Economy Novembre 2019

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IMPRESE È ORA DI FARE I BUONI

90028 ECONOMY | ANNO III | N.28 | MENSILE | NOVEMBRE | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 2 NOVEMBRE 2019 POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

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Novembre 2019 Euro 3,50

Successi e progetti di Danilo Iervolino, l’inventore di Pegaso - L’ALTRA COPERTINA

ENTRATA: 8.30 USCITA: 17.30 NEL FRATTEMPO: OPERE BUONE

Sono l’ultimo trend dell’imprenditoria illuminata: le B-Corp, aziende che oltre all’utile perseguono l’interesse collettivo. Non solo ambientale ma anche sociale. E che secondo il Nobel Shiller a medio termine saranno le più redditizie

«CI SALVERÀ L’ENERGIA DA FUSIONE NUCLEARE»

PARLA FEDERICO TESTA (ENEA): «LA DECRESCITA NON È LA SOLUZIONE» ANDREA ILLY

«Siamo eccellenti, dobbiamo disegnare insieme il futuro »

SHIPPING & AMBIENTE FEDERICO TESTA, PRESIDENTE DELL’ENEA

Grimaldi Group rilancia la sua grande sfida green

MANAGER DEL FUTURO

FRANCHISING

L’Osservatorio di 4.Manager: «Servono nuove competenze»

Novità e protagonisti dal Salone di Milano

Toselli, PwC Italia: «Occorre saper lavorare con i robot»

Le Bahamas ravvivano un mito che vive da sempre

CULTURA D’IMPRESA

VACANZE


SAPERI E INNOVAZIONE L’UNIVERSITÀ VIAGGIA ON-LINE Il boom e nuovi progetti internazionali dell’Università tematica Pegaso fondata e presieduta da Danilo Iervolino e oggi partner del colosso Cvc Con oltre 80 mila iscritti in 15 facoltà ora punta alle Americhe e all’Asia Inquadra il QR CODE e guarda la video intervista

da pag. 79 a pag. 81


EDITORIALE

IN ITALIA OGNI IMPRESA È UNA B-CORP

N

on ci hanno neanche provato, questa è la sintesi. Amara. Una manovricchia. Da quando queste righe sono state scritDI SERGIO LUCIANO te a quando, a fine anno, la legge di bilancio 2020 sarà approvata tante cose cambieranno. Ma la rinunciatarietà dell’impianto resterà. Perché la tara di questa legge in embrione è il “presentismo”. Fare politica solo per l’oggi, millantando riforme inconsistenti che puntano solo, nelle piccole parti attive che possono contenere, a soddisfare i gruppi d’interesse che di volta in volta i partiti pensano di poter capitalizzare nelle urne. Nessun volo: mancano le risorse. Ma neanche un tentativo di correggere le storture a costo zero. Nessun coraggio per incidere i bubboni del sistema. Elettoralmente, non paga. Con la metrica del consenso a breve termine, farsi sangue cattivo non conviene a nessuno. E tutto quel che zavorra l’Italia resta lì. L’inefficienza della pubblica amministrazione. L’inefficienza della spesa pubblica. L’inefficienza della magistratura. L’inefficienza dei controlli fiscali, contante o non contante. Gli almeno 30 miliardi di sprechi negli acquisti della pubblica amministrazione denunciati più volte, dati ufficiali alla mano, dai migliori amministratori locali d’Italia, come il governatore del Veneto Luca Zaia, sono altrettante prebende per

IL CORSIVO

una casta di approfittatori che le gare telematiche obbligatorie della Consip, pur utili in sé, ha lasciato indisturbate. L’obbrobrio dei “costi standard” - sciagurato parametro anti-sprechi – consacra invece ogni spreco, perché non sceglie i prezzi migliori come punto di riferimento ma – in sostanza - le medie tra migliori e peggiori. Pura follia. E ve li ricordate i furbetti del cartellino? Debellati o archiviati? E lo stock di cause giudiziarie che nonostante il lavoro febbrile di alcuni (non tutti) uffici giudiziari non si riesce a smaltire? Ah, e la carta d’identità elettronica? E l’agenda dell’Italia digitale, con la diffusione in periferia dei nuovi sistemi, la razionalizzazione dei centri di calcolo? Diciamolo: è dal governo Renzi compreso, con il siluramento di Carlo Cottarelli dal ruolo di commissario alla spending review, che i tentativi di inserire nei programmi dei governi un’azione severa contro gli sprechi è stata archiviata. Non porta voti, anzi può farne perdere. Il governo Conte 1 ha lasciato del tutto ingestito il tema della riforma della pubblica amministrazione, come se tutto funzionasse magnificamente. Quando ci si accapiglia sui “commi” della legge, per capire quel che c’è nella manovra, si perde di vista quel che non c’è. E che conferma la rinuncia della politica a mettere mano a quanto di fastidioso si potrebbe fare a carico di fannulloni, assenteisti, furbetti degli appalti. C’è un “corto”, una brevissima fiction, che Assolombarda ha proiettato alla sua assemblea qualche settimana fa. S’intitola “L’impresa di servire l’Italia” (https://www.youtube.com/watch?time_ continue=6&v=lVFHcmt3s8Y). C’è dentro forse un po’ di enfasi, ma quegli 8 minuti raccontano

IL SISTEMA BOICOTTA GLI IMPRENDITORI E LA POLITICA GUARDA SOLTANTO ALL’OGGI come in un contesto del genere fare impresa sia una sorta di eroismo. Che molti compiono, per la passione di creare valore per sé, certo, ma anche per i loro collaboratori, per il Paese. La coverstory di questo numero di Economy è stata dedicata alle B-Corp, come si chiamano le imprese che dichiarano come loro impegno fondamentale, accanto alla naturale generazione di utili, anche il massimo vantaggio possibile per la collettività. È un nuovo trend internazionale: le imprese “buone”, insomma, sono quelle che piacciono di più e attirano più clienti. Be’, oggi fare impresa in Italia è reso talmente difficile dal “fattore campo” che ogni impresa è come una B-Corp. Eroica. Se solo la classe cosiddetta dirigente della politica si rendesse conto che complicare la vita in questo modo a chi fa impresa è un delitto, le cose in questo Paese migliorerebbero. Ma non c’è da sperarci più di tanto. La malattia del presentismo non ha ancora trovato una cura.

CANCELLANDO L’AUTOGOL DELL’OBBLIGO DI CAUSALE L’INTERINALE RIPARTE

U

n solo rinnovo magari anche sì, ma l’obbligo di causale sicuramente no. È l’occasione da cogliere per riformare la legislazione sul lavoro con il Conte-2 e la nuova ministra Catalfo che sembra più competente di altri sulle dinamiche reali che regolano l’occupazione. Ed è la linea sostenuta da sempre - fin dal decreto dignità dello scorso anno - dal presidente di Assosom Rosario Rasizza, imprenditore-

manager che ha fondato e portato al successo OpenJobMetis - unica agenzia per il lavoro (Apl) a capitale italiano quotata in Borsa - e guida appunto una delle associazioni tra le Apl. La causale introdotta dal precedente esecutivo ha terrorizzato gli utilizzatori abituali del lavoro interinale perché apre spazi infiniti al contenzioso, che in Italia ha tempi interminabili e assoluta incertezza d’esito, esposto com’è

alla discrezionalità delle corti. Mentre non c’è dubbio che si tratta di una formula contrattuale trasparente e legittima al 100%, tanto che costa un po’ di più dei corrispondenti contratti ordinari proprio perché garatisce le aziende utilizzatrici, ma anche i lavoratori. Che in altissima percentuale entrano poi stabilimente dopo qualche esperienza di interinale negli organici aziendali. (s.l.).

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SOMMARIO

Novembre 2019 011

COVER STORY

LA STRATEGIA (VINCENTE) DEI BUONI PROPOSITI

015

L’ANALISI DI FERRUCCIO DE BORTOLI

016

ENEA

018

ECOMONDO

020

SACE

022

L’INTERVISTA AD ANDREA ILLY

024

LA VISIONE DI EFRAIM CHALAMISH

025

NUOVA FILANTROPIA

026

COMIECO

028

ENERGIE RINNOVABILI

Creare un impatto positivo attraverso il proprio business: l’Italia ha il primato europeo per presenza di B Corp

«Alla fiera dei buoni propositi non ci sono pasti gratis»

Con la fusione nucleare il futuro sarà pulito La nuova piattaforma della Green Economy Piccole aziende crescono grazie all’export credit «Con Altagamma disegniamo un futuro sostenibile»

«La terra promessa economica è nelle mani dei giovani»

011

031 GESTIRE L’IMPRESA

Il cambiamento sociale si misura con le percentuali Differenziare non basta più: ora la sfida è la qualità Così la Germania ha trovato il suo posto al sole in Italia

051 WORKSHOP

047 FINANZIARE L’IMPRESA

Il fallimento si “estingue”

049

NSA ECONOMY RANKING

Salone dei Pagamenti

CRISI D’IMPRESA

La Silicon Valley italiana

071 COMUNICARE L’IMPRESA La parola ai professionisti delle pr

ISTRUZIONI PER L’USO

076

IT’S

La svolta delle imprese familiari

034

VETRYA

036

ATTITUDE

038

FEDERMANAGER

Alla ricerca del manager del futuro

079 STORYLEARNING

040

GRIMALDI

La forza della disruption digitale

082

KLM

044

FAMILY COMPANIES

Il primato nell’ultrabroadband

Se il contante diventa obsoleto

053

EPIPOLI

Il marketing è una “guerrilla»

Rotta sulle emissioni zero

I VALOROSI

Enav, la Borsa fa volare la sicurezza

076 4

L’Italia sbarca negli Emirati

NUOVI STRUMENTI

Verso la cashless society

UNIVERSITÀ PEGASO

Con la sostenibilità si vola



SOMMARIO

Approfondimenti 055

056

055

UOMINI&DENARI di Alfonso Ruffo

056

PWC Robot e AI creeranno il nuovo lavoro

058

CONFPROFESSIONI Prove tecniche di futuro

059

ANDAF La corvèe della «dichiarazione non finanziaria»

062

AIFI Private debt: crescono raccolta e investimenti

064

CI PIACE/NON CI PIACE Affari, i promossi e i bocciati

065

PRIVATE BANKER di Ugo Bertone

066

QUI PARIGI di Giuseppe Corsentino

084

FIAMM

086

MUKAKO

Sul cielo d’Irlanda c’è business italiano

087

ROBOZE

106

NH HOTEL GROUP

088

IL PAESE CHE CRESCE...

111

Il futuro funzionerà a batterie Conquistare il mercato è un gioco La stampa 3D è made in Italy Le news dal mondo produttivo

091 FRANCHISING &

NEW BUSINESS

103

117

E POI IL PIACERE...

BEYOND MEAT

Il veg “en travesti” che simula la carne

119

MI VIEW

100

Il network green vuole salvare il pianeta

128

130

VINCERE SU AMAZON

Milano si gusta dai piani alti

BAHAMAS

Il Paradiso? Si trova ai tropici

MOTORI

Ecco la sfida del giaguaro

WHISKY

Puni, il grande distillato italiano

LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi redazione@economymag.it Hanno collaborato Ugo Bertone, Maddalena Bonaccorso, Annalisa Caccavale, Elisabetta Chinetti, Alessandro Cola, Giuseppe Corsentino, Giovanni Francavilla, Giuliana Gemelli,Anna Gervasoni, Giuseppe Muscio, Giovanni Luchetti, Franco Oppedisano, Vincenzo Petraglia, Claudio Riva, Alfonso Ruffo, Roberta Schira, Carmine Scoglio, Massimiliano Serati, Monica Setta Partnership editoriali Aifi; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Per la pubblicità su questa rivista commerciale@economymag.it Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Pier Carlo Barberis, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Editore incaricato Domenico Marasco Responsabile commerciale Aldo Carlo Rosina Casa editrice Economy s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993

Distribuzione

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Stampa

Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI)

Il percorso per l’e-commerce di successo

6

Attenti a non “scoppiare”

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GROWERS FOR CHANGE

CAMBIO DI PASSO

BURNOUT

099

VITA DA MANAGER

114

120

Opportunità sotto l’ombrello dei brand

Alla scoperta dello stile “bleisure”

Quando l’executive si rifà una vita

SALONE FRANCHISING MILANO

ENTERPRISE IRELAND

DOMANDE & OFFERTE

Il mensile dell’economia che cambia

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COVERSTORY

SARÒ FRANCO

IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO ALLE PRESE

D

degli elementi qualitativi a anni non si fa che atti a mobilitare tutta la parlare di riforme compagine governativa e cambiamenti, per il raggiungimento assolutamente necessari degli obiettivi con una per condurre finalmente molteplicità di provvedimenti il paese nella modernità. coordinati al di fuori e al Di cambiamenti effettivi di sopra dell’approccio però se ne vedono pochi necessariamente o addirittura nessuno, e burocratico di singoli anche le più arzigogolate ministeri. Ricordo che un spiegazioni non ci fanno mio predecessore alla guida capire perché. di un’azienda abbastanza Il nuovo governo, il importante, infastidito dalle cosiddetto Conte 2, è proteste dei clienti per i formato da una coalizione ritardi nelle consegne o tra un movimento del per la mancanza di parti cambiamento e un partito di ricambio, ebbe l’idea progressista, eppure fin dal innovativa di costituire metodo di formazione non un ufficio apposito con la si è rinnovato alcunché, ci responsabilità di occuparsi si è seduti ordinatamente del problema. o meno ai tavoli, manuale IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO Il risultato PROGRESSISTA CONTINUERÀ fu un Cencelli alla A OCCUPARSI DI QUOTA 100 moltiplicarsi mano, e si E DI REDDITO DI CITTADINANZA sono scelti SENZA AVALLARE VERE RIFORME dei problemi perché ci si i ministri dedicò agli aspetti formali come si faceva nella prima e alle procedure per Repubblica. discutere delle lagnanze Direi che, visto il metodo invece di dedicarsi alla usato, poteva andare anche rimozione delle cause peggio. Il governo attuale dei problemi, cosa che comprende infatti alcuni esulava dalle responsabilità ministri competenti dai quali dell’ufficio reclami, che dal possiamo attenderci che moltiplicarsi dei reclami perlomeno evitino i disastri diventava sempre più o le figuracce dei Toninelli. Il inutilmente importante. fatto è che i programmi dei Quando questo ufficio governi italiani continuano venne chiuso, nessuno ad essere concepiti come se ne accorse: qualche liste della spesa o come miglioramento si ottenne i budget delle piccole quando il responsabile imprese, poveri di visione dell’impresa si occupò delle priorità effettive e

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IL MINISTRO LORENZO FIORAMONTI

in prima persona della rimozione delle cause del disagio dei clienti, mobilitando e focalizzando tutte le funzioni dell’azienda su questo obiettivo. Se, guardando i molteplici problemi del nostro paese, dovessi nominare due temi prioritari, lasciando ad altri discutere di quota 100, di reddito di cittadinanza, degli 80 euro e così via, direi che dobbiamo concentrarci sul ritardo nella digitalizzazione e nell’alfabetizzazione informatica come primo tema, e sulla riforma radicale della scuola, vero disastro della nazione e principale ostacolo per la soluzione degli altri problemi. L’approccio tradizionale sarebbe quello di affidare ad un apposito ministero la loro soluzione, soluzione analoga alla costituzione

dell’ufficio reclami, fatta la quale possiamo rilassarci in attesa dei risultati. Questa soluzione è già stata tentata in Italia una prima volta affidando il problema dell’economia digitale a Lucio Stanca, persona validissima e di grande esperienza, e una seconda volta con il vicepresidente di Amazon Diego Piacentini, risultato: molte idee rimaste nei cassetti dei ministeri e pochi fatti. Non dobbiamo stupirci troppo perché gli stessi risultati sono stati ottenuti in Francia, in Germania e altrove, proprio perché si tratta di un errore di metodo. In Estonia si è partiti da zero, senza funzioni specializzate, con tutto il governo impegnato nella realizzazione dello stato digitale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.


di Franco Tatò

CON LA LISTA DELLA SPESA CHE NON CAMBIERÀ NULLA In Italia, il ministero dell’Istruzione è stato trasformato in un ministero per la riforma della scuola con risultati sempre peggiori. Un episodio di vita vissuta ci aiuterà a capire. Quando, anni fa, mi occupavo dell’Enciclopedia Italiana, dopo avere reso disponibili in Rete i contenuti enciclopedici, decidemmo di dedicarci alla scuola, agli allievi e agli insegnanti. Per prima cosa si organizzarono delle ripetizioni on-line per studenti, fatte da insegnanti di prim’ordine a prezzi veramente competitivi. Fu un flop, perché vennero

I PROGRAMMI DEI GOVERNI tra il nord e il boicottate dai ITALIANI CONTINUANO sud, si pensò genitori degli AD ESSERE CONCEPITI di realizzare allievi che COME I BUDGET delle lezioni in preferivano DELLE PICCOLE IMPRESE video secondo i pagare 30 programmi ministeriali per euro all’ora in nero tutte le materie, affidate ad nella speranza che gli insegnanti di alto livello e insegnanti avrebbero avuto consultabili in streaming sia un occhio di riguardo in dagli allievi sede di valutazione e gli che dagli insegnanti in insegnanti che incassavano versioni apposite: lezioni lo sapevano benissimo. di uguale livello da Ancora più interessante Bolzano a Caltanisetta. il caso dell’intervento per Trattandosi un progetto migliorare l’isegnamento. piuttosto costoso e di Ritenendo, credo a ragione, sicuro interesse nazionale, che uno dei principali pensammo di rivolgerci al problemi della scuola ministero perché mettesse italiana sia la disparità del a disposizione gli insegnanti livello di insegnamento

a garanzia di un’esecuzione corretta del programma. Così mi recai ingenuamente dal direttore generale competente con la nostra proposta. L’idea fu respinta con un certo fastidio perché avrebbe violato la libertà individuale dell’insegnante. Cioè in Italia l’insegnante è libero di avere allievi ignoranti. Credo che questo racconto spieghi bene perché anche un governo del cambiamento progressista non cambierà proprio niente delle cose essenziali, ma continuerà ad occuparsi di quota 100 e reddito di cittadinanza.

IL CORSIVO

LA PERSISTENZA DELLE IDENTITÀ ALLA BASE DEL DIALOGO di Giuliana Gemelli

sentita libera di parlare di filantropia

dire l’ossimoro ineluttabile tra la

comparata introducendo anche

tenacia e la fragilità delle umane

uò sembrare

figure dell’ebraismo di fronte ad

sorti.

paradossale

una platea non solo molto nutrita,

In modo non predisposto, né

che in una terra

ma in cui si distinguevano anche

concertato, ci siamo trovati a

martoriata,

componenti “ufficiali”, per non dire

parlare di tutela e di persistenza

sanguinosa e sanguinaria come il

governative, nel susseguirsi di

delle identità come base di dialogo

Medio Oriente, dove ciò che restava

panel composti da attori del mondo

e di coesistenza, travalicando

dell’umanità non è più nemmeno

dell’impresa privata, rappresentanti

un presente che appare sospeso

un residuo, si sia tenuto- presso

delle Nazioni Unite, ambasciatori di

nel nulla, soprattutto se partiamo

l’American University di Dubai- un

diversi paesi e, in modo fantastico

dalla nostra miserevole ottica

convegno ad ampissimo spettro

e creativo, film-makers e artisti

nazionale, ma che , se proiettato nella

sulla Tolleranza: Bridges to Inclusivity.

di levatura straordinaria come

dimensione dalle eco molteplici di

Certo l’American University, con la

Antonio Signorini il quale, nei suoi

un Mediterraneo che non finisce

sua comunità multietnica di docenti

giganteschi “ Warriors” che si possono

di rifrangere la ricchezza del suo

e di studenti, con la sua forte

ammirare vicino alla gigantesca

esistere tra il passato più lontano e

connotazione cross-disciplinare,

fontana del distretto finanziario, non ha

il. futuro, è ricchissimo di capacità di

rappresenta una sorta di enclave

rappresentato le forme della guerra,

visione, di tenacia nel tenere il punto

di libertà di espressione. Mi sono

ma quelle della residenza o, per meglio,

dell’umana coesistenza.

P

9



:

COVERSTORY 16 ENEA CON LA FUSIONE NUCLEARE IL FUTURO SARÀ PULITO

LA STRADA DEL SUCCESSO È LASTRICATA DI BUONI PROPOSITI Creare un impatto sociale e ambientale positivo attraverso il proprio business: l'Italia ha il primato europeo per presenza di B Corp. Che secondo il Nobel Robert Shiller hanno la redditività migliore di Riccardo Venturi

18 ECOMONDO LA PIATTAFORMA DELLA GREEN ECONOMY

20 SACE PICCOLE IMPRESE CRESCONO GRAZIE ALL'EXPORT CREDIT

22 ALTAGAMMA ANDREA ILLY: «DISEGNAMO UN FUTURO SOSTENIBILE»

26 COMIECO DIFFERENZIARE NON BASTA PIÙ ORA LA SFIDA È LA QUALITÀ

28 RINNOVABILI COSÌ LA GERMANIA IN ITALIA HA TROVATO IL SUO POSTO AL SOLE

L

e benefit corporation avranno Uniti per iniziativa di B Lab, la no profit che performance migliori rispetto alle ha sviluppato il benefit impact assessment, aziende tradizionali». Così il preuno strumento per misurare il profilo di somio Nobel per l’Economia Robert Shiller ha stenibilità di un’impresa che si trova online dato il suo imprimatur alle B Corp, le impre(bimpactassessment.net). Partner italiano di se che con il loro business mirano a creare B Lab è Nativa, una delle aziende fondatrici un impatto positivo sociale e ambientale. La del movimento B Corp in Europa. «L’azienda buona notizia è che l’Italia è all’avanguardia, può andare sul sito, registrarsi e misurare la il che questa volta, propria sostenibilità IL BENEFIT IMPACT ASSESSMENT come vedremo, non rispondendo a circa VALUTA IL PROFILO DI SOSTENIBILITÀ è sorprendente: ha il 200 domande decliDELL'IMPRESA. LE AZIENDE POSSONO maggior numero di B nate in base a settore, FARE L'AUTOVALUTAZIONE ONLINE Corp in Europa, oltre dimensione, posizioottanta (sono 300 nel Vecchio continente e ne geografica» dice Paolo Di Cesare, cofon2700 nel mondo); è il primo paese europeo datore di Nativa, «per sviluppare e rendere ad aver varato una legge sulle società benepiù accurato questo strumento sono stati fit, che oggi sono circa 500 – difficile avere spesi oltre 30 milioni di dollari negli scorun numero preciso, che è in rapido aumento, si 13 anni, fondi offerti da soggetti come la perché manca un registro nazionale e si deve Rockfeller foundation». Il questionario indapassare dalle Camere di commercio. ga diversi aspetti dell’attività aziendale, dalla Il movimento delle B Corp è nato negli Stati governance all’impatto sulle persone, l’am-

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COVERSTORY

LA CERTIFICAZIONE B-CORP ATTESTA SE L'AZIENDA PRODUCE PIÙ VALORE DI QUANTO NE UTILIZZA PER FUNZIONARE

ERIC EZECHIELI (A SINISTRA) E PAOLO DI CESARE, FONDATORI DI NATIVA

biente e la comunità, intesa sia come luogo fisico in cui opera l’impresa e sia come comunità di fornitori. Lo scopo è quello di capire se l’azienda ha un impatto positivo o meno; più precisamente, se sta producendo più o meno valore di quanto ne utilizzi per poter funzionare. «Il punteggio va da zero a 200» spiega Di Cesare, «il total break even è a 80; al di sotto di quella soglia l’azienda è in un paradigma estrattivo, ovvero estrae valore e lo concentra nelle mani di pochi; al di sopra è invece in un paradigma rigenerativo». Ma raggiungere 80 punti è tutt’altro che semplice: 110mila imprese nel mondo hanno fatto il test, e solo meno di 3mila sono oggi B Corp. Per diventarlo serve un percorso di certificazione effettuato da un ente terzo, lo Standard Trust, che fa parte del mondo di B lab ma è separato da chi ne diffonde i principi. Ci vogliono tempo, risorse e impegno, insomma. «Non è detto che l’azienda abbia subito gli 80 punti, la stragrande maggioranza delle 110mila che hanno fatto il questionario sta lavorando per migliorare e raggiungere questo risultato» spiega il cofondatore di Nativa, «ma la stessa certificazione va vista come un punto di partenza. Chiesi Farmaceutici è la prima del settore a diventare B Corp e la

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più grande d’Europa con quasi 2 miliardi di fatturato, un traguardo raggiunto dopo due anni tra analisi, assessment, processo e certificazione. Una volta diventata B Corp, i suoi vertici hanno detto: questo è l’inizio di un viaggio, abbiamo trovato tanti elementi positivi per migliorare». Il fatto che l’Italia guidi in Europa la crescita LA CERTIFICAZIONE È SOLO IL PUNTO DI PARTENZA. OTTENERLA NON È SEMPLICE, MA POI PERMETTE DI FAR VOLARE IL FATTURATO

delle B Corp non è casuale. Lo spirito delle società benefit è già ben presente nella tradizione dell’economia civile settecentesca, con Antonio Genovesi, primo titolare di una cattedra di Economia, e Gaetano Filangieri a Napoli, Pietro Verri, Cesare Beccaria e Carlo Cattaneo a Milano. «Una tradizione che prima ancora si può far risalire ai monaci benedettini» dice Massimo Folador, docente di Business Ethics della Liuc Business School, «che hanno molto operato in questa direzione, pur non avendo prodotto un corpus teorico». E poi ci sono le aziende del Novecento, come la Olivetti e la Ferrero. Gli imprenditori italiani sono dunque più ricettivi a questo

approccio anche per una questione di dna culturale. «Ho scoperto che Michele Ferrero fece il primo incontro sulla sostenibilità nel 1961» osserva Folador, «i risultati economico finanziari ottenuti dalla Ferrero si fanno dipendere da prodotti come la Nutella, ma la loro vera origine probabilmente è lì». L’osservazione di Folador riporta al tema delle migliori performance ottenute dalle aziende attente ai temi della sostenibilità: «Cucinelli, che ha avuto per 10 anni nel cda l’abate di Norcia, ne è un esempio evidente» sottolinea il docente di Business Ethics della Liuc Business School, «è importante che le aziende comprendano che la sostenibilità ambientale e sociale fa ottenere quella economica; non rende solo sostenibile il risultato, ma anche incrementale». «Per il private equity, maggiore attenzione alle tematiche Esg (ambientali, sociali e di governance) significa migliore performance» conferma Walter Ricciotti, fondatore e ad del gruppo Quadrivio, «inizialmente l’attenzione era rivolta soprattutto alla g di governance, ma ora è cresciuto anche il ruolo delle altre due lettere». Il movimento delle B Corp ha avuto un’accelerazione dopo la diffusione della “Dichiarazione sullo scopo di una società” da parte


SOSTENIBILITÀ

STEFANO ZAMAGNI

della Business Roundtable, l’associazione che riunisce gli amministratori delegati delle 181 maggiori corporation americane, da Facebook a General Motors, da Apple a Boeing, che impiegano 15 milioni di persone, diffusa lo scorso 19 agosto. «Rispettiamo le persone nelle nostre comunità e proteggiamo l'ambiente, abbracciando le pratiche sostenibili in

tutte le nostre imprese; investiamo nei nostri dipendenti, remunerandoli in modo equo» si legge nella dichiarazione: sembra il manifesto delle B Corp. «I principali datori di lavoro stanno investendo nei loro dipendenti e nelle loro comunità perché sanno che è il solo modo per avere successo nel lungo periodo» ha chiarito il chief executive di JP Morgan Jamie Dimon, che guida la Business Roundtable. Per la prima volta le maggiori società americane si distaccano ufficialmente dalla Shareholder theory di Milton Friedman in auge fin dagli anni Settanta, secondo la quale l’impresa deve pensare solo a massimizzare il profitto e distribuirlo tra gli azionisti; e lo fanno precisando che puntare sulla sostenibilità sociale e ambientale, creando valore per tutti gli stakeholder e non solo per gli azionisti, non è tanto o soltanto una scelta di carattere etico, ma appunto «l’unico modo per avere successo nel lungo periodo». «L’idea che la massimizzazione del profitto migliori la performance è falsa» dice il professor Stefano Zamagni, una vita in trincea in difesa dello sviluppo sostenibile, «lo aveva già dimostrato il Nobel Joseph Stiglitz alla fine degli anni Novanta, ma le mode sono dure a morire. Ora la dichiarazione delle 181 più grandi corpora-

tion dimostra che le cose stanno cambiando. Tutto è bene quel che finisce bene, ma sarebbe stato meglio cominciare prima: l’ambiente è stato rovinato dalle imprese che per massimizzare il profitto hanno deforestato, inquinato i fiumi, prodotto CO2, ormai lo capiscono anche i bambini». Per Zamagni, i criteri della sostenibilità fanno crescere il Pil molto più di quelli della shareholder theory: «Perché da circa 20 anni la crescita è così ridotta? Eppure la logica di massimizzazione del profitto è stata applicata» osserva Zamagni, «chi difende quella filosofia, affermando che porta alla crescita, mente. È successo il contrario, quella logica ha generato la grande crisi del 2008 e distrutto biliardi di valore. Con pochi ricchissimi e tanti poveri non c’è consumo e quindi non aumenta il Pil. A chi vendi le merci, specie quelle a valore aggiunto? Aumentano invece le disuguaglianze e le invidie sociali, un fattore che impedisce il progresso». Dopo la diffusione della “Dichiarazione sullo scopo di una società” da parte della Business Roundtable, le B corp hanno acquistato una pagina sul New York Times indirizzata alle 181 corporation che la compongono, dicendo: cari delegati, se volete passare dalle parole ai fatti sappiate che noi ci lavoriamo da

Le B Corp performano meglio perché intercettano un trend ormai dominante

D

iventare una società benefit è un modo per obbligarsi a seguire un trend ormai dominante: «Il 70% delle persone è interessata alla sostenibilità» evidenzia Simone Molteni, direttore scientifico di Lifegate, «con la società benefit si sta tatuando nel dna dell’azienda quello che è esattamente il percorso obbligato da fare per stare al passo dei tempi. Non mi stupisce quindi che le B Corp performino meglio, chi sa intercettare i trend ne trae sempre vantaggio». Ma l’inserimento dell’obiettivo di carattere sociale o ambientale nello statuto è anche il grimaldello che può fare saltare le resistenze all’interno

dell’azienda: «Come Lifegate lavoriamo da 20 anni con aziende che vogliono fare percorsi di sostenibilità» racconta Molteni, «troppe volte ho visto non arrivare a terra l’entusiasmo e la visione dell’ad o dei manager, bloccata nei mille rigagnoli delle procedure, dei processi, della burocrazia interna che è troppo legata a abitudini dure a morire: la classica resistenza al cambiamento. Il fatto di poter dire: non è mia una mia idea, ma qualcosa che entra nello statuto giuridico, è un messaggio molto forte per chi è all’interno dell’azienda, fa capire che non è un capriccio, una moda che magari tra due mesi ce la cambiano…».

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COVERSTORY

tempo, e possiamo aiutarvi a farlo con rapidità: firmato dagli ad di Patagonia, Danone North America, Ben & Jerry’s e altre B Corp. Lo stesso è avvenuto in Italia: nella pagina su Repubblica e Corriere della Sera firmata dalle B Corp italiane, da Alessi a Fratelli Carli, da Aboca a Chiesi Farmaceutici, si legge: «Noi B Corp abbiamo già fatto questa scelta di sostenibilità: misuriamo il nostro impatto verso i lavoratori, i clienti, i fornitori, la comunità e l’ambiente con lo stesso rigore con cui misuriamo i nostri conti economici. Ora mettiamoci al lavoro insieme per cambiare davvero!». «Dopo la pubblicazione siamo stati contattati dalle 15 più grandi aziende italiane» dice il cofondatore di Nativa, «oltre che da decine di Pmi. In questo momento stiamo affiancando banche, aziende energetiche, del fashion, perché sviluppino il profilo di impatto intenzionale positivo delle B Corp. Siamo quasi sopraffatti dall’impegno». Le B Corp hanno promosso l’introduzione di leggi sulle società benefit, ovvero sulla Benefit Corporation Governance, che dopo essere state varate in numerosi stati degli Usa (ma

non come legge federale) è arrivata anche in Italia, dove è entrata in vigore, primo paese europeo e primo paese sovrano al mondo, a gennaio 2016. «La shareholder primacy, ovvero il primato degli azionisti, è sancita anche dal Codice civile italiano» spiega Di Cesare, «l’azienda nasce per dividere gli utili, e se l’ad volesse agire diversamente, anche in direzione della sostenibilità, gli stessi azionisti potrebbero esautorarlo». Di qui l’idea di dare la possibilità alle aziende di inserire nello statuto, accanto allo scopo di dividere gli utili, “una NEL GENNAIO DEL 2016 L'ITALIA È STATA IL PRIMO PAESE EUROPEO AD AVER INTRODOTTO LA BENEFIT CORPORATION GOVERNANCE

o più finalità di beneficio comune”. Prima che la legge entrasse in vigore, mettere nello statuto scopi diversi da quelli della divisione degli utili era illegale: «Nel 2011 io e il mio socio Eric Ezechieli abbiamo deciso, sull’esempio delle B Corp Usa, di cambiare lo statuto di Nativa, inserendo tra gli scopi la massimizzazione della felicità di chi ci lavora e la diffusione

SOSTENIBILITÀ FA RIMA CON MERITO CREDITIZIO La sostenibilità sociale porta con sé quella economica: una conferma arriva dagli ottimi risultati di Banca Prossima, ora confluita nella direzione Impact di Intesa Sanpaolo. “In quasi 12 anni di attività il monte credito di Banca Prossima si è deteriorato per il 2,6%, un dato eccezionalmente buono soprattutto considerato che – grazie al nostro Fondo di Sviluppo abbiamo finanziato 1.700 soggetti che non avevano merito di credito” spiega Marco Morganti, responsabile direzione Impact di Intesa Sanpaolo, “tutte associazioni,

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fondazioni, cooperative e opere sociali delle chiese. Il risultato è stato eccezionale: il 91% dei soggetti appartenenti alla categoria dei “primi esclusi dal credito” non solo sono rimasti in piedi, ma stanno restituendo con regolarità, e molti di loro hanno scalato anche 4-5 categorie nella valutazione creditizia». Con la direzione Impact

che eredita questa esperienza e la estende a tutta l’economia, Intesa Sanpaolo dà anche un segnale di apertura verso le imprese profit orientate a una logica di impatto sociale, come le B Corp. Con il nuovo Fund for Impact estendiamo la nostra azione dal B2B (il mondo del nonprofit mercato di Banca Prossima) al B2C, rivolgendoci ai cittadini primi esclusi, come gli studenti universitari, ai quali concediamo un prestito senza alcuna garanzia fino a 50.000,00 euro, restituibili a tasso fisso in 30 anni."

MASSIMO FOLADOR

di modelli economici industriali sostenibili» racconta il cofondatore di Nativa, «ma la Camera di Commercio di Milano ha bocciato la nostra richiesta per quattro volte, applicando la legge, secondo la quale non si poteva avere uno scopo statutario diverso dalla divisione degli utili. La quinta volta hanno accettato, per sfinimento». Adriano Olivetti parlava di vocazione dell’impresa al di là del profitto: oggi quella vocazione può essere inserita nell’oggetto sociale dello statuto, che la protegge. «Qualcuno confonde l’attività delle B Corp con il give back americano, ma non è quello» sottolinea Di Cesare, «Mentre faccio business sto avendo un impatto positivo: questa è la grande differenza. Per fare un esempio, Crepes and waffle, catena di ristoranti colombiana diffusa in tutta l’America latina, negli Stati Uniti e in Spagna, ha inserito nello statuto la finalità di assumere madri single» mette in evidenza il cofondatore di Nativa, «e oggi su 9mila dipendenti, 8700 sono madri single». D’altra parte, «La confidenza è l'anima del commercio, (...) senza di essa tutte le parti che compongono il suo edificio crollano da sé medesime». L’ha detto il fondatore americano delle B Corp. Correction: Gaetano Filangieri, nel Settecento.


SOSTENIBILITÀ

Alla fiera dei buoni propositi non ci sono pasti gratis Secondo Ferruccio De Bortoli il rispetto dei fattori Esg è qualificante per le aziende, ma rischia di fare la fine dei codici etici. E la transizione all'economia circolare è virtuosa ma ha un alto costo sociale di Sergio Luciano «NEGLI ULTIMI MESI C’È STATO UN MARCATO

sto pone nuovi interrogativi e problemi. Pensiamo ai fondi pensione: accetteranno remuNI SU QUELLA CHE È LA FINALITÀ DI UN’IMnerazioni inferiori dei propri investimenti pur PRESA» – dice Ferruccio De Bortoli, editodi evitare asset come armi, tabacco, industrie rialista del Corriere della Sera e già direttore inquinanti? dello stesso quotidiano e del Sole 24 Ore - Dal Ma in questo contesto quanto si rischia messaggio del capo di Blackstone Larry Fink che le imprese predicono bene e razzolino al libro di Colin Mayer (Prosperity: Better male? Business Makes the Greater Good). Mayer si In molti casi si ha la sensazione di essere alla chiede: «A cosa serve la legge se non a creafiera dei buoni propositi, ma poi si scopre che re più giustizia? E a cosa la medicina, se non i fatti sono diversi. Invece gli impegni che si a creare più salute. E a cosa serve il business? prendono sul fronte dei valori Esg devono A creare cosa? È diessere irreversibili. E TRA LE PRIME CENTO ECONOMIE ventato veicolo di diquindi occorre stare MONDIALI, ADDIRITTURA 51, suguaglianza, e viene attenti a non prenPIÙ DELLA METÀ, NON SONO STATI percepito esterno alla derne troppi. Se li si SOVRANI, MA GRANDI CORPORATION vita della società e dei adotta e poi non li si territori…». rispetta, si paga un danno reputazionale forte. Spero che i fattori Esg non facciano la fine dei Di qui la tensione verso una finalità sociale codici etici… delle imprese? In tutto questo sembra funzionare meglio Be’, se si pensa che tra le prime 100 econol’economia circolare. Cioè sostenibilità, ma mie mondiali, 51 non sono Stati, ma grandi anche business. corporation si spalanca un dibattito enorme Sì, ma dobbiamo dire chiaramente che anche sul tema. Pensiamo ancora alla dichiaraziol’economia circolare presuppone una transine della Business Roundtable, o dei big della zione, che ha un suo costo. Se adottassimo per moda al vertice di Biarritz…I fattori Esg nella esempio una legge contro il consumo di suolo, gestione aziendale (enviromental, social and rilanceremmo le ristrutturazioni, ma non l’egovernance, ndr) sono diventati qualificanti dilizia delle nuove costruzioni. E sarebbe giuper l’immagine e la reputazione delle aziende. sto risparmiare il suolo in Lombardia quanto Ed anche nei comportamenti pratici. Ma quein Basilicata? Forse no. Sarebbe una scelta soCAMBIO DI PROSPETTIVA NELLE DISCUSSIO-

FERRUCCIO DE BORTOLI

stenibile dal punto di vista degli investimenti? Penso che farebbe una certa fatica ad affermarsi. Da un lato si aiuta la trasformazione dell’economia in chiave sostenibile e si aiutano i soggetti capaci di farla propria, dall’altra si frena un certo tipo di sviluppi economici. Pensiamo ai sussidi ambientalmente dannosi, valgono 19 miliardi all’anno. Toglierli può colpire le fasce più deboli, penso ai carburanti per la nautica da pesca. Ripensiamo a come è partita la rivolta dei gilet gialli: da un provvedimento condiviso da tutte le associazioni di categoria che pevedeva più tasse per i carburanti fossili…Non commettiamo l’errore di pensare che la transizione sia un costo sostenible per tutti. Sul piano ambientgale come su quello sociale. Se si costringesse un allevamento artigianale sardo ad applicare il salario minimo ai suoi tre o quattro lavoranti, probabilmente salterebbe. Però ci sono settori industriali che hanno fatto propria con successo la circolarità… Indubbiamente, abbiamo in Italia dei veri primati sul legno, sulla plastica, sul vetro. Ma non sottovalutiamo i costi da pagare, non è così semplice realizzare economia circolare: non abbiamo ancora un adeguato mercato del riuso, e a volte gli operatori sono costretti ad esportare o svendere. Insomma: la sostenibilità non è un pasto gratis, va abbracciata ma consapevoli che è un passo dal quale non si torna indietro, costi quel che costi.

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Con la fusione nucleare il futuro sarà "pulito" L'avvio della sperimentazione all'Enea partirà entro sette anni. Nel frattempo saranno geotermia, solare e desalinizzazione a darci energia green. Grazie anche alla cedibilità degli incentivi fiscali di Sergio Luciano FEDERICO TESTA

«AL MOVIMENTO AMBIENTALISTA E A GRE-

tutti: Usa, Russia, Cina. Entro sette anni arriveremo all’inizio delle sperimentazioni. Creando RICHIAMATO L’ATTENZIONE SULL’EMERGENnel frattempo 1.500 nuovi posti di lavoro, di ZA CLIMATICA E AVERLA FATTA DIVENTARE cui 500 scienziati, e 2 miliardi di euro in termiPATRIMONIO COMUNE. Ma non credo che la ni di ricadute sociali ed economiche. risolveremo con la decrescita felice… I Paesi Dunque la strada maestra è quella. Enerche sono stati finora sottosviluppati oggi regia davvero pulita. Ma tra parecchi anni. E clamano la loro crescita, non gliela si può certo nel frattempo? Finiremo sommersi dagli inibire… Dunque la soluzione è complessa e oceani, come ci fanno temere le denunce di composita. Ma c’è. E una parte di essa risiede Greta? nell’economia circolare»: Federico Testa, preNon solo di Greta. Il tema è reale. Un recensidente dell’Enea, l'Agenzia nazionale per le te studio dell’Associazione dei porti italiani, nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo ecobasandosi su uno studio Enea, ipotizza che il nomico sostenibile, è tra gli analisti-manager livello del mare intorno alla nostra penisola più quotati nel mondo, in materia. Guida una potrebbe alzarsi in media di 1 metro, e fino a realtà di eccellenza nel 2,60 in caso di vento campo della ricerca, LA SENSIBILIZZAZIONE È UN'OTTIMA BASE o burrasca. Vorrebbe DI PARTENZA, MA OCCORRONO RISPOSTE riconvertitasi con sucdire un enorme rischio TECNOLOGICHE NUOVE DA AFFIANCARE cesso dalla missione A COMPORTAMENTI ALTRETTANTO NUOVI di inondazioni per originaria (Comitato centinaia di chilometri nazionale per l'energia nucleare), ed oggi dedi coste, e la necessità di rifare i porti. Di fronte stinataria di un maxifinanziamento della Bei a simili prospettive, nell’attesa di affinarne la per la realizzazione, a Frascati, di un impianto valutazione, e al di là della indispensabile send’avanguardia per la sperimentazione della fusibilizzazione al problema, il contributo che sione nucleare, a detta di tutti l’unica vera tecdobbiamo dare è quello di proporre soluzioni nologia che nel futuro potrà assicurare all’urealistiche e praticabili. manità energia illimitata senza inquinamento Perché la soluzione non è navigare anziché né scorie e senza l’instabilità e l’inadeguatezza volare, per andare dall’Europa all’America, – almeno per ora - delle rinnovabili. neanche a patto di andarci a vela… Ripeto: la sensibilizzazione è sempre un’ottiPartiamo da questo, presidente: che signima base di partenza. Dopo di che servono tefica fusione nucleare? cologie, tecnologie, tecnologie, ovvero risposte In estrema sintesi, significa replicare in labotecnologiche nuove da affiancare a comportaratorio il funzionamento del sole. Niente scomenti collettivi altrettanto nuovi per rendere rie radioattive, niente emissioni, niente rischi praticabile un approccio diverso al problema di esplosione. Al nostro progetto partecipano dell’inquinamento. Ma non credo proprio che TA VA RICONOSCIUTO IL MERITO DI AVER

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verremo fuori da quest’emergenza con la decrescita felice… Le attuali scadenze europee sono un obiettivo che dobbiamo cercare in ogni modo di perseguire. E riusciremo anche a rispettarle se faremo tutto quanto necessario e possibile, non solo sulla testimonianza ma anche e soprattutto sui contenuti scientifici e sul modello di sviluppo. Parliamo allora di questi contenuti. L’economia circolare, ad esempio? È una logica affascinante. I prodotti diventano più durevoli e riciclabili, a minor consumo di risorse, e il mercato delle materie prime-seconde viene incentivato, senza buttar via niente e sfruttando fino in fondo quel che abbiamo preso dalla natura sotto forma di materie prime. E come potenziarla? Innanzitutto occorrono forti investimenti in innovazione di prodotto e di processo e in impianti; inoltre servono interventi incisivi nella legislazione. Ad esempio occorre una legislazione''end of waste'' efficace altrimenti non si va da nessuna parte. Oggi, con questa legge, è un disastro. Ad esempio, i fanghi della depurazione ricchi di fosforo (che è una materia prima critica per la quale il nostro Paese è totalmente dipendente da importazioni da Paesi extraeuropei) ed altri nutrienti non possiamo più impiegarli in agricoltura. Dunque in tutta Italia ci sono parecchi fenomeni di accumulo di fanghi impropri, ad esempio in capannoni ex industriali. Parla da uomo del Nord? Assolutamente no, e infatti aggiungo che quei rifiuti che nel Nord Italia vanno a finire in un


SOSTENIBILITÀ

NON C'È UN'ISOLA FELICE DELLO SMALTIMENTO: LA RISPOSTA È INSISTERE CON L'INNOVAZIONE capannone, in altre zone finiscono in una buca nel terreno, in altre ancora in mare. Non c’èun’isola felice dello smaltimento. Quindi la risposta consiste nell’insistere con la ricerca scientifica per sviluppare tecnologie innovative che consentano di gestire con efficienza ed efficacia queste problematiche. Poi, è chiaro che fare davvero economia circolare vuol dire chiedersi se è possibile riprogettare e realizzare beni e servizi in modo diverso, affinchè ciò che la mia impresa getterebbe via alla fine del processo produttivo possa invece essere utilizzato da un'altra impresa, magari nello stabilimento a fianco o anche a 100 chilometri di distanza.. Quindi cambiare i processi? Certo, c’è un problema di riprogettazione. Innanzitutto occorre chiedersi se un prodotto è riutilizzabile/riparabile o no, e poi cosa cambiare nel processo produttivo per riutilizzarlo. Questo procedimento va intrecciato ad un’analisi territoriale molto precisa: occorre sapere precisamente cosa entra e cosa esce in ogni fabbrica, a livello territoriale e romuovere scambi fra imprese dissimili mediante la simbiosi industriale. In un percorso di simbiosi la sostenibilità economica può esistere ache per materiali di poco valore economico, valorizzati localmente a chilometro zero, poichè si risparmia sui costi di smaltimento. Come riuscirci? C’è bisogno di mettere insieme modelli decentrati analitici, altrimenti non si fa nulla, altrimenti tutto si riduce a slogan e non si fa

quel che serve. Dobbiamo far capire invece che quella del riuso è una strada obbligata. E va detto che ad oggi le uniche esperienze concrete oggi in atto le stanno facendo le vituperate ex municipalizzate che operano nel mondo dei rifiuti… Basterà il loro approccio a estendersi fino ad eliminare il problema dei rifiuti? Dobbiamo diminuire al massimo la quantità dei rifiuti prodotti, poi quel che resta o va in discarica o va valorizzato per la produzione energetica. La termovalorizzazione – come nel caso delle biomasse – può essere un problema se utilizzata su scala piccola e senza controlli, ma per esempio la biomassa, utilizzata a livello domestico, certificata e bruciata con le caldaie giuste, conduce ad una diminuzione importantissima dello smaltimento in discarica, a maggior ragione se utilizzata in impianti dotati di una certa dimensione dove l’investimento consente di avere i risultati opportuni. Torniamo all’energia. Come arrivare a ridurre davvero le emissioni globali? Producendo elettricità in modalità rinnovabile. Finché invece, come oggi, il 25% proviene da fonte rinnovabile e il 75% è da fonti fossili, l’idea di passare al vettore elettrico significa solo spostare il luogo in cui generiamo l’inquinamento. E poi il vettore elettrico significa intervenire pesantemente sulla distribuzione elettrica nel Paese. Ci sono località nelle quali abbiamo già reti in grado di supportare un grosso aumento dei carichi, ma ci sono anche molte realtà urbane, penso a Roma, in cui aumentare i carichi comporterebbe la necessità di forti investimenti sulla distribuzione. A casa lo scaldabagno oggi è elettrico, ma la cucina e il riscaldamento sono a gas, se voglio tutto elettrico devo quadruplicare le infrastrutture per l'energia, cioè forse dobbiamo rifare le reti, dalle centraline al singolo appartamento, e verificare che sia possibile. Oggi, noi tutti stiamo peraltro già pagando sia i costi per l’investimento fatto per la rete del gas sia i nuovi investimenti per le rinnovabili. Ci vorrebbe, o ci sarebbe voluto, un piano di sincronizzazione di questi impegni: quindi introdurre investimenti sull'elettrico man mano che calano

quelli sul gas. Be’, però i pannelli solari… Sì, ma non mitizziamoli. I costi collettivi, che oggi sono spalmati sulle bollette di tutti, non possono essere concentrati solo su quelle di alcuni. Stiamo parlando di 12 miliardi di euro all’anno. E poi, essendo le rinnovabili delle energie discontinue, per utilizzarle diffusamente dobbiamo individuare modalità di produzione a supporto delle rinnovabili che garantiscano la sicurezza del sistema elettrico. Ecco: tutte le innovazioni energetiche devono essere valutate in prospettiva e nelle loro ricadute concrete. Perchè altrimenti l'impatto negativo di determinate scelte fatt senza adeguati approfondimenti può portare alla sfiducia e all'inazione, con il rischio di getta via con l'acqua sporca anche il bambino. Qualcosa si è fatto però. Gli ecobonus… Sono stati uno strumento positivo anche se troppo spesso sono finiti in serramenti nuovi e caldaie a condensazione, prevalentemnte nelle villette. Tenendo conto che il 77% degli italiani vive in condomini, e che serramenti e caldaie a condensazione producono risparmi energetici modesti, abbiamo cercato di estenderne l’uso ai condomini. Non ha funzionato. Già: perché? Perché nei condomini abitano tanti soggetti fiscalmente incapienti, o anziani, categorie alle quali la detrazione fiscale non serve. Allora abbiano introdotto la cedibilità degli incentivi. Con cui il soggetto incapiente cede il suo incentivo al fornitore, ottenendo uno sconto subito. E così sta funzionando. È solo un esempio delle cose pratiche che aiutino risolvere i problemi. Ma il futuro sarà pulito? Sì, perciò dobbiamo arrivarci sani. Noi qui all’Enea stiamo facendo il massimo. Della fusione nucleare le ho detto. Stiamo anche studiando come integrare le rinnovabili con la geotermia, in partnership con l’Istituto di geofisica e vulcanologia. Che renderebbe, anzi renderà, autosufficienti molte delle nostre isole. E stiamo lavorando sul solare a concentrazione, il metodo Rubbia. Ad esempio a a Borg-elArab in Africa abbiamo fatto un progetto di cooperazione internazionale per desalinizzare l’acqua del mare e dare energia a tutto il Paese.

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LA PIATTAFORMA DELLA GREEN ECONOMY Gli operatori professionali interessati a cogliere le simbiosi industriali intersettoriali della green e circular economy si danno appuntamento dal 5 all'8 novembre a Rimini per la 23ma edizione di Ecomondo di Davide Passoni

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li antichi greci, probabilmente, non lo sapevano, ma quello che era per loro un paradigma di virtù e perfezione non solo morale, sarebbe diventato nel Terzo Millennio una nuova e potentissima leva di business. Καλὸς καὶ ἀγαθός, kalòs kai agathòs, letteralmente “bello e buono”: così allora si definiva una persona bella non solo per il suo aspetto fisico, ma anche per la piacevolezza connessa al suo comportamento morale. Qualcosa di simile a ciò che oggi, nel mondo dell’impresa, distingue le cosiddette, B Corp, aziende la cui attività economica crea un impatto positivo su persone e ambiente, mentre genera profitto. Un obiettivo raggiunto lavorando in maniera responsabile, sostenibile e trasparente, perseguendo uno scopo più alto del mero guadagno. Aziende belle perché sane, buone perché hanno capito che la sostenibilità e l’economia circolare non sono più solo medaglie da appuntarsi sul petto, ma discriminanti sempre più forti che incidono su successo e fatturato. Un appuntamento fondamentale per le imprese che si riconoscono in questo approccio al business è Ecomondo 2019, che da martedì 5 a venerdì 8 novembre al quartiere fieristico di Rimini fa incontrare gli operatori professionali interessati a cogliere le simbiosi industriali intersettoriali della green e circular economy. Ecomondo, curato da Italian Exhibition Group, è leader europeo per l’economia circolare e incubatore di innovazione per le imprese verso il nuovo modello di business; negli anni (questa è la 23esima edizione) ha assunto il ruolo di piattaforma dalla quale emergono indirizzi utili a legiferare, gestire e progettare i territori, e soprattutto al fare impresa in funzione della green economy.

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ballaggio - pari a 10,7 milioni di tonnellate - è Quattro settori, un solo obiettivo stato recuperato, con una percentuale di riciL’edizione 2019 di Ecomondo si sviluppa clo che sfiora il 70%. Per la Bioeconomia cirsu quattro macroaree. Un focus particolacolare sono invece in primo piano le norme Ue re è dedicato alla tecnologia innovativa per che mirano a limitare ed eliminare i prodotti la gestione integrata e la valorizzazione dei di plastica monouso. Un problema sempre più materiali, a favore dell’efficienza dei processi sentito e messo in evidenza a livello globale da di lavorazione. Una tematica estremamente governi, informazione e social media, che è anstrategica e attuale per le aziende, soprattutto che un importante stimolo all’innovazione per alla luce dell’approvazione da parte dell’Ue del le imprese delle bioplastiche, in grado di rafforPacchetto sull’Economia Circolare, con il suczare la competitività cessivo recepimento LA BIOECONOMIA CIRCOLARE METTE nel mercato mondiale a livello nazionale; un IN PRIMO PIANO LE NORME UE CHE dei prodotti sostenibipassaggio che offre MIRANO A LIMITARE ED ELIMINARE li, già in piena espanalle imprese del recuI PRODOTTI DI PLASTICA MONOUSO sione. Ecomondo in pero e del riciclo l’ocquesti anni ha visto protagoniste prima le case casione di affrontare la sfida dell’evoluzione e histories, poi i progetti e i risultati raggiunti da della trasformazione dal riciclo di rifiuti tipici imprese italiane all’avanguardia nel mondo. La di un’economia lineare a un sistema compiuleadership delle nostre aziende nelle bioplastito di economia circolare. Il “modello Italia”, su che biodegradabili e compostabili ha garantito questo fronte, è all’avanguardia. Come evidenla possibilità di ripensare un prodotto critico ziano i dati del Conai (il Consorzio Nazionale per l’ambiente, senza demonizzarlo. Altro Imballaggi), nel 2018 l’80,6% dei rifiuti di im-


SOSTENIBILITÀ

macrosettore espositivo è quello delle bonifiche dei siti contaminati e la conseguente loro riqualificazione, che vede partecipare i principali attori del settore: aziende che operano nelle attività di decommissioning, per il riutilizzo dei cosiddetti brownfield (i terreni dismessi e precedentemente sviluppati che non sono attualmente in uso, contaminati o meno), delle aree industriali dismesse, dei quartieri degradati e abbandonati il cui risanamento e riutilizzo rappresenta oggi una grande sfida, non solo a livello urbanistico. In quest’ambito debutta a Ecomondo 2019 il nuovo settore sul rischio idrogeologico, dedicato a sistemi e soluzioni di prevenzione e ai principali rischi climatici, quali le inondazioni e l’erosione delle coste, anch’essi drammaticamente attuali. Infine, raddoppia la superficie espositiva dell’area dedicata al ciclo integrato delle acque, la Global Water Expo, in collaborazione con Utilitalia: sono protagoniste le imprese della filiera del percorso idrico, dalla captazione alla restituzione all’ambiente.

Verso un ecosistema globale La necessità per le imprese dell’economia circolare di proseguire la propria spinta all’innovazione, nella direzione di un business etico e sostenibile, è chiara nella visione che ha di Ecomondo Patrizia Cecchi, Direttore Fiere Italia di Italian Exhibition Group: «Ecomondo è una grande piattaforma business, un hub in cui presentare il meglio dell’innovazione che ci guidi verso un’economia sempre più sosteni-

ecosistema globale, che passa dal ridisegno di tutti i processi di produzione. Una sfida appassionante».

PATRIZIA CECCHI

bile. Ecco perché in contemporanea si tengono Key Energy per il mondo delle energie rinnovabili e, quest’anno, anche il biennale Sal.Ve, Salone del Veicolo Ecologico. Ospitiamo inoltre l’annuale appuntamento degli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio nazionale della green economy, in collaboraENEA HA SIGLATO CON ITALIAN EXHIBITION GROUP UN ACCORDO DI COLLABORAZIONE TRIENNALE PER L'ECONOMIA CIRCOLARE

zione con il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico per un’analisi e un aggiornamento sui temi economici e normativi più attuali e cruciali. Direi, in generale, che la fiera è già proiettata su orizzonti nuovi e fortemente internazionali. La circular economy è al centro della manifestazione da anni, ora la sfida nuova riguarda la creazione di un

L’unione fa… l’accordo Per affrontare la sfida tanto cara a Patrizia Cecchi, Ecomondo ha da quest’anno una freccia in più al proprio arco. Lo scorso settembre, i presidenti dell’Enea, Federico Testa e di Italian Exhibition Group (Ieg), Lorenzo Cagnoni, hanno sottoscritto un accordo triennale di collaborazione per l’economia circolare, le fonti rinnovabili, la mobilità sostenibile e le smart cities e in eventuali altri settori d’interesse. L’accordo rinnova e amplia la precedente intesa nell’ambito di Ecomondo - Key Energy, la piattaforma di riferimento internazionale per imprese e operatori dei settori ambiente, energia ed efficienza energetica. In particolare, Enea fornirà supporto a Ieg nella definizione di contenuti tecnici innovativi, nel trasferimento dell’innovazione, nella promozione delle tematiche della sostenibilità, ma anche nella formazione e aggiornamento professionale per industrie, Pmi e operatori e in attività di informazione e comunicazione. Un accordo i cui effetti si vedono già nell’evento riminese; Enea mette infatti a disposizione i propri Knowledge Exchange Officer (Keo), ossia ricercatori specializzati nel trasferimento di soluzioni innovative alle imprese, e illustra i servizi previsti dal Knowledge Exchange Program sviluppato in collaborazione con Cna, Confapi, Confartigianato, Confindustria e Unioncamere.

ECOMONDO 2019 IN CIFRE 23 il numero dell’edizione 2019 1300 gli espositori presenti 30 i Paesi di provenienza degli espositori 150 i Paesi di provenienza dei visitatori 150 i seminari in programma 1000 i relatori coinvolti

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Piccole imprese crescono grazie all'export credit Alessandro Decio, amministratore delegato del gruppo Sace-Simest (che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti), spiega a Economy l'ecosistema digitale innovativo che aiuta le aziende a internazionalizzare il business di Giordano Fatali

«VIVIAMO UNA FASE DI GRANDE INCERTEZZA A LIVELLO GLOBALE IN CUI FATTORI COME LA BREXIT, LA GUERRA DEI DAZI, IL RALLENTAMENTO DI ALCUNE GRANDI ECONOMIE E LE CRITICITÀ DI DIVERSI MERCATI EMERGENTI CONDIZIONANO LE ATTIVITÀ E FRENANO L’INTERSCAMBIO GLOBALE.

è la forza del nostro export: è il principale motore di crescita dell’economia nazionale e anche quest’anno ci aspettiamo possa mettere a segno un +3,4% rispetto all’anno precedente. Già nel primo semestre ha fatto segnare un + 2,7%, risultato di tutto rispetto, considerato il trend anemico dell’interscambio globale».

Noi siamo però un operatore tipicamente “anti-ciclico” e questo vuol dire che il nostro ruolo diventa più significativo proprio Come può Sace Simest far emergere sui quando lo scenario si complica: offriamo mercati internazionali il valore delle noalle imprese che esportano e si internaziostre Pmi? nalizzano strumenti per proteggersi dai riÈ la nostra grande sfida, che crediamo di schi, migliorare la propria competitività e vincere. Abbiamo già dimostrato di essere reperire le risorse necessarie per crescere leader in grandi operazioni e già oggi lavoin sicurezza»: Alessandro Decio, amminiriamo con 21mila aziende italiane, prevastratore delegato del lentemente medie e L'EXPORT È IL PRINCIPALE MOTORE gruppo Sace-Simest, piccole, rispetto alle DELLA CRESCITA DELL'ECONOMIA che fa capo a Cassa poche decine dei noNAZIONALE: PER IL 2019 CI SI ASPETTA depositi e presti- UN +3,4% RISPETTO ALLO SCORSO ANNO stri omologhi franti e affianca decine cesi e centinaia dei di migliaia di imprese italiane attive all’enostri omologhi tedeschi. Ma vogliamo fare stero, aderente all’iniziativa CEO for LIFE, molto di più. Per far accedere sempre più racconta a Economy in questa intervista le imprese alla nostra offerta abbiamo investrategie dell’azienda che guida nel contesto stito per mettere online i prodotti più adatti di grande tensione che si vive sui mercati: alle esigenze delle imprese più piccole e li «In questo contesto, la grande nota positiva abbiamo resi disponibili all’interno del portale www.sacesimest.it, un vero e proprio GIORDANO FATALI, ecosistema digitale molto innovativo nel FONDATORE mondo dell’export credit. I risultati stanno E PRESIDENTE DI HRC GROUP arrivando perché abbiamo aumentato del E FOUNDER DI CEO FOR LIFE 40% il numero di imprese servite nel primo semestre. Siamo già un partner di riferimento per le medie imprese, puntiamo a diventarlo sempre più anche per le piccole. Oltre

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ALESSANDRO DECIO

a questo, interveniamo anche con iniziative per aumentare la visibilità delle Pmi italiane sui mercati esteri e migliorare il loro posizionamento rispetto ai competitor, favorendone l’ingresso nelle catene di produzione, assemblaggio e distribuzione globali. In che modo? Per esempio, mettiamo a disposizione di importanti controparti estere linee di credito con l’obiettivo di favorire l’assegnazione di contratti a imprese italiane. Questo tipo di operazioni, che chiamiamo “Push Strategy”, sono un vero e proprio strumento di diplomazia economica. Le aziende estere che beneficiano delle nostre garanzie si impegnano infatti a partecipare a eventi di business matching con imprese italiane potenziali fornitrici, per sviluppare nuove opportunità in Paesi emergenti e settori ad alto potenziale per il made in Italy. E quali sono i nuovi progetti di Sace Simest? Sono due le priorità su cui stiamo investendo: digitalizzazione e iniziative di accompagnamento per intercettare e portare sempre più Pmi sui mercati esteri. Il lancio del primo portale sacesimest.it, su cui abbiamo


SOSTENIBILITÀ

corsi formativi online, pensati in funzione del loro grado di proiezione internazionale.

PER APPRODARE AI MERCATI ESTERI LA MAGGIOR PARTE DELLE IMPRESE HA BISOGNO DI UN SUPPORTO

Sace Simest è da sempre molto attenta alla Csr ed alla sostenibilità. Lei ha aderito all'iniziativa CEO For LIFE. Quanto è importante per te promuovere progetti a favore della vita? La sfida della sostenibilità passa attraverso singole azioni nel quotidiano ma soprattutto da strategie lungimiranti di istituzioni, aziende e stakeholder rilevanti. CEO for Life sostiene gli obiettivi di sviluppo fissati dall’Onu al 2030: Lo fa puntando sulla partecipazione e il coinvolgimento diretto di decision maker che possono concretamente fare la differenza e sono per questo orgoglioso di farne parte.

investito negli ultimi tre anni, va in questa Che ne pensa della dichiarazione ufficiale direzione ed è inserito in una vera e propria della Business Roundtable americana sul agenda digitale con cui abbiamo ripensato a fatto che l'utile non può più essere l'uni360 gradi tutta la nostra offerta. Ma la magca finalità delle imprese ma va accompagior parte delle imprese ha ancora bisogno gnato dalla finalità sociale?" di un supporto personalizzato e per questo Condividiamo a pieno e da molto tempo abbiamo introdotto nella nostra rete comquesto concetto. La nostra missione è masmerciale diffusa sul territorio, la figura degli simizzare il supporto all’economia ma voExport Coach: professionisti di settore con gliamo perseguirlo in maniera sostenibile. ottime doti digitali per affiancare “door to Il che significa che puntiamo sia su profittadoor” gli imprendibilità sia su una sana LE PRIORITÀ SU CUI SACE SIMEST tori. gestione dei rischi STA INVESTENDO SONO IL NUOVO per garantire risultati PORTALE INTERNET SACESIMEST.IT Voi avete deciso positivi duraturi nel E LA FIGURA DELL'EXPORT COACH di puntare molto tempo, generando sulla formazione delle aziende in tema valore e non un peso sul bilancio dello Stadi export. In cosa consiste il nuovo proto. Siamo molto attenti anche alle tematiche gramma "Education To Export?" socio-ambientali e siamo stati tra le prime L’esperienza ci insegna che per “arrivare” società di export credit a dotarsi di un team alle imprese non basta ideare soluzioni, di ingegneri ambientali che verificano la soserve anche farle conoscere e soprattutto stenibilità ambientale di tutti i progetti che aiutare le imprese a utilizzarle consapevolsosteniamo. Altro risvolto molto importante mente. "Education to Export" è un nuovissidel nostro impegno, è l’attenzione al persomo programma di formazione ad alto contenale con iniziative di engagement, retention nuto digitale che nasce proprio per questo. e non solo. D’altronde, senza l’impegno, la Attraverso e2e.sacesimest.it, le aziende professionalità e la passione che mettono possono accedere gratuitamente ad articoli, ogni giorno nel loro lavoro, tutti gli obiettivi tutorial, testimonianze d’imprese e analisi che ci prefiggiamo come Polo, non sarebbesettoriali, contando anche su quattro perro raggiungibili.

NUOVE GEOGRAFIE Sace Simest, il Polo dell’export e dell’internazionalizzazione del Gruppo Cassa depositi e prestiti, sostiene le imprese italiane nel loro processo di crescita sui mercati esteri, guidandole nella scelta dei Paesi di destinazione e nella gestione dei rischi connessi alla loro operatività in geografie nuove e spesso poco conosciute. Lo fa mettendo a disposizione un’ampia gamma di prodotti e servizi utili a soddisfare tutte le esigenze legate alla crescita sui mercati esteri: accesso a finanziamenti per l’internazionalizzazione, assicurazione delle vendite dal rischio di mancato pagamento, protezione degli investimenti esteri dai rischi politici, valutazione delle controparti, apporti di capitale per rafforzare la propria posizione, garanzie fideiussorie per partecipare a gare e commesse, smobilizzo dei crediti vantati verso controparti estere e recupero dei crediti. Con 29 miliardi di euro di risorse mobilitate nell’ultimo anno a sostegno dell’export e dell’internazionalizzazione italiana, Sace Simest è il principale assuntore di rischi a livello nazionale dopo Intesa Sanpaolo, offrendo un contributo al Pil pari all’1% circa. Per la sua capacità di coniugare con successo il perseguimento di obiettivi pubblici di sostegno all’economia con una gestione attenta all’efficienza e alla sostenibilità, Sace Simest rappresenta un unicum sul mercato, ed è studiato come benchmark nel panorama internazionale delle società di credito all’esportazione.

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COVERSTORY

ANDREA ILLY: «DISEGNIAMO UN FUTURO SOSTENIBILE» Dalle quinte del Next Design Perspectives, che ha radunato a Milano designer, imprenditori, ricercatori e opinion leader di tutto il mondo, il fondatore e presidente di Fondazione Altagamma racconta come sarà il dopodomani di Marina Marinetti «IL MIGLIOR MODO PER PREDIRE IL FUTURO È CREARLO», DICEVA ABRAMO LINCOLN.COSÌ, L'ORIZZONTE TEMPORALE NON DEV'ESSERE IL DOMANI, MA IL DOPODOMANI. ANDREA ILLY, GUARDA AVANTI. MOLTO AVANTI. E non lo fa da solo, ma con i 23 partner (tra cui Accenture, Borsa Italiana, Rinascente, Sda Bocconi, Pirelli, Yoox) e i 110 soci della Fondazione Altagamma, che ha fondato nel 1992 e tutt’oggi presiede, che riunisce le eccellenze italiane di moda, design, ospitalità, alimentare, nautica, gioielleria (tra cui Gucci, Artemide, Villa d’Este, Baglietto, Lamborghini, Bvlgari, ultimi annunciati Campari e Prada). «Ci interessa capire cosa dovremo fare per il dopodomani, per intercettare i cambiamenti dirompenti della nostra società». Così Next Design Perspectives, l’evento che il 29 ottobre ha riunito al Gucci Hub di Milano designer, imprenditori, ricercatori e opinion leader di tutto il mondo, ha messo a confronto i “costruttori di futuro” su mobilità, consumo del fashion, nuovi luoghi e modalità di lavoro, ma anche di ospitalità e nutrizione. Perché guida autonoma, sostenibilità climatica, nuovi modelli di business, Internet of things, food delivery, sharing mentality stanno cambiando la nostra società.

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ANDREA ILLY

Perché Milano? Perché è un luogo di scambio per tutto il Paese, il posto dove tutto arriva e da dove tutto parte. Se vogliamo, è da Milano che parte l’industria creativa. Ed è il luogo per eccellenza di affaccio sull’estero, con le fiere, le settimane della moda, il salone del mobile, tutto l’incredibile calendario di eventi diffusi che permea la città

per tutto l’anno. Solo questo? No: quello che ci interessava di più, che ha dato luogo a Next, è il come funziona la creatività. E come funziona? Grazie a una sorta di humus, al contesto sociale e culturale delle persone che lavorano, si incontrano, alle università, alle boutique, agli stranieri che vengono in visita. Questo interscambio di culture, di saperi e di talenti è quello che poi dà luogo alla creatività e si traduce poi in prodotto vincente in tutti i mercati internazionali. Per questo abbiamo livelli di esportazione superiori al 50%. Ma il rischio del sorpasso è dietro l’angolo: basti guardare alla Cina. Dal 2012 a oggi il mercato è cambiato: alcuni paesi che prima potevano venire visti come le fabbriche, con una funzione meramente manifatturiera, oggi sono veri e propri competitor. Se parliamo, ad esempio, della Cina, non foss’altro che dimensionalmente, non possiamo più parlare di sola manifattura: sviluppa tecnologia, registra brevetti. Alla fine la logica è sempre quella della produttività: se applicata al manufatturiero darà vantaggi competitivi sul fronte della produzione, ma se se applicata alla ricerca e sviluppo significa avere più ore/


SOSTENIBILITÀ

uomo dedicate e più capacità progettuale che cresce. Insomma, è meglio rimboccarsi le maniche, prima che sia troppo tardi. Non si deve mai pensare che il vantaggio competitivo sia eterno. E quindi con Altagamma abbiamo deciso di andare a rafforzare quello di cui parlavamo prima: questo humus culturale e territoriale. Per il 25mo anniversario della Fondazione avevamo già realizzato un libro importante, di ascolto - Altagamma strategie per l’Italia d’eccellenza, ndr - raccogliendo 70 contributi esterni, per capire come ci vede il mondo. E come ci vedono? Come l’eccellenza, sia dal punto di vista dei prodotti che dei servizi. Il premio Nobel per l’economia Michael Spence, che tra l’altro vive a Milano, ha scritto del modello industriale italiano, unico al mondo. In che senso? Quello degli ecosistemi è un elemento di unicità che peraltro incontra un momento molto favorevole, perché il vantaggio competitivo si sta spostando sempre più dalle nazioni alle città. Milano in questo è una sorta di isola felice: assomiglia più a una città tedesca, anche dal punto di vista dei suoi indicatori. L’avamposto del futuro. Dobbiamo andare a nutrire le radici culturali che ci rendono unici nel mondo e dinamizzare gli ecosistemi, creando occasioni di incontro tra domanda e offerta. È nato così Next Design Perspective, un’idea con orizzonte temporale lungo: non ci interessa presentare il già fatto o vedere il domani. Ci interessa il dopodomani,

con un orizzonte territoriale traversale, che ricomprenda tutti i settori. Si parla di design. Non solo: ancorché la parola “design” possa condurre in errore, “design” va considerato come verbo. In inglese design significa intenzione, proposito, piano, intento, scopo. Per noi significa processare la funzione e la forma dell’oggetto trasversalmente a qualunque settore: moda, automotive, design, alimentare, gioielleria, bellezza, vantaggio. L’Italia, oltre a essere co-leader con i cugini francesi nel personal luxury good è il Paese con il più alto numero di settori merceologici al mondo. Ci

manca solo l’electronic consumer good. Com’è il futuro, visto dal presente? Oggi siamo in un mondo che è sistematicamente insostenibile sotto diversi profili. Quello economico, perché si cresce solo con grosse iniezioni di liquidità e di debito; quello ambientale, per via del cambiamento climatico devastante, che tra poco diventerà irreversibile e autoalimentato; quello sociale, a causa della crescita demografica esponenziale dal secolo scorso. Dobbiamo trovare nuovi equilibri. Ci riusciremo? Siamo consapevoli di questa insostenibilità

sistemica e stiamo, tutto sommato abbastanza rapidamente, compiendo una transizione verso una nuova era, in cui i paradigmi saranno le risorse rinnovabili, l’ economia circolare e la cessazione del danno ambientale. È fattibile: la scienza e le tecnologie sono già disponibili. Si tratta solo di implementarle.

E poi? Vedo una società molto inclusiva, anche grazie a fenomeni macroscopici come l’urbanizzazione. In Cina abbiamo cento nuove città all’anno con più di un milione di abitanti ciascuna. La crescita urbana non fa altro che continuare, perché non si può fare diversamente: è l’unico modo per organizzare le risorse e i servizi. Siamo in una società sempre più simile a quella delle formiche. D’altronde il formicaio è la formazione sociale più efficace ed efficiente. Messa così non è molto allettante. È il boom economico. Ci sarà la transizione da un mondo che non va più bene a questa nuova età del benessere, con conseguenze anche da un punto vista culturale dal tutto simile al Rinascimento, che ci ha portato fuori dal Medioevo. Ecco, il Rinascimento è molto meglio. Queste fasi di transizione, quando si vivono dall’interno non si percepiscono facilmente: c’è molta fluidità e volatilità. Ecco perché sedersi a un tavolo e guardare il sistema nel futuro, per aiutare a orientare gli imprenditori in modo strategico e finalizzando bisogni e desideri da soddisfare per creativi. E lo dobbiamo fare in un’ottica completamente internazionale: se ci parlassimo addosso non servirebbe a niente.

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COVERSTORY VERSO ASSISI 2020

La Terra Promessa economica è nelle mani dei più giovani Efraim Chalamish, professore di International Economic Law alla New York University, nonché business advisor e commentatore media, spiega a Economy la visione ebraica del modello economico ideale di Giovanni Luchetti ASSISI E L’ECONOMIA: SEMBRA UNA COM-

lavorare per riforme strutturali a lungo termine al fine di creare un cambiamento significaFRANCESCO FECE LA SCELTA DELLA POVERtivo nel "sistema" e combattere la povertà e TÀ ESTREMA E LA LOCATION SI PRESENTA la disuguaglianza su una scala più ampia, ma COME ANTI-ECONOMICA PER ECCELLENZA. allo stesso tempo dobbiamo anche agire imDa un punto di vista ebraico, cosa ne pensa mediatamente e localmente per vedere una di questa decisione? vera trasformazione. Ma la dolorosa realtà La tradizione ebraica e i suoi testi si riferiscoè che potremmo non vedere il cambiamenno ai poveri come a "tuo fratello". Vivere "con to che vorremmo vedere nella nostra vita. i poveri" è una naturale estensione di questo Una delle maggiori sfide nel mondo di oggi è concetto: un modello economico desiderabile. quella di affrontare l'indifferenza, quando proCondividi il tuo pane con gli affamati e conduviamo a mobilitare e coinvolgere le prossime ci a casa tua gli infelici privi di riparo! (Isaia generazioni a partecipare ai movimenti e ai 58:7). Spesso ricerchiamo motivi per giusticambiamenti sociali. La sensazione comune è ficare la povertà o per allontanarci da questa che i problemi siano così grandi e impossibili realtà; le nostre scelte da risolvere, che non LA TEOLOGIA EBRAICA E I MODERNI quotidiane sono un ric’è motivo di investire PROFESSIONISTI CHIEDONO flesso di questo attegtempo e risorse. DobUN APPROCCIO IBRIDO A RIFORME giamento mentre penbiamo offrire agli altri STRUTTURALI A LUNGO TERMINE siamo a dove viviamo e alla prossima genee al modo in cui trascorriamo i nostri giorni. razione l'opportunità di realizzare piccoli pasFare in modo che la povertà non sia nascosta, si, pur continuando a parlare di "visione" e dei anche quando la combattiamo ferocemente, è cambiamenti strutturali a lungo termine. un importante obbligo religioso ed economico. Qual è l'alternativa? Se l'economia non Un altro importante concetto rilevante nella cambia verso quale futuro stiamo andando? vita ebraica è la "dignità umana" poiché siamo È facile dimenticare quanto abbiamo ottenuto stati tutti creati ad immagine di D-o. Un assalto aiutando l'umanità e combattendo la povertà al povero, che è immagine di D-o, non è accetnelle ultime generazioni. Thought leaders e fitabile. Cristianesimo ed ebraismo condividono losofi passano così tanto tempo a riflettere su approcci universali alla povertà. come cambiare l'economia, ma non prestano In qualità di fondatore e presidente del abbastanza attenzione alle storie di successo, Global Center for Economic Development alle dozzine di paesi che hanno lasciato il monand Security, crede che ci sia spazio per do in via di sviluppo, al continuo processo di cambiamenti? urbanizzazione e alla creazione di una "classe Sia la teologia ebraica che i moderni professiomedia" a livello globale e altro ancora. Sono nisti chiedono un approccio ibrido: dobbiamo un ottimista. Credo nel potere umano e nelle BINAZIONE PARADOSSALE DATO CHE SAN

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EFRAIM CHALAMISH

grandi idee umane. Pertanto, quando discuto, scrivo o consiglio su questioni e riforme legali o economiche, non smetto mai di pensare al nostro progresso. Soprattutto nel contesto di un forum come quello di Assisi 2020, credo sarà necessario discutere le sfide attuali tenendo presente il contesto e le performance. Possiamo imparare dal nostro passato come implementare con successo alcuni cambiamenti. Se l'economia si rivolge ai giovani, significa che vede un potenziale in loro. Qual è la loro forza? Quando le persone pensano ai giovani, di solito ne parlano in termini di energia e fonte illimitata di nuove idee. Parlano della capacità di credere nel cambiamento e di agire in quest’ottica. Ma la realtà è che la maggior parte delle persone che possono permettersi di mettere in atto molti di questi cambiamenti sono i baby boomer. La generazione più anziana che ha riconosciuto le sfide molto tempo fa, ma non ha sempre avuto idee originali o una naturale e genuina connessione con la generazione successiva. Quindi, penso davvero che la forza dei giovani sia la loro capacità di mostrare alle generazioni più anziane come massimizzare le risorse e fare di più con le cose meravigliose che tutti abbiamo raggiunto. I giovani di diverse religioni e aree geografiche sono più capaci di interagire e connettersi su temi di interesse comune rispetto alle generazioni precedenti.


SOSTENIBILITÀ

La nuova filantropia si misura a suon di percentuali Per produrre un vero cambiamento sociale e avere un futuro sostenibile è necessario che il mondo delle aziende e quello del no profit si intreccino sempre di più. La visione della Fondazione Lang Italia di Davide Passoni

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via a una New Philanthropy: per produrre uando nel 2011 parlavamo di fiun vero cambiamento sociale e avere un lantropia strategica e di misurarne futuro sostenibile, è necessario che il monl’impatto, ricordo che il respondo delle aziende e quello del non profit si sabile di un’organizzazione mi guardò neuniscano, si intreccino sempre di più, così gli occhi dicendomi che il bene non si può da affrontare i problemi della società in mamisurare. Ora la consapevolezza è del tutto niera trasversale, quindi più efficace». Un diversa». Lo dice con soddisfazione Tiziano percorso da intraprendere con coscienza Tazzi, presidente della Fondazione Lang Itaper un concetto, quello della filantropia, più lia. Nata nel 2011, la fondazione agisce per diffuso nelle culture anglosassoni che nella portare metodo nel terzo settore, per fare in nostra. «Penso che la filantropia in Italia modo che chi vi opera direttamente, come prosegue Tazzi - sia figlia di un approccio ente non-profit, o indirettamente, come dicotomico al sociadonatore, possa miNEI PROGRAMMI AZIENDALI le, che contrappone gliorare la propria efDI MIGLIORAMENTO DELL'EFFICIENZA profit e non-profit. ficienza ed efficacia, INTERNA L'OBIETTIVO MINIMO In realtà, il profit ha ridurre gli sprechi, È DI RIDURRE GLI SPRECHI DEL 10% sempre avuto in sé utilizzare al meglio un’attenzione al sociale, all’ambiente… La le risorse disponibili per il settore. «Ci muostoria italiana è ricca di esempi, da Adriano viamo con attività di consulenza e formazioOlivetti in giù. Era però un’attenzione che ne per aziende, enti non-profit, fondazioni molte aziende manifestavano solo quando i di erogazione. Partecipano spesso anche risultati di bilancio lo permettevano, perché operatori della finanza, perché hanno scoil mercato non dava valore alla loro visione perto che la filantropia è radicata in molti sociale. Oggi le cose sono cambiate: i giovani dei loro clienti, non di rado con patrimoni preferiscono comprare da imprese impeelevati: hanno capito che star loro vicini nei gnate socialmente e le risorse di maggior momenti in cui devono decidere su questi talento sono attratte dalle società più equitemi, rafforza molto il rapporto con i clienti librate dal punto di vista etico, non dalle più stessi e migliora l’immagine dell’istituto di ricche. Infine, da quando BlackRock ha cocredito per cui essi lavorano». Lang Italia ha municato che non avrebbe più investito in anche promosso a fine ottobre, a Milano, il società che non avessero un’attenzione ai Philanthropy Day, «per presentare e dare il

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TIZIANO TAZZI

cosiddetti “sustainable development goals” indicati dall’Onu, le società quotate e non quotate hanno innalzato la loro attenzione verso i temi sociali». Una tendenza che, secondo Tazzi, è una strada di non ritorno: «Oggi un’azienda che vuole svilupparsi nel tempo in modo stabile deve integrare profit e non-profit. È sempre più frequente trovare in realtà non-profit persone che si pongono i problemi tipici del profit: efficienza, risultati, riduzione degli sprechi. Se vogliamo, è un giusto ricongiungimento tra i due mondi. E dico di più: non potrà più esistere un’organizzazione profit che non pensa al sociale e una sociale che non pensa al profit». E i numeri danno ragione a Tazzi. «Il giro d’affari del terzo settore in Italia è di circa 70 miliardi. Quando in un’azienda si inizia un programma di miglioramento dell’efficienza interna, l’obiettivo minimo è un 10% di riduzione degli sprechi; capisce che, traslando il metodo al non-profit, su 70 miliardi parliamo di 7 miliardi resi disponibili ogni anno senza chiedere nulla in più a nessuno. Bene quindi passare da una filantropia che divide a una che si integra, che unisce, perché sono cambiati il mercato, la consapevolezza dei consumatori e quella dei beneficiari delle non-profit, a vantaggio della stabilità della prospettiva filantropica».

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COVERSTORY

Differenziare carta e cartone: ora la sfida è sulla qualità I volumi di raccolta differenziata sono in crescita in tutta Italia, ma restano da sconfiggere alcuni “vizi” per sostenere un’economia circolare realmente efficace per imprese, Comuni e cittadini di Paola Belli

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tabolizzato una verità incontrovertibile: fare ue nuovi impianti già inaugurati a una corretta raccolta differenziata conviene Mantova e ad Avezzano. Una terza a tutti. Conviene al territorio e all’ambiente, cartiera pronta ad aprire i battenvisto che si riduce drasticamente la presenza ti in Piemonte. Poco meno di 100 milioni di di discariche e si limita il ricorso a materie euro erogati nel 2018 a 5.506 comuni italiani. prime vergini; fa bene all’economia, visto che E soprattutto una vera e propria foresta urbaquella circolare sta facendo passi da gigante na (il macero) trasformata in materia prima contribuendo anche a creare nuovi posti di laseconda destinata alla produzione di nuova voro; fa bene ai Comuni che dalla vendita dei carta e cartone. A voler azzardare una memateriali raccolti ricavano risorse fondamentafora, si potrebbe dire che se la salvezza del tali per far quadrare i loro bilanci e sviluppare pianeta dipendesse esclusivamente dalla nopolitiche ambientali. stra capacità di differenziare e riciclare carta Certo, lungo lo stie cartone, si potrebbe FARE UNA CORRETTA RACCOLTA vale le differenze già cominciare a comDIFFERENZIATA CONVIENE PERCHÉ territoriali ci sono e prare lo spumante RIDUCE DRASTICAMENTE LA PRESENZA sono ancora piuttoper festeggiare. PurDI DISCARICHE SUL TERRITORIO sto marcate, ma gli troppo non è così, ma ultimi dati messi a disposizione da Comieco, i numeri del settore sono talmente positivi da il Consorzio nazionale per il riciclo di carta e non lasciare spazio a interpretazioni. cartone, raccontano di un trend positivo che Rispetto a 20 anni fa, la quantità di carta che i sta interessando anche le regioni del sud, stocittadini italiani avviano a riciclo è aumentata ricamente più indietro per quanto riguarda la del 239%: in una parola, è più che triplicata. propensione al riciclo. Non è un caso, infatti Da 1 milione di tonnellate, a oltre 3,4 milioni. che lo scorso anno sia stata proprio la Sicilia Il che significa che dal 1998 ad oggi, ben 52 la regione a far registrare l’incremento più similioni di tonnellate di carta e cartone sono gnificativo nella raccolta di carta e cartone: un state sottratte alle discariche e avviate a una + 31,5%, che fa impallidire il +3,9% registrato delle 55 cartiere attualmente presenti in Itaa livello nazionale. Ovviamente però la strada lia. da fare per gli isolani resta ancora lunga, visto Una buona pratica entrata ormai nelle abituche ciascun abitante della Trinacria raccodini consolidate della stragrande maggioranglie in media 29 chilogrammi di carta l’anno, za degli italiani, che, da nord a sud, hanno me-

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SOSTENIBILITÀ

mentre nello stesso periodo di tempo un emiliano avvia a riciclo 90 chilogrammi di carta e cartone. Al di là dei freddi numeri, tuttavia, quello che appare chiaro è che la fase uno dell’operazione riciclo può considerarsi conclusa con successo: in termini quantitativi, gli italiani fanno un’ottima raccolta differenziata di carta e cartone. A questo punto, si apre la fase due. Per i prossimi anni, la parola d’ordine sarà: qualità della raccolta differenziata. I primi ad esserne consapevoli sono gli imprenditori del settore che infatti, dopo aver visto moltiplicarsi i volumi di macero in ingresso nei loro impianti negli ultimi anni, ora chiedono di fare due ulteriori passi avanti. Il

primo è piuttosto semplice e per certi versi scontato: dare la caccia agli sprechi. Secondo i calcoli di Comieco, all’interno dei contenitori dell’indifferenziata si nasconderebbe un vero e proprio “tesoretto”: 600mila tonnellate di carta e cartone che potrebbero essere avviate a riciclo e che invece, per pigrizia o scarsa informazione, vanno in fumo. Il secondo passo riguarda appunto la qualità del materiale raccolto nelle città. Ci sono infatti alcuni “vizi” duri a morire che influenzano il buon esito del ciclo del riciclo di carta e cartone. Se ormai a nessuno verrebbe in mente di gettare il giornale nell’indifferenziato, sono ancora molte le persone che gettano nel contenitore della carta gli scontrini, i fazzoletti sporchi o la carta oleata, o il sacchetto non cellulosico con cui si porta la carta e il cartone al cassonetto. L’incidenza di questi vizi è praticamente trascurabile se si tiene conto del settore commerciale, dove solo lo 0,7% di materiale raccolto diventa scarto. Ma la percentuale sale a oltre il 3,3% se si perdono in considerazione le famiglie. La presenza di queste impurità all’interno del materiale raccolto, ha due tipi di effetti negativi. Uno economico e uno ambientale. Maggiore è l’incidenza degli scarti, infatti, maggiori sono i costi di gestione per le imprese e, di conseguenza, minore è il corrispettivo economico che viene pagato alle pubbliche amministrazioni e alle aziende ex municipalizzate che si occupano di raccolta differenziata. Nel 2018 il Consorzio ha corrisposto, direttamente o tramite soggetti delegati, a 5.506 comuni in convenzione 97 milioni di euro, destinati ad aumentare esponenzialmente nell’anno in corso, visto il rientro in convenzione di importanti realtà di grandi dimensioni. Risorse fondamentali per gli enti locali, perennemente alle prese con equilibri di bilancio tutt’altro che stabili, che dunque hanno tutto l’interesse a svolgere un lavoro di sensibilizzazione dei loro cittadini, per garantirsi un prodotto di qualità sempre migliore e dunque più redditizio. L’altro effetto negativo, come detto, è ambientale. Queste piccole imperfezioni nella raccolta finiscono

per compromettere la qualità del materiale da riciclare e lo rendono meno adatto a vivere fino in fondo le sue 7 vite (tante sono le volte in cui la carta può essere efficacemente riciclata). Un intoppo all’interno del meccanismo dell’economia circolare di carta e cartone, oggi particolarmente attiva e vivace visto che sono sempre più numerose le aziende che investono sul packaging sostenibile, come mezzo per migliorare la loro reputazione green. E non potrebbe essere diversamente, vista l’esplosione anche in Italia del fenomeno dell’e-commerce che nel 2018 ha determinato un via vai di pacchi e pacchetti in viaggio da nord a sud e viceversa: stando alle cifre diffuse dall’Osservatorio eCommerce B2C della School of management del politecnico di Milano, stiamo parlando di 260 milioni di SECONDO COMIECO NEI CONTENITORI DELL'INDIFFERENZIATA FINISCONO 600MILA TONNELLATE DI CARTA CHE POTREBBERO ESSERE RICICLATE

spedizioni registrate in un anno, per un valore complessivo delle merci di 15,2 miliardi di euro. Una rivoluzione nei consumi degli italiani di cui si trova traccia visibile in tutte le città nei giorni del ritiro della carta porta a porta. Gli imballaggi di cartone rappresentano ormai il 35% dei rifiuti in cellulosa prodotti dalle famiglie italiane e sono di ottima qualità, facili da avviare a riciclo e dunque trasformabili in nuovi imballaggi e oggetti da reintrodurre sul mercato. Ecco perché, proprio in seguito al boom degli acquisti on line, nell’ultimo anno e mezzo sono state inaugurate due nuove cartiere una ad Avezzano, in Abruzzo, e una a Mantova, mentre entro l’anno dovrebbe avviare la produzione un nuovo impianto a Verzuolo, in Piemonte. Obiettivo: lavorare oltre 1,2 milioni di tonnellate di cartone proveniente anche dai pacchi acquistati su internet. Vincere la sfida della qualità della raccolta nei prossimi anni è nell’interesse di tutti. Dell’ambiente, degli imprenditori del settore, dei sindaci, dei dirigenti delle aziende pubbliche. Ma soprattutto dei cittadini.

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L'AZIENDA CHE HA TROVATO IL SUO... POSTO AL SOLE La filiale italiana dell'azienda tedesca Sma Solar Technology AG, che offre soluzioni per il mercato del fotovoltaico, si è affermata a livello italiano, anche grazie alla ricetta vincente di tecnologia e servizi di Marco Scotti

SUPERATI I 30 MILIONI DI FATTURATO SOLO IN ITALIA, GRAZIE AL LAVORO DI 35 DIPENDENTI, LA FILIALE DI SMA TECHNOLOGY SOLAR AG NEL NOSTRO PAESE PUÒ GUARDARE AL FUTURO CON RINNOVATO E MOTIVATO OTTIMISMO.

molto più serena rispetto a prima. Gli incentivi erano stati pensati inizialmente per supportare il settore e per portare la tecnologia a dei prezzi competitivi. Ora che questi prezzi sono stati raggiunti il settore può camminare con le proprie gambe».

È passato il tempo delle crescite (e dei crolli) improvvisi dovuti a un mercato, quello Natalizia, provia«GLI INCENTIVI HANNO CREATO QUALCHE STORTURA DI TROPPO, delle energie rinnomo a fare chiarezvabili, supportato da CON DEGLI "STOP AND GO" PERICOLOSI za. Orientarsi nella E DIFFICOLTÀ A TROVARE TECNICI» incentivi che hanno giungla degli incentiaiutato a migliorare il settore, creando però vi è compito arduo: ci vuole aiutare? allo stesso tempo anche una sorta di bolla che In passato abbiamo avuto il cosiddetto conto è inevitabilmente scoppiata. SMA Italia è la energia, a partire dal 2005, di cui sono state filiale italiana dell’omonima azienda tedesca emanate cinque versioni successive a seguito che, dal 1981, propone lo sviluppo e la realizdella progressiva riduzione dei costi di avviazazione di soluzioni per il fotovoltaico, sia per mento. L'intento era portare la tecnologia a le abitazioni private, sia per le grandi aziende, prezzi più accessibili, ma questo meccanismo con inverter che vanno da 1 kW fino a 4,6 MW. ha portato anche qualche stortura, creando ad «Oggi – ci spiega l'amministratore delegato di esempio degli stop and go pericolosi, con blocSMA Italia, Valerio Natalizia – ci troviamo in un chi di alcuni mesi delle installazioni di impianti mercato che consente una programmazione fotovoltaici e poi improvvise ripartenze.

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E poi? La fine degli incentivi ha favorito una maggiore stabilità, ma in un mercato dalle dimensioni decisamente più contenute. La tecnologia oggi ha un costo tale da poter essere affrontata da molte più famiglie senza bisogno di meccanismi di incentivazione particolari. Però qualche incentivo è rimasto... Sì, in forma di tax credit, per impianti fino a 20 kW, si tratta del 50% in 10 anni. Inoltre, nel Decreto Crescita è stata inserita la possibilità di cessione del credito di imposta a beneficio di un terzo. In questo modo, l’utente che ha sostenuto l'esborso rientrerà in poco tempo della metà della spesa, e il beneficiario potrà utilizzare gli sgravi fiscali per dieci anni. Infine, il Decreto FER1 ha introdotto per gli impianti sopra i 20kW degli incentivi per favorire il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano Energia Clima 2030. Ma lei è favorevole ai meccanismi incentivanti o preferisce altre formule? Gli incentivi, a mio avviso, portano beneficio soprattutto nella fase iniziale, mentre in un secondo momento è molto meglio puntare sulle semplificazioni. Oggi il fotovoltaico è una tecnologia matura, affidabile, a prezzi più competitivi. Semmai, serve un occhio di riguardo allo sviluppo delle smart grid (ovvero l’insieme di una rete di informazione e di una rete di distribuzione elettrica che consente di gestire la rete elettrica in maniera "intelligente") e sugli accumulatori. La tecnologia del futuro non può fare a meno dello storage, ovvero delle batterie in grado di incamerare l'energia durante il giorno e di rilasciarla gradatamente di notte. Uno scenario da smart city? Sì, ma non così futuristico. Siamo davvero vicini a determinate soluzioni che consentono ad esempio di ricaricare la macchina e di dare


SOSTENIBILITÀ

energia alla casa: il tutto senza dover ricorrere alla corrente dalla rete. Anzi, in ottica smart grid, serve anche una normativa che permetta lo scambio anche tra privati dell'energia in eccesso. Serve davvero un po' più di lungimiranza, perché gli strumenti ci sono. Il governo parla di “Green New Deal”: forse si smuove qualcosa? La rinnovata sensibilità verso i temi ambientali, le proteste innescate da Greta Thunberg e i movimenti ecologisti che si moltiplicano sono sicuramente un ottimo incentivo per le istituzioni a fare qualcosa di più. È davvero giunta l'ora di fare qualcosa in questa direzione: i cambiamenti climatici non sono imprevedibili, sono stati causati da una cronica mancanza di attenzione da parte dell'uomo. Noi comunque siamo positivi sullo sviluppo di queste tecnologie perché non vediamo soluzioni alternative migliori. E veniamo a voi: ci racconta Sma Italia? Abbiamo superato i 30 milioni di euro di fatturato e saremo in 35 entro la fine dell'anno, con previsioni di crescita interessanti anche per il futuro. Ho visto nascere SMA Italia e muovere i suoi primi passi sul territorio italiano nel 2005. La società è cresciuta in maniera esponenziale durante agli anni d’oro del fotovoltaico italiano: a fine 2011, contava più di 60 dipendenti, dislocati nella sede di Milano e in zone strategiche del territorio italiano. Da luglio di quell’anno ho il piacere di ricoprire la carica di Amministratore Delegato di SMA Italia e dal 2015 anche quella di Regional Manager per il Sud Europa. Oggi siamo l’unica azienda ad avere sul mercato tutti i tipi di soluzione: dagli inverter da 1kW fino a quello da 4,6 MW, allo storage, ai dispositivi per la gestione intelligente delle diverse tecnologie, fino alla mobilità elettrica. Infine, chi installa un nostro inverter ha la garanzia di essere seguito da remoto da un servizio di assistenza gratuita che permette interventi rapidi e mirati. Avete anche lanciato una app, Sma 360°: ci spiega di che cosa si tratta? È una nuova filosofia di supporto al cliente, sia esso un installatore o l'utilizzatore finale. Attraverso questa soluzione garantiremo tre

VALERIO NATALIZIA, AD DI SMA ITALIA

concetti fondamentali: velocità, semplicità e accessibilità al mondo SMA. Dalla fase di progettazione con un simulatore, all'elaborazione dei consumi, seguiremo il nostro cliente passo dopo passo. Con la app, inoltre, sarà possibile capire se ci siano ulteriori esigenze in fase di progettazione, installazione o manutenzione. Per quanto riguarda gli installatori, inoltre, abbiamo previsto dei plus per i “Solar Partner SMA”, ovvero coloro che hanno aderito al programma di fidelizzazione che abbiamo lanciato quest’anno. Ampio spazio alla tecnologia, quindi... Certo! Non stiamo più parlando di impianti tradizionali, ma di progetti di nuova concezione, sempre più complessi, che devono dialogare con tutte le tecnologie della casa. Un esempio pratico: abbiamo la possibilità di prevedere il meteo per le successive ore Impostando, in questo modo, l’attivazione di elettrodomestici in modo da garantire l’aumento dell’autoconsumo. Siete anche stati inseriti tra i primi venti “Campioni della crescita 2020”: emozionati? Decisamente. È un bellissimo riconoscimento per il lavoro fatto in tutti questi anni, anche perché è un premio riferito alla filiale italiana. L'anno prossimo festeggeremo i 15 anni

C'È FINALMENTE UNA RINNOVATA SENSIBILITÀ SUI TEMI AMBIENTALI È GIUNTA L'ORA DI FARE QUALCOSA di presenza nel nostro Paese e lo faremo con l'orgoglio di essere rimasti in piedi nonostante periodi turbolenti. Abbiamo uno staff particolarmente competente, con ingegneri, tra gli altri, che lavorano con noi da parecchi anni e che sono riconosciuti tra i più esperti del settore nelle nostre tecnologie. Mi sembra che ci siano i presupposti per un futuro incoraggiante. Com'è lavorare per voi? Cerchi di non essere troppo di parte, però... Quello che cerchiamo di fare in SMA Italia, fin dalla fondazione, abbracciando le politiche della casa madre, è mettere al centro le persone: abbiamo sviluppato accorgimenti per creare un'atmosfera migliore e una modalità operativa sempre più vicina alle esigenze dei nostri dipendenti. Da due anni abbiamo avviato attività di smart working, una volta alla settimana, per facilitare la vita di chi lavora con noi. Adesso stiamo cercando di realizzare iniziative che siano sostenibili anche per quanto concerne i consumi. Ad esempio, abbiamo deciso di eliminare la plastica dai nostri uffici e impieghiamo soltanto carta riciclata. Siamo attivi nel settore delle energie rinnovabili, non possiamo esimerci dal prestare massima attenzione anche alle tematiche relative alla sostenibilità ambientale.

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RIPETI RIPETI SEMPRE SEMPRE LE LE STESSE STESSE VECCHIE VECCHIE STRATEGIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI RIPETI SEMPRE SEMPRE LE LE STESSE STESSE VECCHIE VECCHIE STRATEGIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI RIPETI SEMPRE SEMPRE LE LE STESSE STESSE VECCHIE VECCHIE STRATEGIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI RIPETI SEMPRE SEMPRE LE LE STESSE STESSE VECCHIE VECCHIE STRATEGIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI RIPETI SEMPRE SEMPRE LE LE STESSE STESSE VECCHIE VECCHIE STRATEGIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI RIPETI SEMPRE SEMPRE LE LE STESSE STESSE VECCHIE VECCHIE STRATEGIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI RIPETI SEMPRE SEMPRE LE LE STESSE STESSE VECCHIE VECCHIE STRATEGIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO?

Una gestione attiva dei comincia Unaportafogli gestione attiva dall’indicizzazione . dei portafogli comincia

In BlackRock crediamo che ETF e fondi indicizzati debbano avere un peso maggiore nei portafogli di investimento moderni. che ETF e fondi indicizzati In BlackRock crediamo

dall’indicizzazione.

debbano avere un peso maggiore nei portafogli di investimento moderni.

Investi in qualcosa di più grande. Capitaleinaqualcosa rischio. Il di valore e il reddito degli investimenti possono aumentare o diminuire Investi più grande. e non sono garantiti. L’investitore potrebbe non recuperare il capitale iniziale. Capitale a rischio.èIlstato valore e il reddito degli investimenti possono aumentare o diminuire Questo documento elaborato da BlackRock Investment Management (UK) Limited, e non sonoitaliana, garantiti. L’investitore potrebbe recuperare Milano”). il capitaleBlackRock iniziale. è la succursale Milano, Piazza San Fedele non n. 2 (“BlackRock denominazione commerciale di BlackRock Investment Investment Management (UK) Limited.(UK) Capitale a rischio: Questo documento è stato elaborato da BlackRock Management Limited, Tutti gli investimenti comportano deiSan rischi e nonn.vi2è (“BlackRock garanzia di restituzione del capitale succursale italiana, Milano, Piazza Fedele Milano”). BlackRock è investito. la © 2019 BlackRock, Inc. Tutti i diritti riservati. MKTGH0919E-949757-1/1 denominazione commerciale di BlackRock Investment Management (UK) Limited. Capitale a rischio: Tutti gli investimenti comportano dei rischi e non vi è garanzia di restituzione del capitale investito.


GESTIRE L’IMPRESA

FAMILY COMPANY ALLA RISCOSSA GRAZIE A MANAGER E CAPITALI L’85% delle aziende italiane sono a conduzione familiare, oggi alle prese con il passaggio generazionale e l’introduzione di figure professionali esterne. Intervista al presidente di Aidaf, Francesco Casoli di Marina Marinetti

34 NUOVE TECNOLOGIE IL PRIMATO ITALIANO NELL’ULTRABROADBAND

36 MARKETING CON LA “GUERRILLA” DI ATTITUDE SI QUADRUPLICANO LE VENDITE

38 FEDERMANAGER ECCO COME ANDARE ALLA RICERCA DEL MANAGER DEL FUTURO

40 GREEN ECONOMY IL GRUPPO GRIMALDI FA ROTTA SULLE EMISSIONI ZERO

42 DATA PROTECTION CONTRO GLI HACKER LE IMPRESE SI FANNO SCUDO CON IL GDPR

44 I VALOROSI ENAV, QUANDO LA BORSA FA VOLARE LA SICUREZZA

S

ergio Marchionne amava sottolineare rinunciabile? il fatto che non si lavora per la famiNon può esserlo. Ne abbiamo parlato a lunglia, ma con la famiglia. Non è tanto go al congresso di Monopoli di inizio ottobre: questioni di preposizioni, quanto di proposinei prossimi cinque anni ci saranno i grandi zioni: «La condivisione dei valori e della visione passaggi generazionali, perché la prima genedelle aziende di famiglia è il più grande vantagrazione, quella dei fondatori, ormai ha 70, 80, gio che un manager possa offrire a una family 90 anni. Sono persone molto coinvolte, che per company», dice Francesco Casoli, presidente questioni anagrafiche devono iniziare a pendel Gruppo Elica, ma sare di passare il testi«NEI PROSSIMI CINQUE ANNI CI SARANNO anche (da maggio e mone magari godersi PASSAGGI GENERAZIONALI FORZATI per i prossimi quattro la quarta età. Saranno PER COMPENSARE QUELLO CHE NON SI È FATTO NEGLI ULTIMI VENT’ANNI» anni) di Aidaf Italian passaggi forzati: si doFamily Business, l’asvrà fare in una manciasociazione fondata nel 1997 da Alberto Falck ta di anni quello che non si è fatto negli ultimi insieme ad un gruppo di imprenditori legati daventi. gli stessi principi, che oggi raggruppa oggi circa Lei invece il testimone l’ha ricevuto fin trop220 aziende familiari, per un fatturato compo presto. plessivo di circa 260 miliardi di euro. «Sul Pil Vorrei che a fare quest’intervista fosse mio padel nostro Paese pesiamo più o meno il 15%». dre, che è mancato quando avevo appena 16 Ma in Italia l’85% delle imprese sono aziende anni. Quando è successo ho smesso di studiare familiari. E oggi sono alle prese con il passaggio e sono dovuto entrare subito nell’azienda che generazionale e la managerializzazione. aveva fondato otto anni prima a Fabriano. AlIl “tutto in famiglia” non è più un dogma irlora avevamo un centinaio di dipendenti, un

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GESTIRE L’IMPRESA

direttore generale e un socio che, approfittando della mia ingenuità, stava cercando di portarmi via l’azienda. Un anno e mezzo più tardi mi sono trovato a dover licenziare il direttore generale, a ricomprare le azioni dal socio e a rassicurare il mercato e i lavoratori sul fatto che la famiglia avrebbe proseguito l’attività. Ha lavorato bene: oggi il Gruppo Elica fattura 490 milioni di euro, è leader mondiale nelle cappe da cucina e ha sedi anche in Messico, India, Polonia, Cina, Giappone, Russia, Francia, Spagna, Germania, Inghilterra... Ho lavorato seriamente, sono stato molto creativo, ma anche fortunato: avevo al mio fianco il mercato, che ha creduto in me. Forse la mia coscienza, o meglio la mia assenza di conoscenza, mi ha permesso di prendere decisioni che altrimenti mio padre non avrebbe mai preso. In che senso? Stravolgendo il prodotto, il metodo di distribuzione, ho sparigliato le carte e questo ci ha permesso di vincere quote di mercato: è questo che le aziende familiari italiane devono avere il coraggio di fare. E noi come Aidaf dobbiamo stimolarle senza far saltare il banco: la forza delle aziende italiane è proprio la capacità di ricrearsi e di rigenerarsi a ogni generazione. Passare il testimone ai figli è complicato. In realtà le giovani generazioni si stanno preparando: c’è molta voglia di fare, ma bisogna capire cosa possono fare davvero. Sono le famiglie a dover valutare se tra gli eredi c’è qualcuno di adatto: il patrimonio si eredita, la leadership

NOI SIAMO CRESCIUTI CON LE DIFFICOLTÀ, CHE SPINGONO A TROVARE SEMPRE NUOVE SOLUZIONI PER NON AFFOGARE non necessariamente. E già fare anche “solo” i titolari è un lavoro importante: non è obbligatorio fare anche il leader. Ancora più complicato è passare il testimone ai manager. Come associazione possiamo dare un grosso aiuto in questa fase di passaggio, anche con la nostra Cattedra Aidaf – EY di Strategia delle Aziende Familiari in memoria di Alberto Falck, presso l’Università Bocconi di Milano, guidata dal professor Guido Corbetta, unico centro in Italia di formazione specifica di elevata qualità per affermare la rilevanza economica e sociale delle imprese familiari. Ma ormai un po’ tutte le business school stanno focalizzando l’attenzione sulle imprese familiari.

Il rapporto tra famiglia e manager si regge sul rispetto reciproco

P

Formando i manager che le guideranno. Formando i manager che affiancheranno le famiglie. Ci vuole una sensibilità particolare per farlo: ci vuole rispetto dei ruoli, non si può mettere da parte la famiglia perché arriva il manager. C’è una componente umana importantissima: ogni storia aziendale è anche una storia personale e insieme all’organizzazione occorre mantenere sempre l’equilibrio, armonizzando le due anime, quella manageriale e quella familiare. Come si trova il manager adatto? Si tratta di incontro tra personalità: ancora prima delle capacità, quello che conta è il carattere, la sensibilità di ambedue le parti. Solo dopo viene la tecnicalità. Sono avvicinamenti molto motivo (crescita o decrescita, sviluppo/ internazionalizzazione dell’impresa, cambio generazionale), c’è la necessità di inserire un manager esterno che possa ricoprire il ruolo di amministratore delegato o direttore

rima o poi, nella vita della family

e selezione di personale specializzato –

generale».

company, si pone l’annosa questione

tendono spesso a ricoprire autonomamente

Eppure quello tra imprenditore e manager è

della prima managerializzazione. Un

tutte le figure apicali all’interno, questo

un rapporto che – se ben gestito – permette

ostacolo psicologico, ancor prima che

soprattutto perché chi ha creato l’azienda

all’azienda di crescere. Ma non tutti i

strategico: «Le aziende di proprietà

vuole seguire da vicino tutti i processi e

manager sono adatti alla family company. E

familiare - dice Joelle Gallesi, Sales &

poter prendere direttamente le decisioni.

viceversa. «Negli ultimi anni sono cambiate

Operation Direcetor di Hunters Group,

E questo, inevitabilmente rappresenta

le esigenze e c’è stata un’evoluzione da

società di head-hunting leader nella ricerca

un problema quando per qualunque

parte dell’imprenditore. Prima si cercavano

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lunghi di solito: quando cerchiamo figure di questo tipo ci sono lunghi colloqui, tentennamenti, ripensamenti. Il curriculum c’entra relativamente: è come prendere un altro membro della famiglia, a cui si metto in mano non un’azienda, ma un pezzo della propria storia. Un passaggio delicatissimo, ma anche rischioso. Uno dei problemi su cui dobbiamo lavorare è eliminare l’invidia da parte della famiglia verso il manager: questa esposizione esterna a volte può dare fastidio e viceversa. Ci vuole rispetto da entrambe la parti. Il segreto è trovare la persona con i valori giusti per armonizzare le due anime, quella familiare e quella manageriale. Il contesto economico è sfidante. Per crescere non basta solo la famiglia: è venuto il momento aprire anche agli investitori. Quali? Prima di tutto le altre imprese. In Aidaf riteniamo che al Sud, per esempio, ci siano un sacco di meravigliose aziende di famiglia che si barcamenano tra mille difficoltà con un’energia eccezionale, ma che non riescono più a stare dietro alla produzione e alle nuove attitudini. Oggi la tecnologia permette di operare anche a distanza: vogliamo coinvolgere i capitali del Nord per trovare a queste aziende sbocchi in mercati esteri, per mettere insieme le reciproche competenze e ricucire questo Paese. E poi a chi va aperto il capitale? Al private equity, alla Borsa, anche facilmente con l’Aim. Ma soprattutto occorre trovare un

partner giusto, perché ci sono anche partner che ti mettono in difficoltà. Ma la mia esperienza dice ci sono un sacco di brave persone. Lei lo ha fatto: oggi il 16% di Elica è in mano e il 30% è dal 2006 è quotato sul segmento Star. Aprire il capitale è una cosa bellissima, perché metti dentro l’azienda qualcuno che ha il tuo stesso obiettivo: far andare bene l’impresa che stai portando avanti. Ti permette non solo di avere risorse, ma anche di avere qualcuno che ti dice no: il problema degli imprenditori è di essere circondati da yes man, non va bene. Ave-

re qualcuno che rischia sulla tua stessa impresa è un vantaggio incredibile. Oggi, con un’azienda che ha 4.800 dipendenti, non posso permettermi il lusso di cambiare da bianco a nero. Poi, certo, non è che arriva il private equity e cambia il mercato. Cosa cambia, dunque? Cambiano certi processi, cambia il rigore. La quotazione, per esempio, obbliga l’azienda a osservare regole di governance che da sola difficilmente osserverebbe. Cambia anche l’attrattività verso i manager: essere quotati o avere un partner finanziario all’interno ti rende attraente verso il manager. E la differenza, oggi, la fanno i talenti.

Dei nove membri del cda di Elica, solo uno è della famiglia: il presidente, ovvero lei. I suoi tre figli come l’hanno presa? Sono ancora giovani: hanno 25, 21 e 16 anni, stanno ancora studiando e sceglieranno loro quale strada percorrere. E poi, non mi fraintenda, ma dobbiamo anche dare un po’ di sofferenza ai nostri figli: noi siamo cresciuti con le difficoltà, con la paura che ti spinge a trovare soluzioni perché altrimenti affoghi. È nel momento del bisogno che ti vengono in aiuto processi di pensiero che in comfort zone non hai. L’ansia è un booster della crescita. Ma anche l’internazionalizzazione... L’internazionalizzazione ormai è un asset fondamentale. In Italia non puoi più campare solamente di mercato interno. La crisi del 2008 ci ha insegnato che solo le solo aziende con un minimo di visione non dico globale, ma almeno europea, riescono a sopportare gli alti e i bassi dei mercati internazionali. E poi ci sono le zavorre... Sarebbe banale dire che il carico fiscale è troppo alto. Lo diciamo, ma comunque lo stiamo sopportando, anche se in alcuni casi ci pone fuori mercato. Eppure si riesce a sopravvivere. Quello che ci uccide è la burocrazia, pesantissima. Come Aidaf chiediamo soprattutto una semplificazione. Anche dal punto di vista legislativo: non c’è una visione chiara del futuro. L’incertezza di non poter avere una traiettoria di sviluppo rende complicatissimo anche attrarre capitali esteri.

più figure di temporary management,

a un certo tipo di delega in aziende di

per via della forte distanza tra le reciproche

con un approccio all’inglese: la famiglia

grandi dimension, nel coinvolgere la family

competenze. Questo crea una frattura

ha figli potenzialmente validi, inseriamo

company. La curiosità e l’ingerenza della

incolmabile: le aiende familiare sono legate

temporary manager che li accompagnino

famiglia va compresa. È un doppio lavoro,

alla presenza e carisma dell’imprenditore.

per un periodo lungo. E si faceva fatica a

sia sull’imprenditore che sul candidato:

Altrettanto sbagliato è quando l’imprenditore

reperire candidati disponibili. Oggi, invece,

la persona dev’essere molto flessibile

si trova in difficoltà e delega tutto al manager.

non si cerca più la figura di fiducia, ma

in termini di negoziazione interna che

L’ideale è l’imprenditore che curiosa, cerca di

quella di competenza con esperienze

coinvolga l’imprenditore per avere successo

capire processi e le procedure, interiorizza

specifiche. Si tratta di manager che spesso

nell’innovazione di processi».

senza giudicare. La predominanza del fattore

arrivano da multinazionali o competitor».

Il rischio dietro l’angolo? È doppio: «Se

personale è un errore strategico. Ma è anche

Ma la compatibilità, nella family company, è

l’imprenditore delega una funzione, ma non

fondamentale che l’imprenditore metta sul

fondamentale: «È fondamentale l’apertura

lo certifica internamente, e se poi la figura

piatto un obiettivo di medio termine chiaro e

mentale del candidato manager, abituato

non coinvolge l’imprenditore e anzi lo isola

misurabile».

CON L’INGRESSO DEI CAPITALI ESTERNI CAMBIANO I PROCESSI E AUMENTA IL RIGORE, MA ANCHE L’ATTRATTIVITÀ DELL’IMPRESA VERSO I TALENTI

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SE L’ULTRA BROADBAND DIVENTA UN PRIMATO ITALIANO Dallo streaming on demand e multiview al riconoscimento di persone (e del loro stato d’animo): il 5G apre scenari finora impensabili. Ecco l’avveniristico business di Vetrya, fondata nel 2010 da Luca Tomassini di Marco Scotti

S

ono stati i primi a lanciare la mobile nostra succursale spagnola Vetrya Iberica. Ora tv nel 2003, quando i telefonini eraci stiamo guardando intorno, per vedere altri no dei parallelepipedi usati esclupossibili paesi in cui espanderci. Tutto il monsivamente per mandare sms e telefonare. E, do del mobile, grazie all’ultra-broadband, sta a distanza di 16 anni, sono stati nuovamente crescendo molto rapidamente non soltanto nei pionieri nell’effettuare una sperimentazione di Paesi più sviluppati, ma anche in terre come il streaming multiview sfruttando l’embrionale Sudafrica. Ed è lì che stiamo guardando con rete 5G. In mezzo a questi tre lustri un filo coninteresse». L’argomento per antonomasia del duttore: il desiderio di abilitare tecnologicamondo delle telecomunicazioni è rappresenmente i cambiamenti – profondi – portati nella tato dal 5G. Diversamente dal 4G, infatti, non si società occidentale dalla connettività. Tracciatratta soltanto di una versione “rinforzata” delto l’identikit, non resta che svelare il nome di la banda tradizionale, che consenta maggiore quest’azienda che è tra i “most wanted” della fluidità per i servizi in streaming, ma è sopratconcorrenza. Si tratta di Vetrya, impresa fondatutto un nuovo standard che consentirà applita da Luca Tomassini nel 2010, quotata all’Aim, cazioni industriali e b2b finora inimmaginabili, un fatturato superiore ai 55 milioni di euro e grazie a una bassissima latenza. «Si tratta di un un centinaio di dipendenti con un’età media tema estremamente rilevante per noi – proseintorno ai 33 anni. La gue Tomassini – che fa IL FUTURO NEL B2B È L’APPLICAZIONE semestrale, invece, ha parte del nostro dna. DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE fatto registrare risultaQuest’anno, al MobiPER I SISTEMI DI DISTRIBUZIONE VIDEO, ti in contrazione, prin- AD ESEMPIO PER MONITORARE UN BRAND le World Congress di cipalmente per lo slitBarcellona, abbiamo tamento “dell’attuazione operativa di contratti lanciato il primo servizio di streaming multirelativi a servizi per due operatori telco in corview per Tim e Qualcomm: siamo stati i primi so di fusione”, come si legge nella notta emessa al mondo. Abbiamo sviluppato una piattafordalla società. Sul fronte dell’espansione del pema di servizi su cui andare a innescare tantisrimetro aziendale, Vetrya ha appena realizzato simi servizi che vanno dal riconoscimento di una nuova società – VatiVision – in tandem con persone e cose alla trasmissione tramite inOfficina della Comunicazione. La nuova createlligenza artificiale». Un esempio delle nuove tura, che verrà lanciata nel primo trimestre del applicazioni possibile è quello realizzato per 2020, gestirà il servizio di video distribuzione mondiale in modalità streaming on demand di contenuti religiosi, artistici e culturali ispirati al messaggio cristiano. «Negli ultimi due anni – ci racconta Luca Tomassini – siamo cresciuti molto, sia in termini di organico che di perimetro geografico entro cui muoverci. Oggi siamo presenti in Brasile, Malesia e Usa (a Palo Alto), oltre che in Inghilterra, eredità legata all’acquisizione di Viralize, e Madrid, dove abbiamo la

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LUCA TOMASSINI

Generali e Microsoft: si tratta di un sistema basato su oggetti intelligenti che consentono il riconoscimento della persona che si ha davanti. «Possiamo riconoscere – conclude Tomassini – non soltanto le cose più ovvie, come la differenza tra maschio e femmina, ma anche lo stato d’animo delle persone. E per noi il futuro, sempre nel campo b2b, è l’applicazione dei modelli di intelligenza artificiale per i sistemi di distribuzione video, per comprendere, ad esempio, quante volte compare il logo o il brand dell’azienda». Infine, come si confà a un’azienda che guarda all’innovazione non soltanto come sviluppo tecnologico, ma anche come miglioramento delle condizioni di lavoro, Vetrya ha realizzato a Orvieto un Corporate Campus, una sorta di Google Camp all’italiana, senza orari fissi e con a disposizione tutte le più evolute forme di welfare aziendale quali palestra, calcetto, centro benessere, sala giochi, ma anche asilo nido per i figli dei dipendenti. E una chicca quasi ironica: un’area di “digital detox”, isolata da ogni tecnologia.



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Con il guerrilla marketing si quadruplicano le vendite Dal team building alle strategie operative sul territorio: ecco come i grandi player affrontano il mercato. Affidandosi a professionisti della performance. Parola di Gennaro Tella, founder di Attitude di Victor De Crunari

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ento venditori impegnati nel cennea il fondatore, «questa è la nostra mission tro storico di Firenze in un’azione principale; partendo da questo arriviamo ai di guerrilla feed marketing rivolta a risultati, ai numeri e alle performance, e non negozi e ristoranti per un player multinazioviceversa – secondo un’altra visione si parte nale, con una tecnica di team building che ha dal numero per poi arrivare a chi deve reaprodotto in quattro giorni le vendite normallizzarlo». Numerosi i progetti in corso: «Con mente fatte in un mese. È un esempio dei prouno dei player abbiamo un progetto molto getti di Attitude, azienda italiana specializzata strutturato: circa 300 agenti sul territorio che nella costruzione di strategie di marketing acquisiscono clienti nel segmento small busioperativo. «Un risultato figlio dell’entusiasmo ness corporate» mette in evidenza Tella, «pardello stare insieme, e della competizione che tiamo da un prospect database di nostra idesi è creata tra i diversi team impegnati» dice il azione che funge da strumento predittivo per fondatore di Attitude Gennaro Tella, «un sucdeterminare le future performance dei clienti cesso che intendiamo riproporre in almeno acquisiti. Con una forte e attenta segmentaaltri quattro progetti zione in partenza si GENNARO TELLA: «LA NOSTRA VERA nel 2020». Le attività riescono a controllare RIVOLUZIONE È ESSERE ATTENTI di Attitude si esplicale reali performance CHE LA VENDITA GENERI UN REALE no in diversi ambiti del portafogli. AcquiVALORE PER L’AZIENDA PARTNER» della strategia aziensiamo quasi duemila dale: «Seguiamo la realizzazione delle reti di nuovi prospect al mese». Un altro grosso lavendita per player perlopiù multinazionali» voro in itinere è quello che riguarda un player spiega Tella, «dall’ideazione della strategia nazionale nel settore dei parcheggi auto. «Abda implementare sul territorio alla parte di biamo realizzato un progetto per ottimizzare execution, che va dal recruiting delle risorse gli ingressi» dice il fondatore di Attitude, «con umane fino alla formazione e al monitoraggio, un’analisi di mercato per capire quale fosse con la messa in campo di risorse che portano a il loro target aggredibile, chi potesse essere raggiungere gli obiettivi di vendita nel rispetto interessato a usare il parcheggio nell’ambito degli indicatori di qualità delle performance». degli spostamenti di lavoro. Quindi abbiamo Un approccio innovativo che è valso a Attituacquisito le aziende, contrattualizzandole». de clienti del calibro di American Express, di Molti si sarebbero fermati qui, Attitude si è cui Attitude è concessionaria per l’Italia per le spinta oltre: «siamo andati a verificare che il carte di credito per piccole e medie imprese, servizio fosse effettivamente utilizzato dalle British American Tobacco, Unicredit, Fintrax aziende, cercando di realizzare campagne Group, Aeroporti di Roma. «Consideriamo l’aper stimolarle in tal senso» rimarca Tella, «a zienda un ambiente inclusivo dove tutti posvolte si attiva un contratto, ma poi chi deve sano esprimere il proprio potenziale» sottoliusufruirne all’interno dell’azienda non è de-

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bitamente informato e non lo utilizza. Dopo aver individuato le leve da attivare abbiamo quindi svolto un’azione di sensibilizzazione». Un compito che dovrebbe riguardare più i meccanismi interni dell’azienda, di cui Attitude sceglie di farsi carico: «È la nostra vera rivoluzione: essere attenti che la vendita generi un reale valore per l’azienda partner. E che quindi il nostro servizio venga realmente utilizzato dal cliente». L’azienda ha risorse dedicate a questo scopo: «Abbiamo uffici interni che fungono da sales support» puntualizza il fondatore di Attitude, «per monitorare che la vendita effettuata sia corretta e risponda ai canoni per cui è stato organizzato il progetto. Questo quality check è un pilastro della nostra organizzazione, non facciamo nessun progetto se non c’è sales support, se non possiamo monitorare la qualità di quel che abbiamo organizzato». A essere più orientate a questo tipo di supporto sono le multinazionali: «Quel genere di impresa capisce che è un add on importante» rileva Tella, «tendenzialmente le multinazionali sono molto orientate a tro-


vare partner che controllino interamente il processo di vendita nel rispetto delle regole di compliance, garantendo loro il massimo del risultato richiesto». Un ruolo essenziale nella strategia di Attitude è rivestito dalla formazione. «Utilizziamo un metodo particolarmente efficace: il role play» nota il fondatore, «sotto la guida di formatori esperti viene riprodotto esattamente lo scenario di vendita, analizzate le possibili obiezioni, la loro gestione. Non facciamo formazione per chiudere semplicemente la vendita, ma per raggiungere un alto livello di soddisfazione del cliente». Lo stesso Tella, convinto sostenitore della necessità di una formazione permanente, segue corsi di formazione in giro per il mondo: «Per me è fondamentale avere un mentore, ognuno di noi nella vita deve avere un approccio alla ricerca di modelli che aiutano a migliorare» insiste il fondatore di Attitude, «personalmente cerco corsi di formazione in ambiti disparati perché sono fermamente convinto che per affrontare il mondo dell’imprenditoria

oggi c’è bisogno di un atteggiamento “thinsponsabilità, che possono anzi devono sostiking outside the box”». Una considerazione tuire il badge» afferma Tella, «gli spazi sono in legata allo stesso nome scelto da Tella per la sharing, abbiamo una piazza centrale, la led sua azienda: «È importante lavorare non solo generation square, dove tutti i capi di canale sulla formazione finanziaria, di marketing, di possono incontrarsi per condividere le stracomunicazione, ma anche sull’attitudine, l’attegie piuttosto che i risultati o le bad expeteggiamento, l’aspetto emozionale», spiega rienxce, per farne tesoro in comune. Questo il fondatore di Attitude, «Molti imprenditori non sostituirà mai un processo come lo staff dovrebbero lavorarci; meeting, ma serve a LE EMOZIONI RIESCONO A FARE le emozioni riescono stimolare una cultura a fare da driver per DA DRIVER PER GUIDARE L’ANDAMENTO aziendale». DEI PROGETTI. COSÌ SI RIESCONO guidare l’andamento La percentuale di A PORTARE RISULTATI IMPORTANTI dei progetti. Capire il quote rosa è del 70%, potere dell’emozione e riuscire a generare c’è il free coffee la mattina, mele gratis, posti un’emozione può portare a risultati molto più in garage solo per le donne manager. Risultaimportanti che non lavorando solo sulle comto: zero turnover. petenze, i processi e la loro struttura. L’aspetto Attitude sta per lanciare un progetto di digiemozionale ha insomma un’importanza molto tal marketing sviluppato al 100% al proprio forte nella gestione dell’azienda, un capo che interno, dedicato alle Pmi. «L’idea è quella di non sa trasmettere un progetto con la giusta aiutarle a migliorare la brand image sul web, carica avrà difficoltà nel gestire la leadership lavorando sui social network» precisa il fonnello svolgimento del progetto. Per noi di Attidatore, «fornendogli strumenti di semplice tude la competenza è il muscolo, ma l’attitudiutilizzo e un supporto reale, cosa che di solito ne è il cervello». le aziende che operano sul web non forniscoLa filosofia di Attitude si esprime nella nuova no. Vogliamo assistere il customer fisicamensede a Città del Sole, zona di riqualificazione te, andando in controtendenza, convinti del urbana alla Tiburtina, Roma. Non c’è nessun fatto che uno dei fattori critici di successo può orario di lavoro prestabilito, niente badge. «A essere sostituirci a lui, per lasciargli il tempo guidare sono la performance e il senso di redi gestire l’azienda».

IL FONDATORE DI ATTITUDE, GENNARO TELLA

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GESTIRE L'IMPRESA

Alla ricerca del manager del futuro La seconda edizione dell'Osservatorio 4.Manager promosso da Federmanager e Confindustria fotografa un tessuto imprenditoriale che ha compreso l'importanza del management. Ma non sa dove trovarlo di Marco Scotti

P

artiamo da un dato: delle aziende necessità di aprirsi a un nuovo management con un fatturato superiore ai 10 micon esperienze diverse e più tecnologicamenlioni di euro in Italia, 784mila sono a te avanzate, Federmanager e Confindustria guida familiare. Un record in Europa, con due hanno creato un apposito Osservatorio, 4.Maconseguenze. In primo luogo che nel 70% dei nager, che ha il compito di individuare i trend casi l’intero management è espressione deleconomici, di mercato, tecnologici, normativi la proprietà. E, soprattutto, che le aziende a e socio-culturali, al fine di comprendere l’eguida familiare che non hanno una dirigenza L'ITALIA MOSTRA EVIDENTI SEGNALI composta anche – se non esclusivamente – da DI RISCHIO COMPETITIVO: È AL 17° manager esterni hanno una performance mePOSTO IN EUROPA. A DIFETTARE diamente più bassa di quanto avviene negli SONO COMPETENZE E TECNOLOGIA altri Paesi europei. A questo scenario già crivoluzione delle competenze manageriali nel tico si aggiunge un ulteriore problema: quello nostro Paese. Nelle scorse settimane a Roma è della mancanza di innovazione. Negli ultimi stato presentato il 2° rapporto dell’Osservatodieci anni lo scenario competitivo si è esteso rio. L’obiettivo è quello di comprendere in che a dismisura, creando una globalizzazione 4.0 modo le imprese siano chiamate a modificare che costringe le imprese a una serie di trail tradizionale modo di produrre e fare busisformazioni. Da questo punto di vista, è il maness, individuando le competenze manageriali nifatturiero – comparto in cui il nostro Paese necessarie a competere nel nuovo contesto di ha sempre avuto un ruolo preminente a livello mercato. Per le imprese, le competenze mamondiale – il settore che ha dovuto affrontare le trasformazioni, per una duplice rivoluzione. Da un lato una necessità di abbattimento dei costi. Dall’altro il nuovo paradigma industriale 4.0 richiede nuove competenze, nuove figure professionali e nuovi macchinari per raggiungere un obiettivo che sembrava un ossimoro: la mass customization di prodotti un tempo serializzati. Per comprendere quali siano le nuove necessità del mondo imprenditoriaDA SINISTRA: VINCENZO BOCCIA, RICCARDO FRACCARO, STEFANO CUZZILLA le, e per convincere le famiglie della

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nageriali costituiscono un volano di crescita, per stare al passo con il mercato che evolve e per essere più competitive anche agli occhi dei player internazionali. «L’Italia – ci spiega Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager - mostra evidenti segnali di rischio competitivo come emerge, ad esempio, dall’edizione 2018 del Rapporto sulla competitività globale del World Economic Forum che posiziona il nostro Paese al 31° posto su 140 Paesi presi in considerazione e al 17° tra i Paesi europei. Tra le cause di questa poco esaltante collocazione si rilevano gravi ritardi e lacune in alcune aree strategiche per una nazione moderna: il mercato del lavoro (79° posto in graduatoria) e dei capitali (49°); l’adozione di tecnologie digitali (52°); le skills (40°)». Quello che appare evidente dall’Osservatorio è che una quota crescente di piccoli e medi imprenditori – anche nei settori tradizionali – mostra segnali d’interesse e apertura verso le competenze manageriali: per ampliare il mercato di riferimento; per il miglioramento dell’efficienza aziendale; per incrementare il valore del prodotto. L’incontro tra domanda e offerta di competenze manageriali è ostacolato da un evidente mismatch che, se non mitigato, potrebbe essere destinato ad ampliarsi. Le nuove parole d’ordine sono quindi change management, leadership, people management e soft skills. In altre pa-


role, un numero crescente di imprenditori sta spostando il proprio focus principale dal “fare” (produzione e vendita) a forme più sofisticate di governance, inclusa l’acquisizione di conoscenze e competenze tipicamente manageriali in grado di adattare velocemente il valore del prodotto e l’efficienza aziendale alle sollecitazioni provenienti dall’ambiente esterno. Particolarmente interessante è che le manifestazioni di “contaminazione”, tra la tipica funzione imprenditoriale e quella manageriale, caratterizzano anche le PMI (soprattutto con più di 50 dipendenti), incluse quelle operanti nei settori classificati come “tradizionali”. Ad alimentare ulteriormente la spinta verso questa “ibridazione” ci sono almeno tre fattori: l’innovazione; l’attenzione quasi “ossessiva” alla qualità; la diversificazione dei mercati. «L’innovazione - prosegue Cuzzilla - è ormai percepita quasi come un obbligo da parte degli intervistati per la stesura del Rapporto ed ha il potere di indurre anche comportamenti virtuosi da parte sia degli imprenditori sia dei manager». Ad esempio, la maggior parte degli imprenditori dedica tempo formativo personale proprio a questo tema, e in particolare, a innovazione e change management, nel 59% dei casi e a competenze digitali (33%). Molte aziende hanno reagito alla crescente competitività sui prezzi elevando notevolmente la

AREE FORMATIVE DEI MANAGER Domanda: In quali aree si è concentrata la sua attività formativa personale? Innovazione e change management

43,5%

Leadership

36,3%

People management

35,2%

Soft skills

34%

Aree formative tecniche

27,4% 25,9%

Competenze digitali Vision, Strategia Non indica

23,6% 1,9%

FONTE: OSSERVATORIO 4.MANAGER

qualità dei prodotti e quella dei servizi ad essi associati. Questa complessa strategia di differenziazione qualitativa può essere realizzata solo se avviene in modo pervasivo a tutti i livelli dell’organizzazione aziendale, pertanto richiede comportamenti imprenditoriali focalizzati sia sul “fare”, sia sul “gestire”. Diversificare i mercati di riferimento è, in molti settori, quasi indispensabile per garantire la sopravvivenza dell’impresa, ma questi processi, ed in particolare quelli di internazionalizzazione, richiedono competenze chiaramente manageriali. Un dato interessante è che questi processi stanno avvenendo secondo traiettorie che seguono l’impronta genetica della via italiana alla mani-

IMPATTO SULL'IMPRESA DELLE TRASFORMAZIONI DI SCENARIO

Domanda: Secondo Lei, nei prossimi cinque anni, in che misura le seguenti trasformazioni influiranno sulla sua impresa? 7,6

Trasformazione tecnologica e digitale

7,5

Accelerazione dei cambiamenti in atto

7,1

Aumento della complessità

7,1

7,2 7,0 6,8

Scarsità di competenze necessarie ad affrontare le trasformazioni Repentina modificazione del comportamento dei consumatori Innovazione dei modelli di business FONTE: OSSERVATORIO 4.MANAGER

Domanda a risposta multipla Valori percentuali N= 2.130 totale campione

6,6 6,2 6,3 6,1 6,5

Imprenditori Manager Valori medi Scala 1-10 N= 2.130 totale campione

fattura, ossia preservando, anche nella trasformazione, quegli asset che ci hanno resi leader in moltissime nicchie di mercato. Questo nuovo “imprenditore-manager” sembra essere aperto a contributi manageriali esterni e, nella maggioranza dei casi, è consapevole che “le imprese che nei prossimi anni non si doteranno di competenze manageriali faranno fatica ad affrontare il cambiamento e ad essere competitive!”. In prospettiva, circa la metà degli imprenditori intervistati dichiara l’intenzione di assumere almeno un manager nei prossimi 3 anni; questa percentuale, nelle aziende prive di queste figure professionali, si attesta intorno al 30%. Gli imprenditori intervistati dichiarano, nell’87% dei casi, d’incontrare difficoltà nel reperire le figure manageriali. Questo dato sale addirittura al 91% al Nord del Paese, al 94% tra le imprese più giovani, e infine al 92% tra le imprese famigliari. I manager, in “prima linea” nella trasformazione insieme agli imprenditori, sono pienamente consapevoli dei cambiamenti in atto e stanno reagendo con una formazione mirata su innovazione e change management (43,5%), leadership (36,3%), people management (35,2%) (v.di grafico sopra). La sfida per cambiare radicalmente il tessuto imprenditoriale è appena partita, ai manager il compito di portare nuove competenze, hard o soft a seconda delle esigenze. Agli imprenditori serve la volontà di un cambio di rotta, sacrificando potere decisionale in cambio di risultati migliori. Un ottimo affare.

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GESTIRE L’IMPRESA I VALOROSI

IL GRUPPO GRIMALDI FA ROTTA SULLE EMISSIONI ZERO Da gennaio la normativa internazionale obbligherà le navi a ridurre le emissioni inquinanti di zolfo di almeno 7 volte. Ma il traguardo del total green, spiega Manuel Grimaldi, richiede studi concreti sull’idrogeno e sull’elettrico di Sergio Luciano

A

l u n g o termine, abbiamo un sogno: la navigazione a zero emissioni»: parola di Manuel Grimaldi, amministratore delegato di una delle più grandi flotte del mondo, davanti ai 700 delegati della convention Euromed 2019, tenutasi a Giardini Naxos il 4 ottobre scorso. Il sogno del gruppo è «trasportare merci senza impatto ambientale sul pianeta. Questo è ciò che la gente ci chiede. L’emissione zero è MANUEL GRIMALDI, AMMINISTRATORE DELEGATO DI GRIMALDI GROUP. A SINISTRA GRETA THUNBERG qualcosa che deve, e può essere raggiunto». A poche settimana dalla provocazione – controversa ma mediaticamente fortissima – di di emissioni di zolfo che sarà sette volte infegli operatori del settore marittimo dovranGreta Thunberg, che ha scelto di recarsi a riore rispetto ai limiti attuali ». no far fronte ai nuovi limiti di emissione di New York per il suo discorso globale all’OAd ascoltare impegni simili, in un meeting zolfo dello 0,5% imposti dall’Imo a partire nu navigando a vela proprio per affermare come questo, nel salone di un grande alberdal gennaio 2020 e dovranno prepararsi a la necessità di eliminare le emissioni nocive go al mare, sembra tutto semplice. ridurre le emissioni di carbonio in maniera degli aerei, uno dei più importanti armatori Ma bonificare ecologicamente i trasporti significativa anche nei prossimi anni». del mondo prende un impegno. è, con la produzione di energia pulita e lo Una scadenza, un insieme di nuovi obblighi, Un grande impegno. Sceglie addirittura, per smaltimento dei rifiuti, una delle tre sfide che faranno anche giustizia di quella concorfarlo, la parafrasi del meraviglioso appello più formidabili per qualsiasi approccio amrenza marginale che sui mari anche italiani del ’63 lanciato da bientalista che voglia vivacchia in regimi opachi di eco-dumping, TUTTI GLI OPERATORI DEL SETTORE Martin Luther King risolvere il problema aggirando cioè le regole ambientali, non MARITTIMO DOVRANNO FAR FRONTE contro la discriminama non stroncare la avendo navi adeguate o risorse finanziarie AI NUOVI LIMITI DI EMISSIONE DI ZOLFO zione razziale. per adeguarle o cambiarle. DELLO 0,5% IMPOSTO DALL’IMO DAL 2020 vita economica del «Le zero emissioni pianeta. Con understatement, Manuel Grimaldi si è sono un progetto ambizioso, ma fattibile», Il gruppo Grimaldi questo lo sa e moltiplica limitato a dire che il gruppo «ha acquisito un ha sottolineato Grimaldi, «che, tuttavia, ril’impegno da molti anni. notevole know-how nel settore, sviluppato chiede ancora alcuni studi concreti. Ciò no«Il 2019, per il nostro Gruppo, è stato un presso il nostro dipartimento Energy Saving. nostante, a breve e medio termine abbiamo anno incentrato sul tema ambientale – ha Abbiamo inoltre aderito a Clean Shipping Almirato a cambiamenti significativi verso detto l’armatore – e del resto le preoccupaliance 2020, alla Carta volontaria SAILS, a dicarburanti più green. A partire da gennaio zioni ambientali in tutto il mondo imponversi gruppi di studio europei e universitari, 2020 tutte le navi del mondo che hanno olio gono ora un obiettivo green al trasporto contribuendo al contempo a progetti pilota combustibile come carburante, comprese le marittimo. Gli armatori devono fare il loro sull’idrogeno e sui motori elettrici». nostre, dovranno rispettare un nuovo limite dovere e rispondere a tale richiesta. Tutti I consumi scendono, e le emissioni di più. As-

«

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TRASPORTARE MERCI SENZA IMPATTO AMBIENTALE SUL PIANETA: QUESTO È QUELLO CHE LA GENTE CI CHIEDE. ED È UN OBIETTIVO RAGGIUNGIBILE setto e velocità di una flotta tra le più nuove al mondo sono continuamente ottimizzati. Sagomatura dello scafo e del bulbo, rebladings, Promas Lite, sistema di lubrificazione dell’aria, pitture siliconiche e altre misure idrodinamiche, sono ulteriori ritrovati a forte impatto ecologico «e li abbiamo implementati su quasi tutte le nostre navi – dice Manuel - per raggiungere l’obiettivo. Inoltre, 8 navi sono state allungate con lo scopo di ridurre il consumo di carburante per tonnellata trasportata e di conseguenza aumentare l’efficienza ambientale». A voler esaminare con attenzione i risultati già conseguiti dal gruppo sul fronte ecologico, risaltano alcuni primati. Per esempio, le due Cruise ammiraglie impiegate oggi nel Mediterraneo sono le prime ad aver ottenuto “zero emissioni in porto” grazie ad un mega-parco di batterie installato in ciascuno di esse, dalla potenza di 5,5 megawatt all’ora, che ne fa le più grandi navi ibride del mondo. Sono state poi arricchite

abbiamo preso atto del fatto che le banche con pannelli solari e illuminazione a Led. possono prestare meno denaro alle aziende, Il gruppo ha varato un piano d’investimenti così abbiamo reinvestito tutti i profitti del battezzato Clean Air che si pone l’obiettivo Gruppo. di abbattere le emissioni di SOx quasi del Nell’ultimo decennio abbiamo aumentato tutto e si è concretizzato nell’acquisto, già il nostro capitale di oltre 2 miliardi di euro, ordinato, di 29 nuovissime navi che avranno riducendo notevolmente il nostro debito. Il già installati a bordo sistemi per la pulizia Gruppo rimane focalizzato sulla logistica, dei fumi; 10 di queste navi sono già state che è il fulcro delle nostre attività. C’è una consegnate, mentre 19 saranno consegnabuona possibilità che cresceremo in modo te dai cantieri nei prossimi 3 anni. Circa 75 significativo in questo settore sia organicanavi in servizio, per un totale di 162 motori, mente che attraverso fusioni e acquisizioni. sono state o saranno oggetto di lavori in canLa diversificazione del rischio è un punto di tiere per l’istallazione di sistemi di depuraforza: il gruppo opera nel Baltico, nel Mare zione dei gas di scarico a bordo (scrubber). del Nord, nel Mediterraneo, così come nel La metà di queste navi è stata già attrezzata, Nord e Sud America e l’Africa Occidentale. l’altra metà lo sarà entro un paio d’anni. NeTrasporta sia passeggeri che merci, auto gli ultimi due anni il Gruppo ha trasportato nuove e auto usate, camion e rimorchi, proil 17% in più di merci, consumando il 2% in dotti dell’industria forestale, dalla carta al meno di carburante per miglio navigato. Sacartone e legno. Pallet, container, carrelli, ranno a basso impatto le 5 mega-car-carrier semirinfuse, carichi alti e pesanti e trasporti di cui il gruppo attende la consegna da parte speciali. Gli asset sono diversificati: navi ma dei cantieri Yangfan. anche uffici, porti, terminal, agenzie… Nello scorso anno sono state ordinate altre Manuel Grimaldi non ha trascurato un aggior12 navi GG5G dai cantieri Jinling. Saranno namento sulle tante iniziative in atto nelle dotate di sistemi di lubrificazione della cadiverse articolazioni del gruppo: dalla forte rena ad aria, scafo idrodinamico, eliche otcrescita dello “short sea” nel Mediterraneo timizzate, pannelli solari e illuminazione a occidentale, con la Sardegna che ha visto creLed, batterie, il tutto progettato per una nascere la quota di mercato nelle merci dal 35 al vigazione più efficiente e le “Zero Emission 57% e i passeggeri di 110 mila unità. Numeri in Port”. Stanno per essere ordinate 2 Superottimi anche con Sicilia, Malta, Spagna. star ice-class, dotate tra l’altro del più granNel complesso, nel primo semestre 2019 de parco batterie mai montato su una nave. è stata registrata una crescita del volume Ed è in progettazione una Supercruise per passeggeri del 7% e una crescita del voluil Mediterraneo, che produrrà zero emisme di carico dell’8% sioni in porto, avrà NELL’ULTIMO DECENNIO IL GRUPPO sistemi idrodinamici GRIMALDI HA AUMENTATO IL CAPITALE sulle Short Sea del Mediterraneo. Tra le per ridurre l’attriDI OLTRE DUE MILIARDI DI EURO, to, metà consumo di RIDUCENDO NOTEVOLMENTE IL DEBITO società controllate, l’ACL ha raggiunto il carburante e doppia pareggio, la finlandese Finnlines ha macicapacità, plug-in e ricarica interna del parco nato utili, mentre la greca Minoan Lines ha batterie. azzerato i suoi debiti. «Per fare tutto ciò», ha scandito dal palco «Vorrei ringraziare – ha concluso Manuel Manuel Grimaldi, «abbiamo voluto dotarci Grimaldi - tutte le 16.000 persone che lavodi tutta la forza finanziaria che occorre, e rano nel nostro gruppo, nessuno escluso, ma l’abbiamo». Il fatturato dell’anno in corso è in particolare i marittimi che sono esposti stato stabile, con una redditività in linea con ogni giorno al lavoro faticoso a bordo delle gli anni precedenti, e forse anche superionavi». re: «Da quando la crisi è iniziata nel 2008,

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GESTIRE L'IMPRESA

Non mancano, però, gli elementi positivi: il 73% delle aziende afferma che il Gdpr le ha incoraggiate a migliorare il modo in cui gestiscono i dati dei clienti, e il 62% afferma di aver visto aumentare i propri investimenti nella sicurezza informatica. Secondo gli esperti di Rsm, l’entrata in vigore della nuova normativa ha sensibilmente aumentato il livello di consapevolezza tra le imprese europee in merito alle violazioni dei dati derivanti dal crimine informatico, e alla necessità di protezione. Dal lavoro svolto con aziende di tutta Europa emerge che la minaccia di sanzioni finanziarie dovute alla mancanza di conformità, con il conseguente danno reputazionale, hanno spinto all'azione. «Il Gdpr è complesso e impegnativo, ma è anche un'opportunità per le aziende di differenziarsi con la loro capacità di rispondere e dimostrare la propria agilità organizzativa» commenta Jean Stephens, Ceo di Rsm International, «Lasciando andare i sistemi legacy e ripensando il modo in cui interagiscono con i dati, queste imprese possono diventare, sulla scena globale, partner più attraenti e concorrenti più innovativi». In Italia il tasso di conformità al Gdpr è più Più della metà delle Pmi non è in regola con la normativa e nel caso basso a causa della predominanza di Pmi: delle nanoimprese la percentuale supera il 70%. Il problema, avverte la percentuale di aziende che non si sono Rsm, non è tanto la gestione della privacy, quanto il rischio informatico ancora adeguate al nuovo regolamento, indi Riccardo Venturi fatti, aumenta al diminuire della dimensione aziendale. «Tra le nano imprese, quelle con sicuro di come monitorare l'utilizzo dei dati meno di 10 dipendenti, il rapporto 70% di n anno e mezzo dopo l’entrata in vipersonali dei propri dipendenti e il 34% non conformi al Gdpr e 30% di non conformi tengore del Regolamento generale sulcapisce quali procedure siano necessarie de a invertirsi» dice Fabrizio Bulgarelli, Head la protezione dei dati (Gdpr, General per garantire la conformità dei contratti con of RAS e IT Services di Rsm Italia, «manca Data Protection Regulation), il 30% delle imi fornitori terzi. «Le imprese hanno faticato la sensibilità al rischio, che si afferma solo prese europee ammette di non essere ancoa gestire la pressione dopo che il danno inra conforme alla nuova normativa. È quanto per soddisfare i re- IL GDPR VIENE VISTO COME UNA TASSA formatico è fatto e i emerge da un sondaggio condotto dagli Euroquisiti di conformità E NON COME UN'OPPORTUNITÀ PERCHÉ buoi-dati sono scappean Business Awards per Rsm, leader interL'ATTENZIONE VERSO LA SICUREZZA al Gdpr» dice Steven pati». L’attenzione nazionale nei servizi di Audit, Consulting, Tax INFORMATICA RESTA DEFICITARIA Snaith, Technology delle piccole imprese & Legal. Solo il 57% delle imprese si dichiara Risk Assurance Partner di Rsm Uk, «spesso italiane alla sicurezza informatica resta insicura che la propria attività rispetti le regole, sono state travolte dalla gran mole di inforsomma molto deficitaria. «Quello che gran e il 38% di quelle non conformi al Gdpr non mazioni che venivano dalla stampa, dagli orparte delle Pmi italiane non ha ancora fatto è riesce a comprendere quando è richiesto il ganismi industriali e dalle parti interessate. un’analisi dei rischi con un esperto di privacy consenso per conservare ed elaborare i dati. Così molte si sono semplicemente arrese, e informatica» spiega Bulgarelli, «dovrebbero Ancora, secondo il sondaggio commissionato sono tornate al vecchio modo di fare le cose». investire su un certo numero di giornate per da Rsm il 35% delle aziende europee non è

Contro gli hacker le imprese si fanno scudo col Gdpr

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fare un assessment. Noi di Rsm mettiamo a disposizione dei clienti un team misto: legal, organizzativo e IT, funzionale a questa analisi. Non è detto che il risultato sia dover investire in soluzioni di sicurezza informatica molto costose, se ne possono trovare di standardizzate che sono già conformi al Gdpr». Spesso le piccole imprese subiscono danni importanti da attacchi informatici che sarebbero evitabili non solo con spettacolari apparati di cybersecurity, ma anche solo con un minimo di attenzione in più. «Spesso chi apre un’aziendina mette i suoi file word e excel su uno spazio cloud Google che usa anche a casa, uno spazio non business» mette in evidenza l’Head of Ras e It Services di Rsm Italia, «anche solo passare a un semplice contratto business di fornitura degli spazi cloud in questi casi significa aumentare la sicurezza dei dati». La stessa considerazione, quasi banale se non si trattasse di una questione estremamente seria, vale per i software antivirus: «Tante aziende utilizzano quelli gratuiti» osserva Bulgarelli, «mentre lo installi a un certo punto è specificato chiaramente che puoi andare avanti solo se lo utilizzo ad uso personale e non aziendale. Ho visto aziende con 100 dipendenti, che utilizzavano antivirus gratuiti, a cui un cryptolocker ha bloccato l’accesso a risorse indispensabili per l’operatività». In quei casi, l’azienda si ferma per

FABRIZIO BULGARELLI

2-3 giorni nel caso disponga di un salvataggio dei dati, ma non di rado lo stop è di 10 giorni o perfino di un mese perché si sono dovute recuperare le informazioni da clienti e fornitori, prima di reinserirle. Dal punto di vista normativo, in Italia il Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 ha adeguato il Codice in materia di protezione dei dati personali (Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196) alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679. «Tale decreto ha rimarcato il fondamentale approccio al rischio anche per le micro imprese» rimarca l’Head of RAS e IT Services di Rsm Italia, «l’imprenditore deve conoscere a quali rischi va in contro e valu-

L'IMPATTO DEL GDPR SULLE IMPRESE EUROPEE 73% Migliorata la gestione dei dati dei clienti 62% Aumento degli investimenti nella sicurezza informatica 58% Uso innovativo dei dati 51% Si rende l’azienda più sicura dal crimine informatico 37% Il costo della conformità ha rallentato la crescita 31% La conformità ha reso il nostro business più efficace

dal punto di vista operativo 28% Gdpr ha reso difficile lavorare con le imprese non europee

FONTE: SONDAGGIO CONDOTTO DAGLI EUROPEAN BUSINESS AWARDS PER CONTO DI RSM

DI SOLITO TUTTO FA CAPO ALL'IT MANAGER MA LE RESPONSABILITÀ SONO DEI VERTICI tare le adeguate contromisure». Per quanto riguarda le imprese medio-grandi, le problematiche possono essere diverse. «Spesso in Italia il responsabile IT fa da parafulmine ai rischi in carico alla proprietà o alla direzione dell’azienda» afferma l’Head of RAS e IT Services di Rsm Italia, «così quando c’è un danno provocato da un data breach o da un cryptolocker a saltare è proprio lui, caricato di responsabilità che spesso non gli competono». Un modo di gestire le cose che va superato: «Questo approccio al rischio va scardinato facendo escalation sulla proprietà o la direzione per un nuovo approccio olistico» rimarca Bulgarelli, «i vertici devono comprendere che la responsabilità è anche loro, la consapevolezza è elemento fondamentale del Gdpr. Quando lo implementiamo presso questo tipo di cliente chiedo da subito di incontrare tutte le figure aziendali responsabili delle linee di business, e inizio a stravolgere il modello secondo il quale è tutto in capo all’IT manager». Questo cambio di approccio produce un miglioramento della sicurezza. «I direttori e la direzione si fanno molte più domande» insiste l’Head of RAS e IT Services di Rsm Italia, «per esempio iniziano a chiedersi quale Informativa o Consenso utilizzare in questa o quella situazione. Domande che non sarebbero mai uscite se non avessimo distribuito la consapevolezza al rischio».

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GESTIRE L’IMPRESA I VALOROSI

ENAV, LA BORSA FA VOLARE LA SICUREZZA Da ente a partecipazione totalmente pubblica a società quotata: a poco più di tre anni dallo sbarco in Borsa, avvenuto a luglio 2016, Enav è una società internazionalizzata, che investe in formazione e hi-tech di Luigi Orescano «LA QUOTAZIONE IN BORSA CI HA DATO GRANDE VISIBILITÀ E QUELLA ULTERIORE SPINTA CHE OCCORREVA PER POTER MODERNIZZARE ENAV»: è molto soddisfatto Nicola Maione, presidente dell’Enav – l’ex ente nazionale assistenza al volo oggi diventato società e approdato al listino di Piazza Affari. L’aria dei mercati finanziari ha giovato all’azienda, che sta vivendo un buon ciclo economico e industriale. Pur avendo cambiato pelle, e pur sviluppando piani ambiziosi per l’avvenire.

Dunque, presidente: come cambia il vissuto di una grande azienda pubblica se va in Borsa e accoglie nel proprio azionariato, accanto allo Stato, anche quasi tutti i più grandi investitori istituzionali del mondo? Certamente cambia molto, ma non nel core business e nel modo di sviluppare le strategie. Ho vissuto in prima persona il passaggio da società a partecipazione totalmente pubblica ad azienda quotata a luglio 2016 e i cambiamenti più evidenti sono avvenuti nella governance con un CdA più allargato, con l’ingresso di consiglieri espressione delle minoranze, la costituzione dei comitati, alcuni processi aziendali sono stati allineati alle best practice delle aziende quotate con la creazione di tutti quei presidi che servono a monitorare i profili di rischio e a garantire una maggior trasparenza e una sana comunicazione e interazione con tutti gli azionisti. La Borsa però è un interlocutore esigente. Tende a premiare la crescita del business e la sua stabilità. Non temete che questo nuovo punto di riferimento che la sua azienda si è dato possa indurla a perseguire la redditività più di quanto sarebbe sag-

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IL PRESIDENTE DELL’ENAV, NICOLA MAIONE

gio rispetto all’obiettivo prioritario della qualità dei servizi di sicurezza? Nessun pericolo, al riguardo. Per Enav la mission principale è garantire la sicurezza di chi vola. Il nostro è un business regolato che dà certezza di lungo periodo e resilienza ai cambiamenti improvvisi. Peraltro, gli obiettivi che ci dà il regolatore, cioè l’Europa, in termini di performance operative, sicurezza, sostenibilità e cost efficiency si adattano perfettamente alle esigenze di una società quotata. Risparmiare sulla qualità del servizio per Enav vorrebbe dire andare contro i propri doveri istituzionali prima e gli interessi reali degli azionisti poi.

State investendo molto in formazione professionale, accanto ai tantissimi investimenti hi-tech. Ci spiega la ratio di quest’approccio? È proprio nella logica che dicevo prima. Per garantire un servizio di qualità e quindi il

benessere di lungo periodo di Enav è necessario investire nei pilastri che ci consentono di essere al top dei service provider a livello mondiale: persone e tecnologia. Nel nostro mondo l’evoluzione tecnologica deve obbligatoriamente essere accompagnata dalla formazione delle risorse altrimenti non si può progredire. Qualche scaramuccia con i sindacati, ma ora è tornato il sereno: come vive un’azienda nata dalla confluenza di anime e tradizioni diverse? Come sempre le evoluzioni e i cambiamenti creano inevitabilmente un po’ di instabilità. In questo senso ci vuole non solo lungimiranza, ma anche coraggio. Ma avendo la consapevolezza di dover necessariamente andare tutti nella stessa direzione, la quadra alla fine si trova sempre. Acquisizioni all’estero: ce ne sono state di


È NECESSARIO INVESTIRE NEI PILASTRI CHE CI CONSENTONO DI ESSERE AL TOP DEI SERVICE PROVIDER A LIVELLO MONDIALE: PERSONE E TECNOLOGIA pregevoli, ne pianificate altre? All’estero abbiamo varie partecipazioni societarie e per il momento non ve ne sono altre in programma. Tuttavia, se ci dovessero essere delle opportunità e le condizioni, le valuteremmo, ma sempre tenendo presente quale sia la nostra mission istituzionale.

Enav è ormai presente a Dubai, dove ha vinto l’appalto sulla formazione dei controllori, e in molti altri Paesi, sia dell’Asia-Pacifico che di altri quadranti geopolitici. Qual è l’eccellenza che vi viene riconosciuta per “gettonarvi” così nel mondo? Credo che la nostra maggiore qualità sia quella di mettere la stessa passione, determinazione e competenza al servizio di altri paesi così come facciamo per garantire uno sviluppo sicuro e sostenibile del trasporto aereo in Italia. Probabilmente la caratteristica, forse un po’ italiana, di adattarci alle esigenze altrui con flessibilità estrema sia

dal punto di vista umano che tecnico è un tratto distintivo importante. Non sarà un caso che i nostri controllori sono considerati tra i migliori in Europa.

Il traffico che controllate cresce a doppia cifra ogni anno da ormai molti anni. Ma il mondo non si porrà un limite allo sviluppo dell’aerotrasporto? Naturalmente sia lo spazio aereo che lo spazio a terra sono per definizione limitati. In questo l’innovazione tecnologica è fondamentale. Non sappiamo quale sarà il momento in cui si arriverà alla saturazione, ma il nostro compito è proprio quello di creare le condizioni per accogliere maggiori volumi di traffico senza impatti sia sulla puntualità che sull’ambiente, puntando su nuove tecnologie e formazione professionale. Enav da anni ormai aggiorna i propri sistemi e il proprio personale operativo per garantire alle compagnie aeree percorsi diretti per risparmiare carburante e tempo.

Avete una società che gestisce droni: che business costituisce per voi, oggi e in prospettiva? D-Flight, questo è il nome della società, risponde innanzitutto ad una logica di servizio istituzionale. Enav è stata designata da Enac, a seguito di una convenzione, come la società che gestisce il traffico dei droni e ne deve garantire in sicurezza l’integrazione nello spazio aereo con gli aeromobili tradizionali. Certamente è un mercato in rapida evoluzione e ci aspettiamo in futuro che possa generare ottimi ricavi sul segmento del mercato non regolamentato. Per ora siamo al lavoro con i nostri partner per rendere tutti i servizi disponibili il prima possibile.

L’Enav ha rapporti costanti con il Mef, che è il ministero proprietario, il Mit che è il ministero di controllo, ma anche il Mise per le relazioni internazionali, la Difesa per le implicazioni di sicurezza militare e il Viminale per la sicurezza civile. Qual è il mestiere prevalente del presidente: gestire questi Che ne è dello spin-off di Vitrociset acquirapporti? sito da voi? Non solo. Il Presidente deve garantire inLa manutenzione per noi è importante nanzitutto il corretquanto la parte opeNEL 2006 ENAV HA INTERNALIZZATO to svolgimento del rativa ai fini della LA MANUTENZIONE ACQUISENDO lavoro del Consiglio sicurezza e della DA VITROCISET IL RAMO D’AZIENDA CHE OGGI SI CHIAMA TECHNOSKY di Amministrazioqualità del servizio. ne e dei Comitati ed Il valore aggiunto essere in grado di trovare la giusta sintesi di questa operazione, avvenuta nel 2006 per prendere decisioni rapide e nell’interesdall’acquisizione di un ramo di azienda di se esclusivo di Enav e della mission a cui è Vitrociset che ora si chiama TechnoSky, è chiamata l’Azienda. Le relazioni con le ististato quello di aver internalizzato un servituzioni rappresentano una parte molto imzio strategico. Ormai TechnoSky è una soportante non solo per un presidente, ma in cietà 100% di Enav che oltre a gestire tutti generale per i vertici di una società a partei nostri impianti, partecipa con successo a cipazione pubblica e che svolge un servizio molte gare internazionali completando la strategico per il Paese. nostra offerta commerciale.

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NON CHIAMATELO FALLIMENTO LA CRISI DIVENTA UN NUOVO INIZIO FINANZIARE L’IMPRESA Cosa c’entra la riforma del Codice della crisi d’impresa con il tema del finanziamento? C’entra, eccome. In primis, perché le imprese in difficoltà si autofinanziano... evitando di pagare contributi, tasse e ritenute d’acconto. E poi perché la riforma, implicitamente, rende ancora più importante il ruolo di revisori, sindaci e organi di controllo. A loro il compito di prevedere per tempo le difficoltà dell’impresa. Loro il dovere di segnalarle. Per avviare una nuova fase che consentirà la sopravvivenza dell’azienda nella sua identità unitaria.

49 PMI INDEX ECCO LE AZIENDE PIÙ AFFIDABILI DEL PAESE

La riforma del Codice della crisi d’impresa che entrerà in vigore ad agosto 2020 ridisegna il profilo delle responsabilità. Così diventa ancora più incisivo il ruolo di revisori e sindaci. Anche per le microimprese di Marina Marinetti

C’

era una volta il fallimento. C’è anciali di liquidazione coatta amministrativa). cora, ma ha i mesi contati. Perché A cominciare dalle parole. dal prossimo luglio 2020 non esiI termini “fallimento”, “procedura fallimentare” sterà più: si estinguerà, cedendo il passo e “fallito” saranno sostituiti dalle espressioni alla “liquidazione giudiziale”. A stabilirlo è il “li-quidazione giudiziale”, “procedura di liquidecreto legislativo n. 14 del 2019, altrimendazione giudiziale” e “debitore assoggettato a ti detto Riforma del Codice della crisi d’imliquidazione giudiziale”. «La novità, psicologipresa, in attuazione della delega contenuta camente molto importante, tenta di superare nella legge n. 155 il concetto di disvalore del 2017. Entrerà in I TERMINI “FALLIMENTO”, “PROCEDURA sociale che normalFALLIMENTARE” E “FALLITO” NON vigore il 14 agosto mente si accompagna ESISTERANNO PIÙ. UNA QUESTIONE 2020, soppianterà al fallimento», spiega DI SOSTANZA, OLTRE CHE DI FORMA definitivamente l’ata Economy Salvatore tuale legge fallimentare, disciplinando in Sanzo, presidente (e partner) della legal firm un unico corpo normativo le procedure che Lca. «Si tratta di un cambiamento epocale: l’athanno come obiettivo la soluzione della tuale legge fallimentare si basa su una logica crisi o dell’insolvenza sia dell’imprenditore liquidatoria, la cui finalità è l’eliminazione dal (commerciale e non), che del debitore civile mercato le imprese in difficoltà, nella nuova sovraindebitato, fatte salve alcune eccezioni ottica si persegue la finalità primaria del salva(enti pubblici, amministrazione straordinataggio dei beni aziendali, sempre nell’interesse ria per le grandi imprese, alcune forme spedei creditori, salvaguardando ogni volta che

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FINANZIARE L’IMPRESA

sia possibile la continuità anche da parte di terzi. Si liquida, in sostanza, con la finalità del salvataggio dell’azienda e della prosecuzione della sua attività». Il nuovo codice, insomma, esprime una filosofia completamente diversa rispetto alla precedente legge fallimentare, cerca di favorire una cultura del risanamento, superando la concezione di fondo, storicamente radicatasi, che correlava al fallimento un disvalore sociale perché considerava il debitore insolvente come un frodatore e l’insolvenza come illecito da sanzionare. Questione di forma, ma anche di sostanza. «L’insolvenza viene vista ora come evento naturale nel quadro del rischio implicito nell’attività d’impresa, e dunque, per quanto fenomeno patologico, comunque statisticamente prevedibile», sottolinea Sanzo. Via, dunque, a favorire il più possibile la prevenzione della crisi e, comunque, a evitare il più possibile che la crisi diventi irreversibile. E, in ogni caso, via a strumenti che non siano diretti a sanzionare l’imprenditore (salvo che nei casi in cui abbia commesso veri e propri illeciti penali), quanto piuttosto a salvare i valori dell’impresa e consentire all’impresa una “seconda chance”. Come? Con l’introduzione di un sistema procedure di “allerta” e di “composizione assistita della crisi”: ai primi indizi, insomma, si deve correre ai ripari. «Quanto piu tardi emerge la crisi, tanto maggiore è la dispersione dei valori dell’azienda», sottolinea il presidente di Lca. «Il legislatore, quindi, ha creato una serie di strumenti per garantire l’emersione tempestiva della crisi». In primis, attraverso la responsabilizzazione degli organi interni, «in particolare il revisore e i sindaci, oltre agli amministratori. Di fronte all’emergenza di segnali che indicano l’esistenza di crisi aziendale la cui rilevazione verrà affidata a determinati indici elaborati dall’Ordine dei Commercialisti, gli organi di controllo interno e di revisione saranno tenuti a segnalare la circostanza agli amministratori affinché intervengano immediatamente». E se non fanno finta di nulla e non intervengono? «Sono previsti profili di responsabilità, in caso di mancata segnalazione, ma anche in forme premiali: una segnalazione tempestiva può co-

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SALVATORE SANZO

stituire motivo di esenzione da responsabilità. Ricordiamo che la bancarotta, anche semplice, rimane un reato». Ma segnalare non basta. Bisognerà attivarsi per adottare le misure più idonee alla composizione della crisi, sotto la supervisione di un apposito organismo che avrà il compito di fornire consulenza specialistica e assistere e guidare l’imprenditore nelle trattative con i creditori: l’Organismo (appunto) di composizione della crisi di impresa, altrimenti detto Ocri. Che, per il momento, esiste solo sulla carta. «L’Ocri verrà costituito presso le Camere di commercio non appena ricevuta la segnalazione della crisi», spiega l’avvocato Sanzo. «Sarà composto da tre membri: uno nominato dal presidente della sezione Imprese del di competenza territoriale, un secondo dal presidente della Camera di Commercio, il terzo dall’organismo di rappresentanza dell’imprenditore, come Confidustria, Confagricoltura, eccetera. Non sarà facile, perché così l’imprenditore in crisi rischierà di trovare tra i membri dell’Ocri un suo competitor. Non solo: la legge prevede che i membri appartengano all’albo dei curatori, che dovrà essere costituito a livello nazionale. E l’iscrizione all’albo è una caratteristica alquanto difficile per un associato a Confundustria o Confcommercio, per esempio. Si ren-

derà necessaria una modifica della norma: è stata una svista del legislatore». Come funziona (o funzionerà, sarebbe meglio dire), in sostanza, la composizione della crisi? «L’Ocri convoca l’imprenditore e cerca con lui di individuare gli strumenti per la soluzione, confrontandosi con i creditori per costruire un piano di risanamento», spiega Sanzo. «Se l’imprenditore collabora, inizia così un percorso virtuoso». E se non collabora o rifiuta la soluzione? «Il procedimento si chiude e gli atti vengono inviati al pubblico ministero per dare corso all’apertura della liquidazione giudiziale». E qui casca l’asino, pardòn, il legislatore: «È uno dei punti più criticati della riforma: si rischia di finire in una sorta di imbuto che porta direttamente al pubblico ministero. La riforma risente di un’ispirazione giudiziaria: la legge delega è stata redatta sentendo più voci, ma il Codice, probabilmente, è stato invece costruito con una forte componente giudiziaria». E poi ci sono gli effetti collaterali: la riforma responsabilizza anche altri soggetti, esterni all’impresa. «È noto che le imprese in difficoltà si autofinanziano omettendo il versamento di ritenute d’acconto, Iva e contributi. Con l’entrata in vigore del nuovo codice, l’Agenzia delle Entrate e la Previdenza sociale, al raggiungimento di determinate soglie di insolvenza dell’imprenditore saranno tenute a segnalare all’Ocri l’azienda, pena la perdita del rango privilegiato del proprio credito nell’ambito della successiva procedura concorsuale». Ma anche le banche richiano: «Dovranno monitorare in maniera più incisiva i soggetti a cui fanno credito. La concessione abusiva di credito resta rischia di acquisire un’efficacia più importante». L’imprenditore, quindi, non sarà l’unico a farne le spese. Il rischio dietro l’angolo è di un ulteriore credit crunch. «Ci vorranno anni perché la riforma dia frutti. Avrei preferito un percorso meno giurisdizionalizzato, ma conto sulla normale elasticità italiana nell’interpretare le norme. In ogni caso il segreto per evitare l’imbuto è rilevare il più tempestivamente possibile la crisi, quindi tutte le imprese, anche le più piccole, dovrebbero dotarsi di un sistema di controllo interno».


ALLA SCOPERTA DELLA SILICON VALLEY ITALIANA Settore Software - Pmi affidabili classificate per performance Classifica Ragione sociale

Nsa Economy Ranking

SUD

NORD-OVEST

NORD-EST

CENTRO

A

ltro che Paese arretrato: in Italia il mercato digitale, ovvero quello che include informatica, telecomunicazioni, contenuti ed elettronica di consumo, lo scorso anno è cresciuto del 2,5%. In termini assoluti, muove qualcosa come 70,5 miliardi di euro. Ma è il software, a spingere di più sull’acceleratore: nel 2018, secondo i rilievi pubblicati da Anitec-Assinform, è aumentato del 7,7%, toccando il tasso di crescita più alto degli ultimi anni. La trasformazione digitale spinge il mercato e le aziende italiane non restano a guardare. Quali aziende? Le più affidabili. Le ha classificate, per Economy, il gruppo Nsa, il primo mediatore creditizio per le imprese italiane per fatturato, vigilato dalla Banca d’Italia tramite l’Organismo agenti e mediatori. Nsa è un mediatore creditizio specializzato nella erogazione di finanziamenti alle imprese, capace di garantire efficacia ed efficienza nei rapporti con il sistema bancario. Il rank attribuito alle aziende da Nsa che vedete nella tabella a fianco è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Viene calcolato sull’analisi dei bilanci, regolarmente depositati. In particolare, l’analisi classifica le imprese per solidità patrimoniale, performance, affidabilità e redditività: i medesimi parametri utilizzati per l’elaborazione di nsaPmindex, l’indice sul merito creditizio. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’Indice nsaPmindex, indice annuale sullo stato delle PMI italiane. E la tabella a fianco rappresenta una fotografia dello stato di salute delle imprese italiane, suddiviso per area geografica.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

SELDA INFORMATICA - SOC. CONSORTILE A R.L. - Roma GWAY S.R.L. - Roma ANRITSU SOLUTIONS S.R.L. - Roma REDKNEE ITALY OS S.R.L.- Roma TEAM DUEMILA S.R.L. - Santa Croce sull’Arno (PI) DUEERRE S.R.L. - Roma METEDA S.R.L. - Roma SPAZIODOMOTICA - S.R.L. - Roma CRINALI S.R.L. - Roma WEBMONKS S.R.L. - Cave (Roma) AUTOSCOUT24 ITALIA S.R.L. - Albignasego (PD) INFORMATICA ALTO ADIGE SPA - Bolzano ARSENA’L.IT - Treviso LOCAL WEB SRL - Bolzano TRUEBLUE S.R.L. - Verona PROGEL S.P.A. - Argelato (BO) INFORMATICA BANCARIA TRENTINA S.R.L. - Trento APOGEO S.R.L. - Piacenza (PC) DELTA SYSTEM SPA - San Fior (TV) OPENSYMBOL S.R.L.- Vicenza SALESFORCE.COM ITALY S.R.L.- Milano VMWARE ITALY S.R.L. - Milano NATIONAL INSTRUMENTS ITALY SRL - Assago (MI) GRUPPO FORMULA S.P.A. - Milano XCHANGING ITALY S.P.A. - Milano DISC SOCIETA’ PER AZIONI - Bergamo ANSYS ITALIA S.R.L.- Milano KEYWORDS STUDIOS ITALY S.R.L. - Milano SIMCORP ITALIANA S.P.A. - Milano IN.VA. S.P.A. - Brissogne (AO) ELCO@SERVICE S.R.L. - Napoli 2M PROGETTI S.R.L. - Cagliari IDEA75 S.R.L.- Bari LEONARDO SOCIETA’ COOPERATIVA - Chieti KSYSTEM SRL - Bari VIVOCHA S.P.A.- Cagliari NICA S.R.L. INFORMATICA AZIENDALE - Marigliano (NA) FASTBEE S.R.L. - Pozzuoli (NA) CMA S.R.L. - Frattamaggiore (NA) SANTEC S.P.A. - Avellino (AV)

Fatturato 6 .980.501 € 6.418.180 € 6.352.169 € 5.310.494 € 4.932.599 € 3.807.125 € 3.733.031 € 2.779.346 € 2.557.702 € 2.511.447 € 37.345.703 € 26.956.655 € 11.612.516 € 10.109.870 € 9.923.025 € 8.737.290 € 7.917.174 € 6.632.004 € 6.523.753 € 6.391.617 € 33.299.366 € 31.904.878 € 29.924.483 € 27.597.000 € 25.897.725 € 23.088.452 € 18.896.912 € 17.270.087 € 17.160.484 € 16.125.245 € 4.875.842 € 3.925.260 € 3.791.218 € 3.327.501 € 2.976.070 € 2.165.877 € 2.127.356 € 1.672.631 € 1.441.689 € 1.413.756 €

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IL FUTURO È UN UOVO DA COVARE

Con l’ingresso di Banca Albertini, il Gruppo Ersel arricchisce l’offerta e rinnova la propria immagine. Specialista nella gestione, anticipatrice attenta ai cambiamenti del mercato, dal 1936 Ersel continua a puntare sulla vicinanza e sull’ascolto diretto del cliente. La scelta più sicura per chi cerca un servizio di investimento realmente personalizzato. Per proteggere e far crescere il vostro patrimonio, per covare le vostre ambizioni.


SALONE DEI PAGAMENTI

WORKSHOP IL FUTURO DEI PAGAMENTI Innovazione tecnologica significa più agilità nei pagamenti, ma anche necessità di maggiore sicurezza: un imperativo nell’era dei pagamenti digitali, delle carte contactless, delle app che trasferiscono denaro operando sui conti correnti degli utenti. Il tutto nel segno della tracciabilità, perseguendo il fine dell’eliminazione del sommerso. Ecco perché la strada dell’alternativa al contante passa attraverso sistemi di pagamento sempre più evoluti.

GRAZIE A SMARTPHONE E CARTE IL CONTANTE DIVENTERÀ OBSOLETO Digitalizzazione equivale a tracciabilità. Così, dal 6 all’8 novembre Milano ospiterà il Salone dei Pagamenti organizzato da AbiServizi. Facciamo il punto con Gianfranco Torriero, vicedirettore generale dell’Abi di Davide Passoni

«I

n Italia rimaniamo distanti dagli alitaliani ai pagamenti elettronici rende chiara tri Paesi europei ma nel corso degli l’importanza dell’appuntamento con il Salone anni c’è stato un sempre maggior dei Pagamenti, l’evento promosso dall’Assoutilizzo degli strumenti di pagamento tracciaciazione Bancaria Italiana e organizzato da bili. Stanno cambiando le nostre abitudini e i ABIServizi, in programma a Milano dal 6 all’8 nostri comportamenti, novembre. In un moprimo fra tutti il fatto IL CIRCOLO VIRTUOSO DEI PAGAMENTI mento in cui, nel nome di avere sempre con I pagamenti digitali azzerano il sommerso. della digitalizzazione e noi uno smartphone. Così si evita che la parte di fiscalità della lotta all’evasione Però, la ritrosia che non pagata da chi dovrebbe esservi fiscale come fonte da assoggettato si riversi sulla collettività. c’era in passato in Itacui recuperare gettito lia verso forme di pain chiave di manovra gamento diverse dal contante, cioè con carte o economica, il tema della tracciabilità dei pagacon addebiti automatici o con bonifici, in parte menti è sulla bocca di tutti, fare cultura in quec’è ancora per diverse motivazioni». Il quadro sto ambito è quanto mai utile e necessario, per sintetico che Gianfranco Torriero, vicedirettonon restare sempre un passo indietro rispetto re generale dell’Abi, fa del rapporto che lega gli agli altri Paesi europei.

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> WORKSHOP SALONE DEI PAGAMENTI Quali sono le cause che frenano l’amore per gli italiani verso le carte di pagamento, cioè le carte di debito e di credito? Alcune sono comportamentali, altre socio-culturali, e determinano un minor ricorso a questa tipologia di pagamento. Una delle cause citate per spiegare questo basso utilizzo è una presenza del mondo della Gdo che si è affermata da noi in tempi più recenti rispetto a quanto accaduto nel resto dell’Europa. Nella Gdo si fa un più ampio utilizzo di queste forme di pagamento. Nel Regno Unito, alla fine degli Anni ‘80 c’erano già i grandi centri commerciali in cui l’uso dei pagamenti elettronici era più evoluto rispetto a quanto avveniva nei piccoli esercizi; in Italia tutto questo è arrivato dopo. Un altro motivo è il ritardo che ancora abbiamo nella digitalizzazione del Paese; l’utilizzo dell’e-commerce e dell’economia digitale, più in generale, ci vede disallineati in modo significativo rispetto ad altri Paesi, specialmente del nord Europa. È un ulteriore elemento di cui tenere conto quando si cercano le cause del perché da noi il ricorso a strumenti diversi dal contante è più contenuto. Ed è un ritardo visibile anche rispetto ad altri metodi di pagamento tracciabili, come confermano i dati: in Italia utilizziamo meno soprattutto le carte di pagamento, ma un utilizzo più contenuto rispetto agli altri Paesi si registra anche per gli assegni, gli addebiti in conto e i bonifici. Questo da parte di chi effettua il pagamento. E da parte di chi lo riceve, invece? Sotto questo profilo il tema è diverso. Molti sono i vantaggi del ricevere pagamenti elettronici, in primo luogo in termini di sicurezza. Ciò nonostante chi più chi meno, tutti noi abbiamo avuto un’esperienza diretta di comportamenti diffusi che spingono a non pagare con strumenti tracciabili, magari a fronte di uno sconto e della non emissione della fattura: è la presa d’atto della presenza di un sommerso, agevolato dall’utilizzo del contante. Qualcuno si giustifica parlando di commissioni troppo elevate da pagare ai gestori delle carte. Le carte di credito e di debito sono soggette

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GIANFRANCO TORRIERO

a una regolamentazione internazionale; le commissioni interbancarie sono stabilite in un tetto massimo pari allo 0,20% per le carte di debito e allo 0,30% per quelle di credito; questo è valido per tutta Europa ed è una componente importante del prezzo finale che ricade sull’esercente. È invece rilevante osservare che se non ci sono uno scontrino né un pagamento tracciabile, la parte di fiscalità che non è pagata viene riversata come esternalità negativa sulla collettività. Che soluzioni adottare, allora, per spezzare questo circolo vizioso? Come Abi, riteniamo sia più utile lavorare con un sistema di incentivi anziché di penalizzazioni, cercando di agire per stimolare i comportamenti virtuosi con meccanismi premianti. Prenda l’esempio dei gestori di pompe di benzina; hanno ottenuto incentivi per l’uso dei sistemi di pagamento tracciabili - un credito d’imposta calcolato in rapporto alle commissioni pagate per le transazioni - e hanno visto un sensibile incremento nell’utilizzo dei pagamenti elettronici alla pompa. Meglio premiare che castigare, dunque? Meccanismi repressivi devono associarsi a controlli stringenti; considerando che in Italia ci sono circa tre milioni di Pos, immaginare un controllo continuo è molto difficile. Serve creare un contratto di interesse tra il portatore della carta e l’esercente, o incentivare in qualche modo entrambi affinché sia per loro vantaggioso effettuare e ricevere pagamenti in

forma tracciabile. In tutto questo, come si inserisce l’innovazione tecnologica? Abbiamo visto crescere l’interesse in questo senso nelle diverse edizioni del Salone, perché il settore dei pagamenti è molto competitivo, a forte valore aggiunto tecnologico e ad alto potenziale di sviluppo, in quanto alle modalità di pagamento tradizionali se ne aggiungono di sempre più innovative. Al Salone sono presenti tanti operatori che portano innovazione spinta nel settore, contribuendo all’innovazione della funzionalità complessiva del settore. Innovazione tecnologica significa anche maggiore sicurezza. L’aspetto della sicurezza è fondamentale. I sistemi d pagamento funzionano se c’è fiducia reciproca nell’utilizzarli, se sono accompagnati da misure di sicurezza adeguate. Gli investimenti che le banche stanno facendo in questo momento e le innovazioni determinate anche dalle normative europee come la PSD2, vanno tutte nella direzione di un rafforzamento della sicurezza. Che non è gratuita, ma prevede una quantità di investimenti rilevante. Inoltre, le transazioni non sicure non determinano la crescita delle transazioni stesse: gli strumenti di pagamento diventano vincenti se il numero di transazioni sottostanti risponde poi a criteri di economicità, perché tante transazioni abbattono i costi. Il pay-off del Salone dei Pagamenti è “Payvolution”: che cosa significa? Significa evoluzione dei sistemi, ma anche della consapevolezza e delle abitudini di pagamento. La scelta di chiamare l’evento “salone” serve a dare l’idea di qualcosa che coinvolge sì attori istituzionali, ma soprattutto cittadini. C’è la necessità di intervenire direttamente sulla fruizione degli strumenti di pagamento in termini educativi. Il Salone vuole coinvolgere scolaresche, persone comuni. Nella scorsa edizione abbiamo avuto 10mila presenze, segno del fatto che il tema delle transazioni elettroniche non riguarda solo la lotta all’evasione, ma implica un approccio diverso all’intero sistema dei pagamenti da parte di ciascuno di noi.


Pagamenti digitali e PSD2: verso una cashless society Con l’entrata in vigore della direttiva europea, il prepagato non è più baricentrico. Ecco i servizi di nuova concezione, come quelli offerti da Epipoli, gruppo fintech italiano leader nelle gift card e nel couponing

A

d oggi il settore dei pagamenti digiza o regala circa 15 gift card. In Italia il mercato tali sta crescendo a livello internavale circa 500 milioni di euro, ma ci si attende zionale. Quest’evoluzione, accelerata che nei prossimi 10 anni possa crescere fino a dalla recente direttiva europea PSD2, sta velo20 miliardi. Con la PSD2 il fenomeno si accelecizzando la trasformazione verso una cashless ra poiché anche i retailer, battendo la propria society. Il boom si registra anche nel nostro moneta di Insegna o distribuendo la moneta Paese, sebbene ad un tasso inferiore rispetto di marca di oltre 200 grandi Brand che vanall’estero. L’Italia è infatti ancora in fondo alla no dalla “A di Amazon alla Z di Zalando” che classifica dei pagamenti digitali, con un tasso partecipano, già, di fatto, al cosiddetto merdi utilizzo ben inferiore rispetto alla media eucato light banking. La vera opportunità è data ropea. Il contante resta lo strumento più diffureciprocamente alle banche che devono trovaso, impiegato oggi in circa 8 transazioni su 10. re altre forme di vendita più contaminate. Si Se, infatti, nel nostro Paese le transazioni con tratta di un’occasione che possono sfruttare al moneta elettronica non vanno oltre il 26% del meglio proprio grazie alla vendita di Gift Card totale, in Europa il dato è pari al 45% (Bain & e carte prepagate. La disruption dei sistemi Company). I pagamenti con carta, però, sono di pagamento crea nuove e più concrete fordestinati a crescere, me di engagement in contribuendo a colgrado di incrementare mare questo divario FORME DI ENGAGEMENT PIÙ EFFICACI l’interazione con i contra Italia ed Europa. È possibile incrementare l’interazione sumatori e valorizzare Con l’introduzione con i consumatori e valorizzare l’afflusso l’afflusso in filiale e della PSD2 il sistema in filiale e verso il sito internet puntando verso il sito internet su servizi mirati alla conoscenza del cliente del prepagato non è puntando al bene più più bancocentrico e prezioso. Si, perché il si sta aprendo la strada a nuove tipologie di filone aureo è costituito dal dato ovvero dalla operatori tra cui Epipoli, gruppo fintech itaconoscenza del cliente. Epipoli ha lanciato nel liano oggi leader nei sistemi prepagati, nelle 2003 i primi programmi di advanced analytigift card e nel couponing. L’azienda, fondata cs in Italia lavorando sulle grandi mole di dati da Gaetano Giannetto, nel 2006 ha precorso come ad esempio i data base delle carte fedeli tempi: ha introdotto le Gift Card in Italia e tà delle catene della distribuzione passando nel 2012 ha lanciato in Europa continentale la successivamente alle transazioni bancarie per prima carta prepagata Mastercard distribuita atterrare oggi ai sistemi avanzati di Intelligenattraverso i punti vendita della Grande Distriza Artificiale e Machine Learning. buzione che oggi può essere utilizzata negli oltre 36 milioni di esercizi commerciali in Italia. L’alfabetizzazione del consumatore Il nuovo assetto del settore dei pagamenti Gift card: un mercato in crescita digitali, così prospettato e creato dalla PSD2, Negli Stati Uniti, l’economia legata alle Gift offre quindi spazio a un approccio del tutto Card si stima valga circa 650 miliardi di dollainedito al mondo del prepagato che porta con ri. Ogni americano in un anno acquista, utilizsé la necessità di alfabetizzare il consumato-

GAETANO GIANNETTO

re. È importante che tutto il mondo del light banking si prenda cura dei propri consumatori, informandoli dei nuovi rischi collegati alle nuove modalità di pagamento. Va in questa direzione di informazione e tutela la campagna TV “Quando si parla di soldi, stai al passo coi tempi!” lanciata da Epipoli lo scorso maggio con lo scopo di far conoscere al pubblico la Epipoli prepagata Mastercard: uno strumento di pagamento al portatore, sicuro e usa e getta che consente di fare acquisti, anche senza conto corrente, online e nei negozi in tutto il circuito Mastercard. La carta, che si può acquistare alle casse dei supermercati e nei mediastore presso gli espositori MyGiftCard, ma anche online, sarà di nuovo protagonista di una campagna di comunicazione a partire da Novembre 2019. Il nuovo flight rientra nella strategia del Gruppo, il primo in Europa a credere che in una società destinata a vivere senza contanti, le carte prepagate siano un vero e proprio prodotto mass market e, quindi, come tale devono essere pubblicizzate e raccontate ai consumatori.

IL GRUPPO EPIPOLI Oggi è un prepaid payment network con 250 Partner in oltre 50.000 punti vendita, di cui 5.000 della Grande Distribuzione, e raggiunge con i propri servizi circa 4 milioni di consumatori. Il Gruppo, specializzato nell’innovazione e nel digital

WORKSHOP SALONE DEI PAGAMENTI > 53



ERMETE REALACCI

APPROFONDIMENTI

IL PIONIERE DELLA SOSTENIBILITÀ “SFIDA” IL MONDO DELLE IMPRESE Il presidente di Symbola Ermete Realacci, con il suo Manifesto per un’economia a misura d’uomo, chiama a raccolta la società civile

56 PWC ROBOT E AI CREERANNO LAVORO SE COLLABOREREMO CON LORO

58 CONFPROFESSIONI PROVE TECNICHE DI FUTURO PER I LIBERI PROFESSIONISTI

59 ANDAF DICHIARAZIONE NON FINANZIARIA CORVÈE DA GESTIRE CON CURA

62 AIFI PRIVATE DEBT: CRESCONO RACCOLTA E INVESTIMENTI

64 CI PIACE/NON CI PIACE AFFARI, I PROMOSSI E I BOCCIATI DEL MESE

65 PRIVATE BANKER I TASSI NEGATIVI SPINGONO A RIFLETTERE SUL RISPARMIO

di Alfonso Ruffo

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se e della cultura è per un’economia circolare e on il suo Manifesto per un’economia sostenibile. E parte dal primato che l’Italia vanta a misura d’uomo il presidente di Symin questo campo in Europa e dunque dalla posbola Ermete Realacci è riuscito a metsibilità che il nostro Paese possa diventare un tere insieme un parterre così vasto che mai esempio per gli altri. Esempio positivo, per una si era avuto prima d’ora sul tema: presidenti volta, visto che la sensibilità per l’argomento è di organizzazioni culturali e imprenditoriali – molto più sviluppata di quanto di pensi. dell’industria, dell’agricoltura, dell’artigianato, Gli imprenditori italiani del commercio, della OCCORRE ABBANDONARE I DOGMI hanno infatti abbracciato da cooperazione - profesDELL’IDEOLOGIA PER ATTERRARE tempo la cultura della gresionisti, accademici, SUL PIANO DELLA CONCRETEZZA economisti. LAVORANDO A FAVORE, NON CONTRO en economy e si battono, ora anche attraverso il MaE pure il direttore delnifesto di Symbola, perché la lotta alle disuguala Sala stampa del Sacro Convento di Assisi, glianze sociali e territoriali, all’illegalità, all’inpadre Enzo Fortunato, che è tra i più fieri e certezza del futuro sia condotta abbandonando convinti sostenitori del raggruppamento che i dogmi dell’ideologia per atterrare sul piano si è formato “contro la crisi climatica” le cui della concretezza: lavorare a favore e non contro. tesi naturalmente si orientano verso quelle Bellezza e qualità dei prodotti, esperienze che animeranno il mega raduno mondiale dei vissute nelle comunità locali, azioni condotte giovani ricercatori che Papa Francesco vorrà per la coesione sociale, l’empatia che sposa incontrare la prossima primavera proprio ad la tecnologia… tutto si tiene per promuoveAssisi. La sfida lanciata re un modo di pensare e di creare che può da Realacci e accolta garantire all’Italia un vantaggio competitivo. dal mondo delle impreL’Italia che fa l’Italia – Realacci ne è convinto - può contribuire a realizzare un mondo più L’AUTORE ALFONSO RUFFO sicuro, civile e gentile.

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APPROFONDIMENTI

COSTRUIRE CULTURA D’IMPRESA Inizia con questo articolo, firmato dal “territory senior partner” di PwC Italia Giovanni Andrea Toselli, una collaborazione tra il colosso della revisione contabile e della consulenza ed Economy. Nei prossimi numeri, pubblicheremo altri otto interventi, di altrettanti autori PwC, che svilupperanno i temi indicati nel box della pagina accanto. Il senso profondo di quest’iniziativa editoriale ovviamente multimediale, perchè gli articoli saranno disponibili in modalità free da subito anche sul web - è quello di aprire un dibattito sulla cultura d’impresa, vista dall’ottica di un gruppo globale della consulenza che la vive e la pratica quotidianamente nel mondo e in Italia. Un modo per contribuire a creare valore per il sistema Paese. (s.l.)

Robot e AI creeranno lavoro se sapremo lavorare con loro Secondo uno studio di PwC entro il 2022 le nuove tecnologie azzereranno 75 milioni di posizioni, ma ne genereranno 133 milioni: 58 in più. La partita per essere dalla parte giusta del campo è ancora tutta da giocare di Giovanni Andrea Toselli *

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ecno-ottimisti sì, tecno-fanatici no. Siamo convinti che la rivoluzione digitale creerà nuovi posti di lavoro, più di quanti ne abbia resi superflui o si accinga a rendere tali: ma la transizione tra il vecchio e il nuovo mondo del lavoro sarà lunga e complessa, e va gestita. Secondo un recente studio PwC dal titolo «Will Robots Steal Our Jobs» entro il 2035, robot e intelligenze artificiali saranno in grado di sostituire il 39% dei posti di lavoro attualmente esistenti in Italia. Ma, a determinate condizioni, potranno indurne la creazione di molti di più. Gli effetti di questa vera e propria rivoluzione non si avvertiranno comunque allo stesso modo in tutti i settori e livelli professionali: solo il 16% dei laureati rischia di veder scomparire il proprio posto di lavoro, contro il 45% dei lavoratori che non hanno completato un ciclo di studi superiori. E comunque, al 2022, nel mondo

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i posti azzerati dal digitale si calcolano in 75 milioni, mentre quelli nuovi creati dalle stesse tecnologie saranno 133 milioni, 58 in più. La partita per essere dalla parte giusta degli effetti del digitale, la parte di questi 133 milioni di nuovi occupati tecnologici, è una partita tutta da giocare. L’Italia – che pure annovera numerosimi LA PERCENTUALE DI ADULTI CON COMPETENZE LINGUISTICHE O MATEMATICHE INSUFFICIENTI È DEL 39% CONTRO IL 26,3% DELLA MEDIA OCSE

brillanti talenti, nel digitale - parte però molto svantaggiata su un fronte: quello della formazione. La percentuale di adulti (16-55 anni) con competenze linguistiche o matematiche insufficienti è del 39% contro il 26,3% della media Ocse, ad esempio. La percentuale di Neet è tra le più alte d’Europa, 28,9% contro 16,5%. Dobbiamo renderci conto, ed affermare

forte e chiaro, che senza adeguati investimenti in formazione, l’Italia rischia di spostarsi verso il basso nelle catene globali del valore. Ed è purtroppo quanto sta accadendo oggi. Tra il 2006 e il 2016 i lavori a basse competenze sono cresciuti del 5,2%, quelli ad alte sono scesi dell’1% e quelli a medie competenze sono diminuiti del 4%. Solo l’8,1% degli italiani in età da lavoro è impegnato in un percorso di apprendimento permanente. Il 40% delle aziende sopra i 10 addetti non offre loro nessun programma di formazione professionale. Inoltre, l’Italia risulta il quart’ultimo Paese dell’area Ocse per numero di laureati (il 18,7% della popolazione tra i 25 e i 64 anni, contro una media Ocse del 36,9%). Nel secolo dell’economia della conoscenza, l’Italia non può permettersi un deficit di competenze così grave. Ma non è l’unico gap nocivo, se ci si pone


parametri-chiave misurati dalla Commissione, ovvero il capitale umano digitale, i servizi pubblici digitali, il tasso di utilizzo dei servizi web e l’integrazione delle tecnologie digitali nel sistema. Contrastare e anche rapidamente migliorare questo quadro così critico è possibile, ma alla condizione di muovere subito, e insieme, sei leve di polita settoriale e sistemica. Le leve settoriali incentrate sull’istruzione e sulla connessione di essa con il mercato del lavoro devono ridurre l’età di avvicinamento allo studio dell’Ict, il grado di utilizzo dell’Ict da parte dei formatori e la disponibilità di dispositivi digitali per la formazione. Le leve trasversali devono puntare a chiudere il gap infrastrutturale digitale di cui il Paese soffre, incrementando la possibilità di avviare attività on-line e agevolando l’accesso a contenuti on-line di buona qualità, a tutti i livelli. Rispetto a tutto ciò, PwC Italia ha in corso una collaborazione con l’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà volta a mettere a punto una proposta di legge che intervenga su questi fronti. I punti su cui la nell’ottica di individuare i presupposti neproposta di articolerà saranno volti a socessari per agganciare lo sviluppo digitale. stenere il capitale umano 4.0 introducendo Ce n’è almeno un altro, altrettanto grave: l’iper-ammortamento appunto per le speil gap infrastrutturale. se in formazione digitale avanzata. Inoltre, La logistica – che è un settore trasversale, la legge ha l’obiettivo di avviare una speabilitante di ogni sviluppo commerciale e rimentazione triennale volta a consentire industriale – è al 19° alle scuole medie di VA CHIUSO IL GAP INFRASTRUTTURALE posto nella graduatutta Italia di introDIGITALE DI CUI SOFFRE L’ITALIA, toria mondiale delle durre le non-cogniINCREMENTANDO LA POSSIBILITÀ performance di sitive skills – come DI AVVIARE ATTIVITÀ ON-LINE stema, guidata dalla amicalità, coscienGermania. ziosità, stabilità emotiva e apertura menLa banda larga scarseggia. La percentuale tale - su base volontaria e sperimentale, di famiglie con connessione a banda larga all’interno della didattica della scuola seè del 53,8% con il picco della Lombardia condaria di primo e secondo grado. Obietal 63,2% e il record negativo della Calativo è sviluppare negli studenti abilità e bria, ferma al 39,6%. Secondo il Digital competenze quali flessibilità, creatività, Economy and Society Index della Commisattitudine al problem-solving, capacità di sione Europea, il nostro Paese è quart’ulgiudizio, capacità di argomentazione e di timo, il che c’inchioda a un ritardo medio interazione. assai grave sia sulla connettività – come s’è visto dai dati specifici – sia sugli altri * territory senior partner, PwC Italia

LE PROSSIME PUNTATE SU ECONOMY Government Smart-cities, la digitalizzazione al servizio dei cittadini Industrial manufacturing and automotive New world, new skills: come preparare il capitale umano 4.0 alla trasformazione digitale Energy & Utilities Readiness e maturità digitale del settore; analisi e prospettive Retail & Consumer Dal Return on Investment al Return on Experience: un nuovo modo per misurare la performance aziendale Financial Services Evoluzione e trasformazione dei modelli di business in logica collaborativa. Il ruolo delle banche e l’open banking. TMT (Technology, Media and Telecommunications) La trasformazione dei modelli di business per la generazione di nuove opportunità in ottica di collaborazione innovativa Cybersecurity La sicurezza come elemento abilitante la trasformazione digitale. Come affrontare la prossima sfida IOT, 5G e open banking. Family business Le strategie di famiglia: come garantire protezione e continuità del patrimonio aziendale e familiare

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in collaborazione con CONFPROFESSIONI

Prove tecniche di futuro per i liberi professionisti di tutta la penisola Si aprirà il prossimo 21 novembre a Roma il Congresso nazionale di Confprofessioni. Al centro dei lavori una digital strategy per le libere professioni, aspettando politiche mirate per governare la transizione verso l'economia 4.0. Grande attesa per il lancio della piattaforma BeProf di Giovanni Francavilla

È

scattato il conto alla rovescia che porterà all'Auditorium Antonianum di Roma centinaia di liberi professionisti provenienti da tutta Italia. L'appuntamento del Congresso nazionale di Confprofessioni, fissato il prossimo 21 novembre, si preannuncia infatti ricco di personalità, approfondimenti ed eventi che puntano a individuare innovativi percorsi di crescita, tesi a orientare le professioni verso un nuovo modo di interpretare il lavoro intellettuale, mantenendo però i piedi ben piantati per terra. “Ritorno al futuro. I professionisti protagonisti nell'era digitale”: già il titolo scelto per l'assise confederale proietta verso una dimensione in continua ebollizione, caratterizzata da profonde trasformazioni legate all'innovazione tecnologica e allo sviluppo di nuovi modelli organizzativi, che impongono un nuovo paradigma del concetto stesso di professione. E oggi non si tratta più di una scelta di libero arbitrio, ma di un imperativo categorico per rimanere su un mercato sempre più

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GAETANO STELLA

polarizzato, come conferma la Amministrazione, alla società e fotografia scattata dal “Rappor- alle imprese in ogni ambito di to 2019 sulle libere professioni attività: dalla salute dei cittadini in Italia” - curata dal professor alla tutela dell'ambiente, dalla Paolo Feltrin, direttore scientifi- certezza del diritto allo sviluppo co dell'Osservatorio delle libere dell'economia e del lavoro. Molprofessioni - che aprirà i lavori to attese le proposte che emercongressuali. geranno in questo senso dalla In una fase di transizione eco- relazione del presidente Gaetanomica e sociale, come quella no Stella, come pure le risposte che sta attraversando l'intero attese dagli interventi politici universo dei vertici BEPROF È LA PRIMA professiodel Governo PIATTAFORMA DIGITALE e del Parlanale, la PER UN ECOSISTEMA scommesmento: dal DI SERVIZI INNOVATIVI sa di saper presidente g o v e r n a re del ConsiA PORTATA DI CLIC i processi glio, GiuPER LE PROFESSIONI di cambiaseppe Conmento della professione, ma so- te, al ministro dell'Economia, prattutto quelli che coinvolgono Roberto Gualtieri; dal ministro le trasformazioni socio-econo- dello Sviluppo economico, Stemiche del Paese è il mantra che fano Patuanelli, al ministro del permea l'intero programma del Lavoro, Nunzia Catalfo (tutti inCongresso 2019 di Confprofes- vitati a confrontarsi con la platea sioni. Una duplice sfida che, della maggior organizzazione di da un lato, mira a ridisegnare rappresentanza delle libere proil perimetro delle competenze fessioni). professionali in un mercato do- Se, dunque, l'attuale congiunminato dai nuovi dogmi dell'eco- tura, così come gli scenari economia digitale; dall'altro, incide nomici che si profilano all'orizsul rapporto quotidiano che lega zonte delle libere professioni il professionista alla Pubblica richiedono interventi normativi

in grado di assecondare il processo evolutivo del professionista verso una dimensione 4.0, il sistema professionale è chiamato oggi a individuare una digital strategy per accrescere le competenze e interagire con il mercato, senza perdere di vista la realtà del quotidiano. Prove tecniche di futuro, insomma, che all'evento Confprofessioni culmineranno con la presentazione di BeProf, la prima piattaforma digitale per un ecosistema di servizi innovativi per la professione. Una vera e propria “app” progettata e realizzata per rispondere in un clic alle esigenze dei professionisti nell'ambito del lavoro e della previdenza, della salute e del welfare, della formazione e dell'informazione, passando attraverso gli strumenti più innovtivi per la gestione e l'organizzazione di uno studio professionale 4.0. Un piccolo passo verso il futuro, ma anche un grande progetto per assicurare al Paese un “ritorno” al capitale intellettuale nel difficile processo di transizione verso l'economia digitale.


in collaborazione con ANDAF

La nuova corvée della «Dichiarazione non finanziaria» Le imprese di interesse pubblico sono obbligate a produrla dal Decreto Legislativo 254 del 2016. Conviene far riferimento ai più coerenti standard internazionali di rendicontazione. Una sfida, specie per le Pmi, ma anche un'opportunità che può avere effetti premianti sui mercati di Carmine Scoglio

I

l Decreto Legislativo n. 254/2016 ha introdotto l’obbligo per le imprese d’interesse pubblico di fornire annualmente una “Dichiarazione di carattere non finanziario”. È una richiesta legata alle crescenti attese d’informazione degli investitori, finanziatori e stakeholder, ma anche e soprattutto alla recente evoluzione normativa. Di qui l’opportunità per le imprese di fare riferimento ai più coerenti standard internazionali di rendicontazione e promuovere le migliori best practice per rappresentare adeguatamente anche gli obiettivi ambientali, sociali e di governance. Una vera sfida per le imprese ed in particolar modo per le Pmi, soprattutto nella misura in cui quest’ultime riusciranno a vedere nella rappresentazione dell’informativa non finanziaria un’opportunità d’investimento con effetti tangibili e pre-

mianti da parte dei mercati. Il Decreto, senza fissare uno standard, stabilisce che questa “Dichiarazione di carattere non finanziario” debba contenere come minimo informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva che sono ritenute rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell’impresa. Per ognuna delle tematiche indicate l’impresa deve fornire informazioni relative alle politiche praticate, ai risultati conseguiti, agli indicatori di prestazione, ai principali rischi generati o subiti. Del resto, storicamente, gli investitori e i finanziatori ricercano informazioni sull’impresa molto più ampie che non si riducono alle informazioni strettamente quantitative contenute nel bilancio d’esercizio ma che, al contrario, si spingono fino alla valutazione del valore delle risorse cosiddette intangibili (o non financial) e quindi alla comprensione della strategia, della fattibilità del modello di

CARMINE SCOGLIO

business, con il fine ultimo d’individuare il valore e le prospettive dell’azienda. In questo contesto, le imprese sono quindi chiamate a rappresentare - senza uno standard che imponga una struttura vincolate - le informazioni non finanziarie che talvolta sono espresse in modalità disomogenee tra le diverse imprese a seconda della modalità di reporting e degli indicatori utilizzati, risultando quindi difficilmente comparabili. Va da sé l’opportunità per le imprese di fare riferimento a standard internazionali maggiormente aderenti alla loro realtà. In ogni caso, le imprese più virtuose nel fornire una convincente rappresentazione della propria strategia dovranno includervi anche obiettivi legati ai fattori ambientali, sociali e di buona governance (ESG) esplicitando così il modello aziendale e l’organizzazione delle attività dell’impresa, le politiche praticate e i principali rischi, generati o subiti.In altre parole, l’azienda dovrà adeguatamente formalizzare i propri obietti-

vi di business , le sue “vision” e “mission” e le competenze distintive per formalizzarle in un piano industriale che tenga conto di specifici indicatori e target ambientali, sociali e di governance richiamati dalle Linee guida non vincolanti della Direttiva europea 2014/95/UE. Gli obiettivi di business devono essere sempre coerenti con i richiamati obiettivi di sostenibilità e, attesa la stessa natura strategica degli obiettivi, il piano di sostenibilità insieme al piano industriale contribuisce alla definizione del Piano Strategico dell’azienda. Pertanto, affinché tutto questo possa realizzarsi, le imprese sono tenute a garantire un elevato livello di correlazione tra piano industriale e piano di sostenibilità, il che si traduce nella necessaria definizione - sia a livello corporate sia di singola business unit - di obiettivi ambientali, sociali e di governance che dovranno essere adeguatamente rappresentati anche nel piano strategico al pari degli obiettivi più strettamente legate al core business dell'impresa.

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APPROFONDIMENTI LETTURE

La strega di Hansel e Gretel si "mangia" 4,5 miliardi l'anno Lo scandalo di Bibbiano svela un inquietante business sulle spalle dei bambini. E ora il libro-inchiesta del giornalista Maurizio Tortorella cerca di fare un po' di chiarezza sull'opaco fenomeno degli affidi dei minori di Oreste Ferrari

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a denuncia è clamorosa: lo scandaalmeno 4,5 miliardi di euro l’anno. È una lo dei bambini di Bibbiano potrebbe spesa opaca, su cui nessuno ha mai fatto essere la classica punta dell’iceindagini. Nessuno, del resto, sa nemmeberg e nascondere un business immenno quanti siano i minori coinvolti. La stiso. Nell’inchiesta, esplosa a fine giugno, ma più recente è del Garante dell’infanla Procura di Reggio Emilia sostiene che zia, che nel 2015 ipotizzava fossero circa molti minori (ora si indaga su una settanti457mila i bambini presi in carico dai serna di casi) siano stati sottratti illecitamenvizi sociali. Il Garante stimava che 91mila te alle famiglie per essere affidati ad amici di loro fossero stati segnalati per «maldei responsabili dei servizi sociali locali trattamenti subiti», quindi è da supporre e a case-famiglia private. Gli inquirenfossero affidati alle case-famiglia. ti ipotizzano che a È da queste statistimotivare gli allonta- REGIONI E COMUNI SPENDONO DA 35 FINO che che partono le A 416 EURO AL GIORNO PER OGNI MINORE namenti, giustificati stime sul business. ALLONTANATO. SU COME VENGANO con false diagnosi IMPIEGATI QUESTI SOLDI NESSUNO INDAGA Bibbiano e dintorni di abusi e con prove dispone di documanomesse, siano stati anche gli elevati menti ufficiali da cui emerge che Comuni e compensi riconosciuti agli psicologi del Regioni spendono da 35 fino a 416 euro al Centro Hansel e Gretel di Claudio Foti, giorno per ogni bimbo allontanato: le cifre retribuiti con parcelle da 170 euro orari più alte riguardano le comunità terapeuticontro tariffe di mercato vicine alla metà. che, dove finiscono i minori con i più graMa un libro adesso lancia un dubbio più invi problemi. Il libro interroga Francesco quietante ancora: e cioè che in tutta Italia Morcavallo, un ex giudice del Tribunale dei il fenomeno degli affidi minorili sia cinicaminori di Bologna (l’ufficio che si occupamente «gonfiato» da interessi economici. va anche dei bambini di Bibbiano) uscito Maurizio Tortorella, nella sua inchiesta dalla magistratura nel 2013 in polemica "Bibbiano e dintorni" (pubblicata da Paesi contro l’eccessiva facilità degli allontanaEdizioni in un volume di 224 pagine) stima menti. Più prudente rispetto al Garante, che la spesa pubblica, tra trasferimenti di l’ex magistrato ipotizza che nelle case-fabambini nelle case-famiglia e il loro affimiglia siano ospitati 50mila bambini. Ipodamenti ai servizi sociali comunali, valga tizzando una media di 200 euro al giorno,

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la spesa annua sarebbe di 73mila euro per ogni minore. Moltiplicando la cifra per 50mila, solo per le case-famiglia la spesa pubblica arriverebbe a 3,6 miliardi. Per usare estrema prudenza, Morcavallo riduce la stima a meno della metà: 1,5 miliardi. C’è poi la seconda voce, quella dei minori affidati ai servizi sociali ma lasciati ai genitori. Il Garante dell’infanzia stima siano 366mila, ma per evitare accuse di spettacolarizzazione Morcavallo li riduce a meno di un terzo: 100mila. «Ognuno di loro», avverte l’ex magistrato in Bibbiano e dintorni, «viene sottoposto a complessi percorsi di diagnosi e terapia, e spesso deve frequentare centri educativi». I servizi sono tanti: sostegno scolastico e correzione dei disturbi dell’apprendimento; ma anche psicoanalisi, come a Bibbiano, alimentazione e trasporti. A pagare per questi servizi, forniti da aziende private e cooperative, sono gli enti locali: Morcavallo stima altri 3 miliardi l’anno, che spingono il totale a 4,5. Una marea di denaro che alimenta un mercato opaco e senza controlli. È più o meno quanto l’Italia spende per l’accoglienza degli immigrati, includendo soccorso in mare, assistenza sanitaria e istruzione. Non è il caso che qualcuno indaghi, e non soltanto a Bibbiano?


Il dramma dei profughi siriani tra fuga e voglia di tornare L'ultima fatica letteraria della giornalista e documentarista Laura Tangherlini racconta la quotidianità di chi cerca di sopravvivere in paese alieno, cercando di mantenere la propria cultura e le proprie tradizioni di Paola Belli

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ome si sopravvive da profughi siriani? Come e dove si è accolti? Da cosa si scappa? Quanto restano forti dopo otto anni di conflitto la nostalgia e il ricordo? Il ritorno è davvero una possibilità? La guerra è davvero finita? Ci sono buoni e cattivi? Le risposte si trovano nelle voci delle vere vittime, di chi scappa e di chi ha paura a tornare. Il loro dramma lo si scopre in un libro di inchiesta, denuncia e amore: “Matrimonio Siriano, un nuovo viaggio” di Laura Tangherlini, che nasce dai viaggi benefici di due neo-sposi e dal bisogno di verità e giustizia di una giornalista. Comincia quando Laura Tangherlini, assieme al marito cantautore Marco Rò, ha voluto organizzare in chiave completamente benefica per i profughi siriani le loro nozze in Umbria, incontrando e aiutando poi quegli stessi profughi in Libano e Turchia. E termina in Giordania, dove l'autrice torna, da sola, per continuare il suo progetto di ascolto e sopratutto di aiuto concreto verso quel popolo di cui si era innamorata nel 2009, soggiornando a Damasco per studio. Al dito ormai la fede e sulle spalle chili di aiuti sia propri, derivanti dai guadagni delle vendite del precedente "Matrimonio Siriano", sia inviati da tanti conoscenti e telespettatori che negli anni hanno seguito e sostenuto questo molteplice viaggio d'amore. Un viaggio colorato da

Al suo interno illustrazioni donate all'autrimomenti di festa, racconti dolorosi, inconce gratuitamente da professionisti, studenti tri musicali, personali iniziative benefiche e professori di alcuni Istituti scolastici, stue il duro lavoro di alcune ong tra cui Terre denti, professionisti e professori di alcuni des Hommes, Un Ponte per, Avsi, Intersos, Istituti superiori e secondari. «Un’apocalisVento di Terra, Uisp, Aibi Amici dei Bambini, se umanitaria piena di tante piccole e terriKids for Paradise, Amal for Education. Una bili storie private, che Laura Tangherlini ha nuova finestra di verità aperta su un mondo raccolto», lo definisce Gian Antonio Stella che i nostri media ci fanno ignorare. nella prefazione: «Con amore e compassioSullo sfondo è ben raccontato il peggiorane. Nel senso pieno del termine». mento delle condizioni di vita dei profughi «Il documentario "Matrimonio Siriano, un Siriani in Libano (tema su cui l'autrice si è nuovo viaggio" racconcentrata pure nei “MATRIMONIO SIRIANO, UN NUOVO conta del mio ultimo primi due libri, il seVIAGGIO” NASCE DAL BISOGNO DI VERITÀ viaggio in Giordania, condo in particolare), E GIUSTIZIA DELL'AUTRICE E DEL MARITO, per portare a famiglie come pure le difficoltà IL CANTAUTORE MARCO RÒ di profughi siriani, in Turchia e Giordania. molti con disabili, aiuti sia miei (quelli che Il libro, edito da Rubbettino edizioni, ha la sarebbero stati i miei guadagni dalle vendite prefazione di Gianantonio Stella e l'introdudel precedente libro) sia inviatimi dai miei sozione di Corradino Mineo. «Troverete nel libro stenitori e telespettatori che da anni seguono di Laura storie di siriani torturati per ordine il mio progetto», spiega l’autrice. «Le intervidel regime, testimonianze di famiglie finite ste condotte durante questi incontri vertono ostaggio nei quartieri dei ‘ribelli’, storie di pasulla attuale situazione in Siria, sulla effettiva lestinesi che si vedono arrivare nei campi tutti fattibilità o pericolosità di un ritorno in Patria, quei siriani dei quali, un tempo, diffidavano», sulle loro condizioni di vita da profughi dopo scrive Mineo: «Una sola cosa unisce quasi oltre otto anni di guerra, sui loro sogni per tutti i protagonisti. Il rimpianto, il desiderio il futuro e sulla nostalgia del passato. Le struggente di tornare là dove un tempo era musiche, inedite di mio marito il cantautore la loro casa, in quella terra avita che i più gioMarco Rò, comprendono altre due canzoni vani ricordano appena. È un desiderio forte che abbiamo scritto a quatto mani e cantato che l’autrice condivide. In cui si riflette e che a due voci apposta per il documentario». sublima nel suo amore per la Siria».

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APPROFONDIMENTI

Private debt: crescono raccolta e investimenti Il mercato resta però ancora troppo piccolo: secondo i rilievi di Aifi e Deloitte nel primo semestre 2019 sono stati raccolti 273 milioni di euro di Anna Gervasoni

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l private debt cresce ma resta piccolo. Questa la sintesi dei dati presentati da AIFI e Deloitte qualche giorno fa. La conferma arriva anche dalle parole del presidente dell’associazione del private equity, venture capital e private debt: “La crescita del fundraising dei fondi di debito nel primo semestre è positiva anche se è principalmente di origine domestica; anche il numero degli investimenti effettuati è in crescita, pur se si tratta di operazioni di taglia più piccola rispetto al precedente anno, tanto che il valore complessivo degli investimenti è sceso nel primo semestre del 2019”. Nel primo semestre del 2019 sono stati raccolti sul mercato 273 milioni di euro, +94% rispetto ai 141 del primo semestre 2018. Se si guarda quanto fatto da inizio attività, cioè dal 2013 a oggi, il fundraising complessivo ammonta a 2,3 miliardi di euro. Un mercato che cresce ma non abbastanza e forse, per farlo diventare più grande servirebbero capitali anche esteri. Quest’anno infatti la raccolta è tutta di provenienza domestica, ovvero da banche (48%), fondi di fondi istituzionali (28%), fondi pensione e casse di previdenza (15%). Va riconosciuto che il private debt, in questi anni ha saputo trovare uno spazio nel quale lavorare ottenendo risultati e riconoscimenti, “La presenza di operatori di mercato che si specializzano in una strategia di investimento e finanziamento focalizzata su strumenti di debito e credito è oggi in forte ascesa”. afferma Daniele Candiani, Partner Debt Ad-

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ANNA GERVASONI

visory/Corporate Finance Deloitte – “Questo dimostra come il mercato ha finalmente riconosciuto in questi asset un valido supporto a una strategia finanziaria di crescita diversificata”. La nota dolente riguarda gli investimenti che nella prima parte dell’anno segnano un -55% a 200 milioni di euro; QUEST'ANNO LA RACCOLTA È TUTTA DI PROVENIENZA DOMESTICA, OVVERO DA BANCHE, CASSE DI PREVIDENZA, FONDI PENSIONE E ISTITUZIONALI

cresce invece il numero di sottoscrizioni che è stato pari a 74 (+21%) distribuite su 63 target (+21%). I dati AIFI-Deloitte danno un dettaglio anche sulla tipologia ed evidenziano come il 54% delle operazioni sono state sottoscrizioni di obbligazioni, il 45% finanziamento e l’1% strumenti ibridi. Nello specifico, le operazioni hanno una durata media è di 5 anni e 4 mesi e il 90% dei casi ha visto operazioni con un taglio medio in-

feriore ai 10 milioni di euro. Il tasso d’interesse medio è stato pari al 5,5%; la prima Regione per numero di operazioni resta la Lombardia, 32%, seguita dalla Toscana con l’11% e dall’Emilia Romagna con il 10%. Se diamo una sguardo alle attività delle aziende target, al primo posto con il 34% degli investimenti, troviamo i beni e servizi industriali, seguono, a pari merito, energia e ambiente e manifatturiero-altro, con il 10%. A livello dimensionale, il 57% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 50 milioni di fatturato. Quest’anno, i dati riportano, anche il monitoraggio delle operazioni di rimborso; dal 2015 a oggi, ne sono stati realizzati 276 per un ammontare pari a 454 milioni di euro. Nel primo semestre 2019, sono stati 80 i rimborsi, per un ammontare pari a 86 milioni di euro. Insomma, i dati mostrano sicuramente un buon andamenti di mercato del private debt ma siamo solo a metà dell’anno, tutto può ancora cambiare.

2015

2016

2017

2018

Raccolta indipendente (mln euro)

I sem 2018 I sem 2019

383

611

322

297

141

273

N. investimenti

60

98

122

142

61

74

Ammontare investito (mln euro)

276

577

616

1013

445

200

N. rimborsi*

4

13

45

134

56

80

Ammontare rimborsi (mln euro)

6

54

101

207

99

86

*Nota: i rimborsi sono al netto dell’attività delle piattaforme di lending


Il salto di qualità dell'azienda si compie nell'alta formazione Le imprese si rivolgono alle business school per avvalersi di un supporto accademico per arricchire la propria visione sui mercati e sul business di Massimiliano Serati *

I

l principale canale di interazione e conoscenza reciproca tra Accademia e comunità dei Manager e degli Imprenditori è l'attività di Alta Formazione. È sufficiente navigare i siti delle Business School accademiche italiane (e analizzarne il Conto Economico) per rendersene conto: formazione a catalogo, formazione su misura e percorsi Master sono i veri grimaldelli con cui le università raggiungono il mondo produttivo e conseguono anche altri risultati, tra i quali quello della compliance con i processi di accreditamento e Certificazione. Cosa rimane del percorso di mappatura dei risultati della Ricerca applicata in attività di advisory che competerebbe (non in esclusiva) alle Business School? Che ne è dell’azione di supporto al management nella soluzione dei problemi operativi delle aziende? Il postulato di principio sulla centralità della Ricerca e su quanto essa alimenti, nobiliti e ispiri l'operato delle Business School sta ovunque “in Homepage” e spesso è declinato in Laboratori/Centri di Competenza, ma l’evidenza di una concreta attività consulenziale è minima. Certo non mancano straordinari esempi di sinergia tra Business School e aziende, ma gli attori coinvolti sono

quasi sempre grandi gruppi produttivi, realtà aziendali che, per posizionamento, struttura, visione, hanno sensibilità e risorse opportune per (co)finanziare progetti di ricerca - di solito mirati - innovativi e dall'esito atteso significativo, ma anche volatile e incerto. Non solo le piccole imprese, ma IL POSTULATO SULLA CENTRALITÀ DELLA RICERCA CEDE IL PASSO ALL'EVIDENZA DELLA CONCRETA ATTIVITÀ CONSULENZIALE OFFERTA DAGLI ATENEI

anche imprese internazionalizzate, posizionate sul B2C, con brand forti e visibili, rimangono distanti dall’idea di avvalersi di un supporto accademico rigoroso, innovativo, metodologicamente alla frontiera per arricchire la propria visione sui mercati e sul business e per la soluzione dei propri problemi; così spesso finiscono per rivolgersi a qualcuno il cui obiettivo è estrarre valore dal cliente e non produrre valore per lui. Il problema non è esclusivamente italiano, come confermato di recente anche da Shapiro e Kirkman (Harvard Business Review, 2019). Eppure, lo spazio di manovra c'è. Quante volte conversando con i manager mi è stato detto: «Magari avessi saputo prima che avevate questi strumenti ideali per il problema che fronteggiavo in azienda». Ma non da meno sono le diffidenze: «Nelle scelte del quotidiano, la ricerca serve a poco e anche le metodologie; conta l’espe-

rienza di chi si sporca le mani con la “pratica” manageriale». Allargare il perimetro di azione delle Business School, superando le diffidenze è possibile, ma richiede alcune attenzioni. 1. Sapersi raccontare di più e meglio. Scrivere su riviste di settore e non solo accademiche, intervenire a eventi usualmente prerogativa dei practitioners, disseminare conoscenze con orientamento ai problemi. 2. Cercare occasioni di ascolto. Moltiplicare i momenti di interlocuzione con manager e imprenditori, accettare le sfide che pongono, progettare attività di approfondimento istruite secondo logiche bottom up e non top down. 3. Evitare di relazionarsi col cliente secondo la sequenza “brief iniziale + restituzione finale”, ma accompagnarlo passo per passo in un percorso di reciproco apprendimento. 4. Trasferire al mondo produttivo modelli di pensiero che generino soluzioni e non le sole soluzioni tout court. 5. Focalizzarsi sul post vendita e ricordare che in materia di ricerca applicata e advisory, oltre ai risultati, rileva il loro impatto concreto. Piccole grandi attenzioni per un salto di qualità che è anche culturale. Dobbiamo farlo. Stiamo provando a farlo.

* Direttore Divisione Ricerca Applicata e Advisory, LIUC Business School

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TALENT SHOW

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CI PIACE L’ENI RAZZOLA COME PREDICA ED INQUINA MENO DEI RIVALI La classifica dei primi 20 gruppi petroliferi che emettono più CO2 non include il colosso italiano, che pure è tra i leader

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iamo tutti “Gretini”, siamo tutti sostenibili. A chiacchiere. Poi nei fatti, anche no. Soprattutto chi con le emissioni dannose all’ambiente ci vive. È uscita pochi giorni fa la classifica del “Climate Accountability Institute” sulle 20 aziende che producono più emissioni, addirittura nel totale il 35,45% del totale globale delle emissioni di anidride carbonica e metano, i cosiddetti gas serra, del pianeta. Si tratta, manco a dirlo, di 20 compagnie “oil and gas”. La peggiore di tutte è la Saudi Aramco; seguono Chevron, Exxon, National Iranian Oil, Bp, Shell, Coail India, Pemex, Petroleos de Venezuela, Petrochina, Peabody, Conoco, Abu Dhabi, Kuwait, Iraq, Total, Sonatrach, Bhp, Petrobras. E l’Eni? L’Eni non c’è. Pur essendo l’undicesima compagni petrolifera del mondo, non è tra le prime venti per emissioni nocive. Non è un caso. È l’effetto positivo, fortemente perseguito, di una precisa strategia industriale. Onore al merito: di Claudio Descalzi (nella foto), che oggi guida l’Eni, e di chi l’ha preceduto, varando quest’impostazione. Le risorse energetiche fossili, che piaccia o no, per almeno altri trenta, quarant’anni saranno la base della vita del mondo. Le energie rinnovabili si stanno espandendo, ma non potranno sostituirle, la svolta arriverà con la fusione nucleare, ma è uno scenario da seconda metà del secolo. Intanto, bisogna impegnarsi per ridurre le emissioni. L’Eni l’ha fatto alla grande. Ridurrà l’”intensità carbonica” dell’upstream del 43% entro il 2025 e nel 2018 l’ha già ridotta del 20% sul 2014. Ed è a livelli di primato su vari altri fronti. Facessero come l’Eni anche i suoi concorrenti.

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Stanno portando frutti gli investimenti fatti in sostenibilità dal «Cane a sei zampe» negli anni

No di Francoforte alla Popolare di Sondrio sulla fusione con CariCento per un discutibile motivo

a una buona decina d’anni i banchieri più lucidi del mondo ripetono ad ogni pie’ sospinto che delle attuali circa 6000 banche che operano sul pianeta nel giro di una ventina d’anni non dovranno restarne attive più che una ventina, di dimensioni rilevanti (salvo qualche eccezione locale) perché soltanto creando colossi planetari con fortissime economie di scala quel genere di aziende potrà sopravvivere. A ben guardare una previsione apparentemente così estrema è invece semplicemente logica. Con i tassi di interesse le banche non guadagnano più; con le filiali fisiche, perdono quattrini perché la gente non ci va e il personale costa, ma costa anche mandarlo a casa; con i pagamenti, peggio ancora, perché tutte queste App hanno in gran parte disintermediato le banche. E dunque, dove dovrebbero guadagnare, i banchieri? Peccato però che le autorità di controllo, segnatamente l’occhiuta e un po’ ingessata (per non dir peggio) Bce (nella foto il capo della vigilnaza bancaria Andrea Enria) non permettano le necessarie fusioni. Hanno ad esempio stoppato la Banca popolare di Sondrio che voleva assorbire la Cassa di risparmio di Cento. Nossignore, le ha risposto la Bce quando si è vista chiedere l’ok, prima la PopSondrio risolva il problema dei crediti incagliati che ha in pancia, e poi pensi a espandersi. A Sondrio pensavano di aver le risorse per perseguire entrambi i progetti, ed è improbabile che a Francoforte ne sappiano più dei sondriesi. Se quelli della Bce fossero stati più svegli, nel 2008-2009 non si sarebbero verificati i crack bancari a raffica che hanno sconvolto il mercato. E oggi paghiamo noi, con quest’eccesso di severità, l’eccesso di distrazione di allora.

NON CI PIACE IL SIGNOR NO DELLA BCE BLOCCA TUTTO E NON RISOLVE Secondo i «regolatori», l’istituto sondriese deve prima assorbire le sofferenze. Ma così non se ne esce mai


PRIVATE BANKER

I tassi negativi spingono a riflettere sul risparmio Dal prodotto al servizio: un salto di qualità che si rende necessario, anche per allungare l'orizzonte temporale degli investitori, che in Italia, per non correre rischi di liquidità, è ancora troppo breve di Ugo Bertone

L’

eco dei tassi negativi sul conto corrente è in buona parte rientrato dopo la precisazione che la regola che Unicredit intende applicare da gennaio vale solo per i depositi oltre il milione di euro, una dimensione che riguarda in pratica quasi solo i conti delle aziende. Sono ben pochi, infatti, i privati che hanno la fortuna di disporre di cifre del genere. E di sicuro questi privilegiati hanno a disposizione una vasta gamma di alternative. Per quanto riguarda le Tesorerie aziendali, poi, è difficile che la novità possa provocare una corsa a fondi che, nella ricerca di un rendimento positivo magari ficcano in portafoglio obbligazioni spazzatura e di mercati emergenti con evidenti rischi di liquidità. Ma la novità è utile a far riflettere è il ruolo del risparmio gestito in un momento di rilassamento dopo anni positivi per i mercati finanziari. Eppure, a suggerire prudenza sono del resto ci alcune recenti disavventure su mercati a noi vicini. Chi avrebbe mai pensato, ad esempio, ad un crack di Thomas Cook, il tour operator britannico le cui obbligazioni sono scivolate a valori da carta L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

straccia (7 centesimi sul valore nominale di una sterlina). O, per restare nel Regno Unito, il fallimento di New Look o il tracollo di Debenham, due colossi del commercio messi al tappeto dall’online in tempi rapidissimi? Stesso destino in Francia per chi ha dato fiducia ad un marchio notissimo, il rivenditore alimentare Casino, così diffuso ed importante che la sua crisi ha fatto impennare di un punto il tasso di default del settore. Pochi esempi per dimostrare che, anche ai tempi dei tassi bassi, il rischio delle emissioni corporate è più che mai in agguato. Di qui emerge, oltre al consueto consiglio di diversificare il più possibile gli investimenti per limitare il rischio di cattive sorprese, l’aspetto più intrigante della tendenza tracciata da Jean-Pierre Mustier: offrire ai professionisti del risparmio, consulenti in testa, l’occasione per rinnovare il rapporto di fiducia con il pubblico e rubare nuovi spazi di mercato alla banca, per ora incapace di realizzare il salto di qualità necessario. Un’impresa però tutt’altro che facile a fronte della concorrenza di strumenti d’investimento passivi ed a basso costo, come gli Etf, con cui investitori più smaliziati già costruiscono da soli portafogli a basso costo. A che serve il consulente se posso far da solo? Una sfida che si può vincere dunque solo purché si riesca a far percepire al mercato il salto di qualità che è ormai in atto, dal prodotto al servizio.

JEAN PIERRE MUSTIER

Qualcosa di ben più rilevante di uno slogan, semmai il cuore delle prossime sfide, in cui spicca un’impresa ambiziosa, quela di cambiare l’orizzonte temporale degli investitori, che oggi presenza due criticità: l’eccessiva dipendenza dal patrimonio immobiliare; una asset allocation dei capitali inefficiente perché basata su un orizzonte temporale limitato, oggi di 3-5 anni contro la media di 7-8 anni delle famiglie del Nord Europa. Una sfida complicata per tutti, soprattutto per i consulenti indipendenti. Ormai, non è più tempo di “fai da te” non solo per i clienti, ma anche per i consulenti che devono essere in grado di rispondere ad esigenze più complesse da parte di un pubblico più esigente ma anche più volubile come emerge dalla ricerca di EY sui clienti del wealth management: circa il 45% dei clienti italiani dichiara di voler cambiare il proprio wealth manager nei prossimi tre anni. Un fenomeno risulta più rilevante all’aumentare del patrimonio e nei momenti di discontinuità della vita del cliente, sensibili all’innovazione tecnologica ma decisi a non rinunciare al rapporto personale con il consulente: con un robot non te la puoi prendere se la cedola continua a calare.

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QUI PARIGI, APPUNTI DALLA DÉFENSE

Il pronto soccorso di Stato per le aziende in difficoltà Oltralpe il Comité interministériel de restructuration impegna competenze e risorse dello Stato per salvare le imprese dal default. Con regole di ingaggio ben definite e consolidate da quasi trent’anni di Giuseppe Corsentino

IL PARAGONE PIÙ RICORRENTE SUI MEDIA FRANCESI È QUELLO CON LE “URGENCES”, I PRONTO-SOCCORSO OSPEDALIERI. Solo che in

questo caso il malato bisognoso di cure immediate è un’azienda di media taglia (almeno 400 dipendenti) la cui sopravvivenza può essere indispensabile per la salute del distretto in cui opera, per il valore economico che produce e per l’occupazione che garantisce sul territorio. Ecco perché questo speciale “pronto soccorso” aziendale sta nel grande palazzo del Ministero dell’Economia, a Bercy, sulla Senna, ha uno staff di esperti di politica industriale e risponde direttamente al sottosegretario Agnès Pannier-Runacher, una giovane enarca con esperienza aziendale (ha guidato la Compagnie des Alpes, la società pubblica che gestisce le stazioni sciistiche francesi) che il ministro Bruno Le Maire ha voluto al suo fianco in questa fase delicata dell’economia, alla vigilia - a quanto pare - di una timida ripresa (a differenza di Italia e Germania con l’encefalogramma della crescita piatto) dopo un durissimo decennio (post 2008) di stagnazione. Segno che il malato non è affatto guarito e che le aziende bisognose delle cure immediate del Ciri (così si chiama l’infermeria di Bercy, Comité interministériel de restructuration industrielle e già il nome fa capire quale sia il suo ruolo, diciamo, trasversale) non sono poche. L’anno scorso i dossier industriali arrivati sui tavoli del Ciri sono stati 58 e hanno riguardato altrettante aziende con 90.308 dipendenti, mentre nel 2017 le aziende in crisi che hanno bussato alla porta del Ciri erano state 43 con 72.508 dipendenti. Certo, non tutti i dossier si sono conclusi positivamente perché, nelle fasi dure del ciclo (anche se

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le prospettive per il 2020 fanno ben sperare così come il calo, seppure solo dell’1%, dei fallimenti nel 2018) neanche i medici e gli infermieri del Ciri fanno miracoli. Anche se, dice con orgoglio tipicamente francese la sottosegretaria, il Ciri rappresenta “le visage de l’Etat”, il volto di uno Stato che ci mette la faccia, è il caso di dire, e impegna competenze e risorse per salvare anche solo un’azienda dal default (con tutto quel che segue). Per spiegarlo a un lettore italiano, va detto che il Ciri (la cui guida è affidato a un altro grand commis, un ingegnere uscito dall’Ecole des Mines del Politecnico) non funziona come i “tavoli di crisi” del nostro Ministero dello sviluppo economico dove i vari Calenda, Di Maio, Patuanelli, in ordine d’entrata governativa, o fanno la voce grossa con le imprese in difficoltà (soprattutto a favore di telecamere nel grande androne mussoliniano di via Veneto, Roma) oppure le blandiscono con la promessa di nuovi finanziamenti e cassa integrazione a zero ore. Il Ciri (www.tresor.economie. gouv.fr) è diverso: ha regole d’ingaggio ben precise e consolidate da quasi trent’anni di attività (è stato creato nel lontano 1982, inizio dell’era mitterandiana) e si muove seguendo il percorso che farebbe un consulente aziendale incaricato di ristrutturare un’azienda in difficoltà. Come spiega ancora una volta la nostra sottosegretaria Pannier-Runcher “lo Stato non è né un creditore né un azionista né un finanziatore di ultima istanza, ma solo un facilitatore di processi”. La cura Ciri inizia con l’analisi approfondita dei problemi che hanno portato l’azienda sull’orlo del fallimento; continua mettendo a punto un business plan che potrà essere supportato - eccoci al

terzo passaggio - da un piano finanziario sostenuto, per esempio, dalla filiale di una banca pubblica come la Bpi che fa capo alla Banque Postale. Non solo: il Ciri può anche aiutare a cercare sul territorio un nuovo socio o un’altra società con cui allearsi (e per questo il Comité lavora in collaborazione con i Crp, Commissaires aux restrtucturations et à la prévention des entreprises en difficulté, che hanno competenza sulle aziende di taglia inferiore, sotto i 400 dipendenti), oppure convincere le banche ad accordare una proroga ai crediti già erogati magari sulla base di un nuovo piano di ristrutturazione. Insomma, né più né meno del lavoro di una società di consulting con l’appendice di un investment banking. Funziona? Sui 58 dossier del 2018, 22 hanno avuto esito positivo, 33 sono ancora in fase istruttoria e solo tre si sono conclusi negativamente, con il default dell’azienda. Il Ciri non fa nomi. Si sa solo che da quando è scoppiato il Dieselgate (che ha coinvolto pesantemente le case automobilistiche francesi, non solo le tedesche) molte aziende della filiera automotive, che rappresentano il 10% del pil industriale francese, hanno fatto ricorso alle cure del Ciri. E così l’agro-alimentare (a Bercy ci si vanta di aver salvato Doux, uno dei maggiori allevatori di polli) e la grande distribuzione che rappresenta ormai il 34% degli interventi. Perché i supermercati fanno fatica, come si sa, e allora non resta che correre al Ciri per le prime cure.



SHORT STORIES

Mobilità del futuro

Letti per voi

Veicoli elettrici? Solo lo 0,66% del totale

COME AFFRONTARE LO SMART WORKING

Una guida pratica di Arianna Visentini e Stefania Cazzaroli racconta il lavoro agile

Un dato più che raddoppiato in tre anni ma che mostra un settore ancora poco sviluppato Nonostante si parli sempre più di mobilità sostenibile, in Italia la diffusione di automobili green è ancora marginale tanto che, secondo l’analisi di Facile.it su dati ACI, a dicembre 2018 le autovetture elettriche e ibride immatricolate in Italia erano appena poco più di 256.000 unità, vale a dire lo 0,66% del totale parco auto circolante.La situazione migliora leggermente se si considerano anche le altre tipologie di alimentazioni più sostenibili per l’ambiente, ovvero quelle a Gpl e metano. Sommando queste alle elettriche e ibride si arriva, complessivamente, a 3,6 milioni di veicoli, ovvero il 9,3% del totale parco auto circolante.

Ma quali sono i tassi di crescita del settore e quali le regioni con la maggior concentrazione di veicoli a basso impatto ambientale e quali, invece, quelle in cui diesel e benzina regnano incontrastati? i Se, in generale, il peso percentuale dei veicoli green cresce a ritmi molto contenuti – dal 2015 al 2018 è aumentato di appena un punto percentuale – il trend cambia se si guarda ai soli modelli elettrici e ibridi. Pur rappresentando ancora una nicchia, la diffusione nella Penisola di questi modelli sta registrando percentuali di crescita a tre cifre: dal 2015 al 2018 sono cresciute del 130%. Cercando di indagare sulla

Finanza

Industria

Febaf, tutto pronto per la sesta edizione A Roma la conferenza internazionale della Federazione Banche Assicurazioni e Finanza Siamo alle porte della sesta edizione del Rome Investment Forum, Financing LongTerm Europe, la conferenza internazionale che ogni anno la FeBAF (Federazione Banche Assicurazioni e Finanza) organizza su crescita e investimenti in Europa. L’edizione del 2019 si terrà a Roma il 9 e il 10 dicembre alle Scuderie di Palazzo Altieri ed è organizzata in cooperazione con l’Association for Financial Markets in Europe (AFME). All’invito del Presidente di

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diffusione locale di questo genere di veicoli, Facile.it ha evidenziato come, essendo essa strettamente legata allo sviluppo di una rete di punti di ricarica, in testa alla classifica delle regioni italiane per peso dell’elettrico sul totale veicoli circolanti, si trovi la Lombardia, area dove, a dicembre 2018, si contavano più di 73.000 veicoli di questo tipo, pari all’1,20% del totale. Al secondo posto si posiziona il Trentino-Alto Adige, dove l’1,12% dei veicoli è alimentato a energia elettrica/ibrido; al terzo posto l’Emilia-Romagna, con una percentuale pari all’1,03%, seguita da Veneto (0,92%) e Lazio (0,90%).

A picco gli ordini di macchine utensili FeBAF, Luigi Abete, aderiranno rappresentanti delle istituzioni europee e del governo, banchieri, assicuratori, accademici. Molti i temi scelti per il forum di quest’anno: il finanziamento delle piccole e medie imprese, ma anche delle infrastrutture e degli investimenti in competitività e crescita sostenibile; lo stato dell’arte dell’Unione Economica e Moneteria, dell’Unione bancaria e dei mercati dei capitali; il fintech e l’insurtech; regole e istituzioni per un nuovo ordine finanziario globale. Su www.febaf.it programmi con speaker, parnter del Forum e modalità di registrazione.

Nel terzo trimestre, secondo il report di Ucimu, è stato registrato un calo del 18,6% Brutte notizie per il settore delle macchine utensili: l’ultima analisi di Ucimu, l’associazione che riunisce i costruttori del comparto, fotografa un crollo del 18,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In valore assoluto l’indice si è attestato a 69 (base 100 nel 2015). Il risultato complessivo è stato determinato dal negativo andamento registrato sia sul mercato interno

Strumenti pratici per chi sta o intende far funzionare progetti di innovazione nell’organizzazione. Perché lo smart working non è un collage di iniziative per rendere più felici i collaboratori, ma uno strumento inevitabile che porta benefici a tutti gli stakeholder aziendali. Chi lo ha provato, come evidenziano le numerose testimonianze e i 7 casi operativi illustrati nel libro, sa che lo smart working vuol dire anche e soprattutto aumento della produttività, più efficienza dei processi, miglioramento delle competenze informatiche e tecnologiche.

che sul mercato estero. In particolare, gli ordini raccolti dai costruttori sul mercato interno hanno segnato un calo del 19,3% rispetto al periodo lugliosettembre 2018. Anche sul fronte estero i costruttori italiani hanno registrato una sensibile riduzione degli ordinativi, scesi del 14% rispetto al terzo trimestre 2018. Massimo Carboniero, presidente di Ucimu, ha affermato: «Il 2019, purtroppo, si conferma un anno di arretramento per i costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione che registrano un calo sia sul mercato interno che estero. A preoccupare gli imprenditori del settore è anzitutto la complessità del contesto internazionale che, in molti mercati tra cui anche l’Italia, si è tradotta nel parziale blocco degli investimenti».


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COMUNICARE L’IMPRESA Che si tratti di operazioni di marketing, del lancio di un nuovo servizio, della gestione di una crisi o di pura e semplice vanità, tutte le aziende (ma anche gli studi professionali) hanno la necessità di comunicare. Così, c’è chi improvvisa e chi invece si affida ai professionisti della comunicazione. Impariamo a conoscere da vicino questo variegato mondo.

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L’ECCELLENZA ITALIANA SBARCA NEGLI EMIRATI

STAMPA E PUBBLICHE RELAZIONI ISTRUZIONI PER L’USO Si fa presto a dire “comunicazione d’impresa”. Ma è una disciplina che non si improvvisa. Ecco i consigli di chi se ne occupa per professione. E i suggerimenti per evitare di inciampare nei tranelli più comuni di Marina Marinetti

M

entre state leggendo queste righe, la quanto i funghi durano. casella di posta elettronica di chi le «Le agenzie di comunicazione e i cosiddetti ha scritte - come quella di tanti altri “professionisti della comunicazione”, quelli giornalisti di tante testate - si sta riempiendo con codice Ateco 7020, tra il 2010 e il 2015 al ritmo di una mail ogni venti secondi circa. hanno registrato la cessazione di ben 8 soggetE non si tratta di spam. Reclamano attenzioti giuridici al giorno», conferma Rita Palumbo, ne urlando in maiuscolo. A volte la riga di tesegretario generali di Ferpi, la Federazione sto disponibile sullo relazioni pubbliche schermo è occupata I PROFESSIONISTI DELLA COMUNICAZIONE italiana, che associa ATTIVI IN ITALIA SONO CIRCA 100MILA. per metà dalla dicitupiù di un migliaio di SI OCCUPANO DI PR MA ANCHE DI ra “comunicato stam- CONTENT MARKETING E DI ADVERTISING professionisti. «Oggi pa”, cosicché resta ben possiamo parlare di poco spazio per capire di cosa si tratta. Altre circa 100mila professionisti della comunicavolte si tratta di informazioni non in target zione, che lavorano con varie specializzazioni: con la testata e tocca testare la capienza del dalle pubbliche relazioni, alla comunicazione cestino. La comunicazione d’impresa è un lacorporate, alle media relations, al digital e voro duro e non si improvvisa. Ecco perché social media, al content marketing, all’adveri “pr” che spuntano come funghi poi a volte tising includendo i web master, i web designer

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COMUNICARE L’IMPRESA

RITA PALUMBO

FEDERICO STEINER

e gli organizzatori degli eventi. Il settore, pur “magmatico” è in costante crescita grazie alla digitalizzazione dei processi aziendali». Ferpi, va detto, è l’unica associazione di professionisti che risponde ai criteri della legge 4 del 2013, relativa alle associazioni non ordinistiche che però rispettano i requisiti ordinistici e sono inserite nell’elenco speciale del Mise: «Per entrare da noi occorre affrontare un colloquio, seguire percorsi di aggiornamento professionale per l’assegnazione di crediti formativi. E siamo al tavolo Uni per studiare una norma sul comunicatore professionale che presenteremo ad agosto 2020. Ora c’è un mercato selvaggio e non esiste neppure un listino delle prestazioni».

Questione di dimensioni

Oggi i compensi medi di un professionista si aggirano intorno ai 24mila euro lordi annui. Ma un’azienda di medie dimensioni, per un programma di comunicazione su base annuale, deve mettere in conto una spesa dai 50mila euro in su. «Salvo imprevisti», specifica Federico Steiner, direttore generale nonché partner storico di Barabino & Partners, senza dubbio tra le più importanti realtà italiana nel mercato della consulenza in comunicazione d’impresa, con oltre 100 dipendenti e collaboratori e ricavi superiori ai 16 milioni di euro tra Italia ed estero (Londra, Berlino e New

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York): «Offriamo, banalmente, un servizio di consulenza e di comunicazione che cerca di valorizzare i contenuti dei clienti supportandoli e aiutandoli e raggiungere i loro obiettivi sia di business che di reputazione». “Banalmente” si fa per dire. Perché è il “come” a fare la differenza: «Lo facciamo attraverso progetti di comunicazione che tengano in conto tutti i loro interlocutori che vanno raggiunti con tutti i canali a disposizione, incrociando il canele ENTRO GIUGNO 2O2O SI DEFINIRÀ CON UNI UNA NORMA GENERALE SUL COMUNICATORE PROFESSIONALE CHE FACCIA CHIAREZZA NEL SETTORE

più adatto al contenuto: stampa, digitale, relazioni istituzionali, coi clienti, con le comunità locali». Tra i clienti di Barabino & Partners figurano BonelliErede, il più importante studio legale italiano, Fineco, Hines. Ma non tutti i clienti sono uguali: «Quando ti relazioni con un imprenditore o con un amministratore delegato che ha degli obiettivi dell’azienda molto ampi, in cui la reputazione è uno dei più importanti, riesci a fare un programma a 360 gradi. Quando l’interlocutore, e capita spesso nelle multinazionali, è il direttore marketing, i programmi sono ugualmente seri e articolati, ma tendono più verso la notorietà della marca o la valorizzazione di prodotti e servizi». Poi ci sono quelli che fanno le cose a metà.

PAOLA AMBROSINO

Che poi significa farle in maniera completa, ma diversamente: una parte di comunicazione viene seguita internamente, l’altra affidata a un partner qualificato. È il caso di grandi nomi come Roche, Lvmh, Cocacola, Ikea, Nestlé, Deutsche Bank, Dla Piper Global Law Firm, Humanitas. Tutti clienti di Sec Newgate, fra i primi 30 Gruppi al mondo nel settore Pr, Advocacy & Research, quotato al listino Aim della Borsa di Londra (e presente in Spagna, Belgio, Francia, Germania, Polonia, Regno Unito, Colombia, Abu Dhabi, Australia, Hong Kong, Shanghai, Singapore, tramite varie controllate). «La prossima terra di conquista sarà il Nord America», spiega Paola Ambrono, partner e direttore generale del gruppo. «Offriamo un servizio strategico per le aziende che vogliono internazionalizzarsi, perché devi stare sul territorio per capire come comunicare in maniera efficace. Non è solo questione di linguaggi diversi, ma anche, se non soprattutto, di culture diverse». Ma che senso ha, vi starete chiedendo, pagare un’azienda esterna per occuparsi delle pubbliche relazioni, avendo già all’interno un dipartimento dedicato? «Il valore aggiunto che porta l’agenzia di comunicazione è triplice: da una parte la terzietà, fattore tipico della consulenza, per aiutare i clienti a confrontarsi con il contesto osservandolo da una prospettiva più ampia. In secondo


FRANCESCA BALDINI

luogo la verticalità, l’offerta di specializzazioni che una struttura interna non può avere, per esempio abbiamo una divisione interna dedicata alla gestione delle crisi. E poi la forza di relazione con i media, che naturalmente è più difficile per un’azienda coltivare, perché evidentemente quello che interessa ai lettori non è detto che coincida con quello che interessa nell’immediato all’azienda».

Puntare sul cavallo giusto

La relazione tra pr e giornalista è fondamentale. Ed è quella che deve essere in grado di mettere sul piatto una buona agenzia di comunicazione. E occorre scegliere tra quelle specializzate in comunicazione d’impresa. Qualche nome, oltre a quelli già citati? Image Building, fondata da Giuliana Paoletti nel 1987 e oggi, grazie anche al talento degli oltre 50 professionisti che lavorano con passione e creatività, occupa una posizione di leadership nella comunicazione d’impresa e nelle media relation in ambito finanza, corporate, sanità, prodotto e tecnologia. Oppure Close to media, fondata nel 2001 da Elisabetta Neuhoff, una società di consulenza indipendente che mette al servizio di società private ed enti pubblici il suo know how nel mondo della comunicazione. O Twister Commication Group, costituita 25 anni fa come partnership professionale: gli azionisti sono professionisti che lavorano per

GIOVANNA CASTAGNETTI

i clienti. In 25 anni ha lavorato per oltre 500 soggetti tra imprese, banche, istituzioni, top manager. L’importante è capire quel è il target e come raggiungerlo. «L’agenzia di comunicazione è partner ideale per consentire la partecipazione alle conversazioni, anche quelle dei giornalisti con i propri lettori, se riesce a comprendere interessi, competenze e sensibilità che sono sempre individuali e quindi specifiche», spiega Francesca Baldini, responsabile Corporate in Weber Shandwick Italia, che tra i suoi clienti annovera colossi come Iberdrola, Sammontana, Avis Budget. «Ogni testata punta oggi a un’interazione con i propri lettori ed è importante per un’agenzia di comunicazione comprendere questo obiettivo della

BANDO ALL’IMPROVVISAZIONE, CI VUOLE UN MASTER Quello del pr non è un lavoro per tutti. Anzi: «Al di là del curriculum e delle competenze teoriche acquisite, è questione di attitudini», spiega a Economy Simonetta Saracino, coordinatrice del master in Media Relation e Comunicazione d’impresa di Almed (Alta Scuola di Media Comunicazione e Spettacolo) di Università Cattolica. «Il comunicatore deve creare empatia, mediare, deve aver dentro queste soft skill. Solo su questa base si può costruire ancora meglio il professionista della comunicazione del futuro». Così l’11 novembre prende il via il 14° Master in Comunicazione d’Impresa di Almed-Università Cattolica: «Oggi l’alta formazione richiede una

sempre più stretta collaborazione tra università, aziende e professionisti del settore», sottolineala Simonetta Saracino. «ll Master universitario in Media Relation e Comunicazione d’Impresa è nato proprio con l’intenzione di unire la scientificità accademic, con la qualità professionale e l’esperienza dei manager d’azienda. Una formula di successo che, in 14 anni, ha assicurato una percentuale molto elevata di placement al termine del percorso

didattico. Obiettivo del Master è formare giovani manager in grado di organizzare e gestire la comunicazione esterna e interna di imprese, enti, organizzazioni complesse, e in particolare di curare e rafforzare i rapporti con i media e gli influenzatori d’opinione. La didattica prevede un approccio multidisciplinare che si basa soprattutto sulla condivisione di case history e best practice condotte da una faculty di altissimo livello, composta da docenti provenienti da grandi realtà aziendali, dal mondo del giornalismo, da agenzie di comunicazione internazionali. Il Master inoltre prevede numerose borse di studio assegnate per meriti ed erogate dalle aziende partner del master».

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COMUNICARE L’IMPRESA

redazione e dei suoi giornalisti, mettendo in lo spot, la pubblicità sul web consente di fare campo sensibilità e competenze per proposte brand awareness. Ma assecondare le iniziative di contenuto centrate sulle aspettative dei letdelle testate, partecipando ai vari osservatori, tori». Se poi chi fa comunicazione ha alle spalspeciali, dossier, consente di far combaciare le lunghe esperienze in azienda, la comunicala propria notizia con l’interesse del lettore, zione (tra cliente e agenzia) è più semplice. È creando sinergie con i giornali e rendendo più il caso, per esempio, di Francesco Foscari, preampio e approfondito l’inserto. Ecco perché sidente di iCorporate, quello che vendiamo PER CHI HA MENO BUDGET che prima di cambiare non è mai un pacchetCI SONO ALCUNI VALIDI «LIBERI casacca ha una lunga to, ma un servizio taiBATTITORI» CHE PERÒ VANNO A LORO storia professionale in lor made con proposte VOLTA SCELTI CON OCULATEZZA aziende come Telecom mirate». e Pirelli: «Così coi clienti parliamo la stessa linE se l’azienda non solo non è grande, ma gua». Tra i suoi clienti figurano Autogrill, Saineppure media? Insomma, se il budget scarpem, Basf, Whirpool, Unipol, Twitter, Unieuro. seggia? Il bisogno di comunicare non cambia. «Bisogna capire innanzitutto cosa intende Per fortuna ci sono anche pr “liberi battitori”. l’azienda per “piano di comunicazione”», spie«Ma ci dev’essere feeling, fiducia reciproca», ga Foscari: «Le aziende normalmente hanno conferma Giovanna Castagnetti, consulente tanti contenuti, ma occorre pensare all’ecodi comunicazione in ambito media relations sistema dell’informazione per convogliarli in con alle spalle vent’anni di carriera. A lei si rimodo da raggiugere i propri target». Uno dei volgono piccole aziende e studi professionali, sistemi migliori? Il cosiddetto “adv evoluto o ma anche singoli professionisti. «Il mio primo tattico”: «l’acquisto della pagina pubblicitaria, compito è ascoltare il cliente, ma è anche vero

che il cliente deve ascoltare me. Partono con un pregiudizio perché il loro lavoro lo sanno fare loro e tu sei solo quello che lo deve comunicare. Sono linguaggi che non si parlano tra loro». Così, i primi incontri sono «un po’ della sedute di maieutica. Devo capire in cosa il cliente di differenzia dai competitor, definire il target, che è il primo grande scoglio. Si definiscono obiettivi e motivazioni, si individuano i concorrenti, sia diretti che indiretti, quali sono le soluzioni diverse o peculiari che il cliente credi di poter proporre o banalmente anche se ci sono problematiche o pregiudizi legati a quello che fa ». L’aspetto fondamentale? «Il taglio giornalistico: meno autopromozionali si è, meglio funziona. La comunicazione è un lavoro di squadra». Ed ecco il training in vista delle interviste. «Tre regole: essere sintetici e chiari, non parlare di se stessi in maniera autopromozionale e non cercare di portare l’insegnante su quello che avevi realmente studiato. L’intervista non è uno spot».

COMUNICARE ON-LINE È D’OBBLIGO, FARLO BENE É DIFFICILE «Immaginare una campagna commerciale o anche un piano di valorizzazione del consenso senza ricorrere agli strumenti digitali e ai canali social e online è, oggi, veramente improbabile», spiega Gianluca Comin, fondatore di Comin & Partners: «Tuttavia, sono ancora molte le aziende e i manager che guardano con diffidenza all’accesso alla comunicazione e al marketing digitale». Eppure le piattaforme online consentono di creare in modo molto più semplice un rapporto diretto con il cliente e di offrire al proprio pubblico un servizio di assistenza e contatto “a portata di smartphone”, con l’obiettivo di generare quel passaparola digitale che porta nuovi clienti all’azienda. «L’utilizzo di influencer digitali», sottolinea Comin, «abbatte ulteriormente la barriera e costruisce un rapporto privilegiato con il cliente, creando una empatia profonda tra l’azienda e suoi stakeholder. In

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un recente studio condotto sulla popolazione degli Stati Uniti è emerso che il 90% dei consumatori ritiene più appealing un marketing personalizzato, incentrato sull’esperienza del cliente. Allo stesso modo il coinvolgimento strategico di influencers può rafforzare il posizionamento dell’impresa online e può valorizzare un prodotto specifico sul quale l’azienda ha deciso di investire». Ma attenzione a non cadere nel cosiddetto “content overload”, «cioè di mettere in rete tante informazioni che risulterebbe difficile a chiunque comprenderle. Basta pensare che, ogni 60 secondi, ben 3,3 milioni di persone pubblicano un contenuto sulla sola piattaforma Facebook. La scelta della misura è dunque fondamentale per evitare che il cliente disperda la sua attenzione con il risultato di rendere sfocata l’immagine dell’azienda, del prodotto o del suo top management». Qual è allora il giusto modo di

comunicare online? «Fiducia, disintermediazione e influenza sono le nostre parole chiave». E nel caso di commenti negativi o fake news? «Preparazione e professionalità sono gli ingredienti, oltre ad una capacità di risposta rapida. Nel mondo digitale, infatti, ogni comunicazione è immediata e, quindi, anche nel caso di una crisi online, una rapida risposta da parte dell’azienda può renderla più umana e limitare i danni».



COMUNICARE L’IMPRESA

Italia e Emirati Arabi Uniti le Pmi si incontrano Grande successo per il primo “Italy – UAE SME’s Business Forum” organizzato a Milano da Efg Consulting, società di advisory sull’internazionalizzazione, per il Ministero dell’Economia degli EAU di Riccardo Venturi

«I

talia e Emirati Arabi Uniti sono due Bozzetti, «e vanno supportate nei processi di Paesi molto simili, poiché la vita sointernazionalizzazione per innestare un volaciale e la vita economica si basano no di sviluppo economico». sugli stessi pilastri: la famiglia e le Pmi». Lo ha Erano presenti i vertici del “National Proaffermato Giovanni Bozzetti, presidente di Efg gram for Small and Medium Enterprises and Consulting, in occasione del primo “Italy – UAE Projects” del Ministero dell’Economia degli SME’s Business Forum” organizzato lo scorso Emirati Arabi Uniti, guidati dal direttore Adeeb 24 settembre da Efg Al Afifi, a capo di una Consulting, società di A MILANO IL PRIMO PASSO EUROPEO DEL delegazione di trenta PROGRAMMA PER LE PMI DEL GOVERNO advisory sull’internaimprenditori locali di DEGLI EMIRATI ARABI UNITI, CON TRENTA zionalizzazione, per IMPRENDITORI DEL GOLFO E 200 ITALIANI diversi settori, dalla conto del Ministero moda all’healthcare, dell’Economia degli Emirati Arabi Uniti presdal design al food & beverage, dai gioielli alle so l’Hotel Principe di Savoia di Milano, con energie rinnovabili, dalla formazione all’agril’obiettivo di rappresentare un momento di coltura, desiderosi di trovare aziende partner incontro e di confronto tra le Pmi dei due Paeitaliane. «È il nostro primo passo in Europa» si. «Le Pmi rappresentano l’asse portante delha affermato Al Afifi, «sono particolarmente le nostre strutture economiche» ha aggiunto soddisfatto dell’elevato numero di aziende

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italiane che dimostrano interesse per il nostro mercato, e le nostre Pmi presenti sono disponibili per accordi di partnership. Essere presenti negli Emirati Arabi Uniti significa come minimo aprire le porte del mercato del Medio Oriente; ma grazie alla posizione strategica, equidistante tra Europa, Asia e Africa, si può andare anche oltre». Gli Emirati Arabi Uniti sono undicesimi su 190 nella classifica dei migliori Paesi del mondo dove fare affari. «È un teatro strategico: basti pensare che in 4 ore di volo da Dubai si raggiunge un terzo della popolazione mondiale, in 8 ore due terzi» ha sottolineato Bozzetti. La ricerca e la continua attenzione degli Emirati Arabi Uniti verso i prodotti e servizi Made in Italy in ogni settore economico, come testimoniato dall’incessante crescita delle


Adeeb Al Afifi, direttore del "National Program for Small and Medium Enterprises and Projects” del Ministero dell’Economia degli EAU, a sinistra con Giovanni Bozzetti, presidente di Efg Consulting

importazioni dall’Italia, rappresentano un’opportunità irrinunciabile, tanto più a un anno dall’inizio di Expo 2020 Dubai, un evento globale a cui parteciperanno oltre 200 Paesi, con oltre 25 milioni di visitatori, e le cui entrate stimate superano i 20 miliardi di euro. Per questo l’Italy – UAE SME’s Business Forum era anche una ghiotta occasione per le Pmi italiane interessate ad internazionalizzare le proprie attività negli Emirati Arabi Uniti. L'opportunità è stata colta da oltre 200 imprenditori e manager di Pmi italiane, che oltre a partecipare al forum hanno preso parte anche a un’ampia sessione di incontri BtoB, dove hanno potuto interloquire direttamente con la delegazione emiratina e valutare concrete opportunità di business. Tra le numerose aziende presenti figuravano Versace Home, Missoni, Genny, Isaia, Bulgari, Buccellati, Moreschi, Peck, Ristorante Savini, Lidia Cardinale, Trussardi, Aran, Feinrohren, Ambienthesis, Tecnomec, Gewiss, Ave, Immobiliare Percassi, Moretti Costruzioni, HRC, Ernst & Young, Università Cattolica del Sacro Cuore, Fondazione Policlinico, IEO. All'Italy – UAE SME’s Business Forum ha partecipato anche il più importante gruppo bancario italiano. «Per esseri concreti c’è anche Intesa Sanpaolo, l’unica banca italiana ad avere la licenza per operare nella valuta degli Uae» ha spiegato il presidente di Efg Consul-

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LA DELEGAZIONE DI PICCOLI E MEDI IMPRENDITORI DEGLI EAU A MILANO PER "ITALY-UAE SME'S BUSINESS FORUM"

ting presentando alla platea di imprenditori settore non oil è in crescita, e attualmente vale emiratini e italiani Claudio Celli, coordinatore circa il 70% dell’economia. Comprende oltre dei referenti regionali della divisione Interna1.700 imprenditori degli Emirati che hanno zionalizzazione del Gruppo Intesa Sanpaolo. la passione di esplorare opportunità più pro«Il Gruppo ha 5mila sportelli, di cui 1100 all’emettenti, in tutte le diverse parti del mondo. stero; e 19 milioni di clienti di cui 7,2 all’esteLe piccole e medie imprese negli EAU hanno ro» ha sottolineato Celli, «Siamo presenti in dimostrato di essere i motori strategici delmodo diretto in 40 paesi; a questi vanno agle industrie in tutto il paese e si prevede che giunti gli oltre 80 paesi nei quali abbiamo acavranno un ruolo molto più forte negli anni a cordi con istituti di credito locali. Nelle nostre venire. Con il National Program for Small and filiali di Dubai e Abu Medium Enterprises and PER AIUTARE LE PMI ITALIANE Dhabi, il nostro perProjects il Governo inA SBARCARE NEGLI EAU (E VICEVERSA) sonale che parla tende migliorare le loro NASCE IT'S, IL NUOVO MAGAZINE DI italiano aiuta con- ECONOMY GROUP CON EFG CONSULTING performance. cretamente le nostre Nel corso dell’evento, il aziende in loco». direttore di Economy e Investire Sergio LuciaNegli Emirati Arabi Uniti le Pmi rappresenno ha presentato la nuova iniziativa editoriale tano il 94% delle aziende e contano l’86% di Economy Group, realizzata in collaboradegli addetti del settore privato - in Italia il zione proprio con Efg Consulting: la rivista 99,9% delle aziende sono Pmi per un totale in lingua inglese IT’s, il cui primo numero di di 4.334.000 e con un presentazione è stato distribuito ai numerosi export di 464 miliardi ospiti. IT’s è un periodico cartaceo che verrà di Euro. Il programma stampato e distribuito negli Emirati Arabi Unidedicato dal Governo ti con cadenza inizialmente bimestrale, per poi degli EAU al supporto e diventare mensile durante Expo 2020 Dubai. allo sviluppo economiUn’iniziativa pienamente in linea con gli obietco e manageriale delle tivi a due direzioni dell’“Italy – UAE SME’s BuPmi è volto soprattutto siness Forum”: da un lato aiutare le aziende al perseguimento degli italiane ad affermare la loro presenza nel Golobiettivi di sviluppo del fo, anche utilizzando l’occasione di Expo 2020 settore non petrolifero e Dubai; dall’altro promuovere la presenza in di diversificazione delle Italia di quelle emiratine, oltre che attrarre inattività economiche – il vestitori del Golfo nel nostro Belpaese.

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STORY-LEARNING IL CORAGGIO DI INNOVARE

Quando, 13 anni fa, Danilo Iervolino fondò la sua Università online, il mondo accademico guardò all'iniziativa con un certo scetticismo. Oggi l'Università telematica Pegaso è un'eccellenza riconosciuta a livello internazionale. Per innovare insomma bisogna avere coraggio, oltre che intraprendenza, e le storie di Klm, Fiamm, Mukako e Roboze, che raccontiamo nelle prossime pagine dimostrano che andare controcorrente è una strategia vincente.

LA DISRUPTION DIGITALE SPRIGIONA LA FORZA DELLA NUOVA UNIVERSITÀ Con l'ingresso del fondo Cvc, che ha acquistato il 50% del capitale, l'Università telematica Pegaso si appresta a diventare la più grande realtà dell'education on-line d'Europa. Puntando tutto sull'innovazione di Sergio Luciano

Q

ui in Italia viviamo una sorta di internazionale com’è il fondo Cvc, che in Italia demarcazione tra tecnofobici e controlla colossi come Sisal e Recordati ed ha « tecnoentusiasti. Io sono un tecnoacquistato il 50% del capitale, diversificando entusiasta, e dico che viviamo ancora in una nell’industria del sapere proprio perché concultura digitale bassissima, inadeguata, e che vinto delle straordinarie possibilità di espanla divulgazione delle opportunità offerte dal sione internazionali di Pegaso. digitale è altrettanto bassa»: Danilo Iervolino «Viviamo questa demarcazione e io non mi è forse oggi l’italiano che più di tutti ha titostanco di denunciarla: nei posti di comando lo per parlare così. della società civile, Ha fondato nel 2006 L'ATENEO CREATO DA DANILO IERVOLINO della politica e dell’eCONTA OLTRE 80MILA ISCRITTI e presiede un gruppo conomia ci sono anE L'ECCELLENZA DEI SUOI DOCENTI che ha piuntato sul cora gli over 50, assai È UNIVERSALMENTE RICONOSCIUTA digitale per innovare poco digitalizzati», radicalmente nel settore dell’alta formazioprosegue Iervolino, «mentre i giovani restano ne per eccellenza: l’università. Oggi la sua ai margini, non trovano spazio, sono soffocati, Università telematica Pegaso, insieme con le e non riescono quanto meriterebbe ad affertre controllate Universitas Mercatorum, Eumare le loro visioni del mondo, e il loro nuovo ropean Polytechnical University in Bulgaria modo di intendere le relazioni col lavoro e con e a Malta la Pegaso International conta oltre le prospettive di vita». 80 mila iscritti e, dallo scorso 2 agosto, ha acPerò un colosso finanziario come Cvc Capital colto un socio finanziario di assoluto rilievo Partners – un gruppo basato in Gran Breta-

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STORY-LEARNING

L'OFFERTA FORMATIVA Istituita con Decreto Ministeriale del 20 aprile 2006 (GU n. 118 del 23-5-2006, Suppl. Ordinario n. 125), l’Università Telematica Pegaso rilascia titoli accademici per 10 corsi di laurea (Giurisprudenza, Ingegneria civile, Scienze Turistiche, Economia Aziendale, Scienze Motorie, Scienze dell’Educazione e della Formazione, Scienze Pedagogiche, Management dello Sport e delle Attività motorie, Scienze Economiche, Ingegneria della Sicurezza). L’offerta formativa, garantita da oltre 300 docente, è arricchita da 380 master professionalizzanti, 41 corsi di perfezionamento, 80 corsi di Alta Formazione, 300 esami singoli, 6 accademie, 2 certificazioni. Annovera oltre 75.000 studenti tra corsi di laurea e post, la presenza capillare sul territorio nazionale (e dispone di oltre 75 sedi d’esame in tutta l’Italia e più di 500 poli didattici). Controlla la Pegaso International di Malta, l’European Polytechnical University in Bulgaria e in joint-venture con Unioncamere l’Universitas Mercatorum, rinata in veste di Startup University, grazie anche ad un accordo con Digital Magics, business incubator quotato sul mercato Aim Italia di Borsa Italiana. Rettore dell’Ateneo l’ex ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi; tra i docenti nomi di assoluto prestigio quali Giuseppe Tesauro, già presidente della Corte Costituzionale; Giancarlo Laurini, già commissario straordinario dell’Ordine Nazionale dei Commercialisti ed Esperti Contabili; Adriano Giannola, presidente di Svimez; Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico e molti altri. Oltre 600 convenzioni con istituzioni e associazioni della società civile fluidificano il dialogo formativo con il sistema Paese. Inoltre, con quasi 160 mila like su Facebook, 5.000 follower su Twitter, 10.000 su Instagram e 15.500 iscritti a Linkedin. l'Ateneo è primo tra tutte le università

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gna, che gestisce oltre 52 miliardi di dollari di attività tra Europa e Asia, con una capacità di investimento pari a 109 miliardi di dollari – ha scelto l’Italia, attraverso l’investimento in Pegaso, proprio per le chanche che l’azienda ha saputo cogliervi e ora replicherà nel mondo. Come mai questo incontro tra lei e Cvc? Eravamo analizzati e anche corteggiati da anni, con Cvc abbiamo individuato una piena convergenza di intenti sul fronte dello sviluppo e di comune accordo abbiamo deciso di intraprendere questo percorso insieme. L’obiettivo condiviso è quello di creare la più grande realtà dell’education on-line in Europa se non nel mondo.

percorso di crescita all’estero… Sì, con le noste sole forze siamo già attivi in Bulgaria, con l’European Polytechnical University, e a Malta con la Pegaso Internazional. Il mondo è nel nostro dna, insieme con la ricerca costante dell’eccellenza didattica e dell’evoluzione tecnologica.

Avete decine di proposte formative diverse, dai classici corsi di laurea triennali e specialistici ai corsi executive ai master, e tutti declinati su numerose discipline. Saprebbe indicare, però, un comun denominatore? Sicuramente la trasformazione digitale, una dimensione che oggi attraversa tutto il sapere umano. Quindi sia nei nostri corsi di laurea che Avete oltre 80 mila studenti e siete ben nell’offerta di perfezionamento post-laurea, nei profittevoli, ok: ma cosa induce lei e i suoi corsi per gli executive, per i manager, cerchianuovi soci a scommettere su un rilancio mo di permettere agli studenti un approccio che promette di essere vincente, ma sarà innovativo alle varie materie alla luce della anche certamente molto impegnativo? disruption digitale, che così da pericolo divenRiteniamo di poter ta risorsa. Penso alle LA PIATTAFORMA DELL'UNIVERSITÀ mobilitare una ingrandissime opporTELEMATICA PEGASO È INTERAMENTE frastruttura ed una tunità offerte dall’InPROPRIETARIA, CON 200 INGEGNERI competenza tecno- IMPEGNATI A SVILUPPARE TECNOLOGIA dustria 4.0, penso logiche senza uguali all’e-commerce, a tutte sul mercato, sono certo che questa nostra le nuove opportunità che il web offre e che sicaratteristica sia stata notata a apprezzata. È curamente in Italia sono ancora poco sfruttate. una piattaforma, la nostra, interamente proprietaria, con 200 ingegneri che ogni giorno Lei è davvero un tecnoentusiasta… lavorano al mio fianco per sviluppare le tecnoLo sono, e lo riaffermo con tutta la passione e logie più raffinate per la formazione a distanla convinzione. Lavoro per favorire l’ingresso za. Per creare la prima università italiana in dei giovani e dei meno giovani nelle tecnologie grado di dispiegare concretamente la sua vodigitali, nell’intelligenza artificiale, nel mondo cazione realmente internazionale, apriremo di oggi e, sempre più, del futuro. Oggi tutte le subito nuove sedi all’estero, in particolare in migliori opportunità nel lavoro e nel business Nord America, al Sud America e in Asia. Con si hanno con il web, un ambiente di gran lunga i nostri nuovi partner avremo la possibilità di più meritocratico di quello tradizionale, conattuare al meglio – per primi tra le istituzioni taminativo, ibrido e veloce. C’è bisogno però formative italiane – un’autentica politica di di una solida struttura culturale per affrontare m&a (merger and acquisitions, cioè fusioni e le sfide del web e il nostro gruppo è da semacquisizioni, ndr) che porterà il nostro gruppre, e oggi a maggior ragione, in grado di offripo, peraltro già strutturato in quattro diversi re strumenti e risorse e percorsi per svolgere atenei, di avere ulteriori frecce al proprio arco una funzione di raccordo verso il mondo del per competere alla pari con i colossi internaweb per chi ancora non vi si riconosce. zionali del settore. Non le sembra di scivolare nell’apostolato? Pegaso, peraltro, aveva già iniziato un suo In un certo senso sì, ma come missione de-


liberatamente scelta! Noi, come istituzione universitaria digitale, abbiamo l’obbligo di diffondere con coraggio e convinzione quelle che sono le grandi opportunità di Internet, e di farlo anche a costo di andare in conflitto con i vecchi anfiteatri del sapere che all’inizio ci hanno ignorato, poi hanno provato ad ignorarci, ora non possono più ma spesso ancora si comportano in maniera del tutto refrattaria a ogni forma di innovazione e finiscono con l’essere un tappo verso la tecnologia e verso l’innovazione. Peraltro lei l’innovazione l’ha seguita fin da ragazzo. Quando l’è venuta l’idea di Pegaso? Già nel 2004, a ventisei anni, dopo un lungo soggiorno in America, durante il quale ebbi modo di approfondire il modello della formazione telematica, delle piattaforme tecnologiche, della rete distributiva. Tornato in Italia, visto che era stato promulgato il decreto legge Moratti–Stanca, voluto dal governo guidato Berlusconi, che istituiva le università telematiche, misi a punto il progetto base che poi avrebbe portato alla nascita dell’Università Telematica Pegaso, accreditata dal ministero nel 2006.

Dunque un’intuizione giovanile. Assolutamente, ed anche per questo ripeto ai giovani, ai nostri studenti, di avere coraggio e buttare il cuore oltre l’ostacolo, inseguendo le loro visioni. Questo non è più il tempo delle parole misurate, non è più il tempo di andare nei solchi già arati da altri, è invece l’ora di non cercare l’omologazione, di fare cose creative utilizzando l’intelligenza divergente e di farle subito. Inutile dire che lei confida sul fatto che il digitale stia costruendo, per l’economia e il lavoro del futuro, più opportunità di quante ne stia cancellando… Indubbiamente, il digitale ha distrutto parte dell’economia tradizionale, ma ne sta costruendo molta di più. Guardi il nostro settore, quello della formazione universitaria:

Pegaso ha 13 anni e ricordiamo tutti perfettamente che all’inizio venivamo visti come una centrale di formazione un po’…esotica, da cui stare lontani in termini di qualità. A distanza di 13 anni non è più così, abbiamo docenti eccezionali e tutti ce lo riconoscono, tantissimi nostri laureati dei primi anni sono già riusciti a conseguire grandi successi professionali e ad inserirsi in ruoli di prestigio.

Soddisfatto su questo fronte, dunque? Fino a un certo punto. Dissi 13 anni fa e non mi sbagliavo: quando i futuri inquilini della Casa Bianca o del Quirinale o dell’Eliseo avranno all’attivo nel loro curriculum una laurea conseguita on-line si potrà davvero dire che la formazione telematica sarà stata pienamente legittimata. Direi che siamo sulla strada giusta.

Sui banchi di Agerola con lo chef stellato

I

fortunati che, come

hanno ricevuto il Marchio

chi scrive, conoscono

“Ospitalità Italiana”, la

Agerola ne associano il

Borsa Merci Telematica

nome ad un paniere di

del Ministro per le Politiche

assolute prelibatezze

Agricole e il Gambero

gastronomiche. In realtà

Rosso. Oggi il Principe di

Mercatorum); scienze

il piccolo centro sul

Napoli è l’unico Campus di

turistiche l15 e scienze

crinale della penisola

eccellenza del suo settore

economiche lm56 (erogate

sorrentina è un luogo-cult

a livello nazionale. Ne è

dall’università telematica

per i buongustai, per i

direttore scientifico un

Pegaso); un master di primo

suoi straordinari latticini.

personaggio che con il suo

livello in alta ospitalità; 3

Ed è degnissima sede

solo nome rappresenta la

corsi professionalizzanti

per la nuova, e prima

miglior garanzia di qualità:

in alta cucina italiana; alta

“Università Gastronomica

lo chef Heinz Beck, 3 stelle

pasticceria e sommelier;

e Centro di Alta formazione

Michelin, 5 forchette

4 corsi amatoriali: dop e

e specializzazione

rosse, Five Star Diamond

igt in cucina; cucinare per

universitaria”, interamente

Award. Il Campus offre

il benessere; dalla farina

dedicata alla gastronomia

un’esperienza unica al

alla pizza ed essenze in

e al turismo, battezzata “Il

mondo in cui territorio,

cucina. I corsi erogati

Principe di Napoli”, come

cibo, mare, bellezza e

sono in formula blended

l’antica colonia montana di

genuinità si contaminano

(parte online e parte in

cui utilizza la meravigoliosa

reciprocamente in un

presenza) per garantire ai

e panoramicissima sede,

contesto magico e ricco di

partecipanti un’adeguata

promossa dall’Università

suggestive emozioni.

conoscenza teorica

telematica Pegaso,

L’Offerta Formativa si

abbinata ad un’esperienza

con la controllata

struttura in 4 macroaree:

pratica di eccellenza. Sono

Universitas Mercatorum,

3 Corsi di laurea:

previsti stages presso le

con l’Unioncamere,

gastronomia, ospitalità

migliori brigate e le più

Assocamerestero, la

e territori l-gastr,

esclusive strutture di alta

rete dei ristoranti che

(erogato dall’Universitas

hotellerie.

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STORY-LEARNING

IL TRASPORTO AEREO PUNTA SULLA SOSTENIBILITÀ Air France-Klm è un modello di successo grazie alle economie di scala. Ma la prossima sfida, spiega il nuovo direttore generale, Stefan Vanovermeier, sarà inquinare di meno grazie a una flotta green di Maddalena Bonaccorso definitivo per 60 aeromobili Airbus A220300 e il primo aeromobile di questo tipo sarà consegnato nel settembre 2021. L’A220-300 consentirà ad Air France di ridurre l’impatto ambientale grazie al 20% di emissioni di CO2 in meno e ad una sostanziale riduzione dell’inquinamento acustico.

UNISCE IL MONDO, CON LE SUE 312 DESTINAZIONI IN 116 PAESI. E LO FA NEL RISPETTO DELL’AMBIENTE: IL GRUPPO AIR FRANCE-KLM ROYAL DUTCH AIRINES (assieme al

terzo brand, Transavia), che nel 2018 ha trasportato 101 milioni di passeggeri con una flotta di 550 aeromobili, è più pronto che mai ad affrontare il futuro con le sue grandi sfide di sostenibilità e progresso. Dall’inizio di settembre il nuovo direttore generale del gruppo per i paesi dell’East-Mediterranean (Italia, Malta, Albania, Grecia, Cipro, Turchia e Israele), è Stefan Vanovermeier, ingegnere francese di 46 anni che lavora in Air France dal 1999. Economy lo ha intervistato. Dopo 4 anni come direttore generale per Giappone, Corea e Nuova Caledonia, lei è appena diventato direttore generale East-Mediterranean. Quali sono i suoi obiettivi, all’inizio di questo nuovo incarico? L’obiettivo del Gruppo Air France-Klm nei paesi East Med, è quello di rafforzare sempre più la propria presenza e diventare la scelta preferita per chi viaggia sia per affari che per pia-

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Siete particolarmente attenti alla sostenibilità dei vostri voli. Quali iniziative avete in campo e quali altre lancerete prossimamente per rendere gli aerei della vostra flotta sempre meno inquinanti? Oltre ad orientarci verso velivoli più ecologici, la sfida più importante è quella del biofuel. Klm è la prima compagnia aerea al mondo ad invecere. In particolare, in Italia vogliamo aumenstire in carburante sostenibile su larga scala e, tare la nostra presenza in maniera sostenibile, assieme a SkyNrg, leader del mercato globale elemento su cui abbiamo già investito molto per il carburante sostenibile per l’aviazione negli ultimi anni. Nel Centro Nord la nostra at(Saf), svilupperà il primo impianto europeo tenzione è sul traffico corporate mentre al Sud dedicato alla produzione di Saf a Delfzijl in vogliamo crescere, come già stiamo facendo a Olanda. A partire dal 2022, l’impianto produrrà Napoli, collegando le regioni meridionali al noannualmente 100.000 tonnellate di Saf, di cui stro network intercontinentale e facilitando il 75.000 saranno acquistate da Klm. Ciò signifitraffico incoming sia business che leisure. ca una riduzione di CO2 di 270.000 tonnellate all’anno, che corrisponde almeno all’85% in A proposito di sostenibilità: su quali modelli meno rispetto ai combustibili fossili. L’impiandi aeromobile puntato sarà il primo del suo OGGI I PASSEGGERI GUARDANO PIÙ CHE MAI genere al mondo e la te per il futuro? ALLA QUALITÀ DEL SERVIZIO E CONSIDERANO Puntiamo su modelli sua costruzione è un L’AEREO NON SOLO UN MEZZO DI TRASPORTO nuovi a ridotte emispasso concreto verso MA UN’ESPERIENZA EMOZIONANTE sioni di CO2, come il la realizzazione degli nuovo Airbus A350 o il Boeing 787 per quanobiettivi di sostenibilità di Klm. D’altro canto, to riguarda la flotta a lungo raggio. Negli ultiAir France si impegna a eliminare a bordo, enmi mesi abbiamo preso importanti decisioni tro la fine del 2019, ben 210 milioni di articoli sull`armonizzazione della flotta, decidendo di in plastica monouso. riservare gli ordini degli A350 ad Air France e dei Boeing 787 a Klm consentendo di ottiAir France-Klm è un colosso dei cieli che mizzare i costi di gestione e di manutenzione. ogni anno fa volare milioni di persone. QuaPer quanto riguarda la flotta medio raggio Air li sono i punti di forza del Gruppo, e quali France si è impegnata ad effettuare un ordine vantaggi ci sono stati, sia per Air France


che Klm, nell’unirsi in network, ormai 15 anni fa? La nascita del Gruppo Air France-Klm è stato il primo vero e proprio esempio di consolidamento nel mercato dell’aviazione civile. Tutt’ora rappresenta un unicum perché ha creato una totale integrazione commerciale tra Air France e Klm mantenendo la forza e l’identità dei due brand. Ed è proprio questo il punto di forza: aver mantenuto le peculiarità delle due compagnie aeree creando al contempo un sistema integrato ed economie di scala nel trasporto passeggeri, nel trasporto cargo e nella manutenzione degli aeromobili. Riusciamo ad intercettare tutti i tipi di clientela, dal viaggiatore occasionale che viaggia per piacere, alle grandi corporate internazionali. È totalmente da escludere un interesse di Air France-Klm per Alitalia? Il Gruppo Air France-KLM non ha alcuna intenzione di entrare nel capitale di Alitalia, ma ha tutto l`interesse a che Alitalia rimanga un suo partner importante. All`interno dell’alleanza SkyTeam, Air France-Klm e Alitalia possono continuare ad offrire indubbi benefici ai passeggeri italiani grazie alla combinabilità dei programmi frequent flyer Flying Blue e Mille Miglia. Inoltre la presenza di Alitalia nella joint venture transatlantica per il Nord America, di cui fanno parte anche Delta Air Lines e Virgin Atlantic, è un valore aggiunto per l’alleanza stessa e per la clientela italiana.

La compagnia è una delle più redditizie d’Europa: come si concilia la redditività con gli ottimi servizi ai passeggeri? Oggi i passeggeri guardano più che mai alla qualità del servizio e considerano l’aereo non semplicemente come un mezzo di trasporto ma come una vera e propria esperienza emozionale. I nostri investimenti sono indirizzati sempre di più a migliorare la qualità del servizio, cercando di anticipare le esigenze dei passeggeri di oggi e di domani. Oltre a questo, abbiamo una forte attenzione ai costi ed un’attenta politica di pricing volta a massimizzare la nostra redditività.

STEFAN VANOVERMEIER

Nonostante le vostre ottime performance, nel mese di agosto il dato passeggeri non è cresciuto come speravate. Che spiegazione vi siete dati? Le prenotazioni last minute nel periodo estivo sono state più deboli di quanto previsto a causa del rallentamento dell`economia globale. Stiamo comunque analizzando i trend, anche nei periodi di alta stagione, per gestire al meglio la nostra offerta di posti.

Quali sono le tratte più apprezzate a livello globale dalla clientela, sia business che privata? Il nostro network è ben calibrato verso tutti i continenti, ma i numeri più importanti in termini di passeggeri li abbiamo verso le grandi metropoli del Nord America e dell`Asia, con New York, Los Angeles, San Francisco, Shanghai e Tokyo in testa.

Sempre più spesso i passeggeri scelgono le compagnie in base all’intrattenimento a bordo e al comfort, anche in economy class. Investite molto in questi settori? Quali sono i vostri punti di forza? Sia Air France che Klm hanno un sistema di intrattenimento a bordo all’avanguardia con un’ampissima scelta tra film, serie televisive, video giochi, canali tematici, corsi di lingue e canali dedicati ai bambini. Air France, che proietta film a bordo fin dal 1951, offre più di 38.000 posti con schermo individuale e 1.400

LA VERA SFIDA È SUL COMFORT E SULL’ATTENZIONE PER IL CLIENTE ore di intrattenimento al mese disponibile in ben 12 lingue. Ma la vera sfida è sul comfort e sull’attenzione al cliente: ormai quasi il 90% della nostra flotta, sia di Air France che di Klm, è equipaggiata con le nuove classi di bordo lanciate sul mercato negli scorsi anni e che hanno riscontrato un ottimo indice di gradimento.

Il 7 ottobre KLM ha compiuto 100 anni di vita. Come avete festeggiato e con quali sfide avete iniziato il secondo secolo di vita? Le parole chiave di questo grande traguardo sono due: orgoglio e futuro! Orgoglio di essere la prima compagnia aerea al mondo a festeggiare i 100 anni con il proprio nome originario. Il 7 ottobre è stata l’occasione per celebrare il glorioso passato di Klm. In Italia abbiamo coinvolto passeggeri in tutti gli aeroporti con numerose sorprese, gadget e promozioni speciali. Inoltre, in linea con la nostra natura green, abbiamo compensato le emissioni di CO2, attraverso il nostro programma CO2zero, per tutti i passeggeri in partenza dagli aeroporti italiani il giorno del compleanno di Klm. L’intero importo è stato donato al progetto di riforestazione CO2OL Tropical Mix a Panama, che risponde a quattro dei criteri di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Nel 2019 festeggiamo molto di più del nostro centesimo anniversario. Guardiamo indietro con orgoglio e soprattutto avanti con fiducia. Klm è in forma, in salute e pronta per i prossimi cento anni: collega il mondo, ma soprattutto lo rispetta.

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STORY-LEARNING

PIOMBO O LITIO, IL FUTURO FUNZIONERÀ A BATTERIE Entrata due anni fa nell’orbita di Hitaci, l’italiana Fiamm è un player strategico non solo nell’automotive, ma anche nell’ambito dello storage dei dati, del cloud computing, delle energie rinnovabili e delle smart grid di Sergio Luciano

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n mondo a batteria? Sicuramente sì, ma con quali tecnologie è ancora da decidere. Dipenderà dalla ricerca, che ad oggi non ha ancora trovato la pietra filosofale che tutti cercano: non l’ha trovata nemmeno nel mitico litio. Che ha tanti pregi, ma anche molti difetti. Una cosa è certa, però: in questo futuro mondo a batterie, ci sarà comunque un posto in prima fila per l’Italia grazie a Fiamm e al colosso giapponese Hitachi che in Fiamm Energy Technology ha creduto fermamente, fino al punto di comprarsela due anni e mezzo fa, rilevando il testimone dalla famiglia vicentina Dolcetta. «La nostra era già allora una bella azienda, ma troppo piccola, nel settore – con i suoi 600 milioni di ricavi – per sostenere da sola tachi è triplicata, raggiungendo un terzo del lo sforzo competitivo della ricerca e della totale del gruppo. produzione in un ambito industriale che sta «Con queste premesse per noi di Fiamm si è espandendosi ma anche cambiando a vista aperto un mondo. Complesso da agganciare, d’occhio», spiega Alessandro Mio, che in ma molto stimolante», spiega Mio. «Ovvie le Fiamm dirige le risorse umane e la comuniragioni: Hitachi è una multinazionale giapcazione corporate, «e dunque il nostro ramo ponese, dunque agisce con il metodo della d’azienda è stato messo in vendita e acquicondivisione, che è costruttivo ma meno agistato da Hitachi». le del nostro, e poi è un fronte su cui noi non Quattro anni fa il colosso giapponese aveva abbiamo la loro stesnelle batterie appena L’INGRESSO NEL COLOSSO HITACHI sa predisposizione. il 10% dei suoi (allora) PERMETTE DI CONTARE SU UNA SPALLA Dunque amalgamare 5 miliardi di fatturato, FINANZIARIA SOLIDA E SU CONTRIBUTI le due differenti cule lo gestiva attraverso TECNOLOGICI DETERMINANTI ture manageriali è Hitachi Chemical. Poi un impegno che tutt’ora ci assorbe. Ma i vanha deciso che le batterie fossero strategiche taggi dell’essere stati acquisiti, per il nostro per il suo futuro e vi ha fortemente investifuturo, sono evidenti: l’ingresso dell’azienda to. Ha comprato la China storage battery, nel colossale gruppo Hitachi significa poter un’azienda cinese con 500 milioni di dollari contare su una spalla finanziaria molto solida di fatturato, la Fiamm e poi un’azienda thaie su un contributo tecnologico determinante landese che fa 250 milioni di dollari di ricavi. in un settore, quello delle batterie al litio, in Nell’insieme quindi l’incidenza del business cui noi – specializzati in quelle al piombo – delle batterie nel fatturato consolidato Hi-

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non avevamo esperienza né prodotti, ma che a sua volta avrà sicuramente spazio nel futuro delle batterie elettriche». Spazio ne avrà, il litio: ma è difficile che sia l’unico mattatore e la stragrande maggioranza degli esperti esclude che sia destinato a sostituire integralmente il piombo. Né si deve credere che le batterie per l’autotrazione siano quelle destinate al maggior sviluppo futuro. C’è un enorme e crescente bisogno, nel mondo, di batterie per alimentare i centri di storage dei dati e di cloud computing – che devono essere dotati di poderosi backup di energia per neutralizzare il rischio del black-out di rete. E in generale c’è nel mondo una gran domanda di batterie per scopi industriali. Basti pensare al business delle energie rinnovabili, che di accumulatori per le smart-grid vive, dovendo con essi annullare l’instabilità della produzione (l’eolico va solo quando c’è vento, il solare solo di giorno… mentre l’energia serve sempre!).


E il business dell’auto elettrica? Tira sempre o sta segnando il passo? Il colosso del cobalto quotato in Borsa, la Glencore, ha segnato una clamorosa battuta d’arresto e si sa che il cobalto è l’elemento chiave per produrre batterie al litio… «Dopo anni di forte crescita oggi il mercato delle batterie per auto sta frenando, i produttori stanno tagliando gli acquisti, e questo per esempio impatta sulla nostra fabbrica di Veronella. In compenso, ripeto: le batterie industriali tirano», risponde Mio (nella foto a lato). Che sul litio spiega però dettagli importanti: «Come dicevo, Fiamm è focalizzata sulle batterie al piombo, ma prima di essere acquisiti avevamo iniziato a sviluppare prodotti al litio, dove eravamo ingegnerizzatori di prodotto, comprando celle fatte da altri. E quindi … ci siamo fatti un’idea. Sicuramente il litio è un elemento che avrà futuro, ma dipenderà molto dalla sua evoluzione e dalle applicazioni. Si tenga conto che a temperature inferiori allo zero, il litio rende appena il 20% del normale. E che sopra i 40 gradi tende a prendere fuoco con facilità. Inoltre il litio, con le attuali tecnologie, non è riciclabile, mentre il piombo lo è al 100 per cento». Ora il gruppo Hitachi e in esso anche la Fiamm stanno studiando batterie al litio speciali. «Alcune soluzioni – spiegano i manager italiani – potranno derivare dall’impiego del litio ferrofosfato, innanzitutto. E poi da altre modifiche chimiche su cui sono in corso ricerche giapponesi ma anche coreane e cinesi che però costano molto. Il limite comune

IL LITIO NON È RICICLABILE, MENTRE IL PIOMBO LO È AL 100% di queste tecnologie è che l’elettrolita resta liquido, e ciò conferisce instabilità alla celle. Per questo si lavora a elettroliti ceramici, solidi e stabili. Direi che di qui a dieci anni le batterie al litio avranno cambiato volto. Non sappiamo ancora quale. Mentre sappiamo che il piombo ci sarà ancora, soprattutto se si riuscirà a superare il problema della lentezza nella ricarica». Nella mobilità urbana, con le temperature estreme prevedibili che offre, il litio avrà sicuramente spazio: per esempio per tram e filobus, sostituendo l’orribile catenaria che oggi occorre per il loro movimento. E grazie al minor peso andrà bene per le formule del super-fast-charge, quando cioè si vuol far sì che il veicolo elettrico cambi la batteria scarica con una carica tante altre applicazioni anche industriali e domestiche (un tipico impiego industriale per i mezzi che circolano a circuito chiudo, negli stabilimenti produttivi, nei quartieri fieristici, negli aeroporti eccetera). «E comunque il litio si svilupperà anche in molti altri settori diversi dalla mobilità», aggiunge Mio: «le applicazioni delle batterie si stanno moltiplicando, pensiamo alla tecnologia del 5G, per dirne una». Intanto – litio o non

litio - a Vicenza la squadra di Fiamm lavora alacremente all’integrazione con Hitachi. «In questi due anni e mezzo – racconta ancora Mio - abbiamo gestito l’integrazione dal punto di vista delle procedure, dei sistemi e delle metodologie di lavoro, ma insisteremo perché l’operazione non è ancora del tutto ultimata. Stiamo inoltre lavorando sull’ottimale complementarizzazione delle nostre produzioni con quelle degli altri impianti del gruppo. Noi abbiamo stabilimenti come quelli di Avezzano e Veronella che hanno costi di produzione, legati soprattutto al costo del lavoro, più alti di quelli degli impianti del gruppo Hitachi in Cina, Taiwan o Thailandia. Logica vuole che si concentrino in Italia le produzioni a maggior valore aggiunto, capaci di coprire quei costi, e nei Paesi meno costosi le produzioni a minor valore aggiunto». Anche per il managament italiano il cambio della proprietà ha avuto e avrà i suoi effetti. «Entrare a far parte di una grande multinazionale quotata significava avere tecnologie nuove, che prima non adottavamo… significa dover modificare numerose procedure interne, anche irrigidendole. Direi però che nel primo anno e mezzo successivo all’acquisizione, il processo di integrazione è stato impegnativo e affascinante, come dicevo, perché si tratta di rendere compatibili culture diverse, ma direi che è compiuto. L’altro tema chiave è ora la creazione del nuovo team. Un’altra sfida appassionante per costruire la Fiamm degli anni venturi».

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STARTUP-TELLING

Elisa Tattoni (a sinistra) e Martina Cusano

Conquistare il mercato è un gioco da bambini Costo contenuto, qualità elevata e un rapporto fortunato con i social e l'e-commerce: così Elisa Tattoni e Martina Cusano con la loro startup Mukako hanno sedotto i buyer cinesi. Vincendo persino un "Oscar"... di Marco Scotti

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anno vinto l’Oscar dei giochi per bambini. Hanno stregato un mercato tradizionalmente poco amichevole come quello cinese. Sono state portate come esempio dalla potentissima Sheryl Sandberg in due eventi Facebook. E tutto questo grazie a un tavolo per bambini – Mutable – che unisce design e giochi e che è candidato per il Compasso d'Oro 2020. Stiamo parlando di Mukako, startup milanese creata da due amiche e colleghe, Martina Cusano ed Elisa Tattoni che in realtà c’entrano poco con entrambi gli ambiti: dopo trascorsi nella finanza, si sono rese conto che mancava un prodotto semplice ma essenziale come il tavolo per i bambini che avesse un costo contenuto (il prezzo di partenza è 199 euro, cui poi aggiungere altri prodotti modulari) e una qualità dei materiali elevata. E quest’anno dovrebbero raggiungere le 40.000 unità vendute, dopo due campagne di crowdfunding su Kickstarter che hanno permesso di raccogliere 1,3 milioni di euro.

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«Siamo nati – ci spiega la Cusano – come un e-commerce di prodotti di terzi. Poi, parlando con i genitori ci siamo resi conto che c’era un enorme vuoto da colmare. Quello di portare un pizzico di novità in un comparto che è rimasto fossilizzato a decenni fa, nonostante i bambini necessitino costantemente di nuovi stimoli». Il marchio ha saputo conquistare il mercato cinese. Lo scorso anno, infatti, le due founder di Mukako hanno provato ad approcciare Alibaba. La succursale italiana si era dimostrata piuttosto interessata, ma era la casa madre ad avere più di una perplessità. «Quando il nostro tavolo è arrivato in Cina – prosegue Martina Cusano – ci hanno dato un ok con riserva, sostanzialmente credendoci poco. Poi, però, appena entrati sul marketplace abbiamo iniziato a volare, tant’è che 15 giorni dopo ci hanno chiamato dicendoci che avevano discusso internamente il nostro case study e che ci volevano tra loro. Cosa curiosa: eravamo a settembre, il giorno di massimo “splendore”

in Cina per il commercio elettronico è l’11/11. Ebbene, per quella data l’algoritmo di Alibaba prevedeva un milione di euro di vendite. Ovviamente noi non ci aspettavamo risultati del genere e non eravamo preparati. Avevamo 100mila euro di prodotto disponibile, siamo riusciti – facendo autentici salti mortali – ad arrivare a 300mila che abbiamo interamente venduto nel primo giorno. Abbiamo poi replicato questo successo pazzesco il 18/6, altra data che per l’e-commerce cinese è particolarmente florida e remunerativa e siamo diventati il primo player sul marketplace TMall. Il nostro tavolo è interamente prodotto in Cina, nella fabbrica di un produttore tedesco. D’altronde, il 95% della produzione mondiale di giocattoli in legno avviene in Cina». Un altro incontro particolarmente rilevante è stato quello con Facebook: fin da subito Mukako ha iniziato a usare i social network, compreso Instagram, per promuovere i propri prodotti. La partnership è proseguita in modo talmente soddisfacente che Mukako è stata selezionata come case study interessante per due eventi, a Dublino e a Roma. In entrambi i casi tra i relatori c’era Sheryl Sandberg, la Coo di Facebook. «Oggi – conclude la Cusano – facciamo parte della campagna internazionale Made by/Loved by, in cui si testimonia la modalità di produzione di un determinato item e del suo rapporto con la creatura di Zuckerberg». Il futuro è sicuramente roseo per Mukako: nei primi giorni di ottobre una nuova campagna su Kickstarter ha permesso di raccogliere oltre 250mila euro in appena cinque giorni grazie al sostegno di oltre 350 finanziatori per un nuovo progetto: MuWall. Si tratta di una parete componibile, modulare e personalizzabile creata per rivoluzionare le camerette dei bambini da 0 a 14 anni.


Alessio Lorusso fondatore e Ceo di Roboze Spa

La stampa 3D made in Italy che ha conquistato i cieli Grazie a un'intuizione, Alessio Lorusso è riuscito a rendere dieci volte più preciso il movimento dell'estrusore. E ora con le sue stampanti targate Roboze realizza pezzi per l'industria aeronautica e per la Formula 1 di Giuseppe Muscio

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vete presente la storia della startup (la migliore italiana del 2018, secondo Ernst & Young) che nasce nel garage? Ecco, ci risiamo. Il garage è un garage vero: l'elettrauto del padre. È lì che Alessio Lorusso, 29 anni, fondatore e ceo di Roboze Spa, non ancora maggiorenne, alimenta la sua curiosità. Il suo primo progetto è un braccio meccatronico. Nel 2008, arriva la folgorazione per la stampa 3D: Alessio investe 600 sterline dei suoi risparmi per acquistare via Internet dal Regno Unito un kit per costruire la sua prima stampante. «Ho impiegato più di un anno per terminare il progetto - ricorda Lorusso - la costruivo la sera tardi nella mia cameretta, dopo una giornata in officina». Ma, proprio come le vecchie stampanti ad aghi o a getto d'inchiostro, anche in quelle 3D il movimento della testina (o meglio, dell’estrusore) avviene grazie a un sistema di cinghie di materiale elastico. Ed ecco

l’intuizione geniale di Lorusso: «Notai che anche la mia stampante 3D una volta terminata funzionava bene, ma a causa di questo movimento “elastico” dell’estrusore risultava poco precisa nella stampa. Ritornai in officina da mio padre. Osservai quindi che il movimento del braccio del tornio era generato da una cremagliera in acciaio che consentiva movimenti rapidi e precisi. Così mi chiesi: possibile che un semplice tornio da officina debba avere un sistema del genere e una stampante 3D, invece, no?». Ma non vuole sentire parlare di invenzione, Alessio: «Io non ho inventato nulla… Ho solo unito i puntini». Oggi il suo Beltless system è coperto da un brevetto italiano ed è patent pending in Europa, Usa e Corea. Un’innovazione semplice che batte sul tempo i reparti R&D dei big del settore (HP, Desktop Metal, Protofab). Il primo cliente di rilievo Roboze lo acquisisce a fine 2016, tre anni dopo la fondazione della startup. Si tratta della Ge-

neral Electrics che dagli Usa spedisce a Bari una mail ordinando un modello da 50mila dollari (l’entry level costa circa 8mila euro, mentre il top di gamma arriva a 250mila): «Ero così contento che accompagnai la stampante negli Usa per installarla personalmente», ricorda Lorusso. Oggi le stampanti Roboze sono riconosciute tra le più affidabili per qualità costruttiva e robustezza e le più precise, grazie a una “risoluzione” di stampa di appena 15 micron contro una media di mercato di ben 150. Vengono interamente disegnate e progettate nel laboratorio-officina di Bari da un team di circa 40 tra ingegneri (molti dei quali portati via a colossi del settore o a prestigiose aziende del settore automotive), esperti di software e tecnici dei materiali. Sono poi assemblate, testate e spedite in tutto il mondo. Roboze ha chiuso il 2018 con un milione di euro di fatturato (3,5 quelli previsti per il 2019) e ha un forecast positivo per i prossimi anni. Tra i principali mercati di sbocco ci sono l’aerospazio, l’Oil and gas, l’automotive e il mondo delle corse. Alla General Electrics si sono aggiunti altri clienti prestigiosi quali Airbus, il Gruppo Mag, Iveco, Leonardo. Il 75% del fatturato proviene dall’estero; il restante da Lombardia, Piemonte ed Emilia. Lorusso nel tempo libero va in moto. E quando si rompe un pezzo non corre più in officina dal padre ma va nella sua azienda e in poche ore ha il suo pezzo di ricambio in tecnopolimero, più leggero del 70% rispetto al metallo. «Lo stesso avviene in una nota scuderia di F1 - conclude Lorusso - dove vengono stampati grazie a noi i pezzi di ricambio durante le prove. Ma non mi chieda il nome: non lo posso divulgare».

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STORY-LEARNING IL PAESE CHE CRESCE

ENGINEERING COMPRA L’80% DI DIGITELEMATICA

L’ITALIA È ANCORA INDIETRO NELLO SVILUPPO DEL COMMERCIO ELETTRONICO

Con questa acquisizione l’azienda è ancora più presente nell’e-commerce Engineering decide di aumentare la propria presenza nelle soluzioni per il commercio elettronico e rileva l’80% di Digiteematica Srl, software house che da circa 15 anni realizza applicazioni web e mobile e offre servizi di analisi, sviluppo, progettazione e distribuzione di software per differenti realtà. Negli ultimi 5 anni Digitelematica si è specializzata nelle soluzioni di eCommerce destinate alla GDO per clienti quali Alì, Basko, Iper Montebello SpA – Gruppo Finiper, Gruppo Poli, Iperal,

Tigros, con uno specifico interesse nel “Click&Collect”, la modalità di acquisto che permette alle persone di fare shopping online e ritirare personalmente le merci acquistate evitando costi aggiuntivi di consegna, ritardi e forzate attese domestiche. Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano, l’eCommerce in Italia ha ancora una scarsa penetrazione non tanto per la poca domanda dei consumatori, quanto per la scarsità dell’offerta.

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ENTIRE DIGITAL: QUANDO LE NOTIZIE INCONTRANO L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE L’azienda ha lanciato un nuovo round di finanziamento da 3,5 milioni. E ora punta ad espandersi anche in Europa Entire Digital, la startup dell’intelligenza artificiale applicata all’editoria, è pronta per entrare in sette paesi entro il 2025: già programmata l’apertura degli uffici in Spagna, Francia e UK. Già qust’anno l’azienda ha raccolto 1.2 milioni di euro per finanziare la tecnologia proprietaria che sta sviluppando: la possibilità, per gli utenti, di ricevere in prima battuta solo le notizie in linea con i loro reali interessi tramite il modello di recommendation elaborato dall’intelligenza artificiale. Un po’ come avviene con Spotify o Netflix

ed è per questo suo progetto che ha vinto anche il bando Smart&Start. Un progetto ambizioso che non smette di crescere e di puntare a nuove mete tra cui quella di ripetere il successo italiano anche in Europa. Per ora, sono già stati acquistati i domini local corrispondenti nei primi Paesi dove è prevista l’espansione: la Spagna con http://actualidad. es/, la Francia con http://www. infos.fr/ e l’Inghilterra con http://newshub.co.uk/. Madrid sarà la prima città in cui Entire Digital entrerà, con l’apertura nel primo trimestre 2020.

DOPO I BUONI RISULTATI OTTENUTI IN ITALIA, L’AZIENDA È PRONTA A ESPANDERSI E NEL 2020 APRIRÀ SEDI IN SPAGNA, FRANCIA E UK

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IL MOTORE CHE RISPARMIA METÀ COMBUSTIBILE

ALESSANDRO GIGLIO, FONDATORE DEL GRUPPO

Un motore endotermico a due tempi con un ricuperatore di energia Si chiama Korgi, come la razza di cani preferita dalla regina Elisabetta ma è anche, più semplicemente, la contrazione, crasi o sillabazione del cognome e nome del suo inventore: Giovanni Corsani, settantenne fiorentino, professionista nel mondo tessile e appassionato di barca a vela e di tutto quanto attiene all’ambiente acqua. Giovanni Corsani è appassionato anche – o soprattutto - di motori, perché ha recentemente depositato il brevetto di un motore endotermico a due tempi

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e un ricuperatore di energia. Un motore la cui architettura, partendo da quella di un motore pneumatico a palette, ha il rotore che anziché girare compie un moto rototraslato, (ossia in una sola direzione rettilinea nello spazio per mezzo di un movimento circolare intorno a un asse). Il motore così concepito, unito al ricuperatore, arriva quasi al 50% di risparmio di combustibile a parità di potenza: non solo inquina meno, ma recupera parte dei residui di combustione, senza marmitta.

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FRANCHISING & I NUOVI IMPRENDITORI

MODELLI E OPPORTUNITÀ SOTTO L’OMBRELLO DEI BRAND

È la formula migliore per il commercio in Italia: il sistema franchising nel 2018 ha mostrato dati positivi, espressione di un settore che si trova in un ottimo stato di salute e in continua espansione. Qualche dato: il giro d’affari nel 2018 è stato di oltre 25 miliardi di euro (+2%) e il numero di punti vendita affiliati è cresciuto sia in Italia (+4,5%) che all’estero (+7,6%). Ed è cresciuto anche il numero di addetti: +3,8%,

Tutele, investimenti vantaggiosi, formazione, accessibilità al sistema: ecco perché l’affiliazione commerciale è una miniera di opportunità. Al 34mo Salone Franchising Milano la fotografia di un settore che cresce di Davide Passoni

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o avevamo scritto sul numero di Milano, l’evento professionale della distribuottobre di Economy, anticipando zione più importante d’Italia, organizzato dal quello che sarebbe stato il Salone 2017 da Fandango Club. Tra le tante novità Franchising Milano: il settore dell’affiliazione proposte, si è distinto particolarmente il Ret@ commerciale è una miniera di opportunità e il Innovation Forum, un’arena dove si sono una palestra d’eccezione per testare la voglia alternati sul palco relatori d’eccezione che di imprenditorialità. hanno indirizzato la Tutele, investimenti UN SETTORE CHE NON CONOSCE CRISI community del franvantaggiosi, formazio- Nel 2018 c’è stata una crescita sia chising verso il futuro ne costante, aggiorna- nel numero dei franchisor che in quello del retail, proponenmento e accessibilità dei franchisee, con un fatturato do allo stesso tempo al sistema sono alcuni complessivo di circa 25 miliardi di euro. formule di commercio degli aspetti che invoinnovative. gliano gli aspiranti imprenditori, per la maggior parte giovani, ad avvicinarsi al franchiSostenere la crescita sing e ne decretano il successo della formula. Dal Salone sono arrivati spunti di riflessione A tastare il polso del mercato ha pensato, dal sul settore anche per Assofranchising, partner 24 al 26 ottobre, il 34mo Salone Franchising strategico dell’evento, come conferma il presi-

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FRANCHISING

ANTONIO FOSSATI

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ITALO BUSSOLI PRESIDENTE ASSOFRANCHISING

I marchi dall’A alla Z

l Salone Franchising Milano hanno esposto i propri modelli di business e presentato le proprie opportunità: #Sbabam Point, Ale & Gio - Asiagem, 101 Caffé, Assofranchising, Az Franchising, Beesness, Betheboss, An Shopfitting Magazine, Asentiv, Anytime Fitness, Aprire In Franchising, Blooker, Burger Wave, Agenzia Web, Carrefour Express Carrefour Market, Carte D’or, Cnf - Chick N Fries, Confcommercio, Clinica Iphone, Acqua Fitness Marima, Bucato Express, Del Mare 1911, Caffé Dal Mondo, Dale Carnegie, Crostone.It, Confimprese, Delivend, Diebold Nixdorf, Depilstop, Dietnatural, Disignum, Domino’s Pizza, Don Peppinu, È pasta, Easycassa Sisalpay, Eccellenze Italiane In Tv, Ecoline Wash, Economy, Edenred, Epson, Enjo, Esc, Esprit, Euroconsult, Execus - Connect To Social Selling, Exportiamo.It, Fabbrica Finocchiaro, Federfranchising, Fandango Club, Fiera Milano Media, Fit And Go, Franchising City, Franchising Top, Giorgiomare, Givova,

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MARCO MORETTI

dente Italo Bussoli: «Abbiamo qualche anticipazione sul 2019 che ci parla di dati positivi, in linea con l’andamento del 2018. Lo scorso anno c’è stata una crescita sia nel numero dei franchisor sia in quello dei franchisee, un buonissimo aumento del fatturato che, si è attestato a circa 25 miliardi, e una crescita degli addetti. Consideriamo che In Italia il franchi-

I VANTAGGI DEL FRANCHISING L’affiliazione consente di diventare imprenditori con un investimento contenuto: i tre quarti delle attività richiedono meno di 100mila euro.

sing non ha un tasso di penetrazione clamoroso nel mondo della distribuzione: siamo attorno al 7%, i tedeschi sono quasi al triplo, i francesi quasi al doppio, gli americani sono un altro pianeta. Il settore ha quindi potenzialità molto elevate». Potenzialità che contribuiscono a rendere il settore anticiclico e che Bussoli sintetizza così: «Possibilità di entrare nel campo dell’imprenditoria piccola, media e grande con investimenti controllati e in moltissimi casi accessibili, tanto che i tre quarti delle at-


SIMONE DOMINIONI, 46 ANNI

DECIDI DI RAGGIUNGERE IL TUO OBIETTIVO. Noi di McDonald’s stiamo cercando nuovi Franchisee con cui aprire ristoranti in tutta Italia. Se sei interessato a una carriera imprenditoriale, hai un’età compresa fra i 32 e i 49 anni e un forte background manageriale, visita il sito mcdonalds.it, scoprirai tutti i dettagli su come inviare la tua candidatura.

© 2019 McDonald’s.

“FACEVO IL MANAGER IN UNA BANCA, MA AVEVO BISOGNO DI NUOVE SFIDE. COSÌ HO DECISO DI ANDARE OLTRE E METTERMI IN PROPRIO. ORA GESTISCO IL MIO RISTORANTE McDONALD’S IN FRANCHISING”.


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FRANCHISING Indicatori

Misura

Anno di riferimento 2017

Milioni di2

Giro d’affari

2018

Differenza 2018 su 2019 Valore Valore% assoluto

224.544,52 225.041,16 2496,64

2,0%

Insegne operative in Italia

929

961

32

3,4%

Punti vendita in franchising in Italia (PVF)

51.586

53.886

2.300

4,5%

Punti vendita italiani all’estero in franchising*

10.079

10.845

766

7,6%

Reti italiane all’estero*

179

174

-5

-2,8%

Master di franchisor stranieri in Italia

71

72

1

1,4%

Reti straniere operanti in Italia con soli franchisee ma sede

23

28

5

21,7%

Addetti occupati nelle reti (PVF) compreso il franchisee

199.260

206.791

7.531

3,8%

Dimensione media delle reti in Italia (calcolata solo per i

55,5

56,1

0,5

1,0%

56,3

62.3

6,0

10,7%

3,6

3,84

-0,03

-0,7%

legale in altro paese

punti vendita franchising)

Dimensione media delle reti italiane all’estero (calcolata solo per i punti vendita franchising) Media occupati per punto vendita in franchising tività del franchising comporta investimenti entro i 100mila euro. Ecco perché negli ultimi anni abbiamo stretto un bell’accordo con Confcommercio, proponendo il franchising come soluzione per molti dei loro affiliati». Che cosa manca dunque, in Italia, perché il franchising faccia un salto di qualità? «Due cose - prosegue Bussoli -. Una è la mentalità dei commercianti tradizionali, i quali spesso pensano che diventare franchisee non li renda liberi nella loro attività. L’altra è l’assenza di provvidenze per il franchising. A livello nazionale, qualche anno fa, Sistema Italia mise a disposizione delle provvidenze a pioggia, creando però problemi anziché vantaggi; inoltre, alcune regioni danno un supporto a chi vuole diventare franchisee: ancora troppo poco, ma meglio di niente». Come muoversi in maniera efficace, quindi? «La so-

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luzione - conclude Bussoli - sta nel capire chi può scegliere il franchising. Tre categorie di persone, secondo noi: commercianti che vogliono rimettersi in gioco, giovani, e manager, specialmente se usciti dalle aziende con una buona dote economica. Guardando a questi ultimi, abbiamo stretto di recente un accordo con Manageritalia in modo che i dirigenti at-

tualmente liberi possano accostarsi al nostro mondo e capire come reinventarsi».

Modelli, soluzioni e tendenze del retail «Si tratta di un settore in forte crescita che offre a tutti l’opportunità di diventare imprenditori, questo è il successo del franchising - spiega Marco Moretti, presidente di Fandango Club - Stiamo già lavorando alla prossima edizione». Fondamentale per continuare il lavoro sul Salone, aggiunge Moretti, è stato proprio il buon esito dell’edizione 2019: «L’obiettivo di proporre ai visitatori soluzioni, modelli e tendenze del retail del futuro è stato raggiunto. Un ruolo chiave per questo successo è stato giocato sicuramente dalla partnership con Jakala, la quale ha dato un valore aggiunto nel supporto in ambito strategico, analytics, digital e technology».


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Il network della cannabis che vuole salvare il pianeta In Italia ci sono più di 2mila attività legate alla canapa. Che Growers For Change, il primo acceleratore di startup green, chiama a raccolta con un programma di accelerazione e un premio da 25mila euro di Paola Belli

G

rowers For Change è il primo acceleratore di startup Green con focus Cannabis in Europa. Fondato da Andrea Batticani, imprenditore seriale, fondatore di MamaMary, alumni Luiss, ex-Google e già cfo di Maccelerator a Los Angeles, assieme a una cordata di imprenditori americani, Growers For Change investe in startup che mettono al centro del loro modello di business la green economy e la sostenibilità. «Credendo nelle potenzialità di cooperazione e collaborazione», spiega il founder Andrea Batticani, «la nostra mission è quella di salvare il pianeta dal cambiamento climatico, attraverso lo sviluppo di startup innovative che utilizzano la cannabis e altre piante, in combinazione con innovazione e tecnologia, con l’obiettivo di creare modelli economici sostenibili che preservino il futuro dell’ambiente. Il nostro lavoro si avvale spesso dell’aiuto di altri player fondamentali, come comunità metropolitane,

organizzazioni no-profit, istituzioni, fondi di investimento e aziende che condividono la nostra visione e i nostri valori». Perché proprio la canapa? «Perché oltre ad essere una risorsa naturale, medica e sociale come nessun’altra presente sulla terra, risulta essere uno dei mercati che ha fatto registrare la crescita maggiore negli ultimi anni. Infatti, solo nel nostro paese, si stima che ci siano ad oggi più di 2.000 attività, con un indotto stimato di 300 milioni di euro e la creazione di circa 10.000 posti di lavoro lungo tutta la filiera. Non male, se si pensa alla poca chiarezza giuridica ancora presente in Italia». Proprio questo, unito ad altri fattori di rischio e ad una cultura ancora non matura, rende il mercato della canapa particolarmente delicato, complicando non poco la vita di imprenditori e stakeholders potenzialmente interessati al settore (anche esteri!). «Proprio per questa difficoltà intrinseca, abbiamo deciso di unire le for-

ze e le esperienze finora maturate, mettendole a disposizione di clienti, imprenditori e curiosi, tramite workshop, corsi e consulenze ed investimenti ad hoc», sottolinea Andrea Batticani. Secondo il registro delle imprese, le startup italiane nel dicembre del 2018 erano circa 9.700, di cui circa mille solo nel territorio laziale. Per quanto riguarda quelle direttamente operanti nel green, invece, se ne contavano 1.350, con sfide tecnologiche tutte da vincere e la sfida di competere contro realtà meno innovative ma già consolidate da un punto di vista industriale e di marketing. Ecco perché è fondamentale il networking e una continua condivisione di conoscenze e di come sfruttare al meglio i fondi ottenuti tramite investimenti o premi. «In linea con la nostra mission», continua Batticani, «vogliamo creare un network positivo fatto di tecnologia, know how e cuori pulsanti. Abbiamo così deciso di avviare il primo programma di accelerazione già da gennaio 2020, premiando le migliori startup eco-innovative, con 25.000 euro, fornendogli tutti gli strumenti, economici e non, per poter aver successo nel mercato di riferimento e puntare alla scalabilità». Non solo: «All’interno del nostro network possiamo annoverare realtà di spessore, sia per lo specifico mercato della cannabis, tra questi Greenhouse Seeds Amsterdam, Bac, Cali Terpenes, Cookies, Tyson Ranch, Canopy e molti altri, sia istituzioni di rilievo come Luiss e M Accelerator e Radicali Italiani». I candidati ideali? «Stiamo cercando le startup green più dirompenti in Europa. Il nostro focus è su media, tecnologia, brevetti, gaming e biotecnologie legate alla cannabis e al Cbd. Collaboriamo con le migliori aziende di cannabis del mondo per far crescere la tua startup in modo rapido e internazionale. Offriamo alle nostre startup assistenza legale, di marketing, contatti con investitori e molto altro». Il vincitore del programma riceverà un investimento di 25mila euro in cambio di azioni della società e un tour in uno dei principali paesi in cui la cannabis è legale come ad esempio California, Colorado, Canada, Spagna, Olanda. INFO: www.growersforchange.com

NEW BUSINESS 99

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NEW BUSINESS

VINCERE SU AMAZON È FACILE... SE SAI COME FARLO Antonio Vida ha creato il percorso di coaching che consente a chiunque di aprire il proprio e-commerce di successo sulla piattaforma on-line più grande del mondo. Con un metodo collaudato e le giuste strategie di Paola Belli DICI AMAZON E PENSI A SCONFINATI MAGAZZINI PIENI DI MERCE E A RAGAZZI CHE SI AFFANNO TRA GLI SCAFFALI CARICANDO SCATOLE SU CARRELLI. E INVECE NO. «Non

tutti sanno che all’interno l’e-commerce più visitato del mondo è animato anche da ersone che hanno scelto di cambiare la loro vita facendo della propria attività commerciale la loro rendita passiva». Antonio Vida è un imprenditore di successo, con 25 anni di esperienze imprenditoriali tra negozi, ristoranti, b&b, agenzie di viaggi in cui si è

100

trovato a gestire anche realtà con oltre 100 dipendenti. Finché non si è preso un anno sabbatico durante il quale ha conosciuto una coppia di americani «che vendevano su Amazon con successo per centinaia di migliaia di dollari ogni mese»

Ed è così che ha pensato di poter vendere su Amazon come loro e successivamente insegnare a farlo? Esattamente: parlando con questa coppia di venditori mi si è aperto un mondo. La

loro attività non aveva costi fissi come affitti, bollette, ecc. Non mi sembrava vero. Mi sono fatto insegnare tutto da loro. Da quel momento ho iniziato a vendere su Amazon con successo, cambiando completamente stile di vita. Da schiavo delle mie attività, ad avere libertà spazio temporale. E come è andata? Talmente bene che nel giro di qualche anno ho deciso di cedere tutte le mie altre attività per dedicarmi completamente alla vendita online, specializzandomi nell’import dalla


GENERARE UNA RENDITA PASSIVA Antonio Vida: «In Vincere su Amazon siamo ormai più di 2mila. Tra loro c’è chi guadagna 10mila euro netti al mese e chi 1.200 euro netti al giorno»

Cina. Da 5 anni ormai vendo su Amazon Fba in America ed Europa. E il grande vantaggio è che si tratta di un’attività che riesco a gestire da qualunque parte del mondo attraverso un semplice laptop. Alla portata di chiunque. Proprio chiunque? Bisogna avere metodo e puntare suio prodotti giusti. È quello che insegniamo a fare in Vincere su Amazon: capire quali sono i prodotti che davvero si vendono online. Credo che vendere su Amazon sia la migliore attività imprenditoriale che una persona, anche inesperta, possa intraprendere: all’interno di Vincere su Amazon ci sono molte persone che non avevano neanche un pc a casa, tanto meno sapevano come usarlo. Qual è il vostro target? Chi ha voglia di fare l’imprenditore, ma non desidera fare grandi investimenti né avere una struttura con costi fissi. Persone comuni, che invece di aprirsi un negozio, accollandosi affitto, magazzino, dipendenti, bollette, ecc., sfruttano la grande vetrina di

Amazon, che non solo non ha costi fissi, ma assicura una grande visibilità e pensa a tutto il processo, dalla vendita alla spedizione. Ci sarà pure qualche paletto... In realtà no, perché la grande opportunità che questa attività offre è anche la possibilità di vendere qualsiasi prodotto, senza legarsi necessariamente a una categoria specifica. Faccio un esempio: se apri un negozio di caalzature sei comunque legato a una certa categoria merceologica. La cosa fantastica nel vendere su Amazon, invece, è la possibilità di operare in modo trasversale su diverse categorie merceologiche in prodotti ad alta profittabilità, scelti secondo il mio metodo. E l’impegno? Basta conoscere i meccanismi, giusti: vendere su Amazon è semplice, se sai come farlo. E una volta avviata l’attività e appreso il metodo, nel giro di poco tempo il lavoro da dover svolgere per mantenere il business di vendita diventa sempre di meno. Chi oggi entra in Vincere su Amazon, in massimo tre mesi avrà il suo primo prodotto online. È chiaro, comunque, che tutto dipende dall’impegno: più ci si lavora all’inizio, più i tempi si accorciano. Sembra tutto fin troppo semplice. Come ogni attività commerciale, il rischio

c’è: se non si ha il giusto metodo e la strategia adeguata, la vendita su Amazon diventa complessa e si rischia davvero di perdere tanti soldi. Ma non basta guardare qualche video online per avere successo, bisogna farsi accompagnare per mano da chi ha anni di esperienza, perché ci sono diversi fattori in gioco. Per esempio? Regolamenti sulle importazioni internazionali, fiscalità, certificazioni, conformità dei prodotti e molto altro. Siamo gli unici in grado di farlo. Ecco perché ho strutturato il percorso Vincere su Amazon, mirato a far sì che chiunque possa avvicinarsi a questa attività e vendere proprio come faccio io. Ha ricevuto molte adesioni? In Vincere su Amazon siamo ormai più di 2.500, tra loro c’è chi guadagna 10mila euro netti al mese e chi 1.200 euro netti al giorno. E ognuno di loro sta costruendo la propria rendita passiva, oltre a cambiare vita. Questo significa che chi vende su Amazon lavora molto meno rispetto a come siamo abituati. Il tempo è il valore più importante che abbiamo:dobbiamo poterlo usare per fare ciò che ci piace. È questo il grande valore di vendere su Amazon. INFO: www.antoniovida.com info@vinceresuamazon.com

NEW BUSINESS 101

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DOMANDE &OFFERTE Nuove opportunità per nuovi business. Ma anche per quelli più tradizionali. Basta guardare oltre confine per scoprire che internazionalizzare è più facile di quello che si possa credere. Grazie anche al sostegno offerto da agenzie governative estere come Enterprise Ireland, che oltre a mettere in contatto le imprese sono disposte anche a investire in imprenditorialità.

106 HOSPITALITY IL "BELISURE" DI NH HOTEL CHE MIXA BUSINESS E LEISURE

SUL CIELO D'IRLANDA C'È BUSINESS ITALIANO Grazie all'aliquota per le imprese ferma al 12,5%, l'Irlanda è diventata il principale hub innovativo in settori come il medtech, ma non solo. Ecco come, grazie a Enterprise Ireland, le nostre aziende fanno affari a Dublino di Marina Marinetti

C'

è un pezzo di Irlanda nel cuore (e non dovrete pur porvela. Ed è: perché? La riposta è solo nel cuore) di molti. Letteralmenun numero (come per la domanda fondamente: l’80% degli stent cardiovascolari tale sulla vita, l’universo e tutto quanto della impiantati nel mondo è prodotto in Irlanda. Un Guida galattica per gli autostoppisti di Doumalato di diabete su 4 utilizza dispositivi made glas Adams): 12,5%. Ovvero l’aliquota fiscale in Ireland. E sempre per le imprese (appliNEL MEDTECH L'IRLANDA HA IL SURPLUS l’isola garantisce un cata anche ai profitti DI ESPORTAZIONI PIÙ ALTO D'EUROPA: terzo della fornitura delle filiali estere), la SI TRATTA DI 12,6 MILIARDI DI EURO globale di lenti a conpiù bassa in Europa. IN PIÙ DI 100 PAESI DEL MONDO tatto. Tutto ciò potrebC’è un altro numero be anche non interessarvi particolarmente, ma chiave: 30%, il credito d’imposta per attività se nel medtech l’Irlanda ha il surplus di espordi ricerca e sviluppo. Il terzo numero? L'età tazioni più alto d’Europa (12,6 miliardi di euro media: 36 anni, la popolazione più giovane in più di 100 paesi nel mondo) una domanda d'Europa. Quindi non stupitevi se, quando si

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DOMANDE&OFFERTE DOMANDE&OFFERTE

Il ministro del Commercio, Lavoro, Affari, Mercato digitale europeo e Data protection, Pat Breen, al Med in Ireland del 10 ottobre

tratta di startup, innovazione e alta tecnologia, le imprese guardano all’Irlanda. Chiedetelo ai manager di Orthofix, Eucardia, Herniamesh, Bel Bioengineering Laboratories, Cid Alvimedica, Fresenius Kabi, Livanova, Qura, Gada e Medtronic Italia, con le sue divisioni Invatec, Bellco e Covidien, che sono volati a Dublino il 10 ottobre per Med in Ireland, la manifestazione organizzata ogni due anni da Enterprise Ireland, l’agenzia governativa per lo sviluppo dell’innovazione e dell’export delle aziende irlandesi nel mondo. Investe in start-up e scale-up favorendone la crescita in un ecosistema vocato all’Innovazione. Ed è il terzo venture capitalist d’Europa. di euro per investimenti in nuovi fondi di capi«L'Irlanda ha un fiorente ecosistema di starttale di avviamento e di rischio per sostenere lo up e Enterprise Ireland è al centro di tutto sviluppo delle imprese irlandesi. questo», spiega a Economy Anne Lanigan, Prendiamo il medtech, appunto. Va dalla diadirettore regionale dell’ente nella zona euro: gnostica alla digital health, dalla produzione «Lavoriamo a stretto contatto con il governo e i di componentistica ai medical device consunostri partner del settore di terzo livello, gli ufmer. È il primo settore per numero di brevetti fici locali per le imprese, i centri di innovazione concessi all’anno dall’European Patent Office: aziendale e la comunità degli investimenti e oltre 13 mila di cui il 40% depositati da Paesi delle start-up per alimentare un forte ecosieuropei e il 37% dagli Stati Uniti. Considerata stema. Ciò include la disponibilità di supporti uno dei primi 5 hub del MedTech del mondo, finanziari, tutoraggio, piattaforme di apprenl’Irlanda è il Paese più innovativo dell’Unione dimento peer-to-peer Europea. Il 60% delle NEL 2018 L'AGENZIA GOVERNATIVA e l'accesso ai mercati aziende medtech hanENTERPRISE IRELAND HA INVESTITO esteri, aiutando le imno R&D al loro interno 23 MILIONI DI EURO SOSTENENDO prese in fase iniziale con una spesa annua UN TOTALE DI 132 STARTUP e gli imprenditori a di oltre 205 milioni di crescere e raggiungere nuovi acquirenti». Foeuro. L’Irlanda vanta un ecosistema che inclucus dell’agenzia è avvicinare le high-potential de 348 imprese: due terzi sono piccole e medie start-up al mercato e favorire la contaminaaziende 100% irlandesi che si affiancano alle zione con i centri universitari puntando al tramultinazionali. Ben 18 dei 25 leader mondiasferimento tecnologico. In modo pragmatico il li sono insediati in Irlanda, comprese Boston progetto diventa prototipo, passa attraverso Scientific, Abbott e Johnson & Johnson. Azientest & trial, ricerche di marketing e affronta de che ogni due anni si danno appuntamento l’export. Nel 2018 Enterprise Ireland ha inveal Med in Ireland, appunto. Il 10 ottobre a Dustito 23 milioni di euro sostenendo un totale blino erano 40 i Pesi presenti, con più di 800 di 132 start-up. E nell'ambito dell'Enterprise delegati, per visitare 180 siti produttivi e di Ireland's Seed and Venture Capital Scheme ricerca e confrontarsi in oltre 1.200 business 2013-2018 il governo ha stanziato 175 milioni meeting con 300 buyers. Protagonisti, la ro-

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SI PARTE DA MILANO Enterprise Ireland è l'agenzia del governo irlandese per il commercio e l'innovazione. Con uffici in 30 paesi, i team di esperti di Enterprise Ireland si consultano con le imprese internazionali per comprendere e risolvere le loro esigenze di business. I consulenti dell'ufficio di Milano lavorano con aziende innovative e capaci, aiutandole a identificare nuovi affari nel mercato. Sono informati su ciò che le aziende irlandesi hanno da offrire in una varietà di settori: tecnologia digitale, fintech, scienze della vita, ingegneria, aerospaziale, agriturismo, high tech.«I nostri consulenti aiutano i buyers italiani a trovare prodotti e servizi che soddisfino le loro esigenze e aumentino il loro business», spiega il direttore regionale, Anne Lanigan. «L'ufficio ha un programma per presentare i buyers italiani alle aziende irlandesi in Italia, li porta fisicamente a visitare le aziende irlandesi e a a fiere come il National Ploughing Championship, Showcase Ireland o Med In Ireland. Abbiamo poi un programma in tutta Europa, come il Mobile World Congress, il Paris Air Show, Agritechnica: tutte opportunità per conoscere l'innovazione e la qualità del made in Ireland».


botica, l’intelligenza artificiale, i wearable, la stampa 3D, con l’anteprima delle novità più disruptive e non ancora in commercio, ma pronte per il mercato: dai sistemi per semplificare i piccoli interventi chirurgici di otorinolaringoiatria sui bambini agli innovativi trattamenti della sepsi e delle fistole anali, dal primo test di preclampsia a inizio gravidanza alla soluzione per alleviare rinorrea e ostruzione nasale per chi soffre di riniti e allergie, fino alla sonda gastrica per l’alimentazione di nuova concezione. La partecipazione all’evento era esclusivamente a inviti per dar modo di avere meeting oneto-one mirati. «L'Italia è terza nel mondo nel ranking del medtech», spiega a Economy Francesco Greco, ceo di Bel Bioengineering Laboratories, cnata a Cantù negli anni '80 e oggi presente con due stabilimenti anche in Valtellina e nel modenese. «Produciamo accesso vascolari e cateteri per urodinamica, abbiamo il 70% del mercato europeo. Abbiamo diversi partner qui in Irlanda, e stiamo sviluppando un nuovo progetto con Aran Biomedical a Gallway», ovvero il distretto

irlandese in cui si concentra l'ecosistema tra università, startup, enti ospedalieri e multinazionali. «Noi stiamo sondando una partnership con la multinazionale Synecco», gli fa eco Andrea Mariotto, direttore Ricerca, sviluppo e ingegnerizzazione di Livanova, che a Saluggia, in provincia di Vercelli, produce valvole cariache e anelli per anuloplastica. Insomma, l'Irish Advantage per le imprese italiane c'è, eccome. Daniele Venturini, Senior Innovation Manager AL MED IN IRELAND LA DELEGAZIONE ITALIANA, INSIEME ALL'AMERICANA E ALLA TEDESCA, È STATA LA PIÙ NUMEROSA CON CIRCA 20 MANAGER

di Orthofix, l’azienda nata a Verona negli anni 80 che oggi è quotata al Nasdaq e opera a livello mondiale nel campo dei medical device per l’ortopedia ricostruttiva e rigenerativa e per le patologie della colonna vertebrale, non ha dubbi: «È la seconda volta che partecipo a Med in Ireland. Le modalità organizzative molto compatte nel tempo e gli incontri bilaterali con aziende selezionate precedentemente in

base alle loro tecnologie presentano una elevata probabilità di successo. Nel mio caso ci sono già alcune imprese irlandesi con le quali si sono intraprese delle attività conoscitive e alcune relazioni commerciali». E altre si prospettano all'orizzonte, per far crescere il business: «Abbiamo appena avviato una partnership con Aof per un progetto ad alta sostenibilità nell'ottica di ottimizzare lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri». Poi ci sono gli italiani che, scoperta l'Irlanda, hanno deciso di impiantare qui la loro azienda. È il caso di Gloria Crispino, ceo e founder di StatisticaMedicauna delle pochissime aziende completamente Fda compliant. Terminati gli studi, nel 2012 ha deciso di avviare a Dublino la sua attività di progettazione e realizzazione, analisi e reportistica di studi clinici nei settori farmaceutico, dei dispositivi medici, della diagnostica, alimentare e sanitario. «L'Irlanda è un Paese facile dal punto di vista del business, burocratico e legale», spiega: «È come se ti dicesse "vai avanti, che io non ti fermo"». «Tra i fattori chiave dell'ecosistema delle nuove imprese vi sono i 500 milioni di euro del Disruptive Technology Fund irlandese», spiega Anne Lanigan: «Ciò offre alle Pmi l'opportunità di collaborare con multinazionali e centri di ricerca per sviluppare prodotti e tecnologie. L'Irlanda è al primo posto in Europa per la commercializzazione della ricerca ed è al decimo posto a livello mondiale per la qualità della sua ricerca scientifica». E non solo: «È anche leader nel settore delle tecnologie finanziarie per quanto riguarda i pagamenti e i fondi, un centro globale per l'innovazione agrituristica e vanta un record mondiale nella realizzazione di grandi e complessi progetti edilizi ad alta tecnologia a livello internazionale».

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DOMANDE&OFFERTE

Il “bleisure”, lo stile d’hotel che sposa business e piacere Alla scoperta del nuovo modello di hospitality proposto da NH Hotel Group. Alberghi aperti alle città, che offrono alti standard qualitativi senza appiattirsi sull’omologazione. Così la stagione dura tutto l’anno di Angelo Curiosi

«UN’ATTIVITÀ STAGIONALE? COME NO! MODULATA PERÒ SU 4000 STAGIONI ALL’ANNO», SCHERZA MARCO GIRARDI, OPERATIONS DIRECTOR ITALY & NEW YORK.

Scherza – perché gli va, è un estroverso positivo e contagia col suo ottimismo i suoi interlocutori – ma scherza fino a un certo punto. Quel che vuol esprimere uno dei manager di punta del gruppo NH Hotel ai quali il proprietario Bill Heinecke ha affidato la sua catena internazionale di alberghi e resort è un messaggio preciso: quanto profondamente sia cambiato il modo di fare ospitalità alberghiera oggi in un mondo velocissimo, globalizzato e digitalizzato. «L’hospitality è un’industria profondamente cambiata», spiega Marco Gilardi, «che da un lato ha dovuto fare i conti con la disrupton digitale, subendola, dall’altro oggi per certi versi la traina. Ormai è come il mondo delle compagnie aeree, non c’è più la stagionalità di un tempo, le offerte e il pricing si muovono seguendo la domanda che a sua volta segue tanti fattori, tra i quali soprattutto nelle città anche e soprattutto gli eventi. In questo senso, il concetto di stagionalità è cambiato, se a Milano in luglio c’è il concerto di Jovanotti e ho un albergo vicino alla loca-

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MARCO GILARDI

tion, in quei giorni quell’hotel è in altissima oggi, abbiamo un portfolio con il 62% di hostagione. In questo senso, le stagioni sono tel in lease che ci permette di essere molto 4000… il calendario eventi in tutte le località consistenti sul piano qualitativo e autonomi scandisce il ciclo produttivo!». su quello operativo. Dunque, dottor Gilardi, se non c’è più staCi spieghi. gionalità come forIl contratto di locaOGGI LE OFFERTE E IL PRICING SI mulate i prezzi, in zione ci permette MUOVONO SEGUENDO UNA DOMANDA NH Hotels Group? infatti una velocità CHE NON DIPENDE PIÙ DALLE STAGIONI, I prezzi non seguono nell’operare che deriMA DAGLI EVENTI IN PROGRAMMA scaglioni classici (alta, va dall’autonomia di media, bassa stagione) ma con l’open pricing spesa stessa di NH Hotel Group. Esempio: se seguono la variabile della domanda. abbiamo la necessità di cambiare tutti i teleE della qualità dell’offerta, naturalmente? visori in hotel, lo possiamo fare senza dover Sì, ma la qualità non può fluttuare, deve rimachiedere il “permesso”. Altro esempio: NH nere comunque alta e consistente. Hotel Group ha implementato in tutti i suoi Lo dicono tutti, non crede? hotel i Brilliant Basics: TV LED da 42 o 50 Ma non tutti possono dimostrarlo. Il mercapollici LG, letti extra comfort con materassi to non mente e continua a sceglierci da temdi qualità da 34cm, docce emozionali “effetto po e ce lo riconosce sui vari canali pioggia”, phon da almeno 1800Watt … Oltre Lo faccia lei, con Economy, allora! ad offrire tanti altri standard qualitativi di NH Hotel Group nel mondo ha quasi 400 Compagnia, come la colazione a buffet famostrutture e con il Gruppo Minor Internasa in tutto il mondo, un sistema di prenotational – di cui facciamo parte – arriviamo zioni di gruppo efficiente, accessi riservati, alle 500. Sul podio ci sono nomi molto più tariffe preferenziali per i titolari del nostro conosciuti ma NH Hotel Group rimane tra programma fedeltà NH Rewards… insomma le prime dieci (non considerando le catene offriamo la tranquillità di una elevata qualità cinesi). Molte compagnie si basano sul moin ogni hotel, qualità implementata direttadello del franchising e management; noi, ad mente dal Gruppo.


NON VOGLIAMO STANDARDIZZARE LE STRUTTURE PER OMOLOGARLE, MA TENERE ALTE LE SOGLIE QUALITATIVE In che senso? In Italia abbiamo 52 alberghi, di cui Milano 12 con 2200 camere, poi Firenze, Roma – una chicca ai Fori Imperiali – Napoli, Bari, cinque strutture in Sicilia… Ebbene, la caratteristica del gruppo è che le strutture sono di proprietà per ben il 40%, in affitto per il 55% e solo al 5% in management, che è comunque una formula ben controllabile, su questa scala. E rispetto alla casa madre gestiamo con grande autonomia le strategie di marketing locali, che ci permettono di adattare le linee guida di Madrid (Head Quarter NH Hotel Group, ndr) alle specifiche realtà del territorio per esaltarne le caratteristiche e andare di volta in volta a rispondere alle diverse aspettative di ogni ospite in maniera “tailor made”. Cioè? Cioè gli accordi globali, per esempio con le Cioè gli accordi globali con le compagnie aeree o i portali di prenotazione, per esempio, vengono gestiti dalla casa madre, le iniziative locali le gestiamo noi. Sappiamo che in Italia il business è molto local e deve avere comunque un Italian touch. In Head Quarter si sviluppano concept innovativi per migliorare l’esperienza dell’ospite, e a livello locale vengono poi adattati alla realtà del Paese. Un bel lavoro glocal! Quindi il marketing locale conta anche nell’era del web? Eccome, se conta! Anzi: deve fare la differenza.

Esempi? Qui a Milano le posso citare NH Milano Touring. Abbiamo rivoluzionato il concetto di hall, attraverso il concept Lobby Alive, collocato la reception in un angolo e tra¬sformato la lobby in un place-to-be, un luo¬go ispirato alla convivialità pura che apre l’hotel alla città. Qui abbiamo inaugurato un nuovo concept bar e ri¬storativo chiamato “Camelia’s Yard Milano Social Bistrò”. Quindi ristrutturare non signifi¬ca solo intervenire sull’hardware, ma sulla filosofia dell’offerta. Ancora: all’ NH Collection Milano President, il nostro 5 stelle in Largo Augusto, abbiamo lavorato con un team di architet¬ti, rivisitato tutta la hall, le zone comuni e ne abbiamo fatto la sede di una straordinaria mostra di street art accogliendo nei nostri locali visitatori che non vi sarebbe¬ro forse mai entrati diversamente.Poi ci sono gli investimenti sulla qualità: la gastronomia. Sempre al President abbiamo organizzato un evento con 3 chef per 5 stelle Michelin e abbiamo lanciato il nostro straordinario food concept “Panhini”. Ancora, il nhow Milano di via Tortona, una fucina di provocazioni creative: dal servizio WhatsApp diretto con l’ospite a curiosità e unicità gastronomiche, DJ set, contaminazioni di pubblico tra fashion e business community, e molto altro ancora . Non posso poi non nominare NH Venezia Rio PRENOTAZIONI DI GRUPPO EFFICIENTI, ACCESSI RISERVATI, TARIFFE PREFERENZIALI PER I TITOLARI NH REWARDS: TRANQUILLITÀ E ALTA QUALITÀ

Novo dove addirittura abbiamo personalizzato tutta la struttura a tema cinematografico, d’intesa con l’Università Ca’ Foscari e l’as¬sessorato alla Cultura del Comune. Tutto l’hotel è un vero e proprio concept. Ma tutto ciò si vede, nei risultati? Assolutamente sì, i nostri hotel rappresentano un’attrattiva interessante sotto molti punti di vista: dalla ricchezza dell’offerta gastronomica agli standard qualitativi nelle camere, all’accoglienza impeccabile e servizi ad hoc. Le performance Quality degli hotel in Italia del 2019 lo dimostrano: siamo in crescita ri-

spetto allo scorso anno sia offline - i questionari compilati dai nostri ospiti ci mostrano un aumento della customer satisfaction registrando un +0,1 rispetto al 2018 nell’overall score dell’esperienza in hotel, evidenziando il “Servizio” come la categoria che maggiormente ci distingue – sia online - sui tre principali portali (Booking.com, TripAdvisor e Google) l’Italia ha un trend positivo (+0,1 rispetto al 2018). E dunque, quali le vostre prossime sfide? Sicuramente continueremo ad aprire le porte delle nostre strutture anche a persone che non soggiornano presso di noi, facendo vivere l’hotel alla città e permettendo di avere degli spazi comuni di incontro – sia business che leisure - anche fuori da luoghi convenzionali. Chiave proporre esperienze e concept innovativi, avere un servizio attento e una mentalità sempre più “open” verso questo nuovo approccio dell’Hotellerie (bleisure), del business e del fare community. Questo si traduce in un alto tasso di occupa¬zione delle camere? Sì, del 70%: ma quel che conta è il coefficiente revpar, cioè i ricavi per camere disponibili (revenue per available room). Che derivano dal giusto equilibrio tra domandae prezzo di vendita. Quasi una scienza esat¬ta: sbagliato svendere, sbagliato collocare i prezzi troppo in alto. Dunque nell’industria alberghiera la differenza la fanno queste competenze? Sono indispensabili. Perché un’offerta al¬berghiera di base la può fare chiunque, pen¬si che oggi le grandi catene mondiali. In Italia non controllano più del 4,5% dell’offerta… ma chi sa offrire un’esperienza vera alla clientela, che sia una clientela che viaggia per lavoro o per piacere, si differenzia. Oggi inoltre parliamo dell’offerta bleisure, cioè un mix tra attractive business e leisure… In Italia, su un volume d’affari di 300 milioni oltre 50 ci arrivano da food and beverage, ad esempio. Abbiamo lavorato tanto per differenziare la nostra offerta sul servizio, la qualità, l’u¬nicità dell’accoglienza e la varietà delle esperienze. Direi che ci stiamo riuscendo…

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QUANDO IL MANAGER SI RIFÀ UNA VITA. DA ARTIGIANO VITA DA MANAGER Quante volte avete accarezzato l'idea di cambiare vita, di mollare gli ormeggi e partire per una nuova avventura, a costo di rischiare il tutto per tutto? C'è chi lo ha fatto, dicendo addio a posizioni di rilievo per reinventarsi panificatore, produttore di olio, gelataio. Anche questa è managerialità. E spirito imprenditoriale.

114 BURNOUT ATTENZIONE A NON FARVI BRUCIARE DALLA PERFORMANCE

Dopo anni di meeting e viaggi per il mondo, scatta la voglia di ricominciare. Senza che si tratti necessariamente di downshifting. Gli esempi eccellenti dall'ex numero uno di Richemont Italia al general manager di Tod's di Davide Passoni

I

n inglese viene chiamato downGioielli e farine shifting (letteralmente “scalare la Come quella di Giacomo Bozzi, ex presidente marcia), in italiano, molto più poee amministratore delegato della filiale italiaticamente, “semplicità volontaria”. Secondo na del Gruppo Richemont - holding finanziaWikipedia, “è la scelta da parte di diverse ria svizzera che riunisce molti marchi globali figure di lavoratori - particolarmente profesdel lusso -, oggi presidente di Molini Lario sionisti - di giungere a una libera, volontaria e Spa, realtà comasca d’eccellenza dell’induconsapevole autoriduzione del salario, bilanstria molitoria che compie 100 anni nel 2019. ciata da un minore impegno in termini di ore Dagli orologi al grano, dai gioielli alle farine. dedicate alle attività «Diciamo che sono LA MOTIVAZIONE DEL CAMBIAMENTO professionali, così da stato prestato profesgodere di maggiore VA CERCATA NELLA NECESSITÀ DI AVERE sionalmente al monPIÙ TEMPO PER SE STESSI, LA FAMIGLIA tempo libero (per dedo del lusso, ma non E PER COLTIVARE I PROPRI INTERESSI dicarsi alla famiglia, avevo una completa all'ozio, all'hobbystica, ecc.)”. Le motivazioni identificazione personale come quella che ho che portano a queste decisioni possono escon la farina, un mondo in cui vale e paga la sere diverse: dal perseguire una visione del concretezza. Detto questo, ho lavorato per 27 quotidiano in chiave meno consumistica, alla anni nel settore lusso con passione e felicità e voglia di pensare più alla persona e meno al a 63 anni ho abbandonato il mondo del lavoro, profitto, alla tentazione di aprire quel cassetto uscendo dal Gruppo Richemont con il desidefacendone uscire il sogno rinchiuso per tanti rio di fare alcune cose che avevo già fatto nelanni, fino a dargli forma e sostanza. Sia come la vita, ma in maniera sacrificata. Avevo una sia, sono belle storie umane e imprenditoriali passione che non ero mai riuscito a portare che vale la pena raccontare. avanti, la barca a vela. Così, nell’ultimo anno

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VITA DA MANAGER

A destra, Vincenzo Miano. Sotto, Giacomo Bozzi. Nella pagina a fianco, in alto Claudio Castiglioni, in basso Ivano Pessina

di lavoro l’ho comprata per essere pronto l’anno dopo a salpare con un po’ di competenza. Mi sono divertito molto nella mia nuova vita come skipper». Ma il richiamo della farina era irresistibile: «Da 30 anni ero nel cda di Molini Lario, perché mio nonno fu uno dei fondatori del mulino, di cui fu direttore generale e amministratore delegato dal 1919 al 1959. Nel 2011 l’azienda ebbe un problema che impose un’attenzione nuova alla gestione e il cda mi chiese la disponibilità a guidarla; accettai, a condizione che il ruolo fosse compatibile con la nuova vita che avevo scelto. In effetti la gestione del mulino si dimostrò compatibile con le mie lunghe assenze, perché portata avanti da ottimi manager: io intervengo solo su decisioni strategiche che danno più forza all’azienda per garantirsi un futuro». Perché l’esperienza del manager di altissimo profilo si vede in queste decisioni: «Abbiamo ricercato prodotti a margini superiori, canali distributivi alternativi e lavorato tanto sulla comunicazione. Per esempio, abbiamo aperto Accademia Farina, un centro applicativo di ricerca e sviluppo con strumenti per fare il pane e testare farine e processi produttivi, diventato anche un centro di formazione per trasferire ai clienti le modalità ottimali per gestire

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le farine stesse». Quindi nessun rimpianto per il dorato mondo del lusso? «Sono stati anni in cui ho avuto la fortuna di gestire la crescita, in cui l’utile dell’azienda quando sono uscito era uguale al fatturato di quando sono entrato. Le cose che si sono molto amate mancano, ma dall’altra parte c’è l’entusiasmo per un mondo nuovo e più difficile, con margini bassi e molta prudenza negli investimenti. A differenza del mondo del lusso, molto etereo, qui parliamo di cose concrete, di pane quotidiano».

fit, posizione? Sentivo l’esigenza di cambiare, ma non era facile comunicarlo agli altri, in primis alla mia compagna. Intanto, però, mentre cercavo di capire che cosa avrei fatto dopo e mi chiedevo che cosa mi piacesse, coltivavo alcuni hobby, tra i quali la cucina macrobiotica e la preparazione del pane in casa. Una piccola passione, nata in sordina, ma che mi prendeva sempre di più. ‘E se fosse questo, il futuro?’ mi chiesi». Lo sarebbe stato. «Dopo aver cominciato a frequentare il mondo di agricoltori e produttori, riscoprendo una componente soPane al pane ciale dei rapporti che La storia di Bozzi ci L'EX PRESIDENTE DI RICHEMONT ITALIA in azienda non c’era HA LASCIATO L'INCARICO PER GUIDARE porta, per affinità, a più, pensavo sempre L'ANTICO MULINO DI FAMIGLIA FONDATO incontrare Vincenzo meno a stipendio e DAL NONNO CENTO ANNI FA Miano. Classe 1973, benefit e mi accorgeMiano ha lavorato in Nokia per 15 anni, parvo che la cosa non mi spaventava. Così uscii tendo come tecnico e arrivando a ricoprire dall’azienda mettendo testa e anima nel mio la carica di responsabile marketing per l’Itaprogetto, di cui avevo già preparato un busilia della divisione telefonia mobile, a Milano. ness plan accurato e che potei finanziare graUn posto da quadro in una multinazionale, zie a un contributo di Invitalia. Entrai anche un buono stipendio, benefit aziendali ma un nell’ottica di spostarmi dalla città, di vivere nel crescente senso di disagio. «Nel 2013 alla crisi verde senza averlo mai fatto e di convincere tecnologica e di mercato che colpì la mia aziena farlo anche la mia compagna, che a Milano da, si accompagnò una mia crisi professionale. aveva un bel lavoro. Mi trasferii a Padova da Un po’ provavo la voglia di fare dell’altro, un amici e dopo un anno, quasi per caso, trovai la po’ si era spenta la passione che mi aveva anilocation giusta per la mia attività sui Colli Eumato nei primi anni in Nokia. Volevo lasciare, ganei, a Valsanzibio, e iniziai subito i lavori. La ma per sacrificare che cosa? Stipendio, benemia compagna, invece, si trasferì dopo 6 mesi,


dopo aver trovato un lavoro in zona». La direzione da prendere fu subito chiara: il biologico. «Volevo un piccolo forno, a legna e a vista, dove produrre pane biologico con grani selezionati da agricoltori conosciuti, a lievitazione naturale e con la lavorazione quasi tutta manuale, senza macchine industriali come invece avviene in buona parte dei panifici. Ho pochi clienti locali, faccio circa l’80% del business rifornendo panetterie e negozi del biologico, come la catena NaturaSì, o ristoranti biologici e vegetariani». Un downshifting meditato e cercato, per cui alla domanda “Lo rifaresti?”, la risposta è scontata: «Certamente, e lo consiglio anche».

struttura fosse assorbita da Louboutin, salvaguardando l’occupazione, e diventasse la prima catena di montaggio delle quattro che poi sarebbero state attivate nello stabilimento di Parabiago». Poi, nel 2013, l’addio al marchio francese: «Volevo tornare a una dimensione familiare di azienda. Così ho lasciato e mi sono preso un anno per frequentare dei corsi ed entrare nel mondo del gelato. La mia esperienza mi ha portato a voler seguire la strada della qualità e della ricerca continua, con mio figlio Lorenzo, che è partito dall’Università dei Sapori di Perugia e ha fatto un percorso coerente. Abbiamo riportato alla luce un prodotto completamente LORENZO PESSINA ERA DIRETTORE naturale, fatto come DI PRODUZIONE NELLO STABILIMENTO Dalle scarpe al gelato una volta ma con criDI CHRISTIAN LOUBOUTIN. OGGI HA DUE Ivano Pessina, 58 anni, teri moderni. LavoriaGELATERIE IN PROVINCIA DI VARESE gestisce invece la gelamo direttamente con i teria Lorenzo Pessina, a Castellanza e a Tradaproduttori locali di materie prime, rendendo te, in provincia di Varese. Quando ha lasciato la filiera trasparente per il cliente». Una dila propria posizione, nel 2013, era direttore mensione familiare anche nella prospettiva di produzione dello stabilimento che il guru che Pessina si è dato per la gelateria: «Speriadelle scarpe di lusso, Christian Louboutin, a mo - conclude - di farla diventare un’attività Parabiago, non lontano da Milano. Uno stabiliproficua almeno per i miei ragazzi (anche la mento che Pessina stesso aveva contribuito ad figlia lavora in gelateria, ndr), perché magari allestire, nel 2009. «Louboutin all’epoca non tra un po’ lascerò, chi lo sa. Il nostro è un meraveva una fabbrica sua. Con la mia azienda ero cato difficile, il gelato è un bene non essenziale uno dei terzisti del brand e lavoravo per loro e l’unico modo per rimanere a galla è quello di da una decina d’anni; il socio italiano che ha personalizzare il prodotto, offrendo qualcosa aperto con me quella fabbrica mi ha convinto di diverso dalle altre gelaterie. Più o meno la a lasciare la mia azienda e a entrare nel grupstessa cosa che facevo quando mi occupavo di po francese, facendo in modo però che tutta la calzature». Liscio come l’olio Sempre con le scarpe ha a che fare la storia di Claudio Castiglioni, 58 anni, 35 dei quali passati in Tod’s dove ricopriva il prestigioso incarico di general manager del brand. «Giravo il mondo, contribuivo a creare fatturati milionari, ho vissuto 17 anni a New York, ho conosciuto la realtà cinese ancora prima che fosse la nuova frontiera, ho acquisito un

modo di pensare a 360 gradi che mi ha formato, grazie a una grandissima persona come Diego Della Valle». Poi, un anno fa, la decisione di lasciare e di tornare a un’antica passione, coltivata fin dagli studi superiori svolti all’istituto alberghiero: quella per l’agroalimentare. Castiglioni, oggi, è infatti Ceo di Castello Monte Vibiano, azienda olearia e vinicola umbra d’eccellenza. «Sono in un’azienda che produce l’olio secondo gli stessi principi di eccellenza che guidavano Tod’s. L’azienda è stata la prima compagnia certificata a emissioni zero di CO2 vent’anni fa e, lo scorso anno, la prima compagnia al mondo a ricevere il certificato di olio dal Dna italiano. La nostra monodose è distribuita a bordo delle business class delle compagnie aeree più prestigiose. Ecco quindi che giro ancora il mondo, ma passo anche periodi fantastici in Umbria, in mezzo alla natura e producendo qualcosa di bello e interessante. Ho cambiato anche perché, alla mia età, mi piaceva l’idea di non tirarmi indietro e di buttarmi in un lavoro interessante, in un luogo con molta attenzione per l’etica e l’ambiente, insieme a gente giovane e con voglia di fare». Con il cosiddetto work-life balance in primo piano: «Qui - conclude - non si lavora meno, ma ci si concentra di più sulle priorità della vita e, così, ciò che si fa quotidianamente ci pesa di meno».

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VITA DA MANAGER

Attenti a non scoppiare per la sindrome da burnout È lo step successivo al cosiddetto workhaolism e si presenta all’improvviso. Ecco quali sono i campanelli d’allarme e come far fronte a un disagio che colpisce chi in azienda ha un ruolo di responsabilità di Vincenzo Petraglia

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arichi di lavoro sempre più peconosciuto ufficialmente il burnout come santi, performance richieste semuna vera e propria sindrome conseguenza pre maggiori, maggiori difficoltà di stress cronico da lavoro, spesso dovuta a staccare veramente la spina (complice la alla continua lotta per ritagliare dalle ore di tecnologia che ci rende sempre connessi)? lavoro i propri spazi. Sono l’anticamera della cosiddetta sinI sintomi drome del burnout (dall’inglese “bruciato, I fattori scatenanti possono essere diversi. Il scoppiato, esaurito”). Una condizione che sovraccarico di lavoro, che può essere non si presenta inizialmente come uno stato di solo un carico di lavoro eccessivo, ma anche logorio psicofisico con stanchezza cronica una tipologia di lavoro inadatta alla persona e poi determina importanti cali di conceno un carico emotivo troppo pesante giocano trazione, demotivazione, esaurimento delle un ruolo importante. «Anche se poi», spiega energie interiori, disinteresse e inefficenza Maria Angela Chiorazzi, psicologa e counsenell’attività lavorativa e nella gestione dellor, «dipende da persona a persona, da come le relazioni, lavorative e non, depressione. cioè l’individuo è in grado di far fronte allo Un’epidemia che si sta diffondendo a macstress cui è sottoposto. C’è chi tende alla fruchia d’olio e che riguarda sempre più manastrazione e chi invece risponde allo stress ger, sui quali grava in genere un forte carico in modo più positivo e innovativo. Il più di responsabilità e stress appunto. Secondo delle volte, comununa ricerca dell’ingleSCARSA CONCENTRAZIONE, que, dipende dalla se Willis Towers WaSTANCHEZZA CRONICA E PRODUTTIVITÀ difficoltà di filtrare tson, il 42% dei proINSUFFICIENTE SONO I CAMPANELLI adeguatamente le fessionisti dichiara di D’ALLARME A CUI FARE ATTENZIONE proprie emozioni aver sofferto di un negative, figlia di una condizione psicofisica forte stress o di problemi di salute mentale, precaria, che restituisce una visione distore ben uno su tre incolpa il lavoro di avere ta della realtà». Anche una remunerazione un impatto negativo sul proprio equilibrio non adeguata al tipo di impegno e lavoro psicofisico. Il 41% di essi sembrerebbe però che si fa, o la mancanza di un adeguato sinon farne parola con nessuno in ufficio per stema di ricompensa e di riconoscimento, il timore di vedere compromesse le proprie o il non sentirci attivi, coinvolti e partecipi possibilità di carriera. Il 38%, invece, non fino in fondo (la non partecipazione prone parlerebbe perché ritiene che colleghi duce demotivazione), possono giocare un e superiori non capirebbero il loro disagio. ruolo importante, che a cascata provocano Non stupisce, dunque, che l’Organizzazioun crollo del senso di appartenenza al conne mondiale della sanità abbia da poco ri-

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testo lavorativo e la sensazione di non avere il giusto controllo sul proprio lavoro. «I sintomi dello stress da lavoro», continua la psicologa, «sono molteplici: scarsa voglia di alzarsi la mattina, scarsa concentrazione, stanchezza cronica, eccesso di cinismo al lavoro, scarsa energia e insufficiente produttività, mancanza di soddisfazione una volta raggiungenti gli obiettivi prefissati, svogliatezza, nausea, cambiamento nelle abitudini alimentari o del sonno, insonnia, abuso di tranquillanti e di farmaci, assenteismo dal posto di lavoro, forte senso di angoscia e di ansia, con possibilità di sfociare in attacchi di panico, cattivo umore, crisi di pianto e isteria. Anche sul piano fisico si possono registrare disturbi gastrointestinali, coliti, cistiti, disordini alimentari, disturbi dermatologici, mal di testa, frequenti raffreddori e influenze, mal di schiena o altri dolori fisici. Sintomi che possono dar vita a vere e proprie malattie croniche». In genere chi è colpito da burnout manifesta una sensazione di fallimento, non ha più voglia di recarsi ogni giorno sul posto


il non equo rapporto tra lo sforzo richiesto e la compensazione ricevuta non solo in termini economici ma anche come soddisfazione e riconoscimento sociale. Un’altra causa scatenante lo stress è talvolta il work-family conflict, ossia una forma di conflitto interruolo, nel quale le pressioni provenienti dal dominio lavorativo o dalla famiglia sono mutualmente incompatibili».

di lavoro, prova rabbia e risentimento o, al contrario, indifferenza e scoraggiamento, si sente stanco ed esaurito, prova negatività e senso di colpa, è incapace di concentrarsi e perde in positività per se stesso, i colleghi, le persone con cui si interfaccia quotidianamente. Ha spesso un atteggiamento distaccato e apatico nei confronti degli altri, non di rado ritenuti responsabili dei propri mali.

Le persone più a rischio

Fra i più vulnerabili a questo crollo psicofisico, coloro che investono nel lavoro in modo sproporzionato, i cosiddetti workaholic. Anche chi ha una vita privata insoddisfacente o è troppo idealista e perfezionista rischia più di altri. Come pure giocano un ruolo importante il bisogno di voler tenere tutto sotto controllo, l’impulsività, l’eccessiva introversione o estroversione, la pulsione ossessiva al raggiungimento di uno scopo o la tendenza a porsi obiettivi irrealistici, l’iperattività, l’eccessivo zelo nel fare le cose. «Spesso a pesare nello stress, non è tanto il carico di lavoro in sè», spiega Chiorazzi, «ma

ma anche dell’azienda. Quando il problema è all’interno dell’individuo, bisogna capire da dove proviene il disagio, quali sono le sue radici, legate anche alla storia individuale e al modo di affrontare le emozioni. Per cui potrebbe risultare sufficiente, se lo stressor per esempio è l’eccessiva mole di lavoro, ridurre l’orario di lavoro o prendersi una vacanza, oppure rendesi necessario il supporto di LO STRESS DETERMINA COMPLESSE Le vie d’uscita uno psicoterapeuta REAZIONI SOMATICHE CHE PORTANO Cosa fare, dunque, se A UNA MODIFICAZIONE DEL SUBSTRATO che possa aiutarlo a si soffre di burnout? comprendere come è BIOLOGICO DELL’ORGANISMO Fondamentale rifletarrivato a quel punto tere sui propri reali obiettivi. È indispensae a modificare il suo atteggiamento. Svariati bile individuare una gerarchia delle priorità sono i percorsi che si possono seguire. Fra ristabilendo un nuovo equilibrio fra doveri questi anche l’ipnosi. «Uno strumento», professionali ed esigenze della propria vita spiega Chiorazzi, «utilizzato all’interno di al di fuori del lavoro, in considerazione dei un percorso di psicoterapia che può avere propri limiti e bisogni personali e di salute i benefici delle psicoterapie con il vantage benessere psicofisico. Se un lavoratore gio di una durata relativamente breve. Lo soffre di burnout, il datore di lavoro o il suo stress determina delle complesse reazioni diretto responsabile è bene che si preoccusomatiche che possono portare ad una mopi di verificare cosa non va nell’organizzadificazione del substrato biologico (cioè dei zione lavorativa e, se ci sono degli stressor cambiamenti come quelli a livello ormonamodificabili, provare a cambiarli. Ne vale le) dell’organismo, modificazione che risuldella salute e dell’efficienza delle persone, ta essere una potenziale causa di malattie. Il corto circuito tra questo meccanismo mente-corpo può essere “interrotto” attraverso la modifica dei sistemi di apprendimento più inconsci, che sono di più facile accesso quando si è in uno stato di trance ipnotica. La psicoterapia ipnotica è un processo di apprendimento per il paziente, una rieducazione in sintonia con il proprio profilo psicologico-esperienziale ed è volta a rinforzare le risorse e le capacità di adattamento e risposta allo stress proprie di ciascun individuo». La prevenzione, però, è la strategia più auspicabile, evitando che così un disagio o un problema possano ingigantirsi nel tempo: porsi obiettivi realistici, variare la routine, ritagliarsi delle pause (prendersi un break ogni tanto rende più lucidi e rigenera le energie), separare lavoro e vita privata, fare sport, che libera la mente e scarica lo stress, apprendere e praticare qualche tecnica di MARIA ANGELA CHIORAZZI rilassamento.

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IL VEG “EN TRAVESTI” E IL PIACERE DELLA CARNE PIACERI Lo stupore è un’emozione da coltivare. Come? Facendo nuove esperienze. Addentare un burger vegano che non vi farà rimpiangere la carne, per esempio. Ammirare una metropoli dal ventesimo piano di un grattacielo. Apprendere qualcosa di inedito sul vostro drink preferito. Sfrecciare a bordo di un’auto nuova fiammante, scoprendone il lato B. Emozioni, appunto.

120 METE ESOTICHE IL PARADISO È AI TROPICI BENVENUTI ALLE BAHAMAS

124 MOTORI F-PACE CONTRO I-PACE ECCO LA SFIDA DEL GIAGUARO

130 LE RAGIONI DEL GOSSIP

Voglia di hamburger? Quello targato Beyond Meat ne ha sia l’aspetto che il sapore, ma è al 100% a base vegetale. Andiamo alla scoperta di una passione culinaria a prova di sostenibilità ambientale di Roberta Schira

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hi non avrebbe voluto possedere il ha alti costi ambientali di trasporto. La produfiuto di investire in un’azienda che a zione di carne da mettere in tavola nuoce anpochi mesi dalla data di ingresso al che, a causa delle condizioni di sfruttamento Nasdaq, 2 maggio 2019, ha registrato una creintensivo di molti allevamenti, al benessere scita del 140% sul 2018 e prevede 210 milioni degli animali e, in ultimo ma non per ultimo, di dollari di ricavi per fine anno? Forse neppualla salute degli esseri umani. Aspetto che non re Ethan Brown, fondatore di Beyond Meat, ci può lasciare indifferenti. Quando la popolazioavrebbe scommesso. La sua è un’azienda nata ne mondiale arriverà a 10 miliardi, ci saranno a Los Angeles nel 2009, specializzata nella abbastanza proteine per alimentare tutti? La commercializzazione ricerca si sta dirigendo di prodotti a base ve- INSETTI, ALGHE E PROTEINE VEGETALI: sull’allevamento deQUANDO SAREMO 10 MILIARDI getale. Da quando ha gli insetti e la coltura CI SFAMEREMO IN MODO DIVERSO. messo in commercio delle alghe, sempre ABITUIAMOCI A SAPORI INEDITI l’hamburger “plant più presenti nelle diebased” dal sapore di carne, nel 2016, il succeste quotidiane di molti popoli, ma non sono so del brand sta diventando planetario. Anche sufficienti per risolvere il problema. La sfida per validissimi motivi di sostenibilità. Visto globale di adesso è produrre carne buona, che l’allevamento tradizionale delle carni - è economica e sostenibile. La ricerca per creare appurato da numerosi studi scientifici - causa carne in laboratorio ha già uno storico di tutenormi problemi all’ambiente. L’allevamento to rispetto. Della coltivazione in-vitro, infatti, dei bovini, è risaputo, rappresenta una delle sentiamo parlare dagli anni Novanta e la Nasa prime cause di emissioni di Co2 nell’atmosfeha condotto esperimenti fin dal 2001, produra, provoca un eccessivo consumo di acqua e cendo carne coltivata da cellule di tacchino. La

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E POI IL PIACERE...

Lunga vita all’hamburger? Sì, purché vegano

compagnia Memphis Meats è la più avanzata nella ricerca sulla carne sintetica e sta lavorando per migliorare gusto, texture e profilo nutrizionale. Ma soprattutto si lavora sul prezzo, ancora troppo alto. Perché la produzione di carne in vitro è attualmente molto costosa. Nel frattempo, il fronte “carne-non carne” galoppa. Insieme con Beyond Meat, nel 2011, sempre negli Usa, è nata Impossible Foods, l’azienda del biologo e fisico 62enne Patrick Brown, che produce l’Impossible Meat. Qui la particolarità è dovuta a un “heme”, un complesso chimico che contiene un atomo di ferro, parte integrante dell’emoglobina, ma in questo caso vegetale. Il nuovo burger 2.0 senza glutine, conterrà la stessa quantità di ferro e le stesse proteine di un tradizionale burger (le calorie sono 240), ma con zero colesterolo. Promettono un sapore “impossibile” da immaginare. Lo assaggeremo. Per ora Impossible Food ha concluso un accordo con Burger King e tra poco arriverà anche in Italia con la nuova versione. Da metà settembre, 27 negozi di alimentari della catena Gelson’s Market, nella California del sud, hanno ricevuto le prime scorte di Impossible Burger. Il concept Beyond Meat è diverso dai locali prettamenti vegani, come per esempio quelli del format Flower Burger, la prima veganbur-

gheria nata nel 2015 nel cuore di Milano, in continua espansione sia in Italia sia all’estero. Anche Flower Burger, nato da un’idea di Matteo Toto, vuole attirare i meat lovers, ma il gusto – pur gradevole – deriva dal solito mix di seitan e fagioli rossi Red Kidney, oppure da ceci e orzo. Beyond Meat sta riscuotendo buon successo anche in Italia, anche se gli addetti sanno che da noi il mondo healthy-food è piuttosto acerbo. Ma questo hamburger sembra aver superato ogni previsione ottimistica di mercato. Lo abbiamo assaggiato a Milano, da Avo Brothers e da Ham Holy Burger. Qui il giudizio si dà sia dal punto di vista gastronomico, sia etico-ambientalista. Spesso i due approcci sono opposti, ma qualche volta coincidono, come in questo caso. L’hamburger Beyond Meat è buono e fa bene al pianeta. Ha un sapore simile, molto simile, alla carne. Persino il colore la ricorda, merito della barbabietola,

I NUMERI DEL BURGER VEG 60 province italiane in cui è già presente Beyond Meat 140% di crescita sul 2018 270 le calorie di un hamburger di carne non carne 37% DEI DEAL Settore Itc 14% settore finanza 12 -15 EURO circa il costo di un hamburger Beyond Meat 118

che dona l’interno rosato del classico hamburger. E pensare che tra gli ingredienti che compongono l’hamburger Beyond Meat la cosa più saporita è la farina di pisello verde. Un vero capolavoro di (buona) chimica. Nell’insieme il giudizio gustativo è positivo, di certo molto lontano dal solito stopposo hamburger insapore a base di soia. Il voto sul livello di sostenibilità è ottimo: perché Beyond Meat non è contro la carne, è oltre la carne, come suggerisce il nome. Non vuole etichettarsi vegano (infatti non contiene solo verdure), ma conquistare gli onnivori, consapevoli che diminuire il consumo di carne bovina non può che giovare a tutti. A Milano è presente con successo nel format Ham Holy Burger e Avo Brothers, a Bologna è stato Welldone Burger a fare da pioniere; insomma, la carne-non carne è un vero business. Lo ha capito chiaramente l’imprenditore Mattia Malgara, che dopo essersi convertito al veganesimo è corso negli States e da pochi mesi è uno dei distributori di Beyond Meat e sta capillarmente penetrando il mercato italiano. “Ero carnivoro sfegatato e ho lavorato 30 anni nell’alimentare. Poi mi sono documentato e sono diventato vegano. Al nord è stato facile proporre Beyond Meat, adesso stiamo aprendo il mercato al Sud e nelle isole”, dice Malgara. “Il prossimo passaggio sarà commercializzare il ragù e la salsiccia vegetali. Per me portare in Italia Beyond Meat non è solo business, è una scelta etica”. Quindi sì alla carne veg che sa di carne, ottima strategia per abbassare l’impatto ambientale; sì come discreto sostituto della carne, meno per la dieta, visto che come abbiamo detto le calorie sono più o meno quelle della carne. Beyond Meat conquisterà gli esigenti palati italiani? Staremo a vedere, intanto ci sorprenderemo sempre più a leggere sui menu dei locali per carnivori la pagina dedicata alla carne-non carne.


Ai piani alti di Milano gustando l’eccellenza In cima alla torre del World Join Center il My View utilizza solo le materie prime selezionate dal network di Artimondo, che ogni anno organizza l’Artigiano in Fiera. Vendendo on line le tipicità italiane

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arne biologica dell’Astigiano in arrivo dalla Cascina Capello, il gambero rosso di Gallipoli, le uova di Selva di galline allevate allo stato brado in Valtellina, il burro prodotto da un caseificio nel Bergamasco, il tonno dalla Sicilia, il Parmigiano Reggiano Vacche Rosse dall’Azienda Novati in Emilia Romagna, riso coltivato nella storica Azienda La Pila del Basso Veronese, i porcini di Borgotaro: l’elenco di eccellenze italiane è infinito e le si può immaginare imbandite su una tovaglia a quadretti sotto un porticato. E invece no. Si possono gustare, trasformate in piatti, al nuovo Mi View, a Milano (menu degustazione da 5 portate a 90 euro vini esclusi), ristorante panoramico al ventesimo piano della torre del World Join Center, completata nel 2009 su progetto degli architetti dello Studio Urbam e Marco Cerri, in viale Achille Papa 30. Al pianoterra, Wjc Square, con i suoi oltre 2000 mq, rappresenta la più grande piazza coperta della città, mentre il ristorante all’ultimo piano della torre offre la più ampia visuale dello skyline su Milano, di certo la più alta: 78 metri.

Gli spazi dove prima si trovava il ristorante Unico si sono completamente rinnovati nel design e nel concept, posizionandosi in fascia alta. Dietro c’è un progetto di Antonio Intiglietta, presidente di Ge.Fi. Spa, la società organizzatrice di Artigiano in Fiera, kermesse che ogni anno a dicembre porta milioni di visitatori a Milano. E infatti, strettamente legato al ristorante, è il network di shop on line Artimondo. it, l’e-commerce dell’artigianato di qualità e non solo alimentare.

Su questo sito si possono acquistare centinaia di prodotti, inclusi quelli assaggiati al Mi View. Si parte dall’idea di concepire i piatti partendo da prodotti selezionati e riproposti dalle mani dello chef Cristian Spagnoli. «Per noi i produttori devono avere nome e cognome», dichiara il direttore del ristorante, Davide Valerio. Così, per conoscere la storia e la geografia di ingredienti e produttori, l’avventore può approfondire non solo sul sito del ristorante, ma addirittura attraverso il QRcode presente sul menu. La squadra del Mi View è composta dallo chef Cristian Spagnoli e da un team affiatato in cucina e in sala, votato all’accoglienza e allìinterazione con i commensali. L’arredamento è in pezzi unici, realizzati a mano appositamente per Mi View, con la supervisione dell’architetto Roberto Allievi, dello studio Allievi e Viganò MisuraM, con collaborazione di Liliana Angelillo. Per i lavori di ristrutturazione sono stati coinvolti 21 artigiani. I locali del Mi View Restaurant sono a disposizione anche per eventi, meeting aziendali e ovviamente per i gourmet, che possono prenotare due salette riservate, una delle quali è la “Chef’s table” per una decina di fortunati commensali. Si tratta di un progetto dalla finalità commerciale, com’è ovvio, ma con un risvolto culturale finalizzato a promuovere la manualità del made in Italy. E con un occhio attento anche all’impegno sociale. Un euro per ogni scontrino emesso andrà devoluto all’Associazione Pro Terra Sancta. Un progetto che riunisce i membri della comunità cristiana e islamica per aiutare i bambini siriani orfani o figli di donne vittime di violenza. Anche il ricavato dall’utilizzo del cannocchiale sulla terrazza panoramica - che offre una vista impagabile, che da sola racconta con un colpo d’occhio fino all’Appennino Piacentino lo sviluppo impetuoso della metropoli lombarda - sarà devoluto in charity, secondo un principio di Intiglietta: «Uno sguardo su Milano, un aiuto a chi ha bisogno. Da questo belvedere osserviamo simbolicamente ciò che di bello e buono accade in Italia e nel mondo e lo facciamo scoprire a chi viene da noi». (r.s.)

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E POI IL PIACERE

UN URAGANO DI SOLIDARIETÀ Zero problemi per i turisti L’uragano Dorian all’inizio di settembre ha imperversato su due isole delle Bahamas, Grand Bahama Island e Abaco, causando vittime e ingenti danni. Il Ministero del Turismo e dell’Aviazione delle Bahamas ha diramato un comunicato in cui precisa che 14 delle 16 isole principali sono rimaste assolutamente intatte. Le Bahamas, perciò, “sono pronte ad accogliere i visitatori a braccia aperte”. Non solo: “La cosa migliore che i viaggiatori e i turisti possono fare per il Paese, ora più che mai, è semplice: visitare le Bahamas”. Nessun tipo di danno o disagio a causa dell’uragano viene registrato in tutte le seguenti principali destinazioni:

• Nassau e Paradise Island • Le Exuma • Eleuthera e Harbour Island • Bimini • Andros • Le Berry Island • Cat Island • Long Island • San Salvador • Rum Cay • Acklins e Crooked Island • Mayaguana • Inagua Chi, oltre a viaggiare, volesse contribuire con una donazione alla rinascita delle isole colpite trova un elenco di partner verificati e garantiti sul sito bahamas.com/relief

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Il paradiso? È ai tropici Benvenuti alle Bahamas L’arcipelago, sul Tropico del Cancro, vanta la terza barriera corallina al mondo per estensione. Frequentato dal jet set internazionale, è la meta ideale per chi investe nel migliore rapporto qualità prezzo di Saverio Paffumi

C

he fossero eroici esploratori nei secoli passati, turisti felici o autentiche celebrità nei nostri tempi, innumerevoli viaggiatori hanno descritto le Bahamas come un vero e proprio paradiso terrestre. Ha ancora più voce in capitolo chi ha potuto ammirarle dallo spazio: l’astronauta americano Scott Kelly ha scritto che questa preziosa corona di isole è il più bel posto del mondo visto da lassù (“the most beautiful

place from space”). Alcuni secoli prima, il 12 ottobre del 1492, era stato Cristoforo Colombo il primo uomo del “vecchio mondo” a mettervi piede. Per la precisione era approdato sull’isola di Guanahani che ribattezzò San Salvador. Ne fu talmente colpito da annotare sul diario di bordo: “La bellezza di queste isole supera quella di ogni altra, così come lo splendore del giorno supera quello della notte”. Alle isole principali si aggiungono centina-


ia di isolotti, molti dei quali disabitati, che piatti tipici di ottimi ristoranti, fumare sicorrispondono al sogno di una fuga in un’igari straordinari, dormire in alberghi da sola deserta; l’arcipelago è sul Tropico del sogno. Tante anche le suggestioni storiche, Cancro e vanta, vicino all’isola di Andros, la artistiche e culturali di un territorio che terza barriera corallina al mondo per estendopo essere stato colonia britannica (1783 sione. Frequentate dal jet set internaziona-1973) fa ancora parte del Commonwealth le, a cominciare dagli attori e registi holdelle Nazioni. E se proprio preferite un villywoodiani che vi hanno girato i loro film, laggio all inclusive dove stazionare con tutta le Bahamas sono la meta ideale per chi sa la famiglia al seguito, c’è solo l’imbarazzo che la piacevolezza della scelta. DALLA VELA ALLE IMMERSIONI, di una vacanza non DALLE SUGGESTIONI CULTURALI Sull’acqua è direttamente proE STORICHE AI VILLAGGI ALL INCLUSIVE: L’incredibile traspaporzionale al denaro C’È SOLO L’IMBARAZZO DELLA SCELTA renza di queste acspeso ma alla posque dona un’emozione senza pari. Che siate sibilità di investirlo nel migliore rapporto velisti esperti, vi affidiate a uno skipper o qualità prezzo. Di fronte a tutto quello che amiate i natanti a motore, le rotte bahaoffre la natura e l’organizzazione turistica la miane non temono confronto. Già il nome scelta migliore è godere dei diversi aspetti, Baja Mar, il mare poco profondo (da cui la costruendosi un’indimenticabile vacanza forma anglofona Bahamas) certifica ciò che su misura. Potrete spostarvi da un’isola vedrete quando cento sfumature di blu e all’altra noleggiando barche importanti o turchese circonderanno i vostri sguardi. approfittando di brevi trasferimenti aerei, Non dovrete improvvisare. Ad esempio The frequentare i casinò della capitale Nassau Moorings, marchio leader per le vacanze in e della vicina Paradise Island, assaggiare i

COME RAGGIUNGERE LE BAHAMAS Dall’aeroporto di Londra Heathrow British Airways vola direttamente su Nassau 4 volte la settimana. Dagli Stati Uniti le principali compagnie aeree quali American Airlines, Delta, Jet Blue, Silver Airways e United, solo per citarne alcune, volano alle Bahamas dalle principali città della costa est. Nassau è solo a 40 minuti di volo da Miami! Ci sono anche traghetti che collegano Miami a Bimini (frs-caribbean.com) e tutte le principali compagnie di crociera fanno tappa nell’arcipelago.

barca a vela e a motore, dispone di una delle più grandi flotte di imbarcazioni al mondo. Dalla nuova base di Nassau/Palm Cay potrete scoprire le Exuma; stiamo parlando di 365 isole coralline, una per ogni giorno dell’anno. Le Exuma ospitano alcuni dei più autentici angoli di paradiso dei Caraibi, mol-

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E POI IL PIACERE

LA RICEZIONE ALBERGHIERA Se le spiagge sono fra le migliori del mondo, alberghi, resort e ristoranti non sono da meno. Dai clamorosi The Cove Atlantis, The Ocean Club, A Four Seasons Resort, Bahamar e Sandals Royal Bahamian & Offshore Island di Nassau & Paradise Island, al Tiamo Resort di Andros, accessibile in barca o in idrovolante, completamente immerso nella natura. Da segnalare anche il Graycliff di Nassau o l’intimo Guanahani Beach Club a San Salvador: un tocco di italianità ai tropici. Per una lista completa visitate Bahamas.com

Junkanoo, il festival giusto per un Capodanno diverso

N

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atale e Capodanno alle Bahamas?

fantasmagorici possa far pensare al

E perché no? Nell’arcipelago

carnevale, il Junkanoo è un’altra cosa e ha

le temperature di giorno sono

origini molto diverse. Infatti nasce nel XVIII

abbondantemente sopra i venti gradi

secolo come festa durante i tre giorni di

e le spiagge vi accolgono in tutto il loro

libertà concessi agli schiavi dai loro padroni

splendore.

nel periodo natalizio. La temporanea libertà

In più questo è il momento topico di

veniva celebrata girando mascherati e sui

un importante aspetto della cultura

trampoli, strada per strada. In particolare

bahamiana, il Junkanoo, un coloratissimo

alle Bahamas questa tradizione si è via via

festival di musica, costumi, colori e arte

evoluta, con costumi sempre più belli ed

che coinvolge un po’ tutte le isole e ha il

elaborati. Inizialmente infatti questi ultimi

suo epicentro nelle parate di Bay Street

erano di stoffa, carta sfilacciata e il volto

a Nassau, il 26 dicembre, giorno di Santo

veniva dipinto. Negli anni Venti, quando

Stefano, e a Capodanno. Per quanto la

l’industria delle spugne naturali era al

bellezza delle “maschere” e dei costumi

suo apice, alcuni costumi erano costituiti


ti dei quali accessibili via mare. Nel mito di Hemingway, la pesca d’altura a Bimini, che contribuì a ispirare il famoso romanzo “Il vecchio e il mare”, è un must imperdibile. E che dire di una semplice passeggiata su alcune delle più belle spiagge del pianeta? Incomparabile pure l’esperienza di nuotare con i famosi “swimming pigs” delle Bahamas, i maialini nuotatori.

Sott’acqua

interamente da questo materiale. Oggi la

La leggenda popolare afferma che il nome

ciascuno, che si contendono i premi nelle

realizzazione è spettacolare e i motivi dei

Junkanoo abbia origine da John Canoe, un

tre categorie: migliore musica, migliori

costumi vengono prima creati sul cartone,

capo tribale africano che avrebbe ottenuto

costumi e migliore presentazione di

poi centinaia di strati di carta crespa dai

il diritto di celebrare il rito con il suo popolo

gruppo. Ogni gruppo dà vita a un tema che

colori vivacissimi e pailettes vengono

anche dopo essere stato reso schiavo.

rappresenta, in forma visiva, elementi della

incollati alla struttura, sostenuta da una

Un’altra ipotesi invece si rifà all’uso delle

vita bahamiana presente e passata, spesso

rete metallica e aste in alluminio. L’effetto

maschere, ai cortei di “gente sconosciuta”

in chiave satirica. Dopo quasi un anno di

delle frange aggiunge consistenza ed

che in francese suona gens inconnus, con

preparazione e prove la competizione è più

espande le dimensioni; i costumi possono

pronuncia pressoché identica.

che agguerrita; vale la pena di citare anche

variare in altezza (fino a 5 metri) e peso (fino

Le danze e movenze del Junkanoo possono

il “Junior Junkanoo” che coinvolge i più

a 180 chilogrammi).

essere fatte risalire all’Africa occidentale

giovani.

Quando nel 1834 la schiavitù fu abolita

e la musica ha un’importanza cruciale:

Una curiosità: fino agli anni Sessanta

nelle colonie dell’Impero britannico, alla

vengono utilizzati trombe, tromboni,

le donne non potevano partecipare alle

Bahamas il Junkanoo era così partecipato

campanacci, tamburi di pelle di capra e

parate. Oggi ne sono ammiratissime

che si continuò a celebrarlo. Versioni ridotte

fischietti. Impossibile resistere a questo

protagoniste. A Nassau si può visitare un

del “rush out” avvengono anche in altre

ritmo coinvolgente!

interessante museo che racconta la storia

occasioni durante l’anno (come al Summer

La gente locale partecipa e si affianca

del Junkanoo.

Junkanoo Festival), e si può assistere a

ai gruppi organizzati di Junkanoo quali

qualche rappresentazione riservata agli

The Valley Boys, Saxons, Roots, One

Per maggiori informazioni

ospiti di convention o dei vari resort.

Family, formati da centinaia di membri

educulturebahamas.com

Le Bahamas sono top destination per il diving; qui è possibile avere un’esperienza a tu per tu con gli squali o con i delfini. I sub più preparati potranno esplorare i “Buchi Blu” (Blue Holes) un dedalo labirintico di caverne e canali sottomarini. Meno impegnativo, ma non meno emozionante, lo snorkeling sulla barriera corallina, che consente a qualunque

medio nuotatore il contatto diretto con una delle meraviglie della natura.

I PROSSIMI APPUNTAMENTI CON LE BAHAMAS

Nei prossimi numeri di Economy parleremo ancora dell’arcipelago delle Bahamas. Che merita perché è una favola. E perché ha resistito all’uragano.

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E POI IL PIACERE MOTORI a cura di Franco Oppedisano

l diavolo e l’acqua santa. Il banco e il nero. Le Jaguar I-Pace, completamente elettrica, e la F-Pace nella versione Svr, con un motore a benzina otto cilindri da cinque litri, sono due stelle ai lati opposti dell’universo automotive. All’esterno sono molto simili, due grandi Suv. E anche dal punto di vista elettronico hanno molto in comune. Sotto il cofano, però, non potrebbero essere più diverse. Un confronto sembra quasi impossibile, ma ci piacciono le cose difficile e ci proviamo. Perché non solo potrebbe essere divertente, ma anche istruttivo.

I

Dimensione La Svr è un po’ più grande. È più lunga, ma solo di cinque centimetri, ed è più larga, ma soltanto di tre centimetri. Ma la I-Pace pesa di più: con il conducente, tutti i liquidi e il 90% del carburante la F-Pace pesa 2070 chili, mentre la I-Pace (sempre con il conducente) sulla bilancia ne fa segnare 2208. Insomma Le batterie (603 chili) finiscono per pesare quasi 140 chili in più di tutto l’apparato del grande motore termico da cinque litri. Bagagliaio Anche qui i valori sono simili. Il benzina va dai 650 ai 1730 se vengono abbattuti i sedili posteriori, mentre l’elettrica va dai 656 ai 1453. Quest’ultima ha anche un vano nel cofano anteriore per contenere i cavi di ricarica che normalmente occupano molto spazio nel bagagliaio. Potenza I Pace ha due motori elettrici sincroni a magneti permanenti che erogano assieme 400 cavalli di potenza e 696 Nm di coppia, mentre la Svr ne ha uno solo, ma i 5.000 centimetri cubici della F-Pace possono vantare 550 cavalli e 680 Nm di coppia. Il benzina arriva a cento chilometri all’ora da fermo in 4,3 secondi, mezzo secondo in meno dell’elettrica. La velocità di punta del primo è di 283 chilometri all’ora, mentre la seconda arriva “solo” a 200 chilometri all’ora. Entrambi hanno in comune un difetto: più si schiaccia il pedale e più consumano,

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F-Pace contro I-Pace ecco la sfida del giaguaro

benzina la Svr e carica delle batterie l’elettrica.

Autonomia Con gli 82 litri di carburante la Svr riesce a percorrere, con un po’ di attenzione, circa 600 chilometri e la Jaguar dichiara un consumo 11,9 litri per cento chilometri nel ciclo combinato. La I-Pace, invece, con un pieno di energia fa dai 415 ai 470 chilometri a seconda del peso dell’equipaggiamento scelto dall’acquirente. Il costo per 100 chilometri del benzina si aggira intorno ai 20 euro, mentre per l’elettrica è più difficile da calcolare perché ci sono centinaia di opzioni di ricarica, ma va dai 4 ai 12 euro in casa e nelle maggior parte delle colonnine pubbliche. Con un caricatore rapido da 50 kW DC, il tipo che si trova nella maggior parte delle stazioni di ricarica pubbliche, I Pace può ottenere fino a 270 km di autonomia in un’ora, mentre se si usa la presa di corrente domestica i tempi possono diventare biblici e assolutamente

imparagonabili a quelli di un pieno dal benzinaio. Emissioni Per l’elettrica, se si considera la CO2 durante


Sembrano uguali, ma sotto al cofano non potrebbero essere più differenti fra loro. Abbiamo provato il Suv di Jaguar in entrambe le versioni: termica ed elettrica, confrontandone capienza, potenza, emissioni, costo. E, ovviamente, la relativa autonomia

pneumatici. Lo stesso discorso vale per la Svr che, da parte sua, inoltre sfida i limiti europei senza fare un plissé: 272 grammi di CO2 al chilometro di marcia.

la marcia, le emissioni sono zero. Restano invece, quelle prodotte per la produzione, l’assemblaggio, lo smaltimento della vettura e l’emissione di Pm10 che, per la maggior parte, è prodotta in tutte le auto dal rotolamento dei

Costi Il prezzo di listino della I-Pace, nella versione HSE, la più costosa, parte da 96.760 euro. Poco meno dei 104.700 che servono per comprare la F-Pace Svr V8 Supercharged. Per la I-Pace di incentivi statali non se parla perché costa troppo. E anche per la Svr non ci sono incentivi con una rottamazione. Anzi, in Lombardia, ad esempio paga 1.353 euro di bollo. Nella stessa regione l’elettrica non paga nulla per cinque anni. Quest’ultima, poi, ha costi inferiori di manutenzione rispetto al benzina perché il motore elettrico non ha parti soggette a usura (come ad esempio la frizione) né liquidi di sostituzione come nei veicoli tradizionali. La batteria della I-Pace ha una garanzia di 8 anni o 160.000 chilometri e può essere rimborsata

Q5, L’ULTIMA IBRIDA DI AUDI Una spina per ricaricare, un motore termico che, nonostante tutta la cattiva pubblicità, dà ancora sicurezza e delle batterie che permettono di fare qualche decina di chilometri usando solo il propulsore elettrico. Si chiamano Ibride plug in e sono la via di mezzo, la strada per risolvere il problema dell’inquinamento in città e quello delle lunghe percorrenze. L’ultima arrivata in questo segmento è la Q5 Tfsi e quattro (i nomi delle auto stanno diventando sempre più lunghi), la prima plug in della gamma Audi. Ha una potenza combinata dei due motori che va da 299 a 367 cavalli seconda delle versioni, un’accelerazione bruciante (da zero a 100 chilometri all’ora in soli 5,3 secondi) e riesce a percorrere 45 chilometri usando solo il propulsore elettrico. Si viaggia in elettrico in città ma basta premere un pulsante per attivare la modalità “Auto” e usare entrambi i motori, oppure quella “Hold” per conservare il livello di carica e usare solo il motore termico. Con i dati di navigazione, Audi Q5 TFSI e quattro calcola in anticipo il tipo di percorso e con il predictive efficiency assist garantisce un utilizzo ottimale della carica elettrica. I prezzi vanno dai 57.500 euro della versione 2.0 (50) TFSI e quattro S tronic da 299 cavalli che permette l’accesso all’ecobonus previsto dalla Legge di Bilancio 2019 ai 64.800 euro di quella 2.0 (55) TFSI e quattro S tronic da 367cavalli.

in caso di riduzione dell’autonomia a un livello inferiore al 70%. Naturalmente può durare molto di più, ma in caso contrario sono guai. La batteria, di gran lunga il componente più costoso dell’auto, rischia di diventare anche l’elemento decisivo per il valore dell’usato nel tempo. Per ora il mercato delle auto elettriche usate ancora non esiste e non ci sono molti dati su cui ragionare davvero. Ma quello autonomia residua, magari a dieci anni, sarà decisivo in futuro. La Svr rischia invece di diventare un’auto da collezione per appassionati.

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E POI IL PIACERE MOTORI FLOTTE a cura di Franco Oppedisano

Elettrica o termica? Nel dubbio, c’è il noleggio Agli acquisti diretti vengono preferite formule che consentono di utilizzare l’auto anche per lunghi periodi. In Italia sono ormai un milione i veicoli non di proprietà, per un giro d’affari di 3 miliardi

A

volte anche i numeri mentono. Quelli scorso anno (-1,6%). delle vendite delle automobili in ItaIn questo quadro, recuperano soprattutto le lia a settembre disegnano, a prima vendite ai privati che fanno segnare da genvista, un quadro entusiasmante: le immatrinaio a settembre un + 2,2%, quelle dei nolegcolazioni crescono due cifre (+13, 4% a quota gi che fanno segnare nello stesso periodo un 142.136 veicoli) e più o meno tutti costruttori +1,3%, mentre segnano pesantemente il passpuntano incrementi percentuali confortanti. so le immatricolazioni delle società (-16,7%). Ma non è così. Il dato Questi dati fotografaINTANTO LA GUERRA AL DIESEL del mese passato sconno la situazione di inSTA OTTENENDO UN RISULTATO OPPOSTO ta un giorno di vendita certezza in cui vivono A QUEL CHE SI PROPONEVA: NEL 2019 in più rispetto a quello LE EMISSIONI SONO CRESCIUTE DEL 5,1% i fleet manager che per dell’anno precedente rinnovare il parco auto e, soprattutto, ha l’incommensurabile vantagdevono fare conti con un possibile rallentagio di confrontarsi con un settembre 2018 in mento dell’economia e una grande confusione cui le immatricolazioni erano quasi ferme per i sul tipo di motorizzazione da scegliere. Quindi ritardi provocati dalle omologazioni con nuove agli acquisti diretti vengono preferiti i noleggi norme Wlpt. Tanto è vero che le immatricolaa lungo termine che ormai possono contare zioni dei primi nove mesi dell’anno, pur recusu una flotta vicina al milione di veicoli e un perando, rimangono al di sotto di quello dello giro d’affari superiore ai 3 miliardi di euro.

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«Il noleggio», ha osservato Massimiliano Archiapatti, presidente Aniasa, l’associazione di Confindustria che riunisce le imprese che svolgono attività di noleggio veicoli, car sharing e servizi collegati alla mobilità «si conferma cartina di tornasole dell’economia nazionale e segnala un raffreddamento delle aspettative di crescita, evidenziato dal ritorno all’estensione dei contratti in essere, scelta già adottata dalle aziende nel periodo più duro della crisi economica. I dati relativi alla prima metà dell’anno confermano però anche il trend che vede sempre più imprese e privati abbandonare la proprietà e passare all’uso dei veicoli attraverso le diverse soluzioni di mobilità offerte dal noleggio e dal car sharing». Il portafoglio dice “motori tradizionali”, il ceo che vuole avere un’azienda green dice “elettrica” e le notizie che arrivano dalla Germania dicono “prudenza”. E allora la scelta viene rimandata o, se non se ne può fare a meno, il fleet manager sceglie il noleggio a lungo per avere le auto necessarie per due o tre anni sperando che, nel frattempo, la situazione si chiarisca. Quello che sta già succedendo è, invece, la netta diminuzione delle vendite delle auto alimentate a gasolio: -13,9% a settembre, un dato che sarebbe di gran lunga peggiore (-23%) se non fossero sostenute dal noleggio. Crescono, di conseguenza, le vendite delle auto a benzina (+30, 4%) che consumano di più e producono più CO2, quelle del gpl, del metano, delle ibride e delle elettriche pure. Ma queste ultime, nonostante un aumento percentuale a tre cifre (+ 156,8%) continuano a rappresentare meno dell’1% delle immatricolazioni e non convincono ancora i fleet manager, almeno a giudicare dagli acquisti dei noleggiatori che hanno registrano incrementi inferiori a quelli complessivi. La guerra al diesel, intanto sta ottenendo un risultato opposto a quello che si proponeva. La media ponderata della emissione di CO2 delle auto vendute a settembre è cresciuta dello 0,9% fino ad arrivare a 118,4 grammi al chilometro. Nei primi nove mesi dell’anno l’incremento è stato del 5,1% a 119,6 g/km contro i 113,8 dello stesso periodo di un anno fa.


in collaborazione con Autoappassionati.it MOTORI

LAND ROVER DEFENDER: IL RITORNO DELL’ICONA La sua storia, iniziata nel lontano 1948, sembrava essersi fermata nel 2016, dopo oltre 68 anni di carriera e 4 generazioni. Allo scorso Salone di Francoforte è, invece, ricominciata con la nuova Land Rover Defender, un’auto tecnologica che si discosta dal suo passato, dove le forme rigorosamente squadrate hanno sempre rappresentato il tratto caratteristico di questa vettura. La nuova Defender è disponibile nella versione “90”, lunga 4,32 metri, o nella versione “110”, pari a

4,76 metri, fino a 7 posti. Alta 29,1 centimetri da terra, propone la trazione integrale permanente con sistema Terrain Response 2, capace di leggere le condizioni del fondo. Molto utili le telecamere ad alta definizione del sistema ClearSight Ground View, così da proiettare ogni ostacolo sullo schermo centrale dell’infotainment da 10 pollici. I primi motori per la nuova Defender sono i Diesel 2.0 SD4 in potenze di 200 e 240 CV. Non mancheranno i 2.0 benzina Si4 quattro cilindri da 300 CV e sei cilindri, 3.0 i6 mild hybrid da 400 CV.

VOLKSWAGEN ID.3: UN NUOVO CAPITOLO ELETTRICO

Volkswagen entra nella nuova era di mobilità ecologica con la nuova ID.3, la prima a nascere dalla piattaforma MEB, la base sulla quale verranno realizzate tutte le elettriche del gruppo, e 420 km di autonomia promessi nel ciclo WLTP. Al debutto la ID.3 1ST, dotata di serie della batteria con la capacità maggiore (58 kWh), mentre arriverà in futuro anche una versione con una batteria più piccola (45 kWh – 330 chilometri di autonomia) e una ancora più grande (77 kWh – 550 chilometri).

Il veicolo, garantito otto anni o 160.000 km, novità assoluta per la Casa tedesca, adotta un motore sincrono da 150 kW e 310 Nm di coppia ed è integrato nell’assale posteriore con cambio monomarcia. La ID.3 si può paragonare a una Golf a livello di ingombri (lunga 4,26 metri), mentre l’abitacolo è un “open space”, dove trovano posto due display touch da dieci pollici, con la possibilità di avere un futuristico display head-up Augmented Reality (AR).

HONDA E: LA PICCOLA ELETTRICA GIAPPONESE La Honda e si presenta nella sua veste definitiva e si contraddistingue per linee morbide e pulite, impreziosite dalle maniglie a scomparsa delle portiere, per un design che richiama le piccole Honda del passato, ma è innovativo al tempo stesso. L’essenzialità delle sue linee esterne è esaltata dal sistema di retrovisori laterali digitali che utilizzano videocamere compatte per proiettare immagini sui due schermi posti ai lati dell’abitacolo. All’interno la plancia digitale è composta dai cinque display HD del sistema di Infotainment, per un abitacolo futuristico. La Honda e è dotata di un motore elettrico – da 136 CV oppure da 154 CV – che sviluppa una potente coppia di 315 Nm. Su strada, la trazione posteriore garantisce un’accelerazione da 0 a 100 km/h in circa 8 secondi, mentre la batteria da 35.5 kWh permette un’autonomia fino a 220 km con una singola ricarica.

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E POI IL PIACERE...

Puni, il grande whisky italiano Da febbraio 2012 anche il Belpaese ha la sua distilleria in perfetto stile scozzese: si trova in Val Venosta, a Glorenza, e il fondatore, Albrecht Ebensperger, le ha dato il nome del torrente che attraversa la valle di Claudio Riva *

S

eguendo il successo del single malt, molte nazioni che non era tradizionalmente produttrici di whisky hanno visto nascere le prime distillerie. Dalla Scozia, dall’Irlanda, dagli Stati Uniti e dal Canada la distillazione del cereale ha invaso il mondo, arrivando quasi un secolo fa in Giappone e più recentemente in Francia, Germania, Svezia, Inghilterra, Belgio, India, Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica e Taiwan. Dal febbraio 2012 anche l’Italia ha la sua prima distilleria di whisky in perfetto stile scozzese. Siamo in Val Venosta, esattamente a Glorenza, qui Albrecht Ebensperger - costruttore edile e grande appassionato di single malt - decide di porre la prima pietra della distilleria Puni. La Val Venosta oggi è famosa per le mele, ma ha una grande tradizione nella coltivazione del cereale, l’ampia e soleggiata vallata ospitava quello che era chiamato il granaio del Tirolo. Siamo nel cuore delle Alpi, il panorama è dominato dal massiccio dell’Ortles che sfiora i 4000 metri e regala alla distilleria una location in perfetto stile Highlands scozzesi. L’acqua che ne fuoriesce è tanto importante da avere condizionato il nome stesso della distilleria, il rio Puni è il vivace corso d’acqua che attraversa l’alta Val Venosta. La distilleria si è fatta riconoscere con una forte identità da design italiano ancor prima di avere rilasciato il suo primo imbottigliamento – per normativa europea un whisky

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può essere chiamato tale solo dopo tre anni di maturazione in legno. Lo stile moderno dell’edificio, opera del rinomato architetto altoatesino Werner Tscholl, in realtà è un omaggio al passato: un cubo costruito con una scacchiera di mattoni rossi che richiama la trama utilizzata nei fienili locali. Gli alambicchi sono stati costruiti dalla scozzese Forsyths, produttore di quasi la totalità dei potstill che producono scotch whisky, il setup degli impianti e il training sono stati fatti da personale scozzese. La bottiglia, unica nel suo genere, ha portato alla distilleria Puni il suo primo riconoscimento, il migliore design al mondo assegnato dal World Whiskies Awards 2016. NELLA RICETTA DEL DISTILLATO ITALIANO C’È ANCHE UNA PARTE DI SEGALE DI MONTAGNA PRODOTTA LOCALMENTE SOPRA I 1000 METRI

Contrariamente alle distillerie di malto scozzesi che usano 100% malto d’orzo come materia prima, la distilleria Puni ha inizialmente voluto dare un carattere più alpino al suo whisky inserendo nella ricetta di cereali una parte di segale di montagna prodotta localmente, una varietà antica che viene coltivata sopra i 1000 metri, che è tutelata dai presidi Slow Food e che conferisce al whisky un carattere unico. Anche per la maturazione la distilleria ha desiderato mettere la propria firma. Parte delle botti matura nei bunker militari sotterranei della seconda guerra mondiale, luoghi che per temperatura e umidità sono in grado di affinare più lentamente l’acquavite di cereale e quindi di garantire risultati di qualità superiore. Tra le botti troviamo scelte tradizionali, le american barrel

ex-bourbon e le spagnole ex-sherry, ma anche una percentuale significativa di botti ex-marsala e di botti ex-vino dell’Alto Adige per marcare ulteriormente lo stile italiano. Il loro primo whisky italiano è stato rilasciato il 29 ottobre 2015. Due gli imbottigliamenti. Il Puni Nova, ottenuto con una maturazione piena in botti ex-bourbon per 3 anni con un piccolo affinamento in barrique francese da


vino (quindi tostata) – per questo motivo viene dichiarato l’utilizzo di rovere americano e di rovere europeo. È un whisky diverso, impensabile poter produrre uno stile da scotch whisky al di fuori della Scozia, la piccola componente di segale e la maturazione in legno francese conferiscono al malto struttura e quel pizzico di spezia/tannino necessario per rendere il giovane whisky più complesso, più strutturato. I sentori di miele, di frutta tropicale, di vaniglia sono arricchiti da una nota resinosa, quasi balsamica. Il Puni Alba è invece caratterizzato da una maturazione in un mix di botti ex-Marsala ed ex-Islay (quelle che hanno contenuto i super torbati scozzesi). Quindi qui c’è più Italia, c’è un poco del nostro sole. La vinosità, la tannicità, la masticabilità della botte di Marsala sono molto evidenti e restano avvolte dalla nota torbata che non è proprio quella torbata di Islay ma diventa una elegante nota affumicata di tabacco e di chiodo di garofano.

Alle prime edizioni del 2015 sono seguiti altri rilasci in serie limitata. Oggi la gamma è arricchita dal Puni Sole (il loro primo 4 anni, 2 anni in ex-bourbon e 2 anni in ex-sherry PX con note di uvetta e arancio), dal Puni Gold (5 anni di maturazione esclusiva in botti ex-bourbon di primo uso per intense note di pasticceria) e dal Puni Vina Marsala Edition (5 anni di maturazione con forte contributo di botti ex-Marsala). Pochi anni di esperienza sono stati sufficienti per delineare il carattere del whisky italiano. Nel 2019 la distilleria ha fatto un ulteriore salto di qualità grazie all’installazione di una propria linea di imbottigliamento che consentirà di allargare la gamma delle edizioni speciali, ma non solo. Il 25 aprile, in visita con un nutrito gruppo di soci di Whisky Club Italia, il distillatore Lena mi ha concesso l’onore di tagliare le teste e le code della loro prima distillazione 100% italiana. Hanno infatti dato il via alla produzione di lotti di whisky ottenuti da malto d’orzo italiano, orzo tutto prodotto e maltato in Italia. Lotti che tra qualche anno daranno vita al primo whisky 100% italiano, dall’orzo all’imbotti-

L’AUTORE, CLAUDIO RIVA, FONDATORE DI WHISKY CLUB ITALIA

gliamento, un vanto per la distilleria, un risultato perseguibile solo se sei davvero micro e artigianale, basti pensare che solo un paio tra le oltre 150 distillerie scozzesi possono vantarsi di produrre un whisky 100% scozzese. La situazione in Italia è in velocissima evoluzione. I segnali parlano di nuove distillerie che stanno nascendo prevalentemente nel Centro-Nord Italia, l’energia della micro-distillazione sembra finalmente essere in procinto di attraversare le Alpi e di contagiare la passione degli Italiani, la stessa passione che ha portato in un paio di decenni alla nascita di quasi un migliaio di micro-birrifici. E proprio questi birrai artigianali stanno avvicinandosi per primi al mondo della distillazione. E se hai a che fare tutti i giorni con il malto è naturale che inizialmente produrrai vodka e gin ma che in silenzio inizierai ad accumulare botti di whisky che prima o poi verranno imbottigliate e renderanno l’offerta di whisky italiano più ricca e intrigante. Ne riparleremo tra qualche anno! * fondatore di Whisky Club Italia

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

PUGLIA MON AMOUR: LA CALIFORNIA D’ITALIA È PIÙ “IN” PERSINO DELLA COSTA AZZURRA Per i vip dello spettacolo il buen retiro è nel Salento. E se, come i coniugi Beckham, c’è chi si accontenta di una vacanza, sono in molti a metter su casa (o trulli). Come Raoul Bova con Rocio Munoz, ma anche Bianca Guaccero L’ACQUEDOTTO PUGLIESE

per discutere di nuovi progetti

Talentuoso e geniale, Niko

gestita la scorsa estate da

FESTEGGIA I PRIMI CENTO

mentre la regina della moda

incrocia i sapori della sua terra

Sinisgalli proprio in Basilicata

ANNI E PER L’OCCASIONE

mondiale con natali baresi si

alle sperimentazioni piu ardite

ha trascorso le sue vacanze top

CHIAMA A RACCOLTA I BEI

era ritagliata una vacanza al

colte nei suoi numerosi viaggi

secret anche Pamela Prati che

NOMI DELLO SHOW BIZ ad

mare di Torrecanne. Tania sta

intorno al mondo con la moglie

si è innamorata del mare lucano.

una serie di eventi ideati dal

sviluppando la sua magnifica

Maria Rosito ex mannequin di

E sono molti i vip che cercano

dinamico Vito Palumbo, capo

Tenuta del Lauro nell’agro di

alta moda e i figli Mario e Isabel.

casa in Puglia o in Lucania.

della comunicazione dell’ente

Bianca Guaccero bellissima

diretto dal geniale Simone

conduttrice di Detto, fatto su Rai

Dicagno Abbrescia. Il 18 ottobre

2 sta per comprare un trullo in

prima di uno spettacolo teatrale

valle d’Itria a pochi passi dalla

che porta in scena una piece

masseria appena ristrutturata

dello stesso Palumbo con la

di Raoul Bova e della compagna

splendida Anna Galiena mentre

Rocio Munoz.

il 4 dicembre scende in campo

Si sono innamorati dell’alto

il fuoriclasse Philippe Daverio

Salento David e Victoria

che chiude la prima parte di

Beckham che quando sono in

una kermesse che si snoda

zona non perdono un assaggio

per tutto il 2020. Al centro

di mare nella lussuosa spiaggia

della riflessione che diventa

di Capitolo dominata dalla

poi pretesto per una serie di

Peschiera di Andrea Sabato

eventi social mondani, il ruolo

recentemente premiato per

dell’acquedotto in una regione

la miglior prima colazione con

come la Puglia che è stata già

l’altra struttura da lui gestita Il

ribattezzata dal mitico Franco

Melograno di Monopoli. Il dato

Tatò la California d’Italia. Ruolo centrale, strategico per uno

fondamentale è che queste IN SENSO ORARIO: ALBANO CARRISI, ILARY BLASI, RAOUL BOVA E VICTORIA BECKHAM

sviluppo sempre più mirato cioè

terre sono riuscite ad invertire la tendenza. Non ci si va solo

su target. E che la Puglia sia

Locorotondo dove arrivano

La sua ultima trovata è il dolce

d’estate ma soprattutto fuori

uno dei brand più quotati del

Gianni Morandi, Ornella

con lo schizzo d’autore che viene

stagione. Ci sono da visitare

momento insieme alla Basilicata,

Vanoni, Biagio Antonacci oltre

“creato” direttamente sulla

vere e proprie meraviglie e

lo dimostrano le iniziative che

alle amiche di sempre come

tavola da lui e dalla sua brigata

le strutture alberghiere sono

si moltiplicano anche in questo

Loredana Divella o Loredana

di pasticceri. Lo hanno provato

sempre più attraenti. Molti vip

autunno ossia dopo un’estate di

Lecciso. A Matera, invece,

in tanti. Da Matteo Salvini con

scelgono addirittura i piccoli

grandi numeri e presenze vip.

spopola Niko Sinisgalli lo chef

la fidanzata Francesca Verdini

hotel ricavati nella roccia più

Tania Missoni e Albano si sono

stellato nato a Scanzano jonico

a Francesco Totti e Ilary Blasi

economici ed ecologici. È la

visti proprio nei primi giorni di

che è diventato ambasciatore

passando per Sofia Milos. Nella

svolta green bellezze, come

ottobre a Cellino San Marco

della cucina lucana nel mondo.

struttura a 4 stelle di Marinagri

possiamo dar loro torto?

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