ECONOMY | ANNO V | N.41 | MENSILE | GENNAIO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 7 GENNAIO 2021
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART.
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Gennaio 2021 Euro 3,50
MADE IN ITALY - 1 / Corciulo (IC&P): «All’estero, ma non da soli» - 2 / Euler Hermes: «I rischi saranno più stabili»
RISALITA FAI DA TE Digitale innovativo, nuovi prodotti, nuovi processi Imprese e professionisti non possono attendere Da Moncler a Grimaldi, da Adler ad Aleotti, Fca, Bonomi, Del Vecchio: esempi da seguire, schemi da usare, consigli da ascoltare e sfide da vincere
«COSÌ POTREMO IMPARARE A LAVORARE IN MODO DIVERSO» Parla Bruno Scuotto, presidente di Fondimpresa: «La pandemia ci obbliga a vivere l’innovazione» BARETTA: «I LAVORATORI PARTECIPINO AGLI UTILI» Intervista col sottosegretario al Mef: «È il momento di coinvolgere tutti»
SALUTE, PIU TUTELE
UTILIZZARE I DATI
Vecchietti (Intesa-Rbm): «Investire sull’assistenza»
La formula Doxee travasa i big data nelle relazioni
Arriva l’Index Future Respect per dare la pagella ai bilanci
VMware accelera in Italia lavorando su tutti i cloud
SOSTENIBILITÀ VERA • DELOITTE: «Più risk-management» • RSM: «Alt ai follower, bisogna creare»
DIGITALE A 360°
EDITORIALE
MAGGIORENNI E VACCINATI
L
avorare di più. Se vogliamo che il 2021 ci ridia il maltolto del 2020, non c’è alternativa. Sarebbe sbagliatissimo aspettare che DI SERGIO LUCIANO dal cielo scenda su di noi il panierino del Next Generation Ue. Arriverà, se i nostri governanti non saranno così suicidi da farselo sfuggire, e sarà importantissimo, ma non sarà presto né tutto subito. Nel frattempo, la nostra risalita dagli abissi della crisi dobbiamo provare a fabbricarcela con le nostre mani. Sarà una risalita fai-da-te. Sembra crudele da dirsi a chi quest’anno ha perso tutto, o quasi. Alle decine di migliaia di imprese che, quando moratorie fiscali e creditizie cesseranno, rischieranno di fallire. Eppure non c’è altra strada, a patto che questo sforzo di superimpegno – in cui va detto che gli italiani eccellono (lavoriamo già oltre il 10% di ore in più, ad esempio, dei tedeschi) – venga incanalato soprattutto nelle direzioni dove la ripresa della domanda, interna e internazionali, sarà più marcata. Non ci sono ricette buone per tutti. Ciascuno
IL CORSIVO
sa, o dovrebbe sapere, dove ripartirà la crescita che gli interessa, nel suo settore. Quindi, assodato che bisogna lavorare di più (ancora di più) ricordiamoci che bisogna farlo nella direzione giusta. Che va capita, studiata. Come? Documentandosi, confrontandosi, informandosi. E questo è sicuramente uno dei gap italiani: ci informiamo poco, soprattutto gli imprenditori tendono a documentarsi troppo poco, travolti come sono spesso dalle incombenze. Però se c’è una cosa che abbonda è l’informazione, diciamo che sovrabbonda: semmai, il difficile è distinguere la tanta fuffa dalle cose interessanti, però anche questo è un esercizio necessario. Ma cosa abilita tutto ciò? Cosa ci mette nella condizione di lavorare di più, lavorare meglio, informarsi per capire dove andare? Un prerequisito: l’ottimismo della volontà. Gramsci non c’entra, con tutto il rispetto. È la storia ad autorizzarci all’ottimismo. Nei secoli, è stato sempre dalle crisi che sono partiti i grandi progressi. Depressioni individuali a parte (comprensibili, per carità) c’è in giro una voglia di rivincita che la tagli col coltello. Gli esecrati “assembramenti” delle zone gialle i sociologi li definirebbero “revenge shopping”, lo shopping
frenetico vissuto come dimostrazione di rivincita sulla sfiga. La voglia di innovare per reagire ai guai - darsi da fare al di fuori della propria zona di confort che non garantisce più il calduccio di prima - serpeggia tra tanti, se non tra tutti. Quindi si può ripartire. Anzi, meglio: abbiamo la responsabilità di ripartire noi, e solo poi avremo il diritto di prendercela con gli immancabili ritardi e fiaschi del governo e della stessa Unione europea, che manteranno entrambi meno di quanto stanno promettendo. C’è una bellissima espressione popolare che dice tanto: “Essere maggiorenne e vaccinato”, per dire a qualcuno che è adulto e in grado di affrontare le difficoltà della vita. Ecco appunto: niente alibi, siamo maggiorenni e vaccinati contro tante malattie non solo organiche ma anche sociopolitiche, ci possiamo e dobbiamo vaccinare contro il Covid e dobbiamo poi costruirci gradino per gradino la nostra risalita. PS: a proposto, sentiremo e leggeremo sui vaccini nelle prossime settimane tante e tali scemenze da far dimenticare quelle che ci hanno lessato le scatole finora sulla pandemia. Lasciamole perdere e vacciniamoci. Io appena vedo un vaccino, piuttosto che non farlo me lo bevo.
APPROFONDIMENTO E QUALITÀ, LE NOSTRE LINEE GUIDA (ANCHE GRAFICHE)
D
iceva Ben Hecht, il grande sceneggiatore americano di Via col vento, che “pretendere di stabilire quello che accade nel mondo leggendo il giornale è come cercare di capire che ora è osservando le lancette dei secondi di un orologio”. Figuriamoci se avesse vissuto ai tempi nostri, scanditi dal frenetico diluviare di news on line, soverchiante rumore di fondo che accompagna e stordisce i nostri giorni finendo col farci confondere ciò che è urgente con ciò che conta… La riflessione e l’approfondimento finalizzati alla comprensione autentica: ecco quel che serve, oggi come non mai, per capire l’evoluzione rapidissima del mondo e della società. E solo un giornalismo di qualità può provare – provare, sia detto con tutta l’umiltà del caso – a offrire appunto riflessione ed
approfondimento, come ci sforziamo di fare noi di Economy Group sulle nostre testate, Economy e Investire, pur incalzando a nostra volta la stretta attualità sui nostri siti, economymagazine.it ed investiremag.it. Nel giornalismo economico c’è una testata che, per antonomasia, significa approfondimento, ed è l’Economist, indiscusso leader del mercato globale dell’informazione economica di qualità. Pur non volendo mitizzare niente e nessuno, è doveroso riconoscere questa leadership al settimanale che l’Avvocato Agnelli definiva un “documento” e che il nipote John Elkann ha acquistato. Ed è anche per questo una gratificazione aver incontrato Luca D’Urbino, il disegnatore italiano che firma la maggior parte delle copertine dell’Economist, che sono un altro elemento di culto per l’editoria
internazionale. D’Urbino, milanese, laureato in design al Politecnico – che è dunque un successo italiano nel mondo editoriale - ha disegnato anche la copertina di questo numero di Economy e altre ne disegnerà (senza che per questo noi si commetta l’errore di privarci della mano sapiente di Mirko Tangherlini, che ci accompagna costantemente dalla fondazione della casa editrice). Peraltro: la varietà è tutto, in economia come in editoria. E raccontare la varietà economica, l’impatto profondo che l’economia ha sulla vita di tutti noi, condizionandone il benessere e il futuro, presentare le soluzioni ai mille problemi che incontriamo, i modelli da seguire, le opportunità da cogliere è da sempre il nostro scopo. E lo sarà ancor di più nei prossimi mesi del 2021, l’anno della sospirata risalita. (s.l.)
5
SOMMARIO
APPROFONDIMENTI
GESTIRE L’IMPRESA
10
SARÒ FRANCO
031 INTERNAZIONALIZZAZIONE
di Franco Tatò
12
TRA ME E TECH
di Andrea Granelli
85
UOMINI & DENARI
di Alfonso Ruffo
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TRASPORTI
COVERSTORY
La mobilità del futuro sul banco di prova
015 LO SCENARIO
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SANITÀ INTEGRATIVA
La salute è assicurata
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TRADE FINANCE
L’ultima spiaggia è sulle rive della Senna
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PAGAMENTI DIGITALI
Due fattori e una capanna (di guai)
034 AMCHAM
100 CI PIACE/NON CI PIACE
I promossi e i bocciati del mese
Sarà l’anno del coraggio di chi non resta a guardare Pier Paolo Baretta (Mef): I lavoratori partecipino... anche agli utili
Giovani talenti cercasi per fare affari in Cina
037 AFFARI ESTERI.IT
Se il board sconfina per far crescere l’impresa
038 FEDERMANAGER
L’agilità dell’impresa è una partita a scacchi
020 LA CONSULENZA
040 ALIS
Rocco Abbondanza (Rsm): Ora si deve innovare davvero copiare non salverà nessuno
022 LA FORMAZIONE
Bruno Scuotto (Fondimpresa): Nuove competenze per fare i conti col 2021
024 L’ASSICURAZIONE
di Ugo Bertone
L’Italia cerca l’America e trova il Bengodi
036 CHINA-WI
018 IL GOVERNO
101 PRIVATE BANKER
Le Pmi vanno all’estero viaggiando in comitiva
L’anno nero della logistica, sfida vinta con la tenacia
044 WMWARE
Il big del software che fa parlare tutti con tutti
046 AUTOAPPASSIONATI
Dimmi che flotta hai...
Luca Burrafato (Euler Hermes): Crediti commerciali, si riparte in sicurezza
026 LA STRATEGIA
Ernesto Lanzillo (Deloitte): Il business si rinforza facendo un salto di qualità
028 L’ETICA
Padre Enzo Fortunato (Sacro Convento di Assisi): un nuovo capitalismo sta già nascendo
Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Maddalena Bonaccorso, Marco Scotti, Riccardo Venturi Hanno collaborato Antonella Autero, Ugo Bertone, Giuseppe Corsentino, Paolo Danieli, Giovanni Francavilla, Giuliana Gemelli, Andrea Granelli, Gianluca Lo Stimolo, Franco Oppedisano, Federico Pirro, Nello Rapini, Carmine, 6 Scoglio, Monica Setta, Federico Visconti
Partnership editoriali Aifi; Aiti; Andaf; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro
Per la pubblicità su questa rivista Oyster s.r.l. Concessionaria esclusiva
Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori
Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano, Tel. 02/89767777 Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano
Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio
Amministratore unico Domenico Marasco
Direttore editoriale Alfonso Ruffo Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097 Stampa Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI) Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993 Numero chiuso in redazione il 23 dicembre 2020
SOMMARIO
SUSTAINABILITY
COMUNICARE L’IMPRESA
049 BILANCI DI SOSTENIBILITÀ
115 ARCHIVI D’IMPRESA
Le virtù delle imprese vengono messe all’indice
052 GUIDO GOBINO
118 AYLIN
Dentro quell’incarto 5 grammi di sostenibilità
054 GENERALI
STORY LEARNING
PRODOTTI ORCO S.r.l. Via Bainsizza, 44 - 21100 Varese - tel. 0332 231343 - fax 0332 242256 - www.orco.it
Fare “la cosa giusta” dà più valore al business
075 3M
056 UNIPOL
Mattone dopo mattone edifica il green deal
si
058 HERA
Contrastare il climate change è una questione di resilienza
060 MINERACQUA
Se il buon senso si perde in un bicchiere d’acqua
062 SORGENIA
Il futuro comincia dalla condivisione digitale
FINANZIARE L’IMPRESA
C’era una volta l’impresa memoria e orgoglio del territorio
Allo scotch si attacca anche la cura delle persone
077 SANIXAIR
L’intelligenza artificiale cinguetta sul web
120 COMUNICA COL WEB
Quella chat che fa decollare l’e-commerce
121 STAND OUT
Se dal personal branding nasce un franchising
La sanificazione come natura comanda
078 DOXEE
Così i dati si trasformano in relazione
081 NETWORK CONTACTS
Mai più chiamate moleste se il call center è filosofico
082 ORCO
La democrazia dei consumi sostiene la tradizione
065 FEDERCONFIDI
Se le banche arretrano i confidi avanzano al fianco delle Pmi
068 AITI
Tesorieri in prima linea anche sul fronte digitale
...E POI IL PIACERE
125 BEVERAGE
069 RECROWD
Il mattone balla al ritmo del crowdfunding
128 MOTORI
070 RSM
Quegli accordi che rendono i territori più competitivi
072 NSA ECONOMY RANKING
Lo spirito del distanziamento è ad alta gradazione alcolica
Anche il dolce diventa amaro
FRANCHISING&NUOVE IMPRESE
105 TEMPOCASA
Squadra che vince non si cambia: si fa crescere
107 LÖWENGRUBE
La birreria su ruote format agile per investire
108 IMPRESE E OPPORTUNITÀ
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Dalla consulenza all’affiliazione
La limousine made in Italy da 700mila euro (più Iva)
130 LE RAGIONI DEL GOSSIP
a cura di Monica Setta
COVERSTORY
SARÒ FRANCO
SIAMO IL PAESE DEL “NON FUNZIONA” PERCHÉ
C
apita di frequente che mi chiedano come mai in Italia, oggi, sembra che nulla funzioni a dovere. Effettivamente: viene lanciata una App per il tracciamento dei contagi e non decolla; viene promesso il bonus bici e nel click-day il sistema va in tilt, come l’Inps sul bonus dei 600 euro; si lancia la App per il cashback e i sistemi cadono. A me pare che nessuno abbia più un vero interesse a che le cose funzionino. È deprimente pensarlo, ma lo penso. Il made in Italy che viene tanto glorificato è quello del bello, più che del funzionale. Mentre sembra mancare il concetto di eccellenza industriale. Mi viene spontaneo il confronto con la Germania. Il made in Germany è una forma di educazione collettiva. Di orgoglio popolare. In quel paese c’è una gloriosa tradizione di apprendistato professionale d’eccellenza. Tutti i giovani lo fanno, in parte lavorando e in parte studiando. È una delle forme di educazione più rigorose che abbia visto mai. Questo apprendistato - i cui principi si estendono in genere a tutte le forme educative – prescrive che le cose fatte in Germania innanzitutto funzionino, poi funzionino subito, infine durino nel tempo. Tant’è vero che i prodotti tedeschi hanno sempre prestato lunghe garanzie ai consumatori e
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sono sempre stati corredati di pezzi di ricambio per decenni oltre il lancio. Ricordo invece la trascuratezza con cui molte aziende industriali italiane anche importanti gestivano la ricambistica corrente, quella che occorre per l’attività aziendale ordinaria. Certo, molte cose nel mondo privato sono cambiate: oggi non accadrebbe più come mi capitò UNA CATENA DI MONTAGGIO AUDI, SIMBOLO DELLA QUALITÀ TEDESCA con una Fiat che mi venne consegnata con i bulloni delle a chiunque la richieda. Tutti Non è un mistero che le ruote non serrati, al punto aggiorniamo costantemente organizzazioni informatiche che si allentarono da soli telefonini e computer: ebbene, che funzionano peggio sono in pochi giorni. All’epoca la sono operazioni che vengono quelle dello Stato. I sistemi filosofia di quel gruppo era il compiute simultaneamente da statali sono arretrati e spesso “good enough”, l’”abbastanza milioni di utenti, e funzionano. malfunzionanti. E comunque buono”... Una volta in Giappone visitai poco attenti alle esigenze Ma il gap tra l’Italia e una piccola azienda di dell’utente. Pensati, più alcuni altri Paesi sul fronte montaggio cui volevo affidare che altro, per soddisfare dell’efficienza e della qualità la produzione di un computer. delle esigenze istituzionali. è nell’insieme rimasto. Anzi, Notai che non c’erano, lungo È un po’ come quando si con l’avvento della civiltà del le linee, i controllori della devono compilare moduli, di software, dell’intelligenza qualità, e ne chiesi la ragione assurda complessità, su cui artificiale e delle App rischia all’imprenditore. Mi guardò occorre ripetere all’infinito la di allargarsi stupito e mi prospettazione degli stessi dati. ILMADE IN ITALY CHE VIENE rispose: “Per ulteriormente: Questo tipo di complessità è TANTO GLORIFICATO i programmi o noi la qualità si esteso a tutto quello che fa il È QUELLO DEL BELLO le applicazioni progetta, non si pubblico. È il motivo per cui PIÙ CHE DEL FUNZIONALE devono controlla”. Mi non funziona. funzionare, e invece stiamo sentii mortificato. Quando guidavo la Treccani ne assistendo a clamorosi E dunque? Dunque, volli non solo la digitalizzazione infortuni. Perché Immuni non evidentemente, non curandosi della produzione enciclopedica ha funzionato? Innanzitutto della qualità e dell’efficienza ma dei processi editoriali a perché è complicata e poi di quanto si fa, ci si affida monte. Perciò mi rivolsi a una perché ci si è dimenticati di a persone inadeguate che grande società di software investire in un’operazione di pretendono di far da sole che faceva capo a due ex topsostegno. Mentre ad esempio determinando effetti pietosi. manager Olivetti-GE, cresciuti negli Stati Uniti è attiva da mesi Anche nella mia esperienza molto proprio fornendo servizi un’organizzazione capillare manageriale diretta nel informatici allo Stato. Ebbene: di consulenza per l’uso delle pubblico, peraltro, mi è capitato mi proposero soluzioni vecchie applicazioni sanitarie che tante volte di contrastare di dieci anni. Li mandai via e mi presta assistenza personale quest’approccio sbagliato. servii di alternative più valide.
di Franco Tatò
MANCA LA CULTURA DEL BUON SENSO E DELLA QUALITÀ Ripropongo la vera domanda: perché non c’è, da noi, la generale aspirazione a fare le cose bene e ad imporsi affinché le organizzazioni funzionino? Secondo me una delle cause principali è la mancanza di buon senso. Il buon senso è una risorsa importante. È quel che conduce ad educare una certa organizzazione ad avere un determinato obiettivo, per esempio la soddisfazione del cliente. Spesso invece la soddisfazione perseguita è
in mezz’ora. Tutto quello che quella dell’istituzione, o la è tecnologico è automatico. comodità degli impiegati. Di qui Non c’è da inventare sempre questa drammatica carenza cose nuove. Quindi se di adeguamento all’evoluzione niente sembra funzionare, in dei costumi. Molti dimenticano particolare nell’ambito pubblico, che digitalizzazione vuol dire è per questa H24. Abbiamo BUON SENSO E CULTURA patologica imparato da DEL RISULTATO ANDREBBERO mancanza di Amazon che POSTI AL CENTRO DEI buon senso. Fare bastano 24 ore PROGRAMMI SCOLASTICI cose semplici da per consegnare usare, e che funzionino. Ci vuol qualsiasi cosa ovunque tanto? e adesso riscontriamo, Se dipendesse da me porrei servendoci del food delivery, questo problema – il buon che alcune consegne si fanno
senso e la focalizzazione al risultato – al centro dell’educazione scolastica. Mentre oggi le scuole insegnano molte cose inutili o quasi per la vita. Dovrebbero insegnare il giusto atteggiamento da assumere verso il lavoro. Il buon senso nell’operatività, l’orientamento al risultato. Il valore del made in Italy. Farei di questi temi i cardini dell’educazione scolastica, affiancandoli ai temi classici. Divina commedia e buon senso.
IL CORSIVO
CAPITANI GENEROSI
L
di Giuliana Gemelli
eonardo Del Vecchio,
un’azienda internazionale e alla fine degli
nel suo complesso. Del Vecchio non si
fondatore di
anni Novanta acquisisce RayBan. Nel
limita a donare, ma si occupa in modo
Luxottica oggi confluita
Febbraio 2017 inizia ad accordarsi con la
costante delle problematiche inerenti
in EssilorLuxottica, è uno
società francesce Essilor da cui nascerà
la governance delle istituzioni che
degli imprenditori italiani
EssilorLuxottica nel 2018, il più grande
sostengono il percorso stesso del donare.
più importanti non solo per capitali e
gruppo di occhialeria in Europa. Leonardo
L’aspetto più interessante e stimolante è
ricchezza. Partito dal nulla (il padre infatti
Del Vecchio ha iniziato da subito a dare
che questo capitano coraggioso non è
era un fruttivendolo pugliese, scomparso
alla propria azienda la struttura di una
un navigatore solitario nel mondo della
prima della nascita dell’ultimo figlio),
multinazionale, creando un proprio brand
filantropia italiana. Il suo modo di agire
Leonardo, che porta il suo nome, oggi è
per poi quotarsi in Borsa e acquisire
richiama nelle intenzione e nelle pratica
l’azionista più ricco della Borsa Italiana
le aziende del settore. L’imprenditore
quello di Isabella Seràgnoli, grande
A 15 anni trova il suo primo impiego nella
ha sempre lavorato duramente e
imprenditrice su scala multinazionale e
Johnson, una fabbrica specializzata
soprattutto può vantarsi di non aver mai
grande filantropa, non solo per vocazione,
in coppe e medaglie che esiste ancora
licenziato neanche un lavoratore. Questa
ma per acquisizione di consapevolezza
oggi. Nel 1958 Leonardo Del Vecchio ha
attenzione ai dipendenti come forze vitali
e di conoscenza acquisita in un operare
23 anni e apre ad Agordo una piccola
dell’impresa è divenuto un obiettivo
a flusso continuo. «Le capacità naturali
bottega per la produzione di montature
strategico ed evolutivo soprattutto
si sviluppano nel corso della vita - scrive
per occhiali che diventa in breve tempo
nel periodo della pandemia, con un
nel testo della sua Lectio magistralis
la Luxottica S.a.s, con 14 dipendenti e
incremento dei salari e il sistematico
all’Università di Bologna - nel mio caso
molte ambizioni. Nel 1971 Leonardo
miglioramento delle condizioni di
imparando a capire che il modo migliore
Del Vecchio decide di non produrre più
lavoro, di assistenza e di comunicazione
per preservare i privilegi non è quello di
componenti per altre aziende, ma di
nell’impresa in una sorta di recovery
difenderli, ma è quello di condividerli, e che
dedicarsi solo alla creazione e alla vendita
quotidiano che è di fatto un lungimirante
per farlo bisogna prendersi cura dell’Altro,
di occhiali. Dieci anni dopo Luxottica è
ri-posizionamento strategico dell azienda
cosa né ovvia né semplice».
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COVERSTORY
Se l’Eldorado dei big data diventa una discarica di pregiudizi di Andrea Granelli
D
ov’è la Vita che abbiamo perduto vivendo? / Dov’è la saggezza che abbiamo perduto sapendo? / Dov’è la conoscenza che abbiamo perduto nell’informazione? (T. S. Eliot, cori dalla “Roccia”). In un mondo che cambia, l’informazione è la bussola per orientarsi: non cadere nelle trappole delle novità apparenti, capire ciò che sta tramontando davvero e individuare – prima degli altri – il nuovo, la sua forma, la sua direzione, i luoghi dove inizierà a manifestarsi. Il dato non è marginale ma tende – nell’era della conoscenza – a diventare un fattore produttivo competitivo. Inoltre i dati non sono solo numerici; ci sono anche, per esempio, le descrizioni dei comportamenti (dei clienti, dei concorrenti, …), oppure le affermazioni – i verbatim (i “quote” per la cultura anglosassone) – fatte per esempio alla front-line di un azienda o durante un’intervista etnografica. Anzi la dimensione qualitativa del dato sta assumendo una rilevanza crescente e il titolo suggestivo del celebre libro di Lindstrom – “Small data” – non solo coglie appieno questo aspetto ma lo contrappone dialetticamente al mondo vasto ma superficiale dei big data. E poi ci sono i segnali deboli, gli indizi che normalmente non hanno la dignità di dato (per la loro parzialità, incompletezza e talvolta la loro ambiguità) ma che sono sempre più importanti per anticipare il futuro, per prefigurare quello che sarà. I grandi investigatori, ma anche i grandi medici – pensiamo al dr House – sanno trasformare le tracce in conoscenza “obiettiva” (che consente loro di identificare con precisione un colpevole o diagnosticare una malattia). Ma da solo, il dato non diviene informazione. Per trasformare i dati grezzi in ciò che Edward Tufte – il padre delle rappresentazioni grafiche – chiama “differenza che fa la differenza”, serve lo scarto informativo, quel quid in grado di orientare le decisioni, di modificare la conoscenza che abbiamo delle cose e farci agire trasformando. Non tutti i dati possono svolgere questo ruolo: c’è quindi sempre il rischio di riempirci di dati inutili, vuoti, che non ci dicono niente, che non ci servono a prendere decisioni, a risolvere emergenze, a imboccare nuovi percorsi. Vi è anche un altro rischio, forse più insidioso: come ha osservato Ronald Coase, premio Nobel per l’economia nel 1991, «se tortureremo a sufficienza i dati, confesseranno tutto». La grafica – con le sue capacità suggestive e il suo mettere in luce alcune cose e marginalizzarne delle altre
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può diventare un pericolosissimo strumento di manipolazione, ancora più insidioso perché ha per definizione l’apparenza di un insieme di dati obiettivi e “tecnici”. Il dato deve dunque aiutare a decidere, a capire meglio; ma dobbiamo ricordarci che l’uomo è un Giano bifronte: si orienta, decide, usando un misto di credenze e di fatti oggettivi, usa processi razionali ma si lascia contaminare dalle emozioni e dai pre-giudizi. La decisione viene orientata da un misto di dati da correlare e credenze che vengono organizzate in un ragionamento, più o meno esplicito. L’argomentazione è dunque un processo ibrido dove entrano numeri “obiettivi”, credenze, luoghi comuni, ragionamenti. Dobbiamo sempre tenere a mente questo aspetto per ricordarci che la qualità del dato è condizione necessaria ma non sufficiente per una buona decisione. Per trasformare il dato in informazione ci vuole dunque discernimento, competenza retorica – che consente di costruire ragionamenti persuasivi – e quell’abilità che Steve Jobs chiamava “connettere i puntini”. Detto in altre parole ci vuole una vera e propria “cultura del dato”. Bisogna dunque reintrodurre i metodi della retorica anche nel ragionamento fattuale (e scientifico), per contrastare gli eccessi della cultura dei numeri – che tende a scambiare l’apparente obiettività con la rinuncia alla comprensione. In un famoso articolo di Wired del 2008 – chiamato emblematicamente “La fine delle teorie”, l’allora direttore Chris Anderson osservava: «gli scienziati hanno sempre contato su ipotesi ed esprimenti. [...] Di fronte alla disponibilità di enormi quantità di dati questo approccio - ipotesi, modello teorico e test - diventa obsoleto. [...] C’è ora una via migliore. I petabytes ci consentono di dire: “la correlazione è sufficiente”. Possiamo smettere di cercare modelli teorici. Possiamo analizzare i dati senza alcuna ipotesi su cosa questi possano mostrare. Possiamo inviare i numeri nel più grande insieme di computer [cluster] che il mondo abbia mai visto e lasciare che algoritmi statistici trovino modelli [statistici] dove la scienza non può. [...] La correlazione soppianta la causalità e le scienze possono avanzare addirittura senza modelli teorici coerenti, teorie unificate o una qualche tipo di spiegazione meccanicistica». Una sana cultura del dato deve quindi combattere due derive pericolose: l’inflazione del dato che premia la quantità rispetto alla qualità, che lo considera – banalizzandolo – il nuovo “oro nero” e la venerazione algoritmica che tende a dare al computer il potere assoluto di comprendere i dati e di decidere al posto nostro.
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COVERSTORY
REMO RUFFINI CON LA SUA MONCLER HA ACQUISITO STONE ISLAND, METTENDO SOTTO LO STESSO TETTO DUE BRAND DEL LUSSO RIVOLTO AL PUBBLICO GIOVANILE
18 IL GOVERNO I LAVORATORI PARTECIPINO ANCHE AGLI UTILI
20 LA CONSULENZA SE NIENTE SARÀ COME PRIMA NON HA PIÙ SENSO COPIARE
SARÀ L'ANNO DEL CORAGGIO DI CHI NON RESTA A GUARDARE Il 2020 ce lo siamo lasciati alle spalle, con i suoi Dpcm, le sue promesse di ristori, la sua confusione istituzionale. Ora è tempo di risalire la china. Come? Seguendo l'esempio di chi non si piange addosso di Alfonso Ruffo
22 LA FORMAZIONE NUOVE COMPETENZE PER FARE I CONTI COL 2021
24 L'ASSICURAZIONE CREDITI COMMERCIALI SI RIPARTE IN SICUREZZA
26 LA STRATEGIA IL BUSINESS SI RINFORZA FACENDO UN SALTO DI QUALITÀ
28 L'ETICA UN NUOVO CAPITALISMO STA GIÀ NASCENDO NEL MONDO
C
onfuso, compassionevole, indegettare e investire anche nell’anno orribile cifrabile, di svolta, verde, grigio, 2020 che ha messo tutti a dura prova nello depresso, di rilancio… Come sarà stesso momento e in ogni parte del mondo. il 2021? Nessuno può dirlo con una ragio«Chi ha saputo passare rapidamente dalla nevole possibilità di fare centro. «Di certo resistenza alla pandemia alla reazione – osci aspetta un anno di grandi rivolgimenti – serva Boccia - potrà rafforzare la sua cadice ad Economy il pacità competitiva. VINCENZO BOCCIA: «CHI SI ATTARDA presidente della Luiss Chi si attarda sulla SULLA LINEA DEL RISTORO FINE A SE Vincenzo Boccia -. linea del ristoro fine STESSO INCONTRERÀ NON POCHE Le posizioni acquisite a se stesso inconDIFFICOLTÀ NELLA RIPARTENZA» saranno tutte messe trerà non poche difin discussione e, soprattutto tra le imprese, ficoltà nella ripartenza». vincerà chi saprà prendersi il rischio dell’inLo ha capito certamente John Elkann che ha novazione». Insomma, vale il vecchio adagio premuto il piede sull’acceleratore dell’accordel "chi si ferma è perduto". do con la francese Peugeot fissando al primo Sarà l’anno del coraggio, allora. Questo sì. E trimestre dell’anno entrante la chiusura delsi troverà un pezzo avanti sulla via che porta la fusione che porterà la sua Fca a diventare fuori della crisi chi non ha rinunciato a proil quarto gruppo mondiale nell’auto sotto il
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COVERSTORY LO SCENARIO
nome Stellantis, scansando un possibile destino di marginalità. Dove tiri il vento è ben chiaro anche all’armatore Manuel Grimaldi, tra i colossi mondiali del settore, che ha confermato ai cantieri cinesi dove si serve l’ordine per la costruzione di ben dodici navi ultramoderne di quinta generazione con alimentazione ibrida. «La spinta verso il rispetto dell’ambiente – spiega Ermete Realacci – sarà sempre più forte: una tendenza che la diffusione del Covid rende ogni giorno più attuale». Per il presidente di Symbola «è venuto il tempo di concepire una società a misura d’uomo, empatica, dove prevalga uno spiccato spirito di comunità». «Questa Europa è vecchia e stanca – riprende le parole di Papa Francesco – e se vuole sopravvivere deve darsi la missione di promuovere un nuovo umanesimo economico». «Bisogna fare in modo che tutti stiano meglio – conferma il presidente di PwC Italia Andrea Toselli -. Per questo diventa indispensabile non sprecare l’occasione del Next Generation Eu puntando con determinazione su progetti che promettono di rendere Da sinistra: Andrea Toselli (PwC), Ermete Realacci (Symbola), Giorgio Vittadini (Compagnia delle Opere), Luigi Nicolais (Materias), Carlos Tavares (Psa) con Mike Manley (Fca), Stefano Manzocchi (Confindustria), Vincenzo Boccia (Luiss)
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più di altri all’interno di un quadro normaindicative della realtà. «Per i prossimi mesi tivo che faccia chiarezza su responsabilità – nota il capo economista di Confindustria e ruoli. Vedo una grande voglia di ripartire Stefano Manzocchi – gli imprenditori si atsoprattutto tra le piccole e medie aziende – tendono un peggioramento della dinamica di racconta -. Una governance efficace è la preordini e produzione industriale che riflette condizione per non mandare in fumo un’opanche l’introduzione di misure più restrittive portunità irripetibile». sulle attività e sugli spostamenti. ConsideraIntanto che la politica consumi i suoi riti alla to che il contesto sanitario ed economico è ricerca di una quadra tra ministri, task force in peggioramento anche al di fuori dell’Itae cabine di regia Remo Ruffini acquisisce lia – commenta Manzocchi – si prevede una con la sua Moncler la Stone Island di Carlo caduta del Pil a fine dicembre tra il 9,5 e il 10 Rivetti mettendo sotto lo stesso tetto due per cento. Il che – specifica - renderà debole marchi del Made in Italy che si rivolgono a la partenza dei prossimi mesi». un pubblico giovane cui si propone un nuoMa quest’esito non vale per tutti. Non vale, vo concetto di lusso. per esempio, per PER NON SPRECARE L'OCCASIONE Giorgio Armani non Paolo Scudieri che OFFERTA DA NEXT GENERATION UE è da meno e dopo appena qualche settiOCCORRE PUNTARE SU PROGETTI aver lanciato una limana fa si è spinto a CON UNA GOVERNANCE EFFICACE nea di alta gioielleria fare shopping in Gerraddoppia con una collezione di orologi da mania con la sua Adler Pelzer – leader monsogno. Non restano certo a guardare Patridiale nella componentistica e nei sistemi per zio Bertelli e Miuccia Prada che migliorano il confort delle auto con 1,5 miliardi di fattul’assetto logistico del gruppo e si fanno trorato – acquistando la divisione Acoustics dalvare pronti a cogliere la ripresa anticipata la Sts Group. E non vale nemmeno per Giudella Cina. lio Pedrollo, sbarcato di recente negli Stati Eh sì, perché le disuguaglianze sono destinaUniti dove si è aggiudicato il controllo della te ad aumentare almeno nel prossimo futuSuperior Pump consolidando per questa via ro. E se l’amministratore delegato di Banca la presenza dominante della sua famiglia nel Intesa, Carlo Messina, invita a porre attencampo delle elettropompe. zione sull’emergenza povertà che il Paese «Chi ha visione vince sempre – nota Luigi si troverà ad affrontare ci saranno comunNicolais, ex ministro e già presidente del que nuovi ricchi da soddisfare in Italia e nel Cnr che con la sua creatura imprenditoriale mondo. Mai come adesso le medie non sono Materias cerca di mettere in pratica gli inse-
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gnamenti che dà -: bisogna scommettere sul futuro senza farsi imprigionare dal presente. Certo – aggiunge -, ci vorrebbero più chiarezza d’intenti e indicazioni meno fumose da chi governa anche per incoraggiare l’arrivo di capitali internazionali dei quali abbiamo un gran bisogno». «Non è più tempo di scherzare – gli fa eco il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini -. Siamo di fronte a un bivio: possiamo imboccare la strada della ripresa o quella di una dolorosa debacle. E dipenderà solo da noi – sostiene – perché l’Unione europea ci offre risorse e direttive per lo sviluppo. Dobbiamo vincere la paura, ritrovare competenza e serietà». Non scherza certamente Giovanni Ferrero, per gli amanti delle classifiche l’uomo più ricco d’Italia, che in piena pandemia rileva gli storici biscotti Fox’s in Inghilterra e raddoppia la produzione in Basilicata della rivelazione dolciaria dell’anno: i Nutella Biscuits, vero e proprio conforto per una popolazione di forzati a casa. Ed è molto serio Aldo Bonomi quando fa suo il 70 per cento della Quam di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza, valvole per oil&gas) e investe in una start up di Imola, la Loclain, specializzata in valvole industriali a risparmio energetico, annunciando nello stesso tempo che le acquisizioni non finiscono qui perché crescere è un obiettivo irrinunciabile. Crescere e consolidarsi, direbbe l’ex presidente della Bce Mario Draghi che, presen-
tando il rapporto del Gruppo dei Trenta – un’associazione di cervelli che fornisce consulenza su temi di economia monetaria e internazionale –, si mostra preoccupato perché ci stiamo avvicinando “ai bordi di una scogliera”. Si dovranno fare presto scelte cruciali - per esempio, quali compagnie aiutare a riprendersi e quali no – e per evitare fallimenti a catena il suggerimento è rafforzare il capitale delle imprese. «Ma io sono ottimista - tranquillizza lo scrittore e sondaggista Nicola Piepoli –: a mano a mano che si guarirà dalla malattia torneremo alle abitudini di prima. L’importante è non perdere troppo IL 2021 PUÒ ESSERE L'ANNO DI SVOLTA PER L'ECONOMIA DEL MEZZOGIORNO PERCHÉ L'ITALIA PUÒ RIPARTIRE SOLO SE C'È UNA VERA RIPRESA AL SUD
terreno». E spiega: «Alla lunga la costanza vince sulla variabilità. L’invarianza è la nota dominante della vita». Prima che l’esistenza si metta a girare come una trottola o torni al trantran di prima – è questione di punti di vista perché nessuno sa in realtà come andrà a finire – Alberto e Lucia Aleotti, titolari con la madre Massimiliana della Menarini, fanno propria un’azienda statunitense specializzata in farmaci oncologici. E Leonardo Del Vecchio annuncia a sorpresa una collaborazione tra la EssilorLuxottica che fa ancora capo a lui e il colosso americano Facebook di Mark Zuckerberg per
la produzione di occhiali smart, cioè tecnologici, anche se non è ancora del tutto chiaro che cosa significhi. Capitani coraggiosi, come si vede, non mancano anche nella peggiore delle calamità da cent’anni a questa parte. Ma si tratta dell’eccezione e non della regola. «Quello che verrà – afferma il direttore generale della Svimez Luca Bianchi – sarà l’anno zero di una ricostruzione alla quale avremmo dovuto cominciare a lavorare già da tempo. Le risorse per tornare a investire ci sono, ma da sole non bastano. L’Europa ci chiede di metterle a terra in tempi rapidi e con progetti credibili». Senza contare che resta irrisolto il dilemma di come realizzare quella coesione territoriale che viene indicata come necessaria per accedere ai fondi comunitari (209 miliardi per l’Italia) proprio mentre si accentuano gli egoismi tra regioni. «Il 2021 può essere l’anno di svolta per l’economia del Mezzogiorno», afferma convinto il direttore generale del centro studi Srm e presidente nazionale degli economisti d’impresa Massimo Deandreis. «E per un triplice motivo – spiega -: Innanzitutto, dopo un lungo periodo di rimozione l’argomento torna al centro della discussione politica. Poi c’è una maggiore consapevolezza, anche al Nord, che l’Italia può ripartire solo se c’è una vera ripresa al Sud. Infine, è accertato che investire nel Mezzogiorno produce un effetto positivo anche direttamente sull’economia del resto del Paese».
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COVERSTORY IL GOVERNO
«I LAVORATORI PARTECIPINO... ANCHE AGLI UTILI» Coinvolgere maggiormente i dipendenti nella vita dell’impresa ridarebbe slancio a lavoro e consumi. Ma il sostegno (anche economico) dello Stato non deve venire meno. Parola del sottosegretario al Mef Pier Paolo Baretta di Sergio Luciano
«TUTTA L’AZIONE DEL GOVERNO È FINALIZZATA A FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA, TUTELANDO, AL CONTEMPO, LA SALUTE DEI CITTADINI. CIÒ SIGNIFICA FAR RIPARTIRE IL LAVORO, E QUINDI I CONSUMI. IN UN CIRCOLO VIRTUOSO. Nel quale, però, i lavoratori vanno coinvolti con nuove modalità di partecipazione agli utili e alla vita delle loro imprese. Come pure vanno coinvolti in modo nuovo i grandi investitori istituzionali, dai fondi pensione alle fondazioni bancarie, che possono dare un apporto rilevantissimo agli investimenti a lungo termine”. Pier Paolo Baretta, sottosegretario al Mef, già studente di sociologia e poi operaio a Marghera, è stato segretario generale della Fim Cisl e poi segretario generale aggiunto nella confederazione. E di questa storia umana e professionale conserva l’impronta, attenta alle persone ma anche alle ragioni dell’impresa.
Il reddito di cittadinanza si è rivelato utile come presidio contro la povertà, anche perché si è trattato dell’evoluzione degli struNell’impiego dei fondi europei qual è la menti preesistenti. Ha dato pochi effetti linea-guida da seguire? sul fronte della creazione di lavoro, ma è Quella degli investimenti. E non dell’assilogico perché un conto è l’assistenza, alstenza, per la quale tro la promozione. I 190 TAVOLI DI CRISI APERTI DEVONO abbiamo già stanziaRegalare il pesce o TRASFORMARSI DA EROGATORI DI CASSA to 120 miliardi tutti a insegnare a pescare, A VALUTATORI OBIETTIVI debito. Investimenti vecchia alternativa. DEI PROCESSI DI TRASFORMAZIONE che consentano traBisogna rilanciare il sformazioni profonde, per non ripristinare tema della ricerca di lavoro con una struil quadro ante-Covid. L’esempio più chiaro mentazione a sé, indipendente dal reddidovrebbe essere Taranto: trasformare una to di cittadinanza, quindi con una riforma fabbrica come quella investendo nell’acciaio complessiva del sistema per adottare verde, questa è una delle autentiche frontiemisure di carattere nordeuropeo, dove re del futuro. la formazione e la richiesta e offerta di Chiedo all’uomo di governo ma anche lavoro sono collegate e non solo tramite all’ex sindacalista: come superare l’ele società d’intermediazione. E anche la quivoco del reddito di cittadinanza e nei formazione ci riporta al tema degli invenavigator? stimenti.
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TUTTO IL PROCESSO PRODUTTIVO DEVE ESSERE ISPIRATO ALLA QUALITÀ E LA RESPONSABILITÀ DELLE PERSONE È FONDAMENTALE
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lavitose, nella proprietà. Una cosa da fare Alla fine del blocco dei licenziamenti è stimolare le parti sociali affinché ripenriesploderà il problema, come anche sino a contratti di lavoro che facciano fare quello dei 190 tavoli di crisi. al sistema un netto salto partecipativo. Sì, sono troppi. Sono tavoli che nascono Poiché, ripeto, il nostro Paese deve viveper evitare specifiche emergenze, ma serre di qualità, tutto il processo produttivo ve una nuova strategia di politica indudeve essere ispirato alla qualità. La restriale per lo sviluppo. Questi stessi tavosponsabilizzazione delle persone è fondali dovrebbero trasformarsi rapidamente mentale, in questo senso. Può consentire da erogatori di cassa a obiettivi valutatodi semplificare le regole, rendere più agile ri, da un lato, delle possibilità reali delle il modo di lavorare, assorbire nel modo miimprese in crisi di ripartire con processi gliore lo smart-working nelle pratiche stadi trasformazione, che possano rendere bili, aiutando anche così la massima idenpiù competitivo un settore e, dall’altro, tificazione del lavoratore con il proprio delle capacità di riqualificazione del lavoro. La trasformazione antropologica personale, che ne consentano la ricolloin atto, accentuata dal Covid, ha bisogno di cazione. Non è un compito facile, ma non un sistema di regole ci sono alternative. CI SONO MOLTI ESEMPI VINCENTI nuove e di nuove reDobbiamo immagiANCHE IN AZIENDE MEDIE E PICCOLE lazioni. nare una trasformaDI COINVOLGIMENTO DEI DIPENDENTI Il modello tedezione profonda del SUI RISULTATI E NEL CAPITALE sco? sistema economico Non automaticamente, piuttosto il modeldel nostro Paese, il Made in Italy deve lo italiano rinnovato da una miglior parcompetere sulla qualità e non sui costi tecipazione e coinvolgimento del sindacabassi. Dobbiamo programmare e gestito nelle sorti dell’impresa. Ci sono molti re una poderosa transizione qualitativa esempi vincenti anche in aziende medie e dell’industria. medio-piccole, dove clima può essere forC’è chi accusa il governo di voler ripritemente collaborativo, con varie tipologie stinare lo Stato imprenditore. di coinvolgimento sui risultati a nel capiNell’ultimo, drammatico, anno tutti si tale…Perché c’è anche un tema di rilancio sono ricordati di quanto siano impordegli investimenti privati. tanti l’intervento pubblico nell’economia Già: e quale rilancio? e lo stato sociale. Ricordiamo tutti che Per esempio mi sto occupando direttanelle crisi del 2008 e del 2011 il mercato mente del nuovo possibile ruolo degli da solo non è stato in grado di risolvere investitori istituzionali nell’economia rei problemi. Con l’autoregolazione non si ale, anche collegato agli strumenti sociali sta in piedi. Lo Stato non deve sostituirsi come le casse di previdenza e i fondi penal mercato, ma fare da traino, da volano e sione, soggetti economici che hanno un da lievito perché ricresca e si riformi un patrimonio molto consistente, circa 200 buon mercato. Non penso ai panettoni di miliardi, che devono e possono diventare Stato o all’acciaio di Stato, penso però al anche investitori stabili. Bisogna studiafatto che lo Stato può garantire che una re come favorire al meglio una maggior situazione di difficoltà si trasformi in un partecipazione di questi soggetti, assieme vero rilancio. alla Cassa depositi e prestiti e alle fondaMa intanto cosa pensa che sia giusto zioni bancarie, a questo grande sforzo di fare per le imprese? ripartenza cui è chiamato il Paese. DevoUna cosa importantissima è stata fatta ed no e possono diventare soggetti attivi di è il golden power, uno strumento per diuna politica di investimenti che il Recofenderle dalle facili incursioni, anche ma-
very Fund favorisce. È un tema strategico anche perché la caduta drammatica dei consumi ha favorito un accumulo straordinario di risparmio che non deve restare inutilizzato. Quindi gli investitori istituzionali, per loro natura non speculativi, devono lavorare sugli investimenti di medio periodo e attrarre ulteriore risparmio privato. Intanto, però, la politica ha fatto vedere uno spettacolo non bello di divisioni e tensioni. Infatti: c’è stato uno scarto clamoroso tra la cronaca politica quotidiana che ha alzato la tensione sul governo e la gravità dei problemi che abbiamo di fronte. E non parlo solo della gestione della pandemia, ma parlo appunto, anche e soprattutto, dell’impegno a gestire la fase degli investimenti e del rilancio. L’idea di aprire una crisi adesso che porti al voto, a pochi mesi dal semestre bianco, mi pare un’operazione sbagliata, irresponsabile. Dopo di che è evidente – per dirla con chiarezza – che esiste nella percezione generale uno scarto tra la rappresentanza politica parlamentare attuale e l’orientamento del Paese. Questo scarto si gestisce o con nuove elezioni, che abbiamo tutti considerato pericolose e non risolutive in un quadro come questo attuale, o con la presa di coscienza che oggi la situazione non può cambiare e, dunque, va gestita con responsabilità nei due anni che ancora ci separano dalla conclusione della legislatura. Se portassimo tutti ogni discussione sul merito e sui contenuti delle scelte da compiere, tutto il resto del dibattito si rivelerebbe per quello che è, panna montata. Se invece mettiamo in secondo ordine i contenuti e restiamo ancora a discutere sulle tensioni si cade nel grande abbaglio di pensare che col voto ora si potrebbero risolvere i problemi di fondo. Bisogna fare di tutto per scongiurare una simile prospettiva e riportare ogni dibattito sul contenuto. Ma io credo che ci riusciremo.
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COVERSTORY LA CONSULENZA
«Ora si deve innovare davvero copiare non salva più nessuno» Un processo continuo di pensiero e offerta: ecco come deve cambiare l’approccio al business secondo Rocco Abbondanza, managing partner di Rsm Spa. Perché la profittabilità tradizionale ormai è in pericolo di Sergio Luciano «NON C’È PIÙ TEMPO DI COPIARE. ESSERE FOLLOWER DI SUCCESSO È DIVENTATO QUASI IMPOSSIBILE, CON QUESTA PANDEMIA!»: ROCCO ABBONDANZA, MANAGING PARTNER DI RSM SPA, È UN CONSULENTE STRATEGICO PRESTATO ALLA REVISIONE. Rappre-
Ma l’innovazione si può copiare. O no? Non più: come dicevo prima essere follower e aver successo copiando è riuscito a molti, in passato, ma nel dopo-Covid non sarà più possibile, non se ne avrà più il tempo. Il cambiamento va capito e intercettato mentre accade, altrimenti non riesci ad andare avanti.
senta in Italia, con i suoi partner, un colosso internazionale. E lavora quindi sia con interlocutori globali che con le Pmi. Da tutti, sia Ma scusi: non basta semplicemente tornapure con accenti – e a re a com’era prima LE VARIABILI TRAVOLGENTI SONO volte dialetti! – diverdi questa stramalaOVUNQUE E CI SI DEVE DEDICARE sissimi, si sente ripedetta pandemia? ALLE NOVITÀ, SENZA PENSARE tere sostanzialmente Se uno la pensa così DI POTER TARARE LE PREVISIONI la stessa domanda: e si limita a, come «Ce la faremo a riprenderci? E come?» dire… tenere botta sulle difficoltà contingenti, è già fuori strada. Nel mondo ante-Covid, Già, Abbondanza: come? ragionando così si usciva dal mercato in cinDi preciso nessuno lo sa. Cioè: nessuno può que o sei anni, e forse in questi anni si sarebpensare di fare o trovare previsioni esatte be potuto ancora copiare qualcosa e mettersi perché le variabili in gioco sono infinite. Poi, al passo. Dopo il Covid non funziona più. certo: alcune cose sono evidenti. Chi è più digitale e più orientato all’export è avvantagGià ma per innovare si rischia di comprigiato. Ma quando la domanda è: cosa devo mere il profitto! fare per intercettare al meglio la ripresa, è Se nel ciclo normale prima di innovare si tietutto un ipotizzare. Prevedere tutti i trend, ne d’occhio la profittabilità, dopo il Covid siaimpossibile. Bisogna cercare le poche cose mo tutti obbligati a capire che in certi busisicure. E puntare su quelle. Innanzitutto l’inness la profittabilità tradizionale non c’è più. novazione. È l’unico criterio che non tradisce, In questi casi se vuoi agganciare una ripresa dall’invenzione della ruota in qua. che duri non sei nella condizione di attende-
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re e copiare gli altri, ma devi reimmaginare in proprio il tuo modello di business nei prodotti e nei processi, monitorando quel che succede sul mercato per non perdersi nessun possibile stimolo. Nel mondo di prima…
Quindi c’è un “mondo di prima” e un “mondo dopo”? Assolutamente sì: nel mondo di prima, alcuni business erano più protetti dalla configurazione tradizionale. Apro il bar, produco infissi, trasformo latte… Se avessi un ristorante mi chiederei se ha ancora veramente senso mettere 100 persone una accanto all’altra a mangiare in uno stanzone… Adesso le variabili sono travolgenti ovunque. Quindi ci si deve dedicare alle novità! È inutile che qualcuno pensi di poter precisamente tarare il dopo, sono chiari i megatrend, ma non le previsioni di dettaglio. È solo se ci si guarda in casa, con severità e costruttività, che si costruisce il nuovo. Ah, e poi ci si deve dedicare ai nuovi mercati. Chi va già all’estero ha un altro approccio e un’altra governance. Migliori, e più resilienti. Ma non sono scelte facili! Per niente, chi pretende che lo siano? Noi, come Rsm, vogliamo proprio essere quelli
RISALITA FAI-DA-TE
DALL’INVENZIONE DELLA RUOTA L’UNICO CRITERIO CHE NON TRADISCE È PUNTARE SULL’INNOVAZIONE che aiutano a pensare l’innovazione, che non si nutre di genialità – e non solo - ma ha una sua meccanica, non c’è niente che nasce da zero. È cruciale la capacità di ripensare, generare. Non solo lavorando fino a notte alta per pensare alle cose nuove che si potrebbero fare, ma seguendo un percorso disciplinato.
E per esempio voi come revisori che domande vi ponete? Tante anche noi. Ad esempio quale revisione offrire a un mercato che ha estremo bisogno di assurance! Perché, vede, questo processo globale di rivisitazione dei business porterà a qualcosa che non abbiamo ancora, che non sappiamo come sarà, ma sarà. Quindi dobbiamo essere più efficienti, organizzati e autosufficienti. Dobbiamo dare peso maggiore alla capacità di essere autonomi rispetto alla storica interdipendenza che stavamo sperimentando. Poi, ripeto: chi può veramente dire cosa sarà tra 5-10 anni? Ma il trend sicuro va nel senso di dire: facciamo tesoro di quel che è successo per non trovarci più in una situazione che ci prenda alla sprovvista. Fare affidamento sui governi o no? Di nuovo: monitorare tutte le opportunità, naturalmente quindi anche quelle che ar-
rivano dalle istituzioni, e per i nostri clienti lo facciamo alacremente. Ma anche i governi devono cambiare e capire ad esempio che i Paesi hanno bisogno di banda larga, di 5G, di digitalizzazione, di sanità efficiente e di tutte le altre cose che sono mancate…
E come finanziare tutto questo? Se guardo a come le aziende vivono il tema della finanza d’impresa, devo dire che è ancora un modo molto tradizionale. Certo, si inizia a parlare di crowdfunding o di minibond o di quotazioni in Borsa, ma di solito si parla di metodi classici. Cioè rapporti bancari. Le Pmi italiane, di regola, non hanno ancora le dotazioni per destreggiarsi in questo contesto, gli imprenditori dovrebbero evolvere, aggregarsi, superare l’ossessione dell’autonomia nel piccolo. Ma se valutiamo il problema da un punto di vista istituzionale, be’: anche lì, bisogna cambiare mentalità. Ogni volta che, come ha fatto il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, si parla di monetizzazione del debito pubblico scattano vecchi tabù. Ho la sensazione che siano da superare. C’è da chiedersi se in un mondo con liquidità illimitata creata dalle banche centrali si crei più sviluppo o più premesse per una ripresa dell’inflazione. Il tema si giocherà sul piano istituzionale. FACCIAMO TESORO DI QUELLO CHE È SUCCESSO PER NON DOVERCI TROVARE MAI PIÙ IN UNA SITUAZIONE CHE CI PRENDA ALLA SPROVVISTA
Be’, qualcosa l’Europa sta facendo. La Bce ha acceso un faro sull’euro digitale… Sì, speriamo bene. Ma pensiamo a cosa avremmo potuto fare se avessimo già avuto la moneta elettronica. Una criptocurrency ufficiale… a quel punto avremmo potuto accelerare tanti processi. Un conto è dover arrivare alle imprese e alle persone tramite il sistema bancario, dopo mille passaggi; altro sarebbe stato fare rimesse dirette con moneta dematerializzata. La tecnologia ci permetterebbe di saltare sostanzialmente
tutti gli intermediari, tutti i grossisti: anche quelli finanziari. E tutte le banche sono oggi in questo senso casi di scuola. La moneta parte da un punto e prima di arrivare a terra, a destinazione, impiega tempo: basti vedere quel che è accaduto con gli assegni della cassa integrazione. Se avessimo già una moneta totalmente digitalizzata si farebbe tutto in un secondo.
Un’ultima curiosità: voi, come consulenti globali delle imprese vostre clienti, da un lato immagino che cerchiate di spingerle a innovare, dall’altra dovete rispondere alle loro esigenze immediate. Come si conciliano queste due missioni? Con l’impegno costante. Da una parte, dobbiamo impegnarci al massimo per rispondere alle domande di sempre, e insieme dobbiamo… evangelizzare sui nuovi temi. I team devono essere sempre pronti per andare incontro a tutte le necessità del cliente, quelle tradizionali e quelle proiettate al futuro. Anzi: bisogna sforzarsi di anticipare le future necessità e indicare ai clienti le nuove strade da imboccare. Il tema chiave per una società come la nostra è riuscire a creare innovazione. Quel che abbiamo fatto di importante, dal marzo scorso, è stato da un lato avere incontri interni dove analizzavamo la situazione costantemente e progettavamo le cose nuove da fare e poi abbiamo lanciato il nostro premio “Innovation award”, una sfida al 25% delle nostre risorse su cosa avrebbero fatto di innovativo sul tema del brand, delle strategie di mercato e della leadership per avere risposte originali, anche confrontandosi con soggetti esterni, senza solipsismi… e questo metodo dovrebbe trasformarsi in un processo continuo di pensiero e di offerta, perché ormai devi avere qualcuno che costantemente guarda al nuovo, qualcuno che controlla la qualità e qualcuno che fa il delivery, eccetera. In questo senso stiamo provando a fare gli evangelist senza focalizzarci esclusivamente su uno solo dei tre momenti chiave della vita dell’impresa, ma restando sempre aperti alle nuove sollecitazioni.
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COVERSTORY LA FORMAZIONE
NUOVE COMPETENZE PER FARE I CONTI COL 2021 Nel processo di trasformazione la formazione giocherà un ruolo essenziale. Come? Ce lo spiega Bruno Scuotto, presidente di Fondimpresa, il Fondo interprofessionale di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil di Antonella Autero «IL 2021 NON SARÀ L’ANNO DELLA CRISI, MA QUELLO DEL CAMBIAMENTO. IL LAVORO, I SETTORI E LE SINGOLE FILIERE PRODUTTIVE DOVRANNO MUTARE PELLE PER ADEGUARSI ALLE RICHIESTE DI UN MERCATO TOTALMENTE NUOVO, IN CUI SARANNO SEMPRE PIÙ NECESSARIE LE COMPETENZE DIGITALI». A dirlo, dal suo osservatorio
privilegiato, è Bruno Scuotto, presidente di Fondimpresa, il Fondo interprofessionale per la formazione continua di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil che si occupa di rendere accessibile ad aziende e lavoratori una delle leve fondamentali per l’innovazione e lo sviluppo. «In questo processo di trasformazione, la formazione rivestirà un ruolo centrale. Nessuno potrà più farsi trovare impreparato per il futuro – aggiunge Scuotto -. La pandemia, tra difficoltà di connessione, assenza di banda larga in molte aree dell’entroterra e semplice incapacità di fare una videocall - ha scoperchiato un pentolone vuoto e ci ha messo davanti agli occhi la realtà nuda e cruda: tutta quella innovazione di cui molti andavano riempiendosi la bocca, di fatto non c’era».
calizzato tutti gli elementi della crisi, ma il cambiamento – quello vero – dovuto alla crisi ancora non lo abbiamo vissuto. Per ora abbiamo solo metabolizzato la consapevolezza che si trasformeranno in maniera più o meno radicale il lavoro, i settori e le filiere. Ma tutto questo ancora non è accaduto. Quindi, il 2021 non sarà l’anno della crisi ma del cambiamento che si coniuga con la La pandemia ha colpito duramente l’Itaformazione. Perché non può esserci succeslia, con un impatto so nel cambiamento drammatico specie È CHIARO CHE IL 2021 NON SARÀ L’ANNO se non si hanno le DELLA CRISI, MA SARÀ L’ANNO al Sud dove ha incompetenze per afDEL CAMBIAMENTO CHE SI CONIUGA crociato un mercato frontarlo. CON LA FORMAZIONE CONTINUA del lavoro sostanAnche la formaziozialmente stagnante da più di un anno: ne, quindi, dovrà adeguarsi a un mondo la contrazione degli occupati è stimata al che cambia? 4,5%, tre volte superiore rispetto a quelLa formazione dovrà adeguarsi innanzitutla del Centro-Nord. Con queste premesto a un nuovo modello di lavoro, visto che se, che cosa c’è da aspettarsi per il 2021? abbiamo scoperto, proprio grazie alla panMi viene da pensare subito al mercato. La demia, che si può lavorare in maniera diverrealtà è che al momento abbiamo solo fosa da remoto, certo con una diversa consa-
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LA PANDEMIA CI HA MESSO DAVANTI ALLA REALTÀ: TUTTA QUELL’INNOVAZIONE DI CUI MOLTI SI RIEMPIVANO LA BOCCA NON C’ERA
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pevolezza e una diversa misurazione della qualità del lavoro. Non più parametrata sul tempo, sulle ore “lavorate”, ma sugli obiettivi raggiunti. È un punto di non ritorno. Mi ha colpito molto una scritta su un muro di Madrid. Diceva: non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema. Occorreranno nuove competenze per cambiare le modalità di lavoro? Certo, serviranno nuove skills non solo per cambiare modalità di lavoro, ma anche per adeguare le filiere e i settori a quella che sarà la nuova richiesta del mercato. Molte produzioni – e lo vediamo già oggi con il sistema moda - dovranno riconvertirsi tarandosi su altre attività che ruoteranno per lo più attorno al settore sanitario: ricerche, laboratori, edilizia sanitaria. E in questo processo di trasformazione la formazione rivestirà un ruolo centrale. Nessuno potrà più farsi trovare impreparato per il futuro. Quando accade qualcosa di nuovo e inaspettato vengono fuori tutta la fragilità e la debolezza dei sistemi: ce lo aveva già insegnato l’11 settembre facendo crollare in pochi istanti il mito di un’America inattaccabile. Allo stesso modo oggi la pandemia – tra difficoltà di connessioni e incapacità di fare una semplice videocall - ha scoperchiato un pentolone vuoto e ci ha messo davanti agli occhi la cruda realtà: tutta quella innovazione di cui molti vanno riempiendosi la bocca di fatto non c’è. Nelle aziende, anche le più innovative, esperienza e capacità digitale non sempre vanno a braccetto: in che modo la formazione potrebbe colmare questo gap tra gli over 50 e i millennials, il più delle volte stagisti o tirocinanti? È fondamentale - e lo sarà ancora di più per il futuro - il ruolo del mentor, che non è necessariamente l’anziano che deve trasferire competenze al giovane, ma può essere anche l’inverso. Sarà necessario affiancare ai dipendenti con esperienza dei giovani manager. E molte aziende “illuminate” lo stanno già facendo da tempi non sospetti. Quale sarà da questo punto di vista il con-
tributo di Fondimpresa: anche i bandi dovranno cambiare pelle? Sicuramente non punteremo più sul grande bando generalista della competitività, ma andremo su bandi verticali che possono essere focalizzati su innovazione, nuove assunzioni, territorio, ambiente. E da questo punto di vista posso anche affermare con orgoglio che siamo stati dei precursori: da quando è nata Fondimpresa abbiamo sempre avuto il nostro bando innovazione , prima ancora di Industria 4.0. Tra l’altro, si tratta di un bando attesissimo e al quale le imprese guardano con molto interesse perché la qualità dei percorsi è estremante elevata. Restando sul fronte dei bandi, qual è stato il vostro più grande successo del 2020? La sperimentazione fatta sulle politiche attive del lavoro, un bando pilota con una dotazione di 5 milioni di euro: ha fatto reIL BANDO GENERALISTA DELLA COMPETITIVITÀ DOVRÀ CEDERE IL PASSO A BANDI VERTICALI SU NUOVE ASSUNZIONI, INNOVAZIONE E AMBIENTE
gistrare il “tutto esaurito” in poco tempo e, cosa più importante, ha portato a delle assunzioni reali. Il sogno nel cassetto per il 2021 sarebbe quello di renderlo non più sperimentale con il sostegno del ministero del Lavoro e dell’Anpal. Attualmente ci sono misure aperte per le Pmi? Abbiamo prorogato al 30 giugno 2021 il termine per la presentazione delle domande di finanziamento attraverso l’Avviso 2/2020. Con questa misura vengono stanziati 10 milioni di euro a favore delle micro e piccole imprese aderenti a Fondimpresa per Piani formativi dei propri dipendenti da realizzare sul Conto Formazione. L’Avviso riguarda progetti di formazione interaziendali, ovvero con dipendenti impiegati in più imprese, anche in regioni diverse. E tra i destinatari del Piano possono essere inseriti anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni in deroga e gli apprendisti per attività forma-
tive diverse dalla formazione obbligatoria prevista dal contratto. Questo bando può essere una vera leva di rilancio aziendale e il bonus prevede contributi dai 1.500 ai 3.500 euro per ciascuna impresa. Ha dato uno sguardo alla bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza su cui è al lavoro il Governo? Che cosa ne pensa? Bisogna attendere e studiarlo con attenzione, ma quello che ci aspettiamo dal Piano sulla ripartizione delle risorse del Recovery Fund è di essere affiancati su una serie di idee che vanno ad aiutare le persone sia a mantenere la propria situazione lavorativa che a cambiarla. A giudicare dagli ultimi dati Istat – oltre 400mila posti di lavoro persi da febbraio ad oggi – saranno in molti a doversi reinventare un’occupazione. Da dove si riparte? Dalle politiche attive del lavoro in combinato disposto con una formazione sempre più specialistica perché chiamata a far fronte alle richieste di un nuovo mercato. E che la specializzazione fosse la chiave di volta era già palese prima del Covid-19 se pensiamo che paradossalmente, negli anni scorsi, tante imprese avevano difficoltà a reperire alcuni profili professionali e il più delle volte erano costrette ad “arrangiarsi” con figure destinate ad occupare altre posizioni. E’ per questo che guardiamo con molto interesse anche agli Its – gli Istituti tecnici superiori – che vorremmo accreditare per fare formazione con il nostro accompagnamento. Sono una grande opportunità e hanno un placement che si aggira attorno al 90 per cento. Addirittura? Non saranno previsioni troppo ottimistiche? Ho un’esperienza diretta in materia, in quanto sono anche presidente in Campania della cabina di regia degli Its che sono 9 e hanno una potenzialità enorme. Si tratta di corsi interessanti e con un placement diretto. Hanno “attinto” ai bacini degli Its tante realtà della nostra regione che avevano necessità di un ampliamento della forza lavoro con nuovi profili professionali.
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COVERSTORY L’ASSICURAZIONE
CREDITI COMMERCIALI, SI RIPARTE IN SICUREZZA Attraverso la Convenzione di Riassicurazione, pubblico e privato uniscono le forze a sostegno del tessuto industriale per stabilizzare il rischio. Intervista a Luca Burrafato di Euler Hermes di Marco Scotti Una prima volta per il sistema nostrano? Sì, e di fatto apre alle imprese di assicurazione del credito la possibilità di accedere al fondo di garanzia Sace, un plafond complessivo di 2 miliardi di euro che servirà a compensare i sinistri indennizzati dagli assicuratori all’interno del periodo 19 maggio - 31 dicembre 2020. Di fatto la misura copre gli oltre 200 miliardi di crediti commerciali garantiti dagli assicuratori del credito ed ha la funzione di stabilizzare le transazioni commerciali verso le aziende finanziariamente più deboli mantenendo inalterate le coperture; supportare la liquidità delle aziende, in virtù del mantenimento delle garanzie assicurative, attraverso lo smobilizzo dei crediti commerciali verso il sistema bancario e società di factoring; mantenere inalterata la competitività delle imprese italiane; attutire la prevista contrazione del pil sul 2020 e 2021 con riflessi positivi sia sulle entrate tributarie (dirette ed indirette) che sull’occupazione.
«LE INSOLVENZE AZIENDALI IN ITALIA CRESCERANNO NOTEVOLMENTE, ANCHE DEL 20% L’ANNO PROSSIMO. NON È DIFFICILE IMMAGINARE UN CAMBIAMENTO DELLO SCENARIO PRODUTTIVO, DOPO UN 2020 CON PIL A -9% E UN 2021 IN RIPRESA DEL 3,8%». Luca Burrafato, responsabile della regione Paesi mediterranei, Medio Oriente e Africa di Euler Hermes racconta a Economy che scenari si prospettino per il mondo dell’assicurazione del credito. L’azienda - che nell’area Emea è guidata dal manager 51enne - è parte del Gruppo Allianz e, nel 2019, ha raggiunto un giro d’affari consolidato di 2,9 miliardi di euro e ha coperto transazioni commerciali per un ammontare totale di 950 miliardi di euro. Quel che si dice un osservatorio privilegiato. Molto cambierà, nei prossimi mesi, a partire dalle condizioni in cui si svilupperà il business. Ma c’è anche qualche buona notizia…
Burrafato, in queste settimane si parla di convenzione statale di riassicurazione dei crediti commerciali con valenza retroattiva al 19 maggio: di che cosa si tratta? Le due ondate di Covid-19 hanno messo a dura prova il commercio mondiale con l’Italia tra i Paesi più colpiti dalla crisi economica, con un calo del pil triplo rispetto alla contrazione media a livello mondiale del 3%. Attraverso la Convenzione di Riassicurazione dei crediti commerciali, per la quale ringraziamo le Istituzioni del Paese, l’Ania e tutti gli attori coinvolti, i settori pubblico e privato uniscono le forze a sostegno della liquidità e fiducia nel mercato del credito commerciale interaziendale consentendo al tessuto industriale di stabilizzare il rischio e ripartire in sicurezza.
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LA GESTIONE DEL CREDITO COMMERCIALE MIGLIORA IL CICLO DEGLI INCASSI E CON ESSO LA LIQUIDITÀ
Prima o poi però bisognerà pensare al “dopo”. Come sarà il 2021? Che cifre vi attendete per quanto concerne aziende fallite e persone senza lavoro? Questo primo passo del governo deve guardare immediatamente a un orizzonte temporale più ampio perché gli effetti della crisi, legati anche alla seconda ondata, si protrarranno per tutto il 2021. La corretta gestione del credito commerciale, opportunamente tutelato dalla copertura assicurativa, permette di migliorare il ciclo degli incassi e ridurre le esigenze immediate di liquidità. Dopo il crollo del numero dei fallimenti dichiarati quest’anno, dovuto al congelamento dell’attività produttiva e al
RISALITA FAI-DA-TE
rallentamento dei tribunali, ci attendiamo un rimbalzo l’anno prossimo delle istanze di fallimento con una progressiva accelerazione che coinvolgerà anche il 2022. Le insolvenze aziendali cresceranno in Italia del 20% nel 2021 rispetto all’anno precedente. Molto dipenderà, ovviamente, dalle misure messe in campo sia dal governo nazionale che dalle istituzioni europee per salvaguardare il più possibile le filiere produttive e dei servizi da un tracollo che avrebbe riflessi disastrosi sugli stessi bilanci pubblici nazionali. Oltre a ciò, probabilmente, bisognerà svolgere un’attenta valutazione delle nuove norme sulle crisi d’impresa che dovrebbero entrare in vigore a settembre 2021, in particolare per quanto riguarda la procedura d’allerta che, allo stato attuale, risparmierebbe ben pochi comparti produttivi perdendo così di significato. Il tasso di disoccupazione si attesterà stabilmente su valori a due cifre con una progressiva accelerazione che potrà cominciare ad essere riassorbita solo nel corso del 2022.
Il 2020 si chiuderà in calo di circa il 10%, con previsioni iniziali addirittura peggiori. L’anno prossimo si parla di una crescita intorno al 4%: quando si tornerà a recuperare i livelli pre-crisi? Prevediamo che gli strascichi saranno più profondi e duraturi rispetto a quelli relativi alla crisi finanziaria del 2008/2009. Nel 2020 le esportazioni di beni e servizi si dovrebbero ridurre del 15% mentre per il prossimo anno la progressiva ripresa del commercio mondiale è attesa condizionare positivamente sia le esportazioni sia le importazioni pur senza compensare le perdite registrate nell’anno corrente. Le performance negative di quattro regioni – Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – spiegano oltre i due terzi del calo su base annua dell’export nazionale ma rappresentano anche le regioni che segneranno il maggior rimbalzo. Dopo il calo del 9% nel 2020, il pil Italia
dovrebbe rimbalzare con un + 3,8%. Non è difficile prevedere soprattutto un cambiamento obbligato del panorama produttivo volto ad una maggiore digitalizzazione e a nuove forme di commercializzazione dei prodotti. In tale contesto le aziende meno dinamiche, sottocapitalizzate e poco patrimonializzate avranno maggiori difficoltà a ripartire. Per molte Pmi la strada obbligata sarà dettata da aggregazioni per raggiungere la massa critica necessaria alla sopravvivenza in mercati ancora più competitivi. Nonostante la forte liquidità presente a livello sistemico, non sono in vista rilevanti rimbalzi dei prezzi per cui la massima attenzione dovrà essere volta all’efficienza dei processi e al contenimento dei costi, con possibili ulteriori spinte nella direzione dell’automazione.
ulteriormente la nostra attività di business intelligence attraverso l’introduzione di nuovi tool “data driven”. In questa nuova ricostruzione, che avverrà in piena era digitale, ci sarà ancora una volta l’opportunità di fare cultura e innovare il mercato attraverso la creazione di nuove piattaforme dedicate per il tessuto imprenditoriale.
In ottica Recovery Fund: vi attendete qualche novità anche da questo punto di vista? Si parla tanto di digitale e innovazione ma la parte relativa al lavoro, al rilancio delle imprese (e quindi anche del credito) rimane nodale. Al di là della metodologia di gestione scelta (cabina di regia, task force, etc.) si avverte la necessità di avere obiettivi precisi per non sprecare la maggior parte delle risorse. Sotto il profilo dei contenuti, delLe banche si attendono una montagna di le quattro “linee strategiche” incluse nelNpl a causa della fine delle moratorie. la bozza presentata - modernizzazione, Aleggia lo spettro dei “famosi” 25mila transizione ecologica, inclusione sociale euro: come sta il comparto? e territoriale e parità di genere – la priLa nostra è un’azione sinergica a quella ma attira la nostra maggiore attenzione, degli istituti di crediin particolare per LA NUOVA MISURA COPRE GLI OLTRE to con molti dei quaquanto riguarda gli li intratteniamo da 200 MILIARDI DI CREDITI COMMERCIALI investimenti e le riGARANTITI DAGLI ASSICURATORI anni proficui rapporforme, come quella STABILIZZANDO LE TRANSAZIONI ti di collaborazione. della giustizia, che Per quanto riguarda i 25mila euro dati con punta ad accorciare del 40% la durata dei garanzia statale non c’è stata la paventata processi civili e, quindi, anche delle proceondata di richieste. Molte aziende, già indure fallimentari che riguardano da vicidebitate, hanno preferito non rivolgersi a no la nostra attività. Dei 19 miliardi per il questa ulteriore forma di finanziamento. capitolo scuola, istruzione e ricerca guarNonostante ciò è possibile che si presentidiamo con attenzione alla seconda comno criticità più a livello di singola azienda ponente (“Dalla ricerca all’impresa”) che che a livello di comparto settoriale. mira ad innalzare il potenziale di crescita del sistema economico, agendo sulla leva Come cambia l’assicurazione del credidegli investimenti in ricerca e sviluppo. to e che tipo di parametri adotterete nei L’Italia è inoltre primo beneficiario delle prossimi mesi? risorse messe in campo con il Fondo Sure L’assicurazione dei crediti commerciali è e con il Next Generation Eu per politiche un servizio semplice e flessibile che si basa di digitalizzazione e di agevolazioni fiscali. prioritariamente sull’analisi della valutaLa pandemia rappresenta così un’immenzione del rischio delle aziende clienti dei sa criticità, ma può diventare anche una nostri assicurati. In uno scenario estremagrande opportunità per la modernizzaziomente volatile e rischioso, rinforzeremo ne del Paese.
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COVERSTORY LA STRATEGIA
Ora iI business va rafforzato con un nuovo risk management Insieme alle nuove sfide del post Covid, ci saranno altrettante opportunità. Ma per coglierle bisogna attrezzarsi per tempo. Come? Ce lo spiega Ernesto Lanzillo, Private Leader di Deloitte di Marina Marinetti
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l 2020 è stato uno spartiacque dovuto rimodulare la propria offerta sul per tante imprese. Molte sono mercato e adeguare il proprio modello a rischio sopravvivenza a causa operativo dopo il Covid. Un grande procesdella pandemia, ma quelle che hanno retto so di trasformazione a cui bisogna prepal’urto della prima ondata Covid possono rarsi. «Proprio per supportare le aziende affrontare la seconda ondata con maggiore in questa fase che abbiamo lanciato Skilefficacia per poi ripartire più forti di prilUpNow, una piattaforma on-line per la ma. A una condizione: investire tenendo a formazione delle imprese su tematiche di mente la lezione imparata finora. «Dopo il amministrazione, finanza e controllo, geCovid è chiaro che si deve prestare molta stione dei rischi, trasformazione digitale, più attenzione al risk management per sicurezza e gestione aziendale», continua rafforzare i fondamentali del business», Lanzillo. «Le opportunità di crescita ci spiega a Economy Ernesto Lanzillo, Privasono: basti pensare al boom dell’e-comte Leader di Deloitte. merce registrato duBUSINESS PLAN ARTICOLATI «Serve un approccio rante la prima onFACILITANO L’ATTRAZIONE DI RISORSE strategico di ampio data o allo sviluppo PER IL RAFFORZAMENTO PATRIMONIALE respiro, con capacità E PER LE OPERAZIONI DI AGGREGAZIONE della digitalizzaziopredittiva supportane nelle tecnologie ta da business plan articolati, che facilitino Industry 4.0 per la gestione a distanza l’attrazione di risorse per il rafforzamento della produzione e della supply chain. Il patrimoniale tramite operazioni di finanza Made in Italy ha un grande potenziale inestrutturata, con il supporto degli istituti spresso: se le Pmi impareranno a sfruttare bancari e della finanza alternativa, ovvero le piattaforme di vendita digitali e le misuoperazioni societarie di aggregazione, olre Industry 4.0 potranno tornare a veder tre all’acquisizione di nuove competenze crescere i propri fatturati in breve tempo». tramite formazione e managerializzazioBasti guardare all’esempio delle aziende ne». premiate con il Best Managed Companies Secondo un recente sondaggio condotto da Award (l’iniziativa di Deloitte Private soDeloitte insieme a Intesa Sanpaolo e Picstenuta da Altis Università Cattolica, Elite cola Industria, sei aziende su dieci hanno Borsa Italiana e Confindustria): «Le azien-
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ERNESTO LANZILLO, PRIVATE LEADER DI DELOITTE ITALIA
de premiate con il Best Managed Companies Award nel 2020 hanno dimostrato grande resilienza nell’affrontare la crisi determinata dalla prima ondata della pandemia Covid-19», conferma il Private Leader di Doloitte. Si tratta di Alpac, Ambiente, Biesse, Calligaris, Cefriel, Clai, Coswell, Custom, Gruppo Ebano, Epta, Farmol, Farnese Group, Cantine Ferrari, FiloBlu, Fratelli Ibba, Cioccolatitaliani, Gessi, Giorgetti, Gruppo Sgr, Irritec, Idb Group, Flash Battery, Laica, Longino & Cardenal, Master, Nord Ovest, Nwg Energia. E ancora: Rdr, Sabaf, San Marco Group, Sanlorenzo, Tapì, Tecno, Vici & C. Premiate per la prima volta nel 2020, invece, Andriani, Candioli Pharma, Damiano, Essetre, Eurofork, Extravega, Florim Ceramiche, Fluid-o-Tech, Focchi, Callipo Conserve Alimentari, Gibus, Gima, Giusto Faravelli, Isolfin, Nashi, Lincotek, Magazzini Gabrielli, Mri Group, Gruppo Marazzato, Nt Food, Nte Holding, Sacel, Tesi Elettronica e Sistemi Informativi, Webranking. «Strategia, competenze e innovazione, corporate social responsibility, impegno e cultura aziendale, governance e misurazione delle performance, internazionalizzazione: sono questi i sei pilastri dell’organizzazione aziendale che hanno reso queste im-
RISALITA FAI-DA-TE
GLI AIUTI NON SONO PER SEMPRE: BISOGNA PREPARARSI CON UNA STRATEGIA prese performanti prima, durante e dopo la prima ondata, e che dimostrano l’importanza di un approccio strategico integrato di fronte a mercati sempre più competitivi e a eventi capaci di generare disruption», sottolinea Lanzillo. «L’anno che verrà non sarà in discesa: l’impatto della seconda ondata sicuramente avrà strascichi sino a primavera. E anche se la notizia del vaccino fa sperare che la situazione possa normalizzarsi in pochi mesi, tutti sappiamo che lo scenario post-Covid sarà pieno di nuove sfide. Ma se, come ha auspicato il presidente della Repubblica Mattarella, ci sarà uno sforzo collettivo capace di mettere insieme il pubblico e privato per sfruttare al meglio il Recovery Fund, si apriranno non solo sfide, ma anche opportunità». Per raggiungere questo obiettivo, però, per molte Pmi italiane serve un salto di qualità in termini di cultura aziendale. E anche se i mesi a venire sono difficili da prevedere, ci sono alcune lezioni che, dopo la prima ondata Covid, le aziende possono già mettere in pratica: «La strategia secondo noi ottimale deve contenere un mix di elementi “difensivi”, come la solidità finanziaria e la capacità di previsione e monitoraggio, e di elementi “di attacco”, sfruttando il potenziale della mutazione digitale che
ha subito un’accelerazione durante il lockdown», spiega Ernesto Lanzillo. «In questo processo di risposta e rilancio abbiamo individuato cinque tappe. Il primo passo è, come ho già sottolineato, un cambio di mentalità. Bisogna lasciare una visione focalizzata sull’oggi e passare a una basata sul domani: dalla tattica di risposta alla strategia predittiva di gestione dei rischi. Bisogna potenziare le capacità di pianificazione economica di medio e lungo termine per comprendere il possibile impatto su operazioni, dipendenti, finanziamenti ed è fondamentale analizzare le disponibilità di risorse finanziarie necessarie per accompagnare la ripartenza, sfruttando le disponibilità del sistema bancario e della finanza alternativa di svolgere un ruolo di sostegno alle Pmi, a patto che ne siano chiare le finalità di finanziamento tramite business plan articolati e “finanziabili”». Il secondo passo punta a identificare e gestire le incertezze: «Per centrare l’obiettivo è importante che il settore delle risorse umane sia lungimirante e agile», continua i Private Leader di Deloitte. «È importanÈ IMPORTANTE ADATTARSI ALLE NUOVE ESIGENZE DI BUSINESS ATTRAVERSO IL RIPENSAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE APRENDOSI ALLE NUOVE TECNOLOGIE
te anche fare un esame critico su cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato durante la prima ondata della pandemia, prestando attenzione alle preoccupazioni dei dipendenti con azioni per garantire il loro benessere. È inoltre cruciale adattarsi alle nuove esigenze di business attraverso il ripensamento della organizzazione del lavoro, dei ruoli e delle mansioni dei dipendenti e dei luoghi di lavoro, con un atteggiamento di apertura verso le nuove tecnologie. Infine occorre ridistribuire la
forza lavoro facendo leva su modelli e attività ibridi in cui smart working e approccio tradizionale possono integrarsi». E se la prima ondata pandemica ha sviluppato il remote working, per Lanzillo ora occorre muovere le strategie verso uno smart working pensato per mixare esperienze virtuali e fisiche in sicurezza ed efficienza. Il terzo passo ruota intorno al rapporto di fiducia con clienti e fornitori: «Nel rapporto con la clientela il brand non basta più: serve una maggiore vicinanza, con un ulteriore potenziamento del canale digitale». sottolinea Lanzillo. «Ma non solo: occorre puntare sull’Iot (Internet delle cose) per gestire il ciclo produttivo da remoto e la catena della fornitura. È importante anche dare un ordine di priorità al portafoglio prodotti, migliorare la distribuzione dell’inventario e selezionare modalità di approvvigionamento alternative, anche provvisorie, in caso di nuovi focolai. Infine, è cruciale operare su marketplace digitali per identificare nuovi fornitori e nuovi clienti in territori meno colpiti e più pronti alla reazione». Il quarto passo è la definizione della nuova strategia, con un piano di azioni adeguato, con indicatori tempestivi di performance. «E infine guai a restare chiusi nel proprio guscio: interagire con l’ecosistema, imparare dai successi degli altri, raccogliere benchmark e sviluppare collaborazioni può rivelarsi decisivo», dice Lanzillo, illustrando la ricetta di Deloitte Private. E lanciando un monito: «Secondo Banca d’Italia, in assenza delle misure di sostegno introdotte per le imprese, quasi il 20% delle Pmi avrebbe avuto problemi di liquidità: ma gli aiuti, oltre a non essere sufficienti, non sono per sempre. Bisogna prepararsi con una strategia adeguata a tutti gli scenari».
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COVERSTORY L’ETICA
«Un nuovo capitalismo sta già nascendo nel mondo» Reduce da The Economy of Francesco, padre Enzo Fortunato inquadra il cambiamento di paradigma che nel 2021 riguarderà tutti i campi dell’agire umano. Iniziando dal fare impresa di Alfonso Ruffo
«A NOI GIOVANI ECONOMISTI IL COMPITO DI RISCRIVERE LA STORIA» «Il messaggio dell’Economia di Francesco è stato forte e chiaro: spetta ai giovani, a noi giovani, ridare un’anima all’economia, in modo che nasca già col senso dell’altro»: Giandonato Salvia è uno dei 2000 giovani economisti iscritti al grande evento voluto da Papa Bergoglio ad Assisi dal 19 al 21 novembre scorso, concepito per essere “in presenza” e poi riconvertito all’unica modalità praticabile, che è stata quella digitale. «E se da una parte questo ha tolto l’emozione della fisicità agli eventi – osserva Giandonato – dall’altra ha spalancato davvero le porte dell’evento a tutto il mondo, per cui invece di 2000 ci siamo ritrovati a seguire gli eventi digitali in decine e decine di migliaia». «Negli ultimi 2-300 anni, dalla definizione del pensiero di Adam Smith in poi – racconta Giandonato – l’uomo purtroppo si è inoltrato lungo una strada di dissoluzione dei valori dell’umanesimo e della solidarietà. Il Papa ha lanciato il suo appello a
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noi giovani economisti perché, non avendo questa piaga che si chiama memoria, non avendo al passivo le esperienze fallimentari che pure tanti adulti di buona volontà hanno vissuto, possiamo più facilmente riscoprire sotto la cenere l’anima di una nuova economia che ci riqualifichi come uomini. Non ci risulterà difficile concepire un mondo green, ci verrà spontaneo il rispetto per il creato. Il Papa ci ha detto: ragazzi, miei, voi avete nel cuore e nell’anima una profondità importante che nasce dal vostro essere giovani, cercate di riprenderla e trasferirla nell’economia, che automaticamente si svilupperà attorno a voi in modo sostenibile. Le risposte non si trovano
nei libri, i libri siamo noi giovani, che dobbiamo scrivere altre storie con altri inchiostri». Bergoglio ha mandato ai ragazzi riuniti virtualmente ad Assisi un videomessaggio di 27 minuti, tradotto – sul canale Youtube dove si è svolto tutto – in cinque lingue. «Un momento altissimo è stato quando è intervenuta la presidente del Serafico, la splendida Francesca Di Maulo, un esempio per tutti, che parla col cuore e conquista le menti – continua Giandonato Salvia, che nella vita è anche promotore di un’impresa solidale, Tucum (www.tucum.it), un’App per dispositivi mobili (smartphone e tablet) che permette di offrire un pasto alle persone più bisognose - E poi ancora il Papa, quando ci ha detto che per vivere l’economia di Francesco dobbiamo vivere quartieri aperti. Se il nostro cuore è un quatiere aperto, possiamo abbracciare nuove forme di economia, se è invece chiuso andremo avanti sempre solo in nome del profitto».
«LA DOMANDA CRUCIALE CHE DOBBIAMO PORCI È LA STESSA FORMULATA NEL 1794 DAL TEDESCO HANS CARL VON CARLOWITZ, DIRETTORE DELL’AGENZIA FORESTALE:
Quanti alberi possiamo tagliare ogni anno senza mettere a repentaglio la foresta? Il segreto della crescita sostenibile è tutto qui». Reduce dal successo del meeting internazionale sull’Economia di Francesco – confronto tra duemila giovani economisti, professionisti, imprenditori sulle tesi di Papa Bergoglio – padre Enzo Fortunato inquadra così quello che definisce il problema dei problemi: come coniugare sviluppo e rispetto dell’ambiente. Tema che ha conquistato il centro dell’attenzione politica in Europa come dimostrano le direttive del programma d’investimenti noto come Next Generation Eu e che il dilagare della pandemia da Covid 19 ha reso ancora più sensibile.Originario di Scala nella Costiera Amalfitana, una laurea in Psicologia e un dottorato in Teologia, direttore della rivista San Francesco Patrono d’Italia e della sala
RISALITA FAI-DA-TE
stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Fortunato usa le sue doti di abile comunicatore per predicare in tutte le forme possibili la necessità di un cambiamento di paradigma che nel 2021, ne è convinto, riguarderà tutti i campi dell’agire umano. Che cosa le dà questa convinzione? Papa Francesco è stato chiaro sul punto: dalla crisi attuale potremo uscire migliori o peggiori, ma non indifferenti. E allora? Io mi iscrivo tra gli ottimisti e scelgo la prima prospettiva. In che senso migliori? Prima di tutto umanamente migliori. Il che vuol dire che dobbiamo imparare a leggerci con lo sguardo del cuore e non con quello del pregiudizio, di chi sottovaluta o svaluta il prossimo. Questo ci permetterebbe di cogliere i talenti che ciascuno di noi porta dentro. Poi? Più capaci di affrontare e superare l’emer-
genza sanitaria: mettere in atto una serie di che orientano il nuovo cammino dell’ecomeccanismi di prossimità, prenderci cura nomia. degli altri, ci renderà tutti protagonisti di Si potrebbe obiettare che una rondine una svolta in positivo. non fa primavera. Intanto l’economia langue… L’attenzione della parte più avanzata della Quella economica è la crisi forse più drampolitica e di molte cancellerie europee per il matica. Anche in questo caso il Papa e San dibattito e le sue conclusioni fa ben sperare. Francesco ci indicano strade straordinarie L’economia che verrà sarà partecipata, cirda percorrere: alle persone che hanno i forcolare, sostenibile. zieri pieni di ricchezze si chiede di aprirli e Lei è anche tra i promotori del Manifesto condividerle. per un’economia a misura d’uomo contro Non tutti puntano alla santità, non crede? il cambiamento climatico. Che accoglienÈ giusto puntare al guadagno materiale ma za sta ricevendo? è ancora più bello Ispirato all’enciclica PAPA FRANCESCO È STATO CHIARO: guadagnare a sé l’alLaudato Si’, il ManifeDALLA CRISI ATTUALE POTREMO tro. Significa che non sto ha raccolto quasi USCIRE MIGLIORI O PEGGIORI, devo pensare solo quattromila firme MA CERTO NON INDIFFERENTI a me stesso ma che chiamando a raccoldevo imparare a condividere, a fruttificare. ta anche le migliori energie imprenditoriali Se fosse un passo troppo lungo per i temnella convinzione che la responsabilità colpi che corrono? lettiva e la coesione sociale siano un viatico Ma questo è il nuovo capitalismo disegnato per la competitività. ad Assisi dall’incontro di duemila giovani Non c’è il rischio che si resti al punto attivisti provenienti da centoventi paesi e delle buone intenzioni e che si inneggi al Papa Francesco. cambiamento perché nulla cambi? È un nobile ideale. Quanto tempo ci vorrà Che l’attuale modello capitalistico stia ucciper realizzarlo? dendo non solo l’ambiente ma anche gli uoÈ una tendenza già in atto. Abbiamo ascolmini è sotto gli occhi di tutti. Non si dovrà tato storie ed esperienze di applicazione cambiare registro solo per bontà di cuore concreta di questi principi. Esempi viventi ma per necessità. Il grido della terra e dei poveri non potrà rimanere inascoltato a lungo. Siamo pronti in Italia per questa sfida? Vedo segnali contrastanti. Da una parte esistono buone pratiche sul tipo di quelle messe in atto da un gigante come l’Enel che prima di altri ha compreso la necessità del cambiamento, dall’altra si procede a rilento. Per esempio? Il sistema bancario deve allinearsi e le imprese private devono correre di più. Chi saranno gli attori di questa rivoluzione? I giovani naturalmente. Che devono avere coraggio, osare di più per non rimanere schiacciati dalla storia. Devono imparare ad affrontare la paura e non temere, se serve, PADRE ENZO FORTUNATO di andare controcorrente.
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GESTIRE L’IMPRESA
TRADING INTERNAZIONALE
LE PMI VANNO ALL’ESTERO VIAGGIANDO IN COMITIVA
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PERCORSO FORMATIVO PER LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEI GIOVANI
AMCHAM L’ITALIA CERCA L’AMERICA E TROVA IL BENGODI
36 CHINA-WI GIOVANI TALENTI CERCASI PER FARE AFFARI IN CINA
Il 95% delle 197mila aziende esportatrici italiane ha un massimo di 10 dipendenti. Ecco perché occorre fare sistema per crescere. Ne parliamo con Roberto Corciulo, presidente di IC&Partners di Riccardo Venturi
37 AFFARIESTERI.IT SE IL BOARD SCONFINA PER FAR CRESCERE L’IMPRESA
38 FEDERMANAGER L’AGILITÀ DELL’IMPRESA È UNA PARTITA A SCACCHI
40 ALIS L’ANNO NERO DELLA LOGISTICA SFIDA ESTREMA VINTA CON LA TENACIA
44 WMWARE IL BIG DEL SOFTWARE CHE FA PARLARE TUTTI CON TUTTI
46 AUTOAPPASSIONATI DIMMI CHE FLOTTA HAI E TI DIRÒ CHI SEI
stato l’export a tenere a galla il Pacanto alle imprese supportandone il procesese per tanti anni. Ora che la crisi so di ingresso e di sviluppo sui mercati esteri. pandemica sta trasformando il Corciulo sottolinea che il 95% delle nostre commercio internazionale, le nostre aziencirca 200mila aziende esportatrici sono mide esportatrici sono di fronte a un bivio. Se cro imprese con meno di dieci dipendenti. capiscono che per affrontare i nuovi mercati Una condizione inadatta a almeno una delle globali devono fare sigrandi accelerazioni PER OPERARE IN MACRO AREE COME stema, attraverso reti imposte dalla pandeQUELLA ASIATICA È NECESSARIO di imprese o consorzi, mia: quella in direAVERE UNA PRESENZA IN LOCO, hanno la possibilità di zione della nascita di PRODUTTIVA O ALMENO LOGISTICA crescere e di trasformacro-blocchi commare una sfida epocale in opportunità. Ma merciali, come quello asiatico nato in Cina se non lo fanno, cedendo ancora una volta lo scorso novembre con la firma del grande all’atavico vizio di voler a tutti i costi restare accordo di libero scambio di cui fanno parte piccole e autonome, saranno travolte e somanche Giappone e Corea. Per operare in quelmerse dai marosi della crisi. È l’avvertimento le macro aree è sempre più necessario avere di Roberto Corciulo, partner e presidente di una presenza in loco: produttiva, di after sale IC&Partners, società di consulenza per l’ino almeno logistica. Per una piccola azienda ternazionalizzazione che opera da anni acè una mission impossible. A questo si ag-
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GESTIRE L’IMPRESA
giungono gli incentivi a andare a produrre in un numero crescente di Paesi del mondo, dalla Russia agli Stati Uniti anche prima e dopo Trump, fin dai tempi della presidenza Obama e vicepresidenza Biden… Per essere all’altezza insomma bisogna fare rete: ma sono le stesse aziende a doverlo capire e a volerlo fare. Le reti calate dall’alto a colpi di contributi a fondo perduto, che distorcono il mercato, hanno dimostrato di non funzionare.
Quali sono le direttrici imposte dalla crisi che impattano su questo scenario? In primo luogo la pandemia ha accelerato quello che di fatto era ed è il vero motore della globalizzazione, ovvero tutto il mondo dei servizi di IT e la digitalizzazione. Un fenomeno che era già in atto: McKinsey ogni 10 anni fa l’analisi della trade intensity, l’intensità di commercio tra Paesi di beni e servizi, anche se i servizi non sono mappati dalle contabilità nazionali, vedi Istat. Nel 2019 l’Italia ha esportato 460 miliardi in beni e 100 miliardi in servizi, circa un terzo del Pil. McKinsey aveva già evidenziato che in tutte le catene di valore l’intensità di commercio tra pesi stava diminuendo, ad eccezione dell’IT. Il Covid ha fatto esplodere un fenomeno già in atto, dalle teleconferenze a zoom, dalle fiere virtuali all’e-commerce. Molte aziende hanno dovuto portare a forza molte attività sul virtuale, e lavorano su quello. Ci sono quelle che già lo facevano, ma molte altre erano all’età della pietra: sono quelle che soffrono di più e soffriranno ancora.
Corciulo, dove va l’export dopo l’anno della pandemia? Per capirlo si deve prima di tutto guardare al contesto italiano. Il tessuto imprenditoriale del nostro export è fatto di micro e piccole aziende. Il 95% delle 197mila aziende esportatrici italiane ha un massimo di 10 dipendenti, il 4,5% arriva fino a 50. Inoltre le nostre aziende hanno sempre avuto scarsa attitudine a investire all’estero. Le aziende che fanno investimenti diretti all’estero di tipo commerciale e produttivo, che sono il target princiIL NOSTRO EXPORT È FATTO PER IL 40% pale di IC&Partners, Ci sono stati camDI BENI DI AUTOMAZIONE E PER IL 20% sono 13500, con biamenti per quanto DI BENI INTERMEDI: MODA, CIBO circa 6mila filiali in E ARREDO NON SONO L’ASSE PRINCIPALE riguarda l’imporgiro per il mondo. La tanza dei diversi media europea dello stock di investimenti mercati del pianeta? esteri sul Pil è del 55%, noi siamo attorno al Il Covid ha accelerato lo spostamento 25%. Il nostro sistema di internazionalizzadell’asse commerciale globale sull’Asia, zione ha così scarsa capacità di investimendove c’è metà della popolazione mondiale. I to e quindi scarsa presenza anche nel cosidmercati che hanno reagito più velocemente detto after sale. Il nostro export è fatto per alla crisi pandemica, che hanno e avranno i il 40% di beni di automazione e per il 20% tassi di crescita più importanti sono quello di beni intermedi. Il made in Italy classico, cinese e più in generale asiatico, a macchia le tre “f” food, fashion, furniture, è dunque di leopardo. Per questo abbiamo fatto una importante ma non è l’asse principale su partnership nel mese di marzo con uno dei cui basiamo l’export. Le imprese italiane principali hub di Alibaba in Italia, Webidoo. I che fanno automazione producono a regosuoi clienti hanno a disposizione una vetrina la d’arte per fare poca assistenza, mentre i su una fiera virtuale che conta oltre 18 mitedeschi per esempio hanno già strutture di lioni di buyer attivi in 190 Paesi, h24/365, presenza sui mercati di after sale. Ma con la curando a 360 gradi la presenza delle imprepandemia viaggiare è diventato complicato se: dalla gestione dei prodotti alle campagne e costoso, quindi non avere una presenza marketing fino al supporto commerciale sui mercati dove si esporta è fortemente e della customercare. Alibaba ha scelto di penalizzante. aprire da noi perché il marchio Italia è il se-
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ROBERTO CORCIULO
condo brand più ricercato a livello mondiale, con un forte focus sul food, il fashion, i beni made in Italy di lusso. In Cina è cresciuta una classe media con una forte propensione al consumo, che vuole i nostri prodotti. Prendiamo il mondo dell’arredo: fino a 7-8 anni fa il mobile italiano non era presente o molto di nicchia, c’era molta roba fake. Ma oggi il cinese 30-40enne è diventato un consumatore esperienziale che vuole avere il prodotto made in Italy originale, infatti molti marchi italiani stanno aprendo negozi in Cina. Questo tipo di beni dovrà essere davvero e rigorosamente prodotto in Italia. Quali altri movimenti sono in corso nel commercio internazionale? Siamo in una fase di riposizionamento delle filiere globali, con l’accelerazione della nascita di macro-blocchi commerciali. Il 15 novembre scorso in Cina è stato firmato il mega accordo di libero scambio nella regione dell’Asia Pacifico Regional comprehensive economic partnership (Partenariato economico globale regionale), tra i dieci stati dell’Asean e cinque dei loro partner di libero scambio, le cui trattative erano partite nel 2012 e si sono accelerate con la pandemia.
fiscali per incentivare il reshoring degli investimenti industriali negli Stati Uniti.
OGGI LE AZIENDE ESPORTATRICI SONO QUELLE CHE HANNO I BILANCI PIÙ PERFORMANTI Per la prima volta con la Cina ci sono anche Giappone e Corea, è rimasta fuori solo l’India che però potrà entrare quando vuole. Anche questo è un segnale importante: all’interno di questo macro-blocco la merce prodotta avrà una sorta di libera circolazione, un po’ come avviene in Europa oggi; se vuoi stare su quel mercato e avere dei vantaggi devi andare a investire in quell’area. Si sta un po’ rivedendo quel che è successo in Russia dopo le sanzioni nel 2014-2015 con il concetto dell’import substitution: è il benchmark più vicino a noi di risposta a queste situazioni di shock. La Russia che era un Paese importatore, produttore di materie prime specie petrolio, che ha goduto per molti anni di prezzi del greggio importanti ma con un’industria poco concentrata sulla prima trasformazione, si è trovata a spingere sulla sostituzione dell’import con le produzioni nazionali. Allo stesso modo, in un crescente numero di Paesi in tutto il mondo vengono concesse agevolazioni alle produzioni in loco: gli Stati Uniti ne sono l’esempio più lampante. Trump da questo punto di vista non ha inventato nulla, ha proseguito una politica innestata da Obama, e dal suo vice Joe Biden oggi neo presidente, nel 2008: un sistema di norme
Come impattano questi sommovimenti globali sullo scenario italiano che ha descritto? Le nostre piccole aziende esportatrici facevano già fatica a andare oltre l’Europa, su mercati lontani. La pandemia complica ulteriormente le cose. Ma nel problema c’è anche un’opportunità. Essere presenti nei macro-blocchi commerciali in giro per il mondo è fuori dalla portata di una piccola azienda. Diventa così una necessità vitale fare consorzi o reti d’impresa. Si devono creare strutture che siano in grado di strutturare dei progetti, di mettere a fattor comune degli investimenti sull’innovazione. Il digitale è qualcosa che puoi gestire anche autonomamente, ma se non hai le figure giuste è meglio investire in partnership. Molte aziende dovranno andarsi a cercare nuovi mercati; oggi i cambiamenti sono repentini, si deve essere veloci, avere capacità di adattarsi, e se non sai farlo da solo devi farlo in gruppo. Questo vale anche per le aziende che vogliono avviare un’attività di export: è come fare una startup al proprio interno, una piccola azienda non ce la fa, spesso l’imprenditore è un uomo solo al comando. Le piccole azien-
de in questo momento farebbero molto bene a trovare una soluzione di rete insieme a altre 6, 8, 10 aziende. Questa è la cosa da fare. Le aziende devono ragionare su come reagire insieme; purtroppo in Italia fanno molta fatica a farlo.
In che modo possono nascere le reti di imprese? Fare rete è qualcosa che gli italiani fanno fatica a fare, ma se non parte dal basso non può funzionare. Quando si è provato a incentivarle dall’alto le reti sono nate solo perché c’era il contributo a fondo perduto; ma purtroppo il fondo perduto è un dramma nel sistema, perché distorce il mercato. Le aziende devono crederci, investire, se non ci credono è meglio che lascino perdere. Quelle che hanno saputo investire, anche rinunciare ma per crescere e innovare, sono andate sui mercati e si sono rafforzate. Oggi le aziende esportatrici sono quelle che hanno i bilanci più performanti, che hanno più innovazione in pancia, che si confrontano sul mercato. L’export in generale è qualcosa di sano per le aziende, le rafforza, dà capacità di sviluppo, di confronto. Ma oggi fare sistema è fondamentale, altrimenti quel 95% di micro aziende esportatrici rischiano di non essere in grado di stare sulle filiere, e di fracassarsi.
LA PIATTAFORMA AL FIANCO DELLE IMPRESE IC&Partners è una piattaforma di entry strategy e di supporto agli investimenti diretti esteri delle imprese italiane. Da 25 anni affianca le Pmi per supportarle nel percorso di crescita sui mercati esteri. Oggi conta 27 uffici diretti nei principali mercati globali, dagli Stati Uniti alla Russia, dalla Cina all’India. Per affrontare la crisi pandemica
IC&Partners ha messo in campo sin da subito una serie di misure volte ad affiancare le imprese: Export Pool, ovvero un team di esperti di Paesi esteri e di strategie sia off line che on line in grado di affiancare le imprese in ogni fase delicata che stanno attraversando; Export Talks, un ciclo di seminari informativi gratuiti di 30 minuti dove ogni settimana
sono affrontate tematiche su Paesi esteri e strumenti messi a disposizione dal sistema Italia; Hub Make With Italy, una piattaforma dedicata al Made in Italy, volta a rilanciare il business all’estero e trovare la copertura finanziaria più adeguata, grazie ai pacchetti chiavi in mano studiati e pensati per i vari settori merceologici.
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GESTIRE L’IMPRESA
GLI USA SI CONFERMANO L’ELDORADO DI CHI ESPORTA Esportare e produrre negli Usa conviene, nonostante la crisi globale, grazie agli incentivi e alle politiche di tax credits. Ce lo spiega il Managing Director di American Chamber of Commerce in Italy, Simone Crolla di Maddalena Bonaccorso
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el primo anno dei tempi del Covid-19, trovare opportunità di business all’estero può rivelarsi la chiave di volta per reagire alla crisi che la pandemia ha provocato in tutto il mondo. Dal suo osservatorio privilegiato, Simone Crolla, numero uno di AmCham, organizzazione nata con lo scopo di facilitare gli scambi economici tra i due Paesi e affiliata alla US Chamber of Commerce, snocciola i dati di una collaborazione virtuosa che ha avuto negli ultimi anni percentuali di crescita notevolissime e condizioni molto vantaggiose per le imprese italiane: «Per quanto riguarda i foreign direct investment quali le operazioni di merger and acquisition o i green field, cioè quando si crea ex novo uno stabilimento all’estero, ebbene gli investimenti italiani in America sono cresciuti negli ultimi 15 anni del 350% (contro un 50% di crescita di quelli americani in Italia) arrivando nel 2019 a una cifra di circa 33 miliardi di dollari». Numeri ottimi, dovuti anche a una politica di grande supporto alle imprese estere, con incentivi economici che peraltro variano da Stato a Stato, rendendo questa “corsa” virtuosa ad attrarre le aziende un valore aggiunto per chi decide di intraprendere la grande avventura di produrre in Usa: «Non tutti gli imprenditori sono a conoscenza del fatto che le guerre commerciali, nella realtà americana, si giocano tutte tra i diversi Stati», prosegue Crolla. «Se un’azienda intende investire, per esempio, in North Carolina, si accorgerà che il South Carolina, pur di “sottrarre” l’investimento allo Stato confinante, offrirà incentivi an-
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NEGLI ULTIMI 15 ANNI GLI INVESTIMENTI ITALIANI IN AMERICA SONO CRESCIUTI DEL 350% PER UN VALORE COMPLESSIVO DI 33 MILIARDI DI EURO
cora maggiori, proporrà magari tax credits o training gratuiti della forza lavoro: queste politiche di concorrenza, ovviamente, agevolano molto le aziende e all’imprenditore italiano sembrano letteralmente il Bengodi; anche perché purtroppo in Italia tutto questo non accade mai». Ma oltre agli investimenti, c’è poi tutto il capitolo dedicato all’export dall’Italia verso gli Usa e viceversa, per il quale i numeri sono ottimi nonostante la pandemia abbia colpito duro anche questo settore:
«Ovviamente in questo 2020 segnato dal Covid», prosegue Crolla, «c’è stato un calo notevole, che abbiamo stimato intorno al 50% o forse qualcosa in meno. Ma parliamo sempre e comunque di grandi numeri: nel 2019 l’esportazione italiana verso gli Usa era stata pari a 57,2 miliardi di dollari, mentre quest’anno i dati (almeno fino alla fine di settembre, gli ultimi in nostro possesso) ci dicono che veleggia intorno ai 31,1 miliardi. Mentre l’esportazione Usa verso Italia, che nel 2019 valeva 23,8 miliardi di dollari è stata quest’anno, sempre relativamente ai primi 9 mesi, di 13, 2 miliardi». E relativamente ai dazi imposti dall’amministrazione Trump, nessun problema in particolare, se non per settori molto specifici e non rilevanti per l’Italia «perché i dazi hanno colpito soprattutto materie come l’alluminio e l’acciaio, dove il nostro Paese, al confronto di Germania e Cina, non è particolarmente forte», spiega il Managing Director. «Certo, la politica daziaria potrà far crescere il prezzo di alcuni prodotti di nicchia come, per esempio, il parmigiano: ma l’appassionato lo compra lo stesso, anche se il prezzo sale di un qualche dollaro al kg. Possiamo dire di non essere quindi stati molto danneggiati, anche perché gli Usa amano i prodotti italiani: e c’è tutta una parte del Paese, quella che loro chiamano la fly over America, cioè quegli Stati che si sorvolano quando voli da una costa all’altra, dove c’è tantissima voglia di italianità e quindi tanto spazio per le imprese del nostro Paese; non approfittarne sarebbe davvero una grande occasione sprecata».
Voglio trasformare la crisi in un momento di crescita per la mia azienda
Molti imprenditori stanno ripensando strategicamente all’organizzazione ed al modello di business della propria azienda per affrontare con fiducia il futuro e chiedono competenza e tempestività. I team multidisciplinari RSM offrono un approccio integrato per definire soluzioni mirate alle esigenze di ogni azienda che voglia crescere su solide basi.
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GESTIRE L’IMPRESA
GIOVANI TALENTI CERCASI PER FARE AFFARI IN CINA China-Wi da oltre vent’anni supporta le aziende italiane nei processi di produzione ed importazione dei propri prodotti a marchio dall’Asia e ora dà il via a un percorso di formazione per rafforzare la squadra di Marina Marinetti
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ai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”, recita un noto proverbio cinese. Quel che la saggezza popolare non aggiunge è che se poi quell’uomo continuerà a pescare con noi, ci guadagneremo entrambi. Così China-Wi, l’azienda leader nelle attività di acquisto e commercio che da oltre vent’anni supporta le aziende italiane nei processi di produzione ed importazione dei propri prodotti a marchio dall’Asia, gestendone l’intera supply chain, ha deciso di avviare un vivaio di talenti per rafforzare la squadra... sempre che non decidano di avventurarsi nel trading internazionale in autonomia. «Offriamo un’opportunità ai giovani che credono nel futuro della globalizzazione e dell’internazionalizzazione, il nostro è un impegno concreto sia in termini di tempo che di energia nella formazione», spiegano Roberto Del Monaco (a destra nella foto), ceo dell’azienda, e Gianluigi Di Giorgio (a sinistra nella foto), partner China-Wi: «diamo la possibilità di apprendere e di prendere parte, eventualmente a lungo termine, ad una reale esperienza lavorativa. La creatività è la parola chiave della nostra grande famiglia internazionale e i giovani talenti che ne accoglieremo in China-Wi, anche se per poche settimane, se ne sentiranno parte». Dopo aver firmato accordi di collaborazione con diverse università, dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata alla Link Campus University per esperienze professionalizzanti nell’ambito di Master di I e II livello nei settori di
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Economia e Commercio Internazionale, ora China-Wi apre le porte degli uffici di Roma e Shanghai agli universitari che vogliono vivere esperienze professionali in Italia e all’estero nell’ambito del commercio internazionale e dell’importazione. «Offriamo l’opportunità ai giovani in cerca di esperienze lavorative di effettuare un tirocinio presso le nostre strutture in Italia e in Cina al fine di arricchire il proprio bagaglio culturale, professionale e... il curriculum vitae», spiega Di Giorgio. Il progetto di Formazione China-Wi, della durata di 3 o 6 mesi, sfornerà diversi profili professionali (project manager, product manager, business analyst, controllo di gestione, re-
TRADING INTERNAZIONALE PERCORSO FORMATIVO PER LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEI GIOVANI
sponsabile marketing e buyer) combinando attività teoriche e pratiche all’interno della quotidianità aziendale. «Si potranno trascorrere periodi di affiancamento presso le nostre sedi di Roma e Shanghai», continua Di Giorgio: «Nella prima sede si affronteranno le specificità delle varie categorie merceologiche trattate, le tecniche e i regolamenti del commercio internazionale, gli aspetti commerciali di marketing tradizionale e digitale e la gestione dei clienti. Nella sede internazionale invece si avrà la possibilità insieme al nostro staff, di relazionarsi con l’industria, entrando in contatto diretto con l’intera filiera produttiva in tutte le sue fasi, dall’idea fino allo sviluppo del prodotto finito». «L’insegnamento passa attraverso il lavoro, il consiglio, ed il confronto sempre partecipe con esperti del settore», sottolinea il ceo di China-Wi Roberto Del Monaco. La pre-selezione è aperta: «China-Wi consente di inviare la candidatura in un formato innovativo sulla nostra piattaforma. Siano essi video, curriculum vitae con foto, relazioni sulle esperienze in Cina... Le risorse professionali di China-Wi sono alla base del nostro successo: danno vita concreta ai nostri valori, apportano miglioramenti alla qualità dei nostri servizi e ciò si traduce in un aumento della fiducia dei nostri clienti giorno dopo giorno. I nostri principi sono stabili, ma siamo un’azienda dinamica e cerchiamo continuamente giovani risorse per supportare le nostre attività». www.china-wi.co
Se il board sconfina per far crescere l’impresa Il segreto di una espansione all’estero stabile e proficua risiede in una governance che faccia spazio agli esperti di internazionalizzazione. Ne parliamo con Carlo Russo, ceo di Affariesteri.it di Maddalena Bonaccorso
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er riuscire a governare la complessità dell’internazionalizzazione aziendale, è fondamentale inserire nel board delle imprese amministratori indipendenti, che conoscano i mercati e siano in grado di guidare e orientare le scelte dei CdA. Non ha alcun dubbio al riguardo Carlo Russo, fondatore e ceo di Affariesteri.it e vincitore del premio Le Fonti Awards 2020 per la “Miglior strategia di Internazionalizzazione all’interno del CdA”. Affariesteri.it, infatti, è leader nel campo dell’internazionalizzazione e particolarmente attiva nei paesi del Golfo e dell’ex Unione Sovietica, nei Balcani, in Spagna e Francia: «In un contesto come quello attuale, fortemente segnato dalla stagnazione economica» spiega Russo «per le aziende diventa fondamentale guardare oltre confine per espandere il proprio giro d’affari. Ma solo aprendo la governance agli esperti del settore, consentendo loro di sedere nelle “stanze dei bottoni” delle imprese, il processo può risultare vincente». È infatti all’interno dei consigli di amministrazione che si decidono le strategie e si impostano le linee guida di uno dei processi più complicati tra quelli che un’azienda può intraprendere nel corso del proprio sviluppo: «Avere ottimi manager non è più sufficiente, in un mercato globale» prosegue Russo «perché la competi-
zione è talmente evoluta che solo un esperto veramente inserito a pieno titolo nei meccanismi decisionali riesce ad apportare quel valore aggiunto che fa la differenza. Le storie di successo di molti miei clienti dimostrano che le competenze sui mercati esteri, sulle logiche di produzione e sviluppo dei vari Paesi, insieme alla reputazione data dalla lunga esperienza nel campo dell’internazionalizzazione possono fare la differenza, creando un “ponte” tra l’azienda e il mercato che si vuole affrontare». IN UN MERCATO ORMAI GLOBALE AVERE OTTIMI MANAGER NON È PIÙ SUFFICIENTE: OCCORRE APRIRE A SOGGETTI SPECIALIZZATI ESTERNI
Così come, quindi, risulta ormai da tempo naturale inserire nei board delle imprese (oltre ovviamente alla proprietà) avvocati o commercialisti, le cui competenze risultano preziose nei processi decisionali e nelle problematiche legali e tributarie, è ora che le aziende considerino altrettanto normale la presenza, tra i consiglieri, di esperti di internazionalizzazione: «Soprattutto per evitare che i consigli di amministrazione prendano decisioni legate allo sviluppo estero e alle strategie di internazionalizzazione senza averne le competenze e quindi senza riuscire a orientare le scelte verso i mer-
CARLO RUSSO, FONDATORE E CEO DI AFFARIESTERI.IT
cati più adatti», spiega Carlo Russo. «Se a monte c’è una scelta di target sbagliata, se le varie possibilità non sono state vagliate con le giuste competenze, i manager e i consulenti esterni che entrano in campo dopo, a decisione già presa, possono fare ben poco per guidare l’impresa verso un’espansone estera di successo. Occorre intervenire in fase di piano industriale e di piano strategico, con chiarezza d’intenti e rapidità d’azione». Inutile dire che in questo 2020 segnato dalla pandemia da Covid-19 risulta ancora più importante, per le aziende, orientare i propri piani a una seria internazionalizzazione e quindi dotarsi di tutti gli strumenti adatti per espandere i propri confini e guardare ai mercati esteri: soprattutto perché, nel mondo, la qualità italiana è sempre più ricercata: «Il periodo difficile che tutti i Paesi stanno attraversando non ha, fortunatamente, compromesso quella “voglia di Italia” che da sempre ritroviamo in tutto il mondo», prosegue Russo. «Anzi, paradossalmente, la ricerca della qualità e del lavoro italiano è persino aumentata: pensiamo anche solo al settore food, alle aziende vinicole, al design, alla moda. Ma non solo, anche al settore dell’oil and gas e alla tecnologia. Sprecare questo momento storico è qualcosa che le aziende non possono assolutamente permettersi».
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GESTIRE L’IMPRESA MANAGEMENT
da peculiarità assimilabili a quelle dei diversi pezzi. Dall’indagine è emerso uno scenario incerto: solo il 16% del campione considera il paradigma “agile” una realtà già attuale in diversi contesti italiani., con circa il 47% dei rispondenti che ritiene di operare in un panorama aziendale “intermedio”, in cui approccio ordinario e nuovi sistemi si incontrano, ma c’è un rilevante 37,1% che riporta esperienze con aziende tradizionali e verticistiche ancorate al passato. Prima di tutto, appare necessario cambiare l’approccio: lo smart working, inteso come lavoro da casa, per di più tampone “emergenziale” di una situazione senza precedenti, non può più bastare. Serve dunque una nuova visione, appunto quella agile, che consenta di migliorare i processi aziendali. Perché se è vero – come si evince dalla survey – che al termine della pandemia il 54% delle aziende continuerà a impiegare lo smart working, come ci racconta Costanza Patti, direttore generale di Fondirigenti, «la readiness media per sostenere il lavoro smart è del 56% dei lavoratori coinvolti contemporaneamente. Inoltre, più del 70% delle aziende ritiene necessario Se il pedone garantisce continuità, la torre fa da controller, l’alfiere che, oltre alle infrastrutture che consentono apre nuove opportunità di business e la regina travasa conoscenza: di svolgere gli impieghi, vengano messi a diecco il modello di Federmanager per un’organizzazione davvero smart sposizione della forza lavoro anche dei corsi di formazione». di Marco Scotti Secondo il modello elaborato da Federmanager, un’organizzazione aziendale agile si siste un modo per riassumere in maper i manager e le aziende, al centro oggi di differenzia dal classico telelavoro o lavoro a niera schematica ma esaustiva l’inuna sfida senza precedenti, – sottolinea il predistanza perché si basa su 4 pilastri: autonotricato mondo delle relazioni e dei sidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla – mia, responsabilità, monitoraggio dei risulruoli in azienda? C’è la possibilità di raccontafar ripartire il sistema tati e crescita delle AUTONOMIA, RESPONSABILITÀ, re quali sono i compiti e le esigenze dei quadri produttivo ripensando competenze. SeconMONITORAGGIO DEI RISULTATI e dei dirigenti in modo da trovare gli strumeni processi organizzado i manager che E CRESCITA DELLE COMPETENZE SONO ti più adatti da fornire? E, infine, come si sposa tivi e puntando su tre hanno risposto alla I PILASTRI DELL’AGILE MANAGEMENT la tradizionale organizzazione con le esigenze ambiti fondamentali: survey, la cosiddetdi remote working e di dematerializzazione innovazione, crescita delle competenze e sota connected leadership è un modello molto degli spazi? A queste domande ha provato a stenibilità». raro: per il 31,4% di loro ciò si deve a un derispondere “La scacchiera del valore”, un moA fare da punto di partenza per la realizzaficit di comunicazione degli obiettivi da parte dello di agile e welfare management realizzato zione del modello una ricerca che coinvolto del top management, per il 28,9% al fatto che da Federmanager in collaborazione con Fonoltre 300 iscritti all’associazione dei manager le aziende vivono day-by-day, oppure hanno dirigenti, il fondo per la formazione condiviso e che ha impiegato proprio gli scacchi come una governance talmente frammentata da tra Federmanager e Confindustria. «Il modello metafora delle figure dirigenziali all’interno rendere impossibile una conoscenza di inrappresenta uno strumento utile e funzionale dei contesti aziendali, ognuna caratterizzata tenti strategici chiari per i collaboratori e per
L’agilità dell’impresa è una partita a scacchi
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gli stessi manager. Ma dunque che cosa c’entrano gli scacchi con le funzioni manageriali? Perché le sei figure che compongono il gioco hanno ognuna delle peculiarità precise, riconducibili a compiti ben precisi all’interno dell’azienda. In primo luogo ci sono i pedoni, che possono avanzare una casella alla volta, e che garantiscono continuità all’interno della produzione del valore. Se invece si arretra nella prima linea delle figure, quelle che richiamano il top level del management, si trova in primo luogo la torre. Può muoversi in orizzontale e in verticale, in avanti e indietro, e ha compiti di osservazione e previsione che possono essere associati ai controller dell’area finance. In una visione agile, questi manager diventano veri e propri consulenti per la strategia, a patto di avere a disposizione strumenti nuovi come business analytics e intelligenza artificiale. Segue il cavallo, che ha la peculiarità della mossa a “L” e che ha quindi una doppia visione, quella della vita personale e quella lavorativa. Opera quindi su un doppio binario che deve essere costantemente conciliato e rispettato. Ancora: di fianco al cavallo c’è l’alfiere, che non ha limiti di caselle ma deve sempre spostarsi in diagonale. In uno scenario agile, significa avere a disposizione un manager capace di
COSTANZA PATTI, DIRETTORE GENERALE DI FONDIRIGENTI
andare all’attacco di nuovi scenari, aprennon sarà eterno. Bisogna fare prevenzione, do all’azienda nuove opportunità in mercati capire come trasformare questo potenziale esteri o dal punto di vista dell’innovazione. pericolo in un’opportunità che passi attraRimane poi la regina, assimilabile a un diretverso il nuovo modello agile. Quotidianatore generale o a un amministratore delegamente entriamo in contatto con persone che to. Si muove come crede, senza limiti, ma in stanno rivoluzionando la struttura fisica e uno scenario agile non si limita a impiegare il organizzativa dei loro uffici ed è su questo command and control, ma per aiutare la creche si gioca il futuro della competitività. Con scita dell’organizzazione continua a operare i nostri sistemi bilaterali siamo molto attenti travasi di conoscenza a tutte le altre figure, a capire come possiamo agevolare il camattraverso la completa e totale mobilità. Inbiamento, sicuramente si deve impostare il fine il re: è l’apice della scacchiera. Non ha lavoro in modo da renderlo più efficiente, più alcun potere operativo su di essa, ma incarna rapido, in discontinuità con il passato». la massima rappresentanza e fornisce le indiUno degli strumenti a disposizione è la crecazioni strategiche, creando il valore. azione di un sistema di devolved-decision «Dobbiamo ripensamaking, vale a dire di PER IL 26,3% DEI MANAGER DELEGA re – aggiunge Cuzzilla delega e distribuzione E DISTRIBUZIONE DELLE RESPONSABILITÀ, – il modello di smart delle responsabilità, CON CONDIVISIONE DELLE SCELTE working e di lavoro con parallela condiviSTRATEGICHE, SONO UN’UTOPIA remotizzato. Se solo il sione delle scelte stra16% dei manager ci dice che sta lavorando in tegiche, è considerato addirittura un’utopia contesti veramente agili, ci fa capire che tutper il 26,3% dei manager. Networking, lavoro to il resto agile non lo è e che non è neanche in team e condivisione della conoscenza sono pronto al cambiamento. Le istituzioni stanno ritenuti elementi essenziali di un’organizzagià facendo la loro parte nell’aiutare le pmi zione agile che, tuttavia, nel 56,8% sono ria dotarsi di tutti gli strumenti, ma servirebtenuti possibili, ma poco realistici. Colpa, in be una defiscalizzazione degli investimenti e parte, della governance aziendale, poco prodella formazione. Ci troviamo a un bivio fonpensa a sviluppare una leadership flessibile, damentale, perché il blocco dei licenziamenti facilitatrice e motivante. Per transitare dallo smart working all’agile management, quindi, il modello Federmanager propone tre asset su cui investire: la filosofia aziendale, che deve abbandonare gli strumenti novecenteschi a favore di una maggiore fluidità; la strategia, da improntare a una visione e pianificazione dei processi che sia chiara e adattiva rispetto al contesto mutevole; la metodologia, ovvero la condivisione e lo scambio delle competenze all’interno dell’organizzazione, per sostenere il processo decisionale. È proprio sulle competenze necessarie a istillare in azienda una cultura agile che il campione si divide tra chi ritiene (49,5%) che la preminenza spetti comunque a competenze di natura specifica e chi (47,6%) ritiene le soft skills trasversali un elemento strategico, soprattutto nelle fasi di gestione di situazioni STEFANO CUZZILLA, PRESIDENTE DI FEDERMANAGER di crisi.
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GESTIRE L’IMPRESA ASSOCIAZIONISMO
Il 2020 di Alis, sfida estrema vinta con coraggio e determinazione L’Associazione logistica per l’intermodalità sostenibile, presieduta per il secondo mandato da Guido Grimaldi, ripropone nell’Annuario 2020 le fasi salienti di un anno durissimo in cui il cluster si è distinto per eccellenza di Sergio Luciano
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icinanza e dolore, per le tante vittiincolmabile ed è stato il terribile preludio a ciò me mietute dal Covid. Orgoglio per che il mondo intero si apprestava a vivere: la il lavoro svolto. Determinazione ad pandemia da Covid-19”. ottenere dal governo i riconoscimenti meriLa pandemia tati. E fermissima intenzione di recuperare il Nell’ormai breve attesa che il vaccino ci restitubusiness perduto, mettendo a frutto la tenacia isca la serenità perduta, l’Alis può con orgoglio con cui le risorse umane del cluster d’imprese dire di aver “affrontato fin dall’inizio la panderappresentato dall’Alis - Associazione logistimia con coraggio, indomabile determinazione, ca per l’intermodalità sostenibile - sono state spirito di sacrificio e responsabilità - scrive il tutelate in questi nove devastanti mesi di panpresidente - consapevole del ruolo essenziale demia. del trasporto e della logistica, mantenendo E’ il senso della lettera introduttiva con cui fisso l’obiettivo di garantire la continuità dei Guido Grimaldi, fondatore e presidente servizi stradali, maritdell’Alis – appena rieletto per un secondo «ABBIAMO DIMOSTRATO CONSAPEVOLEZZA timi e ferroviari e, con DEL RUOLO ESSENZIALE DEL TRASPORTO essi, la stabilità dei cimandato – ha voluto E DELLA LOGISTICA, GARANTENDO I SERVIZI cli produttivi e la conesprimere i valori che PUR CONSAPEVOLI DEL RISCHIO» segna di merci e beni hanno ispirato l’attidi prima necessità (prodotti alimentari, sanività associativa in questo difficilissimo 2020, tari, farmaceutici e molti altri). Dopo i medici, aprendo la trattazione contenuta nell’Annuail personale sanitario e i volontari, proprio gli rio 2020. In 170 densissime pagine sono riasautotrasportatori, i marittimi, i macchinisti e sunti dodici mesi durissimi ma per molti versi tutti gli operatori logistici sono stati tra gli eroi straordinariamente catalizzanti, una sorta di di questa pan-demia, il vero e proprio sistema scuola di guerra – umana e materiale – che circolatorio del nostro Paese. Sforzo eroico che ha corroborato e ulteriormente rafforzato l’emerita e siamo certi otterrà dal Governo e dalsperienza dell’associazione e del cluster che le Istituzioni il giusto riconoscimento attraverrappresenta. so misure economiche e finanziarie a ristoro Guido Grimaldi ha dedicato le prime righe degli extra costi dovuti alla gestione dei serdella sua lettera al ricordo di una sua giovane vizi svolti con regolare continuità nonostante collaboratrice scomparsa improvvisamente in la fase così delicata”. gennaio, Claudia: “Il vuoto che ha lasciato sarà
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Un punto dolente, questo del supporto pubblico alla logistica che oltretutto “ha sempre cooperato con le Istituzioni locali e nazionali, garantendo l’approvvigio- namento di beni indispensabili per gli ospedali, le farmacie, le forze dell’ordine e tutti i cittadini. Nelle settimane più dure della crisi abbiamo pensato ed agito da italiani, da padri e madri di famiglia, da uomini e donne di un Paese sotto attacco, dimenticando le logiche imprenditoriali e le regole di equilibrio dei bilanci”.
L’appello al governo Guido Grimaldi giustamente ricorda che mentre “molte importanti realtà imprenditoriali - tra le quali anche multinazionali del calibro
GUIDO GRIMALDI, FONDATORE E PRESIDENTE DELL’ALIS
recente adesione ad Alis di importanti aziende nazionali ed internazionali conferma, infatti, l’efficacia della rotta tracciata e conferisce sempre più forza ed autorevolezza alla rappresentatività della nostra Associazione e, con essa, alle istanze del settore di cui è portavoce”.
di Lufthansa, Airbus, Renault, Ryanair, Hertz - sono state costrette a drastici tagli del personale impiegato, Alis, nonostante gli indici relativi all’occupazione fossero tutti in forte e deciso calo, ha creduto e continua a credere nella salvaguardia del capitale umano e nella necessità, in un momento così difficile, di continuare ad investire e a preservare i posti di lavoro”. Per questo, “al termine di un anno davvero terribile, è anzitutto il momento di riconoscere il valore morale e sociale di quanto fatto, e continuare - forti di ciò - a lavorare, nel solco tracciato dell’unione e della coesione del cluster del trasporto e della logistica, per un 2021 di rilancio e ripresa nel quale ci aspettiamo segnali concreti da parte del Governo. La
PER LA RIPRESA 2021 CI ASPETTIAMO DAL GOVERNO SEGNALI CONCRETI
La comunicazione Il 2020 è stato caratterizzato da un ulteriore salto di qualità nella comunicazione di Alis: “La capacità e la forza di Alis nel rappresentare 1.530 aziende, 185.000 uomini e donne del trasporto e della logistica, e nell’aggregare 30 miliardi di euro di fatturato, dimostrano – scrive ancora il presidente Grimaldi nella sua lettera che il mondo imprenditoriale e datoriale crede profondamente nella nostra realtà associativa lungimirante ed all’avanguardia per il nostro Paese. Realtà a cui contribuisce in modo straordinario Alis Channel, la Tv di Alis nata nell’estate 2020, subito dopo la fine del lockdown ed interamente dedicata al settore del trasporto e della logistica, con il preciso obiettivo di diventare il punto di riferimento qualificato per l’informazione economica, tecnica e specialistica del nostro comparto nonché lo strumento fondamentale per far conoscere a tutti il ruolo essenziale del nostro lavoro. Tra i vari format di Alis Channel, online sulla nostra App e sui nostri canali social, vanno in onda ogni giorno Alis Tg News e ogni settimana gli Speciali Aziende e Speciali Porti, reportage dedicati alle imprese associate, agli operatori della logistica, agli attori e agli stakeholder del sistema come porti e interporti”. Le priorità del settore Al governo, scrive il presidente dell’Alis, “ora più che mai, richiediamo un atto concreto ed un attestato tangibile di riconoscimento del ruolo e dell’importanza della logistica e del trasporto per la salvaguardia ed il rilancio dell’economia nazionale”. E L’Alis pone le premesse consegnando “un documento contenente 17 grandi priorità per il settore, suddivise per macro-aree, che hanno avuto il pregio di ricevere un’ampia e trasversale attenzione, oltre che la piena condivisione da parte degli interlocutori
istituzionali. Le misure richieste vanno dagli interventi a favore della liquidità ed a supporto dell’economia reale attraverso la leva fiscale, al sostegno all’intermodalità per evitare il back-shift modale, dalla digitalizzazione e semplificazione dei processi amministrativi alle politiche occupazionali e di formazione specifica per il settore. Queste proposte costituiscono un vero e proprio piano strategico per la ripartenza del settore e devono, a nostro avviso, accompagnare i grandi progetti di infrastrutturazione stradale, portuale, ferroviaria ed interportuale nonché quelli di avanzamento tecnologico del Paese. La digitalizzazione della mobilità sostenibile e della filiera logistica italiana è infatti uno dei primari obiettivi nei confronti dei quali Alis intende offrire un con- tributo importante, unitamente alla sburocratizzazione e semplificazione dei documenti e dei processi amministrativi, al fine di apportare miglioramenti concreti in termini di efficienza, sicurezza e competitività”.
La sostenibilità ambientale “Navi moderne, ferrovie efficienti e veicoli di ultima generazione – scrive Grimaldi - costituiscono strumenti fondamentali grazie al cui impiego razionale, combinato e sostenibile, sarà possibile vincere definitivamente la sfida dell’intermodalità e dello shift modale delle merci, riducendo in modo significativo le emissioni inquinanti a beneficio dell’ambiente e del pianeta e riproponendo quindi la sostenibilità al centro delle agende associative, isti- tuzionali e governative. Ci riferiamo, in particolare, per il settore marittimo all’impiego di navi ibride RoRo di ultima generazione alimentate a litio in grado di garantire zero emissioni in porto e che imbarcano oltre 500 camion e semirimorchi, circa il doppio della capacità delle più grandi navi attualmente impiegate nel Mediterraneo; per il settore ferroviario all’implementazione degli standard di capacità del treno europeo con convogli da 750 metri di lunghezza e 2000 tonnellate di portata; per il settore stradale al sempre crescente utilizzo di veicoli a trazione alternativa come Lng, l’idrogeno o, nel prossimo futuro, l’e- lettrico. A conferma di ciò, anche
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GESTIRE L’IMPRESA
Marcello Di Caterina, vicepresidente e direttore generale di Alis
in questi mesi così difficili e complicati, i nostri associati non hanno mai smesso di investire nel progresso e nella sostenibilità”.
L’impegno per i giovani È da sempre un tratto distintivo dell’azione associativa, e il presidente Grimaldo lo ricorda nella sua introduzione: “Alis continuerà a garantire e promuovere il futuro dei giovani, sostenendone la formazione professionale che consente loro di cogliere solide opportunità in termini di crescita delle competenze e, al tempo stesso, ne evita la fuga all’estero. Saranno, pertanto, necessarie scelte politiche lungimiranti e a beneficio di tutti che intervengano da subito con misure come decontribuzione e defiscalizzazione del costo del lavoro, tali da costituire il vero e proprio volano di crescita dei livelli occupazionali e del Paese. Rivolgo ai ragazzi e alle ragazze, alle nuove generazioni che intendono intraprendere percorsi formativi professionali e sviluppare competenze nel settore dei trasporti e della logistica il caloroso invito a mantenere saldo il legame con il nostro meraviglioso Paese, a puntare sui nostri territori e a non abbandonare le nostre città, ad arricchirli con la nostra intelligenza, le nostre intuizioni, le nostre idee e i nostri valori. Sono certo che blue e green economy siano i pilastri della ripartenza dell’Italia, che ci consentiranno di guardare di nuovo con speranza, ottimismo e positività al futuro di tutti noi e dei nostri figli”.
La mission associativa L’articolata trattazione del 2020 Alis si diffonde, poi, nell’Annuario, lungo un percorso logico di contenuti che riassumono compiutamente il senso della mission associativa: lo sviluppo dell’intermodalità e della mobilità sostenibile a livello nazionale ed europeo, riunendo insieme per la prima volta compagnie armatoriali, società di autotrasporto, compagnie ferroviarie, terminalisti, spedizionieri, aziende fornitrici di servizi di trasporti e logistica, interporti, Its e, in qualità di soci onorari e partners istituziona-
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CONTINUEREMO A PROMUOVERE IL FUTURO DEI NOSTRI GIOVANI li, porti, aeroporti, Università e centri di ricerca. “Con l’obiettivo di riportare la politica dei trasporti e della logistica sostenibile al centro dell’azione di Governo – si legge dell’Annuario Alis persegue in modo strategico le istanze dei propri Soci, ciascuno dei quali dotato di expertise consolidate e di professionisti di altissima levatura. Così facendo, in questo 2020 l’Associazione ha apportato ulteriore valore aggiunto all’intera filiera logistica, ampliando la propria compagine associativa in un settore così delicato e strategico, che ad oggi si può senz’altro considerare uno dei pilastri fondamentali per NATA 4 ANNI FA CON 40 SOCI FONDATORI OGGI L’ALIS VEDE UNA PARTECIPAZIONE ATTIVA DI OLTRE 1530 IMPRESE PER 30 MILIARDI DI RICAVI E 185 MILA ADDETTI
l’economia del nostro Paese e di tutta Europa”. “L’esperienza associativa, nata quattro anni fa per volontà dei 40 Soci fondatori, oggi vede una grande e continua evoluzione e la partecipazione attiva di oltre 1.530 imprese, per un totale di oltre 185.000 lavoratori diretti e indi- retti, un parco veicolare di oltre 133.000 mezzi, più di 140.500 collegamenti marittimi annuali, più di 125 linee di Autostrade del Mare, oltre 160 linee ferroviarie, 200.000 collegamenti ferroviari annuali e 30 miliardi di euro di fatturato aggregato”. I sei obiettivi per la ripresa Ripartire dopo l’emergenza con misure concrete ed efficaci, reagire ai contraccolpi della
pandemia e della crisi economica, evidenziare il ruolo strategico del popolo del trasporto e della logistica, puntare all’adozione di strumenti volti alla sostenibilità ambientale, all’innovazione tecnologica, all’internazionalizzazione, alla sburocratizzazione amministrativa, alla libera concorrenza, alla continuità territoriale con le isole, alla riduzione del gap infrastrutturale ed occupazionale tra il Sud e il centro-Nord del Paese, alla formazione giovanile e professionale: queste le finalità perseguite da Alis fin dalla sua costituzione ed espressamente evidenziate dall’Associazione anche nei due grandi eventi nazionali di luglio 2020, svolti dopo il lockdown nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti e dei protocolli di sicurezza: “La due giorni di Alis. La ripresa per un’Italia in movimento”, a Sorrento, e “Trasporto e turismo sostenibile. Il Mezzogiorno al centro della ripartenza” a Manduria (Puglia). Alis è dunque pronta per la ripartenza di un’Italia sempre più in movimento, interpretando questa visione come un dovere morale prima che associativo e continuando a perseguire importanti obiettivi che possono essere così sintetizzati: 1. Sviluppo della sostenibilità e riduzione di emissioni inquinanti 2. Internazionalizzazione del settore 3. Sviluppo del Mezzogiorno e riduzione del gap infrastrutturale 4. Continuità territoriale con le grandi isole 5. Sburocratizzazione, semplificazione e digitalizzazione 6. Formazione e crescita occupazionale.
GESTIRE L’IMPRESA
IL BIG DEL SOFTWARE CHE FA PARLARE TUTTI CON TUTTI La crescita in Italia, e non solo, di VMware, il colosso globale specializzato nel far interagire tutte le applicazioni su tutti i device in qualsiasi ambiente cloud. Il country-head Raffaele Gigantino: «Soluzioni su misura dei clienti» di Sergio Luciano e avete l’impressione che il digitale sia una Babele, dove quando usate il device di una marca non potete usare tutte le vostre applicazioni aziendali o se utilizzate un cloud rischiate di rimanerci bloccati… siete nel mondo d’oggi. Una babele digitale vera, che scoraggia i profani (e anche qualche esperto) dal tuffarsi come dovrebbe e vorrebbe nella trasformazione digitale. Però c’è un colosso, almeno uno, che ha individuato il problema e si è dedicato, riuscendoci, a risolverlo, cosa quanto mai preziosa in quest’epoca di digitalizzazione accelerata, se non forzata: si chiama VMware, è una multinazionale americana, sesta in graduatoria mondiale nel settore del software per dimensioni, focalizzata sul mercato delle imprese più che del consumer e forte in Italia di circa 200 dipendenti e di una fittissima rete di partner. «La nostra filosofia – spiega Raffaele Gigantino, Country Manager italiano di VMware salernitano, digitale da sempre, vent’anni di storia professionale tra Cisco e Microsoft, in posizioni via via sempre più apicali – si riassume in un claim, uno slogan che ci sembra inequivocabile: any device, any application, any cloud. Significa che noi facciamo funzio-
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nare al meglio e interagire reciprocamente qualunque apparecchio con qualunque applicazione su qualunque cloud». Poliglossia digitale, insomma. «Non a caso, siamo l’unica azienda al mondo a poter vantare accordi strategici con tutti i big player del settore: da Amazon a Google, da Microsoft ad Oracle a Ibm e ad Alibaba. E quindi oggi ci piace definirci il ponte che consente alle aziende di poter accedere a tutti i cloud, perfino quelli IL GRUPPO INVESTE IL 23% DEL FATTURATO IN RICERCA E SVILUPPO: «È IL MODO PER CRESCERE E CREARE CRESCITA NELLE AREE PIÙ CRITICHE PER L’INNOVAZIONE»
locali utilizzando le tecnologie di sempre e impiegando lo stesso modello operativo». Ma a Gigantino piace molto anche la definizione con cui il ceo del suo gruppo, Pat Gelsinger, spiega il perché del 23% di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto ai ricavi che il gruppo ha fatto costantemente anno dopo anno: il conseguimento dei “superpoteri della tecnologia”, cioè intelligenza artificale, machine learning, internet delle cose, mobility, il tutto abilitato dal 5G e dalla banda ultralarga. «Investendo si cresce e si crea crescita – riprende Gigantino
– concentrandosi sulle aree tecnologiche più critiche per i nostri clienti. Innanzitutto la modernizzazione delle applicazioni; poi il cloud, anzi il multicloud che è in forte crescita rispetto all’anno scorso quando le aziende che lo utilizzavano erano già il 25%; la cybersecurity; il modern workplace, cioè tutte le tecnologie che abilitano le aziende a introdurre il vero smart-working, che non è solo il lavoro a distanza (quello, semmai, si chiama remote working) ma è il lavoro agile e intelligente. L’ultima frontiera è il virtual cloud network, in cui un’architettura di rete distribuita in ambiente software-defined copre tutta l’infrastruttura e collega tutte le componenti tra loro attraverso l’automazione e la programmabilità del cloud pubblico». Oltre le formule, quel che di VMware seduce un numero crescente di clienti di livello non solo piccoli e medi ma anche grandi è la versatilità. «Offriamo ai nostri clienti soluzioni appunto versatili e veloci – sottolinea Gigantino – ritagliandole su misura di ciascuna grazie anche ai nostri partner. Tenendo aperta al cliente qualsiasi scelta. Che siano servizi sviluppati da aziende in modalità legacy, con tecnologie magari di
qualche anno fa, o che siano applicazioni gebito, quello del multicloud, un cliente come stite e sviluppate in modo moderno, che si Kiko Milano, in una situazione assai critica, definiscono cloud native application, o anha dovuto chiudere tutti gli store ma ha cora applicazioni in modalità SaaS (softwaavuto la lungimiranza di approfittare della re as a service, ndr) l’importante è che siano sosta forzata per rivedere il proprio intero fruibili da un pc come da un tablet o da uno modello operativo, spostandolo sul cloud smartphone di qualsiasi marca, e possano di Amazon, con un approccio ibrido grazie essere ospitati su qualsiasi cloud». alla nostra tecnologia, riutilizzando le comL’altra arma segreta – ma poi segreta mica petenze che aveva in casa ed ha raggiunto la tanto, anzi: è un punto d’orgoglio – è per massima efficienza operativa conseguendo VMware la qualità e densità della rete di anche un consistente saving economico». partner, attraverso la quale l’azienda svilupCon quest’approccio VMware sta registranpa la maggior parte del business in Italia. do una penetrazione importante nel merca«I nostri partner sono business integrator to italiano, che la porta ad essere presente – rimarca Raffaele oggi in tutti i clienti LA TRASFORMAZIONE DIGITALE PUÒ Gigantino – ed attra“top 500”. «Lo dobverso di loro arrivia- DAR MODO DI RIPARTIRE ALLA GRANDE biamo al posizionaANCHE ALLE AZIENDE CHE SONO STATE mo meglio a qualsiasi PIÙ COLPITE DALLA CRISI DEL COVID-19 mento tecnologico cliente. Anche quanscelto con visione di do la vendita è gestita direttamente da noi lungo periodo e un approccio determinato preferiamo spesso poi nel post-vendita lae scientifico perché ci posizioniamo come vorare in tandem con un partner. Illustriamo il ponte tecnologico che aiuta le aziende a le possibili soluzioni ai clienti e spieghiamo valorizzare le risorse e le competenze che loro qual è la soluzione giusta. A qual fine? hanno già in casa». Al fine che stanno perseguendo tutti, almeVMware offre ai suoi clienti un approccio no tutti gli imprenditori illuminati: fare la “zero-trust” alla sicurezza, elemento quanpropria trasformazione digitale. Una volta to mai imprescindibile operando in contesti illustrato il percorso per riuscirci e individigitali in cui il dato può non risiedere più duato il partner giusto, accompagniamo il nel proprio datacenter o i contesti di forza cliente nella progettazione e nell’implemenlavoro distribuita. Parlare tutte le lingue, tazione delle soluzioni prescelte. Quando parlarle correttamente e proteggere i coninvece lavoriamo con un altro canale, quello tenuti. Una bella sfida, però riuscita. «Vede, dei service provider, creiamo un’ offerta bala trasformazione digitale può dar modo sata su prodotti e servizi ed è poi il cliente di ripartire alla grande anche alle aziende finale che offre quei servizi al mercato». Negli ultimi, convulsi mesi di pandemia gli esempi eclatanti dell’efficienza di quest’approccio al mercato non sono mancati. «Sì, durante il lockdown abbiamo aiutato molti clienti a remotizzare moltissime postazioni di lavoro in tempi record – racconta il top-manager – Ad esempio la Città metropolitana di Roma, che in poche settimane ha dovuto organizzare per la prima volta il lavoro da remoto per 1000 postazioni. Stessa emergenza in Aci informatica, dove il numero di postazioni di lavoro da remoRAFFAELE GIGANTINO tizzare era ancora più elevato. In altro am-
che sono state più colpite dalla crisi del Covid-19», s’infervora Gigantino, «e quindi per noi agevolarle è un imperativo categorico». Come lo è tenere salda la rotta gestionale interna sulla qualità del lavoro e sulla sostenibilità dei ritmi e delle modalità più nuovo. «Per questo all’interno dell’azienda abbiamo assunto numerose iniziative per mantenere alto l’engagement dei dipendenti. Veda – conclude Gigantino - Nel lavoro da remoto tre sono le cose che un’azienda deve fare: comunicare, comunicare, comunicare. In un modo semplice e diretto: le cose vanno dette e ridette, serenamente e chiaramente. Stiamo attraversando un momento particolarissimo dove nessuno di noi ha la sfera di cristallo per sapere in anticipo come e quando se ne uscirà. Noi, però, dobbiamo considerarci fortunati per essere in un settore che sta lavorando tanto anche se da remoto, che è una modalità molto stressante. Quindi dobbiamo sfruttare questa fase per prendercene il meglio e prepararci alla futura, nuova normalità. In sei mesi il sistema ha vissuto un’evoluzione che forse avrebbe vissuto, senza emergenza pandemica, in sei anni. Adesso siamo sull’orlo di una crisi di fatica da remoto, e dobbiamo far tesoro anche di questo stress per adeguare la tecnologia alle esigenze di tutti quando la crisi finirà. Poter contribuire al benessere comune ed alla sostenibilità del lavoro di tutti è qualcosa che rende fieri di lavorare in un’azienda come VMware».
CONTRIBUIRE AL BENESSERE DI TUTTI CI FA FIERI DI ESSERE IN VMWARE 45
GESTIRE L’IMPRESA FLOTTE
Dimmi che flotta hai e ti dirò che azienda sei Dai veicoli green ai grandi Suv, dalle city car al car sharing: ecco perché il Gruppo Lutech, leader italiano e player europeo nella consulenza It e system integration, si è affidato a Fca a cura di Autoappassionati.it
LA FLOTTA DI VETTURE DEL GRUPPO FCA ACCOMPAGNA QUOTIDIANAMENTE MIGLIAIA DI LAVORATORI IN ITALIA E NEL MONDO, COSÌ ABBIAMO SCELTO DI RACCONTARE ALCUNE DI QUESTE REALTÀ, ENTRANDO IN TRE AZIENDE CHE HANNO SCELTO DI AFFIDARSI A QUESTI PRODOTTI. Il nostro viaggio
inizia con il Gruppo Lutech e, in particolare, da Tullio Pirovano, Amministratore Delegato dell’azienda dal 2013. Con il manager italiano abbiamo parlato della realtà Lutech e della sua scelta della flotta aziendale targata Fca. Alfa Romeo Stelvio si è rivelata una delle protagoniste principali di questa piacevole chiacchierata, ma nel complesso i prodotti del Gruppo hanno regalato grandi soddisfazioni all’azienda: la flotta di vetture che comprende anche modelli Fiat e Suv Jeep è, infatti, in grado di rispondere perfettamente alle molteplici esigenze aziendali. Scopriamo cosa ci ha detto Tullio Pirovano.
Chi è Lutech e che cosa fa? Il Gruppo Lutech è leader italiano e player europeo nella consulenza It e system integration. Supporta le aziende nel loro percorso di trasformazione digitale grazie alle competenze di oltre 2.500 professionisti e a soluzioni end-to-end profilate su mercati verticali e sulla realtà di ciascun Cliente, grazie alle nostre tre anime. Lutech Technology si occupa
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di infrastruttura e soluzioni cloud innovative, scalabili e flessibili, che garantiscano la continuità operativa. Lutech Digital invece è la parte dedicata ai servizi, che ha l’obiettivo di creare la migliore customer experience unendo strategie, capacità di delivery e innovazione. Lutech Products, infine, comprende i prodotti software proprietari di Lutech dedicati ai 6 mercati verticali nei quali operiamo: Telco, IL GRUPPO LUTECH CONTA UN PARCO DI OLTRE 600 VEICOLI CHE DIPENDENTI E MANAGER SCELGONO LIBERAMENTE IN BASE ALLE PROPRIE ESIGENZE
Healthcare e PA, Finance, Manufacturing, Fashion, Energy&Utilities, ma ci rivolgiamo anche a tutto il mondo delle Pmi.
Quali sono le sfide principali che Lutech affronta quotidianamente? La trasformazione verso il digitale, oggi più che mai, è un must per un’azienda che vuole avere successo e competere sui mercati e lo può fare tramite la leva dell’IT e quindi la migrazione verso il cloud, i servizi digitali che rendono più efficiente ed efficace la relazione con la clientela, e l’impiego di soluzioni specifiche per i mercati verticali. Esistono diverse sfide tecnologiche che il business pone come prioritarie. Dalla difficoltà a individuare le innovazioni più adatte alle singole esigenze
TULLIO PIROVANO
aziendali alla necessità di introdurre una nuova cultura tra tutti gli stakeholder aziendali. Se vogliamo, possiamo sintetizzarle in un unico obiettivo: completare con successo la transizione verso la digital transformation. Noi aiutiamo i nostri clienti abilitandoli a lavorare più facilmente, raggiungere i loro obiettivi e far evolvere il loro business. Con la linea strategica che abbiamo intrapreso negli ultimi tre anni, ci siamo impegnati in un lungo e complesso processo di acquisizione delle migliori competenze It presenti in Italia che ci ha permesso e ci permetterà di crescere ulteriormente aggredendo nuovi mercati verticali. Le competenze acquisite oggi ci permettono di offrire alle aziende italiane ed europee un portafoglio completo e perfettamente in linea con le esigenze di mercato. Quali sono i punti di forza di Lutech, sia dal punto di vista dell’innovazione, sia per quanto riguarda i servizi offerti? Il Gruppo Lutech opera con competenze distintive su sei mercati verticali, offrendo prodotti proprietari, servizi digitali innovativi e soluzioni tecnologiche di ultima generazione, garantendo un approccio end-to-end. Il mercato italiano, dalle grandi aziende alle Pmi, si trova ad affrontare una sfida complessa. Viene richiesto un time-to-market sempre più corto, mentre la concorrenza sui merca-
in collaborazione con Autoappassionati.it
L’AUTO NON È ANCORA DIVENTATA UNA COMMODITY E LA PASSIONE È FONDAMENTALE ti internazionali e la necessità di adeguare il modello di business a un approccio customer oriented richiedono la revisione dei processi in atto e delle soluzioni utilizzate. La metodologia del Gruppo Lutech prevede una componente di assessment particolarmente accurata: è in quell’occasione che, prendendo atto dello stato dell’infrastruttura It, si procede con una valutazione dettagliata degli interventi, esclusivamente in base alle esigenze di business del cliente. In particolare, la nostra divisione Lutech Digital vuole rispondere alle nuove esigenze con le tecnologie più innovative, garantite da un portfolio di vendor selezionati di altissimo livello. Un ventaglio di offerta che spazia dalle soluzioni di Analytics per completare un efficace percorso data driven, all’Artificial Intelligence, all’IoT e ai mo-
delli di automazione in ambito manufacturing e logistica, solo per citare le principali aree di intervento. La competenza nella fase di assessment, però, è il vero valore del Gruppo Lutech. In un momento in cui l’offerta tecnologica è estremamente vasta e variegata e, se vogliamo, anche complessa, le aziende hanno il bisogno primario di una forte componente consulenziale da parte di un fornitore It che sappia comprenderne velocemente necessità e obiettivi di business. Fondamentale il ricorso a best practice e modelli di implementazione, per questo è importante affidarsi a un partner adeguatamente referenziato e con competenze riconosciute.
Parliamo della vostra flotta aziendale: come è composta e qual è il principale utilizzo delle vetture? Abbiamo sposato politiche green con l’idea di contenere i costi, centrando un corretto dimensionamento della flotta, ma soprattutto dando il nostro personale contributo all’abbattimento delle emissioni di CO2 e polveri sottili, una sfida che sta a cuore anche a Fca, sviluppando una buona sinergia e collaborazione tra i colleghi che utilizzano i servizi. Il gruppo conta una flotta di oltre 600 veicoli per un parco che comprende auto aziendali assegnate ai nostri manager e dipendenti che accedono ad una ricca car list dove possono liberamente scegliere il modello a loro più congeniale. I veicoli commerciali leggeri a disposizione soprattutto dei nostri tecnici sono
stati scelti privilegiando la sicurezza degli utilizzatori senza rinunciare però a quei comfort di guida necessari a chi si ritrova a percorrere molti o moltissimi chilometri in strade di tutti i tipi. Oltre a questo, abbiamo organizzato e strutturato due piccole flotte di veicoli dedicate al company car pooling e car sharing.
Come mai avete scelto di affidarvi alla flotta Fca e quali marchi avete selezionato? Abbiamo scelto Fca perché è un’Azienda italiana ricca di successi e con al suo interno alcuni dei marchi più famosi al mondo. Inoltre, l’auto non è ancora diventata una mera commodity e la passione che suscita ad ognuno dei nostri dipendenti e collaboratori un modello di auto è fondamentale per la propria soddisfazione e concorre a migliorare la sua percezione di appartenenza al Gruppo Lutech. Nella nostra car list abbiamo inserito veicoli Fiat, Jeep ed Alfa Romeo. In base all’inquadramento del driver, si accede a veicoli personalizzati per soddisfare al massimo le esigenze di mobilità, di sicurezza e di comfort. Siete soddisfatti di questa collaborazione con Fca? Qual è il modello più apprezzato della gamma? Il modello più ambito ed apprezzato è sicuramente la Alfa Romeo Stelvio, sia nelle versioni con allestimento business destinato al middle management, sia nelle versioni top di gamma, destinate ai nostri manager più importanti. Nel complesso ci diciamo decisamente soddisfatti della collaborazione, un processo sviluppato in crescendo, che ci ha permesso di creare diverse sinergie di grande valore. Ciò è merito anche del coinvolgimento di alcuni nostri driver, resi parte attiva nei processi decisionali relativi alla scelta dei modelli di auto per la nostra flotta aziendale, che hanno avuto la possibilità di mettere alla prova le vetture e di essere parte integrante quindi nella definizione della car list.
ALFA ROMEO STELVIO VELOCE TI
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SUSTAINABILITY & CIRCULAR ECONOMY
SCAVANDO NEI BILANCI DI SOSTENIBILITÀ Ecco i brand votati dai consumatori
NELL’INDEX FUTURE RESPECT ELABORATO DA CONSUMERLAB VENGONO VALUTATI I BILANCI DI SOSTENIBILITÀ DI 44 AZIENDE
VERSO IL GREEN DEAL
COSÌ LE VIRTÙ DELLE IMPRESE VENGONO PASSATE AI RAGGI X
Per alcune è una moda alla quale non ci si può sottrarre, per altre non si tratta di null’altro che di un’operazione di greenwashing. Ma ci sono aziende (e sono molte), piccole, medie e decisamente grandi, che credono davvero nell’utilità di mettere nero su bianco le proprie pratiche, a testimonianza di un impegno concreto nella costruzione di un futuro più sostenibile non solo sotto il profilo ambientale, ma anche economico e sociale. Sono le aziende che Economy ogni mese racconta in queste pagine.
Consumerlab negli ultimi tre anni ha classificato ben 1.127 bilanci di sostenibilità, selezionandone 44 che entreranno nell’Index Future Respect secondo la valutazione dei consumatori di Marina Marinetti
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erché mai le imprese dovrebbero loro impegno per la costruzione del futuro. prendersi la briga di redigere un Un obbligo sancito, sulla scia della direttibilancio di sostenibilità? È un cova Ue 95 del 2014, dal decreto legislativo sto: in termini di tempo, lavoro e denaro. «E 254/2016, in vigore da gennaio 2017, che infatti meno della metà delle aziende obbliimpone alle grandi aziende, appunto, di gate per legge a redigere il bilancio di sostedepositare, insieme ai bilanci, una dichianibilità lo pubblica, e razione di carattere I BILANCI DI SOSTENIBILITÀ SERVONO anche delle imprese non finanziario, per A TRASMETTERE AL PUBBLICO medio grandi, con 30 spiegare che azioL’IMPEGNO DELL’AZIENDA o 40mila unità, circa ni hanno messo in PER LA COSTRUZIONE DEL FUTURO l’80% non lo redige», campo su ambiente, conferma a Economy Francesco Tamburella gestione del personale, diritti umani, lotta (nella foto), responsabile del centro studi di alla corruzione. Chi non rispetta l’obbligo ConsumerLab, che negli ultimi tre anni ne ha rischia una sanzione da 20mila a 100mila classificati ben 1.127. E qui sta la riposta a euro. «Ma in realtà non c’è alcun controllo», quel “perché” iniziale: i bilanci di sostenibisottolinea Francesco Tamburella. E che non lità servono a trasmettere ai consumatori il si tratti di greenwashing è tutto da vedere. A
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> CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY guardarci dentro, appunto, sono i consumatori. «Per quest’anno un gruppo di esperti ha individuato 210 bilanci di sostenibilità pubblicati nel 2020, ritenuti accessibili e circostanziati nella rappresentazione della loro governance sostenibile», spiega Tamburella. «Un secondo gruppo di 250 consumatori, attenti e sensibili agli obiettivi di sviluppo sostenibile, dai 210 bilanci suddetti ha espresso preferenze per i 44 ritenuti più interessanti, per aver illustrato in maniera comprensibile ed esaustiva la propria governance sostenibile facilitando scelte conFRANCESCO TAMBURELLA sapevoli da parte dei consumatori e per aver evidenziato le migliori pratiche utili alla Esselunga e Decathlon. Poi si distinguono promozione della cultura della sostenibilità, anche Cassa depositi e prestiti e Infocamere. con una narrazione efficace, coinvolgente e Proprio quello di Infocamere risulta essere distintiva». Così, le imprese finite nel mirino uno dei bilanci più apprezzati dai consumadi ConsumerLab finiscono all’indice: l’Index tori, insieme a quelli di Carpisa Yamamay, Future Respect, che quest’anno sarà pubCamst, Vittoria Assicurazioni, Etica, Sofidel. blicato entro febbraio. Tutte insieme, le 44 Il che non vuol dire che ci siano buoni e cataziende selezionate da ConsumerLab danno tivi: «Le imprese che hanno presentato i bilavoro a 150mila persone, per un fatturato lanci ritenuti più interessanti sono rimaste aggregato che supera i 100 miliardi di euro. sorprese dal riscontro mediatico ottenuto Sono attive nel comparto alimentare, come e dalla partecipazione nei social con interAndriani (marchio del gluten free), Campari, venti raramente hateful», continua TambuDanone, Camst Group, Caviro, Icam, Zanetto rella. «È un risultato positivo in questa fase Formaggi, Massimo Zanetti Beverage, Pelcaratterizzata dal protagonismo dei “contro” liconi, Veronesi Aia, e degli “hater”. Anche LE 44 AZIENDE SELEZIONATE ma ci sono anche i consumatori hanno DA CONSUMERLAB DANNO LAVORO aziende di trasporti scoperto che, in fonA 150MILA PERSONE PER UN FATTURATO (Ferrovie Nord Milado, le imprese non AGGREGATO DI 100 MILIARDI DI EURO no e Grimaldi Lines), li considerano solo utilities (Acea, Comieco, Ecopneus, Hera, tea obiettivi da conquistare. Hanno scoperto Spa), e protagonisti del mondo finanziario attività sconosciute di solidarietà e generocome Banca Sella, Banco Desio, Emilbanca, sità, di partecipazione non commerciale che Helvetia, Etica Sgr, Vittoria Assicurazioni. invece meritano di essere meglio portate Nel paniere dell’Index Future Respect figuall’attenzione pubblica». rano diverse aziende il cui focus è la salute, «Un’impresa rispetta il futuro quando svilupcome Aboca, Alfasigma, Amplifon, Artsana, pa il suo bilancio di sostenibilità in maniera Kedrion Biopharma e, allargando il raggio, chiara ed efficace, dimostrando sensibilità i resort Lefay, Recordati, Sofidel, Sutter Proal bene comune, attenzione all’interesse fessional. Poi ci sono Elmec e Hp (informatigenerale e attitudine alla coesione sociale», ca), Neodecortech (illuminazione), Iris Ceraspiega Francesco Tamburella. Nel momento mica, Itinera (costruzioni), ma anche brand in cui andiamo in stampa, il miglior rating dell’abbigliamento come Carpisa-Yamamay è stato assegnato a Banca Sella, Emilbanca, e Zegna Baruffa Lane Borgosesia e marchi Esselunga, Decathlon, Alfasigma, Ferravie
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IL PUBBLICO VUOLE AZIONI CONCRETE CHE PRODUCANO EFFETTI POSITIVI Nord Milano, con una menzione speciale ad Aboca per la migliore Relazione d’impatto di Società Benefit. La sintesi delle pratiche adottate e dei casi di successo, valutate secondo una visione consumeristica, si è basato su due considerazioni: la prima, quanto le prestazioni hanno interessato i consumatori e quanto siano state determinanti per orientare le scelte di acquisto; la seconda, come le prestazioni siano state capaci di coinvolgere i consumatori, fidelizzarli e sensibilizzarli alla cultura della sostenibilità. «L’esperienza è servita a costruire strumenti e strategie utili alle imprese per ottenere risultati concreti per una comunicazione innovativa e un potenziamento reputazionale e presentarsi con un’ottica diversa dai cittadini. Fino ad oggi le imprese hanno dato solo uno spazio formale e poco impegnato nei riguardi dei consumatori», commenta responsabile del centro studi di ConsumerLab. «I consumatori sapranno presto valutare le attività produttive che non sono al passo gli obiettivi di sviluppo sostenibile, le penalizzeranno». Suona come una minaccia, ma è solo una constatazione: «L’opinione pubblica è sempre meno influenzata da pubblicità e testimonial; vuole fatti, esempi di azioni concrete che producono effetti positivi. Il mercato, pressato da cittadini consapevoli, sentirà l’esigenza di adeguarsi e prevenire i tempi, dovrà colorarsi di sostenibilità e la politica, finalmente, se ne renderà conto».
> CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
Dentro quell’incarto 5 grammi di sostenibilità Guido Gobino, la storica cioccolateria torinese che 25 anni fa ha inventato il Tourinot, esordisce a gennaio con il suo primo bilancio di sostenibilità. Mettendo nero su bianco un’attitudine tutta sabauda di Marina Marinetti
C’
è chi sbandiera sostenibilità come se non ci fosse un domani... e poi ci sono i sabaudi. Attenti a raggiungere l’eccellenza, mantenendo però un profilo basso, sempre e comunque. Si fa, ma non si dice. Quando le cialdine extra bitter di Guido Gobino, la cioccolateria torinese che 25 anni fa ha creato i Tourinot, i gianduiotti da 5 grammi, sono finite nello spazio - per ben due volte, nel 2013 con l’astronauta Luca Parmitano
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e nel 2017 con Paolo Nespoli - non c’è stato alcun proclama urbi et orbi. E quando Giorgio Armani, nel 2019, ha scelto Guido Cobino per produrre la collezione Armani/Dolci by Guido Gobino, distribuita, oltre che in Italia, in Giappone, a Dubai, in Corea, a Hong Kong, negli Emirati Arabi, negli Stati Uniti, in Canada, la notizia è passata in sordina. Come se fosse una cosa normale. Ma per Guido Gobino, classe 1958, Ambasciatore della Nocciola Piemonte
nonché pluripremiato artigiano del cioccolato a capo dell’omonima azienda con mezzo secolo di storia alle spalle, anche la sostenibilità è un’attitudine da vivere in sordina. Che finalmente ora si sostanzia anche in un vero e proprio bilancio. Ma non per esibizionismo: «Abbiamo scoperto di fare tante cose che nessun altro fa e che per noi sono normali, ma da buoni sabaudi non lo dicevamo a nessuno», dice Guido Gobino, quasi sottovoce, come gli ha insegnato il padre, che anziché criticare le scelte del figlio, come accade in ogni impresa familiare, tutt’al più si limitava a un delicato “io farei così”, guidandolo senza mai mortificarlo. «Per esempio noi assumiamo i figli dei nostri dipendenti, che sono per il 70% donne», spiega Gobino. «E a parte il cacao, che è l’unica cosa che viene da “fuori”, utilizziamo solo ingredienti locali, come le nocciole di langa, che da più di vent’anni acquistiamo dalle 97 aziende agricole che ci riforniscono da più di vent’anni». Prima di quella economica, viene la sostenibilità ambientale e sociale. Il legame col territorio che Guido Gobino ha respirato fin da bambino, quando nei fine settimana, in campagna dai nonni, passava i pomeriggi in oratorio ad assemblare le scatole per la Ferrero, che Gobino, lungi da qualsiasi velleità competitiva, cita come «l’università dell’attenzione alla sostenibilità». È dalla Ferrero che ha imparato a garantire il lavoro anche alle seconde e terze generazioni, mutuando anche l’attenzione alla qualità delle materie prime e il rispetto per gli agricoltori: «Sarà per via delle mie origini contadine, ma loro devono essere i primi a guadagnare il giusto. È semplicemente buonsenso, altrimenti smettono o si mettono a coltivare altro». Questo vale non solo per le nocciole, ma anche per il cacao: «Seguiamo una filiera di certificazione per dare sostenibilità alla materia prima, che essendo una commodity è soggetta alla speculazione del mercato e chi ci rimette è sempre chi lavora la terra». Da dicembre del 2019 Guido Gobino si affida a un unico mediatore per la fornitura del cacao, scelto proprio per il modello di governance etico attraverso
il riconoscimento di un prezzo equo, la garanzia dell’acquisto del raccolto, il sostegno alle produzioni che seguono un disciplinare agronomico e che garantiscono la produzione in agriforest, con condizioni di lavoro dignitose sia fondamentale per la sostenibilità e la qualità della vita di tutti. Le nocciole, utilizzate nel 70% dei prodotti di Guido Gobino, è la tonda gentile trilobata, universalmente riconosciuta come la migliore al mondo e prodotta esclusivamente sulle colline delle Langhe, Roero e Monferrato, secondo il rigido disciplinare del consorzio per l’Indicazione Geografica ProtetGUIDO GOBINO ta. «L’alleanza ormai ventennale coi produttori è proficua per entrambi: loro sono certi di perché se guardo i vari bilanci Rsi ci trovo vendere l’intera produzione e noi di avere la sempre dentro tante parole ma pochi numemigliore materia prima. Credo che questo sia ri». Quelli della Guido Gobino parlano, oltre il miglior modello economico: alleanza, inveche di ambiente, prima di tutto si inclusione, ce di concorrenza, alla diversity e pari opporL’ATTENZIONE PER IL TERRITORIO ricerca delle migliori tunità: «Fanno parte IMPLICA IL GIUSTO PROFITTO sinergie nel rispetto da sempre del nostro PER GLI AGRICOLTORI E L’OCCUPAZIONE del territorio, da un codice etico. È graPER I FIGLI DEI DIPENDENTI punto di vista ambienzie a questo modello tale, ma anche economico, sociale e culturale». che abbiamo ottenuto ottimi risultati sociali: Anche il latte è esclusivamente piemontese, lo maggioranza di lavoro femminile, oltre il 70%, zucchero italiano, mentre mandorle, pistacchi nessuna differenza di retribuzione per genere e scorze di agrumi arrivano dalla Sicilia. «Quee bassissimo tasso di turnover. Il tasso di riensto primo bilancio di responsabilità sociale è tro dal congedo parentale, mi preme sottolineun debutto che mi fa molto piacere... anche arlo, è del 100% e un terzo dei nostri impiegati
ABBIAMO SCOPERTO DI FARE COSE CHE NESSUNO FA, MA NON LO DICEVAMO ha meno di 35 anni. Ospitiamo anche tirocini formativi in collaborazione con l’università degli studi di Torino». Poi, certo, c’è l’attenzione all’ambiente: pannelli solari e un impianto di recupero di calore hanno consentito di ridurre drasticamente i consumi di energia nella storica fabbrica, insonorizzata «per ridurre l’impatto acustico degli impianti sul vicinato» e mantenuta nel centro di Torino «per favorire gli spostamenti dei nostri dipendenti e agevolando l’utilizzo di biciclette, mezzi pubblici o auto in condivisione». Per il packaging, vengono utilizzati solo materiali riciclati e riciclabili: dalla carta proveniente da foreste certificate e in parte riciclata all’alluminio, riciclabile all’infinito. L’acqua viene recuperata per il sistema di climatizzazione e gli scarti sono ridotti all’osso: i prodotti difettati vengono fusi e nuovamente colati in stampo e quelli male incartati (o con difetti estetici) vengono venduti come imperfetti di seconda scelta. Lo scarto in termini di quantità, quello delle bucce delle fave di cacao e dalle cuticole delle nocciole, viene ritirato da un’azienda agricola esterna, che le impiega in agricoltura. «Abbiamo avviato una collaborazione con il Politecnico di Torino per la ricerca sulla trasformazione e rivalorizzazione degli scarti», sottolinea Guido Gobino. «Anche l’olio di nocciole che impieghiamo nelle nostre creme spalmabili lo facciamo noi. Stiamo attenti a non sprecare nulla e a fare tutto in casa, come mi ha insegnato mio padre».
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> INVESTMENTS FARE “LA COSA GIUSTA” DÀ PIÙ VALORE AL BUSINESS L’aumento di 4,5 miliardi di euro in nuovi investimenti green porta a una crescita compresa tra il 7% e il 9% dei premi lordi: è la strategia Generali 2021 che sta dando i suoi primi frutti di Riccardo Venturi
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uello tra Generali e sostenibilità è un rapporto sempre più stretto e concreto. A due anni dal varo della strategia ‘Generali 2021’, nella quale la sostenibilità supporta la trasformazione del business, il gruppo assicurativo, nell’Investor Day del novembre scorso, per primo ha dedicato una sessione speciale proprio ai temi ESG (Environmental, Social, Governance). È un cambio di paradigma: la sostenibilità diventa elemento imprescindibile del business, che in quanto tale va comunicato agli investitori non diversamente dai dati economici su utili, dividendi, rendimenti e così via. «Per noi la sostenibilità è la capacità dell’impresa di creare valore condiviso a SIMONE BEMPORAD (A SINISTRA), DIRETTORE DELLE COMUNICAZIONI DI ASSICURAZIONI GENERALI, CON IL CEO PHILIPPE DONNET lungo termine per tutti gli stakeholder» dice il Group CEO Philippe Donnet, «non solo azionisti, investitori e clienti, ma anche digreen e sostenibili e una crescita compresa SUL FRONTE DEL COVID pendenti, fornitori e tutte le comunità in cui tra il 7% e il 9% dei premi lordi con valore Dopo aver costituito un Fondo operiamo. È diventata parte integrante del green e sociale. «Siamo un investitore restraordinario internazionale fino nostro gruppo e ci vede coinvolti come insponsabile» ha sottolineato Silva, «e abbiaa 100 milioni di euro per fare vestitore responsabile. E’ la cosa “giusta” da mo stabilito un solido quadro di riferimento fronte all’emergenza Covid-19, che fare, che ha anche un valore per il business». per integrare pienamente la sostenibilità ha finanziato anche emergenze sanitarie in Italia definite insieme In occasione dell’Investor day dello scorso nelle strategie di investimento a lungo teral Servizio sanitario nazionale e 18 novembre, tra i manager di Generali c’emine». Generali sta dunque includendo vaalla Protezione civile, Generali ha ra anche Lucia Silva, Group Head of Sustailutazioni Esg nei processi d’investimento stipulato un Protocollo d’Intesa con nability and Social nelle diverse asset Eurochambres, l’organizzazione A CONFERMA DELL’IMPEGNO CONDIVISO, Responsibility. «Geclass, con l’obiettivo europea delle Camere di Commercio LA REMUNERAZIONE DEL MANAGEMENT e Industria che rappresenta oltre nerali ha uno scopo di conseguire ritorni DEL GRUPPO GENERALI 20 milioni di imprese – di cui oltre chiaro e un’ambiziofinanziari di lungo È LEGATA AGLI OBIETTIVI ESG il 93% piccole e medie – operanti ne di sostenibilità periodo rinforzando in 43 paesi europei, con lo scopo ben definita, costruita su solide basi» ha il proprio approccio al risk management. di cooperare per promuovere spiegato agli investitori Silva, «la nostra A conferma di un impegno condiviso, la e realizzare un fondo contro il rischio pandemico. L’intesa punta a strategia è saldamente radicata nella strutremunerazione del top management e dei coinvolgere nel progetto le Istituzioni tura di governance e guidata da chiari obietmanager del gruppo è ora legata a obiettivi europee, gli Stati membri dell’Unione tivi e responsabilità». Il gruppo è pienamenEsg. Nell’ambito della sostenibilità Generali e i soggetti più rilevanti in Europa, al te in linea con gli sfidanti obiettivi previsti dimostra inoltre attitudine all’innovaziofine di creare forme di partenariato nella strategia Generali 2021: l’aumento di ne: è stato il primo assicuratore europeo a pubblico-privato e meccanismi di protezione da rischi futuri. 4,5 miliardi di euro in nuovi investimenti emettere un green bond da 750 milioni di
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euro, con mezzi raccolti sul mercato esclusivamente su investimenti con impatto ambientale responsabile e una rendicontazione chiara sull’impiego del funding. «È un esempio di come la sostenibilità sia diventata un obiettivo prioritario di Generali» commenta Giulia Raffo, Head of Investor & Rating Agency Relations, «e sia al centro delle nostre attività, nei nostri investimenti così come nel rapporto con dipendenti e comunità di riferimento». Al primo green bond, lanciato nel settembre 2019 con un ottimo riscontro da parte del mercato, è seguito il secondo nel luglio di quest’anno. Per ribadire e rafforzare il proprio impegno a favore dell’ambiente, Generali è entrata nella Net-zero asset owner alliance, un gruppo di 18 fondi pensione e compagnie assicurative, nato su iniziativa delle Nazioni Unite, che si impegna a ridurre a zero le emissioni nette di gas serra dei propri portafogli, per evitare un aumento della temperatura globale oltre l’obiettivo di Parigi di 1,5 gradi. Un risultato che sarà perseguito innanzitutto lavorando a stretto contatto con le società in portafoglio al fine di cambiare i loro modelli di business, adottando pratiche rispettose del clima e impostando idealmente un obiettivo di zero emissioni nette. Gli asset totali gestiti dai membri della Alliance superano i 4,3 trilioni di dollari. Oltre ad avere aderito all’iniziativa #GreenRecovery, l’appello del presidente della commissione Ambiente del Parlamento Europeo Pascal Canfin per riavviare l’economia attraverso investimenti sostenibili, il Group Ceo Philippe Donnet è stato tra gli amministratori delegati firmatari di una lettera che invitava i leader europei a innalzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni dal 40% al 55%; una proposta che è stata accolta. La lettera, redatta dall’associazione Corporate Leaders Group, chiede ai leader europei di definire il quadro di riferimento per una ripresa resiliente al cambiamento climatico e favorire investimenti verdi per consegui-
COSÌ SI AMPLIFICA L’IMPATTO SOCIALE DELLE ONG Si chiama The Human Safety Net il progetto bandiera di Generali in campo di impatto sociale. L’iniziativa ha l’obiettivo di liberare il potenziale delle persone che vivono in contesti di vulnerabilità. A due anni dal lancio è attivo in 21 Paesi nel mondo, e attraverso tre programmi offre sostegno a famiglie con bambini piccoli e promuove l’integrazione dei rifugiati attraverso il lavoro. Dopo un approfondito processo di selezione, The Human Safety Net ha avviato partnership con 46 Ong e imprese sociali, che lavorano in rete per amplificare l’impatto di ciascuna. A fine 2019 aveva coinvolto
oltre 30mila persone, raggiungendo 20mila bambini in età 0-6 anni e 10mila genitori, e formando quasi 700 rifugiati che hanno creato oltre 100 start-up. The Human Safety Net integra i punti di forza delle organizzazioni non governative e del settore privato, adottando una metodologia condivisa per l’implementazione dei programmi e un modello comune per la misurazione dei risultati. Come parte integrante degli obiettivi più ampi in tema di sostenibilità, Generali punta ad aumentare l’impatto di questo movimento di persone che aiutano persone coinvolgendo le risorse e le capacità di
re la neutralità climatica entro il 2050. L’impegno di Generali sul fronte della soste¬nibilità, testimoniato anche dai numerosi indici di sostenibilità in cui è presente, tra cui il Dow Jones Sustainability World Index, il Dow Jones Sustainability Europe Index, MSCI ESG Leaders Indexes, FTSE4Go-
LUCIA SILVA
dipendenti, agenti, le reti distributive e i clienti. Nel 2019, i dipendenti e gli agenti di Generali hanno dedicato 20mila ore al volontariato aziendale con The Human Safety Net. Per mantenere uno stretto contatto con le famiglie più vulnerabili e gli imprenditori rifugiati, e assicurare la continuità dei programmi durante all’emergenza da Covid-19, sono state attivate ulteriori iniziative straordinarie per oltre un milione di euro a livello globale, destinate sia per le necessità più immediate come forniture di kit salute, mascherine, pc e tablet che per l’investimento in soluzioni digitali, come piattaforme online e app.
od Europe e Euronext Vigeo Europe 120, è valso al gruppo l’inclusione nella “2020 Global 100 Most Sustainable Corporations” di Corporate Knights, la classifica che individua le 100 imprese con un fatturato superiore a un miliardo di dollari più sostenibili del mondo.
INTEGRIAMO PIENAMENTE LA SOSTENIBILITÀ NEGLI INVESTIMENTI
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> REAL ESTATE MATTONE DOPO MATTONE SI EDIFICA IL GREEN DEAL Unipol annuncia ulteriori investimenti sugli immobili che scalano la qualità sostenibile migliorando costantemente i parametri. Come? Lo spiega Giuseppe Lobalsamo, che in Unipol è responsabile del Real Estate di Angelo Curiosi UN ASSET DINAMICO, CHE DEVE RISPONDERE A REQUISITI IMPEGNATIVI SIA SOTTO IL PROFILO DELLA SOSTENIBILITÀ CHE DELLA REDDITIVITÀ: È QUESTO, PER IL GRUPPO UNIPOL, il proprio portafoglio di
asset immobiliari, ben 4 miliardi di valore, messi insieme per aggregazioni successive delle numerose compagnie che negli anni il gruppo bolognese ha aggregato a sé, fino a diventare leader nazionale nei rami danni, superando perfino le Generali. «Sì, effettivamente Unipol ha compiuto un lungo percorso che ci ha reso protagonisti anche nel settore immobiliare», conferma Giuseppe Lobalsamo, che in Unipol è appunto responsabile del Real Estate, e che ha contribuito personalmente a razionalizzare i vari afflussi di beni che si sono susseguiti nel tempo. Molto lavoro, dottor Lobalsamo? Sì, un lavoro intenso per sviluppare le situazioni ferme da tanto tempo, ed anche un turn over economico con il quale sono stati alienati asset non strategici che in questo caso significano anche non performanti, sia dal punto di vista della sostenibilità che della capacità di generare sviluppo e reddito per la compagnia. Unipol, con il brand Urban Up, opera nell’ambito della riqualificazione delle città utilizzando un metodo innovativo che coniuga la promozione culturale, la partecipazione delle comunità locali e il processo di valorizzazione economica. Approfondiamo il tema della sostenibilità. Come lo considerate? Assolutamente centrale nelle nostre stra-
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tegie, tanto che ci avviamo a classificare questo patrimonio in base proprio alle sue caratteristiche energetiche. Nel prossimo piano industriale contiamo di poter introdurre ulteriori investimenti sugli immobili proprio per cercare di scalarne la qualità sostenibile superando le situazioni di minore performance. In questo senso sta suscitando estremo interesse il cantiere di Porta Nuova, a Milano, dove sta nascendo la vostra torre. Si vede a colpo d’occhio che c’è qualcosa di speciale, lì! Indubbiamente la forma è originale, un’ellisse allargata, che permette di avere una stessa efficienza sia all’interno, nella distribuzione degli spazi, ottimizzando la superfice, che all’esterno, rispetto alle forme classiche a sezione rettangolare o quadrata, perché l’ellisse ha un perimetro inferiore. La prima torre del nostro gruppo, però, con la sua forma triangolare studiata sempre per ottimizzare gli spazi, che si può vedere andando verso Ancona sull’autostrada A1, fu realizzata nel 2011, ed era già un esempio della grande attenzione di Unipol per la sostenibilità, un’attenzione che ci è valsa l’importante certificazione Leed Gold, quando ancora non era presente Leed Italia. Tornando alla torre di Milano, si tratta di un’evoluzione importante sia per la forma, che per le soluzioni all’avanguardia studiate per il
risparmio energetico: ottima penetrazione della luce naturale, raccolta acqua piovana,doppia pelle e atrio che agiscono da buffer bioclimatico dinamico, impianti ad alta efficienza e utilizzo di fonti rinnovabili.
Poco distante, un altro vostro intervento importante, la bonifica dall’amianto e la ristrutturazione della Torre Galfa. Abbiamo eseguito molti interventi nell’area di Porta Nuova, per oltre 100 mila metri quadrati. Abbiamo riqualificato l’ex albergo The Big, che sarà inaugurato a breve e verrà gestito da Una, compagnia alberghiera di proprietà del Gruppo, così come l’ex Rasoio, ora De Castillia 23, un altro intervento importantissimo, totalmente riqualificato. Inoltre sono cominciate le bonifiche e avvieremo presto i lavori per l’ex ufficio Postale di via Sassetti. Ma indubbiamente uno degli interventi più importanti è stata la Torre Galfa, un edificio che era fermo da trent’anni, una location completamente
LA PANDEMIA HA AMPLIFICATO LA NECESSITÀ DI UNA RICUCITURA TRA I CENTRI URBANI E LE LORO PERIFERIE
riqualificata, che per metà verrà utilizzato come albergo dal Gruppo Melià e per la parte superiore sarà adibito a residence per affitti brevi. La riqualificazione è stata totale, oggi la Torre è dotata di attrezzatuGIÀ LA PRIMA TORRE REALIZZATA DA UNIPOL NEL 2011, VISIBILE DALL’AUTOSTRADA A1, HA OTTENUTO LA CERTIFICAZIONE LEED GOLD
re eccellenti dal punto di vista impiantistico, addirittura sormontata da una sorta di pennone che è praticamente una macchina eolica capace di produrre energia elettrica sfruttando le correnti d’aria a quell’altezza.
Considerate meritevoli anche progetti di rigenerazione urbana in periferia? Assolutamente sì! Abbiamo avviato da quasi più di un anno il progetto “Inoltre. Sharing the city”. Un nome composto, che utilizza il suffisso “in” per sottolineare il valore inclusivo, e la parola “oltre” per indicare la determinazione di andare oltre il vecchio concetto negativo di “periferia”. Anche Inoltre prevede sviluppo sostenibile nell’urbanistica, offrendo a chi vive sul territorio salute e inclusione sociale, e che ci ha imposto di approfondire con grande impegno le esigenze di sviluppo dei quartieri impattati e delle persone per capire bene e meglio quali fossero le esigenze della popolazione e le linee di futuro sviluppo. Devo dire che siamo stati dei veggenti, perché l’emergenza pandemica del Covid ha amplificato enormemente la necessità di una ricucitura tra i centri urbani e loro periferie. Ha accelerato il superamento delle vecchie logiche globaliste di pianificazione. Esempi? Noi abbiamo un’area importante oggetto di riqualificazione che è l’ex area di Bruzzano, dove accanto alle 4 nostre torri di 50 mila mq di terziario, il nuovo piano regolatore del Comune di Milano ha approvato una
edificabilità con destinazioni per diversi usi : parliamo di una superfice di circa 75 mila metri quadri. Nel progetto Inoltre è inclusa anche un’altra area importante lungo l’asse delle Ferrovie Nord in direzione Cascina Merlata e Rho, è un’area abbandonata parzialmente industriale di circa 45 mila metri quadri, sarà soggetta ad una bonifica e anche ad una edificazione di 90 mila metri quadrati. Tra gli altri progetti di riqualificazione allo studio, e che stanno per essere avviati, c’è il business park di via dei Missaglia, un centro terziario direzionale importante, parzialmente locato, ma che intendiamo riqualificare e portare a livelli migliori sempre dal punto di vista della sostenibilità immobiliare. Ed è in corso la riqualificazione dell’area ex Mercatone Uno a Bologna! Sì, un’area adiacente ai nostri uffici, in una posizione strategica lungo un asse molto importante: è il completamento di un piano di sviluppo che aveva preso piede nell’86 ed è oggi in corso di completamento. È un intervento mirato ad ottenere una piastra attrezzata per servizi metropolitani moderni, dove sarà collocato un poliambulatorio, e una struttura residenziale che dovrà essere utilizzata per locazioni brevi e che conterrà quindi appartamenti con la capacità di essere trasformata in piccoli uffici, perché abbiamo visto che in questo periodo di pandemia diventa sempre più importante avere una nuova e più spiccata flessibilità anche all’interno degli stessi immobili. Infine come considerate il remote working nella ridefinizione degli spazi negli immobili strumentali del gruppo? Appena sarà possibile ritorneremo tutti a lavorare in ufficio, magari con una formula più alleggerita, alcuni giorni in remoto, altri sul luogo di lavoro dove però gli uffici saranno migliorati e modernizzati, con un utilizzo migliore degli spazi.
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> RISORSE IDRICHE
Contrastare il climate change è una questione di resilienza
– “Analisi del rischio” – il cambiamento climatico avrà un impatto su tutto il territorio italiano, ma ci saranno delle zone maggiormente vulnerabili come i centri urbani. «Le città – ci racconta Marta Ellena, ricercatrice del Cmcc – sono costituite da materiali arHera è stata la prima multiutility in Italia a dare l’esempio, tificiali che, in caso di caldo estremo o precon una politica di costante e progressiva contrazione dei consumi idrici cipitazioni cospicue, non sono in grado di delle proprie attività. Ecco come funziona il suo modello integrato mitigare gli effetti dei due fenomeni. Così si creano isole di calore o zone alluvionali. Intorno alla metà di questo secolo avremo di Marco Scotti temperature in aumento di oltre due gradi e arriveremo al 2100 con un incremento di cinque gradi centigradi rispetto all’epoca pre-industriale, con evidenti impatti sulla capacità di adattamento della popolazione». In effetti, non devono ingannare le piogge torrenziali che si abbattono in primavera e autunno sul nostro Paese: il dato complessivo annuo è in calo, ma quello di un determinato momento è talmente più elevato del normale che i terreni non riescono ad assorbire in modo efficace. Anche le fogne delle città, progettate per raccogliere determinate quantità di acqua piovana, “impazziscono” di fronte alle precipitazioni più aggressive. Scarsa quantità di acqua, quindi, che sfocia in una bassa qualità delle risorse idriche. Per questo motivo si sono avviati progetti come quello di 100 Resilient Cities, di cui fanno parte Roma e soprattutto Milano, che proprio sulla gestione delle risorse idriche ha già iniziato a lavorare da tempo. ndovinello: qual è quell’evento che all’Equatore, ma non solo. Infatti, non è una Ma se le istituzioni hanno più o meno chiapotrebbe costare fino all’8% del Pil questione che riguarda soltanto quei popore l’urgenza e la necessità di intervenire in pro-capite nel nostro paese – ovveli che hanno avuto la sfortuna di nascere in maniera sostanziale per evitare la catastroro fino a 110 miliardi di euro all’anno – nei quella zona del mondo: la siccità si traduce fe, che cosa stanno facendo le aziende? Da prossimi 30 anni? La risposta non è una nell’impossibilità di tempo Esg è divenIL GRIPPO HA APERTO I PROPRI nuova pandemia, ma il cambiamento climacoltivare, che a sua tato un termine inIMPIANTI AL WEBDOC “ADAPTATION” tico. Il punto fondamentale, che ancora non volta costringe miliovalso, ma quando si DEDICATO ALLE SOLUZIONI si comprende, è che il climate change non è ni di persone a migratratta di azioni conPER IL CAMBIAMENTO CLIMATICO un evento ipotetico da contrastare, ma una re verso altre aree del crete le cose si fanno realtà da combattere perché è un dato di fatglobo. Insomma, una catastrofe di proporun po’ più nebulose. Certo, in molti hanno to che la temperatura globale si sia alzata, zioni indicibili. già avviato piani che minimizzino l’impatche piova meno ma in maniera più concenSecondo il Cmcc (Centro euro-Mediterraneo to sull’ambiente, ma, come si suol dire, la trata e che si stia assistendo a una progressui Cambiamenti Climatici), che ha realizzastrada è ancora lunga. Ci sono però – e per siva desertificazione di molte aree intorno to un documento dal titolo inequivocabile fortuna, vien da dire – alcuni esempi eccel-
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lenti. Uno di questi è rappresentato da Hera, la multiutility dell’Emilia Romagna che risponde ai bisogni di oltre quattro milioni di persone e che non può quindi permettersi di stare a guardare. Come? Prima di tutto investendo. L’azienda mette sul piatto oltre 100 milioni di euro ogni anno solo nel comparto idrico, riuscendo a mettere in sicurezza il servizio integrato e a garantirne la continuità anche in situazioni particolarmente critiche. Tutto questo passa attraverso un modello di business resiliente e un forte radicamento territoriale, che invita cittadini e imprese all’uso responsabile e sostenibile della risorsa e nell’ambito del quale è proprio Hera, per prima, a dare l’esempio, con una politica di costante e progressiva contrazione dei consumi idrici delle proprie attività. «Ragionare dal punto di vista di una multiutility sul fenomeno della gestione idrica comporta due enormi temi – ci racconta l’amministratore delegato di Hera Stefano Venier -. Il primo è quello della resilienza attiva, il secondo quello della resilienza adattiva. Fanno parte del primo gruppo tutti gli interventi per riuscire a limitare i danni di eventi estremi, come nel caso di esondazioni od ondate di calore. Al secondo fanno invece riferimento investimenti e modelli di gestione che cambino definitivamente l’approccio al business. È sicuramente più complesso, ma è l’unico modello che regge». Proprio la multiutility con sede a Bologna ha voluto “metterci la faccia” aprendo le porte dei propri impianti al webdoc Adaptation, progetto di “constructive journalism” dedicato alle migliori esperienze di adattamento al cambiamento climatico. Affrontando il caso emiliano-romagnolo e la sua situazione idrica, Adaptation mette infatti in evidenza le tante eccellenze amministrative, industriali, scientifiche e civiche grazie alle quali questa regione – in controtendenza rispetto a gran parte del Paese – si sta adattando con efficacia a una delle sfide più decisive del nostro tempo. Cruciale, in tutto questo, il ruolo di
STEFANO VENIER, AMMINISTRATORE DELEGATO DI HERA
LE ACQUE REFLUE VENGONO TRATTATE PER RESTITUIRLE ALL’AMBIENTE IN UNA FORMA COMPATIBILE A CONSENTIRNE ULTERIORI USI
Hera, secondo operatore a livello nazionale nel settore idrico. L’azienda garantisce non soltanto la qualità dell’acqua, attraverso impianti di potabilizzazione e laboratori di analisi assolutamente all’avanguardia, ma anche e soprattutto la disponibilità, attraverso un sistema di acquedotti vasti e interconnessi sempre più sensibili, gestiti anche da remoto attraverso il proprio centro di telecontrollo, unico in Europa, e ulteriormente monitorati da tecnologie avanzate, come quelle satellitari, per la ricerca e la costante riduzione delle perdite idriche. Un’altra fondamentale sfida è quella relativa alle acque reflue, che vengono trattate dalla multiutility nei depuratori secondo tecniche e tecnologie diverse, biologiche e meccaniche, affinché sia possibile restituirla all’ambiente in una forma compatibile con ulteriori usi umani, ma anche con gli ecosistemi e la loro biodiversità, perseguendo così la piena circolarità nella gestione della risorsa. Tra le eccellenze del comparto fognario-depurativo al centro di Adaptation, in particolare, il Piano di Salvaguardia della Balneazione di Rimini, il più grande intervento di risanamento fognario realizzato in Italia negli ultimi vent’anni, con l’obiettivo
di eliminare gli sversamenti a mare e proteggere così, al tempo stesso, l’ambiente e la spiccata vocazione turistica dell’economia locale. «Bisogna pensare che il cambiamento climatico non rende solo meno confortevole la nostra vita – aggiunge Venier – ma anche, restando nel nostro settore, più difficoltosa l’erogazione del servizio ai cittadini. La situazione poi va guardata in modo organico: è vero che a dicembre abbiamo avuto intense precipitazioni, ma il 2020 è stato meno piovoso del 2019, a sua volta meno “bagnato” del 2018 e via dicendo. Una spirale negativa. Noi abbiamo il compito di garantire la disponibilità dell’acqua e dobbiamo cambiare la cultura e la mentalità. L’Italia è uno dei pochi paesi che utilizza una sola volta la goccia d’acqua, mentre altri stati come il Texas, la California o Singapore, riescono a impiegarla nuovamente fino a dieci volte. Il nostro sforzo, per ora, è cercare di averla a disposizione almeno un’altra volta e ci siamo già riusciti con il 4% delle acque depurate, liberandone la disponibilità visto che fenomeni come le bombe d’acqua rendono più complessa la raccolta». Infine, tornando ancora al mero fattore economico, il cambiamento climatico è un problema di dimensioni enormi soprattutto in un Paese come l’Italia che si poggia su un’industria come quella del turismo. Secondo modelli econometrici che quantificano l’impatto anche dal punto di vista settoriale, si rischia un calo di ricchezza fino al 15% con un incremento di “soli” due gradi rispetto a ora perché le stagioni saranno meno invitanti per viaggiare. Inverni più caldi significheranno ridotta possibilità di sciare; estati più piovose costringeranno a contrarre il tempo passato al mare. Siamo sull’orlo di un precipizio potenzialmente senza fondo, di cui abbiamo iniziato a vedere poco sotto la superficie. Serve, immediatamente, un’inversione di tendenza e favorire lo sviluppo di soluzioni concrete da parte di istituzioni e aziende.
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> ECONOMIA CIRCOLARE
Se il buon senso si perde in un bicchiere d’acqua Dalla Plastic Tax agli equivoci sul Pet: il vicepresidente di Mineracqua Ettore Fortuna spiega a Economy cosa c’è di sbagliato nell’accanimento contro il settore delle acque minerali di Marco Scotti da allora di cose ne sono successe parecchie. A partire dal famoso referendum “sull’acqua pubblica” (che in realtà non c’entrava granché con lo slogan dei promotori) risoltosi poi in un nulla di fatto. Anzi, in una bolla d’acqua. Nel servono 80 litri? E allora di che cosa stiamo frattempo, negli ultimi quattro anni sono stati parlando? Sembra che tutti i mali provenattivati investimenti per quasi 12 miliardi nel gano dal nostro comparto ma la realtà è ben settore idrico. Qualcosa si muove, dunque, ma diversa». Ettore Fortuna, vicepresidente di la perdita media nel nostro Paese è del 43%. Mineracqua dopo due mandati da presidente, In pratica, per ogni litro che passa dai nostri è un fiume in piena (è proprio il caso di dirlo). rubinetti, se ne perde una bottiglietta lungo D’altronde, in vita sua ne ha viste tante: da diil tragitto. Un vero problema soprattutto in rettore del personale epoca in cui la gedella Recordati sco- PER OGNI LITRO CHE PASSA NEI NOSTRI stione delle risorse è ACQUEDOTTI, SE NE PERDE prì di notte, durante UNA BOTTIGLIETTA LUNGO IL TRAGITTO: diventata fondamenun’ispezione, che un tale. Eppure, sono LA PERDITA MEDIA È DEL 43% suo dipendente era soprattutto le acque un postino delle Brigate Rosse e che la meminerali a essere viste come responsabili del desima organizzazione terroristica lo aveva principale impatto ambientale e, per questo, si condannato a morte, tanto da costringerlo a vorrebbe introdurre una plastic tax che penaemigrare (senza la famiglia) a San Francisco. lizzerebbe il settore. E poi, una volta tornato in Italia, prima fu protagonista della clamorosa “serrata di ritorFortuna, dunque è sempre colpa vostra… no” della Deltasider di Piombino perché non Le ultime notizie sembrerebbero positive per si trovata un accordo con i sindacati, quindi noi: la “plastic tax” slitterà al 1° luglio 2021. divenne direttore generale della Borsa inauIl rinvio è già stato formalizzato dopo l’avvio gurando il mercato telematico e sancendo la dell’iter in commissione bilancio. Ma questo nascita delle Sim, le società d’intermediazione non ci ferma: lavoriamo ancora di più per far mobiliare. Dal 2010 è entrato in Mineracque e capire le nostre ragioni che non vengono pre«QUELLI CHE SI RIEMPIONO LA BOCCA CON IL TERMINE SOSTENIBILITÀ QUANDO SI PARLA DI ACQUE MINERALI MI FANNO RIDERE: LO SA QUANTO INQUINANO LE BOTTIGLIE DI VETRO? Lo sa che per fare una doccia normale
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se in considerazione. Stiamo cercando di fare un lavoro didascalico, partendo dall’assunto che le plastiche non sono tutte uguali, come i metalli. Sì, ma come i metalli, se abbandonate nell’ambiente o se non debitamente riciclate possono fare disastri, no? Ovviamente, ma la nostra plastica si ricicla al 100%, significa che da una bottiglia potenzialmente se ne può ricavare un’altra in un circolo infinito. Perché potenzialmente? Perché al momento il decreto ci consente di utilizzare solo fino al 50% di plastica riciclata per motivi igienico-sanitari. Nonostante, ovviamente, ci sia un processo di pulizia chimica che dovrebbe lasciare tutti tranquilli. Ora sembra che con la nuova Legge di Bilancio si potrebbe raddoppiare questo limite. Anche perché di pet riciclato in giro ce n’è pochissimo, viene quasi tutto usato dal tessile per fare i tessuti in pile. Ci spiega meglio che cos’è il pet? Si tratta di un polimero eccezionale, brevettato nel 1962. A mio parere è la seconda grande invenzione nella chimica plastica. In questo momento, tra l’altro, sta vivendo un periodo di grande “celebrità”: in pet sono fatte le cannule, i contenitori, le bottiglie, le flebo o le siringhe
che entrano in ospedale. Pensi che una grande casa di moda realizza vestiti in cui il filato di cachemire si incontra con il pet. Il risultato è una fibra estremamente resistente e lavorabile. Ma allora se il pet è davvero questo prodotto miracoloso, perché c’è questa opposizione? È quello che mi chiedo anche io. Giustamente – e finalmente – si parla di sostenibilità, ma questo tema deve essere in qualche modo, perdoni il bisticcio, sostenuto dalle istituzioni con degli incentivi. Invece oggi una tonnellata di pet costa in media il 30-40% in più della plastica non riciclata. Ribadisco, invece, che le plastiche non sono tutte uguali. Tant’è che Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi, ndr) ha aggiornato le sue tariffe. La gestione del pet costa 208 euro alla tonnellata, gli “imballaggi non riciclabili allo stato delle tecnologie attuali” è di 546 euro. Mi pare che l’idea di mettere una plastic tax sia più frutto della scarsa conoscenza da parte delle istituzioni dell’argomento sostenibilità più che di un reale intento di riduzione delle emissioni. Non potreste usare il vetro per imbottigliare l’acqua? Ma per carità! Lo sa che la plastica è quattro volte più sostenibile del vetro? Anche perché
negli ultimi anni la tecnologia di produzione è migliorata moltissimo, riducendo l’ingombro e aumentando la possibilità di carico, cosa che invece non si può fare con il vetro. Però mi rendo conto che non è facile far capire quanto complesso sia questo mondo. Parliamo anche di vile denaro: come sta il comparto delle acque minerali? Ci dà un po’ di numeri? Partiamo da quelli più semplici: il consumo medio pro-capite di acqua minerale in Italia è di 260 litri all’anno, meno di un litro al giorno. Al contempo, ognuno di noi utilizza 250 litri di acqua potabile ogni 24 ore. Basti pensare che una doccia “normale”, senza eccessivi indugi, impiega circa 80 litri. Il Covid vi ha condizionati? In effetti qualcosa è cambiato e non certo in meglio. Lato horeca, cioè il consumo in bar e ristoranti, quando siamo ripartiti a giugno dovevamo risalire da una contrazione del mercato del 90%: sembrava che stessimo ripartendo, poi il nuovo lockdown, seppur non più così severo come in precedenza, ci ha tagliato le gambe. Volendo fare un consuntivo direi che nei misi fino a settembre eravamo risaliti fino al -25%, ora direi che complessivamente il 2020 si è chiuso per l’Horeca tra il -35 e il -40%. E il consumo domestico? Siamo cresciuti ma non in modo così robusto come ci si potrebbe attendere. Abbiamo avu-
ETTORE FORTUNA
to un incremento dello “zero virgola”, ma è da segnalare che tra l’ultima settimana di ottobre e le prime tre di novembre abbiamo visto una nuova accelerata. Questo perché il timore di nuove chiusure, poi realizzatesi solo in parte, ha spinto nuovamente gli italiani a fare scorte a causa del clima di incertezza. Se proiettiamo i numeri sulla fine dell’anno 2020, ma faremo il consuntivo nelle prossime settimane di questo 2021, possiamo immaginare una crescita del valore dell’1%. Com’è la composizione dei vostri canali di vendita? Bar e ristoranti valgono il 20% delle vendite, la gdo il 70 e il restante dieci è il dettaglio tradizionale e il porta a porta. L’acqua, oltretutto, è un prodotto povero, a basso valore aggiunto. Per questo siamo così preoccupati perché qualsiasi tassa ci può penalizzare anche in maniera sensibile. I consumatori poi non sono legati al marchio, ma guardano altre voci. Che tendenze avete notato? L’incremento sensibile del peso dei discount. La gente ha meno reddito disponibile e compra dove le cose costano meno. Nei supermercati a basso costo l’aumento è stato del 6-7% rispetto allo scorso anno, ma questo perché l’acqua viene venduta a 11 centesimi al litro, ovvero circa al costo. Ma se su una tonnellata di Pet venisse messa un’accisa da 450 euro, questo si tradurrebbe in un incremento del prezzo di vendita del 30-40%.
LA PLASTICA È QUATTRO VOLTE PIÙ SOSTENIBILE DEL VETRO
SUSTAINABILITY & CIRCULAR ECONOMY > 61
> ENERGY TRANSITION
IL FUTURO COMINCIA DALLA CONDIVISIONE DIGITALE Le Comunità energetiche rinnovabili, la community dei Greeners, le iniziative di solidarietà attraverso le app: la sostenibilità (anche sociale) permea tutte le attività di Sorgenia. Con Bebe Vio come testimonial di Paola Belli
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ostenibilità, ambientale e sociale, al centro. È questa la sfida di Sorgenia per il 2021. La nuova campagna di comunicazione dell’azienda illustra alla perfezione questo approccio: Bebe Vio, da anni al fianco della Digital Energy Company, abbraccia l’Italia dall’alto di case e palazzi, immaginando un mondo più sostenibile a partire dalle abitazioni di ciascuno di noi. La campionessa paralimpica mondiale di scherma invita a guardare lontano per rendere il mondo un posto migliore, nel quale l’attenzione all’ambiente diventi un valore centrale e condiviso. Lo stesso sito dell’azienda, da poco ripensato, è permeato dal concetto di sostenibilità: non esiste una sezione dedicata proprio perché ogni attività va in quella direzione. Oggi più che mai è decisivo fare scelte lungimiranti. Ciascuno di noi può fare la propria parte, scegliendo per esempio di installare impianti fotovoltaici o altre soluzioni di efficienza energetica tra quelle proposte da Sorgenia, cogliendo le opportunità offerte da ecobonus e superbonus. E, a partire da un impianto fotovoltaico, è possibile dar vita a interventi di più ampio respi-
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ro, che coinvolgono l’intera collettività. Come le Comunità energetiche rinnovabili (Rec), esempio di come il digitale possa trasformare profondamente il mondo dell’energia. Si tratta di una modalità innovativa di produrre energia da fonti rinnovabili e di condividerla, senza gravare sulla rete nazionale, rendendo possibile la produzione diffusa attraverso un modello sostenibile, capace di abbattere i costi di trasporto nonché le dispersioni lungo la rete. Il primo progetto di Rec di Sorgenia è a Turano Lodigiano, piccolo Comune lombardo, dove sorge una delle centrali termoelettriche a ciclo combinato della società, uno degli impianti più innovativi esistenti in Italia, assicurando la produzione di energia quando le fonti rinnovabili, per loro natura non programmabili, non sono in grado di soddisfare il fabbisogno nazionale. Il concetto di condivisione, alla base delle Rec, è anche al centro di una serie di iniziative che l’azienda ha intrapreso nel corso degli ultimi anni. Una su tutte: la nascita della community dei Greeners. Oltre ventimila clienti che, attraverso semplici azioni compiute sulla app di
Sorgenia, sostengono attività di solidarietà, decidendo per esempio di donare acqua a famiglie in emergenza in Yemen e Siria, piantare alberi per diminuire il proprio impatto di CO2 o salvare specie a rischio di estinzione. Ma anche di contribuire a iniziative come SpesaSospesa. org, cui Sorgenia ha aderito fin dall’esordio, lo scorso maggio. Un modo concreto per aiutare famiglie fragili, attraverso donazioni da parte di privati o il coinvolgimento di aziende del settore agroalimentare che possono donare, o vendere, i propri prodotti a prezzo di favore. La risposta ricevuta dalla community di Sorgenia è stata sorprendente: in 15mila hanno supportato l’iniziativa cui l’azienda ha aderito trasformando in cestini della spesa l’equivalente dell’ultima bolletta di energia dei clienti donatori. E coinvolgendo, al tempo stesso, aziende, fornitori e colleghi. Oggi il progetto è riuscito a raccogliere 610mila euro, donando oltre 200 mila pasti equivalenti alle famiglie in difficoltà in 11 Comuni italiani. Proprio come dice Bebe alla fine dello spot: «Se tutti guardiamo lontano, ci avviciniamo a un mondo migliore».
FINANZIARE L’IMPRESA
ORA CHE LE BANCHE ARRETRANO I CONFIDI AVANZANO AL FIANCO DELLE PMI Dalla convenzione con Cdp alla piattaforma Hi Confilend Fund: ecco come Federconfidi si sta riposizionando per affiancare meglio le imprese di Sergio Luciano
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l sistema dei Confidi può essere utile alle aziende più di quanto molti pensino. Bisogna iniziare a convincersi che i problemi di cui spesso si parla non sono dei Confidi, che non ne hanno: sono delle Pmi. I Confidi sono uno strumento di supporto e di sollievo»: è un entusiasta Rosario Caputo, l‘imprenditore che da quattro anni presiede Federconfidi, cioè la federazione dei 22 consorzi di garanzia collettiva dei fidi di area confindustriale, alcuni vigilati, ai quali fanno capo oltre 196.000 piccole e medie imprese, con un ammontare complessivo di 2,2 miliardi di euro di garanzie prestate. È un imprenditore a 24 carati – imbottiglia e produce soft-drink, tra cui il mitico Chinotto Neri (“Se bevi Neri, Ne ribevi!”, è lo storico slogan rilanciato da lui).
Quindi, presidente: non siete in crisi? Più dispiaciuti di essere utilizzati poco. Il vero problema su cui focalizzarci sono i bisogni creditizi delle imprese. Dobbiamo avere innanzitutto una visione. Come diceva Henry Ford, quando decise che i cavalli da trasporto avrebbero dovuto essere sostituiti dalle auto. A quel punto, scatta la missione: fare un’auto popolare. Ora non voglio fare il filosofo dell’impresa, ma mettere in ordine le idee di tutti per poi arrivare ai risultati. Cioè, nel nostro campo, affiancando e supportando le migliaia di piccole e medie imprese verso un accesso al credito che io chiamo “più democratico”. I Confidi possono essere un solido alleato, affidabile e veloce, in grado di garantire e finanziare direttamente quelle imprese definite comunemente “non bancabili”, cioè di scarso interesse a causa delle loro piccole dimensioni o per i loro non sufficienti volumi di fatturato che rende antieconomico accompagnarle. Ma perché, non accedono? Scusi, ma lei viene da Marte? Tra regolamenti, prudenze, accantonamenti, capitali di vigilanza eccetera, le Pmi sono le cenerentole delle banche. Sono sempre meno bancabili, purtroppo,
IL PRESIDENTE DI FEDERCONFIDI ROSARIO CAPUTO
Ci sono imprese “non bancabili” a causa delle loro dimensioni ridotte e dei volumi di fatturato troppo bassi: per le banche è antieconomico accompagnarle. Ecco perché i confidi sono dei preziosi alleati. Un sistema che ora si rinnova raccogliendo fondi da erogare direttamente alle Pmi
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I CAMPIONI DEL PRIVATE VALORIZZANO LE IMPRESE
TESORIERI IN PRIMA LINEA ANCHE SUL FRONTE DIGITALE
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NSA ECONOMY RANKING
GLI ACCORDI RENDONO COMPETITIVI I TERRITORI
TRA UN DPCM E L’ALTRO ANCHE IL DOLCE DIVENTA AMARO
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ma non perché siano malate: perché è antieconomico affidarle. Il sistema bancario ha ridotto gli sportelli sul territorio del 30% e gli organici di filiale del 25%. E quindi ha dovuto aumentare la standardizzazione dei processi, affidandosi ad algoritmi che pongono al centro la prudenza e il risparmio del capitale di vigilanza. Quindi chiunque non risponda al 101% ai migliori criteri di rating, diventa un cliente indesiderato. Anche la Banca d’Italia riconosce che per le aziende fino a 20 dipendenti il problema è più acuto. Ma significa il 70% delle imprese, quelle che fanno Pil. Ma a loro va soltanto il 18-20 per cento degli impieghi. Scusi: e le alternative? E i minibond? E l’Aim? Sono utili, ma sono eccezioni. Stiamo parlando di un altro target. Le piccole aziende hanno bisogno del credito bancario e non ne trovano più. E noi dobbiamo ridemocratizzare il credito bancario. Che non significa dare i soldi a chiunque si presenti in banca! E allora? Andiamo con ordine. Storicamente, i confidi hanno sempre prestato garanzie. È ora però di precisare alcune cose. Cominciamo a dividere i confidi tra quelli vigilati e quelli non. Dieci anni fa c’erano 500 Confidi, oggi 250, solo 34 sono vigilati e supportano il 90% dei finanziamenti garantiti perché il sistema bancario lavora più volentieri con noi. Di fatto, siamo stati riassicuratori del rischio bancario. Come oggi è diventato più che mai il Fondo centrale di garanzia del Mediocredito per le Pmi. Ma allora, con l’avvento della garanzia pubblica su vasta scala, ai Confidi è rimasto poco spazio di manovra, se non verso aziende che le banche ritengono poco affidabili. Su oltre 1,3 milioni di domande di garanzia ricevute dal Fondo, solo il 3% proveniva dai Confidi. Questo ci dice che il sistema bancario trova sempre più marginale passare attraverso i confidi. Constatato questo fenomeno, ci siamo dati l’obiettivo di smarcarci. Abbiamo cominciato a fare prestiti diretti. È una parola! E invece no: si può fare. Perché le banche ten-
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dono e sempre tenderanno ad affidare solo le aziende col rating più alto, per riassicurare al meglio il rischio e risparmiare sugli accantonamenti. Quindi si crea una categoria di soggetti trascurati. Di imprese indesiderate. È un dato di fatto. Allora che cosa dobbiamo fare? Ecco il nostro aggiornato punto di vista: dobbiamo essere complementari al sistema bancario. Le banche non possono che standardizzare la valutazione delle richieste di credito? E noi le affianchiamo. Nei fatti, siamo come banche. Abbiamo quasi 600 mila associati. Abbiamo un’organizzazione di tipo bancario. Possiamo prestare denaro, non passando attraverso le banche. La condizione è fare funding autonomamente. Fare la nostra raccolta. E ci siamo mossi. E come? La Cassa Depositi e Prestiti aveva già attivato una piattaforma-imprese per il sistema bancario dotata di un suo plafond. Ci siamo convenzionati con Cdp ed abbiamo avuto a disposizione 500 milioni di fondi a tassi calmierati, IN ITALIA ESISTONO 250 CONFIDI DEI QUALI 34 SONO VIGILATI E SUPPORTANO IL 90% DEI FINANZIAMENTI GARANTITI
il che è stato un importante riconoscimento istituzionale al diritto dei Confidi di prestare denaro. È un buon inizio! Perché: come intendete proseguire? Ci siamo detti: oltre a lavorare con la Cassa, mettiamoci sul mercato. Abbiamo chiesto a Bankitalia l’autorizzazione per una nostra piattaforma da 100 milioni di euro, che abbiamo battezzato Hi Confilend Fund. È un cambio di marcia. Attraverso Confilend saremo imprenditori del credito. È un’architettura molto efficiente, costruita con partner di prim’ordine, che poi si controgarantirà con il Fondo Centrale di Garanzia nelle percentuali possibili, ma sarà la piattaforma a processare le pratiche che le arriveranno dai Confidi. Le banche come la prenderanno? Come dicevo prima: bene, perché non faremo loro concorrenza ma saremo complementari ai loro cluster di clientela assistita con le logiche standard di cui prima. Saremo dunque
attori principale e non comparse del nostro destino offrendo una leale e trasparente alternativa al sistema bancario. So che sono i primi passi, ma tutto questo comunque giova alla concorrenza. Se le banche arretrano dal territorio, noi cercheremo di prendere lo spazio che rimane scoperto. Benissimo, ma come fate a garantirvi contro i rischi? Sia attraverso i sistema di valutazione che da sempre guidano l’erogazione della garanzia,sia tramite un accordo strategico con Crif. Quindi non saremo noi ad assegnare il rating, ma potremo comunque contare su un’analisi affidabilissima e ottimizzare così la composizione del portafoglio dei rischi. Classificheremo i rischi in sette fasce, la prima sarà la più affidabile, la settima la più rischiosa, circoscritta al 5% del totale dell’esposizione, ma le fasce da 3 a 6 rappresenteranno il 90% del portafoglio rischi. Consideri che nelle fasce 5 e 6 ci sono la stragrande maggioranza delle aziende che le banche esitano sempre più ad assistere per piccoli importi. Cosa si aspetta da questa vostra iniziativa? Auspico che magari alcune banche potranno affidarci loro risorse remunerabili con buone percentuali e basso rischio, visto la nostra propensione ad accedere al Fondo Centrale di Garanzia! È una prospettiva che vogliamo perseguire con determinazione, perché credo che lo sbocco naturale di questa piattaforma sarà proprio vederci affidare una parte dei finanziamenti per le aziende che meritano… L’altra fonte di risorse saranno i fondi pubblici. Che, sono convinto, aumenteranno. Per esempio per iniziative delle Regioni che probabilmente accentueranno i loro interventi a sostegno delle Pmi meno fortunate. Ecco che, quando riusciremo a fare tutto questo, vorrà dire che, anche in materia di accesso al credito, le associazioni e le varie federazioni avranno smesso di avere una atavica concezione tolemaica del mercato, ricordandosi così anche di un certo Copernico, e maturando finalmente la convinzione che il mercato è il sole, intorno al quale ruota, condizionandolo, tutto il sistema!
in collaborazione con Aifi
I CAMPIONI DEL PRIVATE VALORIZZANO LE IMPRESE Il Premio Demattè, private equity of the year, che premia le migliori operazioni di private equity e venture capital dell’anno, è andato a Indaco Venture Partners, NB Aurora, Ambienta, The Carlyle Group di Anna Gervasoni
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nche quest’anno Aifi, l’associazione del private capital, ha voluto sottolineare il ruolo e il contributo allo sviluppo industriale di propri soci. Ogni dicembre infatti viene conferito il Premio Demattè, private equity of the year, che premia le migliori operazioni di private equity e venture capital dell’anno. Ancor di più in questo periodo, la cerimonia ha avuto grande significato; il private equity in questi mesi non si è fermato, anche gli ultimi dati del Pem, private equity monitor della Liuc, hanno evidenziato una grande attività dei fondi, che nel terzo trimestre hanno realizzato 57 nuove operazioni, in crescita rispetto alle 52 dello stesso periodo nel 2019. Questo dimostra che le aziende italiane, nonostante la congiuntura, continuano ad offrire buone opportunità di valorizzazione, verso una crescita che le porti a internazionalizzarsi e a consolidarsi spesso attraverso acquisizioni, nel proprio mercato di riferimento. Quest’anno il premio ha visto la candidatura di 19 operazioni, tra early stage (operazioni su startup), expansion (investimenti di minoranza per sostenere lo sviluppo aziendale) e buy out (operazioni di acquisto della maggioranza o della totalità aziendale). Sono stati consegnati 5 premi e 3 menzioni speciali a sottolineare la qualità dei deal presentati quest’anno. Hanno vinto Indaco Venture Partners per l’operazione AdmantX nella categoria early PROFESSORE ORDINARIO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE ALLA LIUC DI CASTELLANZA. È ANCHE DIRETTORE GENERALE DELL’AIFI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL PRIVATE EQUITY, VENTURE CAPITAL E PRIVATE DEBT)
Al compianto professor Claudio Demattè, che fondò la Scuola di formazione aziendale dell'Università Bocconi di Milano, è intitolato il premio Private Equity of the year che Aifi assegna alle migliori operazioni di private equity
stage, NB Aurora per Forgital nell’expansion, Ambienta per Safim e The Carlyle Group perGolden Goose, rispettivamente ricevendo il premio buy out e big buy out. Un premio speciale sviluppo Pmi è andato ad Alto Partners, che ha presentato 3 candidate, tutte entrate in finale. Sono state attribuite anche una menzione speciale seed capital a Digital Magics e Reale Group per l’operazione Moneymour, una menzione speciale sviluppo Pmi a Friulia e infine una menzione speciale Infrastrutture ad Hat per l’operazione Sia. Al di là dei premiati, che ci hanno raccontato casi di grande successo, le candidature sono state tutte di valore ed hanno evidenziato il grande lavoro fatto dai nostri investitori a fianco di imprenditori e manager. Volendo fare un bilancio di questi 17 anni di premio Dematté, pensato da Aifi insieme ad EY, non si può non comprende-
re il ruolo importante che i fondi hanno avuto nell’economia reale, nella crescita dell’occupazione e dell’indotto. Guardando ai 280 finalisti totali di tutte le edizioni, abbiamo visto ben 21 Ipo, ovvero ingressi in Borsa. Le aziende oggetto degli investimenti hanno rappresentato tutti i settori dell’eccellenza Italiana: dai beni e servizi industriali, all’Ict, dal medicale, al manifatturiero, fino all’alimentare e alla moda. In media, sempre nei finalisti, la crescita occupazionale dal momento dell’ingresso del fondo alla sua uscita è stata del 52% perché queste imprese, grazie alle risorse e al contributo anche non finanziario apportati degli investitori, sono cresciute e hanno potuto rafforzare l’organico. Inoltre, i nostri campioni hanno realizzato operazioni di M&A e hanno depositato oltre 100 brevetti, stimolando così anche il settore dell’innovazione italiana. Non solo, nel 60% dei casi sono stati sviluppati nuovi progetti in ambito sicurezza e ambiente. Questo perché il private equity interviene nei processi di implementazione dei principi Esg, sempre più centrali, soprattutto in questo anno di pandemia dove abbiamo toccato con mano quanto sia importante la tutela dell’ambiente e una maggiore attenzione al capitale umano. Nei casi che abbiamo selezionato quest’anno ci sono esempi importanti di valorizzazione delle risorse manageriali, di attenzione al genere e ai giovani, di cultura di investimento più sostenibile. Sono temi che la giuria ha guardato con grande attenzione per decidere chi premiare. Del resto, il private capital inserendosi nei processi delle proprie partecipate e intervenendo nel loro percorso di crescita, le vuole rendere eccellenti sotto questi profili, perché è cosi che nel medio termine si vincono le sfide competitive.
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FINANZIARE L’IMPRESA
Tesorieri in prima linea anche sul fronte digitale Dalla convegnistica alla newsletter, passando per i servizi da remoto: Aiti, l’Associazione italiana tesorieri d’impresa, implementa le soluzioni online per supportare ancora di più i manager a cura della redazione
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ella trincea delle imprese colpite duramente in questi mesi dalla crisi Covid, ci sono stati sempre anche loro, in prima fila, accanto ai capi e agli imprenditori: i tesorieri. I manager ai quali va l’onere di presidiare il sistema cardiorespiratorio di ogni azienda: la cassa e i flussi finanziari. Dialogando col mercato. Ma la categoria - che si raccoglie nell’Aiti, l’Associazione italiana tesorieri d’impresa, di cui Economy è partner editoriale - non ha per questo rinunciato ad un’ormai consolidata tradizione di confronto, approfondimento e studio sui temi salienti e innovativi della professione: ha dovuto rinunciare agli appuntamenti convegnistici “in presenza”, ma li ha trasferiti sul web. Fino a produrre, anch’essa quest’anno in formato digitale, la newsletter annuale che rappresenta come sempre una vetrina delle cose fatte e dei temi approfonditi.
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Innanzitutto, quest’anno, il tema della digitalizzazione. Il 2020, infatti, ha proiettato il mondo del lavoro e dell’impresa, nella sua interezza, verso una dimensione nuova e inedita nella quale ci si aspetta un universo digitale veloce e perI TESORIERI OGGI DISPONGONO DI STRUMENTI INNOVATIVI DI CASH MANAGEMENT IN GRADO DI RENDERE AUTOMATICHE DIVERSE OPERAZIONI
fettamente funzionante: questo processo di cambiamento ha coinvolto anche i tesorieri, che oggi dispongono di strumenti innovativi di cash management in grado di rendere automatiche operazioni che solo fino a poco tempo addietro venivano svolte manualmente. Per esempio, l’innovativo sistema MyHub di Bnl Bnp Paribas, remote banking dedicato alle aziende, che permette ai tesorieri di interagi-
re, all’interno di un vero e proprio ecosistema digitale avanzato, con tutte le funzioni che servono per gestire la Tesoreria. Inoltre, il portale consente anche ai clienti di avviare interazioni con l’azienda, non solo tramite mail o telefono ma anche in modalità full-digital, sia per numerose attività di self service che per assistenza dedicata. L’aspetto però forse più innovativo e di supporto al lavoro dei tesorieri è la modalità agile con cui MyHub è stato sviluppato, che permette una continua evoluzione del portale, a seconda delle nuove esigenze e sfide alle quali il tesoriere è chiamato a rispondere con velocità. Sempre nel campo della spinta alla digitalizzazione e grazie alla partnership con Unicredit, è stata ampliata l’offerta di soluzioni di supply chain finance attraverso il dynamic discounting: in pratica questo strumento permette alla aziende clienti di Unicredit di ottimizzare il capitale circolante e di alleviare le tensioni finanziarie dei fornitori, tramite sconti dinamici. Il sistema è gestito tramite una piattaforma digitale che viene integrata ai sistemi di tesoreria aziendale e che si adatta alle esigenze del cliente. Il beneficio consiste essenzialmente nel ridurre i rischi operativi e il lavoro manuale sugli sconti, oltre a costituire una modalità alternativa di investimento della liquidità aziendale che permette il consolidamento e rafforzamento delle relazioni commerciali. Anche nel 2020 Aiti, sulla strada della qualificazione sempre maggiore dell’identità professionale dei tesorieri, ha proseguito nel lavoro di certificazione quale organismo accreditato: il 29 luglio, infatti, si è tenuta la consueta “Certificazione del tesoriere” che ha permesso a numerosi candidati di autenticare il proprio percorso professionale tramite una certificazione ufficiale che viene rilasciata, previo esame, secondo le vigenti normative UE. Un ulteriore passo verso un sempre maggiore riconoscimento di un elemento come il tesoriere, fondamentale all’interno dell’azienda ancor più in un momento difficile come quello della pandemia da Covid-19.
IL MATTONE BALLA AL RITMO DEL CROWDFUNDING A dicembre Recrowd ha raggiunto i due milioni di euro di raccolta da piccoli investitori pronti a finanziare progetti di real estate. Un’opportunità che gli sviluppatori immobiliari non si lasciano sfuggire di Maddalena Bonaccorso
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nvestire in campo immobiliare senza dover depauperare il proprio patrimonio, partecipando a operazioni, anche medio-piccole, di finanziamento di progetti nel campo del real estate. È questa l’idea alla base di Recrowd, società di lending crowdfunding nel settore immobiliare, nata dall’iniziativa di Gianluca De Simone, Simone Putignano e Massimo Traversi. Tutti molto giovani, hanno creato Recrowd solo nel 2018 e già l’anno successivo sono stati premiati da SpeedMiup, incubatore dell’Università Bocconi, come una delle 8 startup innovative della realtà milanese. GIANLUCA DE SIMONE Proprio nello scorso mese di dicembre 2020 hanno raggiunto i due milioni di euro di raccolta sulla piattaforma, arrivando nel giro di stimenti tramite la piattaforma anche la Guun mese e mezzo a una cifra uguale a quella mpab e la F4 Capital, proponenti che hanno che avevano recuperato nel precedente anno dato la possibilità alla società di avere un di attività: «Siamo riusciti a raggiungere numero di progetti disponibili nettamente questo risultato» spiega Simone Putignano, superiore rispetto ai mesi precedenti, e di co-founder e Cio della società «grazie a una implementare sia il livello di qualità che il corposa implementazione del team, all’inrendimento: «Ora come ora» continua Puterno del quale sono state inserite diverse tignano «un investitore guadagna in media figure che hanno permesso all’azienda di l’8,5-9% su base annua, ma ci sono progetti strutturarsi maggiormente. Oltre a questo, che possono arrivare anche all’11%. Tutti i abbiamo allargato la platea dei proponenti progetti che vengono inseriti all’interno della immobiliari, cioè di piattaforma Recrowd NEGLI ULTIMI SEI MESI, OLTRE ALLA FRI quei soggetti che ofe tutti i proponenti IMMOBILIARE HANNO INIZIATO frono la possibilità di A PROPORRE INVESTIMENTI CON RECROWD che fanno parte della ANCHE LA GUMPAD E LA F4 CAPITAL partecipare con i pronostra offerta sono pri investimenti al accuratamente seleprogetto immobiliare, che può essere sia di zionati. Hanno un determinato background ristrutturazione che di costruzione ex novo all’interno del settore e su tutti vengono efe di successiva messa a reddito. In questo fettuate, da un nostro partner esterno, analisi modo siamo riusciti ad ampliare l’offerta e economiche e contabili per valutare la solvia renderla quindi maggiormente appetibile bilità dell’intera struttura societaria. Tutto per gli investitori». questo per assicurare agli investitori il fatto Negli ultimi sei mesi, infatti, oltre alla Fri Imche il soggetto che propone il crowdfunding mobiliare che fin dall’inizio è stata al fianco immobiliare sia davvero in grado di poter di Recrowd, hanno iniziato a proporre invesaldare, alla fine del periodo prestabilito, i
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prestiti che vengono erogati per finanziare l’operazione». Per il 2021 le attività di Recrowd si concentreranno su un ulteriore aumento dei partner immobiliari che potranno proporre i progetti sulla piattaforma e l’obiettivo dichiarato è quello di arrivare entro giugno 2021 ai 5 milioni di raccolta, probabilmente lanciando anche un altro round finanziario. E si guarda anche al mercato estero: «Stiamo valutando alcune collaborazioni con partner americani» prosegue Putignano «per offrire all’interno della nostra piattaforma la possibilità di investire in operazioni di crowdfunding immobiliare negli Stati Uniti. Per tutte le operazioni è possibile un investimento minimo anche di soli 500 euro per i progetti Relax e Alternative, mentre per i progetti più sofisticati che inseriamo nelle categorie Exclusive si prevede un investimento più alto (dai 2.000 euro) con rendimenti minimi del 10,5/11%. Spesso si rientra dall’investimento, con gli interessi, anche prima del previsto e comunque mai oltre i tempi prestabiliti».
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FINANZIARE L’IMPRESA
QUEGLI ACCORDI CHE RENDONO I TERRITORI PIÙ COMPETITIVI Le agevolazioni finanziarie per gli investimenti incidono in modo consistente sulla competitività dei territori. Ecco come funzionano gli Accordi di Programma e come gestirli
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li Accordi di Programma rappresentano una particolare forma d’incentivazione rientrante all’interno della più ampia normativa che disciplina i Contratti di Sviluppo dai quali differiscono per alcuni tratti salienti. Infatti un Accordo di Programma può essere attivato tramite una procedura complessa e articolata attraverso la sottoscrizione di Ministero, Invitalia, Regioni, enti pubblici e imprese, ma esclusivamente se l'investimento nel suo insieme ha un forte impatto sulla competitività del territorio. Il “rilevante e significativo impatto” sulla competitività del sistema produttivo, secondo il MISE sussiste se si riscontra almeno uno di questi elementi: - considerevole impatto occupazionale
- recupero o riqualificazione di strutture dismesse - importanti innovazioni di prodotto o di processo (coerenza con le direttrici di Industria 4.0 presenza di un progetto di ricerca industriale e sviluppo sperimentale - obiettivi di tutela ambientale come previsti dalla normativa di riferimento) - capacità di attrazione di investimenti esteri o forte presenza sui mercati esteri (prevalenza fatturato estero) - localizzazione in distretti turistici e capacità di contribuire alla stabilizzazione della domanda turistica attraverso la destagionalizzazione dei flussi. L’Accordo di Programma può essere presentato esclusivamente dalle imprese ma è comunque obbligatorio il cofinanL'AUTORE, NELLO RAPINI, È DOTTORE COMMERCIALISTA E REVISORE CONTABILE, PARTNER RSM ITALY. SI OCCUPA DI FINANZA AGEVOLATA, CLUSTER D’IMPRESE E FILIERE INTEGRATE
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ziamento da parte delle Regioni coinvolte nella iniziativa che quindi devono preliminarmente esprimere un parere di congruità dello stesso rispetto ai propri strumenti di programmazione e alle loro direttrici di sviluppo economico. Di solito la contribuzione delle Regioni è abbastanza residuale e non supera il 10% dell’agevolazione concessa dal MISE. L’Accordo di Programma, attivabile su tutto il territorio nazionale, prevede agevolazioni a fondo perduto variabili a seconda della tipologia di investimenti, del dimensionamento aziendale e della localizzazione geografica, in accordo con la Carta degli Aiuti di Stato e con il Regolamento 651/2014 dell’Unione Europea. I destinatari delle agevolazioni sono: - l’impresa proponente, che promuove l’iniziativa imprenditoriale ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica dell’Accordo. - le eventuali imprese aderenti, che realizzano progetti di investimento nell’ambito del suddetto Accordo - i soggetti partecipanti agli eventuali progetti di ricerca, sviluppo e innovazione L’Accordo di Programma può inoltre essere realizzato da più soggetti in forma congiunta attraverso un contratto di rete o altra forma partenariale.
Il Programma di sviluppo oggetto dell’Accordo può essere di tipo industriale, turistico o di tutela ambientale e può prevedere anche la realizzazione di infrastrutture di pubblico interesse, con una durata complessiva non superiore a tre anni. UN PROGETTO DI SVILUPPO PREVISTO DALL'ACCORDO DI PROGRAMMA DEVE SUPERARE I 20 MILIONI DI EURO AL NETTO DEI PROGETTI R&S
È composto da uno o più progetti di investimento e da eventuali progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, connessi e funzionali tra loro. L’Accordo di Programma prevede una dimensione minima del Programma di Sviluppo che non può essere inferiore a venti milioni di euro, al netto di eventuali progetti di R&S, con l’impresa proponente che deve necessariamente prevedere un investimento di almeno dieci milioni di euro. Da quanto fino ad ora esposto, si capisce come questa tipologia di incentivo presupponga, sia nella fase di predisposizione dell’istanza che successivamente di gestione e monitoraggio dei piani d’investimento, un supporto professionale e tecnico molto continuativo e specialistico.
Di solito il team che affianca il partenariato industriale è composto da professionalità differenti e integrate con competenze economiche, finanziarie, gestionali, organizzative, ingegneristiche ecc. Nel mese di ottobre, dopo quasi due anni di lavoro il nostro team di progetto, da me coordinato, ha portato a sottoscrizione il più grande Accordo di Programma per la tutela ambientale mai presentato in Italia. CLIP, questo è l’acronimo dell’Accordo, è stato promosso da sette aziende, con Fater SpA capofila (joint venture Gruppo Angelini e Procter & Gamble), che congiuntamente, nel comparto dell’igiene della persona, rappresentano con oltre tre miliardi di volume d’affari annuo e più di tremila occupati uno dei più importanti distretti mondiali del settore. Le aziende sottoscrittrici di CLIP coprono l’intera filiera dei prodotti assorbenti, dalla produzione di materie prime con Pantex International SpA ed Texol Srl, alla progettazione e realizzazione di linee di produzione con la Fameccanica Data SpA e la CCS SpA, fino ai prodotti finali con appunto la Fater Spa, Eurofil Srl ed Ontex Srl. L’Accordo di Programma CLIP prevede oltre 109 milioni di investimenti finaliz-
zati alla riduzione dei consumi energetici e le emissioni di gas, all’efficientamento energetico dei processi produttivi e alla riduzione dei rifiuti. il “cuore” del programma di sviluppo è il Centro di Valorizzazione dei Materiali, il primo impianto, tutto con tecnologia made in Italy, che, grazie ad oltre 130 brevetti, può riciclare oltre diecimila tonnellate all’anno di scarti di lavorazione, producendo come materie prime-seconde, cellulosa, plastica e superassorbente. L’impianto, a servizio dell’intera filiera, ha l’obiettivo di ridurre di oltre il 70% l’impatto ambientale del distretto. CLIP a seguito della valutazione positiva di Invitalia e del cofinanziamento della Regione Abruzzo per 1,7 milioni di euro, è stato finanziato dal MISE che riconoscendo circa 53 milioni di euro di investimenti agevolabili ha complessivamente assegnato alle imprese sottoscrittrici un contributo a fondo perduto di circa 19 milioni di euro. L’Accordo di Programma CLIP rappresenta, per la prima volta in Italia, l’attuazione concreta dei principi della Strategia Europea per la plastica nell'economia circolare che Commissione Europea ha approvato a gennaio 2018.
ECONOMIA LINEARE E CIRCOLARE A CONFRONTO
FONTE: Agenzia europea per l’ambiente - circular by design - products in the circular economy 2017
ECONOMIA LINEARE Prospettive di business
ECONOMIA CIRCOLARE Prospettive di business
Il prodotto è la fonte della creazione del valore. I margini di profitto sono basati sulla differenza fra prezzo di mercato e il costo di produzione. Per aumentare i profili si punta a vendere più prodotti e a rendere i costi di produzione il più bassi possibile.
I prodotti sono parte di un modello di business integrato, focalizzato sulla fornitura di un servizio. La competizione è basata sulla creazione di un valore aggiunto del servizio di un prodotto e non solo sul valore della sua vendita. I prodotti sono parte degli assets dell’impresa e la responsabilità guida la longevità del prodotto, il suo riuso, la sua riparabilità e riciclabilità.
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FINANZIARE L’IMPRESA NSA ECONOMY RANKING
Tra un Dpcm e l’altro anche il dolce diventa amaro Per forni e pasticcerie dal periodo natalizio deriva un terzo del fatturato. E con i vari lockdown il 2020 è stato durissimo. Le imprese restano però affidabili sul piano finanziario, come dimostra l’NSA Economy Ranking di Maddalena Bonaccorso
I
numeri delle imprese attive in Italia per la produzione e il commercio di prodotti dolciari, da forno e gelateria sono di tutto rispetto: dai dati che l’Osservatorio Sigep ha diffuso nel gennaio del 2019 (appena prima dello scoppio della pandemia da Covid-19, e quindi riferiti all’anno precedente) unificando i propri numeri con quelli della Cciaa Milano Monza e Brianza, risultavano attive 40.408 imprese, con 162mila addetti e un giro di affari di circa 8,3 miliardi di euro annui. La pandemia, e soprattutto i continui lockdown hanno colpito duro anche questo settore, ma l’organizzazione dei servizi di delivery ed e-commerce ha permesso alle aziende strutturate e in grado di reagire ai cambiamenti del mercato aprendosi alle nuove tecnologie di ottenere comunque risultati positivi in termini di fatturato. Lo stesso non si può dire di molte piccole imprese, che hanno sofferto per le continue chiusure e che probabilmente si troveranno costrette ad affrontare anche un effetto rimbalzo in negativo nel 2021. L’NSA Economy Ranking ha classificato le aziende di pasticceria in una graduatoria, in base al fatturato e alla solidità dei bilanci, riportata nella pagina a fronte. Tra le aziende più in salute, a conferma del fatto che i grandi produttori sono riusciti comunque a mantenere un trend positivo nonostante tutto, troviamo per esempio la Rachelli Italia srl di Pero, co-
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losso del settore con un fatturato di quasi 35 milioni di euro, la Piovesana Biscotti di San Vendemiano, in provincia di Treviso e la Rugiada di San Giovanni in Persiceto: seguite dal sempreverde Luini srl, a due passi dal Duomo di Milano, la cui fila all’ingresso per gustare i celeberrimi panzerotti è una costante della vita milanese. Nonostante lo stato di (buona) salute di molte aziende, dal presidente di Conpait (Confederazione Pasticceri italiani) Angelo Musolino arrivano però notizie e commenti non positivi, sul futuro di numerose imprese: «Il 2020 ha portato ai tanti laboratori di pasticceria e gelateria una perdita media che, nelle zone gialle, è arrivata al 30-40% e nelle zone rosse anche al 70%. Le decisioni improvvise prese dal Governo, nell’ultimo periodo dell’anno, hanno destabilizzato ancora di più il settore. Con molte piccole e medie imprese che si sono trovate ad aver ordinato materie prime in grande quantità in vista del Natale e che poi hanno visto una drastica diminuzione della clientela dovuta alle restrizioni imposte da un giorno all’altro». Il Natale, peraltro, incide sul fatturato di una pasticceria per circa il 30/40% del complessivo annuale e questo ammanco di fine anno inciderà quindi anche per molti mesi a venire. Le previsioni non sono rosee soprattutto per i piccoli esercizi, che non sono riusciti a organizzarsi in maniera organica, né durante il primo lockdown di marzo, aprile e maggio, né
Il comparto della pasticceria-gelateria e dei prodotti da forno vale in soli termini di esportazione più di 3,5 miliardi all’anno, con Francia, Germania e Stati Uniti come mercati privilegiati. Questo grazie ad aziende solide, con una forte tradizione e qualità consolidata delle materie prime. Per Economy, ha classificato queste realtà il Gruppo Nsa, il primo mediatore creditizio per le imprese italiane per fatturato, vigilato dalla Banca d’Italia tramite l’Organismo agenti e mediatori. Nsa è specializzato nella erogazione di finanziamenti alle imprese, capace di garantire efficacia ed efficienza nei rapporti con il sistema bancario. Il rank attribuito alle aziende da Nsa che vedete nella tabella a fianco è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Viene calcolato sull’analisi dei bilanci, regolarmente depositati. In particolare, l’analisi classifica le imprese per solidità patrimoniale, performance, affidabilità e redditività: i medesimi parametri utilizzati per l’elaborazione nsaPmindex, l’indice sul merito creditizio. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’indice nsaPmindex, indice annuale sullo stato delle Pmi italiane. E la tabella a fianco rappresenta una fotografia dello stato di queste imprese, suddivise per area geografica.
durante quello più leggero dell’autunno, per asporto e delivery: «Durante il 2020 si è molto acuito il divario tra grandi e piccole aziende» spiega ancora il presidente Musolino «In questo anno 2021 appena iniziato, che ci auguriamo essere l’anno del post-pandemia, assisteremo sicuramente a molte chiusure, dovute anche al fatto che i cosiddetti ristori sono stati totalmente insufficienti e i costi degli affitti dei laboratori e dei negozi, soprattutto nei centri storici, non accennano a diminuire».
Pasticcerie - classifica per area geografica
SUD
NORD-OVEST
NORD-EST
CENTRO
AREA GEOGRAFICA
CLASSIFICA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
RAGIONE SOCIALE ALBANESI 2011 S.R.L. DOLCI DEL SOLE S.R.L. DOLCE MANIERA S.R.L. PANIFICIO PISTILLI S.R.L. STELLA S.R.L. FORNO LATINO S.R.L. IL FORNO S.R.L. F.LLI MASCAGNI S.R.L. DOLCE VOY MARINARI S.R.L. LE LEVAIN - S.R.L.S. PIOVESANA BISCOTTI S.P.A. RUGIADA S.R.L. REBECCA S.R.L. VOGRIG L. & C. S.R.L. FRITZ & FELIX SRL GELATERIA SERAFINI & SERAFINI SRL PANIFICIO HOFER S.R.L. PASTICCERIA TONOLO S.R.L. FRATELLI DELMAGNO S.R.L. PASTICCERIA AGOSTINI GUERRINO SRL RACHELLI ITALIA SRL LUINI S.R.L. FORNO DI BRERA S.R.L. BOTTEGA BALOCCO S.R.L. PANBIGNE’ - ABBONA S.R.L. PASTICCERIA SISSI S.R.L. G.L.L. S.R.L. LE GOLOSERIE SRL DATA SRL PASTORI PANE S.R.L. EUROCOOP SERVIZI - SOCIETA’ COOPERATIVA SOCIALE L’ANTICO BORGO S.R.L. GRUPPO CARICONE S.R.L. VOGLIE MATTE S.R.L. LA GALLERIA DEL DOLCE S.R.L. SCERRA E PALERMO S.R.L. LA VASTESE S.R.L. SOCIETA’ COOPERATIVA PANIFICI VINDIGNI PANIFICIO CAROTENUTO S.R.L. TERRA NOSTRA S.R.L.
FATTURATO
INDIRIZZO
3.014.725 € 2.210.205 € 2.063.381 € 1.489.842 € 1.285.052 € 1.001.553 € 924.125 € 887.017 € 812.626 € 773.267 € 5.544.989 € 3.833.695 € 2.713.153 € 2.106.609 € 1.744.596 € 1.511.317 € 1.242.542 € 1.005.992 € 987.453 € 985.281 € 34.945.928 € 4.595.762 € 3.531.783 € 1.921.936 € 1.464.590 € 1.230.857 € 728.762 € 694.633 € 696.474 € 1.933.512 € 1.895.184 € 1.611.552 € 1.563.298 € 1.488.767 € 1.362.167 € 1.329.241 € 1.080.831 € 1.063.151 € 1.001.874 € 912.458 €
Roma (Roma) Roma (Roma) Roma (Roma) Cori (LT) Lucca (LU) Mentana (Roma) Firenze (FI) Castiglion Fiorentino (AR) Roma (Roma) Roma (Roma) San Vendemiano (TV) San Giovanni in Persiceto (BO) Azzano Decimo (PN) Cividale del Friuli (UD) Barbiano/Barbian (BZ) Lavis (TN) Ortisei/St. Ulrich (BZ) Venezia (VE) Riccione (RN) Padova (PD) Pero (MI) Milano (MI) Milano (MI) Fossano (CN) Dogliani (CN) Milano (MI) Grugliasco (TO) Milano (MI) Pavia (PV) Rho (MI) Camini (RC) Marcianise (CE) Foggia (FG) Santa Maria Capua Vetere (CE) Pozzuoli (NA) Crotone (KR) Vasto (CH) Vittoria (RG) Pollena Trocchia (NA) Afragola (NA)
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STORY-LEARNING
ALLO SCOTCH SI ATTACCA ANCHE LA CURA DELLA PERSONA Dai dispositivi di protezione ai materiali isolanti, dalle pellicole radiologiche ai bendaggi, e non solo: ecco come 3M declina l’innovazione a supporto della salute. Specie in tempi di Covid di Sergio Luciano
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er noi di 3M l’Italia è il Paese più importante nel Sud – Est dell’Europa, poiché rappresenta circa il 60% dell’intera regione per fatturato. E in Italia abbiamo due impianti, un centro di distribuzione, un headquarter, un ufficio a Roma, un innovation center e un design center a Pioltello»: Marc Routier, amministratore delegato di 3M per l’area, è un francese cosmopolita impregnato di cultura americana ma formato all’europea. Che ama l’Italia. «Anche 3M ama l’Italia – sottolinea energeticamente - Siamo in Italia dal ’64, dall’acquisizione di Ferrania che, tra le altre cose, ci ha portato in eredità una straordinaria collezione di fotografie, anche e soprattutto d’arte, che ha dato origine alla Fondazione 3M, ricca di circa 110mila fotografie con cui regolarmente organizziamo grandi esposizioni».
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77 SANIXAIR LA SANIFICAZIONE COME NATURA COMANDA
78 MONOGRAFIA D’IMPRESA COSÌ DOXEE TRASFORMA I DATI IN RELAZIONE
81 NETWORK CONTACTS MAI PIÙ CHIAMATE MOLESTE SE IL CALL CENTER È FILOSOFICO
82 ORCO LA DEMOCRAZIA DEI CONSUMI SOSTIENE LA TRADIZIONE
Veniamo ad oggi. Secondo quali strategie sta guidando il business di 3M in Italia,
adesso? Già con l’acquisizione di Ferrania l’attività si diversificò tra la produzione di pellicole fotografiche e radiologiche: l’healthcare è stato uno dei primi settori del nostro impegno in Italia. E oggi lo è più che mai. Col passare del tempo 3M ha innovato e sviluppato nuovi prodotti per rispondere a nuove esigenze del mercato. E oggi la nostra attività si articola su quattro business groups. Il primo che cito è il consumer & office: con marchi come Post-it®, Scotch Brite™, marchi molto conosciuti e visibili. Poi c’è il settore safety & industrial: adesivi, abrasivi per l’industria ad esempio il settore automobilistico e aeronautico; nello stesso ambito della sicurezza siamo leader in quella che chiamiamo “sicurezza dalla testa ai piedi” per i lavoratori in tutta Italia cioè Ppe, personal protective equipment come protezioni per le vie respiratorie, per l’udito, la vista, in saldatura, anticaduta... Questo è il nostro business più importante oggi. Poi abbiamo l’healthcare vero
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STORY-LEARNING INNOVAZIONE
e proprio: un’ampia gamma di prodotti che comprende bendaggi, medicazioni, stetoscopi, coperte termiche... Siamo presenti nell’oral care (ortodonzia e odontoiatria) di cui siamo una delle aziende leader a livello mondiale. Infine l’energy & transportation, che riguarda le varie modalità di trasporto dell’energia, ad esempio i connettori – di cui abbiamo una fabbrica in Italia – ma anche prodotti e soluzioni per i trasporti e tutto quello che riguarda la sicurezza stradale, compresa la segnaletica. In termini di impatto abbiamo prima l’area safety & industrial, poi l’healthcare, poi energy & transportation ed infine consumer & office. Avrete molto da investire in settori così esposti all’innovazione come questi… Investiamo costantemente da sempre: il 6% del nostro fatturato viene reinvestito in ricerca Che ruolo ha l’Italia nella vostra ricerca e e sviluppo ogni anno, negli ultimi cinque anni sviluppo? più di 9 miliardi di dollari, su 31/32 miliardi Posso dirle che su 115mila brevetti sviluppadi fatturato globale. E nella nostra ricerca imti globalmente negli anni, 1.400 provengono pieghiamo 8.300 persone in tutto il mondo. dall’Italia. A questo proposito le do un esemCi sono i team che lavorano a livello di ricerca pio: la nostra partnership con Nike. Durante scientifica e di progettazione sulle varie piatl’ultima Design Week che si è svolta a Milano taforme tecnologiche, oggi ne abbiamo 51; poi (nel 2019), 3M ha presentato una serie di soabbiamo i team che studiano i nuovi trends di luzioni innovative molto coinvolgenti. Un team mercato e come incrociarli con le capacità di di Nike è rimasto favorevolmente impressiorisposta nelle nostre piattaforme. nate dai nostri materiali riflettenti, sulle cui E la sostenibilità? caratteristiche ha creato una nuova collezione È dal 2019 che abbiamo incorporato la sostedi scarpe Nike con tecnologie 3M Thinsulate™ nibilità come principio per il calore e ScotchliIL 6% DEL FATTURATO DI 3M VIENE guida in ogni prodotto te™ per l’effetto reREINVESTITO IN RICERCA E SVILUPPO che portiamo sul mertrorifrangente. Non E SU 115MILA BREVETTI BEN 1.400 cato, abbiamo cioè il voglio trascurare che SONO NATI NEL NOSTRO PAESE sustainability value abbiamo un design commitment per ogni singolo prodotto. Concenter per l’Europa i cui membri fanno parte siderando che il 30% dei nostri prodotti oggi dell’headquarter in Italia. ha meno di 5 anni in pochi anni avremo il suCosa pensa che il Covid stia insegnando a stainability value commitment in ogni prodotgrandi aziende come 3M in relazione alla to. Questo riguarda i prodotti, ma ovviamente gestione del lavoro (smartworking, etc) ed anche il mindset (l’atteggiamento mentale) in relazione alla salute del personale? di tutte le nostre risorse, alle quali garantiaFin dal primo giorno della pandemia la priorimo di poter dedicare il 15% del loro tempo a tà di 3M è stata la salute dei nostri dipendenti. perseguire idee e progetti personali: per noi è Prima ho accennato alla nostra produzione di questo il modo in cui nascono le migliori innoPpe e quindi all’impegno di 3M per difendere i vazioni. Mi è capitato spesso di ricevere team lavoratori della sanità perché sappiamo che il che mi presentavano i risultati di progetti di giusto equipaggiamento è il modo migliore per ricerca sviluppati in totale autonomia. proteggersi. All’inizio del 2020 avevamo una
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capacità produttiva globale di 600/700 milioni di respiratori, adesso (a distanza di meno di un anno) siamo in grado di produrre due miliardi di respiratori, quindi l’azienda ha fatto un enorme sforzo in termini di investimento produttivo per fornire il miglior equipaggiamento possibile. Quanto all’organizzazione del lavoro, oggi siamo quasi tutti in smart-working. Per gestire questo cambiamento abbiamo creato un crisis management team che si è incontrato tutti i giorni per i primi mesi e poi in base alle necessità per affrontare i temi della salute e della sicurezza. Ed intendo anche la salute ed il benessere mentale delle nostre persone. Io stesso mi sono impegnato molto in attività come virtual coffees in piccoli gruppi o in 1to1 tutti i giorni, solo per parlare ed informarci sulla situazione personale ed in famiglia, di cosa ciascuno avesse bisogno. Abbiamo messo a disposizione dei counselor per un supporto professionale. A questo proposito proprio, inoltre, proprio in Italia abbiamo messo in campo un’iniziativa innovativa, “Our Journey Home”: una serie di incontri rivolti ai dipendenti per permettere loro di raccontare il proprio percorso verso una nuova normalità, utilizzando le risorse che hanno compreso di avere. E cosa vedete per questo new normal? Vediamo una flessibilità 2.0, una nuova modalità per il lavoro alternato tra casa e ufficio nei giorni della settimana, in linea con quella che sarà la nuova normativa in Italia. Una delle sfide è che i confini tra lavoro e vita personale sono “esplosi” e come azienda non vogliamo che le persone stiano dalle 7 del mattino alle 10 di sera davanti ad uno schermo e dobbiamo essere sicuri di rispettare il tempo delle persone a casa. Ma è un grande cambiamento nella relazione tra azienda e dipendente che dobbiamo affrontare e che mi riporta ad un tema di cui sono molto appassionato e cioè il benessere a 360 gradi degli individui . Attualmente abbiamo cinque gruppi che stanno lavorando sui differenti elementi che caratterizzeranno il new normal che saremo pronti ad implementare il prossimo anno quando sarà possibile, alla fine di questa incredibile emergenza pandemica.
LA SANIFICAZIONE COME NATURA COMANDA L’hospitality sul Lago d’Orta sceglie la tecnologia di Sanixair, che sfrutta il processo della fotocatalisi per purificare aria e superfici negli ambienti chiusi 24 ore su 24. Proprio come fa il sole all’aria aperta di Alessandro Faldoni
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e strutture turistiche si organizzano per ripartire garantendo ai turisti in primo luogo sicurezza e serenità per un’ospitalità a prova di virus. È il caso del Lago d’Orta, nell’alto Piemonte, dove diversi alberghi (l’Hotel Leon D’Oro, l’Hotel Giardinetto e il celebre relais 5 stelle lusso Villa Crespi) hanno scelto di affrontare la sanificazione in modo radicale e lungimirante, scegliendo il sistema ingegnerizzato che lavora in continuo 24/7 messo a punto da una startup tecnologica italiana. Sanixair - una delle startup innovative del progetto Le Village by CA Milano - sfrutta il processo naturale della fotocatalisi per trasformare l’umidità relativa in perossido di idrogeno, ovvero acqua ossigenata. Questa viene messa in circolo negli spazi chiusi sanificando l’aria e le superfici di qualsiasi ambiente, abbattendo fino al 99% delle sostanze contaminanti presenti. Ha un impatto ambientale bassissimo ed è sicuro per le persone e “business friendly”, perché non comporta interruzioni dell’attività. È completamente customizzabile perché l’intervento è studiato su misura per integrarsi in modo efficace e discreto anche in edifici di particolare pregio storico e artistico. Il sistema è fornito come un servizio chiavi in mano con un investimento accessibile e diluito nel tempo. Sanixair ha affrontato il tema della sanificazione in modo radicale, con un sistema ingegnerizzato che garantisce un livello costante di aria microbiologicamente sicura, anche in presenza di un frequente ricambio di persone, con continui arrivi dall’ambiente esterno. Il corretto funzionamento è controllabile da remoto con un sistema IoT sviluppato in collaborazione con Microsoft. Grazie alla costante raccolta ed elaborazione dei dati, il sistema è in grado di lanciare alert in tempo reale in caso di eventuali anomalie e permette una manu-
SUL LAGO D’ORTA DIVERSE STRUTTURE TURISTICHE HANNO SCELTO SANIXAIR
tenzione predittiva. Il risultato è una soluzione sempre operativa ed efficace, grazie all’alto tasso di innovazione tecnologica. Sanixair è l’unica azienda a fornire la sanificazione come servizio full service, che include assistenza, monitoraggio delle prestazioni e garanzia del risultato con analisi periodiche effettuate da laboratori terzi con certificazione Accredia e Sgs. Anche se è diventata un’emergenza con la pandemia, la qualità dell’aria in ambiente di lavoro è una necessità per legge dal 2008 (Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008) e l’intervento di sanificazione risponde a tale necessità, eliminando batteri ed agenti contaminanti che le comuni pulizie non riescono a rimuovere: si tratta infatti di un processo tecnologicamente complesso, da non confondere con la semplice igienizzazione delle superfici. La sanificazione consente di riportare la carica microbica entro standard di igiene ottimali in relazione alla de-
stinazione d’uso degli ambienti interessati. Con un approccio scientifico alla sanificazione Sanixair ha realizzato un sistema altamente innovativo e tecnologico, mettendo insieme l’esperienza ventennale di esperti di tecnologie ambientali, energie rinnovabili, efficientamento energetico, illuminotecnica, manufacturing e consulenza. Il risultato è una risposta disruptive rispetto ad un mercato che si basa prevalentemente su soluzioni shock con costosi interventi periodici, che per essere attuati impongono spesso anche l’interruzione delle attività per diversi giorni. Al contrario, il sistema Sanixair si ottiene senza grandi investimenti ma è accessibile con il pagamento di rate diluite nel tempo. Nel caso di grandi alberghi, ad esempio, il costo del servizio si ripaga ampiamente con una minima incidenza sulla tariffa del pernottamento per singola camera. www.sanixair.com
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MONOGRAFIA D'IMPRESA COSÌ I DATI SI TRASFORMANO IN RELAZIONE La customer experience è sempre più centrale nel rapporto tra aziende e clienti e tra PA e utenti. Per implementarla efficacemente ci vuole professionalità. Come quella di Doxee, che lo fa da quasi vent’anni di Maddalena Bonaccorso
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uante volte abbiamo desiderato ricevere dalle amministrazioni pubbliche o dalle utilities informazioni chiare, personalizzate e magari interattive e bidirezionali, al posto di freddi messaggi telefonici spesso non chiaramente intellegibili o bollette senza alcun valore aggiunto? E se invece di lunghe trafile per accedere ai contributi che la P.A. mette a disposizione delle aziende ricevessimo un video che ci spiega esattamente come fare per portare a termine le transazioni? È anche questa la mission di Doxee: supportare le aziende e le amministrazioni pubbliche nel processo di trasformazione digitale, spingendo la comunicazione a evolvere in un processo che possa essere non solo utile per l’utente, ma anche appagante e valoriale. L’hanno scelta centinaia di aziende e istituzioni: da Sky a Enel, da Fastweb a Pirelli, da Alleanza Assicurazioni a Crédit Agricole Italia, solo per citarne alcune. Guidata dal Presidente Paolo Cavicchioli e dal Ceo Sergio Muratori Casali, Doxee è infatti una multinazionale high-tech, leader nell’offerta di prodotti in ambito customer communications management, digital customer experience e paperless, che da quasi vent’anni si occupa di affiancare le imprese nella dematerializzazione e nella conservazione digitale dei documenti e di elaborare dati per ottimizzare i processi di
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gestione e lo sviluppo del business, è stata negli ultimi mesi, quelli segnati dalla pandemia da Covid-19, ancora di più al fianco di aziende e pubbliche amministrazioni: «Uno dei nostri obiettivi», spiega il Ceo di Doxee Sergio Muratori Casali, «è sempre stato quello di arricchire ogni momento di interazione fra cliente e azienda o tra cittadino e pubblica amministrazione attraverso
l’interattività, la bidirezionalità e la personalizzazione. Il momento storico che stiamo vivendo ha notevolmente spinto in avanti questa dinamica portando ad una profonda rivisitazione dei modelli di relazione e comunicazione digitali, indipendentemente dal destinatario: sia esso un cliente piuttosto che un cittadino o un paziente. Possiamo quindi affermare che il percorso di digitalizzazione, che prima, nel mondo pre-Covid, era quasi esclusivamente appannaggio delle grandi realtà enterprise, oggi è centrale anche in tutto il mondo delle aziende medie e piccole e della pubblica amministrazione, che ha una grande esigenza di compiere passi diffusi verso, appunto, una capillare digitalizzazione». Dalla Borsa al futuro Prima di fare un passo avanti, facciamo un passo indietro, fino a quel 19 dicembre 2019. La pandemia non era ancora scoppiata e Doxee si stava quotando al segmento Aim di Borsa Italiana. «Da oltre 10 anni investiamo circa il 13% del fatturato in ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di assicurare eccellenza tecnologica e affidabilità alle aziende enterprise», dichiarò allora il Ceo. «Inoltre, promuoviamo un ambiente di lavoro in cui le persone sono la chiave per innescare l’innovazione, promossa nella maggioranza dei casi da profi-
Nella pagina a fianco, il team di Doxee nel giorno della quotazione su Aim Italia, il 19 dicembre 2019
AIUTIAMO LE AZIENDE A FARE UN PASSO IN AVANTI COINVOLGENDO L’UTENTE
PAOLO CAVICCHIOLI, PRESIDENTE DI DOXEE
li altamente scolarizzati e giovani. Siamo convinti che facendo leva su questi asset fondamentali e grazie alla capitalizzazione presso Aim avremo la possibilità di cogliere ulteriori opportunità di crescita e di espanderci verso nuovi scenari di business legati ai temi della Digital Customer Experience e della trasformazione digitale». Una visione profetica, che si è trautata in realtà.
L’autentica call to action Un processo, quello di trasformazione digitale, che dovrebbe permettere a enti ed aziende di semplificare i processi di comunicazione e di avvicinarsi maggiormente al cittadino-utente, in modo rapido e flessibile: cosa che poi sarebbe il desiderio di chiunque si trovi nella necessità di interagire con enti, utilities o pubbliche amministrazioni: «La parte di interactive experience», continua Sergio Muratori Casali, «che sfrutta tutte le canalità digitali, consente di comunicare in modo efficace con l’utente guidandolo a compiere delle scelte attraverso call-to-action semplici e immediate cercando di sfruttare al meglio anche tutto ciò che è già presente nell’ecosistema digitale di riferimento: attraverso per esempio una bolletta interattiva, o con un video personalizzato che ti aiuta a comprendere
SERGIO MURATORI CASALI, CEO DI DOXEE
come poter pagare in modo digitale la Tari o come attivare un contributo che la P.A. ti mette a disposizione. Noi possiamo aiutare le pubbliche amministrazioni e le aziende a fare questo passo in avanti, coinvolgendo l’utente/cliente e rendendolo consapevole delle azioni che poi svolgerà sulla piattaforma di riferimento». Proprio in questo campo, la pandemia è stata incredibilmente disruptive, allargando la platea dell’interlocuzione digitale in modo esponenziale, non solo nelle pubbliche amministrazioni, ma anche nei settori delle
utilities, delle telecomunicazioni o del finance. Ma, cosa ancora più interessante, soprattutto in campi dove la digitalizzazione era già presente nel mondo pre-Covid, ma sicuramente con tassi più bassi, per esempio nel settore assicurativo: «I frequenti lockdown, assieme alla necessità di limitare le uscite e le occasioni di contatto tra le persone», continua il Ceo di Doxee, «ha indotto anche queste realtà a spingere, per esempio, sui rinnovi e i pagamenti in modalità digitale. In queste situazioni, le nostre soluzioni possono concretamente mettere a disposizione il veicolo e la canalità per poter seguire e accelerare tutto il processo. C’è da dire che la digitalizzazione ha favorito la creazione degli ecosistemi digitali, nei quali vengono immessi tanti micro servizi con i quali è necessario interagire: e qui, ancora una volta, i nostri prodotti vengono in aiuto, per esempio, nella gestione dei pagamenti o nella raccolta di dati e quindi nella personalizzazione della comunicazione, non più one way ma veramente bidirezionale». Raccolta di dati che poi serve alle aziende per profilare meglio il cliente e proporre soluzioni più adatte e vantaggiose oltre che messaggi coerenti e facilmente interpretabili».
Alla scoperta del data telling Proprio a proposito di dati, Doxee si occupa fin dalla fondazione di data telling, cioè della possibilità di “far parlare” le informazioni per offrire maggiori servizi e una migliore customer experience: da qui, si innesca un processo virtuoso che riesce a creare fiducia e ad apportare benefici a tutti gli attori: «Un’azienda può avere un prodotto meraviglioso, nettamente migliore di quello della concorrenza» spiega ancora Sergio Muratori Casali «ma se cerca di venderlo su un sito che, per esempio, apre mille landing page alla fine delle quali l’utente non riesce
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MONOGRAFIA D'IMPRESA a concludere la transazione, ecco che ha vanificato tutto. La stessa cosa succede con la pubblica amministrazione, che ha davvero tantissimi ottimi servizi digitali, ma che non vengono comunicati bene e soprattutto ragionano in logica di silos, con interi settori che non comunicano tra loro e che quindi non riescono a coinvolgere l’utente come dovrebbero. Un esempio eclatante, per riallacciarci al periodo che stiamo vivendo, è proprio il fallimento dell’app Immuni, resa inutile da una comunicazione errata e dalla totale mancanza di interazione e bi-direzionalità». La fatturazione elettronica funziona Ma non sono solo i dati e la comunicazione a costituire le colonne portanti di Doxee, perché c’è poi tutta la parte del lavoro dedicata alla fatturazione elettronica, grande innovazione che ha coinvolto milioni di utenti, e settore nel quale la società di Muratori Casali e Cavicchioli è leader indiscussa, grazie alla gestione di circa il 20% di tutte le fatture scambiate in Italia: «La fatturazione elettronica è stata una delle innovazioni che nel nostro Paese ha funzionato meglio, anzi, molto meglio che in altri», spiega il Ceo di Doxee. «Noi ce ne siamo accorti quasi subito, facendo benchmark a livello non solo eu-
ropeo. Su questa strada l’Italia rappresenta quindi un’esperienza molto importante, con procedure che hanno notevolmente agevolato sia le aziende che gli utenti, e per noi la fatturazione elettronica rappresenta una linea di business molto importante con potenziale di crescita anche per il 2021 con la partenza dei processi di ordinazione elettronica verso la pubblica amministrazione: all’inizio interesserà solo le realtà che lavorano con il mondo della sanità, per poi estendersi al business to governement e in prospettiva anche al B2B». TRA LE CENTINAIA DI CLIENTI DI DOXEE FIGURANO AZIENDE DEL CALIBRO DI ENEL, SKY, CRÉDIT AGRICOLE ITALIA, FASTWEB E PIRELLI
La strategia di integrazione Doxee guarda al futuro anche con operazioni strategicamente molto rilevanti, come quella che ha portato all’acquisizione di LittleSea, start up innovativa che ha sviluppato una tecnologia brevettata capace di trasformare dati e immagini in video dinamici e personalizzati. Questa acquisizione, portata a termine nello scorso luglio, consente alla società di posizionarsi come il principale provider tecnologico europeo, in
termini di fatturato, nel mercato della video automation. Inoltre, l’integrazione tecnologica tra la piattaforma di LittleSea con la Doxee Platform permette a Doxee di entrare in settori come l’editoria e l’advertising per proporre video personalizzati anche in modalità SaaS, lanciando una nuova offerta volta a supportare i processi di comunicazione basati sul data-telling: «Con questa operazione», conclude il Ceo Sergio Muratori Casali, «abbiamo voluto estendere le nostre funzionalità per accedere a nuovi mercati come il retail e il mondo delle agenzie internet dove siamo convinti di poter apportare valore. Perseguiamo l’estensione (che poi è uno degli obiettivi della quotazione su Aim Italia) verso il mercato dello small e medium enterprise e dello small e medium business, dove è necessaria una standardizzazione maggiore dell’offerta e una capacità di abilitare le aziende alla creazione di video automatici in piena autonomia senza il ricorso a competenze specialistiche. L’operazione dimostra anche la capacità di Doxee di crescere anche per linee esterne, accelerando il percorso di crescita tecnologica e di business che ci porterà a posizionare i nostri prodotti per lacomunicazione digitale basati sul data telling anche all’estero».
L’IDENTIKIT DELL’AZIENDA Nel 2001 Paolo Cavicchioli e Sergio Muratori Casali fondano la società Ebilling SpA, con l’obiettivo di offrire servizi digitali per la comunicazione al cliente. Nel 2012, dopo un percorso di crescita che ne ha fatto un leader internazionale nel campo della dematerializzazione e della gestione delle comunicazioni aziendali, portandola ad aprire una sede anche in California, Ebilling diventa
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Doxee e comincia il suo percorso di espansione verso nuovi mercati. Entra nel settore della fatturazione elettronica e nel 2019 è già leader nel campo, trovandosi a elaborare circa il 20% delle fatture scambiate in Italia, aggiungendo successivamente una linea di servizi digitali denominata interactive experience. Nello stesso anno l’azienda lancia una nuova corporate
identity ed entra nel mercato finanziario quotandosi il 19 dicembre del 2019 su Aim Italia. Oggi Doxee e i suoi partner sono presenti in 17 Paesi nel mondo e i servizi offerti dall’azienda vengono scelti da centinaia di aziende ed amministrazioni pubbliche: impiega al momento centoquindici dipendenti, ha sedi in 6 Paesi e gestisce ogni anno più di 6 miliardi di comunicazioni, con più di duecento clienti
a livello globale. I principali analisti internazionali, come Forrester, Aspire, Madison Advisors e Idc includono Doxee nei diversi report raccomandano l’azienda nel campo delle forniture globali di tecnologie avanzate. Nella recente valutazione di IR Top Research, in partnership con ICM Advisors, Doxee è stata collocata come leader tecnologico di riferimento con un Technology Equity Score di 4,3 su 5,0.
Mai più chiamate moleste se il call center è filosofico Dalla Puglia, esattamente da Molfetta, Network Contacts lavora e innova dal 2001 per rendere la comunicazione tra aziende e utenti più valoriale, più qualitativa e soprattutto più utile. Ecco come
di Maddalena Bonaccorso ddio ai call center di una volta, alle telefonate moleste a ora di pranzo e cena, alle offerte che nulla c’entrano con noi e i nostri modi di vivere e ai servizi di customer care che non riescono mai a risolvere i problemi dei clienti. Dalla Puglia, esattamente da Molfetta, Network Contacts lavora e innova dal 2001 per rendere la comunicazione tra aziende e utenti più valoriale, più qualitativa e soprattutto più utile. La mission è quella di essere, per i clienti “una guida tecnologica ed epistemologica nel riordinare il processo di distribuzione, analisi e utilizzo delle informazioni”, come si legge testualmente nella presentazione sul sito di Gruppo Activa, “casa madre” che controlla Network Contacts. Ma cosa c’entra l’epistemologia con i contact center? C’entra, se il presidente e amministratore delegato è laureato in filosofia (ma con in tasca anche un Master in Management dell’Innovazione conseguito alla Scuola superiore di Pisa) come Lelio Borgherese, salernitano di 47 anni, dal 2003 alla guida di Gruppo Activa e che ha fatto della relazione umana e della conoscenza dei meccanismi della comunicazione il suo principio-guida: «Quando, nel 2005, Activa rilevò la maggioranza di Network Contacts», spiega Borgherese, «trovandomi a lavorare con il compianto Nicola Azzollini, che ne era stato il fondatore, decidemmo di
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unire le forze per far diventare l’azienda un punto di riferimento nel settore della comunicazione e del customer care. Da allora, partiti con 40 addetti, siamo arrivati agli attuali 4.500 e un fatturato di circa 100 milioni. Siamo la seconda azienda in Puglia dopo l’Ilva per numero di dipendenti e tra le prime 5 del settore, in Italia, per fatturato». Ma non solo: Network Contacts è un eccellente esempio di welfare aziendale: basti pensare che l’asilo nido per i figli dei dipendenti e dei collaboratori è stato realizzato quasi ancor prima delle postazioni di lavoro: «Abbiamo fin da subito voluto dare un seNETWORK CONTACTS HA UN SISTEMA DI WELFARE AZIENDALE CHE OFFRE DALL’ASILO NIDO ALL’ASSICURAZIONE PASSANDO DALLA MOBILITÀ ELETTRICA
gnale», continua Borgherese, «e oltre all’asilo nido 0-36 mesi abbiamo fatto partire tutta una serie di servizi, come la casa dell’acqua, la mobilità elettrica, la partnership con l’Airc, strumenti assicurativi aggiuntivi per i dipendenti e anche un minimarket interno all’azienda gestito da ragazzi diversamente abili». Tra gli obiettivi dell’azienda c’è appunto quello di cambiare il paradigma dei servizi di customer care, avvicinandoli alle reali esigenze delle persone: «Facciamo tantissime
LELIO BORGHERESE
ore di formazione al personale», spiega Borgherese, «perché crediamo nella forza della comunicazione come valore aggiunto sia per le imprese che per i clienti e consumatori. I contact center oggi hanno un’importanza fondamentale e possono fare la differenza in tutti i settori: anche e soprattutto nella Pubblica Amministrazione». Proprio a questo scopo hanno costruito all’interno di Contact Networks tutta una serie di piattaforme tecnologiche basate su intelligenza artificiale e Big data, in grado di coadiuvare il lavoro dei tantissimi addetti: e proprio grazie all’innovazione e ai forti investimenti in ricerca e sviluppo sono diventati top player del settore. Con un grande aiuto dalla Puglia (intesa come Regione) che li ha sempre supportati e coadiuvati e dai pugliesi (intesi come forza lavoro): «Ho trovato a Molfetta una straordinaria etica del lavoro, che ci ha permesso di arrivare ai risultati attuali e di costruire una realtà che è un esempio per il Meridione, e non solo, conclude l’amministratore delegato». Con grandi risultati, in termini di vicinanza alla popolazione, anche in tempi di pandemia da coronavirus: proprio a Network Contacts, infatti, è stato affidato fin da febbraio il compito di gestire il numero verde dedicato al Covid-19 della Regione Puglia.
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STORY-LEARNING
PRODOTTI ORCO S.r.l. Via Bainsizza, 44 - 21100 Varese - tel. 0332 231343 - fax 0332 242256 - www.orco.it
PRODOTTI ORCO S.r.l. Via Bainsizza, 44 - 21100 Varese - tel. 0332 231343 - fax 0332 242256 - www.orco.it
Se la democrazia dei consumi sostiene la tradizione Può una piccola azienda familiare tenere testa ai colossi multinazionali? Sì, puntando sulla qualità: come fa Orco, da ormai 110 anni leader incontrastata del mercato delle senapi in Italia di Marina Marinetti
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on tutti gli orchi sono cattivi. Anzi: ce n’è uno talmente buono... che si trova nella dispensa degli italiani da generazioni. È l’Orco con la “o” maiuscola, che con le sue senapi e salse di qualità in 110 anni è riuscito a non soccombere di fronte al gigantismo dei competitor mantenendo le sue quote di mercato. E se già solo pensare a Kraft Heinz farebbe passare a qualunque piccola impresa - perché di questo stiamo parlando - la voglia di competere, Orco, coi suoi 10 milioni di pezzi l’anno (tra horeca, gdo, distribuzione organizzata ed e-commerce tramite Amazon), fa la sua dignitosa figura rispetto al colosso internazionale del food, che in Italia distribuisce circa 30 milioni confezioni di salse. E in Italia è leader incontrastato nel mercato della sena-
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pe, con 800mila tubetti e 500mila vasi venduti ogni anno. «È la democrazia dei consumi, la grande sfida dell’etichetta del prodotto italiano, il ritorno al passato, il riavvicinamento ai luoghi della produzione», commenta a EcoIL VASETTO È LO STESSO DISEGNATO NEGLI ANNI ‘20 DA MAUZAN E VIENE PRODOTTO OGGI COME ALLORA DALLA VETRERIA ZIGNAGO
nomy Maria Claudia Corno, che con il fratello Matteo guida lo storico marchio. Una poltrona per due, quella di amministratore delegato, mentre la presidenza è nelle mani dello zio Giuseppe: Orco è la tipica impresa familiare, saldamente ancorata alla tradizione. Quella delle ricette, quelle di senape (certificata bio-
logica), maionese (con l’elenco ingredienti più corto del mercato, prodotta solo con olio di girasole, tuorlo d’uovo, succo di limone e un tocco di senape) e pasta d’acciughe, sempre le stesse fin dall’esordio. Quella dei processi: Orco è l’unica azienda salsiera in Italia che utilizza ancora le “molazze”. Quella dei luoghi: la sede è ancora nella vecchia palazzina liberty alle porte di Varese in cui lo svizzero Federico Thomy la fondò nel 1911. È nel 1982 che Orco entrò nell’orbita della famiglia Corno. Un piccolo tesoro scoperto quasi per caso: «Avevamo bisogno di un nuovo spazio di stoccaggio per la nostra azienda zootecnica e i curatori fallimentari di quella che allora si chiamava ancora Helvetia SpA Varese - oggi si chiama Prodotti Orco Società Alimentare Helvetia Varese, ndr - ci proposero questo piccolo gioiello che non aveva mai smesso di lavorare», racconta Maria Claudia Corno. «Accettiamo la sfida, un’avventura all’inizio faticosa, per portarla fuori dell’emergenza, ma poi straordinaria: scoprimmo la potenza dei consumer goods e di questo marchio storico». Una storia che saggiamente i Corno non hanno mai rinnegato, anzi: l’hanno fatta propria, ancorandosi ancor di più all’immagine disegnata negli anni ‘20 da Achille Luciano Mauzan, quella dell’Orco Mangiabene. Un marchio potente e dissacrante, decisamente riconoscibile. Mauzan progettò anche il vasetto di vetro (oggi imitato da alcuni competitor) la cui forma era ispirata a una boccetta di profumo e che, da allora e tutt’oggi, è realizzato con un vetro speciale dalla vetreria Zignago. «Siamo saldamente ancorati alla tradizione anche nell’immagine», spiega Maria Claudia Corno. «Il nostro obiettivo è quello di traghettare attraverso il nostro packaging questo
prodotto nel futuro: la storia non dev’essere inventata, ma soltanto raccontata. Non è un’operazione di marketing: la storia per noi è una leva molto importante di qualità e coerenza. E la qualità è il nostro elemento distintivo: siamo anomali, maciniamo ancora la senape a pietra. Selezioniamo materie prime di eccellenza: il blend di senapi che utilizziamo arriva dal Saskatchewan canadese, di grado 1, quindi pulito al 99,9%, e facciamo una cosa che non fa più nessuno: ripassiamo l’emulsione nelle molazze, pesanti dischi di granito alti 25 centimetri che ruotano su se stessi concentrando mente un prodotto in confezione squeeze, ma l’emulsione dei semi di senape, ridotti in farina non di plastica: si tratta di un coex a cinque e miscelati con aceto di vino rosso - nelle senastrati che elimina il rischio di microcessione pi francesi si utilizza l’aceto di alcool, ndr - fino nel prodotto, che nell’industria alimentare a ottenere una senape cremosa e compatta. esistono e vengono accettate come inevitabiQuesto significa avere una produttività ridotta, li, mentre invece dovrebbe esserci una nuova lavoriamo 1.600 chilogrammi al giorno, ma il sensibilità». Che Matteo e Maria Claudia Corrisultato non ha uguali sul mercato». no hanno portato in Questo non significa che i Corno abbiano ORCO È L’UNICA AZIENDA A UTILIZZARE azienda a metà degli ANCORA OGGI IL PROCEDIMENTO anni ‘90, quando sono rinunciato a innovare: DELLE MOLAZZE RINUNCIANDO stati messi in prima è Orco ad aver introA INCREMENTARE LA PRODUTTIVITÀ linea, ancora giovani, dotto per prima sul «con tutto lo spirito calvinista tipico dell’immercato retail, nel lontano 1996, il formato prenditoria locale», scherza l’a.d di Orco. Ovvedelle salse monodose. Poi, negli anni, ha sviro: «se va bene, bene... altrimenti si cambia». È luppato la pasta di capperi di Pantelleria e le andata bene e i due fratelli proseguono la loro proprie versioni di ketchup, salsa tartara, salsa avventura con un’unica priorità: fare il bene cocktail, salsa tonnata e ancora burger, aioli, dell’azienda. «In questo mondo che soffre di sandwich e cheddar. idolatria di gigantismo in Italia abbiamo la co«Facciamo scelte controcorrente», aggiunge lossale anomalia delle imprese familiari vocaCorno. «Abbiamo introdotto solo marginal-
te al nanismo, eppure capaci di raccogliere la sfida del mercato recuperando il valore della piccola dimensione, della qualità, della difesa della scelta di poter seguire il percorso dei propri prodotti dall’inizio alla fine. La sfida contro le multinazionali non si vince sui numeri, ma sulla qualità». Si vince, soprattutto, con l’appoggio de consumatori: «Dobbiamo costruire un po’ più di democrazia dei consumi», conclude Maria Claudia Corno. «Mangiare bene significa avere competenza anche delle proprie tradizioni, magari farsi carico di una piccolissima spesa in più. Ma non parliamo né di caviale né di champagne e neppure di prodotti elitari. Nessuno parla mai dell’enorme potere del consumatore: è il nostro faro, il centro di tutto, ciò che sostiene i nostri sforzi economici. Il vero premio vinto alla grande lotteria del mercato sono i tantissimi consumatori che ci vogliono bene, ci cercano, ci ascoltano».
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APPROFONDIMENTI
FELICE DELLE FEMINE
88 RBM SALUTE LA SALUTE È ASSICURATA SOLTANTO.... CON L’INTEGRATIVA
90 CLUB DI PARIGI L’ULTIMA SPIAGGIA È SULLE RIVE DELLA SENNA
92 AUTENTICAZIONE PAGAMENTI DIGITALI, DUE FATTORI E UNA CAPANNA (DI GUAI)
95 ANDAF PROSPETTIVA CFO: LA CENTRALITÀ DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO
96 LETTURE L’ANSIA DEGLI ECONOMISTI TROVA SFOGO NELLA PAROLA SCRITTA
98 IL GLOBALISTA SE TRUMP PIANGE BIDEN NON RIDE
100 CI PIACE/NON CI PIACE
UOMINI & DENARI
IL BANCHIERE DI VECCHIA SCUOLA FA CRESCERE LE PICCOLE BANCHE Organizzazione e metodologia dei grandi istituti di credito nelle realtà territoriali: è la ricetta di Felice Delle Femine per la Bcc di Torre del Greco
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di Alfonso Ruffo
lasse 1958, originario di Salerno, Felice Delle Femine è dal 2017 direttore generale della Banca di Credito Cooperativo di Torre Del Greco. Un istituto di territorio – non piccolo e ben radicato, come vedremo – che meglio di altri ha reagito ai colpi della crisi, ma che comunque richiedeva una cura ricostituente. Cinquemila soci, 90mila clienti, 540 dipendenti e una settantina di filiali tra la Campania e il basso Lazio, la Bcp si è vista migliorare in pochi anni il rating per la qualità del portafoglio e chiude il bilancio 2019 con tutti gli indicatori in salita: crescono insieme, infatti, patrimonio, coefficiente patrimoniale, raccolta, impieghi e utile. Delle Femine è un banchiere di vecchia scuola: non ama apparire ma il suo curriculum parla per lui. Entrato giovanissimo, a 19 anni, nell’allora Credito Italiano, partendo da Napoli ha cambiato città e ricoperto ruoli via via più importanti fino a diventare nel 2010 responsabile per il Sud dell’azienda diventata Unicredit. Nel 2016 la svolta. Nel pieno della bufera che ha scosso il sistema del credito portan-
do al default di molte banche di media taglia, il manager accetta di diventare amministratore delegato della Nuova CariChieti approdata nel frattempo sotto l’ala protettiva del gruppo Ubi. Pochi mesi e si lascia irretire dalle sirene della sua terra. Quando gli prospettano la possibilità di rientrare a casa prendendo le redini dell’istituto torrese, che affonda le radici nel 1888 e rappresenta un vero caposaldo dell’economia locale, non riesce a dire di no. Così si rimbocca le maniche e applica la sua ricetta: trasferire organizzazione e metodi di una grande banca nazionale a una di dimensioni regionali senza perdere tuttavia quello che di buono c’è nella taglia minore: la semplicità nell’approccio e la capacità di ascolto. La sua missione è creare valore per soci, clienti e dipendenti. Ma non tralascia d’investire nell’educazione finanziaria dei giovani e promuovere iniziative per la tutela dell’ambiente. Quest’anno ha voluto destinare ai bisognosi la somma tradizionalmente destinata ai regali di Natale.
I PROMOSSI E I BOCCIATI DEL MESE
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APPROFONDIMENTI
consentirà di rispettare le norme di distanziamento sociale e garantire uno spostamento in sicurezza, anche nelle fasce con maggiore affluenza». Sarà possibile grazie alla previsione e il monitoraggio in tempo reale del flusso di passeggeri, la riduzione dei tempi di attesa alle fermate e la garanzia del posto a sedere. Esigenze specifiche dei viaggiatori di cui ha parlato anche il presidente del Tpl Fvg e dell’Atap Narciso Gaspardo, il quale si è sofDOMENICO MANGIACAPRA SALVATORE MARGIOTTA fermato sul meccanismo della conoscenza anticipata del flusso di espressioni di interesse del viaggiatore. Un protocollo che consente di sapere con un giorno di anticipo le richieste di mobilità degli utenti e di integrare la propria flotta con ulteriori mezzi di trasporto, appartenenti anche a società private. Di servizi inclusivi e incentrati sul miglioramento del benessere sociale, economico e Dalla frontiera del MaaS alla piattaforma Movens, passando per il Dynamic ambientale del tessuto urbano e suburbano Transport: nel webinar organizzato da Economy i modelli testati ha parlato il professor Cascetta, già assesin Italia con l'ambizioso obiettivo di esportarli oltre confine sore ai Trasporti della Regione Campania ed ordinario della Federico II. Per l’assessore a cura della redazione Cristina Amirante del Comune di Pordeal trasporto di proprietà personale a taforma di mobilità open source sviluppanone l’obiettivo è invece creare specifiche quello in cui la mobilità è fornita come ta da Henshin ed interamente incentrata “cerniere di mobilità”, volte all’integrazione servizio condiviso. Si chiama Mobilisull'utente. A presentarla è stato lo stesso del trasporto privato e del trasporto pubblity as a Service (MaaS) ed è un modello già presidente Mangiacapra, laureato in Astroco a medio-lungo raggio con altri servizi di presente a Milano. L'obiettivo è esportarlo fisica e punto di riferimento internazionale mobilità rispetto a quelli tradizionali. In tale anche altrove. Se n'è discusso martedì 1 nell’innovazione in fatto di mobilità. «Per riscenario, caratterizzato da una crescente e dicembre nel corso del webinar promosso spondere efficacemente alle sfide emergenti rapida innovazione tecnologica, il direttore dall’editoriale Economy Group, in collaborae al mercato globale delle Smart Cities, è generale Di Caterina ha messo in luce la nezione con Ildenaro.it. necessario sviluppare – ha evidenziato – un cessità di un allineamento normativo e della Intitolato “Trasporti in sicurezza. La mobilità nuovo approccio. Dirompente. Basato su politica con il settore tecnologico privato. Ad del futuro è adesso”, il confronto è stato mouna formula integrata che definisco ‘multi intervenire per il Governo, il sottosegretario derato dal direttore editoriale Alfonso Ruffo petalo’. Significa perMargiotta, il quale ha L'ATTUALE SCENARIO COSTITUISCE e ha visto la presenza (virtuale) del sottomettere le interconevidenziato l’imporUN ENORME CAMPO DI SVILUPPO segretario ai Trasporti Salvatore Margiotta, nessioni complesse e tanza delle piattaforDI NUOVI APPROCCI E TECNOLOGIE dell’assessore del Comune di Pordenone la piena integrazione CON RISULTATI UNIVERSALMENTE VALIDI me tecnologiche nel Cristina Amirante, del presidente del Tpl con i vari fornitori di settore dei trasporti, Fvg e dell’Atap Narciso Gaspardo, di Domeservizi che gravitano attorno all'orizzonte infrastrutture digitali in grado di mettere in nico Mangiacapra, presidente di Henshin della mobilità». Ma come? «Occorre – ha relazione e favorire il dialogo tra le varie istiGroup, del professor Ennio Cascetta, ordinaaggiunto – puntare sull'innovazione. In tal tuzioni. Tutti i relatori si sono detti fiduciosi rio di Pianificazione dei Sistemi di Trasporto senso, abbiamo creato una soluzione tecnodel fatto che l’attuale scenario costituisca un dell’Università di Napoli Federico II, e di Marlogica, in sperimentazione presso il Comune enorme campo di sviluppo di nuovi approcci cello Di Caterina, direttore generale dell’Alis. di Pordenone e l’azienda di trasporto locale e tecnologie, in cui il know how italiano può Riflettori puntati su Movens, la meta-piatAtap, denominata Dynamic Transport, che produrre risultati universalmente validi.
La mobilità del futuro è già sul banco di prova
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in collaborazione con CONFPROFESSIONI
Manovra e recovery plan, più spazio ai professionisti Intervista a Gaetano Stella, riconfermato alla guida di Confprofessioni: «Misure insufficienti dal Governo, oltre la pandemia pesa l’assenza di una organica politica di sviluppo delle professioni» di Giovanni Francavilla
È
una crisi senza precedenti che ha portato a galla tutta la fragilità del lavoro autonomo e professionale. Da febbraio a oggi l’emergenza economica innescata dalla pandemia ha spazzato via dal mercato del lavoro 167 mila professionisti e, in prospettiva, il bilancio rischia di aggravarsi ulteriormente. In questo annus horribilis tutte le categorie professionali hanno registrato pesanti cali di fatturato e le oltre 450 mila domande presentate alle Casse di previdenza professionali per accedere all’indennità di 600 euro del decreto “Cura Italia” sono il sintomo di un disagio profondo che, nell’assordate silenzio della politica, amplifica uno squilibrio sociale tra lavoratori protetti e non protetti». Sulla scrivania di Gaetano Stella, appena rieletto alla guida di Confprofessioni (vedi box in pagina), sono affastellati decine di fascicoli e documenti relativi agli ultimi provvedimenti del Governo, ma anche al carteggio con la Commissione europea e con il Comitato economico e sociale europeo (Cese) che pochi giorni fa ha nominato Stella tra i delegati del gruppo Diversity Europe della Commissione consultiva sul cambiamento industriale (CCMI).
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Presidente Stella, che bilancio possiamo tracciare del 2020? Ci lasciamo alle spalle uno dei periodi più duri e più drammatici per il Paese e per le professioni, uno dei settori economici più colpito dalla pandemia e dall’indifferenza del governo. Come valuta le misure del governo a favore delle professioni? Insufficienti. Nell’ultimo anno numerosi interventi governativi hanno contribuito a indebolire i professionisti, ma quel che più ci preoccupa è l’assenza di una organica politica di sviluppo per il lavoro autonomo e professionale che sta trasformando la libera professione in un terreno di caccia alla mercé dei grandi conglomerati finanziari e di potenti lobby. Mancano risorse e tutele? Non credo si tratti di un problema
di risorse, ma di metodo. Da tempo sollecitiamo una politica che equipari i professionisti alle Pmi, come già disciplinato a livello europeo. Da questo punto di vista non si comprende l’esclusione dei professionisti dai contributi a fondo perduto. Dal decreto rilancio al decreto ristori, sempre la solita solfa? Finora è andata così, ma importanti esponenti del governo ci hanno assicurato che a metà gennaio ci sarà un nuovo decreto ristori esteso ai professionisti calcolato su una perdita di fatturato su un periodo più ampio, che viene incontro alle nostre richieste. E sul fronte delle tutele? Nella legge di Bilancio alcune misure recepiscono le nostre proposte. L’introduzione di un ammortizzatore sociale destinato ai lavoratori in partita Iva iscritti alla
gestione separata dell’Inps è figlio di una proposta di legge elaborata dal Cnel che punta all’universalità delle tutele. Abbiamo proposto una no tax area che equipari i lavoratori autonomi ai dipendenti, che verrà trattata nell’ambito della legge delega della riforma fiscale. Inoltre abbiamo sostenuto la proposta di uno sgravio contributivo per un anno a favore dei professionisti. Si tratta di misure che rispondono a un criterio di equità sociale ed economica. Quali proposte invece per il recovery plan? Nell’ambito delle riforme e degli investimenti c’è molto spazio per i professionisti. Non possiamo immaginare una riforma della sanità senza medici, della giustizia senza avvocati, della rigenerazione urbana e ambientale senza architetti ingegneri e geologi.
STELLA RICONFERMATO PRESIDENTE PER ACCLAMAZIONE Il Consiglio generale di Confprofessioni, riunitosi a Roma il 4 dicembre scorso, ha riconfermato per acclamazione Gaetano Stella presidente della Confederazione per il prossimo quadriennio.
Vicepresidente è stata nominata Claudia Alessandrelli (notaio), mentre la giunta esecutiva è composta da Luigi Carunchio (commercialista), Alessandro Dabbene (medico di medicina
generale), Andrea Dili (commercialista), Paola Fiorillo (avvocato), Salvo Garofalo (ingegnere), Marco Natali (commercialista), Andrea Parlagreco (consulente del
lavoro) Gioele Semprini Cesari (dentista), Roberto Tretti (architetto). Il collegio dei revisori è formato da Ezio Maria Reggiani (presidente), Salvo Barrano e Raffaele Lo Prete.
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APPROFONDIMENTI
La salute è assicurata soltanto... con l’integrativa Il Secondo Pilastro Sanitario ridurrebbe l’incidenza della spesa sanitaria sui redditi delle famiglie, che in Italia è la più alta tra i Paesi Ocse. Parola di Marco Vecchietti, a.d. di Intesa Sanpaolo Rbm Salute di Marina Marinetti
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iamo un popolo di scommettitori: prima della pandemia solo il 15% degli italiani si dichiarava pronto a sottoscrivere una polizza sanitaria e oggi – a fronte di quel 90,8% di intervistati nel IX Rapporto Rbm Salute-Censis che vuole disporre di maggiori protezioni in campo sanitario – la percentuale di chi si rivolgerebbe alla sanità integrativa è salita solo al 33%. «È un paradosso: è aumentata la propensione a proteggersi con una polizza, ma due terzi degli italiani ancora pensano di poter far da sé», spiega a Economy Marco Vecchietti, a.d. e d.g. di Intesa Sanpaolo Rbm Salute. «Ma la
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certi versi illusoria. Se andiamo a vedere la copertura dei Lea, osserviamo che già prima della pandemia per le visite specialistiche c’erano 128 giorni medi di attesa per una visita endocrinologica, 114 per una visita diabetologica, 97 per una mammografia, 75 per una colonscopia. I Lea, già prima del Covid erano negati per 19,6 milioni di cittadini l’anno. Su 100 tentativi di accesso alle prestazioni, ben 28 finivano nella sanità a pagamento: un fenomeno di massa che coinvolge molto anche i redditi medio-bassi perché spesso in Italia la sanità privata viene scelta dai cittadini semplicemente per garantirsi maggiore compatibilità con i tempi di cura e/o con le esigenze di vita e lavoro. Poi è arrivato il Covid. Si, con la risposta del sistema sanitario concentrata sulla gestione dell’emergenza, mentre le prestazioni sanitarie programmate e quelle ricorrenti sono saltate: quasi il 33% degli italiani dichiara di aver dovuto rinviare prestazioni sanitarie di vario tipo, perché la struttura si occupava solo di Covid-19, per paura del contagio o perché non ha trovato disponibilità assistenziale ai propri bisogni. E a farne le spese sono stati soprattutto i più fragili: il rinvio ha riguardato ben il 63,7% degli italiani in pessimo stato di salute ed il 45,6% di quelli affetti da malattie croniche.
pandemia ci ha dimostrato come, di fronte al contingentamento dei servizi sanitari più che la propria disponibilità economica conti la disponibilità di accesso a percorsi di cura ed assistenza aggiunGIÀ PRIMA DELLA PANDEMIA tivi rispetto a quelli Tanto c’è la sanità I LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA messi a disposizione ERANO NEGATI E UN CITTADINO SU TRE privata... Ma in tempi dal Servizio Sanitario OPTAVA PER LA SANITÀ A PAGAMENTO di Covid, non basta Nazionale». pagare. Però c’è la sanità “intermediata”, ovvero D’altra parte quello della sottoassicurazioquella parte di sanità privata gestita attrane è uno dei tanti vizi italiani. Sarà anche verso assicurazioni e fondi sanitari. La poper via dei Lea, i livelli essenziali di assilizza sanitaria porta dentro non solo un supstenza, che ci danno una tranquillità per porto economico per sostenere i costi delle
BISOGNA RIMUOVERE I PALETTI NORMATIVI E FISCALI CHE CONFINANO LA SANITÀ INTEGRATIVA AI SOLI DIPENDENTI cure erogate al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale ma anche la garanzia di accesso ad una rete di strutture convenzionate e a canali di approvvigionamento di beni e mezzi sanitari. Assicurazioni e fondi sanitari hanno garantito l’erogazione di oltre 800mila prestazioni sanitarie, con un contributo non solo di natura economica, ma anche diagnostico, assistenziale e tecnologico attraverso soluzioni innovative come il video/teleconsulto. Ma il famoso Secondo Pilastro non è per tutti. Non ancora, almeno. In Italia la Sanità Integrativa riguarda circa 13 milioni di persone, ancora poche rispetto alla popolazione italiana. E quasi due terzi sono lavoratori dipendenti. Se si estendesse l’attuale regime “incentivante” a tutto il mondo del lavoro (pubblico, privato, subordinato e autonomo) si passerebbe dagli attuali 13 milioni di assicurati dalla Sanità Integrativa ad oltre il doppio, avvicinandosi alla media dei Paesi EU14. Se si prevedesse l’estensione anche ai familiari si raggiungerebbe un livello di copertura di poco inferiore del quasi il 70% degli italiani, così come da anni avviene ad esempio in Francia e Germania.
E ci guadagnerebbe anche il Sistema sanitario nazionale. La pandemia ha dimostrato come non basti avere un sistema pubblico, benché forte come il nostro perché il rischio è che, quando il sistema pubblico si trova “al fronte” a combattere l’emergenza, rimangano sguarnite le retrovie, tralasciando inevitabilmente gli interventi su malati cronici, anziani e non autosufficienti, cittadini per i quali le cure dovrebbero essere garantite sempre e comunque. Proprio per ovviare a queste problematiche, si potrebbe assegnare alla sanità integrativa anche un ruolo “istituzionale” di affiancamento del Servizio sanitario nazionale. Sarebbe un’evoluzione importante per il nostro Paese che potrebbe garantire anche che le risorse spese attualmente dai cittadini di tasca propria, possano essere convogliate verso un sistema sinergico pubblico-privato.
benefici fiscali che incentivino i cittadini a tutelare la propria salute con un approccio più responsabile ed efficace di quanto non sia il “fai da te”. Se ci pensa è la stessa strada già intrapresa quasi 15 anni fa con la previdenza complementare.
Quanto costerebbe? In termini di saldo tra dare (benefici fiscali) e avere (maggiore gettito fiscale dalla sanità privata e minori costi per la sanità pubblica) nulla, anzi: le casse pubbliche ne gioverebbero. Si consideri che già oggi sono deducibili, fino ad un massimo di 3.615,20 euro, i contributi versati ai fondi sanitari. Il sistema delle deduzioni per la sanità integrativa riguarda poco meno di 11,7 milioni di persone ed intercetta un ammontare di spesa sanitaria privata pari a circa 6,4 miliardi di euro: il costo per la finanza pubblica è di poco meno di 1,4 miliardo. Sviluppare maggiormente la sanità integrativa ridurrebbe il costo che lo “Di tasca propria” magari scoraggia? Stato sostiene sul fronte delle detrazioni, anMa la sanità Integrativa non è “una cosa che perché le prestazioni sanitarie rimborda ricchi”: oltre l’80% degli assicurati, oggi, sate dalle compagnie assicurative e dai fondi presenta redditi mesono indetraibili, con SVILUPPARE LA SANITÀ INTEGRATIVA dio-bassi, inferiori ai un potenziale recupeCONSENTIREBBE UN RECUPERO DI BASE 35mila euro l’anno. ro di base imponibile IMPONIBILE STIMABILE TRA I SEI Peccato che, al di là stimabile tra i 6 e gli 8 E GLI OTTO MILIARDI DI EURO L’ANNO del lavoro dipendenmiliardi di euro. te e di qualche associazione professionale di categoria, non sia diffusa come sarebbe E allora perché non viene fatto? auspicabile. Del resto più è ampia la base Bisogna rimuovere paletti normativi e fiscali degli assicurati, minore è il costo individuale che limitano l’operatività della sanità inteda sostenere. grativa ai soli lavoratori dipendenti, per garantire una protezione aggiuntiva a tutti i citE quindi come fare per estenderla a tutti? tadini senza distinzioni lavorative, di reddito, Sarebbe importante impiegare una parte di condizione sociale e di età. Così il Secondo delle risorse che si stanno investendo in Pilastro Sanitario garantirebbe un’effettiva questo momento per la sanità in campagne riduzione dell’incidenza della spesa sanitaistituzionali di informazione sulle opporria privata sui redditi delle famiglie, che in tunità della Sanità Integrativa e prevedere Italia è la più alta in assoluto tra i Paesi Ocse.
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APPROFONDIMENTI
L’ultima spiaggia è sulle rive della Senna Il Club di Parigi è un gruppo informale tra organizzazioni finanziarie di 22 Paesi industrializzati. Azzera e ristruttura i debiti delle istituzioni pubbliche dei Paesi in default contratti con le aziende straniere di Franco Oppedisano
C’
è un club a Parigi dove si parla solo di soldi. I suoi membri non giocano di golf o di tennis, ma si occupano esclusivamente di tassi di interesse, scadenze e importi netti. Insomma, solo cifre. O meglio, i debiti e i crediti, quelli che non possono più essere riscossi. È l’ultima spiaggia dei Paesi indebitati, che non riescono a far fronte ai pagamenti e un’ancora di salvezza per tutti quelle aziende che hanno creduto, sbagliando, nella solvibilità di uno Stato estero. Il club di Parigi definisce se stesso “un gruppo informale di organizzazioni finanziarie”, si riunisce periodicamente per analizzare l’andamento delle operazioni in corso e, soprattutto, tiene sempre le porte aperte per gli Stati che non riescono a far fronte ai propri debiti. Non stiamo, però, parlando di debito sovrano, ovvero di obbligazioni emesse da uno Stato per finanziarsi. Di queste si occupano altri come il Fondo monetario internazionale o dei gruppi ad hoc di obbligazionisti. Più concretamente il Club di Parigi tratta i debiti con l’estero contratti da entità statali, ministeri, banche e aziende pubbliche. Non è finanza, ma economia. Non si parla di investimenti, ma di contratti, di merci, servizi, prodotti venduti, di aziende che hanno esportato e che rischiano di
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non venire pagate. In questa situazione il Paese debitore bussa alle porte del Club di Parigi dove ad attenderlo ci sono i rappresentanti di 22 Paesi, quelli che una volta si definivano “economicamente avanzati” e, in particolare, quelle strutture a sostegno all’esportazioni che ogni Paese ha messo in piedi. Per l’Italia, ad esempio c’è un rappresentante di Sace Simest, la società di Cassa Depositi e Prestiti, che assicura le operazione di export. CFE FINANCE È UNA BOUTIQUE SPECIALIZZATA NEL TRADE FINANCE CON SEDE A GINEVRA CHE INVESTE NEL COSIDDETTO “DEBITO DI PARIGI”
MARIO CORDONI, FOUNDER E A.D. DI CFE FINANCE
Nei saloni del Club si decide quale parte del credito vantato viene cancellata e quale viene ristrutturata, ovvero convertita o dilazionata nel tempo e con quale tasso di interesse. La prima viene presa in carico dall’assicurazione, per l’Italia naturalmente è Sace, la seconda, lo scoperto assicurativo, rientra nel mercato. Alla fine delle trattative, le aziende creditrici ottengono tutti i loro soldi, la maggior parte dalle assicurazioni e il resto dalla trasformazione dei loro crediti in un prodotto finanziario venduto a investitori istituzionali. «Soprattutto in questo periodo di tassi zero o negativi banche, fondi pensioni, assicurazioni sono alla ricerca di prodotti che assicurino un interesse positivo e i crediti derivati dalle operazioni del Club di Parigi sono tra i pochi ad esserlo» spiega Mario Cordoni, fondatore e amministratore delegato di Cfe Finance, una boutique, con sede a Ginevra e 40 dipendenti, operante nel settore dell’investment banking con asset unger management di 1.5 miliardi di euro specializzata in strategie di credito di nicchia, come, appunto il Paris Club Debt, o la Pre-export Finance, Commercial Transaction Structuring ed Eca Financing. «Noi possiamo» continua Cordoni «tenere a libro questi crediti, cederli a una contro-
parte o cartolarizzarli. E si può intervenire comprando quando il Club di Parigi è già stabilito delle regole o cercare di precederlo comprando il debito prima. Quest’ultima opzione può essere molto interessante, ma bisogna avere una grande esperienza nel settore che persino poche banche internazionali hanno, è necessario saper leggere una documentazione che quasi sempre è scarsissima e accettare un certo grado di rischio. Ma può valerne la pena. Alla fine degli anni Novanta, ad esempio, il debito sovrano dell’allora Unione Sovietica costava 5 centesimi, dopo l’intervento del Club di Parigi valeva tra gli 85 e i 90 centesimi». Tutti pagano. L’Iraq dovrà pagare fino al 2028, l’Algeria ha già pagato capitale e interessi, come l’ex Unione Sovietica, o l’Argentina, ormai un cliente fisso del Club con le sue sette ristrutturazioni del debito, che ha sempre onorato i suoi debiti, almeno finora. Tutti rispettano i patti firmati a Parigi o al massimo tornano sui boulevard della capitale francese per rinegoziare. E verrebbe da chiedersi perché, se la risposta non fosse semplice: il credito commerciale è il carburante che fa girare l’economia del mondo e i meccanismo non può, in ogni caso, incepparsi. Per questo c’è il Club di Parigi. E per questo se non arrivano a un
felice conclusione le trattative (non è mai I tempi cambiano e, soprattutto, le econosuccesso) o se i debiti non vengono onorati, mie si evolvono. Ma spesso i Paesi poveri nessuno vorrà esportare più nulla in quel anche se sgravati del loro debito, rischiano Paese e la situazione da difficile diventedi diventare poverissimi. Ovvero tornare a rebbe impossibile da gestire. Della finanza indebitarsi ancora, magari con interlocutosi può fare a meno, ma delle esportazioni e ri come la Cina o l’Arabia Saudita che non delle importazioni no. fanno riferimento alle regole del Club di «Per questo» continua Cordoni» dal 1956, Parigi e che, a volte, vogliono qualcosa in quando per la prima volta l’Argentina accambio della ristrutturazione del debito, cettò di incontrare i suoi creditori pubblici come un porto, la gestione di un’attività o nella capitale francese, il Club di Parigi ha una sudditanza politica. Per questo l’ulraggiunto 470 accordi con 99 diversi Paesi timo G20 ha stabilito un quadro molto più debitori e trattato un rigoroso per ulteil debito complessivo IL CLUB DI PARIGI DAL 1956 HA STIPULATO riori ristrutturazioni 470 ACCORDI CON 99 PAESI DEBITORI che ammonta a 588 dei debiti. Tutti sanPER UN DEBITO COMPLESSIVO miliardi di dollari». no che la moratoria DI 588 MILIARDI DI DOLLARI La lista dei Paesi che pandemica sui pasono arrivati al Club è lunghissima. Comgamenti degli interessi e sui rimborsi del prende nazioni piccolissime come Tonga capitale concessa a maggio 2020 a 46 Paesi e endemicamente povere come il Sudan o poveri con un debito di 71,5 miliardi di dolmolti Paesi centroafricani. Ma anche altri lari, non basterà e che dal prossimo anno ormai industrialmente importanti come la bisognerà intervenire. Ma si farà su basi Corea del Sud, la CIna o la Thailandia che nuove e principi comuni non solo per i 22 pagano ancora vecchie ristrutturazioni. O paesi membri del Club di Parigi, ma anche Paesi europei incredibilmente vicini come per i non membri come India, Arabia Saula Slovacchia, la Serbia o Cipro. O come il dita, Sudafrica, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Portogallo e il Slovenia che figurano anil Kuwait e la Cina che da sola alla fine del cora negli elenchi del Club di Parigi, ma 2019 rappresentava una quota pari al 63% hanno già pagato tutto. del debito totale verso i Paesi del G20.
E SE IL DEBITO NON È STATALE SI VA OLTREMANICA Se il credito commerciale è assicurato e contratto con una entità statale se ne discute sotto la Torre Eiffel. Se, invece, non ha una copertura assicurativa ed è sulle spalle un privato, come ad esempio una banca non controllata dal governo locale, se ne parla dall’altra parte della Manica, al Club di Londra. Ma in questo caso non ci sono “tesserati” fissi ed è nessun appuntamento scadenzato. Gli incontri
avvengono su richiesta del Paese debitore senza alcun mandato formale e gli interessi creditori sono rappresentati da un comitato direttivo composto dai creditori stessi. Il club di Londra è la seconda gamba di un sistema formato anche dalle organizzazioni internazionali che si occupano dei debiti obbligazionari in default, messo appunto alla fine degli anni 90, all’epoca della grande crisi debitoria dei Paesi in via
di sviluppo, da Bettino Craxi. L’ex presidente del Consiglio italiano, con il supporto di un comitato scientifico internazionale, redasse un rapporto per la riduzione dei debiti del paesi poveri che a fine 1990 venne approvato all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e determinò un quadro di riferimento ancora oggi valido. I due Club esistevano già ma furono potenziati.
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APPROFONDIMENTI
PAGAMENTI, DUE FATTORI E UNA CAPANNA (DI GUAI) Il 2021 inizia all’insegna dell’autenticazione a due fattori obbligatoria per i pagamenti digitali. Ma non tutti i soggetti coinvolti sono pronti. A rischio ci sono 108 miliardi di euro in Europa, dei quali 13 solo in Italia di Marco Scotti
L’
eco dei bicchieri che brindano alla fine di questo orribile 2020 – rigorosamente non più di quattro per appartamento – non si è ancora attenuata che già c’è un nuovo spauracchio che turba i sonni di molte categorie come i negozi online, i commercianti che hanno dovuto attrezzarsi per vendere online e che ora rischiano di avere una notevole “batosta” da una sigla che ai più non dirà molto ma che è diventata fondamentale: Sca.. La
Strong Customer Authentication, uno dei pilastri della seconda direttiva sui servizi di pagamento ovvero la Psd2. L’intento con cui è stata creata è ovviamente nobile e virtuoso: minimizzare il rischio delle frodi durante le transazioni in rete. I famosi due fattori, ovvero l’invio via telefono di un pin o di una password, l’impiego dei dati biometrici come impronte digitali o scansione della retina, la composizione di un ulteriore codice di sicurezza: tutti strumenti che
combinati possono dare tranquillità. Ma c’è il rovescio della medaglia: secondo la società di consulenza americana Cmspi molte banche, anche per i comprensibili ritardi nell’operatività determinati dall’emergenza Covid-19, non sono ancora pronte per consentire alle carte emesse di supportare il nuovo protocollo. «Inoltre stiamo vedendo che questi protocolli di autenticazione offrono al cliente una pessima esperienza di pagamento, un elemento che sta portando
Ma la scommessa tecnologica non ferma i pionieri del banking «M i trovi un’altra famiglia imprenditoriale che abbia messo sul piatto 50 milioni di euro, in piena pandemia, per dare vita a una banca online». In effetti viene difficile confutare l’affermazione di Ivan Mazzoleni, amministratore delegato di Flowe, la nuova scommessa tecnologica del gruppo Mediolanum. Un passato in Microsoft, Mazzoleni oggi è forte di un risultato di oltre 200mila utenti nei primi sei mesi di vita di Flowe.
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Mazzoleni, partiamo dal suo incarico: ceo tutti pensano voglia dire chief executive officer. E invece… E invece ho scelto di “coniugarlo” come Cultural Energy Ochestrator. Molto bello, ma che significa? Significa dare alle cose un nome diverso. Tutti garantiscono novità, nuove relazioni con i clienti, obiettivi differenti. Ma poi non lo fanno mica tutti. Noi abbiamo un approccio veramente diverso,
a partire dalla tecnologia. Tutto è in cloud. E quando dico tutto intendo anche il servizio di core banking. Nessun altro istituto di credito ce l’ha. Poi perché abbiamo un diverso approccio alla gestione delle risorse umane: non c’è un modello organizzativo e non c’è neanche un organigramma. Ho diviso il mio staff in famiglie professionali che operano con un approccio diverso. Io stesso mi sono dato questo incarico perché Flowe non è un
prodotto ma una cultura intesa come volontà di vivere il mondo. Che cosa vuol dire per lei il termine “banca”? In quanto tale non significa più nulla. Io ho preso a piene mani dalla mia esperienza in Microsoft: è durata dieci anni, equamente divisa tra la gestione Ballmer e quella Nadella. Ora,
a livelli preoccupanti il tasso di abbandono della clientela. È l’innovazione tecnologica delle transazioni». A rischio ci sarebbero la chiave di svolta ed il valore aggiunto che operazioni per complessivi 108 miliardi di siamo in grado di apportare, per esempio euro in Europa, di cui 13 solo in Italia. Un utilizzando algoritmi di Ai per determinare vero problema se si pensa che il “new norle scelte di autenticazione. Siamo, a mio mal” tanto invocato prevederà anche per il parere, in una fase di sperimentazione e prossimo futuro un massiccio ricorso agli progressivo adeguamento». Il punto di paracquisti in rete. «Oggi – ci spiega Elio Catenza per l’Italia, d’altronde, non era partitania, presidente di colarmente brillante. IL RITARDO ACCUMULATO DALL’ITALIA Quid Informatica e Il ritardo accumulato NELLA CRESCITA DIGITALE DELLE IMPRESE profondo conoscitore nella crescita digitaERA SIGNIFICATIVO GIÀ PRIMA DELLA delle urgenze tecnole delle imprese era PANDEMIA E ORA SI CORRE AI RIPARI logiche per il nostro significativo prima Paese - la sfida è data dal garantire che i dell’avvento della pandemia e il Coronaviclienti finali possano accedere ai servizi rus ha di fatto costretto le imprese – che, con immediatezza nel rispetto di massinon dimentichiamolo, sono nella stragranmi standard di sicurezza. Tramite Qinetic, de maggioranza dei casi micro o piccole – a progettato per la gestione integrale del processo di vendita del credito e che puntiamo a rendere uno standard nei prossimi due anni, abbiamo operato nella logica del tramutare un possibile problema in una opportunità per i nostri clienti. Partendo da percorsi di autenticazione facilitati per clienti finali già acquisiti, personalizzabili base ai parametri di business delle banche o dei retailer, quali il canale di distribuzioELIO CATANIA ne o le caratteristiche socio demografiche
sotto l’ex migliore amico di Bill Gates sono stati cassati parecchi progetti perché andavano a interferire con le famose “vacche da mungere” di Redmond. La revisione dei progetti e dei budget di metà anno era un vero spauracchio. Poi con l’arrivo di Satya le cose sono molto cambiate: la mid year review è stata cancellata e ha dato maggiore impulso alla creatvità e allo sviluppo delle idee dei singoli. Se i Doris fossero stati Ballmer lei oggi sarebbe dov’è? Probabilmente non ci sarebbe neanche stata Flowe: la famiglia fondatrice avrebbe continuato a fare il suo mestiere senza andare a investire 50 milioni in un pe-
riodo di crisi su un nuovo istituto di credito online. D’altronde, le banche continuano a essere guardate con un pizzico di sospetto. Eppure i risultati che voi state ottenendo mostrano che un’altra via è possibile. Sì, abbiamo proseguito nel solco tracciato dalla famiglia Doris che nel 1997 creò un istituto di credito senza sportelli, affidandosi esclusivamente alle persone. Allora sembrava una cosa folle, oggi tutte le banche riducono il numero di punti fisici di contatto. Poi c’è da dire che in passato gli istituti erano pronti a dare soldi a chi già li aveva, noi invece vogliamo scardinare anche questo
doversi dotare di una tecnologia non ancora padroneggiata in tempi rapidissimi. Oltretutto, riprogettando completamente il rapporto con i clienti. Gli utenti finali, d’altronde, sono quelli più suscettibili alla Sca: se la procedura si fa troppo farraginosa o complessa, abbandonano il sistema per rivolgersi a quei player affermati – qualcuno ha detto Amazon? – che hanno già da tempo adottato sistemi più snelli di riconoscimento delle transazioni. Dunque che fare? «Per non sbagliare – aggiunge Catania - bisogna partire dal mercato, dal cliente. Le pressioni regolatorie comunitarie, e la complessità della situazione in cui le banche si trovano ad operare, rispetto alle Pmi soprattutto, stanno deprimendo i margini e incidendo negativamente sul time to market. Il cloud e le piattaforme sono una via obbligata, ancora più di prima. Sono proprio gli stimoli che abbiamo ricevuto, ovvero i bisogni manifestati dai clienti bancari impegnati a non perdere il passo nel periodo di emergenza sanitaria, che ci hanno indotto, nel 2020, a completare lo sviluppo dei moduli dedicati all’analisi dei dati, amplificando le capacità di risk management: questo è il valore del digitale, oggi e ancor più in futuro».
principio e portare le persone a vivere una vita che abbia un significato e che sia sostenibile. Di sostenibilità si parla tanto: c’è il rischia che diventi come la Bella di Torriglia, cioè che tutti la vogliono, nessuno se la piglia? Forse perché non si è ancora capito che il termine sostenibilità riguarda sia il mondo che ci circonda, sia la nostra sfera personale. Noi abbiamo tantissimi progetti sul tema, ma quello che voglio citare è un’idea espressamente dedicata alla moda, “Kids of broken future” in cui si inserisce questo tema fondamentale in una filiera importante ma anche energivora come quella del fashion: è la seconda industry per
inquinamento prodotto nel mondo. E in ogni caso noi dobbiamo supportare il reddito di chi, non avendo grandi possibilità, non può neanche aspirare a essere sostenibile. Ma che cosa volete fare da grandi? Vogliamo diventare la digital bank dei creators, cioè di quelli che non vogliono porsi dei traguardi ma monitorare costantemente i progressi. Abbiamo istituito delle borse di studio per ragazzi in cui viene riconosciuto il miglioramento più che la performance. Così, anche il ragazzo che parte dal “4” è incentivato a fare meglio, perché non si sente escluso dal gruppo dei più bravi.
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in collaborazione con ANDAF
Cfo come navigatori di rally per centralità strategica di pianificazione e controllo Il Controllo di gestione deve uscire dalla sua elitaria pigrizia ed aprirsi al futuro: non solo cost allocation e cost cutting, ma analisi di scenario, dynamics pricing, sensitivity analisys, quali nuove direttrici di sviluppo e di supporto a vantaggio dell’azienda di Carmine Scoglio
L'
attuale periodo ci ha obbligato a reinventarci ogni giorno nuove abitudini e modalità operative. L’incontro, la socializzazione, lo scambio tra colleghi, hanno lascito il posto a risorse sempre nuove cui attingere dimostrandoci che fare le cose in modo diverso è possibile e con risultati eccellenti. Dal cambiamento delle abitudini alle evoluzioni dei ruoli il passo è breve. E ritorno sul ruolo del Cfo in azienda, ma soprattutto di come dovrà evolvere questo ruolo nel futuro, con la capacità di rileggere gli scenari di business in questo new normal e soprattutto riconoscere la centralità del risk management e della sostenibilità, superando il concetto di programmazione a breve e concentrandosi invece sulla pianificazione a medio termine, con la capacità di rileggere gli scenari di business in questo new normal e soprat-
tutto riconoscere la centralità del risk management e della sostenibilità. È necessario superare la bassa integrazione tra i sistemi di controllo ed i sistemi di risk management: la capacità di misurare la resilienza delle aziende, l’obiettivo da raggiungere è l’unitarietà dei dati, dei metodi e delle decisioni aziendali. Ma non solo, sarà anche necessario riscoprire il valore della pianificazione e controllo. Il mondo Afc - ma soprattutto del controllo - deve uscire dalla confort zone per affrontare non solo il nuovo scenario, che sta cambiando e cambierà ancora, ma soprattutto per ribadire che questo è il momento opportuno per dimostrare ancora una volta la centralità delle figure amministrative nel mondo aziendale. Il Controllo di gestione deve uscire dalla sua elitaria pigrizia ed aprirsi al futuro: non solo cost allocation e cost cutting ma analisi di scenario, dynamics pricing, sensitivity analisys, quali nuove direttrici di sviluppo e di supporto a vantaggio dell’azienda. La controllership perde rile-
vanza quando è lenta nell’incorporare le altre discipline e il ritardo oggi è di norma tra 5 e 10 anni: questo facilita lo spostamento del ruolo su altre funzioni. E’ necessario integrare l’azienda ma soprattutto Rischio e sostenibilità. Non è importante conoscere il futuro ma fare le cose giuste oggi e tre sono gli ingredienti chiave, le 3 P: principles (il controllo è l’unica area che non ha principi), practices (siamo lenti e tradizionali) e people (essere vincenti nella guerra dei talenti per evolvere). È dunque necessario trasformare i dati in informazioni e questo sta mancando nelle aziende perché mancano cultura e strumenti per agevolare la condivisione delle informazioni. Per agevolare la trasformazione è fondamentalmente un tema di forma mentis e di cultura aziendale e da questo punto di vista la standardizzazione è presupposto fondamentale per la trasformazione digitale, insieme al necessario adeguamento delle competenze. Molti Cfo ancora non hanno compreso appieno la
strategia del cloud, strumento essenziale nell’attuale contesto. L’esperienza nell’uso del cloud ha dimostrato che i vantaggi operativi della nuova visione sono immensi e la soluzione occorre però superare barriere culturali di resistenza al cambiamento sia interna che esterna. Chiaramente nulla si crea e nulla si distrugge in un breve tempo ma ciò significa soprattutto che c’è sempre la possibilità di agire, identificando le giuste leve. E noi dobbiamo imparare a lavorare sui segnali deboli. Come italiani siamo bravi a gestire il caos, ma ora dobbiamo imparare a prevederlo, sarà il nostro grande cambio culturale. E in questo contesto il Cfo è il navigatore che sta a fianco al pilota: deve avvertirlo in tempo della curva, altrimenti è tardi per l’intera azienda. Dobbiamo essere consapevoli dello sforzo che dobbiamo fare per una crescita personale ed aziendale, ma anche coscienti del valore aggiunto che possiamo portare al nostro Paese.
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APPROFONDIMENTI
L'ansia degli economisti si riverbera nei loro scritti La lista dei Best Books of 2020/Economics stilata da Martin Wolf per il Financial Times non lascia spazio all'ottimismo, se non per il volume di David Sainsbury che incita alla "dynamic capability" di Antonio Quaglio
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econdo Umberto Eco la "lista" è una dalle ondate migratorie) sia fra regioni di modalità unica e speciale di rappresingoli Paesi. Ma lo stesso mito dello svisentazione delle cose. Una via "vertiluppo è entrato complessivamente in crisi: ginosa" che la ragione umana imbocca nel la tecnologia è un racconto sempre meno tentativo di dominare una realtà magmatica, positivo se produce robot scaccia-lavoro e faticosa da descrivere e analizzare in forma app intrusive; la produzione quantitativa non compiuta. La lista dei Best Books of 2020/ rassicura più se il saldo ambientale è negaEconomics stilata da Martin Wolf per il Fitivo. Non è quindi sorprendente se il titolo nancial Times non manca di un filo rosso d'apertura della "lista Wolf" è "Insustainable robusto e visibile: è l'ansia evidentissima di inequalities / Social justice and Environeconomisti, politici e altri watcher professioment": dal frontespizio del libro firmato dal nali di fronte a un mondo reso eccezionale francese Lucas Chancel non sembra mandalla pandemia. Di una socioeconomia glocare una sola parola-guida, una sola sugbale enormemente aggravata dal Covid, ma gestione linguisticamente corretta. E il tono che già prima non si non cambia nella sentiva molto bene, DISUGUAGLIANZE SOCIALI, INQUINAMENTO, seconda lettura, in GLOBALIZZAZIONE ANTIDEMOCRATICA: procurando agli osinglese nativo: "Less I TITOLI CENSITI SONO ISPIRATI servatori mal di testa is more / How the deA UNA SEVERA CONTRIZIONE difficili da scacciare. growth will save the Il sistema finanziario globale non si è mai world". È stato scritto da Jason Hickel, un ripreso veramente dallo choc del 2008: la antropologo nato da due medici in un Aids fiducia di risparmiatori e investitori nel sihospital in Swaziland, fermamente convinstema bancario e nelle Borse è rimasta da to che il pianeta possa sopravvivere solo allora limitata e condizionata. lasciandosi alle spalle il capitalismo. Terza L'aggressività geopolitica della Cina - nuova scelta: "Democracy and globalization / Anfabbrica del mondo e mercato-leader, semger, Fear anf Hope", di Ashley Beale, allieva pre sulla frontiera della concorrenza sleale della Georgetown washingtoniana. Ha lavo- ha moltiplicato la pressione sull'industria rato nel 2016 alla campagna presidenziale di euramericana. E le inquietudini sociali hanHillary Clinton e ha poi speso la lunga vigilia no scavato fossati più ampi e profondi lungo della rivincita di Biden analizzando un piamolte direttrici. Sono cresciute le diseguaneta in cui "la globalizzazione è disruptiva glianze di reddito e accesso alle risorse: sia per la democrazia" e quindi impone una fra continenti globalizzati (e quindi percorsi "democratizzazione della globalizzazione".
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MARTIN WOLF
Ma la "speranza" che dovrebbe guarire la "rabbia" e la "paura" viene affidata a futuribili sperimentazioni di "nuove combinazioni fra democrazia diretta, governi rappresentativi e amministrazione degli esperti". Molto ardito già prima della pandemia. Per trovare un titolo non ispirato a severa contrizione bisogna scorrere la lista fino alla diciannovesima posizione "Windows of opportunity / How the nations create wealth" è un saggio vergato, non per caso, da un lord. David Sainsbury, rampollo di magnati della grande distribuzione, è stato ministro all'innovazione con Tony Blair e poi canchellor della Cambridge University: è lui che - ormai 80enne - richiama al ventunesimo secolo il pensiero sorgivo di Adam Smith (summa culturale della prima rivoluzione industriale) in forma di una teoria della crescita basata sulla "dynamic capability". Il volume si ritrova tuttavia letteralmente circondato, in lista, da titoli decisamente antagonisti: "Bandit Capitalism / Carillion and the corruption in the British State" (Bob Wylie); "Greed is dead / Politics after individualism" (Paul Collier e John Kay); "The costs of inequality in Latin America / Lessons and Warnings for the Rest of the World", di Diego Sanchez Ancochea, spagnolo trapiantato a Oxford; o "Brand New Nation: Capitalist Dreams and Nationalist Designs in the XX century in India", prodotto all'università di Copenhagen da Ravinder Kaur.
La sfida dell'Università al tempo del Covid Macché calo delle immatricolazioni: i numeri parlano di un +11% rispetto a un anno fa. Segno che l'investimento nel capitale umano è più urgente (e apprezzato) che mai. Ecco il nuovo piano strategico della Liuc di Federico Visconti*
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ono passati pochi mesi da quando, sulla scia del primo lockdown, andava diffondendosi la preoccupazione per il possibile calo delle immatricolazioni nelle Università italiane per l’anno accademico alle porte. I numeri di inizio novembre configurano un trend decisamente differente, con un incremento medio per gli Atenei Italiani del 6% rispetto a un anno fa. Un dato che conforta chi ogni giorno è impegnato nella formazione dei giovani e nella generazione di opportunità per la loro crescita. Nel caso della Liuc, i numeri dicono che è stato conseguito il record delle immatricolazioni e che gli immatricolati al 3 dicembre 2020 crescono dell’11% rispetto alla stessa data dell’anno precedente. Tutti e quattro i corsi di Laurea attivi (Economia e Ingegneria Gestionale, triennale e magistrale) risultano in crescita, con percentuali che variano dal 8% al 14%. I numeri sono fonte di soddisfazione, ma il terreno deve essere incessantemente coltivato, a maggior ragione negli scenari del Post-Covid. Pochi giorni fa, Ferruccio De Bortoli tornava dalle colonne del Corriere su Scuola e Formazione, denunciando “l’apatia colpevole sul sapere” e ricordando che “a maggior ragione in un mondo che verrà ridisegnato profondamente dopo la pandemia, l’investimento in capitale umano deve essere continuo”. In Italia, la parola “investimento” (con le intrinseche componenti di visioning e di
orientamento al lungo periodo) deve essere rispolverata, per usare un eufemismo. Detto in altri termini: gli investimenti in patrimonio intangibile (anche con il supporto di capitali privati!) devono rappresentare la bussola delle scelte di sviluppo e la leva per la produzione di “fatti” utili per il Paese. E qui viene il bello: maestri di dialettica da premio Nobel (dai talk show ai forum online…), quanto a execution lasciamo parecchio a desiderare, dando il peggio quando dovremmo dare il meglio. LE SFIDE DETTATE DALL'INNOVAZIONE NON SONO SOLO SUI CONTENUTI MA ANCHE SUI METODI DIDATTICI, DI APPRENDIMENTO E DI VALUTAZIONE
Un flash dalla Liuc, che ha dedicato il 2020 alla gestione dell’emergenza tanto quanto alla formulazione del piano strategico 202125, approvato dal cda lo scorso 15 dicembre. Per dirla terra terra, il filo rosso del piano è “fare meglio” quanto si sta facendo da qualche anno a questa parte. Nell’ambito della didattica, le sfide non sono solo sui contenuti, ma anche sui metodi didattici. È evidente che il lockdown ha indotto una serie di innovazioni destinate a lasciare il segno anche in futuro. Bisognerà darvi corpo, ricercando un “nuovo punto di equilibrio” tra il mondo vecchio e quello nuovo, punto di equilibrio funzionale al percorso educativo degli studenti, ai modelli di ap-
L'AUTORE, FEDERICO VISCONTI, RETTORE DELLA LIUC
prendimento e di valutazione. La tecnologia viene dopo o comunque di lato. E qui entra in gioco il consolidamento della “via Liuc al saper essere”, con le attività di Life Skills in action e con la diffusione della metodologia del Debate, volta a sviluppare le capacità di analisi documentale, di confronto dialettico e di pensiero critico. Azioni specifiche saranno intraprese sul fronte dei servizi (con una particolare attenzione al tutoraggio e al counseling) e della mobilità sociale, destinando ulteriori risorse per attrarre studenti di valore e per sostenerli nel loro percorso di studio. Da ultimo, ma non per ordine di importanza, il piano dedica importanti risorse per la costruzione del patrimonio intangibile, investendo sulla ricerca, sul phd e sulla Business School. Una Università, in quanto organizzazione professionale, è un’azienda sui generis. Ma è pur sempre un’azienda, che si confronta con il mercato e con i concorrenti. La sua proposta di valore è assimilabile ad un mosaico, fatto di tanti piccoli pezzi, da progettare con lungimiranza e da costruire con passione, rigore, determinazione. Albert Einstein diceva che il genio è 1% talento e 99% lavoro duro. Alla fin fine, quel che ci aspetta come sistema universitario è proprio questo: un pizzico di genialità e tanto, tanto lavoro. È una responsabilità alta, moderna e forte verso i giovani e verso il Paese.
* Rettore LIUC – Università Cattaneo
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IL GL BALISTA SE TRUMP PIANGE, BIDEN NON RIDE STRETTO TRA L’ASIA E I QUATTRO GAFA Sul pettine del neo Presidente degli Stati Uniti si accumulano i nodi di una globalizzazione che mostra la corda: dal Rcep al monopolio dei colossi digitali. Intanto al di qua dell’Atlantico si insiste a puntare sulle vecchie, care infrastrutture...
S
e è vero che con l’elezione di Biden, che giurerà il 20 gennaio, gli Stati Uniti sono rientrati a pieno titolo nell’agenda della policy globale (con un occhio di riguardo alle relazioni euro-atlantiche, si capisce), è altrettanto vero che il centro di gravità permanente dell’economia del pianeta, soprattutto in quest’era post-pandemica, restano la Cina e i Paesi del sud-est asiatico. Vale la pena di tornare alla fine di novembre quando, ad Hanoi, Vietnam, Pechino ha firmato il più grande accordo commerciale della storia, il Rcep (Regional Comprehensive economic partnership) che impatta sul 30% della popolazione mondiale e sulle economie più sviluppate del Pacifico, dal Giappone alla Corea del sud, dall’Australia alla Nuova Zelanda, i cui pil industriali pesano per 5.300 miliardi di dollari, mille in più del-
la ricchezza prodotta dalla vecchia Europa e dagli Usa insieme. Ed è proprio Washington a gestione trumpiana la grande sconfitta in questa poderosa partita della globalizzazione che ha visto l’odiata Cina di Xi Jinping battere l’Occidente e aggregare attorno alla propria economia perfino gli alleati storici dell’America, il Giappone la Corea e l’Australia. Una vittoria geopolitica che ha messo in luce tutti gli errori della politica trumpiana se si pensa che il grande accordo commerciale di Hanoi, il Rcep, è stato reso possibile proprio dalla decisione dell’ex presidente americano di uscire dal trattato transpacifico (Tpp) lasciando così spazio al regime global-comunista di Pechino. Ora tocca a Biden trovare la strada tra il libero scambio che ha permesso la crescita cinese e le guerre commerciali che ormai non
la fermano più. Si tratta di riscrivere le regole del multilateralismo, ridefinire i principi del Wto, rivedere gli equilibri monetari del Fmi in un mondo post-dollaro e, “last but not least” attrezzarsi per le sfide del secolo XXI, cioè i cambiamenti climatici e la gestione dei Big Dat). In una parola, la sfida non è la fine della mondializzazione, ma una nuova stagione di ri-globalizzazione.
Come fermare i monopoli nell’era digitale Non funziona più come ai tempi dello Sherman Act (luglio 1890) quando bastava una legge federale per smantellare il monopolio
QUI DUBAI
Negli Emirati il turismo è a prova di Covid e gli eventi ripartono in tutta sicurezza
di contenimento della pandemia, fatte
Le misure di contenimento della pandemia fanno di Dubai una destinazione Covid-free, raggiungibile una volta in possesso di un tampone negativo. E diverse manifestazioni in presenza hanno sancito la ripresa del settore
quasi Covid-free, che si può raggiungere
D
rispettare a tutti in modo estremamente rigoroso, fanno di Dubai una destinazione serenamente una volta in possesso di un tampone dall’esito negativo. Diverse manifestazioni turistiche, alcune delle quali
uecentomila visitatori in una sola
travel and tourism council, che ha anche
in presenza, hanno recentemente sancito
città per le vacanze di Natale e
emesso un timbro Safe Travels che
la ripartenza in grande stile del settore.
Capodanno 2020. Sembra un numero
convalida i rigorosi protocolli di igiene
Molto attiva nel rilancio del turismo e
impossibile, invece è la stima per Dubai
e sicurezza in vigore in tutta la città;
a sostegno della rinascita economica
di Morgan Stanley e Nomura Holdings,
poi lo scorso 7 luglio la riapertura. Già
dell’Emirato è la Camera di Commercio e
che non per niente suggeriscono agli
nel mese di settembre gli hotel di Dubai
dell’Industria di Dubai, che ha tra l’altro
investitori di scommettere sul rimbalzo
avevano un tasso di occupazione del 51%
organizzato a inizio dicembre il webinar
della sua industria turistica. L’emirato ha
al secondo posto a livello globale in termini
Trust in Tourism 4.0: How Dubai Adapted
bruciato i tempi: prima il riconoscimento
di occupazione dopo Singapore e prima
to Welcome You Back (Fiducia nel turismo
di destinazione sicura ricevuto dal World
di Parigi e Londra. Le energiche misure
4.0: come Dubai si è adattata per ridarti
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di Giuseppe Corsentino
del colosso petrolifero Standard Oil (e frantumarlo in 34 aziende distinte) o quando la legge antitrust consentiva quasi un secolo dopo (nel 1982) di dividere la potente e monopolista At&t in otto compagnie telefoniche. Oggi la partita è infinitamente più complicata. Certo, bisogna fare in modo che i colossi di Internet (i Gafa, l’acronimo che fotografa lo strapotere di Google Amazon Facebook Apple, ancora più pervasivo in tempi di pandemia, smart working e acquisti on-line) paghino le tasse sui mercati dove fanno i loro business (sul punto la Commissione europea con la danese Vestager e il francese Breton stanno facendo un buon lavoro e confidano nel neopresidente globalista Biden), ma la strada antitrust scel-
ta dalle autorità americane, la Federal Trade Commission e una dozzina di Stati, cioè lo smembramento dei “baroni” della Silicon Valley sul modello della Standard Oil o della At&t, sembra francamente fuori dal tempo. Google o Facebook non trattano petrolio e non gestiscono reti (fisiche) di telecomunicazioni. E quindi spezzarle in tante piccole Google o tante piccole Facebook non avrebbe nessun senso economico. E non darebbe nessun vantaggio ai consumatori. Bisogna inventarsi altri mezzi per battere i monopoli nell’economia digitale. Investire in infrastrutture non rende A proposito di regole economiche che non valgono più (o molto meno) ce n’è una che, indirettamente, ha ricordato anche il nostro Mario Draghi nei dotti conversari (con relativi paper di fine lavori) del G30 di metà dicembre. Negli anni d’oro delle politiche di piano la regola economica voleva che uno dei migliori investimenti in termini di sviluppo delle comunità fosse quello in infrastrutture. Questa regola novecentesca dell’infrastruttura come “innesco” della crescita resiste. Tant’è che nel piano di rilancio dell’Unione Europea (Reco-
very Fund più Next Generation Eu) una quota significativa delle risorse è destinata proprio alle infrastrutture e lo stesso ha fatto il governo inglese lanciando un fondo pubblico di 100miliardi di sterline per l’apertura di nuovi cantieri. Eppure non sono pochi gli economisti che hanno cominciato a metterla in dubbio. Quel che vale non è la massa di risorse impegnate in piani infrastrutturali, ma la redditività dei singoli progetti (su quest’ultimo punto Draghi al G30 è stato chiarissimo). La prova? Le infrastrutture si trasformano spesso in buchi finanziari spaventosi. Gli esempi non mancano. Il Big Dig, l’interramento di cinque chilometri dell’Interstate 93 che attraversa il centro di Boston: doveva costare 2,6 miliardi di dollari, il cantiere si è chiuso dopo 16 anni con un esborso di 15 miliardi. Non meno è costata la linea della metropolitana della Seconda Avenue a New York. Per non dire dell’aeroporto di Berlino-Brandeburgo il cui costo è triplicato in nove anni di ritardo. Gli inglesi, pragmatici, hanno sì creato un fondo di 100miliardi per i cantieri ma, contemporaneamente, hanno aperto una banca nazionale delle infrastrutture. Perché un banchiere d’investimento ha la vista più lunga di un ingegnere.
di Riccardo Venturi il benvenuto), rivolto in particolare al
ripresa all’orizzonte.
processi di internazionalizzazione verso i
mercato dell’America Latina, cui hanno
Khan ha ribadito anche che gli Emirati Arabi
Paesi del Medio Oriente e referente ufficiale
partecipato oltre 470 professionisti del
Uniti continuano a introdurre nuove misure
della Camera di Commercio di Dubai in
settore.
e incentivi per attirare aziende e investitori
Italia. «La Camera di Commercio di Dubai si
uffici
da tutto il mondo. «Grazie alle lungimiranti
conferma come un prezioso alleato per le
internazionali della Camera di Commercio
politiche messe in atto dal Governo degli
aziende italiane che desiderano espandere
di Dubai, ha sottolineato come Dubai abbia
Emirati Arabi Uniti ed in particolare
il proprio business in questo straordinario
mantenuto la promessa di accogliere i
dell’Emirato di Dubai, Dubai si confermi
Paese».
visitatori internazionali e abbia offerto
sempre più come il nuovo centro mondiale
Un’altra tappa importante nel percorso
approfondimenti su come il “business
del business, anche in vista di Expo Dubai
di ripartenza del turismo a Dubai è stato
environment”
cambiato
(che avrà luogo dal 1 ottobre 2021) e del
il forum organizzato dal dipartimento di
adeguandosi alla nuova normalità. Ha
Giubileo della fondazione della Federazione,
Marketing del Turismo e Commercio che si
rivelato che una serie di eventi sono già
che si celebrerà il 2 dicembre 2021», nota
è tenuto a fine novembre a Dubai Festival
stati ospitati a Dubai, in particolare in
Giovanni Bozzetti, uno dei massimi esperti
City, cui hanno partecipato oltre 600
occasione della Gitex Technology Week, la
di Emirati Arabi Uniti in Italia e Presidente
dirigenti chiave provenienti da strutture
più grande fiera tecnologica della regione:
di Efg Consulting, società di consulenza
leader nei settori dell’ospitalità, dei viaggi e
tutti elementi positivi che segnalano una
che affianca le aziende del Made in Italy nei
del tempo libero.
Omar
Khan,
a
capo
dell’emirato
degli
è
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TALENT SHOW
P
CI PIACE ONORE AL MERITO DI UN MANAGER MAI STATO UN CAPORALE Franco Fenoglio lascia dopo dieci anni Italscania (in buone mani) all’apice di una carriera da indipendente e... prima di altri prestigiosi incarichi
«V
oglio ringraziare Franco Fenoglio, per me questi mesi sono stati fondamentali. Franco mi ha aperto le porte dell’ecosistema del trasporto. Grazie Franco»: con queste parole Enrique Enrich, nuovo amministratore delegato di Italscania in sostituzione appunto di Fenoglio, ha voluto rendere omaggio al top-manager con cui si è avvicendato. Normale cortesia, si potrebbe dire. Ma anche no. Perché chi – come noi – conosce Fenoglio sa di lui due o tre peculiarità talmente anticonformiste da irradiare anticonformismo anche su coloro che con lui si sono relazionati (a parte che anche Enrich sembra essere un tipo tutt’altro che ordinario). Intanto, soprattutto per essere torinese, Fenoglio è un personaggio che ha sempre voluto pensare con la sua testa, refrattario a quel clima da “caserma savoiarda” che si respirava nel gruppo Fiat quanto lui vi ha scalato numerose posizioni. Insomma: un uomo, e non un caporale. E poi perché ha sempre cercato – senza chiacchiere, ma a fatti e prima che fosse una moda - di contemperare il perseguimento dei risultati aziendali con il massimo possibile del rispetto per il prossimo e per l’ambiente, ai cui diritti di tutela ha creduto sin da quando non era un ritornello ripetuto da tutti. Significativa anche la sua relazione professionale con Sergio Marchionne: che lo stimava e lo promosse a capo della New Holland Construction Equipment S.p.A., però tenendoselo a prudente distanza, come spesso fanno i leader maxìmi quando riconoscono il valore di qualche collaboratore, ma ne temono il criticismo. Fenoglio ha 67 anni, 11 in meno del neopresidente americano Biden. Come dire: auguri per il prossimo incarico!
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+ L’aziendalismo + L’indipendenza + L’umanità + L’ambientalismo
- Incertezze politiche - Poca credibilità - Voglia di lottizzare - Trappole normative
er trent’anni il Monte dei Paschi di Siena è stato una delle principali greppie in cui si sono sfamati quadroni della sinistra di governo, frange massoniche, lobby varie. Allora corazzato da un patrimonio enorme e protetto dalle privative di business che fino a una decina d’anni fa tutelavano tutto il settore creditizio, Mps è andato avanti apparentemente bene fino ad inciampare nella mostruosità dell’acquisizione strapagata di Antonveneta, con lo strascico di polemiche, discredito istituzionale e inchieste penali che chissà quando si concluderà. Quello di cui avrebbe bisogno oggi l’istituto, però – passato per necessità sotto il controllo pubbico – è di un padrone vero. Lo Stato cincischia. Esita. Sembra occupato in tutt’altro, ma la verità è che nell’attuale vuoto politico i partiti di comando litigano sulle più defilate poltroncine, figuriamoci quale coesione possono trovare su una partita così grossa. Il business plan presentato dall’amministratore delegato Guido Bastianini, con una strategia “stand alone” che prende tempo per capire cosa il governo padrone voglia fare di questa sua partecipata, ha senso per questo. Una cosa è chiara, però: solo un rivolo delle enormi risorse in via di mobilitazione per il dopo-Covid potrà, affluendo nelle casse della banca, rianimarla per qualsiasi prospettiva futura. E gli aiuti sono materia delicata, oggetto perenne del confronto tra i governi e le autorità europee, in questo caso soprattutto (ma non solo) l‘arcigna Bce. Ecco perché questa del Monte è una partita del premier, e non solo del ministro Gualtieri.
NON CI PIACE SE LO STATO BALBETTA SUL FUTURO DI MONTEPASCHI Dopo la nazionalizzazione la banca è stata gestita con buon senso e tuttora lo è, ma richiede una strategia chiara che al momento non si vede
Il bis dei ruggenti anni Venti risveglierà l'inflazione? A far cadere il rimbalzo dei prezzi è stato il dumping della Cina. Ma l'uscita della pandemia potrebbe cambiare le cose. Un buon viatico per la crescita, ma non per chi è oppresso dal debito. Anche pubblico di Ugo Bertone
N
ei giorni scorsi mi sono ritrovato, complice la scomparsa del compianto Paolo Rossi, a rileggere alcune note sull’Italia del 1982. Lo sapete, cari trentenni di oggi, che all’epoca il tasso di inflazione era del 18 per cento abbondante? E i vostri genitori, che passavano per grandi risparmiatori, spesso integravano il reddito familiare con il rendimento dei Bot difesi dal Tesoro contro ogni tentazione di imporre una sia pur modesta tassazione? Poche cose sono cambiate di più degli equilibri della finanza domestica e, ancor più importante, nella percezione del pubblico. Si calcola che almeno un terzo dei risparmiatori, a livello globale, non abbiano mai conosciuto nella loro vita tassi di interesse superiori al 5 per cento. Ma, rovescio della medaglia, i giornali degli anni Ottanta lanciavano periodicamente l’allarme contro l’impennata del debito pubblico. Niente di nuovo, direte voi. Ma allora si dava in pratica per scontato che il limite invalicabile del debito fosse il Pil. Con l’eccezione dell’Argentina e di qualche repubblica africana,
L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA
nessun Paese poteva immaginare di poter accumulare un debito superiore a quanto produceva in un anno. Oggi le cose vanno alla rovescia. A livello mondiale il debito globale (Stato più famiglie ed imprese) supera il 165 per cento del patrimonio. A fronte di questa realtà scomoda, governi e banche centrali fanno a gara a pompare liquidità nel sistema per evitare che i debiti soffochino l’economia: le iniezioni di denaro sono così comuni che titoli per circa 18mila miliardi di euro rendono oggi meno di zero. Non solo i japan bond o il centennale dell’Austria, ma anche titoli a dieci anni del Portogallo. In quarant’anni, anzi meno, il mondo del denaro ha cambiato volto. Per sempre, ci viene da dire. O no? Ad alimentare il dubbio contribuisce una recente copertina dell’Economist che insinua il tarlo del dubbio: l’inflazione, si chiede la Bibbia più autorevole dell’economia, sta per tornare? Non è una domanda oziosa, né dal punto di vista storico che degli umori del mercato. Un recente studio di Robert Barro, illustre storico dell’economia, ricostruisce gli umori del pubblico negli Anni Venti, ovvero quando, superato l’incubo della Guerra Mondiale, il mondo affrontò una seconda prova assai dolorosa. Cioè l’epidemia di spagnola. Con quali risultati? Barro, che tra l’altro non fa che confermare i dati raccol-
ROBERT BARRO
ta da Bank of England su pandemie e pesti varie degli ultimi 800 anni, dimostra che l’uscita dall’emergenza coincise con un aumento della domanda mondiale e relativo aumento dei prezzi. Una sorta di risveglio culminato nei ruggenti anni Venti, a loro volta noti per la fiammata dell’inflazione che ancor oggi turba i sonni dei tedeschi. Andrà così anche stavolta? Non c’è nulla che lo lasci prevedere, almeno per ora. Ma gli equilibri del mondo sono meno stabili di quel che non si tenda a credere. La bassa inflazione degli ultimi decenni potrebbe non essere il frutto della svolta delle banche centrali negli anni Ottanta che imposero una brusca stretta ai prestiti, bensì la conseguenza della demografia. A far cadere l’inflazione è stata l’irruzione dell’economia di mercato in Cina e nell’Europa dell’Est. Ma oggi la rincorsa dei salari si è quasi esaurita mentre nel mondo si moltiplicano gli ostacoli alla globalizzazione a scapito dell’efficienza. Insomma, a lungo andare non è escluso il rimbalzo dei prezzi, fenomeno virtuoso (entro certi limiti) per una società che vuole crescere. Pessimo, però, per chi non se lo può permettere perché schiacciato dai debiti. E nessuno si illuda: prima o poi la ruota gira. L’uscita dalla pandemia, causa di tante sofferenze, rischia di creare muovi guai a chi non sa prepararsi per tempo.
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SHORT STORIES
Formazione
Le politiche attive per il lavoro sosterranno la ripresa L’invito a rafforzare il Fondo Nuove Competenze è stato lanciato nel digital debate da Formazienda insieme con Consenso Europa
ANGELO RAFFAELE MARGIOTTA
ROSSELLA SPADA
FRANCESCA PUGLISI
imprese, fungendo da cinghia di trasmissione con lo Stato per l’accesso agli strumenti di formazione, e aiutandole ad accedere al Fondo Nuove Competenze: si tratta di una misura lungimirante, che rilancia concretamente il tema della conoscenza propedeutica e funzionale al lavoro. L’invito al governo è di rafforzarlo per renderlo accessibile anche alle piccole e micro imprese». Formazione e riforma degli ammortizzatori sociali come
pilastri fondamentali a supporto dell’occupazione anche al centro dell’intervento del segretario Margiotta, che ha rilanciato la proposta di Confsal, accolta favorevolmente dalla sottosegretaria Puglisi, di un unico istituto per le politiche attive del lavoro, e l’introduzione di un reddito specifico per la formazione: «Confsal c’è, e può dare il suo contributo con gli strumenti della bilateralità a sostegno delle politiche attive del lavoro».
Beauty
Space economy
L’obiettivo è diventare il riferimento per un mercato che vale 12 miliardi di euro
I nuovi dispositivi andranno a completare la costellazione per l’osservazione della Terra
dell’integrazione e della messa in servizio. Telespazio, invece, si occupa della progettazione e dello sviluppo del segmento di terra, inclusi gli aspetti della sicurezza, e della fornitura dei servizi di logistica integrata e delle operazioni. La linea di business spazio di Leonardo partecipa al programma fornendo sensori di assetto - star trackers (A-Str) per l’orientamento del satellite, i sistemi fotovoltaici ed equipaggiamenti allo stato dell’arte per la distribuzione e gestione della potenza elettrica del satellite, massimizzandone l’efficienza. I due nuovi satelliti che saranno costruiti da Thales Alenia Space garantiranno il completamento della costellazione e la piena capacità
La fine del blocco dei licenziamenti prevista per il 31 marzo 2021, le politiche attive del lavoro messe in campo dal governo e il sempre più centrale impegno dei Fondi di formazione interprofessionale a supporto dei percorsi formativi e di ricollocazione dei lavoratori, per contenere l’impatto della pandemia e sostenere il rilancio del sistema delle imprese. Questi i temi del Digital Debate “Sostenere l’occupazione per
rilanciare le imprese. Le politiche del lavoro per la tenuta sociale ed economica del Paese”, organizzato dal Fondo Formazienda insieme a Consenso Europa, cui hanno preso parte la Sottosegretaria al Lavoro Francesca Puglisi, la Direttrice Generale di Anpal Paola Nicastro e il Segretario Generale di Confsal Angelo Raffaele Margiotta. «In questa fase di grave crisi», ha sostenuto nel suo intervento la Direttrice Generale di Formazienda Rossella Spada, «abbiamo assistito molte
Profumeria Web raccoglie oltre 200mila euro grazie a MamaCrowd ProfumeriaWeb, il player e-commerce dedicato al beauty, ha raccolto oltre 200mila euro di adesioni tramite equity crowdfunding su Mamacrowd. La campagna resterà aperta all’ingresso di nuovi investitori intenzionati a diventare soci di ProfumeriaWeb e cogliere così le opportunità di un mercato, come quello del beauty, che in Italia vale circa 12 miliardi di euro e in cui è prevista una fortissima crescita della penetrazione tramite commercio elettronico. «Siamo molto soddisfatti della risposta immediata che abbiamo
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Thales e Telespazio insieme per altri due satelliti ricevuto da parte degli investitori: è ulteriore dimostrazione dell’ottimo lavoro che stiamo facendo e del percorso che abbiamo costruito fino ad ora», spiega Vincenzo Cioffi, fondatore e ceo di ProfumeriaWeb. Con un fatturato cumulato di oltre 40 milioni di euro sviluppato dalla fondazione ad oggi, ProfumeriaWeb vanta una community di oltre 450.000 persone, un eCommerce con più di 24.000 prodotti beauty di 200 marchi e il brand Cobea, co-progettato insieme ai propri clienti.
Thales Alenia Space e Telespazio, insieme come Space Alliance, hanno siglato i contratti con il Ministero della Difesa italiana e l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), per lo sviluppo di due ulteriori satelliti e per l’aggiornamento del segmento di Terra, della logistica integrata e delle operazioni per il completamento della costellazione CosmoSkyMed di Seconda Generazione (Csg). Thales Alenia Space è responsabile della progettazione e lo sviluppo dei quattro satelliti Csg e della progettazione del sistema end-to-end,
SHORT STORIES
Atenei
Coronavirus
In collaborazione con alcune aziende lombarde, l’ateneo ha avviato il corso “Sostenibilità dei sistemi produttivi”
Il primo Paese toccato è stato Israele alla fine di dicembre, nelle prossime settimane anche l’Italia
La Liuc lancia i corsi per ingegneri sostenibili
Radici Group in provincia di Bergamo, Fulgar nel mantovano o Mogu ad Inarzo, in provincia di Varese. E poi la nota Timberland, solo per citarne alcune. Aziende di grandi, medie e piccole dimensioni che hannoun approccio sostenibile e vengono studiate all’Università, al corso di laurea magistrale “Sostenibilità dei sistemi produttivi” della Liuc. Da sempre attenta ai driver di innovazione in atto nel sistema industriale, grazie al consolidato rapporto con le imprese che la contraddistingue fin dalle origini, la Liuc forma i futuri
Nuove tecnologie
Così l’auto si trasforma in un titolo di valore La certificazione viene prodotta con algoritmi in grado di prevedere il valore dell’auto fino a oltre 10 anni In un contesto in cui le complessità del mercato automotive impongono nuovi standard, che sostengano il valore dell’investimento sui veicoli e che rafforzino il rapporto tra clienti e rivenditori verso una mobilità più sostenibile, nasce Equs, la prima Digital Warranty Company d’Europa che sviluppa certificazioni di garanzia del valore per il settore automotive. L’azienda si rivolge a consumatori, case costruttrici, finanziarie, concessionari e rivenditori, al fine di proteggere i clienti dalle svalutazioni di
Dhl avvia la distribuzione del vaccino anti-Covid ingegneri che si preparano a gestire i processi di innovazione con la necessaria attenzione alla sostenibilità. «La Liuc è stata tra le prime università italiane a dedicare un insegnamento ai temi della sostenibilità – spiega Aurora Magni, titolare del corso indirizzato agli studenti del 2° anno Magistrale di Ingegneria Gestionale - e i nostri studenti sono ben consapevoli dell’importanza che difesa ambientale e responsabilità sociale d’impresa hanno assunto nell’economia. Ragionare su come costruire un nuovo modello di sviluppo non è certamente un puro esercizio accademico». mercato e gli investimenti delle aziende in notorietà e affidabilità, aumentando allo stesso tempo la fiducia tra le parti. La certificazione di garanzia, dedicata al comparto Automotive, si chiama TiVale, e viene prodotta attraverso la web application Enigma, di proprietà dell’azienda, che grazie a sofisticati algoritmi proprietari, AI e sistemi di Machine Learning è in grado di prevedere il valore dell’auto fino a oltre 10 anni, con il 96% di efficienza. Questa garanzia, certificata grazie a sistemi di codifica in Blockchain in partnership con Luxochain, può essere trasferita a terzi. La certificazione è la prima che tutela l’auto, il suo proprietario e il rivenditore attraverso un contratto dedicato che trasforma l’auto in un titolo di valore, la protegge da frodi e svalutazioni di mercato per poterla rivendere, in futuro, ad un prezzo certo e predeterminato. Grazie a questo prodotto innovativo Equs Italia, dopo essere stata selezionata, tra oltre 600 aziende, per il Premio Gaetano Marzotto-2031, è stata scelta dagli incubatori SellaLab e Dpixel e a fine novembre si è aggiudicata il premio speciale EY
Dhl ha avviato la distribuzione internazionale del vaccino anti Covid-19 consegnando al governo israeliano il primo lotto del vaccino a metà dicembre. «Dopo mesi di preparazione, siamo felici che la nostra missione di distribuzione di vaccini sia iniziata, orgogliosi di contribuire con la nostra capacità logistica al fine di rendere il vaccino accessibile in tutto il mondo - ha affermato Travis Cobb, responsabile Global Network Operations and Aviation di Dhl Express. «Grazie all’investimento di 350 milioni di euro, avviato
all’interno del Concorso Gaetano Marzotto-2031. Equs inoltre è stata una delle 10 realtà finaliste della 7a edizione di Open-F@b Call4Ideas 2020, il contest internazionale di Bnp Paribas Cardif in collaborazione con InsuranceUp. «Siamo una realtà giovane, ma grazie all’expertise che abbiamo maturato nel settore automotive siamo pronti a fare il nostro ingresso su un mercato competitivo, consapevoli però, che Equs risponde a un reale bisogno del settore - raccontano Gianpiero Micale, ceo e Davide Mistrangeli, coo entrambi CoFounder di Equs - Dopo aver
prima dell’emergenza Covid per il potenziamento delle nostre strutture in termini di avanzamento tecnologico, dotazioni infrastrutturali e knowhow delle nostre persone – ha dichiarato Nazzarena Franco, a.d. di Dhl Express Italy – siamo preparati per dare il nostro contributo nella gestione della complessa catena logistica del vaccino anti Covid. In Italia ci si aspetta una movimentazione di milioni di vaccini; con questi numeri è fondamentale avere le competenze necessarie nell’adottare tutte le cautele per garantire trasporto e conservazione lungo tutta la filiera».
analizzato sia buona parte del mercato italiano, che gran parte di quello europeo, abbiamo unito le nostre rispettive competenze per creare un prodotto nuovo, efficace e vicino alle esigenze degli acquirenti e dei rivenditori. Equs, infatti, si presenta come regolatore nel mercato auto, tra una domanda più consapevole ed un’offerta più etica. I nostri Certificati di Garanzia del Valore trasformano completamente il concetto di Valore Futuro Garantito, facendone una nuova forma di tutela (per i consumatori) e di strategia commerciale (per i Dealer)».
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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE
IL PRESIDENTE TEMPOCASA DANIELE PALERMO (TERZO DA SINISTRA) CON I FONDATORI DEL GRUPPO
Il franchising è resiliente: rispetto agli esercizi commerciali tradizionali, ha accusato meno il colpo dei vari lockdown. La rete, infatti, protegge se stessa: rinegoziando le royalties, supportando gli affiliati, individuando nuove soluzioni. E per chi decide di mettersi in proprio, l'offerta è ampia e articolata: dall'immobiliare al food, passando per l'estetica e i servizi alle imprese, le opportunità da cogliere sul mercato sono moltissime. Ogni mese Economy dà spazio ai brand che stanno ampliando la propria rete, presentanto una carrellata di opportunità per chi vuole diventare imprenditore... senza rischiare troppo.
107 LÖWENGRUBE LA BIRRERIA SU RUOTE FORMAT AGILE PER INVESTIRE
108 IMPRESE & OPPORTUNITÀ
SQUADRA CHE VINCE NON SI CAMBIA: SI FA CRESCERE Nata nel maggio 1988 dall'iniziativa di tre agenti immobiliari, oggi Tempocasa è un colosso del franchising immobiliare presente con 450 punti vendita in Italia, a cui si sommano quelli di Spagna e Regno Unito di Paolo Danieli
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a storia biancoverde inizia nel 1988. Quando, in una giornata di primavera, i soci fondatori Flavio Ferrari, Mileto Ferra e Nicola Canino si ritrovano seduti intorno a un tavolo per firmare l’atto costitutivo della società che, fino ad allora, avevano solo sognato: Tempocasa. Da quel lontano 13 maggio di acqua sotto i ponti ne è passata. E oggi quella Tempocasa è diventata un colosso del settore immobiliare, leader in Italia e in Europa. Se volessimo descrivere questo Gruppo – uno dei franchising più famosi nel Real estate – in tre aggettivi, non ci sarebbero dubbi: professionalità, competenza e formazione. Sono questi gli ingredienti che, nel corso di oltre tre decenni, hanno permesso a questa realtà di crescere, affermarsi sul mercato e arrivare a quota 450 punti vendita in tutta Italia. A cui si sommano quelli in Spagna e
nel Regno Unito. L’obiettivo? Sfondare il tetto dei 500 uffici entro il 2022. Non solo: Tempocasa ha saputo ampliare il suo raggio d’azione, anno dopo anno. Tanto che è diventata una holding che – sotto il suo cappello – include più di una decina di società satellite che offrono quei servizi complementari alla mediazione immobiliare. Tra loro ci sono Più Mutui Casa, la società di mediazione creditizia (regolarmente iscritta all’Oam, n. M65) e le due realtà assicurative Dorotea Insurance Broker e Tempo Assicurazioni. Tutte aziende pensate e nate per fornire il migliore servizio possibile alle migliaia di utenti che scelgono il marchio ogni anno. Eppure non è tutto qui. Se i vantaggi per i clienti (effettivi e potenziali) sono evidenti, altrettanto lo sono quelli per gli affiliati (alias i titolari delle agenzie che fanno parte del franchising). La forza di Tempocasa sta in un
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FRANCHISING & NUOVE IMPRESE REAL ESTATE
in collaborazione con
piano di carriera meritocratico, che offre a chiunque le stesse possibilità, e nella crescita interna: lo sviluppo della rete (leggi: apertura di nuovi punti vendita) trae linfa dalla rete stessa (leggi: i punti vendita vengono aperti solo ed esclusivamente da quei ragazzi che lavorano già in azienda e che, completato il piano di carriera di cui si parlava poche righe fa, decidono di alzare la saracinesca del loro ufficio biancoverde). Insomma, ogni agenzia è un polo di sviluppo a tutti gli effetti. Dal canto suo, la casa madre offre supporto, servizi e assistenza a 360 gradi ai suoi collaboratori, come in una vera e propria famiglia. Certo, non è mancato qualche momento di crisi nell’arco di 32 anni di attività. E il 2020, con un’emergenza sanitaria mondiale in corso, ha rischiato di diventarlo. Invece è andata al contrario: l’azienda ha trasformato una difficoltà in un’opportunità fatta e finita, senza mai fermarsi. Neppure per un giorno. Tanto che in poche settimane, lo scorso inverno, ha rivoluzionato modalità operative e progetti (in corso e nuovi), offrendo ai propri
DANIELE PALERMO
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clienti strumenti all’avanguardia e un servizio impeccabile, che le ha permesso di rimanere sulla cresta dell’onda.
I piani 2021 Pronta per archiviare l’anno più complesso e sfidante di sempre, ora Tempocasa guarda al futuro e pensa al 2021. In un contesto (quello immobiliare) dove le domande sono molte, così come le incertezze sull’evoluzione del mercato. A dare qualche risposta è il presidente del Gruppo, Daniele Palermo. «In generale, e in ogni campo, le parole chiave per il prossimo anno saranno tre: impresa, innovazione e digitalizzazione. In un momento storico come quello attuale anche nel 2021 sarà necessario essere sempre un passo avanti rispetto ai competitor. La scena immobiliare vedrà avvantaggiati tutti coloro che, in questi ultimi nove mesi, non si sono fermati. Cosa vuol dire? Avere continuato a lavorare in un periodo così difficile ed essersi modernizzati, come abbiamo fatto noi, ci ha portato ad avere un vantaggio netto. Laddove con ‘modernizzati’ intendo l’introduzione di sistemi digitali all’avanguardia, che hanno facilitato lo scambio di informazioni tra clienti e consulenti immobiliari e ci hanno consentito di vendere immobili anche da remoto», spiega. Ma questo significa che nel 2021 ci sarà un cambiamento drastico nel Real estate? «Non proprio. Le persone vorranno ancora vedere le case dal vivo, ma apprezzeranno molto di più – e proprio questo sarà il vero punto di forza e, se vogliamo, di cambiamento – quelle agenzie che saranno in grado di offrire un
doppio servizio, ‘tradizionale’ e digitale. Chi si fermerà agli strumenti pre-Covid rimarrà al palo. Di fatto, la pandemia ha abituato tutti noi a modalità di fruizione, di servizi e prodotti, totalmente nuove. E, per quanto ci riguarda, non ci è dispiaciuto. Anzi, abbiamo fatto anche di più: abbiamo saputo anticipare le nuove richieste del mercato, cambiando pelle senza però cambiare la nostra ‘sostanza’». Se è praticamente certo che, nel 2021, il mercato subirà una contrazione a livello globale, è pur certo che – purtroppo – molte famiglie italiane si troveranno faccia a faccia con la crisi. Nonostante questo, l’interesse verso il mattone non calerà. Gli utenti cercheranno nuovi spazi dell’abitare, con un’attenzione maggiore alla qualità degli immobili in termini di comfort, ampiezza e spazi verdi. Palermo, quindi, sposta il focus sul vero e proprio cambiamento protagonista del comparto immobiliare: «Le prospettive per il 2021 vedono un cambio di marcia. Rispetto agli anni precedenti, si preferiranno le zone di provincia alle grandi città. I fattori che incideranno sono molti: valori più bassi al metro quadro, spazi più grandi e un costo della vita più basso. Il numero di compravendite, a livello Italia, con ogni probabilità subirà una flessione. Ma, secondo una prima previsione, gli italiani continueranno a investire sul mattone, considerato alla stregua di un tesoretto personale nel medio-lungo periodo». www.tempocasa.it @Tempocasa
La birreria su ruote un format agile per investire Löwengrube, la catena di locali in stile bavarese fondata nel 2005 da Pietro Nicastro e Monica Fantoni, amplia la sua rete in franchising. E, accanto ai format del Klein e della Stube, propone anche il Wagen di Paola Belli
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a garanzia di uno standard di qualità molto elevato, per gli imprenditori come per i clienti: è questo il vantaggio principale di un franchising di successo come Löwengrube secondo Fabio Boscaino che, da Napoli e da una parallela esperienza di franchising in altro settore, si è innamorato della formula della ristorazione bavarese inaugurata nel 2005 da Pietro Nicastro e Monica Fantoni. «Ho scelto il Wagen, il format più agile dei tre proposti da Löwengrube - racconta Boscaino - perché consente una grande flessibilità, soprattutto riguardo alle location. Se al primo tentativo non si trova la collocazione più adatta con i suoi 15 mq circa, il wagen, si può spostare facilmente altrove. In più, ha un impatto sul pubblico particolarmente accattivante». Boscaino ha scelto gli outlet, quello di Noventa vicino a Venezia, Serravalle Scrivia in pro-
vincia di Alessandria e Fidenza, spostato poi a Marcianise. «La collocazione all’esterno, in un luogo di passaggio, fa sì che l’esperienza della birra con cucina bavarese raggiunga immediatamente il suo pubblico». Una formula evidentemente apprezzata, tanto che, ai tre wagen, si aggiunge ora il quarto in Franciacorta, nei pressi del Lago d’Iseo. «L’inaugurazione era prevista per fine novembre, poi è arrivata la seconda ondata di Covid-19 e ci siamo fermati, ma è solo una pausa e siamo pronti a partire con questa nuova avventura». Löwengrube propone due diversi format di locale, oltre al wagen: la Stube e il Klein. «Si tratta di tre format differenti - spiega Gabriele Peri, membro del board e direttore marketing di Löwengrube - pensati per location e flussi diversi di clientela, ma soprattutto per imprenditori con esigenze e risorse differenti, che ri-
chiedono un investimento iniziale tarato a seconda della situazione». La Stube è un locale di grandi dimensioni, che si colloca nelle città o su strade ad alta densità di scorrimento, adatto anche alle famiglie, che trovano ampi spazi da vivere in comodità, con le aree kinder in cui i bambini possono divertirsi con giochi ispirati al metodo Montessori. Infine i caratteristici biergarten, i giardini della birra, offrono la possibilità di gustare l’esperienza bavarese all’aperto. Spazi suddivisi per tipologia di pubblico possono accogliere confortevolmente le coppie come le comitive. Il Klein è invece un locale più piccolo che si inserisce perfettamente in stazioni, aeroporti e gallerie commerciali. I tre format garantiscono l’esperienza autentica della ristorazione bavarese: le birre storiche dell’Oktoberfest con i piatti della tradizione gastronomica di Monaco. «La Stube – continua Peri - richiede un investimento iniziale da 600 mila euro che genera un fatturato medio annuo tra 1.300.000 e 1.800.000. È un format di successo con grandi potenzialità: diversi dei nostri partner hanno aperto il primo locale, poi il secondo e prevedono nuove aperture nel 2021. È possibile entrare nel mondo Löwengrube anche con investimenti più modesti: il Klein, ad esempio, parte da 250 mila euro e produce un fatturato medio annuo tra i 500 mila e gli 800 mila euro. Un wagen infine prevede un investimento di 90 mila euro per un fatturato medio annuo tra 300 e 400 mila euro. Indipendentemente dal format, la qualità e l’autenticità dell’offerta restano le medesime, perché il franchisor è sempre presente al fianco dell’affiliato, prima, durante e dopo l’apertura, con la Löwengrube Academy e servizi di supporto di alta qualità. I nostri affiliati possono sempre contare su di noi durante tutto il percorso della loro attività». www. franchisinglowengrube.it
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IMPRESE & OPPORTUNITÀ IL BIOREATTORE ITALIANO FA DA BOOSTER AL VACCINO LA VELOCITÀ DI PRODUZIONE DEL VACCINO ANTI COVID POTREBBE RADDOPPIARE GRAZIE A UN DISPOSITIVO ITALIANO CHE SI CHIAMA SUSPENCE, acronimo per Suspension environment for cell culture, in italiano “bioreattore per colture cellulari sospese”. La Cellex che l’ha ideato e prodotto, fondata dal PhD in ingegneria biomedica Giuseppe Falvo D’Urso Labate, ha infatti un accordo con una delle industrie farmaceutiche in prima linea nella corsa al vaccino, per attivare il primo piccolo impianto pilota per produrre il farmaco utilizzando Suspence. Se la sperimentazione dovesse soddisfare gli standard attesi, migliorando l’efficienza di produzione, Suspence sarà utilizzato in un impianto di produzione del vaccino vero e proprio. Il cosiddetto reattore all’interno del quale avviene la coltura delle cellule, base della proUN FRANCHISING SPECIALIZZATO NEL SUBAFFITTO DI CAMERE A STUDENTI UNIVERSITARI. È STANZA SEMPLICE, FONDATA NEL 2013 A TRENTO DA FRANCESCO ZENI,
duzione dei vaccini e di altri farmaci come l’insulina, ha un ruolo molto importante. Dalle cellule infatti si estrae il principio attivo del vaccino o del farmaco che si produce; se le cellule proliferano bene, se ne produce di più. Nel bioreattore Suspence, grazie al ricircolo del fluido che solleva le cellule e le nutre senza sottoporle a stress eccessivi, si ottiene un’efficienza di produzione cellulare fino a 10 volte superiore. Entro il maggio 2021 Cellex depositerà il brevetto di Suspence in tutta Europa, negli Stati Uniti, in Cina e in India, i paesi che ospitano più del 50% dei siti produttivi delle grandi case farmaceutiche. Si sta pianificando un ulteriore boost nella distribuzione rivolta al segmento di mercato delle red biotech, le aziende che sviluppano i farmaci, dalle quali viene al momento la domanda dei dispositivi,
anche se il target finale sono proprio le case farmaceutiche. E nonostante la crisi Cellex ha aperto due nuove sedi operative e assumerà 9 ingegneri nei prossimi 6 mesi, anche grazie al sostegno ottenuto dal Mise attraverso il programma Smart&Start. È attiva una campagna di crowdfunding che è un’attività di cessione di piccole quote societarie, in tagli standard che vanno da 500 fino a 20mila euro, per sostenere ulteriori investimenti. https://cellexpansiondevices.com/
LA SUBLOCAZIONE È SEMPLICE COME IL BUSINESS CHE SI FA IN RETE
E OGGI PRESENTE IN 29 CITTÀ IN TUTTA ITALIA. Il meccanismo è semplice: il pro-
prietario dell’immobile lo affitta all’affiliato di Stanza Semplice, che a sua volta lo subaffitta agli studenti. Per affiliarsi non occorre essere degli esperti in campo immobiliare, sono sufficienti spirito imprenditoriale, passione per il settore, buone doti relazionali. In poche settimane, grazie al know-how che Stanza Semplice trasferisce con la formazione iniziale, si è pronti per iniziare. C’è una fee d’ingresso di 10mila euro, più un investimento minimo di 75mila euro per avviare 5-6 operazioni nell’arco di poco tempo, e generare così cash flow operativo. Il metodo di lavoro di Stanza Semplice promette di tenere sotto controllo i rischi d’impresa e i costi di gestione, permettendo
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di generare un ebitda interessante. Gli studenti subconduttori devono solo pagare il canone e non pensare ad altro: accedono al club Stanza Semplice, con una card che garantisce una formula all inclusive - pagano una cifra e quella è, senza sorprese -, non si
intestano utenze, non pagano cauzione. Le stanze sono singole in appartamenti ristrutturati con impianti sicuri e arredi nuovi, organizzati in maniera specifica per la vita degli studenti. Sono incluse le manutenzioni, oltre a convenzioni con esercizi pubblici. I contratti sono individuali, con la gestione di scadenze e adempimenti, non ci sono spese di agenzia. I proprietari sono ottimi interlocutori di Stanza Semplice, specialmente se dispongono di immobili grandi e non vogliono interfacciarsi con le agenzie: l’affiliato-conduttore può acquisire l’immobile in locazione per tanti anni. www.stanzasemplice.com/franchising
IMPRESE & OPPORTUNITÀ MARCO BACINI È CEO DI MB GROUP, UNA HOLDING DI SOCIETÀ CON FOCUS SULL’IDENTIFICAZIONE DI OPPORTUNITÀ PER INVESTIRE E CREARE VALORE. Marco ha deciso di investire in Grownnectia, una PMI innovativa, per supportarne la crescita. Grownnectia, con il suo team di esperti, supporta le startup dalle prime fasi di vita con la definizione del business model, fino ad arrivare a stadi più strutturati con lo sviluppo delle migliori strategie di crescita e con l’ottimizzazione della traction. E con i suoi professionisti rende sostenibile il progetto di crescita delle startup andando poi, a strutturare la miglior strategia di raccolta fondi. Infine, segue la fase del Go To market della startup con il suo team ICT e Marketing. Economy ha incontrato Marco Bacini, che ha deciso di supportare
PER LANCIARE LA STARTUP BASTANO APPENA SEI MESI Grownnectia e il suo CEO Massimo Ciaglia, imprenditore con exit alle spalle, ma soprattutto un imprenditore e investitore appassionato di comunicazione e nuove tecnologie che ha deciso di allargare la sua rete. Cos’ha di diverso Grownnectia dalle altre società al supporto delle startup? Il suo modello è innovativo, replicabile e scalabile a livello internazionale, con programmi di incubazione e pre-accelerazione nati per portare le startup sul mercato in sei mesi. A chi consiglierebbe di di-
ventare socio di Grownnectia? A tutti coloro che desiderano entrare a far parte di un club di investitori di altissimo livello, alla ricerca di aziende con un modello validato e con una significativa traction ed agli startupper, che potranno convertire il 100% dell’investimento in un voucher da utilizzare per i servizi di Grownnectia. Quali risultati sono stati raggiunti fino ad ora nella loro campagna di crowdfunding? La campagna sta procedendo oltre le aspettative con ottimi risultati, grazie alla partecipazione di investitori di rilievo che, come me, hanno creduto nel progetto! +39 06 87 738 739 www.grownnectia.com/b2w info@grownnectia.com
TRA IL RETAIL E IL CLIENTE CIÒ CHE CONTA È IL CONSULENTE TACCINI RETAIL CONSULTING RAPPRESENTA OGGI UN PUNTO DI RIFERIMENTO NEL MONDO DELLA CONSULENZA SPECIALIZZATA IN SERVIZI ALLE IMPRESE OPERANTI NEL RETAIL, SU SCALA NAZIONALE E INTERNAZIONALE. Le competenze imprendi-
toriali, unite alla collaborazione di professionisti qualificati, supportano i clienti in tutte le aree critiche per il successo, questo è l’elemento che le assicura competitività nel mercato. La società nasce dal pensiero imprenditoriale di Salvatore Taccini che, in forza della sua esperienza trentennale, decide di operare nel mercato con una nuova prospettiva. «Il contesto attuale ci vede partecipi di profondi e veloci cambiamenti che grazie alla nostra expertise e know how riusciamo a tradurre in opportunità per i
nostri clienti», sottolinea Salvatore Taccini. Prospettiva condivisa da Andrea, socio e figlio, che contribuisce a proiettare Taccini Retail Consulting nel futuro grazie a una visione giovane e dinamica. «L’imprenditorialità è oggi penalizzata da un contesto socioeconomico delicato, nel quale operiamo proattivamente ricercando soluzioni che contribuiscano al mutuo successo nel lungo periodo», aggiunge Andrea Taccini. Taccini Retail Consulting pone al centro dell’attenzione i propri clienti, ascoltandone le esigenze e strutturando soluzioni ad hoc che producano risultati tangibili nel tempo, forti relazioni all’interno e all’esterno delle imprese che sono, per la società, la chiave per superare con successo gli ostacoli dell’attuale contesto.
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IMPRESE & OPPORTUNITÀ CON IL TEMPORARY MANAGER L’AZIENDA CRESCE PIÙ IN FRETTA LORELLA PRIMAVERA È IL CEO DI LOP BRAND, UNA SOCIETÀ DI CONSULENZA E TEMPORARY MANAGEMENT MARKETING,
che sviluppa programmi di accelerazione e trasformazione multicanale per aziende che operano nel settore B2B e vogliono approcciare il B2C. Dopo anni di lavoro maturato in grosse aziende multinazionali come Direttore Marketing ha dato vita nel 2018 a questo modello di consulenza che utilizza il Temporary Management come strumento di accelerazione del percorso di digitalizzazione e trasformazione aziendale. «Il Temporary Management”, afferma Lorella Primavera, «è l’evoluzione di una modalità di lavoro, figlia della rivoluzione digitale e di quei modelli di accelerazione aziendale quali l’Agile e il Growth Hacking, che richiedono competenza e focalizzazione, velocità di pro24MAX SPA È LA SOCIETÀ DI MEDIAZIONE CREDITIZIA CHE OFFRE UNA RISPOSTA IN TEMPO REALE ALL’ESIGENZA DI CONSULENZA FINANZIARIA DI CHI COMPRA CASA
cessi e pensiero strategico». Il Temporary Manager è una figura professionale, esperta del proprio settore e di modelli innovativi e digitali, che opera lavorando all’interno dell’azienda fianco a fianco con le figure che si occupano del marketing e della comunicazione, per accompagnare le organizzazioni nel processo di trasformazione e acquisizione delle competenze necessarie ad assimilare le tecniche digitali. L’azienda è giovane, ma può già vantare tra i suoi clienti collaborazioni con importanti brand, segno che l’esigenza di flessibilità e velocità di trasformazione sono temi oggi molto sentiti e diffusi. «Il primo obiettivo di qualsiasi azienda è quello di far crescere la propria organizzazione dall’interno. Pertanto, sviluppare competenza e capacità per strutturare un Piano di Marketing Strategico, o un Piano di
Comunicazione Operativo, che recepisca velocemente le dinamiche del mercato, è ormai una necessità», ribadisce Lorella Primavera. LoP Brand offre una soluzione flessibile, veloce ed esperta, sia in termini di sviluppo del brand che di impatto economico sul bilancio, perché facilmente gestibile nel conto economico per qualsiasi azienda che voglia investire nel proprio futuro. www.lopbrand.com hello@lopbrand.com
IN AGENZIA SOTTO IL TETTO DELLA MEDIAZIONE CREDITIZIA
AFFIDANDOSI A UNA AGENZIA IMMOBILIARE RE/MAX. Nata nel 2019 dall’unione di due big player del real estate e dell’intermediazione finanziaria quali RE/MAX Italia e 24Finance Mediazione Creditizia SpA, 24MAX rivoluziona l’approccio alla mediazione creditizia con un modello di business unico sul mercato. I credit specialist operano in corner finanziari allestiti all’interno delle agenzie RE/MAX dando vita a una sinergia virtuosa che completa la customer experience, dalla scelta dell’abitazione all’ottenimento del mutuo per l’acquisto. Tra i plus della formula di 24MAX anche l’approccio customer centric e la massima imparzialità garantita dai mediatori. Il tutto con la
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disponibilità della consulenza al di fuori dei canonici orari degli istituti bancari e la possibilità di svolgere le procedure anche online. Il sistema 24MAX è caratterizzato da una struttura orizzontale che premia l’alto pro-
filo dei professionisti a cui vengono offerte commissioni incentivanti, formazione altamente qualificata e nessun costo di gestione della struttura. A confermare la bontà della formula di 24MAX, i traguardi conseguiti nel 2020, durante il quale la società ha raddoppiato i risultati del 2019 raggiungendo già a settembre il budget previsto per l’anno. Una crescita esponenziale a cui si affianca uno sviluppo altrettanto significativo della rete che conta ad oggi oltre 75 mediatori creditizi operativi in altrettante agenzie RE/MAX lungo tutta la penisola. www.24max.it info@24max.it
IMPRESE & OPPORTUNITÀ ADVALOR È IL PUNTO DI PARTENZA DI UN NUOVO MODO DI FORNIRE SERVIZI ALLE IMPRESE, UN PUNTO DI PARTENZA RAGGIUNTO DOPO UN’ESPERIENZA PLURIEN-
QUEI SERVIZI A VALORE AGGIUNTO CHE RENDONO FORTE L’IMPRESA
NALE AL FIANCO DELLE PMI ITALIANE, LA VERA SPINA DORSALE
DEL
NOSTRO
PAE-
SE.
Questi anni insieme ci hanno permesso di conoscere tutte le esigenze e le sfide che deve affrontare un imprenditore in Italia e ci hanno spinto a fondare una società per aiutarlo a gestire la sua impresa nel migliore dei modi. Per adempiere alla nostra missione, abbiamo deciso di adottare un metodo di lavoro unico nel suo genere, supportando le im-
prese con un’ampia offerta di servizi. Occuparsi delle esigenze delle imprese italiane non è un gioco, per questo motivo non ci approcciamo a semplici fornitori, ma cerchiamo dei veri e propri partner, delle eccellenze di settore che ci aiutino a supportare il successo dei nostri clienti, garantendo qualità, sia in termini di costi che di efficienza.
RISK MANAGEMENT, ORA SERVE UNA GESTIONE INTEGRATA «PER PREVENIRE GLI EFFETTI DOVUTI ALLA PANDEMIA È QUANTO MAI NECESSARIO CHE LE IMPRESE AFFRONTINO I PROPRI RISCHI CON UN APPROCCIO INTEGRATO: dall’analisi, alla prevenzione, fino alla
protezione garantita dalle coperture assicurative», afferma Gabriele Giacoma, Amministratore Delegato di Assiteca, il più grande broker assicurativo italiano. Le numerose norme di sicurezza emanate hanno imposto di ridisegnare gli ambienti di lavoro e un nuovo stile di vita aziendale. Solo con modelli organizzativi che dimostrano la corretta e costante applicazione delle misure di prevenzione, il datore di lavoro può assicurarsi un’efficace difesa a fronte di eventuali contestazioni in tema di responsabilità. Ma oltre ai contagi sanitari le aziende devono tenere sotto controllo altre tipologie di virus, quelli informatici. Complice lo smart working, i perimetri di sicurezza aziendali si sono indeboliti e i rischi moltiplicati: è quindi necessario rafforzare
Il tuo successo è il nostro successo, per questo siamo pronti ad attaccare il mercato anno dopo anno trovando i servizi più adatti alla tua impresa, al prezzo più competitivo. Grazie al nostro esercito di consulenti sparsi su tutto il territorio nazionale e suddiviso in Business Unit con forti competenze verticali, riusciamo a garantire soluzioni efficaci per tutti quei servizi che ruotano intorno alla quotidianità delle imprese, presenza, competenza e disponibilità sono i valori fondamentali di ogni nostro consulente. Advalor S.p.A. via G. Marconi 118 25015 Desenzano del Garda (BS) info@advalor.it www.advalor.it
la cyber security, anche attraverso polizze ad hoc. Le nuove modalità lavorative hanno poi avuto un impatto pesante anche sui dipendenti, costretti a riprogrammare la loro quotidianità. I modelli di welfare aziendale devono oggi prevedere benefit con finalità assistenziali, di supporto all’istruzione, per la tutela della salute e di sostegno al reddito. «Quest’anno abbiamo supportato le impre se italiane in ogni fase dell’emergenza, du rante e dopo il lockdown, ma soprattutto in questo periodo incerto che richiede ancor più attenzione», sottolinea Gabriele Giacoma. «Assiteca ha predisposto un programma specifico che garantisce alle aziende di operare in sicurezza: dalla gestione dei contagi, ai rischi informatici e di mancata compliance, fino a specifici programmi di welfare per i lavoratori». www.assiteca.it
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IMPRESE & OPPORTUNITÀ UN PUNTO DI RIFERIMENTO NELL’E-LEARNING. MUSA FORMAZIONE, LA ‘CREATURA’ NATA DALLA MENTE DI RICCARDO CAMPANA, RECENTEMENTE PREMIATA A MILANO CON
NEL FATTORE UMANO IL SEGRETO DELL’ECCELLENZA
IL PREMIO “LE FONTI AWARDS”. Musa assicu-
ra una formazione di qualità e garantisce una reale crescita professionale. Per farlo seleziona solo professionisti, manager e consulenti esperti di grandi realtà aziendali. Tutti punti di riferimento nel loro campo i docenti, come il senior trainer del corso di ‘Ethical Hacker & Security Manager’, Massimo Chirivì, già System Engineer, Ict Consultant e IT Security Senior Trainer. Membro di associazioni come Icaa, Clusit e Aipsi. Altra professionista di rango, Cinzia Marotta, senior trainer del corso di ‘Graphic Design Adobe’. Forte di una esperienza ventennale nel settore, già Graphic Designer, Consulente di Adobe Systems Italia e Adobe Certified Instructor, ha formato enti pubblici quali Inpdap, Istat, Alitalia e aziende come Ferrero e Original Marines. Un’altra punta di diamante è l’avv. Marco Martorana, Senior Trainer del corso ‘Privacy Specialist Dpo’. Fondatore e presidente di
Assodata, docente universitario, consulente in diritto della privacy e nuove tecnologie. Chiude questo campione dell’ampio catalogo formativo di Musa, l’ing. PHD Ivan Paduano, Senior Trainer dei corsi di ‘Grafica CAD 2D/3D’. Professore a contratto presso la Facoltà di Architettura la Sapienza a Roma, con esperienze in Rai. Tanto
I PRIMI VENT’ANNI DELLA CONSULENZA INDIPENDENTE NEL 2001 UN GRUPPO DI ANALISTI, CONSULENTI FINANZIARI INDIPENDENTI E GIORNALISTI FINANZIARI, GUIDATI DA SALVATORE GAZIANO E ROBERTA ROSSI, FONDANO SOLDIEXPERT SCF (www.soldiexpert.com)
puntando tutto sulla consulenza finanziaria indipendente a parcella grazie alla Rete e con l’impiego di algoritmi a supporto del processo
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di investimento al servizio dei risparmiatori privati. Sono passati 20 anni e quella che all’epoca veniva considerata una “mission impossibile” come richiedere un compenso trasparente per la consulenza prestata invece che farsi pagare apparentemente nulla (salvo poi scoprire di pagare ai collocatosi commissioni di retrocessione sui prodotti “consigliati”) è diventato uno degli standard più apprezzati dai risparmiatori evoluti ed esigenti. E l’essere soprattutto digitale piuttosto che puntare tutto sulla “relazione fisica” (fonte spesso di manipolazioni in questo settore) un plus molto apprezzato e non solo per motivi di pandemia dai risparmiatori. Gli investitori oggi ricercano sempre più una consulenza senza conflitti d’interesse e si fidano sempre meno delle banche che hanno toccato punti minimi crescenti
testimonia come la centralità del fattore umano, sia del corpo docenti che dei corsisti, sia il vero valore aggiunto di Musa Formazione. +39 06 87 153 208 www.musaformazione.it info@musaformazione.it
per effetto anche dei tanti casi di “risparmio tradito” e di un modello di consulenza spesso non allineato con il miglior interesse del cliente. SoldiExpert SCF fra le società pioniere in Italia nella consulenza indipendente (e fra le prime iscritte all’Albo OCF della categoria) si appresta virtualmente a festeggiare questo importante giro di boa con risultati brillanti realizzati nel 2020 e anche un nuovo look del sito SoldiExpert.com per una migliore esperienza utente. Tra le novità che saranno rilasciate un motore di ricerca su oltre 14.000 fondi d’investimento dove sarà possibile consultare per ogni fondo e società di gestione un voto da 1 a 10 oltre che ricevere un check up gratuito del proprio portafoglio. SoldiExpert SCF è scelta da risparmiatori in tutta Italia con portafogli e patrimoni di tutte le fasce che desiderano ricevere consigli operativi su tutti gli strumenti (azioni, obbligazioni, fondi ed ETF) . www.soldiexpert.com
COMUNICARE L’IMPRESA
IL MUSEO DELLA PASTA INAUGURATO DA BARILLA NEL 2014 PRESSO LA CORTE AGRICOLA MEDIEVALE DI GIAROLA (COLLECCHIO)
Paradossalmente, il riconoscimento del valore del “made in Italy” è avvenuto prima all’estero che in patria. Quel valore, però, non è solo proprio di colossi come Fiat, Eni,Montedison e Olivetti, ma appartiene anche a tantissime medie imprese, che stanno aprendo al pubblico il loro archivio storico proiettando nel futuro un asset intangibile che nessuno può copiare e che può fungere da ispirazione ancora oggi per affrontare le sfide del post pandemia. L’importante campagna di promozione lanciata da Museimpresa potrà estendere di molto l’adesione a questo costruttivo culto del patrimonio storico.
120 COMUNICA COL WEB QUELLA CHAT CHE FA DECOLLARE L’E-COMMERCE
121 STAND OUT SE DAL PERSONAL BRANDING NASCE UN FRANCHISING
MUSEI D’IMPRESA, COSÌ IL FUTURO SI NUTRE DI UN GRANDE PASSATO Museimpresa, l’Associazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa, che riunisce musei e archivi di grandi, medie e piccole imprese italiane, trasforma i luoghi della memoria in asset della competitività di Sergio Luciano vere un Museo, per un’impresa, di incontri con gli imprenditori, per convinvale tanto. Ma proprio in termini cerli quanto sia premiante avere un proprio di valore reale. Il marchio e la remuseo, naturalmente se si hanno oggetti, putazione se ne giovano al di là di quanto documenti, marchi, pubblicità e quant’altro sia ovvio pensare»: s’infervora, Antonio possa essere allestito in un museo e offerto Calabrò, presidente di Museimpresa, l’Assocome esperienza culturale al pubblico. Ma ciazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa, non basta. Abbiamo pensato di ingaggiare che riunisce musei e un bravo InstagramSONO 96 I MUSEI D’IMPRESA ISCRITTI archivi di grandi, memer, Simone BramanALL’ASSOCIAZIONE. MA ALTRI die e piccole imprese te, in arte Brahmino, SE NE AGGIUNGERANNO GRAZIE italiane e che è stata ALLA CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE ad oggi il fotografo fondata a Milano nel italiano più seguito 2001 per iniziativa di Assolombarda e Consu Instagram, al quale abbiamo chiesto di findustria, come rete unica a livello europeo. visitare tutti e 96 archivi e musei d’impresa I musei d’impresa iscritti a Museiimpresa nostri associati e raccontarli per immagini». sono ad oggi 96. Ma altri se ne aggiungeranLa performance, dal titolo “Nel tempo di una no grazie anche ad una campagna di sensistoria”, attraverso 96 minuti di video e 192 blizzazione che l’Associazione sta promuoscatti d’autore, “aprirà” le porte dei musei e vendo. «Sì, innanzitutto attraverso una serie degli archivi d’impresa (al momento chiusi
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COMUNICARE L’IMPRESA MUSEI D’IMPRESA
A lato, immagine della Fondazione Bracco. Sotto, da sinistra: Pina Amarelli, un vecchio manifesto del fernet Branca e Antonio Calabrò presidente di Museimpresa
al pubblico per le restrizioni imposte dalla pandemia), per coinvolgere i follower in un progetto di “cultura partecipata” a favore di un’esperienza visiva sul digitale che superi il concetto di destinazione fisica. «Infine stiamo mettendo a punto un sistema di metriche affidabili – aggiunge Calabrò - per misurare il valore di un musero d’impresa, e dunque dimostrare a chi possa crearne uno che è giusto finanziare l’impresa perché un modo qualitativamente molto alto di creare valore per l’azienda stessa». La Confindustria ha da tempo promosso numerose iniziative che mirano a sanare la ferita della cultura d’impresa nel nostro Paese. Può sembrar banale ma l’Italia è un Paese diventato industriale da ottant’anni, cento al massimo volendo contabilizzare come pre-boom l’espansione conosciuta dalle imprese che avevano lavorato alle forniture militari e alle due ricostruzioni seguiti ai due conflitti mondiali. Ma mentre il Pae-
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se viveva il suo boom industriale, destinato a renderlo in vent’anni la settima potenza manifatturiera ed economica del mondo, due correnti di pensiero socialmente diffidenti restavano distanti, diffidenti se non francamente ostili alle imprese: una parte vasta del pensiero cattolico, che guardava con sospetto all’accumulazione capitalista;
e una consistente fetta della sinistra politica, dal Pci – naturalmente – a pezzi del Psi e a gran parte del sindacato. Negli Anni Settanta ed Ottanta questa cultura ostile è stata in tante occasioni infiltrata dalla distopia politica del terrorismo e della lotta armata e molti imprenditori hanno pagato col sangue questa temperia demenziale. Intanto, però, la forza giovanile dell’industria italiana – non solo i colossi, da Fiat ad Eni a Montedison e Olivetti, ma anche tantissime medie imprese – si faceva “made in Italy”, poneva cioè le basi di un riconoscimento valoriale che paradossalmente si è concretizzato prima all’estero e soltanto in seguito, gradatamente e per molti versi parzialmente, si è esteso all’opinione pubblica italiana. Dunque tanto cammino è ancora da percorrere, e in questo senso Museimpresa è tutt’altro che una statica istituzione di conservatoria. «Stiamo perseguendo un obiettivo ambizioso, quello di portare musei e archivi di impresa da luoghi della memoria, quali sono, ad asset della competitività», chiosa Calabrò. «In questo mondo che vive anni di grande confusione, con un’innova-
zione pervasiva e galoppante, anche un recupero della storicità, che è qualcosa in più della tradizione, è un valore economico, un asset intangibile che nessuno può copiare e che può fungere da ispirazione nell’oggi». Naturalmente, un terreno fertile per la “missione” di Museimpresa sono le scuole. «Il rapporto con la scuola per i musei d’impresa funziona benissimo. Un esempio? Prima del Covid, alla Fondazione Pirelli avevano in visita una classe al giorno. Visite dense, impegnative: non scampagnate. Il Museo della liquirizia di Pina Amarelli è affollatissimo. E ancora quelli di Branca o di Piaggio…Ma andrebbero citati tutti, perché tutti hanno storie da raccontare ed hanno già maturato risultati. Per esempio a Gragnano, in provincia di Napoli, la ripartenza del Museo della Pasta ha risvegliato un orgoglio di territorio e stimolato nuove iniziative. O penso al Museo del pane ad Altamura: un pezzo di cultura materiale». Anche quest’anno Museimpresa si è poi, e naturalmente, impegnata a fondo nella Settimana della Cultura d’Impresa, la rassegna di eventi promossa in collaborazione con Confindustria giunta alla sua XIX edizione, quest’anno completamente virtuale. Mai come quest’anno il compito affidato alle aziende e ai loro musei e archivi di promuovere la cultura d’impresa ha assunto un’importanza cruciale per ribadire che si può e si deve ripartire mettendo al centro l’impresa con la sua capacità di costruire visioni, di innovare e reinventarsi, di essere soggetto cardine di comunità. «Ciò che caratterizza l’Italia – osserva Calabrò - è la sua capacità di resilienza, che vale molto più che per altre nazioni. Basti pensare a tutti i fatti che hanno caratterizzato gli ultimi novant’anni della storia del nostro Paese: dalla grande depressione del 1929 ai due conflitti mondiali, dagli anni del terrorismo a quelli della stagione di Mani Pulite fino alla più recente grande recessione del 2008. Da tutto questo l’Italia si è ripresa e ricostruita, lentamente e faticosamente. Dal passato e dalla conservazione della memoria - custodita anche
Olivetti, Birra Perini, Alessi, Pirelli sono tra le aziende che hanno aperti i propri archivi a Museimpresa
DA IVREA A VERONA, DA PERUGIA A NAPOLI: IL MADE IN ITALY TRASMETTE I VALORI DELLA CULTURA D’IMPRESA ALLE NUOVE GENERAZIONI
grazie all’impegno delle imprese italiane e dei loro archivi e musei - dobbiamo cogliere le chiavi per superare questa ennesima sfida contemporanea avendo ben presente che non si può essere resilienti senza innovare e viceversa è impensabile essere innovativi senza essere resilienti nei periodi di crisi e di difficoltà». Sono state oltre settanta le iniziative virtuali
che hanno coinvolto gli associati a Museimpresa. Da Ivrea a Verona, da Treviso a Perugia, da Firenze a Biella, Napoli e Fabriano. Uno sguardo privilegiato è concentrato sul tema educational sul legame con le scuole, interlocutori fondamentali per trasmettere i valori della cultura d’impresa alle nuove generazioni. Sono state diverse le attività digitali dedicate ai giovani, come il Pmi Day organizzato da Assolombarda, in programma il 20 novembre, per raccontare ai ragazzi delle scuole superiori quattro aziende del territorio e avvicinarli al mondo del lavoro, valorizzando l’importanza del saper fare e trasmettendo i valori positivi dell’impresa. Così come il webinar “Sulle tracce della cultura d’impresa. Istruzioni per l’uso e nuovi immaginari”, promosso dalla Fondazione Bracco. È recente, inoltre, la pubblicazione del volume “Archivi d’impresa”, edito da Anai (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), che raccoglie le esperienze di archivisti, storici d’impresa, manager, professionisti, funzionari pubblici che a vario titolo e con diverse competenze si sono occupati e si occupano di questo particolare tipo di archivi prodotti e conservati dal ricco e variegato sistema delle imprese italiane. Il libro è nato dall’idea di Giorgetta Bonfiglio-Dosio (docente di archivistica), Carolina Lussana (direttrice di Fondazione Dalmine-archivio storico di Tenaris) e Lucia Nardi (responsabile Archivio Storico Eni) e racconta l’evoluzione che gli archivi delle imprese hanno visto nel corso di quasi cinquant’anni. Il volume contiene oltre trenta contributi che, con prospettive incrociate, affrontano il tema nei suoi diversi aspetti. Una fotografia dell’evoluzione di questo importante e poco conosciuto elemento del nostro patrimonio culturale con un occhio al futuro e ai nuovi scenari di valorizzazione e digitalizzazione.
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COMUNICARE L’IMPRESA
L’intelligenza artificiale cinguetta online Si chiama Ailyn ed è nata da una startup tutta italiana. Sa analizzare i dibattiti sui social network e fare analisi predittive, costruendo tweet e post efficaci. Ma può anche essere molto utile per l’e-commerce e i crm di Riccardo Venturi
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om’è assurdo non capire il blocco tra i comuni il 25 il 26 dicembre e il primo gennaio. Non chiedeteci di sposare un liberi tutti!». Non l’ha scritto un politico né un editorialista del Corriere della Sera, bensì Ailyn, la prima intelligenza artificiale predittiva che produce in autonomia contenuti digitali in lingua italiana, nata da una startup tutta italiana. Il suo scopo non è quello di sostituire l’uomo ma di supportarlo, analizzando universi complessi di dati, identificando il tema più corretto ed efficace, e scrivendo il contenuto più adatto che diventa una base di lavoro su cui interviene l’intelligenza umana. La frase sul blocco tra i comuni, per esempio, è il risultato dell’analisi fatta da Ailyn su Twitter a proposito del dibattito in rete sulle limitazioni alla mobilità nel periodo natalizio, con lo scopo di pubblicare un tweet che fosse il più efficace possibile. L’utente ha a disposizione anche una mappa con i nodi, cioè i punti focali del dibattito online (vedi la foto della schermata), che contiene e raffigura
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gli hashtag, gli account più attivi, gli opinion leader; sulla base di questa profonda conoscenza dello stato dell’arte Ailyn costruisce una visione prospettica, e suggerisce il tweet migliore per ottenere il massimo ingaggio. Ma Ailyn può lavorare anche su molti altri ambiti, e si propone come prezioso assistente non solo del social media manager - che si tratti di Twitter o di Instagram – ma anche per fare un altro esempio di chi si occupa di digital marketing. «Ailyn è come un grande stomaco in grado di digerire, sintetizzare e trarre senso da grandi o piccole moli di dati, perché come uno stomaco è elastico» dice il cofondatore Daniele Chieffi, «sa trarre una sintesi del senso profondo di quei dati e costruire l’output più efficace per costruire il risultato: se si parla di e-commerce sarà la proposizione di percorsi d’acquisto accurati, se siamo in campo di crm la costruzione del miglior cluster possibile per il cliente, se invece parliamo di testi sarà la scrittura di elaborati che sono la sintesi più efficace possibile di grandi quantità di testi af-
ferenti allo stesso tema - in italiano, è la prima macchina che lo fa». Per costruire i suoi tweet o post - o anche proposte di percorsi d’acquisto, o cluster per crm, o sintesi di testi complessi e così via - Ailyn utilizza i set semantici più adatti, li ricostruisce secondo una logica grammaticale e ortografica e propone una serie di possibili costrutti linguistici frutto di un’analisi complessa, basata su termini probabilistici. Il risultato è sorprendente, pronto per essere postato o utilizzato, magari dopo l’aggiunta da parte dell’utente della sua visione personale. «Quello che come professionista della comunicazione mi colpisce particolarmente di Ailyn non è solo o tanto la capacità di analisi dei trend che pure è tra le più potenti che ho visto» osserva Chieffi, «mi impressiona molto che la macchina riesca a trarre senso dal trend e quindi a costruire una sorta di prelavorato fatto talmente tanto bene da darmi la possibilità di aggiungere in maniera estremamente efficace il mio tratto». Ailyn, nata da una startup tutta italiana fondata dal gruppo Roncaglia, da Tembo e da un gruppo di professionisti fra i quali oltre a Daniele Chieffi c’è Alessandro Luciani, non è in alcun modo la traduzione in italiano di sistemi inventati in America o in Cina: è stata interamente pensata e realizzata in Italia. Al contrario, ha l’ambizione di affermarsi non soltanto in Italia, ma anche all’estero: un dettaglio non irrilevante nell’era di Google.
DANIELE CHIEFFI
COMUNICARE L’IMPRESA WEB MARKETING
QUELLA CHAT CHE FA DECOLLARE L’E-COMMERCE Utilizzando i tool gratuiti offerti da WhatsApp Business, Mirko Martini con il suo team di Comunica col Web aiuta imprese e commercianti ad avere clienti più soddisfatti ottimizzando anche il customer care di Paola Belli
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hatsApp Business per le aziende? Sì… però… ma sai… alla fine è un’App per cellulare, con tutti i suoi limiti! Ecco quello che si dice, ciò che filtra dagli spifferi degli uffici dei consulenti di marketing. E se invece vi dicessimo che le cose non stanno proprio così? Se aggiungessimo che grazie a WhatsApp Business i clienti di Comunica col Web (specialmente chi possiede e gestisce un e-commerce) riescono ad incrementare il fatturato, migliorare la reputazione del brand, avere clienti più soddisfatti e risparmiare sul customer care? E tutto questo, in maniera assolutamente gratuita. «Per noi di Comunica col Web, WhatsApp BuMIRKO MARTINI, FOUNDER E CEO DI COMUNICA COL WEB siness è stata una vera svolta, uno strumento pratico e innovativo», spiega a Economy Mirko Martini, il founder e ceo di Comunica col Web. dere alle domande degli utenti durante la loro «Anche grazie al cambiamento delle nostre esperienza di acquisto. Crea un catalogo per abitudini quotidiane, nell’ultimo decennio mostrare i tuoi prodotti e servizi e usa struWhatsApp è entrato prepotentemente nella menti speciali per automatizzare, organizzare gestione ordinaria di ogni attività, specialmene rispondere velocemente ai messaggi. «Vorrei te lavorativa. Però ritengo che le sue reali pocitare il caso di un negozio di abbigliamento tenzialità non siano ancora abbastanza note, che seguiamo ormai da tempo. Grazie a Whate possano trovare la massima applicazione sApp Business sono stati inseriti i prodotti nel proprio nel settore e-commerce. Questo è ciò catalogo, con i relativi costi, la descrizione detche ci dice la nostra esperienza quotidiana e tagliata e il link che rimanda alla scheda prola soddisfazione dei dotto nel sito. In queCON WHATSAPP BUSINESS SI POSSONO nostri clienti che lo sto modo ogni cliente, INSERIRE I PRODOTTI IN CATALOGO hanno provato». Vieaccedendo al catalogo CON DESCRIZIONE, PREZZO E LINK ne da chiedere perché di WhatsApp Business, DEL PROPRIO SITO DI E-COMMERCE proprio gli e-commerpuò scegliere in totale ce debbano essere i più avvantaggiati. E quali autonomia cosa acquistare. L’ordine fa partire sono i vantaggi reali per chi vende online? E un messaggio verso il telefono del titolare con per i clienti? Cosa consente di fare WhastApp il prodotto scelto e le quantità desiderate». Business? Cominciamo col dire che WhatsApp Non solo: «Oltre a tutte le funzionalità appena Business è un’applicazione gratuita pensata descritte abbiamo anche sviluppato un moduper piccoli imprenditori... che però si rivela lo aggiuntivo per l’e-commerce, così quando il ultile anche alle medie e grandi imprese. Concliente compra un prodotto, gli arriva un messente di interagire con i clienti con la massima saggio su WhatsApp oltre alla mail standard; facilità, presentare prodotti e servizi e rispondopo il completamento della spedizione al
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cliente arriva inoltre un messaggio di conferma contenente anche il numero di tracking». E poi c’è il customer care, fondamentale per qualunque tipo di esercizio e attività, non solo commerciale: «Quando un utente ha bisogno di informazioni oppure di assistenza sul sito, sfrutta questo pulsante per parlare immediatamente con un addetto al customer care del negozio. In questo modo non si rischia di perdere la vendita e si cerca di risolvere subito una richiesta di supporto. WhatsApp Business è infine sincronizzato anche con la pagina Facebook dell’attività, così il numero è validato e risulta come recapito ufficiale anche da Facebook. Ciò consente di aggiungere il pulsante di WhatsApp Business anche sulla propria pagina di Facebook ed essere contattati direttamente sul numero di WhatsApp Business». C’è altro da aggiungere per comprendere quanto la comunicazione sia più fluida, le vendite molto più semplici e i clienti più soddisfatti? Probabilmente no. www.comunicacolweb.it
siness. In questo senso, quella di Alessandro Taddia è una case history che ha molto da insegnarci. Bolognese doc, è riuscito a trasformare, in pochi anni, la gestione delle pratiche di risarcimento danni in una scienza al servizio del cliente. Ma lasciamo che sia direttamente lui a dare qualche suggerimento a chi vuole seguire le sue orme.
Se dal personal branding nasce un franchising Alessandro Taddia nel 1990 ha aperto la prima agenzia che portava il suo nome. A trent’anni di distanza il gruppo Taddia conta oltre un centinaio di filiali, disseminate in tutto il territorio nazionale di Gianluca Lo Stimolo PERSONAL BRANDING… E POI? SE DOVESSIMO FARE UNA CLASSIFICA DEI PENSIERI CHE AFFASTELLANO LA MENTE DI CHI HA INTENZIONE DI VALORIZZARE IL PROPRIO BRAND PERSONALE, LE PROSPETTIVE PER IL FUTURO DI SICURO OCCUPEREBBERO LE PRIME POSIZIONI. Quando un professionista o
imprenditore diventa un punto di riferimento per una nicchia di mercato, infatti, non è più costretto a giocare al ribasso sui prezzi per rincorrere nuovi clienti. Anzi, nella migliore delle ipotesi sono loro ad andare a cercarlo. Tra i nuovi orizzonti ci può essere il consolidamento della propria attività, l’ingresso di nuovi soci, la crescita del business. E sulla competenza fondante del personal brand si può costruire anche un impero. Magari creando e sviluppando un franchising di successo. L’AUTORE, GIANLUCA LO STIMOLO BUSINESS CELEBRITY BUILDER FOUNDER & CEO STAND OUT
È stata l’intuizione di Alessandro Taddia, esperto nel settore assicurativo che nel 1990 ha aperto la prima agenzia che portava il suo nome. Attenzione, però, non un’agenzia qualunque. La sua promessa infatti era molto chiara: essere il migliore nel risarcimento del danno. A trent’anni di distanza il gruppo Taddia conta oltre un centinaio di filiali, disseminate in tutto il territorio nazionale, a cui migliaia di clienti si rivolgono per le controversie legate a incidenti stradali, infortuni sul lavoro, casi di malasanità, sinistri di ogni genere (a cui di recente si è aggiunto anche il coronavirus). La sua storia ci dimostra che il franchising è uno sviluppo molto interessante, ma a due condizioni. La prima: partire da una base di competenze estremamente solida, da tradurre in un protocollo e trasferire ad altri professionisti, creando un know how unico. La seconda: colpire una reale necessità espressa dal mercato. Da queste due precisazioni appare chiaro che il personal branding non è una semplice operazione di maquillage. Al contrario, è una strategia volta a valorizzare i propri punti di forza in modo funzionale alla crescita del bu-
Ora che Taddia Group è una realtà così radicata in tutt’Italia, quanto conta ancora il suo brand personale? È fondamentale, oggi forse ancor più di prima. Sono il volto e l’identità del Gruppo Taddia. Non solo colui che l’ha creato e fatto crescere, ma anche il detentore principale dell’esperienza e della cultura aziendale. Oggi il mio brand personale qualifica ancora di più la nostra realtà, che si è espansa tanto. È la garanzia di chi ci mette la faccia perché “sa quello che dice e lo fa” e mi identifica come responsabile delle attività e del mantenimento delle promesse del gruppo. Il know how è sempre stato il suo patrimonio più importante. Come fa a mantenere il controllo e assicurare un livello di eccellenza? Il know how è il fattore principale su cui si basa qualsiasi franchising che si rispetti. E non mi riferisco solo alla trasmissione di quello necessario nella fase iniziale per permettere a un affiliato di partire, ma a una formazione continua che dia valore aggiunto costantemente a ogni franchisee e sia da stimolo verso l’eccellenza. Cosa consiglierebbe a chi desidera aprire un franchising? Di partire da una competenza solida, che può nascere solo da un’esperienza diretta e prolungata. Troppo spesso vengono aperti sistemi di affiliazione, da franchisor che non hanno ancora raggiunto il loro successo e compreso in profondità le dinamiche necessarie da trasferire ai franchisee. Bisogna investire sul brand e sugli affiliati, anche nelle politiche stesse del franchising, perché si sentano parte di un gruppo. Mai mettersi su un piedistallo, ma rimanere invece autocritici e ascoltare le loro esigenze, per crescere sempre insieme.
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E POI IL PIACERE...
IL DEEJAY BOSS DOMS SULLA TERRAZZA MARTINI DI MILANO IN OCCASIONE DEL #MARTINILIVEBAR
LO SPIRITO DEL DISTANZIAMENTO È AD ALTA GRADAZIONE ALCOLICA Dall’aperiZoom in cantina alla degustazione virtuale, passando per eventi live online e immersioni in experience 3D: ecco come il settore del beverage ha risposto ai lockdown totali e parziali di Marina Marinetti
128 MOTORI LA LIMOUSINE MADE IN ITALY PARTE DA 700MILA EURO (PIÙ IVA)
129 AUTOAPPASSIONATI LE ULTIME NOVITÀ NEL MERCATO DELL’AUTO
130 LE RAGIONI DEL GOSSIP
L’
unico distanziamento che il Codell’omonima distilleria di Vazzola (Trevivid non ha portato è quello dal so) ha addirittura imbottigliato in erogabicchiere. Anzi: stando all’Istituto tori spray la sua Grappa Alto Grado 71 (a superiore di sanità, già durante il primo 71 gradi di gradazione alcolica, appunto), lockdown le vendite di alcolici sarebbero da nebulizzare direttamente nel cavo orale aumentate del 180%. per disinfettarlo. Ma E secondo dati Niel- SECONDO I DATI NIELSEN GIÀ DURANTE quello che il virus ci IL PRIMO LOCKDOWN LE VENDITE sen, l’e-commerce ha tolto, più di ogni ONLINE DEGLI ALCOLICI SONO relativo a prodotti altra cosa, è il piaceDECOLLATE SEGNANDO UN +234% alcolici ha visto le re della convivialità proprie vendite decollare del 234% già tra e dell’experience. Per fortuna abbiamo inmarzo e aprile dello scorso anno, durante la ternet, che ci ha reso il distanziamento un prima ondata. L’alcol non protegge in alcun po’ meno greve. A fare da apripista è stata modo dal Covid, ma piace credere che almeVilla Sandi, che con l’hashtag #condividiano disinfetti. Tanto che Roberto Castagner, mounape invita a condividere attraverso
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E POI IL PIACERE...
Un fotogramma dell’experience 3D proposta da Pernod Ricard in Costiera Amalfitana. In basso, il tuor virtuale delle cantine di Villa Sandi
un post o una storia Instagram un aperitivo con i propri amici e conoscenti. Per l’occasione il gruppo della famiglia Moretti Polegato ha ideato un vero e proprio kit composto da una bottiglia di Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut Millesimato accompagnato da un set di Pan da Vin, un particolare tipo di pane ideato appositamente per le degustazioni di Prosecco dalla scuola Dieffe di Valdobbiadene, una scuola di eccellenza in Veneto e a livello nazionale per i futuri operatori della gastronomia e della ristorazione. «Con #Condividiamounape – spiega Giancarlo Moretti Polegato, Presidente di Villa Sandi - vogliamo sostenere la convivialità tipica dell’aperitivo Polegato ha ideato così kit personalizzabili all’italiana, una tradizione che è diventata che contengono due o tre vini oltre a un coun vero e proprio rito in tutto il mondo. Le dice per accedere al tour. Una volta ricevuto difficoltà del momento ci obbligano a riil kit, basta contattare la guida per fissare vedere le nostre abitudini in molti aspetti, l’orario del tour in diretta. Ogni percorso ha anche e soprattutto nella socialità. Ritengo al massimo cinque viaggiatori e la degustache la tecnologia e i social media possazione (tramite video no aiutarci a creare VILLA SANDI È STATA L’APRIPISTA conferenza) spazia nuova modalità di DEGLI APERITIVI VIA SOCIAL LANCIANDO dal Prosecco Supefruizione di questi L’HASHTAG #CONDIVIDIAMOUNAPE riore Docg al Valdobmomenti di gioia e E AVVIANDO LE VISITE VIRTUALI biadene, dall’Asolo al di leggerezza, accelepluripremiato Cartizze fino agli spumanti rando il processo di Digital Tasting che era medoto classico di Villa Sandi. già in atto. Con #Condividiamounape proL’apericena è stata ormai soppiantata muoviamo anche il nostro territorio, unendall’aperiZoom. Le piattaforme di videodo un prodotto tipico ed eccellente come il conferenza hanno salvato il salvabile attenostro Prosecco Millesimato al Pan da Vin nuando il distanziamento sociale imposto della scuola Dieffe di Valdobbiadene». dalla pandemia. Qualche brand del beveraNon solo: sempre Villa Sandi ha portato ge si è spinto oltre, arrivando a organizzare la tasting experience a un nuovo livello, mega-aperitivi virtuali con 15mila persone aprendo al pubblico le cantine della villa collegate. È il caso di Martini, con il suo palladiana di Crocetta del Montello a tour #MartiniLiveBar, che all’inaugurazione del virtuali rigorosamente “live”, in compagnia 12 novembre ha visto affollarsi il live stredelle guide Lisa e Jacopo... ma con degustaaming (tra dirette Facebook e Instagram) zione reale. Il gruppo della famiglia Moretti
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con più di 15mila persone. Guest star, il chitarrista, produttore e dj Boss Doms, che si è raccontato davanti al banco bar di Terazza Martini sorseggiando un Martini Fiero&Tonic per dare poi il via a un edjset guardando dall’alto il Duomo di Milano. E il 17 dicembre a ballare in stremaing con il rapper Nitro di spettatori ce n’erano ad-
dirittura 30mila. «Con il nostro #MariniLiveBar vogliamo dare un messaggio di speranza e sostenere un settore come quello delle spettacolo e della musica italiana che, pur nelle difficoltà, non ha mai smesso di essere interprete dei sentimenti personali e collettivi, traducendoli in ritmo e parole», spiega Fabio Pane, Martini marketing manager Italy. «Il nostro prodotto di punta, pensato per i millennials, si chiama Martini Fiero e non è un caso. Crediamo, infatti, che sia davvero importante non smettere mai di essere fieri di essere se stessi, soprattutto quando si è giovani e il futuro appare ancora indefinito». E anche il kit Fiero&Tonic per preparare l’aperitivo a casa, ça va sans dire, si trova online su www.winedelivery. com. Se poi l’assembramento, ancorché virtuale, stride con l’idea della pandemia in corso, c’è sempre la possibilità di gustarsi l’aperitivo in solitaria. Malfy, il gin 100% italiano entrato recentemente nell’orbita di Pernod Ricard, per esempio, con l’acquisto di ogni bottiglia offre un visore 3D per immergersi in limonaie della Costiera Amalfitana, sospese tra cielo e mare, curiosare nelle botteghe artigiane, fare un giro in auto lungo la costa, godersi un tramonto mozzafiato da una terrazza panoramica e imparare a creare il Malfy&Tonic perfetto. «Avremmo voluto offrire quest’experience dal vivo», spiega
E-COMMERCE... A TUTTA BIRRA «Il 40% della birra viene consumato fuori casa. Con il lockdown, ovviamente, questa possibilità è andata quasi tutta in fumo. Facendo due conti, il calo del fatturato per il solo settore dei bar e dei ristoranti è intorno al 30%. Al tempo stesso si registra una crescita del consumo di birra a casa, con un fatturato incrementato del 7-8% attraverso i canali della gdo. E così, alla fine, il business della birra calerà del 10%». Alexandros Karafillides,Vice President Southern Europe & Baltics & Managing Director Carlsberg Italia prova – è proprio il caso di dirlo – a vedere il bicchiere mezzo pieno, partendo dalla convinzione che le abitudini degli italiani in materia di consume di birra non saranno mai più le stesse. Tant’è che anche per il 2021 non si aspetta di tornare ai livelli
del 2019, nonostante il vaccino e nonostante una normalizzazione complessiva della situazione. Semmai, si aspetta che si consolidino nuovi trend e nuove abitudini. «Se oggi dovessi tirare fuori la sfera di cristallo – ci racconta Karafillides – direi che rimarrà molto consumo a casa, mentre ci restringeremo ulteriormente nella parte outdoor». D’altronde, storicamente gli italiani non sono grandi amanti della birra, abbiamo il
vino, vogliamo i cocktail, la birra sembra destinata solo ad accompagnare le pizze. Invece, negli ultimi anni si è assistito alla tendenza, dettata dai giovani e dal proliferare di birrifici artigianali, che ha portato a una crescita costante tra il 2 e il 2,5% all’anno. «Stiamo puntando molto – conclude Karafillides – sull’ecommerce, cresciuto del 400% tra marzo e aprile e poi rimasto su livelli “eccezionali” anche con l’allentarsi delle restrizioni».
a Economy Dejan Petrovic, Senior Brand «Già nel 1050 i monaci benedettini facevaManager di Pernod Ricard Italia (nel cui no un’infusione di ginepro nell’alcol, per portafoglio figura anche il Beefeater londisfruttarne le proprietà curative. La Costiera nese che nel 2020 ha compiuto il bicenteAmalfitana è la culla del gin e psiamo fieri nario), «ma quando vi siamo resi conto che di produrre uno spirit che nasce in Italia e la pandemia non si sarebbe risolta in tempi prende il meglio del Paese: dai prodotti alla brevi abbiamo trovato questa alternativa lavorazione. Sono rigorosamente italiane le per vivere Malfy in 9 botaniche di Malfy, CON OGNI BOTTIGLIA DI GIN MALFY prima persona e ridistillate sottovuoVIENE REGALATO UN VISORE 3D assaporare panorami to a freddo per no PER IMMERGERSI NELLE LIMONAIE che ci stiamo dimenalterarle: bacche di DELLA COSTIERA AMALFITANA ticando. Vogliamo ginepro della Toscavivere questi momenti facendoci aiutare na raccolte a mano, limone della Costiera dalla tecnologica, per ricordarci quanto sia Amalfitana e di Sicilia, pompelmo rosa sicibello viaggiare e vivere all’aperto». E se il liano, arance rosse di Sicilia, semi di corianfatto che il gin stimoli il metabolismo non dolo, radice di liquirizia, radice di angelica, è altro che una leggenda metropolitana a corteccia di cassia e radice di iris. Malfy è cui ci piace credere, è grazie a Malfy che completamente made in Italy, dal tappo di scopriamo che il gin nasce proprio in italia: quercia al vetro della bottiglia».
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EE POI MOTORI POIILILPIACERE PIACEREMOTORI
La limousine made in Italy da 700mila euro (più Iva) Della Aznom Palladium verranno prodotti solo dieci esemplari. Di serie avranno i finestrini posteriori oscurati e abitacoli abbastanza capienti da poter ospitare armi di grosso calibro di Franco Oppedisano
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nche se è costruita in Italia, a due passi da Milano, è difficile che riusciate a vederla in giro. Non perché sia piccola. Anzi, è lunga quasi sei metri, larga più di due e alta altrettanto. Insomma, non passerebbe inosservata vicino a una Panda, ma ne produrranno solo dieci esemplari e per sfortuna (o per fortuna) sono, con ogni probabilità, destinati ai mercati americano, cinese, mediorientale e russo. Che vuol dire miliardari, sceicchi e magnati, a essere gentili. In Italia sono in pochi a potersi permettere una Aznom Palladium (il costo è di 700 mila euro più Iva) e quei pochi probabilmente non la comprerebbero. Perché è un’auto esagerata, troppo grande (deriva dal pick-up Ram 1500 che di fatto è un piccolo camion), ha un motore troppo potente, un V8 da 5.7 litri, potenziato dalla Monza Garage con l’installazione di un kit biturbo in grado di erogare 710 cv e 950 Nm di coppia, e persino gli pneumatici sono fuori misura: cerchi da 22 pollici che calzano pneumatici 285/45. Fuori è una via di mezzo tra una grossa berlina di superlusso e un grande Suv, dentro è un tripudio materiali preziosi anche nella versione più semplice. La pelle che riveste sia i sedili anteriori che il divano posteriore è stata curata da Foglizzo, azienda che dal 1921 è un punto di
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riferimento per il settore, la plancia è caratterizzata da un grande schermo di tipo touch che si estende in verticale e da cui è possibile controllare tutte le funzionalità del sistema multimediale, mentre in un mobiletto posteriore trovano posto due calici e una bottiglia per rilassare i passeggeri durante il viaggio. Il bagagliaio, poi, contiene un set di valigie realizzato con gli stessi pellami degli interni e un ombrello firmato dallo specialista artigiano Francesco Maglia. Quisquilie rispetto al fatto che l’auto è totalmente personalizzabile e immaginiamo già i futuri proprietari in angoscia davanti alla scelta di accessori ben più costosi e materiali al limite della decenza o oltre. «Ogni modello sarà realizzata come un abito cucito su misura per il cliente» spiega il comunicato stampa del produttore «che, attraverso la scelta e la personalizzazione totale dei dettagli, sarà un attore fondamentale per la realizzazione della sua vettura». Nessuno dei proprietari guiderà mai quest’auto, se non in occasioni straordinarie perché, come ogni limousine, i posti anteriori sono pensati per l’autista e la guardia del corpo. Per quest’ultimo l’auto è abbastanza grande per poter ospitare armi di grosso calibro (elementi indispensabili in alcune parte del mondo per certi tipi di professioni) e abbastanza potente per permettersi una blindatura totale che naturalmente sarà un costo in più. I sedili posteriori arretrati rispetto ai finestrini oscurati sono di serie. Di serie sono anche trazione integrale, assetto con quattro diversi livelli di altezza e sospensioni pneumatiche per poter affrontare qualsiasi tipo di terreno a una velocità massima di 210 chilometri all’ora. Mentre per fermare questo macchinone, capace di andare da zero a centro chilometri all’ora in 4,5 secondi, è stato necessario montare un impianto frenante della Brembo con dischi anteriori da 408 mm e pinze a sei pistoncini. La Palladium sarà prodotta con tecniche prevalente artigianali a Monza nella officina di Aznom (Monza al contrario), un’azienda nota per gli allestimenti speciali e la personalizzazione di vetture di alta gamma, nonché per la progettazione e la realizzazione di alcune automobili “one off”.
in collaborazione con Autoappassionati.it MOTORI E POI IL PIACERE
FIAT PANDA MY2021: NUOVA VERSIONE SPORT E DISPLAY DA 7 POLLICI Si rinnova con il model year 2021 la Fiat Panda, la citycar torinese che si trova da anni in cima alle classifiche di vendite in Italia. Sotto il cofano ci sono tre offerte di motorizzazioni, con versioni ibride, a metano e turbo benzina, tutte Euro 6d-Final. Non ci sono particolari novità estetiche, ma a seconda dell’allestimento cambiano i dettagli estetici dedicati. Sulla nuova Panda Sport, infatti, spiccano i nuovi cerchi in lega “Sport” da 16” bi-colore, le maniglie e le calotte in tinta carrozzeria e l’esclusivo logo “Sport”
cromato, disposto sulla fiancata laterale. Dentro si conferma l’abitabilità della citycar di successo, ma la vera novità della Fiat Panda MY21 si trova leggermente a destra rispetto alla posizione del conducente. La rinfrescata tecnologia porta, infatti, in dote la nuova radio Touchscreen con schermo da 7” con sistema digitale DAB, predisposizione mirroring (Apple CarPlay e Android Auto) e nuovo alloggiamento per il device appena sopra la radio.
LAMBORGHINI HURACAN STO: DALLA PISTA ALLA STRADA
TOYOTA YARIS GR: LA SPORTIVA GIAPPONESE A TRAZIONE INTEGRALE
Nasce dall’esperienza nel mondo delle corse della Casa di Sant’Agata e si ispira liberamente alle vetture del Super Trofeo la nuova Lamborghini Huracan STO (Super Trofeo Omologata), massima espressione dell’auto da corsa prestata alla strada, visto che è omologata per la circolazione. La Huracan STO è sempre dotata del V10 aspirato da 640 CV, ma propone freni da corsa Brembo e un’aerodinamica profondamente rivisitata. Dal primo all’ultimo centimetro della carrozzeria, a parte i gruppi ottici,
tutto è stato rivisto per massimizzare il lavoro dei flussi d’aria. Il cofano anteriore, i parafanghi e il paraurti anteriore sono integrati in un unico elemento: il “cofango”. Non manca lo splitter che convoglia l’aria nel sottoscocca, mentre al posteriore, invece, il parafango è dotato di prese d’aria
NACA. Anche gli interni della Huracan STO sono del tutto orientati alla guida racing, con i sedili sportivi, rivestiti di Alcantara e Lamborghini CarbonSkin, fino alla moquette sostituita da tappetini e pannelli leggeri delle porte, entrambi 100% in carbonio.
Frutto dell’esperienza vincente di Toyota nel mondiale rally, ha un tre cilindri da 261 CV e un sistema di gestione della trazione GR-Four che farebbe invidia alla Yaris WRC campione del mondo. Si chiama GR Yaris ed è solo parente della segmento B di nuova generazione che ha evoluto ancor di più il suo sistema ibrido, vero punto di forza. Dimensioni diverse, un design super sportivo, fatti di generosi cerchi in lega, muscoli sui passaruota e interni sportivi, per una rivisitazione e una grande cura di ogni aspetto della vettura. Il motore è un turbo a tre cilindri da 1.6 litri con una potenza di 261 CV e una coppia di 360 Nm, conforme alle norme tecniche della WRC2, che permette alla GR Yaris di passare da 0 a 100 km/h in 5,5 secondi, fino a una velocità massima limitata elettronicamente di 230 km/h. La sua costruzione si avvale di caratteristiche derivate direttamente dal motorsport, tra cui un turbocompressore con cuscinetti a sfera, valvole di scarico di grande diametro e raffreddamento a più getti d’olio per i pistoni.
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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta
ANNO NUOVO, VITA NUOVA (O QUASI) COCCOLATI DA MAMMA RAI Altro che grandi cene e viaggi esotici: il tradizionale brindisi stavolta l’abbiamo fatto tutti davanti allo schermo. Che con un palinsesto più ricco che mai ha attenuato la delusione per la clausura forzata C’ERA UNA VOLTA IL
oppure in TV. Eh sì perché il solo
Clerici e tanti altri. Su Canale
avuto la figlia Caterina), Myrta
CAPODANNO DELLA
passatempo festivo per tutti
5 invece Alfonso Signorini ha
in versione pop è molto diversa
BUSINESS COMMUNITY CHE
noi che siamo rimasti a casa è
festeggiato con i concorrenti
dal solito cliché della giornalista
STACCAVA IL 23 DICEMBRE
stato la televisione . Ecco allora
del Grande Fratello, rimasti
regimental. Trasformazione che
PER RIENTRARE IN UFFICIO
Amadeus che conduce insieme
nella Casa più spiata d‘Italia
sta avendo pure Serena Bortone
DOPO LA BEFANA. Località
a Gianni Morandi l’evento del
fino a metà febbraio. Sulla 7
padrona di casa del pomeriggio
esotiche, seconde o terze
31 dicembre dalla Dear di
si è vestita di colore natalizio
di Rai 1 che, abbandonati gli abiti
case in montagna - da Cortina
rigorosi di Agorà, adesso vive
d’Ampezzo ad Aspen in Colorado
una Second Life piu scintillante e
- grandi cene e feste di ogni
gradita al pubblico. Natale in TV
tipo per brindare al nuovo
per entrambe le signore e per le
anno in arrivo. E adesso? Il
altre colleghe del calibro di Lucia
terribile 2020 se n’è andato
Annunziata, Bianca Berlinguer
in modo impalpabile anzi il più
e Luisella Costamagna. Natale e
velocemente possibile perché
Capodanno ad Uno Mattina per
di danni, come ben sanno
la bellissima Monica Giandotti,
imprenditori e partite Iva, ne ha
volto di punta del day time di Rai
già fatti troppi.
1, brava e competente accanto a
Dove hanno brindato i vip
Marco Frittella, e per Benedetta
nostrani? Il premier Giuseppe
Rinaldi che fa faville su Rai 3
Conte - foggiano doc - avrebbe
insieme a Michele Mirabella.
voluto fare visita agli anziani
Capodanno pieno di giochi e
genitori nel paese d’origine ma,
fiocchi infine per la famiglia di
grazie all’ultimo Dpcm, è dovuto
Michele Guardi. Oltre al super
restare nella capitale insieme
successo di Rai 1 targato Uno
alla bella compagna Olivia Paladino e al figlio adolescente.
Mattina in famiglia (ci siamo io IN SENSO ORARIO: NUNZIA DE GIROLAMO, ANTONELLA CLERICI, MYRTA MERLINO E LUISELLA COSTAMAGNA
e Tiberio Timperi che andiamo
Sono restati a casa anche il
Roma. Inizialmente la kermesse
anche Myrta Merlino che ha
in onda ininterrottamente per
ministro Francesco Boccia e la
sarebbe dovuta andare in onda
condotto L’aria di Domenica in,
tutte le feste ), ecco I fatti vostri
moglie Nunzia de Girolamo che
dalle Acciaierie di Terni ma
versione più pop rispetto alla
su Rai 2 con Giancarlo Magalli
hanno brindato sotto l’albero
poi - causa Covid - la trasferta
quotidiana che va avanti con
e Samantha Togni affiancati
insieme alla figlioletta Gea. Diego
umbra è stata azzerata. Social
successo da anni. Myrta si è
da Salvo Sottile e dal maestro
della Valle non si è mosso dalle
distancing e tamponi a raffica
spesso mostrata in questi ultimi
Stefano Palatresi. Il grande
Marche, Brunello Cucinelli è
hanno permesso un Capodanno
tempi sui social esibendo la
Michele Guardi che solitamente
restato fedele alla sua Umbria
in sicurezza con molti volti
sua grande casa romana dove
vola in Sicilia per le feste di
così come non si è spostato dalla
amati di mamma Rai: da Mara
vive con il campione del mondo
Capodanno, quest’ anno è
sua abitazione Luca Cordero
Venier ad Alberto Matano
Marco Tardelli . Ex compagna
restato a Roma a dirigere i suoi
di Montezemolo. Tutti a casa
passando per Antonella
di Domenico Arcuri (da cui ha
programmi.
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