia e poi con Aim Italia Pro ha creato una vera e propria piattaforma dove capitali e imprese, imprenditori e investitori possono incontrarsi e supportarsi l’un l’altro. Gli uni possono ottenere una remunerazione per i loro capitali in un mon-

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do di tassi negativi e gli altri possono disporre di capitali per poter affrontare con maggiore serenità il loro percorso di crescita e consolidamento. Nei prossimi 12-24 mesi, infatti, le imprese che continueranno ad avere bisogno di risorse, non potendo più raccogliere debito dovranno quindi necessariamente andare o verso il debito non tradizionale (come obbligazioni e convertibili) o verso l’equity, generando in questo modo ottime opportunità di investimento. Grazie al recente matrimonio di Borsa Italiana Spa con la borsa francese Euronext è nata la prima piazza azionaria europea con oltre 1.800 società quotate e oltre 4.000 miliardi di capitalizzazione. L’integrazione delle due realtà finanziarie apporterà effetti positivi sul mercato azionario italiano dovuti da un lato all’ampliamento del pool di investitori istituzionali internazionali che potranno così più agevolmente investire sulle aziende di eccellenza del nostro Paese e dall’altro creerà un contesto geografico più attrattivo e diversificato, stimolando l’interesse delle aziende italiane ad operazioni di M&A verso potenziali target esteri. Ma ciò che serve e servirà, affinché gli investitori esteri traducano in fatti gli auspici ipotizzati, è una vera e propria strategia per attrarre capitali in Italia, costruendo uno spazio finanziario nuovo attorno a Milano. Oggi l’Italia, purtroppo, è un Paese esportatore netto di risparmio. Un trend che va cambiato con una più corretta e lungimirante politica fiscale. Si ricorda che il risparmio italiano, al

L’AUTORE, NICOLA TUFO

netto dei beni immobili, ammonta a circa 4.000 miliardi di euro. Quindi, il Paese ha al suo interno “finanza” privata sufficiente per fungere da volano per lo sviluppo delle imprese nostrane: il problema, semmai, è canalizzarla al meglio. Oggi la maggior parte del risparmio italiano è gestito da operatori esteri che investono i capitali sui mercati azionari che comprendono titoli dei Paesi che conoscono meglio, con il risultato che gli italiani hanno una enorme quantità di risparmio investito in azioni di imprese estere, molte delle quali fanno anche concorrenza a quelle italiane. Il danno è duplice: i gestori esteri vivono delle commissioni di gestione degli italiani e le imprese estere si rafforzano a scapito di quelle italiane. In tale contesto, quindi, bisogna creare le condizioni affinché Borsa Italiana e Milano, attraverso delle opportune scelte economico/politiche, diventino un hub finanziario in cui imprenditori della finanza, (Sgr, Sim, banche) anche esteri, ed investitori operino quotidianamente. In questa direzione va: 1) la proroga del termine finale dell’agevolazione prevista dall’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017 che permetterà di beneficiare del “bonus Ipo” per un ulteriore anno, estendendo di fatto il beneficio ad un numero potenziale di almeno 60 nuove quotazioni: si ricorda, infatti, che la la legge di bilancio 2021 ha approvato il credito di imposta sul 50% dei costi di consulenza sostenuti per l’Ipo fino al 31 dicembre


FINANZIARE LA RIPRESA

2021, con una misura di complessivi 30 milioni di euro, per un importo massimo di 500mila euro ad azienda. Credito di imposta per i costi di quotazione che ha favorito in maniera significativa nell’ultimo triennio l’accesso al mercato azionario di quelle Pmi che hanno deciso di finanziare, per l’appunto, progetti di crescita sia per linee interne sia esterne, utilizzando l’equity come alternativa al tradizionale canale bancario. Dalla data di introduzione del Credito di Imposta le società quotate su Aimsono sostanzialmente raddoppiate; 2) la necessità che nascano fondi più piccoli e dedicati, capaci di investire sulle Pmi. Una spinta potrebbe arrivare dai Piani individuali di risparmio alternativi. Il Pir alternativo è un “basket” con benefici fiscali simili al Pir di prima generazione (cioè l’esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta può investire in Eltif, fondi di private equity o fondi di debito privato. Tra le differenze rispetto ai Pir regolare è la possibilità di recuperare attraverso un ulteriore specifico credito d’imposta fino al 20% di un’eventuale minusvalenza. La necessità di rendere appealing Borsa Italiana, infine, sta nella mole dell’universo investibile che il nostro Paese, per qualità e quantità, propone e proporrebbe agli investitori a totale beneficio dell’economia reale del Paese, traducendo gli investimenti i generatori di valore e moltiplicatori di ricchezza. Cito a tal proposito uno studio di Banca d’Italia, datato 12 gennaio 2021 in cui si dichiara che “Esaminando le caratteristiche di 88 imprese italiane ammesse al mercato Aim Italia tra il 2013 e il 2019, la nota individua il profilo medio di un’impresa non finanziaria di piccole e medie dimensioni (Pmi) che decide di quotarsi in borsa. Tale profilo viene utilizzato per stimare il numero di Pmi potenzialmente più qualificate alla quotazione nella fase precedente alla diffusione del Covid-19. I risultati mostrano la presenza di quasi 2.800 Pmi non finanziarie con caratteristiche ampiamente idonee alla quotazione prima della diffusione della pandemia”. * partner audit & capital market di Rsm Società di Revisione e Organizzazione Contabile

Il credito innovativo dalla provincia alla nazione Banca Valsabbina con minibond, fintech, crowdfunding e private equity integra l’offerta andando oltre al credito bancario tradizionale. Restando fedele al proprio target: le imprese sul territorio di Sergio Luciano «SE EROGHIAMO ANCORA CREDITO BANCARIO TRADIZIONALE, CON GLI STRUMENTI DI SEMPRE? CERTO CHE SÌ, MA PER UN 80% DELLA NOSTRA ATTIVITÀ. Il restante 20%

viaggia su altri canali e su altri strumenti che sono più vicini alle esigenze delle piccole e medie imprese e sfruttano processi innovativi»: Marco Bonetti è Condirettore Generale di Banca Valsabbina, una media banca di territorio che negli ultimi anni, in un crescendo rossiniano, si è distinta per iniziative finanziarie e funzionali innovative che hanno scandito una forte crescita e costellano ancora il prossimo piano triennale. La prova provata che fare credito in modo innovativo si può, e non solo a livello dei big player del sistema, le banche cosiddette “troppo grandi per fallire”.

Dunque, dottor Bonetti: ma come avete cominciato questa scalata ai nuovi modi di finanziare l’impresa? Il nostro volano è stata la profonda conoscenza del nostro target, l’impresa media e piccola, che manifestava sempre di più – ma già dieci anni fa – tutto il suo disagio per la stretta, eccessiva dipendenza dal credito bancario. Ci siamo guardati attorno sul mercato e abbiamo deciso di iniziare a praticare gli strumenti di finanziamento tradizionale, ma mitigando l’assorbimento di capitale tramite il ricorso alla garanzia ex legge 662/96 e alla garanzia del Fondo europeo degli investimenti. Trattasi di garanzie a prima richiesta, coprendo percentuali di rischio dal 50 all’80% e mitigando l’assorbimento di capitale. Abbiamo visto che

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la clientela apprezzava e chiedeva sempre più vivamente questi strumenti alternativi o meglio complementari al tradizionale credito bancario. Ci siamo posti una domanda: se preferivamo partecipare a quest’evoluzione del mercato o rischiare di essere disintermediati. E abbiamo deciso di scendere in campo. Come? In tanti modi. Innanzitutto è dal 2007 che processiamo i crediti garantiti dal Mediocredito Centrale, attraverso la collaborazione con Nsa, primo mediatore creditizio italiano. Mediamente negli ultimi esercizi abbiamo sempre erogato tra i 200 ed i 300 milioni di euro annui, mentre il 2020 è stato ovviamente un anno record per effetto delle misure governative nell’ambito dell’emergenza Covid. La Banca infatti ha erogato circa 600 milioni di euro in finanziamenti garantiti dal FdG e dal Fei sostenendo il territorio ed il tessuto industriale nel corso di un anno particolarmente complicato. La garanzia pubblica permette a noi di impegnare meno capitale e anche alle imprese non adeguatamente capitalizzate di accedere al credito a medio e lungo termine. E poi? Poi, dal 2016 abbiamo iniziato a finanziare le imprese creditrici della Pubblica Amministrazione cartolarizzando i loro crediti pro-soluto. Sempre da quell’anno abbiamo iniziato a frequentare il mercato dei minibond, operando in varie emissioni e investendoci direttamente. Poi ci siamo avvicinati al mondo fintech tramite la strutturazione di operazioni di cartolarizzazione. Siamo stati infatti arranger e sottoscrittori di un’operazione con sottostanti finanziamenti garantiti dal Fondo di Garanzia originati da una piattaforma fintech, sperimentando anche questa forma di credito alternativa al canale bancario; abbiamo finanziato anche operazioni simili con un’altra piattaforma attiva nel segmento lending, rivolta al target dei privati. Da fine 2020 abbiamo inoltre iniziato ad acquistare crediti fiscali rivenienti da Superbonus 110% per circa 10 milioni di euro offrendo alle imprese un’ulteriore opportunità di finanziamento del business. Nel corso di quest’anno valuteremo

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MARCO BONETTI

NEL 2020 BANCA VALSABBINA HA EROGATO CIRCA 600 MILIONI DI EURO IN FINANZIAMENTI GARANTITI DAL FONDO CENTRALE E DAL FEI

se stringere ulteriori sinergie con il mondo fintech. Ci può dire di più? Banca Valsabbina sta monitorando il mercato per verificare la possibilità di investire anche direttamente in alcune realtà fintech, il che ci consentirà di lavorare in tandem, completando la nostra offerta ed innovando al contempo i processi di business. Non ci limiteremo a finanziare le fintech per consentire loro di erogare, ma investiremo nelle stesse per lavorare e crescere insieme. In quali settori state studiando di entrare? In quelli dei prestiti alle imprese, ai privati e le fattorizzazioni commerciali. L’anno scorso, dopo aver collaborato in questi ambiti nuovi, abbiamo pensato che, aiutando queste startup a crescere, fosse venuto il momento di mettere allo studio anche l’ingresso nel loro equity, assimilando la loro particolare expertise nella concessione dei crediti. Ne abbiamo individuate tre dopo averne valutate molte. E poi siete presenti nel capital market anche attraverso Integrae, il Nomad più attivo sull’Aim, il mercato delle Pmi… Sì: nel 2019 abbiamo acquisito, unitamente ad Arkios Italy, Integrae Sim, completando così la gamma di offerta nel settore dei servizi finanziari all’impresa. Possiamo quindi

aiutare le imprese che intendono ricorrere al mercato dei capitali tramite quotazioni Aim o strutturazione di minibond. E quest’anno ci sarà ancora dell’altro… Cos’altro? Entreremo nel private equity attraverso l’acquisizione di una partecipazione in una holding che si finanzia anche tramite il crowdfunding. Come vede, partecipiamo alla diversificazione delle fonti di finanziamento delle imprese in molti modi diversi ed alternativi. Quindi l’incidenza di questi canali innovativi sul totale del business aumenterà? Certo, il nostro piano triennale prevede che la quota dei nuovi business vada oltre l’attuale 20% del totale. Crescerà sicuramente. E, scusi la domanda brutale: è stato difficile riconvertire verso queste nuove competenze le vostre persone? Direi di no! Sono sincero: perché abbiamo avuto una crescita armonica, siamo partiti qualche anno fa e abbiamo fatto i passi giusti con la lunghezza della gamba… Contenti dei risultati? Certo, altrimenti non proseguiremmo. Consideri che se non avessimo utilizzato la garanzia ex legge 662 e il Fei e poi via via tutti gli altri strumenti, avremmo avuto assorbimenti patrimoniali anche del 50% superiori a quelli che abbiamo. Il vostro bacino di mercato si sta espandendo anche fuori dal vostro territorio tradizionale? Guardi, anche se utilizziamo canali alternativi cerchiamo di lavorare prevalentemente con imprese ubicate nei territori in cui abbiamo le filiali. Ma sappiamo che il futuro sarà sempre più dematerializzato, con servizi erogati attraverso la rete su tutto il territorio nazionale. Cosa che peraltro già accade sul fronte della raccolta. Il lancio del nostro Conto Twist nel 2018 ci ha permesso di raccogliere 120 milioni su tutto territorio nazionale, con un approccio totalmente fintech, aprendo un canale complementare a quello bancario fisico. E sviluppando in questo caso con la clientela un rapporto totalmente digitale.


FINANZIARE LA RIPRESA

«GUARDIAMO AL RATING, MA PUNTIAMO SULLE STRATEGIE» Spingere l’analisi oltre i freddi numeri della centrale rischi per comprendere la visione e la capacità reattiva degli imprenditori: è l’approccio di Banca Ifis per supportare le imprese che meritano sostegno di Riccardo Venturi

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a capacità di capire quando un’aziendenza e non solo la sensazione che l’azienda da merita sostegno anche se certi è in stato di difficoltà». C’è la consapevolezza numeri ufficiali dicono il contrario. È che le necessarie misure governative di sola caratteristica distintiva con la quale Banca stegno alle imprese, fondamentali per tampoIfis si candida a un ruolo rilevante in una fase nare gli effetti della crisi, abbiano però creato che si presenta decisaanche una sorta di CI SONO MERCATI CHE SONO STATI mente complicata, al “effetto coperta” che COMPLETAMENTE STRAVOLTI servizio delle imprese per ora non ha moDALLA PANDEMIA, COME IL RETAIL, che hanno la necessità strato tutti i problemi. CHE COINVOLGE TUTTA LA FILIERA di essere aiutate. «Il «Molte aziende sono nostro atout è un modello basato su una cain difficoltà finanziaria a causa della crisi, ma pacità analitica di dettaglio supportata dalla il vero punto sarà capire quali lo sono anche tecnologia che supera il risultato generato dai dal punto vista industriale e strategico» mette sistemi di rating generalisti» dice Raffaele Zinin evidenza il responsabile direzione centrale gone (nella foto), responsabile direzione affari di Banca Ifis, «dovremo valutare chi centrale affari di Banca Ifis, «questo è a corto di finanza e chi invece ha avuci permette di entrare nel merito dei to risultati economici con problemi di numeri delle Pmi anche attraverso un flussi e volumi a causa del lockdown; dialogo, perché sarà inevitabile dover ma dovremo valutare attentamente andare oltre i numeri dei bilanci e della quelle aziende che dalla crisi hanno sucentrale rischi per comprendere bito un danno dal punto di vista la visione e la capacità reatstrategico: ci sono settori che tiva delle imprese e degli più di altri sono stati colpiimprenditori». I nodi di ti». È il caso del retail fisiquest’anno di pandeco, ad esempio, dietro al mia stanno per venire quale si muove una filiera al pettine sotto forma industriale importandi numeri. «Fin qui è te. «Ci stiamo domanmancata l’evidenza dando quali saranno le quantitativa a cui le ripercussioni lungo la banche son abituate, filiera a seguito del calo cioè i bilanci» osserva dei consumi dovuto alla Zingone, «da maggio – crisi pandemica» spiega giugno vedremo pubbliZingone, «in tanti hancati i numeri dell’esercizio no scoperto la potenza 2020, e l’analista del credito si dell’e-commerce nel 2020, troverà di fronte naturalmente ma questo come impatta sui cali di fatturato, tensioni finanretailer? La stagione autunziarie in centrale rischi, indicatono – inverno 2020-2021 della ri di bilancio: allora si avrà l’evimoda, dal punto di vista delle

IL BOOSTER DEGLI ACCORDI Tra le azioni concrete di Banca Ifis per le Pmi nella crisi da Covid-19, c’è l’accordo con la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) a loro sostegno. Banca Ifis e Bei hanno infatti siglato il 20 luglio 2020 un’intesa da 50 milioni di euro per finanziare e sostenere progetti di investimento e crescita delle Pmi. Sono previsti contratti di finanziamento a tassi vantaggiosi per tutte le aziende dei diversi settori produttivi, viene finanziato anche il capitale circolante per far fronte alle esigenze di liquidità e arginare gli effetti della pandemia. Un’ulteriore passo nella stessa direzione è la convenzione siglata da Banca Ifis il 5 giugno 2020 con Veneto Sviluppo e la regione Veneto, per la concessione di finanziamenti agevolati al fine di supportare le esigenze di liquidità delle imprese colpite dall’emergenza Covid-19. vendite, credo sia stata molto pesante per gli esercizi commerciali, chiunque ha rimandato molte delle spese anche per la vita sociale limitata: niente maglioni, niente scarpe... e quelli che hanno comprato l’hanno fatto molto più frequentemente on line». Il problema è che questo ha anche ricadute importanti a livello industriale. «Se è vero che Banca Ifis è fuori dall’ultimo miglio della distribuzione» rimarca il responsabile direzione centrale affari di Banca Ifis, «è anche vero che interviene nel mondo della filiera, che è fatto di tessuti, macchinari per produrli, manutenzione, logistica, etc. Bisogna quindi vedere e valutare i settori in maniera integrata tra di loro. È quel che stiamo facendo, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno e di supportare chi ha capacità reattiva di fronte alla crisi».

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COVERSTORY

I CAPITALI SI CATTURANO ANCHE GRAZIE ALLA RETE Da quando l’equity crowdfunding ha fatto capolino nel nostro Paese, nel 2014, sono stati raccolti 222 milioni di euro, poco meno della metà dei quali nel solo 2020. Un’opportunità in più per chi è a caccia di capitali di Marco Scotti

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ra i motivi per ricordare il 2020 c’è anche il fintech, che lo scorso anni è cresciuto tanto da diventare “robusto” anche nel nostro Paese. Non più l’idea su cui puntare piccole somme, ma uno strumento di investimento alternativo: i nomi? Equity crowdfunding, p2p lending, credito alternativo. Solo nell’ultimo anno, da luglio 2019 a giugno 2020, in Italia le risorse che la finanza complementare ha veicolato verso le Pmi sono state di 2,67 miliardi di euro contro i 2,56 miliardi del periodo precedente, con una crescita ‘anno su anno’ pari al 4%. Di più: i finanziamenti alle imprese da parte della finanza alternativa nei primi nove mesi dell’anno sono ammontati a 1 miliardo, con un incremento di 4,5 volte rispetto al dato dello stesso periodo del 2019. Persino Cassa Depositi e Prestiti ha deciso di promovere i fintech per facilitare l’accesso al credito di Pmi e small-mid cap, investendo 20 milioni di euro nel fondo October Sme IV (promosso da October Factory S.A., la prima piattaforma di finanziamento alle Pmi in Europa continentale) che si aggungono ai quasi 115 milioni di euro messi a disposizione da diversi investitori istituzionali a livello europeo, tra cui la Banca pubblica francese per gli inve-

FABIO MONDINI

stimenti (Bpifrance), il Fondo Europeo per gli investimenti (Fei) e l’Istituto di Credito Ufficiale spagnolo (Ico). Sulla base del target di raccolta del fondo (250 milioni di euro), si prevede un portafoglio con un numero di operazioni complessivo superiore a 500 con una size compresa tra 30mila e 5 milioni di euro. October, peraltro, è stata la pioniera del

del business lending (che a livello globale, coinvolge più di 20mila prestatori privati che insieme agli istituzionali hanno finanziato oltre mille aziende per un valore di 105 milioni di euro, distribuito su 280 aziende): da inizio 2020 a oggi le imprese italiane finanziate dall’azienda sono aumentate del 182% rispetto al 2019. Quanto al crowdfunding, lo scorso anno ci sono state complessivamente 153 operazioni di equity crowdfunding per un controvalore (prima volta assoluta) superiore ai 100 milioni di euro. Interessante il confronto con il 2019: se il numero di deal è cresciuto in maniera significativa ma non esponenziale, passando da 139 a 153, balza all’occhio l’incremento di quasi il 50% della raccolta, da 65,5 milioni a 100,1. Da quando l’equity crowdfunding ha fatto capolino tra gli strumenti di investimento nel nostro Paese, cioè nel 2014, sono stati raccolti complessivamente 222 milioni, poco meno della metà dei quali nel solo 2020 e quasi il 75% tra 2019 e 2020. Dunque, un trend consolidato e in crescita. Va notato, inoltre, come il quarto trimestre dell’anno scorso sia quello che ha rappresentato il più importante sia dal punto di vista della raccolta che per numero di deal:

LE STARTUP CRESCONO A PARTIRE DA UN... SEME Seed Money è il primo acceleratore privato italiano ad aver completato un round di equity crowdfunding nel 2018. Oltre 180 soci di cui più di 50 investitori seriali con all’attivo oltre 10 investimenti ciascuno e che compongono il nocciolo duro del club deal di Seed.

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Un portafoglio di 15 startup tra accelerate e partecipate, con un tasso di rivalutazione a 12 mesi pari all’80%. Le startup accelerate hanno raggiunto, nelle rispettive campagne di raccolta in equity crowdfunding, tassi di successo dell’87% con un overfunding medio del + 267%.

Il modello operativo di Seed Money si fonda su tre pilastri che nel corso degli anni hanno generato risultati tangibili: un’attività di mentoring portata avanti da un team di business angel soci, provenienti dal mondo dell’impresa e delle professioni, impegnati nel seguire le startup accelerate

apportando non solo fondi ma anche competenze e relazioni; una grande attenzione ai numeri e a un corretto controllo della gestione operativa; l’uso del crowdfunding come strumento di approvvigionamento finanziario per le startup in fase early stage.


FINANZIARE LA RIPRESA

nere. Lanciarsi sul settore più innovativo di 55 operazioni finanziate (un terzo del totale) Borsa Italiana può arrivare anche a mezzo e 44 milioni ricevuti, poco meno della metà milione (non per niente la quota limite per del complessivo. ottenere il tax credit), mentre un’operazione «Si sta sviluppando – ci racconta Giovanpaolo di private listing costa 60-70mila euro all’aArioldi, ceo della piattaforma Opstart che lo zienda e, dal punto di vista degli imprenditoscorso anno ha ottenuto quasi 20 milioni di ri, garantisce che non vi sia la solita “forchetraccolta, di gran lunga l’operatore più granta” di valori, ma si parte con delle quotazioni de da questo punto di vista – l’interesse nei certe e si certifica il valore di quotazione. confronti di questo strumento soprattutto Un’altra buona notizia per le Pmi innovative da parte delle imprese, che capiscono che in è che qualche paradigma della finanza inizia questo modo possono finanziare il loro busia scardinarsi: è il caso del debito. L’assioma, ness prima di guardare alla borsa. Per quanfino allo scorso anno, era che questo tipo di to riguarda gli investitori, poi, va detto che è società per definizione debba bruciare cassa vero che i profili di rischio sono superiori a e che quindi non è prudente concedere loro quelle in sede di Ipo, ma lo è altrettanto che aperture di credito perché si rischierebbe di si tratta di soggetti in “rampa di lancio”, che non rientrare dell’investimento. «Oggi – ci devono ancora esprimere il loro valore. Cosa racconta Fabio Mondini, fondatore di Cross che invece non succede se si comprano azioBorder Growth Capital – ci troviamo in uno ni di un’azienda quotanda». scenario particolarisAiroldi è tra i protagoLA DIGITALIZZAZIONE STA ABBATTENDO simo. Ci si è resi conto nisti del fintech in ItaI CONFINI TRA I DIVERSI STRUMENTI che c’erano altre asset lia. Tra le idee di cui si DI INVESTIMENTO, RENDENDO PIÙ class su cui puntare, è fatto promotore ce FLUIDA LA RACCOLTA DI CAPITALE oltre alla borsa, che ne sono almeno due: garantivano rendimenti migliori. Non solo: la prima è la realizzazione di una piattaforsi è iniziato a concedere debito alle start-up, ma, CrowdArena, che è una sorta di bacheca tanto che ci è capitato in un recente round di virtuale dell’equity crowdfunding in cui – finanziamento da 2,6 milioni di dividerlo in almeno, questa era l’intenzione – chiunque 1,6 milioni di equity e un milione di debito. poteva pubblicare la propria campagna. Poi Quest’ultimo, infatti, diversamente dall’equila Consob ha scelto di limitarne la disponibity non si diluisce, rimane costante anche al lità e l’accessibilità e oggi CrowdArena può variare delle dimensioni. E il sistema finanospitare solo le campagne di Opstart. Altra ziario lo scorso anno ha prodotto uno sforinnovazione: Assofintech, di cui Airoldi è vizo in questa direzione da 80 milioni di euro. cepresidente, ha permesso di estendere all’ePochi, rispetto ai 4 miliardi della Francia, ma quity crowdfunding l’articolo 100 Ter del Tuf sicuramente significativi come primo passo». sull’intestazione delle quote. Attualmente, La creatura di Mondini è un advisor in copoinfatti, la transazione di titoli di equity crowrate finance per i round di serie A, B e C, ovdfunding è gratis attraverso l’intermediario vero quelli che partono da un paio di milioni Directa Sim. Questa procedura non è ancora a salire fno a oltre 50. L’ultima operazione molto nota, ma il confronto con Monte Titoli condotta è quello che ha portato 34 milioni è costante per arrivare a una soluzione ancor nelle casse di Cortilia, l’azienda che si occupa più condivisa. Opstart, poi, ha deciso di non di vendita di prodotti agroalimentari a dofocalizzarsi solo su un tipo di finanziamento, micilio. Ora, quello che resta da capire è che ma di moltiplicare l’offerta tra cripto-asset, futuro attenda il mondo degli investimenti debito, lending tra privati e via dicendo, offre alternativi. Per Mondini «i confini tra i settoanche la possibilità di un private listing con ri si stanno riducendo, e-health, digitalizzaEuronext. E ci sono buoni motivi per farlo: zione, fintech e via dicendo abbattono i silos prima di tutto in termini di costi da soste-

LA CESSIONE DEL CREDITO Finanza.tech, società di consulenza finanziaria guidata da Nicola Occhinegro, ha concluso la prima operazione di liquidazione dei crediti d’imposta per un valore di quasi 600mila euro. I clienti, imprese edili che avevano ottenuto le agevolazioni d’imposta grazie a specifici interventi oggetto dei bonus, in pochi click, con un processo agile e totalmente digitale, hanno ceduto i crediti che sono stati liquidati, in pochissimi giorni, direttamente da Finanza.tech. Proprio per semplicità e agilità si distingue l’approccio della società che, nata con l’intento di facilitare l’ingresso al mercato dei capitali a una platea più ampia di imprenditori, che anche in questo ambito dimostra coerenza con la propria missione. Con questo primo successo, l’azienda si afferma come un punto di riferimento per le Pmi italiane per monetizzare Superbonus, Sismabonus ed Ecobonus, ha effettuato operazioni per due milioni di euro a gennaio e punta a superare i 75 milioni entro la fine dell’anno. L’obiettivo è dunque quello di diventare protagonista nello sviluppo e nella circolazione della cosiddetta “moneta fiscale”. Occhinegro e il suo team dimostrano così il proprio impegno nel far ripartire l’economia italiana, supportando lo Stato nella concretizzazione dei suoi sforzi per rilanciare il business edile e valorizzare il patrimonio edilizio nazionale.

tradizionali. Più in generale, mi aspetto che ci sia una profonda trasformazione di tutti i comparti che per decenni hanno mantenuto un modello di business costante. Perché la penetrazione della digitalizzazione ha scatenato sempre più idee. Per quanto concerne il ruolo italiano va detto che siamo in ritardo mostruoso, ma qualcosa si muove. Cdp ha fatto nel solo 2020 ciò he avrebbe dovuto fare nei cinque anni precedenti, ma l’ha fatto».

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Dal factoring ai crediti fiscali il fintech aiuta banche e imprese Parla Matteo Tarroni, ceo di Workinvoice, il marketplace leader dello sconto fatture ed ora anche, con Crif e Pwc, nei bonus: «È l’embedded finance, un modo nuovo di rilanciare brand nel credito e nelle corporation» di Sergio Luciano Il 2020 è stato un anno di svolta, a causa dello shock tecnologico indotto dalla panTO FATTURE VIA WEB, FINANZIATO DA demia. Un anno che mi ricorda il terribile INVESTITORI ISTITUZIONALI CHE ANTICI2008: quando dalla crisi, dal lancio dell’iPANO IL PAGAMENTO DELLE FATTURE DEI Phone 1 e dei primi servizi cloud nacque CLIENTI SU UN MARKETPLACE ON-LINE, in America il fintech. Quest’anno la panconsiderandolo una buona asset class; ed demia ha messo tutto il mondo on line e la oggi diventano pionieri anche nella negodirettiva Psd2, in Europa, ha restituito alle ziazione, ovviamente anch’essa digitale, persone e alle aziende la proprietà dei loro dei crediti d’imposta. I maturi ragazzi di dati. Intanto, la digitalizzazione dei servizi Workinvoice – la startup fintech fondata amministrativi ha fatto passi rapidissimi, nel 2013 (e operativa dal 2015) da Matteo basti pensare alla fatturazione elettronica Tarroni, Fabio Bolognini ed Ettore Decio – italiana. E poi c’è stato il boom dell’open non finiscono di innovare. Ed hanno archibanking, quell’apertura della mentalità di viato un 2020 che se ha messo a dura prova molte banche – per scelta o per necessità il factoring tradizionale, caduto dell’11,8% – all’idea di erogare ai propri clienti servisecondo gli ultimi zi prodotti da altri. LE BANCHE SI SONO APERTE dati ufficiali di AssiEcco, queste innovaALLE FINTECH PER SVOLGERE ATTIVITÀ fact, non ha depresso zioni nei comportaFINO A IERI TENUTE ALL’INTERNO il giro d’affari di quementi sono cose che DEL PROPRIO AMBITO OPERATIVO sta fintech, chiuso resteranno anche alla pari con il 2019. dopo il Covid-19. E soprattutto il team di piazza San Camillo – sede milanese dalla società – ha capito, Ok: e voi avete per esempio lanciato il ed è pronto a spiegare, quale direzione sta marketplace dove si possono scontare prendendo il fintech anche nel mondo dei subito i crediti d’imposta, in team con servizi finanziari o, come si diceva una volCrif e Price Waterhouse… ta, “parabancari”. E sta partendo molto bene, ma volevo arPronto a spiegarlo, intanto che l’azienda ha rivarci per gradi, alla fine di un ragionaintrapreso con successo anche questa nuomento su quello che si chiama embedded va direzione. finance, che è la vera rivoluzione concettuale. Dunque, dottor Tarroni. Da ceo di Workinvoice, può dirsi soddisfatto del busiScusi: la rivoluzione che si vede a occhio ness. Ma avete in serbo nuovi passi. nudo, in materia, è quella dei pagamenti SONO STATI PIONIERI IN ITALIA NELL’”INVOICE TRADING” DIGITALE, CIOÈ LO SCON-

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MATTEO TARRONI

digitali che ormai fanno tutti… Sì, è il fenomeno più evidente. Ma la novità concettuale è che le banche si sono aperte alle fintech, utilizzandole per svolgere al meglio in modalità innovativa varie attività un tempo gelosamente tenute all’interno del proprio ambito operativo. Alcune fintech sono entrate nelle banche addirittura per aiutarle a erogare i prestiti garantiti dal Fondo centrale o dalla Sace; hanno sollevato le banche da incombenze che in modalità tradizionali sarebbero state schiaccianti. Del resto: le banche hanno estremo bisogno di recuperare margini; e di erogare servizi digitali. Ma anche molte grandi aziende non bancarie hanno bisogno delle fintech: avendo una grandissima base clienti e un forte brand trovano conveniente offrire ai loro clienti servizi finanziari paralleli, che un soggetto terzo produce per loro, e che loro si limitano ad erogare.

Ci faccia un esempio che vi riguarda. Svolgiamo questo tipo di attività per EnelX, la divisione che quel gruppo ha incaricato di molte innovazioni, che a fine 2019 ha


FINANZIARE LA RIPRESA

IL 2020 È STATO UN ANNO DI SVOLTA: HA MESSO TUTTO IL MONDO ONLINE E LA DIGITALIZZAZIONE HA FATTO PASSI RAPIDISSIMI deciso di sfruttare l’enorme base clienti di Enel per vendere non solo elettricità e gas ma anche dell’altro. Ed ha deciso di arricchire la sua offerta digitale con servizi estranei al suo core business come l’invoice trading, che ha affidato a noi, mentre a October ha affidato i prestiti a meglio-lungo termine. Dunque, oggi i clienti e partner di EnelX possono entrare in un hub e fruire di questi servizi: da noi scontare fatture, da October prendere finanziamenti. E le banche tradizionali? Vengono da voi per “embeddarvi”, scusi il neologismo? Direi che difficilmente possono essere autonome nell’ambito in cui siamo specializzati noi… Quindi sì, stanno iniziando a collaborare, hanno visto all’opera il nostro prodotto, il nostro marketplace e lo stanno adottando. In questo momento abbiamo due progetti con due banche diverse che hanno deciso di aggiungere al loro portafoglio di servizi l’invoice trading fornito da noi. Sinceramente, lei pensa che il fintech fa-

gociterà le banche? Assolutamente no: la banca esisterà sempre e non credo a chi dice che il fintech l’eliminerà, così come non credo che le criptovalute elimineranno le valute istituzionali. Perché? Perché dietro il dollaro ci sono i cannoni, dietro il bictoin cosa c’è? Dietro le banche c’è un sistema interconnesso di protezione e regulation, che genera quel trust di cui il mercato ha estremo bisogno.

Però nel 2020 le banche hanno stretto drammaticamente i rubinetti del credito! Sì, il mercato del credito è stato forse quello più colpito dalla pandemia, e poi drogato dalla copertura delle garanzie degli Stati. Ecco: in un simile contesto, il successo più grande, per noi, è stato non solo di aver retto sui volumi, ma anche e soprattutto di non aver perso neanche un investitore. Avevamo e abbiamo ancora tra i 15 e i 20 fondi che operano sulla nostra piattaforma. Fonti internazionali che raccolgono risorse anche da investitori istituzionali italiani. Dunque cresce l’asset class rappresentata dall’invoice trading? Sicuramente: la nostra piattaforma ed alcuna altre hanno inventato delle nuove asset TRA I CLIENTI DI WORKINVOICE STANNO AFFLUENDO MOLTI COMPRATORI DI CREDITI D’IMPOSTA PER INCASSARE UNO SCONTO FISCALE

class. Se oggi un investitore può collocare i suoi soldi direttamente nel credito commerciale, è possibile nella misura in cui esistono piattaforme come la nostra in tutto i principali paesi del mondo. E non a caso, noi lavoriamo con investitori che investono, oltre da noi, anche in altre 30-40 piattaforme in giro per il mondo. E proprio sulla scorta di questo successo abbiamo creato la nuova asset class dei crediti d’imposta con Crif e Pwc. Anche in questo caso, il bene su cui investire esisteva ma la piattaforma no, e dunque non c’era l’asset class. Si chiama “Taxcreditplace”, Tcp. Sta andando molto

bene perché è lo strumento giusto per far incontrare controparti che hanno esigenze diverse. Noi facciamo il mercato secondario del superbonus: se un artigiano sì è fatto pagare un lavoro con credito d’imposta e vuole realizzarlo subito, se una banca ha finanziato dei lavori incassando in cambio il credito d’imposta e vuole liquidarlo, ci siamo noi. Tra i clienti stanno affluendo anche molti compratori di crediti d’imposta, di medie e grandi dimensioni, che si comprano i crediti per avere uno sconto fiscale… Tra i primi aderenti al marketplace anche due banche che sono venute per fruire del servizio in sé e per sé.

Allora prevede un futuro di grandi partnership tra voi, come protagonisti della embedded finance e altri grandi gruppi come Enel, Pwc o la stessa Crif, che è anche vostro azionista col 10%? Svilupparci nell’embedded finance ci interessa sicuramente. Ha buoni margini, e molto senso, e può svilupparsi in molte direzioni diverse. Del resto, sulle collaborazioni con soggetti terzi abbiamo costruito il nostro modello di business, che passa attraverso la tecnologia per potersi integrare ovunque velocemente. Vado dal partner e provo a dargli ciò che gli serve senza interferire con quel che ha già. Tutti i grandi fatturatori sono partner perfetti, come appunto le utilities. Ma anche le società di software: hanno miriadi di clienti ai quali, da un certo momento in poi, faticano a fare nuove proposte di vendita. E con noi possono dunque diversificare l’offerta di servizi. Anche il mondo dell’ecommerce è molto interessante… E il nuovo marketplace sui crediti fiscali come sta andando? Prevediamo di arrivare a transare 1 miliardo di euro, anche perché al Superbonus si stanno aggiungendo tutti gli altri crediti fiscali trasferibili. Mentre sull’invoice trading prevediamo una crescita del 20-30%, da fintech…

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in collaborazione con Aifi

IL PRIVATE CAPITAL SCOMMETTE SUI PIR ALTERNATIVI L’innalzamento a 300mila euro del limite di investimento annuale e l’introduzione, nella legge di bilancio, del credito di imposta sulle minusvalenze, danno nuovo vigore ai Pir. A tutto vantaggio delle imprese di Anna Gervasoni

L’

Italia è ancora nel pieno della pandemia. Nonostante siano presenti elementi di fiducia per il futuro, la situazione economica si preannuncia complessa nei mesi a venire. In tale contesto, è indispensabile trovare soluzioni per riuscire rapidamente a rilanciare la nostra economia ponendo al centro il ruolo delle imprese a cui andranno forniti i capitali necessari per investire, solo così possiamo vedere sviluppo e rilancio dell’occupazione. In questa prospettiva il risparmio italiano può rappresentare un bacino di grande rilevanza per canalizzare risorse verso le aziende. Da diversi anni Aifi si è fatta promotrice del dibattito sui nuovi strumenti per ampliare il flusso di risparmio te la loro conoscenza del mercato e capacità privato verso l’economia reale, in particolare di affiancare gli imprenditori nei processi di verso le imprese non quotate. crescita, sviluppo e internazionalizzazione. La nuova versione dei Pir, definita dall’introÈ stata pubblicata proprio in questi giorni una duzione dei cosiddetti Pir alternativi inseriti circolare dell’Agenzia delle Entrate in consulnel decreto rilancio di tazione che contiene LE NUOVE REGOLE INCREMENTANO maggio, rappresenta interessanti chiariLE POTENZIALITÀ DELLO STRUMENTO un importante tra- E LA SUA PRESA SULL’ECONOMIA REALE menti sul trattamenguardo la cui potento fiscale dei Pir che E SULL’INDUSTRIA DEL RISPARMIO zialità è stata ampliata recepisce alcune delle dall’innalzamento a 300mila euro del limite di richieste dell’associazione e che sembra andainvestimento annuale, nonché dalla recente re nella giusta direzione, favorendo un’ampia introduzione, nella legge di bilancio approvacompatibilità tra i Pir alternativi e l’operativita a dicembre, del credito di imposta sulle mità dei fondi di private capital. nusvalenze. Il nuovo strumento ha suscitato A fianco di tali disposizioni si deve inserire l’attenzione del mercato. Un ruolo importante l’opportunità dello strumento Eltif, veicolo dovrà essere svolto dai fondi di private equity, europeo, nato nel 2015 proprio per favorire venture capital e private debt. È, infatti, tramil’investimento a lungo termine. Si contempla infatti la possibilità di raccogliere anche presPROFESSORE ORDINARIO so la clientela retail (limite minimo di 10mila DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE ALLA LIUC euro) per investire in attività illiquide. Ad ulteDI CASTELLANZA. È ANCHE DIRETTORE GENERALE DELL’AIFI riore supporto, recentemente il Consiglio Eu(ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL ropeo ha sottolineato, nelle proprie conclusioPRIVATE EQUITY, VENTURE CAPITAL E PRIVATE DEBT) ni al nuovo piano d’azione della Commissione

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europea sulla Capital Markets Union, il bisogno di accelerare i lavori, in via prioritaria, per sostenere gli ecosistemi finanziari in grado di favorire un maggiore accesso delle Pmi al capitale di rischio, evidenziando l’importanza di una maggiore partecipazione degli investitori al dettaglio per raccogliere le risorse finanziarie disponibili, fornendo adeguate opportunità di risparmio a lungo termine per rispondere alle future esigenze finanziarie. Attualmente è in corso una revisione del regolamento Eltif. Tale attivismo testimonia una volontà da parte delle istituzioni di Bruxelles di continuare a supportare questo sviluppo virtuoso. In questo quadro, le novità italiane rispetto ai Pir si inseriscono in maniera coerente e possono rappresentare un decisivo elemento di sviluppo del mercato domestico. Sarà importante riuscire a coordinare al meglio l’attività degli attori coinvolti (private banker, reti distributive, fondi di investimento alternativi, etc) per riuscire a sfruttare questa importante finestra di opportunità e per rilanciare il sistema produttivo italiano.


Voglio trasformare la crisi in un momento di crescita per la mia azienda

Molti imprenditori stanno ripensando strategicamente all’organizzazione ed al modello di business della propria azienda per affrontare con fiducia il futuro e chiedono competenza e tempestività. I team multidisciplinari RSM offrono un approccio integrato per definire soluzioni mirate alle esigenze di ogni azienda che voglia crescere su solide basi.

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I minibond, la nave scuola per le Pmi in cerca di soldi

profittato dell’opportunità dei minibond anche grazie al fatto che sono eleggibili per le coperture dalla Sace, per quanto riguarda le operazioni un po’ più grandi, e dal Fondo di garanzia per le operazioni di minore entità». E anche se il costo dell’operazione miFinanziare operazioni straordinarie e piani di sviluppo, ma anche ni-bond per un’impresa non è particolaroperazioni di refinancing fino a 500 milioni di euro: ecco l’opportunità mente competitivo, dato che tra costi diretti per muovere i primi passi nel mercato dei capitali e indiretti, ricerca dell’advisor, spese legali per la compliance e arranger che già dispongono di una rete di potenziali investitori per di Maddalena Bonaccorso collocarli, si arriva a somme non indifferenti, gli imprenditori dimostrano comunque di apprezzare l’alternativa: «Quello che piace Le imprese emittenti per segmento di fatturato consolidato alle imprese», prosegue Giudici, «è sia il fatto di diversificare le fonti di finanziamento, in modo da non trovarsi in mano a un unico <=€ 2 mnl 31 62 soggetto, sia poter ottenere risposta in tem19 6% 12% tra € 2 mnl e € 10 mnl pi rapidi, cosa che molto spesso dalle ban3% 84 che non si riesce ad avere». tra € 10 mnl e € 25 mnl 97 16% C’è poi anche il desiderio di sperimentare, 18% tra € 25 mnl e € 50 mnl che nemmeno il difficile momento che il tra € 50 mnl e € 100 mnl mondo imprenditoriale sta vivendo ha fatto 91 64 17% diminuire: «Gli imprenditori amano esplo12% tra € 100 mnl e € 500 mnl 88 rare le diverse possibilità di finanziamento 16% >€ 500 mnl all’impresa», continua Giudici, «vedono il minibond come un’opportunità light, rispetsenza bilancio to ad operazioni più impegnative, per avviFONTE: SCHOOL OF MANAGEMENTE POLITECNICO DI MILANO - 6* RAPPORTO ITALIANO SUI MINIBOND cinarsi al mercato dei capitali e confrontarsi con investitori professionali. Il tutto senza l fianco delle imprese, lavorando poterli emettere sono il valore di emissione, toccare la struttura proprietaria, fattore che come canali alternativi alle banche non deve superare i 500 milioni di euro, per le aziende familiari di piccola o media che per il finanziamento. Anche e la non-quotazione del titolo sul mercato dimensione è una componente di grande e soprattutto in un momento di crisi come borsistico. Tipicamente, queste obbligazioni importanza». quello che l’intero mondo imprenditoriale sono destinate a operazioni di refinancing, Inoltre, i minibond, operazioni unsecured sta attraversando. Parliamo dei minibond, investimenti straordinari o piani di svilupsenza garanzia, hanno una durata medio i titoli di debito introdotti nel 2012 dal po. lunga del debito, GIÀ NEI PRIMI SEI MESI DEL 2020 Decreto Sviluppo, innovativi strumenti di «Nel 2020, a fronte un tasso fisso e non CI SONO STATE BEN 499 EMISSIONI finanziamento che vengono emessi dalle sodella crisi di liquidità comportano alcuna DI MINIBOND PER UN CONTROVALORE cietà di capitali o dalle cooperative e quindi dovuta alla pandesegnalazione in cenDI 2,09 MILIARDI DI EURO sottoscritti da investitori professionali che mia», spiega Giancartrale rischi.Ma quadimostrano, in questo, modo la propria fidulo Giudici, professore associato di Finanza li società possono emettere i minibond, e cia nel progetto. aziendale al Politecnico di Milano e direttore come? Abbiamo spiegato prima quali siano i Fin dalla loro introduzione, i mini-bond si scientifico dell’Osservatorio minibond, «Il paletti fondamentali, cioè il non superamensono attestati come una delle opzioni per remercato è cresciuto soprattutto in termini to dei 500 milioni di euro per l’emissione perire fondi più apprezzate dalle Pmi, anche di emissioni. Molte imprese, avendo bisogno e la non-quotazione del titolo sul mercato in virtù del fatto che sono tendenzialmente di liquidità in tempi rapidi e non ottenendo borsistico. Oltre a questi, in base al decreto facili da avviare: i paletti fondamentali per risposte adeguate dalle banche, hanno apDestinazione Italia del 2013, vi sono altri re-

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FINANZIARE LA RIPRESA

quisiti: avere un fatturato di oltre 2 milioni di euro, ma inferiore ai cinquanta (oppure un totale di bilancio inferiore a 43 milioni di euro) un organico di almeno 10 dipendenti, ma meno di duecentocinquanta, e l’ultimo bilancio certificato da un revisore esterno. Restano quindi escluse le microimprese. Inoltre, il minibond è sempre da considerarsi una modalità di finanziamento proiettata sul mercato dei capitali e non un modo per risolvere situazioni preesistenti di crisi aziendale. Occorre poi che l’emissione venga assistita da uno sponsor, che la assista dal momento dell’emissione a quello del collocamento. Possono sottoscrivere i mini-bond le società di gestione armonizzate, gli intermediari finanziari, le banche autorizzate ai servizi di investimento, le Sgr e le imprese di investimento. Per potersi avvalere di questa modalità di finanziamento, le imprese devono predisporre un piano economico-finanziario, un business plan che metta in evidenza i motivi alla base della necessità di capitale. Più la raccolta è significativa, maggiore è il bisogno di analizzare le strategie di sviluppo, le risorse occorrenti e i risultati da conseguire. Questo piano economico andrà poi inserito in un dossier informativo che riporta all’interno la storia aziendale, il suo posizionamento nel mercato, l’analisi del progetto di investimento da finanziare tramite minibond, le caratteristiche del management dell’azienda e il piano di rimborsi con la remunerazione che viene offerta agli investitori. Dopodiché lo sponsor deve assicurare la liquidabilità dei titoli fino a scadenza mantenendo una quota minima di titoli nel proprio portafoglio, portare avanti una valutazione almeno semestrale del valore, valutando l’emittente secondo un sistema di rating interno. Tutto troppo complicato? No, almeno a giudicare dai numeri: l’Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano ha infatti censito, nei primi 6 mesi del 2020, ben 499 operazioni di emissione di minibond,

per un controvalore di 2,09 miliardi di euro. Il valore medio delle singole emissioni è stato pari a 4,2 milioni di euro. Tutti i dati sono stati pubblicati nel “Quaderno di ricerca: La finanza alternativa per le Pmi in Italia di Unioncamere - Innexta - Politecnico di Milano e Dipartimento di Ingegneria Gestionale”: analizzando il trend e considerando invece il periodo dall’1 luglio 2019 al 30 giugno 2020, il flusso è stato pari a 331 milioni di euro contro i 281 milioni del periodo precedente.

liquidità dovuti alla pandemia e ai ripetuti lockdown. Abbiamo inoltre una preponderanza storica del settore manifatturiero, con 146 aziende emittenti censite dal 2012, cioè il 42% del totale». Sempre dagli studi dell’Osservatorio apprendiamo che le motivazioni dell’emissione dei minibond sono principalmente il raggiungimento di obiettivi di crescita interna, la ristrutturazione di passività finanziarie, la gestione del ciclo di cassa o ancora acquisizioni e quindi crescita esterna. Dalle interviste ai manager coinvolti nelle operazioni di emissione e collocamento condotte nella stesura del “Quaderno di ricerca”, inoltre, si capisce come il ricorso al minibond sia spesso anche un modo per imparare a interfacciarsi con gli investitori professionali sul mercato e ottenere visibilità, dato che, come si legge nello studio “tipicamente le Pmi non hanno al loro interno competenze evolute in termini di finanza e possono imparare molto dall’emissione di un minibond, evento che di solito riceve evidenza mediatica e contribuisce a migliorare l’immagine dell’impresa e l’affidabilità percepita dal mercato”. Un banco di prova per proiettarsi con più consapevolezza nel mercato. E non solo quello dei capitali.

DURANTE L’EMERGENZA GLI IMPRENDITORI HANNO RINNOVATO IL LORO INTERESSE PER IL SETTORE COME ALTERNATIVA AL CANALE BANCARIO

Visto il periodo storico che stiamo attraversando, non è certo un risultato da poco: «Un aspetto interessante dei dati sui primi 6 mesi del 2020», conclude il professore Giancarlo Giudici «è il fatto che, come si evince dal “Quaderno”, ben 47 emittenti hanno deciso proprio nel 2020 di affrontare per la prima volta in assoluto il mercato dei minibond: questo è un importante indicatore del fatto che gli imprenditori abbiano rinnovato il loro interesse per il settore, sicuramente anche come conseguenza dei problemi di

La mappa degli investitori

10%

Fondi Private Debt Italiani

1% 3% 4% 2%

Asset & Wealth mgmt 32%

Banche italiane Assicurazioni

11%

Fondi esteri

2%

CDP 26%

9%

Confidi Finanziarie regionali Fondi pensione Altri

FONTE: SCHOOL OF MANAGEMENTE POLITECNICO DI MILANO - 6* RAPPORTO ITALIANO SUI MINIBOND

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COVERSTORY

Il confidi si allarga stringendosi all’impresa Non solo garanti per le Pmi nei confronti delle banche, ma sempre più erogatori diretti di finanziamenti alle imprese: ecco come Confidi Systema! sta diventando sempre più un riferimento per le Pmi di Riccardo Venturi

I

l ruolo dei confidi continua ad amdagli iniziali 15 a 85 milioni di euro. «La nostra pliarsi. Non solo continuano a svolazione e quella dei colleghi hanno convinto gere quello primario e costitutivo il legislatore dell’opportunità di vedere nei di garanzia come partner delle banche, ma confidi un punto di riferimento nel segmento sono anche sempre più erogatori diretti di delle piccole e micro imprese» spiega Bianchi. finanziamenti alle piccole e micro imprese. La legge di Bilancio 2021 ha così modificato la Il processo era già in atto da qualche anno, disciplina dei fondi usura, prevedendo l’eroin seguito alla riforma della legge quadro del gazione diretta di credito da parte dei confidi 2003 e alla ricomprensione nell’alveo degli ina micro imprese e Pmi fino a un massimo di termediari finanziari di Banca d’Italia; a dare 40mila euro – per i dettagli si attendono i deun’accelerazione è stata la pandemia. «Nella creti attuativi. «Per noi è uno stimolo a dare prima fase, tra marzo e metà maggio, la magcontinuità allo sforzo che stiamo facendo» gior parte del sistema bancario è stata colta un commenta il dg, «che poi si traduce in una po’ impreparata» spiepresenza sempre più CONFIDI SYSTEMA! HA AVVIATO ga Andrea Bianchi, intensa nei territori COLLABORAZIONI ANCHE direttore generale di a fianco delle nostre CON SGR, FONDI DI INVESTIMENTO Confidi Systema!, polo associazioni di riferiE PIATTAFORME FINTECH del credito che associa mento: Confindustria, oltre 55mila imprese in Lombardia e non solo, Confartigianato e Confagricoltura». «c’è stato un blocco dell’operatività, e gran Un nuovo passo avanti in una strada che Confiparte delle operazioni non riuscivano a essere di Systema! sta percorrendo da anni. «Da temfinalizzate. Avendo noi un’organizzazione più po abbiamo avviato un percorso che si prefigflessibile, in grado di operare anche a distanza ge l’obiettivo di provare a diversificare le fonti grazie agli investimenti digitali già effettuati, di finanziamento anche per le Pmi» sottolinea abbiamo cominciato a fare erogazione diretBianchi, «il nostro è un sistema nel quale quasi ta». tutto il fabbisogno finanziario dell’impresa è Le imprese hanno particolarmente gradito i da sempre è soddisfatto dal sistema bancario tempi di risposta di 7-8 giorni contro i 40 di che però, a causa delle note vicende legate agli media abituale, e così Confidi Systema! ha dato npl, alle varie regolamentazioni, alle crisi che continuità a questa azione, portando il plafond si sono succedute, ha nel tempo ridotto il suo

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ANDREA BIANCHI

supporto». Dal 2011 a fine 2019 le imprese hanno visto ridursi il finanziamento bancario di poco meno di 300 miliardi, mentre il risparmio cresceva da meno di 3mila miliardi a quasi 4500. «Questo è un Paese nel quale la ricchezza finanziaria si è accumulata» rimarca il dg di Confidi Systema!, «e la quota della ricchezza finanziaria che viene investita nelle aziende, che a nostro giudizio sono i luoghi capaci di creare ricchezza e valore nella società, si è sempre ridotta. Per questo da qualche anno ci siamo impegnati direttamente per favorire la costruzione di mercati anche per categorie di imprese come le Pmi, che fanno più fatica a andare da sole direttamente sul mercato a fare quotazioni in borsa, emissioni di obbligazioni, o anche attrarre fondi di private equity, operazioni tipicamente riservate a imprese più grandi». Così Confidi Systema! ha avviato collaborazioni con soggetti diversi dalle banche, come società di gestione del risparmio, fondi di investimento e società fintech. «Ci siamo ritagliati un ruolo in un mercato che abbiamo contribuito a fare crescere, quello dei minibond» aggiunge Bianchi, «le imprese un po’ più grandicelle sono riuscite a ottenere dal mercato, anche da investitori istituzionali, la sottoscrizione di piccole obbligazioni: tutto strumentale a creare un’integrazione all’offerta di finanza rispetto a ciò che è in grado di offrire la banca».


FINANZIARE LA RIPRESA

Grazie ai crediti d’imposta si rinnova il business La finanza agevolata non basta: la consulenza strategica è fondamentale. Grazie a un team multitask Progetto Impresa analizza le Pmi per attuare la trasformazione digitale anche partendo da zero di Riccardo Venturi

I

crediti d’Imposta 4.0, da quello per gli investimenti a quello per la formazione, hanno un ruolo sempre più importante per le aziende che vogliono crescere e innovare. Per raggiungere lo scopo gli esperti di finanza agevolata sono fondamentali, ma non sufficienti. Se si vuole gestire tutto il processo è necessario anche il contributo di professionisti in campo di software e di hardware. Progetto Impresa ha al suo interno tutte queste competenze, e si propone così come interlocutore unico delle aziende che vogliono abbracciare l’innovazione. Il suo team multitask ha la capacità di analizzare l’impresa e attuare una trasformazione digitale 4.0 anche partendo da zero, così che anche le piccole imprese che non hanno al loro interno attrezzature innovative trovano una squadra al loro servizio che sa come predisporle. Un esempio

concreto è quello del pacchetto che prevede la possibilità di cumulare il credito investimento 4.0 e il credito Mezzogiorno, ai sensi della recente interpretazione dell’agenzia delle entrate con la Risposta n. 360 del 2020. Progetto Impresa propone al suo interno anche un vero e proprio software ad hoc: il suo team quindi oltre a seguire tutto l’iter di richiesta del finanziamento, fa altrettanto nell’attivazione di un Crm, comunque necessario perché un progetto innovativo ha sempre dei contenuti, da interconnettere. Inoltre Progetto Impresa può offrire soluzioni anche per implementare la R & S, dando la possibilità alle imprese di usufruire del relativo Credito d’imposta, che nelle Regioni del Sud può raggiungere il 45%. Per quanto riguarda il credito formazione 4.0, la difficoltà per le aziende spesso è quella di mantenere le relazioni con gli enti

formativi. Progetto Impresa lavora anche in questo settore: sta infatti per lanciare un corso di formazione per imprenditori su diverse tematiche, tra cui il business model canvas che caratterizza la sua proposta. Per questo intrattiene relazioni con vari enti formativi, ed è in grado quindi di proporre un’offerta completa: l’azienda attua il corso di formazione 4.0, recupera parte del costo del personale impegnato e allo stesso tempo investe in innovazione perché introduce software e hardware, comprende che l’innovazione è necessaria e risparmia. Lo stesso tipo di approccio integrato si ritrova in campo di internazionalizzazione. Mentre i competitor si affidano a professionalità esterne, Progetto Impresa ha scelto di tenerle al proprio interno, differenziandosi per la capacità di proporre alle aziende che si vogliono affacciare sui mercati esteri un unico interlocutore che ha la responsabilità di far funzionare tutto al meglio, evitando loro di interfacciarsi con tante diverse figure professionali. L’internazionalizzazione non si improvvisa mai, per intraprenderla in maniera efficace si devono pianificare tante trasformazioni interne all’azienda, così come essere in grado di reperire i necessari finanziamenti. Per gestire tutto il percorso ci vogliono gli export manager, figure chiave presenti all’interno del team di Progetto Impresa, che è stata recentemente iscritta da Sace nell’albo degli export manager: le aziende hanno così l’ulteriore garanzia di potersi avvalere di esperti certificati.

L’INVESTIMENTO 4.0 SEMPLICE Progetto Impresa semplifica l’investimento 4.0. A disposizione dei clienti ci sono un team di sviluppatori software e hardware, un ufficio tecnico di esperti in finanza agevolata e un gestionale su misura. Le aziende possono così anche approfittare del cumulo dei crediti d’imposta con contributi sui macchinari fino al 95%. Per info: tel 080 8806683 www.progettoimpresasrl.it

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COVERSTORY

Col pegno rotativo la garanzia invecchia in cantina I vini da invecchiamento rappresentano un’immobilizzazione di capitale importante. Così, per sostenere il settore vitivinicolo, Intesa Sanpaolo ha pensato a una soluzione dedicata ai produttori. Ecco quale di Marco Scotti

S

ostenere il settore vitivinicolo in difficoltà causa Covid, offrendo liquidità a tassi ragionevoli e prendendo come garanzia le giacenze di magazzino: è il pegno rotativo, un’iniziativa già esistente che Intesa Sanpaolo ha deciso di estendere anche al mondo del vino. «Il Decreto Cura Italia – ci racconta Andrea Lecce, a capo della Direzione Sales & Marketing Privati e Aziende Retail dell’istituto di credito – ci ha permesso di mettere a punto un progetto semplice ma efficace: dal momento che per i vini Doc e Docg i vini da invecchiamento rappresentano una mobilizzazione di capitale importante, pensare di estendere la finanza agevolata a questi produttori ci è sembrato naturale. Così, invece di chiedere prestiti chirografari, senza pegno e quindi con restrizioni e tassi più elevati, si può usare come garanzia quanto si ha già in cantina». Per dare concretezza all’iniziativa e velocizzare le pratiche, Intesa – cui fa riferimento il 16% dell’intero settore agroalimentare italiano – impiega 50 specialisti dell’agricoltura e dell’alimentare, in organico, che operano sul territorio delle diverse sedi regionali e che fungono da punto di raccordo tra banca e imprenditori. Spesso sono agronomi e sono il frutto dell’accordo avviato nel 2016 con il ministero dell’Ambiente e delle politiche forestali

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che ha consentito di erogare due miliardi di finanziamenti all’anno al mondo alimentare. L’approccio e l’interesse verso il grande mondo dell’agroalimentare e del vitivinicolo si è mostrato anche nell’istituzione di filiali “verdi”, ovvero di sedi fisiche in cui i gestori seguono in maniera esclusiva aziende del comparto. Tornando al pegno rotativo, Intesa Sanpaolo si avvale della collaborazione di Federdoc, la confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani, e di Valoritalia, società leader nelle attività di controllo sui vini Docg, Doc e Igt e orCON LA SOLUZIONE DI INTESA SANPAOLO IL LIVELLO DI VALORIZZAZIONE DELLA CANTINA PUÒ ARRIVARE FINO AL 70% DEL MAGAZZINO

ganismo di controllo sul vino biologico e sull’agricoltura biologica. Le aziende produttrici di queste particolari tipologie di vino - Barolo, Barbaresco, Franciacorta, Amarone di Valpolicella, Brunello di Montalcino, Bolgheri, Chianti Classico e Nobile di Montepulciano - potranno accedere a questa iniziativa attraverso la certificazione rilasciata da Valoritalia. Anche i consorzi di tutela delle altre numerose denominazioni presenti sul territorio nazionale ed i relativi organismi di controllo potranno essere interessati dal progetto: Intesa Sanpaolo,

ANDREA LECCE

infatti, si rivolge a tutte le circa 400 Doc e Docg che vorranno collaborare con la banca. «Abbiamo iniziato – prosegue Lecce – a dicembre e vedremo i primi frutti già alla fine di febbraio. Ovvio che sia prematuro fare una quantificazione dei risultati, ma vista anche la crisi immaginiamo che saranno molti i soggetti interessati, di tutte le regioni italiane. In media il livello di valorizzazione della cantina può arrivare fino al 70% del magazzino, una cifra decisamente alta rispetto a quanto si potrebbe ottenere con un finanziamento chirografario». Come fare a valutare il magazzino? Intesa ha adottato un approccio su due livelli. Il primo, il più ovvio, è quello del prezzo di mercato pubblicato nella locale Camera di Commercio. Il secondo è quello di stimare il collocamento di quella bottiglia in commercio avvalendosi della collaborazione del Consorzio di Tutela a cui quel vino fa riferimento». D’altronde, le annate non sono ovviamente tutte uguali e, oltretutto, il sistema italiano è passato dalla quantità alla qualità nell’arco di poco più di trent’anni. Secondo una comparazione della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, nel 1986 si produssero 77 milioni di ettolitri per un valore di 1,3 miliardi di euro, oggi gli ettolitri prodotti sono quasi 50 milioni, il 35% in meno, ma il valore è salito a 4,3 miliardi di euro, più del triplo. Il 2020 che ci


FINANZIARE LA RIPRESA

INVECE DI CHIEDERE COSTOSI PRESTITI CHIROGRAFARI SI PUÒ USARE COME GARANZIA QUANTO SI HA GIÀ IN BOTTE siamo lasciati alle spalle è stato decisamente particolare: era iniziato in modo estremamente positivo, ma già nel mese di marzo c’è stato un crollo del mercato interno che ha toccato il minimo in aprile (-40,3% rispetto ad aprile 2019 per l’aggregato più ampio delle bevande). Le esportazioni di vino invece hanno tenuto fino a marzo, ma da aprile sono scivolate anch’esse in territorio negativo chiudendo il semestre a -3,4%. Le imprese maggiormente penalizzate, ovviamente, sono quelle legate al canale Ho.re. ca. (Hotellerie-Restaurant-Café), fortemente impattato dalle limitazioni imposte per mantenere il distanziamento sociale e dal blocco degli spostamenti di piacere, turistici e di business. Le conseguenze sono state meno rilevanti per gli operatori che si appoggiano alla grande distribuzione od organizzati per le vendite online. Il canale e-commerce, cresciuto moltissimo nel 2020, ha tuttavia un peso relativamente contenuto e insufficiente a sostituire le vendite perse nei canali di vendita tradizionali. Dunque, per cercare di risalire la china dopo un anno particolarmente complicato, c’è chi ha già scelto di aderire all’offerta di Intesa Sanpaolo. È il caso dell’azienda agricola Batzella, che produce Bolgheri Doc e Bolgheri superiore Doc. Fondata nel 1999 da una coppia di economisti in pensione che hanno lavorato a

Washington per il Fondo Monetario Internazionale e per la Banca Mondiale, oggi produce 55mila bottiglie. «Essendo nuovi del settore – ci racconta Franco Batzella – avevamo deciso di lanciarci in questa avventura partendo da un’eccellenza e il Bolgheri ci è sembrato la scelta più corretta. Il “problema” è che nessuno fa vino mediocre sotto questa etichetta e quindi necessita di un invecchiamento notevole, almeno il doppio di quanto dettato dal disciplinare che richiede almeno due anni. Nella nostra azienda agricola, per il Bolgheri superiore abbiamo attuato questo procedimento: due anni in legno, due in bottiglia preceduti dagli ovvi tempi di vendemmia e riposo. In pratica, passano quasi cinque anni da quando si raccoglie l’uva a quando si può vendere la bottiglia finita. Il mio bilancino prevede in stock prodotto nell’ordine del milione di euro, un capitale immobilizzato notevole per una piccola azienda». In media, dunque, in cantine e nel magazzino ci sono circa 5-600 ettolitri di vino sfuso in invecchiamento, in parte in vasche d’acciaio a temperatura controllata, e in parte in barriques e tonneaux di rovere; e circa 70-90.000 bottiglie finite, delle quali circa la metà sono Bolgheri Superiore in corso di affinamento in vetro. Questo inventario rappresenta circa 3 anni di produzione dell’azienda. Un’azienda

FRANCO BATZELLA

agricola seppur piccola necessita di investimenti costanti, di manutenzione, di ampliamento dei terreni e via dicendo. «Al momento – ci spiega il titolare – abbiamo 7,5 ettari di vitato e ne abbiamo comprati due che stiamo già impiantando con il Cabernet Franc. Ci siamo rivolti a Intesa Sanpaolo, quindi, perché volevamo aumentare la superficie coltivata della nostra azienda agricola ma non solo. Con l’esperienza ventennale che abbiamo accumulato ci siamo accorti che non si smette mai di investire. Ad esempio, perché il trattore che ha sei anni sta iniziando a dare qualche problema, o perché l’etichettatrice è di vecchia concezione e rallenta il lavoro. E poi ci sono le botti, le vere protagoniste del nostro lavoro, ma anche una notevole voce di spesa: si possono usare tre o quattro volte perché poi i pori del legno si otturano e non consentono più la cessione di tannini dal legno al vino per impreziosirlo. L’azienda utilizza 120 fra barriques da 225 litri e tonneaux da 500 litri; quindi ogni anno bisogna sostituirne una trentina. Una barrique nuova costa 7-800 euro; un tonneau quasi il doppio. Sono cifre importanti.Per noi avere a disposizione questo attivo di bilancio costituito dal vino in invecchiamento rappresenta un’ottima opportunità perché ci garantisce flessibilità e ci permette di ottenere liquidità a un costo modesto».

AVERE COME ATTIVO DI BILANCIO IL VINO IN INVECCHIAMENTO CI PERMETTE DI OTTENERE LIQUIDITÀ A UN COSTO MODESTO 39


COVERSTORY

RIVALUTANDO I BENI MIGLIORA ANCHE IL RATING Il Decreto Agosto ha reso la procedura di rivalutazione dei beni d'impresa più flessibile ed interessante per le aziende. Un'opportunità per migliorare l'accesso a mutui e finanziamenti di Fortunato Summonte*

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a rivalutazione dei beni è un’opportunità decisamente vantaggiosa per le imprese poiché, consentendone la rivalutazione a costi contenuti, migliora il rating bancario e dunque la possibilità di accesso a mutui e finanziamenti. La valutazione dei beni d’impresa era già disciplinata dalla L. 160/2019, ma l’art. 110 del DL 14.8.2020 n. 104 (c.d. “Decreto Agosto”), rubricato “Rivalutazione generale dei beni d’impresa e delle partecipazioni 2020”, ha reso la procedura più flessibile ed interessante per le aziende, introducendo la possibilità di rivalutare i beni di impresa (ad esclusione degli immobili “merce”) e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. La rivalutazione può essere operata “in deroga all’articolo 2426 del codice civile e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia” e deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto

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dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, ossia nel bilancio dell’esercizio 2020 (per i soggetti “solari”) o in quello dell’esercizio a cavallo del 2020/2021 (per i soggetti “non solari”). I PUNTI QUALIFICANTI DELLA RIVALUTAZIONE DEI BENI (ex art. 110 del DL 104/2020) 1. può essere “solo civilistica” e non necessariamente “anche fiscale” (la Relazione illustra-tiva al DL 104/2020 ha precisato che la finalità di questa misura è quella di consentire alle imprese l’adeguamento ai valori effettivi della rappresentazione contabile dei beni, concedendo la possibilità di iscrivere in bilancio il maggior valore senza che il medesimo abbia necessariamente rilevanza fiscale); 2. può essere effettuata distintamente per ciascun bene, senza quindi l’obbligo di procedere in modo uniforme per i beni appartenenti alla medesima “categoria omo¬genea”; 3. se si decide di effettuarla anche ai fini fiscali, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti decorre già dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (invece che dal terzo esercizio successivo) e, soprattutto, sconta un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap nella misura del 3% sia per i beni ammortiz-

zabili che per i beni non ammortizzabili (decisamente più vantaggiosa del 12% per i beni ammortizzabili e del 10% per i beni non ammortizzabili). 4. consente, alle mede¬sime condizioni, di affrancare i “disallineamenti” tra (maggiori) valori contabili e (minori) valori fiscal¬mente riconosciuti che risultano dal bilancio dell’esercizio 2019 (o 2019/2020), sui medesimi beni che potrebbero essere oggetto di rivalutazione. Questa possibilità di “riallineamento” è peraltro consentita anche ai soggetti che redigono il bilancio secondo principi contabili internazionali, mentre l’operazione di rivalutazione è limitata ai soli soggetti che redigono il bilancio secondo principi contabili nazionali. CHI PUÒ RIVALUTARE I BENI D’IMPRESA I soggetti destinatari di questo Decreto sono numerosi: • società in accomandita per azioni; • società a responsabilità limitata; • società cooperative; • società di mutua assicurazione; • società europee; • società cooperative europee; • enti pubblici e privati, diversi dalle società, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; • imprese individuali; • società in nome collettivo; • società in accomandita semplice;


FINANZIARE LA RIPRESA

• enti non commerciali per i beni relativi all’impresa esercitata in via non principale; • stabili organizzazioni di soggetti non residenti. QUALI SONO I BENI RIVALUTABILI Si possono rivalutare le partecipazioni ed i beni d’impresa risultanti dal bilancio d’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, con l’esclusione degli “immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa”.

COME SI EFFETTUA LA RIVALUTAZIONE La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa. Ai fini della individuazione del valore economico del bene, che costituisce il limite massimo di rivalutazione, “si può utilizzare sia il criterio del valore d’uso, sia il criterio del valore di mercato”; pertanto, a seconda della tecnica scelta, ci possono essere dei risvolti sugli ammortamenti. IL BILANCIO DI RIVALUTAZIONE Il Bilancio o rendiconto di riferimento cambia

FORTUNATO SUMMONTE, PARTNER AUDIT & ASSURANCE RSM ITALIA

a seconda che si tratti di imprese con esercizio coincidente con l’anno solare, per le quali sarà relativo all’esercizio che si chiude al 31 dicembre 2020, oppure di soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, per i quali sarà relativo all’esercizio a cavallo del 2020/2021. Con il recente interpello n. 640 delle Entrate è stato inoltre chiarito che il beneficio dell’anticipazione della rivalutazione dei beni d’impresa spetta a tutti i soggetti che hanno avuto l’esercizio “a cavallo” tra il 2019 e il 2020, indipendentemente dalla durata di quest’ultimo ed anche in caso si sia deciso di spostare la data di chiusura dell’esercizio sociale dal 30 giugno al 31 dicembre di ogni anno, a partire da quello in corso, chiuso il 31 dicembre 2020. Con questa norma emendativa si dà quindi la possibilità di accedere alle norme più vantaggiose della nuova rivalutazione anche alle imprese che hanno chiuso il bilancio al 30 giugno 2020 o al 30 settembre 2020. EFFICACIA DELLA RIVALUTAZIONE: “SOLO CIVILISTICA” O “ANCHE FISCALE” La rivalutazione con efficacia “solo civilistica” non comporta alcun onere dal punto di vista fiscale. La rivalutazione con efficacia “anche fiscale” implica invece il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap nella misura del 3%. A fronte del versamento dell’imposta sostitutiva del 3% sui maggiori valori contabili iscritti per effetto della rivalutazione, uno dei vantaggi che il Decreto mette a disposizione delle imprese è una decorrenza immediata dell’efficacia fiscale della rivalutazione, infatti il loro riconoscimento, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, decorre già “dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata effettuata. L’imposta sostitutiva deve essere versata in un massimo di tre rate di pari importo con scadenza entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi (la prima rata), ed entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi e dell’Irap relative ai due periodi di imposta successivi (la seconda e terza rata).

SALDO ATTIVO DI RIVALUTAZIONE Il saldo attivo di rivalutazione, costituisce una riserva del patrimonio netto, disponibile per fronteggiare le perdite ed eventualmente utilizzabile per la loro copertura. In particolare il saldo attivo di rivalutazione, con alcuni vincoli e accorgimenti procedurali può essere imputato a capitale sociale, utilizzato a copertura di perdite o distribuito ai soci. Dal punto di vista fiscale, il saldo attivo di rivalutazione costituisce una riserva che si considera formata con utili in regime di sospensione di imposta, se la rivalutazione è stata effettuata anche ai fini fiscali o con utili in regime ordinario, se la rivalutazione è stata effettuata ai soli fini civilistici. Ai sensi del co. 3 dell’art. 110 del DL 104/2020, il saldo attivo può essere affrancato ai fini fiscali, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap nella misura del 10%.

VINCOLO ALLA CESSIONE DEI BENI RIVALUTATI Se i beni rivalutati sono ceduti a titolo oneroso, vengono assegnati ai soci e destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa o al consumo personale o familiare dell’imprenditore prima dell’inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, per la determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si farà riferimento al costo del bene prima della rivalutazione. IMPRESE DEL SETTORE ALBERGHIERO E TERMALE Alle aziende che operano in questi settori particolarmente toccati dalle conseguenze della crisi provocata dalla pandemia, viene data la possibilità di una rivalutazione fiscale “gratuita, cioè la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni sia ai fini civilistici che ai fini fiscali, ma senza onere alcuno, con l’avvertenza che la rivalutazione gratuita “deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea” (co. 2 dell’art. 6-bis). * Partner Audit & Assurance RSM Italia

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GESTIRE L’IMPRESA

PICCOLI GAFA CRESCONO

Saremo anche “digitalmente arretrati”, ma stiamo sfornando piccoli campioni del web che stanno erodendo le quote dei monopolisti: da Everli a Giglio Group, da Brandon a Westpole. Ecco chi sono e cosa fanno

85% 208% 57,8% 46,18

AZIENDE ITALIANE CHE HANNO SVILUPPATO PROGETTI DI TRASFORMAZIONE DIGITALE

L’INCREMENTO DELLA SPESA ONLINE I MILIONI DI DOWNLOAD DI APP PER SALUTE E FITNESS I MILIARDI DEL PNRR DESTINATI AL DIGITALE

di Marco Scotti

C’

da Enrico Pandian e oggi guidata da Federico è l’evidenza: l’Italia digitale è arretraSargenti. L’idea è molto semplice: mandare ta. La carenza di infrastrutture tecnoqualcuno a fare la spesa al supermercato al logiche e la lentezza della rete posiposto dell’utente (che è impegnato, non può, zionano l’Italia agli ultimi posti in Europa per non vuole o, in epoca di pandemia, ha paura di competenze digitali. Il 42% della popolazione recarsi in un luogo così affollato). I dati conferha competenze di base, 16 punti percentuali mano una crescita pazzesca, con un incremenin meno della media continentale. Un abisso to del 208% della spesa online. Ed Everli si è insomma. Siamo maglia nera per velocità di rapidamente affermaconnessione (23,18 SUPERMERCATO 24, CHE ORA SI CHIAMA to come il principale Mbit/sec), peggio di EVERLI, HA REGISTRATO UN’IMPENNATA marketplace in Eunoi fanno solo Città del DEL 208% GRAZIE ALLE PARTNERSHIP ropa. Le partnership Vaticano e Isole Faroer. SIGLATE CON I MARCHI DELLA GDO sono ormai con tutte Eppure… eppure, in le principali sigle della grande distribuzione mezzo a questo scenario complesso, rimangoorganizzata: da Coop a Esselunga, da Bennet a no ed anzi nascono diversi “campioni” capaci di Conad passando per Famila, Lidl ed Eurospin. cavalcare la sfida della trasformazione digitale, Il 2019 di Everli si era chiuso con un fatturato di che hanno sì beneficiato dell’effetto Covid, ma 30 milioni di euro, ma le previsioni per il 2020 che già da tempo avevano indirizzato il proprio sono di ottenere un risultato più che doppio. In business nella direzione più corretta. sei anni, inoltre, sono stati raccolti 30 milioni e C’è il caso di Supermercato 24 – che oggi si altri ne arriveranno per completare un proceschiama Everli - , ad esempio, fondata nel 2014

50 LEGAL PATTI (PARASOCIALI) CHIARI GOVERNANCE LUNGA

51 CONSULENZA L’EVOLUZIONE DIGITALE CONTAGIA ANCHE IL SERVICE

52 GRUPPO ECP PIÙ DELLA PERFORMANCE CONTA IL VOTO IN CONDOTTA

54 FLOTTE IL BENEFIT SU RUOTE CHE MUOVE IL LAVORO

57 RECRUITMENT ORA VINCE CHI GIOCA CON NUOVE REGOLE

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GESTIRE L’IMPRESA

so di crescita internazionale che ha già coinvolto la Polonia. Un altro trend che si è definitivamente affermato a causa della pandemia è quello dell’e-commerce, che non solo non si è mai fermato, ma ha anzi permesso a molte attività di riuscire a restare in piedi nonostante le chiusure dei negozi durante il lockdown. Per questo motivo, perfino Poste Italiane ha iniziato a muoversi da “Gafa”, acquisendo il controllo di Sengi Express Limited: si tratta della prima acquisizione di una società estera da parte del Gruppo. L’azienda di Hong Kong “è in grado di proporre una gamma completa di servizi di gestione logistica in territorio cinese, accompagnati da un servizio di tracciatura in tempo reale di ogni singola spedizione, dall’hub in Cina fino al destinatario finale in Italia. Le società logistiche del Gruppo Poste Italiane continueranno ad essere i fornitori dei servizi logistici di riferimento di Sengi Express per l’Italia”. Per accompagnare le imprese nella strategia di digitalizzazione ci sono aziende ormai mature che hanno progressivamente irrobustito il business e colto opportunità durante la pandemia. È il caso di Brandon Group, azienda che – secondo quanto risulta a Economy – chiuderà il 2020 con un fatturato superiore ai 30 milioni.

DA SINISTRA: ALESSANDRO GIGLIO, ENRICO PANDIAN E MARCO PODINI

L’obiettivo dei 50 milioni, che era stato fissato per il 2022 potrebbe addirittura arrivare con un anno di anticipo. Il core business dell’azienda è quello di offrire servizi end to end di gestione di tutto il processo di vendita e post-vendita online. «A marzo dello scorso anno – ci racconta la ceo di Brandon Ilaria Tiezzi – abbiamo notato immediatamente un cambio netto di passo. Non più soltanto aziende che vogliono vendere online, ma anche grandi gruppi che per la prima volta hanno avuto necessità di trovare prodotti che erano andati esauriti. Terna, Saipem, Open Fiber si sono trovati in difficoltà a reperire i Dpi e noi ci siamo offerti per lanciare un nuovo canale di e-procurement in cui abbiamo avviato u processo accelerato per avere

IL WEB CAMBIA LE CARTE (E NON SOLO) IN TAVOLA

Uno dei settori maggiormente messi in crisi dalla pandemia è quello della ristorazione. E anche in questo caso la digital transformation ha dato una mano al comparto e ha permesso di creare soluzioni innovative, ribaltando la filiera. Tradizionalmente nell’Ho.Re.Ca. «c’è una sorta di vincolo non scritto con i fornitori – ci spiega Michele Trotta, ceo della piattaforma online Etilika - che impongono acquisti minimi e la creazione di una carta dei vini frutto

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delle negoziazioni tra il ristorante e i produttori. Noi abbiamo cambiato le carte in tavola e abbiamo permesso anche ai ristoratori di fare degli acquisti in lotti piccoli da 6-12 bottiglie. Così ci siamo trovati con degli esercizi che magari facevano 2-3 ordini a settimana di dimensioni contenute per soddisfare le esigenze minime». Una strategia che funziona: i ristoratori non hanno giacenze e sono disposti a pagare qualcosa in più pur di non doversi

accollare i maxi-ordini. Etilika ha un catalogo di vini italiani di livello medio-alto: la media del valore delle bottiglie è 21 euro, con un carrello medio sui 150. Nato per il b2c, oggi sta ottenendo le soddisfazioni maggiori con il b2b, tanto che il fatturato è passato dai 200mila euro del secondo semestre 2019 a 2,7 milioni del 2020. E diversamente da altri concorrenti più blasonati, è proprio l’offerta per i ristoratori a segnare un cambio di passo notevole.

l’accreditamento con i grandi player». Una delle difficoltà affrontate da Brandon è stata quella di rimodulare l’offerta sulla base della richiesta esponenziale di alcune categorie merceologiche – come i libri – e sul crollo di altre. Questi “picchi” hanno permesso di trovare nuovi sbocchi di mercato, aumentando il numero di editori in mercati internazionali ed entrando nel Nord America con risultati interessanti. Da notare, inoltre, come l’iniziale percezione che tutto sarebbe durato poco e che il Coronavirus sarebbe finito con il lockdown è stata soppiantata tra maggio e giugno dalla certezza che per vendere serviva discostarsi dalla filiera distributiva tradizionale. Senza contare il grande tema dell’invenduto e della gestione del magazzino: con il blocco delle vendite sui canali retail tradizionali, le aziende hanno dovuto imparare anche a pensare con una logica diversa, con una catena distributiva più corta e minimizzando le rimanenze. «Quello che si nota – aggiunge Tiezzi – è che manca completamente la dimensione sistemica di questo processo di trasformazione. I grandi player globali, che in gergo tecnico definiamo “online sales enabler” sono dei colossi da miliardi di dollari di capitalizzazione. In Cina, ad esempio, non si può neanche essere ammessi in un marketplace se non si è accompagnati nel processo di vendita da un enabler. La nostra ambizione, ed è il motivo per cui guardiamo a una possibile Ipo, è aumentare la nostra massa critica. Siamo cresciuti, a fine 2019 siamo entrati nel programma pre-quotazione di Euronext».


C’è anche Giglio Group, quotata al segmento Star di Borsa Italiana, specializzata nella nella progettazione, realizzazione e gestione dell’e-commerce per le eccellenze del Fashion, Design, Lifestyle e, Food. Ha sede a Milano e filiali a New York, Shanghai, Hong Kong, Roma, Lugano e Genova. L’ultima operazione portata a termine è l’acquisizione di Salotto Brera-Duty Free, realtà che opera a livello nazionale ed internazionale nella distribuzione e commercializzazione di prodotti del settore fashion e food. Ma, come detto, non ci sono soltanto aziende nate recentemente a guidare la trasformazione digitale. È il caso di Westpole, system integrator con un’esperienza quarantennale che oggi sta soprattutto aiutando le aziende a migrare sul cloud. Dopo l’ampliamento delle attività in Belgio e Lussemburgo, oggi Westpole fattura circa 900 milioni di euro. «Oggi – ci spiega il general manager dell’azienda Matteo Masera - il cloud è la logica sottostante a qualsiasi innovazione si scelga di introdurre: si parla sempre più spesso di nuovi paradigmi legati ad Intelligenza Artificiale, Machine Learning, Internet of Things, ma è molto difficile che un’azienda implementi queste tecnologie in proprio data l’elevata mole di costi fissi e competenze richieste fin dalle prime fasi di ricerca e sviluppo. Per le aziende del retail, ad esempio, il business ormai è for-

temente interconnesso alla personalizzazione dell’offerta e diventa quindi decisivo poter raccogliere, raggruppare e analizzare velocemente i dati provenienti dai clienti che visitano il punto vendita (fisico o virtuale). Quello che sta succedendo oggi in gran parte delle realtà però è una proliferazione del ricorso a soluzioni di Cloud pubblico mantenendo allo stesso tempo molti dati su server propri (spesso obsoleti), creando problemi di incomunicabilità e silos informativi. La mission di Westpole è proprio quella di accompagnare le aziende verso soluL’ITALIA È STORICAMENTE FORTE NEL CAMPO DEL SOFTWARE: DA CINQUANT’ANNI IL PAESE ELABORA SOLUZIONI PRESE A ESEMPIO NEL MONDO

zioni di cloud ibrido, in grado di orchestrare le risorse esistenti e le innovazioni messe in campo». Infine, un settore in cui l’Italia è storicamente molto forte è quello del software. E lo è da mezzo secolo, quando, agli albori dell’information technology, abbiamo rischiato di diventare l’epicentro della trasformazione digitale. Non è successo, purtroppo, ma qualcosa è rimasto. Come Dedagroup, nata nel 2000 ma che ha nel tempo rilevato alcune eccellenze nel campo software come Piteco per la tesoreria (la carta

Eppure in Europa siamo i più “trasformisti” proprio nel digitale

L’

Italia che arranca nella transizione digitale, l’Italia che è agli ultimi posti in Europa. La retorica sfascista per cui è “tutto sbagliato, tutto da rifare” (cit. Bartali) è in realtà riduttiva e fuorviante. Perché immaginare di migrare centinaia di milioni di posti di lavoro da una scrivania alla rete domestica ha ovviamente comportato delle difficoltà. Secondo il Digital Transformation Index di Dell Technologies nel 2020 l’85% delle aziende nostrane ha implementato strategie di digital transformation. Una cifra superiore di dieci punti rispetto alla media europea. La pubblica amministrazione ha lavorato per mesi in smart working, ma le pensioni hanno continuato a essere erogate e

non si sono registrati grandi disservizi. Merito anche di alcuni “campioni” che già esistevano ma che hanno saputo sfruttare le opportunità concesse da un evento disruptive che ha fatto da spartiacque. C’è un pre e un post Coronavirus e, piaccia o meno, molti dei cambiamenti di questi mesi ci accompagneranno nel famoso “new normal”. Va detto, per amore di verità, che l’Italia non ha e non avrà mai delle aziende in stile GAFA (atroce acronimo che cela Google, Amazon, Facebook e Apple). E questo non soltanto perché manca il famoso ecosistema à la Silicon Valley, ma anche perché difficilmente il nostro capitalismo, anche europeo, avrebbe creato dei soggetti

d’identità recita 40 anni tondi) o la piattaforma Stealth dedicata alla moda Made in Italy. «Il nostro ruolo – ci spiega il presidente esecutivo Marco Podini – è tenere agganciata l’Italia ai grandi trend tecnologici, utilizzando un vantaggio competitivo che noi effettivamente deteniamo: quello di essere estremamente forti sui verticali estremamente settoriali. È ovvio che non possiamo competere in alcuni ambiti come quello dei social, ma ci sono tante piccole nicchie in cui il mercato non è monolitico. Recentemente siamo sbarcati, con successo, negli Usa con un software per l’home banking studiato appositamente per gli istituti di credito più piccoli. Con la piattaforma Stealth stiamo funzionando molto bene anche in Francia e Inghilterra. Continuiamo a crescere (il fatturato 2019 era 253 milioni, quello 2020 è dato in aumento, ndr) anche grazie alle acquisizioni. Lo scorso anno ne abbiamo completate tre e siamo già in fase avanzata per altre due che completeremo nel primo semestre del 2021». In tema di pubblica amministrazione, un capitolo enorme che deve ancora essere definitivamente affrontato, Dedagroup ha realizzato il software gestionale per la Corte dei Conti e la cosa ha funzionato talmente bene che pare che si sia ottenuto un risparmio del 40% delle risorse. Mica male, insomma. che hanno capitalizzazioni analoghe ai pil delle democrazie più avanzate (Apple, per esempio, supera l’Italia di quasi 200 miliardi). E va anche detto che quegli anni ‘60 e ‘70 in cui sembrava che le varie Olivetti che sorgevano potessero rubare la scena agli americani si sono definitivamente conclusi a causa dell’insipienza delle seconde e terze generazioni di imprenditori e a causa di acquisizioni che, ancora oggi, gridano vendetta. Ma non è più il tempo di piangersi addosso, anche perché qualcosa si muove. La trasformazione digitale è guidata allo stesso modo da vecchi e nuovi player, che hanno ormai capito come cavalcare il new normal. (M.S.)

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GESTIRE L’IMPRESA

La svolta green passa per la formazione Dall’esperienza CITex di Fondimpresa più consapevolezza nei processi produttivi sostenibili. Il caso di Marzotto Wool Manufacturing, diventata una smart industry in chiave ecosostenibile di Giuseppe Delle Cave

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ompie 185 anni nel 2021 la Marzotto Wool Manufacturing, società che gestisce le attività di produzione e distribuzione di tessuti in lana per l’omonimo Gruppo di Valdagno (Vicenza), e si prepara ad affrontare le nuove sfide imposte dall’Industria 4.0 e dal mercato con una rinnovata consapevolezza nella realizzazione di prodotti sostenibili e di processi di lavorazione green. Una consapevolezza che deriva non soltanto dall’acquisizione di certificazioni e standard formali, come l’ISO 14001 per il sistema di gestione ambientale, la SA 8000 per i requisiti sociali o l’adesione a protocolli stringenti in materia di emissioni chimiche, bensì da un attento e certosino percorso di formazione svolto nell’ambito del piano “CITex – Competitività per le imprese tessili”, finanziato da Fondimpresa qualche anno fa. Tutto ciò fa del caso Marzotto, anche secondo la relazione di monitoraggio dei ricercatori delle Articolazioni Territoriali (AT) di Obr Veneto del 2019, un’esperienza di successo, “con una ricaduta rilevante in termini di benefici per l’organizzazione, qualità dei processi e sviluppo di nuove progettualità”. Una proficua interazione tra obiettivi aziendali e formazione erogata In Marzotto tutti parlano la stessa lingua. No-

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nostante infatti questo specifico intervento di formazione fosse dedicato alle figure nodali dell’impresa (quadri ed impiegati direzionali), la selezione dei beneficiari è stata condotta in maniera tale da assicurare la diffusione dei risultati a cascata. Un modo per ripensare i processi produttivi rispetto alle diverse certificazioni ambientali acquisite, a carattere sia volontario che obbligatorio, e coerente anche con le richieste del mercato. Un ulteriore primato, insomma, in un’azienda dalla forte vocaIL GRUPPO MARZOTTO HA INVESTITO 215MILA EURO IN 4.828 ORE DI FORMAZIONE FINANZIATA DA FONDIMPRESA E FONDIRIGENTI

zione sociale (si pensi alla Città Sociale e alla stessa Fondazione Marzotto) e con un’antica tradizione nell’ambito dell’innovazione ambientale. In questo caso, quindi, l’intervento svolto da Fondimpresa Veneto attraverso il piano CITex ha prodotto un’accelerazione del processo di adeguamento alle tecnologie della smart industry e la qualificazione dei processi produttivi in chiave ecosostenibile. L’obiettivo principale del programma di formazione era infatti quello di sensibilizzare gli addetti alla produzione rispetto alle scelte strategiche operate dal management, coniugando la necessità di far conoscere le diverse normative e

procedure di controllo sul fronte della sostenibilità con una rinnovata consapevolezza nello svolgimento dei compiti. Un tema, quello della sostenibilità, che oltre a coincidere con una precisa scelta aziendale risponde oggi ad una crescente domanda di diversificazione da parte del mercato, sempre più attento alla sostenibilità dei prodotti e dei processi produttivi. Il nuovo corso di Marzotto, iniziato già da tempo, ha dunque portato ad una spiccata sensibilità nell’acquisto della materia prima e ad una revisione della politica sulle emissioni in atmosfera, smaltimento dei rifiuti e gestione delle acque reflue, stabilendo contestualmente nuove regole d’ingaggio con fornitori di prodotti chimici utilizzati nella tintura e nel finissaggio. Anche in questo caso la formazione degli operatori sta facendo la differenza. Del resto, soltanto nel 2019, come si legge anche nell’ultimo bilancio consolidato, in Italia il Gruppo Marzotto ha investito in 4.828 ore di formazione finanziata (utilizzando i fondi interprofessionali Fondimpresa e Fondirigenti) e non finanziata nel territorio nazionale. L’investimento complessivo è stato di circa 215.000 euro. La sola Marzotto Wool Manufacturing ha erogato 1.379 ore di formazione e 783 ore di formazione sulla sicurezza nel territorio italiano. «La partecipazione a CITex si è rivelata un’azione strategica che ha supportato le persone in


azienda verso un aumento di consapevolezza sull’importanza della sostenibilità nel nostro settore», spiega Barbara Rizzo, human resources development manager di Marzotto Group. «Tutto ciò ci ha permesso di raggiungere – prosegue – importanti traguardi come la certificazione ambientale ISO 14001 e quella in tema di responsabilità sociale SA 8000 e ha favorito la trasformazione della parte industriale verso un approccio 4.0». Di qui la manager conclude: «Inoltre, ciò ha permesso di realizzare nuovi prodotti con materie prime e processi certificati (protocollo ZDHC, certificazioni Authentico, GOTS, RWS, No Mulesing), utilizzando anche energie da fonti rinnovabili. L’impatto della formazione continua è tangibile sui comportamenti delle persone e permette di supportare il business nel rispondere in maniera adeguata alle richieste del nostro mercato, cercando di anticiparne i cambiamenti. Investire nello sviluppo delle persone, grazie ai fondi interprofessionali, permette all’organizzazione intera di essere più competitiva e veloce nella realizzazione delle strategie che l’azienda mette in atto per affrontare le sfide che questo periodo storico impone». Smart industry e digitalizzazione dei tessuti la sfida per il futuro L’adesione alle più moderne prassi della In-

dustria 4.0 rappresenta in Marzotto Wool lizzazione da parte dei clienti. Manufacturing un passaggio obbligato per raggiunge l’obiettivo più ambizioso: la digiInnovazione di prodotto e sostenibilità talizzazione dei tessuti. La prima fase, quella per essere sempre più competitivi della sostituzione dei macchinari obsoleti è Dalla partecipazione al programma CITex già finita da un pezzo, ora tutte le infrastruttudi Fondimpresa Veneto del 2017 la Marzotre presenti in azienda rispondono a requisiti to ha tratto senz’altro un incoraggiamento tecnologici avanzati, con sensori ed antenne a proseguire sulla strada green, investendo in grado di captare segnali Rfid, acronimo che ancor di più nella sostenibilità dei processi e sta per Radio-frequency identification. Una nell’innovazione di prodotto. Due elementi vera e propria svolta nel processo di lavorazioche rafforzano sensibilmente la competitività ne dei materiali, che agevola il controllo sulle dell’azienda sul mercato. Non a caso, l’ultifasi di produzione, consentendo di rilevare in mo bilancio consolidato del Gruppo, parla a tempo reale il corretto chiare lettere dell’infunzionamento della cremento della linea LA DIGITALIZZAZIONE DEI TESSUTI macchina e l’esatta COMPORTA L’ADOZIONE DI SENSORI RFID “Organic wool&linen”, E MACCHINARI IN GRADO DI SETTARSI lavorazione dei tesrealizzata anche grazie IN COMPLETA AUTONOMIA suti. La fase succesall’accordo con il grupsiva prevede che i macchinari siano in grado po Schneider, che gestisce direttamente 15 di settarsi in completa autonomia, senza più allevamenti di lana organica in Patagonia, e al bisogno dell’intervento manuale. La tracciaLinificio e Canapificio Nazionale (azienda conbilità digitale dei tessuti porterà, a breve, ad trollata da Marzotto Group) che garantiscono avere il controllo, anche attraverso l’impiego materie prime organiche certificate GOTS (glodell’intelligenza artificiale, sull’intero ciclo di bal organization textile standard). produzione, venendo a conoscenza di evenDal 2019, inoltre, si continua ad investire in tuali problematiche durante le lavorazioni e sostenibilità, con notevoli risorse sui progetti non più a valle della produzione, circostanza di certificazione e tutela dell’ambiente. L’attenoggi alla base del rischio dei più frequenti erzione ai temi ambientali e sociali da un lato si rori. L’obiettivo più ambizioso resta però quelinquadra pienamente nel sistema di principi lo della digitalizzazione dei tessuti, che passa e valori sposati nel tempo e definiti nel Codiper sistemi Cad (Computer-aided-drafting) in ce Etico del Gruppo, dall’altro sta diventando 3D, creando così una fotografia al computer una componente fondamentale nel valutare il dei singoli prodotti e agevolando in questo livello di servizio da parte dei clienti a livello modo sia la loro progettazione che la personainternazionale.

BARBARA RIZZO

L’IMPATTO DELLA FORMAZIONE CONTINUA È TANGIBILE 47


GESTIRE L’IMPRESA PREVIDENZA

GIANNI CENSI

STEFANO CUZZILLA

FRANCESCO DI CIOMMO

QUEI PILASTRI CHE REGGONO PREVIDENZA E AZIENDE Nella pianificazione di manager e professionisti si rende sempre più attuale il tema della pensione integrativa. Che a sua volta convoglia risorse nell'economia reale, sostenendo il sistema impresa di Marco Scotti

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iceva Ennio Flaiano che la situazione «è grave ma non è seria». Spiace contraddire il grande autore, ma se si parla di pensioni in Italia la situazione è grave e pure serissima. Perché il sistema non regge più granché bene (e questo è arcinoto da tempo) ma i nostri concittadini non sembrano essersene ancora accorti. Secondo un recente studio condotto da Moneyfarm, infatti, chi è andato in pensione alla fine del 2020 ha ottenuto un assegno pari al 72,5% dell’ultimo stipendio, una cifra che scende addirittura al 60% per chi si ritirerà nel 2040. Peggio ancora va agli autonomi, che passeranno dal 55,5% del 2020 al 46% del 2040. La stima degli esperti è che la media sarà di circa 1.337 euro netti, oltretutto mostrando il permanere di differenze di genere (le donne avranno tra il 17 e il 22% in meno). In tutto questo, preoccupa ancora di più il fatto che solo un

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be più stata in grado di garantire un tenore di quarto dei maschi lavoratori e un quinto delvita adeguato. Si è così compreso che “il prile femmine sotto i 40 anni abbia attivato una mo pilastro” avrebbe vissuto una dinamica qualche forma di previdenza integrativa. Che al ribasso della contribuzione a causa della potrebbe garantire – nella migliore delle iporiduzione dei compensi». tesi – una rendita ulteriore di 765 euro netti al Una situazione che si sbloccò in parte con la mese, che permetterebbero di guardare con riforma del sistema pensionistico e l’introdumaggiore serenità alla vecchiaia. Ma anche zione del “secondo qui c’è qualche errore SOLO UN QUARTO DEI LAVORATORI pilastro”, ovvero la di fondo: i giovani si HA ATTIVATO UNA FORMA DI PREVIDENZA possibilità di integraiscrivono tardi, versaINTEGRATIVA. E TRA LE DONNE re con un’altra forma no poco, scelgono un LA QUOTA SCENDE A UN QUINTO previdenziale su base profilo di rischio molto volontaria. A questa formula veniva attribuito basso e scelgono di riscattare tutto il capitale un regime fiscale di vantaggio che permette in un’unica soluzione. Una strategia decisaoltretutto all’iscritto di ricevere una parte del mente poco premiante. beneficio in anticipo, aderendo a quello che «Il tema della pensione integrativa – ci spiega si chiama in termine tecnico il Rita, cioè la il presidente di Previndai Francesco di CiomRendita Integrativa Temporanea Anticipata. mo – è nata quando ci si è resi conto, alla fine Infine, a questo sistema si aggiunse anche il degli anni ‘80, che la pensione garantita da “terzo pilastro”, che affiancava ai fondi privati Stato ed enti parastatali nel tempo non sareb-


per categorie di lavoratori anche quelli aperti a tutti, cioè costituti da banche, assicurazioni e sgr che consentono a chiunque di aderire, mentre del “secondo pilastro” fanno parte i fondi negoziali e preesistenti. A questa categoria appartiene anche Previndai, nato dall’accordo tra Confindustria e Federmanager. Ed è proprio il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, a chiarire la motivazione alla base dell’istituzione del fondo: «Previndai nasce 30 anni fa dall’intuizione delle due parti sociali di garantire all’interno del contratto di lavoro, quindi all’interno della logica della bilateralità, una forma complementare di tutela pensionistica che fosse capace di capitalizzare anni di lavoro e di contribuzione. Questo sistema è vincente da ogni punto di vista, non solo risponde alle esigenze del singolo dirigente, ma fa bene all’economia. Lo dimostra, ad esempio, la decisione di Previndai di orientare gli investimenti finanziari in modo puntuale anche verso l’economia reale, sostenendo il sistema impresa». Si tratta di un’associazione che ha 82mila iscritti tra attivi e inattivi, tutti dirigenti industriali, con poco meno di 11mila aziende iscritte e un patrimonio – costantemente cresciuto nel tempo – che è oggi intorno ai 13 miliardi, compresi 500 milioni destinati alla cosiddetta riserva delle rendite. Di Ciommo è presidente di Previndai da luglio dello scorso anno. Il presidente ruota a cadenza triennale: in questo caso è espressione di Confindustria mentre il vicepresidente, Gianni Censi, è la “voce” di Federmanager. «Nei miei sei mesi al timone dell’associazione – racconta a Economy Di Ciommo– ho notato come il sistema abbia continuato a crescere non solo per i vantaggi fiscali che sono stati messi in campo, ma anche perché la gran parte dei fondi del “secondo pilastro” hanno mostrato di gestire in maniera prudente ed efficiente i denari messi a disposizione dagli iscritti. Per altro, il comparto nel 2005 è stato coinvolto da una modifica normativa che lo ha ulteriormente aiutato a svilupparsi, sotto la rigorosa sorveglianza della Covip, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione».

Come investe Previndai i contributi dei suoi 2020 che si è appena chiuso è stato fuori dalla iscritti? Storicamente, esistono delle convennorma per ovvi motivi e ha garantito rendizioni assicurative che consentono di dare agli menti particolarmente rilevanti. Ma anche gli iscritti un prodotto che garantisce loro un scorsi 20 anni ci hanno permesso di otteneminimo rendimento annuo. In questo caso re tassi superiori alle medie del mercato. Va ci sono due comparti: uno, istituito nel 1990, detto, inoltre, che il nostro fondo è molto ben che oggi è chiuso ma che continua a versare presidiato e sicuro. In ossequio alla direttiva agli iscritti un rendimento fisso. L’altro, atIorp 2, infatti, tutti i fondi sono obbligati a imtivato nel 2014 e che scadrà il 31 dicembre plementare i controlli interni. E questo ci ha del 2023, garantisce un rendimento annuo messo al riparo da perdite di valori significatra il 2,3 e il 2,5% a seconda dell’andamento tive o da contenziosi». dei mercati. E visto quello che è successo nel «Il tema della sostenibilità – ci racconta il vi2020, con il Ftse Mib che ha comunque perso cepresidente Censi – sta diventando sempre circa il 10% della sua capitalizzazione a causa più centrale nella nostra azione. Certo, alcudella crisi originata dal Covid. ni iscritti al fondo preferiscono forse massi«Dei 12,5 miliardi che mizzare la redditività PREVINDAI HA 82MILA ISCRITTI abbiamo complessivaimmediata invece che E UN PATRIMONIO DI CIRCA 13 MILIARDI mente in gestione – ci guardare a un orizDI EURO, GESTITO TRA COMPARTI spiega Di Ciommo – zonte temporale più ASSICURATIVI E FINANZIARI poco meno di 10 sono ampio, ma si tratta di investiti nei due comparti assicurativi, che un trend che abbiamo deciso di abbracciare e sono gestite da quattro compagnie di livello sul quale non intendiamo fare passi indietro. con Generali come capofila. Gli altri 2,7 miliarBasta vedere un’industria enorme come l’audi sono invece nei comparti finanziari. Anche tomotive quanto stia puntando sul “green”. in questo caso abbiamo due prodotti: SvilupInoltre, abbiamo individuato una quota del po, che ha un profilo di rischio lievemente più 10% da impiegare nei fondi d’investimento alto e che ha in gestione un miliardo; Bilanciaalternativi che si occupano di private equity e to, che detiene 1,7 miliardi». o di direct lending e, per il momento, riteniaA gestire entrambi i comparti sono tre colossi: mo che sia sufficiente così». Pimco, Eurizon e Axa. Ma l’asset allocation riDi Ciommo prova infine a tracciare un bilanmane appannaggio di Previndai, che si avvale cio dei suoi primi sei mesi. Un risultato posidi Blackrock come advisor. Una volta stabiliti tivo che ha beneficiato della buona gestione gli indirizzi generali, la palla passa ai gestori. precedente. E che oggi si sta aprendo ai Fia, I quali, in un anno complicato come l’attuale, i nuovi Fondi alternativi su cui il precedente hanno garantito rendimenti interessanti. Se si cda aveva già deciso di puntare il 10% degli prende il comparto Bilanciato, Axa ha offerto investimenti finanziari. «Rispetto ai 2,7 miil 5,97%, Eurzion il 7,82%, Pimco il 5,83. Per liardi complessivi – conclude – siamo un po’ lo Sviluppo: Axa 6,53%, Eurizon 7,75%, Pimco sotto alla soglia di 270 milioni, ma presto 4,98%. A fine anno i due comparti chiudono faremo una nuova selezione, concentrandocon il 6,48% di rendimento garantito (il Bilanci sull’economia reale per dare una mano in ciato) e poco meno del 7% lo Sviluppo. più alla ripresa. C’è da dire che siamo stati «Per quanto concerne l’asset allocation – fortunati perché temevamo che, a causa della chiosa Di Ciommo – entro la primavera compandemia, le aziende nei mesi di lockdown pleteremo l’adempimento verso gli Esg in osavrebbero cessato di versare i contributi ai disequio a una politica sempre più indirizzata rigenti. Invece non l’hanno fatto, sicuramente verso gli Esg. Siamo molto attenti a questo anche per il blocco dei licenziamenti o per gli tipo di profilo e ci impegniamo nella definiaiuti statali, ma va loro riconosciuto un granzione di strategie corrette. Più in generale, il de merito».

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GESTIRE L’IMPRESA

Patti (parasociali) chiari governance lunga Come sopravvivere e crescere sul mercato, se i rapporti tra i soci si incrinano e non c’è più l’iniziale comunanza di vedute? Occorre pensarci per tempo, integrando le previsioni dello Statuto. Ecco come di Valerio Pandolfini

L’

attuale momento storico, senza precedenti, ha messo a durissima prova il mondo delle imprese. L’emergenza che stiamo vivendo a causa dell’epidemia Covid-19, ha reso evidente quanto sia importante, per la sopravvivenza stessa delle imprese sul mercato, flessibilità, rapidità di intervento, resilienza. Tali caratteristiche sono tipiche delle start up – e in particolare delle start up innovative - che non a caso stanno dimostrando di reagire meglio di altre, mobilitando le proprie conoscenze e tecnologie per riuscire a creare in breve tempo soluzioni concrete per fronteggiare l’emergenza, dall’apprendimento digitale al crowdfunding, dal retail all’e-commerce Ma il periodo eccezionale che stiamo vivendo rende ancor più importante per le start up facilitare la governance societaria, in funzione del ciclo vitale del loro business e delle esigenze del mercato, regolando i rapporti tra i soci. Ciò può essere possibile solo attraverso l’accurata redazione di uno specifico patto parasociale. Si tratta di uno strumento di vitale importanza per le imprese, importato da quei Paesi che vantano una lunga tradizione nel settore del venture capital e che, ormai, è di uso comune anche in Italia, anche se non sufficientemente utilizzato nella prassi. Come è noto, con l’ingresso nella compagine societaria, ciascun socio entra a far parte di una organizzazione le cui regole di funzionamento sono sancite da due documenti “necessari” – cioè sempre presenti sin dal momento della formale costituzione della società – e vincolanti per tutti i soci, presenti e futuri, della

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società: l’atto costitutivo – ovvero il “certificato di nascita della società” – e lo statuto, che ha la funzione di regolare i diritti e gli obblighi discendenti dal possesso della qualifica di socio. I soci (o alcuni di essi) possono tuttavia convenire di integrare, modulare e/o escludere le previsioni dello statuto, introducendo una disciplina particolare, valevole nei confronti dei soli soggetti che decidono di aderirvi. Il patto parasociale è appunto un contratto mediante il quale i soci (o alcuni di essi, eventualmente anche con non soci) regolano le loro posizioni personali all’interno della società, essenzialmente allo scopo di stabilizzare l’assetto proprietario, il governo della società e regolare l’exit, eventualmente anche in maniera difforme o complementare rispetto a quanto già previsto a livello statutario, limitatamente ad un determinato periodo temporale, allo scadere del quale le previsioni dello statuto riprenderanno pieno vigore. L’opportunità per i soci di sottoscrivere un patto parasociale – sia al momento della costituzione della società, sia, eventualmente, in un momento successivo - si collega, in particolare, all’esigenza di prevenire e risolvere i dissidi e i problemi che possono intervenire tra i soci, per i più vari motivi, nel corso della vita sociale. Ovviamente, nessuno entra in una società con l’intenzione di litigare con gli altri soci, ed anzi inizialmente le posizioni e le esigenze dei soci sono perfettamente allineati; ma accade molto spesso che la situazione cambi nel corso del tempo. Può accadere ad esempio che uno o più soci non siano d’accordo su decisioni im-

L’AUTORE, AVVOCATO VALERIO PANDOLFINI

portanti attinenti alla gestione aziendale; o che uno di essi intenda utilizzare le proprie conoscenze per intraprendere una nuova impresa; o che emergano divergenze tra i soci in una situazione di crisi aziendale (purtroppo frequenti in questo delicatissimo periodo), non essendo essi d’accordo circa la possibile strada da seguire; o ancora che, all’opposto, un socio sia interessato ad uscire dalla società valorizzando al massimo la propria partecipazione, in un momento di floridezza economica, etc. In tutti questi (e in altri) casi, in assenza di regole predeterminate, può accadere (ed accade spesso) che i soci comincino a porre in essere comportamenti che ostacolano l’operatività della società, come ad esempio, rifiutarsi di approvare il bilancio, rifiutarsi di deliberare la vendita di un importante cespite, o di approvare un importante investimento della società, o un aumento di capitale, etc. Frequenti sono poi i casi di comportamenti ostruzionistici, come la richiesta di pagamento di supposti utili non percepiti, diffide, denunce, dimissioni dalla carica amministrativa, richiesta di documenti e di ispezioni contabili, etc., che possono condurre a pericolose situazioni di stallo. (continua online al link QR code) Studio legale Pandolfini info@studio-pandolfini.it www.assistenza-legale-imprese.it

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L’evoluzione digitale contagia anche il service L’innovazione nei servizi ai professionisti passa necessariamente dalla digitalizzazione. L’esempio di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, che oggi fornisce una sorta di “service as a service” in cloud a cura della redazione

MARCO BITOSSI

L’

evoluzione digitale nei servizi è crusearch. Contestualmente alla richiesta di assiciale e deve andare di pari passo stenza, e senza altri click aggiuntivi, vi è ora la con l’evoluzione tecnologica delle possibilità di consultare articoli e la documensoluzioni che offriamo alla nostra clientela tazione specifica, suggeriti sulla base delle padi Studi di commercialisti e professionali». role chiave inserite in fase di creazione della Marco Bitossi, Customer Service di Wolters richiesta. Gli utenti troveranno molto interesKluwer Tax & Accounting Italia ha le idee sante approfondire le interrogazioni storiche chiare e vede l’evoluzione digitale della funsu richieste simili e avranno la sensazione di zione del service come naturale conseguenza far parte di una community che condivide sadell’evoluzione delle soluzioni che la ricerca peri ed esperienza. e sviluppo di Wolters Kluwer Tax & AccounSpiega Bitossi: «Il nostro lavoro è radicalmenting Italia ingegnerizza offrendo alla clientela te cambiato trasformando il front desk in una prodotti sempre più allineati alle esigenze del business unit che persegue delle modalità di mercato, oltre che a quelle delle normative, e offerta molto precise. Il Service oggi si è trache consentono agli utilizzatori professionali sformato ed è passato dall’assistenza alla cone aziendali dei veri e propri salti di qualità nel sulenza sull’applicativo offrendola ora anche servizio erogato. su una piattaforma in cloud: questo è il vero «Vogliamo che la nomodo con sì da valore MARCO BITOSSI STA GUIDANDO stra clientela conosca al servizio. Sviluppare IL SERVICE DI WOLTERS KLUWER TAX tutto della soluzione, & ACCOUNTING ITALIA VERSO UN’OFFERTA contenuti ed eventi vogliamo che la conotematici utili ad antiDEL TUTTO NUOVA PER L’UTENZA scenza approfondita cipare le esigenze dei delle capacità digitali della soluzione aiutino clienti in termini di conoscenza e problem il professionista oltre le funzionalità base» afsolving, ovviamente in relazione alle nostre ferma Bitossi. Per dare modo di accedere alla soluzioni. Di fatto passiamo dall’essere service conoscenza più completa Wolters Kluwer Itaengineer ad application consultant». lia ha investito fortemente e ha personalizzato Marco Bitossi sta guidando il Service di Woluna piattaforma in cloud per la gestione delle ters Kluwer Tax & Accounting Italia verso richieste di assistenza e per la consultazione un’offerta del tutto nuova per l’utenza delle della documentazione redatta dal Customer soluzioni software per il mondo professionaService. L’accesso al Service continuerà ad esle. Non più un dialogo punto – punto ma una sere aperto e disponibile 24 ore al giorno per piattaforma che consente l’accesso alla molte365 giorni all’anno, ma la ricerca della docuplicità delle esperienze e delle risoluzioni, delmentazione e dei tutorial è stata resa semplile curiosità e dei segreti operativi, della lettece e intuitiva grazie ad una funzione di smart ratura tecnica ed interpretativa e dell’accesso

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IL NUOVO CLOUD TRASFORMA IL SERVIZIO IN UN WIKISERVICE a quella normativa, dell’indirizzo risolutivo e dell’apprendimento all’interpretazione degli output. Per Bitossi «siamo arrivati ad un cambio di passo nell’offerta di servizi. Non è più importante un dialogo, ma diventa sempre più impellente la necessità di attingere a moltitudini di dialoghi, di informazioni, di indicazioni e di consigli. Siamo quasi giunti ad un concetto del service as a service. L’acronimo resta SaaS ma la prima “S” si riferisce al servizio. Attingere dal cloud alle informazioni preparate per una community di utilizzatori e professionisti è un progresso sostanziale che avvicina la nostra attività al concetto della blockchain o più semplicemente a quello di Wikipedia. Ecco potrebbe essere un Wikiservice, dove gli utilizzatori apportano la propria esperienza contribuendo a migliorare l’esperienza di un altro utente e attingendo alle esperienze diffuse».

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GESTIRE L’IMPRESA

PIÙ DELLA PERFORMANCE CONTA IL VOTO IN CONDOTTA Il Gruppo Ecp, società di consulenza direzionale fondata nel 2016 a Roma, è il primo in Italia a misurare e implementare i Kbi - Key behaviour indicator, dando risalto agli asset intangibili dell’azienda di Maddalena Bonaccorso

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isurare e interpretare un’azienda nella sua globalità e non solo analizzando le performance: è questo il futuro delle metriche imprenditoriali. Il Gruppo Ecp, società di consulenza direzionale fondata nel 2016 a Roma, dedicata alle medie e grandi aziende, è la prima in Italia a misurare e implementare i Kbi-Key behaviour indicator, dando risalto agli asset intangibili dell’azienda ragionando con metodo sistemico. Il mondo digitale, sempre più evoluto, ha facilitato il passaggio dal modello di workplace management a quello di workspace management; tale cambiamento impone, senz’altro, una diversa DA SINISTRA CLAUDIA ABATECOLA, PIETRO ZAPPATERRENO E FEDERICO FOSCHINI cultura operativa: considerare in maniera uniimprovvisare ed è preferibile che ogni azione versale e completa i fenomeni, valutando anche zione della strategia e delle attività concrete da abbia un obiettivo da raggiungere, ben dettai comportamenti dei singoli, i valori, la cultura porre in essere per l’avvio del progetto, costitugliato e programmato: in questo modo si otaziendale e le dinamiche di relazione all’interiscono le premesse per un futuro di successo». terranno risultati ideali attraverso comportano dell’organizzazione. Tenendo a mente tali premesse, il Gruppo Ecp, menti efficaci». Questa la filosofia del Gruppo Dalle varie analisi condotte sul mercato, si all’avvio di una consulenza per una start up o Ecp che, attraverso una consulenza innovativa evince che, entro il 2022, 6 aziende su 10 adotper un’impresa, oltre a studiare attentamente e l’esperienza ventennale, con il proprio team teranno un nuovo concetto di spazio di lavoro l’azienda, analizza tutti gli aspetti del business di professionisti, è in grado di assistere e supfocalizzato e finalizzato a migliorare l’esperien(fiscale, legale, comunicativo, finanziario e di portare imprese e start up fornendo ai clienti za e la produttività dei dipendenti. I tradizionali marketing): ciò al fine di porre in essere una soluzioni fondamentali per lo sviluppo del Kpi saranno quindi sostituiti con i Kbi, proprio strategia operativa efficace e completa che non proprio business attraverso una consulenza per essere in grado di dare un valore numerico tralasci alcun aspetto al momento dell’esordio a 360 gradi: «L’avvio alla collaborazione, alla dell’impresa nel mercato. In ordine soprattutto L’ANALISI DEI KBI DÀ EVIDENZA di una nuova attività capacità di risolvere i alle start-up, una strategia chiara ed organica AGLI ASSET INTANGIBILI DELL’AZIENDA imprenditoriale», conproblemi, il raggiungifacilita la concretizzazione delle idee, consente VALUTANDO ANCHE tinua Zappaterreno, «è mento dei risultati e gli di conoscere a priori i vincoli, le opportunità, i IL COMPORTAMENTO DEI SINGOLI una scelta complessa, obiettivi del personale: rischi e gli obiettivi “critici”. «Proprio per questimolante e spesso in grado di influenzare in «L’analisi dei Key Behavioral indicator» spiega sto motivo nasce Progetto Start–Up», concluprofondità molti aspetti della vita di più persoil dottor Pietro Zappaterreno, amministratore de l’amministratore delegato del Gruppo Ecp: ne, contemporaneamente e prolungatamente. delegato di Gruppo Ecp, «è centrale nei nostri «tale progetto ha l’obiettivo di seguire, passo Il successo o il fallimento di una lunga carriera processi analitici poiché ha posto in evidenza dopo passo, tutte le esigenze delle Start Up e aziendale dipendono sempre, almeno in parle criticità delle analisi aziendali condotte sulla delle Pmi, definendo modalità di finanziamente, dal nucleo di valutazioni e di decisioni che sola misurazione delle performance; tale meto, investimento e strategie e offrendo una conhanno contraddistinto il concepimento iniziale todo, si è visto, nel lungo periodo può portare sulenza integrata». dell’iniziativa. Infatti, la valutazione dell’iniziaa risultati opposti rispetto a quelli sperati. Nel tiva imprenditoriale e la decisione e pianificamondo degli affari, infatti, non è conveniente www.gruppoecp.it

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IL FUTURO DEL RETAIL INIZIA REAGENDO ALLA CRISI Rinegoziare i contratti, diversificare i canali di vendita e investire in nuove iniziative: solo così le reti commerciali potranno ripartire. Parola di Salvatore Taccini, ceo di Taccini Retail Consulting di Paola Belli

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ltro che ristori! Per superare la crisi del Retail c’è solo un modo, anzi tre: reagire, rinegoziare, diversificare. «Troppe aziende non stanno reagendo in maniera adeguata al mercato», osserva Salvatore Taccini. La Taccini Retail Consulting nasce dal pensiero imprenditoriale di Salvatore Taccini che, in forza all’esperienza trentennale nel mondo del retail, ha dapprima ricoperto il ruolo di direttore del reparto immobiliare di Bata e Aw Lab e successivamente quello di direttore sviluppo e ottimizzazione delle reti distributive in Italia e in Europa del gruppo Ovs, Upim e Coin. Oggi la società segue lo sviluppo di reti come quelle di Bata, Ovs, Upim, Coin, Primadonna, Croff, Terranova, Calliope, Rinascimento, Equivalenza e Non Solo Sport. “Come settore non abbiamo avuto la capacità di manifestare al meglio nei confronti del Governo le necessità del comparto retail e le aziende dovranno usufruire di tutti gli strumenti di cui dispongono per sopravvivere alla recessione e rilanciare le loro attività». Con il figlio Andrea, e un team altamente qualificato, segue i clienti nel posizionamento, nel monitoraggio dei competitors, negli studi di fattibilità di un progetto di sviluppo, nell’ottimizzazione delle reti di vendita, si occupa della gestione immobiliare, segue l’organizzazione e i processi retail e la formazione del personale, lo sviluppo del franchising e supporta i clienti nell’area del marketing e della comunicazione. Una consulenza a 360 gradi frutto di un’esperienza nel mercato nazionale e internazionale e alla possibilità di sfruttare un solido network di contatti operando con una prospettiva mirata alla creazione di sinergie utili a guidare azioni profittevoli per il cliente. «Siamo fermamente convinti che lo store, pur se con un

ruolo differente rispetto al passato, rimarrà comunque il touchpoint più importante per i retailers», spiega Andrea Taccini. «Grazie all’implementazione di strategie omnicanale e innovazioni esperienziali, i brands avranno la possibilità di generare emozioni nei propri clienti, rafforzando la brand identity e loyalty». Tutto quello che è sviluppo strategico di una rete retail per Taccini non ha segreti. E il presente - ma anche il futuro - è meno cupo di quel che sembra. Basta sapersi muovere. «È fondamentale non rimanere ad aspettare i ristori, ma reagire diversificando i flussi di cassa. In primis adottando una strategia multicanale: chi è stato pronto dotandosi di un e-commerce efficace ha sofferto meno. In secundis, osando investire. Investire, ma anche gestire la leva dei costi in maniera adeguata. «È sbagliato pensare di ridurli intervenendo sul personale. Il capitale umano è il più grande patrimonio dell’azienda, su cui l’im-

SALVATORE E ANDREA TACCINI

prenditore investe anche in formazione. Se si pensa a tagliare i costi del personale ci si avvia verso il concordato fallimentare. Oggi le aziende devono pensare a investire, a crescere. Non si può pensare di risolvere le difficoltà del mercato attraverso un’operazione di riduzione dell’organico, poiché si tratta di una strategia che alla lunga mina non solo il successo, ma la sopravvivenza stessa dell’azienda. Ci sono altre strade da percorrere». Una su tutte: la rinegoziazione dei contratti di locazione dei locali commerciali. «Il 2020 è stato un anno sfidante. Abbiamo effettuato molte rinegoziazioni degli affitti, sostenendo trattative sane con landlord lungimiranti che hanno compreso la logica win-win del legarsi reciprocamente con i retailers anche per il futuro. In questo è fondamentale la consulenza: per trovare nuove soluzioni ed evitare di fare errori. Oggi chi è sul mercato deve reagire: è un momento difficilissimo, però proprio nella difficoltà bisogna rimanere attaccati al pensiero conduttore dell’azienda, che è la sua sopravvivenza a lungo termine. Se pensiamo solo al fatturato senza investire nella crescita, non c’è futuro». E il domani, per Salvatore Taccini, è dietro l’angolo: «Non dimentichiamoci che siamo il Paese più bello al mondo e i nostri centri storici saranno sempre i più visitati. Dobbiamo continuare a credere nei centri storici e nello sviluppo del retail. Non molliamo di un centimetro». Taccini Retail Consulting Via Santa Lucia, 1 35139 Padova Tel. 049 2273033 www.tacciniretailconsulting.com info@tacciniretailconsulting.com

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GESTIRE L’IMPRESA FLOTTE

IL BENEFIT SU GOMMA CHE MUOVE IL LAVORO Il Gruppo Trevi è leader mondiale nell’ingegneria del sottosuolo. Per la movimentazione di personale e materiali ha scelto Fiat Professional. E il management viaggia con Fiat, Alfa Romeo e Jeep. Ecco perché a cura di Autoappassionati.it

LA FLOTTA DI VETTURE DEL GRUPPO FCA ACCOMPAGNA QUOTIDIANAMENTE MIGLIAIA DI LAVORATORI IN ITALIA E NEL MONDO, COSÌ ABBIAMO SCELTO DI RACCONTARE ALCUNE DI QUESTE REALTÀ, ENTRANDO IN TRE AZIENDE CHE HANNO SCELTO DI AFFIDARSI A QUESTI PRODOTTI.

Dopo aver scoperto il Gruppo Lutech e la sua flotta aziendale il nostro viaggio continua con un’altra importante realtà aziendale, il Gruppo Trevi e il suo Senior Vice President Organization & Hr, Pio Franchini. Un’intervista alla scoperta del Gruppo nato a Cesena e della scelta di una flotta targata Fca, per carpire segreti e dinamiche nella scelta del proprio parco auto aziendale: Trevi ha voluto privilegiare l’italianità sia per i mezzi professionali, sia per le autovetture. Ha scelto Fiat Professional per la movimentazione di personale e materiali, e i brand Fiat, Alfa Ro-

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meo e Jeep per il management, con grande soddisfazione di tutti gli utenti.

Chi è il Gruppo Trevi e che cosa fa? Fondato a Cesena nel 1957, il Gruppo Trevi è leader mondiale nell’ingegneria del sottosuolo a 360 gradi (fondazioni speciali, FONDATO A CESENA NEL 1957, OGGI IL GRUPPO TREVI È PRESENTE IN OLTRE 90 PAESI NEL MONDO E CONTA PIÙ DI 70 SOCIETÀ

consolidamenti del terreno, recupero siti inquinati), nella progettazione e commercializzazione di tecnologie specialistiche del settore. Oggi il Gruppo Trevi conta più di 70 società e, con dealer e distributori, è presente in oltre 90 paesi. Quali sono le sfide principali che il Grup-

po Trevi affronta quotidianamente? Prevalentemente sfide di carattere tecnologico e organizzativo che richiedono professionalità, dedizione e personalità da parte delle persone coinvolte. Nel senso che oltre alle difficoltà che s’incontrano nel sottosuolo perché ogni terreno è diverso da quello precedente e richiede una soluzione ad hoc, bisogna anche fare i conti anche con quello che si trova al “piano terra”. Un esempio per tutti è l’intervento per la messa in sicurezza della diga di Mosul dove oltre alle oggettive difficoltà dell’intervento abbiamo dovuto operare anche in un contesto di guerra. Quali sono i punti di forza di Trevi? I punti di forza del Gruppo Trevi sono l’internazionalizzazione, l’integrazione e l’interscambio continuo fra innovazione tecnologica e di processo tra le due divisioni:


in collaborazione con Autoappassionati.it

Il Senior Vice President Organization & Hr del Gruppo Trevi Pio Franchini

Trevi, che realizza opere di fondazioni speciali e consolidamenti di terreni per grandi interventi infrastrutturali (metropolitane, dighe, porti e banchine, ponti e viadotti, linee ferroviarie e autostradali, edifici industriali e civili) e la messa in sicurezza di siti inquinati e Soilmec, che progetta, produce e commercializza macchinari, impianti e servizi per l’ingegneria del sottosuolo. Parliamo della vostra flotta aziendale targata Fca: come è composta, com’è organizzata e qual è il principale utilizzo delle vetture? La nostra flotta è composta da 100 veicoli suddivisi in mezzi professionali, circa il 40% e autovetture, circa il 60%. I Fiat Professional, Doblò e Ducato, sono utilizzati principalmente per la movimentazione di persone e materiale a supporto dei cantieri sui quali operiamo. La flotta è composta da mezzi per il management assegnati in benefit e da mezzi che supportano il business del Gruppo nella gestione dei cantieri acquisiti.

IL NOSTRO PUNTO DI FORZA È L’INTERSCAMBIO CONTINUO TRA INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DI PROCESSO Come mai avete scelto di affidarvi alla pandemia il consiglio di amministrazione flotta Fca e quali marchi avete selezioha supportato le scelte del mio team dando nato? forte mandato. I marI MEZZI FIAT PROFESSIONAL La scelta di Fca da chi scelti sono Fiat, SUPPORTANO IL BUSINESS parte del Gruppo è Jeep e Alfa Romeo. DEL GRUPPO TREVI NELLA GESTIONE stata effettuata per DEI CANTIERI ACQUISITI Siete soddisfatti di rappresentare l’itaquesta collaborazione con Fca e qual è lianità dei due brand. Soprattutto in queil modello più apprezzato della gamma? sto periodo di grande difficoltà dovuto alla La disponibilità della rete commerciale ed il supporto del personale specializzato messo a disposizione da Fca ci aiuta nella configurazione ottimale delle vetture sia per i modelli da introdurre nella car list che nella configurazione degli optional da inserire nelle distinte. Fermo restando la soddisfazione di tutti gli utenti per ogni segmento di prodotto utilizzato, ci terrei ad esprimere una grande plauso alla qualità ed affidabilità dei mezzi Professional che quotidianamente ci consentono di operare nei luoghi più disparati dove operiamo.

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GESTIRE L’IMPRESA FORMAZIONE

Il fattore umano rende umana anche l’A.I. La tecnologia, da sola, non basta: occorre implementare modalità di interazione diverse. Ecco perché The Digital Box offre due percorsi formativi: il convergent marketer e il conversation designer di Marco Scotti

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e si può passare dalle parole ai fate far conoscere i temi del digitale. Il divario ti, perché non provare il percorso di talenti digitali (digital talent gap) è un arinverso, portando in aula l’espegomento molto discusso e una problematirienza accumulata sul “campo”? È la domanca che le imprese devono affrontare». da che si sono fatti i fondatori di The Digital L’idea è quindi semplice: mettere a dispoBox, una Ai Company specializzata nello sizione quanto appreso per creare due fisviluppo di tecnologie per il marketing, la gure professionali ben precise. La prima è comunicazione e il quella del convergent L’IDEA È CREARE NUOVE FIGURE service aziendale. marketer, la seconda PROFESSIONALI QUALIFICATE Una realtà consoliquella del conversaPER I BISOGNI DI AZIENDE, data attiva in quattro tion designer. Di che ENTI E ORGANIZZAZIONI continenti con oltre cosa si tratta? Nel 7.000 clienti. «Abbiamo imparato – ci spieprimo caso parliamo di professionisti capaga il co-fondatore Antonio Perfido - dai bici di creare storie e video verticali, di sfrutsogni e dalle necessità di imprese, marche tare la marketing automation per generare e organizzazioni. Le tecnologie, per quanto conversioni anche attraverso l’utilizzo di sofisticate, da sole non bastano più. Le imchatbot per il marketing, ad esempio su Faprese non sono pronte a soddisfare le nuove cebook Messenger. Nel secondo, invece, si modalità di interazione che le persone si attratta di una figura professionale completendono. È necessario, per questo divulgare tamente nuova, gli sceneggiatori delle con-

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versazioni tra macchine e persone. I trainer che danno vita a queste interfacce pensate per dialogare con le persone. Narratori che danno valore alle parole attraverso l’abilità vocale delle macchine. I due percorsi formativi, non hanno natura tecnica, si rivolgono ad un pubblico con formazione umanistica, ai digital marketers, ai comunicatori ai social media manager e hanno come supporto didattico le nostre tecnologie. «Lo strumento che abbiamo scelto – aggiunge Perfido – è quello della masterclass, ovvero classi ristrette di studenti affiancati dai nostri coach. Il tutto perché siamo convinti che le aziende non possano più prescindere dalla necessità di avere a disposizione personale qualificato per la realizzazione dei prodotti digitali. Gli assistenti virtuali, ad esempio, devono essere creati, istruiti, compresi. Non è un processo semplice e men che meno banale. Noi offriamo le nostre piattaforme per imparare a sviluppare in maniera efficace queste nuove competenze». E il “bello” è che i corsi sono rapidi: 12 ore full time, a un costo accessibile a tutti: 290 euro iva inclusa, in cui è compreso anche un account per esercitarsi. La prima edizione dei corsi si è svolta il 22 e il 23 gennaio scorsi, ma seguiranno altre due “coppie” di giornate: il 26-27 febbraio e a marzo. «La nostra idea – conclude Perfido – è di creare un network di competenze. Al momento abbiamo coach interni, ma il nostro desiderio è quello di creare una rete in cui aziende che hanno comprato da noi moduli di formazione tecnologica fossero in grado di segnalare i nostri prodotti, di raccontarli, di usarli a loro volta per formare internamente ed esternamente le risorse». Per venire incontro alle molteplici possibilità rappresentate da questo tipo di formazione, The Digital Box ha creato appositamente per i lettori di Economy un codice sconto di 100 euro. Basterà indicare in sede di iscrizione il codice ECONOMY21. Per informazioni e per iscrizioni: www.convergentmarketing.it


RECRUITMENT, VINCE CHI GIOCA CON NUOVE REGOLE Laborplay sviluppa soluzioni per l’assessment da remoto, utilizzando le potenzialità del gaming e del digitale, supportando i recruiter nella selezione e superando i limiti imposti dal solo curriculum o da un colloquio di Alessandro Folletto

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i può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”. È proprio citando Platone che i fiorentini di Laborplay, spinoff dell’Università degli Studi di Firenze, hanno convinto molte aziende ad utilizzare il gioco per i propri processi di selezione. Laborplay sviluppa soluzioni per l’assessment sia da remoto che in presenza, utilizzando le potenzialità del gaming e del digitale. Le soluzioni offerte supportano i recruiter dalla fase di screening fino alla scelta dei candidati in possesso delle soft skill richieste per una specifica posizione, superando quindi i limiti imposti dal solo curriculum o da un colloquio. La piattaforma web sviluppata da Laborplay consente di mettere alla prova i candidati per testarne alcune competenze chiave prima di vederli “in azione”, magari in gruppo, durante un assessment virtuale. «L’utilizzo della testistica ha sempre avuto un ruolo di rilievo all’interno dei processi di selezione. I test, sia tradizionali che basati sul gaming, aiutano a rendere comparativa ed oggettiva la valutazione tra candidati, a parità di titoli di studio, fornendo dei criteri di scelta più solidi su cui basarsi». «Quando il target di riferimento sono giovani o neo laureati abituati da anni alle esperienze ad alto coinvolgimento che il mondo del digital propone», aggiunge Mario Magnani, psicologo e socio fondatore di Laborplay, «dobbiamo pensare primariamente all’user experience. L’esperienza offerta, sia in fase di selezione che nel lavoro quotidiano, deve essere in grado di generare senso di sfida, di fornire dei feedback immediati in risposta alle decisioni, alle azioni o ai risultati raggiunti. È infatti partendo dall’esperienza-utente che si possono progettare percorsi di selezione capaci di tirare fuori le vere potenzialità dei candidati, anche a distanza». Al momento sono

disponibili tre esperienze di gioco e un questionario di profilazione, chiamato Play Your Test, basato sulle preferenze alle meccaniche di gioco più diffuse. I candidati ricevono un codice (token) di accesso unico alla piattaforma, sistema questo che permette l’utilizzo in pieno anonimato del sistema, poiché non raccoglie dati sensibili e soggetti alle norme di privacy. Il candidato così potrà mettersi alla prova con dei videogiochi, della durata di 20 minuti, e dar testimonianza delle proprie abilità. «I giochi richiedono capacità di problem solving, di concentrazione, velocità e precisione e di capacità di organizzazione, tutte skill associate a quelle general mental abilities (Gma) considerate il miglior predittore della prestazione lavorativa. I risultati ottenuti sono confrontati con il data-base e con il campione normativo di riferimento, per restituire un indice di prestazione. Confrontando quindi i risultati dei candidati

avrò una classifica generale che potrò utilizzare per invitare i candidati alle successive fasi della selezione, necessarie invece per testarne le capacità relazionali e di comunicazione». Il candidato può inoltre scaricare il proprio profilo descrittivo e prendere spunto da questo per riflettere sui propri punti di forza e sulle aree di miglioramento, in modo da presentarsi in modo consapevole e genuino al successivo colloquio. Se da un lato è vero che non esistono competenze universalmente riconosciute come necessarie in tutti gli impieghi, è riconosciuto anche che le soft skill sono allenabili lungo tutto l’arco della vita, professionale e non. «La piattaforma offre anche una modalità training, ovvero senza limiti di tempo, utile per vedere i propri progressi e risultati evolversi nel tempo. Quello che prima poteva essere un esercizio mentale fatto attraverso riviste come “La settimana enigmistica” o il Sudoku, oggi è sostituito da una miriade di giochi disponibili per tutti gli smartphone. Di conseguenza ritagliarsi qualche minuto al giorno in un’attività stimolante e ingaggiante rappresenta un allenamento abituale per le nuove generazioni. Come dice G.B. Shaw “l’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare”. Il gioco genera divertimento e fornisce feedback immediati, oltre ad essere un ottimo strumento per incontrare candidati di nuova generazione, nativi digitali abituati sia all’uso della tecnologia che al gaming. Si parla quindi di recruiting gamification o di recruteinment che non è solo un nuovo modo per selezionare candidati, ma anche un mezzo utile alle aziende per lavorare sull’employer branding e attrarre i migliori candidati che rispondono a questa modalità di approccio». www.laborplay.com

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SOSTENIBILITÀ & CIRCULAR ECONOMY L’economia che salva il pianeta e crea sviluppo sostenibile.

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SOTTO IL SOLE DELL’ALLEANZA Sui grandi impianti fotovoltaici la burocrazia è confusa e frena. Eppure sono l’unica via per raggiungere gli obiettivi del Pniec. Così 25 aziende del comparto hanno deciso di fare lobbying tutte insieme

ENERGIE RINNOVABILI DA FONTE SOLARE: LA SITUAZIONE ITALIANA

Quadro riepilogativo delle misure e degli obiettivi del PNIEC

di Marina Marinetti

C’

grazione tra Assoelettrica e assoRinnovabili, è il Comitato delle imprese fotovolassociata a Confindustria e a Confindustria taiche italiane (Ifi), sedicente “punto Energia, che rappresenta, insieme a Utilitalia, di riferimento per istituzioni, enti e il settore elettrico italiano in Eurelectric, l’asimprese industriali del settore per operare sociazione europea del settore, e aderisce a alla ricerca di soluzioni condivise, volte allo WindEurope, SolarPower Europe, Bioenergy sviluppo della produzione di energia eletEurope. E c’è pure Italia Solare, che aderice a trica mediante conversione fotovoltaica da Solar Power Europe al Global Solar Council si fonte solare”. È nato dieci anni fa su impulso definisce “l’unica asdi imprese che allora IL PROCESSO AUTORIZZATIVO sociazione in Italia derappresentavano oltre DI UN GRANDE IMPIANTO PUÒ DURARE dicata esclusivamente il 60% della produzioFINO A 5 ANNI, RENDENDO INCERTO al fotovoltaico e alle ne nazionale di celle L’INVESTIMENTO PRIVATO integrazioni tecnoloe moduli fotovoltaici: giche per la gestione intelligente dell’energia”. Mx group, Azimut, Brandoni solare, Cappello Ci sono gruppi più o meno importanti, più o group, Eclipse Italia, Energica, Ferrania solis, meno efficaci, più o meno coesi. Tutti con la Renergies Italia, Solarday, Spsistem, Vipiemstessa, identica mission: porsi come interlomesolar, Xgroup. Ma c’è anche Anie Rinnovacutori istituzionali per promuovere la crescibili (Confindustria), già Gifi (Gruppo imprese ta del solare in Italia. Eppure non bastano. fotovoltaiche italiane, che si pone come interAltrimenti non si spiegherebbe la nascita di locutore del settore presso le sedi istituziouna nuova iniziativa che punta a costruire nali. Poi c’è Elettricità Futura, nata dall’inte-

61 SMA ITALIA IL SUPERBONUS ILLUMINA IL FOTOVOLTAICO

64 CANDRIAM INVESTENDO SI IMPARA A COSTRUIRE IL FUTURO

66 ASCOPIAVE OBIETTIVO CRESCITA CON SOSTENIBILITÀ E PROFITTI

68 CONTINENTAL ECCO LA MOBILITÀ PROSSIMA VENTURA

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> SOLAR PV alleanze con tutti: si chiama Alleanza per il fotovoltaico in Italia e raggruppa 25 aziende del settore, tra cui Canadian Solar, Enfinity Global, Kingdom Energy, Manni Energy, Solarig, Solar Konzept, Tecno Energy, T-Solar. Queste aziende sono impegnate attivamente nel progetto, anche perché, spiega Filippo Fontana, Responsabile Business Development in Italia di Solarig, «l’Alleanza non vuol essere un’associazione. Non ci siamo costituiti con nessuna forma giuridica volontariamente, per essere diversi e lavorare in maniera veloce e agile, coinvolgendo altre aziende del settore. Tutti siamo già soci di almeno una delle associazioni esistenti e abbiamo compreso che è il momento di dare il nostro contributo attivo e concreto, focalizzandoci nell’interlocuzione con le istituzioni sul tema specifico degli impianti utility scale». Non c’è tempo da perdere: «Il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) fissa come obiettivo finale per il fotovoltaico 52 GW nel 2030, con la tappa intermedia al 2025 di 28,5 GW, e con una prevalenza, quindi, rispetto agli obiettivi di produzione attesa, delle fonti solari pari al 55% rispetto alla quota prevista per le energie rinnovabili tout court. C’è un unico modo per raggiungerlo: consentire la realizzazione di impianti a terra, facilitando gli investimenti e lo sviluppo di impianti fotovoltaici su zone industriali, discariche e aree agricole non produttive», aggiunge Alessandro Ceschiat, Head of Business Development di Enfinity Global. Non che ora non sia possibile realizzarli, per carità. Solo che, in un Paese flagellato dalla burocrazia com’è l’Italia, l’incertezza frena l’iniziativa economica. «Non chiediamo sussidi né incentivi: i nostri sono investimenti a costo zero per la collettività», continua Filippo Fontana. «Chiediamo però di razionalizzare e semplificare le procedure. Oggi il processo autorizzativo di un grande impianto fotovoltaico può durare fino a 4-5 anni, una tempistica di molto superiore a quanto previsto dalla normativa vigente, rendendo irraggiungibili gli obiettivi del Pniec”. Negli ultimi mesi il Governo ha avviato un percorso di revisione delle norme in tema di

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ALESSANDRO CESCHIAT (ENFINITY GLOBAL)

procedure autorizzative con l’obiettivo di affrontare le criticità esistenti nel settore delle rinnovabili e rimuovere i vincoli esistenti allo sviluppo di nuovi progetti. Molto resta però da fare. Sul tema della definizione delle aree idonee c’è molta ambiguità: nella Legge di Delegazione Europea si individuano alcuni criteri, ma nella bozza di collegato ambientale si aggiunge a carico delle Regioni l’individuazione delle aree non idonee per uso agricolo, quando è provato che fotovoltaico ed aree agricole non sono in contrasto tra di loro, anzi: quando agricoltura e produzione energetica si ibridano fra loro la soluzione diventa vincente e vantaggiosa per tutti gli attori coinvolti. Tant’è, in Italia poche cose danno soddisfazione come il poter dire di no. Così, l’Alleanza per il fotovoltaico in Italia lancia la sua proposta per rendere realistici gli obiettivi del Pniec: «Il Decreto Semplificazione ha istituito la Commissione Pniec, ma serve una migliore definizione delle sue competenze, del funzionamento e della capacità di intervento, specie laddove non si rispettino i tempi ed i modi di attuazione. Vanno previsti meccanismi chiari di burden sharing - ovvero di condivisione degli oneri, ndr - con la misura del concorso delle Regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi nazionali, nonché adeguati strumenti di subentro dello Stato in caso d’inadempimento», spiega Andrea Cristini, Amministratore Delegato Solar – Konzept Italia. Inoltre l’Alleanza, ritenendo indispensabile,

IL PNIEC FISSA COME OBIETTIVO LA PREVALENZA DEL FOTOVOLTAICO per la ripartenza del settore e per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi nazionali, rendere più snelli i processi autorizzativi e semplificare le procedure, propone di prevedere l’adozione del procedimento autorizzativo della Pas (Procedimento Autorizzativo Semplificato) più celere del Paur (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale) oppure dell’Au (Autorizzazione Unica) o dell’Au con Via (Valutazione di impatto ambientale) per impianti fotovoltaici a terra su area agricola in progetti integrati con l’agricoltura, per impianti fotovoltaici su cave, discariche e aree Sin(siti di interesse nazionale) bonificate e ripristinate, e per sistemi di accumulo. La Pas si applicherebbe solo per gli impianti che presentano istanza autorizzativa entro il 31 dicembre 2021, per cercare di recuperare il tempo perso sino ad oggi dalle lungaggini burocratiche e colmare il gap di potenza Fer per raggiungere gli obiettivi al 2030. Si tratta di una misura transitoria che tiene conto dell’attuale stallo degli iter autorizzativi, che blocca la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo, come è evidente degli esiti dei primi due bandi del Dm Fer 4 luglio 2019 e dalla non saturazione dei contingenti di potenza del secondo bando. «Non stiamo chiedendo sussidi, né incentivi e neppure scorciatoie», conclude Filippo Fontana: «Chiediamo solo di applicare le norme in maniera coerente e strategica, in linea con gli obiettivi del Pniec».


IL SUPERBONUS ILLUMINA IL FOTOVOLTAICO Non solo grandi impianti: Sma Solar Technology è leader di mercato anche nella realizzazione di impianti per industrie, siti commerciali e settore residenziale. Che darà un nuovo impulso alla transizione energetica di Marina Marinetti SONO TUTTI GREEN COL FOTOVOLTAICO DEGLI ALTRI. PERCHÉ QUANDO SI PARLA DI GRANDI IMPIANTI, SCATTA LA SINDROME NIMBY: NOT IN MY BACK YARD, NON NEL MIO CORTILE. Tra pregiudizi duri a morire

(come quello che vede il fotovoltaico nemico dell’agricoltura), vincoli paesaggistici spesso superati e comitati di zona pronti a dire “no” a qualunque iniziativa, il solare in Italia è al palo. «Al di là delle dichiarazioni ufficiali, la politica ci sente ben poco», conferma a Economy Valerio Natalizia, amministratore delegato di Sma Italia, dal 2005 leader di mercato nei segmenti residenziale, industriale, commerciale e nell’offerta di soluzioni integrate per la gestione intelligente dell’energia. La filiale italiana è parte del gruppo Sma Solar Technology, leader a livello mondiale nel campo degli inverter fotovoltaici, dei sistemi energetici integrati e dei relativi sistemi di accumulo. «Al di là del Piano energia e clima approvato sulla carta, i dati parlano chiaro: in Italia si fa ancora molto poco, nonostante abbiamo valori di irraggiamento solare tra i migliori. Anche il 2020 si chiude al di sotto del GigaWatt di nuova potenza installata, quando ci sono Paesi che vanno ben oltre: 4,8 GW in Germania, 2,8 nei Paesi Bassi, 2,6 GW in Spagna, 2,2 GW in Polonia... e noi rimaniamo fermi a 800 MW, volume identico a quello del 2019. Sono valori troppo bassi che non permetteranno di raggiungere gli obiettivi». E quindi cosa si può fare? Bisogna spingere il fotovoltaico in tutti i settori: residenziale, commerciale e grandi impianti a terra. Dovremmo cercare di copiare le cose buone migliorandole, invece vedo uno sforzo nel trovare meccanismi anche

nuovi, ma pieni di ostacoli, con una burocrazia intrinseca che non facilita l’installazione. Ma c’è il superbonus. È vero, però il processo per eseguire tutto l’iter, dall’audit iniziale all’installazione finale, è complesso. Molti a parole lo dichiarano interessante, ma poi guardano le carte

VALERIO NATALIZIA, AMMINISTRATORE DELEGATO DI SMA ITALIA

e scoprono quanto è complicato. Serve una procedura di semplificazione reale che riguardi l’installazione di impianti fotovoltaici nelle varie taglie. Questo perché parliamo di una tecnologia consolidata: ci sono impianti che funzionano da più di vent’anni, non è nulla di nuovo né di complicato. Se si vuole aiutare il cittadino con il meccanismo delle detrazioni fiscali a fare da volano per l’economia, questo dev’essere fatto semplificando, non complicando la vita di privati e operatori. Gli operatori, appunto. Sul tema dei grandi impianti non ci siamo mossi di un millimetro. Perché? Non è possibile che nel 2020 abbiamo ancora il veto a livello regionale che mette in difficoltà l’investimento. E non è solo la Regione che può dire di no: spesso si creano comitati locali che dicono “no” al fotovoltaico perché “inquina” e non è vero. Influenzano la politica locale, che nel dubbio blocca. Per avere l’autorizzazione su un impianto

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> SOLAR PV Costo totale € 3.450 Costo carburante auto € 1.000

Risparmio € 1.866

Risparmio € 2.732

Risparmio fino all’

80%*

3

Costo totale € 1.584 Costo gas € 1.425

Costo energia elettrica € 1.025

Costo totale € 718

2

1

Senza interventi

Costo energia elettrica € 1.584

4

Con prodotti SMA 110 Energy Solution Fotovoltaico, pompa di calore, Storage e EV Charger

Costo energia elettrica € 718

5

Con prodotti SMA 110 Energy Solution e Sunny Home Manager

(gestione intelligente dell’energia)

1. Consumo energia elettrica: 4.100kWh/anno 2. Consumo gas: 1.500m3/anno 3. Percorrenza autovettura segmento C: 10.000km/anno 4. Consumo energia elettrica: 6.337kWh/anno 5. Consumo energia elettrica: 4.867kWh/anno

* Valore medio riferito a un nucleo familiare di 4 persone in un’abitazione di 140 m2 con un impianto fotovoltaico da 5,2kWp con batteria di 10kWh. Si considera inoltre l’utilizzo di un veicolo elettrico con una percorrenza media di 10.000 km all’anno.

IL RISPARMIO REALE ATTRAVERSO IL SISTEMA INTELLIGENTE DI SMA 110 ENERGY SOLUTION

di grossa taglia passano un anno e mezzo o del fotovoltaico, ed alcune delle discussioni due. Non è tollerabile: se è vero che il Pache si facevano dieci anni fa sono le stesse ese vuole andare in questa direzione invedi oggi. stendo su rinnovabili e trasporto elettrico, Non è un buon segnale. servono grandi impianti, ma ci sono troppi Siamo ancora fermi ai falsi miti come quello fattori di incertezza. che vede il fotovoltaico andare a “mangiaIn compenso la maggior parte degli imre” i terreni agricoli. In realtà parliamo di pianti large scale in Italia è stata realizcifre ridicole, eppure per i grandi impianti zata da voi. in Germania lo Stato spinge anche sull’agriOltre a Montalto di Castro, area all’interno fotovoltaico. della quale abbiamo installato negli anni Per fortuna ci sono i privati. impianti con una potenza complessiva di È vero. A seguito dell’approvazione del suoltre 200 MWp, ne abbiamo realizzati neperbonus siamo stati inondati di richieste gli ultimi due anni da parte di clienti UNA FAMIGLIA DI 4 PERSONE CON UNA uno da 86MW in Puprivati, a volte freCASA DI 140 METRI QUADRATI E UN’AUTO glia, uno da 63 MW nati dagli aspetti buELETTRICA GRAZIE AL FOTOVOLTAICO nel Lazio e altri tre rocratici. Quella che RISPARMIA PIÙ DI 2.500 EURO L’ANNO in Sardegna per una proponiamo è infatti potenza complessiva superiore ai 130MW. una tecnologia consolidata, con costi bassisMa non è nulla in confronto a quello che si simi e alta resa. Consideri che una famiglia potrebbe realizzare in Italia. di 4 persone con un’abitazione di 140 m2 e Le associazioni di categoria possono però un’auto elettrica, con un impianto fotovolspingere su questo fronte. taico da 5,2KW incluso nella nostra soluzioGuardi, sono stato per tre anni presidente ne Sma 110 Energy Solution e con la gestiodel Gruppo imprese fotovoltaiche italiane ne intelligente dell’energia di Sunny Home (Gifi), ho fondato, insieme ad altri operatoManager 2.0 risparmierebbe più di 2500 ri, Italia Solare, la principale associazione euro l’anno di costi energetici, passando da

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3.450 euro a 718 euro l’anno. Un bel risparmio. Abbiamo raggiunto quest’efficienza anche grazie all’intelligenza artificiale: la soluzione Sma 110 Energy Solution, che integra all’impianto fotovoltaico pompa di calore, storage e sistema di ricarica per l’auto elettrica, comprende un algoritmo che gestisce i flussi energetici in maniera intelligente. Ad esempio, può decidere se alimentare la pompa di calore, la lavatrice o la ricarica dell’auto elettrica oppure immettere in rete l’energia autoprodotta. Può anche impostare una riserva di energia, imparando a conoscere i comportamenti dell’utente. E grazie alle previsioni meteo professionali saprà quando avrà a disposizione una certa quantità di energia e potrà, quindi, programmare la lavatrice per farla partire in concomitanza con tale disponibilità di energia. Questo, insieme ai sistemi di accumulo presenti, attenua la non programmabilità tipica delle rinnovabili. Inoltre, tale sistema è applicabile anche ai condomini. La tecnologia del fotovoltaico è consolidata, ma c’è sempre da innovare. Noi lo facciamo da sempre. Siamo stati tra i primissimi produttori a livello mondiale di inverter, quel dispositivo elettronico che permette di utilizzare l’energia prodotta attraverso i pannelli fotovoltaici nell’abitazione oppure di immetterla in rete. Abbiamo 1600 brevetti a livello mondiale che hanno consentito non solo di migliorare l’efficien-


za degli inverter, ormai arrivata al limite fisico con una conversione prossima al 99%, ma anche di rendere sempre più piccoli i componenti, in modo che siano leggeri e installabili da una sola persona. Prima c’erano inverter residenziali da 30 Kg, oggi siamo intorno ai 15. Poi c’è la digitalizzazione: con un’app monitoriamo e gestiamo l’impianto e tutte le altre tecnologie connesse, dalla lavatrice alla pompa di calore, alla mobilità elettrica. Meno male che c’è il superbonus. Siamo bombardati da richieste. Abbiamo passato gli ultimi tre mesi a fare configurazioni tecniche su applicazioni soprattutto nel residenziale e crediamo che nel corso di quest’anno molti progetti diventeranno realtà, nonostante la complessità delle procedure e le incertezze. La soluzione Sma 110 Energy Solution, oltre ad avvalersi del supporto di partner tecnologici di primaria importanza prevede la cessione del credito attraverso accordi con importanti istituti

SMA ITALIA STA PARTECIPANDO A DUE PROGETTI PILOTA DI COMUNITÀ ENERGETICHE IN CUI L’ENERGIA VIENE CONDIVISA TRA PIÙ SOGGETTI

di credito. Questi accordi riducono notevolmente l’incertezza che altrimenti frenerebbe una grossa parte degli investimenti. Inoltre, grazie a tali accordi, favoriamo l’incontro tra il mercato elettrico e quello termo idraulico consentendo alle aziende di assumere e investire.

Poi ci sono anche le comunità energetiche, che consumano l’energia green autoprodotta grazie alla condivisione delle infrastrutture. Abbiamo avuto molte belle esperienze all’estero, soprattutto in Germania. In Italia si sta partendo ora, abbiamo una normativa recentissima con le ultime linee guida del Gse in fase di lancio. Stiamo partecipando a un paio di progetti sperimentali per coinvolgere più comunità energetiche, e ne abbiamo altri sulla carta. L’obiettivo è di accumulare esperienza soprattutto dal punto di vista amministrativo con le regole nuove. Questi progetti, inoltre, dovrebbero avere anche un risvolto sociale importante. In generale, i costi di distribuzione dell’energia evitati saranno riconosciuti alle comunità per fini sociali: è una delle proposte per combattere la cosiddetta povertà energetica, pagando bollette di chi non può permetterselo. Un esempio di sostenibilità sociale oltre che ambientale.

L’ACCADEMIA PER I PROFESSIONISTI DEL FOTOVOLTAICO Lo sviluppo del fotovoltaico genererà nuovi posti di lavoro. A livello europeo si stima una crescita occupazionale del 62% nel settore grazie al Green New Deal previsto da Next generation Eu. E in Italia la progettazione, costruzione ed installazione delle opere tra il 2018 ed il 2030 genererà un’occupazione temporanea media di circa 135.000 unità di lavoro annue (Ula) dirette, indirette ed indotte. I livelli di occupazione così previsti contribuiranno all’aumento del Pil nazionale per lo 0,5%, nettamente in linea con la media europea. Ecco perché,

in questa fase, la formazione è importante più che mai. Anche in questo ambito Sma è stata l’apripista: «La Solar Academy, la nostra scuola di formazione interna, è nata in Italia nel 2006», spiega a Economy l’Amministratore Delegato di Sma Italia Valerio Natalizia, «e oggi coinvolge tremila installatori l’anno». Nel 2019 l’Italia è stata scelta come nazione pilota del gruppo per il lancio di Sma Partner Program, il primo club dedicato agli installatori, ai progettisti e ai professionisti del fotovoltaico. «Rispetto ai primi anni, in cui dovevamo fare tanta fatica

per spiegare una tecnologia poco conosciuta, oggi grazie alla diffusione del fotovoltaico ci troviamo a svolgere corsi molto più tecnici per professionisti specializzati. Da un lato formiamo i professionisti del fotovoltaico su impianti di piccola e media taglia e sull’integrazione tecnologica spinta tra pompe di calore, storage, mobilità elettrica, dall’altro offriamo corsi ai progettisti per i grandi impianti. Il prossimo passaggio», continua Natalizia «saranno le piattaforme digitali per la gestione dell’energia: organizziamo corsi anche su quello. Sono

situazioni che oggi vedono i primi progetti, ma nell’arco di due o tre anni prenderanno piede, quindi si tratterà di formare installatori e progettisti anche in questo campo. Abbiamo iniziato a collaborare anche con alcune delle più importanti Università italiane ed organizzato interventi in alcuni percorsi di laurea, per informare e sensibilizzare sul nuovo paradigma energetico che vede il fotovoltaico come fonte primaria. È bello vedere nelle nuove generazioni interlocutori preparati e sempre più attenti a queste tematiche».

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> ESG INVESTING INVESTENDO S’IMPARA A COSTRUIRE IL FUTURO Pioniera nel settore degli investimenti sostenibili, Candriam dal 2017 condivide il proprio know how con la sua Academy. Aperta a tutti (anche a chi non appartiene al mondo della finanza) e completamente gratuita di Riccardo Venturi

S

ensibilizzare, educare e accrescere le conoscenze degli intermediari finanziari in materia di Sri (Sustainable and responsible investments, investimenti sostenibili e responsabili), attraverso un’innovativa piattaforma online che presenta contenuti e materiali stimolanti e operativi, tra cui video, case study, grafici e brevi quiz. È l’obiettivo di Candriam Academy, fondata nel 2017 dal gestore patrimoniale globale, che è anche pioniere e leader riconosciuto proprio nel settore degli investimenti sostenibili. «Sebbene sia stata concepita in funzione delle esigenze degli intermediari, la nostra Academy è gratuita e aperta a tutti» dice Matthieu David (nella foto), head of Italian branch di Candriam, «l’abbiamo lanciata dopo che un nostro studio ha dimostrato che nonostante il 60% dei distributori fosse convinto del valore aggiunto degli investimenti Sri e più del 70% prevedesse un incremento in fondi gestiti con questo approccio nel corso dei successivi 10 anni, la distribuzione rimaneva limitata a causa di una carenza di informazioni disponibili». La Candriam Academy è stata pensata proprio per fare cultura, accrescere la consapevolezza in materia di Sri e dimostrare come i criteri di sostenibilità non siano in opposizione con l’ottenimento di una buona performance, ma al contrario la favoriscano. «Gli operatori economici svolgono un ruolo importante nel garantire lo sviluppo di un’economia sostenibile e responsabile»

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sottolinea David, «questa è una responsabilità che, in qualità di gestore patrimoniale, Candriam prende molto seriamente». L’Academy era stata pensata in funzione delle esigenze degli intermediari finanziari, ma il suo raggio di azione si è via via ampliato. È gratuita e aperta a tutti coloro che hanno interesse in queste tematiche, sia per informazione personale, sia per avere una valida

base di partenza per approfondire concetti utili anche a livello professionale. «Attualmente L’Academy conta 5.500 membri provenienti da 30 Paesi di tutto il mondo» precisa l’head of Italian branch di Candriam, «con background molto diversificati, tra cui investitori istituzionali, fund selector, private bankers, consulenti finanziari, investitori retail, media e studenti». L’Academy è accreditata da parte della European financial planning association (Efpa) ed è disponibile in italiano e in inglese. Di recente ha ampliato la propria attività al mercato statunitense, per consentire ai consulenti locali di interagire in maniera più efficiente con i propri clienti, illustrando loro le modalità con cui gli investimenti sostenibili possono migliorare i loro portafogli a lungo termine, allineandosi ai loro valori. La Candriam Academy è online, vi si può accedere liberamente e si può completare secondo le tempistiche del singolo iscritto. Fornisce diversi moduli di formazione per un’introduzione approfondita alle tematiche Sri, da una generale introduzione fino ad approfondire alcune tematiche. Al termine di ogni modulo un test verifica le conoscenze acquisite; una volta superati tutti si completa il corso e si ottiene un certificato. «L’Academy non è un monolite, ma evolve per includere i temi di maggiore attualità che animano il dibattito sul tema» rimarca David, «a ottobre 2020, per esempio, è stato lanciato il nono modulo del percorso formativo, dedicato all’economia circolare, un tema


che sta diventando sempre più centrale. Secondo il Circular gap report 2020, infatti, attualmente il mondo può dirsi “circolare” soltanto all’8,6%: abbiamo davanti a noi una lunga strada ancora da percorrere. Il nuovo modulo contribuisce a creare maggiore consapevolezza sul fatto che la transizione verso la circolarità rappresenta un potenziale sia per la crescita economica, sia per la sostenibilità ambientale».

La metodologia è fondamentale Per Candriam, gli investimenti responsabili si basano sulla convinzione che la valutazione di una società non sia solo un calcolo di criteri finanziari, come i ricavi e la crescita dei margini. «Fondamentalmente crediamo che anche il posizionamento e l’esposizione di un’azienda in termini di fattori ambientali, sociali e di governance (Esg) influenzino la sua competitività e il suo valore a lungo termine» precisa David, «inclusa la capacità di interpretare lo sviluppo del business

IL POSIZIONAMENTO E L’ESPOSIZIONE DI UN’AZIENDA IN TERMINI ESG INFLUENZANO LA SUA COMPETITIVITÀ E IL SUO VALORE A LUNGO TERMINE

senza creare conflitti con i vari stakeholder, dai dipendenti alla catena dei fornitori, fino alle comunità locali». Nel 2018 Candriam ha esteso a tutti i fondi il processo di esclusione legato ad attività controverse in relazione a carbone termico, tabacco, armi chimiche e biologiche e fosforo bianco. Su altre tipologie di investimenti, in qualità di investitore istituzionale, ha la possibilità di presenziare e votare nelle assemblee delle aziende, sensibilizzando il management verso un maggiore impegno su diritti e parità di trattamento degli shareholder, accuratezza delle informazioni finanziarie, responsabilità e indipendenza del CdA, sostenibilità ambientale. Per scegliere investimenti davvero sostenibili è poi importante avere una metodologia che consenta di riconoscere aziende che aderiscono realmente ai criteri Esg, e individuare i fenomeni di green washing. «I nostri metodi analitici Esg, PER SCEGLIERE INVESTIMENTI SOSTENIBILI È IMPORTANTE AVERE UNA METODOLOGIA SPECIFICA CHE ANALIZZI DIVERSI CRITERI

così come la selezione del nostro universo Esg investibile, sono specifici per ciascuna asset class» insiste l’head of Italian branch di Candriam, «sono stati sviluppati per riconoscere le caratteristiche dell’emittente e la disponibilità di informazioni. Abbiamo migliorato costantemente i nostri approcci analitici da quando abbiamo introdotto per la prima volta l’analisi Esg nel 2005». Candriam valuta sia il posizionamento delle aziende verso le sfide della sostenibilità globale, sia la gestione dei principali stakeholder. Segue un’analisi basata sull’aderenza al Global Compact delle Nazioni Unite e un filtro per le attività controverse. «Per esempio, sui mercati emergenti abbiamo lavorato alla costruzione di un database proprietario che racchiude l’universo eleggibile nel settore Esg» aggiunge David, «ambito in cui siamo stati in grado di dimostrare che

l’applicazione di criteri Esg nella scelta delle aziende comportava un miglioramento delle performance».

L’importanza di dare l’esempio Prima di diffondere la cultura e la pratica dei criteri Esg, Candriam li applica al suo stesso interno. «Molto semplicemente cerchiamo di essere coerenti» afferma l’head of Italian branch, «applichiamo a noi stessi le regole che utilizziamo per selezionare e individuare le società che secondo noi sono le più virtuose nei confronti delle tematiche di sostenibilità, allo scopo di essere noi per primi una società responsabile nella comunità». Inoltre il gestore patrimoniale supporta numerose iniziative che diffondono cultura e informazione in ambito Esg. Per fare un esempio concreto, l’Istituto Candriam per lo sviluppo sostenibile ha l’obiettivo di finanziare sia la ricerca accademica sia progetti di formazione che aumentano la visibilità della finanza sostenibile nei confronti dell’investitore. Ancora in ambito accademico, in Italia dal 2016 Candriam sostiene il master in Management of sustainable development goals dell’Università Lumsa, rivolto a neolaureati e professionisti e patrocinato da Santa Sede, Onu, Banca Mondiale e Fondazione Eni Enrico Mattei. A partire da quest’anno il gestore patrimoniale sostiene un secondo master della Lumsa per formare i manager della sostenibilità, Exmims, Executive master in management sostenibile, rivolto esclusivamente a manager e imprenditori, che si svolge in lingua italiana. Nella visione di Candriam, in futuro l’integrazione tra analisi finanziaria e Esg dovrebbe diventare la norma, abbracciando l’intero patrimonio gestito dai fondi. «I gestori si stanno orientando sempre più verso società in grado di apportare un contributo alla soluzione delle grandi sfide che il mondo sta affrontando» conclude David, «a nostro avviso, saranno proprio queste società che vedranno crescere il loro business e alla fine diventeranno vincitrici a lungo termine».

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> MULTIUTILITY

Ascopiave, obiettivo crescita con sostenibilità e profitti Nel piano industriale 2020-24 della multiutility veneta 500 milioni di investimenti, utile, valore e dividendi in crescita. Parla il presidente Cecconato: «Non è il libro dei sogni, sono traguardi che raggiungeremo» di Angelo Curiosi

R

endere sostenibile la sostenibilità: “dividend yield” (valore percentuale del diviovvero, gestire un’impresa in modo dendo sul prezzo medio delle azioni, ndr) tra profittevole impegnandosi con deil 5,6% e il 7,3% medio annuo. In particolare, il cisione per l’ambiente. È l’obiettivo del piano piano annuncia che Ascopiave “prevede la distrategico 2020-24 di Ascopiave, l’utility tristribuzione di un dividendo in crescita dai 16 veneta guidata da Nicola Cecconato che non centesimi per azione del 2020 a quota 18 cenha paura di sfidare l’apparente ossimoro che tesimi per il 2024, con un aumento del 13%”. tanti profeti dell’ambientalismo fingono di «Noi siamo ancora una utility tradizionale ignorare, che cioè investire per l’ambiente è – spiega ad Economy Nicola Cecconato, presiun costo sicuro non sempre accompagnato dente ed amministratore delegato di Ascopiada sicuri ritorni. Dalle parti di Ascopiave inveve - ci piace ancora lavorare per il territorio, ce sì: perché il piano riconosce il problema e pensare a operazioni di crescita regionali o spiega come lo gestirà. Le quattro linee stramacroregionali, queste sono le nostre radici tegiche sono presto dette: per la distribuzione e secondo questo modello svilupperemo la gas crescita organica, cioè per linee interne, nostra crescita. E quindi il frutto del nostro ma anche attraverso acquisizioni, cioè per lilavoro lo vogliamo rendere a chi ci ha dato la nee esterne; innovazione tecnologica, ma su possibilità di cominciare molti anni fa questa obiettivi specifici ben avventura, che adesso BEN 491 MILIONI DEI 742 DI VALORE individuati; diversifista portando ottimi AGGIUNTO INCREMENTALE SARANNO cazione ed efficienza. frutti». E attenzione: DISTRIBUITI AGLI AZIONISTI, AI In estrema sintesi: DIPENDENTI, AL TERRITORIO E ALLA P.A. chiunque abbia praticrescita e sostenibilica di piano industriali tà. Sorrette da 500 milioni di investimenti nel sa che sono spesso scritti con l’inchiostro rosa, quinquennio e da precisi obiettivi finanziari: cioè incorporando nelle previsioni le condi742 milioni di valore aggiunto incrementale zioni di sviluppo ottimali. Ascopiave ha scelto creato, di cui 491, pari al 66%, distribuito e il una linea molto più severa. Nel proiettare nel restante 34% trattenuto per finanziare gli infuturo i propri risultati economici ha dovuto vestimenti. Di questo tesoro il 37% andrà agli ipotizzare quale sarà l’inflazione media dei azionisti, il 31 ai dipendenti, il 20 alle comuniprossimi anni, un elemento cruciale per una tà locali, il 9 alla pubblica amministrazione e il utility che annovera tra i suoi fattori di gua3 ai finanziatori. Agli azionisti, in particolare, dagno la remunerazione sulla cosiddetta RAB, si promette «una distribuzione di dividendi cioè il capitale investito che è riconosciuto attrattiva e sostenibile», del resto in linea con dal sistema tariffario e che viene aggiornaquanto accaduto dal 2015 ad oggi, con un to appunto con l’andamento dell’inflazione.

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NICOLA CECCONATO

Ebbene, la scelta è stata quella di postulare un’inflazione molto bassa, allo 0,6%. Un colosso come la Snam ha programmato un tasso dello 0,9%, l’Italgas addirittura dell’1,4%, pur considerando un orizzonte temporale più lungo. Se le previsioni di questi due gruppi concorrenti, peraltro seri e autorevoli, si rivelassero più giuste di quelle di Ascopiave, per quest’ultima sarà un buon affare: nell’arco del piano i risultati sarebbero infatti migliori con una RAB al 2024 che, nel primo caso, sarebbe superiore di 10 milioni di euro e nel secondo caso di oltre 25. Ma veniamo ai contenuti industriali del piano. «Siccome siamo legati al territorio abbiamo i piedi per terra – osserva Cecconato – E con questo piano non abbiamo voluto scrivere il libro dei sogni, ma indicare obiettivi che in linea di principio riusciremo ad attuare, perché, pur ambiziosi, sono alla nostra portata; in verità li abbiamo già in parte realizzati nel 2020, e in prospettiva crediamo di poterli portare avanti e completare nei tempi che ci siamo dati. Quindi un piano concreto e prudente che traccia la rotta per i prossimi anni». E dunque, largo all’innovazione che produce risultati. Innanzitutto quella al servizio dell’efficienza nella distribuzione del gas. Dove uno degli snodi tecnologici più cruciali sono ad esem-


pio le cosiddette cabine Remi (un nome che deriva dall’acronimo sillabico di “riduzione e misura”). Le cabine Remi sono gli impianti che consentono alla reti di distribuzione locale di ricevere il gas in arrivo dalla rete nazionale. Facile a dirsi, meno a farsi perché la pressione del gas cambia moltissimo tra le due reti: in quella nazionale viaggia mediamente ad una pressione di 40-50 bar, in quella locale a 4-5 bar. In questo processo di decompressione per legge fisica il gas metano subisce un brusco raffreddamento, e di conseguenza deve essere sottoposto ad un processo di preriscaldo. In molti impianti si può sfruttare questo processo per produrre energia anziché dissiparla, prevedendo l’espansione del gas all’interno di una turboespansore e ricavandone quindi energia elettrica. Altra possibile evoluzione delle Cabine Remi è quella di renderle bidirezionali, ovvero rendere possibile l’immissione nella rete del trasportatore nazionale, la quota di produzione di biometano che la rete di distribuzione potrebbe non essere in grado di assorbire.. Questa innovazione assieme agli

interventi di digitalizzazione delle reti, permetteranno di poter gestire quote crescenti di biometano e in futuro di altri gas sintetici, prodotti da fonti rinnovabili. A cosa porta, in concreto, quest’innovazione per Ascopiave? Ad un aumento di redditività per tutta la filiera, con la possibilità contribuire con le nostre reti ai processi di decarbonizzazione. «Crediamo che le reti del gas abbiamo un ruolo fondamentale nella transizione energetica, per questo ci impegniamo per realizzare reti flessibili e intelligenti, che possano veicolare anche biometano e idrogeno». Accanto a questa innovazione-chiave se ne realizzeranno altre, ad esempio per ridurre le dispersioni della rete e diffondere sempre di più l’impiego dei contatori intelligenti, per favorire consumi sempre più consapevoli e responsabili. C’è poi, nel piano Ascopiave, una scelta originale su come gestire la sfida delle gare per l’assegnazione di nuove aree di distribuzione, il cui bando è giustamente nelle mani delle pubbliche autorità, il che però rende aleatori il “se” e il “quando” di queste procedure. Dunque Cecconato ha deciso di integrare il suo piano con due scenari: gare sì, gare no. Nel primo LA DISTRIBUZIONE DEL VALORE GENERATO caso, si postula di poterne Dei 742 milioni, tolto il finanziamento degli vincere due, nel secondo, investimenti, 491 saranno ripartiti così ovviamente, nessuna. Ebbene, nel primo caso si espande la dimensione del business, mantenendo un’adeguata redditività; nel secondo si rinvia, per necessità oggettiva, quella parte di possibile espansione, confermando tuttavia le ottime performance che oggi caratterizzano la gestione delle attuali concessioni. «Le strategie per la crescita indipendenti dalle gare, però, ci sono eccome», agFONTE: GRUPPO ASCOPIAVE 􀂲 PIANO STRATEGICO 2020-2024 giunge il manager: «E sono

i nostri investimenti diretti sulle reti per la loro maggiore estensione eper conseguenti, maggiori allacciamenti, ed anche le eventuali acquisizioni di altre società più piccole che distribuiscono metano. Inoltre, ci ripromettiamo di crescere anche attraverso eventuali associazioni temporanee d’impresa o partnership vere e proprie come quella con Hera nel settore energy, che va molto bene grazie alle sinergie e alle economie di scala, con risultati che si stanno dimostrando migliori delle aspettative; un’operazione veramente proficua per entrambi i partner e che vede rapporti eccellenti tra i management». La joint venture tra i due gruppi si sostanzia nella società EstEnergy, di cui Hera detiene il 52% e Ascopiave il 48%, quota su cui ha il nostro Gruppo ha un’opzione put (diritto di vendere a prezzo prefissato) che può esercitare entro il 2026; ipotesi che però verrà presa in considerazione solo se servisse per realizzare investimenti alternativi più profittevoli, possibilità che ad oggi non è ipotizzata. Sul tavolo dei vertici Ascopiave ci sono comunque molti dossier promettenti. Innanzitutto le diversificazioni produttive nei comparti eolico, idroelettrico e del biometano, questi ultimi legati anche al contesto agricolo del nostro territorio; e poi, certo, molta attenzione ai possibili ulteriori sviluppi locali, in particolare la fusione in corso tra le utilities Agsm Verona e Aim Vicenza: «Lasciamoli completare il loro processo di aggregazione e poi noi saremo saremo pronti ad aprire il dialogo per trovare forme di collaborazione e partnership», dice il manager che conclude: «Il nostro piano è stand alone ma siamo aperti anche a possibilità diverse che possano generare valore in una logica industriale». Tutto è legato all’obiettivo di perseguire al meglio gli interessi degli stakeholder, e continueremo a lavorare così. Tutte le nostre iniziative servono per produrre risultati veri. Promuovere la transizione energetica, creare energia pulita, garantire la sostenibilità sociale in maniera profittevole.

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> AUTOMOTIVE ECCO LA MOBILITÀ PROSSIMA VENTURA Elettrici, intelligenti e connessi, significa anche sostenibili: così stanno cambiando i veicoli, grazie agli investimenti in ricerca e sviluppo. Ce lo spiega Alessandro De Martino, amministratore delegato di Continental Italia di Sergio Luciano «CREDIAMO TALMENTE A UN FUTURO DI INNOVAZIONE DA INVESTIRE IN RICERCA E SVILUPPO IL 7% DEL NOSTRO FATTURATO», dice Alessandro De Martino, ammi-

,la sola risposta possibile è oggi l’elettrico. Ci sono grandi problemi di attuazione del rinnovo elettrico del parco auto, dalla produzione alle infrastrutture, ma la direzione è quella, per quanto non tutti i consumatori ne siano consapevoli.

nistratore delegato di Continental Italia, colosso tedesco del pneumatico e della componentistica avanzata per l’automotive, con 3000 persone nel nostro Paese. «I due Ma intanto i numeri crescono… terzi del nostro business sono concentrati I veicoli puramente elettrici, i cosidetti Ev, sulla progettazione e produzione degli aue quelli ibridi plug-in, Phev, hanno oggi una toveicoli del futuro», spiega il top-manager quota di mercato tra il 6 e il 7%, sostana Economy, in vista della sua partecipazione zialmente bilanciate, il che vuol dire aver al convegno digitale sulla sostenibilità e l’edovuto e potuto mettere sul mercato veiconomia circolare organizzato il 10 febbraio coli a prezzi più abbordabili di quelli che prossimo in partnership con Federmanager. c’erano un paio di anni fa. Si aggiungano gli «L’autoveicolo del fuincentivi dei governi turo è naturalmente ed eccoci ai dati di I DUE TERZI DEL BUSINESS DI CONTINENTAL SONO CONCENTRATI elettrico, e questa oggi. Certo resta il volta il fenomeno e il SULLA PROGETTAZIONE E PRODUZIONE problema del parco DEI VEICOLI DEL FUTURO mercato stanno parcircolante, 40 miliotendo davvero. Quindi noi siamo impegnani di veicoli tradizionali che girano in Italia tissimi sul fronte della sostenibiità nell’aucontro i 200 mila tra ibridi ed elettrici. Le tomotive: dalla connessione dei veicoli alla immatricolazioni di auto puramente rete, che abilita infiniti servizi di sicurezza elettriche sono state 32.538 contro i e guida assistita, ai sistemi frenanti, all’alicirca 10 mila del 2019, i Phev 27 mila mentazione e naturalmente agli pneumacontro 6000. Dunque la crescita c’è. tici, quelli intelligenti. Consideri che siamo E rimette in discussione i valori dei tra le aziende del settore che depositano, e brand tradizionali. Il caso Tesla da anni, il maggior numero di brevetti per è esemplare. Ha venduto negli invenzioni e scoperte». ultimi 6 mesi appena 500 mila vetture, ma vuole investire nella Quindi lei crede nel futuro dei veicoli a gigafactory di Berlino e produremissioni zero? ne altrettante anche lì. Del resto Fermamente! L’Unione Europea imporrà lianche Stellantis punta fortemente miti sempre più rigidi alle emissioni di CO2, sui veicoli elettrici, in un contesto guardando soprattutto agli autoveicoli, più competitivo tra piattaforme conancora che agli altri fattori inquinanti, dai tinentali, tra statunitensi, tedeschi riscaldamenti, all’aerotrasporto alle navi. E e francesi. Però ibridati con l’Asia:

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per esempio Volvo è cinese, e con Chrysler, Stellantis cerca molto più spazio negli Usa. Volendo semplificare: Tesla (Usa), tedeschi e francesi (Europa) e il mondo cinese, e poi tutto questo ibridato perché Tesla viene in Europa e in Cina a montare le factory, Volvo è un’azienda cinese che però opera in Europa, Chrysler è la compagine americana di un’azienda europea che cerca in America un grande potenziale di crescita, e così via.


Ma il mondo è in ritardo sull’infrastrutturazione, non trova? L’Unione Europea è molto determinata ad accelerare su questo fronte, ed anche la nuova amministrazione Biden lo sarà. I cinesi stanno marciando a tappe forzate. Certo, è un’opera ciclopica, ma la tecnologia sta andando avanti. Per esempio: nel settore degli pneumatici l’innovazione per l’elettrico è stata fortissima, devono gestire grande potenza e forte abrasione, ma anche resistenza al rotolamento. Penso che si debba procedere per gradi nell’introduzione massiva dei veicoli elettrici. Immaginiamo ad esempio di affidare a furgoni elettrici le consegne in città, l’ultimo miglio: la direzione in cui andrà il nuovo Ducato elettrico! E poi il grosso degli automobilisti non fa più di 100 o al massimo 200 chilometri al giorno, e quindi può ricaricare l’auto di notte senza problemi. Intanto voi siete concentrantissimi sul

LA TECNOLOGIA AIUTA SOLO CHI È RESPONSABILE, MA NON GLI SBADATI E TROPPO SPESSO PREVALE LA VOGLIA DI SPENDERE IL MINIMO POSSIBILE

binomio pneumatici-sicurezza… La nota dolente è che in Italia studi recenti ci dicono che almeno il 20% degli pneumatici sui veicoli che circolano è inadeguato, sotto il minimo di legge o ha addirittura dei danni strutturali, ma ci manca l’abitudine al controllo periodico. Una volta al mese si dovrebbe controllare la pressione delle gomme, e montare quelle da neve in inverno, le 4 stagioni non sono sempre NEL SETTORE DEGLI PNEUMATICI L’INNOVAZIONE PER L’ELETTRICO DEVE GESTIRE GRANDE POTENZA E FORTE ABRASIONE

idonee. I prodotti stanno evolvendo, e noi siamo all’avanguardia, perché sono ormai connessi e segnalano quando la pressione scende sotto il dovuto. La tecnologia aiuta però solo chi è responsabile, gli sbadati no.

Quanti tipi diversi di pneumatici producete? Moltissimi: lavoriamo fianco a fianco con le case per creare prodotti su misura per ogni modello. Pensi che per le misure più comuni esistono anche 40 varianti. Gli pneumatici non sono affatto tutti uguali, come qualcuno pensa. Io credo che si debba fare una vera e propria campagna di sensibilizzazione degli automobilisti sull’importanza degli pneumatici. Innanzitutto ci sono centinaia di test che si possono trovare anche on-line che dimostrano differenti performance in differenti condizioni. Potremmo anche dire che non esiste lo pneumatico perfetto perché è sempre un compromesso tra esigenze diverse: l’accelerazione, la frenata, la tenuta in curva, la tenuta sul bagnato e la rumorosità, i consumi di carburante... Ogni automobilista, in funzione dell’utilizzo che fa del veicolo, dovrebbe porsi il problema di trovare uno pneumatico adatto, invece troppo spesso prevale la voglia di spendere il minimo, nonostante sia in ballo la sicurezza delle persone. A volte un piccolo

investimento in più fa risparmiare un pò in carrozzeria.

E veniamo all’Italia: per voi è un mercato chiave, vero? Con 3000 persone abbiamo varie attività differenziate, compresi gli pneumatici di primo equipaggiamento per Fca a livello europeo e poi la vendita al ricambio, con 1500 punti convenzionati che danno assistenza ai nostri clienti, che siano trasportatori, noleggiatori, flotte aziendali o privati. E poi abbiamo la produzione di componenti automotive specializzate, in particolare per i camion. Nell’insieme crediamo nell’Italia, ma crediamo anche che abbia bisogno di tecnologie, di crescere e di una sensibilità nuova del governo, oggi cruciale per l’innovazione della mobilità. Ecco: abbiamo bisogno di un piano industriale che permetta all’Italia di riprendere la sua tradizione automotive, incredibilmente importante, dove stiamo facendo però meno di quanto potremmo. Chiudiamo allora sull’innovazione per antonomasia, la guida autonoma. Quando l’avremo? I veicoli a guida autonoma verranno: ci si stanno lavorando in tanti e cominciano a essere utilizzati per usi specifici e sequenziali. Oggi io preferisco pensare a veicoli che assistano il pilota nella guida, più che alla guida autonoma. Ricorderà il gravissimo incidente di Bologna, due anni fa. Ecco: una guida bene assistita lo avrebbe evitato, perché fu il frutto di una distrazione. Penso inoltre che, prima di preoccuparci della guida autonoma nel centro delle grandi città, potremmo attrezzare le autostrade e i mezzi pesanti e comunque tutti i terreni dove l’infrastruttura sia fattibile agevolmente. Poi, per gradi, impareremo sempre meglio a far funzionare questi sistemi, che peraltro miglioreranno ancora molto con le nuove capacità computazionali delle ultime generazioni di microchip e con il 5G.

SUSTAINABILITY & CIRCULAR ECONOMY > 69


L'acqua sarĂ l'unica impronta che lascerai

Noi pensiamo che esista un modo diverso di vivere il mare Noi crediamo che si possa navigare nella massima efďŹ cienza senza inquinare Noi lavoriamo per ottenere grandi performance nel massimo silenzio

PerchĂŠ Noi siamo

Forse siamo idealisti, sicuramente siamo innovatori, ma certamente non siamo soli

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LA MOTOR VALLEY TI GUIDA AL MASTER Ferrari, Lamborghini, Maserati, ma anche Ducati, Dallara, Pagani... Insieme collaborano nella Motorvehicle university of Emilia Romagna, formando i professionisti del futuro e creando nuove sinergie

di Riccardo Venturi

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ma. «Sono andato a parlarci uno a uno, e li ho a quest’anno, la prima laurea italiaconvinti che si può competere sul mercato e na in ingegneria dei veicoli elettrici. cooperare nella costruzione delle competenDall’anno prossimo, quella in comze» racconta Andrea Pontremoli, ad di Dallara pomotive, al cui interno ce ne sarà anche una e presidente di Muner, nonché ex Ceo di Ibm in veicoli autonomi. La Muner, Motorvehicle dove ha lavorato per 27 anni, «dicendo semuniversity of Emilia-Romagna, continua a inplicemente questo: è molto meglio che assumi novare i suoi corsi di laurea magistrale che un ingegnere appena laureato molto bravo a formano gli ingegneri della motor valley. E di25mila euro invece di mostra che la sinergia L’IDEA DI MUNER È NATA UNA DECINA uno che hai scoperto tra aziende è sempre D’ANNI FA SU IMPULSO che è bravo perché lapreziosa, tanto più DELL’AMMINISTRATORE DELEGATO vora da me a 100mila nel mezzo di una criDI DALLARA, ANDREA PONTREMOLI euro». si pandemica. Muner Quella che ha portato alla nascita di Muner infatti è riuscita a far collaborare a uno stesso è una vicenda che racconta dei frutti che si progetto Ferrari, Lamborghini e Maserati: un possono ottenere con la collaborazione tra po’ come fare una squadra mista tra Juventus, imprese, tra istituzioni, e tra imprese e istituInter e Milan. Fanno parte della compagnia zioni. Tutto inizia una decina di anni fa quananche Ducati, Dallara, HaasF1Team, scuderia do Pontremoli, rientrato nella natia Bardi nel AlphaTauri, Marelli, Hpe Coxa, Pagani, oltre parmense dopo la lunga esperienza all’Ibm alle principali università della regione: Boloe divenuto ad della non distante Dallara, si gna, Modena e Reggio Emilia, Ferrara e Par-

74 PHILIPS LA CURA CONTRO IL COVID È SOSTENIBILE E DIGITALE

76 SCALAPAY L’E-COMMERCE CRESCE GRAZIE AI PAGAMENTI RATEALI

77 GENOVAJEANS GENOVA RIVENDICA LA PRIMOGENITURA DEL JEANS

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pone il problema di come dare una mano a combattere la dilagante disoccupazione nella Val Ceno. «La Dallara è un gioiellino di competenze ingegneristiche conosciuto in tutto il mondo» dice Pontremoli, «così siamo partiti dalla formazione: abbiamo preso 20 disoccupati della valle con un diploma qualsiasi e gli abbiamo fatto seguire un corso sul Cad, fornendo software e ingegneri - docenti: a fine corso tutti e 20 lavoravano in valle. Ci siamo detti: le persone e il territorio sono gli stessi, l’unica cosa che è cambiata è la formazione, che sia la chiave? E abbiamo organizzato una valanga di altri corsi». Il passo successivo arANDREA PONTREMOLI riva nel 2011, quando da Pontremoli si presenta la preside dell’Istituto tecnico di Fornovo, a pochi km dalla sede di Dallara a Varano simulatore di guida, le clean room con i tecniMelegari. «Mi ha detto: vedendo le statistiche, ci vestiti come chirurghi… Anche i professori probabilmente fra 2-3 anni dovremo chiudedelle scuole medie hanno capito cosa fa un’are l’istituto» racconta il presidente di Muner, zienda, erano rimasti a Charlie Chaplin che «perché le iscrizioni stanno diminuendo del avvita bulloni... Così siamo riusciti a partire 30% anno su anno. Avevano due prime da 42 con la prima classe del liceo di scienze applialunni, presto sarebbero andati sotto i 28, il cate. Dopo 8 anni, il meno 30% delle iscrizioni minimo previsto dal ministero per tenere la è diventato più 300%». Non pago, Pontremoli scuola aperta». Pontremoli propone di darsi ha notato che i laboratori degli istituti avevano l’obiettivo di incuriosire e attrarre i ragazzi. attrezzature obsolete, e ha fondato Innovation «Abbiamo cercato il modo di superare uno farm, una non profit che costruisce laboratori stereotipo che si sta purtroppo affermando all’avanguardia utilizzati dalle scuole, dai corsi molto in Italia» spiega il presidente di Muner, di formazione professionale regionali, e dalle «le scuole tecniche sono frequentate dai raaziende per formare i dipendenti. È nato così gazzi figli di immigraun modello che è stato L’ANNO PROSSIMO MUNER AGGIUNGERÀ ti, i licei da quelli itaesteso alla food farm ALL’OFFERTA FORMATIVA LA LAUREA liani. Allora abbiamo del parmense, nonMAGISTRALE IN COMPOMOTIVE fatto una bellissima ché studiato e imitato CHE METTE INSIEME PC E MOTORI operazione: abbiamo «dall’amico Alberto travestito l’istituto tecnico da liceo, e l’abbiaBombassei, che è stato qui da noi parecchie mo chiamato Liceo delle scienze applicate. volte» nel campo della meccatronica con KiloUna volta tanto la riforma del Miur ha aiutametro Rosso nel bergamasco. to in questo senso». Il presidente di Muner A questo punto i tempi sono maturi per il si spende personalmente con 16 sindaci dei salto nell’università: nel 2017 nasce Muner, comuni limitrofi per convocare i ragazzi delle Motorvehicle university of Emilia-Romagna, seconde e delle terze medie, cercando di con7 lauree magistrali in lingua inglese per forvincerli a scegliere la scuola di Fornovo. Per mare gli ingegneri dell’automotive di domafar questo apre le porte di Dallara e di altre ni: Propulsori avanzati, Ingegneria elettroaziende. «Genitori e ragazzi hanno scoperto nica avanzata per autoveicoli, Produzione un mondo» spiega Pontremoli, «li abbiamo avanzata di auto sportive, Progettazione di portati a vedere le gallerie del vento, le auauto ad alte prestazioni, Ingegneria avanzata toclavi dove facciamo la fibra di carbonio, il dei motocicli, Progettazione di auto da cor-

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SI PUÒ COMPETERE SUL MERCATO E COOPERARE NELLA COSTRUZIONE DELLE COMPETENZE sa, cui si è aggiunta quest’anno Ingegneria dei veicoli elettrici e cui si aggiungerà l’anno prossimo quella in Compomotive, «che poi mette assieme le due parti della mia carriera professionale: 27 anni nei pc e 13 nell’automotive» dice Pontremoli. Quando l’ad di Dallara, una volta fatto il consorzio tra le dieci aziende del settore, si è presentato alle università nel mese di marzo, gli hanno detto: per fare 6 lauree magistrali dobbiamo andare al Miur e ci vorranno da 2 a 3 anni. «Ho risposto: fra 6 mesi si parte. Impossibile, hanno ribattuto» racconta lui, «talmente impossibile che 6 mesi dopo siamo partiti con 62 studenti, l’anno dopo erano 90, ora sono 152. Fondamentale è stato l’aiuto della Regione, in particolare dell’ex assessore Patrizio Bianchi, ex rettore dell’Università di Ferrara, che ha convinto i rettori: si parla spesso di competizione tra le aziende, ma quella tra università te la raccomando!». Non basta: si sono aggiunti 4 master post universitari di specializzazione in aerodinamica, compositi in fibra di carbonio, dinamica del veicolo con simulatori e motori, i primi 3 in Dallara a Varano e il quarto a Maranello, alla Ferrari. E i master con la Bologna business school per aggiornare i manager, come l’executive master in innovation and technology management diretto dallo stesso Pontremoli: il cerchio si chiude sui rombanti motori high-tech dell’Emilia-Romagna.



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Philips IIQ: «Con più digitale avremmo retto meglio al virus» Con una tecnologia migliore e più efficiente il Sistema sanitario nazionale non soccomberebbe al Covid. Parola di Andrea Celli, amministratore delegato Health Systems di Philips IIG di Marco Scotti ono anni che tentiamo di dialogare con gli interlocutori pubblici per fare in modo che il partenariato abbia un’accelerazione. La verità è che quando si è provato a realizzare questa collaborazione in ambito sanitario ci sono state interrogazioni parlamentari. È chiaro che l’Italia è a forte rischio corruzione, ma la paura del reato non può fermare l’adozione di uno strumento fondamentale». Andrea Celli, amministratore delegato Health Systems di Philips IIG, racconta in esclusiva ad Economy quali siano le nuove sfide che stanno coinvolgendo l’industria medicale, in un momento storico che non ha precedenti e in cui il mondo healthcare è tornato prepotentemente alla ribalta. Un comparto in cui l’Italia è un’eccellenza a livello mondiale, soprattutto per quanto concerne la parte di produzione farmaceutica. Eppure, troppe difficoltà e troppe complicazioni a partire dalla politica, che non ha ancora deciso in che modo impiegare i fondi del Next Generation Ue da destinare alla sanità. «Quando si è detto che erano “solo” 9 miliardi i fondi destinati alla salute con il Recovery Fund – chiosa Celli – si è detta una mezza verità. Perché è vero che formalmente la cifra stanziata era quella, ma lo è altrettanto che tutta la parte di digitalizzazione e di ammodernamento della pubblica amministrazione (e quindi anche della sanità) è contenuta in altre voci. Il com-

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plessivo è quindi di 44 miliardi». Mentre scriviamo questo articolo, il tema del Mes rimane ancora difficile da decrittare: da una parte rimane la fiera opposizione da parte di alcune aree dell’esecutivo, dall’altra la possibilità di ottenere 36 miliardi aggiuntivi da destinare al potenziamento delle strutture sanitarie e dei reparti di terapia intensiva – oltretutto con tassi d’interesse molto bassi – fa gola a molti all’interno del governo. Il costo annuo della sanità in Italia è di circa 120 miliardi, chiaro che aggiungerne nove in cinque anni sarebbe come lanciare granelli di LA DIGITALIZZAZIONE DELL’INTERO SISTEMA SANITARIO NE AUMENTEREBBE L’EFFICIENZA E CONSENTIREBBE UNA MIGLIORE GESTIONE DELLE EMERGENZE

sabbia in spiaggia. Ma se si considera che anche la parte relativa all’economia circolare e al green new deal potrebbe tranquillamente essere fatto rientrare tra le spese destinate alla sanità, allora lo scenario cambia radicalmente. «I medical device – aggiunge Celli – devono essere sempre più sostenibili, in modo da consumare meno risorse, alcune delle quali molto pregiate come l’elio. Questo gas è alla base delle risonanze magnetiche, ma ci sono già degli strumenti in grado di ridurne significativamente l’impiego. Quindi, io non intendo i soldi esclusivamente come voci dirette per

ANDREA CELLI

l’ampliamento dei reparti e l’assunzione di personale: il complessivo da destinare al mondo health rappresenta la possibilità di avere a disposizione tecnologia migliore e più efficiente. È il primo passo verso la sanità del futuro». Il primo punto da cui partire per immaginare il nuovo mondo della medicina è proprio l’idea fondativa di “nuovo”: non bisogna manutenere l’attuale sistema, ma ripensarlo dalle fondamenta. Va dunque rinnovata la tecnologia e incrementata la digitalizzazione. Nel settore pubblico, infatti, il parco macchine è ancora piuttosto obsoleto, nonostante un lavoro costante e funzionale della Consip. «La differenza tra Italia e Germania in termini di mortalità – aggiunge Celli – riguarda proprio il fatto che abbiamo un basso numero di terapie intensive e uno scarso ammodernamento delle strutture. Non solo: la digitalizzazione dell’intero sistema, che va dai medici di base alla medicina territoriale e ai singoli ospedali, permette una migliore efficienza e una ottimale gestione delle emergenze. Se durante questa pandemia avessimo avuto un sistema di telemedicina, che consentisse anche di tracciare lo stato di salute dei cittadini a casa, senza particolari strumentazioni, avremmo avuto meno focolai e un tracciamento più puntuale dell’evolversi dell’epidemia. Avremmo saputo quando era il caso di ricoverare il cittadino e quando invece era opportuno lasciarlo a casa. E questo si può


IMPIEGANDO LA TELEMEDICINA AVREMMO AVUTO UN MIGLIOR TRACCIAMENTO E MENO FOCOLAI fare banalmente tramite WhatsApp, non servono chissà quali criteri». Questi accorgimenti, validissimi durante una pandemia, sarebbero preziosi anche in “tempo di pace”. Con una popolazione che ha un’età media così elevata, infatti, con parecchie malattie croniche, un efficace sistema di monitoraggio sarebbe salvifico. Ad esempio, perché molti protocolli farmacologici non vengono seguiti una volta che il paziente è a casa, con un costo indiretto estremamente elevato per la collettività. Per questo, quando si parla di Recovery Fund e delle cifre messe a disposizione, c’è da tenere in considerazione che tecnologie come il 5G hanno una ricaduta importante anche in comparti come quello medicale. E che dire dello Spid, che permette di avere accesso alla cartella sanitaria del paziente senza doversi muovere di casa? Un modo per decongestionare gli ambulatori, per rispettare eventuali lockdown e per avere un sistema certo di tracciamento dei valori e delle eventuali patologie. Per creare un circolo virtuoso in cui i cittadini vengono incentivati ad adottare nuove tecnologie e in cui le istituzioni riescono a fornire in modo dematerializzato molta parte dei servizi è necessario ricorrere ai privati. Solo che la sanità è uno dei comparti più delicati nel nostro Paese e, per fare in modo che non vi siano irregolarità di sorta, i processi per la

creazione dei partenariati pubblico-privaspecifiche della struttura. In Italia invece acto è spesso ingessato da procedure lunghe quistiamo 130 dispositivi tutti uguali che poi e complesse. «Il Codice Appalti del 2016 – ci distribuiamo sul territorio nazionale. Poi certo racconta Celli – riconosceva la capacità per il molto è cambiato. Oggi Consip non si basa più privato di investire e di vedere riconosciuto sul prezzo: il 70% della valutazione viene data negli anni quanto aveva spesso. Solo che quesulla qualità e solo il 30% sul costo. Secondo sto sistema è stato bloccato sul nascere da un me però si può fare ancora meglio, inserendo gap culturale che abbiamo in Italia per cui il nuovi parametri di valutazione che tengano partenariato viene visto come una scorciatoin considerazione ad esempio la circular ecoia all’appalto pubblico classico. Il quale, a sua nomy o l’indice di legalità. Il problema è che volta, dà vita a contenziosi legali lunghissimi oltre a Consip ci sono altri enti, visto che da che frenano l’intero sistema. Nel 2017 ci sono noi la sanità è regionalizzata. E le modalità di stati due o tre tentativi di collaborazioni con lavoro del Piemonte è completamente diverso delle amministrazioni locali che si sono landall’Umbria o dalla Campania». ciate, ma si sono create situazioni spiacevoli: Philips, comunque, procede nella sua opera interrogazioni parlamentari e la necessità di sul territorio italiano. Uno dei progetti più “giustificarsi” di fronte all’opinione pubblica. interessanti è quello della digitalizzazione Questo sistema così rallentato è un peccato: è del “vetrino” da laboratorio, che ne consente chiaro che l’Italia è a forte rischio corruzione e la consultazione in qualsiasi parte del monquindi la necessità di controllare e monitorado. Inoltre, su di esso si possono applicare re è più alta che altrove. Ma la paura del reato moduli di intelligenza artificiale che consennon può fermare l’adozione di uno strumento tono una “scrematura” tra quelli fisiologici e fondamentale». quelli che necessitano di un supplemento di Procedure così farraginose sono ovviamente analisi. Altro strumento messo a punto dalla un pessimo spot all’estero, dove si guarda con multinazionale olandese: la terapia intensiva un pizzico di perpleselettronica, che conIN GERMANIA È IL SINGOLO OSPEDALE sità a questo modus sente di monitorare i CHE BANDISCE LA GARA PER L’ACQUISTO operandi. L’Italia è un moltissimi parametri DEI MACCHINARI. IN ITALIA INVECE Paese troppo grande generati dai pazienti. L’ACQUISTO È CENTRALIZZATO e troppo significativo Digitalizzandone l’aper poter essere “evitato” dai grandi grupnalisi si può ridurre la necessità di personale pi multinazionali. Che però non mettono sul presente nei reparti, facendo scattare allarmi piatto quelle cifre che potrebbero stanziare “selettivi” solo nei momenti di urgenza, quanse le procedure fossero più snelle. «All’estero do ad esempio l’ossigenazione scende sotto – conclude Celli – ci vedono più complessi che determinati livelli. Questo consente anche corrotti. Il nostro sistema sanitario è fondauna centralizzazione delle terapie intensive mentalmente pubblico: su 145 miliardi comin un’unica struttura ospedaliera, che funge plessivi di spesa, solo 25 sono riconducibili al da hub, in cui si raccolgono e si processano le privato. Quello che diventa difficile da racconinformazioni provenienti dalle strutture peritare è anche la dimensione delle gare pubbliferiche che magari hanno minori competenze. che. In Germania, per esempio, il singolo ospeUn “travaso” di competenze che migliora le dale bandisce per l’acquisto di un macchinario perfomance e ottimizza i processi. E di questi per fare la risonanza profilato sulle esigenze tempi è una gran bella notizia.

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L’e-commerce cresce a ritmo di... rata

L’appuntamento con GenovaJeans è per maggio 2021. Sotto, il sindaco di Genova Marco Bucci

Consentire di pagare in tre tranche senza interessi aumenta il valore medio dello scontrino di oltre il 40%. La soluzione proposta da Scalapay e adottata già da Calzedonia, Decathlon, Pandora, Liu Jo e molti altri di Marco Scotti

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iventati ormai una realtà e non più soltanto uno sporadico esperimento, le vendite online hanno bisogno di irrobustirsi. In Italia, infatti, è ancora molto elevato il tasso di abbandono dei carrelli, la paura di truffe o che qualcosa vada male, la sensazione che una volta completata la procedura di acquisto le variabili che possono far naufragare il processo rimangono troppe e troppo poco in mano all’utente finale. D’altro canto, i cosiddetti merchant hanno bisogno di trovare una relazione di continuità con la clientela che non li “seduca e abbandoni” dopo la prima compravendita ma che, anzi, rimanga fedele. Spesso si è ribadito come il marketing online a volte sembri quasi “stupido”, riproponendo agli utenti acquisti appena conclusi. Ora però le cose stanno cambiando grazie a player come Scalapay, una fintech nata nel 2019 che sta crescendo rapidamente. L’idea è semplicissima: consentire agli utenti di comprare in tre rate, senza interessi. Alla base c’è un algoritmo di controllo che verifica la tipologia di merce che si vuole acquistare, un minimo di storico dell’utente e che, in tempo reale, dà il via libera all’operazione. Un disco verde che viene consegnato nell’80% dei casi. Per quanto concerne i merchant, poi, Scalapay consente l’aumento del valore dello scontrino medio di oltre il 40% e del tasso di conversione di più del 10%. Inoltre crollano gli abbandoni del carrello e il 64% degli utenti della piattaforma

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riacquista entro 3 mesi. «Ci rivolgiamo soprattutto ai prodotti femminili – ci spiega il fondatore Simone Mancini – tanto che le donne rappresentano il 70% della nostra utenza. Sono settori in cui Amazon non è particolarmente forte e in cui la frammentazione è estremamente elevata. In questo modo, permettiamo ai merchant di realizzare in Italia circa il 15% del loro fatturato online. Un dato che arriva al 2025% se si parla della Francia, che ha un mercato un po’ più “educato”. Da noi invece c’è ancora un po’ di sospetto verso un srvizio come il nostro». Tra gli oltre mille partner di Scalapay ci sono Calzedonia, Liu Jo, Veralab, Piquadro, Grandi Stazioni Retail (la concessione delle aree retail all’interno di tutte le principali stazioni ferroviarie italiane), Decathlon, Pandora e Swappie. Ovviamente, un meccanismo di questo tipo non è esente da rischi imprenditoriali, che sono però decisamente minori di quanto si pensa perché la scelta delle categorie e l’importo medio delle transazioni mette al riparo da possibili truffe. «Gestiamo questo rischio – procede Mancini – perché vogliamo incrementare il tasso di approvazione della richiesta di finanziamento da parte del nostro algoritmo. Altri player bloccano a monte la procedura e la rendono anche più lunga. Noi invece abbiamo un importo medio di poco superiore ai 100 euro, con prodotti che sono difficilmente rivendibili. Se si compra una gonna, è dif-

SIMONE MANCINI

ficile rientrare dell’investimento provando a cederla a qualcun altro». Amazon ha introdotto il sistema di rateazione anche nel nostro Paese attraverso due modalità diverse: una indiretta tramite Cofidis, l’altra diretta con cinque tranche di pagamento di pari importo. «Si tratta di un meccanismo inevitabile – conclude Mancini – che siano i marketplace a fare da “prestatori” e non il retailer stesso. Se ognuno di loro dovesse farlo, infatti, avrebbe la cassa bloccata per 60 o 90 giorni. Invece se lo fa un soggetto terzo, il merchant viene pagato subito. Chiaro, c’è una fee un po’ più alta da prevedere, ma è sicuramente minore del rischio di bloccare il normale cash flow di un’attività». Durante le vacanze di Natale, tramite Scalapay i merchant hanno ricevuto oltre un milione referral: tradotto, chi ha acquistato tramite la fintech di Mancini ha scelto di tornare prima sul sito di Scalapay per comprare altri oggetti e poi, eventualmente, rivolgersi ad altre piattaforme. In un anno di attività centinaia di migliaia di clienti hanno utilizzato Scalapay e circa il 60% dei clienti attivi ha effettuato più di un ordine negli ultimi 3 mesi.


L’appuntamento con GenovaJeans è per maggio 2021. Sotto, il sindaco di Genova Marco Bucci

Così Genova rilancia la primogenitura del jeans GenovaJeans Invented here è la manifestazione che prenderà il via a maggio, con la quale la città si offre come piattaforma di progettazione e sperimentazione della produzione sostenibile di Marina Marinetti

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alorizzare la primogenitura, offrendo al jeans made in Italy una piattaforma dedicata all’innovazione sostenibile: è l’obiettivo di GenovaJeans, l’ambizioso progetto promosso dal Comune di Genova, ideato e diretto da Manuela Arata, dal quale nascerà la Via del Jeans: un percorso commerciale, culturale e turistico che si snoderà tra via Pré, via del Campo e via San Luca, con l’obiettivo di valorizzare queste strade dove, fin dall’antichità, il jeans veniva prodotto e utilizzato. La manifestazione prenderà il via a maggio, ma la città sta scaldando i motori da mesi. O meglio, da secoli: già dal ‘400 Genova esportava in tutta Europa il noto fustagno blu, contrassegnandolo con la scritta Gênes che gli inglesi storpiavano in jeans o jean. «GenovaJeans Invented here rappresenta perfettamente lo spirito con il quale Genova vuole celebrare le origini del tessuto più diffuso al mondo e gettare un ponte verso il suo futuro sostenibile», spiega a Economy il sinda-

co Marco Bucci. «Una città coraggiosa e forte, che dopo essere stata la Superba, la città più ricca e potente del Mediterraneo, oggi entra in un nuovo Rinascimento potendo mettere insieme una grande storia con una speciale capacità di innovazione tecnologica e industriale. Genova si offre quindi al Jeans Made in Italy come piattaforma di progettazione e sperimentazione delle buone pratiche di produzione sostenibile e di coinvolgimento del pubblico in un processo di qualità che guidi il consumatore verso scelte responsabili. Il suo corredo genetico internazionale - le statistiche dicono che a Genova si parla il miglior inglese d’Italia - la caratterizza con una visione non campanilista, ma subito globale, neutrale rispetto a territori più competitivi tra loro per la presenza di aziende in concorrenza». Nella futura Via del Jeans il Comune intende incentivare nuove attività commerciali e artigianali per utilizzare le numerose vetrine attualmente vuote, mentre gli altri spazi disponibili ospiteranno esposizioni permanenti

che, di anno in anno, potranno costituire il museo diffuso del jeans. Il progetto di riqualificazione urbanistica Pré-visioni ha trovato un fil bleu, che tra l’altro coincide con il nuovo Percorso Blu che guida i turisti nel centro storico medievale. Con lo slogan GenovaJeans. Invented here la Carnaby Street genovese si popolerà di esposizioni, temporary shops, sfilate, spettacoli, conferenze ed eventi organizzati insieme ai produttori di questo abbigliamento cult per tutte le generazioni. «Genova, già pioniera nella divulgazione con lo straordinario successo internazionale del Festival della Scienza, è pronta a fare il bis attraendo pubblico di tutte le generazioni e tipologie con un evento annuale che incrocerà cultura, storia, commercio, divertimento e sperimentazione proprio nell’area in cui già otto secoli fa il jeans veniva prodotto e venduto», continua Bucci. «Un investimento strutturale e un importante intervento di riqualiicazione urbanistica delle sue antiche vie dove sorgerà la nuova Via del Jeans, che offrirà al visitatore negozi, laboratori, spazi ricreativi e tanta cultura antica e futura con il Museo diffuso del Jeans. Ai tesori già presenti, come i Teli della Passione e le statue del presepe del Maragliano, si aggiunge infatti oggi una bellissima donazione di 24 opere in jeans che importanti artisti italiani generosamente hanno donato alla città per il futuro Museo, che contiamo di alimentare di anno in anno con nuove collaborazioni. Collaborazione è la parola magica che mette insieme in questa avventura istituzioni e aziende, ma soprattutto tante persone, alle quali va il ringraziamento della nostra comunità e l’augurio di essere all’inizio di una never-ending story. Come è quella del jeans».

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sui tuoi risparmi

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da cani? Sono molti i nemici dei buoni investimenti. Eccessiva liquidità sul conto, concentrazione degli investimenti, prodotti illiquidi, inefficienti, costosi o non adatti perché magari troppo rischiosi, consulenti abusivi, siti internet pirata... Non è mai stato così importante difendere e far fruttare i propri investimenti senza prendere rischi eccessivi o pagare costi inutili che arricchiscono tutti tranne te. In Italia il virus del conflitto d'interesse aleggia su molti consigli finanziari mentre il costo dei fondi d’investimento in Italia risulta fra i più alti in Europa*. Ricevi una seconda opinione e valuta se il tuo patrimonio è ben strutturato e se non stai commettendo errori fatali. Scarica all’indirizzo qui di fianco la guida che abbiamo preparato per gli investitori consapevoli e ricevi gratuitamente, se lo desideri, un check up del tuo patrimonio dal team di consulenti finanziari indipendenti di SoldiExpert SCF, fra i pionieri in Italia.

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Questa è una comunicazione promozionale di SoldiExpert SCF società di consulenza finanziaria iscritta all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari con delibera dell’Organismo (OCF) n. 961 del 1 dicembre 2018 numero iscrizione n.9 Tutti gli investimenti comportano rischi e le performance passate non costituiscono mai garanzia di eguali risultati futuri. Conoscere i rischi è importante e chi svolge la consulenza finanziaria indipendente non vende o colloca prodotti finanziari ma fornisce la sola consulenza senza detenere mai soldi della clientela e senza ricevere commissioni o provvigioni sui prodotti o strumenti finanziari suggeriti. * “Performance and costs of retail investment products in the EU” pubblicato da Esma (European Securities and Markets Authority) consultabile al link bit.ly/italiacostifondi


APPROFONDIMENTI

I FAB FOUR DELL'ICT ALL'ITALIANA Antonio Ascione, Massimiliano Canestro, Francesco Castagna e Rosangela Capasso si sono messi insieme nel 1998. Oggi la loro Sms Engineering partecipa persino ai progetti della Nato UOMINI & DENARI

80 LAVORO BLOCCO DEI LICENZIAMENTI E CIG LA CURA È PEGGIO DELLA MALATTIA

82 BLOCCO DEGLI SFRATTI ORA IL WELFARE SI FA CON LA CASA DEGLI ALTRI

83 LIUC LA BUSINESS SCHOOL INSEGNA L'ECONOMIA CIRCOLARE

di Alfonso Ruffo

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ell’immagine pubblicitaria che li promuove si sono fatti ritrarre mentre attraversano le strisce pedonali come i quattro più famosi di Liverpool. Ma in questo caso le strisce stanno a Napoli e napoletani sono i quattro soci della Sms Engineering, una software house che si è fatta un nome nel campo dell’Ict. Antonio Ascione, Massimiliano Canestro, Francesco Castagna e Rosangela Capasso si sono messi insieme nel 1998, tutti provenienti dalla facoltà d’Ingegneria, con l’intuizione di aiutare le aziende a districarsi nell’affollato mercato delle applicazioni innovative che promettono tanto e altrettanto spaventano. Da allora è tutto un susseguirsi di accordi con atenei e centri di ricerca oltre che di attestati prestigiosi: Confindustria li riconosce come prima micro-impresa innovativa del Mezzogiorno e due presidenti della Repubblica, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, li premiano per l’Eccellenza nell’Innovazione e nel Territorio. La Sms

partecipa a numerosi contest internazionali collocandosi sempre nel gruppo di testa e nel 2012 è finalista nella categoria Innovazione agli European Business Award. Nel 2014 la Microsoft la gratifica come “Italian partner of the year” per un lavoro sulla brand reputation delle aziende sul web. Il loro sistema per integrare i servizi e i prodotti tecnologici che sorgono come funghi e cucirli addosso ai clienti secondo le loro specifiche esigenze, funziona. Sms è invitata a partecipare a progetti della Nato e nel frattempo apre una succursale a Londra da dove è più facile allargare il business in Europa e nel mondo. Tra i fondatori dell’associazione Noi – Napoli Open Innovation – Antonio, Massimiliano, Francesco e Rosalba sviluppano anche un’intensa attività convegnistica e di testimonianza per avvicinare ai sofisticati meccanismi dell’information technology un pubblico sempre più vasto e desideroso di allargare le proprie conoscenze.

84 PIERO BASSETTI LA VERA CRISI È QUELLA DELLA CLASSE DIRIGENTE

86 TASSE GLI ESATTORI PRIVATI A CACCIA DI GABELLE

88 SVILUPPO RECOVERY FUND, ULTIMA CHIAMATA PER IL MEZZOGIORNO

94 IL GLOBALISTA I PAESI EMERGENTI SCALANO LE CLASSIFICHE

99 PRIVATE BANKER I CAPITALI SI LANCIANO ALLA CONQUISTA DELLO SPAZIO

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APPROFONDIMENTI

LAVORO, SE LA CURA FA PIÙ DANNI DELLA MALATTIA Tra cassa integrazione e divieto di licenziamento i lavoratori sono sotto a una tenda a ossigeno. Ma se questo significa ipotecare la sopravvivenza futura delle imprese, i sacrifici saranno vani di Maddalena Bonaccorso

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ll’inizio, il provvedimento era parso inevitabile, anche se non adeguato e con gravi ripercussioni sul futuro. Durante le prime settimane della pandemia, proprio nei giorni in cui su tutti gli schermi delle case degli italiani scorrevano le immagini dei camion militari che portavano via da Bergamo le bare che i cimiteri non erano più in grado di accogliere, ecco, in quell’atmosfera post-apocalittica il Governo aveva deciso di basare la strategia sul lavoro su due pilastri fondamentali: il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione Covid (4 miliardi di ore autorizzate, con un costo per lo Stato di 20 miliardi di euro), provvedimenti che da un lato hanno comunque permesso di evitare, anche se non del tutto, una grave emorragia di posti di lavoro GIORDANO RIELLO nei mesi più duri del lockdown e dall’altro hanno fatto risparmiare alle aziende i costi degli ammortizzatori sociali: anche qui, il dibattito si infiamma: da un lato ci sono solo in parte. E con il nuovo decreto ristori gli imprenditori, che già in occasione della si promettono nuovi indennizzi «oculati, seprecedente proroga avevano lanciato l’allettivi ed equi», e alle 12 settimane di cassa larme davanti agli ordini in caduta libera e integrazione (tra ordinaria e in deroga) già chiesto di poter tornare al regime ordinario, ammesse dalla legge di bilancio per il 2021 che si trovano a contestare duramente una se ne dovrebbero aggiungere altre 26. Oltre politica che sembra mirare più all’assistena un “blocco selettivo zialismo che allo sviDETASSANDO GLI UTILI REINVESTITI dei licenziamenti”. In luppo e dall’altra i alternativa, dovrebbe IN AZIENDA IL MONDO IMPRENDITORIALE sindacati, che invoCOSÌ COME QUELLO OCCUPAZIONALE essere confermato cano al contrario una TORNEREBBERO AD AVERE PROSPETTIVE un esonero contribuproroga di tutti i tipi tivo per quelle aziende che fanno rientrare di ammortizzatori: «La prima cosa da fare, i dipendenti. qui in Italia», spiega Giordano Riello, quinIntanto, dopo quasi un anno dall’emanata generazione degli imprenditori veneti di zione del blocco dei licenziamenti, provAermec, presidente di Nplus e già membro vedimento che è un caso unico in tutto il dei Giovani di Confindustria, «è invertire il mondo e che è già stato già prorogato due paradigma, perché abbiamo sempre parlavolte, davanti alla prospettiva di un ulteto di blocco dei licenziamenti e mai di sblocriore allungamento fino all’estate inoltrata co delle assunzioni. Il mercato del lavoro

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È IL MOMENTO DI INVERTIRE IL PARADIGMA: DAL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI ALLO SBLOCCO DELLE ASSUNZIONI si è letteralmente drogato, in questi mesi, mantenendo vivi posti di lavoro che sono inesistenti o che man mano sono venuti a mancare. Però non abbiamo creato a monte le condizioni per le quali le imprese possano continuare a investire all’interno dei nostri confini nazionali: con queste premesse, il blocco dei licenziamenti è del tutto inutile. È come prendere la tachipirina per combattere un’infezione: magari al momento la febbre si abbassa, ma per guarire davvero prima o poi ci vuole l’antibiotico». Ma certamente creare le condizioni per cui le imprese possano tornare presto a investire non è facilissimo, con i tempi che corrono. Una proposta sensata e concreta, però, il giovane Riello l’ha anche già portata all’interesse del Governo, durante gli Stati generali indetti nello scorso mese di giugno: «C’è uno strumento che potrebbe subito portare


respiro al mondo imprenditoriale», spiega Riello, «ed è la detassazione degli utili reinvestiti in azienda. Trovo che sia perverso e immorale pagare le tasse su utili che ho prodotto e che ho deciso di re-investire per generare occupazione e crescita, rimettendo in moto l’indotto e dando la possibilità al mio territorio di crescere con l’impresa. Se assumo persone, questi sono individui che avranno uno stipendio, pagheranno le tasse, generando quindi per lo Stato - in termini di gettito fiscale - un circuito positivo. Al momento questo strumento, che è etico oltre che utile, è l’unico modo per tamponare quello che potrebbe essere e sarà un vero e proprio bagno di sangue in termini di licenziamenti». E in quel caso, gli imprenditori non ci stanno a finire sul banco degli imputati come i responsabili di una mostruosa emorragia di posti di lavoro che dalle parti di Palazzo Chigi si pensava di tenere a bada solo con cassa integrazione, blocchi e piccoli bonus a pioggia senza alcuna strategia. «Una cosa deve essere molto chiara», continua Giordano Riello: «i nostri collaboratori sono la nostra famiglia, li abbiamo formati (e ricordiamoci che formare la forza lavoro è un costo sia in termini economici che di tempo) e quindi non abbiamo nessun interesse né strategico né economico per lasciarli a casa. Ma alle spalle delle aziende deve esserci un Paese competitivo, che ci permetta di fare impresa: in caso contrario, non si potrà certo condannare un imprenditore che licenzia perché semplicemente non c’è il mercato, sparito nell’onda lunga di una crisi che poteva e doveva essere gestita molto meglio». Di tutt’altro parere, manco a dirlo, il mondo dei sindacati, quantomeno quello legato alla Cisl, che ritiene ovviamente ineludibile il prolungamento del blocco dei licenziamenti e di tutte le indennità legate al Covid, ma che comunque è consapevole delle difficoltà delle aziende e quindi della necessità di aiuti per le imprese. Solo che si punta sul “fondo perduto”: «Senza la proroga dello stop ai licenziamenti e la conferma delle in-

dennità e delle Casse Covid», spiega Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, «oggi saremmo in condizioni assai peggiori. La transizione alla normalità e l’avvio delle ristrutturazioni vanno gestite con grande responsabilità, a valle di politiche che sappiano sbloccare capitali produttivi e strategie di coesione. Fino al termine della fase emergenziale bisogna procedere contemporaneamente su tre direttrici: confermare le protezioni sociali Covid per tutti, senza oneri per le aziende, rinsaldare gli aiuti a fondo perduto per le imprese e rilanciare gli investimenti pubblici per stimolare la crescita. Sono tre colonne che devono stare su insieme: se una viene meno, rischia di far crollare l’intero edificio della ripresa». E sulle strategie di ripresa a lungo termine, dato che ovviamente il blocco dei licenziamenti non potrà durare in eterno, il sindacato punta tutto su confronto e concertazione: «Il Governo deve aprire una fase di confronLA TRANSIZIONE ALLA NORMALITÀ E L'AVVIO DELLE RISTRUTTURAZIONI VANNO GESTITE A VALLE DI POLITICHE CHE SAPPIANO SBLOCCARE I CAPITALI

NUNZIA CATALFO

to permanente e strutturato con il mondo del lavoro e dell'impresa», continua Sbarra, «per innovazioni veramente concertate, che mettano a sistema progetti, risorse nazionali, dotazioni europee del Recovery Fund, del Piano Sure e anche del Mes sanitario. La Cisl ha indicato 10 grandi priorità che attraversano i temi dell’occupazione e dei giovani, della sanità e della scuola, dell’ambiente e della digitalizzazione, delle infrastrutture e del Mezzogiorno, della pubblica amministrazione e delle politiche sociali». Nel frattempo, a Nunzia Catalfo, alla guida del Ministero del Lavoro, da più parti vengono mosse accuse di aver preso le poche e insufficienti decisioni riguardanti un settore così fondamentale porgendo eccessivamente orecchio ai suggerimenti della Cgil: mentre il Tesoro stima in 5 miliardi il costo di un ulteriore proroga del blocco e nessuno prende in considerazione i lavoratori temporanei, le partite Iva, i giovani appena entrati nel mercato, che secondo le stime hanno già perso il lavoro in 500mila. La crisi del resto continua a mordere, soprattutto le piccole e piccolissime imprese: in un sistema come quello italiano, dove il 96% delle aziende ha meno di 9 dipendenti, il momento della resa dei conti e della simbolica esplosione della bolla è vicino: «Il bagno di sangue di cui parlavo prima», conclude Giordano Riello «coinvolgerà soprattutto piccole e micro imprese. In Italia, purtroppo, soffriamo di nanismo industriale: già in tempi normali l’impresa piccola non è competitiva, essere piccoli non ti permette di finanziare il circolante, di mantenere l’azienda liquida, di fare investimenti né di andare all’estero. Figuriamoci cosa succede in tempi di crisi come quello che stiamo vivendo. Noi pertanto stimiamo che a breve andranno persi circa 250mila posti di lavoro. È un numero enorme, corrisponde all’1% della popolazione lavorativa, è come se dall’oggi al domani l’intera città di Verona si trovasse disoccupata. Davanti a questi numeri, riteniamo che dal Governo debbano arrivare ben altri e ben più forti segnali».

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APPROFONDIMENTI

Blocco sfratti, il welfare con la casa degli altri La proroga al 30 giugno non danneggia solo i proprietari, ma anche gli inquilini: d'ora in poi è meglio tenere sfitto un immobile che rischiare un esproprio di fatto. Il grido d'allarme di Confedilizia di Maddalena Bonaccorso

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vere una casa di proprietà disponiprietari i loro immobili, spesso dopo anni di bile e decidere di affittarla è giococontenzioso e occupazione abusiva, favoriforza diventato un modo, involonsce di fatto l’illegalità. Si tratta di una misutario, per sostenere il welfare italiano al ra che sta mettendo in ginocchio migliaia di posto dello Stato. famiglie, perché le priva della disponibilità Amaro umorismo a parte, con la decisione del frutto del loro risparmio e annulla una del Governo di prolungare il blocco degli fonte di reddito, in molti casi pure in presfratti a 16 mesi, portandolo quindi fino al senza di rate di mutuo da pagare. Non solo: 30 giugno 2021 e peraltro senza riconole costringe anche a sostenere le spese scere alcun risarcimento alla categoria dei condominiali a carico degli inquilini morosi. proprietari, rischia di avere conseguenze Il tutto, senza alcun risarcimento da parte veramente drammatiche su migliaia di nudello Stato; anzi, persino con l’obbligo di clei familiari. versare l’Imu». Anche in caso di prolungata morosità e di Inoltre, si profila già all’orizzonte un altro contenzioso, i prograve problema, deCOME SE NON BASTASSE, BANKITALIA prietari non hanno rivante dalla deciA METÀ GENNAIO HA PROPOSTO quindi la possibilità sione di prolungare DI AUMENTARE ULTERIORMENTE di tornare nella diil blocco fino al 30 LA TASSAZIONE SUGLI IMMOBILI sponibilità di un bene giugno: la sfiducia fondamentale come la casa, vedendosi pridella categoria dei proprietari, infatti, porvati per decisione governativa di una fonte terà a una vera e propria emergenza abitadi sostentamento (fosse anche l’unica in tiva, dato che l’offerta di abitazioni in affitto famiglia) fondamentale come il canone di diminuirà progressivamente arrivando, seaffitto. condo le previsioni, a una drastica riduzioIn prima linea contro questa velata forma ne. Si è quindi riusciti a scontentare in un di negazione della proprietà privata e consol colpo i proprietari e i futuri inquilini alla tro la pericolosa deriva che ne consegue, si ricerca di case da affittare che non troveschiera da parecchi mesi la storica organizranno: gli unici soddisfatti sembrano prozazione dei proprietari di case, Confedilizia, prio essere gli inquilini morosi, per i quali con le parole del proprio presidente, Giorera già relativamente semplice non pagare gio Spaziani Testa: «Il blocco degli sfratti, prima della pandemia e che ora si ritrovano annullando tutti i provvedimenti con i quali i addirittura dalla parte della ragione. giudici avevano ordinato di restituire ai proNessuna soluzione in vista? Confedilizia

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GIORGIO SPAZIANI TESTA

avrebbe diverse proposte, che però al momento nessuno, dalle parti di Palazzo Chigi, ha preso in considerazione: «Le ragioni sulle quali si fonda la contrarietà dei proprietari sono ragioni di buon senso e non di parte» prosegue il presidente di Confedilizia «La strada da seguire non è il blocco degli sfratti – che annulla provvedimenti dei giudici spesso risalenti ad anni fa, incoraggiando di fatto l’illegalità e danneggiando gli stessi inquilini onesti – ma l’individuazione, in concreto, delle difficoltà collegate alla pandemia, per far seguire interventi di sostegno a carico dello Stato e non di privati cittadini». Come se non bastasse tutto quanto scritto finora, a metà gennaio è arrivata anche la proposta da parte della Banca d’Italia di aumentare ulteriormente la già spropositata tassazione sugli immobili: «Tra i molteplici danni che ha causato la quasi triplicazione della sola imposizione patrimoniale, con l’Imu» scrive ancora Spaziani Testa «ve n’è almeno uno che dovrebbe interessare la nostra Banca centrale: il crollo del valore degli immobili, e quindi delle garanzie reali delle banche, ora ulteriormente aggravato dalla pandemia. Ma si tratta di un danno che si somma ai molti altri prodotti dall’ipertassazione dell’ultimo decennio: dalla contrazione dei consumi alla crisi dell’edilizia e di tutte le attività economiche collegate con l’immobiliare».


Quello shift culturale verso la circolarità Perché l'economia circolare diventi lo standard, occorrono investimenti e competenze. Così, l'impegno della Liuc Business School si traduce (anche) in un volume che va oltre il classico saggio o manuale a cura della redazione

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i siamo messi nei panni dell’impresa di fronte alla sfida dell’economia circolare», dice Andrea Urbinati, docente di analisi strategica e progettazione organizzativa presso la scuola di Ingegneria industriale della Liuc, presentando “Economia circolare e management – Un nuovo approccio industriale per la gestione d’impresa”, il penultimo nato della corposa collana di pubblicazioni, “Università Cattaneo libri” che l’ateneo pubblica in partnership con Guerini Next. «Ci vogliono ovviamente investimenti e competenze», sottolinea Emanuele Pizzurno, ricercatore presso la stessa scuola, un altro dei tre autori del volume. «E ci vuole uno shift culturale», sintetizza Alessandro Creazza, professore di logistica e supply chain alla stessa scuola di ingegneria. L’occasione va oltre la pur sacrosanta presentazione di un libro, nella bella cornice della biblioteca universitaria di Castellanza: è un confronto tra gli autori-docenti, due ospiti autorevoli come Lorenzo Solimene, partner di Kpmg Advisory Spa con la responsabilità della “Sustainable Services” e Massimiliano Tellini, global head circular economy in Banca Intesa Sanpaolo e un centinaio di ascoltatori via

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RAFFAELLA MANZINI

stionali, nel nuovo paradigma dell’economia Teams, con le conclusioni del rettore Federicircolare, non devono essere dotati, o non co Visconti e la sintesi di Raffaella Manzini, solo, di buon cuore, di sensibilità ai problemi direttore della scuola. Non è un manuale, ma dell’ambiente, di rispetto per le generazioni non è neanche il classico saggio di ricerca, future. Devono essere dotati degli strumenil volume presentato il 13 gennaio. Piuttosto, ti gestionali che, insieme alle conoscenze è un lavoro in divenire, pensato – come sottecnologiche, consentano loro di misurare tolineava Urbinati all’inizio – per accompal’impatto delle decignare gli imprenditori in un approccio alla GLI INGEGNERI GESTIONALI DEVONO DOTARSI sioni sugli obiettivi di DI STRUMENTI PER MISURARE L'IMPATTO circolarità, e quindi circolarità che non è DELLE DECISIONI SUGLI OBIETTIVI scienza infusa, non DI CIRCOLARITÀ IDENTIFICANDO SOLUZIONI di identificare le soluzioni tecniche, orgaè quasi mai prassi nizzative e gestionali che meglio realizzano consolidata eppure deve, o dovrebbe, diventali obiettivi»: che è poi la sintesi dell’obiettitare lo standard, e nel volgere di brevissimo vo formativo della scuola. Nella postfazione tempo. Il volume analizza l’economia ciril rettore Federico Visconti sottolinea tre concolare nelle strategie e nel marketing delle cetti-chiave, in materia: la “visione d’insieimprese, a cura di Urbinati; nello sviluppo di me”, il collegamento tra l’economia circolare nuovi prodotti, con la penna di Pizzurno; nei e il raggiungimento di alcuni degli obiettivi processi produttivi, a cura di Maria Pia Ciano dell’Onu (gli Sdgs) e il contributo offerto al e Tommaso Rossi; e ancora fine di illuminare i futuri ingegneri gestionali nella logistica e nel supply che un domani saranno i decisori d’imprechain management (Croazza sa”. «Attraverso lavori editoriali come quecon Fabrizio Dallari a Martina sto – annota Visconti – (e molto altro ancora… Farioli), nelle dinamiche del basti pensare al contributo della nuova didatcosiddetto “end of waste” e tica negli scenari del post-Covid; della ricernella scelta dei materiali per ca rigorosa, che è alla base della diffusione la progettazione di prodotti della conoscenza; della Business School che sostenibili (Aurora Magni). sta a fianco di imprese e istituzioni) il circuito Nelle conclusioni – che sono, virtuoso del progetto educativo batte un altro osserva l’autrice Raffaella colpo: gli ingranaggi si consolidano, il motore Manzini, un ossimoro in masi potenzia, un pezzo di strada è alle spalle e teria di circolarità! – si sottoun altro all’orizzonte». linea come «gli ingegneri ge-

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APPROFONDIMENTI

«La vera crisi? È della classe dirigente» Governare l'innovazione senza subirla, mentre l'apparato pubblico va in tilt tra un Dpcm e l'altro: un'impresa improbabile ma necessaria per uscire dal pantano. Parola di Piero Bassetti di Sergio Luciano

«L'

’innovazione è la realizzazione dell’improbabile», dice Piero Bassetti, 92enne di ferro, genitore di grandi progetti nazionali alla confluenza tra il privato e il pubblico, visionario e prolifico saggista: «L’improbabile non è normabile perché non è normale. Quindi l’innovazione non la regoli con la Gazzetta Ufficiale», aggiunge. «E però se vogliamo governare l’innovazione, in un tempo di cambiamento d’epoca come quello che viviamo, chi è al governo deve sapere che ha di fronte a sé uno specchio che gli impedisce di farlo: può solo subirla. Ma per rompere questo specchio occorre prima di tutto evitare di ferirsi e poi scoprire cosa c’è oltre lo specchio. Se oltre lo specchio c’è la mafia è un dramma, se c’è la Merkel è un bene. Per esempio di fronte al Recovery Fund, che dovrebbe costituire in sé e promuovere una gigantesca innovazione, è chiaro che c’è la Merkel, ma stiamo vedendo che tutto il nostro apparato pubblico va in tilt, tra una

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bozza e l’altra». In questo scenario, Bassetti inserisce una forte provocazione intellettuale, un saggio che è quasi un pamphlet: “Oltre lo specchio di Alice”, s’intitola (Guerini e Associati, € 16,50, 130 pagine). Di cui parla non tanto con l’orgoglio dell’autore ma più che altro con l’affetto e la sollecitudine di un padre. Non che si atteggi a padre della patria, ma un po’ lo è. E analizza senza perifrasi il problema all’origine di tutti i nostri guai, la crisi della classe dirigente: «È un problema complesso», riflette, «sorto per tanti motivi. Il primo l’aveva scoperto Pietro Nenni, quando affermò che nella stanza dei bottoni, premendoli non succedeva niente. E allora o si prova a mettere a posto i fili, sotto i bottoni, e allora sì ridà senso a quel che fai; oppure ci si dedica a fare dell’altro, ci si disinteressa della vera funzione del potere, e ci si limita ad approfittarne. E siamo a Tangentopoli. Peraltro, e per dirla in sintesi: quando lo Stato è rotto, sempre meno si ambisce a guidarlo; quindi chi lo fa o persegue altri scopi

PIERO BASSETTI

o peggio ancora vuol solo smontare e portar via pezzi dell’auto». Nella sua lunga gestione delle Camere di commercio italiane – prima quella di Milano, poi l’Unioncamere nazionale – Bassetti ha molto innovato: «Lavorando nel sistema camerale mi occupavo di una delle ragioni della crisi dello Stato: cioè la nostra società è dominata dalle sue funzioni più che dai diritti; conta ciò che è funzionale, l’energia, la velocità; mentre Stato è participio passato del verbo stare. Voglio dire: fa più urbanistica il Frecciarossa tra Milano e Bologna, ormai conurbate, che non i maxi-piani regolatori dei Comuni che dovrebbero regolare l’urbanistica, ma se il Frecciarossa sposta una fermata intermedia incide più dei piani». Dunque la burocrazia è insalvabile? «L’apparato di cui dovrebbe occuparsi una classe dirigente è sempre più scassato, e apparati scassati si prestano ad essere usati in modo diverso da quello istituzionale al quale sarebbero dedicati: ecco la macroragione della crisi». E l’altra ragione è quella storica: «Tutti i guai – ricorda Bassetti – sono iniziati dal fatto che nel 1860 i piemontesi, fatta l’unificazione, hanno fallito la costruzione, e questo errore lentamente è emerso. Non si è riusciti a “fare gli italiani” dopo aver “fatto l’Italia”


ed oggi tra Nord e Sud c’è un gap reddituale peggiore di quello del 1861!». Un drammatico problema di classe dirigente capace – e determinata! – a gestire l’innovazione rompendo lo specchio di Alice. Dirigenti illuminati cercansi. Ma li troveremo? «Non si può dire che l’industria italiana del Nord non abbia saputo trovato una sua classe dirigente. Non si può dire che due macchine turpemente efficienti come la mafia e la camorra non abbiamo trovato una classe dirigente: funzionano. È chiaro che dobbiamo ottenere un’efficienza onesta». Dunque è in atto una crisi dello Stato inteso come macchina regolatrice: «Lo dico da quando ho iniziato a far politica. E questo è il motivo per cui lasciai Parlamento per andare in Camera di commercio. Ora dobbiamo rompere lo specchio. Per ora, ce l’ha rotto il Covid-19, riducendo il mondo all’impotenza. Sette miliardi di persone bloccate da una minaccia : “Fermi o vi accoppo!”». La Fondazione Bassetti è investita in pieno da quel che Pietro scrive nel suo libro: «L’ho fondata 30 anni all’insegna della responsabilità dell’innovazione. Realizzare l’improbabile vuol dire realizzare qualcosa che non conosco cosa sia. È difficile governare una simile dinamica, ma va governata. E quindi la responsabilità dell’innovazione è un problema morale di chi innova, che deve rendersi conto di ciò che non sa. Quando gli americani sganciarono le atomiche non sapevano che oltre alle vittime dirette avrebbero irradiato altri due milioni di persone». Ma per governare l’innovazione senza reprimerla bisogna avere la determinazione e le competenze per andare di là dello specchio e farlo. „Andare sulla luna è diverso che andare a passeggio sul lungomare di Napoli…dice Bassetti - Lewiss Carroll aveva intuito, scrivendo “Alice”, che presto o tardi le sfide sarebbero venute da chi va al di là dello specchio. È quel che cerco di spiegare nel mio libretto: che può essere importante per l’economia, perché riguarda tutta la sostanza del problema economico, cioè anche il come si può mantenere il controllo dell’innovazione».

L'IMPORTANZA DI OSARE, ORA! «È il momento di osare», dice Nino Lo Bianco, tra i padri della consulenza strategica italiana. Lo dice in un libro, con quel titolo – tradotto anche in inglese: “Here to dare”, tanto per chiarire che i linguaggi contano – per raccontare «ai colleghi più giovani, ma anche a chiunque altro e ai miei nipoti» perché con il digitale stiamo passando dalla preistoria alla storia «o anche alla iperstoria», e dunque bisogna affrontare questo salto quantico per quello che è, comprendendono la forza, la spinta alla discontinuità, senza spaventarsi o sottovalutare ma, appunto, osando. Da qui il sottotitolo: “Riusciranno le aziende a sfruttare il potere del digitale?”. Questo invito-ultimativo ad osare, detto dal presidente di una società di consulenza, la Bip – fondata da Lo Bianco 18 anni fa – che nel pieno della pandemia, nel luglio scorso, è stata in grado di acquisire la Chaucer, un colosso britannico del settore forte di 3300 consulenti… acquista un senso particolare. Non era mai successo che una

società di consulenza latina ne acquisisse una inglese. Osando, appunto. Perché tra le altre cose, lo stratega siciliano ha sempre voluto rappresentare una smentita vivente al luogo comune secondo il quale i consulenti non fanno le cose che predicano ai clienti. «La cosa migliore è praticare quel che si raccomanda. Noi consulenti siamo dei problem solver, ci occupiamo dei problemi che la realtà propone, siamo abituati al cambiamento. Una delle cose che stiamo facendo è adeguarci allo smart working. Prima del Covid stavamo già preparando una nuova sede, ma in questo periodo abbiamo deciso di invertire

le proporzioni tra le stanze singole e le sale di lavoro comuni. Dai nostri sondaggi sul futuro del lavoro emerge chiaramente che ci sarà una percentuale rilevante del lavoro che verrà fatto da remoto. Quindi pensiamo sia importante muoversi in questa direzione». E dunque, bisogna osare. Bene ma chi lo fa, vince? «Dipende moltissimo dai singoli e dalla loro determinazione e capacità: le doti di imprenditori e manager contano più dei settori in cui si opera». E qual è stato il segreto di Bip, dalla sua nascita ad oggi, in diciotto anni di cambiamenti? «Fatica, curiosità per futuro, capacità di innovare e offrire un ambiente di lavoro capace di far fiorire il potenziale e le intelligenze e non sia considerato solo…un ambiente di lavoro».

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APPROFONDIMENTI

Gli sceriffi privati a caccia di gabelle Dei 50 milioni di cartelle esattoriali in arrivo, la maggior parte verrà gestita dalle concessionarie di riscossione: in Italia sono una novantina e si attivano persino per la gestione delle lampade votive nei cimiteri di Franco Oppedisano

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a pacchia (se così si può definire) è finita: dal mese scorso è ricominciato l’invio delle delle cartelle da parte dell’Agenzia delle Entrate e di Entrate-Riscossione. E «qualunque nuova rottamazione o forma di pace fiscale», ha sottolineato il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini rispondendo alle domande dei deputati della commissione Finanze, «non può prescindere dall’invio degli atti, indispensabile perché il contribuente deve essere messo a conoscenza di quanto gli è richiesto». La maggior parte della valanga di cartelle esattoriali che stanno piovendo sulla testa dei cittadini (sono circa 50 milioni) verranno gestite dai concessionari della riscossione. In Italia sono circa una novantina e, quando si parla di loro, l’immagine che viene alla mente è quella dello Sceriffo di Nottingham, il gabelliere che raccoglieva le imposte per conto di un sovrano avido e spendaccione, acerrimo nemico di Robin Hood. Ora non c’è più un sovrano, ma ci sono degli enti locali, la maggior parte dei quali non possono, o non vogliono, svolgere il lavoro di esattore, non sono in grado di seguire le pratiche della riscossione dei tributi o delle multe e non hanno nessuna

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intenzione di di impelagarsi con la trafila conseguente al mancato pagamento, con tutto il suo carico di ingiunzioni, sequestri, prelevamenti forzosi. Verrebbe da dire: è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Eppure, se loro si guarda da loro punto di vista, tutto cambia: «Siamo un ausilio necessario e irrinunciabile per il buon funzionamento della pubblica amministrazione» racconta Alessandra Casari, head of LA MAGGIOR PARTE DEGLI ENTI LOCALI AFFIDANO LA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI E DELLE MULTE ALLE SRL ISCRITTE NELL’ELENCO DEL MINISTERO

Unit Tax di Credit Network & Finance, un servicer specializzato nel recupero e nella gestione di crediti problematici su tutto il territorio italiano con sede principale a Verona e uffici a Milano. «Svolgiamo tutta una serie innumerevoli di servizi che il Comune o l’ente locale non è in grado di erogare. Migliorando la gestione della riscossione aumentano le risorse finanziarie nelle casse pubbliche. Di conseguenza migliorano e si ampliano i servizi al cittadino. Non solo: quest’ultimo nel concessionario trova anche un interlocutore che, al contrario della maggior parte degli uffici pubblici, è in

grado di rispondere alle sue domande in tempi rapidi. Credit Networking & Finance, per esempio, ha un portale a disposizione degli utenti sul quale è possibile consultare la propria posizione contributiva, chiedere un’appuntamento, avere assistenza online, condividere documenti o sottoscrivere istanze e dichiarazione». Il mondo delle concessionarie di riscossione spazia oltre l’immaginabile. Possono attivarsi anche per la gestione delle lampade votive nei cimiteri o per l’attacchinaggio dei manifesti stradali sugli appositi spazi comunali. Oltre all’accertamento e alla liquidazione delle entrate tributarie e patrimoniali degli enti locali e di quelli pubblici, possono occuparsi della loro riscossione coatta, come possono farlo anche per i contributi per l’iscrizione agli Ordini professionali o per i Consorzi. Possono riscuotere le sanzioni del Codice della strada, ma anche fornire un’attività di supporto e gestione delle multe elaborando verbali e notifiche e inviandoli. Possono offrire consulenze, prodotti informatico, siti web dedicati. Possono fornire un lavoro chiavi in mano, non importa quanto sia complesso o gestire per conto dell’ente soltanto di una parte dell’iter burocratico. Si organizzano, insomma,


e sono a disposizione dell’amministrazione per arrivare dove il pubblico non può o non vuole arrivare. E sono a disposizione di tutti, dalla piccola comunità montana, alla grande Regione, dal consorzio alla società di servizi pubblici locali. Per essere sicuri che il privato possa portare a termine le attività che il pubblico fa, poi, il ministero dell’Economia e delle Finanze ha un bel elenco di società che, dopo che il rappresentante ha dichiarato di avere il requisito di onorabilità (ovvero non avere precedenti penali), un diploma di scuola media superiore o cinque anni di esperienza nel settore, possono inserirsi e concorrere ai vari bandi pubblici. Le attività svolte, a seconda della gara indetta, vengono pagate in cifra fissa o in percentuale sugli incassi. «Anche per i lavori retribuiti in quota non si può dare una percentuale perché non è mai la stessa. Dipende dalla complessità delle richieste che possono differenziarsi anche molto in fase di capitolato di gara» spiega ancora Casari. Del denaro riscosso, invece, i concessionari non vedono neanche l’ombra. Dal primo dal primo gennaio dello scorso, data di entrata in vigore delle nuove norme che disciplinano il settore, infatti, quello che versa

il cittadino finisce direttamente nel conto nistrazione e qualche ombra al suo interno. corrente della Tesoreria dell’ente creditoAll’apposito e già citato elenco tenuto del re. La riforma ha disciplinato in modo nuoministero dell’Economia e delle Finanvo l’accesso ai dati da parte degli enti e dei ze sono iscritte in tutto solo 88 aziende in soggetti affidatari del servizio di riscossiotutta Italia. Più di una mezza dozzina sono ne, ha consentito l’istituzione dell’accertasospese, cancellate, o riammesse dal Tar mento esecutivo, sulla falsariga di quanto dopo una recente cancellazione da parte già previsto per le entrate erariali (il cosiddell’autorità. Tre sono Onlus, ovvero società detto “ruolo” che consente di emettere un senza fine di lucro. Tutte devono avere, così unico atto di accertamento che ha i requirecita la legge, “una solidità finanziarie ed siti del titolo esecutivo) e ha stabilito nuove economica” per poter partecipare alla gare regole per la nomina dei funzionari responpubbliche. La norma è chiarissima e tosabili della riscossione. Questi ultimi sono talmente vuota perché i bilanci degli aspiequiparati in tutto e per tutto agli ufficiali ranti concessionari e di quelli che hanno giudiziari e come già il proprio nome I BILANCI DEI CONCESSIONARI loro si occupano ansull’Albo non devoNON DEVONO ESSERE CERTIFICATI: BASTA che delle esecuzioni no essere certificati UNA FIRMA DEL RAPPRESENTANTE forzate. Un lavoro LEGALE E L’AIUTO DI UN COMMERCIALISTA da enti terzi. Basta complicato, ma netuna firma del legale tamente più facile di quello delle agenzie rappresentante che fa da garante anche nei di recupero crediti: «La legge ci consente confronti del ministero e l’aiuto di un comdi utilizzare con strumenti più rapidi rimercialista che, tra l’altro, non è neanche spetto a quelli a disposizione dei privati» tenuto a sapere se i dati forniti dall’aziencontinua la responsabile della Tax Unit di da sono veri. Più della metà degli iscritti Credit Network & Finance. «Per esempio, all’albo sono delle società a responsabilità nel caso di un debito contratto con un publimitata, fatto che dir per sé non incoraggia blica amministrazione, il fermo macchina a immaginare una struttura finanziaria socon iscrizione al Pra è velocissimo e basta lida. Ma tutto è possibile purché ci si metta una comunicazione preventiva. Mentre nord’accordo su che cosa significhi “solidità malmente il Codice civile prevede sempre finanziaria ed economica”. Le norme non lo l’intervento di un tribunale. Questo non vuol dicono e quindi ogni ente appaltante fa un dire che il cittadino sia indifeso. Le nuove po’ come gli pare. «Sarebbe necessario poi norme prevedono che per importi fino a istituire un rating di legalità indicato da un diecimila euro l’atto di accertamento locaente terzo per rendere trasparente il settole non abbia titolo esecutivo, c’è l’obbligo re» insiste Casari «un modo per certificare di invio di un sollecito di pagamento e c’è che la società concessionaria della riscostempo 120 giorni per pagare. E le assicuro sione dei tributi agisca nell’ambito della che mandiamo molte lettere prima di dare legge». Un tale rating esiste già, è totalil via a una esecuzione coatta». mente gratuito ed è assegnato dall’Autorità Tra i problemi degli addetti ai lavori non garante del mercato e della concorrenza. sembra esserci solo quello dei debitori. Il Manco a farlo apposta, mercato e concorsettore dei concessionari, infatti, è piccolo, renza hanno sempre avuto poco a che fare con un business legato alla pubblica ammicon la pubblica amministrazione.

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APPROFONDIMENTI

Recovery, ultima chiamata per il Mezzogiorno Nella bozza approvata dal Consiglio dei Ministri, al Sud viene indirizzato più del 40% delle risorse. Ma se non verranno gestite al meglio sarà l'ennesima occasione persa. O meglio: l'ultima di Federico Pirro

S

aremmo all’ultima chiamata per lo sviluppo del Mezzogiorno e per la drastica riduzione del suo divario col Nord se le risorse del Recovery Fund vi saranno destinate nella percentuale di cui v’è traccia nella bozza del Governo? Ma se anche con l’approvazione ad aprile da parte della Commissione Europea del Piano italiano Next Generation Eu - che unisce risorse del Recovery Fund con quel-

L'AUTORE, FEDERICO PIRRO, È PROFESSORE ASSOCIATO DI STORIA DELL'INDUSTRIA PRESSO IL DIPARTIMENTO FLESS DELL'UNIVERSITÀ DI BARI

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le di altri fondi Ue collegati - sarà indirizzato all’Italia meridionale oltre il 40% delle risorse, saranno poi in grado le Regioni del Sud di impiegarle al meglio? Nel testo approvato in Consiglio dei Ministri - che in Parlamento e nel confronto con le parti sociali potrebbe essere anche rimodulato in profondità - è probabile che il Meridione possa godere non solo del 34% di tutti gli interventi, in coerenza con quanto già in vigore per le spese in conto capitale delle Pubbliche amministrazioni centrali, ma anche superare quella percentuale perché, come si scrive in una pagina del testo, ”sarà esplicitata la quota delle risorse complessive destinata al Mezzogiorno che può valere come criterio prioritario di

allocazione territoriale degli investimenti previsti”. Prima di rispondere alle domande iniziali, scorriamo alcuni capitoli del Piano approvato dall’Esecutivo e riguardanti anche il Meridione. Per sostenere la microelettronica sono previsti a livello nazionale 750 milioni, una cui quota significativa potrebbe essere destinata al grande polo della STMicroelectronics di Catana. Circa la metà del miliardo e 600 milioni per la creazione di sette centri per l’innovazione delle tecnologie di frontiera dovrebbe essere destinata al Mezzogiorno. Quote significative per il Sud si prospettano anche per asili nido e tempo pieno a scuola, ma almeno al momento non sono specificate percentuali. Per gli investimenti nella rete ferroviaria 15,5 miliardi dei quali riguardano progetti nuovi, raggiugendosi così un totale di 26,7 miliardi - il 50% riguarda il Meridione, soprattutto grazie alle risorse del Fondo sviluppo e coesione. Sono citati fra gli altri progetti per l’estensione dell’Alta velocità lungo la Napoli-Bari e la velocizzazione della Salerno-Reggio Calabria, mentre dovrebbero essere elettrificate tratte regionali nella Calabria ionica e nel Molise. Inoltre 700 milioni dovrebbero essere destinati alle stazioni meridionali, così come sono previste azioni sulle linee della Circumvesuviana e della Circumetnea. Per i porti invece si stimano 1,6 miliardi di interventi nuovi per potenziare l’operatività delle Zone economiche speciali e per lo sviluppo della portualità minore in chiave turistica. Il Mezzogiorno appare prevalente nel potenziamento del ciclo dei rifiuti da finanziare con 1,5 miliardi che dovrebbe interessare le Città metropolitane di Napoli, Bari, Reggio Calabria e Palermo. Prevalentemente destinati al Meridione sono i 4 miliardi di risorse aggiuntive previsti per il miglioramento delle reti idriche, così come una quota superiore al 34% dovrebbe essere destinata per il progetto “energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile” che vale nel complesso 8,2


miliardi, di cui 1,2 per le aree dell’Ilva a Taranto e del Sulcis in Sardegna. A tali risorse poi si aggiungono le azioni specifiche per quelle di coesione e in particolare 4,2 miliardi, di cui 600 milioni per ‘ecosistemi pubblico-privati per il trasferimento tecnologico’ in contesti urbani marginalizzati del Sud. Nel piano Next generation Eu l’Italia ha anche inserito progetti per 13 miliardi a valere sul programma React-Eu e di questi 8,7 miliardi andranno al Mezzogiorno per interventi riguardanti il lavoro (4,1 miliardi per decontribuzione e bonus assunzioni di giovani e donne), inclusione sociale (1,2 miliardi), transizione ecologica (1,7 miliardi), sanità (580 milioni), istruzione e scuola digitale (560 milioni), innovazione e garanzie sul credito (585 milioni). Dunque le risorse destinate alle regioni meridionali sarebbero ingenti e pertanto dobbiamo tornare alla domanda inziale, ovvero il Sud è pronto a utilizzare nei tempi previsti dalla Ue e con progetti qualificati i fondi che saranno posti a sua disposizione? La domanda in realtà riguarda tutto il Paese, ma nell’Italia meridionale negli ultimi mesi si è levata coralmente la voce di coloro i quali - ben sapendo che fondi così ingenti non sarebbero più disponibili per qualche decennio dopo il 2026 - hanno chiesto con forza che ben oltre 1/3 di essi venisse destinato per colmare lo storico divario fra Nord e Sud. Allora se, come sembra, tale ambiziosa richiesta ha avuto ascolto nel Governo, è legittimo chiedersi se nel Mezzogiorno si sia consapevoli che questa potrebbe essere l’ultima chiamata, almeno in questa prima metà del secolo, per un Sud che dovrebbe, se non proprio colmare il divario col Nord, almeno tentare di ridurlo drasticamente. Certo, bisognerà verificare quante delle risorse prima

richiamate saranno gestite da centri di spesa dello Stato centrale e quante invece dalle Regioni, così come bisognerà capire come si divideranno quei fondi fra le stesse Regioni del Sud e fra queste e gli altri centri di spesa al loro interno come Comuni, Province, Città metropolitane, Consorzi Asi, Acquedotti, Università, Soprintendenze, etc. E tuttavia anche per i progetti che verranno gestiti da Amministrazioni centrali quelle meridionali dovranno dare le relative autorizzazioni per quanto di loro competenza. Lo faranno nei tempi previsti, o si assisterà a deplorevoli ritardi, o ad azioni volutamente dilatorie se certi interventi non saranno condivisi da alcuni Amministratori? Esempi negativi recenti non mancano, come ad esempio quanto accade a Brindisi ove ormai da anni gruppi ristretti di ambientalisti, condizionando anche le Amministrazioni elettive, continuano a bloccare interventi di centinaia di milioni nelle infrastrutture portuali e investimenti di eguali dimensioni da parte di multinazionali come British Gas e Edison, non rispondenti a loro dire alle necessità dell’area brindisina. E che dire poi dell’altro nucleo di irriducibili ambientalisti che a Taranto vorrebbero la dismissione sic et simpliciter dello stabilimento siderurgico, nonostante i massici

investimenti in corso e previsti per ammodernarne gli impianti e abbatterne le emissioni nocive? E come dimenticare poi, solo per fare un altro esempio, l’Amministrazione comunale di Campomarino nel Molise che per lunghi anni ha bloccato il progetto di raddoppio della tratta ferroviaria Lesina-Termoli lungo la linea adriatica perché, non volendo più l’attraversamento (esistente peraltro da decenni) dell’area costiera comunale, alla fine ne ha imposto a Rfi (arresasi per sfinimento) un tracciato più a nord, con un aggravio di ben 700 milioni di costi di quello che resta l’ultimo tratto a binario unico sulla Bologna-Bari? E gli Atenei del Mezzogiorno, o almeno una parte di essi, sono pronti a partecipare con qualificati progetti di ricerca applicata all’impiego di risorse ad essa destinate, o piccole baronie locali pensano ancora che potranno continuare a gestire orticelli scientifici senza alcuna utilità sociale, ma funzionali solo alle carriere di aspiranti titolari di cattedra ? E le imprese, soprattutto le Pmi - che pure stanno dimostrando capacità di resistenza nella pandemia - sanno tuttavia che dovranno compiere con business plan molto accurati ulteriori salti di qualità nei processi produttivi, nelle loro produzioni e negli assetti gestionali, puntando con forza sulla digitalizzazione, se vorranno intercettare i finanziamenti ad essa destinati? Mancare questa volta l’obiettivo di un efficace impiego delle ingenti risorse poste a disposizione dall'Unione europea potrebbe significare abbandonare il Sud al suo declino e ai suoi divari, per responsabilità delle sue classi dirigenti che avrebbero perso un’occasione storica e irripetibile per molti decenni.

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APPROFONDIMENTI

in collaborazione con Aiti

«Facciamo entrare i tesorieri nelle stanze dei bottoni» È il momento di valorizzare il ruolo di business partner di chi in questa fase particolarmente critica sta gestendo il cash flow in azienda, facendo partecipare i professionisti della tesoreria ai processi decisionali di Domenico Staffieri

L

a crisi pandemica mondiale, l’emergenza sanitaria, il crollo dei consumi, la volatilità dei cambi, l’incertezza globale: cosa hanno in comune questi eventi odierni con la realtà imprenditoriale, e cosa comportano nell’assetto finanziario delle aziende? Calo del fatturato, bassa inflazione e crisi delle vendite, difficoltà nel ridurre il capitale circolante, minore solvibilità finanziaria. Questi elementi riducono la generazione di cassa, peggiorano la rotazione dei crediti, allungano il ciclo di trasformazione in “cash” del fatturato, della produzione, dei servizi sviluppati. Nella difficoltà di autofinanziarsi, le imprese si rivolgono a finanziatori esterni, alle banche; ma i problemi del business portano inevitabilmente un peggioramento della Posizione Finanziaria Netta. Si rivede in negativo il rating dell’azienda. Nei casi estremi si

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revocano gli affidamenti. L’azienda in difficoltà non viene aiutata perché i parametri non sono in linea con le politiche di concessione del credito. Si aggiungono anche gli interventi esogeni dell’Eba, l’Autorità bancaria europea, in base ai quali le banche devono segnalare in Centrale Rischi gli eventuali ritardi PER IL TESORIERE LA PREVENZIONE È IL LAVORO QUOTIDIANO PERCHÉ UTILIZZA TUTTI GLI STRUMENTI DI OTTIMIZZAZIONE DELLA LIQUIDITÀ

di oltre 90 giorni nelle scadenze dei piani di rimborso dei prestiti. Le soglie di tolleranza sono minime (1% esposizione complessiva o 500 euro). In un simile scenario l’imprenditore deve più che mai affidarsi al Tesoriere, a colui che può assicurare il rispetto degli adempimenti e il governo del flusso di cassa. Per lui “Turnover is vanity, Profit is sanity,

cash is king”. Per il Tesoriere la prevenzione è il lavoro quotidiano! Conosce e sa usare tutti gli strumenti di ottimizzazione della liquidità, compresi quelli di Supply Chain Finance, per assicurare la continuità della filiera, oltre agli strumenti di copertura dei rischi di cambio e dei rischi di tasso. Utilizza i “cash forecast”, elaborando un consuntivo di tesoreria, che aggiorna in via continuativa con un preventivo di breve termine e un previsionale di medio / lungo termine , in modo da avere sempre una base dati aggiornata per elaborare scenari di tipo “what if”, essenziali in un periodo in cui le aziende sono costrette a rivedere il proprio modello di business. Il Tesoriere è consapevole dell’importanza della Centrale Rischi nella determinazione del merito creditizio, il controllo deve essere sistematico e rigoroso. Per misurare se il business è ben gestito rispetto al mercato, il Tesoriere può adottare analisi di benchmark. È giunto il momento di valorizzare il ruolo di business partner che il Tesoriere sta svolgendo in azienda, indispensabile per interpretare ed adeguare i contesti lavorativi ad una materia sempre in forte evoluzione. All’interno del nuovo Codice della Crisi di Impresa troviamo il calcolo dell’indice Dscr, Debt Service Coverage Ratio, che consente di dare un valore al rischio dell’insolvenza; questo indice verrà elaborato dal Tesoriere, il quale dovrà anche impostare un modello di controllo di gestione finanziaria che oltre a consuntivare dovrà produrre analisi predittive attraverso la redazione di preventivi di tesoreria e cash flow previsionali. I tempi sono maturi per aumentare l’ascolto e il coinvolgimento del Tesoriere che inizierà a sedersi ai tavoli delle direzioni acquisti e commerciale, per ricevere informazioni sulla strategia, i piani industriali e lavorare al budget finanziario. E sarà in grado di elaborare un Cash to Cash Cycle più rispondente al business aziendale adottando i migliori strumenti di controllo del Working Capital.

* Treasury manager Siae Microelettronica


in collaborazione con ANDAF

Con la gestione del rischio di credito commerciale l’impresa può creare valore Oggi più che mai il Credit Manager deve avere la capacità di selezionare ancora più attentamente che in passato i propri clienti, anche attraverso il ricorso ad analisi finanziarie puntuali che tengano conto delle prospettive legate al modello di business e quindi della capacità di creazione del valore per l'impresa di Francesco Paolinelli e Carmine Scoglio

L'

attività di valutazione e gestione dei rischi aziendali costituisce una prerogativa per assicurare all’impresa la sopravvivenza e garantire che questa, nel tempo, possa mantenere inalterata a sua capacità di creare valore per gli stakeholder. In un contesto già di per sé mutevole, acuito ai nostri giorni dall’incertezza, il vertice aziendale dovrà stabilire in modo ancora più opportuno il livello di rischio accettabile e sostenibile per l’impresa al fine di creare valore o molto più pragmaticamente per continuare ad operare in condizioni di normale funzionamento (c.d. “Going Concern”). L’individuazione dei citati livelli di incertezza e rischio sostenibili costituisce a tutti gli effetti una scelta strategica, e così la gestione dei rischi aziendali e i sistemi di controllo assumono importanza nella pianificazione strategica di impresa. Chi scrive già in passato ha più volte evi-

sul cash flow atteso il rischio di perdite su crediti dovute a insoluti da parte della clientela che possono compromettere, a loro volta, le condizioni d’equilibrio dell’impresa e la sua stessa sopravvivenza. Solo in presenza di elevati margini di contribuzione sui prodotti ovvero di un’impresa FRANCESCO PAOLINELLI

denziato come, in un contesto estremamente complesso e variabile, l’applicazione di condizioni di pagamento posticipato anche verso fasce di clientela considerate più rischiose o in mercati emergenti rappresentassero una forte leva per conservare e/o sviluppare quote di mercato. Queste considerazioni ritengo siano tutt’ora valide dal momento che, versando in una situazione di contrazione della domanda, il vertice aziendale può decidere strategicamente di concedere condizioni di pagamento più favorevoli ai clienti per stimolare i ricavi anche se il ricorso a tale pratica comporta un livello di assunzione di rischio notevolissimo. Ma tali scelte possono avere impatti negativi

CARMINE SCOGLIO

di grandi dimensioni che presenta flussi di cassa già di per sé robusti e stabili si può giustificare una scelta (e un’assunzione di rischio) di questo genere da parte del vertice. Ad ogni modo anche l’impresa che, all’opposto, sceglie di mantenere oggi un approccio più conservativo e fa meno ricorso alla leva del credito fronteggia comunque un rischio elevato di sperimentare perdite su crediti in presenza contratti con condizioni di pagamento posticipato stipulati prima dell’emergenza sanitaria e ancora in vigore. Per questa ragione, l’impresa dovrà opportunamente mitigare tale rischio. Pertanto, a prescindere da un ricorso più o meno spregiudicato alla leva del credito, la metodo-

logia di gestione del rischio non cambia. Sarà quindi opportuno che il Responsabile Amministrativo o il Credit Manager nell’effettuare la valutazione dei rischi di credito commerciale prendano in esame l’intero processo di gestione del credito per individuare le variabili di rischio, le aree di debolezza e quindi predispongano adeguati strumenti di controllo. Il contesto attuale suggerisce al vertice aziendale e al Cfo di effettuare scelte delle tese alla stabilità dei flussi di cassa. Così, seguendo una direzione più conservativa, il Credit Manager dovrà dotarsi di strumenti che gli consentano di ottimizzare il presidio delle posizioni creditorie in sofferenza o che rischiano di diventare tali. Rispetto al passato, un'attenzione ancora maggiore sarà dedicata al microsettore in cui principali clienti operano per comprendere quanto questi possano essere impattati negativamente in termini di liquidità. Un monitoraggio costante permette di agire velocemente ai primi insoluti con azioni di blocco del servizio e di recupero del credito, ottimizzando in tal modo i tempi d’incasso con evidente miglioramento sul cash flow. Nei casi in cui l’impresa decida di utilizzare la leva del credito per stimolare i ricavi, allora il Credit Manager dovrà avere la capacità di selezionare ancora più attentamente che in passato i propri clienti, anche attraverso il ricorso ad analisi finanziarie puntuali che tengano conto delle prospettive legate al modello di business e quindi della capacità di creazione del valore da parte dei loro clienti.

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APPROFONDIMENTI

in collaborazione in collaborazione con CONFPROFESSIONI con ANDAF

La pandemia cancella dal mercato 30mila professionisti

Lavoro indipendente, 10 anni di trasformazioni strutturali 250.000 +287.385

100.000

+11.400

-50.000

Secondo il V Rapporto sulle libere professioni in Italia il lavoro autonomo perde circa 170 mila lavoratori indipendenti. Stella: «Ma la crisi è strutturale. In dieci anni mancano all’appello quasi 1 milione di persone» di Giovanni Francavilla

L'

onda d’urto provocata dall’emergenza Covid-19 si infrange in modo violento sulle libere professioni. Nei primi sei mesi del 2020, oltre 30 mila liberi professionisti (in prevalenza donne) hanno dovuto abbandonare la propria attività a causa della crisi innescata dalla pandemia, cui si aggiungono circa 170 mila lavoratori indipendenti su una platea di oltre 1,5 milioni di lavoratori autonomi bloccati dal primo lockdown (dati fino a 3 maggio 2020). I settori professionali più colpiti sono quelli legati al commercio, finanza e immobiliare con un calo di quasi il 14% nel ptrimo trimestre del 2020 e si registrano significative contrazioni anche tre le professioni dell’area tecnica (-5,7%) e amministrativa (-2,5%). Pesante anche il bilancio per i professionisti – datori di lavoro che rnel primo trimestre del 2020 registrano una flessione del 16,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È questa la fotografia del settore professionale che emerge dal “Rapporto

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GAETANO STELLA

2020 sulle libere professioni in Italia”, curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, coordinato dal professor Paolo Feltrin, e presentato nei giorni scorsi a Milano in diretta streaming. «L’impatto del Covid – 19 sul lavoro indipendente è stato pesantissimo. Nei primi sei mesi del 2020 l’intero comparto perde circa 170 mila labvoratori, di cui 30 mila sono liberi professionisti», commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. «Tale flessione va valutata tenendo d’occhio anche le dinamiche di lungo periodo. Per ragioni strutturali, nell’ultimo decennio il lavoro indipendente era già sotto pressione (-735 mila lavoratori circa), colpito

-200.000

-245.295 -436.074

-489.565

-350.000 -500.000 LAVORATORI AUTONOMI

ALTRI LAVORATORI INDIPENDENTI

PROFESSIONISTI

IMPRENDITORI

TOTALE INDIPENDENTI

FONTE: ELABORAZIONI OSSERVATORIO DELLE LIBERE PROFESSIONI SU DATI ISTAT

da una silenziosa rivoluzione interna nei flussi di entrata e di uscita. Nelle fasce di età più giovani mancano all’appello quasi 1 milione di persone: un crollo solo in parte compensato dalle fasce di età più anziane e dai nuovi ingressi dei laureati (+372 mila), che di norma si vanno a collocare tra i liberi professionisti». I dati Istat, elaborati dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, rivelano, da un lato, come l’emergenza abbia ricadute soprattutto sui liberi professionisti con dipendenti, dall’altro, come vi sia una sovrapposizione molto forte tra geografia dell’epidemia Covid-19 e calo occupazionale. La variazione riferita al secondo trimestre 2020 mostra infatti a livello nazionale un calo notevole dei liberi professionisti datori di lavoro (-16,7%). La contrazione insiste prevalentemente nel Nord Italia (-23,9%), dove scende anche il numero di liberi professionisti senza dipendenti, e nel Centro Italia (-28,3%). In netta controtendenza il Sud Italia, dove la variazione risulta

invece positiva per entrambe le componenti e a crescere è soprattutto il numero di datori di lavoro (+15,9%).Lo stato di emergenza economica dei professionisti è confermato anche dal massiccio ricorso alle misure di sostegno messe in campo nei vari Dpcm varati durante la pandemia. Ad aprile le Casse di previdenza professionali hanno accolto oltre 400 mila domande per l’indennità dei 600 euro, introdotta dal decreto “Cura Italia”; mentre a maggio sono quasi 5 milioni le domande dei professionisti iscritti alla gestione separata pervenute all’Inps, con una percentuale di accoglimento che supera l’80%. Le categorie che hanno fatto maggior ricorso alle indennità sono gli psicologi e i geometri, con una percentuale di domande presentate superiore al 60%. Seguono gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, e i veterinari con percentuali intorno al 50%. Tutte le altre categorie si attestano sotto il 40%, mentre in coda, sotto il 12%, troviamo quasi tutte le professioni sanitarie e i notai.


LA STRADA PER L'EUROPA COMINCIA DAL SUD Energia, digitale, turismo, agroalimentare e manifattura: solo investendo su questi fattori l'Italia potrà tornare ad avere un ruolo di rilievo in Europa. Parola di Andrea Cafà, presidente di Cifa e Fonarcom a cura della redazione

«F

inalmente l’Europa ha superato l’austerità per favorire investimenti finalizzati a creare un’Unione inclusiva, digitale e sostenibile. L’Italia potrebbe assumere un ruolo di rilievo. È prioritario, però, eliminare le diseguaglianze di genere, generazionali e territoriali». È cautamente ottimista Andrea Cafà, presidende di Cifa e Fonarcom, sul futuro del Belpaese. Ma insiste - a ragione - sull'importanza di definire obiettivi prioritari e perseguirlo senza scadere nel pressapochismo e nell'inefficienza, per assumere un ruolo centrale nell'area europea (e non solo). Come, presidente Cafà? Puntare sullo sviluppo del Mezzogiorno sarebbe un chiaro segnale per l’Europa: indicherebbe un’apertura del Governo verso l’area mediterranea e la volontà di assumere un ruolo centrale. In un’Europa sempre più mediterranea, il Mezzogiorno è la piattaforma logistica naturale, un hub strategico. Va, dunque, sviluppato un dialogo forte con i Paesi del Mediterraneo, a partire da quelli che hanno maggiori credibilità e stabilità, per esempio il Marocco. In ogni caso, la realizzazione di infrastrutture al Sud non è più rimandabile. Potenziare i trasporti significherebbe infatti dare nuova linfa al turismo, all’industria manifatturiera, a quella agroalimentare e a quella green. Detto questo, bisognerebbe agire anche in termini di semplificazione amministrativa e di sicurezza sociale. Quale ruolo immagina, quindi, per il Sud Italia? Nel giro di poco tempo il Sud potrebbe diventare il crocevia industriale, digitale e

Sud, si è sviluppato soprattutto il turismo balneare, meno redditizio rispetto a quello culturale. Una più efficace gestione delle risorse che vada in tal senso consentirebbe al Paese di estendere il turismo stagionale a tutti i periodi dell’anno. Per quanto riguarda il digitale, invece, c’è tutto da costruire. Basti pensare che oggi assistiamo alla vera e propria nascita di nuove economie, come la “data economy”, il che significa che dovremo investire molto in formazione, attrezzature e servizi.

sostenibile dell’Euromediterraneo. Un hub dell’energia pulita per l’Europa, in quanto corridoio privilegiato per il passaggio delle risorse rinnovabili.

Il 20% del Next Generation EU sarà investito in digitale. Basterà? Parliamo di una cifra importantissima, ma ricordiamoci che investire esclusivamente sugli strumenti non è sufficiente. Possedere la macchina più veloce non mi rende un ottimo pilota. Questo significa che accanto agli investimenti infrastrutturali servono investimenti sul capitale umano, maggiori risorse per la formazione e la ricerca e un nuovo modello d’istruzione. Bisognerebbe creare degli hub per ascoltare i fabbisogni delle imprese e incentivare una loro maggiore contaminazione con ricerca e istituzioni.

Oltre all’energia, su cosa è necessario investire? Abbiamo il turismo, il digitale, l’agroalimentare e la manifattura. Dobbiamo continuare a valorizzare i settori tradizionali che da sempre ci contraddistinguono nel mondo, ma dobbiamo farlo innovando e digitalizzando. Il turismo, in particolare, ha bisogno di interventi per le infrastrutture, di nuovi itinerari e di consistenti investimenti nel comparto dei beni culturali. Sottolineo quest’ultimo aspetto perché da noi, al

E riguardo ai settori manifatturiero e agroalimentare? L’Italia è molto competitiva rispetto agli altri Paesi. Tra i maggiori vantaggi concorrenziali basti citare la qualità delle materie prime, la tradizione secolare, la collocazione geografica. È chiaro che non possediamo una capacità produttiva tale da soddisfare i bisogni di intere popolazioni, ma è anche vero che, producendo il top di gamma, possiamo creare prodotti per un target disposto ad acquistare merci ad alto valore aggiunto.

ANDREA CAFÀ

IL MEDITERRANEO È UN HUB STRATEGICO PER L'EUROPA: ECCO PERCHÉ BISOGNA TORNARE A INVESTIRE SULLO SVILUPPO DEL MEZZZOGIORNO

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IL GL BALISTA QUEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO PRONTI A ENTRARE NEL CLUB DEI GRANDI La Cina - ammesso che si sia mai fermata davvero - è ripartita in quarta, introducendo il suo yuan digitale. E le economie del terzo mondo stanno scalando le classifiche dei Paesi in via sviluppo, tra risorse naturali e dumping sociale

I

l campione globalista di questo mese è uno sconosciuto venditore di patate dolci di Suzhu, un “paesone” di 10milioni di abitanti a sud di Pechino che dal 27 dicembre ai primi di gennaio, per le feste del capodanno lunare cinese, ha sperimentato – come tutti gli altri 10mila commercianti e venditori ambulanti della città – il primo “renminbi digitale” (yuan digitale, per intenderci) messo in circolazione dalla Banca centrale per fare concorrenza – ma non solo - alle cripto-monete come il Bitcoin la cui diffusione comincia a preoccupare le autorità monetarie di Pechino. Zhao Shuai, questo il nome del nostro venditore di patate dolci, non sa nulla di criptomonete e di divise digitali, ma non si è fatto impressionare e davanti al suo banchetto ha sistemato un cartello con la scritta “e-Cny”, che è la sigla dello yuan digitale, ma

senza dimenticare i loghi dei più noti Alipay e WeChatPay, le due piattaforme dei colossi Alibaba e Tencent con cui da tempo milioni e milioni di cinesi fanno shopping e regolano i loro pagamenti. L’esperimento della prima moneta elettronica sovrana al mondo (anzi la seconda perché ad arrivare prima, a ottobre, è stata la banca centrale delle Barbados non proprio un gigante della finanza internazionale a parte qualche problemino con la finanza off-shore) si è svolto in assoluta tranquillità. Ai primi di dicembre il municipio di Suzhu, su input della banca centrale, ha lanciato una lotteria (i cinesi adorano giochi e scommesse) con in palio 20milioni di “e-yuan”, due milioni e mezzo di euro, una cifra modesta suddivisa in 100mila buste rosse da 200 yuan, buste virtuali naturalmente. Sem-

plicissimo l’uso della busta rossa e la spendita dei 200 yuan. Con una “app” (con l’immagine di Mao filigranata, la stessa che si trova sulle banconote) su cui cliccare per generare un QR da presentare in qualsiasi negozio per la scannerizzazione e quindi pagare. Un gesto che milioni di cinesi, come si diceva prima, fanno da anni sulle app di Alipay e WeChatPay con le quali il governo è entrato da qualche tempo in rotta di collisione (come dimostrano il blocco della quotazione di Tencent, la holding di Alibaba, e l’improvviso silenzio mediatico del suo leader, Jack Ma).

QUI DUBAI

Aspettando l’Expo si inaugura la Route 2020, la metropolitana a ottimizzazione energetica

al giorno. La stazione di The Gardens è

Il progetto della Route 2020, partito nel 2016, è costato due miliardi e trecento milioni di euro per realizzare un percorso di 15 chilometri (11,8 sospesi e 3,2 sottoterra) e le sette stazioni di cui quattro già operative

può ospitare fino a 125mila passeggeri

invece ispirata all’aria, per via della sua stazione sopraelevata di 8.100 mq che al giorno. Discovery Gardens è un’altra stazione sopraelevata che è ispirata al tema terra, e si estende su 8.600 mq.

È

in funzione a Dubai la prima parte

verranno inaugurate entro il primo di

Anche Al Furjan è di 8.600 mq, e il suo

della nuova tratta della metropolitana

ottobre, data in cui partirà la prima

tema è l’acqua; sia Discovery Gardens che

Route 2020, realizzata per connettere

Esposizione Universale in un Paese arabo

le stazioni di Al Furjan possono ospitare

Expo 2020 Dubai al centro della città

di sempre. Tutte le nuove fermate hanno

125mila passeggeri al giorno.

emiratina. Il primo gennaio ha visto il

una distinta personalità architettonica

La stazione più grande sarà una di quelle

debutto di quattro nuove stazioni: Jebel Ali

che fa riferimento ai quattro elementi

di prossima apertura: la Jumeirah Golf

Station, la ex Nakheel Harbour & Tower,

della natura: acqua, aria, terra e fuoco.

Estates, con un’estensione di 28.700

che collega la linea rossa e la nuova Expo

Jebel Ali ha per tema l’acqua, si estende

metri quadrati e un design ispirato

2020; e ancora The Gardens, Discovery

su una superficie di 8.800 metri quadrati

all’elemento del fuoco. Quella considerata

Gardens e Al Furjan. Altre tre stazioni

e ha una capacità di 320mila passeggeri

maggiormente iconica sarà la Expo 2020,

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di Giuseppe Corsentino

Non c’è solo la Cina Questa storia dello yuan digitale dimostra ancora una volta-che la Cina è davvero il “bulldozer dell’economia mondiale”(definizione di Le Monde). Se nel 2020, l’annus horribilis della pandemia, il pil della Cina è cresciuto solo del 2%, quest’anno le previsioni del Fondo monetario internazionale, lo danno al 7,9%, una performance che non ha paragoni con nessun altro Paese del G20. Con la conseguenza davvero storica – scrive Luke Barrs, strategist di Goldman Sachs – che tra il 2022 e il 2023 la Cina uscirà dal perimetro dei Paesi in via di sviluppo (quelli che hanno un reddito pro capite inferiore a 12.500 dollari/anno secondo la classificazione del Wto) per diventare uffi-

cialmente un paese sviluppato. In una parola, una grande potenza che entro il 2028 – dati della Banca Mondiale - supererà gli Stati Uniti che dopo il crollo del 4% (del Pil) nel 2020 non cresceranno più del 4% nel 2021. Ma non c’è solo la Cina sul podio della crescita post-Covid. La Banca Mondiale ne ha contati 22, tutti paesi in via di sviluppo come la Guayana (quella ex britannica, non la francese) che già nel 2020 ha registrato una crescita del pil dell’85% (si tratta di appena 6,8 miliardi di dollari, ma quel che conta è il trend) e che nel 2021 pensa di “fermarsi” al 23% grazie alla scoperta di giacimenti di petrolio di alta qualità (tutto il contrario di quello venezuelano) da cui si estrarranno 750mila barili al giorno da qui al 2040 quando la Guayana, oggi uno dei paesi più poveri del mondo, coprirà l’1% del mercato mondiale. Segue, in questa classifica dell’ottimismo globalista, il Vietnam che ha avuto solo 40 morti di Covid su 96milioni di abitanti e che quindi ha tenuto aperte le sue fabbriche (tessili soprattutto) al servizio dell’export. Cresce del 3% il Vietnam come il Sudafrica, ma un po’ meno dell’India, che metterà a segno nel 2021 un rotondo 5%. Potenza della globalizzazione.

Il nazional-sovranismo della Francia Dopo Fincantieri, che dopo due anni non riesce ancora a chiudere l’acquisizione dei Chantiers de l’Atlantique, si replica con la possibile Opa di un colosso canadese della grande distribuzione (Couche-Tard) pronto a pagare 20 euro per azione (esborso complessivo 16miliardi) per prendersi Carrefour che negli anni ’90 sembrava un player inarrestabile (al secondo posto nel mondo dopo l’americana Walmart) e finita oggi al 14° posto (con 80 miliardi di fatturato) per una serie di errori strategici. I canadesi di Couche-Tard hanno fatto sapere di volere una “possible transation amicale” ma il ministro dell’economia, Bruno Le Maire, li ha già bloccati: è contrario all’operazione (che, invece, potrebbe interessare agli azionisti, la famiglia Arnault del gruppo Lvmh, la famiglia Houzé-Moulin delle Galeries Lafayette, il finanziere brasiliano Abilio Diniz, che negli anni ’90 avevano acquistato le azioni Carrefour al doppio, a 40 euro) e sapete perché? Perché l’arrivo dei lontani cugini del Quebec, che hanno grandi progetti di espansione globale (grazie anche a una redditività più alta di Carrefour), mette a rischio “la souveraineté et la securité alimentaire des Français”.

di Riccardo Venturi disegnata sul tema futuro con una forma

ai 643 di quelli della linea rossa. L’ultima

che ricorda le ali di un aereo, suggerendo

cabina è riservata a donne e bambini, una

il volo di Dubai verso le grandi innovazioni.

parte della prima cabina è assegnata alla

Si estenderà su una superficie di 18.800

classe oro, le altre alla classe argento.

metri quadrati, con una capacità totale di

L’allargamento della metropolitana è stato

522mila passeggeri al giorno in entrambe

pensato per l’Expo, ma anche per servire i

le direzioni ad un ritmo di 29mila all’ora.

circa 270mila residenti delle zone coperte

La stazione ha tre piattaforme passeggeri

dalle nuove stazioni. Il progetto della Route 2020, partito nel

e tre percorsi. È collegata sul lato est con Expo, e sul lato ovest con l’Expo Mall e il

energy saving optimiser, che funziona

2016, ha visto la costruzione di un tunnel

complesso urbano. Il suo design consente

convertendo e trasferendo l’energia non

e diversi ponti. In tutto è costato circa 2

l’integrazione con i mezzi di trasporto

utilizzata: quella generata da un treno

miliardi e trecento milioni di euro per

pubblico, con spazi per autobus, taxi,

durante la frenata può essere trasferita

realizzare un percorso di 15 chilometri, di

biciclette e così via. Un’altra caratteristica

al treno successivo, o a qualsiasi treno

cui 11,8 sospesi e 3,2 sottoterra, e le sette

che

è

in accelerazione sulla rete. Ogni nuovo

stazioni. La Route 2020 è il primo progetto

l’efficienza energetica. Tutte le stazioni

treno della metropolitana Route 2020 può

realizzato

infatti utilizzano il sistema Harmonic and

ospitare fino a 699 passeggeri, rispetto

“Verso i prossimi 50 anni” dell’emirato.

colpisce

della

Route

2020

nell’ambito

del

95

programma


APPROFONDIMENTI

Gli Emirati, il nuovo crocevia del business Sono la nona nazione più competitiva a livello mondiale, con una crescita che non accenna a fermarsi. Nell'ultimo libro di Giovanni Bozzetti le opportunità per le imprese italiane di Maddalena Bonaccorso

È

l’imprenditore che guida le aziende Emirati Arabi Uniti (che, nota di colore, già italiane alla “conquista” degli Emialla terza riga cita i cannoli siciliani di Calrati arabi uniti, docente universitario tanissetta, già Kalt el Nissa, come simbolo di Turismo culturale e Sviluppo del territodell’affinità e della connessione tra Emirati rio all’Università Cattolica di Milano e tra i e Italia) il libro è innanzitutto la storia di un maggiori esperti di internazionalizzazione miracolo economico, che ha permesso al del nostro Paese. Giovanni Bozzetti, socio paese arabo di diventare – secondo l’Imd fondatore e presidente di Efg Consulting, World Competitiveness Ranking - la nona società di consulenza strategica in markenazione più competitiva a livello mondiale. ting, pubbliche relazioni e internazionalizSempre dalla prefazione, emerge anche il zazione con focus verso i Paesi mediorienfatto che gli Emirati Arabi Uniti si sono agtali, nutre verso gli Emirati una stima e una giudicati il primo posto in ventitré indicatori, ammirazione sconfinata. Proprio per que«tra i quali l’assenza di burocrazia, il basso sto, per raccontare agli italiani quali e quandebito pubblico e la percentuale di donne in te opportunità si celano dietro il modello di Parlamento». sviluppo e imprenditorialità di un Paese E dal punto di vista italiano? Gli Emirati proiettato verso il fusono un sogno, non GLI EMIRATI HANNO IL RANKING turo, ha appena dato da ora: «La prima MIGLIORE IN 23 INDICATORI, TRA I QUALI alle stampe per i tipi volta che sono andaL'ASSENZA DI BUROCRAZIA di Mondadori un sagto a Dubai, nel 2002» E IL BASSO DEBITO PUBBLICO gio dal titolo “Emirati. spiega Bozzetti, che Nulla è impossibile. Guida al nuovo centro è stato anche assessore del Comune di Mimondiale del business”. lano con delega al Turismo, moda ed eventi Esce in un anno molto importante, il libro «mi sono reso immediatamente conto del di Bozzetti, perché proprio nel 2021, esatfatto che sarebbe presto diventato il nuovo tamente il 2 dicembre, gli Emirati Arabi centro del mondo. Ho continuato quindi a Uniti festeggeranno i 50 anni dalla nascita frequentare il Paese, sempre più spesso, riufficiale dello Stato: mentre il giorno 1 ottomanendo sorpreso dalla grande capacità di bre a Dubai prenderà finalmente il via Expo, strategia: chiunque trascorra del tempo neoriginariamente programmata per il 2020 e gli Emirati e inizi a lavorarvi si rende subito rimandata a causa della pandemia che ha conto della grande velocità di pensiero e di stravolto i programmi mondiali. azione degli emiratini, oltre che della increRicco di una prefazione appassionata scritdibile visione del futuro che emerge dalle ta dal sultano Bin Saeed Al Mansoori, Miloro parole e dalle loro idee. Pertanto, i loro nistro dell’Economia e del Turismo degli risultati di crescita economica non devono

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assolutamente sorprendere». E proprio la parola “visione” risuona ripetutamente nelle pagine del saggio, che non può mancare nelle librerie di chi intende internazionalizzare il proprio business con cognizione di causa, verso Paesi la cui crescita è ben distante dall’essersi esaurita: nel 2019, gli scambi commerciali tra Italia ed Emirati hanno raggiunto i 7,7 miliardi di dollari, con 6.558 milioni di dollari di export italiano, numeri che rendono gli Emirati Arabi Uniti il maggior partner commerciale dell’Italia nel mondo arabo. E i numeri del turismo non sono da meno: grazie alle compagnie aeree che collegano i due Stati, Emirates in testa, ogni anno 50mila emiratini visitano l’Italia e 280mila italiani compiono il percorso inverso. Ma nel libro non c’è solo economia: c’è anche la storia di un Paese che affonda le sue radici addirittura nel 6.000 a.C, quando le comunità beduine vivevano di caccia e pastorizia nei territori degli attuali Emirati, fino al sorgere dell’Islam, al predominio inglese e finalmente al 2 dicembre 1971, data dell’ufficiale costituzione, a Dubai, degli Emirati Arabi Uniti: con l’elezione a Presidente di Sheikh Zayed, a Vicepresidente di Sheikh Rashid e del Crown Prince di Dubai, Sheikh Maktoum, a Primo Ministro. La storia di un Paese dal fascino ineguagliabile e dalle enormi possibilità di sviluppo: il Paese di cui Giovanni Bozzetti è innamorato e del quale farà innamorare chiunque legga il suo libro.


È l'armonia organizzativa che determina il successo Perché alcune organizzazioni ottengono grandi risultati e altre invece sono in affanno? Sono i particolari a fare la differenza, come spiegano Franco Ferrario e Mario Perego con "Le organizzazioni armoniche" a cura della redazione

Le organizzazioni armoniche

F. FERRARIO, M. PEREGO

Sette note per raggiungere l’eccellenza

MANAGEMENT

LE ORGANIZZAZIONI ARMONICHE

Le conoscenze per innovare

Franco Ferrario, Mario Perego

1065.172

C

i sono delle volte in cui l’incontro Franco Ferrario, Mario Perego tra un manager ed un consulente genera risultati sorprendenti. QueLe organizzazioni armoniche sto è quello che è successo con Mario Immaginazione, intuizione, creatività. E poi logica, calcolo e razionalità.PeOgnuno di noi ha a disposizione uno spettro amplissimo di risorse. un’impresa non può soddisfare attese e bisogni dei propri clienti se rego e EsiFranco Ferrario (nella foto alto). dimostra incapace di organizzare al meglio la sua risorsa piùin preziosa: le persone. Queste pagine parlanoin in maniera strutturata diDirettore organizzazione del la-HrIl primo una vita azienda voro. Di come progettare e coordinare le migliori modalità per mettere le persone in condizioni di esprimersi al massimo, lavorando insieme, di concerto,italiano in armonia nel raggiungimento uno o più obiettivi comuni. del gruppo di unadi multinazionale L’arte di organizzare il lavoro è oggi chiusa su un modello di riferimento che dal 1911 incarna, raggruppa ed esprime i princìpi fondaleader tayloristico neldelmercato del foodMa& beverage, mentali pensiero organizzativo e manageriale. siamo sicuri che sia tutto qua? Il presente è intriso di tecnologia, progresso e utilità pratica e troppo spesso lascia indietro un retaggiocon più ampio di etica storia ed estetica, di un eccellente manager una dimenticandosi di ricercare un significato ed uno scopo non materiale. Questo è un libro sull’Armonia. Qualcosa che connette e collega, come alle vuole l’etimologia greca Il del secondo termine. Connessione tra mente e successi spalle. consulencorpo, tra ragione e sogni, tra ideale e reale, tra pensiero e anima. È una rilettura dell’organizzazione mediante un intervento che orienta te, manager, volontario, professore incai processi, rinforza l’appartenenza, potenzia le relazioni interpersonali. Un senso di concordia, unità d’intenti e disposizione raffinata degli elementi in equilibrio. Declinato a partire da ciò che in nuce è armonia, ricato del Mip-Politecnico di Milano, la chiave musicale e la scala a sette note. Con la consapevolezza che nonuno esistono soluzioni universali o ricette miracolose, ma ottimi e validi tentativi di guadagnare centimetri in più di che, a fine partita, farannomanagela differenza. dei migliori esperti change Franco Ferrario opera nella consulenza direzionale svolgendo la propria attività in diverse multinazionali. Nel 2009 fonda CRG The Change Company, società specializment ed organizzazione in circolazione. zata nella gestione dei processi di cambiamento, ambito nel quale sviluppa modelli ed approcci originali. Attualmente è Adjunct Professor al MIP e presidente di Aequos. Mariohanno Perego a più di vent’anni opera come“Le HR per aziende multinazionali, guidando Insieme scritto organizzazioni progetti internazionali in ambito M&A, Change e Business Transformation. Oggi è HR Director di un’importante azienda del settore FMCG, e consigliere di Amministrazione di diverse società qualifiche in ambito facilitazione di grupporaggiungere e coaching individuale. armoniche – conSette note per l’eccellenza". FrancoAngeli Management Il libro rappresenta un ottimo esempio € 29,00 di come coniugare modelli sofisticati con semplicità e pragmatismo e spiega con un linguaggio (a tratti anche divertente) comprensibile a tutti le ragioni che portano alcune organizzazioni a grandi risultati ed altre ad essere in affanno. Un’introduzione di base e poi sette note, sette problemi da superare, sette modelli di azione, sette strumenti corredati di esempi e casi concreti. Un testo che si lascia leggere facilmente con contributi di studiosi come i professori De Maio, Bartezzaghi, Campagna e Pero. Uno dei più interessanti libri di management degli ultimi anni, un volume che non può mancare nella libreria di nessun manager.

FrancoAngeli

(V)

Gli autori scrivono sui loro profili social: «Le scienze dell’organizzazione esistono da molto tempo. Ormai tutti gli enti e le aziende sanno disegnare strutture, processi, sistemi di controllo e di rewarding, selezionare e gestire le persone ed i talenti. Tutti hanno a disposizione i migliori consulenti e le migliori tecnologie e metodologie. Eppure alcune organizzazioni hanno performance eccellenti, altre mediocri, altre addirittura pessime. Eh, lo si sa, il diavolo si nasconde nei dettagli, in quelle cose apparentemente poco rilevanti che, invece, finiscono per fare la

OGGI TUTTI GLI ENTI E LE AZIENDE SONO IN GRADO DI ADOTTARE MODELLI EFFICIENTI MA IL RISULTATO NON È SCONTATO differenza. Questo libro parla e spiega in modo semplice e concreto, come gestire quei dettagli che rendono un’organizzazione armonica, efficace ed efficiente, pienamente in grado di perseguire gli scopi che si è data. Perché oltre al diavolo… anche Dio si nasconde nei dettagli». Dettagli che contano, perché sono quelli che fanno la differenza, la bellezza, che rendono le organizzazioni dei meccanismi ben oliati e funzionanti, dettagli che le fanno essere eccellenti per tutti coloro che ci hanno a che fare. Dettagli da non dimenticare.

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TALENT SHOW

I

CI PIACE LA CHIESI UNA «BCORP» CHE PRATICA COME PREDICA Estremamente avanzato dal punto di vista della sostenibilità sociale il nuovo contratto integrativo firmato a gennaio con i sindacati

P

redicare bene è facile, ma comportarsi coerentemente assai meno. Lo sta facendo, però – ed è giusto darle atto – Chiesi Farmaceutici che a metà gennaio ha firmato con i sindacati confederali (unanimi) un nuovo contratto integrativo aziendale molto avanzato e attento alla sostenibilità sociale: «Abbiamo intrapreso un percorso – ha spiegato Ugo Di Francesco, Ceo del Gruppo (nella foto) - che ci ha spostato dalla mera contrattazione economica al voler fare la differenza a livello qualitativo nella vita dei nostri dipendenti». Il nuovo contratto, che si applicherà a tutti gli oltre 2000 dipendenti del gruppo, offre loro un miglioramento generale del tenore di vita familiare come segnale concreto di vicinanza alla comunità e di rispetto per le tematiche ambientali, ed in coerenza con la scelta strategica dell’azienda di essere certificata B Corp. Tra le innovazioni salienti: migliora il congedo parentale per le lavoratrici madri e ai lavoratori padri sarà garantito il 60% della retribuzione (e non il 30% come da legislazione vigente) con completa maturazione dei ratei diretti ed indiretti. Al padre saranno concesse cinque giornate in più di permesso per la nascita del figlio e giornate di permesso retribuito per la malattia dei figli fino a 3 anni. Il part time ai genitori con figli di età inferiore ai 6 anni. E poi sono introdotte la cessione di ferie solidali con una banca/ore, aiuti economici particolari per lavoratori con patologie oncologiche o degenerative, rimborsi per asili nido e sciole materne, misure di prevenzione contrro le violenze di genere e molti altri istituti innovativi. Niente da dire: complimenti.

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+ Aiuti alla genitorialità + Sostegno alle patologie + Banca solidale delle ore + Lotta alla violenza di genere

- Fiducia usurata - Scelta di tempo errata - Credibilità compromessa - Incomprensioni datate

n polemica con tutta Italia – dallo Stato ai cittadini – sulla strage del ponte Morandi per Autostrade, in rotta con il mercato finanziario per l’ultima mossa dell’altro pilastro del business di gruppo, Autogrill. Decisamente il gruppo Benetton (nella foto il fondatore Luciano) ha perso il tocco magico, a dir poco. Cos’è accaduto al colosso della ristorazione autostradale? Semplicemente che l’aumento di capitale da ben 600 milioni proposto per “supportare i futuri investimenti e cogliere eventuali opportunità di acquisizione” non è stato apprezzato né capito. L’operazione, ha spiegato il gruppo in una nota, «risulta essenziale il rafforzamento della struttura patrimoniale del gruppo, con la conseguente disponibilità di maggiori risorse per far fronte agli investimenti futuri, per proseguire il percorso di crescita e innovazione del gruppo e per cogliere, con la massima tempestività, le eventuali opportunità offerte dal mercato». Ma all’annuncio dell’operazione, che verrà comunque sottoposta all’assemblea dei soci il 25 febbraio prossimo con una delega quinquennale per l’esecuzione al cda, è seguito un memorabile crollo del titolo, che ha perso il 13,32% a quota a 4,36 euro. È ovvio: il crollo del traffico connesso alla pandemia ha fatto crollare i risultati di Autogrill. Comprensibile. Ma quando si ha un socio infinitamente ricco, ci si aspetta che nei momenti di crisi planetaria metta mano alla tasca, in proprio, o quantomeno nel chiedere ai soci di partecipare al rischio finanziario del rilancio, garantisca per tutti. Macchè. Il gruppo ha annunciato di star allestendo un consorzio bancario di garanzia.

NON CI PIACE ORA I BENETTON TOPPANO ANCHE SU AUTOGRILL L’aumento di capitale da 600 milioni lanciato dalla società viene severamente punito dal mercato. Evidentemente c’è un problema di credibilità


PRIVATE BANKER

La conquista dello spazio indica la rotta delle Borse Dallo sfruttamento del suolo lunare alle missioni su Marte: imprese che richiedono capitali e sulle quali stanno investendo Elon Musk, Jeff Bezos, Richard Branson, ma anche il fondo italiano Primo Space di Ugo Bertone

I

l segnale è arrivato in Piazza Affari a metà gennaio. Il titolo Avio, società leader della presenza italiana nella corsa allo spazio, ha messo a segno un allungo del 7,7% a 13,4 euro. Un balzo inatteso, all’apparenza ingiustificato perché non segnalato dal consenso degli analisti, rilevato da Bloomberg, fermo da tempo attorno a un 50% di buy. Ma la curiosità è cresciuta quando alcuni analisti hanno scoperto che il fenomeno degli acquisti aveva coinvolto anche altri titoli della filiera aerospaziale, come la tedesca Ohb +11,4%. Il mistero è stato svelato quando si è avuta la conferma della prossima nascita dell’Etf Ark space, specializzato in un settore finora poco frequentato, quello degli investimenti nell’industria dello spazio probabilmente l’ultima miniera d’oro (almeno per ora) per i gestori a caccia di titoli con forti prospettive di crescita. Tra questi, per limitarci all’ultimo mese, l’americana Maxaar (comunicazioni spaziali) e diverse Spac sorte sul mercato americano per sfruttare fin da subito l’arrivo delle Ipo. Ad alimentare il sospetto ha contribuito

L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

più di tutto, la reputazione dei promotori. L’iniziativa, infatti, è stata promossa da Ark Investment Management, la società di gestione guidata da Cathie Woods, un nome ormai leggendario nel settore per la capacità di saper individuare i talenti. Primo fra tutti quello di Elon Musk, una delle grandi scoperte della signora Woods che ha saputo però concedere il bis con i titoli Biotech e altri campi dell’innovazione. Grazie a questi “colpi” la bionda Cathie Woods ha realizzato nel 2020 una performance del 150 %, chiudendo l’anno con un valore di portafoglio di 41,5miliardi accumulato in varie aree dell’innovazione. Un buon biglietto da visita per affrontare l’avventura dello spazio, ovvero la prossima sfida annunciata da Musk, ma in contemporanea anche da due altri miliardari a caccia di avventure nello spazio: Jeff Bezos e Richard Branson, entrambi intenzionati a fare dello spazio uno dei teatri dei loro affari miliardari. Bastano questi nomi a giustificare l’attenzione che i grandi gestori stanno concentrando sull’avventura dello spazio che, assieme agli sviluppi della fisica quantica e della genetica, promette di essere la grande scommessa tecnologica e finanziaria degli anni a venire. A confortare questa previsione contribuiscono vari elementi. Innanzitutto l’investimento personale degli uomini più ricchi ed ambiziosi de pianeta. Musk è pronto ad in-

ELON MUSK

vestire la sua fortuna, assieme al contributo della Nasa e con importati soci nella conquista di Marte, l’impresa che ormai assorbe buona parte della sua energia. Jeff Bezos, il re dell’e commerce, intanto promette lo sbarco della sua navicella Blue Origin sul suolo lunare a costi contenuti in vista dello sfruttamento commerciale del satellite. Infine, all’inizio del 2021, la Virgin Orbit di Richard Branson è riuscita nell’impresa di lanciare razzi con satellite da un Boeing 747,eliminando la necessità di una piattaforma fissa. Insomma, la conquista spaziale sta per entrare in una fase nuova che lascia, come ogni vera innovazione, spazio alla fantasia dei mercati finanziari. Ma, per la verità, c’è già molta più realtà che fantasia nell’avventura dello spazio un settore in cui, assai più che in altri rami della tecnologia, l’Italia vanta punti di forza invidiabili e si posiziona oggi come terzo player in Europa, dopo Germania e Francia, e settimo nel mondo con un valore della produzione nell’ultimo quinquennio di quasi 16 miliardi di euro, divisi tra manifattura, al 30% e servizi, al 70%. C’è pure un fondo specializzato, Primo Space dietro cui figura la Sgr Primo Miglio, aperto ai soli investitori istituzionali. Come è giusto, perché è assai difficile valutare nel breve le ricadute commerciali dell’innovazione. Solo per ora, però.

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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE

AFFILIAMOCI... ALLA CINA Avviare un’attività commerciale con l’Asia producendo e distribuendo i propri prodotti a marchio senza rinunciare alla qualità: è l’offerta del nuovo programma di affiliazione avviato da China-Wi di Alessandro Faldoni

B

anca mondiale e Fondo monetario internazionale concordano su un dato: 7,9%. È la crescita prevista per l’economia cinese nel 2021. Una crescita che trainerà anche chi, nel resto del mondo, riuscirà ad agganciarla stringendo partnership strategiche. E affiliandosi a chi lo fa con successo da vent’anni, lavorando con i più importanti marchi, gestendo l’intera catena di fornitura, dalla ricerca alla produzione e certificazione, sino alla creazione del packaging e a tutti i problemi legati alla logistica. È il caso di China-Wi, leader in Asia per la ricerca, il design e lo sviluppo di prodotti a marchio e di licenza. «Abbiamo deciso di crescere aprendo all’ingresso di nuovi partner, facendo diventare quella che oggi è una realtà unica sul mercato una grande rete ricca di opportunità», spiega a Economy Roberto Del Monaco (a destra nella foto), ceo di China-Wi. «Sfruttando la nostra esperienza nel settore e le nostre strutture, è possibile aprire virtualmente un’attività di trading internazionale in Cina». China-Wi conta su due team (i cui membri parlano fluentemente italiano, cinese e inglese) e altrettante sedi operative: una a Roma e l’altra a Shanghai. Offrono ai propri partner commerciali un servizio “chiavi in mano”, che parte dal disegno del prodotto e arriva alla consegna in Italia: «I nostri competitor si limitano a trovare prodotti già esistenti in Cina e offrirli ai clienti, noi no», sottolinea Del Monaco. «China-Wi con il suo know-how, è un franchising innovativo ed unico nel suo genere», continua Del Monaco. «Il format prevede la fornitura di un sistema gestionale con un’anagrafica di circa 120mila prodotti già trattati e certificati e con prezzi costantemente aggiornati. Inoltre, è previsto l’utilizzo dei nostri uffici in Italia (con tutto il team dei product manager, l’ufficio logistico e amministrativo, l’ufficio marketing e l’ufficio creativo e di design) ed in Cina (Shanghai) con il team di merchandiser, il controllo di qualità e l’ufficio legale». «Abbiamo il grande vantaggio di aver creato, fin dal nostro primo giorno di attività, un gestionale su misura al quale possono accedere i nostri clienti, e da oggi i nostri franchisee», aggiunge Gianluigi Di Giorgio (a sinistra nella foto), Partner China-Wi. «Ci rivolgiamo a imprenditori e giovani che non hanno voglia di investire grandi cifre - il fee di ingresso è di appena 14.500 euro - nell’andare in Cina per avviare una propria struttura e iniziare a fare trading internazionale. Offriamo un corso di formazione

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NOIENERGIA.COM

GENESI LIFE

LA RETE CHE DÀ LA SCOSSA ANCHE AGLI AFFARI

PUNTANDO SUL BAMBÙ IL RENDIMENTO È DETRAIBILE

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THE LONGEVITY SUITE

GIUSEPPE CICORELLA

L’ETERNA GIOVINEZZA È UN INVESTIMENTO REDDITIZIO

MATTONE DOPO MATTONE COSTRUISCI LA TUA RENDITA

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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE

presso i nostri uffici su tutte le tecniche del trading internazionale e su tutti i flussi da gestire, nonché l’utilizzo del marchio, conosciuto a livello nazionale, con conseguente beneficio delle numerose attività web e social a supporto. E gli affiliati determinano in autonomia i prezzi dei propri prodotti e, di conseguenza, i guadagni». I prodotti inseriti nel gestionale sono tutti “collaudati”, con schede tecniche, prezzi, dimensioni dell’imballo e peso: «È possibile calcolare in tempo reale sia il costo del prodotto che del trasporto aereo, via mare o via treno», spiega Di Giorgio. «E i nostri franchisee hanno a disposizione tutto il nostro team: supply chain, produzione e a prontezza merce», continua Di ufficio fatturazione, certificazioni, interfaccia Giorgio. «Il team Italia fornisce al cliente tutte con agenzie doganali e i nostri product manale certificazioni necessarie all’importazione e ger con expertise importanti su diverse catela commercializzazione di ogni prodotto, vegorie merceologiche, dall’arredamento all’abrificando e informandosi presso le istituzioni bigliamento, dal pet all’elettronica». doganali italiane e cinesi. Salvo eccezioni, il buCatalogo a parte, l’affiliato a China-Wi potrà siness model di China-Wi è basato sul termine sviluppare insieme ai product manager di ridi resa Fob (Free on Board – Franco a Bordo). ferimento prodotti nuovi ed innovativi, usuCiononostante, China-Wi tramite terzi supporfruendo anche dell’ufficio grafico interno, per ta il cliente nelle fasi di trasporto (nave, aereo, brandizzare e personalizzare al meglio ogni treno, misto), operazioni doganali e sdoganaprodotto o packaging. Potrà spaziare all’intermento, e consegna presso la destinazione finano del proprio gestionale per fare offerte, decile indicata dal cliente». dendo liberamente i margini e le quantità. «Gli Vietato improvvisare: «per l’affiliato è un moaffiliati hanno costanmento fondamentale SUPPLY CHAIN, CERTIFICAZIONI, temente a disposizioper il successo del INTERFACCIA CON LE AGENZIE DOGANALI: ne informazioni circa progetto», spiega Di CHINA-WI METTE LA PROPRIA EXPERTISE i prodotti best-selling Giorgio. «L’affiliato freA DISPOSIZIONE DEGLI AFFILIATI di tutte le categorie quenterà una formamerceologiche trattate, con tutte le specifiche zione presso la sede italiana di China-Wi, che necessarie per poter sviluppare le offerte a tutprevede due fasi ognuna di 5 giorni lavorativi, ti i loro clienti», sottolinea Di Giorgio. Il team durante le quali saranno svelati tutti i “segreti China-Wi svolgerà l’attività di ricerca fornitori, del mestiere”, le procedure e le tecniche di geconfrontando e valutando le diverse proposte stione delle diverse categorie merceologiche. sul mercato interno cinese, selezionando il Su richiesta sarà possibile effettuare un periomiglior fornitore in termini di qualità/prezzo, do di formazione presso la sede di Shanghai». in termini di affidabilità, di certificazioni ed in Il supporto è a 360 gradi: i merchandiser con termini di struttura produttiva. base operativa primaria in Cina, con la superviAltro che “cinesate”: «Il team Cina Wi si occupa sione e la collaborazione dei product manager, personalmente di effettuare i controlli di quasono l’interfaccia di tutte le aziende di produlità in fabbrica in diversi momenti: prima di aszione, seguono costantemente i cicli produttisegnare la produzione al fornitore, durante la vi, verificano puntualmente il mercato dell’in-

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dustria al fine di garantire il miglior rapporto di qualità e prezzo, presidiano l’intero territorio asiatico con l’intento di individuare nuovi prodotti o nuove materie prime e assistono nelle problematiche quotidiane legate ai tecnicismi di produzione. L’ufficio Shipping con sede principale in Italia gestisce i flussi delle merci dalla Cina in via aerea e via mare, selezionando il miglior partner logistico a seconda del porto di destino e in funzione dei volumi e del timing richiesto. L’ufficio Account si occupa del flusso finanziario, assiste l’affiliato nelle procedure bancarie, nella gestione dei rapporti in valuta e lo supporta per una corretta gestione del cash flow, ottimizzando i rapporti cliente/affiliato/fornitore. L’ufficio commerciale di China-Wi supporta il franchisee nei rapporti e negli incontri con i propri clienti, nelle prime trattative, e negli approfondimenti prodotti. L’ufficio marketing e comunicazione di China-Wi gestisce le attività social per ottimizzare la visibilità, si occupa di campagne stampa, gestisce il sito internet, e tutta la comunicazione verso terzi. L’ufficio grafico interno a disposizione anche degli affiliati, infine, garantisce velocità ed immediatezza, in termini di personalizzare dei prodotti con il fine di assecondare le richieste dei clienti, propone packaging innovativi e personalizzati mediante loghi e varianti richieste del cliente evitando così di sostenere inutili perdite di tempo e costi. Agli affiliati non viene richiesta alcuna royalty: «I costi fissi sono tutti a nostro carico, visto che già abbiamo gli uffici, i dipendenti, eccetera», conferma il partner China-Wi. «Certo, esistono costi variabili, ma parliamo di cifre irrisorie: per usufruire degli uffici di Roma e Shanghai la fee giornaliera non supera i 200 euro, e ce ne vogliono al massimo 500 per la ricerca di nuove categorie merceologiche o prodotti speciali, mentre il contributo per le campagne social e web marketing è di 150 euro al mese». https://china-wi.co/franchising info@china-wi-net


in collaborazione con accelera I.G.I. INVESTIMENTI GROUP COMPANY

Gli “angeli” che fanno volare le aziende Accelera Hub è l’incubatore di Igi Investimenti Group. È uno dei pochissimi acceleratori a disporre di capitali diretti da investire, ha già erogato 176 milioni di euro e oggi cura lo sviluppo di 312 aziende di Victor De Crunari

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onosciamo profondamente le dinamiche delle imprese: la nostra struttura è composta da manager internazionali specializzati nelle varie funzioni aziendali». Malgorzata Iwona Dec (nella foto) guida, da Managing Director, incubatore di Igi Investimenti Group, uno dei pochissimi acceleratori a disporre di capitali diretti da investire: ha già erogato 176 milioni di euro e oggi cura lo sviluppo di 312 aziende. Quando si parla di accelerare una start-up, Malgorzata Iwona Dec sa bene come muoversi: «Quando un’impresa entra nel nostro acceleratore viene seguita da un angel investor dedicato che coordina simultaneamente il team di specialisti su assi strategici sensibili delle aziende», spiega. Le direttrici sono tre: «sviluppo del fatturato sia italia che estero», spiega, «apertura di nuovi mercati ed installazione di basi operative sia industriali che commerciali nei Paesi che riteniamo domestic country, quali Polonia, Azerbaijan, Turchia, Usa, Romania, Belgio e Spagna, Paesi dove abbiamo una presenza industriale consolidata con la capogruppo. Infine, servizi di corporate finance avanzata e tax planning». Ma non solo: «Nel 2020, in pieno Covid-19, abbiamo costituito una struttura, all’interno di Accelera Hub, dedicata al microcredito fino a 50mila euro alle piccole imprese per agevolare le nuove startup di persone che hanno perso il lavoro». prosegue Malgorzata Iwona Dec. «Anche questa divisione ci sta dando grandi soddisfazioni». Quanto all’accelerazione, sono i nume-

ri a parlare: «Il tasso di crescita dimensionale delle aziende che seguiamo è del 18% Yoy e con soddisfazione posso dire che abbiamo aiutato tutte le nostre imprese a superare in scioltezza gli impatti economici del Covid-19, accompagnandole in un profondo ripensamento dei loro processi interni, dei loro mercati e dei loro servizi con la rielaborazione di business plan di rilancio a prova di Covid. Tutti gli angel investor hanno ricoperto incarichi manageriali su grandi aziende di proprietà di Igi Group e conoscono profondamente i bisogni di un azienda in crescita che oltre di capitali ha bisogno di adeguamenti delle proprie strutture organizzative e manageriali. È per questo che al nostro interno abbiamo specialisti di Head Hunting e

di Riorganizzazione industriale e trasferimento tecnologico». La struttura è composta da 36 professionisti su due basi operative in Italia, Roma e Modena, e nove all’estero: Varsavia, Cracovia, Barcellona, Baku, Istanbul, Miami, Bucarest, Brussels ed Alessandria D’Egitto. «Gli angel investor responsabili delle divisioni di specializzazioni realizzano piani personalizzati di finanza e private equity in un orizzonte di cinque anni sul cliente in modo da programmare per tempo il fabbisogno finanziario cui provvediamo direttamente», spiega la Managing Director di Accelera Hub. «Oggi abbiamo delle eccellenze di servizio che sono lo sviluppo del business dei clienti con gare e appalti internazionali, dove le nostre specialist intermediano circa 800 milioni di euro al mese di gare a rilevanza europea con una percentuale di successo del 65% (dato al dicembre 2020) ed i servizi di private equity research che nell’anno appena concluso hanno realizzato l’obiettivo di 1,280 miliardi di euro di raccolta a favore delle nostre aziende. I nostri startupper ideali sono specialisti che decidono di intraprendere una nuova strada imprenditoriale o aziende ed imprenditori consolidati che coltivano con determinazioni l’ambizione della crescita multinazionale su mercati ad alto tasso di evoluzione dove Accelera Hub è in grado di accompagnare». www.accelerahub.com

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Quella rete che dà la scossa (anche) agli affari È un mercato in fermento, quello delle forniture energetiche, nel quale NoiEnergia si posiziona come player ad alto potenziale, con un modello di franchising che consente ritorni sull’investimento in soli dieci mesi a cura della direzione marketing

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oiEnergia è un’azienda di fornitura chi lo abita; non vogliamo che NoiEnergia energetica, nata a Molfetta (Ba) nel venga percepita come una realtà lontana, gennaio del 2014 e ufficialmente vogliamo che venga identificata con persooperativa come fornitore diretto di energia ne vicine ai clienti, persone in cui si possada novembre 2016. Nata da quattro imno riconoscere e che siano in sintonia con i prenditori molfettesi, nel corso degli anni valori della nostra azienda», spiega Saverio l’azienda è diventata Bufi, direttore comNOIENERGIA PUNTA SULL’APERTURA il punto di riferimenmerciale e markeDI SEDI FISICHE SUL TERRITORIO to nel settore della ting dell’azienda, che PER ANNULLARE LA DISTANZA fornitura energetica prosegue: «Abbiamo TRA UTENTE E FORNITORE per un pubblico semdiverse trattative in pre più numeroso, arrivando ad accogliere fase molto avanzata per aperture in divernel proprio portafoglio oltre 10mila clienti, si punti della Puglia; la prossima apertura mediante la costruzione di un rapporto baprevista è quella di Santeramo in Colle, in sato sulla fiducia e sulla relazione umana. provincia di Bari, mentre al momento ab“Noi” ed “Energia”. Il senso sta tutto qui. La dimensione collettiva, che rende il cliente realmente parte di una grande famiglia, e il settore di riferimento, nel quale viene trasportato entusiasmo, competenza e professionalità. La scelta di sviluppare il franchising Il mercato dell’energia è in fermento, soprattutto grazie alle possibilità offerte dall’EcoBonus e dalle Lec, che sono il futuro dell’economia italiana, energetica e non. L’azienda crede fermamente nella formula del franchising, «perché crediamo nella forza del territorio e nella relazione con

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biamo due punti vendita gestiti direttamente da noi, due uffici in franchising in Puglia e tre uffici in franchising in Sicilia, a Biancavilla, Adrano e a Paternò. L’ufficio di Biancavilla, il nostro primo affiliato, nel tempo è diventato addirittura reseller di energia, evolvendo il proprio business. Questo è uno dei nostri grandi punti di forza del nostro progetto: la possibilità di diventare reseller in proprio». L’amore nei confronti del territorio in cui si lavora è la prima caratteristica che si ricerca in un potenziale affiliato di NoiEnergia, che non è un semplice intermediario tra l’azienda madre e il cliente, ma il vero e proprio


A sinistra e nella pagina a fianco, gli uffici di NoiEnergia di Terlizzi. Sotto, gli uffici di Molfetta

animati dalla curiosità, dalla determinazione e dalla resilienza».

fornitore diretto di luce e gas della propria città e del proprio territorio. Torniamo a far parlare Saverio Bufi, che ci spiega più nel dettaglio il profilo di un ideale candidato ad aprire un ufficio in franchising di NoiEnergia: «È una persona sveglia, dinamica e coraggiosa, una persona positiva e proattiva, che è pronta ad abbracciare il cambiamento in atto nel settore energia ed esserne protagonista insieme a noi. Il nostro affiliato tipo è il consulente che già lavora nel settore e vuole crescere ed espandere il suo business diventando imprenditore». Ma non è solo la possibilità di entrare nel mondo della fornitura energetica aprendo un ufficio in franchising l’unica fonte di business a cui si va incontro abbracciando la filosofia del progetto, ma anche quella di diventare fornitore in proprio, e il caso dell’ufficio di Biancavilla lo dimostra; ufficio che è passato da punto in franchising a fornitore autonomo di energia. NoiEnergia non cerca solo persone che già lavorano nel settore, ma anche «imprenditori di settori affini interessati a completare il proprio portafoglio,

La formazione del franchisee Elemento fondamentale del percorso di chi decide di approcciare il progetto NoiEnergia è quello relativo alla formazione. Il franchisee viene infatti formato online, su una piattaforma proprietaria nella quale vengono caricati periodicamente videocorsi formativi e materiale di studio; contestualmente c’è un percorso di formazione operativa sul campo, con un periodo di affiancamento, nel momento dell’inserimento iniziale con i nostri tutor, energy advisor veterani attivi sul territorio. Oltre alla formazione online, poi, i vertici dell’azienda tengono periodicamente workshop formativi che tengo in prima persona. CRM, APP E TOOL ALL’AVANGUARDIA SUPPORTANO QUOTIDIANAMENTE L’AFFILIATO NELLA GESTIONE DELLA RELAZIONE CON IL CLIENTE

L’offerta del progetto di franchising di NoiEnergia include l’uso del Crm commerciale e del software di fatturazione, la possibilità di utilizzare l’app NoiCommunity come strumento di marketing, workshop di formazio-

ne, tool di marketing automation e il supporto del nostro team marketing, l’operatività del nostro servizio clienti e tanto altro ancora. NoiCommunity, l’app mobile di NoiEnergia, è un’app rivoluzionaria per il settore perché permette di abbinare alla vendita di contratti di luce e gas anche la possibilità di avere una vetrina di retail marketing per le microattività che sono clienti di NoiEnergia, fornendo un enorme stimolo all’economia del territorio grazie alle possibilità offerte dal marketing di prossimità. NoiEnergia offre la possibilità di utilizzare un marchio conosciuto e ben posizionato nel mercato dell’energia, un marchio che ha già la fiducia di oltre 10mila clienti, supporto e formazione continuativi e l’accesso agli strumenti e strategie di marketing più avanzate. Al franchisee viene chiesto entusiasmo, voglia di fare e di imparare, voglia di mettersi in gioco e migliorare giorno dopo per crescere tutti insieme. Le prospettive di guadagno Un franchisee può raggiungere il break even dell’investimento di solito tra il decimo e il dodicesimo mese di attività; il guadagno del franchisee è variabile, poiché si basa sul numero di clienti in portafoglio. Un’ulteriore fonte di guadagno è rappresentata dalla possibilità di effettuare sia upselling che cross selling, vendendo prodotti extrautilities ma collegati al mondo della fornitura energetica, rateizzandone il pagamento inserendolo direttamente In bolletta. www.noienergia.com franchising@noienergia.com Tel. 080/3387704

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Puntando sul bambù il rendimento è detraibile Investire nelle piantagioni di bambù gigante Moso affidando la coltivazione a specialisti e godendo degli sgravi Irpef: è l’offerta di Genesi Life, che assicura un business a lungo termine di Riccardo Venturi

U

na scrupolosa attenzione all’attecchimento e alla crescita delle piante, con una cura agronomica importante specie nei primi tre anni dopo la piantumazione; e la possibilità per i soci, che sono anche proprietari, di visitare le piantagioni quando lo desiderano. È la via al bambù di Genesi Life, azienda che crea società agricole a responsabilità limitata che si occupano di piantumare al proprio interno coltivazioni industriali e commerciali ad alta intensità di bambù gigante Moso. «Tutti i nostri impianti sono visitabili» spiega Ivan Beltrame, cofondatore di Genesi Life con Bader Abdouni e Monica Nota, «anche perché sono in condizioni eccellenti. Se non si attua una cura agronomica molto

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importante nei primi tre anni, si possono avere delle fallanze, dei mancati attecchimenti. Ci avvaliamo di agronomi interni ed esterni, guidati da Abdouni, e utilizziamo impianti di fertilizzazione all’avanguardia». L’idea è nata nel 2014: «Mi sono innamorato del prodotto» racconta Beltrame, «e siccome mi occupavo di reti commerciali di vendita da 20 anni, mi è venuto naturale proporlo. Mi sono accorto di un grosso limite: il bambù era destinato esclusivamente ai produttori agricoli, ci voleva un terreno e chi lo coltivasse. Così abbiamo studiato una formula che permettesse di renderlo accessibile a tutti». È nata così l’idea di creare società di scopo, srl agricole, la prima nel 2016. «Genesi Life entra

al 20% in ogni società agricola che costituisce» spiega il cofondatore: «l’80% è dei soci, che hanno il vantaggio di non dover investire tempo e competenze, perché della piantumazione e della manutenzione ci occupiamo direttamente noi. La maggior parte dei soci non sono imprenditori agricoli, ma beneficiano del business perché sono i reali proprietari e dividono gli utili». Genesi Life costituisce la srl a monte, e poi fa una raccolta di capitale autorizzata, proponendo l’acquisto di quote della società agricola. È in corso la raccolta per Genesi Pegaso, nuova società e nuovo impianto in provincia di Alessandria che sarà piantumato entro la tarda primavera, che dai soci di capitale ha l’obiettivo di raccolta di poco più di 1,5 milioni in quote da 19mila euro o multipli. Il bambuseto precedente è stato piantumato lo scorso mese di maggio 2020: l’attività agricola non si è fermata nemmeno in piena pandemia. Il modello di business ha dimostrato di funzionare: le altre cinque srl già esistenti e finanziate hanno i bambuseti tra la stessa provincia di Alessandria e quelle di Asti e Cuneo; gli ettari complessivi sono circa 70, ma c’è anche un progetto istituzionale da 200 ettari interi, con diversi fondi di investimento interessati e trattative in corso. L’investimento nel bambù gigante nei primi


I fondatori di Genesi Life: Ivan Beltrame, Monica Nota e Bader Abdouni

anni non dà reddito, ma una volta che l’imdel raccolto primaverile, che sono utilizzati pianto è messo a dimora ne produce per alsoprattutto nella cosmetica, si deve attendemeno 80. Nei primi anni infatti non ci sono re dal quarto al quinto anno; per il culmo, la raccolti, e inoltre per i primi 5 anni trattandosi canna, dal settimo all’ottavo anno. Il business di startup innovative l’utile non si distribuiplan va dai 10 ai 20 anni, ma nella realtà camsce, per non perdere il beneficio fiscale. A quel po e società saranno ancora operativi per 80 punto però si crea un’entrata automatica che anni, così andranno agli eredi dei soci». La dura nel tempo, e addirittura tra generazioni, redditività del bambuseto dopo i primi anni visto che le quote societarie di queste srl sono di crescita è in grado di attrarre anche gli incedibili ed ereditabili. Il bambù gigante infatti vestitori meno ecologisti. «Nel dettagliato ha oltre 1500 applicazioni, dalla bioedilizia business plan che inviamo a chi è interessato» agli yacht di lusso, dai spiega il cofondatore IL BAMBÙ GIGANTE HA OLTRE 1.500 mangimi al rivestidi Genesi Life, «ci sono AMBITI DIVERSI DI APPLICAZIONE mento delle automoquattro diverse previCHE VANNO DALL’ALIMENTARE bili. Negli Stati Uniti, sioni di rendimento, ALLE IMBARCAZIONI DI LUSSO per esempio, la fibra da quella più prudendi bambù può sostituire le armature d’acciaio ziale a quella più entusiasmante. Questo delta nei grattacieli antisismici. La legge inoltre predipende dal fatto che i possibili sbocchi sul vede un beneficio fiscale molto importante: lo mercato del bambù sono oltre 1500, e finché sgravio Irpef del 50%. l’impianto non è a regime non si può sapere «Quello con noi è un investimento di medio con certezza dove si andrà a parare. Se ventermine» afferma Beltrame, «che al decimo deremo tutto il bambù per fare yacht di lusso, anno è ampiamente ammortizzato; da allora è chiaro che la redditività sarà altissima; se in poi si crea un’entrata automatica aggiuntiinvece ne faremo cippato sostituivo dei manva. Come qualunque investimento agricolo, gimi più tradizionali, sarà più bassa. Anche il richiede qualche anno per diventare profittegermoglio alimentare va a ruba, specie tra i civole. Così come per un vitigno non è che oggi nesi che vivono in Italia: lo si vende da 2 euro lo si impianti e il mattino dopo ci sia il Barolo, al chilo fino ai 5-7 euro del calibro più grosso. anche nel bambù per avere i primi germogli Tornando al rendimento, si va comunque da

un minimo del 20 a un massimo del 50%». Ciò non toglie che l’appeal di questo investimento abbia una forte connotazione green: «Il bambuseto è in perfetta armonia con il pianeta» sottolinea Beltrame, «non usiamo pesticidi, tagliare i bambuseti significa non disboscare le altre foreste; se ne taglia un terzo all’anno e ricresce tutti gli anni. Dal punto di vista ambientale insomma ci sono solo vantaggi: un ettaro di bambù produce ossigeno come 20 ettari di bosco». Il cofondatore ci tiene a precisare che quello in bambù è un investimento non finanziario, ma imprenditoriale. «L’investimento finanziario è immateriale, il bambuseto invece lo si calpesta, si vede se le piante sono in salute, e i nostri soci lo fanno perché amano farlo» rimarca il cofondatore di Genesi Life, «la domenica se vogliono possono fare una gita fuori porta per vedere l’impianto. Chi investe è perché crede in questi valori, se volesse fare un investimento speculativo potrebbe scegliere tra tanti altri. I nostri soci tra l’altro sono soci proprietari a tutti gli effetti, a differenza di quanto avviene in altre realtà, e in quanto tali partecipano alle assemblee dei soci una o due volte all’anno». I soci delle srl agricole di Genesi Life sono oltre un centinaio. «Si va da imprenditori primari nei loro settori» mette in evidenza Beltrame, «che dopo averci analizzato a fondo, spaccando il capello, hanno creduto in questo progetto e in chi lo persegue, e hanno investito con noi 500-600mila euro, con punte oltre il milione di euro, fino a lavoratori dipendenti. L’investimento medio è tra i 50mila e i 100mila euro. Chi manifesta interesse riceve il business plan con tutte le informazioni analitiche, e ha a disposizione anche videochiamate via Zoom nelle quali rispondiamo a tutte le domande». www.genesilife.it Numero Verde: 800.034.509 email: info@genesilife.it

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L’eterna giovinezza? È un investimento redditizio Il network The Longevity Suite cresce a doppia cifra grazie a trattamenti antiage innovativi e al posizionamento in fascia alta. Con un format consolidato facilmente internazionalizzabile di Paola Belli

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e c’è una cosa a cui non si può rinunciare, è la cura della persona. E non si tratta solo di bellezza, ma di vero e proprio benessere. Prova ne è l’espansione, nel corso del 2020, nonostante i mesi di chiusure forzate, del network The Longevity Suite, con i nuovi centri aperti a Prato e a Cortina, e le prossime aperture di Firenze, Bologna, Napoli, Torino Verona e Trieste, che contribuiranno sensibilmente alla crescita del numero di clienti soddisfatti che in tutta Italia oggi sono oltre 6.000. «The Longevity Suite è l’innovativo network di centri antiage con posizionamento luxury in cui anni di ricerca scientifica si integrano con le più innovative tecnologie del mondo della salute e prodotti cosmeceutici d’avanguardia, per ottenere un perfetto equilibrio tra bellezza esteriore e benessere mentale», spiega il ceo Luigi Caterino. «Il metodo Longevity nasce dal lavoro di oltre 20 anni di ricerca del team del dottor Massimo Gualerzi,

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cardiologo antiage di fama nazionale e autore di numerosi libri sulla nutrizione, la salute e la longevità. Il nostro obiettivo è quello di creare il più grande brand italiano del mercato antiage attraverso un format consolidato facilmente internazionalizzabile, unico nel mercato retail grazie all’approccio integrato di background medicale, tecnologie estetiche d’avanguardia, trattamenti manuali sinergici, prodotti nutrizionali detox e cosmeceutici high tech, il tutto racchiuso in un rilassante mood luxury-design ideato dal famoso architetto del wellness di lusso Anton Kobrinetz». Freddo e Detox sono il cuore dei programmi antiage dei centri The Longevity Suite. La crioterapia Total Body, in particolare, è uno dei pilastri del metodo Longevity, un trattamento che prevede la permanenza di tutto il corpo in una camera fredda tra i -85 e -95°C per un intervallo di tempo tra i tre e i cinque minuti e che ha dei benefici straordinari per il corpo, in particolare sulla ridu-

zione dell’invecchiamento da infiammazione (inflammaging). «Il freddo inoltre è alla base di tutti i trattamenti di ringiovanimento viso e di body shaping e ha ispirato anche la creazione della linea cosmeceutica ideata per ridurre l’infiammazione e rallentare significativamente il processo di invecchiamento della pelle», aggiunge Luigi Caterino. Peraltro, proprio l’emergenza sanitaria di questi mesi ha sicuramente spostato l’attenzione delle persone verso un maggiore interesse alla propria salute: «per questo motivo il settore antiage è uno dei settori che ha registrato maggiori tassi di crescita anche dopo la diffusione pandemica del Covid-19, confermando il grande appeal del brand The Longevity Suite», sottolinea il ceo. «Il suo background medicale, unito al suo approccio olistico e al benessere delle persone, è infatti perfettamente coerente con il momento». Oltre ad aver aperto 6 centri di proprietà, a fine 2019 The Longevity Suite ha dato il via al progetto franchising, con l’apertura dei centri di Parma, Treviso, Forte Dei Marmi, Roma Eur e Prato. La formula di affiliazione prevede l’accompagnamento del franchisee in tutte le attività, dalla ricerca delle location alla ristrutturazione, dallo sviluppo di piani di finanziamento personalizzati alla guida nella selezione e formazione del personale, dalla realizzazione delle attività di marketing all’assistenza a 360°. L’investimento minimo parte da 200mila euro ed include le tecnologie, gli arredi e la startup di marketing. «Data

LUIGI CATERINO, CEO DI THE LONGEVITY SUITE


IL FORMAT Il format, localizzato in centro città e in zone a elevata affluenza, prevede uno spazio minimo di 110 mq con:

l’innovazione che il brand ha portato sul mercato, il profilo dell’affiliato ideale è quello di un imprenditore con esperienze di retail, ma che non provenga dal settore dell’estetica e del wellness affinché si lasci guidare dal know how del gruppo», spiega Luigi Caterino: «grazie alla Longevity Academy, The Logevity Suite ha portato expertise medicali e un posizionamento lusso in mondo come quello dell’estetica tendenzialmente povero di competenze e con experience “economiche”». Il fatturato medio del punto vendita è di 400mila euro, con una redditività del 25/30% e un ritorno sull’investimento previsto a 18-24 mesi.

• Cryosuite, la vera crioterapia total body, senza azoto (al contrario delle tradizionali criosaune in commercio), permette di realizzare un trattamento più performante (il coropo è totalmente imemerso nel freddo) e sicuro per il cliente (che non è a contatto con il gas azoto), minori costi/maggiore semplificazione per l’imprenditore. • Crio Total Sculpt, la prima tecnologia di body sculpting che unisce tre trattamenti in uno: criolipolisi (riduzione del grasso localizzato attraverso l’uso del freddo), Ems (elettrostimolazione

profonda) in grado di generare 10mila contrazioni all’ora e micro-correnti pulsate per trattare in profondità le fibre muscolari. • Cryoair, per la “crioterapia localizzata” con emissione di aria fredda a -32 °C per i trattamenti di ringiovanimento viso, stimolare la produzione di collagene ed elastina e ottenere il cosiddetto “frotox” un instant lifting non invasivo grazie al freddo. • Longevity Multisensory, per il “Mind Detox”, è una tecnologia innovativa per effettuare trattamenti di fotobiomodulazione altamente performanti su tutta la superficie di viso e collo grazie alla perfetta sinergia di: fasci fotonici

emessi da un sistema di led ad elevata potenza ed intensità di luce, acustica WiFi per l’ascolto di frequenze musicali che favoriscono le interconnessioni neuronali e aromaterapia inalatoria • Ultra Tone & Muscle, tecnologia per il body shaping basata su Hifem campo magnetico focalizzato ad alta intensità per attivare la muscolatura profonda di addominali, glutei, braccia e gambe con efficacia superiore al lavoro volontario. • Detox Skin Bar. Una linea cosmeceutica sviluppata da professionisti dell’estetica avanzata, integratori naturali, Bio Detox Kit e super food completano l’area longevity.

www.thelongevitysuite.com info@thelongevitysuite.com

IL NOSTRO OBIETTIVO È CREARE IL PIÙ GRANDE BRAND ITALIANO ANTIAGE 109


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Dentro il business della canapa light Entrare in un mercato che cresce a doppia cifra con il supporto di un big player del settore: è l’opportunità offerta da Cbd Logistics, che detiene anche il brand Green Spirits a cura della redazione

È

un mercato in crescita, quello della cannabis light. La consumano i giovani tra i 18 e i 22 anni (ma i maggiori consumatori sono gli over 30) e pure gli ultrasettantenni, con una spesa media, per i consumatori regolari, di 50 euro al mese. A livello mondiale, si parla di qualcosa come 25,4 miliardi di dollari, che diventeranno 26,6 entro la fine del 2026. In Italia la filiera coinvolge più di 10mila occupati, per un giro d’affari che supera i 150 milioni di euro (dai 40 milioni di quattro anni fa). Per entrare nel business senza impegnarsi in una società agricola, ci sono due strade: diventare rivenditori o affiliarsi a un brand. A offrire entrambe le opportunità è Cbd Logistics, la società svizzera nata a gennaio 2017 che ha dato l’impulso al mercato e che detiene i marchi (registrati all’ufficio della proprietà intellettuale di Berna) Cbd Logistcs e Green Spirits, che contraddistingue

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inflorescenze certificate, semenze certificate, cloni certificati, oli sublinguali certificati, estrazioni certificate e accessori legati al mondo della Canapa: circa 100 prodotti all’ingrosso disponibili su www.cbdlogistics.ch e circa 700 prodotti al dettaglio disponibili su www.greenspirits.ch. I prodotti Green Spirits sono approvati in una prospettiva socio-giuridica sia in Svizzera che in molti altri Paesi del mondo. Cresciuti grazie alla passione e all’impegno di fondatori e collaboratori, in Cbd Logistics si dicono orgogliosi della loro storia aziendale in cui ogni collaboratore ha sempre svolto un ruolo decisivo. Con sede in Svizzera, Cbd Logistics sviluppa e distribuisce B2B all’ingrosso sui mercati svizzeri e internazionali infiorescenze femminili di canapa legale e surrogati selezionati con cura e passione, ad alto contenuto di Cbd/Cbg e con un contenuto di Thc rispettoso della legge. Green Spirits si occupa della distribuzione B2C e

in collaborazione con

rivendita. Si tratta di prodotti approvati in una prospettiva socio-giuridica sia in Svizzera che in molti Paesi del mondo, Italia compresa. «La passione e la curiosità di andare oltre sono il motore del nostro lavoro», spiegano dall’head quarter di Cbd Logistics, «ma anche allo spirito di squadra, alla coerenza e all’autonomia: nel tempo abbiamo costruito insieme una realtà ben strutturata ed indipendente. E l’attenzione all’ambiente, il nostro green friendly approach, è uno stile di vita riconoscibile in ogni nostro gesto. È nella quotidianità che Cbd Logistics rispecchia i propri valori fondanti, nei piccoli grandi gesti di ogni giorno». Le risorse interne godono di un programma di formazione continua: «in un contesto socio-economico caratterizzato da cicli di cambiamento sempre più complessi il valore umano per Cbd Logistics acquista sempre più importanza». E poi c’è la rete: «Siamo partner di riferimento per clienti produttori, grossisti, investers, distributori e rivenditori nel mercato della canapa legale. E pionieri in un cambiamento sociale: contribuiamo quotidianamente all’evoluzione della percezione della prospettiva nei confronti della canapa ed i sui benefici utilizzi. Ai nostri partner offriamo mezzi per sviluppare una costante capacità di adeguamento al mercato, grazie al rapporto qualità/prezzo e tramite la costante acquisizione di informazioni e competenze». Diventare un partner Cbd Logistics diventa così l’occasione per inserirsi in un mercato fresco, innovativo e in crescita, entrando a far parte di un network consolidato che garantisce qualità, continuità e capacità gestionali oltre che le informazioni utili per iniziare e organizzare al meglio la propria attività nel settore della canapa legale in Svizzera e all’estero. www.cbdlogistics.ch info@cbdlogistics.ch www.greenspirits.ch shop@greenspirits.ch


IMPRESE & OPPORTUNITÀ NELLE SCELTE DI RISPARMIO NON C’È SOLTANTO LA BANCA ANNI DI SCANDALI FINANZIARI, CONFLITTI D’INTERESSE E CASI DI “RISPARMIO TRADITO” (DAI DIAMANTI D’INVESTIMENTO ALLE AZIONI ILLIQUIDE E COMPRATE A PREZZI DA AMATORE DI BANCHE NON QUOTATE) HANNO FATTO PERDERE LA CENTRALITÀ DELLA BANCA COME INTERLOCUTORE PRIVILEGIATO. Nella gestione delle finanze personali il 50% dei risparmiatori italiani non ha fiducia negli intermediari finanziari tradizionali e va alla ricerca di un esperto competente. Un italiano su tre è disposto a pagare per ricevere una consulenza priva di conflitti d’interessi, trasparente e a valore aggiunto. È questo l’ambito in cui si muove da 20 anni SoldiExpert Scf (www.soldiexpert. com) fra le prime società in Italia a riIL COVID-19 SI PUÒ DIFFONDERE ATTRAVERSO PARTICELLE VIRALI IN SOSPENSIONE NELL’ARIA, O PER VIA INDIRETTA CIOÈ ATTRAVERSO CONTATTO CON SUPERFICI

volgersi a piccoli e grandi investitori per fornire una vera consulenza indipendente che non è lo standard nel settore. «Il risparmiatore può ricevere con SoldiExpert Scf – spiega Roberta Rossi (nella foto), responsabile della consulenza personalizzata - una consulenza una tantum o continuativa e operare con la banca che desidera; noi non tocchiamo i soldi dei clienti e i nostri interessi sono allineati, visto che non prendiamo commissioni sui prodotti raccomandati. E questo è molto apprezzato per chi capisce cosa può voler dire nel tempo: minori costi, ampiezza della gamma di strumenti raccomandati, portafogli più liquidi nei momenti più ribassisti dei mercati». SoldiExpert Scf fra le società pioniere in Italia nella consulenza indipendente (e

fra le prime iscritte all’Albo Ocf della categoria) offre da vent’anni consulenza patrimoniale a risparmiatori con patrimoni da qualche decina di migliaia di euro a diversi milioni con esigenze di tutti i tipi e con una gamma di soluzioni molto ampia poiché non ha prodotti propri da collocare e può consigliare e valutare l’intero universo investibile: azioni, obbligazioni, Etf, fondi, polizze... www.soldiexpert.com

SANIFICAZIONE DI AMBIENTI E IMPIANTI ECCO COME FARLA A REGOLA D’ARTE

CONTAMINATE DA BATTERI, VIRUS E SPORE. «Consigliamo ai nostri clienti di effettuare interventi di sanificazione di ambienti chiusi sia sulle relative superfici/oggetti, ma anche degli impianti aeraulici», spiega Rocco Ruggiero, Amministratore Delegato di Fervo, gruppo italiano specializzato in

servizi di facility management ed energy management. «Per le superfici è importante l’integrazione di due diverse modalità: sanificazione di contenimento quotidiana per la riduzione del livello di carica batterica e sanificazione preventiva di azzeramento della carica batterica. Non bisogna dimenticare, appunto, che la diffusione del virus avviene anche attraverso particelle in sospensione nell’aria. La nostra società Fsi è impegnata in prima linea per decontaminazione e sanificazione impianti trattamento aria in ottemperanza e conformità delle leggi e normative vigenti». Prosegue Ruggiero. Per fronteggiare la diffusione del virus giocano un ruolo fondamentale la verifica e il

ripristino delle condizioni igieniche dell’unità di trattamento aria, con la disinfezione di tutte le sue superfici interne, compresa la pulizia dei relativi filtri, e la decontaminazione e sanificazione dei canali dell’impianto aeraulico. Attraverso mezzi robotizzati si effettua una video ispezione di valutazione per poi procedere con interventi di aspirazione, spazzolatura e sanificazione degli stessi con na speciale pellicola bioprotettiva. «Queste attività, da effettuare periodicamente, giocano un ruolo fondamentale per il contenimento della diffusione del Covid-19 a tutela della salute di lavoratori, fornitori e pubblica utenza», conclude Rocco Ruggiero. https://fervo.net

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IMPRESE & OPPORTUNITÀ

Mattone dopo mattone costruisci la tua rendita Giuseppe Cicorella è un self made man, che Oltreoceano acquista dalle banche, ristruttura e affitta immobili, ottenendo un ritorno di oltre il 23% con il progetto JCGREI. Un’opportunità aperta a chi vuole investire nel real estate made in USA stando in Italia “TI RACCONTO COME UN BAMBINO,

PARTITO DA ZERO, HA REALIZZATO IL SUO SOGNO CON IL REAL ESTATE IN AMERICA E COME PUOI FARLO ANCHE

TU”: c’è tutto Giuseppe, in questa frase, c’è tutto Giuseppe Cicorella come si racconta nel suo libro, “Il bambino che sognava di cambiare il mondo (una monetina alla volta)”. È un vero self-made-men, è nato a Conversano – località magica alle porte di Bari, la preromana Norba, poi capoluogo aragonese – e a 17 anni è emigrato a Milano per poi ri-emigrare, vent’anni più tardi, negli Stati Uniti. Ed oggi, a Cleveland, nell’Ohio, controlla un insieme di attività immobiliari il cui valore supera i 25 milioni di dollari e un gruppo di alcune centinaia di investitori che puntano sul suo fiuto degli

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affari. Ma andiamo per ordine, partendo dalla fine. Chi è Giuseppe Cicorella, oggi? È un business man che ha scelto di lavorare negli USA – prendendosi il rischio di allontanarsi dal piccolo impero di 12 agenzie immobiliari classiche che aveva aperto in Italia – per pensare più in grande. Offrendo opportunità d’investimento ambiziose, non per tutte le tasche, ma in grado di generare ritorni importanti su una “asset class” (tradotto: un tipo di investimento) che sul medio termine non ha mai tradito: l’immobiliare residenziale negli Stati Uniti. Ha iniziato a lavorare in America nel 2006, restando ancora con i piedi piantati in Italia. Poi il grande salto, la decisione di stabilirsi negli USA, un investimento importante – l’acquisto di un

ristorante – per poter ottenere il Visto E2 e e i primi corsi americani per diventare investitore USA a stelle e strisce a tempo pieno. “Un incontro importante fu quello con il leader del real estate americano, Grant Cardone, che mi ha insegnato tanto, tutto il necessario”, racconta Cicorella. “E poi un fondamentale incontro di business, col colosso bancario J.P. Morgan. Mi avrebbero assunto, ma il mio visto non lo permetteva. Mi riproposi come partner d’affari: selezionavo immobili, glieli proponevo per i loro fondi, conservando una prelazione. Fu la svolta”. Già, perché in quel modo Cicorella iniziò a costruire il proprio patrimonio. Con un’idea anticonformista. Nella quale ha negli anni coinvolto decine di investitori che hanno scommesso su di lui, evidentemente trovandosi bene. Di che si trattò? “L’idea del mio progetto, che si chiama JCGREI BRRRR, sta tutta in queste iniziali dopo la sigla, che significano: buy, acquista; rehab, ristruttura; rent, affitta; refinance, rifinanzia; repeat, ripeti. Chiaro? Ora mi spiego”. E Cicorella si spiega, che poi è il suo forte, perché sa farsi capire e sa convincere. Un’operazione “delle sue” consiste nell’acquistare un appartamento residenziale in condizioni subottimali (che costa in media il 30% in meno del valore di mercato degli immobili comparabili ma in buone condizioni), ristrutturarlo per valorizzarlo e riaffittarlo a un buon canone. A questo punto farsi finanziare i costi sostenuti da una banca e con il margine generato dai canoni mensili che arrivano, fare una nuova operazione, analoga. In questo momento, JCGREI gestisce ben 300 ap-


durata del contratto, infatti, la società proprietaria non paga nulla alla società di property management, diversamente da quel che avrebbe dovuto fare se non avesse avuto JCGREI come socio. Ad esempio negli USA l’intermediario che trova l’inquilino di solito intasca, per questo, una mensilità all’anno, che con JCGREI non deve essere invece pagata. Schematizzando: su un affitto mensile lordo di 1.000 dollari, l’investitore ne incassa 750, ma così paga il management, la manutenzione, la gestione degli inquilini e tutto il resto. “Il ROI – return on investment – nel nostro track record è stato finora mediamente del 23%”, assicura Cicorella, “contro una media del mercato del 5%. Per fare un esempio: se il prezzo d’acquisto di un appartamento in Italia è di 100mila euro, un ROI del 5% significa che si incassa dall’inquilino 5mila euro all’anno. Questo accade anche in molte località americane, dove semmai si incassa poco di più. Con il nostro metodo, invece, a Cleveland noi – ripeto - otteniamo ritorni sugli investimenti che superano mediamente il 23%!”. Certo, bisogna fidarsi e affidarsi: ma del resto chi, senza essere del mestiere e

senza vivere in loco, potrebbe investire negli Stati Uniti a simili rendimenti, facendo da sé? Invece, con questa partnership si può e senza nessuna seccatura burocratica: l’investitore finanziario non deve occuparsi praticamente di nulla, né della creazione della società né dell’apertura del conto corrente, della scelta degli immobili, la selezione dell’inquilino, l’ eventuale sfratto eccetera. “La forma societaria scelta per il tuo investimento è la Llc (limited liability company) che è paragonabile ad una S.r.l. italiana – spiega Cicorella - Questa società garantisce la massima tutela del patrimonio societario ed una netta separazione di quest’ultimo da quello personale”. Ma che sicurezza si ha della destinazione del proprio denaro? La massima possibile in America, perché i soldi non vanno a JCGREI bensì, al momento dell’acquisizione, ad un notaio che, oltre a ricevere il denaro dando in cambio il titolo di proprietà dell’immobile, effettua tutte le ricerche necessarie a validare l’atto, sincerandosi che il bene sia pulito e non abbia ipoteche: ricerche che un agente immobiliare non sarebbe in grado di effettuare. Ma dove vuole arrivare, Cicorella? Be’, il sogno ce l’ha grande, e lo afferma senza falsa modestia: “Sviluppo del mercato in Ohio a Columbus ed a Cincinnati; ampliamento delle attività in Florida, e precisamente a Sarasota , Tampa, Orlando e Jupiter; crowdfunding in Italia; quotazione in Borsa; sviluppo del real estate commerciale con catene alberghiere e multioffice!”. Da Conversano al mondo.

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A CURA DELLA DIREZIONE MARKETING

partamenti del valore di oltre 25 milioni di dollari e incassa più di 250 mila dollari di affitti al mese. Il guadagno della società di gestione, cioè di Cicorella, è tutto in conto capitale: ovvero il suo compenso per la gestione integrale delle operazioni consiste nell’intestarsi il 25% della proprietà degli immobili, la valorizzazione nel tempo rimborserà ampiamente gli investitori finanziari che non dovranno occuparsi assolutamente di nulla. Cicorella sa che questo schema può sembrare rischioso, se non temerario. Ma la buona riuscita delle operazioni che fa si riverbera direttamente nelle sue tasche, perché il suo guadagno sta nel valore che raggiungono le sue quote del 25% nelle varie proprietà, e per questo – sostiene – chi investe con lui, se lo porta sulla stessa barca: “Per guadagnare noi, bisogna che il nostro cliente guadagni il quadruplo!”, sintetizza. È chiaro che la conoscenza specialistica di un mercato è determinante per la buona riuscita di queste operazioni: e Cleveland oggi è una piazza in boom, con un flusso costante di newyorkesi che vi si trasferiscono lavorando parzialmente in smart-working. Sostiene Cicorella, con forti argomenti, che negli USA l’investimento immobiliare è incentivato, con criteri sideralmente migliori di quelli che affliggono il real estate italiano. Dunque, il progetto JCGREI prevede che l’investitore acquisti l’immobile costituendo una società LLC della quale la holding di Cicorella diventa partner al 25%.Già l’acquisto al prezzo d’occasione è il primo presupposto del business, e nasce dalla capacità di selezione di JCGREI. La gestione è gratuita: per tutta la


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ANATOMIA DI UNA SHIT STORM

Quando l’odio social e l’ingenuità nella comunicazione si incontrano, l’effetto è esplosivo. Ma siamo proprio sicuri che il danno sia irreparabile? Tutto dipende dal “buffer reputazionale”...

di Marina Marinetti

L’

di Tamma... E, per non passare per nostalgici, odio social ha colpito ancora. Questa stare alla larga dai paccheri reali, monarchici volta è toccato a La Molisana, “rea” di come le mafalde e le lasagne di sfoglia regina. produrre un formato di pasta dal saPer non parlare della pizza Margherita. Per capore coloniale, le Abissine rigate: è bastato un rità, qualche scivolone sul piano comunicativo post pubblicato dal fotografo Nicola Bertasi su capita a tutti (basti leggere le descrizioni dei Facebook il 4 gennaio alle 12:32, condiviso da formati di pasta coloniali sui siti di Barilla e Gaun migliaio di antifa da tastiera, per scatenare rofalo per rendersene conto), ma al di là delle la resistenza. Ventisette ore e 53 minuti dopo, epurazioni alimentari, il 5 gennaio alle 16:25, QUANDO LA SHIT STORM SI SCATENA siamo così sicuri che l’azienda postava a sua SU UN BRAND POCO CONOSCIUTO scatenare l’odio sui volta un messaggio IL DANNO È INDELEBILE. ECCO PERCHÈ di scuse e il proprio SERVE PRESIDIARE LA COMUNICAZIONE social porti a un danno irreparabile? Tutto impegno a rivedere dipende dalla reputazione che il brand aveva i nomi dei suoi formati. A essere coerenti doprima del fattaccio. «Quando la shit storm di vremmo fare di tutto il grano un fascio, metscatena su un marchio non tanto conosciuto, tendo all’indice per apologia di colonialismo il danno c’è e rimane per sempre», spiega a anche le Tripoline che richiamano alla conquiEconomy Auro Palomba, founder e presidente sta della Tripolitania nel 1912, prodotte (oltre di Reputation Science, la prima società in Italia che da La Molisana) anche da Divella, Barilla e ad adottare un approccio scientifico e integraGarofalo, o quelle in vendita sugli scaffali di Esto nel gestire la comunicazione e la web reputaselunga e perfino di Coop, oppure le Bengasine

Attenti al web: se è vero che la lingua taglia più della spada, i ruggiti dei leoni da tastiera creano danni che possono essere irreparabili. Lo abbiamo visto recentemente con il caso dei formati di pasta che richiamano al colonialismo. E se il web è insidioso per l’estrema accessibilità e facilità d’uso, di contro l’email marketing rischia di fare

117 STAND OUT IL PERSONAL BRANDING A MISURA DI MANAGER

118 EMAIL MARKETING NELLE MAGLIE DELLA RETE SI IMPIGLIANO I CLIENTI

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COMUNICARE L’IMPRESA

tion di aziende, manager e istituzioni. Tra i suoi clienti, per capirci, figurano colossi come Google, Tim, Enel. E Atlantia. «La Molisana è uno dei primi marchi di pasta italiani, ma il grande pubblico ne ha sentito parlare per la prima volta in associazione al “gusto littorio”. Questo episodio rimarrà per sempre nella loro storia digitale, che non si cancella. Se però si costruisce una solida reputazione, la crisi colpisce sul momento, ma non rimane. È il lavoro di comunicazione precedente a contraddistinguere la reputazione di un brand». Bisognava pensarci prima, in sostanza. E il pensiero corre al primo player del comparto, Barilla, il cui presidente, AURO PALOMBA Guido Barilla, il 25 settembre 2013, incalzato da Giuseppe Cruciani, fece un’incauta affercomportamenti dell’impresa», spiega a Ecomazione ai microfoni di Radio24: quel «Non nomy Fabrizio Vignati, fondatore di RepCom faremo mai spot per i gay, siamo per la famiglia e professore a contratto di Financial Commutradizionale» rimarrà per sempre negli annali nication presso l’Università di Torino. «È la degli errori di comunicazione. «Un’affermaziosommatoria delle percezioni che gli individui ne che ha causato grandi danni al marchio, spee i gruppi di fanno di un individuo o di un’orcialmente i America, dove Barilla ha il 30% del ganizzazione ed è mossa da quattro driver: il mercato e la sensibilità sul tema Lgbtq è alta, tempo (“Ci vogliono vent’anni per costruirsi mentre in Italia, dove Barilla aveva comunque una reputazione e cinque minuti per rovinarla reputazione del brand familiare e un’ottima la”, come sentenzia Warren Buffet), la coerenreputazione, il danno non c’è stato», sottolinea za tra ciò che si dice di essere e ciò che si fa, la Palomba. Proprio in seguito all’episodio, Barilla percezione del pubblico, il contesto». Va curata è diventata una delle aziende che maggiormene governata e la comunicazione interviene per te implementano pratiche inclusive, tanto che difenderla e migliorarla. Specie quando capita negli ultimi cinque anniha ottenuto il puntegdi venire colpiti dalla classica shit storm. ««Di gio più alto possibile solito le shit storm BARILLA SCIVOLÒ SULL’OMOFOBIA nell’equality index deldurano mediamente NEL 2013, MA IN SEGUITO È DIVENTATA la Human Rights Camdalle 24 alle 48 ore», UNA DELLE AZIENDE PIÙ ATTIVE paign. continua Vignati. «Il NELLE PRATICHE INCLUSIVE «In genere, comunque, copione prevede l’inva detto che, al di là dell’ingenuità di certa cocremento esponenziale sui social, il giorno municazione, l’involontaria esposizione medopo la ripresa sui media digitali, che poi viene diatica regala comunque una notorietà che a sua volta ripresa e ricommentata il giorno magari il brand non aveva prima della shit successivo sui media tradizionali. Normalstorm», chiosa Palomba. Come dire: non esiste mente le aziende mostrano paralisi e scarsa la cattiva pubblicità, esiste solo la pubblicità. preparazione, con comunicazioni in ritardo, Nel caso de La Molisana, ora tutti sanno che fredde (la classica lettera di scuse), e nessun impiega solo grano 100% italiano, per esemvideo, quando invece dovrebbero metterci la pio. faccia». A salvarla interviene il buffer benefit: La comunicazione, però, c’entra solo fino a «È una sorta di airbag che consente, in occaun certo punto: «La corporate reputation è sione di un evento negativo, di proteggere l’insieme di percezioni che gli stakeholder si l’azienda da danni reputazionali». A rilasciare formano nel corso del tempo sulla base dei il reputation quotient è il Reputation Institute

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FABRIZIO VIGNATI

di Boston, fondato da Charles Fombrun, che già alla fine anni ‘70 si era posto la domanda di come (e quanto) i media potessero influenzare la reputazione delle aziende. «Sotto una certa soglia reputazionale, il danno diventa irreparabile», sottolinea Vignati. E snocciola a memoria casi come quello di Melegatti, che nel 2015 aveva postato su Facebook lo slogan «Ama il prossimo tuo come te stesso...basta che sia figo e dell’altro sesso», salvo poi venir sommersa da insulti e rimediando con la classica toppa peggiore del buco: «Con riferimento al post di questa mattina», aveva comunicato l’azienda, «Melegatti S.p.A. chiarisce che la gestione della comunicazione sui social è affidata ad un‘agenzia esterna che ha pubblicato senza autorizzazione da parte dell’Azienda. Melegatti S.p.A. si dissocia dall’operato di tale agenzia che ovviamente è stata sollevata dall’incarico e si scusa formalmente con chiunque si sia sentito offeso dal contenuto». Per carità, dare la colpa all’agenzia di comunicazione è un must. «Anche Stefano Gabbana, all’epoca dello spot cinese e degli infelici commenti su Instagram, aveva detto di essere stato hackerato», ricorda Vignati, «ma lo scaricabarile non funziona. Invece, l’esempio da seguire è quello di Barilla: dopo lo scivolone, è diventata una case history lavorando sui processi e creando un diversity inclusion board con consulenti esterni imparziali integrando figure Lbgtq. Nel global track Barilla era 34ma nel 2014, caduta al 55mo anno dopo e poi rimbalzata al 43mo nel 2016».


PERSONAL BRANDING A MISURA DI MANAGER Un top manager diventa brand ambassador quando é un portavoce coerente delle strategie aziendali. È il caso di epay, come ci spiega il presidente e amministratore delegato Sebastiano Licciardello di Gianluca Lo Stimolo C’È IL PROFESSIONISTA CHE SI È STANCATO DI ESSERE “UNO DEI TANTI” E MIRA A ESSERE RICONOSCIUTO COME L’ESPERTO DEL SUO CAMPO. C’È L’IMPRENDITORE CHE CI METTE LA FACCIA, ISPIRANDOSI A ENNIO DORIS E GIOVANNI RANA. QUANDO SI PARLA DI PERSONAL BRANDING, QUESTI SONO DUE ESEMPI DA MANUALE. Ma non sono gli unici. Anche

un manager infatti può avere i suoi ottimi motivi per investire sulla propria autorevolezza. L’input può arrivare dall’azienda. Dimostrare di avere in squadra i migliori, infatti, significa trasmettere un messaggio agli azionisti: ci sono tutti i presupposti per adattarsi a qualsiasi circostanza. Questo è il caso più semplice, perché l’azienda mette la sua potenza di fuoco al servizio del proprio ambassador designato. Più delicata, invece, la situazione in cui il personal branding è un’iniziativa spontanea del manager. Soprattutto se ha alle spalle una brillante carriera, è comprensibile che voglia affermarsi come il numero uno. E l’azienda per cui lavora ha molto da guadagnarci in termini di reputazione. Volendo raccontare un caso in cui la comunicazione dell’azienda e quella del manager vanno di pari passo, mi sembra che l’esperienza di epay riservi molti spunti di riflessione. Si tratta di un’eccellenza nella tecnologia, partner di centinaia di grandi marchi, presente in centinaia di migliaia di punti vendita (dalla tabaccheria all’ipermercato) e con importanti volumi d’affari. Il top manager ha creato uno stile molto coerente con le strategie aziendali, L’AUTORE, GIANLUCA LO STIMOLO, È BUSINESS CELEBRITY BUILDER FOUNDER & CEO STAND OUT

SEBASTIANO LICCIARDELLO

DARE VALORE AI PARTNER È IL PUNTO CENTRALE DELLA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE

interpretando al meglio il ruolo di brand ambassador nelle relazioni BtoB. Lascio quindi la parola a Sebastiano Licciardello, presidente e ad di epay Italia.

Di cosa si occupa epay? I consumatori di oggi sono connessi, vogliono ascoltare la musica che amano, giocare online, chattare e utilizzare app o software sui loro smartphone e PC e soprattutto vogliono assicurarsi di essere sempre aggiornati con le ultime novità sul mercato. epay fornisce soluzioni che consentono ai consumatori di essere sempre connessi. Lavorando con importanti brand internazionali di diversi settori, forniamo soluzioni ai Retailer ed ai loro clienti per facilitare tutto questo. I nostri servizi di distribuzione permettono ai

brand di creare il prodotto digitale e renderlo disponibile ai clienti attraverso i punti vendita fisici (come supermercati o negozi di prossimità) e digitali (come gli e-commerce). Inoltre supportiamo brand e retailer non solo nel promuovere i propri contenuti digitali ma anche nel lancio di nuove iniziative promozionali che mettono al centro il punto vendita e l’esperienza di acquisto. Un esempio è il sistema di sconto diretto in cassa applicato sull’acquisto degli smartphone, tablet e pc Samsung reso possibile grazie alla nostra piattaforma di emissione coupon digitali e alla nostra rete distributiva in gradi di accettarli e validarli in tempo reale. Come nasce la partnership con un vendor come Samsung per un’iniziativa che non riguarda la distribuzione di un contenuto digitale bensì un prodotto fisico o, meglio, un device? Da un lato c’è la continua ricerca di soluzioni promozionali innovative da parte di Samsung per promuovere i propri device. Dall’altro la piattaforma tecnologica di epay e un network di decine di migliaia di punti vendita della Gdo e della Gds, integrati tecnologicamente con le piattaforme di redemption di epay, compresi i punti vendita di Tim e di WindTre, in grado di accettare e validare in tempo reale i coupon digitali emessi dalle piattaforme di epay. Questi due elementi hanno reso naturale questa partnership che dura da oltre due anni. In virtù della tua pluriennale esperienza da top manager, che consiglio daresti a un giovane startupper in questo periodo storico? “Seguire le regole”. Le regole dettate dalle norme, dal mercato e dall’etica, oltre alle regole basilari del business sano e durevole. Consiglierei inoltre di fare un mimino di analisi reddituale e finanziaria dei partner con i quali si instaurano collaborazioni. Le belle storie e i bei sogni devono essere rispecchiati dai numeri.

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COMUNICARE L’IMPRESA

Nelle maglie delle email si impigliano i clienti Il 67% dei messaggi che vengono inviati ogni giorno finisce nella cartella Spam. Come gestire al meglio, quindi, la campagna di email marketing? Contano frequenza, orari e persino l’età di Marina Marinetti

O

gni secondo nel mondo vengono spedite 2.984.996 email (almeno stando ai rilievi di internetlivestats.com nel momento in cui andiamo in stampa). Il 67%, email più, email meno, è spam e finisce nel cestino senza passare dal via. Eppure è proprio nelle maglie della rete che si impigliano i clienti. Se così non fosse, non si spiegherebbe quel Roi stratosferico del 4.200% (e non è un refuso) dell’email marketing. In soldoni, per ogni euro speso, ne ritornano 42. I segreti del mestiere Ma quali sono i vantaggi di questo strumento di marketing e quali sono i “trucchi” per ottimizzare la sua resa e renderlo più efficace? «Prima di tutto, l’email marketing è misurabile grazie alla possibilità di analizzare tassi di aperture, clic, download, condivisioni della newsletter. È efficace: non sparisce come i post nei feed dei social e resta nella casella di posta elettronica finché non viene aperta. È duttile e personalizzabile perché consente la segmentazione e l’invio solo al target di interesse. Ed è, soprattutto economico se teniamo conto dell’ottimo rapporto costi/ benefici», spiega Davide Castioni, Sales &

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operations director di MailUp, la società tecnologica italiana leader di settore, con oltre 10mila clienti e 800 rivenditori in più di 50 Paesi. «e vogliamo analizzare, uno ad uno, gli ingredienti del successo di una campagna di email marketing, al primo posto c’è la qualità dei database. Bisogna infatti inviare ad indirizzi di persone che hanno dato il permesso ad essere contattate: è il permission-based email marketing, ovvero la forma giusta di usare la posta elettronica per inviare comuni-

CREARE UNA LISTA DI CONTATTI RICHIEDE TEMPO, MA ACQUISTARLA DA TERZI VANIFICA TUTTI GLI SFORZI E PEGGIORA LA REPUTAZIONE DEL BRAND

cazioni commerciali e informative a lead che hanno richiesto di essere inseriti nel database di qualcuno. La lista di contatti, o mailing list deve essere di proprietà perché solo così si ha la garanzia di usare database performanti in quanto gli utenti hanno espresso il desiderio di ricevere proprio le email e le newsletter di una determinata azienda. Assolutamente da evitare anche l’invio di email di forma massiva a persone che non hanno mai richiesto di ricevere le mail di

euna data azienda: è quello che chiamiamo comunemente spam; un’attività di questo tipo, oltre a essere inefficace, rischia di distruggere la reputazione di un’azienda o di un marketer. Certo, creare una lista di contatti naturali non è facile e richiede tempo, nonostante questo è meglio aver pazienza, e accontentarsi di un database con un numero di iscritti in crescita, che comprare liste da altre aziende. Il numero di iscritti alla mailing list non è infatti direttamente proporzionale al numero di conversioni. Come far crescere la platea Come velocizzare quindi l’acquisizione di sottoscrittori, mantenendo sempre alta la qualità dei lead? Innanzitutto facendo networking: quando si conoscono nuove persone a eventi, fiere del proprio settore, corsi o seminari, si hanno tra le mani possibili nuovi iscritti per la propria mailing list. È importante contattare queste persone nei giorni successivi e invitarle ad iscriversi alla propria newsletter; aggiungere il link per iscriversi alla propria mailing list nella firma delle proprie email e in quelle dei propri dipendenti. Ma vanno sfruttati anche i punti vendita fisici perché le persone che entrano in un


negozio e acquistano i prodotti sono degli ottimi contatti a cui inviare periodicamente delle offerte e informazioni sull’azienda. Attenzione allo spam Poi c’è il tema della deliverability: ovvero come far arrivare le mail a destinazione. «I filtri anti spam diventano ogni giorno più sofisticati e a volte basta un piccolo dettaglio per finire intrappolati nelle loro reti», osserva Alberto Miscia, Deliverability & compliance lead di MailUp. «Allo stato attuale delle cose chi invia email non può più permettersi di pensare che ci sia un parametro solo (es l’oggetto del messaggio) che possa influenzare esclusivamente il recapito e sul quale focalizzare gli sforzi. In realtà il recapito (e di conseguenza il tasso di aperture) è determinato d a un insieme di molteplici fattori (partendo dall’acquisizione, dalla rilevanza del contenuto per arrivare alle modalità di invio e alla corretta e immediata gestione dei mancati recapiti) che devono esse-

re tutti adeguatamente gestiti dal brand segmenti di età maggiore ottengono risulche invia le comunicazioni per avere pertati nettamente più bassi e sempre infeformance adeguate. È sufficiente sottovariori alla soglia del 5%. Ma conta anche il lutare anche uno solo di questi fattori per testo dell’oggetto: le migliori performance compromettere la propria reputazione e corrispondono a messaggi mirati, specifirichiedere mesi di attività per recuperarci, personalizzati e a volte accattivanti, che la». riescono a risvegliare porzioni non irrileUna volta giunta a destinazione, però, non vanti di database inattivo. Al contrario, tra è detto che la email venga aperta. «Meglio i messaggi che ottengono i risultati peginviare le mail nei giorni e negli orari giugiori rientrano quelli che hanno puntato sti», spiega Matteo Viola, Crm & loyalty su una comunicazione molto generica e manager di MailUp: «alcuni studi, come ordinaria. Queste campagne di norma otquelli di Kissmetric, ci dicono che i giorni tengono tassi di riattivazione sotto l’1%». migliori per inviare email sono martedì, Parlare di riattivazione è particolarmente mercoledì e giovedì. La frequenza di invio, strategico perché gli utenti inattivi sono invece, dipende molto dal pubblico di riil risultato di tempo e denaro profuso ferimento, dal settore di appartenenza e dai brand per catturare l’attenzione delle da ciò che viene inviato. In linea di maspersone: costa di più attirare nuovi cliensima non andrebbero inviate email più di ti rispetto a quelli acquisiti, quindi risveuna volta a settimana. E se analizzando le gliare il bacino di contatti inattivi genera statistiche di invio delle campagne email i un evidente vantaggio economico per le risultati di apertura o di conversione non aziende. Prevenire, però, è meglio che sono quelli sperati, curare: «L’invio di CHI PUNTA SU UNA COMUNICAZIONE bisogna cambiare comunicazioni erraGENERICA E ORDINARIA DI NORMA strategia». te o poco rilevanti, OTTIENE TASSI DI RIATTIVAZIONE o l’assenza totale di MOLTO BASSI, INFERIORI ALL’1% Risvegliare i pigri comunicazioni, può A proposito di strategie: ce n’è una anche trasformare in poche settimane un contatper il re-engagement, ovvero le campato fresco e ricettivo in un utente inattivo gne di riattivazione dei contatti inattivi e disinteressato: una maggiore frequenche mirano a “risvegliare” persone che ad za di invio è quindi utile a contrastare il un certo punto hanno smesso di seguirci calo di interesse fisiologico dell’audience. o interessarsi al nostro marchio. Tutto (o L’importanza della frequenza di invio dequasi) dipende dall’età: non quella del termina il coinvolgimento o meno di un destinatario, ma del contatto. Insomma, contatto: maggiore è la distanza tra un è fondamentale accorgersi subito se un messaggio e l’altro, maggiore risulta essenostro contatto ha smesso di seguirci e re la porzione di destinatari disingaggiata. correre ai ripari senza far passare troppo Non solo: un’alta frequenza di invio favoritempo. Tutto (o quasi) dipende dall’età: sce la stabilità del livello di engagement e «Il segmento di contatti di età inferiore incentiva la disiscrizione degli utenti poco ai tre mesi ottiene il tasso di riattivazione interessati al brand e alle sue comunicapiù alto, pari al 10,26%», conferma Giorgia zioni, determinando su base spontanea la Meroni, Sales manager di MaulUp. «Tutti i pulizia del database».

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Sanificare l’aria non è più una scelta “Tuteliamo il passato e salvaguardiamo il futuro” A guardare nello spazio, o meglio alle ricerche condotte dalla NASA, è stato Bruno Spoladore, imprenditore padovano che nel 2010 ebbe un’intuizione: la tecnologia sviluppata per sanificare l’aria all’interno dei vettori spaziali poteva servire anche sulla Terra. Il compito è stato quello di creare un prodotto capace di eliminare virus, batteri e vari tipi di patogeni ed inquinanti, che fosse innocuo per persone ed animali e da poter utilizzare per ambienti molto più ampi di una navetta spaziale NASA. PURE AIR ION, ha sviluppato un sistema di sanificazione dell’aria utilizzando la tecnologia EHG™ (electrons and holes generator), più avanzata rispetto alle ricerche ed alle applicazioni condotte dall’ente spaziale USA. Il processo fisico-chimico della nuova tecnologia EHG™ è un’ossido-riduzione che induce la decomposizione delle sostanze organiche ed inorganiche che costituiscono i microorganismi. «Abbiamo studiato per 10 anni il perfezionamento del nostro sistema di sanificazione dell’aria. Utilizziamo una tecnologia di nuova generazione che non si basa su filtri ma sulla produzione di una coltre di molecole che sanificano, eliminando gli inquinanti» spiega Giovanni Mastrovito, fisico con specializzazione in nanotecnologie e direttore scientifico di PURE AIR ION. La nuova tecnologia EHG™ si basa sull’utilizzo di metalli preziosi nanostrutturati e di led optoelettronici che generano una luce UVC ad una determinata frequenza per ottenere l’effetto sinergico della foto-ossidazione catalitica e dell’attività antimicrobica della luce ultravioletta. Le molecole così generate (dette ROS) provocano l’inattivazione dei virus e di altri microorganismi pericolosi per la nostra salute e riducono drasticamente la concentrazione di allergeni nell’aria.

«Abbiamo testato il prodotto in vari tipi di aziende e ambienti medico-sanitari, dagli studi odontoiatrici ai reparti di rianimazione, ottimizzando la potenza del sistema rispetto alle dimensioni dell’ambiente e al numero di persone all’interno» continua Bruno Spoladore, CEO di PURE AIR ION. Una volta messi insieme tutti questi pezzi, Pure air ion ha iniziato a stringere partnership con aziende del territorio per l’industrializzazione del sanificatore di nuova generazione SHU. Tutto il lavoro fatto in Italia per migliorare le performances ha permesso a questo nuovo sistema di sanificazione dell’aria, di diventare un gioiello di innovazione del Made in Italy. Da Febbraio 2021 in collaborazione con Astrel Group di Treviso, Pure air ion produrrà anche una serie di dispositivi con controllo remoto IoT, che darà modo di gestire il funzionamento della macchina, consentendo così ai responsabili della sicurezza, un monitoraggio continuo del processo di sanificazione e successivamente anche della qualità dell’aria.

www.pureairion.com info@pureairion.com sede: via della Chiesa 61/2 30039 Stra (VE)


E POI IL PIACERE...

IL SENSALE È DIGITALE Una relazione su tre nasce online, grazie alle app di dating. Dalla popolarissima Tinder all’esclusiva Inner Circle, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. E la bulimia sessuale non c’entra (o c’entra solo parzialmente)

di Marina Marinetti

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c’è solo l’imbarazzo della scelta: «Con oltre 50 arà che la familiarità è il nemico della milioni di utenti, Tinder è sicuramente l’app di passione (e le ricerche che lo dimodating più famosa e diffusa nel mondo, su cui si strano sono numerosissime), sarà contano 2,2 miliardi di swipe e oltre 26 milioni che siamo sempre in cerca di conferme, sarà di match al giorno», spiega a Economy Roberto anche che la nostra vita sociale è sempre più Esposito, ceo di DeRev, che si occupa di stratemediata dai social, fatto sta che ormai una regia e identità digitale, community engagement lazione su tre nasce grazie a una app di dating. e comunicazione sui social media. E, stando a quel che afferma uno studio di HarLa bulimia sessuale vard e University of Chicago, i matrimoni SE SU TINDER SI CONTANO OGNI GIORNO non c’entra (o c’entra 2,2 MILIARDI DI SWIPE E OLTRE 26 MILIONI solo parzialmente): nati online sono più DI MATCH, GRAZIE A MEETIC SI SONO grazie a Meetic, che stabili di quelli nati FORMATE PIÙ DI 8 MILIONI DI COPPIE delle app di dating è offline. Peraltro, furostata una delle aprirpista, si sono formate più no proprio due studenti di Harvard, nel 1965, di otto milioni di coppie stabili. E per rimarcare a inventarsi l’online dating, usando un comla presa di stanza da un approccio superficiaputer Ibm 1401: per 3 dollari fornivano una le al dating online, a fine dicembre Meetic ha lista di potenziali partner individuati tramite avviato la campagna “Dai inizio a qualcosa di un questionario di compatibilità. Nel 1966 vero” ritraendo in uno spot - firmato dai regiOperation Match contava già 90mila utenti. sti spagnoli Jason Causse e Alba Solé (Big ProPoi venne Match.com, nel 1995, il primo sito ductions), ingaggiati da Marcel Agency - il perdi incontri online. Un quarto di secolo dopo

127 MAGISTRI PIÙ CHE ARTIGIANI VIAGGIATORI NEL TEMPO

128 MOTORI MILITEM, IL PICCOLO MARCHIO CHE FA LE COSE IN GRANDE

130 LE RAGIONI DEL GOSSIP

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E POI IL PIACERE...

corso di innamoramento, dal primo messaggio in chat al primo appuntamento. «In fondo, tutti i single desiderano uscire dalla propria “cornice”, facendo letteralmente un passo verso la persona che ci piace e iniziare così una relazione vera», spiega il direttore creativo di Marcel Agency Jérémie Bottiau. «Queste sono le storie che vogliamo mostrare, moderne e autentiche, semplici ma commoventi allo stesso tempo». E anche per quanto riguarda Tinder, l’80% degli utilizzatori afferma di essere in cerca di una “relazione significativa”. Significativi sono anche i numeri: secondo Statista, quest’anno gli utilizzatori delle app di dating saranno 370,1 milioni e supereranno il 441 milioni di qui a tre dating è la categoria con il maggior numero anni. Si spiega così perché Dating Group, una di servizi disponibili e il maggior numero di delle più grandi società nel settore dating e che utenti», spiega il report di Statista dedicato al conta 73 milioni di utenti, ha annunciato l’acsegmento. «Diverse applicazioni di dating moquisizione di Once, app leader negli appuntabile sono decollate negli ultimi anni, ma poche menti di qualità in Europa occidentale. L’accorstanno effettivamente realizzando ricavi signido valuta la società fino a 18 milioni di dollari ficativi. Freemium è il modello di business più ed è portato a termine tramite una combinacomune, con alcuni allettanti servizi di base zione di contanti e azioni di Dating Group, i cui offerti gratuitamente insieme ad un upsell ad brand includono Dating.com, DateMyAge, Dil abbonamenti a pagamento più avanzati». Mil, Cherish, Tubit, AnastasiaDate, ChinaLoSe Tinder è un po’ il discount delle app di dave e molti altri, ciascuno con una piattaforma ting, il principio della selezione all’ingresso si unica fatta su misura per comunità diverse deè fatto presto strada: «Per sopperire ai limiti finite in base a interessi, geografia e dati demodelle app generaliste, che spesso si trasforgrafici. In ballo non ci sono tanto gli incontri, mano in discariche virtuali in cui la velocità e quanto una torta da 3,241 miliardi di dollari, la quantità dell’offerta indiscriminata soffocon ricavi in crescita cano la qualità delle IN BALLO C’È UNA TORTA DI RICAVI del 9,3% l’anno grazie conversazioni, molte PER 3,2 MILIARDI DI DOLLARI. E IN ITALIA a una penetrazione app di dating hanno IL LIVELLO DI PENETRAZIONE che se oggi è del 4,9%, introdotto una forte HA GIÀ SUPERATO IL TARGET nel 2024 raggiungerà selezione in ingresso il 5,7%. In Italia abbiamo già superato il traper i nuovi iscritti trasformandola nel proprio guardo: ogni 100 persone, Statista ne stima punto di forza», spiega Esposito. Inner Circle, 6,7 attive nella ricerca di un partner online, che per esempio, punta a far incontrare giovani per le app attualmente valgono 51,1 milioni di professionisti che vivono nella stessa città e dollari. Ricavi che arrivano sia dalla pubblicità condividono lavoro, hobby, interessi e vacanze, (esattamente come avviene sugli altri social selezionando manualmente i nuovi iscritti in come Facebook, Linkedin, Instagram, Twitter), base ad una serie di standard qualitativi». Una sia dai servizi a pagamento. Abbonandosi a boutique del dating online nata ad Amsterdam Tinder, per esempio, viene eliminato il limite al nel 2012 dopo una delusione d’amore: «Ho numero di swipe quotidiani, si può far salire il fondato Inner Circle nel 2012 dopo essere proprio profilo in cima alla lista degli utenti nel uscito da una lunga relazione a», spiega a Ecoproprio raggio d’azione. E si viene risparmiati nomy il ceo David Vermeulen. «All’epoca avevo dal bombardamento pubblicitario. «L’online 35 anni e ho iniziato a iscrivermi a vari siti di

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CON LA PANDEMIA LE RICHIESTE DI INCONTRI SONO CRESCIUTE incontri online. Ho trovato subito che i siti di incontri che erano focalizzati solo sulla quantità erano pieni di profili sospetti con soprannomi come twinklestar29. Credevo davvero che gli incontri online fossero il futuro, ma dovevo concentrarmi sulla qualità degli incontri e così è nato The Inner Circle. Abbiamo lanciato il sito web nel novembre 2012 ad Amsterdam e da allora ci siamo espansi in tutto il mondo. Per due anni ho reinvestito ogni centesimo che avevo invece di pagarmi uno stipendio. All’inizio non è stato sempre facile, perché ci è voluto un po’ di tempo per decollare, ma alla fine ha dato i suoi frutti». Classificata tra le prime società tecnologiche nell’FT1000 2020 di Financial Times come una delle aziende in più rapida crescita in Europa, oggi Inner Circle ha tre milioni di utenti in 42 città nel mondo. Sono per il 50% millennials, il 60% è maschio e il 40% femmina.Tutti disponibili a pagare un abbonamento (39,99 euro per un mese, 26,66 per tre mesi e 19,99€per sei mesi). E tutti rigorosamente selezionati da un team di... mamme: donne che lavorano da casa eseguendo le funzioni di screening e supporto. Analizzano i profili social degli aspiranti utenti: l’approvazione da parte dell’app non è scontata né immediata. Se il team ritiene che la persona sia adatta a farne parte, invia prima un’e-mail di approvazione e, a seguire, un’altra per completare la registrazione. Non tutti possono aver accesso alla piattaforma di incontri: la prima scrematura avviene tramite l’analisi dei profili Facebook e Linkedln dei richiedenti.


La selezione è data dalla veridicità del profilo, le sue abitudini e i suoi comportamenti online, anche in base alle interazioni sui social dell’utente. «Non selezioniamo le persone in base al loro aspetto o a quello che portano sul tavolo. Esaminiamo i nostri membri per assicurarci che siano persone reali che fanno sul serio con gli appuntamenti, che sono oneste e che non fanno giochetti. Il nostro processo di screening non è una porta segreta per un club esclusivo», conferma Vermeulen. «Una volta completata la registrazione, il profilo del nuovo socio passa attraverso un software di analisi tecnologica dove si verifica la posizione IP e le fotografie. I profili approvati vengono poi passati al team di supporto, che monitora i profili per assicurarsi che le persone siano chi dicono di essere. Il nostro team di supporto è anche responsabile dell’allontanamento delle persone dalla comunità nel caso in cui si comportino in modo inappropriato». E durante la pandemia, il distanziamento sociale non ha impedito alle persone di cercare la propria metà, aiutate dallo screening digitale per poi uscire insieme. C’è chi ha visto film o trasmissioni insieme, commentando attraverso chat e creando relazione, chi invece ha proposto l’utilizzo insieme di ulteriori App come Scrabble, Pictionary or Connect 4 che permettono di conoscere più a fondo la personalità dell’altro e chi, per sapere di più dell’altra ha fissato incontri virtuali con un bicchiere di vino o una tazza di te/caffè da condividere. Chi poi ha creato delle play list di musica o di film con il proprio partner o chi si è sfidato in tornei di barzellette per creare il giusto feeling e humor. «Stiamo assistendo a un

IL GERGO DEL DATING Swipe e match sono le parole del gergo del dating: per promuovere un profilo su Tinder, lo si fa scorrere verso destra (“swipe right”). Per bocciarlo, verso sinistra (“swipe left”). Il match quando entrambi promuovono i reciproci profili: quel punto l’app mette in contatto i due utenti, che portanno scriversi per affrofondire la conoscenza e organizzare un incontro offline. Ma non c’è solo Tinder: ci sono Happn, sviluppata per ritrovare le persone che sono state nelle vicinanze

di recente, Once, che consente di vedere un solo profilo al giorno, selezionato da un team apposito, Bumble, in cui sono le donne ad avere in mano le redini della situazione, Sapio, che si concentra sull’affinità intellettuale, Grindr, diffusissima nel mondo Lgbt, Luxy, a cui gli utenti possono accedere in base al proprio reddito (con tanto di verifica dell’estratto conto bancario).... «Il dating tende sempre più a diversificarsi grazie alla nascita di oltre 500 piattaforme e app

enorme aumento dell’attività», conferma Davide Vermeulen. «Su scala globale le richieste di incontri sono in aumento del 15% e le persone sono più propense a conoscersi: il numero di messaggi è in aumento del 10%. Sappiamo che generalmente l’utilizzo delle app aumenta durante i periodi in cui le persone rimangono di più a casa. Ad esempio, durante l’inverno la app è più affollata rispetto all’estate e c’è un vero picco all’inizio di ogni anno, ma nel 2020 abbiamo registrato numeri mai visti prima». Un sondaggio condotto da Inner Cicle su 1000 iscritti conferma infatti che quasi il 60% è approdato alla app durante gli ultimi dodici mesi. Oltre il 30% lo ha fatto per ricercare una relazione seria e circa il

verticali per tutti i gusti, orientamenti sessuali, criteri di selezione e dinamiche di affinità», spiega il ceo di DeRev Roberto Esposito: «da quelle rivolte ad una specifica etnia o religione a quelle che consentono agli utenti di conoscersi in base ai gusti musicali o alle cose più odiate in comune, da quelle basate sulla geolocalizzazione in tempo reale per una sveltina nei dintorni a quelle che effettuano l’analisi del Dna per misurare la compatibilità genetica di una potenziale coppia».

15% ha dichiarato che le app di incontri rappresentano il solo modo per conoscere persone nuove in questo particolare periodo storico. Ben un quarto degli intervistati dice di aver ha trovato, grazie a Inner Circle, un “amico di penna” durante il lockdown, cosa che li ha resi meno soli (per il 32%). Il 13% di questi ha ammesso di aver instaurato una vera relazione dopo aver avuto la possibilità dell’incontro fisico. «Dall’inizio di marzo l’applicazione ha visto un aumento globale del 31% delle persone che suggeriscono di incontrarsi su Skype o su Zoom prima di incontrarsi nella vita reale», sottolinea Vermeulen. «Sono aumentate del 110% le forme di interazione digitale tra i single che si incontrano sulla piattaforma. Ci aspettiamo che la tendenza al rialzo delle iscrizioni e degli utenti che organizzano chiamate e appuntamenti digitali prima di poter aver l’occasione di incontrarsi fisicamente. In questo periodo difficile, le persone stanno comunque connessioni con persone con stile di vita simile e stanno utilizzando in modo maggiore le app di incontri che aiutano nella selezione per stare comunque insieme, anche in tempi di isolamento».

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E POI IL PIACERE...

L’hotellerie si rinnova a tempo di Covid Omnia Hotels, il gruppo alberghiero di Francesco e Riccardo Lazzarini, in questi mesi ha inaugurato nuove formule per andare incontro alle esigenze di viaggio e lavoro mutate dalla pandemia di Maddalena Bonaccorso

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ell’ottobre del 2019, quando durante la più importante kermesse italiana sul turismo, il Ttg Travel Experience di Rimini, venne presentato il nuovo gruppo alberghiero Omnia Hotels con sede a Roma, Francesco e Riccardo Lazzarini non potevano certo immaginare cosa sarebbe successo da lì a pochi mesi e a quali grandi sfide sarebbero stati chiamati. I due fratelli (figli di Lorenzo, che con il gruppo Lo.An. aveva già letteralmente fatto la storia dell’hotellerie romana fin dal 1980) dando vita al gruppo Omnia, forte in partenza di 5 hotel in funzione nei diversi quartieri della Capitale (Hotel Imperiale, Shangri-La, Donna Laura Palace, Grand Hotel Fleming e Hotel Santa Costanza), intendevano lanciarsi immediatamente verso nuove aperture e innovati modelli di accoglienza, sempre nel solco della grande tradizione familiare. Il 1 gennaio il gruppo si è ulteriormente ampliato con l’acquisizione del Rose Garden Palace a Roma di via Veneto e ne hanno iniziato la ristrutturazione: la pandemia da Covid-19

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non ha scoraggiato i fratelli Lazzarini, che anzi hanno rilanciato il loro modello imprenditoriale: «Fin dalle prime fasi della pandemia» spiega Francesco Lazzarini, ceo di Omnia «quindi durante il primo lockdown nazionale, abbiamo deciso di lasciare aperto uno dei nostri hotel, lo Shangri-La in zona Eur, che avevamo anche ristrutturato di recente. L’abbiamo fatto esclusivamente per rendere un servizio alla cliente-

RICCARDO E FRANCESCO LAZZARINI

la, composta per massima parte da personale sanitario, funzionari di Polizia, militari e anche parenti di persone ricoverate negli ospedali della zona. È stata una scelta sociale, non legata ai ricavi: chiudere tutto ci sarebbe sembrato come abdicare al nostro ruolo storico di albergatori, con una grande tradizione alle spalle». Colpiti, come tutti gli operatori del settore, in maniera molto dura dai lunghi mesi di blocco totale, i due fratelli si sono metaforicamente rimboccati ancora di più le maniche, approfittando della chiusura per mettere a punto tutta una serie di protocolli di sicurezza e arrivando persino a creare un gruppo di lavoro dedicato: in maggio, con l’allentamento delle restrizioni, hanno poi deciso di riaprire anche un secondo albergo del gruppo, il Donna Laura Palace, nel verde del quartiere Prati, con un grande terrazzo dal quale ammirare il Tevere: «Abbiamo poi deciso di andare incontro al mercato e ai cambiamenti che la situazione richiedeva» prosegue Lazzarini «e con quella che io chiamo “lucida follia” abbiamo continuato con le riaperture, rivolgendoci anche a una clientela diversa, per esempio quella sportiva: abbiamo la fortuna di avere 5 alberghi dislocati in diverse zone di Roma e questo ci ha aiutati». Da imprenditori lungimiranti si sono inventati nuove formule: «Abbiamo iniziato a offrire la formula della stanza d’albergo dedicata allo smart-working» prosegue l’amministratore delegato di Omnia «offrendo questo servizio a chi magari non riesce a lavorare da casa perché non ha lo spazio sufficiente o la tranquillità che il lavoro richiede. L’idea è stata apprezzata e, pur nella drammaticità del momento, siamo riusciti a recuperare qualcosa come fatturato. Pur con perdite che arrivano al 75%, ma che comunque sono inferiori a quelle medie del comparto». E nonostante tutto, il gruppo continua ad investire: «Alla fine del 2019 avevamo iniziato i lavori di riconversione» conclude Lazzarini «per la trasformazione di un edificio, finora adibito ad altro uso, nell’albergo St. Martin, nella zona limitrofa alla Stazione Termini. I lavori sono quasi finiti, ci saranno 140 camere, con un polo congressuale. Siamo ottimisti e vogliamo guardare avanti con speranza».


IL TEAM DI MAGISTRI ALL’OPERA NEL RESTAURO DEL CRISTO ALLA COLONNA NEL DUOMO DI MILANO, SOTTO UN DETTAGLIO DELLA TELA DI LANINO

Gli artigiani che viaggiano nel tempo Attraversano intere epoche storiche riportando agli originari splendori le opere artistiche disseminate nel Belpaese: sono gli artigiani di Magistri. Ecco come lavorano e quali sfide affrontano ogni giorno di Paola Belli

U

n approccio pratico guidato delle emozioni e dallo spirito intraprendente. È il modus operandi della Magistri, impresa specializzata nel restauro di opere d’arte, monumenti e luoghi di culto, guidata dal restauratore Eros Zanotti: «Io e la mia squadra di restauratrici e restauratori siamo viaggiatori nel tempo: passando da un cantiere all’altro, attraversiamo intere epoche. Il nostro lavoro ci conduce dalla millenaria area archeologica di Nora in Sardegna, al cinquecentesco Palazzo Bonaparte di Roma, dalla settecentesca Villa Arconati di Castellazzo in provincia di Milano, alle piccole pievi di provincia, che spesso rivelano tesori inesplorati e fuori dal tempo. In un giorno capita di percorrere non chilometri, ma…. interi secoli di storia». Ciascun monumento è come un documento prezioso che testimonia la vita delle persone nei secoli. La sfida non è solo giungere al colore originale, in senso stretto, ma anche metaforico. Eros Zanotti ha fondato la sua azienda su un modello di business radicato nella cultura dell’artigianato: poche, selezionate e competenti maestranze, accanto alle quali resta il più possibile preferendo in primis il contatto umano e sociale a tutto il resto. A ciò si aggiunge il continuo lavoro e confronto con sovrintendenze, tecnici, architetti, ingegneri con i quali confrontarsi ogni

volta, ogni giorno. Tutto per accrescere una positiva contaminazione di idee e progetti sempre nuovi e sempre più approfonditi da sviluppare nel nostro Paese. Magistri lavora per committenza pubblica e privata, enti pubblici, musei fondazioni come ad esempio il Fai-Fondo per l’ambiente italiano, la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, le soprintendenze territoriali, la Curia Arcivescovile e per privati cittadini o comunità, chiunque possieda un’opera d’arte, un edificio di pregio che desidera conservare e valorizzare. L’approccio di base è sempre lo stesso: valutare l’opera in base a due importan-

ti parametri: lo stato di salute e l’analisi storico artistica. Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità in vista della sua trasmissione al futuro. Al momento Magistri sta lavorando all’interno di una delle parti più antiche del Duomo di Milano: il transetto nord, sul portale dell’antica sacrestia aquilonare del XIV secolo. Un altro cantiere in corso è a Nora antica città, prima punica poi romana, in Sardegna. All’inizio dell’anno ha iniziato a lavorare alla Ca’ Granda nel settecentesco atrio del Vestibolo, primo incarico del 2021. Nel 2019 Magistri ha inaugurato il nuovo laboratorio di restauro occupandosi di un olio su tela del XVI secolo: la “Madonna in trono e i santi Filippo e Giacomo”, attribuito a Bernardino Lanino. Anche le sculture lignee occupano un posto d’onore nel laboratorio, come ad esempio La Crocifissione, scultura a tuttotondo, venerata sin dal XVII secolo dalla comunità del paesino dove è ubicata sin dalle sue origini. Tra le opere restaurate vi sono inoltre i dipinti su tela di grandi dimensioni presenti nelle sale nobili della Villa Reale di Monza. Magistri Srl Via Repubblica 18 - 20026 Novate milanese (MI) Tel. 02 39434541 info@zanottirestauro@gmail.com www.magistrirestauro.it @magistri_srl

NUOVE STRATEGIE PER LA COMUNICAZIONE Per il controllo dei cantieri di restauro Magistri mette a disposizione una piattaforma digitale che fornisce un aggiornamento continuo caricando tutti i contenuti attinenti, dal progetto alle relazioni tecniche e storiche, sino

alla documentazione fotografica e alle schede d’intervento. Collegandosi alla piattaforma tramite password è possibile seguire l’intervento in tempo reale. Molto del lavoro svolto

vimeo.com/magistri

in questi anni da Magistri, inoltre, è stato documentato e reso disponibile in formato video digitale fornendo un archivio dinamico e suggestivo.

Scansiona il QR per guardare i video

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EE POI MOTORI POIILILPIACERE PIACEREMOTORI

Il piccolo marchio che fa le cose in grande Militem importa dagli Usa le grandi Jeep e in 200 ore modifica carrozzeria, sospensioni e interni fino a renderli completamente diversi: unici e solo per pochi di Franco Oppedisano

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anno controcorrente come i salmoni. La anime belle contestano i Suv perché occupano spazio e loro importano l’auto più grande che c’è negli Usa. I costruttori pensano a motori sempre più piccoli e loro vendono anche i cinque litri a benzina. Le auto nei concessionari sono sempre più spartane per ridurre i costi e loro inondano le proprie con metri di pelle pregiata, accessori unici e un mare di optional di serie. Quelli di Militem non hanno mezze misure e pensano solo in grande anche se sono piccolissimi. E soprattutto sono appassionati: «Fin da giovane non mi piaceva confondermi con la massa e ho sempre avuto auto diverse da quella che avevano gli altri», confessa Hermes Cavarzan (nella foto in alto), ceo della società nata a Monza. E questa idea è rimasta. Militem importa Jeep Wrangler e pick-up Ram dagli Usa, compra Renegade prodotti in Italia

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da Fca e su ogni veicolo ci lavora per 200 ore per riuscire a tirarci fuori un’auto diversa, unica. Non è solo tuning, ovvero una modifica solo superficiale, poco più che estetica. Tutte le auto sono omologate, vengono riviste sospensioni e telai per adattarle alle strade europee, alcune parti, come i parafanghi, vengono sostituitecon pezzi in carbonio, vengono creati optional ad hoc come la copertura elettrica del cassone del pick-up. Poi vengono stesi 25 metri quadrati di pellame naturale in 14 colori diversi e si ricopre quasi ogni centimetro quadrato degli interni cucendo con mille metri di filo. Ogni vettura è modificata con un atteggiamento che è un mix tra artigianalità e tecnologia. Sono artigiani gli specialisti che lavorano nelle isole che modificano l’auto, sono all’avanguardia i tecnici che, forti dell’esperienza maturata con altri costruttori premium, si occupano dello stile o dell’ingegneria dell’auto o produ-

cono nelle proprie aziende i materiali speciali per modificarla. Finora sono usciti tre modelli: Hero, Ferox e Magnum. I nomi latini identificano in tutto sei versioni, una sola a gasolio e una sola benzina-gpl, che hanno motori dagli 1,3 ai 5,7 litri, con potenze che vanno dai 170 ai 401 cavalli. Tutte hanno un cambio automatico a otto o nove rapporti. Mentre i consumi vanno da un modesto 6,6 litri per cento chilometri di Hero diesel ai 14,6 litri di benzina per Magnum, che porta in giro 3,5 tonnellate di peso. I prezzi di listino partono dai 52 mila per la Hero e arrivano ai 98 mila per la Magnum, ma queste auto non sono facili da acquistare. «Stiamo costruendo una rete di concessionari, sia in Italia che in Europa, e richieste in questi mesi sono aumentate tanto che abbiamo venduto anche i modelli che tenevamo nel nostro garage» conclude Cavarzan. «Distinguersi dagli altri è ancora una questione importante».


in collaborazione con Autoappassionati.it MOTORI E POI IL PIACERE

IL 2021 SI È APERTO CON IL BOTTO... Il 2021 si è aperto con il botto: sono arrivati modelli per un’ampia fascia di clienti. Sono la crossover di piccole dimensioni Opel Crossland, che prende il posto della Crossland X e il SUV Peugeot 3008. Debuttano inoltre la wagon ibrida Suzuki Swace e la crossover elettrica Volkswagen ID.4. A febbraio arrivano anche la nuova Dacia Sandero, la seconda generazione del crossover compatto Opel Mokka e il SUV elettrico Ford Mustang Mach-E.

A marzo arrivano sul mercato due sportive di razza: la BMW M3 e la M4, con motore 6 cilindri 3.0 sovralimentato da 480 o 510 CV. Previsto anche il restyling del crossover Hyundai Kona, oltre alla Lexus UX e la Volvo XC40 elettriche. Ad aprile vedremo l’ibrida Ferrari SF90 Spider e la Maserati MC20, con motore benzina 6 cilindri da 630 CV, ma fanno capolino nelle concessionarie anche il crossover elettrico Skoda Enyaq iV e la rinnovata Mitsubishi Eclipse Cross.

...E SI CHIUDERÀ CON UN’INFORNATA DI NOVITÀ

I MODELLI IN ARRIVO DA MAGGIO AD AGOSTO

A settembre arrivano nelle concessionarie la nuova generazione della monovolume BMW Serie 2 Active Tourer e della berlina Honda Civic, oltre al SUV elettrico Mercedes EQB. Spazio anche alla citycar elettrica Dacia Spring, che potrebbe diventare l’auto a batterie più economica del mercato, mentre per gli sportivi, c’è l’ottava generazione della

Chevrolet Corvette. A ottobre riflettori puntati sull’erede della Ferrari F8 Tributo, nota al momento con il codice di progetto F171: ha un sistema ibrido con motore V6 benzina. Sul mercato anche la nuova generazione della Mercedes Classe C e il crossover elettrico Nissan Ariya. Debutta l’Alfa Romeo Tonale, ma le prime consegne sono attese all’inizio del 2022. La Maserati

Grecale è la novità più attesa di novembre, ma ci si aspetta anche la nuova generazione della BMW Serie 2 Coupé e la elettrica Mercedes EQE. L’anno si conclude con l’arrivo sul mercato della Tesla Model S Plaid, versione ultra prestazionale della nota berlina, e la BMW iX, crossover elettrico di alta gamma. Si attende anche la terza generazione della compatta Peugeot 308.

La terza generazione della Nissan Qashqai è la novità principale di maggio. In vista della bella stagione, arriva sul mercato la nuova BMW Serie 4 Cabrio, mentre la Hyundai toglie i veli al crossover Bayon. Arrivano a giugno l’Audi Q4, SUV elettrico, e la Toyota Yaris Cross, crossover derivata dall’utilitaria Yaris. La casa giapponese lancerà anche la berlina Mirai, con motore elettrico alimentato ad idrogeno. Tra luglio e agosto iniziano le consegne delle pepate Giulia GTA e GTAm. Arrivano sul mercato anche la nuova generazione della Ford Mondeo, con carrozzeria da crossover), e l’elettrica Mercedes EQA, derivata dalla GLA. Spazio anche alla nuova Jeep Grand Cherokee, più moderna nel look e lussuosa all’interno, e alla DS 4.

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

AI TEMPI DEL COVID IL RAPPORTO COL PUBBLICO LO SI COLTIVA SUI SOCIAL Mettere in piazza il vissuto personale per avere visibilità: lo stanno facendo tutti, da Adriana Volpe a Manila Lazzaro, passando per Sandra Milo. Lo psicologo Stefano Pieri: «È comune a molti Vip in questo periodo» NE HANNO SCRITTO TUTTI

intera? Secondo lo psicologo

nettamente “sopra le righe”

la premia, visto che i suoi

I GIORNALI E I SITI BLOG.

Stefano Pieri, l’atteggiamento

rispetto al passato. Basta

followers crescono e anche gli

MANILA NAZZARO NE HA

della ex miss Italia è comune

fare il caso di Adriana Volpe,

ascolti della sua trasmissione

PARLATO PER LA PRIMA

a molti vip dello spettacolo,

conduttrice del rotocalco Ogni

salgono.Bella donna, molto sexy,

VOLTA IN TV IN ESCLUSIVA

che avvertono forte l’assenza

mattina su Tv8, che è stata

alla Volpe sono stati attribuiti

DA SILVIA TOFFANIN A

del rapporto con il pubblico.

la prima a sdoganare forse il

vari flirt negli ultimi mesi. Tutti

VERISSIMO E SUBITO DOPO A

Costretti ad un isolamento

“personale è politico” svelando i

falsi. Quando non lavora, la

DOMENICA LIVE DA BARBARA

conduttrice sta a casa con

D’URSO. Davanti a milioni

la sua bambina: “Sono una

di telespettatori Manila ha

mamma chioccia” ammette lei

raccontato tutto il dolore per

. E giù foto insieme alla piccola.

la perdita del suo terzogenito,

Altra storia da copertina social

frutto dell’amore con l’ex

quella tra Sandra Milo ed il suo

calciatore oggi manager

giovane fidanzato nemmeno

Lorenzo Amoruso. Per l’ex

cinquantenne. Lei 88 anni e lui

miss Italia 1999 sarebbe stato

praticamente la metà fanno

il terzo bambino dopo Nicholas

coppia fissa sui social e in TV.

e Francesco Pio avuti dall’ex

Neanche lei ha resistito alla

marito (anche lui calciatore)

tentazione di spiegare a tutti

Ciccio Cozza. “Ho scelto di

come ci si sente quando ci si

raccontare su Instagram la

innamora di un uomo giovane,

nostra sofferenza” dice Manila

bello e brillante. Per la Milo

“perché potessi essere di

non è in gioco la fama dal

aiuto a tante altre donne. E ho

momento che non le manca

fatto bene perché sono stata

certo, essendo una attrice

letteralmente sommersa da lettere e messaggi di mamme

famosissima. Né i soldi,visto IN SENSO ORARIO: MANILA NAZZARO, ADRIANA VOLPE, MICHELE GUARDI E SANDRA MILO

che spesso la Sandra nazionale

che avevano avuto la mia stessa

forzato, i volti noti dello show

contorni della sua querelle con

va in TV a titolo gratuito, tanto

esperienza”. Ma per Manila e

biz fremono per restare

Giancarlo Magalli. Riservata

è forte il suo amore per lo

Lorenzo dietro l’angolo ci sono

sulle copertine che, per loro,

per anni quando era alla corte

spettacolo. Questo sta a dire,

altre novità: l’idea è quella di

significano guadagni e ingaggi.

del potente Michele Guardi,

annota ancora Pieri, che il

sposarsi entro il 2021 in Puglia,

Pieri, benevolmente, sostiene

la Volpe è uscita allo scoperto

bisogno di essere presenti in

terra d’origine di entrambi. Ma

che non è solo una mera

concedendosi a giornali e social

un’epoca storica in cui domina

la domanda che ci si pone è

questione economica, ma una

in modo assoluto. Racconta

il “remoto” è più forte che mai. E

un’altra. Ha fatto bene Manila a

ricerca di visibilità. Legittima,

la sua quotidianità con la

torna la domanda che ci siamo

vuotare letteralmente il sacco

comunque. Di sicuro il Covid,

figlia Gisele, i problemi del

posti tutti alla fine del primo

sui social mettendo al corrente

con i suoi cambi di registro, ci

matrimonio con Roberto Parli

lockdown, ne usciremo davvero

dei suoi privatissimi fatti l’Italia

ha abituato a comportamenti

e tanto altro. Ma il pubblico

migliori oppure no?

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