Economy HUB N.01

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Un trasporto merci efficiente e attento all’ambiente ha bisogno di infrastrutture e investimenti. E in fretta

sull’onda logistica l’economia cresce

I TRASPORTI SOSTENIBILI SONO LA PASSWORD DELLO SVILUPPO. L’ITALIA È IN RITARDO, MA C’È FERMENTO DI INNOVAZIONE INTERVISTE

IDEE

SCENARI

le risposte del ministro danilo toninelli, del suo vice Edoardo rixi e del sottosegretario vannia gava

il presidente di alis, guido grimaldi, fa il punto sugli obiettivi raggiunti e sulle nuove sfide da affrontare

i porti, le autostrade del mare, il trasporto su gomma e quello su ferro, gli aErei cargo, gli interporti


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EDITORIALE chiudete la fabbrica dei bastoni tra le ruote TERRA

DI SERGIO LUCIANO

Q

ualcuno chiuda al più presto la fabbrica dei bastoni tra le ruote!» chiede – stremato come tutti gli imprenditori italiani (piccoli, ma anche medi e grandi) Gavino Sini, presidente della Camera di commercio di Sassari, per professione titolare di una qualificata agenzia marittima. La fabbrica dei bastoni tra le ruote che intralciano lo sviluppo italiano, a cominciare da quelli che frenano i trasporti, la logistica e la riqualificazione delle infrastrutture. E lo chiede con l’insofferenza di chi, operando in Sardegna e nei trasporti, paga contemporanemente i danni di tutti i gap logistici e infrastrutturali possibili e immaginabili: quello ferroviario, per la rete ridicola che i treni possono utilizzare sull’isola; quello stradale, per i collegamenti inadeguati; quello aereo, per le rotte insufficienti; e quello marittimo, segnato dalle clamorose carenze del pur sovvenzionatissimo (dallo Stato) ex operatore pubblico, il gruppo Moby-Tirrenia, che cela dietro le filippiche nazionalistiche dell’armatore una drammatica situazione finanziaria e operativa. Perché evocare la Sardegna per introdurre un fascicolo, il primo Economy Hub gemmato dal nostro mensile, che vuole rappresentare una snella summa di tutti i principali temi di cruciale attualità del settore della logistica e dei trasporti in Italia? Perché la Sardegna è il simbolo dell’or-

«

IL PONTE MORANDI DI GENOVA CROLLATO IL 14 AGOSTO 2018 PROVOCANDO 43 MORTI

dinaria disamministrazione dei trasporti e della logistica in Italia. Un gap che costa moltissimo e che quasi nessuno nota più. Ci siamo assuefatti. La tragedia disumana del Ponte Morandi sembrava aver dato una scossa a questa palude di indifferenza per le tante cose urgenti che non vengono fatte. Dopo quattro mesi e mezzo sembra che anche la ricostruzione genovese sia caduta nella rete di una sorta di nuova indifferenza. Economy Hub nasce per questo. Per dare il suo contributo a superare un’impasse che costa all’Italia miliardi di Pil mancati e decine di migliaia di posti di lavoro non colti. Nel Paese, a cominciare dalla nascita dell’Alis (vedi alle pagine da 14 a 18) ma non solo, c’è finalmente un germogliare nuovo di sensibilità e richieste inoppugnabili, sul tema. Coltiviamoli, tutti insieme, questi germogli: innanzitutto proprio così, informando e informandoci su quella password verso il futuro che si chiama logistica sostenibile.

Economy Hub vuole dare il suo contributo per superare un’impasse che blocca le infrastrutture e costa all’Italia miliardi di Pil mancati e migliaia di posti di lavoro

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SOMMARIO

FERRO e ARIA

Il periodico della logistica sostenibile

allegato a Economy n.19 gennaio/febbraio 2019 Direttore responsabile Sergio Luciano Coordinamento Franco Oppedisano In redazione Marina Marinetti (caporedattore) Marco Scotti, Riccardo Venturi

10 L’INTERVISTA AL MINISTRO

per danilo toninelli non si può mai prescindere dalle analisi costi-benefici. che arriveranno

14 L’INTERVENTO

il presidente di alis, guido grimaldi, fa il punto sulle attività e sul futuro dell’associazione

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ACQUA

UN ANNO IN PRIMA LINEA il ruolo di indirizzo, le prese di posizione e un network in forte crescita: ecco com’è stato il 2018 di alis

LE VIE DEL MARE i porti italiani visti da quattro autorità che li governano e l‘esperienza delle autostrade del mare

Contributors Ennio Cascetta, Pino Musolino, Pietro Spirito, Marco Ferretti Hanno collaborato Vezio Benetti, Valerio Boni, Giancarlo Salemi Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Segreteria di redazione Monia Manzoni Sito web www.economymag.it Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Editore incaricato Domenico Marasco Responsabile commerciale Marco Bartolini Casa editrice Economy s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777

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TERRA

81 FERRO E ARIA 8

IL TRASPORTO SU GOMMA l’autotrasporto alle prese con la carenza delle infrastrutture e con i limiti alle emissioni

INTERPORTI, AEREI CARGO E TRENI la sfida dell’intermodalità e quella della digitalizzazione per far crescere la logistica

Registrazione Tribunale di Milano n. 101 del 14/03/2017

Economy è un marchio registrato da

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L’INTERVISTA di Sergio Luciano

| Parla il ministro delle Infrastrutture: «È l’unico metodo che consente di togliere arbitrio e dare trasparenza» |

Il principio di Toninelli è l’analisi costi-benefici Q

uella di Danilo Toninelli non è una posizione facile. Sulla sua scrivania di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti si sono accumulati decine di dossier tra i più scottanti e controversi, quelli che più di altri sono capaci di dividere le opinioni degli italiani e far discutere all’interno della maggioranza di governo giallo-verde. Grandi opere, tunnel ferroviari, concessioni. Argomenti che sono in grado di smuovere le piazze, portare in strade manifestanti pro e contro alla ricerca di un difficile bilanciamento tra interessi generali del Paese e altrettanto giuste istanze locali. Trovare soluzioni non è semplice, ma dagli investimenti in infrastrutture, indipendentemente dalle scelte che verranno fatte di volta in volta dipende in gran parte la ripresa del Paese. E questo il ministro lo sa benissimo, perciò li sta vagliando uno a uno, senza pregiudizi. «Stiamo cercando» spiega Toninelli a Econony Hub «di risolvere i pesanti dossier che ci sono stati lasciati in eredità dai governi precedenti, dopo decenni di incuria, superficialità o addirittura connivenza tra politica e potentati economici. Decenni di sprechi soprattutto».

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Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha 44 anni, è sposato e ha due figli. È laureato in Giurisprudenza all’Università di Brescia.


L’INTERVISTA Si parla tanto di analisi costi-benefici… Voglio precisarlo: l’analisi costi-benefici non dà un giudizio né inemendabile né definitivo. Ma è l’unico metodo, riconosciuto a livello internazionale, che consente di togliere arbitrio e dare trasparenza alle decisioni politiche in merito alla programmazione infrastrutturale. Ovviamente, i criteri sono economici, ma anche giuridici, sociali e ambientali.

Si tratta di analisi complesse, che hanno bisogno di molto tempo… Come promesso, i risultati delle analisi costi-benefici sulle varie opere stanno via via arrivando.

Il caso Autostrade per l’Italia suggerisce una riforma dei criteri di aggiudicazione delle concessioni e di controllo sulla condotta dei concessionari: a che punto è la riflessione su questa riforma? Lo abbiamo detto e lo metteremo in pratica: vogliamo ridiscutere tutte le attuali concessioni autostradali, caso per caso, magari anche attraverso il rinnovo dei Piani finanziari. Perché fino a ieri le convenzioni sono state scritte in modo tale da risultare totalmente sbilanciate a favore dei concessionari e hanno depauperato lo Stato dei suoi poteri di vigilanza reale.

vogliamo ridiscutere tutte le attuali concessioni autostradali, caso per caso, magari anche attraverso il rinnovo dei Piani finanziari

Non sembra un’operazione facile.. Su questo non arretriamo di un millimetro e, anzi, riteniamo che lo Stato debba tornare a farsi garante della sicurezza dei cittadini con più controllo sui gestori e una sorveglianza più puntuale sugli obblighi e sulla manutenzione.

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L’INTERVISTA Da più parti si lamenta una insufficienza del trasporto ferroviario e marittimo a favore di quello su gomma. Cosa possiamo attenderci? Quello che stiamo già facendo, basta vedere in tal senso il Contratto di programma con Rfi - la società che gestisce la rete ferroviaria italiana n.d.r. -, è occuparci del potenziamento dei servizi ferroviari, con particolare attenzione a quelli regionali che dovranno raggiungere standard di sicurezza e di comfort, per esempio in favore dei pendolari, il più possibile analoghi a quelli offerti dall’alta velocità.

il digitale è fondamentale per far muovere le merci in modo più intelligente e sostenibile. L’intermodalità è la chiave di una logistica efficiente e connessa

Per questo avete deciso di sostituire i vertici di Fs? La scelta del nuovo management di Fs e la sua mission vanno proprio in questa direzione. Il nostro impegno è già stato testimoniato, tra le altre cose, dai 338 milioni di euro sbloccati per la messa in sicurezza delle ferrovie non interconnesse oppure dall’impulso dato dal Mit allo storico accordo che porta nuovi treni a Trenord o ancora dall’incremento di risorse per gli investimenti ferroviari pari a 13,259 miliardi di euro. Anche sul fronte del mare, il mantenimento del Registro internazionale e di leve fiscali, come la tonnage tax o il marebonus, consente alle aziende di programmare in serenità gli investimenti per potenziare ulteriormente questa modalità di trasporto. La piattaforma logistica nazionale potrebbe essere un grande contributo all’efficientamento e alla trasparenza dei trasporti merci in Italia. A che punto siamo? Ne siamo convinti. E il digitale in tal senso è fondamentale per far muovere le merci in modo più intelligente e sostenibile. Porti, interporti, stazioni, persino aeroporti. L’intermodalità è la chiave di una logistica efficiente e connessa. Alitalia è la grande sfida. Qual è in merito il pensiero del ministro? Puntiamo, come abbiamo sempre detto, a rilanciare il vettore aereo nazionale che deve fare sistema rispetto alle potenzialità economiche del Paese. Per questo avete pensato a una unione con le Ferrovie? Grazie a Fs e allo sforzo degli altri partner si potranno implementare sinergie decisive per muovere al meglio le persone, penso ad esempio ai turisti, nella nostra splendida penisola.

l’analisi della discordia L’analisi costi-benefici rappresenta un metodo obbligatorio per l’accesso ai Fondi Strutturali Europei per la valutazione dei progetti pubblici e ha lo scopo di verificare la sostenibilità finanziaria ed economico-sociale dell’investimento pagato con le risorse appartenenti alla collettività. La difficoltà nella realizzazione di queste analisi non sta tanto nell’attualizzazione dei valori economici futuri, quanto nella stima di innumerevoli fattori di ogni tipo molto difficilmente prevedibili e valutabili, specie se spalmati in un lungo periodo di tempo. Un’ulteriore difficoltà è trasformare in valori confrontabili sia elementi economici, valutabili in euro, che non economici, come la tutela ambientale o il disagio sociale.

Pony Zero è un operatore logistico nato a Torino nel 2013 che nella propria flotta oltre ai veicoli elettrici ha anche le biciclette cargo

Intermodalità e sostenibilità: sono due modi nuovi di guardare al trasporto merci e anche passeggeri in Italia. Cosa ne pensa? Penso siano entrambe parole chiave del mio mandato, come ho già avuto modo di accennare. L’intermodalità è fondamentale anche rispetto alla mobilità all’interno del tessuto urbano. Il trasporto su ferro deve essere ben integrato con quello su gomma, sia privato che, ancora meglio, pubblico. E anche magari con modalità di trasporto dolce, vedi la bicicletta. In ogni caso è fondamentale scoraggiare l’utilizzo dell’auto privata in favore di mezzi di trasporto condivisi e sostenibili.

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logistica sostenibile di Guido Grimaldi | L’intervento di Guido Grimaldi, presidente dell’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile |

mirare dritto allo sviluppo del sistema paese con Alis

«Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo»: Guido Grimaldi, presidente di Alis (Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile) ha scelto le parole di Henry Ford come “chiusa” per la sua introduzione all’Annuario 2018, con cui l’Associazione ha inteso presentare ai suoi soci e a tutto il sistema una sorta di grande riepilogo di quanto fatto finora, e insieme anche un’agenda sulle iniziative future. Ecco il testo completo dell’introduzione all’annuario. 14

GUIDO GRIMALDI CON MATTEO SALVINI

L’

anno che stiamo per lasciarci alle spalle è certamente caratterizzato dalla consapevolezza di aver costruito solidi pilastri sui quali regge l’ambizioso progetto dell’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile. Alle ventate di novità e di cambiamento degli anni precedenti, proprie di una neocostituita associazione, si sono affiancati entusiasmo, determinazione, coscienza e cognizione rispetto ai contenuti e alle proposte proprie di una aggregazione che, oramai, è consapevole del potenziale da poter mettere al servizio del Paese. E questo perché Alis ha affondato le sue radici sulla forza di im-


logistica sostenibile prenditrici ed imprenditori che hanno dimostrato di essere i veri protagonisti di tante iniziative, di tante battaglie volte al progresso e al benessere delle proprie aziende e, quindi, dei lavoratori che ne fanno parte e delle loro famiglie. Ritengo che, in questo momento storico, l’Italia debba recuperare la dimensione dello sviluppo settoriale attraverso un coordinamento sinergico, attento ai veri bisogni del nostro cluster. Alis, in questo scenario, si è assunta la responsabilità economico-sociale delle imprese rappresentate e ha mirato dritto allo sviluppo del Sistema Paese in chiave sostenibile, condividendo con la parte pubblica la responsabilità politica per le scelte strategiche da adottare al fine di creare sempre maggiore occupazione. Ho ritenuto fondamentale e prioritario organizzare incontri con i maggiori vertici istituzionali, dalla Commissaria Europea alla mobilità e ai Trasporti Violeta Bulc, al Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, sottoscrivendo documenti e programmi di lavoro, formulando proposte all’esecutivo nazionale e comunitario finalizzate alla concertazione e realizzazione di un piano di sviluppo

il progetto associativo è connotato dalla condivisione, dal reale incontro tra imprese grandi e piccole che mirano insieme a raggiungere nobili obiettivi

1.350 ASSOCIATE AZIENDE

150.000 UNITÀ

DI FORZA LAVORO

105.000 MEZZI 140.300 COLLEGAMENTI

120 LINEE DI AUTOSTRADE ANNUALI DEL MARE MARITTIMI

per il settore del traporto e della logistica. Sono trascorsi poco più di due anni dalla nostra costituzione e l’eco del nostro duro lavoro si percepisce in maniera forte e chiara tra le migliaia di lavoratori che rappresentiamo, nei corridoi delle nostre imprese e in quelli dei decisori pubblici. II nostro progetto associativo è connotato dalla condivisione, dal reale incontro tra imprese grandi e piccole che mirano insieme al raggiungimento di nobili obiettivi. L’attuale congiuntura economica ed i delicati passaggi politici delle ultime settimane impongono all’associazionismo un ruolo importante che risulta fondamentale per tutti noi, rappresentanti delle imprese e lavoratori, perché saremo tutti chiamati ad essere gli ambasciatori di una Italia che ha voglia di rimettersi in movimento. Nei mesi a venire avremo, quindi, il dovere di continuare il nostro lavoro con la stessa determinazione con cui gestiamo le nostre attività quotidiane, affinché si rafforzi sempre di più un modello associativo capace di diventare propulsore di sviluppo per il sistema economico nazionale. Avremo il dovere di supportare la classe dirigente affinché indirizzi le proprie azioni programmatiche verso precise strategie utili al settore. E ci aspetteranno mesi impegnativi ma importanti, affinché Alis continui a svolgere il suo lavoro e ad essere riconosciuta come associazione di riferimento nel settore dei trasporti e della logistica, interlocutore serio, connotato da quella compattezza, coesione e solidità che sono il perno della nostra associazione. Avremo dunque bisogno dell’energia di tutti, di idee e dei carisma tipico del popolo del trasporto. Partecipare in modo attivo alla vita associativa vuol dire valorizzare uno spazio privilegiato di comunicazione dove i soci possano proporre, ognuno con le proprie competenze, iniziative a beneficio di tutto il nostro comparto di riferimento. Continuerò con orgoglio e passione a presiedere l’attività associativa, individuando i bisogni più sentiti e lavorando con tutto il team Alis per rispondere a tutte le numerose esigenze e al particolare momento economico-sociale dei Paese, rappresentando la nostra categoria, intervenendo direttamente nelle problematiche specifiche di tutte le nostre imprese ed i lavoratori. Non vedo occasione migliore per ringraziare tutti gli associati Alis, tutti i membri del Consiglio nazionale, per il supporto e lo spirito proattivo che dimostrano di avere quo-tidianamente. Una meravigliosa frase di Henry Ford, imprenditore statunitense fondatore della Ford Motor Company, mi ha colpito e vorrei fosse sempre ben impressa nella mente di tutti i nostri associati: «Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo».

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logistica sostenibile di Marina Marinetti

U

n’ associazione trasversale che mette a sistema tutti gli operatori del comparto logistico: società di autotrasporto, compagnie armatoriali, aziende ferroviarie, terminAlisti, spedizionieri, porti, interporti, Università, Its e centri di ricerca: a poco più di due anni dalla costituzione, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile è ormai un cluster che conta più di 1.350 aziende associate, oltre 150.000 unità di forza lavoro, un parco veicolare di oltre 105.000 mezzi con più di 140.300 collegamenti marittimi annuali, più di 120 linee di Autostrade del Mare e oltre 200 sedi con le quali Alis è presente in maniera capillare in tutta Italia. E in quest’ultimo anno Alis si è spesa in prima linea a sostegno della mission associativa, che si regge sui quattro pilastri: l’internazionalizzazione delle aziende di trasporto attraverso una maggiore competitività della logistica intermodale, la continuità territoriale con le isole, senza contributi statali e grazie a flotte moderne e d’avanguardia, lo sviluppo del Mezzogiorno attraverso la riduzione del gap esistente tra il Nord e il Sud del paese e la riduzione di emissioni di Co2 in ottica di sostenibilità ambientale. Il ruolo di indirizzo Alis si è posta sin dall’inizio come autorevole interlocutore delle istituzioni. Solo nell’ultimo anno non si contano le occasioni di confronto a tutti i livelli. Come quella del 30 gennaio, quando il Vice Direttore di Alis Antonio Errigo a

| Confronti con le istituzioni, prese di posizioni, occasioni di confronto: ecco il proficuo 2018 di Alis |

un anno in prima linea sui pilastri della logistica 16


logistica sostenibile Bruxelles, al Parlamento Europeo, alla tavola rotonda “Future of Motorways of the Sea for 2020 and Beyond”, condivideva i programmi per un sempre maggiore sviluppo dell’intermodalità e delle Autostrade del Mare in chiave sostenibile. E a Bruxelles a luglio, con il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani sulla riforma del trasporto su gomma alla Commissione Trasporti dell’Europarlamento, e ad settembre per discutere del Progetto di Relazione relativo alla fissazione di norme comuni per i trasporti combinati con la Commissaria Europea ai Trasporti, Violeta Bulc. Non solo: a settembre Alis, unica associazione di categoria ad aver aderito all’invito formulato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dal Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, era parte della missione italiana che in Egitto ha presentato le potenzialità del sistema portuale, trasportistico e commerciale del nostro Paese ai delegati politico-istituzionali e ai player commerciali del Medio Oriente e del Nord Africa. E a inizio ottobre a Lagonissi (Atene), Guido Grimaldi era all’Euromed Convention in rappresentanza di un’associazione sempre più forte, che cresce a due cifre: «la più grande organizzazione associativa italiana del settore che interloquisce costantemente e con metodo con l’Europa e le sue istituzioni. In sinergia si lavora sui tre macro obiettivi per lo sviluppo dell’intermodalità sostenibile: la digitalizzazione, la decarbonizzazione ed una rinnovata politica sulle risorse umane». Nello stesso mese, due incontri “romani”: quello con il Ministro Danilo Toninelli per un produttivo confronto sui principali temi legati all’intermodalità sostenibile, e quello tra il Direttore Generale di Alis Marcello Di Caterina e il Sottosegretario all’Ambiente Vannia Gava sul tema della sfida dell’intermodalità, ragionando in termini di riduzione di emissioni di Co2, sviluppo infrastrutturale, continuità territoriale ed internazionalizzazione. ConfAlis Grazie all’adesione di Alis al sistema Confederale ConfAlis, che oggi rappresenta 16 associazioni di categoria, 180.000 imprese e 3 milioni e mezzo di lavoratori, il processo aggregativo sta assumendo sempre più solidità. ConfAlis si adopera per portare all’attenzione delle istituzioni le necessità e le aspirazioni di raggruppamenti di imprese operanti in diversi settori, sostenendole in un percorso confederativo comune, fatto di innovazione, crescita e sviluppo, rispettando l’autonomia delle singole associazioni e federazioni aderenti, consolidando la propria reputazione nel panorama europeo ed internazionale, grazie al coordinamento tra le sedi nazionali e l’ufficio di Bruxelles. Pochi mesi dopo essere stata invitata alla confe-

Un fondo tranched cover a sostegno delle imprese Porta la firma di ALIS l’accordo con il Mediocredito Centrale – Banca del Mezzogiorno e il Monte dei Paschi di Siena, in base al quale le imprese del Sud associate beneficieranno con condizioni e tempistiche vantaggiose di finanziamenti per progetti di crescita e sviluppo. A tal fine è stata costituito un fondo “tranched cover” fino a 500 milioni, di cui 100 milioni già stanziati ed immediatamente operativa, che costituiranno garanzia a copertura dei prestiti ottenuti dalle imprese operanti nella logistica integrata. «Uno dei punti vincenti della Tranched Cover appena varata – ha sottolineato Guido Grimaldi – risiede nel vantaggio per le imprese di poter sfruttare il rating consolidato della logistica intermodale. Il sistema bancario infatti ripone massima fiducia in ALIS ed individua il suo settore di attività come primario per lo sviluppo del Paese. Posso inoltre affermare che siamo solo all’inizio».

guido grimaldi, presidente di alis, nel 2018 si è speso a nome dell’associazione tra roma e bruxelles per le iniziative progettuali che ridisegneranno il settore renza mondiale Our Ocean, ConfAlis è stata chiamata dalla Commissione Europea ad intervenire alla Transport Research Arena nella sessione dedicata all’impatto della digitalizzazione sul mondo del trasporto, discutendo di temi quali la tecnologia blockchain ed i Big Data, per supportare le imprese nell’assumere decisioni strategiche. I cardini dell’attività di ConfAlis sono innovazione e tutela ambientale. Un esempio concreto è “ConfAlis Green”, un progetto

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logistica sostenibile ship siglata da Alis con le diverse realtà scolastiche in Italia dell’Istituto Tecnico Superiore per la Mobilità Sostenibile, che ha saputo offrire contributi di alto livello per i corsisti della scuola ad alta specializzazione: in Puglia l’Its di Taranto, in Sicilia l’Its di Catania, in Calabria l’Its di Reggio Calabria, in Sardegna l’Its Mo.So.S di Cagliari, nel Lazio l’Its di Gaeta. Realtà che si aggiungono alle già consolidate partnership con le Università di Bari, Salerno, Napoli e Montenegro.

MARCELLO DI CATERINA, DIRETTORE GENERALE DI ALIS

che ha come obiettivo la realizzazione della rete italiana per la logistica e la distribuzione dei carburanti alternativi per il trasporto. Oggi il Gas Naturale Liquefatto (GNL), ed un domani l’energia elettrica, sono il futuro prossimo del trasporto. Il progetto di “ConfAlis Green” renderà accessibile il carburante ad un prezzo competitivo ed inoltre creerà nuovi posti di lavoro, in particolare nel Mezzogiorno.

Un network in crescita La logistica sostenibile è questione di sinergie. Ultima quella suggellata con l’adesione ad Alis dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale, come Socio Onorario, che Guido Grimaldi ha definito «un’opportunità importante per migliorare la competitività del Sistema Paese» e che si è aggiunta a quella delle Autorità di Sistema del Mar Tirreno Centrale, del Mar Tirreno Centro Settentrionale, del Mar di Sicilia Orientale, del Mar di Sicilia Occidentale, del Mar Adriatico Settentrionale, del Mar Ionio, l’Autorità Portuale di Messina, l’Autorità Portuale di Barcellona, l’Autorità Portuale di Valencia e l’Autorità Portuale di Sète. E con lo sguardo volto al futuro (e alle nuove leve), a maggio entrava nella fase operativa la partner-

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Le occasioni di incontro In Alis le sinergie sono fondamentali. Per questo le occasioni di confronto non devono mancare. Come “La Due Giorni di Alis” il 27 e 28 aprile all’Hilton Palace di Sorrento, che ha raccolto il mondo dei trasporti e della logistica ponendo le basi per lo sviluppo di modalità di trasporto sempre più sostenibili ed efficienti, in grado di dare uno slancio all’economia italiana. O l’assemblea dei soci a giugno a Roma, con il Vice Ministro e Sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Edoardo Rixi a sostenere la linea strategica che vuole «Riportare l’Italia al centro dei grandi investimenti europei che vedano il Mediterraneo come protagonista finalmente positivo della nostra economia». Infine, la recente assemblea generale 2018, il 20 novembre a Roma, nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium della Musica, che ha visto la partecipazione di oltre tremila persone con la relazione del presidente di Alis Guido Grimaldi, e Bruno Vespa a moderare gli interventi dell’ on. Edoardo Rixi, Vice Ministro alle Infrastrutture e Trasporti, dell’on. Vannia Gava Sottosegretario per l’Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare, dell’on. Claudio Durigon Sottosegretario per il Lavoro e le Politiche Sociali, del Gen. Francesco Presicce Capo ufficio generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, dell’Amministratore Delegato Grimaldi Group dott. Emanuele Grimaldi, dell’Amministratore Delegato Medio Credito Centrale dott. Bernardo Mattarella e del dott. Giovanni Maione General Manager Area Sud e Sicilia Monte dei Paschi di Siena. All’evento è intervenuto il Vicepremier e Ministro degli Interni Matteo Salvini, sottolineando che «L’Italia merita fatti e posti di lavoro. Bisogna lasciar lavorare la gente che vuole lavorare. Costruire e non distruggere. L’Italia ha bisogno di nuove e migliori infrastrutture. Dobbiamo andare avanti e non indietro. Si lascino lavorare gli imprenditori e associazioni come Alis perché, ripeto, l’Italia ha bisogno di fatti e posti di lavoro. Per quanto riguarda invece i contributi verso le imprese – ha detto ancora – sono necessari se rafforzano il libero mercato, ma non bisogna più elargire soldi pubblici in convenzioni dello Stato verso singole realtà che alterano la libera concorrenza».

l’ assemblea generale di alis del 20 novembre ha radunato a roma oltre tremila persone per un confronto costruttivo sui temi dell’intermodalità e delle riforme di sistema



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TERRA

ACQUA

22 AUTOSTRADE DEL MARE

38 BARI

28 PORTI

41 CIVITAVECCHIA

32 VENEZIA

44 INTERVISTA A EDOARDO RIXI

dal successo del partenariato tra pubblico e privato alle prospettive per l’integrazione modale

la situazione degli scali marittimi nazionali, i problemi da affrontare e le opportunità da cogliere

la posizione strategica dei porti italiani come sprone per una crescita ragionata dei traffici mondiali

puntare sui giovani per dare nuovo slancio alla blue economy con un corso di laurea ad hoc

i porti di roma e del lazio si apprestano a compiere un salto di qualità con il nuovo scalo di fiumicino

parla il viceministro alle infrastrutture e ai trasporti con delega ai porti e alla logistica

34 NAPOLI

i porti della campania fanno sistema per portare avanti una strategia comune di crescita

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ACQUA di Ennio Cascetta

Ennio cascetta Da luglio 2017 è Amministratore Unico di Rete Autostrade Mediterranee Spa, Società in house del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

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ACQUA | Le sfide future di quelle che sono ormai un anello fondamentale della nostra catena logistica |

AUTOSTRADE DEL MARE:

SUCCESSO NELLA COOPERAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO

L

e Autostrade del Mare possono essere definite come un progetto di partenariato pubblico-privato di straordinario successo. Nate normativamente in sede europea nel 2004 e inquadrate come progetto prioritario della rete TEN-T, oggi le Autostrade del Mare in Italia contano, per il segmento merci, oltre il 21% delle movimentazioni portuali totali, grazie al perfetto mix creatosi tra competitività delle compagnie armatoriali italiane, visione delle imprese di autotrasporto nazionali e mirati investimenti infrastrutturali ed incentivi pubblici. Considerando sia il segmento RoRo che RoPax su tratte definibili Autostrade del Mare, l’offerta di servizi su scala nazionale include oltre 560 partenze settimanali su rotte nazionali e internazionali per oltre 1,3 milioni di metri lineari di stiva a settimana, di cui gli armatori italiani coprono circa

l’82% delle frequenze e circa il 77% della capacità di stiva settimanali. Gli stessi armatori che, in termini di unità di naviglio RoRo e RoPax, sono i primi al mondo per flotta battente bandiera nazionale. Lato domanda, l’Italia è ormai da vari anni il secondo Paese nell’Unione Europea a 28 per tonnellate movimentate in RoRo, dopo la Gran Bretagna, con una quota di mercato pari al 21,6% del totale EU; nel segmento RoPax il nostro paese è leader in Europa, sia per totale passeggeri trasportati, che per passeggeri trasportati su tratte domestiche e 4,1 milioni di passeggeri imbarcati e sbarcati su tratte internazionali. Il settore cresce di più dei diversi segmenti di traffico merci e passeggeri nazionali: nel periodo 2014-2017, il traffico RoRo ha registrato una crescita del 24,2% contro, ad esempio, un

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ACQUA +10% delle rinfuse liquide o un +6,3% delle tonnellate movimentate in contenitori, ovvero un +9% del totale del traffici portuali; inoltre, le proiezioni per il 2018 stimano una crescita di oltre il 6% rispetto all’anno precedente. Anche il segmento RoPax registra un trend altrettanto significativo, con un +21,3% di variazione nel periodo 2014-2017 a fronte di una sostanziale stabilità del segmento crocieristico. In estrema sintesi, oggi si muove sulle Autostrade del Mare poco meno del 10% del traffico autostradale pesante nazionale, con una stima di 680 mila tonnellate di CO2 equivalenti risparmiate all’anno, pari alle emissioni generate dal traffico urbano di una città di 1 milione di abitanti in un anno. Al di là dei pur importantissimi dati di crescita, le Autostrade del Mare sono diventate un anello fondamentale della catena logistica nazionale e internazionale, integrandosi alle dinamiche macro e micro economiche del Paese. Le Autostrade del Mare stanno, infatti, accompagnando perfettamente l’economia nazionale, caratterizzata da un importante aumento dell’export rispetto alle altre componenti del Pil con una quota di merce movimentata in ambito internazionale che è salita dal 21,2% del 2010 al 33,5% del 2017.

serra (GHG) di almeno il 50% entro il 2050 e del 70% della CO2 prodotta dalla navigazione marittima rispetto ai livelli del 2008 - richiede un ragionamento profondo. Tali vincoli normativi impongono il rinnovo del naviglio o il retrofitting di quello esistente con conseguenti ingenti investimenti da parte delle compagnie armatoriali che, a loro volta, potrebbero trovarsi in situazioni di pesante indebitamento e perdere competitività sul mercato, ovvero trasferire Incentivi intelligenti per la transizione l’incidenza del costo d’investimento sul cliente finale Nonostante i risultati straordinari, questo settore di investimenti rendendo meno convenienti economicamente le Audeve affrontare nel prossimo futuro delle sfide il cui tostrade del Mare rispetto al trasporto stradale con esito dipenderà anche dalla capacità di implemeneffetti di modal back shift. tare politiche di sostegno pubblico efficaci. Il pubblico deve evitare ciò attraverso programmi di incentivi L’adeguamento alle normative sempre più stringenti in mache accompagnino questo periodo di transizione energetica. teria ambientale - che riguarda in verità tutto lo shipping, a In tale direzione, come Ram, siamo convinti che il Marebonus partire dal Sulphur Cap del 2020 fino all’accordo in sede IMO sia una misura che possa dare sostegno agli investimenti in sulla strategia iniziale per la riduzione delle emissioni di gas corso nel mondo armatoriale delle Autostrade del Mare, in particolar modo sulle spese in MOVIMENTAZIONI 2014 2015 2016 2017 Variazione Variazione efficientamento ambientale ed energetico del naviglio. Sulla PORTUALI 2016/17 2014/17 base dei progetti candidati delle Rinfuse liquide [Mln t] 3,0% 10,0% 170,66 183,26 182,27 187,77 compagnie di navigazione e riteRinfuse solide [Mln t] 71,42 74,34 71,09 -4,4% -2,2% 72,71 nuti ammissibili, i 118 milioni di euro del Marebonus hanno stiMerce in container -2,3% 6,3%% 108,33 112,04 117,08 115,11 [Mln t] molato investimenti privati per circa 540 milioni di euro da parMerce in Ro-Ro [Mln t] 90,0 99,2 106,4 7,2% 24,2% 85,7 te degli armatori, con un effetto Altre merci [Mln t] 21,86 21,92 21,67 -1,1% -7,3% 23,37 leva di oltre 4,5 volte rispetto ai Totale traffici merci 502,1 1,3% 9,0% 460,7 478,6 495,6 fondi pubblici impiegati. Paral[Mln t] lelamente, siamo impegnati a Container [MTEU] 10,18 10,57 10,65 0,8% 4,2% 10,22 livello europeo nel progetto Med Passeggeri totali 48,7 52,6 6,9% 16,2% 44,8 44,71 Atlantic Ecobonus, cofinanziato [Mln pax] dal programma CEF Transport, Crocieristi [Mln pax] 10,78 10,79 9,85 -8,7% -1,7% 10,02 teso a progettare un sistema di Non crocieristi 33,93 37,91 42,21 11,3% 21,3% 34,79 incentivi per lo sviluppo delle [Mln pax] Autostrade del Mare di matri-

540 milioni

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Conoscere, rischiare, guadagnare

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ACQUA ce europea sia in termini di scope geografico che di eventuali risorse economiche di cofinanziamento dello strumento. Lo schema di incentivo ad oggi progettato si focalizza esattamente sulla necessità di sostenere e sviluppare le Autostrade del Mare nell’ottica del greening delle flotte e, quindi, del miglioramento delle performance ambientali dei relativi servizi attraverso un meccanismo di doppia candidatura. Tale meccanismo, da un lato incentiva direttamente la domanda di Autostrade del Mare attraverso il riconoscimento del beneficio economico agli utenti finali, agendo sulla leva del modal shift, dall’altro, aiuta indirettamente le imprese armatoriali, in quanto effettuerebbero rotte più attraenti per gli autotrasportatori, potenzialmente soggetti a ricevere incentivi economici più elevati dovuti alle più efficienti performance ambientali garantite dal servizio marittimo prescelto.

del Mediterraneo nei settori dell’automotive, dei macchinari industriali, dell’agroalimentare e del tessile, ammontano a 5 miliardi di dollari, che a loro volta potrebbero generare nuovi traffici marittimi, principalmente di rotabili, tra Nord Africa e porti italiani. Beni e prodotti potenzialmente destinati ai mercati europei con necessità di essere trasportati via Autostrade del Mare. Una grande opportunità a cui il settore pubblico deve saper rispondere con investimenti portuali mirati, in grado di risolvere gli attuali colli di bottiglia infrastrutturali nei porti italiani interessati da traffico di Autostrade del Mare: da un lato, favorire/incrementare l’integrazione modale tra Autostrade del Mare e servizi ferroviari per ampliare la catchment area sul segmento Ro-Ro e sfruttare i corridoi TEN-T europei per l’inoltro della merce; dall’altro, disporre di spazi adeguati per il parcheggio e la viabilità portuale interna dei rotabili al fine di garantire il corretto deflusso dei veicoli pesanti, anche con riferimento al traffico cittadino contiguo. Anche in questo caso, come per i programmi di incentivi Marebonus e Med Atlantic Ecobonus, sono fiducioso sulla risposta del settore pubblico. I 970 milioni di euro di investimenti per interventi infrastrutturali portuali invarianti e gli oltre 20 interventi prioritari da sottoporre a progetto di fattibilità tecnico-economica, cofinanziati dal Fondo Progettazione ex articolo 202 D.Lgs. 50/2016 e correlati al traffico di rotabili, rappresentano l’eredità dell’Allegato Infrastrutture al DEF 2018.

bisogna incrementare l’integrazione modale tra Autostrade del Mare e servizi ferroviari per ampliare il bacino d’utenza Ro-Ro e sfruttare i corridoi TEN-t

Gli investimenti cinesi in Nord Africa Un’altra sfida/opportunità per le Autostrade del Mare può nascere dal ruolo della Cina nel Mediterraneo. Non parlo ovviamente della fin troppo discussa BRI initiative e dell’incremento del traffico contenitori nei porti italiani, ma delle conseguenze degli investimenti cinesi in Africa. Le imprese cinesi stanno investendo 53,4 miliardi di dollari in Africa (tra il 2010 ed il 2018, al netto degli IDE in infrastrutture, commodity e servizi) per stabilire aziende e filiere in grado di importare ed esportare beni da/verso i mercati europei. Ancora più nello specifico, gli investimenti produttivi cinesi nella sponda Sud

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ACQUA di Marco Ferretti*

| Le questioni ambientali e i collegamenti ferroviari sono al centro dello sviluppo degli approdi italiani |

le sfide possibili dei Porti e del Trasporto via mare Q

uello dei trasporti è un mondo complesso, forse più di altri, per la numerosità, diversità e natura degli operatori coinvolti, per la rilevanza strategica ed economica delle infrastrutture necessarie per lo svolgimento del business, per l’effetto, diretto ed indiretto, che ha sull’occupazione e infine, ma non ultimo, per l’impatto ambientale che produce. La complessità del settore è oggi incrementata dalle sfide che lo attendono, sfide legate a: • l’innovazione tecnologica - che sta cambiando le regole della competizione sia attraverso l’ingresso di nuovi player, sia a causa dell’evoluzione dei modelli di business nella gestione dei servizi logistici; • le sempre più rigide normative green che richiedono

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ingenti investimenti di riqualificazione delle flotte di mezzi di trasporto al fine di ridurre l’impatto ambientale; • i significativi cambiamenti delle infrastrutture – porti, interporti, strade e ferrovie – necessari per offrire servizi CO2 free agli operatori di trasporto; • le logiche di interazione cliente/fornitore di servizi logistici– dove clienti grandi e piccoli domandano velocità, efficienza, affidabilità, tracciabilità e servizi end to end delegando l’intera filiera del trasporto e della logistica (e a volte anche fasi ultimative delle


ACQUA lavorazioni) a terzi attraverso operatori che curano il contract logistics. Le priorità dei porti italiani In questo scenario complesso i porti sono il principale hub di tutti i sistemi logistici. Accolgono crocieristi, passeggeri, attività industriali, attività di servizio, ferrovie, autotrasportatori. Gli interessi che ruotano intorno a queste fondamentali infrastrutture sono tanti e spesso confliggenti. Al benessere economico che generano, si contrappongono, ad esempio, problemi d’inquinamento dell’aria, delle acque e congestionamento del traffico. L’attenzione ai problemi economici e di competitività territoriale, si confronta con una forza opposta che chiede porti più “accettabili” da un punto di vista ambientale e sociale. Le priorità d’intervento da parte delle Autorità di Sistema Portuale (AdSP) sono, quindi, distinguibili in due categorie fondamentali. Interventi miranti alla riduzione della produzione di CO2 e della congestione del traffico nelle città portuali, e interventi sulle infrastrutture fisiche e tecnologiche per rendere i porti italiani più competitivi rispetto alla sempre più aggressiva concorrenza internazionale.

entro il 2025 le banchine portuali avranno l’obbligo di disporre di un numero adeguato di punti di rifornimento di GNL (gas naturale liquefatto) per le navi

Le alternative ambientali Per la riduzione dell’impatto ambientale i porti non possono prescindere da due tipologie di interventi: lo sviluppo di sistemi di elettrificazione delle banchine che hanno lo scopo di consentire a navi meno “energivore” di alimentarsi con energia elettrica quando all’ormeggio, e l’introduzione di carburanti fossili alternativi. Con riferimento a quest’ultimo intervento, già nel 2017, l’Italia ha recepito la normativa dell’Unione Europea sui carburanti alternativi (Decreto Legislativo n. 257) con l’obiettivo di ridurre gli effetti negativi sull’ambiente. È stato finalmente posto l’obbligo entro il 2025 che i porti dispongano di un numero adeguato di punti di rifornimento di Gnl (gas naturale liquefatto) per le navi alimentate a gas. Il ministero dello Sviluppo Economico italiano ha fornito un quadro normativo chiaro per le imprese che desiderano realizzare nuove infrastrutture. Bisognerà mantenere alto il livello di guardia e supportare le Autorità di Sistema Portuale affinché si passi dalla fase delle intenzioni a quella della realizzazione in tempi rapidi.

tori diversi e non sempre imputabili alla governance delle attuali AdSP . In Italia risulta estremamente difficile programmare e realizzare gli interventi ovvi e necessari per far sì che i grandi armatori scelgano di toccare il territorio del Belpaese. Il gigantismo navale inseguito dagli armatori alla ricerca di economie di scala crescenti, rischia di lasciare fuori dall’arena della concorrenza internazionale i porti che non provvedono ad adeguarsi attraverso dragaggi per garantire fondali più profondi, nuove banchine attrezzate e automatizzate per dare servizi più efficienti, l’acquisizione di nuovi spazi per accogliere più merce e contenitori, il miglioramento dei terminal crociere e passeggeri per accogliere turisti sempre più esigenti e attenti alla qualità del servizio. Appare evidente che l’attrazione delle nuove navi di maggiori dimensioni, presenti soprattutto nel settore container e rinfusiero, non può e non deve essere l’obiettivo di ciascuno dei porti nazionali… Una attenta pianificazione delle traiettorie di sviluppo dei singoli Porti in relazione all’ef-

Le dimensioni fanno la differenza Il ritardo di competitività dei Porti italiani dipende da fat-

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ACQUA

fettivo potenziale commerciale, alla efficacia – attuale e prospettica - delle infrastrutture di collegamento con i principali mercati, e alla capacità di intercettare rotte di crescente densità, appare necessaria al fine di garantire coerenza e utilità agli investimenti nel settore.

Lo sviluppo deve puntare sul ferro In ogni caso, in un’ottica di piena intermodalità, i porti devono non solo migliorare la qualità dei collegamenti con le ferrovie per incrementare significativamente il traffico merci su ferro (si consideri che in Italia solo quattro porti – Genova, Spezia, Livorno e Trieste – hanno quote di trasporto su ferro significative rispetto resto di Italia, ma comunque i volumi non superano il 20% delle attività), ma provvedere anche alla creazione di collegamenti su ferro tra porti e interporti al fine di aumentare le potenzialità di sviluppo dei porti stessi e di garantire snodi di traffico lontani dai centri cittadini. Il ruolo fondamentale per l’Italia del traffico su gomma richiede il miglioramento dei sistemi di accesso ai porti sia per motivi di safety e security, sia per ridurre il congestionamento urbano. La gestione e il controllo degli accessi nei porti (gate portuali) oggi fa acqua da tutte le parti. Sarà necessario intervenire con tecnologie ICT affinché si possa controllare e programmare in remoto l’accesso ai porti.

Il ruolo in italia del trasporto su gomma richiede un netto miglioramento dei sistemi di accesso ai porti sia per motivi di safety e security, sia per ridurre il traffico urbano

L’alternativa alla gomma viaggia via mare D’altra parte, la governance dei porti deve capire che si cresce solo grazie a servizi offerti a prezzi competitivi e a

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livelli di qualità elevati, a investimenti volti a migliorare le infrastrutture, ma anche grazie al miglioramento dei sistemi di gestione e controllo, che in Italia risultano in cronico ritardo, e a una continua azione di marketing rivolta all’acquisizione di nuovi clienti disposti a “toccare” i porti italiani. L’Italia per sua natura deve puntare sul trasporto navale a causa della struttura del Paese, lungo ben oltre mille chilometri, bagnato da più mari e costretto a servire grandi e piccole isole. Il mare rappresenta quindi la principale risorsa e opportunità su cui puntare per ridurre il congestionamento e l’incidentalità del traffico su gomma a lunga percorrenza e l’impatto delle emissioni di CO2 e di polveri sottili. Il traffico navale, e in particolare le cosiddette autostrade del mare, stanno vivendo un periodo di grande crescita anche grazie ad investimenti importanti fatti da armatori come Grimaldi che, con cento linee passeggeri-merci e quattro milioni di persone trasportate, svolgono un ruolo fondamentale nella filiera del trasporto e della logistica italiana ed internazionale. La battaglia dello zolfo Nonostante gli evidenti vantaggi derivanti dal trasferimento del trasporto da altri modi di trasporto verso il mare, anche il mondo armatoriale si deve adeguare tempestivamente alle necessità green. Dal 1° gennaio 2020 infatti, il combustibile impiegato nelle navi, il cosiddetto bunker che ha un tenore di zolfo al 3,5%, dovrà essere obbligatoriamente portato ad una percentuale dello 0,5% a livello mondiale. Tale cambiamento avrà significative conseguenze sia per il mondo dello shipping, sia per l’industria petrolifera a livello produttivo e distributivo che sarà chiamata a garantire la disponibilità di tale prodotto. Questa importante sfida per il mondo armatoriale potrà essere vinta mediante


ACQUA sforzi di adeguamento tecnologico (il cosiddetto green retrofit delle navi), attraverso l’adozione di innovazioni che contribuiranno al rispetto del limite di emissioni di CO2 in atmosfera e il ringiovanimento delle flotte. Il green retrofit può essere affrontato con due diverse tecnologie. Da una parte attraverso l’utilizzo di sistemi per il lavaggio dei fumi (i cosiddetti scrubber), dall’altro utilizzando carburanti alternativi come il gas naturale liquefatto (Gnl). In entrambi i casi l’adeguamento delle flotte richiede imponenti sacrifici a carico degli armatori. Tuttavia, mentre per l’introduzione degli scrubber sono sufficienti gli investimenti degli armatori, per il retrofitting dei motori navali per adeguarli all’uso del Gnl sarà necessario anche, come già messo in evidenza in precedenza, che le AdSP facciano la propria parte investendo sulle infrastrutture necessarie al bunkeraggio per favorire la logistica del Gnl. La pressione verso la riduzione delle emissioni sta spingendo anche verso altre innovazioni tecnologiche frutto della integrazione del mondo dello shipping con il mondo della ricerca. Ne sono esempi virtuosi l’introduzione di vernici al silicone che riducono l’attrito con l’acqua, l’uso di batterie per la le manovre in porto, l’introduzione di sistemi di microprevisioni (il cosiddetto nowcasting e nearcasting) che potranno fornire indicazione ai comandanti delle navi sulla scelta delle migliori rotte in un’ottica di risparmio di carburante e comfort di navigazione.

il Marebonus, che vuole sviluppare la modalità combinata strada-mare, ha prodotto importanti risultati ma dovrebbe essere rifinanziato per i prossimi anni

Ribaltare la logica degli aiuti La pressione green sugli armatori non rappresenta l’unico problema che essi devono affrontare. Altri temi in agenda sono la gestione dell’Iva, il Marebonus e la gestione dei contributi per la continuità territoriale. Sull’Iva esiste già un gruppo di lavoro che sta studiando come evitare pe-

nalizzazioni eccessive agli armatori che fanno dello short sea shipping la parte principale del proprio business. Il Marebonus, introdotto dall’articolo 1, comma 647 della Legge di Stabilità per il triennio 2016-2018 allo scopo di sviluppare la modalità combinata strada-mare attraverso la creazione di nuovi servizi marittimi e il miglioramento di quelli già esistenti, ha prodotto importanti risultati ma dovrebbe essere rifinanziato per i prossimi anni. Infine, resta aperta l’annosa questione legata ai contributi di continuità territoriale, ovvero quelli riconosciuti alle ex società di navigazione controllate dallo Stato sulle rotte regionali (Sardegna, Elba, ecc.) ormai quasi tutte privatizzate. Gli aiuti concessi ammontano a circa 200 milioni di euro l’anno e creano una alterazione delle regole della libera concorrenza a favore dei pochi armatori che ne beneficiano. Rispetto a questo tema, il Governo dovrebbe ribaltare la logica di funzionamento dell’aiuto trasferendolo al cittadino il quale poi liberamente potrebbe scegliere l’armatore con cui navigare. In questo modo, tutti i consumatori beneficerebbero dell’incentivo e stimolerebbero una più sana concorrenza tra armatori per la conquista di quote di mercato. * Marco Ferretti è full professor presso Università degli Studi di Napoli ‘Parthenope’

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ACQUA di Pino Musolino

| I nostri porti si trovano nella posizione ideale per svolgere un ruolo di cerniera tra Europa, Africa e Asia |

una Visione globale può portare l’italia al centro dei Traffici mondiali A

che va sotto il nome di Belt and Road Initiative. In Africa la inizio novembre, nell’anniversario dei quarant’anni Cina sta investendo moltissimo, tanto che nell’arco di una dall’avvio delle riforme di mercato, la Cina ha annundecade si prevede una sensibile crescita economica delle naciato al mondo che, per soddisfare la domanda interna zioni sub-sahariane e la costituzione di un ceto di nei prossimi 15 anni prevede di accogliere merci consumatori interessati ai beni prodotti in Europa e servizi provenienti dall’estero per 40 miliardi e in Italia. di dollari. Ben consapevole della propria forza contrattuale, il governo cinese sta sfruttando la teu in 12 mesi È chiaro che la strategia cinese impone, da parte nostra, risposte tempestive ma capaci anche di bisituazione per siglare accordi in Asia, Africa ed Eulanciare i rischi incombenti. Primo fra tutti quello di subire ropa – privilegiando la strada delle intese con singoli paesi l’operazione espansiva della Cina, come già è avvenuto, mu– per consolidare la propria rete di approvvigionamento e tatis mutandis, ad altri Paesi tra cui il Pakistan e lo Sri Lanka, per dar forma alla strategia di espansione infrastrutturale

618 mila

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ACQUA che si sono pesantemente indebitati. Il governo italiano si sta muovendo saggiamente in questa direzione, ma il tempo stringe e il nostro Paese necessita con urgenza di un piano investimenti infrastrutturali che sia in grado di valorizzare le scarse risorse a disposizione e di puntare su alcune opere chiave che potranno sostenere i traffici del futuro connettendoci con il mondo. I porti sono indubbiamente tra queste opere prioritarie. Il sistema portuale italiano si trova, infatti, nella posizione ideale per svolgere un ruolo primario di cerniera tra Europa, Africa e Asia. Il porto di Venezia, operando in modo complementare con gli altri porti del nord Adriatico, ha già dimostrato di essere un gateway privilegiato per la manifattura nei collegamenti con il medio e l’estremo Oriente, movimentando nell’ultimo anno oltre 26,5 milioni di tonnellate di merci e sostenendo, di fatto, l’export extra-UE dei distretti industriali di buona parte della Pianura Padana. L’importanza del porto, che serve un’area che si estende fino al cuore dell’Europa centrale, attraverso il Brennero e il Tarvisio, è testimoniata anche dall’aumento costante del traffico ferroviario, che è cresciuto a doppia cifra nel 2018 con una movimentazione di carri che sfiora le 100 mila unità e dal

Pino Musolino, nato a Venezia nel 1978, è laureato in Giurisprudenza. È Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale record storico di TEU che ha superato soglia 618 mila negli ultimi 12 mesi. Per brillare in sinergia con gli altri scali italiani ci serve però un piano infrastrutturale nazionale ambizioso e coordinato, basato su una visione globale e con un orizzonte temporale di almeno cinquant’anni, che ci permetta di superare finalmente la logica degli interventi in “stato di emergenza”, consentendo all’intero sistema Paese di guadagnare in competitività e attrattività rispetto agli investimenti. Su questo fronte l’Europa può e dev’essere una risposta nel reperire le risorse necessarie. Il nostro Paese si trova di fronte a due sfide entrambe connesse alla politica europea di trasporto. La prima riguarda certamente la revisione, prevista al 2023, dell’architettura delle Reti Trans Europee di Trasporto TEN-T. In questi 5 anni, il Paese dovrà essere in grado di redigere una agenda degli investimenti che dimostri come uno sviluppo della portualità italiana risponda agli interessi di tutta l’Europa. La seconda partita invece si gioca sulla revisione del Programma Connecting Europe Facility che assegnerà, al 2020, fondi per 31.2 miliardi di euro alle infrastrutture. Il cluster marittimo portuale nazionale, almeno fino ad oggi, ha dimostrato di non essere in grado di avere un grande peso, su questi temi, a Bruxelles. È arrivato il momento per invertire tale tendenza cominciando a pianificare un strategia nazionale, che punti alla piena intermodalità, allo sviluppo delle Autostrade del Mare (da riconoscere anche per i collegamenti con i Paesi extra-UE), allo sviluppo portuale dell’Europa meridionale, alla definizione di aggregazioni portuali operative in grado di competere a livello globale sfuggendo ai campanilismi.

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ACQUA

di Pietro Spirito

| Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia hanno varato il primo bilancio di previsione unificato |

campania, una strategia comune per la Crescita L’

Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale presenta, con i dati di traffico aggiornati al mese di settembre del 2018, un segno marcatamente positivo, il migliore che si registra dalla sua istituzione, e che consolida uno sviluppo delle attività marittime e portuali nei diversi segmenti di mercato. I porti di Napoli e Salerno, considerati nell’insieme, durante i primi nove mesi dell’anno, in confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente, registrano nel traffico crocieristico un incremento pari al + 12,15%, con un totale complessivo di passeggeri di 892.058 unità rispetto alle 795.449 del 2017. Il numero dei passeggeri locali e dei traghetti mantiene la sua abituale tendenza di crescita, lenta ma costante, con una per-

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centuale di aumento del 2,66%, raggiungendo le 6.335.779 unità rispetto alle 6.171.624 del 2017. Il traffico contenitori registra un aumento del 4,69%, con un totale in Teu di 760.579 unità rispetto alle 726.527 del 2017. Il traffico delle rinfuse liquide, presente nel solo porto di Napoli, aumenta del 5,32%, con un totale di 3.968.721 tonnellate rispetto 3.788.129 del 2017. L’unico settore che registra una flessione nei volumi è il segmento del traffico RO–RO, con una diminuzione del 6,16% nei primi nove mesi rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, ma comunque con un miglioramento rispetto agli otto mesi precedenti, che avevano registrato un - 7,5%. L’analisi dei dati statistici, vista nell’ottica della distinzione


ACQUA

Pietro Spirito, il primo Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno centrale, si è insediato alla guida dello scalo partenopeo alla fine del 2016 tra i porti di Napoli e Salerno, mostra nel segmento del traffico crocieristico un aumento dell’11,47% rispetto ai primi nove mesi del 2017 nello scalo napoletano, con 822.476 passeggeri rispetto ai 737.854 del 2017; il porto di Salerno a sua volta cresce del 20,81%, con 69.582 passeggeri rispetto ai 57.595 del 2017. Inversamente, nel traffico dei container, il porto di Napoli segna un aumento del 7,81%, con 417.668 Teu rispetto ai 387.396 Teu dei primi nove mesi del 2017, invece la crescita di Salerno è pari all’1,11%, con 342.911 Teu a fronte dei 339.131 Teu del 2017. Il traffico delle rinfuse solide, invece, nel porto di Salerno continua a registrare un robusto aumento del 15,64% nel terzo trimestre del 2018, rispetto ai valori dei primi nove mesi del 2017. È stato intanto approvato dal Comitato di Gestione il primo bilancio di previsione del 2019 unificato per i porti di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, dal momento che Salerno si è unita alla Adsp del Tirreno Centrale solo a partire dal primo gennaio del 2018, dopo un anno di gestione amministrativa e finanziaria autonoma. Il sistema portuale campano, a distanza meno di un anno dall’ingresso del porto di Salerno nella Autorità di Sistema, prende forma anche sotto l’aspetto contabile. Il documento contabile approvato in Comitato di Gestione, dopo il consensus dell’Organismo di Partenariato, rappresenta l’unità di gestione dei tre scali da tutti i punti di vista: entrate, spese, investimenti. I dati di previsione indicano per il 2019 un avanzo economico di 1 milione e 631 mila euro, un avanzo di amministrazione di 192 milioni e 575 mila euro, un avanzo finanziario di 99 milioni e 468 mila euro. Per quanto riguarda il capitolo “investimenti”, il totale investimenti 2019 con fondi AdSP ammonta a 9 milioni e 650 mila euro, quelli finanziati a euro 31 milioni e 557 mila euro. Il bilancio di previsione è “prudente”, e considera solo parzialmente l’andamento positivo dei traffici nei tre scali. Le prospettive per il 2019 si presentano egualmente interessanti, anche se lo scenario macroeconomico potrebbe determinare qualche rallentamento nell’incremento delle movimen-

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Tempi certi, sicurezza, comodità A35 Brebemi cambia in meglio il tuo modo di viaggiare 5e Brebemi cambia in meglio il tuo modo di viaggiare comfort di guida sono alcune delle caratteristiche Tempi certi, sicurezza, comodità BREBEMI dell'autostrada di e comfort di direttissima guida sono alcune mpi certi, sicurezza, comodità ultima generazione che accorcia delle omfort dicaratteristiche guida sono alcune BREBEMI dell'autostrada direttissima di le percorrenze.

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tazioni, in particolare nel settore delle merci. Lavoreremo menti stradali, la realizzazione della nuova rete fognaria, per migliorare le previsioni di bilancio, portando risultati la ristrutturazione dell’Immacolatella Vecchia. È anche in più robusti di avanzo, per continuare a finanziare - anche corso la gara per la realizzazione della nuova stazione macon risorse proprie - gli investimenti che servono al porittima passeggeri per i collegamenti con le ìsole minori tenziamento delle nostre infrastrutture. al Beverello. Abbiamo lavorato, da dicembre del 2016 ad oggi, per miA Salerno, sono stati realizzati interventi urgenti per lo gliorare l’efficienza della azione amministrativa: nella ex spianamento dei fondali, ed è in fase di pubblicazione la Autorità Portuale di Napoli, tra dicembre del 2016 ed oggi, gara per l’escavo del porto, con un volume di 3 milioni di le concessioni vigenti sono passate da 209 a 291, metri cubi, al fine di raggiungere fondali adeguacon un incremento del 39,2%. È stato approvato il ti ad accogliere navi coerenti con la competitività nuovo regolamento di Adsp sulle aree demaniali, del porto, in particolare nel segmento dei contairecependo le indicazioni che intanto sono arrivate di investimenti ner e delle navi da crociera. Sono in corso, per un su questo tema dal Ministero dei Trasporti e dalla importo complessivo di 234 milioni di euro, prinAutorità di Regolazione dei Trasporti. L’ufficio di cipalmente i lavori per l’allargamento e l’adeguasecurity ha effettuato, nel 2018 sino ad ottobre, 45 controlmento funzionale dell’imboccatura, la realizzazione della li demaniali, 123 controlli su aree e manufatti sequestrati, Galleria Porta Ovest per il collegamento con la rete auto16 valutazioni su piani di security, 1540 rilasci di nulla osta stradale, il riassetto formale e funzionale del Molo Manfreper trasporto di merci pericolose. di, gli interventi per il potenziamento della security. Le opere infrastrutturali concluse sinora ammontano ad Con il 2019 l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno un valore di 312,4 milioni di euro nel porto di Napoli, di Centrale si concentrerà non solo sulle azioni di ottimizcui la metà è l’adeguamento della Nuova Darsena a terzazione, razionalizzazione e sviluppo delle attività, per minal contenitori, mediante colmata, che ora viene uticonsolidare e realizzare una strategia comune volta a polizzata per l’operazione di dragaggio in corso, che finirà tenziare il sistema portuale campano. Anche l’avvio della nella primavera del 2019. Sempre nel porto di Napoli gli Zona Economica Speciale della Campania, partita con la investimenti in corso sono pari a 153,7 milioni di euro: prima riunione del Comitato di Indirizzo in ottobre, sarà oltre all’escavo, è previsto il prolungamento della diga un fronte di lavoro molto rilevante, per offrire alla comuDuca d’Aosta, l’efficientamento energetico, mentre sono nità delle imprese occasioni di investimento produttive e in corso le progettazioni esecutive per i nuovi collegaun sistema logistico maggiormente efficiente.

41 milioni

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ACQUA di Vezio Benetti | Per Ugo Patroni Griffi, presidente dell’AdSP MAM, bisogna dare ai giovani un ruolo da protagonisti nei porti |

una laurea per la bluE

economy S

apete cos’è la Blue economy? Forse l’immaginate, ma vogliamo dirvelo lo stesso. Si chiama, per dirla all’italiana, “Economia blu” quella che comprende tutte le attività umane che utilizzano il mare, le coste e i fondali come risorse per attività industriali e di servizi, come acquacoltura, pesca, biotecnologie marine, turismo marittimo, costiero e sottomarino, trasporto, porti, energie rinnovabili marine. Il tutto in un’ottica, imprescindibile, di sostenibilità ambientale, che permea, per sua natura, tutto il settore. Perché la Blue Economy è, prima di tutto, un’attitudine. Che si impara (anche) sui banchi di scuola. O meglio: dell’Università. Così, con il duplice obiettivo di porre in essere presupposti validi perché i giovani possano creare nuovi posti di lavoro e, al contempo, fornire all’economia del mare rigenerante

UGO PATRONI GRIFFI

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linfa vitale, attraverso una classe imprenditoriale preparata e qualificata, il presidente dell’Autorità di sistema portuale Mare Adriatico Meridionale, Ugo Patroni Griffi, sta muovendo fondamentali passi preparatori per istituire a Brindisi, in sinergia con l’Università Aldo Moro di Bari, un corso di laurea magistrale in proprio in Blue Economy. «L’economia del mare ha una rilevante forza moltiplicativa» spiega: «per ogni euro prodotto dalla blue economy se ne attivano 1,8, nel resto dell’economia. Attualmente, il 30% degli addetti ha meno di 35 anni, ciò significa che il mondo dei giovani guarda con interesse a questo comparto, e questo comparto guarda con interesse ai giovani. Attraverso il corso di laurea magistrale vogliamo fornire agli imprenditori del futuro competenze specialistiche e una serie di strumenti innovativi per operare in un contesto di sostenibilità economica e ambientale, rivolta alla valorizzazione delle risorse naturali e del mare, in linea con gli altri Paesi europei». Offrire ai giovani la possibilità di esprimere la loro fantasia e il loro ingegno, svolgendo un ruolo proattivo nella crescita dei porti delle loro città, è uno dei punti cardine dell’azione


ACQUA

amministrativa dell’Autorità di Sistema Portuale Del Mare Adriatico Meridionale. Nel complesso progetto di pianificazione dello sviluppo dei cinque porti del sistema (Bari, Brindisi, Barletta, Monopoli e Manfredonia) Patroni Griffi ha voluto coinvolgere in maniera sempre più diretta i giovani. Gli studenti del Corso di Architettura e Composizione Architettonica del Politecnico di Bari, per esempio, hanno fornito il loro talentuoso apporto nella redazione di progetti per la riqualificazione dell’area portuale di Bari. «Le nostre città si affacciano direttamente sui porti e sul mare» ha spiegato il presidente: «è necessario, pertanto, avviare un processo di riqualificazione e di integrazione urbanistica, al termine del quale le aree portuali possano

finalmente essere spogliate dal ruolo di appendice periferica, diventando una parte attiva e dinamica del centro urbano». Gli studenti hanno realizzato masterplan e progetti di edifici inseriti nella planimetria generale. In questo modo è stata immaginata una nuova area portuale più aderente alle trasformazioni urbanistiche già in corso o programmate. Le loro idee progettuali saranno discusse con amministratori, università, associazioni e cittadini, attraverso un metodo di lavoro aperto e inclusivo. Con il progetto Light Memories, poi, un gruppo di giovani architetti brindisini si è aggiudicato il primo posto del concorso Light Tales, indetto dall’AdSP MAM per la riqualificazione di via del Mare a Brindisi. Un filo di luce led rappresenta il tempo e racconta la storia del porto e della città lungo l’infrastruttura di security portuale di via Del Mare. La partecipazione dei giovani è stata numerosa (segno inequivocabile di un interesse che non conosce tregua). I progetti faranno parte di una mostra permanente. Grazie ai progetti di alternanza scuola lavoro, invece, gli studenti dei licei artistici De Nittis-Pascali di Bari e Simone-Durano di Brindisi sono stati impegnati in un’opera di abbellimento dei new-jersey presenti nei porti. I ragazzi hanno prima ideato e progettato le opere pittoriche in classe con il supporto dei tutor. Poi, armati di pennelli e bombolette, hanno messo in opera le idee, trasformando le strutture in cemento armato in elementi di arredo urbano. «Rendere i ragazzi parte attiva dello sviluppo della loro città è il principale strumento didattico nelle mani degli educatori» ha commentato Patroni Griffi :«in questo modo costruiamo cittadini del futuro consapevoli e dotati di maggior senso civico. Gli studenti coinvolti non solo non vandalizzeranno mai i beni pubblici, ma vigileranno per preservarli. In questo percorso, i giovani hanno avuto la possibilità di manifestare e valorizzare la loro fantasia, mettendo in pratica gli insegnamenti ricevuti. Il contagioso entusiasmo dei ragazzi e la conseguente riuscita del progetto ci spingono a estendere tale iniziativa anche agli altri porti del sistema, così da dotarli di originali elementi di decoro urbano che costituiranno un ulteriore appeal per il porto e per il territorio».

per ogni euro prodotto dalla blue economy se ne attivano 1,8 nel resto dell’economia e in queste attività il 30% degli addetti ha meno di 35 anni

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di Vezio Benetti

ACQUA

| La Banca Europea degli Investimenti ha erogato un consistente finanziamento per Civitavecchia e Fiumicino |

porti del lazio e di roma pronti al salto di qualità C

entonovantacinque milioni di euro. Questa è la cifra con la quale la Banca europea degli investimenti ha deciso di erogare in favore dei Porti di Roma e del Lazio. Si tratta del più grande finanziamento della Bei a favore di un’autorità di sistema portuale negli ultimi anni. Tale scelta è maturata dopo una lunga istruttoria, riattivata nel 2017, in considerazione dello sviluppo delle Autostrade del Mare che costituiscono un importante snodo per i flussi di passeggeri e merci nel centro Italia e rappresentano uno dei principali collegamenti tra l’Italia continentale e il Mediterraneo occidentale, come la Sardegna, la Sicilia, la Spagna, la Francia meridionale e l’Africa settentrionale. Il progetto co-finanziato dalla Beuropeia degli investimenti consiste nell’ampliamento del porto di Civitavecchia e nella creazione di un nuovo porto commerciale a Fiumicino.

Entrando nello specifico, per quanto concerne Civitavecchia il progetto riguarderà la realizzazione di grandi opere infrastrutturali. Ci riferiamo, in particolare, al completamento delle opere relative alle darsene servizi e traghetti e al prolungamento della diga foranea, nonché alle relative connessioni viabilistiche. A Fiumicino, invece, il progetto comprenderà la costruzione della nuova darsena pescherecci e della prima fase del nuovo porto commerciale a servizio di traghetti passeggeri, navi Ro-Ro e navi da crociera, grazie alla realizzazione di due nuovi frangiflutti e di un’ importante opera dragaggio e la realizzazione di un sabbiodotto, una tubazione che ha lo scopo di trasferire sedimenti di sabbia in zone maggiormente interessate dal fenomeno dell’erosione costiera, che passerà interrato lungo l’attuale linea di costa, che, però, un domani, sarà l’area alle

195 milioni di euro

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ACQUA spalle delle banchine. «L’approvazione da parte della Bei di questo finanziamento» ha dichiarato Francesco Maria di Majo, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale «è una notizia di enorme importanza per i porti di Roma e del Lazio che consentirà all’AdSP di portare a termine la gran parte delle opere previste nei piani regolatori portuali di Civitavecchia e Fiumicino, permettendo così al network di fare il tanto atteso “salto di qualità” nel panorama dello shipping mondiale». «Tale obiettivo» ha continuato di Majo «potrà essere raggiunto con il necessario contributo da parte della Regione Lazio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, auspicabilmente, sosterranno anche questo fondamentale intervento infrastrutturale portuale per lo sviluppo della competitività della logistica nazionale. Finalmente, così, la capitale d’Italia e le aree circostanti (che rappresentano il secondo bacino per consumi a livello nazionale ed il quinto a livello europeo) nonché il principale aeroporto italiano ed europeo (con più di 40 milioni di passeggeri) avranno porti attrezzati che potranno soddisfare le esigenze commerciali, industriali e turistiche del territorio. Il consolida-

FRANCESCO MARIA DI MAJO

mento del ruolo strategico dei porti di Roma e del Lazio necessiterà, tuttavia, del completamento dei collegamenti ferroviari e viari verso Orte e Fiumicino». Lo sviluppo e l’importanza che rivestono i porti del network laziale nel panorama italiano è stato ulteriormente confermato dall’approvazione della Giunta della Regione Lazio con una delibera che ha dato l’avvio all’iter procedurale per l’istituzione della Zona Logistica Semplificata (ZLS) relativamente alle aree portuali e retroportuali di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta. La scelta della Regione Lazio di avviare questo iter testimonia la grande attenzione per lo sviluppo dell’intera filiera portuale e logistica che trarrà, senz’altro, considerevoli benefici dall’implementazione delle Zone Logistiche Semplificate. La ZLS laziale supporterà anche lo sviluppo e l’integrazione, anche infrastrutturale, dei corridoi trasversali Tirreno/Adriatici attraverso strumenti di collaborazione tra l’AdSP del Tirreno Centro Settentrionali e le AdSP dell’Adriatico centrale (porti delle Marche e dell’Abruzzo) e dell’Adriatico meridionale (in particolare porti di Bari e Brindisi), che sono stati oggetto di specifici accordi di cooperazione. Le aree retroportuali interessate dalla nuova ZLS verranno individuate, in particolare, alla luce del loro nesso economico funzionale con il sistema portuale, con le reti trasportistiche e con i nodi infrastrutturali produttivi del Lazio. Sarà, infine, importante prevedere, come precisato nella recente delibera della Regione, che le attività imprenditoriali svolte all’interno della ZLS curino la riduzione degli impatti ambientali dei sistemi produttivi, anche attraverso una strategia per la sostenibilità delle attività imprenditoriali, la promozione dell’eco-innovazione nelle infrastrutture, nei prodotti, nei processi produttivi, nonché nei servizi, secondo le linee guida stabilite dalla Regione per lo sviluppo di “Aree produttive ecologicamente attrezzate”.

la capitale d’Italia e le aree circostanti hanno il più importante aeroporto del paese e rappresentano il secondo bacino per consumi a livello nazionale

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ACQUA di Franco Oppedisano | Il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Edoard Rixi guarda all’esempio del nord Europa |

una spa per dare ai porti più autonomia finanziaria I

l fatto che sia genovese conta. Edoardo Rixi ha respirato fin da piccolo il profumo del mare e l’atmosfera del porto. E oggi che, dopo essere stato nominato viceministro alleInfrastrutture e ai Trasporti, ha ottenuto la delega ai porti può finalmente cercare di trasformare le sue idee in fatti. La concretezza sembra, poi, essere la cifra alla quale vuole associare il suo nome, specie dopo la tragedia del ponte Morandi. Nel momento in cui andiamo in stampa, il viceministro Rixi conferma l’avvio della demolizione dei tronconi rimasti entro la fine del mese di dicembre: «C’è la volontà da parte di tutti perché i lavori di demolizione inizino prima di Natale per arrivare nel minor tempo possibile alla fase della ricostruzione», sottolinea.

Ce la faremo? Lo ha annunciato il commissario alla ricostruzione, il sindaco di Genova Marco Bucci, in modo da procedere con la richiesta di dissequestro delle aree e riaprire le strade che insistono nella zona del crollo. Il 26 novembre è scaduto il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse per la realizzazione del nuovo viadotto e un collegio di tecnici, scelti dal commissario Bucci, sta vagliando le proposte progettuali. Sono molti i progetti? Sì e il fatto che siano pervenute molte proposte progettuali per la ricostruzione del Ponte Morandi è sicuramente positivo: la scelta potrà essere presa su un ampio ventaglio di alternative. Nei prossimi giorni al ministero incontreremo il commissario alla ricostruzione Bucci per avere un dettaglio dell’analisi ricognitiva sui progetti sul tavolo. Certamente cercheremo di tenere conto delle ricadute sull’occupazione locale, sulla sostenibilità del cantiere, sull’impatto sul quartiere, oltre che sulla rapidità di realizzazione e sull’efficacia della nuova infrastruttura. Quanto tempo ci vorrà? Come ministero delle Infrastrutture, attraverso le strutture

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IL VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI EDOARDO RIXI

competenti, abbiamo già iniziato la definizione delle prime importanti modalità attuative delle misure contenute nel dl Genova, a partire dal porto e intermodalità ferroviaria. Inoltre, proprio per velocizzare e rendere più snelle le procedure per l’affidamento dei lavori per la ricostruzione, a una settimana esatta dalla conversione in legge del decreto, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha firmato il decreto per la semplificazione della documentazione antimafia. L’obiettivo di governo e istituzioni locali è di procedere nei tempi più rapidi possibili e consentire a Genova di avere il


ACQUA

IL TRONCONE DEL PONTE MORANDI DI GENOVA

nuovo ponte, o almeno vederlo realizzato e in attesa di via libera all’esercizio, per la fine del prossimo anno.

I maggiori trasferimenti per il porto di Genova peseranno sugli altri porti italiani? Fin da subito ho lavorato perché gli aiuti che potessero sostenere, in questa difficile fase, l’Autorità di sistema portuale di Genova non gravassero sugli altri porti. Con la conversione in legge del decreto Genova, sono stati stanziati per l’Autorità di sistema portuale Mar Ligure Occidentale, che comprende anche il porto di Savona-Vado, per altro danneggiato con la mareggiata di fine ottobre, oltre 44 milioni di euro a cui, con le misure introdotte nella Legge di stabilità, si aggiungono ulteriori 200 milioni di euro.

con la conversione del decreto genova sono stati stanziati per il sistema portuale mar ligure occidentale, che comprende il porto di savonavado, più di 44 milioni di euro

Lei ha parlato spesso di autonomia finanziaria dei porti. Ci spiega come realizzarla? Come ho più volte detto, penso che il sistema delle Autorità portuali italiane, oggi Autorità di sistema, dopo la riforma Delrio, abbia necessità di essere rivisto. Oggi le Adsp risultano eccessivamente ingessate, con poca capacità poter prendere decisioni in situazioni di emergenza. Trasformare i porti in enti economici o in società per azioni, magari con

il coinvolgimento delle realtà locali, dei cluster marittimi e dei mercati di riferimento: questa è stata luna delle chiavi del successo di alcuni importanti scali del nord Europa e invece in Italia si è per anni continuato ad avere una visione centralizzata. Penso che questi possano essere i presupposti fondamentali per poi arrivare a una riforma volta al potenziamento dell’autonomia finanziaria dei porti italiani.

La crescita del porto di Genova, ma anche di tutto il Nord Italia, sono, in parte, legati alla realizzazione del Terzo Valico. Ritiene che le analisi costi/benefici possano metterlo in dubbio? Come più volte ho dichiarato pubblicamente, e anche di recente in occasione delle celebrazioni di Santa Barbara all’interno del tunnel del Terzo Valico, il Terzo Valico andrà avanti. I lavori sono realizzati per oltre il 30% e all’80% già appaltati: sarebbe un danno enorme, dal punto di vista economico, per il Pae-

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ACQUA ro sono ancora una priorità? Il principio è che se ci sono opere già in cantiere e, come nel caso del Terzo Valico, già in stato di avanzamento inoltrato, sarebbe più dannoso interromperle che non portarle a termine. Certamente ci sono sensibilità diverse nell’approccio alle grandi opere e dobbiamo imparare dagli errori del passato, ad esempio rivedendo il rapporto con le comunità a partire dal piano occupazionale, con l’impiego di maestranze locali nei lavori.

se e quindi non solo per la Liguria, il Piemonte e il Nord Ovest in generale non completarlo. C’è, inoltre, la necessità di portare a compimento l’opera, considerando il Terzo valico non solo la galleria di valico com’è stato intesa finora ma l’intera linea che conduce fino al confine svizzero. Questo vuol dire anche riprogrammare gli interventi di ferrovie dal nodo di Tortona fino a quello di Milano che, altrimenti, rischiano di rendere l’opera del valico appenninico sotto-utilizzata. Serve anticipare il quadruplicamento dei binari sul nodo di Milano e di Tortona, altrimenti si rischia di avere dei colli di bottiglia.

Un punto di scontro all’interno del Governo è la Tav. Ma ci pare di aver capito che anche i francesi potrebbero sfilarsi. È vero? Di recente ho incontrato l’ambasciatore Christian Masset al ministero a Roma. A Masset ho chiesto di condividere misure per evitare la chiusura francese del tunnel del Tenda e ho sottolineato la necessità di condivisione, tra i nostri due Paesi, nella gestione dei valichi alpini e ferroviari con l’obiettivo di superare le attuali criticità, non procrastinabili nel tempo. L’incontro è stato utile per chiarire anche le necessità del sistema logistico e portuale di Italia e Francia. Con la Francia abbiamo molte importanti partite aperte, che vanno affrontate, a partire dalla linea ferroviaria transfrontaliera Ventimiglia-Cuneo, del Valico della Maddalena e del raddoppio della linea Genova-Marsiglia, che di recente è stato inserito tra i corridoi strategici T Ten a livello europeo come affermato dalla commissaria Violeta Bulc. La pedemontana veneta, quella lombarda, il Brenne-

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Crede che il matrimonio tra Fs e Alitalia abbia un senso anche per il trasporto merci? Alitalia ha bisogno di un partner industriale importante. Per il trasporto merci, a livello di principio generale, penso sia necessario un sistema logistico efficiente che quindi punti sull’intermodalità, in cui può anche rientrare il cargo aereo. Quale sarà il ruolo di Anas dopo l’interrotta fusione con Fs? Sicuramente Anas deve essere valorizzata nella propria mission con cui è nata, quindi occupandosi di strade. A breve verrà definito il nuovo management societario, che darà piena operatività ad Anas.

GIOVANNI TOTI, PRESIDENTE DELLA REGIONE LIGURIA




TERRA

terra

50 AUTOTRASPORTO

70 CHEMICAL EXPRESS

58 STRADE E AUTOSTRADE

73 NICOLOSI

64 PARLA IL SOTTOSEGRETARIO ALL’AMBIENTE

74 VEICOLI COMMERCIALI

68 LA SPERANZA IBRIDA

76 SUPPLY CHAIN

i veicoli pesanti alle prese con “vecto”, il nuovo metodo ue per il calcolo delle emissioni

le opere viarie strategiche devono fare i conti (letteralmente) con la mancanza di fondi

per Vannia gava la mobilità sostenibilie deve essere anche comoda e possibilmente più economica

scania ha presentato i suoi primi veicoli che possono percorrere fino a dieci chilometri solo in elettrico

il trasporto dei liquidi, anche pericolosi, prende la via dell’intermodalità grazie ai tank container

la grande azienda di trasporti siciliana punta sul green: il 90% dei suoi camion sono già euro 6

Parla roberto Bolciaghi, presidente dell’unione concessionari italiani di renault

collaborare con un partner logistico globale per espandere il business: il caso gefco

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TERRA di Valerio Boni

| Nel 2019 entrerà in vigore nella Ue un metodo di calcolo per le emissioni dei veicoli pesanti |

e adesso gli autocarri fanno i conti con il “vecto” P

er i loro detrattori hanno tutti i difetti del mondo. Ma le alternative via terra stentano ad affermarsi. In Italia, in Europa, nel mondo. Dove i trasporti su gomma continuano ad essere preponderanti. Forse perché sono, e restano in molti frangenti, la soluzione più economica, più semplice, più pratica. E non sembrano servire a molto i paletti indicati dal Libro bianco Ue che ha fissato al 2030 l’obiettivo di far viaggiare su ferro o su vie navigabili almeno il 30% delle merci su distanze di almeno 300 chilometri, per arrivare al 50% nel 2050. Perché se a livello continentale, dove il settore rappresenta il 5% del Prodotto interno lordo, il traguardo non è irraggiungibile, visto che i trasporti su gomma si attestano al 76,4% del totale, in Italia (ma anche in Francia) siamo ancora all’86,5%. Quindi ancora molto lontani. A poco valgono i dati Istat elaborati dal Centro Ricerche Continental Autocarro che in dieci anni evidenziano un calo del 38,1% del trasporto merci su gomma in Italia, passato da 24,9 tonnellate trasportate per abitante a 15,4, con il crollo concentrato tra il 2010 e il 2014, gli anni in cui la crisi ha morso più forte. Questi dati non significano che il settore abbia subito una rivoluzione determinata da uno spostamento verso altre soluzioni, come il trasporto su rotaia verso il

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quale l’Ue vuole dirottare l’attività. Anche perché, sempre in Europa, l’ampliamento della rete ferroviaria negli ultimi 20 anni non ha raggiunto la soglia del 4%, mentre in Italia è andata ancora peggio.

Un parco vecchio All’alto numerodi veicoli industriali in circolazione ogni giorno su una rete stradale nazionale non sempre all’altezza si aggiunge il problema generato da un parco circolante obsoleto, esattamente come avviene per il trasporto leggero. Se gli ultimi dati relativi alle auto del Centro Studi e Statistiche di Unrae (Unione rappresentati autoveicoli esteri), aggiornato alla fine del 2017, evidenziano che i 38 milioni di vetture che viaggiano sulle strade italiane hanno in media un’anzianità di 10 anni e nove mesi, i 653 mila veicoli destinati al trasporto pesante sono mediamente più vecchi di due anni. Ciò significa che i mezzi utilizzati sono tra i più datati d’Europa, con evidenti ripercussioni in termini di sostenibilità e di sicurezza. Dal novembre 2015 è stato infatti introdotto l’obbligo di equipaggiare i nuovi veicoli con una serie di dispositivi di sicurezza come il rallentamento automatico antitamponamento o l’eLdw che avvisa chi guida in caso di


TERRA

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TERRA in cerca di giovani autisti Il superamento della crisi corrisponde a un mutamento del settore del trasporto su gomma, che necessiterà di almeno 20 mila nuovi autisti nei prossimi cinque anni solo in Italia, mentre a livello europeo il numero raggiunge quota 180 mila. L’evoluzione del mercato, con la sempre più massiccia presenza di nuove tecnologie per l’utilizzo dei veicoli e la gestione logistica, richiede un deciso salto generazionale e a questo proposito l’Albo dei Trasportatori ha stanziato 4 milioni di euro per un progetto il cui obiettivo è quello di portare 500 ragazzi a seguire un iter di formazione per l’ottenimento degli attestati professionali necessari. A oggi sono infatti più di 775 mila gli autisti in possesso della carta di qualificazione del conducente (CQC), ma solo il 4% di questi ha un’età che può essere definita giovane.

deviazione involontaria dalla corsia, e solo il 4,2% dei veicoli industriali in circolazione ogni giorno ne è dotato. Viaggiano 350mila camion con più di13 anni Con l’attuale ritmo di ricambio, per ottenere un totale rinnovamento del parco circolante bisognerà attendere 11 anni. Anche perché i veicoli pesanti sono mezzi da lavoro e l’anzianità dei camion dipende anche dalla crisi che ha attraversato negli anni scorsi il settore da causa della contrazione delle merci trasportate. Il panorama dell’autotrasporto è cambiato radicalmente, con una riduzione del numero delle aziende e una penalizzazione di quelle di piccole dimensioni, obbligate a una drammatica riduzione dei costi per contrastare la concorrenza dei Paesi dell’Est che operano sul nostro territorio a tariffe stracciate. Con i momenti più critici alle spalle la situazione appare ora più stabile, ma il tempo trascorso ha lasciato il segno: quasi due “trattori” su dieci (il 18,5%), sempre secondo l’Unrae, sono ancora Euro 1 o addirittura Euro 0, il 14,7% si ferma all’Euro 2 e gli Euro 3 sono il 20,5% del circolante. Ciò significa che oltre la metà dei mezzi pesanti che lavorano in Italia è stato immatricolato prima del 2005 e ha quindi almeno 13 anni. È il momento di Vecto Si parla e si sperimentano nuove soluzioni, ma gli esperti assicurano che i classici motori a combustione continuano a rappresentare la risposta più concreta alla esigenze della

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mobilità delle merci. E continueranno a esserlo almeno fino al 2035-2040. L’avvicinamento a quelle date comincia, però già dal prossimo anno, con l’introduzione di Vecto, acronimo di Vehicle Energy Consumption Calculation Tool, uno strumento che misurerà e certificherà le emissioni di CO2 dei nuovi veicoli industriali. Una normativa che ha richiesto dieci anni per essere messa a punto, poiché la particolare varietà di veicoli rende impossibile l’identificazione di un unico protocollo, al contrario di quanto avviene per auto e moto. L’Unione europea ha, quindi, deciso di risolvere tutto affidandosi a un software, il Vecto appunto, che calcola ogni singolo valore di emissioni di ogni mezzo in base ai vari lavori che andrà

oltre la metà dei mezzi pesanti che circolano in Italia è stato immatricolato da almeno 13 anni. quasi due camion su dieci sono ancora Euro 1 oppure addirittura Euro 0


TERRA

a fare, delle diverse configurazione, del carico e del tipo di percorso che farà. In questo modo, assicurano coloro che hanno studiato il software, i clienti sapranno esattamente quanto consuma il mezzo in ogni situazione, potranno fare scelte d’acquisto più consapevoli e verrà stimolata una reale concorrenza sul tema tra i produttori di automezzi. C’è solo da sperarlo perché a prima vista sembra un sistema estremamente complicato. In Italia continuano gli incentivi A livello istituzionale il ministero delle Infrastrutture e Trasporti ha stanziato nel 2017 10,5 milioni di euro per l’acquisto di veicoli industriali a trazione alternativa (gas naturale compresso o liquido, ibrida o elettrica) con contributi fino a 20 mila euro, e nel 2018 ( fino ad aprile 2019) l’operazione è stata ripetuta mettendo a disposizione 9,6 milioni per incentivare il rinnovamento del parco circolante che si aggiungono ai 24 milioni destinati a favorire l’acquisto di veicoli Euro VI, rimorchi, semirimorchi

e casse mobili. Un intervento di cui si sentiva la necessità, che secondo Anita, l’Associazione nazionale imprese trasporti automobilistici, aderente a Confindustria, avrebbe dovuto essere più sostanzioso con le richieste che hanno superato ben presto la disponibilità di fondi. Il provvedimento riconosceva contributi per l’acquisto di veicoli che sfruttano quattro diverse tecnologie, ma in realtà il metano, soprattutto in

il metano in forma liquida rispetto al gasolio permette di abbattere tutte le emissioni di particolato e di ossidi di azoto, e di ridurre tra il 10 e il 15% quelle di CO2 forma liquida, è quella al momento più concreta. Rispetto al gasolio permette di abbattere completamente le emissioni di particolato e di ossidi di azoto, e di ridurre tra il 10 e il 15% quelle di CO2. Ma è possibile raggiungere livelli prossimi al 100% utilizzando BioGNL. Al momento è la tecnologia che assicura i migliori risultati in termini di contenimento delle emissioni e dei costi di gestione, con risparmi che per un

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TERRA

roadmap per il futuro autotrasportatore possono essere quantificati almeno in 10 mila euro in un anno.

Non è ancora il tempo dell’elettrico Per l’elettrico puro, invece, bisogna attendere. Le emissioni zero sono già una realtà per i veicoli commerciali, vale a dire i furgoni impiegati per un trasporto più leggero, mentre per vedere un autotreno in grado di percorrere a pieno carico le stesse distanze alimentato da batterie bisognerà aspettare qualche anno. La sperimentazione di e-truck è avviata e alcuni veicoli circolano già su strada, ma si tratta però di autocarri con portate ridotte. Tra i costruttori impegnati c’è Mercedes-Benz, che dalla primavera del 2018 ha affidato a una decina di clienti gli eActros nelle versioni da 18 o 25 tonnellate per un test di affidabilità in normali condizioni di impiego. Poi c’è il camion firmato Tesla e quello dell’azienda americana Nikolai, ma un po’ tutti i costruttori stanno sperimentando. Come la maggior parte dei mezzi di trasporto alimentati da batterie, anche questi hanno nell’autonomia il limite più evidente, poiché non sono in grado di percorrere più di 200 chilometri con una ricarica. Sola Tesla dichiara per il suo Semi una autonomia di 804 chilometri a pieno carico, ma sono in pochi a crederci. Intermezzo ibrido Esattamente come per le auto, l’avvicinamento all’elettrico dovrà passare attraverso soluzioni intermedie, i cosiddetti ibridi. Per questioni tecniche legate alle strutture e ai pesi, le tecnologie non possono essere le stesse applicate alle vetture, con motori elettrici combinati a quelli classici a ben-

L’Iru (Unione internazionale dei trasporti su strada), ha definito una roadmap che sintetizza i tempi previsti per l’introduzione di nuove tecnologie destinate a rivoluzionare il settore entro il 2050. Siamo attualmente nella prima fase, quella iniziata nel 2016 che si concluderà nel 2020, che prevede il miglioramento dell’efficienza dei motori diesel e l’ibridazione dei veicoli destinati alle consegne urbane e regionali. A questi obiettivi, già raggiunti e in costante sviluppo, si aggiunge quello dell’incremento dei veicoli a gas e l’aumento della produzione di biocarburanti di seconda generazione. L’inizio della commercializzazione di veicoli alimentati a metano liquido ha dato un forte impulso al settore, che ha anche raggiunto un altro dei target fissati, vale a dire la stesura di un protocollo di certificazione delle emissioni operativo per tutti i nuovi veicoli pesanti, che diventerà una realtà nel 2019 con l’introduzione della certificazione

Vecto. Dal 2020 al 2030 il programma prevede un ulteriore miglioramento dell’efficienza dei motori alimentati a gasolio, un maggiore contributo dei veicoli ibridi e la programmazione di misure finalizzate alla predisposizione della rete elettrica su strada. Dovranno inoltre progredire le tecnologie per i motori alimentati a gas e accelerare le ricerche per lo sviluppo di biocarburanti avanzati. L’ultimo passo, che si concluderà nel 2050, dovrà portare a una capillarità di infrastrutture di ricarica, che sia uniforme per tutta la gamma di propulsori alternativi disponibili in quegli anni. Dovranno inoltre essere sviluppati carburanti alternativi di nuova generazione e incentivata la produzione di biocarburanti per il supporto di trasporti a lungo raggio senza collegamenti alla rete elettrica e per le consegne regionali nei casi in cui non sia possibile l’uso di batterie. A quella data sarà inoltre abituale l’uso di veicoli a guida autonoma.

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TERRA

86,5%

MERCE TRASPORTATA

SU GOMMA

15,4 TONNELLATE MERCE TRASPORTATA

SU GOMMA

A PERSONA IN ITALIA

653

VEICOLI PESANTI CIRCOLANTI

MILA IN ITALIA

53,7% PERCENTUALE

DEL PARCO CIRCOLANTE

CHE HA PIÙ DI 13 ANNI zina o gasolio, anche se gli obiettivi da raggiungere sono i medesimi. Bisogna sempre migliorare l’efficienza e recuperare l’energia prodotta senza che sia impiegata, come quella persa in fase di frenata o quella che se ne va con i gas di scarico. A questo proposito il colosso americano Federal-Mogul, ad esempio, sta lavorando a varie soluzioni, a partire dall’utilizzo di un generatore elettrico relativamente piccolo, da 12 kW, in grado di recuperare energia durante le decelerazioni, per restituirla sotto forma di coppia aggiuntiva in accelerazione, ma non in modo diretto. L’idea è quella di utilizzare quanto prodotto per muovere un dispositivo di sovralimentazione aggiuntivo alimentato elettricamente e non dai gas come quelli convenzionali. I test confermano la riduzione di consumi e di emissioni fino al 5% e una più pronta risposta del motore in ripresa, gazie anche al supporto fornito dall’elettronica.

Stelle, che idealmente punta a trasformare gli autocarri in “filocamion”. Ci sono già esempi nel nord Europa e in Italia la Brebemi ha recentemente annunciato, insieme a Scania e Siemens, l’avvio di un tratto sperimentale tra i caselli di Romano di Lombardia e Calcio. Nella sostanza, si tratta di elettrificare con linee aeree (come quelle urbane per i filobus) alcune tra le rotte più battute, e dotare i veicoli già esistenti di un motore dedicato e dell’indispensabile trolley. Il progetto presentato in Europa propone anche una stima dei costi necessari per questa operazione: tra i due e i quattro milioni di euro a chilometro per stendere la rete aerea, e tra i 100 e i 150 mila euro per la trasformazione degli autocarri. Investimenti che, secondo le stime, potrebbero essere recuperati senza difficoltà e in tempi brevi abbattendo i costi relativi a manutenzione e carburante.

Le e-highway costeranno tra i due e i quattro milioni di euro al chilometro per la rete aerea, e tra i 100 e i 150 mila euro per la trasformazione degli autocarri tradizionali

La chiave è la flessibilità In ogni caso, sospeso tra proposte avveniristiche e più concrete, il trasporto su gomma mantiene il suo ruolo primario nella logistica globale. Pur in presenza di soluzioni diverse, la personalizzazione e la flessibilità rimangono le armi vincenti su tutte le altre. Treni, navi e aerei vincolano al trasporto tra punti ben definiti, mentre i veicoli industriali possono contare sulla capillarità di una rete stradale che collega tutta la Penisola, permettendo la possibilità di rispondere alle singole esigenze di trasporto, con la possibilità di scegliere tra varie formule, che vanno dalla spedizione a carico completo a quelle groupage e programmate. Le uniche situazioni nelle quali la “gomma” perde la sua competitività è sulle lunghe distanze, o in presenza di carichi particolarmente pesanti.

Il trasporto corre sul filo Sul tema ci sono proposte anche più innovative, come quella battezzata “e-highway & trolley trucks” presentata al Parlamento Europeo dal Movimento 5

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TERRA di Valerio Boni

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TERRA | Le opere viarie strategiche sono molte, ma i soldi non bastano e bisogna scegliere |

la coperta corta che frena strade e autostrade I

l mondo si divide in due. C’è chi pensa che riducendo gli investimenti e rendendo difficile il trasporto su gomma si possa spingere il traffico merci su rotaia. E c’è chi, invece, vorrebbe fare il proprio lavoro in condizioni ottimali senza lunghe attese, code e ingorghi e vorrebbe maggiori e migliori infrastrutture. Poi, di volta in volta, ci sono i contrari alle grandi opere stradali, in assoluto, per principio o perché semplicemente interessano la propria zona e creano innegabili disagi, concentrati soprattutto nella fase di realizzazione. Ogni opera, ma se ci pensate bene, anche una semplice manutenzione stradale come il rifacimento dell’asfalto, vivono queste contraddizioni. Creano disagi mentre vengono realizzate e i beni una volta completati vengono dati per scontati. Questi annosi problemi hanno come conseguenza diretta l’essere inchiodati al 21° posto della classifica della Banca mondiale per le performance logistiche nonostante l’Italia sia il secondo Paese manifatturiero d’Europa. Il trasporto merci nel nostro Paese continua a rimanere ancorato alla gomma, ma le infrastrutture viarie faticano a tenere il passo di un traffico pesante che i rilevamenti di Aiscat certificano abbia raggiunto nel 2017 una densità di oltre 19 miliardi di veicoli per chilometro di autostrada ogni anno. Quindi in Italia o sono troppi i veicoli pesanti in circolazione o sono pochi i chilometri di autostrada.

Più strade e meno rotaie Gli effetti di questi numeri sono un sempre crescente aumento delle probabilità di congestione del traffico su una rete stradale e autostradale che fatica a soddisfare le esigenze di tutti gli utenti, e al minimo intoppo genera code chilometriche. I limiti evidenti della rete nazionale prestano anche il fianco a chi auspica un drastico contenimento dell’uso di autocarri, autotreni e autoarticolati. Questi ultimi segnalano come gli investimenti del recente passato sono stati, comunque, troppo sbilanciati verso le infrastrutture stradali e

sottolineano come tra il 2012 e il 2017 siano stati realizzati 217 chilometri di autostrade (comprendono i tracciati della la Bre.Be.Mi e di parte della Asti-Cuneo) ai quali si sommano 1.825 chilometri di strade nazionali e 2.080 di provinciali e regionali, a fronte di una riduzione della rete ferroviaria per effetto della chiusura dei cosiddetti “rami secchi”. Dati confermati anche da quelli di tutta l’Europa, dove negli ultimi 20 anni la rete autostradale si è ampliata

tra il 2012 e il 2017 sono stati realizzati 217 chilometri di autostrade,1.825 chilometri di strade nazionali e 2.080 chilometri di strade provinciali e regionali dell’8% e quella ferroviaria è cresciuta meno della metà. La verità è che gli investimenti in infrastrutture nel nostro Paese sono stati pochi e, considerando la quota del trasporto su gomma delle merci, particolarmente ridotti in strade e autostrade. In Italia nel 1997 i chilometri di autostrada erano 5.372 e alla fine del 2017 erano 6.003, ma bisogna tenere conto che il ritmo di crescita della rete è progressivamente rallentato.Le opere più recenti e significative sono i 32,3 chilo-

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TERRA metri del passante di Mestre sulla A4, realizzato tra la fine del 2004 e il febbraio 2009, e la variante di valico sulla A1, che con 37 chilometri prevalentemente in galleria, rappresenta un’alternativa al classico percorso tra Firenze e Bologna, che si era ormai trasformato in un incubo per gli autotrasportatori, soprattutto nei mesi invernali. E soprattutto, dopo 60 anni e una spesa complessiva di oltre 8,2 miliardi di euro, è terminato l’ultimo cantiere della ormai archetipale Autostrada Salerno-Reggio Calabria, che per anni è stata sinonimo della difficoltà di realizzare le Grandi Opere in Italia. È nata ed ha cambiato nome in Autostrada del Mediterraneo per togliersi di dosso la cattiva fama e per averne uno che potesse meglio rappresentare quella che è oggi una delle autostrade più tecnologicamente avanzate d’Europa, la prima Smart Road italiana predisposta per la prossima guida autonoma con infrastrutture Wireless di ultima generazione che permetteranno il dialogo Autostrada–Utente e Autostrada-Veicolo.

Le nuove direttrici lombarde Negli ultimi cinque anni, poi, è stato portati a termine un grande progetto in un’area “calda” della Pianura Padana. Si tratta della Bre.Be.Mi, ultimata nella primavera 2014, la prima struttura italiana realizzata in project financing senza interventi da parte dello Stato e con capitale privato al 100%. La direttissima che collega Brescia alla tangenziale esterna di Milano senza transitare da Bergamo ha richiesto un investimento di 2,4 miliardi di euro, 1,6 dei quali provenienti da finanziamenti di Banca Europea di Investimenti, Cassa Depositi e Prestiti e altri istituti di credito. L’opera ha dovuto fare i conti con le abitudini degli autotrasportatori e con la mancanza di un raccordo che la collegasse direttamente alla Torino-Venezia, ma realizzato quest’ultimo sta riscuotendo un buon riscontro. L’altra grande opera della regione è la A36, meglio nota come Pedemontana Lombarda, fortemente voluta per il suo ruolo strategico di collegamento tra l’autostrada dei Laghi e la Torino-Venezia tra Capriate e Dalmine senza transitare dal nodo critico di Milano. Un progetto del consorzio formato da Milano Serravalle - Milano Tangenziali S.p.A. (68%), Equiter S.p.A.(20%), Banca Infrastrutture Innovazione Sviluppo S.p.A. (6%), UBI Banca S.p.A. (5%) e Par. Cop. Soc. Cons. Ar. L. (1%), che prevede uno sviluppo complessivo di 157 chilometri, 67 dei quali di autostrada e i rimanenti divisi tra tangenziali (a Varese e Como) e viabilità locale. In realtà, finora, sono stati ultimati complessivamente 22,5 chilometri di quella connessione, quelli della tratta che collega la A8 Milano-Varese alla A9 Milano-Como e della tratta che prosegue fino a confluire nella superstrada Mila-

Dopo 60 anni di lavori e una spesa complessiva di oltre 8,2 miliardi di euro è terminato l’ultimo cantiere della Autostrada Salerno-Reggio Calabria

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no-Meda. In questa configurazione manca la parte più significativa, quella che permetterebbe di drenare il traffico pesante nella zona nord di Milano, dove il tratto autostradale procede a rilento per almeno 10 ore al giorno, visto che non esistono alternative per i trasportatori che attraversano l’Italia da nord-ovest a est. Dopo varie vicissitudini finanziarie l’opera è tornata di attualità con la Regione Lombardia schierata in prima linea nonostante la posizione del Movimento 5 Stelle al governo sia decisamente contraria a opere come questa, giudicate superflue. La conferma è arrivata di recente dal Presidente Attilio Fontana che ha dichiarato: «Se lo Stato non dovesse sostenerci, faremo noi. L’opera sarà sicuramente realizzata dalla Lombardia. Ci sono operatori che si sono dichiarati disponibili a entrare per sostenere i costi dell’intervento e non escludo che possano finanziare loro quello che manca».


TERRA l’elettrico e il gas naturale spuntano in autostrada

Servono 317 miliardi per le opere strategiche L’asse est-ovest, con i collegamenti ai valichi, e quello nordsud sono i più critici e stressati, ma a livello locale ogni regione rivendica l’assenza di opere per rendere più fluido il traffico pesante, dalla Pedemontana Veneta alla ricerca di soluzioni per la circolazione dei veicoli da oltre 32 tonnellate sulla A19, in Sicilia, a seguito del divieto di circolazione imposto dai limiti strutturali del viadotto Cannatello tra Enna e Tremonzelli. Dal 14 agosto scorso ai problemi di sempre si sono aggiunti quelli che derivano dalle chiusure preventive di ponti e viadotti, ed è evidente che la prima emergenza da superare è quella innescata dal crollo del Ponte Morandi a Genova, che impone una lunga deviazione fino alla deviazione di Predosa-Bettole, con un percorso di oltre 120 chilometri per passare dalla zona di levante a quella di ponente del capoluogo. Questa rimane pertanto la priorità da affrontare a causa di un evento drammatico e straordinario, ma sul territorio rimangono numerosi noti critici da sciogliere. Che l’enorme disgrazia di Genova rischia di far passare in secondo piano. Anche perché la coperta è sempre troppo corta. Alle contraddizioni interne al Governo si sommano le oggettive difficoltà nel reperimento dei fondi per realizzare e portare a termine le opere. Secondo uno studio studio Cresme – Camera dei deputati, elaborato con l’Autorità anticorruzione a

La Brescia-Bergamo-Milano era stata concepita con l’obiettivo di diventare il corridoio padano ideale per il transito delle merci in movimento su gomma. Il successo dell’iniziativa è stato in parte frenato dalla mancanza di un collegamento diretto con la Torino-Venezia, che obbligava a una deviazione sulla viabilità ordinaria. Una lacuna colmata nel novembre 2017 con l’inaugurazione del raccordo di 5,6 chiometri, costato 58 milioni di euro, che ha da subito contribuito a far crescere l’interesse su questo tratto, dove nei primo trimestre del 2018 il traffico di veicoli industriali è cresciuto del 21,1%. Che l’obiettivo della A35 Bre.Be.Mi sia incrementare il traffico pesante lo rivelano anche nuove iniziative dedicate, che prevedono tra l’altro l’apertura di un distributore di LNG, il metano liquido, un carburante che viene sempre più usato nei nuovi veicoli da trasporto merci. Si tratta

della prima area di servizio autostradale, poiché attualmente la più vicina è quella di Brembate, a circa due chilometri dall’uscita di Capriate sulla A4. Inoltre il distributore di LNG è posto sul una delle direttrici del Blue Corridor che dovrebbe idealmente collegare Lisbona a San Pietroburgo e al nord Europa con una rete di distributori di LNG sufficientemente organizzata. Il tratto di sei chilometri che collega Calcio e Romani di Lombardia sarà il banco di prova della prima sperimentazione dell’elettrificazione delle strade per un trasporto su gomma a emissioni zero. Il progetto, che vede impegnati i ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti, oltre a Cal (Concessioni Autostradali Lombarde), Siemens e Scania, va ad aggiungersi agli studi già avviati in California, in Svezia e in Germania. Il piano prevede di montare una linea sospesa in entrambe le direzioni per alimentare gli autocarri ibridi Scania.

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TERRA maggio di quest’anno, sono necessari oltre 317 miliardi di euro per realizzare le opere definite strategiche per il Paese. Il 52,5% della cifra, 166,3 miliardi, è relativo alle cosiddette “opere prioritarie” nelle quali sono comprese infrastrutture strategiche già programmate in anni passati e nuovi interventi individuati con il Def 2017. Tra questi, programmi e interventi invarianti, il cui costo ammonta a 132,3 miliardi, di cui 84,2 miliardi relativi alle infrastrutture programmate prima del 2017 e 48,1 miliardi relativi a nuove priorità. Il restante 47,5% del costo delle infrastrutture programmate, ovvero 150,8 miliardi, è invece riconducibile a opere non prioritarie inserite comunque nella programmazione del Def 2013. Delle risorse necessarie, tuttavia, sono disponibili solo 130 destinate ad opere prioritarie, 60 per le opere non prioritarie, 100 per gli interventi invarianti. Il 34,7% del totale degli investimenti in infrastrutture per le opere strategiche sono strade e autostrade. E si parla di una cifra vicina ai 60 miliardi di euro (per la precisione 57,7 miliardi): più o meno come un paio di leggi finanziarie. Le priorità sono a Genova L’Università Federico II di Napoli ha realizzato uno studio il cui obiettivo è quello di individuare le 15 opere infrastrutturali, materiali e immateriali considerate decisive e non negoziabili che potrebbero risolvere le criticità del momento, che devono fare i conti non solo con la cronica carenza di fondi, ma anche con l’ostruzionismo di una parte della maggioranza. Un elenco che analizza tutti gli aspetti della movimentazione delle merci, e comprende quindi elementi legati alle ferrovie, ai porti e al trasporto aereo, identificando con puntualità gi interventi più urgenti in materia di strade e autostrade. Del primo si sta già occupando la politica ed è il completamento della A36 Pedemontana Lombarda, che non può rimanere zoppa, poi viene la zona di Genova, già

vicina al collasso prima dell’emergenza legata al ponte. Si tratta di una serie di interventi collegati che interessano anche l’area portuale e vanno dal terzo valico con gli interventi ferroviari collegati, alla gronda di Ponente, fino al completamento dei terminal portuali del capoluogo e della vicina Savona. A questi vanno aggiunti l’adeguamento della SS 106 Jonica e la realizzazione del tunnel del Brennero.

Un buco nel bitume Come se non bastasse, i soldi necessari per realizzare strade e autostrade, resta sempre e comunque sul tappeto il tema della manutenzione (anche se non tutto, fortunatamente, è nelle condizioni delle strade della Capitale, che ormai sono diventate molto pericolose): ci sono buche da coprire, manti stradali, da rifare, poi bisogna anche occuparsi della sicurezza sostituendo i guard rail. Per assicurare la qualità di un manto stradale bisognerebbe rifarlo ogni 7 anni, impegno per cui servirebbero circa 173 milioni di metri cubi d’asfalto, pari a 42 milioni di tonnellate l’anno. Mentre la produzione annuale italiana nel 2018 è prevista a 24 milioni, il numero più basso della storia recente. Per Michele Turrini, presidente di Siteb, la Società italiana bitume asfalto strade, che ha circa 300 associati, se una strada viene lasciata a se stessa il degrado accelera, intervenire sullo strato superficiale non basta più e i costi si moltiplicano per cinque. Ecco perché oggi, solo per il manto stradale e soltanto per rimettersi in pari, servirebbero investimenti per oltre 40 miliardi. Che naturalmente non ci sono, con il risultato che il comparto ha nel giro di otto anni perduto il 36% degli addetti e il 40% delle aziende. E le asfaltature dei 650mila i chilometri della rete stradale italiana sono ogni anno circa la metà di quelle che sarebbero necessarie per garantire una buona qualità del manto.

solo per la manutenzione del manto e l’asfaltatura dei 650mila chilometri della rete stradale italiana servirebbero investimenti per oltre 40 miliardi di euro

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L’INTERVISTA di Sergio Luciano | Per Vannia Gava, sottosegretario leghista all’Ambiente, devono esserci scelta chiare e univoche |

la mobilità sostenibile deve essere anche la più comoda S

naturale liquido o ad altri carburanti alternativi. ostenibile non dovrebbe solo significare che rispetta Il nostro Paese è orfano di una visione infrastrutturale. Pel’ambiente, ma anche che si basa su criteri attuabili, raraltro questo è un paradosso storico se si pensa che i Romani gionevoli e non aprioristici. Una quadratura del cerchio crearono le prime strade a lunga percorrenza per collegare non facilmente operabile. Specie quando dalle dichiarazioni l’impero alla Capitale; i Piemontesi scavarono il primo tunnel di principio, su cui non si può che essere d’accordo, si passa per attraversare le Alpi e i Lombardi asfaltarono la prima aualle misure concrete da attuare. Abbiamo chiesto di parlare tostrada al mondo. Tutto questo passa da una condi queste ultime al sottosegretario leghista all’Amsiderazione strategica che riguarda anche la ricerca biente, Vannia Gava. «Il settore dei trasporti» ci ha e l’applicazione in tema di carburanti. Ovviamente spiegato «è la fonte di circa un terzo delle emissioni oltre i limiti ue dal punto di vista ambientale una valutazione più di gas serra e ha altrettanto rilievo nella produzioappropriata sul gas naturale liquido spetta agli ne dell’inquinamento dell’aria nei centri urbani, scienziati piuttosto che ai politici, però è notorio che il Gnl polveri sottili in primo luogo. Stiamo parlando quindi di uno sia un prodotto apprezzabile anche dal punto di vista della dei settori di intervento chiave in materia ambientale. Un sostenibilità ambientale: rispetto ai carburanti tradizionali comparto complesso che implica scelte chiare e univoche da questo prodotto registra il 30% in meno di emissione di CO2, parte dei decisori politici sia a livello nazionale che a livello intermedio e locale, un orientamento chiaro del settore industriale dei trasporti, ma anche un salto di qualità culturale da parte dei cittadini.

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Nella mobilità sostenibile quanto è importante la multimodalità? È uno dei molti aspetti del problema da aggredire con interventi mirati e, soprattutto, tarati sui singoli territori. È opportuno che per andare al lavoro a Milano o a Roma si usino i mezzi pubblici. Ma se abito nell’hinterland devo avere i parcheggi di scambio in cui lasciare l’auto privata possibilmente gratuiti, accanto alla stazione dei treni o dei bus. E i mezzi per i pendolari devono essere civili e puntuali. Analogamente devo essere agevolato se utilizzo la bici per aggiungere il capolinea o la stazione e poi dalla fermata fino al posto di lavoro. Per intenderci, la mobilità sostenibile non deve essere un sacrificio da anime belle, ma diventare un modo più comodo, più veloce, e possibilmente più economico, per spostarsi. Altrimenti resterà un fenomeno di nicchia, sostanzialmente ininfluente sui macro numeri dell’ambiente. Porti sempre più green, mezzi più sostenibili. Lo sviluppo passa anche da una particolare attenzione verso il modo di concepire le infrastrutture. Pensiamo al gas

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IL SOTTOSEGRETARIO VANNIA GAVA CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIUSEPPE CONTE


L’INTERVISTA il 50% in meno di ossido di azoto e zero emissioni di particolato. Esiste una strategia europea, il progetto Blue Corridor, che prevede entro il 2020 la costituzione di una rete ben distribuita per il rifornimento di Gnl su tutto il territorio dell’Ue. In Italia dobbiamo impostare un piano infrastrutturale che permetta l’approvvigionamento e la diffusione. Io ritengo, personalmente, che dobbiamo puntare su una strategia energetica nazionale, all’aggiornamento della quale il Governo sta lavorando, comunque incentrata sul mix di fonti di approvigionamento. Non esiste e non può esistere, per logica e per scienza, una fonte di produzione di energia esclusiva sulla quale puntare: per questo ritengo che bisogna promuovere anche lo sviluppo di questa fonte energetica virtuosa.

Lei ha parlato di ”molti aspetti” del problema. Quello economico, dei costi e delle eventuali penalizzazioni di comparti produttivi, è uno degli temi da tenere in considerazione. Non crede? Io penso che vivere in città con l’aria respirabile sia interesse di tutti. Credo che avere meno marmitte che scaricano veleni “ad altezza di passeggino” sia un elemento di qualità della vita che bisogna assicurare. E che ha anche un valore economico perché le patologie legate all’inquinamento urbano hanno anche un costo sociale. Inoltre, non passare troppo tempo imbottigliati nel traffico consente una migliore qualità di vita. La questione economica, legata all’industria, mi preoccupa relativamente e non perché ne sottovaluti l’importanza: al contrario, credo sia un problema già in via di soluzione. Basta accendere la tv per verificare che ormai quasi tutte le pubblicità del settore auto sono orientate verso veicoli “verdi”: ibridi o elettrici. La qualità ambientale sta diventando “il” brand anche nell’automotive. Il futuro del trasporto privato è sostenibile. Ma la sfida è un’altra, anzi sono altre due.

Non ha alcun senso chiedere ai cittadini di lasciare a casa l’auto Euro 6 per farli salire su un bus diesel euro 1 che inquina più di tutte le loro auto insieme

Quali? La prima sfida: in mezzo al traffico non si spreca meno tempo se l’auto è elettrica e l’Italia, con 700 veicoli ogni 100 abitanti, ha un poco invidiabile record europeo. Il nodo da affrontare è la riduzione delle auto nelle nostre città, soprattutto le grandi città, per gli spostamenti abituali casa-lavoro

e casa-scuola. La seconda sfida: nel nostro paese circolano messi pesanti tra i più vecchi d’Europa (quasi 20 anni di età media). Non ha senso chiedere ai cittadini di lasciare a casa l’auto privata Euro 6 per farli salire su un bus Diesel euro 1 che inquina molto più di tutte le auto dei suoi passeggeri messe assieme. Occorre pensare seriamente a rinnovare radicalmente il parco bus dotando le città di mezzi poco inquinanti, privilegiando tram, filobus, metropolitane di superficie. Una transizione razionale, però, perché abbiamo prima bisogno di infrastrutture. Quindi puntare sul car sharing e trovare risorse per gli investimenti per nuovi mezzi pubblici? Dobbiamo imprimere una energica accelerazione ai processi già avviati. In Italia la sharing mobility cresce: nel triennio 2015-2017, infatti, i principali servizi di mobilità condivisa sono aumentati del 50% con punte di eccellenza soprattuto al Milano che si conferma il fiore all’occhiello in Italia per il car-sharing. La ricetta giusta è quella milanese: aiutare la crescita e non ostacolarla: ad esempio, trovando spazi per i parcheggi, per le stazioni di ricarica dei veicoli elettrici. Per il rinnovo del parco mezzi ci sono, già stanziati, 3,7 miliardi per i prossimi anni. Ma, anche

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L’INTERVISTA qui, ci vuole efficienza e chiarezza. Pensi che in una recente riunione a livello ministeriali ci siamo trovati con più fonti istituzionali che avevano ciascuna dati diversi sul parco dei bus circolanti e sull’età media dei mezzi. I fondi ci sono, l’efficienza fino a ieri è mancata. Dobbiamo recuperarla in fretta e spendere laddove ci sono le emergenze più serie. Come nelle regioni padane alle prese con lo smog dove rischiamo anche una procedura di infrazione Ue… Sinceramente, il mio problema dinanzi al pericolo smog è la salute dei cittadini, non certo l’eventuale procedura di infrazione Ue, peraltro ancora nella fase iniziale del parere motivato. Il tema è serio. Nel 2017 sono state 39 le città italiane fuorilegge con livelli di Pm10. E teniamo conto che questi superamenti sono avvenuti con emissioni in calo per il miglioramento complessivo del settore trasporti e degli impianti domestici. I cambiamenti climatici rendono soprattutto la pianura padana più secca e quindi più soggetta alla stagnazione delle sostanze inquinanti. In 31 dei 36 capoluoghi di provincia delle quattro regioni padane (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) è stato sforato il limite annuo giornaliero. Quindi è certamente questa la “prima linea” della battaglia per liberare l’Italia dallo smog.

il ministero dell’Ambiente ha finanziato 573 interventi di mobilità sostenibile erogando 625 milioni di euro a favore di 169 Enti locali

Qual è la vostra ricetta? Non ci sono soluzioni miracolistiche. I problemi che abbiamo noi li hanno quasi tutte le grandi città europee. Occorre intervenire su consumi civili e industriali, trasporti e stili di vita individuali. La sostenibilità è la dimensione globale del futuro

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in tutti i settori. Naturalmente il governo e gli enti locali devono attuare politiche univoche e coerenti. Ma su questa strada non siamo all’anno zero. Il ministero dell’Ambiente ha finanziato progetti di 573 interventi per 625 milioni in favore di 169 Enti locali in materia di mobilità sostenibile e nel 2017 ha promosso e finanziato oltre 80 progetti per gli spostamenti casa-lavoro e casa-scuola presentati dai Comuni italiani. Vogliamo verificare che i progetti finanziati siano stati attuati e che risultati hanno dato. Poi occorre andare avanti con lucidità, determinazione e concertazione. Nessuno la vince da solo la battaglia dell’ambiente. È un tema appassionante su cui giocheremo il futuro anche dello sviluppo del nostro Paese. Ma l’Italia ha intelligenze e competenze per vincere ogni sfida.

E per lo sviluppo dell’intermodalità sostenibile? Ci vogliono misure che agiscano sulla leva fiscale. Ad esempio, il cosiddetto MareBonus e il FerroBonus, previsti dalla legge di stabilità 2016 per il triennio 2016-2018, possono andare bene e sono un buon punto di partenza, ma vanno ampliati e migliorati. È un percorso da fare insieme per una sensibilizzazione anche culturale. Come ho sostenuto durante l’assemblea generale di Alis (Associazione Logistica Intermodalità Sostenibile) di fronte a migliaia di imprenditori di questo settore che chiedevano che queste misure diventassero strutturali. Serve, infatti, un vero cambio culturale da parte soprattutto dei soggetti decisori. Occorre capire che una mancata entrata è compensata da un meccanismo di compensazione in termini di crescita, di abbattimento dei costi e di rinnovata fiducia imprenditoriale. Su questi temi si procederà in una fase di condivisione con le aziende che credono in questi provvedimenti. Un percorso nuovo che sicuramente andrà avviato e seguito negli anni. Daremo risposte alle imprese e ai cittadini.


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TERRA di Franco Oppedisano

| Scania ha presentato i suoi primi veicoli ibridi. La versione plug in sarà disponibile nel 2019 |

consegne carbon free con i camion in città

D

mo salone di Hannover, il più importante del settore, Scania, ieci chilometri viaggiando in quasi totale silenzio posper non sbagliare, ha presentato, in anteprima, entrambe le sono fare tutta la differenza del mondo. Possono far riversioni. La prima è disponibile da novembre. La seconda, sparmiare un po’ di carburante e permettere operazioni quella che si ricarica anche da fermo e offre una maggiore notturne su strade non trafficate rispettando gli standard di flessibilità potendo sempre partire con le batterie cariche, rumorosità. Ma soprattutto possono permettere di entrare, nel 2019. «Noi di Scania proseguiamo il viaggio viaggiare, consegnare in tutte quelle zone delle verso l’e-Mobility con un approccio “here and now”, città che sono vietate ai mezzi con motori termioffrendo soluzioni complete di tutte le funzionalità ci. È la magia del motore ibrido, mezzo termico e PER RICARICARE necessarie per aiutare i nostri clienti che operano mezzo elettrico che certamente rappresenterà per in contesti urbani a mettere in atto un trasporto soi prossimi dieci o vent’anni l’unica vera alternativa stenibile fin da subito», spiega Franco Fenoglio, presidente di ai tradizionali propulsori, anche e soprattutto, per i veicoli Italscania e di Unrae Veicoli Industriali. «I nostri clienti popesanti. In questo campo c’è solo da scegliere tra l’ibrido tranno quindi contare sulla massima affidabilità dal punto di puro (Hev) e l’ibrido plug in (Phev). I primo si ricarica recuvista del veicolo, ricarica rigenerativa, massima autonomia perando l’energia in frenata o utilizzando il motore termico. ed emissioni zero, senza scendere a compromessi in termini Il secondo permette anche di attaccare le batterie dei veicolo di economia operativa totale». a una presa di corrente di una colonnina di ricarica. All’ulti-

20 minuti

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TERRA

Zero emissioni a bassa velocità I nuovi veicoli ibridi di Scania hanno motore diesel da 9 litri, 5 cilindri in linea che può funzionare anche con olio vegetale idrotrattato (Hvo) o diesel. In parallelo lavora un propulsore elettrico in grado di erogare una potenza di 130 kW (177 cavalli) e una coppia di 1.050 Nm. La batteria ricaricabile agli ioni di litio (la tecnologia, per ora, più affidabile) ha una potenza di 7,4 kWh e possono avere una durata fino a sette anni, a seconda delle condizioni di utilizzo. Ma quando entra in funzione il motore elettrico? L’obiettivo di Scania è usarlo per mettere in movimento il veicolo e alle basse velocità, visto che entrambi le versioni ibride possono funzionare anche in modalità completamente elettrica, senza alcun supporto da parte del motore a combustione, grazie ai sistemi servoassistiti per lo sterzo e l’aria dei freni. «Il trend del settore è evidente, la maggior parte dei nuovi veicoli che potranno essere utilizzati in aree urbane passerà gradualmente alla piena elettrificazione nel prossimo decennio, quando la tecnologia delle batterie sarà

più evoluta e saranno disponibili le infrastrutture necessarie. Tuttavia, fino ad allora, il nostro settore si troverà in quello che definirei un periodo di transizione, dove le soluzioni come veicoli ibridi e a carburanti alternativi – oppure una combinazione di entrambi come nel caso dei nostri veicoli ibridi – rappresenteranno l’alternativa migliore ed offriranno una valida economia operativa totale» precisa ancora Franco Fenoglio.

i veicoli ibridi e quelli che utilizzano carburanti alternativi, oppure una combinazione di entrambi come i nostri veicoli, sono l’alternativa migliore FRANCO FENOGLIO

Venti minuti per ricaricare Per la versione plug in la ricarica di 22 kW richiede circa 20 minuti, con una normale fonte di alimentazione, ma l’autista, anche nella versione ibrida Hev, potrà, comunque, forzare la ricarica della batteria anche durante la guida (ad esempio in previsione dell’imminente utilizzo in solo elettrico in una zona carbon free), ma naturalmente in questo caso aumenterà il consumo di carburante. I veicoli ibridi di Scania, poi, dispongono, oltre a un rallentatore elettrico con la tipica leva Scania sul piantone dello sterzo e 5 posizioni, di una nuova opzione power boost specifica per questi veicoli. Se l’autista effettua un kick-down, il motore elettrico offrirà una potenza di 50 kW o una coppia di circa 250 Nm, a condizione che la batteria sia sufficientemente carica. Poi, selezionando la modalità Performance, l’autista potrà sempre contare su 20 kW o 150 Nm in più in fase di accelerazione, anche se la funzione di kick-down non è inserita. L’autista potrà sempre monitorare il flusso di energia direttamente nel quadro strumenti. Frenando, il veicolo è in grado di indicare se la potenza frenante fornita dal motore elettrico è in grado di gestire tutta l’energia rigenerata, oppure se è necessario l’intervento del freno motore o dei freni di servizio. In un display nel quadro strumenti, le frecce blu mostrano se la potenza generata può essere ri-convogliata direttamente alla batteria. Se l’autista frena in misura superiore a quella che il sistema rigenerativo è in grado di gestire, le frecce diventano gialle.

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TERRA | Chemical Express ha una flotta di1.500 tank container che possono viaggiare in sicurezza su diversi vettori |

la filosofia intermodale per i liquidi T

rattare il trasporto di materiali chimici, a volte anche pericolosi, mantenendo sempre l’attenzione rivolta all’ambiente e studiando strategie che riducano la necessità di impiegare la gomma privilegiando invece navi e ferrovie: è la strategia di Chemical Express, azienda napoletana specializzata nei servizi di trasporto intermodale che vanta un’esperienza trentennale. Nata grazie all’iniziativa imprenditoriale di Salvatore Romano, dal 1995 Chemical Express ha iniziato a puntare sull’intermodalità, facendola diventare rapidamente la filosofia dell’azienda. Oggi l’impresa campana vanta una flotta di 1.500 tank container, l’unità più flessibile che consente di viaggiare su diversi vettori, dalla strada alla ferrovia, garantendo la sicurezza e la perfetta conservazione dei materiali trasportati. Nel 2017 Chemical Express ha veicolato circa 400.000 tonnellate di prodotti chimici attraverso 20.000 viaggi in tutta Europa, dalla Spagna alla Russia, passando per Germania, Francia e Paesi dell’Est. «Il trasporto chimico» spiega Francesco Mattozzi, account manager dell’azienda partenopea «ha delle peculiarità, prima di tutto per quanto concerne il materiale dei container. Ogni sostanza deve essere conservata in un tipo diverso di struttura, fatta di alluminio, di acciaio o di altre leghe. Il trasporto di una materia liquida particolare come quella chimica impegna anche il trasportatore, che non è più soltanto un guidatore, ma anche un lavoratore che conosce tutte le informazioni necessarie per un viaggio sicuro. Si tratta di un lavoro molto qualificato, anche perché è fondamentale conoscere anche le lingue. Per questo al momento abbiamo “solo” 70 guidatori di camion, ma ci rendiamo conto che c’è una diffusa scarsità di questi lavoratori. Si tratta di un impiego duro, è vero, ma anche molto ben retribuito, anche se non è certo lo sfogo naturale di chi non ha completato gli studi».

DA SINISTRA GIUSEPPE AVALLONE, VINCENZO RAIMO, FRANCESCO MAZZOTTI

Chemical Express appartiene all’associazione Responsible Care, che si batte per un trasporto più ecocompatibile. Per questo, oltre a minimizzare i viaggi via gomma al primo e ultimo miglio, affidando il resto a navi e treni (che hanno un impatto dieci volte inferiore a quello dei camion), si è posta come obiettivo anche quello di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Quest’anno, quindi, l’azienda ha acquistato 30 nuovi trattori Euro 6, che garantiscono standard ambientali più conformi con le nuove esigenze dell’ambiente. La sfida di Chemical Express è anche quella di minimizzare gli imprevisti e di riuscire a rispettare tempi di consegna che, nel trasporto chimico, diventano parte integrante del servizio. Il decadimento e la volatilità di determinate sostanze costringono a garantire che nessun intoppo potrà ritardare la consegna. «Si tratta» conclude Mattozzi «di un servizio “just in time”. Per questo abbiamo approntato un’organizzazione logistica perfetta, per essere sicuri di offrire un bagaglio di competenze completo sotto tutti i punti di vista».

20mila viaggi

in europa

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Quattro stili, Quattro una sola stili, anima. una sola anima.

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TERRA

| Il core business di Nicolosi è rimasto il trasporto refrigerato, ma ha esteso il suo raggio d’azione |

la via per il Maghreb parte da catania «L

a Nicolosi Trasporti è nata a Catania nel 1962 da un’idea di mio padre, Sebastiano, un autentico pioniere della logistica che ha iniziato a offrire alla clientela servizi verso il nord Italia nel settore del food e della refrigerazione. All’epoca la viabilità pesante dalla Sicilia richiedeva molte ore di viaggio. Fin dagli anni ’80 con una “piccola rivoluzione” siamo passati ad un approccio intermodale che sfrutta la combinazione con le navi». Giovanni Nicolosi, responsabile della logistica e uno dei tre fratelli, assieme a Vera e Gaetano, che hanno preso le redini dell’azienda di famiglia dopo la scomparsa del fondatore, racconta come la sua impresa sia diventata una dei più importanti player del comparto offrendo un servizio molto verticale che progressivamente ha ampliato ed esteso il suo raggio d’azione. L’azienda ha una struttura che permette consegne in tutta l’Italia, l’Europa e il Nord Africa. «Stiamo lavorando molto bene con la zona del Maghreb, Tunisia e Marocco in particolare, verso cui stiamo operando una parte sempre più consistente delle nostre spedizioni». Il quartier generale di Catania dispone di un autoparco di 100.000 Mq, con officina e lavaggio interno. Dispone anche di magazzini coperti per oltre 40.000 Mq di cui una parte dedicata al refrigerato e al congelato. L’azienda può contare su oltre 250 dipendenti ed una flotta di 200 trattori stradali e oltre 800 semirimorchi. La partnership più significativa della Nicolosi Trasporti è quella con Grimaldi, con cui ha perfezionato l’interazione tra gomma e trasporto marittimo in modo

da impiegare in maniera sempre più costante quest’ultimo tipo di soluzione. «Per noi» chiosa Nicolosi «Grimaldi è sinonimo di garanzia. Vogliamo contornarci solo dei partner giusti». Come detto, il core business dell’azienda catanese era ed è rimasto quello del trasporto refrigerato, soprattutto nel comparto food. Il ventaglio dei clienti negli anni si è ampliato e variegato grazie allo strumento di marketing più antico del mondo: l’efficienza e la dedizione al lavoro. Un meccanismo che ha permesso alla Nicolosi di crescere e confermarsi nel comparto in questi quasi 60 anni di attività. Uno sviluppo che si è tradotto anche in un’attenzione per l’ambiente: «Oggi» conclude Nicolosi «il 90% dei nostri mezzi è Euro 6. Inoltre, abbiamo da poco avviato una nuova commessa per 100 semi-rimorchi, di cui 50 frigoriferi, che ci garantisce un trasporto più efficace ed emissioni più ridotte». Un impegno verso l’ecosostenibilità che ha portato a una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di oltre 25.700 tonnellate all’anno. Anche per quanto riguarda la sede, l’attenzione all’ambiente è stato un punto fermo: dal 2015 il quartier generale nella città etnea è totalmente autosufficiente per quanto concerne l’approvvigionamento dell’energia elettrica grazie ad un impianto fotovoltaico installato sul tetto dell’edificio. Infine, la Nicolosi trasporti è socio al 98% della SoleNico spa che produce energia da fonti rinnovabili, grazie all’istallazione di pannelli fotovoltaici, abbattendo il fabbisogno energetico da fonti fossili e compensando le emissioni di CO2.

9 mezzi su 10 sono Euro 6

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TERRA di Franco Oppedisano | Roberto Bolciaghi è la terza generazione alla guida di Renord |

una famiglia in concessionaria S

uo padre, Renato, è ancora presidente di Renord ed è ancora molto attivo in azienda nonostante i suoi 79 anni. La sorella lavora con loro. Lui, Roberto Bolciaghi, Bobo per gli amici, passa il suo tempo tra showroom e il centro assistenza appena rinnovato, quando non svolge il suo ruolo di presidente Ucri, l’Unione concessionari Renault Italia. La loro è un’azienda famigliare alla terza generazione, una concessionaria con i marchi Renault, Dacia e Nissan. Ma non si può definire «piccola azienda», come la definisce lui. Perché lo scorso anno ha messo insieme 160 milioni di euro di ricavi e venduto 10mila veicoli nelle sei sedi sparse per la Lombardia. «Abbiamo 140 dipendenti e il merito dei nostri risultati è tutto loro. Ogni anno facciamo investimenti perché vogliamo essere sempre in movimento. Ma servirebbe a poco se in azienda non ci fosse un clima che potrei definire famigliare. Per noi i nostri collaboratori sono risorse, non dei costi. E anche i nostri clienti, glielo giuro, percepiscono la soddisfazione dei nostri dipendenti, la loro partecipazione emotiva all’azienda, la loro attenzione, la loro preparazione» Preparazione che in questo momento sta diventando sempre più importante… Le statistiche dicono che i clienti vengono in concessionaria 3,5 volte prima di acquistare un veicolo. Ma, al contrario di quanto accadeva nel passato, sono

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ROBERTO BOLCIAGHI

le immatricolazioni di veicoli commerciali andranno bene fino a giugno. Poi, senza il superammortamento, molto probabilmente ci sarà un duro contraccolpo

estremamente preparati, fanno domande precise. Oggi il venditore, deve essere altrettanto preparato, non può sbagliare o dare una informazione imprecisa: farebbe una pessima figura e verrebbe subito contraddetto. Anche sui veicoli commerciali? Specialmente sui veicoli commerciali.

Come stanno andando le vendite in questo comparto? Abbiamo lavorato forte lo scorso anno e siamo convinti che le richieste di veicoli commerciali saranno ancora sostenute, almeno fino a giugno. Poi, venendo meno il superammortamento, ci sarà, probabilmente, un contraccolpo. Ma cosa succederà il prossimo anno è ancora un grandissimo punto di domanda: dipenderà molto da che tipo di decisioni verranno prese dal Governo in tutti i campi. È una partita estremamente delicata. Bisogna dare certezze, altrimenti chi può rimanda l’acquisto che, magari, farebbe volentieri. I clienti sono preoccupati? Certo, che lo sono. Per questo, subito dopo i prezzi, chiedono spiegazioni sulle motorizzazioni, sulle limitazioni al traffico, sui divieti di circolazione futuri.


TERRA

La “vexata quaestio” del diesel... Che oggi non inquina più di un benzina, ma consuma meno e quindi produce meno Co2. Ma è difficile farlo entrare nella testa di chi decide. Sono partiti dei “missili” contro il diesel e le case automobilistiche hanno detto ben poco per fare chiarezza. Anzi hanno, mi perdoni il gioco di parole, buttato benzina sul diesel dichiarando che interromperanno tra qualche anno la produzione di veicoli a gasolio. Per fare spazio all’elettrico? Prima ci sarà l’ibrido, che conquisterà la sua fetta di mercato, poi l’elettrico. Ogni anno c’è un po’ più di sensibilità, ma ancora non sfocia in un acquisto perché i veicoli a batteria hanno ancora due limiti: il costo e la difficoltà nella ricarica.

colano i vostri veicoli commerciali? Quasi tutto diesel, a parte qualche Nv200, l’elettrico di Nissan.

Resta la questione del primo e dell’ultimo miglio, sempre più difficile da percorrere con veicoli commerciali a motore termico. Lo sappiamo. Ci stiamo ragionando con Renault e Nissan per fare qualcosa di innovativo e di diverso dal solito. L’anno prossimo ci saranno grandi novità.

I soliti problemi... Sulle colonnine finora hanno investito privati, aziende energetiche e automobilistiche, ma non c’è ancora nessuna presa di posizione da parte del Governo. E forse manca ancora una cultura condivisa. Le faccio un esempio: io abito in condominio, qualcuno comincia ad avere l’auto elettrica e abbiamo chiesto di mettere a spese nostre delle colonnine di ricarica nei box. È stato impossibile perché prima devono essere coinvolti i vigili del fuoco per la prevenzione degli incendi. E allora con quale tipo di motorizzazione si immatri-

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TERRA di Riccardo Venturi

| Dalle soluzioni di approvvigionamento alla distribuzione: Gefco è “partner logistico“ presente in 47 paesi |

la strategia del network è il segreto per ottimizzare la supply chain globale 76


TERRA un nuovo logo per una nuova identity Nel corso del 2018 Gefco, operatore logistico per l’industria e leader europeo nel settore automotive, ha presentato la sua nuova brand identity, con un nuovo logo e un nuovo payoff. Il nuovo payoff Partners Unlimited riflette l’ambizione del Gruppo di rafforzare la collaborazione con partner e clienti per creare maggiore valore lungo l’intera supply chain. La parola Partners trasmette l’atteggiamento mentale cooperativo sulla base del quale Gefco crea relazioni col proprio eco-sistema (clienti, fornitori e dipendenti), puntando sulla prossimità e sulla crescita reciproca. Unlimited esprime invece l’ambizione dell’azienda di ampliare sempre i propri confini in termini di competenze, presenza geografica, crescita sostenibile, creatività e innovazione. Nei prossimi anni, Gefco punterà a obiettivi di crescita attraverso l’innovazione e l’espansione internazionale, per essere sempre un passo avanti in un mercato in forte cambiamento. Il gruppo ha già ampliato la propria attività in 60 paesi. Grazie ai suoi 13.000 dipendenti di oltre 90 nazionalità, il Gruppo serve 300 destinazioni in tutto il mondo.

C’

era una volta la logistica prima della globalizzazione. Il primo passo era la fase di approvvigionamento delle materie prime o dei semilavorati, seguito dal loro stoccaggio in vista della produzione. A valle della fabbrica era il momento dello stock del prodotto finito, e infine della distribuzione ai clienti. La catena logistica era molto polverizzata, e alcune fasi non erano nemmeno controllate dalle aziende produttrici, che magari lasciavano ai fornitori la ricerca della materia prima e seguivano solo la distribuzione del prodotto finito. La logistica era vista in sostanza come un costo aggiuntivo per fare arrivare i prodotti ai clienti. Ma nel corso degli anni le aziende hanno cambiato il perimetro della loro attività, da uno più domestico all’espansione crescente legata alla globalizzazione. Per questo, nel tentativo di essere più competitive su un mercato che andava a ampliarsi, quando è emersa l’esigenza di efficientare i processi le aziende si sono rese conto che anche la logistica cubava una parte importante dei costi, e poteva migliorare in termini di efficienza. Questo le ha spinte a dare un’importanza del tutto diversa alla logistica, che nel corso del tempo è passata da un ruolo marginale a uno strategico. Lo scopo non è più tanto trovare il minor costo, quanto saper rispondere a esigenze sempre più sofisticate, come la rapidità nel raggiungere distanze molto elevate. Mentre prima infatti il produttore aveva il concorrente nel proprio territorio, ora in un mercato globalizzato questo può anche essere dall’altra parte del mondo, e con una soluzione logistica rapida, efficace e flessibile è possibile conquistare fette di mercato in casa sua. Nasce così l’esigenza di controllare l’intera

supply chain, dall’approvvigionamento delle materie prime fino alla distribuzione del prodotto finito, e con essa quella di trovare un partner logistico che sia in grado di accompagnare l’azienda italiana verso il suo sbocco naturale: l’internazionalizzazione. Caratteristiche che fanno parte del dna di Gefco, fornitore globale di soluzioni per la supply chain industriale e leader europeo nella logistica automotive, presente in 47 paesi, la cui offerta include trasporti stradali, marittimi, aerei, ferroviari, logistica e operazioni doganali. «Ci proponiamo al mercato non più come fornitori, ma come partner – spiega Lorenza Cantaluppi, Sales&Marketing Manager di Gefco Offriamo servizi in tutte le fasi della supply chain. Il nostro ruolo è lavorare a stretto contatto con il cliente, analizzare l’organizzazione di tutte le fasi per poter intervenire su tutto il processo o su parte di esso, per portare soluzioni innovative e dare valore alla sua presenza sul mercato internazionale a più ampio raggio: il nostro network permette di seguire il cliente ovunque, essendo noi presenti in tutto il mondo». Una competenza necessaria, specie in certe aree del pianeta, è quella in materia doganale: «siamo presenti anche in mercati più complessi come quello russo in qualità di operatori doganali, un aspetto delicato in tutti i paesi dell’ex Unione Sovietica» aggiunge Cantaluppi. L’operatore logistico contemporaneo non si limita a eseguire, ma entra nella valutazione delle migliori strategie logistiche dell’azienda: «Il nostro è sia un ruolo di consulenza – sottolinea la Sales&Marketing Manager di Gefco - nel quale ci proponiamo come analisti dell’assetto attuale della logistica aziendale, sia di esecuzione della

13.000 dipendenti

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TERRA

soluzione innovativa che proponiamo. I clienti si sono resi conto che collaborare con un partner logistico è importante e permette di soddisfare la loro esigenza di concentrarsi sulla produzione e commercializzazione. Lasciar fare a chi della logistica ha fatto il proprio core business permette di realizzare soluzioni molto più efficaci di quelle che si possono trovare internamente». Il settore di provenienza di Gefco è tra i più complessi dal punto di vista logistico, e permette al gruppo di coprire con successo anche molti altri campi: «Siamo nati nel settore dell’automotive – mette in evidenza Cantaluppi che è sempre stato molto complicato a livello logistico. Questo ci dà la possibilità di proporci su settori molto diversi tra loro ma con una complessità simile». Per esempio industria, fashion & textile, health & beauty, elettronica e informatica, largo consumo, 2 ruote, aerospazio e difesa, oil&gas, high & heavy (trasporto di grandi impianti). L’evoluzione del ruolo della logistica continua all’interno di Gefco anche attraverso una costante ricerca di innovazione. L’approccio del gruppo è quello di coinvolgere i propri dipendenti e valorizzare le loro proposte. È nata così nel 2018 l’Innovation Factory di Gefco, pensata per coltivare una cultura dell’innovazione, consentendo a ogni dipendente di elaborare e perseguire idee innovative, che abbiano il potenziale per essere trasformate in soluzioni per supportare la crescita del business. L’obiettivo del gruppo è rafforzare lo spirito creativo dei propri dipendenti realizzando un incubatore interno per le idee più promettenti. L’Innovation Factory consente ai candidati di presentare i propri progetti e proporre le idee innovative in qualsiasi momento. Dopo aver superato un “proof of concept”, ai partecipanti viene offerto un permesso retribuito per concentrarsi completamente sullo sviluppo delle loro idee. Gefco sta già coltivando da tempo l’innovazione promossa dai propri dipendenti, con risultati come My car is there, un servizio che consente il trasporto di un veicolo al cliente finale tramite un’app per

smartphone, o un sistema di fotografia a 360° che consente ai consumatori di visionare nel dettaglio i veicoli online prima della consegna. Proprio grazie al progetto di innovazione tecnologica Innovation Factory e per la app My Car Is There, Gefco è stata premiata rispettivamente in Italia al “Logistico dell’anno 2018” e in Germania, con il titolo di Innovation Leader, all’Automotive Logistics Europe Exhibition. Sempre nel 2018, il gruppo ha annunciato la partnership con Techstars, un acceleratore globale che ha sostenuto lo sviluppo di oltre 1.000 startup internazionali. Le startup potranno collaborare nello sviluppo e nella realizzazione delle idee nate internamente con il progetto Innovation Factory, laddove siano richieste competenza aggiuntive rispetto a quelle già presenti nel gruppo. La partnership consentirà a Gefco di collaborare con promettenti startup che stanno contribuendo alla trasformazione del settore, agendo su casi concreti e contribuendo all’affermazione di modelli di business disruptive; di accentuare la trasformazione già avviata nelle modalità di lavoro e nella cultura di gruppo grazie a progetti pilota e al programma di accelerazione per startup; di accedere ad una rete di imprenditori talentuosi, esperti del settore e dell’innovazione. Grazie a questa collaborazione, Gefco è sempre più in grado di proporre soluzioni all’avanguardia per settori specifici: a novembre 2018, per esempio, è stata implementata per il settore delle Due Ruote una nuova soluzione di tracciabilità delle gabbie per il trasporto delle motociclette, il mezzo più sicuro, ma anche più costoso (e soggetto a furti), per trasportare mezzi a due ruote; grazie a dei nuovissimi smart trackers installati sui telai delle gabbie, sarà possibile garantirne una tracciabilità completa, accurata e con una precisione fino a tre metri di distanza.

le aziende oggi si affidano al partner logistico globale per una cooperazione di lungo termine basata su obiettivi comuni di qualità, innovazione e ripartizione del valore

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TERRA

FERRO E ARIA

82 AEREI CARGO

94 UIRNET

85 FERROVIE

98 LOGISTICA ESTREMA

il mercato cinese e il boom dell’e-commerce danno nuovo spazio al trasporto merci aereo

il trasporto su ferro sconta un ritardo storico, problemi tecnici e costi troppo elevati

l’amministratore delegato rodolfo de dominicis illustra la piattaforma che elimina le inefficienze

dall’antartide la lezione di chiara montanari per vivere in una situazione di imprevisto permanente

88 AUTORITÀ DI REGOLAZIONE DEI TRASPORTI

il presidente andrea camanzi spiega i principi che possono rilanciare il trasporto merci in italia

90 CONSORZIO ZAI

il grande interoporto di di verona punta sull’innovazione digitale e sulla logistica 4.0

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ferro e aria di Giancarlo Salemi | Boeing prevede il raddoppio dei velivoli da trasporto entro i prossimi vent’anni. E l’Italia si prepara |

E-commerce e cina fanno decollare gli aerei Cargo N

on solo gomma. Il trasporto delle merci sta crescendo sempre più lungo la direttrice del cargo. Un fenomeno mondiale che vede finalmente spazio anche in Italia. L’obiettivo è alleggerire sempre più il traffico di camion e tir che invadono le autostrade e sfruttare lo spazio aereo (ma anche le ferrovie) per un trasporto rapido e sicuro. Che il trasporto cargo sia il futuro lo ha spiegato bene recentemente proprio Boeing, che prevede che gli operatori aerei cargo avranno un fabbisogno di oltre 2.600 freighter nei prossimi due decenni, per stare al passo con l’incremento globale del traffico cargo, che raddoppierà in vent’anni crescendo annualmente del 4,2%. «Il mercato aereo cargo continua a essere un elemento fondamentale nella storia della crescita dell’aviazione commerciale», ha commentato Darren Hulst, managing director di Market Analysis & Sales Support di Boeing. «La nostra nuova previsione indica forti trend a lungo termine nel settore aerei cargo, che coincidono con la ripresa del mercato alla quale abbiamo assistito negli

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scorsi anni in Europa, Nord America e Asia». Tra i fattori che guidano la crescita nel mercato cargo vi sono l’incremento del mercato express in Cina e quello dell’e-commerce, che si prevede in aumento del 20% annualmente a circa 5 trilioni di dollari nel 2021. Una visione quella di Boeing condivisa anche dalla società di ricerca e consulenza Deloitte (più precisamente Deloitte Deutschland) che ha provato a delineare quali potranno essere i cinque diversi scenari di sviluppo del trasporto aereo delle merci nel 2025 a seconda di come evolverà la situazione geopolitica mondiale. In ogni modo lo sviluppo del cargo è inarrestabile: è la conclusione a cui giungono i tecnici. E in Italia? Il trasporto delle merci con l’aereo è continuato a crescere in questi anni e nel 2017 ha fatto segnare il record storico di movimentazioni con oltre 1,1 milioni di tonnellate di prodotti atterrati o decollati dagli scali italiani (+9,2% rispetto all’anno precedente). Secondo Assaeroporti, l’Associazione degli aeroporti italiani che rappresenta 33 società


ferro e aria

il piano nazionale aeroporti sviluppato dal ministero dei trasporti ha messo sul piatto investimenti per un ammontare complessivo di 157 milioni di euro nei prossimi 4 anni

di gestione aeroportuale per 42 aeroporti, guidata dal presidente Fabrizio Palenzona, in valore assoluto Milano Malpensa rimane al vertice degli scali italiani con 425.866 tonnellate di merce atterrata e decollata nei primi nove mesi dell’anno, seguita da Fiumicino (154.956 tonnellate), Bergamo (92.049), Venezia (50.664), Bologna (38.804), Ciampino (13.281), Linate (9.379), Napoli (8.594) e Pisa (8.187). Brescia, grazie a Poste Italiane, rimane lo scalo leader a livello nazionale per le spedizioni postali, che valgono 12.110 tonnellate in nove mesi. Ma si può e si deve fare di più perché il cargo potrebbe diventare davvero un settore strategico nell’ottica della globalizzazione del commercio e in quella in particolare dell’export del made in Italy nel mondo che ha forti margini di crescita: in volume sono solo lo 0,7%, mentre in valore raggiungono il 25,8% dei beni esportati. C’è un Piano nazionale aeroporti

sviluppato dal Ministero dei Trasporti condiviso dai maggiori attori impegnati nel settore: dall’Agenzia delle Dogane ad Assaereo, da Confindustria a Enac, passando per Federtrasporto e la stessa Assaeroporti e che ha messo sul piatto investimenti aeroportuali dedicati al solo traffico cargo per un ammontare complessivo di 157 milioni di euro nei prossimi 4 anni, che si aggiungono agli 1,4 miliardi di euro di interventi sulle infrastrutture di volo di cui beneficiano sia il traffico cargo sia il traffico passeggeri. Per questo Valentina Lener, direttore generale di Assaeroporti, insiste affinché «il Tavolo di coordinamento nazionale sul cargo aereo, istituito presso il MIT e di cui fanno parte i rappresentanti delle istituzioni di settore e delle associazioni di categoria venga convocato quanto prima, al fine di dare attuazione alla programmazione strategica concernente il settore, così da favorirne la crescita in un’ottica imprenditoriale e integrata

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ferro e aria E con Cigisped le navi volano nel cielo

con le altre componenti del trasporto aereo, della logistica e della intermodalità». Tra gli interventi da fare con urgenza: l’attuazione dello Sportello unico doganale e dei controlli e la promozione della digitalizzazione delle merci, oltre alla necessità di istituire negli aeroporti a maggiore vocazione cargo, o immediatamente a ridosso degli stessi, agevolazioni e semplificazioni coerenti con il Codice doganale dell’Unione Europea e di Zone economiche speciali nelle aree del Mezzogiorno dove sia possibile stimolare una filiera del trasporto merci via area che oggi è poco attrattiva. Questa, infatti, è la nota dolente perché ad un Centro Nord molto attivo corrisponde un Mezzogiorno che movimenta appena il 2% delle merci via cargo ,con rare eccezioni rappresentate da Napoli che movimenta oltre 10 mila tonnellate, e Catania, con oltre 6 mila tonnellate.

tra gli interventi da fare con urgenza ci sono lo sportello unico doganale e dei controlli, la digitalizzazione delle merci e la semplificazione della filiera del trasporto cargo

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A Genova c’è una società di spedizioni, Cigisped Air Freight, che fra le sue specializzazioni può vantarne una piuttosto affascinante: fa navigare gli yacht nel cielo. Già imballa e trasporta oltreoceano imbarcazioni da diporto e yacht di lusso. L’ultimo trasporto cargo appena fatto è stato un motoscafo da 15 metri di lunghezza che dalla Costa Azzurra è stato spedito a Doha, in Qatar. La barca è giunta a destinazione senza un graffio e sfruttando un servizio aereo di Cargolux da Malpensa. In passato l’imbarcazione più grande che Cigisped ha trasportato via aerea era stata uno yacht costruito dal Gruppo Ferretti che dall’Italia ha raggiunto un lago in Uzbekistan. Cigisped Air Freight appartiene a un gruppo di nicchia di spedizionieri attivi nel trasporto aereo e via mare di imbarcazioni. È in grado di far volare imbarcazioni sia utilizzando compagnie aeree di linea, sia servizi charter e la scelta dipende dalle dimensioni e dalla destinazione finale del carico. La casa di spedizioni genovese cura il ritiro via terra dell’imbarcazione su mezzi idonei, il rizzaggio, la messa su pallet aereo e fornisce perizie tecniche e servizi fotografici delle operazioni per assicurare la massima qualità del servizio offerto. La nautica da diporto era probabilmente nel destino della società fondata nel 1985 da Francesco Carminati e Alessandro Gatti, la capogruppo Cigisped srl, perché i primi trasporti via aerea riguardavano proprio parti di ricambio per barche mentre oggi l’azienda trasporta ogni tipo di merce dai prodotti alimentari, ai carichi refrigerati alle parti di ricambi per impianti. Il 90% dei trasporti aerei viene effettuato tramite i collegamenti aerei dell’aeroporto di Malpensa e il bacino di clienti servito si trova soprattutto in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, oltre ovviamente ad alcune aziende liguri.


ferro e aria

| Le infrastrutture italiane non consento di formare convogli che abbiano rapporti costi-benefici interessanti |

vagoni merci alle prese con un ritardo storico per i tecnici di confindustria occorre intervenire per un profondo adeguamento della portata delle reti e delle sagome, ma anche intervenire sui raccordi ferroviari

L

a direttrice storica del trasporto merci è il ferro. E “storica” è la parola chiave. Perché proprio in questo settore si registra un ritardo che purtroppo vale tanto per l’Europa quanto per l’Italia. Nel Vecchio Continente nell’ultimo decennio, mentre l’estensione della rete autostradale è aumentata dell’8%, quella ferroviaria è cresciuta appena del 4%. Non è un caso, ad esempio, che l’Agenzia europea dell’ambiente abbia ricordato che l’inquinamento prodotto dal trasporto ferroviario è 3,5 volte inferiore, per tonnellata-chilometro, a quello del trasporto su strada. Così la Commissione Europea ha deciso di correre ai ripari e in una direttiva che vale per tutti paesi partner ha ammonito che entro il 2030

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ferro e aria almeno il 30% delle merci deve viaggiare su rotaia. Se la media in Europa è intorno al 16/18%, con l’eccezione dell’Austria che viaggia già intorno al 30%, in Italia appena il 6% delle merci sceglie la ferrovia. I perché di questo mancato sviluppo sono stati evidenziati in un recente report di Confindustria. La realtà di base da cui partire è che il trasporto ferroviario ha un costo unitario che diventa competitivo se le tratte sono superiori a 300-400 km e lo standard operativo di riferimento è vicino al cosiddetto “treno-blocco” di livello europeo (750 metri), un treno perfetto per costi e benefici. Cosa significa? Che non conviene, almeno per adesso, a uno spedizioniere puntare sul ferro, perché costa troppo, quasi il doppio rispetto ad un trasporto via gomma. Nel nostro Paese infatti la capacità infrastrutturale ferroviaria consente di formare treni lunghi al massimo tra 500-600 metri (e solo in alcuni aree del Nord, mentre al Centro-Sud si scende a 400 metri) e con un peso lordo non superiore alle 1.600 tonnellate. In Europa, invece, sono già praticabili treni lunghi 750 metri (che è la dimensione di riferimento competitivo del treno-blocco, già praticabile su tutta la rete tedesca) e si sviluppano studi di fattibilità per formare treni lunghi anche 1.200-1.500 metri. «Per consentire questo standard operativo», annotano i tecnici di Confindustria,

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il piano di sviluppo ferroviario si concluderà nel 2016 con il traforo del brennero, della torino-lione e del sistema di connessione con l’europa attraverso i valichi alpini

«occorre intervenire per un profondo adeguamento delle dotazioni infrastrutturali (adeguamento della portata delle reti e delle sagome), riguardo gli scali ferroviari (in termini di numero e standard operativo), raccordi ferroviari (invertendo la logica prevalente della chiusura) e materiale rotabile». Programmi che non si fanno dall’oggi al domani e, per questo, sia le Ferrovie che il Ministero hanno lanciato piani che hanno una visione lunga, di almeno 7 anni. I numeri parlano chiaro: il traffico merci su ferro viaggia intorno ai 50 milioni di treni a chilometro. Per questo il gruppo ha lanciato recentemente un piano di sviluppo che si concluderà nel 2026, anno in cui, salvo rinvii dell’ultima ora, è prevista l’ultimazione del nuovo traforo del Brennero e quella del traforo Torino-Lione, ovvero il sistema di connessione con l’Europa, attraverso i valichi alpini e il potenziamento dei sistemi già esistenti. Anche il Ministero dei Trasporti ha risposto con una vera e propria “cura del ferro” e un piano nazionale che si è tradotto in nuove risorse stanziate con le Leggi di Stabilità (2016 e 2017) e con il decreto “Sblocca Italia”: in tutto 17 miliardi di euro che serviranno per ammodernare la rete ferroviaria, garantire maggiore sicurezza, tecnologie di ultima generazione sui treni nelle stazioni e lungo le linee. Le scelte di in-


ferro e aria è in arrivo un treno carico…di merci. La sfida del nuovo Frecciarossa Un treno con 12 carrozze, l’equivalente di 18 Tir o, se volete, di due Boeing 747 Cargo messi insieme, che sfruttando la notte trasporta merci sfrecciando dallo scalo di Marcianise (Caserta) all’Interporto di Bologna, uno dei più importanti hub logistici del Nord Italia. Il tutto in 3 ore e 20 minuti, alla velocità media di 180 Km/h: è’ il nuovo Etr 500, pensato da Mercitalia, società controllata dalle Ferrovie dello Stato. Una primizia tutta made in Italy che presto potrebbe vedere allargare il proprio raggio d’azione con la nascita di nuove tratte laddove sono presenti altri terminal dell’Alta Velocità: Torino, Novara, Milano, Brescia, Verona, Padova, Roma e Bari. Una scommessa vinta quella di Mercitalia, società nata appena due anni fa dal raggruppamento delle varie attività di Fs e che ha sviluppato

un fatturato di un miliardo di euro, occupando circa 5mila addetti e disponendo di una flotta di circa 26mila vagoni e quasi 700 locomotori. Il nuovo Frecciarossa trasporterà lo stesso numero di roll-container da 1 metro cubo di volume e 220 Kg di peso massimo e, cosa ancora più importante, permetterà di alleggerire di circa 9mila camion all’anno l’autostrada A1 con una riduzione dell’80% delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, rispetto al trasporto stradale. Tra i primi clienti del nuovo servizio ci sono l’Interporto di Bologna, il corriere espresso T Group, Leroy Merlin, Naturasì, Admenta e Logista. Non è un caso quindi che gli obiettivi indicati nel Piano industriale di Fs per questa nuova attività sono ambiziosi: raggiungere 2,1 miliardi di ricavi entro il 2026.

ta a una piena liberalizzazione del comparto. Quattro sono le criticità evidenziate dall’associazione: costi tra i più alti in Europa (la rete italiana impone treni più corti e leggeri che trasportano il 30% di merce in meno); porti con pochi binari e anche corti (manovrare molto in banchina e partire con treni corti comporta costi unitari merce più alti del camion); bassa qualità internazionale (i gestori della rete devono coordinarsi perché i clienti chiedono più qualità sull’intera relazione); resilienza della ferrovia merci (si sono persi molti clienti che non sono ancora tornati sul treno). «L’Italia non ha una struttura logistica forte», spiega il presidente Giancarlo Laguzzi: «Le nostre industrie spesso hanno venduto le loro fabbriche e così i clienti stranieri si sono rivolti ai logistici del proprio territorio. Gli stessi porti italiani non hanno un’infrastruttura adatta al ferroviario, con le eccezioni di Trieste e La Spezia». E allora cosa serve? «Investimenti su Rfi, terminal e porti, con incentivi di transizione, che sono indispensabili, ma non sufficienti se nel frattempo non cresce una logistica intermodale dinamica. Tutti gli incentivi, camion compresi, devono essere finalizzati all’intermodalità». (g.s.)

MARCO GROSSO AMMINISTRATORE DELEGATO MERCITALIA LOGISTICS

vestimento sull’infrastruttura sono finalizzate in particolare a sviluppare i quattro Corridoi europei TEN-T che attraversano l’Italia (Scandinavo-Mediterraneo, Baltico-Adriatico, Reno-Alpi e Mediterraneo) e le relative tratte ferroviarie di accesso; migliorare e potenziare le infrastrutture soprattutto nelle aree urbane per garantire servizi superiori in quantità e qualità, evitando che queste diventino “colli di bottiglia”; potenziare le strutture terminali “core” delle infrastrutture ferroviarie per rilancio del traffico merci intermodale. Che ci sia tanto ancora da fare né è convinta anche FerCargo, che raggruppa 17 imprese private nel settore ferroviario e pun-

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ferro e aria di Giancarlo Salemi

| Andrea Camanzi, presidente dell’Art, spiega che un mercato regolato migliora la qualità dei servizi |

piattaforme tecnologiche

aperte per la multimodalità

D

a cinque anni guida l’Autorità di Regolazione dei Trasporti con un successo riconosciuto a livello bipartisan. Andrea Camanzi, 69 anni, manager di lungo corso, in gruppi come Olivetti e Telecom, insiste sempre che «le regole fanno bene al marcato». Anche perché un mercato regolato «attrae gli investimenti, aumenta la competitività e la concorrenza, migliora la qualità dei servizi, con maggiore tutela per gli utenti e con prezzi più bassi». Recentemente l’Autorità ha presentato un bilancio della propria attività e con il presidente parliamo proprio di questi principi che possono rilanciare il trasporto delle merci in Italia tenendo presente come ripete lo stesso Camanzi che «la multimodalità permea la nostra vita anche se spesso non ce ne rendiamo conto». Presidente, quale è l’attuale situazione della multimodalità in Italia? Se ne parla tanto, ma nessuno è ancora in grado di scattare una fotografia sulla situazione reale nel nostro Paese… Non c’è “viaggio” di una persona o spostamento di una merce che non comporti l’utilizzo di più mezzi di trasporto. Ciò accade nel quotidiano trasferimento da casa all’ufficio, così come nella consegna di un libro comprato online. La multimodalità, quindi, già permea la nostra vita, anche se spesso non ce ne rendiamo conto. La diffusione e l’integrazione delle piattaforme tecnologiche che offrono servizi per la mobilità e la logistica facilita questo fenomeno e ne condiziona la qualità. Certamente la digitalizzazione può aiutare molto.

Cosa si è fatto e cosa si può fare per migliorare il quadro, soprattutto nel rapporto tra fornitore e cliente? I nuovi servizi di mobilità nati grazie alla digitalizzazione

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ANDREA CAMANZI

hanno fatto emergere una domanda di trasporto inespressa. Dinanzi a questo fenomeno, è fondamentale garantire il level playing field tra operatori già presenti sul mercato e nuovi entranti. Non solo per i passeggeri, ma anche per le merci, è essenziale che lo sviluppo e l’accesso a piattaforme tecnologiche aperte e competitive per la pianificazione e per lo smistamento nei punti nodali avvenga assicurando il rispetto del principio di non discriminazione. Un problema evidenziato dagli operatori è la mancanza di sistema, il trasporto di merci con diverse mo-


ferro e aria dalità (gomma, aereo, ferro, mare) non è integrato. Oltre l’80% del trasporto merci viaggia su gomma. Cosa si può fare per incentivare quello il trasporto via ferrovia e quello aereo, che nel resto d’Europa sono molto sviluppati? Si è detto che, in Italia, la logistica sconta un gap di efficienza rispetto ad altri Paesi nei quali gli operatori beneficiano di catene logistiche integrate su larga scala. In effetti, sulla base di dati Eurostat del 2016, risulta che sul territorio nazionale, il 14.5% delle merci viaggia su ferrovia, contro il 17.4% della media europea: un divario che sembrerebbe non significativo e dipendente dal nostro modello industriale e dal pattern delle esportazioni. Il potenziamento dei corridoi ferroviari europei e dei sistemi logistici dovrebbe consentire di accrescere queste percentuali. D’altra parte, non va dimenticato che la scelta modale è condizionata dai differenziali di economicità ed efficienza tra di esse, dalla distanza chilometrica da percorrere e dalla tipologia di merce. Il trasporto via ferrovia è una modalità “rigida”, sia perché implica l’utilizzo di una infrastruttura meno capillare rispetto a quella stradale, sia per le modalità e i tempi di programmazione dei servizi. Lo shift modale è la risultante di convenienze economiche e di scelte di mercato. In altre parole, il trasporto ferroviario “vince” ove esso è più efficiente; lo stesso vale per quello stradale. Forzare questo principio sarebbe un errore. Perseguire l’uso efficiente della capacità infrastrutturale disponibile e l’efficienza della gestione dei servizi è la strada da percorrere e sulla quale abbiamo indirizzato la nostra azione di regolazione economica indipendente.

ANDREA CAMANZI CON IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA

la scelta modale è condizionata dai differenziali di economicità ed efficienza tra di esse, dalla distanza chilometrica da percorrere e dalla tipologia di merce

L’integrazione tra il sistema ferroviario e quello aereo è nel dna di molti paesi; anche l’Italia potrebbe virare in questa direzione con l’operazione della futura Alitalia. Lei che ne pensa? Se la domanda vertesse sulla opportunità che gli aeroporti siano collegati alla rete ferroviaria, la risposta sarebbe sicuramente positiva. Tema diverso è quello della integrazione delle due industrie. L’Alta Velocità è stata il must dello scorso decennio. Adesso è messa spesso in discussione da istanze soprattutto locali. Come si supera questo problema? A differenza della maggior parte dei Paesi europei, in Italia la considerevole e positiva diffusione dei servizi AV è in buona parte dovuta alla concorrenza tra imprese ferroviarie. Altra cosa sono le analisi costi-benefici inerenti gli investimenti nelle infrastrutture. Il rapporto pubblicato quest’anno dalla Corte dei Conti europea sull’impiego dei finanziamenti europei per la realizzazione delle infrastrutture ferroviarie AV nella UE fornisce informazioni utili a tal proposito. Tra l’altro, esso mette in luce la mancata realizzazione di un core network europeo dell’AV. Secondo lei il trasporto sostenibile è un tema sentito oppure è solo uno spot che va bene tirare fuori quando serve? Il trasporto sostenibile è un obiettivo europeo di carattere strategico. Nell’ambito del pacchetto mobilità 2017-2018, la Commissione ha proposto numerose misure orientate alla sostenibilità dei trasporti tra le quali, ad esempio, la considerazione dei costi esterni nella tassazione dei veicoli e nella tariffazione autostradale. Gli effetti di questi cambiamenti si vedranno nei prossimi anni ma le abitudini di spostamento stanno già cambiando e con esse il mercato. (g.s.)

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ferro e aria

| Per Matteo Gasparato, presidente Uir, manca ancora una visione globale delle nostre reti infrastrutturali |

interporti, la vera sfida

si giocherĂ sul digitale ma servono regole chiare 90


ferro e aria

S

enza un attimo di pausa, con orari e scadenze precise, a un ritmo costante notte e giorno. I nostri interporti sono così. I mezzi si fermano, si svuotano o si riempiono e ripartono. Nessun viaggiatore, però, ha mai preso un treno in questi luoghi, perché questi scali sono dedicati esclusivamente alle merci, che possono arrivare dal cielo attraverso i cargo, via mare con le navi di mega container o via terra con camion e tir sempre in movimento. «In tutto nel nostro Paese ci sono 23 interporti che nel 2017 hanno movimentato oltre 50mila treni, hanno offerto più di 30 milioni di metri quadrati di servizi logistici e danno lavoro ad oltre 20mila addetti», spiega Matteo Gasparato, presidente dell’Unione Interporti Riuniti (Uir) e del Consorzio Zai di Verona. È l’Italia che produce, dal Nord, dove spicca l’interporto di Verona (130 aziende, 13mila addetti, oltre 28 milioni di tonnellate di merci lavorate), al Sud con Gioia Tauro che insieme a Taranto rappresentano i due porti che possono intercettare il grande business delle merci cinesi nel grande progetto della nuova Via della Seta lanciato dal governo di Pechino. Tutto bene, quindi? Non esattamente, perché le carenze infrastrutturali del nostro Paese ci fanno perdere circa 34 miliardi di euro l’anno, due punti di Pil, almeno stando a un recente report presentato da Conftrasporto. I nostri autotrasportatori subiscono la concorrenza sleale degli operatori esteri. Le merci in Italia viaggiano più lentamente e con costi maggiori. E poi c’è un Nord del Paese che guarda all’Europa e ha infrastrutture come l’Alta Velocità molto avanzate e un Sud dove gli investimenti nelle grandi opere sono carenti. Non si possono bloccare le grandi opere «Questo è un Paese che ha bisogno come il pane di grandi opere e di grandi collegamenti» sottolinea Gasparato: «Mi fa davvero rabbia quando sento che si vuol bloccare la costruzione del tunnel del Brennero che ci mette in comunicazione con il mondo o l’Alta Velocità e Alta Capacità Milano-Venezia. Sarebbe un disastro e non è solo una mia opinione, ma di tutti gli operatori della nostra catena produttiva: tutte le opere in fase di completamento devono essere completate. Non sono dei costi, ma dei benefici per la collettività». Anche perché, rincara Gasparato, «C’è un problema a monte: manca una visione globale delle nostre reti infrastrutturali come, ad esempio, la mancata sinergia tra porti e interporti. Questi devono diventare sempre più la rete interna dei porti, così come è successo con l’emergenza di Genova dove sono stati attivati dei retroporti come Mortara per rendere veloce la lavorazione della merce. È chiaro che ci sono dei problemi da superare, ma è necessario che gli interporti diventino nodi di gateway per i flussi di import e export per l’Europa continentale da e per i nostri porti». Intanto i dati fotografano una realtà che premia in particolare l’intermodalità gomma-mare cresciuta del 255% dal

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ferro e aria continua Gasparato «servono regole chiare sulla governance. E va definito, una volta per tutte, che cosa è un interporto: noi siamo fermi a norme del secolo scorso». La legge di riforma sugli interporti mira a normare le strutture interportuali e le piattaforme logistiche territoriali, definendone le caratteristiche, e a razionalizzare l’uso del territorio, migliorando e incrementando i flussi di trasporto. Già alcuni mesi fa Gasparato aveva sottolineato l’importanza della retroportualità per sostenere i problemi di congestione dei porti, chiedendo di concentrare le risorse disponibili sul cofinanziamento di opere inserite nei corridoi europei e sui “colli di bottiglia” del sistema infrastrutturale. Perché gli interporti grazie ad un elevato livello di traffico ferroviario contribuiscono ad evitare che una serie di costi esterni possa ricadere sulla comunità. «Nel 2017 con lo spostamento del traffico merci dalla gomma alla ferrovia si sono risparmiati oltre 250 milioni di euro, e se pensiamo al quinquennio 2013-2017 tale valore supera il miliardo di euro di costi esterni risparmiati», puntalizza il presidente di Uir.

wagon sharing premiato La quattordicesima edizione del “Logistico dell’anno” ha visto la menzione, nella sezione Innovazione in ambito trasportistico, del Consorzio Zai per lo studio denominato “Wagons sharing Case Study InterTerminal” che ha delineato il modello di gestione ottimale per l’efficientamento del carico e scarico delle merci da e per la ferrovia basandosi, soprattutto, sull’uso banalizzato dei carri con la riprogrammazione delle cosiddette navette vuote. A ricevere il premio per il Consorzio Zai erano presenti il presidente Matteo Gasparato (al centro della foto sotto), il consigliere Pierluigi Toffalori e Nicolò Rebonato per il Consorzio Zailog.

2005 al 2017. Non altrettanto può dirsi per quella gomma-ferro. Ai valichi alpini, anziché diminuire, il transito di merci su strada è cresciuto del 25%, mentre quello via ferrovia solo del 15%.

Il futuro è la logistica 4.0 Ma la vera partita degli interporti si gioca sul digitale. Prima di arrivare al molo automatizzato, con muletti robot che caricano e scaricano da soli, il primo passo è sfruttare i big data per leggere, ad esempio, il container senza aprirlo e ottimizzare i trasporti. Ma non solo in futuro si potranno controllare accessi e attività integrando i dati di videocamere, droni, terminali, dispositivi indossabili e sensori. «L’innovazione è un elemento fondamentale se vogliamo promuovere il trasporto ferroviario» spiega Gasparato «perché sarà in grado di aumentare la qualità dei servizi che forniremo ai clienti, permettendoci di spostare traffico dalla strada alla rotaia. L’innovazione riguarderà soprattutto la digitalizzazione dei servizi e le informazioni che potremo fornire ai clienti: le aziende ci domandano sempre, infatti, dove siano le loro unità di carico, non solo nei tragitti ferroviari, ma anche all’interno del terminal. Per questo studieremo l’armonizzazione di tutti questi dati per fornire informazioni e quindi qualità». Questo avviene con la collaborazione dell’Agenzia delle Dogane e il supporto di Rete Ferroviaria Italiana, che ha lanciato un investimento in infrastrutture per circa un miliardo di euro, in piena linea con il programma strategico del Mit “Connettere l’Italia”, che va sommato ai quattro miliardi previsti per gli interventi dedicati al trasporto merci. «Siamo sulla strada giusta» conclude Gasparato «perché quando si fa squadra a vincere siamo tutti noi». (g.s.)

il primo passo è sfruttare i big data. in futuro si potranno controllare accessi e attività integrando i dati di sensori, videocamere, droni, terminali e dispositivi indossabili

Manca una legge del settore La verità è che la situazione degli interporti è caratterizzata da luci e ombre. Differenze sostanziali si riscontrano sul fronte della dimensionalità, della capacità logistica, della movimentazione merci. Se Verona, Bologna, Parma, Padova, Novara, Caserta e Napoli spiccano per movimentazione merci e per dotazione infrastrutturale, c’è tutta un’altra realtà che non sfrutta appieno le potenzialità anche a causa di infrastrutture ferroviarie e viarie molto carenti. E poi manca una legge quadro che indirizzi il settore. Per questo gli operatori sono ritornati a chiedere con forza al nuovo governo una legge di riordino degli interporti, norme attese da circa un decennio. «Diciamo basta alle leggi spot e ai finanziamenti a pioggia »

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ferro e aria di Sergio Luciano

| Intervista con Rodolfo De Dominicis, amministratore delegato della Uirnet (MinTrasporti) |

una piattaforma magica che farà volare le merci C’

è una specie di “ingrediente segreto” che potrà far recuperare al nostro Paese come minimo lo 0,16 per cento del Pil e addirittura lo 0,53% senza toccare soldi pubblici, senza costruire fabbriche, senza inquinare anzi disinquinando e dunque semplicemente rendendo più efficiente, grazie al digitale, la logistica delle merci: è la piattaforma logistica nazionale (Pnl) com’è stata impostata e gestita da una società pubblica partecipata anche da molti attori privati, dopo essere stata costituita dal Ministero dei Trasporti: la Uirnet, affidata oggi all’amministratore delegato Rodolfo De Dominicis, manager di lungo corso del settore, già commissario del porto di Gioia Tauro. Una rivoluzione digitale vera e propria, in grado – oltretutto – di ridurre drasticamente i tempi morti della logistica mercantile su gomma, responsabile di circa il 97% dell’inquinamento, che oggi costa alla collettività lo sproposito di 8,4 miliardi di euro. “Sì, sono alcuni dei dati della ricerca con la quale The European House Ambrosetti ha meglio precisato a noi stessi il valore di quello che stiamo facendo”, commenta soddisfatto De Dominicis: “Ecco perché a noi non resta che continuare a

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svolgere il nostro programma, fare il nostro lavoro, sicuri che i fatti ci stiano già dando ragione e che il Paese riscontrerà presto e in concreto gli effetti positivi della piattaforma”. Prima di tutto, ingegnere: in che modo questa Pnl gioverà al Paese? Si sa che l’Italia patisce un gap infrastrutturale e logistico forte, molto forte, nei confronti dei Paesi concorrenti. La stessa ricerca ci dimostra che recuperando efficienza laddove manca si recupereranno – parlo al futuro, perché sono sicuro che ce la faremo - fino a 7 miliardi di euro all’anno. In che modo, mi chiede lei. In molti modi, anche a parità di dotazione infrastrutturale attuale. Con la riduzione di costi, tempi e spostamenti inutili, l’aumento dei servizi, dell’accessibilità e dell’inclusività e della fruibilità del sistema logistico nazionale. In concreto, cosa ottiene la piattaforma? Guardi, torno all’esempio classico, per far capire anche a un non addetto ai lavori. Lei ha presente il controllo del traffico aereo? E’ un gigantesco sistema digitale internazionale, tarato al minuto, grazie al quale in migliaia di aeoporti del


ferro e aria mondo ogni istante decollano o atterrano migliaia e migliaia di aeroplani senza scontrarsi, senza convergere contemporaneamente sulle piste, senza ingorgarsi negli hangar… Ecco, i mezzi che trasportano merci, soprattutto su gomma ma anche su ferro e su mare, dovranno gradualmente essere guidati da un sistema concettuale simile, di cui appunto la nostra piattaforma rappresenta una concretizzazione avanzata. Quando leggiamo di code chilometri di Tir alle frontieri, di attese interminabili negli avanporti, di ritardi nello scambio delle merci agli interporti, rendiamoci conto che rappresentano costi diretti sullo scambio di quelle merci che potrebbero essere risparmiati e indiretti sull’inquinamento ambientale. Con la Pnl tutto questo finirà. Interfacciando e collegando trasportatori, operatori di nodo e altri soggetti della supply chain e offrendo servizi a valore aggiunto (informazioni in tempo reale, strumenti per la gestione dei viaggi e delle operazioni di carico/scarico, ecc.) è possibile migliorare l’integrazione dei processi operativi, ottimizzando tempi e costi e, al contempo, aumentare la “smartness” del sistema, abilitando un’interazione più efficiente tra gli attori con una maggiore e migliore utilizzazione del trasporto via mare e su ferro. Giovando moltissimo all’export! Bello. E a che punto siamo? Il lavoro fatto in questi ultimi anni ha investito un po’ tutta l’Italia dei porti, e ora sta anche concentrandosi sugli interporti. Oggi, poi, stiamo lavorando essenziaalmente a Genova e nel Nord-Ovest per far fronte alla crisi causata dalk crollo del ponte Morandi. Ma in realtà avevamo cominciato prima, con l’idea di sostenere il porto di Genova per portarlo a raddoppiare la movimentazione di container da 2,5 a 5 milioni di pezzi, utilizzando meglio gli spazi retroportuali e il relativo modello di funzionamento retroportuale, per cui i camion non arriveranno più a destinazione nel porto ma in grandi aree di buffer…

Cioè? Diciamo parcheggi operativi, come quelli dei taxi all’aeroporto. Quattro di questi spazi sono stati previsti all’interno del decreto per Genova: Castellazzo Bormida, Rivalta, Belforte e Pozzolo Formigaro, tutti in provincia di Alessandria, tutti funzionali a Genova, mentre La Spezia lavora a sviluppare il buffer di Santo Stefano Magra, direttamente collegato, una vera propaggine del porto, mentre gli altri stanno tra i 30 e i 60 chilometri di distanza da Genova. E scusi, come viaggiano dai buffer al porto i container? Agganciandosi a motrici a gas, durante le ore morbide del traffico. E’ l’uovo di Colombo, e li finanzieremo con 30 milioni della bei e 30 appostati nel decreto Genova.

recuperando efficienza sarà possibile risparmiare fino a 7 miliardi di euro l’anno anche a parità di dotazione infrastrutturale del paese basterà ridurre le inefficienze RODOLFO DE DOMINICIS

Ma la Piattaforma è pronta, funziona? E’ stata completata nel 2015 ed è stata affidata in gestione nel 2017 ad una società di scopo chiamata Logistica Digitale il cui capocordata è la DXC (ex Hp Enterprise, ndr). LD è concessionaria della piattaforma per 20 anni e deve investire 62 milioni per implementarla e retrocedere allo Stato un canone concessorio di 2,5 milioni annui per 20 anni. Non male per lo Stato che di fatto ha investito 40 milioni e li riprenderà ampiamente... E dunque Uirnet che fa? Coordina lo sviluppo della piattaforma sul territorio. Attualmente, ci stiamo muovendo a macchia di leopardo partendo dai porti e gestendo appunto Genova, La Spezia ma anche Ravenna e Taranto e stiamo chiudendo accordi con Civitavecchia, Napoli e Venezia e poi dovremmo cominciare a brevissimo ad operare su Ancona e chiudere un accordo con tutti i porti siciliani, quindi Messina, Catania e Palermo. Resteranno alcuni altri porti rilevanti come il porto franco di Trieste... Perchè naturalmente, per operare al meglio, la piattaforma dev’essere ovunque. E gli interporti? Il software specifico è pronto, le prime applicazioni anche: a

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ferro e aria Marcianise e Nola e presto a Novara, Torino, Verona... Consideri che Uirnet nasce proprio da un’iniziativa degli interporti.

E le Ferrovie? Con il gruppo Fs stiamo lavorando in forte sinergia per risolvere il problema della manovra ferroviaria nei porti, e ottimizzare i relativi collegamento tra i sistemi di rete Fs ed i sistemi dei porti. Non velocemente quanto vorrei, ma si va avanti. E i trasportatori? Siamo in rapporti costanti dei porti, sono interlocutori essenziali, vettori con la più alta percentuale di trasporto merci nel Paese. Stiamo lavorando ad esempio per introdurre il cosiddetto preavviso di arrivo, cioè quell’atto con cui il trasportatore dà la sua previsione sull’orario di arrivo, prendendo un appuntamento intermodale che consegna a ciascun trasportatore addirittura uno slot temporale per lo scarico o il carico, con un affinamento ulteriore dell’efficienza anche rispetto al puro strumento dei buffer...Naturalmente questo riguarda i trasportatori che operano sui nodi, gli altri per noi sono di difficile aggancio salvo che non trasportino merci pericolose: in tal caso sono già tracciati.

siamo interlocutori costanti dei porti, sono vettori con la piu’ alta percentuale di trasporto merci nel paese e stiamo lavorando per avere il preavviso di arrivo

Gli altri no? Chi per esempio parte con un carico da Milano e lo porta su gomma a Napoli, da privato a privato, non lo tracciamo… non possiamo neanche volendo includerlo nella piattaforma.

Ma questo non depotenzia la vostra azione? Guardi, in linea di principio tracceremmo tutto ma non possiamo puntare sull’obbligatorietà, il sistema Sistri sul tracciamento dei rifiuti è morto proprio perché presupponeva una obbligatorietà che non funziona. Altro è il discorso della sicurezza intesa in termini di safety, perché quella è legata appunto al trasporto di merci pericolose, per evitare ad esempio che si formino carovane di autobotti cariche… significherebbe porre premesse per disastri, quindi il distanziamento mezzi che trasportano idrocarburi è fondamentale, è un passo verso la civiltà. L’altro progetto è la sicurezza intesa come security, quindi le misure antiterrorismo, e lo stiamo portando avanti lentamente, cominciando da Matera e Palermo, due città cavia individuate da legge 123 del 2017, e su cui il lavoro consiste nel definire una sorta di perimetro Ztl dell’area ca controllare, per poi avere un’anagrafica dei camion che entrano nelle città, assegnare loro un percorso e verificare che lo facciano, per evitare il rischio di veicoli kamikaze. E stiamo provando faticosamente a portare qualcosa

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del genere anche nelle città turistiche, c’è stato alla Camera un buon emendamento a firma Paolo Russo, di Forza Italia, un deputato che in effetti aveva sostenuto l’estensione di quel progetto, ma non mi pare che sia andato molto avanti…

Scusi, lei parlava di Genova. Ma la sua piattaforma può far qualcosa per prevenire i disastri? Sì, c’è il problema del monitoraggio della resilienza delle infrastrutture. Che non dev’essere misurata solo in maniera astratta e statica, cioè in base alle condizioni di conservazioone e manutenzione di ogni specifica infrastruttura ma anche rispetto alle condizioni di carico. Dobbiamo creare un algoritmo che unisca sia la statica che la dinamica, con cui si ottiene la resilienza dinamica delle infrastrutture, un concetto previsto dall’articolo 14 del decreto Genova, che prevede la possibilità della sperimentazione. Il punto d’arrivo sarà però quando il governo deciderà chi e come andrà avanti su questo schema. Prossime scadenze certe? La prima è quella di far partire il progetto nord-Ovest, nel 2019 dovremmo farcela. Ed entro il 2020 dobbiamo completare l’estensione a tutti i porti della nostra piattaforma.


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FERRO e ARIA | L’ingegnere capo spedizione in Antartide racconta come lavorare in una situazione di imprevisto permanente |

la logistica diventa

estrema C

osa c’entra l’Antartide con la logistica? Provate ad andarci e lo scoprirete. Immaginate di dover portare del materiale in un posto distante 6 mila chilometri dal centro abitato più vicino e nel quale la temperatura arriva a meno ottanta gradi. Vi renderete conto che è proprio al Polo Sud del mondo che anche la logistica diventa “estrema”. Per questo Richmond Italia ha deciso di invitare al convegno che ha riunito alla fine di ottobre a Gubbio direttori logistica e supply chain e gli operatori del settore, Chiara Montanari ,la prima italiana a capo di una spedizione in Antartide, che vanta quindici anni di esperienza sul campo. Arrivare, vivere, lavorare per tre mesi nella base franco-italiana di Concordia, un luogo inospitale, estremamente freddo e lontano da tutto, dove l’aria è rarefatta perché l’altitudine percepita (si dice proprio così) è di quella dei 4.000 metri, significa essere costantemente in pericolo. Per un ingegnere gestionale del Politecnico come Montanari, che aveva un approccio assolutamente ortodosso fatto di analisi del rischio e pianificazioni, trovarsi in una situazione che lei stessa definisce “di imprevisto permanente” è stato destabilizzante. «Anche perché in Antartide si rischia la vita. Portare le 350 tonnellate di materiale necessario alla base viaggiando per settimane tra crepacci e insi-

CHIARA MONTANARI

die di ogni genere con i gatti delle nevi e i trattori cingolati è sempre un’impresa e lavorare significa correre su un filo che non si sa dove ci porterà» ci spiega. «Le normali dinamiche di gruppo sono accelerate dall’ambiente ostile, ci sono persone con nazionalità e competenze diverse da gestire e i progetti, che vanno dall’astronomia al carotaggio del ghiaccio, sono in un perenne conflitto di priorità. Bisogna riorganizzare l’approccio individuale e di gruppo, fare un totale resetting mentale. Ci si deve adattare, seguire il flusso degli avvenimenti, agire al meglio, magari ogni volta in maniera diversa, di fronte a situazioni che non si ripetono mai nello stesso modo». Montanari chiama questo atteggiamento “Antartic mind” e lo presenta ai collaboratori delle aziende in incontri, seminari o progetti di più ampio respiro. «È utile per imprenditori e manager che devono riuscire a cogliere al volo delle finestre di opportunità che difficilmente si ripresenteranno e gestire situazioni organizzative complicate». E non si tratta di un approccio motivazionale: «Dire che non esistono problemi, ma solo opportunità non funziona molto perché in situazioni difficili è impossibile arrivare a coglierle o non ci sono affatto. È necessario cambiare registro e imparare a gestire la complessità fatta di un ambiente ostile e pericoloso, persone diverse, e una tecnologia indispensabile ma anche estremamente fragile a quelle temperature bisogna ragionare come un’orchestra che va a tempo e improvvisa».

sopravvivere

a -80 gradi

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