Economy Luglio-Agosto 2021

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ECONOMY | ANNO IV | N.47 | MENSILE | LUGLIO - AGOSTO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 9 LUGLIO 2021

POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

www.economymagazine.it

Luglio - Agosto 2021 Euro 3,50

FIERE / Dal Cibus, che inizia a fine agosto, al Salone del Mobile l’economia sociale riparte così

ENERGIA, CHI MINACCIA IL GREEN Autorizzazioni a rilento, gare deserte, 9 gigawatt di impianti bloccati in tre anni: di questo passo, il Paese rischia di perdere il treno delle rinnovabili. Ma forse qualcosa sta cambiando

Roberto Giacchi

CINGOLANI: «DIPLOMAZIA ECONOMICA PER IL CLIMA»

Parla il ministro per la Transizione ecologica: «Bisogna scrivere nuove norme globali» INTELLIGENZA ARTIFICIALE ARRIVANO LE REGOLE UE ROBERTO CINGOLANI

Cosa usarle per fare più business Le incognite delle norme nazionali Il cruciale controllo sulle macchine

• SVAPORE / Una stangata fiscale proibizionista da respingere • SCENARI / Lo Bianco (Bip): «Noi, la ripresa e il private equity»

SEGRETI CHE RENDONO

È ORA DI ASSICURARSI

Il know how aziendale si può iscrivere a bilancio: ecco come

Intesa Sanpaolo lancia l’agenzia per assicurare le imprese

Con oltre 1,5 miliardi di valore l’azienda punta a nuovi acquisti

Euler Hermes: «Molte imprese escono più forti dalla pandemia»

UNICORNO TINEXTA

ANTICORPI ANTICRISI







EDITORIALE

FURBASTRI E BUROCRATI, VARIANTI LETALI

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n Paese dottor Jekyll, che costruisce la ripresa e, per esempio, investe sulle energie rinnovabili per fare fino in fondo DI SERGIO LUCIANO la sua parte contro il cambiamento climatico; e un Paese Mister Hyde, che si rivolta contro se stesso e blocca sul terreno, con infiniti cavilli e cieco ideologismo, tutte le iniziative prese dall’altro. È il quadro gravissimo che emerge approfondendo – come fa questo numero di Economy – il paradossale stallo che si è creato con le gare, disertate, per i nuovo impianti di energie rinnovabili, senza i quali l’Italia non riuscirà mai a conseguire gli obiettivi della transizion energetica. C’è da sperare, come fa il ministro Cingolani (nell’intervista a seguire) che i decreti per la semplificazione introdotti dal governo Draghi sblocchino l’impasse, ma non è sicuro. Quel Mister Hyde, letale come la peggiore delle varianti virali, usa soprattutto l’arma del rinvio e della palude. La burocrazia cammina sulle gambe di uomini unicamente dediti alla “fuga dalla firma”, cioè dalle responsabilità, come ebbe a denunciare proprio Draghi nel suo primo discorso pubblico da premier. E quindi non basta un decreto quando ce ne sono 600, attuativi, ancora da scrivere per i soli provvedimenti dei decreti Conte. Stiamo raggiungendo ormai livelli da pagliacciata isti-

IL CORSIVO

tuzionalizzata. Con condimento maleolente di ordinamenti giudiziari inerti: con ricorsi d’urgenza accolti (vedasi il caso Enasarco, di cui Investiremag.it ha dato cronache puntuali) bloccati da controricorsi, nell’inerzia delle sanzioni. Una giurisdizione che non funziona, salvo nel segmento dell’abnorme e spesso irresponsabile potere dei Pmi. Insomma, un disastro. E non basta: a scorrere i dati sul “tiraggio” della Cassa integrazione nei mesi del secondo lockdown si resta sorpresi dalle richieste (circa 6 miliardi) di quasi due terzi inferiori ai 16 miliardi stanziati come limite massimo. Tra le cause, una componente di lavoro nero maggiore di quella ipotizzata in partenza, soprattutto nei piccoli esercizi pubblici, che hanno lavorato più del denunciato, con il delivery, e hanno pagato in nero il personale saltuario: spesso solo una scorrettezza “difensiva” che si salda però a un endemico e pervasivo atteggiamento furbastro, che a volte resta nell’ambito della scorrettezza preventiva (“a brigante, brigante e mezzo”) contro un fisco criminogeno per quanto è confuso e oppressivo, ma che spesso sconfina nella criminalità, dai telai omicidi di Prato alla funivia senza freni di Stresa. E questa della furbizia anti-Stato è l’altra variante letale che ha zavorrato l’Azienda Italia e le ha fatto perdere, in trent’anni, tra i 22 e i 35 punti di Pil rispetto a Germania, Francia e Spagna. Un Paese economicamente suicida. Che però oggi ha sul piede la palla-gol per ri-

scattarsi. E ben lo sanno, ed anzi lo dimostrano, le migliaia di aziende, soprattutto piccole e medie (quelle grandi sono purtroppo sempre di meno, ovvero vengono comprate da investitori stranieri) che si sono rimboccate le maniche ed hanno ricominciato a produrre. Sorprendendo i previsori e portando il Pil dei primi due trimestri oltre le speranze. L’abbiamo sempre scritto: è l’ora di contare sulle proprie forze, e solo su di esse. Eppure, dal punto di vista storico, nell’interesse dei nostri figli, senza un ulteriore colpo di reni del governo, non se ne esce. Questo insperato governo di unità nazionale per la prima volta in trent’anni affidato a un leader che veramente il mondo rispetta, ha una responsabilità storica enorme. Che non deve rinunciare ad esercitare per nessuna ragion politica. Anche perché la politica è sospesa: dovunque ci si volti, ci si deprime. Un centrodestra diviso e non convincente nell’approccio che si richiede a una forza di governo; un Pd fibrillante, schiacciato sui diritti civili e dimentico di quelli sociali; una Vandea di grillini dispersi, ancora dipendente da un vecchio comico velenoso e in disarmo. Dunque l’esecutivo esegua: come farà mai una politica così debole a opporsi? Esegua la riforma della burocrazia, ma facendo arrabbiare i burocrati; e della giustizia, ma tagliando le unghie ai Pm e ristabilendo la meritocrazia. Finché i “riformati” non protesteranno, ahimè: non saranno state vere riforme.

DOPO DIECI ANNI DI GUERRA SIDERURGICA È IL MOMENTO DELL’ARMISTIZIO

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opo la sentenza del Consiglio di Stato che, annullando quella del Tar di Lecce, consente l’esercizio dell’area a caldo dell’acciaieria di Taranto, è sperabile che si avvii a conclusione la ‘guerra siderurgica dei dieci anni’ che dal luglio del 2012 contrappone i difensori del sito e di chi vi lavora, e coloro che invece ne vogliono la chiusura ritenendolo con le sue emissioni nocive causa di decessi per gravi patologie? Ma si riapra subito da parte del Governo Draghi il dialogo con la città, per presentarle il nuovo piano produttivo e ambientale per il Siderurgico che dovrà assicurare lavoro, tutela della salute e dell’ambiente, e nuova visibilità nazionale e internazionale ad una città a vocazione

industriale. Taranto è, e dovrà restare, una capitale dell’acciaio, ma si dovrà produrlo con tecnologie e processi avanzati, rispettando ambiente, salute e occupazione. Occorreranno investimenti ingenti, grandi competenze ingegneristiche, mature professionalità di fabbrica, intelligente collaborazione delle Istituzioni locali. È giunto il momento, insomma, di porre fine ad un conflitto decennale che ha visto radicalizzarsi posizioni duramente contrapposte fra chi difendeva l’acciaieria e i suoi occupati, pur con tutti gli interventi necessari per mitigarne al massimo le emissioni nocive e chi, invece, anche in alcuni palazzi del potere, si assegna tuttora la

missione ‘storica’ di farla chiudere dopo 60 anni di attività, proponendo di salvarne l’occupazione con lunghi lavori di bonifica del sito. Bisognerà, al contrario, promuovere un disarmo bilaterale e bilanciato di posizioni contrapposte, lavorando tutti per una produzione siderurgica ecosostenibile al servizio dell’economia territoriale, della Puglia e del Paese. Federico Pirro – Università di Bari – Centro Studi e documentazione sull’Industria nel Mezzogiorno

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SOMMARIO

COVERSTORY

019 INTRO

Troppo bello per essere green

022 BCG

La transizione presenta il conto

024 STANDARD ETHICS

APPROFONDIMENTI

097 UOMINI & DENARI

di Alfonso Ruffo

098 VIZI DI STATO

La stangata sulle svapore

100 EULER HERMES

Ora le imprese hanno gli anticorpi

102 ARCHITETTURA

La transizione paesaggistica

104 MASSIMO IBARRA

Arretratezza digitale in compagnia

106 JESÚS HUERTA DE SOTO

«La deregulation ci farà ripartire»

107 ANDAF

Cfo e teorie comportamentali Gli evangelisti digitali

028 ENEL

047 A.I.

Il fossile esce di scena

050 INDUSTRIA

Un Techub per la rete del futuro

052 TINEXTA

La lezione spagnola sull’idrogeno verde

Così finanzieremo le città del futuro

052 KROLL

Un grande avvenire green

Dal metano al futuro

038 EDISON

«Sulle rinnovabili acceleriamo così»

040 NEXTCHEM

L’alleanza con TotalEnergies ed Enel

Il gas viaggia sott’acqua

I fanghi sono preziosi, altro che scorie

I promossi e i bocciati del mese

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057 SMART WORKING Lavoro agile ma non agilissimo

059 LABLAW

Chi ha paura dello smart working?

060 FEDERMANAGER

Percorsi di managerialità

062 ISP INSURANCE AGENCY

E se mettessimo un cip sulla Cina? Più sai, più guadagni

GESTIRE L’IMPRESA

Petrolieri costretti al “verde”

116 CI PIACE NON CI PIACE

L’antivirus va installato... nel board

036 ASCOPIAVE

Una nuova rete di protezione sociale

115 FONARCOM

Crescere creando valore

034 ITALGAS

114 PRIVATE BANKER

L’Italia batte tutti

032 IBERDROLA

112 IL GLOBALISTA

La legge dei robot

030 SNAM

111 CONFPROFESSIONI

L’ALTRA COVERSTORY

Gas, luce e... neutralità carbonica

044 GRUPPO CAP

110 LIUC

026 ENI

042 TAP

108 BIP

Esg, promossi o bocciati

ECONOMY & POLITICA

016 ROBERTO CINGOLANI

Quella diplomazia economica che lotta contro il climate change

Care imprese, è ora di assicurarvi

064 LEGAL DESIGN

L’Azzeccagarbugli si spiega disegnando

065 SOLDO

I giustificativi diventano digitali


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SOMMARIO

088 GRUPPO GENERALI

Al leone l’appetito vien mangiando

090 CEETRUS NHOOD

Da Milano al futuro

092 NEXT GENERATION CAMPANIA

Smart mobility in salsa partenopea

094 ALMAVIVA

La nuova mobilità

FINANZIARE L’IMPRESA

COMUNICARE L’IMPRESA

067 FONDI EUROPEI

137 POTERI

Non solo Recovery

070 ORRICK

Con il confirming la filiera è protetta

074 AITI

La sfida del budget tra Covid e tassi

075 AIFI

Pubblico e privato investono sulla ripresa

076 BANCA VALSABBINA

Valori all’antica e un’anima da fintech

078 RSM

Il futuro sarà sostenibile al 110%

078 NSA ECONOMY RANKING

TALENTI DELLO SVILUPPO

Il P2P lending si tinge di rosa

È il momento del reskilling

124 CFC LEGAL

«Dal fisco ci si difende così»

126 LUBEA

Quando la filosofia fa parte dell’impresa

128 CAFFÈ DAL MONDO La miscela perfetta? Qualità, ambiente Il cibo sano fa bene al business

130 PS COMPANY

Sito web fai-da-te? Ahi, ahi, ahi

131 YOUR GROUP

086 EMIRATES Il business decolla destinazione Dubai

Alla scoperta del fractional manager

Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano Vicedirettore Marina Marinetti

Granelli, Gabriele Greco, Gianluca Lo Stimolo, Paola Maiorino, Emanuela Notari, Franco Oppedisano, Alessandro Paone, Vincenzo Petraglia, Graziano Sabatino, Monica Setta, Laura Alice Villani

In redazione Maddalena Bonaccorso, Giuseppe Marasco (web), Marco Scotti, Riccardo Venturi

Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori

Hanno collaborato Gianluigi Ballarani, Ugo Bertone, Fabio Cancarè, Giuseppe Corsentino, Giovanni Francavilla, Giuliana Gemelli, Andrea

Comitato scientifico Franco Tatò, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio Numero chiuso in redazione il 30/6/21

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di Gianluigi Ballarani

123 MYPLACE COMMUNICATIONS

Ci rivediamo al Supersalone

L’avvocato che pensa da manager

141 DIGITAL TARGET

121 BHLENDING

129 NATURHOUSE

083 ARREDAMENTO

La pandemia non è più di moda

STORYLEARNING

140 STAND OUT

Quei segreti che fanno bene alla cassa

072 INTESA SANPAOLO

La lobby c’è, ma non si vede

...E POI IL PIACERE

143 MIMO

Com’è strano, le auto a Milano

146 REGIMENTAL

a cura di Monica Setta

Economy Group s.r.l.

Editore

Per la pubblicità su questa rivista Oyster s.r.l. Concessionaria esclusiva

Piazza Borromeo 1, 20123 Milano, Tel. 02/89767777

Amministratore unico Domenico Marasco

Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia

Direttore commerciale Monia Manzoni

Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano

Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097

Direttore editoriale Alfonso Ruffo Partnership editoriali Aifi; Aiti; Andaf; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Liuc; Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro

Stampa Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI) Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993


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Insieme per la vostra salute

Insieme lavoriamo per superare le sfide odierne del mondo della sanità. Sono sfide complesse, che però aprono le porte di una nuova era per la salute degli individui. E mentre ci incamminiamo verso questi nuovi scenari, FUJIFILM Europe accoglie il settore imaging diagnostico medicale di Hitachi e lancia FUJIFILM Healthcare Europe. Insieme la nostra missione è di aiutare a migliorare l’accuratezza e la tempestività delle diagnosi. Insieme non smetteremo mai di creare e innovare per un mondo più sano.

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COVERSTORY

Nell’era del multitasking abbiamo solo undici minuti di Andrea Granelli

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na risorsa sempre più pregiata – nell’epoca del rumore di fondo e dell’informazione eccessiva – è la concentrazione. Una datata ma ancora purtroppo valida ricerca (Why do I keep interrupting myself? Environment, habit, and self-interruption, Proceedings of Acm Group 2011) condotta da Gloria Mark, dell’Università californiana di Irvine, ci fornisce dei dati in un certo senso sorprendenti: ogni impiegato americano (ma ciò vale probabilmente per tutti i lavoratori della conoscenza del pianeta) riesce a concentrarsi in modo continuativo su un progetto per circa 11 minuti, prima di essere interrotto perché qualcuno gli chiede di passare ad altro. Questo tempo di attenzione si accorcia ancora di più, diventando di tre minuti, a causa di mail, sms o telefonate. Spiega Gloria Mark: «Il problema principale nasce dal dover decidere le priorità. Leggere prima la mail o la posta tradizionale? Staccare il telefono per finire il lavoro o rimanere online col rischio di essere interrotti? Il punto di partenza è chiaro: il problema è destreggiarsi nel multitasking, cioè la capacità di gestire più eventi contemporaneamente». Stanno inoltre emergendo evidenze che dimostrano che gli esseri umani possono sviluppare una vera e propria dipendenza dal multitasking che interferisce in maniera significativa con la produttività. Gli psichiatri dell’Università di Harvard Edward Hallowell e John Ratey, hanno scritto di persone soggette a picchi di dopamina (dopamine squirt) quando esposte alla sensazione di essere connessi con altre persone attraverso i media digitali – con schemi di comportamento simili a quelli di pazienti clinici con storie di dipendenza da sostanze stupefacenti. Chi di noi non ha mai combattuto con l’impulso di controllare immediatamente (e compulsivamente) lo schermo dello smartphone a fronte di una sua variazione di stato, anche se occupati da altri impegni? Per studiare questo fenomeno è nata una nuova disciplina – concentratio interrupta – che analizza la disattenzione intermittente suscitata dal perenne bombardamento mediatico. Questo deficit strutturale di attenzione – che diventa epidemico in certi ambienti lavorativi – si collega e salda con un altro fenomeno preoccupante, che colpisce soprattutto i giovani: l’incapacità personale di stare concentrati a lungo su un tema. L’impazienza, la noia, la voglia di continua novità, fa si che i giovani saltino continuamente da un contenuto a un altro, da una App all’altra, da un canale streaming all’altro. Spesso questa forma di multitasking compulsivo non nasce dal desiderio di fare di più ma dal cercare di contrastare la noia e

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PER INGAGGIARE I GIOVANI OCCORRE SOLLECITARLI SU TEMI PIÙ STRATEGICI PER IL DOMANI (E NON PER L’OGGI) l’apatia alla ricerca di nuovi stimoli. Perfino il mondo del calcio sta facendo i conti con questa difficoltà del loro target primario di stare concentrati per 90 minuti su una partita (e meno male che c’è l’intervallo …). E si incomincia a parlare di una possibile riduzione dei tempi dei match calcistici, non per proteggere i calciatori dalla fatica ma per evitare che gli spettatori cambino canale. Per comprendere meglio queste dinamiche può essere utile richiamare i due principi freudiani di piacere e realtà. Il primo meccanismo – tipico dei bambini – ha per scopo quello della gratificazione immediata: evitare il dispiacere e di procurarsi il massimo piacere possibile. Il principio di realtà, invece, compare più tardi nel processo di maturazione dell’essere umano e ha lo scopo di rinviare la gratificazione in funzione delle condizioni imposte dal mondo esterno. Consente pertanto di non essere più schiavi delle emozioni – che pretendono risposte immediate – ma di saper differire: salva cioè l’energia attivata dalla reazione emotiva per futuri utilizzi. Da qui nasce la pazienza – che indica la capacità di sopportare con tranquillità e senza reazioni smodate le contrarietà della vita – e soprattutto la capacità di pianificare per agire nel momento più appropriato – kairòs lo chiamavano i Greci; di avere cioè una visione strategica il cui sguardo vada oltre la quotidianità, oltre la ricerca di una gratificazione immediata. In altre parole il saper pianificare in maniera adulta e consapevole la propria vita in funzione di un purpose. Per questo motivo il problema della carenza epidemica di attenzione dei giovani non va gestito aumentando gli stimoli per catturare l’attenzione e riducendo i contenuti per renderli coerenti con i tempi di attenzione e le capacità di assorbimento cognitivo. Si tratta invece di reingaggiare le nuove generazioni su temi più strategici, più pregnanti, più altruisti ribaricentrando la loro attenzione dall’interno all’esterno, dall’oggi al domani.



COVERSTORY

SARÒ FRANCO

C’È UN ANALFABETISMO INFORMATICO CHE

D

a più di vent’anni, prima a Roma e poi a Milano, la mia società personale ha avuto un conto corrente presso una media banca italiana, chiamiamola Banca A, recentemente acquisita da una più grande, cmiamiamola Banca B. Durante questo tempo tutto è andato benissimo almeno secondo gli standard delle banche italiane, ai quali ci siamo da tempo rassegnati. Un paio di mesi fa è scattata l’operatività della fusione della mia banca in quella che l’ha aquistata. Non mi sono preoccupato ritenendo, forse ingenuamente, che in modo automatico sarei diventato un correntista della Banca B, dalla quale non mi aspettavo particolari vantaggi o svantaggi. La mia segretaria verificò immediatamente che la filiale più vicina non fosse troppo distante dall’ufficio e mi disse che andava tutto bene. Non è stato proprio così, ma non potevamo prevederlo. Dopo un paio di settimane venni raggiunto dalla Banca B che cortesemente mi invitò, quale amministratore unico della società, a recarmi presso una loro sede per depositare la mia firma su una scomoda tavoletta elettronica, cosa che mi è parsa assolutamente ragionevole, di modesto disagio e comunque inevitabile. Devo dire inoltre che da circa un anno e prevedibilmente per il prossimo futuro, abito a

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Fasano, bellissima cittadina in provincia di Brindisi e sede di una ben visibile filiale della Banca B, affacciata sulla strada principale della città, vantaggi di un grande istituto nazionale. Dopo aver concordato un appuntamento con un funzionario della banca, mi sono recato puntualmente alla sede per fare circa tre quarti d’ora di coda all’aperto con mascherina e a distanza di sicurezza da altre sei o VITTORIO COLAO sette persone prima di poter attraversare un sistema blindato di porte girevoli di da remoto, anche questo sicurezza e finalmente sedere rimasto senza esito. Sempre di fronte a un signore gentile gentilmente, appellandosi ad che si sarebbe occupato di una inaspettata difficoltà del me per un’operazione che sistema, il tutto venne rinviato non poteva durare più di dieci al lunedì successivo e poi minuti, convenevoli inclusi. ancora a un altro lunedì. E qui mi sono sbagliato una Nella disperazione, dovendo prima volta. Brandito uno stilo, fare alcuni pagamenti urgenti, ho atteso pazientemente che ho fatto contro voglia una cosa il funzionario smanettasse molto italiana: ho telefonato ad sulla tastiera, un amico ai piani NEGLI ULTIMI ANNI scrutasse alti della Banca NON C’È STATO ALCUN ripetutamente B per sollecitare REALE PROGRESSO lo schermo e un intervento NELLA DIGITALIZZAZIONE mi chiedesse autorevole che per quattro volte il numero di accelerasse la conclusione telefono, la data di nascita e di una vicenda inspiegabile. l’indirizzo di casa, finché non è Questo mio furbissimo amico emersa una richiesta di pin che non intervenne personalmente, non ho mai avuto e l’operazione ma mi affidò alle cure di un si è inceppata. A questo punto espertissimo signore che sono apparsi prima due subito si diede da fare e fu colleghi soccorritori stupiti e un come se un terremoto si po’ seccati che non avessi un propagasse attraverso le pin che veramente non esisteva strutture piramidali diffuse e poi una più autorevole sul territorio. Io stesso venni collega che telefonò a Roma chiamato da numerosi per richiedere un intervento direttori che si dichiaravano

a mia disposizione come se il problema dovessi risolverlo io. Questo balletto è andato avanti per tre settimane, finché qualcuno negli anfratti delle complesse strutture gerarchiche ha pensato di rivolgersi a un giovane informatico il quale ha risolto il problema facendo di me un correntista di Banca B. Che lo stato dell’informatica delle banche italiane fosse deplorevole è cosa nota, ma sono rimasto stupito dall’assenza di progresso degli ultimi anni, cioè da quando mi occupavo professionalmente di queste cose. Credo che sia venuto il momento di affrontare seriamente questi problemi se non si vuole rimanere il fanalino di coda della finanza internazionale. La situazione che abbiamo descritto è quella di una delle più importanti banche italiane, che abbiamo lasciato anonima perchè possiamo supporre che le banche più piccole e disperse in modo irrazionale sul territorio siano in una situazione anche peggiore. Questo sarà un grosso problema che si manifesterà quando il sistema bancario sarà costretto ad applicare tecnologie basate su cloud e si instaureranno serie attività non di controllo, ma di verifica e valutazione. Questa situazione non è frutto di un incontrollabile evento naturale o dell’ evoluzione della specie, ma di carenze


di Franco Tatò

PERVADE TUTTO E VA COMBATTUTO COME UN VIRUS culturali drammaticamente evidenti. Riflettendo su questi fatti mi sono ricordato di quanto accaduto all’Olivetti all’inizio degli anni 80. In quel periodo l’Olivetti finlandese, o meglio il bravissimo direttore dell’Olivetti finlandese Tosi, vendette un completo sistema di terminali installati su tutto il territorio a una delle più importanti banche del Paese. Le condizioni che la direzione

della banca pose non furono complesse formulazioni per garantire velocità operative o risparmio di personale, ma si concentrarono su un’unica esigenza: che nessun cliente trascorresse più di un minuto allo sportello quando il sistema fosse a regime. Non è un caso quindi che l’Estonia, anche linguisticamente imparentata con la Finlandia, una volta

liberata dal dominio sovietico, in pochi anni sia diventata lo Stato informaticamente più avanzato del mondo. Abbiamo ancora molto da fare. Non invidio il Ministro Colao che comincia adesso ad occuparsi di transizione digitale, nel 2021, mentre altri Paesi sono partiti quarant’anni fa. Non sarà facile, eppure non è impossibile perché nel frattempo le tecnologie

si sono velocemente trasformate ed evolute e consentono di realizzare molto più rapidamente i radicali cambiamenti necessari, se abbiamo imparato ad usarle. Anche in questo caso, tutti devono collaborare come se si trattasse di un nuovo grande piano vaccinale dal quale dipende la nostra sopravvivenza come grande nazione industriale.

IL CORSIVO

LA VITA SENSIBILE CHE CI RAPPRESENTA

N

di Giuliana Gemelli

ella mia prima

siamo prigionieri di una nube altrettanto

che si preoccupano della purezza del

adolescenza amavo

oscura e densa di quella creata dalla

proprio patrimonio”. La contaminazione

moltissimo le canzoni di

pandemia: alcuni grandi scienziati tra

tra i saperi è intrinsecamente connessa

Joan Baez, in particolare

cui lo stesso Darwin hanno affermato

all’arte in tutte le sue forme, non solo la

“We shall overcome”

ripetutamente e con convinzione che non

parola e la scrittura, ma le immagini, la

che è oggi più che mai attuale ! Certo

vi è separazione tra l’uomo e la natura

rappresentazione, la sensazione: e dunque

dobbiamo andare oltre, superare la nube

eppure tutto l’apparato istituzionale

è una delle linee di attraversamento della

oscura che ci ha avvolto sinora ma per

ed organizzativo dell’università si è

nube che ci avvolge.

farlo non basta concentrarci solo sulla

arroccato sulla distinzione tra scienze

E su questo “terreno” che tale non è e

specie umana, dobbiamo considerare che

naturali e scienze umane, derubricando

mai lo diventerà in quanto non potrà

siamo solo una parte dell’interspecie e

alcune forme si sapere e “assorbendo” le

cristallizzarsi in precetti o linee guida che

dunque della natura nel suo complesso,

scienze inerenti gli animali nei paradigmi

una piccola comunità di studiosi ha deciso

animali, alberi, piante e che le funzioni

dell’antropocentrico, in una sorta di

di avventurarsi in un convegno a molte voci

che sinora abbiamo considerato

analogo zoo-centrismo.

e con molte anime che si terrà nel magico

precipue, realtà e immaginario hanno

Il vero punto di connessione non è nella

castello di Susans, in Friuli, un castello che

sinora occultato un’altra funzione

composizione fisica o meccanica delle

innanzitutto è una dimora in mezzo alla

imprescindibile, la sensibilità che ci

specie, ma nella componente spirituale, che

natura, dal 7 all’ 8 luglio.

accomuna appunto alle altre specie

non è solo il linguaggio, ma la coscienza,

Al link QR qui sotto è possibile consultarne

naturali.

la percezione, la volontà dunque la

il programma. Nel rispetto delle regole

“Vita sensibile” è il titolo di un’aureo saggio

sensibilità che appartiene a tutti gli esseri

imposte dal post-pandemia il convegno è

scritto da un giovane filosofo, Emanuele

in natura, non solo agli animali, ma anche

aperto al pubblico.

Coccia, che insieme ad altri studi di

alle piante e ai virus. Scrive Coccia: “I

analoga natura sta rivoluzionando il

saperi sono fatti per circolare ed essere

modo di pensare la filosofia della natura

condivisi non per diventare l’oggetto di

e non solo! Da quasi duecento anni

protezione da parte di corpi sacerdotali

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«SOSTENIAMO LA DIPLOMAZIA ECONOMICA CHE LOTTA CONTRO IL CLIMATE CHANGE»

GESTIRE L’IMPRESA

C’è una sfida internazionale condivisa che chiama tutti ad una nuova responsabilità: è quella ai gas serra, che il ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani intende combattere con l’arma delle convenzioni nazionali e internazionali: «C’è un delicato equilibrio da costruire con un intero corpus di nuove regole» di Sergio Luciano MINISTRO CINGOLANI, COSA RISPONDE AL DISFATTISMO DI CHI DICE CHE ORMAI IL TRENO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO È PARTITO E CHE NESSUNO SFORZO UMANO POTRÀ FERMARLO? Insomma, che la lotta ai gas serra è ormai fuori tempo massimo? Roberto Cingolani, tra i più apprezzati scienziati italiani, artefice del successo dell’Iit di Genova ed oggi nella squadra del governo Draghi con la cruciale responsabilità del ministero per la Transizione ecologica, non le manda a dire. E a una domanda del genere risponde brusco: «È un punto inconsistente, populista, anzi, qualunquista. Certo, l’umanità non è in anticipo nella lotta al riscaldamento globale, ma questo non è un buon motivo per rimanere inerti. Dobbiamo agire, presto, anzi da subito, per arginare il problema e ridimensionarlo, chiunque abbia minimamente approfondito questo tema lo sa bene».

Dunque dobbiamo essere positivi, ottimisti, darci da fare e crederci? L’impegno concordato tra Stati Uniti ed Europa con l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico ha una dimensione enorme, gigantesca. Nell’insieme, investiremo 3600 miliardi nei prossimi 5 anni per ridurre di 1 grado e mezzo il riscaldamento globale, e per farlo cambieremo il sistema produttivo e sociale, imponendo a tutti impegni ed anche sacririci, dalla gestione dei ciclo dei rifiuti alle fonti energetiche. Con l’obiettivo di ripulire il pianeta di un 30% della CO2 complessiva che minaccia di soffocarlo. Ma da sola l’Unione Europea è responsabile del 9 per cento del problema… Dunque se gli altri Paesi non si comporteranno con altrettanta responsabilità, tutti i nostri sforzi saranno stati vani? Se tutti gli altri Paesi continuassero a inqui-

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nare ci metterebbero un attimo a immettere nell’atmosfera più gas serra di quanti ne eviterà l’Europa. Ma non sarà così. C’è una sfida internazionale condivisa, che chiama tutti ad una nuova responsabilità. Gli accordi epocali come questo vanno gestiti, i Paesi in via di sviluppo vanno supportati in questo sforzo, devono cambiare a loro volta modello di crescita, il che comporta però nuove esigenze finanziarie, la Cina e l’India devono essere profondamente coinvolte nel processo. Ci vogliono accordi internazionali chiari. Se l’acciaio europeo costa 7 euro al chilo perché viene prodotto col metano o con le rinnovabili e quello cinese, prodotto col carbone, costa meno, i grandi utilizzatori devono comprare l’acciaio verde, non quello inquinante. Ma questo com-

portamento non è per niente automatico. Ci vogliono convenzioni nazionali e internazionali, c’è un delicato equilibrio da costruire, tra diplomazia e idee chiare, nuovi accordi di interscambio e un intero corpus di regole di cui parlerò sia al prossimo G20 che al prossimo Cop 26. Dunque anche il futuro dell’Ilva deve rientrare in questa logica… Naturalmente sarebbe inutile riconvertire l’Ilva alla produzione di un acciaio verdissimo, che però costa in quadruplo di quello tradizionale e che quindi nessuno compra, preferendo quello cinese a basso presso. Ma la diplomazia economica non è un one-men-show e va gestita ai massimi livelli. Certo, per quanto mi riguarda, non vedo certo nell’attacco commerciale diretto la soluzione ai rapporti con la


&POLITICA Cina, occorre trovare il giusto compromesso. È vero che i Paesi in via di sviluppo o di recente industrializzazione non devono pagare il nostro inquinamento di ieri, ma è altrettanto vero che non posso poter fare indisturbati tutto quello che vogliono perché noi, trent’anni fa, abbiamo commesso quegli errori. Ministro, ma in questo quadro critico come valuta il fatto che le ultime gare per le rinnovabili siano andate deserte? La diserzione da quelle gare è un problema burocratico scandaloso, pesantissimo. Molti, troppi investitori non ci prendono più sul serio perché i tempi per ottenere i permessi sono troppo lunghi e non si può essere sicuri dell’esito di un investimento. Ma niente è perduto e lo si vedrà con le nuove aste. Partirà un’agenda di aste temporizzate, le aziende partecipanti sapranno precisamente quando ogni asta verrà bandita, quando si svolgerà, e con il dispiegarsi del decreto semplificazione ne avremo la prova del nove. La partecipazione degli investitori potrà crescere in modo sostanziale. Non dovremo mica rimpiangere l’epoca dei conti energia, per tanti versi critica-

bile, dove però tutti correvano alle rinnovabili? Un momento storico che ha avuto i suoi pro, ma oggi c’è una nuova e grandi consapevolezza dell’urgenza delle cose da fare in tutti gli ambienti coinvolti, si comprende l’urgenza di certe correzioni di rotta, conto sul buon senso di tutti. I PAESI IN VIA DI SVILUPPO NON POSSONO COMMETTERE GLI STESSI ERRORI CHE ABBIAMO COMMESSO NOI TRENT’ANNI FA

Pubblico e privato riusciranno ad agire di conserva? Devono farlo, devono trovare la giusta via di mezzo, tutti sappiamo che bisogna lavorare insieme affinché un simile progetto si compia. L’Italia, nel settore, vanta due colossi internazionali: Eni ed Enel. Come li valuta? Ne ho una grande stima, non solo sono colossi, ma sono gestiti da team dalla professionalità grandissima, che ha capito da molto come sia cambiato lo scenario energetico mondiale. Possiamo contare con fiducia sulla loro collaborazione, sono navi gigantesche,

non è uno scooter dove è facile fare l’inversione a “u”, ma entrambi hanno per fortuna sviluppato il concetto della transizione. Ci vorrà tempo, ma la rotta è cambiata. E dagli ambientalisti si attende sostegno o polemiche? Sono fiducioso che le associazioni ambientaliste che hanno a cuore la natura aiutino, perché c’è molto spazio per compromessi intelligenti e utili a tutti. Il tempo gioca però un ruolo altrettanto importante che l’investimento, dobbiamo essere molto rapidi sulle rinnovabili, non c’è da attendere, anche se rimango abbastanza ottimista sul buon esito di questo sforzo ciclopico. Contento di questo tuffo nel ruolo del civil servant? È un ruolo molto complicato, ma io ho una grande fortuna: non rappresento altri che me stesso, mi hanno chiamato perché so fare certe cose, alla fin dei conti il bilancio di questi primi mesi è altamente positivo. Posso dire che la gran parte degli interlocutori chiave ha capito sia l’impegno per la produzione di soluzioni che l’approccio costruttivo e competente che abbia avuto a questa nostra sfida epocale.

MA LA BUROCRAZIA RITARDA LA TRANSIZIONE

I PAESI IN VIA DI SVILUPPO DEVONO CAMBIARE MODELLO DI CRESCITA, IL CHE COMPORTA PERÒ NUOVE ESIGENZE FINANZIARIE

Ai ritmi attuali di sviluppo delle energie rinnovabili, l’Italia non raggiungerà il target 2030 di decarbonizzazione. Il ritardo è denunciato da Elettricità Futura, la principale associazione delle imprese elettriche italiane realizzato in collaborazione con Althesys in uno studio dal titolo “Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti” che costituisce un severo

“j’accuse” contro la burocrazia che intralcia qualsiasi progetto nel nostro Paese. Mentre la nuova Direttiva europea Rinnovabili, che dovrà essere recepita entro giugno 2021, stabilisce il rispetto del limite di due anni per le procedure autorizzative degli impianti rinnovabili, i tempi medi necessari in Italia raggiungo quasi i 6 anni e scaricano sulle imprese italiane i costi più alti d’Europa per ottenere l’autorizzazione di un impianto

rinnovabile. Il sistema è talmente farraginoso e le istituzioni coinvolte sono talmente numerose e disallineate che il 46% dei progetti presentati finisce col non essere realizzato. Elettricità Futura sottolinea che “i benefici a rischio sono stimati in circa 100 miliardi di euro al 2030, dati dall’insieme di ricadute dirette in Italia degli investimenti, dagli effetti netti sul sistema economico e dalla riduzione delle emissioni”. (s.l.)

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TROPPO BELLO PER ESSERE GREEN

Vincoli paesaggistici e bocciature dei Beni culturali stanno frenando la corsa alle rinnovabili. In tre anni stoppati 9 gigawatt di impianti eolici. Di questo passo gli obiettivi del Pniec non li raggiungeremo mai

ALLE GARE CHI VINCE È SOLO LA BUROCRAZIA Il freno alla transizione ecologica sta nella complessità per ottenere le autorizzazioni 1° Bando

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Contingente messo a gara per aste e registri (MW)

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di Riccardo Venturi

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ai 30 megawatt, che in quanto tali hanno ove gigawatt di progetti per imfatto la valutazione di impatto ambientale pianti eolici superiori ai 30 mepresso le Regioni, e non sono quindi passati gawatt presentati in 3 anni! Bene, dalle forche caudine del Mibact. Mettiamo si dirà, significa che possiamo raggiungere le cose in chiaro: noi di Economy teniamo gli obiettivi del Piano energia e clima! Pecall’ambiente e anche al paesaggio italiano, cato che siano stati tutti bocciati dal miniche è doveroso preservare. Ma un conto è stero dei Beni culturali. Le sovrintendenze, tutelare il paesaggio, un altro bocciare siil cui parere sulla valutazione di impatto stematicamente tutti ambientale è necesUN CONTO È TUTELARE IL PAESAGGIO, i progetti di impianti sario per impianti UN ALTRO BOCCIARE TUTTI I PROGETTI eolici - e quasi tutti da 30 megawatt in DI IMPIANTI EOLICI E QUASI TUTTI quelli degli impianti su, non hanno apQUELLI DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI fotovoltaici. Come si provato neanche un può pensare in questo modo di riuscire a megawatt su novemila. Chi si stupisce che moltiplicare per dieci la potenza di energia le aste indette dal Gestore dei servizi enerelettrica prodotta da fonti rinnovabili ingetici per le Fonti energetiche rinnovabili stallata ogni anno, dagli attuali 0,8 gigawatt vadano deserte o quasi, forse non sa che a 7-8 gigawatt, l’unico modo per raggiunper partecipare si devono prima ricevegere l’obiettivo del Pniec a dire dello stesre le autorizzazioni. Le poche centinaia di so ministro della Transizione ecologica megawatt di eolico approvate negli ultiRoberto Cingolani? «Quei 9mila megawatt mi tre anni sono tutte di progetti inferiori

22 BCG LA TRANSIZIONE PRESENTA IL CONTO

24 STANDARD ETHICS PROMOSSI O BOCCIATI: ECCO LA PAGELLA DEGLI ESG

26 ENI GAS, LUCE E... NEUTRALITÀ CARBONICA

30 SNAM TECHUB, IL DISTRETTO PER LA RETE DEL FUTURO

36 ASCOPIAVE DAL METANO AL FUTURO ALL'INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ

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presentati di eolico hanno ricevuto almeno quindici pareri da parte di diversi ministeri» dice Simone Togni, presidente dell’Associazione nazionale energia del vento (Anev), «erano sempre tutti positivi tranne quello del Mibact. Ci sentiamo di segnalare questa stranezza: da un lato il governo assume impegni vincolanti in sede europea che se non raggiunti comporteranno penalità importanti, e il Pniec chiede al settore eolico un raddoppio della potenza attuale entro il 2030. Dall’altro uno dei componenti dello stesso governo, il Mibact, impedisce di fatto la realizzazione di questi obiettivi». Le cose non sono andate diversamente per il fotovoltaico, anzi alle aste l’energia solare è andata ancora peggio: doveva pesare per i due terzi della nuova potenza, si è fermata a un decimo, anche perché si è impedito di fare impianti nelle aree agricole, anche in quelle abbandonate. Una situazione che non è stata risolta dall’acclamato Dl Semplificazioni. «Sebbene siano state introdotte alcune misure che vanno nella giusta direzione, il Dl Semplificazioni, appena approvato, non riduce abbastanza la burocrazia per consentire al nostro Paese il cambio di passo necessario per raggiungere il target Green Deal. Così gli obiettivi di decarbonizzazione verranno raggiunti nel 2090 invece che nel 2030» ha avvertito Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. «Mancano più ambiziose semplificazioni sul permitting per i nuovi impianti rinnovabili e per il repowering degli impianti esistenti, che permetterebbe di aumentare la produzione di energia verde senza occupare nuovo suolo. Gli impianti fotovoltaici su terreni agricoli abbandonati o degradati continuano a essere esclusi dalle aste Gse, che, come noto, sono state fino a oggi un completo fallimento anche a causa di tale limitazione». Secondo il recente Renewable Energy Report 2021, redatto dall'Energy&Strategy Group della School of Management Politecnico di Milano, la nuova potenza da rinnovabili installata in Italia nel 2020 è stata di 784 megawatt, il 35,4%

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SIMONE TOGNI

in meno rispetto al 2019, a causa soprattutto del calo dei nuovi impianti eolici, precipitati del 79% dai 413 megawatt del 2019 agli appena 85 del 2020. «Sono fermamente convinto che il paesaggio italiano sia il più bello mondo da un punto di vista naturalistico, storico-architettonico, paesaggistico» sottolinea Togni, «abbiamo un sistema di tutele tra i migliori del mondo e da italiano ne sono felice. Ma i 9mila megawatt bocciati dalle sovrintendenze erano proposti da grossi operatori europei e mondiali delle rinnovabili, multiutility che fanno impianALL'ESTERO IN PRESENZA DI VINCOLI VIENE SEMPRE PRESENTATA UN'ALTERNATIVA DI PROGETTO, MENTRE IN ITALIA ESISTE SOLO LA BOCCIATURA

ti in tutto il mondo seguendo le normative ambientali, non da deturpatori di paesaggi». Andare un po’ più nel dettaglio è utile per capire che siamo oltre i confini del buon senso. «Le normative applicate in Europa e in tante parti del mondo prevedono che nelle aree con vincoli specifici si debba verificare la compatibilità degli impianti» spiega il presidente di Anev, «per esempio se c’è una chiesa di particolare pregio artistico, non si possono mettere nelle sue vicinanze manufatti che possano ridurre la bellezza del paesaggio storico artistico. Le autorità

IL MIBACT IMPEDISCE DI FATTO DI REALIZZARE GLI OBIETTIVI DEL PNIEC dovranno dare indicazioni, per esempio di mettere gli impianti dall’altra parte rispetto al crinale con la chiesa in modo che da lì non si vedano. Se invece l’area è vicina a una vincolata, si deve fare non una valutazione di impatto ambientale ma uno screening più leggero, per verificare che non ci siano impatti particolari. Terza fattispecie è quella delle aree dove non ci sono vincoli specifici: in questo caso si possono fare tutti gli impianti che si vuole, nel rispetto delle normative». E in Italia? «In Italia è diverso» puntualizza Togni, «dove c’è un vincolo, invece di dirti come fare l’impianto le sovrintendenze non te lo fanno fare e basta. Nelle aree vicine a quelle con il vincolo, e anche in quelle dove non c’è nessun vincolo, si deve fare sempre l’analisi dell’impatto ambientale, che dà esito negativo nel 100% dei casi. Se le sovrintendenze ritengono che non ci sia modo di mitigare l’impatto in nessun caso e in nessuna zona, beh allora il governo di cui il Mibact fa parte abbia la coerenza e il coraggio di dire: l’eolico non si può fare, e quindi l’obiettivo al 2030 per le rinnovabili non si può raggiungere». I grandi gruppi internazionali delle rinnovabili di cui sopra non se ne preoccuperebbero più di tanto. Continuerebbero a fare quel che già fanno, spostare gli investimenti


ENERGIA, SI CAMBIA!

in altri Paesi, come la Spagna, dove mentre le nostre aste andavano deserte mettevano a gara 3 gigawatt, ricevendo un’offerta per 9: il triplo. Altro che buon senso: l’ingessatura burocratica italiana arriva a paradossi tragicomici. «Oggi l’iter autorizzativo per un impianto eolico dura mediamente 5 anni e mezzo» insiste il presidente di Anev, «al momento di presentare la domanda si deve inserire il modello di aerogeneratore che si vuole utilizzare, che allora è l’ultimo grido, mentre dopo 5 anni e mezzo non viene più nemmeno prodotta. Ma quando accade di ottenere l’autorizzazione, se si volesse utilizzare una tecnologia più moderna di quella scritta nella domanda – oggi si possono utilizzare due generatori di nuova generazione al posto di 10 di quelle precedenti - si dovrebbe ricominciare tutto l’iter autorizzativo da zero. Il risultato è che ci sono 2500 megawatt di progetti eolici autorizzati ma non realizzati, perché aggiornare la tecnologia vorrebbe dire ricominciare un iter autorizzativo che dura anni». Nel frattempo, il governo sta procedendo alla revisione del Pniec per adeguarlo al nuovo ambizioso obiettivo dell’Ue: la riduzione di almeno il 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030. I target diventano ancora più impegnativi: mission impossible? «Allo

VITTORIO CHIESA

INCENTIVI E DISINCENTIVI DEVONO LAVORARE INSIEME «La carota non basta, ci vuole anche il bastone». Per Franco Ferrario, esperto di change management e professore incaricato del Mip-Politecnico di Milano, se si vuole attuare la transizione energetica si deve usare anche l’arma dei disincentivi. «Tutti i processi di transizione riescono solo se le energie di cambiamento superano le resistenze» dice, «ma se le energie che spingono sono solo incentivi, sono sufficienti oppure completamente inadeguate? E quanto grandi sono le resistenze?».

Ferrario fa l’esempio degli incentivi per l’installazione di caldaie meno inquinanti. «In Italia ci sono solo 700mila abitazioni scaldate con le pompe di calore su 23,5 milioni. La variabile tempo è decisiva, ma la velocità di crescita è molto bassa. Se il primo anno gli incentivi sono

stato attuale e con questo passo» dice Vittorio Chiesa, direttore scientifico dell’Energy & Strategy Group della School of Management e presidente del Mip del Politecnico di Milano, «francamente immaginare che il raggiungimento degli obiettivi sia realistico, per usare un eufemismo è piuttosto am-

IL PNIEC INDICA CHIARAMENTE GLI OBIETTIVI MA NON COME RAGGIUNGERLI

al 65%, e poi calano progressivamente, questo non è ancora abbastanza. Ma se contemporaneamente si aumenta il prezzo del metano del 20% all’anno, allora è diverso. Non per niente William Nordhaus ha vinto il Nobel per l’economia affermando che con un serio aumento della carbon tax è possibile azzerare le emissioni di carbonio entro il 2040. Il global warming è come una grande nave in piena corsa: quando decide di fermarsi, non basta che spenga i motori, deve mettere le "macchine indietro tutta…».

bizioso, se non irrealizzabile». Il problema non è solo quello della grande difficoltà con la quale vengono concesse le autorizzazioni all’installazione e alla realizzazione degli impianti. «C’è anche il fatto che nei piani di sviluppo, incluso l’ultimo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec, ndr)» rimarca Chiesa, «sia sempre indicato con chiarezza il sistema di obiettivi ma non esplicitato in maniera chiara il modo in cui raggiungere gli obiettivi, il tipo di impianti – grandi, piccoli, a tetto residenziali, di grande taglia - avere un’idea di quali siano le quantità di produzione di ciascuna delle tipologie di installazione fa la differenza, e dovrebbe rappresentare anche quel punto di riferimento in base al quale definire e orientare gli strumenti di policy, gli obiettivi: anche questo secondo me incide». Il Pniec dunque è un po’ come una mappa del tesoro in cui è indicato l’agognato forziere, ma non è dettagliato il percorso per raggiungerlo. Il rischio è che assomigli a un libro dei sogni.

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COVERSTORY

Anche la transizione presenterà il suo conto Quanto costerà la transizione energetica? Almeno 70 miliardi di euro per le rinnovabili, altri 15 per l'industria e 300 per il parco veicolare e le infrastrutture di ricarica. Una sfida impegnativa per il Paese di Laura Alice Villani*, Fabio Cancarè**, Gabriele Greco***

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li effetti dei lockdown e della panlare, la produzione fotovoltaica è cresciuta del demia da Covid-19 si sono fatti 6% mentre quella eolica del 15%. certamente sentire sul settore enerSono segnali incoraggianti in merito al percorgetico in Italia: la domanda elettrica è scesa so intrapreso, ma è necessaria una prospettiva del 5%, da 320 Terawattora (TWh) nel 2019 molto più ampia per affrontare il tema della a 303 TWh nel 2020; la domanda di metano transizione energetica; e certamente molto ha avuto una simile è necessario fare per I 70 MILIARDI DI EURO STANZIATI contrazione (-5%, da raggiungere gli obietDAL PNRR SONO UN BUON 74 miliardi di metri tivi di contenimento PUNTO DI PARTENZA, cubi, Bcm, nel 2019 a del riscaldamento gloMA CERTO NON BASTERANNO 70 Bcm nel 2020) e la bale tra 1,5 e 2 °C. domanda di prodotti petroliferi è crollata del Per raggiungere questi obiettivi, l’Europa si è 17% (da 60 milioni di tonnellate, Mton, nel data l’ambizione di essere il primo continente 2019 a 50Mton nel 2020). a neutralità climatica entro il 2050, un percorNegli ultimi mesi si registra una forte ripresa: so che si è recentemente deciso di accelerare ad esempio, la domanda elettrica a maggio con l’incremento del target di riduzione emis2021 è cresciuta del 9% rispetto a maggio sioni da 40% a 55% nel 2030 rispetto ai livelli 2020 ed è importante sottolineare come sia del 1990. stata soddisfatta in maniera preponderante da L’Italia si era già posta obiettivi sfidanti, in lifonti rinnovabili, il 46% del totale. In particonea con le precedenti direttive europee. Ad

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esempio, con target per le energie rinnovabili, entro il 2030, del 30% sui consumi finali, del 55% di quelli elettrici e del 22% nei trasporti. Il piano di decarbonizzazione inoltre prevede una riduzione del 56% delle emissioni nei settori Ets (Emission Trading System) e 35% non Ets e l’“uscita di scena” della generazione a carbone è prevista per il 2025. Tali obiettivi saranno rivisti al rialzo coerentemente con la recente decisione a livello UE di incrementare la riduzione di emissioni al 55% al 2030. L’applicazione letterale del 55% sulle nostre emissioni implica una riduzione di circa 140 milioni di tonnellate di CO2e (cioè equivalente) rispetto al dato 2019. Un numero elevato, che si comprende meglio pensando, ad esempio, che nemmeno la piena decarbonizzazione dei trasporti, ossia il fatto che nessun’auto, autobus, camion, nave, traghetto o aereo utilizzi più carburanti fossili, sarebbe sufficiente per il raggiungimento del target. La lotta al cambiamento climatico è dunque una partita complessa, che richiede molte leve di intervento e azioni coerenti tra diversi settori, istituzioni, aziende e persino consumatori. La sfida non riguarda solo la generazione elettrica – che rappresenta meno del 20% delle emissioni italiane – seppure anche in questo ambito sia necessario continuare lo sviluppo con molta più determinazione rispetto agli ultimi anni: l’adeguamento dei target infatti richiederà ulteriori 30 GW circa di capacità rispetto ai 40 GW circa già previsti. In totale serviranno circa 70 miliardi di euro solo per sviluppare nuova capacità rinnovabile. Andranno inoltre effettuati ulteriori investimenti per adeguare capacità esistente, creare capacità di stoccaggio e sviluppare ulteriormente le reti. Sarà importante perseguire una decarbonizzazione più ampia, agendo in particolare su industria e trasporti che rappresentano circa il 50% delle emissioni totali in Italia. Per quanto riguarda l’industria, la transizione energetica, specialmente per gli ambiti “hard to abate” (Hta raffinazione, chimica, acciaio, cemento, ceramica, carta, vetro, fonderie), richiede un complesso mix di soluzioni di de-


ENERGIA, SI CAMBIA!

carbonizzazione per ogni processo produttivo sottostante. Azioni di efficienza energetica (e.g., gestione termica, gestione consumi elettrici, isolamento termico) ed economia circolare hanno infatti un potenziale di riduzione delle emissioni limitato. Tuttavia, la possibilità immediata di implementazione e l’economicità delle stesse le rende fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di breve termine. Per ambire ad una decarbonizzazione sostanziale dei settori Hta le leve strategiche su cui investire riguardano le tecnologie per la cattura di CO2 da emissioni di processo, la produzione e l’utilizzo di combustibili green/low-carbon (idrogeno, biometano,…) in sostituzione dei combustibili fossili e l’elettrificazione di parte dei processi produttivi. Queste soluzioni, per quanto ad alto potenziale, ad oggi presentano limiti tecnologici, infrastrutturali ed economici che vanno superati per renderle a scala e competitive sia da un punto di vista tecnico

sia economico. Sarà fondamentale, in questo decennio, supportarne la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione per validarne l’efficacia e quindi garantirne l’adozione su scala industriale. In quest’ottica è auspicabile un approccio di sistema che coinvolga tutti gli attori della filiera (fornitori di tecnologia, gestori, utilizzatori finali, comunità locali,…), che favorisca la circolarità infra e cross-settoriale e che sia in grado di sfruttare le sinergie derivanti da un approccio per distretto industriale. Entro il 2030, a fronte di un costo di 15 miliardi di euro per i settori Hta, sarebbe possibile ridurre le emissioni di CO2e del 35-40%. La realizzazione di questi obiettivi richiede l’identificazione e allocazione di fondi a supporto degli investimenti e dei costi nascenti, l’evoluzione della regolamentazione attuale per rispondere alle cambiate esigenze dei settori e lo stimolo ad una domanda di prodotti green. Per quanto riguarda i trasporti, la leva a mag-

gior impatto è la mobilità elettrica, in particolare per il trasporto privato, i veicoli commerciali leggeri e il trasporto pubblico urbano. Anche combustibili alternativi quali idrogeno e carburanti sintetici contribuiranno alla decarbonizzazione del settore, in particolare nel trasporto pesante, nel marittimo e nell’aviazione. Entro il 2030 queste leve consentiranno di ottenere una riduzione delle emissioni CO2e nell’ordine del 15%-20% a fronte di circa 300 miliardi di euro di investimenti per il parco veicolare e le infrastrutture di ricarica. Il lavoro che quotidianamente svolgiamo accanto ai nostri clienti ci consente di individuare per ciascuno di questi ambiti quali sono le tecnologie disponibili, i diversi stadi di maturità in cui si trovano e dove sono i maggiori gap da colmare in termini di investimenti. Ciò che è certo è che la transizione non avverrà tramite l’utilizzo su larga scala di una singola tecnologia, ma dovremo far ricorso ad un ampio ventaglio di soluzioni, accompagnate da una razionalizzazione delle normative e degli iter autorizzativi e da un’ampia disponibilità di fondi a supporto. Su quest’ultimo punto il recente stanziamento di circa 70 miliardi di euro nel Pnrr per la rivoluzione verde e transizione ecologica è un passo importante ma non risolutivo. Si tratta ora di investire nel modo più efficace e più sostenibile per il sistema Paese, una sfida per tutti! *Managing Director and Partner, Boston Consulting Group **Associate Director, Climate Impact, Boston Consulting Group ***Project Leader, Boston Consulting Group

Gli autori dello studio pubblicato in queste pagine (da sinistra): Laura Villani, Fabio Cancarè e Gabriele Greco

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di privilegio che potrebbe, nel lungo periodo, rivelarsi problematica. «La seconda e la terza variabile della formula ((Sa e Mw) ci permettono di capire come l'azienda si comporta nei confronti suoi investitori». In particolare si analizza l'importanza di aspetti sensibili per gli azionisti di minoranza o per i nuovi azionisti, ad esempio per quanto riguarda i patti parasociali (non giustificati da esigenze operative), il doppio diritto di voto, la presenza di un azionista di controllo, i conflitti di interesse e la scarsa contendibilità. «Ci avvaliamo dei documenti pubblici di investor relations, che in molti casi sono ardui da reperire nonostante la pubblicità sia obbligatoria», sottolinea l'analista di Standard Ethics. La quarta variabile (Id) si concentra su governance, gestione e controllo dei rischi Esg, modelli di reporting e composizione del consiglio di amministrazione: «verifichiaOra che gli investimenti inseguono la sostenibilità, c'è fame di rating. mo se c'è indipendenza del Cda, focalizzandoci Ecco quali sono i parametri che contano nell'algoritmo di Standard Ethics, sulla parità di genere e sull'inclusione. Se un'al'agenzia di rating indipendente che ora valuta anche le obbligazioni zienda dice di essere orientata alla gender e quality e poi non ha donne in posizioni apicali di Marina Marinetti o nel Cda, se un'impresa che opera in più Stati non include nel management rappresentanze n Italia c'è una transizione nella lanciati lo scorso anno, ovvero lo SE European delle diverse nazionalità, insomma se qualcosa transizione: quella energetica porta Utilities Index (nel quale figurano le italiane non torna ce ne accorgiamo. Analizziamo ancon sé nuovi criteri di business. Lo Enel, Snam, Erg, Italgas e Terna) e lo SE Euroche i potenziali conflitti di interesse tra consitestimoniano gli upgrade di Standard Ethics, pean Multi-Utilities Index (che include nei 15 glieri e azienda e verifichiamo quanto le scelte l'agenzia self-regulated che da Londra assegna constituents A2A; Acea, Hera e Iren). «Per aseffettuate siano slegate da pressioni e ingereni rating Esg: per Snam e A2A l'outlook è divensegnare il rating facciamo riferimento al nostro ze, per capire quanto gli azionisti di minoranza tato positivo, Terna è passata a EE- (adequate) algoritmo proprietario: ci permette di essere lisiano effettivamente tutelati». E finalmente ardal precedente E+ (non-compliant) e Acea da beri e indipendenti dai vari kpi utilizzati un po' riviamo ai fattori Esg: la quinta variabile (Cg) EE- a EE (strong). Il rating Esg, d'altronde, è un alla buona». Per gavaluta l'allineamento I RATING DI STANDARD ETHICS imperativo categorico in un momento in cui i rantire accuratezza e con strategie come la PRENDONO IN CONSIDERAZIONE flussi finanziari si stanno spostando pesantecomparabilità, quindi, Cop21 di Parigi per la ANCHE L'EFFETTIVA TUTELA mente verso la sostenibilità. Ma come funziona Standard Ethics utilizriduzione degli effetDEGLI INVESTITORI DI MINORANZA esattamente l'assegnazione del rating non fiza un proprio algoritti climatici o le linee nanziario? «Ogni volta che entriamo in un nuomo a sei gruppi di variabili: «La prima variabile guida dell'Ocse per le imprese multinazionali vo mercato, che si tratti di un settore o di uno della formula (Fc) è relativa alla concorrenza, ci come esempi. «Valutiamo il codice etico dell'aStato, selezioniamo le prime 30 o 40 società fa capire come si muove l'azienda a livello comzienda», continua Jennifer Mancini, «quanti per capitalizzazione e flottante, per offrire un merciale all'interno del suo mercato», spiega riferimenti a strategie Esg internazionali ci benchmark di riferimento al mercato», spiega Jennifer Mancini. Standard Ethics, quindi, vasono nelle policies dell'azienda, misuriamo la a Economy Jennifer Mancini, che in Stardard luta positivamente l'azienda che compete e afdistanza tra le azioni volontarie dell'azienda e Ethics è Unsol team coordinator. Unsol è il fronta il mercato in modo appropriato, mentre le indicazioni di Ue, Ocse, Onu. Andiamo a vanome in gergo dei rating non richiesti (unsoconsidera negativamente elementi di rischio lutare il report sulla sostenibilità delle aziende licited, appunto) utilizzati per offrire agli stacome antitrust, indagini, multe o sanzioni, evache lo redigono: fondamentalmente, se i nukeholder degli indici-benchmark come i due sione fiscale o semplicemente una posizione meri mancano significa che manca il controllo.

Promossi o bocciati ecco la pagella per gli Esg

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ENERGIA, SI CAMBIA!

E, anche se non ci sono target espliciti (es. la carbon neutrality entro il 2030), andiamo a vedere la reportistica: se è redatta su base Gri - il Global Reporting Iniziative, uno degli standard di riferimento dei bilanci di sostenibilità, ndr - se esiste il Communication on Progress del Global compact, che viene redatto ogni anno su specifici parametri, o l'Integrated reporting framework, che è una modalità delle linee guida sulla base delle quali interpretare la propria reportistica Esg, perché è confrontabile e ci fa capire l'impegno effettivo dell'azienda». «La nostra chiave è l'investment grade model», sottolinea Manfredi Morello, Sol - che sta per "solicited" - team coordinator di Standard Ethics: «il rating che emettiamo dev'essere fruibile solo ed esclusivamente dal mercato. Si tratta di una differenza sostanziale rispetto ad altri tipi di valutazioni che vengono fornite da diverse case di consulenza generando confusione. La nostra è un'agenzia indipendente dal mercato e non c'è alcun tipo di contatto con gli investitori». Ciò non toglie se il mercato è a caccia di Esg, sono sempre di più le società, quotate e non, che richiedono a Standard Ethics la pagellina di sostenibilità. «Per quanto riguarda il

solicited corporate rating l'algoritmo lo stesso, l'analisi la stessa, ma gli strumenti di lavoro e i processi sono leggermente diversi», spiega Manfredi Morello. «Standard Ethics in questo caso instaura una relazione confidenziale tra le parti per la raccolta di informazioni, che non possono essere usate al di fuori del rapporto col cliente: non collaboriamo ad attività di asset management, non effettuiamo consulenza verso terzi, e lasciamo al cliente la decisione di divulgare l’ottenimento del rating. Non lavoriamo attraverso questionari, ma ci basiamo LA CHIAVE CHE L'AGENZIA ADOTTA È L'INVESTMENT GRADE MODEL: IL RATING EMESSO DEV'ESSERE FRUIBILE SOLO DAL MERCATO

su guidelines interne che elaboriamo in regime di severa riservatezza, che restituisce una mappatura con un approccio olistico di tutti i rischi Esg suddivisa in circa 230 punti di analisi. «Facciamo anche una serie di verifiche sulle informazioni che ci vengono inoltrate: il nostro è un rating di compliance rispetto alle indicazioni internazionali». Un lavoro intenso che porta all'elaborazione

L'ALGORITMO DI STANDARD ETHICS (FcEU+Sa+IdEU-OECD+MW • f(Sa) • f(IdEU-OECD)+CgUN-OECD-EU • f(Fc) • f(IdEU-OECD))

al tanto

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EE+ Commitment: dal poco

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EEE+ E EApproccio: dall'etica particolare

alla sostenibilità

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della guidelines in 34 giorni, cui, dopo altri 15 giorni, segue il report finale con la proposta di rating. Nei successivi 5 giorni il comitato di rating interno e indipendente dà il suo parere sulla proposta. «Se la società sotto rating fa parte dei nostri indici, la comunicazione è obbligatoria e pubblica», continua l'analista di Standard Ethics. «Le società sono molto propositive, si spendono volentieri, spesso il nostro percorso risulta poi uno strumento utile per le aziende per redigere il loro piano strategico». Ma non di sole azioni (quotate) vive il mercato: ci sono anche le obbligazioni. Così, sul finire dello scorso anno, è nato il Security Standard Ethics Rating dedicato alle emissioni obbligazionarie tradizionali o altri tipi di strumenti di debito: nel primo benchmark, composto da 60 rating attribuiti ad altrettante emissioni di general purpose bond quotate sul mercato secondario con scadenza almeno decennale e un ammontare pari o superiore a 2 miliardi di dollari, di tricolore figurano solo tre emissioni di Intesa San Paolo in scadenza nel 2030 e nel 2035 con rating EE e outlook stabile. «Assistiamo a un trend positivo delle emissioni verdi e abbiamo messo a punto una nuova metodologia per assegnare le valutazioni anche a emissioni general purpose», spiega Manfredi Morello. Tra le prime aziende a richiedere a Standard Ethics una valutazione del proprio programma di euro commercial paper (che arriverà fino a 2,5 miliardi di euro) figura Snam, che ha ottenuto un EE (adequate): «È un caso particolarmente interessante», conclude l'analista di Standard Ethics «oltre al rating di base si analizzano le intenzioni di utilizzo del capitale raccolto sul mercato per finanziare i propri obiettivi legati a tematiche di sostenibilità su tre grandi aree: neutralità climatica, economia circolare e uguaglianza di genere. La valutazione, quindi, riguarda non solo il lato corporate, ma anche lo strumento in sé. Snam ha accettato formalmente nel memorandum di Borsa la clausola di condizionalità, secondo cui il programma manterrà l'acronimo Esg solo se la società conserverà l'investment grade da parte di Standard Ethics.».

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GAS, LUCE E... NEUTRALITÀ CARBONICA Con l'espansione del business delle rinnovabili e la fusione con le attività retail, "Eni gas e luce" fornirà sempre più energia verde ai propri clienti. Tutte le tappe del percorso sostenibile del "cane a sei zampe" di Paola Belli

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n passo dopo l'altro, il cane a sei zampe sta andando incontro al net zero. E con esso, circa 10 milioni di clienti in 6 Paesi europei: sono famiglie, condomini e imprese che si affidano a Eni gas e luce, la società 100% controllata da Eni SpA, nata nel 2017 da un processo di societarizzazione delle sue attività retail gas & power, che nei 6 flagship store a Milano, Bologna, Parma, Vicenza, Padova e Treviso e attraverso una rete di Energy Store composta da 150 punti vendita offre una consulenza professionale personalizzata, con una gamma di prodotti ad alta efficienza energetica e una serie di servizi che vanno ben oltre la fornitura di gas ed energia elettrica. Tutti orientati, appunto, verso la sostenibilità, come CappottoMio, il servizio di riqualificazione energetica degli edifici, o E-start, la linea IL GREEN DATA CENTER DI ENI d’offerta per la ricarica elettrica dei veicoli per clienti residenziali e business nata nel 2019. raggiungere 4 GW di potenza elettrica instalEni gas e luce vuole accompagnare le persone lata da fonti rinnovabili, con gli ulteriori obieta fare un uso migliore dell'energia, per usartivi di lungo periodo che vedono tale potenza ne meno e meglio. A partire da gennaio dello raggiungere 15 GW nel 2030 e 60 GW al 2050. scorso anno, con l'acquisizione del 70% di Non solo: ad aprile il Consiglio di AmministraEvolvere, società leader in Italia nella genezione di Eni, riunitosi sotto la presidenza di razione distribuita con oltre 11.000 impianti Lucia Calvosa, ha approvato l'avvio di un progestiti, di cui 8.000 di proprietà installati presgetto strategico che prevede addirittura la naso clienti domestici e business. L’offerta della scita di un nuovo veicolo societario dall’unione società comprende la delle attività di retail e UN NUOVO VEICOLO vendita, l’installazione di energia rinnovabile. SOCIETARIO PER CREARE e la manutenzione di Un veicolo che nel corVALORE GRAZIE ALLA impianti fotovoltaici e so del prossimo anno, TRANSIZIONE ENERGETICA di sistemi di accumusubordinatamente alle lo per clienti residenziali e business con pocondizioni di mercato, potrebbe venire quotatenze fino a 20 KW. Ma questo è solo l'inizio. to in Borsa, oppure venire valorizzato attraEni ha confermato l’importanza strategica del verso la cessione o lo scambio di una quota di business delle energie rinnovabili nel percorminoranza con uno o più partner strategici. La so verso la decarbonizzazione, rafforzando fusione delle attività retail e rinnovabili, il cui l’integrazione con il business retail di Eni gas piano di sviluppo prevede un aumento signie luce: nel prossimo quadriennio prevede di ficativo della capacità installata, massimizzerà

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la creazione di valore ampliando l’offerta di servizi, infrastrutture ed energia verde direttamente alla ampia clientela retail: la nuova società avrà l’obiettivo di sviluppare entro il 2025 una capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile superiore a 5 GW. Si tratta di un progetto ambizioso che fa parte del più ampio impegno di Eni per creare valore attraverso la transizione energetica: contribuirà al raggiungimento dei target di riduzione delle emissioni scope 3, una parte fondamentale della strategia che porterà Eni alla neutralità carbonica entro il 2050, contribuendo al raggiungimento dell'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 13 delle Nazioni Unite per contrastare il cambiamento climatico. E creerà valore: sarà proprio tale capacità, offerta alla crescente base clienti, di 11 milioni nel 2024, che garantirà la crescita dell'Ebitda complessivo dai 600 milioni di euro del 2021 a oltre 1 miliardo di euro nel 2024.


ENERGIA, SI CAMBIA!

Per arrivarci, si comincia dalla Spagna: a febbusiness fortemente orientato alla creazione braio Eni ha siglato un accordo con X-Elio, di valore per tutti gli stakeholder nel lungo tra i leader nell’ambito di progetti di energia termine, tracciando la strada che ci porterà rinnovabile a livello globale, per l’acquisizione alla neutralità carbonica nel 2050», ha detto di tre progetti fotovoltaici nel sud della SpaClaudio Descalzi, Amministratore Delegato gna, appunto, per una capacità complessiva di di Eni, presentando Eni for 2020, il 15mo re140 MW. In base all’intesa, il trasferimento dei port volontario di sostenibilità, che illustra il progetti sarà soggetto alle consuete autorizzacontributo concreto di Eni per una transiziozioni, a partire dal secondo semestre del 2021. ne equa, costruendo sul percorso dell’azienEni sarà responsabile della realizzazione deda verso la neutralità carbonica al 2050. «È gli impianti e della perseguendo questa NEI PROSSIMI QUATTRO ANNI ENI commercializzazione visione che abbiamo RADDOPPIERÀ LA CAPACITÀ dell'energia elettrica. rafforzato le partnerDI BIORAFFINAZIONE E SVILUPPERÀ «Questa iniziativa rafship con le agenzie e le SISTEMI DI UTILIZZO DELLA CO2 forza in modo signiorganizzazioni interficativo la presenza di Eni nel mercato spanazionali e della cooperazione allo sviluppo, gnolo con un grande investimento nel campo che rappresentano un’efficace leva per mobidelle energie rinnovabili e integra i business litare risorse non esclusivamente economidell’azienda già esistenti nella regione», ha che e accompagnare la crescita dei Paesi che commentato Claudio Descalzi, Amministraci ospitano», ha continuato Descalzi. Eni for tore Delegato di Eni: «Lo sviluppo di progetti (che è anche oggetto di revisione da parte di fotovoltaici è in linea con la nostra strategia a PwC) si compone di tre volumi, Eni for a Just sostegno della transizione energetica ed è un Transition; un approfondimento sul percorso elemento chiave dell’impegno dell’azienda verso la neutralità carbonica al 2050, in linea verso una riduzione delle emissioni di CO2. con le raccomandazioni della Task Force on Questa acquisizione, inoltre, consentirà di Climate-related Financial Disclosures; e uno sfruttare future sinergie con il business luce & gas retail». L'accordo con X-Elio si aggiunge a quello siglato a gennaio da Eni gas e luce, società controllata al 100% da Eni, con il Grupo Pitma per l’acquisizione del 100% di Aldro Energía Y Soluciones S.L., attiva in Spagna e Portogallo nel mercato della vendita di energia elettrica, gas e servizi a clienti residenziali e grandi, piccole e medie imprese. Eni gas e luce vuole contribuire attivamente all’espansione di business di Aldro Energía portando anche le proprie competenze nei settori della riqualificazione energetica, promuovendo un uso migliore dell’energia tramite servizi per l’efficientamento energetico di condomini e abitazioni, fotovoltaico e mobilità elettrica. Se i fatti (compresi quelli che abbiamo messo in fila) contano più delle parole, queste ultime hanno un peso specifico importante. «Negli ultimi anni abbiamo impostato la nostra straIL PARCO EOLICO DI ENI IN KAZAKISTAN tegia su un’evoluzione del nostro modello di

dedicato alle Performance di sostenibilità degli ultimi 5 anni. La decarbonizzazione dei prodotti energetici e delle operazioni dell’azienda sarà conseguita attraverso attività in parte già avviate e tecnologie esistenti, che consentiranno il raddoppio della capacità di bioraffinazione nei prossimi 4 anni, l’incremento della produzione e commercializzazione di biometano e idrogeno e la crescita nella capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili fino ad arrivare a 60 GW al 2050, oltre che lo sviluppo di iniziative e sistemi per lo stoccaggio e l’utilizzo della CO2. In quest’ottica, Eni ha proseguito nello sviluppo di sistemi innovativi per la valorizzazione della CO2, come le tecnologie di mineralizzazione. E il futuro, Eni, lo sta scrivendo ora, con il suo impegno nella attività di ricerca e sviluppo con i principali enti tecnico-scientifici italiani e internazionali per sviluppare l’accesso a fonti di energia pulita, sicura e inesauribile, come la trasformazione dell’energia prodotta dal moto ondoso in energia elettrica e la fusione a confinamento magnetico: la transizione energetica è un obiettivo ambizioso, da raggiungere impegnandosi su tutti i fronti.

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Nuove fonti per l'energia e il fossile si defila dalla scena Enel accelera sulla transizione energetica ed entro il 2025 dismetterà le centrali a carbone, sviluppando impianti a gas a ciclo aperto che saranno poli energetici integrati con l'ambiente circostante di Angelo Curiosi

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l programma avviato da Enel in carbone che cesseranno la produzione. Enel Italia per accelerare la transizione avvia in questo modo delle iniziative di sviverso un modello energetico sosteluppo per impianti a gas a ciclo aperto (per nibile prevede lo sviluppo di nuova capacicirca 3,2 Gw complessivi) con la possibilità di tà produttiva da fonti rinnovabili su tutto il completamento in impianti a ciclo combinaterritorio nazionale, impianti di accumulo e, to (per circa 1,6 Gw aggiuntivi). nella misura strettaParallelamente Enel NEL 2020 ENEL HA AVVIATO mente necessaria per Produzione ha preQUATTRO CONCORSI PER IL DESIGN mantenere in sicurezsentato richieste di DELLE NUOVE CENTRALI CHE za il sistema elettrico dismissione per alcuSFRUTTERANNO FONTI RINNOVABILI italiano, impianti a ne unità degli attuali gas in alcuni dei siti in cui Enel è oggi preimpianti a carbone: sente. Tale soluzione è necessaria anche per - Gruppo 2 della centrale di Brindisi “Federirendere possibile la chiusura degli impianti co II”: il ministero per lo Sviluppo economico a carbone entro il 2025, in linea con quanto (Mise) ha autorizzato la chiusura e dal 1 genprevisto dal Piano Nazionale Integrato Enernaio 2021 il gruppo è in dismissione. gia e Clima (Pniec). - Gruppi 1 e 2 della centrale termoelettrica Enel ha infatti avviato l’iter per nuova capaA. Palladio, Fusina: autorizzata la dismissiocità a gas, unitamente a impianti di accumulo ne da parte del Mise a partire dal 18 agosto e rinnovabili, a La Spezia, Fusina, Civitavecdel 2021. chia e Brindisi, in sostituzione delle centrali a Invece nella centrale “E. Montale” di La Spe-

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zia – per indicazione del Mise, l’unità 3 a carbone verrà chiusa solo quando nell’area nord del Paese il saldo netto tra aumenti di capacità e dismissioni sia di almeno 500 MW, per garantire la sicurezza del sistema. Nel 2020 Enel ha avviato “I nuovi spazi per l’energia”, quattro concorsi per il design delle nuove centrali necessarie per la dismissione degli impianti a carbone, da realizzare a La Spezia, Fusina, Civitavecchia e Brindisi. L’obiettivo è dar vita a poli energetici integrati con l’ambiente circostante, in cui convivranno fonti rinnovabili (solare e fotovoltaico), batterie per l’accumulo di energia e impianti a gas. Attualmente è stato aggiudicato il concorso di Fusina. La sfida al centro dell’impegno di Enel Green Power, che all’interno del Gruppo Enel si occupa dello sviluppo e dell’esercizio di impianti di energia rinnovabile, è dunque accelerare la transizione energetica coniugando produzione di energia, rispetto per l’ambiente e sostenibilità: il suo piano industriale prevede 1,5 nuovi GW nel periodo 2021-2023. Il gruppo Enel si è aggiudicato quasi 290 MW di capacità nelle prime cinque aste Fer indette dal Gse (Gestore Servizi Energetici), tra nuova capacità rinnovabile per progetti eolici e solari e potenza derivante dal rifacimento di impianti già in servizio. Il primo nuovo impianto eolico derivante dalle aggiudicazioni delle aste è già attivo da aprile 2021 in Sicilia, a Partanna, mentre è in corso il cantiere di Castelmauro, in Molise. Ulteriori cantieri in funzione sono quelli di Baselice, in Campania e di impianti fotovoltaici su tetti in Sicilia e Lombardia oltre che 18 cantieri in corso o in avvio per i rifacimenti idroelettrici ed eolici di impianti esistenti, cui si aggiungono ulteriori 16 cantieri di potenziamento di impianti idroelettrici e geotermici già operativi. Purtroppo, però, nel nostro Paese lo sviluppo delle rinnovabili incontra ostacoli e resistenze che è necessario superare. Si tratta soprattutto di iter autorizzativi lenti e complessi per la realizzazione degli impianti. Un “collo di bottiglia” che rischia di allontanare il rag-


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giungimento degli obiettivi della transizione Hjt, che Enel Green Power produce in escluenergetica e di frenare la crescita economica, siva mondiale nella fabbrica 3Sun di Catania. spingendo gli operatori a rinunciare ai propri Una tecnologia che consente di catturare la investimenti. radiazione solare su entrambe le facciate del Lo dimostra l’esito della quinta asta per le pannello, incrementando l’efficienza e ottiFonti energetiche rinnovabili del Gse, che mizzando gli spazi impiegati. prevedeva 1.582 megawatt di capacità dispoUn altro mito è che la crescita delle rinnovanibile ma ha registrato un’offerta complessibili non programmabili comprometterebbe va di soli 98,9 MW con progetti aggiudicati la sicurezza energetica: falso. Certo, bisogna per 73,7 mw, pari a poco meno del 5% del continuare a sviluppare l’infrastruttura di contingente messo a disposizione. trasmissione e distribuzione per consentire Oltre alla lentezza degli iter autorizzativi, di integrare appieno eolico e fotovoltaico. contro lo sviluppo E servono strumenL'ENERGIA RINNOVABILE COSTA MENO delle energie rinnoti che incrementino DELLE FONTI CONVENZIONALI: EOLICO vabili e la decarbonizla flessibilità di rete, E FOTOVOLTAICO HANNO GIÀ zazione che ne derivecome ad esempio i RAGGIUNTO LA MARKET PARITY rebbe, gravano anche sistemi di accumulo alcuni miti negativi da sfatare. connessi direttamente ai parchi fotovoltaici o Per esempio quello che gli impianti solari ed eolici. Proprio per questo, Enel Green Power eolici toglierebbero spazio all’agricoltura. sta sperimentando sistemi di stoccaggio con Non è assolutamente vero. Dati gli obiettibatterie a flusso, tecnologia che garantisce un vi del Piano Nazionale Integrato Energia e ciclo di vita molto più lungo, un’alta stabilità Clima, si stima infatti che l’occupazione di e sicurezza operativa e l’assenza di materiali suolo dell’intera capacità solare necessaria critici. all’Italia al 2030 andrebbe ad impattare per Altra bugia è che l’energia rinnovabile costi un’estensione territoriale pari alla provincia troppo: al contrario, costa già meno delle di Monza-Brianza. Mentre l’intera capacità fonti convenzionali. Basta considerare il eolica richiesta coprirebbe un’area non più cosiddetto “costo livellato dell’energia”, un estesa della singola provincia di Prato. Due indice che permette di mettere a confronto delle tre province più piccole d’Italia. Per non parlare delle formule innovative che al contrario creano reciproci supporti tra rinnovabili e agricoltura, come l’agrivoltaico, un metodo innovativo che vede coinvolta Enel Green Power assieme al National Renewable Energy Laboratory statunitense. La sperimentazione riguarda l’utilizzo dell’ombra dei pannelli solari per efficientare l’utilizzo dell’acqua e proteggere le coltivazioni dal sole nelle ore più calde. I primi risultati sono stati sorprendenti: una piantagione di pomodori ciliegini in Arizona - grazie all’agrivoltaico - ha diminuito la richiesta d’acqua e più che raddoppiato la resa. Molti impianti fotovoltaici a terra sono già stati progettati partendo da modelli operativi che riducono al minimo l’occupazione di suolo. Come il pannello fotovoltaico bifacciale

il prezzo dell’elettricità prodotta dalle diverse tecnologie di produzione energetica. Bloomberg New Energy Finance (BnefF) riporta infatti come il costo dell’energia per le tecnologie eolica on-shore e solare fotovoltaico di ampia scala si sia ridotto di più del 50% tra il 2015 e il 2020, mostrando come le rinnovabili abbiano raggiunto la cosiddetta market parity. Se i costi di realizzazione degli impianti salgono, è a causa dei tempi autorizzativi. Lo stesso Ministero per la Transizione energetica stima che servono in media dai 4 ai 5 anni prima di poter ottenere gli ok per aprire i cantieri. Tema di estrema criticità, visto che l’Ue vuole raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e le principali analisi dicono che questo orizzonte è realistico solo se ci sarà uno sprint da qui al 2030. Secondo l’Anev dal 2012 il tasso di autorizzazioni rilasciate per l’eolico è calato dell’80%. Neppure il recente dl Semplificazioni bis ha cambiato davvero le carte in tavola: ha solo limato qualche passaggio. Anche ai nuovi ritmi, calcola Anev, i target della transizione energetica previsti dal PniecC, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, saranno raggiunti soltanto nel 2085. Vale a dire ben oltre il 2030.

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TECHUB, IL DISTRETTO SNAM PER LA RETE DEL FUTURO La società ha inaugurato il primo dei suoi presidi territoriali interamente gestito con l’ausilio delle tecnologie digitali: la sede di Bologna diventa un modello di digitalizzazione a supporto delle competenze delle persone di Paola Belli

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a preso il via a Bologna TecHub, il primo distretto del futuro di Snam. La società di infrastrutture energetiche, che gestisce una rete di oltre 32mila chilometri solo in Italia con partecipazioni in vari Paesi all’estero, dall’Austria alla Francia, dalla Grecia alla Gran Bretagna, ha inaugurato infatti nel capoluogo emiliano il primo dei suoi presidi territoriali interamente gestito con l’ausilio delle tecnologie digitali. Il TecHub di Bologna, che controlla oltre 4mila km di metanodotti, 80 impianti di riduzione e più di mille punti di riconsegna tra Emilia-Romagna e Marche, è uno degli otto distretti di Snam distribuiti lungo l’intera Penisola con funzioni di supervisione e controllo delle attività dei 48 centri di manutenzione attivi su tutto il territorio nazionale. La sede bolognese, a cui fa capo

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il distretto centro-orientale, aprirà dunque la strada alla trasformazione digitale delle attività di Snam, adottando tecnologie di frontiera funzionali all’abbattimento delle emissioni, al miglioramento della sicurezza e resilienza e all’efficienza operativa. Per quanto riguarda la sicurezza, il TecHub impiegherà sistemi di monitoraggio in tempo reale degli asset di Snam in grado di coIN ITALIA SNAM GESTISCE UNA RETE DI OLTRE 32MILA CHILOMETRI E ALL'ESTERO HA PARTECIPAZIONI IN DIVERSI PAESI EUROPEI

gliere ogni variazione di parametro significativa, rilevando nell’arco di pochi secondi e con la massima precisione eventuali anomalie sulla rete o sugli impianti e consentendo di effettuare da remoto interventi mirati e

tempestivi. Inoltre, con TecHub sono state attivate campagne di monitoraggio delle emissioni fuggitive e interventi per la loro eliminazione. I tecnici utilizzano strumenti di nuova generazione e i dati sono trasferiti, integrati e gestiti direttamente nel sistema Smart gas, il supporto tecnologico evoluto in uso a tutti gli addetti che si occupano della manutenzione della rete e delle centrali di spinta e stoccaggio di Snam (nonché, dal 2020, del terminale Gnl di Panigaglia). L’obiettivo è rendere le infrastrutture di Snam sempre più sicure e proseguire negli sforzi di riduzione delle emissioni in vista dell’obiettivo di neutralità carbonica fissato dalla società per il 2040, con un target intermedio di dimezzamento delle emissioni dirette e indirette di CO2 equivalente entro il 2030. Parallelamente, saranno rafforzati il monitoraggio delle infrastrutture e la raccolta dei dati di campo per ottimizzare le attività di manutenzione. In particolare, il distretto centro-orientale sarà il primo ad avvalersi regolarmente di droni e satelliti a supporto del personale nelle attività di ispezione della rete soprattutto in zone impervie. È stato inoltre introdotto uno strumento di analytics for maintenance dotato di funzioni avanzate, con l’utilizzo anche di modelli cognitivi, che consentirà di interpretare con sempre maggiore efficacia i segnali provenienti dall’esercizio della rete, a supporto dell’ingegneria di manutenzione. Il digitale avrà un ruolo chiave anche in ottica di ottimizzazione dei consumi, previsione della domanda di energia e protezione fisica delle infrastrutture. L’inaugurazione del TecHub è la seconda


ENERGIA, SI CAMBIA!

tappa del percorso di evoluzione digitale degli asset di Snam dopo l’introduzione dell’intelligenza artificiale e l’integrale sostituzione del sistema informatico Scada nelle attività del dispacciamento, il “cervello” tecnologico operativo a San Donato Milanese che controlla da remoto, 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno, l’intera rete infrastrutturale della società. L’algoritmo di intelligenza artificiale è attualmente in uso in via sperimentale in Toscana, ma verrà in futuro esteso a tutto il Paese. Le tecnologie digitali hanno un ruolo di supporto e di facilitazione in un contesto nel quale le competenze tecniche delle persone sul territorio restano comunque centrali.

L’obiettivo di queste iniziative è infatti potenziare la capacità di raccolta, trasmissione e analisi dei dati, così da consentire agli addetti di operare in modo sempre più efficace e informato.

La trasformazione digitale è un capitolo importante del piano strategico di Snam. A questo ambito è infatti riservato circa mezzo miliardo di investimenti, su 7,4 miliardi complessivi al 2024, con l’obiettivo di rendere Snam l’operatore di infrastrutture gas più tecnologico al mondo. In particolare, l’integrazione di Internet of Things e machine learning consentirà all’azienda di trasmettere, analizzare e storicizzare in tempo reale una quantità di dati giornaliera 100 volte superiore a quella attuale, dai circa 100 gigabyte di oggi a 10 terabyte, nel giro di pochi anni. L’orizzonte ormai prossimo è una rete energetica intelligente, governata con un approccio sempre più “data driven”.

L’infrastruttura italiana si prepara per l’idrogeno

Le sperimentazioni dell’azienda sulla via della transizione ecologica

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uella di Snam è una rete capillare che attraversa l’intera Penisola portando energia a industrie e famiglie italiane. Un complesso mosaico di infrastrutture composto da metanodotti e impianti di compressione, con le funzioni rispettivamente di trasportare il gas e di spingerlo all’interno delle condotte, oltre a siti di stoccaggio e terminali di rigassificazione. Proprio l’infrastruttura di trasporto di Snam, collegata a punti d’ingresso dalla Russia, dal Nord Europa, dalla Libia, dall’Algeria e dal corridoio che attraversa Albania e Grecia, è al centro di un’importante evoluzione. L’azienda guidata da Marco Alverà la sta infatti preparando a trasportare idrogeno, prima miscelato al gas naturale e in prospettiva anche in forma pura. Il Nord Africa, a cui l’Italia è collegata fisicamente attraverso la rete di Snam, potrà infatti diventare nel prossimo futuro un produttore di idrogeno verde, ottenuto a partire dall’energia del sole, di cui dispone in abbondanza. Con la progressiva

discesa dei costi del solare e degli elettrolizzatori, tecnologia chiave per produrre idrogeno verde, questa soluzione potrebbe diventare competitiva in pochi anni. E l’Italia trasformarsi in uno snodo centrale per l’approvvigionamento di idrogeno verde in Europa. Il primo passo è stato compiuto da Snam nel 2019, con l’introduzione in via sperimentale di un mix di idrogeno (prima al 5% e poi al 10% in volume) in un tratto della propria rete a Contursi Terme, in provincia di Salerno. Con il mix idrogeno-gas naturale sono stati alimentati un pastificio e un’azienda di imbottigliamento di acque minerali. Il test, tra i primi nel mondo, ha aperto la strada ad altre sperimentazioni. Snam, infatti, ha successivamente provato la prima turbina “ibrida”, alimentata fino al 10% da idrogeno, e ha avviato sulla rete un’analisi approfondita sulla capacità di accogliere idrogeno. Sulla base dei dati attualmente disponibili, circa il 70% dell’infrastruttura Snam risulta realizzata con

acciai in grado di trasportare fino al 100% di idrogeno, in linea con lo standard internazionale Asme B31.12. A tal proposito, è in corso un processo di certificazione della rete realizzato da Rina. La prospettiva, al 2050, è trasportare gas interamente decarbonizzato (non solo idrogeno ma anche biometano) contribuendo agli obiettivi climatici nazionali ed europei. Snam ha infine adottato una nuova normativa interna per l’approvvigionamento affinché tutti i materiali dei nuovi tratti di rete siano in grado, senza aggravi di costo, di trasportare non solo gas naturale e biometano ma anche, in prospettiva e in linea con l’evoluzione del quadro regolatorio, percentuali crescenti di idrogeno fino al 100%. A tal proposito Corinth Pipeworks, società greca specializzata nella realizzazione di condotte in acciaio, fornirà a Snam 440 km di tubazioni di nuova costruzione, tra le prime certificate per il trasporto di idrogeno fino al 100% in una rete gas a livello europeo.

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E l'idrogeno "targato" Iberdrola com'è? Verde. Stiamo già lavorando sulla costruzione di numerosi impianti e acquisendo un know how da leader del settore.

La lezione spagnola sull'idrogeno verde È fra gli elementi più diffusi in natura, sebbene mai "libero": il più green in assoluto. Così Iberdrola sta investendo 1,8 miliardi per costruire il più grande impianto europeo, quello tra Puertollano e Palos de la Frontera di Marina Marinetti

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rigio, verde e blu: sono i colori Che differenza c'è tra idrogeno blu e idrodell'idrogeno. È l'elemento più geno verde? abbondante nell'universo, eppuL’idrogeno blu è prodotto esattamente come re è il meno sfruttato, dal punto di vista l’idrogeno grigio, quindi attraverso combuenergetico. Ma potrebbe essere una delle stibili fossili come il metano, ma in questo chiavi della transizione ecologica. A patto caso la CO2 emessa viene successivamente catturata e stoccata di scegliere il colore CON BEN 53 PROGETTI PRESENTATI nel sottosuolo oppugiusto. Già, perché IBERDROLA GIOCHERÀ UN RUOLO re trasformata come non tutto l'idrogeDA PROTAGONISTA NELL'AMBITO no è green. «L’idro- DEL PROGRAMMA NEXT GENERATION EU materia prima. Il futuro è rappresentato geno è un vettore, dall’idrogeno verde, estratto direttamente non una fonte di energia specifica. Il suo dall’acqua da un processo chiamato elettrolivello ecologico dipende da come lo si lisi. In questo caso l’idrogeno viene prodotto produce», spiega a Economy Lorenzo attraverso un impianto - chiamato elettroCostantini, Country Manager di Iberdrolizzatore - alimentato a sua volta da energie la Clienti Italia, in questa intervista a rinnovabili, come quella idroelettrica, eolica Economy. «Quello grigio, per esempio», o fotovoltaica. Basandosi totalmente su fonsottolinea Costantini, «lo si ottiene dai ti di energia rinnovabili senza emissione di combustibili fossili. Attualmente il 90% CO2, è la versione più ecologica e sostenibile dell’idrogeno è prodotto in questo modo: possibile. bisogna invertire il trend».

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Oggi l'idrogeno è il brutto anatroccolo del mix energetico e pesa appena per il 2%. La strategia europea prevede che entro il 2050 arrivi al 13-14%. Un ruolo di primo piano l'avrà il vostro impianto di Puertollano. L’Europa sta investendo molto in questo settore e Iberdrola intende giocare un ruolo da protagonista: si tenga presente che il Gruppo ha presentato 53 progetti sull’idrogeno verde nell’ambito del programma Next Generation EU. L’impianto in via di costruzione a Puertollano è sicuramente il fiore all’occhiello della nostra capacità di mettere in campo le migliori tecnologie. Qui, insieme a Fertiberia, ci impegniamo a produrre ammoniaca verde. Si tratta del più grande impianto per idrogeno verde a uso industriale in Europa, con l’obiettivo di sviluppare 800

LORENZO COSTANTINI


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MW di elettrolizzatori per la produzione di semblaggio elettrico dello stabilimento di idrogeno verde fra Puertellano (Ciudad Real, Puertollano. Construcciones ElectromecánCastiglia-La Mancia) e Palos de la Frontera icas Consonni produrrà apparecchiature di (Huelva, Andalusia). Già da fine 2021 i primi media tensioneInoltre Iberdrola ha chiuso 20 MW entreranno in esercizio, collocando un accordo con la multinazionale americaIberdrola al primo posto nell’area mediterrana Cummins per la costruzione di una giganea. Si stima verranno così tagliate emissioni factory per la produzione di elettrolizzatori. per circa 39.000 tonLa capacità iniziale DALL'ACCORDO CON TMB nellate di CO2 l'anno. dell’impianto, che doAL TRASPORTO PESANTE: ANCHE vrebbe entrare in attiNEL SETTORE DELLA MOBILITÀ Quanto è costato il vità nel 2023 e creare IBERDROLA SI È MOSSA IN ANTICIPO progetto? 350 nuovi posti di L’investimento complessivo è di circa 1,8 milavoro, sarà di 500 MW all’anno, con la posliardi di euro in sei anni e si prevede la creasibilità di ‘scalare’ progressivamente per arzione di oltre 3.600 posti di lavoro. Ma non rivare fino a 1 GW. 230 MW di elettrolizzatori faremo tutto da soli. sul modulo di Palos de la Frontera verranno forniti dalla stessa Cummins. Con chi state collaborando? Per realizzare un progetto così esteso abbiaUn altro settore sul quale l’idrogeno verde mo messo in piedi numerose partnership. può configurarsi come alternativa ecologiIberdrola ha selezionato Nel come fornitore ca è quella della mobilità. In questa direpreferenziale per l’installazione del primo zione, quali progetti ha in campo Iberdromodulo. Elecnor sarà responsabile dell'asla? Quello della mobilità è un settore decisivo sul quale Iberdrola si è mossa in anticipo rispetto ai competitor. In Spagna il Gruppo ha siglato un accordo con Tmb – Transports Metropolitans de Barcelona – per fornire già dalla fine di questo anno idrogeno verde al parco autobus di Barcellona. Il progetto prevede sino a 5,5 MW di elettrolizzatori, che a regime arriveranno a produrre 400 tonnellate di idrogeno per l’alimentazione di 60 autobus a celle combustibili. Così, Iberdrola si rafforza come riferimento per la mobilità elettrica urbana.

IL FUTURO È RAPPRESENTATO DALL'IDROGENO VERDE ESTRATTO DIRETTAMENTE DALL'ACQUA SENZA EMISSIONI DI CO2

Poi c'è il progetto di Aragona. Un progetto importante perché si rivolge al trasporto pesante, settore più complicato di altri da decarbonizzare. Qui Iberdrola è promotorice di un progetto che prevede l’installazione di un impianto da 10 MW per la pro-

duzione di idrogeno verde all’interno della Piattaforma Logistica Plaza a Saragozza. Tale impianto sarà in grado di produrre e fornire idrogeno verde ai veicoli di trasporto stradale pesante. Se si tiene conto che da noi la percentuale di trasporto su gomma supera il 75%, allora è evidente come - in prospettiva - questo know how apra a possibili interventi anche nel nostro mercato.

CHI È IBERDROLA Il Gruppo Iberdrola è uno dei leader mondiali nel settore energetico e nel campo delle rinnovabili, nato in Spagna e con sede a Madrid. Con oltre 170 anni di storia, produce e fornisce energia elettrica per circa 100 milioni di clienti in oltre 40 Paesi ed è pioniera nello sviluppo di reti intelligenti con una capacità di accumulo fino a 4 GW di energia eccedente. Con una forza lavoro di oltre 37.000 persone e un patrimonio di oltre 122,5 miliardi di euro, nel 2020 ha raggiunto un fatturato di 33 miliardi di euro e un utile netto di oltre 3,6 miliardi di euro. Con la volontà di raccogliere la sfida lanciata dalle innovazioni tecnologiche e dalla digitalizzazione, Iberdrola ha investito tutto il proprio potenziale per dare impulso alla transizione energetica, consolidandosi quale utility del futuro. Grazie al suo impegno per l'energia pulita, Iberdrola è una delle aziende con le più basse emissioni, credendo fermamente che la transizione verso la neutralità carbonica al 2050 sia possibile. L’obiettivo è la riduzione dell’86% dei gas serra entro il 2030, superando il target fissato dall’UE.

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IL GAS HA UN GRANDE AVVENIRE VERDE DAVANTI A SÉ Intervista con Pier Lorenzo Dell'Orco, a.d. di Italgas Reti: «La rete esistente è già idonea a sopperire al fabbisogno energetico. Dove non potrà arrivare l’elettrificazione, ci siamo noi in una logica di sector-coupling» di Luigi Orescano

L'IMPIANTO DI GNL IN SARDEGNA

PROVATE A DIGITARE “TUBO DEL GAS” SU GOOGLE: VI RITROVERETE CON 53 MILIONI DI RISULTATI E TANTE IMMAGINI DI TUBI DI GOMMA, COME NE ABBIAMO VISTI MILLE. Se

digitate “tubogas” vi ritroverete anche davanti alle foto di un iconico, antico gioiello francese. Ma attenzione, sono fake news. Altro che tubi di gomma e anelli di fidanzamento. Oggi la rete dei gasdotti è uno scrigno tecnologico ad altissima densità di intelligenza artificiale, digitalizzazione e soluzioni d’avanguardia che abilitano al futuro dell’energia: «Anche perché il gas ha un grande avvenire davanti a sé», osserva Pier Lorenzo Dell’Orco, amministratore delegato di Italgas Reti, la principale delle società operative del Gruppo Italgas che gestisce circa 73 mila chilometri di rete, ossia il 35% del totale in Italia. «In tutto il mondo gli esperti considerano il gas strategico per la transizione verso un’economia decarbonizzata – spiega Dell’Orco – la totale elettrificazione non è economicamente né tecnicamente sostenibile. Non sono io a dirlo ma Eurelectric, la principale associazione europea del settore, che per

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farlo stima 400 miliardi di euro di investimenti nei prossimi 10 anni. E anche la raffica di blackout delle ultime settimane dovrebbe farci riflettere su una scelta di quel tipo».

Invece, col gas? La rete esistente è già idonea a sopperire al fabbisogno energetico. Dove non potrà arrivare l’elettrificazione, ci siamo noi in una logica di sector-coupling. Preparandoci ad accogliere gas diversi dal gas naturale, verdi e rinnovabili. Come diversi? Le spiego. Partiamo dal biometano. Viene prodotto dalla biodegradazione di scarti essenzialmente organici, quindi a tutti gli effetti è rinnovabile. Ha due pregi: è pressoché identico al gas naturale e nasce da una tecnologia già disponibile. Abbiamo già ricevuto una quarantina di richieste di preventivo informale per il collegamento alla nostra rete da parte di produttori e con 5 siamo alla fase conclusiva. Quindi il biometano c’è e crescerà. L’Italia ha poi oltre 1200 impianti di produzione di biogas per i quali si può prevedere che, alla scadenza

degli incentivi intorno al 2027, si trasformino in impianti di biometano: in questo caso l’Italia potrebbe coprire con il biometano prodotto oltre il 10% dell’attuale fabbisogno annuo nazionale, quindi dobbiamo essere pronti. E l’idrogeno? L’idrogeno arriverà in forze sul mercato tra non meno di 10 anni. Mi riferisco all’idrogeno verde, quello davvero rinnovabile. Giustamente però il ministro Cingolani ha chiesto di lavorare anche con l’idrogeno blu per sviluppare l’infrastruttura. Ma è una tappa di avvicinamento. Il traguardo è l’idrogeno verde, che si produce a partire dall’acqua attraverso l’elettrolisi. Oggi la sua produzione è ancora poco conveniente per due ragioni: gli elettrolizzatori costano troppo e l’energia elettrica da fonti rinnovabili non è ancora disponibile in quantità sufficienti. Ma non basta… Cos’altro c’è? C’è il tema dell’adeguatezza delle reti: quelle di ultimissima generazione, come le nostre in Sardegna, sono pronte; nel resto d’Italia stiamo investendo per completare il loro repurposing e upgrade digitale. Sono pochi però a seguire il nostro esempio, specie a livello locale. L’idrogeno ha un terzo del potere calorifero del metano, obbliga all’uso di fornelli bruciatori diversi e all’adozione di adeguate misure di sicurezza. Molti, però, non sanno che in diversi centri urbani fino agli Anni Novanta il cosiddetto gas di città ne conteneva il 30%, quindi le reti sono ingegneristicamente adeguabili. Ma il tema centrale resta quello dei costi di produzione. E voi cosa vi riproponete di fare? Il Pniec ha tracciato la strada. Seguendola riusciremo a rendere la produzione di idrogeno verde economicamente sostenibile. Quando l’Italia sarà riuscita ad aggiungere 40 gigawatt di energie rinnovabili alla capacità di generazione attualmente disponibile, avremo sufficiente energia rinnovabile superando la


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barriera del costo del kWh. Se vorremo accelerare, dovremo introdurre nuovi incentivi e mirare a economie di scala per ridurre il costo degli elettrolizzatori. Nel frattempo, noi continuiamo a costruire nuove reti, di ultimissima generazione, altamente digitalizzate. Scusi, ma cosa rende una rete del gas adeguata a distribuire idrogeno? Innanzitutto la digitalizzazione. L’assetto tradizionale della rete è molto statico: pochi punti di immissione del gas, quelli dal trasportatore nazionale, e attraverso questi punti fluisce il gas naturale, la pressione è in cascata, non faccio che distribuirlo attraverso progressive cadute di pressione. In futuro, avremo lungo la rete di distribuzione anche altri numerosi punti di immissione più piccoli, per esempio quelli del biometano, e avremo vari impianti che produrranno idrogeno e gas sintetico. Sarà essenziale, per questo, avere sotto controllo in tempo reale quel che scorre nei tubi: pressione, portata, qualità della miscela di gas, e all’occorrenza poter intervenire. Se improvvisamente in un impianto di biometano la qualità del gas crollasse, dovremo essere in grado di intervenire subito e soccorrere la rete con un altro flusso dove disponibile. Non a caso Italgas sta investendo sulla digitalizzazione ben 1,4 miliardi! Ma la rete è all’altezza? C’è ancora molto da fare. Lo strumento normativo per ammodernare le infrastrutture esiste e sono le gare d’ambito, in cui la stazione appaltante mette a gara fra gli operatori la gestione, scegliendo il meglio in termini di garanzie di sviluppo e ammodernamento.

In basso, Pier Lorenzo Dell'Orco, a.d. di Italgas Reti. Qui accanto, dall'alto, due immagini di un tubo digitalizzato e un'altra immagine di un impianto di Gnl in Sardegna.

La discriminante quindi sono gli investimenti. Per rendere l’idea, ad oggi, delle 6 gare giunte al termine 4 sono state aggiudicate a Italgas Reti: Torino 1, Torino 2, Belluno e Val D’Aosta. Ebbene, in questi ambiti ci siamo impegnati a fare 800 milioni di investimenti. Se consideriamo che gli ambiti nel Paese sono 177chiunque può rendersi conto che se tutti fossero assegnati metterebbero in moto circa 28 miliardi di euro di investimenti e un formidabile processo di rinnovamento di una infrastruttura fondamentale anche per cogliere gli obiettivi della decarbonizzazione. Ci parli dell'investimento in Sardegna… Sì, ci siamo dati l'obiettivo di metanizzare l’iso-

IL TRAGUARDO È L’IDROGENO VERDE, CHE SI PRODUCE DALL’ACQUA CON L'ELETTROLISI

la pur non essendo servita da un metanodotto grazie allo “small scale Lng”, gas naturale liquefatto. Abbiamo realizzato circa 900 chilometri di reti modernissime e digitalizzate che vanno ad alimentare nuove comunità oltre a Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari già servite dalla nostra società Medea con aria propanata e che presto convertiremo al gas naturale. Stiamo anche investendo in un impianto powerto-gas per la produzione di idrogeno verde da fotovoltaico. L’idrogeno, prodotto tramite elettrolisi dell’acqua, verrà stoccato e utilizzato per molti scopi, tra cui l’autotrazione per mezzi pubblici locali, l’approvvigionamento di un’industria casearia e, miscelato col gas naturale, rifornirà di energia una comunità vicino Cagliari già raggiunta dalla rete di Medea. Sarà un impianto vetrina dell’intera filiera dell’idrogeno verde, sia per l’impiego industriale che cittadino in miscela col metano. È un progetto unico nell’Unione Europea, inserito dal governo in una short-list presentata a Bruxelles per l’accesso a fondi europei dedicati a progetti ultrainnovativi in ambito energetico. Grazie alle semplificazioni recentemente introdotte ci aspettiamo di ottenere le autorizzazioni entro la fine del 2021 ed essere operativi entro il 2022. Nell’area nascerà anche un laboratorio di r&s interamente dedicato all’idrogeno. E voi, come gruppo Italgas, siete sostenibili? Ci siamo impegnati a raggiungere nuovi target molto sfidanti: -30% di emissioni climalteranti al 2027 rispetto al dato 2020, -25% di consumo di energia. Un esempio? Vicino Roma, in un nostro impianto di collegamento alla rete di trasporto del gas, abbiamo realizzato un turboespansore che nel ridurre la pressione del gas attiva una turbina che produce 9 gigawattora all’anno, pari a oltre il 30% dei consumi elettrici del gruppo. È il primo impianto per dimensione del suo genere in Italia ed è un esempio concreto di innovazione nella sostenibilità.

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Dal metano al futuro all'insegna della sostenibilità Con origini che risalgono al 1956 con una visione anticipatrice, Ascopiave, primo operatore nel nord-est nella distribuzione gas, si conferma volano economico e sociale, oltre che ambientale. Ecco perché di Angelo Curiosi

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on 473 milioni di dividendi pagati versante degli investimenti in reti e infrain quindici anni - dalla quotazione strutture che assommano a diverse decine del 2006 ad oggi - di cui oltre la di milioni all’anno, ma anche sul fronte dei metà andati attraverso Ascoholding ai Codividendi muni azionisti, Ascopiave SpA, che ha approai soci. Credo che quando si parla di autonovato per il 2020 un brillantissimo bilancio mia a buon titolo si può definire Ascopiave d’esercizio, può anun grande volano I RISULTATI DEL 2020 CONFERMANO dare orgogliosa: «Tra economico e sociale LA LEADERSHIP DI ASCOPIAVE, CON le nostre finalità c’è di cui innanzitutto UN EBITDA DI QUASI 64 MILIONI DI EURO, anche quella di ricobeneficiano i nostri IL 42% IN PIÙ RISPETTO AL 2019 noscere agli azionisti territori». Cecconato una remunerazione molto soddisfacente», ha affidato ad un’approfondita video-intercommenta Nicola Cecconato, Presidente vista a Nordesteconomia l’illustrazione dei e CEO della utility del Nord-Est che dalla risultati e delle strategie per il futuro, che sua sede di Pieve di Soligo, in provincia di ne promettono di altrettanto brillanti. « Nel Treviso, gestisce i servizi di distribuzione tempo e con lungimiranza – spiega il Presidel gas (e non solo, come vedremo) in ben dente della società dal quartier generale di 268 Comuni attraverso una rete di quasi 13 Pieve di Soligo - sono state assunte alcune mila chilometri: «Esprimiamo in concreto storiche deliberazioni che hanno favorito la nostra vocazione territoriale non solo sul la sua crescita ed un importante posiziona-

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mento: la metanizzazione del territorio negli anni settanta, l’ingresso in Borsa avvenuto nel 2006 con anche l’acquisto di numerose società nel nord Italia che hanno fatto salire notevolmente il valore del gruppo; nel 2019 c’è stata la decisione di effettuare un’importante operazione industriale, la più importante del mondo energy di quell’anno, con la quale Ascopiave ha esteso il proprio perimetro di consolidamento nell'area della distribuzione portando a quasi 13 mila chilometri il patrimonio delle reti di distribuzione gestite con concessioni e affidamenti diretti e ha inoltre consolidato, tramite Estenergy Spa, una partnership strategica con il Gruppo Hera, creando così un gruppo che gestisce più di un milione e centomila clienti. Quest’operazione ha dato il via ad un nuovo corso per Ascopiave, ad un nuovo piano di riposizionamento strategico, che la vede rafforzata nel core business nella distribuzione gas mantenendo comunque un accordo sulle aree commerciali con un primario attore del mercato». Quali riflessi finanziari ha prodotto questa partnership? Sembra positivi a giudicare dai risultati del 2020: «I margini operativi registrano una significativa crescita - illustra Cecconato -: «L’Ebitda è stato quasi 64 milioni di euro, oltre il 42% in più rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto conseguito è stato pari a 58,7 milioni di euro. Risultati ragguardevoli anche tenuto conto del contesto generale molto difficile segnato dalla crisi pandemica che ci ha visti comunque riorganizzare tutte le attività per assicurare la continuità e i livelli di qualità essenziali dei servizi erogati». Una bella storia aziendale, quella di Ascopiave - perché è relativamente giovane traendo le sue origini nel 1956 tramite il Consorzio Bim Piave di Treviso– ma ha sempre avuto una visione anticipatrice per servire e crescere: «Quando l’azienda nacque eravamo negli anni del


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miracolo economico italiano e nessuna retributo attraverso ulteriori prospettive di gione, nessuna provincia voleva rimanere crescita». E di nuovo siamo alle visioni antiindietro, men che meno il Veneto», rievoca cipatrici: «Sì, il percorso di crescita e diveril Presidente. Ma qui compresero subito che sificazione che stiamo attivando – prosegue grande sviluppo comportava grande consuil Presidente Cecconato – punterà anche ad mo di energia e grande inquinamento «e che altri business sostenibili, contraddistinti da il modo migliore per ridurlo, e salvaguardare un profilo di rischio coerente: stiamo paril territorio, era puntare sul gas metano che, lando del settore del biometano, delle enerper le sue caratteristiche, diventò un obiettigie rinnovabili, dell’efficienza energetica e vo prioritario per i grandi gruppi industriali del servizio idrico. Il nostro piano industriacome per le piccole le fa leva sull’attuale, FRA TUTTI I COMBUSTIBILI DI NATURA attività e per le famisolido posizionamenFOSSILE IL METANO ERA ED È QUELLO glie: fra tutti i combuto del Gruppo, sulle CHE PRESENTA IL MINORE stibili di natura fossue capacità induIMPATTO AMBIENTALE sile il metano era ed striali e finanziarie è quello che presenta il minor impatto ame su valorizzazione e sviluppo delle attuali bientale, è di gran lunga il meno inquinante competenze per creare ulteriore valore sotto ogni profilo». per gli azionisti e i principali stakeholder. Però, mentre le aree metropolitane potevano Il percorso di crescita prefigurato si svolcontare sulle attenzioni dei grandi distribugerà all’interno di un quadro di sostenibilità tori, i centri medio-piccoli rimanevano penacomplessiva economico finanziaria, sociale lizzati perché non avevano i fondi necessari a e ambientale confermando una remuneracrescere da soli. «E fu per questo – prosegue zione stabile e attrattiva per i nostri azioCecconato - che la società, con una grande nisti. L’Ebitda del Gruppo è atteso ancora intuizione, investì tutte le sue risorse sulla in forte crescita, così come l’utile netto e la metanizzazione, con un effetto fin da subito favorevole sullo sviluppo industriale e sul benessere delle famiglie. Eppure, nonostante quest’ottimo inizio, nessuno si sarebbe immaginato l’evoluzione successiva che hai poi visto la quotazione della società nel segmento Star della Borsa Italiana nel 2006 e ancora una crescita continua fino ad arrivare ai giorni nostri, che vedono il gruppo Ascopiave collocarsi al quinto posto nel ranking nazionale delle grandi società italiane di distribuzione del gas, come primo operatore nel nord-est, con una capitalizzazione di quasi un miliardo di euro: un grande successo industriale e sociale se pensiamo che attualmente il gruppo Ascopiave conta circa 500 dipendenti, è presente in molte regioni NICOLA CECCONATO, PRESIDENTE DI ASCOPIAVE del nord Italia ed è pronto a dare il suo con-

previsione dei dividendi distribuiti». Questa strategia, destinata a guidare l’azione del Gruppo fino al 2024, si fonda su quattro pilastri: «La crescita nel core business della distribuzione del gas – sintetizza Cecconato - la diversificazione in settori sinergici, l’efficienza economica e operativa e l’innovazione. Puntiamo su una crescita industriale sostenibile perché questo ci consente di diventare sempre di più una vera e propria impresa moderna al servizio del territorio. La crescita industriale non sarà fine a sé stessa, ci consentirà di puntare ad alleanze importanti per partecipare alle gare d’ambito e soprattutto di definire i nostri nuovi mercati. Il tutto in un’ottica di contenimento di costi che significa avere attenzione alle risorse pubbliche e private che ci sono state affidate. Questa capacità di visione che ormai fa parte del nostro Dna – conclude il Presidente di Ascopiave - ci permetterà di dare impulso a tutta la nostra attività, di non fermarci, e di guardare verso un futuro che ci veda sempre a fianco e a favore dello sviluppo dei territori dove operiamo».

PUNTIAMO SU UNA CRESCITA SOSTENIBILE PER RESTARE AL SERVIZIO DEL TERRITORIO 37


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«SULLE RINNOVABILI ACCELERIAMO COSÌ» Quadruplicare la capacità installata di eolico e fotovoltaico entro il 2030: è l'ambizioso obiettivo annunciato da Edison in linea con il Pniec. Un piano di sviluppo che raccoglie appieno la sfida della transizione energetica di Riccardo Venturi

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ncrementare la propria quota di capacità rinnovabile installata, eolica e fotovoltaica, dagli attuali 1,1 a 4 gigawatt al 2030. È l’ambizioso obiettivo annunciato da Edison, in coerenza con il Piano integrato energia e clima italiano e con il Green deal europeo. La società conferma dunque il proprio ruolo di operatore responsabile, leader nella transizione energetica del Paese, con un piano industriale che ha nella crescita della generazione rinnovabile uno dei propri cardini di sviluppo strategico, insieme all’efficienza energetica, le vendite ed i servizi per i clienti finali e le attività gas e green gas. Un piano di sviluppo ad alta valenza per il tessuto economico italiano, che ha lo scopo di accompagnare la rapida crescita richiesta dalla sfida della transizione energetica e dagli obiettivi fissati per la decarbonizzae fotovoltaico in Italia per la fine del periozione – solo negli ultimi due anni Edison ha do. Considerato il nostro posizionamento, investito circa un miliardo nella filiera delvogliamo fare la nostra parte almeno con 3 le rinnovabili. «Abbiamo deciso di fare un gigawatt in più. Ambizione a cui puntiamo percorso di crescita importante sulle rinsoprattutto attraverso una crescita organica novabili, dove siamo già un operatore con per generare più valore, perché abbiamo le una presenza rilevante e “storica” a partire competenze, siamo verticalmente integrati, dall’idroelettrico. Il nostro piano di sviluppo facciamo l’ingegneria dei nostri impianti, è ambizioso e porta investimenti per circa li realizziamo e gestiamo. Ma valuteremo 3 miliardi» dichiara anche operazioni di EDISON HA ALLO STUDIO LO SVILUPPO Nicola Monti, ammiM&A selettive per acDI UNA POSSIBILE PARTNERSHIP CON UN nistratore delegato celerare la crescita». PLAYER FINANZIARIO CHE SI RICONOSCA di Edison. «Nell’eoliLa crescita della caNEL PROGETTO INDUSTRIALE co siamo il secondo pacità rinnovabile operatore nazionale con un gigawatt già installata, che vedrà anche una quota deinstallato, mentre nel fotovoltaico siamo dicata alla produzione di idrogeno verde, ancora “piccoli”, con solo 100 megawatt. Vofarà leva sul know how e sulle competenze gliamo accelerare seguendo anche gli obietdi Edison nel campo della progettazione, tivi di sviluppo di questi due settori definiti dello sviluppo e dell’operation & maintedal Pniec, il Piano energia clima 2030, che nance degli impianti di energia rinnovabile. indica in 30-40 gigawatt la crescita di eolico Il piano industriale sarà attuato prevalen-

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temente attraverso una crescita organica, in particolare con integrali ricostruzioni del parco eolico esistente e nuovi progetti di campi fotovoltaici, oltre che attraverso selettive operazioni di M&A. Nell’ottica di garantire la sicurezza e l’adeguatezza del sistema elettrico italiano, il piano di crescita di Edison prevede anche lo sviluppo dei necessari strumenti di flessibilità, come i pompaggi idroelettrici e le batterie d’accumulo, nonché la produzione a gas di ultima generazione che continuerà a rivestire un ruolo complementare, supplendo all’intermittenza tipica delle fonti rinnovabili non programmabili. Alla luce degli ambiziosi obiettivi di crescita nelle rinnovabili, Edison ha allo studio lo sviluppo di una possibile partnership, per una quota di minoranza delle proprie attività eoliche e fotovoltaiche raggruppate in Edison Rinnovabili, con un partner finan-


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ziario di lungo periodo, che si riconosca nel progetto industriale e sia interessato a condividere la sfida posta dalla transizione energetica. Un investitore dunque che condivida l'occasione di questo momento storico, facendo leva sulle competenze che Edison è in grado di mettere in campo, al fine di accelerare il percorso di crescita nelle rinnovabili. La governance e la guida strategica industriale rimarranno comunque in capo a Edison. La strategia sulle rinnovabili trova conferma nelle numerose tappe compiute negli ultimi anni, che hanno visto la società dismettere attività non più core, come quelle di esplorazione e produzione di idrocarburi, con la vendita delle attività nel Mediterraneo a Energean (dicembre 2020) e quelle nel Mare del Nord a Sval Energi (marzo 2021), e quelle di distribuzione del gas, con la cessione di Infrastrutture distribuzione gas a 2i Rete gas. Contemporaneamente Edison ha investito per

Eolico e fotovoltaico sono alla base della strategia di decarbonizzazione di Edison. In basso a sinistra l'amministratore delegato della società, Nicola Monti

il rafforzamento e la crescita del proprio perimetro nell’eolico e nel solare, portando la capacità installata complessiva da circa 700 megawatt nel 2019 a oltre 1 gigawatt nel 2021. La crescita è stata molto rapida: nel 2019 Edison ha incrementato la sua capacità eolica per oltre 153 megawatt complessivi, portando a termine la realizzazione di 5 impianti green-field in Campania, Puglia, Sicilia e Basilicata e di 3 interventi di integrale ricostruzione (repowering) di impianti già in esercizio in Abruzzo e Basilicata. Sempre nel 2019 Edison ha ampliato il suo perimetro grazie all’acquisizione di 292 megawatt (215 di eolico e 77 di solare) da Edf energie nouvelles Italia, attraverso cui, oltre ad aumentare la capacità eolica, ha posto le basi per un significativo sviluppo anche nel settore fotovoltaico. Inoltre, è salita al 100% di Edf en services Italia concentrando in capo a sé competenze relative ai servizi di operation & maintenance e ai servizi di asset management di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Un’altra tappa di grande rilievo è dello scorso mese di febbraio: il closing con F2i per salire al 100% di E2i energie speciali, società leader dell’eolico, di cui Edison possedeva il 30% del capitale. Con il closing dell’operazione, Edison si conferma secondo operatore eolico in Italia con un parco rinnovabili di una capacità installata di 1 GW.

La focalizzazione di Edison sulle rinnovabili è inoltre proseguita attraverso la realizzazione di integrali ricostruzioni e progetti green field sia eolici che solari. Nel settore eolico durante il primo semestre del 2021 state portate a termine due integrali ricostruzioni. La prima in Abruzzo a Castiglione Messer Marino e a Roccaspinalveti (Chieti), dove gli aerogeneratori sono stati ridotti da 47 a 13, aumentando la potenza installata a circa 43 megawatt. La seconda in Puglia a Castelnuovo della Daunia (Foggia), dove 10 aerogeneratori monopala sono stati sostituiti da un unico aerogeneratore da 2,2 megawatt, capace di incrementare significativamente l’energia green prodotta. Castelnuovo della Daunia è stato il primo parco eolico ad essere costruito in Italia nel 1996 e l’integrale ricostruzione di questo campo rappresenta un chiaro esempio di come la transizione energetica passi attraverso l’ammodernamento dei campi esistenti. A febbraio è stato inoltre aperto il cantiere per un campo eolico green field di Mazara Messer Andrea che entrerà in funzione nel 2022. È un campo di circa 30 megawatt di capacità con una producibilità attesa di circa 75 gigawatt/anno. Nel fotovoltaico, l’altro grande ambito di sviluppo rinnovabile previsto dal Pniec, Edison ha un programma di forte crescita: 200 megawatt di nuova capacità entro il 2024, 1 gigawatt di capacità installata al 2030, in linea con gli obiettivi che il Paese si è dato nella produzione solare. Attualmente Edison è il terzo operatore italiano per capacità elettrica installata con circa 7GW di potenza. Nel 2020 ha prodotto oltre 1.7 GWh di energia green - considerando solo eolico e fotovoltaico -, pari a un incremento del 10,6% rispetto al 2019.

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Granuli e scaglie ottenuti con la tecnologia proprietaria MyReplast di Upcycling di NextChem

«Con TotalEnergies ed Enel per la transizione energetica» Pierroberto Folgiero, amministratore delegato del gruppo Maire Tecnimont: «Acceleriamo lo sviluppo green grazie al nostro know how di ingegneri chimici e di Epc contractor e grazie al background» di Angelo Curiosi

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l Gruppo Maire Tecnimont, in primo luogo attraverso la controllata NextChem, dedicata allo sviluppo delle tecnologie per la chimica verde, ha l’obiettivo di mettere a disposizione del settore industriale nazionale e internazionale il proprio know how ingegneristico e tecnologico per abilitare il sistema alla transizione energetica. Negli ultimi mesi il Gruppo Maire Tecnimont, attraverso la controllata NextChem, ha firmato numerosi accordi per lo sviluppo di progetti legati all’economia circolare – relativi alle tecnologie di Upcycling, di riciclo chimico via pirolisi e di waste to chemical -, alla produzione di idrogeno verde e di biocarburanti quali per esempio “Biojet” (Sustainable Aviation Fuel), nonché alla produzione di bioplastiche.

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«Gli ultimi accordi firmati con alcuni dei principali player internazionali, tra cui ad esempio TotalEnergies ed Enel Green Power, confermano l’impegno del Gruppo Maire Tecnimont nel suo percorso di green acceleration», commenta Pierroberto Folgiero, amministratore delegato CON TOTAL IL GRUPPO RICONVERTIRÀ LA RAFFINERIA DI GRANDPUITS IN FRANCIA PER TRASFORMARLA IN UNA PIATTAFORMA "ZERO-CRUDE"

del Gruppo Maire Tecnimont e di NextChem. «Vogliamo assumere un ruolo di abilitatori della transizione energetica, offrendo al mercato il nostro know how di ingegneri chimici, la nostra lunga esperienza come Epc contractor nella trasformazione delle risorse naturali e il

nostro forte background tecnologico al servizio dell’economia circolare e green». Con TotalEnergies e Total Corbion Maire Tecnimont ha firmato due accordi nell’ambito del progetto di riconversione della raffineria di Grandpuits in Francia in una piattaforma “zero-crude”, che include anche una bioraffineria. Ad aprile NextChem si è aggiudicata il contratto da Total Corbion Pla, una joint venture al 50% tra Total e Corbion, per realizzare un Front End Engineering Design per un impianto di 100.000 tonnellate annue di Acido Polilattico (Pla) nella raffineria di Grandpuits. L’impianto, che dovrebbe essere operativo nel 2024, sarà il primo del suo genere in Europa. L’esperienza di Maire Tecnimont nella polimerizzazione di plastiche tradizionali, insieme al portfolio di NextChem di soluzioni innovative per la chimica verde garantiscono il know-how necessario per gestire un’iniziativa industriale di questo tipo. Successivamente, nell’ambito dello stesso sito industriale di Grandpuits, NextChem ha firmato un contratto con TotalEnergies per sviluppare attività di Front-End Engineering Design e fornire il proprio know how tecnologico per realizzare un impianto di produzione di Saf (Sustainable Aviation Fuel, biocarburanti sostenibili per l’aviazione, ottenuti dal trattamento


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di grassi residui dell’industria alimentare e oli esausti), in grado di trattare 400.000 tonnellate annue. L’impianto Biojet, che sarà operativo nel 2024, rafforzerà il contributo di NextChem alla strategia net zero di TotalEnergies, rappresentando una parte importante dello sviluppo della piattaforma “zero crude” di Grandpuits, noto come “Projet Galaxie”. Contribuire alla mobilità sostenibile attraverso un’ampia gamma di soluzioni per la produzione di carburanti green e low carbon è uno degli obiettivi del Gruppo Maire Tecnnimont al 2025, nell’ambito della propria strategia di sostenibilità. «Siamo davvero entusiasti di continuare a rafforzare la nostra collaborazione strategica con un player di prestigio come TotalEnergies; esserne il partner privilegiato per l’ambizioso progetto di transizione energetica di Grandpuits è entusiasmante, considerato che le aziende innovative hanno obiettivi pionieristici che possono fare la differenza nel percorso europeo verso la decarbonizzazione», ha commentato Pierroberto Folgiero. Anche sull’idrogeno verde, il vettore energetico che sarà protagonista della transizione energetica, il Gruppo Maire Tecnimont si è portato avanti: NextChem e la Business Unit Renewable and Storage Development (Rsd Bu) di Mytilineos, hanno firmato un accordo per attività di ingegneria per lo sviluppo di un impianto di produzione di idrogeno verde via elettrolisi in Italia. Secondo l’accordo, l’Rsd Bu utilizzerà il know-how e le competenze ingegneristiche di NextChem e Maire Tecnimont nelle tecnologie dell’idrogeno per crescere in questo settore. Il progetto, che convertirà l'energia rinnovabile da uno degli impianti solari di Mytilineos in idrogeno verde, mira a fornire agli acquirenti locali un'alternativa di vettore energetico carbon neutral che potrebbe consentire una reale decarbonizzazione anche dei settori industriali difficili da riconvertire. «NextChem è front runner nello sviluppo di una nuova economia

verde a idrogeno: abbiamo nel nostro portafoglio ben quattro soluzioni tecnologiche per la produzione di idrogeno con diversi gradi di intensità carbonica, tra le quali l’idrogeno verde, è una delle più ambiziose dal punto di vista economico e ambientale e sulla quale noi stiamo già lavorando, sia in Italia che all’estero», ha dichiarato Folgiero. Sempre in questo campo, NextChem ed Enel Green Power North America, Inc. (Egpna) hanno firmato un protocollo d’intesa per favorire la produzione di idrogeno verde tramite elettrolisi negli Stati Uniti. Enel utilizzerà la tecnologia per l’idrogeno di NextChem e la sua competenza in campo ingegneristico per far crescere il proprio business nell’idrogeno verde negli Stati Uniti. Il progetto, che dovrebbe essere operativo nel 2023, utilizzerà l’energia rinnovabile generata da uno degli impianti solari di Egpna negli Stati Uniti per produrre l’idrogeno verde che verrà fornito a una bioraffineria. Il portafoglio tecnologico di NextChem è ricco anche di tecnologie che riguardano il riciclo meccanico e chimico. NextChem ha firmato un accordo con Aliplast, Gruppo Hera, che prevede

la fornitura da parte di NextChem della tecnologia, dell’ingegneria e dei servizi Epc per la realizzazione di un impianto che utilizzerà la tecnologia proprietaria all’avanguardia MyReplast per l’Upcycling dei rifiuti plastici in prodotti polimerici ad alto valore aggiunto. L’obiettivo dell’impianto è dunque quello di trattare rifiuti plastici post consumo per ricavarne prodotti riciclati “su misura”, che rispondano alle richieste di ogni cliente e ai massimi standard di qualità del mercato, in forza di caratteristiche e proprietà analoghe a quelle dei polimeri vergini di origine fossile. Una volta a regime, il nuovo impianto sarà capace di esprimere una produzione di polimeri intorno alle 30 mila tonnellate all’anno. Nell’ambito del riciclo chimico, NextChem, e Agilyx Corporation, pioniera nel riciclo avanzato della plastica post-consumo, hanno firmato un accordo per supportare lo sviluppo di impianti di riciclo chimico avanzato a livello mondiale. L’accordo integra la tecnologia avanzata di pirolisi di Agilyx con l’esperienza di NextChem, leader nel licensing, nello sviluppo e nei servizi Epc per soluzioni di riciclo della plastica.

NEGLI USA, ENEL GREN POWER UTILIZZERÀ LA TECNOLOGIA DI NEXTCHEM PER L'IDROGENO VERDE 41


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Quel gasdotto sottomarino che ci affranca dalla Russia Il Trans Adriatic Pipeline (Tap) completa il Corridoio Meridionale del Gas. Nei primi 6 mesi del 2021 per la prima volta nella storia abbiamo esportato gas verso il Nord Europa di Emanuela Notari

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assa da Grecia e Albania il gasdotto di oltre 870 chilometri denominato Tap, Trans Adriatic Pipeline, che completa il Corridoio Meridionale del Gas, nato dall’ambizione europea di sganciarsi dal monopolio russo, differenziando le fonti di approvvigionamento e garantendo una maggiore competitività dei prezzi all’ingrosso del gas naturale in arrivo nel Sud Europa. La tratta finale si inserisce in raccordo con le due precedenti, Scp e Tanap, che legavano il Mar Caspio alla Grecia. Il Tap parte infatti dal confine Greco-Turco e, viaggiando sottoterra e nell’ultimo tratto sotto l’Adriatico, approda sotto una delle spiagge di Melendugno, nel Salento, a conclusione di un percorso totale di oltre 3.500 km che porta il gas naturale estratto nel Mar Caspio nei mercati europei. A fronte dei 10 miliardi di metri cubi/anno di gas naturale previsti a regime per la tratta sudeuropea, è in corso di valutazione la possibile espansione della capacità del gasdotto fino a 20 miliardi di metri cubi, anche in base agli esiti del test di mercato che è previsto concludersi per metà luglio. Insignito della qualifica di “progetto di interesse comune (Pci)” dall’Unione Europea, il Tap rappresenta un consorzio di aziende energetiche internazionali - Snam, BP, Socar, Enagás, Fluxys, Axpo – che, attraverso l’in-

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vestitura dell’Unione, si è assunto l’onere di aprire una nuova rotta di transito dell’energia in modo sicuro e vantaggioso, a sostegno della graduale transizione energetica europea verso l’utilizzo di fonti ancora più green. In attesa che questo percorso si completi definitivamente, il gas naturale è, infatti, la fonte energetica meno inquinante tra quelle non rinnovabili, una specie di energia ponte tra il petrolio e l’idrogeno che permette di affrontare i tempi e gli adeguamenti necessari per approdare a un’economia a zero emissioni. Nel frattempo Tap sta facendo una valutazione di fattibilità dell’adeguamento dello stesso gasdotto al trasporto di idrogeno.

LUCA SCHIEPPATI

«È vero che siamo appena partiti, ma ci siamo già posti una serie di domande per rendere i nostri asset “a prova di futuro” e contribuire attivamente alla transizione energetica», precisa Luca Schieppati, Managing Director Tap. «Per questo stiamo valutando la fattibilità di trasportare l’idrogeno in miscela nella nostra infrastruttura e abbiamo firmato una lettera alla Commissione Ue con altri cento operatori del settore per promuovere una regolazione che consideri l’adeguamento delle infrastrutture esistenti anche attraverso le risorse europee messe a disposizione per la transizione energetica». La riconversione potrebbe essere molto più vantaggiosa dal punto di vista

STIAMO VALUTANDO LA FATTIBILITÀ DI TRASPORTARE L’IDROGENO


ENERGIA, SI CAMBIA!

economico rispetto all’investimento stimato per la costruzione ex novo di una struttura dedicata esclusivamente al trasporto di idrogeno, evitando così un aggravio dei costi che pesano sulle bollette di fornitura energetica di famiglie e imprese, oltre ad offrire un'altra decodifica della sostenibilità attraverso l’allungamento della vita delle strutture del gas già presenti su tutto il territorio europeo. Il report 2021 dell’European Hydrogene Backbone, l’ambizioso progetto che prevede entro il 2040 una “spina dorsale” di trasporto dell’idrogeno attraverso l’Europa, stima i costi di riconversione di gasdotti esistenti tra il 10% e il 35% del costo della costruzione di “idrogenodotti” ex novo. Inoltre, il rapporto stima che il livello di fornitura resterebbe per lo più il medesimo: se è vero che il metano (gas naturale) ha 3 volte il potere di sviluppare calore rispetto all’idrogeno, alle stesse condizioni di pressurizzazione l’idrogeno viaggia, però, a una velocità 3 volte superiore a quella del metano, assicurando quindi una pressoché identica portata energetica. L’imperativo della sostenibilità ha fortemente orientato il progetto Tap fin dall’inizio, imponendo di

garantisce inoltre un monitoraggio 24/7 con prevedere nei dettagli il totale ripristino di ispezioni fisiche e sorvoli aerei e attraverso territori e ambienti naturali attraversati dalil controllo in remoto dell’integrità della conla costruzione. Mentre il gasdotto iniziava a dotta e del flusso del gas attraverso la sala di funzionare trasportando, nei primi 6 mesi di controllo situata a Melendugno, dal confine quest’anno, quasi tre miliardi di metri cubi di greco-turco fino alla connessione con la rete gas naturale e dando per la prima volta all’Itanazionale di trasporto italiana. lia a febbraio l’occasione di esportare energia In linea con la sua policy di responsabilità verso il Nord Europa, il Tap ha completato le sociale verso la comunità che ha ospitato la opere di ripiantumazione e ricostruzione. costruzione del gasdotto, Tap ha inteso finanRipiantati gli 828 alberi di ulivo originali che ziare una serie di progetti di sostenibilità loerano stati espiantati e messi temporaneacale, tra i quali spicca il progetto Sulla Stessa mente a dimora sotto un canopy per protegBarca, che prevede gerli dall’attacco della IN ATTESA DEL NET ZERO l’ammodernamento Xylella, sostituiti gli olIL GAS NATURALE È LA FONTE della flotta locale di tre 900 che erano stati ENERGETICA MENO INQUINANTE imbarcazioni da pesca già aggrediti dall’inTRA QUELLE NON RINNOVABILI operanti nel porto di fezione con varietà San Foca. La bellissima spiaggia di San Basilio resistenti al batterio, ricostruiti i 120 muretti ha continuato la sua vita senza che il gasdotto, a secco esattamente come erano, grazie a una che vede oggi una media di 20/25 milioni di certosina opera di catalogazione, numeraziometri cubi di gas trasportati ogni giorno, abne e stoccaggio. Sono infine stati riconbia mai manifestato la sua presenza. L’ultimo segnati i terreni interessati dal passaggio tratto è stato infatti costruito sotto la spiaggia dell’opera ai legittimi proprietari insieme attraverso un micro-tunnel che sbuca sul foncon le linee guida per le attività consentite e dale marino a 900 metri dalla costa. non nelle immediate vicinanze del corridoio «A partire dalla fine dello scorso anno abbiadi posa della condotta, e indicazioni per usumo trasportato in totale sicurezza circa 3 mifruire dell’assistenza continua di personale liardi di metri cubi di gas, nel totale rispetto qualificato per eventuale consulenza. Il Tap dell’ambiente e delle persone», conclude Luca Schieppati. «La sostenibilità è parte integrante del nostro agire quotidiano, e i risultati oggi sono finalmente visibili: gli ulivi sono tornati al loro posto, i muretti a secco ricostruiti e i turisti continuano a frequentare la spiaggia di San Foca come è giusto che sia. Sono risultati visibili e concreti di come Tap abbia prestato la massima attenzione a un territorio che ci ospiterà per i prossimi decenni, che abbiamo imparato a conoscere e per il quale nutriamo il massimo rispetto».

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COVERSTORY

I FANGHI SONO PREZIOSI, ALTRO CHE RIFIUTI Dalla produzione di biometano per alimentare la flotta (ma anche scaldare gli ambienti) all'idrogeno green: ecco come il gruppo Cap ha saputo valorizzare dal punto di vista energetico il depuratore di Bresso di Sergio Luciano

PARLA IL DG ANDREA LANUZZA: IL NOSTRO MASTERPLAN PER L'ECONOMIA CIRCOLARE SI BASA SU UNA SIMBIOSI INDUSTRIALE

ANDREA LANUZZA, DIRETTORE GENERALE DI GESTIONE DEL GRUPPO CAP

IMMAGINATEVI UNA VASCA GRANDE QUANTO UNA PISCINA DOVE SI ACCUMULANO LE SCORIE CHE I FILTRI DI UN DEPURATORE URBANO TRATTENGONO. Ecco, non provateci nemmeno a immaginarla, c’è di meglio da immaginare, nella vita. Eppure in quella vasca c’è un tesoro: «Indubbiamente si crea valore. Per dare un’idea, con il biometano prodotto dal nostro attuale impianto di Bresso alimentiamo la flotta delle nostre 500 auto aziendali che percorrono in media 15mila chilometri all’anno», spiega Andrea Lanuzza, direttore generale di gestione del gruppo Cap, un colosso atipico – dalla proprietà pubblica e coriandolare, visto che fa capo a 200 Comuni, e dall’efficienza ed innovatività massime – che occupa oggi 887 persone assicurando i servizi idrici a circa due milioni di abitanti nella cintura metro-

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politana di Milano con 6.000 chilometri di acquedotti e rete fognaria, 40 depuratori, 826 milioni di euro di patrimonio netto, 344,7 milioni di valore della produzione, 96 milioni di margine operativo lordo e 56,2 milioni di investimenti per abitante per un totale – nel quinquennio 2020-2024 – di ben 524,1 milioni di euro. DAI FANGHI DEL DEPURATORE IL GRUPPO CAP RICAVA FERTILIZZANTI, BIOPLASTICHE, CELLULOSA, SABBIA E BIOMETANO

Dottor Lanuzza, andiamo con ordine: innanzitutto, sorprende e fa piacere riscontrare un approccio così efficiente in un Paese dove l’acqua, pubblica, fa notizia soprattutto per una dispersione media del 43%, tassi di difettosità

e insolvenza preoccupanti e insomma, nell’insieme, un’immagine da parastato inefficiente. Che cosa c’è sotto? Persone in gamba che hanno phanno dato il via alla nostra storia e hanno sempre sostenuto le scelte aziendali, approvando nel 2013 un progetto di fusione di diverse società che ha permesso a Gruppo CAP di diventare un soggetto industriale che per dimensioni, competenze e capacità di investimento si pone tra le prime monoutility italiane nel campo dell’acqua. Con una parola d’ordine comune: far funzionare bene le infrastrutture. Perché c’era una sfida comune, anzi peggio: un ultimatum. Quello europeo, perché Bruxelles aveva rilevato una serie di infrazioni sulla rete fognaria e sull’attività di depurazione. Quindi innanzitutto la regola d’oro di far bene il


ENERGIA, SI CAMBIA!

proprio lavoro; poi la scelta di aggiungere valore culturale a quest’attività, superando la dimensione tradizionale e però minima dell’idraulico che esce per controllare il tubo o cambiare la valvola. C’è stato un reclutamento di nuove risorse con forti competenze su tutti i processi cruciali del nostro business che ha rapidamente cambiato l’azienda. Abbiamo capito che i nostri depuratori, a parità di infrastrutture, potevano fare di più. Abbiamo più spazio nel motore, più capacità residua da esprimere.

Nel 2017 avete vinto il premio Top Utility come migliore Utility italiana… Secondo noi l’eccellenza nel servizio di base è un mix di tantissimi fattori. L’idrico è un’industria che ha bisogno di processi industriali. Se gestita con la logica dei Kpi (key performance indicator), come tanti altri settori, anche l’idrico può eccellere. Sono cruciali le competenze e gli investimenti. E poi il rispetto dei Kpi. Ne utilizziamo 200 anche per definire i premi che vengono dati a tutto il personale. Però, attenzione: la cultura dell’acqua, qui in Cap, ha 90 anni di tradizione. Sono stati un’eredità preziosa. E veniamo al biometano… Direi che è un caso di innovazione a matrice geografica. Ossia, siamo andati a vedere com’è l’innovazione nel nostro settore dove la fanno. In questo caso la Finlandia, che da 25 anni produce biometano da fanghi. Nel 2016 abbiamo varato il nostro masterplan per l’economia circolare con cui abbiamo pianificato attività e investimenti per lavorare sui depuratori in una logica diversa: estrarre fertilizzanti, bioplastiche, cellulosa, sabbia per edilizia. E biometano, per alimentare la nostra flotta, produrre energia elettrica, recuperare il calore. In una logica di simbiosi industriale: cioè capire quali fossero le esigenze del mercato a noi contigue. Fatto il piano, il primo tassello è stata la realizzazione del primo impianto da fanghi di depurazione, appunto a Bresso.

Par di capire che ci guadagnate! Non potrebbe essere diversamente. Ogni nostro investimento deve avere un Irr - internal rate of return, ndr - positivo, perché noi investiamo le risorse che provengono dalle tariffe del servizio idrico integrato, cioè da tariffe regolate. E quindi i proventi si riverberano positivamente su tutti i nostri stakeholders, perché la tariffa del servizio idrico integrato scende se i costi scendono, e col nostro biometano abbiamo appunto ridotto i costi. Dunque avete iniziato a Bresso… Sì, precisamente nell’area di Niguarda, a chilometro zero rispetto alla metropoli. Dopodiché, a causa di alcune scelte normative italiane, abbiamo presto atto che non era possibile produrre biometano dalla digestione anaeroibica dei fanghi, ma lo si poteva fare solo dai rifiuti organici. AbbiaDALLA COLLABORAZIONE CON RSE (GRUPPO GSE) NASCE LA RICERCA SULL'IDROGENO GREEN INTEGRATO CON IL SERVIZIO IDRICO

mo reagito cercando un’alleanza scientifica di peso, che abbbiamo trovato nel Cnr, che ha ricevuto il nostro progetto di ricerca, lo ha esaminato per oltre sei mesi e alla fine abbiamo convinto il legislatore a seguirci. Quindi ci siamo rivolti al Centro ricerche della Fiat, dimostrando loro come il nostro biometano potesse funzionare benissimo con i loro motori. E siamo partiti. La produzione è in aumento e alimenta, attraverso un contratto di shipping, la nostra flotta e non solo. Faccio notare che tutto ciò ha un impatto ambientale irrisorio. Il biometano oltretutto viaggia in conduttura e non richiede trasporto su gomma. E adesso – stando al vostro ultimo comunicato stampa – state guardando all’idrogeno verde. Che in fondo viene dall’acqua… Andiamo con ordine. Cosa si fa col biometano? Si prende il biogas prodotto dai fanghi di depurazione e lo si divide in due grandi

parti. Una è, appunto, il metano. Il resto è soprattutto CO2. Ci siamo detti: dall’acqua attraverso il processo di elettrolisi, alimentato da energia rinnovabile che provenga da cogenerazione o da fotovoltaico, produciamo idrogeno. Unendo chimicamente nel modo appropriato l’idrogeno e la CO2 si ottiene CH4, cioè ancora metano. Dunque: producendo idrogeno possiamo sfruttare la CO2 che deriva dal biometano eliminandola dall’atmosfera e incrementare ulteriormente la produzione del metano stesso. Un ciclo complesso… Tecnicamente neanche tanto. Quel che è complesso è stabilire se quest’attività, nell’insieme molto apprezzabile sotto il profilo ecologico, possa stare in piedi sul piano economico. Ma anche su questo terreno abbiamo un partner di grande rilievo. Quale? Abbiamo rilanciato l’alleanza con Rse, la società di ricerca pubblica del gruppo Gse specializzata nel settore elettro-energetico, che ci aveva già affiancati nella produzione del biometano da fanghi di depurazione. Abbiamo abbiamo collaborato insieme su differenti progetti di ricerca, siamo cresciuti, ci siamo strutturati, abbiamo adeguatamente modificato potenziandolo il piano di sostenibilità. Rse ci sta accompagnando dall’inizio di quest’anno anche nella nuova ricerca sull’idrogeno integrato con il servizio idrico: stiamo sviluppando insieme un progetto sperimentale per la produzione di idrogeno verde, che è poi una fonte di energia rinnovabile cui anche il Pnrr riserva un capitolo di spesa. Per noi la sfida sta proprio nello stabilire se possiamo sostenere il fabbisogno energetico, necessario per l’elettrolisi, autoproducendo idrogeno da fonti rinnovabili (fotovoltaico, energia termoelettrica, etc.) e replicando questo processo produttivo su scala industriale su tutti gli impianti dell’utility lombarda. Vedremo: ma siamo fiduciosi.

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L’ALTRA COVERSTORY

LA LEGGE DEI ROBOT L’UE vuole arrivare prima nella corsa all’intelligenza artificiale. E per farlo non basta la supremazia tecnologica: occorre dettare le regole. Ecco come si sta muovendo il Vecchio Continente (col Nuovo che lo segue a ruota)

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FONTE: ELABORAZIONE SU STIME DELLA COMMISSIONE EUROPEA E DATI IPOL

di Marina Marinetti

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n robot non può recar danno a un zione dell’intelligenza artificiale. «Il 21 aprile essere umano. La prima legge della scorso il Parlamento ha iniziato a lavorare sulrobotica, enunciata nel 1942 da Isala proposta presentata dalla Commissione», ac Asimov, il più famoso autore di fantascienza spiega a Economy l’avvocato Giulio Coraggio, di sempre, deve diventare legge per davvero, partner nonché Head of italian technology prima che sia troppo tardi. Marketing, enersector dello studio legale internazionale Dla gia, fintech, assurtech, telecomunicazioni, Piper. «Ma avere la bozza completa del regologistica, automotive, lamento non significa A FINE APRILE IL PARLAMENTO sanità, strade intelche sarà adottato a EUROPEO HA INIZIATO A LAVORARE ligenti, smart city, breve». Di fatto si è SUL PRIMO REGOLAMENTO AL MONDO smart building, senscantenata la corsa a SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE za contare l’universo chi arriverà primo: andell’Internet of things: l’intelligenza artificiale che la Federal Trade Commission ha indirizè già ovunque. zato alle aziende che sviluppano tecnologie di E con il 5G sta arrivando la possibilità di I.A. una serie di raccomandazioni. D’altronde, scambiare - ed elaborare - in tempo reale una che l’intelligenza artificiale possa essere perimassa di dati impressionante. Così l’Europa, colosa è intuitivo anche senza scomodare sceche è leader mondiale nell’elettronica a basso nari fantascientifici - ma del tutto verosimili consumo e nelle soluzioni neuromorfiche, ha - in cui gli algoritmi prendono il sopravvento deciso di arrivare per prima alla regolamentafino ad avere potere di vita o di morte.

50 INDUSTRIA E IN ITALIA LE PMI SI AFFIDANO ALLE BIG TECH

52 TINEXTA TRA PUBBLICO E PRIVATO SI CRESCE CREANDO VALORE

54 KROLL L’ANTIVIRUS VA INSTALLATO PRIMA DI TUTTO NEL BOARD

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L’ALTRA COVERSTORY

I primi paletti Intanto, l’UE mette le mani avanti: quando il Regolamento sarà in vigore, nell’Europa unita sarà proibito l’uso (e la vendita) di sistemi di I.A. che utilizzano tecniche subliminali per influenzare il comportamento degli esseri umani, l’uso di social scoring (ogni riferimento alla Cina è casuale e non voluto), l’utilizzo in tempo reale di sistemi di identificazione biometrica da remoto (avete presente i sistemi di riconoscimento facciale?) nei luoghi pubblici per finalità di repressione dei reati. Quest’ultimo divieto è volto a prevenire non solo eventuali discriminazioni, ma anche a contrastare le rilevanti - e potenzialmente distopiche - ripercussioni che meccanismi di sorveglianza biometrica “in tempo reale” potrebbero avere sulla vita privata di un’ampia fetta della popolazione, sulla libertà di riunione ed altri diritti fondamentali. E per quelli che il Regolamento qualifica come “sistemi di I.A. ad alto rischio” per la salute, la sicurezza o i diritti fondamentali delle persone, si pone l’obbligo di mantenere un sistema di risk management, di documentare come è avvenuto lo sviluppo del sistema di I.A. e il suo funzionamento, oltre a obblighi di trasparenza verso gli utenti e della supervisione da parte umana. «È interessante come la bozza del Regolamento preveda la necessità di certificazione per le tecnologie più invasive, come quelle che fanno riferimento alla biometrica, per evitare bias cognitivi che andrebbero a rendere discriminante la decisione della macchina», commenta Giulio Coraggio. «È già stato dimostrato che l’utilizzo di set di dati inaccurati, alterati o parziali il punto di vista statistico porta a discriminazioni può portare a risultati discriminatori o distorti: ricordiamo il caso del software Compas, che veniva utilizzato in alcune giurisdizioni statunitensi per calcolare la probabilità di recidiva dei convenuti e che tendeva a sovrastimare il rischio di recidiva per le persone di colore. della macchina che giunse alla conclusione che le persone di colore avevano più possibilità di andare in prigione rispetto ai bianchi. Per questo il Regolamento richiede che il ragionamento della macchina sia basato su set di dati sicuri ed accurati e che

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GIULIO CORAGGIO, PARTNER DLA PIPER

le risultanze possano essere ricostruite dall’utente finale». Una delle attività più a rischio è quella del recruiting: la revisione dello scoring, che sia positivo o negativo, dev’essere possibile ex post. Quest’obbligo è già previsto nella normativa sulla privacy, ma viene enfatizzato nel Regolamento sull’intelligenza artificiale, che ora richiederà un’autocertificazione e, nei casi più invasivi, la certificazione da una parte di un soggetto terzo. Questo, se da un lato è una garanzia, dall’altro è un rischio perché allunga il time to market del prodotto».

Chi sbaglia (non) paga In caso di violazioni del Regolamento, le sanzioni previste arrivano - per ora - ai 30 milioni di euro o al 6% del fatturato annuo mondiale. Ma sa la macchina sbaglia, la colpa di chi è? «La definizione del regime di responsabilità e della possibilità da parte dell’individuo di agire in caso sia stato danneggiato non è prevista dal Regolamento come diritto di regresso, previsto invece per altri contesti. Tuttavia, gli utenti potranno presentare le proprie rimostranze facendo istanza alle autorità di regolamentazione competenti qualora dovessero ritenere che un sistema di I.A. sia gestito in violazione del Regolamento.», risponde il partner di Dla Pi-

per. «Le sanzioni previste dalla bozza di regolamento sono simili a quelle del Gdpr, che però prevede, appunto, la possibilità di azione legale da parte dell’individuo danneggiato. La parziale sovrapposizione tra il Regolamento ed il Gdpr potrebbe permettere ai soggetti danneggiati da un particolare trattamento o processo decisionale basato sull’I.A. una forma di tutela diretta nei confronti dell’operatore. Tuttavia, il quadro normative presenta ancora alcune criticità». E quindi? Quindi si salvi chi può: «Il regime di responsabilità viene lasciato alla normativa locale o già esistente. Se facciamo riferimento a sistemi di guida autonomia, o di stipula di contratti, o di assunzione di candidati, il regime applicabile è quello della responsabilità da prodotto». Peccato che individuare quale sia “il prodotto” non sia sempre così facile. Prendiamo il caso della guida autonoma: il prodotto è l’auto o il software? E il reponsabile chi è? Chi ha prodotto l’auto nel suo insieme, chi ha scritto l’algoritmo, chi ha prodotto la sensoristica in base alle cui informazioni l’intelligenza artificiale prende decisioni? «Una delle proposte contenute in una bozza del Regolamento precedente era l’assicurazione obbligatoria, ma, per essere franchi, la deregolamentazione favorisce lo sviluppo della tecnologia e la regolamentazione ha un ruolo correttivo, più che preventivo». «La bozza di Regolamento non ha avuto feedback completamente positivi, perché ci si è preoccupati degli effetti economici della disciplina e la tempistica non è chiara», conclude Giulio Coraggio. «Il principio fondamentale resta comunque uno: l’uomo dev’essere in grado di controllare la macchina. È questa la base del contesto normativo che stiamo cercando di realizzare».

I.A. e robot stanno rivoluzionando l’industria e il modo di fare impresa. Già nel giugno 2019 Economy aveva dedicato una copertina al tema


L’I.A. in azienda? Un’opportunità, ma anche un rischio di Fabrizio Bulgarelli Partner RSM - Head of Risk Advisory Service (RAS) and IT Services

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i sono diversi aspetti da considerare per gestire correttamente le scelte delle aziende sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale. A catalogarli per Economy è Fabrizio Bulgarelli (nella foto), Partner di Rsm in Italia dal 2017, con la responsabilità di coordinare tutte le attività relative all’area di Risk Advisory Service e di Corporate Governance, nonché grande esperto in materia di IA: a marzo 2021 è uscito il libro “Intelligenza artificiale e sicurezza: opportunità, rischi e raccomandazioni” del quale Bulgarelli è editor e team leader (scaricabile gratuitamente al link https://iasecurity.clusit.it/), da cui sono tratte, appunto, queste regole.

1.

Creare un gruppo di persone operative con competenze multidisciplinari che siano in grado di comprendere: il contesto in cui opera l’azienda, i vari livelli di difesa esistenti, il tipo di dati da trattare, gli ultimi aggiornamenti tecnologici.

2.

Effettuare periodici riesami interni delle misure di sicurezza. Le misure vanno verificate e aggiornate con adeguata pianificazione temporale, per essere sempre pronti ad affrontare possibili attacchi.

3. 4.

Mantenere l’uomo al centro dei processi decisionali. Coltivare le relazioni con la direzione. Occorre avere il

8.

Il principio di proporzionalità è sempre valido. L’adozione dell’IA deve essere guidata dall’importanza, dalla quantità e dalla particolarità dei dati. Per la difesa di contesti piuttosto semplici la IA potrebbe diventare un oggetto costoso, lento, inefficace e pesante da gestire.

9.

Seguire il principio di cautela nell’adozione di una nuova soluzione. Un sistema nuovo può mostrare più vulnerabilità rispetto a un sistema già ben collaudato e aggiornato.

supporto e l’appoggio della direzione quando sono necessari investimenti in sicurezza, facendo leva sulla fiducia acquisita dai recenti sistemi basati su IA e sulla corporate social responsibility come valore aziendale.

5.

Condurre l’analisi di rischi. Un approccio sempre valido consiste nel valutare il proprio rischio e quanto si vuole ridurlo con strumenti basati su IA.

6.

Verificare il livello di competenza degli operatori di sicurezza informatica incaricati di gestire i sistemi basati su IA.

7.

Non farsi ingannare da grandi promesse. Le funzioni aziendali dedicate agli acquisti dei sistemi di sicurezza devono aumentare la loro capacità di dialogare con le aziende venditrici per non acquistare soluzioni costose di IA.

10.

Fare attenzione ai dati. L’IA è un motore il cui carburante sono i dati, occorre quindi impegnare molto tempo per preparali in modo adeguato.

11.

Porsi le giuste domande. Perché dovrei usare IA? Quali vantaggi mi offre? Ho dati sufficienti? Ho risorse adeguate? Come trovare chi mi aiuta a installare e configurare il sistema basato sull’IA? Quanto costa e quanto fa risparmiare? Quali aree coinvolgere? Qual è il freno all’adozione delle soluzioni? Chi è responsabile di un errore fatto dal software o dall’algoritmo? Chi è il proprietario del dataset utilizzato? Il sistema può adattarsi rapidamente a cambiamenti di contesto? Il sistema funziona bene anche se aumenta rapidamente la quantità di dati?

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L’ALTRA COVERSTORY

A.I., LE PMI SI AFFIDANO ALLE BIG TECH Il comparto manufatturiero italiano non teme l’intelligenza artificiale, anzi. Ma mancano le competenze e, invece di sviluppare soluzioni in autonomia, anche per risparmiare si ricorre ai prodotti “a scaffale” di Marco Scotti

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er correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele». Così Dante Alighieri, di cui quest’anno ricorre il 700esimo anniversario della morte, salutava il suo ingresso nel Purgatorio. Sette secoli dopo, anche le Pmi italiane del manifatturiero devono (o dovrebbero) recitare rime analoghe. Perché secondo una recente ricerca condotta da Domink Wee, Managing Director Global Manufacturing, Industrial and Transportation di Google Cloud, il mondo sta lentamente uscendo dal Purgatorio dell’intelligenza artificiale DOMINIK WEE per entrare in quella che viene definita la “Golden Age”, l’età dell’oro in cui questa tecnologia potenzialmente dirompente iniPechino è stato il governo stesso a incenzierà a diventare sempre più pervasiva. «Si tivare le aziende affinché sviluppassero iniziano a vedere casi di studio concreti – progetti pervasivi di intelligenza artificiaha spiegato a Economy Dominik Wee – ma le, all’insegna della deregulation. E gli Usa? in molte aziende c’è ancora qualche diffiHanno optato per una via di mezzo: nessun coltà perché non si riesce a portare a regipaletto categorico, ma un modello di softme, in maniera diffusa, l’intelligenza artifilaw basato su principi e standard non vinciale». C’è un problema di costi, nel senso colanti. che gli investimenti richiesti sono troppo Tornando all’Europa, questo ribaltamento alti, ma c’è anche delle priorità (priIN EUROPA LE AZIENDE NON HANNO una qualche forma di ma la normativa per AVUTO TERRENO FERTILE PER PORTARE paura perché si teme evitare storture, poi AVANTI PROGETTI INTERESSANTI sempre che l’AI possa lo sviluppo dei proSULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE soppiantare i lavogetti) si è tradotto in ratori. Questa logica timorosa è alla base un grande problema di sviluppo: le aziende della potentissima discrasia che si è venuta non hanno avuto il famoso terreno fertile a creare tra Europa da una parte e Cina e per portare avanti progetti interessanti Stati Uniti dall’altra. Il Vecchio Continente, che coinvolgessero l’intelligenza artificiainfatti, ha iniziato un procedimento norle, ma piuttosto hanno deciso di puntare mativo dell’intelligenza artificiale proprio su soluzioni già esistenti, “a scaffale”, comin un’ottica di protezione dello status quo prando dai big tech vendor prodotti chiavi e delle figure lavorative esistenti. La Cina, in mano. «I grandi player – ci spiega il diinvece, ha adottato l’approccio opposto: a rettore dell’Osservatorio del Politecnico di

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L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELLA PRODUZIONE PERMETTE DI RIDURRE LE SPESE, TAGLIARE I COSTI DELLE MACCHINE E MINIMIZZARE LE IMPERFEZIONI


Milano sull’intelligenza artificiale, Nicola Gatti – come Aws, Azure, Watson e Google AI parlano di democratizzazione di questa tecnologia: ma non è esattamente una cosa positiva. L’assunto di partenza è che a oggi mancano le competenze in azienda e quindi i big tech sopperiscono all’assenza dei talenti in grado di sviluppare AI». In uno studio di McKinsey del 2018 sulla “readiness” (cioè sulla prontezza nei confronti dell’intelligenza artificiale) Cina e Usa giocavano un campionato a parte, mentre l’Italia era nelle retrovie, in compagnia di Paesi non del tutto avanzati come Cile, India o Thailandia. Perché la verità è che ci troviamo in un momento di profondo travaglio. Da una parte, il nostro Paese risulta essere il più attivo a livello mondiale (secondo la survey di Google Cloud) nello sviluppare progetti che riguardino l’intelligenza artificiale; dall’altra restiamo ancora piuttosto indietro. Perché? Qui le idee divergono. Per Dominik Wee dobbiamo guardare al «combinato disposto tra l’influenza della pandemia sulle aziende italiane, che hanno dovuto accelerare rapidamente la loro digitalizzazione, e all’incremento delle persone pronte a studiare la tecnologia e a implementarla in azienda, complice anche costi sempre più accessibili». D’altronde, il discorso del calo dei prezzi è sempre stato alla base di tante rivoluzioni scientifiche che, da oggetto dei desideri di pochi si sono trasformati in commodity o poco più. Il computer, che inizialmente occupava intere stanze e aveva un prezzo di milioni di dollari oggi non arriva a costare più di 2.000 euro nelle sue versioni più evolute; il sequenziamento del genoma umano nel 2001 ha richiesto oltre un miliardo di investimenti e 15 anni di tempo. Oggi servono alcune centinaia di dollari e un paio di giorni. Ma per Wee il problema principale è rappresentato dalle competenze, che non ci sono o che scarseggiano.:«Oggi – ci ha spiegato – è molto importante che non solo

i più giovani si indirizzino verso le discipline Stem, ma anche che le persone che lavorano in fabbrica, e che hanno un bagaglio esperienziale importante, imparino a lavorare con l’AI. E al momento nessuno può essere definito un “esperto”, dunque c’è un’enorme carenza di competenza che le istituzioni dovrebbero aiutare a colmare» attraverso il Pnrr ma non solo. Di opinione decisamente meno rosea è invece Gatti, il quale ci spiega come il Covid abbia sì accelerato la digitalizzazione, ma solo per quanto riguarda lo smart working o gli strumenti di base. «Non c’è stata nessuna spinta verso l’intelligenza artificiale – ci dice – e manca totalmente la cultura di provare a realizzare grandi progetti. Perfino noi come Politecnico stiamo riscontrando non pochi problemi nel trovare aziende, anche di grandi dimensioni, che abbiano la voglia di raccontare i loro casi di studio o LA MACCHINA DEVE SOPPERIRE ALLE CARENZE DELL’UOMO SENZA SOSTITUIRLO MA AFFIANCANDOLO

che siano in grado di implementare progetti che mettano l’intelligenza artificiale al centro. La verità è che nel nostro Paese una quota molto consistente di aziende non ha la più pallida idea di come sfruttare l’AI. Poi certo, ci sono delle eccezioni: è il caso di Barilla, che sta conducendo iniziative di formazione dedicate a tutta la forza lavoro. Le altre imprese, invece, attendono. Che cosa? Che arrivino soluzioni “a scaffale”, con rischio minimo, che possono essere prese e impiegate a fronte di una spesa molto contenuta. Ma questo è impossibile». Un tema invece che per il momento non sembra turbare i sonni di nessuno è quello della sostituzione della forza lavoro da parte dell’intelligenza artificiale. In questo caso entrambi gli esperti concordano nel dire che non ci sono pericoli reali. «Quando sviluppiamo progetti di intelligenza artificiale – ci spiega Wee – non stiamo cercando di soppiantare i lavoratori, ma semmai di

affiancarli e di aumentarne le potenzialità. Non solo: l’Ai nella produzione permette di ridurre le spese, di minimizzare le imperfezioni, di tagliare i costi delle macchine. Ma queste cose bisogna comunicarle correttamente, altrimenti si rischia soltanto di diffondere paura». Sul rapporto dell’intelligenza artificiale con l’essere umano si potrebbe scrivere un libro. Ma in questo caso è utile ricordare che l’idea primigenia non è mai stata quella di sostituire il lavoratore, ma di affiancarlo. «Si chiama Human in the loop – ci dice Gatti – e significa che la macchina deve sopperire alle carenze strutturali dell’uomo. Noi ci distraiamo, non siamo in grado di mantenere la stessa soglia di attenzione per 8 ore consecutive. Una macchina sì, ma ha delle rigidità che invece l’uomo non ha. Per cui l’idea è quella di “confinare” il lavoratore nel campo delle eccezioni e di alleggerirne il peso nella routine. D’altronde, proprio con questo intento è nata la guida autonoma. Solo che qualche incidente mortale (il più delle volte causato proprio dal guidatore umano) e la paura generale degli effetti sulla viabilità hanno tarpato le ali al progetto. Se dovessi scommettere direi che veicoli totalmente semoventi non saranno mai autorizzati a circolare per le strade europee». Un ulteriore impiego che si può fare dell’intelligenza artificiale, questo sì estremamente positivo, è quello che riguarda l’impatto dell’industria. Oggi il settore è responsabile di circa il 75% dell’inquinamento complessivo nell’ecosistema. Trovare modelli che minimizzino gli scarti è un primo inizio. Ma c’è di più: «Oggi i datacenter – conclude Wee – consumano un sacco di energia, ma grazie all’AI riusciamo a risparmiare fino al 40% di energia. E potremmo usarla anche per ridurre l’impatto energetico del mondo manifatturiero. Per questo ritengo che anche nel prossimo futuro l’AI rimarrà la tecnologia principale su cui concentrarsi, studiando al meglio applicazioni e modi d’uso».

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L’ALTRA COVERSTORY

PIER ANDREA CHEVALLARD, AMMINISTRATORE DELEGATO DI TINEXTA

Tra pubblico e privato si cresce creando valore La case-history di Tinexta all’inizio di un’ulteriore fase di crescita, anche per linee esterne, e di diversificazione industriale. L’a.d. Pier Andrea Chevallard anticipa le prossime mosse del gruppo di Sergio Luciano C’È UN GRUPPO ITALIANO, QUOTATO IN BORSA, A CONTROLLO PUBBLICO, CHE DA QUANDO CINQUE ANNI FA È SBARCATO SUL LISTINO MAGGIORE DOPO UN BUON ESORDIO ALL’AIM HA VISTO QUINTUPLICARE IL SUO VALORE da 3,65 a quasi 33 euro (al 29 giugno), e che oggi capitalizza 1,5 miliardi di euro. Non è una Tesla all’amatriciana o un’Amazon allo zafferano. Si chiama Tinexta, è un’azienda di servizi innovativi che offre in vasta gamma alle imprese e non solo e che, considerando sia i clienti individuali che fruiscono di servizi dal valore unitario modesto come le mail certificate sia i grandi e grandissimi clienti corporate, vanta molti milioni di fruitori delle

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proprie competenze. E sta crescendo ancora, anche per linee esterne, avendo una grande potenza finanziaria da spendere sul mercato naturalmente a trovare le giuste opportunità di quasi 200 milioni. Non a caso, a inizio anno, IL PIANO INDUSTRIALE APPROVATO A INIZIO ANNO PREVEDE CRESCITE A DOPPIA CIFRA A LIVELLO DI FATTURATO E DI EBITDA

il management ha approvato il Piano Industriale 2021-2023 che prevede crescite a doppia cifra (+22% Cagr) a livello di fatturato e di Ebitda. Dottor Pier Andrea Chevallard, lei dirige

come amministratore delegato un gruppo di imprese costituito nella loro configurazione di base per la forte iniziativa di Enrico Salza, tuttora vostro presidente. Visto che in questi mesi di convulsa tensione verso la ripresa, possiamo parlare di un “miracolo Tinexta”? Diciamo che possiamo a buona ragione considerarci potenzialmente un player importante per lo sviluppo futuro del Paese, con un’ambizione in più: quella di muoverci, in futuro, non solo su scala nazionale ma anche europea. Abbiamo la consapevolezza che c’è un problema dimensionale rilevante per un’azienda di servizi innovativi alle imprese come la nostra, un’esigenza di economie di scala per sostenere i costi dell’innovazione, della ricerca e sviluppo di sempre nuovi servizi e dunque di una dimensione superiore. Posso aggiungere che quindi la nostra crescita proseguirà ma non solo per vie organiche: anche attraverso acquisizioni. Che ci dovranno oltretutto permettere di portare a bordo competenze professionali e soluzioni tecniche da offrire ai nostri clienti, che se volessero far da soli perderebbere troppo tempo e, con esso, grandi opportunità di mercato. Ci può dire qualcosa di più? Solo che abbiamo una pipeline di possibili e rilevanti acquisizioni, cui daremo seguito perché riteniamo necessario accelerare il processo di crescita del gruppo. Agiremo su due fronti: in Italia per aumentare la nostra capacità d’offerta, e all’estero, soprattutto in Francia o in Spagna, per portare su due mercati molto simili al nostro le nostre competenze e anche fruire, a nostra volta, delle capacità e dell’esperienza tecnologica maturata in quei Paesi. Oggi acquisire aziende in quei Paesi significa introiettare esperienze culturali e competenze tecniche diverse dalle nostre e certamente arricchenti.


ABBIAMO AVUTO L’AMBIZIONE DI MUOVERCI A TUTTO CAMPO SUL MERCATO E OGGI I NUMERI PARLANO PER NOI Avrebbe mai detto di arrivare fino a questo punto, quando avete iniziato? Devo dirle che sin dall’inizio abbiamo avuto l’ambizione di muoverci a tutto campo sul mercato, e oggi i numeri parlano per noi. Magari la nostra crescita può essere considerata insolita per il settore pubblico, ma la strategia da sempre perseguita dal presidente è stata quella della competizione e della crescita. Abbiamo dimostrato subito che eravamo diversi ed avevamo una spiccata personalità imprenditoriale.

Ecco, dettagliamola questa vostra personalità per chi non vi conoscesse ancora a fondo… Ad oggi siamo un player nazionale, con un forte radicamente istituzionale, una strategia di lungo periodo, e vari target di mercato: da un lato le Pmi, dall’altro il sistema finanziario e la Pubblica Amministrazione. Siamo attivi su un insieme di servizi digitali, in parte assolutamente irrinunciabili in parte anche no, ma comunque essenziali per la fase di ripresa che il nostro sistema economico sta iniziando ad affrontare. E questo è un elemento di grande rilievo perché consente sostanzialmente a Tinexta di essere un operatore atipico, di

mercato, con una vocazione industriale di lungo termine ed ampio respiro, in un contesto competitivo in cui molti player sono invece controllati da fondi internazionali che hanno necessariamente una strategia a breve termine: devono vendere! Noi invece abbiamo un lungo percorso davanti a noi, davvero un grande progetto industriale.

questo fronte offriamo soluzioni molto avanzate. Non solo i servizi di base, come lo Spid o la posta elettronica certificata o la firma digitale, tutte soluzioni di cui siamo tra i principali provider del mercato, ma penso anche a soluzioni più sofisticate che incorporano questi strumenti andando anche oltre e supportando la transizione digitale di alcuni processi aziendali importantissimi.

Un progetto in gran parte digitale? Naturalmente sì, ma non solo. Presidiamo il E la cybersecurity? mondo dei servizi digitali con alcune funzioni Abbiamo fatto acquisizioni che ci consenmolto specializzate: dalla cybersecurity all’itono di avere a bordo competenze estredentità digitale a tutta la digital innovaton, mamente sofisticate sia nell’assistenza al tutte funzioni estremamente coerenti con il presidio dei sistemi informativi sia nella vadisegno strategico del Pnrr. A questo aggiunlutazioni del rischio informatico sia nella regiamo l’attività di marketing internazionale alizzazione delle architetture più complesse con Comark e l’area della ai fini della messa in valutazione del rischio IN QUESTI ANNI TINEXTA HA FATTO sicurezza dei sisteACQUISIZIONI STRATEGICHE di credito. Tra l’altro, mi mi. Nei prossimi anni PER AVERE A BORDO COMPETENZE piace far notare che l’inpurtroppo si sa che ESTREMAMENTE SOFISTICATE ternazionalizzazione, la il rischio informatico digitalizzazione e la valutazione del rischio toccherà un numero crescente di oggetti ed credito sono le funzioni istituzionali su cui anche se oggi molte Pmi lo considerano più sono cresciute le Camere di commercio italiache altro un tema da tener presente ma prone. Con Tinexta abbiamo portato sul mercato crastinare, dovranno molto rapidamente alcune delle funzioni istituzionali delle Cameadeguarsi all’esigenza di prevenire la nocire, che non è stata poca cosa. Il ricco bagaglio vità degli attacchi informatici. di competenze e know how presente nel sistema camerale ha aiutato questo decollo, poi le Anche direttamente, cioè per il proprio Camere di commercio erano e sono rimaste business, Tinexta è molto attiva sul web. enti pubblici, noi siamo quotati in Borsa, e Certo, nonostante una presenza sul terriquindi siamo “public” in senso diverso…Al torio molto diffusa, siamo molti impegnati mondo camerale fa capo il 55,75% del capitaa distribuire via web i nostri servizi. Per le, attraverso Tecno Holding: quindi abbiamo esempio, abbiamo investito in soluzione che un ampio flottante consentiva di distribuire Spid interamente in modalità telematica, senza appuntamenti in Quello dell’identità digitale è un tema depresenza: pagando una piccola fee si risparlicato e attualissimo. Qual è il vostro punto mia molto tempo. Lo Spid è nato con Poste, di vista? con Telecom e con noi, e siamo stati i primi La certezza dell’identità di chi sottoscrive un e a lungo gli unici a puntare sulla soluzione documento è un’esigenza essenziale ai fini telematica, distribuendo via web centinaia di della semplificazione di tutti i processi, e su migliaia di Spid.

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L’ALTRA COVERSTORY

L’ANTIVIRUS VA INSTALLATO... NEL BOARD La sicurezza informatica è, innanzitutto, una questione di mentalità: il fattore umano è l’elemento a più alto rischio in azienda, come ci spiega Kroll, la più grande agenzia investigativa privata del mondo di Marco Scotti

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iceva il mitologico Rat-Man, nato dalla matita di Leo Ortolani: “Fletto i muscoli e sono nel vuoto”. Ma per difendere le aziende il mantello può non bastare: servono competenze specifiche ed eterogenee e una profonda conoscenza del mondo che ci circonda. Ne è certo Marco Bernardin, country manager di Kroll da febbraio di quest’anno, che racconta a Economy quali siano le sfide e gli obiettivi di un’azienda di investigazione. «Siamo leader nella mitigazione del rischio soprattutto nel settore finanziario – ci spiega – con una storia più che trentennale. Siamo presenti in 30 Paesi con oltre 5.000 professionisti impiegati. La forza delle persone che lavorano per noi è la diversità, la capacità di provenire da contesti diversi». C’è spazio, perfino, per la malaugurata categoria dei giornalisti, specialmente quelli di cronaca, abituati a fare domande “scomode” e a cercare diverse angolature per raccontare un problema. Il Coronavirus, inutile girarci attorno, ha incrementato a dismisura i rischi per le aziende. Intanto, perché ha portato in luce realtà che erano più nascoste. Perché se è vero che tutti si concentrano sui problemi relativi alla tecnologia e alle intrusioni da parte di hacker, è bene ricordare che gli asset più importanti per le aziende sono quelli derivanti dalla proprietà intellettuale. Che va tutelata e protetta ad ogni costo. Perché se un attacco malware può costare parecchi soldi, il furto di progetti in fase di sviluppo ma non ancora brevettati MARCO BERNARDIN

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può significare la definitiva cessazione delle attività di un’azienda. «Al di là della classica difesa perimetrale – aggiunge Bernardin – bisogna tutelare le imprese da quello che succede dentro le sue mura. I rischi che qualcuno si infiltri e rubi i segreti aziendali sono elevati. In un contesto mirato alla ricostruzione dell’economia italiana, per poter essere competitive le imprese devono essere sicure di essere protette come si deve. Perché è sulla proprietà intellettuale che basano il loro successo sui mercati. Le nostre attività mirate alla mitigazione del rischio sono dunque a 360 gradi, sia per evitare che avvengano intrusioni, sia per tamponare rapidamente la situazione se qualcosa va storto». Ovvio però che le principali

attenzioni rimangono rivolte al cybercrimine e alle enormi possibilità di intrusione che la rete offre. Appare dunque evidente che mettere in sicurezza l’azienda non vuol dire soltanto mettere in campo il miglior antivirus, il più recente, il più performante. Ma cambiare definitivamente la forma mentis delle imprese, coinvolgendole in un ragionamento più strutturato che riguarda tutti gli attori principali. Il Pnrr, ad esempio, parla chiaramente dell’importanza della sicurezza, ma questo concetto diventa difficile da trasferire a dei board – specie nelle Pmi – che sono espressione di una “vecchia” imprenditoria. Con un’età media della proprietà che continua ad alzarsi, diventa sempre più complesso trasferire l’urgenza di una trasformazione digitale che non significa soltanto comprare un nuovo computer con antivirus, ma modificare la cultura in azienda. Per esempio, è raro che nei consigli d’amministrazione siedano manager tecnici come i Cto o Cio, che provano a farsi sentire


(a volte senza riuscirci) dalla proprietà. Come ha dimostrato il recente G7 in Inghilterra, oltretutto, Paesi come la Russia e la Cina sono ormai identificati chiaramente come vere e proprie centrali del crimine informatico e, più in generale, come potenziali nemici della produttività e della catena di fornitura delle imprese. «Il tema dei rapporti con l’estero è davvero molto complicato – chiosa Bernardin – e i governi Conte e Draghi hanno fatto ricorso spesso alla golden power. Il primo su Tim, il secondo (per ora solo paventandolo) su Iveco Defense. Il Pnrr vedrà un pioggia di miliardi che arriveranno sull’Italia e su alcuni settori particolarmente colpiti. Il compito più difficile sarà tutelare gli asset strategici sia da possibili intromissioni straniere, sia per quanto concerne possibili attacchi. Ma non è soltanto una questione di pericoli che le aziende possono correre e che il governo deve arginare: l’intero concetto della supply chain dovrà essere ripensato. Basti pensare che con il progredire della guerra dei dazi tra Cina e Usa alcune aziende della moda che utilizzavano cotone dello Xingjiang si sono ritrovate in difficoltà a causa del ban statunitense su moltissimi prodotti di Pechino come, appunto, i tessuti». C’è, infine, un ultimo grande tema che deve essere considerato, su cui vigilano gli “spioni” di Kroll: sono i cosiddetti “white collar crime”, cioè dipendenti infedeli pronti a vendere segreti aziendali all’esterno del perimetro dell’impresa, sia a concorrenti, sia ad altri paesi sia alla criminalità organizzata che vuole inserirsi all’interno della ripresa

CHE COSA SUCCEDE SUI SOCIAL NETWORK? Secondo il Phishing and Fraud Report di A5, una società impegnata nel fornire soluzioni di sicurezza informatica, il 2020 ha vissuto un incremento del 15% dei casi di phishing prodotti da link condivisi sui social media. L’accettazione di richieste di collegamento da parte di sconosciuti (spesso attraenti), la clonazione dei profili, i link presenti nei post pubblicati dagli amici o nei messaggi da loro inviati abbassano infatti la soglia di attenzione ed espongono chi li clicca ad attacchi informatici, furto di dati o a situazioni in cui la vittima viene costretta dal truffatore ad effettuare pagamenti per non essere esposta a danni o ricatti. La classica richiesta di denaro, che circola via mail, da parte di un principe nigeriano per pagare un riscatto nasce da una tecnica di ingegneria sociale che mira a non

far considerare serio l’attacco e riduce le cautele da parte di chi vi è incuriosito. Il senso di maggior sicurezza data dai social media, l’abbondanza di informazioni e dati personali pubblicati e l’uso di “link accorciati” non debbono dunque ingannare: anzi, i dati in crescita di questi fenomeni richiedono una navigazione attenta e consapevole. «Io stesso ho vissuto la clonazione del mio profilo Facebook: qualcuno aveva creato un profilo con le mie foto di montagna e aveva già chiesto il contatto a molti miei amici – ci racconta Andrea Boscaro, Fondatore e Partner di The Vortex -. Devo ammettere però che, non appena sono stato avvisato della vicenda, dalla richiesta di blocco di quell’account al momento in cui è stato disattivato sono passati

economica trainata dal Pnrr. Un problema che sembra appartenere a qualche vecchio film di spionaggio ma che in realtà rimane di enorme attualità. Perché ora che si avvicina la prima tranche da 25 miliardi di aiuti,

TRE DATI SU CUI RIFLETTERE +15% l’incremento degli attacchi di phishing

tramite social network - 20% il calo del traffico per il Washington Post dopo la sconfitta di Trump 221 i miliardi complessivi del Pnrr

non più di 15 minuti e questo ha protetto tutte le persone che avrebbero potuto ricevere da me messaggi di phishing. Agire con rapidità, senza sottovalutare gli effetti di queste situazioni, può essere determinante». Altro grande tema, le fake news e l’hate speech: una delle critiche che si muovono alla fruizione delle notizie sui social media è la visibilità che gli algoritmi di questi ultimi – algoritmi fondati sull’engagement – danno alle conversazioni che si producono accanto alle notizie più divisive o più capaci di riscuotere critiche e attacchi. Del resto, gli stessi editori americani hanno riportato che, dopo la sconfitta di Donald Trump, personaggio sicuramente divisivo e che ha polarizzato l’elettorato, il New York Times ha perso il 17% di traffico e il Washington Post il 20%.

bisognerà mantenere ancora più alta l’attenzione. «Come Kroll – conclude Bernardin – siamo dunque attivi per rispondere a tre domande fondamentali: quanto vale il tuo business, come lo proteggi e come fai a farlo crescere. Noi non cerchiamo un contatto spot con i potenziali clienti, ma siamo alla ricerca di un rapporto che continui nel tempo. Miriamo a raggiungere quello che si chiama il “confidence building” cioè una sinergia basata sulla fiducia in cui la nostra azienda agisce da advisor per tutelare e aiutare le aziende a crescere e a svilupparsi». Insomma, non avranno il mantello, ma certo che ne hanno di cose da fare (e da raccontarci).

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GESTIRE L’IMPRESA

LAVORO AGILE MA NON AGILISSIMO Passata la sbornia del lavoro da remoto, le aziende si riorganizzano riportando l’ufficio al centro della scena. Ma non completamente: ora che i lavoratori hanno assaggiato la modalità smart, non gliela si può più negare

L’EVOLUZIONE DELLO SMART WORKING PER IL NEW NORMAL

XXXXXXXXXXXXXX

11%

nessun cambiamento

differenziazione

38% AUMENTERÀ IL NUMERO DI GIORNI PER LAVORARE DA REMOTO

70%

47%

AMPLIERÀ IL NUMERO DI SMARTWORKER

65%

INCLUDERÀ FIGURE PROFESSIONALI FINORA ESCLUSE

72%

NEL 2019 ERA POSSIBILE LAVORARE DA REMOTO MEDIAMENTE 1 GIORNO A SETTIMANA. ORA DIVENTERANNO 2,7 GIORNI E 1,4 GIORNI

42%

25%

AGIRÀ SULL’ORARIO DI LAVORO

29%

nuove regole di utilizzo degli spazi

ampliamento

10%

12%

riduzione

17% 14%

IL 51% GRANDI IMPRESE PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

delle grandi imprese sta valutando di riprogettare i propri spazi fisici

FONTE: OSSERVATORIO DEL POLITECNICO DI MILANO

di Riccardo Venturi

I

partenza non è nemmeno sul tappeto. Nel caso l nostro piano è quello di tornare a di Amazon, per esempio, i dipendenti lavoreuna cultura ufficio-centrica come ranno in ufficio per tre giorni alla settimana, e nostra linea di base. Crediamo che gli altri due potranno scegliere se lavorare in ci permetta di inventare, collaborare e impapresenza o da remoto - ma chi volesse ottenere rare insieme nel modo più efficace». Quando un periodo di smart working di oltre due giorni Amazon si è rivolta in questi termini ai suoi didovrà presentare un’apposita richiesta. Anche pendenti, l’era dell’oro dello smart working da Apple ha stabilito che i pandemia è sembrata COME ACCADE DOPO OGNI dipendenti dovranno ormai alle spalle. Andy RIVOLUZIONE, L’OPZIONE DI UN tornare in ufficio tre Jassy, che sta per sostiRITORNO ALL’ESATTO PUNTO DI PARTENZA giorni alla settimana tuire Jeff Bezos come NON È NEMMENO SUL TAPPETO a partire dall’inizio di Ceo del colosso globasettembre. Stessa scelta ha fatto Google, e se i le dell’e-commerce, ha descritto così la magia suoi dipendenti vorranno continuare a fare più creativa che solo una riunione in presenza di 14 giorni all’anno di smart working, dopo il può innescare: «Le persone si interrompono, primo settembre dovranno formalmente presi animano, poi finisce la riunione e non si è sentare una richiesta; il colosso di Mountain arrivati all’obiettivo, ma un gruppetto inizia a View potrà comunque richiamare in ufficio i lavorare su una lavagna bianca fuori dalla sala dipendenti in qualsiasi momento. conferenze…». Come accade dopo ogni rivoluIl (parziale) ritorno in ufficio è in corso anzione, però, l’opzione di un ritorno al punto di

«

59 LABLAW CHI HA PAURA DELLO SMART WORKING?

60 FEDERMANAGER I NUOVI PERCORSI DELLA MANAGERIALITÀ

62 ISP INSURANCE AGENCY CARE IMPRESE, È ORA DI ASSICURARVI IL FUTURO

64 LEGAL DESIGN L’AZZECCAGARBUGLI ORA SI SPIEGA COI DISEGNINI

65 SOLDO ADDIO CARTA, I GIUSTIFICATIVI DIVENTANO DIGITALI

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GESTIRE L’IMPRESA

che in Italia, che è stata travolta dallo tsunami dello smart working nel 2020 con numeri impressionanti, così stimati dall’osservatorio del Politecnico di Milano: durante la fase più acuta dell’emergenza è stato coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni e il 58% delle Pmi, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori, circa un terzo dei dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019. Il maggior numero, 2,11 milioni, lavora nelle grandi imprese, 1,13 nelle Pmi, 1,5 nelle microimprese sotto i dieci addetti e 1,85 milioni nella PA. L’osservatorio del Polimi stima che al termine MATILDE MARANDOLA dell’emergenza pandemica a lavorare almeno in parte da remoto saranno complessivamente formula sia meglio di un’altra: chi ha detto che 5,35 milioni di persone, di cui 1,72 nelle grandi andare in ufficio sia meglio o peggio in assoluimprese, 920mila nelle Pmi, 1,23 milioni nelle to? In Italia siamo abituati a standardizzare, a microimprese e 1,48 nella PA; e per adattarsi decidere, per fare un esempio, di fare due giora questa “nuova normalità” il 70% delle granni a settimana di smart working per tutti. Ma di imprese aumenterà le giornate di lavoro se ascoltiamo i dipendenti e analizziamo il proda remoto, portandole in media da uno a 2,7 cesso del lavoro, se li mettiamo nelle migliori giorni alla settimana, mentre una su due modicondizioni per non sentirsi lontani - non è vero ficherà gli spazi fisici aziendali. Forse si tratta che ti senti parte della squadra solo se ti trovi di una stima un po’ eccessiva, anche alla luce fisicamente in un open space – allora in una di un’importante considerazione contenuta spiaggia della Puglia si può lavorare benissimo in uno studio del Joint research center della anche con il capo in Belgio. Le situazioni vanno Commissione europea e di Eurofound: solo il studiate caso per caso, 13% dell’occupazione I DIPENDENTI CON ESPERIENZA facendo un’analisi di in Europa è in occupaNEI SERVIZI BASATI SULLA costi e benefici, trozioni telelavorabili che CONOSCENZA HANNO RIPORTATO comportano compiti LA PIÙ ALTA INCIDENZA DI TELELAVORO vando soluzioni efficaci per casi specifici». sociali nulli o limitati, Lo stesso termine smart working si presta ad e possono in linea di principio essere svolte a equivoci. «È entrato nel nostro linguaggio e lo distanza senza o limitata perdita di qualità. Il utilizziamo frequentemente» rimarca la Marestante 24% dei lavori tecnicamente telelarandola, «ma in realtà andrebbe utilizzato per vorabili implica un’ampia interazione sociale le situazioni di lavoro a distanza dove c’è una e quindi può essere fornito solo parzialmente libertà nella scelta del sito. Non sempre è così, da remoto senza una perdita significativa della posso lavorare da casa mia malissimo, quindi qualità del servizio. «Credo che stiamo andanin modo tutt’altro che smart; ci sono casi ecceldo ancora per tentativi ed errori» dice Matilde lenti, casi pessimi, e in mezzo casi medi». Dal Marandola, presidente di Aidp, l’associazione lavoro di Joint research center della Commisdei direttori del personale, «aziende e lavosione europea e Eurofound è emersa inoltre ratori stanno cercando un equilibrio; si parla una nuova divisione tra coloro che possono di new normal, però questa nuova normalità telelavorare e chi che non può farlo. Le diffeancora non la conosciamo. Penso che sia molrenze per salario e livello di istruzione sono to importante non standardizzare» afferma il molto forti. I dipendenti con esperienza nei presidente, «non dare per scontato che una

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servizi basati sulla conoscenza hanno riportato la più alta incidenza di telelavoro durante il Covid-19. Per evitare uno “smart working divide”, la modalità di lavoro a distanza dovrebbe essere quindi facilitata anche tra i dipendenti più giovani e meno qualificati, offrendo ampie opportunità di formazione. Quando il presidente di Aidp fa l’esempio di uno smart worker al lavoro su una spiaggia pugliese, non lo fa a caso: la pandemia ha dato vita al fenomeno di nomadismo che ha preso un nome che fa il verso a smart working: south working. Secondo i calcoli di Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, solo gli addetti delle grandi imprese che si sono spostati a telelavorare al Sud sono stati circa 43mila; se si estende la stima alle Pmi si arriva a circa 100mila persone – gli stranieri non li ha contati nessuno. «La mia sensazione è che si tratti di un fenomeno molto importante» rimarca la Marandola, «vivo a Napoli, anche se sono sempre in giro per il mio ruolo, e ho visto che tra i dipendenti delle multinazionali, non necessariamente manager ma anche giovani, siano tanti ad aver fatto questa esperienza. Questo cambia la geografia economica di alcune regioni. Si può essere molto piu produttivi sulla spiaggia di Capri piuttosto che in un luogo meno ispirante, e l’ispirazione è importante. Credo anche che il fenomeno possa avere una prospettiva: gli spazi costano alle aziende, e avere uffici più piccoli dove fare turni significa anche inquinare di meno: non sottovaluterei affatto l’impatto ambientale e il livello di stress dovuto agli spostamenti nel traffico, che incide moltissimo anche sulla prestazione lavorativa». Per fare un esempio, è quel che sta facendo Bosch in Italia con il progetto “Casa Bosch” a Milano, che ha tre principali obiettivi: la riduzione degli spazi delle sedi del 30% per liberare risorse per lo sviluppo; il ridisegno del layout delle sedi, con l’introduzione della logica del desk sharing; e la creazione di una nuova cultura, basata su una logica di raggiungimento degli obiettivi, sulla fiducia reciproca e su un modo di lavorare ibrido. Forse il “new normal” è più vicino di quanto non si pensi.


Chi ha paura dello smart working? Da un lato la natura tecnologica fagocitante del tempo della vita, dall’altro la possibilità di sviluppare nuovi cluster territoriali: è chiaro che il lavoro agile va riorganizzato (e anche normato) di Alessandro Paone*

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a salvato la produzione consentendo a tanti di continuare a lavorare pur quando non si poteva uscire di casa, ed è stato salutato come il futuro del lavoro sull’onda dell’entusiasmo di coloro i quali – ed erano milioni -, obbligati a stare in casa, non avevano che un monitor per rimanere in contatto con altri. Non neghiamolo, è stato bello lavorare per un po’ senza doversi scomodare, affrontare il traffico, oppure godersi una pausa sdraiati sul divano con quella sensazione addosso provata l’ultima volta, forse, da ragazzi, nei giorni in cui non si andava a scuola e si restava a letto fino a tardi. Ma poi i lockdown si sono susseguiti, il progredire della pandemia ha impedito il ritorno in ufficio e quello che era stato percepito come una rivoluzione nel modo di lavorare in parte attraente, ha rivelato un aspetto perverso, una natura tecnologica fagocitante del tempo della vita, in cui il flusso temporale del lavoro ha inglobato le relazioni familiari e personali anziché favorire il processo contrario.

E così il futuro del lavoro è divenuto oggetto di critiche feroci e ideologiche: il sindacato lo ritiene uno strumento per incrementare la precarizzazione delle persone e sganciarle dai diritti conquistati negli ultimi 70 anni, tanto che Savino Balzano ha sostenuto che “i danni che un lavoro perennemente smart è in grado di produrre sono a lungo termine: da un simile processo deriverà un’ulteriore disgregazione della comunità del lavoro, un processo erosivo di cui lo smart working è l’acido” (Contro lo smart working, Laterza). Punti di vista, ma il tema vero è che questi commenti sono sbagliati poiché diretti verso un’esperienza che non è smart working, ed è stata normata dal legislatore in maniera errata facendo leva su di un impianto, quello del lavoro agile, che aveva finalità completamente diverse. Lo smart working nasce come “metodo” di rendere la prestazione complementare e non sostitutivo a quello classico in presenza, con un fine specifico che è di favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e incrementare la competitività.

Ciò che abbiamo sperimentato risponde solo alla finalità di evitare il contatto fisico, il che significa che le critiche che oggi vengono mosse contro lo smart working non riguardano questo specifico istituto ma solo l’esperienza di un lavoro integralmente remotizzato, che si è portato dietro i disagi del periodo. Il futuro dello smart working non può essere bocciato sulla base di tale portato ma andrà ripensato alla luce proprio di quanto accaduto affinché la norma che lo disciplina – comunque in fase di discussione– sappia cogliere le enormi potenzialità di una metodologia di lavoro che è senza dubbio idonea a migliorare la qualità della vita perché può coniugarla con i tempi di lavoro, e può incrementare la produttività. Vero è che l’interazione umana è alla base di ogni organizzazione e una vita lavorativa in cui le uniche relazioni sono online non è pensabile, ma ciò significa che sono gli spazi di lavoro che dovranno essere ripensati per favorire l’affermazione di nuovi contesti nei quali l’interazione può avvenire anche fra soggetti che dipendono da aziende situate altrove. Si pensi allo sviluppo di intere aree del Paese, che in questo modo potrebbero richiamare giovani e residenti creando veri e propri cluster territoriali. Si pensi alla costruzione di politiche attive in grado di cavalcare questa opportunità, si pensi ai risparmi per le aziende ed agli investimenti in formazione che potrebbero essere fatti, e alla più intelligente gestione della tecnologia al servizio delle persone. Si pensi, ma ci si adoperi presto perché succeda. *avvocato giuslavorista ed Equity Partner LabLaw Studio Legale

L'AUTORE, ALESSANDRO PAONE

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IN CASO DI CRISI I MANAGER HANNO UN PIANO B La pandemia non fa sconti a nessuno, ma per i dirigenti che rimangono senza lavoro a causa di fallimento o procedura concorsuale dell’azienda, 4Manager e Federmanager hanno approntato una rete di supporto di Marco Scotti

O

ra che un accordo tra sindacati, le: in questi casi particolari, il costo del Confindustria e governo è stato placement sarà sostenuto interamente trovato relativamente allo sblocda 4.Manager fino ad esaurimento delle co selettivo dei licenziamenti, resta da risorse messe a disposizione dalle parti. indagare quali saranno le figure profes«I manager – ci spiega il presidente di Fesionali più colpite da questa ritrovata dermanager Stefano Cuzzilla (nella foto) possibilità di cessazione dei rapporti di - si trovano ad affrontare una situazione lavoro. in cui, al venire meno del blocco dei liOltre a quelle più ovvie, in aziende in difcenziamenti, sono esposti al rischio di ficoltà che operano in settori in crisi, una cessazione dei rapporti di lavoro senza il categoria di lavoratori trasversale che paracadute degli ammortizzatori sociali. verrà coinvolta è quella dei manager. Si Dal nostro osservatorio vediamo segnali dirà: ma i manager non sono al centro di preoccupanti in molti settori, a partire un allarme sociale come potrebbe essere dal tessile e abbigliamento che ha perquella dei lavoratori tradizionali. Il che è so oltre il 20 per cento di fatturato nel vero solo in parte. Perché si tratta di figu2020. Sappiamo che le fuoriuscite rapre ultraspecializzate che non hanno diritpresentano una prospettiva concreta nel to alla cassa integrazione o ad altri tipi di breve termine e noi, insieme a Confinduammortizzatori sociali e che, nonostante stria, abbiamo deciso di sostenere quelle tutto, rischiano di figure manageriali IN COLLABORAZIONE CON dover concludere che in quest’anno FEDERMANAGER E CONFINDUSTRIA, anticipatamente i hanno perso il poDA LUGLIO 4.MANAGER FINANZIA propri rapporti di sto di lavoro perché IL SERVIZIO DI PLACEMENT lavoro. Nelle azienl’azienda ha chiuso de, dunque, ci saranno dirigenti che – ati battenti. Quello che offriamo loro è un traverso i famosi (o famigerati) scivoli – servizio di placement che risponde alla verranno accompagnati all’uscita. Come logica di politica “davvero attiva” del se ne esce? La risposta migliore è rapprelavoro: tramite 4.Manager e le società sentata dalle politiche attive per il lavospecializzate che erogheranno in conro. E 4.Manager, l’associazione nata dalla venzione il percorso di aggiornamencollaborazione tra Confindustria e Federto professionale e di contatto con il manager proprio per promuovere politimercato, finanzieremo interamente che attive del lavoro, è pronta a sostenere un’operazione che è di sostegno, ma un servizio di placement dalla metà di luanche di rilancio». glio in favore di coloro che stanno paganIl tema delle politiche attive per il do il prezzo più alto di questa crisi. lavoro è un argomento di enorL’obiettivo, infatti, è andare incontro a me attualità. Nel Pnrr, il Piano quei dirigenti che siano rimasti senza laNazionale di Ripresa e Resivoro perché l’azienda per cui lavoravano lienza, sono state allocate riè fallita o è finita in procedura concorsuasorse per questo tema e per la

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formazione. Complessivamente oltre 6,6 miliardi di euro. Non basta: anche il programma di sostegno all’occupazione europea, il Sure, ha avviato dei progetti per promuovere percorsi di ricollocamento per le figure manageriali. «Ci sono le risorse legate alla transizione digitale – aggiunge Cuzzilla - e a quella energetica


che spingono in avanti gli investimenti e la crescita economica. Abbiamo una così ingente mole di finanziamenti che possiamo attivare strumenti seri che supportino il mondo del lavoro e risolvano finalmente alcune questioni. A partire, ad esempio, dal gender gap e dal divario tra Nord e Sud del Paese». Per questo motivo, consapevoli dello stato di profonda difficoltà in cui il Paese verrà a trovarsi dal punto di vista occupazionale una volta che verranno meno i sostegni statali alle imprese e il blocco dei licenziamenti, Federmanager tende la mano a quei dirigenti che abbiano perso il lavoro dopo il 30 giugno 2020. La data non è casuale: le aziende che hanno resistito fino ad ora e dopo quella data sono quelle che hanno avuto o dei business particolarmente efficaci (su tutti, l’e-commerce) e allora non hanno bisogno di licenziare nessuno; o hanno saputo essere resilienti anche grazie all’aiuto delle istituzioni. E nonostante la ripresa che inizia a farsi sentire (le previsioni parlano di un

CERCHIAMO DI DARE AI MANAGER L’OPPORTUNITÀ DI RICOLLOCARSI SENZA DISPERDERE IL LORO PATRIMONIO DI COMPETENZE

+4,5% nel 2021), è inutile fare finta di niente: ci saranno diverse imprese che dovranno per forza di cose abbandonare la scena. Facendolo, si troveranno a dover licenziare tante persone, tra le quali anche manager. «In questo modo – aggiunge Cuzzilla cerchiamo di dare ai manager l’opportunità di ricollocarsi in tempi brevi e di dare al Paese un modo per non disperdere il grande patrimonio di competenGIÀ PRIMA DELLA CRISI IL MANAGEMENT ERA AL CENTRO DI UNA PROFONDA TRASFORMAZIONE DI RUOLO E DI MODELLO

ze di cui è dotato». Il percorso di ricollocazione professionale verrà condotto da una delle società convenzionate con 4.Manager con l’obiettivo di suggerire al manager nuove opportunità, in modo da ottenere un rapido riposizionamento. Il servizio sarà articolato nelle stesse fasi del percorso di outplacement attualmente già realizzato sulla base delle previsioni del Ccnl per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi sottoscritto il 30 luglio 2019. Sulla base di questa positiva esperienza, che finora ha tutelato decine di manager di aziende in ristrutturazione, si affianca ora questa nuova iniziativa che in via sperimentale vuole coprire quelle situazioni dove i percorsi tradizionali sono preclusi dalla crisi in corso. I dirigenti che vogliano partecipare a questa iniziativa dovranno essere coinvolti da processi di ristrutturazione/riorganizzazione aziendale o che, comunque, siano interessati in processi che comportino la risoluzione del loro rapporto di lavoro per fondati motivi e non abbiano maturato il diritto ad una prestazione pensionistica. «È la nostra risposta per superare una logica di semplice assistenzialismo – ci racconta Cuzzilla -, in favore di un New Deal che promuova opportunità di creazione di nuovo lavoro. Un lavoro che vogliamo

più qualificato e più attrattivo, per far restare qui i talenti e per richiamarne da altri Paesi. È questa la logica che ci ha guidato quando abbiamo scritto il contratto collettivo dei dirigenti industriali: dare alle imprese e ai manager strumenti adeguati ad affrontare le sfide future». Un percorso come quello attivato riguarda una profonda riconversione dell’intero tessuto dirigenziale. I nuovi capisaldi dell’impresa, che si stavano già affermando prima della pandemia, hanno subito un’importante accelerazione negli ultimi 18 mesi. La digitalizzazione, prima di tutto, che ha permesso all’Italia di poter continuare a produrre e sopravvivere nonostante fosse tutto fermo e chiuso. Ma anche le nuove sensibilità in materia di green economy impongono nuove figure manageriali che devono essere formate e che devono apprendere i nuovi mantra dell’imprenditorialità di domani. Non deve stupire, dunque, che molti manager già prima del Coronavirus si trovassero in una sorta di limbo, in cui le competenze pregresse avevano l’urgenza di integrarsi con un know-how tutto nuovo. Anche i clienti e le persone cui si rivolgono i beni prodotti hanno un nuovo modo di fare acquisti. Il prezzo diventa una variabile tra le altre, non più l’unica che conta. E i manager devono imparare a gestire la nuova agenda economica. «Già prima di questa crisi – conclude Cuzzilla - il management era al centro di una profonda trasformazione, di ruolo e di modello, determinata dall’impatto delle nuove tecnologie e da una globalizzazione del business molto competitiva. Oggi la sfida di change management è ancora più accentuata perché la pandemia ha accelerato tutte le trasformazioni. Quando parliamo di politiche attive del lavoro abbiamo in mente questo: investire in modo preventivo nella propria carriera, rafforzando le competenze e innovandole, andando verso quello che più richiesto dal mercato».

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Care imprese, è ora di assicurarvi il futuro Welfare, responsabilità civile, rischio cyber e tutela del patrimonio personale di amministratori, direttori e procuratori: ecco come la nuova Intesa Sanpaolo Insurance Agency proteggerà le aziende clienti di Marina Marinetti

SE L’ITALIA NON AVESSE LO STORICO PROBLEMA DELLA SOTTOASSICURAZIONE, SAREBBE UN PAESE MENO FRAGILE. Perché

quelle aziende più complesse e articolate che necessitano di soluzioni assicurative su misura», spiega a Economy l’amministratore delegato (e direttore generale) Andrea Lesca. «Si è deciso di creare un veicolo societario nuovo per facilitare l’interazione con il mercato».

facendo leva sulla mutualità assicurativa si proteggerebbe dai rischi. E utilizzerebbe meglio le sue risorse. I dati di Ivass e Ania parlano chiaro: il montepremi sul Pil nazionale non arriva al punto percentuale contro una media europea Qual è il target di riferimento di Intesa Sandel 2,6 per cento, e il premio medio è di gran paolo Insurance Agency? lunga inferiore rispetto agli altri Paesi. «In Italia Sono le aziende con un fatturato oltre i 15-20 abbiamo un tema di sottoassicurazione, perché milioni di euro con più di cento dipendenti. Si al di là delle polizze per l’assicurazione auto, tratta di aziende medio grandi con caratterile altre tipologie di stiche peculiari che IL TARGET DI INTESA SANPAOLO prodotti sono venduti necessitano, appunto, molto di meno: soprat- INSURANCE AGENCY SONO LE AZIENDE di soluzioni assicuratiCON FATTURATI DAI 15-20 MILIONI tutto nei confronti con ve particolari. È chiaro DI EURO E OLTRE CENTO DIPENDENTI altri Paesi europei, il che ci troviamo di fronrapporto premi su Pil in Italia è molto più baste a interlocutori sofisticati, più preparati, esiso», sottolinea Nicola Fioravanti, Responsabile genti e strutturati della classica piccola impredella Divisione Insurance Intesa Sanpaolo. sa. Hanno strutture e competenze specifiche e L’istituto quattro anni fa ha virato nettamente vogliono soluzioni su misura e personalizzate. nella direzione della protezione all’economia E puntate su un business model particolare. reale e oggi il gruppo assicurativo Intesa SanInfatti: Intesa Sanpaolo Insurance Agency paolo Vita è leader in Italia nella bancassurance è un’agenzia plurimandataria controllata al nel settore vita e previdenza e con l’ingresso 100% da Intesa Sanpaolo Vita che valorizza i nel 2020 di Intesa Sanpaolo RBM Salute anche prodotti e i servizi della Divisione Insurance. nel settore salute. Con la nascita - a fine maggio In coordinamento con le reti bancarie che se- della nuova Intesa Sanpaolo Insurance Agengnaleranno le imprese con esigenze complesse cy dedicata alle imprese, l’offerta è completa. soddisfabili con prodotti “non standard”, pro«Intesa Sanpaolo Insurance Agency nasce per porremo soluzioni personalizzate collaboran-

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ANDREA LESCA, AD E DG INTESA SANPAOLO INSURANCE AGENCY

do con le diverse compagnie della Divisione Insurance: Intesa Sanpaolo Assicura, Intesa Sanpaolo Rbm Salute, Intesa Sanpaolo Vita, Fideuram Vita, Bap. Puntiamo sulla complementarietà di offerta, con una completezza di proposizioni per ogni fascia di cliente. Inoltre collaboreremo con i principali broker per sviluppare, in ambito assicurativo, le migliori soluzioni per le aziende. Questo ci consentirà di raggiungere target di altissimo livello qualitativo. Ma perché una nuova agenzia? Non solo perché è il veicolo più corretto che la normativa prevede, ma anche perché si tratta di un hub di competenze specifiche, con all’interno figure con un profilo tecnico molto alto, che ha già maturato significative esperienze a supporto delle imprese. Come siete strutturati? Abbiamo una ventina di figure consulenziali dislocate sull’intero territorio nazionale: 20 client advisor dedicati ad analizzare i rischi e proporre delle soluzioni assicurative tailor made. Accanto a loro, la strategia prevede la cooperazione in partnership con un network di broker di alto profilo. Abbiamo svolto un recruiting specifico sia all’interno della banca, individuando professionalità con forti relazioni nel mondo corporate e competenze in ambito welfare, sia sul mercato, reclutando dal mon-


LE AZIENDE PIÙ COMPLESSE E ARTICOLATE NECESSITANO DI SOLUZIONI SU MISURA do del brokeraggio con esperienza specifica. A proposito: come vi muoverete? La logica è quella di affiancare in primis le aziende del Gruppo Intesa Sanpaolo: in collaborazione con la rete della banca sviluppiamo le analisi di rischi delle aziende clienti e conseguentemente l’offerta di soluzioni. Sotto il profilo tecnico, si tratta di una tipologia di clientela sofisticata : un conto è offrire una polizza standard, un altro formularne una per un’azienda strutturata. Di fronte non abbiamo più solo l’imprenditore o la famiglia, ma l’Hr manager per le soluzioni di welfare, il Cfo per la protezione dai rischi industriali. Manager che conoscono il tema e le terminologie in maniera evoluta. E il gioco si fa ancora più duro in un contesto altamente competitivo.

Però parlate la stessa lingua. Indubbiamente. Non solo: siamo sul mercato solo da poche settimane e già la risposta è molto positiva. In questo segmento non c’erano intermediari di matrice bancaria che si affacciavano a proporre protezioni assicurative mirate. E a farlo, ora, è un gruppo bancario come Intesa Sanpaolo, un’azienda solida, che è sinonimo di grande affidabilità (e lo dico con orgoglio, facendo parte del gruppo da quasi 28 anni). Non per niente siete “bancassurance”. Il brand e la credibilità del gruppo infatti ci facilitano, perché Intesa Sanpaolo porta con sé elementi industriali e valoriali molto noti: credibilità, solidità, affidabilità, sostenibilità. Abbiamo più di 2mila accordi nell’ambito welfare con aziende medio grandi, e ora abbiamo ampliato l’offerta con soluzioni, prodotti e servizi assicurativi per le imprese in grado di soddisfare le esigenze che richiedono soluzioni assicurative tailor made, assicurando un elevato livello di servizio e garantendo un alto livello di professionalità. Cosa chiedono le imprese? Vicinanza e protezione in due ambiti soprattutto: il welfare e i rischi aziendali. Quindi cosa offrite loro? Per quanto riguarda il mondo welfare, abbiamo sviluppato una gamma di prodotti per proteggere i dipendenti con delle coperture di salute integrativa e previdenza complementare: welfare aziendale, salute collettiva, infortuni collettiva, Tcm collettiva, previdenza collettiva. Abbiamo una lunga esperienza nel ramo e affianchiamo l’azienda nel percorso che desidera intraprendere nei confronti dei dipendenti,

IL PRIMATO DELLA DIVISIONE INSURANCE

159 MLD € patrimonio gestito nel Ramo Vita (QdM: 19,2%) 5 MLD € patrimonio gestito nei Fondi Pensione Aperti

(QdM: 22,9%) 671 MLN € premi emessi nell’ambito Protezione Bancassurance (QdM: 23,1%) 691 MLN € premi emessi nel Ramo Malattia (QdM: 21,5%)

aiutandola ad attivare soluzioni da un lato obbligatorie, dall’altro volontarie attivando anche percorsi di welfare engagement sui dipendenti per far comprendere meglio le opportunità. Può ben immaginare che, con la pandemia, l’attenzione alla tutela dei propri collaboratori è salita ai massimi livelli. E per quanto riguarda i rischi industriali? Abbiamo tool ad hoc sui rischi industriali. Ci confrontiamo in particolare coi Cfo, offrendo una serie di coperture assicurative, che vanno dal property, la copertura sugli asset immateriali e materiali, coperture abbastanza consuete, al liability, cioè la responsabilità civile nei confronti di dipendenti e di terzi. Poi aggiungiamo soluzioni cyber: è una copertura emergente ancora poco diffusa, ma su cui c’è una domanda crescente. Le aziende che hanno subito un attacco hanno una sensibilità altissima, le altre ne colgono l’importanza e la probabilità, ma non riescono a comprendere l’importanza dell’analisi dei rischi. È come pensare di essere al sicuro con una porta blindata di 25 anni fa. Solo facendo un’analisi peculiare si riesce a far comprendere il rischio cyber. C’è un’attenzione crescente anche sulle coperture D&O – Directors & Officers, ndr – che tutelano il patrimonio personale di amministratori, direttori e procuratori nei casi in cui vengano coinvolti in un eventuale risarcimento danni. Quali sono le coperture richieste dalle imprese? Se i dati di penetrazione sono sicuramente alti per furto, incendio e liability, l’attenzione alla protezione cala invece per quanto riguarda i rischi tecnologici, ambientali, la business interruption. Nel mid market ci sono ancora gap molto alti che noi ci poniamo come obiettivo di colmare. Vi rivolgete solo alle imprese italiane? Abbiamo un perimetro domestico, che progressivamente amplieremo, e dunque ci rivolgiamo alle aziende italiane con siti produttivi a livello europeo. La polizza è una forma di risparmio. E se l’azienda è grande subentrano soggetti preparati, con una marcata predisposizione culturale alla salvaguardia sia degli asset sia delle persone. Con queste aziende condividiamo gli stessi valori. Ed è anche questo che fa la differenza.

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L’AZZECCAGARBUGLI ORA SI SPIEGA COI DISEGNINI Il legal design, cioè l’arte di rendere comprensibile un contenuto legale grazie al mix tra grafica e sintesi, prende sempre più piede. Perché il legislatore vuole chiarezza e l’utente è sempre più distratto di Marina Marinetti

S

e il dottor Pettola, o dottor Duplica, insomma l’Azzeccagarbugli dei Promessi Sposi fosse realmente esistito, si rivolterebbe nella tomba. Andateglielo a raccontare, all’Azzeccagarbugli, che il nuovo trend in ambito legale è quello della semplificazione: non più pagine e pagine di contratti scritti in “avvocatese”, stampati in caratteri talmente minuscoli da mettere a dura prova anche la vista di quei fortunati che vantano una visione a dieci decimi, ma moduli chiari, comprensibili, con scritte grandi, leggibili e magari anche qualche disegnino. Un po’ come la segnaletica stradale: nell’era del legal design, il messaggio dev’essere immediatamente comprensibile. «Il legal design è un fenomeno relativamente recente, che si è sviluppato in ambienti accademici ed è approdato nel mondo professionale e aziendale solo negli ultimi anni», spiega Marco Imperiale, avvocato dello studio legale Lca nonché autore, insieme con la collega Barbara De Mauro, di “Legal design, bla bla come bla bla bla il design bla può bla bla bla semplificare bla bla bla il diritto” (e i “bla bla bla” non sono casuali), recentemente uscito per i tipi di Giuffè Francis Lefebvre. «Si tratta una disciplina, frutto della combinazione di più saperi, che consente, grazie all’uso di determinati strumenti e tecniche, di progettare prodotti di contenuto giuridico perché siano, al contempo, precisi sotto il profilo tecnico-giuridico e comprensibili, efficaci e immediatamente fruibili sotto il profilo comunicativo». Già quarant’anni fa il premio Nobel Herbert Simons sottolineava come l’abbondanza di informazioni generi una povertà di attenzione. Più prosaicamente, Google ha determinato che il tempo massimo di concentrazione oggi è di 9 secondi. Siamo in vantaggio sul pesce

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rosso, che dopo 8 secondi getta la spugna. E quindi, via con la semplificazione, che rende i contenuti giuridici più agili, funzionali, essenziali. «Semplificare non significa né banalizzare, stralciare, omettere o ridurre indiscriminatamente, né sostituire le parole con un’immagine», chiarisce Imperiale. «Semplificare significa, piuttosto, risolvere la complessità tipica del diritto. La riduzione di contenuti sarà fatta solo se necessaria per raggiungere lo scopo e sarà, dunque, sempre una riduzione “ragionata” che consenta di trovare il punto di equilibrio tra “quanto puoi renderlo semplice” e “quanto deve essere complesso”». Per chiarire: un’immagine può essere accostata o inserita in sostituzione a un testo scritto solo se, nel caso concreto, la sua capacità espressiva si dimostra superiore a quella della parola. «Questo lavoro è più impegnativo di quello richiesto per la redazione di testi giuridici tradizionali», sottolineano Imperiale e De Mauro. Tradurre il “legalese” in un linguaggio semplice alla portata del destinatario, per ottimizzare la fruizione del contenuto, non è una passeggiata: pensate solo alle inutili pagine sul consenso alla privacy che firmiamo senza leggere, o ai contratti assicurativi che, invece, non firmiamo perché la ridondanza di clausole ci fa presagire la fregatura. Ed ecco, quindi che subentra il design thinking, cioè il ripensamento della forma del contratto partendo

dal destinatario. Il cittadino, il consumatore, il giudice, lo studente: a seconda del fruitore, il design sarà differente. «Il destinatario-fruitore è il punto di partenza e il punto di arrivo del legal design: in questo senso il legal design è spiccatamente antropocentrico», osserva Imperiale. E al professionista - o alla squadra di professionisti - non basta avere conoscenze giuridiche: occorre un bagaglio culturale che abbracci grafica, scienze cognitive, psicologia, antropologia, linguistica, informatica... «Il legal design è transdisciplinare», spiegano Imperiale e De Mauro. E l’esito «può essere un documento (una legge, un regolamento, un contratto, un atto giudiziario di parte, il provvedimento di un giudice, l’atto di un notaio, una policy aziendale, ecc.), ma anche un servizio o un processo; il supporto del prodotto può essere tanto analogico quanto digitale». «Il legal design presenta un approccio proattivo del diritto che non solo risolve contenziosi, ma cerca prevenirne le cause e soddisfare i bisogni dei suoi interlocutori», chiosa Barbara De Mauro. «Si tratta di una disciplina che sta ottenendo sempre più successi per tre diverse ragioni», continua Marco Imperiale, «in primis normative: dal Gdpr al Codice del consumo, ma non solo, le norme chiedono un approccio chiaro, lineare, sintetico. Ma anche ragioni neurologiche: viviamo in un mondo sempre più visuale e il legal design ci permette di approcciare il fruitore in linea con le euristiche che cervello utilizza per captare i messaggi e recepirli. Infine, le logiche di mercato: ci muoviamo nell’ottica della piattaforma customer based e sta cambiando concetto di fiducia anche nel rapporto tra cliente e avvocato. Il legal design ci può aiutare a strutturare rapporti in linea con le aspettative dei nostri clienti».


ADDIO CARTA, I GIUSTIFICATIVI DIVENTANO DIGITALI L’archiviazione sostitutiva diventa “senza problemi” grazie alla nuova funzionalità che Soldo, la più importante azienda fintech leader nello spend management, ha integrato nella sua piattaforma. Ecco come funziona di Paola Belli

I

biglietti del treno, ma anche quelli dell’autobus, gli scontrini del bar, le ricevute dei ristoranti, insomma i giustificativi di spesa: che nell’era della digital transformation e della sostenibilità a tutti i costi si sia ancora obbligati a conservare per anni una montagna di carta ai fini fiscali è un vero e proprio paradosso. D’altra parte, per poter essere “dematerializzato” (ovvero digitalizzato e poi, finalmente, cestinato) qualunque documento analogico a rilevanza fiscale – come le note spese e i loro allegati – deve possedere le caratteristiche della immodificabilità, integrità, autenticità e leggibilità. Sul tema si è più volte pronunciata anche l’Agenzia delle Entrate, che a seguito di vari interpelli ha emesso la Risoluzione n.96/E del 21 luglio 1017 e, successivamente, la risposta n.388 del 20 settembre 2019 che prevedono, appunto, la possibilità che la maggior parte dei giustificativi cartacei possano essere eliminati se si attuano specifici accorgimenti nell’archiviazione della

copia digitale. Fin qui la teoria. La pratica? L’archiviazione sostitutiva “senza problemi” che Soldo, la più importante azienda fintech leader nello spend management, ha appena lanciato in Italia, integrandolo nella sua piattaforma. La nuova funzionalità consente di alleggerire la gestione delle spese, senza più l’obbligo di conservare copie cartacee di scontrini e ricevute. «Questa nuova feature, apparentemente semplice, è in realtà una rivoluzione copernicana», spiega Giuseppe Di Marco, Country Manager di Soldo in Italia: «rappresenta infatti un risparmio di tempo e di spazio fisico potenzialmente enorme con

A PROPOSITO DI SOLDO Fondata nel 2015 dal veterano della tecnologia Carlo Gualandri, Soldo è una delle società fintech più in crescita d’Europa. Nel 2019 ha annunciato la chiusura di un round di serie B da 61 milioni di dollari guidato da Battery Ventures e Dawn Capital, con la partecipazione di

Accel e altri investitori – il più grande round di finanziamento mai siglato nel mondo fintech Soldo offre un sistema di gestione completo delle spese che integra carte prepagate aziendali. La piattaforma consente a dipendenti e dipartimenti di effettuare acquisti, dalla

pubblicità ai software, dalle spese di viaggio all’e-commerce. Controlla i costi impostando budget personalizzati e monitora le transazioni in tempo reale. Non solo: si integra con i software di contabilità per automatizzare i report e risparmiare ore di lavoro.

la garanzia di una tracciatura puntuale e compliant con la normativa esistente, totalmente sicura e senza complicazioni, anche in caso di controlli. Nessun rischio di perdita di scontrini o cancellazione dell’inchiostro su carta chimica. Senza dimenticare i vantaggi indubbi in questo particolare momento storico in termini di azzeramento del rischio di contagio attraverso passaggi di carte e documentazione fisica: un processo, questo, che adesso è reso ancora più complicato dallo smartworking». Le immagini digitali, infatti, sono copiate e trasferite in modo automatico all’interno del sistema di conservazione sostitutiva ogni volta che il dipendente fotografa, via app Soldo, scontrini e ricevute relativi ad una spesa effettuata. Una volta acquisite le immagini, la piattaforma Soldo crea una copia digitale del giustificativo all’interno del sistema di conservazione sostitutiva, con gli stessi contenuti di quella fisica e piena validità legale. Anche la ricerca, eseguibile per anno fiscale, data o mese, nominativo di colui che ha effettuato la spesa, voce di spesa o sua descrizione, rende facile l’accesso ai dati conservati che rimarranno presenti e disponibili per dieci anni dal loro inserimento nel sistema. «Utilizzando Soldo, le imprese potranno semplificare la gestione delle proprie spese, digitalizzando la documentazione in modo semplice e sicuro e cestinando copie cartacee di scontrini e ricevute». Per saperne di più

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Regus – Business lounge e coworking

SCEGLI ANCHE TU IL LEADER MONDIALE DEGLI SPAZI DI LAVORO UNA NUOVA STRAORDINARIA OPPORTUNITÀ DI FRANCHISING IN UN SETTORE IN RAPIDA CRESCITA. L’81% delle aziende prevede che il lavoro da remoto sarà la nuova normalità. – PWC, The Future of Remote Working

IWG è il principale fornitore al mondo di spazi di lavoro flessibili, che mette in comunicazione milioni di professionisti accomunati dallo stesso modo di pensare e permette loro di essere più produttivi. Tra i nostri clienti figurano alcuni degli imprenditori e dei professionisti di maggior successo, mentre il 90% delle aziende Fortune 500 ha scelto di collaborare con noi. Grazie alla nostra rete globale di spazi di lavoro e coworking, possiamo offrire soluzioni per qualsiasi esigenza aziendale, stile di lavoro e budget tramite i marchi del nostro portfolio: Regus, Spaces, HQ e Signature. Poiché la richiesta di spazi di lavoro flessibili cresce a ritmi esponenziali, stiamo cercando di espandere rapidamente la nostra rete di centri tramite un programma globale di franchising. Questo ha creato un’opportunità di investimento unica in questo settore in rapida crescita, che permette ai nostri partner in franchising di ricevere vantaggi grazie alla nostra flessibilità, alle nostre piattaforme all’avanguardia e al nostro comprovato modello di business. Pensi di avere la motivazione, le risorse e la dedizione necessarie per contribuire alla nostra crescita nel mondo?

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FINANZIARE L’IMPRESA

NON SOLO RECOVERY Va bene approfittare del NextGenerationEU, ma non dimentichiamoci dell’esistenza dei Fondi Strutturali, che sono il cuore della programmazione europea. E che enti e aziende ancora faticano a utilizzare

di Santi Tomaselli*

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normativo di ogni programmazione ci sono i e Programmazioni che hanno conFondi Strutturali. Che cosa sono? cretizzato la linea di riforme struttuI Fondi strutturali sono strumenti finanziari rali ed economiche dell’Unione Eugestiti dalla Commissione europea per rieropea, e del nostro Paese, negli ultimi 20 anni quilibrare e ridistribuire le risorse all’interno sono quattro: l’ Agenda 2000 del 24 e 25 mardel territorio dell’Unione. La loro evoluzione è zo 1999, con cui il Consiglio Europeo delineò, andata di pari passo con l’evoluzione e lo svila Programmazione 2000-2006; la Strategia di luppo delle priorità e degli obiettivi prefissati Lisbona, con cui il Consiglio Europeo delineò, a livello comunitario. la Programmazione NEL CORSO DEGLI ANNI I FONDI Nel corso degli anni 2007-2013; l’Agenda SONO STATI OGGETTO DI RIFORME i Fondi sono stati og2020, con cui il ConsiPER DEFINIRE SEMPRE PIÙ getto di riforme, anche glio Europeo delineò, DETTAGLIATAMENTE GLI OBIETTIVI rilevanti, hanno visto la Programmazione definiti sempre più dettagliatamente gli obietrecente 2014-2020; ed infine il Next Generativi da conseguire, ma lo scopo ultimo del loro tion e/o Recovery Fund con cui si è delineata ruolo è, con le dovute specificazioni, rimasto la Programmazione di Ripresa e di Resilienza sempre lo stesso: il raggiungimento della coper il periodo 2021-2022. esione economica e sociale di tutte le regioni Questi quattro provvedimenti sono stati il dell’Unione e la riduzione del divario tra quelfrutto e il cuore del dibattito politico eurole più avanzate e quelle in ritardo di sviluppo. peo ed italiano. Ma in questo cuore pulsante

70 ORRICK QUEI SEGRETI CHE FANNO BENE ALLA CASSA

72 INTESA SANPAOLO CON IL CONFIRMING LA FILIERA È PROTETTA

74 AITI LA SFIDA DEL BUDGET TRA COVID E TASSI SOTTOZERO

75 AIFI SE PUBBLICO E PRIVATO INVESTONO SULLA RIPRESA

76 BANCA VALSABBINA VALORI ALL’ANTICA E UN’ANIMA DA FINTECH

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FINANZIARE L’IMPRESA

A destra, la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen

La strategia comunitaria volta a ridurre le disparità regionali ha vissuto negli anni una profonda evoluzione che può essere schematizzata in tre fasi principali: 1. Politica regionale mirante al raggiungimento di un riequilibrio tra le varie regioni. Nasce all’inizio degli anni ’70 con l’istituzione da parte della Comunità europea del Fesr. 2. Politica strutturale contrassegnata dalla riforma dei Fondi strutturali del 1988. 3. Politica di coesione economica e sociale, Il 1986 segna quindi il momento della nascita che consiste nel perseguimento di una società della politica strutturale che mira a colmare europea più giusta, portatrice di pari opporil divario esistente in materia di sviluppo e di tunità per tutti i cittadini, indipendentemente livello di vita, e gli aiuti strutturali alle Regioni dalla loro ubicazione territoriale, e in cui non ed ai gruppi sociali svantaggiati ne costituivi siano disparità di sviluppo economico e soscono la modalità di attuazione. I Fondi strutciale. Ha una dimensione politica e mira a riturali sono gli strumenti della politica struttudurre le disparità, non abbassando il livello di rale per conseguire l’obiettivo della coesione sviluppo delle aree più abbienti, ma promuoeconomica e sociale. vendo una crescita parallela di tutti gli Stati La vera e propria riforma dei Fondi strutturali, membri che garantisca un più elevato livello risalente al 1988, fu possibile solo grazie alla di benessere per tutte le aree geografiche. “dichiarazione politica” esplicitata nell’Atto Per favorire il processo di ampliamento della Unico Europeo del 1986. Comunità a Spagna e Portogallo si crearono, Su proposta del Presidente della Commissiotramite il Regolamenne, Jacques Delors, i AL DI LÀ DEI BUONI PROPOSITI, to Cee 2088/85, i cocapi di Stato e di goIL PRINCIPIO DELL’ADDIZIONALITÀ siddetti Programmi verno adottano un ANCORA OGGI VIENE DISATTESO Integrati Mediterranei piano d’azione che DAL CONTESTO ITALIANO (Pim), rivolti al miglioconsentirà di raddopramento delle infrastrutture socioeconomipiare le risorse finanziarie dei Fondi strutche delle regioni mediterranee. Al finanziaturali tra il 1987 e il 1992. Da cui il nome di mento dei Pim erano chiamati a concorrere Piano Delors, da molti accostato, ad una sorta tutti e tre i Fondi strutturali comunitari (Fesr, di Piano Marshall. Venne avviata una prima Fse, Feaog – Fondo Europeo per l’Agricoltura riforma dei Fondi strutturali, in base alla quaOrientamento e Garanzia). L’istituzione dei le vengono emanati 5 nuovi Regolamenti: il Pim testimonia inoltre il carattere “compenRegolamento quadro n. 2052, che enunciava sativo” inizialmente assunto dalla politica rele missioni dei fondi e definiva i principi base gionale comunitaria, che tentava di mitigare del loro funzionamento; un regolamento di gli effetti negativi prodotti sul piano del riecoordinamento, il n. 4253, che prevedeva un quilibrio territoriale dall’attuazione delle altre approccio integrato attraverso una gestione politiche economiche (commerciale, agricola, maggiormente sinergica delle risorse e un reecc.), che allora la Comunità stava conducengolamento di applicazione per ognuno dei tre do in via prioritaria. fondi: 4254/88/Cee Fondo Europeo Sviluppo

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L’EUROPA HA BISOGNO DI UN NUOVO PIANO MARSHALL Regionale (Fesr), 4255/88/Cee Fondo Sociale Europeo (Fse), 4256/88/Cee Fondo Europeo per l’Agricoltura Orientamento e Garanzia (Feaog - Sezione Orientamento). Tra i principi più affascinanti, in termini di sviluppo economico, merita di essere citato, quello di “addizionalità”, ancora oggi disatteso dal contesto italiano, imprigionato da una classe politica intera eccelsa nelle azioni predicate ma quasi mai praticate. Il principio dell’addizionalità stabiliva infatti l’intervento comunitario come complementare e non sostitutivo a quello nazionale ed è volto ad evitare che le risorse dei Fondi strutturali vengano semplicemente a sostituirsi agli aiuti nazionali; esse devono invece avere carattere aggiuntivo rispetto alle risorse pubbliche nazionali destinate ai medesimi obiettivi. Vedremo che in Italia, da quel lontano 1988, tale principio è stato del tutto svilito, riducendo li stessi Fondi Strutturali ad essere un ossimoro, nel loro principio costituente di sviluppo addizionale. La Politica di Coesione è lo strumento più importante della Politica Economica Europea. Infatti l’articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) sancisce che, per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale al suo interno, l’Unione deve mirare a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, e che un’attenzione particolare deve essere rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizio-


ne industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici. La Politica di Coesione 2021-2027, avrà un ammontare complessivo, di oltre 330 miliardi di Fondi Europei. L’Italia, potrà beneficiare di oltre 42 miliardi di euro, derivante dal QFP (Quadro Finanziario Pluriennale), afferenti a Fondi Europei alla Coesione, di cui oltre 26 miliardi di euro per il solo Fondo Europeo Sviluppo Regionale (Fesr). In particolare, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Regolamento di esecuzione (UE) 2021/435 della Commissione del 3 marzo 2021 che riguarda i Programmi rivolti agli Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione e l’obiettivo di Cooperazione territoriale europea alla luce del nuovo obiettivo tematico “Promuovere il superamento degli effetti della crisi nel contesto della pandemia di Covid-19 e delle sue conseguenze sociali e preparare una ripresa verde, digitale e resiliente dell’economia”. Infine, è rilevantissimo il Regolamento di esecuzione (UE) 2021/439 della Commissione del 3 marzo 2021 che modifica il Regolamento n. 215/2014 per introdurre l’obiettivo tematico legato all’emergenza Covid-19 tra le categorie di intervento per il Fesr, il Fse e il Fondo di Coesione nel quadro dell’obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione. Nonostante, in linea teorica, i Fondi Strutturali abbiano in sé lo spirito normativo della Coesione, nell’attuazione ancora oggi sono stati ridotti all’ossimoro di sé stessi. Prendiamo ad esempio il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (Fsc). Esso fu introdotto, proprio per sopperire a quei ritardi dei singoli Programmi Operativi Regionali, cagionato sovente e soprattutto dalle Regioni del Sud Italia, divenuti ormai cronici. Ritardo di attuazione che avrebbe determi-

nato il realistico rischio del disimpegno automatico delle risorse, con il conseguente trasferimento delle relative risorse nazionali al di fuori dei programmi operativi stessi e con l’obbligo di doverli restituire a Bruxelles. Si pensi che il modesto tasso di assorbimento finanziario riscontrato già nel lontano 2011 (soltanto il 18% della dotazione era stata spesa a più della metà dell’allora Programmazione 2007-2013), indusse il Governo Italiano, con la Commissione Europea, ed in condivisione con le Regioni e le Amministrazioni centrali interessate, ad adottare un Piano di Azione di Coesione (Pac), allo scopo di rilanciare i Programmi in grave ritardo. Il ritardo cronico, riguardava proprio i Programmi afferenti alle Regioni del Sud Italia, che più di ogni altra Regione Europea, ha sempre necessitato di risorse finanziarie, per ridurre il proprio gap economico ed infrastrutturale. Oltre il danno la beffa! La domanda lecita, sarebbe, quindi, ad oggi, con l’introduzione del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, almeno si è ridotto la divergenza economica delle Regioni del Sud Italia, rispetto la media europea? La fotografia, anche prima delle conseguenze nefaste apportate dal Covid-19, basata su dati

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO CHARLES MICHEL

oggettivi è quella di un Paese che si può definire in uno stato di stagnazione decennale, con una crescita quasi a zero. Ancora oggi, infatti, nonostante le opportunità rese dai Fondi Strutturali sul fronte della lotta alle divergenze economico-sociali tra le diverse Regioni d’Europa, si assiste alla vergognosa fotografia che dopo 30 anni di Programmazioni Europee, restano in un assoluto disagio sociale le Regioni quali Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e la Campania, bollate, come Regioni Ex Obiettivo 1 o Ultra Periferiche, per un Pil medio pro-capite inferiore del 75% al reddito medio pro-capite europeo. Per di più, a queste Regioni se ne sono aggiunte altre due: la Sardegna ed il Molise. Le prospettive - realistiche, purtroppo - ci dicono, che in assenza di una Metodologia Scientifica, piomberanno in questo status di oblio economico–sociale, pure le tre Regioni quali Abruzzo, Marche ed Umbria, già retrocesse come Regioni “in transizione”. Questo colorerebbe il nostro Paese di un rosso-default, non solo nell’Area del Sud Italia, ma finanche in aree strategiche del Centro d’Italia. Italia svegliati! *Presidente dell’Osservatorio Romano ai Fondi Europei

UN EURO FORTE MIGLIORERÀ LA NOSTRA AUTONOMIA STRATEGICA 69


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QUEI SEGRETI CHE FANNO BENE ALLA CASSA Poche aziende lo sanno, ma il know how aziendale (compresa la banca dati e le pratiche commerciali) è tutelabile per legge e iscrivibile a bilancio per attirare investitori e godere di benefici fiscali. Ecco come di Marina Marinetti

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i sono segreti che conviene avere. Letteralmente. Perché rendono più attraente l’impresa nei confronti dei potenziali investitori. E aprono la strada a benefici fiscali non indifferenti. Prendiamo il caso - ma il concetto è universale - delle startup (e non solo tecnologiche): «Il fondo che investe su una startup punta sulle risorse intellettuali, ma la difficoltà, in fase di early stage, è dimostrare di avere il controllo su quella che i founder asseriscono essere la proprietà intellettuale, l’innovazione che portano», spiega a Economy Flavio Notari, dottore commercialista nonché of counsel tax advisor dello studio legale internazionale Orrick, che insieme al collega (avvocato) Michele Bertani, special counsel presso lo stesso studio, ha elaFLAVIO NOTARI, OF COUNSEL TAX ADVISOR DI ORRICK borato una precisa strategia su segreti aziendali e tax benefit. Temi sui quali Orrick è più che preparata: assiste tremila società tech, incluse dieci tra le più grandi al mondo, tra sa dell’innovazione, ma questo confligge con cui figurano Microsoft, Oracle, Cisco e Baidu. la flessibilità strutturale che le imprese inE, big a parte, affianca le aziende sia nei round novative devono avere per fare pivot nel deseed che nelle fasi successive di investimento finire la vera chiave di successo». E dunque? anche in connessione con finanziamenti comDunque, al di là dei brevetti, ci sono i segreti plessi, per operazioni di flip e di M&A, noncommerciali: l’ordinamento italiano li tutela. ché fondi di capitale di rischio in operazioni «Non tutte le cose che si qualificano come di investimento e di segreti commerciali SONO INFORMAZIONI TUTELABILI uscita. Lavora in Italia possono essere oggetLE LISTE CLIENTI, I DATI DI COSTO con fondi del calibro to di brevettazione, DI PRODOTTI E SERVIZI, LE STRATEGIE di 360 Capital Partma costituiscono coDI MARKETING E MOLTO ALTRO ner, United Ventures, munque un ulteriore Lightrock, GP Bullhound, Sinergia Venture patrimonio aziendale», continua Notari. «È Fund, Kreos Capital, LVenture Group e altri. utile creare uno strumento flessibile, un contenitore all’interno del quale stratificare le Non solo brevetti varie informazioni». La lista è piuttosto lunCerto, ci sono i brevetti, ma, sottolinea Notaga: liste clienti, loro preferenze e fabbisogni, ri, «approcciare i processi di brevettazione dati di costo di prodotti e servizi, contenuto nelle prime fasi di early stage è complicato e delle offerte commerciali riservate, strategie costoso. Non solo: occorre avere l’idea precidi marketing, metodi commerciali, prezzi pra-

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NON CI SONO SCUSE PER NON SFRUTTARE LE POSSIBILITÀ OFFERTE DALLA PROTEZIONE DEI SEGRETI ticati ai diversi clienti, informazioni riservate su operatori economici, elaborazioni di dati, insegnamenti tecnici brevettabili ma non brevettati, segretabili e non suscettibili di reverse engineering, bozze di domande brevettuali, algoritmi, software in formato sorgente, know-how, risultati di prove tecniche, dati di funzionamento di impianti e macchinari, piani di ricerca e sviluppo. «Si tratta di elementi che hanno valore economico proprio in quanto segreti e che vanno sottoposti ad adeguate misure per mantenerli segreti. È questo che rappresenta il vero valore su cui punta l’investitore», rimarca Notari.

Primo: mappare L’approccio vale per le startup, ma anche per aziende di grandi dimensioni. «Il primo passo è la mappatura delle esigenze di protezione rispetto all’organizzazione esistente, dopodi-


ché si procede con elaborare le procedure per la segretazione sia del flusso interno che dello scambio con l’esterno per presidiare i processi. Oltre all’implementazione nelle policies aziendali, è importante anche la formazione del personale». E chi pensa che sia sufficiente il classico non disclosure agreement è fuori strada: «Stipulare un Nda con una limitazione temporale al divieto di divulgazione ed utilizzo delle informazioni, ad esempio, crea una falla al sistema di protezione dei trade secrets; un errore banale che però spesso notiamo nelle prassi non corrette delle aziende». Custodire segreti conviene anche fiscalmente: «Organizzando la tutela dei segreti commerciali di natura tecnica secondo i dettami degli artt. 98-99 del Codice della proprietà industriale l’imprenditore può ottenere vantaggi anche sul piano della capitalizzazione degli investimenti impiegati per realizzare lo sviluppo dei trade secrets. E, soddisfando i requisiti della identificabilità e del controllo richiesti dallo Ias 38, il valore di queste attività immateriali può essere iscritto a bilancio». Il know how, insomma, diventa una voce di bilancio: «La legge di bilancio 2021 consentiva di rivalutare gli asset. Le aziende hanno

rivalutato marchi e immobili, ma la voce più rilevante sarebbe dovuta essere il know how, che tutte le imprese hanno, ma pochissime mappano».

I benefici fiscali Ci sono altri due ingranaggi che muovono l’impresa sulla strada della protezione del know how: il credito d’imposta per attività di ricerca, sviluppo e innovazione e il Patent Box. «La Legge di Stabilità per il 2020 ha riscritto il credito d’imposta del piano Impresa 4.0 introducendo, a partire dal 1° gennaio 2020, un credito d’imposta per investimenti in ricerca CREDITO D’IMPOSTA E PATENT BOX OFFRONO UN IMMEDIATO VANTAGGIO ECONOMICO DA UTILIZZARE PER IL PROPRIO PERCORSO DI CRESCITA

e sviluppo, transizione ecologica, innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative in favore delle imprese che, senza limiti di fatturato e indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, effettuano investimenti per le attività di ricerca e sviluppo in vari ambiti, incluso quello commerciale. Il

MISURA DEL CREDITO PER L’ANNO 2021 20%> per le attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo di 4 milioni

10%> per le attività di innovazione tecnologica nel limite massimo di 2 milioni

15%> per le attività di innovazione tecnologica destinate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0 nel limite massimo di 2 milioni

10%> per le attività di design e ideazione estetica nel limite massimo di 2 milioni

beneficio fiscale consente di sussidiare il costo del programma di protezione: se l’approccio dell’azienda è sistemico, a queste misure non si arriva una volta terminata l’attività, ma anzi si costruisce tutto il percorso in mondo tale da arrivare a godere del credito di imposta con tutto già in ordine», rimarca Notari. E il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi (sempre che il cumulo non porti al superamento del costo sostenuto). Poi c’è il caro, vecchio Patent Box introdotto dalla Legge di stabilità 2015. A dispetto del nome, non riguarda solo i brevetti o i software protetti da copyright, ma anche disegni e modelli e, udite udite, informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete, giuridicamente tutelabili. «Se l’attività di acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati, ha dato vita ad una immobilizzazione immateriale, su tale intangible sarà possibile optare per il Patent Box», spiega Notari. E quindi escludere dal reddito complessivo (ai fini Ires e Irap) il 50% dei redditi derivanti dalla concessione in uso o dall’utilizzo diretto dei beni immateriali. «Proprio in caso di utilizzo diretto, il Decreto Crescita 2019 ha previsto la facoltà, in tutti i casi di utilizzo diretto del bene, per i contribuenti che vogliano optare per il regime, in alternativa alle procedure di ruling, di determinare e dichiarare autonomamente il reddito agevolabile, posticipando il contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria ad una successiva fase di controllo». Nel frattempo le risorse si possono investire per crescere. «Tutte le Pmi fanno innovazione e hanno la possibilità di sfruttare questi ingranaggi per acquisire vantaggi competitivi», conclude l’of counsel tax advisor di Orrick: «Non ci sono scuse per perdersi quest’occasione. E valorizzare i segreti aziendali è prezioso anche agli occhi degli investitori».

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FINANZIARE L’IMPRESA

Con il confirming la filiera è protetta Intesa Sanpaolo è il primo gruppo bancario in Italia ad aver introdotto una piattaforma a sostegno del ciclo finanziario delle forniture. Che ora coinvolgerà anche l’Ungheria, per poi allargarsi ad altri Paesi di Franco Oppedisano

È COME AVERE UN CONOSCENTE, UN PARENTE, UN AMICO ALL’ESTERO CHE SI METTE IN MEZZO, GARANTISCE, RISOLVE I PROBLEMI. Il confirming non è solo

l’ennesima parola straniera da imparare per conoscere la finanza d’impresa, è una sorta di uovo di Colombo che ottimizza i flussi di cassa per le aziende che acquistano e riduce a zero i problemi di pagamento con i fornitori facilitando il loro accesso al credito. Anche se operano in un altro Paese. In questo modo il confirming diventa internazionale come la piattaforma appena lanciata di Intesa Sanpaolo, il primo operatore bancario in Italia ad aver introdotto, grazie alla collaborazione tra la divisione International Subsidiary Banks e la divisione Banca dei Territori, il sostegno del ciclo finanziario delle forniture tramite confirming. «Sarà l’Ungheria» spiega Marco Elio Rottigni, responsabile della Divisione International Subsidiary Banks di Intesa Sanpaolo, «il primo Paese dove sarà operativa la nuova piattaforma, che consentirà di garantire maggiore stabilità alle filiere produttive estese su più Paesi supportando così un network che genera importanti flussi di commercio. L’attuale stima di volumi di prestiti legati al confirming in Ungheria è superiore ai 300 milioni di euro a com-

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pletamento del periodo di lancio e sviluppo del progetto. Le nostre previsioni indicano che potranno essere coinvolti a regime circa 35 buyer ungheresi con una rete di fornitori pari a circa 400 imprese. Tra l’altro, quando diciamo 400 imprese parliamo di gruppi, per cui a cascata possono essere di più i singoli soggetti economici, appartenenti ovviamente allo stesso gruppo». IL PROGETTO CONFIRMING DI INTESA SANPAOLO IN UNGHERIA COINVOLGERÀ UNA RETE DI FORNITORI DI CIRCA 400 IMPRESE

Perché cominciate proprio con l’Ungheria? È un buon posto da dove partire perché intrattiene scambi commerciali con l’Italia per 10 miliardi di euro ogni anno. La quota di acquisti dall’Italia è di circa 5 di questi 10 miliardi, di cui un quarto gira sull’elettronica, un quinto sul settore automotive e il 17% sul food and beverage. E il confirming può far crescere questo interscambio? Aiuterà perché permette al fornitore di gestire in automatico il ciclo passivo delle sue fatture e decidere quali fatture anticipare.

MARCO ELIO ROTTIGNI

Ovvero? Il confirming consente ai fornitori dei capifiliera di ottenere liquidità immediata, smobilizzando direttamente online i propri crediti e offrendo la possibilità per i capifiliera di allungare i termini di pagamento con il credito di fornitura, generando un vantaggio di liquidità complessivo per tutta la filiera. In pratica come funziona? Semplice. La banca, in questo caso Intesa Sanpaolo in Italia e Cib Bank in Ungheria, anticipato il pagamento della fattura al fornitore attende la sua naturale scadenza per l’incasso e può eventualmente concedere ulteriori giorni di dilazione di pagamento al capofiliera o buyer.

Le imprese possono operare sulla stessa piattaforma che utilizzano per i rapporti già in essere con Intesa Sanpaolo? La piattaforma italiana di Intesa Sanpaolo e quella ungherese di Cib Bank sono interconnesse. In questo modo i clienti che utilizzano attualmente la piattaforma italiana possono già adesso estenderla al mercato ungherese coinvolgendo i fornitori locali, gestendo così in modo integrato il ciclo del circolante.


IL CONFIRMING CONSENTE DI LIBERARE CAPACITÀ DI CREDITO PER LE AZIENDE Funzionerà anche tra imprese ungheresi o solo nelle relazioni tra imprese italiane e ungheresi? La piattaforma confirming di Cib Bank consente anche l’operatività domestica tra buyer e fornitori ungheresi, generando gli stessi vantaggi. In Ungheria le filiere transnazionali, però, assumono molta rilevanza rispetto a quelle nazionali e fanno parte delle global value chain che devono essere servite con un approccio integrato e internazionale.

Mi pare che questo sia anche l’approccio deciso da Intesa Sanpaolo. Nel medio termine il nostro obiettivo sarà quello di creare una rete di comunicazione buyer-banca-fornitore fra tutti i Paesi, favorendo ulteriormente l’internazionalizzazione delle aziende. Si deve, inoltre, considerare che le filiere transnazionali, legate al fenomeno delle global value chain, rappresentano ormai una costante del commercio mondiale il cui 90% è costituito da semilavorati. L’interconnessione transnazionale è pertanto un tassello essenziale per rafforzare le filiere nazionali e un gruppo bancario a vocazione europea come Intesa Sanpaolo deve valorizzare la capacità di servire tali filiere in modo integrato con

un approccio globale a supporto delle imprese, sia corporate che Sme. Ciò costituisce un vantaggio competitivo del nostro gruppo rispetto a banche ed operatori a vocazione nazionale.

supportare le imprese italiane con il Programma Sviluppo Filiere che, dal suo avvio a fine 2015, ha coinvolto 770 capifiliera, con i loro 18.500 fornitori collegati e un giro di affari di oltre 80 miliardi di euro. Nei prossimi mesi Intesa Sanpaolo continuerà a investire sull’offerta per le filiere internazionali, valorizzando proprio la piattaforma di confirming. E non solo. Avvieremo ulteriori sinergie tra l’Italia e le numerose geografie presidiate dalla divisione International Subsidiary Banks. Un trend, quello della finanza di filiera, in forte ascesa: recenti stime mostrano infatti aspettative di crescita in Europa per tutte le soluzioni digitali di filiera, di cui il confirming fa parte.

Quali saranno i prossimi passi? Quali altri Paesi verranno coinvolti sulla piattaforma di confirming nei prossimi mesi? La divisione International Subsidiary Banks è presente in 12 Paesi, dall’Europa dell’Est all’area del Mediterraneo, attraverso 11 banche estere che fanno capo al gruppo Intesa Sanpaolo, con partecipazioni quasi sempre di controllo e con quote da leader di mercato nei rispettivi Paesi. Le aziende operanti nei Paesi dove è presente la divisione International Subsidiary Banks nel 2020 hanno generato un flusso Molte cose sono cambiate durante la commerciale di circa 66 miliardi con l’Italia pandemia e molte cambieranno ancora. e il confirming in Ungheria è solo il primo Questo non frena o rallenta i vostri propasso. Nella seconda metà del 2021 altri grammi? cinque Paesi chiave verranno collegati alla Tutt’altro. La pandemia ha, in effetti, rafforpiattaforma: si tratta di Serbia, Slovacchia, zato la volontà del gruppo Intesa Sanpaolo Romania, Albania e Slovenia. Abbiamo poi di supportare le aziende che operano nei ulteriori ambizioni nostri Paesi. Il conLA PANDEMIA HA RAFFORZATO sugli altri Paesi nei firming consente di LA VOLONTÀ DEL GRUPPO quali operiamo: il fatto di liberare caINTESA SANPAOLO DI SUPPORTARE confirming unirà non pacità di credito per LE AZIENDE CHE OPERANO IN EUROPA solo Italia e Ungheria le aziende di filiera, ma tutte le regioni dove siamo presenti. E aumentandone la resistenza alla crisi ecole prospettive sono ottime. Nei mercati in nomica e aiutandole a essere pronte per cui operiamo il tasso di penetrazione del l’attesa ripresa del ciclo economico. Infine, factoring è inferiore del 2-4% rispetto ai dobbiamo considerare le potenziali variaPaesi più maturi, tuttavia i Paesi coinvolti zioni di localizzazione delle global value nel nostro progetto confirming mostrano chain che potrebbero essere state indotte tassi di crescita del prodotto in doppia cifra dalla recente pandemia. Il nostro gruppo nel periodo 2017-2019. Stiamo cogliendo si attende potenziali spostamenti di proun trend ascensionale. duzione anche a favore di alcune geografie coperte dalla nostra divisione e con il proQual è il bilancio del credito di filiera di getto confirming potremmo essere pronti a Intesa Sanpaolo? servire ulteriormente le aziende coinvolte Siamo da diversi anni in prima linea nel in tale fenomeno.

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FINANZIARE L’IMPRESA

La sfida del budget tra Covid e tassi sottozero Nell’era del record di depositi, la liquidità rischia di diventare un boomerang. Così i tesorieri si trovano alle prese con nuovi modelli di gestione per garantire un mix appropriato delle risorse finanziarie di Graziano Sabatino

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na nuova sfida si sta palesando per il tesoriere come se non bastassero la pandemia, le nuove regole Eba e l’avvio delle misure di allerta introdotte dal Nuovo codice della crisi e dell’insolvenza d’impresa con i suoi indicatori da monitorare: la trappola della liquidità. Nell’era dei tassi sottozero e del record di depositi, alcune banche hanno iniziato a ribaltare sul cliente il costo che pagano presso la Bce (attualmente lo 0,5%) per la liquidità ferma sui conti correnti. Diciamo subito che in Italia non è possibile applicare tassi negativi sui conti correnti (cosa invece che hanno fatto altri Paesi europei), e dunque gli istituti si stanno “attrezzando” con metodi alternativi per cercare di evitare questo costo. Quello che era il paradigma incrollabile del tesoriere, ovvero cercare di garantire livelli adeguati se non anche bei surplus di liquidità alla propria impresa sta diventando un boomerang se non trova strategie alternative

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di gestione della stessa. La soddisfazione, ovviamente riferita ai casi di aziende con flussi di cassa positivi e ricorrenti, nel predisporre il budget di cassa e far emergere di avere importanti capacità finanziarie per forza di cose dovrà essere smussata. Se aggiungiamo il fatto che oggi fare impieghi di liquidità con la pretesa di rendimenti, seppur minimi, è mission impossible almeno che non si accettino determinati gradi di rischio. Quindi si aggiunge questo nuovo elemento da tenere in forte considerazione, per non veder appesantiti i conti economici già duramente messi alla prova negli ultimi 12 mesi, nella redazione dei preventivi di cassa e nelle manovre di tesoreria. Nel fornire la proiezione del cash flow e del saldo banche, al fine di verificare la dinamica dell’indebitamento a breve e medio termine, non si potrà non tener conto della soglia di giacenza media superata la quale verrà applicata la commissione. Come se non lo fosse già,

diventerà ancora più “obbligatoria” la gestione dei flussi informativi all’interno delle nostre aziende e, soprattutto, la tempestività con la quale gli stessi verranno recepiti nei modelli del tesoriere. Sempre più necessaria anzi, più corretto dire, prioritaria l’analisi dei flussi ex ante attraverso la redazione dei 3 modelli imprescindibili per un Tesoriere: i) il piano finanziario, ovvero il prospetto fonti/impieghi con identificazione della provenienza e della destinazione delle risorse, il cui compito è la trasposizione del piano strategico in termini di flussi finanziari in ingresso e in uscita; ii) il budget finanziario, che esprime il primo anno del piano finanziario, con la stessa struttura ma una maggiore articolazione delle voci per provenienza e destinazione e, infine, iii) il budget di tesoreria (o di cassa), ovvero, un prospetto articolato in base alla contrapposizione entrate-uscite, con un dettaglio analitico delle voce generatrici di entrate e uscite e il dettaglio delle modalità di copertura/impiego del fabbisogni/surplus. Ed è il budget di tesoreria che esprime la previsione dei saldi periodali, al fine di prevedere anticipatamente alla relativa copertura o al loro impiego oltre a consentire di governare al meglio le risorse finanziarie destinate a sostenere il percorso di sviluppo aziendale un appropriato mix delle risorse finanziarie. Il budget finanziario dovrà seguire pedissequamente le condizioni contrattuali negoziate con clienti e fornitori, i tempi medi di incasso e pagamento calcolati su dati consuntivi, le proiezioni di fatturato (almeno mensili) divisi sia per forma tecnica di incasso e la stima degli utilizzi massimi per forma tecnica per dimensionare in maniera efficace gli accordati operativi eventualmente da richiedere. Fondamentali saranno i dati di input relativi al personale, agli investimenti e ai finanziamenti. Ma ancor più fondamentale sarà aggiornare i propri modelli sui processi aziendali e, in particolar modo, della tesoreria. Continua a leggere


in collaborazione con Aifi

Se pubblico e privato investono insieme sull’Italia Attrarre capitali internazionali e sfruttare meglio il risparmio degli italiani su progetti remunerativi orientati verso l’economia reale: solo così potremo creare sviluppo e occupazione di Anna Gervasoni

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omplementarità pubblico privato: questo è l’indirizzo che ci ha dato il governatore Ignazio Visco nell’ultima assemblea annuale di Banca d’Italia, per far ripartire in fretta e bene la nostra economia. Pubblico e privato possono e devono investire bene insieme. Se si passa da sovvenzione pubblica a investimento pubblico possiamo facilmente capire che è proprio nel concetto di investimento che possiamo leggere le ragioni di un incremento del valore dei progetti che si vanno a finanziare. Investire vuol dire far sì che i tuoi capitali possano contribuire a creare maggiore redditività in futuro. Ma perché questo sia fruttifero e quindi PROFESSORE ORDINARIO DI ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE ALLA LIUC DI CASTELLANZA. È ANCHE DIRETTORE GENERALE DELL’AIFI (ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL PRIVATE EQUITY, VENTURE CAPITAL E PRIVATE DEBT)

in grado di generare valore e prosperità per il sistema, è necessario che si sia fatta un’accurata selezione dei progetti e delle aziende in cui investire e ci sia metodo e disciplina nel dosare l’iniezione di capitali, un’attività di monitoraggio rispetto a chi spende i denari e realizza il progetto o gestisce l’impresa e soprattutto ci sia un allineamento sui risultati, con tempistiche predefinite. Questa è la logica che guida gli investimenti dei privati, degli imprenditori e dei fondi di investimento e che deve essere rispettata. Ciò vale anche nei confronti di chi affida i propri risparmi ai gestori o contribuisce alle casse dello Stato con le proprie imposte. Vale quindi sia per il privato sia per il pubblico. Per questo, sfruttare la competenza e la leva degli ulteriori mezzi che possono essere messi a disposizione dal sistema privato è la formula vincente. Imprese e fondi di investimento, segnatamente a quelli che sono nati per finanziare l’economia reale, quali i fondi

di private capital, possono giocare un ruolo prezioso in questo contesto. Per chi lavora nella finanza pubblica, sapere che capitali disciplinati e gestiti in modo professionale vanno verso lo stesso progetto o la stessa azienda, non può che essere un enorme conforto. Ci si dovranno dare dei parametri e dei metodi per consentire che la finanza privata abbia il pieno allineamento sugli obiettivi di quella pubblica in tema di politica industriale nella selezione dei target ma nel rispetto dei rendimenti che chi ha raccolto capitali da investitori istituzionali e privati deve restituire con una congrua remunerazione. Ma questo fa bene anche al capitale pubblico. Se ci sono ritorni si possono fare altri investimenti. Non solo: ogni azienda che viene aiutata a ristrutturarsi o a svilupparsi e ogni infrastruttura che viene resa sostenibile e riadattata ai nuovi bisogni sociali ed economici del nostro paese, così come ogni nuova infrastruttura, crea sviluppo. Sviluppo vuol dire occupazione. Dobbiamo aiutare a mantenere un clima sociale coeso e rendere sostenibile la nostra. Abbiamo due opzioni: attrarre capitali internazionali e sfruttare meglio il risparmio degli italiani. Usiamole entrambe. L’obiettivo del sistema deve essere quello di reindirizzare i flussi di risparmio privato e quello dei grandi investitori istituzionali verso la nostra economia per creare sviluppo e occupazione. Se abbiamo progetti remunerativi possiamo attrarre maggiori capitali internazionali sul nostro territorio. Un ruolo importante può essere giocato dai grandi investitori internazionali: i fondi paneuropei non sono investitori esteri, bensì collettori di capitali raccolti nel mondo per essere investiti in Europa; il fatto che vengano allocati nel nostro Paese è una grande opportunità. Ma bisogna attrarli grazie a progetti remunerativi. Lo stesso si può dire per il risparmio degli italiani, dei lavoratori italiani, che può e deve finanziare lo sviluppo di aziende e infrastrutture italiane e che va adeguatamente remunerato. Le occasioni ci sono, se attiviamo circuiti positivi di risparmio e investimenti possiamo assicurare un futuro ai nostri figli e al nostro territorio.

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FINANZIARE L’IMPRESA

SOLIDI VALORI E UN'ANIMA FINTECH Dalla partnership con Neoesperience all'accordo con Credit Service, passando dalle operazioni con BorsadelCredito.it e Azimut: ecco come Banca Valsabbina massimizza il sostegno alle Pmi di Maddalena Bonaccorso

D

a più di centoventi anni sostiene la crescita del territorio, facendo da interlocutore per famiglie, Pmi, artigiani e piccole attività economiche. Da Brescia, Banca Valsabbina - società cooperativa per azioni fondata nel 1898 - con le sue 70 filiali distribuite in buona parte del Nord Italia e 700 dipendenti, gestisce masse per circa 11 miliardi di euro e ha un Cet 1 Ratio pari a circa il 15%. La sua forza? Saper essere una banca tradizionale e nello stesso tempo proiettata al futuro, con una fortissima attitudine alla modernizzazione. Lo dimostrano alcune recenti operazioni in ambito fintech che la banca bresciana ha portato avanti al fine di essere sempre più in linea con i tempi e di offrire ai propri clienti un servizio all’avanguardia. Innanzitutto, ha sottoscritto un accordo di collaborazione con Neosperience, software vendor quotato sul mercato Aim Italia di Borsa Italiana volto a supportare il proal fintech e all’innovazione tecnologica: cesso di trasformazione digitale delle Pmi. «La partnership con Neosperience va ad Nell’ambito di questo accordo ha preso il aggiungersi ai numerosi accordi siglati da via il progetto Neosperience Lab: vero e Banca Valsabbina all’interno di una strateproprio laboratorio dove le Pmi che vogliogia basata sull’innovazione e sull’offerta di no intraprendere un percorso di digitalizservizi distintivi ad alto valore aggiunto», zazione possono trovare il supporto di un spiega Hermes Bianchetti, Responsabile team di professioniDivisione Business sti con competenze CON IL PROGETTO NEOESPERIENCE LAB di Banca Valsabbina. BANCA VALSABBINA AFFIANCA multidisciplinari. «Questa collaboraLE PMI CHE VOGLIONO EVOLVERSI Neosperience Lab zione ci consente di GRAZIE A NUOVE SOLUZIONI DIGITALI segue le imprese in supportare le Pmi tutte le fasi di questo processo, senza metdel territorio che vogliono crescere e intentere a rischio il loro business tradizionale. dono investire nel proprio business tramite Banca Valsabbina fornisce l’appoggio finansoluzioni digitali studiate per cogliere al ziario; è una banca del territorio, particomeglio le opportunità offerte dal mercalarmente attenta al mondo imprenditoriale to. In un contesto in continua evoluzione, e alle sue necessità, con un approccio “tracrediamo nell’opportunità di stringere e dizionale”, ma anche un occhio di riguardo rafforzare partnership con aziende fintech

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MARCO BONETTI


e digital, al fine di efficientare il business creando sinergie e valore aggiunto per la Banca e per la nostra clientela». Nello specifico, Neosperience Lab è in grado di costruire un business plan digitale per analizzare i possibili risultati di un nuovo posizionamento digitale dell’azienda, fornendo nuove strategie e criteri quantitativi per misurare il ritorno degli investimenti. Neosperience Lab, infatti, garantisce la messa in opera di persone, strumenti e processi funzionali alla strategia, abilitando la successiva fase di sperimentazione che può avvenire anche mediante costituzione congiunta di una startup innovativa. Attraverso questa corporate startup, secondo un modello largamente utilizzato all’estero, si accelera e si consolida la futura struttura digitale al servizio dell’impresa, che può così disporre sin dall’inizio delle migliori competenze tecnologiche e professionali. Completata la fase di sperimentazione, la corporate startup potrà anche essere incorporata, trasformandosi nella business unit digitale dell’impresa o, in base alle opportunità del mercato, continuare a operare autonomamente, per massimizzare il suo sviluppo e la creazione del valore. Ma non è la sola attività tech portata avanti nell’ultimo periodo dalla banca bresciana: nel mese di giugno, infatti, è stato anche siglato con la fintech veneta MyCredit Service Spa un accordo di investimento finalizzato all’acquisizione del 17,5% della società. L’operazione prevede in particolare di ritirare quote di minoranza sul mercato secondario, effettuando poi un ulteriore conferimento in denaro finalizzato all’aumento patrimoniale della società e al suo sviluppo strategico. MyCredit Service Spa, fintech company con sede a Venezia specializzata in servizi di invoice management, è nata nel 2014 con un focus su soluzioni per la gestione del credito commerciale e ha sviluppato nel corso degli anni la prima piattaforma che integra strumenti di analisi del credito basati su machine learning, con soluzioni

HERMES BIANCHETTI

di supply chain finance che permettono di finanziare e ottimizzare la gestione delle filiere industriali e commerciali. Il piano di investimento della società prevede lo sviluppo di nuove tecnologie e prodotti basati sull’open banking e l’intelligenza artificiale, strumenti indispensabili per affrontare GRAZIE ALL'ACCORDO CON MYCREDIT SERVICE, BANCA VALSABBINA RAFFORZA IL SUO POSIZIONAMENTO ANCHE NELL'INVOICE MANAGEMENT

uno scenario post Covid 19, nel quale sarà determinante per le aziende dotarsi di sistemi in grado gestire e condividere dati e informazioni con il mercato e l’ecosistema finanziario: «Anche questo investimento rientra nella strategia di diversificazione e modernizzazione del business definita da Banca Valsabbina» sottolinea ancora Bianchetti «ll mercato dell’invoice trading e del credito commerciale in particolare è ampio ed in continua evoluzione, e noi vogliamo sviluppare una strategia di crescita, sfruttando le innovazioni tecnologiche, unitamente ad alternative forme di finanza complementare, supportando e sostenendo le imprese e l’economia reale. Confidiamo che l’apporto di nuovi capitali nella fintech e le sinergie che possono nascere permettano a MyCredit Service di

programmare al meglio gli investimenti futuri, proseguendo nel proprio percorso di crescita e di sviluppo. Struttureremo anche apposite forme di funding per finanziare, anche in partnership con altri investitori, l’acquisto dei crediti commerciali gestiti dalla piattaforma». Oltre a queste due importanti attività e dopo la cartolarizzazione da 100 milioni di euro di settembre 2020, è arrivata anche una nuova operazione che vede coinvolte ancora una volta Banca Valsabbina con Azimut e BorsadelCredito.it nell’ambito del progetto Slancio Italia: una nuova cartolarizzazione per aiutare le Pmi ad affrontare e superare la crisi legata alla diffusione della pandemia. Rispetto all’operazione di settembre 2020, aumenta l’importo a disposizione delle Pmi, da 100 a 200 milioni di euro, garantendo così alle imprese una potenza di fuoco mai realizzata prima da un operatore finanziario alternativo. I finanziamenti avranno una durata massima di 6 anni, comprensivi di un anno di preammortamento, un importo variabile dai 50mila a 1,5 milioni di euro e la garanzia fino al 90% del Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi. Le aziende che richiederanno il prestito saranno valutate in 24 ore sulla base dell’istruttoria condotta da BorsadelCredito.it attraverso l’utilizzo di algoritmi proprietari di intelligenza artificiale: «Dopo la cartolarizzazione realizzata lo scorso anno, siamo felici di essere partner di questa nuova operazione, che raddoppia le risorse messe a disposizione delle Pmi del territorio», spiega Marco Bonetti, Condirettore Generale di Banca Valsabbina «Il nostro istituto continuerà a guardare con favore a iniziative come questa che da un lato sono un elemento importante a sostegno delle Pmi, che in particolare in momenti di crisi come quello attuale vanno sostenute soprattutto in termini di liquidità, e dall’altro lato confermano l’importanza e il valore della cooperazione tra sistema bancario tradizionale e fintech».

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COVERSTORYL’IMPRESA FINANZIARE

IL FUTURO SARÀ SOSTENIBILE AL 110% In Italia oltre la metà degli edifici ha più di mezzo secolo: ecco perché il Superbonus genererà un giro d'affari di 50 miliardi di euro. Senza contare rivalutazioni e benefici per l'ambiente di Francesco Pastore

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a diagnosi di “obsolescenza acuta” del patrimonio edilizio si evince dalla semplice radiografia del capitale edilizio e di quello infrastrutturale nazionale. A fronte dei 12,2 milioni di edifici residenziali censiti dall’Istat, circa 7,2 milioni (il 60%) sono stati costruiti prima del 1980, mentre circa 5,2 milioni di edifici (42,5%) hanno più di 50 anni. Sempre dalla diagnosi effettuata, ne deriva anche una conseguente e rilevante carenza di “anticorpi” sul versante della sicurezza statica e dell’efficienza energetica. In proposito, secondo le stime delle associazioni di categoria, un piano su vasta scala di efficientamento energetico del patrimonio residenziale nazionale potrebbe generare un giro di affari minimo di 50 miliardi di euro, senza

contare i benefici per l’ambiente e aumento del valore patrimoniale delle abitazioni. Anche per quanto riguarda i rischi naturali la correlazione tra età degli immobili e minore sicurezza statica emerge dai dati. Secondo la classificazione sismica dei comuni italiani, circa il 40% del territorio nazionale (130mila chilometri quadrati) e il 35% dei comuni italiani (circa 2mila) si trovano in area a elevato rischio sismico (zona 1-2). In queste aree risiedono 22 milioni di persone con oltre 6 milioni di edifici. Altri 19 milioni di cittadini risiedono, invece, nei comuni classificati in zona 3; zona non rossa, ma che non può considerarsi sicura, visto che molti comuni emiliani colpiti dal sisma del maggio 2012 insistevano proprio su zona 3. A questi NELLA FOTO: L’AUTORE FRANCESCO PASTORE PARTNER RSM BUSINESS CONSULTING LEADER ITALY E COORDINATORE NAZIONALE RSM 110% LAB

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si possono poi aggiungere circa 1,3 milioni di edifici a rischio alluvione e mezzo milione abbondante di edifici a rischio frana. L’istantanea del patrimonio edilizio italiano e la contemporanea urgenza di rimettere in moto un’economia piegata dalla crisi pandemica, soprattutto in alcuni settori cruciali come l’edilizia, hanno contribuito alla nasciRSM SPA FA PARTE DEGLI ADVISOR TECNICI DI CDP SUL FRONTE DEL SUPERBONUS 110% E DEGLI ALTRI BONUS EDILIZI

ta del Superbonus 110% inaugurato dal Decreto rilancio (Dl n. 34/2020, convertito con modificazione con la legge n. 77/2020). Considerata la premessa fatta precedentemente vorremmo ora brevemente proporre una diversa modalità di lettura dell’intera tematica “Bonus edilizi” - in generale - che non va interpretata solo, a mio avviso, come semplice somma di scadenze, percentuali varie di detrazione e beneficiari. La prospettiva è molto più nobile: il Superbonus 110% non è altro che un primo “step” da compiere sia verso l’evoluzione delle nostre città in Smart City sia come passaggio necessario sul fronte molto più ampio del Green Deal europeo. Immaginiamo per un momento di


partire dall’efficientamento degli edifici per poi passare alla creazione degli “eco-quartieri” e, infine, approdare alla Smart City. Il Superbonus 110% non è altro che il primo passaggio naturale per un futuro sostenibile. Al riguardo, sorgono ora spontanee delle riflessioni in tema di spesa pubblica per gli evidenti impatti indotti sul bilancio dello Stato. In proposito, come più volte affermato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, la “qualità della spesa” dovrebbe rappresentare il principale driver nelle scelte politiche (il famoso debito buono). La visione nel lungo termine delle scelte di indebitamento pubblico operate con l’obiettivo di tendere a conseguenti risparmi di costi è ben rappresentata in una recente pubblicazione a cura di Economist Intelligence Unit: The future of Public spending dove, tra l’altro, si afferma: Sustainability’s double win In turn, investments in sustainability can be money saving. This is particularly true when it comes to energy related investments which often equate to both financial savings and environmental sustainability gains in the long term. For example, roads or buildings that are built to meet Leadership in Energy and Environmental Design (Leed) standards a popular green building certification programme developed by the non-profit US Green Building Council may require more upfront funding but can be cheaper and easier to operate and maintain, saving governments money in the long term. On another level, rather than being seen as a cost, the Sdgs might be better regarded as an investment that can bring more and better economic growth. L’obiettivo fissato dall’UE è di raddoppiare il tasso di efficientamento degli edifici entro il 2025. Il Pnrr nazionale mira a migliorare l’efficienza energetica sia degli edifici pubblici che di quelli privati. Gli investimenti saranno concentrati sulle seguenti principali linee: i) attuazione di un programma per migliorare l'efficienza e la sicurezza del patrimonio edilizio pubblico, con interventi riguardanti in particolare scuole e cittadelle giudiziarie; ii) introduzione di un incentivo temporaneo

per la riqualificazione energetica e l'adeguamento antisismico del patrimonio immobiliare privato e per l’edilizia sociale, attraverso detrazioni fiscali per i costi sostenuti per gli interventi (Superbonus); iii) sviluppo di sistemi di teleriscaldamento efficienti. La Commissione stima, inoltre, che per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e dell’inquinamento fissati per il 2030 sia necessario dare un forte impulso alla mobilità sostenibile, costruendo tre milioni di punti di ricarica per auto elettriche e 1.000 stazioni di rifornimento a idrogeno. Auspichiamo che talune misure come il Sismabonus possano divenire addirittura strutturali non solo ed in primis per salvare vite umane ma anche per attuare una strategia di vera prevenzione con positive ricadute sul bilancio dello Stato. Tornando ora alla tematica dei “Bonus” sappiamo che recentemente, il Ministro dell’Economia Daniele Franco, ha confermato che la IL MINISTRO DANIELE FRANCO HA ASSICURATO CHE IL SUPERBONUS SARÀ PROROGATO AL 2022 PER LE PERSONE FISICHE E AL 2023 PER GLI IACP

proroga del superbonus al 2023 sarà finanziata dalla legge di Bilancio, considerando però i dati sulla sua applicazione nel 2021. Fino ad allora, quindi, resta valido quanto deciso dal Recovery Plan che, con l’allocazione di 18 miliardi di euro, proroga il 110 al 2022 per le persone fisiche e al 2023 per gli Iacp. Rappresentiamo la proroga in vigore del superbonus 110%: • Per gli interventi effettuati dalle persone fisiche, per i quali alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022. • Per gli interventi effettuati dai condomini, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022. • Per gli interventi effettuati dagli Iacp, per i quali alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo, la detrazione del 110%

spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023. Vien da sé, quindi, che senza Sal la proroga si ferma a fine giugno 2023. Complessivamente, il budget per il superbonus stanziato tra Recovery ufficiale e Recovery domestico ammonta in totale a oltre 18,51 miliardi di euro di cui circa 13,95 miliardi provengono dal Pnrr propriamente detto e costituiscono in buona parte la quota già stanziata nella legge di bilancio mentre la differenza di circa 4,56 miliardi sono allocati nel Fondo complementare (dl n. 59/2021). Non è possibile, in conclusione, non far cenno all’importante intervento nel mercato nazionale - proprio in tema di Bonus Edilizi - operato da Cassa Depositi e Prestiti che, nel comunicato stampa ufficiale del 3 febbraio 2021 si “conferma al fianco delle imprese italiane operanti nei settori strategici delle costruzioni e dell’energia, così come degli Enti Pubblici che vogliono realizzare interventi di riqualificazione ed efficientamento energetico. L’obiettivo è favorire il rilancio dell’Italia in ottica di sostenibilità energetica e ambientale”. Cassa Depositi e Prestiti, attraverso il progetto Bonus Edilizi, sta riscuotendo notevole successo nel mercato sia per un “pricing” molto competitivo sia perché sta contribuendo a ridurre significativamente la “forbice” tra 110 ed i prezzi di acquisto effettivo dei crediti fiscali che, a volte, sfioravano un differenziale anche di venti punti percentuali con un evidente minor beneficio per le imprese. In questa prospettiva Rsm S.p.A. è onorata di far parte degli Advisor Tecnici di Cdp sul fronte del Superbonus 110% e degli altri bonus edilizi sul percorso del rilancio economico del Paese. Abbiamo costituito, nell’ambito della consulenza, una specifica unità organizzativa denominata Rsm 110% Lab dove ogni giorno siamo al fianco degli operatori finanziari e delle imprese in un vero e proprio “Laboratorio di idee e soluzioni integrate” con un obiettivo sfidante ma raggiungibile: rendere semplice la complessità del Superbonus.

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FINANZIARE L’IMPRESA NSA ECONOMY RANKING

La pandemia non è più di moda Il Covid-19 ha colpito molto duro il settore del tessile, da sempre un fiore all’occhiello della produzione italiana. Ecco le imprese più affidabili secondo l’Nsa Economy Ranking di Maddalena Bonaccorso

S

econdo gli studi di Confindustria solo per il tangibile contributo che offre al Moda, il comparto ha perso nel Pil del Paese, ma anche per il ruolo fondacorso del 2020 il 23,7% del fattumentale di “attivatore” di altri comparti rato. Non solo: l’ente prevede, nell’arco dei produttivi e fornitore di soluzioni avanzate prossimi 3 anni, una perdita di fatturato anche in settori come l’abbigliamento merispetto ai dati 2019 di circa 9 miliardi di dicale e protettivo- attraversa periodi di euro e la chiusura di circa 6.500 imprese (il crisi riuscendo però a riprendersi in tempi 15%) con la perdita di circa 70mila posti di relativamente brevi e con eccellenti risullavoro (il 17,8%). tati, stavolta la crisi preoccupa non poco.Il Davanti a questo scenario, Confindustria settore, estremamente frammentato, racModa non ha perso tempo e ha avanzato coglie imprese molto diverse tra loro con numerose proposte al Governo per preserfatturati di entità molto diversa, un mondo vare e rilanciare la filiera elaborando una eterogeneo che va dai piccoli artigiani ultra strategia di intervento strutturale concepispecializzati ai grandi gruppi verticalizzata su tre livelli operativi, e con investimenti. Nella ricerca di NSsa vediamo come il ti complessivi per circa 8 miliardi di euro. distretto brianzolo, con la sua grande traSono stati pensati dizione di imprese CONFINDUSTRIA MODA PREVEDE importanti interventessili guidi decisaNELL’ARCO DEI PROSSIMI 3 ANNI, UNA ti di emergenza, da mente il settore, con PERDITA DI FATTURATO RISPETTO AI attivarsi immediata- DATI 2019 DI CIRCA 9 MILIARDI DI EURO aziende quali Achilmente al fine di salvale Valera Lissoni srl guardare le professionalità e ad agevolare di Concorezzo con i suoi 13 milioni di fati processi di ristrutturazione, consentendo turato, la Nastritex di Busto Arsizio con più sia di affrontare il delicato tema delle uscite di 8 milioni, seguite dalla Mapel Textile di dal lavoro che quello delle entrate di nuoGalliate Lombardo con poco più di 7. Anche ve professionalità richieste dal settore nei il nord est e il distretto di Modena si difenprossimi anni: inoltre, Confindustria Moda dono bene, con i più di 5 milioni di euro di ha pianificato interventi strategici di medio fatturato della Mekkitess srl di Carpi e le periodo per circolarità, innovazione creavenete Maglificio Antonella srl e Dalla Bettiva, digitalizzazione e recupero di competa group srl, entrambe a più di 2 milioni di titività settoriale, e interventi strategici di fatturato: numeri che al Centro e al Sud –se lungo periodo, eminentemente strutturali, si fa eccezione per la casertana Beta srl che negli ambiti della promozione, della formaraggiunge quasi i 6 milioni- non vengono zione e della riqualificazione delle risorse raggiunti da nessuna azienda, testimonianumane. Sebbene non sia la prima volta che do una grande “regionalità” del settore. il settore del tessile -importantissimo non In grandissima sofferenza il distretto to-

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l settore del tessile è stato, nel corso del 2020, uno dei più colpiti dalla pandemia da Covid-19 e soprattutto dalle misure di contenimento adottate dal Governo. Lo scenario è evidenziato dall’analisi realizzata dal Centro Studi di Confindustria Moda che ha confermato che la filiera del tessile-abbigliamento ha perso nel corso del 2020 il 23,7% del fatturato rispetto al 2019, cioè a valore -13,3 miliardi di fatturato. Il settore è sempre stato un fiore all’occhiello dell’economia italiana, e per Economy, ha classificato le realtà produttive del comparto il Gruppo Nsa, il primo mediatore creditizio per le imprese italiane per fatturato, vigilato dalla Banca d’Italia tramite l’Organismo agenti e mediatori. Nsa è specializzato nella erogazione di finanziamenti alle imprese, capace di garantire efficacia ed efficienza nei rapporti con il sistema bancario. Il rank attribuito alle aziende da Nsa che vedete nella tabella a fianco è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Viene calcolato sull’analisi dei bilanci, regolarmente depositati. In particolare, l’analisi classifica le imprese per solidità patrimoniale, performance, affidabilità e redditività: i medesimi parametri utilizzati per l’elaborazione nsaPmindex, l’indice sul merito creditizio. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’indice nsaPmindex, indice annuale sullo stato delle Pmi italiane. E la tabella a fianco rappresenta una fotografia dello stato di salute di queste imprese, suddivise per area geografica.

scano di Prato, che già alla fine del 2020 aveva lanciato l’allarme, con la chiusura di 5 aziende in 15 giorni e un crollo totale dell’export che aveva riguardato soprattutto il settore laniero. Proprio per l’export, gli studi economici promossi dalle associazioni di settore, prevedono una ripresa che non arriverà di certo prima del 2023.


TESSILE - classifica per area geografica

SUD

NORD-OVEST

NORD-EST

CENTRO

AREA GEOGRAFICA

CLASSIFICA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

RAGIONE SOCIALE EUROINTRECCI S.R.L. TESSITURA A MAGLIA DUE G. S.R.L. TESSILSERVICE S.R.L. TIEMME S.R.L. MAIA S.R.L. FONDA S.R.L. FRANCIONI & C. S.R.L. G.A.P. S.R.L. CASHLAB S.R.L. POWERPLAST S.R.L. MEKKITESS - S.R.L. MAGLIFICIO ANTONELLA S.R.L. DALLA BETTA GROUP S.R.L. NAT INSIDEWEAR S.R.L. ZENTEX S.R.L. KTS S.R.L. M.L. 63 SRL GOLDEN MARK - S.R.L. VENETA LACCI S.R.L. CALZIFICIO GIRARDI DOMENICO & FIGLIO S.R.L. NASTRITEX S.R.L. MAPEL TEXTILE S.R.L. MANIFATTURA DEL SEVESO S.P.A. ACHILLE VALERA LISSONI S.R.L. TESSITURA DI ALBIZZATE S.R.L. NASTRIFICIO BRIANTEO S.R.L. LOAD LOK ITALIA S.R.L. NASTRIFICIO ZINGONIA S.R.L. MANIFATTURA CESARE ROSSINI & C. S.R.L. LA BALZA S.R.L. BETA S.R.L. ARTE TESSILE S.R.L. ESSEDI CONFEZIONI S.R.L. ARPEX TEXTILES S.R.L. TIZIANA MATTERA S.R.L. MANIFATTURA REGINA S.R.L.S. ZENIT - SOCIETÀ COOPERATIVA FIORENTINO S.R.L. LANAFRANCA S.R.L.S. MAGLIFICIO MAREA S.R.L.

FATTURATO

INDIRIZZO

1.774.558 € 1.414.836 € 432.230 € 387.369 € 243.169 € 1.571.093 € 760.334 € 143.911 € 115.594 € 1.302.311 € 5.357.848 € 2.668.730 € 2.613.428 € 2.258.874 € 1.687.670 € 796.294 € 365.495 € 280.219 € 495.268 € 205.758 € 8.084.236 € 7.354.915 € 7.005.974 € 13.491.275 € 5.381.959 € 4.026.318 € 2.808.045 € 2.548.059 € 2.497.416 € 2.457.844 € 5.674.550 € 1.458.341 € 217.788 € 1.916.698 € 30.489 € 429.790 € 9.715 € 606.422 € 7.084 € 17.228 €

Capannori (LU) Quarrata (PT) Cartoceto (PU) Prato (PO) Quarrata (PT) Prato (PO) Empoli (FI) Prato (PO) Prato (PO) Camerano (AN) Carpi (MO) Veronella (VR) Vittorio Veneto (TV) Verona (VR) Valdagno (VI) Monticello Conte Otto (VI) Istrana (TV) Bussolengo (VR) Altivole (TV) Reggio nell’Emilia (RE) Busto Arsizio (VA) Galliate Lombardo (VA) Bergamo (BG) Concorezzo (MB) Besnate (VA) Renate (MB) Chieri (TO) Ciserano (BG) Monza (MB) Castel Goffredo (MN) Casagiove (CE) Corropoli (TE) Scalea (CS) Barletta (BT) Napoli (NA) Altamura (BA) Vietri di Potenza (PZ) Bari (BA) Francavilla al Mare (CH) Sant’Egidio alla Vibrata (TE)

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STORY-LEARNING

CI RIVEDIAMO AL SUPERSALONE

Dal 5 al 10 settembre torna il Salone del Mobile: una scommessa che la filiera ha deciso di affrontare innovando, come ci spiega in quest’intervista Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo

di Riccardo Venturi

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Feltrin, quali i punti di forza del Supersalon’edizione speciale del Salone del ne di settembre? mobile, in programma alla Fiera La nostra manifestazione è stata prevista Milano Rho dal 5 al 10 settembre, nel periodo perfetto, in quello che può esseaperta tutti i giorni non solo agli operatori re considerato lo spartiacque fra pre covid e ma anche al grande pubblico. È il Supersapost covid - anche se per scaramanzia incrolone, un evento che si è caricato di un forte ciamo le dita... Considerato che circa il 50% significato simbolico, della voglia di ripardel fatturato dell’arredo e il 40% di quello tire di Milano e dell’Italia intera. Claudio dell’intera filiera vieFeltrin, presidente di FederlegnoArredo, LA PARTECIPAZIONE AL SUPERSALONE ne dall’export, orgaÈ UN’OCCASIONE DAL FORTE nizzare il Salone per che rappresenta la VALORE SIMBOLICO PER ESPORRE settembre era un po’ filiera industriale che IN MANIERA INCONSUETA una scommessa. Però va dalla lavorazione ci ha rassicurato il fatto che il piano vaccidella materia prima legno alla produzionale sia partito in maniera decisa,. ne di mobili, arredamento e accessori, in questa intervista a Economy spiega come Come vi siete mossi? è nata la formula inedita dell’evento. E racUn Salone come quello degli anni scorsi preconta come il lockdown, costringendo le vede grandi investimenti, da un minimo di persone a uscire poco o per niente, abbia 100mila euro per le aziende più piccole fino dato paradossalmente una spinta al mercaa quasi 2 milioni per quelle più strutturate to dell’arredo casa.

85 NEXT GENERATION SMART MOBILITY IN SALSA PARTENOPEA

86 EMIRATES IL BUSINESS DECOLLA DESTINAZIONE DUBAI

88 GRUPPO GENERALI AL LEONE L’APPETITO VIEN MANGIANDO

90 CEETRUS NHOOD DA MILANO AL FUTURO NELL’URBAN SMART DISTRICT

94 ALMAVIVA LA NUOVA MOBILITÀ? È DIGITALE, INTERMODALE E SOSTENIBILE

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STORY-LEARNING

per i 6 giorni della kermesse. Da un lato che, chiusi in casa, c’è stato modo di fare non potevamo rinunciare a fare il Salone riflessioni sull’arredo, che hanno portato per il secondo anno consecutivo: avrebbe alla voglia di rinnovare l’ambiente in cui si voluto dire privarsi della massima vetriabita, complice la mancanza di occasioni na del design, di estrema importanza per di spesa in altri campi, dall’abbigliamento le aziende. Ma dall’altro il rischio di farlo al turismo alla ristorazione. Visto che ora in maniera classica non era sostenibile da le occasioni di spesa sono tornate, questo parte della filiera. Così abbiamo deciso di tipo di atteggiamento potrebbe calmierartrovare una soluzione non di ripiego – è si: per questo dobbiamo essere prudenti stato definito “minisalone” solo per un’insu quanto può durare quest’onda. terpretazione sbagliata – e abbiamo mesFin qui quali sono i segnali per il 2021? so a punto la formula del Supersalone, che Molto incoraggianti. Se guardiamo al prisi concentra esclusivamente sul meglio mo trimestre di quest’anno, mentre il condel prodotto che il settore ha comunque fronto con lo stesso periodo del 2020 non continuato a sviluppare durante i 18 mesi è molto significativo, quello con il primo di pandemia, senza avere la possibilità di trimestre del 2019 invece lo è: nell’arredo esporlo. siamo a + 13,7%, complessivamente la fiCrede che sia stata la scelta più giusta? liera segna un + 10% circa. La prospettiva Chiedere alle imprese di investire come è buona, pensiamo che a fine anno possa se si trattasse di un anno qualsiasi saesserci un risultato positivo. rebbe stata una mossa rischiosa se non Tornando al Supersalone, perché le azzardata, proprio aziende del settore SULLA PIATTAFORMA DIGITALE come non fare affatdovrebbero parteGLI ESPOSITORI PRESENTERANNO to la manifestazione. cipare? NON SOLO I PRODOTTI PORTATI IN FIERA Credo che abbia- MA ANCHE LA PRODUZIONE STANDARD È un’occasione molmo scelto la misura to importante, dal giusta, senza far rischiare l’osso del collo forte valore simbolico, per esporre in maalle aziende. Anche perché un altro carico niera inconsueta. Siamo abituati a vedere che abbiamo sentito sulle spalle è quelil Salone del Mobile in cui ogni azienda lo della ripartenza del sistema fieristico: si presenta con i suoi migliori prodotqualche manifestazione prima del Superti esposti in un ambiente ricostruito in salone si svolgerà, ma non molto grande modo ideale. Questa volta c’è la possibie certamente non con il valore simbolico lità per le aziende di avere un palcoscedi quella di Milano. È la prima kermesse nico uguale per tutti, che mette tutti allo internazionale che dà il segno della voglia stesso livello espositivo. Parliamo di un di uscire da questa situazione. palcoscenico di qualità, con la curatela di Quale lo stato dell’arte del settore? Stefano Boeri, una soluzione accattivante Nel 2020 il legno-arredo ha fatto regie molto bella ma non così impegnativa strare un calo del 9,1%: molto meglio di per le imprese in termini economici. La quello che si poteva prospettare a maggio qualità espositiva è degna di quella dei dell’anno scorso, quando si temeva che a prodotti e delle aziende che li fabbricano. fine anno il dato sarebbe stato negativo Il Salone del Mobile è un evento di livello per un 30-40%. Poi, con sorpresa iniziale globale, non potevamo fare una presentadi tutti, specie il mercato della parte di arzione sottotono. redo casa è ripartito in maniera quasi vioChe tipo di partecipazione vi aspettate lenta, recuperando mese dopo mese cifre da parte delle imprese? importanti: il solo arredo casa nel 2020 ha In termini numerici ovviamente non pasfiorato il pareggio. Quel che è successo è ragonabile a quella del Salone del mobile,

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CLAUDIO FELTRIN

ma di qualità molto alta. Ne siamo certi anche per i riscontri delle grandi aziende che hanno comunque un peso attrattivo importante. Sarà un evento internazionale, come vuole la tradizione? Per l’Europa abbiamo molta fiducia, ufficiosamente i numeri delle prenotazioni alberghiere sono molto buoni, anche se per il Regno Unito c’è il problema della variante delta. Per quanto riguarda il mercato americano, sembra che alcune compagnie aeree vogliano fare non solo voli covid free ma addirittura liberi per chi ha il passaporto vaccinale: un segnale molto positivo. Non mi aspetto invece grandi flussi dalla Cina, non per il Covid ma per le scelte protezionistiche cinesi, che stanno facendo grande incetta di materie prime a livello mondiale e puntano sempre di più sui prodotti realizzati in Cina. Ah, dimenticavo una novità molto importante. Prego. Il Salone ha lanciato a fine giugno la nuova piattaforma digitale, sulla quale saranno presenti tutti gli espositori, non solo con i prodotti portati in fiera ma anche con la loro produzione standard. Si troveranno anche un collegamento ai siti aziendali e molti altri servizi. C’è anche un taglio innovativo più editoriale, con il quale ci proponiamo di costruire un punto di riferimento mondiale a livello web.


I founders di Next Generation Campania Ludovico Graziani, Pietro Dalla Vecchia e Francesco Mosanghini e Francesco Lavitrano

Smart mobility in salsa partenopea Si chiama Next Generation Campania la startup fondata da quattro intraprendenti giovanotti che hanno deciso di puntare sulla mobilità sostenibile, affiancando alla vendita anche il noleggio di Maddalena Bonaccorso

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ambiare il proprio angolo di mondo partendo da un desiderio di mobilità sostenibile, utilizzando i linguaggi dei propri coetanei. Dei ragazzi, quindi, dato che stiamo parlando di un’avventura imprenditoriale di 4 giovani campani ventenni, tutti studenti o con un percorso di studi completato da poco. Next Generation Campania nasce così, nei mesi del lockdown, dall’intraprendenza di Francesco Lavitrano e dall’idea di rendere il territorio campano all’avanguardia nel settore della mobilità green. Assieme ai soci Ludovico Graziani, Pietro Dalla Vecchia e Francesco Mosanghini, Lavitrano (21 anni, iscritto al secondo anno di Economia aziendale all’Università Federico II di Napoli) intende innanzitutto offrire, come primo business che la compagine intende avviare, un servizio di commercio all’ingrosso e al dettaglio

di scooter, moto, biciclette e monopattini tutti interamente elettrici: con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 sul territorio campano e di seguire l’onda di innovazioni nel settore della mobilità ecosostenibile. «Nei mesi del lockdown del 2020» spiega Lavitrano, che ricopre il ruolo di presidente di Next Generation Campania «ho iniziato a costruire il modello di business che sarebbe poi stato alla base della nostra startup. L’idea iniziale era quella di importare a Napoli l’esperienza di scooter elettrici in sharing già sperimentata da grandi aziende in altre città, ma ben presto abbiamo capito che sarebbe stato più utile e inizialmente più semplice - per una startup appena nata - avviare innanzitutto una rete di vendita di tutti i possibili mezzi elettrici a due ruote, ivi compresi i monopattini e le biciclette. Con i miei soci abbiamo quindi iniziato

a cercare il partner ideale per avviare questa attività, e l’abbiamo identificato nella casa produttrice Hurba, azienda nata da circa due anni, con basi molto solide garantite sia dalla creatività e dalla gestione aziendale 100% made in Italy sia dalla qualità dei prodotti sul mercato: realizza veicoli elettrici di grande affdabilità e appeal». Una volta individuato il partner tecnico, per i 4 soci è dunque iniziata la grande avventura di costruire, per Next Generation Campania, un modello aziendale, districandosi tra business plan, bandi e ricerca di una location adatta: adesso, per Lavitrano e soci è arrivato il momento di lanciarsi nella vendita: «Abbiamo trovato i locali - a Napoli, nella centrale via Manzoni - dove iniziare l’attività e siamo molto soddisfatti dei modelli di moto, scooter, biciclette e monopattini elettrici che immetteremo sul mercato campano. Sono veicoli estremamente diversi da quelli che finora è possibile vedere in circolazione: i mezzi Hurba hanno una grande attenzione al design, e sono pensati per le varie fasce di popolazione, quasi personalizzati a seconda delle esigenze». Ma naturalmente l’attività di Next Generation Campania non si fermerà alla vendita di mezzi a due ruote sostenibili: in vista dell’estate, infatti, i soci avvieranno un’attività di noleggio scooter, biciclette e monopattini elettrici a Capri e Ischia, aiutando così i turisti a muoversi liberamente senza danneggiare l’ambiente: «Abbiamo pensato che noleggiando questi nostri mezzi nei luoghi di vacanza» prosegue Lavitrano «possiamo raggiungere il duplice scopo di far crescere la nostra startup e di spingere in avanti l’argomento della sostenibilità ambientale, che in Campania non è ancora, purtroppo, particolarmente sentito. Siamo certi che vedere questi bellissimi mezzi in giro per alcune tra le località turistiche più belle d’Italia sarà una spinta per l’utilizzo, e la nuova tendenza partirà proprio dai giovani».

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Il business decolla destinazione Dubai In attesa di Expo2020 si ritorna a volare in tutto il mondo. La ripartenza di Emirates comincia dalla messa in sicurezza di staff e passeggeri e dalle novità della "quarta classe"

que il più grande bimotore al mondo e che di passeggeri ne ospita in media 354: scelta effettuata anche per motivi di sostenibilità, non solo economica ma ambientale: «I 153 Boeing di Maddalena Bonaccorso 777 che possiede Emirates» spiega il country manager Italia Flavio Ghiringhelli «sono aerei straordinariamente sicuri e comodi. Ovviamente non vediamo l’ora di tornare a volare dall’Italia anche con i nostri A380, e quindi di offrire ai passeggeri comodità come le Lounge di bordo e le Shower Spa che solo il nostro aereo di punta può ospitare, ma siamo comunque soddisfatti di aver operato la scelta ecologica e sostenibile di utilizzare al momento aerei più piccoli. I 777 inquinano meno, e in un momento di flessione dei numeri dei passeggeri sono una scelta ragionevole, che comunque non toglie nulla in termini di comfort». I protocolli di sicurezza sono rigidi, ma mai invasivi: nella lounge di Malpensa - riaperta al pubblico nel mese di aprile e riservata ai passeggeri di Business e First - il buffet è stato riconvertito in ristorante: decisione obbligata che però, anziché “diminuire” la qualità dell’offerta l’ha trasformata in un servizio a 4 stelle, già prima dell’imbarco. Il fatto che Emirates abbia provveduto a vaccinare tutti i suoi dipendenti nel mondo - quindi sugli aerei e ai servizi aria diversa si respira già a Malpenstoria trentennale della compagnia. di terra ci si trova davanti sempre interlocutori sa, al momento dell’imbarco per il Ma grazie alle politiche di prevenzione e test, “fully vaccinated”- contribuisce inoltre ad afvolo Emirates verso Dubai. Nell’ate alla strategia di Dubai e di altri Paesi servifrontare anche i lunghi voli intercontinentali mosfera rarefatta del periodo pandemico, con ti dalla compagnia di riaprire i confini a imcon serenità. A bordo - con la garanzia dei filtri gli aeroporti di tutto il mondo ancora semivuoprenditori e turisti, immagina per il secondo Hepa che permettono di eliminare il 99,97% di ti, i banchi check-in della compagnia del Golfo semestre del 2021, e virus e batteri - l’espeEMIRATES È STATO IL PRIMO VETTORE brulicano di passeggeri. via a seguire, una forte rienza è quella classiAD AVER INTRODOTTO, GIÀ Il vettore, primo ad aver introdotto già nell’aripresa di tutte le tipoca alla quale Emirates NELL'APRILE DEL 2019, I TEST prile 2020 i test gratuiti prima della partenza logie di viaggio, dal bu(pluripremiata come GRATUITI PRIMA DELLA PARTENZA per garantire sicurezza ai viaggiatori, ha subìto siness al leisure. migliore compagnia una perdita di 6 miliardi di dollari per l'anno fiIl volo EK206, in effetti, è quasi tutto pieno: aerea del pianeta) ha abituato i suoi clienti: nanziario conclusosi il 31 marzo 2021, mentre al momento la compagnia non opera dall’Itala pandemia, che pure ha colpito duramente il fatturato del Gruppo è stato di 9,7 miliardi lia con l’iconico Airbus A380 tanto amato dai il settore, non ha fatto arretrare di un centidi dollari, con una perdita del 66% rispetto ai passeggeri, con una capienza che arriva a 517 metro l’attenzione per il passeggero: lo staff risultati dello scorso anno: il primo calo nella passeggeri, ma con il Boeing 777, che è comundi volo indossa mascherine, occhiali e camici

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A sinistra il country manager Italia di Emirates Flavio Ghiringhelli. A destra, il Chief commercial officer Adnan Kazim

trasparenti e provvede a una continua pulizia delle parti comuni, i pasti sono estremamente curati e serviti nel rispetto dei protocolli di sicurezza in tutte le classi di volo e il sistema di intrattenimento di bordo (con film in prima visione, reti all news, documentari e canali per bambini) fa letteralmente “volare” anche le 5 ore di viaggio previste per Dubai. Nella capitale emiratina, dove si aspettano circa 20 milioni di turisti per “Expo2020”, evento globale slittato di un anno a causa della pandemia e che quindi avrà luogo dall’1 ottobre 2021 al 31 marzo 2022, il Chief commercial officer di Emirates Adnan Kazim, che coordina le attività commerciali Emirates in tutte la rete di 160 destinazioni distribuite in 86 Paesi, riceve Economy nel quartier generale della compagnia, una struttura avveniristica che ha sede proprio accanto all’enorme aeroporto “Al Maktoum” di Dubai: «Il 2020 è stato un anno molto difficile per tutto il settore aereo, ma al momento abbiamo raggiunto l’80-85% dell’operatività di tutta la nostra flotta e ripristinato circa 120 destinazioni» spiega Kazim. «Contiamo di tornare ai livelli pre-Covid nel corso del 2022. Ovviamente dipenderà anche dalle politiche dei vari Paesi e dal procedere delle campagne vaccinali: il caso dell’India ci insegna che le previsioni sono molto complicate. Rimaniamo però ottimisti, e registriamo anche nuovi trend nel modo di viaggiare: mentre

il settore del business travel è ancora in sofferenza, molti passeggeri leisure che prima sceglievano l’economy class, ora si rivolgono alla business, anche perché garantisce maggiore distanziamento. Abbiamo anche introdotto su dei nostri A380 la quarta classe di viaggio: la business economy, investimento che era già stato programmato prima della pandemia. Emirates non cambia la propria filosofia: crediamo nel nostro prodotto e vogliamo continuare a offrire qualità e comodità». Intanto, per le tratte coperte da Emirates dall’Italia, sia verso Dubai che verso New York sono PER L'EXPO DI DUBAI SONO ATTESI CIRCA 22 MILIONI DI VISITATORI CON UN IMPATTO SULL'ECONOMIA EMIRATINA DI CIRCA 33 MILIARDI DI DOLLARI

stati autorizzati dal Governo italiano i voli Covid-tested, e questo fa ben sperare per una pronta ripartenza del settore: «L’introduzione dei voli covid-tested, con i passeggeri che eseguono un doppio test prima della partenza e un altro all’arrivo evitando quindi la quarantena» spiega ancora Flavio Ghiringhelli «offre garanzie di sicurezza non trascurabili: oltre ad essere un modo con cui ricostruire la fiducia del passeggero. Emirates, tra l’altro, ha contribuito alla realizzazione dello Iata travel-pass, applicazione che consentirà di viaggiare ancora più in sicurezza, grazie all’inserimento auto-

matico sull’app dei dati vaccinali e dei tamponi dei passeggeri. Inoltre, la nostra compagnia offre ai passeggeri una assicurazione che copre tutti i possibili inconvenienti derivanti dal Covid e dalle quarantene, durante l’intero periodo di viaggio». Tutto pronto, quindi, per ricominciare a viaggiare con Emirates da Milano, Roma e Bologna verso Dubai e per prepararsi a una vacanza in concomitanza con Expo2020 (il nome è stato mantenuto invariato, nonostante lo slittamento di un anno), primo grande evento mondiale post-pandemia: sono attesi circa 22 milioni di visitatori, con 190 Paesi partecipanti e un impatto sull’economia degli Emirati arabi uniti di circa 33 miliardi di dollari. Emirates sarà ovviamente in prima fila nel trasportare non solo passeggeri, ma anche le merci che andranno a “riempire” il sito dell’Esposizione: «Expo2020 sarà per noi davvero la pietra miliare della ripresa» prosegue Adnan Kazim «e speriamo che possa riportarci a lavorare a regime, raggiungendo già nel corso dell’anno una capacità del 70% rispetto al periodo pre-Covid». Per i viaggi dall’Italia agli Stati Uniti, invece, purtroppo bisogna ancora attendere: gli Usa non hanno infatti ancora riattivato l’Esta (il permesso di viaggiare per turismo utilizzando un sistema elettronico senza visto) e quindi per recarsi oltreoceano è necessario un visto speciale che può essere concesso solo per determinati motivi di lavoro, studio, salute o ricongiungimenti familiari. Nonostante questo, la rotta Milano-New York è stata regolarmente già riattivata, operata anche in questo caso con i Boeing 777, con frequenza giornaliera dal giorno 1 luglio. Per il turismo nella Grande Mela i tempi non sono ancora maturi: ma quando si potrà finalmente decollare liberamente verso gli Usa anche per vacanza, al quartier generale di Emirates prevedono una ripartenza in grande stile, sia come numeri di passeggeri che come durata dei viaggi.

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AL LEONE L’APPETITO VIEN MANGIANDO Nel piano 2019-2021 il Gruppo Generali aveva previsto acquisizioni per un valore fra i 3 e 4 miliardi di euro. Il ruolino di marcia è stato rispettato e nuove operazioni sono all’orizzonte in Europa, Asia e America Latina di Sergio Luciano

IL LEONE È UN PREDATORE: NON INGANNI

in una maggioranza del 70% nella seconda compagnia combinata del Paese, l’abbiamo QUANDO VUOLE, COLPISCE. E LA METAFOcolta, diventando così il secondo operatore RA È PERFETTA PER IL LEONE PER ANTOdanni del Paese e acquisendo anche il 70% NOMASIA DELLA FINANZA INTERNAZIONAdella compagnia Vita. Un’operazione molto LE, IL GRUPPO GENERALI, che aveva messo articolata, appunto per salire in maggiorannel piano 19-21 di effettuare acquisizioni za nelle joint venture di Axa Affin e chiedere per un valore tra i 3 e i 4 miliardi ed oggi, a di salire al 100% di Mpi Generali. Un’opequalche mese dal tempo-limite, ne ha effetrazione pienamente in linea con gli obiettivamente impegnati tivi del nostro piano MASSIMILIANO OTTOCHIAN 3,3 per comprare strategico che ci inÈ IN GENERALI DA POCO MENO varie medie realtà dica di raggiungere la DI UN ANNO COME RESPONSABILE (2,1 miliardi) e valeadership nei Paesi DELLA FUNZIONE “GROUP M&A” rare l’acquisizione dove siamo presenti. del controllo della Cattolica (1,2). Restano Ma l’Asia è grande. Dove guardate, dopo nel piano altri 8-900 milioni di “munizioni la Malesia? finanziarie”, a disposizione per le prossime In India e Cina abbiamo un buon posizionamosse. Che, riservatissime, sono custodite mento, con varie partecipazioni e vogliamo nella cassaforte dell’ufficio di Massimiliacrescere ancora cogliendo eventuali opporno Ottochian, in Generali da poco meno di tunità, prioritariamente Tutta l’Asia peraltro un anno come responsabile della funzione è un mercato a forte crescita attesa nell’am“Group M&A”, una funzione di holding a ribito assicurativo e quindi continuiamo a porto diretto del vertice. Bocconiano, 24 cercare opportunità per fare operazioni anni all’estero tra Londra, Singapore e New dove si riescano a trovare valutazioni raYork, ha partecipato a operazioni di emissiogionevoli. I mercati asiatici sono meno mane di capitale sia equity che di debito per un turi non solo in termini macro-economici controvalore complessivo di oltre 100 mima anche rispetto alle tipologie di prodotti liardi di euro. E appena arrivato in Generali venduti: l’esperienza di un assisi è trovato subito sulla linea del fuoco: non curatore internazionale con solo per l’operazione Cattolica, ma anche in 190 anni di storia può apgrecia e in Malesia, per l’acquisizione di asportare benefici esportanset dal gruppo Axa per 262 milioni di euro. do expertise tecnico e anticipando i bisogni futuri Un’operazione molto apprezzata dal merdei clienti (sulla base di cato, si direbbe… quanto visto nei merLa Malesia è un paese che conosciamo bene cati occidentali). Conda molti anni attraverso alcuni partner. Avetemporaneamente, vamo una posizione di minoranza, però, e i mercati asiatici quando è arrivata l’opportunità di trasforsono invece già molmare una minoranza in una società piccola to più predisposti IL PASSO FELPATO E L’INNATO MIMETISMO,

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all’innovazione tecnologica permettendo a Generali di sperimentare anche soluzioni innovative, che per la natura dei Paesi asiatici avvengono già su larga scala. L’aspetto negativo è che purtroppo in Asia c’è molta competizione sulle poche operazioni disponibili e i prezzi degli asset sono spesso troppo elevati per essere interessanti. Vogliamo crescere, sì, ma senza ridurre l’attenzione per i numeri, applicando sempre il criterio della massima cura per i ritorni finanziari di ciascuna operazione. Riteniamo però che il mercato apprezzi quest’atteggiamento. Abbiamo l’impressione che il mercato apprezzi che


finora Generali sia riuscita a non esagerare… Altri mercati? L’America Latina è un’area geografica dove abbiamo venduto molte delle partecipazioni marginali che avevamo, e siamo rimasti nei Paesi chiave, in Argentina con una presenza forte e in Brasile con una presenza storica. Rimangono aree, in particolare il Brasile, molto interessanti e le stiamo esplorando alla ricerca di opportunità, ma anche lì è difficile trovare prezzi interessanti. E poi l’impatto della pandemia è stato durissimo. Detto ciò, il vostro continente è l’Europa! Certo, le aree geografiche sono dove siamo più presenti sono la Continental Europe e l‘Est Europe. Il 90% del nostro business è qui. Su queste due aree abbiamo l’ambizione di continuare a incrementare il nostro posizionamento. C’è una grande possibilità di crescita dei ricavi, sia pure con un tasso di escalation inferiore a quello potenzialmente conseguibile in Asia e America Latina. Sono opportunità preziose perché ci consentireb-

PARTIRE DA UNA POSIZIONE DI FORZA CI AIUTA MA DOBBIAMO ESSERE MOLTO SELETTIVI, EVITANDO DI FARCI INGOLOSIRE DALLA VOLONTÀ DI CRESCERE

Premi lordi emessi complessivi per paese (*) IN MILIONI DI EURO ITALIA FRANCIA GERMANIA AUSTRIA, CEE E RUSSIA INTERNATIONAL SPAGNA SVIZZERA AMERICAS E SUD EUROPA ASIA HOLDING DI GRUPPO E ALTRE SOCIETÀ DI CUI EUROP ASSISTANCE TOTALE

bero di avere importanti sinergie realizzando molto valore per il gruppo. Quindi anche se si tratta di mercati più maturi, dove la crescita del settore sarà meno impetuosa, le efficienze che possiamo svilupparvi essendovi già ben presenti da tempo sono rilevanti. Avete appena fatto un’importante acquisizione in Grecia. Perché? Sì, su Axa Grecia, alla fine del 2020. Perché ci ha permesso di migliorare la nostra presenza sul mercato locale e sviluppare un buon rapporto di Banca Assurance con Alpha Bank. Ecco, è un tipico esempio delle operazioni in mercati più maturi che ci consente di consolidare il nostro posizionamento e di creare valore dal punto di vista operativo. E resta il fronte italiano, con l’operazione Cattolica. Che stiamo perfezionando secondo la tempistica dettata dalle autorizzazioni regolamentari, per cui l’offerta sarà effettiva dopo l’estate. Un’operazione strategica. E lei a settembre compie un anno in Generali. Cosa l’ha spinta a rientrare in Italia dopo un quarto di secolo di carriere all’estero? Sono italiano, nato a Treviso, e quando durante la pandemia del 2020 mi si è presentata l’opportunità di iniziare a lavorare per

31/12/2020 25.217 12.659 14.418 6.982 9.081 2.294 1.798 1.909 3.081 2.346 741 70.704

31/12/2019 24.166 13.274 14.294 6.973 8.365 2.414 1.747 1.182 3.022 2.714 1.061 69.785

un gruppo internazionale ma di matrice e radici italiane, la cosa mi ha molto attirato. Inoltre ho considerato il contesto nel quale mi sono inserito: un gruppo che ha raggiunto una significativa disponibilità finanziaria, grazie all’ottimo lavoro fatto dal management. Dall’altro lato questo non significa automaticamente riuscire a concludere buoni affari. La valutazione degli asset sul mercato, e lo vediamo anche dai prezzi di Borsa, è piuttosto ricca in molte aree, per cui bisogna essere molti rigorosi e disciplinati. Non vogliamo trovarci a fare acquisizioni che non rispettino i parametri annunciati al mercato come ottimali in termini di creazione di valore. Al contrario, su tutte le operazioni che stiamo facendo c’è una forte possibilità di creare valore per gli azionisti. Sicuramente il fatto di essere in una posizione di forza ci aiuta ma dobbiamo essere molto selettivi, evitando il rischio di farci ingolosire per la volontà di crescere. Quindi la missione della funzione di “Group M&A” è proprio quella di assicurare che tutte le nostre acquisizioni generino per il gruppo il ritorno richiesto, e quindi ovviamente identificare le opportunità, magari anche meno appariscenti, dove l’effetto-asta non ci sia o sia minimo. Il mondo è grande.

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Da Milano al futuro nell'urban smart district Entro la fine del 2022 a Milano sorgerà Merlata Bloom, un mix unico di residenze, verde, tecnologia, business e commercio: si tratta dell'innovativo progetto di riqualificazione firmato da Ceetrus Nhood di Maddalena Bonaccorso

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uoghi di vita, non più e non solo cenIl nuovo mall firmato Ceetrus Nhood nel primo tri commerciali, ma fulcro di espeUrban Smart District di Milano, la cui progetrienze sociali, personali e di acquisto. tazione è stata affidata al prestigioso studio Questo è il futuro - e in alcuni casi già il preseninternazionale di architettura CallisonRtkl ha te - dei grandi mall, che dovranno rispecchiare numeri da capogiro: oltre 72.000 mq di superl’evoluzione dei contesti urbani e delle necesficie, 10.000 mq di intrattenimento e cultura, sità dei cittadini. 20.000 mq di urban farm, più di 150 store, 5 In questa nuova concezione degli spazi comaree food & beverage, 10 km di piste ciclopemerciali, Ceetrus Nhood, uno dei principadonali e 300.000 mq di parco urbano attrezli attori dell'industria immobiliare in Italia zato. Il tutto, con un investimento di 325mila specializzato in interventi di riqualificazione euro in un’area strategica: è ben collegato urbana, oltre che importante player del setcon Mind, il nuovo distretto dell’innovaziotore commerciale, è ne posto nell’ex area MERLATA BLOOM MILANO SORGERÀ chiamata a costruire e Expo e molto vicino IN UN'AREA STRATEGICA, BEN animare luoghi a uso al distretto StephenCOLLEGATA CON MIND, IL NUOVO misto comprensivi di son, che diventerà DISTRETTO DELL'INNOVAZIONE abitazioni, uffici, strutsede dell’Università ture ricettive, infrastrutture urbane, centri per Statale e ospiterà la nuova base dell’ospedale il tempo libero, il divertimento, la cultura e la Galeazzi: «Il progetto Merlata Bloom Milano», salute, che guardino alla sostenibilità civile e spiega Anand Remtolla, head of new projects ambientale e che propongano modelli di modi Ceetrus Nhood, «ben si integra con la nostra bilità dolce: contribuendo così alla riduzione visione dei progetti immobiliari come luoghi degli sprechi e di CO2 in ottica di perfetta ecodi aggregazione che abbiano un triplo impatto nomia circolare, mantenendo un ascolto attenpositivo: sul piano sociale (le persone), amto al territorio. bientale (il pianeta), ed economico (il profitNe è un perfetto esempio Merlata Bloom Milato). Un impegno che per l’azienda si traduce no, smart urban mall che sarà entro la fine del in progetti di sviluppo per le riqualificazioni 2022 il cuore pulsante di una delle più grandi urbane e la rivalutazione di ampie aree, sia in aree a destinazione mista, a nord ovest della Italia che nel mondo, trasformandole in luocittà: un mix unico di residenze, verde, tecnoghi ideali, dove vivere in armonia con le tre P logia, business e commercio. dell’impatto positivo: ecosistemi urbani dove

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tutto è accessibile entro i 15 minuti a piedi. Parliamo della creazione o riqualificazione di autentici luoghi di vita o interi quartieri nati in risposta all’ascolto del territorio circostante e alle esigenze dei cittadini, a disposizione dei quali mettiamo il nostro know-how internazionale e multidisciplinare con l’obiettivo di individuare le soluzioni migliori, non solo di un’esperienza d’acquisto, ma per offrire al consumatore un luogo in cui vivere bene, soddisfatto dei servizi primari e commerciali, ma anche in quelli che riguardano aspetti culturali e di intrattenimento». Inoltre, in Merlata Bloom Milano l’esperienza fisica sarà completamente integrata all’espe-

ANAND REMTOLLA


rienza digitale: la tecnologia e i sistemi IoT serviranno a migliorare la fruibilità degli spazi e a semplificare la diffusione dell’informazione. Il cliente così potrà interagire direttamente con il centro commerciale – tramite app per acquisto online, scoperta degli spazi, ordini online dai ristoranti – e ricevere info utili in maniera fluida su tutti i touchpoint, dai social network al sito: «Innovativo è anche lo studio del merchandising mix» prosegue Anand Remtolla «che si inserisce in un ampio progetto di co-costruzione bottom-up. Grazie ad una piattaforma digitale, diffusa attraverso i social network, i cittadini verranno informati sulle diverse possibilità di offerta e saranno invitati a contribuire alla loro definizione esprimendo opinioni e preferenze. Anche attraverso l’integrazione tra esperienza fisica e digitale, infatti, Ceetrus Nhood conferma i propri valori: prossimità, innovazione, cultura, ma soprattutto ascolto costante del territorio». Questo luogo dell’aggregazione, lontanissimo dal concetto di non-luogo che per troppo tempo ha monopolizzato la narrazione attorno ai grandi centri commerciali, è facilmente raggiungibile con

qualunque mezzo di trasporto: dista solo 20 eventi e concerti, anche specifiche aree destiminuti dal centro di Milano con la metroponate allo sport, al leisure digitale e un parco litana, 45 minuti da Torino con l’alta velocità, di divertimento unico nel suo genere, in cui la 30 minuti per i principali aeroporti – e ha un’upura esperienza di svago, studiata per tutta la scita dedicata dell’autostrada Milano-Torino. famiglia, si mixa con cultura e edutainment: In più, possiamo considerarlo un unicum nel «Senza dimenticare» continua Anand Rempanorama dei grandi Mall italiani: «Il concettolla «i progetti sviluppati in accordo con noti to di ristorazione cui Merlata Bloom riserva 5 brand e partner internazionali che genererandiverse aree è inedito per l’Italia» spiega ancono format esclusivi e inediti per il nostro Paese. ra Remtolla «Ciascuna delle zone, The Town Ultima, ma non meno importante, è la conceSquare, The Market Place, The Bridge, The zione del progetto che per Ceetrus Nhood rapWinter Garden e Skygarden, sarà caratterizzapresenta non solo il punto d’innovazione più ta da un dna specifico e un design differente, e alto tra le gallerie commerciali del futuro, ma tutte saranno pensate per soddisfare le esigensoprattutto la realizzazione di un progetto urze dei clienti in ogni occasione di consumo, dal bano, che offre un’esperienza e un ecosistema pranzo veloce di lavoro allo spuntino tra una di vita unico e ancora inesistente nella città di spesa e l’altra, all’aMilano». TUTTO IL PROGETTO DI CEETRUS peritivo con gli amici, E anche riguardo alla NHOOD SARÀ REALIZZATO alla cena tranquilla in sostenibilità, Ceetrus SECONDO DETTAMI DI ECONOMIA ambienti rilassanti avNhood ha realizzato CIRCOLARE E RISPETTO PER L'AMBIENTE volti da luce naturale tutto secondo dettami o in spazi esterni come le magnifiche terrazze di economia circolare e rispetto per l’ambienesterne, che rappresentano una novità per i te, utilizzando materiali eco-sostenibili e solumall italiani». zioni con elevato comfort termico, luminoso Ma la caratteristica che rende forse più orgoed acustico, fonti di energia efficienti e rinnogliosa Ceetrus Nhood è la superficie di ben vabili per minimizzare il consumo di energia e 20.000 mq che sarà dedicata al leisure: sarà ridurre le emissioni di CO2, sistemi evoluti per il contenimento dei consumi elettrici e soluziodistribuita su tutti i livelli del mall, sia all’interni progettuali che riducono la produzione di no - dove sono già previsti un cinema multisala scarti e favoriscono l’uso di materiali riciclati: con formato premium e un’area di intratteni«Merlata Bloom è realizzato secondo i più elemento indoor - sia all’esterno. Complessivavati standard dell’urbanistica moderna» conmente includerà, oltre ai tradizionali spazi per clude Remtolla «nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio circostante, un omaggio alla sostenibilità e alla biodiversità». Non solo quindi un “semplice” smart urban mall ma un vero e proprio luogo di vita. Con questo progetto Ceetrus Nhood conferma la sua missione quotidiana nel migliorare la qualità della vita nei territori dove opera, valorizzare le periferie e creare coesione sociale tra le persone che li vivono, per fare business in modo sostenibile.

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INNOVARE I PROCESSI PER PROIETTARE L’AZIENDA IN UN PERCORSO DI CRESCITA, GRAZIE AL SUPPORTO

VILLA SALUS, UN UPGRADE TECNOLOGICO PER CONFERMARE LA LEADERSHIP IN SANITÀ La struttura nata a Messina nel 1961 investe sull’innovazione di tecniche e macchinari per rispondere al meglio alle esigenze dei pazienti

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illa Salus per vocazione si occupa di patologie complesse. E’una scelta di campo che caratterizza la struttura, conferendole una riconosciuta visibilità nei diversi ambiti di attività, fra tutti quello oncologico ed ortopedico. Tradizionalmente Villa Salus ha sempre puntato sulla innovazione tecnologica e sulla integrazione di competenze multidisciplinari e complementari, in una prospettiva sempre più attuale di approccio completo alle problematiche di salute dei propri pazienti. Fondata nel 1961dal professor Gustavo Barresi, clinico chirurgo dell’Università di Messina fino al 1988, la struttura dispone oggi di 85 posti letto, tutti convenzionati con il Servizio Sanitario Regionale. A questi sono da aggiungere ulteriori tre letti di assistenza intensiva post operatoria, attivati dalla casa di cura per garantire le condizioni di maggiore sicurezza nello svolgimento di procedure chirurgiche ad elevata complessità. Villa Salus, peraltro, è promotrice di numerose iniziative formative a beneficio di partecipanti provenienti dalla Sicilia e dalle altre Regioni italiane, che prevedono tra l’atro l’esecuzione live di interventi chirurgici. La

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del paziente in emergenza.

GUSTAVO BARRESI, AMMINISTRATORE VILLA SALUS

struttura, in particolare, è stata tra le prime in Europa a maturare una significativa casistica di chirurgia protesica computer assistita, attirando numerosi ortopedici interessati ad acquisire conoscenze su questo approccio chirurgico. Con Fondimpresa Sicilia ha avviato da tempo una collaborazione virtuosa, che ha portato a realizzare diversi interventi negli ultimi anni, dal piano ForMat (Formazione per Manutentori) e l’Avviso di sistema “Fast”, entrambi del 2019, al più recente corso Blsd (Basic Life Support) per la gestione

L’aggiornamento professionale (costante) come leva per la competitività Per il professor Barresi, amministratore di Villa Salus, la formazione e l’aggiornamento costante sono leve fondamentali per la competitività aziendale: «In uno scenario in cui le conoscenze e le tecnologie applicate alla medicina si evolvono costantemente, offrendo agli operatori della sanità opportunità diagnostiche e terapeutiche sempre più efficaci ed innovative, l’aggiornamento professionale costituisce un requisito imprescindibile per il mantenimento delle migliori condizioni qualitative dell’assistenza ospedaliera. In prospettiva - aggiunge - , gli investimenti in formazione, sia quelli orientati all’acquisizione o al perfezionamento di competenze professionali specifiche, sia quelli rivolti alle cosiddette soft skills (in particolare inglese ed informatica) sono essenziali per innalzare il livello di professionalità della struttura e, di conseguenza, per migliorarne la competitività e la credibilità, in un contesto in cui il profilo reputazionale è una variabile strategica fondamentale».


DI FONDIMPRESA, IL FONDO INTERPROFESSIONALE PER LA FORMAZIONE CONTINUA di Giuseppe Delle Cave

SOSTENIBILITÀ ED INNOVAZIONE: COSÌ LA FIORUCCI PUNTA A NUOVI MERCATI E PRODOTTI Processi e modalità di lavoro all’avanguardia con l’ingresso nella multinazionale messicana Sigma

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a Cesare Fiorucci, azienda alimentare con base a Pomezia, è uno dei brand leader in Italia nei salumi, con oltre 170 di storia e si colloca, per qualità, sicurezza e innovazione, nonché per la notorietà del brand, tra i protagonisti della gastronomia made in Italy, sia nel panorama nazionale, sia a livello internazionale. Dopo aver quindi fondato le solide basi nell’artigianalità, qualità e tradizione italiana, oggi Fiorucci sta attuando strategie che puntano ad offrire un prodotto sempre più in linea con le richieste dei consumatori e capace di rispondere ai nuovi trend di mercato. Con Fondimpresa Lazio una forte e duratura partnership, che ha prodotto – tra l’altro – l’azione formativa “Arius”, il cui esito ha fatto registrare sin dal 2017 un miglioramento delle strategie aziendali sul piano della competitività e lo sviluppo e il lancio di nuovi prodotti. Una best practice che ha saputo intercettare i cambiamenti legati ad un percorso di modernizzazione e digitalizzazione dei processi aziendali, in un’ottica di sostenibilità sociale ed ambientale che incrocia gli obiettivi dell’Agenda 2030. Diverse macro-aree di intervento, mille ore di formazione erogate nel 2020 con Fondimpresa Il settore agroalimentare è caratterizzato da una forte concorrenza. Ecco perché Fiorucci è costantemente impegnata in processi di sviluppo tecnologico e innovazione di prodotto. I cambiamenti in corso vengono puntualmente accompagnati da azioni formative ad hoc, alcune sviluppate a livello corporate, altre a livello di singola Business Unit e quin-

GIOVANNI SABINO, CEO FIORUCCI

di direttamente da Fiorucci. La formazione erogata attraverso Fondimpresa si inquadra come supporto delle diverse linee strategiche aziendali. Creare a casa le occasioni di consumo tradizionalmente legate al ristorante «Il nostro core business sono i salumi, serviti freschi al banco gastronomia e affettati in comode vaschette. Insistiamo sui tre fattori che hanno trasformato Fiorucci da azienda padronale a multinazionale, ossia qualità, tradizione ed innovazione. I nostri prodotti iconici sono rappresentati dalla Mortadella Suprema, marca di mortadella n.1 in Italia, leader di mercato nel banco taglio e che da marzo 2020 è disponibile anche nel libero servizio, il guanciale

realizzato con 100% carne italiana e leader nel mercato, disponibile in vari formati e la linea di affettati 100% carne italiana. Il brand conosciuto anche per il forte legame con il territorio ha lanciato a gennaio 2021 una linea di affettati eccellenze del territorio (5 referenze premium: Rostello, crudo Tivoli fumo, porchetta, guanciale e spianata romana). A marzo 2021 Fiorucci ha debuttato con la nuova linea di Snack IN a dimostrare ancora una volta la capacità del brand di rispondere alle esigenze del consumatore, che con la pandemia ha provato a ricreare in casa il ristorante e portare nelle mura domestiche trend di consumo tradizionalmente associati alla spesa fuori casa», dichiara Giovanni Sabino, dal 2018 Ceo di Fiorucci. «Senza dimenticare – aggiunge – che per ottenere certi risultati e certe soddisfazioni serve un cambio di passo e mentalità notevole nel lavoro di tutti i giorni. Ecco perché abbiamo sposato appieno un modello di Gestione Impeccabile, che deriva dalla filosofia di Sigma, in cui ogni dipendente crede responsabilmente nell’apporto che dà al proprio segmento di processo e di attività».

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STORY-LEARNING

La nuova mobilità? È digitale, multimodale e sostenibile Dopo aver realizzato le situation room per i Mondiali di Sci Alpino di Cortina 2021 e il Giro d’Italia 2021, Almaviva è pronta a supportare il Green New Deal dei trasporti in chiave di sicurezza e sostenibilità. Per Smeraldo Fiorentini, direttore generale Transportation del gruppo, «Siamo di fronte alla grande occasione di un salto digitale del settore» hanno portato a una riflessione sulla mobilità, che ha mostrato punti di fragilità in NE. Nell’ultimo anno e mezzo la mobilità ha termini di programmazione e flessibilità. senz’altro vissuto in tutto il mondo un moSecondo lei, qual è lo stato di salute del simento di pesante crisi dettato dalla pandemia stema dei trasporti in Italia? con un conseguente e improvviso crollo degli In Italia, rispetto ad altri Paesi europei che si spostamenti. Allo stesso tempo sono cambiate sono dimostrati più lungimiranti, abbiamo sofle priorità e si sono anteposti nelle scelte dei ferto di una cronica mancanza di programmaviaggiatori valori e fattori oggi preminenti: la zione e pianificazione che potesse indirizzare sicurezza e la salute, così come la sostenibilità gli investimenti verso interventi strutturali. e il basso impatto ambientale, prevalgono sui Non mi riferisco soltanto al monitoraggio dello tempi e sui costi. Il mondo dei trasporti, oggi stato di salute delle infrastrutture e alla loro in fase di forte rilancio, sta vivendo la grande manutenzione, ma penso anche a un ammoopportunità di un profondo ripensamento dernamento di tutto il sistema dei trasporti in ogni suo ambito. Con Smeraldo Fiorentini, verso modelli digitali, nativamente integradirettore generale Transportation di Almati, multimodali e sostenibili. A dispetto della viva, società italiana di innovazione digitale “cura del ferro” - che prevederebbe un magleader in piattaforme e soluzioni IT dedicate gior ricorso e un ampliamento dell’offerta dei al settore del trasporto e trasporti su rotaia in ambidella logistica, in particoto urbano ed extraurbano lare in ambito ferroviario, per abbattere le emissioni facciamo una panoramica e ridurre l’impatto amdella situazione attuale e bientale - oggi in Italia dell’occasione di rilancio viviamo uno squilibrio che si offre oggi a tutti gli modale: oltre il 90% degli operatori del comparto, spostamenti sia di passeganche e soprattutto grazie geri che di merci avviene alla digitalizzazione. su strada. Questo perché c’è di fondo un grave ritarSMERALDO FIORENTINI,DIRETTORE GENERALE TRANSPORTATION DI ALMAVIVA Gli ultimi avvenimenti ci do del sistema nel servire OGNI EVENTO DIROMPENTE NELLA STORIA PORTA UNA GRANDE TRASFORMAZIO-

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la domanda reale di mobilità. Ciò a causa di problemi legati all’accessibilità ai principali nodi economici e sociali del nostro Paese, per esempio le aree metropolitane, i siti produttivi o i poli turistici, ma anche per l’insufficienza dei collegamenti con i cosiddetti primo e ultimo miglio verso i nodi principali cioè le stazioni o gli aeroporti. C’è la volontà di “ripartire” in tutti i settori, quali sono secondo lei gli obiettivi da perseguire nel settore trasporti? Ci sono vari temi, ma non si può prescindere da quelli della sicurezza e della sostenibilità ambientale ed economica. Sulle nostre strade ogni giorno ci sono numeri dolorosi in termini di vittime, non solo, il settore dei trasporti è una delle principali cause di inquinamento nel nostro Paese. La necessità di un “green new deal” è oggi una priorità, definita anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Se vogliamo cogliere le opportunità offerte dal Pnrr dobbiamo farlo pensando sempre a migliorare la qualità della vita di tutti, nostra e delle generazioni che verranno. Per questo è importantissimo prestare la massima attenzione alla sostenibilità economica delle nuove opere, perché l’esercizio graverà sui conti pubblici. In altri termini, dobbiamo evitare interventi a pioggia e investire su un nuovo sistema dei trasporti.


Alberto Tripi - Presidente Gruppo Almaviva alla presentazione della Situation Room a Cortina 2021 Sotto, il Demo Center Moova nella sede principale del Gruppo Almaviva, a Roma (al centro in apertura)

In questo contesto qual è il ruolo della tecnologia? È un ruolo fondamentale, da vera protagonista. Le tecnologie digitali abilitano le soluzioni per colmare il gap velocemente, richiedono investimenti modesti rispetto a quelli sulle infrastrutture e portano grandi vantaggi, immediatamente percepibili e fruibili dai viaggiatori. Da questo punto di vista, in Italia siamo pronti: abbiamo le competenze, le professionalità e le tecnologie per innovare e per raccogliere le sfide della digitalizzazione. All’estero il nostro made in Italy è competitivo e apprezzato. Almaviva Transportation è già presente con le sue soluzioni e piattaforme tecnologiche sui mercati internazionali, ad esempio, di Finlandia, Regno Unito e Arabia Saudita. Quali sono i trend per il settore trasporti del prossimo futuro? Il futuro è già sotto i nostri occhi e passa attraverso la digitalizzazione, l’integrazione e la multimodalità. Della trasformazione digitale necessaria abbiamo detto, va aggiunto che le nuove soluzioni dovranno essere native, ovvero non soluzioni digitali aggiunte all’esistente ma nuovi sistemi nati già in versione evoluta con IT integrato per tutti gli operatori, per tutti i modi e per tutti i canali, già alla progettazione, e dovranno garantire al viaggiatore l'utilizzo personalizzato di un pacchetto di

trasporto pubblico e privato e di servizi complementari. Una vera e propria offerta integrata e multimodale di mobilità porta a porta. Per semplificare si potrebbe spiegare che cosa può significare questo per chi viaggia: il digitale può far parlare la stessa lingua a modalità di trasporto differenti (bus, treni, metropolitane, aerei, traghetti, car e bike sharing…) e ad aziende del settore pubbliche e private su tutto il territorio nazionale ed europeo permettendo a chi viaggia di progettare il percorso con semplicità e acquistando biglietti diversi su un’unica piattaforma con un solo gesto. Efficienza e semplicità. Qual è l’offerta Almaviva in questo ambito e come si colloca in questa visione del futuro? Come Almaviva negli ultimi tre anni abbiamo fatto un importante investimento sviluppando Moova, una piattaforma open source in linea con i trend mondiali, modulare, cloud ready, basata su standard internazionali. Moova offre un ampio spettro di servizi all’interno di un’unica suite integrata, si rivolge ai diversi operatori della mobilità, per la gestione di ecosistemi complessi, con vincoli di efficienza operativa e interoperabilità e un forte orientamento alla qualità ed alla flessibilità dei servizi. Tre sono le importanti direttrici che abbiamo seguito: la sicurezza, la sostenibilità e una

visione integrata del sistema dei trasporti. A partire dalla nostra consolidata esperienza in ambito ferroviario, abbiamo esplorato l’intero ecosistema dei trasporti. Per citare solo alcuni esempi recenti, abbiamo realizzato le situation room per i Mondiali di Sci Alpino di Cortina 2021 e il Giro d’Italia 2021 con l’obiettivo di supportare gli operatori della mobilità nella gestione ordinaria della rete e di eventuali criticità, ma anche fornire informazioni agli utenti. Infatti, i dati provenienti da diversi sistemi vengono integrati in modo da fornire una visione unica del sistema di mobilità e proporre ai cittadini informazioni puntuali e personalizzate e alle aziende un unico punto di accesso per gestire efficacemente il servizio.

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APPROFONDIMENTI

L'INNOVAZIONE PARTE DA NAPOLI Dalla consulenza all’applicazione di modelli di ingegneria avanzata, dall’assistenza nello sviluppo di prototipi all’information technology basata sulla multimedialità avanzata: ecco la Protom di Fabio De Felice UOMINI & DENARI

98 VIZI DI STATO LA STANGATA SULLE SVAPORE DAL SAPORE PROIBIZIONISTA

100 EULER HERMES ORA LE IMPRESE HANNO GLI ANTICORPI

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di Alfonso Ruffo

L'

ultimo acquisto dovrebbe dare un boost, una spinta notevole, al parco prodotti e soprattutto al fatturato. Si spiega così la decisione di Fabio De Felice, fondatore e azionista, di chiamare alla guida della Protom un manager d’alta scuola come Salvatore Rionero, classe 1966, ingegnere aerospaziale proveniente da esperienze di vertice in realtà consolidate come Aerosoft e Tecnosistem. Nata nel 1995 a Napoli con una forte vocazione alla formazione manageriale, oggi Protom fornisce a imprese e pubbliche amministrazioni una vasta gamma di soluzioni che vanno dalla consulenza all’applicazione di modelli di ingegneria avanzata, dall’assistenza nello sviluppo di prototipi a proposte dell’Information Technology basate sulla multimedialità avanzata. Il piano industriale dice che il giro di affari dovrà salire dai 14 milioni del 2020 ai 25 del 2024. Un proposito ambizioso ma raggiungibile, nella percezione di De Felice, perché se c’è un’epoca dove la cultura dell’innovazione deve permeare l’intera società è proprio quella che

stiamo vivendo. E, dunque, chi ha più filo per tessere può portare a compimento la tela. Specializzata nei settori dell’aerospazio, dei treni e dell’automobile Protom partecipa al programma europeo di ricerca CleanSky2 nell’ambito di Horizon 2020 e collabora con colossi come Airbus, Airbus Helicopters e Rolls Royce. Anche per questo ha aperto nel tempo filiali in Francia, Regno Unito e Brasile da dove vuol far partire il suo attacco al mercato Sudamericano. Al quartier generale di Napoli si affianca in Italia la sede di Milano dove l’azienda ha preso parte al progetto Elite di Borsa Italiana e Confindustria per migliorare il proprio impianto organizzativo e la capacità finanziaria in attesa di studiare il possibile sbarco a Piazza Affari. Tanta intraprendenza è stata riconosciuta con l’attribuzione nel 2018 del Premio dei Premi. «Nel campo della tecnologia – dice De Felice – stiamo attraversando una trasformazione epocale ben compresa dall’Europa che ha stanziato 1.800 miliardi per costruire una società più resiliente, ecologica e digitale».

ARRETRATEZZA DIGITALE? SIAMO IN BUONA COMPAGNIA

107 ANDAF LE TEORIE COMPORTAMENTALI ENTRANO NEL BAGAGLIO DEL CFO

108 BIP DAGLI EVANGELISTI DIGITALI NON PATACCHE, MA SOLUZIONI

111 CONFPROFESSIONI UNA NUOVA RETE DI PROTEZIONE SOCIALE

114 PRIVATE BANKER E SE METTESSIMO UN CIP SULLA CINA?

115 FONARCOM PIÙ SAI, PIÙ GUADAGNI: LO DICE IL CONTRATTO

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APPROFONDIMENTI

La stangata sulle svapore dal sapore proibizionista Il vizio di Stato della dissuasione fiscale sta mettendo in ginocchio un settore con 15 mila occupati diretti e circa 450 milioni di euro di fatturato. Ne parliamo con Umberto Roccatti, presidente dell’Anafe di Sergio Luciano

C'

è un prodotto di largo consumo meno dannoso rispetto al fumo e lo Stato lo tartassa, per di più in piena pandemia. Incredibile ma vero. È il caso delle sigarette elettroniche che esalano gusti vari all’aspirazione degli appassionati, nella quasi totalità ex fumatori di sigarette che grazie appunto allo svapo riescono ad abbandonare il fatale rotolino di tabacco in carta. «Eppure il legislatore italiano ha stangato il nostro prodotto col risultato di spingerlo pericolosamente verso la marginalizzazione, con un approccio ideologico che ricorda il proibizionismo di quarant’anni fa contro gli spinelli», si sfoga Umberto Roccatti, recentemente rieletto presidente di Anafe, l’associazione nazionale dei produttori di fumo elettronico, aderente a Confindustria: «Quando un prodotto viene reso sconveniente da una tassazione eccessiva, il consumatore si rivolge al mercato nero, che certamente non privilegia la garanzia qualitativa del prodotto né tantomeno la salute del consumatore…». La tassazione aggiunta, a valere dal 2022, sui liquidi di ricarica dello svapo somiglia più che altro ad una

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ghigliottina per il settore: 2 euro a ricarica, pari a un rincaro tra il 300 e il 500 per cento, a seconda dei prezzi di base. Niente di simile in Europa, dove la direttiva in materia risale al 2016 e non prescriveva un simile shock. Qualche rincaro – ma non di queste proporzioni – si è registrato in Lituania, Portogallo e Grecia. La Fran-

report, di ridurre i fumatori dal 25 al 5% della popolazione, fallirà. Senza il supporto dei prodotti a rischio ridotto come le e-cig quell’obiettivo rimarrà una chimera». In effetti tutti gli studi scientifici fatti dal 2007 ad oggi sulle sigarette elet-

LA TASSAZIONE AGGIUNTIVA SULLE SVAPORE È DI 2 EURO A RICARICA, PARI A UN RINCARO TRA IL 300 E IL 500 PER CENTO

cia ha alzato il prezzo del tabacco combusto a 10 euro, ma ha indicato le sigarette elettroniche come uno strumento utile a ridurre il rischio dei fumatori tradizionali esposti alle malattie fumo correlate. «Non pretendiamo di essere considerati come la panacea di tutti i problemi, però siamo sicuramente la soluzione a un grandissimo problema: quello dell’81% dei fumatori che non intende smettere di fumare o che comunque, anche se ci prova, non riesce. Nei confronti di questo esercito di fumatori irriducibili bisogna avere un atteggiamento costruttivo o l’obiettivo del Beca, il Beating cancer

UMBERTO ROCCATTI


INTEGRALISMI-BOOMERANG

QUANDO UN PRODOTTO VIENE RESO SCONVENIENTE DA UNA TASSAZIONE ECCESSIVA IL CONSUMATORE SI RIVOLGE AL MERCATO NERO

troniche dimostrano che la loro nocività è del 95% inferiore a quella del fumo, insomma fanno male quanto un caffè. Per non parlare delle sigarette a tabacco riscaldato, che nel caso di Iqos di Philip Morris International hanno ottenuto addirittura dalla Food and drug administration americana il riconoscimento della loro ridotta nocività. Nel frattempo, uno studio dell’Università di Yale ha dimostrato che il temuto fascino che gli aromi vivaci delle e-cig possono esercitare sui bambini è pressochè irrilevante per una loro eventuale iniziazione al fumo e, se subìto, meno nocivo dell’effetto analogo che continuano ad esercitare le sigarette tradizionali. «Dal 2007, quando si sono iniziati a studiare scientificamente gli effetti delle sigarette elettroniche ad oggi – aggiunge Roccatti – non c’è stata neanche un’ospedalizzazione connessa a questi prodotti. Poi, certo: giustamente gli scienziati esortano ad attendere i risultati degli studi sul lungo periodo, ma intanto è sicuro che l’impatto nocivo è del 95% inferiore rispetto al fumo». E intanto, la furia tartassatrice dello Stato ha messo in ginocchio un settore con 15 mila occupati diretti e circa 450 milioni di euro di fatturato. «Per tutte queste ragioni – conclude Roccatti - abbiamo lanciato la nostra petizione “fumo o svapo, abbiamo diritto a una scelta consapevole” che chiede alle istituzioni italiane ed europee di mettere i cittadini nelle condizioni di fare una scelta consapevole senza insuperabili dissuasori fiscali».

Negli Stati Uniti alcune città stanno vietando i prodotti aromatizzati che fanno funzionare le sigarette elettroniche, con o senza tabacco. Obiettivo: sottrarre al consumo infantile oggetti capaci di creare dipendenza. Ebbene, un osservatorio scientifico al di sopra di ogni sospetto - come quello della Yale School of Public Health – ha rilevato in uno studio che questo divieto potrebbe sortire il bell’effetto di spingere i ragazzi all’uso delle sigarette tradizionali. Dalla padella alla brace. La città di San Francisco è stata tra le prime a vietare tutti i prodotti di tabacco aromatizzati. E Yale ha effettuato un’approfondita indagine statistica rilevando che i bambini di San Francosco, che prima del divieto fumavano nella media nazionale, hanno raddoppiato la propensione al fumo delle sigarette: naturalmente già vietato ai minori, ma con un divieto praticamente aggirabilissimo. È l’eterna condanna del proibizionismo: più proibisci, più rendi attraente, o – peggio – più favorisci le alternative peggiorative dei comportamenti che stai vietando. Questo non significa – intendiamoci – che non sia giusto per lo Stato utilizzare tutte le politiche, anche fiscali, utili a favorire i comportamenti meno lesivi che i cittadini possono adottare per sé e per gli altri. Ma nella logica del “male minore”, non del bene assoluto, che in fatto di “dipendenze” è un’utopia dalle sfumature talebane. In questa compicatissima materia l'integralismo è, insomma, un boomerang. In questo senso la legislazione fiscale italiana – coerente e comprensibile come un quadro dadaista – ne ha fatte e ne fa di sciocchezze. Ma questa di penalizzare le svapore le batte tutte. Ora, premesso che Draghi non ha bisogno di consigli, se fosse possibile dargliene uno, ecco: una riformina per sanare questa sciocchezza non guasterebbe. (s.l.)

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APPROFONDIMENTI

ORA LE IMPRESE HANNO GLI ANTICORPI Riaperture, tassi d'interesse bassi e selezione del rischio: sono i driver della ripresa individuati da Euler Hermes, Ieader mondiale dell’assicurazione crediti. Che prevede un +4.4% del Pil entro fine anno di Marco Scotti

«G

uardando più da vicino alla situazione italiana, certamente possiamo affermare che nonostante alcuni inevitabili stop and go della campagna vaccinale, l’economia è destinata a crescere in mondo sostanziale sia nel 2021 che nel 2022 , rispettivamente + 4.4 e + 4.6%». La convinzione – estremamente positiva – arriva da un osservatorio privilegiato: Euler Hermes, Ieader mondiale dell’assicurazione crediti, specializzata in cauzioni, recuperi, credito commerciale strutturato e rischio politico. Grazie ad una banca dati proprietaria e a una rete di specialisti in loco, analizza quotidianamente l’evoluzione della solvibilità di aziende che rappresentano il 92% del pil mondiale. Nel 2020 Euler Hermes ha raggiunto un giro d’affari consolidato di 2,7 miliardi di euro LUCA BURRAFATO e ha coperto transazioni commerciali per un ammontare totale di 824 miliardi di euro. A spiegare con Economy quali sipossano considerarsi definitive, vanno ano le prospettive future è Luca Burraanalizzate in funzione del raggiungimenfato, Responsabile Paesi Mediterranei, to dell’immunità di gregge, che dovrebbe Medio Oriente e Africa dell’azienda parte avvenire nella maggior parte delle ecodel gruppo Allianz. Dopo 15 mesi "a bocnomie avanzate entro l’estate. Guardance ferme" ora sembra che l'economia, do alla situazione seppur zavorrata da quanto accaduto, TERMINATE LE MISURE ASSISTENZIALI italiana, possiamo STRAORDINARIE CI SI ASPETTA affermare che l’ecopossa ripartire. Ma UNA RIPARTENZA A DOPPIA CIFRA nomia è destinata a come stanno le pmi DEI TASSI DI INSOLVENZA crescere in mondo e le aziende italiane sostanziale sia nel 2021 che nel 2022 , riin genere? «I segnali di ripresa e di rispettivamente + 4.4 e + 4.6%». partenza dell’economia sono evidenti -ci La ripresa del nostro Paese, tra l’altro, spiega - insieme ad un ritrovato ottimisarà ulteriormente sostenuta dai tassi di smo. La prima grande leva per la ripresa interesse molto bassi, soprattutto perché è costituita dalle riaperture post-covid, questi livelli permetteranno di continuaormai ampiamente attivate in gran parre a finanziare il debito che continuerà a te del mondo. Tali riaperture, affinché

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SI STA ASSISTENDO A UN MECCANISMO DARWINIANO DI SELEZIONE NATURALE DELLE IMPRESE CHE PRESENTANO MAGGIORI CRITICITÀ crescere per il prossimi biennio. Un quadro però che non può esimersi da rischi e difficoltà per le imprese. Infatti, una volta terminate le misure straordinarie assistenzialiste del Governo, è attesa una ripartenza dei tassi di insolvenza a doppia cifra che porterà all’eliminazione dal mercato delle cosiddette aziende zombie. La definizione, usata anche dallo stesso Mario Draghi prima di diventare l’inquilino di Palazzo Chigi, è collegata a un altro tema importante: la garanzia sui crediti. Il tempo per il mantenimento della mano statale sembra ormai definitivamente tramontato. Per fortuna, per certi versi. Ma è innegabile che qualche preoccupazione c’è e continuerà a esserci. Anche


in materia di assicurazione del credito è tempo di tornare a un “new normal”. «Direi subito – aggiunge Burrafato - che il protocollo di riassicurazione siglato nel 2020 tra gli assicuratori del credito e il Governo in favore del tessuto industriale è stato un successo per tutto il sistema. Il plafond di 2 miliardi di euro stanziato dal Governo un anno e mezzo fa, quando lo scenario era incerto, è stato quasi completamente inutilizzato perché ci sono stati pochi sinistri, ma tutto ciò ha comunque rappresentato un evento epocale. Con la crisi del 2008 l’Italia era stato uno dei pochi Paese europei a non comprendere l’importanza di un sostegno pubblico all’assicurazione del credito in situazione di crisi sistemica ed allora nel Paese ci fu un calo del 30% delle coperture e un’esplosione dei sinistri. Questa volta c’è stato un lavoro corale dell’Ania, Sace, Confindustria e del Governo con l’apertura di un dialogo che sarà fondamentale anche per il futuro. In considerazione dell’attuale scenario di ripartenza e in sinergia con tutti gli attori, insieme con il Governo si è quindi deciso di non estendere la misura fino al termine dell’anno liberando in questo modo risorse per altre misure più urgenti per il Paese. I segnali di ripresa dell’economia insieme al Pnrr garantiranno una ripartenza solida e duratura dell’economia nazionale e all’interno di questo nuovo scenario anche l’intero comparto dell’assicurazione del credito troverà nuovi equilibri con l’intento di continuare a sostenere la crescita delle imprese nel mercato domestico ed export». Per quanto concerne il principale mercato di riferimento di Euler Hermes, cioè l’assicurazione del credito, la domanda dovrebbe ricominciare a crescere a mano a mano che i mercati si riaprono e il commercio riprende vigore. L’assicurazione del credito ha ampi spazi di sviluppo in quanto è caratterizzato da una bassa penetrazione unita a un potenziale enorme.

«Molto importante – chiosa Burrafato sarà la selezione del rischio dopo lo tsunami che ha investito i mercati mondiali, consapevoli del fatto che, allo stato, sono tutti mercati e settori che devono essere analizzati con un’ottica nuova. Se da una parte è vero che i sostegni verranno meno dall’altra stiamo finalmente uscendo dalla pandemia e soprattutto inizieranno a vedersi gli effetti del piano mostre da 235 miliardi stanziato dall’Europa per la ripresa italiana. Nel nostro caso prevediamo anzi di raggiungere il record storico di coperture delle transazioni commerciali di 100 miliardi in Italia». Quello che appare ancor più sorprendente se si pensa al periodo pandemico è che la crisi originata è stata potentissima per determinati settori, mentre altri hanno saputo trovare – è il caso di dirlo – anticorpi efficaci. Insomma, la situazione è L' ASIMMETRIA SETTORIALE DELLO SHOCK HA PORTATO A UN'AMPIA ETEROGENEITÀ TRA I SETTORI IN TERMINI DI ENTRATE E PROFITTI

per certi versi meno drammatica di quanto ci si sarebbe potuto attendere. Questo perché l’attuale crisi, a differenza dalle precedenti, non è generata da un corto circuito finanziario-economico ma bensì dall’arrivo inaspettato di una pandemia che ha colpito il mondo intero. «Quello che non si riesce ad abbattere completamente – ci spiega il numero uno di Euler Hermes Italia - è il muro dell’incertezza sull’evolversi della situazione sul piano sanitario e non solo, perché le novità sono all’ordine del giorno in un terreno ancora poco conosciuto. Anche gli strascichi sono preoccupanti se ad esempio si pensa che, in base ai dati Istat, ben 5,6 milioni di italiani sono oggi in una situazione di povertà assoluta. Vi è da dire che lo spiegamento di forze da parte delle istituzioni è imponente e molto dipende in quale misura tutti i provvedimenti troveranno attuazione. Dipenderà anche

dallo sforzo e dallo spirito di reazione di ciascuno di noi». Rimane però l’incertezza del dopo: come faranno le imprese a ripartire? Che tipo di "selezione naturale" dovremo attenderci? Il Pnrr sembra dare sufficienti garanzie di tenuta dell’intero sistema, ma bisognerà operare transizioni dolorose sia per i modelli di business, sia per le persone stesse che dovranno acquisire nuove competenze per non divenire marginali nel mondo del lavoro. «La ricetta – conclude Burrafato - sarà il combinato disposto del Pnrr insieme alla maggiore propensione di famiglie e imprese ad investire la liquidità accumulata in questo anno e mezzo di pandemia. Così come si è parlato di rischio più alto nelle persone che hanno già una o più malattie, si sta assistendo a un meccanismo darwiniano di selezione naturale delle imprese che presentano maggiori criticità (ad es., indebitamento elevato, domanda dei mercati di sbocco asfittica, difficoltà negli approvvigionamenti, struttura dei costi poco efficiente, etc.). L'asimmetria settoriale dello shock ha portato a un'ampia eterogeneità tra i settori in termini di entrate e profitti, con cali più netti del margine per i settori che affrontano le restrizioni sociali e di mobilità più dure. I colli di bottiglia in termini di offerta (materie prime, capacità di trasporto, lavoratori) manterranno probabilmente l'inflazione dei costi ai massimi da cinque anni fino alla fine del 2021. Il potere d'acquisto delle famiglie sarà sotto pressione perché il divario occupazionale (4 milioni di posti di lavoro nell'Eurozona e 10 milioni negli Stati Uniti) terrà sotto controllo l'inflazione salariale. Dopo la flessione dei fallimenti nel 2020 indotta da misure di blocco amministrativo, il nostro Global Insolvency Index prevede un aumento delle insolvenze del +14% su base annua nel 2021 (+50% per l’Italia) e del +16% su base annua nel 2022 (+10% per l’Italia)».

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APPROFONDIMENTI

E se la transizione fosse anche paesaggistica? Dal Pnrr al New European Bauhaus: il nuovo ruolo della categoria secondo Francesco Miceli, presidente del Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Franco Oppedisano

NUOVI PROGETTI, NUOVE PROSPETTIVE E, PERSINO, UN MODO PER RIAFFERMARE

strategia di contrasto al dissesto idrogeologico.

IL PROPRIO RUOLO. Dopo anni in cui la

risorsa scarsa era il denaro ed era quasi impossibile pensare in grande, l’arrivo del denaro del Recovery Fund è una grande occasione per il Paese, ma anche per gli oltre 150mila gli architetti italiani. «Le nostre competenze e le nostre idee» spiega a Economy Francesco Miceli, presidente del Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori «sono a disposizione del Paese per realizzare quella transizione ecologica che rappresenta la vera trasformazione del sistema e che investirà le nostre città ed i nostri territori. Una transizione necessaria per il futuro delle comunità che riguarderà i modi dell’abitare, del lavorare, della cultura, in cui lo spazio pubblico avrà un ruolo centrale, recuperando la sua funzione educativa». Ma trovare un equilibrio tra la trasformazione delle città e l'ambiente, uno dei temi prevalenti del Pnrr, non sarà facile. Va rivisto e ampliato il tema della rigenerazione urbana, che deve comprendere le tematiche ambientali e quelle della tutela del paesaggio. Ciò richiede attenzione alla riconversione energetica, alla protezione della biodiversità, al contrasto ai cambiamenti climatici, ma anche l’attivazione di politiche per la messa in sicurezza del territorio e, soprattutto, una

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Ha dimenticato la tecnologia. Al centro di ogni strategia rigenerativa vi è l’uomo e la sua necessità di vivere in un ambiente sano, in un contesto di qualità e di benessere psico-fisico. La tecnologia a servizio dell’uomo e non il contrario. Cosa non c’è, e avrebbe dovuto esserci, nel Pnrr italiano? Ci saremmo aspettati che il Piano entrasse nel merito delle politiche urbane per prefigurare la città del futuro. Per questo riteniamo che oltre alla riforma della P.A. quale supporto alla realizzazione del Pnrr, bisognerebbe mettere in agenda anche la riforma urbanistica, per dotarsi di strumenti più agili e flessibili che consentano, con una certa celerità, l’attuazione di queste necessarie trasformazioni. Cosa pensa delle modifiche apportate al Codice degli appalti? Per noi è centrale la qualità del progetto e, quindi, dell'architettura. È un punto per noi irrinunciabile: ci rendiamo conto che bisogna fare in fretta, ma in tema di progetto non esistono scorciato-

ie, la qualità delle realizzazioni pretende programmi integrati e progetti in grado di fare la differenza. La semplificazione è indispensabile, ma non può essere attuata in danno dell'ambiente, del paesaggio e della qualità delle realizzazioni. Risultati che possono essere raggiunti con l’introduzione dell’obbligo, per le opere pubbliche, del concorso di progettazione, gestito in maniera telematica per garantire la massima partecipazione, la competitività e una riduzione dei tempi. Il Decreto Semplificazione recupera, però, il concetto dell’appalto integrato, ovvero un unico appalto per progetto e realizzazione… È una modalità che non tiene conto del valore e della centralità del progetto e che non garantisce, oltretutto, neanche la qualità dell'esecuzione dell'opera. È valida per grandi infrastrutture in cui l'aspetto tecnologico è prevalente, ma è as-


solutamente inadatta per le opere in cui è predominante il tema dell’architettura ed è necessario mantenere la giusta separazione tra ruolo dei progettisti e quello delle imprese per assicurare un risultato di qualità. La Commissione Ue ha lanciato il New European Bauhaus. Di cosa si tratta e come potrà contribuire al futuro delle nostre città? L’idea lanciata dalla Commissione europea è molto interessante perché pone la necessità di una “rivoluzione culturale” senza la quale non saremo in grado di costruire il futuro che auspichiamo. Cultura, istruzione, ricerca ed innovazione, sono driver di sviluppo. Ma soprattutto, i principi che l’Europa ha lanciato attraverso il New European Bauhaus ci affidano il compito di costruire un ponte tra scienza e tecnologia, da una parte, e arte, architettura e cultura umanistica, dall’altra. In

L’ARCHITETTO È UN PROFESSIONISTA CHE SVOLGE UN IMPORTANTE RUOLO SOCIALE PERSEGUENDO L’INTERESSE PUBBLICO E QUINDI IL BENE COMUNE

sintesi un nuovo Rinascimento europeo ed è questo un terreno che a nostro modo di vedere va attivamente coltivato. Come immagina le metropoli post pandemia? Non più un centro e una periferia, ma una città policentrica nella quale i cittadini potranno vivere senza essere condizionati dal fattore “T”, cioè il tempo. La città dovrà distinguersi tra “modalità slow”, nel senso di poter avere a disposizione, con tranquillità, nel luogo in cui si abita, tutto ciò di cui si ha bisogno; ma anche una “modalità fast”, ossia la possibilità di collegarsi velocemente con altre parti della città. Ciò richiede una politica della mobilità e una strategia di rigenerazione urbana per superare il vecchio modello della città divisiva e articolata sulla dicotomia tra centro e periferia. Più di metà del patrimonio immobiliare italiano è stato edificato nel dopoguerra con scarsi livelli qualitativi. Gli investitori però sono sempre più orientati verso immobili certificati. Come risolvere questa contraddizione? Abbiamo un patrimonio immobiliare qualitativamente lontano dagli standard richiesti a livello europeo. Oltre a confidare nel ruolo che potrebbe avere l’applicazione della misura del Superbonus 110% per migliorare lo status degli edifici, va colta la sfida della transizione digitale per modernizzare il Paese. Ogni edificio deve essere dotato di una sua “storia digitale” che consenta di conoscere la sua storia fin dalle origini. Una Banca dati che deve essere messa a disposizione dei professionisti per facilitare interventi anche e soprattutto in termini di legittimità e sicurezza. Nuove costruzioni o rigenerazione di spazi esistenti? La riqualificazione dei centri storici così come gli interventi sulle aree industriali

dismesse e la rigenerazione delle periferie, faranno sempre più parte, nel prossimo futuro, delle politiche di trasformazione e rigenerazione urbana. Le città non devono crescere, sono cresciute abbastanza e oltre ogni limite. In Italia ci sono 155 mila architetti, ma non c’è una legge sull’architettura. In un incontro con il ministro della Cultura Dario Franceschini si è convenuto sulla necessità di “colmare la lacuna” dell’assenza nel nostro Paese di una Legge sull’Architettura. Il ministro ha sottolineato anche “la necessità di promuovere il ruolo dell’architettura nel raggiungimento di uno sviluppo autenticamente sostenibile e nel miglioramento della qualità della vita dei cittadini, così come dell’armonia delle comunità”. Metteremo tutto il nostro impegno perché ci si doti di una Legge sull’Architettura che riteniamo essere un obiettivo di valore per l’intera società. Le archistar sono un punto di riferimento o un problema per la categoria? Nell’immaginario collettivo introducono elementi di valutazione del fare architettura che sono lontani dalla realtà della professione. Rappresentano, in un certo senso, la visione distorta di un sistema: si offusca il lavoro che l’intera comunità degli architetti svolge quotidianamente a favore dei cittadini. Credo che il periodo delle archistar sia all’epilogo nel senso che si sta, via via, affermando la consapevolezza che l’architetto è quel professionista, con competenze tecniche e culturali, che ricerca le soluzioni per interpretare i bisogni concreti delle persone: in buona sostanza ritengo che bisognerà far prevalere un’altra visione, cioè quella che l’architetto è un professionista che svolge un importante ruolo sociale perseguendo l’interesse pubblico e quindi il bene comune.

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APPROFONDIMENTI

ARRETRATEZZA DIGITALE? IN EUROPA È MAL COMUNE Inventiamo poco, ma il resto del Vecchio Continente non è messo meglio di noi. Parola di Maximo Ibarra, già ceo di Wind e di Sky, oggi alla guida di Engineering e a capo della task force sulla Digital Transformation del B20 di Marco Scotti

«OLTRE IL 60% DEI CITTADINI EUROPEI NON HA COMPETENZE DIGITALI DI BASE. E UNA QUOTA ANALOGA DI PMI HA CHIARO CHE DEVE MIGLIORARE IL PROPRIO POSIZIONAMENTO TECNOLOGICO MA NON HA ANCORA CAPITO COME FARLO». A tratteggiare que-

sto ritratto con molte ombre della competenza del Vecchio Continente sulle nuove opportunità offerte dal progresso è Maximo Ibarra. Già ceo di Wind e di Sky, oggi il manager colombiano guida Engineering. Ed è soprattutto a capo della task force sulla Digital Transformation del B20. Si tratta del principale engagement group del G20, espressione del mondo delle imprese a livello globale. A guidare l’intera organizzazione c’è Emma Marcegaglia, perché la presidenza di turno spetta proprio all’Italia. Ma dunque, dopo aver ricevuto il primo “assegno” da 25 miliardi dall’Europa per il Pnrr ora c’è da costruire una cultura che riguardi le competenze, la complessità, ma anche l’uso delle nuove tecnologie. Ibarra, di digitalizzazione si parlava già prima del Covid: l’accelerazione impressionante impressa dalla pandemia rischia di portare a un’evoluzione incompleta “a salti”? Il Coronavirus, con le sue terribili conseguenze, ci ha però offerto un’opportunità unica: ci ha fatto capire che le tecnologie che erano già nei nostri ecosistemi da una quindicina d’anni potevano perfino avvicinarci. È il caso dei sistemi di videoconference, che ha sicuramente migliorato produttività e modalità d’interazione. Non ci venga a dire che dal Covid usciremo migliori… No, anche perché il rischio di creare un’ul-

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MAXIMO IBARRA

teriore polarizzazione tra chi ha accesso ai servizi migliori e chi non può contare su infrastrutture adeguate è sempre più concreto. Però è indubbio che la tecnologia apra mondi enormi. Poi certo serve trovare il modo di incrementare l’inclusività. La nostra task force ha spinto molto sul concetto di responsabilità sociale. E non si tratta di uno slogan vuoto. Per migliorare le infrastrutture possiamo appoggiarci anche ai colossi del tech? Musk con Starlink vuole portare internet a tutti, Facebook sta studiando progetti analoghi: è un bene o si rischia di dare ancora più potere ai giganti? È un bene che ci siano delle aziende che mettano sotto pressione lo status quo, lo sfidino a evolversi. Queste compagnie fanno da stimolo anche per quanto riguarda l’adozione di nuove tecnologie come blockchain o intelligenza artificiale. Però un rischio concreto c’è: che questi colossi

diventino gli unici player sul mercato, cannibalizzando il sistema industriale. Sarebbe opportuno, come avviene nel mondo del cloud, che vi sia una pluralità di attori. E per fare questo serve una regolamentazione efficace nei paesi per evitare squilibri dannosi. Fermandoci un momento all’Italia, dopo l’innamoramento per il progetto “rete unica”, ora l’attenzione si è spostata sulla neutralità tecnologica caldeggiata dal ministro Colao. Lei che cosa ne pensa? Sono completamente d’accordo con Colao. Quando guidavo un’azienda di tlc in Olanda - Kpn, ndr - l’obiettivo era impiegare la tecnologia più corretta a seconda delle esigenze. E dunque: la banda ultralarga ha un’applicazione importante a seconda della densità della popolazione. A Roma o Milano è ovvio che serva il Ftth, la fibra fino a casa. In aree meno popolose, invece, può bastare la Fttc, cioè fino all’armadio


stradale e da lì una diramazione di nodi alle case; oppure anche Fwa, il wireless ultraveloce adatto per le zone non raggiunte dalla fibra. Fare delle verticalizzazioni troppo nette è un errore strategico imperdonabile. Rimane anche da capire che cosa si fa con la connessione veloce: non dovremo solo andare più rapidamente sui social, no? Naturalmente no. Se saremo sufficientemente intelligenti però riusciremo a trarre un grande insegnamento dalla pandemia, cioè che la tecnologia può essere un validissimo alleato per studiare e lavorare, per la condivisione di documenti o di competenze. E poi stiamo per assistere all’arrivo di altre tecnologie, come la realtà aumentata e quella virtuale, che diventeranno molto pervasive. Oggi sono già disponibili per il mondo dei videogiochi, ma un domani potranno essere utili per il mondo medicale, per effettuare la manutenzione dei macchinari. Quanto tempo ci vorrà perché diventino tecnologie di massa? Secondo me non più di due o tre anni. L’impiego della realtà aumentata nella quotidianità avverrà a breve. All’inizio magari ci sentiremo un po’ strani con i visori, ma siamo davvero vicini. Torniamo al Pnrr: si punta moltissimo sulla digitalizzazione e sulla transizione green. Come spendere bene questa montagna di denaro? In Italia lo stiamo dicendo da molti anni: servono riforme strutturali che permettano di snellire la burocrazia e i suoi vincoli. Prendiamo il grande tema delle autorizzazioni per i lavori nella pubblica amministrazione: urge trovare un modo per sveltire le procedure, in modo da non scoraggiare l’iniziativa privata. Già questo sarebbe un punto di partenza straordinario. Per il resto ritengo che le priorità del Pnrr in materia di digitalizzazione siano tre: una collaborazione pubblico-privato nelle aree a fallimento di mercato per la banda ultralarga; prendere in mano, una

volta per tutte, l’enorme tema delle competenze, sia riguardo ai lavoratori, sia per quanto concerne la scuola; creare le condizioni per una collaborazione tra pubblico e privato in materia di ricerca e sviluppo. E serve un sostegno ulteriore per quelle tecnologie che richiedono un orizzonte temporale un po’ più lungo. Per non indulgere nella solita retorica dell’Italia arretrata: come siamo messi in Europa per quanto concerne la digitalizzazione? Maluccio, al momento. L’investimento in IT in Italia rispetto al Pil è tra i più bassi del continente, siamo a circa metà rispetto a Spagna e Portogallo. Ma proviamo a ribaltare il concetto: anche senza Pnrr è naturale che ci saremmo concentrati per colmare questo gap. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà uno stimolo aggiuntivo potentissimo. Poi con la nostra IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA SARÀ UNO STIMOLO POTENTISSIMO A COLMARE IL GAP CON I PAESI PIÙ AVANZATI

task force abbiamo creato una digital library di casi d’uso a livello mondiale per quanto concerne i servizi digitali. Non bisogna reinventare la ruota, ma usare quello che c’è già a disposizione. Avere esempi pratici da cui partire farà bene a tutti, non solo all’Italia. Perché non immaginare dei poli d’eccellenza europei per le singole tecnologie? È una proposta suggestiva, avviene già così nei singoli Paesi e ora potremmo provare a farlo anche a livello continentale. Però serve che l’Europa inizi a ragionare in maniera più coesa. Una mano gliela può dare anche il B20: ci vuole raccontare quali sono i compiti di questa associazione e, in particolare, della task force che lei guida? Il B20 è un dei principali engagement group del G20. Al momento, proprio come il G20, è a presidenza italiana con Emma Marcegaglia. Si compone di 8 task force,

una delle quali è proprio quella della digital transformation che io presiedo. Si compone di circa 120 membri, executives che fanno parte delle principali realtà aziendali del mondo. Stiamo lavorando a un documento che verrà poi presentato al G20. Alcun numeri: nel 2022 circa il 60% dell’economia mondiale sarà stata attivata da processi di digitalizzazione, ma il rovescio della medaglia è la metà della popolazione mondiale non ha accesso a internet. Gli obiettivi della task force sono prima di tutto colmare il gap infrastrutturale. Oggi abbiamo nel mondo 80 zetabyte di dati, una cifra enorme che triplicherà nei prossimi due anni e mezzo. Dobbiamo quindi dotarci di reti in grado di trasportare questa mole di informazioni. È importante una regolamentazione comune e omogenea: molti paesi non hanno norme sul tema dei dati. La tecnologia avanza in maniera esponenziale, l’ingegneria sociale in maniera lineare: serve uno sforzo importante per mettersi d’accordo sui principi di base dei big data in modo che ci sia un flusso di dati tra paesi, tutelando al contempo sicurezza e privacy. E infine serve anche incentivare la domanda, in modo che la conoscenza delle potenzialità del digitale diventi ancora più completa. In conclusione rimane il tema delle competenze scolastiche e lavorative: che cosa si deve fare? Nel mondo abbiamo tutti gli stessi problemi, non è solo l’Italia a dover migliorare sotto questo punto di vista. Però da noi serve uno sforzo per incrementare la presenza delle scuole orientate alle discipline Stem. Spesso è anche solo una questione di “naming”: in Italia gli istituti tecnici sono snobbati perché abbiamo una cultura del liceo. Basterebbe chiamarli licei tecnologici e il gioco sarebbe fatto. Poi c’è anche da dire che serve una pluralità di competenze: i colossi del tech cercano persone con formazione umanistica perché serve conoscere l’essere umano prima di tutto.

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APPROFONDIMENTI

«Solo la deregulation può far ripartire l'Europa» Per rendere dinamicamente efficiente l'economia non basta la riforma fiscale: serve anche quella monetaria. È la visione di uno dei più autorevoli attuali esponenti della scuola austriaca, Jesús Huerta de Soto di Riccardo Venturi

LIBERALIZZARE I MERCATI, NON FAR LEVA SULLA SPESA PUBBLICA, DISMETTERE IL QUANTITATIVE EASING. È la visione di uno dei più autorevoli attuali esponenti della scuola austriaca o di Vienna, Jesús Huerta de Soto, docente di Economia Politica alla Universidad Rey Juan Carlos di Madrid, che in questa intervista a Economy avverte: la riforma fiscale va accompagnata da una riforma monetaria.

Prof. Huerta de Soto, quali conseguenze ha prodotto la pandemia sulle imprese? Il Covid 19 ha consolidato certi cambiamenti nelle abitudini di consumo della popolazione che richiedono un adattamento nel modo di fare impresa. Lo stiamo vedendo con la diffusione del commercio elettronico, il maggior uso di certi mezzi di pagamento, e la generalizzazione delle videoconferenze nel mondo degli affari e dell'istruzione. In qualsiasi economia di mercato la struttura produttiva si adatta continuamente, in modo graduale e non traumatico, ai cambiamenti nelle preferenze dei consumatori. Affinché gli imprenditori possano individuare e sfruttare le opportunità di guadagno che stanno emergendo nei suddetti settori, tuttavia, è fondamentale che l’economia sia dinamicamente efficiente. È una parola. Come si fa? È necessario liberalizzare tutti i mercati e, in particolare, il mercato del lavoro e quello del resto dei fattori di produzione, eliminando

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tutte le regolamentazioni che irrigidiscono l’economia. Inoltre, il settore pubblico non deve sprecare le risorse che sono necessarie alle imprese e agli agenti economici per costruire la ripresa. Si deve quindi procedere verso una riforma fiscale che lasci il maggior numero di risorse nelle tasche dei cittadini e, soprattutto, che liberi il più possibile dalla tassazione i profitti, i segnali a cui attingono gli imprenditori per individuare ed intraprendere gli investimenti più redditizi, e l'accumulazione di capitale, conditio sine qua non per elevare la produttività del lavoro e i salari reali. Come vede il ruolo di Bruxelles? L’intento delle nazioni europee di far leva sulla spesa pubblica, attraverso i meccanismi messi in atto dall’Unione Europea con il suo roboante programma Next Generation EU andrebbe visto con preoccupazione. Questo programma prevede, principalmente attraverso il Recovery and Resilience Facility, lo stanziamento di 750 miliardi (390 di trasferimenti e 360 sotto forma di prestiti a buon mercato) tra i 27 Stati membri per finanziare la transizione ecologica, la digitalizzazione, lo sviluppo infrastrutturale e l’inclusione sociale. Quando arriveranno, nell’estate del 2021, i miliardi da Bruxelles sotto forma di fondi non rimborsabili, è probabile che le economie dell’eurozona si staranno già riprendendo autonomamente e, quindi, che questa pioggia di soldi devierà le risorse scarse che sono essenziali al settore privato

per avviare e completare i progetti d’investimento necessari per la ripresa. E quello di Francoforte? Altrettando preoccupante è la politica monetaria ultra-allentata (massicce dosi di nuovo denaro, quantitative easing, tassi d’interesse a zero) portata avanti dalle banche centrali come la Bce. Oltre ad impedire che vengano rettificati gli errori d’investimento commessi in passato e bloccare qualsiasi incentivo politico di realizzare le riforme strutturali che ridarebbero competitività all’eurozona, man mano che ci avviciniamo alla normalità e le persone sentono di non aver più bisogno di mantenere saldi di cassa così alti, queste politiche rischiano di generare una forte inflazione dei prezzi, con ripercussioni gravi sui mercati finanziari. Lo stiamo già iniziando a vedere. Il prezzo dei prodotti agricoli continua a salire e ha raggiunto il massimo degli ultimi tre anni; e lo stesso sta accadendo con i noli e molte altre materie prime (minerali, petrolio, gas naturale) che stanno raggiungendo prezzi record. Come evitare questi rischi? La riforma fiscale va accompagnata da una riforma monetaria. In assenza di un quadro monetario stabile che disciplini gli agenti economici e i governanti, come lo fu imperfettamente l’euro prima che avesse inizio il quantitative easing nel 2015, nessuna economia può riprendersi in maniera sostenibile e, soprattutto, nessuna libertà può esser garantita.


in collaborazione con ANDAF

Le teorie comportamentali entrano nel bagaglio dei Cfo I Chief financial officer sono un'azienda nell'azienda. Per il ruolo amministrativo anche la psicologia diventa un prezioso strumento di lavoro, perché evita di perdere ore e ore a causa di incomprensioni o atteggiamenti non riconosciuti (e quindi non gestiti) in tempo di Carmine Scoglio e Paola Maiorino

L

a nostra associazione è da tempo in prima linea nel ridefinire il ruolo del Cfo in un mondo in continua evoluzione, in cui l’avanzamento tecnologico ci costringe a rivedere rapidamente i profili ed i ruoli professionali. Inutile poi ricordare le eccezionalità che abbiamo vissuto in questo ultimo anno, che hanno richiesto uno sforzo gestionale agli apicali di portata ben superiore alla media. Sono riflessioni che nell’ultimo periodo hanno evidenziato con forza quanto il nostro lavoro ormai sia qualcosa da esaminare a tutto tondo e quanto le competenze richieste debbano essere non solo tecniche ma anche relazionali, empatiche e gestionali. Questo vale anche e soprattutto per quel piccolo universo che è gestito dai Cfo. Una delle teorie che più ci ha colpito nella nostra esperienza è quella che appartiene ad Eric Berne, il quale, dopo anni di studi, a partire dalla fine degli anni 40 formulò quella che definì “Analisi Transazionale”. La maggior parte di noi, nell’ascol-

PAOLA MAIORINO

tare solo la terminologia, probabilmente pensa a qualcosa estremamente distante dal mondo amministrativo. In realtà acquisire anche solo alcuni spunti dagli studi di questo famoso psicologo canadese, può aiutare le aziende a gestire meglio le risorse ed è innegabile che questo è uno degli elementi che consente di raggiungere gli obiettivi in modo rapido e qualitativamente migliore. Berne si rese conto che nel nostro modo di interagire con gli altri manifestiamo, alternandoli, tre diversi “stati dell’Io”, ovvero bambino, adulto e genitore.Una persona equilibrata usa tutti e tre gli stati, ponendosi in quello più adeguato alla situazione in corso. Ma riesce anche in un’altra azione importantissima: riconoscere in quale stato dell’Io si trova il suo interlocutore. Sviluppare en-

CARMINE SCOGLIO

trambe le consapevolezze, quella su stessi e quella sugli altri, permette soprattutto di: avere conversazioni efficaci (non solo con chi ti ascolta, ma anche con il tuo “Io” interiore); evitare malintesi; sviluppare l’empatia. Secondo recenti studi, quasi il 50% dei lavoratori perde un quinto del tempo a cercare di risolvere contrasti e incomprensioni e questo causa conseguenze a vari livelli, quali il malessere nei lavoratori, la perdita di motivazione e soprattutto la disaffezione nei confronti dell’azienda. Se una situazione simile si protrae nel tempo senza essere gestita, sono intuibili le inevitabili conseguenze a livello economico, produttivo, di immagine, ma soprattutto umano: in particolare infatti perdere un lavoratore significa perdere la sua “memoria

storica” nell’azienda e il suo valore unico come persona. Questo è quanto mai vero nel mondo amministrativo, mondo in cui oggi siamo chiamati a rispondere appunto ai cambiamenti in tempi brevissimi, e questo richiede ai responsabili di possedere un mix di competenze che spaziano tra tecnologia, esperienza e capacità organizzativa e di gestione. Su questo ultimo aspetto le teorie comportamentali possono esserci di grande aiuto: la capacità di interpretare i vari atteggiamenti dei nostri collaboratori e di gestire quindi il coordinamento con una chiave di lettura diversa spesso può fare la differenza. Quanti di noi possono portare ad esempio ore di lavoro perse per meccanismi che nulla hanno a che fare con la tecnologia o con la competenza, ma semplicemente legati ad incomprensioni o atteggiamenti non riconosciuti e quindi non gestiti in tempo? Il ruolo amministrativo ormai sta cambiando pelle, con una velocità tale da richiedere a chi lo guida di tenere conto di un consistente numero di variabili: il Cfo rappresenta un’azienda nell’azienda e il ruolo che stiamo disegnando, anche noi come associazione, lo vede protagonista di una realtà complessa e variegata, che lo obbliga ad ampliare il proprio raggio di azione. La formazione continua è una delle chiavi necessarie.La conoscenza degli studi di Berne potrebbe creare una consapevolezza che genererebbe un meccanismo virtuoso che, oltre ad essere importante per la persona, aiuterebbe l’intera azienda ad assumere una veste nuova indispensabile per il nuovo domani.

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APPROFONDIMENTI

«È l'ultimo treno per il digitale chi ci sale ha grandi chance» Nino Lo Bianco, fondatore e presidente di Bip - che in 18 anni è cresciuta fino a contare oggi 3500 risorse e 320 milioni di fatturato in 12 Paesi racconta la nuova fase del suo gruppo. E la nuova sfida che attende l'Italia di Sergio Luciano

«ABBIAMO UN PIANO INDUSTRIALE MOLTO PRECISO CHE PUNTA A TRIPLICARE LA NOSTRA REALTÀ. A COLLOCARLA FRA ALCUNI ANNI TRA LA DECIMA E LA VENTESIMA POSIZIONE NELLA CLASSIFICA MONDIALE DELLE SOCIETÀ DI CONSULENZA, DALLA QUARANTESIMA CHE OCCUPIAMO OGGI.

Siamo entrati in una nuova fase di grande sviluppo. A settembre Bip compie 18 anni: ecco, viviamo una transizione da azienda minorenne ad azienda maggiorenne»: parola di Nino Lo Bianco, fondatore e presidente di Bip, ossia la più dinamica tra le società di consulenza strategica del mondo per la velocità con cui è cresciuta, in questi suoi diciott’anni scarsi, fino a contare oggi 3500 risorse e 320 milioni di fatturato in 13 Paesi con 20 uffici e l’86% dei clienti che rinnovano la loro relazione con l’azienda per un periodo superiore ai sei anni. Ma il più diciottenne di tutti, a sentirlo parlare, è sempre lui, Lo Bianco, per quanto l’anagrafe dica il quadruplo. Perché la visione, e anche la determinazione a rimettersi sempre in gioco, insieme a un team di veri partner e non di meri follower, è un biglietto da visita raro che distingue l’azienda che ha fondato. Clienti fedeli, team stabile nella crescita ma proprietà un po’ cangiante: visto che per la terza volta in sette anni avete cambiato socio di riferimento. Nel 2013 la maggioranza venne acquisita da

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Argos-Soditic, che la tenne per quattro anni cedendola poi ad Apax France che ora dopo tre anni la cede a Cvc. Tutti guadagnandoci bene, e bravi voi che l’avete reso possibile. Però… Solo una parte della proprietà è stata mutevole, quella istituzionale. Non la parte che fa capo a noi partner, che siamo gli imprenditori qui in Bip. Non a caso anche in questa fase reinvestiamo circa 100 milioni. Però sì: il nuovo corso ci catalizza anche perché nasce con un programma più ambizioso e più proiettato avanti nel tempo. Avevamo bisogno di un compagno di viaggio per un percorso lungo, non per una gita domenicale. Un partner vero, deL'86% DEI CLIENTI DI BIP RINNOVA LA LORO RELAZIONE CON L'AZIENDA PER UN PERIODO SUPERIORE AI SEI ANNI

ciso a scommettere sul lungo termine. E questo fondo ci dà le maggiori garanzie in questo senso, vista la storia, la cultura e le dimensioni. Ci sono fondi e fondi insomma… Io distinguerei due categorie. I fondi hands-off, come Argos e Apax. Cioè: “Io metto i quattrini, tu ogni tanto m’informi su quel che stai facendo, ma fai tu”. E ci sono fondi hands-on, che dicono “Io vengo in azienda per fare co-management. Le nuove strategie e le risorse chiave li scegliamo insieme”. Per un’impresa, qualsiasi impresa, è molto importante scegliere

bene se cercare come compagni di viaggio un fondo dell’uno o dell’altro genere. Ora con la nostra barchetta vogliamo affrontare l’oceano, per non essere più – come nonostante tutto siamo ancora – un’impresa troppo nazionale e diventare globali, pur salvaguardando la nostra identità. E avevamo bisogno di un fondo globale di tipo hands-on. Altro che barchetta, con 3500 persone… No, no: siamo ancora troppo piccoli e troppo locali. Ma possiamo fare moltissimo, e sa perché? Perché siamo giovani… Siamo un ragazzetto con meno di 18 anni ma tanti ormoni. I nostri competitor sono colossi, ma sono come vecchi elefanti nati nell’Ottocento. Due secoli di là, diciotto anni di qua. E’ questo il nostro vantaggio competitivo. Viviamo nel secolo dell’ubiquità, del poliglottismo, la globalizzazione di cui ci siamo riempiti la bocca per anni è ormai reale, non più una visione di pochi economisti ma un fatto concreto che riguarda tutti noi, dal cattedratico al portinaio del suo palazzo, che attraverso Amazon una sera di un sabato compra un oggetto prodotto in Costarica spendendo la metà


di quel che spenderebbe sotto casa e ricevendolo il giorno dopo. È una nuova era storica e soltanto noi siano nati in questo secolo. Abbiamo uno staff giovane, gran parte nativo digitale, e ne stiamo approfittando. Non a caso stiamo recuperando in competitività, per le competenze che ci troviamo in casa, densamente presenti nelle persone giuste perché giovani, digital consulenti che mangiano pane e big data, che respirano cybersecurity, che sanno fare le cose che dicono ai clienti di fare. I nostri competitori sono in cuor loro timorosi rispetto alle cose che suggeriscono agli altri di fare, in attesa dell'età della pensione. Complimenti ma… e lei, andare in pensione, no? Non mi sono mai crogiolato in nessuna confort-zone, eppure mai come adesso ce ne stiamo costruendo un’altra dove potremo stare bene per i prossimi 30 anni. Siamo cresciuti tantissimo per linee interne e con un paio di acquisizioni chiave. Oggi copriamo l’intera stringa del digitale, dalla progettazione all’intervento alla rettifica alla sicurezza. E’ questo il

OGGI CI SONO ENORMI OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA NEL DIGITALE. E PER NOI CON CVC SI AVVICINA IL SOGNO DI DIVENTARE UN GRUPPO GLOBALE

vantaggio competitivo che ci ha permesso di fare la nostra più importante acquisizione degli ultimi anni, la Chaucher, la maggiore società indipendente di consulenza inglese, battendo i concorrenti grazie alla natura strategica della nostra offerta, basata sul know how. Ed è stata la prima volta in cui un’impresa di un Paese BIP OGGI COPRE L'INTERA STRINGA DEL DIGITALE: DALLA PROGETTAZIONE ALL'INTERVENTO E ALLA RETTIFICA

latino ha acquistato una società di consulenza anglosassone… Abbiamo comprato perché siamo diventati attrattivi. Per me, che faccio questo lavoro da oltre 50 anni e ho sempre patito di essere tributario di know-how, per me che ho venduto Telos a Deloitte perché non pensavo di poter diventare internazionale, partire alla conquista dei mercati internazionali con un fondo che ci darà i mezzi per acquisire grandi operatori in Usa, Germania o Francia e diventare un player di assoluto rispetto, è una sfida elettrizzante. E’ da sempre il nostro sogno.. E per realizzarlo, Cvc è il compagno di strada giusto. E’ il fondo più attivo in Italia. Quando con la crisi 2008-2009 quasi tutti i grandi fondi si erano ritirati, loro continuarono a comprare. Merito anche di Giampiero Mazza, country head e partner mondiale di grande prestigio. Allarghiamo il discorso: che ripresa prevede, per l’Italia? L’Italia uscirà dalla crisi con slancio ma tanti debiti. I programmi pubblici sono interessantissimi ma non sono poi così industriali come potrebbero. C’è stata una crescita della liquidità incredibile. Ma spesso le famiglie imprenditoriali hanno venduto o stanno vendendo le loro aziende per custodire il ricavato in family-office che fanno investimenti finanziari. Eppure oggi ci sono enormi opportunità per l’Italia: nel digitale. Il problema è che

siamo ancora troppo indietro su questo fronte. Spero caldamente che Colao e Cingolani creino nuove condizioni di sviluppo, aperte ai giovani. Un sessantenne non si riconverte facilmente al business digitale, non lo capisce, spesso usa a malapena lo smartphone. I giovani sì, ma non hanno capitali; i capitalisti che li hanno sono spesso restii a investire nel digitale. Eppure anche le aziende tradizionali avrebbero bisogno di una fortissima modernizzazione per funzionare bene. Tutto l’e-procurement va ripensato in maniera sostanziale, l’uso dei dati va implementato, diventare globali è un must, riuscire a vendere in Cina è essenziale, e non facile. I primi venti imprenditori oggi più ricchi del mondo trent’anni fa non avevano un dollaro. È cambiato tutto. È la prima volta nella storia che ci si arricchisce con servizi e prodotti immateriali, più che con attività fisiche che si producono. I 1300 unicorni censiti finora avevano ed hanno poche presenze in Ue: sono tutti negli Usa, in Cina, in Corea. Senza una presenza in attività capaci di raggiungere questi risultati, il nostro paese non va da nessuna parte. Parla da evangelista digitale. Eppure c’è in giro tanto disinganno da bit, tanta frustrazione digitale. Non trova? Se ti innamori di un’auto da sogno, ti sveni per comprarla, ma non hai la patente e la lasci in garage a guardarla, certo che ti frustri. Comprare programmi e device non vuol dire essere digitali. Io posso raggiungere chiunque nel mondo in ogni momento e avere risposte immediate ma devo sapere cosa fare di questa opportunità. Alcuni hanno comprato cose che non sanno utilizzare o si sono rivolti a qualcuno che gli ha venduto sogni inadeguati alle loro realtà, e non soluzioni. Ma altro che frustrazione: il successo nel futuro, mi creda, nascerà solo dal digitale.altro che frustrazione: il futuro, mi creda, è digitale.

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APPROFONDIMENTI

Così finanzieremo le città del futuro Liuc – Università Cattaneo e Unece (United Nations economic commission for Europe) hanno dato vita a ExSUF, centro di eccellenza sulla finanza sostenibile per le infrastrutture e le smart cities di Riccardo Venturi

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e città devono diventare più sostenibili, oltre che inclusive e sicure. È l’obiettivo numero 11 dell’Agenda 2030 dell’Onu, il cui raggiungimento appare ancora più urgente dopo quasi un anno e mezzo di pandemia. Per dare un contributo in questa direzione, la Liuc – Università Cattaneo e Unece (United Nations economic commission for Europe), la commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, hanno dato vita a ExSUF, centro di eccellenza sulla finanza sostenibile per le infrastrutture e le smart cities. Un’iniziativa che mira a dare supporto ai governi nazionali e locali per una ricostruzione sostenibile durante la fase di ripresa economica. «Con la pandemia c’è stato non un cambio di direzione, ma un’accelerazione di dinamiche che già esistevano» dice Paola Deda, direttore Forests, land and housing division di Unece, «come lo smartworking, che c’era già ma si stava sviluppando lentamente. Già prima della pandemia si sapeva che le città devono essere trasformate e divenire più sostenibili, per esempio con soluzioni basate sulla natura: si pensi che tra le strade alberate e quelle che non lo sono d’estate c’è una differenza di temperatura fino a 5 gradi, o all’importanza di utilizzare più legno e meno cemento nella costruzione degli edifici». Un discorso analogo vale per i tra-

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sporti urbani. «Anche prima del Covid si era coscienti di dover ridurre il numero di auto private, fare più piste ciclabili e potenziare il trasporto pubblico» sottolinea l'architetto Deda, «ma con la pandemia c’è stato uno shock psicologico collettivo: così come ci si è resi conto che gli spazi della città vicino a casa hanno un’importanza cruciale, si è cominciato a andare molto più a piedi e in bicicletta. Oggi si fa largo il modello “15 minutes city”, cioè l’esigenza di poter andare a piedi in 15 minuti dove se ne ha bisogno, con il ritorno a una vita più di quartiere». Grazie a ExSUF la Liuc entra a far parte di una rete di centri europei e nordamericani che perseguono gli scopi stabiliti dallo statuto delle Nazioni Unite attraverso reciproci scambi di esperienze, condivisione di conoscenza, formazione e ricerca, progetti concreti per migliorare la qualità della vita nelle città. Avvalendosi dell’esperienza specialistica disponibile presso le istituzioni ospitanti, i centri lavorano a livello nazionale e/o internazionale. Obiettivo del network è migliorare le capacità dei funzionari governativi locali e nazionali a favore dello sviluppo concreto di politiche urbane sostenibili, rendendo più semplice la valutazione di opportunità di finanza sostenibile e di finanziamenti innovativi per concretizzare i progetti infrastrutturali e di smart city. «La

PAOLA DEDA

componente finanziaria è essenziale per raggiungere gli obiettivi» rimarca il direttore di Forests, land and housing division di Unece, «se c’è una chiara comprensione del fatto che è necessario mettere le risorse adeguate per andare in direzione della sostenibilità, allora la transizione diventa più facile. Oggi ci sono strumenti sul mercato in questa direzione, e c’è una maggiore coscienza. Anche dopo la crisi finanziaria del 2008, provocata da una bolla immobiliare, l’Unece stilò delle linee guida per rendere gli investimenti immobiliari più sostenibili, che poi sono state riviste dal punto vista degli Sdg (i 17 obiettivi Onu dell’Agenda 2030)». Il centro di eccellenza nasce alla Liuc come progetto speciale del Rettorato, sulla base, inoltre, delle competenze maturate nel Centro sulla finanza per lo sviluppo e l’innovazione della Liuc Business School diretto dalla professoressa Anna Gervasoni, presidente di ExSUF e professore ordinario di Economia e gestione delle imprese alla Liuc. «La transizione verso la sostenibilità sta arrivando sia dall’alto che dal basso» aggiunge l'architetto Deda, «da una parte ci sono i governi a dare raccomandazioni sulle città smart e i finanziamenti sostenibili, dall’altra i cittadini che chiedono sempre più città diverse: la pandemia è stato in questo senso un acceleratore».


in collaborazione in collaborazione con CONFPROFESSIONI con ANDAF

Una nuova rete di protezione sociale Operativo il Fondo di solidarietà che gestirà l’integrazione salariale in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa dei dipendenti. Stella: «Un passo avanti verso l’universalità delle tutele. Adesso coinvolgere i fondi interprofessionali per coniugare politiche attive e passive» di Giovanni Francavilla

«N

asce una nuova rete di protezione sociale per garantire l’occupazione negli studi professionali. Il nuovo Fondo bilaterale di solidarietà per gli studi professionali rappresenta, infatti, un importantissimo strumento per la protezione dei lavoratori e la nostra intenzione è quella di coinvolgere i fondi interprofessionali per coniugare efficacemente politiche attive e politiche passive». Con queste parole, il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha salutato la pubblicazione della circolare Inps n. 77/2021 del 26 maggio scorso che, dopo la nomina del Comitato amministratore, rende operativo il Fondo che dovrà gestire l'assegno ordinario di integrazione salariale nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa negli studi professionali. Il Fondo di solidarietà ha lo scopo di fornire ai dipendenti dei datori di lavoro del settore delle attività professionali, che occupano più di

GAETANO STELLA

tre dipendenti, una tutela in del Ministero dell’Economia costanza di rapporto di lavo- (Vitaliana Vitale). ro a sostegno del reddito, nei Sono tenuti all’iscrizione al casi di riduzione o sospen- Fondo i datori di lavoro del sione dell'attività lavorativa, settore delle attività profescompresi gli apprendisti con sionali che occupano mediacontratto di apprendistato mente più di tre dipendenti professionalizzante. individuati in base ai codici Costituito nell’ottobre del Ateco definiti dalla circolare 2017 con l’accordo tra Con- Inps 77/2021. Le prestazioni fprofesdel Fonsioni e le do di soL'ASSEGNO ORDINARIO organizza- DEL FONDO DI SOLIDARIETÀ l i d a r i e t à zioni sinsaranno È PREVISTO PER dacali del finanziaUN MASSIMO DI 12 c o m p a r t o MESI IN UN BIENNIO MOBILE te da un (Filcams contributo Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs) ordinario calcolato in base e recepito con decreto inter- al numero dei dipendenministeriale Lavoro-Mef del ti: per i datori che occupa27 dicembre 2019, il Fondo no mediamente più di tre e sarà gestito da un comitato sino a quindici dipendenti il amministratore, che risulta contributo è pari allo 0,45% composto da tre esperti de- (di cui due terzi a carico del signati da Confprofessioni datore di lavoro e un terzo a (Matteo De Lise, Francesco carico dei lavoratori); per i Monticelli, Dario Montanaro), datori di lavoro che occupada tre designati dalle orga- no più di quindici dipendenti nizzazioni sindacali (Danilo il contributo ordinario è pari Lelli, Dario Campeotto, Ga- allo 0,65% (di cui due terzi briele Fiorino), da un rappre- a carico del datore di lavoro sentante del Ministero del e un terzo a carico dei lavoLavoro (Silvia Maria Lagone- ratori) della retribuzione imgro) e da un rappresentante ponibile ai fini previdenziali.

Ai datori di lavoro che ricorreranno all'assegno ordinario (con causali Cigo e Cigs) verrà richiesto un contributo addizionale pari al 4% delle retribuzioni perse dai lavoratori che fruiscono della prestazione. L’assegno ordinario del Fondo è previsto per un massimo di 12 mesi in un biennio mobile (con la previsione di altre 26 settimane per le attività oltre i 15 dipendenti). Per ciascuna unità produttiva, la somma dei trattamenti non può superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. «In linea con gli orientamenti emersi dai tavoli del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, la piena operatività del Fondo di solidarietà apre la strada all’universalità delle tutele, a prescindere dal comparto di appartenenza, coinvolgendo il fondo interprofessionale che, in un’ottica di politiche attive del lavoro, può erogare percorsi formativi di aggiornamento e riqualificazione per il ricollocamento dei lavoratori», conclude Stella.

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IL GL BALISTA LE MAJOR DEL PETROLIO COSTRETTE AL “VERDE” DAI LORO STESSI AZIONISTI La finanza green marcia a velocità sostenuta, e non solo per una questione di ambientalismo. Ne va della redditività delle aziende e i fondi attivisti sono ormai sensibilissimi al tema

L

a “transizione ecologica”, quella che prevede la riduzione delle emissioni inquinanti del 55% da qui alla metà del secolo e la sparizione, letteralmente, delle auto con motore termico entro il 2030 almeno qui in Europa (e vedremo che cosa succederà nell’industria automotive), sta marciando a gran velocità. Altrimenti come spiegare il voto contrario, nell’ultima assemblea generale di giugno, di un gruppo di azionisti storici del gigante francese Total – dal Crédit Mutuel alla Banque Postale, da BnpParibas fino all’americana BlackRock – all’ultimo bilancio che prevedeva sì la riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030 – come da regole internazionali – ma un livello troppo basso di investimenti nel settore delle energie rinnovabili, sole e vento? Messaggio chiarissimo: come si fa ad annunciare il rispetto del “green deal” dell’Ue (il 55% di CO2 in meno come s’è detto) se poi non si dirottano gli investimenti verso le altre

QUI DUBAI

fonti di energia? Ne va della redditività dell’azienda e sul punto i fondi attivisti, diventati tutti di colpo “green”, sono sensibilissimi. E non vale neanche l’obiezione dei vertici delle compagnie secondo i quali per reggere economicamente alla “transizione” una percentuale (non secondaria) di energie fossili va comunque mantenuta (anche solo per reggere alla concorrenza “sporca” delle compagnie dei Paesi in via di sviluppo meno sensibili alle ragioni dell’ambientalismo, vedi la Nigeria). Perfino tra i grandi azionisti delle major del petrolio come la ExxonMobil e la Chevron la causa ambientalista ha conquistato molti fondi attivisti e i fondi pensioni (strategici, come si sa, nelle dinamiche del capitalismo americano). Al punto da votare un documento – è accaduto nell’ultima assemblea della Chevron per iniziativa di un fondo pensione – che impegna il gigante petrolifero a ridurre gli investimenti nella ricerca di nuovi giaci-

All’Expo di Dubai l’Italia si presenta con un trailer da premio Oscar Dagli scalmi delle gondole ai componenti dei satelliti spaziali: Gabriele Salvatores racconta le meraviglie che sta filmando. La sua opera sarà il biglietto da visita del Padiglione Italia all’Esposizione internazionale

menti, spostando le risorse nelle energie rinnovabili. Detto in altro modo, l’industria globale del risparmio ha fiutato subito l’affare “green”. Lanciando vere e proprie batterie di nuovi prodotti per finanziare la transizione ecologica delle imprese. Ha cominciato Larry Fink, il patron di BlackRock, 8.500 miliardi di dollari di attivi, tre volte il pil della Francia. Fink non è un apostolo dell’ambientalismo, ma semplicemente uno che ha capito che le aziende con un buon pass-partout ambientale alla fine risultano più “performanti” secondo i nuovi indicatori finanziar-ecologici che si stanno affermando sui mercati (un solo esempio, l’indice Low Carbon 100 sul mercato Euronext). E così in futuro conterà sempre di più avere un buon rating Esg, come Credo, inoltre, che sia importante che, per la prima volta, un Paese Arabo ospiti un’Esposizione universale, sperando che, anche questo, contribuisca a creare un vero scambio di sapere e di cultura tra i vari popoli di questo Pianeta». Pare che si stia divertendo il regista premio Oscar Gabriele Salvatores, chiamato dal commissariato per

«M

all’inaugu-

vini del Carso… e molto, molto altro! Ma anche

la partecipazione dell’Italia a Expo Dubai a

razione dell’Expo di Dubai! E io

documentando con telecamere, droni e

narrare la Bellezza evocata sin dal titolo della

sto girando il nostro Paese per filmare,

macchine in grado di riprendere a 360 gradi

partecipazione del nostro Paese: “La Bellezza

per questo progetto, il nostro “saper fare”

le infinite bellezze della natura, della cultura

unisce le Persone”. Il suo racconto dell’Italia

italiano, le grandi e piccole cose meravigliose

e della storia del nostro Paese. Guardando i

per immagini sarà proposto nel Padiglione

che sappiamo fare con le nostre mani: dagli

progetti del nostro Padiglione Italiano, sono

Italia durante l’Esposizione Internazionale

scalmi delle gondole, alla pesca delle alici,

sicuro che sarà una cosa straordinaria. Gli

di Dubai, la cui inaugurazione è prevista

dai tortellini fatti a mano ai componenti dei

spazi che sono stati inventati e i materiali

per il primo di ottobre. «Con la presenza

satelliti spaziali, dai vasi di vetro soffiato ai

usati per realizzarli sono davvero magnifici.

di ben 15 Regioni - il più alto numero di

ancano

112

100

giorni


di Giuseppe Corsentino

dimostra il caso di Saint-Gobain che nei primi tre mesi di quest’anno è cresciuta del 17% (sul Cac, la Borsa di Parigi) quando ha annunciato di aver messo a punto una nuova tecnologia “verde” per il condizionamento dei palazzi. D’altra parte, fanno notare gli analisti, il Covid ha finito per generare una valanga di risparmio in cerca di “allocazioni responsabili”. Basta una cifra per chiarire l’entità del fenomeno: solo nel 2020 le emissioni di “bond verdi” ha superato nel mondo i 774 miliardi di euro, certo una frazione rispetto agli 8.300 miliardi di dollari delle emissioni totali secondo Standard&Poors, ma le prospettive di questa nuova “eco-finanza” sembrano davvero senza fine. E poi restituire alla natura un miliardo di ettari di terre L’appello del Programma delle Nazioni Uni-

te per l’ambiente e della Fao è di quelli da far tremare i governi se venisse applicato alla lettera. Infatti: va bene decarbonizzare, ridurre le emissioni di CO2, eliminare i motori a scoppio e passare all’elettrico; va bene piantare alberi (10miliardi solo nel Pakistan per contrastare la desertificazione) o ripristinare con gigantesche opere idrauliche le zone umide della laguna di Miani Hor nel Belouchistan. Insomma, vanno bene gli sforzi che i governi più volenterosi stanno facendo, ma l’appello dell’Onu è più radicale: per mettere in sicurezza il pianeta bisogna “restituire alla natura” – si legge nel documento – almeno un miliardo di ettari di terre: per avere un’idea, una superficie superiore a quella della Cina. Ne va anche dell’economia agricola e dell’alimentazione umana, dal momento che l’80% delle terre coltivabili è ormai irrimediabilmente compromesso (siccità, salinizzazione del suolo, etc.) con conseguenze tremende per la produttività agricola (si prevede un crollo del 12% entro il 2040). Del resto, come ha calcolato il sito ambientalista “Frontiers”, solo il 3% della superficie terrestre è “ecologicamente intatto”. Per ripararne solo un pezzo, pari al 15% del pianeta, ha calcolato l’Onu, bisognerebbe investire almeno 200 miliardi di dollari per dieci anni. Uno sforzo colossale che nessun Paese può per-

mettersi senza mobilitare il sistema della filantropia globale. A cominciare dalla Fondazione Bill & Melinda Gates. Sentite qui.

Bill Gates, il primo agricoltore degli Usa Oltre ad essere uno degli uomini più ricchi del mondo (con un patrimonio che Bloomberg stima in 146 miliardi di dollari), Bill Gates è anche uno dei più grandi agricoltori degli Stati Uniti con una proprietà fondiaria, ripartita tra i vari stati dell’Unione, di oltre 100mila ettari secondo le rilevazioni del magazine “The Land Report” (il giornale di riferimento dei proprietari terrieri). Tra l’altro il fondatore di Microsoft considera questo suo investimento fondiario (690milioni di dollari) un modo per sostenere la transizione ecologica e difendere il pianeta. Nel suo ultimo libro “Ask me anything” (Chiedetemi tutto) Bill spiega che nelle sue farm agricole si fa ricerca genetica per avere sementi più efficaci e produttive e si studiano pure nuove molecole per i biocarburanti e nuovi processi produttivi per la cosiddetta “bistecca vegetale”, l’unico sistema per mettere un freno alla gigantesca fabbrica di proteine animali che è la zootecnia tradizionale che distrugge terre e acqua, come si sa. Quale migliore amico della terra del nostro amico agricoltore Bill Gates!

di Riccardo Venturi

Regioni partecipanti mai registrato a una

narrerà il saper fare italiano raccontando

Esposizione Universale - l’Italia porta a Expo

quelli che io chiamo i “beni culturali viventi”.

Dubai la ricchezza e la bellezza dei suoi

Nell’installazione del Belvedere al Padiglione

territori e dei suoi saperi. Le Regioni che

Italia a Expo Dubai il paesaggio italiano come

hanno aderito saranno partner artistici del

non l’avrete mai visto, a 360 gradi» osserva

Padiglione italiano, realizzandone i contenuti

il direttore artistico Davide Rampello. Alle

e poi animandone le iniziative e gli eventi

15 Regioni aderenti al progetto (Abruzzo,

per l’intero periodo espositivo, da ottobre

Basilicata,

fino a marzo del prossimo anno» afferma

Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria,

Calabria,

Campania,

Emila

Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia,

Paolo Glisenti, commissario generale per la partecipazione dell’Italia a Expo 2020

innovative, alle start up e

all’artigianato,

Umbria e Veneto), è inoltre dedicata un’intera

Dubai. «Una presenza, quella delle Regioni,

anche con l’obiettivo di attirare i migliori

sezione del sito del Padiglione Italia (https://

decisiva non solo per rilanciare il turismo,

talenti e le migliori competenze internazionali

italyexpo2020.it/le-regioni-a-expo-dubai/):

a cominciare da quello esperienziale, ma

verso l’offerta formativa e progettuale

uno spazio nel quale è possibile conoscere

anche per far crescere l’attrazione dei

delle università e nei centri di ricerca

tutte le notizie sulla loro partecipazione

capitali esteri verso le filiere d’impresa

che operano in questi territori» aggiunge

e consultare le pagine dei siti istituzionali

territoriali, dalla grande industria alle Pmi

Glisenti. «La maestria di Gabriele Salvatore

dedicati all’Esposizione Universale.

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APPROFONDIMENTI

E se mettessimo un cip sulla Cina? Il Pil pro-capite cresce, i consumi interni pure e Xi Jinping ha deciso di mettere le briglie a uno sviluppo troppo sbilanciato sul fronte dei debiti. Il Dragone inizia a essere un'opportunità di investimento di Ugo Bertone

N

egli ultimi 30 anni il Pil pro-capite di 1,4 miliardi di cinesi si è moltiplicato di 17 volte. Nello stesso periodo la ricchezza prodotta ogni anno è salita di 40 volte in dollari correnti. Sebbene il dato sia di un terzo ancora inferiore a quello Usa (ma è già tre volte quello del Giappone, di cui era un decimo trent’anni fa) se si tiene conto del diverso potere d’acquisto dello yuan rispetto al dollaro (il 40% in più secondo l’ultimo Big Mac Index), è già di un 15% sopra quello statunitense. Nei giorni in cui la Cina festeggia con grande solennità il centenario del partito comunista è doveroso rendere omaggio alla formidabile crescita del Drago che, peraltro, non è certo arrivato a fine corsa. Anzi, la Cina è emersa dalla pandemia con una forte accelerazione

L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

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sul piano tecnologico, specie nel campo digitale, che rende possibile un profondo cambiamento degli stili di lavoro, di consumo e di impiego del tempo libero. Una sorta di rivoluzione permanente che, in termini di portafoglio, potrebbero rappresentare una grande opportunità. Certo, le controindicazioni non mancano. È senz’altro scontato che l’economia e la politica cinese dovranno fare sempre più i conti con l’ostilità dell’Occidente. E ci vorrebbe una sfera di cristallo per stabilire se e fino a quando la società cinese potrà fare a meno della democrazia oppure se il modello di chiusura rigida ad ogni possibile dissenso non sia destinato prima o poi a collassare. Anche perché la sfida ambientale, vista da Pechino che ancor oggi dipende in maniera determinate dal carbone, è davvero drammatica. Inoltre, non meno importante, pesa la mancanza di trasparenza: poco o nulla si sa delle reali dimensioni del debito delle imprese e delle amministrazioni locali, un macigno che potrebbe giocare brutti scherzi. Ma pur con tutta la prudenza del caso, oc-

corre prender atto che Xi Jinping ha deciso di metter le briglie ad uno sviluppo troppo sbilanciato sul fronte dei debiti, anche a costo di rallentare il formidabile potenziale dell’export made in China, del resto accompagnato da disastri ambientali sempre meno tollerabili. La nuova economia dovrà basarsi soprattutto sui consumi interni e così accompagnare una delicata fase di passaggio della società: anche in Cina, infatti, si fanno meno figli e, passate le feste, il Partito (la cui autorità precede e sopravanza lo Stato) dovrà porre mano ad una impopolare riforma della previdenza. In Cina oggi si ha diritto alla pensione a 54 anni, un traguardo insostenibile ed anacronistico, raggiunti certi livelli. Di qui la necessità di puntare sull’innovazione per soddisfare una società sempre più complessa, disposta ad obbedire al partito purché vengano soddisfatte esigenze sempre più sofisticate: la dittatura cinese, a differenza della Russia, è cresciuta con il benessere. Non a caso le linee di sviluppo dell’ultimo piano approvato dal plenum del partito parla di una sfida basata su quattro tendenze che rappresentano altrettante filiere di sviluppo: l’innovazione tecnologica, la transizione ecologica, l’evoluzione dei consumi (lusso ma non solo) e le innovazioni in campo medicale. Il tutto con una forte accelerazione della rivoluzione digitale che già sta cambiando le abitudini di consumo, di lavoro o di svago: molte aziende cinesi sono leader globali di settori trainanti come l’e-commerce e i pagamenti online. O nelle infrastrutture fondamentali come il 5G, i data center, il cloud o l’intelligenza artificiale. Non è azzardato, dunque, guardare al mercato cinese come ad una grande opportunità, specie nel medio-lungo termine, al di là delle guerre commerciali o delle varie sanzioni tra le superpotenze. Sia sul mercato del debito pubblico, senz’altro meno esplosivo e più redditizio di quello Usa o dell’Eurozona che, ovviamente, sul fronte azionario dove la Cina rappresenta nel medio termine il motore di crescita più importante del pianeta.


Più sai, più guadagni lo dice il contratto Una svolta storica per l’occupabilità: per la prima volta le competenze entrano nei Ccnl Cifa-Confsal: la classificazione non è più per mansioni e le abilità trovano un corrispettivo nell’aumento retributivo di Paola Belli

I

l 17 di giugno è stata una giornata importante per Fonarcom, e non solo. Dal convegno di Assisi Il lavoro cambia: le competenze entrano nei Ccnl Cifa-Confsal giunge l’annuncio di una svolta. Da oggi, la contrattazione collettiva “di qualità” diventa “anche” un nuovo modello di politica attiva permanente. Sono alcuni anni che la datoriale Cifa e il sindacato Confsal – le stesse parti sociali che hanno costituito il fondo interprofessionale Fonarcom - stanno fortemente innovando la contrattazione collettiva nel nostro Paese, che viene detta “di qualità” proprio per distinguersi da quella “tradizionale”, legata a requisiti meramente “quantitativi”. Il primo passo verso l’innovazione contrattuale era stato compiuto il 28 ottobre 2019, quando la firma dell’Accordo interconfederale tra Cifa e Confsal aveva sancito la nascita di un nuovo modello di relazioni industriali, non più conflittuale ma collaborativo. Al centro del sistema i pilastri fondamentali: la valorizzazione della persona e della

sua crescita professionale, il benessere organizzativo e sociale del lavoratore, le giuste esigenze di produttività e di competitività delle imprese. Non stupisce, quindi, che nei Ccnl Cifa-Confsal venga data grande importanza alle competenze, favorendone l’acquisizione, la manutenzione, il riconoscimento, la validazione e la cer-

tificazione. Perché, cosa davvero “nova”, in questi Ccnl le competenze hanno un valore anche economico. La loro “certificazione contrattuale” è possibile grazie all’inserimento nel testo contrattuale di due nuovi istituti: la classificazione del personale per competenze – e non più per mansioni – e lo scatto di competenza, che trova un corrispettivo nell’aumento retributivo. A quanto sopra descritto mancava fino ad oggi una sola cosa: la sperimentazione a validazione del modello contrattuale. I risultati, estremamente positivi, arrivano da Assisi: viene presentato il progetto Lode Laboratorio per l’Occupabilità Durevole ed Evoluta - grazie a cui l’equipollenza tracciata tra le competenze che compongono i profili professionali dei Ccnl Cifa-Confsal e quelle inserite nell’Atlante del Lavoro e delle Qualificazioni diventa un modello operativo. Da oggi, attraverso un sistema digitale – la cui gestione è affidata all’ente bilaterale Epar – un datore di lavoro potrà ricercare al meglio risorse umane qualificate o i corsi formativi per la propria azienda, così come un lavoratore potrà veder riconosciuta la propria crescita professionale sia dentro l’azienda, anche a livello economico, sia al di fuori come crediti per eventuali percorsi a qualifica, in quanto progettati secondo il sistema Qnqr. Con la formazione al centro del rapporto di lavoro, con la “certificazione contrattuale delle competenze” e con le nuove politiche retributive legate al merito, Cifa e Confsal intervengono ad allineare la domanda e l’offerta di lavoro. Come ha detto nel suo intervento Andrea Cafà, presidente di Cifa e di Fonarcom, “il nostro modello contrattuale è una ‘buona prassi’ che potrebbe funzionare a livello sistemico. Se con l’Accordo interconfederale abbiamo definito un nuovo modello di rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, oggi con Lode battezziamo un nuovo modello di politica attiva permanente indirizzata a tutti i lavoratori, non solo ai disoccupati, ma anche agli occupati”.

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TALENT SHOW

L

CI PIACE MANUTENZIONE PREDITTIVA ASSE SIEMENS E M.TECNIMONT Prosegue la diversificazione tecnologica del gruppo fondato da Fabrizio Di Amato di Angelo Curiosi

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l Gruppo Maire Tecnimont attraverso Tecnimont S.p.A., il suo principale EPC contractor, e Siemens Italia hanno firmato un accordo per offrire servizi digitali all’avanguardia per la manutenzione predittiva e aiutare così i clienti ad aumentare l’operatività degli impianti e ridurre i costi di manutenzione.L’accordo prevede che le due aziende lavorino insieme su un determinato numero di studi di fattibilità e identifichino una lista di clienti a cui indirizzare una proposta commerciale congiunta, in modo da promuovere l’applicazione della tecnologia di manutenzione predittiva per monitorare gli asset critici degli impianti. Si tratta di un sistema tecnologico avanzatissimo che, incrociando intelligenza artificiale e internet delle cose, sulla base dei dati storici raccolti dall’asset, permette di diramare alert per identificare potenziali guasti alle apparecchiature prima che diventino un problema e causino la perdita dell’asset e, nel peggiore dei casi, la perdita di produzione dell’impianto. Il tutto, nella massima sicurezza delle risorse umane. È la riconferma del ruolo e dello standing che il gruppo Maire Tecnimont, fondato da Fabrizio Di Amato che lo presiede e guidato dall’amministratore delegato Pierroberto Folgiero (nella foto), ha ormai raggiunto sui mercati mondiali. Con questo accordo, il Gruppo Maire Tecnimont continua ad espandere il proprio portafoglio di servizi digitali, al fine di offrire ai clienti una nuova value proposition per aiutarli a supportate la transizione energetica aumentando l’efficienza degli impianti, nonché assicurando processi e prodotti con la massima performance dal punto di vista ambientale.

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L’innovazione come must per tutte le attività dell’azienda che trova sempre nuovi partner L’autorità di Borsa mette in guardia contro il rischio che la sostenibilità si riduca al greenwashing

a Consob, l’autorità di controllo per le società e la Borsa, guidata da Paolo Savona (nella foto) punta l’indice contro la confusione e i tanti equivoci che purtroppo gravano sul fenomeno degli Esg, come viene definito l’insieme dei titoli delle società che rispettano, o dicono di rispettare, i principi della tutela ambientale, dei diritti sociali e della buona governance. Attenzione, ammonisce uno studio Consob firmato da Nadia Linciano, capo dell’ufficio studi economici della commissione: molti investitori retail, più del 50%, sono del tutto ignoranti in materia e solo il 5% si definisce informato; e il 40 per cento degli intervistati non è in grado di esprimere un’opinione sulla rilevanza dei fattori Esg nelle scelte di investimenti. E il rischio che le società emittenti che professano la fede ecologico-sociale in realtà mentano è, per lo studio, assai concreto, anche perché la misurazione delle pratiche sostenibili da parte delle aziende risponde a criteri ancora troppo eterogenei e inaffidabili; che inducono quindi una bassissima standardizzazione della comunicazione. Unica consolazione: i gestori di patrimoni italiani dicono di considerare già molto l’aderenza degli emittenti ai principi Esg per orientare le proprie scelte. Lo fanno, pur consapevoli della confusione che regna in materia, perchè vogliono perseguire la stabilità e qualità degli investimenti nel tempo, integrando agli obiettivi di rendimento nel breve termine quello di contenere i rischi legati all’assenza di politiche di sostenibilità sul lungo termine.

NON CI PIACE NOTIZIE FALSE E IGNORANZA CONTRO GLI ESG NELLA FINANZA Severo j’accuse della Consob contro la disinformazione e il confuso reporting nel settore la redazione


Il sapore del Cibus è quello della ripartenza Parma riapre al comparto del Food & Beverage le porte del polo fieristico dal 31 agosto al 3 settembre per una manifestazione in presenza. Una riapertura dalla forte connotazione simbolica di Alessandro Faldoni

I

naugurerò con grande piacere Cibus 2021, la mia prima edizione nelle vesti di Presidente di Fiere di Parma», dice Gino Gandolfi, Presidente di Fiere di Parma e Professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università di Parma, «dando il benvenuto a tutti i protagonisti del Food & Beverage, per una manifestazione che, mai come oggi, rappresenta un punto di incontro tra filiera e istituzioni, aziende, buyer e associazioni, uniti per la ripartenza del Made in Italy». E che quest’anno avrà – è il caso di dire – un sapore specialissimo, quello di essere una delle prime manifestazioni fieristiche internazionali in presenza ad aprire i battenti in Italia, dopo l’incubo della pandemia. Un’edizione in grande stile, dunque, nel quartiere fieristico di Parma dal 31 agosto al 3 settembre. Per il food and beverage italiano Cibus rappresenta un pass per la ripartenza e per l’export. Nel lungo periodo del lockdown, l’agroalimentare made in Italy non solo ha soddisfatto la domanda domestica, ma ha aumentato le sue quote di esportazione. La richiesta dall’estero è stata crescente sia per quanto riguarda i prodotti tipici della dieta mediterranea (pasta, pomodoro, olio, formaggi), sia per i prodotti premium di alta qualità. Buone premesse, dunque, per una forte ripresa produttiva del comparto e il consolidamento di nuove posizioni sui mercati internazionali. Le aziende espositrici a Cibus hanno rinnovato sin dalla primavera la propria adesione, rassicurate dal successo della cam-

«

pagna di vaccinazione e confortate dalle misure di sanificazione e distanziamento che verranno adottate da Fiere di Parma nel suo quartiere espositivo, peraltro già sperimentate con successo al Cibus Forum del settembre 2020. «Voglio pensare a Cibus come al momento simbolico della ripresa dell’industria alimentare italiana - ha detto Ivano Vacondio, Presidente di Federalimentare - Dopo avere assicurato le forniture ai mercati in un anno difficilissimo come il 2020, la prima parte del 2021 non mostra grandi segnali di ripresa. La fine dell'estate, però, dovrebbe segnare un momento di svolta. Con la ripresa dell’Horeca e il ritorno a pieno regime delle esportazioni, credo che l'industria alimentare potrà riportare, nella seconda metà dell'anno, i numeri del 2021 quantomeno a quelli registrati nel 2019, sperando di superarli. A suggello di questi auspici, Cibus sarà l'occasione per lanciare un segnale forte: il Made in Italy torna al centro ed è pronto ad affacciarsi sui mercati esteri per riprendere, più veloce di prima, l'autostrada dell'export». In esposizione a Cibus 2021 tutte le merceologie: dai salumi ai formaggi, dalla pasta al pomodoro, dall’olio ai prodotti da forno, dal beverage al grocery, dai surgelati ai prodotti locali, e altro. Si aggiungerà anche una nuova area dedicata al canale dell’Horeca (ristoranti, bar e affini), chiamata “Ho.Re.Ca.The Hub”, in collaborazione con Dolcitalia. Tra le altre aree dedicate, quella del nuovo spazio di Unionbirrai e Birra Nostra dedicato alle bir-

GINO GANDOLFI

re artigianali e quella di Bellavita Expo, la manifestazione B2B che da anni organizza nelle capitali estere eventi promozionali del Food & Beverage italiano. A Cibus 2021 saranno presenti i buyer italiani ed europei del retail, e folte rappresentanze degli operatori commerciali dagli Usa, America Latina, Asia, grazie anche al programma di incoming di Ice Agenzia. Ai buyer viene offerta un’esperienza unica sul territorio con “factory tours” e “retail tours”, per visitare gli stabilimenti produttivi della food valley e i punti vendita distributivi, e “tours on-site” con percorsi tematici dedicati a produzioni tipiche, alla scoperta dei nuovi trend dell’Authentic Italian. «Il ritorno di Cibus in presenza, dopo la cancellazione dell'edizione 2020, è un traguardo molto importante e testimonia il coraggio degli organizzatori, la tenacia delle imprese e, fatemi dire, il supporto del Sistema Paese – ha detto Carlo Ferro, Presidente di IceAgenzia - La Pandemia ha accelerato alcuni megatrend che saranno propri dei mercati del futuro, tra cui l'attenzione a una sana alimentazione e alla sostenibilità. Cibus sarà anche l’occasione per riaffermare la qualità e la salubrità della dieta mediterranea, combinata alla bio-diversità del territorio, all’eccellenza dell’intera filiera agroalimentare e all’unicità dello stile di vita italiano. Fattori di eccellenza del Made in Italy che vogliamo promuovere sui mercati internazionali, per accompagnare le imprese italiane nella ripartenza già in atto».

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SHORT STORIES

Riforme

Pnrr e Semplificazioni: le svolte per il Paese Criticità e punti di forza del Piano analizzati dallo Studio Di Pardo L’opportunità rappresentata dal Pnrr può essere effettivamente sfruttata solo se unita alla capacità di attuare i relativi provvedimenti. Questala premessa di Giuliano Di Pardo, avvocato, fondatore e socio dello Studio Di Pardo, eletto tra i migliori Studi Legali dell’anno 2021 in Italia, all’evento online dello scorso 10 giugno, “Infrastrutture, mobilità sostenibile, semplificazione e appalti pubblici - Le riforme del Pnrr e del dl Semplificazioni

per il rilancio del sistema Italia”, organizzato dallo studio legale con la collaborazione di Consenso Europa. Di Pardo ha poi approfondito il discorso illustrando i tre pilastri del Pnrr, quali governance, semplificazioni e reclutamento del personale. Il vero scoglio da superare diventa la messa in atto: «in tempi così stretti occorre adottare tutti quei provvedimenti necessari a dare pratica attuazione ai singoli istituti che sono interessanti ed innovativi». Di Pardo ha

CONSENSO EUROPA Le relazioni istituzionali a servizio del dibattito pubblico «La comunicazione con gli altri è la migliore scuola che si possa frequentare». Forse da questo spunto di Michel de Montaigne si può intuire l’importanza che le società di comunicazione moderne si stanno conquistando nei temi politico-economici che trasformano giorno dopo giorno il nostro Paese. Ne rappresenta un esempio l’agenzia Consenso Europa, società concentrata sul mondo delle Public Affairs e Media Relations, la quale, durante il periodo di lockdown, ha continuato a sostenere la comunicazione tra pubblico e privato per consentire ad aziende, parti sociali e rappresentanti istituzionali di confrontarsi sugli innumerevoli provvedimenti e riforme proposte dal governo.

Beverage

Il vino italiano sfida il Covid Botter ha chiuso il bilancio con 230 milioni di euro di ricavi, in aumento del 6% Una strategia consolidata di investimenti in risorse e innovazione, l’attenzione e la valorizzazione delle varietà autoctone e dei metodi di lavoro tradizionali hanno portato Botter a chiudere il 2020 con un ottimo bilancio: i ricavi si sono infatti attestati a 230 milioni di euro, con un incremento di circa 15 milioni e

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una crescita del 6% rispetto al 2019. Segna una crescita significativa anche l’Ebitda, salito a 40,1 milioni nel 2020. L’incremento è da attribuire in particolare alla crescita del fatturato per i prodotti a marchio con marginalità interessante e il controllo delle variabili di costo. «Il 2020 è stato purtroppo caratterizzato dalla grave emergenza pandemica che ha causato grandi incertezze nell’economia globale, in parte frenando le classiche modalità di relazione con la clientela - ha commentato Massimo Romani, Amministratore Delegato di Botter - In questo contesto, i canali dell’on trade HoReCa hanno subito per molti mesi forti limitazioni. Il risultato aziendale è stato tuttavia brillante con una crescita dal 6% dei ricavi, grazie ad una exposure della società in particolare con canale off trade un’importante crescita percentuale del canale Dtc anche

SALVATORE DI PARDO

ricordato, in particolare, «la Soprintendenza unica per la realizzazione delle opere più importanti, le ulteriori semplificazioni in materia di appalti e le modifiche del procedimento amministrativo che tendono a tutelare maggiormente i cittadini e le imprese. Norme chiare e semplici rendono più efficace l’azione dell’amministrazione. È fondamentale incentivare il partenariato pubblico-privato, stimolare e coinvolgere banche e investitori, per favorire pagamenti puntuali e l’inserimento di giovani e donne». Proprio in merito alla modernizzazione della Pa, la Viceministra delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Teresa Bellanova, ospite del dibattito, ha tenuto a precisare quanto ciò sia «strettamente collegato alla crescita

infrastrutturale del Paese. Il Piano, fondato su riforme e investimenti, sostenibilità e accessibilità, rappresenta la vera occasione per il superamento dei gap di genere e territoriali e per la valorizzazione dei giovani». A porre l’accento sul metodo di colmatura dei suddetti divari, ci ha pensato Salvatore Di Pardo, avvocato, fondatore e socio dello Studio Di Pardo, ritenendo il Portale del Reclutamento indispensabile per il funzionamento della Pa, soprattutto per evitare lo spreco di risorse che arriveranno e che richiedono una macchina amministrativa efficiente. E nonostante darà possibilità di lavoro a giovani e professionisti, - rivela il legale - si tratta di una procedura di reclutamento a tempo determinato; così si rischia di creare una nuova sorta di precariato».

se ancora con volumi contenuti e ad un marketing mix orientato verso prodotti a maggior valore aggiunto in grado di creare anche maggiore sostenibilità del business nel medio periodo. Gli ottimi risultati sono frutto della continua crescita dei nostri mercati più rilevanti, ma anche delle buone performance dei Nordics, accompagnate inoltre da un’interessante risposta del mercato italiano e dai risultati positivi dei progetti cinesi. In particolare, vanno segnalate la creazione di una joint venture con un rilevante partner tedesco per la commercializzazione del marchio Doppio Passo nel mondo e una partnership sul mercato cinese con un importante player locale che permetterà una maggiore

vicinanza dell’azienda ad un mercato con forti potenzialità di crescita». Gli Stati Uniti si riconfermano il maggior mercato di Botter. Tuttavia, la Germania è risultata il Paese maggiormente in crescita, arrivando così ad oltre 50 milioni di fatturato. In crescita anche il fatturato dei Nordics (Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia). Infine, anche il mercato italiano chiude l’anno in positivo. La tipologia di vino più performante dell’azienda nell’ultimo anno è stato il Primitivo, con un’incidenza di circa un terzo sul totale delle produzioni aziendali. Buoni anche gli andamenti di Pinot Grigio e Prosecco. Viene quindi riconfermata la preferenza dei consumatori nei confronti del vino rosso, il preferito in Italia e in Europa.


Diversity & inclusion

Un’azienda su tre è “esclusiva” La ricerca di Ius Laboris Dalla ricerca realizzata da Ius Laboris - la più grande alleanza internazionale di specialisti in diritto del lavoro diffusa in 59 Paesi nel mondo - con la collaborazione per l’Italia di Toffoletto De Luca Tamajo, emerge che il 33% delle organizzazioni a livello globale ne ha risentito profondamente e il 30% di esse prevede ricadute anche in futuro. «Lo studio evidenzia come l’impatto dell’emergenza Covid sia stato minore nelle aziende più grandi e strutturate rispetto alle più piccole e come tale impatto sia sensibilmente variabile tra i diversi Paesi - sottolinea l’avvocato Aldo Palumbo (nella foto), partner di Toffoletto De Luca Tamajo, attivamente coinvolto nell’organizzazione Parks Liberi e Uguali. - Una differenza sostanziale deriva inevitabilmente dall’organizzazione e dalla cultura aziendale. L’implementazione di policy è sicuramente agevolata nell’ambito di organizzazioni a respiro multinazionale, che

hanno la forza e le capacità di diffondere e sostenere pratiche e principi virtuosi a livello globale.» Considerando la dimensione aziendale la differenza è evidente: il 29% delle organizzazioni con meno di 500 dipendenti ritiene che la pandemia abbia avuto un impatto negativo sulle attività per l’inclusione; viceversa, nel 26% delle aziende con più di 10.000 dipendenti gli effetti sono stati positivi. Per il 21% del panel della ricerca, nell’arco dei prossimi tre anni i temi legati a diversità e inclusione avranno una sempre maggiore rilevanza per il management. Le normative nazionali che combattono la discriminazione possono in molti casi fare la differenza. Sono comunque pochi i Paesi che non adottano una normativa chiara e consolidata: l’81% dei Paesi analizzati ha incluso i principi contro la discriminazione all’interno del proprio ordinamento giuridico, a livello di norme costituzionali e/o nell’ambito di leggi speciali.

Engagement

risultati di Beaconforce, Toyota ha raggiunto infatti il 71% nell’indice di coinvolgimento dei dipendenti, un livello al di sopra della media delle aziende italiane che adottano la piattaforma, che si attestano al 66% e delle aziende del settore automotive, che raggiungono il 67%. Registra inoltre una partecipazione altissima, con il 95% dei dipendenti Toyota e Lexus registrati sull’app, una percentuale cresciuta di 13 punti rispetto al periodo di lancio della piattaforma, con un livello di interazioni mensili del 58%. Un risultato che supera di dieci punti percentuali la media delle interazioni mensili dei dipendenti impiegati nel settore automotive e di quattro punti la media italiana delle aziende che utilizzano l’app. Risultati che confermano la visione lungimirante di Toyota e testimoniano il percorso virtuoso intrapreso già da tempo dall’azienda nella gestione delle risorse umane. «Come Toyota Italia

Toyota Italia e il suo workplace all’avanguardia I rilievi di Beaconforce, la piattaforma digitale che misura l’engagement e la soddisfazione dei dipendenti nelle aziende Toyota ancora una volta si conferma tra le top company in termini di workplace all’avanguardia, registrando livelli di motivazione dei propri dipendenti tra i più alti secondo quanto emerge dai dati condivisi attraverso Beaconforce, la piattaforma digitale che misura l’engagement e la soddisfazione dei dipendenti nelle aziende. Secondo i

ROCHE SI ALLEA CON CONFINDUSTRIA ALBERGHI E LIFEBRAIN L’accordo siglato prevede un pacchetto di soluzioni per semplificare gli adempimenti di viaggio richiesti dalle normative Sostenere la ripresa economica del Paese puntando su un comparto strategico come quello turistico-alberghiero, duramente colpito dall’emergenza sanitaria: questa la finalità dell’accordo siglato tra Roche Diagnostics, Confindustria Alberghi e Lifebrain, per essere al fianco degli alberghi italiani nel supportare al meglio in questa particolare fase i turisti che soggiorneranno presso le strutture associate. L’accordo prevede l’attivazione di un pacchetto di soluzioni diagnostiche mirate principalmente a semplificare l’iter previsto dalla normativa di sicurezza anti-Covid che il turista straniero dovrebbe gestire in autonomia, compreso l’obbligo di presentare un referto attestante la negatività al tampone prima di rientrare nel proprio Paese, ma anche ad aiutare a rispondere a eventuali esigenze dei viaggiatori italiani. Gli alberghi potranno mettere a disposizione dei propri ospiti sia tamponi rapidi antigenici*, refertabili in 15 minuti da un operatore sanitario direttamente in albergo o eseguiti in un centro Lifebrain, sia test molecolari, con prelievo in hotel o in centro Lifebrain e refertabili in 24/48 ore. I referti rilasciati da Lifebrain saranno sia in lingua italiana che inglese. Al pacchetto di soluzioni diagnostiche si aggiungono inoltre i test fai da te rapidi antigenici eseguibili in autonomia, senza la presenza di un operatore sanitario. La partnership prevede inoltre la campagna di comunicazione “Alberghi sicuri”, volta a fornire agli ospiti delle strutture un kit contenente una confezione di test fai da te rapidi antigenici e un video tutorial animato multilingua che spiega in maniera semplice come effettuarlo. «Questi mesi di pandemia ci hanno insegnato quanto sia fondamentale fare network con i vari interlocutori del sistema Paese per gestire l’emergenza e ora anche per favorire il ritorno alla normalità dell’intera popolazione: la partnership con Confindustria Alberghi e Lifebrain nasce proprio da questa consapevolezza – commenta Guido Bartalena, Healthcare and Market Development Director Roche Diagnostics SpA. Con questo accordo, Roche Diagnostics riconferma il proprio impegno nel fornire soluzioni diagnostiche volte alla mitigazione del rischio di diffusione e di contenimento dell’epidemia, soluzioni che possono delinearsi come un valido supporto alla ripresa in sicurezza delle attività aggregative fortemente impattate dalla pandemia, supportando settori significativamente penalizzati come quello alberghiero».

da sempre lavoriamo sul dialogo e per il miglioramento continuo del coinvolgimento e della motivazione delle nostre persone, costruendo attorno ad eventuali aree critiche individuate piani d’azione concreti, puntando sull’ascolto anche attraverso una progressiva digitalizzazione dei processi, un aspetto ad oggi divenuto cruciale. Questo approccio fa parte del Dna di Toyota ed è il motivo per cui il concetto di ‘People First’ è incorporato nella nostra missione e visione – ha dichiarato Giuseppe de Nichilo, HR General Manager di Toyota - Già nel 2019 Toyota ha avviato un processo di digitalizzazione che va di pari

passo con la trasformazione dell’azienda in Mobility company, creando un innovativo ambiente lavorativo sempre più digitale che ci ha anche permesso di avere fin dal primo giorno di lockdown strumenti adeguati per affrontare al meglio lo switch verso lo smart working e le nuove modalità di lavoro imposte dall’emergenza sanitaria. In questo contesto l’utilizzo di Beaconforce è stato decisivo per supportare la motivazione dei nostri dipendenti, aiutandoci a migliorare alcuni processi e ad identificare un nuovo modo di ascoltare e migliorare il benessere delle nostre persone attraverso dati oggettivi, specifici per singola persona e facilmente confrontabili».

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I TALENTI DELLO SVILUPPO

IL FINTECH SI TINGE DI ROSA Si chiama BHLending la nuova piattaforma di prestiti fra privati, operativa da settembre, che coinvolgerà anche Pmi e startup riuscendo a garantire alti rendimenti

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PAOLO DIVIZIA, PRESIDENTE BHLENDING

di Franco Oppedisano

B

HLending è un’azienda innovativa Il loro campo di battaglia è quello del fintech, per molti aspetti, a partire dalla “viuno di quei settori che promette i maggiori sion” aziendale, dal business model, cambiamenti nei prossimi anni. In particolare, dai servizi offerti e soprattutto dal managequello dei finanziamenti. L’ideatore di questo ment a maggioranza femminile. progetto e fondatore dell’azienda è Paolo DiviIl team di BHLending lavora già da diversi mesi zia. Ha 32 anni. Nonostante la giovane età, ha nei vari ambiti del fintech, sta seguendo lo svimaturato una laurea in Economia all’Università luppo della piattafordell’Aquila e pluriennama high-tech intorno UN SISTEMA DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE li anni di esperienza laASSEGNERÀ IL RATING CREDITIZIO alla quale ruota il core vorativa, iniziata nella SUL QUALE SI DETERMINERANNO business dell’azienda e pubblica amministraI TASSI DI INTERESSE E LE COMMISSIONI ha in pipeline moltissizione all’Aquila e promi obiettivi a breve temine. BHLending è iscritseguita a Milano nell’alta finanza presso Ubs ta al registro delle startup innovative che nasce Italia, Société Générale, MBCredit Solutions del dall’incontro di diversi fattori: esperienze all’eGruppo Mediobanca, Sissi Crowd, un’azienda stero, studi di alto livello e lo spirito di iniziativa di Lugano che si occupa di blockchain, ed infine di un gruppo di amici che, intorno a un tavolo, in Borsa Italiana, ora del gruppo Euronext. È il immaginano il futuro. Tante esperienze diverneoeletto presidente di BHLending a spiegarci: se, raccolte intorno ad un obiettivo comune: «A fine luglio, la piattaforma sarà terminata. innovare, cambiare e costruire nuove realtà. Il servizio di investimento e di erogazione dei

123 MYPLACE COMMUNICATIONS DOPO LA PANDEMIA È IL MOMENTO DEL RESKILLING

124 CFC LEGAL «NIENTE PAURA: DAL FISCO CI SI DIFENDE COSÌ»

126 LUBEA QUANDO LA FILOSOFIA FA PARTE DELL’IMPRESA

131 YOURGROUP QUELLA FRAZIONE DI MANAGER CHE MANCA ALLA PMI

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TALENTI DELLO SVILUPPO

prestiti partirà operativamente a settembre. In questi mesi abbiamo messo in piedi la struttura organizzativa e, grazie al team, formato per lo più da laureate in economia molto preparate, ci siamo concentrati su alcuni dei temi di fintech sviluppati ed applicati nel mondo della finanza internazionale, che in Italia sono praticamente sconosciuti. Abbiamo elaborato un’analisi che servirà a darci una marcia in più quando, tra un paio di mesi, saremo operativi». Ma il fintech non è un po’ impegnativo come campo di battaglia? Ho deciso di dedicarmi a questo ambito solo dopo avere maturato competenze specifiche. Oltre a una laurea e alle mie esperienze nel pubblico e nell’alta finanza, ho conseguito un Mba a Milano e un Master di Business Executive al Massachusetts Institute of Technology di Boston. Inoltre, per quasi quattro anni ho lavorato presso il Listed Companies Supervision di Borsa Italiana e collaborato per due anni, come Senior Advisor, con Swiss Crowd, una società svizzera che si occupa di Blockchain. Quando ha pensato che questa fosse la strada giusta? Ero a New York per un corso di Business English. In quella circostanza ho studiato i nuovi business model americani: i Financial Markets di Wall Street e il Peer to peer lending nato in Usa nel 2006. Poi, un giorno, visitando l’Università di Yale, sono rimasto affascinato dalle Tombs… Ovvero? Le sedi delle società segrete studentesche delle grandi università della Ivy League degli Stati Uniti. Mi colpì in particolare il significato di due rune: la runa Berkana, che rappresenta le virtú generatrici femminili, e la Runa Othala che simboleggia la famiglia e i legami duraturi. Dopo aver considerato che in Europa la fintech, come del resto il mondo della finanza in generale, è ancora un mondo molto maschile, ho deciso fondare la prima fintech europea a essere gestita da donne sia nel team che nel board. Nel maggio del 2021 ci sono riuscito. Però ci sono ceo donne anche nel fintech… Certamente, ma spesso sono le uniche figure di responsabilità in un ambito di lavoro prettamente maschile. Nel nostro caso è esattamente

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il contrario: il ceo della società è un uomo, ma sono le nostre dirigenti e le nostre professioniste a ricoprire ruoli decisionali ed operativi di grande importanza. Da quanto sta lavorando su questa idea? Da almeno quattro anni. E quando ha iniziato a concretizzarsi? Un paio di anni fa, durante il corso al Mit sulla blockchain innovation, ho capito quanto l’Italia sia arretrata in questo settore rispetto all’estero. Da un’analisi di settore approfondita a livello internazionale, ho ritenuto che questo fosse il momento giusto per entrare nel mercato del Peer-to-peer lending con un progetto nuovo, realizzato da un management tutto al femminile. E i soldi per iniziare? Il primo round di finanziamento, come si dice in gergo, è stato family & friends. Io e altri amici abbiamo raccolto circa 100 mila euro per autofinanziare le spese per la piattaforma tecnologica, per il personale, per i consulenti e i professionisti. Quanti siete ora ? Sei nel team, quattro nel board, oltre al sottoscritto. In totale, quindi, nove. In più, altri sei soci che ci stanno dando una mano esternamente. Inoltre, ci sono tutta una serie di società e di professionisti che lavorano per noi: il settore audiovisivo, lo studio legale, lo studio fiscale, il social media manager, gli specialisti di marketing. Oltre naturalmente alla società italiana IT che supervisiona quella straniera responsabile della struttura della piattaforma informatica. Alla fine, è un progetto attorno al quale ruotano una sessantina di persone. Centomila euro non bastano… Realizzeremo un aumento di capitale tra privati di al massimo 250 mila euro nei prossimi mesi. Ma è solo il primo passo… Poi che farete? Prima di settembre cercheremo di chiudere degli accordi con gli investitori istituzionali. Subito dopo, effettueremo un altro aumento di capitale riservato agli investitori istituzionali. Pensiamo di raccogliere da un minimo di mezzo milione a un massimo di due milioni di euro. Ho contato una mezza dozzina di siti che

si occupano già di peer to peer lending in Italia. Cosa vi fa pensare di essere diversi? Almeno punti di forza. Prima di tutto, un business model innovativo. Poi, le competenze trasversali delle ragazze del team ed il know-how dell’ esperienza decennale del nostro Board of Directors. Ci tengo molto a sottolinearlo: avremo un approccio diverso dagli altri. Inoltre ci sono differenze concrete e importanti che ci permetteranno di posizionarci strategicamente nel mercato del Peer to peer lending prima italiano e poi europeo. Quali? BHLending coprirà quel gap che c’è oggi tra consumer lending e business lending. Riusciremo ad erogare prestiti sia a privati, sia a piccole e medie aziende, con un’attenzione particolare verso le startup emergenti. Per la prima volta in Italia, faremo da tramite per erogare prestiti anche alle start up costituite da almeno tre anni, con almeno due bilanci in attivo. La terza differenza? BHLending sarà la prima piattaforma italiana realizzata negli Stati Uniti. Per questo, saremo più avanti dal punto di vista tecnologico. Sulla nostra piattaforma sarà attivo un sistema di intelligenza artificiale, che assegnerà ad ogni opzione di investimento un rating creditizio dal quale si determineranno i tassi di interesse. E le garanzie per gli investitori che prestano il proprio denaro ad altri privati o a piccole medie imprese? Non le sembra un punto di forza della vostra piattaforma? Questo tema lo approfondiremo nei prossimi mesi, con i nostri partners aziendali. Le garanzie sul capitale investito verranno date solo in casi specifici da investitori istituzionali che ricompreranno il credito, dalla cessione di questi crediti o dalla cartolarizzazione degli stessi. Dunque se un investitore vorrà avere queste garanzie sul capitale avrà un interesse attivo più basso. Di che cifre stiamo parlando? Il tasso di interesse attivo medio del Peer to peer lending in Europa è attorno all’8%. Se l’investitore vorrà avere delle garanzie non si potrà superare il 4%.


in collaborazione con

DOPO LA PANDEMIA È IL MOMENTO DEL RESKILLING Upskilling e formazione devono essere adeguate ai tempi e funzionali ai nuovi obiettivi del post Covid. Tra coaching, formazione e consulenza, Myplace Communications offre un supporto unico sul mercato

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a sempre le guerre e le pandemie hanno rappresentato un fattore di cambiamento che ha permesso all’umanità di fare salti evolutivi. Il prezzo da pagare è sempre stato alto, ma questa è la dinamica dell’evoluzione umana. «La crisi è la miglior benedizione per popoli e persone», scrive in una lettera nel 1955 Albert Einstein; «è con la crisi che nascono le migliori occasioni». Il 2020 e l’anno in corso hanno rappresentato uno di questi momenti per la storia dell’umanità, un periodo storico che studieranno un giorno sui libri di scuola. La pandemia ha aperto la strada – o quantomeno ha fortemente accelerato – a processi di innovazione tecnologica di interi settori fermi da tempo, dalla sanità alla pubblica amministrazione, dalla giustizia all’istruzione. Il digitale ha preso il centro della scena e il futuro ha cominciato a prendere forma, tra Intelligenza Artificiale, lavoro flessibile, 5G, robot, Internet 4.0, IoT e nuove dinamiche politiche, business e sociali. I cambiamenti, ricordiamolo sempre, diventano evoluzione quando sono culturali e sociali. In questo scenario in fermento il coaching trova la sua naturale espressione di veicolo di cambiamento che lavora sulla mentalità, sulle abitudini e sulle potenzialità delle persone. La formazione diventa uno strumento indispensabile per arricchire le proprie conoscenze e aggiornarle (upskilling e reskilling) in modo che siano adeguate ai tempi e funzionali ai nostri scopi. La consulenza rappresenta il modo attraverso cui portare innovazione dentro le organizzazioni, aziende e studi professionali, che vogliono cogliere l’occasione per fare un salto di qualità ed essere protagoniste dello scenario presente. Per questo Myplace Communications, che vede al vertice Mario Alberto Catarozzo e Luciana Lauber, con oltre venti anni di esperienza nel settore del

MARIO ALBERTO CATAROZZO

business e degli studi professionali, ha come mission di portare alle organizzazioni e alle persone strumenti di innovazione che siano efficaci, sostenibili e creino abbondanza per i singoli e per la società. Le tre linee di servizi offerti da Myplace Communications offrono un panel completo di strumenti per la crescita personale e professionale. Si parte dal coaching e team coaching finalizzato allo sviluppo di potenzialità e di talenti per realizzare progetti di vita e professionali che rendano più felici gli individui e, di conseguenza, portino benessere al mondo. Come diceva Robert Kennedy, il Pil di un Paese dovrebbe misurarsi non sulle basi di indici matematici o di Borsa, ma anche in base al grado di felicità delle persone. Proseguiamo con la formazione sulle soft skills con cui Myplace vuole arricchire la “cassetta degli attrezzi” di ciascuno perché possa avere gli strumenti migliori e aggiornati per affrontare le sfide del business e della vita. Ricordiamo le parole di

Bruce Lee: «Non impegnatevi per avere una vita facile, ma per avere le risorse per viverne una difficile». Rientrano nelle competenze manageriali e imprenditoriali delle soft skills la comunicazione efficace, la negoziazione strategica, la leadership, la gestione del tempo e dello stress, il public speaking e il presentation skills. Essere un bravo professionista o manager vuol dire oggi anche avere competenze trasversali ad integrazione delle competenze tecniche oggetto della propria attività. Questo è ciò che farà la differenza tra chi è bravo e chi è eccellente nella propria attività. Per poter avere una organizzazione che funziona come un gioiellino, essere performanti e avere risultati è necessario avere accanto a sé consulenti professionali, che sanno relazionarsi in modo empatico e che conoscono perfettamente il mondo business in cui operiamo. La consulenza non è più, come un tempo, la “semplice” fornitura di servizi e soluzioni, ma un vero e proprio rapporto di partnership, di affiancamento verso un risultato comune. Per fare ciò bisogna saper entrare in sintonia, parlare lo stesso linguaggio del proprio interlocutore, conoscere le dinamiche del settore di riferimento, insomma essere completamente in squadra e agire in team. Per questo Myplace mette insieme le sue tre anime, il coaching, la formazione e la consulenza, per offrire un supporto unico sul mercato, per risultati eccellenti con percorsi tailor made dove entusiasmo, professionalità e passione fanno da colonna sonora. Per saperne di più vai su www.myp.srl

Per approfondire

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TALENTI DELLO SVILUPPO

«NIENTE PAURA: DAL FISCO CI SI DIFENDE COSÌ» Ecco i consigli del Difensore patrimoniale Carlo Carmine, fondatore di Cfc Legal, la prima azienda legale in Italia, per districarsi nella giungla delle azioni degli enti riscossori di Vincenzo Petraglia LA PANDEMIA HA CERTAMENTE RALLENTATO LA MACCHINA DEL FISCO GRAZIE A UNA SERIE DI MISURE MESSE IN CAMPO DAL GOVERNO PER RENDERE MENO GRAVOSA PER I CONTRIBUENTI LA DIFFICILE SITUAZIONE ECONOMICA CHE SI È VENUTA A DETERMINARE. Ma i prossimi mesi vedranno una sempre

più decisa (peraltro già cominciata in modo soft)

azione di lotta all’evasione fiscale e recupero da

parte dell’Amministrazione finanziaria delle somme spettanti e per alcune imprese ciò potrebbe

anche costituire il classico colpo di grazia dopo gli stenti determinati dall’ultimo anno e mezzo

fare quando si riceve un avviso di accertamento? Partiamo innanzitutto da cos’è un avviso di accertamento. Con la parola “accertamento” è

possibile intendere due differenti concetti; da un lato tutte le attività, i poteri e le procedure

che l’Amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) effettua e utilizza È FONDAMENTALE FAR ANALIZZARE LE MOTIVAZIONI DELL’ATTO PERCHÈ SPESSO LÌ SI CELANO I PRESUPPOSTI PER IMPUGNARLO

pandemico. Abbiamo chiesto qualche consiglio

nel contrasto all’evasione e all’elusione fiscale.

tore del libro bestseller Amazon “Liberati da Equi-

certamento, che l’Agenzia delle Entrate notifica

su come districarsi nella giungla delle azioni degli

enti riscossori al dottor Carlo Carmine che, già autalia” e prossimo alla pubblicazione di “Gestisci e

Risolvi con Agenzia delle Entrate” a luglio 2021, è

founder, insieme con l’avvocato Simone Forte di Cfc Legal, una realtà composta da più di duecento avvocati operanti su tutto il territorio nazionale

allo scopo proprio di aiutare gli imprenditori a relazionarsi nel modo più proficuo possibile con gli

enti riscossori. Perché, spiega Carmine, «dinanzi alle richieste del Fisco non bisogna avere paura e neppure pagare e basta. Ogni atto, infatti, se

opportunamente analizzato potrebbe contenere vizi di forma o di altro tipo che possono portare

a una riduzione o anche a un annullamento totale di quanto richiesto». I dati diffusi dal Diparti-

mento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, d’altronde, parlano chiaro: circa

Dall’altro lato, di portata più limitata, l’atto im-

positivo vero e proprio, appunto l’avviso di ac-

state versate tutte le imposte dovute e, entro 60

giorni, si chiede di corrispondere una somma di denaro con interessi e sanzioni pari ad almeno il

90% della maggiore imposta accertata. Quindi,

una richiesta iniziale di 100mila euro d’imposta si traduce in un “debito totale” di 190mila euro.

In genere di fronte alle azioni del Fisco, l’orienta-

mento di ogni professionista è di pagare subito, tralasciando un fattore fondamentale che sta

nell’analisi minuziosa delle richieste pervenu-

te. Fondamentale quindi per un imprenditore in difficoltà finanziaria, in particolar modo in

questo periodo di crisi economica, è che non ci si rassegni nel pagare immediatamente l’importo

richiesto perché esistono strategie difensive applicabili ad hoc che permettono di gestire ogni criticità.

al contribuente per contestare una presunta

Può farci qualche esempio pratico?

vità viene compiuta presumendo che non siano

so, il ricorso dinanzi al Giudice tributario e la

evasione e, quindi, per chiedere il versamento di una determinata somma di denaro. Questa atti-

Tra i principali ci sono il ravvedimento operotransazione fiscale. Un avviso di accertamento

deve indicare sia la spiegazione delle ragioni che hanno indotto il Fisco a contestare una presunta evasione, sia l’intimazione ad adempiere al

pagamento entro i termini previsti dalla legge; è fondamentale, infatti, far analizzare le motiva-

zioni dell’atto perchè spesso lì si celano i presupposti per impugnarlo e anche annullarlo.

Quindi la possibilità del contribuente di difendersi è solo posteriore rispetto all’attività posta in essere?

il 40% dei ricorsi per la risoluzione di procedure

A dire il vero, dal 1° luglio 2020, il contribuen-

aver paura di percorrere le strade che la legge

“invito a comparire”, che costituisce l’anticipa-

debitorie ha esito favorevole al contribuente. Per cui, se si è dei contribuenti onesti, non bisogna

mette a disposizione per tutelarci. Vediamo come.

Dottor Carlo, iniziamo dal principio: cosa

124

te accertabile, ma non ancora accertato, prima

dell’avviso di accertamento riceve il cosiddetto

zione di un successivo avviso di accertamento. In questo modo l’Amministrazione finanziaria adempie all’obbligo di “prendere contatto” con


CARLO CARMINE

L’IMPRENDITORE IN DIFFICOLTÀ NON SI DEVE RASSEGNARE: ESISTONO STRATEGIE DIFENSIVE PER OGNI CRITICITÀ

SIMONE FORTE

il cittadino proprio per consentirgli l’esercizio di

zia delle Entrate Riscossione, ex Equitalia). Affin-

del 15 giugno 2021, si riporta che “gli esiti com-

cessivo avviso di accertamento. L’invito a compa-

rispetto all’alternativa liquidatoria. Per questo è

grado e a circa il 40% in secondo grado”.

una difesa in forma “anticipata”, al fine di evitare,

nella migliore delle ipotesi, l’emissione del sucrire, quindi, potrebbe trasformarsi da problema in opportunità consentendo al contribuente, da

subito, di far individuare da un professionista i futuri e potenziali vizi da eccepire nel contenzioso che renderebbero annullabile l’atto.

Come mi dice, invece, della transazione fiscale? Qui ci troviamo nell’ambito delle procedure

concorsuali previste dalla legge fallimentare immaginate per il risollevamento patrimoniale delle aziende. La novità più importante che ci si

è prospettata, dal dicembre 2020, è la possibilità

riconosciuta al tribunale di approvare gli accor-

di di ristrutturazione del debito o il concordato preventivo e in quest’ambito anche la transa-

zione fiscale, a determinate condizioni, anche in mancanza di adesione al piano proposto da par-

ché il tribunale approvi la transazione fiscale la

proposta concordataria deve risultare migliore

previsto che il piano di concordato sia accompa-

Per concludere, qual è il consiglio di massima da dare a un imprenditore che ha posizioni debitorie con l’Agenzia delle Entrate?

dell’Amministrazione finanziaria o degli enti

Alla luce della nostra esperienza, e sono oltre se-

transazione fiscale è che la proposta del debitore

del Fisco non bisogna avere paura e neppure pa-

risparmio anche dell’80% del debito fiscale dovuto, a prescindere dal parere favorevole o meno gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. Importante condizione per attuare la sia accompagnata dalla relazione del professio-

nista, con cui viene dimostrato che la proposta è più conveniente rispetto all’alternativa liquida-

toria. Si tratta di un vero e proprio “saldo e stralcio per le Pmi” attraverso il quale il “creditore pubblico” viene assolutamente soddisfatto.

Con il Fisco è davvero possibile risolvere le posizioni debitorie? Sì, questa è una domanda ricorrente alla quale

accessori, siano essi amministrati dall’Ente cre-

mia e delle Finanze pubblica un report nazionale

pendenti riguardanti tributi erariali e relativi

ditore (esempio l’Agenzia delle Entrate) oppure già passati alla riscossione (ad opera dell’Agen-

contribuente si attestano a oltre il 38% in primo

professionista indipendente. Ciò permette un

gnato da un’attestazione positiva redatta da un

te dell’Amministrazione finanziaria (o dell’Inps).

La transazione fiscale si applica ai carichi fiscali

pletamente favorevoli o intermedi a favore del

amo rispondere con i numeri. Ogni anno il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Econosul contenzioso tributario. Ebbene, nell’ultimo

report, anticipato dal comunicato stampa 118

dici anni che ci occupiamo di questo con il nostro team legale, posso dire che dinanzi alle richieste gare e basta. Ogni atto, infatti, se opportunamen-

te analizzato potrebbe contenere vizi di forma o di altro tipo che possono portare a una riduzione o anche a un annullamento totale di quanto

richiesto. Ciò vale anche per l’Agenzia delle Entrate e per l’Agenzia delle Entrate Riscossione e

deve essere ben chiaro nella testa di ogni italiano. Non a caso sul nostro sito www.cfclegal.it abbiamo inserito un blog con pubblicazioni quoti-

diane sulle novità in materia di contezioso fiscale e le storie di chi ha risolto. Tornare imprenditori liberi e contribuenti sani è possibile, ma occorre affiancarsi ai professionisti giusti. www.cfclegal.it

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TALENTI DELLO SVILUPPO

stando massima attenzione alle tematiche innovative garantendo, allo stesso tempo, metodologie di delivery tra le più efficienti nel mercato B2B. La vision aziendale di diventare un punto di riferimento per i clienti che vogliono creare valore attraverso l’innovazione e lo sviluppo acquisendo sempre maggiore credibilità e reputazione nel mercato di riferimento attraverso politiche di sviluppo e di crescita etiche e sostenibili è uno degli obiettivi che l’azienda si è data sin dalla sua costituzione. «Oggi, i nostri clienti riconoscono in Lubea un partner affidabile con il quale avviare un percorso di crescita comune consolidato da un rapporto di fiducia e sostegno reciproco», sottolinea Mura, «entrambi elementi essenziali per sviluppare relazioni di business costruttive e trasparenti. Utilizziamo strumentazioni tecnologicamente avanzate assieme a soluzioni software di ultima generazione». Un esempio che al meglio rappresenta la nostra filosofia di service delivery è dato Droni, laser-scan, 3D, ingegneria delle reti di telecomunicazioni da una parte, dall’Advanced Network Inventory, che ha etica, valori condivisi e mecenatismo dall’altra. Ecco la doppia anima di Lubea, reso l’azienda una delle prime in Italia ad l’azienda tecnologica di un imprenditore illuminato: Giuseppe Mura offrire soluzioni innovative orientate ai gestori delle infrastrutture delle reti di teledi Alessandro Robbiati comunicazioni: «Partendo dalla necessità degli operatori di telefonia radiomobile di ilosofia e telecomunicazioni, tecMa cosa fa, esattamente, Lubea? «Contriottenere informazioni precise e certificate nologia e desiderio di lasciare nel buiamo allo sviluppo delle reti di telecosugli elementi radio, impiantistici e inframondo un’impronta migliore. Non municazioni nel nostro Paese, supportando strutturali delle decine di migliaia di siti sono parole in libertà, ma la mission che si clienti e partner nella progettazione radio presenti in campo che costituiscono la loro è data Lubea. A guidarla Giuseppe Mura, e infrastrutturale delle reti radiomobili, rete», spiega Mura, «sin dal 2017 abbiamo un imprenditore che – dopo aver maturato operando su tecnosviluppato una proPRIMA DI FONDARE LUBEA NEL 2017 una lunga esperienza nel settore delle Tlc logie 4G/5G/Fwa, e posta innovativa. La GIUSEPPE MURA HA MATURATO in Italia e all’estero – ha deciso di fondare delle reti in fibra otnostra soluzione forUNA LUNGA ESPERIENZA NELLE TLC nel 2017 la sua “creatura”. Con un mantra tica (Gpon/Ftth/...) nisce dei modelli del A LIVELLO INTERNAZIONALE ben preciso: sostituire la desueta logica sostenendo lo svisito riproducibili da del “business is business” con il concetto luppo di importanti aziende e multinazioremoto e misurabili, riducendo così al midi “business ethics”, dove nello sviluppo nali in realtà ancora più dinamiche grazie nimo le possibilità di errore. Inoltre, le prodi una azienda gli affari devono avere un alle professionalità dei nostri consulenti e gettazioni in Cad ma, soprattutto, in Bim, rilievo anche dal punto di vista etico. Non alle soluzioni che sviluppiamo in ambito Ict integrate con le informazioni ottenute dai più il tentativo di massimizzare, ad ogni con particolare focus alla digital transformodelli 3D degli impianti, consentono di costo, i profitti senza curarsi dell’ambiente mation», ci spiega Giuseppe Mura. presentare dei prodotti finali che consencircostante e delle persone, ma il desiderio La mission di Lubea è quella di consolidare tono di verificare il reale stato di fatto - “As concreto di rendere le città, il territorio e la ed espandere le competenze emergenti nei Is” - dei siti oggetto di monitoraggio oltre società stessa un posto migliore. mercati di riferimento (Telco & Ict), preche di verificare se l’autorizzato è conforme

Quando la filosofia fa parte dell’impresa

F

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in collaborazione con

a quanto realmente presente in campo». La tecnica di rilevazione utilizzata consente la riduzione dei tempi necessari per l’elaborazione delle informazioni, una maggiore precisione ed accuratezza nelle misure dei dati acquisiti, la possibilità di operare in ambienti particolarmente complessi e, soprattutto, l’impiego di un solo operatore, nonché la possibilità di riutilizzare il modello 3D estratto per tutte le analisi e le interrogazioni necessarie, anche in tempi successivi. «Abbiamo avviato questi servizi unendo le competenze dei nostri ingegneri all’utilizzo di strumentazioni e dispositivi innovativi, quali laser-scanner e droni, e all’impiego di software avanzati che ci hanno consentito di ingegnerizzare un servizio integrato non solo efficiente nei risultati ma, soprattutto, tale da garantire un “cost saving” importante ai gestori delle infrastrutture di rete che, ad oggi, continuano ad utilizzarlo», continua Mura. Ma, come detto, Lubea è anche il frutto dell’intuizione dell’imprenditore Giuseppe Mura, un convinto difensore di una filosofia e di un’etica del lavoro che non guardi soltanto ai risultati economici, ma anche, e soprattutto, a come si ottengono tali risultati, sempre nel rispetto di tutte le parti coinvolte, siano queste i dipendenti, i fornitori o i clienti dell’azienda. Venticinque anni di esperienza nel settore di riferimento lo hanno portato a rendersi conto che nel nome del cinico concetto di “business is business” le aziende hanno danneggiato l’intero “business enviroment” penalizzando la correttezza nei rapporti di affari, verso i propri competitor e la tutela del proprio personale. «L’approccio deve essere rivisto», sostiene Mura: «le aziende non bastano più a loro stesse e non sono delle entità astratte dietro le quali poter giustificare ogni azione scorretta nel nome del fatturato: serve introdurre un nuovo concetto, quello di “business ethics” dove l’imprenditore, e non l’azienda che lui guida, è in prima persona il responsabile di certe scelte e che sono i suoi comportamenti e

le sue scelte che definiscono e qualificano l’azienda stessa. Serve la capacità di trasmettere all’esterno che i ruoli apicali sono ricoperti da persone che hanno dei valori chiari. La proprietà deve mostrare ai potenziali clienti, oltre che confermare a quelli consolidati, una scala valoriale complessa e convincente». Vanno lette in quest’ottica anche iniziative collaterali portate avanti da Mura e dalla sua azienda: il mese scorso, ad esempio, Lubea è stata sponsor della mostra di arte contemporanea e figurativa “Distorsioni” a Palazzo Chigi di Ariccia alla presenza dell’Ambasciatore del Guatemala presso la Santa Sede, che ha visto artisti italiani e guatemaltechi uniti nel rappresentare le contaminazioni di due culture I VALORI FONDANTI DI LUBEA SONO ALLA BASE DELLE MODALITÀ DI INTERAZIONE TRA I COLLABORATORI E VERSO L’ESTERNO

così differenti che, in questa mostra, si sono amalgamate e fuse in un’unica forma espressiva. Lubea ha dato un concreto sostegno all’organizzazione, mostrando una volta di più come le aziende non siano più delle monadi che devono solo far soldi, ma delle realtà perfettamente inserite all’interno del territorio, di cui fanno parte e

GIUSEPPE MURA

del cui sostegno devono farsi carico. A conferma della grande attenzione di Giuseppe Mura verso le tematiche di interesse sociale, oltre che culturale, è data dalla collaborazione in essere con l’Associazione Parole O_Stili che ha portato Lubea ad aderire al Manifesto della Comunicazione non Ostile e, negli ultimi mesi, a finanziare un progetto per la realizzazione di una applicazione finalizzata a prevenire uno dei problemi che affliggono i nostri adolescenti, quello del cyber-bullismo, tema di grande impatto sociale che durante la pandemia si è amplificato in modo esponenziale. Mura è anche impegnato in prima persona a dare il suo contributo a tematiche di impatto sociale, ne è un esempio la sua partecipazione – al momento rimandata a causa pandemia – alla seconda stagione della serie televisiva “The Social Movement”, un docu-reality format che chiama a raccolta dirigenti e imprenditori da tutto il mondo per individuare soluzioni atte a risolvere tematiche di impatto globale inserite nell’agenda delle Nazioni Unite (crisi climatica, diseguaglianze sociali, soluzioni alle pandemie, cura per il cancro,...). I valori fondanti dell’azienda sono alla base non soltanto della sua azione economica, ma anche delle modalità di interazione tra i collaboratori e verso l’esterno: «È fondamentale», conclude Mura, «che tutti coloro che lavorano in Lubea condividano una serie di certezze in maniera costante: questi concetti che non fanno parte di una filosofia astratta, ma di una necessaria modalità di interazione sono la trasparenza, l’integrità, l’imparzialità, l’efficienza e l’imprenditorialità. Tutti valori che permettono a Lubea di approcciare anche il business con una diversa – e più efficace – modalità, inclusiva al proprio interno e di sostegno verso i propri clienti. Tutto questo è Lubea, una realtà nuova con idee e filosofia di business orientate prima al rispetto dei valori e poi al risultato». www.lubea.it

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TALENTI DELLO SVILUPPO

La miscela perfetta? Qualità, ambiente e franchising Con 45 punti vendita a marchio e nuove aperture all’orizzonte, Caffè dal Mondo offre una produzione artigianale 100% made in Italy e un programma di affiliazione particolarmente vantaggioso di Vincenzo Petraglia DI TIPI DI CAFFÈ NEL MONDO CE NE SONO MOLTI. ALCUNI, CERTO, HANNO AROMI PIÙ INTENSI E CARATTERISTICHE MIGLIORI DI ALTRI, MA FONDAMENTALE, NEL PERCORSO CHE DALLE PIANTAGIONI LI PORTA ALLA TAZZINA, È IL MODO IN CUI VENGONO LAVORATI.

«Il ciclo di lavorazione del caffè attraversa otto fasi e in ognuna, lavorando bene, possiamo ‘’solo’’ evitare di rovinarlo», spiega Beatrice Pea, amministratore unico e co-fondatrice col marito Massimo Dusi di Caffe dal Mondo, realtà imprenditoriale in ascesa con ben 45 punti vendita a marchio e nuove aperture all’orizzonte. Nata nel 2009 e diventata franchising nel 2013, Caffè dal Mondo è un’alternativa di eccellenza con una produzione artigianale 100% made in Italy di capsule e cialde di qualità superiore con un’attenzione particolare a rispetto di ambiente e salute. Non è un caso che il payoff del brand sia “creatori di eccellenze” e che tutti i partner del network vengano, per così dire, presi sotto l’ala di Caffe dal Mondo, non solo per quanto riguarda prodotto e logistica, ma anche per promozione, comunicazione e tutto quanto possa aiutare i singoli franchisee, che non sostengono peraltro royalties o fee d’ingresso, a far decollare il proprio singolo business. Cosa differenzia Caffè del Mondo dagli altri player? Abbiamo una gamma di prodotti senza eguali: ben 14 miscele di caffè, 4 monorigini, ma anche tè, tisane e sfiziosità

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disponibili in 13 formati di capsule. Vantiamo 16 selezioni biologiche divise tra capsule compostabili Nespresso, Cialde Biodegradabili, caffè in grani, caffè macinato e capsule compatibili Dolce Gusto e riusciamo a distinguerci dalla concorrenza producendo direttamente le nostre capsule, offrendo ai nostri clienti prodotti in esclusiva con una qualità superiore a un prezzo concorrenziale. Come scegliete i vostri prodotti? La materia prima è fondamentale, proviamo tantissimi caffè ma anche bevande e materiali

MASSIMO DUSI E BEATRICE PEA NEL MAGAZZINO AZIENDALE

innovativi per il confezionamento, collaboriamo con i fornitori per migliorare il ciclo produttivo ed esaltare il prodotto. Un altro aspetto al quale teniamo molto è la sostenibilità. Per cialde e capsule abbiamo deciso di non scendere a compromessi mantenendo i nostri caffè in atmosfera modificata all’interno di buste in materiale riciclabile; inoltre col progetto #Responsibility2021 ci impegniamo a eliminare materiali che comportino la creazione di rifiuti misti non riciclabili. Siamo in pochi a farlo, ma siamo convinti che la qualità sia l’unica strada per una realtà come la nostra. Abbiamo pensato da subito alla distribuzione dei nostri prodotti attraverso negozi di proprietà o in affiliazione per riuscire a trasmettere la filosofia aziendale, che si fonda su tre valori chiave: qualità, etica e sostenibilità appunto. Con i nostri affiliati intraprendiamo qualcosa di più che una collaborazione, è importante essere in sintonia, curiamo la parte commerciale, offrendo affiancamento e formazione continua su tecniche di vendita, gestione dei social, amministrazione aziendale. Quali obiettivi vi ponete nel medio-lungo termine? Il nostro format è cresciuto a un ritmo incredibile e aver raggiunto i nostri obiettivi in anni così difficili ci ha fatto capire che siamo sulla strada giusta. Per il 2022 vogliamo aprire al massimo due negozi al mese in Italia per seguire al meglio la fase di lancio. A settembre saremo al Franchise Expo Paris, per trovare partner per sviluppare il format all’estero, partito già con un primo store in Spagna. Nel lungo periodo vogliamo diventare un gruppo omogeneo e consolidato. Come vede il futuro del comparto? La sfida è differenziarsi sempre di più, e per quel che ci riguarda vogliamo farlo con caffè pregiati e prodotti attenti alla salute, consci dell’importanza di essere sostenibili e di mantenere un ottimo rapporto qualità/prezzo. www.caffedalmondo.it


Puntare sul cibo sano fa bene anche al business Educazione alimentare e prodotti naturali sono alla base del metodo NaturHouse, la catena in franchising nata quasi trent’anni fa e oggi presente ormai in 35 Paesi con 2.400 punti vendita di Alessandro Faldoni

N

aturHouse nasce in Spagna nel 1992, grazie ad una geniale intuizione del suo fondatore Felix Revuelta. In oltre 30 anni più di 6,5 milioni di clienti, grazie all’innovativo metodo NaturHouse, hanno imparato a mangiare in maniera congrua rispetto al proprio stile di vita, eliminando il sovrappeso e raggiungendo il proprio PesoBenessere®. Oggi NaturHouse ha circa 2.400 punti vendita distribuiti in 35 Paesi ed è un marchio riconosciuto a livello internazionale. In Italia lo sviluppo del network NaturHouse parte nel maggio 2005, e ad oggi può contare su una rete capillare di 400 punti vendita, il 95% dei quali in franchising, distribuiti su tutta la penisola e con più di 1,5 milioni di clienti fidelizzati. Da aprile 2015, il gruppo NaturHouse è quotato alla Borsa di Madrid. NaturHouse offre ai suoi clienti una linea esclusiva di prodotti di origine naturale che, combi-

nati con un percorso di educazione alimentare, consentono di eliminare il sovrappeso in maniera semplice, naturale e definitiva. Ed è proprio il Metodo che distingue NaturHouse dagli altri percorsi nutrizionali. Il Metodo NaturHouse è efficace, con 1,5 milioni di italiani che hanno eliminato il loro sovrappeso; è naturale, in quanto basato sul miglioramento delle abitudini alimentari complementari da prodotti di erboristeria; è semplice, basato su un format preciso, che grazie alla consulenza settimanale consente di dare ai clienti un supporto motivazionale fondamentale e di guidarli nel loro percorso di educazione alimentare, insegnandogli i principi di una sana e corretta alimentazione. Tutti i Consulenti NaturHouse sono contraddistinti dalla loro professionalità, laureati ed esperti in alimentazione, che illustrano, sempre gratuitamente, le proprietà dei nostri pro-

dotti e le loro modalità d’impiego nel contesto di nuove e migliori abitudini alimentari. Il metodo NaturHouse è infine economico, perché la consulenza nutrizionale è sempre gratuita al 100%, a differenza di altre attività, dove solitamente ne viene richiesto il pagamento. I prodotti NaturHouse sono in prevalenza complementi alimentari a base di estratti di piante e frutta appositamente formulati per avere proprietà drenanti, brucia grassi, antiossidanti e probiotici. Vengono venduti in Italia esclusivamente presso i monomarca NaturHouse o sul sito www.naturhouse.it, dove è possibile trovare una vasta scelta di complementi dietetici capaci di rispondere efficacemente a tutte le esigenze del Cliente. Dunque una vasta gamma di referenze adatta a tutte le esigenze che si possono suddividere in tre macro-categorie: integratori alimentari (prodotti a base di estratti naturali per facilitare l’assunzione di determinati nutrienti, che consentono azioni specifiche durante il processo di perdita di peso); alimenti funzionali (costituiti da prodotti dietetici per colazione, spuntini o sostitutivi dei pasti, che consentono di tenere sotto controllo l’apporto calorico); cosmetici e cura del corpo (prodotti di bellezza associati alla cura della pelle nel processo di diradamento e anti-invecchiamento). Aderire alla rete NaturHouse è sicuramente redditizio, perché a fronte di un basso investimento offre un’alta redditività. Aderendo al franchising NaturHouse si ha una formazione sia iniziale che continuativa da parte dei nostri professionisti dell’area tecnica, commerciale, marketing e amministrazione. Con NaturHouse hai la garanzia di un marchio con elevata esperienza riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, un’ampia gamma di prodotti esclusivi di alta qualità, che si arricchisce ogni anno con nuove referenze, e una zona di esclusiva nella città prescelta. Oltre a ciò la tranquillità di appartenere ad un importante gruppo che lavora in un settore in costante crescita, e che affianca i propri affiliati con investimenti pubblicitari sempre più importanti. www.naturhouse.it

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TALENTI DELLO SVILUPPO

SITO WEB FAI-DA-TE? AHI, AHI, AHI PS Company, Google Partner certificato, mette insieme professionalità diverse per raggiungere (con tanta creatività) un unico scopo: far notare i propri clienti nel mare magnum dei contenuti online di Vittorio Petrone

A

lla fine del 1992 esistevano soltanto 10 siti web. Oggi, a distanza di quasi 30 anni, se ne contano circa 200 milioni. Un numero esorbitante, ma che può essere suddiviso in due semplici gruppi. «Esistono i siti web che portano risultati e quelli che non ne ottengono», afferma Cosimo Paride Mastrostefano, fondatore, insieme alla compagna Simona Piscopiello, di PS Company, un’agenzia specializzata in marketing digitale. Come tante tecnologie, anche quella per realizzare siti web negli ultimi anni si è resa più accessibile a chiunque. Se da un lato questo ha permesso a sviluppatori e web-designers di ottimizzare il proprio lavoro, si sono create anche delle controindicazioni. «Si è diffusa un po’ troppo nel mercato la convinzione che creare un sito web sia un gioco da ragazzi. Questo ha portato molte aziende a costruirselo in casa o ad acquistare questo servizio a prezzi stracciati», spiega Simona Piscopiello. Non c’è quindi da stupirsi se poi il sito web non contribuisce a raggiungere gli obiettivi di business prospettati. Proprio questa consapevolezza è il punto di partenza dell’attività di PS Company. La prima domanda rivolta ai clienti in fase di startup del progetto è volta a capire la finalità per cui desiderano realizzare (o rinnovare) il proprio sito. «Aumentare l’autorevolezza del brand, raccogliere contatti e richieste di preventivo, vendere online o divulgare contenuti e informazioni. Un sito deve essere visto come un canale di comunicazione con un obiettivo specifico», racconta Paolo Baraldi, project manager pres-

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so PS Company. «Quando la meta è definita, si può tracciare il percorso per raggiungerla. La struttura del sito, i contenuti testuali e grafici, i collegamenti tra le pagine: tutto deve guidare gli utenti al punto di arrivo desiderato». Se l’obiettivo finale è la bussola, è anche necessario che il percorso (la cosiddetta user experience), sia su misura del target di riferimento e coerente con l’identità aziendale. Anche qui entra in gioco l’esperienza di un’agenzia di marketing come PS Company nelle scelte grafiche e di tono di voce più efficaci per rispecchiare il brand, dare continuità tra online e offline e accogliere con successo gli utenti desiderati. Tutto qui? Assolutamente no! «Un sito web non è un cartellone pubblicitario», aggiunge Mastrostefano. «Eppure spesso viene trattato così. Si progetta, si pubblica e ogni tanto si aggiorna». Una delle più grandi rivoluzioni che il digitale ha apportato al mondo del marketing è la possibilità di monitorare, e di conseguenza ottimizzare, con continuità. I siti web dei clien-

ti di PS Company raggiungono risultati anche grazie a questa costante attività. Come viene svolta? «In tanti modi. Ad esempio registrando le sessioni degli utenti sul sito tramite un tool apposito, ovviamente in modo anonimizzato e senza mostrare alcun dato personale. Questo ci permette di individuare gli elementi che ostacolano il percorso che abbiamo tracciato, come si comportano gli utenti e cosa possiamo fare per migliorare la loro esperienza», svela Piscopiello, che poi aggiunge un retroscena: «Il venerdì pomeriggio vedo Paride e Paolo che fissano lo schermo rapiti come se fosse un film su Netflix, mancano solo i popcorn». A questo si aggiunge la creazione di mappe di calore per misurare l’attenzione degli utenti del sito web e l’analisi approfondita delle metriche fornite da Google Analytics. L’ottimizzazione svolta da PS Company strizza l’occhio anche a Google. I siti web realizzati dal team di Mastrostefano possono vantare infatti un’attività Seo professionale. Baraldi spiega cosa significa: «Facciamo in modo che i nostri clienti si posizionino il più in alto possibile nei risultati di ricerca relativi ai prodotti e servizi da loro offerti. Portando traffico in modo organico al loro sito web, potranno investire cifre minori sull’advertising online». Oltre ad analisi ed esperienza, un sito web che funziona richiede quindi che gli venga dedicato il giusto tempo. Tempo che PS Company chiede ai suoi clienti, per poter realizzare un progetto destinato ad avere successo.

bit.ly/pscompany-sitiweb


QUELLA FRAZIONE DI MANAGER CHE MANCA ALLA PMI Le piccole e medie imprese non sempre hanno al loro interno le competenze strategiche necessarie in alcuni periodi. Ma il fractional manager interviene e risolve. Ne parliamo con Andrea Pietrini, chairman di YourGroup di Vincenzo Petraglia

IN UNA SOCIETÀ CHE RICHIEDE SEMPRE PIÙ FLESSIBILITÀ E CAPACITÀ DI ADATTAMENTO ANCHE LA FIGURA DEL MANAGER STA CAMBIANDO VELOCEMENTE, ANCHE A CAUSA DELLA PANDEMIA. Ecco allora che si diffonderanno sempre più i cosiddetti fractional executive, manager di grande esperienza in grado di mettere al servizio delle aziende il proprio know-how per periodi circoscritti di tempo. Non come semplici consulenti esterni, che come tali restano estranei all’organizzazione, ma partecipi della stessa e di supporto operativo on site, seppur a tempo. Con un doppio vantaggio. Per loro stessi, che possono accettare incarichi in maniera più fluida, e per le aziende, soprattutto le Pmi, zoccolo duro del sistema imprenditoriale italiano, spesso aziende familiari carenti di competenze manageriali e che non possono permettersi l’assunzione a tempo pieno di manager di alto profilo con competenze specifiche. Abbiamo intervistato Andrea Pietrini, chairman YourGroup, prima società italiana di advisory operativa C-Level a introdurre nel nostro Paese già da qualche anno il concetto di fractional executive, e autore del libro ““Fractional manager. Una nuova professione per aziende che evolvono”, edito da Egea, casa editrice della Bocconi.

Andrea, intanto spieghiamo chi è il fractional manager, a cui ha appena dedicato un interessantissimo libro. Il libro è il frutto di un progetto che avevo in mente da tempo, per sugellare anche editorialmente un percorso iniziato dieci anni fa e che, appena uscito, è entrato nelle classifiche Amazon dei libri più venduti della sua categoria. L’obiettivo è raccontare l’origine,

ANDREA PIETRINI, CHAIRMAN DI YOURGROUP

IL FRACTIONAL MANAGER ENTRA IN AZIENDA CON UN RAPPORTO COSTI-TEMPO MODULARE

lo sviluppo e le prospettive del modello fractional, ma soprattutto dare una serie di consigli pratici a manager interessati all’attività e non solo. Il fractional è una figura manageriale esterna che entra in azienda con un rapporto costi-tempo modulare. Non un dipendente, ma nemmeno un consulente che resta estraneo all’organizzazione, partecipe invece della stessa e di supporto operativo on site, seppur a tempo, forte di una coerenza aziendale e una visione più ampia. Con YourGroup selezionate proprio questo tipo di manager. In cosa consiste il “Big five personality test” e in generale il vostro processo di selezione? ll “Big five questionnaire” è un test di personalità del candidato su cinque grandi dimensioni (ciascuna suddivisa in due

sottodimensioni): estroversione, apertura mentale, gradevolezza, stabilità emotiva, coscienziosità. Sviluppato dall’azienda innovativa Eggup, lo proponiamo nel percorso di selezione dei nostri partner, data l’importanza delle soft skills nella buona riuscita di un progetto manageriale. Il test rende ancora più rigoroso e oggettivo il processo di selezione che parte da una base curriculare d’eccellenza e si articola anche sulla richiesta di referenze e su quattro colloqui tenuti da senior manager del gruppo. Ciò ci ha permesso di creare un vero e proprio “hub” di competenze, formato da otto team altamente specializzati e per ogni area aziendale chiave offriamo supporto operativo on site erogato da un team dei nostri fractional manager. Qual è la risposta al servizio proposto da YourGroup? Sono convinto che il mercato sia ormai pronto per un’attività di fractional executive come quella che propone il nostro gruppo e la risposta, infatti, è straordinaria. Cresciamo a doppia cifra da anni e anche nell’anno della pandemia abbiamo fatto +20%. In generale vediamo una classe imprenditoriale sempre più ricettiva nei confronti del modello per i vantaggi che porta alle aziende, soprattutto quelle familiari. Un approccio win-win con gli imprenditori da un lato che cercano chi possa aiutarli e dall’altro molti manager capaci che hanno compreso che si può ripensare la propria carriera lavorativa in forma più innovativa e diversa da schemi tradizionali quali il contract management e l’attività libero professionale. www.yourgroup.it

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NEWS DALLE AZIENDE TLC TELECOMUNICAZIONI È UNA COMPAGNIA TELEFONICA INNOVATIVA SPECIALIZZATA NELL’EROGAZIONE DI SERVIZI IN FIBRA OTTICA DEDICATA A PROGETTO E A

FIBRA OTTICA DEDICATA A PROGETTO COME... L’ACQUA NEL DESERTO

VALORE PER LA CLIENTELA BUSINESS E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.

Giuseppe Del Prete, ceo di TLC, ci spiega gli aspetti fondamentali del lavoro dell’azienda. «Fornire fibra ottica ad un cliente che al momento si trova in una zona non adeguatamente servita o con esigenze di connettività elevate, è un’operazione molto delicata e complessa. È necessario analizzare attentamente le esigenze del singolo, acquisire permessi pubblici, interconnettere tra loro vari tratti di fibra ottica e, solo alla fine, implementare i rilegamenti tecnici e consegnare in sede cliente la tanto agognata connettività con apparati top di gamma, che successivamente andranno personalizzati in funzione del singolo caso», spiega Del Prete. «La rete in fibra ottica potremmo paragonarla alle tubature che portano l’acqua nelle nostre città. Se queste tubature sono vuote, con

poca acqua, o bucate, il servizio che arriverà all’utente sarà nell’ordine inesistente, molto scarso o discontinuo. Se queste tubature sono riempite e ben manutenute il servizio che arriverà al cliente sarà eccellente. Questo è il nostro lavoro: portare l’acqua (la fibra)

GIUSEPPE DEL PRETE

PER RISOLVERE I PROBLEMI I MANAGER FANNO NETWORKING UN PO’ COME IL FAMOSO WOLF DI PULP FICTION, IL NETWORK DI CONCENTRAZIONE SI PROPONE DI TROVARE SOLUZIONI PER I DIVERSI TIPI DI ESIGENZE LEGATE AL PROPRIO BUSINESS ATTRAVERSO LA CONDIVISIONE DI CONTATTI ED ESPERIENZE. «La nostra

mission è organizzare l’incontro giusto, al momento giusto, con le persone giuste», spiega il founder Alberto Bezzi: «da sei anni il modello di business di Concentrazione è indipendente e si basa sul presupposto che si vince tutti insieme aiutandosi reciprocamente». Come funziona esattamente? Bastano 60 secondi per scoprirlo, a questo link: www.concentrazione.eu/contatti. Quando arriva una richiesta il Crm di Concentrazione seleziona una lista di manager in

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grado di individuare soluzioni adeguate, all’interno della quale viene poi fatta un’ulteriore valutazione delle migliori soluzioni. all’interno della quale viene poi fatta un’ulteriore scrematura selezionando sistematicamente le migliori soluzioni. A questo punto un’attenta attività di advisory tramite confronto diretto tra Concentrazione e il fornitore della soluzione verifica la congruità rispetto alla richiesta. Viene poi effettuata una certificazione della reputazione del fornitore, verificando le sue referenze tramite il

dove non arriva, preoccuparci che la quantità di acqua (di banda) che iniettiamo nella nostra tubatura sia sempre tale da riempirla tutta (banda minima garantita totale) e che la tubatura (la nostra rete ottica) sia sempre manutenuta alla perfezione. Riassumendo: prima di tutto portiamo le tubature dove non ci sono, scavando nel vero senso della parola, poi provvediamo a riempirle e manutenerle, infine arricchiamo il nostro servizio con sistemi di backup e di comunicazione unificata».

www.tlctel.com Numero Verde: 800132824

coinvolgimento di un altro manager in maniera che possa in qualche modo fare da garante per la sua professionalità e capacità di gestire e dare risposta proprio a quella specifica problematica. Si tratta di un processo collaudato per cui l’84% delle richieste ricevute hanno trovato un’efficace soluzione: entra anche tu nell’ecosistema. Invia una richiesta per metterci alla prova.


NEWS DALLE AZIENDE LA DIAGNOSI DELLE COMPLIANCE FA STARE TRANQUILLA L’AZIENDA PROMOTERGROUP S.P.A. SI CONFIGURA, COME UNA GLOBAL SERVICE CHE EROGA SERVIZI DI CONSULENZA A 360° CON UN PORTFOLIO SERVIZI FRA I PIÙ AMPI IN ITALIA spaziando dall’adeguamento normativo cogente alle certificazioni QSA e in ambito agroalimentare, alla sicurezza nei luoghi di lavoro compresa la sorveglianza sanitaria sino alla Finanza e Sviluppo d’impresa. Un ulteriore supporto ai clienti, è dato dalla formazione obbligatoria, servizi per le P.A. e assistenza per le gare d’appalto. Per le aziende multi localizzate e per poter offrire un servizio più efficiente e tempestivo di Sorveglianza Sanitaria, Promotergroup S.p.A. dispone della prima unità mobile di Telemedicina sul Lavoro, provvista di ambulatorio medico interno, cabina silente e sala di accettazione, al fine di poter effettuare le prestazioni medico-diagno«LA DIGITALIZZAZIONE È UN FENOMENO NATURALE CHE L’ULTIMO ANNO HA SOLO CONTRIBUITO AD ACCELERARE», sottoli-

nea Victor Vassallo, managing director Italia di Making Science, società di consulenza quotata alla Borsa di Madrid nel segmento Bme Growt. «In Italia ci aspettiamo l’arrivo di circa 7 milioni di nuovi compratori online nei prossimi 4 anni e per capitalizzare l’opportunità é indispensabile fare di internet la propria vetrina. Nonostante sempre più persone comprino online ogni mese e quasi il 50% degli acquisti mondiali sul digitale si registrino su marketplace, sono ancora molto poche le aziende italiane a VICTOR VASSALLO vendere online. «Que-

stiche necessarie, direttamente presso le sedi operative dell’azienda, con un sicuro risparmio in termine di tempo per l’organizzazione e l’esecuzione delle visite ai Lavoratori offrendo il servizio a costo standardizzato. Must di Promotergroup S.p.A. è quello di individuare e risolvere le criticità aziendali nonché ricerca-

re soluzioni sartoriali progettate intorno alle specifiche esigenze del cliente. Per verificare lo “stato di salute” delle aziende effettua una “compliance aziendale gratuita” al fine di effettuare una verifica della conformità di tutte le attività di una data impresa alle procedure, ai regolamenti, alle disposizioni di legge e ai codici di condotta. www.promotergroup.eu info@promotergroup.eu Numero Verde: 800034615

E-COMMERCE, LA DOMANDA SUPERA L’OFFERTA sto perché utenti e piattaforme si adattano e sviluppano più in fretta di quanto le aziende spesso possano farlo, e perché tutt’oggi ci sono molti miti associati all’uso dei marketplace», spiega Vassallo. «Ma come dimostrano i dati, la domanda chiave per ogni azienda non è se aprire un e-commerce, ma qual canali meglio si prestano ad aumentare il successo e raggiungere nuovi clienti. La risposta si trova con una visione strategica che tenga

in considerazione seo, logistica, promozioni, advertising, marketplace, branding, competitività e customer care. Così possiamo identificare le soluzioni migliori e raggiungere gli utenti giusti nel momento giusto». «Abbiamo molti casi di successo», conclide Vassallo: «Per esempio, in Making Science abbiamo recentemente aiutato un brand a triplicare il proprio fatturato mensile su Amazon grazie al solo set up di un account accompagnato da attività di catalogo, branding e logistica. Affidarsi ad un partner digitale esperto può fare la differenza sul successo digitale di un’azienda». info@omniaweb.it www.makingscience.com/it

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NEWS DALLE AZIENDE POSSIAMO

DEFINIRE

MAKEITLEAN

UN

IBRIDO TRA UNA SOCIETÀ DI CONSULENZA E UN’AGENZIA DI MARKETING CHE HA CREATO IL PROPRIO METODO DI LAVORO,

LEAN MARKETING: CON L’APPROCCIO INTEGRATO IL BUSINESS DECOLLA

METODO MAKEITLEAN APPUNTO, PER UN APPROCCIO INTEGRATO AL CLIENTE, COINVOLGENDO IL MARKETING, LE VENDITE E L’ASSISTENZA CLIENTI.

lia e nel mondo, ha deciso di adottare questo metodo per due dei suoi marchi, Novamobili e Nidi. «Grazie alla piattaforma Hubspot e al supporto di MakeITlean abbiamo la possibilità di monitorare costantemente e migliorare tutte le nostre azioni di comunicazione indirizzate sia verso il pubblico che verso i no-

Su questo metodo è stato pubblicato anche un libro, disponibile su Amazon, dal titolo “Lean Marketing: dal Lean Thinking all’Inbound Marketing” che accompagna il lettore, imprenditore o professionista, nell’applicazione dei principi del Lean Thinking con le tecniche di marketing attrattivo. Si tratta di un approccio sempre più necessario dati i numerosi touchpoint che aziende e clienti possono avere, tant’è che Battistella, gruppo del mobile del treIL FLAGSHIP STORE NOVAMOBILI A MILANO E LA COPERTINA DEL LIBRO “LEAN MARKETING: vigiano e affermato in Ita- DAL LEAN THINKING ALL’INBOUND MARKETING” DISPONIBILE SU AMAZON

DJUNGLE STUDIO, LO STARTUP BUILDER DEL MONDO DIGITALE DJUNGLE STUDIO È UNO STARTUP BUILDER - UNA STARTUP CHE CREA STARTUP NEL MONDO DIGITALE! MA COSA VUOL DIRE DAVVERO? La missione di Djungle Studio è quella

di lanciare prodotti e soluzioni digitali che le persone non vedono l’ora di utilizzare e che sono vere e proprie opportunità di business per investitori e aziende che vogliono fare (open) innovation. L’obiettivo di uno startup studio come Djungle Studio è quello di creare startup che sono pronte a scalare il mercato abbassando al minimo il rischio di fallimento. Djungle Studio lavora su più startup in parallelo (parallel entrepreneurship) seguendo un processo di discovery e validation che permette di portare avanti soltanto le idee e le soluzioni digitali che

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hanno potenziale sia in termini di business che di impatto reale sulla vita delle persone che andranno ad utilizzarle. Una delle caratteristiche peculiari di Djungle Studio riguarda la generazione delle idee, che avviene all’interno del team a differenza di acceleratori e venture builder che affiancano o supportano startup già esistenti. Altro asset importantissimo di Djungle Studio è il core team, esperto nella validazione e costruzione di nuove idee di business: attraverso un processo improntato sulla metodologia lean, si parte da un’analisi approfondita di reali bisogni di mercato e attraverso una serie iterativa di test di mercato - e al processo di customer development - si arriva a costruire un nuovo prodotto o servizio digitale che risolve quel

stri rivenditori», afferma Christian Giomo, Marketing Manager del gruppo. «Durante il prossimo Fuorisalone di settembre a Milano, organizzeremo la nostra presenza con l’utilizzo di strumenti dedicati alla registrazione digitale degli appuntamenti e degli ingressi presso il nostro flagship store gestendo al meglio i flussi di lavoro e il follow-up». Lean Marketing è quindi innovazione, digitalizzazione e integrazione di strumenti e strategie per offrire sempre il meglio ai propri clienti. www.makeitlean.it info@makeitlean.it 0438.1900104

problema (customer need). Grazie agli asset tecnologici e all’esperienza costruiti negli anni e ad un budget dedicato alla sperimentazione - frutto dell’acquisizione da parte del gruppo Planet Smart City e del nuovo piano imprenditoriale condiviso Djungle Studio può creare MVP e prototipi che insieme al customer feedback contribuiranno alla costruzione dei nuovi servizi che arriveranno a milioni di persone. https://djungle.io/ info@djungle.io


NEWS DALLE AZIENDE ENERGY DRIVE: INSIEME PER UN FUTURO SOSTENIBILE L’AUMENTO ESPONENZIALE DEI CONSUMI, L’INQUINAMENTO E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO, SONO ALCUNI DEI FATTORI DETERMINANTI DELLA CORSA VERSO L’EFFICIENZA ENERGETICA E LO SVILUPPO DI ENERGIE ALTERNATIVE. Ne parliamo con Giampaolo

Pavone titolare di Energy Drive.

Energy Drive quanto è impegnata nello sviluppo sostenibile? Noi di Energy Drive vogliamo costruire per le generazioni che verranno un futuro diverso, un nuovo stile di vita che punti alla salvaguardia dell’ambiente. Dal 2009 siamo impegnati a garantire il rispetto dell’ambiente e la sicurezza delle persone proponendo energia rinnovabile, economica e accessibile a tutti. Il nostro punto di forza è l’assistenza al cliente, la manutenzione ed DIVENTARE IMPRENDITORE DIGITALE NEL TEMPO DI UNA PAUSA CAFFÈ, SENZA SPENDERE UN EURO. NESSUNA FORMULA MAGICA, MA TUTTA LA PASSIONE E IL KNOW-HOW DI

il monitoraggio costante dell’impiantistica installata. Esattamente di cosa vi occupate? Progettiamo soluzioni su misura e chiavi in mano per produrre energia green. Realizziamo impianti fotovoltaici, pompe di calore, climatizzatori per aria calda e fredda, caldaie a condensazione, tutti gli interventi per il risparmio di energia elettrica e gas. Ci occupiamo di domotica integrata per la gestione intelli-

gente dei consumi energetici e degli edifici. Qual è il vostro obiettivo? Il nostro obiettivo quotidiano è rendere la “sostenibilità” un dovere di tutti. Fare la differenza per il benessere delle famiglie e del pianeta, guardando con fiducia a collaborazioni e alleanze che ci aiutino a promuovere lo sviluppo e l’accesso alle energie rinnovabili. www.energydrive.eu

L’ACCADEMIA DI SOCIAL MEDIA SENZA LIBRI E LEZIONI IN CATTEDRA

ANDREA BOSETTI, VISIONARIO WEB & SOCIAL MEDIA EXPERT CHE STA RIVOLUZIONANDO IL MODO DI FARE COACHING NEL SETTORE MARKETING.

A partire da Social Coffee Partner Event, innovativa lezione social dedicata alle aziende e tenuta via Zoom che fornisce, nello spazio un coffee break, un’analisi dettagliata del proprio business. L’obiettivo: trovare piattaforme e strategie ad hoc per avere successo nel digitale. Ma Social Coffee Partner Event è ANDREA BOSETTI solo una delle proposte

di Marketing Digital Mind, Accademia di Social Media che fornisce tutte le skills per muoversi nella cultura digitale e social. Fondata da Bosetti nel 2019 e nata dalla sua esperienza decennale nel marketing e nella comunicazione, l’Accademia si rivolge ad aziende, piccole attività, studenti e specialisti nella comunicazione. Composta da una squadra di professionisti che operano in tutta Italia, dal 2020 ha allargato i propri confini con una sede a Dubai, che incarna alla

perfezione i principi di Marketing Digital Mind: velocità, relazione, contatti, business. Fare formazione ma in modo non convenzionale: questa è la missione di Marketing Digital Mind. Niente libri e lezioni in cattedra, ma politica del risultato. Il che significa: programmi dei corsi in continua evoluzione, modulari e modulabili, che seguono il ritmo del cambiamento del mercato. Ma anche livelli diversi in base alle competenze e agli obiettivi che si vogliono raggiungere. Così accanto al percorso classico per diventare social media manager, ci sono workshop per principianti, come Let’s Start, o il laboratorio Advanced, rivolto invece ai più ‘sgamati’ per ottenere più clienti e fatturato. https://marketingdigitalmind.com

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COMUNICARE L’IMPRESA

LA LOBBY C’È, MA NON SI VEDE

Con la politica di fatto commissariata, come si stanno muovendo i cosiddetti “portatori di interessi”? Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati. Scoprendo che sono cambiati i metodi, ma anche gli interlocutori

di Marina Marinetti

S

Lobby, un’organizzazione no profit con sede a arà anche una brutta parola, “lobby”, Milano e a Bruxelles che, a dispetto del nome, ma è fondamentale nel processo delavora per arginare il potere e l’influenza delle cisionale. Perché è impensabile che il lobby «che troppo spesso - dicono - sono dipolitico o il funzionario di turno sia onnisciensposte a sacrificare il benessere della comunite. E quindi va imbeccato. Niente di illecito, tà per il guadagno di pochi». E lo fa attraverso per carità: rappresentare i propri interessi, campagne di pressione, attività che in gergo motivandoli adeguatamente per essere conlobbystico si definisce elegantemente advovincenti, è assolutamente legittimo. E, anzi, cacy. Ebbene, qualche settimana fa The Good fortemente consigliato, giacché le norme e gli Lobby aveva puntato l’indice contro il Miniaiuti non piovono dal cielo. Lo scorso anno la stero della Transiziolobby dei parrucchieri, DALLA HOME PAGE DEL MINISTERO ne ecologica, reo di per esempio, dev’esDELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA aver fatto sparire dalla ser stata particolarÈ SPARITA L’AGENDA DEGLI INCONTRI PER QUESTIONI DI... PRIVACY home page i link alle mente convincente, se, agende del ministro, tra un Dpcm e l’altro, dei sottosegretari, del gabinetto del ministro e Giuseppe Conte (che pure in ambito tricologidegli alti e medi dirigenti, tutti tenuti a rendere co sarebbe uso a far da sé) decise che nell’Itapubblici gli incontri con i portatori di interessi. lia chiusa per Covid coprire la ricrescita e farsi Col risultato che ore è diventato tortuoso scodare una spuntatina era un’attività irrinunvare le agende. Le pagine sono state rimosse ciabile. Sembrano passati secoli, e l’attuale indopo che il Garante della Privacy ha aperto, il quilino di Palazzo Chigi all’apparenza sembra 21 aprile scorso, ha aperto un’istruttoria a caaver congelato il circo Barnum dei questuanrico del ministero al quale contesta l’eccesso di ti. Tanto da sollevare le proteste di The Good

Dove c’è una decisione da prendere, c’è un gruppo di interesse che cerca di portare l’acqua al proprio mulino. Peccato che la pandemia e il cambio della guardia a Palazzo Chigi abbiano cambiato le carte in tavola. E ora i lobbisti sono, paradossalmente, ancora più attivi di prima.

140 STAND OUT QUANDO L’AVVOCATO HA LA MENTALITÀ DEL MANAGER

141 DIGITAL TARGET DI GIANLUIGI BALLARANI

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COMUNICARE L’IMPRESA

FABIO BISTONCINI

GIANLUCA COMIN

trasparenza. Ed è subito cortocircuito.

Tra privacy e trasparenza Un problema circoscritto, comunque: The Good Lobby rileva che solo tre ministeri su 18 hanno un registro pubblico online a cui devono iscriversi i lobbisti o un’agenda pubblica degli incontri con i portatori di interessi. «Peccato che i dati spesso non siano aggiornati o non forniscano le informazioni necessarie», sottolinea Federico Anghelé, il direttore di The Good Lobby, che da tempo si batte per una regolamentazione del settore. «Il rischio della mancanza di trasparenza è abbastanza evidente ora che con il Pnrr si aprono capitoli di spesa che per anni non vedranno nuovi finanziamenti. In più, sono cambiati gli interlocutori nel pieno di un’emergenza doppia: la pandemia ha complicato incontri e relazioni, tanto più che, utilizzando i canali istituzionali, nessuno è tenuto a rispondere, mentre a Bruxelles sono obbligati a rispondere alle email entro 15 giorni». «Lo scenario è cambiato e i nuovi interlocutori hanno l’aggravante di essere una maggioranza poco coesa», continua Anghelé. «Da quasi un anno sono ferme 3 proposte di legge – Silvestri, Madia e Fregolent – in Commissione Affari Costituzionali della Camera. Abbiamo condotto un ciclo di audizioni e tutti gli attori si erano detti favorevoli alla regolamentazione. Ma ora ne abbiamo completamente perso le tracce e non riusciamo ad avere aggiornamenti dal-

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la commissione Affari Costituzionali, che sta trattando tutti i temi, tranne questo». La macchina, insomma si è ingolfata. E con la macchina ingolfata e la politica che pare commissariata, come si stanno muovendo i lobbisti? «Il lavoro del lobbista non è cambiato molto con questo Governo», risponde Gianluca Comin, che con la sua Comin and Partners cura le relazioni istituzionali di clienti di un certo calibro. «Certamente, la grande competenza tecnica del premier Draghi e dei ministri richiede che il portatore di interesse sia maggiormente informato, competente e che produca della documentazione attendibile e approfondita. Per il resto, le attività svolte dai lobbisti rimangono quelle di sempre: conoscere in anticipo il programma del Governo e informare i decisori dei risvolti che le nuove norme possono apportare ai diversi settori merceologici. Infine, non va trascurato il ruolo della politica che in Parlamento converte i decreti e approva le leggi. La politica, infatti, si basa sul consenso e il consenso necessita di una buona comunicazione. Per questi motivi, la lobby è sempre più strettamente legata all’advocacy, alla capacità di influenza e all’utilizzo degli strumenti più innovativi di comunicazione». AAA Politica cercasi Già, la politica: che fine ha fatto? «In effetti, la politica è un po’ compressa», conferma lo “Sporco lobbista” (è il titolo del suo blog) Fabio Bistoncini, classe 1964, che nella vita non

ha mai praticamente fatto altro. Già trent’anni fa seguiva il settore Public Affairs e Lobbying in Scr, tre anni dopo era responsabile delle Relazioni Istituzionali per tutti i clienti delle agenzie del gruppo Shandwick in Italia per poi fondare, ’96, la Fb & Associati (con sedi, manco a dirlo, a Roma, Milano e Bruxelles) di cui attualmente è amministratore delegato, una delle più importanti società di advocacy e lobbying. «Si va avanti comunque, ma non confondiamo ila policy, cioè il processo che porta a prendere le decisioni, dalla politics, ovvero quando devono essere rese esecutive. Nel processo di policy i gruppi di interesse sono attivi come prima... Casomai c’è un restringimento su alcuni temi del processo decisionale in capo alla Presidenza del Consiglio, ma poi le decisioni devono essere comunque rese esecutive e in quella fase i gruppi di interesse sono attivi tanti quanto prima. Dove c’è una decisione, c’è un gruppo di interesse». O anche più d’uno. Ma con la pandemia sono cambiate le modalità: «Si è sostituito lo strumento dell’incontro fisico con l’incontro virtuale», chiarisce Bistoncini (ma un’idea già ce l’eravamo fatta, tra riunioni su Zoom e ragazzi in Dad), «che non è altrettanto efficace. E così è cambiato anche il materiale informativo da produrre a sostegno delle proprie tesi. Consegnarlo avendo la possibilità di illustrarlo è una cosa, dover adattare il materiale alla fruizione con uno strumento diverso è un’altra. E non è solo questione di grafica»: ora il documento dev’essere autoesplicativo».

SIMONE DATTOLI


Guardiamo avanti Insomma, il lobbying c’è (ancora), ma non si vede. Ma secondo i lobbisti non è un problema: «La trasparenza o i registri degli appuntamenti non sono la soluzioni ai mali del mondo», commenta Simone Dattoli, che nel 2010 ha fondato la sua InRete (con sedi a Roma e Milano, ma non a Bruxelles) puntando molto sul digitale. «Tutti cavalcano l’onda della trasparenza nascondendo la polvere sotto il tappeto, quando il lavoro che facendo il governo Draghi è talmente cruciale per il futuro del Paese e dell’economia che stare a guardare la trasparenza è un po’ come lo stolto che guarda il dito anziché la luna. Evidentemente certi appuntamenti devono essere svolti con discrezione». E anzi il lobbying, per Dattoli, proprio ora è particolarmente florido: «C’è un tema di competenza e analisi tecnica, ma anche di sovrapproduzione normativa dopata nell’ultimo anno e mezzo, che ha consentito al nostro settore di lavorare molto, perché ogni gruppo di interesse ha cercato di portare acqua al suo mulino. L’interlocuzione con la politica c’è anche adesso, ma è l’incisione della politica sulle determine che è diminuita: adesso le decisioni rilevanti vengono prese dai tecnici. E da cittadino prima che manager sono contento che ci sia un orientamento di competenza. Per cercare di influenzare le decisioni ora si devono privilegiare soggetti diversi, che sono meno politici e più

tecnici. Il lavoro non cambia: cambia il target». Non dimentichiamo, infatti, che sono proprio i lobbisti a presentare ai decisori pubblici studi, report e soluzioni motivate alle questioni che stanno loro a cuore, per così dire. «I lobbisti sono quelle persone

che per farmi comprendere un problema impiegano dieci minuti e mi lasciano sulla scrivania cinque fogli di carta», diceva John Fitzgerald Kennedy. «Per spiegarmi lo stesso problema i miei collaboratori impiegano tre giorni e decine di pagine».

LA PAGELLA DELLA TRASPARENZA DEI MINISTERI Secondo l’analisi di The Good Lobby, tra tutti, il più trasparente è il dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti: al Ministero dello Sviluppo Economico è infatti attivo dal 2016, per volontà dell’allora Ministro Carlo Calenda, il Registro della trasparenza e le agende degli incontri. Tutti i successori di Calenda- Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli e l’attuale ministro – hanno mantenuto questa innovazione. L’agenda non riguarda solo il Ministro, ma anche i Sottosegretari e tutti i dirigenti più alti in grado del Ministero. Secondo posto per il Ministero della Transizione Ecologica: l’allora titolare dell’Ambiente Sergio Costa puntò tutto sulle agende degli incontri, che considerano anche tutti i dirigenti delle varie aree di competenza del dicastero. L’aggiornamento è settimanale e permette di monitorare le diverse interazioni con i lobbisti. In terza posizione si posiziona il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali retto da Andrea Orlando: in questo caso il registro e le agende furono introdotte nel 2018 quando ministro del Welfare era Luigi Di Maio. I suoi successori hanno mantenuto il registro della

trasparenza, ma i dati si presentano aggiornati solo sporadicamente e le schede online dei portatori di interessi iscritti sono vuote o comunque inaccessibili. E gli ultimi dati disponibili nelle agende degli incontri risalgono addirittura al 2019. Poi il nulla. «Di Maio, peraltro, al momento si è guardato dall’introdurre al Ministero Affari Esteri sia il Registro sia l’agenda», rileva The Good Lobby. «Un peccato considerando come dal suo dicastero passi la partita cruciale del commercio estero». Fuori dal podio il Ministero della Pubblica Amministrazione retto da Renato Brunetta: il Registro e le agende degli incontri erano stati introdotti nel 2017 dall’allora Ministra Marianna Madia, grazie a una richiesta di Riparte il futuro, l’attuale squadra di The Good Lobby. Poi Giulia Bongiorno decise di rimuoverli. A gennaio 2020 la nuova inquilina del Ministero, Fabiana Dadone, aveva promesso un nuovo registro della trasparenza. «Sta di fatto che la ministra Dadone non ha mai dato l’ordine esecutivo e tutto è rimasto nel cassetto. Brunetta al momento non ha dato disposizioni». A seguire

il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali: fu il primo Ministero – reggente Mario Catania (Governo Monti) – nel 2012 a introdurre il registro della trasparenza. «Il registro è sparito dai tempi dell’allora titolare del Dicastero Nunzia de Girolamo che lo definì una pratica da “legge sovietica”. Peccato che il lobbying e la trasparenza siano invece un requisito di tutte le democrazie più mature», sottolinea The Good Lobby. Ultimo Dicastero degno di notazione il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili: in questo caso il Registro e le agende furono introdotti a titolo personale nel 2014 dal viceministro Riccardo Nencini. «Dopo Nencini né Danilo Toninelli, né Paola De Micheli hanno provato a introdurre questi strumenti di democrazia. Giovannini al momento non ha dato segnali». E tutti gli altri dicasteri? «Bocciati su tutta la linea in quanto non hanno mai dato segni di vita rispetto al tema Registro e agenda». E, se ve o state chiedendo, neppure sul sito di Palazzo Chigi sono presenti il Registro della Trasparenza e le agende degli incontri.

FEDERICO ANGHELÉ

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COMUNICARE L’IMPRESA

QUANDO L’AVVOCATO HA LA MENTALITÀ DEL MANAGER Giulio Fortunato Tescione ama definirsi “partner legale per le imprese di famiglia e le pubbliche amministrazioni”. Il suo posizionamento di “avvocato-manager” è alla base del suo successo di Gianluca Lo Stimolo L’ATTIVITÀ DI BUSINESS CELEBRITY BUILDING

sionisti coinvolti (commercialisti, fiscalisti, consulenti del lavoro).

PORTA A CONFRONTARSI, OLTRE CHE CON UN NUMERO CONSIDEREVOLE DI IMPRENDITORI E DI PROFESSIONISTI: DAGLI ARCHITETTI AI NOTAI, DAI COMMERCIALISTI AGLI INGEGNERI. Per l’appuntamento di questo mese con il personal branding, ci soffermeremo sugli avvocati. 35 anni fa in Italia ce n’erano 50mila; oggi invece sono 245mila, cioè 4,1 ogni mille abitanti. Ciò significa che la professione è nel pieno di un momento di prosperità? Non esattamente, se consideriamo che il loro reddito medio annuo è di circa 40mila euro e che uno su due non arriva nemmeno a 20mila. Sono dati ufficiali, diffusi dalla Cassa Forense. Cosa ci insegnano questi numeri? Che per sopravvivere sul mercato bisogna trovare un posizionamento distintivo e affermarlo nel tempo. Non è un’opzione, ma una necessità. Costruirsi un brand personale serve proprio a sottrarsi dalla competizione dilagante ed essere riconosciuti come “quello giusto” per risolvere un determinato problema o offrire un servizio specifico al proprio pubblico di riferimento. L’ha capito bene l’avvocato Giulio Fortunato Tescione, che ama definirsi “partner legale per le imprese di famiglia e le pubbliche amministrazioni”. Il suo peculiare posizionamento di “avvocato-manager” è alla base del successo del suo studio, con 15 anni di attività alle spalle e numerosi incarichi manageriali in aziende con partecipazione pubblica. L’AUTORE, GIANLUCA LO STIMOLO, È BUSINESS CELEBRITY BUILDER FOUNDER & CEO STAND OUT

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GIULIO FORTUNATO TESCIONE

Qualsiasi strategia di personal branding impone di scegliere un pubblico privilegiato. Qual è il suo? Per rispondere a questa domanda devo cominciare da una piccola digressione. Da tempo le grandi e medie imprese e le partecipate hanno scoperto il ruolo strategico dell’avvocato d’affari, una figura in grado di guidare in modo sicuro l’imprenditore e il management nei processi decisionali determinanti per la vita dell’azienda: fusioni, acquisizioni, ristrutturazioni, passaggi generazionali. Anche le piccole aziende e le imprese familiari hanno bisogno di una figura simile, ma a causa delle loro dimensioni ridotte, spesso non hanno la possibilità di assumere un manager dedicato agli affari legali. Qui entrano in gioco le mie competenze in ambito di diritto finanziario e societario, che mi permettono di assumere il ruolo di consulente strategico di lungo periodo, affiancando gli amministratori e collaborando in modo proficuo con gli altri profes-

Ci sono dei momenti particolari in cui si rende necessario il suo intervento? Il mio supporto aiuta a gestire tutti quegli eventi complessi che potrebbero turbare il delicato equilibrio su cui poggiano le dinamiche aziendali: contesti generali di crisi, cambi al vertice, trasferimenti di quote societarie, liti familiari, controversie con i lavoratori, crediti non recuperabili. Altre volte vado a colmare delle lacune, come la mancanza di un piano imprenditoriale provvisto di analisi strategica e finanziaria, o la mancata divisione fra i tre ecosistemi costitutivi (famiglia, azienda e patrimonio). Alla base del mio operato c’è la creazione del rapporto di fiducia con il cliente, ma anche con l’organizzazione nel suo insieme, che prende il via da un processo di ascolto per comprendere a fondo le esigenze dell’impresa e fornire tutti gli strumenti legali necessari. Un elemento distintivo del suo metodo è il family advisory board. Di cosa si tratta? Nel corso degli anni ho constatato che le controversie familiari sono gli eventi che si ripercuotono maggiormente sul futuro di un’azienda. Per aiutare l’imprenditore a gestirle ho istituito il family advisory board, cioè uno speciale comitato consultivo informale composto da tutti i membri della famiglia coinvolti nell’impresa. Questa simulazione di consiglio di amministrazione è molto utile per semplificare le relazioni, dirimere eventuali dissidi, facilitare le decisioni condivise, valutare insieme nuove strategie di business e, più in generale, preparare il terreno in vista di un passaggio generazionale o di un nuovo assetto manageriale.


DIGITAL TARGET

Se i dati sono nostri perché non guadagnarci?

Q

uando i conquistadores arrivarono nelle Americhe, gli indiani davano poco valore all’oro. Così furono imbrogliati in scambi sleali: i conquistadores portarono via tonnellate di oro in cambio di oggetti di poco valore come le perline di vetro. La stessa cosa sta succedendo oggi a tutti noi: possediamo un “oro” di cui non conosciamo il valore. E lo diamo via con leggerezza, spesso senza rendercene conto. Avete mai sentito dire: “quando non capisci qual è il prodotto, il prodotto sei tu”? Ecco. Il prodotto sono i nostri dati. I dati sono il “nuovo oro”, l’ingrediente segreto della nuova economia. Creano un mercato di oltre mille miliardi di dollari l’anno. Ma chi ci guadagna? Poche grandi aziende: i mercanti dei dati (data brokers) che li compravendono, e i giganti dei dati (data giants) che li utilizzano come materia prima. I dati sono la materia prima con cui queste aziende generano i fatturati più alti nella storia e su questi fatturati dei profitti incredibili del 70-90%. Come è possibile? perché non pagano la materia prima, non pagano i dati. Infatti agli utenti, legittimi proprietari dei dati, di tutto questo giro d’affari non arriva nulla. Alcuni lo definiscono come uno dei più grandi furti legalizzati della storia. Ma come vengono utilizzati? Avete presente quando parlate di un prodotto e subito dopo vi ritrovate stalkerizzato dalla sua pubblicità? È possibile grazie alla “profilazione”. Veniamo suddivisi in gruppi di comportamento. Per poi mostrarci pubblicità. Qualsiasi cosa facciamo, lasciamo una scia di dati. Usiamo ogni giorno app e dispositivi che li raccolgono. Sanno tutto di noi: ciò che ci piace e ciò che odiamo, le nostre abitudini, gli acquisti, leggono le nostre email, spesso i nostri messaggi privati, e, a volte, ascoltano le nostre conversazioni. Secondo uno studio dell’Università di Stanford, con 150 like l’algoritmo di Facebook ci conosce meglio di un famigliare o di un amico. Per le aziende i dati hanno un’utilità e un valore incredibile, perché permettono di comprendere i bisogni e i desideri dei propri clienti. Ma anche per creare messaggi più persuasivi.

Lo ha dimostrato Cambrige Analytica, che ha utilizzato i dati di 87 milioni di persone (trafugati da Facebook) per creare i messaggi di marketing che hanno contribuito all’elezione di Trump nel 2017. Sono i nostri dati ma noi, come utenti, non ne sappiamo niente: chi li ha? Che dati ha? Come li usa? A chi li vende? A quanto li vende? Né abbiamo il minimo controllo. Quella sui dati sembra una vera e propria guerra. A contrastare i data giant da una parte troviamo i regolatori. Ma i data giant rispondono aumentando la lunghezza e la complessità dei “termini e condizioni”. Quelli che accettiamo per usare app e servizi. Ma chi li legge veramente? In pochi. I termini di Paypal sono più lunghi dell’Amleto di Shakespeare, quelli di iTunes sono più lunghi del Macbeth. Alcune aziende si stanno schierando per la protezione dei dati degli utenti. È il caso di Apple, che ha introdotto le “nutrition label”, delle etichette che spiegano visivamente l’utilizzo dei dati delle app. E poi la funzione “ask app not to track” permette di bloccare il tracciamento. Esistono poi app di messaggistica come Signal che non raccolgono alcun dato, o browser come Brave che proteggono la privacy. Ma un’esperienza utente anonima è generica. Mentre un servizio che usa i nostri dati ci permette un’esperienza personalizzata. Allora la soluzione forse non è né farci derubare dei nostri dati senza controllo nè trasparenza, ma neanche non dare più dati a nessuno. Dovremmo riconoscere i dati come un asset di nostra proprietà, che genera un valore economico. Come le canzoni pagano una royalties ai proprietari dei diritti, la stessa cosa dovrebbe accadere con i dati. Quando i nostri dati sono utilizzati, comprati o venduti, noi come proprietari dovremmo guadagnare una commissione. Questa é proprio la missione della startup Hudi: permettere a tutti di guadagnare crypto dai propri dati, creando il primo reddito generato dai dati personali: lo “human data income”. Restituire i diritti economici dei dati agli utenti porterà ad un efficientamento del mondo dati, ma soprattutto ad una ridistribuzione della ricchezza senza precedenti.

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E POI IL PIACERE

COM’È STRANO, LE AUTO A MILANO Dopo averle considerate la fonte di ogni male e pur considerandole ancora tali, l’amministrazione comunale ha permesso che il centro della città fosse invaso da supercar da sogno e nuovi modelli. Ed è stato un successo

XX XXX XXXXXXXX X XX XXXXX XXXXXX X XX XXXXX XXXXXX X XX XXXXX XXXXXX

di Franco Oppedisano

M

di manifestazione che ha mischiato persone ilano riparte dalle automobili, ove automobili senza nessun vincolo, in comvero la prima grande manifestapleta libertà zione post covid, il Mimo, Milano Oltre 130 modelli erano esposti all’aperto, Monza Motor Show, è stata dedicata a loro. per le strade del centro di Milano, in una Fa specie per una città, o meglio per un’ammostra gratuita per il pubblico che, passegministrazione comunale che ha passato gli giando per corso Vittorio Emanuele, piazza ultimi dieci/quindici anni a combatterle Duomo, piazza della Scala, via Mercanti e ad ogni costo, ma, come per un miracolo o via Dante, ha potuto per un ribaltamento OLTRE 130 MODELLI ESPOSTI vedere le proposte di culturale, purtroppo ALL’APERTO IN UNA MOSTRA GRATUITA 64 brand espositori, temporaneo, le vie CHE HA RIVOLUZIONATO a quattro e a due ruodel centro sono state IL CONCETTO DI EXPO te. L’elenco è lungo, invase per tre giorni segno che il settore voleva ripartire a tutti da decine di auto, supercar, moto, da piazza i costi dopo la lunga astinenza dalle manifeSan Babila fino al Castello, in un tripudio di stazioni causa Covid. In rigoroso ordine almotori e carrozzerie. Tanta gente, milioni fabetico erano presenti: Alfa Romeo, Aprilia, di fotografie che naturalmente hanno fatAston Martin, Audi, Automobili Lamborghito il pieno sui social e, nonostante il caldo, ni, Bentley, Bmw, Bmw Motorrad, Bugatti, molto entusiasmo tra chi passeggiava per Cadillac, Citroën, Corvette, Cupra, Dallara, le strade del centro della città. Insomma, un DR, DS, Ducati, Enel X, Evo, Ferrari, Fiat, innegabile successo per una formula nuova

146 REGIMENTAL A CURA DI MONICA SETTA

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E POI IL PIACERE

Il sindaco di Milano Beppe Sala in religioso silenzio davanti a una Bugatti. Sotto: a sinistra una McLaren sfreccia in piazza Duomo, a destra una Bugatti Bolide

Ford, Garage Italia, Harley Davidson, Helbiz, Hyundai, Honda, Jaguar, Jeep, Kawasaki, Kia, Lancia, Land Rover, Lexus, Mak Wheels, Maserati, Mazda, McLaren, Mg, Militem, Mini, Mitsubishi, Mole Automobiles, Moto Guzzi, MV Agusta, Opel, Pagani, Pambuffetti, Peugeot, Pirelli, Porsche, Renault, Seat, Seat Mò, Škoda, Suzuki, Tazzari EV, Toyota, Volkswagen e Zero Motorcycles. Ogni automobile in mostra era dotata di un totem con un QR che forniva tutte le informazioni tecniche di ciascun modello, le immagini, i video e i link per prenotare prove su strade e al configuratore. «Con il QR» ha spiegato Andrea Levy, presidente del Milano Monza Motor Show «i visitatori potranno passeggiare e conoscere i modelli in pedana, limitando al minimo le interazioni con il personale dei brand, e con le diretta streaming potremo portare le anteprime mondiali e le installazioni nelle case di tutti gli italiani. Il Mimo del 2021 è frutto del lavoro

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con i nostri partner (Regione Lombardia, Comuni di Milano e Monza, Aci e Aci Milano, ndr): l’obiettivo era di creare una situazione in cui far combaciare il desiderio di ripartenza di un intero sistema con la necessità di farlo in totale sicurezza, in linea con le disposizioni sanitarie, e siamo soddisfatti nell’aver creato una formula ibrida in grado di soddisfare entrambe le esigenze». All’Autodromo Nazionale Monza si sono, invece, svolte le attività in pista dedicate ai grandi club e collezionisti privati e accessibile solo su invito. A unire i due momenti dale, una Bentley Continental GT V8 Mullidella manifestazione ci hanno pensato due ner, una Suzuki Misano, una Porsche Taycan parate di auto di superlusso che hanno abTurbo S e una Aston Martin. Hanno acceso bandonato le pedane statiche, si sono messe i motori, si sono messe una dietro l’altra, in moto e hanno raggiunto l’autodromo. In sono salite sul palco e sono partite proprio fila tra i settanta modelli della colonna c’edavanti al Duomo per rano quattro Bugatti LA PALMA DELLA REGINA poi passargli a fianco del valore complesDELLA MANIFESTAZIONE SE LA SONO e dare modo ai fotosivo di almeno una GIOCATA LA PAGANI HUAYRA grafi di scattare imventina di milioni di E LA BUGATTI BOLIDE magine uniche. euro, quattro LamNon c’è stato nessun contest tra le auto, ma borghini, due McLaren, una hypercar fatta la palma di regina della manifestazione se in Umbria da Pambuffetti che vale circa 1,5 la sono giocata la Pagani Huayra (un motomilioni di euro, quattro Pagani, due Ferrari, re da 6 litri e 730 cavalli, prodotta solo in una Karma, una Chevrolet Corvette C8 Stincinque esemplari e venduta a oltre 6 milioni gray, una Maserati MC20, due Dallara Stra-


I nuovi modelli occupano corso Vittorio Emanuele e piazza dei Mercanti. Una Bmw elettrica pronta per il test drive. Sotto, milanesi che socializzano l’evento

di euro) battuta, però, dalla Bugatti Bolide che è una vettura che ha un motore a 16 cilindri da 8 litri quadriturbo che può solo essere alimentata da un carburante specifico a 110 ottani e che promette velocità massime nell’ordine dei 500 chilometri all’ora. Il costo? Una decina di milioni per averla in garage. Un prezzo davvero esagerato anche se confrontato con tutte le altre supercar presenti a Milano, ma in ogni caso per tutte vale quanto diceva un venditore di Rolls Royce, tra l’altro assente alla prima edizione del Mimo: se domandate il prezzo vuol dire che non potete permettervela. E le auto verdi? La maggior parte dei model-

rassegna i modelli delle supercar con gli organizzatori dell’evento e i vertici delle case automobilistiche, ma, vista la sua scomodissima posizione di candidato della nuova lista verde, lo ha fatto senza mostrare nessuna partecipazione, mani nelle mani, senza un sorriso. Per dovere. Ha danzato su un filo, il sindaco, che non ha detto una parola sul palco durante la presentazione dell’evento con gli altri attori istituzionali, ma con i giornalisti, per forza, ha dovuto dire qualcosa sulle polemiche sollevate da alcune associazioni che dovrebbero essere l’ossatura della sua nuova compagine politica: «È necessario» si è inventato il sindaco «essere più amli per comuni mortali presentati sulle strabientalisti, ma anche essere molto pragmade del centro di Milano era elettrico o era tici. Attraverso un’impronta ambientalista in qualche misura ibridato con una batteria ai nuovi investimenti potremo dimostrare perché ormai le case automobilistiche hanche si può essere attenti all’ambiente e creno capito che non possono fare a meno di are lavoro». Poi ricordando che stavamo averle a listino e di cercare di venderle. Poi, parlando di automobili, ha aggiunto: «Per lontano dagli occhi e lontano dal cuore, in me la questione è auto diverse e mi pare piazza Castello c’erano oltre 70 vetture eletche questa manifestazione vada in questa triche e ibride a disposizione dei visitatori direzione». Il “pare” del sindaco ci sta tutto nei test drive aperti fino alla sera. Bisognadopo essere appena passato accanto a una va prenotarsi online, ma ancora gli orgaserie di supercar rigorosamente a benzina nizzatori non hanno che emettono cinque A TRIONFARE SONO STATE LE AUTO fornito dei numeri o sei volte la CO2 delDEI SOGNI CHE AL MASSIMO le normali utilitarie. su quante auto siano SI POSSONO ACQUISTARE state effettivamente NEI VIDEOGIOCHI COME GRANTURISMO La mattinata deve essere stata particoprovate nei tre giorni larmente difficile per il sindaco che, forse della manifestazione. per bilanciare il colpo è tornato in ComuIn ogni caso a trionfare sono stati i sogni, ne e ha firmato il ripristino di tutti i diviele auto che quasi nessuno può permetterti alla circolazione (Riattivazione di Area si, quelle che al massimo si possono acquiB, ripristino degli orari normali di Area C stare nei videogiochi, come GranTurismo. (7.30-19.30), della sosta regolamentata Ragazzi e ragazze, uomini e donne, persino negli spazi a pagamento (strisce blu) e in i bambini piccoli erano affascinati come quelli riservati ai residenti (strisce gialle) e davanti ad opere d’arte, come se fossero la del divieto di sosta per la pulizia delle straprova dell’ingegno dell’uomo. Persino il sinde. Insomma, l’auto a Milano è stata per tre daco di Milano, Beppe Sala, che, con il suo giorni un piacere, per il resto dell’anno ripredecessore, ha fatto di tutto per impedire mane un problema. l’uso delle auto in città, ha dovuto passare in

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REGIMENTAL

IL SALVINI RIFORMISTA E DRAGHIANO CONQUISTA I CAPITANI D’INDUSTRIA Pare che il leader leghista, da quando ha abbandonato lo stile forcaiolo di piazza, sia particolarmente apprezzato dagli imprenditori. Che stringono relazioni in attesa del governo che (prima o poi) verrà a cura di Monica Setta ANTONIO TAJANI RACCONTA

il profilo di un premier

so salviniano in casa

metà campo di Draghi, quella

AMABILMENTE CHE IL PRE-

meno austero di quan-

confindustriale sia in

delle riforme e del Recovery

MIER È POSITIVAMENTE COL-

to lo dipingano le cro-

netta ascesa.

Plan», sentenzia l’industriale:

PITO DA MATTEO SALVINI.

nache (ufficiali e non).

Ma come si spiega

«Quest’atteggiamento

Intendiamoci: Mario Draghi re-

Montezemolo

questo feeling dei po-

molto ad un elettorale modera-

sta rigorosamente alla “giusta

molto Salvini.

teri forti con la Lega

to di centro che punta ad un go-

distanza” dai leader dei partiti

Si può dire lo stesso di Flavio

in questa sua versione 4.0 cioè

verno che governi e che faccia

che sostengono il suo esecuti-

Briatore che, poche settima-

aderente alla cosiddetta Dra-

cose concrete per gli italiani».

vo, ma è indubbio che la verve

ne fa, è stato notato nel roof

ghipolitik? Michele Perini, sto-

Sarà per questo, per la volontà

del capo della Lega si faccia

top The Flair del Bernini Bri-

rico amico di Silvio Berlusconi,

di conquistare la famosa “area

spesso notare. Ma la vera no-

stol nella centralissima piazza

già presidente di Assolombar-

di centro”, che Berlusconi e

vità è che sempre più impren-

Barberini, a colazione con il

da e di Fiera Milano, sostiene

Salvini si sono messi d’accor-

ditori e uomini dell’economia si

proprietario del colosso alber-

che il terreno di convergenza

do sui termini di una federa-

avvicinano a Salvini.

ghiero Bernabò Bocca. Anche

sia quello delle riforme econo-

zione di centro destra che non

I sondaggi indicano che Giorgia

in quel contesto, tra un bic-

miche, in primis quella fiscale.

sarà in ogni caso una fusione a

Meloni sale nel consenso degli

chiere di bollicine e un caffè, si

«Salvini poteva cavalcare la

freddo. Nessuna fretta, hanno

italiani, però i big del salotto

parlava (molto bene) di Matteo.

protesta della piazza e inve-

convenuto i due leader duran-

buono finanziario incontrano

Né si può negare che il consen-

ce si è messo a giocare nella

te una recente cena milanese,

stima

piace

Matteo.

arriviamo alla scadenza natu-

Esempi? Sono molti i roma-

rale della legislatura, facciamo

ni-bene che raccontano di aver

il presidente della Repubblica

visto a pranzo più di una volta il

e poi parleremo di federazione

leader leghista e l’ex presidente

del centro destra per le prossi-

della Confindustria Luca Cor-

me politiche.

dero di Montezemolo. Luca,

Insomma, c’è tutto il tempo per

che ha fatto il liceo dai gesuiti,

intensificare i rapporti con l’e-

al Massimo dell’Eur con Draghi,

conomia e prepararsi al voto

dispensa aneddoti bellissimi su

quando deve arrivare. Senza

quell’epoca eroica disegnando

disturbare Draghi, anzi...

IN SENSO ORARIO, DALL’ALTO: GIORGIA MELONI, MATTEO SALVINI, MICHELE PERINI, BERNABÒ BOCCA, FLAVIO BRIATORE E LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

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