Economy Luglio 2019

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I TASSAPIATTISTI LA LEGA PREPARA LA «FLAT TAX» MA L’EUROPA (E I MERCATI) DIFFIDANO LE IMPRESE HANNO PROPOSTE DIVERSE E GLI EVASORI PROSPERANO

INTERVISTA CON BITONCI Il sottosegretario: «La copertura c’è anche grazie alla fattura elettronica»

ECONOMY | ANNO III | N.24 | MENSILE | LUGLIO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 27 GIUGNO 2019 POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

www.economymag.it

Luglio 2019 Euro 3,50

IN OMAGGIO / Assocamerestero regala il «Business Atlas 2019». Il presidente Auricchio: «La qualità vince»

IMMOBILI/ Ecco la «patrimoniale ombra» SCONTRINI/ A pieno regime quello digitale

BURGIO: «COSÌ ALPITOUR RILANCIA SULL’ITALIA»

IL MANAGER-RISANATORE: OBIETTIVO PER IL 2019, DUE MILIARDI DI RICAVI LE 6 PROPOSTE DI ALIS Iniziativa dell’Associazione presieduta da Guido Grimaldi

LE POLIZZE DI DOMANI GABRIELE BURGIO, AL VERTICE DI ALPITOUR

Le assicurazioni prosperano tra blockchain e robot

FERROVIE

NUOVE MONETE

Anche la logistica imbocca il binario dell’alta velocità

La piattaforma Bexb aiuta cinquemila aziende a vendere

I soci Upa s’interrogano su come spendere meglio

Così «Big Pharma» ha reso big molte industrie italiane

PUBBLICITÀ

FARMACEUTICA



EDITORIALE

LA ROULETTE RUSSA DELL’ITALIA IN EUROPA

«P

rendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è DI SERGIO LUCIANO contro di me», disse Alcide De Gasperi il 10 agosto del ’46 alla Conferenza di pace di Parigi. L’Italia, ex nemico dei vincitori, nonostante tutto riuscì, pur devastata dai bombardamenti e fiaccata da cinquecentomila vittime, a reinventarsi e trasformarsi in 15 anni da paese agricolo a potenza industriale e ad attore economico internazionale. Al di là della retorica buonista e pacifista – non l’Europa unita ha garantito 75 anni di pace ma il deterrente nucleare – la costruzione europea fu realmente progettata e fondata da statisti illuminati e ustionati dagli orrori della guerra nel vivo della loro carne. Una generazione mitica, i cui epigoni hanno ben presto cominciato a somigliare sempre più a contabili di interessi diversi, cooperanti ma concorrenti. Rispetto all’Europa di questi epigoni è emersa in Italia, sulla cerniera tra la prima Repubblica e quell’indistinto storico-sociale che ne è seguito, una classe dirigente di indignati anti-italiani, convinti che la sorte migliore di questo Paese, per debellarne la diffusissima corruzione e il grave pressapochismo incivile, fosse rinnegarsi e assimilarsi a modelli stranieri. Modelli che intanto e paradossalmente riaffermavano con forza crescente la propria identità nazionale

IL CORSIVO

e riuscivano a trasferirla nelle regole europee fino ad incardinarle, dagli accordi di Maastricht in poi, nell’Unione monetaria. Regole scritte da altri nell’interesse prevalente di altri e nell’intento nemmeno tanto dissimulato di favorire le due nazioni-guida, Francia e Germania. Regole firmate dall’Italia, nel nome del potere salvifico del “vincolo esterno”. regole pesanti, che non hanno però impedito al nostro Paese, nei brevi periodi di buona amministrazione, di ridurre i parametri di finanza pubblica a livelli accettabili, restando competitiva sui mercati mondiali. Nello scacchiere della globalizzazione è pacifico che gli stati europei, da soli, avrebbero vissuto e vivrebbero peggio. E che quindi l’Unione è sacrosanta, e l’euro incancellabile e insostituibile. Ma non le sue regole, peraltro violate sistematicamente, come ha detto Jean-Claude Juncker, «per diciotto volte anche dalla Germania, che continua a violarle». Andrebbero riscritte: lo ha auspicato da tempo anche Prodi. Ma non accade perché giovano a chi le ha volute così. È questo il quadro in cui l’Italia dovrebbe muoversi oggi per difendere i propri interessi, in parte diversi da quelli di alcuni altri Paesi Ue. Ma poiché, come scriveva Adam Smith, «non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse personale», dovremmo poter discutere alla pari con i partner europei. E ancor più con i mercati. Alla pari, e non in difetto. E invece siamo in stra-difetto.

I MERCATI E I PAESI CONCORRENTI HANNO MOLTI COLPI IN CANNA Il Paese, guidato da un governo politicamente irrealistico, frutto di un incesto mostruoso tra forze eterogenee, affronta da oggi alla fine dell’anno il round più severo sui propri conti. Che uno shock fiscale energico, quale invoca oggi la Lega, possa essere la scintilla per ridare fiducia e slancio alle imprese italiane, è ipotesi certo suggestiva. La tassa piatta della nostra coverstory ha funzionato in molti Paesi. Ma le condizioni perché sia efficace appaiono improbabili o almeno lontane. Tagli drastici alla spesa pubblica non se ne profilano. Recuperi forzosi dell’enorme evasione – dunque non solo la ripresa dei versamenti spontanei, perchè più leggeri, vagheggiata dai tassapiattisti - richiederebbero un’efficienza dei controlli ed una inesorabilità delle sanzioni che l’Italia non ha mai avuto. Dunque lo shock fiscale è oggi una roulette russa, per il nostro Paese. L’Italia ha un solo colpo nel tamburo della sua rivoltella normativa. I mercati e i concorrenti europei ne hanno molti. Incrociamo le dita.

IL CASO LUCA-LUCA, IL CSM, E LO SPREAD DELLA MAGISTRATURA

B

isogna essere grati a Luca Lotti e a Luca Palamara, i compagnucci di merende che tramavano per pilotare le nomine al Consiglio superiore della magistratura e nelle Procure dove si svolgevano alcune tra le inchieste più scottanti per i loro amici. Provvederanno – Dio mio… - altri magistrati a stabilire se c’è stato reato, ma le intercettazioni bastano già a capire l’arrogante e sfrontato dispregio dei principi

e dei valori che l’organo di autogoverno della magistratura è chiamato a incarnare e difendere. Per questo bisogna esser loro grati, soprattutto a Palamara: era un rappresentante eletto con vastissimo consenso in quanto ex presidente dell’Associazione Nazionale magistrati ed ex componente dello stesso Csm. Dunque i magistrati italiani – tra le cui file si incontrano numerosissimi onesti e dediti professionisti – da questa risma

di gente sono stati capaci di farsi rappresentare. Perciò: altro che lesione del prestigio della magistratura. Quale prestigio? Con il tasso di revisione delle sentenze, con l’arbitrio delle misure preventive, con il vomitevole arretrato che c’è, lo spread tra la giustizia italiana e quella dei paesi civili è ben più grave dello spread tra Btp e Bund. Questa magistratura non può risolvere il problemaItalia perché ne è parte determinante. (s.l.)

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SOMMARIO

Luglio 2019 013

COVER STORY

LA TERRA PROMESSA DELLA FLAT TAX TRA TARTASSATI ED EVASORI IMPUNITI

017

FATTURAZIONE ELETTRONICA

018

L’INTERVISTA A MASSIMO BITONCI

021

LA PATRIMONIALE INVISIBILE

022

DECRETO CRESCITA

013

025 GESTIRE L’IMPRESA

Cittadini e imprese tra l’incudine di un fisco opprimente e il martello di chi pretende un ulteriore sforzo

Una “complicazione” utile... a digitalizzare la legalità «Ecco come copriremo la flat tax»

Confedilizia: «Dagli immobili 50 miliardi di euro l’anno» L’ultima chiamata per il rilancio dell’economia italiana

045 FINANZIARE L’IMPRESA AFIM Alla scoperta del finanzialista

047

AITI

049

TRENTO

050

NSA, L’INDICE PMI

La tesoreria avrà il suo “bollino” Export e digitale per la crescita

Le Pmi fanno shopping all’estero

028

CUOA

Imprenditori a scuola di business

087 COMUNICARE L’IMPRESA

030

ASSOCAMERESTERO

PANERAI La costruzione dell’identità di brand

032

BEXB

035

TALENTS IN MOTION

036

FEDERMANAGER

038

GRUPPO FS

040

ALIS

042

I VALOROSI

ITALIAN CROSSBORDERS

L’atlante per orientarsi nel business Il baratto, moneta complementare

090

UPA

La pubblicità motore dei consumi

ANIA Le polizze del futuro

056

SHELTIA

058

EULER HERMES

059

CATTOLICA

060

POLIZZE DIRIGENTI

062

RISCHI

063

MERCATI DI NICCHIA

Imprenditoria e no-profit si alleano

La centralità del Polo Mercitalia

Sei idee per la logistica sostenibile

4

Le eccellenze nell’agroalimentare

La piattaforma per i cervelli in fuga

Gabriele Burgio, l’asso pigliatutto

053 WORKSHOP ASSICURAZIONI

087

Il vero broker non vende: consiglia Le transazioni sono “al sicuro” L’importanza della prevenzione Attenzione ai tranelli tra le clausole E ora c’è l’indice di imprevedibilità Dalla Kasko alle opere d’arte



SOMMARIO

Approfondimenti 065 UOMINI&DENARI di Alfonso Ruffo 066

IL SOCIOLOGO Lavorando meno si produce di più

068 TERRITORI Il Sud che dà l’energia al Paese 070

FARMINDUSTRIA Se Big Pharma rende “big” l’Italia

073

PRIVATE BANKER di Ugo Bertone

074 ANDAF Il trust all’italiana compie trent’anni 082

065

QUI PARIGI di Giuseppe Corsentino

093

STORY-LEARNING

121

SODASTREAM

TELECOMUNICAZIONI

096

098

Vicino a Gaza la pace si fa in fabbrica

Digitale, flessibile e 5G: il futuro di Tim

GRUPPO EBANO

La formazione a distanza vince

123

IL NUOVO CHE AVANZA

Modelli e case histories in breve

DOMANDE & OFFERTE SEX TOYS

Un mercato che tira con l’e-commerce

126

T-NOTICE

La raccomandata elettronica

100

ANTARES VISION

104

VAR GROUP

L’innovazione utile tra Empoli e Seattle

131

108

PUBBLICO & PRIVATO

AMMUTINAMENTO

Obbedire o ribellarsi? Questo è il dilemma

109

SOPRA STERIA

133

SPORT

Il digitale fa bene al worklife balance

111

IL PAESE CHE CRESCE...

134

113

L’occhio “clinico” del robot

Firenze riscopre le Rampe

Le news dal mondo produttivo

STARTUP-TELLING

129

135

NEUROSCIENZE

Resistere al cambiamento è inutile

VITA DA MANAGER

Pedalando sulle Dolomiti

ESTETICA

Il ritocchino si fa in pausa pranzo

IMPRENDITORIA

Il Molise sbarca in Irlanda

Il mensile dell’economia che cambia Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi redazione@economymag.it Hanno collaborato Silvia Antonini, Ugo Bertone, Annalisa Caccavale, Giuseppe Capriuolo, Fabio Carletti, Giuseppe Corsentino, Giovanni Francavilla, Francesca Frediani, Paolo Gaeta, Giuliana Gemelli, Marco Gemelli, Franco Oppedisano, Vincenzo Petraglia, Alfonso Ruffo, Camilla Sala, Giancarlo Salemi, Monica Setta, Gloria Valdonio, Luca Vitale, Chiara Volonté, Gian Maria Zapelli Partnership editoriali Aifi; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Per la pubblicità su questa rivista commerciale@economymag.it Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Piercarlo Barberis, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Editore incaricato Domenico Marasco

HYPERLOOP

Il treno finisce sottovuoto

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116

STARTUP FEMMINILI

BOLLICINE

L’arte di affascinare gli investitori

Moët Hennessy compie 150 anni

Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777

BIKEBEE.IT

142

Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017

Alla sicurezza ci pensa la community

MOTORI

SCLAK

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CYBERSECURITY

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La serratura si apre con l’app Infra, la startup con un piede in Virginia

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E POI IL PIACERE...

Cupra Ateca, la spagnola “cattiva”

ENOGASTRONOMIA

So Gud, alla scoperta dei sapori genuini

LE RAGIONI GOSSIP

a cura di Monica Setta

Responsabile commerciale Aldo Carlo Rosina Casa editrice Economy s.r.l.

Numero iscrizione ROC: 29993

Distribuzione

Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097

Stampa

Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI)


valleverde.it


COVERSTORY

SARÒ FRANCO

IN AZIENDA IL DIRETTORE D’ORCHESTRA

H

o sempre pensato che il direttore d’orchestra fosse non solo una delle più affascinanti attività, ma anche uno dei mestieri più complessi e difficili, esercitato con successo solo da chi ha talento ed eccezionali qualità tecniche e umane. La similitudine con le doti richieste per il management delle imprese sono abbastanza evidenti, un equilibrato amalgama di quelle richieste al capitano e all’allenatore. Alla analogia sportiva sono arrivato tardi. La visione di prova d’orchestra di Fellini o la cronaca delle furibonde sfuriate di Toscanini intento ad educare i componenti della New York Philarmonic, mi avevano aiutato a capire le difficoltà meccaniche della conduzione di un gruppo di individui di diverso carattere e preparazione professionale. Più interessante il video dell’esecuzione della seconda sinfonia di Mahler, “La resurrezione”, diretta da Claudio Abbado con l’orchestra del festival di Lucerna: Abbado ha un tocco soave, ma un carisma irresistibile, la perfetta conoscenza dello spartito e una percepibile visione d’insieme che si vede riflessa negli occhi affascinati dei musicisti concentrati in una

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millimetrica precisione esecutiva. Analoghe riflessioni susciterebbero Bernstein o Kleiber. Nei miei sogni, un’azienda ben condotta dovrebbe funzionare così, ma gli Abbado e i Bernstein non sono così frequenti e non sono facilmente riproducibili, motivo per cui nasce la domanda circa quali possibilità di aiuto esistano oggi, che non siano

partita tra il Liverpool e il Barcellona. Mi hanno impressionato le riprese dei giocatori all’ingresso in campo, in particolare quelli del Barcellona. Non erano solo in maggioranza giovani e aitanti come ci si poteva aspettare, ma apparivano straordinariamente sereni di fronte a un compito altamente stressante, non solo per le scontate particolari attenzioni

i poco carismatici algoritmi dell’AI, per manager e imprenditori che devono affrontare quotidianamente fenomeni complessi e organizzare il lavoro di collaboratori eterogenei. Sembra che qualche possibilità oggi esista, non disponibile a quelli della mia generazione. Non sono un appassionato di calcio, anzi faccio fatica a capire la tifoseria, ma qualche tempo fa, in modo assolutamente casuale, ho guardato in televisione l’inizio della

dell’allenatore in fase preparatoria, ma anche, molto probabilmente, per qualche sostegno psicologico-professionale. Hanno vinto 3-0. Con mia sorpresa il Barcellona è stato travolto nella partita di ritorno da un determinatissimo Liverpool: forse uno psicologo migliore. Google, una delle Società di maggior successo di questo scorcio di millenio, è stata fondata da Larry Page e Sergey Brin nel 1998; nel 2000 aveva una

trentina di dipendenti, tutti giovani ingegneri entusiasti di costruire il futuro. John Doer, rappresentante del fondo Kleiener Perkins nel Board, si accorse che l’azienda era molto promettente, ma che tutto avveniva in un grande disordine, con riunioni di lavoro inconcludenti ed enormi problemi di comunicazione, soprattutto con i membri del Board, cioè con i principali azionisti, digiuni di gerghi tecnologici. Doer convinse i fondatori ad assumere un manager professionale esperto,che fu trovato in Eric Schmidt, e a inserire come advisor informale William (Bill) Campbel, detto Coach per essere stato per anni lo stimato allenatore della squadra di football della Columbia University, della quale era poi diventato Presidente. Campbel, che era un personaggio straordinario, di grande energia e umanità, si dedicò a migliorare il flusso di comunicazione tra le persone e con il Board, ma soprattutto si prese cura intensamente dei singoli insegnando agli ingegneri come comunicare in linguaggio comune, il che comportava una conoscenza più approfondita e sicura di quello che si voleva comunicare. In sintesi


di Franco Tatò

USA LA BACCHETTA, MA ANCHE LA PSICOLOGIA Schmidt si concentrò sul miglioramento dei processi operativi, Campbell sui processi comunicativi. È opinione comune, confermata da Larry Page e Sergey Brin, che Google non sarebbe diventata una delle più importanti società mondiali senza la geniale intuizione di Doer di inserire queste due persone in azienda: il compito più innovativo e inusuale era quello affidato a Campbell, la cui biografia non a caso è intitolata “The Trillion Dollar Coach”: è morto nell’aprile del 2016 all’età

credibilità. Un altro serial di di 75 anni. L’idea di offrire grande successo, il francese un sostegno professionale The Bureau, una storia di ai collaboratori impegnati spionaggio che descrive nei in attività stressanti e senza dettagli il funzionamento dei orario sta cominciando a piani alti dei servizi segreti diffondersi: in un serial e la complessa televisivo di vita privata grande successo, GOOGLE NON SAREBBE DIVENTATA UN COLOSSO di importanti Billions, una SENZA PUNTARE agenti infiltrati, giovane e SULL’IMPORTANZA mostra anche bravissima DELLA COMUNICAZIONE le interazioni psicologa, della dottoressa Balmes, Wendy Roades, svolge il psicologa di sostegno delicato incarico di coach individuale e influente per i collaboratori di un presenza in tutte le torrenziale finanziere, Bobby riunioni in cui si prendono Axelrod, e per lui stesso. decisioni riguardo alle La sceneggiatura è scritta persone. Proprio perché con grande competenza e

i serial televisivi sono la nuova letteratura, essi riflettono le regole correnti di funzionamento della realtà oppure situazioni di conflitto e sentite necessità di orientamento. Dovendo la nostra società affrontare grandi rivolgimenti, più profondi addirittura del passaggio dal medioevo all’età moderna, come ha notato Papa Ratzinger in un recente saggio, forse le persone coinvolte potrebbero trarre vantaggio da un coaching professionale, con beneficio anche di noi gregari.

IL CORSIVO

PATAGONIA: LA LUNGA STRADA VERSO UN BUSINESS CONSAPEVOLE di Giuliana Gemelli*

S

in dalla sua

era rivolto a compratori disposti a

dei dipendenti e del territorio è

creazione nel

spendere di più’ per prodotti molto

stata altissima poiché il livello della

1973 Patagonia,

durevoli nel tempo, utilizzabili in

formazione, dalla scuola per l’infanzia

l’impresa di

diverse situazioni, “modificabili, ri-

alla scuola primaria, è risultato

produzione di

adattabili e per di più’ riciclabili. Ma la

di altissimo valore con un effetto

abiti da trekking

vera marcia verso il Ritorno sociale

altrettanto positivo di stabilizzazione

e in generale di

dell’investimento SROI si è realizzata

ed incremento dei profitti. Patagonia

abbigliamento per la vita sportiva e

nei primi anni del ventunesimo

ha fatto suo il principio che fare bene

a contatto con la natura, quando di

secolo quando la proprietà e il top

del bene giova al business. in tal modo

limiti della crescita e di crisi ambientali

management dell’impresa hanno

l’agire filantropico, sotto forma di

parlava quasi esclusivamente il

deciso di investire a 360 gradi

ritorno sociale dell’investimento, è stato

“club di Roma”, si dette un obiettivo

nell’educazione dei bambini , aprendo

incorporato all’impresa Ancora una

piuttosto inusitato: produrre un tipo di

una sorta di campus permanente che

volta - detto con un certo orgoglio

abbigliamento non solo resistente e

ha permesso ai dipendenti e non solo

patriottico - Adriano Olivetti docet.

basato sull’ utilizzo di fibre naturali,

a loro, di vivere le giornate lavorative

senza alcun tipo di componenti

a stretto e continuo contatto coi figli

sintetiche e tantomeno chimiche,

e persino con gli animai di casa .

ma adatto ad essere “riparato” Il

Ai dipendenti è stato concesso di

messaggio inerente il core business

portarli in ufficio. La fidelizzazione

Contatti per saperne di più: giuliana.gemelli@unibo.it http://grandegiu.blogspot.it/p/ progetti.html

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GESTIRE L’IMPRESA

RISORGE DOPO LO SCANDALO IL RUOLO DI CONSIP LE SUE GARE DIGITALI FUNZIONANO E CON LE LEGGI GIUSTE POTREBBERO FARE DI PIÙ L’amministratore delegato, Cristiano Cannarsa, ha compiuto un netto turn-around e ora preme per procedure più snelle e meno “filibustering”. La soluzione? L’ampliamento del raggio operativo della centrale acquisti di Sergio Luciano

C

onsip ha fatto notizia in Italia, al livello oltre il 60% dei prodotti medicali (siringhe, dei Tg, soltanto per una breve stagione cateteri, garze e simili), al 57% dell’hardware di scandali – destinata dalla proverbiale informatico, ma anche al 30% di risparmio inefficienza del sistema giudiziario a galleggiaper gli acquisti all’ingrosso di traffico telere nell’opacità – ma dobbiamo a quest’azienda fonico mobile. pubblica, controllata al 100% dal Ministero E allora perché non si fanno passare dell’Economia e delle Finanze, se quest’anno per le forche caudine della Consip pagheremo 3 o 4 miliardi di tasse in meno. Un tutti gli acquisti della Pubblica amrisparmio sui prezzi d’acquisto dei beni che ministrazione, concretizzando così lo Stato compra dai privati, che peraltro sta – una buona volta – la chimerica aumentando costantemente di anno in anno, “spending review” di cui hanno strasia pur troppo lentamente (con l’eccezione del parlato tutti i governi (salvo l’attuale, 2017 degli scandali) sin da quando è stata avsia detto tanto come encomio che viata l’attività della Consip. Perché è la strada come biasimo)? Già: perché? Un’igiusta, quella delle gare d’appalto digitali. Ma si dea deve avercela, e ben chiara, potrebbe fare molto di Cristiano più, se solo la politica QUANDO LA CONSIP FILTRA UN ACQUISTO Cannarsa, L’ENTE COMPRATORE RISPARMIA volesse. La Consip, in amministraMEDIAMENTE IL 15% RISPETTO sostanza, è chiamata AL METODO UTILIZZATO IN PRECEDENZA tore delegato appunto a gestire gli della Consip che acquisti di beni e servizi da parte della pub- dopo una vita spesa a mettere insieme e blica amministrazione attraverso l’e-procufar funzionare ciò che infatti meglio funziona rement, le gare on-line: per definizione più (o l’unica cosa che funziona) della macchina sicure e severe, e quindi più utili, di quelle fiscale statale, ovvero l’anagrafe tributradizionali. Il sistema è, purtroppo, aggirabitaria, la famigerata Sogei - è stato le – anche la Banca d’Inghilterra, del resto, è mandato a sostituire il postata svaligiata – ma riuscirci è difficile e lascia vero Luigi Marroni, tracce, come del resto il caso Romeo conferma. dimessosi dalla Invece le vecchie, care gare d’appalto cartaConsip all’incee tradizionali sono poco più di una burletta. sorgere delQuando la Consip viene incaricata di “filtrare” lo scandalo un acquisto, il compratore – Comune, Regionon per colpe ne, Asl o qualunque ente pubblico interessato ma per evi– risparmia in media il 15% rispetto a quandenti difficoltà do spenderebbe comprando quei beni o quei ambientali. Ha servizi “come si faceva prima”. Ma i risparmi, lavorato sodo, in certi settori, sono molto maggiori: si arriva Cannarsa, e si

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&POLITICA vede: intanto, lo scorso anno ha gestito 127 gare per un risparmio, appunto, di 3 miliardi, che hanno coinvolto 100 mila aziende, beneficiarie di 700 mila ordini, con 247 lotti (dai 147 dell’anno prima) rilanciando nettamente l’attività fiaccata dal terremoto dell’anno precedente. Inoltre, ha incrementato l’utile netto aziendale, attestatosi a 5,8 milioni, che è pur sempre tanto denaro. Però Cannarsa non è un politico, è un supertecnico dell’informatica e dell’organizzazione: tutto fare e niente dire. Salvo quando, però, è chiamato a pronunciarsi in sede istituzionale, e allora, lì, parla: «Nell’era della digitalizzazione, l’esame della documentazione è tutto non digitale – ha spiegato nella sua

CHE UNA GARA PER UNA FORNITURA DURI CINQUE ANNI È UN FALLIMENTO PER LA NAZIONE

ultima audizione alla Camera, dai contenuti tanto sobri quanto esplosivi, e quindi poco riportata dai media – mentre un e-procurement tutto digitalizzato sarebbe un miglioramento straordinario». Dunque le norme frenano nei fatti ciò che il mantra della digitalizzazione afferma sul piano dei principi. E non basta: c’è la piaga dei ricorsi: circa 200 pendenti, facilitati dal valore irrisorio del cosiddetto “contributo unificato”, in pratica la tassa che dovrebbe disincentivare i ricorsi temerari, sporti solo per “filibustering” contro i rivali vincitori, o peggio ancora per bloccare le aggiudicazioni e continuare nelle gestioni provvisorie che vanno a vantaggio dei vecchi fornitori. Ebbene: per fare ricorso, che la gara valga 10 milioni o 300 milioni, si pagano sempre e solo 9000 euro. Assurdo. E poi i tempi burocratici, pazzeschi. Che nascono anche da norme balzane. Per esempio, le offerte si articolano di solito su tre livelli: due di merito, economico e tecnico e una con i requisiti. In tutta Europa, prima si valutano le offerte di merito e poi si controlla se il miglior offerente ha i requisiti per gareggiare. In Italia si devono valutare prima della gara i requisiti di tutti i concorrenti: «In una gara su 10-15 lotti con 200 imprese concorrenti», ha spiegato Cannarsa, «bisogna controllarle tutte e 200, prima di procedere. Richiede mesi. C’è da smaltire una mole mostruosa di documenti». E così, di fatto, alcune gare durano cinque anni: «Sono casi paradossali, che una gara duri cinque anni dal fabbisogno alla contrattualizzazione è un fallimento per la nazione», ha sintetizzato il manager. Sante parole. Ma ancora più sante sono le analisi sul massimo impatto possibile della digitalizzazione degli acquisti. A 50 miliardi di valore ante-gara si potrebbe arrivare subito, verosimilmente incrementando gli attuali 3-4 miliardi di risparmi. Se non accade è soprattutto perché i soggetti pubblici appaltanti non sono ancora tecnicamente obbligati a servirsi delle gare digitali. E non sono neanche attrezzati a farlo: non sarebbe difficile, anzi, ma richiederebbe una modifica dell’organizzazione amministrativa. Insomma, un briciolo

di buona volontà. I ministeri sono obbligati a convogliare prioritariamente i loro acquisti sulla Consip su otto tipologie di beni (energia, telefonia, carburanti) oltre che per tutti i loro fabbisogni. Ma tante altre pubbliche amministrazioni non hanno obblighi così stringenti: da qui la necessità di contringerle o, almeno, di incentivarle a farlo. E di controllare e per le meno motivare e incalzare chi, pur potendo farlo, non compra attraverso la piattaforma Consip. Non c’è alcuna normativa sul controllo degli enti pubblici, insomma. E servirebbe. Poi ci sono però ulteriori 40 miliardi di spesa pubblica per acquisti di beni e servizi che non possono, per legge, essere affidati all’e-procurement. Perché? Perché si tratta o di prestazioni professionali non assoggettabili a gara, e fin qui si può anche capire (non sempre); oppure di appalti per attività pubbliche di servizio difficilissime da trasferire tra un fornitore e l’altro. Tipicamente quelle del trasporto pubblico locale: se, per capirsi, il Comune di Roma impazzisse e decidesse di affidare le attività oggi (mal)gestite dall’Atac – i famosi autobus che s’incendiano – all’Atm, l’azienda milanese che gestisce bene i trasporti in quella città e ci guadagna pure, non potrebbe: perché l’Atac è un’azienda pubblica, peraltro mezza fallita, e se perdesse quell’incarico fallirebbe del tutto, con costi enormi a carico – in ultima analisi – del contribuente… Detto questo, Cannarsa va avanti: con tutte le piccole e grandi innovazioni che riesce a fare in proprio: l’ultima che sta per nascere, una App rivolta alle Piccole e medie imprese che si connette con l’agenda dei concorrenti e li tiene aggiornati su scadenze e comunicazioni istituzionali. O ancora, e più importante, un accordo che la Consip ha raggiunto con la Sose, un’altra società di Mef, grazie al quale per le gare cosiddette “rilevanti” sono stati inseriti come prerequisiti di partecipazione alcuni indici di bilancio, qualificati e impegnativi come ad esempio il Roi. Uno se ne va dagli uffici della Consip e gli torna in mente quel vecchio adagio che fa bella mostra su tante mattonelle di maiolica che campeggiano alle pareti delle trattorie e dei negozi in tutta Italia: «Il possibile l’abbiamo sempre fatto, l’impossibile lo stiamo facendo, per i miracoli ci attrezzeremo».

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COVERSTORY

LA TERRA PROMESSA DELLA FLAT TAX TRA TARTASSATI ED EVASORI IMPUNITI Da un lato l'incudine di un fisco a dir poco opprimente, dall'altro il martello delle istituzioni internazionali che pretendono un ulteriore sforzo. L'uscita di emergenza? La complicata revisione delle aliquote

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di Riccardo Venturi

FATTURA ELETTRONICA WALTERS KLUWER: «DIGITALIZZIAMO LA LEGALITÀ»

18 L'INTERVISTA MASSIMO BITONCI SPIEGA LO SHOCK FISCALE CHE VERRÀ

20 SCONTRINO ELETTRONICO DAL 2020 SARÀ OBBLIGATORIO MA L'ADEGUAMENTO COSTA

21 IMMOBILI E FISCO CONFEDILIZIA E LA PATRIMONIALE INVISIBILE SUL MATTONE

22 DECRETO CRESCITA ECCO TUTTE LE MISURE PER FAR RIPARTIRE LE IMPRESE

S

iamo il Paese che tassa anche l’omlivello stratosferico di imposizione fiscale che bra: quella proiettata sul marciapieci contraddistingue in Europa, proprio nel de dalla tenda di qualunque locale, momento in cui da Bruxelles è partita una è considerata occupazione di suolo pubblico. procedura di infrazione per disavanzo eccesIl Paese in cui si paga l’Imu su uno strumento sivo causato dal mancato rispetto della regola di produzione industriale, il capannone, nonodel debito, che si potrebbe concretizzare in stante si paghino già le tasse sul lavoro e sul occasione dell’Ecofin dell’8 luglio. Al momenreddito, ma non basta; to di chiudere questo SECONDO RUMORS RACCOLTI si paga l’Imu anche numero di Economy, IN AMBIENTI BENE INFORMATI, sui macchinari imbulla carta del Governo IL 9 AGOSTO FITCH DECLASSERÀ lonati che sono all’inper evitare la proceIL RATING DELL'ITALIA terno dei capannoni dura è l’assestamento perché sono ancorati al suolo, e pazienza se si di bilancio, provvedimento che viene varato a possono spostare, ma ancora non basta; l’Imu fine giugno. Tria e Conte sono decisi a far valesi paga tre volte perché è indeducibile dal redre il miglioramento del rapporto deficit-Pil in dito d’impresa, il che costituisce un’ulteriore questi primi mesi dell’anno, dal previsto 2,4 tassa da quasi 2 miliardi. In un Paese come al 2,1%, 4-5 miliardi che sono arrivati dall’Iva questo è difficile avere fiducia nel promesso grazie alla fatturazione elettronica, dagli utili (dal Governo gialloverde) abbassamento del delle aziende pubbliche, dai risparmi di quo-

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COVERSTORY

ta 100 e reddito di cittadinanza. Ma è tutto da vedere che a Bruxelles possa bastare. Se la procedura partisse e l’Italia non si adeguasse, le sanzioni previste andrebbero dal deposito infruttifero dello 0,2% del Pil, circa 3,5 miliardi di euro, che può essere trasformato in ammenda, e salire fino allo 0,5% del Pil, quasi 9 miliardi. Secondo rumors raccolti in ambienti finanziari solitamente bene informati, il 9 agosto Fitch probabilmente declasserà il rating dell’Italia. Se nel frattempo la procedura di infrazione sarà stata formalizzata, il rischio che lo spread possa fare un balzo è concreto, così come quello che scattino le clausole di salvaguardia ed aumenti l’Iva. Eppure il Governo insiste sulla necessità e sulla possibilità di introdurre la flat tax. O meglio la quasi flat tax, visto che prevede due aliquote, al 15 e al 20%. Il costo della misura, per il vicepremier Matteo Salvini, sarebbe di 30 miliardi tondi. Il sottosegretario all’Economia Massimo Bitonci, nell’intervista a Economy, assicura che si tratta di una misura compatibile con lo stato delle finanze pubbliche. Ma qualche dubbio è lecito.

MASSIMO MIANI

«Mitigare la tassazione sul reddito da lavoro è doveroso per rendere più competitivo il sistema paese» dice Antonio Uricchio, rettore dell’università di Bari Aldo Moro, «se farlo con una flat tax è una valutazione politica. Detto questo, vanno garantite la sostenibilità e la progressività previste dalla Costituzione». La via da percorrere è dunque stretta: «Una doppia aliquota con un’imposizione che non superi il 20% del reddito potrebbe essere

ANCHE INASPRENDO LE SANZIONI CI SAREBBE EMERSIONE DEL NON DICHIARATO compatibile con il quadro costituzionale e l’esigenza di equità, o in alternativa un sistema di detrazioni per rendere progressivo il tributo» osserva Uricchio, «ma occorre garantire l’equilibrio economico finanziario, quindi è necessario reperire risorse. Si potrebbe scegliere una forte riduzione della spesa, ma in una fase recessiva è una strada da valutare con attenzione. Oppure tassare la ricchezza intassata, un modello che può funzionare dal

E Assolombarda spinge su una doppia aliquota diversa Il 17% alla produzione del reddito, il 7% alla distribuzione degli utili: è la proposta dell'associazione degli industriali della Lombardia. Che chiede anche la riduzione del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori

U

na prima aliquota al 17% alla

riduzione delle tasse resta estremamente

necessario cercare di creare ricchezza,

produzione del reddito d’impresa,

importante e deve rimanere al centro

non solo tagliare i costi». Assolombarda

e una seconda al 7% alla distribuzione

dell’attenzione. Ritengo che la nostra

prpone anche di ridurre il cuneo fiscale

degli utili. È la proposta di Assolombarda

proposta sia compatibile anche con

tutto a vantaggio dei lavoratori con un

per una flat tax che finanzi investimenti,

l’attuale scenario. Vogliamo creare un

fondo da una quindicina di miliardi grazie

ricerca, sviluppo. «Con l’apertura della

circolo virtuoso, il fisco deve essere una

alla cancellazione degli 80 euro di Renzi,

procedura di infrazione a Bruxelles la flat

leva di sviluppo: chi ha creato reddito e lo

l’inoptato di quota 100 e quanto destinato

tax così come era stata proposta dalla

lascia in azienda, è giusto che sia soggetto

alle politiche del lavoro legate al reddito

Lega mi pare difficilmente ipotizzabile»

a una tassazione decisamente più bassa.

di cittadinanza, a parte il reddito sociale

dice Alessandro Spada, vicepresidente

Per ottemperare alle richieste di Bruxelles

per chi non ne ha alcuno. «Gli imprenditori

vicario di Assolombarda, «ma il tema della

bisogna anche aumentare il Pil, e quindi è

hanno un carico fiscale attorno al 53%, che

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I TASSAPIATTISTI

punto di vista quantitativo e consentirebbe di ridurre il prelievo sulla ricchezza già tassata». Il fisco insomma per Uricchio dovrebbe avere la capacità di cambiare bersaglio, di rivolgersi ad aree che ancora non contempla: «Il nostro sistema fiscale è ingessato, legato al modello della riforma fiscale degli anni Settanta» sottolinea il rettore dell’università di Bari Aldo Moro, «ma il mondo è cambiato e il modello di produzione della ricchezza pure. Si pensi a quella della Rete: in Italia non abbiamo una web tax, così come non abbiamo una robot tax, e anche le imposte ambientali non superano l’1% del gettito. Il 70% del gettito irpef viene dalla tassazione del lavoro. Ci vorrebbe più coraggio per creare un sistema più equo e moderno». È il modello italiano: chi paga è vessato, chi non paga è invisibile e impunito. Tanto più che, come sottolineato nell’Indagine conoscitiva sul processo di semplificazione del sistema tributario di R.ete Imprese Italia, visto che l’economia sommersa secondo la stima dell’Istat è pari al 12,4% del Pil, e che la pressione fiscale nominale è calcolata sempre dall’Istat rapportando le entrate con il Pil, ne

consegue che la pressione fiscale effettiva è ancora più alta di quella nominale: nel 2018 non il 42,2% del Pil, bensì il 48,1%. I sostenitori della flat tax sono convinti che avrebbe l’effetto di ampliare la platea di contribuenti, ovvero di far comparire al fisco chi prima era invisibile. Ma secondo la tesi opposta difficilmente chi non ha l’abitudine di pagare le tasse lo farebbe solo per effetto di un’aliquota più bassa: la grossa fascia dell’il-

legalità quindi non emergerebbe. «Solo se oltre a diminuire le imposte si inasprissero le sanzioni, probabilmente ci sarebbe un’emersione del non dichiarato» dice Massimo Miani, presidente del presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, «però è una scommessa non facile da fare se i conti non te lo permettono, la bacchetta magica non ce l’ha nessuno». Alcune esperienze estere in tal senso non sembrano incoraggianti. In Slo-

dovrebbe essere ridotto» dice Spada, «le

che non sono mai apparsi sul radar del

degli interessi passivi, ed essendo l’Irap

riduzioni che proponiamo sono importanti

fisco è la vera pietra filosofale della lotta

calcolata sul valore della produzione

ma tengono conto dello stato delle finanze

all’evasione. «Se si riuscisse a recuperare

netta è pagata anche dalle imprese in

pubbliche, senza voli pindarici». Spada

almeno una metà dei 100 miliardi di

perdita». Per Spada imposte come queste

si mostra scettico sulla possibilità che la

evasione tributaria in Italia ogni anno

allontanano gli investitori stranieri, così

diminuzione del carico fiscale prevista

sarebbe già un grande risultato, allora sì

come i tempi degli adempimenti fiscali

dalla flat tax possa avere l’effetto di

che si potrebbe fare un’operazione seria

molto più lunghi rispetto ad altri paesi

aumentare la platea dei contribuenti: «Se

di abbassamento delle tasse». Un altro

europei e l’elevata pressione fiscale

un governo dice una cosa e dopo 5 anni

obiettivo di Assolombarda è l’abolizione

locale, cui Assolombarda dedica ormai da

nel migliore dei casi ne arriva un altro

di quella che è probabilmente la tassa

7 anni un report dettagliato sui comuni

e riporta tutto al punto di partenza, non

più odiata dagli imprenditori, l’Irap. «La

delle imprese associate: «Dobbiamo

si riesce a dare fiducia» sottolinea, «per

nostra proposta è di un superamento

stare attenti ai segnali che mandiamo

riuscire a far emergere il sommerso si

graduale dell’Irap, fino alla sua

all’estero. Per essere competitivi, occorre

deve rendere il paese affidabile. Inoltre

soppressione» precisa il vicepresidente

un fisco realmente amico delle imprese,

ci vorrebbe un’operazione più grande

vicario, «per tanti anni questa tassa ha

leva di crescita e di sviluppo che attragga

e complessa. Il problema maggiore per

penalizzato le imprese labour intensive,

investimenti esteri in tutto il Paese.

il fisco è quello di andare a cercare i

ora c’è la possibilità di dedurre il costo

Pensate a com’erano, per esempio, la

contribuenti che sono inesistenti, si batte

del lavoro, anche se solo quello a tempo

Polonia, l’Ungheria e la Slovacchia una

sempre il tasto su chi paga già ma c’è tutta

indeterminato. Ma rimane la criticità

quindicina di anni fa e dove sono oggi dopo

una fascia su cui auspichiamo un’azione

dell’impostazione: le tante imprese

l’adozione di politiche di sviluppo e fiscali

più incisiva». L’emersione dei contribuenti

finanziate a debito hanno l’indeducibilità

che hanno favorito gli investimenti».

Distribuzione del costo del lavoro 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0%

Contributi a carico dell'azienda

Contributi a carico del dipendente

Tasse

IVA

Italia

Spagna

Francia

Germania

U.K.

Svizzera

Potere d'acquisto

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COVERSTORY

ENTRATE ERARIALI GENNAIO-APRILE 2019 2019

2018

+0,95 128.162 MILIONI DI EURO 129.381 MILIONI DI EURO

%

+0,17% +1,86%IMPOSTE IMPOSTE

DIRETTE

INDIRETTE

ENTRATE TRIBUTARIE

ENTI TERRITORIALI

GENNAIO-APRILE 2019 MILIONI DI EURO

2019

2018

8.288 +2,12 8.464 MILIONI DI EURO

%

ADDIZIONALE REGIONALE IRPEF

8.205 MLN DI EURO+1,85% ADDIZIONALE COMUNALE IRPEF

+3,08% 937

MLN DI EURO

IRAP 4.184

+1,63 % MILIONI DI EURO IMU-IMIS (QUOTA COMUNI)

+5,59%510 TASI+12,00%

MLN DI EURO

28 MILIONI DI EURO 16

ANTONIO URICCHIO

IL NOSTRO SISTEMA È INGESSATO MA IL MONDO È CAMBIATO

vacchia per esempio la flat tax al 19% è stata fusione dei pagamenti elettronici dall’attuale abolita nel 2013 dopo 9 anni nei quali non ha percentuale, inferiore al 40%, con l’obiettivo di portato allo sperato aumento del numero dei andare verso il 94% della Norvegia, senza però contribuenti, e quindi del gettito fiscale. A creintervenire sul tetto dei pagamenti in contanti. scere in compenso è stato il deficit, tanto che «Penso che tracciare tutti i pagamenti sia sicuè stata aumentata l’Iva, finché si è passati a un ramente uno degli strumenti per combattere sistema progressivo. l’evasione» afferma Massimo Miani, «però in Uno dei grandi problemi del fisco italiano è la passato si era arrivati a una stretta sul limite modesta efficacia in termini di riscossione: la massimo per i pagamenti in contanti, che poi stessa Equitalia ha reso noto qualche anno fa è stato riallargato (dal governo Renzi, ndr) a che su circa mille miliardi di crediti solo il 5% tremila euro. È abbastanza inconsueto che si può essere riscosso. «L’evasione da riscossione paghino in contanti due o tremila euro…». è molto più pesante di quella da accertamen«La tracciabilità è sicuramente un modello virto» commenta Uricchio, «abbiamo tanti motuoso, i sistemi telematici permettono di metdelli di accertamento, tere a sistema tutti i UNO DEI GRANDI PROBLEMI DEL FISCO ma a fronte di tanta dati ricevuti, e in proITALIANO È L'INEFFICACIA: SU CIRCA complessità abbiamo spettiva con i big data MILLE MILIARDI DI CREDITI SOLO un ritardo nell’attività saranno più efficaci» IL 5 PER CENTO PUÒ ESSERE RISCOSSO accertativa rispetto al rimarca Uricchio, «però momento in cui sorge il debito: questo rende occorre tracciare anche la spesa, migliorare la l’efficacia dell’azione di recupero più limitata. qualità dei servizi pubblici. Come diceva EinauRiuscire a contrarre questi tempi è una priodi, ognuno paga le tasse se ne conosce la ragiorità assoluta». Anche gli stessi modelli di acne e la destinazione». Chissà che la tracciabilità certamento hanno bisogno di una rinfrescata: dei pagamenti non possa aiutare a superare un «Ci sono modelli omologati, che sono utilizzati clima fatto di piccole grandi vessazioni da parper realtà troppo diverse tra loro. Non si poste del fisco esasperante: il piccolo tuffo al cuore sono usare gli stessi criteri per una piccola e all’arrivo della raccomandata dall’Agenzia delle una grande impresa, per un lavoratore dipenEntrate anche e soprattutto se non si ha niente dente e un professionista» aggiunge il rettore da nascondere, l’abitudine all’iniquità, al formadell’università di Bari Aldo Moro. Un segnale lismo e, in fondo, alla paura. Forse anche in Italia importante che si potrebbe dare all’Europa prima o poi un’impresa potrà finalmente sentirin funzione anti-evasione è una vera stretta si non tartassata ma sostenuta da un sistema a sull’uso del contante. Il sottosegretario Bitonci cui contribuisce in modo equo, per crescere in afferma che il Governo vuole aumentare la difun mercato sano.


I TASSAPIATTISTI XXXXXXXXXX

Con la fatturazione elettronica digitalizziamo la legalità Pierfrancesco Angeleri, managing director di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia sottolinea i plus dell’applicazione che ha contribuito a digitalizzare l’attitudine dell’impresa italiana

O

ltre alla dematerializzazione dei processi e a uno snellimento delle pratiche, la Fatturazione Elettronica ha anche il compito di rappresentare un valido strumento per combattere l’evasione e l’elusione fiscale. L’Agenzia delle Entrate ha un maggior controllo sul flusso delle transazioni IVA tra attività produttive e commerciali e privati. Ricordo dei dati rilasciati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze a marzo dove si sottolineava come la fatturazione elettronica stava riuscendo perfettamente in questo compito. Nei primi due mesi del 2019, cioè nei primi due mesi di obbligatorietà della fattura elettronica tra privati, l’Agenzia delle Entrate ha intercettato acquisti fittizi per 3,2 miliardi di euro, bloccando falsi accrediti IVA per 668 milioni di euro. Sintetizzando, nei primi due mesi la fattura elettronica ha consentito di bloccare truffe tributarie ai danni dello Stato per quasi 700 milioni di euro». Pierfrancesco Angeleri, managing director di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, tra i primissimi fornitori di software, informazioni e servizi per il mondo dei professionisti che operano nell’area fiscale, del lavoro e piccola e media impresa, elenca altri benefici che la fatturazione elettronica ha portato all’anima produttiva del Paese: «Innanzitutto la semplificazione. In secondo luogo la dematerializzazione documentale che regolamenta lo scambio di fatture in elettronico prima con la PA e successivamente da gennaio anche nel B2B è un’ottima spinta verso la trasforma-

«

zione digitale. Una spinta che porta anche a considerevoli risparmi e miglioramenti delle condizioni di pagamento tra enti economici. I nostri servizi di fatturazione digitale mettono il professionista al centro dell’attività della fatturazione da dove mantiene il fondamentale controllo dell’intero processo. Al contempo la fatturazione elettronica alleggerisce lo Studio grazie all’automazione che la digitalizzazione consente e grazie al diretto coinvolgimento della clientela nel processo di dematerializzazione delle fatture». Si è parlato di un avvio difficoltoso del sistema digitale legato alla fatturazione elettronica, ma Pierfrancesco Angeleri, numeri alla mano, racconta un’esperienza solamente positiva. «Ovviamente posso parlare soltanto del nostro applicativo. Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia è scesa in campo con Fattura SMART, un software in cloud che abbiamo sviluppato appositamente per la gestione end to end del processo di fatturazione elettronica ed integrato con le applicazioni contabili dei commercialisti a cui i soggetti fatturanti si appoggiano. Nei primi cinque mesi dell’anno abbiamo registrato quasi 350mila attivazioni del nostro Fattura SMART. Tradotto significa che il nostro software è pratico, utile, semplice e convincente. La fatturazione elettronica ha portato con sé molta ansia e timori. Timori che il processo fosse troppo complicato, che la digitalizzazione della fatturazione fosse una complicazione anziché una semplificazione dell’attività. Ma i numeri che abbiamo a disposizione testimoniano che

PIERFRANCESCO ANGELERI

il processo di fatturazione elettronica è fluido e scorrevole, che la collaborazione con gli studi di commercialista, grazie all’automazione del processo di acquisizione dei dati e il consolidamento negli applicativi di contabilità e di bilancio, è diventata più semplice, più efficiente ed efficace». Fattura SMART è stato concepito per essere uno strumento di fatturazione elettronica multi-device e ubiquitario. Significa poter operare dal pc, ma anche dal tablet o dallo smartphone ovunque e in ogni momento, sette giorni su sette, ventiquattro ore al giorno. È la mobilità che contraddistingue il mondo produttivo di oggi. Mobilità che pervade anche il mondo dei professionisti. Non è più il cliente che va allo studio, ma lo studio dal cliente. Tutti i dati sono trasportabili e a portata di mano per le analisi e le discussioni congiunte. Fattura SMART si inserisce nel portale di collaborazione, dove il commercialista interagisce con i propri clienti in uno spazio virtuale di comunicazione e collaborazione veloce e produttivo, superando la tradizionale modalità di scambio delle informazioni. Grazie a Fattura SMART, il commercialista entra in una nuova dimensione di collaborazione con i propri clienti e l’utente finale, cliente dello studio, ottiene un servizio semplice per emettere, ricevere ed inviare tutte le fatture, semplificando al contempo la gestione delle registrazioni contabili. L’esperienza d’uso è talmente immediata, intuitiva e semplice da risultare perfetta anche per gli “analfabeti digitali” che non hanno alcuna dimestichezza con hard- e software.

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COVERSTORY

«Copriremo la tassa piatta con l'Iva e l'anti-evasione» Forfettario fino a 100mila euro, riordino di deduzioni e detrazioni, lotta alle false compensazioni Iva, pace fiscale, incentivi ai pagamenti elettronici: ecco la ricetta del sottosegretario leghista Massimo Bitonci di Riccardo Venturi LA FLAT TAX FUNZIONA PER I PROFESSIO-

al regime forfettario, regime che nel 2020 verrà esteso fino a 100 mila euro di giro d'afFAMIGLIE ED È COMPATIBILE CON L’EQUILIfari con l’aliquota del 20%, senza contabiltà, BRIO DEI CONTI PUBBLICI E LE RICHIESTE ipersemplificato, solo con la dichiarazione DI BRUXELLES, a patto che gli investimenti dei redditi, senza fatturazione elettronica e vengano scomputati dal rapporto deficit-Pil. senza Iva. C’è anche un notevole risparmio Massimo Bitonci, sottosegretario della Lega, di tempi e di adempimenti, non si tiene la ex sindaco di Padova, difende le scelte del contabilità. Fatta questa prima esperienza, Governo a trazione sempre più leghista, rinel decreto crescita si è iniziato a diminuire vendicando i risultati fin qui ottenuti: crel’Ires sulle imprese, che dal 27 è passata al scita dell’Iva e quindi rilancio dei consumi, 24, poi al 22,5, e nel decreto crescita con un buoni dati dalla lotta all’evasione anche granostro emendamento scenderà al 20%. Nel zie alla fatturazione 2020 dunque ci sarà SI PUNTA A UN'ALIQUOTA OMOGENEA elettronica, successo anche l’Ires al 20% DEL 20% SOTTO I 100MILA EURO DI GIRO della pace fiscale a cui per le imprese quinD'AFFARI, SIA CHE SI TRATTI DI IMPRESE, si vuole aggiungere il SIA PER IL REGIME FORFETTARIO DELL' IVA di si va tutti in quella capitolo sulle cassette direzione, con l’alidi sicurezza. quota al 15% per i minimi e al 20% per le imprese che aderiscono al regime forfettario Con la flat tax volete dare al Paese uno fino a 100 mila euro. shock fiscale alla Reagan. Può funzionare Resta scoperto il mondo dei soggetti Irpef. in Italia? Su questo sono partiti una serie di tavoli di La nostra tassazione è tra le più alte, se non studio al Mef su due fronti. Il primo è la flat la più alta, a livello europeo. L’esperienza fattax al 15% con limite reddituale a 50 mila ta con la prima flat tax al 15% sulle microaeuro di reddito per i lavoratori dipendenti e ziende, i professionisti e le Pmi fino a 65mila in pratica per tutti coloro che fanno l’Unico. euro di ricavi, ha avuto un esito molto posiL’altro è sulla tax expenditure, cioè la revitivo dal nostro punto di vista. Nei primi tre sione di 200 e passa deduzioni e detrazioni. mesi dell’anno ci sono state 200 mila adesioNon una cancellazione ma un riordino e una ni, tra le nuove partite Iva e quelle transitate revisione di queste centinaia di ammennicoli NISTI, FUNZIONERÀ PER LE IMPRESE E LE

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MASSIMO BITONCI

inutili di cui la maggior parte dei contribuenti non riesce a servirsi. È un sistema estremamente complicato, quando si presenta la dichiarazione si devono tener presente centinaia di deduzioni, noi vogliamo semplificare. Ovviamente con la riduzione della tassazione bisogna tener conto di 11 milioni di contribuenti che oggi pur presentando la dichiarazione dei redditi hanno saldo Irpef pari a zero: una vasta no tax area. Questi fattori vanno considerati per non andare a colpire chi già per effetto di detrazioni paga un’imposta pari al 15%, oppure anche zero. Dove pensate di recuperare le risorse per finanziare la flat tax? Su questo tema ci sono aspetti che riteniamo molto positivi sia per l’anno scorso che per i primi mesi dell’anno, perché abbiamo avuto un aumento importante dell’Iva, e anche di Irpef e Ires. Siamo particolarmente soddisfatti per l’aumento dell’Iva, un indice importante dell’aumento dei consumi interni, anche per la contrazione delle esportazioni dovuta alla crisi internazionale, specie della Germania, verso cui esportiamo molto, la cui economia ha subito un forte rallentamento. Nonostante le opposizioni dicessero che con la Lega al governo non ci sarebbe stata lotta all’evasione, che anzi sarebbe aumentata e sarebbero quindi diminuite le entrate cor-


I TASSAPIATTISTI

da Trenitalia a Fs a Anas e altri enti partecipati dallo Stato, che partecipano attivamente alle attività di sviluppo attraverso nuovi investimenti e la ripartenza di tanti cantieri fermi da anni: una politica keynesiana. Certo la quota relativa ai nuovi investimenti va espunta dalle limitazioni del rapporto deficit-Pil. Se si arriva a concordare che tutti gli investimenti vanno scomputati dal limite nominale deficit-pil al 3%, la discussione sulla compatibilità cade completamente. I risultati della pace fiscale sono soddisfacenti? I dati sono molto buoni. Tredici milioni di cartelle fiscali per oltre 38 miliardi di euro di valore, tra saldo, stralcio e rottamazione, con 21 miliardi di incassi previsti per lo Stato nei prossimi cinque anni; 1,7 milioni di domande rispondenti, i dati certificati parlano di 19,2 per oltre 1,5 milioni di contribuenti che hanmiliardi recuperati nel 2018 tra agenzia delno deciso di regolare la loro posizione con il le entrate e Guardia di Finanza, e anche nei fisco. Ciò dimostra che un fisco più equo può primi tre mesi del 2019 siamo in linea: andavvero abbattere l'evasione e far ripartire che quest’anno otterremo 20 miliardi dalla migliaia di imprese. Grazie a un emendalotta all’evasione. Quindi ci aspettiamo entro mento della Lega, inoltre, si potrà aderire fine anno un consistente tesoretto da poter alla pace fiscale fino al 31 luglio sia con la reimpiegare nel taglio della tassazione, per rottamazione ter che con il saldo e straleffetto devo dire anche dell’introduzione cio. Stiamo discutendo a livello governativo della fatturazione elettronica, che pur avensull’ampliamento della pace fiscale a dichiado creato problemi all’inizio ora funziona: i razioni integrative speciali con l’emersione dati che abbiamo dell’Agenzia delle Entrate di contante anche dalle cassette di sicurezza, sono positivi, i sogtramite il pagamento L'EMERSIONE DEL CONTANTE RINCHIUSO getti tenuti alla fatdi un’imposta sostiNELLE CASSETTE DI SICUREZZA turazione elettronica tutiva. Secondo dati POTREBBE RIMETTERE IN CIRCOLO si sono adeguati e il della Banca d’Italia ci 150 MILIARDI DI EURO DI CAPITALI sistema ha scarti che sono 150 miliardi di sono diventati irrisori. Solo a gennaio è stato denaro contante su 56 milioni di cassette di possibile scoprire false compensazioni Iva sicurezza. Questo non vuol dire tassazione per 700 milioni. dei conti correnti, ma un’emersione di conQuindi ritenete che la flat tax sia compatitanti che non è uno scudo penale: pensiamo bile con le richieste di Bruxelles? all’emersione di somme che non derivano Assolutamente compatibile. Non siamo per assolutamente dal riciclaggio e dall’illegalità, le manovre draconiane, vogliamo cercare di ma da una mancata dichiarazione. Non si può rilanciare l’economia, come detto siamo già equiparare l’artigiano o l’imprenditore che riusciti a far crescere i consumi interni. È in non ha dichiarato somme messe in una cascorso una riduzione dei costi della macchina setta di sicurezza con un mafioso o un crimistatale, un incentivo agli investimenti con lo nale, sono due campi completamente diversi. sboccacantieri e investimenti nelle amminiIntendete anche agire sul piano della ristrazioni locali, tutta una serie di operazioni duzione dell’utilizzo del contante, come è

UN FISCO EQUO PUÒ DAVVERO CONTRASTARE GLI EVASORI E FAR RIPARTIRE LE IMPRESE

stato ventilato da qualcuno? Non vogliamo abbassare il tetto dei pagamenti in contanti, ma stiamo lavorando alla diffusione dell’utilizzo delle carte di credito. Oggi i pagamenti elettronici in Italia sono inferiori al 40%, il nostro obiettivo sono le percentuali dei paesi del. Nord Europa: la Norvegia è al 94%. Per andare in quella direzione vogliamo una costante riduzione del costo delle carte di credito per i contribuenti, l’esenzione dalle commissioni per le piccole transazioni, considerato che in altri Paesi la carta si usa anche per prendere un caffè, la cancellazione del costo dell’attivazione del Pos. È stato aperto un tavolo con tutti gli operatori del sistema interbancario per trovare una soluzione sugli importi più bassi. In questo modo, lo dico anche da commercialista, andremo verso un’emersione naturale delle operazioni tracciabili, senza una coercizione all’utilizzo dei Pos, ma con una facilitazione. Gli stessi esercenti tante volte dicono: non lo faccio perché mi costa… Dal 2020 ci sarà anche novità della lotteria degli scontrini, che nasce da una mia proposta di legge del 2011: una sorta di lotteria nazionale sugli scontrini tenuti dal cliente, con una maggiore possibilità di vincita se il pagamento è fatto con il sistema elettronico. Sono tutti sistemi che educano la popolazione a non utilizzare il contante, un’abitudine molto positiva anche per sicurezza, visto che la carta credito può essere bloccata immediatamente. Le imposte dovute dalle imprese dovrebbero essere compensate con i crediti che vantano nei confronti della PA? Dal mio punto vista sarebbe opportuno, ma è un’operazione costosa, e i crediti devono essere certi e certificati. Per questo una soluzione che abbiamo proposto è quella dei minibot, che potrebbero servire per il pagamento di 53 miliardi di crediti della PA attraverso titoli di credito, certificati di piccolo taglio per il pagamento di crediti commerciali. Il fuoco di sbarramento con cui è stata accolta la proposta è sbagliato, ma l’ipotesi è ancora in piedi.

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COVERSTORY

SCONTRINO FISCALE ELETTRONICO, COME ADEGUARSI Dopo la fattura, anche lo scontrino diventa elettronico per i commercianti al minuto, gli artigiani ed i prestatori di servizio. E per l'adeguamento tecnologico è previsto un credito d'imposta pari a metà della spesa sostenuta di Giuseppe Capriuolo

L'

art. 17 del D.L. n. 119 del 2018, diEntrate e fruibile su dispositivi mobile. spone il graduale superamento del Le agevolazioni fiscali regime opzionale di memorizzaPer l’adeguamento tecnologico reso neceszione elettronica e trasmissione telematica sario dalla nuova normativa sullo scontrino dei corrispettivi, introducendo l’obbligatofiscale è previsto il riconoscimento ai conrietà del regime per i soggetti operanti nel tribuenti di un credito di imposta pari al commercio al minuto o in attività assimilate. 50% della spesa sostenuta per l’acquisto o Dal 1° luglio 2019 l’obbligo è scattato per i l’adattamento tecnologico dei misuratori soli contribuenti con volume d’affari supefiscali già in dotazione, fino ad un massimo riore a 400.000 Euro, mentre dal 1° gennaio per ciascun disposi2020, quando la norCON LUGLIO L'OBBLIGO SCATTA PER tivo di 250 euro, in mativa sarà a regime, CHI HA UN GIRO D'AFFARI SUPERIORE caso di acquisto, e di saranno obbligati AI 400MILA EURO. MA DAL 2020 50 euro, in caso di tutti i soggetti di cui L'OBBLIGO SCATTERÀ PER TUTTI modifiche. all’art. 22 del Testo Unico IVA. In assenza di obbligo, resterà ferLe fattispecie di esonero ma la possibilità di procedere agli adempiIl Decreto del Ministero dell’Economia e menti telematici su base volontaria. delle Finanze datato 10 maggio 2019 indiviLa memorizzazione elettronica e la trasmisdua le fattispecie temporaneamente esonesione telematica dei dati dei corrispettivi rate dall’obbligo di memorizzazione elettrogiornalieri potrà essere effettuata mediante nica e trasmissione telematica dei dati dei l’utilizzo di registratori telematici o di sercorrispettivi giornalieri, tra cui le cessioni di ver telematici, sostituendo o adattando gli tabacchi, di giornali e quotidiani periodici e attuali misuratori fiscali. di alcun prodotti agricoli nonchè i servizi di In alternativa, l’adempimento potrà essere stampa e recapito dei duplicati di patente, i realizzato mediante l’utilizzo una proceduservizi elettronici e i servizi di telecomunira web disponibile sul sito dell’Agenzia delle

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cazione e teleradiodiffusione effettuati nei confronti di privati. Il Decreto in parola stabilisce, inoltre, l’esonero per tutti i soggetti: - che effettuano prestazioni di trasporto pubblico collettivo di persone e di veicoli, per le quali il biglietto di trasporto assolve alla funzione di certificazione fiscale; - che effettueranno, fino al 31 dicembre 2019, operazioni marginali, ovvero i cui ricavi o compensi non siano superiori all’1% del volume d’affari del 2018; - che effettuano operazioni a bordo di navi, aerei o treni nel caso di trasporti internazionali - trattandosi generalmente di operazioni carenti del requisito di territorialità. Per tutti i soggetti non interessati dal nuovo regime, resteranno fermi gli obblighi tradizionali di documentazione delle operazioni economiche mediante emissione di scontrino o ricevuta fiscale, ed annotazione dei corrispettivi nel relativo registro.

Le sanzioni Nel corso della trasmissione Rai Parlamento del 4 giugno 2019, gli addetti ai lavori hanno auspicato, se non una proroga dello scontrino elettronico, almeno un periodo di moratoria sulle sanzioni nella fase di avvio dei corrispettivi telematici. I casi di mancata memorizzazione, omissione della trasmissione o memorizzazione e trasmissione di dati incompleti o inesatti, ricordiamolo, sono puniti: - con una sanzione monetaria pari al 100% dell’imposta relativa all’importo non correttamente documentato; - con la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di un mese, in caso di recidiva.


I TASSAPIATTISTI

LA PATRIMONIALE È GIÀ NELLA MUNGITURA DEL MATTONE Tra imposte dirette e indirette, dagli immobili l'erario preleva più di 50 miliardi di euro l'anno, circa un decimo dell'intero gettito fiscale. Così la casa da aspirazione si è trasformata in un incubo, come sottolinea Confedilizia di Marina Marinetti

C

Come se quei 21 miliardi di euro che ogni anno i proprietari versano ai Comuni per case, box, locali commerciali, terreni, fossero frutto della loro fantasia. Invece sono lì e dal 2012 hanno già superato i 150 miliardi in totale». «Quando uno Stato non sa colpire la ricchezza vera, colpisce quella che si vede e non può essere nascosta», commenta l’avvocato Corrado Sforza Fogliani, per un quarto di secolo al vertice di Confedilizia. «La pressione fiscale smodata istituita da Monti è stata mantenuta da tutti i governi che si sono succeduti fino a oggi, compreso l’attuale. Da questo dipende il fatto che l’Italia sia l’unico paese che non è ancora uscito dalla crisi. Per due motivi: prima di tutto perché il settore immobiliare traina,

TOTALE TRIBUTI SULL’IMMOBILIARE 9 reddituali 21 patrimoniali 10 indiretti 10 altri tributi 50 MILIARDI DI EURO totale tributi immobiliari

(Fonte: elaborazione Confedilizia)

i sono molto modi per spennare un pollo. C’è quello patrimoniale (Imu e Tasi), quello reddituale (con cedolare secca sugli affitti abitativi, Irpef, Ires e registro e bollo sulle locazioni), quello sui trasferimenti (con Iva, registro, ipocatastali e imposte di successione e donazione), quello sui servizi (con la tassa sui rifiuti), più una serie di altri modi creativi come tasse di soggiorno e quant’altro. D’altra parte, il pollo in questione, ovvero il proprietario di immobili, garantisce all’erario più o meno un decimo del gettito fiscale. Lunedì 17 giugno, per esempio c'era l’appuntamento con il versamento di Imu e Tasi. Dieci miliardi di euro riversati nelle casse pubbliche. Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, la definisce “la patrimoniale fantasma”. E si tratta solo dell’acconto di un piatto che quest’anno, eliminato (con l’ultima legge di Bilancio) lo stop ai rincari dei tributi locali, rischia di essere ancora più ghiotto, dato che un ente su dieci ha deciso il ritocchino al rialzo. Per non parlare dello spauracchio delle riforma del catasto e della prospettiva ventilata dal Fondo monetario internazionale di una “moderna patrimoniale sulla prima casa” che molti «da mesi evocano (e a volte invocano) senza mai aggiungere l’aggettivo “ulteriore”», continua Spaziani Testa, «Come se, in Italia, una patrimoniale non ci fosse già.

come sappiamo, almeno altri 30 settori coinvolti, e poi perché la restituzione agli italiani dei duemila miliardi di euro che sono loro stati sottratti dalla caduta di valore provocato dalla tassazione sarebbe l’unico antidoto vero al ritorno della fiducia degli italiani nel futuro del Paese. Fintanto che un italiano si trova con l’appartamento che prima valeva 100 e vale oggi 50 o 60 perché non trova acquirenti, è chiaro che la fiducia non tornerà. L’incidenza fiscale è il primo problema da risolvere: l’ipertassazione sia dai parte dell’erario che da parte degli enti locali, che compensano così la diminuzione dei trasferimenti». Non solo: «A tutto aggiungiamo il fatto che è una tassazione di tipo patrimoniale non di tipo reddituale», rincara Sforza Fogliani. «Quella patrimoniale era una tassazione che distingueva gli stati preunitari, i quali non sapevano tassare secondo il criterio liberale del reddito prodotto dal bene che viene tassato. Adesso siamo tornati indietro con passi da gigante, nel merito e nella qualità della tassazione. La proprietà personale della casa è stata una grande conquista, un presidio della libertà personale. Oggi, però, la casa si è trasformata da aspirazione di ogni italiano in vero e proprio incubo».

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COVERSTORY

CRESCITA, ECCO LE MISURE DELL'ULTIMA CHANCHE Investimenti, incentivi, imprese e immobili: ecco nel dettaglio le misure contenute nel piano organico del Governo Conte

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on la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 30 aprile 2019, è definitivamente entrato in vigore il D.L. 34/2019 (c.d. “Decreto Crescita”), contenente un piano organico di misure agevolative a sostegno delle imprese e degli investimenti. Come chiarito dal MEF nel Comunicato stampa n. 84 del 24 aprile 2019, l’insieme delle norme attuative, aventi la finalità precipua di imprimere nuovo slancio alla crescita dell’economia, si articoleranno lungo 4 linee direttrici - le cosiddette “4 I” – che sono: - Investimenti; - Incentivi; - Imprese; - Immobili. Ma vediamo nel dettaglio le principali misure agevolative per le imprese contenute nel Decreto. SUPERAMMORTAMENTO→ L’art. 1 del Decreto reintroduce il superamNELLA FOTO L’AUTORE GIUSEPPE CAPRIUOLO, PARTNER DELL’UFFICIO DI ROMA DI RSM ITALY

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIUSEPPE CONTE CON I VICEPREMIER LUIGI DI MAIO E MATTEO SALVINI

DEDUCIBILITÀ IMU→ mortamento per gli investimenti in beni L’art.3 prevede aumento progressivo della materiali strumentali nuovi diversi da deducibilità dalle imposte sui redditi dell’Iveicoli e altri mezzi di trasporto strumenmu sugli immobili strumentali, dal 50% nel tali. Saranno agevolabili gli investimenti 2019 al 70% a partire dal 2022. effettuati dal 01.04.2019 al 31.12.2019, o entro il 30.06.2020 alle due condizioni, PATENT BOX→ da verificarsi al 31.12.2019, Il Governo interviene nuovamente sulla didi accettazione dell’ordine sciplina del Patent Box con l’art. 4 del Decredal fornitore e pagamento to, consentendo alle imprese di beneficiare di un acconto pari ad almedella detassazione degli intangibles autonono il 20% del costo di acmamente in dichiarazione, anche nei casi di quisto. Viene riconosciuta utilizzo diretto, in alternativa alla stipula di la maggiorazione figurativa un accordo preventivo con l’Agenzia delle del costo di acquisizione del Entrate. La nuova norma introduce, inol30% ai fini della deduzione tre, la facoltà di dotarsi di uno specifico set IRES delle quote di ammortamento e dei documentale, che consentirà di godere di canoni di leasing. Il nuovo limite massimo una specifica protezione di investimento LE IMPRESE POTRANNO BENEFICIARE ammonta 2,5 mi- DELLA DETASSAZIONE DEGLI INTANGIBLES sanzionatoria in caso di AUTONOMAMENTE IN DICHIARAZIONE contestazione del reddilioni di euro. ANCHE NEI CASI DI UTILIZZO DIRETTO to detassato “autonomamente”. Per i soggetti che MINI-IRES→ dal 2019 intenderanno avvalersi di tale opCon l’introduzione dell’art. 2 del Decrezione, la variazione in diminuzione dal reddito Crescita, la disciplina relativa alla mito sarà ripartita in tre rate di pari importo, da ni-IRES, prevista dalla legge di Bilancio indicare nella dichiarazione IRES e IRAP re2019, viene abrogata e semplificata. La lativa al periodo di imposta in cui essa viene riduzione dell’aliquota IRES applicabile esercitata ed in quelle relative ai due perioagli utili d’impresa reinvestiti, ovvero acdi di imposta successivi. Potranno avvalersi cantonati a riserve diverse da quelle di dell’opzione anche i soggetti che hanno già utili non disponibili nei limiti dell’increattivato la procedura per definire un accordo mento di patrimonio netto, sarà progrescon l’Amministrazione Finanziaria, qualora siva e pari del 1,5% nel 2019, al 2,5% nel detto accordo non sia stato ancora concluso, 2020, al 3% nel 2021 ed al 3,5% a regiprevia espressa comunicazione di rinuncia. me dal 2022.


I TASSAPIATTISTI

BONUS AGGREGAZIONI→ L’Art. 11 del Decreto re-introduce il bonus per le aggregazioni tra imprese, già presente nella Legge Finanziaria 2007. Il beneficio, in vigore fino al periodo di imposta 2022, consiste nel riconoscimento fiscale gratuito del disavanzo da concambio derivante da operazioni di fusione e di scissione o conferimento di azienda, per un importo complessivo non eccedente i 5 milioni di euro.

GARANZIA SVILUPPO MEDIA IMPRESA → Nell'ambito del Fondo di garanzia di cui alla legge 23 dicembre 1996, n. 662, è istituita una sezione speciale destinata alla concessione, a titolo oneroso, di garanzie a copertura di singoli finanziamenti e portafogli di finanziamenti di importo massimo garantito di euro 5 milioni e di durata ultradecennale e fino a 30 anni. NUOVA SABATINI → Il Decreto interviene sulle norme di funzionamento della misura “Nuova Sabatini – (Sabatini-quater)”, aumentando a 4 milioni di euro il valore massimo del finanziamento concedibile, assicurando anche ai beneficiari che hanno già saturato il limite dei 2 milioni di euro di poter usufruire alla misura. Inoltre, al fine di velocizzare e semplificare le modalità di accesso e fruizione, è prevista l’erogazione di un contributo in unica soluzione a fronte di finanziamenti di importo non superiore a 100.000 euro. SOSTEGNO ALLA CAPITALIZZAZIONE → Ricalcando il collaudato schema operativo della Nuova Sabatini, il Decreto intende anche sostenere la capitalizzazione delle PMI. In particolare, alle imprese beneficiarie sarà riconosciuto un contributo statale pari all’ammontare complessivo degli interessi su un finanziamento bancario, calco-

lato in via convenzionale nel 5% per le micro e piccole imprese e nel 3,575% per le medie imprese, a fronte dell'impegno dei soci a sottoscrivere un aumento di capitale sociale dell'impresa, da versare in piu' quote, in corrispondenza delle scadenze del piano di ammortamento del prestito. R&S PER LA RICONVERSIONE DEI PROCESSI PRODUTTIVI NELL’AMBITO DELL’ECONOMIA CIRCOLARE → A sostegno di progetti di R&S per la riconversione dei processi produttivi nell’ambito dell’economia circolare finalizzati ad un uso più efficiente e sostenibile delle risorse, il Decreto introduce un’agevolazione fruibile in due distinte modalità: - finanziamento agevolato per una percentuale nominale delle spese e dei costi ammissibili pari al 50%; - oppure, contributo diretto alla spesa fino al 20% delle spese e dei costi ammissibili.

SOCIETÀ DI INVESTIMENTO SEMPLICE → L’art. 27 del Decreto istituisce una nuova forma societaria: la “società di investimento semplice (SIS)”. Il nuovo veicolo potrà costituirsi con capitale fino a 25 milioni raccolto presso investitori professionali (o anche tramite “business angels”) e potrà investire esclusivamente in startup non quotate, godendo dell’esenzione dalle imposte sui redditi di capitale. NUOVE IMPRESE A TASSO ZERO, SMART & START E DIGITAL TRANSFORMATION → Al fine di incentivare la trasformazione digitale dei processi produttivi delle PMI, l’art. 29 del Decreto riconosce agevolazioni finanziarie, nella misura massima del 50% dei costi ammissibili, dirette a sostenere la realizzazione dei progetti diretti all’imple-

mentazione delle tecnologie abilitanti 4.0, che rechino un importo di spesa pari almeno ad Euro 200.000.

ZONE ECONOMICHE SPECIALI → Il Decreto Crescita accoglie anche l’attesa normativa agevolativa destinata alle imprese che intendono insediarsi, con specifici programmi di investimento, nelle Zone economiche speciali (ZES). Attraverso il fondo ‘Piano grandi investimenti – ZES’, istituito con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2019, 150 per il 2020 e 100 milioni per il 2021, i programmi saranno finanziati con impieghi diretti, in forma di debito o di capitale, o favorendo la sottoscrizione di quote di fondi di investimento o fondi di fondi. CREDITO DI IMPOSTA PER LA PARTECIPAZIONE DI PMI A FIERE INTERNAZIONALI → Un nuovo credito di imposta incentiverà la partecipazione delle PMI italiane a fiere internazionali. L’incentivo sarà pari al 30% delle spese sostenute, fino ad un massimo di € 60.000, per l’affitto di spazi espositivi ed il relativo allestimento e per le attività pubblicitarie, di promozione e comunicazione, connesse alla partecipazione alle fiere. INTRODUZIONE DEL VOUCHER 3I “INVESTIRE IN INNOVAZIONE” A FAVORE DELLE START- UP INNOVATIVE → Il voucher finanzierà le spese di brevettazione di un’invenzione tra cui la consulenza per ricerca sulla brevettabilità e le ricerche di anteriorità, l’assistenza alla stesura domanda di brevetto, i costi di deposito presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti nonché l’estensione all’estero della domanda nazionale.

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GESTIRE L’IMPRESA 30 ASSOCAMERESTERO IL CULTO DELLA QUALITÀ FA GRANDE L’ITALIA NEL MONDO

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NON SOLO PREDA DEGLI STRANIERI L’ITALIA COMPRA DI PIÙ ALL’ESTERO Se a fare notizia sono le acquisizioni di aziende italiane da parte di soggetti stranieri, in realtà sono molte di più (e di maggior valore) le operazioni condotte oltreconfine. Ma nessuno (o quasi) ne parla

BEXB

di Marina Marinetti

NON CHIAMATELO BARATTO È MONETA COMPLEMENTARE

35 TALENTS IN MOTION LA PIATTAFORMA PER TRATTENERE I TALENTI

36 FEDERMANAGER UN PONTE TRA IMPRENDITORIA E MONDO DEL NO-PROFIT

38 GRUPPO FS IL TRENO DELLA LOGISTICA IMBOCCA L’ALTA VELOCITÀ

40 ALIS SEI PROPOSTE AL GOVERNO PER LO SVILUPPO E IL LAVORO

42 I VALOROSI GABRIELE BURGIO L’ASSO PIGLIATUTTO DEL TURISMO

Q

uando, a fine maggio, il gruppo temuto che i francesi ci sfilassero la nostra francese Lactalis ha annunciato gloriosa Fabbrica italiana automobili Toril’acquisizione dell’80% di Nuova no, che ha motorizzato il Paese. Peccato che Castelli, la numero uno nell’export del ParmiFca, italiana, non lo sia da un pezzo: la sede giano Reggiano, tutti a stracciarsi le vesti. Ma legale è a Londra, quella fiscale è in Olanda come? Il gruppo della e il vero business sta È VERO CHE IL PARMIGIANO REGGIANO famiglia Besnier negli negli Stati Uniti. È FINITO IN MANI FRANCESI, MA IN REALTÀ ultimi quindici anni si Certo, parlare di Fca LACTALIS HA RILEVATO IL PACCHETTO è già preso Invernizzi, o di Parmigiano RegDI CONTROLLO DA UN FONDO INGLESE Cademartori, Galbani, giano fa più notizia Locatelli, Parmalat, e ora ci toglie anche la sorispetto a dire che l’italiana Tapì (chi?), concietà reggiana fondata da Dante Bigi, il nostro trollata da Wise Equity, ha acquistato, negli ultimo spicchio di italianità casearia? Peccato stessi giorni, il 100% di Les Bouchages Deche Nuova Castelli, italiana, non lo fosse già lage, produttore francese di tappi e chiusure da un pezzo: il pacchetto della discordia era per liquori e vini d’alta gamma. O che MotorK in mano al fondo di private equity inglese ha acquisito la francese 3W Net, specializzata Charterhouse Capital Partner. E che dire della in soluzioni digitali per le case automobilistiproposta di matrimonio, poi ritirata, tra Fiat che e le concessionarie. O che Euricom, mulChrysler (Fca) e Renault? Per alcuni giorni s’è tinazionale italiana del riso, ha acquisito dal

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(controvalori rispettivamente pari a 2,3 e 1,3 miliardi di euro). «Ci sono state diverse operazioni degne di nota», commenta Max Fiani, partner Kpmg e curatore del rapporto M&A. «Man mano che crescono volatilità e incertezza, più gli operatori si clusterizzano verso quelli che chiamiamo “serial acquirors”, che negli ultimi vent’anni hanno condotto in maniera sistematica operazioni di M&A. Per esempio Fila, che l’anno scorso ha speso 215 milioni di euro negli Usa attraverso la controllata, utilizzando la leva dell’M&A per diversificare, internazionalizzare e ampliare la propria gamma prodotti e servizi. Un altro esempio è quello di Campari, che ha una storia di acquisizioni consolidata da oltre vent’anni e anche nel 2018 ha consolidato nella controllata Grand Marnier l’aquisizione per 53 milioni di euro della francesce Bisquit».

OGNI VOLTA CHE UN’AZIENDA FINISCE IN MANI STRANIERE SI GRIDA ALLO SCANDALO

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mega deals il valore del mercato si sarebbe attestato comunque a circa 53 miliardi di euro, registrando una tasso di crescita in linea con gli anni precedenti». Sempre per dire, nel 2018 gli investimenti esteri nel nostro Paese hanno innescato la “retromarcia”, con 18,4 miliardi nel 2018 contro i 23 dell’anno precedente. Quali imprese italiane hanno fatto shopping all’estero? Ha fatto notizia, per esempio, l’acquisizione del business dolciario statunitense di Nestlé da parte di Ferrero e quella dell’americana General Cable Corp. da parte del produttore di cavi e fibre ottiche Prysmian

LE ACQUISIZIONI DI AZIENDE ESTERE DA PARTE DELL’ITALIA SONO IN CRESCITA DA DIECI ANNI. E LO SCORSO ANNO C’È STATO IL RECORD ASSOLUTO

E comunque, in dieci anni abbiamo speso qualcosa come 132,6 miliardi in aziende straniere, portando a termine 1.052 transazioni M&A. Il peso delle transazioni cosiddette “cross-border out” nell’ultimo decennio è di circa il 18,8% in termini di volumi e del

M&A Trend Italia su Estero dal 2009 a Maggio 2019

57,8

13,5

Nr mld

gruppo francese Marbour tre società in Europa: Van Sillevoldt Rijst a Papendrecht nei Paesi Bassi, Przedsiebiorstwo Rol-Ryz a Gdynia in Polonia, e Gariboldi, a Valle Lomellina (Pavia). O che Illy ha acquistato Prestat, famoso brand di cioccolato del Regno Unito noto per aver ispirato “La fabbrica di cioccolato”. Ma allora, è proprio vero che l’Italia è in svendita? «Ogni volta che un’azienda italiana viene ceduta a un gruppo estero l’opinione pubblica reagisce come se fosse uno scandalo, poi andando a fondo si scopre che il pacchetto azionario che passa di mano era già di un fondo straniero», commenta Max Fiani, partner Kpmg nonché curatore dell’annuale rapporto Kpmg Corporate Finance. Ricordando, a chi ha la memoria corta, che lo scorso anno, il 2018, in quanto ad acquisizioni all’estero da parte di aziende italiane ha registrato la miglior performance in termini di controvalore post crisi e il record assoluto in termini di volumi: le operazioni sono state 183 (contro le 159 del 2017), costate in tutto 57,8 miliardi di euro. Nel 2017 ci era fermati a soli 9 miliardi, per dire. «E a chi fa notare che il valore record del 2018 si deve alla business combination Essilor-Luxottica e l’acquisizione di Abertis Infraestructuras da parte del consorzio costituito da Atlantia SpA, ACS SA e Hochtief AG, che da sole valgono circa 40 miliardi di euro», sottolinea Fiani, «dico che senza questi due

Nr Operazioni

MAX FIANI

13,1

10,2

12,1

9,0

70

89

97

165

159

183

75

2013

2014

2015

2016

2017

2017

mag-19

2,4

3,3

1,8

4,1

42

47

62

63

2009

2010

2011

2012

La miglior performance in termini di controvalore post crisi

5,3


23,7% in termini di controvalore sul Mercato I principali Paesi target dal 2009 a Maggio 2019 M&A Italiano, con il settore Consumer Market Il cross border OUT rappresenta il 28,8% del valore del Mercato M&A in Italia protagonista assoluto in termini di controvalore (43, 3 miliardi di euro) con 312 operaNr mld zioni, seguito dal segmento Energy&Utilities 120 32,1 con investimenti per circa 31 miliardi di euro 73 30,5 e 99 deal. In termini di volumi il settore in173 16,2 dustriale rappresenta il principale segmento 5 8,5 di sbocco degli investimenti italiani con 317 106 6,3 operazioni. Con un trend, nel decennio, in creConsumer Markets Industrial Markets 111 5,4 Energy&Utilities Financial Services scita costante: per capirci, in tutto il corso del Support Services&Infrastruct. Telecom, Media, Tech 2009 furono spesi 13,5 miliardi di euro (sui 464 33,5 quali pesò come un macigno l’acquisizione della spagnola Endesa da parte di Enel Spa - Acciona SA) per un totale di 42 operazioni. complicato di per sé, ma nel caso di operazioOggi (e il dato è fermo a maggio 2019), siamo fornitori del Sistema Sanitario Nazionale e ni fifty-fifty, i cosiddetti mergers of equals, lo è già a quota 75 operazioni per un controvaloaltri enti della Pubblica Amministrazione ancora di più, specialmente se gli shareholder re di 5,3 miliardi. In pipeline nel 2019 ci sono in Spagna. Il Gruppo Intek, da parte sua, ha o gli stakeholder rappresentano anche una operazioni come quella di Eni, che a gennasottoscritto un accordo con ECT –European componente pubblica». io ha sottoscritto un accordo con Adnoc per Copper Tubes Ltd per l’acquisto della quota E ora, se non vi è sfuggito che le tre operaacquistate una quota del 20% della controldel 49% di Tréfimetaux Sas. E Conad? Non zioni di cui sopra hanno in comune l’ubicalata Refining per un corrispettivo cash pari a possiamo non ricordare l’accordo concluso zione, a chi accusa la Francia di voler fagocicirca 3,3 miliardi di dollari al netto del debito nel mese di maggio con Auchan Retail per tare tutte le nostre aziende, si può ribattere netto e passibile di aggiustamenti. «Il complel’acquisizione della quasi totalità delle attiche il “favore” è reciproco: «La Francia è il tamento dell’acquisizione è soggetto al verifività di Auchan Retail Italia che opera in Itaprimo mercato a cui guarda l’Italia. Ci sono carsi di alcune condizioni sospensive, inclusa lia con i marchi Auchan e Simply. Ma anche andate Campari, Lavazza, Luxottica, ci sta l’autorizzazione da parte degli Emirati Arabi qui, c’è da sottolineare che l’ acquisizione provando anche Fincantieri con Stx», conUniti a altre autorità regolatorie», specifica sarà perfezionata solo se l’Autorità Garante clude il partner Kpmg. «È lì che sono state Max Fiani. Enel, peraldella Concorrenza e PER IL 2019 CI SONO IN PIPELINE fatte le operazioni più significative, perché, tro, starebbe valutandel Mercato in Italia OPERAZIONI COME QUELLA DI CONAD ceteris paribus, i rischi sono più bassi». E do anche l’acquisto darà il suo nulla osta. SU AUCHAN, CHE ATTENDE IL VIA LIBERA infatti negli ultimi dieci anni (dal 2009 al degli ‘energy asset’ in Già, perché non semDAL GARANTE DELLA CONCORRENZA 2019) sono state ben 120 le operazioni conPeru e Cile di Sempra pre le cose filano lisce. cluse, per 32,1 miliardi di euro. Al secondo Energy. Poi c’è Ferrero, che negli Stati Uniti Specialmente se la massa critica in gioco è di posto in termini di controvalore, si posizioha raggiunto un accordo con Kellogg Comun certo peso. Lo stanno dimostrando, per na la Spagna, grazie al mega deal del 2018 pany per rilevare il business dei biscotti, deesempio, le vicende di Fca, Luxottica, FinAtlantia-Abertis (per 16,5 miliardi di euro) gli snack alla frutta, dei gelati e delle crostate cantieri: «L’aspetto più importante di queste con 73 transazioni. «Ma ci interessano anper 1,3 miliardi di dollari (1,16 miliardi di operazioni è la volontà, da parte di grandi che gli Stati Uniti, sia per la dimensione del euro circa) e in Spagna ha acquisito la magaziende italiane, di fare operazioni di tranmercato che per l’acquisizione di tecnologie gioranza della società Icfc, Ice Cream Factory sformation che impattano sulla governance, e know how. Gli Usa rappresentano il primo Comaker, l’azienda leader nella produzione di senza vendersi al grande fondo americano paese di destinazione degli investimenti gelati. o cinese», commenta Max Fiani. «Si tratta di di aziende italiane in termini di volume e E ancora: Banca Farmafactoring S.p.A. ha anoperazioni coraggiose, che hanno una comterzo in termini di controvalore», conclude nunciato di aver firmato un accordo vincolanplessità elevata. Chiaramente non è facile Fiani. «E nei prossimi anni intensificheremo te con Deutsche Bank AG e alcuni azionisti di trovare la quadra, quando dall’altra parte hai lo shopping anche in Cina, dove c’è un mix minoranza per l’acquisizione fino al 100% azionisti forti che vogliono continuare fare il perfetto tra componenti R&D, di prodotto e di IOS Finance, società attiva nella gestione loro percorso. Alcune volta l’equilibrio si trotecnologia». del credito e di factoring pro-soluto verso i va, altre purtroppo no. Tutto è già abbastanza

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GESTIRE L’IMPRESA

A SCUOLA D’IMPRESA PER DIVENTARE COMPETITIVI Sfruttare le risorse della distribuzione e del marketing, migliorando i fattori produttivi, per poter cogliere le opportunità all’estero: il presidente del Cuoa invita le aziende ad acquisire le competenze che mancano di Riccardo Venturi

C

he ci sia un numero crescente di deve saper imparare». Il salto di qualità va acquisizioni effettuate all’estero da fatto per tempo, altrimenti è difficile rifiutare aziende italiane è senz’altro una le lusinghe di un fondo o di un grande gruppo buona notizia. Ma ci sono ancora troppe Pmi estero: «se ho le giuste competenze, assieme che non sanno cogliere le opportunità dei all’azienda cresce adeguatamente il profitto mercati globali, e che magari finiscono per dei proprietari, e viene meno il desiderio del essere acquisite a loro volta da fondi o grandi “colpo della vita”, altrimenti si soffre la compegruppi stranieri, per mancanza di competenze tizione globale, e di fronte a una grande offerta adeguate. «Posso essere un imprenditore brilla si accetta perché non si ha l’impressione di lante e creativo, ma le capacità necessarie per avere delle alternative, che invece esistono». cogliere il valore aggiunto delle acquisizioni Quel che accade dopo l’acquisizione da parte estere non si improvvisano» dice Federico Vidi un fondo, per esempio, potrebbe verificarsentin, presidente del Cuoa (Centro Universisi prima, se ci fosse la capacità di valorizzare tario di Organizzazione Aziendale), la Business potenzialità e sinergie: «i fondi acquisiscono school del nordest che si propone di aiutare le quelle aziende che sanno di poter piazzare aziende ad acquisire le competenze mancanti, agli investitori industriali» rimarca Visentin, «bisogna capire che i fattori competitivi in un «il loro destino è dunque quello dell’aggregamondo globale vanno zione. Il che conferma cercati sfruttando le SECONDO FEDERICO VISENTIN IL DESTINO la grande opportunità DI TUTTE LE AZIENDE SU CUI PUNTANO risorse della distribumancata da parte dei I FONDI INTERNAZIONALI È QUELLO zione, del marketing, nostri imprenditori, DELL’AGGREGAZIONE O DELLA FUSIONE migliorando i fattori che non capiscono il produttivi. Ci vuole capacità di governance e valore che hanno in mano e il valore aggiundi gestione del management». Il fatto che tante to che potrebbero ottenere con acquisizioni aziende storiche italiane a carattere familiare e fusioni». Si dice spesso che ad ostacolare siano acquisite da gruppi esteri si spiega dunfusioni e integrazioni tra le Pmi italiane sia il que proprio con una carenza di competenze: proverbiale campanilismo. Ancora una volta, si «Perché un imprenditore arriva a cedere dopo sottovaluta il tema della competenza. «Ognuno generazioni? Non è un problema legato all’imvuole comandare a casa sua, ok. Ma quel che presa familiare, se guardiamo alla Germania è abbiamo visto è che manca competenza sui un modello ancora fortissimo, la spina dorsale piani industriali» sottolinea il presidente del della manifattura tedesca» argomenta VisenCuoa, «come la conoscenza dei meccanismi di tin, che è anche vicepresidente di Federmeccagovernance in un’integrazione. Se si ignorano nica con delega all’Education, «spesso manca gli strumenti che possano gestire i rapporti tra la capacità di gestire il passaggio generazionaacquisito e acquisitore, allora prevale la logica le, perché si spera di trovare in famiglia qualcudella fiducia. Ma se ti basi solamente sulla fiduno che abbia le capacità necessarie, ma anche cia, la diffidenza non ti fa non chiudere l’accorquella di gestire i manager. Al Cuoa insegniado». Le lacune di tante Pmi? «Tantissime non mo anche agli imprenditori a non attorniarsi hanno controlli di gestione, delle tariffe, un midi yesman per voler avere l’ultima parola, si nimo di contabilità industriale» spiega Visen-

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FEDERICO VISENTIN

MANCA LA CAPACITÀ DI GESTIRE IL PASSAGGIO GENERAZIONALE tin, «se vogliamo creare un’aggregazione ma abbiamo difficoltà a leggere i numeri, io penso 10 tu pensi 2, su che cosa ci basiamo? Allora nascono difficoltà nell’imbastire soluzioni tecniche su conferimenti, cda, patti parasociali. Così ci si affida agli advisor, che mi spiegano le cose: ma se non le capisco?». Soluzione: tutti a scuola al Cuoa, specie le aziende sotto i 150 milioni di fatturato, una soglia sotto alla quale, spesso, «le aziende sono gestite ancora con modalità e organizzazione non adeguate» conclude il presidente.


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GESTIRE L’IMPRESA

Auricchio: è il culto della qualità che fa grande l’Italia nel mondo Innovare, esportare e fare rete: ecco la ricetta che continua a far crescere le nostre imprese anche oltreconfine. Ce la spiega Gian Domenico Auricchio, presidente di Cibus e di Assocamerestero di Sergio Luciano

«LE IMPRESE ITALIANE RIESCONO A RESTARE COMPETITIVE SUI MERCATI ESTERI NONOSTANTE UN QUADRO MACROECONOMICO TURBOLENTO E UN FATTORE-CAMPO, IN PATRIA, CERTO NON STABILE: ci riescono

perché sono brave, ma questo non basta a spiegare. C’è dell’altro, e quest’altro va capito e aiutato a potenziarsi»: Gian Domenico Auricchio, imprenditore alimentare con forte vocazione all’export, presidente di Cibus e presidente di Assocamerestero – l’Associazione delle Camere di commercio italiane all’estero – è orgoglioso dei buoni risultati degli esportatori italiani perché è uno di loro, ma è anche una delle figure di riferimento indiscusse per chi fa impresa e trova oltre confine la maggior parte dei suoi clienti. Presidente Auricchio, allora: cos’altro spiega la tenuta dell’export italiano? Innanzitutto una grande capacità, direi darwiniana, delle imprese di adeguarsi alle circostanze che cambiano salvaguardando comunque una qualità media elevatissima dei loro prodotti. Non solo nel mio campo, l’alimentare, ma in tutti: brand come Arvedi per l’acciaio, Brembo per la componentistica auto o Ima per l’imballaggio sono davve-

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ro sinonimi mondiali di qualità. C’è il culto della qualità nelle nostre imprese, non solo quelle grandi. E c’è un altro culto… Quale? Quello della sicurezza, un prerequisito che tutti ormai considerano irrinunciabile. Ricordo lo scandalo della mucca pazza, in Gran Bretagna si contarono 160 mila casi, da noi venti. E poi due fattori strutturali: il sistema fieristico e… noi. Noi inteso come sistema camerale, in Italia e all’estero. LE CAMERE DI COMMERCIO ITALIANE ALL’ESTERO SONO UNA RETE DI 78 UFFICI E UN AVAMPOSTO IN 55 PAESI A DISPOSIZIONE DELLE IMPRESE

Cioè? Be’, le nostre grandi fiere – non solo Cibus – hanno accompagnato per mano migliaia di imprese ad internazionalizzarsi. Che si chiamino appunto Cibus o Vinitaly o Vicenza Oro e tante altre. Dall’altra parte, il sistema camerale ha sostenuto e sostiene gli esportatori. In che modo? Guardi, oggi le Camere di commercio ita-

liane all’estero sono un avamposto per chi esporta, una rete di 78 uffici, retti da persone dinamiche e orientate al business, che in 55 Paesi del mondo sono altrettanti terminali attivi per le imprese che abbiamo bisogno di supporto, promozione, contatti. Questo numero di Economy allega il Business Atlas, la vostra pubblicazione annuale che presenta appunto i Paesi in cui operano le Camere all’estero: quale utilità le sembra prevalere in quest’opera? Il Business Atlas è, insieme, un vademecum utile e uno strumento di promozione culturale. Anche attraverso di esso riusciamo a diffondere la cultura di italianità in tante parti del mondo e a sottolineare l’importanza economica e la forza qualitativa del nostro paese e dei nostri prodotti… Una funzione cruciale per l’Italia, come lei ripete spesso… Posso dirle che se non avessimo esportato molto negli anni successivi al crac della Lehman Brothers, gli anni della crisi profonda, l’economia italiana avrebbe chiuso bottega. E invece siamo sempre gli stessi irriducibili globetrotter che, anche con la valigia di cartone, come i nostri nonni, riusciamo ad


andare ovunque. Pur non avendo alle spalle – almeno per ora – un sistema Paese che le sostenga appieno rispetto ai concorrenti internazionali come capita ai nostri competitor di altre bandiere… Anche se su questo fronte voglio segnalare che a mio avviso l’Ice sta conoscendo, con l’attuale presidenza, un salto di qualità!

Presidente, la sua caratteristica è che lei di export non parla per sentito dire ma perché, da imprenditore, lo pratica intensamente. Come si è evoluta la sua azienda su questo fronte? Ah, be’: la mia azienda fino al 2008-2009 non esportava in alcuni Paesi perché erano troppo lontani e difficili. Quando abbiamo visto congiuntamente stringersi il mercato interno per la stasi dei consumi, abbiamo avvertito la necessità di trovare anche nuovi sbocchi. E li abbiamo trovati. Pensi che a causa delle sanzioni contro la Russia, un’azienda del nostro gruppo ha perso dall’oggi al domani 6 milioni di ricavi nel settore dei prodotti freschi, e abbiamo dovuto completamente ridisegnare la strategia. Riuscendoci, però, grazie a Dio siamo cresciuti e abbiamo trovato nuovi mercati ed oggi fatturiamo più di quando le sanzioni alla Russia non c’erano! Be’, che siate bravi lo dimostra anche il premio EY come miglior media azienda familiare… Ci ha fatto molto piacere, innegabilmente.

I successi imprenditoriali, i suoi come quelli di tanti esportatori, non tolgono però che il quadro congiunturale sia critico. Indubbiamente lo è, anche molto. Parlare di turbolenza è un eufemismo. Gli Usa di Trump spiazzano e sorprendono con scelte imprevedibili. La Cina è potentissima, ma sta cercando di trovare spazi e strategie nuove rispetto agli Stati Uniti. La Russia a sua volta è in costante tensione geopolitica. Noi Europa, noi Vecchio Continente,

facciamo fatica fra le tre potenze in guerra di posizione a trovare una nostra mission, e c’è da augurarsi che il nuovo Parlamento di Strasburgo possa lavorare su basi nuove. Diciamo da anni che non ci interessa un’Europa protesa a normare la lunghezza standard delle carote o il diametro delle vongole. L’Europa deve svolgere compiti più importanti, compreso quello di ri-regolamentare il settore del credito.

E l’Italia? Il quadro è in continua evoluzione, imprudente qualsiasi commento che sia proiettato sul termini medio lunghi: è in atto un esperimento politico senza precedenti. Però devo dire che nonostante tutte queste complessità nazionali e internazionali, le imprese italiane continuato a fare il loro dovere. E le parole chiave sono sempre le stesse: innovare ed esportare.

UN ATLANTE PER ORIENTARSI NEL BUSINESS Parlare di internazionalizzazione è diventata una prassi naturale per disegnare lo sviluppo di ogni impresa che vuole crescere, tanto che ormai fa parte del business plan di ogni azienda che si rispetti. Ma per internazionalizzarsi occorre saper analizzare gli scenari: l’informazione è quindi la prima risorsa necessaria per competere all’estero e il Business Atlas si pone come guida indispensabile per chi vuole affrontare i mercati internazionali, offrendo una prima panoramica dei 55 mercati esteri in cui operano le 78 Camere di Commercio Italiane all’Estero. Le Schede Paese che compongono il Business Atlas ricostruiscono sinteticamente l’attuale scenario macroeconomico di ciascun mercato e quindi le prospettive per l’immediato futuro, aiutando gli operatori ad intercettare i settori di maggior sviluppo, per poi

Business Atlas

Guida agli affari in 55 mercati per il business italiano

A cura delle Camere di Commercio Italiane all’estero

offrire informazioni più approfondite su tematiche di carattere normativo e fiscale che regolano l’interscambio di merci e i flussi di investimento. In più, per ciascun paese, sono riportate indicazioni utili su rischio paese e condizioni di assicurabilità, sistema bancario, principali finanziamenti e linee di credito, parchi industriali e zone franche, accordi con l’Italia, costo dei fattori produttivi, riferimenti delle Camere di Commercio Italiane all’Estero. Insomma tutto quanto è utile per avere una prima informazione sul come

fare business nei vari paesi. In sintesi, una guida agile e di facile lettura, che quest’anno festeggia 30 anni di presenza costante nel panorama editoriale rivolto all’imprenditore che vuole vendere all’estero, identificando in modo immediato i principali ambiti di operatività all’estero ed intercettare le migliori opportunità per i propri prodotti. Il Business Atlas è realizzato da Assocamerestero con il contributo delle Camere di Commercio italiane all’estero. Assocamerestero Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero - svolge una costante azione di indirizzo strategico per le attività svolte dalle CCIE a sostegno dell’internazionalizzazione delle PMI e della promozione del Made in Italy attraverso un’assistenza specifica, sia sul versante organizzativo che su quello progettuale.

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GESTIRE L’IMPRESA

NON CHIAMATELO BARATTO: È MONETA COMPLEMENTARE Il circuito Bexb partito da Brescia in un anno ha effettuato cambi merce per 170 milioni di euro con circa 45mila transazioni. Con utilizzatori come Caffè Incas, IsolKappa, Tecnomovint e Inardini (ma non solo) di Sergio Luciano

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bbiamo cinquemila aziende associate, che rappresentano il circuito chiuso di moneta complementare più grande e più attivo d’Italia», dice Marco Melega, e già da come inizia a presentare quella che sente come la sua creatura – il circuito BexB – si vede che dà per scontato quel velo di diffidenza che ha trovato più volte, soprattutto in passato, nei suoi interlocutori e che ha imparato serenamente a dissipare. Come? Intanto con il suo entusiasmo, ma anche con dei numeri che sono ormai diventati perentori: «Lo scorso anno abbiamo scambiato merce per 170 milioni di euro, con circa 45 mila transazioni. Nove all’anno in media per ciascuno dei merchant associati». Gente di Brescia, gente quadrata, i pioneri che alcuni anni fa diedero vita al circuito BexB. Im-

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prenditori “heavy metal”, che non inseguivano la chimera delle criptovalute, quelle dell’ottovolante di Wall Street, che oggi valgono dieci, domani cento, dopodomani magari zero. Nossignore, oggi i cinquemila imprenditori che usano i BexB – così, con sigla un po’ cacofonica, si chiama la moneta complementare ACCANTO ALL’ATTIVITÀ TRADIZIONALE LE IMPRESE HANNO SCOPERTO LA CONVENIENZA DELLA PIATTAFORMA PER RIDURRE L’USO DEL CONTANTE

nata a Brescia – e che ormai sono bresciani nella misura del 20 per cento circa, perché gli altri sono in tutta Italia, rappresentano marchi solidi, con i piedi ben piantati sul terreno dell’economia reale: dal Caffè Incas a Farco, da Etiservice a Intense a Inardini, IsolKappa,

Tecnomovint… Imprese che accanto all’attività tradizionale – comprare materie prime, servizi o altri oggetti d’uso pagandoli in euro e fatturare in euro le loro vendite – hanno scoperto la convenienza della piattaforma BexB per ridurre l’uso del contante, che costa, utilizzando per una serie di acquisti soprattutto consuetudinari e ricorrenti (ma non solo) questa forma evoluta di baratto multilaterale, perché adottato da una vastissima comunità di utilizzatori convenzionati. Ma come ha fatto BexB a convincere 5000 rocciosi e diffidenti imprenditori ad aderire a un sistema così innovativo? «Sarà che siamo testardi», sorride Melega. La fa semplice: testardo lo è, basti pensare allo sport che ha fatto – canoa di velocità, sette allenamenti alla settimana e giù a pagaiare – ma la testardaggi-


ne, in un caso come il suo, non sarebbe bastata. È che Silvio Bettini, cofondatore di BexB ed attuale presidente, questa roba delle monete complementari l’ha scoperta diciotto anni fa, e da allora non ha più mollato, pur incorrendo, com’era inevitabile, in qualche alto e basso. «Lei si riferisce ai Crevit, lo so», annuisce Melega, «ed ha ragione, perché ho investito ciò che avevo imparato in quell’esperienza e la piattaforma che avevano sviluppato in BexB, rilanciandola e potenziandola», sottolinea. Oggi, BexB, di cui Melega è azionista di riferimento, ha una piattaforma informatica proprietaria capace di reggere il business dell’attuale leader nazionale delle monete complementari, capofila di una pattuglia che annovera marchi ormai interessanti e riconosciuti, dai Sardex allo Scec, al progetto Lombard di Regione Lombardia. «Ora siamo in serie A», conferma Silvio Bettini, co-fondatore di BexB (e roccioso ex-rugbista) ed attuale socio. «Tanto che le nostre transazioni sono assicurate Euler Hermes (il colosso del gruppo Allianz che assicura crediti di ogni tipo, ndr). Il 99,5% delle compravendite è stato perfezionato dentro il circuito. Ma da quest’anno allargheremo il business anche al pubblico indistinto, quindi al dettaglio, attraverso la nuova app, Welcome Shop, che offre gli stessi vantaggi di BexB anche ai semplici consumatori. E anche per questo abbiamo appena acquisito un dinamico compe-

SILVIO BETTINI,COFONDATORE DELLA PIATTAFORMA BEXB

titor: Payexe». Ma dunque: quali sono questi vantaggi che hanno sedotto gli imprenditori del circuito? «Io ne conto cinque, fondamentali, intuitivi e soprattutto immediatamente riscontrabili», risponde Bettini: «Innanzitutto, iscrivendosi al circuito BexB, un’azienda – qualunque cosa venda, che sia un prodotto fisico o un servizio immateriali – ottiene il vantaggio immediato di poterlo vendere a una platea preselezionata e qualificata di clienti nuovi, che in massima parte prima non aveva. Sono i clienti del circuito che, grazie agli strumenti di comunicazione del circuito stesso e al suo marketplace, iniziano a ricevere le offerte dei nuovi arrivati subito entrate nella vetrina virtuale dove tutti gli iscritti scelgono

SI ACQUISTA A BUDGET PERCHÉ SI COMPRANO SOLO BENI E SERVIZI GIÀ PREVENTIVATI quel che gli occorre selezionandolo tra le offerte presenti. Ciò comporta immediati vantaggi commerciali: vendite aggiuntive, vere e proprie, che vengono regolate in tutto o in parte in BexB (anche in parte, dipende dagli accordi tra il singolo erchant e il circuito, ndr) ma fanno comunque fatturato, perché il nuovo iscritto, con gli introiti in moneta complementare che incassa, ottiene la possibilità di acquistare da subito merci e servizi di proprio interesse dalla piattaforma». In questo senso si spiega lo slogan che Bettini ama ripetere e che costituisce un altro vantaggio: con BexB si acquista a budget, perché si comprano solo – ovviamente! – beni e servizi di cui si ha bisogno e che avrebbero dovuto essere acquistati comunque e che quindi erano sicuramente stati previsti nel budget-costi della società; e si vende extrabudget, perché i beni e servizi che si vendono sulla piattaforma, restandone fuori non avrebbero mai potuto essere venduti a quei clienti! «E non dimentichiamo il vantaggio fondamentale, su cui peraltro è prosperata la nostra valuta come molte altre monete complementari nel mondo», spiega ancora Bettini: «Quello di ridurre il consumo di moneta convenzionale nella gestione delle proprie compravendite: perché usare denaro costa, la tesoreria costa, la liquidità costa, rivolgersi alle banche costa». Attenzione: non è che BexB sia il paradiso terrestre. Anche lì, a fronte di questi vantaggi, tocca pagare! «Sì, ma veramente poco, a

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GESTIRE L’IMPRESA

fronte dei vantaggi che si ottengono!», giura Bettini. Vediamo “quanto poco”. Al momento dell’adesione, l’azienda che entra nel circuito paga un importo una tantum, da 1.300 a 4.000 euro, a seconda delle dimensioni. A fronte di questi euro ottiene una dotazione di Bebx con cui può già fare acquisti. «In più, ai nostri associati, quando e solo se concludono una vendita, chiediamo una commissione sul fatturato, che va da un minimo dello 0,5% fino a un rarissimo massimo del 10%, soggette a negoziazione tra il circuito e l’associato stesso». Niente di che: in media, quel che preleverebbe una qualunque catena di supermercati per permettere a un merchant di esporre i prodotti sui suoi scaffali. Un ordinario costo di marketing, che permette una spinta straordinaria alle vendite. La spinta promozionale di una “platform economy” come quella assicurata da BexB ha infatti tutta un’altra potenza rispetto agli strumenti del marketing tradizionale. La sfida delle prossime settimane che BexB ha messo al centro dell’attività sua e dei suoi 90 collaboratori – agenti compresi – è però soprattutto affermare sul mercato Welcome Shop, la nuova app che estende a tutto il pubblico – quindi anche ai consumatori comuni – la formula dell’acquisto attraverso valuta complementare. Di che si tratta? Basta scaricare la App da Ios o Android per capire e usarla, intuitivamente. Dopo essersi registrati con i dati essenziali – pochi, dunque – si accede ad una vetrina che annovera già oggi centinaia di commercianti al dettaglio e artigiani di tutti i tipi. Dai negozi di alimentari alle lavanderie, dalle botteghe di falegname alle scuole di musica ai dentisti eccetera. Sono centinaia, tutti geolocalizzati. Ciascun nome è cliccabile, per accedere ai dettagli (sito web, mappa, eccetera). E accanto a ciascun nome appaiono due numeri in percentuale, il primo in colore verde e il secondo arancione. «Il primo numero- spiega Melega, ma lo spiega chiaramente anche la App - indica la percentuale in crediti che chiunque acquisti un bene o un servizio da quel merchant può incamerare sul proprio conto corrente (anch’esso presente nel profilo personale sulla app, ndr) per poterla poi spendere nel cir-

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MARCO MELEGA, AZIONISTA DI RIFERIMENTO DI BEXB

cuito: il cosiddetto “cashback”. Un credito vale un euro, in cambio fisso e non cambiabile in moneta ordinaria ma solo spendibile immediatamente presso lo stesso merchant o presso qualunque altro merchant del circuito». Poniamo che il signor Rossi acquisti un bene per 100 euro con il 20% di cashback: può spendersi 20 euro in crediti BexB su qualunque merchant del circuito. «Il numero in arancione – prosegue l’imprenditore - indica poi la percentuale di crediti in BexB che il signor Rossi può spendersi presso quel merchant, DOPO ESSERSI REGISTRATI SI ACCEDE A UNA VETRINA CHE ANNOVERA GIÀ OGGI CENTINAIA DI COMMERCIANTI AL DETTAGLIO E ARTIGIANI DI OGNI TIPO

una specie di supersconto. Una promozione permanente che serve ai merchant per acquisire nuovi clienti e tenerseli. In negozio, per comprare con i propri crediti o accumulare in memoria quelli maturati con il nuovo acquisto si usa un semplice codice QR memorizzato nella App che cambia ad ogni uso e non è ‘craccabile’». Un meccanismo che funziona, stando ai risultati: «Su questa App, senza spendere un euro in pubblicità, e solo col meccanismo del ‘presenta un amico’, abbiamo totalizzato 75 mila utenti. A Brescia 25 mila persone, per cominciare; poi Firenze, Brescia, Roma, tutta Italia». Una partecipazione a uno dei BarterDay che BexB organizza in giro per l’Italia può convin-

ORA SIAMO IN SERIE A E LE TRANSAZIONI SONO ASSICURATE DA EULER HERMES cere meglio di mille ragionamenti sulle grandi potenzialità di questa che, in fondo, è una riedizione superpotente perché digitale e virale di un concetto antico come il commercio, cioè quello dei punti fedeltà. Nel settembre scorso a Firenze – in una suggestiva villa del 1400, a soli 5 km da Firenze, sulle splendide colline di Fiesole – l’ultimo BarterDay ha visto partecipare 140 aziende, con 17 stand allestiti e 167 persone a cena. In totale, la giornata ha contato ben 1.000 incontri per le aziende partecipanti che hanno potuto promuovere una gran quantità di nuovi affari in un solo pomeriggio. «Quest’anno, oltre a Payexe, abbiamo rivelato anche la veneta Excellentnet e Visiotrade di Torino, un altro nostro competitor», continua Melega: «Insomma, la nostra massa critica cresce e siamo ormai certi di poter lanciare alla grande Welcome Shop: conviene a tutti. Potenzieremo uteriormente la piattaforma e i suoi servizi, accentueremo l’automazione dei processi, renderemo la nostra moneta complementare il più fruibile possibile, aggregheremo altri grandi bacini di punti fedeltà e puntiamo a diventare la stanza di compensazione di tutti». In fondo, è l’uovo di Colombo, ed è un uovo dall’ottimo sapore. I privati che entrano in piattaforma non spendono nulla, sono i merchant che sulle vendite nel circuito pagano – ovviamente - una piccola provvigione. Ma, pesando da una parte questo costo e il valore degli sconti e dall’altra l’effetto promozionale sulle vendite, la convenienza è palpabile.


L’antidoto ai cervelli in fuga? La piattaforma dei talenti Si chiama Talents in motion l’iniziativa dell’head hunter Patrizia Fontana, il primo progetto di social responsability per aumentare l’attrattività del sistema Italia grazie a strumenti di employer branding di Angelo Curiosi

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e i giovani cervelli italiani fuggono capitale umano di elevata qualità e con alto all’estero, non ci si deve disperare potenziale rischia di diventare un limite per e gettare la spugna, ma impegnare la competitività delle aziende e per il futuro a farli rientrare o, anche, a farne entrare di del Paese. altrettanto valore e magari di nazionalità Basti pensare che, secondo le stime di Constraniera. Ma non è facile individuarli, ancor findustria, la cosiddetta “fuga dei cervelmeno convincerli. li” costa all’Italia circa 14 miliardi di euro Proprio per aiutare le aziende (e quindi gioall’anno, pari a un punto percentuale di Pil. vare alle istituzioni e Fortunatamente, vi TALENTS IN MOTION È UNA al Paese) a far riensono anche opportuPIATTAFORMA FISICA E DIGITALE trare i nostri talenti nità da cogliere per PER TRATTENERE CAPITALE UMANO migliori e a reclutarcominciare a invertiDI ALTA QUALITÀ E POTENZIALE ne di stranieri eccelre questa tendenza. lenti nasce - da un’iniziativa di una profesIntanto, si registra l’inversione del flusso sionista-imprenditrice dell’head hunting di capitale umano tra Italia e UK, a seguito come Patrizia Fontana - una piattaforma fidel risultato del referendum sulla Brexit del sica e insieme digitale dal nome suggestivo, 2016. “Talents in motion”, che sarà presentata ufCrescono così le ricerche di posizioni lavoficialmente a Milano l’8 luglio, alla presenza rative in Italia da parte di persone basate del governatore di Regione Lombardia Attiin UK, anche grazie alla legge 232 del 2016, lio Fontana, del sindaco Giuseppe Sala e dei che prevede benefici fiscali per i lavoratori vertici delle oltre 40 aziende che hanno già ad alta specializzazione, manager, laureati, aderito alla sfida. docenti e ricercatori che trasferiscono la Il contesto nel quale si muove “Talents in propria residenza fiscale in Italia. motion” è ben delineato. Da diversi anni Una attrattività che “Talents in motion” si cresce il numero di italiani che decidono di propone di potenziare e di estendere al di spostarsi all’estero per motivi professionalà dell’”effetto Brexit”, ponendosi come il li. Le statistiche dicono che sono principalprimo progetto di Social Responsibility mente giovani tra i 25 e i 39 anni altamente pensato per aumentare l’attrattività dell’Iqualificati nelle materie STEM - Science, Tetalia per i talenti italiani e stranieri. Per riuchnology, Engineering, Mathematics -, le più scirci, offre strumenti di employer branding ricercate dalle aziende innovative. In questo alle imprese eccellenti e più innovative che scenario, la difficoltà di attrarre e trattenere operano nel nostro Paese, favorendone lo

PATRIZIA FONTANA

sviluppo sostenibile e la competitività attraverso l’integrazione di know-how italiano ed estero. Il tutto tramite tre strumenti strategici che il progetto mette al servizio delle aziende: una piattaforma per connetterle con i migliori talenti internazionali attraverso tools tecnologici e social media dedicati; un programma annuale di incontri tra esperti del settore, mondo universitario e C-level manager delle imprese associate per condividere bisogni e priorità, individuare le soluzioni e rappresentarle al legislatore, al decisore politico e all’opinione pubblica; la collaborazione con i principali network internazionali, come le associazioni Alumni dei maggiori atenei, le Camere di commercio internazionali, le ambasciate e i consolati. “Talents in Motion” supporta inoltre le aziende nell’estensione dei loro canali di employer branding internazionale per la ricerca del talento. L’attrattività è un fattore chiave nello scenario di mercato globale: ogni iniziativa che punta a stimolarla è preziosissima per il Paese.

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GESTIRE L'IMPRESA

Manager e Croce Rossa uniti per sostenere il Terzo Settore

«Il Terzo Settore – ci spiega Flavio Ronzi, Segretario Generale della Croce Rossa Italiana – vale circa il 4 per cento del Pil, ovvero 67 miliardi di euro. Una cifra significativa, che però troppo spesso viene dimenticata. Basti pensare che degli oltre 300 corsi attivi per I dirigenti possono dare una spinta al volontariato attraverso la loro sviluppare diverse tipologie di managerialiprofessionalità, mettendo a disposizione il proprio know how. tà, solo nove sono focalizzati sulla gestione Così Federmanager ha firmato un'intesa con Croce Rossa Italiana del no-profit. Si tratta palesemente di un mondo manageriale che viene visto come se fosse “di serie B”, nonostante le aziende di Marco Scotti sempre più spesso siano chiamate a essere preparate sui temi della Corporate Social Responsability. Per questo motivo abbiamo stretto una partnership con Federmanager per creare un ponte di interlocuzione tra mondo imprenditoriale tradizionale e no-profit, in modo che ci sia uno scambio di competenze sempre più significativo». Da una parte, i manager tradizionali possono dare una grande spinta al Terzo Settore attraverso la loro professionalità, dall’altra è possibile mettere a fattor comune le competenze per sensibilizzare il mondo manageriale a tematiche che esulano dalle competenze usuali, come nel caso dell’insegnamento dell’impiego di un defibrillatore o del primo soccorso. «Nel ragionare con Federmanager - prosegue Ronzi – abbiamo anche cercato di focalizzarci sul fatto che mentre le aziende tradizionali hanno dei contratti di riferimento per gli executive, uando Robert Kennedy, tre mesi bisogna allontanarsi dalla mera logica del non si può dire lo stesso per il no-profit, che prima di venire assassinato, diprofitto per abbracciarne una più omnicompaga uno scotto tale anche in termini di rechiarò che il prodotto interno lorprensiva. tribuzioni da diventare esclusivamente una do «non misura né la nostra arguzia, né il Chi sta provando a portare avanti questo scelta per quei professionisti che vogliano nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la tipo di ragionamento è il comparto del dedicarsi ad esso a titolo gratuito, magari nostra conoscenza, né la nostra compassiono-profit, ovvero il part-time o una volta IL VOLONTARIATO È UN'OTTIMA COSA ne, né la devozione al nostro Paese» venne cosidetto Terzo Setandati in pensione». MA SPESSO LE ONG SONO REALTÀ preso per un idealista e visionario. Eppure il tore, che infatti sta viNon solo: «Il Terzo SIMILI A IMPRESE DI MEDIE DIMENSIONI ragionamento del fratello di JFK partiva da vendo un momento di settore è molto vaCON CENTINAIA DI DIPENDENTI un assunto che, mai come oggi, è di grande grande crescita. Basti riegato e, per le picattualità: che il benessere dell’individuo, la pensare che le organizzazioni che fanno cole associazioni, ben venga un carattere sua realizzazione sociale, la possibilità di parte del comparto sono passate dalle oltre volontaristico», aggiunge Flavio Ronzi. «Ma vedere soddisfatte le proprie ambizioni e, 235mila del 2001 alle 343.432 censite nel le imprese di grandi dimensioni, magari con in ultima analisi, di fissare la propria feli2016. E che gli occupati nel no profit sono 6-700 dipendenti che gestiscono servizi di cità come obiettivo di vita siano diritti inapassati da poco meno di mezzo milione del vario tipo, hanno bisogno di una figura di lienabili dell’individuo. E che, per questo, 2001 agli attuali 812.706 addetti. riferimento capace di amministrare un giro

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d’affari spesso superiore a quello di alcune di poco meno di 260mila imprese – non ne piccole e medie imprese. Invece nel no-prohanno nessuno, mentre solamente lo 0,8% fit ci troviamo a gestire situazioni complesdel totale ne ha più di 50. Con la riforma del se con pochi fondi». comparto, avvenuta nel 2016, si è inoltre Il protocollo d’intesa firmato da Federmastabilito che i lavoratori degli enti no-profit nager e Croce Rossa Italiana alla fine di hanno diritto a un trattamento economico maggio di quest’anno prevede di dar vita e normativo non inferiore a quello previsto a un collegamento tra la realtà manageriadai contratti collettivi codificati dal cosidle e il mondo del Terzo Settore attuando detto “Jobs Act”. In ogni caso, in ciascun ente specifiche forme di collaborazione su temi del Terzo settore, la differenza retributiva che vedono coinvolti ambienti che, seppur tra lavoratori dipendenti non può essere suapparentemente così distanti, hanno voluperiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi to collaborare mettendo a disposizione il sulla base del compenso annua lorda. proprio know how. «La contrapposizione PER STEFANO CUZZILLA, PRESIDENTE Le due Associazioni tra Stato e mercato FEDERMANAGER, LA CONTRAPPOSIZIONE si impegnano così – chiosa il presidenTRA STATO E MERCATO DEVE ESSERE in un percorso, della te di Federmanager SUPERATA DALLA RIORGANIZZAZIONE durata di tre anni, Stefano Cuzzilla - non fatto di formazione, seminari, corsi e lavale più. Non è possibile che la pubblica amboratori di alta formazione professionale ministrazione esternalizzi i servizi che gli coe universitaria, fino ad arrivare all’inseristano troppo e che il terzo settore può realizmento lavorativo. zare in modo più economico, pagando meno i Un po’ di numeri possono aiutare a comcollaboratori e facendo leva sul volontariato. prendere ancora meglio come il Terzo SetQuindi, quando parliamo di managerializtore sia ancora piuttosto indietro dal punto zare il Terzo settore, intendiamo dire che di vista dello sviluppo di professionalità va realizzata la necessaria riorganizzazione specifiche che siano in grado di vivere di aziendale. Che queste imprese e cooperative questo lavoro. Poco meno di tre imprese su devono cresce dimensionalmente, per sostequattro impegnate nel no-profit sono intenere la loro capacità di creare occupazione di ramente gestite da volontari, mentre solqualità. E devono migliorare l’efficienza, che tanto il 7,4% può contare esclusivamente su non realizza profitto, ma produce risultati personale retribuito. Dal punto di vista del economici e sociali rilevanti. In mezzo c’è il numero di dipendenti assunti, l’86,1% delle benessere della collettività che dipende da aziende del Terzo settore – stiamo parlando quanto pubblico e privato si fanno alleati per

I NUMERI DEL TERZO SETTORE 343.432 le aziende censite 812.706 i lavoratori del comparto 4% il peso sul Pil 67 miliardi il fatturato 86,1% le aziende no-profit che non hanno dipendenti 74% le aziende che contano solo su volontari

dare le risposte ai cittadini». Troppo spesso, si diceva, il Terzo settore è visto esclusivamente come sistema del “volontariato”. Ma questo “mondo del bene”, come ha scritto Ferruccio De Bortoli nel suo libro “Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica”, fa da welfare ed è un autentico “capitale sociale”. Non si riflette abbastanza sul valore dell’economia civile e bisogna capire che è una leva per la competitività. «Per reggere sui mercati – aggiunge Stefano Cuzzilla – nell’alta gamma dei prodotti e dei servizi è necessario avere un grande rispetto per l’ambiente, le persone, i diritti, l’inclusione sociale, la qualità e la sicurezza. La sostenibilità è dentro il nostro modo di fare impresa. Servono manager anche per essere competitivi rispetto agli altri Paesi in cui le realtà del Terzo settore sono più strutturate e più forti. E per essere al passo con l’innovazione digitale, che è un elemento di sopravvivenza per qualsiasi realtà. C’è bisogno di figure professionali per realizzare il cambiamento di prospettiva. Tutti lo vogliono, un nuovo paradigma, ma nessuno vuole fare il primo passo…Il manager oggi è il primo a dover cambiare! Deve saper far, saper far fare e, soprattutto saper essere». Per questo motivo, la visione strategica dell’associazione guidata da Cuzzilla è che il manager del futuro sarà sempre meno un tecnico e sempre più una persona che sa riorganizzare e trasformare l’impresa non tanto nell'ottica di un vantaggio immediato, ma in una prospettiva di medio-lungo termine. «Per le imprese di ogni dimensione (e questo vale anche per il Terzo settore) – conclude il presidente di Federmanager – bisogna cambiare mindset, visione, leadership e managerialità. Bisogna guardare non solo al profitto, ma agli effetti sulle persone e sul pianeta. Per questo, noi in Federmanager, abbiamo deciso di certificare un nuovo profilo di manager: “il manager per la sostenibilità”. Si tratta del quinto profilo che certifichiamo dopo un percorso di assessment e formazione complessi. Questo per noi è il senso vero della sostenibilità».

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GESTIRE L’IMPRESA

ANCHE IL TRENO LOGISTICO IMBOCCA L’ALTA VELOCITÀ Il Polo Mercitalia è il più grande player italiano nel mercato europeo del trasporto merci: fattura più di un miliardo di euro e occupa 5.300 dipendenti. Ecco perché è centrale nel Piano Industriale del Gruppo FS di Davide Passoni

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n un momento nel quale il futuro del trasporto merci su rotaia, in Italia, è al centro di una importante riflessione, non solo a livello di Paese ma in un’ottica di visione allargata ai grandi corridoi europei, il Gruppo FS Italiane ribadisce la centralità di questo business all’interno delle proprie strategie. Lo fa sviluppando nel nuovo Piano industriale 2019-2023 un ambizioso programma di rilancio del business merci e logistica che fin dall’inizio del 2017 rappresenta per il Gruppo un asset di primaria importanza. Con la creazione, nel gennaio di quell’anno, del Polo Mercitalia, FS Italiane ha creato un’unità organizzativa che, operando in modo coordinato e sinergico, può oggi competere nel mercato europeo offrendo ai clienti soluzioni integrate di trasporto merci e logistica che valorizzino la modalità ferroviaria. Il Polo Mercitalia è il più grande player italiano nel mercato europeo del trasporto

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merci. Le dimensioni del suo business e la sua centralità nel Gruppo FS Italiane stanno nelle cifre. Con un fatturato consolidato di oltre 1 miliardo di euro all’anno, il Polo occupa circa 5.300 dipendenti in Italia e all’estero e dispone di una delle flotte più importanti in Europa per numero di locomotori (oltre 800) e carri (19mila). MERCITALIA HA UNA DELLE FLOTTE PIÙ RILEVANTI IN EUROPA SIA PER NUMERO DI LOCOMOTORI (OLTRE 800) CHE PER QUANTITÀ DI CARRI (19MILA)

Il Polo Mercitalia è oggi una realtà dinamica ed è composto da sei principali società. Mercitalia Logistics, la capogruppo specializzata nella valorizzazione degli asset immobiliari a destinazione logistica e in attività di logistica integrata; Mercitalia Rail, la maggiore impresa ferroviaria merci in Italia e uno dei principali player di settore in Europa; TX Logistik,

la terza più grande impresa ferroviaria merci in Germania, operativa in diversi Paesi europei; Mercitalia Intermodal, il più grande operatore di trasporto combinato strada/rotaia in Italia e il terzo in Europa; Mercitalia Shunting & Terminal, il “champion” italiano nelle attività di primo e ultimo miglio ferroviario e uno dei maggiori gestori di inland terminal in Italia; TERALP (Terminal AlpTransit), società specializzata nella realizzazione di moderni terminal intermodali. Si spiega così, alla luce di questi dati, il piano di investimenti da circa 1 miliardo di euro programmato da FS Italiane per i prossimi cinque anni. In particolare, entro il 2023 saranno investiti 700 milioni per l’ammodernamento e il potenziamento della flotta rotabile, con l’acquisizione di ulteriori 120 locomotori e 900 carri. Sarà inoltre sviluppata l’attività manutentiva della flotta carri - per la quale è stata da poco creata, in partnership con Lucchini RS, Mercitalia


Maintenance, specializzata nella manutenzione di carri ferroviari - e saranno costruiti nuovi terminal intermodali. Importanti investimenti riguarderanno inoltre l’information technology, la sicurezza e l’ampliamento del perimetro commerciale e operativo del Polo. Uno sforzo importante che, nelle previsioni del Piano industriale 2019-2023 del Gruppo, dovrebbe portare per il settore merci un’importante crescita dei ricavi, grazie a un miglioramento della qualità del servizio offerto ai clienti e della produttività dei fattori impiegati. Si stima infatti che Mercitalia possa sviluppare il proprio volume d’affari fino a raggiungere 1,5 miliardi di euro nel 2023. Poiché i primi motori del business e dell’innovazione sono, oltre alle idee, le persone, è previsto anche un importante programma di potenziamento organizzativo, per migliorare il livello di competenza, ridurre l’età media e rafforzare l’equilibrio di genere delle risorse umane di Mercitalia. Anche l’internazionalizzazione è una delle priorità di Mercitalia: il fatturato previsto nel 2023 per le attività internazionali è di 850 milioni di euro all’anno. Nella gestione della moderna logistica, uno dei fattori chiave per il successo è la velocità di trasporto delle merci. Non a caso, Mercitalia è impegnata nello sviluppo del trasporto merci ferroviario ad Alta Velocità. Nel novembre del 2018 è stato infatti lanciato Mercitalia Fast, che pone FS Italiane all’avanguardia in questo segmento, destinato ad assumere una sempre maggiore importanza. Mercitalia Fast è l’unico servizio al mondo di trasporto ferroviario ad alta velocità dedicato alle merci. Il nuovo servizio all freight collega in 3 ore e 30 minuti ogni giorno, dal lunedì al venerdì, l’Interporto di Bologna, uno dei più importanti hub logistici del Nord Italia, con il Terminal Mercitalia di Maddaloni-Marcianise (Caserta), la porta d’accesso logistica al Sud del Paese. Oltre a una maggiore rapidità nella movimentazione delle merci, il servizio Mercitalia Fast avrà anche il vantaggio di alleggerire l’autostrada A1, la principale arteria autostradale italiana, di circa 9mila camion ogni anno, contribuendo

LE FERROVIE E LA LOGISTICA

POLO MERCITALIA

1 MILIARDO RICAVI RICAVI-TARGET 2023:

1,5 MILIARDI 5.300 DIPENDENTI

800 LOCOMOTORI 19 MILA CARRI

INVESTIMENTI: 1 MLD ENTRO IL 2023

a ridurre dell’80% le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera rispetto a oggi. Il Piano industriale del Gruppo FS Italiane prevede per Mercitalia due tappe fondamentali: il raggiungimento della sostenibilità operativa nel 2019 e la sostenibilità complessiva nel 2020. Il Piano industriale 2019-2023 del Gruppo Fs Italiane Come detto, lo sviluppo di Mercitalia si inquadra in un Piano industriale quinquennale che prevede 58 miliardi di euro di investimenti.

Un impegno record: mai era stato toccato un valore così alto, a conferma del Gruppo quale primo investitore in Italia, con punte fino a 13 miliardi all’anno: +75% rispetto ai 7,5 del 2018. Questo sforzo, sostenuto per il 24% con risorse di Gruppo, potrà contribuire alla crescita dell’Italia creando un indotto per 120mila posti di lavoro all’anno, 15mila assunzioni dirette in cinque anni e un contributo annuo all’aumento del PIL fra lo 0,7 e lo 0,9%. I ricavi raggiungeranno nel 2023 i 16,9 miliardi, l’EBITDA i 3,3 miliardi e l’utile netto gli 800 milioni. Gli investimenti del Piano industriale 2019-2023 sono dedicati principalmente alle infrastrutture: 42 miliardi, di cui 28 per le opere ferroviarie e 14 per le strade. In più, 12 miliardi (di cui l’88% con risorse di Gruppo) per nuovi treni e bus, 2 per le metropolitane, 2 per i servizi di Information Technology. In totale, trasversali a tutti i settori, oltre 6 miliardi di euro per tecnologie e digitalizzazione. La crescita stimata all’anno è di 90 milioni di passeggeri, con una riduzione di 600 milioni di chilogrammi di CO2 nell’atmosfera e di 400mila auto sulle strade. Una visione di gruppo che, al di là degli obiettivi di crescita, mette al centro i bisogni delle persone, viaggiatori e dipendenti, con l’obiettivo di trasformare la mobilità collettiva in Italia, personalizzando l’offerta e migliorando il livello e la qualità del servizio.

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GESTIRE L'IMPRESA

Sei proposte per lo sviluppo così Alis affianca il governo Abbattimento dei costi, sostenibilità, occupazione giovanile, semplificazione delle norme, rilancio del made in Italy: ecco il programma lanciato dall'associazione presieduta da Guido Grimaldi di Sergio Luciano

I

l nuovo associazionismo di impresa è basato sulla sostenibilità e sa fornire al governo – pur senza volerne surrogarne il ruolo politico - proposte concrete per aiutare il Paese e i cittadini: è la formula che Guido Grimaldi, presidente e fondatore di Alis (Associazione logistica per l’intermodalità sostenibile) e le sue 1400 imprese associate hanno scelto per incidere in una fase delicata e complessa eppure ricca di opportunità della vita italiana. Un documento con sei proposte precise per il futuro del Paese è stato presentato a metà giugno agli associati e all’opinione pubblica e consegnato formalmente al governo nel corso di un evento pubblico moderato da Bruno Vespa a Manduria – nella bellissima Masseria Li Reni – al quale hanno preso parte in rappresentanza dell’esecutivo la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio con delega al Sud Giuseppina Castiello e la sottosegretaria all’Ambiente Vania Gava.

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bonus; di intervenire seriamente sul costo del lavoro, puntando sulla riduzione della pressione fiscale e delle aliquote contributive al fine di favorire una maggiore occupazione». Dunque la logica è nitida: un’associazione d’imprese straordinariamente innovativa perché rappresenta un cluster eterogeneo quanto coeso (è la prima associazione imprenditoriale che non ha bisogno di “fare sistema” perché è nata “essendo sistema”) e che associa 1400 aziende, con più di 152 mila dipendenti diretti e indiretti, con oltre 106 mezzi, 140.500 collegamenti marittimi annuali e 125 linee di Autostrade del mare e cabotaggio insulare, mette a disposizione del governo le sue competenze per fare gli interessi del Paese. E vediamo in concreto le singole voci delle proposte Alis, un’associazione che oltretutto – fattore importante – ha conseguito a fine maggio piena rappresentatività contrattuale rispetto ai propri associati verso Cgil, Cisl e Uil. La sostenibilità Sul fronte della sostenibilità: è indispensabile – sostiene l’Alis - sviluppare l’economia green puntando sulla logistica sostenibile per abbattere le emissioni con misure incentivanti in favore dell’intermodalità, anche introducendo un sistema premiale di valutazione del livello di efficienza energetica delle imprese; un sistema che ad esempio premi le imprese che utilizzano navi a basse emissioni, o camion a LNG o a batterie elettriche. Un modo intelligente per uscire dalla logica dell’intervento a pioggia che gratifica sia i solerti che gli speculatori.

Minori costi logistici «Un abbassamento dei costi dell'intera catena logistica attraverso misure e investimenti per lo sviluppo infrastrutturale, sostenibile ed occupazionale, deve e può fungere da volano per l’intero Sistema Paese ed accresce il potenziale della domanda estera dei prodotti Made in Italy in termini di produttività e competitività»: ecco il presupposto da cui è partito Guido Grimaldi, presentando il documento programmaOCCORRONO MISURE INCENTIVANTI tico: «Per questo Alis, Occupazione IN FAVORE DELL'INTERMODALITÀ nel documento che giovanile CHE INTRODUCANO UN SISTEMA oggi consegna ai deci- PREMIALE SULL'EFFICIENZA ENERGETICA L’Alis propone di svisori pubblici, propone luppare un coordidi creare un piano complessivo di valutazionamento tra le piattaforme web nazionali ne delle performance ambientali delle azienconnesse con i centri per l’impiego e le App de che investono in ricerca, digitalizzazione che già attualmente facilitano l’incontro doe sostenibilità; di varare misure incentivanti manda-offerta di lavoro attraverso apposistrutturalmente durevoli nel tempo in favore te sezioni “Job”. Inoltre, l’impegno di Guido dell’intermodalità come Marebonus e FerroGrimaldi è di continuare a promuovere la


formazione giovanile e professionale, soprattutto attraverso collaborazioni con Its ed Università ed agevolando l’ingresso dei giovani nelle imprese tramite stage e proposte contrattuali con le aziende associate. È necessario un supporto istituzionale anche per incentivare i percorsi formativi, l’alternanza scuola-lavoro, gli sbocchi occupazionali. Si propongono anche ulteriori agevolazioni fiscali a vantaggio delle aziende che assumono i giovani entro i 30 anni. Lo sviluppo del settore occupazionale, in particolare giovanile, contribuirà inoltre a ridurre il gap esistente tra Sud e Nord del nostro Paese, altra priorità programmatica che l’Associazione porta avanti. Migliorare le condizioni di lavoro Occorre intervenire sul costo del lavoro non solo per accelerare la ripresa occupazionale ma anche per rendere più conveniente la rimodulazione dei contratti e assumere a tempo indeterminato i precari. Occorre maggiore flessibilità e riduzione della pressione fiscale. Il costo del lavoro e l’aliquota contributiva vanno ridotti per favorire la maggiore occupazione. La riduzione del carico contributivo che grava sulle aziende è una necessità per consentire maggiore competitività su scala globale. L’altro fronte di impegno e proposta dell’Alis è quello dello sviluppo del Mezzogiorno, della semplificazione normativa e del rilancio del made in Italy.

Lo sviluppo del Sud Alis si dichiara disponibile a partecipare alla redazione di un piano strutturato di interventi per le aree considerate critiche, proponendo un modello di sviluppo e migliori scelte di allocazione delle risorse specialmente su due aree di azione: creazione di contesti che favoriscono sviluppo e attrazione di investimenti (Zes, zone economiche speciali); un’individuazione delle aree Zes fatta di concerto con le aziende che, più di ogni altro, conoscono e incidono sulle dinamiche territoriali, conoscendo potenzialità, virtù e limiti di ogni singola area. Forte anche la richiesta di ricalcolare alcune tasse: come l’Imu sugli immobili logistici e la tassa sugli automezzi, di gran lunga superiore alle medie europee.

zione di quelli cartacei. L’adesione dell’Italia al protocollo internazionale potrebbe essere un primo concreto passo in avanti per l’introduzione immediata dello strumento Cmr elettronico (la digitalizzazione della lettera di vettura, ndr) nei traffici tra i Paesi firmatari e/o aderenti al Protocollo.

Rilancio del made in Italy La promozione all’estero dei prodotti italiani va sostenuta – propone Alis - attraverso un abbassamento dei costi di tutta la catena logistica. Occorre da una parte favorire l’ingresso nel mondo del lavoro delle figure di export manager, specialmente nelle piccole imprese, cioè soggetti in grado di agevolare la presenza delle nostre aziende nella grande distribuzione internazionale e in grado di Semplificazione normativa far comprendere le potenzialità del sistema Alis auspica poi un deciso impegno per la trasportistico italiano. Dall’altro lato occorre semplificazione normativa, che si dichiara riattivare il ruolo delle Ambasciate e favorire disponibile a supporincontri tra il SisteALIS PUNTA SULL'INTRODUZIONE tare, con riferimento ma imprenditoriale DELLE FIGURE DI EXPORT MANAGER al settore dei traspornazionale con buyers PER AGEVOLARE LA PRESENZA ti, alla verifica delle potenziali degli Stati ALL'ESTERO DELLE AZIENDE ITALIANE disposizioni legislatiesteri. All’evento di ve più datate, alla semplificazione ed al riasManduria, con Giuseppina Castiello e Vania setto normativo delle disposizioni legislative Gava, ha partecipato anche il Presidente delmantenute in vita ma superate, riducendo la Regione Puglia Michele Emiliano che ha il numero di leggi in vigore e rendendo più elogiato l’azione di Alis in quanto “capace di chiaro ed efficace il linguaggio legislativo, combinare il modello d’impresa italiano con raccolta in Testi Unici e/o Codici. Inoltre, ocle strategie tipiche del sistema globale”. E, in corre investire affinché l’Italia possa implequalità di relatori, i presidenti delle Autorità mentare i documenti elettronici in sostitudi sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale Francesco Maria Di Majo, del Mar Adriatico Meridionale Ugo Patroni Griffi e del Mar Jonio Sergio Prete, l’ad di Grimaldi Group Diego Pacella, il presidente di Casillo Group Pasquale Casillo, insieme a Francesco Sciaudone, Founding Partner Grimaldi Studio Legale, Alessandro Paone, managing partner LabLaw Studio Legale, Francesca Fiorini, Responsabile Legalis, Giovanni Salerno, Consulente del lavoro e Marcello Di Caterina. Nella fotografia in alto, il presidente e fondatore di Alis Guido Grimaldi. A sinistra, la sottosegretaria con delega al Sud Giuseppina Castiello

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GESTIRE L’IMPRESA I VALOROSI

GABRIELE BURGIO, L’ASSO RISANATUTTO DEL TURISMO Il manager toscano è da otto anni al vertice del tour operator che ha riportato dalle secche di un fatturato in rosso a una dimensione europea. Diventando da intermediario un proprietario di strutture e aerei di Marco Scotti

I MILLENNIAL SONO UN MERCATO INTERESSANTE, MA IL TARGET SONO GLI OVER 50 PERCHÉ DETENGONO IL 70% DELLA RICCHEZZA

GABRIELE BURGIO

«I MILLENNIAL SONO SICURAMENTE UN MERCATO INTERESSANTISSIMO, È GIUSTO GUARDARE A LORO CON SIMPATIA E CON RIGUARDO. Però al momento non sono certo il

nostro target. Basti pensare che sono gli over 50 quelli che detengono il 70% della ricchezza italiana. E noi a loro, almeno ancora per un po’, dobbiamo continuare a rivolgerci». Gabriele Burgio non è abituato a usare giri di parole o perifrasi che “indorino la pillola”. È la sua storia manageriale a spiegare perché: è il toscano che ha frequentato l’Mba più prestigioso del mondo (quello di Fontainebleau) e che ha trasformato Nh Hotel da una realtà nazionale in Spagna a un colosso dell’hotellerie con 401 strutture nel mondo e oltre 22.000 dipendenti. Ed è il manager che ha deciso di reinventarsi nel 2011 e di prendere il comando di Alpitour, uno dei tour operator più famosi in Italia, anche grazie all’iconico slogan degli anni Novanta “Turista fai da te? No Altpitour? Ahi! Ahi!

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Ahi!”. Alla guida dell’azienda, Burgio ha capito che c’era la possibilità di lanciare il guanto di sfida ai colossi del comparto come Tui e Thomas Cook. Un’impresa apparentemente impossibile, ma che sta iniziando a portare dei frutti. Al momento dell’arrivo del manager toscano, Alpitour perdeva 39 milioni, oggi invece punta ai due miliardi di fatturato con un Ebitda positivo intorno al 3%, in linea con i parametri del settore. La notizia, quindi, è che il turismo organizzato è ancora di attrarre il pubblico, nonostante gli allarmi lanciati in tempi recenti sulla possibilità che le vacanze fai da te - tra internet e compagnie low cost - avrebbero totalmente cannibalizzato il comparto. La verità è invece che internet ha cambiato il modo di viaggiare della fetta più giovane della popolazione, che per definizione non è quella con la maggiore capacità di spesa. Chi invece ha ancora i cordoni della borsa in mano sceglie le comodità e i servizi che soltanto un

tour operator organizzato può offrire. Va letto in questo senso, quindi, il modo in cui si è mossa Alpitour negli ultimi anni, alla costante ricerca di una dimensione internazionale che «finalmente ci viene riconosciuta» racconta l’amministratore delegato del gruppo. La ricetta di Burgio per continuare a crescere è stata quella di rilevare nuovi player: nel 2018, ad esempio, è stato completato l’acquisto di Swantour, di cui già Alpitour deteneva il 49%, e di Eden Viaggi. E i benefici di questa strategia di m&a dovrebbero iniziare a vedersi già dal bilancio di quest’anno. Un’altra gamba dellimpostazione del manager toscano è quella di non fungere più da semplice intermediario, ma di iniziare a possedere strutture e vettori. Per questo motivo sono state completate le ristrutturazioni di alcuni storici alberghi come il Tanka Resort o il Marsa Siclà, oltre all’acquisto di un prestigiosissimo hotel a Venezia da 80 stanze in un palazzo del 1300. Non va


dimenticato, poi, che la compagnia Neos è diventata una parte fondamentale del business del gruppo, con 12 aerei in flotta di cui cinque per il lungo raggio. Infine, ad agevolare la crescita del tour operator, anche l’ingresso nel capitale azionario di Tip (Tamburi Investment Partners) che ha puntato in Alpitour circa 120 milioni di euro. Incontriamo il numero uno di Alpitour nel nuovo quartier generale dell’azienda, nella zona Isola di Milano, all’ombra del Bosco Verticale.

Burgio, recentemente ha spiegato l’importanza di non limitarsi a essere intermediari, ma di possedere i prodotti che vengono venduti: ci vuole ricordare le acquisizioni che avete operato sia per quanto concerne la compagnia aerea sia per quanto riguarda le strutture? Per quanto riguarda Neos, abbiamo nella nostra flotta tre 787 Dreamliner della Boeing e un quarto verrà consegnato entro la fine di quest’anno. Per le strutture alberghiere, invece, abbiamo completato l’acquisto del resort Andilana a Nosy Be, in Madagascar. Inoltre abbiamo rilevato due strutture in Sardegna, il Tanka Resort e il Colonna Village. A Scicli, nelle terre di Montalbano, abbiamo appena inaugurato il Marsa Siclà. E ancora: a Venezia è partito il progetto di restauro della Dimora Ca’ di Dio, a poca distanza da Piazza San Marco. Si tratta di un nuovo cinque stelle (con 80 camere) della collezione Lifestyle di Voihotels la cui apertura è prevista per il 2020. Infine in Albania abbiamo ottenuto la gestione della struttura alberghiera Palasa Bay Resort, un quattro stelle superiore che si trova nell’omonima località, nella zona Sud dell’Albania, inserita in uno splendido e incontaminato tratto di costa. Il resort conta 180 camere: la costruzione di questo hotel si inserisce in un più ampio piano di sviluppo che il Governo albanese sta realizzando per incentivare i flussi turistici, soprattutto a livello internazionale. Prevediamo di inaugurarlo nel 2021.

Il turismo è uno dei comparti con i margini più bassi, quasi come la Gdo: ma allora come si fa a incrementare i ricavi? La strategia di Alpitour è continuare a lavorare sulla filiera, consolidando la proprietà del prodotto: aerei, hotel, servizi e marketing con i nostri brand. Questo ci consente di creare presidi su alcune destinazioni: Maldive, Madagascar, Capo Verde dove abbiamo i voli Neos che raggiungono la destinazione, gli hotel di proprietà gestiti da Voihotels e la commercializzazione dei nostri brand. Inoltre c’è un impegno costante ad aprire nuove mete per il mercato italiano: abbiamo lanciato recentemente il Vietnam e il Myanmar, il Qatar, l’Albania. C’è una ricerca continua per allargare i confini e proporre soluzioni innovative per i nostri clienti che ci scelgono per la qualità dei servizi e per la capacità di selezionare esperienze uniche. A proposito di numeri: obiettivo confermato a due miliardi di fatturato per il 2019? Con che Ebitda? Abbiamo un obiettivo di 2 miliardi per il 2019. Ma quello che conta non è solo l’incremento del fatturato, quanto piuttosto la redditività generata e siamo ormai ad un 3% di rapporto fatturato/ebitda che ci colloca in linea con i gruppi internazionali. Diamo altre cifre: quante persone lavorano nel vostro Gruppo e quante proposte di viaggio avete? Attualmente abbiamo d’estate circa 4.000 dipendenti, in inverno scendiamo a 2.800. E riu-

sciamo a creare circa 150 milioni di proposte di viaggio. Quali sono i vostri principali competitor in Europa? Ormai la competizione è cambiata, non si limita unicamente al segmento turistico. Certo restano i grandi gruppi europei come Tui e Thomas Cook, che fatturano rispettivamente 27 e 12 miliardi, ma ormai le Olta (le online travel agency, le agenzie di viaggio online), le low cost, le nuove formule di accomodation non alberghiera che offrono pacchetti ed esperienze sono tutti soggetti con cui confrontarsi. Avete perfezionato l’acquisto di Swantour a febbraio del 2018 e di Eden Viaggi: vi fermate qui o proseguite il percorso di m&a? Negli ultimi due anni abbiamo siglato operazioni importanti a livello di tour operator: i marchi sono tanti e stiamo lavorando sul processo di integrazione che richiederà del tempo. Certamente l’attenzione è sempre alta, soprattutto sul fronte alberghiero dove ci arrivano moltissimi progetti da valutare. Quali sono le mete su cui avete scommesso più fiches e quali quelle su cui punterete per l’anno prossimo? Abbiamo un focus sempre molto forte sull’Italia, dove con la nostra VoiHotels gestiamo 8 resort tra Sicilia, Sardegna, Puglia e Calabria, a cui si aggiungono 2 hotel 5 stelle lusso a Taormina. La vostra compagnia aerea, Neos, ha il mandato dell’azionista per realizzare almeno il 50% del fatturato con terze parti: confermerete questa tendenza anche negli anni a venire? Si tratta di una strategia che la compagnia aerea porta avanti con convinzione perché è opportuno che abbia una presenza competitiva anche sul mercato. Inoltre Neos sviluppa da anni operazioni anche con player internazionali, come nel caso del lancio di Samoa Airways, dell’incoming da Israele, o della realizzazione di un volo ad hoc in Islanda per un gruppo scandinavo che verrà lanciato quest’estate.

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È IL MOMENTO DEL «FINANZIALISTA» CHE AIUTA LE PMI SU FISCO E FINANZA FINANZIARE L’IMPRESA Il tema di questo mese è l’evoluzione. Perché accanto all’imprenditore, oggi occorrono figure professionali evolute. Così nasce Afim, l’associazione dei finanzialisti, per affiancare le imprese “da fuori”, mentre Aiti, l’associazione dei tesorieri d’impresa, guida il cambiamento “dall’interno”e si dota del”bollino di qualità”.

45 AITI LA TESORERIA D’IMPRESA VA VERSO LA CERTIFICAZIONE

50 NSAPMINDEX LE ECCELLENZE NEI BILANCI DEL SETTORE AGROALIMENTARE

La neonata Associazione per i Finanziamenti d’Impresa raggruppa imprenditori e professionisti della consulenza fiscale che puntano a una figura evoluta per diffondere i principi dell’economia umanistica di Camilla Sala

C

ommercialisti, è la vostra ora. Ma La visione del commercialista come di un dovete imparare cose nuove. Con soggetto da coinvolgere solo nella fase fiquesto messaggio, lo scorso 25 nale di redazione del bilancio va stretta alle maggio a Roma ha fatto il suo debutto Afim, moderne esigenze delle aziende, che richiel’Associazione per i Finanziamenti d’Impresa, dono un orizzonte di assistenza più ampio che raggruppa a oggi oltre 100 imprenditori e e strutturato, qualcuno che possa seguirle professionisti della consulenza fiscale e finanin tutto il percorso di business, dall’elaboziaria. Nata da un’intuizione di Massimo Bolrazione delle strategie più in linea con il la, presidente dell’Asproprio profilo finanAFIM È NATA DA UN’INTUIZIONE sociazione, sviluppata ziario e produttivo, grazie al contributo DI MASSIMO BOLLA, OGGI PRESIDENTE all’accesso al credito DELL’ASSOCIAZIONE, E DI VALERIO del professor Valerio e in generale alle fonMALVEZZI, DOCENTE UNIVERSITARIO Malvezzi, entrambi ti di capitale, sia di esperti di finanza, marketing e organizzaziodebito che di rischio, fino all’attuazione di ne d’impresa, Afim ha l’obiettivo di favorire la una gestione aziendale funzionale ed efficadiffusione di una cultura d’impresa, di piccola ce alla crescita dell’azienda. impresa, in ambito finanziario attraverso perLe masterclass si rivolgono ai commercialisti corsi formativi ad hoc rivolti a coloro che più 4.0, i cosiddetti “finanzialisti”, specialisti in fida vicino seguono le dinamiche di sviluppo e nanziamenti d’impresa che – grazie ad un’atsostenibilità economica delle micro e piccole tività formativa fortemente mirata e qualifiimprese italiane, i commercialisti. cata – forniscono assistenza alle aziende non

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FINANZIARE L’IMPRESA

soltanto su questioni di tipo strettamente fiscale, ma soprattutto di pianificazione strategica e controllo finanziario. Il mercato bancario negli ultimi anni si è profondamente modificato, per questo è necessario dotare le Pmi di strumenti pratici che consentano loro di conoscere le dinamiche del mondo della finanza, controllare e migliorare le performance finanziarie e sviluppare in poco tempo l’esperienza essenziale per il raggiungimento degli obiettivi d’impresa. L’idea – come sottolineato dal prof. Malvezzi (nella foto) – è quella di lavorare su competenze molto evolute in materia di finanziamenti di aziende, agendo su due livelli: uno di tipo più operativo, ovvero fare educazione finanziaria con un linguaggio comprensibile su temi generali, come le regole di Basilea e altre normative, che non sono spiegati al piccolo imprenditore; uno per così dire più utopico, per diffondere i principi dell’economia umanistica e del lavoro. Essere competitivi in un contesto in continua evoluzione significa infatti per le aziende poter contare su figure professionali che consentano loro di massimizzare i profitti, ma di farlo nel rispetto di valori quali l’inclusione, la sostenibilità sociale e ambientale, attivando sui territori collaborazioni virtuose tra sistema bancario e imprenditoriale, con ampie ricadute positive sull’intero tessuto sociale e non solo sul business dell’impresa. Business che deve tener conto dell’impatto sul contesto produttivo e sociale in cui le aziende operano. L’azione di Afim tende ad un modello diverso di libero professionista, che coniuga tecnicalità e doti umane, e richiama, già nelle parole del presidente Bolla, i principi ispiratori di quella imprenditoria civile attenta al valore generato per il territorio in cui l’impresa è radicata. La rete di professionisti che anima l’Associazione lavora per affermare e promuovere una forma di “capitalismo dal volto umano”, una cultura aziendale che non guardi al profitto

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come suo unico obiettivo, ma che ponga alla base delle scelte aziendali i valori della persona, tematiche di ordine sociale e ambientale, responsabilità nei confronti del consumatore e condivisione. Mai come adesso, il dibattito sul tema della sostenibilità sta ampliando il concetto stesAFIM È IL LUOGO DI CRESCITA PROFESSIONALE E PERSONALE E DI CONFRONTO TRA EDUCAZIONE FINANZIARIA ED ECONOMIA UMANISTICA

so di pratiche aziendali innovative: l’adozione e la diffusione di un sistema di valori che pone al centro le persone incrementa infatti la produttività e, di conseguenza, la capacità innovativa dell’azienda, in un circolo virtuoso

di cui a beneficiare sono tutti gli stakeholders coinvolti, imprese, consumatori e territori. Nella visione dei fondatori, Afim è il luogo di crescita – professionale e personale (due facce della stessa medaglia) – e di confronto su due temi fondamentali, l’educazione finanziaria e l’economia umanistica, tra attori che collaborano e condividono le loro esperienze e competenze per contribuire al bene comune. Un’organizzazione orientata al benessere delle persone, che incentivi un modello di economia in cui è l’uomo e non il mercato al centro dell’agire economico. È il “consulente umanistico” che, grazie al suo contributo, affianca e assiste con rigore metodologico e competenza la persona-cliente, aiutandola ad instaurare e rafforzare i suoi rapporti con il sistema bancario. È il volto di un management, quello che Afim associa e vuole coinvolgere nelle sue attività formative, che rappresenta la vera forza promotrice del cambiamento, del passaggio da un’impresa orientata meramente al profitto ad un’impresa che produce beni e servizi che contribuiscono alla crescita e al benessere generale. Un’azienda che non utilizza a proprio esclusivo vantaggio i soggetti coinvolti – lavoratori, imprenditori, fornitori, istituzioni, comunità – ma li vede come nodi di una rete fiduciaria, che collaborano per l’attuazione di valori condivisi e sostenibili. Un’impresa inclusiva, collaborativa, che parte dai network locali, non dalle grandi reti globali; che lavora sui territori per attivare meccanismi virtuosi di collaborazione tra imprenditoria, attori pubblici, banche e società civile. È solo partendo da questi presupposti, infatti, che si può intraprendere il cammino dello sviluppo ed essere competitivi, nel significato originario del termine di cum petere, ovvero di cercare insieme attraverso il confronto tra soggetti diversi, portatori ognuno di istanze specifiche, la chiave per fare di ciascuna di esse un valore aggiunto nella costruzione di una società più equa e nel perseguimento del bene comune.


La tesoreria d’impresa avrà il suo “bollino” di qualità Aiti, l’Associazione dei Tesorieri di Impresa, sta lavorando al tavolo dell’Ente Italiano di Normazione allo scopo di elaborare un processo per arrivare alla certificazione ad opera di organismi accreditati di Fabio Carletti *

L

e attività di tesoreria e la funzione del tesoriere hanno assunto un ruolo sempre più importante nella vita di ogni impresa: la liquidità è infatti uno dei driver della strategia considerato che la gestione efficiente ed efficace dei flussi finanziari impatta sulla sua realizzazione. Nasce da questo contesto di maggior consapevolezza ed importanza della liquidità all’interno dell’impresa l’idea sviluppata in seno all’Aiti, l’Associazione dei Tesorieri di Impresa, di strutturare e proporre una prassi di tesoreria che possa rappresentare una linea guida per l’operatività in una tesoreria di impresa. Man mano che l’idea ha preso corpo è apparso subito evidente che, al fine di garantire la diffusione e l’adozione della stessa da parte delle imprese, sarebbe stato utile, se non necessario, il riconoscimento di questa prassi a livello nazionale quale “best practice” da seguire. Per perseguire questo obiettivo è stato istituito un tavolo di esperti presso l’Uni, Ente Italiano di Normazione, allo scopo di realizzare un documento che contenesse le specifiche tecniche descrittive delle attività della tesoreria d’impresa elaborate nel rispetto delle regole Uni (pur non essendo norme tecniche UNI). La prassi, terminato il processo di consultazione pubblica, è ora al vaglio degli or-

gani direttivi dell’UNI che devono ratificare il documento autorizzandone la pubblicazione. L’obiettivo del documento è di divenire un punto di riferimento nell’analisi e nella definizione delle attività, dei processi e delle procedure di tesoreria: è sempre più necessario avere dei riferimenti precisi e sintetici che possano aiutare il tesoriere nell’operatività quotidiana. La valenza della certificazione della prassi risulta evidente anche alla luce della nuova normativa approvata lo scorso gennaio in

LE PRASSI DI RIFERIMENTO POSSONO INFLUIRE POSITIVAMENTE SUL PROCESSO VALUTATIVO DELLE AZIENDE DA PARTE DEGLI STAKEHOLDER ESTERNI

attuazione della legge nr. 155 del 19 ottobre 2017 che ha introdotto nel nostro ordinamento delle norme volte a prevenire la crisi aziendale mediante: a) l’adozione di misure idonee a rilevare gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario (art. 3 comma 1), b) l’attuazione di un assetto organizzativo adeguato a rilevare tempestivamente lo stato di crisi (art. 3 comma 2). Le attività della tesoreria previste nella prassi, quali ad esempio il reporting e la definizione degli indici di bilancio, possono supportare il processo di verifica della capacità

dell’impresa di sostenere i propri debiti con adeguati flussi di cassa, al fine di monitorare costantemente le prospettive di continuità aziendale, dando anche concretezza al concetto di “assetto organizzativo adeguato” in grado di prevedere lo stato di crisi. Il documento prevede anche il processo per arrivare alla certificazione delle attività di tesoreria ad opera di organismi accreditati a tale scopo: si ritiene che la certificazione delle modalità operative possa diventare un valore aggiunto per l’impresa sia all’interno sia verso l’esterno. Gli stakeholder esterni, banche, assicurazioni, clienti e fornitori potranno infatti confidare sul fatto che le attività di tesoreria vengano eseguite nel rispetto di una prassi di riferimento la cui adozione potrebbe agevolare ed influire positivamente sul processo valutativo dell’azienda. Infine la certificazione del ruolo del tesoriere, prevista nella prassi, ha l’obiettivo di far evolvere sempre di più la figura del tesoriere d’impresa da “persona dei pagamenti” a “manager della liquidità aziendale” elevandolo ad una delle figure di riferimento nella definizione delle strategie aziendali. * Responsabile Tesoreria ed Assicurazioni SCM Group S.p.A., socio effettivo AITI e membro del tavolo di lavoro Prassi Tesoreria

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FINANZIARE L’IMPRESA

LA NUOVA FINANZA D’IMPRESA FA TAPPA A TRENTO Il 3 luglio appuntamento con il roadshow di Economy, con i docenti di Economia dell’Università statale e player di primo piano come Franco Fenoglio (Scania), Paola Bugnotto (Co.Mark) e Maurizio Tranquilli (DocFinance)

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nternazionalizzazione, digitalizzazione e nuova finanza d’impresa sono le tre direttrici fondamentali dello sviluppo possibile e necessario delle Piccole e medie imprese italiane: e sono anche il tema-chiave del “road-show” che Economy ha svolto nell’ultimo anno sul territorio facendo tappa a Brescia, Lecco, Treviglio e Bari e che ritorna il 3 luglio a Trento, con il supporto fondamentale e prestigioso dell’Università statale, grazie all’attenzione del Rettore Paolo Collini, e con il patrocinio della Provincia Autonoma. A discutere di queste tre chiavi di volta dello sviluppo, i docenti di Economia dell’ateneo e, in un primo panel, il presidente di Scania - il colosso dell’autotrasporto commerciale che proprio a Trento ha la sua sede italiana

– Franco Fenoglio, con Paola Bugnotto di Co. Mark, l’azienda specializzata del gruppo Tinexta (Unioncamere) che gestisce soluzioni di temporary export-managemente e con Mauro Tranquilli, ceo di DocFinance. Chiunque esporti, infatti, impara subito che l’efficienza richiede specializzazione e la tesoreria multivaluta richiede sistemi agili. Ne parlerà tra gli altri, il responsabile dell’Associazione italiana tesorieri d’impresa (Aiti) Maccarrone. Dopo il

coffee-break, il secondo panel si focalizzerà sulle nuove fonti di finanziamento dell’impresa. Tra le testimonianze, centrale quella di Daniele Zini, sales & partnership executive di October Italia, l’unica realtà fintech di respiro continentale, basata in Francia, che vanta ormai numeri importanti sul versante del credito non bancario. Rilevanti anche le proposte e la testimonianza di Alessandro Arrighi, Country Head Italy presso La Financière de l’Echiquier, e di altri esponenti della vasta industria che opera tra private equity e private debt, rappresentando per le imprese un’alternativa di finanziamento rispetto allo sportello bancario, sempre più avaro, e alla quotazione in Borsa, costosa e ancora irraggiungibile per la maggior parte delle piccole imprese.

L’ECOSISTEMA DELL’INNOVAZIONE DIGITALE

Saint-Vincent è stata teatro dell’annuale appuntamento con l’Open Innovation Summit organizzato da Digital Magics, l’incubatore quotato su Aim guidato da Marco Gay fondamentale per le aziende di tutti i settori più maturi innovare i propri processi, prodotti e servizi grazie alle tecnologie delle startup. Sono oltre 10.000 le startup innovative italiane che hanno creato più di 55.000 posti di lavoro: una parte importante e reale del nostro sistema economico e del mercato digitale, che nel 2018 ha registrato oltre 70 miliardi di Euro e una crescita del 2,5%». Nel presentare l’Open Innovation Summit, di metà giugno a Saint-Vincent (Aosta), il più importante appuntamento annuale dedicato all’innovazione delle aziende grazie alle tecnologie esterne delle startup digitali, Marco Gay, amministratore delegato di Digital Magics, il

È

business incubator quotato su Aim Italia con servizi per il potenziamento e l’accelerazione del business digitale con 8 sedi sul territorio italiano e una a Londra, non ha potuto fare a meno di sottolineare la strategicità del settore per il Paese. «L’Open Innovation Summit 2019 è l’annuale appuntamento che come Digital Magics organizziamo coinvolgendo istituzioni, le più importanti imprese italiane e internazionali, investitori, acceleratori e i talenti digitali italiani, con l’obiettivo di analizzare l’impatto dell’Open Innovation sull’economia del nostro Paese», ha spiegato Gay. L’obiettivo è analizzare l’impatto dell’Open Innovation nell’economia, approfondendo

trend italiani e internazionali – in relazione anche alle competenze e alla formazione 4.0, agli investimenti del venture capital e alle politiche del Governo – insieme ai principali attori dell’ecosistema del digitale: istituzioni, imprese, investitori, incubatori e naturalmente talenti e neoimprenditori digitali che stanno creando e sviluppando startup in Italia. L’evento si inserisce all’interno della quarta edizione del Gioin, il primo network in Italia per le aziende che vogliono innovare processi, prodotti e servizi grazie alla collaborazione con le startup.

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FINANZIARE L’IMPRESA

Agroalimentare, le eccellenze sono anche nei bilanci Il settore, analizzato attraverso la lente dell’nsaPMIndex che Economy ogni mese rielabora per settori e località, rivela un’Italia che da nord a sud è stata in grado non solo di superare la crisi, ma anche di crescere di Davide Passoni

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he l’agroalimentare sia un’eccelanche fondi erogati dalla UE o dalla Regione lenza industriale italiana è una Emilia Romagna, con i quali abbiamo realizverità così assodata da rischiare di zato progetti che da soli non saremmo riuessere banale. Dietro c’è invece il lavoro di sciti a fare. Lavorare usando questi incentivi imprese che, a dispetto delle difficoltà, rieo soldi propri, senza esporci con le banche, scono a crescere. Lo dimostra nsaPMIndex, ci lascia più tranquilli». il primo indice annuale globale sullo stato Dall’Emilia alla Calabria con Vincenzo Pordelle PMI italiane, (vedi riquadro a lato), taro, amministratore delegato di Gruppo il primo indice annuale globale sullo stato Oleario Portaro: «Questa classifica è per delle piccole e medie noi una sorpresa imprese italiane, re- L’INDICE DI NSA, LA PIÙ GRANDE AZIENDA gradita», spiega, conITALIANA DI MEDIAZIONE CREDITIZIA, alizzato dall’Ufficio tattato da Economy. ANALIZZA LE IMPRESE PER SETTORI studi del Gruppo Nsa, «La nostra è un’aE AREE GEOGRAFICHE DEL PAESE la più grande azienzienda storica, attiva da italiana di mediazione creditizia, in colda generazioni, ma la nuova società con laborazione con il Dipartimento di Scienze una nuova partita Iva ha iniziato a operare Aziendali dell’Università di Bologna (Disa). quest’anno. Cresciamo, fortunatamente, ma Ogni numero Economy pubblica un’elaboracresciamo a piccoli passi, anno dopo anno. zione mensile dell’indice, divisa per settori Nel corso del tempo i fatturati sono sempre e aree geografiche, che racconta un’Italia aumentati e il dato dell’Oleificio F.lli Portaro delle eccellenze. «Questo riconoscimento ci si spiega anche con il fatto che fa parte di un fa piacere: io e miei collaboratori lavoriamo gruppo che comprende più aziende». con passione e se l’obiettivo dell’azienda Ernesto Di Pietro è invece direttore generaresta l’aumento del fatturato, cerchiamo anle di G. M. Piccoli Spa, di Alzano Lombardo che di creare un ambiente di lavoro bello», (BG): «Non sapevo dell’esistenza della clascommenta Mariangela Bellei, amministrasifica, ma sapevo che la nostra è un’azienda tore delegato di Acetaia Bellei di Ravarino sana», sottolinea. «Forniamo un prodotto di (MO). «Facciamo investimenti proporzionaalta qualità, che significa alti prezzi e posti ai nostri bisogni e seguiamo una gestione sibilità di selezionare la clientela: sana, che oculata, secondo l’esempio appreso dai miei paga e ci garantisce margini adeguati. Come genitori. Quasi tutti gli utili sono reinvestitutte le PMI, anche noi abbiamo una forte ti nell’impresa, cosa che ci ha permesso di attenzione ai costi, agli investimenti corretammodernare la sede, gli uffici, l’impianto ti. Tre anni fa ci siamo affacciati al mercato produttivo, la logistica. Abbiamo impiegato estero perché per noi l’Italia non garantisce

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più una stabilità di business. Facciamo prodotti da forno di alta qualità per la prima colazione per bar e hotel; la colazione al bar è la prima cosa che si taglia in tempo di crisi e proprio alla luce di questo abbiamo aperto all’estero, con una filiale negli USA; tramite importatori o clienti diretti esportiamo in Nord America, Asia ed Europa». Chiudiamo con Pietro Marcato, direttore commerciale di Pastificio Temporin, di Sommacampagna (VR): «L’azienda rinasce 20 anni fa, con l’idea di posizionarsi su mercati esteri - dove realizziamo l’85% del fatturato - e in una nicchia come l’Horeca, in Europa centrale», ci dice. «È un mercato che assorbe importanti quantità di prodotto italiano, con una sensibilità aumentata alla qualità. Oltre al prodotto offriamo assistenza, che viene sempre più richiesta in un mercato europeo molto normato sul fronte della somministrazione e del consumo di prodotti alimentari. Lavoriamo in 35 Paesi con un team molto preparato: ciascuna persona in azienda parla almeno una o due lingue estere».

Nsa Economy Ranking

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l rank attribuito alle aziende è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Il rank è calcolato sull’analisi dei bilanci, del 2017, regolarmente depositati. L’analisi individua le imprese più performanti, affidabilità, redditività, ecc. utilizzando gli indicatori e le dimensioni degli stessi definiti per l’elaborazione di nsaPmindex. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’Indice nsaPmindex, indice annuale sullo stato delle PMI italiane. Gli indicatori definiti per l’Indice nsaPmindex 2017 sono riportati nella tabella a fianco.


Settore agroalimentare - classifica per area geografica

SUD

NORD-OVEST

NORD-EST

CENTRO

AREA GEOGRAFICA

CLASSIFICA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

RAGIONE SOCIALE RALO’ S.R.L. I.N.P.A. - IND. NAZ. PRODOTTI ALIMENTARI S.P.A. AURORA CARNI 2 S.R.L. PASTIFICIO PALANDRI S.R.L. AGNONI SRL GE.BA. - CARNI DI GENOVESE M. E GENOVESE P. S.R.L. ACQUA DI NEPI SOCIETA’ PER AZIONI AR.CA.SAL. S.R.L. FALTERONA ORTAGGI - S.R.L. F.LLI MASCAGNI S.R.L. GIUSEPPE CAMPAGNOLA S.P.A. PASTIFICIO AVESANI S.R.L. SIDA CARNI S.R.L. IL POLLO VENETO DI PERSEGATO GIULIO & C. S.R.L. LANGHIRANESE PROSCIUTTI S.R.L. MAJANI 1796 S.P.A. CASEIFICIO COMELLINI ROBERTO SPA TREVILATTE SOCIETA’ CONSORTILE A RESP.LIM. BELLEI LUIGI & FIGLI S.R.L. PASTIFICIO TEMPORIN SRL - IN SIGLA PASTE SRL SOC.’ ITALIANA BEVANDE IN LATTINA - SIBIL - S.R.L. CASEIFICIO DEFENDI LUIGI S.R.L. DUCHESSA LIA S.R.L. SIGLABILE D.L. S.R.L. VERWERKAF KAFFEE VEREDELUNGS WERK IT. S.P.A. LA.BU.NAT. S.R.L. FORESTI S.P.A. CASIRAGHI S.R.L. G.M. PICCOLI S.P.A. BIOLAB S.R.L. JACOBS DOUWE EGBERTS OPS IT S.R.L. ITALY CARNI SRL OLEIFICIO F.LLI PORTARO S.R.L. T.CORPORATION S.R.L. VINICOLA DELL’OLIO - S.R.L. BURRIFICIO TRE RONDINI - S.R.L. TERME DI GERACI SICULO -S.P.A.CARMELO PALERMO OLII S.R.L. COOPERATIVA ALLEVATORI RICCIA - SOC.COOP. AGRIC. ELVEA S.P.A. CASEIFICIO PONTE A MARE S.R.L.

FATTURATO

INDIRIZZO

9.432.519 € San Severino Marche, Macerata Vinci, Firenze 20.463.782 € Sezze, Latina 4.169.000 € Pistoia 2.072.124 € Cori, Latina 1.366.196 € Magliano Sabina, Rieti 1.252.847 € Nepi, Viterbo 22.348.516 € Campagnano di Roma, Roma 1.243.735 € San Godenzo, Firenze 1.079.351 € Castiglion Fiorentino, Arezzo 704.062 € 20.027.917 € Marano di Valpolicella, Verona Bussolengo, Verona 16.293.631 € Langhirano, Parma 15.387.728 € Zimella, Verona 13.455.357 € Langhirano, Parma 12.037.384 € Bologna 10.480.488 € 8.457.112 € Castel S.Pietro Terme, Bologna Trento 8.315.487 € Ravarino, Modena 6.414.944 € Sommacampagna, Verona 5.182.429 € Sesto San Giovanni, Milano 26.327.972 € Caravaggio, Bergamo 18.064.337 € Santo Stefano Belbo, Cuneo 16.667.108 € Milano 15.238.718 v Quistello, Mantova 30.380.195 € Gottolengo, Brescia 9.778.215 € Lecco 9.644.170 € Alzano Lombardo, Bergamo 8.729.110 € Quistello, Mantova 8.121.373 € Andezeno, Torino 8.099.505 € Paolisi, Benevento 4.183.242 € 23.533.651 € Belvedere di Spinello, Crotone Napoli 11.082.082 € Cerignola, Foggia 6.511.058 € Eboli, Salerno 6.276.627 € Geraci Siculo, Palermo 5.946.336 € Ribera, Agrigento 5.604.035 € Riccia, Campobasso 4.139.700 € Angri, Salerno 7.869.290 € Castel Volturno, Caserta 2.624.974 €

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56 SHELTIA IL VERO BROKER NON VENDE: CONSIGLIA

LE POLIZZE DEL FUTURO TRA BLOCKCHAIN E ROBO-ADVISOR Il settore assicurativo è alle prese con l’innovazione tecnologica e la trasformazione nello stile dei consumi. Così, 8 compagnie su 10 stanno investendo in advanced analytics e robotic process automation di Giancarlo Salemi

58 EULER HERMES LE TRANSAZIONI COMMERCIALI VANNO MESSE “AL SICURO”

59 CATTOLICA NON SOLO RIMBORSO DANNI: PRIMA DI TUTTO LA PREVENZIONE

60 POLIZZE DIRIGENTI ATTENZIONE AI TRANELLI NASCOSTI TRA LE CLAUSOLE

62 RISCHIO L’INDICE DI IMPREVEDIBILITÀ CHE AIUTA LE IMPRESE

63 MERCATI DI NICCHIA L’INVENTORE DELLA KASKO ORA PROTEGGE LE OPERE D’ARTE

ASSICURAZIONI

WORKSHOP OBIETTIVO PROTEZIONE

U

n popolo di santi, poeti e…assicuratori. L’Italia è quinta a livello europeo e settima a livello mondiale nel comparto delle assicurazioni che garantisce una crescita del pil di oltre il 8% l’anno, impiega 300mila persone, contando su oltre 200 aziende. Numeri importanti che testimoniano come l’industria assicurativa italiana fornisca un contributo significativo all’economia e alla società, anche se non bisogna nascondere le difficoltà del settore, ad esempio in Italia non riescono a decollare le vendite on-line del ramo RcAuto, ferme attorno all’8% del mercato praticamente da dieci anni. Anche l’avvento dell’insurtech è destinato a modificare un quadro ancora fin troppo tradizionale nel comparto assicurativo. Oltre a numerose Fintech, le startup che svi-

luppano tecnologie per il settore assicurativo, e player digitali che si affacciano sul panorama assicurativo, anche alcune compagnie tradizionali stanno infatti sfruttando l’innovazione tecnologica per trasformare la loro catena del valore ed avvicinarsi sempre di più al nuovo linguaggio del cliente. La tecnologia stia rivoluzionando ogni aspetto del settore assicurativo ridefinendo equilibri, business model e fattori competitivi. Più in dettaglio, quasi 8 compagnie assicurative su 10 (79%) stanno già investendo in Advanced Analytics e Robotic process automation. Il mercato vede un aumento degli investimenti anche nell’ambito di Intelligenza Artificiale, robo-advisor e blockchain: da qui ai prossimi tre anni si parla di un aumento dei budget del 40%. Insomma, il rapporto fra com-

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> WORKSHOP ASSICURAZIONI pagnie e nuove imprese digitali sta diventando un binomio indissolubile. È così che lo scenario del mercato assicurativo si sta trasformando sotto la spinta dei brand dell’insurtech. Crescono le startup che, ridisegnando l’esperienza dell’utente in campo assicurativo, favoriscono il rinnovamento del settore. Quasi 8 compagnie assicurative tradizionali su 10 (75%) dichiarano che lo sviluppo di competenze insurtech sarà fondamentale per soddisfare le esigenze dei consumatori. Che il comparto sia in trasformazione lo ha sottolineato anche un report di Goldman Sachs Asset Management dove emerge come la maggior parte delle compagnie assicurative continui ad investire alla luce dei crescenti timori legati al rallentamento dell’economia globale. «Le compagnie assicurative si aspettano che gli Stati Uniti entrino in una fase di recessione, ma non quest’anno», ha dichiarato Michael Siegel, Global Head dell’Insurance Asset Management di Gsam «Di conseguenza continuano a investire, ma assumono i rischi con un approccio più selettivo. In particolare, le compagnie assicurative mantengono la recente tendenza ad allocare capitali verso classi di attivo meno liquide, come private equity, debito legato a infrastrutture e prestiti alle imprese a media capitalizzazione». Quello che di certo è cambiato è l’andamento del cliente-consumatore nei confronti delle compagnie assicurative: gli italiani sono un popolo sempre meno fatalista, ma più attento alla gestione del proprio patrimonio, soprattutto rivolto al ramo vita, quello che è cresciuto di più. Come ha ricordato proprio la presidente di Ania, l’associazione che raggruppa le imprese assicurative, Maria Bianca Farina, «Nel 2018 la raccolta premi delle imprese assicurative italiane ha superato i 135 miliardi di euro, segnando un incremento del 3,2% rispetto all’anno precedente. A questo risultato positivo ha contribuito sia il comparto delle polizze Vita che quello delle polizze Danni. Ciò conferma la solidità del nostro settore, a cui le famiglie ita-

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liane continuano ad affidare una parte importante dei propri risparmi e la protezione dei beni e della salute». In particolare, lo scorso anno la raccolta premi nei rami Vita è stata di poco superiore a 102 miliardi, in ripresa del 3,5% dopo le contrazioni registrate nel 2017 (-3,6%) e, soprattutto, nel 2016 (-11,0%). Ma il 2018 è stato positivo anche per la raccolta premi nei rami Danni che è stata pari a 33,1 miliardi in aumento del 2,3%. Più specificatamente, nel comparto Auto si è registrata per la prima volta dopo sei anni una sostanziale stazionarietà (+0,1%) dei premi nel ramo R.C. Auto e una crescita del 5,9% nel ramo corpi veicoli terrestri. La redditività se così vogliamo chiamarla - del settore danni è sostenuta anche dai cambiamenti regolamentari nel settore introdotti dal governo di Mario

Monti nel 2012 e da quello di Paolo Gentiloni nel 2017 per inquadrare meglio i risarcimenti da danni stradali. Anche qui la sfida è stata per le compagnie assicurative di modellare il proprio business e renderlo compatibile con il cambiamento promosso, ad esempio, dalla tumultuosa crescita delle black box che solo in Italia hanno superato i 5 milioni di autovetture su un parco macchine di 33 milioni. Uno strumento, quello delle scatole nere, di notevole efficacia destinato non solo a far ridurre il rischio delle frodi ma anche a costringere a chi guida a una pratica improntata a una prudenza maggiormente sorvegliata e, che, grazie agli sconti applicati dalle compagnie assicurative, sono destinate a crescere in modo vertiginoso nei prossimi anni.

Se si guarda invece ai canali di vendita a crescere di più nel comparto assicurativo sono state le reti bancarie. Oltre i due terzi della nuova produzione Vita sono stati infatti intermediati tramite sportelli bancari e postali, con un volume pari a 57,8 miliardi, in crescita del 4% rispetto al 2017. Negativo è stato invece l’andamento della raccolta di nuove polizze mediante i consulenti finanziari abilitati che di fronte ad un ammontare di 12,5 miliardi hanno registrato una contrazione del 2,4% rispetto l’anno precedente con una quota di mercato del 15% della nuova produzione. Anche gli agenti di assicurazione sono rimasti al palo, con nuovi affari complessivi di 9 miliardi di euro, pari all’11% del nuovo business ma in frenata dell’1% e per il terzo anno consecutivo. Mentre il canale agenzie in economia, quello alle dirette dipendenze della assicurazione ha registrato un trend opposto crescendo del 15,5% per un ammontare di nuovi premi pari a 4,7 miliardi pari al 6% del totale. Le compagnie di assicurazioni devono fronteggiare anche un doppio fenomeno: i millennials e l’invecchiamento della popolazione. Per quanto riguarda i nuovi diciottenni sono una generazione nata e cresciuta con le nuove tecnologie digitali e puntano decisamente alla flessibilità dell’offerta, con la conseguente personalizzazione del prodotto. Anche la trasparenza, la chiarezza e l’efficacia della comunicazione da parte delle società assicurative rappresentano dei forti valori aggiunti per chi appartiene a questa generazione. Un altro fattore che si rivela decisivo per i più giovani è poi la multicanalità, strettamente connessa al customer care: il cliente oggi esige di poter gestire le proprie polizze da qualsiasi canale, e di ricevere supporto veloce ed efficace su ognuno di questi canali. La crescente offerta di strumenti digitali che vanno incontro a questi bisogni dimostra come le compagnie assicurative prendano sempre più in considerazione le richieste dei più giovani: alcune società ad esempio, sfruttano proprio le potenzialità del multicanale e del digitale,


offrendo servizi che risultano accessibili anche ai giovanissimi. Poi c’è il capitolo della popolazione più anziana recentemente preso sotto osservazione proprio da Ania. Attualmente gli ultrasessantenni rappresentano circa il 12% della popolazione globale e tale stima dovrebbe salire fino al 21% nel 2050, anno in cui per la prima volta nella storia dell’umanità ci saranno più over 60 che under 16. «La nostra industria ne è profondamente coinvolta avendo come missione la protezione di persone e famiglie dai rischi a cui sono esposte – ha ricordato recentemente la presidente di Ania - In un rinnovato gioco di equilibri, continua ovviamente ad essere prioritario il concetto delle cure, sia facilmente accessibili che di qualità, ma a questo si sommano aspetti divenuti decisivi e imprescindibili come la prevenzione, l’assistenza e il benessere». «Stiamo innovando i nostro modelli di business, siamo sempre più consulenti a tutto tondo del benessere delle famiglie e delle imprese», ha continuato Maria Bianca Farina tratteggiando il nuovo corso del settore alla prova dell’evoluzione tecnologica e dei mutati bisogni di protezione che riguardano le persone ma anche le cose, come nel caso dei software. «Stiamo già sperimentando la tecnologia blockchain su alcuni processi assicurativi per i quali abbiamo attivato la prima sandbox italiana. Stiamo inoltre sperimentando la percorribilità di soluzioni per la nuova mobilità». Insomma una sfida globale per il settore i cui investimenti lo scorso anno hanno raggiunto 850 miliardi di euro, di cui oltre 300 in titoli di Stato italiani. «Larga parte dell’investimento assicurativo ha sostenuto il debito pubblico finanziando investimenti in titoli sovrani anche e soprattutto negli anni più difficili. Titoli che rappresentano oggi oltre il 15% dell’intero stock in circolazione. Le sfide di fronte alle quali si trova la nostra collettività interpellano in prima persona il comparto assicurativo nel duplice ruolo di elemento essenziale nella coesione del paese, attraverso i servizi prestati a famiglie imprese, e di strumento significativo di investimenti a lungo termine e di stabilità».

FRANZI (BROKERS): «UN MESTIERE DIFFICILE, MA CRUCIALE» Il settore del brokeraggio assicurativo continua a essere un punto di riferimento per la gestione dei rischi del comparto produttivo del Paese con una quota di mercato nei soli rami danni raggiunge un volume di oltre 14 miliardi di euro nel 2018. Una quota, quella intermediata dai broker, riferita alla raccolta premi delle imprese italiane ed estere, che si attesta al 37,8%, in aumento proporzionato all’incremento della produzione danni rami elementari. Nonostante questo, i broker stanno vivendo “un processo di transizione” accompagnato da una “fase di trasformazione” come spiega ad Economy Luca Franzi de Luca, presidente di Aiba, la principale associazione che raggruppa i brokers di assicurazioni e riassicurazioni italiani. «I broker devono concentrarsi sul loro core business - ci spiega – ovvero dare un servizio di consulenza qualificata, assistendo il cliente nell’individuazione e nella quantificazione dei rischi cui sono esposti, perché l’eccesso di offerta assicurativa coniugata con una crescente standardizzazione dei livelli di copertura, avrà sempre più bisogno di broker altamente qualificati». Non solo. Il settore si

trova di fronte anche a sfide importanti perché il mercato assicurativo si sta sempre più allargando, basti pensare che anche nuovi operatori, da Banca Intesa a Poste, puntano a diventare tra i principali operatori nei rami danni. Non è facile, quindi, il ruolo del broker che deve riuscire a conciliare, in un circuito virtuoso, assicurato e assicuratore affinché siano noti e condivisi i termini del trasferimento del rischio e non ci siano sorprese in caso di sinistro. In tutto questo la digitalizzazione è insieme una grande opportunità, ma anche un rischio, sottolinea Franzi. «Porta maggiore efficienza all’interno delle nostre imprese, semplificando il processo di gestione amministrativa. Ad esempio come Aiba abbiamo investito molto nel progetto Aiba Digital che ha l’obiettivo di una gestione automatizzata del back office dove, attraverso una piattaforma, ogni broker pur mantenendo il proprio software, è in grado di dialogare con un unico linguaggio con i diversi sistemi utilizzati dalle compagnie». La grande minaccia dell’era digitale si chiama cyber risk. Pensiamo al caso di un danno provocato da malfunzionamento del software che governa

i processi aziendali: l’eventualità è oggi sempre più esclusa dalle coperture Property e di Responsabilità Civile tradizionali, mentre a loro volta le coperture specifiche sui cyber risk, tendono escludono le lesioni e i danni materiali. «Questo può portare ad un grosso livello di scopertura – annota Franzi – ma più rendo efficiente l’azienda tramite l’automazione, minore rischia di essere il livello di copertura per i rischi tradizionali». L’altro aspetto che il presidente dell’Aiba sottolinea è la crescita delle malattie mentali - la psiche è uno dei grandi problemi, oggetto di dibattito nel recente Forum Economico di Davos – che però non sono contemplate nel mondo assicurativo. «Le cure psichiatriche sono quasi sempre escluse dalle coperture assicurative Rimborso Spese Mediche e chi soffre di questo tipo di malattia è tendenzialmente soggetto non assicurabile per gli infortuni e l’invalidità permanente e, quindi, se da un lato questo fenomeno sta crescendo molto rapidamente, dall’altro c’è un vero e proprio buco perché potenzialmente siamo tutti privi di un’assicurazione con un bisogno che è in fortissima ascesa».

WORKSHOP ASSICURAZIONI > 55 55


> WORKSHOP ASSICURAZIONI

IL VERO BROKER? NON VENDE: CONSIGLIA Con la sua Sheltia, Alberto Maria Maturi si rivolge a famiglie e piccole e medie imprese come distributore indipendente di prodotti mirati per vita e salute. Affermandosi con un modello completamente nuovo di Sergio Luciano

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i si potrà dire che il nostro obietE dunque, Maturi: il mercato vi sta dando tivo, l’indipendenza, non è nuovo, ragione. Non dev’essere stato semplice. « ma è pur vero che nessuno finora Come avete fatto a convincerlo? può dire veramente di averlo raggiunto. Noi Io ho sempre pensato che in Italia servisse un per ora sì!». Alberto Maria Maturi è un … soggetto nuovo, così alla fine l’ho creato io. maturo start-upper del settore assicurativo, Credo che questo fatto mi sia stato riconosciuun top-manager di alcune fra le compagnie to. Siamo un distributore indipendente, non più importanti del mercato italiano. Un imsiamo “captive” di nessuna grande compagnia, prenditore, ormai, che varcato il crinale dei di nessuna banca, di nessun colosso multina50 anni ha deciso di mettersi in proprio ed zionale del brokeraggio. Siamo liberi di ragiooggi, quattro anni dopo il “via”, può legittinare con la nostra testa, nell’esclusivo interesmamente dirsi soddisfatto della scelta comse del cliente. Il che ci viene consentito dalla piuta. O meglio, della sua “Sheltia”, come ha forma giuridica della società di brokeraggio. deciso di chiamare l’azienda, un po’ per evocare appunto la parola “scelta” e un po’ per Ma il ramo vita non è già piuttosto affollato assonanza con la parola inglese, shelter, che di brokers? significa “scudo”. Al contrario: il colSheltia è un broker I NUMERI DI SHELTIA locamento che indipendente spe- 46 milioni di euro di patrimonio intermediato abbiamo scelto cializzato nel settore 16,2 milioni di euro il portafoglio del 2018 noi è sostanzialvita, il campo che 8000 clienti attivi tra privati e pmi mente inesplora3,8 milioni di euro le commissioni nel 2018 Alberto Maria Mato: le polizze vita turi conosce meglio. e i prodotti per il Tanto che, nel giro di soli quattro anni, è riuwelfare. Sono settori che fanno parte delscito a totalizzare un ragguardevole palmala mia storia e delle mie competenze. Un res di successi: mandati da gruppi primari soggetto davvero indipendente su questo quali Allianz, Zurich, Axa, Helvetia, Eurovita, mercato non c’era. E non c’era nessuno Metlife, Europ Assistance e altri; 46 milioni che, come noi, si rivolgesse alle famiglie e di euro di portafoglio dei quali 16,2 prodotalle piccole e medie imprese. Già, perché ti nel 2018; oltre 8000 clienti attivi; e 3,8 i grandi broker ci sono, ma si rivolgono milioni di euro di commissioni maturatelo in particolare ai clienti large corporate, le scorso anno, che è già una cifra da broker grandi aziende o le associazioni nazionali di grande, sul mercato italiano. categoria, oppure ci sono broker di famiglia È nata una stella, insomma: è ancora giovao agenti indipendenti a chilometro zero, e ne, ma è in grande ascesa. E soprattutto, è quindi con una specializzazione relativa, penata in un mondo dove le novità arrivano raltro portati prevalentemente verso il ramo col contagocce. danni.

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Alberto Maria Maturi, founder di Sheltia


LA CONSULENZA A 360 GRADI È L’ESATTO OPPOSTO DELLA CLASSICA VENDITA DI PRODOTTI CHE DA SEMPRE CONNOTA IL SETTORE E i suoi fornitori di alto bordo? Cosa dirle, è segno che probabilmente ho raccolto un po’ di stima professionale nei miei primi 35 anni di carriera! E con questa scuderia di purosangue delle polizze possiamo realmente offrire alla clientela una scelta tra il meglio che c’è. Aggiungo però un importante fattore di successo: aver previsto l’evoluzione della normativa.

Cioè? Ci siamo resi compliant con la direttiva europea sulla distribuzione assicurativa fin dalla costituzione. Abbiamo raccolto l’input politico di valorizzare la consulenza indipendente. E dunque su questo presupposto ho radunato una serie di produttori finanziari e assicurativi, li ho formati e trasformati in promotori assicurativi, una figura in qualche modo inedita, capace di affiancare davvero il cliente nella scelta del prodotto che meglio risponde alle sue esigenze. Il loro obiettivo è dare una consulenza a 360 gradi, l’opposto della classica vendita monoprodotto che ha sempre

connotato il settore. Si deve invece partire dall’analisi dei bisogni, dalla profilatura del cliente e poi arrivare a scegliere il prodotto giusto.

Com’è composta la squadra? Sheltia oggi ha 250 promotori assicurativi, iscritti al Rui, e poi un team di management intermedio, dipendente della compagnia, sui modelli Alleanza e Fideuram, votato alla costruzione di portafogli di lungo periodo. Operiamo in quasi tutto il Nord Italia, nel Centro in Lazio, Abruzzo e Molise, poi molto bene in Sardegna e stiamo aprendo in Sicilia. E continueremo ad estenderci.

Come guadagnate? Con i proventi classici: la provvigione d’acquisto, quella d’incasso annuale e il management fee (quest’ultimo solo per i premi d’investimento e di risparmio). Poi da quest’anno abbiamo introdotto una commissione di consulenza: proprio perché ci stiamo rafforzando su questo versante. E questa è una scelta strategica… UNA SQUADRA MOTIVATA Oggi Sheltia conta su 250 promotori assicurativi iscritti al Rui e su un team di management intermedio dipendente della compagnia

Cioè? Il mio ragionamento è semplice: le provvigioni storiche nascono dai caricamenti delle polizze, che tenderanno a ridursi sempre più. Il valore aggiunto resterà invece, anzi migrerà sempre di più, nel servizio che fornisci all’assicurato quando gli fai veramente da advisor… Ma che mercato lei prefigura per le polizze di domani? Sono convinto che un po’ come dappertutto il mercato si dividerà in due. Ci saranno i pro-

fessionisti, e… i proletari. Ci sarà una selezione naturale ispirata alla qualità, alla professionalità. Che costerà un po’ di più.

Di chi è Sheltia? Assieme a me ci sono altri sei soci, tra cui partner di società di consulenza e attuari, con cui avevo lavorato in passato e che si sono riconosciuti nel modello. Ma vorrei dire che Sheltia più in generale è anche di tutti coloro che ci lavorano e che hanno creduto nel suo progetto. Infatti abbiamo anche piani di stock option per il management proprio per renderli compartecipi di risultati del loro lavoro. Chi trova i clienti? Abbiamo ingaggiato una serie di soggetti che conoscono il mercato e hanno la voglia e le capacità per valorizzare i contatti storici, trovarne di nuovi e crescere. Vendendo prodotti di fascia media e alta. Il management? Stiamo creando un’area centro-sud e una centro-nord. A capo della seconda, Giuseppe Sambuco. Alla guida del centro-sud Gianluigi Usai. Di due cose vado orgoglioso. Quelli che sono entrati in squadra hanno sposato fino in fondo il progetto. Quelli che sono andati via lo hanno fatto di fronte a offerte economiche non contrastabili da noi oggi, ma hanno sempre riconosciuto di aver imparato molto e di essersi divertiti.

Non teme l’offensiva del digitale sul mercato? Non credo che nel nostro settore, soprattutto nel ramo vita, si affermerà davvero la vendita on-line. Ciò non vuol dire però che alla nostra rete non occorra da subito il massimo supporto digitale. Non a caso forniamo a tutti gli agenti un tablet pc con un applicativo per cui, dal momento in cui un cliente è ancora prospect alla sottoscrizione della polizza e poi alla sua vita contrattuale, hanno dentro tutto e tutto è connesso. E funziona.

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> WORKSHOP ASSICURAZIONI EULER HERMES ITALIA: COSÌ DA OLTRE 90 ANNI GARANTIAMO LE TRANSAZIONI DEL MADE IN ITALY Il mercato è sempre più complesso e l’analisi del contesto macroeconomico e la conoscenza dei partner diventano ancor più strumenti essenziali per la gestione del rischio: il ruolo dell’assicurazione crediti

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er navigare nel mare dell’economia italiana è necessario conoscere la rotta. L’incertezza politica e il rallentamento dell’economia globale costeranno infatti all’Italia l’1% del Pil, che chiuderà il 2019 con un +0,2% ma allo stesso tempo molte imprese continueranno a crescere, proprio grazie alla loro capacità di navigare in acque agitate. Sono le acque agitate del contesto internazionale dove per il commercio è attesa una decelerazione della crescita, dal +3,8% del 2018 al +3%. In questo quadro, però, il made in Italy può comunque giocare la sua partita e mettere a segno nel 2019 una crescita addizionale dell’export pari a 23 miliardi di euro, grazie soprattutto alla meccanica, alla chimica e al tessile. «Il rischio, del resto, è parte del fare imprePAOLO CIONI, COUNTRY MANAGER EULER HERMES ITALIA sa. Importante è saperlo leggere in anticipo, soprattutto in periodi segnati da cambiamenti repentini come quello che stiamo curazione crediti del Gruppo Allianz, svolge vivendo», afferma Paolo Cioni, Country la sua funzione di supporto e consulenza Manager Euler Hermes Italia. «Nel nostro ai suoi clienti di ogni dimensione e settore Rapporto L’Italia delle Imprese 2019 viene merceologico. Non solo sotto forma di servirilevato come, dopo quattro anni di calo, le zi e soluzioni assicurative che disinnescano insolvenze aziendali il rischio, ma anche abbiano ricominciato fornendo alle impreIL COUNTRY MANAGER PAOLO CIONI: a crescere. E infatti «Alla base della nostra strategia se un patrimonio di le previsioni indi- c’è il miglioramento della customer dati, informazioni, cano per il 2019 un experience step by step introducendo elaborazioni, essenaumento delle stesse innovazioni nei processi e semplificazione» ziali per capire dove pari al 2% insieme al andare e soprattutto contestuale aumento delle sofferenze delle con chi fare affari. imprese». Il mercato si è fatto più complesso «L’era digitale – dichiara Cioni – sta consenrispetto agli anni precedenti e l’analisi del tendo di avvicinarci sempre di più alle esicontesto macroeconomico e la conoscenza genze delle aziende. Alla base della nostra dei partner diventano ancor più strumenti strategia c’è infatti il miglioramento della essenziali per la gestione del rischio. In quecustomer experience step by step introdusto Euler Hermes, leader mondiale dell’assicendo innovazioni nei processi, nelle forme

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IL RISCHIO FA PARTE DEL FARE IMPRESA. L’IMPORTANTE È SAPERLO LEGGERE IN ANTICIPO SPECIE NEI PERIODI DI CAMBIAMENTO di contatto e adottando nuove piattaforme digitali che semplifichino la gestione del prodotto e l’offerta. In più, stiamo proseguendo il percorso di trasformazione aziendale investendo sulle nuove tecnologie di machine learning per elaborare al meglio la mole di dati in nostro possesso. Ad esempio, sul fronte della predittività e probabilità di default delle aziende, stiamo ulteriormente migliorando i nostri sistemi di valutazione del rischio». Al leader è richiesto di “fare cultura” e innovare il mercato. Euler Hermes Italia, dal 1927 ad oggi, svolge queste attività con la consapevolezza di contribuire allo sviluppo della competitività del Sistema Italia guardando alle sfide future con rinnovata positività grazie al suo know how unico per il mercato italiano.


Non solo rimborso danni ma protezione e prevenzione L’Insurance Distribuction Directive ha cambiato il paradigma del settore, portando il cliente al centro della filiera, in un percorso di vera consapevolezza. Il commento di Carlo Ferraresi (Cattolica) di Paola Belli

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i scrive IDD, si legge “trasparenza”. L’Insurance Distribution Directive, la Direttiva UE 97/2016 entrata in vigore lo scorso ottobre, ha di fatto messo nero su bianco il radicale cambio di paradigma in atto negli ultimi anni nel settore assicurativo che si sta orientando verso una logica sempre più di protezione e prevenzione rispetto a quella classica del danno-rimborso. Centro focale della normativa è infatti il ruolo del cliente, diventato vero e proprio fulcro delle attenzioni della filiera assicurativa: dal concept di prodotto fino al post vendita. È proprio il cliente a costituire il faro verso cui orientare ogni strategia e azione, in un’ottica di trasparenza. E in un contesto come quello attuale in cui dal mercato arrivano sempre più richieste di sicurezza, le compagnie puntano al dialogo con il cliente, per creare un rapporto continuativo volto all’analisi dei suoi bisogni e alla proposta di soluzioni. Inevitabile, di conseguenza, la valorizzazione del ruolo di consulenza delle reti distributive e dell’agente, come ricorda Carlo Ferraresi, Direttore Generale Area Mercati e Canali Distributivi di Cattolica. «La rete agenziale è e rimane il vero e proprio cuore della nostra strategia distributiva, un elemento imprescindibile e strategico per il business della nostra Compagnia – dichiara il DG -. Speculare e complementare alla centralità dell’agente, vi è la necessaria centralità del cliente. In questo quadro d’a-

zione, i prodotti devono essere il mezzo per puntare alla soddisfazione dei bisogni del cliente che rappresenta il primo e imprescindibile soggetto di cui non possiamo fare a meno nel nostro lavoro. Da qui l’importanCARLO FERRARESI za della figura dell’Agente, un professionista sempre più consapevole del suo ruolo volto a supportare il cliente in un percorso di consarinnovato) dell’agente, va sicuramente citato pevolezza delle proprie necessità in termini il nuovo apporto della tecnologia. Si pensi di protezione del patrimonio, dello stile di alle app lanciate sul mercato per riuscire a vita, della famiglia e della salute». intercettare le fasce più giovani di popolazioDel resto, l’Italia continua a restare un Paese ne, destinate a diventare i clienti di domani. in cui la conoscenza degli strumenti assicuStrumenti in grado di generare un’interarativi si attesta su livelli più bassi rispetto al zione costante con il cliente, volta non solo resto del continente, a causa di una radicata a proporgli le ultime novità in chiave di procultura che premia la logica dell’assistenziadotto ma anche e soprattutto a “mapparne” lismo a discapito di quella della prevenzione. le esigenze e a conoscerne lo stile di vita. Una Si pensi a titolo esemplificativo al dato relasorta di “screening” in real time che consente tivo alle coperture catastrofali sul patrimoalle compagnie di affinare la propria offernio immobiliare con appena 766 mila edifici ta, sulla base di una conoscenza più precisa assicurati contro alluvioni e terremoti su un del proprio target. «Anche la nostra società totale di 31,2 milioni, ha lanciato da pochi pari al 2,5%. Di conmesi la sua app – conCARLO FERRARESI (CATTOLICA): seguenza, assistenza «La rete agenziale è e rimane il vero e proprio clude il DG di Cattoe servizio costitui- cuore della nostra strategia distributiva, lica, Carlo Ferraresi scono, oggigiorno, un elemento imprescindibile e strategico – le aziende per poelementi essenziali per il business della nostra Compagnia» ter essere realmente per competere in un competitive devono mercato assicurativo che richiede un pasconquistare e mantenere nel tempo la fidusaggio repentino da una tradizionale cultura cia dei propri clienti, anche attraverso i nuovi di indennizzo ad una, più virtuosa e attuastrumenti digitali, allineandosi alla loro perle, cultura di prevenzione e protezione dei cezione di valore per poterne ottimizzare clienti. E al fianco del ruolo tradizionale (ma l’offerta».

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> WORKSHOP ASSICURAZIONI

Attenzione a quegli equivoci nelle polizze dei dirigenti Per contratto, i top manager hanno diritto a una copertura assicurativa. Ma spesso aspettative e realtà non coincidono. Con il segretario di Amla, il medico legale Franco Marozzi, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza di Marina Marinetti

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lzi la mano il manager che, prima di firmare il proprio incarico (ma anche dopo) sia riuscito a dare un’occhiata alla polizza assicurativa prevista dal Contratto dirigenti stipulata dalla propria azienda. Perché – è lecito fare i debiti scongiuri, nel leggere oltre – potrebbe capitare di averne bisogno. Il Testo Unico del Ccnl del Commercio, all’art. 18, stabilisce che l’azienda è tenuta a stipulare una polizza cumulativa che preveda la copertura di infortuni per tutti i dirigenti. E il Ccnl per i dirigenti industriali dice più o meno la stessa cosa, all’art.12, aggiungendo all’infortunio anche la malattia e l’invalidità permanente. Quindi, che stiate toccando legno, ferro, o altro, se siete un dirigente è bene che continuiate a leggere. «Le aziende sono tenute dai contratti colletti-

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vi a stipulare polizze infortuni e malattia per i loro dirigenti, ma lo fanno con compagnie private, non con enti pubblici», esordisce Franco Marozzi, segretario di Amla, l’Associazione medico legale ambrosiana, e nel consiglio direttivo di Simla, la Società italiana

PARTICOLARI DA NON SOTTOVALUTARE Occorre distinguere tra indennizzo e risarcimento. E bisogna anche controllare le eventuali franchigie che vanificano la copertura

di medicina legale e delle assicurazioni. «A stipularle di solito è l’ufficio personale dell’azienda, che non è certo composto da specialisti nel campo». Morale: dare un’occhiata alla polizza prima di scoprire (troppo tardi) che non è tutto fringe benefit quello che luccica.

«Nelle polizze dirigenti non si parla mai di risarcimento, ma di indennizzo». Sorge spontanea la domanda: e il risarcimento? «È una reintegrazione patrimoniale di quanto perso a seguito di un fatto doloso o colposo». Chiarite le questioni di nomenclatura, una volta avuta in mano la polizza, cosa bisogna controllare? «Prima di tutto le franchigie, che possono anche avere aumenti progressivi proporzionali all’indennizzo. Una buona polizza per i dirigenti non copre l’invalidità temporanea e dev’essere senza franchigia». Peccato che la franchigia di solito ci sia e sia pure molto alta: «Nelle polizze invalidità permanente da malattia fino al 25% di invalidità non si viene indennizzati. Per esempio: i tumori della mammella generalmente sono in franchigia. Anche l’infarto, ormai, lo è. Il punto di riferimento della valutazione è la cosiddetta capacità lavorativa ultragenerica, ovvero la capacità di effettuare qualsiasi tipo di lavoro. Sono esclusi dall’indennizzo quindi tutte le questioni estetiche e tutte le menomazioni dell’apparato sessuale, per esempio». Da controllare anche il massimale, che dovrebbe corrispondere a sei volte l’ammontare dello stipendio lordo dell’assicurato: «Le polizze dirigenti funzionano con le migliori tabelle sul mercato: le vecchie tabelle per l’infortunistica del lavoro Inail, che sono più alte di almeno di un terzo rispetto a una normale polizza Ania, perché per il dirigente si tratta di un benefit ulteriore». Quindi quanto bisogna farsi male per essere indennizzati con cifre piuttosto alte? «Diciamo dalla perdita di un occhio in su. È una menomazione che per le tabelle Inail vale il 35% (mentre se considerassimo le tabelle Ania varrebbe il 25%). Un dirigente con una retribuzione lorda di 200mila euro l’anno verrebbe indennizzato con 140mila euro». È comunque preferibile tenersi l’occhio. «Le polizze infortuni - aggiunge Marozzi non indennizzano tutte le lesioni (è una lesione ad esempio la frattura di un femore), ma solo le menomazioni, cioè le conseguenze delle lesioni che siano postumi permanenti


(per esempio la zoppìa conseguente alla rotvende un contratto sfavorevole all’assicuratura del femore), purché abbiano le caratterito viola il codice civile, che stabilisce che le stiche dell’infortunio, definito come un fatto clausole nelle quali vi è dubbio interpretativo fortuito violento (con concentrazione crosono sempre a favore dell’assicurato». Anche nologica) ed esterno. E questo è il problema questo è il mestiere del medico legale: la sinmaggiore: dev’essere prodotto dal fatto trautesi perfetta tra un dottore e un avvocato. matico». Perché è un problema? «Perché nelIl riferimento all’avvocato non è dovuto solo le polizze dirigenti le condizioni patologiche all’aggettivo “legale”, ma anche al fatto che, preesistenti che determinano un aggravaproprio come un avvocato, il professionista mento dei postumi escludono l’indennizzo. E si trova a consigliare il proprio assistito in si indennizzano solo le conseguenze dirette quello che Franco Marozzi definisce «il suq». ed esclusive della lesione», spiega Marozzi: «Indipendente dalla valutazione del medico «Per la polizza l’assicurato è un soggetto per legale, normalmente la compagnia fa all’assidefinizione integro e sano, il che significa che curato un’offerta di indennizzo, riconoscentutte le condizioni di natura generalmente dogli un tot di punti di invalidità. E se l’assidegenerativa o comunque patologiche esclucurato rifiuta, l’offerta potrebbe salire anche dono l’indennizzo. L’esempio classico: i mese il trucco cronico è quello di stare un po’ più nischi e le rotture dei tendini della spalla (la bassi del valore che il medico legale assegna. cuffia dei rotatori) nei soggetti di età medio Perché tutte le polizze prevedono la clausola avanzata, diciamo dai compromissoria, che 45anni in poi. Le condemanda la decisione LA COPERTURA È RELATIVA dizioni degenerative Generalmente sono escluse di indennizzo all’arbidi queste due artico- dall’indennizzo le questioni trato medico, un prolazioni, ginocchio e estetiche, così come le menomazioni cedimento che dura spalla, creano condi- dell’apparato sessuale due o tre mesi». Così zioni favorenti lo svidue medici legali, uno luppo della lesione. Quasi mai c’è il fatto trauper parte (assicurazione e assicurato), si conmatico che da solo la determina. L’assicurato tendono il valore dell’indennizzo. Ma a decilo percepisce sempre come infortunio, ma dere è un terzo medico legale, che fa appunto tecnicamente non lo è. E all’assicurazione da arbitro. In cambio dell’equivalente ecobisogna provare tutto». E allora? «Qui sta la nomico di un punto di invalidità: «Ognuna bravura dello specialista legale. Sono quedelle parti, ovvero assicurato e assicuraziostioni complicate, dal punto di vista tecnico. ne, deve all’arbitro come onorario l’equivaFacciamo l’esempio di una caduta con lo scolente di mezzo punto di invalidità. E un altro oter: l’ecografia che evidenzia la rottura di un mezzo punto lo deve al medico di parte». tendine non dimostra il legame causale tra Totale del conto: due punti andati. Comuntrauma e lesione. Se l’assicurato ha più di 50 que vada, conclude Marozzi «l’arbitrato per anni, l’assicurazione potrebbe considerare la la liquidazione dei costi non segue la regola degenerazione come favorente la lesione ed della soccombenza, quindi ogni parte mette eviterà di indennizzarlo. Ma il medico legale, comunque in conto di perdere un punto. Il attraverso una risonanza magnetica, potrebproblema si pone nella situazione in cui una be invece evidenziare che il tendine non è compagnia deve pagare magari quattro punti retratto quindi si è rotto proprio a causa del e quindi ne offre tre e mezzo: per il soggetto trauma. Non possiamo pensare che un ortoassicurato sarà antieconomico prendere il pedico sia in grado di fare un ragionamento giusto, perché il costo dell’arbitrato, a paradi questo tipo. O, ad esempio, l’assicurazione gone, è spropositato».

E AXA IN ITALIA PUNTA AL PRIMATO NELLA SALUTE Un obiettivo ambizioso e un’idea per raggiungerlo: diventare leader in Italia nel settore healthcare riportando il cliente al centro della proposta assicurativa. È il progetto per niente segreto di Axa, che vuole offrire una gamma di servizi unici e innovativi, che coniugano la componente di tecnologia con la professionalità e la competenza delle reti distributive. Il modo scelto per agganciare le nuove esigenze dell’utenza è offrire servizi ad alto valore aggiunto. Come quelli messi a disposizione dall’offerta “Aax Soluzioni Salute”, disponibile presso la rete di Banca Monte dei Paschi di Siena, intermediario del ramo danni, e la rete agenti di Axa Assicurazioni, che offre il consulto medico telefonico o con video chiamata, l’invio della ricetta medica in farmacia, il recapito a domicilio del farmaco e specifici servizi di assistenza a domicilio come un fisioterapista o un infermiere. «Vogliamo - racconta Patrick Cohen, amministratore delegato del Gruppo Axa in Italia - riuscire a fare la differenza per i nostri clienti e il tema della salute è centrale. Per noi la sfida è quella di passare dal confezionare dei prodotti al creare esperienze cliente e servizi unici, facendo leva su innovazione e tecnologia. Per esempio, il video consulto medico h24, 7 giorni su 7, o la consegna a domicilio del farmaco. Ma c’è di più: in caso in caso di infortuni o malattia il cliente avrà a disposizione un plafond unico di servizi di assistenza personalizzata tra cui scegliere, con fisioterapisti, infermieri, o babysitter e molto altro. Si tratta di innovazioni concrete che dimostrano con i fatti che vogliamo essere un partner dei nostri clienti, dove e quando serve».

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> WORKSHOP ASSICURAZIONI IN ATTESA DELLA SFERA DI CRISTALLO L’INDICE D’IMPREVEDIBILITÀ AIUTA LE IMPRESE Consentire alle imprese di monitorare l’evoluzione dei fattori di rischio e disporre di indicazioni utili a determinare le decisioni manageriali: oggi è possibile grazie alle analisi effettuate da Qbe Italia

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i può anticipare l’imprevedibile? Ci si può assicurare contro eventi che non sono in qualche modo definibile e anticipabili? E come proteggersi dagli scossoni della politica o dalle “bolle”? A dare una parziale risposta a questi problemi è Qbe Italia, player che opera nel campo dell’assicurazione e della riassicurazione, che ha creato un vero e proprio “Indice d’imprevedibilità” per consentire alle imprese di monitorare l’evoluzione dei fattori di rischio e disporre di indicazioni utili a determinare le decisioni manageriali. «L’analisi degli eventi politico-economici che abbiamo condotto – ci spiega Angela RebecNEL RIQUADRO A SINISTRA, ANGELA REBECCHI, GENERAL MANAGER DI QBE ITALIA chi, General Manager di Qbe Italia - indica che la volatilità è diventata un dato strutturale degli scenari in cui le imprese operano. nelle condizioni. Ed è bene dire che tutto queIn particolare dall’indice di Qbe emerge che, in Non era così in passato. Questo vuol dire che sto non significa necessariamente per l’impreItalia, il 40% dei manager ritiene “imprevedil’approccio alla gestione del rischio deve evolsa spendere di più, ma spendere meglio». bili” i prossimi 12 mesi e solo il 60% considera vere. La tipica media impresa italiana tende Per realizzare l’Indice Qbe ha intervista 1.314 la propria azienda in una condizione di sicuancora ad avere le sole coperture assicurative manager di Gran Bretagna, Francia, Germania, rezza. La quota scende al 45% se la prospettiabituali (per esempio furto, incendio) o quelle Italia, Spagna, Svezia e Danimarca. Il primo va si estende a tre anni. Sette aziende italiane richieste dai propri committenti. Manca, nella dato che emerge in maniera omogenea nei disu dieci si dichiarano pessimiste sul proprio gran parte dei casi, una consapevolezza dell’eversi paesi oggetti d’esame è che l’evoluzione futuro. A pesare sulla maggiore difficoltà di stensione dei rischi da del ciclo economico prevedere gli scenari evolutivi il peso sempre fronteggiare e del loro rappresenta oggi la maggiore di una politica che ha cambiato facANGELA REBECCHI (QBE ITALIA): possibile impatto eco- «L’approccio alla gestione del rischio deve preoccupazione princia: non più mantenimento dello status quo, nomico che si può ac- evolvere. La tipica media impresa italiana cipale: il 47% dei mama continua esigenza di cambiare le cose in quisire solo attraverso tende ancora ad avere le sole coperture nager intervistati (il ossequio alle istanze degli elettori. Chi avrebun’analisi, condotta da assicurative abituali come furto e incendio» 54% in Italia) ritiene be potuto prevede, ad esempio, i dazi commiun professionista, del questo fattore il meno nati da Donald Trump verso la Cina o la crisi profilo di rischio complessivo. Non si possono prevedibile nei prossimi dieci anni dopo esdelle relazioni diplomatiche tra Italia ed Eutrovare soluzioni efficaci di gestione del risersi rivelato il più imprevedibile nei passati ropa? Uno dei temi che emerge con maggiore schio senza passare da questo lavoro. Poi, cerdieci. E se il 68% degli intervistati ritiene “previgore è che quasi il 35% degli intervistati sta to, per rispondere ai nuovi bisogni deve evolvedibile” lo scenario di riferimento dell’azienprocedendo con accantonamenti cautelativi vere anche l’offerta delle compagnie. Dovrà da per i prossimi dodici mesi, la quota scende in attesa di vedere come si evolverà il futuro essere un’offerta molto più basata, rispetto a al 37% se l’orizzonte si estende ai prossimi prossimo. Perché uno spettro si aggira ancora quanto avviene oggi, sui singoli modelli di bucinque anni e al 29% se si allunga la prospetper l’Europa, ma il lenzuolo è cambiato parecsiness, quindi più flessibile nelle coperture e tiva a dieci anni. chio negli ultimi 170 anni.

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secondo a Venezia e si chiama Biennale dell’Arte, inaugurata a maggio di quest’anno. Partiamo dalla compagnia guidata da Philippe Donnet. L’azienda - che vide tra i suoi dipendenti lo scrittore Franz Kafka – detiene attualmente il 38,5% del capitale azionario di Ingosstrakh. Una quota rilevante che si traduce nell’espressione di tre membri (sui nove complessivi) del consiglio di amministrazione della società: Paolo Scaroni, Giorgio Callegari e Luciano Cirinà. Presentando i dati di bilancio a metà del mese di maggio, Generali non ha nascosto che vorrebbe aumentare nella compagnia assicurativa MIKHAIL VOLKOV sovietica e, per mostrare l’aumentato interesse, ha aperto una sede di rappresentanza a Mosca e ha nominato proprio Giorgio Callegari come nuovo presidente e Ceo di Generali Russia. Da Ingosstrakh viene confermato l’interesse di Trieste per un’ulteriore quota di azioni, ma nessuno si sbilancia sulla reale fattibilità dell’opeLa russa Ingosstrakh, partecipata dall’italiana Generali, è un player razione. Al centro della scena rimane Oleg Deridi riferimento per la Biennale di Venezia, ma anche per le operazioni paska, magnate che detiene il 10% del gruppo condotte con i Musei Puskin ed Ermitage e con il teatro Bolshoi assicurativo e che ha avuto recentemente qualche problema con gli Stati Uniti come, del resto, di Marco Scotti tutta l’economia russa. Solo nel 2018, infatti, è un filo sottile – ma poi neanche l’introduzione della Kasko, la copertura totale. Washington ha tolto le sanzioni che gravavano tanto – che unisce il Triveneto e MoLa composizione del portafoglio assicurativo sulle società di Deripaska, che ha deciso di risca. Questo filo ha un nome che non in Russia – e di conseguenza anche per Ingosvolgersi alla corte federale della capitale ameè ancora molto noto fuori dai confini russi, ma strakh – è al 70% per il mercato retail, al 20% ricana per intentare una causa contro il Tesoro. che è al centro di grandi manovre economiper quello commerciale e al 10% per il settore Per capire invece il legame con Venezia bisogna che e finanziarie: Ingosstrakh. Si tratta di una medico. L’azienda, nel 2018, ha fatto registrare leggere un numero: 35%. Si tratta della quota compagnia di assicurazione e riassicurazione un fatturato di 1,44 miliardi di dollari, con un di mercato di assicurazioni relative al mondo che detiene circa il 10% del mercato russo del utile netto di 113 milioni e asset totali di poco dell’arte che Ingosstrakh gestisce in Russia, una comparto, che può annoverare tra i suoi clienti inferiori ai 2,8 miliardi. L’utile è sceso del 38% cifra che ne fa il primo operatore grazie anche due tra i più importanti musei russi, l’Ermitage rispetto al 2017 a caualle operazioni con i di San Pietroburgo e il Puskin di Mosca. Recensa di una congiuntura Musei Puskin ed ErTRA I LEADER DEL COMPARTO IN RUSSIA temente la compagnia assicurativa sovietica è economica partico- Nel 2018 l’azienda ha registrato mitage e con il teatro tornata alla ribalta per aver dovuto rifondere i larmente complicata. un fatturato di 1,44 miliardi Bolshoi. Per aumentaparenti delle vittime del recente disastro aereo Ma la patrimonializza- di dollari, con un utile netto re la conoscenza di un del volo Ssj100, che ha preso fuoco il 5 maggio zione rimane buona, di 113 milioni e asset per 2,8 miliardi brand che, al di fuori scorso all’aeroporto di Mosca Sheremetyevo intorno al miliardo della Russia, è ancora dopo un atterraggio di emergenza. L’azienda è di dollari. Oggi l’azienda è guidata da Mikhail piuttosto sconosciuto, la compagnia ha deciso nata nel 1947, subito dopo la Seconda Guerra Volkov, ceo 47enne che ha le redini dell’aziendi legare il proprio nome a doppio filo a quello Mondiale, per proteggere le proprietà sovietida dall’aprile del 2014. Ma, si diceva, c’è un filo del proprio paese diventando al tempo stesso che in giro per il mondo, in Germania, Austria, rosso che lega la compagnia di assicurazioni al sponsor principale e assicuratore del PadiglioUsa, Finlandia, Cina, India e molti altri paesi. nostro paese, per almeno due motivi: il primo si ne della Biennale dell’Arte di Venezia che è stata Tra i meriti che le vanno riconosciuti anche trova a Trieste e risponde al nome di Generali, il inaugurata ai primi di maggio di quest’anno.

L’inventore della «kasko» ora assicura le opere d’arte

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DAL PARCO TECNOLOGICO AL NETTARE DEL SANNIO

FLORIANO PANZA

APPROFONDIMENTI

Per Floriano Panza, dal 2015 sindaco di Guarda Sanframondi, il legame col territorio va al di là del ruolo istituzionale. E diventa una vera missione

66 DOMENICO DE MASI LO SAPEVATE? SI PRODUCE DI PIÙ LAVORANDO DI MENO

68 TERRITORI È IL MERIDIONE A DARE ENERGIA AL PAESE

70 FARMINDUSTRIA SE “BIG PHARMA” RENDE “BIG” TUTTA L’ITALIA

74 ANDAF IL TRUST ALL’ITALIANA COMPIE TRENT’ANNI

77 AIFI LE PMI ITALIANE STRIZZANO L’OCCHIO AL VENTURE CAPITAL

82 QUI PARIGI APPUNTI DALLA DÉFENSE (DI G. CORSENTINO)

di Alfonso Ruffo

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ultimo accordo per la commercializzazione del suo nettare, la Falanghina del Sannio, l’ha chiuso con il Canada appena un mese fa. Ma la rincorsa di Floriano Panza, dal 2015 sindaco di Guarda Sanframondi – il comune che ogni sette anni celebra l’antico rito dei battenti – parte da lontano. E finalmente lo scorso anno riesce a ottenere da Bruxelles il riconoscimento di Città europea del vino 2019 per il proprio territorio: Guardia e i municipi limitrofi di Castelvenere, Sant’Agata de’ Goti, Solopaca e Terrecuso. Tutti in provincia di Benevento e più precisamente della Valle del Calore. Dal distretto proviene l’80 per cento del vino bianco campano e il primo cittadino del comune capofila sa bene che le carte da giocare sono più di una: non solo migliorare la conoscenza il prodotto di punta per il quale allargare i mercati di sbocco ma anche L’AUTORE ALFONSO RUFFO

affermare la bellezza dei borghi e incentivare il turismo. Anche per questo Panza ha meritato quest’anno il premio VitignoItalia. Motivazione: Per aver trasformato la vocazione vinicola di un’area in un progetto di cooperazione territoriale capace di contaminare e coinvolgere imprese e operatori, istituzioni e cittadini, dando vita in Campania a un distretto sostenibile e responsabile. Una bella soddisfazione per l’ex presidente del Parco tecnologico di Benevento che spiega: questo premio è un importante riconoscimento a tutti i sindaci che hanno creduto nel progetto Sannio Falanghina sin dal primo momento e rappresenta uno stimolo a continuare insieme per raggiungere risultati sempre più ambiziosi. Certo, nel panorama delle grandi realizzazioni, dei grandi eventi, dei grandi accordi internazionali, la promozione della Falanghina del Sannio può sembrare un fenomeno marginale, e in termini quantitativi lo è. Ma l’energia del Paese dipende sempre di più dalla rivoluzionaria riscoperta del Chi fa da sé fa per tre.

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APPROFONDIMENTI

Si produce di più (e meglio) lavorando di meno È più efficace l'atteggiamento competitivo o quello solidale? Il sociologo Domenico De Masi non ha dubbi. E alla 35ma kermesse di Nielsen detta la sua ricetta per migliorare la fiducia di cui le imprese sono carenti di Riccardo Venturi

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ecuperare un autentico atteggiamento solidale, più efficace di quello competitivo come dimostrato da Darwin, praticato da Adriano Olivetti e ribadito dal guru del management Peter Drucker. È la ricetta controcorrente del sociologo Domenico De Masi per recuperare fiducia, un bene prezioso di cui le imprese italiane sono carenti. Per De Masi si deve abbandonare l’idea che la soluzione sia lavorare di più: al contrario, lavorare di meno fa aumentare la produttività, come Ford aveva capito già negli anni Venti del secolo scorso. «Certo sapere che si produce di più con meno lavoro per me napoletano è una splendida notizia, per i milanesi una coltellata al cuore…» aggiunge da par suo il sociologo. Lo abbiamo intervistato a margine della 35esima edizione di Linkontro, l’appuntamento annuale di Nielsen dedicato alla business community del largo consumo, dal titolo “Build Trust. Rigenerare fiducia per guardare lontano”. La mancanza di fiducia delle imprese è un problema legato a dati oggettivi oppure dipende dal clima e dal loro stesso atteggiamento? Oggettiva è la cultura dell’impresa, prevalentemente liberista. Nelle prime pagine della Ricchezza delle Nazioni, Adam Smith ha scritto la celebre frase: «Non è dalla

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benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse personale». Il pranzo dunque non viene dalla generosità, ma da due egoismi. Tutta l’ideologia liberale è impiantata sull’egoismo, sull’incontro tra un consumatore che vuole spendere poco e un produttore che vuole guadagnare molto. Ma come due egoismi possano diventare un equilibrio Smith non lo sa, si affida al miracolo del mercato, alla soluzione teologica SECONDO IL GURU DEL MANAGEMENT PETER DRUCKER, IL MOTORE DELL'IMPRESA CONTEMPORANEA È LA MOTIVAZIONE, NON IL CONTROLLO

della mano invisibile. Siccome le aziende hanno fatto proprio il modello liberista è ovvio che non abbiano fiducia, sotto sotto sono egoiste. Inoltre sono più potenti del consumatore, e il meccanismo della pubblicità provoca in loro il sano sospetto che ci sia un’equipe di specialisti pagati per fregarli, che sia ingannevole perché esagera i pregi e nasconde i difetti del prodotto. Questo genera ulteriore sfiducia. Ma non esiste un motivo specifico che porta le imprese italiane a essere sfiduciate? Non capisco prché l’impresa italiana abbia

mutuato il credo liberista pur essendo impregnata di cattolicesimo solidarista, e di cultura mediterranea, quindi portata alla solidarietà. Anche perché se confronti un atteggiamento basato sulla solidarietà a una che si affida alla competitività, è molto più efficace il primo. Darwin ha spiegato che sopravvivono i branchi solidali, non quelli aggressivi. Eppure ci sono tante storie d’impresa basate sulla competitività, non sulla solidarietà. Altrimenti si scoprirebbe che vanno meglio le imprese solidali. Peter Drucker, grande guru del management, verso la fine della sua vita si è messo a studiare le società no profit, ed è giunto alla conclusione che il motore dell’impresa contemporanea è la motivazione, non il controllo come per quelle precedenti. E dove si è più motivati? Nelle organizzazioni no profit. Drucker ha analizzato le Ong che lavorano in Africa o nelle zone colpite da calamità naturali, ha visto che motivano attraverso valori solidali mentre le imprese tradizionali hanno valori conflittuali. Il limite delle no profit è la durata della motivazione, che tende a essere breve: i volontari che accorrono dopo un terremoto dopo un anno tendono a smettere. Oliviero Toscani, proprio qui a Linkontro Nielsen, ha affermato: «La fiducia è la cosa più preziosa, ma per dare fiducia ci vuole


TUTTA L'IDEOLOGIA LIBERALE È IMPIANTATA SULL'EGOISMO E SULL'INTERESSE DEI PLAYER generosità». La generosità è esclusa dall’impresa. Ora si è messa a fare welfare solidale perché rende, dà 10 perché le torni 20. L’unico imprenditore ad avere avuto un’altra mentalità è stato Adriano Olivetti, che aveva concepito l’organizzazione aziendale e non solo in modo completamente diverso. Ma la sua eredità si è totalmente persa subito dopo la sua fine. Fin quando l’Olivetti è stata solidale ha avuto successi enormi, al momento della morte di Adriano nel 1960 l’anno precedente aveva aumentato del 30% le vendite in Italia e del 40% negli Stati Uniti, aveva aumentato di 10 punti percentuali i dividendi. E allo stesso tempo aveva creato una scuola, degli asili, il che era la dimostrazione che avrebbe scardinato il capitalismo italiano: forse saremmo stati il primo Paese in assoluto a sperimentare una forma di socialismo capitalistico. Non saremo mai grati abbastanza a Adriano Olivetti, gli altri sono pigmei al suo cospetto, perfino Enrico Mattei, che aveva una visione solo aziendalistica, mentre quella di Olivetti era a 360 gradi, teorizzava una comunità che doveva essere retta da un team costituito da industriali, intellettuali e politici. Cosa devono fare le imprese per dare fiducia? Sono giudicate soprattutto sul lavoro. Un

il primo a passare alle 8 ore nelle sue fabbritema sul quale circolano un po’ di fake che. Ma i nostri manager si autoilludono che news. Una di queste: per aumentare il lail problema consista nel lavorare il più posvoro ci vuole la crescita. Non è così. Con sibile. Hanno una visione del lavoro come l’introduzione delle macchine tessili, poi di fatto frenetico. Invece di cavalieri sereni su quelle elettromeccaniche, si aveva un calo cavalli imbizzarriti, abbiamo manager imdell’occupazione, ma subito dopo una riprebizzarriti su cavalli sereni… sa. Ci rimettevano cavalli e cocchieri, ma poi Crede che in Italia ci sia un problema di imnascevano capostazioni e ferrovieri. Ma dapreparazione dei manager? gli anni ‘70 è arrivata la tecnologia digitale Pensare che più lavori più produci è una che ha una logica completamente diversa. I bestialità assoluta. L’impreparazione della prodotti Apple sono engineered in California managerialità italiana è dimostrata dal fatda poche migliaia di persone, ma to che in 10 anni sono state chiuse tutte le assembled in China. Una fabbrichetta breprincipali scuole di management. La Fiat sciana di bancomat ha tolto lavoro a 5mila ha chiuso quella di Marentino, che era una cassieri. L’intelligenza artificiale applicata grande scuola. L’Ibm quella di Novedrate, alle macchine meccaniche ha tolto lavoro l’Eni Castel Gandolfo, Telecom la Reiss Roagli operai, poi è stato il turno degli impiegamoli. E sa perché? Costavano troppo. Se c’è ti, ora lo sta togliendo anche a professionisti una cosa che non costava niente è quella... A e manager. Le macchine distruggono posti un certo punto le imprese sono state prese di lavoro, l’uomo ha imparato a produrre con dall’idea che i manager potessero formarsi meno lavoro umano. da soli. Olivetti faceva Come se ne esce? Prima di tutto si IN GERMANIA SI LAVORA 1400 ORE L'ANNO, un anno di formazioIN ITALIA 1800: PRODUCIAMO IL 20% ne, oggi li assumono deve lavorare meno. IN MENO DEL PIL, CON UNA PRODUTTIVITÀ Ci vuole più tem- INFERIORE DEL 26% CAUSA DEI MANAGER e il giorno stesso li mettono a fare cose po libero. Nei Paesi importanti. Così cala la produttività. Tanto protestanti alle 17 escono dall’ufficio, in più che in Italia, dove a differenza della GerItalia escono le donne e restano gli uomini. mania i lavoratori sono esclusi dalle deciI maschi restano in ufficio per sfiducia delsioni, i manager hanno più responsabilità e la famiglia, il che crea una finta fiducia nel dovrebbero essere più preparati. lavoro. Ma la verità è che laddove si lavora Che consiglio si sente di dare ai manager meno si produce di più. In Germania si lavoitaliani? ra 1400 ore all’anno, in Italia 1800 ore. Con Eraclito diceva che è nel mutamento che 400 ore in più produciamo il 20% in meno del le cose si riposano. Ho sempre provato a Pil, e abbiamo una produttività inferiore del esercitarmi a sentirmi riposato nel muta26%. Prima o poi questo 26% produttività in mento, sono più infastidito dalle cose che meno sarà addebitato ai manager italiani, restano sempre uguali che dal mutamenche tolgono lavoro a 65mila giovani: non un to. L’intelligenza artificiale sta preparando merito, ma un crimine. In Germania, poi, i un futuro migliore del passato. Per essere lavoratori stanno nei cda, possono incidere preparati bisogna sentirsi continuamente sull’organizzazione e sul parco tecnologico. in trasformazione rispetto al mondo che In Italia sono esclusi, tutta la responsabilità cambia, se dipendesse da me non sarei è dei padroni. Questo è l’altro motivo princimai maturo né nelle idee né nello stile, pale per cui siamo meno produttivi. Ma l’idea sarei sempre incompiuto e sperimentale. che si deve lavorare di più è sbagliata, più si Il mutamento come fatto riposante invece lavora meno si è produttivi. Non c’è dubbio che stressante, sentendosi sempre sperisu questo, lo si è scoperto fin dagli anni venti mentali, rende felici. con fior fiore di ricerche. Per questo Ford fu

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APPROFONDIMENTI

Macchè divario economico il Sud dà l'energia al Paese Nell'Italia meridionale sono insediate le maggiori raffinerie, si produce il 52% delle energie rinnovabili della penisola, approdano i due grandi gasdotti provenienti dall'Africa. Un ruolo strategico che va riconosciuto di Federico Pirro *

È

noto alla grande opinione pubblica terraferma - e da altri on e off-shore della che l’Italia meridionale è già da tempo Sicilia sud orientale? un grande hub energetico ove giunQuelli appena richiamati sono dati che, pur gono flussi di risorse strategiche necessanella loro evidente schematicità, contribuirie alla sua economia? E si è a conoscenza scono a smentire ancora una volta, qualora che nel Mezzogiorno - oltre a quella genepure ve ne fosse bisogno, una visione delle rata in grandi centrali a combustibili fossili regioni meridionali segnate solo dal persidi Enel, Edison, Sorstente divario con le AL SERVIZIO DEI GRANDI IMPIANTI SONO genia, Erg, En.Plus economie del Nord. ATTIVI CLUSTER DI AZIENDE DI PICCOLE, - si produce il 52% Ricordiamoli allora MEDIE E IN QUALCHE CASO ELEVATE delle energie rinnobrevemente gli eleDIMENSIONI, COME LA IREM DI PRIOLO vabili del Paese, ad menti che concorroeccezione di quella da fonte idroelettrica no ad evidenziare una delle funzioni più rilee geotermica, e che vi si estrae il 62% del vanti che il Sud svolge al servizio dell’intero gas italiano, insieme a quasi tutto il petrolio sistema produttivo italiano. nazionale da giacimenti on shore in BasiliNel Meridione approdano ormai da anni cata - i maggiori d’Europa sinora reperiti su due grandi gasdotti provenienti dall’Africa

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settentrionale ed un terzo sta per giungere a Melendugno nel Salento in Puglia, trasferendo in Italia gas dagli enormi giacimenti di aree prospicienti il Mar Caspio. A Mazara del Vallo arriva il metanodotto TransMed che, partendo dal campo di estrazione di Hassi R’Mel in Algeria, attraversa la Tunisia e in un lungo tratto sottomarino il Canale di Sicilia. A Gela, invece, giunge l’altro metanodotto, il Greenstream che parte dal bacino estrattivo di Wafa in Libia e trasporta il gas lungo una condotta sottomarina di 520 chilometri. La Tap-Trans Adriatic pipeline infine partirà da Kipol - al confine fra Grecia e Turchia dove si collegherà al Trans Anatolian Pipeline - e dopo 878 chilometri dei quali 105 sottomarini porterà metano nella rete di adduzione del nostro Paese. Nell’Italia meridionale poi sono insediate le maggiori raffinerie italiane per capacità di lavorazione: a Sarroch nel Cagliaritano opera quella della Saras controllata dalla famiglia Moratti, a Priolo l’altra della Isab acquisita alcuni anni orsono dai Russi della Lukoil, ad Augusta è in esercizio la terza, già della statunitense Exxon Mobil e di recente venduta agli Algerini della Sonatrach, mentre a Milazzo nel Messinese produce quella della RAM, una joint-venture fra Eni e Kuwait Petroleum. A Taranto infine è in esercizio un impianto di minori dimensioni rispetto ai quattro citati in precedenza che lavora tra l’altro il greggio estratto in Val d’Agri in Basilicata da Eni e Shell e che potrebbe raffinare anche quello che sarà estratto sempre nella stessa regione da Total, Shell e Mitsui dal giacimento di Tempa Rossa. A Gela invece la vecchia raffineria dell’Eni - la cui prima pietra venne posata alla presenza di Enrico Mattei il 19 giugno del 1960 - con un investimento di 237 milioni è stata riconvertita a bioraffineria. Tali impianti inoltre, com’è intuibile, alimentano imponenti flussi di importazioni di petrolio ed esportazioni di prodotti raffinati che vedono alcune province del Sud come quelle di Siracusa e Cagliari ai primi posti fra quelle meridionali per i volumi di beni venduti all’estero.


Inoltre, al servizio di questi grandi impianti di lavorazione del greggio sono attivi da lungo tempo cluster di aziende impiantistiche di piccole, medie e in qualche caso elevate dimensioni, come ad esempio la Irem a Priolo che nel 2017 ha fatturato 158,5 milioni, o la Sicilsaldo a Gela che sempre nello stesso anno ha registrato ricavi per 108,9 milioni. Aziende qualificate, peraltro, alcune delle quali, proprio grazie alle esperienze maturate nei cantieri impiantistici e manutentivi meridionali, hanno poi acquisito commesse su mercati esteri, aprendovi in qualche caso anche delle filiali permanenti. Oltre il 60% della capacità di raffinazione del Paese è dunque localizzato nel Mezzogiorno, collocato al centro del Mediterraneo lungo le rotte petrolifere che attraversano anche il Canale di Suez e che vedono così gli attracchi di Sarroch, Augusta, Milazzo e Taranto movimentare ben oltre il 40% del traffico di petrolio dell’Italia. Ora, grazie a quegli scali - e ad altri come quelli di Napoli, Gioia Tauro e Brindisi lungo le maggiori direttrici mediterranee dei traffici energetici - il Sud potrebbe sfruttare il suo felice posizionamento ospitando in una sempre più articolata logistica dell’energia altri massicci investimenti in impianti di stoccaggio di nuovi combustibili, come ad esempio il gas naturale liquefatto; e progetti in tale direzione sono già stati presentati, sia pure ancora informalmente, dalla Edison all’Autorità portuale di Napoli, e all’Amministrazione comunale di Brindisi il cui scalo si colloca fra quelli gestiti dall’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico meridionale con sede centrale a Bari. Ma c’è di più. Ormai nelle regioni meridionali si localizzano i maggiori impianti italiani di generazione elettrica da fonte eolica e fotovoltaica, facenti capo spesso a grandi aziende italiane ed estere: la Puglia, ad esempio, è la prima regione del Paese sia per la quantità di GWh prodotti dalla forza del vento, pari nel 2017 a 4.979,7, e sia per quella generata dalla luce del sole, che ha raggiunto nello stesso anno i 3.781 GWh; e

grazie anche alla presenza sul suo territorio di centrali come quella a carbone dell’Enel a Brindisi da 2.640 MW - di cui la società annuncia peraltro la riconversione a metano - e di Sorgenia, Edison, En.Plus tutte a gas, ed anche di termovalorizzatori e di centrali a biomasse, la stessa Puglia è la seconda regione d’Italia alle spalle della Lombardia per energia generata da fonti fossili e rinnovabili. Ed anche in tali comparti è attivo un indotto costituito in prevalenza da Pmi - ma anche in taluni casi da imprese maggiori - che vanno dai costruttori di torri eoliche di ogni grandezza come la Leucci costruzioni di Brindisi alla 3Sun di Catania, controllata dall’Enel, che produce pannelli fotovoltaici, dalla danese Vestas che a Taranto costruisce grandi pale per macchine eoliche esportate in vari Paesi - e che nel 2017 ha raggiunto 185,3 milioni di fatturato - ai montatori delle wind

farm e dei parchi fotovoltaici, diffusi ormai in varie zone delle regioni meridionali. Ora, sia la posizione geografica dell’Italia meridionale e sia il patrimonio tecnologico e infrastrutturale che vi è localizzato, se da un lato consentono ai suoi territori di svolgere IL PATRIMONIO TECNOLOGICO E INFRASTRUTTURALE MERIDIONALE FAVORISCE LA CRESCITA DI RICERCHE APPLICATE E DI PROFILI PROFESSIONALI

funzioni strategiche al servizio del Paese in materia energetica, dall’altro creano le condizioni per favorire in loco una crescita sotto il profilo scientifico di ricerche applicate e di profili professionali classificabili nell’ambito dell’energy management che potrebbero assicurare sbocchi occupazionali qualificati di apprezzabili dimensioni a tanti giovani diplomandi e laureandi negli Istituti superiori e nelle Università meridionali. Lavorare così al crescente potenziamento tecnologico degli impianti di generazione delle energie rinnovabili e del loro stoccaggio - gestendo una fase che si profila sempre più nitidamente come un lungo periodo di transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili - consentirebbe a tante risorse umane oggi in formazione di trovare occupazione altamente qualificata e di sentirsi partecipi a livello mondiale di una grande missione civile finalizzata a contenere i cambiamenti climatici. È questa una sfida molto dura per tutti, ma sicuramente affascinante.

* docente di storia dell’Industria all’Università statale di Bari

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APPROFONDIMENTI

SE BIG PHARMA RENDE “BIG” L’ITALIA Siamo leader in Europa per produzione, investimenti in ricerca, competitività, valore. Ecco perché il settore farmaceutico chiede norme pro-innovation. Le proposte del presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi di Marina Marinetti

L

a buona notizia è che siamo leader in Europa, anche se i problemi sul tappeto sono tanti. Il valore della nostra produzione farmaceutica, 32 miliardi di euro, ci pone in testa alle classifiche dell’Unione Europea. Una medaglia che ci appuntiamo al petto grazie a oltre 1,7 miliardi investiti in ricerca ogni anno, il 22% in più rispetto a solo cinque anni fa. Siamo specializzati in farmaci biotech, vaccini, emoderivati, farmaci orfani e terapie avanzate: tra le prime autorizzate in Europa tre sono nate in Italia. La ricerca farmaceutica è quasi interamente finanziata dalle imprese: a cominciare dagli oltre 700 milioni all’anno destinati alle strutture pubbliche per gli studi clinici. E i ritorni sull’investi-

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mento sono da record: ogni euro speso per la vaccinazione ne fa risparmiare 16 in terapie, grazie alla cura per l’epatite C non spendiamo più quel miliardo (e passa) di euro l’anno per trattare i malati, curarsi riduce del 65% i ricoveri (che costano un OGNI EURO SPESO PER LA VACCINAZIONE NE FA RISPARMIARE 16 IN TERAPIE E LA CURA PER L’EPATITE C HA ELIMINATO PIÙ DI UN MILIARDO DI EURO DI SPESA

migliaio di euro al giorno, quasi 4 anni di assistenza farmaceutica). Il settore, insomma, rappresenta una grande opportunità per l’Italia, in termini di contributo diretto, indotto, maggiore produttività e risparmi per il welfare. Eppure, ogni volta che si

parla dell’argomento, c’è chi storce il naso. Perché le case farmaceutiche “guadagnano sulla pelle delle persone”. «Veramente sono le persone che guadagnano anni di vita grazie alle case farmaceutiche. Anche perché senza di noi la ricerca non la farebbe nessuno», ribatte Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria e presidente e amministratore delegato di Janssen Italia. Che come obiettivo prioritario del suo mandato biennale (scadrà nel 2020) si è posto quello di «dialogare con le istituzioni per una nuova governance farmaceutica basata sull’equità e sulla stabilità delle regole». Appunto: parliamo del documento in materia di governance farmaceutica presen-


SIAMO "BIG": PER LA VITA, PER LA RICERCA, PER IL PAESE tato dal ministro della Salute Giulia Grillo a dicembre dello scorso anno. Quel documento è uscito agli inizi del mandato del ministro. Abbiamo chiesto di poterlo discutere insieme, perché è importante che le aziende contribuiscano alla sostenibilità del Sistema sanitario nazionale, ma è altrettanto importante mantenere vivo il settore, che è il fiore all’occhiello dell’economia italiana. E com’è finita? Abbiamo firmato un patto con le Regioni impegnandoci a chiudere tutta la questione del payback, che era in sospeso dal 2013. E l’abbiamo chiusa. Ora si apre la seconda parte del patto che è il nostro coinvolgimento per discutere insieme la nuova governance. Così abbiamo trovato un accordo con le Regioni, portato all’attenzione del Ministero della Salute che poi lo ha reso possibile. Per chi si fosse sintonizzato soltanto ora, spieghiamo in cosa consiste il meccanismo del payback. L’Italia è l’unico paese in cui già a inizio anno si conosce a quanto ammonterà la spesa farmaceutica, perché è lo Stato che fissa la percentuale di spesa farmaceutica sul totale della spesa sanitaria nazionale. Se questo tetto viene sforato noi dobbiamo

restituire l’eccedenza. Ed essendo il nostro un settore etico, non possiamo certo bloccare le forniture dei farmaci, perché i malati ne hanno bisogno. Se poi lo Stato spende di più di quello che aveva fissato a inizio anno, ci viene chiesto indietro l’ammontare dell’eccedenza della spesa. Un meccanismo interessante... soprattutto per i conti pubblici.

Infatti. Questa percentuale di spesa farmaceutica fissata in anticipo sulla spesa sanitaria è cronicamente inadeguata. Il tetto nasce già sforato, perché quando lo Stato ha avuto bisogno di fare cassa l’ha abbassato: se ieri era la somma delle risorse disponibili per i tetti di spesa era il 16,4 per cento del Fondo Sanitario Nazionale, oggi è complessivamente il 14,85 per cento. Non solo: a fronte dei 14 miliardi di

Occupazione: var % 2014-2018 (var.% cumulata) Farmaceutica Alimentari e bevande Meccanica Mezzi di trasporto Metalli Chimica Industria manifatturiera 0%

2%

4%

6%

8%

10%

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APPROFONDIMENTI

2018

I NUMERI DELLA FARMACEUTICA

66 MILA ADDETTI

90% LAUREATI/DIPLOMATI 42% DONNE

32 MLD VALORE

DELLA PRODUZIONE LEADER IN EUROPA

+22% CRESCITA

DELLA PRODUZIONE DAL 2008 AL 2018 (-14% MEDIA)

PER IL 100% GRAZIE EXPORT

2,8 MLD RICERCA

E INNOVAZIONE + 22% IN 5 ANNI

PIÙ DELLA MEDIA EUROPEA (+16%) FONTE: ELABORAZIONI FARMINDUSTRIA SU DATI ISTAT

euro di ricavi fissati come tetto di spesa farmaceutica, il nostro settore rende allo Stato più di quello che incassa. Parliamo di 15 miliardi tra contributi e stipendi. Continuiamo a chiedere di superare questo meccanismo e speriamo di trovare un punto di incontro. Non c’è speranza, dunque? A inizio anno l’Agenzia del farmaco (Aifa) assegna un budget alle singole aziende. Ma dato che negli anni il tetto di spesa veniva diminuito, abbiamo avuto sempre budget in decremento. Un sistema assurdo mai risolto. Però sono stati presentati diversi ricorsi al Tar, che ci hanno dato ragione sul fatto che i numeri fossero sbagliati. Così abbiamo trovato un accordo con le Regioni, portato all’attenzione del Ministero della Salute. Ovvero? Noi ci siamo presi in carico il pagamento di 2.378 milioni di euro di payback relativo

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al periodo 2013-2017, che erano rimasti in sospeso. Adesso quello che ci aspettiamo è che la nuova governance farmaceutica venga discussa insieme, sperando di poter dare il nostro contributo. Tutto questo alla vigilia dell’assemblea di Farmindustria di luglio. Come sempre punteremo al valore del nostro settore per il Paese e in ambito mondiale: la produzione e la ricerca hanno connotazioni sempre più globali e noi in Italia rappresentiamo un valore economico straordinario, al di là dell’export, che è ormai di oltre il 75% della nostra produzione. Dal 2008 al 2018, nonostante la crisi, siamo cresciuti del 22% nel valore della produzione, a fronte di una media industriale nazionale che segnava un meno 14%. E tutto questo grazie all’export. Se, per assurdo, tutto il settore industria italiano fosse stato farmaceutico, non avremmo avuto la crisi economica che abbiamo vissuto. Credo sia IN ITALIA LE CASE FARMACEUTICHE SONO OBBLIGATE A VERSARE ALL’AIFA LE ECCEDENZE RISPETTO ALLA SPESA PREFISSATA A INIZIO ANNO DALLO STATO

importante proprio ribadire il fatto che oggi c’è un’industria che rappresenta un valore economico importante per il Paese e soprattutto che porta vita. Ma l’industria farmaceutica non era una sorte di Spectre? La critica è facile da fare. Ma pensiamo al cancro: oggi 2 persone su 3 sopravvivono dopo 5 anni, trent’anni fa erano meno di 1 su 3, e questo per l’83% grazie ai nuovi farmaci. L’epatite C è diventata curabile. La mortalità per malattie cardiovascolari è scesa del 30% in 10 anni. Le vaccinazioni hanno eradicato malattie come vaiolo o poliomielite. L’Hiv/Aids è diventato una patologia cronica con un’aspettativa di vita di 70 anni. Ma la ricerca costa: per sviluppare un farmaco occorrono dai 10 ai 12 anni e circa 2,5 miliardi di euro. Biso-

gna pagarla, altrimenti chi la fa? E arriviamo alla polemica sui prezzi... Che però in Italia sono mediamente più bassi del 20-25% rispetto al resto d’Europa perché sono frutto di una negoziazione con Aifa. Devo sottolineare che non è vero che i prezzi li fanno le aziende farmaceutiche, anzi. Inoltre dopo la negoziazione del prezzo, sostanzialmente tutti i farmaci sono soggetti ad altri sconti, fissati per legge, del 5%+5%, a cui si aggiunge in alcuni casi un ulteriore taglio dell’1,83%. Aifa poi firma con le aziende, in particolare sui medicinali innovativi, contratti di rimborso condizionato al risultato del trattamento. Vengono tenuti dei registri in Aifa a carico nostro in cui i medici annotano l’efficacia dei farmaci: se funzionano vengono rimborsati, altrimenti no. È una best practice italiana: il 35% dei contratti mondiali di questo tipo sono in essere in Italia. Gli altri Paesi europei hanno quote sotto il 5%. E poi le dico una cosa: dal prezzo, che già mediamente è il più basso d’Europa, bisognerebbe detrarre anche parte dei payback. I nostri prezzi sono così bassi che arrivano a comprarli dall’estero per rivenderli: è capitato spesso di avere carenze di alcuni farmaci per questo motivo. Credo che l’Italia farebbe bene a mantenere il sistema che ha, perché è il più vantaggioso per tutti: i farmaci contribuiscono all’allungamento e alla qualità della vita, riducendo spesso i costi nelle altre voci di spesa socio-sanitaria, con investimenti in ricerca di 1,7 miliardi di euro all’anno solo in Italia. La ricerca farmaceutica è quasi interamente finanziata dalle imprese: a cominciare dagli oltre 700 milioni all’anno destinati alle strutture pubbliche per gli studi clinici. Il valore della nostra produzione farmaceutica ha consentito all’Italia di essere prima in Europa. Big pharma, appunto. Siamo veramente “big” per il valore della ricerca, per la vita e per il valore economico per il nostro paese.


PRIVATE BANKER

Finita la sbornia dei Pir adesso tocca agli Eltif europei I nuovi fondi di investimento a lungo termine destinati a finanziare le Pmi promettono rendimenti stabili, ma presentano anche fattori di rischio aggiuntivi per via dell'impossibilità di vendere prima della scadenza di Ugo Bertone

N

on c’è che dire: la finanza stimola la fantasia, anche quella del legislatore. Manco il tempo di digerire pregi e difetti dei Pir, i Piani individuali del risparmio introdotti dalla Legge di Stabilità 2017, ed ecco che spunta sul mercato una nuova offerta: gli Eltif, acronimo di European Long Term Investment Fund, ovvero una nuova forma di fondo di investimento concepito in sede europea con l’obiettivo di favorire l’afflusso dei risparmi delle famiglie alle piccole e medie imprese in alternativa alle banche. La stessa missione dei Pir, ma con alcune significative differenze. Gli Eltif sono fondi chiusi, il che significa che i risparmi sono investiti con un’ottica di medio-lungo termine (non meno di 6-7 anni) per almeno il 70% in azioni ed obbligazioni di società non quotate o comunque con una capitalizzazione inferiore ai 500 milioni. Il restante 30%, invece, può essere gestito senza vincoli. Il sistema, per sua natura, ha perciò un fattore di rischio aggiuntivo rispetto ai fondi aperti perché il sottoscrittore non potrà vendere prima della scadenza. Per contro, il L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

sistema offre grande flessibilità di manovra al gestore che può entrare ed uscire dall’investimento nel rispetto di certe regole. Inoltre, vista la presenza in portafoglio di prodotti non quotati, sarà sganciato dalle oscillazioni dei mercati e, perciò, è in grado di offrire rendimenti stabile nel lungo termine. Massimo Doris, ad di Mediolanum, già fiuta l’appeal di un prodotto “destinato a restare lì”, senza richiedere interventi correttivi. Come fosse un lingotto d’oro. Un prodotto per certi versi assai attraente, ma che merita di essere trattato con cautela. Non a caso il legislatore italiano, in sintonia con le indicazioni Ue, ha previsto una serie di cautele. Gli investitori che non dispongono di un portafoglio liquido (contanti e strumenti finanziari) almeno pari a 500 mila euro, potranno investire in Eltif non più del 10% del patrimonio. E laddove il portafoglio del cliente sia inferiore ai 500mila euro è previsto un investimento minimo di almeno 10 mila euro. Decisivo, come già capitato ai Pir, sarà il trattamento fiscale, l’ultimo tassello che manca per garantire un decollo di successo. Un emendamento leghista al decreto crescita prevede agevolazioni di due tipi: l’esenzione, come già accade per i Pir, dei redditi da capitale. In futuro ci sarà anche una detrazione ai fini Irpef del 30% ed il vantaggio fiscale potrebbe essere estesa all’Ires, con vantaggi

IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE GIOVANNI TRIA

per le persone giuridiche. Date le premesse, Equita Sim si è spinta a prevedere, a regime, una raccolta annua attorno ai 7-8 miliardi di euro, una stima basata sull’esperienza inglese, dove gli Eltif hanno raccolto 7,7 miliardi di sterline. Ma è una previsione per difetto, perché il dato del Regno Unito si riferisce al solo mercato retail senza considerare il contributo di fondi pensione o assicurazioni. I Big, intanto, cominciano a muoversi. Eurizon ha già lanciato il suo prodotto, riservato a clienti pronti a sottoscrivere dai 100 mila euro in su. Altri annunciati tagli più popolari, dai 30 mila euro di Kairos ai 10 mila di Amundi. Ma è facile prevedere che la lista si allungherà. Illuminante al proposito il precedente dei Pir, che in due anni hanno raccolto più di 17 miliardi, bruciando le previsioni. Ma il meccanismo, complici i vincoli più restrittivi introdotti con la legge di bilancio, si è inceppato, vuoi sul piano della raccolta che dei rendimenti. Le società, che hanno fatto il pieno di commissioni, si possono accontentare e puntare al bis con l’effetto novità degli Eltif. I sottoscrittori che, a giudicare dall’indice Ftse Pir Pmi per ora accusano per ora perdite a doppia cifra a uno e a due anni, devono far tesoro della lezione: in un investimento il risparmio fiscale sui guadagni è importanti. Purché il guadagno ci sia.

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in collaborazione con ANDAF

Il trust all'italiana compie trent'anni: è tempo di bilanci e di cambio di prospettiva La ratifica con legge della Convenzione dell'Aja risale all'ottobre del 1989. Ma nel frattempo si sono sviluppati strumenti evoluti che consentono il raggiungimento di assetti prima non facilmente accessibili di Paolo Gaeta (Trust and estate practitioner, tributarista, dottore commercialista)

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sistono domande che non hanno risposte brevi e semplici quanto si vorrebbe. Questo non piace ai nostri tempi, dove si spinge a dare risposte sempre più veloci, come se la rapidità fosse un valore assoluto, non tenendo conto che per essere veloci ci vuole “quella padronanza per apprezzare la lentezza, quando essere veloci non serve affatto” (V. Rossi, Zingarelli). Un esempio di domanda breve e sbagliata è:”Cos’è il trust?”. Come sono sbagliate le risposte che non premettano che di trust ne esistono tipi innumerevoli. Non essendo possibile rispondere sensatamente in meno di alcune ore, le risposte (clichè) assumono una connotazione magica in cui ogni cliente scorge ciò che desidera, magari suggestionato da immagini di cavalieri templari. Non ha senso chiedere cosa sia il trust

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PAOLO GAETA

(nelle banche dati professio- vantaggio dei beneficiari. Ciò nali esistono circa 2850 leggi richiama alla necessità di sainternazionali inerenti il trust) per individuare chiaramente il come non ha senso chiedere bisogno e dunque il mezzo (e la gli effetti del negozio giuridico. legge) più congruo alla sua sodQuest’anno la legge italiana sul disfazione. riconoscimento degli effetti dei È quanto avviene, ad esempio, trust compie 30 anni. negli Stati Uniti d’America, ove È un traguardo importante l’approccio al cliente e la seleche porta ad una riflessione zione dello strumento più adatsull’approccio prevalentemente to avviene spesso con logiche protettivo degli imprenditori attente al “tipo” di trust, alle italiani, un esigenze L'APPROCCIO ITALIANO approccio del clienÈ PROTETTIVO, DISTANTE te e con distante dal DAL "GIFT OVER TIME TO “gift over un ampio time to be- BENEFICIARIES” DI STAMPO spazio preneficiaries” liminare di ANGLOSASSONE (donaziovalutazione ne nel tempo ai beneficiari) di strategica a cui collaborano stampo anglosassone. l’avvocato, il commercialista e Una motivazione alla scelta del la banca del cliente in funzioni trust legata ai propri bisogni di di wealth manager. disponente e non centrata sugli Se riproduciamo un processo interessi dei beneficiari, ha ge- di questo tipo, possiamo realiznerato in questi anni difficoltà zare una sistemazione proprieinterpretative dato che il mec- taria e di governance efficiente canismo di funzionamento stes- per la famiglia e l’impresa. so del trust di stampo anglosas- Gli elementi del processo decisone, a cui in Italia molti hanno sionale che possono condurre fatto ricorso, è sancito da leggi alla scelta di un trust per regoche hanno una impostazione lare i rapporti familiari e interrovesciata prevalentemente a generazionali di una impresa

sono principalmente un nuovo approccio non basato sugli effetti di un istituto astratto, ma sulle caratteristiche delle persone coinvolte. Rispetto ai decenni scorsi gli strumenti che, oggi, abbiamo a disposizione sono molto più evoluti e le modalità di realizzazione di un atto di trust consentono il raggiungimento di assetti prima non facilmente accessibili. Il riferimento è ad esempio alle Private Trust Company (dedicate alla singola famiglia) e la rinnovata possibilità di gestione beni attraverso due co-trustee, oppure un trustee (ad esempio bancario straniero) e uno o più delegati del trust (multiple advisor trust). Ebbene trascorsi trent’anni dalla sua introduzione c’è da confidare che un nuovo approccio qualitativo all’utilizzo del trust evolva positivamente perché il nostro sistema sociale, familiare e finanziario ne ha gran bisogno per tutelare persone e quelle società che rappresentano il cuore pulsante della produttività del nostro Paese.


in collaborazione con CONFPROFESSIONI

Fondi integrativi, una strategia ad hoc per rafforzare l'integrazione con il Ssn Il presidente di Confprofessioni Stella in audizione alla Commissione Affari sociali: «Possono essere i migliori alleati della sanità pubblica, ma occorre superare le disparità tra lavoro autonomo e dipendente» di Giovanni Francavilla

I

n un Paese dove la sanità pubblica è ostaggio dei continui tagli alla spesa sanitaria, esiste un rimedio che possa tamponare l'emorragia della spesa pubblica e, al tempo stesso, lenire i dolori di circa 20 milioni di italiani costretti a pagare di tasca propria le cure sanitarie essenziali? Una soluzione possibile porta ai fondi sanitari integrativi che, però, in alcuni casi rischiano di sostituirsi al primo pilastro della salute pubblica, il Servizio sanitario nazionale. La Commissione Affari sociali della Camera ha avviato un'indagine conoscitiva sui fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale per mettere un po' di ordine in un settore che rappresenta l'unica soluzione al problema dell'inaccessibilità alle cure e all'assistenza, ma anche l'unica forma per superare le difficoltà del sistema. Al ciclo di audizioni in Commissione Affari sociali non è mancato il contributo di Confprofessioni, la prima

Confederazione in Italia a introdurre nell’ambito del Ccnl degli studi professionali strumenti di assistenza sanitaria integrativa per tutti i lavoratori. L'esperienza maturata in 15 anni di attività di Cadiprof, la Cassa di assistenza sanitaria integrativa degli studi professionali, rappresenta infatti un osservatorio privilegiato per conoscere le dinamiche e l'evoluzione dei fondi integrativi di matrice contrattuale che, secondo il presidente Gaetano Stella, «possono rappresentare una delle componenti essenziali di una strategia di complessivo ripensamento del welfare e dell’assistenza socio-sanitaria in Italia». Nel suo intervento il presidente di Confprofessioni ha infatti sottolineato come «I fondi sanitari integrativi possono diventare i migliori alleati della sanità pubblica, a patto che venga messa in atto una strategia politica di ampio respiro che rafforzi l'integrazione con il Ssn e

favorisca le agevolazioni fiscali anche per i lavoratori autonomi e liberi professionisti». La proposta lanciata da Confprofessioni fa leva sull' efficienza e sulla qualità dei fondi integrativi: «si snellisce il carico di lavoro e la complessità organizzativa delle strutture della sanità pubblica, si amplia la libertà di scelta delle cure e dei servizi, aumenta lo spazio per gli investimenti imprenditoriali nella sanità privata e si tutelano le fasce più deboli nel rispetto del principio di sussidiarietà previsto dalla Carta Costituzionale», ha rilevato Stella. Un nuovo patto per la salute di tutti i lavoratori che, però, si scontra con «la disparità di trattamento che esiste oggi in Italia tra sostegno e supporto della sanità integrativa a favore dei lavoratori dipendenti rispetto ai lavoratori autonomi, quali i liberi professionisti, la cui domanda di tutele di welfare è in continua crescita».

GAETANO STELLA NUOVO PRESIDENTE DEL CEPLIS: UN LINK CON L'EUROPA

«Ntutti assieme per rafforzare il

ei prossimi tre anni, lavoreremo

Ceplis, le nostre professioni e i valori in cui crediamo. Abbiamo di fronte a noi sfide importanti: la digitalizzazione, il dialogo sociale, l'imprenditorialità professionale, il welfare, la mobilità transfrontaliera... Temi che già vedono impegnate le nostre organizzazioni a livello nazionale e che trovano nel Ceplis un collegamento diretto tra le associazioni interprofessionali nazionali e le rappresentanze europee di ogni professione, ma soprattutto una voce comune ancora più rilevante e più riconosciuta nel dialogo con le Istituzioni europee». Sono le prime parole pronunciate da Gaetano Stella nel suo nuovo ruolo di presidente del Consiglio europeo delle professioni liberali (Ceplis). Insieme al presidente Stella è stata nominata prima vicepresidente l'avvocata spagnola Victoria Ortega Benito (Union Profesional); Benjamin Rizzo, Mfpa (Malta); Bernard Jacquemin e Eric Thiry, Unplib (Belgio); François Blanchecotte, Unapl (Francia); Jerry Carroll, Iipa (Irlanda); Jean-Yves Pirlot, Clge (Comité de Liaison des Géomètres Européens); Jean-Philippe Brochet, in tandem con Simone Zerah, Euplmg (European Union of Pharmacists Specialist on Laboratory Medicine and Human Genetics); Michael Van Gompen, Ecco (European Confederation of ConservatorsRestorers’ Organisations) e Mario Gazic, Enc (European Nursing Council).

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APPROFONDIMENTI

Se l'Italia diventa l'hub strategico delle multinazionali La posizione tra Europa continentale e Mediterraneo fa del nostro Paese il porto ideale per aziende come Amazon o AliExpress, ma non solo. Se n'è parlato a un convegno organizzato dalla Liuc Business School di Riccardo Venturi

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uxottica a Treviso, Stella Mc Cartney in provincia di Vercelli, l’americana 3M a sud di Milano. Sono solo alcuni esempi di centri logistici internazionali di aziende multinazionali in Italia, sempre più piattaforma distributiva di primaria importanza per l’Europa e il Mediterraneo. Se n’è parlato a un convegno della LIUC Business School, organizzato dal suo Centro sulla Logistica e il Supply Chain Management in collaborazione con Columbus Logistics, cui hanno partecipato global player e multinazionali di vari settori industriali che hanno già scelto la nostra penisola quale base logistica. «Nonostante l’Italia sia nota per i suoi fardelli amministrativi, la burocrazia, l’assenza di incentivi fiscali e i ritardi infrastrutturali» dice Fabrizio Dallari, Direttore del Centro sulla Logistica e Supply Chain Management della LIUC Business School, «non sono pochi i casi di aziende con headquarter stranieri che vedono nell’Italia un mercato importante di sbocco e una piattaforma logistica da cui rilanciare i traffici in import ed export

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conseguenti alle scelte di delocalizzazione». Per Dallari il Paese, da questo punto di vista, ha imboccato la strada giusta: «Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante» continua il Direttore del Centro sulla Logistica e Supply Chain Management della LIUC Business School, «è stata data una grande accelerazione su vari fronti: l’efficientamento delle dogane, la digitalizzazione delle imprese con gli investimenti resi possibili dal piano Industry 4.0, l’iniezione di giovani talenti in area logistica provenienti dal mondo universitario e non solo». Ha partecipato al dibattito Eric Veron, autore del libro “Ho scelto l’Italia”. «L’Italia è strategica per gli

FABRIZIO DALLARI

investimenti logistici perché è un importante paese di consumi, di industria e di scambi commerciali» dice Veron, «questo implica bisogni importanti di nuove infrastrutture: per accompagnare lo sviluppo dell’e-commerce, dare supporto al sistema industriale e fluidificare gli scambi import/export con il resto dell’Europa e del mondo. Questi sono i tre motori di un settore in piena evoluzione e in forte crescita. E dunque tre motivi per investire». Tra le aziende che hanno scelto il Belpaese per le loro più rilevanti strutture logistiche figura Stella Mc Cartney, una delle più famose maison di moda di lusso nel mondo. «Come azienda globale, con oltre 50 boutique monomarca, quasi 1.000 rivenditori, vendite online in 100 Paesi e il 75% dei nostri fornitori localizzato in Italia, abbiamo deciso di essere vicini ai nostri fornitori» dice Michele Migliardi, Supply Chain e Logistic Director di Stella Mc Cartney, «dal 28 marzo 2018 unica proprietaria del proprio marchio e, quale azienda indipendente, con servizi come la logistica diventati fondamentali». Anche i giganti del marketplace scelgono l’Italia: Amazon conta già su quattro hub e 12 stazioni di delivery, Alibaba sta arrivando. Wang Mingqiang, general manager della piattaforma retail AliExpress, ha affermato: «Nei prossimi cinque-dieci anni faremo dell’Italia il primo Paese di riferimento per la vendita nel mondo». Le potenzialità del Paese sono in parte ancora inespresse, in particolare come hub strategico sul Mare Nostrum: «L’Italia ha una posizione geografica che le permetterebbe di fare tantissime cose nel Mediterraneo» rileva Sergio Barbarino, Brussels Innovation Center P&G, Presidente di Alice (UE), «certo la situazione politica oggi nel Mediterraneo non è la più favorevole, c’è stato il problema dell’accordo con l’Iran che ha interrotto tanti flussi interessanti, ma la posizione c’è, la possibilità esiste, l’Europa ci guadagnerebbe tantissimo a valorizzare i porti del sud, ma bisogna avere una logica più collaborativa e di sistema, non a livello di singola industria o di singola realtà logistica».


APPROFONDIMENTI

ANGELI (E AVVENTURIERI) PUNTANO ALL’ITALIA Il 2018 è stato da record per ammontare investito: 561 milioni di euro (il doppio rispetto all'anno prima) per operazioni di venture capital e business angel su 240 società italiane, un centinaio in più del 2017 di Annalisa Caccavale

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gni anno il VeM, osservatorio realizzato da Liuc Business School insieme ad AIFI, monitora le operazioni realizzate nel mondo del venture capital di cui si hanno notizia tramite i media. Ne esce così una fotografia annuale del mercato e dei suoi trend. Ora sono stati pubblicati i numeri relativi al 2018 con anche una parte dedicata all’attività condotta dai Business Angels grazie anche al lavoro di Iban, Associazione Italiana investitori informali in rete. I dati, presentati nel grattacielo torinese di Intesa Sanpaolo Innovation Center, che quest’anno ha supportato l’osservatorio, mostrano un 2018 da record nell’ammontare investito facendoci sentire, finalmente, un po’ più vicini ai livelli degli altri Paesi europei. Nei 12 mesi presi ad esame sono state monitorate 240 società oggetto di un’operazione (sia di venture capital sia da parte di un business angels), in notevole crescita rispetto alle 151 rilevate nel 2017 e alle 129 del 2016. In particolare, sono 56 quelle oggetto di operazione da parte del solo fondo di venture capital mentre 39 hanno

ricevuto un investimento in sindacato ovvero il capitale è arrivato dal fondo e dal business angel. Riguardo all’ammontare, gli investimenti complessivi nell’early stage sono pari a 561 milioni di euro, oltre il doppio dei 221 milioni dell’anno precedente. Di questi, 363 milioni arrivano dal venture capital e 158 da investitori istituzionali in collaborazione con i business angels. Anche le attività realizzate solamente da un cavaliere bianco sono in crescita: 147 sono le società partecipate nel 2018 rispetto alle 86 del 2017 con investimenti pari a 40 milioni di euro. Guardando ai soli dati del segmento venture capital, il 2018 vede ben 78 nuove operazioni rispetto alle 57 dell’anno precedente, con una crescita del 37% e si vede la stessa crescita anche nell’ammontare investito, 423 milioni del 2018, considerando solo le operazioni di initial (primo investimento su una società), rispetto ai 165 milioni dell’anno precedente. Se teniamo conto anche dei follow on (investimenti successivi al primo) si arriva a 521 milioni di euro (erano 208 nel 2017). Crescono anche gli investitori attivi in Ita-

IL VENTURE CAPITAL NEL 2018 240 società interessate 561 MILIONI investimenti complessivi 111 investitori attivi in Italia 37% DEI DEAL Settore Itc 14% settore finanza 12%, settore Health

lia che passano a 111 con una crescita del 61% rispetto ai 12 mesi precedenti. La distribuzione geografica degli investimenti non dà molte soprese: il nord continua a essere il bacino in cui si concentra il maggior numero di investimenti, con la Lombardia che attrae il 46% dei deal, seguita dal Lazio con il 12% e dalla Toscana con il 5%. Il Sud mostra un lieve incremento passando dal 5% al 6%; il centro Italia vede invece decrescere il numero di operazioni che si attestano al 19% dal 26% del 2017. Nessuna grande novità nemmeno dal lato del settore dove l’ict attira il 37% dell’interesse dei venture capitalist, che amano in particolar modo applicazioni web e mobile oltre che app innovative, cui segue i servizi finanziari 14% e healthcare, 12%. Le attività oggetto di investimento hanno matrice privatistica per l’87% in diminuzione però rispetto al 96% del 2017; crescono infatti gli spin off universitari che dal 4% arrivano al 12%, segno che l’attività accademica è in fermento e produce interessanti idee che piacciono agli investitori innovativi. Dà ottimismo leggere questi numeri con l’idea che molti fondi hanno deciso di cogliere le opportunità sul mercato, rischiando, certamente, ma anche dimostrando fiducia nel nostro Paese e nelle nostre idee imprenditoriali. Se l’anno di anzianità delle società, il così detto vintage year, è cresciuto, come rileva anche il VeM, vuol dire che molte opportunità sopravvivono e chiedono nuova liquidità per entrare nella fase di scale up, di crescita ulteriore per consolidarsi, rinforzarsi sul mercato e magari diventare una nuova eccellenza anche internazionale.

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QUEL CHE RESTA DEL MESE in collaborazione con ILSUSSIDIARIO.NET

Le decisioni in azienda sono questioni di algebra morale Volete un metodo utile per non diventare schiavi del rimando? Provate quello dell’ex presidente Usa Benjamin Franklin. Risale al 1779, ma è una soluzione ancora efficace. Basta ammodernarla un po’ DI LUCA BRAMBILLA

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rendere decisioni è difficile. Altrettanto vero è che, senza accorgercene, prendiamo centinaia, forse migliaia di decisioni ogni giorno e, all’interno di questo insieme, alcune di esse richiedono un grande sforzo emotivo e cognitivo. Per questo motivo, soprattutto nei casi in cui abbiamo paura di affrontare queste decisioni impegnative, occorre utilizzare un metodo utile per non diventare schiavi del rimando. L’ex Presidente Usa Benjamin Franklin nel 1779 ha proposto una soluzione che può rivelarsi valida ancora oggi. In sostanza, quando occorre prendere una decisione è bene procurarsi un foglio, dividerlo in due sezioni e da una parte elencare gli aspetti positivi della scelta mentre dall’altra quelli negativi. Poi è necessario dare un voto a ciascuno degli aspetti individuati e infine fare un semplice calcolo aritmetico per prendere la decisione che ha ottenuto più punti. Franklin ha chiamato questo metodo “algebra morale”. Nel corso del tempo, tuttavia, sono emersi alcuni studi relativi ai numerosi bias responsabili di una certa influenza sulle nostre decisioni e grazie a premi Nobel come Kahneman si è appurato come molte delle decisioni che prendiamo siano basate sul cosiddetto “sistema uno”. Con questo termine ci si riferisce a quella parte del

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cervello che decide in maniera intuitiva, rapida ed emozionale, quindi in maniera automatica. Per questo motivo suggerisco di tenere presente il metodo di Franklin modernizzandolo tuttavia con i seguenti passaggi da me individuati: innanzitutto far sì che più persone scrivano i pro e contro di una scelta, al fine di diminuire la possibilità che vengano dispersi elementi di valutazione che potrebbero rivelarsi fondamentali; in secondo luogo, operare una valutazione degli aspetti non soltanto dal punto È NECESSARIO ANNOTARE GLI ASPETTI POSITIVI DELLA SCELTA, CONFRONTANDOLI CON QUELLI NEGATIVI E ASSEGNANDO LORO UN PUNTEGGIO

di vista cognitivo, ma dandole anche un peso emotivo. Se, infatti, viene presa una decisione razionalmente corretta ma devastante dal punto di vista emotivo, è probabile non venga mai portata avanti nel tempo e che si areni dopo poco, magari lesionando rapporti o altro. Spesso, infatti, l’uomo ci viene rappresentato come un soggetto razionale che prova anche emozioni, mentre occorre ricordare che, invece, è un soggetto emotivo che pensa. Questo significa che ogni sua decisione o pensiero passerà attraverso un vaglio emotivo.

Come agire quindi in maniera operativa all’interno di un’organizzazione? Suggerisco di creare dei team ad hoc per prendere delle decisioni strategiche, che a ben guardare non sono mai molte nel corso di un anno, e, successivamente, motivare i pro e contro esplicitando come queste scelte facciano sentire le persone interessate, dando dunque un valore anche all’emozione. Mesi fa ho intrapreso un percorso di change management in una nota azienda e utilizzando questo approccio, insieme ad altre metodologie che per amore della sintesi non citerò in questa occasione, ci siamo presi del tempo per co-progettare nel dettaglio la direzione che si voleva dare a quella organizzazione. Si è deciso di intraprendere un percorso di ristrutturazione, il quale, pur inserito in una complessità di mercato importante, non ha visto vacillare l’adesione al progetto iniziale, poiché quest’ultimo era stato valutato in maniera ponderata, mantenendo inoltre il buon stato d’animo dei partecipanti.Anche in quell’occasione si è rivelato utile quindi non usare solo la “testa-razionale”, ma anche il “cuore-emotivo”, perché in fondo spesso il cuore ha delle ragioni che la testa non conosce. da www.ilsussidiario.net



TALENT SHOW

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CI PIACE MEDIOBANCA E L’INNESTO “FORMIDABILE” CHE FRUTTIFICA A due mesi dall’acquisizione di Messier Maris il fondatore entra nell’organigramma di Piazzetta Cuccia

«F

ormidabile»: un aggettivo forte, inconsueto nel lessico di un banchiere sempre misurato nei toni come Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, che pure l’aveva scelto per definire l’acquisizione della francese Messier Maris et Associès, come «un innesto formidabile per il Gruppo che rafforza il circolo virtuoso del nostro modello di business». Due mesi dopo, quest’innesto fruttifica. Jean Marie Messier, fondatore della boutique parigina Messier Maris recentemente acquisita da Mediobanca, entra nell’organigramma di vertice di Piazzetta Cuccia che riorganizza con lui l’attività di corporate e investment banking, cioè il suo core-business. A guidare il Cib confermati come co-head Francesco Canzonieri e Francisco Bachiller, che è anche direttore della sede di Madrid. Messier diviene co-head of global coverage insieme a Stefano Rangone. Nella nuova struttura, che decorre dal primo luglio, ci saranno tre macro-aree: l’investment banking, la divisione debito e la riorganizzata divisione mercati, equity e fixed income. Se a questa manovra strategico-gestionale di respiro internazionale – che candida Mediobanca ad essere la banca d’affari di riferimento in tutto il Sud Europa – si affianca il prestigio e la reputazione di indipendenza acquisita negli anni dalla divisione delle ricerche e gli ottimi risultati di CheBanca! si può senz’altro dire che la fase dell’istituto che fu di Enrico Cuccia è ormai di piena maturità: «Possiamo, quindi, continuare a generare valore e remunerazione per gli azionisti, anche in momenti difficili di mercato, così come abbiamo fatto nell’ultimo decennio», chiosava Nagel, dopo l’acquisizione di Mma. Giusto.

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Jean Marie Messier diviene co-head of global coverage insieme a Stefano Rangone

Il presidente della Lazio schierato per prorogare il limbo, come fu la cordata Iar per la Sme

e ci fosse un reato di vilipendio del buon senso, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, ne sarebbe colpevole, arcicolpevole. Sia chiaro – a scanso di querele – quel reato non esiste nel codice penale. Esiste però, o dovrebbe esistere, un insieme di regole civiche di comportamento che dovrebbero ispirare tutti, ma con tutta evidenza non lo fanno. Ebbene, l’autocandidatura di Lotito all’investimento nella privatizzanda (?) Alitalia è uno sberleffo al buon senso, al decoro, e in definitiva alle migliaia di dipendenti di quel che resta della compagnia di bandiera che attendono di sapere cosa sarà di loro e che non vanno presi in giro. «A me piace volare, ma forse è un termine che dà fastidio. Ci sono le persone che volano e quelle che camminano rasoterra. Chi resta rasoterra non crescerà mai», ha detto Lotito, spiegando (si fa per dire) il suo azzardo. Peccato che, come ha meritoriamente evidenziato Il Sole 24 Ore spulciando nei bilanci pubblici delle società con cui Lotito controlla la Lazio, l’imprenditore romano ha guadagnato nel 2017 (ultimo anno per il quale sono pubblici i bilanci) la bellezza di 1,3 milioni di utile netto. Quanto perde l’Alitalia in due giorni. Di che stiamo parlando? Ecco una bella metafora delle differenze tra prima e – diciamo così – terza Repubblica. È chiaro che l’offerta di Lotito serve al governo per prorogare il limbo dell’Alitalia. Così come l’offerta della cordata Iar per la Sme servì al governo Craxi per non regalare la Sme a De Benedetti, come aveva incautamente disposto Prodi. Solo che per la Sme Craxi schierò Barilla, Ferrero e Berlusconi, tre fra i primi dieci imprenditori italiani. Questi qua hanno schierato Lotito.

NON CI PIACE SU ALITALIA LOTITO GETTA SOLO FUMO NEGLI OCCHI In un anno guadagna quanto la compagnia aerea perde in due giorni. Eppure si è candidato all’acquisizione


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QUI PARIGI, APPUNTI DALLA DÉFENSE

Basta sprechi, in Francia ora si riciclerà per legge Prima “la vie en rose”, poi i “gilets jaunes” e adesso “le giant vert”: i quotidiani d’Oltralpe ironizzano sulla deriva ecologista di Macron. Che vuole vietare la distruzione dei prodotti invenduti di Giuseppe Corsentino

SI VEDE ANCHE NEI PICCOLI GESTI DELLA POLITICA CHE I VERDI FRANCESI SONO DIVENTATI IMPORTANTI PER L’AVVIO DELLA SECONDA STAGIONE DELLA PRESIDENZA MACRON dopo

sei mesi di semirivolta dei Gilet gialli, due mesi di Gran Débat e il mezzo fallimento dell’originario progetto liberal-democratico (dire liberal-socialista è troppo) che ha portato l’ex banchiere di Rotschild e l’ex segretario generale della commissione Attali (presidente Sarkozy) all’Eliseo. Ora che i Verdi hanno “la vie en rose” come ironizza il quotidiano Le Figaro e il loro leader, Yannick Jadot diventa “Le giant vert” sulla prima copertina del settimanale L’Obs dopo il voto europeo, il piccolo gesto verso quella che, strumentalmente o meno, è diventata la “priorité écologique” nell’agenda del governo lo fa proprio il presidente del consiglio Edouard Philippe, che martedì 4 giugno si è presentato in un “point relais” parigino, un centro dove si possono ritirare i prodotti acquistati on line sulla prima piattaforma francese di e-commerce, il gruppo Cdiscount, due miliardi di euro di fatturato e 60mila “items”, prodotti in magazzino, soprattutto vestiti, tessili e piccoli elettrodomestici. E proprio qui, in questa location del consumo post-moderno, davanti al logo di Cdiscount con il pay-off che invita a non risparmiarsi negli acquisti (“N’économizes pas vostre plasir”), Edoard Philippe, accompagnato dalla graziosissima sottosegretaria alla transizione ecologica Brune Poirson, una che ha lavorato nel gruppo Veolia in India (nella gestione dell’acquedotto di New Delhi) e oggi è vicepre-

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sidente dell’Onu per le questioni ambientali, ha annuciato la presentazione, prima della pausa estiva, di un disegno di legge che vieta - per la prima volta al mondo - la distruzione dei prodotti non alimentari (quindi vestiti, giocattoli, elettrodomestici, telefonini e computer) rimasti invenduti. Il testo presentato dal capo del governo ha uno slogan che ha fatto felici gli ecologisti di tutta Europa (“Produire pour detruir, c’est fini”, come a dire: è finito il tempo dello spreco). Si ispira alla legge Garot approvata nel 2016 (presidenza Hollande) che vieta la distruzione dei prodotti alimentari e impone a supermercati e catene commerciali di consegnare l’invenduto alle associazioni del terzo settore, come i Restos du Cœur che, grazie proprio alla legge Garot, hanno potuto offrire tra il 2016 e il 2017 dieci milioni di pasti in più. Allo stesso modo, seppur con modalità diverse, la nuova legge impone il divieto di distruggere i prodotti nuovi invenduti e di consegnarli ad una filiera che si incaricherà del loro riciclaggio e che è stata chiamata, significativamente, Rep “Responsabilité élargie des producteurs” che si può tradurre in “presa di coscienza dei produttori”. Al fine di evitare, per dire, lo scandalo- svelato dai giornali l’anno scorso- dei vestiti e dei cosmetici di lusso a marchio Burberry distrutti perché non andassero a finire nei mercatini (con conseguente danno d’immagine per la griffe inglese). O l’altro scandalo - questo rivelato dalla catena tv M6 a gennaio - di televisori e giocattoli invenduti e avviati alla distruzione dai magazzini di Amazon France.

Gli ecologisti più radicali chiedono multe pesantissime per produttori e distributori, mentre i rappresentanti dei produttori - per esempio la potente Federazione francese del prêt-à-porter, che organizza la Fashion Week parigina e presidia una quota non secondaria delle esportazioni dopo Airbus e Champagne - considerano eccessiva una legge Garot per il non-alimentare, per il tessile-abbigliamento. “Facciamo già i saldi e poi cediamo l’invenduto ai mercatini e agli spacci aziendali e tanto basta”, si giustificano. Ma è l’industria del lusso a esprimere preoccupazione e perfino allarme perché vuole gestire alla sua maniera, e senza troppa pubblicità, gli stock di invenduto per proteggere le sue reti esclusive di distribuzione fatte di boutique e di flagship store su cui si concentrano molti investimenti finanziari e manageriali. Il presidente Macron sta provando ad aggirare l’ostacolo e ha chiesto a François-Henri Pinault, il numero uno del gruppo Kering, di convincere i suoi colleghi a impegnarsi in qualche modo, e senza un obbligo di legge, nella lotta contro il riscaldamento climatico. L’idea è quella di un vero e proprio “Fashion pact” in chiave ambientalista che dovrebbe essere annunciato durante il G7 a Biarritz ad agosto. Perché l’industria della moda, anche se nessuno lo dice, è il secondo settore più inquinante al mondo.



SHORT STORIES

Franchising

PERFORMANCE STRATEGIES

Piccoli affiliati continuano a crescere

La società Performance Strategies, specializzata nella formazione avanzata di imprenditori e professionisti, è stata erroneamente citata nel sommario dell’articolo che le è stato dedicato sul numero 23 di Economy come “Performer Strategies”. Ce ne scusiamo con gli interessati e con i lettori.

Il settore dà lavoro a più di 200mila persone, con un fatturato di più di 25 miliardi Spesso si parla dell’Italia come di un Paese a due velocità, ma nel caso del franchising emerge il quadro di un settore che viaggia su ritmi di crescita a doppia cifra: +17% l’incremento del fatturato dal 2008 ad oggi, per un giro d’affari che nel 2018 ha superato i 25 miliardi di euro, cifra superiore al valore di una manovra finanziaria. Mentre discutiamo di un aumento del PIL dello 0,2% e di una disoccupazione giovanile pari al 32%, il franchising marcia in direzione ostinata e contraria, dando lavoro a più di 200mila persone, il 90% dei quali tra i 25 e i 45 anni. L’entry level del format si attesta su un investimento iniziale di 3.500 euro e si

Acquisizioni

IDB ALLARGA IL BUSINESS AI PUNTI VENDITA PER IL RETAIL DI FASHION LUXURY

Il Gruppo rileva la maggioranza di Modar, il cui fondatore Dante Malagola resta con il ruolo di ad Italian Design Brands (Idb) ha rilevato la maggioranza di Modar, azienda attiva nel contract chiavi in mano per il retail e il lusso. Il fondatore di Modar, Dante Malagola, resterà azionista e amministratore delegato della società, per guidarla in una nuova fase di sviluppo. Anche Giovanni De Ponti, professionista e investitore nel settore del mobile e del design, ha partecipato

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concentra nella fascia 2050mila euro, favorendo lo sviluppo di un’imprenditoria che considera questo modello un’ottima opportunità per (re) inventarsi. Un fenomeno che si tinge di rosa, con oltre un terzo delle imprese a conduzione femminile, tra i 36 e i 45 anni. Non solo: si è molto rafforzato nel Sud e nelle Isole, dove si concentra il fatturato più consistente e più di un terzo dei punti vendita. Il Rapporto 2019 di Assofranchising, presentato a Roma lo scorso 5 giugno, delinea un modello di capitalismo diffuso, molto

all’operazione con una quota di minoranza. Con un fatturato 2018 di 30 milioni di euro e una quota export superiore all’80%, Modar è una realtà di eccellenza che da oltre 40 anni realizza, a livello internazionale, punti vendita per i più noti brand del lusso del fashion, assistendoli dalla fase di progettazione alla consegna del progetto. Con questa operazione salgono a sei le eccellenze italiane del Gruppo Idb che, in quattro anni, ha raggiunto quota 130 milioni di fatturato aggregato e prosegue nella costruzione di un polo dedicato all’arredo di design. Il progetto si caratterizza per la sua strategia, che mira a coniugare

flessibile e adattabile. Si tratta di un volano per nuove forme di autoimprenditorialità, in cui le aziende crescono non perché supportate da forme assistenzialistiche, ma perché ci sono persone che ci mettono passione, ragione e risorse. Protagonisti sono i franchisor, che investono capitali e conoscenze nello sviluppo delle reti; e i franchisee, i nodi che le compongono e che grazie alla presenza sul territorio e al know-how dei franchisor, riescono ad intercettare le esigenze dei consumatori e proporre i

approccio imprenditoriale, rispetto dell’identità e dell’indipendenza delle singole aziende con una più ampia visione strategica, di lungo periodo e di respiro internazionale. «Siamo davvero entusiasti di questa importante operazione – ha dichiarato Giorgio Gobbi, amministratore delegato di Idb – Modar rappresenta una realtà di assoluta eccellenza che ci permetterà di ampliare la nostra presenza in un settore che riteniamo sicuramente strategico. In soli quattro anni abbiamo costruito un polo dal oltre 130 milioni di euro, lavorando sul potenziamento e sullo sviluppo delle nostre società. La scelta di Dante

giusti prodotti. Divulgazione, formazione e conoscenza dei format: su questi elementi punta Assofranchising, in tandem con Confcommercio, per ampliare la diffusione di un fenomeno che in Italia rappresenta il 17% del retail. La priorità consiste nel supportare chi decide di intraprendere questo percorso attraverso un’accurata selezione degli investitori, e una verifica puntuale della validità dei format e delle reali opportunità di business. Si gettano così le basi di una crescita ulteriore.

Malagola di unirsi al nostro progetto conferma l’efficacia e l’attrattività dell’innovativo modello di business che abbiamo creato. La nostra soddisfazione più grande è la fiducia da parte degli imprenditori».


SHORT STORIES

Pagamenti digitali LA PAYTECH NEXI INTEGRA XPAY CON JUST COMMERCE,

Sarà così possibile utilizzare la piattaforma di Stentle direttamente dallo SmartPos Nexi, la Paytech delle banche leader nel mercato dei pagamenti digitali in Italia, ha siglato una partnership con Stentle, startup del gruppo M-Cube Digital Engagement: l’annuncio è stato dato durante Netcomm, l’evento di riferimento in Italia su e-commerce, digital retail e business innovation. La partnership prevede che XPay, il gateway di pagamento di Nexi che accetta pagamenti online attraverso tutti i canali e in tutte le modalità, sia integrato in Just Commerce, la piattaforma di Stentle che permette a aziende e retailer di offrire una customer experience fluida e personalizzata. Just commerce, infatti, permette ai merchant di monitorare le attività del punto vendita per individuare le preferenze d’acquisto dei clienti e di proporgli i prodotti con più alta probabilità di gradimento, oltre a rendere più semplice la gestione di ordini e stock. Da oggi, gli addetti alla vendita potranno utilizzare Just Commerce direttamente dallo SmartPos di Nexi e, con l’integrazione con XPay di Nexi, i merchant potranno offrire anche la funzionalità di pagamento: i clienti potranno scegliere la merce in app, online o in negozio ed effettuare il pagamento sul punto vendita, via web o tramite l’app del merchant per un’esperienza d’acquisto semplice, comoda, sicura e davvero multicanale.

Partnership

Sia e Colt si aggiudicano il bando Bce Realizzeranno servizi di rete per accedere a Eurosistema con una sola interfaccia Sia, in partnership con Colt Technology Services, si è aggiudicata il bando di gara della Banca Centrale Europea per la fornitura di servizi di rete che permetteranno a banche centrali e commerciali, depositari centrali, Automated Clearing House e altri Payment Service Provider europei di collegarsi direttamente alle

Comunicazione

Acqua Group, nuove sfide per il 2019 Fatturato in crescita dell’11% e clienti pesanti per il Gruppo con sedi a Milano e Pordenone Oltre 240 clienti in portafoglio tra cui KIA, Mele Val Venosta, CityLife Shopping District, Berner, ENI, Vodafone, Fastweb, Savills, Banca Mediolanum, e un fatturato di 17 milioni di euro nel 2018. Sono i numeri che fotografano oggi Acqua Group, gruppo data-driven

infrastrutture di mercato dell’Eurosistema attraverso un’unica interfaccia di accesso (Eurosystem Single Market Infrastructure Gateway, Esmig). Grazie alla concessione ottenuta da SIA e Colt come Network Service Provider per l’Esmig, tutti gli attori del sistema finanziario europeo potranno accedere a partire da novembre 2021 alla piattaforma per il regolamento di pagamenti di importo rilevante Target2, al servizio di regolamento dei pagamenti istantanei TIPS, alla piattaforma per il regolamento titoli Target2-Securities (T2S), al sistema di gestione delle garanzie dell’Eurosistema Ecms ed eventualmente ad altri nuovi servizi e applicazioni. L’Esmig rappresenta una componente fondamentale nella realizzazione del progetto di consolidamento di Target2 e Target2-Securities, una delle proposte chiave del piano strategico “Vision 2020” dell’Eurosistema per l’evoluzione delle infrastrutture di mercato, che comporterà risparmi sia per le istituzioni finanziarie, cui saranno rese disponibili funzionalità più sicure e affidabili, sia per lo stesso Eurosistema attraverso una riduzione dei costi operativi. La partnership tra Sia e Colt,

siglata nel 2012 in occasione del bando di gara per Target2Securities, ha permesso il conseguimento di una delle due licenze per ESMIG di durata decennale, grazie soprattutto all’elevato profilo tecnologico e alla forte presenza internazionale delle due società. “Siamo particolarmente orgogliosi di essere stati scelti, in partnership con Colt, come uno dei due Network Service Provider per le infrastrutture di mercato dell’Eurosistema: ciò rappresenta un risultato prestigioso per il made in Italy tecnologico e conferma l’elevata capacità di competere di SIA a livello internazionale, rafforzando il ruolo di partner innovativo per banche centrali e commerciali. L’aggiudicazione del bando di gara per l’ESMIG riveste grande importanza perché, per la prima volta in Europa, tutte le istituzioni finanziarie hanno la possibilità di scegliere la migliore soluzione tecnologica in un ambito di libera concorrenza con importanti benefici in termini di costi ed efficienza e contribuisce a rafforzare la cybersecurity e la resilienza dei sistemi di rilevanza strategica”, ha dichiarato Nicola Cordone, amministratore delegato di Sia, commentando la nuova partnership.

specializzato nella consulenza e comunicazione integrata omnichannel guidato da Davide Arduini e Andrea Cimenti. “Siamo indubbiamente soddisfatti dell’andamento dell’azienda nell’anno appena trascorso – commentano a Economy Andrea Cimenti, AD e Davide Arduini, Presidente - Per il 2019 gli obiettivi sono ancora più sfidanti. Oltre alla crescita puntiamo infatti a migliorare l’efficienza e l’efficacia del nostro modello aziendale e per questo abbiamo deciso di strutturarci secondo principi di specializzazione e complementarietà, con la creazione di sette business unit, inclusa quella dedicata alla creazione di valore del brand e alla ricerca di nuove

opportunità commerciali. L’obiettivo è raggiungere un +20% di fatturato, entro fine 2020, al netto di operazioni straordinarie”. Il fatturato di Acqua Group è cresciuto del 11%, da 15 milioni del 2017 a quasi 17 nel 2018. Tra i fattori di successo, la capacità di interpretare i bisogni delle aziende con progetti di comunicazione multicanale, personalizzati e basati su una solida strategia. Acqua Group, che ha sede a Milano e Pordenone, conta sulla professionalità di 70 persone di comprovata esperienza nel mercato all’interno delle varie divisioni operative del Gruppo: advertising, digital & social, media, events & retail activation, loyalty e market research.

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MOVIES | SERIES | SPOT | MUSIC | RADIO


L’HERITAGE È PREZIOSO MA L’EXPERIENCE VALE DI PIÙ

COMUNICARE L’IMPRESA La pubblicità è l’anima del commercio, si diceva un tempo. Oggi si potrebbe ribattere che l’advertising è il motore dei consumi. Purché il messaggio sia coinvolgente. Ecco perché è importante lavorare sull’identità di brand e creare intorno al marchio una vera e propria community. La chiave di volta per una metamorfosi così complessa oggi è la valorizzazione dell’ «experience» che il consumatore vive nel rapporto con il prodotto che acquista e nell’identificazione con i valori che il prodotto rappresenta, ben oltre il vecchio concetto di status-symbol.

90 ADVERTISING LA PUBBLICITÀ TORNA A ESSERE IL MOTORE DEI CONSUMI

Con l’arrivo al timone dI Jean-Marc Pontroué, il brand fiorentino di orologeria di lusso Panerai ha cambiato radicalmente il proprio stile di comunicazione e l’approccio commerciale al cliente. Ecco come di Davide Passoni

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on cambierò il modo di fare gli di rispetto a quello di Panerai. In realtà lui orologi Panerai, ma il modo in cui giura che non è così, che le due Maison si soi nostri clienti vivranno esperienze migliano più di quanto si creda. Quello che è attraverso gli orologi Panerai». Si presentò certo, però, e che con il suo arrivo si è assisticosì, nell’aprile 2018, Jean-Marc Pontroué to a una sterzata netta nella comunicazione dopo essere stato nominato amministratodi marchio da parte del brand. Un cambio re delegato del mardi rotta che sposta il OGGI PANERAI COINVOLGE I CLIENTI chio fiorentino, che focus dal passato, dal CON IMMERSIONI IN POLINESIA, dal 1997 fa parte del cosiddetto heritage, SPEDIZIONI NELL’ARTICO E GIORNATE gruppo Richemont. al futuro. Un cambio DI ESERCITAZIONI CON I NAVY SEALS Una dichiarazioche va di pari passo ne d’intenti forte e coraggiosa da parte del con un approccio commerciale nuovo, con manager francese, che era stato chiamato a il quale Panerai coinvolge i clienti in espeprendere il timone dell’azienda dopo l’uscirienze esclusive, che vanno da immersioni in ta di Angelo Bonati lasciando un marchio Polinesia o spedizioni nell’Artico con i propri sempre di Richemont, Roger Dubuis, che ha brand ambassador, a giornate di esercitazioun approccio all’Alta Orologeria agli antiponi con i Comsubin, i Navy Seals della Marina

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COMUNICARE L’IMPRESA

Jean-Marc Pontroué, amministratore delegato del brand fiorentino di alta orologeria Panerai

Militare Italiana. In poche parole, con il suo lavoro il nuovo amministratore delegato sta trasformando Panerai in una case history per quanto riguarda la ristrutturazione della comunicazione d’impresa. Va da sé che, parallelamente a questo lavoro sulla comunicazione, Pontroué punta a consolidare, insieme alla brand identity, anche le vendite e il fatturato di un marchio da sempre percepito come eccellenza italiana nonostante, fino a poco più di vent’anni fa, fosse virtualmente morto.

di creare la linea Submersible, per esempio, Con il suo arrivo alla guida di Panerai, la lo abbiamo fatto pensando alla storia del comunicazione dell’immagine del brand marchio ma interpretandola con nuovi maè cambiata radicalmente, senza però teriali come Carbotech, BMG, bronzo, che snaturare storia ed essenza del marchio: per noi sono il futuro e lì deve vivere ora il come ci è riuscito? marchio. La scelta di un payoff come “LaboLa nostra storia è sempre nella nostra tradiratorio di idee”, non è casuale. zione, ma non è più per noi una piattaforma di comunicazione come è stata nel passato. Qual è, oggi, il percepito di Panerai da Ora, nella nostra comunicazione, poniamo il parte dell’appassionato? È ancora funziofocus sul futuro del brand. Futuro significa nale alla vostra identità di brand? per Panerai nuovi materiali, nuove sponVi sono molte community che ruotano intorsorship, nuovi brand ambassador. Tutto no al brand. Ci sono i collezionisti di Panerai; l’universo e la comuci sono i cosiddetti SONO DIVERSE LE COMMUNITIES nicazione del brand Paneristi, che conoCHE RUOTANO INTORNO AL MARCHIO, ruotano sempre inscono in marchio alla OGNUNA DELLE QUALI SA BENE CHE torno al mondo del perfezione; poi ci PANERAI È UN BRAND ITALIANO mare, che rimane la sono tutte le nuove storia su cui esso si fonda e rimane il focus generazioni di possessori dei nostri orologi, principale. Crediamo infatti che non serva che costituiscono circa il 70% di chi ha un raccontare centinaia di storie, ma che sia Panerai. Ciascuna di queste community ha necessario averne una sola, ma forte: soun proprio percepito della marca. La nostra pra o sotto il mare, la nostra viene da lì. La idea è di comunicare a tutte loro un messagbellezza di Panerai sta proprio nel fatto che gio chiaro: Panerai è l’unico marchio di Alta ha un grandissimo patrimonio e una storia Orologeria genuinamente italiano e amiamo unica da raccontare, ma declinandola al furipeterlo perché è il primo fattore distintivo turo. Visitando la manifattura di Neuchatel e rispetto agli altri brand, che sono principalguardando a tutti i materiali nuovi con i quamente svizzeri. Gli orologi sono prodotti in li Panerai sta lavorando, capiamo che stiamo Svizzera, è vero, ma lo storytelling, la creatipreparando un terreno di sfida importante vità, il marketing, il concept del retail vengoper gli anni a venire. Quando abbiamo deciso no dall’Italia. Questo vogliamo comunicare

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LA NOSTRA STORIA È UNICA, MA ORA NELLA NOSTRA COMUNICAZIONE PUNTIAMO SUL FUTURO DEL BRAND con forza ai nostri clienti: il lato italiano del marchio, che gli dà un’allure di stile non comune tra i marchi di orologeria.

Quale suggerimento dà ai suoi retailer per vendere e raccontare al meglio un orologio Panerai? Semplicemente dico loro: provate a pensare a che cosa differenzia un Panerai da tutti i marchi che vendete. Se non ci riuscite, ve lo dico io: il mix di eccellenze italiane e svizzere che il marchio ha saputo fondere. Puntate su questo e sul fatto che non siamo una manifattura da grandi volumi, siamo un brand per pochi. Chi possiede un Panerai appartiene a un club di intenditori: ci sono marchi più grandi di noi, ma se un vostro cliente sceglie un Panerai afferma con forza la propria personalità. I retailer devono avere ben chiaro che siamo una storia italiana che è diventata un orologio. Da quanto avete presentato al SIHH 2019 è emerso che oggi, oltre a un orologio, è necessario vendere al cliente un’esperienza: è una strategia che volete perseguire ancora? L’esperienza è lo 0,01% delle nostre vendite in termini di ricavi. Dal punto di vista del business, dunque, non è rilevante, ma dal punto di vista del cosiddetto buzz, del


Lei è passato da un marchio d’avanguardia e di rottura come Roger Dubuis a uno storico come Panerai: come ha vissuto questo salto? Sono profondamente convinto del fatto che le scelte che uno compie nel proprio business nel presente, derivino dall’esperienza che ha maturato in passato. Oggi come oggi, per me anche Panerai è un marchio, come si suol dire, “disruptive”. Quando 22 anni fa ricomparve in comunicazione, si presentò come un orologio inCome si può preservare l’identità di margombrante, massiccio, destinato solo agli chio dalla standardizzazione che si fa largo uomini, con quel suo ponte proteggi-corona nell’industria orologiera? unico e singolare. Non era forse già allora un Provi a pensare a un campo da tennis: cinmarchio di rottura? Oggi ci siamo abituati quant’anni fa era lo stesso di quello che viene alla sua forma e non lo consideriamo più auusato oggi. Se lei mandava una pallina fuori dace come 22 anni fa, ma per me lo è ancora dal campo 50 anni fa e la manda ora, il punanche se sicuramente meno di quanto non to è sempre perso. Ora pensi a Panerai: il suo lo sia Roger Dubuis. Prova ne sia il fatto che campo da tennis è il mare, è la cassa a cuscino, sono molti i punti di contatto tra i due marè il movimento meccanico, è lo stile italiano. chi: stesso modello distributivo, presenza di Se mette Panerai al di collezioni fortemente PRESERVARE L’IDENTITÀ DI MARCHIO fuori di questo campo, distintive - penso al DALLA STANDARDIZZAZIONE ha perso l’identità di Luminor o all’ExcaDELL’INDUSTRIA OROLOGIERA PER PANERAI È FONDAMENTALE brand. Semplice. libur -, marcato Dna far parlare, è fondamentale. Sono convinto che Panerai sia uno stile di vita prima di essere un orologio, un pezzo di italianità al polso. Nelle esperienze che abbiamo sviluppato e presentato al SIHH per il 2019, per coinvolgere i nostri clienti, siamo riusciti ad associare i migliori nei propri campi - Guillaume Nery per l’apnea, Mike Horn per l’esplorazione polare e il Comsubin per i corpi militari - per testare i nostri orologi nelle condizioni più difficili. In futuro svilupperemo altre esperienze - ne abbiamo diverse in cantiere -, che saranno l’occasione per quanti amano il marchio di diventarne parte sempre di più, portandoli dentro la nostra storia.

territoriale - italiano da una parte, svizzero dall’altra -, utilizzo di materiali d’avanguardia. Tutto questo per dirle che nel passare da un marchio all’altro, il tempo di adattamento per me è stato molto limitato.

Con lo spostamento a Est di ricchezze e capitali, che ruolo avranno i mercati europei - e italiano nello specifico - nelle strategie di Panerai negli anni a venire? Per Panerai il primo mercato rimane quello americano, ma restiamo convinti di avere ancora importanti opportunità di crescita in Europa. Lo dimostra il fatto che lo scorso anno abbiamo aperto la nostra boutique a Londra e che a giugno abbiamo aperto a Roma la quarta boutique italiana, dopo quelle di Firenze, Venezia e Milano. Abbiamo in programma di ampliare la nostra rete vendita in Europa, che rimane per il marchio un grande bacino, sia come mercato locale, sia come offerta rivolta ai turisti. A differenza di altri marchi, che proprio dai turisti hanno un ritorno di acquisti maggiore, Panerai ha una clientela molto locale. Nonostante lo sviluppo di mercati come Cina, Giappone, Singapore, India, le nostre radici sono ben piantate in Europa e negli Stati Uniti, che restano uno dei Paesi nei quali investiamo di più, così come in Italia per quanto riguarda il Vecchio Continente. Il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo: come impiega il suo, quando non lavora? Amo leggere e correre. Inoltre mi piace molto visitare musei e viaggiare: trovo il viaggio un’esperienza molto arricchente, che mi aiuta anche negli affari. Viaggiando e visitando i Paesi osservo situazioni, condizioni e mi rendo conto se esistono nuove opportunità di business.

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COMUNICARE L’IMPRESA

LA PUBBLICITÀ È L'ANIMA... DEI CONSUMI L'Associazione degli utenti pubblicitari in assemblea si confronta con la metamorfosi dei modelli di comunicazione, per capire (e prevedere) come si muove un mercato che in Italia vale circa 8,5 miliardi di euro di Silvia Antonini

L’

innovazione tecnologica e la metamorfosi dei modelli economici che hanno investito il settore della comunicazione sono al centro del dibattito interno al mondo degli investitori pubblicitari, impegnati in questi ultimi mesi ad affrontare la prolungata stagnazione dei consumi, l’incertezza economica e il disorientamento politico legato anche alle recenti elezioni europee. Questa riflessione, e il cambio necessario di prospettive che comporta, ispira il convegno cheil 3 luglio, precede l’assemblea annuale 2019 dell’UPA, l’associazione degli utenti di pubblicità presieduta da Lorenzo Sassoli de Bianchi. «Ciò che guardi ti riguarda” è il titolo del summit di quest’anno: un invito a interrogarsi sul proprio modo di affrontare il IL PRESIDENTE DI UPA LORENZO SASSOLI DE BIANCHI cambiamento.È una chiamata ad agire responsabilmente in un contesto che intereszo positivo degli investitori pubblicitari a sa tutti gli operatori della comunicazione, fronte di consumi che, secondo l’Istat, non intesa nel suo senso più ampio. aumenteranno oltre lo 0,5%. Dentro a un Su questo tema Sassoli ha invitato a conmercato degli investimenti che vale circa frontarsi Bruno Bertelli, ceo dell’agenzia 8,5 miliardi di euro c’è tutto, dai media traPublicis Italia, Andrea Rossini, direttore dizionali all’online con gli over the top di business unit consumer di Vodafone Itainternet che crescolia, e il critico d’arte UPA È IMPEGNATA IN UNA CAMPAGNA no molto, ma sfuggoFrancesco Bonami. PER LA PROMOZIONE DEL CREDITO no a stime puntuali e Il summit è anche DI IMPOSTA SUGLI INVESTIMENTI a una identificazioun’occasione per PUBBLICITARI INCREMENTALI ne chiara. La forte scattare una fotoespansione sul mercato da parte del web, grafia dell’andamento degli investimenti secondo mezzo per quota pubblicitaria in pubblicitari attraverso i risultati del sonItalia dopo la tv, è solo uno dei cambiamendaggio annuale effettuato da UPA tra tutti i ti che investono anche il sistema dei media, propri associati, che rappresentano il 95% con la rilevanza assunta dai contenuti e dai del mercato italiano, e fornire una previnuovi operatori streaming, come Netflix o sione di come potrebbe chiudere l’anno Disney Plus. in corso. Per il 2019 il presidente Sassoli Il summit UPA non vuole analizzare lo stato stima indicativamente una performance dei media in Italia, ma riflettere sull’impatin crescita, indice di stabilità e di uno sfor-

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to che i fenomeni di cui sotto contribuiscono a creare lo “specchio” in cui il mercato si riflette. Un impatto che nel caso della stampa è estremamente evidente. Il mezzo è da oltre dieci anni in caduta libera con il calo delle diffusioni e della raccolta pubblicitaria, che ultimamente non è mai inferiore alle due cifre. UPA e il presidente Sassoli sono da tempo impegnati in una campagna a favore del mezzo, in primo luogo attraverso la promozione del credito di imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali. Uno dei temi più attuali che influenzano le riflessioni di UPA è il fenomeno delle concentrazioni tra grossi gruppi, come ad esempio la fusione tra Mediaset Italia e Mediaset España nella holding MFE-Mediaforeurope per la costituzione di un polo televisivo pan-europeo. L’operazione, annunciata lo scorso 7 giugno, segue di pochi giorni l’accordo tra Mediaset e la tedesca Prosiebensat.1 Media per l’acquisizione del 9,6% del capitale sociale di quest’ultima da parte del broadcaster di Cologno Monzese, che ne diventa il secondo azionista. Quota che sarà conferita nella nuova holding. Ma non solo: l’organizzazione, che dallo scorso aprile è diretta da Vittorio Meloni, è convinta della necessità di mettere in atto tutte le strategie necessarie a favorire l’evoluzione sotto il profilo tecnologico del sistema Italia. UPA ha infatti presentato nei giorni scorsi “Nessie”, un progetto di “datalake” ovvero di raccolta e gestione in forma consortile di big data che forniscono informazioni sui comportamenti dei consumatori. Inoltre, promuove presso gli associati l’introduzione della blockchain per


CON IL PROGRAMMATIC LE CAMPAGNE DIVENTANO EFFICIENTI

IL DIRETTORE GENERALE DI UPA VITTORIO MELONI

la gestione automatica degli investimenti pubblicitari, tema che investe anche gli editori e i loro canali che devono preoccuparsi della rivoluzione tecnologica in atto. Sul digitale UPA si è già espressa anche attraverso il Libro Bianco che detta le regole per una relazione trasparente tra investitori pubblicitari e operatori del web advertising, a cui hanno contribuito entità come Assocom e Unicom (oggi confluite nella nuova realtà associativa UNA), FCP, Fedoweb, Fieg, IAB, Netcomm. Il Libro Bianco cerca di rispondere a tutte le domande relative alla comunicazione digitale: sulla misurazione della viewability, che deve essere affidata a enti terzi e certificati rispetto ad acquirente e venditore, sulla tutela rispetto alle frodi, sui fondamenti alla base degli indicatori di efficacia. Un requisito centrale è quello della trasparenza e un altro quello del contesto in cui compare la pubblicità. Rispetto alla pubblicazione del Libro Bianco, che risale a due anni fa, il settore del digitale ha fatto ulteriori passi in avanti con l’introduzione del GDPR sulla privacy e adesso è in attesa del recepimento a livello nazionale del dispositivo UE sulla proprietà intellettuale.

Con un valore complessivo di oltre 2 miliardi e 650 milioni di euro nel 2018, il digital advertising rappresenta il secondo mercato pubblicitario in Italia dopo la televisione, caratterizzato da una crescita vivace e costante. In questo mercato, la parte del leone la fanno le piattaforme capaci di aggregare grandi numeri di utenti e allo stesso tempo di profilarli secondo target specifici. La verticalizzazione, infatti, è uno degli elementi caratterizzanti del modo di fare pubblicità digitale oggi. «L’investitore pubblicitario è interessato agli utenti e li va a cercare dove sono più numerosi, ma soprattutto dove riesce a colpire il pubblico in maniera specifica ed efficiente, con una logica di pianificazione verticale - spiega Francesco Di Cataldo, chief executive officer della società di digital advertising Publy -. Le dimensioni della piattaforma che fornisce gli spazi fanno la differenza, chi ha più utenti ha il coltello dalla parte del manico e stabilisce le tendenze del mercato».

Dieci anni fa, spiega Di Cataldo, il traffico arrivava soprattutto da Google, oggi ci sono Facebook, Instagram, e app aggregatrici di contenuti come Newsrepublic o Upday: «L’85% degli utenti è sul mobile, dove vincono le realtà che ne contano il maggior numero. Quindi anche tra i formati pubblicitari digitali vincono quelli che sono ottimizzati per il mobile». Publy è una realtà fondata nel 2012 da Di Cataldo con Gianluca Bruno, che ricopre il ruolo di chief information officer, e Fabrizio Aversano, head of media. Opera a livello internazionale con sedi in Irlanda e in Sud America. Oltre all’attività di remunerazione del traffico internet,

Publy opera anche come acceleratore di start up ed è specializzata nel settore del programmatic advertising, l’acquisto automatico di spazi pubblicitari online attraverso piattaforme tecnologiche. «Il programmatic si è imposto nella pubblicità digitale perché permette agli investitori di pianificare le proprie campagne in maniera più efficiente, scegliendo direttamente la cerchia di utenti a cui rivolgersi e potenziandone l’efficacia, con un notevole risparmio economico. La cosiddetta tabellare, invece, funziona bene sui siti che vantano un brand importante a livello nazionale». L’evoluzione del digital advertising investe anche i formati: se da un lato quelli tradizionali indicati dagli standard IAB (Interacting Advertising Bureau) sono i più venduti perché sono di facile realizzazione e promozione da parte degli investitori sui diversi siti, dall’altro i cosiddetti “rich media” si stanno diffondendo per l’elevato impatto esercitato sull’utente.

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“LA MIA IMPRESA CONTA. PER QUESTO ho scelto scania” Non è solo una questione di costi da ridurre. Integrando i nostri prodotti con i nostri servizi è possibile incrementare l’intera redditività aziendale, migliorando la produttività di ogni mezzo e di ogni autista, anche di quelli più esperti.

SCANIA. PER L’UNICA IMPRESA CHE CONTA. LA TUA.


STORY-LEARNING, CHE COSA INSEGNANO QUESTE STORIE

Come possono convivere e lavorare insieme palestinesi e israeliani? Come è possibile coniugare l'interesse privato con quello pubblico? Come si può rendere il business innovativo e allo stesso tempo mantenere le proprie tradizioni? Obiettivi sfidanti, eppure raggiungibili concretamente. Ce lo dimostrano le storie d'impresa che narriamo in queste pagine

LA FABBRICA DELLE BOLLICINE DI PACE A DUE PASSI DALLA STRISCIA DI GAZA Nello stabilimento di Levahim, nel deserto del Negev, palestinesi e israeliani lavorano fianco a fianco. È il miracolo (anche economico) realizzato da SodaStream, l'azienda che produce gasatori domestici di Riccardo Venturi

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uella di SodaStream è prima di tutun esperimento di convivenza pacifica tra lato, almeno per un giornale di econovoratori israeliani e palestinesi, ebrei e arabi, mia, la storia del successo globale fra cui molti beduini e tante donne, tutti padi un’azienda produttrice di gasatori con cui gati allo stesso modo, nella grande fabbrica si fanno in casa l’acqua frizzante e le bibite di Levahim, vicino a Rahat nel deserto del gassate. Acquisita nel Negev, a 22 chilometri SOTTO LA GUIDA DEL CEO DANIEL 2007 per 6 milioni di da Gaza. A Levahim BIRNBAUM, SODASTREAM È PASSATA dollari da una società vengono prodotti 50 DA MENO DI 100 A OLTRE 700 MILIONI di private equity, sotmilioni di gasatori DI FATTURATO IN UNDICI ANNI to la guida del Ceo l’anno, esportati in 46 Daniel Birnbaum, l’azienda israeliana ha porpaesi del mondo, tutti con un’etichetta con la tato il fatturato da meno di 100 a oltre 700 bandiera israeliana e una scritta: “prodotto milioni, si è quotata al Nasdaq (nel 2010) ed da ebrei e arabi che lavorano fianco a fianco è stata acquisita a sua volta da Pepsi un anno in pace e armonia”. Non tutti sono d’accordo, fa per 3 miliardi e 400 milioni di dollari. Ma purtroppo. Gli scorsi 4 e 5 maggio da Gaza SodaStream non è soltanto questo. È anche Hamas ha lanciato 600 missili nelle zone

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STORY-LEARNING

israeliane attorno alla Striscia, provocando 4 morti e oltre 80 feriti; la rappresaglia israeliana ha causato 21 vittime. Il 90% dei razzi sparati da Hamas viene abbattuto dal sistema antimissile israeliano Iron Dome, ma il 10% lo supera. L’allarme è suonato anche alla fabbrica SodaStream di Levahim. Il tempo ufficiale di sicurezza per raggiungere i rifugi antimissile è di 15 secondi... Nabil Bsharat, 45 anni, capolinea di produzione palestinese di Ramallah, racconta quei momenti di terrore a un gruppetto di giornalisti venuti a visitare la fabbrica: «Quando siamo scappati verso i rifugi avevo paura per la mia vita e per la mia famiglia. Ho sette figli e sono anche nonno. E dentro al rifugio, insieme a tanti israeliani, mi sentivo male. I missili li stavano lanciando palestinesi come me…». Tre settimane dopo, nonostante gli eventi di Gaza il Ceo Daniel Birnbaum ha organizzato davanti allo stabilimento di Levahim una grande festa a favore della coesistenza pacifica, un Ramadan Iftar, la cena che spezza il digiuno del Ramadan, a cui hanno partecipato 3mila persone: tutti gli oltre duemila dipendenti della fabbrica, Ceo di aziende israeliane e internazionali, l’ex sindaco di Rahat, quaranta giornalisti da tanti paesi del mondo, l’Imam Sharif Abu Hani… Al posto dei missili a volare sono state le colombe liberate da un gruppo di bambini arabi e ebrei, israeliani e palestinesi. È intervenuto l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele David Friedman, un fatto per nulla scontato a una ventina di chilometri da Gaza, circondato

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corso a pieno ritmo anche sul mercato italiano, dove il risultato di 60mila gasatori venduti nel 2018 sarà più che raddoppiato nel 2019. Poi ci sono quelli che Birnboin definisce “caricatori turbo”: «Le nostre due grandi cause, quella ambientale e quella della coesistenza pacifica. Due elementi che fanno del nostro prodotto un regalo per i nostri figli e ci rendono un brand di culto». Una strategia di marketing? «Non lo faccio per business, ma perché è quello in cui credo nel profondo» dice Birnbaum. Ma anche se di marketing si trattasse, ce ne fossero di strategie di marketing che agiscono a favore della pace e da preoccupatissime guardie del corpo che dell’ambiente, dando lavoro e dignità a uosembravano uscite da un film di Hollywood. mini e donne disoccupati di diverse religio«Questa è la vera pace. La pace che non è ni, etnie e nazionalità, e trattandoli tutti allo scritta su un pezzo di carta, ma che si fa tutti stesso modo. E anche l’aspetto ambientale i giorni lavorando fianco a fianco in armonia, ha il suo perché: farsi l’acqua e le bevande rispettandosi» ha affermato Friedman. C’era gassate in casa permette di risparmiare un anche Shachiv Shanan, israeliano druso ex gran numero di bottiglie spesso di plastica, deputato laburista della Knesset il cui figlio oltre alla fatica di portarsele (o farsele porè stato ucciso in un attacco terroristico al tare) fino a casa. SodaStream ha l’ambizione Monte del Tempio di Gerusalemme due anni di contribuire a liberare il pianeta dalle bottifa, che nonostante questo lutto devastante ha glie di plastica usa e getta. «Ne vengono profatto un discorso appassionato a favore della dotte un miliardo al giorno: una follia» dice pace e dell’esperimento di coesistenza paciBirnbaum, «una famiglia media negli Stati fica di SodaStream. Non è mancata la musica, Uniti ne usa duemila all’anno. Per questo vouno dei più potenti messaggeri di pace, con il gliamo rivoluzionare l’industria globale del concerto del coro mibeverage». L’azienda LE DUE GRANDI CAUSE SPOSATE sto “Bubbles of hope” punta molto sulle DA SODASTREAM, QUELLA (bollicine di speran- AMBIENTALE E LA COESISTENZA PACIFICA, sue caratteristiche za) e quello della caneco-friendly anche LA RENDONO UN BRAND DI CULTO tante israeliana Bat nella comunicazione. Ella e del palestinese Haitham Jashi. L’anno scorso il Ceo ha guidato una delegaSodaStream ha 35 milioni di utilizzatori in 46 zione di dipendenti di SodaStream sull’isola paesi. Con i suoi gasatori, tutti prodotti nella di Roatan, in Honduras, paradiso naturale asfabbrica di Levahim, si fanno in casa 2 miliarsediato dalla plastica, tutti con una maglietta di e mezzo di litri di acqua e bevande gassate con la scritta “plastic fighters”. «In due giorni ogni anno. «Siamo la prima azienda al monsiamo riusciti a raccogliere 8 tonnellate di do in campo di acqua frizzante, e quella che plastica, ma è stato frustrante sapere che nel cresce più in fretta: il 30% all’anno» spiega il mondo un’analoga quantità viene scaricata Ceo Daniel Birnbaum, «un risultato che è stanell’ambiente ogni 25 secondi» spiega Birto possibile grazie alle cinque attitudini che nbaum. Alla potente causa ambientale contro ci caratterizzano: coraggio, urgenza - quel il mare di plastica che sta invadendo il mare, che va fatto, va fatto adesso - e ancora creatisi aggiunge quella altrettanto potente della vità, che ci porta a essere spesso sperimentacoesistenza pacifica tra israeliani e palestineli, ottimismo e trasparenza». Una crescita in si nella fabbrica a venti chilometri da Gaza.


«È nata per errore, come la penicillina» assicura il Ceo di SodaStream, «gli israeliani non vogliono lavorare in fabbrica». Prima di spostarsi nel deserto del Negev, la fabbrica di SodaStream si trovava nei territori occupati di Mishor Adumim, in Cisgiordania. Questo ha attirato sull’azienda la feroce ostilità di Bds, campagna globale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, la cui attività è stata recentemente definita antisemita da una mozione approvata dal Parlamento tedesco. Bds ha accusato SodaStream di rubare la terra palestinese e di sfruttare i lavoratori palestinesi, nonostante desse lavoro a 500 operai palestinesi in una zona dal tasso di disoccupazione elevatissimo. Nello scontro è stata coinvolta perfino l’attrice Scarlett Johansson, che era stata nominata ambasciatrice globale del marchio SodaStream. Solo che la splendida Scarlett aveva un ruolo simile anche per Oxfam Global, associazione non governativa che si oppone a tutte le attività commerciali negli insediamenti israeliani, definiti illegali in base alla legge internazionale. La Johansson si è dimessa da Oxfam e ha continuato a fare da testimonial per SodaStream, con una pubblicità trasmessa anche in occasione del Super Bowl. Ma Bds ha continuato la sua opera di boicottaggio e ottenuto risultati, come la rinuncia del colosso commerciale inglese John Lewis a distribuire i prodotti Sodastream. Alla fine, nel 2015, lo stabilimento in Cisgiordania è stato chiuso, per aprire quello nel deserto del Negev, anche se Birnbaum nega che la scelta sia stata causata dalle azioni di Bds: «La nuova fabbrica è quattro volte più grande, e il sito precedente non era più adatto» assicura. Ali Jafar, un capoturno di un villaggio della Cisgiordania che lavorava nella fabbrica di Mishor Adumim, ha affermato: «Tutte le persone che hanno voluto chiudere la fabbrica sono in errore. Non hanno preso in considerazione le famiglie». Il fatto è che una logica politica spietata, basata sull’esito mai riconosciuto di una guerra combattuta 52 anni fa, ma pur sempre una logica, se ne infischia di alcune centinaia di famiglie ben pagate e,

forse, felici. Dopo la chiusura i 500 operai palestinesi dello stabilimento in Cisgiordania hanno perso il lavoro non per volontà di SodaStream, ma per la necessità di ottenere nuovi permessi di lavoro per entrare in Israele. Birnbaum ha ingaggiato un duello con la burocrazia israeliana per ottenere i permessi, e dopo 16 mesi di battaglia e di polemiche ce l’ha fatta. Nel 2016, 120 dipendenti palestinesi sono tornati a lavorare per l’azienda, nel nuovo stabilimento di Levahim: «È stato ACCANTO A PALESTINESI E ISRAELIANI, A LEVAHIM LAVORANO ANCHE CINQUECENTO BEDUINI, DI CUI DUECENTO SONO DONNE

un po’ come avere indietro la propria famiglia» dice lui. E la parola famiglia ricorre chiacchierando con i lavoratori e le lavoratrici della fabbrica, dove c’è un’atmosfera positiva, piena di sorrisi. La usa Pesach Bebayev, israeliano reduce da 4 anni di carcere per droga e possesso d’armi: «Ho fatto amicizia con ragazzi arabi e palestinesi, pochi giorni fa è morto il padre di un collega beduino e sono andato al suo funerale a Rahat, un posto dove di solito gli ebrei non vanno. Ma noi siamo come una famiglia». A Levahim lavorano 500 beduini, di cui 200 donne. Un fatto molto insolito, se si pensa che solo il 25% delle donne beduine ha un lavoro. Sara Krenawi, donna

beduina esile dallo sguardo fiero, 42 anni e 6 figli, da operaia è diventata capolinea, con 46 persone sotto di lei, maschi inclusi. «Mi sono sempre sentita forte, ma lavorando qui mi sento ancora più forte. Questo è il posto che cercavo per tirare fuori il meglio delle mie capacità. Siamo rispettati e i salari sono equi» racconta. Per combattere la disoccupazione femminile tra i beduini, SodaStream sta per lanciare anche una linea produttiva nel villaggio di Kuseife, permettendo alle donne di lavorare vicino alle loro famiglie. Inoltre ha aperto una linea produttiva anche nel carcere di Beer Sheva, coinvolgendo 160 detenuti, pagati il massimo consentito dalla legge. Quattro di loro, una volta scarcerati, sono diventati dipendenti allo stabilimento di Levahim, e uno di loro è perfino capolinea. Certo sono tutte piccole cose rispetto all’odio, al terrorismo. Ma è proprio dalle piccole cose che parte il cambiamento. Sarà un caso, ma il recente film Tutti matti a Tel Aviv del regista palestinese Sameh Zoabi mostra il conflitto israelo-palestinese sotto una luce diversa, sarcastica e perfino esilarante, e anche l’ironia avvicina alla pace. La sera del Ramadan Iftar Daniel Birnbaum ha detto: «Non aspettate che i nostri leader portino la coesistenza tra i nostri popoli. Siamo noi gli adulti responsabili che hanno bisogno di assicurare coesistenza e pace, tutti i giorni».

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DIGITALE, FLESSIBILE E 5G: IL FUTURO PROSSIMO DI TIM Il responsabile IT dell’operatore telefonico spiega a Economy i piani di trasformazione digitale attraverso la nuova piattaforma “future proof” Enterprise Big Data sviluppata in collaborazione con Dell EMC Italia di Sergio Luciano

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ell’era dell’industria 4.0, Tim sta affrontando le sfide della trasformazione Digital. Una grande azienda con trenta milioni di clienti, con una forte anima digitale e l’esigenza, costante, di evolvere seguendo, anzi precedendo, l’evoluzione digitale: «Sì, noi siamo così, perché Tim è un’azienda con una grande tradizione da valorizzare ma insieme l’esigenza di costruire ogni giorno il futuro», dichiara Raimondo Zizza (nella foto a lato), responsabile ITnformation Techology di Tim. «Tim ha già da un po’ avviato il suo percorso verso la Digital Telco e l’IT supporta l’evoluzione dell’azienda passando da centro di costo a leva competitiva con una nuova piattaforma future proof che affianca l’architettura dei servizi core per garantire velocità, flessibilità, scalabilità e apertura lancio di nuovi servizi». verso l’ecosistema digitale. La chiave di volTim ha avviato un programma di radicale ta è la collaborazione attiva con le linee di trasformazione verso la Digital Telco. Business per avanzare all’unisono verso gli L’Information Technology gioca un ruolo obiettivi di Tim». fondamentale nel viaggio di Tim e affronta «Dopo la prima rivoluzione industriale che un momento molto complesso ed al conintroduceva le macchine a vapore, la secontempo molto stimolanda l’elettricità e la VELOCITÀ, FLESSIBILITÀ, SCALABILITÀ te, in cui le sfide riguarterza il personal E APERTURA VERSO L’ECOSISTEMA dano sia il fronte della computer, dobDIGITALE: COSÌ L’IT PASSA DA CENTRO semplificazione e raziobiamo cavalcare DI COSTO A LEVA COMPETIVIVA nalizzazione dell’archile opportunità letettura dei sistemi a supporto dei servizi gate al profondo cambiamento apportato tradizionali, sia quello di innovazione con dall’era digitale», ci dice Raimondo Zizza. un’architettura future proof in grado di so«L’era digitale sta radicalmente cambiando stenere le nuove sfide di business, il tutto in l’industria delle telecomunicazioni – agtempi molto ridotti. «Per dirla con un’immagiunge - se da un lato gli operatori tendono gine – ci spiega Zizza - stiamo cercando di a mantenere la competitività acquisita sui cambiare i motori dell’aereo mentre l’aereo servizi di telecomunicazione tradizionali è in volo! E non possiamo certo fermarci»! ottimizzando i propri costi interni, dall’al«L’architettura che ho trovato in Tim due tro è necessario migliorare il servizio e gaanni fa infatti – ci racconta Zizza – risultava rantire la product leadership attraverso il

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L’INFORMATION TECHNOLOGY GIOCA UN RUOLO FONDAMENTALE IN UN MOMENTO MOLTO COMPLESSO E AL CONTEMPO STIMOLANTE


stratificata e ridondante, e presentava limiti strutturali in termini di time to market. Per I PROGETTI “TANGIBILI” CON DELL TECHNOLOGIES tale motivo abbiamo affiancato allo stack grazie a soluzioni di necessita di requisiti Si parla tanto di legacy una nuova architettura a microserintelligenza artificiale e - latenza, larghezza digital e di business vizi. La piattaforma di Enterprise Big Data automazione. di banda, capacità, transformation; quanto è stata utilizzata come confine tra il mondo copertura, archiviazione In quanto più realizzato da TIM in legacy e quello digital. La costruzione del importante provider di e disponibilità dei dati Italia è una eccellenza infrastrutture al mondo, in tempo reale - tali e dimostra come Dell layer Enterprise Big Data è stata fatto in Dell Technologies è da avere un impatto Technologies abbia collaborazione con Dell EMC Italia, nostro in grado di offrire dirompente nel modo di l’approccio e gli asset partner sia per l’infrastruttura Big Data, sia progettare l’architettura soluzioni di prossima adatti per cogliere la nella nuova Service Delivery Platform». generazione grazie sfida del 5G e realizzare delle reti: una alla collaborazione trasformazione digitale «Volete sapere che risultati abbiamo otteprogetti tangibili, che riguarderà non solo con fornitori di servizi, verificabili e fonte di nuto? – ci chiede il manager. Abbiamo redi tecnologia, di reti l’ambito informatico, orgoglio come questo. alizzato la nuova App di Tim in soli 6 mesi e tutti gli attori del ma anche quello della Il 5G porterà alla e la valutazione è la più alta in termini di settore per continuare forza lavoro e della nascita della prima rating tra le App delle telco italiane sugli a sviluppare soluzioni architettura di rete end- sicurezza, dal momento in grado di rispondere che si potranno to-end completamente store online, con un punteggio di 4,5 siamo alla necessità di una scambiare in modo più definita dal software; in cima alla classifica con un distacco di 3 comunicazione end-torapido ed economico l’implementazione di punti rispetto alla vecchia App. Naturalend sempre in crescita. nuove applicazioni infatti enormi volumi di dati mente sulla base dei big data abbiamo sviluppato anche capacità predittive - spiega so i canali self, web e App». ancora Zizza - utilizzando informazioni che tric, consentendo di innovare sia l’interaQuanto ai risultato, «Non posso dare cifre”, sono, come si dice in gergo, ‘near real time’, zione con i clienti migliorando l’esperienza spiega Raimondo Zizzaa Economy, «ma poscioè appena arrivano nei sistemi possono di fruizione, sia la qualità dei servizi. «In so dirvi che per esempio le vendite di servigià essere utilizzate, e dunque lavoriamo su Italia non c’è ancora nulla di simile, forse zi in fibra via web hanno avuto mese dopo dati freschi, che danno qualità alla capacità esiste un’unica esperienza analoga in tutta mese un incremento molto significativo, e lo predittiva del sistema dei comportamenti Europa». stesso stiamo riscontrando con la diffusione del cliente e velocizzano la gestione degli «Le scelte tecnologiche adottate stanno della nuova App». eventuali guasti». dando luogo ad una piattaforma future «E il bello -aggiunge - è che prima dell’imple«Un altro grande traguardo è l’integrazione proof omnicanale e aperta, ossia pronta mentazione dei nuovi sistemi, l’incremento con gli assistenti virtuali di Amazon e Goall’integrazione di nuove componenti o dell’utenza richiedeva un costante scale-up ogle: già da qualche ecosistemi che sa(cioè incremento dimensionale) dei sistetempo infatti è possi- IL MIGLIORAMENTO DELL’INTERAZIONE ranno dettati dai moTRA NEGOZI E CANALI SELF COME WEB mi per gestire il carico elevato, mentre oggi bile connettersi con delli che il Business E APP HA CONSENTITO DI INCREMENTARE quest’ampliamento della capacità di calcolo Alexa e Google per persegue per creare VENDITE E CUSTOMER SATISFACTION è automatico: “Pensate che l’infrastruttura avere informazioni nuove opportunità realizzata ci ha permesso di passare da posu offerte e credito ed effettuare ricariche nei mercati adiacenti. In tale direzione stiache migliaia di utenti della App agli attuali e pagamento della fattura della linea fissa. mo anche introducendo soluzioni basate 6 milioni senza intervenire sugli apparati», E sapete quanto tempo ci abbiamo messull’intelligenza artificiale – precisa ancora sottolinea Zizza. so con la nuova architettura? Solo cinque Raimondo Zizza – per anticipare e gestire «Il nostro viaggio è ancora lungo», conclugiorni!». in modalità self-care le attività di post vende responsabile ITnformation Techology di Zizza aveva avuto modo di collaudare quedita del cliente. Insomma: la rivoluzione Tim, «ma abbiamo posto le basi stabili per sto tipo di metamorfosi già qualche anno fa digitale è in atto, e mentre comprimiamo i affrontare qualsiasi futuro e se il futuro si in Brasile, dove, sempre su soluzioni Dell costi, stiamo anche ottimizzando i servizi chiama 5G, con questa architettura intelTechnologies, aveva costruito una nuova affinchè Tim resti l’operatore di riferimenligente, costruita da Tim con le soluzioni architettura tecnologicamente innovativa to per i suoi clienti. La chiave di volta è Dell Technologies, siamo già un “futuro in cui i dati hanno funzionato da abilitatori migliorare l’interazione con loro che non è prossimo”». della strategia di Business customer cenpiù solo nel negozio, ma continua attraver-

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LA STRADA VINCENTE DELLA FORMAZIONE A DISTANZA Puntare sulle competenze per rilanciare l’azienda e consentire ai propri clienti il salto di qualità. È il percorso (di successo) intrapreso dal Gruppo Ebano del vicepresidente di Confindustria Carlo Robiglio di Sergio Luciano «MI SONO TROVATO A UN PUNTO DELLA MIA VITA DI IMPRENDITORE IN CUI, OSTINANDOMI A FAR DA ME, CONTINUAVO A SBAGLIARE E NON RIUSCIVO A VEDERE NÉ SVOLTE POSSIBILI NÉ VIE D’USCITA A UN PERCORSO DI DECLINO. Poi, fortunatamente, sono riuscito a scuotermi e abbiamo cambiato strada. Oggi dico che se non si è in grado di uscire dal proprio ambito aziendale, di guardar fuori, lontano, capire che ci sono sempre nuove competenze che occorrono e managerializzarsi, non si cresce»: Carlo Robiglio, imprenditore dell’editoria e della formazione con il suo Gruppo Ebano, presidente della Piccola industria di Confindustria, vicepresidente di Confindustria e vicepresidente del Sole 24 Ore, ha vissuto una fase di distruzione creativa che sembra dettata da Schumpeter in persona. Distruggere per ricostruire. E la racconta con una trascinante emozione. In pochi anni ha trasformato un’azienda editoriale tradizionale, quindi fatalmente destinata alla crisi o nella migliore delle ipotesi a una vita grama, in un’industria culturale polisettoriale, sempre saldamente ancorata alla produzione libraria, anche cartacea, e sempre qualificatamente autoriale, ma proiettata nel digitale e forte di un’ormai vastissima clientela che in tutta Italia acquista…

Cosa acquista, dottor Robiglio? Innanzitutto corsi di formazione. Formazione a distanza basata sulla nostra piattaforma digitale oltre che su libri e dispense. Ma le aree di business sono molte: l’editoria e la formazione, strettamente collegate, la comunicazione, il digital marketing, la sharing economy. Una curiosità preliminare: perché ha scelto di battezzare Ebano il suo gruppo?

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L’ebano è un legno che evoca l’idea della forza, della qualità e delle radici profonde: perché altro è l’esigenza di evolvere e cambiare, altro sarebbe dimenticare le proprie radici! NEGLI ULTIMI SETTE ANNI I CORSISTI CHE HANNO UTILIZZATO LA PIATTAFORMA DI FORMAZIONE OFFERTA DA EBANO SONO STATI PIÙ DI QUARANTAMILA

Dunque è ripartito dalle competenze? Sì, e grazie a queste competenze, abbiamo fatto un vero salto di qualità. Che si è poi concretizzato nella costituzione della società Cef Publishing S.r.l., una società che, attraverso il brand Centro Europeo di Formazione (Cef) e numerose pubblicazioni di settore, è oggi leader nel panorama innovativo della formazione professionale a distanza (Fad). Funziona? Dicono di sì gli oltre quarantamila corsisti

che hanno utilizzato negli ultimi sette anni la nostra formazione, senza sussidi statali né timbri burocratici, investendo in competenze. Vede, oggi la Fad è l’unica modalità capace di offrire una innovativa acquisizione delle competenze liberando allievi e docenti dai limiti posti dalla compresenza fisica, attraverso sussidi didattici mirati e avanzate tecnologie di comunicazione. Peraltro, bisogna distinguere tra formazione a distanza e formazione on-line. In questo senso per noi la formazione a distanza è imperniata ancora oggi su un’importante componente di dispense cartacee integrata dalla piattaforma di “Social Learning” di Cef. In quali settori operate con Cef? Sanità e servizi socio-assistenziali, corsi di cucina e ristorazione, benessere animale, bellezza ed estetica della persona.


Settori molto diversi l’uno dall’altro! Sì, che promuoviamo e divulghiamo attraverso una rete di collaboratori, tutor, testimonial e partnership di assoluto rilievo. Qualche nome? Be’: se mi limito a parlare dei rapporti in atto di Cef, quelle con Antonino Cannavacciuolo per l’alta cucina, ad esempio, e Diego Dalla Palma per l’estetica. Ma molti altri, e molte alleanze istituzionali. Per esempio, restando nell’ambito della ristorazione, organizziamo stage per il corso da cuoco professionista, in collaborazione con Renaia, la rete nazionale degli istituti alberghieri. Tramite Renaia gli istituti convenzionati accolgono i corsisti per gli stage mettendo a reddito le loro strutture anche nei fine settimana e noi offriamo ai corsisti la possibilità di integrare la teoria con la pratica e prendere lezioni sul campo. I prezzi? Il corso CUP (Cuoco professionista) costa oltre 2000 euro. Qual è il profilo dei vostri corsisti? Molto vario. Giovani e non; studenti in cerca di una prima occupazione e lavoratori che vogliono riqualificarsi e professionalizzarsi. Tutti vanno in rete e cercano. E così ci imbattiamo in storie emozionanti di persone che hanno seguito i nostri corsi di cucina e oggi hanno ristoranti di successo… Ma c’è anche chi ha fatto con successo un corso per addestratore cane o toilettatore cane. Non manca chi riscopre da adulto la voglia o necessità di lavorare, come una mamma di figli grandi che, da brava cuoca a casa, con il nostro corso è diventata chef… Insomma, sa qual è la nostra forza? Quale? Regaliamo la possibilità di realizzare un sogno: riqualificarsi, costruirsi una nuova vita. Siamo gli unici a rendere concreto un processo del genere. Dunque lei apprezza fino in fondo la formula della formazione a distanza? Oggi sì. Ma riconosco che quando entrai in rapporto con questa realtà ero scettico. Oggi, invece, sono convinto che più Fad farebbe bene al Paese.

OGGI OCCORRE MANAGERIALIZZARSI E SAPER USCIRE DAL PROPRIO AMBITO AZIENDALE ALTRIMENTI NON SI CRESCE Perché? In un Paese che si pone le sfide di inserire sempre più persone nel mercato del lavoro la Fad può rappresentare uno strumento in più per chi si occupa di politiche attive del lavoro. La Rete è essenziale per il marketing… Quando nel 2013 ho rilevato il Centro Europeo di Formazione, che era un ramo d’azienda di DeAgostini Editore, costituendo CEF Publishing S.r.l., ci siamo concentrati sulla Rete investendovi cifre importanti e iniziando a sviluppare più la formazione innovativa e la piattaforma e-learning. Dal web cominciano ad arrivare richieste di informazioni sui corsi. Queste richieste vengono affidate alla nostra forza vendita, i nostri “Consulenti didattici”, che contattano a seguito dell’avvenuta richiesta, la persona interessata, spiegano bene in cosa consiste il corso e creano una relazione di consulenza. Consideri che abbiamo circa un 3% dei contatti web che, attraverso l’elaborazione telefonica, si tramuta in un contratto. Abbiamo parlato dei corsi di cucina. Cos’altro? C’è un’importante area sociosanitario-as-

sistenziale, oggi con meno seguito di un tempo, perché in Italia questa competenza è presidiata dagli istituti pubblici, ma sempre preziosa per le competenze che trasmette. Poi sì, l’area food con il Corso Cuoco professionista. Quindi l’animal care: addestratore, toilettatore, petsitter. L’Enci, l’ente nazionale della cinofilia italiana, è partner dei nostri corsi e ne garantisce la competenza. Abbiamo poi sviluppato una community di appassionati del mondo pet, con la piattaforma di sharing economy PETME attraverso la quale, ad esempio, quando vai in vacanza il tuo cane anziché al canile viene ospitato in casa di persone iscritte alla community e certificate dalla stessa. E ancora abbiamo il portale Zampando.com, che vende prodotti per mondo animale. Per noi l’animal care non è più solo formazione ma è il presidio di una verticale di business. E poi c’è l’estetica. Siamo partiti con il primo corso “Percorso Immagine” con Diego Dalla Palma come testimonial. Siete comunque forti nel digital marketing? Nel 2018 da Rete abbiamo sviluppato oltre 200 mila lead e convertito circa 5000 contratti. Abbiamo anche investito sulla startup di digital-social-marketing Btrees. Avete vinto il Premio Best Managed Companies di Deloitte entrando nella rosa delle aziende che si sono distinte per strategia di crescita La crescita oggi è un mantra per le Pmi e lo è per noi. Anche in quest’ottica dal 2017 siamo nel programma Elite di Borsa Italiana. E il futuro del Gruppo? Sarà altrettanto variegato come il presente. Per Cef vogliamo allargarci al mercato b2b. L’esperienza ventennale di militanza associativa in Confindustria mi ha convinto che la formazione è imprescindibile, per le imprese. Da qui l’idea di avviare una linea di attività che possa rivolgersi aziende di una certa importanza media e grande. Vengo da te, ascolto il tuo business, ti profilo il corso e te lo sviluppo.

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L’occhio del robot salva l’uomo e i suoi affari I sistemi di ispezione visiva di Antares Vision sono in grado di intercettare corpuscoli fino a un diametro di 30 micron, grazie anche alle reti neurali. Una capacità preziosa nell’industria farmaceutica e alimentare, ma non solo di Riccardo Venturi

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i sono pericoli che sono invisibili bile controllare fino a 70mila bottiglie all’oall’occhio umano. Come un minura, più di 20 al secondo, 24 ore su 24 con scolo frammento di vetro finito un’affidabilità costante, mentre l’attenzione per errore in una fiala iniettabile, che può dell’uomo va a scemare con il passare delle avere conseguenze gravissime. I sistemi di ore di lavoro» sottolinea Zorzella. Oggi l’inispezione visiva di Antares Vision sono in telligenza artificiale (IA) applicata ai sistemi grado di intercettarlo: vedono corpuscoli di elaborazione delle immagini sta espanfino a un diametro di 30 micron. Così la fiadendo le possibilità dei sistemi di ispezione la può essere eliminata prima di provocare visiva. «Due anni fa abbiamo introdotto una danni. L’azienda italiana in poco più di dieci macchina con una tecnologia disruptiva» anni di vita è diventata leader globale del racconta l’ad di Antares Vision, «in grado di suo settore, partner di 10 dei 20 principaverificare la qualità dei prodotti farmaceuli gruppi farmaceutici al mondo in oltre 60 tici liofilizzati iniettabili, che avendo una paesi, con oltre 2500 linee Installate e un morfologia sempre diversa sfuggivano alle fatturato 2018 di 118 capacità dei sistemi LA MACCHINA DI ANTARES VISION milioni. «Ogni prodi visione: solo un ocRAGIONA COME L’UOMO: PER QUESTO dotto nella sua fase di chio umano esperto L’AZIENDA HA VINTO IL PREMIO creazione e di conferiusciva a riconosceEUROPEO HORIZON 2020 zionamento deve esre se il prodotto era sere controllato, in modo che ne sia garancorretto. Ma con l’IA siamo riusciti a istruire tita la qualità e la conformità» dice Emidio la macchina a ragionare come un uomo, utiZorzella, presidente e ad di Antares Vision, lizzando le reti neurali. Per questo abbiamo «una volta i controlli venivano svolti a camvinto il premio europeo Horizon 2020, ricopione dall’uomo, ma oggi per rispondere a nosciuto anche negli Usa». normative sempre più esigenti si utilizzano Antares Vision è stata fondata nel 2007 da sistemi di visione con telecamere intelligendue amici laureati in ingegneria, l’attuale ti, che emulano l’occhio e il cervello umano. presidente e a.d. Emidio Zorzella (nella foto Inoltre aggiungono altre funzionalità, come della pagina a lato) e Massimo Bonardi, anquelle offerte dai raggi infrarossi, permetche lui a.d., che hanno intuito le potenzialità tendo di assicurarsi al 100% che i prodotti delle tecnologie di visione artificiale in tema siano privi di impurità e confezionati cordi sicurezza dei prodotti. Oltre che nei sisterettamente». Questi sistemi sono sempre mi di ispezione visiva, l’azienda bresciana più diffusi specie nell’industria farmaceutiè leader nelle soluzioni di tracciatura e geca, ma si stanno espandendo anche in altri stione intelligente dei dati. Ha creato non settori. Per esempio quello del beverage, solo il primo sistema di ispezione integrato grazie alla velocità di esecuzione. «È possisulle macchine di confezionamento dei far-

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maci realizzato con telecamere intelligenti, ma anche il primo impianto di serializzazione certificato in Europa e il primo modulo compatto di tracciatura al mondo che integra funzioni di packaging avanzate. «Dopo che abbiamo ispezionato la qualità del prodotto, siamo sicuri che è genuino, congruente, confezionato correttamente, un altro rischio si presenta nella filiera distributiva» argomenta Zorzella, «quello che siano introdotti prodotti contraffatti, come spesso accade con il finto made in Italy. Per questo abbiamo introdotto a partire dall’industria farmaceutica, che è sempre un po’ più avanti rispetto agli altri settori, sistemi di rintracciabilità del prodotto. In fase di confezionamento contrassegniamo ogni prodotto con un numero seriale non replicabile, rendendolo un unicum che nasce controllato, ispezionato e serializzato, quindi seguito in tutta la filiera fino al consumatore». Il codice è leggibile da smartphone: in questo modo il consumatore è sempre più in condizione di verificare l’originalità del pro-


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Il sistema di controllo di Antares Vision si basa su robotica e intelligenza artificiale

dotto, quali processi qualitativi sono stati adottati, da dove vengono gli ingredienti. «Pensiamo che i brand migliori vorranno rendere fruibili queste informazioni, creando così un circolo virtuoso» rimarca l’a.d. di Antares Vision, «quando il prodotto uscirà dallo stabilimento avrà due valori: il prodotto in sé e i dati che lo accompagnano. Si può quindi immaginare quale mole di dati andrà a essere collezionata da ogni produttore. Sarà ancora una volta l’intelligenza artificiale che permetterà di analizzare i dati e trarne valore, così da dare informazioni utili sulla gestione dei processi produttivi, per ottimizzare gli stock e abbatter gli sprechi». Questo permetterà anche di richiamare un singolo prodotto nel caso si riscontrasse un problema in produzione, senza creare rumore e conseguenti problemi reputazionali per il brand. In questo quadro la blockchain «può essere quella piattaforma condivisa dagli operatori della filiera dove poggiare e condividere queste informazioni in modo sicuro» evidenzia Zorzella, «non è ancora

così, oggi si stanno facendo sperimentazioni. Si tratta di mettere d’accordo tutti gli operatori per usare una piattaforma condivisa, un compito proprio degli enti regolatori. Ci potranno essere anche interscambi finanziari, con una parte del trasferimento economico del valore: oggi è ancora prematuro ma è un’evoluzione futura plausibile». Antares Vision ha attirato l’attenzione di Sargas, finanziaria costituita ad hoc da un pool di imprenditori capitanati da Guido Barilla, che nell’agosto del 2018 ha siglato un aumento di capitale, investendo 40 milioni di euro ed entrando così nel 15% delle quote. Per sostenere e accelerare il percorso strategico di crescita, Antares Vision ha deciso di procedere ad un’operazione di business combination con Alpi, Spac promossa da Mediobanca, che lo scorso 18 aprile l’ha portata a quotarsi in Borsa sul mercato Aim Italia. «Abbiamo sedi in Francia, Germania, Stati Uniti, Brasile, India, Corea del Sud»

mette in evidenza l’a.d., «ci stiamo preparando per la Cina, che sta introducendo sistemi analoghi. Vogliamo essere un player di riferimento mondiale nella protezione del prodotto in tutto il suo ciclo di vita, da quando nasce, quindi dagli ingredienti, al confezionamento, la logistica, lo stoccaggio, la distribuzione al consumatore, il riciclo. Le nostre tre tecnologie permettono di seguire tutto il percorso». Dopo il farmaceutico, il settore più rapido nell’introduzione di queste nuove metodologie è l’alimentare, per via delle tematiche di sicurezza; ma anche quelli dove c’è maggior valore aggiunto, dal cosmetico al lusso. Antares Vision ha un polo di ricerca nella Silicon Valley europea dell’intelligenza artificiale, in Irlanda nella città universitaria di Galway. Ma produce solo in Italia: «Forniamo soluzioni che hanno nella qualità il loro valore aggiunto, e riteniamo che la migliore qualità la riusciamo a ottenere lavorando con la filiera produttiva italiana, che nei settori dell’automazione industriale e del packaging è leader nel mondo. Ci vogliono le migliori competenze per offrire le migliori soluzioni» conclude Zorzella.

CI VOGLIONO LE MIGLIORI COMPETENZE PER OFFRIRE AI CLIENTI LE MIGLIORI SOLUZIONI 101


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Meno emissioni, più servizi l’autonoleggio è sostenibile La flotta di Avis Budget Group è tutta Euro 6 e dal prossimo anno almeno il 6-7% delle auto saranno elettriche o ibride. Così il gruppo sta negoziando accordi con i Comuni italiani per una mobilità intelligente

di Angelo Curiosi

S

e tutte le auto italiane fossero come la flotta di Avis Budget Group, tra i leader che offrono soluzioni per la mobilità, emetterebbero il 50% in meno di CO2, il 43% in meno di HC, il 68% in meno di NOx, l’80% in meno di particolato. Per le strade del Paese si respirerebbe aria migliore. Certo, è un’utopia, ma un contributo molto concreto a raggiungere questo traguardo Avis Budget Group – 650 mila vetture in circolazione nei cinque continenti, di cui 50 mila stimate in Italia – ha cominciato a darlo. La sua flotta

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motorizzata con propulsori termici è tutta Euro 6, vale a dire la configurazione più ecologica tra tutti i motori mai prodotti nel mondo. Anche la percentuale di vetture ibride ed elettriche in flotta sta aumentando a tappe forzate: l’anno prossimo le emissioni medie di CO2 dovranno essere del 20% più basse di quelle del 2020, il che significa che almeno il 6-7% delle nuove vetture Avis immesse in esercizio saranno a zero emissioni, totalmente elettriche o al massimo ibride. «Con queste credenziali stiamo negoziando

GIANLUCA TESTA

una serie di accordi con i Comuni italiani, a cominciare dal Comune di Milano», spiega Gianluca Testa, managing director per il Sud Europa di Avis Budget Group. «Veda: le nostre vetture circolano inquinando pochissimo; e alla sera, nella stragrande maggioranza dei casi, rientrano in parcheggi privati, senza ingombrare le strade, diversamente da quel che capita con le vetture del car sharing. Quindi: più comodità per gli automobilisti, più funzionalità e aria migliore per le città». Insomma: il gioco della mobilità sostenibile e intelligente si è fatto duro, e i professionisti come Avis Budget Group iniziano a giocare. Non si poteva certo lasciare nelle mani delle sole aziende della platform economy un ambito che deve andare oltre la logica della “disruption” per non seminare sprechi, pericoli ed effetto serra. «Abbiamo 310 uffici in Italia, che si occupano anche, e molto, di mobilità urbana», prosegue Testa, per dare evidenza plastica della consistenza del gruppo. La sfida è globale, ovviamente: Avis Budget Group opera in 180 Paesi con più di 11.000 agenzie di noleggio e il suo marchio Zipcar rappresenta il network più importante al mondo nel car sharing – che dunque ben conosce! - con circa 1 milione di iscritti. Attraverso la competenza che ha così acquisito si pone


come partner ottimale per le istituzioni locali nell’ottimizzazione del traffico che le automobili connesse permetteranno. Ma in che senso, e fino a che punto? «Ci sono almeno due fronti su cui il nostro contributo può essere cruciale. Della sostenibilità ambientale abbiamo detto. Inoltre, entro il 2020 tutta la flotta sarà composta da vetture connesse», spiega Testa, «il che ci offrirà una grandissima quantità di dati per prevedere e ottimizzare i flussi di traffico in chiave smart-city». Dunque una sinergia con gli interlocutori pubblici che potrà passare attraverso la condivisione di piattaforme tecnologiche che, oltre a gestire le informazioni necessarie al funzionamento della flotta, riescano ad analizzare in maniera continua e diffusa sul territorio dati fondamentali per la gestione della complessità delle città: informazioni precise sulle diverse tipologie di traffico, sui differenti mezzi di trasporto utilizzati, sull’impatto dell’inquinamento per zona e fascia oraria, sui flussi e gli orari degli spostamenti. Informazioni da cui non si può più prescindere per un’efficace pianificazione urbana e una gestione efficiente della mobilità. A cominciare da Milano, dove Avis Italia ha lanciato Milano Smart Mobility Ecosystem, un’offerta su misura per la metropoli, con cui potersi muovere in città agilmente, anche nelle aree a traffico limitato, con soluzioni che consentono l’ingresso gratuito in Area C con auto elettriche e ibride e l’ingresso garantito in Area B con tutta la flotta. Sono state introdotte le tariffe orarie, di 2, 4 o 6 ore per brevi spostamenti da Aeroporto o Stazioni ferroviarie verso il centro città o l’azienda, tariffe giornaliere per gestire facilmente impegni lavorativi e tariffe mensili per gestire necessità di medio/ lungo termine. E soprattutto è stata lanciata – in quasi tutta Europa - la nuova App Avis che cambia, ed era ora, l’esperienza del noleggio. Di che si tratta? In sostanza, del pieno control-

lo del noleggio e dello snellimento delle attese per il prelievo e la riconsegna del mezzo. «L’App offre due tipologie di servizio per il prelievo», spiega Testa: «In 4 stazioni italiane già attrezzate, il cliente apre lo sportello dell’auto, che trova nella postazione indicatagli dal sistema, attraverso la App Avis e prende in auto le chiavi; uscendo dal parcheggio mostra al vigilante il contratto di noleggio, magari sullo smartphone stesso, e parte. Altrimenti mostra il contratto all’impiegato in ufficio che gli dà immediatamente le chiavi». AVIS OFFRE UNA NUOVA FORMULA, DEFINITA DI INTERMOBILITY, CHE CONSENTE IL NOLEGGIO DA POCHE ORE FINO A QUALCHE GIORNO

Naturalmente l’innovazione gestionale che concretizza nella mobilità intelligente il concetto della smart-city trova riscontro anche in una serie di soluzioni create con la bussola del marketing, per dare più servizi ai clienti: accanto ai servizi di noleggio per il breve, medio e lungo periodo, Avis offre una nuova formula, definita di Intermobility, che consente il noleggio da poche ore fino a qualche giorno, con la possibilità di collegamento con snodi strategici della città come aeroporti e stazioni. Una soluzione che può rivelarsi strategica per le città,

consentendo di alleggerire il traffico e favorire la mobilità urbana, anche in corrispondenza di periodi di particolare affollamento o a supporto di gestione di criticità: è pensata infatti per ottimizzare la circolazione delle auto in città riducendola, in particolare di quelle di proprietà, e incentivare gli utilizzi alternativi e con un minore impatto ambientale come quelli consentiti dal noleggio a breve termine e dalla condivisione dell’automobile. «Da un punto di vista aziendale – sottolinea Gianluca Testa – queste innovazioni portano valore al brand. Abbiamo la App Avis, la flotta Prestige, il cliente preferred, il Club di Loyalty, il Servizio Priority e l’accumulo dei punti convertibili in noleggi gratis e sconti. La flotta è sempre più ricca, con una percentuale crescente di vetture automatiche». Il tutto, declinato sui tre marchi: Avis, che è di prima fascia qualitativa; Budget, di seconda fascia; e Maggiore. «Chi può gestire, oggi, 6-700 mila vetture su scala globale? Solo noi. Questa capacità di fleet-management non ce l’ha nessun altro», sintetizza il Managing Director del Sud Europa: «Questa è la più grande opportunità che abbiamo. Gli studi ci dicono che tanta competenza potremo sempre meglio impiegarla nel fleet management conto terzi. Siamo leader di mercato, e vogliamo farci vedere e sentire».

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L’INNOVAZIONE UTILE CHE VIAGGIA TRA EMPOLI E SEATTLE Tradurre la tecnologia in soluzioni per le aziende italiane: è il core business di Var Group, l’azienda empolese che col suo business ha conquistato il prestigioso Microsoft Country Partner of the Year per l’Italia di Marco Scotti

C’

è un esercito silenzioso e competente – ma per nulla minaccioso – che ha trovato casa a Empoli, e che da lì ha mosso i suoi passi per conquistare, rigorosamente in modo pacifico, le aziende italiane. Si tratta di 1.900 persone che hanno imparato pazientemente a tradurre la tecnologia dei grandi produttori internazionali – da Oracle a Google ad Amazon – sviluppando soluzioni innovative per le imprese del made in Italy e che le hanno proposte da nord a sud, in 23 sedi diverse che percorrono lo Stivale. In barba a chi pensa che la provincia sia luogo buono solo per un retaggio culturale antico, a Empoli Var Group ha creato la sua casa e la sua storia. Un colosso tascabile che, nato nel 1973 è oggi diventato un’azienda con un grande futuro, capace di guadagnarsi il prestigioso “Microsoft Country Partner of the Year” per l’Italia. E a guidare Var Group c’è una donna, Francesca Moriani, che, figlia del fondatore, ha preso la testa dell’azienda nel 2014 e ha poco meno che triplicato il fatturato e i dipendenti in soli cinque anni. «Entro l’anno – ci spiega la Moriani - assumeremo altri 100 ragazzi, 20 li abbiamo già formati attraverso le accademy. Non abbiamo ancora il bilancio definitivo, ma il preconsuntivo al 30 aprile è intorno ai 335 milioni di euro, in aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Per continuare a crescere ci stiamo concentrando su diverse aree di business, che vanno dalla digital security alla blockchain, dal cloud all’intelligenza artificiale. In Italia lavoriamo soprattutto con aziende del fashion e del food&beverage, ma abbiamo tra i 6 e i 7.000 clienti e proponiamo una serie di soluzioni differenti per un parco clienti che va dai 50 milioni al miliardo di fatturato. Poi su alcune nicchie particolari

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arriviamo anche alla fascia superiore, come nel caso della cybersecurity». Dal momento dell’insediamento di Francesca Moriani Var Group ha messo in campo una strategia aggressiva di oltre 30 acquisizioni, oltre a una serie di partnership con startup, ricercatori e imprenditori in modo da inserire nuove competenze in azienda. L’ultima operazione di m&a è quella per il 60% di Gencom, un system integrator con un fatturato intorno ai 10 milioni di euro specializzaDAL MOMENTO DELL’INSEDIAMENTO DI FRANCESCA MORIANI VAR GROUP HA MESSO IN CAMPO UNA STRATEGIA AGGRESSIVA DI OLTRE 30 ACQUISIZIONI

to in digital security. In questo modo si viene a creare un team dedicato alla sicurezza che si compone di oltre 100 persone con un fatturato consolidato intorno ai 25 milioni di euro. «Questa azienda – ci spiega la numero uno di Var Group – ci permette di colmare un gap che avevamo all’interno della nostra strategia di delivering networking e scurezza peri-

metrale. All’inizio del 2019, inoltre, abbiamo annunciato la prima acquisizione fuori dall’Italia: si tratta della tedesca Pbu, con sede a Monaco di Baviera, che offre servizi tecnologici al mondo manifatturiero, il mercato di riferimento in Germania. Abbiamo scelto la baviera perché la cultura imprenditoriale è molto vicina alla zona di Milano. Continuiamo a guardarci intorno, siamo in fase di negoziazione con un paio di startup molto interessanti, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo su piattaforme su cloud pubblico, in modo da aiutare a ridisegnare le soluzioni applicative per i nostri clienti». Ma c’è di più: ora che i confini italiani sono stati battuti in lungo e in largo, per Var Group è giunto il momento di lanciarsi in nuove avventure. Per questo motivo, è stata perfezionata un’alleanza con Unicredit che sta dando risultati di rilievo. «Abbiamo creato una newco con l’istituto di credito – prosegue la Moriani – per aiutare i clienti italiani nel processo di internazionalizzazione e per la creazione di nuovi business in Cina. Attraverso Unicredit siamo diventati partner per ec-


cellenza del colosso Alibaba. In questo modo riusciamo a gestire per i nostri clienti tutto il processo di vendita online in Cina. Non è un processo banale: prima di tutto per la diversa regolazione che muove quel mercato, poi per le peculiarità pressoché uniche della Cina stessa. Ma è un paese che dobbiamo per forza di cose “conquistare”, non si può più tornare indietro. Si tratta di un tassello fondamentale nel nostro processo di crescita. Non solo: da quando abbiamo stretto questa partnership abbiamo iniziato ad appoggiarci a dei consulenti cinesi che ci permettono di entrare in contatto in maniera più efficace con la cultura del paese orientale. Per questo la seconda parte dell’accordo con Unicredit riguarda la realizzazione di una newco che aprirà un ufficio direttamente in Cina, in modo da avvicinarci alla cultura e alla lingua. Si tratta di una partnership digitale che, ne siamo certi, amplierà ulteriormente il nostro business». Il futuro di Var Group si concentra soprattutto sul tema della blockchain, dell’intelligenza artificiale e della digital security. Per quanto riguarda la prima tecnologia, ad esempio, l’azienda guidata da Francesca Moriani ha puntato con decisione sulla tracciabilità della filiera produttiva. A metà maggio, poi, Var Group ha ottenuto – primo partner italiano – la certificazione Food Trust di Ibm. Si tratta di una rete, certificata dal colosso It, che collega i coltivatori, i trasformatori, i distributori e i rivenditori di tutta la filiera agroalimentare attraverso una registrazione soggetta ad autorizzazione, permanente e condivisa, dei dati del sistema alimentare. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, poi, è la stessa Moriani a chiarirci le intenzioni dell’azienda: «Investire in AI – ci spiega – è fondamentale. Stiamo lavorando insieme ai clienti più fidelizzati per fare questo proces-

so di evangelizzazione e per portare a termine dei test, in modo da comprendere come impiegare l’intelligenza artificiale, il riconoscimento visivo e il machine learning nelle catene di produzione. AI e blockchain non sono ancora così maturi in Italia da rendere in maniera dirompente per quanto concerne i fatturati. Ma sono pronti a decollare e bisogna farsi trovare già ai banchi di partenza. Oggi i veri traini di crescita sono la digital security e Industria 4.0: in questi settori le aziende hanno già acquisito la consapevolezza della necessità di fare investimenti. Mentre per il futuro più remoto, una delle tematiche che sta emergendo con maggiore vigore è il quantum computing». Quest’ultima tecnologia si basa su computer di ultima generazione per il trattamento e il processamento di moli di dati di grandi dimensioni. La strategia di Var Group poggia su altre due “gambe”. La prima è quella di investire nei giovani e nella ricerca e sviluppo, la seconda di farsi conoscere attraverso testimonial d’eccezione. Per quanto concerne la prima parte, l’azienda guidata da Francesca Moriani ha lanciato alcune iniziative: in primo luogo la formazione di diverse academy a cui accedono i giovani più promettenti (circa 80 all’anno) che vengono poi progressivamente

formati e inseriti in azienda. Inoltre, anche l’hackathon – la maratona tecnologica in cui i ragazzi vengono “sfidati” dalle aziende a risolvere problemi concreti con soluzioni pratiche – è diventato uno strumento di reclutamento efficace. Il Mastertech, questo il nome dell’iniziativa, ha visto sfidarsi 43 ragazzi durante l’ultima convention di Var Group, a Rimini: in palio contratti da 3.000 euro per i vincitori. Infine, i testimonial: dallo scorso anno è stata avviata una partnership con Marco Montemagno, divulgatore tech trapiantato a Brighton, che può contare su oltre 1,5 milioni di follower. «Ci serviva – conclude ancora la Moriani – per farci conoscere. Abbiamo fatto una sorta di scambio: lui mi invita nei suoi podcast sulla cybersecurity, noi lo chiamiamo come promotore e divulgatore dei nostri prodotti. A questo proposito, durante la convention di Rimini abbiamo chiesto a Francesco Facchinetti da fare da conduttore. In questo volevamo uscire dagli schemi aziendali tradizionali e porci come una sorta di startup, pur non avendo più l’età anagrafica per considerarci tale. Lui è uno “startupparo” con oltre venti progetti attivi al momento. Ci serviva un punto di vista differente e abbiamo ricevuto un feedback che andava oltre ogni più rosea aspettativa».

Il divulgatore web Marco Montemagno e, a destra, Francesco Facchinetti

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L’AFFITTACAMERE È COME UN’ARTE A CINQUE STELLE Nel cuore della capitale Denise Mirto gestisce camere e suite curatissime con le sue società The Historical e Bocca di Leone, sta diversificando ed è attiva anche a Londra. Dove sta lanciando una piattaforma innovativa di Angelo Curiosi

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un certo punto della mia vita ho capito che la sicurezza del tempo indeterminato a me faceva paura», dice Denise Mirto, e gli occhi le scintillano di entusiasmo, a smentire il tono di voce pacato e l’argomentare logico che usa: «Non riuscivo più a vedermi in prospettiva, lo sguardo non arrivava oltre, e mi spaventava l’idea di entrare ogni giorno nello stesso posto», aggiunge e come in un fast-forward è facile immaginarsi questa ragazza – appena trentenne, già imprenditrice in proprio nel turismo e nell’immobiliare – alla guida di un suo grande gruppo. «Di sicuro mi piace fare cose in contrasto con quello che ho visto fare dai diciotto ai ventott’anni, lavorando per altri», precisa, guardandosi attorno nel suo piccolo-grande quartier generale a due passi da Piazza di Spagna, a Roma: «Ho imparato tanto, per carità: e sono riconoscente a chi me ne ha dato l’opportunità. Ma mi sono messa in proprio per fare di testa mia. Volevo cambiare a mie spese e mio rischio, ma anche a mio vantaggio, e l’ho fatto, lo sto facendo». È nata una stella, non c’è che dire: piccola, ma brillante. E se lo spirito imprenditoriale è un dato cromosomico – chissà! – Denise Mirto è nata imprenditrice. Oggi Denise ha tre società: con due – The Historical e Domus Bocca di Leone - gestisce le quattro camere del Relais Bocca di Leone, nel cuore della capitale, e altre quattro piccole suite, curatissime, molto confortevoli, che ha chiamato appunto Domus Bocca di Leone. Tecnicamente, opera con una licenza da affittacamere, ma le strutture sono curate e accudite con un gusto e una qualità da hotel a cinque stelle. Poi Denise Mirto ha una terza società, a Londra, con la quale sta lanciando una start-up digitale che rivoluzionerà – dice lei, ma la sfida è avvincente e suggestiva – l’hotelleria di lusso. Ma andiamo con ordine.

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Dopo il liceo linguistico, e durante gli studi di giurisprudenza, Denise si è messa a lavorare: «Sì, certo, dal basso, alla Gregory Hotels di Roma, un piccolo gruppo con 13 strutture, e ho fatto la gavetta», racconta oggi Denise Mirto: «Segretaria amministrativa di nome, tuttofare in pratica, in un semi-interrato – nel LA SFIDA LANCIATA DA DENISE MIRTO PROMETTE DI RIVOLUZIONARE L’HOTELLERIE DI LUSSO GRAZIE ALLA PERSONALIZZAZIONE DELLE STANZE

vero senso della parola - dove c’era un archivio che io dovevo curare. Niente di bello, vero? Però, che miniera d’oro! A forza di sistemare carte, leggendo qua e là, ho imparato tanto, da autodidatta. Si potrebbe dire che ho rubato il mestiere. A un tratto, il titolare si è reso conto che ero un po’ sprecata e mi ha preso come sua assistente personale. Per me è stato più di un master. Lui era un fulmine, dilagante, febbrile, bravissimo, multitasking. Io non avevo una

vita mia. Ricordo che comprai una custodia impermeabile per il telefonino, perché dovevo e volevo rispondere sempre, anche quand’ero sotto la doccia!». Scuola di guerra, insomma: turni pomeridiani, notturni, front-office, direttrice d’albergo a 20 anni. «Poi lui cedette l’azienda al figlio che la vendette a una società che tenne solo me di tutti i quadri e i dirigenti, poi ho cambiato seguendo uno dei top-manager in una sua avventura imprenditoriale…finché ho deciso di farne una mia». Si è visto che ne ha poi fatte tre, di società; e come se non bastasse, mentre gestisce le sue attività, dà anche consulenze alberghiere – da una struttura a Fontana di Trevi ad un’altra, a Trinità dei Monti – per creare valore attorno a immobili poco redditizi e permettere alle loro proprietà di ricavarne di più: volendo, anche col venderli. «Sono consulenze che faccio da sola, per me sono un contorno professionale: per poter crescere devo diversificare le linee di


DENISE MIRTO, IMPRENDITRICE ALBERGHIERA INNOVATIVA

ricavo. Mi affidano strutture da rilanciare e io lo faccio. Ne ho avute 4 o 5 nel corso dell’ultimo anno. Tutte storie positive». «Per partire col Relais ho preso un prestito pesante, e mi sono buttata – racconta ancora la giovane impenditrice – E oggi posso dire che ce l’abbiamo fatta perché rispettiamo le scadenze e realizziamo il nostro margine di guadagno, necessario ad investire ancora». Denise e la sua piccola squadra, insomma, hanno fatto e fanno 1000 cose insieme, «non senza capire che così rischiamo, ma ci impegnamo a fondo, ci mettiamo tutto il nostro lavoro e il nostro cuore, e ci stiamo riuscendo: anche se tornassi indietro lo rifarei», racconta l’imprenditrice: «Perché questa vita mi assorbe ma mi permette di esprimere in concreto le idee che ho in testa, superando il vecchiume che ho dovuto gestire. La mia sfida, oggi posso dire vinta, è stata dare confort alberghiero da cinque stelle con una licenza da affittacamere. Il Relais e la Domus vivono per l’esperienza che ci abbiamo costruito intorno». L’”origination” della clientela non è stata costruita da zero: le strutture erano già attive, avevano già un certo afflusso, trattando meglio i clienti si è avviato un formidabile passaparola: «Be’, sì: potrei dire che abbiamo costruito una bella storia di brand reputation, – spiega Denise Mirto – allungando la permanenza me-

dia (in gergo: stay, ndr) da 1,5 notti – che era troppo poco per rendere bene e per permettere un’organizzazione di qualità – a 4 notti. Gradatamente abbiamo visto diminuire la clientela…poco raccomandabile, che anche in termini di fatturato vale poco, e visto crescere con soddisfazione quella straniera, di qualità». La cura dei dettagli è quasi maniacale: ed è una parte del segreto del successo di Denise. Adesso le nuove sfide si chiamano “Casa Vacanze The Finest” e la società di Londra. La prima è un appartamento, contiguo alle otto camere delle due dimore in centro a Roma ma distinto e autonomo da esse, che veniva utilizzano fino a poco tempo fa come deposito di una famosa argenteria. «Avevo fatto amicizia col proprietario – racconta con la sua concreta semplicità Denise Mirto – e ho saputo per tempo che era in vendita. L’ho trasformato in una casa-vacanze, credo molto bella. Rispetto naturalmente i limiti che la legge stabilisce per questo tipo di immobili ad uso commerciale, ma anche qui sono riuscita a fare tutto al contrario di quel che ho visto fare ad altri». E dunque la nuova struttura non sarà utilizzata solo come “accomodation” ma anche come location per eventi e photo-shooting, «per superare il limite dorato dell’attività turistica, diversificarne l’utilizzo ed allungarne la stagionalità». Saltando a pie’ pari – oltretutto – le

piattaforme internet dominanti (su cui invece si trovano il Relais e la Domus) per non dipenderne! E poi? Poi c’è l’ultima nata: «Si chiama Fit your way, ed è una start-up digitale», sintetizza Denise Mirto: «È la cosa più folle che mi sia venuta in mente, e anche la più bella. Ci lavoro da due anni. Qui in Italia ho provato a proporla, ma non è stata capita. E allora ho pensato bene, visto che andavo spesso a Londra, di presentarla lì, ed è cambiata subito la musica. Stiamo già firmando i primi accordi». Il concept è avvincente: sfruttando l’esperienza dell’hotellerie, Denise ha costruito una piattaforma che permette al cliente, in fase di prenotazione, di personalizzare la camera ad un livello molto più avanzato e fine di quanto si possa (e raramente, peraltro) fare oggi. «Significa davvero potersi arredare e attrezzare la camera a propria misura», spiega, «usando un configuratore che con un semplicissimo drag and drop permette al cliente di trasferire da un magazzino di tools e di arredi alla sua camera ciò che preferisce, poi, trovarcelo davvero!». Sulla piattaforma saranno raggiungibili le strutture convenzionate e si potranno scegliere gli allestimenti. «Sarà un successo? Ovviamente mi auguro di sì, e penso di sì», conclude Denise Mirto: «Ma sicuramente era un altro mio sogno e lo sto realizzando. Uno dei diecimila che ho».

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Firenze riscopre le Rampe grazie alla società civile La passeggiata del Poggi era in stato di abbandono da un secolo. Grazie all’impegno (anche finanziario) della Fondazione CR Firenze è stata restituita alla città: un esempio virtuoso di sinergia tra pubblico e privato di Marina Marinetti

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i sono esempi da manuale di colefficiente e di impatto per il territorio, un laborazione virtuosa tra privati e modello di servizio che ne ha fortificato il territorio. Esempi che dimostrano tradizionale ruolo, incentrandolo sulla procome la sinergia renda la crescita un fattore gettazione strategica come leva di sviluppo comune. Come il progetto del Comune di Fiper la comunità. renze, finanziato per 2,5 mln di euro da Fon«In questi 5 anni abbiamo lavorato intensadazione CR Firenze, che dopo un secolo ha mente per rinnovare Fondazione CR Firenze, restituito alla città la per renderla sempre magnifica passeggia- NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI LA FONDAZIONE più efficiente e di HA DONATO 170 MILIONI DI EURO ta ottocentesca delle impatto per il terriAL TERRITORIO ATTRAVERSO PROGETTI rampe dell’architettorio», commenta il IN AMBITO CULTURALE E FORMATIVO to Giuseppe Poggi, dott. Gabriele Gori, Diopera monumentale che collega il lungarno rettore Generale della Fondazione. «Sono incon Piazzale Michelangelo - il belvedere più fatti sicuro che in un Paese, quale l’Italia, poimportante della città – attraverso una pasvero di capitali e caratterizzato da un welfare seggiata percorsa ogni giorno da migliaia statale sofferente, soggetti privati agili, veloci di turisti e fiorentini. Si tratta di uno dei ree competenti, quali le Fondazioni di origine stauri più complessi operati a Firenze negli bancaria, possano lavorare per donare granultimi 50 anni, che ha permesso di recuperare le Rampe dell’architetto Poggi – costruite dal 1872 al 1876 e poi cadute in uno stato di completo abbandono - dopo più di 100 anni, così com’erano state pensate nel disegno originale, con la loro componente architettonica, botanica e idraulica in un’opera monumentale unica, che si erige attraverso un sistema di fontane, grotte e vasche attraverso un dislivello di 54 metri, con decorazioni polimateriche in muratura, spugna, mosaici, ciottoli, metalli, che si alternano tra rampe, vasche e grotte. La riconsegna alla città di un belvedere tutto nuovo e della sua “Passeggiata più romantica”, com’era definita nell’ottocento, celebra la fine del quinquiennio di mandato del prof. Umberto Tombari alla presidenza dell’ente, che lascia dopo averlo reso sempre più

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di benefici alla comunità. Così è avvenuto in questi anni per Fondazione CR Firenze, che ha donato 170 milioni di euro al territorio, attraverso progetti in ambito culturale e artistico, scientifico, formativo, del volontariato, fortificando il suo tradizionale ruolo di erogatore e incentrandolo sempre più sulla progettazione strategica come leva di sviluppo per la comunità. Un “architetto di progettualità” che possa assolvere al ruolo di agente di trasformazione della società civile, coniugando la funzione di salvaguardia del territorio con la capacità di far fronte ai cambiamenti in atto, di concerto con le istituzioni. Risultati che si possono raggiungere solo salvaguardando l’autonomia degli enti, rispetto al settore pubblico, verso il quale aprire un dialogo e una collaborazione proattiva». Obiettivi sfidanti, che è stato possibile raggiungere anche attraverso interventi sulla gestione patrimoniale, ottenendo importanti risultati. In particolare, il totale attivo della Fondazione è aumentato da 103 milioni del quinquennio precedente a 379,9 dell’attuale. La liquidità è passata dai € 31,7 milioni del 2014 ai € 256,2 milioni del 2018. Il Patrimonio Netto è aumentato di € 354,9 milioni (era aumentato di 37,7 milioni nel quinquennio precedente) e il totale ammortamenti è di € 13,5 milioni (erano stati zero nei 5 anni precedenti).


IL DIGITALE FA BENE AL WORKLIFE BALANCE Secondo Stefania Pompili, a capo della filiale italiana di Sopra Steria, leader europeo della trasformazione tecnologica, l’ingrediente segreto del successo è il capitale umano. Perché si basa sulle soft skills di Marco Scotti

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a tecnologia come grimaldello per ridurre il gender gap? C’è ancora molto da fare. Anche perché io continuo a trovare discriminante persino un processo facilitato per agevolare l’ingresso delle donne rispetto agli uomini in azienda. Bisogna cercare di creare una società che concili vita professionale e personale, perché se vediamo le percentuali di ingresso in azienda ormai uomini e donne sono quasi alla pari, è quando si sale nella piramide gerarchica che la proporzione si fa drammaticamente svantaggiata per le lavoratrici femminili. In Francia hanno risolto il problema in modo pragmatico: hanno introdotto sanzioni ed equiparato le retribuzioni tra uomo e donna. Qui invece siamo ancora alle “quote rosa”». Stefania Pompili è donna e anche manager, a capo della sede italiana di Sopra Steria, un gruppo francese, leader europeo nella trasformazione tecnologica, che fattura oltre 4,3 miliardi di euro. La “branch” italiana nel primo trimestre del 2019 ha fatto segnare un incremento in doppia cifra (+12,5%), con ricavi a 20,42 milioni. Il cliente tipo di Sopra Steria è un’azienda che opera nei settori finanziari, della pubblica amministrazione, dell’energia e delle telecomunicazioni e perfino del lusso. Sono imprese mediamente di grandi dimensioni,

perché per scelta l’azienda francese ha preferito non presidiare mercati micro-locali, ma, anzi, di rivolgersi a soggetti come le amministrazioni locali, le ex municipalizzate o le multiutility. La filiale italiana ha un organico di poco inferiore alle 1.000 unità. La sede principale è a Milano, a cui si somma un altro ufficio altrettanto importante a Roma. Inoltre figurano anche presidi a Collecchio, Padova, Asti. Infine, dal 2017 è stato IN ITALIA SOPRA STERIA NEL PRIMO TRIMESTRE DEL 2019 HA FATTO SEGNARE UN INCREMENTO A DOPPIA CIFRA CON RICAVI A QUOTA 20,42 MILIONI

aperto uno spazio nel centro di ricerca Biogem di Ariano Irpino e, da ottobre 2018, un polo di eccellenza a Napoli. Sopra Steria ha raggiunto risultati interessanti, oltretutto in un mondo in cui tutti promettono di guidare le aziende verso la tanto agognata digital transformation, attraverso un sistema che offre soluzioni ritagliate ad hoc sulle esigenze della clientela. Non pacchetti software o hardware, dunque. Anche perché, si spiega la Pompili, «il nostro ingrediente segreto è il capitale umano, ci basiamo sulle persone e da un po’ di anni abbiamo iniziato un processo di trasformazione delle competenze dei nostri dipen-

denti, consci che questo tsunami tecnologico richiede un continuo adattamento, soprattutto per quanto riguarda le cosiddette soft skills». A livello globale, l’azienda ha deciso di avviare una strategia che punta sui Millennials, giovani nati tra il 1980 e il 2000. Da gennaio, ad esempio, Sopra Steria Italia ha assunto 55 (su un totale di 78 figure entrate in azienda) sotto i 33 anni di età. Questo non significa che l’azienda abbia improvvisamente varato un piano interamente rivolto ai più giovani: «In azienda – conclude l’amministratore delegato di Sopra Steria – abbiamo voluto creare un mix tra giovani e meno giovani, perché ci sia uno scambio continuo di competenze e di esperienze. Inoltre, sbaglia chi pensa che i giovani siano disposti a tutto pur di fare carriera e che siano pronti ad accantonare, almeno all’inizio, la soddisfazione e il raggiungimento di obiettivi personali. Sono, invece, molto legati al concetto di worklife balance. Per questo, dallo scorso anno, abbiamo avviato una sperimentazione di smart working che consente ai nostri dipendenti di stare a casa un giorno a settimana, compatibilmente con i progetti che hanno in corso. Nella sede di Roma, ad esempio, abbiamo creato spazi di coworking che facilitano il lavoro in modo più collaborativo sia tra colleghi che con i clienti».

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La forza del franchising è quella dell’appartenenza Antonello Marrocco ha messo in piedi la rete italiana di No+Vello, la cui formula vincente è proporre la depilazione definitiva a luce pulsata (e ora integrata con laser diodo) con una tariffa fissa a zona di Paola Belli ANTONELLO MARROCCO È UN IMPRENDITORE DI SUCCESSO NEL FRANCHISING. SI È MESSO DUE VOLTE ALLA PROVA E DUE VOLTE È RIUSCITO A FARE CENTRO. Ora con la sua rete di 180 franchising No+Vello rappresenta in Italia il signore della battaglia ai peli superflui. «Ho iniziato alla fine degli anni ‘90 con il business delle videoteche, attraverso una catena con circa 1000 punti vendita sul territorio italiano», racconta. «È stata una palestra e mi ha consentito di affrontare tutte le problematiche del settore. Come mai ha cambiato settore? Nel 2008 mi era già chiaro il trend: il web avrebbe spodestato la distribuzione al negozio ed il download avrebbe, negli anni futuri, dominato il mercato dei contenuti. Non c’era futuro per quel tipo di business. Così ho venduto e mi sono preso un anno sabbatico per pensare a cosa fare nella prossima esperienza da imprenditore. Alfine sono giunto alla conclusione e cioè ad un nuovo inizio: No+Vello. E come ha messo in piedi, in Italia, No+Vello? Nel 2009 ho conosciuto la casa madre spagnola, già attiva dal 2007, che si stava affermando come franchising internazionale specializzato nella depilazione permanente con luce pulsata. Sono stato colpito dall’idea e anche dal fatto che veniva adottata una tariffa unica al pubblico: 36 euro a seduta per la zona. Una tariffa trasparente che rendeva questa tecnologia alla portata di tutti con la vendita a “singole sedute”, in un settore dominato dalla vendita a pacchetti. Nel 2010 mi sono presentato alla fiera del franchising a Milano e a dicembre ho aperto il primo centro, di proprietà. Il primo affiliato l’ho avuto già a gennaio 2011. Da quel

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giorno siamo stati sempre in crescita. Qual è il punto di forza del franchising come organizzazione commerciale? Già da diversi anni, credo che fare business in maniera anonima sia poco profittevole. Nell’ultimo decennio ho visto chiudere tanti store ad insegna “singola”, mentre c’è stata una forte crescita e apertura di store con insegna in franchising. I motivi di questo trend sono dovuti al valore aggiunto che solo l’appartenenza ad un brand può dare, una vera e propria marcia in più. Chi parte da zero, prima di iniziare a vedere i risultati, ha bisogno di fare errori, di imparare sul “campo di battaglia”, di perdere soldi e soprattutto tempo. Affiliarsi ad un brand serio e profittevole aiuta l’imprenditore a bruciare tutte le tappe di cui sopra e iniziare a guadagnare prima. Ma perché avviene questo? Un brand ben organizzato fornisce all’imprenditore/investitore tutti gli strumenti necessari ad avere un profitto il prima possibile; know how, formazione, marketing, strategie ecc. No+Vello è molto diffuso sul territorio italiano, ma ci sono delle zone ancora scoperte? A questo link https://franchising.nomasvello. it/index.php sta pensando di aprire un Centro o un Point può capire le aree più appetibili nella propria regione, ma in generale invitiamo tutti gli interessati a contattarci perché in Italia città apparentemente piccole svolgono un ruolo di attrattore per territori più vasti. Qual è l’identikit ideale dell’affiliato? Gli affiliati sono per il 95% imprenditori o investitori alla ricerca di nuove opportunità di reddito. C’è anche un’impiegata di banca che ha lasciato il posto fisso per dedicarsi completamente al proprio centro. Nel restante

5% ci sono delle estetiste che hanno preferito affidarsi alla professionalità e al sistema di un marchio solido. Fusion è stato un metodo rivoluzionario nel settore della depilazione, qual è stato il suo impatto sul mercato? Il nostro gruppo sta facendo sforzi importanti per la ricerca e sviluppo tant’è che, dopo due anni di test, abbiamo messo a punto un nuovo metodo di depilazione chiamato “Fusion” in grado di integrare la tecnologia Ipl e Laser diodo che ci permetterà di personalizzare ulteriormente il trattamento. Siamo unici sul panorama nazionale e questo dimostra che crediamo molto nell’innovazione. L’uso combinato del Laser diodo e Ipl permette di dare una soluzione globale a tutti i tipi di pelo, dimezzando il tempo del lavoro su ogni zona e seduta, garantendo così alla clientela trattamenti più rapidi. Se dovesse dare un consiglio ad un giovane che vuole mettersi in gioco dal punto di vista imprenditoriale, cosa gli direbbe? Bella domanda. Il tutto è molto soggettivo, nel senso che, prima di tutto il giovane che vuole mettersi in gioco nel mondo dell’imprenditoria deve farsi delle domande, capire il motivo perché vuole iniziare questo percorso, c’è chi lo fa per comprarsi il lavoro con la speranza di assicurarsi uno stipendio e chi lo fa per ambizione e punta a dare lavoro agli altri per guadagnare sempre più e creare valore per se stesso e per la propria azienda. Le opportunità presenti sul mercato, oggi, sono molte di più rispetto a tanti anni fa, bisogna solo guardarsi intorno ed essere bravi a coglierle o magari crearsele ed avere pazienza e dedizione.


IL PAESE CHE CRESCE STORY-LEARNING

COSÌ IL DIGITAL ENGAGEMENT DIVENTA UN’ARTE

M-CUBE SI È RITAGLIATA UN RUOLO DI PRIMO PIANO CON UN FATTURATO DI 25 MILIONI IN CRESCITA DEL 38%

M-Cube è leader europea nel mercato grazie a soluzioni innovative M-Cube è l’azienda italiana leader in Europa nel retail digital engagement: attraverso un portfolio di soluzioni che vanno dalla radio in-store al digital signage, dall’interattività e applicazioni mobile fino ad innovative piattaforme di applicazioni e servizi per arricchire il negozio fisico con tutte le potenzialità del digitale, M-Cube sviluppa soluzioni digitali innovative per migliorare la capacità del Retail di servire, coinvolgere, fidelizzare e comunicare con i propri clienti. Con sedi a Milano, Trieste, Londra

e Parigi, Amsterdam, Shanghai e Hong Kong, una succursale operativa a New York e una consolidata rete di partner globali, M-Cube gestisce oggi 30mila postazioni audio e digital signage nel mondo per oltre 200 brand nei settori Fashion & Luxury, Retail, Finance & Insurance, Ristorazione, GDO e Automotive. Nel 2018 M-Cube ha registrato un forte incremento del business, con un fatturato di gruppo di 25 milioni di € e una crescita per la sede italiana del 38% rispetto al 2017.

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LE NUOVE ABITUDINI DI ACQUISTO DEGLI ITALIANI Una ricerca di Xtribe mostra i diversi ruoli assegnati a online e offline Andare alla ricerca di informazioni online, sui prodotti, e poi completare l’acquisto offline, negli store fisici: un fenomeno in crescita e sui quali punta i riflettori l’azienda Xtribe che, attraverso una ricerca e un’analisi, ha analizzato le abitudini d’acquisto di 500.000 utenti. La classifica redatta da Xtribe parla chiaro: al primo posto, per quanto riguarda l’acquisto di prodotti fisici offline dopo una ricerca avvenuta online, troviamo la categoria dell’abbigliamento, che corrisponde al 40% del totale.

Seguono poi i prodotti tecnologici (30%), i videogames (30%), l’area dei motori (20%) e infine i prodotti che sono legati agli hobby e al tempo libero (10%). «Cercare un abito online, raccogliere informazioni, leggere le recensioni di altri utenti e poi recarsi in un negozio per provarlo, per chiedere consigli agli addetti alle vendita, per lasciarsi ispirare anche da altri vestiti e accessori, è una dinamica in crescita e questi dati lo dimostrano» afferma Mattia Sistigu, COO di Xtribe.

XTRIBE HA ANALIZZATO LE ABITUDINI DI ACQUISTO DEGLI ITALIANI PER CAPIRE LA PROPENSIONE DEGLI ITALIANI AGLI ACQUISTI ONLINE O OFFLINE

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BRANDON, IL FATTURATO CRESCE DEL 90%

A SINISTRA LA FONDATRICE DI BRANDON, PAOLA MARZARI, A DESTRA LA CEO ILARIA TIEZZI

Grazie alla nuova piattaforma end-to-end Ebitda a oltre 150mila euro Brandon Group, la società digitale che vende sulle principali piattaforme di e-commerce internazionali i prodotti e i brand delle pmi italiane ed europee, ha chiuso il 2018 con ricavi pari a 9,5 milioni di euro, in crescita di oltre il 90% rispetto ai 4,9 milioni di euro registrati nel 2017. L’esercizio si è chiuso anche con un deciso incremento della redditività, che ha determinato un EBITDA positivo per circa 150 mila euro. Oltre alle categorie del fashion e dell’home&living, che Brandon vende online dalla sua

nascita, sono i nuovi segmenti del beauty, dell’abbigliamento e delle attrezzature sportive e dei giocattoli a trainare la crescita dei ricavi di Brandon. E se l’Europa si conferma il principale mercato (60% del fatturato) con UK primo mercato estero di Brandon, in crescita di oltre il 30% nel 2018, seguito dalla Germania, dove l’incremento del fatturato è stato del 125% lo scorso anno - è in Italia che il rivenditore digitale ha registrato il suo record di crescita nel 2018 (+150%).

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IMMAGINARE IL FUTURO Qualcuno li chiama visionari, altri sognatori. Sono startupper: tocca a loro disegnare il domani. Che ci porterà in viaggio su treni iperveloci, sfrutterà il senso della community per rendere più sicuro il nostro quotidiano, utilizzando la tecnologia in modi sempre nuovi e inaspettati... per esempio per chiudere a chiave la porta di casa utilizzando semplicemente un'app dello smartphone

NON CHIAMATELO TRENO: È UN CONVOGLIO SOTTOVUOTO Viaggiare a oltre 1.200 chilometri orari, dentro tubi senz'aria: sono addirittura dodici i progetti simili nel mondo lanciati da Hyperloop TT, la startup con un'anima italiana fondata da Gabriele "Bibop" Gresta di Marco Scotti

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a Tav Torino-Lione sarà operativa da quando aveva 25 anni. E incontrarlo – e dal 2030? Allora noi saremo più discutere con lui – significa compiere un « veloci e riusciremo a far correre i atto di fede: o si decide di credere alla sua nostri convogli in meno di dieci anni. Stiamo versione delle cose, o si rischia di perdere lanciando un nuovo Rinascimento digitale tempo e di uscire infastiditi dall’incontro. Il che ha l’Italia ancora protagonista di queI SISTEMI DI TRASPORTO IPERVELOCE una volta protagonista storia è Bibop SONO AL CENTRO DELLE RICERCHE sta. Il nostro ecosiGresta, nato Gabriele, IN TUTTO IL MONDO. E PUNTANO stema è ancora il miche a 15 anni dirigeva SULLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE gliore del mondo, per la divisione software questo ho avuto l’opportunità di sedermi al in Italia dell’azienda americana Alpha Centavolo con il governo e sondare la disponiter. Cresciuto a Terni, Gresta – oggi quasi bilità a realizzare la nostra opera rivoluzio48enne – per poi lavorare come autore per naria». La sua pagina Wikipedia lo definisce Mtv, come Pr, ballare hip hop negli Usa, ma “entertainer” e “technology entrepreneur”. soprattutto fondare una startup (anche se Ha un nome particolare che si porta dietro ai tempi non era ancora à la page chiamarle

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STARTUP-TELLING

Gabriele "Bibop" Gresta, fondatore di Hyperloop TT

così), la Bibop S.p.A., azienda di produzione e distribuzione, il cui 40% venne venduto a Telecom nel 1999 per 11 miliardi di lire. Ora il vulcanico Bibop ha deciso di alzare parecchio il tiro, rispondendo a una “call to action” (che in italiano potremmo tradurre come chiamata alle armi) del fondatore di Tesla, Elon Musk. L’altrettanto vulcanico creatore della compagnia di macchine ultratecnologiche e a basso impatto aveva lanciato il guanto di sfida nel 2013: trovare un mezzo di trasporto efficace, veloce e sostenibile. Non esattamente uno scherzo. Ma Gresta ci è riuscito, almeno sulla carta. In primo luogo ha fondato una società, Hyperloop TT, con una fortissima impornta italiana (oltre a lui c'è anche il Coo Andrea Lamendola) e con sede regione dei Grandi Laghi. Senza dimenticare a Los Angeles. La startup è controllata al l’India e la Cina. Ma i punti interrogativi ri100% da Jumpstarter, a sua volta partecipamangono tantissimi, anche se Gresta prova ta da Digital Magics, l'incubatore di startup a smontarli tutti, non abbandonando mai il digitali “Made in Italy” che ha visto Gresta suo ottimismo. tra i suoi fondatori. Digital Magics ha investito 320.000 euro e ha l’8,69% di JumpstarGresta, come nasce la vostra idea e che ter. La proposta è di realizzare un convocosa vi siete messi in testa di fare? glio (attenzione, non Noi vogliamo rivoluLA STARTUP È CONTROLLATA AL 100% treno) superveloce, zionare il sistema dei DA JUMPSTARTER, A SUA VOLTA capace di viaggiare a trasporti. Basta con i PARTECIPATA DALL'INCUBATORE oltre 1.200 km/h in treni ad alta velocità "MADE IN ITALY" DIGITAL MAGICS giganteschi tubi in che hanno un impatcui viene ricreato il vuoto. In questo modo to ambientale mostruoso e che costano alla si minimizza l’attrito e si amplifica la possicollettività cifre senza precedenti. Tutti i bilità di far correre Hyperloop. Un progetto progetti attualmente realizzati gravano sulla monumentale che permetterebbe di ridurre collettività, sono sovvenzionati e bruciano le distanze, creando un sistema di trasporti punti di pil. Stiamo mantenendo delle sovracapillare ed efficiente. Al momento sono 12 i strutture, non delle infrastrutture. progetti globali che sono stati avviati dall'azienda guidata da Gresta: si va da Abu DhaVeramente Ferrovie dello Stato non sembi, che è anche quello più avanzato, dove in bra andare così male proprio grazie all’aloccasione del’Expo 2020 di Dubai verrà mota velocità… strato ai visitatori (e forse potranno anche Non è vero, continuiamo a drenare risorse. sperimentarlo…) il nuovo convoglio ad alta E a inquinare tantissimo. Basti pensare agli velocità. Inoltre ci sono le esperienze di Touinterventi necessari per far passare i treni louse in Francia, di Kiev, Amburgo, Brasile e attraverso le Alpi o gli Appennini.

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LA TAV È UNA BUONA IDEA, MA DOBBIAMO PER FORZA DI COSE INIZIARE A LAVORARE A TECNOLOGIE CHE ABBIANO IMPATTO ZERO Gresta no Tav? Per carità, non voglio neanche entrare in questa diatriba. Io mi limito a guardare i fatti: oggi solo il 5% delle merci si muove su rotaia, servirebbe riuscire a diminuire i camion circolanti. Perché l’ambiente non può certo permettersi di sostenere nuove autostrade o nuove corsie. La Tav è una buona idea, ma dobbiamo per forza di cose iniziare a lavorare a delle tecnologie che abbiano almeno impatto zero. Almeno? Sì, perché non realizzare dei sistemi che producano energia invece che drenarla? Le smart grid sono una realtà esistente. I treni ad alta velocità hanno un impatto troppo devastante sulle nostre economie.

Ed è qui che entrate in gioco voi? Esatto: con la nostra tecnologia servono dagli 8 ai 15 anni per rientrare dell’investimento. Con l’alta velocità, da mai a mai… Inoltre abbiamo creato un sistema di partner che nessuno possiede: sono oltre 60 aziende, più di 800 scienziati, ognuno dei quali sta ricevendo stock option di Hyper-


loop. I nostri convogli viaggeranno a oltre 1.200 km/h: piccole capsule da 33 persone che partono ogni 30 secondi e che permettono di trasportare 164.000 passeggeri in un giorno.

Dal punto di vista tecnico come riuscite a raggiungere queste velocità? condizioni atmosferiche. Inoltre abbiamo Costruiremo dei tubi con un diametro di approntato un sistema di manutenzione quattro metri in cui inseriremo delle pompe predittiva tramite sensori che consente di che portino a un decimo di quella abituale la evitare qualsiasi problema. Con il nostro pressione all’interno del sistema. Una volta Hyperloop abbiamo eliminato il problema creato questo amche è la più grande PER FINANZIARE LA RICERCA biente con un attrito causa di incidenti al GRESTA È RICORSO A UN SISTEMA particolarmente basmondo: l’uomo. DI CROWDSOURCING CHE OFFRE AZIONI so, potremo lanciare IN CAMBIO DEL LAVORO DEGLI SCIENZIATI le capsule alla velociUn sistema del getà di oltre 1.200 km/h. nere è profittevole? E come avete reperito i fondi per iniziare la sperimentazione? Nel Ma è sicuro per i passeggeri? vostro business plan si legge che un km di Certamente. In primo luogo perché la presHyperloop costa tra i 15 e i 20 milioni… sione all’interno delle capsule sarà analoga Parto dal secondo quesito: abbiamo avviato a quella che si trova abitualmente. E poi un metodo di finanziamento che è totalmenperché proprio il “quasi vuoto” in cui si spote innovativo e rivoluzionario. Si tratta di un steranno le capsule permetterà di ridurre al crowdsourcing che ci ha permesso di otteminimo eventuali turbolenze. Siamo comnere a titolo gratuito la partecipazione di pletamente isolati dal fattore esterno, dalle oltre 800 scienziati per un totale di 20.000

ore/uomo. Non solo: abbiamo anche ricevuto 50 milioni cash e 140 milioni di asset. In cambio tutti i soggetti coinvolti ricevono azioni di Hyperloop.

I NUMERI 1.200 KM/H la velocità massima raggiungibile

140 MILIONI la cifra raccolta tramite crowdfunding OLTRE 800 i professionisti coinvolti nel progetto 12 i progetti globali avviati 164.000 i passeggeri

trasportabili ogni giorno

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L'ARTE FEMMINILE DI AFFASCINARE... I CAPITALI Solo l'11% degli investimenti di venture capital è destinato a imprese guidate da donne. Imprenditrici e investitori a confronto nell'evento organizzato da GammaDonna il 25 giugno a Torino: ecco le loro storie di Paola Belli

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l gender gap non risparmia neanche gli investimenti. In Italia e nel mondo. Per le imprenditrici l’accesso al credito rimane uno dei problemi fondamentali: secondo PitchBook, nel 2017 in Europa, su 16,35 miliardi di euro di investimenti di venture capital, solamente € 1,84 miliardi pari all’11% - sono stati destinati a startup femminili. In risposta a questa disparità, a livello mondiale, le startup fondate e co-fondate da donne hanno dimostrato di offrire prestazioni migliori nel tempo, generando, secondo Boston Consulting Group, il 10% in più di entrate cumulative su un periodo di cinque anni. In Italia, in particolare, le imprese a conduzione femminile crescono con un tasso tre volte superiore rispetto a quelle maschili e contribuiscono per un terzo alla crescita dell’imprenditoria italiana. Gli investimenti nell’imprenditoria femminile saranno al centro dell’incontro “Attrarre capitali è un’arte: strategie vincenti di imprenditrici innovative" organizzato dall’Associazione GammaDonna il prossimo 25 giugno a Torino alla Nuvola Lavazza. L’evento si inserisce all’interno dell'Italian Tech Week promossa da Camera di commercio di Torino, School of Entrepreneurship and Innovation (Sei), Club degli Investitori e Compagnia di San Paolo, insieme ai principali attori del territorio. «Nei suoi 15 anni di vita – dice Mario Parenti, Presidente dell’Associazione – GammaDonna è riuscita a documentare qualità e vitalità dell’imprenditoria innovativa femminile in Italia contribuendo a sfatare, almeno in parte, la convinzione che fare impresa fosse prerogativa maschile. Più recentemente – continua – abbiamo cominciato ad indagare su stili, aspetti caratteristici e settori che tale imprenditoria tende a privilegiare, giungendo alla

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conclusione che anche i finanziamenti per lo sviluppo debbano necessariamente tenere conto di queste tendenze, a beneficio di tutto l’ecosistema».

Il rating delle imprese al femminile

«Se è vero che le startup innovative fondate da donne sono ancora poche rispetto alla totalità delle imprese a conduzione femminile nel nostro Paese – fenomeno non solo italiano, come testimonia la Silicon Valley – è anche vero che la situazione sta cambiando: sempre LE DONNE TENDONO A CONSIDERARE ANCHE L'IMPATTO SOCIALE DELLE LORO INIZIATIVE E LA SOSTENIBILITÀ È UN TEMA DI GRANDE IMPATTO PER GLI INVESTITORI

più donne ricoprono posizioni dirigenziali, fondano imprese e sviluppano competenze nelle materie scientifiche, riducendo progressivamente il gender gap tecnologico», sostiene Giancarlo Rocchietti, presidente del Club degli Investitori. «È innegabile che vi sia un carattere diverso nelle imprese guidate dalle donne, come ad esempio una propensione

GIANCARLO ROCCHIETTI

più spiccata nel considerare anche l'impatto sociale delle iniziative intraprese. Tale prerogativa rappresenta senza dubbio un punto di vantaggio nella sostenibilità economica e socio-ambientale del business, ed è un tema di grande attualità e interesse per gli investitori». Ma non solo: «Il successo e la resilienza di un’azienda dipendono dalla capacità di investire in fattori distintivi come internazionalizzazione, capitale umano, innovazione, digitalizzazione e sviluppo della filiera», aggiunge Cristina Balbo, direttrice di Intesa Sanpaolo per la regione: «Per questo ci siamo impegnati a trasferire questi aspetti qualitativi nei nostri modelli di rating, in modo da arricchire la valutazione quantitativa. La bontà di questo rating è stata validata dal regolatore europeo. Non abbiamo elementi statistici che ci consentano di considerare il genere come fattore distintivo ma, dalla nostra esperienza, possiamo affermare che le aziende femminili sono tra quelle più attive nell’abbracciare gli investimenti intangibili, soprattutto per quanto riguarda capitale umano e welfare».

Attenzione alla concretezza

«I finanziamenti per le startup in Italia non sono molti, se paragonati alle iniziative attuate a livello pubblico o privato in altri paesi del mondo», spiega Giulia Pettinau, founder di Orangogo. «Sicuramente conta avere un progetto concreto, che risolva un problema reale e diffuso, per cui si sia disposti a pagare». Orangogo è un motore di ricerca che per trovare in un click lo sport giusto a seconda dei propri gusti, geolocalizzato e filtrabile per orari, età e disabilità. Ad oggi sono 18mila le società sportive che si sono registrate in autonomia sulla piattaforma: una copertura del 15% della quota di mercato, in oltre 1.300


Comuni, per 250 diverse discipline sportive. L’iscrizione è gratuita, per le persone e per le società, che possono usufruire su richiesta di strumenti e servizi per la comunicazione digitale. «Dare contezza delle dimensioni del mercato è sicuramente rilevante, ma di altrettanta importanza è la valutazione dell’imprenditore come persona: la tenacia, l’umiltà rispetto al modello di business (che deve variare, se il mercato lo richiede), la fame di ottenere un risultato, il coraggio di fare fatica. È importante bussare a tante porte, fare espe-

poggiandoci alla piattaforma CrowdFundMe e prefiggendoci un budget di 50mila euro. La quota è stata raggiunta in soli venti giorni, concludendosi con un “overfunding” del 400%, pari a +200mila euro. Una seconda campagna, avviata a maggio dello scorso anno, ha raccolto in breve tempo circa 533.000 euro. Il 2018 si è chiuso con un aumento di capitale di 1 milione di euro: un traguardo importantissimo per noi, possibile grazie alla raccolta fondi e al supporto di numerosi investitori - tra cui un colosso del food come Cameo - che hanno creduto nel GIULIA PETTINAU FOUNDER ORANGOGO nostro progetto. All’inizio non è stato facile rienza e capire quali sono gli aspetti rilevanti relazionarsi in ambienti legati al mondo fida includere in una presentazione di 8 minuti nanziario, prevalentemente maschili. Nella scarsi - quali le domande più frequenti, quali fase di lancio di un progetto, ancor più nel i numeri e i fatti concreti su cui arrivare precaso di una startup, sai di poter contare solo parati». E l’essere donna? «Nel primo anno di su te stessa e sulle tue capacità imprendiattività ha reso tutto toriali. Ma se riesci CHI INVESTE DIVENTA UNA SORTA più difficile: quando a dimostrare che hai i numeri ancora non DI "BRAND AMBASSADOR" CONTRIBUENDO competenze, che creANCHE DAL PUNTO DI VISTA ci sono, gentilezza ed di fortemente in ciò DELLE RELAZIONI COMMERCIALI umiltà vengono scamche fai e che hai ben biate per debolezza. Ora invece è un vantagchiari gli obiettivi allora, a vincere, è la megio: c’è grande attenzione all’imprenditoria ritocrazia e non il genere. L’esperienza con femminile, soprattutto dal punto di vista mel’equity crowdfunding si è rivelata straordidiatico, e questo compensa il primo periodo naria perché aggregare molti investitori ci che è stato davvero tosto. Il mio consiglio è ha permesso di avere numerosi “brand am“team subito”. Da soli non si fa nulla, si perde bassador” a costo zero: ogni investitore si solo tempo». sente parte del progetto e contribuisce non solo economicamente, ma anche dal punto Il canale del crowdfunding di vista di contatti e relazioni commerciali». «Per l’avvio è fondamentale investire le risorse giuste: capitali, persone e tanto tempo», spiega Chiara Rota, founder di My Cooking box, che offre un cofanetto con tutti gli ingredienti, made in Italy e nelle giuste dosi, per cucinare un piatto regionale con la ricetta di un grande chef. My Cooking Box ha raccolto un totale di 1,2 milioni di euro che le hanno consentito di internazionalizzarsi in tempi brevi. «I nostri primi fondi sono stati i risparmi personali e il contributo economico di parenti e amici; poi il bisogno di un supporto esterno è diventato così forte che, ad agosto 2016, abbiamo avviato la priCHIARA ROTA FOUNDER MY COOKING BOX ma campagna di equity crowdfunding, ap-

SILVIA WANG FOUNDER PRONTOPRO

Gli angeli... del business «In fase iniziale abbiamo raccolto investimenti dai cosiddetti "angel investors" che hanno creduto in noi e nella nostra visione», racconta Silvia Wang, co-founder di Prontopro, il portale dei professionisti n°1 in Italia, con oltre 500 categorie tra imprese edili, elettricisti, personal trainer, architetti, DJ, fotografi, idraulici, insegnanti, commercialisti, wedding planner. «Per raggiungere quei "sì" abbiamo ricevuto prima una sessantina di "no": un percorso non facile e, a tratti, demoralizzante. Tra i "no" c'erano tutti i venture capitalist italiani, per i quali eravamo, molto probabilmente, troppo “early stage”. Alla fine, penso che siano stati due i fattori critici che hanno determinato il nostro successo: gli investitori hanno visto che mio marito (co-founder ndr) ed io avevamo investito tutti i nostri risparmi – il che significa che credi realmente in ciò che stai facendo. Si sono poi resi conto che stavamo andando avanti con o senza di loro, usando i nostri risparmi per lo sviluppo iniziale del prodotto e per fare le prime assunzioni. Nel corso delle trattative, perciò, erano in grado di vedere i progressi – e questo li ha convinti della nostra capacità di “execution”. Consiglio di porre attenzione ad un aspetto: gli investitori vogliono, normalmente, vedere "traction", ovvero metriche chiave di business che migliorano. Questo è quasi sempre possibile se il founding team è quello giusto. Nel nostro caso, però, non lo era, perché mancava uno sviluppatore, e abbiamo dovuto raccogliere soldi per assumerlo».

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A tener d'occhio la bici ora ci pensa la community Un'app per smartphone, un registro consultabile dalle forze dell'ordine, una serie di dispositivi di marchiatura di ultima generazione e persino un sistema di tracking: ecco la proposta di Bikebee.it per le due ruote di Marina Marinetti

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uelli che in confronto i lucchetti di cletta. Incuriosito, mi sono messo a cercare un Ponte Milvio sono roba da princisistema per identificare le bici. Qualcuno propianti, quelli che con una vena di saponeva dispositivi Rfid da inserire nel telaio, dismo si portano via la sella, quelli che invece peccato che se coperti dal metallo non si posla bici se la portano via tutta intera (a costo di sano leggere. Da lì, ho iniziato a guardare queltenersela accanto alla scrivania), sapendo che lo che esisteva sul mercato, dai lucchetti al gps in Italia ne viene rubata una ogni 30 secondi. da bicicletta, dispositivi che sono per la magE hai voglia a favorire una mobilità sostenibigior parte esterni, rimovibili facilmente, male e meno inquinante con i percorsi ciclopegari con il difetto della batteria che dopo qualdonali: non c’è catena che tenga. Ma quello che giorno (o qualche ora) si esaurisce. E tutti che non può il singolo, lo può la community. erano dispositivi “stand alone”, senza alcun Così il fiorentino Alberto Montesi (nella foto), servizio dietro». Da qui, l’idea: creare non solo startupper di professione (già ceo e founder dispositivi identificativi non removibili, ma di Acotel Interactive, Fashionis.com, Madria anche una community per offrire agli utenti Bridge, Aggregando e un servizio a 360 gradi MadeinItalia), dopo IN ITALIA VIENE RUBATA UNA BICICLETTA di. Il sistema Bikebee OGNI 30 SECONDI. MA IL SISTEMA tre anni di studio nel associa un’App con BIKEBEE CONSENTE DI IDENTIFICARE 2016 ha fondato Bike- IN MANIERA UNIVOCA IL PROPRIETARIO cui iscriversi al regibee, una piattaforma stro visualizzabile da on-line gratuita a disposizione dei Comuni utenti e forze dell’ordine, effettuare passaggi per recuperare le bici rubate, grazie a un’App di proprietà, abbonarsi ai servizi, acquistare i con servizi digitali innovativi, e una gamma di prodotti, controllare la lista dei furti segnalati, prodotti innovativi, frutto della ricerca sulle denunciare un furto o l’avvistamento di una tecnologie IoT ed M2M e modi di marchiatura, bici rubata, comunicare con gli altri utenti, ricome strumenti di prevenzione, tra i più avancevere notifiche dal contact center Bikebee ai zati. Il progetto è stato presentato ufficialmenprodotti di “protezione passiva”, come bCode te il 16 giugno presso il Festival della Lentezza, e bInvisible, i due tipi di sticker con QR Code, nel parmense, evento promosso dall'Associaresistenti al raschiamento e agli agenti chimizione dei Comuni Virtuosi. «L’idea mi è venuci, quasi impossibili da staccare (e se vengono ta in Brasile», racconta Montesi: «Per caso una rimossi imprimono sul telaio una marchiatura sera mi sono trovato insieme a un senatore non percepibile ad occhio nudo, ma sensibile che voleva rendere obbligatorie le targhe sulagli ultravioletti), o bDots, il pennarello dotale biciclette, scatenando peraltro un putiferio. to di microcodici, lo strumento più versatile E anche in Italia i Comuni volevano spingere in assoluto per rendere identificabile la bici e la mobilità sostenibile, incentivando l’uso del prevenire ogni tipo di furto, anche “parziale”. mezzo più semplice e meno costoso: la biciEsiste anche un sistema avanzato di “protezio-

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ne attiva”, ovvero bTrack, un tracker di ultima generazione che per almeno un mese segue le tracce della bici rubata e che in caso di furto invia un avviso istantaneo al proprietario, alle forze dell’ordine e alla community Bikebee, grazie al Bluetooth Low Energy che invia l’alert a tutti i dispositivi nelle vicinanze e tramite la app manda la posizione in Cloud. In caso di furto, un call center attivo e operativo 24 ore su 24 assiste l’utente, segue il corso degli eventi, sollecita il recupero della bici da parte delle forze dell’ordine, mantiene aggiornata la vittima del furto tramite App o telefono. I Comuni che aderiscono al progetto - Rimini è stato il primo, Parma si è fatta capofila del progetto Bikebee per i Comuni Virtuosi, Cortina d’Ampezzo, anche se registra solo due furti di bici all'anno, avranno un registro delle biciclette a costo zero e brandizzabile con i propri loghi, omogeneo con quello di tutti i Comuni del progetto Bikebee. È la startup che si fa carico della manutenzione, integrazioni del sistema, e costi di implementazione, a tempo indeterminato. E il Comune resta il titolare dei dati registrati.


Andrea Mastalli, co-founder di Sclak

“Venture 2 Scaleup”. Contestualmente è entrato nel management dell’azienda anche Walter Coraccio, imprenditore di lungo corso nel mondo tecnologico e delle startup. Oggi gli ordini hanno raggiunto i 900.000 euro complessivi, con un aumento del 500% rispetto all’anno precedente. Di questi, circa il 30% è stato realizzato all’estero grazie alla presenza in Spagna, Regno unito, Hong Kong e Australia. A gennaio di quest’anno, Sclak ha stretto una partnership con Keesy – startup attiva nei servizi di accoglienza e disbrigo delle formalità burocratiche nel settore degli affitti brevi – per l’integrazioIl sistema elaborato dalla milanese Sclak consente di comandare ne della tecnologia di Sclak nell’app di Keesy le serrature, controllando gli accessi e generando anche codici per chiavi Smart, in modo da digitalizzare le chiavi delle provvisorie. Una App funzionale a uffici e appartamenti per affitti brevi case messe a disposizione e consentendone la di Marco Scotti creazione di infinite copie temporanee. Oltre all’accordo con Keesy, Sclak ha chiuso è chi dimentica di chiudere il gas, chi ne e una piattaforma digitale, che consente altri due deal tra la fine del 2018 e l’inizio del di spegnere la luce, chi di svuotare la di gestire e controllare gli accessi. Non solo: 2019. Il primo è con Serrature Meroni, storico spazzatura prima di partire e chi le queste chiavi digitali generate dall’intelligenmarchio italiano con oltre 70 anni di storia e tra chiavi di casa. La mossa di trascinarsi dietro la za artificiale possono essere inviate via sms o i leader internazionali nella produzione di serporta blindata può costare carissima in termimail a ospiti o collaboratori e possono essere rature e sistemi di chiusura meccanici ed eletni di spesa – un fabbro d’urgenza ha prezzi da totalmente personalizzate: si può decidere la tronici. La partnership prevede la realizzazione gioielliere – e di tempo. Ma che cosa succededurata di validità del codice generato o le porte di due prodotti: Dilo, un pomolo intelligente rebbe se le serrature di casa fossero regolate che possono essere aperte. Questa seconda apche si apre con un “tap” sull’icona nella app del da quello che è diventato indubitabilmente una plicazione, ad esempio, può essere impiegata prodotto; Ufo Cloud, studiato per i furgoni per propaggine del nostro corpo, ovvero lo smarnegli uffici dove non le consegne, che conA GIUGNO DELLO SCORSO ANNO tphone? È la domanda a cui ha deciso di rispontutti sono autorizzati sente al conducente di LA STARTUP HA CHIUSO UN ROUND dere Sclak, una startup nata cinque anni fa che ad avere accesso a ogni aprire tramite app le DI FINANZIAMENTO DA TRE MILIONI offre un sistema digitale di gestione e controllo area del posto di lavoro serrature di sicurezza DI EURO SOTTOSCRITTO DA VERTIS degli accessi. Il nome dell’azienda, fondata da oppure per gli armainstallate sul veicolo. Andrea Mastalli, Andrea Ferro e Daniele Poggi, dietti in cui custodire documenti od oggetti perIl secondo accordo è quello con Le Village by si deve all’onomatopeica del rumore dello scatsonali. Ad oggi, Sclak ha già avuto oltre 12mila Crédit Agricole a Milano, il nuovo polo dell’into di una serratura sbloccata, “sclak” appunto. installazioni, con più di due milioni di accessi novazione nel capoluogo lombardo. La partIl funzionamento è semplice: grazie alla tecrealizzati da 36mila utilizzatori e 70mila ospiti. nership con Sclak prevede che la startup menologia messa a punto dall’azienda milanese è Per quanto riguarda i dati economici, a giugno neghina sostituisca chiavi fisiche e badge con possibile integrare qualsiasi tipo di apertura e dello scorso anno la startup ha chiuso un round un sistema di chiavi digitali gestibili in modo serratura elettrificata attraverso un dispositivo di finanziamento da tre milioni di euro interaflessibile e sicuro attraverso lo smartphone e elettronico, un’applicazione per smartphomente sottoscritto da Vertis tramite il fondo un portale web-based.

E adesso la porta di casa si apre con il telefonino

C'

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STARTUP-TELLING

L'hacker buono (e artificiale) rende l'impresa invulnerabile Sfruttare big data e machine learning per scandagliare i sistemi informatici dei clienti e approntarne in anticipo le difese: è l'intuizione dei fondatori di Infra, la startup italiana con sede in Virginia di Marina Marinetti

S

e la definizione di “hacking etico” vi suona come un ossimoro, il concetto di fondo è tutt’altro che un controsenso: trovare le falle del sistema per difenderlo dai potenziali attacchi. E, quando si parla di information technology, per cercare i punti deboli c’è un solo sistema valido: farlo fare a chi ne è capace. Ovvero, arruolare un hacker. La scelta, quindi, è tra il proverbiale ragazzino russo, notoriamente avanti anni luce, o una società che si occupa di sicurezza informatica, un mercato da un miliardo di dollari in mano a colossi come Qualys (per il 17%), Tenable (9,3%), Rapid7 (8,3%), Tripwire (4,6%) e per il resto suddiviso fra una miriade di piccoli operatori. C’è poi una terza via: quella dell’intelligenza artificiale. È la strada che ha scelto Infra (www.infrascan. net), che sta per Intelligence Framework Inc., il cui claim, non per niente, recita “Artificial Intelligence for hacking”. La startup, fondata nel 2016, ha immediatamente attirato l’attenzione (e gli investimenti) di partner strategici come il Cit (Center for innovative technology) della Virginia e l’Erie innovation district negli Stati Uniti, e la National University e Singtel a Singapore. «Quello che normalmente fa il ragazzino russo, nelle società che si occupano di sicurezza informatica lo fa l’analista esperto, ma noi siamo andati un passo più avanti e lo facciamo fare alle macchine, utilizzando l’automazione per realizzare piattaforme che fanno hacking in modo autonomo», spiega il ceo Andrea Bodei. Nell’epoca dell’intelligenza artificiale e del machine learning, una questione di evoluzionismo darwiniano. «Io e il mio socio, Francesco Mureddu, siamo amici di lunga data, nonché analisti che fanno hacking etico da diversi anni.

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Io ero consulente di Telecom Italia, Aruba e diverse altre aziende. Mi occupavo di vulnerability assestment e penetration test manualmente, ma a unc erto punto ho sentito l'esigenza di progettare un software che in autonomia andasse a sondare le vulnerabilità dei sistemi informatici dei clienti. Quella è stata la base del progetto Infra sviluppato insieme al nostro business developer, Gianbattista Creatore. Il software che avevo sviluppato era talmente semplice da utilizzare che mi venne l’idea di farlo impiegare direttamente dalle aziende clienti. La startup è nata così. Il governo della Virginia, nostro socio all’8%, ci ha sostenuto immediatamente, attraverso il Center for innovative technology che ci ha finanziato con 50mila dollari, ci ha fornito un ufficio, la mentorship e percorsi formativi che ci hanno aiutati a crescere. Nel 2016 abbiamo presentato ufficialmente Infra e nel 2017 abbiamo siglato un contratto con il nostro primo grosso cliente: Telefonica». Una commessa non da poco, quella per una delle più grandi compagnie di telecomunicazioni del mondo, attiva specialmente in America Latina e in Spagna. «La caratteristica che ci differenzia dai nostri principali competitor è che mentre loro

ANDREA BODEI

si affidano completamente a database di attacchi tipici, noi utilizziamo una tecnica di fuzzing, anche detta “monkey testing”, che riesce a individuare nuove vulnerabilità. Inviamo dati semicausali ai server dei clienti, che potrebbero reagire in modo inaspettato. Da come reagiscono capiamo se c’è un problema o meno. Per esempio, se crasha significa quantomeo che un hacker potrebbe creare un disservizio, o peggio potrebbe arrivare a eseguire comandi». E poi c’è, appunto, il machine learning, che analizza l'esito di più di 500mila plug-in lanciati dal framework di Infra per individuare le vulnerabilità dei sistemi dei clienti e organizza la massa di dati ottenuti in risposta ai tentativi di attacco per categorizzare il problema e il relativo livello di rischio: «Esiste un exploit, cioè un sofware in grado di hackerare il sistema, per ogni tipo di vulnerabilità», spiega Bodei. Il costo del servizio? Dipende dalla “macchina”, e dalla complessità del servizio richiesto. C’è, per esempio, un cubo da 60mila dollari il primo anno (e 30mila dal secondo), impiegato dal Governo del Perù, e un framework complesso (già ordinato da un governo asiatico) che ne costa invece 800mila il primo anno e la metà a partire dal secondo. «Noi customizziamo questi prodotti in base alle esigenze dei clienti. Esiste anche la possibilità di utilizzare il cloud, con un sistema pay per click che parte dal singolo test di hacking a 100 euro al pacchetto composto da molti test che arrivano a costare meno di 10 dollari l’uno». Lo scorso anno la startup, che impiega otto persone compresi i fondatori, ma arriva a gestire una ventina di collaboratori, ha fatturato 230mila dollari. «Ma quest’anno superiamo il milione», conclude il ceo di Infra.


IL NUOVO CHE AVANZA STARTUP-TELLING

STIRAPP ESPANDE I SUOI SERVIZI IN NUOVE CITTÀ

CON L’AUMENTO DI CAPITALE, STIRAPP PUÒ ESTENDERE IL SUO SERVIZIO AD ALTRE CITTÀ IN ITALIA

Aumento di capitale da 550mila euro per la startup di lava&stiro a domicilio Espandersi nelle principali città italiane, rilanciare il brand, migliorare la piattaforma e implementare l’attività di customer support: sono questi i prossimi passi che Stirapp, start-up innovativa che ha lanciato in Italia il primo servizio di lava & stiro, prevede di compiere ora che Servizi Italia ha firmato un accordo per acquisire una quota del 25% della startup, mediante sottoscrizione di un aumento di capitale di complessivi 550mila euro.

Dopo il crowdfunding, che ha permesso di raccogliere 210.000 euro (con il 264% di overfunding) sulla base di una valorizzazione “pre-money” del 100% della Società pari a 1,23 milioni di euro, Stirapp ha dunque conquistato anche Servizi Italia, società quotata in Borsa Italiana, nel segmento STAR, e principale operatore in Italia nel settore dei servizi integrati di noleggio, lavaggio e sterilizzazione di materiali tessili e strumentario chirurgico per le strutture ospedaliere.

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L’OMBRELLONE È HI-TECH CON SAFESOLUTION La start up lancia due dispositivi che cambieranno il modo di stare in spiaggia Sicurezza e comodità, sono parole chiave per Safesolution, la giovane startup ideatrice di due dispositivi che trasformano l’ombrellone da spiaggia, da semplice riparo dal sole a postazione hi-tech, per permettere ai bagnanti dei lidi di godersi il mare in tranquillità e sempre connessi. Si chiamano Safebeach e Solarella: la prima è una cassaforte con serratura contactless, mentre la seconda è una porta USB alimentata attraverso dei pannelli solari, entrambe applicabili ai comuni ombrelloni da spiaggia. Solarella è una piccola porta USB applicabile allo stelo dell’ombrellone, che

FILIPPO GIGLIOTTI, FONDATORE DI SAFESOLUTION

trattiene l’energia del sole grazie a 4 pannelli ad alta efficienza montati a corolla in cima alla struttura, per consentire agli utenti di ricaricare i propri device in totale autonomia. Safebeach invece è cassaforte per gli ombrelloni da spiaggia, fornita di un vano portaoggetti in cui è possibile riporre chiavi, cellulari, tablet, portafogli o altri articoli di valore. La serratura viene sbloccata avvicinando un braccialetto elettronico usa e getta che utilizza la tecnologia RFID/NFC - la stessa impiegata per i sistemi contactless dei cellulari.

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A CIASCUNO LE SUE VITAMINE. ANCHE VEGANE

CON VITAMINA SARÀ POSSIBILE CREARE IL PROPRIO PIANO VITAMINICO PERSONALE

Una startup offre piani nutritivi personalizzati per venire incontro alle esigenze “Solo ciò di cui hai bisogno, niente di più”. È questo il motto di Vitamina, la startup italiana che ha rivoluzionato il mercato degli integratori alimentari con il primo servizio di delivery di nutrienti a domicilio. Un approccio digitale che fa della personalizzazione dei mix, della sicurezza delle materie prime e dell’attenzione al cliente le sue armi vincenti e che, dopo una crescita costante di oltre due anni e una gamma di 13 prodotti, oggi si appresta a lanciare anche le perle di Omega 3 e l’innovativa vitamina D3 vegana. Dietro

Vitamina, la prima piattaforma italiana di delivery di nutrienti ci sono 3 imprenditori toscani che, nel 2017, hanno deciso di lanciare una startup per entrare in un mercato in costante crescita e che, solo in Italia, secondo gli ultimi dati, vale oltre 3 miliardi di euro e 32 milioni di consumatori. Un’idea semplice e innovativa e di successo che sta “sfidando” il dominio delle farmacie e GDO, che detengono oltre il 90% del mercato proponendo un’esperienza di acquisto e di consumo “su misura” e completamente digitale.

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DOMANDE &OFFERTE Non tutti i business sono uguali. Tutti, però, hanno una loro precisa nicchia di mercato. Che, andando a vedere, così "nicchia" magari non è. I tre temi che abbiamo selezionato questo mese hanno in comune proprio questo: l'universalità (o quasi) dei soggetti ai quali si rivolgono Anche in ambiti poco divulgati ma nella realtà dei fatti molto "gettonati" dal pubblico come la nicchia, che appunto nicchia non è, dei sex-toys

126 T-NOTICE LA RACCOMANDATA ELETTRONICA CHE RIVOLUZIONA GLI AFFARI

129 NEUROSCIENZE RESISTERE AL CAMBIAMENTO? È NATURALE, MA INUTILE

CON L'E-COMMERCE DEI SEX TOYS GLI AFFARI SI INGROSSANO Mysecretcase.com è l'unico sexy shop in Italia a raccogliere capitale da investitori, grazie a un modello completamente incentrato su proposte di qualità e content marketing. Con un fatturato da 2,7 milioni di euro di Marina Marinetti

S

e non avete familiarità (perlomeno crisi, ma continua a crescere e a livello monteorica) con concetti come blindiale e, secondo la società di ricerca Technadfolding, tickling, spanking, pegvio, entro il 2021 supererà i 29 miliardi di ging o gagging, se accessori come cockring, dollari, con un Cagr (tasso di crescita comspreaded bar, love egg, hogtie, wand massaposto) del 7%. Ma dato che “italians dot it ger, butt plug e strap-on vi trovano imprepabetter” (per restare in tema), nella penisola rati, se non conoscesiamo riusciti a seSECONDO LA SOCIETÀ DI RICERCA te la differenza tra un gnare un +40% da un TECHNAVIO IL MERCATO DEI GIOCHI lubrificante al silicoanno all’altro, stando EROTICI SUPERERÀ I 29 MILIARDI ne e uno ad acqua (e ai dati raccolti da MyDI DOLLARI ENTRO IL 2021 soprattutto non avesecretcase, il primo te idea di quando utilizzare il primo e quanshop online di sex toys dedicato al piacere do il secondo), insomma, se la vostra conodelle donne e alle coppie tra i 20 e i 45 anni, scenza non va oltre al vibratore rabbit reso con un catalogo di 5000 prodotti, un fattucelebre negli anni ’90 dalle protagoniste di rato, quello 2018, di 2,7 milioni di euro e un “Sex and The City", avete una seria lacuna assetto societario... in cui non tutti amano culturale. Se non altro perché quello dei sex essere citati. Perché accanto alla fondatrice toys è un mercato che non solo non conosce Norma Rossetti (oggi azionista al 23,66%,

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DOMANDE&OFFERTE DOMANDE&OFFERTE

Norma Rosetti, founder del sito di e-commerce www.mysecretcase.com

insieme al cofounder, l’ex McKinsey Marino Giocondi, sempre al 23,66%) e a un pool di investitori esteri come Ferdinand Von Kalm, ex ceo di Rocket Internet ed ex Nestlé, (8,33%), o come l’ex Nestlè-Nespresso Frederick Nilsson Kjell (2,82%), ci sono avvocati d’affari, commercialisti di grandi studi, top manager di primi piano che però restano rigorosamente dietro le quinte, perché un conto è metterci la faccia, un altro i soldi. E quelli non mancano di certo. Al punto che Doorway Capital ha deciso di prolungare il round di fundrising in corso mentre andiamo in stampa, proprio perché il roadshow tra Roma, Bologna, Milano ha raccolto grandi entusiasmi. D’altra parte, la crescita è un dato oggettivo: «Abbiamo lanciato Mysecret case nel 2014, con un seed da 50mila euro da parte di Ferdinand Von Kalm e nel primo anno di attività, il 2014, abbiamo fatturato 135mila euro », racconta Norma Rossetti, 35 anni, Capricorno ascendente Toro, nata a Castellammare, in provincia di Napoli, ma globetrotter inside. «Il secondo anno», continua, «è arrivato un altro seed, 110mila euro, da parenti e amici, e abbiamo fatturato 400mila euro. L’anno successivo, il 2016, siamo arrivati a 900mila euro senza nessun ulteriore apporto da investitori. Nel 2017 finalmente si sono aperte le strade per incontrare investitori italiani: hanno cominciato a invitarci ai roadshow delle startup, dimostrando coraggio e apertura dato il nostro core business. Con un Series A round abbiamo raccolto 1,1 milioni di euro, tutti da investitori italiani. Siamo i primi in Italia, in questo settore, a raccogliere fondi. Nel 2017 abbiamo

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SPINGIAMO PER CRESCERE: SIAMO FIRST MOVER DEL MERCATO fatturato 2 milioni di euro e lo scorso anno abbiamo fatto il salto quantico, chiudendo a 2,7 milioni di euro». E l’utile? Non si vedono, per ora: abbiamo investito nelle campagne televisive. Gli investitori ti danno i soldi per investirli, non per riaverli subito, ma per ottenerne molti di più dopo. Se non spendessimo tanto nel marketing saremmo in utile, ma spingiamo per crescere: siamo first mover, guidiamo il mercato.

E com’è, il mercato italiano dei sex toys? Molto frammentato: esistono più di 200 sexy shop online, 700 negozi fisici registrati con codici Ateco, poi vari generalisti che stanno iniziando a inserire la categoria nel loro catalogo. Anche Mediaworld vende sex toys, ma solo online: palline, plug, anelli vibranti... In fondo sempre di elettronica si tratta... Be’, chi fa electronics ha un margine ridicolo e quindi deve ampliare l’offerta. Mediaworld ha un catalogo di sex toys molto limitato. Anche Amazon, che comunque detiene il 70% del business online, fattura meno di noi in sex toys. D’altra parte è il concetto di

bazar: Amazon è un comparatore, vince il prezzo. Questo è l’approccio dei generalisti. Quello che secondo me ha funzionato per Mysecretcase è l’essere verticali sulla sessualità, perché è una questione culturale: devo trovare il modo di raccontare le aspettative, i desideri, le paure delle persone.

Per esempio? Per esempio, le paure degli uomini sono tre: dimensioni, defaillance e velocità. La sessualità è ciò che raccontiamo attraverso il nostro blog, curato da esperti qualificati, abbiamo più di una sessuologa a collaborare


con noi. Per inciso, noi per scelta non vendiamo pillole.

A proposito di tabù: lei è una donna. Si nota? Be’, me la vivo benissimo, anche se all’inizio è stato difficile come donna perché il paradigma sex toys uguale donna di facili costumi è ancora predominante. Così, mi sono ritrovata ad essere additata come “quella delle bamboline” e ho subito avances decisamente esplicite. IN ITALIA ESISTONO PIÙ DI 200 SEXY SHOP ONLINE E 700 NEGOZI FISICI, MA ANCHE GLI STORE GENERALISTI HANNO INIZIATO A INSERIRE LA CATEGORIA IN CATALOGO

E i suoi genitori? I miei sono giovani, per loro non è un problema. Mio papà mi fa anche qualche battuta e mio nonno dice che vendo cose utili. Ma non solo le vendo: mi sono messa a produrle. La nostra idea è quella di fare il salto qualitativo dal punti do di vista industriale, incrementando la nostra linea a marchio Mysecretcase con altri prodotti di alta qualità sia dal punto del design che degli standard produttivi, mantenendo comunque alcuni brand premium come FunFactory, l’unico brand che produce in Europa, in Germania, o Lelo. Certo, questo inciderà sul flusso di cassa, perché i produttori vanno pagati in anticipo, e cambierà la nostra struttura logistica. Ma al Shangai adult expo di aprile, la più grande fiera internazionale di sex toys, sono entrata in contatto con fabbriche che lavorano per i più importanti retail americani ed europei.

IN PRINCIPIO FU L’ISTERIA È stato uno dei primi elettrodomestici della storia. Il vibratore è arrivato prima dell’aspirapolvere, del ferro da stiro, del tostapane. Ma non per questioni di lascivia (anche perché in epoca vittoriana le donne erano ritenute incapaci di provare desiderio sessuale) tutt’altro: come cura all’isteria. I sintomi? Dal mal di testa agli sbotti verbali, passando per episodi epilettici. La cura? Il massaggio pelvico. Se una donna, poi, durante il trattamento, si accaldava e gemeva, si trattava di un “parossismo isterico”. Così, alla fine del 1880, il medico inglese Joseph

Mortimer Granville inventò il primo vibratore elettrico portatile a batteria. Ma si accorse molto presto di quel che aveva combinato: già nel 1883 scriveva, nel suo trattato NerveVibration and Excitation as Agents in the Treatment of Functional Disorder and Organic Disease, «Ho evitato, e continuerò a evitare il trattamento delle donne con questa macchina, semplicemente perché non voglio essere ingannato, né fare in modo che altri vengano ingannati, dalla varietà degli stati isterici o da chi mima, ed è situazione caratteristica, la malattia». Invece che fingere gli orgasmi, Granville pensava che le donne fingessero la malattia. Solo nel

Novecento le batterie divennero più piccole e le donne cominciarono a comprare vibratori per uso domestico (pubblicizzati come massaggiatori). Fino ai giorni nostri, in cui il vibratore robotico ideato dalla startup Lora DiCarlo con la collaborazione della Oregon State University si è addirittura conquistato un Innovation Award all’ultima edizione del Ces di Las Vegas, la fiera d'elettronica più importante del mondo. Il suo nome? Osé.

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DOMANDE&OFFERTE DOMANDE&OFFERTE

Raccomandate, il boom digitale è iniziato da San Marino La raccomandata elettronica ideata da tNotice è diventato il primo servizio del territorio totalmente integrato con il Registro pubblico dei Domicili Digitali. Abbattendo tempi di consegna e giacenza di Chiara Volonté NON SERVE VOLARE IN CALIFORNIA PER TROVARE UN PORTO SICURO IN CUI SVILUPPARE IDEE TECNOLOGICHE: ora il place to be

dell’innovazione digitale è San Marino, una piccola Silicon Valley che, contraddistinguendosi inizialmente come hub per la blockchain, è ora un innovation district di fama mondiale. Lo sa bene Claudio Anastasio (nella foto), fondatore e presidente di tNotice, che ha ideato una raccomandata elettronica rivoluzionando il mondo della corrispondenza e che proprio all’ombra del Titano è diventata il primo servizio nel territorio totalmente integrato con il Registro pubblico dei Domicili Digitali. Un’offerta postale elettronica made in Italy che promette di abbattere i tempi di consegna e di garantire migliori percentuali di recapito. E sono molte le aziende, impiegate nei settori più disparati, che hanno deciso di affidarsi all’innovativo servizio di raccomandata digitale: Q8, Snaitech,Italo, Tiscali, Credemtel, Axpo, Conte.it, solo per citarne alcune. Anastasio, come funziona tNotice? Con tNotice è possibile inviare una raccomandata elettronica in totale sicurezza ad un destinatario utilizzando come domicilio di recapito una mail generica (gmail yahoo tiscali) o pec o, il numero di telefono mobile del destinatario. Il destinatario riceve in tempo reale un avviso di giacenza elettronico con i codici per il ritiro

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sicuro sul web della comunicazione raccomandata; subito dopo la consegna, il mittente riceve un Certificato Postale Forense – che sostituisce l’avviso di ricevimento tradizionale – con tutti i dati tracciati di spedizione, di consegna e di certificazione del contenuto, con pieno effetto giuridico in ogni Tribunale ai sensi del recente Regolamento europeo conosciuto come Eidas (ndr. Art. 43, Reg. Ue n. 910/2014). tNotice semplifica ed innova l’invio e la ricezione di una raccomandata: come? Abbiamo lavorato a una proposta in linea con l’agenda digitale europea, trasferendo il proIL FONDATORE, CLAUDIO ANASTASIO: «LA NOSTRA PROPOSTA È IN LINEA CON L'AGENDA DIGITALE EUROPEA E RISOLVE I PROBLEMI LOGISTICI»

gresso nel pacchetto offerto da tNotice: risolvendo quindi le problematiche logistiche, di costo, di gestione del tradizionale servizio, aggiungendo un particolare riguardo al tema della green economy. Solo in Italia, ogni anno, sono oltre 60 milioni le raccomandate in giacenza, e di queste più di 35 milioni non verranno mai ritirate e ritornano al mittente: immaginiamo quanta carta finisce al macero e quale spreco di logistica si sopporta. tNotice, invece, risolve e semplifica. Si spedisce dal web in pochi secondi, con un risparmio dell’80% sulla tariffa applicata allo sportello, e si ritira anche in tempo

immediato, sempre online, in 45 secondi. Lei è figlio di un dirigente postale, quanto ha influito il suo trascorso sulla nascita della sua società come nuovo operatore postale digitale? Porto ancora il segno sul ginocchio di una cicatrice causata dal taglio con i sigilli di piombo dei sacchi di iuta della posta raccomandata degli anni Settanta. Marinavo la scuola e mi recavo con papà negli uffici postali: volevo conoscere tutto il back-office della postalizzazione, ed erano i primi anni della meccanizzazione dei processi della corrispondenza. L’occasione è arrivata nel gennaio del 2009 a seguito di una febbre altissima. In quel momento sei irrazionale, immagini sia possibile un iter diverso, declinato nella sua forma digitale e smart: così è nata la raccomandata elettronica di tNotice, poi i primi brevetti conseguiti, la successiva autorizzazione postale del Ministero per l’esercizio operativo, le finanze private che hanno avuto fiducia nella mia idea e supportato gli investimenti enormi di questo progetto. tNotice è ormai una ex start up: quanto siete cresciuti? Non ho mai creduto nel “momento magico”: ho sempre studiato ogni più piccolo dettaglio a tavolino con i miei collaboratori, non ho mai scommesso sulla mia idea d’impresa, questo è oggi il primo frutto di dieci anni di attività preparatoria, oltre 35.000 ore di studio e lavoro,


È INIMMAGINABILE CHE FRA DIECI ANNI POSSA ESSERCI ANCORA QUALCUNO CHE SPEDISCE LETTERE CARTACEE che oggi portano tNotice ad essere il primo servizio elettronico di recapito certificato nato in tutta Europa ancor prima del Regolamento europeo, primo operatore postale privato per capitalizzazione con un patrimonio netto di oltre 10 milioni di euro, tra le prime Pmi innovative in Italia per eccellenza e investimenti in ricerca e sviluppo, ma siamo solo al 5% del potenziale che ancora vogliamo sviluppare. I milioni di buste “digitali” che abbiamo già movimentato e consegnato in questi primi due anni di concreto esercizio operativo diventano poco significative rispetto alle possibilità di crescita che stiamo conseguendo ogni nuovo trimestre operativo, avendo di fronte un mercato ancora inesplorato e considerato per ora poco attra-

ente da altri operatori. attuarle con la determinazione di uno Stato Questo trend di “comunicazione digitale” che, anche nell’innovazione, può essere un può affermarsi e soppiantare le raccomanfaro di riferimento nel mondo. Ci auspichiamo date inviate tramite ufficio postale? che tutto questo si possa presto valorizzare In un mondo che evolve sempre più veloed accelerare. tNotice è già apprezzata anche cemente verso strumenti e servizi digitali è all’estero: ad esempio, nella Repubblica di San inimmaginabile che fra dieci anni ci sia ancora Marino, che ha avviato da gennaio di quest’anqualcuno a spedire una lettera cartacea: una no il primo servizio nel territorio totalmente posta raccomandata tradizionale è oggi come integrato con il Registro pubblico dei Domicili utilizzare la “carta carbone o carbonata” quanDigitali. Inoltre stiamo dialogando anche con do puoi adoperare, invece, la fotocopiatrice. altri Paesi extra europei attraverso canali diSta cambiando tutto: dalla carta al digitale. plomatici per l’interesse che sta riscuotendo Non ce ne accorgiamo perché siamo immertNotice oltre confine. Oggi siamo presenti nelsi nel processo di trasformazione. Molti sono la consegna digitale della raccomandata eletcome pesci nell’oceano che si domandano: “Ma tronica anche in Spagna, Germania, Francia e dov’è il mare?” e non si Olanda. TNOTICE OGGI È PRESENTE ANCHE accorgono che ci stanLe persone si fidano IN SPAGNA, GERMANIA, FRANCIA no nuotando dentro. del mercato digitale? E OLANDA NELLA CONSEGNA DIGITALE Qual è la situazione DELLA RACCOMANDATA ELETTRONICA Oltre il 94% dei nostri all’estero? utenti si ritiene soddiIn molti Paesi europei, fra cui Germania, Olansfatto dei nostri servizi, attraverso un’indagida, Spagna e Francia, si sono evolute negli ne di mercato terza disposta dai nostri primi ultimi due anni le prestazioni elettroniche clienti appartenenti a gruppi internazionali di recapito certificato a favore di servizi quaper valutare (a nostra insaputa) il grado di lificati, che in Italia sono tutt’ora in attesa di soddisfazione all’utenza del servizio tNotice. esame regolatorio nel mercato interno. Il noForniamo ogni giorno assistenza attraverso il stro Paese ha le capacità e le competenze per web e diretta telefonica sia ai cittadini che alla contribuire ai lavori europei, ma è necessario Pubblica amministrazione italiana centrale e locale, nel tentativo di venire incontro alle eterogenee esigenze di tutti. Dall’esperienza di tNotice possiamo registrare una costante crescita di fiducia che si sta sempre più affermando come nostro marchio distintivo, apprezzato per qualità ed efficienza da oltre il 99,003 % degli utenti. Ed è sorprendente come anche la popolazione più distante dagli strumenti digitali, come i pensionati over 80, riesca ad utilizzare con facilità, immediatezza e successo il ritiro di una raccomandata elettronica con tNotice. Questo per noi è motivo di grande orgoglio: abbiamo disegnato e progettato un sistema sottostante complesso e altamente sicuro.

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DOMANDE&OFFERTE

Resistere al cambiamento è naturale ma deleterio Grazie alle neuroscienze ora è possibile contrastare la tendenza biologica a mantenersi nella propria comfort zone. Con benefici innegabili. Lo spiega l'ad. di HC, società del gruppo Openjobmetis di Gian Maria Zapelli*

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embra una moda, invece è una rivoluzione. Le neuroscienze hanno raggiunto in questi anni straordinarie evoluzioni nella comprensione del funzionamento delle mente. Risultati la cui portata arriva anche in azienda, aggiornando molti dei presupposti che per decenni hanno ispirato le strategie per ottenere cambiamenti nelle donne e negli uomini. Ecco tre presupposti da rivedere, grazie a ciò che conosciamo oggi del nostro sistema neurale. Per cambiare sono sufficienti buone motivazioni Ancorché plastica e potenzialmente mutevole, in realtà la mente è biologicamente ostile al cambiamento. Questo significa che la mente cambia facilmente e senza fatica solo se il cambiamento non entra in contraddizione o in conflitto con ciò che il cervello ha già stabilizzato nei suoi circuiti. Perciò, si può essere anche motivati verso un cambiamento, ma se richiede di modificare abitudini che si sono stabilizzate, la mente è predisposta a farci percepire il cambiamento difficile, impegnativo, faticoso, non così necessario. Tradotto in strategie aziendali, occuparsi della motivazione delle persone è indispensabile, ma non bisogna credere che sia anche sufficiente.

La buona formazione funziona se coinvolge e diverte Eccoci a un altro presupposto da rivedere. Credere che un giudizio entusiastico a fine corso possa essere indizio attendibile di un cambiamento che le persone faranno. In realtà, le vie aziendali sono lastricate di corsi di formazione applauditi, ma di abitudini invariate. Nel cervello più dell’antica differenza tra emisfero destro ed emisfero sinistro, è invece fondamentale un’altra differenza: la relazione tra il 95% dei circuiti neurosinaptici automatizzati OCCORRE RIVEDERE COMPLETAMENTE I PRESUPPOSTI SUI QUALI FINO A OGGI SI È FONDATA LA FORMAZIONE MANAGERIALE NELLE AZIENDE

e routinizzati e l’azione del lobo frontale della corteccia cerebrale, dedicato specificamente a cercare di regolare e amministrare il resto della mente. Cambiare è un evento biologico, significa modificare le connessioni sinaptiche che si sono stabilizzate nella mente collegando reti di neuroni, che producono le nostre spontanee abitudini nei modi di sentire, pensare e agire. Perciò non basta vivere la sensazione di aver imparato qualcosa di utile, perché la concretezza biochimica dei circuiti sinaptici si apra al cambiamento. Occorre attivare il contributo del lobo frontale della corteccia cerebrale, con la sua funzione di autocontrollo, dedicata a bloc-

care e frenare i modi spontanei della mente. Un cambiamento che richiede la perseveranza nel tempo di uno sforzo di volontà, dedicato a contrastare i modi di agire che si desidera cambiare. Sicché si può anche finire un corso entusiasti, ma il cambiamento avverrà solo se ripetutamente e con fatica ci si sforzerà di tenere a basa abitudini poco eccellenti.

La leadership produce cambiamenti grazie ai buoni esempi Infine, uno dei pensieri più consolidati e del tutto parziale: il leader guida il cambiamento delle persone con il buon esempio. Certo, non si è credibili come leader se non si mostrano modi esemplari, ma non significa che questo apprezzamento produca anche automatici cambiamenti nelle abitudini meno efficaci delle persone. Quanti hanno leader capaci di essere un buon esempio e rimanere ugualmente poco proattivi, coraggiosi o ben organizzati? Dunque un leader non può accontentarsi di dire che cerca di essere un buon esempio. Deve anche chiedersi quanto sa aiutare le persone nel faticoso e impegnativo conflitto che hanno con le loro abitudini, accompagnandole con costanza e perseveranza in questo sforzo. * Founder e AD di HC-Capaci di futuro, società del gruppo Openjobmetis (www.hu-co.it). Autore di numerosi libri, tra cui “Neuroscienze e Management”

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VITA DA MANAGER Ci sono decisioni tutt’altro che semplici da prendere. Per esempio, disubbidire (il tema che questo mese, appunto, apre questa sezione di Economy). Ecco perché è importante alleviare la tensione. Con una pedalata... o un ritocchino all’estetica e all’autostima

133 SPORT QUEI CORAGGIOSI SU DUE RUOTE ALLA CONQUISTA DELLE DOLOMITI

134 ESTETICA IL RITOCCHINO ADESSO LO SI FA IN PAUSA PRANZO

135 RICOMINCIO DAL CIBO I MANAGER SI REINVENTANO NEL BUSINESS GASTRONOMICO

OBBEDIRE O RIBELLARSI IL DILEMMA ENTRA IN AZIENDA Come comportarsi quando i top manager impartiscono un ordine palesemente in conflitto con l’interesse dell’organizzazione? Gli esempi celebri, da Donald Trump a Steve Jobs, e i consigli degli esperti di Vincenzo Petraglia

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rrare è umano, ma quando a sbagliare, impartendo un ordine palesemente controproducente, è chi comanda? Questione spinosa su cui incombe l’amletico dubbio: obbedire ciecamente o dare il via alle ostilità opponendosi apertamente? C’è anche una terza via: fare il proverbiale “pesce in barile”, in sostanza ignorando il comando, come fece lo staff di Donald Trump quando diede istruzioni di impedire le indagini del procuratore speciale Robert Mueller. Bisogna innanzitutto partire dal fatto che ogni capo ha un diverso modo di relazionarsi con i propri team di lavoro e soprattutto ogni boss ha un proprio ego, come tutti del resto. Il capo, però, ne ha (in genere) notoriamente un po’ di più, sia per i successi raggiunti, che gli hanno consentito di salire nella scala gerarchica aziendale, sia per le maggiori responsabilità e difficoltà che il suo ruolo comporta quotidianamente. Ecco perché di fronte a un comporta-

mento, una scelta o un ordine oggettivamente sbagliati è fondamentale affrontare la situazione nel giusto modo, onde evitare conflitti troppo esplosivi, rischiosi per sé e per il proprio team e ambiente di lavoro. «Il comportamento più funzionale, nel caso in cui il capo dovesse oggettivamente sbagliare, è quello assertivo», spiega Stefano Becagli, psicologo clinico, dello sport e delle organizzazioni. «Vale a dire la capacità di scegliere come comportarsi in ogni specifica circostanza, di esprimere le proprie emozioni, il proprio pensiero e disaccordo, rispettando allo stesso tempo le posizioni degli altri. È opportuno, dunque, abbandonare condotte improduttive, come quelle aggressive, irruenti, arroganti, o passive, che portano invece alla paralisi e alla staticità. L’equilibrio e la calma costituiscono l’approccio ottimale alla questione: bisogna essere capaci di gestire le proprie emozioni, mantenendo appunto la calma e abbandonan-

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VITA DA MANAGER

do il giudizio sul proprio interlocutore. È fondamentale focalizzarsi sul contenuto, in questo caso una decisione o un ordine impartito, analizzando punto per punto gli aspetti per i quali si ha una visione differente, esplicandone infine in modo chiaro anche le ragioni. In tal modo anche l’interlocutore può comprendere che la mancata condivisione non è un qualcosa di personale ma focalizzata sull’oggetto dell’ordine, quindi non su chi lo comunica». Prima di esprimere una qualsivoglia posizione contraria è di vitale importanza valutare, però, che tipo di persona abbiamo di fronte. C’è chi ha una forte empatia verso i propri dipendenti e spesso un rapporto franco e diretto, pronti al confronto, perché sanno che dal confronto seSTEFANO BECAGLI reno possono solo emergere elementi positivi, senza rimanere arroccati sulle proprie posiziociò non risulti come una sorta di spedizione ni e certezze. Nei loro confronti non è in genere contro di lui, un ammutinamento collettivo difficile esporre, in modo ovviamente sempre nei suoi confronti, perché il risultato potrebbe educato e discreto, il proprio punto di vista essere l’esatto contrario di portarlo a riflettee il tipo di problema a cui l’azienda potrebbe re e rivedere eventualmente le sue posizioni e andare incontro se non si fa marcia indietro decisioni. È così molto importante scegliere il sulle decisioni errate. Un bravo manager che modo e il tempo adatti per parlargli, per non ha saputo circondarsi di validi collaboratori sconvolgere troppo gli equilibri, perché in sa perfettamente che il bene dell’azienda non genere ognuno di noi, boss compresi, odia le consiste nel far eseguire ciecamente i propri recriminazioni con effetto sorpresa, ancora di ordini ma nel fare di tutto affinché si raggiunpiù se fatte in pubblico. Quindi se si opta per gano obiettivi sempre migliori (a costo anche il coinvolgimento di altre persone, che siano di qualche critica) e condivisi. colleghi strettamente necessari e interessati Con un bad boss, invece, le cose si complicano direttamente all’affaire. un tantino. Non avendo in genere una leader«Dissentire in modo assertivo, sempre nel ship condivisa, tende rispetto dell’altro e QUANDO NEL 1985 STEVE JOBS LASCIÒ ad aggrapparsi a uno tenendo un volume APPLE PER FONDARE NEXT, DECISE stile autoritario più DI PORTARE CON SÉ JOANNA HOFFMAN, di voce adatto allo che autorevole, spesscambio comunicatiLA SUA COLLABORATRICE PIÙ CRITICA sissimo per nascondevo, aiuta a creare un re le sue insicurezze, pertanto diventa difficile clima relazionale adeguato, a essere parte atinterloquire a viso aperto con lui (o lei). D’altra tiva nell’organizzazione senza tuttavia creare parte non si può certo rimanere indifferenti conflitti troppi accesi», sottolinea Stefano Benei confronti di scelte che possono mettere a cagli. «Le critiche e i punti di vista alternativi repentaglio se stessi, l’azienda e i propri collerappresentano sempre un valore aggiunto per ghi. In questo può aiutare presentarsi nell’uffila persona e per l’azienda. Motivare in modo cio del proprio capo non da soli come singoli chiaro e definito le ragioni per le quali si disindividui, ma cercando la collaborazione e sente può aiutare ad aprire a nuove soluzioni il sostegno di altri colleghi, in modo da farsi ed opportunità che, con ogni probabilità, non portavoce di un unico punto di vista per l’inerano state prese in considerazione. Spesso le teresse comune. Facendo però in modo che migliori soluzioni nascono, infatti, da momenti

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di condivisione e chiarificazione dei vari punti di vista». A dimostrarlo anche diversi studi sul campo. Come quello realizzato di recente dalla scienziata comportamentale della Harvard Business School Francesca Gino che, insieme con i suoi collaboratori, ha condotto un esperimento molto interessante. I partecipanti sono stati posti di fronte ad alcune difficili sfide etiche nei confronti delle quali non sembrava esserci una buona soluzione. È stato poi chiesto ad alcuni partecipanti cosa dovevano fare e ad altri cosa potevano fare. Il gruppo “potrebbe” ha generato soluzioni più creative, a sottolineare come le persone cui viene data autonomia morale ottengano migliori risultati rispetto a quelli da cui ci si aspetta semplicemente che obbediscano. Il non dover eseguire passivamente degli ordini dunque, il confronto, e in alcuni casi anche il conflitto che da esso può derivare, sembra generare soluzioni più originali, funzionali ad alzare l’asticella e raggiungere nuovi e più importanti obiettivi, a patto che le divergenze di opinioni non siano vissute come attacchi personali ma come una valida opportunità per trovare nuovi e più utili accordi fra le parti. Rapportato all’organizzazione aziendale e al rapporto boss-sottoposti, i dipendenti che dissentono con il capo rappresentano un asset importante, perché offrono punti di vista nuovi e spesso vincenti, e i buoni leader capiscono quanto sia utile questa capacità nei propri collaboratori. Gli esempi di confronto-scontro virtuosi non mancano d’altronde. Uno su tutti, rimasto nella storia del management, riguarda Steve Jobs, nella cui compagnia venne addirittura istituito un premio annuale per il dipendente che più di tutti riusciva a tenere testa al capo. La prima a vincere il riconoscimento, negli anni ’80, fu la responsabile della sezione marketing Joanna Hoffman, spesso in aperto disaccordo con Jobs sulla strategia aziendale. Guarda caso quando Jobs, noto per il suo stile piuttosto autoritario ma in grado anche di ascoltare il parere degli altri, lasciò la Apple nel 1985 (per poi ritornarvi 12 anni più tardi) per fondare la NeXT Inc, decise di portare con sé proprio la Hoffman.


LA ETAPE DU TOUR

Quei valorosi su due ruote alla conquista delle Dolomiti Al via la gara di ciclismo per amatori più celebri che il 7 luglio porterà 9mila fortunati appassionati provenienti da tutto il mondo da La Villa a Corvara, per 138 chilometri di percorso e 4.230 metri di dislivello di Luca Vitale

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a Maratona dles Dolomites, regina ti in gara, degni di una gara da professionisti. delle Granfondo amatoriali di cicliLa gara, diventata un evento internazionale nel smo giunta alla 33esima edizione, corso degli anni con il 50% dei partecipanti scatterà il 7 luglio da La Villa per arrivare dopo proveniente dall’estero, non mostra segnali una cavalcata di 138 chilometri e 4.230 metri di crisi anche per la capacità innovativa del di dislivello a Corvara. In un intreccio di pascomitato organizzatore, capitanato dall’alsione e fatica 9mila appassionati – sorteggiati bergatore di Corvara Michil Costa, sempre in da una rosa di 35mila grado di proporre ogni LA MACCHINA ORGANIZZATIVA È DA candidature proveanno qualcosa di nuoMEDIA AZIENDA: OLTRE MILLE VOLONTARI nienti da tutto il monvo. Molto attento al LUNGO IL PERCORSO ASSICURERANNO do – affronteranno tema della sostenibiASSISTENZA AI CORRIDORI una girandola di passi lità e severissimo con dolomitici degni di un tappone da Giro d’Italia. i concorrenti sorpresi a buttare a terra rifiuti, La gara di ciclismo per amatori più famosa al quest’anno il comitato organizzatore ha scelto mondo immersa nella natura delle montagne come tema della 33esima edizione la parola più belle al mondo riconosciute dall’Unesco e “domani” proprio per sottolineare l’importancon una diretta Rai di sei ore (più lunga delle za di adottare condotte in linea con l’ecosistetappe del Giro) prevede tre percorsi differenti ma del nostro pianeta. La macchina organizzadi 55, 106 e 138 chilometri tutti rigorosamentiva è da media azienda: oltre mille volontari te chiusi al traffico. Un successo per questa lungo il percorso assicureranno assistenza ai manifestazione partito da lontano, se si pensa corridori. Tutto è rodato in funzione dell’indotche alla prima edizione a sfidarsi 33 anni fa futo turistico e a beneficiarne è tutta la val Badia rono solo 166 cicloamatori. Un successo che si e zone confinanti con oltre 15mila posti letto spiega con la natura che avvolge i partecipanti occupati nei tre giorni di evento in un periodo e anche con l’altissima qualità dei servizi offertutto sommato ancora di bassa stagione.

Da anni impegnata nel ciclismo pro tour dei professionisti, Alpecin (prodotto di punta shampoo alla caffeina) ha da alcuni anni anche un team dedicato alle granfondo amatoriali. Si tratta di un progetto su scala europea finalizzato a preparare 15 fortunati appassionati delle due ruote ad affrontare il 21 luglio la Etape du Tour, uno degli altri appuntamenti per amatori da non mancare. La gara ripercorre una delle tappe del Tour de France dei professionisti. Quest’anno nel gruppo dei 15 selezionati – sulla base di vari criteri nel quale l’agonismo non è il fattore chiave – c’è anche l’italiano Sauro Locatelli, analista finanziario trentaduenne che da otto anni vive e lavora negli Stati Uniti. Il progetto Alpecin prevede un’assistenza totale ai selezionati con fornitura di materiale vario e preparazione individualizzata degli allenamenti da seguire, oltre a qualche ritiro collegiale per fare una full immersion di chilometri con allenatori del calibro dell’ex Campione del mondo Maurizio Fondriest. Proprio come i professionisti.

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VITA DA MANAGER

Altro che palestra, in pausa pranzo si fa il ritocchino Da sempre considerato appannaggio del mondo femminile, la medicina estetica conquista anche gli uomini. Grazie a interventi lampo in grado di contrastare con naturalezza gli effetti dell’età che avanza di Francesca Frediani

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ltro che pranzo d’affari o palestra in pausa. Il nuovo trend si chiama ‘lunchtime lift’ ed è un trattamento antiage che consiste nel posizionare dei sottilissimi fili in polidiossanone (Pdo) montati su aghi molto piccoli e sottili nel derma, facilitando il riposizionamento parziale della pelle cadente. «Non si tratta di un vero e proprio lifting - afferma la dottoressa Patricia Frisari, vice presidente della Società Argentina di Medicina Estetica (Soarme) – ma di una procedura più discreta che garantisce tuttavia di ritrovare la compattezza della pelle nella zona trattata». Il riassorbimento lento (circa 180 giorni) e una lunga tenuta, ne garantiscono i risultati. E, sopresa: lo utilizzano anche gli uomini. «Le procedure minimamente invasive riducono la negativa percezione del sé per un beneficio psicosociale e generale di qualità di vita, scopo intrinseco della medicina estetica», spiega Alberto Massirone, presidente del Congresso di Medicina Estetica Agorà e direttore della scuola omonima: «Un desiderio, questo,

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ormai fondamentale anche per gli uomini che sempre più frequentemente si prendono cura del proprio aspetto fisico con trattamenti antiaging a differenza dei millennials, sempre attenti all’immagine, che puntano invece per il 56% all’epilazione laser, ai trattamenti per combattere l’acne e a piani alimen- ALBERTO MASSIRONE tari personalizzati. Proprio il desiderio dei giovani e giovanissimi di superare il “complesso dei selfie”, è un tema estremamente attuale e in cui anche la letteratura sta ponendo molta attenzione». Secondo MAURICIO DE MAIO

l’Osservatorio permanente del Congresso di Medicina Estetica Agorà emerge una nuova esigenza che non ha nulla a che vedere con la vanità, ma rileva la necessità di affrontare lo scorrere del tempo nel miglior modo possibile. Il picco di richieste maschili si raggiunge nella fascia d’età tra i 35 e i 50 anni e le procedure più gettonate sono i trattamenti anti-aging: filler e peeling chimico al primo posto (65%), seguiti da rivitalizzazione cutanea (64%) e tossina botulinica (63%). Tra i 51 e i 64 anni c’è una maggiore richiesta di fili di sostegno e biostimolazione (che rappresentano, infatti, il 50% delle procedure effettuate). «Soltanto nell’ultimo anno – prosegue Massirone – le richieste da parte dell’universo maschile, sono aumentate del 3%». Anche chi non ha mai fatto un trattamento di chirurgia estetica, non disprezza l’idea: solo il 4% degli italiani si dichiarerebbe infatti contrario al ritocchino al maschile. È finita l’epoca in cui la medicina e la chirurgia estetica significavano, nella maggior parte dei casi, cambiare i connotati. Grazie dunque ad una nuova consapevolezza e alle nuove tecnologie, si interviene in maniera sempre meno invasiva. «È importante restituire il giusto equilibrio tra l’immagine riflessa nello specchio e quella che sentiamo di avere», ci conferma il chirurgo plastico brasiliano Mauricio De Maio, considerato un vero e proprio guru del settore che, come molti chirurghi plastici, non disdegna l’utilizzo di prodotti e di tecnologie tra le più conosciute e utilizzate nell’ambito della medicina estetica. E il risultato deve essere, tassativamente, naturale.


L’IRLANDA ALLA SCOPERTA DEI SAPORI DEL MOLISE Maurizio Mastrangelo e Marco Giannantonio nel 2005 hanno fondato a Dublino Flavour of Italy. Oggi insegnano a cucinare a mille persone l’anno e sono Cavalieri dell’Ordine della Stella d’Italia di Marco Scotti

A LATO, MAURIZIO MASTRANGELO E MARCO GIANNATONIO

M

olti sostengono che il Molise non esiste. Maurizio Mastrangelo e Marco Giannantonio, invece, cui la piccola regione ha dato i natali, hanno dimostrato il contrario. E hanno pure creato un business che li ha portati a diventare Cavalieri della Republica. Il segreto? Ma il cibo, ovviamente. Quindici anni fa hanno fondato Flavour of Italy, un’azienda che opera in Irlanda e che ha portato il sapore italiano a Dublino. La prima idea è stata quella di vendere alcuni prodotti tipici del Molise, poi è seguita la scuola di cucina Pinocchio. «Entrambi eravamo in Irlanda per lavoro – ci spiegano i due fondatori – e nel 2004 abbiamo deciso di creare un paniere di prodotti molisani e di proporre in Irlanda, a operatori del settore, queste leccornie della nostra terra. Ci siamo espansi molto rapidamente e nel 2005 abbiamo aperto una scuola di cucina italiana, perché ci siamo resi conto che il primo problema era la diffusione della cultura enogastronomica italiana. Volevamo parlare del nostro cibo, dare vita a prodotti come la pasta, la passata di pomodoro o una bottiglia d’olio. Solo così possono esprimere le loro caratteristiche al 100%. Il nostro desiderio era insegnare i

con oltre 80 persone. Lo scorso anno sono stati circa mille gli studenti della scuola per i corsi, cui partecipa un pubblico molto variegato». Insieme al desiderio di cucinare italiano è sorto poi l’interesse per l’Italia stessa e la voglia di visitare i luoghi in cui si producevano le tipicità usate a tavola. Per questo è nata una divisione turistica per portare gli irlandesi in tour a vedere l’Italia nascosta, non conosciuta, a partire proprio dal Molise stesso. «Nel 2008 – ci spiegano Mastrangelo e Giannantonio – abbiamo aperto il primo ristorante a Dublino rudimenti della cucidove servivamo auna italiana alla gente tentica cucina italiana comune, al consumae, da subito, si è rivetore, non agli addetti ai lato un progetto di lavori. Poi però si sono successo. Il Pinocchio aggiunti anche altri riè stato perfino citato storatori e il servizio ci da una leggenda del DOPO ANNI DI CRESCITA COSTANTE è letteralmente “scoprugby come Brian OGGI TRA LE TRE SCUOLE DI CUCINA piato” tra le mani, è O’ Driscoll che, nella E I DUE RISTORANTI IL GIRO D’AFFARI stato fin da subito un ANNUALE SUPERA I DUE MILIONI DI EURO sua autobiografia, ha grande successo». parlato del nostro riL’offerta di Mastrangelo e Giannantonio è distorante e del grande affetto che nutriva per ventata subito un modello. Nel 2006-2007 i esso. Nel frattempo, però, dopo anni di crescita due fondatori di Flavour of Italy sono stati incostante ci siamo scontrati con la grande crisi vitati alla Ryder’s Cup, l’evento di golf a squaeconomica che ha coinvolto l’Irlanda e che ha dre che in quegli anni si era svolto proprio a prodotto un vero e proprio scossone. Noi siaDublino. «La scuola nella sua idea iniziale mo riusciti a superare questo momento uscen– proseguono i due fondatori - doveva essere done addirittura rafforzati». Oggi le attività dei un posto dove organizzare show cooking per due soci fondatori si avvalgono di 30 collabopresentare a chef, imprenditori e ristoratori i ratori, hanno un fatturato di oltre due milioni prodotti italiani che avevamo selezionato e che che vengono realizzati su tre sedi complessive puntavamo lanciare sul mercato irlandese. Poi e due ristoranti. Un successo che è stato notato sono arrivati i corsi di cucina italiana che hanin Italia dove, alla fine dell’anno scorso, il preno avuto un tale successo e una richiesta così sidente della Repubblica Sergio Mattarella ha elevata che abbiamo deciso di investire su una deciso di insignire i due molisani del titolo di sede che, dai 15 posti iniziali, oggi ospita eventi Cavalieri dell’Ordine della Stella d’Italia.

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142 CUPRA ATECA TUTTA LA CATTIVERIA DI UN’ANIMA SPAGNOLA

145 SO GUD LA CUCINA MEDITERRANEA A DUE PASSI DA MILANO

146 LE RAGIONI DEL GOSSIP

I mercati emergenti, i social media, le nuove tecnologie: il produttore dello champagne più famoso del mondo, si confronta con il nuovo che incombe. Per mantenere attuale il proprio brand, a dispetto dell’età di Vincenzo Petraglia

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E POI IL PIACERE...

Celebrities alla celebrazione del 150mo di Moët Hennessy. Da sinistra: Kate Moss, Uma Thurman, Roger Federer e Natalie Portman

il primo champagne creato per essere servito su cubetti di ghiaccio, ampie varianti di mixology con Belvedere o Hennessy, Rich con Veuve Clicquot e la riscoperta dei cocktail di champagne, solo per citarne alcuni. Ci impegniamo a rispondere a queste nuove modalità di consumo e a sedurre le nuove generazioni condividendo con loro la qualità dei nostri prodotti e l’eccellente esperienza che ne deriva. La strada è questa... Come differenziarsi dalla concorrenza? Poiché molti dei marchi Moët Hennessy sono stati fondati centinaia di anni fa, la nostra sfida costante è quella di rimanere rilevanti per i nostri consumatori. Siamo alla costante ricerca della qualità e allo stesso tempo dell’innovazione. Ad esempio, ogni maison di champagne ha sviluppato un bicchiere specifico che permette di sfruttare al meglio l’esperienza enologica di ogni marchio, evidenziando la completezza degli aromi dei vitigni che compongono il loro Dna. Krug, per esempio, in partnership con Riedel, ha creato un bichiere a forma di tulipano, Le Joseph, che permette al Krug Gan Cuvée di raggiungere il massimo della sua espressione. L’esperienza enologica si decuplica e rende omaggio al meraviglioso lavoro dei maestri di cantina, che danno il meglio della loro arte nella realizzazione di Brut e Millésimes. Una strategia ben definita anche nella vostra comunicazione... Ogni marchio ha una sua precisa identità. Ruinart, per esempio, ha un rapporto strettissimo con l’arte: Miart, Biennale Venezia, Artissima, come manifestazioni d’arte contemporanea in cui la marca è presente coerentemente con la piattaforma di comunicazione della maison; Moët & Chandon si connota molto per i festeggiamenti – lo scorso maggio abbiamo festeggiato i 150 anni di Moët Impérial – e nel 2018 siamo stati per il sesto anno consecutivo partner ufficiali della Mostra del Cinema di Venezia; l’identità di Veuve Clicquot è strettamente

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UN COLOSSO DA QUASI CINQUANTA MILIARDI Il Gruppo LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton è un colosso dai numeri impressionanti: il 2018 chiuso con un fatturato di 46 miliardi e 826 milioni di euro con una crescita vertiginosa (nel 2011 il fatturato globale era di 23 miliardi e 659 milioni), frutto anche di una serie di acquisizioni. Il Gruppo, che mantiene comunque una gestione familiare attorno al suo patron Bernard Arnault, comprende ben 75 maison, raggruppate in divisioni. Quella Vini e alcolici, sotto l’egida di Moët Hennessy, produce ben 5 miliardi e 143 milioni di euro di fatturato wordwide (di cui 2,37 prodotti dallo champagne, per un totale di 64,9 milioni di bottiglie vendute, e 2,77 da cognac & spirits, per 93,3 milioni di bottiglie) con un +46% rispetto al 2011 (3 miliardi e 524 milioni di euro). La Vini e alcolici si compone di 27 maison (la più antica, Clos de Lambrays, fondata nel 1365) con marchi celeberrimi quali Moët & Chandon, Veuve Clicquot, Ruinart, Dom Pérignon, Krug e Mercier. Le altre divisioni sono: Moda e pelletteria, con brand quali Christian Dior, Louis Vuitton, Fendi, Kenzo, Loro Piana; Profumi e cosmetici, di cui fanno parte Kenzo Parfums, Acqua di Parma, Parfums Christian Dior, Perfumes Loewe; Orologi e gioielleria, cui fanno capo Bulgari, Zenith e TAG Heuer; Distribuzione selettiva, che raggruppa DFS, Sephora, La Grande Epicerie de Paris, Le Bon Marché Rive Gauche e Starboard Cruise Services; infine, Altre attività, sotto il cui capello rientrano Belmond, Cheval Blanc, Cova, Le Parisien, Les Echos e diversi altri brand.

legata alle donne: tramite l’impegno #veuveclicquotxwomen della maison con il progetto “Atelier des Grandes Dames”, nato nel 2016 per valorizzare e sostenere i talenti femminili dell’alta ristorazione in Italia, uno degli ultimi ambiti professionali dove per le donne è difficile sfondare il cosiddetto soffitto di cristallo; Belvedere, che mantiene il carattere artigianale delle singole tenute nel mondo della mixologia. È importante lasciare che i singoli brand si esprimano nell’individualità del loro Dna, che poi è la forza di Moët Hennessy. L’avvento dei social media ha riscritto le regole del marketing. I social media sono una grande opportunità offerta dal nostro tempo per coinvolgere i nostri consumatori, per entrare in dialogo con loro, diversamente da come si faceva in passato con una conversazione unilaterale, e raccontare le storie delle nostre maison. La condivisione delle esperienze piace molto ai nostri consumatori. Questo ci permette inoltre di comunicare anche con i nostri partner, ristoranti, chef, bar e via dicendo, per creare legami dinamici e allo stesso tempo profondi. Anche il commercio elettronico ha profondamente influenzato il mercato del vino. L’e-commerce sta crescen-


do in tutto il mondo a velocità diverse a seconda dei diversi mercati. Questa è una fantastica opportunità per parlare più direttamente ai consumatori, per essere loro più vicini e attenti a soddisfare i loro desideri relativamente ai nostri prodotti. Quali sono a livello mondiale i mercati più importanti per i vostri champagne? La Francia rimane il primo mercato al mondo per il consumo di champagne. Con Moët Hennessy, oltre a un ottimo apprezzamento dei nostri prodotti in Francia, il nostro mercato di punta è rappresentato dagli Stati Uniti, seguito poi da Giappone e Italia. In particolare siamo molto orgogliosi di essere apprezzati così tanto dai consumatori italiani, che alimentano un mercato molto qualitativo che testimonia la bella storia tra i nostri due paesi. Il successo che abbiamo in questi tre mercati dimostra lo spirito di conquista che ha sempre animato lo sviluppo delle nostre maison all’estero pur mantenendo il nostro attaccamento ai mercati storici. Ma l’Italia, sottolineo, per Vevue Cliquot è stata da subito dopo la fondazione, il primo

esistono da così tanto tempo. È stato sicuramercato di esportazione. mente un must, dunque, celebrare Moët ImNella vostra visione di business i migliori périal, icona della festa dal 1869, con una serie clienti sono più “amici della maison” che di maestosi eventi in tutto il mondo, anche in semplici consumatori, e ai più fedeli offrite Italia dove abbiamo organizzato un bell’evento esperienze esclusive... a Milano. L’inizio di queste celebrazioni è staOgni maison ha un programma specifico di to nella nostra casa a Epernay, in Champagne, ospitalità, dalla scoperta del patrimonio alla dove tutto è iniziato nel 1743 con la fondaziodegustazione e condivisione di valori. Ogni ne di Moët & Chandon e dove tutto inizia ogni consumatore è unico e importante ed è peranno con la vendemmia. Senza vigneti o uva, tanto trattato come tale. Aspiriamo a connetnon ci sarebbe stato il Moët Impérial, così era terci con il suo universo per poi adattare le del tutto naturale celebrare un prodotto delle nostre offerte e creare un momento di convinostre terre nella novialità e di eccellenza. I VIGNETI DEL MARCHIO SONO STATI stra tenuta. Le maison sicuramenTRA I PRIMI A ESSERE CERTIFICATI Perché investire in te apprezzano e si “VITICOLTURA SOSTENIBILE” vini pregiati è oggi impegnano con i miE “AD ALTO VALORE AMBIENTALE” una tendenza semgliori consumatori ma pre più diffusa? la cerchia degli “Amici della maison” è molto Perchè i consumatori sono sempre più inpiù ampia e comprende chef e artisti. Creiamo ternazionali e più aperti alle nuove scoperte. esperienze meravigliose da vivere insieme. Sono curiosi e alla ricerca di nuovi vini in terre Come i festeggiamenti dei 150 anni del nuove, ma anche di prodotti dalla forte storia Moët Impérial al Castello di Saran. e tradizione. Con Moët Hennessy offriamo una Non capita tutti gli anni di spegnere 150 canselezione di vini, champagne e liquori ecceziodeline e ci sono pochissimi vini e prodotti che nali provenienti da tutto il mondo con un savoir-faire affinato nei secoli. Qual è il ruolo della sostenibilità e della responsabilità sociale nella vostra azienda? Sostenibilità e responsabilità sono al centro di ciascuna delle nostre maison fin dalla loro fondazione e con azioni molto concrete: Moët Hennessy è di gran lunga il più grande viticoltore della regione Champagne. Le nostre maison sono state fondate nel 1729 (Ruinart), 1743 (Moët & Chandon), 1772 (Veuve Clicquot) o 1843 (Krug). La cura per l’ambiente e il sostegno delle nostre comunità locali sono parte del nostro Dna. I nostri vigneti sono stati tra i primi a essere certificati “Viticoltura sostenibile in Champagne” e “Alto valore ambientale” livello 3/3 dal 2014. Abbiamo lavorato sodo per ottenere queste certificazioni, raggiungendo 124 requisiti, dall’impianto del vigneto alla sua protezione integrata. Ogni anno i nostri vigneti sono controllati da terzi che rilasciano la certificazione. Lavoriamo anche con i nostri partner per sostenere pratiche responsabili per l’ambiente e per i dipendenti.

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E POI IL PIACERE MOTORI

Cupra Ateca, tutta la cattiveria di un’anima spagnola Grandi prese d’aria, cerchi da 19 pollici, mascherina a nido d’ape e specchietti in fibra di carbonio: l’anima corsaiola di Seat rivive nella Cupra Ateca, il nuovo suv del nuovo brand del marchio spagnolo di Franco Oppedisano

I

n pochi la conoscono, e non solo ma corsaiola: grandi prese d’aria, cerchi da perché è un modello nuovo, ma 19 pollici a effetto diamantato, pinze dei freanche perché il brand ha poco più ni maggiorate e verniciate di nero, maschedi un anno di vita, anche se alla spalle può rina, anch’essa nera, a nido d’ape, finiture, vantare tutta l’esperienza nel settore di Seat. sempre, in nero lucido per le barre sul tetto Sulle strade è una specie marziana che attira e gli specchietti laterali in fibra di carbonio. attenzione e curiosità con il suo logo tribaAll’interno i sedili sono sportivi con parti in le sulla mascherina. alcantara e il poggiaIN MODALITÀ “CUPRA” IL PROPULSORE Però non assomiglia testa integrato segnaDÀ IL MASSIMO RESTANDO SEMPRE per niente al mite E.T. to con il segno tribale, SOPRA I 2.000 GIRI E IL ROMBO che “telefona casa”, DEI QUATTRO SCARICHI DIVENTA MUSICA il volante è regolabile, ma piuttosto ad Alien, il cruscotto è digitale con tutta la sua cattiveria e la sua aggressivie personalizzabile, il cambio Dsg a sette raptà. Perché il marchio Cupra è nato per riporporti può essere utilizzato anche con le palettare in primo piano tutta la tradizione sporte al volante. Ha quattro telecamere (davanti, tiva che fino a qualche anno fa caratterizzava dietro e sugli specchietti retrovisori) per una la casa automobilistica spagnola. E l’Ateca ne visione a 360° nelle manovre e uno scherè la dimostrazione. È un suv a quattro ruote mo touch screen da 10,25 pollici collegabile motrici di medie dimensioni (438 centimeanche al proprio smartphone con Apple Car tri) che mostra anche all’esterno la sua anie Android auto. I proiettori sono full led, ha

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il Sistema di rilevamento pedoni e quello di mantenimento della corsia. Insomma, tutto abbastanza normale per un’auto che costa a listino poco più di 43 mila euro. Come è normale anche l’utilizzo in modalità comfort. Si viaggia senza far correre brividi ai passeggeri: cinque posti comodi e un ampio bagagliaio per un tranquillo viaggio in famiglia o in città. Ma basta spostare la rotella in modalità Sport per sentire la differenza e scoprire i 300 cavalli erogati dal motore 4 cilindri 2.0 turbo a benzina e che in soli 5,2 secondi arriva a 100 chilometri all’ora partendo da fermo. Se poi si sceglie la modalità Cupra, il discorso cambia ancora, in meglio: il propulsore dà il massimo restando sempre al sopra dei 2.000 giri, viene ritardato il passaggio da una marcia all’altra e il rombo dei quattro scarichi diventa una musica che mette quasi paura. Ma, ne siamo certi, piacerà a molti.


in collaborazione con Autoappassionati.it MOTORI E POI IL PIACERE...

NUOVA TOYOTA SUPRA: IL RITORNO DELL’ICONICA SPORTIVA Torna la Toyota GR Supra, la quinta generazione della leggendaria sportiva di Toyota nonché il primo modello GR sviluppato dalla Toyota Gazoo Racing. Un grande ritorno, a 17 anni di distanza dal termine della produzione, per una delle vetture più iconiche di Toyota. Il progetto del Chief Engineer Tetsuya Tada strizza l’occhio alla gloriosa dinastia delle sportive Toyota, attraverso un progetto che prevede e

mantiene intatta l’essenza della Supra, ma che condivide buona parte delle soluzioni tecniche con BMW. Passo più corto, ampie carreggiate, pesi ridotti, baricentro ribassato e scocca ad elevata rigidità, sono gli elementi strutturali che caratterizzano la nuova GR Supra. La vettura propone un motore 3.0L twin scroll turbo in grado di erogare 340 cavalli e un valore di coppia di 500 Nm, che insieme al cambio

NUOVA CORSA-E: LA SEGMENTO B DI OPEL DIVENTA ANCHE ELETTRICA

Arriva la nuova Opel Corsa 2019, la sesta serie della citycar tedesca che il costruttore del Gruppo PSA offre per la prima volta anche una versione elettrica a batteria con un’autonomia di 330 chilometri. Con i suoi 5 posti a sedere, la nuova Corsa-e ha una batteria da 50 kWh, che può essere ricaricata rapidamente fino all’80 per cento della capacità in 30 minuti. La potenza di 136 CV e la coppia massima di 260 Nm le permettono di passare da 0 a 50 km/h in 2,8 secondi e in 8,1 secondi da 0 a 100 km/h. Le dimensioni propongono una lunghezza di 4,06 metri, con la linea del tetto che richiama quella di una coupé, senza che si perda nulla in termini di altezza interna. Tra le funzioni principali spiccano i fari anteriori adattivi IntelliLux LED matrix, al debutto nel segmento delle piccole. L’abitacolo è caratterizzato dal cruscotto digitale e dal nuovo sistema Multimedia Navi con schermo touch che arriva fino a 10 pollici di grandezza.

automatico a 8 rapporti e alla trazione esclusivamente posteriore, permettono di passare da 0 a 100 km/h in 4,3 secondi.

FERRARI 488 PISTA SPIDER: LA APERTA PIÙ PERFORMANTE DEL CAVALLINO Si tratta della 50° Ferrari aperta, la Ferrari 488 Spider è la più performante mai prodotta, con il miglior rapporto peso/potenza di sempre (1,92 kg/CV). Il propulsore è quello della 488 Pista, premiato anche come miglior motore del mondo agli International Engine of the Year Awards. Si tratta del V8 biturbo da 3.902 cc, in grado di erogare 720 CV, per un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 2,85 secondi e una velocità massima di 340 km/h. A livello di guida l’ottima base della 488 Pista è stata affinata grazie al Ferrari Dynamic Enhancer (FDE), che rende la gestione delle dinamiche laterali a elevate prestazioni più prevedibile, controllabile e intuitiva. Le linee sensuali della 488 Pista sono figlie dei designer guidati da Flavio Manzoni, capo del centro stile Ferrari, che hanno elaborato le linee della spider senza trascurare l’aerodinamica. All’interno, oltre all’utilizzo della fibra di carbonio e dell’Alcantara sono state adottate le pedane in alluminio mandorlato, che sostituiscono i tappeti in moquette, e il laccetto apriporta al posto della maniglia lato pilota.

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E POI IL PIACERE MOTORI

Noleggio auto: l’evoluzione del mercato e le sue offerte

agevolazioni fiscali e possibilità di detrazione delle rate, abbassando i costi totali. Alcune aziende, visto il successo di questa tipologia di proposta, hanno iniziato ad aprire filiali fisiche, riscattare l’usato, consegnare la vettura a domicilio e fornire altri servizi “su Il concetto di proprietà è cambiato: oggi si ricorre sempre misura”. Leader di settore nel noleggio a lungo di più al noleggio a lungo termine, una formula in grado termine è Arval Italia che, di recente, a Torino, di soddisfare le esigenze di privati e Pmi. Leader di mercato è Arval ha aperto il suo primo Store interamente dedicato al noleggio, in partnership con la società a cura di Autoappassionati.it Intergea. «Riscontriamo un sempre maggiore li studi e le analisi odierne raccontadelle soluzioni innovative più recenti, invece, interesse da parte dei consumatori privati nei no che il mondo dell’auto sta camè il noleggio a lungo termine (abbreviato comconfronti del noleggio a lungo termine, che biando in maniera repentina e non mercialmente in NLT), che, negli anni, si è rivepermette di avere auto sempre nuove, meno solo in termini di tecnologia e prodotti, ma lato in grado di soddisfare le esigenze non solo inquinanti e più sicure senza la necessità di anche, e forse soprattutto, per quanto riguardelle piccole e medie Imprese, ma anche dei immobilizzare il capitale», dichiara Grégoire da il modo di utilizzare e concepire l’automoprivati, che stanno rispondendo con grande Chové, già Direttore Generale di Arval Italia e bile. Con l’arrivo del car sharing il concetto di interesse. Questa formula prevede un pagaora Managing Director Europe di Arval. L’asproprietà si è evoluto, portando con sé nuove mento mensile fisso e, in alcuni casi, un anticisenza di spese impreviste, l’inclusione all’inopportunità e alternative legate al mondo dei po iniziale, con una personalizzazione, sia del terno del canone di noleggio di tutti i servizi privati, ma anche nuove formule per profesveicolo, sia delle specifiche del noleggio molto necessari per la gestione dell’auto (chilomesionisti e ogni tipologia di azienda. Tante le ampia. Si può, infatti, traggio pari a 100.000 compagnie protagoniste di questa evoluzioscegliere la colorazio- GRÉGOIRE CHOVÉ (MANAGING DIRECTOR km in 3 anni, RCA, coARVAL EUROPE): «LE PERSONE SONO ne, con il gancio trainante delle Case autone, l’allestimento e le pertura furto & incenPASSATE DAL CONCETTO DI POSSESSO mobilistiche, che propongono sempre di più dotazioni dell’auto che dio e danni ulteriori, A QUELLO DI UTILIZZO DELL’AUTO») idee alternative all’acquisto. Dal già citato car si vuole, mentre dal manutenzione ordinasharing si passa al noleggio a breve termine, lato tecnico si può selezionare cosa inserire ria e straordinaria, assistenza e soccorso straformula finanziaria la cui durata varia da un all’interno dell’offerta. Dal numero di chilodale h24, tassa di proprietà), il ritiro dell’usato minimo di indicativamente un giorno fino ad metri, alla durata del contratto, si includono di proprietà sono i principali vantaggi di sceun massimo di sei mesi e che negli anni è diassicurazione, bollo, manutenzione, assistengliere un’auto con la formula del noleggio a ventata una soluzione a cui si fa ricorso in parza e altri servizi, a fronte di un canone che lungo termine con il leader di settore. «Semticolari situazioni. Si tratta solitamente di esilascia fuori dalle spese preventivate esclusipre più» aggiunge Chové «come già accaduto genze particolari, come la necessità di un’auto vamente la spesa relativa al carburante. Alla per altri beni, le persone stanno passando sostitutiva perché la propria è indisponibile o scadenza si può scegliere se rinnovare il condal concetto di possesso a quello di utilizzo dell’utilizzo per eventi speciali, come un matratto, tenendo la vettura, oppure sostituirla o, dell’auto e, secondo le stime dell’associazione trimonio, o, ancora, un viaggio in qualche loancora, non rinnovare. Per i professionisti e le di categoria Aniasa, a fine 2019 saranno oltre calità dove si decide di spostarsi in auto. Una aziende l’ulteriore vantaggio è di usufruire di 50.000 i veicoli noleggiati dai privati».

G

Per consultare le offerte dedicate a imprese e privati: www.arval.it

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E POI IL PIACERE...

SULLA TAVOLA VA IN SCENA IL TERRITORIO La formula di So Gud, il locale per vegetariani (che ormai strizza l’occhio anche agli onnivori) alle porte di Milano, è di proporre alla propria clientela materie prime tipiche della varie zone d’Italia di Marco Scotti

I

n Italia i vegetariani e vegani rappresentano circa l’8% della popolazione. Parliamo di poco meno di cinque milioni di persone che hanno voluto eliminare dalla propria tavola – a seconda del tipo di scelta intrapresa – carne, pesce e, più in generale, prodotti di origine animale. Una vocazione etica che sta prendendo piede progressivamente nel nostro paese, con i vegetariani che continuano a crescere anno dopo anno. Per questo non deve stupire il proliferare di locali che hanno scelto di rivolgersi principalmente, ma a volte anche esclusivamente, a questo tipo di pubblico. Ne è un esempio il So Gud di Cernusco sul Naviglio - paese alle porte di Milano - che è nato inizialmente come locale con una proposta esclusivamente vegetariana e vegana. «La nostra scelta – ci spiega Luca Tropeano, responsabile di sala del ristorante – è stata in un primo momento di rivolgerci esclusivamente a questo tipo di pubblico, che ci sembrava particolarmente interessato a questo tipo di offerta. Dopo un anno, però, abbiamo deciso di estendere la proposta anche agli onnivori. Prima la carne era sostanzialmente “bandita”, oggi invece abbiamo deciso di affiancarla alla proposta tipicamente vegetariana. Per questo il cliente può trovare nel nostro ristorante la cotoletta di pollo o gli spaghetti con i frutti di mare, ma anche piatti a base di seitan (un impasto altamente proteico, ottenuto dal glutine del grano che viene impiegato da vegetariani e vegani come sostituto della carne, ndr)». «L’idea però», sottolinea Tropeano «è sem-

IL TEAM DI SO GUD

pre stata di mantenere elevati standard qualitativi ed è questo il motivo che ci ha spinto a impiegare fin da subito frutta e verdura biologiche del territorio, servendoci esclusivamente da produttori locali della filiera, in modo da garantire freschezza e tracciabilità». Il territorio diventa la cifra stilistica del So Gud, che sceglie di impiegare anche in cantina questo tipo di scelta: per questo motivo NEL GIUGNO 2017 IL LOCALE DI CERNUSCO SUL NAVIGLIO È STATO SOTTOPOSTO A UN COMPLETO RESTYLING E A UN RINNOVO DELLA PROPOSTA

vengono serviti vini provenienti da piccoli produttori, ad esempio dal piacentino o dalle Marche. Il tutto in abbinamento a una cucina con una forte impronta mediterranea. «Abbiamo veramente una proposta ampia – continua Tropeano – anche perché serviamo dalla colazione fino alla cena. Siamo

stati i primi, nella zona, a servire brioches vegane, che acquistiamo da un’azienda che è stata tra le prime in Italia a servirle. Sempre per i vegani abbiamo anche i cappuccini con il latte di soia, mentre per gli onnivori impieghiamo latte biologico certificato. Abbiamo delle referenze vegane a cui si associano anche i prodotti di pasticceria più tipici con base al burro». «Per il pranzo», prosegue il direttore di sala di So Gud, «abbiamo scelto di offrire piatti della tradizione, che cerchiamo di realizzare con un’attenzione particolare nella ricerca dell’alimento adatto, coniugando le esigenze di un pasto veloce con quelle della qualità. Da circa un mese facciamo anche delle crepes alla francese che vengono servite come se fossero una sorta di pizza, da mangiare al piatto. Di sera, poi, serviamo l’aperitivo che prevede cocktail e birre artigianali insieme al cibo che viene portato direttamente al tavolo. Non facciamo happy hour, ma piuttosto salumi, focaccia, carpacci di pesce e tofu spadellato che serviamo nel piatto». Nel giugno del 2017 il ristorante è stato sottoposto a un restyling dei locali con conseguente rinnovamento della proposta, non soltanto gastronomica. Nel giardino interno, ad esempio, sono state organizzate colazioni con professoresse di inglese per esercitare la conversazione in un clima più disteso rispetto a quello che si respira nelle aule tradizionali. Il locale sta avendo talmente tanto successo, grazie alla sua nuova formula, che il problema rimane uno solo: trovare posto.

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

NELLA MILANO DELL’ALTA FINANZA VA DI MODA LA SUITE PERSONALIZZATA Se il gigantismo delle catene alberghiere ha tolto personalità all’hotellerie di lusso, nuove iniziative di alto standing offrono un’experience completamente tailor made. Ecco le migliori all’ombra del Duomo NEI FAVOLOSI ANNI 80

di recente dall’architetto

Stesso concetto di Allegro Italia

indirizzi musthave dove la privacy

LO CHIAMAVANO STATUS

Patrizia Quartero con arredi

che in San Pietro all’Orto, al

è blindata. Il segno particolare

SYMBOL. Poi, negli anni i marchi

contemporanei e sofisticati,

civico 6, offre mini case iper

di questi due brand è il servizio

dell’hotellerie di lusso hanno

espressione dello stile milanese.

accessoriate con saloni per

offerto senza interruzione

perso quella coincidenza con lo

Latitude 45 è la scelta perfetta,

cene di taglio business and chic,

oltre alla personalizzazione

‘statement’ diventando emblema

dal pranzo all’aperitivo – tra i

materassi modulari e super

del servizio. Noi abbiamo

di masse industriali capillari ad

più esclusivi della città - con una

frigorifero con ogni leccornia

provato Allegro Italia al Duomo

ogni latitudine ma forse meno

e Palazzo Matteotti. Ci siamo

esclusive d’un tempo. Solo nella

sentiti speciali perché a parte

Milano di oggi si può ritrovare

il nome inciso nella busta di

quell’atmosfera. Due gli esempi

benvenuto con fiori e cioccolatini

ideali. A palazzo Matteotti

di rito, abbiamo trovato la tv

Dedica Anthology esibisce una

sintonizzata sul nostro canale

suite affacciata sulle guglie

preferito e lo yogurt ai cereali in

del Duomo che fa rabbrividire

frigo. Nessuna magia: quando

d’emozione per la bellezza. È la

si chiama per prenotare le

802, si raggiunge attraversando

info vengono garbatamente

la Terrazza Latitude 45 dove

raccolte al telefono o via mail.

the DA ha avviato da poco una

Allegro Italia ha come testa

partnership con Veuve Clicquot.

pensante Carlo Mangialardi,

Veuve Clicquot propone presso

un imprenditore pugliese molto

Terrazza Latitude 45 la nuova

capace che ha fatto della cura

Rich Collection, uno champagne

dei dettagli la ragione del suo

dedicato alla mixology: Veuve

successo mondiale. The Dedica

Clicquot Rich Collection è stato

Anthology invece è il nuovo brand

creato espressamente per nuove combinazioni con diversi

IN SENSO ORARIO: ALESSANDRO SOLDI, JENNIFER LOPEZ, PIERGIORGIO GIALARDI E SUSAN SARANDON

nell’hôtellerie di lusso, con un portfolio di hotel in Italia e in

ingredienti e per arricchire

vista spettacolare di Milano al

possibile. I veri ricchi o le celeb

Europa .“Dedica” indica l’arte di

l’esperienza di tasting con il

tramonto, con menu sofisticato

amano arrivare a qualsiasi

prendersi cura degli ospiti in

Clicquot twist. Ma che cos’è

firmato dallo Chef Maurizio

ora della notte usare un codice

un hotel; “Anthology” descrive

sinteticamente questo ‘ponte’

Lai. Fermatevi dunque a bere

per aprire la porta senza farsi

la collezione di storie uniche di

sospeso tra la Madonnina

un aperitivo in terrazza ma poi

vedere da nessuno nemmeno dal

ogni hotel e dei suoi ospiti. The

ed il cielo? La Terrazza con il

superate le porte di cristallo fino

portiere d’albergo. Jennifer Lopez

Dedica Anthology crea luoghi di

ristorante Latitude 45 è uno

ad entrare nella suite iconica

e Susan Sarandon fanno così,

ispirazione e rituali in linea con lo

sguardo privilegiato sui tetti di

che somiglia molto più ad un

ma vengono immediatamente

stile di vita contemporaneo degli

Milano, un’esperienza unica, con

appartamento privato che ad una

imitate dalle star di casa nostra

ospiti internazionali, facendosi

il suo rooftop elegante dal design

sia pur lussuosissima camera

che magari a Milano hanno casa

pioniere di una nuova visione di

contemporaneo, ristrutturato

d’albergo.

propria eppure scelgono i due

curated contemporary hôtellerie.

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