Economy Ottobre 2019

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ECONOMY | ANNO III | N.27 | MENSILE | OTTOBRE | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 1 OTTOBRE 2019 POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

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90027

Ottobre 2019 Euro 3,50

Lavoro & riforme: più spazio al mercato di G.Treglia (Lablaw) - L’ALTRA COPERTINA

INNOVAZIONE

ORA SI DEVE VOLARE Gli investimenti hi-tech si erano fermati, ma il Conte-2 promette il rilancio. Istruzioni per l’uso di sussidi e incentivi. Parlano Carboniero, Firpo e Rizzante

FRANCHISING, L’IMPRESA DELLA PORTA ACCANTO

QUASI UN BOOM ANTICICLICO PER UN SETTORE CHE APRE NUOVI SPAZI I 10 ANNI DI TINEXTA

La bella storia dell’ennesima intuizione di Enrico Salza

WEALTH MANAGEMENT

IL SALONE DEL FRANCHISING A MILANO

Creare valore sul lungo periodo è ancora una sfida possibile

IL NEW-DEAL DI PWC

GLI EROI ANTICRISI

Toselli: «Noi siamo motori della cultura d’impresa»

Da Erg a Ferretti, i 32 gruppi che hanno cambiato e vinto

I modelli a lunga autonomia danno la scossa alle flotte

La start-up da 650 mila utenti diventata un social market-place

AUTO ELETTRICA

FORMULA-BANTOA


E SE LASCIASSIMO IN PACE IL LAVORO, PER UN PO’? Troppe riforme hanno imperversato negli ultimi anni nel settore, varrebbe la pena adesso dar spazio al mercato, senza altri interventi. L’analisi di Giorgio Treglia, partner LabLaw - Studio legale Failla Rotondi & partners Con un’opinione di Andrea Bonanni Caione, partner LabLaw da pag. 55 a pag.57


EDITORIALE

ALTRO CHE SFIDUCIA, L’UNICA COSA DA FARE È...FARE

“D

um loquimur, fugerit invidia aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero”. Ovvero: “Mentre parDI SERGIO LUCIANO liamo sarà fuggito, inesorabile, il tempo: cogli il giorno, il meno possibile fiducioso in quello successivo”. Lo scriveva Orazio, sommo poeta latino, duemila anni fa. Ed è un principio incrollabile, sempre valido: non dobbiamo fare troppo affidamento sul futuro, e proprio per questo dobbiamo sfruttare appieno tutte le opportunità che ci offre il presente. Le opportunità che il presente offre a chiunque svolga attività economica sono strepitose, se uno le vuole riconoscere con un briciolo di positività. E invece tutti i segnali econometrico-sociali ci descrivono un’Italia (e un’Europa) imballate dall’incertezza per il futuro. Proprio quel sentimento di vago timor panico che ci frega, perché “mentre parliamo il tempo fugge”. Per esempio, il tempo dei bassi, anzi negativi, tassi d’interesse. È un momento d’oro per farsi prestare dei soldi. Le rate di un mutuo casa, almeno nelle grandi città, corrispondono ai canoni mensili di un affitto. Eppure il mercato immobiliare langue, c’è poca domanda, e i prezzi scendono, ma in pochi riconoscono in questo calo un’opportunità, contando forse su un ulteriore calo futuro.

IL CORSIVO

Lo stesso può dirsi per gli investimenti industriali, troppo lenti rispetto all’enorme necessità che la nostra industria manifatturiera avrebbe di ammodernare i suoi impianti, le sue macchine, come documentiamo nella coverstory di questo numero di Economy. Oggi, il male oscuro del sistema economico italiano ed europeo si chiama sfiducia. Ma la medicina non può essere la politica, che anzi è una micidiale fabbrica di disillusioni e, quindi, di ulteriore sfiducia. I leader di quasi tutti i partiti strapromettono, in cerca di consensi, risultati irrealistici e quando i fatti s’incaricano di dimostrarne l’assurdità, chi ci aveva creduto si deprime. No, la medicina dev’essere dentro di noi. Se c’è incertezza, se il futuro non ci rassicura, l’unica cosa da fare è…fare. Aspettando, si fa peggio. Temendo le inondazioni da riscaldamento globale, dobbiamo forse tutti trascolare in montagna? Temendo le nuove rivolte dei forconi, esportare tutti clandestinamente i capitali in qualche stato canaglia? Rinviare acquisti e investimenti per tesaurizzare risparmi che non rendono più? Ma che senso ha? È chiaro che i problemi globali sono enormi e l’Italia non ne è immune. Le guerre commerciali scatenate dall’inquietante Trump, le manovre opache del dittatore a vita Xi Junping, l’aggressività a stento repressa di quell’altro dittatore di Putin. E intanto la Germania incredula e quasi paralizzata dalla propria stessa crisi economica, una crisi in mezzo all’abbondanza creata in dieci anni

LE INCOGNITE SONO DAVVERO TANTE MA ANCHE LE OPPORTUNITÀ di successi. La Brexit in caotica evoluzione. Il Medioriente di nuovo in fiamme. Tutto vero. Ma non fare nulla temendo guai peggiori è il miglior modo per farceli capitare addosso e restarne schiacchiati. A voler aprire gli occhi e cercare esempi, conferme e opportunità, ci si riesce. Su questo numero ripercorriamo la storia di sfide e successi di Enrico Salza; raccontiamo, con i casi di Banor, Ersel ed altri, come la finanza stia diventando più etica; con Federico Pirro illustriamo come ci siano in Italia migliaia di aziende ipercompetitive che restano tali ed anzi crescono nonostante la crisi. O come interi settori apparentemente tradizionali, per sempio il franchising, stiano macinando ottimi risultati, dimostrando un’insospettabile resilienza anticiclica. E dunque: intraprendiamo. Investiamo. Costruiamoceli, i nostri tempi migliori.

STOP AI CONTANTI? SÌ, PURCHÉ LO STATO CONTROLLI DAVVERO DOVE SERVE

M

a perché mai siamo così affezionati al denaro contante da volerci ribellare alle tasse sui prelievi al Bancomat? Che ce ne facciamo di tante banconote? Cosa dobbiamo nascondere? Subiamo dallo Stato angherie ben peggiori, a cominciare da una pressione fiscale effettiva pazzesca. Se l’evasione del giorno per giorno, quella di alcuni (non pochi) tra dettaglianti, artigiani, liberi professionisti,

può essere contrastata anche limitando l’uso del contante, perché non farlo? I liberisti duri-e-puri (quelli con i cui consigli il mondo è andato a sbattere) s’indignano per l’ennesima invadenza dello Stato impiccione e invocano la privacy su come spendiamo i nostri soldi. Poi sono i primi ad arrendersi al tracciamento globale e incessante che i vari Google, Apple, Amazon e Facebook fanno dei nostri

movimenti. Sia chiaro: l’evasione si annida nell’uso del contante perché quest’ultimo non è “tracciabile”. Per questo gli evasori truccano i conti e poi usano contanti. Ben venga quindi tutto ciò che – come la fatturazione elettronica – impone la tracciabilità. Purché lo Stato si rimetta a fare controlli severi sia sulle aziende che sui privati. Se tutti pagassero le tasse, tutti pagheremmo molto meno. (s.l.).

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SOMMARIO

Ottobre 2019 011

COVER STORY

INVESTIRE NELL’INNOVAZIONE

014

GLI INCENTIVI

015

FEDERMANAGER

016

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

020

BLOCKCHAIN

023

AUTOMAZIONE

024

DIGITAL INNOVATION

026

STRATEGIA D’IMPRESA

011

029 GESTIRE L’IMPRESA

Dopo i tagli, il Conte bis torna a parlare di incentivi. Per il “padre” di Industria 4.0 Stefano Firpo la sfida sarà cruciale Patent box, Zes, voucher: i sostegni non mancano Innovazione fa rima con managerialità Ecco i casi di con l’AI ha fatto affari d’oro Cos’è, come funziona e quanto può essere utile al business Con il robot in azienda il ritorno è assicurato A tu per tu con Tatiana Rizzante, a.d. di Reply Ma attenzione a non farvi prendere la mano dall’hi-tech

049 WORKSHOP

043 FINANZIARE L’IMPRESA

wealth management

FINTECH Ora le Pmi hanno il loro rating

045

NSA ECONOMY RANKING

046

SEVEN CAPITAL PARTNERS

Il credito d’imposta spendibile

Ripartire dopo la crisi? Ecco come

032

PWC ITALIA

Consulenti e motori del benessere

L’influencer non influenza più

034

WOLTERS KLUWER

083

BONUS PUBBLICITÀ

035

OPENJOBMETIS

036

CUSTOMER EXPERIENCE

038

PERFORMANCE STRATEGIES Verso il Leadership Forum

085 STORYLEARNING

039

EDENRED

Alle prese con i nuovi scenari

088

NATURAL IS BETTER

040

COMEBACK KIDS

L’automotive che muove l’Italia

L’innovazione delle risorse umane

079 COMUNICARE L’IMPRESA

La sfida dell’ageing society Un bottino da 177 miliardi

Il buono pasto diventa digitale

I VALOROSI

Spendere in adv conviene

ERSEL Cercare il valore sul lungo periodo

051

BANOR

052

LFDE

A tu per tu con Enrico Salza

4

SOCIAL MEDIA

079

La finanza etica è possibile Mid cap alla riscossa

MADE IN ITALY

Naturale, bio e profittevole



SOMMARIO

Approfondimenti 055 LAVORO E se provassimo a non riformarlo? 058 UOMINI&DENARI di Alfonso Ruffo

055

059 CONFPROFESSIONI La crescita subito nella manovra 060

ASSISI 2010 L’evoluzione dell’homo oeconomicus

062 IMMOBILIARE Il nuovo trend dello space-as-a-service 064 ANDAF Patent box, calcoliamo il reddito agevolabile

074

070

CI PIACE/NON CI PIACE Affari, i promossi e i bocciati

074

QUI PARIGI di Giuseppe Corsentino

SMET

092

IBSA

MORELLATO

Non chip ma chic: questione di valori

093

IL PAESE CHE CRESCE...

109

CRIF

090

095

Merci in viaggio a bordo della sostenibilità Farmaci svizzeri, ma con la testa italiana Le news dal mondo produttivo

STARTUP-TELLING

BANTOA

Se il “cosa mi metto” è un affare online

097

SLIDINGLIFE

098

107

112

113

La app che gestisce i rapporti fra ex

115

IL NUOVO CHE AVANZA

Modelli e case histories in breve

101 WORKSHOP

franchising

Proteggiamoci col disaster recovery

MEDIOLANUM

Il wealth advisor a fianco delle famiglie

PROFESSIONI

Il commercialista è un partner

VITA DA MANAGER PERSONAL BRANDING

Altro che cv, quel che conta è il marketing

119

E POI IL PIACERE...

METE

All’ombra della torre dei cavalieri

122

MOTORI

128

130

Dall’auto elettrica ai nuovi bolidi

WHISKY GIAPPONESE

L’allievo supera il maestro

LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

Direttore responsabile Sergio Luciano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi redazione@economymag.it Hanno collaborato Silvia Antonini, Francesco Bellizzi, Ugo Bertone, Annalisa Caccavale, Giuseppe Capriuolo, Elisabetta Chinetti, Alessandro Cola, Giuseppe Corsentino, Antonella Della Rovere, Giovanni Francavilla, Isabella Fusillo, Giuliana Gemelli,Marco Muffato, Giovanni Luchetti, Franco Oppedisano, Francesca Pecorari, Vincenzo Petraglia, Claudio Riva, Alfonso Ruffo, Roberta Schira, Monica Setta Partnership editoriali Aifi; Assocamerestero; Confprofessioni; Federmanager; Università Carlo Cattaneo Liuc; HRCommunity; ilsussidiario.net; Consiglio nazionale consulenti del lavoro Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Per la pubblicità su questa rivista commerciale@economymag.it Segreteria di redazione Monia Manzoni Comitato scientifico Franco Tatò, Pier Carlo Barberis, Marco Gay, Anna Gervasoni, Federico Pirro, Giulio Sapelli, Antonio Uricchio Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Editore incaricato Domenico Marasco Responsabile commerciale Aldo Carlo Rosina Casa editrice Economy s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017 Numero iscrizione ROC: 29993

Distribuzione

FRANCHISING

Pressdi - Via Mondadori, 1 - Segrate 02 7542097

Sotto il cappello del franchisor il business diventa anticiclico: fotografia di un settore che nonostante la crisi è cresciuto del 17%

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DOMANDE & OFFERTE

Il mensile dell’economia che cambia

Stampa

Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco sul Naviglio (MI)

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The Maserati SUVs

Consumo di carburante in ciclo misto min – max (l/100km) 8 – 11,9 emissioni di CO2 in ciclo misto min – max (g/km) 210 - 270. I valori indicativi relativi al consumo di carburante e all’emissione di CO2 sono rilevati dal costruttore in base alla normativa vigente (Regolamento UE 2017/1151) e aggiornati alla data del 06/2019. I valori più aggiornati saranno disponibili presso le Concessionarie Maserati in quanto gli stessi sono indicati a fini comparativi e potrebbero non riflettere i valori effettivi.


COVERSTORY

SARÒ FRANCO

SIAMO TUTTI BERLINESI! MAGARI... PERCHÉ

S

dalle ristrutturazioni e volete passare una esemplari di edifici vacanza veramente industriali dismessi e dei stimolante, non andate grandi edifici fatiscenti della al Papeete o al Twiga, andate DDR, messi a disposizione a Berlino. dal Comune per gli operatori Vi troverete in una grande dell’arte. metropoli silenziosa, come Berlino vi apparirà come il grande giardino che la una gigantesca struttura avvolge. per la produzione di opere Ma soprattutto troverete d’arte, già influenzate da una città di giovani e per i questa situazione e quindi giovani che presidiano tutte frutto di ricerche e lavoro le più svariate attività, quasi ingegneristico in elettrizzando l’atmosfera in opposizione alle ispirazioni modo sereno e rilassato. e alle improvvisazioni Ovviamente visiterete dell’artista sregolato di i grandi musei, famosi un tempo, che ancora a in tutto il mondo e fatica sopravvive per motivi probabilmente da voi già economici. visitati, apprezzerete una Tre visite non potete perdere. grande offerta culturale, Visitate il con qualche DOPO LA CADUTA DEL MURO Gropius Bau difficoltà I CITTADINI DI BERLINO e vedrete dovuta alla DECISERO DI FARE un grande lingua. DELLA LORO CITTÀ museo, i Difficoltà che UNA BELLISSIMA CAPITALE cui spazi non esiste si inanellano come in per la musica dei Berliner adorazione attorno a Philharmoniker o per i un meraviglioso quadro numerosi teatri d’Opera, di Jeronimus Bosch, attivi tutti i giorni dell’anno e completamente dedicato per tutto l’anno. all’evoluzione della fruizione Ma io vi suggerisco di farvi dell’opera d’arte dal organizzare un giro di guardare e capire come visite delle gallerie d’arte un linguaggio simbolico, contemporanea e degli a una specie di total body attelier e degli artisti al experience multimediale, lavoro. che non vi descriverò, come Scoprirete spazi immensi, si fa per il finale di un dove trovano posto le libro giallo. Se poi volete gigantesche sculture e vedere come nascono e si le grandi installazioni sviluppano le opere di un caratteristiche dell’arte genio, visitate lo studio di contemporanea, ricavati

8

LA PHILHARMONIE DI BERLINO, SEDE DELLA BERLINER PHILHARMONIKER

Olafur Eliasson, situato in una dismessa fabbrica di Birra, nel quale lavorano ottanta architetti e designer per sviluppare una grande varietà di progetti, tutti frutto di studi accurati delle forme della natura: sarà una visita indimenticabile. Se avete ancora fiato non mancate di visitare la Capitain Petzel Gallery , nella famosa Karl Marx –Allee, ora in completa ristrutturazione. I grandi spazi della galleria sono dedicati esclusivamente a un’esposizione dell’artista israeliano Yael Bartan. Le pareti della grande sala di ingresso ospitano grandi maschere in bianco e nero e tre danzatori la percorrono con movenze significative. Scenderete nella sala proiezione e in quaranta minuti vedrete un video di eccezionale impatto emotivo , sarete travolti da immagini

indimenticabili e porterete questa emozione con voi per molto tempo. Prima di partire, non mancate di recarvi nella Rudi Dutschke Strasse, non per rinfrescare i vostri ricordi del sessantotto, ma per mangiare splendidamente in un ristorante siriano, nel quale tutti gli addetti sono siriani immigrati, che integrano il lavoro con corsi di lingua tedesca e di educazione civica, con la speranza e la fiducia in una rapida integrazione parziale. Avrete un’idea di cosa significa un programma di accoglienza. Qui è opportuno fare una prima riflessione. Con la caduta del muro e l’unificazione delle due città, Berlino appariva come una città terremotata, con edifici fatiscenti e fabbriche inquinanti e non competitive. A questo punto,


di Franco Tatò

DOPO IL MURO SI SONO REINVENTATI E ORA LA CITTÀ VOLA abbondanza e CI SONO STATI ANCHE nuovo sono stati AIUTI GOVERNATIVI qualità, della destinati alle MA NON SAREBBERO potenziale nuove attività: BASTATI SENZA LA GENTE digitale, arte, E IL SUO COMPORTAMENTO ricchezza da produrre, cultura, servizi. del fatto che il turismo Ci sono stati importanti rappresenta il 6% del Pil aiuti governativi, ma ben e così via. La domanda è poco si sarebbe fatto senza allora perché non lo si fa, la partecipazione attiva perché Milano e Parigi della città. A questo punto hanno più turisti di Roma, si dovrebbe scrivere un una dimostrazione indiretta mieloso panegirico dei beni che i beni culturali sono culturali dell’Italia, della loro

i Berlinesi si rifiutarono di assumere gli atteggiamenti dei bisognosi di aiuto e decisero di fare di Berlino una bellissima, moderna, Capitale di un grande paese. Si sono chiamati i più grandi architetti, si sono aperti i cantieri e si è messo mano alla ristrutturazione delle attività economiche con la chiusura delle fabbriche obsolete, i cui spazi rimessi a

un freno al turismo, un peso economico e non una risorsa. Il fatto è che gli italiani non amano e non conoscono le opere d’arte del loro paese, considerate frutto di una cultura elitaria e delle disuguaglianze sociali. Qualcuno si indignerebbe se il populista di turno proponesse di venderne qualcuna per sostenere il reddito di cittadinanza?

IL CORSIVO

LA CURA E GLI SPAZI DELLA CURA COME OPPORTUNITÀ DI INTEGRAZIONE di Giuliana Gemelli

durante le rivolte contro l’apartheid.

pazienti provenienti da background

associazione

L’ allora minoritario movimento degli

culturali e antropologici differenti e,

che presiedo

hospice, unì popolazione bianca e

sovente, anche da orizzonti di visione,

ha elaborato

popolazione di colore nell’offerta di

percezione, interpretazione della

un progetto

cure palliative da parte di personale

malattia e della cura eterogenei e

focalizzato su

medico sanitario misto.

difficilmente assimilabili ai parametri

uno specifico gruppo di popolazione,

Fu l’innesto di una vera rivoluzione

della medicina occidentale.

i giovani migranti adulti (in fascia

nella società civile.

Cerchiamo interlocutori disposti ad

di età compresa tra 18 i 35 anni)

Disponendo di un network allargato

“ascoltare” e ad arricchire questo

affetti da patologie gravi, le malattie

e dell’esperienza maturata dal G-Lab

percorso, a sostenerlo anche

oncoematologiche.

(laboratorio di esperienze creative e

materialmente, e - successivamente -

Si tratta di una popolazione che,

ricreative, volte al potenziamento dei

a darci suggerimenti su eventuali e

in generale e non solo per quanto

life-skills, abilità per la vita, condivise

possibili fonti di finanziamento.

riguarda i migranti, è tuttora

dai giovani adulti ricoverati presso

I giovani migranti, di fatto, sono

considerata minoritaria rispetto

l’Istituto di Ematologia L. e. A.

già parte dei percorsi di cura in

ai bambini o agli anziani affetti da

Seràgnoli del Policlinico Sant’Orsola)

diverse cliniche onco-ematologiche

patologie analoghe.

il nostro progetto è di arricchire

Vorremmo sostenerli anche dal

Figli Di Un Dio Minore, definizione che

gli aspetti antropologico-culturali

punto di vista del “prendersi cura”,

per quanto riguarda i giovani migranti

e quelli operativi del “prendersi

fattore di integrazione e di un

ha una valenza esponenziale.

cura”di questi giovani, focalizzando

principio di accoglienza, allargato

Fortunatamente non si tratta di

l’attenzione sulla spiritualità

alla persona nella sua totalità.

numeri elevati, ma ugualmente

come motore di crescita della

significativi, da molti punti di vista.

consapevolezza individuale e

Spesso piccoli numeri generano

collettiva. Attraverso la spiritualità

importanti cambiamenti nella società

si mira a promuovere comprensione,

civile, come accadde in Sud Africa

empatia, condivisione tra giovani

L’

Leggi la versione estesa del progetto su: www.economymag.it

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Nuova Range Rover Evoque Business Edition unisce design distintivo, interni eleganti e tecnologie di bordo all’avanguardia, che ti aiutano in ogni momento della tua vita e del tuo lavoro. Come il suo ampio display da 12” che ti permette di avere sempre tutto a portata di mano. Oggi Nuova Range Rover Evoque Business Edition è tua nelle versioni 150 CV AWD Auto e 180 CV AWD Auto, entrambe Mild Hybrid (MHEV), dotate di Android Auto e Apple CarPlay, sistema di navigazione Incontrol Touch Pro, Hotspot Wi-Fi, Smart Settings, Telecamera Posteriore, Monitoraggio delle condizioni del guidatore e Lane Keep Assist. Per darti tutto il comfort di guida, ovunque ti porti la tua attività. landrover.it

Consumi ciclo combinato NEDC derivato da 5,4 a 5,7 l/100 km. Emissioni CO2 da 142 a 149 g/km.


:

COVERSTORY 14 IL QUADRO NORMATIVO ANCHE A LEGISLAZIONE VIGENTE LE MISURE A SOSTEGNO CI SONO

INVESTIRE NELL'INNOVAZIONE LA SFIDA RICOMINCIA, E SARÀ CRUCIALE Dopo i tagli dell'esecutivo gialloverde, il governo Conte 2 riparla di incentivi alle imprese che innovano. E che potranno di nuovo volare in alto, secondo Stefano Firpo, "padre" di Industria 4.0: a condizione di crederci di Marco Scotti

15 MANAGERIALITÀ INTERVISTA A BRUNO VILLANI: «CARI DIRIGENTI, DOVETE INNOVARE»

16 NUOVE TECNOLOGIE/1 L'INTELLIGENZA È ARTIFICIALE MA IL BUSINESS È AUTENTICO

20 NUOVE TECNOLOGIE/2 ECCO A COSA SERVE (DAVVERO) LA BLOCKCHAIN

24 L'INTERVISTA TATIANA RIZZANTE CI RACCONTA IL FUTURO

26 STRATEGIE & TECNOLOGIE GRASSANO (RSM): «NON FACCIAMOCI PRENDERE LA MANO DALL'HI-TECH»

P

iù che il padre, preferisco essere dedi macchinari e beni strumentali (in misura finito la madre del pacchetto Indudecisamente maggioritaria) e la formazione. stria 4.0, perché semper certa est». Un boom che ha ridato credibilità al manifatScherza, Stefano Firpo, ma al di là del ruolo turiero italiano ma che ha poi rischiato di arregenitoriale che gli si vuole attribuire, è indubstarsi di fronte alle iniziali titubanze dei 5 Stelle. bio che l’attuale direttore generale di MedioIl supermmortamento, infatti, eliminato con la credito Italiano sia il principale artefice della Legge di Bilancio 2018, è stato poi reintrodotto realizzazione di quei provvedimenti (Industria con il Decreto Crescita, ma senza il più incisivo 4.0 e Impresa 4.0) che iperammortamento. vengono comunemen- GRAZIE AL PIANO CALENDA SONO STATI Ora, però, il Conte Bis, EROGATI DIECI MILIARDI DI EURO IN TRE te fatti ricadere sotto invece, ha posto come ANNI PER ACQUISTO DI MACCHINARI, il nome di Decreto Caterzo punto del suo BENI STRUMENTALI E FORMAZIONE lenda. programma il piano di Negli oltre sette anni di attività al Mise, Firpo è incentivi per l’Industria 4.0, scrivendo che “il partito da un dato fondamentale: l’Italia, tra il Governo intende inoltre potenziare gli inter2000 e il 2015, ha declinato progressivamente venti in favore delle piccole e medie imprese”. sul versante degli investimenti, con un vero e Si vedrà nei prossimi mesi se e come verranno proprio depauperamento e un crescente inconfermati incentivi e se si cercherà di estenvecchiamento del parco macchine. Poi, grazie dere la platea di aziende coinvolte. «Il trend al Piano Calenda sono stati erogati dieci miin forte calo degli investimenti industriali dei liardi di euro in tre anni, divisi tra l’acquisto primi quindici anni del nuovo secolo – spiega

«

11


COVERSTORY

MASSIMO CARBONIERO E STEFANO FIRPO

Firpo – si è invertito nel triennio 2016-2018, ma abbiamo ancora un gap di investimenti con la Francia e la Germania di diverse decine di miliardi di euro ogni anno. Ora serve proseguire sulla rotta tracciata nell’ultimo periodo, anche perché abbiamo una congiuntura economica particolarmente favorevole». In effetti, se è vero che le previsioni sul pil lo fotografano vicino alla stagnazione (per Moody’s cresceremo solo dello 0,2% nel 2019), ci sono quattro fattori che devono far guardare con moderato ottimismo al futuro economico. In primo luogo, permangono tassi bassissimi; l’inflazione, nonostante gli sforzi di Mario Draghi e della Bce rimane ben al di sotto delle necessità statutarie Ue (2%); i privati e le aziende hanno moltissima liquidità potrebbero impiegare per investimenti produttivi anzichè custodire gelosamente nei caveau; in Italia e in Europa è tornata una maggiore tranquillità, complice l’apertura di credito internazionale verso il governo giallo-rosso e lo scampato pericolo dell’avanzata sovranista e dell'Italexit. «Nonostante tutto questo – prosegue Firpo – la domanda di investimenti batte in testa. Sarebbe utile e importante, nella narrazione, ridare centralità a questi temi come è successo negli ultimi tre anni. Nel nostro Paese, le politiche industriali devono essere credibili, basate su incentivi automatici e non troppo intermittenti per dare certezze di medio periodo agli imprenditori. Bisogna che l’impalcatura degli incentivi sia sostenuta da una comunicazione perennemente alimentata. Se non diamo agli imprenditori italiani, il senso di una direzione precisa sulla necessità di una profonda trasformazione digitale del manifatturiero, questi si manterranno titubanti nonostante condizioni tornate ad essere favorevoli. Il Made in Italy è il

12

nostro fiore all’occhiello: per mantenerlo tale e per cogliere gli ancora importanti spazi di crescita sul fronte della proiezione internazionale del nostro export non si può smettere di investire, anzi. In un momento di trasformazione tecnologica così impetuosa, bisogna trovare il coraggio per cavalcare quest’onda lunga». Per quanto riguarda gli ordinativi delle macchine utensili, nel primo trimestre di quest’anno si era registrato un calo, considerato come fisiologico: -8,5%. Quello che ha colto di sorpresa è stato il crollo avvenuto nel secondo trimestre, quando si è arrivati a una contrazione complessiva del 31,4% rispetto allo scorso anno, con il mercato interno che è letteralmente precipitato (-43%) e l’export caduto di quasi 30 punti percentuali. «Questo andamento – aggiunge il direttore generale di Mediocredito – è abbastanza fisiologico dopo il grande boom degli ordini generato dal piano di incentivazioni, tuttavia il terreno da recuperare è ancora molto ampio e non possiamo accontentarci. Con il Piano industria 4.0 si è riusciti a smuovere molti investimenti, in particolare nelle pmi e si è invertita una tendenza molto negativa. Ma se non si dà continuità a questo sforzo, rischiamo di tornare indietro. Posso capire che nel momento in cui l’Italia fino a pochi mesi fa viveva una stagione di grande incertezza, con nuove tensioni sullo spread rapporti con l’Europa sempre più conflittuali, qualche imprenditore abbia detto

“fermiamo gli ordini”. Ma quello scenario è alle spalle, la congiuntura è impegnativa ma possiamo guardare al futuro con molta più fiducia. I tassi sono favorevoli lungo tutta la curva, l’inflazione è bassa e sotto controllo, l’euro svalutato rende competitive le nostre esportazioni, l’Italia sembra aver ritrovato stabilità politica e convergere su un’agenda economica pro crescita, la nuova Commissione europea mostrerà a breve un atteggiamento che si preannuncia più sviluppista. Serve trovare il modo di “convincere” gli imprenditori a scommettere su questo scenario macroeconomico estremamente favorevole per spingere gli investimenti». La seconda “gamba” del pacchetto Firpo-Calenda prevedeva di puntare sulla formazione. Un cambiamento che stenta a decollare ma che doveva portare alla creazione di opifici di competenze. Perché la rivoluzione industriale necessita di nuove figure in azienda: non più le tanto vituperate “tute blu”, ma tecnici capaci di lavorare con dei macchinari che sono dotati di software molto sofisticati. «È innegabile che il versante della formazione sia quello più carente nel piano industria 4.0. In molte aziende oggi il principale vincolo che frena gli investimenti– prosegue Firpo – è dato dalla carenza di competenze e personale qualificato. Questo perché un tempo l’innovazione passava in larga misura attraverso l’integrazione di una nuova macchina nel vecchio processo produttivo, mentre

L'industria italiana della macchina utensile, automazione e robotica VALORI (in milioni di Euro) 2015 2016 2017

2018

2016

2017

2018

Produzione

5.217

5.552

6.085

6.775

6,4%

9,6%

11,3%

Esportazioni

3.387

3.252

3.385

3.663

-4,0%

-4,1%

8,2%

Consegne sul mercato interno

1.830

2.300

2.700

3.112

25,7%

17,4%

15,2%

Importazioni

1.518

1.558

1.764

2.052

2,7%

13,2%

16,3%

Consumo

3.348

3.859

4.464

5.164

15,3%

15,7%

15,7%

Saldo commerciale

1.869

1.694

1.621

1.611

-9,4%

-4,3%

-0,6%

Import/Consumo

45,3

40,4%

39,5%

39,7%

Export/Produzione

64,9

58,6%

55,6%

54,1%

FONTE: CENTRO STUDI UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE - MARZO 2019

PREZZI CORRENTI


CICLO ECONOMICO

la diffusione delle tecnologie Industria 4.0, si oggi le tecnologie 4.0 possono essere utilmengrazie all’interconnessione digitale e da cambi stanno manifestando nuovi bisogni finanziari te integrate e messe a frutto solo cambiando i di produzione e di set up sempre più tempestie occorre abilitare e attivare adeguate soluzioni processi, l’organizzazione di fabbrica e talvolta vi. Le innovazioni nel campo della supply chain finanziarie. Nel mondo dell’equipment finance, gli stessi modelli di business. Se non si cambia finance si stanno già manifestando per mezzo di ad esempio, la crescenil mindset con cui ci si nuove soluzioni come il confirming(una piattaCON INDUSTRIA 4.0 SI ATTIVANO te servitizzazione abiliapproccia a questa traforma digitale che consente ai buyer di gestire DINAMICHE INESPLORATE PRIMA: terà modelli di business sformazione, si rischia al meglio i pagamenti ai fornitori e a questi ulNON NECESSARIAMENTE ACQUISIZIONI, basati sul noleggio di di avere ben pochi timi di avere condizioni migliori di accesso al MA AFFITTI A LUNGO TERMINE un ampio spettro di benefici dall’investicredito, smobilizzando anticipatamente i crediti beni strumentali con annessi servizi di monitomento in un nuovo macchinario. Per farlo serdi fornitura, ndr).. Per questo motivo le banche raggio, manutenzione predittiva. L’ecodesign da vono investimenti in know how, competenze e possono diventare un abilitatore fondamentale la possibilità di interventi di revamping in grado software, non più solo macchinari e hardware. della diffusione di queste tecnologie aiutando le di dare maggiore circolarità alla produzione e Il credito d’imposta per la formazione on the imprese ad affrontare con più serenità e una soal consumo di questi beni. I rapporti di filiera e job, durerà ancora per l’anno a venire. Ma non lida finanza d’impresa gli investimenti necessari l’integrazione delle catene di fornitura e sub forbasta: bisogna iniziare a lavorare in maniera ina farsi ancora più competitive nei mercati e più nitura si faranno ancor più stretti e coordinati telligente su percorsi di formazione professiointegrate nelle filiere». nalizzante a partire dal potenziamento degli Its (Istituti tecnici superiori, ndr). Occorre uscire CARBONIERO: «POCA INNOVAZIONE NEL 50% DELLE IMPRESE» da una logica conflittuale con le università e e trovare invece percorsi di collaborazione che spese. Il precedente Ucimu, infatti, fotografava «In questo triennio permettano agli studenti ITS di completare gli strumentazioni con un’età governo inizialmente 2016-2018 il mondo aveva eliminato il manifatturiero ha centrato media di 13 anni, tra le studi in una università e ai drop out universitari superammortamento, poi più elevate in Europa e un upgrade tecnologico di intraprendere un percorso negli ITS. E bisocon il Decreto Crescita molto significativo, ma ora per di più invecchiata di gnerebbe anche cambiarne il nome: l’Istituto è stato reintrodotto, ma 36 mesi rispetto all’analisi siamo a metà del guado. tecnico è una cosa diversa, questi sono corsi alla nostra richiesta è di precedente svolta nel Con l’istituto di ricerca renderlo strutturale, come 2004. Vedremo con tamente professionalizzanti che garantiscono di Renato Mannheimer ci era stato inizialmente il nuovo censimento abbiamo realizzato una di trovare un lavoro nell’85% dei casi entro un promesso». Non è un del 2020 di quanto si survey da cui emergeva anno dal diploma». mistero che dopo un sarà abbassato questo che meno del 50% delle La trasformazione propugnata da Industria 4.0 triennio di grande crescita dato. Uno studio che ha imprese industriali aveva non cambia soltanto le aziende, i loro sistemi (si è passati da un valore di migliorato il proprio parco convinto Carlo Calenda produzione di 5,2 miliardi e la sua squadra a macchine, c’è più della di business e il ruolo dei lavoratori, ma anche nel 2015 ai 6,77 del 2018), trovare un modo per metà delle aziende di il rapporto che si instaura con gli istituti di crei primi sei mesi del 2019 incentivare l’acquisto di diversi settori che deve dito e con il denaro più in generale. Il mondo abbiano fatto registrare nuovi macchinari, per ancora partire con i nuovi finanziario nella sua interezza si trova di fronte una brusca frenata, con ridare competitività al investimenti. E si tratta alla possibilità di emergere, di cambiare pelle, un calo complessivo di manifatturiero, il secondo di una scelta obbligata oltre il 30%. «La scarsa più importante in Europa se si vuole restare sul di diventare “nuovo” sotto tutti i punti di vista. chiarezza del precedente dopo quello tedesco. «Ci mercato». Massimo Basterebbe trovare il modo di instaurare una governo – conclude siamo subito resi conto Carboniero, presidente relazione di diversa concezione con la maniCarboniero – non ha certo – prosegue Carboniero di Ucimu-Sistemi per fattura, che rimane il motore dell’economia aiutato. In Europa si aveva – che questo piano era produrre (l'associazione italiana. la paura che potessimo ottimo per aiutare le dei costruttori italiani di diventare una sorta di imprese a investire. Per macchine utensili, robot, «Le innovazioni che vedremo nei prossimi anni bomba a orologeria. Ora questo abbiamo chiesto automazione e di prodotti a – conclude Firpo – saranno davvero significatiquesti ausiliari), commenta che diventasse strutturato serve un’azione shock ve. Modificheranno anche il modo di fare banca che ridia credibilità a una e strutturale, perché non con Economy gli effetti e di interpretare il rapporto banca-impresa, si può più vivere di progetti nazione che vuole investire del piano Industria 4.0 annuali: le pmi necessitano e da questo punto di vista è sul comparto. Un settore intensificando il contatto digitale col cliente da fondamentale la rinnovata di almeno 4-5 anni di che scontava una vetustà un lato ma spingendo anche ad una più stretta armonia con l’Unione “tranquillità” per poter delle attrezzature. relazione e partnership basata sul supporto di europea». affrontare determinate L’ultima rilevazione di prossimità ad alto contenuto specialistico. Con

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COVERSTORY FINANZIARE L'IMPRESA

PATENT-BOX, ZES, VOUCHER: I SOSTEGNI NON MANCANO Le misure utili alle imprese che vogliano investire nell'innovazione sono numerose anche nella legislazione vigente

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l governo giallo-rosso è chiamato all’importante sfida di rilanciare la competitività del Paese attraverso modelli di crescita orientati all’innovazione ed alla tutela dell’ambiente. Dall’analisi delle linee programmatiche del nuovo esecutivo emergono interessanti segnali di intesa sulla necessità di accelerare l’accesso ai temi di digitalizzazione, robotizzazione e intelligenza artificiale, soprattutto da parte delle piccole e medie imprese, e di incentivare gli investimenti privati, anche al Sud Italia. Viene confermata, pertanto, una direzione trasversalmente condivisa dagli ultimi governi e orientata al sostegno delle imprese nella necessaria transizione verso un sistema digitalizzato e sostenibile. Ma vediamo intanto quali sono le misure, nuove o rinnovate, su cui possono attualmente contare le imprese per digitalizzare ed innovare il proprio business. NELLA FOTO L’AUTORE GIUSEPPE CAPRIUOLO, PARTNER DELL’UFFICIO DI ROMA DI RSM ITALY

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manager, e pertanto erogare prestazioni age“Nuovo” Patent Box > In seguito alle novità volabili con il “voucher innovazione”. introdotte dall’Art. 4 del Decreto Crescita, reTale contributo, lo ricordiamo, è destinacepite dal Provvedimento del Direttore dell’Ato a finanziare le spese sostenute da PMI e genzia delle Entrate n. 658445 pubblicato lo contratti di rete al fine di avviare processi di scorso 30 luglio, i soggetti titolari di reddito trasformazione digitale attraverso prestad’impresa potranno accedere all’agevolazione zioni di consulenza specialistica. determinando autonomamente l’importo del reddito agevolabile da inserire in dichiarazioL’intensità dell’aiuto è fissata in misura pari: ne dei redditi. • al 50% dei costi sostenuti ed entro il limiTale possibilità, prima consentita solo in caso te massimo di 40mila euro, per le micro e di utilizzo “indiretto” degli intangibles, elipiccole imprese; mina l’obbligo di attivare una procedura di • al 30% delle spese agevolabili ed entro il ruling con l’Agenzia delle Enlimite massimo di 25mila euro, per le metrate e consente alle imprese die imprese; di auto-determinare il reddito • al 50% ed entro il limite massimo di agevolabile direttamente nel 80mila euro, nel caso dei contratti di rete. modello dei Redditi/Irap relativo al periodo d’imposta in cui Credito di imposta per le aree ZES > viene esercitata l’opzione e in L’articolo 5 del decreto legge n. 91/2017 quello relativo ai due periodi prevede benefici fiscali e altre agevolaziod’imposta successivi, mediante ni a favore delle imprese, già esistenti e di una variazione in diminuzione in tre quote di nuova istituzione, che pari importo. VIENE CONFERMATA LA DIREZIONE avviano un programma Una procedura di CONDIVISA DAGLI ULTIMI GOVERNI di attività economiche accesso all’agevolaDI TRANSIZIONE VERSO UN SISTEMA imprenditoriali o di inzione ulteriormente DIGITALIZZATO E SOSTENIBILE vestimenti nella Zona semplificata, inoleconomica speciale (ZES). In particolare, il tre, è prevista per le micro, piccole e medie comma 2 dell’articolo amplia, in relazione imprese che, in caso di utilizzo diretto degli agli investimenti effettuati nelle ZES, la porintangibles, potranno richiedere all’Agenzia tata del credito d’imposta per gli investimendelle Entrate le analisi di benchmark di settoti nel Mezzogiorno prevedendo la proroga di re sulla base dei codici attività previsti dalla un anno, fino al 31 dicembre 2020, del perionomenclatura ATECO 2007. do agevolato ed elevando a 50 milioni di euro Voucher innovazione > Il Ministero per lo l’ammontare massimo del costo agevolabile sviluppo economico ha pubblicato in data per ciascun progetto di investimento. 29 luglio 2019 il decreto direttoriale che, Il bonus per gli investimenti nei comuni recependo le misure introdotte dal Decreto “ZES” è attribuito nella misura del 25% per Crescita, chiarisce quali siano i requisiti per le grandi imprese, del 35% per le medie imchiedere l’iscrizione all’elenco dei professioprese e del 45% per le piccole imprese. nisti abilitati a ricoprire il ruolo di innovation


«Innovazione fa rima con managerialità» A tu per tu con Bruno Villani, numero uno della sede milanese di Federmanager, punto d’incontro e laboratorio per le idee più innovative in materia di imprenditorialità di Antonella Pascucci ne personale e professionale. È necessario, come dico sempre, passare dalle parole ai SONO LE PAROLE D’ORDINE DELLA SUA PREfatti e innovare per competere! Sicuramente SIDENZA? questi sono alcuni dei miei messaggi cardine, Ho inaugurato la mia Presidenza riconosceninsieme alle parole di Seneca: “Non è perché do che da più parti giungono segnali di un sono difficili che le cose non si fanno. Esse dicambio di rotta e un rinnovato impegno per ventano difficili perché non si fanno”. rispondere alle aspettative prioritarie dei Milano è tra le sedi più attive sul tema colleghi. Stiamo vivendo dell’innovazione: vuole ALDAI-FEDERMANAGER COLLABORA COL DIGITAL una fase di transizione ricordarci alcune parin un nuovo contesto INNOVATION HUB LOMBARDIA PER tnership che avete già INIZIATIVE A SOSTEGNO DELLE PMI di rappresentanza che, avviato? come ALDAI-Federmanager, dobbiamo neNon possiamo più sottrarci al compito di svicessariamente cogliere per interpretare e luppare relazioni con tutti gli stakeholder del anticipare le opportunità dei cambiamenti territorio. Stiamo collaborando con il Digital della categoria, dell’organizzazione del lavoInnovation Hub Lombardia per iniziative firo e della società. Nel mio programma di Prenalizzate allo sviluppo delle PMI in termini di sidenza c’è una forte attenzione allo sviluppo innovazione e di cambiamento culturale. Ci di una nuova cultura di impresa basata sulla confrontiamo con le Università e le realtà del managerialità. Su questo stiamo lavorando territorio, dal MIP alla Camera di commercio molto, insieme alla volontà di dare impulso italo-germanica, dagli istituti tecnici fino alla alla formazione, vera chiave dell’innovazioformazione manageriale: esiste un bacino PRESIDENTE VILLANI, È AL TIMONE DI ALDAI FEDERMANAGER DA QUASI UN ANNO: QUALI

interessantissimo che va coltivato. Abbiamo grande sintonia con il Comune di Milano con cui stiamo lavorando per avviare progetti congiunti volti a garantire una maggiore managerializzazione del tessuto produttivo locale con un obiettivo di interesse sociale. Come si “digitalizza” il manager? L’acquisizione di competenze dell’innovazione è un procedimento a tutto tondo che coinvolge non soltanto l’aspetto tecnico. Come ci si deve muovere? Oggi il digitale è diventato il vettore del cambiamento. Il suo impatto riguarda tutti i settori, è trasversale. Ai manager è richiesto di sviluppare soft skill e competenze digitali sempre più elevate, di essere gestori dei processi e dell’innovazione, oltre che delle risorse. I manager 4.0 non sono moltissimi e il mismatch tra domanda e offerta di figure esperte è molto elevato, per questo serve puntare sulla formazione continua, in particolare su quella esperienziale. Federmanager ha istituito un percorso di certificazione delle competenze manageriali per 5 differenti figure, di cui una è appunto l’innovation manager, che riteniamo strategiche per la competitività delle imprese. Come si può far comprendere alle Pmi l’importanza che riveste un manager esterno per migliorare le strategie di business e per propugnare il tanto agognato cambiamento? I dati dimostrano che le imprese a conduzione familiare che superano il passaggio generazionale sono solo il 30 per cento circa. Quelle che si affidano a manager esterni sono quelle che non solo sopravvivono, ma sono anche le più competitive. Nella sua prima assemblea da presidente ha parlato di “intelligenza collettiva”: ci vuole spiegare di che cosa si tratta? Partiamo da un’ovvietà: non si può conoscere tutto, ma tutti sappiamo qualcosa. Non possiamo più immaginare di sviluppare l’innovazione da soli. Il vero fattore di successo è la capacità di fare squadra. Io in questo credo moltissimo e i segnali che ci stanno arrivando mi danno ragione. La collaborazione, il fare sistema, è l’unica ricetta per assicurare a questo Paese un futuro di successo.

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Intelligenza artificiale, affari veri: ecco i casi di chi ce l'ha fatta Dal fintech alla guida autonoma, passando per il riconoscimento facciale: l'AI porta con sé la progessiva rimodulazione di servizi e competenze professionali. Ecco come le aziende devono tenersi pronte al cambiamento di Marco Scotti

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olleghi virtuali, preti robot, macchine nito che qualche mese fa lanciava proprio dalle che cambiano a seconda dell’umore pagine di Economy il professor Luciano Floridi di chi le guida, investimenti mirati: – non coinciderà con una riduzione dei posti è l’intelligenza artificiale, una tecnologia così di lavoro totali. Semmai, con una progressiva pervasiva che sta cambiando le nostre vite e inesorabile rimodulazione delle competenze, in maniera rapida e definitiva. A riprova di con conseguente necessità di introdurre figure quanto l’AI sia ormai una tecnologia con cui professionali nuove a fronte di altre che saranconfrontarsi quotidianamente, il neo-nato gono rese sempre più marginali. Ma intanto ecco verno Conte Bis ha già quattro esempi (più SECONDO IDC ENTRO IL 2024 ALMENO previsto una road map un quinto tra il serio UN LAVORATORE SU CINQUE DOVRÀ per quanto concerne e il faceto) per capire INTERFACCIARSI CON TECNOLOGIE la pubblica amminiquali siano le applicaDI INTELLIGENZA ARTIFICIALE strazione che coinvolzioni più interessanti ge i ministri Pisano (Innovazione), Patuanelli dell’intelligenza artificiale. Perché, mutuando (Mise) e Boccia (Affari regionali). E non è neanCavour, fatta l’AI bisognava farne le applicazioche un caso che secondo Idc, entro il 2024 alni. E alcune sono davvero interessanti. meno il 20% dei lavoratori si interfaccerà con L’investimento… intelligente tecnologie di AI che agiranno da veri e propri Prendete due compagni di banco per i tredicolleghi virtuali, in un contesto di human-maci anni di scuola. Caratteri diversi, interessi chine collaboration. E non basta, perché semlontanissimi. Uno, Tommaso Migliore, studia pre entro i prossimi cinque anni un terzo delle economia. L’altro, Federico Mazzorin, fisica. applicazioni che consentono le relazioni b2b o Insieme però trovano un interesse comune, b2c attraverso lo schermo saranno sostituite cioè l’AI applicata al settore finanziario. Perda moduli di intelligenza artificiale, soprattutto ché entrambi si rendono rapidamente conto quelle ribattezzate di “conversational AI”. Tecche mentre le start-up che si avvalgono di nologie che rivoluzioneranno completamente questa tecnologia si stavano moltiplicanil modo di relazionarsi con clienti e fornitori e do, nessuno o quasi sembrava pensare agli che garantiranno una riduzione dei tempi di investitori istituzionali. Da qui la nascita di gestione delle pratiche. Ma questa trasformaMdotM, che pensa al mondo della finanza zione tecnologica – ed è bene ricordare il mo-

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come a un gioco in cui vince chi sviluppa le migliori strategie d’investimento. L’AI quindi diventa uno strumento per studiare differenti asset class con modelli specifici che permettono di superare il “rumore di fondo” che caratterizza un mercato finanziario sempre più democratizzato e accessibile a tutti. Per questo l’intelligenza artificiale raccoglie enormi quantità di dati che vengono poi processati per creare algoritmi che sono alla base degli investimenti suggeriti da MdotM ai suoi interlocutori, tipicamente banche e asset manager. L’idea è piaciuta talmente tanto che l’obiettivo per il 2019 è di chiudere a oltre un milione di euro di fatturato, dopo aver creato un advisory board che vede autentici pezzi da novanta come Federico Ghizzoni (già amministratore delegato di Unicredit e oggi presidente di Rothschild Italia), Alida Carcano (Ceo Valeur Asset Management), Marino Valensise (Head of Multi Asset e Presidente dello Strategic Policy Group di Barings), Fabio Troiani (Co-founder e Ceo Bip), Michele Padovani (Direttore Esecutivo Cherry Bay Capital). La start-up è stata inaugurata nel 2015 a Londra e oggi ha una sede a Milano, all’interno del Talent Garden di Via Caltabiana. Inoltre, dopo un aumento di capitale da due milioni di euro conclusa alla fine dello scorso anno, dovrebbe essere inaugurato un terzo ufficio anche a


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montate nei poggiatesta. In questo caso, al minimo segno di stanchezza, il sistema potrebbe abbassare l’illuminazione, scurire i finestrini ed alzare la temperatura per facilitare il sonno ai passeggeri della seconda fila.

Marketing e intelligenza artificiale

New York, per presidiare le principali piazze finanziarie mondiali.

L’auto che si adatta all’umore

L’esodo di Ferragosto, la partenza intelligente all’alba se non prima, i percorsi monotoni hanno in comune un elemento: lo stress, che è dietro l’angolo e rischia di essere pericolosissimo compromettendo la soglia di attenzione e le capacità del pilota. Per questo Jaguar Land Rover sta sperimentando un’applicazione di AI che interpreta lo stato d’animo del guidatore. Monitorando alcuni parametri è così possibile intervenire sulla regolazione di tutte le funzioni dell’abitacolo interno. Per fare questo, il colosso automobilistico ha intenzione di installare nei veicoli una videocamera rivolta verso il guidatore e, contestualmente, impiegare sensori biometrici che ne valutino l’umore. In questo modo è possibile tarare tutte le funzioni dell’abitacolo, come riscaldamento, media e illuminazione ambientale rendendolo un luogo quanto più confortevole e garantire la corretta soglia di attenzione del guidatore. Anche perché una ricerca dimostra che il 74% di chi guida ammette di sentirsi quotidianamente stressato oppure oppresso. Il sistema di rilevamento dell'umore fa uso delle più recenti tecniche di Intelligenza Artificiale per cogliere anche i minimi cambiamenti di espressione

facciale del guidatore e regolare automaticamente tutti i sistemi di cabina. Col tempo, il sistema impara le preferenze del pilota e tara le regolazioni in modo sempre più personalizzato. Queste personalizzazioni potranno cambiare il colore dell'illuminazione ambientale con uno più riposante se il sistema rileva uno stress, oppure scegliere la playlist preferita, o diminuire la temperatura in cabina, se vengono rilevati segni di stanchezza. Jaguar Land Rover sta anche studiando una tecnologia simile per la seconda fila di sedili, con videocamere

Finanza e automotive, settori lontanissimi tra loro che stanno sperimentando le moderne tecnologie per migliorare l’esperienza dell’utente finale. Ma in che modo l’intelligenza artificiale può diventare un alleato delle aziende, migliorando e rendendo più efficienti le strategie di business? È la domanda a cui ha provato a rispondere l’italiana Thron (azienda padovana specializzata in digital asset management intelligente) che ha commissionato a Forrester una ricerca per comprendere il ruolo dell’AI nel trovare nuovi clienti. I risultati sono talmente positivi da essere quasi sorprendenti: questa tecnologia, applicata a foto, video e altri contenuti digitali, permette un incremento del 23% nel reperimento di nuovi clienti. Lo studio (“La gestione intelligente dei contenuti”) evidenzia l’impatto sulla scena europea delle tecnologie

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di Content Intelligence, l’intelligenza artificiale applicata ai contenuti digitali dei brand, per adattarli agli interessi degli utenti che ne fruiscono. Tra i principali benefici rientrano il miglioramento della customer experience - confermata dal 63% delle aziende early adopter, contro un’aspettativa del 44% delle altre - la migliore capacità di pianificazione delle attività su asset come foto, newsletter, video, ecc. (63% vs il 47%); l’aumento della velocità di produzione di contenuti (42% vs 29%) e il miglioramento dell’efficienza dei team creativi (49% vs 30%). In termini di ottimizzazione dei budget si registra un aumento in più della metà dei brand early adopter, contro le aspettative del 38% degli altri. A ciò si aggiunge anche un migliore ritorno sull’investimento in contenuti (56% vs 38%). «Abbiamo visto – ci spiega Nicola Meneghello, Ceo di Thron – che le aziende che stanno già impiegando l’intelligenza artificiale aumentano la probabilità di acquisire i nuovi clienti rispetto alle altre, con un +21% di ricavi e un +13% di ebitda. Questa tendenza è abbastanza trasversale e riguarda settori molto diversi tra loro come retail, automotive, farmaceutico e manifattura. Quello che appare ancora un po’ indietro è invece il finance, che sconta un ritardo tecnologico ancora abbastanza evidente. Piuttosto, va notato come l’Italia non sia più indietro di altri Paesi se si parla di applicazione dell’AI».

Riconoscimento facciale

In molti ricorderanno il film “21” in cui un professore del Mit di Boston (Kevin Spacey) realizza un sistema insieme ai suoi studenti per contare le carte e sbancare i principali casinò di Las Vegas. Un problema che oggi sarebbe facilmente arginabile grazie ai moduli di intelligenza artificiale applicati al riconoscimento facciale che consentono di smascherare qualsiasi comportamento anomalo. Un programma di questo tipo esiste, ed è anche italiano: si tratta di Reco, un’azienda nata tre anni fa inizialmente come sistema di face recognition realizzato con l’ausilio della sede salentina del Cnr. Da lì, la crescita è stata esponenziale così

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come i possibili utilizzi. L’AI, debitamente istruita con moduli di machine learning, consente di riconoscere criminali, evidenziare potenziali danni strutturali o migliorare l’esperienza degli utenti del trasporto pubblico. «Abbiamo recentemente vinto una gara del Ministero degli Interni – ci racconta Simone Pratesi, ceo di Reco – pur non avendo l’offerta più competitiva dal punto di vista del prezzo. Forniamo alla LE RICERCHE DI FORRESTER DIMOSTRANO CHE LE AZIENDE CHE IMPIEGANO L'AI ACQUISISCONO NUOVI CLIENTI PIÙ FACILMENTE

polizia un software che consente, grazie a una particolare luminosità del nostro sistema, di migliorare le potenzialità di questa metodica. C’è un database composto da circa 18 milioni di facce, cui si aggiungono 3.000 immagini a settimana. Un altro ambito in cui siamo attivi è quello dell’aeronautica: abbiamo ricevuto una commessa da Alenia Aerospazio per verificare che durante la “cottura” delle nuove ali in carbonio non si creino malformazioni che, se scoperte solo a processo ultimato, rappresenterebbero un costo enorme. Siamo stati scelti dal Wynn Casino per monitorare eventuali bari. Sempre all’estero abbiamo ricevuto commesse in Giordania e siamo in trattative con

Egitto e Turchia. Il nostro sistema di visione è più avanzato di altri che hanno sollevato problemi gravissimi, come nel caso di gemelli che venivano “scambiati” per sbloccare il telefono. Infine, stiamo per montare una quarantina di varchi per Atm agli abbonati, in modo che possano passare dai tornelli senza mostrare tessere o telefoni».

La messa “artificiale”

L’ultimo esempio di intelligenza artificiale prestata alla vita reale è più che altro una provocazione: un prete-robot in grado di dire messa in sette lingue con voce maschile o femminile a seconda delle preferenze dell’utente, pardon fedele. L’idea è stata messa a punto in Germania lo scorso anno, in occasione del 500esimo anniversario della Riforma protestante, da parte della chiesta evangelica di Hesse e Nassau. L’intento non è certo quello di liberare pastori e preti dall’officio della messa, ma far riflettere tutti (credenti e non) sul futuro della Chiesa e sull’utilità che può avere l’intelligenza artificiale. Pronta a prendere il posto dei ministri di Dio o capace di donare serenità a chi ne abbia bisogno in qualsiasi momento? La risposta più “laica” è sicuramente la seconda. Ma chissà se anche la Curia sarà d’accordo con questa visione meccanicista.



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ECCO A COSA SERVE (DAVVERO) LA BLOCKCHAIN Dal tracciamento della filiera agli smart contract, ovvero dalla bufala campana alle polizze auto: le aziende italiane hanno scoperto quanto può diventare utile e redditizio lo sfruttamento delle reti informatiche di Marina Marinetti

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ici blockchain e pensi a non meglio Blockchain & Distributed Ledger della School identificate criptovalute. Senza, peof Management del Politecnico di Milano, nel raltro, aver capito davvero come funtriennio 2016-2018 sono stati avviati 579 proziona il giro del fumo. Perché la sensazione di getti di blockchain nel mondo (di aziende, ma fondo – ammettiamolo – è proprio che di fumo anche di governi), di cui 328 negli ultimi dodici si tratti (a proposito: se volete capirne qualcomesi (+76% rispetto al 2017). La blockchain sa in più leggete il riquadro in queste pagine). trova applicazione soprattutto nella gestione Secondo il Politecnico dei pagamenti (138 MENTRE LE CRIPTOVALUTE CROLLANO di Milano solo il 26% casi, 24%), nella geIN TERMINI DI CAPITALIZZAZIONE, delle aziende italiane stione documentale AUMENTANO I PROGETTI BASATI SULLE "CATENE DEI BLOCCHI" dichiara una cono(137 casi, 24%), nella scenza elevata della tracciabilità di filiera “catena dei blocchi”, mentre il 31% non sa an(126 casi, 22%) e nel mercato dei capitali (82 cora cosa sia. E invece la blockchain è una cosa casi, 14%). Le aziende più attive nell’ultimo molto concreta. Tanto concreta che mentre le triennio sono gli attori finanziari (48% dei criptovalute crollano in termini di capitalizprogetti), le pubbliche amministrazioni (10%) zazione, sono sempre di più i progetti che le e gli operatori logistici (8%), mentre i princiimprese mettono in piedi proprio sfruttando pali processi di applicazione sono la gestione le prerogative della blockchain: decentralizdei pagamenti (24%), la gestione documenzazione, tracciabilità, disintermediazione, tale (24%) e la tracciabilità di filiera (22%). E trasparenza, verificabilità. E immutabilità dei l’Italia? La buona notizia è che è il terzo paese trasferimenti. Stando ai dati dell’Osservatorio europeo per numero di progetti. Quella cattiva,

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che sono solo 19 i progetti che hanno avuto visibilità mediatica, anche se – sottolinea il PoliMi - guardiamo anche alla formazione e alla consulenza superano i 150 totali. Ergo, il mercato è ancora agli albori. «In Italia soltanto il 3% delle grandi imprese ha progetti già operativi e gli investimenti sono ancora limitati, anche perché la maggior parte delle aziende ha una conoscenza scarsa di questa tecnologia, ma è prevista una crescita nei prossimi anni – spiega Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger - Per cogliere i vantaggi di questa rivoluzione sarà necessario lavorare sulle barriere che in questo momento ne stanno limitando l’uso: la mancanza di competenze, la scarsità delle risorse a disposizione e la difficoltà nel valutare i benefici attesi».

La trasparenza innanzitutto

Ma che se ne fanno, le aziende, della blockchain? Un po’ di tutto: dal tracciamento della filiera agli smart contract. La utilizza, per


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esempio, Spinosa, che a Castelvolturno (CE), tificazione dell’intero processo produttivo, in da un quarto di secolo produce mozzarella di collaborazione con la startup Ezlab. È il primo bufala campana dop. Ha chiuso il 2018 con un esempio di “km zero virtuale”, una relazione fatturato superiore ai 24 milioni di euro (in digitale tra produttore e consumatore finale crescita del 14%), occupa più di 140 addetti che, attraverso un’etichetta intelligente posta e da qualche mese utilizza la blockchain per sulla bottiglia di vino, permette di conoscere il garantire nel mondo l’autenticità (e la proproduttore identificato tramite la firma digitavenienza) dei propri le, l’intero processo di DALLE MOZZARELLE AI VINI DOC: prodotti. Soprattutto coltivazione, produLA BLOCKCHAIN GARANTISCE all’estero, «dove il zione e trasformazione AI CONSUMATORI L'AUTENTICITÀ 74% dei consumatori del vino, massimizzanDEI PRODOTTI ACQUISTATI è sensibile ai concetti do la fiducia tra prodi “autenticità” del prodotto», spiega il presiduttore e consumatore finale. dente e amministratore delegato di Spinosa, «Wine Blockchain EY permette di creare un Luigi Griffo. «Tra gli obiettivi di maggior inregistro pubblico e immodificabile collegato teresse per l’azienda – commenta– c’è senza alla firma digitale del produttore, mappando dubbio il consolidamento della fiducia da parogni singolo processo produttivo e assicurante dei consumatori che, grazie alla certificaziodo territorialità, autenticità e qualità del prone blockchain, potranno accedere a tutte le indotto», spiega Luca Grivet Foiaia, partner EY. formazioni sulla filiera della nostra mozzarella IN sostanza di tratta di una sorta di “carta d’idi bufala Campana dop scansionando il codice dentità” digitale del prodotto per combattere il QR riportato sul pack. Un sistema semplice e dumping nei prezzi creato da prodotti esteri o rapido che accorcia le distanze tra consumato“falsi italiani” e restituire una modalità di ricore e azienda, a favore di un consumo sempre noscimento e valorizzazione del made in Italy. più consapevole». Spingiamoci oltre. Immaginate di poter conoMa non c’è solo la bufala campana, da tracscere l’intera storia di una singola confezione ciare: vogliamo parlare del vino? Le aziende di merluzzo surgelato, dal momento in cui il italiane hanno difficoltà a valorizzare verso pesce viene pescato (con tanto di nome della il cliente finale le caratteristiche di territorialità e genuinità del prodotto italiano, rispetto all’offerta di vini che non hanno la stessa tradizione: difendendo così prezzi e margini: si stimano in circa due miliardi di euro annui le perdite del settore vinicolo italiano a fronte di fenomeni diversi di contraffazione dei prodotti della nostra filiera. Non solo: nove consumatori su dieci vorrebbero conoscere maggiormente i vini italiani ed i criteri di certificazione d’origine e più del 70% sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto se questo fosse garanzia di trasparenza e provenienza. Così, anche la Falanghina Volpone vendemmia 2016 dispone di un QR code sull’etichetta attraverso il quale i consumatori possono consultare informazioni sul prodotto e sul processo produttivo autocertificate in blockchain. La prima soluzione al mondo per la tracciatura della filiera di produzione del vino, che permette la autocer-

nave, metodo di pesca e sua posizione) fino alla vendita, passando per stoccaggio e confezionamento, con tracking delle temperature e dati su controlli di qualità e certificazioni. Scoprire tutto sui carciofi surgelati appena acquistati: fornitore, zona di coltivazione, temperatura di conservazione. E poi conoscere le analisi di laboratorio a cui pesce e verdure vengono sottoposti e, perché no, ottenere anche qualche suggerimento di preparazione in cucina. Il tutto comodamente sullo smartphone. Ebbene, dall’inizio di luglio è la possibilità offerta dalla più importante azienda italiana della vendita porta a porta di surgelati, Bofrost: «L’innovazione digitale sta rivoluzionando la filiera agroalimentare e, in questo caso, la parola chiave è Blockchain, la tecnologia che funziona come un “notaio virtuale” per registrare ogni passo della catena produttiva, in maniera inalterabile», spiega l’amministratore delegato di Bofrost Italia, Gianluca Tesolin: «Tutti dati che Bofrost rende accessibili, in totale trasparenza: infatti, scansionando il QR code sulla confezione, si potrà vedere la storia del prodotto direttamente sullo smartphone. Così i consumatori potranno fare scelte d’acquisto consapevoli, basate su informazioni verificabili riguardo l’origine, la qualità e la sicurezza dei prodotti». Anche in questo caso c’è lo zampino di EY, con la sua soluzione OpsChain Traceability, basata sulla lockchain pubblica di Ethereum e inaugurata con i Filetti di merluzzo nordico e gli Spicchi di cuore di carciofo: «Pesce e verdure perché rappresentano due categorie fondamentali per Bofrost. In un anno vendiamo circa 170mila confezioni di merluzzo da 800 grammi e oltre 250mila confezioni di cuori di carciofo, tra formato standard e mini». Secondo Giuseppe Perrone, EY Blockchain Hub Mediterranean Leader, «Siamo di fronte ad un nuovo paradigma nel mercato del food: secondo i dati in nostro possesso, la digitalizzazione di filiera è un asset strategico per le aziende dell’agro alimentare che puntano alla creazione di “valore” del prodotto per l’aumento dell’awareness del brand agli occhi del consumatore». Di più: «La tecnologia blockchain consente all’azienda un modo

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completamente digitale di verificare l’operato dei propri fornitori, valorizzare i controlli di filiera e monitorare l’intero processo dalla materia prima alla consegna del prodotto al cliente finale, assicurandone il più alto rispetto degli standard di trasparenza e garanzia di qualità».

La rivoluzione nei servizi

Quanto alle banche, da Iccrea a Mediolanum, da Bnl a Intesa, da Banco Bpm a Banca Monte dei Paschi di Siena (la sperimentazione al momento coinvolge 17 istituti di credito), sono alle prese con ABI Lab, ovvero la blockchain applicata ai processi interbancari per raggiungere trasparenza e visibilità delle informazioni, maggiore velocità di esecuzione delle operazioni e possibilità di verifiche e scambi direttamente sull’applicazione tramite la piattaforma DLT Corda sviluppata da R3. L’ambito di applicazione del progetto è la spunta interbancaria, che verifica la corrispondenza delle attività che interessano due banche diverse, sulle movimentazioni dei loro conti reciproci di corrispondenza. A fornire l’infrastruttura è Sia, che con la sua Siachain ha la più vasta piattaforma blockchain privata in Eu- ropa, grazie ai circa 580 nodi di rete della SIAnet, il network in fibra ottica ad alta velocità e bassa latenza lungo oltre 170.000 chilometri al centro anche del progetto europeo Finsec, nato dal volere della Commissione Europea per definire un modello integrato di sicurezza IT e fisica per le infrastrutture finanziarie. Poi ci sono le assicurazioni, come Generali, uno dei membri fondatori di B3i (Blockchain Insurance Industry Initiative), un consorzio di 15 compagnie che ha l’obiettivo di costruire un’infrastruttura basata sulla tecnologia DLT che potrebbe trovare applicazione anche in ambito retail con gli“smart contracts” per polizze assicurative parametriche, in pratica la trasposizione in codice di un contratto in modo da verificare in automatico l’avverarsi di determinate condizioni e di autoeseguire in automatico azioni nel momento in cui le condizioni determinate tra le parti sono raggiunte e verificate. Basti pensare al mondo delle instant

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insurance, smart contract, piattaforme di certificazione dei dati telematici (blackbox auto, home box e wearable in genere) ai fini del tracGLI SMART CONTRACT BASATI SULLA BLOCKCHAIN VERIFICANO IN AUTOMATICO L'AVVERARSI DI DETERMINATE CONDIZIONI

ciamento delle abitudini e dei comportamenti dei clienti e si intuiscono le enormi potenzialità della tecnologia blockchain. E ancora: la Ong Liter of Light traccia e rende trasparente l’utilizzo delle donazioni che finanziano i suoi progetti di illuminazione a basso costo nelle zone meno agiate del pianeta. Lo fa grazie a una soluzione della digital service company Aubay, premiata anche a Davos in occasione del World Economic Forum 2018. Acea, invece, si affid alla Prosumerchain per

COS’È E COME FUNZIONA Disintermediazione e decentralizzazione: la blockchain sfrutta una rete informatica di nodi per gestire e aggiornare, in modo univoco e sicuro, un registro contenente dati e informazioni (per esempio transazioni) in maniera aperta, condivisa e distribuita senza la necessità di un’entità centrale di controllo e verifica. Il che significa, potenzialmente, poter fare a meno di banche, notai, istituzioni finanziarie e così via. Si tratta di tecnologie di Distributed Ledger, ossia sistemi che si basano su un registro distribuito, che può essere letto e modificato da più nodi di una rete. Per validare le modifiche da effettuare al registro, in assenza di un ente centrale, i nodi devono raggiungere il consenso. Le modalità con cui si raggiunge il

gestire lo scambio di energia peer-to-peer, la trasformazione degli utenti del servizio, ossia i consumer, in “prosumer”, dunque in consumatori/produt-tori di energia ed il loro coinvolgimento nella gestione ottimizzata della rete elettrica. E il Comune di Cosenza, insieme con Ntt Data e Università della Calabria, sta avviando la sperimentazione di una nuova tecnologia che troverà applicazione nel settore del welfare per il riutilizzo, a beneficio dei singoli o dei nuclei familiari bisognosi, delle scorte di cibo, prossimo alla scadenza, della grande distribuzione, appoggiandosi, come partner operativo, al Banco Alimentare. Grazie alla tecnologia blockchain si potranno certificare le donazioni di cibo da parte di supermercati, mense e negozi, destinate, attraverso le associazioni di volontariato, al sostegno delle fasce di popolazione più bisognose.

consenso e la struttura del registro sono alcune delle caratteristiche che connotano le diverse tecnologie Distributed Ledger. La blockchain è quindi una sottofamiglia di tecnologie in cui il registro è strutturato come una catena di blocchi contenenti le transazioni e il consenso è distribuito su tutti i nodi della rete. Tutti i nodi possono partecipare al processo di validazione delle transazioni da includere nel registro. La tecnologia blockchain si inserisce in un universo complesso e in continua evoluzione che si può definire «Internet of value», una rete digitale di nodi che si trasferiscono valore attraverso un sistema di algoritmi e regole crittografiche che permette di raggiungere il consenso, anche in assenza di fiducia, sulle

modifiche da apportare a un registro distribuito che tiene traccia dei trasferimenti di asset digitali univoci. Le piattaforme possono essere categorizzate all'interno di due grandi gruppi: permissionless (chiunque può partecipare al processo di validazione delle transazioni e può diventare un nodo della rete, come Bitcoin ed Ethereum) e permissioned (accesso alla rete ristretto ad alcuni partecipanti autorizzati e processo di validazione demandato a un gruppo ristretto di attori, come Corda e Hyperledger). Esistono anche soluzioni ibride (come Ripple) che permettono a chiunque di partecipare alla rete, ma solo ad alcuni di occuparsi della validazione delle transazioni.


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Con il robot in azienda il ritorno è assicurato Il recupero dell'investimento negli impianti realizzati dalla giapponese Fanuc è tra i 12 e i 18 mesi. E ora la succursale italiana ha investito 25 milioni di euro per realizzare un nuovo stabilimento a Lainate di Marco Scotti

A DESTRA, MARCO GHIRARDELLO

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untare una fiche da 25 milioni di euro per la costruzione di un nuovo stabilimento in Italia proprio nel momento in cui la conclusione della stagione degli incentivi 4.0 fa crollare gli ordinativi delle macchine utensili può sembrare una scelta poco lungimirante. Se però a farla è una multinazionale nipponica con una storia più che sessantennale alle spalle che – per di più – lo scorso anno ha registrato un fatturato da 6,8 miliardi in crescita del 35,5%, c’è sicuramente da darle credito. L’impresa in questione è la giapponese Fanuc (acronimo di Factory Automation NUmerical Control), nata nel 1958 dall’ingegno di Seiuemon Inaba, uno dei pionieri del controllo numerico che è, ancora oggi, la base su cui poggiano i più moderni macchinari. Sì, perché Fanuc è il più importante produttore mondiale di robot, con una clientela che va dalla piccola azienda al colosso dell’automotive. La succursale italiana del big giapponese esiste da sei anni, un periodo in cui sono i numeri a

parlare: raddoppiati gli addetti (da 80 a 160), aumentato di due volte e mezza il fatturato (da 80 a 180 milioni). Risultati che hanno spinto Fanuc a investire 25 milioni di euro per la realizzazione di un nuovo spazio multifunzione a Lainate, in provincia di Milano. L’inaugurazione è avvenuta prima dell’estate e chi decidesse di visitare la nuova sede troverebbe un centro che unisce al contempo l’area espositiva, quella di “training” dedicata ad addetti interni e operatori delle aziende clienti e un centro tecnico che è in grado di garantire sostituzioni e riparazioni in tempi poco italiani e molto giapponesi. A guidare Fanuc Italia Marco Ghirardello, che è entrato in azienda come “semplice tecnico” (anche se di semplice c’è davvero poco…) e che ha poi saputo scalare rapidamente le gerarchie fino a diventare numero uno della branch nostrana e vicepresidente di Fanuc Europa. «La peculiarità della nostra azienda – ci spiega

Ghirardello – è di aver differenziato il proprio business: non più solo partnership con distributori e clienti finali, ma anche una sorta di “mentore” sulla legislazione relativa all’Industria 4.0 per le pmi e un centro di formazione di nuove competenze. Proprio per cercare di ovviare a questa carenza di skill, abbiamo creato una nuova Academy da 50 posti, oltre all’avviamento di una serie di partnership con università e istituti tecnici». Se dunque Fanuc è riuscita a crescere costantemente, anno dopo anno, lo deve non tanto a un mercato che ha ritrovato vigore (salvo poi perderlo nuovamente, negli ultimi due trimestri) grazie agli incentivi, ma alla capacità di rispondere alle esigenze dei soggetti più diversi. «Il nostro segreto – continua Ghirardello – è riuscire a modularci, a sederci al tavolo dalla piccolissima alla grande azienda dell’automotive. Chi è stato capace di ascoltarci, spesso e volentieri è cresciuto anche in maniera sensibile. Anche perché il recupero dell'investimento dei nostri impianti, tra i 100 e i 250mila euro (circa la metà di quelli venduti) è tra i 12 e i 18 mesi. Per questo il crollo degli ordinativi ci preoccupa un pochino meno, perché la maggior parte dei nostri clienti è molto forte sull’export e continua ad aver bisogno di nuove macchine al di là degli incentivi. Ora secondo me si creerà una nuova dicotomia tra chi, avendo acquistato nuovi impianti, riuscirà a trarre da essi tutta la loro forza. Perché questi macchinari sono veramente disruptive solo se li si impiega correttamente, come nel caso dell’intelligenza artificiale che permette di migliorare sensibilmente la produzione». Il nuovo centro di Lainate – oltre a garantire ai dipendenti una mensa di alta qualità, che una volta a settimana propone anche il sushi «perché vogliamo far mangiare bene i nostri ragazzi» - è stato dunque realizzato per essere un polo attrattivo per le piccole imprese. «In conclusione – chiosa Ghirardello – vogliamo essere un po’ partner e un po’ consulenti. Ascoltiamo i clienti, cerchiamo di comprendere quello di cui hanno bisogno e poi traduciamo la loro esigenza per i giapponesi che si occupano della realizzazione del macchinario».

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Basta con chiacchiere (e ritardi) sul digitale A tu per tu con Tatiana Rizzante, amministratore delegato di Reply, che ci spiega le strategie dell'azienda, il ruolo dell'intelligenza artificiale e della blockchain per il futuro. E sul ministro dell'Innovazione... di Marco Scotti «BISOGNA SMETTERE DI PARLARE DEL DIGITALE COME SE FOSSE UN TEMA CHE SI PUÒ SCEGLIERE SE APPLICARE O MENO. LE AZIENDE CHE FUNZIONANO SONO SEMPRE IN UNA FASE MATURA DELLA LORO DIGITAL TRANSFORMATION». Tatiana Rizzante, amministratore delegato di Reply, non ama molto i giri di parole, neanche con i giornalisti. Non ama soprattutto trattare le nuove tecnologie come se fossero una chimera da inseguire, un dettaglio ancora lontano di cui è bello riempirsi la bocca ma che deve ancora arrivare. Il digitale permea le nostre vite e, soprattutto, quella delle aziende che vogliono competere su mercati sempre più ardui e globali. Sarà per questo, sarà per la determinazione con cui la Rizzante, il fratello Filippo e il padre Mario hanno affrontato la tecnologia o sarà anche per un modo visionario di intendere il business – molte aziende verticali che fanno capo alla holding di famiglia – fatto sta che Reply lo scorso anno ha superato il miliardo di fatturato, con una crescita del 17% rispetto ai dodici mesi precedenti.

Tatiana Rizzante: ma qual è il segreto di questi numeri “cinesi”? Non c’è segreto e non c’è ricetta, ci sono piuttosto dei capisaldi, che rispondono al nome di innovazione, qualità, investimenti, determinazione. Bisogna saper giocare su diversi tavoli, non si può pensare di limitarsi soltanto all’Italia, che è una regione d’Europa e, oltretutto, nemmeno tra le più innovative. Per questo il vostro gruppo opera in diversi Paesi: un osservatorio privilegiato che vi permette di tastare il polso della digitalizzazione italiana. Dove siamo più

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IN ITALIA ABBIAMO CASI DI ECCELLENZA A LIVELLO MONDIALE, COME LA TRENTINA AQUAFIL CHE DALLE RETI DA PESCA USATE PRODUCE IL FILATO DI NYLON TATIANA RIZZANTE, AMMINISTRATORE DELEGATO DI REPLY

forti? Ma soprattutto, siamo in linea con l’Europa? L’Italia è, per definizione, un mercato piccolo, quindi diventa difficile analizzarla in questo modo. Soprattutto, è sbagliato continuare a pensare che esista un mercato del digitale in quanto tale, perché le aziende che competono bene sono molto probabilmente anche competitive dal punto di vista del loro livello di digitalizzazione. Piuttosto, bisogna notare che ci sono quattro grandi aree in cui noi come Reply siamo attivi e in cui l’Italia si sta muovendo, anche se non con un dinamismo travolgente. Ce le riassuma…

In primo luogo c’è tutta la parte di digitalizzazione di processo; poi c’è l’introduzione della robotica, della tecnologia dei materiali e della produzione; quindi bisogna considerare il prodotto, il software che permette di migliorare le performance di qualsiasi oggetto, dai conti correnti alle macchine. Infine c’è la digital experience. Ecco, un bel passo avanti lo potremmo fare se iniziassimo a parlare di economia e digitalizzazione come se fossero concetti sovrapponibili. Perché è vero che abbiamo pochi campioni di dimensioni rilevanti, caratteristica del nostro tessuto imprenditoriale che ci portiamo dietro da tempo, ma il mondo si sta aggregando


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SULLA BLOCKCHAIN LA P.A. PUÒ ESSERE IMPORTANTE SOLO SE NON DIVENTA UN ULTERIORE MOTIVO DI COMPLESSITÀ intorno ai grandi player, come i Gafa americani (Google, Apple, Facebook e Amazon, ndr). Alla fine si parla sempre di ecosistemi, con prodotti connessi come un insieme di attori che si muovono intorno a grandi punti di aggregazione. E noi facciamo molta fatica a creare questi punti, a parte qualche grande realtà, come ad esempio Enel, che si sta spendendo in prima persona. Venendo alle singole tecnologie, qual è l’impegno di Reply nell’intelligenza artificiale? È sicuramente uno degli aspetti su cui siamo più attivi: siamo partiti tre anni fa, abbiamo avviato un centinaio di progetti, con sette aziende dedicate esclusivamente a questo. Se dovessi fare un bilancio, direi che alcuni segmenti sono decisamente più avanti di altri: ad esempio tutta la parte predittiva, sia essa di manutenzione o di vendita. Poi c’è un impegno significativo nel campo della cybersecurity, perché bisogna trovare un modo di velocizzare la definizione delle possibili minacce. E ancora: la sicurezza del posto di lavoro e dei lavori che possono essere maggiormente pericolosi.

maggiore controllo. Internamente abbiamo Alla faccia di chi dice che l’automazione avviato la sperimentazione sulla blockchain cancella occupazione.. quattro anni fa, mentre è dallo scorso anno Perché si sbaglia la prospettiva: non è una che abbiamo avviato l’attività verticale con riduzione del costo del lavoro, ma un increle nostre aziende. Penso che, diversamente mento della velocità con cui esso viene esedall’intelligenza artificiale, la blockchain guito. Inoltre, c’è un altro comparto su cui non può sviluppare tanti piccoli progetti, stiamo puntando molto, che è quello della ma deve concentrarsi su alcuni settori con gestione autonoma dei processi. In questo risultati estremamente significativi. Altrisenso si va dai droni automatici per uso mimenti è totalmente inutile. litare fino a banche e assicurazioni che proPensa che possa giocare un ruolo imporvano a gestire i flussi di trading sui mercati tante, in questo processo di trasformaziofinanziari tramite l’intelligenza artificiale. ne, la Pubblica Amministrazione, da semLa vera trasformazione, quindi, è quella che pre tallone d'achille della digitalizzazione concerne il modo di svolgere il lavoro. Ed è nostrana? un cambiamento epocale. Solo se è un sistema intero che si muove Quanta parte dei vostri progetti complesnell’ottica della semplificazione. Altrimenti, sivi coinvolgono l’intelligenza artificiale? se devono crearsi nuove sovrastrutture, si Circa il 10% del totale in termini numerici, rischia il disastro. Se c’è una caratteristica ma sono i più grandi se consideriamo il vopositiva dell’economia di questo millennio è lume. E mi aspetto che aumentino notevolche è veloce e che le aziende devono commente nei prossimi anni. portarsi e adattarsi Passiamo alla «CON L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE in modo rapido. Tutte blockchain. Intanto: è vero che è una SIAMO PARTITI TRE ANNI FA CON SETTE le iniziative come InAZIENDE DEDICATE. ABBIAMO dustria 4.0, che pon“killer application”? CREATO UN CENTINAIO DI PROGETTI, gono l’attenzione su E poi, su che tipo di MA MI ASPETTO CHE AUMENTINO» temi specifici, sono progetti state lavobene accette. Le altre… meglio evitare! rando? Per la prima volta l’Italia ha un ministro Stiamo continuando a investire su questa dell’Innovazione: giudizi? tecnologia. Tra l’altro, siamo partiti prima Spero che non diventi un vuoto stereotipo rispetto all’intelligenza artificiale, ma abbiache magari aggiunge dei pesi. Ribadisco: mo avuto un consolidamento più lento. Al non servono nuove sovrastrutture, dobbiamomento non so dire se si tratti davvero di mo snellire tutti gli impianti, altrimenti raluna killer application. Quello che posso dire, lentiamo troppo. però, è che si trasforma completamente il siUn’ultima domanda: ci anticipi qualcosa stema di relazioni, perché si mette insieme della vostra strategia di m&a: avete in una serie di attori diversi. Per quanto conprogramma di estendere il vostro pericerne la nostra azienda, stiamo lavorando metro di azione? Guardate a zone specitantissimo sulla parte di smart contract, che fiche del mondo o cercate di cogliere le snellisce e rivoluziona il mondo dei servizi opzioni migliori indipendentemente dalla assicurativi e, oltretutto, consente di “sbucollocazione? rocratizzare” il comparto. Inoltre c’è grande Continuiamo a investire con la logica di Euinteresse sul tema della tracciabilità di filieropa first, ma stiamo guardando anche agli ra, per garantire la provenienza dei prodotti Stati Uniti. Lì, in effetti, potremmo acquisiIl terzo comparto in cui siamo molto attivi re qualcosa di più grande e più robusto, in è il digital adv, che è diventato un comparcampi dove ancora non siamo presenti. to molto frammentato e che necessita di

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Ma attenzione a non farvi prendere la mano dall'hi-tech Ridisegnare l'azienda per rivedere i processi, ma senza mettere la tecnologia alla guida: secondo Davide Grassano, Head of Management & Technologies di RSM Italia, la strategia d'impresa è fondamentale di Riccardo Venturi

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l rischio da evitare in tempi di digitalizzazione? Mettere la tecnologia alla guida dell’azienda. Sembra paradossale, ma è proprio così: «C’è il rischio di essere guidati da soggetti che capiscono molto di tecnologia, ma poco di strategie di business e di processo» dice Davide Grassano, Head of Management & Technologies di RSM Italia, «quindi di essere guidati dalla tecnologia invece di cogliere le vere opportunità che nascono dalla trasformazione di un mercato molto globalizzato e trasparente». La sbornia di tecnologia rischia di far perdere di vista una sua caratteristica intrinseca: funziona se è al servizio dell’uomo, viceversa può anche provocare danni. «Il vero problema non è nell’uso della tecnologia» insiste Grassano, «ma nel

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cambiamento delle culture aziendali che non devono essere trascinate, ma al contrario trascinare la tecnologia. In uno slogan, si tratta di mettere una mente al centro». È la filosofia del design thinking, che spinge SOLO DOPO AVER IMPOSTATO GLI OBIETTIVI DI BUSINESS SI PUÒ DECIDERE QUALI SONO LE TECNOLOGIE PIÙ EFFICACI PER RAGGIUNGERLI

a ridisegnare l’azienda cercando di capire meglio i bisogni dei clienti per rivedere i processi. Dopo aver impostato la strategia al meglio, solo allora si può decidere in modo proficuo quali sono le tecnologie che possono aiutare a perseguire gli obiettivi in modo più efficace, e che utilizzate in questa prospettiva possono avere un effetto davve-

ro dirompente. Ma che il rischio di mettere alla guida l’automobile invece dell’autista non sia solo un caso di scuola, lo dice la struttura stessa della spina dorsale del sistema produttivo italiano, fatta di aziende di medie dimensioni. «Non sempre le medie imprese sono dotate di un digital officer» osserva l’Head of Management & Technologies di RSM Italia, «che non dev’essere un tecnologo, ma un soggetto che sa coniugare business e tecnologia. Il problema è che la media impresa è troppo guidata da venditori di software, mentre gli advisor che hanno le migliori competenze di norma lavorano di più con le grandi aziende». Alla sovrabbondanza di soluzioni tecnologiche non corrisponde la capacità di capire cosa è davvero rilevante per il tipo di business dell’azienda. Il che riporta anche a un altro tema cruciale, quello della formazione. «Se non insegniamo agli imprenditori come capire la parte più importante della visione strategica, che non è la tecnologia ma il business, non andiamo da nessuna parte» sottolinea Grassano, «corriamo il rischio di distogliere le aziende dalla loro missione. Per avere successo sui mercati non si può delegare alla tecnologia, è necessario che a monte ci siano scelte intelligenti. Bisogna aiutare le aziende a spender bene, a valorizzare risorse e investimenti ». Per fare un esempio, non tutte le imprese nel settore delle macchine utensili, tra i più importanti in Italia, stanno comprendendo il cambio di paradigma in atto e muovendosi di conseguenza. «Oggi non si tratta più soltanto di fare le macchine» mette in evidenza l’Head of Management & Technologies di RSM Italia, «ma di completarle con sistemi intelligenti che fanno automazione e controllo di processo, usando anche analytics, sensoristica, intelligenza artificiale. in tal modo le aziende possono difendere il core business e crescere». Se oltre al prodotto l’azienda non fornisce i servizi, il suo portafoglio diventa obsoleto, senza contare che anche le strategie di vendita vanno modificate di


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DAVIDE GRASSANO

conseguenza. Per far questo c’è bisogno di risorse specializzate: «Gente che sappia progettare, fare tecnologie di monitoraggio, software» precisa Grassano, «bisogna valorizzare la mente umana in base alle necessità dell’azienda per far sì che la tecnologia non sia uno stress ma che ti aiuti nell’innovazione. Altrimenti si entra in una logica di rincorsa». In teoria sembra semplice, ma la realtà italiana è fatta di aziende che pur ricche di qualità non sempre sono al passo di cambiamenti incalzanti. «Il Paese è caratterizzato da aziende concentrate sul mercato nazionale» rileva l’Head of Management & Technologies di RSM Italia, «spesso alle prese con i rischi legati al passaggio generazionale. Quelle internazionalizzate hanno un po’ più di sensibilità, operando in mondi che conoscono meglio le nuove opportunità». Di qui il rischio che la tecnologia non sia utilizzata nel modo più efficace. «Gli imprenditori italiani non sono in maggioranza visionari sul modello di business» nota Grassano, «sono bravi a fare prodotti nuovi, ma avere una semplice rete commerciale non basta più. Devi capire che hai a che fare con nuovi modelli di mercato, servizi nuovi, un nuovo mondo. E non puoi non cambiare, la carta sta sparendo, non puoi continuare a lavorare come 20 anni fa. Le competenze

sono da adeguare». La digitalizzazione pordel sistema di valorizzare e sostenere l’inta con sé anche l’esigenza di una revisione novazione. «Spesso da noi ci sono idee indei processi organizzativi aziendali. novative, menti brillanti che però vengono «Uno dei modelli più importanti, dei veri comprese o valorizzate soprattutto all’estecambiamenti è il lavoro in team» precisa ro» si rammarica l’Head of Management & l’Head of Management & Technologies di Technologies di RSM Italia, «il che ci costa RSM Italia, «nel mondo tradizionale ognuun impoverimento, con il trasferimento di no lavora per conto suo, ma in quello digitecnologie e innovazioni in altri paesi. Ci tale c’è la condivisione e l’organizzazione a sono aziende anche importanti che hanno team, permettendo approcci condivisi nella trasferito all’estero il centro di ricerca e svigestione degli eventi rilevanti per un’azienluppo, in paesi come la Francia non l’avrebda». Nella cultura digitale del cambiamenbero mai permesso». L’insufficiente politica to, l’informazione non è più del singolo ladi sostegno alla ricerca e innovazione e alle voratore, ma dell’azienda. «In questo modo startup davvero innovative è un esempio di si limitano gli errori delle persone, che intequesta debolezza. «Se non valorizziamo la ragiscono portando capacità innovativa NELLA CULTURA DIGITALE a bordo anche i più delle nostre risorDEL CAMBIAMENTO L'INFORMAZIONE riluttanti» rimarca se, rischiamo di fare NON È PIÙ DEL SINGOLO LAVORATORE Grassano, «è un monun assist ai nostri MA DELL'INTERA AZIENDA do ordinato e orgaconcorrenti» insiste nizzato, che permette anche più trasparenGrassano, «di startup e innovazione ne abza e condivisione di informazioni rilevanti biamo, ma la spesa in investimento dell’ina tutti i livelli e in particolare con i clienti». tero sistema e delle aziende è troppo infeIn questo quadro, un punto fondamentale, riore rispetto a quella di altri paesi. E dire e purtroppo debole in Italia, è la capacità che la capacità di ingegno non ci manca».

CON LA PIATTAFORMA IL CONTROLLO DIVENTA REALE Garantire che tutti abbiano la possibilità di consumare alimenti sicuri e nutrienti, e aiutare l’industria del food a sviluppare modelli di controllo più efficaci rispetto all’attuale scenario. È uno degli obiettivi più significativi del progetto Trusted Food Chain di RSM, che utilizza le garanzie senza precedenti offerte dalla tecnologia blockchain e di data analytics. «Si tratta di un sistema di controllo della filiera alimentare che garantisce le sue componenti essenziali con analisi dei rischi e controlli reali e non

solo formali» spiega Davide Grassano, Head of Management & Technologies di RSM Italia, «verificando i rischi, ad esempio la reale origine geografica delle materie prime con tecniche analytics sviluppate con una start-up innovativa che certifica la provenienza grazie all’impronta digitale degli isotopi pesanti presenti nel terreno o la qualità finale con uso di sensoristica avanzata o il controllo sulla conservazione degli alimenti monitorando le reale temperatura». Queste

tecniche applicate alla catena alimentare possono assicurare una reale sicurezza e creare una migliore percezione dei consumatori con un vantaggio competitivo alle aziende che lavorano tutelando la salute e il rispetto delle normative. «Le aziende dovranno sempre più adeguare il controllo dei processi alle tecnologie che sono disponibili» sottolinea Grassano, «come la nostra, che è già pronta, anche su una piattaforma digitale blockchain realizzata in partnership con Var Group».

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GESTIRE L’IMPRESA 32 PWC

COME HANNO FATTO I NOSTRI EROI A SALVARE L’AZIENDA E RIPARTIRE Invertire la tendenza negativa dei profitti e tornare a crescere si può. Ecco le storie dei 32 “comeback kids” individuati da Boston Consulting Group. Tra gli altri, i casi di Ferretti, Autogrill, Piazza Italia ed Erg

QUANDO IL CONSULENTE È IL MOTORE DEL BENESSERE

34 WOLTERS KLUWER COLTIVARE L’INNOVAZIONE COL GIUSTO MIX IN AZIENDA

36 ACCENTURE CUSTOMER EXPERIENCE, UN BOTTINO DA 177 MILIARDI

38 PERFORMANCE STRATEGIES IL VALORE DEL CAPITALE UMANO SI VEDE DAL BOSS

39 EDENRED LA PAUSA PRANZO ADESSO È DIGITALE

40 I VALOROSI ENRICO SALZA, L’IMPRENDITORE CHE HA ANTICIPATO IL FUTURO

di Marina Marinetti

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na volta toccato il fondo, non resta 32 aziende italiane che sono uscite dalla che risalire. Non tutti ce la fanno, crisi rafforzate con un turnaround di sucperò. Perché sono ancorati a zavorcesso e, dopo due anni di calo della margire di cui non sono in grado (o non vogliono) nalità, hanno mostrato un aumento medio liberarsi. Ad ancorarle al fondo è sono model 28% dell’Ebitda e un rendimento medelli di business obsoleti - “hanno sempre dio del 7% per gli azionisti, invertendo la funzionato, la crisi passerà” – o la scarsa tendenza negativa dei profitti e tornando a propensione all’inuna forte crescita. DOPO DUE ANNI DI CALO DEI MARGINI novazione – “non caAlla ricerca dei camI COMEBACK KIDS HANNO MOSTRATO pisco il digitale, ergo pioni della ripresa, UN AUMENTO DELL’EBITDA DEL 28% non rischio” – così Boston Consulting E UN RENDIMENTO MEDIO DEL 7% come un certo attacGroup ha analizzato camento alla poltrona – “l’azienda porta il le performance finanziarie dal 2010 al 2017 mio nome” – che non agevola certo l’apporto di 200 imprese di vari settori con oltre 500 di nuova linfa ai vertici. Eppure ci sono casi milioni di euro di fatturato (escluse banche, che insegnano. Sono quelli di Erg, Autogrill, assicurazioni e società energetiche), seleFerretti e Piazza Italia. E di altre 28 imprese zionando quelle con un calo della marginache Boston Consulting Group ha individuato lità per due anni consecutivi. Tra queste, nella ricerca “The Italian Comeback Kids”: circa un terzo ha registrato un aumento del

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GESTIRE L’IMPRESA

28% dell’Ebitda dal 2010 al 2016, rispetto al 6% della media del campione analizzato e al -29% delle aziende che non sono state in grado di lanciare un turnaround. Per i “Comeback Kids”, durante l’arco temporale considerato anche il rendimento medio annuo totale degli azionisti (parametro che include sia i guadagni che i dividendi) è stato del 7%, rispetto al -3% fatto registrare dalle aziende che hanno perso la finestra utile per il turnaround. «Sono casi di aziende che, in situazioni diverse, hanno affrontato la crisi e l’hanno superata usando diverse leve - spiega Francesco Leone, Managing Director & Partner di Bcg, responsabile dell’unità Turn in Italia, Grecia e Turchia e primo autore della ricerca: «chi cambiando portafoglio, chi modificando modello operativo, chi facendo innovazione, chi diversificando i mercati. Non esiste infatti una ricetta unica per superare un momento di calo delle performance, ma il filo conduttore che unisce questi e molti altri casi di turnaround è il ruolo decisivo del management, nella capacità di leggere il momento e di decidere di agire». Il segreto del successo? Giocare d’anticipo. Secondo Bcg, le misure preventive di cam-

LE LEVE

Bcg identifica quattro leve principali ricorrenti nei percorsi dei “Comeback Kids” italiani per un turnaround di successo: L’adeguamento del portafoglio, in genere per vendere attività non redditizie o asset non strategici e rifocalizzarsi su prodotti, mercati e attività principali. Il ridisegno del modello operativo per generare guadagni sostenibili in termini di efficienza e riduzione dei costi. La crescita in nuovi mercati geografici e segmenti di prodotto. L’innovazione in settori come la digitalizzazione dei processi interni, la creazione di percorsi omnichannel verso i clienti, lo sviluppo di nuovi prodotti per soddisfare le esigenze dei clienti e il passaggio a nuovi modelli di servizio.

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È FONDAMENTALE IL RUOLO DEL MANAGEMENT NEL LEGGERE IL MOMENTO E DECIDERE DI AGIRE biamento, avviate prima dello stato di crisi solo: le aziende dei beni industriali e della palese, producono un valore a lungo termine distribuzione/vendita al dettaglio hanno più ben più alto di quelle reattive: «Un momento probabilità della media di avere successo in di discontinuità o di flessione è parte del ciun turnaround; quelle della sanità e dei beni clo di vita di un’azienda, però è fondamentadi consumo meno. E le società quotate hanle essere in grado di comprenderlo, gestirlo, no una capacità significativamente migliore e soprattutto anticiparlo», spiega Francesco di realizzare un turnaround rispetto alle Leone, evidenziando che «solamente un ternon quotate, dato gli azionisti esterni sono zo tra le imprese italiane in difficoltà compie in grado di esercitare pressioni sui team di un turnaround; in altri paesi la percentuale gestione per le modifiche necessarie. «Non è più alta. La tipica media azienda italiana, esiste una ricetta unica per superare un mospesso a gestione familiare, non ha gli strumento di calo delle performance», sottolinea menti o l’attitudine a Francesco Leone, «c’è IL MANAGEMENT DEVE CAMBIARE identificare nel temperò un filo conduttoIL PROPRIO MOOD AGGREDENDO po i segnali della crisi, re che unisce questi e UNA GESTIONE STRAORDINARIA, non investe sufficienmolti altri casi ed è il ACCELERANDO E PRIORITIZZANDO temente in strumenti ruolo decisivo assundi monitoraggio, ma ha buone capacità di to dal management. Nella capacità di leggere reazione quando stimolata. Il 70% delle il momento e di decidere di agire si cela il aziende che sono fallite nel 2017 mostravaprimo segreto di un turnaround. Il manageno segni di difficoltà profonda già nel 2015 ment deve cambiare il proprio mood aggreeppure non hanno fatto nulla. Non è un caso dendo una gestione straordinaria e dunque che quello del riconoscimento dei segnali accelerando, prioritizzando, focalizzandosi premonitori di una crisi e la loro segnalaziosul rigore dell’esecuzione e comunicando gli ne agli organi competenti sia anche un eleobiettivi a tutti i livelli perchè il processo sia mento cardine della riforma della legge fallicondiviso e la struttura resti compatta. Avementare che è stata approvata dal Governo, re un’attitudine sempre pronta alla transforperché ogni crisi aziendale comporta anche mation resta comunque un consiglio valido un costo sociale rilevante. Purtroppo in Italia per tutte le aziende anche quando non sono poche aziende sono state capaci di intercetin crisi. Anzi, come si sente ripetere spesso, tare l’allarme, intervenire e rilanciarsi». Non il tetto si ripara quando c’è il sole».


ERG HA RITROVATO LA REDDITIVITÀ GRAZIE ALLE RINNOVABILI Quando per Erg i margini delle operazioni di raffinazione (60% dei ricavi) si sono ridotti di un terzo e quelli dei prodotti derivati si sono dimezzati, Erg ha lanciato un programma per ridimensionare le operazioni petrolifere (con cessioni per 3,6 miliardi di euro) e

a riorientare il portafoglio intorno alle rinnovabili (con investimenti per 4,3 miliardi su eolico, solare e idroelettrico), che oggi assorbono l’89% del capitale investito. Il cambio di rotta ha posizionato Erg come una società più piccola, ma molto più redditizia:

l’Ebitda è a livelli ante 2008, nonostante le vendite siano circa un nono. La società ha distribuito dividendi per oltre 1 miliardo di euro dal 2008 al 2018, il prezzo delle azioni è salito del 52% e il rendimento totale per gli azionisti, inclusi i dividendi, è stato del 150%.

VIA DALLE AUTOSTRADE, AUTOGRILL COMINCIA A VOLARE Dal 2007 al 2013, i margini di profitto delle attività di ristorazione di Autogrill sono diminuiti costantemente, passando dal 13% all’8%. Nel 2013, quindi, Autogrillha deciso di concentrarsi sullo sviluppo del business della ristorazione, tagliando le concessioni nelle aree di

servizio del 12% dal 2013 al 2015 e vedendo alcune delle concessioni nelle stazioni ferroviarie, nei centri commerciali e nei centri città, puntando invece sugli aeroporti, il canale più promettente per la ristorazione: le concessioni aeroportuali sono cresciute

del 4% e le entrate del 18%. In contemporanea, Autogrill ha investito per rendere i locali più attraenti, Il risultato? Il settore della ristorazione è passato dai 4 miliardi di euro del 2013 ai 4,6 del 2017 e gli utili sono cresciuti da 314 milioni a 403 milioni di euro.

FERRETTI HA EVITATO IL NAUFRAGIO REINVENTANDO IL LUSSO Per il Gruppo Ferretti una nuova opportunità si è aperta nel 2012, con l’ingresso della cinese Weichai, una notevole iniezione di liquidità e il mantenimento dei fornitori strategici. La svolta, poi, nel 2014, con Alberto Galassi alla guida del gruppo e

il riposizionamento su imbarcazioni ancora più lussuose (categoria meno vulnerabile alle recessioni economiche). Parallelamente, la standardizzazione di alcuni componenti ha permesso di risparmiare sui costi. L’inversione di tendenza

attuata negli ultimi 5 anni ha ripristinato la performance finanziaria di Ferretti: i ricavi sono passati da 415 milioni di euro nel 2015 a 623 nel 2017, con una redditività netta in aumento, mentre il resto dell’industria degli yacht di lusso registra, dal 2017, margini negativi.

PIAZZA ITALIA ABOLISCE LA MODA DELL’AUTONOMIA DEGLI STORE Prezzi accessibili e una rete di punti vendita nelle principali piazze in Italia, Europa e Medio Oriente: Piazza Italia ha costruito il proprio marchio attorno a una strategia vincente. Peccato che dal 2016, a fronte dell’ingradimento della società, i margini

di profitto diminuivano. Il problema? L’eccessivo acquisto di scorte che poi venivano scontate fortemente a fine stagione o restavano addirittura invendute. Così, all’inizio del 2017, Piazza Italia ha deciso di migliorare il processo di acquisto aumentando

l’incidenza della moda veloce, ridurre gli sconti, gestire meglio le scorte invendute, allineare le decisioni in tutta l’azienda limitando l’autonomia delle diverse unità. L’inversione di rotta ha già generato un aumento dell’Ebitda pari a circa 2,5 milioni di euro nel 2017.

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GESTIRE L’IMPRESA

«CONSULENTI, SÌ. MA ANCHE MOTORI DEL BENESSERE» Seimila professionisti (età media 33 anni) al servizio delle imprese: il presidente Andrea Toselli racconta a Economy la “sua” PwC Italia. Che fa evolvere l’impronta americana nella direzione della comunicazione di Sergio Luciano

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l mondo di oggi ci sta proponendo una sfida entusiasmante e per « molti versi rivoluzionaria. Noi reagiamo con una nuova prospettiva della cultura d’impresa al servizio del sistema. Perché quando il nostro lavoro di consulenti fa crescere un’azienda, fa crescere il benessere collettivo”. Andrea Toselli è il presidente di PwC Italia. l’organizzazione italiana “industri focused” facente parte di uno grandi network mondiali di servizi professionali che si occupa dalla revisione contabile alla consulenza strategica; un colosso da 250 mila professionisti nel mondo (è presente in ben 158 Paesi) che in Italia ne conta 6.000, età media di 33 anni. «Ci siamo detti che se cresciamo incrementando la nostra attività con le aziende nostre clienti vuol dire che siamo utili. Già, ma utili in cosa? Nell’essere motori del benessere. Un esempio semplice? Poniamo che noi si lavori per un’azienda che produce sedie e che, dopo il nostro intervento, quest’azienda riesca a produrre di più e con maggiore efficienza: il suo successo si riverbera sul sistema. Quindi noi abbiamo sempre detto di voler creare valore per il cliente, ed è vero e lo confermiamo. Ma ora sappiamo che al di là del business nostro e dei nostri clienti, noi riusciamo a giovare al benessere collettivo». E i suoi seimila colleghi sono d’accordo, credono a questa nuova prospettiva? È un approccio mentale e valoriale che crea uno straordinario ingaggio nelle nostre persone. Sono giovani bravissimi, con un gran cuore e un’enorme voglia di lavorare, che sentono profondamente, perché è nel

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dna delle loro generazione, il valore della sostenibilità e del bene comune.

Lei non usa lo slang tipico dei consulenti d’impronta americana, eppure PwC è un colosso basato negli Stati Uniti! In effetti siamo sempre stati, nostro malgrado, prevalentemente descritti come una branch di una multinazionale americana, lo so, ma la verità è diversa, almeno per noi. Noi siamo come un enorme studio professionale, siamo un’organizzazione totalmente italiana, posseduta e controllata da professioniste e professionisti che lavorando in Italia diventano partner e che quando escono dal partneriato, trasferiscono la propria quota partecipativa ad altri, a valori prePROFESSIONISTI E PROFESSIONISTE IN ITALIA DIVENTANO PARTNER E QUANDO ESCONO TRASFERISCONO LA PROPRIA QUOTA PARTECIPATIVA

fissati, garantendo il necessario ricambio generazionale. Questa è la chiave del nostro successo. È questa organizzazione tutta italiana che firma con le altre PwC nel mondo un patto per potere utilizzare il marchio e beneficiare della forza collettiva del nostro network, assumendosi naturalmente una serie di impegni, sostanzialmente relativi alla qualità delle prestazioni e alla gestione del rischio. L’impegno che sottoscriviamo è fare il massimo per evitare di arrecare danno al buon nome comune. Quindi noi abbiamo il vantaggio di un’autentica autonomia gestionale e, insieme dell’accesso a un grande network mondiale. Poco americani, quindi? Be’, consideri che per 15 anni ho avuto nel-

la mia stanza la foto di Alberto Sordi di “Un americano a Roma”, quando mangia i maccheroni, e mia moglie è americana! A parte la battuta: molto italiani quanto all’autonomia, molto globali, quando si tratta di attingere allo sterminato know how di 250 mila professionisti di tantissime culture diverse, disseminati in ogni angolo del mondo. La nostra professione ha comunque nella sua natura una forte responsabilità degli individui, il che pone dei limiti alla discrezionalità del singolo. Voglio spiegarmi meglio: per quanto bravo, un singolo professionista non può seguire in modo completo ed articolato una grande impresa: quello è un lavoro di team e costruire team vincenti è la nostra vocazione.

Bello. Ma riuscite a condividere tutto questo potenziale valore culturale con il sistema anche al di là di quel che potete fare indirettamente, attraverso il supporto che prestate ai vostri clienti? È esattamente questa la domanda che ci siamo posti all’inizio del processo che ha portato alla nuova prospettiva di cui parlavo. È il fatto di avere in azienda tanti giovani ci ha aiutato a focalizzare meglio la risposta. Recentemente ero ad una riunione interna e mi si presentavano gli ottimi risultati che uno dei nostri gruppi stava ottenendo. Ho colto subito la differenza di quei ragazzi con la mia generazione e ho sentito di dir loro: La mia generazione perseguiva il successo personale, era quella degli yuppie, della bella casa, della bella macchina, della barca, degli stipendioni. Queste non sono più le vostre priorità e la nostra capacità di ascolto ci consentirà insieme di metterle a fattor comune.


IL VERO VALORE PROFESSIONALE STA NELLE COMPETENZE E NELLA CREDIBILITÀ: DA NOI NON SONO MAI ANTAGONISTE

ANDREA TOSELLI, PRESIDENTE DI PWC ITALIA

E questa nuova frontiera piace? Molto, direi moltissimo. La voglia di partecipare, di dire la propria a nome dell’organizzazione, è palpabile. E molto presto inizierà a travasarsi nella nostra comunicazione social e anche alla stampa.

ci come cittadini. Per essere coerenti con il nostro vissuto professionale non abbiamo mia pensato ad una comunicazione a carattere commerciale, non ne abbiamo bisogno. Mentre invece contribuire al radicamento di valori del sistema significa vivere la nostra Purpose: SOLO LE SOCIETÀ DI REVISIONE “Build trust in CHE FANNO ANCHE CONSULENZA society and solve HANNO LE COMPETENZE NECESSARIE important proPER COMPRENDERE I LORO CLIENTI blems”.

Ma chi materialmente potrà produrre questi contenuti che intendete mettere a fattore comune? Noi siamo storicamente organizzati con responsabili di competenze e di industry, che saranno i testimoni della nostra narrazione, supportati da ricerche originali e adattamenti di studi internazionali al nostro mercato. Quest’attività è diventata molto importante per noi come raccolta, analisi e produzione di dati e come centrale di pensiero strategico e di confronto culturale trasversale, per esempio attraverso i recenti contatti con quella realtà trasversalissima che è l’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà abbiamo intrapreso, grazie al nostro ufficio studi, una serie di presentazioni su temi centrali per lo sviluppo del nostro Paese. È una responsabilità che dobbiamo assumer-

Allora, presidente: vediamo se davvero lei è libero dai tabù del top-management di alcune multinazionali, che non accettano mai di toccare i temi scabrosi. Nel caso del vostro settore, l’argomento tabù è quello del conflitto d’interessi. Si diceva, e a volte ancora si dice, che le società di revisione non dovrebbero avere parentela alcuna con le società di consulenza per non esserne influenzate nei rapporti con i clienti. Che ne pensa? La nostra azienda nasce dalla revisione. Io stesso sono un revisore contabile. Nel ’74 è nata la normativa italiana per la revisione delle società quotate, regolamentata compiutamente poi nell’81. Pian piano la revisione è stata affiancata dai servizi fi-

scali e le competenze contabili sono state utilizzata sempre di più a supporto delle attività di Merger&Acquisition perché quando si compra o si vende una società bisogna capirne i numeri, da lì alla consulenza di processo e strategica il passo è stato breve. Quindi il nostro business, progressivamente si è via via allargato a competenze adiacenti. Ma l’imprinting è sempre lo stesso: il servizio al sistema. Se un revisore perde credibilità, è un revisore finito. Chi fa questo mestiere, ci crede. E tutti noi siamo convinti che, nonostante errori e fallibilità, un sistema economico senza revisione dei conti sarebbe il Farwest. Naturalmente, a ondate carsiche, veniamo sospettati di conflitto d’interessi. Ma è un’ottica di venti, trent’anni fa. Ormai sono in molti a capire che se organizzazioni come PwC facessero soltanto la revisione contabile non riuscirebbero ad avere le competenze necessarie per comprendere veramente le dinamiche dei business dei loro clienti che sono sempre più complesse, e quindi perderebbero di efficacia. Sono fermamente convinto del fatto che il valore professionale sta nelle competenze e nella credibilità. Da noi queste viaggiano insieme, non sono mai antagoniste.

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La trasformazione digitale deve partire dalle risorse umane L’HR di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia ha elaborato la ricetta per perseguire un’evoluzione costante. Il viaggio nell’innovazione si nutre di nuove competenze e giuste attitudini e offre valore aggiunto ai clienti di Angelo Curiosi

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n un’organizzazione moderna, come quella di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, la funzione risorse umane non è più una funzione di staff, è parte integrante del business. «Siamo un high tech employer e già la nostra organizzazione lo dimostra. Un’organizzazione lean orientata al business e alle necessità del mercato». Romina Cristallo, HR Business Partner Manager di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, ha ben chiaro come la crescita dell’azienda sia agganciata al business e alle risorse che questo business lo implementano. Per accompagnare il mercato dei commercialisti e delle Pmi nella trasformazione digitale serve un mix di esperienza e di freschezza. A partire dalle risorse: «Il progetto di trasformazione digitale anche interno è un’iniziativa di Wolters Kluwer a livello globale che in Italia abbiamo sviluppato creando una strategia sul capitale umano assolutamente aderente alle necessità del nostro mercato». La Business Unit conta in Italia circa 450 collaboratori. «La trasformazione digitale è in piena evoluzione e con essa il mondo dei professionisti», puntualizza Romina Cristallo: «Di fronte a un mercato che cambia in fretta il professionista italiano è alla ricerca del valore aggiunto da offrire al suo cliente. Non bastano più gli adempimenti, servono la consulenza, le analisi, strumenti digitali sofisticati ma di grande usabilità. Tutto questo è alla portata dei nostri clienti grazie al

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ROMINA CRISTALLO

lavoro svolto dai nostri collaboratori». dei millennial presenti in azienda rendendoLa trasformazione del professionista da analoli ambassador del brand. «Il programma che gico a digitale comporta un passaggio che tenabbiamo elaborato ha come claim “Un’azienda ga presente entrambe le posizioni, quella che dai grandi numeri”, che non racchiude soltanto si lascia e quella nella quale si arriva. Tradotto i numeri che come multinazionale abbiamo in termini di risorse umane serve un mix tra e possiamo offrire sul mercato, ma si riferiesperienza e innovazione. «La nostra digital sce anche alla forte convinzione che i numeri transformation journey ha due riferimenti: i aziendali siano possibili solo grazie al continuo millennial e i baby boomer. Una soluzione duacontributo delle nostre persone, con numeri le che crea il mix perfetto tra mentalità digitale professionali e personali che vengono messi e conoscenza profonda derivata dalla tradiin gioco e fanno la differenza», spiega Romina zione che risponde e anticipa le necessità del Cristallo. «L’approccio al bacino dei millennial mercato italiano». avviene con strumenLA TRASFORMAZIONE DIGITALE Wolters Kluwer Tax & ti ormai consolidati È IN PIENA EVOLUZIONE E CON ESSA Accounting Italia vanquali i social media, le IL MONDO DEI PROFESSIONISTI ta un’importante setjob fairs, ma la nostra CHE CERCANO IL VALORE AGGIUNTO tore di R&D e un team particolarità è data di sviluppatori che ha portato sul mercato un dalla testimonianza che i nostri stessi millenprogetto rivoluzionario: Genya, il software in nial sono pronti a dare ai loro coetanei. Il mescloud che ha ribaltato le logiche tradizionali saggio è semplice e chiaro: in Wolters Kluwer e consente l’agilità, l’ubiquità, l’efficacia, l’effiTax & Accounting Italia si hanno opportunità cienza, in parole povere offre tutto quel valore di crescita e di lavoro interessante, si lavora aggiunto che permette al professionista di sviin team con buona armonia, si fa formazione luppare la sua clientela. sia attraverso corsi sia attraverso la pratica del Dopo aver ridisegnato l’esperienza dei dipen“learning by doing”, si dà e si riceve mentoring, denti di Wolters Kluwer Tax & Accounting si è parte di un insieme efficiente e sinergico». Italia, il team HR sta promuovendo una nuoLa contaminazione “digitale” è positiva e perva strategia di comunicazione per l’Employer vasiva. Il progetto di Wolters Kluwer Tax & AcBranding della Business Unit. Il progetto è counting Italia è in pieno sviluppo. Ha già fatto stato sviluppato in sinergia con altre funzioni sì che oggi il 15% della popolazione aziendale aziendali, Communication e Digital Markesia formata da millennial. In 60 hanno varcating, ma soprattutto ha coinvolto come parte to la soglia dell’azienda negli ultimi 24 mesi. attiva del disegno strategico la community Quanti saranno nei prossimi 24?


L’ageing society non è (ancora) con le carte in regola Un terzo della domanda di servizi di assistenza agli anziani è soddisfatto da circa un milione di badanti, di cui il 70% opera irregolarmente. La soluzione? Scegliere accuratamente l’agenzia a cui rivolgersi a cura della redazione

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iviamo nella cosiddetta Ageing Society. L’età media della popolazione, infatti, aumenta sempre più e cresce, in proporzione, anche il numero di persone che hanno bisogno di assistenza. Un dato, per capire la realtà: gli anziani non autosufficienti in Italia, nel 2017, erano 2,8 milioni e sono destinati a raggiungere quo-

ta 4 milioni nel 2045. La domanda di servizi per gli anziani, oltre che dall’invecchiamento della popolazione, è determinata anche dal mutamento delle dinamiche familiari e dalla mancanza di una politica nazionale di indirizzo e di finanziamento. Un terzo della domanda di servizi “senior care” è soddisfatto da circa un milione di badanti, di cui

il 70% opera purtroppo irregolarmente. Dal 2015, l’Agenzia per il Lavoro Openjobmetis si è dotata di una divisione specializzata in Family Care, che seleziona e assume con regolare contratto di somministrazione operatori familiari (comunemente chiamati badanti), per l’assistenza familiare e domiciliare, infermieristica e per altri servizi utili alle famiglie. E promuove studi e ricerche di spessore come quello richiamato nell’annuncio in questa stessa pagina relativo al convegno del 14 ottobre a Milano. Con un network di assistenti familiari presenti sul territorio, un team di professionisti dalla comprovata esperienza in campo assistenziale, l’obiettivo è quello di garantire un elevato livello qualitativo e un impegno quotidiano di cui stanno già godendo un gran numero di famiglie in Italia.

FAMILY CARE

NUOVE PROSPETTIVE PER L’AGEING SOCIETY Alimentiamo il dibattito sul tema dell’evoluzione nel mondo del lavoro legato al bisogno di assistenza delle persone anziane e non autosufficienti con il coinvolgimento di stakeholder del sistema sociale.

LUNEDÌ 14 OTTOBRE

Ore 13.00

SPAZIO BELVEDERE “ENZO JANNACCI”

Palazzo Pirelli - Milano ACCREDITI

familycare@ambrosetti.eu

co-organized by Ingresso previa registrazione fino a esaurimento posti

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GESTIRE L’IMPRESA

CUSTOMER EXPERIENCE, UN BOTTINO DA 177 MILIARDI Nell’era dell’iper-rilevanza le aziende devono fidelizzare i clienti, incoraggiandoli a ripetere gli acquisti. Così la soddisfazione del consumatore diventa un business in cui nulla è lasciato al caso. L’analisi di Accenture di Marco Scotti

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ndovinello con trabocchetto: qual è quell’area di business, quell’aspetto aziendale che vale oltre un trilione (tradotto, mille miliardi) di dollari negli Usa e 177 miliardi in Italia? La cybersecurity? Il digitale? Niente di tutto ciò: è la customer experience, ovvero l’esperienza che il consumatore vive quando si relaziona con un determinato brand. Tanto per prendere ad esempio un altro comparto costantemente al centro dell’attenzione mediatica e aziendale, la sicurezza digitale vale, in Europa, circa 130 miliardi di euro. È il risultato di una ricerca condotta da Accenture e che ha portato alla definizione di un nuovo modo di vivere il mondo degli affari: il Living Business che, fuori dagli anglicismi, potremmo tradurre con “business liquido” (prendendo a prestito la fortunata definizione del sociologo Zygmunt Baumann), ovvero in continuo movimento. Nel senso che chiunque offra un bene o un servizio a un pubblico potenzia-

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le deve essere in grado di modificare l’offerta in base alle esigenze del consumatore. Siamo entrati ufficialmente nell’era della cosiddetta “iper-rilevanza”, un tema che costringe le aziende – per accrescere i propri guadagni e incoraggiare i clienti a ripetere gli acquisti - ad abbandonare le modalità di lavoro tradizionali e individuare nuovi approcci per diventare iper-rilevanti. I BRAND STANNO CAMBIANDO L’APPROCCIO AL CLIENTE PROFILANDO L’ESPERIENZA GRAZIE AL DIGITALE E A PIATTAFORME VELOCI A CAMBIARE

«Il cliente cerca esperienze rilevanti one to one – racconta a Economy Massimo Morielli (nella foto), Managing Director di Accenture Digital – perché l’azienda ha ormai in mano tutte le informazioni per capire che cosa interessa all’utente. Grazie al digitale, mai come oggi accumulare dati di diverso tipo per profi-

lare l’esperienza è possibile e facile. Inoltre, nel momento in cui la relazione e la fedeltà sono a rischio, bisogna essere in grado di costruire piattaforme veloci a cambiare. Per questo abbiamo parlato di living business, perché si tratta di modalità di gestione che si evolvono in continuazione». Innanzitutto, dunque, i brand devono adottare una mentalità che ponga il consumatore al centro, realizzando una crescita sostenuta e mantenendo la rilevanza adattandosi continuamente alle necessità dei consumatori. Sempre più marginali, invece, i classici programmi di fidelizzazione del cliente: il 71% dei consumatori italiani e il 64% a livello mondiale, infatti, ritengono che tali programmi non sortiscano affatto l’effetto desiderato. I nostri concittadini, infatti, non smentiscono la reputazione di “latin lover” nemmeno quando si tratta di scegliere un marchio o un prodotto e sono tra i meno propensi a restare con un brand per tutta la


vita. Dall’analisi condotta da Accenture - che a livello mondiale ha intervistato 24.000 consumatori in 33 differenti paesi – ci sono più probabilità che i clienti smettano di affidarsi ad un brand che per loro non è rilevante (39% in Italia vs 25% nel mondo). Inoltre, le aziende che grazie ai prodotti e alle esperienze che offrono vengono percepite come rilevanti hanno più probabilità di essere raccomandate ad amici e familiari (74% in Italia vs 68% nel mondo). La rilevanza rimane un concetto talmente vitale all’interno delle scelte dei consumatori che il 25% degli intervistati dichiara che sarebbe pronto a smettere di acquistare i prodotti di un’azienda che non sia rilevante. Ma come si arriva alla cifra di cui si parlava prima di 177 miliardi di euro solo nel nostro paese? «Abbiamo quantificato – aggiunge Morielli – il valore legato al rischio di switch, cioè di passaggio da un brand all’altro, collegandolo ai settori dell’economia che potrebbero essere impattati dalle scelte dei consumatori. E questo, a mio avviso, non è che l’inizio. Perché a mano a mano che il digitale entra in maniera preponderante nelle nostre vite, automaticamente si moltiplica la possibilità di uno switch. Basta pensare a quello che è successo in alcuni settori (da Blockbuster a Kodak) e quello che stiamo verificando anche in industry come le banche. C’è un tema comune a tutti i grandi fallimenti: non essere abbastanza rapidi a cambiare la cultura dell’azienda». Una delle trasformazioni più epocali di quest’epoca che stiamo vivendo è rappresentata dal fatto che il prezzo, dopo aver vissuto un momento di centralità nelle abitudini di spesa dei consumatori, sta oggi diventando una delle voci da tenere in considerazione, non la più importante. La logica del discount, infatti, sta lasciando spazio alla necessità di un’esperienza maggiormente immersiva in cui le proposte che vengono fatte all’utente sono interamente profilate su di lui. Se quindi Amazon, grazie ai dati di cui è in possesso, è in grado di inviare offerte di sicuro interesse per un determinato utente (“forse potrebbe interessarti…”), il digitale ha permesso a una serie di start-up di garantire prodotti che fossero veramente unici. È

il caso del comparto dell’abbigliamento, settore che ha visto proliferare diverse aziende pronte a soddisfare le esigenze del singolo, non della moltitudine. Camicie su misura con colletto o polsini interamente declinati; scarpe che gaIL RISCHIO DI SWITCH, CIOÈ DI PASSAGGIO DA UN BRAND ALL’ALTRO, AUMENTA PARALLELAMENTE ALLA DIGITALIZZAZIONE

rantiscono una migliore calzata e via dicendo. «In termini di trend – conclude il numero uno di Accenture Digital Italia – stiamo suggerendo alle aziende di percorrere una strada che abbiamo ribattezzato di “data minimalism”. Bisogna riuscire a cambiare la mentalità dell’azienda, passando dalla necessità di avere quanto più dati possibili sull’utente a un set minimo, ma incisivo, che però garantisce totale fiducia sull’impiego che ne verrà fatto. In Italia siamo molto poco fedeli e questo lo vedo sul mio business. Al contempo le aziende italiane, confrontate con quelle degli altri Paesi europei in cui Accenture opera hanno avuto delle performance migliori perché partivano probabilmente un po’ più indietro e grazie al digitale hanno fatto un’accelerazione nel cambiamento».

Un esempio concreto di quanto dichiarato da Morielli è la partnership tra Accenture e Sanofi, con la piattaforma Uwell. Si tratta di un servizio aperto che consente alle persone di annotare le informazioni relative alla propria salute in un unico spazio virtuale. La piattaforma permette un rapido accesso ai servizi medici e farmaceutici come la possibilità di ricordare appuntamenti o scadenze importanti per la propria salute e di ricevere farmaci a casa. Uwell è anche una fonte ricca e certificata di contenuti educazionali e utili pareri di esperti. L’online, inoltre, permette di garantire nuove possibilità di business: è il caso dell’automotive. Il 75% dei clienti quando arriva in concessionario ha tendenzialmente le idee chiare sul modello che vuole acquistare e perfino sull’allestimento. Ma vuole comunque vedere dal vivo la macchina per capire come sia. Allora – ed è l’idea di alcune aziende di consulenza – perché non affiancare il cliente già dal sito internet, facendolo “giocare” con il confguratore in modo poi da ottenere dati, preferenze, scelte. La divisione digital di Accenture in Italia esiste da cinque anni ed è stata realizzata per fornire una consulenza ai clienti che avessero intenzione di promuovere una trasformazione digitale. Anche perché, mai come oggi, le aziende non possono neanche più permettersi il lusso di domandarsi se avviare una rivoluzione tecnologica ma, al massimo, devo interrogarsi sul come e su quale budget mettere a disposizione. L’Italia è, a livello di gruppo, tra le nazioni che hanno registrato le performance di crescita migliori, tanto che nel nostro paese oltre il 60% dei servizi che vengono offerti da Accenture ha una base digitale. In conclusione, mettere a punto un living business è un processo che richiede cinque abilità strategiche secondo Accenture: individuare obiettivi e iniziative di crescita core dirompenti per alimentare un’innovazione continua; progettare prodotti e servizi come piattaforme iper-rilevanti; creare esperienze innovative di marketing e vendita; dotarsi di un insieme nuovo e ampio di alleanze e collaborazioni nel proprio ecosistema; sviluppare una mentalità che metta al centro il cliente anche nella forza lavoro.

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GESTIRE L’IMPRESA

IL VALORE DEL CAPITALE UMANO SI VEDE DAL BOSS Ceo, manager e imprenditori si danno appuntamento il 15 e 16 novembre a Milano con il Leadership Forum organizzato da Performance Strategies con i business thinker di maggior rilievo in Italia e nel mondo

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racciare rotte inesplorate, spingere lo sguardo oltre per dare un’altra forma al presente: la leadership si manifesta sempre di più nella capacità di trovare metodologie di pensiero innovative e nuovi sistemi di management. Che si tratti di piccole, medie o grandi aziende, start up o multinazionali, ciò che è in grado di guidare il team verso il raggiungimento degli obiettivi è proprio la capacità di leadership. Per questo, Performance Strategies organizza venerdì 15 e sabato 16 novembre a Milano l’evento più importante su questi temi in Italia: il Leadership Forum. Qui, insieme ai maggiori esperti internazionali nel campo del business, accademico e sportivo, i leader si incontrano per attingere a nuove fonti di ispirazione e per riorientare, nella pratica, le proprie azioni. Persone e idee che cambiano il mondo. Questa la vision del Leadership Forum di Performance Strategies. Un appuntamento unico per approfondire i temi della leadership e del management e acquisire gli strumenti e la visione strategica oggi necessari per ripensare il futuro del business. Punto di incontro per migliaia di Ceo, manager e imprenditori, i protagonisti del Leadership Forum saranno alcune tra le massime autorità internazionali nel campo della psicologia, i business thinker di maggior rilievo e le personalità più influenti

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di team management, mentre Verne Harnish, massimo esperto di Scaling Up, presenterà innovative strategie di management per la crescita esponenziale. Keith Ferrazzi, una delle persone più connesse al mondo, approfondirà il miglior approccio per elevare la performance dei team. L’esperienza di Claudio Cecchetto, il talent scout italiano per eccellenza, aprirà nuove prospettive sulla gestione dei talenti. Il trendspotter Alf Rehn, uno dei più brillanti esperti al mondo di creatività, ci fornirà la sua inedita visione sul futuro della leadership. Lo Chef Massimo Bottura, infine, rivelerà gli ingredienti che hanno condotto la sua Osteria dal mondo dell’impresa e dello sport. Howard Francescana al primato mondiale. Giornate di Gardner, docente di Scienze cognitive all’Unigrande ispirazione, ma anche occasione di riversità di Harvard e uno degli psicologi più trovo, opportunità di fare networking di altiseminenti del nostro secolo, approfondirà il simo profilo e di generare nuove opportunità significato della leadership nell’era delle indi business. «Il Leadership Forum è il nostro telligenze artificiali; Rita McGrath (Columbia evento di riferimento – spiega Marcello ManBusiness School) tra cini, CEO e fondatore DA HOWARD GARDNER A CLAUDIO le 10 persone più indi Performance StraCECCHETTO, DA FABIO CAPELLO A RITA fluenti al mondo nel tegies - Selezioniamo MCGRATH: SUL PALCO I LEADER campo del business, ogni anno i relatori in A CONFRONTO E A FARE “SCUOLA” fornirà le strategie base a criteri di autoimprenditoriali per individuare nuove opporrevolezza, efficacia e capacità di stabilire nuovi tunità nei momenti di crisi. Fabio Capello, uno paradigmi di pensiero. La presenza di migliaia degli allenatori più vincenti nella storia del caldi top manager si traduce in un’occasione di cio mondiale, condividerà le sue metodologie grande visibilità, oltre che in possibilità di lead generation e fidelizzazione. Per facilitare queste sinergie organizziamo eventi privati con i nostri speaker e momenti di networking». La leadership, personale o di gruppo, si manifesta sempre di più nella capacità di trovare nuovi sistemi di management e approcci innovativi. L’ispirazione con i massimi esperti al mondo nel campo della scienza, del business e della cultura fornisce a imprenditori, manager e professionisti le strategie e gli strumenti per trasformare il sapere in saper fare e alimentaMARCELLO MANCINI re la crescita della propria azienda.

Per approfondimenti https://www.performancestrategies.it/i-nostri-corsi/leadership-forum-2019/


IL BUONO PASTO DIVENTA UN PICCOLO FRATELLO La digitalizzazione ha moltiplicato le funzionalità dello storico rettangolino di carta, che l’evoluzione di Ticket Restaurant interpreta al meglio. «In più, è un business ad alta eticità di fondo», spiega Luca Palermo, a.d. di Edenred di Victor de Crunari

C’

era una volta il panino al bar sotto l’ufficio dalle 13 alle 14. Oggi insieme al lavoro si è trasformata anche la pausa pranzo, per orari e per modalità di fruizione del cibo; per accompagnare questa trasformazione sono cambiate anche le soluzioni a supporto di chi lavora. Il Ticket Restaurant diventa digitale attraverso l’app mobile e prende il posto di quello cartaceo, adatto per la pausa pranzo veloce, ma non al passo con le mutevoli esigenze contemporanee. La diffusione dell’utilizzo quotidiano di questo nuovo strumento sta trainando la digitalizzazione del Paese: «Secondo l’Osservatorio del Politecnico, il numero medio di transazioni con la carta di credito è tra le 40 e le 50 all’anno» dice Luca Palermo, AD di Edenred Italia, «mentre con i buoni pasto elettronici si pranza tutti i giorni, 220 volte all’anno. Una forte spinta alla digitalizzazione del Sistema Paese, che educa a comportamenti digitali una popolazione che nativamente è piuttosto restia». “Cambia gli strumenti delle persone e cambierai i loro comportamenti” sostiene Steward Brand: «La nostra tessera elettronica può stimolare e cambiare i comportamenti delle persone, spingendo alla digitalizzazione dell’Italia» mette in evidenza Palermo. I buoni pasto nascono 40 annni fa con lo sviluppo del settore terziario: le imprese si spostano nelle città e nasce l’esigenza di assicurare agli impiegati gli stessi diritti degli operai, anche in pausa pranzo. Le aziende hanno la possibilità di garantire a tutti i collaboratori una pausa pranzo di qualità. «Crediamo in questo business perché ha un’eticità di fondo» sottolinea l’AD di Edenred Italia, «È un attivatore di consumi e soddisfa uno

dei bisogni primari inclusi nel primo gradino della piramide sociale di Maslow: l’alimentazione». Sono passati tanti anni dal boom del terziario e oggi le esigenze sono cambiate in modo profondo. Si è evoluto il luogo di lavoro che non è più quello tradizionale: c’è lo smart working, si è diffuso il desk sharing e la scrivania in certi luoghi non esiste più. Si lavora da casa oppure in un coworking, o dal parco, o al telefono dal treno e così via. «Tante persone hanno cominciato a cambiare le abitudini» spiega Palermo, «non tutti pranzano allo stesso orario, tanti decidono di fare un break a orari non canonici. È cambiata la domanda LE SOLUZIONI DIGITALI OFFRONO UNA FLESSIBILITÀ D’USO MAGGIORE RISPETTO A QUELLE TRADIZIONALI

e, di conseguenza, anche l’offerta». Anche il mondo della ristorazione è in piena fase di trasformazione. «Siamo tutti testimoni della nascita di nuove imprenditorialità legate al mondo della ristorazione» osserva l’AD di Edenred Italia, «si amplia la scelta e aumenta la capacità produttiva: si sviluppano nuovi trend come il food delivery e le digital canteen». Tutto questo impatta anche sulle soluzioni utilizzate per la pausa pranzo, spingendo verso il digitale che offre una flessibilità d’uso maggiore. «Ci troviamo al centro di un ecosistema che coinvolge da una parte gli utilizzatori dei buoni pasto, dall’altra i ristoratori che preparano i pasti» aggiunge Palermo, «siamo driver di questa evoluzione e rispondiamo all’esigenza di una domanda e di un’offerta in continuo cambiamento. Noi stessi abbiamo trasformato la nostra identi-

LUCA PALERMO, AD DI EDENRED ITALIA

tà: prima producevamo buoni pasto cartacei, adesso offriamo esperienze digitali legate alla pausa pranzo e, più in generale, finalizzate al benessere di chi lavora». Risparmiare tempo, accedere più facilmente ai servizi di food delivery e offrire una customer experience efficace sono degli esempi tangibili. Con l’app Ticket Restaurant si possono gestire i buoni pasto e trovare i locali convenzionati. Una nuova esperienza allineata con il nuovo modo di food tech. Gli strumenti digitali per la pausa pranzo possono dare una forte spinta alla digitalizzazione del Paese: non sono utilizzati solo dai millennials e dai nativi digitali, ma anche dalle generazioni che al digitale sono meno avvezze. «Il nostro ruolo è quello di progettare esperienze digitali semplici per tutti» conclude l’AD di Edenred.

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GESTIRE L’IMPRESA

Il motto di Salza: «Credere nel futuro, anzi anticiparlo» Dieci anni fa nasceva Tecnoinvestimenti. Oggi la sua “erede”, Tinexta, è un’azienda da 126 milioni di ricavi e 14 di utile grazie ai servizi all’impresa e all’innovazione. Ne ripercorriamo le tappe con il fondatore: Enrico Salza di Sergio Luciano “TRASMIGRATORE E NAVIGATORE” MAGARI NO, VISTO IL SUO RADICALE ATTACCAMENTO AL TERRITORIO TORINESE, LA SUA CASA. Ma certamente nell’attività di Enrico Salza si sono via via, e in varia misura, palesate tutte le caratteristiche italiane riassunte dall’iscrizione sulla sommità del Palazzo della civiltà italiana a Roma, il cosiddetto Colosseo Quadrato - “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati…” – una definizione sopravvissuta alla rimozione collettiva dell’autore, Mussolini, perché di grande forza evocativa. Salza è stato piuttosto eroico, molto pensatore e un po’ scienziato nel riuscire a fare impresa, e a farla globale, in quella company-town targata Fiat negli anni in cui lui produceva fiammiferi che vendeva in tutto il mondo. Ed è stato sicuramente un poeta per la sua Torino, alla quale ha dedicato energie e pensieri; e un artista nel destreggiarsi in mezzo alla politica italiana senza mai contaminarsi con le sue numerose tossine. Ma soprattutto è riuscito ad inventarsi, giusto dieci anni fa, all’indomani dell’esplosione della crisi economica più dura di sempre, un’azienda di consulenza alle imprese, portandola in borsa facendola grande, rendendola profittevole e, insomma, conducendola al successo. Cioè Tinexta - come si chiama oggi la “vecchia” Tecnoinvestimenti - di cui Salza alla bell’età di 82 anni è ancora l’indiscusso e amato presidente.

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E allora, presidente: ma come ha fatto? Come l’è venuta l’idea di creare Tinexta? Nessuno l’avrebbe pensato, dieci anni fa! Ed oggi siamo qui a contabilizzare un piccolo-grande trionfo: 126 milioni di ricavi e 14 di utile netto al 30 giugno, quasi il 30%, di pura materia grigia, servizi all’impresa ed all’innovazione… Ho sempre creduto nel futuro e cerc ato di anticiparlo. Pensi che quando ho creato la Cerved, di informatica sapevo ben poco, ed anche adesso del resto.

ALL’INDOMANI DELL’ESPLOSIONE DELLA CRISI PIÙ DURA DI SEMPRE ENRICO SALZA È RIUSCITO A INVENTARSI UN’AZIENDA PROFITTEVOLE

Già, la Cerved. Anche allora: come le venne l’idea? Io presiedevo la Camera di commercio di Torino e il grande Mario Volpato, geniale matematico e vero pioniere dell’innovazione informatica, quella di Padova. Credetti immediatamente nella sua idea di valorizzare i dati ufficiali forniti dalle imprese, restituendoli al mercato e alle imprese stesse come informazioni utili per accrescere competitività e sviluppo. Dunque, unimmo le forze noi ed anche allora vedemmo lungo…. Insomma fiuto e visione. E la Camera di Milano? Mi ci volle un bel po’ a convincerli a entrare

ENRICO SALZA

in partita, e alla fine ci riuscii perché c’era Piero Bassetti, che capì che, partecipando alla Cerved e avvalendosi dei suoi servizi informatici, avrebbe ridotto i costi del 75%. Scesero infatti da 30 a 7 miliardi di lire..Una situazione assurda che non aveva creato lui, se l’era ritrovata, e capì che poteva superarla. E da allora in poi, tutte le Camere di commercio entrarono nella Cerved. E Torino diventò una delle tante? No, restammo sempre avanti, fummo i primi ad informatizzarci totalmente e proprio a Torino la Cerved ebbe il suo primo disaster recovery…Era la fine degli Anni Settanta. Qualcuno a quel punto mi considerava un grande esperto. Non era vero. Semplicemente avevo capito il valore di Volpato e mi fidavo di lui.

Nel 2014 ha portato in Borsa Tinexta: perché? Perché eravamo, sì, una bella azienda ma avevamo solo soci pubblici! Io che mi sono sempre occupato del mondo imprenditoriale privato mi sono detto: dobbiamo privatizzarci, e il modo migliore era andare in Borsa. Ci sono state delle resistenze, sa. Ma con pazienza ce l’abbiamo fatta. E adesso volete incrementare l’internazionalizzazione del business. E’ un percorso segnato, dovuto. E’ nel no-


OCCORRE RISPETTO VERSO CHI LAVORA E LA CAPACITÀ DI CAPIRE LA FATICA stro dna imprenditoriale. Anche nel mio personale, che con le aziende di famiglia ho privatizzato imprese statali e globalizzato business originariamente nazionali.

E qui Enrico Salza si concede a narrazioni, anche rappresentando quel qualcuno – l’imaneddoti e ricordi. Abbondano, nella sua inprenditoria – o quel qualcosa - la capacità tensissima storia di imprenditore e “grand di produrre benessere - che la società civicommis” di Stato. Determinante nell’orienle magari contesta ma cui però comunque tare anche scelte strategiche nazionali da anela, perché ne ha bisogno come l’aria. Sì, ma siete specializquella Torino di cui Tutte caratteristiche concentrate nel profilo ENRICO SALZA: «LA MIA È UNA STORIA zati anche nell’affianper certi versi lui di Enrico Salza. Caratteristiche che distinDI IMPRENDITORE CRESCIUTO A LIVELLI care le medie aziende INTERNAZIONALI SENZA MAI PERDERE ha saputo fare un guono la classe dirigente consapevole. che all’estero non ci avamposto. Il culto ---- . ---IL GUSTO DELLA LIBERTÀ» vanno ancora, o maper la libertà ma anAi lettori: se questa intervista vi è sembrata gari iniziano ad andarci proprio grazie a che la passione civile, la visione del potere agiografica, avete capito bene. Lo è. Perché Tinexta… come servizio alla collettività e non edifil’intervistato se lo merita, e i dieci anni di sucCerto, perché veda, la mia è una storia di cazione dell’ego, ma insieme l’orgogliosa cessi della sua ultima creatura Tinexta sono imprenditore nato piccolo e cresciuto fino consapevolezza di poter incidere sul reale l’occasione giusta per dirlo. a livelli internazionali, senza mai perdere il gusto della libertà, dell’indipendenza. Altrimenti perché avremmo resistito come impresa indipendente in una città in cui la Fiat TINEXTA, LA FOTOGRAFIA era tutto? Ho ringraziato l’Avvocato Agnelli che mi propose di vendergli l’azienda di di euro e un utile netto Enrico Salza e la guida Il Gruppo Tinexta famiglia, ma rifiutammo rimanendo a diridi 14,0 milioni. «Ottimi (www.tinexta.com) è nato dell’amministratore gerla con la mia famiglia. E’ quindi coerenrisultati operativi in un delegato Pier Andrea nel 2009 dall’apporto te con la mia storia imprenditoriale offrire, contesto economico non Chevallard, opera in tre delle partecipazioni di facile» ha commentato aree di business: Digital Tecno Holding, società attraverso il modello di business di Tinexta, il Presidente Salza, Trust, Credit Information partecipata dalle consulenza alle medie e piccole imprese per comunicandoli, «che & Management, principali camere di uno sviluppo duraturo e indipendente. Ma confermano la bontà Innovation & Marketing commercio italiane attenzione: il gusto per l’indipendenza non delle scelte strategiche Services. Tinexta, che e da Unioncamere. basta. conta ormai quasi 1.300 del Gruppo, che Dal 2014 è quotata in prosegue nell’attività di dipendenti, ha chiuso Borsa: prima in Aim consolidamento della il primo semestre del Italia e poi, grazie alla E cos’altro occorre? propria leadership 2019 con ricavi pari a crescita, al segmento Secondo me, il rispetto verso chi lavora con in ciascun settore di 126,6 milioni di euro, Star del mercato Mta. noi e la capacità di capire la loro fatica, come attività». un ebitda di 32,4 milioni Sotto la presidenza di mi aveva insegnato nonna Emilia Bosso.

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GRAZIE AL FINTECH ANCHE LE PMI ORA HANNO IL LORO RATING FINANZIARE L’IMPRESA Avete presente il mantello dell’invisibilità di Harry Potter? Ecco, se siete imprenditori capite bene a cosa ci stiamo riferendo: all’invisibilità delle Pmi rispetto al sistema bancario e alle conseguenti difficoltà nell’ottenere credito. La soluzione? Assegnare un rating anche alle aziende che normalmente non finiscono sotto la lente delle agenzie.

45 PMI INDEX AUTOMOTIVE, DIETRO LE QUINTE DEL SISTEMA ITALIA

46 CREDITO D’IMPOSTA INNOVAZIONE E INCENTIVI: TREND E VALORE D’IMPRESA

Dalla partnership tra lo spin off dell’Università di Trieste Modefinance e la londinese Wiserfunding la prima valutazione certificata a livello globale per le piccole e medie imprese di tutta Europa di Marina Marinetti

C

hi l’ha detto che il giudizio degli altri te di 57 miliardi. La soluzione? Assegnare un non conta? Conta moltissimo, inverating ufficiale anche alle Pmi. ce, specie se in ballo c’è l’iniezione «Di agenzie di rating in gioco non ce ne sono di liquidi in azienda. Se però l’azienda in quetante, a parte le big che però non si occupano stione è una Pmi il rischio è di rimanere con la di Pmi», spiega a Economy Valentino Pedirocassa vuota. Il problema è che per dare credida, co-founder (insieme con Mattia Ciprian) e to occorre valutare il rischio. Ma ogni Pmi ha amministratore delegato di modefinance (si fondamentali, caratteristiche e storie diverse. scrive proprio così, con la “m” minuscola), la Così, meglio girare alla prima agenzia di raIN ITALIA NEL 2018 I PRESTITI ALLE larga. E infatti secondo ting FinTech d’Europa PMI SI SONO RIDOTTI DEL 5%. COLPA un recente rapporto (certificata Cra e Ecai DELL’INVISIBILITÀ AL SISTEMA BANCARIO di Unimpresa, in Italia DELLE AZIENDE DI PICCOLE DIMENSIONI da Esma nel 2015 e senel 2018 i prestiti alle condo player italiano Pmi si sono ridotti del 5% rispetto all’anno nel settore dei minibond), che a luglio, insieme precedente. La restrizione del credito bancario con Wiserfunding, fintech londinese speciaha colpito con forza i 141 distretti industriali lizzata nella valutazione del rischio di credito presenti nel territorio italiano che costituiscodelle piccole e medie imprese (il fondatore, no circa un quarto del sistema produttivo del Edward Altman, è colui che nel ’68 ha elaboranostro Paese. Nel periodo compreso tra il 2010 to Z-score, il primo modello per la valutazione e il 2017, i finanziamenti alle imprese dei didel rischio di credito), ha dato il via al primo stretti italiani si sono ridotti complessivamenrating FinTech certificato a livello globale e de-

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FINANZIARE L’IMPRESA

Il co-founder (insieme con Mattia Ciprian) e amministratore delegato di “modefinance”, Valentino Pediroda

dicato alle Pmi europee: nel target c’è qualcosa come 25 milioni di aziende piccole e medie, tra quotate e non. Per cimentarsi nell’impresa, modefinance utilizza i Big Data, integrandoli con dati privati e con le considerazioni del team di analisti relative a fattori non valutabili quantitativamente, di fatto unendo due metodologie di analisi: quella tradizionale e quella basata su intelligenza artificiale e Big Data: «Questo permette di sviluppare modelli altamente predittivi e affidabili in grado di individuare potenziali fattori di rischio fino a 60 mesi di anticipo», sottolinea Pediroda. Ma la sfera di cristallo non c’entra: «È semplicemente l’applicazione di un modello che viene costruito con dati “storici” da utilizzare a livello statistico perché sono predittivi nei confronti del default. Mi spiego: se una società fallisce oggi, devo prendere in esame i dati di 36 mesi fa. In questo modo spingo il modello a essere predittivo: vado a vedere cosa è successo 36 mesi fa per trovare il fallimento di oggi». «La crisi economica e le frequenti turbolenze dei mercati che hanno caratterizzato l’ultimo decennio hanno reso evidente la necessità per le imprese e per gli istituti finanziari di dotarsi di risk policy adeguate e di strumenti di gestione e previsione del rischio più rapidi e affidabili», aggiunge Gabriele Sabato, co-fondatore e

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ceo di Wiserfunding: «Un nuovo approccio alla tesoreria viene dalla trasformazione digitale che ha investito il mondo finanziario e dalla nascita di strumenti in grado di ridurre notevolmente le tempistiche del processo di valutazione, pianificazione e previsione finanziaria». In sostanza, l’automatizzazione dei processi di analisi e la scalabilità delle informazioni rendono fruibili e trasparenti in tempi nettamente inferiori i processi di valutazione del merito di GRAZIE ALL’UNIONE TRA ANALISI TRADIZIONALE, BIG DATA ANALYTICS E INTELLIGENZA ARTIFICIALE, IL RATING VIENE EVASO IN POCHI GIORNI

credito di una Pmi. Anche perché di mezzo, a complicare la questione, c’è Basilea 3 e l’ulteriore aumento del costo del credito bancario che è ragionavole aspettarsi alla luce delle nuove regole: le Banche che utilizzano il metodo Airb (Advancend internal rating based) sono tenute a fissare un limite minimo, il cosiddetto output floor, al di sotto del quale il loro capitale regolamentare non potrà scendere. Per agevolare la ripresa di finanziamenti verso le Pmi, segmento meno fornito di rating esterni, e ridurre l’impatto dell’output floor, sarà dunque fondamentale che gli istituti finanziari si dotino di sistemi esterni, credibili ed efficaci,

per la stima del rating su Pmi. «Per emettere un finanziamento a una azienda priva di rating la banca deve accantonare a riserva molto più capitale rispetto a un finanziamento erogato nei confronti di una società con un rating ufficiale», spiega l’ad di modefinance. «Se l’azienda ha un rating ufficiale, la banca può diminuire il capitale a riserva, generando quindi un circolo virtuoso che all’istituto finanziario costa meno e offre una redditività maggiore. È chiaro che il credito verrà concesso più facilmente. E poi una società che si fa “retare” mostra una traspaenza maggiore, ci guadagna in immagine e credibilità e ottimizza anche la relazione cliente-fornitore, oltre che banca-impresa». Ma quanto costa a una Pmi farsi, appunto, “retare”? «Il rating costa qualche migliaio di euro», chiarisce Pediroda, «che significa dall’unità fino alla decina: numeri assolutamente sostenibili. Ovvio che più l’azienda è piccola, meno è complessa e di conseguenza meno paga. Peraltro la tecnologia fintech ci permette di essere molto veloci: normalmente un’agenzia di rating impiega quasi un mese o più a elaborare le informazioni, mentre noi, dal momento nel quale l’azienda ci fornisce tutti i dati, elaboriamo il rating in pochi giorni. Questo tempismo è fondamentale, perché le imprese chiedono il rating proprio nel momento in cui ne hanno bisogno». Come funziona? La scala di rating prevede 21 classi, da A1 (più alto merito di credito) a C3 (merito di credito più basso), a cui si aggiungono ulteriori 4 classi riservate alle imprese inadempienti o che hanno procedure fallimentari in corso. «In pratica l’azienda ci contatta, gli analisti forniscono la checklist delle informazioni da fornire, le studiano e procedono a un approfondimento con il responsabile dell’azienda. Il rating viene evaso in tempi rapidissimi. C’è anche chi ci chiede un rating privato, per capire come si sta posizionando l’azienda».


AUTOMOTIVE, DIETRO LE QUINTE DEL SISTEMA ITALIA Settore automotive - Pmi affidabili classificate per performance Classifica Ragione sociale

Nsa Economy Ranking

SUD

NORD-OVEST

NORD-EST

CENTRO

S

i fa presto a dire “affidabile”. Ma che un’impresa lo sia a o meno, è questione di strategia, di numeri, di storia aziendale. Ecco perché è importante “affidarsi”, appunto, a chi è in grado di valutare con metodi scientifici bilanci e performances aziendali. Lo fa, per Economy, il gruppo Nsa, il primo mediatore creditizio per le imprese italiane per fatturato, vigilato dalla Banca d’Italia tramite l’Organismo agenti e mediatori. Nsa è un mediatore creditizio specializzato nella erogazione di finanziamenti alle imprese, capace di garantire efficacia ed efficienza nei rapporti con il sistema bancario. Il rank attribuito alle aziende da Nsa che vedete nella tabella a fianco è frutto di ricerche ed elaborazione di dati commissionata da Economy all’Ufficio Studi del Gruppo Nsa. Il rank che vedete nella tabella che pubblichiamo ogni mese in queste pagine è, appunto, calcolato sull’analisi dei bilanci, regolarmente depositati. In particolare, l’analisi classifica le imprese per solidità patrimoniale, performance, affidabilità e redditività: i medesimi parametri utilizzati per l’elaborazione di nsaPmindex, l’indice sul merito creditizio. Il Gruppo Nsa adotta anche in questa ricerca l’algoritmo definito dal Disa, Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Bologna, per l’elaborazione dell’Indice nsaPmindex, indice annuale sullo stato delle PMI italiane. E la tabella a fianco rappresenta una fotografia dello stato di salute delle imprese italiane, suddiviso per area geografica. Questo mese sotto la lente Nsa ha messo il comparto dell’automotive, che in Italia, tra produzione, componentistica, distriuzione e riparazione occupa qualcosa come 1,2 milioni di addetti e “vale” 72,7 miliardi di euro.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Fatturato

C.V.C. S.R.L. - Montone (PG) IGAP SRL - Cisterna di Latina (LT) FORESTAL S.R.L. - Roma (Roma) WRS SRL - Tavullia (PU) V. TISEO S.R.L. - Pignataro Interamna (FR) D.C.M. CAR S.R.L. - Cisterna di Latina (LT) REMATEK S.R.L. - Larciano (PT) ST.LA S.R.L. - Pontedera (PI) MT DI VERDOLINI IVANO S.R.L. - Jesi (AN) GIANANGELI S.R.L. - Jesi (AN) EUROTEC S.R.L. - Bologna (BO) TABARRINI RIMORCHI S.R.L. - Verona (VR) ZANELLI FURGONATURE - S.R.L. - Bertinoro (FC) I.F.R.A. S.R.L. - Occhiobello (RO) BRICCOLANI S.R.L. - Castrocaro Terme e Terra del Sole (FC) THERMOSERVICE S.R.L. - Cesena (FC) TECNOCARAVAN DI DAMIANI VILLER S.R.L. - Spilamberto (MO) CASTELLI S.R.L. - Cazzano di Tramigna (VR) GEMINI S.R.L. - Malo (VI) CARROZZERIA SARAGGI S.R.L. - Cassola (VI) DISA DIESEL INIEZIONE S.P.A. - Milano (MI) NUOVA CARROZZERIA TORINESE S.R.L. - Torino (TO) ITALGIUNTI S.R.L. - Borgaro Torinese (TO) CRAVER INDUSTRY FOR THE VEHICLE S.R.L. - Torino (TO) CORONA & C. S.P.A. - Rivoli (TO) RICAMBIFLEX G.M. SRL - Pregnana Milanese (MI) MACCHI RAG. FIORENZO S.R.L. - Venegono Inferiore (VA) QUATTROERRE ITALIA S.R.L. - Milano (MI) FACET S.R.L. - Collegno (TO) GRABOR G.M. S.R.L. - Monticello d’Alba (CN) ELETTROSUD S.R.L. - Gragnano (NA) TURBOMEPS S.R.L. - Battipaglia (SA) TRY OUT CAR S.R.L.S. - Torano Castello (CS) ECOCAR S.R.L. - Catania (CT) EXTREMENGINEERING S.R.L. - Spinete (CB) ECO CAR SUD - S.R.L. - San Valentino Torio (SA) VIBERTI RIMORCHI S.R.L. - Tocco da Casauria (PE) METALCASSONI S.R.L. - Barcellona Pozzo di Gotto (ME) FIORELLA INDUSTRIE S.R.L. - Montefino (TE) TECNECO FILTRI S.R.L. - Collepasso (LE)

7.843.867 € 1.720.484 € 976.090 € 1.267.057 € 827.579 € 1.623.691 € 557.398 € 6.328.191 € 2.155.790 € 1.012.437 € 14.531.948 € 7.131.629 € 5.772.746 € 3.202.568 € 1.773.045 € 1.256.220 € 919.877 € 696.926 € 691.582 € 552.506 € 17.608.312 € 16.850.274 € 5.456.437 € 4.896.884 € 4.295.770 € 3.897.903 € 2.662.572 € 2.313.348 € 28.954.585 € 1.289.182 € 39.921.549 € 710.900 € 533.117 € 1.081.352 € 1.159.683 € 1.082.236 € 20.874.042 € 637.500 € 3.446.463 € 7.887.832 €

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FINANZIARE L’IMPRESA

Credito d’imposta spendibile un incentivo tra i più riusciti Lo strumento del credito d’imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo contribuisce in maniera significativa ad aumentare la redditività dell’azienda. Nell’immediato, ma anche nel lungo periodo di Elisabetta Chinetti (Senior Advisor di Seven Capital Partners)

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sta R&S pari a circa 3,5 €/mld a fine 2019. Questo strumento contribuisce, proprio per la natura dell’investimento, ad aumentare la redditività dell’azienda non solo nel medio-lungo periodo, ma anche nell’immediato, grazie alle modalità intrinseche di utilizzo. Le imprese beneficiarie possono infatti attivare sin da subito l’effetto one-off sul proprio Ebitda, potendo anche recuperare i benefici non usufruiti negli anni precedenti, risalendo fino al triennio 2012/2014. Seven Capital Partners ha quindi provato a stimare l’impatto di tali incentivi sull’Ebitda delle imprese che ne hanno fruito (pari a circa 40.000 a giugno 2019), ottenendo un incremento compreso tra il 2,5% ed il 7%, in funzione dell’incidenza degli investimenti in R&S sul fatturato. L’ampia forchetta, che comunque premia le imprese con la maggiore incidenza, è anche dovuta alla natura della ricerca che ha compendiato imprese di ogni settore e dimensione. Oltre al beneficio diretto appena

L’AUTRICE, ELISABETTA CHINETTI

quantificato, è di tutta evidenza che l’incentivazione favorisce l’attivazione di una serie di meccanismi interni indiretti quali la strutturazione del processo di innovazione, la spinta alla sperimentazione di base, la diffusione della cultura dell’innovazione nell’impresa e nella comunità in cui opera, la creazione di filiere dedicate, ecc. Per quanto complesso da valutare (nell’immediato come sopra sintetizzato e nel lungo periodo, anche attraverso l’incremento generalizzato delle voci di bilancio Brevetti ed Immobilizzazioni Immateriali) è proprio in questi processi che risiede il vero valore del sistema di incentivi all’innovazione che ci piace leggere non solo quale supporto alle imprese, ma, in ultima istanza, come strumento di crescita di tutto il Paese.

Andamento storico e prospettico 2015 - 2019 Cagr 2,3%

EURO/MLD

L’

innovazione, nella sua accezione più ampia, rappresenta l’essenza stessa dello sviluppo di tutta l’umanità e, da Schumpeter in poi, anche la teoria economica ha riconosciuto l’innovazione come parte essenziale del concetto di imprenditore e fonte di vantaggio competitivo in ogni industry. Conseguentemente, molti Governi incentivano gli investimenti in innovazione delle imprese. Focalizzandoci sull’Italia, uno dei più riusciti modelli di incentivazione è il credito d’imposta riconosciuto fino al 50% delle spese in R&S intra-muros. Ricorrendone i requisiti e previa certificazione dei costi, il credito di imposta è spendibile, senza presentazione di alcuna istanza, in compensazione con qualsiasi imposta pagabile tramite modello F24 e non rileva ai fini del calcolo degli incentivi de minimis. A livello contabile, l’impatto positivo viene tipicamente registrato nella voce di bilancio “Altri ricavi”, mentre l’unica voce di costo differenziale consiste nel costo dell’ente certificatore, necessario all’ottenimento dell’incentivo (che generalmente oscilla dal 5% al 7% del valore del contributo accertato). Sulla base delle elaborazioni sviluppate da Seven Capital Partners, dal 2015, anno di introduzione della normativa, al primo semestre di quest’anno la spesa in R&S intra-muros sostenute dalle imprese è cresciuta con un Cagr di circa il 4%, poiché ci attendiamo che il valore assoluto a fine 2019 non si discosti significativamente dai valori 2018. Di questa crescita, stimiamo che circa l’8,4% derivi dagli incentivi, con un totale credito di impo-

Cagr 4%

14,1

12,9

2016

24,3 14,8

14,4 0,66

0,59 2015

24,4

23,6

23,2

22,2

2017

15,1 0,75

0,69 2018

0,76

Cagr 6,6%

2019

Spesa R&D intra-muros (imprese + istituzioni pubbliche + istituzioni private no profit e università) Spesa R&D intra-muros imprese Ammontare Credito imposta (complessivi 3,5 Euro MLD)


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Il wealth management è un servizio professionale e personalizzato di gestione del patrimono, che si rivolge a una clientela di elevate ed elevatissime disponibilità economiche, nel mondo anglosassone e statunitense viene individuata con il termine High net worth individuals (Hnwi). Economy ha così dedicato un approfondimento alle realtà che operano con maggior successo nel mercato italiano di questo servizio, offrendo supporto ai clienti di più alto profilo.

WEALTH MANAGEMENT

WORKSHOP I PROTAGONISTI DEL WEALTH

LA MISSION POSSIBLE DI CERCARE VALORE SUL LUNGO PERIODO Giorgio Bensa, Responsabile Portafogli Modello per le Gestioni Patrimoniali, spiega lo stile di Ersel nei processi d’investimento, forte di un controllo del rischio attraverso un team dedicato di Marco Muffato

«I

l 2019 è stato finora un anno positimento nell’anno in corso ci offre il destro per vo in termini assoluti, dove abbiamo approfondire la conoscenza del modello Ersel pienamente compensato le perdite nelle gestioni patrimoniali. che avevamo registrato nel 2018, anno com’è noto a dir poco complicato per tutti gli opeDottor Bensa, in che cosa consiste il vostro ratori del nostro merprocesso d’investicato. Da inizio anno a PROFILO INTERNAZIONALE: mento? Si può parlaoggi i portafogli con «Con quattro sedi tra Italia, Londra re di uno stile Ersel? minor rischio hanno e Lussemburgo, i nostri 15 gestori Il nostro processo d’inregistrato performan- acquisiscono una prospettiva globale, vestimento prende in utile per fare al meglio il nostro lavoro» ce intorno al 5%, quelconsiderazione lo sceli a maggior rischio nario di riferimento intorno al 10%. La raccolta è stata stabile». dal punto di vista economico e finanziario di È visibilmente soddisfatto Giorgio Bensa, remedio e lungo periodo. Non siamo, per capirci, sponsabile della gestioni patrimoniali e dei un gestore orientato al trading e a movimenti portafogli modello di Ersel, in apertura dell’inrepentini nel breve. Pensiamo che il valore ritervista con Economy. Lo spunto dell’andasieda nei trend di lungo periodo dei mercati. Il

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> WORKSHOP WEALTH MANAGEMENT nostro stile di gestione tende a essere pragmatico e spiego perchè: in passato c’è stata una polarizzazione tra stili orientati alla crescita, growth, e tra quelli orientati al valore, value. Noi ci poniamo in mezzo, a seconda dei momenti diamo maggior enfasi all’uno o all’altro ma non siamo mai dedicati completamente a uno dei due stili d’investimento. In ambito obbligazionario siamo molto disciplinati nel rischio credito, nel mondo corporate e high yield in particolare, proprio perché il rendimento che si può ottenere è quello della cedola del titolo mentre in caso di eventi negativi c’è la possibilità di perdere l’intero capitale. Da queste considerazioni deriva la nostra forte disciplina nella selezione del credito. Parliamo di asset allocation e di come vengono costruiti i vostri portafogli… Abbiamo due famiglie di gestioni patrimoniali con un diverso tipo di approccio. Il primo approccio si basa su un asset allocation strategica di lungo periodo che viene scelta insieme ai consulenti e ai clienti; nel corso del tempo i portafogli si muovono in funzione di economie e mercati ma l’impostazione strategica continua a essere un riferimento forte. Il secondo approccio è di tipo flessibile, nell’asset allocation viene data un’ampia delega al gestore e i cambiamenti nella composizione del portafoglio possono essere molto significativi

GIORGIO BENSA DI ERSEL

nel corso del tempo. Per entrambe le famiglie di gestioni patrimoniali prevediamo sempre una grande diversificazione di portafoglio sia in termini di asset class sia su base geografica, e questo va a tutto vantaggio della stabilità dei risultati. Come controllate il rischio? Abbiamo un team dedicato, indipendente dai gestori che usa software in parte proprietari e in parte acquistati sul mercato, che effettuano controlli con continuità e su base settimanale. Il team realizza report per ogni portafoglio e inoltre c’è un momento di confronto formale e mensile tra i team di gestione e i team di controllo del rischio. In cosa consiste la vostra offerta?

La nostra offerta è ampia in termini di fondi di natura azionaria, obbligazionaria e strategie a rendimento assoluto. In questo momento incontra particolare interesse la nostra strategia Event driven che sfrutta le operazioni di arbitraggio in caso di eventi societari come fusioni, acquisizioni e ristrutturazioni. Piace perché ha un profilo di rendimento molto stabile nel tempo e una bassissima correlazione con l’andamento dei mercati. Abbiamo poi appena lanciato due nuove strategie, una dedicata ai mercati azionari globali, con uno stile che combina value e qualità, in partnership con la società di gestione inglese Metropolis, e un altro prodotto: un fondo long short sui mercati azionari, realizzato in partnership con la società inglese Anavon. Il vostro team com’è strutturato? Il team delle gestioni patrimoniali conta su 15 gestori complessivamente che gravitano su quattro sedi. in Italia, a Torino e Milano, all’estero a Lussemburgo e a Londra. Questo ci consente di avere una prospettiva globale per il nostro lavoro. A quanto ammonta il patrimonio allocato in gestioni patrimoniali? Il patrimonio complessivo in gestioni patrimoniali ammonta a 3,3 miliardi, mentre la dimensione media del portafoglio per cliente è intorno al milione di euro.

DAL 1936 CAMPIONE NAZIONALE NELLA GESTIONE DEI GRANDI PATRIMONI Ne ha fatta di strada lo Studio Giubergia Agenti di Cambio, costituito a Torino da Giuseppe Giubergia nel lontano 1936 interrompendo così la tradizione familiare legata alla gioielleria per affrontare con idee chiare e successo crescente l’affascinante e complesso mondo della finanza. E facciamo un balzo a fine anni ’70 quando prende forma Ersel, che attraverso Sogersel diventa poi la prima società di fondi comuni registrata presso la Banca d’Italia nel 1983. L’ampliamento delle società del gruppo e dei servizi offerti a una clientela benestante negli anni a seguire ha collocato il gruppo stabilmente tra i protagonisti del mercato italiano nella gestione dei grandi patrimoni e

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nell’intermediazione finanziaria. Ersel è cresciuta rimanendo fedele a sé stessa: continua a essere un’azienda posseduta al 100% dalla famiglia del fondatore, pone sempre particolare attenzione alla propria solidità patrimoniale (il patrimonio netto del gruppo è a quota 703 milioni di euro) e investe con oculatezza il proprio portafoglio (in strumenti finanziari liquidabili a breve termine, senza ricorso a forme di leva finanziaria). Oggi la struttura del gruppo vede al vertice Ersel Sim (controllata a sua volta al 100% da Ersel Investimenti), operativa nel wealth management, che mantiene il controllo totale delle partecipate Ersel AM (fondi comuni e alternativi), Ersel Gestion Internationale

(fondi lussemburghesi, funds selection e wealth management), Simon e Nomen Fiduciaria (servizi fiduciari), Onlinesim (piattaforma online di fondi comuni) e la maggioranza della banca private Albertini (64,3%). Ersel Sim è presieduta da Guido Giubergia, con vice presidente Bruno Argentero, e amministratore delegato Andrea Rotti. Il gruppo torinese ha oggi assunto dimensioni importanti: detiene 18,5 miliardi di euro di asset dei clienti, conta su 270 dipendenti presenti su 7 piazze tra Italia (Torino, Milano, Bologna, Reggio Emilia e Trieste) ed estero (Londra e Lussemburgo). I servizi variano dalla consulenza agli investimenti, ai servizi fiduciari, di asset protection e di corporate advisory.


«La finanza etica non è moda ma un cambiamento radicale» Intervista con Massimiliano Cagliero, fondatore e Ceo di Banor, una società di gestioni patrimoniali, internazionale, che da sempre applica nel suo lavoro quotidiano i principi degli investimenti sostenibili

N

on è una moda passeggera ma un profondo cambio di visione e di mentalità: il mondo della finanza e degli investimenti ha capito che il valore della sostenibilità deve sempre più ispirare tutte le scelte salienti”: ne è convinto Massimiliano Cagliero, fondatore e ceo di Banor, una società di gestione patrimoniale che ha da sempre selezionato i suoi investimenti seguendo i criteri di un’eticità della finanza che oggi sembra aver conquistato un po’ tutti.

Dottor Cagliero, ma non ci vede un po’ di opportunismo in questa diffusa conversione? Per esempio la dichiarazione della Business Roundtable... non è anacronsitica? Naturalmente c’è anche dell’ipocrisia e dell’opportunismo, e conordo che in questo senso l’enunciato di agosto sia per lo meno molto tardivo, ma che ci si creda o che si accetti questa tendenza per opportunismo, poco importa: il fenomeno c’è ed è un progresso. Si sono affermati i green bond, prestiti obbligazionari finalizzati alla raccolta di capitali per investimenti sostenibili. Come li giudica? E’ un boom che comprendo perché queste emissioni pagano un costo del debito più basso rispetto a quello standard di mercato. Nel luglio scorso, A2A ha emesso un bond decennale all’1%, quando il Btp era all’1,47%. Non nascondiamoci, però, che c’è anche qualche problema da valutare. Un green bond dovrebbe esssere emesso come tale per uno scopo effettivamente legato ai valori della sostenibilità, e quindi non dovrebbe confondersi col resto del debito di

un’azienda. E per ora manca in Italia un qualche ente terzo che certifichi la buona lega della natura green di un bond. Ci sono già stati bond green privi di finalità coerenti. Però voi di Banor credete da sempre alla finanza etica e sostenibile… Da sempre. E’ una specializzazione in cui crediamo molto. Il mercato sta davvero evolvendo e aprendosi a questi valori. Proprio in questi giorni stiamo prendendo un mandato di gestione istituzionale di capitali molto consistente con la prescrizione che per oltre il 75% punti su investimenti Esg (enviromental, social and government, ndr) cioè su attività che rispettino l’ambiente, la sostenibilità sociale e i criteri della buona governance. In questo caso ci sarà un valutatore terzo dell’appropriatezza delle nostre scelte. Ed anche nel caso della finanza religiosa, per la quale lavoriamo molto, c’è un ente terzo che valuta la coerenza delle nostre scelte con gli enunciati. Il mercato ormai questa sensibilità ce l’ha, realmente, e quando non ce l’ha le viene imposta dagli investitori… Un gestore americano ha coniato un indice socio-economico che ha battezzato Pitchfork index (l’indice del forcone) che stima il lasso di tempo entro il quale la gente scenderà per strada con i forconi, per protesta contro l’enorme divaricazione sociale in cui viviamo. Addirittura? Il dramma è che si è incrinata la fiducia nell’efficienza dell’ascensore sociale, un po’ in tutto il mondo… Quel fenomeno per cui anche un povero, anche un diseredato può riscattarsi, conquistare il benessere, progredire. Non voglio

MASSIMILIANO CAGLIERO, FONDATORE E AD BANOR SIM

ostentare scetticismo, ma mi sembra difficile che le generazioni oggi al potere possano esprimere qualcosa di autenticamente innovativo su questo problema. Non a caso il Papa ha invitato ad Assisi 2020, a discutere del nuovo modello di sviluppo, i giovani economisti, under 35. Quando parla di ecologia sociale, oltre che ambientale, il pontefice vuole stimolare la ricerca di nuove forme di impegno nella società, secondo principi cattolici. E’ anche l’orientamento che seguiamo in Banor. Si può dunque iniziare a parlare di una “asset class del bene comune”? Sì, ricordandosi che naturalente c’è poi da discutere su ciò che entra o meno nella definizione Esg. Ci sono territori controversi e anche divisivi, in questi ambito. Però la direzione è quella. E con questa strategia, come va Banor? Siamo soddisfatti perché stiamo crescendo molto e nella modalità sana che ci piace. Siamo una società che nel private banking sta muovendosi con successo, nonostante il forte consolidamento che ha distinto il settore. Abbiamo aperto un ufficio a Bolzano, un altro a Montecarlo, dopo quello storico di Londra e l’altro nel Lussemburgo. Abbiamo oltre 8 miliardi di asset e un totale di 130 collaboratori a livello europeo, tra dipendenti e private bankers. Gestiamo ispirandoci al metodo value, di cui è caposcuolo Warren Buffet. E abbiamo anche una buona attività di asset management attraverso cinque Sicav gestiti da Banor Capital. Una di queste, Banor Euro bond, gestita da Londra da Francesco Castelli, è un prodotto Esg, che per esempio riserva la massima attenzione ai green bond.

WORKSHOP WEALTH MANAGEMENT > 51


> WORKSHOP WEALTH MANAGEMENT

Mid cap alla riscossa grazie ai fondi dedicati Performance da record grazie a una strategia di medio-lungo periodo: Alessandro Arrighi, Country Head di La Financière de l’Echiquier, alza il velo sugli strumenti di investimento per dare liquidità alle aziende

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riodo e la durata media di un investimento empre più aziende medie scelgono la è di tre anni. «È lo standard minimo di perstrada della quotazione in Borsa per manenza di un titolo nel nostro portafoglio», recuperare le risorse necessarie da spiega il numero uno in Italia di Lfde, «ma non investire nelle proprie attività. Del fermento è una regola fissa. Ci sono titoli che deteniamo nel mondo delle mid cap abbiamo parlato con da 13 anni e più. Cerchiamo di avere un comAlessandro Arrighi, Country Head di La Finanportamento da azionisti di minoranza con un cière de l’Echiquier in Italia. La casa d’investiapproccio extra-finanziario. Non prendiamo menti francese ha all’attivo un fondo dedicato in considerazione solo i fondamentali societaal settore, Echiquier Agenor Mid Cap. Attivo ri, andiamo oltre, instaurando un rapporto di dal 2008 il fondo, che è di tipo dinamico ricerdialogo con imprenditori e manager». cando performance dilungo termine, da inizio Una filosofia che «ha reso premi interessanti anno ha segnato una performance del 23,15%. in occasioni di Opa e sul lungo-medio perioRisultati che sono stati riconosciuti con il predo». Tra i successi, mio Les Globes orgaArrighi ricorda il 32% nizzato da Gestion de di premio derivato Fortune, in partner- ALESSANDRO ARRIGHI: «Quello delle mid cap è un mercato dall’acquisizione di ship con Quantalys, rienorme, ben più grande del large. Sodastream, che Agecevuto, in partnership L’innovazione è la traccia da seguire nor ha in portafoglio con Quantalys, il mese per intercettare asset class poco coperte» da 16 anni, da parte di scorso a Parigi. «QuelPepsico. Altri esempi lo delle mid cap è un di società in cui ci sono investimenti in atto mercato enorme, ben più grande del large», sono quelli delle italiane Ferragamo, Technospiega il Country Head. gym, Moncler e Diasorin. Senza dimenticare Dimensioni accompagnate anche da complesDelonghi, che Echiquier Agenor Mid Cap ha sità e costante evoluzione. La capacità di esseagevolato nella ristrutturazione del debito re disruptive è una delle caratteristiche attuali allungando le scadenze del prestito obbligadel fare impresa oggi, una sfida che le mid cap zionario. si trovano ad affrontare. «L’innovazione è la Ma non sono rose senza spine. Quando si partraccia da seguire per intercettare asset class la di mid cap, bisogna fare i conti anche con poco coperte dagli analisti sell side, dove l’ela volatilità dei settori in cui esse operano. Per lemento speculativo non ha ancora attecchito. questo motivo «La liquidità di un’impresa è Le società che si muovono in questo ambito un elemento molto importante per noi. Non sono quelle che più ci interessano». investiamo in società che non raggiungono i Il fondo Agenor ha una strategia di lungo pe-

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ALESSANDRO ARRIGHI, COUNTRY HEAD DI LFDE

500mila scambi in Borsa al giorno», spiega il Country Head. L’approccio olistico è diventato una necessità con la crescente attenzione, anche in finanza, alla sostenibilità. Tema che impone valutazioni delle governance e dei processi produttivi basate sui criteri (Esg e Sri) standardizzati e definiti dalle Nazioni Unite. «La sostenibilità è presente nei nostri investimenti da molto prima che si iniziasse a parlare di Esg», commenta Arrighi. «Attualmente abbiamo 2 miliardi di asset class in gestione che rientrano in questa categoria». Per questo motivo Echiquer Agenor Mid Cap aspira alla certificazione Label Isr, per la quale farà richiesta. Agenor investe da tempo in Italia. «Consideriamo questo Paese un vivaio interessante e prendiamo molto seriamente la selezione delle aziende nostrane». La ricerca si concentra nei settori dove le medie realtà stanno dando il meglio: tecnologia, digitale, agroindustria, salute, e-commerce «e più in generale», aggiunge Arrighi, «tutto il mondo che attiene al growth». Eppure nonostante nell’ultimo quinquennio si siano quotate su Piazza Affari 116 imprese non finanziarie, contro le 39 del precedente, il mercato italiano è pari alla metà di quello francese e britannico. «È necessario allargare l’accesso ai capitali privati per creare concorrenza e, quindi, maggiori opportunità di finanziamento. In Italia c’è ancora troppa liquidità ferma sui conti correnti», conclude Alessandro Arrighi.




APPROFONDIMENTI

59 CONFPROFESSIONI «CRESCITA E LAVORO SUBITO NELLA MANOVRA»

LAVORO: E SE PROVASSIMO A NON RIFORMARLO, PER UN PO’? Un sistema come quello italiano non può resistere in un contesto europeo e mondiale dove quasi tutti i Paesi godono di un regime più semplice e lasciano le parti libere di contrattare e accordarsi. Ma, come ogni mercato, può essere in grado di regolarsi da solo

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di Giorgio Treglia avvocato giuslavorista, partner LabLaw Studio legale Failla Rotondi & partners

VERSO ASSISI 2020 L’HOMO OECONOMICUS SI EVOLVE IN POST-MATERIALISTA

62 IMMOBILIARE ORA IL NUOVO TREND È LO SPACE-AS-A-SERVICE

64 ANDAF PATENT BOX, ECCO COME SI DETERMINA L’AGEVOLAZIONE

68 LIUC BUSINESS SCHOOL IL COACH È AUTOREVOLE MA NON AUTORITARIO

74 QUI PARIGI SE IL SINDACATO FA LA SPIA AL FISCO CONTRO LE IMPRESE

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iberalizziamo il lavoro. Il compito cità che, nel tempo, è stato oggetto di una che spetta al nuovo ministro del Laserie di modifiche: la legge 604 del 1966 voro è di non poco conto. sul licenziamento, lo Statuto dei lavoratori È sotto gli occhi di tutti quanto sia farracon il suo famoso art. 18. Poi arriviamo ai ginoso, in Italia, stipulare un contratto di giorni nostri. La reintegrazione nel posto lavoro e, soprattutto, gestirlo e chiuderlo. di lavoro tramonta (salvi i casi di discrimiEra il 1942 quando nazione e qualche È SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI QUANTO nacque il Codice Cialtra ipotesi) e infatti SIA FARRAGINOSO STIPULARE vile che dettò due ecco il decreto sulle UN CONTRATTO DI LAVORO principi di straorTutele Crescenti e il MA ANCHE GESTIRLO E CHIUDERLO dinaria chiarezza: decreto Dignità. 1) È prestatore di lavoro subordinato chi Non ho qui lo spazio materiale per poter si obbliga, mediante retribuzione, a coldescrivere lo stato attuale delle varie conlaborare nell’impresa (art. 2094 c.c.) e 2) seguenze di un licenziamento illegittimo Ciascuno dei contraenti può recedere dal e neppure per poter disquisire sulle varie contratto di lavoro … dando il preavviso tipologie di contratto e sul sistema buro(art. 2118 c.c.). In sostanza, ci trovavamo cratico che le circonda. di fronte a un sistema di assoluta sempliVoglio però dire che un sistema come il

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APPROFONDIMENTI

L’autore, Giorgio Treglia, avvocato e giuslavorista, partner LabLaw

nostro non può resistere di fronte all’Europa e di fronte agli altri Paesi. Quasi tutti godono di un regime più semplice e, soprattutto, lasciano le parti libere di contrattare, di accordarsi, di lavorare serenamente. La nostra Nazione, invece, ha scelto un regime interventista: il contratto di lavoro è regolato da una serie infinita di leggi e di contratti collettivi, il recesso è dominato da un sistema assolutamente complesso e difficile da attuare. Abbiamo assistito, in questi ultimi anni, all’avvicendarsi di vari uomini di governo, ciascuno dei quali ha avuto come obiettivo quello di riformare il mercato del lavoro. Il risultato è più che pessimo: si pensa sempre che tutto sia da distruggere e da rielaborare. Tuttavia, quel che è davvero molto grave è che nessuno riesca in qualche modo a ricordare i principi generali del diritto, quelli del codice civile e ad uniformarvisi. Non esiste più un criterio di siste-

CHI GOVERNA CREDE CHE LE AZIENDE PENSINO SOLO A LICENZIARE, MA IN REALTÀ TENGONO MOLTO ALLE RISORSE VALIDE maticità delle norme: le riforme si vuole che vivano di vita propria, ma esse sono, invece, parte del tutto e devono armonizzarsi con quel che già esiste. Il Governo è sicuramente molto bravo sotto il profilo mediatico: decreto Dignità, Tutele Crescenti… poi però le norme devono essere lette, interpretate e applicate. Ora, non

La rivoluzione della contrattazione collettiva di prossimità avv. Andrea Bonanni Caione (partner Lablaw)

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enza volersi addentrare in inutili tecnicismi, un contratto di prossimità consente per la prima volta alle Parti sociali di affiancarsi al Legislatore ordinario, andando ad occupare quella posizione di sottoposizione alla sola Carta

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costituzionale ed alle previsioni del Diritto comunitario che è tipica della potestà normativa statale: uno status che non è stato mai concesso a nessun altro livello della contrattazione collettiva. L’attuale assetto normativo assegna solo una limitata potestà normativa al contratto collettivo nazionale di categoria ed è tutt’oggi irrisolta la questione di una efficace

sarebbe possibile attendere qualche tempo prima di riformare… la riforma? Non sarebbe possibile osservare i frutti delle norme in essere, scrutare come reagisce il mercato di fronte al sistema attuale? E poi: perché chi ci governa pensa sempre che un’azienda sia sempre pronta solo a licenziare? In verità un imprenditore cerca

regolamentazione che abbia l’attitudine ad assegnare una generale forza di legge agli accordi siglati dalle organizzazioni sindacali. Un dibattito, questo, che non riesce a sganciarsi da un’ormai anacronistica diatriba intorno alla necessità di dare compiuta attuazione all’art. 39 della Costituzione e all’obbligo di registrazione dei Sindacati per l’acquisizione della c.d. personalità giuridica. Un dibattito, ancora, che stenta a prendere atto ed a trasformare in principio normativo generalizzato l’ottimo lavoro svolto dalla magistratura per assegnare


Il nuovo esecutivo dovrà affrontare al più presto il dossier lavoro

il meglio per la propria attività e quando trova un collaboratore valido non si sogna certo di mandarlo via. Ovviamente se poi le cose mutano, la via del recesso dovrebbe essere un poco più semplice, rispetto a quella attuale. Si pensi, poi, al processo che la legge 92 del 2012 ha introdotto nel nostro Paese: il famigerato “rito Fornero”, che ha creato una tale quantità di problemi che tutti gli operatori del diritto ne hanno richiesto l’immediata abrogazione. Senza, per ora, ottenerla. Ora, una soluzione ci deve essere; non possiamo annegare nelle riforme senza costrutto, non possiamo continuare a vivere di interpretazioni di norme diacroniche. In taluni Paesi, tipici del sistema di common law, come l’Inghilterra o gli Stati Uniti, si utilizzano metodi totalmente diversi, ove le parti sono libere di decidere ogni passo del rapporto di lavoro, ivi compresa la fase e le conseguenze del licenziamento. Ecco: questa potrebbe

efficacia erga omnes alle previsioni del contratto collettivo in materia di minimi retributivi e che, proprio su questo campo, rischia di veder sorpassare l’accordo delle parti sociali da un Legislatore che appare ormai orientato a seguire la via del salario minimo legale. Una potenziale riforma, quest’ultima, che scambia l’uguaglianza sostanziale tra i cittadini con il mero egualitarismo tra soggetti che possono anche essere in posizione tra loro diametralmente opposta. In quest’ottica, il ruolo che il Legislatore ha assegnato al contratto di prossimità è fondamentale, perché consente di dare attuazione al principio di

essere una via. Certo non si deve abrogare tutto, ma si può andare verso un sistema di semplificazione, dove le parti siano libere di decidere quale siano il giusto stipendio, il corretto inquadramento e le

dovute mansioni, prescindendo dai livelli della contrattazione collettiva e chiarendo le conseguenze, soprattutto economiche, della cessazione del rapporto. E poi abbiamo un processo splendido, come quello

del lavoro, che abbiamo esportato anche in Brasile: davvero non ha senso sporcarlo con piccole riforme senza senso, avulse dalla realtà e che allungano inutilmente e pesantemente i tempi delle controversie. Possiamo cominciare a non riformare per un poco di tempo, a non pensare di riportare in vita, come si sente dire in questi giorni, un sistema come quello, ormai obsoleto, della reintegrazione nel posto di lavoro, regolato dall’art. 18 dello Statuto, negli Anni ’70. Proviamo per una volta a non fare e a guardare come si comporta il mercato, da solo senza interventi di Stato. Sarebbe davvero un buon inizio.

eguaglianza sostanziale, dando conto delle diversità legate al costo della vita, piuttosto che alla capacità di generare utili di uno specifico comparto produttivo e/o territoriale, piuttosto che all’esigenza di far fronte a momenti particolari di uno specifico contesto locale; uno strumento che può rispondere sia alle esigenze di una specifica realtà aziendale, che di un particolare territorio. Libera da compiti di protezione generale, nel nostro contesto normativo assolti in primo luogo dal diritto comunitario e dai precetti costituzionali, la contrattazione collettiva aziendale si pone dunque

quale strumento elettivo di propulsione della competitività aziendale. Ed è proprio in funzione di questo compito che devono essere letti i limiti alla potestà normativa delle Parti sociali, le quali sono sì libere di individuare la più opportuna disciplina delle regole di assunzione e gestione del rapporto di lavoro, ma possono farlo solo se il reticolato normativo che predispongono è funzionale ad uno degli scopi tipici individuati dal Legislatore, e dunque ad incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti ed all’avvio di nuove attività.

NON POSSIAMO ANNEGARE IN RIFORME SENZA COSTRUTTO NÉ VIVERE DI INTERPRETAZIONI DI NORME DIACRONICHE

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UOMINI E DENARI

La corsa al successo si vince solo senza accontentarsi mai L'avventura imprenditoriale di Pasquale Lorusso insegna: con la sua Bawer ha progressivamente allargato il business dalle cassette porta attrezzi per veicoli ai materiali per allestire sale operatorie e spazi museali di Alfonso Ruffo

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li brillavano gli occhi di gioia, a Pascatto, come preoccupazione ultima di squale Lorusso, mentre il presidenuna rinnovata questione meridionale che te di Confindustria Vincenzo Boccia diventa questione nazionale e per questo e il neoministro del Mezzogiorno Giuseppe questione industriale. Basta con la logica Provenzano inauguravano con lui il suo dei salvataggi dell’ultima ora. Qui ci vuole nuovo stabilimento, Bawer 2, nell’area inun programma. Investire al Sud, allora, e dustriale di Matera. assumere giovani sottratti all’esodo che sta Gli luccicavano gli occhi soprattutto per svuotando le città e gli antichi borghi del l’entusiasmo delle maestranze, dirigenti e meridione è sempre una festa. Ancora di operai, schierati sulla parete di fondo a fare più quando c’è di mezzo la ricerca sui mada cornice in una cerimonia semplice ma teriali, l’innovazione nei prodotti, la conquinon per questo meno impegnativa per le sta di mercati lontani. promesse che conNell’avventura imALL'INAUGURAZIONE DEL NUOVO tiene. prenditoriale di LoSTABILIMENTO NELL'AREA INDUSTRIALE «Ringrazio le autorirusso c’è tutto queDI MATERA ERANO PRESENTI VINCENZO tà presenti – ha detto sto. Fondata nel 2002 BOCCIA E GIUSEPPE PROVENZANO Lorusso con accenti per produrre cassetdi verità – ma soprattutto ringrazio la mia te porta attrezzi per veicoli industriali, la famiglia, che non mi ha fatto mai mancare Bawer si è subito imposta per un’offerta il suo supporto, e tutte le maestranze graconveniente sia in termini di prezzo che di zie alle quali possiamo competere». qualità. E così un bene di nicchia è riusci«Il lavoro prima di tutto – hanno ricordato to a imporsi nel tempo in 65 Paesi grazie in accordo Boccia e Provenzano -. Il lavoro al lavoro di oltre cento persone, per lo più al centro dell’attenzione della politica, il lagiovani, generando un fatturato che viaggia voro come risorsa strategica all’interno di verso i 20 milioni di euro l’85 per cento dei un piano organico di quali destinati all’estero. politica economica». «Non c’è stata parte del mondo in cui non Il lavoro come risono stato – confida l’imprenditore che nel frattempo è anche riuscito a farsi eleggere alla guida di Confindustria Basilicata -: L’AUTORE ALFONSO RUFFO Adesso sembra tutto facile ma gli inizi sono

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PASQUALE LORUSSO

stati davvero duri». Avvertito dalla crisi del 2008 dei rischi connessi a un mono prodotto, Lorusso ha presto allargato il suo orizzonte proponendo i materiali trattati in azienda – una plastica speciale e l’acciaio – per l’allestimento di sale operatorie e spazi museali. Stessa tecnologia, diverse destinazioni d’uso. Un’intuizione che fa parte della sua filosofia di vita: mai fermarsi, mai accontentarsi dei risultati raggiunti, mai dare per scontato che il vantaggio di oggi possa durare in eterno. Il successo va incoraggiato. Le difficoltà della partenza, la consapevolezza che il mestiere dell’impresa è pieno di soddisfazioni ma allo stesso tempo irto di ostacoli, l’ottimismo della volontà che deve vincere sul pessimismo della ragione, sono punti costanti di riferimento. La commozione è visibile ma non può ostacolare la produzione. Un brindisi veloce, un giro tra i macchinari quasi a passo di corsa, molte strette di mano e poi tutti ai posti di combattimento perché il tempo, anche tra i sassi, è denaro. Per tutto questo e per la fiducia accordata al futuro nonostante le nubi economiche che s’addensano sul Paese il varo del nuovo impianto è stato salutato dall’intera comunità lucana come un buon auspicio. Un piccolo segno per una grande speranza.


in collaborazione con CONFPROFESSIONI

«Crescita e lavoro subito nella manovra» Dalla neutralizzazione dell'aumento dell'Iva al taglio del cuneo fiscale, passando per l'equo compenso e il rilancio dell'occupazione giovanile: secondo il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella il Governo può farcela. Con il placet di Bruxelles e il sostegno delle parti sociali

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isinnescare le clausole Iva, ridurre il cuneo fiscale e rilanciare l'occupazione. Cambia il Governo, ma la linea dei liberi professionisti non cambia. «Prima dell'estate, al tavolo di Palazzo Chigi con le parti sociali avevamo presentato al premier Conte una serie di misure per dare un nuovo impulso all'economia del Paese», dice il presidente di Confprofessioni e consigliere del Cnel, Gaetano Stella, a Economy. «Si tratta ora di dare seguito a una strategia politica già condivisa, che metta al centro, già nella prossima manovra di bilancio, la crescita e il lavoro». Il nocciolo del problema rimane la copertura finanziaria. La svolta europeista del nuovo esecutivo, con il ministro Roberto Gualtieri all'Economia e Paolo Gentiloni nominato commissario europeo agli Affari Economici, è un segnale importante. Il nuovo scenario politico europeo in cui si muove l'attuale Governo appare più fluido e la ritrovata sintonia tra Roma e Bruxelles potrebbe aprire spazi di manovra sul fronte del Patto di Stabilità, sfruttando fino in fondo la flessibilità in un quadro di regole di bilancio orientate alla crescita economica, agli investimenti produttivi e alla

di Giovanni Francavilla riduzione del debito. L'altro elemento che gioca a favore di una manovra “per la crescita” sono le recenti misure messe in campo dal governatore della Bce, Mario Draghi che insistono su una politica monetaria espansiva che ora dev'essere declinata su politiche di sviluppo per sostenere l'economia italiana. Quello che serve al Paese è un deciso cambio di passo. Meno assistenzialismo e più attenzione al mondo produttivo e professionale? Non vorrei essere frainteso, ma se la manovra per il 2019 ha prevalentemente mirato a sostenere le fasce deboli della popolazione, con provvedimenti quali il reddito di cittadinanza e “quota 100”, si tratta ora di indicare la strategia di crescita per un Paese il cui PIL è fermo a causa delle difficoltà e del peso imposti dal contesto normativo e burocratico, dal carico fiscale, e dall’arretratezza delle infrastrutture in cui imprese e professionisti sono chiamati ad operare. I 29 punti del nuovo Governo si muovono in questa direzione? In buona parte sì. Le linee programmatiche presentate dal presidente Conte sono ampiamente condivisibili e ricalcano in molti punti le istanze dei liberi professionisti avanzate da Confprofes-

GAETANO STELLA

sioni al tavolo di Palazzo Chigi con le parti sociali: riforma fiscale, sburocratizzazione e semplificazione amministrativa; innovazione tecnologica e digitalizzazione, investimenti in infrastrutture, rendere più efficiente il sistema della giustizia, potenziamento dei contratti collettivi e una nuova legge sulla rappresentanza sindacale, rilancio dell'occupazione giovanile e potenziamento degli stumenti di welfare, maggiore attenzione all'ambiente e al territorio... Si parla anche di liberi professionisti? Tra i primi punti del nuovo governo emerge la volontà politica di affrontare una volta per tutte l'annosa questione dell'equo compenso: materia che la nostra Confederazione ha sempre promosso e sostenuto su tutti i tavoli istituzionali. Il tema dell'giusto compenso è oggi una priorità per tutti i professionisti, in particolare i più giovani, perché ancora oggi la pubblica amministrazione insiste nella pubblicazione di bandi che prevedono prestazioni professionali gratuite, quando invece molte Regioni, da ultimo il Veneto e le Marche, si sono impegnate a rispettare il valore e la competenza del lavoro professionale. È una piacevole sorpresa, che indica un mutato atteggiamento e una

maggiore attenzione del Governo verso i liberi professionisti che oggi ricoprono un ruolo attivo nello sviluppo economico e nel benessere sociale del nostro Paese. Basterà l'equo compenso per ridare slancio all'attività degli studi professionali? Certamente l'equo compenso è un primo passo, ma una misura altrettanto importante riguarda il welfare dei lavoratori autonomi. Presso il Cnel abbiamo predisposto un disegno di legge che punta proprio ad ampliare gli strumenti di welfare riservati ai lavoratori autonomi. Sono già stati definiti gli ambiti di intervento che vanno dall'incremento delle prestazioni e della platea dei beneficiari delle indennità di malattia e maternità e degli assegni familiari, fino al sostegno degli investimenti in formazione, specializzazione e riqualificazione professionale. Una misura di buon senso. Insomma, il feeling continua anche con il nuovo Governo... Valuteremo passo dopo passo l'azione politica del nuovo esecutivo. Quale parte sociale dei liberi professionisti non faremo mancare la nostra collaborazione e il nostro contributo di idee, proposte e, se necessario, di critiche: ma sempre in un'ottica dialettica costruttiva.

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APPROFONDIMENTI VERSO ASSISI 2020

«Così l’homo oeconomicus si evolva in post-materialista» Condivisione, rilocalizzazione, predistribuzione del valore: ecco come, ispirandosi ai principi della Dottrina della Chiesa, secondo Michel Bauwens va ripensata l’intera struttura produttiva di Giovanni Luchetti base delle idee ispirate dalla Dottrina sociale della Chiesa, e non dovremmo dimentiTRA ECONOMIA E SOCIETÀ, RIFORMULANDO care che anche i terreni e gli edifici gestiti LA DICOTOMIA FRA PRODUTTORE-CONSUdalle congregazioni religiose potrebbero MATORE SU UN PIANO ORIZZONTALE. Attraessere presi in considerazione rispetto alle verso l’ottimizzazione delle risorse, l’uso di esigenze di maggiore giustizia ecologica e piattaforme tecnologiche che permettono di sociale. È sempre più impellente ricostruisfruttare la capacità produttiva potenziale e re totalmente l’economia, lontano dalle sue un rapporto diretto tra domanda e offerta, basi attuali che poggiano su un inesistente, evitando la mediazione degli intermediari, atomizzato e a-morale “homo oeconomiè possibile muoversi lentamente verso una cus”, l’ ingranaggio di una macchina rivolta società a «costo marginale quasi zero» in alla crescita infinita e fuori controllo. È foncui i cittadini sono al contempo consumatori damentale rendere maggiormente attraenti e fornitori di servizi. Una società fondata su questi concetti e possibilità per i giovani. Un una struttura orizcompito enorme, che zontale e flessibile di LA SCIENZA ECONOMICA SI TRASFORMA richiederà almeno IN SCIENZA DELL’ABBONDANZA E DELLA individui sempre più una generazione. PROGETTAZIONE DI PROTOCOLLI WIN-WIN auto-organizzati, se- ENTRO I LIMITI DELL’AMBIENTE NATURALE In che modo? condo il belga Michel Nel 2014 con le istiBauwens, fondatore della Foundation for tuzioni governative dell’ Ecuador abbiamo peer-to-peer (P2P) Alternatives. sperimentato progetti per la costruzione di un’economia della conoscenza sociale. AbChe ne pensa di Assisi 2020? biamo avanzato una serie di proposte volte Ho sempre pensato che la Chiesa potesse e a creare “conoscenze comuni nazionali” per dovesse svolgere un ruolo importante nella ogni grande settore dell’economia dell’Etransizione verso un sistema maggiormente cuador: per gli agricoltori, per l’industria, eco-sostenibile e dobbiamo allineare vaste per l’educazione,... Il nostro lavoro da allora forze sociali verso una ricostruzione prosi è evoluto. Nel 2016 abbiamo lavorato per positiva della nostra economia e società. La il disegno istituzionale di una public-comDottrina sociale della Chiesa, che pone al mon cooperation, con protocolli e processi centro la società civile e vuole che lo Stato che consentono ai governi ad ogni livello di e il mercato siano al suo servizio, è molto cooperare in modo produttivo con cittadini vicina alle idee della nostra Foundation for impegnati nel far avanzare gli obiettivi di peer-to-peer Alternatives e a quelle di un’euna transizione eco-sociale. Ora siamo al conomia della conoscenza sociale. Esiste un lavoro, attraverso il nostro P2P Lab, su un movimento molto attivo che può agire sulla ambizioso progetto di ricerca e produzione L’ECONOMIA DELLA CONOSCENZA SOCIALE RIPENSA LA STRUTTURA RELAZIONALE

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MICHEL BAUWENS

glocale, incentrato sull’idea di base per cui “ciò che è leggero è globale, ciò che è pesante è locale e cooperativo”. Qual è l’obiettivo? La necessità di trasformare la scienza economica in una scienza dell’abbondanza e della progettazione di protocolli win-win per ogni area della produzione umana, entro i limiti stabiliti dall’ambiente naturale. Questo è ciò che potrebbe rappresentare Assisi 2020: la nascita di una nuova forma di economia, in grado di trasformare l’attuale sistema economico e generarne uno di cui abbiamo bisogno nei nostri tempi. I giovani hanno bisogno di sentire che questi approcci esistono e possono essere pensati e implementati come alternativa all’economia neoclassica. E, naturalmente, durante Assisi 2020 potrebbero partecipare anche giovani economisti impegnati proprio su questa trasformazione, e quindi avremmo tutti bisogno di conoscerli meglio. Quali sono le principali implicazioni socio-economiche di un’ economia della conoscenza sociale? I tre principi alla base sono: condividere le conoscenze tecniche e scientifiche e tutti gli altri tipi di conoscenza per accelerare l’implemetazione di soluzioni innovative e tradi-


In che modo? Sostanzialmente, questi sistemi collaborativi dovranno integrare tre nuovi sistemi contabili: contabilità contributiva, volta a riconoscere i contributi non-di-mercato offerti da tutte le persone che si sono impegnate nel supportano delle reti di cooperazione; contabilità di flusso, volta a rendere ogni entità coinvolta e impegnata come parte di un ecosistema, ciò può includere anche gli agenti naturali; e infine la contabilità termodinamica, per cui le istituzioni di governance globale possono iscrivere i limiti delle risorse naturali come meccanismo di pianificazione per il bene comune. Pensiamo, ad esempio, ad un consiglio globale delle allocazioni, un gruppo di scienziati incaricati di tenere traccia dei limiti ambientali planetari. In che misura la religione può sostenere la zionali di cui abbiamo bisogno per la necestransizione verso un’ economia della conosaria transizione economica in un contesto scenza sociale? globale sempre più caratterizzato da risorse C’è qualcosa di fondamentale che collega limitate, della biodiversità e dei cambiamenla forma di pensiero pre-materialista e la ti climatici; rilocalizzare in modo intelligente forma di pensiero post-materialista: en(lo chiamo: “sussidiarietà della produzione trambe non sono centrate sull’accumulo di materiale”) dove ha maggiormente senso, ricchezza materiale, nel primo caso perché e aumentare sensibilmente i livelli di mula considera un peccato, nel secondo perché tualizzazione nella nostra economia; passi vuole preservare il pianeta. Queste forze sare dalla mera ridistribuzione esterna del devono trovarsi. Inoltre la Dottrina sociale valore “post-hoc”, alla predistribuzione del del Chiesane, e sono sicuro che altre dotvalore, anche attraverso l’aumento del nutrine religiose saranno arrivate a simili conmero di contributi clusioni, rappresenta LA COSIDDETTA “STEWARDSHIP non-di-mercato che un approccio molto OF CREATION” PUÒ ESSERE UTILIZZATA vengono prodotti con equilibrato per renPER SVILUPPARE LE LINEE GUIDA la condivisione nelle PER UN MAGGIORE IMPATTO ECOLOGICO dere una società fenuove reti globali di lice e per considerare cooperazione. Quindi ciò di cui stiamo guaril mercato e lo Stato come “dipendenti” della dando è una fondamentale rivoluzione di vasocietà (civile). Inoltre, esistono molti frainlore: riconoscere pienamente tutte le estertendimenti rispetto al cosiddetto “dominio” nalità sociali e ambientali positive e negative dell’Uomo sulla Terra. al fine di “valorizzarle” correttamente e “riOvvero? compensarle”. Passando agli ecosistemi di La cosiddetta “Stewardship of creation” che collaborazione, condividiamo supply chains affonda le sue radici in alcuni principi relie sistemi di contabilità, consentendo molta giosi, può essere utilizzata con l’obiettivo di più cooperazione, ma anche trovando modi sviluppare le linee guida per un maggiore per finanziare sistematicamente il lavoro impatto ecologico. Inoltre, le istituzioni regenerativo che ripristina le comunità umane ligiose spesso sono ricche di possedimenti e la base naturale stessa di tutta la vita. terrieri e di ricchezza finanziaria, e per tene-

I GIOVANI HANNO BISOGNO DI SAPERE CHE ESISTONO E POSSONO ESSERE IMPLEMENTATI APPROCCI ALTERNATIVI

re fede ai propri principi possono mobilitare i credenti intorno al concetto della sostenibilità e cura del creato. In breve, hanno il dovere di investire e utilizzare le proprie risorse per una maggiore diffusione del bene comune e nella protezione del Creato. Qual è lo scenario post-capitalista? È molto importante distinguere tra l’esistenza de facto e l’utilità dei mercati. Il capitalismo è una delle forme particolari che può assumere un sistema di mercato. Il capitalismo rappresenta una forma di mercato in cui il lavoro è diviso dalla proprietà e in cui l’obiettivo generale della società diventa l’accumulazione del capitale stesso, ad esempio attraverso pratiche di estrazione e sfruttamente ambientale che stanno seriamente mettendo in pericolo il nostro pianeta e creando un notevole caos a livello sociale. Tuttavia, il mercato può essere anche un mercato generativo ed etico al servizio della società. Oggi l’urgenza è rappresentata dalla necessita di espandere le nostre nozioni di valore e riconoscere l’importanza delle attività non-di-mercato. La visione che difendiamo è sostanzialmente quella di una trasformazione simultanea di tre livelli: società civile, che va riconsiderata come il principale creatore di valore e dunque come creatrice del bene comune attraverso l’adesione e il contributo dei cittadini impegnati; mercato, che va rivisto come sistema di sostegno per la gestione del pianeta, delle sue risorse e come strumento per la felicità delle comunità umane; Stato, che che va rivisto in chiave di uno stato-partner e dunque considerato come facilitatore di una maggiore autonomia generativa sia degli individui, che di gruppi di comunità. Crediamo non già in una società incentrata sul mercato, bensì in una società incentrata sul bene comune. Nella misura in cui la società si sintonizza con una maggiore condivisione del bene comune, piuttosto che con l’accumulo del capitale, ci ritroveremmo in qualcosa che non è più capitalismo, anche se i mercati continueranno probabilmente a svolgere un ruolo sostanziale.

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APPROFONDIMENTI

IMMOBILIARE, IL TREND È LO SPACE-AS-A-SERVICE Spazi più contenuti, più servizi, architettura "effimera" e, soprattutto, la locazione invece dell'acquisto: ecco come cambia uno dei settori trainanti dell'economia. Ne parliamo con un protagonista del settore: Lombardini 22 di Riccardo Venturi la terza società di architettura e design italiana per fatturato, la prima per quello prodotto in Italia, secondo la classifica Guamari pubblicata dal Sole 24 Ore. Si chiama Lombardini22, come l’indirizzo della sua sede sui Navigli di Milano dove lavorano 250 tra architetti, ingegneri, designer, specialisti della comunicazione, con un’età media di 35 anni. Una sede distintiva, innovativa e moderna, uno spazio industriale rigenerato che… non è di proprietà della società Lombardini22. Qualcosa in più di una semplice curiosità, un segno della rivoluzione in corso nel campo immobiliare che sarà analizzata all’evento Foresight, organizzato da Lombardini22 a Milano il 10 Ottobre, alla torre Allianz di CityLife. «Le risorse preferiamo metterle nell’azienda, possedere un immobile è un peso» dice l’ad di Lombardini22 Franco Guidi nella luminosa sede, gli spazi ritmati dalle colonne e affollati di giovani professionisti, 51% maschi 49% femmine, di 17 si muovono rapidamente verso spazi adatti nazionalità diverse. «Mi aspetto grandissimi a esigenze in continuo mutamento. Oggi è cambiamenti nel mondo immobiliare» sottotornata la voglia di urbano, di stare in cenlinea Guidi, «il primo dei quali è l’affermarsi tro città. È un mercato ciclico e anticiclico: della filosofia “space as a service”. Si pensi funziona anche quando il mercato si contrae, alla diffusione dello sharing nel mondo del perché le aziende vogliono risparmiare sugli lavoro: si preferisce affitti e cercano spazi L'IMMOBILIARE È UN MERCATO CICLICO non solo l’affitto ripiù piccoli». Anche la E ANTICICLICO: FUNZIONA ANCHE spetto all’acquisto, crescente attenzioQUANDO IL MERCATO SI CONTRAE ma anche con formune alla sostenibilità PERCHÉ SI CAMBIA PER RISPARMIARE le meno impegnative. spinge le aziende Invece di fare un contratto 6+6, mi rivolgo a verso spazi nuovi. «Milano è l’unica città in un’agenzia che mi permette di prenderlo per questo senso europea» puntualizza Guidi, 3 o 4 mesi». Il mercato degli affitti di uffici è «ha un mercato liquido, gli investitori posparticolarmente vivace a Milano. «Lo svilupsono comprare e rivendere abbastanza vepatore che vede un’opportunità di mercato locemente». Il problema è anzi la mancanristruttura l’edificio, lo affitta e poi lo rivende za di prodotto: «Ci sono pochi immobili di a un fondo investitore» spiega l’ad di Lomvalore significativo» aggiunge l’ad di Lombardini22, «nel mercato dell’affitto le aziende bardini22, «gli investitori internazionali fa-

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ticano a trovare quelli su cui vale la pena puntare. È cruciale che Milano riesca ad attrarre headquarters internazionali, con le potenzialità degli scali come Porta Romana e lo Scalo Farini, oltre all’area Expo, c’è tanto spazio dove costruire». L’allontanamento dalla proprietà immobiliare riguarda anche i giovani, e sta mettendo in discussione un caposaldo della società italiana: la prima casa. «In campo residenziale l’Italia è sempre stata più incline alla proprietà rispetto ad altri paesi come la Germania dove è più diffuso l’affitto» mette in rilievo Guidi, «ma oggi le cose stanno cambiando per gli stili di vita dei giovani, il bisogno di mobilità sul territorio, la mancanza di interesse a tenere un patrimonio fisso e anche di disponibilità finanziarie». Per i giovani italiani insomma l’acquisto della casa non è più necessariamente una priorità. «Preferiscono stare in città e spendere per un affitto piuttosto che per un mutuo» osserva l’ad di Lombardini22, «anche perché la casa che potrebbero permettersi non gli piace. Consumano probabilmente di più e risparmiano meno di quanto si faceva un tempo, sono un po’ cicale e non si patrimonializzano. Ci saranno problemi tra qualche decina d’anni». Queste trasformazioni in atto impattano sul mercato in modo importante. «C’è l’interesse degli investitori a costruire per affittare, uffici ma anche residenze» rimarca Guidi, «quelle per studenti stanno conoscendo un boom enorme, e tendono a diventare anche microliving, spazi adatti a una persona che viene da fuori città e ha bisogno di un appoggio». Le esigenze abitative sono in rapida evoluzione, ma l’offerta è ancora molto vecchia. «Molti appartamenti sono strutturati in base al boom degli anni sessanta» rileva l’ad di Lombardini22, «quando si aggiungevano locali che ora servono a poco. Ci sono tagli incompatibili, troppo grandi e con pochi bagni, quando oggi il trend è che ogni stanza deve avere un bagno… Per questi motivi il comparto residenziale potrebbe avere un certo boom, con rendimenti più stabili anche se più bassi rispetto agli uffici». L’impatto è

anche sul tipo di architettura: «I cicli sono diventati più veloci, gli edifici invecchiano prima» nota Guidi, «c’è un movimento continuo, per esempio se un centro commerciale non si rinnova spesso la gente si sposta verso quelli più nuovi. Questo porta a un’architettura effimera, più vicina al modello monto-smonto, da evento, che non a quello che punta alla durata, che non sappiamo quanto durerà». Il gruppo Lombardini22 è nato nel 2007 per iniziativa di sei professionisti appartenenti a background differenti. «L’idea sembrava

FRANCO GUIDI

un po’ folle ma era lucida» racconta l’ad, «mettere insieme professionalità eterogenee e coltivare una pluralità disciplinare da proporre al mercato come offerta integrata; combinare una diffusa creatività interna con il rigore dei numeri del management imprenditoriale». In 10 anni di attività Lombardini22 ha quintuplicato fatturato e personale, e oggi è leader nello scenario italiano dell’architettura e dell’ingegneria, specializzato nei settori Office, Retail, Hospitality e Data Center con i marchi L22, Degw, Fud, Cap Dc, Eclettico. La sua vicenda è strettamente legata al dinamismo della città di Milano anche negli anni della crisi. «Milano è una città che sa cambiare e rinascere» afferma Guidi, «ha avuto nel tempo una vocazione industriale e poi di servizi, è sempre riuscita a ripartire». Paradossalmente, gli anni in cui è esplosa la crisi economica globale per il capoluogo lombardo in campo immobiliare sono stati di ripartenza. «Abbiamo avuto la fortuna di essere qui a Milano in un momento in cui l’immobiliare ha cambiato faccia dopo l’epoca di Mani Pulite» sottolinea l’ad di Lombardini22, «il mercato è diventato più internazionale, con più investitori esteri, regole nuove, più trasparenza. Ci siamo inseriti in quel trend, capendo prima di altri che c’era bisogno di società di grandi dimensioni, anche se siamo partiti in 20, e di specializzazione». Alcuni dei progetti completati in anni recenti o in via di completamento sono partiti proprio allora. «La nostra prima consulenza è stata con CityLife» ricorda Guidi, «facevamo da interfaccia con i grandi architetti impegnati nella sua realizzazione per cercare di aumentare la flessibilità degli spazi interni, e quindi l’appeal commerciale». Tanti i lavori prestigiosi che sono seguiti, dall’hotel Armani con la Emaar di Dubai alla Microsoft House di Porta Nuova, dagli interni della torre Allianz a quelli dell’altra torre in via di completamento PWC a CityLife. «Siamo come la Rinascente della progettazione. Da noi puoi trovare tutto oppure solo quel che cerchi, con un’estrema specializzazione» conclude l’ad di Lombardini22.

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in collaborazione con ANDAF

Patent Box, ecco come si autodetermina il reddito agevolabile Il Decreto Crescita stabilisce che i titolari di reddito di impresa possano scegliere, in alternativa alla procedura di ruling, di indicare direttamente in dichiarazione gli importi autoliquidandosi il beneficio, purché producano un'idonea documentazione A cura di Antonella Della Rovere e Francesca Pecorari

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l comma 1 dell’art. 4 del Decreto Crescita (D.L. n. 34/2019 – convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58) stabilisce che i soggetti titolari di reddito di impresa che optano per il regime agevolativo del Patent Box possono scegliere, in alternativa alla procedura di ruling di cui art. 31-ter del D.P.R. n.

600/1973 di autodeterminare e indicare direttamente in dichiarazione il reddito agevolabile. I contribuenti sono tenuti a indicare le informazioni necessarie a tale determinazione in idonea documentazione predisposta secondo quanto previsto dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 658445/2019 emanato

il 30 luglio scorso (di seguito il “Provvedimento”). I soggetti che intendono esercitare l’opzione devono ripartire la variazione in diminuzione in tre quote annuali di pari importo da indicare nella dichiarazione dei redditi e dell’IRAP relativa al periodo di imposta in cui viene esercitata tale opzione e in quelle relative ai due periodi LE AUTRICI ANTONELLA DELLA ROVERE (A SINISTRA) E FRANCESCA PECORARI (A DESTRA) VALENTE ASSOCIATI GEB PARTNERS/CROWE VALENTE

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d'imposta successivi. Il secondo comma dell’art. 4 stabilisce che la sanzione per infedele dichiarazione non si applica qualora, nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività istruttorie, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione idonea a consentire il riscontro della corretta determinazione della quota di reddito escluso. E in caso di procedura di ruling già attiva? Sempre il comma 4 dell’art. 4 del Decreto Crescita prevede l’applicazione della nuova procedura anche in caso di attivazione della procedura di ruling, a condizione che non sia stato concluso il relativo accordo e sia stata comunicata precedentemente all’Agenzia delle Entrate l’espressa volontà di rinuncia alla procedura di ruling già attivata. I soggetti ammessi L’opzione per la determinazione diretta del reddito agevolabile può essere esercitata da due tipi di soggetti. Innanzitutto i soggetti beneficiari di cui all’art. 2 del Decreto Patent Box, che possono optare per il regime agevolativo previsto dall’art. 1, commi da 37 a 45, della L. n. 190/2014, inclusi coloro che abbiano concluso un accordo a seguito della procedura di Patent Box, in alternativa al rinnovo dello stesso. Inoltre, sono ammessi i soggetti che abbiano in corso, alla data di entrata in vigore del Decreto Crescita, una procedura di Patent Box. In tale ipotesi l’opzione può essere esercitata


previa comunicazione, da trasmettersi tramite PEC o con raccomandata a/r, all’Ufficio presso il quale è pendente la procedura di Patent Box, nella quale il contribuente esprime la volontà di rinunciare alla prosecuzione della procedura. L’opzione è comunicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta al quale si riferisce l’agevolazione Patent Box, ha durata annuale, è irrevocabile e rinnovabile. La documentazione La documentazione idonea è costituita da un documento, articolato in due sezioni, A e B, contenenti i dati, le informazioni e gli elementi delineati nel Provvedimento. La tenuta della documentazione rappresenta condizione necessaria per usufruire dell’autoliquidazione del beneficio. Il punto 6.4 del Provvedimento dispone infatti che “la totale assenza di documentazione comporta il recupero integrale dell’agevolazione, con conseguente applicazione degli interessi e irrogazione di sanzioni”. Il successivo punto 6.5 prevede che la presentazione, nel corso di attività di controllo, del documento informativo, non vincola l’Agenzia delle Entrate alla disapplicazione delle sanzioni quando, pur rispettando i contenuti informativi previsti nel Provvedimento in relazione alle singole fattispecie, gli stessi non forniscono, nel complesso, un’informazione chiara e completa e in linea con le disposizioni contenute nel Provvedimento. In ogni caso la documentazio-

ne è considerata idonea qualo- La comunicazione e i termini ra la stessa fornisca agli organi di consegna di controllo i dati e gli elementi Il contribuente che detiene la necessari per riscontrare la documentazione è tenuto a corretta determinazione del comunicarlo all’Agenzia delle reddito agevolabile, a prescin- Entrate nella dichiarazione redere dal fatto che il metodo lativa al periodo di imposta per utilizzato, le modalità appli- il quale beneficia dell’agevolacative e i criteri adottati dal zione Patent Box. In mancanza contribuente risultino diversi di tale comunicazione, il contrida quelli buente non LA COMUNICAZIONE individuati può avvaALL'AMMINISTRAZIONE dall’Ammilersi della nistrazione FINANZIARIA È CONDIZIONE disapplicaPER USUFRUIRE finanziaria. zione delle DEL BENEFICIO FISCALE sanzioni, I requisiti in caso di formali e le condizioni di effi- rettifica da parte dell’Amminicacia strazione finanziaria. Il ProvveSotto il profilo formale la do- dimento stabilisce che la concumentazione deve essere re- segna della documentazione datta in lingua italiana (tutta- all’Amministrazione finanziaria via, possono essere presentati deve essere effettuata entro e in lingua inglese gli elementi non oltre 20 giorni dalla relaticonoscitivi e i dati che si rife- va richiesta. Qualora, nel corso riscono ad operazioni con im- del controllo o di altra attività prese associate estere o parti istruttoria, emerga la necessiterze estere). Non solo: deve tà di disporre di informazioni anche essere firmata dal le- ulteriori rispetto a quelle congale rappresentante del con- tenute nella documentazione tribuente o da un suo delegato consegnata all’Amministraziomediante firma elettronica con ne finanziaria, le stesse devomarca temporale da apporre no essere fornite entro 7 giorni entro la data di presentazione dalla richiesta, ovvero entro della dichiarazione dei redditi. un periodo più ampio tenendo La documentazione deve esse- conto della complessità delle re redatta per ciascun periodo operazioni sottoposte ad anadi imposta per il quale il sog- lisi. getto beneficiario ha optato per la determinazione diretta del Microimprese, piccole e medie reddito agevolabile, produce imprese effetti esclusivamente per il Le microimprese, piccole e periodo d’imposta cui si rife- medie imprese potranno utilizrisce e deve essere conservata zare in caso di utilizzo diretto, fino allo scadere del termine di nell’ambito dell’applicazione decadenza per l’accertamento del metodo del Residual Profit di cui all’art. 43 del D.P.R. n. Split, le analisi di benchmark 600/1973. di settore sulla base dei codici

attività previsti dalla nomenclatura Ateco 2007, messe a disposizione dall’Agenzia delle Entrate su richiesta. Resta salva la facoltà del contribuente di effettuare proprie analisi. Le medesime imprese possono altresì predisporre le Sezioni A e B in forma semplificata, fornendo informazioni equipollenti a quelle ivi indicate, in conformità alle dimensioni della propria struttura organizzativa e operativa.

LA CULTURA GUIDERÀ LO SVILUPPO DELL'ECONOMIA

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a cultura, valore per l’economia e guida nell’evoluzione dei modelli organizzativi e di sviluppo” è il titolo che l’Andaf ha scelto per il suo 42° congresso nazionale che si svolgerà a Matera il 25 e 26 ottobre ospitando, conteporaneamente, il 49° Congresso Mondiale IAFEI e la celebrazione del 50° anniversario della IAFEI. Quasi rivoluzionari i presupposti: “Seppure con una diversa angolazione, vogliamo riproporre la domanda che ci eravamo posti l’anno scorso: “cosa possiamo, o meglio dobbiamo, fare oggi per essere pronti ad affrontare il domani?”, sintetizza il presidente Andaf Roberto Mannozzi nel suo testo introduttivo. Mentre Paolo Bertoli, Presidente del Comitato Scientifico, nel suo, sottolinea il valore assoluto dell’insostituibile centralità dell’uomo nella creazione di uno sviluppo sostenibile.

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APPROFONDIMENTI

Luglio e agosto, due mesi da record per il private equity L’indice semestrale dell'Osservatorio PEM realizzato dai ricercatori della Business School di LIUC mostra l’ottimo andamento del settore con una forte impronta delle operazioni di buyout di Anna Gervasoni

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l private equity non teme la pausa estiva e nei mesi di luglio e agosto l’Osservatorio Private Equity Monitor – PEM® realizzato dai ricercatori dell’Osservatorio PEM® della Business School di LIUC – Università Cattaneo, ha mappato 40 nuove operazioni portando a gli 132 investimenti iniziali dei primi otto mesi dell’anno, un 31% in più rispetto alle 101 operazioni dello stesso periodo del 2018. I mesi di luglio e agosto, in particolare, mostrano una forte impronta delle operazioni di buyout, il 72% del totale con a seguire Expansion, 18%, Turnaround, 7%, Replacement, 3%. L’Osservatorio ha come particolarità il censimento delle sole operazioni di private equity, non monitorando l’attività di venture capital e l’attività degli operatori

pubblici, nonché considerando solo i first round financing ed escludendo i follow on (successivi ingressi nel capitale di aziende già oggetto di operazione di private equity). In termini di distribuzione settoriale, anche nei mesi di luglio e agosto si conferma l’inIL PRIVATE EQUITY MONITOR INDEX REALIZZATO PER MONITORARE L'ATTIVITÀ DEI FONDI SI È ATTESTATO NEL PRIMO SEMESTRE A QUOTA 442

teresse verso il comparto dei prodotti per l’industria che, insieme, attrae il 28% del mercato in termini di numero di operazioni. Buoni poli di attrazione sono risultati essere anche i settori Servizi professionali, Terziario (22%), Beni di consumo (20%) e Alimentare (15%).

ANNA GERVASONI

Poche sorpese arrivano dall’ambito geografico dove la Lombardia catalizza il 40% delle operazioni serguito da Veneto con il 13%, Emilia Romagna con il 10% e Toscana, 10%. Il Pem, che trimestralmente realizza anche il Private Equity Monitor Index – PEM®I, indice realizzato, per monitorare l’attività dei fondi, si è attestato, nei primi sei mesi dell’anno, a quota 442, il secondo valore più alto mai registrato nella ormai quasi ventennale serie storica dell’indicatore e certamente sinonimo di un eccellente livello di attività del settore. La prima parte del 2019 conferma quindi l’ottimo andamento del private equity italiano, migliorando i risultati dello scorso anno, quando già erano stati registrati numeri di rilievo.

UN PUNTO DI OSSERVAZIONE PRIVILEGIATO PER INVESTITORI E IMPRESE Gli Osservatori Private Equity Monitor - PEM ® e Venture Capital Monitor - VeMTM sviluppano un’attività di monitoraggio permanente sugli investimenti in capitale di rischio realizzati nel nostro Paese, al fine di offrire ad operatori, analisti, studiosi e referenti istituzionali, informazioni utili per lo svolgimento delle relative attività. In particolar modo, il PEM ®, focalizza la propria attività di ricerca sul segmento del later stage, monitorando

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le operazioni di Expansion, Buy out, Replacement e Turnaround, lasciando al VeMTM il compito di concentrarsi sul segmento dell'early stage. I due Osservatori, attraverso il monitoraggio, l’analisi e la diffusione delle informazioni raccolte in via disaggregata e relative alle operazioni di investimento poste in essere dalle istituzioni finanziarie attive sul mercato italiano, vogliono quindi rappresentare un punto di osservazione privilegiato sia per gli investitori stessi,

sia per le imprese potenziali target di investimento che potrebbero trovarsi di fronte alla decisione di aprire il proprio capitale ad un socio istituzionale. Il tutto allo scopo di contribuire al raggiungimento di un livello di trasparenza sempre maggiore e con l’intento di costituire un punto di riferimento, nazionale ed internazionale, per l’approfondimento e la discussione delle tematiche attinenti al capitale di rischio.


Oltre al «pezzo di carta» c'è l'expertise del tesoriere Alla fine dell'anno le imprese fino a 20 milioni di euro di fatturato dovranno dotarsi di una figura apposita per adempiere alle nuove necessità legislative, formando e riqualificando le figure interne di Fabrizio Masinelli *

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er troppo tempo il tesoriere è stato assimilato al contabile bancario, un impiegato amministrativo senza troppo expertise. Poi, con la crisi economico-finanziaria del 2008, ci siamo svegliati e ci siamo resi conto che una gestione più oculata della gestione dei flussi di cassa era un tema imprescindibile. Eppure, le figure c’erano e ci sono sempre state, ma erano posizionate in un livello dell’organigramma dell’impresa medio-basso. Oggi, fortunatamente, ci siamo evoluti. Da quattro o cinque anni, inoltre, l’imprenditore o i manager con potere decisionale hanno compreso il reale valore dell’esperienza del tesoriere, portando a un “innalzamento” della posizione nell’impresa. Inoltre, con la Legge 14 il governo ha messo in campo degli strumenti contro le crisi aziendali, imponendo la presenza di un tesoriere. Questo provvedimento prevede la nomina di qualcuno che verifichi la pianificazione dei flussi di cassa nelle Srl. Al momento, dunque, basta un esperto in questioni contabili come nel caso di un commercialista. La vera trasformazione si avrà alla fine di quest’anno, quando le imprese fino a 20 milioni di euro di fatturato dovranno pensare a una figura apposita per riuscire ad adempiere alle nuove necessità legislative. Per questo motivo sarà fondamentale riuscire a fare formazione nei confronti di

quei professionisti che adesso si occupano esclusivamente della contabilità bancaria. L’attesa, dunque, è più per una riqualificazione delle figure interne che per una nuova selezione di personale. D’altronde, il tesoriere ricopre un incarico abbastanza ibrido, che riporta per alcune competenze al direttore finanziario e per altre all’amministratore delegato. Dal punto di vista del livello d’istruzione, una buona percentuale di questi professionisti – specialmente nelle piccole e medie imprese UNA BUONA PERCENTUALE DI TESORIERI NELLE PMI È ANCORA UN RAGIONIERE CHE HA SVILUPPATO UN SET DI COMPETENZE AD HOC

– è ancora un ragioniere che ha sviluppato un set di competenze particolarmente elevate. La laurea in economia o in altre professioni può essere un punto di partenza significativo, ma quello che conta davvero è la formazione. Al momento, in Italia, non ci sono apposite scuole e il modo migliore quindi è imparare “sul campo”. Anche un ingegnere gestionale, che esce dall’università con delle competenze molto elevate, necessita di un periodo di apprendistato di un paio d’anni prima di riuscire a svolgere in maniera ottimale l’incarico di tesoriere. Si tratta, insomma, di un mestiere molto particolare che non si impara in una scuola

L'AUTORE, FABRIZIO MASINELLI

o con un master. Un’ulteriore peculiarità è che questo impiego non è assimilabile esclusivamente all’uomo “dei conti”, ma necessita anche di spiccate capacità relazionali per dialogare con le banche e le finanziarie. Per far fronte alle nuove esigenze professionali che diventeranno sempre più cogenti a mano a mano che i tesorieri diventeranno sempre più centrali per le aziende, AiTi - l’associazione italiana di categoria che può contare su un network di oltre 600 professionisti - organizza un corso post-laurea della durata di 125 ore in collaborazione con l’università di Modena e Reggio Emilia. In questo modo vengono istruiti tutti quei lavoratori – laureati ma anche figure che vengono richieste dalle aziende di implementare le proprie competenze - mettendo a disposizione di chiunque necessiti di un maggiore expertise un bagaglio culturale elevatissimo. Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è che normalmente chi fa tesoreria in azienda è il 10% di chi fa amministrazione. Il che significa che bisogna appoggiarsi in maniera anche molto aggressiva alla tecnologia, ad esempio per poter tenere sotto controllo tanti conti bancari differenti. Software e altri dispositivi di ultima generazione, inoltre, permettono di dedicare più tempo alle attività ad elevato valore aggiunto. * presidente di Aiti, Associazione italiana tesorieri d'impresa

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APPROFONDIMENTI

Il business coach è autorevole, non autoritario I collaboratori non devono essere tanto guidati, quanto motivati. Con questa filosofia nasce l'Executive MasterBusiness Coaching for Change della Liuc Business School in partnership con Praxi di Riccardo Venturi

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al capo autoritario al capo autorevole. Non solo una questione lessicale, ma un cambio di paradigma che si impone a livello globale e richiede competenze diverse, niente affatto scontate. Nasce per questo il nuovo Executive Master Business Coaching for Change della Liuc Business School, in partnership con PRAXI, società leader nella consulenza in ambito organizzativo, al via nel mese di aprile 2020 in formula part – time. «Le nostre aziende non hanno bisogno di capi autoritari e coercitivi» dice il direttore del master Lorenza Angelini, «ma di leader che ispirano, che hanno fiducia in se stessi per poterla riporre anche nei propri collaboratori. Questi ultimi, infatti, non devono tanto essere guidati quanto motivati. Qui entra in gioco la nostra proposta formativa, che vuole colmare un gap ancora molto presente nei manager». La sfida consiste nel diventare business coach, una nuova figura che deve avere la capacità di ascoltare e di delegare, anche per gestire la flessibilità e la diffusione di nuove modalità organizzative e di valorizzazione delle persone come lo smartworking. Destinatari del master sono responsabili delle risorse umane, responsabili funzionali, imprenditori e liberi professionisti. «Il business coach è un capo che sa ispirare il percorso di crescita dei suoi collaborato-

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ri, aiutandoli a sviluppare il loro massimo potenziale» sottolinea Angelini, «e per essere un buon coach deve aver fatto a sua volta un percorso di crescita personale». Il percorso prevede una prima fase di assessment per definire un piano personalizzato di sviluppo per ciascun partecipante, a partire dal proprio stile di leadership. «Il master si inserisce nell’attività del Centro sul cambiamento, la leadership e il people management della Liuc Business School» spiega il direttore, «che negli ultimi anni ha IL PERCORSO PREVEDE UNA FASE DI ASSESSMENT INIZIALE PER DEFINIRE UN PIANO PERSONALIZZATO PER CIASCUN PARTECIPANTE

diffuso importanti attività di ricerca sulla valutazione del livello di engagement dei collaboratori e sulla misurazione del Net Management Promoter Score, l’indicatore della qualità del management che misura quanto i collaboratori sono disposti a consigliare il proprio capo e per quali comportamenti». Componente essenziale del corso è il coaching lab, dove si sperimentano e simulano sessioni di coaching, individuali e di gruppo, affiancati da un coach professionista. «All’interno del percorso vi sarà anche l’opportunità di ascoltare guru di fama internazionale tra cui Julian Birkinshaw della London Business School».

LORENZA ANGELINI

Un’altra capacità richiesta al nuovo business coach è quella di fare storytelling. «È importante sia per se stessi che per aggregare e ispirare gli altri» rimarca il direttore del master, «quindi il leader diventa un Chief Storytelling Officer. È un modo per far immaginare diversi futuri, una sorta di tecnica di visualizzazione raccontata. Quando lo storytelling è ricco di contenuti e utile al raggiungimento degli obiettivi, a far vivere e far lavorare meglio le persone, assume un significato concreto». Nella parte finale del percorso si ha l’opportunità di frequentare un modulo elective presso la Ieseg School of Management di Parigi. È previsto, inoltre, un project work conclusivo da realizzare all’interno della propria azienda, o una tesi teorica, affiancati da un Tutor. Con la partecipazione al Master, qualificato Cepas (Organismo di Certificazione delle Professionalità e della Formazione), si ha anche la possibilità di accedere al processo di certificazione per diventare Coach Professionista. Dei temi del business coaching si parlerà mercoledì 16 ottobre dalle 18 alla Liuc – Università Cattaneo in un incontro con top manager e imprenditori. «Presenteremo il master e soprattutto ci confronteremo sulla necessità di avere questo tipo di competenze per affrontare un futuro sempre più incerto» conclude Angelini.


PRIVATE BANKER

Anche se la torta è più piccola c'è ancora fame di risparmio A fronte di un calo degli asset finanziari delle famiglie italiane, rimane comunque la volontà di accumulare una riserva per i momenti di magra. Un'opportunità per il sistema per pensare a nuovi business di Ugo Bertone

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el 2018 i patrimoni finanziari delle famiglie sono diminuiti in ogni angolo del globo, come non era accaduto neppure nel 2008 al culmine della crisi. E tutto lascia prevedere che il fenomeno, certificato dall’Allianz Global Wealth Report, il rapporto globale sulla ricchezza finanziaria dei privati che mette sotto la lente asset e indebitamento delle famiglie di oltre 50 Paesi, troverà conferma anche nei dati del prossimo fine dicembre. Le cause dello sboom, infatti, non sono state rimosse a partire dalla frana inarrestabile dei rendimenti che ha regalato brutte sorprese al mondo dei risparmiatori, specie quelli che pensavano di integrare la pensione con un flusso stabile di interessi. L’Italia non ha fatto eccezione: gli asset finanziari delle famiglie italiane sono diminuiti del 4,8%, segnando il primo calo dal 2011. E siamo in buona compagnia, visto che Francia (-0,8%) e Spagna (-1,6%) hanno fatto poco meglio di noi. Una magra consolazione che senz’altro non migliorerà l’umore dei risparmiatori che da quest’estate ricevono, così come vuole la direttiva Mifid 2, un L'AUTORE UGO BERTONE. TORINESE, EX FIRMA DE "IL SOLE-24 ORE" E "LA STAMPA", È CONSIDERATO UNO DEI MIGLIORI GIORNALISTI ECONOMICOFINANZIARI D'ITALIA

rendiconto finanziario dal proprio gestore da cui devono emergere con trasparenza i costi addebitati per il servizio, a partire dalla consulenza, una voce finora confusa tra le varie commissioni. Facile prevedere che molti risparmiatori reagiranno con stizza (o rabbia) alla lettura del proprio documento: alla delusione per la performance negativa si aggiunge infatti la scoperta di costi spesso finora ignorati. Insomma, una difficoltà in più per le banche, ma che è destinata a incidere anche sulla reputazione dell’intera industria del settore complicando una situazione di mercato non facile; la torta del risparmio, infatti, rischia di restringersi anche se le indagini di mercato confermano che è tornata la volontà di accumulare una riserva per i momenti difficili: un italiano su tre, secondo un’indagine di Agos, ha in mente di risparmiare, il 17% pensa di investire in un fondo pensione, il 15% di creare un reddito aggiuntivo per una situazione di emergenza. Il risparmio, insomma, resiste. Il che è un’ottima notizia per il sistema, da anni impegnato più a tappare le falle sul fronte dei crediti deteriorati e delle sofferenze che a pensare a nuovi business. Ma anche un invito a uscire dal guscio e a ripensare al proprio modello di sviluppo dopo anni dedicati in pratica solo a collocare presso i vari fondi specializzati il frutto avvelenato delle insolvenze e a liberarsi di attività collaterali,

anche per sfuggire a regole nazionali ed europee sempre più stringenti. Per non parlare di altre minacce in arrivo. Come tale è vissuta da buona parte delle banche la direttiva Psd 2 che costringe gli istituti a cedere il monopolio sui dati sensibili dei clienti a chi ne faccia richiesta, purché ci sia l’assenso dell’interessato. Un’arma a vantaggio dei colossi (pensiamo a Google o Amazon) che vogliano sfondare nel settore. Ma anche un’opportunità per gli istituti di credito che sappiano far tesoro delle nuove regole. Nulla impedisce (e qualcuno già ci pensa) a un istituto di acquistare dietro compenso sotto forma di sconti o altre offerte commerciali i dati dei clienti. E farne la piattaforma per nuovi business, dalla vendita di viaggi a quella di proposte previdenziali tagliate su misura. Naturalmente senza passare dallo sportello. Sembra fantascienza, ma in realtà è un modo per sfuggire alla morsa di costi crescenti e vincoli sempre più severi per fare business senza aver bisogno di sedi dorate e casseforti: per fare i soldi di Paperone ormai basta un telefonino. Tutto il resto sono costi.

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TALENT SHOW

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CI PIACE DA FERRERO UN PREMIO PIÙ BUONO DELLA NUTELLA La scelta di dare oltre 2000 euro a ciascuno dei 6000 dipendenti italiani risponde a una logica vincente

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e chiacchiere non riempiono la pancia”, recita il detto popolare, e un colosso mondiale dell’industria alimentare come la Ferrero non avrebbe mai potuto fare confusione tra chiacchiere e sostanza. Sarà per questo che ha voluto dare al premio economico per i risultati dell’esercizio 2018 – 2019 una particolare consistenza che ha quasi fatto scalpore: oltre 2000 euro lordi e fino a 2200 per ciascuno dei 6000 dipendenti italiani. Avete letto bene: più di 12 milioni di euro destinati a premiarli per aver reso possibili i bei risultati aziendali. Chapeau. Non è un caso. Quella del gruppo Ferrero è una straordinaria storia di successo italiano - anche se l’azienda è emigrata societariamente all’estero in anticipo sui tempi scelti da tanti altri gruppi e per ragioni molto serie – costruita da un genio imprenditoriale ma poi portata avanti con grande efficienza e visione dai figli, e oggi da Giovanni Ferrero, che pure qualche anno fa alcuni giudicavano con una certa sufficienza. Oggi la Ferrero non è mai andata così bene. Cresce e rende. E ha creato un sistema di welfare aziendale che davvero mette al centro le risorse umane e che prevede, tra l’altro, ad Alba un asilo nido per circa circa 80 bambini e che presto sarà affiancato da una scuola materna per 150 bambini, che porterà le strutture sportive vicino ai luoghi di lavoro nell’ambito del progetto “Village – Kinder+sport”. Senza dimenticare il servizio di assistenza sociale a disposizione dei dipendenti per la gestione delle pratiche amministrative o i percorsi di smart working che permettono di lavorare un giorno a settimana “in agilità”, esteso dal 29 gennaio 2018 a circa 350 dipendenti.

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Il welfare aziendale di Alba è un modello nel mondo perché pone al centro le risorse umane Lui promette consigli, il mercato azzarda ipotesi. Certo è che il magnate appare sempre più un uomo isolato

hissà se lo aveva già desiderato per sé come regalo del suo 84° compleanno, il 22 maggio scorso, questo 6,490% del capitale di Mediobanca che Leonardo Del Vecchio si è appunto regalato per la non modica spesa di 580 milioni di euro. Certo è che anche per l’ex Martinitt, che ha meritatamente accumulato un patrimonio di 24 miliardi di dollari grazie ai successi della sua Luxottica, 580 milioni di euro sono davvero tanti soldi. Ma quando uno li ha, da qualche parte deve pur metterli. Sorprende, però, vedere con quale atteggiamento l’ottuagenario ha condito la sua scelta: una grinta da fondo attivista, che si confà al profilo dell’uomo come un tacco 12 a un ippopotamo. Ed anche quei riferimenti “al lungo periodo” – fermo restando che va augurata a chiunque, e soprattutto a chi tanto benessere ha saputo creare, la miglior longevità del mondo – dimostrano un’ammirevole indifferenza alla scaramanzia. In realtà, dalla scelta di scaricare il suo management indipendente guidato da Andrea Guerra in poi, Del vecchio ha cambiato stile. È tornato sostanzialmente padre padrone di un colosso dalla complessità tale che risulta difficile immaginarlo gestibile da un uomo solo. Ha litigato un po’ con tutti. Ha attaccato Carlo Messina di Intesa, quasi rotto con i soci francesi di Essilor che pure egli stesso si è scelto. Qualcuno accredita a Del Vecchio il piano di “emancipare” le Generali dall’influenza di Mediobanca, a favore suo, di Caltagirone e Benetton. Capitani. Chissà se ha mai letto l’aforisma di Cicerone, nel suo “De senectute”: “La leggerezza è propria dell’età che sorge, la saggezza dell’età che tramonta”.

NON CI PIACE IL CANUTO ATTIVISMO DI UN GRANDE SOLISTA Che scopo ha davvero il blitz da 580 milioni con cui Leonardo Del Vecchio ha preso il 6,9% di Mediobanca?




QUEL CHE RESTA DEL MESE in collaborazione con ILSUSSIDIARIO.NET

La Germania beffa l'Italia ma anche la Francia Il nuovo Governo ha assunto una posizione filofrancese in Europa che non porterà però a reali vantaggi economici DI CARLO PELANDA

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uanto potrà essere grande il premio per l’euroconvergenza, ma in senso filofrancese, del nuovo Governo? Negli ultimi giorni sono arrivati messaggi molto chiari. Summit dell’Eurogruppo: il deficit non potrà superare il 2%, se oltre scatterà la procedura di infrazione. Ursula von der Leyen: non è in agenda alcuna revisione dei trattati europei come richiesto da Italia e Francia, aggiungendo che la flessibilità di questi è più che sufficiente. Inoltre, la presidentessa della Commissione europea ha fatto capire che non è nemmeno in agenda la proposta di una Difesa europea spinta dalla Francia perché tale funzione resterà entro il quadro Nato, pur la Commissione stessa varando programmi di rafforzamento dell’industria militare europea. Questo è un segnale chiaro e piuttosto brutale a Roma e Parigi che la sua conduzione della Commissione impedirà sviluppi post-Nato dell’Ue e una spaccatura tra nazioni nordiche rigoriste e meridionali lassiste sui temi di ordine economico, comprimendo le seconde. Prova ne è che la delega a Gentiloni in materia di affari economici europei, pur non “commissariata”, è condizionata dal consenso del rigorista vicepresidente Dombrovskis.

IN SINTESI, LA GERMANIA HA AVVERTITO ITALIA E FRANCIA CHE LA LORO ALLEANZA PRO-DEBITO TROVERÀ UN MURO E NON OTTERRÀ NULLA

In sintesi, la Germania ha avvertito Italia e Francia che la loro alleanza pro-debito troverà muro e non otterrà le modifiche volute agli statuti europei. Così come ha segnalato che le richieste di aumentare la spesa pubblica in deficit per stimolare l’economia europea via più investimenti interni troveranno limite, probabilmente non oltre 50 miliardi: basteranno per contrastare la recessione nella nazione, ma non certo per stimolare il resto. Niente premio, dunque? Il programma Bce di acquisto dei debiti ridurrà il costo di quello italiano dando qualche miliardo al bilancio statale, pochino. Inoltre, tale decisione sarebbe stata presa co-

munque con qualsiasi Governo italiano. L’euroconvergenza è stata premiata dal mercato perché ha confermato la protezione europea dell’Italia rendendola un luogo un po’ più sicuro per il capitale, ma il suo indirizzo filofrancese mantiene i dubbi sul riordinamento italiano e non porterà premi stimolativi sufficienti. Questi potranno venire, invece, da più export entro regole stabili ottenibile via trattati di libero scambio dell’Ue con l’America, in agenda a novembre, con il Mercosur e con Londra post-Brexit che sono frenati da Parigi e spinti da Berlino. Pertanto Roma dovrebbe reindirizzare la propria euroconvergenza più verso Berlino. da www.ilsussidiario.net

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QUI PARIGI, APPUNTI DALLA DÉFENSE

Se il sindacato fa la spia al Fisco contro le imprese Il 5 novembre alla sezione civile del Tribunal de Grand Istance di Nanterre, i rappresentanti dei lavoratori affronteranno Procter&Gamble e i suoi metodi di “ottimizzazione fiscale” di Giuseppe Corsentino

E SE FOSSERO I SINDACATI I MIGLIORI ALLEATI DEL FISCO, CAPACI DI FAR SCOPRIRE TUTTE LE MANOVRE DELLE AZIENDE PER OCCULTARE GLI UTILI, MAGARI TRASFERENDOLI A SOCIETÀ DI COMODO BASATE NEI PARADISI FISCALI OPPURE METTENDO IN ATTO QUELLE SOFISTICATE PROCEDURE ELUSIVE CHE NEL LINGUAGGIO EDUCATO DEI COMMERCIALISTI VANNO SOTTO IL NOME DI “OTTIMIZZAZIONE FISCALE”?

È quello che si scoprirà il 5 novembre prossimo alla sezione civile del Tribunal de Grand Istance di Nanterre, periferia industriale di Parigi, nella causa che il comité d’entreprise, l’equivalente della nostra Rsu, ha intrapreso contro la filiale francese della multinazionale Procter&Gamble che nei due stabilimenti di Blois, nella Loira, e di Amiens, nella regione della Somme (tra parentesi: è la città natale di Macron) produce le cialde di detersivo Ariel e le spugne Mr. Propre con un fatturato non proprio insignificante di 1,4milioni di euro e un utile netto, francamente modesto, di 26 milioni di euro (dopo aver pagato 12 milioni di imposte). Ed è proprio qui, sugli utili netti, che si gioca la partita giudiziaria con il sindacato. Il quale è convinto che il margine industriale del gruppo sia stato abilmente se non furbescamente (ma questo lo stabilirà il tribunale) ridotto non solo per pagare meno tasse ma soprattutto per abbattere il premio di produzione che, sulla base degli accordi firmati anni fa, si calcola proprio sugli utili. L’ammontare complessivo del premio, secondo i calcoli del sindacato, doveva essere di almeno 100milioni di euro (che per 2mila dipendenti fanno un premio di 50mila euro, mica male) ma è stato ridotto con una ingegnosa operazione di

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ingegneria fiscale che fa apparire la filiale francese di P&G come un fornitore “terzista” della casa madre che sta in Svizzera, a Ginevra, e riconosce al fornitore solo il costo di produzione aumentato di un margine del 15%. Si chiama tecnicamente “ottimizzazione fiscale” e fa parte di quella variegata batteria di strumenti (legali) con cui le imprese in tutto il mondo, non solo in Francia, provano a combattere l’appetito fiscale degli Stati. I cui mezzi si affinano e si potenziano in continuazione (più informatica e più personale) ma non sempre portano a maggiori risultati. In Francia, per esempio, la lotta alle varie forme di evasione/elusione fiscale ha generato l’anno scorso solo 15,2 miliardi di gettito, 2,5 in meno rispetto al 2017 e la cosa comincia a preoccupare il ministro dell’economia Bruno Le Maire e il presidente Macron i quali contavano sul “trésor caché”, il tesoretto fiscale, per fare una manovra espansiva distribuendo un po’ di risorse alle fasce medio-basse della società (quelle che hanno alimentato la rivolta dei Gilet gialli) senza sforare troppo i parametri europei (la previsione è un deficit del 2% sul pil nel 2020 grazie anche alla crescita e alla discesa della disoccupazione, in assoluta controtendenza rispetto ai paesi dell’Ue a cominciare dall’Italia). I tecnici di Bercy si difendono ricordando che nel 2018 l’amministrazione fiscale ha rinunciato a una cartella di 1,4miliardi di euro (tra ammende e imposte evase) notificata alla holding di Vincent Bollorè, il colosso Vivendi da tempo impegnato anche sul fronte italiano tra Mediaset e Telecom. Così come ricordano (con rabbia) che l’amministrazione ha perso due appelli contro

Google in un p ro c e d i mento tributario che valeva 1,9 miliardi. E come se non bastasse alla frode fiscale si è aggiunta, stando ai dati appena diffusi dalla Securité sociale, l’Inps francese, quella che qui chiamano, giustamente, la “fraude sociale” vale a dire l’evasione contributiva che sottrae risorse e coperture soprattutto ai lavoratori. Lo studio della Secu avverte che nel 2018 l’evasione contributiva è salita fino a 7-9miliardi di euro a seconda dei calcoli. Cifra mai vista prima (anche se rappresenta solo il 2% del montante complessivo dei contributi pagati da imprese e lavoratori) che, però, testimonia una certa tendenza, anche qui in Francia, a ricorrere al lavoro nero. Lo fanno soprattutto (dati della Secu alla mano) le imprese di trasporto e logistica (con il 9% di dipendenti non regolarizzati) e le imprese di costruzione (8% di irregolari). Seguono la ristorazione (7%), il commercio alimentare (5%) e i carrozzieri (1,8%). Discorso a parte per l’agricoltura dove il nero, secondo i calcoli della Mutualité agricole, cancella quasi mezzo miliardo di euro di contributi sociali. Morale: evasione fiscale ed evasione contributiva sono diventati un’emergenza anche qui in Francia e nessuno sa più come farvi fronte. Si aspetta una ricetta dalla Corte dei conti che ha fatto sapere che interverrà sul tema entro la fine dell’anno. Occhi puntati su rue Cambon, sede della magistratura contabile.



SHORT STORIES

Un nuovo prodotto

Economy Like arriva in edicola dal 5 ottobre Dopo sei numeri distribuiti su navi Grimaldi e treni Frecciarossa, lancio al prezzo speciale di 1 euro Dopo aver accompagnato l’estate di circa 7 milioni di italiani grazie alle 14 navi Grimaldi e ai treni Frecciarossa nella tratta Torino-MilanoNapoli, ora Economy Like è pronto a sbarcare in edicola con un concept rinnovato. Dal 5 ottobre, quindi, nelle migliori edicole d’Italia, potrete trovare al prezzo di lancio di un euro la rivista che fa parte del Gruppo Economy, di cui “prende a prestito” i contenuti più interessanti che vanno ad affiancare le produzioni esclusive e originali. Questo primo numero in vendita vuole porre l’accento sul turismo come driver fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese,

che - nonostante 55 siti Unesco - ancora non riesce a trarre il vantaggio che meriterebbe e rimane staccatissimo da Spagna e Germania per quanto concerne il numero di posti letto occupati. Poi, dal momento che ottobre è il mese della prevenzione, specialmente del tumore al seno, abbiamo raccolto la voce di alcuni dei più importanti enti di ricerca e delle più significative Fondazioni che ci hanno guidato alla scoperta delle metodiche che ci consentono di tenere sotto controllo il nostro corpo e avvertire subito eventuali campanelli d’allarme. Ma ottobre è anche il mese del tartufo e delle sagre. Per questo abbiamo voluto raccontare quali sono gli appuntamenti più importanti di questo esordio d’autunno. Un occhio nuovo, poi, è stato impiegato per analizzare il ruolo della donna nella nostra società da una prospettiva diversa: in che modo la figura femminile è coinvolta nelle decisioni che riguardano gli investimenti? La domanda non è banale, dal momento che si avvicina un periodo caldissimo,

Finanza

L’Italia, con i suoi 33 mila alberghi (malgrado una flessione del -2,4% fra il 2009 ed il 2018) e 1,1 milioni di camere (+1,4% nei 10 anni considerati), possiede il più grande portafoglio ricettivo in sede europea, seguita da Germania e Spagna, collocandosi in terza posizione assoluta a livello mondiale. Se però parliamo di quota di mercato sui volumi di arrivi in hotel dell’Europa a 28, il Bel Paese rappresenta il 12,2%, occupando cioè solo il quarto posto dopo Germania (18,3%),

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DAL 6 AL 13 OTTOBRE TORNA LA WINE WEEK

Oltre 300 appuntamenti e 6 Wine District sparsi per la città per la Seconda Edizione

in cui, ai primi profumi del Natale, si frappongono scadenze che spaventano come anticipi Iva, Tari, Tasi e via dicendo. Ma poiché vogliamo raccontare le nostre storie con leggerezza, ecco che si rinnovano le rubriche più apprezzate e più adatte al pubblico femminile: dagli outfit suggeriti da Bantoa, la community online che funge anche da marketplace, ai consigli per i trucchi più adatti a ogni stagione. Senza dimenticare “A pranzo con” dove ogni mese incontriamo grandi chef per conoscere i segreti della loro arte.

Telefonia

Investimenti in alberghi: boom nel I semestre Per il barometro Crif, l’hotellerie rappresenta in Italia il 42% degli investimenti immobiliari

Appuntamenti

Tariffe mobile: in Italia al mese si paga 12,5 euro Francia (15,5%) e Spagna (13,5%). In questo scenario, il settore dell’hotellerie nel nostro Paese mostra una grande vitalità, tanto da contabilizzare nel primo semestre dell’anno investimenti per 2 miliardi di euro, che rappresentano il 42% degli investimenti immobiliari totali. Sui 33 mila esercizi alberghieri censiti da Istat, circa la metà è costituita da hotel a 3 stelle, che sono rimasti sostanzialmente invariati nel periodo considerato, mentre, ancorché si tratti di una quota minoritaria, si registra un incremento superiore al 20% per gli hotel a 4 stelle e al 50% per quelli a 5 stelle.

Tariffe in calo del 20%, in media 45 Gb per utente. Norvegia la più cara, Polonia la più concorrenziale Nonostante gli ultimi rincari sui clienti con contratti già attivi, secondo l’analisi di Facile.it, in Italia nel corso dell’ultimo anno le tariffe di telefonia mobile sono diminuite del 20% e oggi un cliente che cambia operatore spende, in media, 12,50 euro al mese, potendo contare su un traffico dati di circa 45 GB; ma come se la cavano i nostri vicini europei? Per rispondere alla domanda, Facile.it ha

Fare di Milano un grande palcoscenico internazionale per il mondo del vino, allo stesso modo di quanto già avvenuto per altre eccellenze italiane come la moda e il design. Otto giorni per un palinsesto ancora più ricco di eventi e appuntamenti – oltre 300 - che interesseranno tutta la città, con uno sguardo attento all’ evoluzione comunicativa del settore, alle nuove generazioni di consumatori e di addetti ai lavori e alle importanti risorse del turismo vinicolo. Dopo l’edizione zero dell’anno scorso, la Mww è uno degli eventi più importanti del settore.

analizzato le tariffe di telefonia mobile presenti in 12 Paesi europei, scoprendo che gli italiani sono tra i più fortunati. Tra i Paesi presi in esame, guardando al solo prezzo dei piani tariffari di fascia intermedia, emerge che sono pochi gli Stati che fanno meglio dell’Italia. Il più economico risulta essere la Polonia; qui, nella fascia tariffaria analizzata, si spendono in media 6 euro al mese, vale a dire 72 euro l’anno, il 52% in meno rispetto a noi. All’interno di questa fascia di spesa, i piani tariffari polacchi prevedono normalmente chiamate e SMS illimitati. Tra gli Stati europei più economici dell’Italia si trova anche la Francia, dove, nella fascia analizzata, in media si spendono circa 9 euro al mese, per un totale di 107 euro l’anno. La Norvegia è il paese più caro.




SOCIAL AL TRAMONTO: L’INFLUENCER NON INFLUENZA PIÙ COMUNICARE L’IMPRESA Si fa presto a dire “social”. Perché i social media, a ben guardare, non sono più così “sociali”. Anzi. Il sovraffollamento (e l’improvvisazione di tanti sedicenti influencer) stanno decisamente inflazionando il social media marketing. E quindi: vale ancora la pena investire in comunicazione su Facebook o Instagram? Quali possono essere i ritorni? E su quali cavalli è meglio puntare? Cerchiamo di capirlo analizzando i dati di mercato e parlando con gli esperti del settore.

83 ADVERTISING COL BONUS PUBBLICITÀ IL RITORNO È ASSICURATO

Le ricerche evidenziano che è venuta meno la corrispondenza biunivoca tra i like e la capacità di creare valore per l’azienda. Colpa del “fake engagement”, ma anche del sovraffollamento dei media di Silvia Antonini

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entre Chiara Ferragni spopola sulle 6,3%. In più piccoli, da mille a 5mila seguaci, cronache rosa del Paese, che sia per sono in grado di sviluppare un livello di ingagi suoi outfit o per le stories su Instagio maggiore di tutti, pari all’8,8%. Allo stesso gram con il marito Fedez e il figlio Leone, c’è tempo diminuiscono i “mi piace” in relazione un esercito di emuli pronto a farle le scarpe nel al numero dei follower. Questo fenomeno intemondo degli influencer, e in parte ci stanno già ressa un po’ tutti i settori dove si è affermata riuscendo. Beninteso, i numeri sono sempre l’attività di influencer: viaggi, beauty, moda, dalla sua parte. Però cibo, lifestyle, sport e IN ITALIA IL VALORE COMPLESSIVO l’influencer marketing, fitness. È un segnale DEGLI INVESTIMENTI IN INFLUENCER di cui la imprenditriche sta venendo meno MARKETING NON SUPERA ce-blogger è l’indila corrispondenza biuI 275 MILIONI DI EURO L’ANNO scusso primo esempio nivoca tra il tanto anee leader almeno in questo Paese, si sta evolvenlato like e la capacità di creare valore. do grazie a personaggi con un seguito inferioSe attualmente gli investimenti al livello globare ma - pare - altrettanto efficaci in termini di le si aggirano tra i 6 e gli 8 miliardi di dollari, comunicazione e di risultati per le aziende che in Italia l’influencer marketing ha preso solo vi fanno ricorso: sono i cosiddetti nano influenrecentemente piede nelle strategie di comunicer. Secondo le stime della società di ricerche cazione delle aziende e si assiste a una notevoInfluencer DB, il tasso di coinvolgimento degli le amplificazione del dibattito intorno a questo influencer con almeno 10mila follower è stafenomeno. I numeri però sono ancora piccoli: bile al 3,6%, mentre quelli che ne vantano da «Il valore degli investimenti si aggira intorno ai 5mila a 10mila generano un engagement del 250, 275 milioni di euro. Circa il 60% delle im-

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COMUNICARE L’IMPRESA

prese dichiara di investire non oltre i 10mila, massimo 15mila euro all’anno contro il 50% che negli Stati Uniti, per esempio, ne spende più di 50mila – spiega Julian Prat, chief strategy officer dell’agenzia media Wavemaker -. Nel mercato italiano le aziende che ne impiegano altrettanti non superano il 6%». Secondo Wavemaker, a oggi la quota destinata all’influencer marketing nel media mix sta tra l’1% e il 2%. «Nei prossimi tre o quattro anni ipotizziamo tassi di crescita degli investimenti pari al 60%, 70%. Al momento ci troviamo in una fase non ancora matura di quest’industria, non solo per gli investimenti ma anche per il grado di conoscenza e di professionalità che ancora non si riscontrano a tutti i livelli della catena, dalle agenzie agli stessi influencer». Fino a tre anni fa circa parlare di influencer marketing era quasi un esercizio di stile per pochi iniziati. Oggi diverse aziende vogliono utilizzarlo, ma non sanno come farlo. L’Onim, l’Osservatorio nazionale influencer marketing, è nato quest’anno proprio per fornire al mercato dati concreti e favorire l’evoluzione dello strumento da fenomeno a mezzo strategico. Il problema infatti è la misurazione dei risul-

JULIAN PRAT

tati, sia in termini di engagement, che a oggi è il principale obiettivo di chi utilizza questa modalità di comunicazione, sia in termini di ritorno sugli investimenti. «Valutiamo che una campagna di influencer marketing possa generare un valore media da tre a quattro volte superiore all’investimento impiegato – spiega Prat - Non è poco, ma abbiamo bisogno di capire quale sia l’effetto sul business». Un traguardo ancora lontano. Sebbene sia tracciabile come tutte le attività digitali, quella

Il debutto di Facebook nell’influencer marketing

L

degli influencer sfugge alla misurazione anche per una certa difficoltà a condividere i dati da parte degli stessi. In definitiva, come si fa a sapere se un influencer è davvero influente? Certamente, non dal numero di seguaci che sbandiera. Nonostante sia in calo, il fenomeno del fake engagement ossia l’acquisto di finti contatti, continua a resistere e a inficiare la fiducia degli investitori. Ci sono ancora settori che fanno fatica ad approcciare questo strumento, per esempio la finanza. «Le aziende guardano ancora al numero dei follower – commenta il fondatore di Onim, Matteo Pogliani – ma in realtà è un metro di misura molto aleatorio: quello che conta è la capacità dell’influencer di spostare le decisioni d’acquisto». «Se la sfida è creare reputazione e awareness – afferma Prat di Wavemaker – il criterio che si sta imponendo è quello della qualità dei contenuti e lo sviluppo di relazioni quasi personali» e pur partendo dai dati per garantire quella tracciabilità preludio di misurazioni più accurate, «al centro del nostro approccio c’è il legame tra l’influencer e la sua audience». Largo quindi all’utilizzo di tanti piccoli influencer estremamente specializzati, molto radicati che riesce a trasmetterli in modo autentico e naturale. È forse scontato, ma allo stesso tempo doveroso riflettere sul fatto che, per facilitare la scoperta del “tesoro”, parte del

e statistiche parlano chiaro:

è quindi sotto gli occhi di tutti, quello

lavoro spetta anche all’influencer: quale

nell’influencer marketing, secondo il

che è meno chiaro però è quanto di

agenzia si soffermerebbe mai su un profilo

Bmca, nel 2019 sono stati investiti circa

questo business sia generato e finisca

poco curato e non attento alla community?

5,6 miliardi di dollari a livello globale. Ma

direttamente nelle tasche dei social

Il social diventa quindi un vero e proprio

non è finita qui: si prevede infatti che nel

network, canali imprescindibili per l’innesco

biglietto da visita, ciò che dà il via alla

2020 il budget dedicato subirà un’ulteriore

e l’alimentazione del meccanismo.

collaborazione tra influencer e agenzia.

impennata, per un valore pari a 16 miliardi

Qualsiasi attività di digital PR deve essere

La domanda sorge spontanea: i social

di dollari. Anche in Italia lo sviluppo sembra

sempre delineata a partire dagli obiettivi

network cosa ci guadagnano da questo

inarrestabile, basti pensare che l’8%

stabiliti con il cliente: come in una caccia

tête-à-tête? Non siamo certo gli unici ad

degli investimenti digital è stato proprio

al tesoro, le sue indicazioni costituiscono il

aver notato la crescita esponenziale del

indirizzato in questo settore: la crescita

primo indizio, il più significativo, che fornisce

fenomeno dell’influencer marketing: se

rispetto agli anni precedenti è stata di 241

gli elementi per proseguire verso la meta.

i brand continuano ad investire in nuovi

milioni di euro secondo quanto dichiarato

Il resto lo fa l’agenzia, andando a scovare

progetti e collaborazioni, perché rimanere

dall’Osservatorio Branded Entertainment.

l’influencer più idoneo, quel professionista

esclusi dal giro e non attingere a tale

Il successo dell’influencer marketing

che rispecchia le peculiarità del brand e

fonte di guadagno? Questa la riflessione

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Cosmetici, abbigliamento, prodotti per la casa: il target degli influencer è principalmente quello femminile

sul proprio pubblico grazie alla verticalità dei temi di cui si occupano e capaci di creare un valido storytelling intorno al brand. Da una indagine Onim condotta su 400 utenti tra marketer e influencer emerge che il 60% circa degli intervistati sceglie di lavorare con personaggi da non oltre 30mila seguaci, mentre DB Influencer indica in oltre 720 il numero medio di queste realtà coinvolte in una sola campagna. In un contesto così, diventa cruciale ruolo svolto dalle agenzie media in termini di controllo e gestione della qualità. Anche se il tema della trasparenza è già stato affrontato con l’obbligatorietà dell’utilizzo di hashtag – “#ad” tra i più utilizzati - che indichino la natura pubblicitaria dei contenuti. Ma il nodo dei “mi piace” persiste in un sistema che ancora vi fa ancora parecchio affidamento. Infatti, la principale piattaforma dove

si sviluppa l’attività degli influencer, Instagram, ha inibito la possibilità di sapere quanti like ottiene un determinato post e a breve lo farà anche Facebook, che vuole incentivare le aziende a investire direttamente sul social media e non sui follower. Un bel problema per l’influencer che punta sul numero di fan e di interazioni sui propri contenuti, perché con le proprie politiche la piat-

taforma è in grado di condizionare in modo decisivo la scelta delle aziende verso l’advertising puro. Se al momento a guadagnarci sono gli influencer, pur con remunerazioni ridotte, e i social che raccolgono interazioni, in futuro le piattaforme realizzeranno il maggiore vantaggio. Già oggi dettano legge condizionando i feed dei contenuti e mantenendo molto bassa la reach organica, cioè generata gratuitamente, e obbligando di fatto i brand a metterci dei soldi per essere visti. Tuttavia, secondo le stime di Wavemaker in una logica di investimenti omnicanale l’influencer marketing può arrivare a coprire fino al 10% del budget di comunicazione di una azienda. «Vale la pena sviluppare progetti che vadano oltre il “like”, e costruire un pool di influencer contrattualizzati da coinvolgere nelle campagne. Per l’influencer, un futuro possibile è quello di testimonial anche perché da una attività social ben costruita può sfociare in una comunicazione sui mezzi tradizionali. Dal nostro punto di vista, è arrivato il momento per le aziende di prendere in considerazione questo strumento in maniera strategica».

che ha spinto Mark Zuckerberg e i suoi

di Facebook, con il suo ricco bagaglio

della medaglia: se pagati per ogni clic

collaboratori alla messa in cantiere di un

di dati potrà garantire sulla selezione

ricevuto, i motivi di lucro potranno portare

motore di ricerca del tutto inedito: Branded

dei collaboratori Su come avverranno i

gli influencer a condividere qualsiasi

Content Matching. Come funzionerà?

pagamenti non abbiamo ancora notizie

contenuto indicatogli, a prescindere

L’influencer potrà iscriversi liberamente

certe, ma possiamo prevederlo: il brand se

dall’autenticità dello stesso. Questo

alla piattaforma caricando in portfolio

la vedrà direttamente col social network,

comporterebbe a sua volta la diffusione di

contenente lavori svolti, eventi ai quali

pronto a sfoderare un report dei risultati

notizie di qualsiasi genere, magari anche

ha preso parte, performances e altre

ottenuti, mentre gli influencer verranno

false, che solo il social a quel punto potrà

informazioni utili ad attestare il suo talento

retribuiti da Facebook. Che sia la Libra la

interrompere, mettendo fine al processo di

e la sua professionalità. Il suo “curriculum”

moneta scelta? Sicuramente gli scambi

cui abbiamo parlato.

verrà così archiviato e aggiunto a quello

diventerebbero molto più veloci e dinamici,

Quello che sta proponendo Facebook è

degli altri candidati: Facebook infatti andrà

e sarebbe più semplice ricompensare

sicuramente un approccio interessante

ad elaborare i profili raccolti e a compilare

l’attività in base al numero di clic ottenuti.

e innovativo che però rischia di perdere

di volta in volta una lista di creators e

Branded Content Matching rappresenta

di vista elementi essenziali, primo fra tutti

engagers scelti ad hoc in base alle richieste

una bella opportunità per chi aspira al

quello umano: perché mai nessun algoritmo

specifiche del brand, che potrà consultare

ruolo di ambasciatore di un brand: dato

potrà garantire contenuti inediti e di valore,

direttamente la piattaforma e vedersi

che chiunque potrà iscriversi infatti, sarà

frutto dello scambio e del rapporto diretto

restituire un ensemble di profili in perfetta

più facile per gli utenti mettersi in gioco

tra agenzia e influencer.

affinità con il target indicato. Chi meglio

e ottenere visibilità. Ma c’è un altro lato

Alessandro Cola

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Crema


COMUNICARE L’IMPRESA

PUBBLICITÀ IN OFFERTA SPECIALE GRAZIE AL BONUS Non è solo una questione di immagine: chi investe su giornali, tv, e radio gode di un credito d'imposta pari al 75% della spesa incrementale rispetto all'anno precedente. Ma c'è tempo solo fino al 31 ottobre di Marina Marinetti

C'

è una differenza fondamentale tra il web e la carta: su internet si trova solo quello che si sta cercando, mentre sui giornali si legge ciò che interessa, ma non si immaginava di voler sapere. È la struttura stessa del web, a causa della profilazione dell’utente, che ci propone esclusivamente contenuti che secondo il sistema sono adatti a noi. Sceglie per noi, in sostanza. Così, se avete cercato informazioni su un’aspirapolvere, per mesi vi verranno proposte pubblicità di aspirapolveri. Anche se l’avete già acquistato. La carta stampata, invece, ci propone informazioni (e pubblicità) che potrebbero interessarci, anche se magari non le stavamo cercando. È il valore della proposta, della novità, della scoperta. Ecco perché apparire sui giornali (ma anche in radio e in televisione) è il modo migliore per farsi conoscere. E poi, conviene, grazie al Bonus pubblicità. Aziende, ma anche liberi professionisti e organizzazioni no profit che acquistano spazi su quotidiani e periodici, sia nazionale che locali, e sulle emittenti radiotelevisive locali, infatti, possono usufruire di un credito di imposta del 75% sul valore incrementale dell’investimento. È la legge 81 del 6 agosto scorso (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 188 del 12 agosto) a rinnovare ufficialmente il Bonus pubblicità. Sul rinnovo del Bonus non c’era alcuna assicurazione, anzi. Così, Andrea Riffeser Monti, Presidente della Fieg, la Federazione italiana editori giornali, esprime «Soddisfazione per l’approvazione della norma che assicura, per il 2019 e gli anni seguenti, la copertura degli oneri necessari per la concessione del credito di imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali sulla stampa quotidiana e periodica. Diventa così strutturale il finan-

ziamento di una misura che incoraggia imprese e lavoratori autonomi ad utilizzare i giornali per pubblicizzare prodotti e servizi». Già, perché la norma prevede le modalità per finanziare non solo l’agevolazione fiscale per l’anno 2019, ma anche quella per gli anni successivi. A finanziare l’operazione sarà il Fondo per il pluralismo e l’informazione e il limite complessivo

Il presidente di Fieg Andrea Riffeser Monti

delle risorse disponibili verrà determinato annualmente con un Dpcm di riparto dello stesso Fondo. Il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dovrà essere emanato entro la fine di marzo di ogni anno. Attenzione, però: non c’è tempo da perdere: la finestra temporale per presentare una dichiarazione di prenotazione relativamente al 2019 si apre il 1 ottobre e si chiude il 31 del mese. E l’unico canale ammesso è il servizio Entratel - Fisconline dell'Agenzia delle Entrate. Rispetto ai precedenti sgravi del 2017 e del 2018 il credito d’imposta viene concesso nella misura unica e massima del 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati: in pratica va calcolato sulla differenza tra l'investimento effettuato nel 2019 e quello relativo al 2018. Per beneficiare dello sgravio è indispensabile che l’investimento pubblicitario effettuato superi almeno dell’1% il valore degli investimenti in pubblicità effettuati nel 2018 sugli stessi mezzi di informazione. Che ovviamente vanno intese non come singole testate giornalistiche o radiotelevisive, ma come canale informativo: stampa oppure emittenti radiotelevisive. Ma attenzione a scegliere il canale giusto: per l'accesso al credito d’imposta, gli investimenti pubblicitari devono riguardare esclusivamente testate giornalistiche iscritte presso il competente Tribunale e dotate di direttore responsabile. E sono escluse le spese per spazi destinati a servizi particolari, come televendite, servizi di pronostici, giochi o scommesse, ma anche messaggerie e chat-line con servizi a sovraprezzo. E se nel 2018 non avete fatto pubblicità? Tanto peggio: non avete diritto a nessun bonus. Ma si può sempre rimediare: il provvedimento stabilizza il Bonus, infatti, rendendolo disponibile anche per il futuro.

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STORY-LEARNING, IL BROKER CHE FA SQUADRA Uno sguardo d'insieme sui distretti produttivi disseminati in tutta la penisola traccia un quadro incoraggiante per la crescita del Paese. Perché, in Italia, le eccellenze non sono l'eccezione, ma la regola. E anche in un contesto caratterizzato da incertezze come quello attuale, emergono in continuazione realtà che propongono modelli d'impresa vincenti. Li raccontiamo in queste pagine.

IL MADE IN ITALY ALLE PRESE COI NUOVI SCENARI MACROECONOMICI Terminata la golden-age della globalizzazione, aumentano le incertezze sullo scenario internazionale. Ma ci sono interi comparti produttivi nel nostro Paese in grado di resistere alla crisi e aprire nuovi canali di Federico Pirro

U

no spettro si aggira per il mondo: lo solo apparentemente sopite questioni venespettro del protezionismo. Il comzuelane completano uno scenario che appare mercio internazionale attraversa molto preoccupante. una fase di estrema incertezza, anche se dall’iÈ bene tuttavia essere consapevoli che la manizio del mese sono riprese ad alto livello le nifattura mondiale sta uscendo da una ‘golden trattative fra Usa e Cina per verificare se esiage’, ovvero da una lunga fase storica di svilupstano condizioni e convenienze comuni per po, avvenuta sostanzialmente, sia pure con alsuperare i dazi che i due Paesi recentemente cune frenate, nel segno della globalizzazione, hanno imposto sugli scambi reciproci di larga il cui tramonto - dopo l’affermazione durata parte dei loro prodotti. E tuttavia, nonostanper molti anni a livello internazionale di una te questo spiraglio di visione multilaterale DAZI, BREXIT, SANZIONI ALLA RUSSIA, speranza in un allendegli scambi e di una EMBARGO ALL'IRAN E CRISI ARGENTINA tamento delle tensioprogressiva liberalizAGGIUNGONO ELEMENTI DI INCERTEZZA ni commerciali fra le zazione dei mercati AL QUADRO ECONOMICO MONDIALE due superpotenze, - apre un orizzonte la Brexit aggiunge ulteriore incertezza sullo nuovo, ponendo le economie industriali antiscenario mondiale, cosi come la accrescono che e più recenti di fronte a percorsi inediti. la prosecuzione delle sanzioni alla Russia e Anche nel 2018 l’attività produttiva è apparsa il nuovo embargo all’Iran, dopo il ritiro degli in rallentamento in tutte le principali aree del Usa dal Trattato multilaterale sul nucleare del mondo, e questa tendenza ha fatto seguito ad 2015. Inoltre la nuova crisi in Argentina e le un biennio che, pur avendo segnato una certa

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STORY-LEARNING

espansione, l’aveva tuttavia assestata su un sentiero di crescita più basso di quello registratosi negli anni più intensi della mondializzazione. Cosa sta succedendo allora? Accanto ai fattori congiunturali ricordati all’inizio, in realtà si stanno dissipando le condizioni strutturali che avevano favorito l’esplosione della domanda internazionale negli anni ‘ruggenti’ della globalizzazione, a causa di un rallentamento fisiologico della Cina dopo una crescita vorticosa, per un’ostilità crescente al multilateralismo commerciale - prima acclamato, ma poi sempre più ripudiato per i suoi nocivi effetti sociali - e poi anche per il rientro del ritmo di sviluppo degli investimenti diretti esteri su traiettorie più contenute, dopo l’esplosione degli anni in cui

le catene del valore si erano fatte globali. Anper valore assoluto dell’export - è di fronte ad che gli ultimi dati congiunturali della Germaun contesto fortemente mutato, in cui il sostenia - che ha segnalato a luglio un calo del 4,2% gno garantito fino ad oggi dalla domanda indella sua produzione industriale rispetto allo ternazionale rischia di ridimensionarsi, riprostesso periodo del 2018, e dello 0,6% rispetponendo la questione irrisolta di un mercato to a giugno di quest’anno, quando gli analisti interno strutturalmente debole. si attendevano invece Ma in quali condizioni un rialzo dello 0,4% IL SOSTEGNO GARANTITO FINO A OGGI competitive arrivano DALLA DOMANDA INTERNAZIONALE - ci avvertono che la a questa congiuntura RISCHIA DI RIDIMENSIONARSI. E IL locomotiva tedesca globale così critica i MERCATO INTERNO RIMANE DEBOLE non solo è ferma, ma settori portanti della rischia di andare in retromarcia, trascinando nostra industria manifatturiera, quelli che in essa tutti i settori europei che sono trainati peraltro hanno dominato da sempre le nostre dal suo sistema manifatturiero, cominciando esportazioni? Dall’automazione all’agroaliproprio da alcuni di quelli italiani. Anche il nomentare, dall’abbigliamento all’automotive, stro Paese pertanto - che pure resta la settima dall’industria energetica (tradizionale e delle potenza manifatturiera del mondo e la nona rinnovabili) alla farmaceutica? In realtà anche in questo difficile frangente non dobbiamo dimenticare chi siamo in termini di capacità inLA FONDAZIONE EDISON COMPIE VENT'ANNI dustriali, perché come ha sottolineato il prof. in tante manifestazioni», Né detrattori pregiudiziali considerare il pericolo Marco Fortis in suoi studi recenti, l’Italia non scampato del sovranismo ha detto: «Il combinato né apologeti acritici: è soltanto la seconda industria manifatturiedisposto Trump-Brexit ha come un successo tra gli istituti di ricerca spinto i cittadini europei destinato a durare – ha economica italiani, ra d’Europa per valore aggiunto, ma anche la a bloccare i sovranisti detto Monti - Io credo la Fondazione Edison quinta potenza mondiale per il più alto sure a scegliere tra sì e no che non sarà così: se si distingue per una plus commerciale con l’estero nei manufatti straordinaria equanimità. non riusciremo a evitare all’Europa, ed è prevalso dopo Cina, Germania, Giappone e Corea del il sì». di avere neanche un Tratto distintivo, non a Sud. E proprio l’aggancio attimo di sollievo e non caso, del suo presidente all’Europa sarà ci metteremo subito Alberto Quadro Curzio – Nel 2017 infatti - ultimo anno per cui sono decisivo per il futuro al lavoro, l’Europa allo che è anche presidente disponibili statistiche complete per tutti i Paprossimo dell’Italia, stato di cottura attuale emerito dell’Accademia esi della classificazione HS2012 che divide il come ha sottolineato lo tra cinque anni perderà dei Lincei – e del commercio internazionale in 5.206 prodotstesso Fortis in varie rispetto ai sovranisti», suo vicepresidente ti - l’Italia si è collocata ai primi cinque posti interviste, perché ad ha spiegato, esortando operativo Alberto oggi nonostante la forza nella conclusione del Fortis. Una scossa al mondo come surplus commerciale in ben strutturale dell’economia suo intervento a fare un di realismo è giunta 1.444 beni, per un valore di 218 miliardi di del Paese solo la «vero salto, a partire dal dal grande convegno attivo, e di quelli in 922 siamo ai primi tre flessibilità dell’Unione percorso per una difesa celebrato a settembre posti in assoluto. Più precisamente, il nostro potrà permetterci di non e una politica estera per il ventennale, Paese figura in testa in 240 prodotti, per un incorrere in sanzioni per comuni». Più ottimista con gli interventi di la nostra conclamata Romano Prodi: «Non un lucidissimo Mario controvalore di 62,5 miliardi; al secondo poindisciplina fiscale, c’è nessuno che abbia Monti e di un graffiante sto in 380, per un importo di 67,2 miliardi, a cominciare dai 18 resuscitato i sentimenti Romano Prodi, sul e al terzo in 302 per 36,7 miliardi di dollari. europei come Trump. Mai miliardi di privatizzazioni futuro dell’Europe e Certo, sono dati riferiti al 2017, ma non hanno c’era stato un presidente promesse per quest’anno del nostro Paese: «Tutti e non fatte. possiamo fare l’errore di americano anti-europeo perso valore per il 2018 e per l’oggi, perché le eccellenze cui sono riferite sono riconosciute

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come tali da consumatori di tanti mercati internazionali. Quanto poi alle tipologie dei prodotti, sui 922 complessivi nei quali il nostro Paese si colloca ai prime tre posti al mondo, ben 770 fanno riferimento ai settori tipici del “made in Italy” che la Fondazione Edison e la SRM del Gruppo Intesa San Paolo hanno riassunto nel paradigma delle 4/A, ovvero: 1) alimentari-vini; 2) automazione-meccanica-gomma-plastica; 3) arredo-casa; 4) abbigliamento-moda. Ma vi sono anche prodotti che non appartenze del “made in Italy” dunque è lungo come è gono a nessuna delle quattro A, ma a settori possibile osservare leggendo i pregevoli studi come chimica, farmaceutica e ad altri. Al pridel prof. Fortis, e l’industria localizzata nelle mo posto fra i beni di eccellenza del “made regioni del Sud partecipa attivamente a dein Italy” con un saldo commerciale di rilievo terminati posizioni di vertice dei beni prima vi sono le piastrelle in ceramica, seguite - con richiamati. L’abbigliamento del Napoletano, merci che vantano tutte un surplus - dalle con i marchi Kiton, Harmont &Blaine, Carpisa borsette e valigie in pelle, dalle macchine per e i capispalla della Lerario (marchio Tagliatoimballaggio, dagli occhiali da sole, dalle navi re) di Martina Franca concorrono alle nostre da crociera - costruite nei grandi cantieri del esportazioni. E così le paste alimentari di Nord, cui presto si unirà quello di Palermo grandi impianti in Puglia, Campania ed Abruzdella Fincantieri che, con un investimento di zo di Barilla, De Cecco, Divella, Lucio Garofalo, 75 milioni, rilancerà il bacino di carenaggio e quelli minori dei paabbandonato da anni FRA I BENI DI ECCELLENZA DEL MADE stificatori di Gragnarendendovi possibile IN ITALY CI SONO LA CERAMICA, no. E poi ancora i vini la costruzione di quel LA PELLETTERIA, LE MACCHINE PER IMBALLAGGIO E GLI OCCHIALI DA SOLE delle storiche aziende tipo di navi - e poi anLeone de Castris, Macora dalle calzature strodiberardino, Donna Fugata, Duca di Sacon suola esterna e tomaia in cuoio naturale. laparuta, Rivera, Due Palme, Tormaresca del Seguono poi le paste alimentari, il cuoio e le gruppo Antinori. pelli intere di bovini ed equini, la cioccolata e Vi sono poi altri beni prodotti nell’Italia mealtri prodotti a base di cacao. ridionale - a dimostrazione di un suo robusto Tra i secondi posti detenuti dall’Italia per il apparato manifatturiero imperniato su molti più alto surplus mondiale troviamo poi i vini stabilimenti di big player italiani ed esteri in bottiglia, insieme agli oggetti di rubinetteria che contribuiscono in misura significativa e valvolame singolarmente considerati, alle all’export nazionale, anche se non risultano parti di mobili diversi da quelli per sedersi, i fra i comparti con surplus commerciali perché lavori in acciaio, e le macchine per riempire, in realtà per alcuni di quegli stessi beni il nochiudere, tappare o etichettare bottiglie, scastro Paese ne importa rilevanti quantità dall’etole o altri contenitori. L’elenco delle eccellen-

stero, o presenta surplus inferiori a quelli di altri esportatori. Basti pensare all’automotive che vede le due maggiori fabbriche italiane di autoveicoli localizzate a S. Nicola di Melfi (PZ) - ove la FCA costruisce Jeep Renegade e 500X a benzina e fra breve anche ibride e dove inizierà a produrre la Jeep Compass - e la Sevel in Val di Sangro (CH), in cui una joint-venture fra Fiat e Peugeot costruisce i veicoli commerciali leggeri Ducato, in gran parte destinati all’estero. E si ricordino i prodotti della raffinazione degli impianti di Saras in Sardegna e di IsabLukoil, Sonatrach e Ram in Sicilia, le maggiori raffinerie italiane per capacità - e poi ancora i beni aeronautici che vedono decollare dall’aeroporto di Grottaglie (TA) verso gli Stati Uniti i giganteschi cargo Dreamlifter con le due sezioni della carlinga in fibra di carbonio del velivolo passeggeri 787 Dreamliner della Boeing, costruite nell’enorme stabilimento locale della Leonardo Divisione Aerostrutture. Ed anche i farmaci delle multinazionali Novartis a Torre Annunziata, Sanofi in Abruzzo e in Puglia e della Merck a Bari concorrono all’export dal Sud. L’Italia gioca così da protagonista nell’arena delle esportazioni mondiali grazie anche a numerosi prodotti di fabbriche localizzate nel Meridione, parti integranti del sistema manifatturiero nazionale.

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STORY-LEARNING

NATURALE, BIO E SOPRATTUTTO PROFITTEVOLE A Martano, tra Lecce e il mare di Otranto, Natural is Better coltiva piante officinali per estrarne i principi attivi che poi trasforma in prodotti cosmetici private label. Quelli, tra gli altri, della linea lanciata da Kelly Preston di Marina Marinetti

N

atural is better. Uno slogan, ma anche il nome di un’azienda. E soprattutto la prova che, quando le opportunità scarseggiano, basta guardarsi sotto i piedi per scoprire risorse inaspettate. Sotto i piedi, perché le risorse di cui parliamo sono quelle della terra del Salento. Quella che ha dato i natali a Domenico Scordari, che a Martano, tra Lecce ed il mare di Otranto e di Melendugno, quando aveva 23 anni ha dato vita a N&B (Natural is Better, appunto), un piccolo laboratorio di produzione artigianale di estratti vegetali e prodotti naturali da proporre a medici, farmacie, dermatologi, spa e stabilimenti termali. Sono passati trent’anni e oggi, che ne ha 53, la sua tenuta agricola di 15 ettari, dove concentra tutto il processo di coltivazione ed estrazione biologica di erbe officinali (a partire dall’aloe, di cui oggi in Italia è probabilmente il maggior produttore ed estrattore di principi attivi) e dove si trova uno splendido resort, nel 2018 ha fatturato 8,5 milioni di euro, ha 50 collaboratori «straordinari e prevalentemente donne, circa il 65%, e originari del Salento», puntualizza lui, e i dati del 2019 confermano un trend in crescita di fatturato rispetto al 2018 con

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aspettative migliorative di fatturato 2019 del 15%: «secondo me spizzicheremo la soglia dei 10 milioni», dice. Anziché puntate tutto sull’affermazione del proprio brand, Domenico Scordari ha perseguito la via del private label, sviluppando e producendo prodotti cosmetici per altri brand. E ci ha visto lungo: più dell’80% dei prodotti cosmetici che produce prende la via dell’estero, in particolare verso Usa, Canada e Giappone. PIÙ DELL’80% DEI PRODOTTI VIENE ESPORTATO IN USA, CANADA E GIAPPONE E IN ITALIA N&B PRODUCE PER GUAM E PER HERBATINT ANTICA ERBORISTERIA

È lui, per intenderci, a produrre i prodotti antiage certifica bio della linea Breathe Organics lanciata da Kelly Preston, la moglie di John Travolta. «Lavoriamo per aziende in tutto il mondo», spiega «Da moltissimi anni sviluppiamo prodotti bio di altissimo livello per l’italo-francese Herbatint Antica erboristeria. E per Guam produciamo la linea viso Natura Bio Sens. Sono tutte aziende con cui condividiamo valori di sostenibilità, attente all’ambiente così come alla persona, orienta-

te, proprio come noi, a fare scelte responsabili per il pianeta». E poi c’è la questione, fondamentale, del cosiddetto “tailor made”: «Per i nostri clienti siamo come una sartoria, con la differenza, importante, che mentre il sarto deve acquistare i tessuti, noi produciamo addirittura il filato. È questo che rende il nostro prodotto molto esclusivo». E pensare che la strada di Scordari era quella di proseguire l’attività nella Merino Service, l’azienda di famiglia che si occupava di vendita, in cui l’imprenditore ha iniziato a lavorare giovanissimo, appena quindicenne. «Poi però la passione ha preso il sopravvento e ho avuto il coraggio di dire a mio padre che non avrei seguito le sue orme, nonostante avessi futuro già segnato». Tanto che l’azienda paterna sopravvive ancora oggi, ma è stata fagocitata da quella del figlio: N&B, infatti, è la capogruppo, che controlla Naturalis, l’azienda agricola che si occupa della coltivazione e dell’estrazione dei principi attivi, oltre che dell’ospitalità nel resort presente nella tenu-


ta, e Merino Service è l’azienda titolate del laboratorio, quella che ha sostenuto tutti gli investimenti anche nelle tecnologie produttive. Un destino, segnato, si diceva, che però ha imboccato una strada non prevista nei piani originali: «Ho iniziato a lavorare con mio padre a 15 anni, ma già da piccolo ero ammaliato dalle antiche tradizioni e dalle ricette erboristiche», racconta Domenico Scordari. «A 8 anni scappavo da casa e ritornavo la sera A FEBBRAIO IL FONDATORE DI N&B DOMENICO SCORDARI HA TRASFORMATO LA FORMA SOCIETARIA IN AZIENDA BENEFIT

per andare nelle masserie contadine a passare le mie giornare con gli anziani. Mi facevo insegnare la preparazione degli antichi rimedi e dopo due giorni tornavo da loro a dire: “guardate che però sbagliavate”. Per esempio per lavarsi capelli utilizzavano la liscivia, una lavatura della cenere di legno d’ulivo che si otteneva attraverso la bollitura dell’acqua poi passata sulla cenere per attrarre sali di potassio, di cui il legno di ulivo è ricchissimo. Loro pensavano che fosse la temperatura dell’acqua a dare densità alla liscivia, invece spiegavo loro che il riscaldamento non era necessario e scaldando meno i risultati erano migliori. Da un punto di vista sociale era bellissimo. Anche oggi tendiamo a mettere in un angolo gli anziani, invece sono cassefor-

ti di esperienza straordinarie. Ecco, quelle conoscenze sono diventate il mio knowhow principale». Fino a ottenere la laurea honoris causa in Scienze della Sostenibilità Ambientale, Processo produttivo ed Estrazioni Bio e Marketing Management dalla Luirs (Libera Università Internazionale Per La Ricerca Scientifica) di Roma: «Quando arrivò il loro emissiario non capii immediatamente, anzi. Lo trattai male, gli dissi “grazie, le farò sapere”. Dopodiché ho capito. È un riconoscimento sul campo che sinceramente mi ha molto gratitificato perché il mio must è proprio la

sostenibilità ambientale. La mia mission si riassume nello slogan “people and planet first”». Tanto che a febbraio Domenico Scordari ha trassformato N&B in azienda benefit «per dare un futuro ai nostri ragazzi». I suoi, Pierluigi, di 23 anni, Alessandro, di 18, che già hanno messo piede in azienda, e Valentino, di 12. Ma anche tutti i ragazzi del territorio. «Probabilmente se fossi nato a Londra non avrei questa sensibilità per l’ambiente, per la nostra terra», scherza. «La crescita sta passando dalle loro mani», spiega, alludendo ai giovani, e non solo ai suoi figli, «ecco la ragione della scelta di destinare ai collaboratori parte dei benefici economici dell’azienda». E la crescita non ferma. Nelle ultime settimane è iniziata la costruzione dei nuovi laboratori: oltre 4,5 milioni di euro investimento, per più di quattromila metri quadrati certificati bio, con tanta tecnologia 4.0 e nel cuore un orto botanico. «Saranno tecnologicamente avanzatissimi, in barba a quello che si pensa del Sud», sottolinea Scordari. «Oggi l’urlo importante da fare a tutti gli imprenditori è di muoversi nella direzione della sostenibilità. Non c’è altra chance. Questo è un territorio che ha una forza incredibile, nella natura e nell’ambiente. E io non perdo occasione per trasformare i limiti in opportunità».

Il Gruppo - N&B, Naturalis, Merino Service 8,500

Fatturato in milioni di Euro

Personale

3,846 2,710 45 24

12 2008

2013

2018

ASPETTATIVE DI CRESCITA DEL 2019 +15%

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STORY-LEARNING

LE MERCI VIAGGIANO A BORDO DELLA SOSTENIBILITÀ Settant’anni di storia (e tre generazioni) con un unico denominatore: essere sempre all’avanguardia. Che per Smet, una delle più grandi aziende italiane di autotrasporto merci, significa attenzione all’ambiente di Sergio Luciano «LA SOSTENIBILITÀ È LA NOSTRA DIMENSIONE OPERATIVA QUOTIDIANA», DICE DOMENICO DE ROSA, PRESIDENTE ED AMMINISTRATORE DELEGATO DI SMET, UNA DELLE PIÙ GRANDI AZIENDE ITALIANE DI AUTOTRASPORTO MERCI. «Direi che lo è da sempre, è nel nostro dna», prosegue, ed è inevitabile andare col pensiero alla livrea bianca con il marchio bianco in campo rosso dei semirimorchi e delle motrici del gruppo, una flotta ricca di ben 4000 unità di carico presente in 34 sedi tra Italia (20) ed estero. «Per questa nostra vera e propria vocazione alla sostenibilità ci siamo posti all’avanguardia e intendiamo restarvi nell’adozione di tutte le tecnologie e le formule organizzative necessarie per applicarla ed accentuarla». E qui De Rosa lancia un’offerta di quelle che spiazzano, senza precedenti nel settore: «L’innovazione viaggia sulle gambe delle persone», spiega, «e quindi da sempre noi siamo protesti alla massima qualità professionale delle nostre risorse, che formiamo ed aggiorniamo costantemente, con ottimi risultati. Ecco: quel che oggi io voglio dire forte e chiaro al nostro settore è che se qualche operatore ritiene di avere un’idea innovativa, di aver trovato la soluzione ad un problema, una qualunque efficace miglioria da introdurre nel mondo della logistica sostenibile, ci cerchi, si rivolga a noi con fiducia, perché se verrà da noi con la sua idea, siamo aperti e pronti a sostenerlq con tutto il nostro supporto tecnico ed anche economico. Siamo determinati a investire sulle buone idee e a dare tutto il supporto tecnico necessario affinché queste idee vengano verificate ed applicate nel business». Una vera call-to-action che fa pensare allo stile della Silicon Valley. Come mai? Gliel’ho detto: per noi innovare è un imperati-

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vo categorico. Lo facciamo, lo faremo, lo faremo insieme con chi ci porterà idee. Ma sia sincero: la sostenibilità non è un costo che qualche volta preferireste non avere? Sincerissimo: lei si sbaglia, la sostenibilità non è un costo, è un fondamentale elemento di valore economico. La nostra politica gestionale si LA SPINTA VERSO L’INTERMODALITÀ È UN ELEMENTO CHIAVE DEI PROTOCOLLI DI SMET CHE PREVEDONO IL RICORSO ANCHE ALL’ALTERNATIVA ALLA STRADA

fonda da 15 anni su protocolli di sostenibilità che prescrivono metodi, pezzi e priorità. Anche la nostra spinta verso l’intermodalità – sia ferroviaria che marittima – è un elemento chiave di questi nostri protocolli che prevedono il ricorso costante a modalità alternative alla strada e per l’impiego dei mezzi stradali alimenta-

zioni alternative al gasolio. Sono scelte, queste, che fanno parte di un più complesso disegno strategico del nostro gruppo che è stato impostato e viene annualmente aggiornato proprio in rapporto con l’evoluzioni delle tecnicologie: noi stimoliamo i produttori di trattori e semirimorchi alla ricerca e all’applicazione di nuove soluzioni, sempre più sostenibili. Anche per i rimorchi abbiamo chiesto con forza che i produttori ne diminuissero il peso, perché abbassondo la tara si aumenta la capacità di carico utile a parità di consumi. Insomma, una vera e propria visione strategica. Ma paga in termini competitivi? La nostra azienda è stata pioniera sul tema della sostenibilità che oggi è un elemento distintivo in tutto e verso tutti, non esiste un’altra azienda nel settore che abbia la nostra stessa attenzione alla sostenibilità e che l’abbia strutturata in maniera altrettanto organica.


Decliniamo in chiave sostenibile ogni singolo aspetto, dagli uffici amministrativi paper-free, alla tecnologia digitale che tramite una piattaforma proprietaria ed una app diminuisce al minimo i viaggi a vuoto dei nostri mezzi. E siamo stati pionieri, insieme al gruppo Grimaldi, nelle Autostrade del mare. Cioè? Insieme, siamo stati coloro che hanno scomposto il paradigma del trasporto e della logistica, siamo stati autori di un cambio di mentalità. Abbiamo dimostrato al mercato che il mezzo su gomma può coprire in modo ottimale l’ultimo miglio, viaggiando a costi molto inferiori lungo le dorsali marittime del nostro Paese come pure sui treni per molte altre lunghe percorrenze. Anche questa è una scelta che non determina costi, al contrario ne comprime molti. Poi c’è la scelta forte del Lng, il gas naturale liquefatto. Certamente: l’Lng è un combustibile eccellente, ne siamo stati early adopter nel 2014 ed entro il 2022 vogliamo eliminare dalla nostra flotta i diesel. Poi lavoriamo sull’idrogeno e sull’elettrico, e proprio in settembre concluderemo un nostro studio sul veicolo industriale elettrico. E sono in arrivo nelle vostre rimesse alcuni nuovissimi veicoli Iveco naturalpower… Sì, è l’ultimo trattore Iveco S-Way, con prestazioni ecologiche eccezionali, che verrà consegnato a noi come primo cliente in assoluto. Un ulteriore tassello nella strategia di sostenibilità dell’azienda. I vostri camionisti sono contenti di tutta questa innovazione? Il loro mestiere è cambiato. Ora si guida entro un raggio di 500 chilometri. Le merci viaggiano non solo su gomma, ma anche su treni, navi e aerei. Abbiamo intenzione di assumere 100 autisti che oltre alle capacità tecniche abbiano dimestichezza con la tecnologia digitale. E poi la formazione, costante. Abbiamo in particolare una scuola di formazione per candidati under 35, se si investe nella forza giovani i risultati saranno molto vantaggiosi. A volte ci capita di riscontrare una certa diffidenza di base e allora la nostra missione è puntare a sviluppare

LA SOSTENIBILITÀ NON È UN COSTO MA UN ELEMENTO FONDAMENTALE DI VALORE la passione nell’attività che svolgiamo, questo certamente fa la differenza tra un lavoro e un altro. E poi le donne: siete molto attenti alla parità di genere? Nel dicembre scorso abbiamo assunto la nostra prima donna camionista, la romena Dorica Cornea, un segnale importante che abbatte una “discriminazione” del passato. Guidare un tir da 44 tonnellate resta uno sforzo fisico notevole, a prescindere dal sesso. Comunque il nostro è stato un gesto importante, che non è passato inosservato, abbiamo già ricevuto oltre dieci candidature al femminile. Torniamo all’innovazione, parlando invece di regole. Avete aderito sin dalla fondazione

all’attività di Alis, l’Associazione per la logistica intermodale sostenibile presieduta da Guido Grimaldi. Perché? Alis è nata dalla volontà di promuovere il trasporto intermodale in Italia, una volontà promossa certamente dal gruppo Grimaldi, ma da subito condivisa da un certo numero di aziende tra cui noi, fondatrici convinte della nuova associazione che non a caso oggi associa 1400 imprese di tutte le attività che afferiscono al mondo della logistica e che ha appena ottenuto dignità di controparte contrattuale nazionale. L’Alis sta facendo molto nel promuovere le regole adatte all’intermodalità sostenibile e farne conoscere i vantaggi alle aziende italiane che operano nel settore dell’autotrasporto. E cosa riserverà il domani di Smet? Sviluppo e ancora sviluppo. In Italia, ma anche all’estero, dove già operiamo in Spagna, Portogallo, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Romania, Tunisia e Malta. Ci orienteremo verso altri quadranti, svilupperemo altri mercati, dalla Polonia alla Repubblica Ceca... La nostra azienda ha oltre 70 anni di storia, tre generazioni, sempre all’insegna della crescita sostenibile, centrata sulle persone e guidata dal quartier generale che resta a Salerno, anche se il grosso delle funzioni centrali è a Roma. Alla guida dell’azienda si sono succedute tre generazioni di De Rosa. Mio nonno, di cui eredito il nome di battesimo, fu il fondatore, io conto di essere degno di questa bella storia.

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Il campione dei farmaci svizzero ha la testa in Italia Ibsa è il maggior player a capitale privato della Confederazione elvetica, ma è stato fondato dall’italiano Arturo Licenziati. E nei suoi stabilimenti produttivi di Lodi e Cassina de’ Pecchi lavorano 600 persone di Marco Scotti

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etta così, sembra quasi una passeggiata: si prende una molecola già esistente sul mercato, la si migliora, si studiano nuovi meccanismi di assimilazione e poi si mette il nuovo farmaco in vendita tra i banchi delle farmacie. Voilà, il gioco è fatto. Semplice, no? No, in effetti per nulla. Eppure è questo il segreto di Ibsa, un’azienda “boutique” con una testa italiana – il fondatore, Arturo Licenziati, è nato nel nostro paese anche se vive da sempre in Svizzera – diventata il maggior player a capitale privato della Confederazione Elvetica. A livello di gruppo vengono investiti ogni anno circa 34 milioni di euro in ricerca e sviluppo. I risultati commendevoli raggiunti hanno portato alla creazione, nel 1992, della sede italiana – divenuta la maggiore del gruppo al di fuori dei confini svizzeri – con il quartier generale a Lodi, uffici a Roma e due stabilimenti produttivi, uno proprio a Lodi e l’altro a Cassina de’ Pecchi. «Oggi fatturiamo 178 milioni, una cifra che ci pone subito alle spalle dei player più grandi e davanti ad alcuni brand che, nel nostro Paese, hanno maggiore eco. Abbiamo 600 dipendenti, di cui 24 impegnati nella ricerca e sviluppo, e tante tecnologie proprietarie – ci spiega l’amministratore delegato di Ibsa Italia Luca Crippa – che possono espandersi ulteriormente a livello mondiale. Abbiamo scelto, nei nostri tre centri di ricerca,

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di concentrarci soprattutto sul miglioramento di principi attivi già esistenti, in modo da dare vita a innovazioni terapeutiche. Questo ci permette di inserirci in una nicchia di mercato particolarmente interessante, quella della delle tecnologie per il miglioramento dei farmaci generici, che viene “snobbata” dalle grandi multinazionali e che sono invece troppo costosi per i player più piccoli. Il nostro fondatore, Arturo Licenziati, è un vero visionario e ha investito in tante aree su cui nessuno voIBSA ITALIA FATTURA 178 MILIONI DI EURO. IL GRUPPO NE INVESTE 34 IN RICERCA E SVILUPPO PER MIGLIORARE LE MOLECOLE GIÀ ESISTENTI

leva scommettere». Proprio il nostro Paese ha recentemente conquistato un primato poco pubblicizzato ma estremamente significativo: l’Italia è oggi al primo posto in Europa per la produzione di farmaci, dopo aver superato la Germania. Ibsa Italia opera attualmente in dodici aree terapeutiche che spaziano dalla dermatologia all’urologia, dall’oftalmica all’endocrinologia. Con una peculiarità: il desiderio di trovare nuove formule per l’assunzione di farmaci che garantiscano una maggiore penetrazione del principio attivo e un incremento della qualità della vita del malato. «Un esempio emblematico – prosegue Crippa – è la carenza dell’ormone tiroideo, che viene trattato con la

LUCA CRIPPA, AMMINISTRATORE DELEGATO DI IBSA ITALIA

Levotiroxina. Questa molecola ha il vantaggio di costare molto poco, ma di essere stata messa sul mercato sotto forma di compresse che hanno alcune controindicazioni. Per questo si è deciso di proporre questo farmaco in una pipetta o con una capsula molle, che costituisce un’innovazione terapeutica e di qualità della vita veramente notevole. La ricerca e le metodiche che applichiamo continuamente hanno dato vita anche ad altri farmaci “inspired by nature”, come amiamo chiamarli, come nel caso dei prodotti per la fertilità – un settore in cui Ibsa è il quarto operatore mondiale dopo le grandi multinazionali. Un esempio in questo senso sono gli ormoni altamente purificati ottenuti per filtrazione da urina umana. Siamo gli unici a compiere questo processo, molto costoso». Proprio il tema dei costi è un argomento particolarmente significativo per l’azienda. Che con alcuni prodotti rischia quasi di andare in perdita: «Se prendiamo alcuni nostri prodotti in classe C - conclude Crippa - che costano al paziente meno di 10 euro, tolti i margini per la farmacia e i costi, ad IBSA rimane meno della metà, con la quale riusciamo appena a coprire i costi di produzione. In altri casi, proponiamo prezzi simili alla concorrenza, seppur con costi di produzione più elevati. Siamo un diamante grezzo, in pochi ci conoscono ma fatturiamo in Italia molto più di altri concorrenti».


IL PAESE CHE CRESCE STORY-LEARNING

TALENT GARDEN LANCIA IL CAMPUS SUL FOODTECH

DAVIDE DATTOLI, CEO E FOUNDER DI TALENT GARDEN

Startup e grandi corporate collaborano all’interno dello spazio a Milano Inaugurato il Campus di Milano Isola, il primo spazio di Talent Garden, la più grande piattaforma in Europa di networking e formazione per l’innovazione digitale nata in Italia nel 2011, dedicato al foodtech e alla sostenibilità. Il nuovo spazio, situato all’interno del palazzo della Regione Lombardia, con una superficie di 2.000 mq2 offrirà postazioni di lavoro a 180 professionisti e al suo interno saranno presenti anche 2 aule per i corsi della Innovation School, la scuola di formazione di Talent

Garden dedicata al mondo dell’innovazione e del digitale. Sono già oltre 30 le startup presenti e attive all’interno del Campus Isola. Si tratta delle realtà più interessanti nell’ecosistema italiano ed europeo che operano nel mondo del foodtech dalla produzione alla distribuzione, dal packaging al marketing. Al progetto hanno già aderito importanti partner come Accenture, Blu1877 (Barilla), Coldiretti, Eataly, Electrolux, Future Food Institute, Gambero Rosso, Lavazza, Unilever, VarGroup.

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I SUPER-YACHT DI FERRETTI PRONTI PER LA QUOTAZIONE ALLA BORSA DI MILANO

FERRETTI È LEADER NEL SETTORE DEGLI YACHT E SUPERYACHT FINO A 95 METRI

Il primo giorno di negoziazione è previsto entro la fine di ottobre di quest’anno Ferretti, tra i leader mondiali nella progettazione, produzione e commercializzazione di motor yacht di lusso, ha annunciato l’intenzione di quotarsi in Borsa, sul segmento Mta. Con modelli che vanno dagli 8 ai 95 metri, Ferretti vanta una delle più ampie gamme di prodotti della nautica da diporto. L’offerta consisterà in una vendita primaria di azioni ordinarie di nuova emissione e in una vendita secondaria di azioni ordinarie detenute da alcuni degli azionisti esistenti di Ferretti. È previsto che l’offerta si concluda entro la

fine di ottobre 2019. La società intende raccogliere circa 100 milioni di euro dall’emissione e dal collocamento delle azioni e prevede di utilizzare tale importo per sostenere gli obiettivi di crescita e sviluppo del Gruppo. Con ricavi superiori a 600 milioni di euro nel 2018, il Gruppo Ferretti è leader mondiale nel mercato degli yacht di lusso, con una quota di mercato dell’8% nel mercato della produzione di yacht seriali e semi-custom. Tra i brand del gruppo marchi storici come Ferretti Yachts, Custom Line, Riva.

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GIGLIO GROUP SIGLA UN ACCORDO CON KARTELL

ALESSANDRO GIGLIO, FONDATORE DEL GRUPPO

Entra nel settore del design con una partnership per il retail sul web Siglato un importante accordo fra la società di e-commerce globale Giglio Group, società quotata al segmento STAR, e uno dei più famosi brand italiani nel mondo, Kartell, azienda di design simbolo della progettualità Made in Italy. L’accordo prevede la gestione in esclusiva del negozio online di Kartell nonché del servizio alla clientela e la logistica a livello internazionale. Il mandato si inserisce in un quadro di crescita costante che sta portando Giglio Group alla leadership nel settore della

distribuzione on line del Made in Italy, sono infatti già più di 70 i marchi italiani che hanno stretto accordi con il Gruppo. Secondo i dati diffusi da #truenumbers ad aprile, il fatturato complessivo del comparto design italiano raggiunge i 41,5 miliardi. Fondata nel 2003 e quotata alla Borsa italiana sul segmento STAR, Giglio Group è l’unica società del mondo retail 4.0 che offra un servizio “a filiera completa” alle società che vogliano collocare i loro prodotti attraverso tutti i canali online disponibili.

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Tra poco è fine anno e devi far quadrare i conti dell'azienda? Hai merce invenduta in magazzino o prodotti in scadenza? Gruppo Next acquista la tua merce e offre in cambio la pubblicità che vuoi in TV, web, radio, stampa, ... in Italia e all'estero. Anche per le campagne natalizie, Gruppo Next trasforma la merce invenduta in pubblicità risolvendo i problemi di magazzino e bilancio.


IMMAGINARE IL FUTURO Chi l'ha detto che il web è virtuale? Tutt'altro: sono sempre di più i servizi che nascono online per calare nella vita reale proposte e soluzioni inedite. Le idee vincenti, anzi, nascono proprio osservando la realtà e rendendosi conto di quello che manca. Come hanno fatto Bantoa.com e Slidinglife, le due startup innovative di cui parliamo nelle prossime pagine.

ONLINE IL "COSA MI METTO?" DIVENTA UN AFFARE REDDITIZIO Per gli uomini è un problema, per le donne una passione: che Bantoa, con il suo modello innovativo di social marketplace, è riuscita a trasformare in business grazie a una community di 650mila utenti di Davide Passoni

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ddio, e oggi che cosa mi metto?". luppatori. Un giorno decisi di lasciare l’azienda Per rispondere a una delle domane di fare qualcosa di nuovo da solo, anche se de che le donne (ma anche gli uoancora non sapevo che cosa. Lo spunto me lo mini) si pongono ogni mattina è nata Bantoa. diede Manuel, che quando seppe che me ne com, una piattaforma di social commerce per il sarei andato mi illustrò una sua idea, una sera fashion dove trovare outfit completi, realizzati a cena. Secondo lui, sul web mancava un sito dalla community di utenti, adatti ai propri dove le persone potessero trovare suggerigusti ed esigenze, con menti su come abbiSU BANTOA.COM UN ALGORITMO tutti i prodotti acquinare abiti e accessori. STABILISCE L'AFFINITÀ TRA UTENTE stabili direttamente Creare un outfit è per E OUTFITTER E PROPONE SOLUZIONI dai migliori negozi gli uomini un probleAFFINI PER TAGLIA E FASCIA DI SPESA online. Un’avventura ma e per le donne una imprenditoriale che non ha visto la luce in un passione: avrebbe potuto esserci interesse per garage in California da due nerd, geni ma un un sito del genere. L’idea mi piacque, di Mapo’ disadattati, ma in una mansarda in Trentinuel avevo stima, per cui in pochi giorni ci rino, da due amici, ex colleghi e ora soci: Francetrovammo a scrivere codici nella mansarda di sco Calzà, 38 anni, e Manuel Ferrigno, 30. casa mia e creammo un prototipo del sito. Co«Nel 2013 ero socio di una software house minciammo a programmare delle campagne dove lavorava anche Manuel - ricorda Calzà, su Facebook per capire se ci fosse interesse da founder & business development manager di parte della gente. C’era. Per cui lavorammo per Bantoa - Siamo entrambi programmatori e svicreare un vero prodotto».

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STARTUP-TELLING

Ma eravate senza un lavoro vero. Infatti. Tornammo nell’azienda in cui lavoravamo e chiedemmo un part time, per guadagnare un piccolo stipendio. Alla mattina lavoravamo là, nel pomeriggio davamo vita a Bantoa, che allora si chiamava Outfitss. Era la fine del 2014 e a fine aprile 2015 il sito fu pronto. All’inizio creavamo noi gli outfit o li facevamo creare ad amici, mentre poi, pian piano, iniziammo a reclutare gli outfitters che oggi si occupano di creare i contenuti del sito. Da lì, in maniera rapida cominciammo a pensare al marketing che serviva e al fatto che, se avessimo voluto espanderci, avremmo dovuto ragionare come una start-up. Cominciammo così a frequentare startupper, a presentarci in giro e a luglio 2015 un incubatore trentino, Graffiti, si interessò a noi e investì nel nostro progetto. Grazie al loro contributo, a luglio 2015 aprimmo l’azienda. All’inizio fu dura? L’attività non era remunerativa, per cui continuavamo a lavorare anche nella software house per mantenerci, ma i numeri crescevano, anche grazie al fatto che tutto quel poco che incassavamo lo reinvestivamo in pubblicità. A giugno 2016 i numeri furono abbastanza importanti per poter accedere a un primo round di finanziamenti, che avemmo cedendo il 15% della società per 300mila euro a una cordata di investitori. Solo allora lasciammo il vecchio lavoro per dedicarci esclusivamente alla nostra creatura. Poi l’ingresso di altre persone - ora siamo in 6 -, la crescita di investimenti, utenti e fatturato. Qual è il vostro business model? Guadagniamo in modo semplice. Per ogni acquisto che i clienti fanno dal nostro sito - anche se in realtà non comprano su di noi ma dal sito del merchant che noi segnaliamo -, grazie ad accordi commerciali con il merchant guadagniamo una percentuale sul valore della transazione; oppure, ogni volta che mandiamo una persona sul sito del merchant, questo ci riconosce una sorta di provvigione. Guadagniamo

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se guadagnano anche i partner finali e questo tipo di business vale circa il 90% del nostro fatturato. Quanti sono gli iscritti a Bantoa? Siamo diventati una community grande, con oltre 650mila donne registrate di cui quasi 300mila attive. L’utente che si registra compila il proprio profilo come se stesse rispondendo a un quiz e la profilazione arriva molto in profondità, perché chi lascia i propri dati lo fa sapendo che grazie a essi avrà proposte di outfit targettizzate sui suoi gusti e sulle sue taglie. In che modo? Grazie a un algoritmo proprietario sviluppato da noi, che stabilisce l’affinità tra l’utente e l’outfitter che ha realizzato l’outfit e propone soluzioni affini al profilo, nella taglia corretta, per la fascia di prezzo in cui solitamente l’utente acquista. Un servizio preciso che ci consente di avere circa 2mila nuovi registrati al sito ogni giorno, spendendo in promozione cifre contenute. È la grande differenza con buona parte degli e-commerce di moda, che invece recuperano merce invenduta e spesso non dispongono di taglie, di modelli o di colori che interessano a un utente. Inoltre, tutto ciò che su Bantoa viene proposto all’utente è alla sua portata, sia che compri di solito brand economici, sia di fascia alta: se veste, per esempio, Armani, il sito gli mostrerà soluzioni e prodotti in linea con il suo standing e non marchi più consumer. I vostri outfitter possono essere considerati influencer? No. Li chiamiamo outfitter perché per noi influencer ha una connotazione negativa. L’influencer influenza l’acquisto per essere lui a guadagnare. I nostri outfitter, invece, non lo

fanno per soldi perché non percepiscono remunerazione da noi né dai nostri partner. Per loro, creare outfit è gioco, è passione, non è lavoro. Come li ingaggiate? L’algoritmo capisce se un outfitter è bravo o no controllando il successo dei suoi outfit, il suo engagement, quanti clic prende, quanti acquisti genera… In sostanza, è l’algoritmo che seleziona? Esatto. E facendolo in maniera automatica e neutrale, non privilegia un marchio a scapito di un altro. Non c’è nello staff una figura fisica che valuta gli outfit. Abbiamo però una responsabile dei contenuti che ha esperienza nel campo della moda e si occupa di curare la forma in cui sono realizzati gli outfit. Lavorare in provincia è un limite o un vantaggio? Nel mondo digitale in cui lavoriamo, essere in provincia, a Milano e nella Silicon Valley poco cambia. Lavoriamo con partner esteri via telefono, Skype, in videoconferenza. La nostra sede operativa è a Verona, città che ha il vantaggio di essere sufficientemente grande per trovarvi le risorse che ci servono. Essendo lontana da Milano, poi, queste risorse costano nettamente meno. Che cosa volete fare da grandi? Andare ovunque. Con quattro anni di vita, pensiamo di essere maturi per farlo. Il nostro modello è pensato per essere scalabile, basato su un sistema di revenue sharing con bassa marginalità, ma con il vantaggio che all’aumento dei livelli di traffico si accompagna un aumento di fatturato. In più, tutti i negozi di e-commerce più importanti al mondo hanno un programma di revenue sharing: in qualunque Paese andremo, sappiamo di avere già chi ci darà soldi se gli porteremo traffico. Non siamo startupper da battaglia. A fine anno dovremmo essere pronti per il secondo round di finanziamento per espanderci in altri Paesi. Con la fortuna di non avere ancora in Italia competitor diretti che ci mettono pressione.


A gestire i rapporti con l'ex adesso ci pensa l'App Si chiama Slindinglife la startup foggiana che si occupa di divorzi e separazioni, mettendo in contatto gli utenti fra loro e con avvocati, psicologi, life coach. Arrivando fino a "testimoniare" davanti al giudice di Marina Marinetti

S

e il vostro rapporto coniugale scricdi vita. Così è nata l’esigenza di unire a quella chiola, forse vale la pena dare una forenze le altre libere perofessioni: psicologi, lettura a questo articolo. Se invece commercialisti e life coach, che diamo in dote va a gonfie vele... meglio leggeterlo ugualai nostri utenti». Oltre alla Community di mente: non si può mai sapere. C’è una startup ascolto online, l’offerta del portale comprenfoggiana, Slidinglife, che si occupa proprio di de la consulenza online da parte di esperti divorzi e separazioni. Al Legaltech venture di settore quali avvocati, commercialisti, psiday (il 22 luglio a Torino) è stata premiata cologi, coach: «Si tratta della classica piattadall’IE Business School come miglior progetforma di marketplace all’interno della quale to imprenditoriale nel settore business del avviene il match tra utenza e libere professioLegal Tech. E in aprile rappresenterà l’Italia ni. Il nostro modello business si basa proprio alla finale internazionale del Legaltech Global sugli abbonamenti a liberi professionisti, a Competition, a Madrid. L’idea di associare la cominciare dagli avvocati: la nostra mission è tecnologia ai burrascosi rapporti tra ex coniudi moltiplicare il loro fatturato, che riducendo gi è venuta un paio di anni fa a Massimiliano a un decimo il loro budget advertising posArena (nella foto), sono triplicare il loro IL PROSSIMO STEP? L'ACCORDO avvocato con vent’anportafoglio clienti. DI SEPARAZIONE O DIVORZIO IN FORMA ni di esperienza in Gli utenti possono DI SMART CONTRACT REGISTRATO diritto familiare: «Mi contattare altri utenti GRAZIE ALLA BLOCKCHAIN ero reso conto che che hanno vissuto o le persone coinvolte nella separazione e nel stanno vivendo la medesima situazione, o, in divorzio contraggono una sorta di virus che videochat, mettersi in contatto con il libero sviluppa sintomi quali depressione, solitudiprfessionalisa selenzionandolo su base terne, paura a uscire di casa», racconta. «Ho cerritoriale o controllando i feedback. Oppure si cato oltreoceano modelli business similari e può acquistare il nostro prodotto, Parenting». ne ho trovati due: uno dedicato alle persone Parenting è in grado di gestire i passaggi tra affette da malattie rare, l’altro è DivorceForce. ex coniugi in tempo reale e in maniera traspaCosì ho cominciato a sviluppare un modello rente, con il risultato di ridurre i passaggi e i di business, ben consapevole che quando il tempi davanti al giudice, con un conseguente cliente varca la soglia del nostro strudio porabbattimento dei costi legali. «L’App ha un cota solo in minima parte un’istanza giuridica, sto di 59 euro lanno per coppia», spiega Arema in realtà cerca un cambiamento radicale na: «Gli ex coniugi caricano i dati dell’accordo

o della sentenza di divorzio con il calendario dei turni di cura dei figli, possono chiedere cambi di turno, pagarsi reciprocamente le spese straordinarie per i figli tramite Paypal, inoltre ci sono utilità aggiuntive come la firma delle autorizzazioni relative ai figli per le foto sui social, i vaccini, le gite, gli sport.... Parenting ha il duplice vantaggio di essere immediato e di avere un registro tracciabile che può essere portato all’attenzione del giudice in un eventuale contenzioso». Attualmente sono circa 4.500 gli iscritti alla piattaforma. Slidinglife ha da poco chiuso un aumento di capitale per 270mila euro per impelementare il team e sta programmando per il prossimo anno un ulteriore aumento di capitale per 500mila euro che verrà impiegato per sviluppare un software di giustizia predittiva basato sull’intelligenza artificiale: «Il nostro utente potrà sapere in anticipo con l’85% di affidabilità l’esito di un’eventuale causa davanti a un determinato tribunale con un determinato giudici e quindi valuatarne costi e fattibilità. Ma non solo: vogliamo trasformare l’accordo di separazione o divorsio in uno smart contract registrato con la blockchain, in modo che al verificarsi di determinati eventi nella vita virtuale il sistema liberi opzioni nella vita reale, per esempio pagamenti. Questo andrebbe a deflazionare tutto il contenzioso». Il che non significa poter fare a meno dell’assistenza legale: «Un buon avvocato servirà sempre».

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STARTUP-TELLING IL NUOVO CHE AVANZA

ZANKYOU E MARTHA’S COTTAGE OGGI SPOSI

JAVIER CALLEJA ARREGUI, FOUNDER ZANKYOU E SALVATORE COBUZIO, FOUNDER MARTHA’S COTTAGE

I due portali di e-commerce per i matrimoni danno vita a un polo europeo Zankyou, il più grande portale al mondo del wedding e Martha’s Cottage, l’e-commerce per il matrimonio leader in Italia e in Europa, hanno stretto una partnership che porta lo shop online di accessori e oggettistica per il matrimonio di Martha’s Cottage sul portale Zankyou, in undici Paesi d’Europa: Francia, Spagna, Italia, Germania, Austria, Regno Unito, Polonia, Irlanda, Portogallo, Olanda e Belgio. L’unione delle due piattaforme crea il primo e unico polo specializzato del matrimonio in Europa, che

unisce la vendita dei prodotti per la festa di nozze ai servizi e ai contenuti. L’e-shop di Martha’s Cottage è già stato inaugurato sul portale Zankyou in Spagna ed entro la fine dell’anno aprirà i battenti anche in Italia, Germania e negli altri otto Paesi europei. Zankyou, come Martha’s Cottage, nasce dall’esigenza dei fondatori spagnoli che, organizzando i loro matrimoni, si sono accorti che non esisteva un portale in grado di aiutare le coppie di sposi in questa impresa. Da qui l’idea di fornire tutto il necessario per le nozze.

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L’APP ANTI-SPRECO ALIMENTARE ARRIVA A ROMA Too good to go permette di mettere in vendita a prezzi ridotti il cibo Dopo aver raggiunto oltre 230.000 utenti in soli cinque mesi dal lancio nel nostro Paese, Too Good To Go, l’app che combatte lo spreco alimentare mettendo in vendita a prezzi scontati le rimanenze di bar e ristoranti, arriva anche a Roma. Nata nel 2015 in Danimarca, Too Good To Go è presente in 13 Paesi d’Europa con oltre 14 milioni di utenti ed è tra le prime posizioni negli App Store e Google Play. In Italia è stata accolta con grande entusiasmo, conquistando le città di Milano, Torino, Bologna, Firenze, Genova e Verona e permettendo da aprile ad oggi di salvare oltre 70.000 pasti.

Ad oggi sono oltre 1.000 i commercianti che hanno aderito all’iniziativa e che hanno scelto di coinvolgere i propri clienti nella lotta contro lo spreco alimentare e il riscontro è stato decisamente positivo: viene acquistato in media oltre l’80% delle Magic Box rese disponibili dai commercianti, con picchi oltre il 95% a Torino, Bologna e Verona. Ad aderire all’iniziativa ci sono i box di Mercato Testaccio, lo storico Gianfornaio, ma anche i supermercati di Carrefour ed Eataly, fino alle golosità giapponesi di Sushi Daily e Sushi Shop.

A BOLOGNA, TORINO E VERONA SI È ARRIVATI OLTRE IL 95% DI ACQUISTI

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WETAXI, DOPO TORINO ORA ARRIVA A ROMA E MILANO La piattaforma permette di prenotare e condividere il taxi tramite telefono Il servizio taxi a Milano e Roma è più smart, affidabile e condiviso: sbarca infatti nelle due metropoli Wetaxi, l’applicazione che permette di prenotare e condividere il taxi tramite smartphone, assicurando inoltre trasparenza con la tariffa garantita. Ad abbracciare la tecnologia della piattaforma smart, con l’obiettivo di assicurare un servizio sempre più a portata di cittadino, sono la flotta di 1.800 taxi della cooperativa milanese Taxiblu 02.4040 e i 500 taxi della cooperativa romana Samarcanda 06.5551.

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Nato nel 2017 a Torino con l’intenzione di promuovere un modello di mobilità intelligente, Wetaxi è presente in oltre 20 città italiane e intende valorizzare il ruolo dei tassisti, offrendo un servizio taxi comodo e senza sorprese al momento del pagamento. Grazie alle partnership strette con le maggiori radiotaxi italiane, Wetaxi permette tramite l’app su smartphone di prenotare il taxi conoscendo in anticipo il prezzo massimo della corsa, semplicemente inserendo il punto da cui si deve partire fino a quello di arrivo.

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WETAXI SBARCA ANCHE A ROMA E MILANO


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FRANCHISING

WORKSHOP IL VALORE DEL BRAND

SOTTO IL CAPPELLO DEL FRANCHISOR IL BUSINESS DIVENTA ANTICICLICO

Il fenomeno del franchising ha completamente ridisegnato il panorama della microimprenditorialità italiana. Affidarsi a un’insegna nota, infatti, non è solo questione di riconoscibilità, ma anche di potenzialità: insieme al brand, chi sceglie il franchising accede anche a un prezioso know how e al supporto di una rete strutturata a sostegno del proprio business.

Concretizzare la voglia di imprenditorialità con la garanzia di risultati immediati: aprire un’attività con l’insegna di un marchio conosciuto (e titolare dei diritti) attrae sempre più italiani. Specie dopo la crisi di Davide Passoni

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artiamo da un dato di fatto: il setdal 2014 a oggi gli occupati sono cresciuti tore del franchising è da sempre del 10,9%, i punti vendita dell’8,3% e il giro anticiclico. Storicamente, affidarsi d’affari complessivo del 7,8%. al franchising anche in momenti di crisi è Giro d’affari e insegne un ottimo modo per dare una prospettiva al La conferma della vitalità del settore viene proprio business e per concretizzare in madal Rapporto Assoniera efficace la vofranchising 2019, che glia di imprenditoria- UNA FORMULA CHE “TIENE” è un susseguirsi di lità. Una formula che Nell’ultimo decennio, dopo la crisi segni positivi: +3,4% tiene anche sul lungo post Lehman Brothers, il giro d’affari di insegne, +4,5% di periodo, visto che del sistema franchising nel nostro punti vendita, +3,8% nell’ultimo decennio Paese è cresciuto del 17 per cento di occupati +2% di - caratterizzato dalla fatturato globale. Nel 2018, il franchising ha pesante crisi post Lehman Brothers - il giro generato un giro di affari di oltre 25 miliard’affari del sistema franchising nel nostro di di euro e ha dato lavoro a più di 200mila Paese è cresciuto del 17% e il numero di persone. E già il 2017 era stato un anno imprese estere che hanno deciso di investirecord, uno dei migliori di sempre per giro re in Italia è aumentato del 35,8%. Inoltre,

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WORKSHOP FRANCHISING d’affari e addetti occupati. Il franchising italiano si è fatto onore anche all’estero, con un +7,6% nel numero dei punti vendita. A loro volta, anche i master di franchisor stranieri in Italia confermano il trend positivo: +1,4%, che diventa +21,7% sul 2017 per le reti straniere operanti in Italia con solo franchisee ma sede legale in un altro Paese. Il rapporto Assofranchising 2019 ha esaminato 961 insegne, 861 delle quali italiane di cui 174 presenti anche all’estero. A livello regionale, la Lombardia si è confermata l’area con più insegne (268), seguita dal Lazio con 107 e dal Veneto con 90. Seguendo la ripartizione geografica delle Aree Nielsen, il Sud (Area 4) nel 2018 ha conquistato il primo posto per fatturato e numero di punti vendita, a scapito del Nord-Ovest (Area 1) in testa fino al 2017, che ha primeggiato inveNELLA FOTO L’AUTORE LUCA FUMAGALLI SENIOR FRANCHISING CONSULTANT DI FRANCHISINGLAB

“Ho scelto di operare nel franchising nel 1980, consapevole del valore che genera questo raffinato strumento di marketing, se utilizzato correttamente. Ho potuto conoscere il franchising in ogni aspetto, come Franchisor, Licenziatario Master, Franchisee, Giornalista e Consulente specializzato. Ho pubblicato circa 500 articoli e alcuni manuali sul tema, tengo decine di Corsi di Formazione ogni anno, partecipo come moderatore e relatore a seminari e convegni, sono presente sul web con interviste, video e blog. Oggi sono partner di FRANCHISINGLAB, struttura di alta formazione e consulenza sul franchising, dedicata allo sviluppo di reti in Italia e a livello internazionale”. *Fonte Assofranchising 2019

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ce per addetti occupati.

Volano di occupazione Numeri positivi anche per quanto riguarda l’occupazione che, come abbiamo visto, è cresciuta di quasi il 4% rispetto al 2017 e dell’11% rispetto al 2014, a testimonianza della capacità del settore di generare posti di lavoro e di spingere l’imprenditorialità. Sono sempre di più, infatti, gli italiani che scelgono il franchising come strumento per diventare imprenditori di sé stessi. Si tratta per lo più di giovani, attirati dalle tutele offerte dal settore e dagli investimenti vantaggiosi: quasi il 90% dei franchisee presenti in Italia ha un’età compresa tra i 25 e i 45 anni. I franchisee ra i 36 e i 45 anni rappresentano oltre il 64% del totale, seguiti da imprenditori ancora più giovani, compresi

fra i 25 e 35 anni, che sono il 24,6%. Anche le donne giocano un ruolo da protagoniste: il franchising al femminile, infatti, incide sul totale dei licenziatari per il 35,6%.Si aggiungono, a stimolare la voglia di franchising, la formazione e l’aggiornamento, due dei punti cardine dei contratti di affiliazione. Tra gli aspetti più invitanti della formula del franchising spicca infine l’accessibilità al sistema: il 34,3% degli investimenti richiesti per affiliarsi non supera i 20mila euro, mentre il 50% si attesta nella fascia compresa fra 20 e 100mila euro.

Chi sale, chi scende

Ristorazione e alimentari specializzati hanno fatto registrare un 2018 brillante. Il

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Un sistema a più binari con realtà molto diverse tra loro

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l panorama del franchising italiano può essere fotografato partendo da un indicatore interessante sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo: la dimensione media delle reti, che nel 2018 è stata di circa 56 affiliati per affiliante*. Posto che in alcuni settori questo numero garantisce a stento la sopravvivenza di un franchisor, il dato si presta a una duplice lettura. Una conclusione affrettata che se ne potrebbe trarre è che il franchising, apprezzato da tante imprese affilianti (961*), lo è molto meno sul versante degli affiliati (53.886*). In effetti, dilettanti allo sbaraglio e furbetti di ogni genere hanno imperversato nel franchising fin dal suo ingresso in Italia, generando una fitta schiera di detrattori tra affiliati raggirati, franchisor falliti, addetti ai lavori delusi. Se a questo si aggiungono gli stereotipi sugli imprenditori italiani (individualisti,

maneggioni, allergici alle regole ...) verrebbe da pensare che da noi c’è poco spazio per il franchising. A smentire questa visione ci sono centinaia di marchi che, anche in Italia, hanno raggiunto dimensioni nazionali o internazionali grazie al successo e alla soddisfazione dei loro affiliati. Qual è il punto, allora? L’evidenza empirica dice che quando i progetti sono ben congegnati e le aziende hanno le caratteristiche giuste per proporli, le difficoltà di reclutamento si annullano e le aziende crescono. Al contrario, l’insuccesso nel recruiting spesso dipende dalle caratteristiche di un settore o dai vizi d’origine di un progetto, che ne riducono l’attrattività agli occhi di un candidato. Il secondo piano di lettura è quello più strettamente qualitativo. Oggi il sistema viaggia su più binari e il dato della dimensione delle reti “fa la media” di realtà tra loro molto differenti. Da una parte



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WORKSHOP FRANCHISING comparto che raggruppa bar, gelaterie, pub e pasticcerie ha segnato un +20% sul 2017, con un giro d’affari di oltre 447 milioni di euro e più di 5.500 occupati. L’alimentare specializzato, grazie ai negozi dedicati a diete ed esigenze alimentari particolari, ha visto incrementare il proprio fatturato del 23,3% superando i 227 milioni di euro. Tra i settori in calo, invece, si segnalano le librerie (-19,2%) e le profumerie (-15,5%). Giù anche, seppur di poco (-2%), il settore della GDO Food, che mantiene comunque un fatturato superiore ai 7 miliardi di euro e che incide per il 30,9% sul totale del giro di affari del franchising in Italia. Nel 2018 sono aumentati anche i punti vendita delle catene tempo consolidate al di fuori del territorio nazionale, che oggi superano i 10.800 negozi: +7,6% sul 2017.

FRANCHISING DA MANGIARE I settori della ristorazione e dell’alimentare trainano le affiliazioni, con tassi di crescita a doppia cifra e con un numero di occupati superiore a quello di altri comparti più ricchi

sing. Il 74% di queste persone, inoltre, pensa che rappresenterà la formula del futuro. Dalla ricerca, che ha analizzato le risposte di un campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne, segmentato per sesso, età, livello di istruzione, e ripartizione geografica, risulta inoltre che i prin-

cipali motivi per cui si preferisce acquistare presso un punto vendita in franchising sono la notorietà e l’affidabilità del marchio, gli sconti dedicati, la vasta gamma di prodotti disponibili e la loro qualità. Chi ha dichiarato di conoscere le insegne che operano in questo settore pensa, inoltre, che in futuro le reti in franchising sul nostro territorio avranno una crescita ulteriore. A tastare il polso del mercato, infine, penserà il Salone Franchising Milano (Fieramilanocity, 24-26 ottobre), appuntamento autunnale giunto alla 34esima edizione, che si propone come evento professionale della distribuzione orientato a supportare l’incontro tra franchisor, franchisee e potenziali franchisee. L’obiettivo del Salone è quello di sviluppare innovazione nella filiera del commercio, vista nella sua complessità: e-commerce, retail, comportamenti d’acquisto, servizi, tecnologie e marketing.

ci sono progetti destinati ad un target che potremmo definire di “autoimpiego”. Franchisee che, a fronte di un impegno economico relativamente basso (in una fascia di investimento tra i 20.000 e i 100.000 €) prospettano attività in proprio in grado di generare marginalità spesso destinate a remunerare, se va bene, il tempo lavorativo dell’imprenditore stesso. Questa tipologia è la più popolare ma, purtroppo, la più “debole”. Qui si annidano più facilmente iniziative dilettantesche, velleitarie, bordeline dal punto di vista della qualità dei proponenti, della loro conoscenza del franchising, del rispetto della legge sull’affiliazione commerciale, del know-how offerto e delle effettive possibilità di successo. In questo ambito si assiste talvolta a una gara al ribasso nelle prospettazioni degli investimenti iniziali (“no fee d’ingresso, no royalties, con 4.900 € avvia la tua attività”). L’apparente “convenienza” può essere allettante, ma non sempre si traduce in risultati economici

soddisfacenti per l’affiliato. In questo contesto è decisiva la fase di valutazione iniziale e la scelta del franchisor giusto, che non è sempre il più “a buon mercato”, ma quello in grado di offrire all’ affiliato i migliori strumenti (know how sperimentato, formazione, supporto, prodotti e servizi competitivi, marginalità adeguate…) per la conduzione della sua impresa. Un secondo binario è quello di iniziative mature, consolidate, dove a volte il livello d’investimento è più alto (generalmente da 100.000 a oltre 1.000.000 di €) ma la partita si gioca sul piano della redditività e della riduzione del rischio d’impresa. Oggi entrare in un settore esibendo fin da subito un alto livello di competitività non è facile. I tempi di apprendimento si sono accorciati, i margini di errore ridotti. Ecco allora che tanti imprenditori e altrettanti investitori avveduti preferiscono affidare i loro capitali a franchisor esperti e qualificati, a brand affermati o anche emergenti ma che possano “mettere in sicurezza” le

nuove attività. Finalmente anche in Italia si comincia a diffondere la figura del “multiunit franchisee” ovvero di un tipo di affiliato che apre più unità di una stessa catena avendone apprezzato i vantaggi competitivi, oppure quella dell’investitore “seriale”, che avendo utilizzato con successo la formula del franchising, diventa il punto di riferimento nel suo territorio per più marchi, talvolta addirittura in settori diversi. Un terzo binario è rappresentato dall’ingresso recente nel mondo del franchising di grandi investitori e di fondi di investimento. E’ un segnale di “consacrazione” della formula, anche nel nostro Paese. Un fenomeno che spesso si accompagna ad ambizioni di sviluppo internazionale, ormai sempre più diffuse. Buoni auspici per un movimento che non cresce soltanto attraverso la “colonizzazione” da parte dei grandi franchisor internazionali ma che può offrire concrete opportunità per l’esportazione delle nostre numerose eccellenze.

Franchising, questo… conosciuto

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A testimonianza del fatto che quella del franchising è una formula di successo c’è anche la cosiddetta “awareness” che ha tra gli italiani. Da uno studio condotto dall’Istituto Piepoli e commissionato da Assofranchising a maggio 2019 risulta che oltre il 50% di essi conosce e apprezza il franchi-




DOMANDE &OFFERTE Il posizionamento di un brand sul mercato è la somma di fattori diversi: la storia dell'azienda, le campagne di comunicazione, le scelte strategiche. Puntare sull'innovazione continua, per esempio, ha garantito al gruppo Morellato la rinoscibilità dei propri marchi di gioielleria e orologeria. Partendo dai consigli che un giovane Massimo Carraro ricevette da Leonardo Del Vecchio...

112 PRIVATE BANKING LE GENERAZIONI PASSANO IL WEALTH ADVISOR RESTA

113 PROFESSIONI IL COMMERCIALISTA: UN PARTNER E NON SOLO UN CONSULENTE

NON CHEAP, MA CHIC: IL VALORE DEL GIOIELLO AL GIUSTO PREZZO Puntare sulla portabilità quotidiana, ma anche sulla qualità: ecco come il brand Morellato è riuscito a posizionarsi sul mercato grazie a una strategia che ha sempre guardato all'innovazione. Partendo dai cinturini degli orologi di Davide Passoni

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l made in Italy non nasce per creare il prodotto più cheap: per questo ci sono altri rispettabilissimi Paesi. La nostra vocazione non è quella di fare il prodotto più economico, ma di fare il prodotto più bello». Una frase che Massimo Carraro, presidente e amministratore delegato di Morellato Group, ci ha dispensato al termine della nostra intervista, ma che incarna così bene la mission del gruppo da guadagnarsi il privilegio di farne da apertura. Del resto, sul bello e sulla qualità Morellato Group ha costruito la propria immagine e un business che, nel 2018, ha portato a un fatturato di 178,2 milioni di euro, +8% sul 2017, con un Ebitda pari a 28,6 milioni. Numeri dietro ai quali c’è una storia che vale la pena

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di essere raccontata. Dal cinturino all'orologio, dall'orologio al gioiello, da laboratorio artigiano a gruppo di rilevanza mondiale: come si costruisce una case history di successo come la vostra? Morellato ha una caratteristica che è da sempre nel proprio dna: l’innovazione. Nasce nel 1930 da un’idea innovativa di Giulio Morellato, che aveva una orologeria a Venezia in cui riparava i segnatempo. Arrivato un po’ avanti negli anni, la vista gli si indebolì, smise di fare l’orologiaio e decise di intraprendere una nuova strada: creare cinturini per gli orologi che prima riparava. La sua famiglia conosceva infatti bene la realtà produttiva pellettiera della riviera del Brenta, da cui arrivava la materia prima.

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DOMANDE&OFFERTE DOMANDE&OFFERTE

MASSIMO CARRARO, PRESIDENTE E AD DI MORELLATO

Nacque perciò dal territorio, ma già con l’idea di innovare, perché all’epoca il signor Morellato fu il primo in Europa a fabbricare i cinturini in pelle: l’orologio da polso non era infatti ancora un oggetto così diffuso, perché prevaleva l’orologio da tasca. Il cinturino fu quindi il primo elemento di innovazione della sua impresa. Dopo la morte di Giulio Morellato, in azienda subentrarono tre soci, tra i quali suo figlio e mio padre, mentre il mio turno arrivò nel 1988. Un esordio segnato da un aneddoto curioso. All’epoca ebbi l’occasione di parlare con il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, ad Agordo; mi dedicò due ore nelle quali gli esposi le mie idee imprenditoriali, frutto del mio entusiasmo giovanile. Me le smontò tutte in pochi minuti, insegnandomi che da sole non bastano: va bene la passione, ma va sostanziata da numeri e analisi per far sì che le idee siano sostenibili. E concluse suggerendomi una cosa tanto banale che nemmeno l’avevo pensata: per mettere in pratica tutte le idee che avevo, l’azienda me la dovevo comprare. Ci ragionai e grazie all’aiuto di un banchiere che finanziò un leverage sul 100% del capitale, nel 1990 e la acquisii insieme a mio fratello. E ha messo in pratica le sue tante idee? Da lì è cominciato un percorso prima di espansione internazionale, poi di innovazione di prodotto

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grazie a quella che era la nostra idea più forte e che si è dimostrata vincente: il “gioiello da vivere”. Qualcosa che potesse essere indossato tutti i giorni, in ogni situazione, e che non fosse limitato alle occasioni speciali o eleganti. Nel 2006 abbiamo poi espanso ulteriormente la nostra presenza nel mondo dell’orologeria acquisendo la storica azienda italiana Sector con gli altri marchi del suo gruppo, tra cui Philip Watch. Un’acquisizione che si basava anche sulla condivisione di valori, visto che la stessa Sector nasceva con un forte concetto innovativo: l’idea del limite da superare, l’uso dei primi brand ambassador, per esempio. Altra innovazione, meno visibile ma altrettanto importante, è l’idea di integrazione che sta alla base del Gruppo: nel 2008, con l’acquisizione della catena di negozi Blusepirit, passati dai 40 di allora agli attuali 180, è nata l’idea di un format multimarca simile a quello dell’occhialeria. I MARCHI DI MORELLATO GROUP SONO QUELLI DELLA TRADIZIONE ITALIANA E IL MERCATO DOMESTICO RESTA IL PIÙ IMPORTANTE

Torna la lezione di Del Vecchio? Più in piccolo, ma sì. Infine, oltre all’innovazione di prodotto e di processo, anche quella organizzativa, con l’implementazione della vendita omnichannel grazie all’acquisizione, lo scorso anno, del retailer online Chronos, diventato in Italia anche retailer offline. Quali sono l'approccio del gruppo al concetto di made in Italy e la sua interpretazione nell'orologeria e nella gioielleria? Tutti i nostri marchi sono quelli della grande tradizione italiana. Anche quando parliamo dell’orologio Swiss Made di Philip Watch, stile e design sono fatti a Milano e l’head quarter è sempre rimasto in provincia di Padova dove ancora si realizzano tutti i cinturini degli orologi di alta gamma. Viviamo però la tradizione italiana in senso dinamico e ne siamo interpreti per portarla sui

mercati internazionali. Nello stile, nel design e nel gioiello l’Italia ha una grande tradizione, per cui abbiamo tutte le opportunità di farla valere anche all’estero. Globalizzazione o glocalizzazione: quali i mercati più promettenti per il Gruppo? Presidiamo fortemente il mercato domestico, che rimane per Morellato quello più importante. Abbiamo una forte presenza in Europa, dove la Francia è ora per noi il secondo mercato e sta crescendo ancora grazie anche all’acquisizione di Mister Watch, azienda francese di distribuzione di orologi che abbiamo fatto nostra a gennaio 2019. Lo dico con una punta di soddisfazione, perché portare lo stile e il prodotto italiano in un Paese dove c’è cultura del bello e in cui non mancano aziende che fanno del lusso e dello stile il loro core business, è una bella sfida. Portiamo cultura d’impresa, cultura di prodotto e i nostri valori di tradizione estetica e di qualità che hanno uno standing ai massimi livelli. La nostra non è dunque una strategia di globalizzazione ma di affermazione dei valori del made in Italy nei mercati individuati da noi come riferimenti: Europa, appunto, Medio Oriente e, negli ultimi dieci anni, anche l’Asia. Per scelta strategica siamo meno presenti nel continente americano, perché vogliamo crescere sui mercati chiave nei quali vediamo che i nostri prodotti funzionano bene, evitando di disperderci su contesti meno remunerativi. Ha ancora senso dover scegliere tra prezzo e qualità? Qualità e stile devono andare di pari passo. Ma se devo scegliere, scelgo la qualità. Il prezzo non è la nostra ossessione, ma siamo sempre stati attenti a posizionare ciascuno dei nostri marchi nel proprio corretto segmento. Ci guida il value for price: non la ricerca del prodotto cheap, ma di un prodotto che esprime i valori del made in Italy, dello stile, della qualità, del design al miglior prezzo di mercato, che non è il più basso.


Il rischio informatico si batte con il disaster recovery La perdita totale o parziale dei dati può compromettere seriamente l'operatività dell'azienda. Da CRIF, leader nelle informazioni per il credito, una soluzione as-a-service per le piccole e medie imprese

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a oltre 30 anni CRIF è tra i player più importanti a livello globale nei servizi e soluzioni per il mondo bancario e finanziario, gestendo grandi volumi di informazioni. Garantire un servizio Business Critical con elevati livelli di affidabilità, con rischi minimi di interruzioni di servizio non programmate, rappresenta un prerequisito. Nell’ambito dei propri costanti investimenti in innovazione, CRIF Global Technologies - la divisione IT di CRIF - ha implementato internamente per tutte le società del gruppo un servizio di Disaster Recovery as-a-Service. «Le informazioni per il credito sono un’area critica per la gestione dei dati. Un’eventuale interruzione dei nostri servizi può produrre blocchi parziali o totali nell’erogazione del credito da parte delle banche e società finanziarie nostri clienti, per i quali rappresentiamo un ‘fornitore critico’», spiega Carlo Romagnoli, Senior Director IT Infrastructure & Operations di CRIF. Ben consapevole di questa responsabilità, CRIF ha sempre dedicato una grande attenzione alla continuità del servizio in tutte le sue forme e, in particolare, un’attenzione estrema alla gestione del dato. Strutturata per hub geograficamente dislocati nei vari continenti in cui CRIF opera, la divisione CRIF Global Technologies ha realizzato un servizio interno di Disaster Recovery

as-a-Service che mette a fattor comune e capitalizza competenze e investimenti importanti. In qualsiasi settore, la perdita parziale o totale dei propri dati può compromettere seriamente l’operatività di un’azienda, generare una crisi fino a causare la perdita totale del fatturato o un danno reputazionale compromettendo la fiducia dei clienti. Non sono rari purtroppo i casi di aziende che, non avendo predisposto un sistema di Disaster Recovery, una volta colpite da eventi disastrosi non sono state in grado di ripartire. «Per una Pmi realizzare un servizio così complesso è difficile sia per le limitate disponibilità di budget che per le necessarie competenze IT da internalizzare», continua Carlo Romagnoli. «Tenendo conto di queste esigenze, CRIF ha deciso di offrire anche alle imprese la propria soluzione di Disaster Recovery as-a-Service, forte delle competenze tecnologiche e manageriali acquisite in questi anni e della solida infrastruttura realizzata». La soluzione di Disaster Recovery as-a-Service sviluppata da CRIF si basa su un Datacenter certificato Uptime Institute Tier IV in altissima affidabilità. Oltre al Datacenter, CRIF mette a disposizione l’infrastruttura di base: network, firewall, bilanciatori, connettività, server e storage, mentre al cliente rimane la responsabilità dei test di

CARLO ROMAGNOLI, SENIOR DIRECTOR DI CRIF

È DIFFICILE PER LE PMI REALIZZARE INTERNAMENTE UN SERVIZIO COSÌ COMPLESSO funzionalità delle proprie applicazioni. La soluzione CRIF si basa su più elementi caratteristici: iperconvergenza, software defined network, avanzate tecnologie di allineamento dei dati, adeguate qualità e quantità di banda. Ciascun ambiente di Disaster Recovery è isolato per poter garantire la necessaria segregazione. L’efficacia di un completo Disaster Recovery impone inoltre di avere un Disaster Recovery Plan. Per fronteggiare una situazione di crisi è opportuno infatti definire la Governance e le procedure per attivare il Disaster Recovery. Le competenze manageriali e procedurali sono quanto mai imprescindibili.

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Le generazioni passano il wealth advisor resta Quanto è importante la relazione? Molto più della performance. Perché il consulente è parte del “patrimonio” di famiglia. E affianca i suoi clienti pianificando il loro futuro. Come da 37 anni fa Enrico Maria Asti di Marina Marinetti

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i vogliono anni per costruire una deve fare cento. Se hai 20 anni puoi rirelazione e renderla inossidabile. schiare 80, se ne hai 40 puoi rischiare 60, Ma sono sufficienti appena cinma se ne hai 80 puoi rischiare solo 20. Mi que minuti per perderla». preoccupo per il cliente». Enrico Maria Asti, classe 1963, professioA cominciare dal fargli fare testamento ne wealth advisor di Banca Mediolanum, «perché bisogna prepararsi adeguatasa bene che la relazione conta molto di più mente per il futuro. L’italiano medio è scadella performance. ramantico, però gli esempi di personaggi Alle spalle ha 37 anni di esperienza e oggi famosi che hanno avuto disavventure è “al servizio” di ben 120 nuclei familiari, ereditarie insegnano. È più difficile contrecento persone per le quali è un punto vincere qualcuno a fare testamento bene di riferimento imche non a investire i «PER CONQUISTARE LA FIDUCIA portante. soldi». Ecco, appunDEL CLIENTE BISOGNA CAPIRE QUALI «Nella sfortuna dei SONO I SUOI BISOGNI NON SOLO ATTUALI, to: gli investimenti. capelli bianchi, ho Come si regola EnMA DEI PROSSIMI DIECI O VENT’ANNI» la fortuna di avere rico Maria Asti? clienti di tre generazioni diverse... e tra un «Sono abbastanza semplicistico: 37 anni po’ avrò la quarta. Proprio la scorsa setdi lavoro mi hanno insegnato che stelle timana ho dato la prima carta prepagata comete ce ne sono poche, mentre di geni a un sedicenne. È stato emozionante: 36 della finanza ne ho visti passare parecchi anni prima avevo aperto il conto al bisotto i ponti. C’è una mentalità perversa snonno, che portava peraltro il medesimo che porta a far sì che si inventino prodotnome». Quasi una madeleine, volendo citi sempre più difficili: io la definisco “artare Proust. chettitura finanziaria spaziale”. I prodotti, Con oltre 90 milioni di euro di masse in invece, devono essere semplici». gestione, Asti ha una ricetta infallibile per E i robo-advisor? «L’intelligenza artificiaimpostare un portafoglio: «Tutto deve rile deve essere un aiuto, non prevalere sul tornare a quota cento: i tuoi anni più la rapporto umano che rimane imprescindipercentuale di rischio che vuoi correre bile, relazione che io coltivo ogni giorno

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ENRICO MARIA ASTI

con i miei clienti. «Organizzo una quindicina di eventi all’anno per i gruppi familiari dei miei clienti. Si festeggia ma si parla anche di investimenti, di pianificazione finanziaria e di passaggio generazionale. In quelle occasioni la quarta generazione comincia a capire come funziona il business delle aziende dei propri genitori». Tra rendita e protezione del patrimonio, prevale la pianificazione finanziaria: «La protezione dai rischi è la condizione iniziale da cui è sempre necessario partire, poi subentra la pianificazione perché nel tempo cambiano gli asset, le necessità». Ma come si conquista la fiducia di un cliente? «Innanzitutto bisogna capire quali sono i bisogni del cliente non solo quelli contingenti ma pensare anche alle esigenze che si potrebbero manifestare tra cinque, dieci, vent’anni. Il resto va in secondo piano: sia la performance che un possibile momento di sconforto, così come l’estrema gioia. La qualità più importante che contraddistingue me e un buon banker è la neutralità: non devi provare né piacere quando i mercati sono in rialzo, né dispiacere quando scendono. Devi essere molto algido perché le stelle comete passano, ma il sole brilla sempre».


IL COMMERCIALISTA È PARTNER, PIÙ CHE CONSULENTE Francesco Sommaruga e Francesco Matrone si conoscono dai tempi dell’università. Da mezzo secolo sono soci nello studio romano Sm&A, che ha letteralmente cambiato pelle puntando sulla crescita e sull’innovazione

La soluzione alla crisi? Aggregare professionisti

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l rapporto 2018 sull’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili fotografa una crescita dello 0,4% di iscritti all’Albo, a fronte di 2.310 neoiscrizioni e 1.899 cancellazioni. È il valore più basso mai fatto registrare dall’Albo. Al Nord gli iscritti aumentano dello 0,9%, mentre nel Sud si riducono dello 0,2%, segnale chiaro che la crescita delle professioni è legata a doppio giro con la crescita e lo sviluppo dell’economia e delle imprese. Anche il reddito professionale riflette questa dicotomia nord-sud. Dunque quella del commercialista resta una professionalità della quale non si può fare a meno ma che ha necessità di innovarsi come e più delle altre per rendere efficienti i servizi resi, che ha un futuro nell’assistenza societaria e fiscale più che nella contabilità e bilancio (ormai percepite e retribuite come commodities) e nella consulenza sui patrimoni personali e familiari che sia insieme giuridica, fiscale e finanziaria. Sempre più quindi, anche per i dottori commercialisti, si profila la necessità di aggregarsi in società fra professionisti, che secondo il report citato rileva tuttora un numero contenuto (solo 618 in tutta Italia) ma in aumento del 41%. L’associazione professionale necessita di una visione strategica di insieme, di un modello di business e di governance definito, di volontà di innovare, approfondire i servizi e le consulenze fornite. In altre parole, il “Marketing delle professioni” diventa la vera leva strategica. La case history raccontata in questa pagina ne è una riprova. (I.S.)

di Isabella Fusillo*

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ue cognomi “di peso” nel tessuto imprenditoriale romano: Sommaruga e Matrone, i due soci fondatori, oggi honorary partner di Sm&A Dottori Commercialisti Associati, una storia professionale di oltre 50 anni dello studio fondato a Roma da Francesco Sommaruga nel 1966, seguito pochi anni dopo da Sergio Matrone. «Erano amici dai tempi della frequenza del liceo classico Massimiliano Massimo e poi dell’università, hanno costruito le loro prime relazioni professionali nel tessuto imprenditoriale romano e furono tra i primi a intuire la potenzialità e i vantaggi offerti dall’associazione professionale in termini di efficienza e completezza nell’assistenza ai clienti», racconta Francesco Matrone: «E nel corso degli anni hanno investito inserendo nuovi collaboratori e in infrastrutture e servizi tecnologici». Un imprinting a puntare su un’organizzazione con una crescita organica e investendo in innovazione che oggi ha portato allo studio un totale di altri cinque soci, oltre ai fondatori, che sono honorary partner: Francesco M. Matrone, Alfonso Buonpensiere, Pierpaolo Lanzoni, Alessandra Matrone e Francesca Pierleoni, tutti con un’esperienza ultraventennale nell’assistenza societaria, finanziaria e fiscale e il cui lavoro è affiancato da quello di 11 colla-

boratori e collaboratrici. «Gli investimenti in infrastrutture tecnologiche sono una priorità dello studio. Negli anni sono state messe a punto procedure interne al fine di assicurare efficienti sistemi di controllo interno e di operatività», spiega Pierpaolo Lanzoni, che nello studio si occupa anche di innovazione tecnologica. La necessità di ripensare la professione del commercialista è chiara e condivisa da tutti. Oltre ad intervenire su brand e immagine coordinata, Sm&A ha approntato un nuovo sito on line e una strategia di interazione sui social media (in particolare LinkedIn) soprattutto per offrire un servizio di informazione e condivisione a colleghi e clienti. «Nel corso degli anni abbiamo assistito tante aziende, anche internazionali, con focus in alcuni settori industrali: dall’alberghiero al food & beverage, dall’immobiliare alla sanità, solo per citrane alcuni», commenta Alfonso Buonpensiere. «Assistiamo anche associazioni industriali e di categoria» aggiunge Alessandra Matrone, «dove oltre al rapporto fiduciario conta l’esperienza e la disponibilità ad andare oltre il mandato. Serve, letteralmente, mettersi nelle scarpe del cliente ed essere capaci di intravedere i problemi prima che si verifichino. Essere partner, più che consulenti». * Gruppo Stratego

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PIÙ DEL CURRICULUM CONTA IL MARKETING DI SE STESSI

VITA DA MANAGER Non solo le aziende: anche i professionisti e gli executive devono controllare con attenzione la propria immagine. No, niente abiti, ma social network e presenza online, diventati ormai un biglietto da visita ancora più importante di curriculum e abilità acquisite "sul campo".

Reputation, credibilità, posizionamento: sono cruciali per l'azienda, ma anche per il manager. Così il personal branding si attua attraverso strategie in cui nulla è lasciato al caso. I consigli della guru americana di Vincenzo Petraglia

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he si sia un professionista o un marienze prettamente curricolari, c'è bisogno nager o un giovane alla ricerca del di molto altro. Di reputation, credibilità, primo impiego, il personal branapprezzamento sui social di ciò che siamo ding, vale a dire l'insieme delle strategie per e facciamo, che, proprio alla stregua di un promuovere se stessi e le proprie competenbrand, può essere indirizzato verso il sucze ed esperienze, proprio come se fossero un cesso o l'insuccesso, applicando le leve del brand, si rivela quanmarketing a noi stessi. tomai importante in PER SCREMARE, I RECRUITER VALUTANO, I cacciatori di teste e i OLTRE ALLE COMPETENZE un'era, come quella recruiter in generale E ALL'ESPERIENZA DEI CANDIDATI attuale, in cui Interquando si trovano di ANCHE I LORO PROFILI PUBBLICI net e i social media fronte a un candidato, fanno da vetrina anche personale. A maggior insieme alle esperienze lavorative passate ragione in un mercato del lavoro altamente non di rado valutano molto attentamente concorrenziale e con professioni sempre più anche i suoi profili pubblici, ciò che emerge, digitali e slegate dal mito ormai superato del per esempio, dalla presenza sui social, dal posto fisso. modo di utilizzarli, dai post e dai commenti Se prima, infatti, bastava il curriculum a farci fatti e ricevuti. Una sorta di social recruiting trovare un lavoro o a farci scalare l'organiin cui insomma prima si spulciano i profili gramma di un'azienda, oggi oltre alle espedelle persone sui principali social network e

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VITA DA MANAGER

La guru americana del personal branding Cynthia Johnson

poi, dopo questa prima scrematura, si passa eventualmente ad un incontro reale per un colloquio tradizionale. Meccanismi validi non solo per le nuove leve o per chi fa business online, ma anche per chi un lavoro ce l'ha già come libero professionista o dipendente, e anche ai livelli più alti. Perché, spiegano gli esperti, una buona strategia di personal branding serve a trovare lavoro anche tra manager e professionisti, che è bene siano sempre più attenti alla cura del proprio “io digitale”, ormai parte integrante del proprio curriculum, fonte di credibilità e buona reputazione che può avere un ritorno concreto, quindi anche economico, in termini di nuove collaborazioni e di nuovi clienti e progetti. Secondo una ricerca di Manageritalia, nella quale sono stati intervistati 450 addetti delle risorse umane, l’incidenza del perso-

nal branding, e nello specifico una presenza sul web di qualità, nella scelta del manager da parte delle aziende, è molto/abbastanza importante per il 62,2% delle imprese intervistate, mentre il non essere presenti viene

PERSONAL BRANDING DI SUCCESSO IN 7 MOSSE

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TROVARE IL GIUSTO BRAND positioning. Proprio come per un comune marchio, è necessario trovare un proprio posizionamento e differenziarsi rispetto alla concorrenza. Prima di buttarsi su social network, blog o siti web bisogna capire cosa ci rende unici, e quindi diversi dagli altri, quale il nostro ambito di competenze, quali i nostri valori e punti di forza. Come un vero brand è utile trovare un qualche elemento che lo renda riconoscibile, un simbolo, un tono di voce, una precisa reputazione. Fondamentale comunicare ciò che si sa fare e come lo si sa fare.

2

INDIVIDUARE IL PROPRIO TARGET Prima di partire con la propria strategia bisogna capire chi è il proprio pubblico di riferimento,

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anche quello potenziale, cosa gli piace e cosa no, di cosa si occupa e ciò di ha bisogno. Prima di comunicare qualsiasi cosa tramite testi, podcast e video, è necessario chiedersi con onestà quanto la storia che si sta raccontando sia effettivamente interessante per gli altri.

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SCEGLIERE I CANALI PIÙ ADATTI In base alla propria predisposizione personale e al proprio pubblico si sceglierà il canale o i canali più adatti. Utile per costruire un proprio personal brand vincente è avere una piattaforma stabile e personale online, che sia un sito web o un blog (ottimi se si è liberi professionisti, da evitare, invece, se si lavora in esclusiva per un'azienda, perché il rischio è di offuscare l’azienda con la propria visibilità) attraverso cui condividere contenuti di valore per il pubblico. Funzionano molto bene anche

valutato negativamente nel 42,5% dei casi. I recruiter cercano sempre più spesso su Google tutte le informazioni possibili su un candidato e il risultato della cerca influisce sulla loro selezione insomma. Essere presenti sul web con un’immagine ben definita, professionale, di successo, attuale, coerente con il proprio ruolo è oggi imprescindibile, dunque, per fare carriera. Anche per manager e professionisti di primo livello, come ceo e amministratori delegati, perchè un manager si gioca gran parte della sua carriera nella reputazione, che sempre più oggi passa attraverso il web. «Il personal branding», spiega Cynthia Johnson, americana, una delle massime esperte mondiali del settore, autrice di svariati best-seller dedicati a questi temi, fra cui The Art e Science of Personal Branding, «rappresenta l'evoluzione di lettere di presentazioi podcast e i video. La presenza sui social è fondamentale, ma non bisogna esagerare, perché se si sta sui social, bisogna dedicarcisi con costanza. Meglio sceglierne pochi gestendoli bene, che usarne tanti in modo discontinuo e mediocre. Fra i social top per professionisti e manager, LinkedIn, Instagram, Twitter, Youtube (per rendere visibili interviste e discorsi). Utile anche scrivere per riviste specializzate, blog e portali in veste di collaboratori esperti in tematiche specifiche.

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L'ORIGINALITÀ PRIMA DI TUTTO Va bene condividere contenuti interessanti di altri, ma più di tutto è importante proporre contenuti riconoscibili e originali scritti di proprio pugno. Nel farlo bisogna sempre chiedersi “Come posso essere utile agli altri?”. Alle persone, bombardate da tanti input e messaggi spesso fotocopia, interessa leggere solo cose


ne, richieste di lavoro e curriculum, in una parola il nostro bigliettino da visita verso il mondo. Dobbiamo iniziare ad accettare che le persone osserveranno sempre di più la nostra vita online prima di accettare di incontrarci. È importante, dunque, presentarci al meglio, indossare il nostro abito migliore e prepararci a raccontare la nostra storia. Bisogna che ci prendiamo cura della nostra immagine, imparando a comunicarci al meglio, e curare adeguatamente i nostri account, assicurandoci di veicolare l’immagine che vogliamo, sia professionale che personale». A maggior ragione perché tutto ciò che ci riguarda che transita su Internet difficilmente cadrà nel dimenticatoio col tempo. Basterà infatti un like o un retweet o una condivisione a riportate in auge magari un contenuto che avremmo voluto sparisse del tutto, in barba al sacrosanto diritto all'oblio, che nel

mare magnum del web è sempre una chimela Johnson, influencer con oltre 2 milioni di ra far salvaguardare, e che magari anche a follower e co-fondatrice fra l'altro dell'agendistanza di anni potrebbe tornare a remare zia di branding Bell + Ivy e realtà imprendicontro di noi. toriali per supportare i manager che fuorieIl problema è che molti manager ancora scono dalle grandi aziende IT e i giovani che oggi, spesso per ragioni anche anagrafiche, devono entrarvi. «Essi non sono che canali, decidono di non essere presenti sul web. In proprio come la tv o altri mezzi. Non bisogna questo caso, però, la propria identità digitaquindi farsi prendere dalla frenesia di essere le sarà data da quello che dicono gli altri di presenti su tutti i social, esistono anche ponoi o da informazioni casuali che emergono dcast, video, eccetera, l'importante è essere in rete. Decisamente coerenti e proporre IL 62,2% DELLE IMPRESE VALUTA meglio (e più controlqualcosa di utile e POSITIVAMENTE UNA PRESENZA labile) impostare una originale. A trarne DI QUALITÀ SUI SOCIAL. PER QUESTO strategia ci permetta, beneficio non saremo OCCORRE PRESENTARSI AL MEGLIO per quanto possibile, soltanto noi, e le opdi indirizzare quelle variabili che ci possoportunità professionali che da un buon perno aiutare a costruire un’identità coerente sonal branding possono derivare, ma anche con noi stessi, i nostri valori, le nostre reale aziende in cui lavoriamo o con le quali colli competenze. «I social media sono molto laboriamo, perché anch'esse, attraverso di importanti ma non sono tutto», puntualizza noi, acquistano credibilità e autorevolezza».

che gli facilitano la vita, che le aiutano a risolvere problemi. Ecco perché i tutorial funzionano così tanto, per esempio. Ed ecco perchè è importante capire di cosa i nostri follower hanno bisogno, per proporgli informazioni che abbiano un qualche valore aggiunto, l'unico modo per diventare un punto di riferimento nella propria nicchia di mercato, guadagnare credibilità e autorevolezza. Un regola fondamentale è mai autoincensarsi, ma lasciare che gli altri dicono che siamo bravi e competenti, e comunque lasciar parlare i fatti più che le nostre parole. Fondamentale: se un manager vuole diventare opinion leader nel proprio settore di riferimento deve dare delle notizie intelligenti prima degli altri.

i social, i podcast, la foto del proprio profilo (importantissima, ma spesso sottovalutata e non coerente con la propria immagine professionale, col proprio posizionamento e con quello che si fa) devono parlare tutti la stessa lingua. Se si dimostra coerenza, le persone ci apprezzeranno di sicuro, come pure le imprese che cercano candidati affini alla propria cultura aziendale.

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ESSERE SEMPRE COERENTI Non basta essere originali, bisogna essere anche coerenti con se stessi. Il proprio blog o sito web,

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FARE NETWORKING Una buona abitudine è commentare i post dei colleghi con l’intenzione di apportare qualcosa di utile (dati, novità del settore, opinioni degli esperti, eccetera). Per farsi conoscere è molto utile collaborare con altri professionisti, pubblicare articoli sulle riviste di settore, partecipare ad eventi come speaker. Le persone decidono se si è credibili in base alle proprie competenze e alla rete di conoscenze. Ecco perché selezionare

amici e contatti su Facebook, LinkedIn, Twitter e altri social network diventa molto importante.

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MONITORARE LA PROPRIA REPUTAZIONE ONLINE Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, definisce il personal branding “Ciò che la gente dice di te, una volta che sei uscito dalla stanza”. Ecco perché è fondamentale avere coscienza di ciò che si dice di sé online, a maggior ragione se, per ragioni lavorative, ci si espone tramite eventi pubblici, speech, pubblicazioni, ruoli di rilievo, news di settore. Il modo più semplice è fare ego-surfing, cercandosi su Google o usando degli alert, oppure si possono utilizzare specifici tool in grado di valutare anche il “sentiment” verso la propria immagine e verso ciò che si dice: da Hootsuite a SocialMention passando per Reputology.

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PIACERI L’estate è alle spalle, ma la pausa natalizia è ancora (troppo) lontana. Così, non resta che puntare sul weekend per concedersi un po’ di ristoro. La meta selezionata da Economy questo mese si trova in Puglia e offre un’immersione nella natura, nella storia, nell’arte e perché no? - lo svago di un campo da golf.

122 MOTORI LA SCOSSA ALL’AUTOMOTIVE LA DARANNO LE AUTO ELETTRICHE

130 LE RAGIONI DEL GOSSIP

RIGENERARSI ALL’OMBRA DELLA TORRE DEI CAVALIERI Un campo da golf, uno dei più importanti centri di thalassoterapia d’Europa e la genuinità della cucina mediterranea: è il turismo di qualità (a 5 stelle) della Masseria San Domenico di Savelletri di Fasano, in Puglia di Roberta Schira

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i volevano la lungimiranza e la tenaCavalieri di Malta risalente al 1400, comprencia di una donna del sud per avere de Borgo Egnazia, il campo da golf, Masseria l’intuizione che porterà i MelpignaCimino e Cala Masciola. E Masseria San Dono a creare un impero dell’ospitalità: da una menico, da dove tutto è partito: oggi ha 40 camasseria di famiglia, riservata alle vacanze, mere, il ristorante (frequentato da gourmet di far nascere una serie di strutture alberghiere tutta Italia) e uno dei più importanti centri di di altissimo livello. Siamo nel tratto di litorale thalassoterapia d’Europa. Dal 2012 la patronadriatico con perno su Savelletri di Fasano. ne è impegnata a promuovere la dieta mediterTutto comincia negli anni ’90, quando le freranea, che propone sin dalla colazione, con una quentazioni di Marisa parte del fornito buffet BORGO EGNAZIA CONTA QUASI e del marito fiscalista dedicata. UN MIGLIAIO DI DIPENDENTI A REGIME: Sergio - con studio a È stata Marisa MelpiPRATICAMENTE UNO PER OGNI Roma - vanno dal jet gnano l’antesignana OSPITE DELLA STRUTTURA RICETTIVA set internazionale, alla del turismo di lusso in finanza, alla politica, all’imprenditoria. Il disapquesta zona di Puglia. Forse lusso è una parola punto di Marisa consisteva nel verificare che un po’ volgare: lei preferisce chiamarlo turiquesto potenziale turistico andava in vacanza smo di qualità. Dopo Masseria San Domenico, altrove: Sardegna, Capri, Taormina. Nessuno aperto nel marzo 1998, diventato subito un aveva mai pensato alla Puglia come destinazio5 stelle, il figlio Aldo Melpignano apre Borgo ne privilegiata. Oggi l’impero Melpignano, con Egnazia. Quasi un migliaio di dipendenti a recuore intorno a una torre di avvistamento dei gime, praticamente uno per ogni ospite. «Da

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E POI IL PIACERE...

noi le donne, se hanno merito, raggiungono posizioni apicali e sono pagate come gli uomini. Sembra scontato, ma non è così in molte imprese», dice la signora. Il San Domenico non accetta bambini, mentre Borgo Egnazia è un villaggio da favola, costruito per le famiglie altospendenti. Tutte le strutture si sono dimostrate perfette per eventi in esclusiva. Esempi? Le vacanze di Madonna, il matrimonio da mille e una notte della figlia del magnate indiano Pramod Agarwal, le nozze Hollywood-style di Justin Timberlake e Jessica Biel, il soggiorno dei Trump. Tutto questo si sa sempre dopo: la regola d’oro della famiglia è massima discrezione. Anche i dipendenti, per contratto, devono sottostare alla regola del silenzio, pena il licenziamento. Sempre visionaria, invece che accontentarsi di un appartamento a Londra per seguire i figli negli studi, Marisa propose al marito di comprare un piccolo albergo nella capitale britannica. Quello che oggi è un boutique Hotel, il San Domenico House, nel cuore del prestigioso quartiere Chelsea. Nel 2013 nasce la Fondazione San Domenico onlus, sempre da lei voluta. L’obiettivo è la promozione della ricerca e della conoscenza del sito archeologico Lama D’Antico a Fasano, oggi polo culturale. La Chiesa medioevale è stata oggetto di un progetto curato da Vittorio Sgarbi, portato a termine in agosto. Attraverso le più moderne tecnologie rappresenta il primo esempio di restauro virtuale

totale in Italia. Nel 2015, la tenace donna del sud dimostrò ancora una volta di essere avanti aprendo – in tempi non sospetti - un’altra masseria, dedicata in esclusiva alla cucina vegetariana e territoriale. Masseria le Carrube è un successo, che la sta obbligando a implementare le coltivazioni di ortaggi intorno agli edifici, tra un uliveto secolare e l’altro. «Sono soddisfatta, l’impegno è stato costante, e non senza rischi. Molti riconoscono i risultati e l’impatto economico che la famiglia Melpignano ha portato su questo tratto di costa. Forse chi se ne rende meno conto sono proprio le amministrazioni comunali che si sono susseguite in questi anni», dice Marisa. «A volte hanno reso farraginoso e problematico lo sviluppo, per mancanza di preparazione o inesperienza. Ma l’entusiasmo non me lo toglie nessuno. Il prossimo progetto sarà far nascere uno spazio culturale ricavandolo da una fabbrica abbandonata in riva al mare, che abbiamo rilevato, dove veniva tagliato e imbarcato il marmo. Voglio dedicarlo a mio marito

Sergio, scomparso quattro anni fa. Ho incaricato l’artista Mimmo Paladino. Anche questo nuovo spazio sarà un indotto importante per il territorio, proprio perché noi facciamo sempre lavorare artigiani del posto. Cosa mi gratifica di più? Vedere ai miei tavoli sette coppie che vengono a rilassarsi qui da vent’anni».

I NUMERI DELL’OSPITALITÀ 400 ettari di campagna coltivata a grano,

legumi, ulivi e frutteti 1000 ulivi secolari 50.000 kg di frutta consumati dagli ospiti 90 kg al giorno di verdura consumati dagli ospiti 80 al giorno 650 posti letto 1000 dipendenti in alta stagione

120


12

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E POI IL PIACERE... MOTORI

LA SCOSSA ALLE FLOTTE LA DARÀ L’ELETTRICA La corsa agli ambiziosi (per usare un eufemismo) limiti alle emissioni imposti dalla UE sta disegnando un nuovo scenario nel mondo dell’automotive. E l’analisi di Alix Partners parla di un “deserto del profitto” all’orizzonte di Franco Oppedisano

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e case automobilistiche ci stanno ra forza con le elettriche pure, le plug in, le provando con tutte le proprie foribride e persino le mild hybrid che anch’esze. E con tutto il proprio denaro. Al se, nel loro piccolo, possono dare una mano salone di Francoforte si sono visti i risultati a raggiungere gli obiettivi di Bruxelles. delle centinaia di miliardi di investimenti È una sorta induzione al suicidio da parte effettuati e non c’era stand dove al centro dei regolatori europei che la società di connon ci fosse una vettura con un motore eletsulenza Alix Partners definisce la strada per trico. Tutti, da Seat a Honda, passando per «il deserto del profitto», combinato dispoVolkswagen e Mercesto del rallentamenLE PERCENTUALI DI CRESCITA des fino ad arrivare a to del mercato e dei DEL SEGMENTO ELETTRICO SONO VALORI Porsche hanno punmassimi investimenA TRE CIFRE OVUNQUE IN EUROPA, tato forte sulle auto a ti nelle nuove tecnoMA I NUMERI SONO ANCORA PICCOLI batterie. E non si parlogie. Perché se tutto lava d’altro. Le supercar sono passate in seva bene potranno rientrare nel limiti Ue e condo piano rispetto alla necessità di spinnon pagare miliardi di multe, ma gli investigere le vendite dei modelli cosiddetti green menti che devono sostenere e il nuovo mix per riuscire a rientrare nei draconiani limiti di prodotti che saranno costretti a immetdi emissioni imposti dall’Unione europea. tere sul mercato non permetteranno loro di Nel 2021 la media delle emissioni delle auto fare utili. Vendendo auto elettriche, infatti, vendute da ogni singolo costruttore non ponon si guadagna niente, anzi si perde denatrà superare i 95 grammi al chilometro. E ro. Lo aveva detto Sergio Marchionne anni oggi la media generale è di circa 120. E allofa ed è ancora vero. Persino la nuovissima

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Porsche elettrica Taycan, una delle regine del salone di Francoforte, secondo gli analisti genererà perdite almeno fino al 2023 e anche le parole prudenti del ceo della casa automobilistica Oliver Blume a Bloomberg Tv lo confermano: alla fine, ha detto, ci saranno dei buoni margini anche sulla Taycan, specialmente nelle versioni top, ma non saranno coì alti come quelli degli altri modelli. «Il legislatore » spiega Dario Duse, Managing Director e co-leader europeo del team Automotive and Industrial di Alix Partners «mantiene obiettivi troppo ambiziosi, che presuppongono salti quantici, spingendo all’elettrico puro, che è l’unico in grado di azzerare le emissioni abbattendo la media delle flotte». Ma c’è poco da spingere: le percentuali di crescita del segmento elettrico sono valori a tre cifre un po’ dappertutto in Europa, ma i numeri sono ancora piccoli. Secondo i dati Acea, sono stati venduti nei paesi dell’Unione Europea 125.344 veicoli elettrici, 72.469 plug in e 197.413 auto ibride, su un totale di 8,1 milioni di immatricolazioni complessive. Una percentuale vicina al 5% in totale che comprende anche auto che


di elettrico hanno quasi soltanto il nome. Anche se ci fosse una rete di colonnine sufficiente, probabilmente non basterebbe a dare la scossa a un mercato che è solo agli albori. L’unico modo per riuscire a vendere auto elettriche sono gli incentivi governativi. Lo ha dimostrato la Norvegia dove le auto a batterie finiscono per costare quasi la metà del listino e, più recentemente la Cina dove le sovvenzioni hanno per cinque anni spinto il mercato a crescere di mese in mese in media del 50% circa, e il loro recente ridimensionamento lo ha fatto crollare del 16% a quota 85.000 vetture (su un totale di 1,65 milioni). I più attenti tra gli osservatori hanno fatto poi notare come una larga parte dei veicoli a batteria immatricolati in Cina siano finiti nelle flotte delle aziende locali che obbediscono alle direttive governative. Anche in Italia i fleet manager stanno dando una CONCESSIONARI E OFFICINE DOVRANNO AFFRONTARE UN CALO FINO AL 20% DEI RICAVI E LA CORRISPONDENTE RIDUZIONE DEL MARGINE LORDO

mano alle case costruttici o almeno pensano di poterlo fare in futuro. Secondo una ricerca di Econometrica uno su cinque dichiara di avere già auto a batterie nella flotta che gestisce e il 28,6% ha affermato anche di avere in programma di inserire entro un anno nuove auto elettriche in flotta. Inoltre, il 23,2% dei fleet manager ha dichiarato di voler sostituire le auto diesel che verranno dismesse con auto ibride, mentre il 5,5% opterà per una motorizzazione a benzina e solo il 3,7% per un’elettrica pura, una percentuale, bassa, di poco superiore al metano (2,4%) e gpl (1,8%). Gli altri (il 63,4%) sostituiranno una vettura diesel con un’altra con il medesimo propulsore, nonostante tutto. O, forse, perché in molti cominciano a capire. «Demonizzare il diesel» continua Duse «è un controsenso perché, a livello di emissioni, è quello più efficiente fra tutti. E la realtà è che i valori di CO2 negli ultimi due anni sono aumentati invece di diminuire. Probabilmente i regolatori europei non sono

DARIO DUSE, MANAGING DIRECTOR DI ALIX PARTNERS

particolarmente reattivi, non monitorano... Meglio pensare che abbiamo un orizzonte temporale molto più lungo». Nel quale, aggiungiamo noi, saremo tutti morti. Non solo l’industria automotive europea che vedrà il proprio predominio tecnologico svanire a favore di quella cinese che, oltre ai sostegno governativo, può vantare la disponibilità di materie prime per realizzare le batterie di auto molto più semplici da costruire, ma anche I concessionari e le officine che dovranno affrontare un calo fino al 20% dei ricavi

e una riduzione del 20% del margine lordo considerato che, secondo Alix Partner, il 35% della manutenzione programmata per i veicoli odierni (con motori diesel o a benzina) scomparirà nel medio termine a causa del passaggio a vetture elettriche. Alix Partners calcola una spesa di 2.800-3.200 dollari di manutenzione per l’elettrico contro i 4.000-4.500 del termico nei primi cinque anni, ma questi costi non includono quelli di un cambio del pacco delle batterie che, per esempio nel caso della Jaguar I-Pace, l’Auto dell’anno 2018 a listino per 81 mila euro, costa qualcosa come 30 mila euro. Anche il fisco dovrà fare i conti con la realtà: «C’è anche una certa miopia del legislatore» sollinea Tommaso Ascarelli di Alix Partner «dato che gran parte delle entrate governative arrivano dalle accise sui carburanti. E non dimentichiamoci che l’elettrico sta vivendo in un regime sussidiato, ma prima o poi anche i gestori delle colonnine dovranno cominciare a fare margini». Insomma l’energia alla colonnina costerà di più e nuove accise dovranno compensare quelle sui carburanti fossili. Potremmo scommettere che verranno imposte sull’energia elettrica.

Sarà arduo raggiungere gli obiettivi di emissioni imposti dalla UE

Nel grafico, il calo di emissioni raggiunto a confronto con i target europei (g/km) 150 140

CAGR 135

130 120

132

-2,2% 127

123

CAGR -5,1%

119 118

-20% 118

110

-15%

100

95

90

Il calo dei diesel viene compensato dall’aumento 80 delle auto a benzina

70 60 50 2010

-38%

81

Livello attuali di emissioni medie

2015 Emissioni effettive

59

2020

2025

2030

Obiettivi imposti

123



MOTORI E POI IL PIACERE

La tecnologia non si vede, ma (alla guida) si sente La Range Rover Velar nasconde, sotto il design ricercato, soluzioni all’avanguardia come il Lane Centering e l’Intelligent Driveline Dynamics che assicura una capacità fuoristrada a tutto tondo di Franco Oppedisano la più elegante tra i grandi fuoristrada. Quella per la quale i designer hanno imbroccato le proporzioni, le linee, le dimensioni di ogni particolare. Definire la Range Rover Velar solo bella è riduttivo. Ha stile, carattere, personalità. E alcuni particolari come i fari sottili, le maniglie delle portiere a incasso che compaiono solo quando si apre la vettura, lo spoiler posteriore integrato o il frontale con la grande griglia che non solo ne migliorano l’aerodinamica, ma riescono a farla sempre notare. Anche gli interni non sono da meno. Ci sono grandi spazi, un sistema di illuminazione soffusa configurabile e pelle o tessuti di grande qualità. Tutto all’insegna della raffinatezza e della tecnologia grazie alla pre-

lometri all’ora e Lane Centering per guidare il veicolo all’interno della sua corsia mantenendo una distanza fissa dal veicolo che precede. Ci sono Apple CarPlay e Android Auto, una telecamera posteriore, ausili al parcheggio anteriori e posteriori, la frenata d’emergenza, le sospensioni pneumatiche elettroniche che attutiscono l’impatto con le buche. Insomma non manca niente per assicurare una marcia comoda e sicura. Ci sono nove propulsori che vanno dal diesel Ingenium da 2,0 litri da 180 cavalli al benzina sovralimentata V8 da 5,0 litri che di cavalli ne ha addirittura 550. Il cambio è automatico a otto rapporti. Detto questo sembra che la Range Rover Velar sia un’auto da passeggio, da sfoggiare nelle località vip e, come

senza di due touch screen da 10 pollici ad alta definizione e all’Head-up Display che mostra le informazioni di marcia più importanti sul parabrezza. Non tutta la tecnologia dell’auto la si vede, ma la si sente subito quando si guida. Sull’auto sono disponibili quattro diversi tipi di fari a Led, che culminano con i primi fari a Led Matrix-Laser che estendono la portata del raggio di luce pieno a 550 metri. Il controllo adattivo della velocità di crociera ha un assistente allo sterzo che funziona fino a 180 chi-

molti delle quattro ruote motrici, sia capace di viaggiare solo su strada o su facili sentieri in terra battuta. E invece no. È un fuoristrada vero capace di trarsi d’impaccio anche nelle situazioni più estreme con un’altezza da terra di oltre 25 centimetri, un angolo di dosso di 24° e un angolo di uscita di 30°. Poi c’è trazione integrale con Intelligent Driveline Dynamics e il differenziale posteriore con bloccaggio attivo che assicurano capacità fuoristrada a tutto tondo e delle tecnologie di trazione innovative

È

che adattano l’auto a ogni situazione, anche la più estrema come il Terrain Response 2, l’All-Terrain Progress Control, il Low Traction Launch, l’Hill Descent Control e il Gradient Release Control. Velar è capace di attraversare guadi profondi fino a 65 cm e ha dei sensori integrati nei retrovisori esterni (Wade Sensing) che segnalano quando i livelli dell’acqua sono vicini alla massima profondità consentita.

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E POI IL PIACERE MOTORI a cura di Franco Oppedisano

AFFILATA ED EMOZIONANTE: ECCO LA NUOVA CAYENNE Porsche ha presentato la versione coupè del suo suv di punta. Che nella sua versione Turbo raggiunge i 100 metri da ferma in meno di quattro secondi e può sfrecciare fino a 286 chilometri orari

na forma più affilata, uno spoiler adattivo, sedili posteriori separati sostituibili con i classici tre posti e due diversi concetti di tetto: uno in vetro fisso panoramico di serie di oltre due metri quadrati e uno in fibra di carbonio opzionale. È la versione coupé della Cayenne: il modello base (si

U

fa per dire) della Cayenne Coupé ha un motore turbo a sei cilindri e tre litri di cilindrata da 340 cavalli e una coppia massima di 450 Nm. Con il pacchetto Sport Chrono di serie, l’accelerazione da 0 a 100 Km/h fa fermare il cronometro a 6,0 secondi. Con i pacchetti sport in struttura leggera opzionali, questo valore si riduce a 5,9

secondi. La velocità massima è di 243 cKm/h La Cayenne S Coupé, invece, viene spinta da un motore V6 da 2,9 litri con sovralimentazione biturbo che sviluppa 440 cavalli. La coppia massima è di 550 Nm. Le prestazioni: 5,0 secondi (con pacchetto Sport in struttura leggera: 4,9) per accelerare da zero a 100 e una velocità massima di 263 Km/h. Il top di gamma, la Cayenne Turbo Coupé, ha un V8 biturbo da quattro litri, 550 cavalli di potenza e 770 Nm di coppia massima e raggiunge i 100 da ferma in 3,9 secondi e la velocità massima è di 286 Km/h. «La Coupé è un modello più progressivo, atletico ed emozionante grazie a un design ancora più dinamico e a nuovi dettagli tecnici», ha detto Oliver Blume, presidente del consiglio di amministrazione di Porsche AG.

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NUOVA LAMBORGHINI SIÁN: IL TORO PIÙ POTENTE DI SEMPRE Al Salone dell’auto di Francoforte la Casa di Sant’Agata ha presentato la Sián, una supersportiva ibrida che diventa la Lamborghini più potente di sempre, capace di anticipare il futuro del Marchio. Ispirata alla visione futuristica della Countach, lo stile di Gandini è evidente e le forme sono un mix tra richiami al passato e soluzioni aerodinamiche all’avanguardia. La Lamborghini Sián adotta il V12 e sviluppa un nuovo sistema ibrido che punta a fornire la massima potenza possibile attraverso la soluzione più leggera. Un motore elettrico a 48 volt da

34 CV è stato incorporato nel cambio per garantire una risposta immediata e prestazioni migliori. Anziché adottare una batteria agli ioni di litio, la Lamborghini Sián innova il supercondensatore, capace di immagazzinare una potenza dieci volte superiore. La Sián sviluppa un totale di 819 CV, raggiunge una velocità massima superiore ai 350 km/h e accelera da 0 a 100 km/h in meno di 2,8 secondi.

63 gli esemplari totali, personalizzati per ogni proprietario dal Centro Stile Lamborghini in collaborazione con Lamborghini Ad Personam.

MAZDA CX-30: IL SUV MEDIO DI HIROSHIMA Mazda CX-30 è il nuovo che avanza sia per la Casa di Hiroshima, sia per il semplice motivo che mancava un crossover in grado di colmare la casella “SUV medio” rimasta vuota tra CX-3 e CX-5. Il design degli esterni è chiaramente ispirato a Mazda3, a partire dal frontale dove la somiglianza è praticamente totale. Dietro, invece, la Mazda CX-30 offre un look più simile a CX-5, sebbene sia decisamente più bassa. Anche gli interni riprendono fedelmente l’aspetto della sorella più bassa. La plancia è minimalista, sintesi perfetta del Kodo Design 2.0, ma è l’ergonomia l’aspetto che colpisce di più. La distanza tra leva

del cambio, volante, comandi fisici del clima è stata studiata al millimetro, mentre lo schermo del navigatore da 8,8 pollici sembra spuntare dalla plancia ed è sviluppato in larghezza. La gamma motori di CX-30 propone due benzina 2.0 aspirati da 122 CV e 180 CV, entrambi dotati sia di trazione integrale sia della possibilità di scegliere il cambio automatico con convertitore di coppia a 6 velocità. Sul fronte Diesel c’è il 1.8 da 116 CV di

coppia e alle proposte “tradizionali” si aggiunge la grande novità, lo Skyactiv-X 2.0 da 180 CV, il benzina che funziona secondo i principi di un motore a gasolio.

490,894 KM/H: RECORD DI VELOCITÀ PER LA BUGATTI CHIRON Continua la sfida tra le auto più veloci del mondo e, dopo il record sullo 0-400 km/h, Bugatti ci è ricascata con

una versione ancor più estrema della sua Chiron. La velocità raggiunta da questa speciale Chiron fa accapponare la pelle: 490,894 km/h (304,77 mph), la più alta mai registrata da una vettura stradale. L’esemplare del record è stato

rivisto principalmente nella parte posteriore eliminando l’alettone mobile e conferendo 25 centimetri di sbalzo in più, con un “codone” degno delle vetture della 24 Ore di Le Mans degli anni ’90. Modificato anche lo scarico e altri particolari come le sospensioni a regolazione laser e i pneumatici super performanti Michelin Pilot Sport Cup 2. Per raggiungere una velocità inimmaginabile solo fino a pochi anni fa, Il famoso W16 quadriturbo 8 litri è stato portato a 1.580 CV.

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E POI IL PIACERE...

Il whisky giapponese, l’allievo supera il maestro Oggi è visto come una novità, ma in realtà viene prodotto dagli anni ‘20. Un interesse nato nella seconda metà dell’800, quando una flotta americana arrivò per porre fine all’isolamento commerciale del Paese di Claudio Riva *

C

ome lo stesso Giappone, il whisky giapponese può essere una fonte esotica e intrigante di misteri. Oggi è visto come una grande novità ma in realtà il Giappone lo produce dagli anni ’20 e il suo interesse per il distillato risale alla seconda metà del 1800 quando una flotta statunitense arrivò per negoziare un trattato che avrebbe costretto il Giappone a porre fine al lungo periodo di isolamento e ad aprirsi al commercio con altre nazioni. Il comandante di quella flotta aveva portato con sé un barile di whisky americano e altri 416 litri di alcolici da regalare all’Imperatore. L’ossessione del Giappone crebbe da questo piccolo e modesto inizio e prese forma non nella classica bevuta liscia di single malt ma nel consumo sfrenato di un drink – il ‘Mizuwari’ (letteralmente ‘miscelato con acqua’) – che consisteva in una parte di whisky e tre o più parti di acqua e ghiaccio. Una bevuta semplice, compatibile con la difficoltà nipponica nel metabolizzare l’alcol e che stimolava la convivialità nei bar tanto quanto un bicchiere di spritz riesce a fare in Veneto. Questa affascinante contaminazione occidentale ha accompagnato il Giappone durante il giro del secolo e si è radicata così tanto nella cultura locale da aver una scatenato una considerevole importazione di whisky; ad inizio 1900 si acquistavano prevalentemente casse di blended scotch whisky, compatibili per stile e

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per costo con l’uso miscelato. La prima guerra mondiale ha rallentato i tempi, ma la storia era ormai tracciata e il Giappone, simile alla Scozia per condizioni climatiche e per la cultura alimentare basata sui cereali, era ormai pronto ad accendere la sua prima distilleria di whisky. Il leggendario pioniere del whisky giapponese Masataka Taketsuru si recò in Scozia nel 1918 dove scoprì lo scotch whisky e se ne innamorò follemente. Iscrittosi alla Università di Glasgow divenne il primo giapponese a studiare la produzione del whisky, frequentò lezioni di chimica in università e lavorò come apprendista nelle distillerie, prima a Longmorn e poi ad Hazelburn, dove imparò direttamente dagli artigiani l’arte sia della produzione che del blending. Pochi anni dopo Masataka è pronto per rientrare in Giappone con un blocco pieno di appunti. L’occasione di dar vita alla prima distilleria di whisky giapponese gli viene offerta da Shinjiro Torii, ricco industriale proprietario di quella azienda che sarebbe poi diventata il colosso Suntory. Cogliendo l’opportunità di un business di sicuro successo, Shinjiro offrì a Masataka l’opportunità di trasformare il suo sogno in una realtà. Torii era determinato a trovare un whisky che soddisfacesse i palati dei giapponesi, e identificò un luogo sull’isola

di Honshu che era perfetto per la produzione di whisky: aveva una fonte di acqua purissima ed il clima era umido. Nasce così nel 1923 la distilleria Yamazaki. È qui che Shinjiro Torii iniziò a produrre autentico single malt whisky giapponese, e grazie all’aiuto di Masataka Taketsuru qui furono creati i primi whisky Suntory. Lo stile di produzione “scozzese” della distilleria era in realtà stato modellato da Shinjiro per essere più consono al suo modello industriale. Ma il desiderio di Masataka era quello di replicare esattamente lo stile del single malt scotch whisky in Giappone, conseguentemente il rapporto tra i due padri del whisky giapponese si interrompe nel 1934. Masataka, con la liquidazione


in tasca, ha a questo punto la possibilità di diventare indipendente e crea immediatamente la distilleria Yoichi, sull’isola settentrionale di Hokkaido dove le condizioni climatiche sono più simili a quelle della Scozia. Nasce così la seconda azienda che ha dominato la storia del whisky giapponese, azienda che successivamente prese il nome di Nikka. La produzione del whisky giapponese è sempre stata pensata per soddisfare il mercato interno. Negli anni ’70, complice un boom mondiale del whisky, entrambe le aziende duplicano le distillerie dando vita alla Miyagikyo (Nikka, 1969) e alla Hakushu (Suntory, 1973). È solo all’inizio del terzo millennio che il whisky giapponese inizia a guadagnarsi popolarità internazionale. Nei primi anni 2000, il whisky giapponese segnò alcune vittorie fondamentali nelle competizioni internazionali e il sostegno di esperti del calibro di Michael Jackson (noto scrittore di birra e di whisky) fu fondamentale. Le esportazioni rappresentavano solo una

piccola percentuale della produzione, diverponese”. Sia samente dalle distillerie scozzesi e americaSuntory che ne il whisky giapponese era essenzialmente Nikka non consumato in Patria. Ma quello che è successo poterono che tra il 2000 e il 2015 ha cambiato radicalmente cogliere l’opportuquesto rapporto, trasformando il whisky giapnità offerta dal mercato ponese in un prodotto desiderato dai consumae virarono immediatamente verso l’esportatori dell’intero pianeta. zione assicurandosi la prima il mercato ameriTanti sono i fattori che hanno determinato quecano e la seconda quello europeo. Un sistema sto successo. La cultura. Come ogni altro distilproduttivo pensato per una singola nazione lato il whisky giapponese riesce a “distillare” la non poteva reggere un cambio di direzione cultura del suo popolo e la maniacale ricerca di così repentino, motivo per cui i magazzini delarmonia del popolo giapponese è rappresentale distillerie sono stati rapidamente svuotati, ta in modo eccelso in ogni bottiglia di blended il costo del whisky giapponese si è impennajapanese whisky. Il contrasto con la durezza to in modo insopportabile, l’età media degli dello scotch whisky, pensiamo per esempio imbottigliamenti è crollata e con essa anche all’anima torbata, parte della qualità. rendeva stimolante il SOLO NEI PRIMI ANNI 2000 IL WHISKY Ma il timbro giapponese GIAPPONESE INIZIÒ AD AFFACCIARSI confronto tra le due del whisky rimane semSUL MERCATO INTERNAZIONALE bevande e permettepre bello evidente ed è GUADAGNANDO POPOLARITÀ va agli appassionati di sempre molto apprezzaaccedere ad un mondo completamente nuovo. bile. Così come rimane evidente la passione dei La qualità. Nessun compromesso, millenni di giapponesi verso il mondo del whisky. Andare consumo di ottimo tè verde avevano già conin Giappone oggi come turista significa poter tribuito a costruire una mappa delle migliori visitare molte tra le circa 10 distillerie di whisorgenti d’acqua sulle Alpi Giapponesi, requisisky attive, ma significa soprattutto poter trovato indispensabile ancor prima dell’orzo per pore alcuni tra i migliori whisky bar al mondo. Lì ter ambire ad un whisky eccellente. Il fascino. dentro sarà possibile assaggiare qualche rara Una bottiglia decisamente esotica arricchita da selezione di whisky giapponese, ma – assai più caratteri kanji in etichetta e da eleganti disegni intrigante – anche la storia intera dello scotch non passa di certo inosservata. whisky; molte delle collezioni italiane che sono Il successo fu immediato, milioni di consumastate messe in vendita negli ultimi anni sono fitori di whisky vennero a scoprire non solo che nite nell’estremo oriente e parte delle loro bottiil whisky giapponese esisteva, ma che era anglie sono tranquillamente in mescita nei famosi che molto buono. Sulla stampa sia specializzata whisky bar di Tokyo, Kyoto e delle città minori. che glamour iniziarono a comparire titoli del calibro di “Il migliore whisky al mondo è giap* fondatore di Whisky Club Italia

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LE RAGIONI DEL GOSSIP a cura di Monica Setta

NELL’ESTATE PIÙ CONVULSA DEGLI ULTIMI ANNI IL BUEN RETIRO DEI POLITICI È LA PUGLIA Mentre Salvini abbandonava il Viminale con un inedito (per lui) completo grigio che inaugurava la sua stagione all’opposizione, nella regione meridionale un via vai di vecchi e nuovi ministri pronti a tornare a Montecitorio È STATA UN’ESTATE

due diligence fiscali e finanziarie

TUMULTUOSA CON

e investigazioni forensi, ma è

IMPREVISTI POLITICI DI OGNI

soprattutto l’uomo che piace

GENERE : l’hanno ribattezzata

a Palazzo Chigi e che, secondo

la crisi più pazza del mondo

i rumors, potrebbe fare il

dagli esiti spiazzanti con un

ministro. E a proposito di nuovi

solo vincitore dal punto di vista

politici vi segnaliamo che in

dello stile. Se avete pensato a

estate molti sono transitati

Matteo Salvini avete indovinato

in Puglia. Oltre a Francesco

perché l’ex ministro degli Interni

Boccia, neo-ministro per gli

ex vicepremier e leader della

Affari regionali, sposato con l

Lega ha tratteggiato il mood

Nunzia de Girolamo (già titolare

cool della season appena

di un dicastero e diva di Ballando

archiviata. Magliette colorate,

con le stelle 2019) ecco avvistati

boxer scuri e jeans tra la

al Veliero, il ristorante più chic

spiaggia di Milano Marittima e

di Ostuni beach, Laura Ravetto

la campagna elettorale in giro

di Forza Italia ed Elvira Savino.

per l’Italia. «Non ho fatto vacanze

A Rosamarina il governatore

come era prevedibile ma ho

pugliese si è fatto vedere con

la coscienza a posto» scherza

la compagna Elena Laterza

Salvini con noi di Economy. In

mentre a Fasano è transitato

realtà a cavallo di Ferragosto

Massimo d’Alema con la moglie

Matteo si è ritagliato uno spazio

Linda Giuva (foggiana doc). Per

per stare con i figli Federico

tutti due i posti al top: il White beach club di Gabriele Menotti

e Mirta mentre alla fidanzata Francesca Verdini ha dedicato

OSTUNI E IN SENSO ORARIO: FRANCESCA VERDINI, FRANCESCO BOCCIA, LAURA RAVETTO E MASSIMO D’ALEMA

Lippolis, presidente del comitato

passeggiate romantiche a

apparso in versione inedita con

e attività principali in Roma e

Mezzogiorno di Confindustria

Firenze con toccate e fughe

un completo grigio d’ordinanza.

Milano. Maurizio è uno dei

(uomo vicinissimo al leader

nella tenuta di famiglia della

Mise che ben si adatterebbe

commercialisti più quotati nella

Francesco Boccia) e Tuinpuglia

figlia di Denis Verdini. Ma a

ad un ruolo di governo e

capitale e detta la linea sul fronte

della bella Marina Roma, una

tenere banco sui giornali è

non di opposizione. Ma la

dello stile. Cravatta Hermes e

giovane imprenditrice Green

stato appunto lo stile salviniano

cravatta è tornata comunque

completo blu, Dimarcotullio si

di Carovigno che si è inventata

che per la prima volta - dopo

di moda anche nella business

occupa di fiscalità d’azienda,

un modo fantastico di fare utili

anni di fusione con i contenuti

community. Provare per

consulenza societaria,

mettendo a contatto i big con

e il corpo della res publica - ha

credere, anzi citofonare alla

operazioni straordinarie di

la natura. Da lei gite, trekking e

indossato la cravatta regimental.

voce Maurizio Dimarcotullio,

M&A, soluzione della crisi di

tanta bellezza artistica naturale.

Curiosamente proprio mentre

responsabile di uno Studio di

impresa come advisor degli

Roba che ai politici, lasciatemelo

lasciava il Viminale Salvini è

Dottori Commercialisti con sede

stakeholder. È specializzato in

dire, serve sempre.

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LA BOTANICA DI PER UNA NUOVA SCIENZA TRA ARTE E NATURA FIRENZE - MUSEO DI SANTA MARIA NOVELLA

13 SETTEMBRE | 15 DICEMBRE 2019

L’intreccio di fogli originali, elementi naturali e installazioni interattive, ci permette di scoprire gli studi di Leonardo da Vinci sulle strutture del mondo vegetale attraverso il suo sguardo di pensatore “sistemico”. La sua visione ci guida verso una nuova scienza basata sulle relazioni tra i diversi ambiti del sapere, dove l’uomo è sempre al centro della scena ma non come dominatore, bensì come parte di un universo armonico nella prospettiva di uno sviluppo realmente sostenibile. Rileggere Leonardo oggi, significa dunque, riportare l’attenzione sull’importanza della natura e del nostro rapporto con essa. Per il nostro futuro e per quello del pianeta in cui viviamo.

Tutte le informazioni su www.labotanicadileonardo.it


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