Dicembre 2020 - Gennaio 2021 Euro 5,00
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VACCINI & CO.
COSA CI PORTA L’ANNO NUOVO Non solo pharma, ma anche hi-tech e titoli green : è l’ora degli investimenti tematici a la crescita a medio lungo
INVESTIRE | ANNO II | N.22 | MENSILE | DICEMBRE 2020 - GENNAIO 2021 | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 22 DICEMBRE 2020 | POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/200 4 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI
Conoscere, rischiare, guadagnare
MASSIMO DORIS
«Un anno di crescita e Flowe è un boom»
DARIO SCANNAPIECO
«L’Europa fa sul serio ma l’Italia agisca presto»
BANCHE-1 / Equity o bond è uguale
BANCHE-2 / Parla Corrado Sciolla
INVESTIRE INSIGHT / Sui tematici
IMMOBILI / Uno studio di “Scenari” «Cresce il property management»
i bancari non piacciono più ai listini
il “via” alle nostre tavole rotonde
«Ma in Cedacri si prepara il futuro»
INVESTIRE SPECIALIST
L’ESMA DETTA LE NUOVE REGOLE SULLE COMMISSIONI DI PERFORMANCE • BERTONE / Azioni, il fieno che nutre il Toro • ONADO / Ma nelle “bolle” tutti i gatti sono grigi • RAMENGHI / Sparizioni, business digitale • SAPELLI / La Brexit rimette a posto la storia • TATÒ/ La marcia in più di Berlino sul virus
I TREND AL RIBASSO POSSONO ESSERE POSITIVI
Noi di Candriam riteniamo che gli investimenti debbano tenere conto dell’ambiente. I nostri esperti sviluppano pertanto strategie per investire in società che operano in maniera responsabile. Sosteniamo con impegno e trasparenza le realtà che registrano ottime performance grazie al ricorso a prassi sostenibili. CANDRIAM. INVESTING FOR TOMORROW.
Questo documento é fornito a scopo esclusivamente informativo, non costituisce un’offerta per l’acquisto o la vendita di strumenti finanziari, né rappresenta un consiglio di investimento o una conferma di transazione di alcun genere, eccetto laddove non sia espressamente così convenuto. Candriam consiglia vivamente agli investitori di consultare, tramite il nostro sito web www.candriam.com, le informazioni chiave per gli investitori, il prospetto e tutte le altre informazioni pertinenti prima di investire in uno dei nostri fondi, compreso il valore patrimoniale netto dei fondi. Queste informazioni sono disponibili in lingua inglese o nella lingua locale di ciascun Paese in cui la commercializzazione del fondo è stata approvata.
EDITORIALE
Chi vuol essere lieto, sia di Sergio Luciano
I
listini sono troppo alti? Forse sì. Ma quando mai, a memoria di dopoguerra, i tassi d’interesse erano stati così bassi, e così “politicamente bassi”? Se si guarda il price-earning, il rapporto prezzo-utili per azione, ci si spaventa, è alto; ma se si confronta il rendimento medio delle azioni con quello dei titoli di Stato, be’: ci si conforta, le azioni rendono molto ma molto di più. La verità non la sa nessuno. E gli analisti sono particolarmente cauti. Le variabili indipendenti sono tante. Mai state così tante. Cominciamo da quelle negative. L’instabilità geopolitica: non si placa, anzi il Medio Oriente sembra riaccendersi. L’incognita pandemica, un inedito: mucca pazza, aviaria e sars erano pane per cronisti annoiati e dramma per qualche centinaio di poveracci (250 morti nel primo caso, 790 nel secondo) che passavano il guaio, oggi siamo al milione e mezzo di morti per un virus che paralizza la vita sociale. I vaccini funzioneranno? Certo che sì: ma quando, ma con quale presa popolare, ma con quale rapidità diffusionale? Magnifico spettacolo quello dei tre ex presidenti americani che si vaccineranno in pubblico, ma che succede se poi uno dei tre dovesse avere una reazione indesiderata? Facciamo i debiti scongiuri. Poi c’è l’incognita ambientale: ci ripetiamo che l’innalzamento degli oceani può attendere, poi le tv ci mostrano i ghiacciai groenlandesi in liquefazione e ci viene freddo, ma dall’ansia. E quando piove abbiamo ormai imparato che sembrano tornado tropicali, che l’allerta meteo è una cosa seria e che è meglio starsene a casa. Ma quando mai, fino a una decina d’anni fa? Per questo le ipotesi degli outlook sono particolarmente caute, quasi laconiche: perché la domanda su cosa il 2021 riservi ai mercati e a chi vi investe è particolarmente impegnativa, oltre che “stagionalmente” corretta. Però in questo numero di Investire abbiamo provato a demarcare le poche aree di certezza da considerare per sedare l’ansia, scegliere il meglio nel fare o mantenere gli investimenti e continuare
– come in fondo è sempre giusto! – a pensare positivo. Innanzitutto il contesto politico: ne parla il vicepresidente della Bei Dario Scannapieco, la forza dell’intervento europeo per il rilancio dell’economia è senza precedenti e aiuterà la ripresa economica, a tutti i livelli e in tutti i settori. La politica dei tassi bassi viene a oggi confermata da tutte le banche centrali. E il peso del debito pubblico per ora non è un problema. E poi ci aiutano le proiezioni sociali, culturali e valoriali che è razionalmente giusto fare sui prossimi mesi ed anni per capire quali business avranno un buon futuro e quali no. Quali sono i temi di sicuro sviluppo. Che conducono agli investimenti tematici: il cuore di questo numero, che chiude il 2020 – annus horribilis – e proietta l’attenzione di tutti noi sull’anno venturo, quello che vogliamo e pensiamo possa essere l’anno del riscatto. Ebbene: partendo dai vaccini e allargando al pharma è chiaro che tutto quanto ruota attorno alla salute ha ripreso centralità. Pochi oseranno nel prossimo futuro tagliare la spesa sanitaria. Dunque è un settore che crescerà. Poi l’hi-tech: ma non solo l’intelligenza artificiale bensì anche le nuove piattaforme di comunicazione e, in genere, i vettori di connettività in rete. E l’e-commerce, salvagente per tanti consumi; e il business dello streaming video e dell’intrattenimento “casalingo”. E poi: l’energia pulita, a discapito dei combustibili fossili, e dunque l’idrogeno, l’idroelettrico, l’eolico, il solare, il pelagico. E la mobilità elettrica, che se ne sta avvalendo. E l’economia circolare, con la sua crescente capacità di rinnovare le materie prime. E insomma: gli investimenti tematici di medio-lungo periodo che decisamente non mancano. Non riparano da qualche “presa di beneficio” dei mercati di breve momento; ma garantiscono ragionevolmente ottimi esiti sull’orizzonte temporale dei due, tre, cinque anni. Ed è un bene se lo “short-termism” esasperato della sottocultura di Wall Street lascia spazio a una mentalità nuova e più aderente all’analisi del mondo che verrà. Auguri a tutti: chi vuol esser lieto, sia. Sul domani, qualche certezza c’è.
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Registrazione Tribunale di Milano N. 126 del 27/3/1982 Numero iscrizione ROC: 29993 Direttore responsabile Sergio Luciano Caporedattore Marco Muffato Newsroom Marina Marinetti, Marco Scotti, Riccardo Venturi, Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori
Hanno collaborato Antonio Quaglio (Consulente del direttore), Annalisa Caccavale, Giacomo Damian, Giuseppe D’Orta, Chiara Merico, Francesco Priore, Nicola Ronchetti, Monica Setta, Gloria Valdonio, Martina Zanetti, Paolo Zucca Contributors Vittorio Borelli, Enrico Cisnetto, Giuseppe Corsentino, Anna Gervasoni, Glauco Maggi, Andrea Margelletti, Marco Onado, Matteo Ramenghi, Giulio Sapelli, Franco Tatò
Partnership Editoriali Anasf, Assoimmobiliare ***** Casa editrice Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Direttore editoriale
Alfonso Ruffo
Segreteria di redazione Monia Manzoni Concessionaria esclusiva OYSTER S.r.l Amministratore unico Domenico Marasco Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 Segrate - 02 7542097 Stampa Grafiche Letizia, Capaccio Scalo (SA)
dicembre 2020 - gennaio 2021
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SOMMARIO Dicembre 2020 - Gennaio 2021
05 EDITORIALE 09 WATCHDOG 10 SISMOGRAFO
di sergio luciano
Chi vuol essere lieto, sia. Del doman v’è certezza
di marco onado
Nelle bolle tutti i gatti sono grigi
I temi d’investimento vincenti nel 2021? Biotecnologie e health, ma anche hi-tech e green, possono rendere più ricchi i portafogli dei risparmiatori
di franco tatò
La marcia in più di Berlino sulla pandemia
di a.gervasoni
Un fondo di fondi per il private capital
di giulio sapelli
Perchè la Brexit rimette a posto la storia
12 IL GERMANISTA 14 FINANZA REALE 16 III REPUBBLICA
di e.cisnetto
“Lo Stato è morto”, non è solo un modo di dire?
COVERSTORY NODARI (J.LAMARCK)
BIOTECH & DINTORNI
«Titoli di aziende che producono vaccini? Ecco quali scegliere»
La rivoluzione biofarmaceutica è l’investimento più attraente
HITECH
CREDITO
Arrivano i vaccini, ecco i settori che ne beneficeranno
Bond o equity che siano, i titoli bancari non piacciono più
18 24
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SCIOLLA (CEDACRI)
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«Noi, laboratorio delle banche del futuro»
È partito il nuovo format in video-streaming. Tavola rotonda con tre grandi asset manager sul tema degli investimenti tematici
COSMOPOLITICA di andrea margelletti
L’eredità di Trump e la guerra commerciale con la Cina
QUI NEW YORK di glauco maggi
Un Congresso Usa dal colore indistinto
IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI
Facebook promette i “filtri anti-odio”
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dicembre 2020 - gennaio 2021
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MONDO
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INVESTIRE INSIGHT
SOMMARIO
INVESTIRE SPECIALIST 36 40 42 44 46 48 50 51 52 55 56
SCANNAPIECO (BEI)/ «L’Ue fa sul serio e l’Italia si adegui perchè resta una sorvegliata speciale» M. DORIS (BANCA MEDIOLANUM)/ Un anno
di successi e di impegno sociale e occhio a Flowe
SCENARI 2021/ Tutto il fieno che sta nutrendo il Toro e le ragioni per pensare positivo ESMA & PERFORMANCE FEE/ Nuove regole su base volontaria. Quali Paesi Ue le adotteranno?
PATRIMONI E TERZA ETÀ/ I longevi sono meno soli (e più ricchi) con la consulenza finanziaria
FISCO & INVESTIMENTI/ Strumenti finanziari, la tassazione è eccessiva. Ecco perchè
CREDEM/ Il responsabile del private Rondini fa un bilancio del 2020 e anticipa i progetti 2021
TOSCHI (J.P. MORGAN)/ «Azionario Usa cruciale, titoli growth sugli scudi»
AIM/ Andamento lento da virus, ma il listino prepara la riscossa nel 2021
RAMENGHI (UBS AM)/ Dalle mappe ai dischi, le sparizioni che il digitale trasforma in business
58 60 61 62 64 66 68 69 70 72
NATIXIS IM CUP/1La cf Tedaldi vince anche la seconda tappa, Valdrighi e Zeloni sul podio
NATIXIS IM CUP/2 Intervista a Fabrizio
Valdrighi, rimonta ed è secondo nel ranking
NATIXIS IM EDUCATIONAL/ La costruzione di portafoglio e le strategie Esg
SATTIN (PRIVATE EQUITY PARTNERS)/
Il private equity alla svolta: sarà liquido e popolare
SCENARI IMMOBILIARI/ La leva del property management per far rendere meglio il mattone
INVESTIRENOW/ Quattro video-interviste da
ricordare con Berglund, Caiani, Randazzo e Testoni
SEDIE & POLTRONE/ Rindi passa il testimone a Castelli in Kairos, Losito al comando in Pictet WM PROFESSIONE CONSULENTE/ Sì a mettere tutti gli attori della consulenza in gara
POLE POSITION/ Dow Jones, come Maradona è un mito che non tramonta DE CILLIS (IG)/
«I nostri certificati Turbo24 vincono sul mercato per knock-out»
DIGITAL MAGICS/ La “blue chip” dell’Aim
continuerà a dare soddisfazioni al mercato
FINANZA VERDE
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RONCHETTI (FINER)
«Esg è il nuovo campo di gioco, ma sono poche le Sgr che fanno la differenza»
CERTIFICAZIONI ESG
Anasf, Efpa e Sda Bocconi insieme per il primo corso “Efpa Esg Advisor”
78 80
ZANTONI (KAIROS)
«La lotta al cambiamento climatico è una fonte di creazione di valore, che genererà alpha»
IL PARERE DI BLUEBAY
Oggi l’analisi di Esg è determinante per investire bene nei mercati emergenti
82 STRABIOLI & IL DENARO
97 EDUCAZIONE FINANZIARIA
97 FASHION
98 MALALINGUA
Il popolare volto di RaiUno si racconta
Moda a passo veloce nella transizione digitale
Nativi digitali a rischio digital divide
Crozza, Trump e la fanta-intervista dicembre 2020 - gennaio 2021
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WATCHDOG Marco Onado È professore senior di Economia degli intermediari finanziari nella Università Bocconi di Milano. È stato Commissario Consob. Collabora con “Il Sole - 24 Ore”, “Lavoce.info” e “voxeu.org”.
NELLE BOLLE TUTTI I GATTI SONO GRIGI
S
empre più in alto. L’ultima L’esempio più chiaro è dato in questi settimana di novembre ha giorni da Tesla, la cui capitalizzaziosegnato un nuovo record ne è aumentata di ben 500 miliardi di per le borse mondiali. E’ dollari a seguito dell’ingresso trionvero che ai mercati chiefale nell’indice americano e portando diamo di anticipare le fasi di ripresa graziosamente a Elon Musk una plueconomica e che, soprattutto dopo le svalenza di 100 miliardi. confortanti notizie sui vaccini, le proInsomma il rischio di aumento eccesspettive per il 2021 si stanno rasseresivo dell’esposizione verso un settore nando, però la risalita dura ormai dalla che già molto è cresciuto (e in alcuni fine di marzo e oggi l’indice S&P500, casi con un rischio imprenditoriale tanto per fare un esempi,o è superionon piccolo come quello della prere del 9 per cento al livello pre-Covid; sunta auto del futuro) è tutt’altro che il rimbalzo rispetto all’abisso di fine banale. Il secondo problema riguarda marzo è del 63 per cento. i fondamenti alla base dell’aumenIl sospetto che ormai le valutazioni to dei corsi azionari. È un fatto che siano esasperate è fin troppo ovvio i mercati hanno mostrato capacità ed è confermato dalla Bce che nel di essere selettivi e che scontano la rapporto sulla stabilità finanziaria ripresa economica del 2021 che peLA COPERTINA DEL CELEBRE SAGGIO DI CARLO CIPOLLA di fine novembre ha richiamato il riraltro prevedono vicina e robusta, schio di “correzioni” dei corsi (eufementre banche centrali e organismi mismo per cadute, che in questi casi tendono ad essere assai internazionali continuano ad essere molto più prudenti. dolorose). E’ un fatto che l’ottimismo che riguarda tutti i merca- Ma non è questo il punto. Il problema è che la pandemia ha ulti, compreso quello obbligazionario dove prende la forma di com- teriormente accentuato (e prolungato nel tempo) lo scenario di pressione degli spread (è di ieri la notizia che anche il Portogallo è tassi di interesse ultra-bassi reso necessario dalla crisi del 2008 entrato nella schiera dei paesi che si indebitano a tassi negativi), è e questo ha scardinato la relazione rischio-rendimento che sta artificialmente sostenuto dalle straordinarie misure messe in atto alla finanza come la legge di gravità sta alla fisica. Non c’è alcun dai governi e soprattutto dalle banche centrali. E nell’alluvione di motivo per cui oggi gli investitori dovrebbero essere particoliquidità che ne deriva, gli investitori finiscono per indirizzarsi al larmente selettivi sul rischio di un emittente di obbligazioni, se mercato azionario perché alla fine non ci sono alternative. Il che di le banche centrali continuano a comprare titoli a tutto spiano. solito apre le porte all’eccesso di ottimismo e alle valutazioni ec- E infatti qualche giorno fa il Perù, appena reduce da una crisi cessive. Nelle bolle tutti i gatti sono bigi. costituzionale, ha emesso titoli a 100 anni al 3,23 per cento. NePer la verità, la ripresa delle borse nel 2020 è stata indubbia- gli anni ‘30 del secolo scorso Keynes parlava di “eutanasia del mente selettiva. L’indice Euro Stoxx non ha ancora recuperato il rentier” come effetto della compressione dei tassi di interesse livello di febbraio, mentre l’indice giapponese è in ascesa da ini- durante la Grande depressione. In altre parole, le generose pozio anno (+ 7 per cento). Nello stesso S&P i titoli non tecnologici litiche monetarie che sono il carburante fondamentale dell’ottisono nettamente inferiori ai livelli di inizio anno. mismo di questi mesi hanno effetti collaterali di lungo periodo Nonostante questo è difficile superare il sospetto che i mercati che cominciano ad essere preoccupanti. Gli investitori consapestiano camminando come equilibristi su un filo che comincia ad voli dovrebbero essere i primi ad augurarsi che questo sostegno oscillare pericolosamente. Almeno due problemi meritano di artificiale possa finalmente arrivare a conclusione e lasciare lo essere messi in evidenza. Il primo è di carattere strettamente spazio ad uno sviluppo trainato dai grandi progetti di investitecnico. Proprio la capacità selettiva dei mercati ha enormemen- mento e di innovazione di cui tanto si discute in questi giorni, te accentuato il peso dei titoli tecnologici negli indici: per quello soprattutto in Europa. Purtroppo a Bruxelles il clima politico è americano si va oltre il 40 per cento. Gli indici azionari guidano sempre più guastato da considerazioni miopi e controproduinfatti le gestione passive e (via benchmark) anche quelle attive. centi che hanno rallentato l’ambizioso programma di aiuti. Solo le prime si stima abbiano superato 12 trilioni di dollari. E Lo aveva già capito un grande storico del passato, Carlo Cipolla ogni volta che una nuova azione tecnologica entra nell’indice, i che aveva enunciato la legge fondamentale della stupidità umagestori sono “costretti” a comprarla, aumentando la loro espo- na: il cretino perfetto è quello che danneggia gli altri, ma anche sizione verso il settore e facendo ulteriormente salire il prezzo. sé stesso. dicembre 2020 - gennaio 2021
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IL SISMOGRAFO Giulio Sapelli È Ordinario di Storia Economica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e consigliere anziano della Fondazione Enrico Mattei.
PERCHÈ LA BREXIT RIMETTE A POSTO LA STORIA
L
a Brexit che sta consumandosi in queste settimane è stata un’incidente politico. Ma oggi, compiendosi, rimette al suo posto la storia. Cerchiamo di capire perché. Cameron e il partito conservatore sfoderarono il referendum sull’Europa convinti di vincerlo facilmente ed invece scoprirono che la maggioranza del Paese era anti-europeista. La destra nostalgica nazionalista prevalse, appoggiata da una parte del Labour, nonostante gli scozzesi spingessero invece per la permanenza in Europa per negoziare, in cambio, un maggior grado di autonomia da Londra. E del resto un’Ue che continua a non avere una costituzione comune aiuta l’emersione degli indipendentismi da parte di nazionalità incluse in Stati che non riconoscono. In questo ultimo scorcio di trattative inoltre si conferma la grettezza di un’Unione Europea che favoleggia con i suoi eurocrati che Londra subirà una diaspora di multinazionali in seguito alla Brexit o che blocca le richieste inglesi sulla libertà di manovra negli aiuti di Stato che, con il suo neoconservatorismo tories alla Bismark, Johnson (nella foto) si è rimesso a erogare all’industria in una sociale. Dunque a oggi la trattativa sulla Brexit a questo si è ridotta: a un litigio sugli aiuti di Stato e sulla pesca. Pur sapendo, l’Europa, che uscendo dall’Unione la Gran Bretagna recupererà la sua piena autonomia. Certo: gli aiuti di Stato sono sempre stati causa di rottura di molti accordi commerciali, ma proprio per questo nel mondo non si fanno più accordi di quella natura. Per esempio i Paesi in via di sviluppo protestano duramente contro la politica agricola europea, che è tutta assistenziale…ma nessuno a Bruxelles si sogna, per le loro proteste, di interrompere la Pac. Il vero tema aperto è dunque quello delle future relazioni commerciali tra Londra e l’Ue. Londra sa di star semplicemente esercitando il suo diritto a uscire dall’Unione, sancito all’atto della sua adesione. Ma questa circostanza può capirla solo chi ricordi anche le modalità dell’adesione britannica. Un’adesione a dir poco sui generis. Fino al 1976 la Gran Bretagna era al centro dell’Efta, un accordo commerciale che riguardava tutti i Paesi del Commonwealt, il Portogallo e altri sei stati. Nel ’76 però scoppiò la crisi dei missili strategici. La Nato cioè si rese conto che l’Urss aveva raggiunto una netta superiorità sui missili a medio raggio. I francesi non vollero saperne di installare basi missilistiche a medio raggio sul territorio dell’Unione e quindi l’allora Cancelliere tedesco Helmut Schmidt ruppe gli indugi e fece arrivare i nuovi missili sul suo territorio. Fu allora
però che gli Usa – circostanza ormai accertata – iniziarono a far pressioni su Londra perché condividesse il suo potenziale nucleare con quello francese. Dunque perché io dico che con la Brexit la storia torna al suo posto? Perché la prima se non l’unica ragione per la quale gli inglesi aderirono all’Unione europea fu militare e figlia dell’anglosfera, cioè di quei rapporti internazionali Londra-Washington, pur difficili e complicati, che si erano creati nel tempo ed erano venuti fuori con tutta la sua centralità nella crisi di Suez. Quando Nasser nazionalizzò il canale di Suez, inglesi, francesi e israeliani schierarono i parà e dichiararono guerra all’Egitto, ma gli americani difesero il Cairo, raggiungendo il doppio scopo di distaccare Nasser e la Siria dall’Urss e insediarsi ancor più stabilmente nel Mediterraneo, dove già erano di stanza a Napoli e in Grecia, dopo avervi sostituito gli inglesi, inefficaci alleati del governo legittimo di Atene nella guerra civile contro i comunisti greci insorti con l’appoggio di Tito. Dunque il rapporto degli inglesi con l’Europa transitò attaverso il loro rapporto con gli Usa. Entrarono solo perché c’era ancora il pericolo russo e Berlino era ancora divisa in due. Ma da quando l’Urss è cessata, era quasi naturale che la Gran Bretagna tornasse sui suoi passi, tornando a essere una potenza essenzialmente marittima, che - non a caso - all’epoca della Thatcher, decise ancora di mandare le navi da guerra alla Falckland, mentre nella crisi libica la portaerei francese De Gaulle non è riuscira a stare più di una settimana in zona d’operazioni. Del resto oggi l’Europa ha rinunciato a essere una potenza marittima, come dimostra il non essere intervenire nel Mediterraneo ad arginare la Turchia, per volere dei tedeschi che in quanto filo-cinesi sono anche filo-turchi. Inoltre oggi tra Londra e l’Unione europea c’è anche una spaccatura sulla politica economica e monetaria, perché la Banca centrale inglese non ha mai aderito alla teoria secondo cui è giusto che le banche creino moneta attraverso i derivati, come ben chiarisce l’ex governatore Mervyn King nel suo saggio “La fine dell’alchimia”, e biasima la teoria secondo cui grazie alla Bce si sarebbe caduti in una deflazione secolare. Una cosa che ad americani, canadesi e australiani non è mai andata giù… Infine: tanto Londra quanto Bruxelles soffrono oggi di un’acuta crisi di leadership. Johnson oscilla e non governa nè il Parlamento né il suo partito…E l’Unione, che dovrebbe aiutare la Gran Bretagna a rimettersi in pista, di fatto l’ostacola, facendo il gioco dei tories più duramente ostili all’Europa.
Londra aderì all'Unione per ragioni strategiche ormai superate dai fatti
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IL GERMANISTA Franco Tatò Manager eclettico e innovativo, è tra i pochissimi italiani ad aver diretto aziende in Germania, paese (e cultura) che ama ed è l’unico ad essere stato amministratore delegato sia di Rizzoli che di Mondadori
LA MARCIA IN PIÙ DI BERLINO SULLA PANDEMIA
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ecine di migliaia di contagi per giorni e settimane. Il ministro della salute tedesco Jens Spahn e la stessa Cancelliera Angela Merkel si dimostrano seriamente preoccupati e comunicano al pubblico che l’obiettivo di 50 contagi per 10.000 abitanti appare in questo momento molto lontano se non irraggiungibile. Il numero dei morti ha raggiunto anche il picco record di 450 e la pandemia appare difficilmente arrestabile, anche in un Paese disciplinato come la Germania. Sono numeri alti per i tedeschi, ma inferiori a quelli italiani se consideriamo che i tedeschi sono 80 milioni. La struttura della pandemia però è analoga, riesplosa a sorpresa con un alto numero di decessi e con valori stabili malgrado continui interventi sui comportamenti delle persone, sull’apertura dei negozi, sull’apertura delle scuole e così via. Possiamo dire che il profilo dello sviluppo della pandemia è posizionato a livello più basso dell’Italia confermando che i tedeschi sono più disciplinati ANGELA MERKEL e che il sistema sanitario funziona meglio, con un numero elevato di stazioni per la terapia intensiva a disposizione. Infatti ciò di cui non si parla è che il livello maggiore di attenzione, diverso nelle varie regioni, sia dovuto alla necessità di non mettere in crisi il sistema sanitario: non si sa di ingestibili affollamenti dei reparti o di code lunghissime con insopportabili disagi agli ingressi di pronto soccorso. Lo stesso vale per la possibilità di eseguire tamponi e test sierologici o per ottenere vaccini anti influenzali. La causa di questa migliore situazione si chiama qualità dell’organizzazione ed efficienza dell’esecuzione operativa. Quanto detto non è facilmente riproducibile, ma potrebbe essere un ottimo modello al quale ispirarsi per evitare situazioni come quella della Calabria. Un’altra situazione di marcata differenza con l’Italia è che i giornali e le televisioni non sono affollati di notizie di litigi e zuffe tra governo centrale e regioni o aspre polemiche all’interno dei partiti sia di maggioranza sia di opposizione, tali da mettere in forse la stabilità del governo. Ma forse è ancora più grave che queste contrapposizioni sistematiche tolgano credibilità alle decisioni governative e quasi incoraggino la disobbedienza. Differenze di opinioni anche profonde fanno parte del costume democratico e non sarebbe credibile che non ci fossero anche in Germania. Ma le discussioni e il confronto degli interessi o le divergenze tra governo federale e Stati regione si discutono riservatamente in riunioni istituzionali con la sottintesa garanzia che l’opinione dei comitati scientifici prevalga sugli interessi delle varie categorie. La categoria che forse soffre di più è quella dei ristoratori, chiusi fino al 10 gennaio. Anche in Germania quindi si è posto il proble12
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ma del ristoro e c’è stata una proposta dei partner socialisti della coalizione di governo quella di sovvenzionare il 75% del fatturato di novembre. A questo scopo sono stati destinati 70 miliardi sollecitamente erogati, e non pochi hanno fatto un bel business non dovendo comprare le materie prime e pagare il personale. Questa situazione è ora all’ attenzione del governo che sta studiando altre formule di intervento partendo da una differenza brutale tra costi ricavi fino a formule più complesse e sofisticate. La discussione avviene tra i Ministeri delle Finanze e dell’Economia, cioè tra il Ministro delle Finanze Scholz, probabile candidato del partito socialdemocratico alla cancelleria, e il Ministro dell’economia Altmaier, molto vicino ad Angela Merkel, ciascuno dei quali rivendica la responsabilità dell’intervento senza che si sappia, perché decide la Cancelliera. Per lo studio dei ristori, ma anche per tutti gli altri interventi sull’economia per le piccole e medie imprese, il governo tedesco dispone di alcuni strumenti che a noi mancano: il primo strumento è il piano dei conti delle imprese, uguale per tutte fino dai tempi di Adolf Hitler. Il secondo elemento importantissimo è l’obbligo tassativo per la certificazione dei bilanci affidata ai commercialisti strettamente sorvegliati per l’ottemperanza agli obblighi di legge. Ma non solo questo ovviamente: i commercialisti tedeschi sono tutti dotati, da decenni, di terminali collegati a un grande centro informatico collocato a Norimberga, la Datev, per tanti anni forse il più grande cliente della Olivetti in Germania, ora diventata la seconda azienda di software del Paese. Il gigantesco centro servizi non solo raccoglie i dati di tutti i bilanci delle aziende certificate dai 40.000 professionisti associati, ma oltre a eseguire circa 200 funzioni amministrative e fiscali, produce 13.500.000 di buste paga e alimenta un gigantesco data base che consente sofisticati interventi di analisi dell’andamento economico delle varie categorie di attività. Questa sofisticata base di dati rende efficiente il lavoro di chi deve valutare quali danni o vantaggi possono derivare alle imprese dalla chiusura o dall’apertura dell’attività a causa della pandemia e quindi aiuta la pianificazione dell’attività di sostegno alla ripresa dopo le fermate e la definizione dei progetti sui e i fondi del recovery fund ai quali ha diritto anche la Germania, sia pur meno dell’ Italia. Facendo il saldo di tutte le partite nazionali ed europee è facile prevedere che i conti della Germania rimangano abbastanza in ordine e che il livello dell’indebitamento non supererà di molto l’80% del Pil. Non a caso l’ammontare degli ordini dell’industria tedesca a fine ottobre hanno raggiunto il livello pre-pandemia, con un incremento del 3,8%.
FINANZA REALE Anna Gervasoni Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Liuc di Castellanza. È anche direttore generale dell’Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt)
UN FONDO DI FONDI PER IL PRIVATE CAPITAL
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ono in atto e allo studio iniziative governative volte a riportare le imprese ad un equilibrio finanziario e a far recuperare loro redditività. La crisi pandemica sta lasciando un segno profondo alla nostra economia. E lo fa con intensità diversa in funzione dei settori e delle aree di attività delle imprese. Questo ha inevitabili impatti sull’occupazione, in modo eterogeneo e con pesanti conseguenze sulla struttura sociale. Bisogna riavviare circuiti di sviluppo e soprattutto cercare di aiutare le imprese in crisi a trovare velocemente una via di uscita. Il problema è grande e articolato, e come tale deve essere affrontato. Un contributo parziale ma significativo può essere offerto dai fondi di turnaround. In Italia sono pochi e svolgono una preziosa attività di investimento società che, pur trovandosi in stato di difficoltà economica e finanziaria, hanno ancora un grande potenziale. I fondi lavorano in ottica di rilancio e valorizzazione del prodotto, del marchio, della capacità produttiva di una azienda, ribaltando le condizioni finanziarie e operative che l’hanno portata allo stato di crisi, per permetter loro di tornare sul mercato più forti e competitive. Il fondo non immette solamente nuova finanza e non si limita ad una ristrutturazione finanziaria, ma rivede il piano industriale, inserisce nuovo management, crea discontinuità. Gli investitori, in molti casi modificano e rafforzano i modelli operativi, commerciali e di governance, oltre alla struttura finanziaria, ma bisogna agire tempestivamente. La rapidità di azione è fondamentale, anche per riavviare il dialogo con creditori e finanziatori, banche soprattutto. Nei mesi a venire dovremo affrontare una generalizzata situazione di inasprimento della posizione debitoria delle imprese che in alcuni casi si limiterà a impedire nuovi investimenti, in altri potrebbe avere conseguenze più critiche, con conseguenze occupazionali che si vedranno appena sarà terminato il periodo di “non licenzialìbilità” e il ricorso generalizzato alla
cassa integrazione. Del resto la liquidità finora prevista dal Governo è sotto forma di debiti che le aziende dovranno rimborsare insieme a quelli pregressi. Servirebbero quindi più fondi volti alla ricapitalizzazione delle imprese più fondi, nei casi più difficili, di turnaround. Tra i vari progetti allo studio del Governo sarebbe utile inserire quello di un Fondo di Fondi dedicato alla sottoscrizione di veicoli di private capital capaci di ricapitalizzare le imprese, fondo di sviluppo, e di ristrutturarle, fondi di turnaround. Sono importanti operatori del più ampio sistema del private capital che oggi in Italia vedono solo un numero limitato di attori. È infatti necessario avviare nuovi fondi che, seguendo definiti indirizzi di politica industriale e gestiti dai professionisti del settore, possano velocemente far arrivare alle imprese i capitali necessari per il rilancio, facendo perno sulla sottoscrizione pubblica per far da volano con almeno altrettanti capitali raccolti sul mercato. Questo potrebbe essere avviato attraverso il Patrimonio Rilancio del Mef che è proprio indirizzato alla ricapitalizzazione delle imprese. Per accedere a una platea larga di Pmi sarebbe però necessario rivedere il dispositivo di legge che limita l’impegno a imprese con un fatturato superiore a 50 milioni e rendere possibile una soglia più bassa per gli investimenti indiretti, cioè quelli dei fondi avviati grazie al contributo del Fondo di Fondi. Altro tema centrale anche per le imprese oggi in difficoltà è quella di “unirsi” per rafforzarsi. Di questo parla un libro recentemente uscito sul tema “M&A e private capital per il rilancio delle imprese” edito da GueriniNext e realizzato grazie al contributo della Commissione M&A e del Tavolo Turnaround di Aifi. Il volume è dedicato alle ristrutturazioni aziendali. Nel volume vengono presentati anche casi di successo a dimostrazione della vitalità del comparto.
Sarebbe prezioso per sottoscrivere veicoli di ricapitalizzazione delle imprese. Un libro per analizzare i nuovi fenomeni
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TERZA REPUBBLICA Enrico Cisnetto È un editorialista, economista e conduttore televisivo italiano, ideatore della trasmissione televisiva Roma InConTra. È conferenziere, consulente politico-strategico e tifoso della Sampdoria
“LO STATO È MORTO”, UN MODO DI DIRE CHE TOCCA A NOI SMENTIRE
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ltro che “anno bisesto, anno funesto”, come recita un detto popolare che ha origine nella Roma antica. Archiviamo un 2020 maledetto, tragico per la morte che il Covid ha seminato, per la recessione che le misure restrittive anti-pandemia hanno prodotto, per lo stravolgimento del nostro abituale sistema di vita. Ma anche perché è viva nella parte più sana, produttiva e lungimirante del Paese la convinzione che questo drammatico passaggio storico ci abbia portato via, definitivamente, lo Stato. Inteso come diritto, legalità, pienezza democratica, funzionamento delle amministrazioni. Si dirà: “lo Stato non c’è più” è una affermazione datata. Vero. Ma in passato quasi sempre il tono era di natura qualunquista, carico di rabbia e di rancore. Si imprecava contro lo Stato per come era o appariva – ottuso, oppressivo, impiccione, sanguisuga, burocratico – e se ne denunciavano gli eccessi. Non la mancanza. Oggi, invece, se ne constata il decesso. Con dolore, inquietudine, sgomento. Inghiottito nelle voragini che si sono aperte a ogni livello della vita pubblica. Nella politica, prima di tutto. Ma anche nelle amministrazioni e nelle burocrazie, centrali e periferiche, nei sistemi di difesa e di controllo, nella gestione della giustizia. E, con il Covid, nel sistema sanitario, che scricchiola e cede sotto il peso di scelte sbagliate e di scelte mancate, di menefreghismo e pressapochismo, di dilettantismo accompagnato da presunzione. Già, è proprio la pandemia che sta scavando il fosso tra i vecchi e i nuovi sentimenti della pubblica opinione. Finora di fronte alle tante mancanze di uno Stato vecchio e anchilosato e a una gestione distorta della cosa pubblica si alzavano le spalle. La politica non funziona? Vabbè, possiamo anche farne a meno. Le istituzioni sono logore? Pazienza, si campa lo stesso. Viviamo in un Paese giustizialista? Finchè non mi tocca direttamente, non mi riguarda. Il fisco è iniquo e oppressivo? Cerco la scappatoia. E così via. Per anni si sono dribblate le questioni di carattere generale adottando risposte (o fughe in avanti) individuali. Poi è arrivato il virus che non guarda in faccia a nessuno e di fronte al quale lo Stato ha plasticamente mostrato i suoi vuoti, certo non riempiti dagli strumenti emergenziali – sulla cui legittimità costituzionale valgano le parole, dure come pietre, di Sabino Cassese – con cui il presidente del Consiglio ha bypassato lo stesso Governo e il Parlamento, togliendo perfino al Presidente della Repubblica la possibilità di dire la sua. Eppure, paradossalmente, ciò che si percepisce e di cui ci si lamenta non è lo strapotere, ma l’impotenza. Che si tocca con mano misurando la distanza siderale che separa le decisioni formali dalla loro pratica esecuzione. E ora è l’attesa del vaccino ad amplificare la preoccupazione della disorganizzazione pubblica. Si dedica attenzione al fenomeno tutto sommato marginale dei cosiddetti “negazionisti” – tipico caso di minoranza vociante – trascurando invece la crescen16
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SABINO CASSESE, GIUDICE EMERITO DELLA CORTE COSTITUZIONALE
te sfiducia non nell’efficacia dell’antidoto, ma nelle capacità di gestire la complessa macchina della sua veloce e corretta somministrazione. Scetticismo che aumenta con il crescere della consapevolezza che il resto del mondo affronta la più grande vaccinazione di massa della storia come se fosse un’azione militare su vasta scala – prenotazione delle dosi, organizzazione logistica, compresa la catena del freddo, uso di software sofisticati, individuazione dei luoghi di somministrazione con relativo addestramento del personale, approvvigionamento delle siringhe, tenuta dei registri, preparazione dei successivi richiami – mentre noi siamo l’armata Brancaleone che si affida alla (solita) volontà e abnegazione dei singoli. Ora, finalmente si capisce quanto sia importante lo Stato, la cosa pubblica, e che di fronte al Covid non c’è rimedio privato che tenga. Ora, finalmente, si capisce cosa abbia significato prendere sul serio degli imbonitori che sono andati raccontando che la competenza è un disvalore e che “uno vale uno”. E ora, finalmente, si coglie che il tema non è quello di tagliare teste, regolare i conti, alimentare vendette, ma di avere concretezza, riempire i vuoti, diradare la confusione. Prima si denunciava l’eccesso di potere, ora si piange la sua frantumazione. Ma il 2021 oltre al vaccino per il virus ci porterà il ricostituente per lo Stato? Molto dipenderà da noi. Se ci scrolleremo di dosso le suggestioni populiste, se riscopriremo il senso della complessità a danno delle semplificazioni fuorvianti, se ci proietteremo nella modernità senza riserve conservative ma anche al netto delle illusioni del progressismo di maniera, se avremo coraggio, se ci metteremo impegno, se coltiveremo il gusto del rischio e la giusta ambizione, allora potremo farcela. Proviamoci. Buon anno.
INTERVISTA A GIANPAOLO NODARI
VACCINI, LE SUPERSTAR DEI LISTINI CHE RISCHIANO IL MAL DI VOLATILITÀ di Marco Muffato
È UN TEMA D’INVESTIMENTO CHE HA SENSO COGLIERE NELL’AMBITO DELL’HEALTH
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l vaccino anti-Covid è sotto i riflettori non solo della comunità internazionale ma anche dei migliori gestori di asset management del mondo. Diversi titoli di aziende farmaceutiche e biotech che stanno lavorando sul vaccino hanno infatti conseguito performance incredibili nel 2020. Guai a fermarsi alle apparenze però: è un tema d’investimento che può avere senso cogliere solo se inserito nel più ampio perimetro del settore health. La ragione la spiega a Investire Gianpaolo Nodari (nella foto), socio fondatore e amministratore delegato di J. Lamarck, Scf specializzata in biotech companies.
ASTRA ZENECA: +17,6%
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stra Zeneca è una delle più importanti società farmaceutiche mondiali con un’ampia piattaforma tecnologica che potrebbe garantire una crescita superiore rispetto ai peer group soprattutto grazie ai nuovi farmaci Farxiga,
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Dottor Nodari, i vaccini sono diventati a suo avviso un tema d’investimento importante per i risparmiatori? Non trovo sia un tema d’investimento così importante. Contrariamente a quanto si possa pensare o a quanto ritengano i movimenti no-vax, i vaccini
MODERNA: +384% Lynparza Enhertu che da soli potrebbero generare più di 10 miliardi di dollari di fatturato. Parte del valore futuro pare tuttavia già compreso nel prezzo anche se si riscontra ancora una discreta potenzialità di crescita del titolo.
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oderna è una società dotata di una pipeline abbastanza ricca e diversificata anche se la maggioranza dei farmaci in sperimentazione (a parte il vaccino anti-Covid) si trova nelle fasi iniziali. L’imponente rialzo del titolo
nel corso dell’ultimo anno (che ha portato la società a toccare i 38 miliardi di dollari di capitalizzazione senza avere un farmaco in commercio) suggerisce cautela anche per la concorrenza che il vaccino troverà sul mercato.
COVERSTORY non sono un grandissimo business per le case farmaceutiche. Aziende come Sanofi, che è leader mondiale nei vaccini, hanno realizzato un fatturato derivante dalla vendita dei vaccini inferiore rispetto al resto dei loro prodotti in commercio. Vedo sul mercato due tipi di società impegnate nell’antidoto: le grandi aziende farmaceutiche che metteranno il vaccino a disposizione quasi a prezzo di costo, in una grande operazione di marketing che ha come obiettivo far emergere il loro contributo decisivo nella sconfitta della pandemia; e poi ci sono aziende di più piccole dimensioni dove il vaccino può davvero cambiare il loro futuro, come Moderna o Novavax. Tutte le società produttrici di vaccini avranno, secondo lei, uguale fortuna sui mercati o ci saranno vincitori e vinti? Ritengo che quello che doveva succedere in Borsa per il vaccino sia già successo in quanto i mercati tendono ad anticipare le notizie e a guardare al futuro. Già in marzo si è assistito a quotazioni stellari dei titoli di aziende che avevano annunciato la sperimentazione di un vaccino anti-Covid. Sulle case farmaceutiche non abbiamo riscontrato delle performance straordinarie, per esempio Pfizer nell’ultimo anno ha una performance nulla, nonostante ci siano
state reazioni entusiaste alla notizia del vaccino. AstraZeneca, non grazie al vaccino ma a farmaci innovativi per curare patologie gravi, ha visto una performance nell’ultimo anno del 17%, che rientra nella normalità. Johnson&Johnson +7% in un anno, Sanofi è invariata, mentre GlaxoSmithKline è addirittura scesa del 15% rispetto a un anno fa. Poi ci sono le aziende più piccole come Novavax, Biontech e Moderna, che hanno fatto registrare valutazioni incredibili. Suggerisco però molta cautela nel “cavalcare l’onda” perché ritengo queste società sopravvalutate. Faccio un esempio: Moderna, con una performance del 380% nell’ultimo anno, ha un fatturato pari a zero non avendo ancora alcun farmaco in commercio, il primo sarà verosimilmente il vaccino anti-Coronavirus, e vale ora sul mercato 35 miliardi di dollari. Una società come Biogen, che non ha vaccini anti-Covid in lavorazione ma è tra le 5 società biotech più grandi al mondo, ha una capitalizzazione di 37 miliardi di dollari e un fatturato di 15 miliardi. Novavax ha fatto addirittura il 2.200% in un anno, è un’azienda con oltre 30 anni di vita che, con 1,8 miliardi di dollari, ha beneficiato dei maggiori fondi nell’ambito dell’operazione Warp Speed del governo americano per mettere
QUEL CHE DOVEVA SUCCEDERE IN BORSA SUI VACCINI È GIÀ SUCCESSO DA TEMPO, I MERCATI ANTICIPANO LE NEWS
PFIZER: -1%
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onostante le valutazioni del titolo siano sostanzialmente invariate da inizio anno, Pfizer ha una discreta possibilità di crescita nei prossimi mesi oltre che per le positive notizie riguardanti il vaccino
BIONTECH: +411% anche in forza dei 52 miliardi di dollari di fatturato annuo e di una pipeline abbondante e diversificata. Del resto, e per le ovvie ragioni legate alla celebrità del Viagra, Pfizer è anche un brand reputatissimo.
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nche per Biontech vale lo stesso discorso di Moderna. La società ha una pipeline ben diversificata nel campo dell’Rna messaggero e degli anticorpi monoclonali per il trattamento di patologie oncologiche, a
cui si aggiungono importati accordi di collaborazione con Genentech (del gruppo Roche), Sanofi e Pfizer. La pipeline tuttavia è composta da candidati farmaci in fase preclinica o in fase 1 di sperimentazione, cioè iniziale.
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in commercio il vaccino. Non l’abbiamo però mai considerata per i nostri fondi perché ha una pipeline di soli 6 prodotti. Vista la performance straordinaria delle società più piccole, molto esposte alla volatilità, consiglierei di guardare a società più solide con pipeline più diversificate. Il primo elemento che consideriamo quando dobbiamo decidere se è opportuno aggiungere un titolo al portafoglio modello è la gamma di prodotti in commercio di quell’azienda. Sono incline a credere che i vinti saranno proprio le piccole società che hanno visto in quest’anno una forte crescita basata più sulla speculazione che sui fondamentali e che un domani potrebbero tornare a valori più tipici di aziende biotech o farmaceutiche. Se un investitore volesse puntare sui vaccini come tema d’investimento, come dovrebbe “cavalcare l’onda”? Attraverso fondi o Etf? Se si vuole “cavalcare l’onda” propongo di farlo acquistando un fondo che oltre a contenere società che saranno protagoniste nella realizzazione di vaccini anti-Covid, abbia anche aziende che sviluppano nuove terapie per diversi tipi di patologie per esempio oncologiche, genetiche… Tra i produttori dei vaccini chi è che la convince di più, dove acquisterebbe il titolo per i suoi fondi e perché? Il nostro fondo farmaceutico tradizionale, J. Lamarck Pharma, investe nelle grandi aziende come AstraZeneca, Pfizer, Johnson&Johnson, Sanofi, GlaxoSmithKline e altro. Non abbiamo Novavax o Moderna che, dal nostro punto di osservazione, hanno valutazioni astronomiche senza fondamento e nessun fatturato apprezzabile. Oltretutto, non credo che Moderna che è ora su valutazioni analoghe a quelle di Biogen, un’azienda con trent’anni di vita e una gamma prodotti molto variegata, possa avere una pari potenzialità di 15 miliardi di dollari di fatturato per il suo vaccino, forse nemmeno di 3. Oltretutto i prezzi a cui i vaccini delle grandi case farmaceu-
NOVAVAX: +2245%
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a straordinaria performance realizzata dal titolo sembra generata esclusivamente dalla notizia riguardante il vaccino. In più di trent’anni di attività infatti la società, specializzata nella realizzazione di vaccini, non ha ancora un
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IL MODO MIGLIORE PER INVESTIRE È PUNTARE SU UN FONDO SPECIALIZZATO tiche saranno venduti vanno circa da 3 a 15 dollari. Quello di Moderna dovrebbe costare 50 dollari! Si aggiunga che il vaccino di Moderna è di nuovo tipo, non proteico come quelli realizzati finora, ma basato sull’Rna. A un maggior costo corrisponderà quindi anche una maggiore incertezza sugli effetti collaterali. Da consulente finanziario quanta parte del patrimonio farebbe investire a un cliente sul tema vaccini? Suggeriamo di dedicare al settore della salute o biofarmaceutico una percentuale che oscilla dal 10 al 20% del proprio portafoglio di investimenti. Consiglierei di non seguire la speculazione ma di fare un investimento completo nel settore della salute, al cui interno trovino posto i vaccini accanto ad altre tipologie di farmaci. Oggi con la salute
JOHNSON & JOHNSON: +7,7% farmaco commercializzato. La pipeline, tra l’altro, è molto concentrata su un particolare vaccino contro il virus sinciziale (4 prodotti) per il quale, tra l’altro, esiste già una terapia, Sars (per il momento scomparsa) ed Ebola.
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risultati degli utili di Johnson & Johnson per il periodo del terzo trimestre 2020 hanno indicato la particolare resilienza delle vendite di dispositivi medici, ma gli investitori sembrano preoccupati per il rischio che la crescita si sia
rivelata modesta. La pausa nella sperimentazione del vaccino di fase 3 SarsCoV2 è una notizia sgradita, anche se la società ha ripreso gli studi. Ma per una società che fattura 82 miliardi di dollari il vaccino non è determinante.
COVERSTORY siamo all’interno di un megatrend che caratterizzerà l’innovazione dei prossimi anni. Sono ancora molte le patologie che non hanno cure adeguate. Come gestore punterebbe di più su titoli di aziende leader nei vaccini o piuttosto sulle società che puntano su cure efficaci come le terapie geniche? Cercherei una buona diversificazione includendo tutto, bene i vaccini, ma sono gli anticorpi monoclonali che danno ottime speranze per le terapie contro il Coronavirus. Rino Mattioli di GlaxoSmithKline, uno dei più grandi scienziati italiani, ha detto che grazie agli anticorpi monoclonali - Glaxo ne ha uno in sperimentazione - tra un anno potremmo probabilmente dimenticarci del Covid-19. Mi aspetto che nel prossimo anno conviveranno una pluralità di
terapie, in primo luogo perché non ci sarà un’abbondanza di vaccini e probabilmente non tutta la popolazione mondiale potrà vaccinarsi, si parla di un 60% nei Paesi sviluppati. Punterei quindi su un opportuno mix di aziende che realizzano terapie contro il Covid-19. Come vede il futuro del Pharma come tema d’investimento? Abbiamo scelto di lavorare solo ed esclusivamente su questo settore perché vediamo una importante rivoluzione nel campo della medicina, nell’industria delle biotecnologie e della stessa farmaceutica. Come tutte le cose nuove il vaccino a Rna può spaventarci ma potrebbe essere il nuovo standard della prossima generazione di vaccini. Nel 2000, quando sono arrivati i primi anticorpi monoclonali, le grandi aziende farmaceutiche erano molto scettiche sulla loro efficacia. Tuttavia oggi nella classifica dei 10 farmaci più venduti al mondo 8 sono di questo tipo. Le nuove scoperte possono portarci a curare patologie molto gravi. Stiamo già curando con farmaci innovativi la sclerosi multipla, l’epatite C è stata sconfitta dai nuovi farmaci biologici, potremo trovare soluzioni per il diabete, avremo le cure immuno-oncologiche che accantoneranno la chemioterapia, così come ci sarà una nuova ondata di farmaci Rna, avendo scoperto come poter istruire il nostro sistema immunitario a reagire a una determinata malattia o a come correggere il difetto genetico che la causa. Credo che sia vitale per un investitore avere in portafoglio la biofarmaceutica. Il MIT di Boston ha inserito il settore tra le 10 tecnologie che rivoluzioneranno il mondo sia per le garanzie di sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali sia per la crescita dei fatturati, degli utili e delle terapie messe a disposizione delle persone.
PER IL MIT DI BOSTON TRA LE 10 TECNOLOGIE CHE RIVOLUZIONERANNO IL MONDO C’È LA BIOFARMACEUTICA SANOFI: +0%
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ebbene Sanofi e GlaxoSmithKline non siano “front runners” nella corsa al vaccino la loro piattaforma comprovata e la capacità globale le rende attrici importanti nel lungo termine. Con 2,1 miliardi
GLAXO SMITHKLINE: -15,7% di dollari, le aziende sono beneficiarie della più grande sovvenzione dell’amministrazione Trump sul vaccino, superando il recente impegno di 1,6 miliardi a Novavax. Il prezzo è interessante.
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laxoSmithKline presenta buoni fondamentali supportati da attività molto diversificate con 13 programmi in fase avanzata, più un programma fondamentale di fase 2. In totale, la pipeline di GSK contiene
35 candidati e 15 vaccini. Il P/e intorno a 11, uno dei più bassi del settore e il rendimento dei dividendi (5%) rende convincente la valutazione del titolo e le possibilità di successi commerciali sono molteplici.
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FONDI TEMATICI
LA RIVOLUZIONE BIOFARMACEUTICA È L’INVESTIMENTO PIÙ ATTRAENTE
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di Riccardo Venturi
na rivoluzione nel mondo della farmaceutica, che si traduce in un’opportunità di investimento sempre più attraente. È quella delle biotecnologie, che danno vita alla biofarmaceutica di cui fanno parte le terapie geniche. I dati parlano chiaro: tra il 2009 e il 2019 le biotecnologie hanno fatto segnare una performance record, crescendo del 627%, quando il farmaceutico tradizionale, pur positivo, si è fermato al 129%. È lecito attendersi che la crescita continuerà, perché la pandemia ha provocato una reazione da parte della ricerca scientifica e farmaceutica sfociata in buona parte in un potente impulso alle biotecnologie. È il caso degli anticorpi monoclonali, forse la punta più avanzata della battaglia contro il Covid, considerato il via libera della Fda a metà novembre a quello prodotto da Ely Lilly; ma anche dei rivoluzionari vaccini a Rna, prodotti da biotech quali Moderna e Biontech (con Pfizer), quest’ultimo il primo a essere protagonista di una vera campagna vaccinale nel Regno Unito. «Questo potrebbe essere il momento di svolta per il biotech, che ha sempre rappresentato una componente marginale dei portafogli», dice Servaas Michielssens, fund manager e senior biotechnology analyst di Candriam. «Non significa che stia diventando “core”, però il marginale di ieri potrebbe essere un marginale più significativo domani, perché la crisi sanitaria in atto ha risvegliato l’interesse verso queste tematiche». La rivoluzione biofarmaceutica è in atto e continua anche in modo indipendente dalla pandemia. «Le terapie geniche sono un campo molto innovativo della biotecnologia, in quanto hanno la capacità di cambiare radicalmente il modo con cui sono trattate molte delle patologie più diffuse al mondo» afferma Berkan Sesen, gestore del fondo J.P. Morgan Genetic therapies. «Riteniamo che queste terapie si trovino a un punto di svolta cruciale perché stiamo 22
NEGLI ULTIMI DIECI ANNI IL BIOTECH HA SURCLASSATO TUTTI GLI ALTRI SETTORI: +627%
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assistendo al passaggio da una fase di sviluppo a una realtà commerciale; quindi hanno il potenziale per essere un enorme cambiamento per l’industria biofarmaceutica esistente». In un certo senso, la pandemia e la conseguente bufera sui mercati hanno rischiato di interrompere il processo di crescita del settore. «La nostra strategia rimane invariata nonostante la volatilità del mercato degli ultimi mesi» dice Evan McCulloch (nella foto accanto), portfolio manager di Franklin equity group, «anche se la pandemia è ancora in atto, continuiamo a concentrare i nostri investimenti in società biotecnologiche i cui prodotti sono i migliori della categoria, i primi della categoria o gli unici della categoria e affrontano malattie con significative esigenze mediche insoddisfatte fornendo valore clinico a pazienti e medici». Ma allo stesso tempo, la crisi pandemica ha invece dato un ulteriore boost. «La pandemia di Covid-19 ha evidenziato come gli investitori stiano premiando sempre più le società che utilizzano tecnologie avanzate per rispondere a esigenze mediche non soddisfatte» osserva Sesen di J.P. Morgan, «e riteniamo che questa tendenza possa continuare a lungo anche dopo la fine della pandemia. Il nostro fondo Genetic therapies ha registrato forti ritorni positivi sin dal suo lancio, con la classe A - Usd share in rialzo del 51% al 30 novembre. Riteniamo che questa tendenza continuerà». Lo stesso sviluppo del vaccino sta dando una potente spinta al comparto biofarmaceutico. «Con le prime sperimentazioni di fase
COVERSTORY 3 per il vaccino, il settore sta fornendo una via d’uscita dalla pandemia» sottolinea Michielssens di Candriam, «ciò supporta il crescente apprezzamento per l’healthcare, anche se non aiuta la performance relativa a breve termine, poiché gli investitori stanno passando a settori rimasti indietro durante la pandemia. Per gli investitori con una visione a lungo termine, l’healthcare esce da questa pandemia più forte che mai, con sentiment positivo, bilanci generalmente in salute e scarso impatto negativo sugli utili, contrariamente a molti altri settori». Il lungo termine è senza dubbio l’orizzonte più appropriato per un investimento in un fondo biotech. «Vediamo le terapie geniche come un’opportunità di investimento ancora in una fase iniziale con un potenziale di crescita significativo» rimarca McCulloch di Franklin equity group, «poiché esistono numerosi catalizzatori che aiuteranno il settore a evolversi. Quando si investe in questo tema, gli investitori dovrebbero considerarlo un investimento a lungo termine». Ma l’interesse per le società pharma e biotech coinvolte nella ricerca dei vaccini e nella produzione di farmaci anti Covid è tale che le loro azioni stanno entrando anche in prodotti di trading per prendere posizione sul loro rialzo o ribasso con una leva. È il caso dei turbo unlimited certificate con sottostanti azioni di aziende del settore farmaceutico, nello specifico Pfizer, Moderna e Gilead Science (produttrice dell’antivirale Remdesivir) lanciati da Bnp Paribas. «Finora non avevamo ancora allargato la nostra gamma ai farmaceutici» dice Nevia Gregorini, head of exchange traded solutions di Bnp Paribas corporate & institutional banking, «abbiamo scelto di farlo perché abbiamo notato un forte interesse, sicuramente legato alla pandemia.
In alto a sinistra Nevia Gregorini, head of exchange traded solutions di Bnp Paribas corporate & institutional banking, in alto a destra Servaas Michielsens, fund manager e senior biotechnology analyst di Candriam. Sopra Berkan Sesen, gestore del fondo J.P. Morgan Genetic therapies
Comparti al confronto
Le performance degli indici settoriali (2009-2019) -45%
Oil Service
-36%
Metalli pregiati Bancario
189%
Brokers
193%
Farmaceutico
129%
Vendite dettaglio
414%
Semiconduttori
477% 627%
Biotecnologie -100
100
FONTE: J. LAMARCK FUND - BIOTECH PHARMA
300
500
700
Più in generale, quest’anno abbiamo aperto al mercato americano, seguendo l’interesse crescente degli investitori italiani verso gli indici S&P, Nasdaq e Dow Jones e singoli sottostanti: l’apertura al pharma è l’ultimo step di questo percorso. Investire sui Turbo Unlimited consente agli investitori di accedere al mercato americano senza necessità di avere un intermediario che offra l’accesso alle borse Usa ed evitando i relativi costi di negoziazione». Di norma l’orizzonte giusto per investire resta quello più ampio. «Nell’ottica di lungo termine siamo entusiasti dell’enorme quantità di innovazione in atto» afferma McCulloch di Franklin equity group, «lo siamo particolarmente dei recenti progressi compiuti nelle aree della terapia genica e dell’editing genetico, dell’immuno-oncologia e dell’oncologia di precisione. Così come da nuovi meccanismi per affrontare le malattie con elevate esigenze mediche insoddisfatte, tra cui il morbo di Alzheimer, altri disturbi neurodegenerativi e la Nash (la forma più grave di steatosi epatica non alcolica, ndr)». Anche nel pharma più propriamente detto, lo scenario spinge a guardare l’orizzonte. «A lungo termine, si prevede che la crescita del settore sanitario sarà sostenuta da diverse forti tendenze demografiche globali» osserva Jeff Meys (nella foto in basso a pagina 18), senior portfolio manager di NN (L) Health care fund, «una popolazione mondiale in aumento e in progressivo invecchiamento e un’assistenza sanitaria nei mercati emergenti sempre più accessibile. Sembra probabile che la crisi di Covid-19 comporterà un’accelerazione delle tendenze attuali. Per questi motivi restiamo positivi per il medio e lungo termine».
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EQUITY & SCELTE TEMATICHE
SCENARI POST CORONAVIRUS, CHI VINCE E CHI PERDE
L
di Gloria Valdonio
a staffetta per il rilascio del vaccino (o meglio dei numerosi vaccini in via di sperimentazione) contro l’infezione da Covid Sars è stata un ricostituente molto potente per i mercati azionari nel corso dell’autunno 2020 con l’indice Dow Jones che il 24 novembre ha superato la cima inviolata dei 30mila punti. Ma dopo la somministrazione potrebbero esserci effetti collaterali non altrettanto positivi nel medio termine. Come è possibile? In primo luogo, prospettive più rosee per un vaccino potrebbero ridurre l’urgenza di estendere le misure di sostegno monetario e fiscale a cui ci siamo abituati nel 2020. Ma c’è un altro elemento importante non ancora considerato dalla maggior parte degli strategist: come spiega Giuseppe Zaffiro Puopolo, portfolio manager di Moneyfarm, un trattamento sanitario di massa indurrebbe a un aumento dei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza in previsione di un rapido ritorno alla piena occupazione, creando un contesto non favorevole alle valutazioni del mercato azionario, in particolare quelle dei titoli growth. Sarebbe questo uno scenario inedito, ma
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COSA SUCCEDERÀ NEI LISTINI AZIONARI CON L’ADOZIONE SU VASTA SCALA DEGLI ANTIDOTI E DELLE ALTRE CURE EFFICACI? ECCO I TEMI UP E QUELLI DOWN
Giuseppe Zaffiro Puopolo, portfolio manager di Moneyfarm
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molto logico, che induce a pensare che alla fine al mercato dell’equity più che il vaccino giova il suo annuncio. Peraltro molti strategist avvertono che non è mai opportuno fare i conti senza l’oste, ovvero senza il farmaco in questione. «Pur rimanendo positivi sul mercato azionario su un orizzonte di medio periodo, vi sono tuttora rischi considerevoli da segnalare», spiega ancora Zaffiro Puopolo. «In primo luogo l’immunizzazione della maggior parte della popolazione mondiale potrebbe rivelarsi logisticamente impegnativa. Inoltre, da un lato il diffuso scetticismo sulla sicurezza del vaccino potrebbe ritardare la tempistica di inoculazione, dall’altro la distribuzione di svariati milioni di dosi presuppone un’organizzazione meticolosa del processo: l’efficienza e la tempestività dei vari Paesi sarà cruciale e non va affatto data per scontata”. L’analisi di Zaffiro Puopolo è simile a quella di Allianz Global Investors. “Non è ancora chiaro quanto tempo ci vorrà per la commercializzazione dei vaccini e quante persone accetteranno di vaccinarsi. Sino ad allora è probabile che molte aree geografiche dovranno fronteggiare ondate periodiche di contagi - è scritto nell’outlook 2021 - Pertanto, in attesa dell’adozione su vasta scala di vaccini e cure efficaci, le prospettive di crescita resteranno incerte e la spesa nel settore privato (compresi consumi e investimenti privati) potrebbe risentirne”. Le conseguenze sull’equity sono intuitive: “Le azioni potrebbero risentire di un deterioramento dei dati economici sul ciclo, in particolare in caso di disconnessione tra i prezzi degli asset e la salute dell’economia sottostante”, è la conclusione di Allianz. In altre parole il percorso per porre fine alla pandemia sarà probabilmente accidentato, e non
COVERSTORY virus, come un aumento della disoccupazione e un carico di debiti molto più elevato», aggiunge Athey. Che avverte: «È probabile inoltre che il comportamento delle aziende e dei consumatori rimarrà cauto e anticiclico per un certo periodo di tempo, anche dopo che il virus si sarà attenuato».
La ripresa non ha una forma “a V” assomiglia più a una “radice quadrata invertita”
World GDP estimates (index=100)
Stime PIL globale (trimestrali da 2019, indicizzate a 100) 108 106 104 102 100 98 96 94 92 90 88 Q4 2019
Q1 2020
Pre-coronavirus trend
Q2 2020
Q3 2020
Currrent scenario
Q4 2020
Q1 2021
Q2 2021
Upside scenario
Q3 2021
Q4 2021
Downside scenario
FONTE: ALLIANZA GLOBAL INVESTORS, OCSE. DATI A SETTEMBRE 2020
solo per un’eventuale inefficacia del vaccino.
Ripresa, ma quando? Questa premessa è importante, perché il pensiero corrente è che il vaccino farà ripartire d’incanto economia, mercati e occupazione. Per altri osservatori, inclusa Allianz, la fase di profonda recessione è alle spalle, ma per tornare alla traiettoria di crescita pre-coronavirus potrebbero occorrere anni. L’incertezza del resto è ben riflessa dall’inusuale dispersione delle stime di crescita dell’Ocse, con scenari per il 2021 che vanno dal +7% al –2 per cento. Nel suo outlook Allianz sostiene anche che nel 2021 è probabile una stabilizzazione della ripresa dalla recessione innescata dal Covid-19, e il tasso di crescita globale, stimato al 5%, potrebbe essere più elevato in caso di successo di nuovi vaccini sviluppati a livello globale. «Le condizioni prevalenti nell’economia globale erano deboli e fragili ben prima di incontrare il virus», conferma James Athey, investment director di Aberdeen Standard Investments. «Le economie hanno fatto troppo affidamento sul debito per generare crescita e questo ha creato investimenti errati, disuguaglianze economiche, bassa crescita dei salari, monopoli e oligopoli e bassa produttività. Queste condizioni sono solo peggiorate a causa del virus». Secondo lo strategist i mercati hanno ampiamente ignorato questa realtà, poiché rimangono sostenuti dalle Banche centrali, le quali però non possono continuare a stampare moneta all’infinito. «Quando torneremo a vedere una ripresa dei consumi e un ritorno alla normalità a livello economico, dovremo ancora affrontare i postumi del
In alto James Athey, investment director di Aberdeen Standard Investments e sotto Andrea Mossetto, investment specialist di Cpr Am (gruppo Amundi)
Stay at home Un comportamento anticiclico da parte dei consumatori, indotto dalle restrizioni e dai lockdown totali e parziali più che dall’assenza di un vaccino, è quindi l’elemento che ha frenato e che probabilmente frenerà in futuro le economie, soprattutto occidentali. E solo la rimozione dei divieti potrebbe, forse, far invertire la direzione dell’economia. Ma in questa ipotesi quali settori sarebbero favoriti? Naturalmente sono quelli più fortemente disturbati e colpiti dal virus, ovvero tempo libero, turismo, viaggi e consumi discrezionali. «Si tratta di settori dell’economia che si basano sulla mobilità e l’interazione dei consumatori, che sono stati impossibili a causa del virus e della politica del governo» dice Athey. «Pertanto questi settori beneficeranno maggiormente di un ritorno alla normalità». «Tuttavia», aggiunge lo strategist, «queste aziende sono sempre più gravate da grandi carichi di debito che vanno serviti». In fin dei conti, secondo Athey, alcuni dei maggiori beneficiari saranno i target più colpiti dal lockdown, ovvero le piccole imprese e i lavoratori autonomi che forniscono servizi e non beni di consumo a livello locale, che sono stati in gran parte esclusi dall’economia dopo la pandemia: «Si pensi, per esempio, ai parrucchieri, ai ristoranti, alle palestre e alle ludoteche per bambini».
Value contro growth Passando ai listini e alle aziende quotate, nelle scorse settimane gli investitori sembrano essere passati a una modalità fortemente “bullish”, investendo di più nei mercati emergenti, nei titoli small cap e nel settore value, nella speranza che un vaccino comporti una svolta per questi segmenti di mercato duramente colpiti. «Questa rotazione ha anche ridotto i livelli di liquidità degli investitori a livelli pre Covid», dice Andrea Mos-
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I titoli value risultano molto a sconto rispetto a quelli growth Valutazione relativa del MSCI World Value/Growth (1985-2020). I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri
Ratio (Value/Growth)
setto, investment specialist di Cpr Am (gruppo Amundi). Mantenendo uno scenario relativamente ottimistico, caratterizzato da un allentamento delle misure restrittive nel 2021 sull’onda magari dei vaccini, l’unanimità degli strategist ritiene probabile una “rotazione” della parte azionaria dei portafogli degli investitori. «In particolare, gli investitori potrebbero parzialmente riallocare i fondi dalle azioni statunitensi ai mercati esteri e dalle azioni “growth” alle azioni “value”, dice Zaffiro Puopolo. Nonostante le valutazioni elevate, i settori “growth” e “momentum” hanno infatti tratto benefici dalla pandemia, dai lockdown associati a essa e dal calo dei rendimenti obbligazionari, ma potrebbero soffrire quando i rendimenti obbligazionari aumenteranno e gli investitori sposteranno l’esposizione verso titoli e settori più esposti alla riapertura delle economie. Il gap di valutazioni tra “value” e “growth” si è ampliato sensibilmente nel 2020 a livello globale con alcuni segmenti specifici come banche, hotel, compagnie aeree, compagnie petrolifere che hanno sofferto più di altri le misure restrittive attuate dai governi per fronteggiare le pandemie. «Dal nostro punto di vista è ragionevole attendersi che proprio questi segmenti beneficeranno maggiormente di un’eventuale rapida ed efficace distribuzione del vaccino», afferma Zaffiro Puopolo.
1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 1985
1995
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MSCI World (Value/Growth)
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Avarage
FONTE: REFINITIV DATASTREAM, ALLIANZ GLOBAL INVESTORS. DATI A OTTOBRE 2020
AMENDOLA (ACOMEA): PIÙ IMPATTATI I SETTORI CICLICI, COME INDUSTRIALI, AVIOLINEE E CONSUMER Antonio Amendola, fund manager equity Italia ed Europa di AcomeA Sgr
Acque profonde Per Antonio Amendola, fund manager equity Italia ed Europa di AcomeA Sgr, oltre a molti grandi marchi e produttori di farmaci generici che hanno beneficiato dei recenti annunci sui vaccini, i settori maggiormente impattati saranno quelli più legati al ciclo economico, ovvero in primis industriali, aviolinee e consumer. Tuttavia, oltre a parlare di settori in genere, bisogna parlare di tipologie di titoli. «I gestori si sono tutti affollati sui titoli difensivi o i proxy bond che forniscono un falso senso di sicurezza» spiega Amendola. «Sono molti i titoli comprati senza guardare minimamente alle valutazioni o al potenziale, ma detenuti solo perché percepiti come stabili nel momento in cui si è costretti a stare investiti». Questo, secondo lo 26
1990
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strategist, ha fatto sì che molte aziende con fondamentali solidi e ottimi margini pre-covid, fossero abbandonate. Tra queste spiccano le mid small cap italiane, le famose multinazionali tascabili che tutto il mondo ci invidia. Secondo Allianz, in un mercato azionario caratterizzato dall’incertezza, occorre trovare un equilibrio, tenendo a mente che le azioni di Europa e Asia potrebbero offrire maggior valore rispetto ai titoli statunitensi, i “vincitori” del 2020, e che i titoli value potrebbero iniziare a recuperare terreno rispetto a quelli growth. Ma questi ultimi non vanno affatto trascurati: molti temi growth sono tuttora interessanti, in particolare le aree high-tech come l’intelligenza artificiale e la cybersecurity. “Questi temi rappresentano cambiamenti di lungo periodo già in atto prima della pandemia: immaginiamole come correnti più profonde che gli investitori potrebbero voler cavalcare mentre navigano nelle acque burrascose in superficie”, dice Allianz.
COVERSTORY ROOSE (DPAM): «QUALSIASI PORTAFOGLIO DOVREBBE COMPRENDERE AZIENDE IN GRADO DI FAR CRESCERE IL LORO POSIZIONAMENTO» Disruption Comunque vadano le cose, tra gli strategist l’enfasi è molto alta sul concetto di disruption, o rottura. Secondo Mossetto di Cpr Am (gruppo Amundi), la disruption si verificherà in ambito M&A, con nuovi “luoghi di lavoro” per la sanità e l’uso di terapie digitali. «All’inizio di novembre, abbiamo aumentato l’esposizione a biotech e sanità digitale nel nostro fondo incentrato sulla disruption con l’obiettivo di aumentare la rotazione ciclica del nostro portafoglio e beneficiare di questo nuovo trend emergente, accelerato dal Covid 19», afferma l’esponente di Cpr Am (gruppo Amundi). Secondo Alexander Roose, cio fundamental equity di Dpam, la crisi di Covid ci ha insegnato che le capacità digitali (sia come prodotto sia in termini di impostazione dei processi) rappresentano un reale vantaggio competitivo per le aziende e che diventerà sempre più urgente saper fornire soluzioni alle sfide della società. «Il virus ha accelerato alcune tendenze strutturali preesistenti che non scompariranno se e quando il virus sarà debellato, anzi, al contrario», dice Roose. «Pertanto il nucleo di qualsiasi portafoglio azionario oggi dovrebbe essere costituito da aziende di qualità che siano in grado di far crescere il loro posizionamento nel corso del ciclo, con vantaggi competitivi, una leva relativamente bassa, una maggiore resilienza alle forze dirompenti e idealmente in grado di trarre valore allineandosi agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg, ndr) delle Nazioni Unite». Il flop E se invece la distribuzione del vaccino dovesse tardare, o la sua efficacia rivelarsi meno impattante del previsto? È un’ipotesi che non può essere esclusa a priori e che riporterebbe sotto i riflettori i settori che meglio si adattano alle “stay at home policies”, come il settore tecnologico e i servizi di comunicazione. Se il vaccino non avrà successo, secondo Athey, i cambiamenti temporanei dell’economia, il nostro nuovo modo di lavorare e di interagire diventeranno permanenti. «Ciò favorisce le aziende e i settori che operano a distanza o che forniscono beni o servizi che consentono ai lavoratori e ai consumatori di
In alto, Benjamin Melman, global chief investment officer di Edmond de Rothschild Asset Management. Qui sotto, Alexander Roose, cio fundamental equity Dpam
operare a distanza. La risposta ovvia in questo caso è quindi il settore tecnologico», dice lo strategist. Che aggiunge: «Tuttavia, molte delle valutazioni azionarie prevalenti in questo settore sono difficili da giustificare anche se questa situazione dovesse verificarsi». Secondo Benjamin Melman, global chief investment officer di Edmond de Rothschild Asset Management, oltre agli annunci in tema di vaccino sarebbe bene guardare al pacchetto di stimoli che dovrebbe essere varato negli Stati Uniti e che dovrebbe premiare molti settori ciclici. Tra questi, il settore automobilistico, finanziario, energetico, dei materiali da costruzione, dei viaggi e del tempo libero e non solo. «Data la possibilità di un cambiamento significativo nel corso del 2021, riteniamo sia fondamentale avere portafogli ben equilibrati tanto in termini settoriali quanto fattoriali», dice Melman. Nessuno, secondo lo strategist, può sapere se il vaccino prodotto da Pfizer riuscirà a tenere sotto controllo l’epidemia, ma stiamo entrando in una fase in cui anche altre case farmaceutiche offriranno le proprie soluzioni tenendo vive le speranze. «In questo contesto, conserviamo uno sguardo ottimistico nei confronti dei mercati azionari, ribadendo una volta ancora la nostra scelta di equilibrare l’orientamento delle nostre allocazioni tra i diversi stili: titoli quality, growth, small e mid-cap, titoli più ciclici e value», afferma Melman. Che conclude: «Dal punto di vista tematico, la nostra preferenza è rivolta ai titoli legati alla transizione energetica e ai Big Data».
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TITOLI & ISTITUTI DI CREDITO
EQUITY O BOND PARI SONO, ORMAI I BANCARI NON PIACCIONO PIÙ di Gloria Valdonio hanno sofferto per molti anni il confronto con gli Stati Uniti. Le ragioni sono molte, ma una è ovvia: la deludente performance sui listini dei titoli bancari europei. Dall’inizio del 2018 l’indice Euro Stoxx Banks è sceso di quasi il 60%, e dal suo massimo del 2007 lo stesso indice ha perso il 90% del suo valore. «Il settore bancario ha chiaramente risentito della situazione politica, sia che si trattasse di notizie provenienti dall’Italia o delle difficoltà di Paesi Emergenti come Turchia, Brasile e Messico, che hanno pesato molto sulle banche spagnole e italiane. La Brexit poi ha completato l’opera», spiega Plassard. Che aggiunge: «Inoltre continua ad aleggiare lo spettro della crisi del debito nella zona euro a causa degli innumerevoli rischi a cui espone le banche. Le banche italiane per esempio detengono un gran numero di titoli di Stato italiani». Oltre all’equity, anche il fronte obbligazionario presenta dei problemi: le obbligazioni in euro emesse dagli istituti di credito ammontano a circa il 27% dei principali indici investment grade, ovvero rappresentano il principale settore. È quindi molto difficile per gli investitori obbligazionari non esservi esposti. «Dopo un significativo peggioramento degli spread obbligazionari tra marzo e aprile 2020, il supporto della Bce e le misure fiscali a livello nazionale hanno assicurato una rapida riduzione degli stessi, con la conseguenza che molte obbligazioni senior emesse dal settore finanziario hanno raggiunto un rendimento negativo, circa il 22% contro il 20% del settore corporate - era il 13% e il 14% a dicembre 2019 -», commenta Mainieri. «Inoltre, il rendimento delle obbligazioni subordinate o Tier 2 si aggira intorno all’1,16%, contro il 2,33% per le obbligazioni subordinate emesse da società non finanziarie rendendole, di fatto, poco meno attraenti comparate al livello di rischio».
IL 15-20% DEI CREDITI A OGGI EROGATI SONO ANDATI AD AZIENDE DI SETTORI MOLTO COLPITI DALLA PANDEMIA
A
differenza del passato l’attuale depressione economica non è stata generata dal sistema bancario e finanziario. Al contrario le banche sono state lo strumento dei governi centrali per veicolare copiosi aiuti all’economia e garantire la liquidità nel sistema. Ora che la crisi economica da pandemia fa presagire un forte incremento delle sofferenze, e la persistenza di tassi di interesse negativi comprime la redditività degli istituti di credito, gli strategist si domandano quali saranno le conseguenze soprattutto in Europa, cioè nell’area più fragile. «Il rischio è che le misure di supporto attuate dai governi europei per mitigare l’impatto economico negativo riducano la trasparenza dei bilanci e nascondano il reale livello di sofferenze del settore: circa il 15-20% dei prestiti delle banche europee sono infatti erogati a settori altamente colpiti dalla pandemia», spiega Barbara Mainieri, buy-side credit analyst di Dpam. Tale rischio, dice ancora la strategist, è particolarmente pronunciato nei Paesi periferici, dove il tasso di crescita delle sofferenze è più elevato. Quanto all’Italia, l’Abi (Associazione bancaria italiana) ha recentemente messo in evidenza che il comparto del credito, con un livello di sofferenze superiore alla soglia guida fissata dell’Autorità bancaria europea (Eba) del 5% lordo sul totale dei finanziamenti, è sottoposto a una forte pressione regolamentare. Il rischio che il trend in diminuzione delle sofferenze di questi anni possa subire un’inversione di tendenza è quindi molto concreto. Già nel periodo 2016-2020 le cessioni di crediti in sofferenze hanno raggiunto circa 150 miliardi di euro e ulteriori 20 miliardi sono previsti per il resto del 2020. «Il settore bancario europeo è indubbiamente a rischio a causa dell’incapacità di generare un sufficiente ritorno sul capitale, che è a oggi inferiore al costo del capitale, con la conseguenza di un’evidente distruzione di valore», afferma Mainieri. Poco successo in Borsa. Come ricorda John Plassard, investment specialist del gruppo Mirabaud, i mercati azionari europei 28
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Consolidamento Insomma quello nei titoli bancari europei è un investimento complessivamente poco attraente e lo spettro di una valanga di no performing loans provocata dal fallimento delle
COVERSTORY
aziende a causa della crisi generata dalla pandemia non migliora affatto le prospettive. A seguito del tonfo dell’economia europea (-21,1% la riduzione del Pil in Europa nel secondo trimestre del 2020) la riduzione dei costi e il consolidamento tra banche risultano essere le uniche due opzioni disponibili al momento per migliorare la solidità del settore e attrarre l’interesse degli investitori. «Le recenti fusioni in Italia tra Intesa e Banca Ubi, e in Spagna tra CaixaBank e Bankia, vanno in questa direzione e aiutano a rafforzare un sistema bancario tipicamente frammentato, in cui istituzioni di medie e piccole dimensioni hanno difficoltà ad adattarsi a un contesto difficile come l’attuale», afferma Mainieri. «Questa crisi non ha fatto che accelerare un fenomeno che stava richiedendo troppo tempo per mettersi in moto, ovvero l’aggregazione tra istituti bancari», dice Antonio Amendola, fund manager equity Italia ed Europa di AcomeA Sgr. «Non è impossibile immaginare un minor numero di istituti a livello europeo, ma molto più grandi e capaci quindi di assorbire meglio gli shock futuri, e dare maggiore sicurezza al mercato europeo». Secondo Mainieri però la mancata istituzione di uno schema armonizzato di assicurazione dei depositi a livello europeo, o terzo pilastro dell’Unione Bancaria Europea, costituisce il più grande impedimento all’attuazione di fusioni cross-border. «La difficoltà di creare grandi istituti europei, in grado di competere a livello internazionale, aumenta ancora di più il divario tra banche europee e americane. Da sole, le sei grandi banche di Wall Street sono state in grado di generare utili per 13 miliardi di dollari nonostante 35 miliardi di accantonamenti sui crediti», spiega la strategist.
A sinistra Enrica Landofi di Hsbc. Sopra, John Plassard di Mirabaud. In basso, Carlo Massini di Hogan Lovells. Nella pagina accanto, Barbara Mainieri di Dpam
regolandone le modalità. «Non so dire oggi se sarà un successo e se riusciranno a fare fronte alla competizione di altre entità, staremo a vedere», dice la strategist. «Nel settore del credito era già in corso una rivoluzione, con Brexit, l’imminente scomparsa di Libor e la conversione digitale che avanza inesorabile da anni», spiega Carlo Missini, socio responsabile banking di Hogan Lovells in Italia. «In generale il cuore dell’attività bancaria sta passando dal credito ai servizi, alla gestione dei dati aggregati e allo sviluppo del settore fintech. È anche facile prevedere che la pandemia acceleri ulteriormente il processo di aggregazione delle banche in grandi poli, più idonei ad affrontare le sfide di riduzione dei costi, creazione di valore e incremento di redditività e competitività». Per concludere, il mantenimento di alti livelli di capitale è e sarà un elemento importante per gli investitori. Come spiega Mainieri, con un ritorno sul capitale tra il 5-6%, la capacità di generare capitale dall’accantonamento dei profitti oggi è limitata, e ciò crea un problema tanto per gli investitori azionari quanto per quelli obbligazionari. «Il tema è che un costo del rischio strutturalmente alto e tassi negativi per un periodo prolungato comportino perdite massicce per il comparto bancario, aumentando le probabilità di dissesto per gli istituti più deboli», dice Mainieri. Che conclude: «Il consolidamento a livello nazionale e internazionale aiuterà a rendere il sistema più resiliente e a realizzare sinergie, che restano comunque limitate. Il futuro del sistema bancario europeo, e non solo, è ancora una volta messo a dura prova».
Trasformazione Al settore si chiede quindi di accelerare una trasformazione già cominciata sulla spinta della ricerca di redditività. «Il fintech e l’asset management negli ultimi anni hanno preso quote di mercato rilevanti e le banche stanno già rivedendo i loro business model per fare fronte a questa competizione», spiega Enrica Landolfi, head of Abs origination for Continental Europe and structured finance for Italy di Hsbc. Che aggiunge: «In generale osservo una spinta significativa verso la digitalizzazione intesa come strumento per facilitare processi di gestione, di offerta di servizi finanziari, in alcuni casi anche collegati a servizi non necessariamente bancari per ampliare la comunità clienti». Le nuove normative europee hanno dato il via a questa nuova era
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INTERVISTA CON CORRADO SCIOLLA
«CEDACRI? È IL LABORATORIO DOVE NASCONO LE BANCHE DEL FUTURO» di Sergio Luciano
LE FINTECH CHE SONO SUPERSPECIALIZZATE STANNO DIVENTANDO ALLEATE NATURALI DEI BIG BANCARI
«V
edo quest’azienda, Cedacri, come il motore tecnologico che sta aiutando e sempre più aiuterà le banche italiane a cavalcare l’innovazione spostandosi sul digitale», dice Corrado Sciolla, ed è uno che sa di cosa parla. Un master all’Insead, gli esordi tra McKinsey e NewsCorp, poi una carriera manageriale di lungo corso sempre nell’hi-tech, da Wind ad Albacom a BT, prima in Italia poi in Francia e poi a capo dell’Europa continentale e del Sud America, è da due anni amministratore delegato del vecchio Centro di elaborazione dati delle Casse di risparmio, da tempo ormai emancipato e aperto a tutto il mercato delle istituzioni creditizie e finanziarie, insomma soprattutto le banche. Le quali banche, Sciolla, vivono tempi grami, e sono assediate dalle fintech… Sì, le banche – a differenza delle tlc, dove alla fine gli incumbent, cioè i vecchio colossi, sono sempre stati difesi dalla concorrenza – sono soggette in modo asimmetrico ad attacchi da parte di nuovi concorrenti non soggetti alla stessa normativa. La direttiva Psd2 ha svantaggiato le vecchie banche, aprendo ad esempio a chiunque la possibilità di offrire servizi di pagamento. E il sistema come ha reagito? Beh ha fatto cose diverse. Ha creato delle associazioni d’impresa tramite cui fornire servizi di tipo innovativo senza snaturare il vecchio business, ad esempio nei pagamenti ma anche nella vendita di prodotti creditizi semplici come i mutui. Inoltre grazia alla tecnologia sta sviluppando sistemi di open banking che permettono alle banche stesse di trovare nuove fonti di ricavo e di interazione con i clienti. In questa metamorfosi si sono inserite le fintech, con un piglio aggressivo ma senza la possibilità né le capacità di offrire tutti i servizi bancari. Sono aziende ver30
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Corrado Sciolla, amministratore delegato di Cedacri
ticali, con una propria specializzazione specifica, ad esempio nell’erogazione dei crediti, dei mutui, nella gestione dei portafogli… E dunque? Dunque le fintech che sono superspecializzate stanno diventando alleate naturali dei big bancari, aiutandole a svecchiarsi in questi settori verticali di servizio. Ma per le banche il pericolo viene anche da altri fronti. Quali? Le big tech ad esempio hanno una potenza di fuoco diversa. L’Europa finora non è stata in grado di limitarne il potere. Hanno una leadership pazzesca nel rapporto con i clienti e nella conoscenza dei loro comportamenti. Per fortuna, c’è da dire, non hanno individuato nel settore bancario una vera priorità. Amazon, Apple e Google hanno attività nel fintech ma per ora non hanno fatto una banca. Né lo sarebbe stata Lybra, l’iniziativa di Zuckerberg. E in questo mondo bancario iperdigi-
COVERSTORY talizzato, Cedacri che fa per le sue banche clienti? Originariamente l’azienda forniva sistemi di core-banking: i sistemi di base di ogni banca. Poi abbiamo sviluppato un secondo livello di servizi, con cui forniamo attività e soluzioni di open banking con architetture a microservizi innovative, come ad esempio le mobile App native, che cioè non siano semplicemente le interfacce di home banking tradizionali riformulate per il mobile ma siano prodotti originali, progettati per gli smartphone. Ma il sistema bancario è pronto per la digitalizzazione? Partiamo dalla considerazione che in Italia ci sono oggi oltre 30 diversi sistemi di core-banking. Se consideriamo che i servizi di base – come l’anagrafe, la gestione dei conti, la compliance – siano ormai commodity tecnologiche, ne ricaviamo che anche il credito, come altri settori a forte sovracapacità produttiva, quali ad esempio le telco mobili e l’industria automobilistica, dovrà razionalizzare la propria infrastruttura tecnologica. In Italia ci sono due grandi banche che possono sostenere da sole una struttura autonoma di core banking. Se le altre procedessero con piena razionalità si creerebbe lo spazio per una grande ottimizzazione di tutti i settori di core banking, creando una grande piattaforma comune, che potrebbe offrire enormi vantaggi economici a tutto il sistema. Consideri che solo adeguare i sistemi alle richieste periodiche delle autorità di vigilanza assorbe il 50% degli investimenti che fa una banca medio piccola. Le banche di territorio in particolare se ne gioverebbero moltissimo. Solo sul core-banking? Non solo. Mi aspetterei razionalizzazioni enormi anche sull’infrastruttura, sui data center e sullo sviluppo di piattaforme comuni per indirizzare i problemi di cybersecurity. Introdurrei anche il concetto del cloud, con parte dei servizi informatici bancari che potrebbe utilizzare il cloud, ma con la localizzazione di tutti i dati su un’infrastruttura comune, con un accesso a banda larghissima per ridurre qualsiasi latenza, un software adeguato e una sicurezza di cybersecurity ai livelli altissimi che richiede il sistema bancario. Questo potrebbe generare enormi opportunità di efficientamento, ma allo stesso tempo dell’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili sul mercato. E in questo contesto, come vede la futura strategia di Cedacri? Aiutando le banche a cavalcare i nuovi trend siamo cresciuti molto anche noi. Qualche anno fa eravamo focalizzati sulle banche nostre azioniste, ma siamo cresciuti molto – dai 280 milioni di euro di ricavi agli oltre 400 con cui chiuderemo l’anno in corso e da meno di 50 a + di 80 di ebitda – riducendo il fatturato captive, cioè i servizi offerti alle banche nostre azioniste, al 40% del totale. Non siamo più il consorzio che eravamo, siamo un operatore di mercato importante, oltre il 60% dei ricavi vengono dal mercato esterno al perimetro dei soci, ma anche i soci ci misurano col metro del mercato. Come avete fatto? Investendo, facendo acquisizioni e acquisendo nuovi clienti sul mercato. Negli ultimi 4 anni abbiamo investito oltre 220 milioni di euro, nel 2019 abbiamo avuto una incidenza degli investimenti sul fatturato dell’11%, siamo tra i più alti del mercato. Abbiamo acquisito due società Oasi e CAd.it rispettivamente leader di mercato in Italia nel SW per l’Antiriciclaggio e nelle piattaforme per la gestione dei titoli, presenti su tutte le più grandi banche italiane. Nel maggio del 2020 abbiamo migrato, completamente da remoto, sulla nostra piattaforma di core banking Deutsche Bank Italia, avendo gestito de facto il più grande progetto di migrazione del
CONSULENZA AGLI ISTITUTI DALLA NOSTRA CABINA DI REGIA mercato dei service provider bancari. E ora? Siamo tornati a concentrarci sulla crescita organica dell’azienda, attraverso un grande impegno commerciale che cavalca anche la vendita di servizi di nuova concezione: servizi in cloud con il nostro datacenter, ad esempio. E contemporaneamente siamo consulenti delle banche che vogliono capire cosa possono tenere nel data center di proprietà, cosa nel private cloud, cosa nel public cloud.. Abbiamo costituito un servizio che chiamiamo cabina di regia in cui forniamo consulenza alle banche per adeguare i loro processi alle richieste dei regolatori. Bene. E i big data? Ci stavo arrivando. Abbiamo creato per un sistema di data-lake, un sistema di archiviazione dei dati in formato nativo che sostituisce i vecchi datawarehouse, su cui grazie a modalità innovative si può accedere in tempo reale. Attorno a questa piattaforma possiamo sviluppare tool specifici per singole banche, ad esempio finalizzati ad azioni di CRM (Customer Relationship Management) per meglio gestire i clienti. E non basta. Cos’altro c’è? Stiamo offrendo sistemi di valorizzazione del credito attraverso l’assesment del valore dei crediti che hanno le banche in modo da poterli erogare meglio in futuro. Creiamo database statisticamente significativi e su questi elaboriamo una valorizzazione del credito che va molto oltre le medie statistiche e analizza le specificità della base clienti, riducendo il fabbisogno di capitale, legato al credito erogato. E come fate a fare tante cose nuove rispetto alla tradizione? Con gli investimenti, come dicevo, utilizzando l’intelligenza artificiale, per migliorare i processi e facendo le giuste partnership industriali. Parlando dell’AI (Artificial Intelligence, ndr) per esempio nell’antiriciclaggio, che richiede sempre maggiore attenzione anche a causa dell’aumento delle attività digitali. Ebbene: uno dei nuovi problemi delle banche è l’elevato numero di falsi positivi che si riscontrano in quest’ambito. Ecco: la giusta applicazione dell’AI permette di mantenere l’efficacia del sistema senza perdersi in nessuna delle operazioni che potrebbero generare problemi e riducendo i falsi positivi. E stiamo appunto sviluppando un sistema che, incrociando i dati di diversi database, riesce in quest’importante lavoro. In termini di partnership lavoriamo con tutti i principali fornitori di Infrastruttura Cloud, di piattaforme SW e ovviamente integriamo nel nostro sistema le App innovative che ci sono sul mercato Che sviluppi vede nel medio-lungo periodo per questi vostri business? Una crescita importante su un business stabile e resiliente. E dunque, la Borsa o un nuovo partne? Varie ipotesi. Potremmo trovare un partner industriale e attivare la crescita possibile sui mercati esteri. O restare indipendenti e magari andare in Borsa con un’Ipo. Scusi, una curiosità: nel business degli Npl quanto credete? Giudichi lei: gestiamo noi la piattaforma di Amco. dicembre 2020 - gennaio 2021
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LE TAVOLE ROTONDE DI INVESTIRE
Investimenti tematici, via maestra per l’asset allocation di qualità di Sergio Luciano
ANTONIO BOTTILLO
I
MATTHIEU DAVID
mercati sono ai massimi, l’economia è ai minimi. Certo, i listini anticipano i fenomeni a venire e scontano che, con la sospirata fine di quest’orribile pandemia, l’economia ripartirà. Ma non si sa con quanto entusiasmo scontino questo pur prevedibile rimbalzo, e quanto rischio di volatilità o, peggio, dolorose perdite incomba su chi resti agganciato agli attuali livelli, molto alti, dei corsi borsistici. E allora molti operatori e analisti qualificati ritengono che sia più che mai il momento di affidarsi al criterio aureo della tematicità degli investimenti: puntare sui filoni economico-sociali di sicuro sviluppo nel medio termine. Per approfondire quest’approccio Investire ha promosso, nei giorni scorsi, la prima tavola rotonda del suo nuovo format Investire Insight, con tre esponenti di case d’investimento di assoluto lignaggio, molto attente da sempre a questa strategia: Antonio Bottillo, executive managing director e country head Italy di Natixis Investment Managers; Matthieu David, head of italian branch & global head of financial institutions & partnerships di Candriam; e Michele Scolletta, head of Allianz networks sales Italy di Allianz Global Investors. 32
MICHELE SCOLLETTA
FACCIA A FACCIA I TOP-MANAGER DI ALLIANZ GI, CANDRIAM E NATIXIS: IN FASI D’INCERTEZZA E VOLATILITÀ VINCE CHI PUNTA SUI TREND DI LUNGO TERMINE
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Perché investire “a tema” «Per noi», ha esordito Matthieu David. «la parola chiave è “convinzione”. Chi gestisce patrimoni con convinzione non può non essere attento a quel che succede nel mondo… Viviamo da qualche anno cambiamenti epocali, è impensabile non tenerne conto e non cercare di portare agli investitori, che siano professionali, istituzionali o privati cittadini, le opportunità legate a questi cambiamenti. In particolare in 4 ambiti: mercati emergenti, tra Asia, Sudamerica ed Est Europa; cambiamenti demografici; progressi tecnologici; e cambiamenti ambientali e sociali. Al’interno di queste 4 aree individuiamo una pluralità di sottotemi che possiamo andare, di volta in volta, a coprire con la dovuta expertise e sempre con la finalità di restituire al cliente un rendimento di lungo periodo».
«Condividendo la premessa di Investire Insight, di fare cioè non solo informazione ma anche cultura», ha detto Michele Scolletta, «voglio illustrare perchè Allianz abbia sempre dedicato tanta attenzione agli investimenti tematici. Non è una novità. Anni fa li definivamo fondi specializzati. Nel corso del tempo li abbiamo visti funzionare molto meglio sia dal punto di vista della performance che del risk-management: la gestione ottimale del rischio è nel dna dell’intero gruppo Allianz, che ha quindi puntato sulla diversificazione globale all’interno di specifici temi d’investimento. Parliamo quindi di ricerca globale su specifiche idee che per noi rappresentano concrete risposte nell’immediato che possono dare nel futuro maggiori ritorni in termini di rischio-rendimento agli investitori. Con uno sguardo al presente, puntiamo al futuro. Ecco perché continuiamo a specializzarci sempre di più sui temi d’investimento». «Sia per affrontare al meglio le fasi di volatilità che per cercare sempre nuove opportunità anche nella rotazione tra settori», ha spiegato Antonio Bottillo. «Il punto, a nostro avviso, è non focalizzarsi su obiettivi di breve respiro per inseguire novità effimere ma optare sempre per soluzioni più resilienti. Questa strategia, per noi, fa parte di trend di lungo periodo, per non dire secolari. Se si trattasse solo di investire nell’azionario globale, si potrebbe farlo anche senza dedicare tanto tempo alle analisi e magari comprando prodotti indicizzati; ma se si ha necessità di caratterizzare il proprio portafoglio per resilienza e controllo della volatilità, anche in momenti complessi del mercato come la scorsa primavera, allora queste strategie dimostrano la loro qualità».
Quali sono i temi di maggiore interesse del momento? «Ci facciamo questa domanda da vent’anni», risponde Matthieu David. «da quando lanciammo il nostro primo fondo tematico, che riguardava il mondo della sanità, con particolare riferimento alle biotecnologie, che è tuttora sul mercato con un buonissimo patrimonio, campione della categoria. Per noi, dunque, il primo tema è la sanità, e non crea sorprese: il contesto specifico attuale ha acceso una luce fortissima su questo tema, che attrarrà tantissimi investimenti sia privati che pubblici, in particolare nelle biotecnologie. Poi la ricerca oncologica, su cui ci siamo concentrati da un paio d’anni a questa parte, capitalizzando sull’expertise che avevamo in casa. È un fondo a impatto, cioè ha un impatto positivo sulla società in generale. Il fondo dedicato all’oncologia è poi associato a un programma di donazione parziale dei proventi a istituzioni di ricerca, quindi ha un doppio impatto positivo sul sistema, diretto e indiretto. Un altro ambito di nostro interesse è quello dei cambiamenti climatici e sociali. Abbiamo lanciato nel corso degli anni prodotti legati a questi temi: l’invecchiamento e la crescita della popolazione mondiale riferita ad aree specifiche. E il clima: dal 2015, dopo gli accordi Parigi, ad eccezione di un paio di paesi, tutto il mondo riconosce questo tema e la sua rilevanza. Abbiamo creato anche in questo caso una formula d’investimento che permette di cogliere le opportunità che nasceranno da questo tema, per l’esigenza di mitigare il cambiamento climatico e cambiare gli atteggiamenti delle aziende sull’approvvigionamento energetico. E poi le nuove tecnologie: stanno pervadendo tutta la nostra vita e offrono davvero tantissime opportunità». «Quest’anno la storia dei mercati ha condensato in sé una serie di eventi che sarebbero bastati, un tempo, a riempire decenni», risponde Michele Scolletta. «La pandemia ci ha forzatamente chiusi tutti in casa. Abbiamo dovuto attrezzarci per una nuova forma di sociatà. Utilizzando nuovi strumenti: Zoom, Team, Skype e le altre piattaforme di comunicazione. Le utilizzano anche le industrie, le banche e le assicurazioni. Ma cosa succede se questi sistemi non hanno protezioni di sicurezza elevate? Ovviamente ci potranno essere intrusioni pericolosissime. Per cui investire sulla cybersecurity è per noi fondamentale. Oggi una compagnia con un forte sistema di cybersecurity è da preferire a chi ne ha uno debole. Ma ci sono tanti altri temi nati dalla pandemia. Penso all’intelligenza artificiale applicata alla ricerca medica per esempio».
SCOLLETTA: «I FONDI TEMATICI FUNZIONANO SIA IN PERFORMANCE CHE DAL PUNTO DI VISTA DEL RISK MANAGEMENT»
Quale percentuale di patrimonio va messa nei tematici? «Non c’è una risposta unica», osserva Matthieu David. «L’Italia è un mercato più sensibile della media europea alla strategia tematica. Nell’Unione europea, a fine luglio l’ammontare complessivo delle risorse investite in strategie legate ai temi ammontava a 500 miliardi di euro, di cui 54 in Italia, dunque siamo al primi posto. Poi, ciascun investitore sceglie il suo profilo di rischio e i suoi obiettivi e si regola di conseguenza. L’approccio tematico ha a che fare con il lungo termine e la pianificazione finanziaria. E’ un approccio non sempre riconosciuto nelle pratiche consulenziali che avvengono in Italia. Le strategie di investimento tematiche portano più facilmente il cliente ad alzare la testa e a guardare al lungo termine, e ciò permette di ridurre l’emotività che esplode quando i mercati diventano difficili. Puntare maggiormente Scansiona il QR code al lungo termine grazie alle opportunità per guardare il video radicate nei cambiamenti che viviamo, dà integrale della tavola la possibilità di generare buoni rendimenti rotonda> e smobilizzare in parte l’enorme liquidità non investita ferma nei conti».
La sostenibilità è un tema o un approccio trasversale? «I principi Esg sono un modo di pensare. E l’accelerazione sugli investimenti sostenibili diventerà a breve uno standard del fare asset management»,
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permettono, nei momenti difficili, se hanno un contenuto resiliente e sostenibile, una miglior difesa. Investire su questi valori non è una scelta di nicchia, significa aprire il portafoglio a ciò che sarà leader del futuro sia per tema sia per produttività. E qui rientrano i valori che a me piace chiamare Gse, anteponendo a tutto la “g” di governance, che è ciò che abilita anche il perseguimento della compliance sull’ecologia e sul sociale. Per noi Esg non è un tema di investimento ma una modalità di risk management. Per esempio: non mettere in portafoglio aziende con cattiva governance significa ridurre i rischi; se un’azienda ha problemi di contenzioso con clienti o fornitori o creditori sarà forse soggetta a sanzioni e perdite, non va inclusa. E così via».
DAVID: «NEL SEGUIRE I TEMI CI PIACE INDIVIDUARE LE SOCIETÀ PIÙ INNOVATIVE E PROMETTENTI» dice Matthieu David. «È l’approccio agli investimenti che si estenderà di più nel prossimo periodo. Ho recentemente partecipato alla presentazione di società che volevano entrare in quotazione sull’Aim: ebbene, raramente avevo visto una sensibilità così forte rispetto a questi temi. Rilevante anche il percorso che l’Unione Europea sta compiendo sul fronte della regolamentazione. Da quando, nel 2018, è stato scritto il piano dell’Unione in materia, sono state introdotte regole per tutti i settori merceologici. Anche noi asset manager ne siamo impattati, ma tutto va a nostro avviso a favore della nostra industria. Importantissima, quindi, la formazione. In questo senso va la nostra iniziativa di Candriam Academy, una piattaforma on-line gratuita aperta a tutti sulla sostenibilità: ad oggi ha avuto quasi 6000 partecipanti da tutto il mondo, Usa compresi. Aiuta gli investitori privati a comprendere il tema e parlarne con il loro consulente, che a sua volta sulla nostra piattaforma troverà la sua risposta. Poi c’è la popolazione dei manager: Candriam con l’università Lumsa ha lanciato un master rivolto proprio a loro giunto alla quarta edizione e nel 2021 ne lanceremo uno specificamente indirizzato agli executive». «Il mondo riesce sempre gradualmente ad autoemendarsi», dice Michele Scolletta. «E dunque il sistema migliorerà, sul fronte della sostenibilità. Ma l’investimento tematico non esaurirà certo il suo compito per questo. Inoltre, all’interno di ciascun tema se ne aprono tanti altri. Pensiamo all’intelligenza artificiale e noteremo che all’interno dell’area ci sono miriadi di aziende che sviluppano business su temi specifici. Dall’industria manifatturiera alle banche alle assicurazioni alla sanità, al largo consumo, alle tlc all’agricoltura. Mentre nel passato i temi erano più settoriali – per esempio ci si concentrava solo sui titoli tecnologici o su quelli sanitari – ora spesso si inquadrano filoni trasversali. Quel che conta è sempre la diversificazione e la decorrelazione che ti 34
C’è spazio per lo stock-picking, nella gestione tematica? «Noi di Candriam», aggiunge Matthieu David, «gestiamo con convinzione e attivismo. Ci piace individuare le società che fanno la differenza per capacità innovativa e visione strategica. La nostra quota di portafoglio fuori benchmark è consistente. Abbiamo una copertura analitica sufficiente per trovare titoli poco conosciuti ma con grandi potenzialità di apprezzamento. Inoltre da 2 anni a questa parte abbiamo deciso di escludere dai portafogli le società che superino limiti bassissimi di esposizione ad attività controverse: tabacco, carbone termico, armamenti. Quindi cerchiamo società performanti ma non in qualsiasi modo o a qualunque costo». «Ci mancherebbe che la nostra gestione tematica ci dissuadesse dallo stock picking!», dice Antonio Bottillo. «Noi siamo fondamentalisti della gestione attiva: sempre alla ricerca di qualsiasi valida opportunità, di idee nuove, per noi questo è il senso dell’asset management. C’è tutto un mondo che si rivolge alla gestione indicizzata e passiva, che non vogliamo denigrare, e anzi può essere utile anche a chi fa gestione attiva ad integrazione e compleramento. Ma per noi gestori attivi è essenziale trovare quotidianamente idee e opportunità, che possano esprimere un profilo di rischio e un ritorno ottimale nella costruzione dei portafogli e contribuire a quello che dovrebbe essere l’obiettivo di ciascun investitore: cogliere target di lungo respiro e obiettivi reali, che si conseguono solo con una intensa ricerca…». “«Il nostro motto è Active is Allianz GI», conclude Michele Scolletta. «Siamo attivi per definizione. Ma sia chiaro: per noi lo stock picking va UNO SCAMBIO DI FOTO ben distinto dal trading. I gestori attivi non fanno attività di trading, o ne fanno pochissima. Si fanno scelte di gestione attiva nell’ambito di quel che il mercato mette a disposizione su opportunità e qualità. Scegliamo aziende che rappresentano la nostra filosofia di investimento e ci concentriamo su di esse. Non deENRICO SALVETTA GIANLUCA TALATO monizziamo la gestione passiva, anche Nel numero 21 di Investire, per uno noi ogni tanto ne utilizziamo qualche spiacevole errore, le foto di Enrico Salvetta strumento, per coprire un determinato di CCB e di Gianluca Talato di Iccrea mercato per un certo periodo di tempo sono state invertite e attribuite ciascuna possiamo utilizzare un Etf, ma quando all’articolo in cui si pronunciava l’altro. Ce esaurisce il suo compito nel nostro porne scusiamo con entrambi e con i lettori. tafoglio, lo superiamo».
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INTERVISTA A DARIO SCANNAPIECO
«L’Ue fa sul serio, ma l’Italia si adegui perchè resta una sorvegliata speciale» di Alfonso Ruffo
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IL VICEPRESIDENTE DELLA BEI: «LA PAROLA D’ORDINE SIA: AGIRE IN DISCONTINUITÀ. DAL 2000 A OGGI IL NOSTRO PIL È CRESCIUTO DAL 7,7% CONTRO UNA MEDIA EUROPEA SENZA ITALIA DEL 40,7%»
el periodo critico da marzo a luglio ha finanziato in Italia 13mila piccole e medie imprese con 6,5 miliardi tra prestiti e garanzie: oltre un terzo di quanto destinato a tutti gli altri Paesi europei. Anche sul fronte della sanità il contributo alla realizzazione delle terapie intensive e ai posti di pronto soccorso, oltre che alla retribuzione di medici e infermieri, è stato decisivo per la lotta alla pandemia. Economista, classe 1967, nato a Roma sotto il segno del Leone ma originario della Costiera Amalfitana, Dario Scannapieco è dal 2007 vicepresidente della Banca europea degli investimenti (Bei) e dal 2012 presidente del suo braccio operativo Fei (Fondo europeo per gli investimenti). Nell’intervista che segue offre alcuni suggerimenti su come uscire vincitori dalla dura prova del Covid 19 con un’avvertenza su tutte: agire in discontinuità.
Presidente Scannapieco, con i 209 miliardi del Next Generation Eu da matrigna l’Europa si è trasformata in fata turchina. È corretta questa interpretazione? Non si tratta di parlare di favole ma di fatti concreti. L’Europa sta subendo uno shock economico senza precedenti, con il Pil in calo di oltre il sette per cento a fine anno. Per l’Italia dovremmo essere intorno al dieci per cento. Quindi è corretto e giusto sostenere gli investimenti, affinché spingano la ripresa e, come obbiettivo finale, rendano l’Unione europea una grande area economica e sociale più competitiva. I pilastri di questa azione sugli investimenti sono la sfida del clima e la digitalizzazione, vale a dire il processo di modernizzazione dell’economia. Ma anche la coesione sociale, per ridurre le ineguaglianze create dalla crisi. Ci si può fidare dell’improvviso e provvidenziale buon sentimento di Bruxelles nei nostri confronti? Ritengo che non siamo di fronte alla categoria dei “buoni sentimenti” ma alla consapevolezza che occorrano da una parte investimenti, come si è visto, dall’altra riforme strutturali per snellire le procedure e dare un forte impulso alla competitività. Ripeto, quindi: non buoni sentimenti ma la razionale consapevolezza che occorre una spinta a fare di più. Per restare nella metafora, potrà l’Europa a sua volta fidarsi del Pinocchio Italia? L’Italia deve acquisire credibilità implementando una serie di riforme: dalla giustizia ad una chiara definizione dei ruoli delle varie istituzioni fino al processo di realizzazione degli investimenti. Riforme che rendano il Paese più moderno ed efficiente, riducano i tempi e i costi di realizzazione delle opere e portino 36
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DARIO SCANNAPIECO, VICEPRESIDENTE BEI E PRESIDENTE FEI
l’Italia in una nuova fase di sviluppo. Sta a noi agire in questa direzione, per creare tale credibilità. Con fatti, non con parole. È vero che l’Italia resta un sorvegliato speciale? L’Italia è un sorvegliato speciale perchè se guardiamo a quanto è successo negli ultimi anni sul fronte della crescita capiamo quanto stiamo arrancando. Dal Duemila a oggi il PIL francese è aumentato del 32 per cento e quello tedesco del 30,6; quello spagnolo del 43,4 per cento e quello medio dell’Unione europea senza l’Italia del 40,7. Nello stesso periodo, il PIL italiano è cresciuto solo del 7,7 per cento. Siamo un sorvegliato speciale perché dobbiamo adottare riforme che ci permettano di crescere quanto gli altri partner europei. Abbiamo le energie per farlo. Si tratta di sbloccarle operando in discontinuità con il passato.
INVESTIRE SPECIALIST
Ammesso che saremo davvero capaci di farci dare attrarre investimenti e per una sana attività imprenditoriale. In tutti i fondi promessi, saremo anche in grado d’inve- rare eccezioni lo Stato può svolgere il suo ruolo di policy maker, stirli in tempi e modi appropriati? intervenendo in maniera diretta per compensare fallimenti di È questa la grande sfida, in Italia il problema non è mai stato la mercato, ma solo in un’ottica temporanea e poi uscire una volta carenza di risorse finanziarie ma la disponibilità di progetti. C’è sanato lo squilibrio. Per sorvegliare sul corretto funzionamento un grande lavoro da fare, e va fatto, lo ripeto, con grande discon- di tali processi, lo Stato deve dotarsi di sistemi di controlli sul tinuità rispetto al passato. Non si può perdere questa occasione, funzionamento delle regole. Penso alle Autorità di settore, nel è la nostra once in a lifetime opportunity. Se non spingiamo sulla settore delle utility, per la definizione dei parametri tariffari e crescita del PIL anche la finanza pubblica rischia di non essere ad un rafforzamento dei ministeri per verificare l’effettiva reasostenibile nel medio termine. lizzazione degli investimenti C’è un non detto che poprogrammati. trebbe influenzare i nostri Non c’è il rischio che il rapporti con la CommisMercato arretri e lo Stato sione? torni a fare mestieri non No, i rapporti dell’Italia con la suoi? Commissione UE sono di assoIl rischio c’è. Ed è ancora piú luta normalità, siamo allineati forte in fasi di recessione. Ma a quanto avviene agli altri Paeoccorre guardare a tale rischio si. Sicuramente dobbiamo dimostrare di essere in grado di fare senza troppe preoccupazioni, a patto che ci sia una divisione dei quelle riforme che ci consentiranno di crescere più di quanto sia ruoli consolidata. Quindi con una consapevolezza ed effettività avvenuto negli ultimi venti anni. Nel rapporto UE-Italia le parole nel carattere temporaneo dell’eventuale intervento dello Stato. chiave sono “coerenza” e “credibilità”. E ció vale per entrambe, È ancora attiva qualche clausola vessatoria che ci l’Italia e l’Unione europea, che deve ritrovare piú ambizione. debba consigliare di non accedere al Mes? Le condizioni per poter accedere alle risorse - a fon- Quelle del Mes sono risorse importanti. Lascio al Tesoro la scelta do perduto e in prestito - sono ben definite. Abbiamo sull’accesso. Sicuramente va fatta un’analisi della convenienza la possibilità di rispettarle? in termini di tasso. Altrimenti che senso ha rifiutare 36 miliardi Dobbiamo, ed è per questo che occorre discontinuità nella no- utili a rafforzare il sistema nazionale? stra azione. Se adottiamo le vecchie procedure e le vecchie re- La recrudescenza della pandemia potrebbe far camgole sinora troppo spesso utilizzate per implementare i grandi biare idea al governo? progetti rischiamo di perdere il treno europeo. Abbiamo le capa- Penso che nel governo ci siano professionalità strutturate, in cità per rispettarle. A patto che ci sia un cambio di marcia. grado di fare un’analisi comparativa di costi e benefici di questa Per usare un’espressione diventata di moda nelle ul- scelta. Una fonte di finanziamento a basso costo a mio avviso dotime settimane: l’Italia è davvero il Sussidistan? vrebbe essere utilizzata. Non mi aspetto clausole vessatorie, chi Purtroppo se analizziamo la composizione della spesa pubblica siede nei posti chiave in Europa non è stolto. E comunque quelle italiana vediamo che negli ultimi anni si è fortemente penaliz- riforme di cui l’Italia ha bisogno andrebbero fatte anche senza zata la componente in conto capitale per sostenere la spesa corrente. Da una parte questa puó essere stata una scelta comL’ITALIA PRIMA BENEFICIARIA DELLA BEI prensibile nel tentativo di mitigare gli affetti della crisi; ma dall’altra si rischia ha ricevuto oltre 210 peró di ridurre le risorse disponibili per Prestiti con durate molto garanzie, a sostegno di 183 progetti del valore miliardi di euro. Tutte investimenti e quindi sostenere la cresci- più lunghe rispetto agli complessivo di 34 cifre che dovrebbero ta a lungo termine del Paese. Tale squili- standard di mercato e miliardi. All’interno della essere confermate per brio a sfavore degli investimenti produt- tassi sensibilmente più UE, piu’di un euro su l’anno in corso. Tra i tivi va sanato, ma va fatto all’interno di un bassi, grazie alla tripla sei è andato all’Italia (il progetti piu’ importanti disegno complessivo di rilancio dell’Italia. A della raccolta sui 17,3%). Negli ultimi dieci le alte velocità ferroviarie E che abbia tra i capisaldo la creazione di mercati internazionali. anni la nuova finanza Napoli-Milano, la occupazione per quelle classi sociali piú Sono questi i vantaggi per l’Italia e’ stata pari a Napoli-Bari, l’Autostrada dei finanziamenti della penalizzate dalla crisi. 102 miliardi a sostegno del Sole, il Piano scuole Come tenere in equilibrio Stato e Banca europea per di investimenti del valore per la ristrutturazione Mercato in momenti di recessio- gli investimenti, che di 277 miliardi. Oltre di 9.000 edifici in tutta vedono l’Italia primo ne? 309 mila nel decennio Italia, due miliardi per La storia dell’Europa ci insegna che sono Paese beneficiario le pmi finanziate grazie l’emergenza Covid della due elementi che devono trovare tra loro all’interno dell’Unione alla partnership con le sanità pubblica. un giusto bilanciamento. A mio avviso europea. Nel 2019 banche domestiche. Tutte cifre che è sbagliato “solo Stato” ed è altrettanto (ultimo bilancio Dalla nascita nel 1958 in dovrebbero essere sbagliato “solo mercato”. L’Autorità stata- disponile), ai progetti confermate per l’anno in base ai Trattati di Roma le deve fissare le regole e dare certezze italiani sono andati 11 corso. istitutivi della UE, l’Italia regolamentari, condizioni necessarie per miliardi tra prestiti e
SUL MES VA FATTA UN’ANALISI DELLA CONVENIENZA DI TASSO. ALTRIMENTI PERCHÈ RIFIUTARE 36 MILIARDI UTILI A RAFFORZARE IL SISTEMA?
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alcun vincolo esterno. Dobbiamo crescere in maturità come più forte dopo il Covid o esattamente il contrario? paese e non contare solo sul “vincolo esterno” per fare quello Paradossalmente uno tsunami come il Covid e le conseguenze che in fondo sappiamo va fatto anche se politicamente nel breve che sta avendo sul tessuto economico e sociale sono una grannon conveniente. Se continuiamo a ragionare sulla base della de opportunità per proseguire e rilanciare l’intero disegno di convenienza politica di breve condanniamo il paese al declino. una Europa unita. Confido sulla lungimiranza e la capacità dei La Bei ha un ruolo centrale nel supporto al mondo delle governanti di guardare a lungo termine e capire che con una imprese. Come stanno funzionando i suoi programmi di Europa piú forte vinciamo tutti mentre con una Europa divisa finanziamento? invece perdiamo tutti. Per l’emergenza Covid in BEI ci siamo attivati subito, a marzo. Quali sono gli errori da evitare assolutamente? La risposta immediata si è basata sugli strumenti finanziari Guardare al breve termine e non cogliere la dimensione della esistenti. Tra prestiti e garanzie, nel periodo marzo-luglio sono sfida in corso. andati all’Italia 6,5 miliardi, oltre un terzo di quanto è stato de- Se il governo le chiedesse un suggerimento per alimenstinato a tutti i Paesi europei. Ne hanno beneficiato ad esempio tare la crescita che cosa direbbe? 13mila Pmi. Ma anche e soprattutto, abbiamo finanziato con Agire in discontinuità con il passato per le procedure di spesa, due miliardi la Sanità italiana per le spese previste dal Decre- abbandonare la demagogia, cercare di attrarre le migliori proto rilancio della scorsa estate: 8 mila posti in terapia intensiva fessionalità nell’ambito della pubblica amministrazione e fare o sub-intensiva, la ristrutturazione di 651 pronto soccorso, le riforme necessarie a rendere il paese piú competitivo, anche se retribuzioni di 9.600 posti di lavoro tra medici e personale sa- impopolari nel breve. Quindi: procedure snelle, capitale umano nitario, la diagnostica a distanza. Un prestito a dieci anni a tasso di qualità e chiarezza dei ruoli e delle responsabilità tra le istizero. tuzioni. Queste le tre chiavi per il rilancio. C’è poi anche una risposta medio-lungo termine, l’EGF Che deve fare il Mezzogiorno per riscattarsi dal suo ruoda lei presieduto. Di che lo da cenerentola? cosa si tratta? Sicuramente c’è stata una caÈ una sorta di Piano Juncker: è renza di progettualità negli ultistato creato un fondo di garanmi decenni. Ma ci sono realtà di zia di 25 miliardi, l’European eccellenza ovunque, dalla Camguarantee fund, in cui sono gli pania alla Puglia o nelle isole. Stati membri a garantire le opeEccellenza anche tecnologica. razioni. Questo fondo permetE bisogna puntare su queste terà alla BEI di mobilizzare fino realtà, farle crescere. Basta con a 200 miliardi di investimenti l’immagine di un Mezzogiorno LA SEDE DELLA BANCA EUROPEA DEGLI INVESTIMENTI (BEI) in tutta Europa entro la fine del sconfitto. Occorre un po’ di or2021. Attività addizionale rispetto a quella tradizionale. goglio e consapevolezza che il Sud ha anche molte eccellenze. C’è tiraggio o l’economia è così depressa che l’offerta di E che cosa deve aspettarsi il Sud dal Paese e dall’Europrestiti per investimenti viene ignorata? pa? Il tiraggio c’è e lo vediamo concretamente anche se molte im- Rispondiamo alla Kennedy: chiediamoci prima che cosa il Sud prese in questa fase di incertezza pospongono i programmi di puó fare per se stesso. investimento. Anche per questo motivo abbiamo per la prima Dopo il duro confronto su quasi tutto tra Stato e Regioni: volta iniziato a finanziare il capitale circolante delle imprese di come inquadrare la persistente richiesta di molti goverminori dimensioni. Si tratta di offrire loro le risorse per resiste- natori per l’autonomia differenziata? re fino alla fine della crisi. I risultati sono più che positivi. La mancata chiarezza nella suddivisione dei ruoli ha effetti peHa fiducia in un’azione coordinata dei Paesi Ue o le dif- nalizzanti e paralizzanti anche sugli investimenti. La Costituzioficoltà crescenti dovute al morbo spingeranno per solu- ne italiana è sempre attuale per i valori, ma una revisione che zioni egoistiche? porti a una maggiore chiarezza dei compiti tra Stato e Regioni è L’Europa è stata capace di dare il massimo di fronte alle grandi auspicabile. Altrimenti vige la confusione e lo spaesamento tra sfide. In momenti come quello che stiamo vivendo dallo scorso i cittadini. marzo, dobbiamo capire tutti che la solidarietà è alla base del- C’è il rischio di sempre nuove proteste in piazza per il la costruzione dell’Unione. O ce la facciamo tutti insieme o non malcontento di categorie che temono per il fallimento ce la facciamo. D’altronde la parola solidarietà viene dal latino delle proprie attività. Quali risposte dare? “solidus”, che vuol dire forte. Quindi un’Europa più solidale è In questa fase occorre non far mancare il sostegno. Ma occorre un’Europa piú forte. anche disegnare l’Italia che vogliamo avere nel dopo pandemia. La necessità di collaborare in campo sanitario (vedi l’im- E agire di conseguenza. Capire che cosa c’è all’uscita del tunpegno per i vaccini) avrà ripercussioni anche in altri set- nel e quale Italia vogliamo. Solo con la prospettiva di un futuro tori? migliore le persone saranno disposte a sostenere sacrifici nel Gli ambiti di collaborazione tra i Paesi della UE sono tanti, e breve termine. molto si sta facendo. É chiaro che abbiamo di fronte sfide epoca- Se dovessimo trarre un insegnamento dall’esperienza li che si possono vincere superando la logica nazionale. Quindi che stiamo facendo quale potrebbe essere? la risposta deve basarsi sull’integrazione e sulla collaborazione. É necessario coniugare una visione ambiziosa a lungo termine Insomma, dobbiamo aspettarci un’Europa più unita e con un grande pragmatismo per l’immediato. 38
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Voglio trasformare la crisi in un momento di crescita per la mia azienda
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INTERVISTA CON MASSIMO DORIS
«Un anno di successi e di impegno sociale e con Flowe parliamo ai clienti di domani» di Sergio Luciano
PARLA L’AMMINISTRATORE DELEGATO DI BANCA MEDIOLANUM: «È STRATEGICO IL PROGETTO DELLA APP, COM’È STRATEGICA LA MISSIONE DI EDUCAZIONE FINANZIARIA DA CUI NASCE IL CORTOMETRAGGIO ‘RACCONTAMI DI ME’»
U
n anno straordinario per risultati economici, efficienza organizzativa, consolidamento del marchio e della reputazione, attività sociale. Coronato da un record: la App di Flowe, la nuova banca per i giovani lanciata dal gruppo, è da varie settimane la più scaricata d’Italia. Al momento in cui quest’intervista viene scritta, Flowe ha totalizzato 390 mila iscritti. In soli cinque mesi: “E questa nuova banca del gruppo, oltre ad essere una grande iniziativa per i giovani, oltre ad essere un veicolo che parla con forza dei nostri valori, una società benefit, un bel team, risponde anche a un grande disegno strategico nel quale crediamo fortemente”, dice Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum, in questa conversazione con Investire nella quale traccia una sorta di preconsuntivo di questo difficile 2020 che stiamo lasciandoci alle spalle. 40
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Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum
Dunque Flowe è un progetto strategico? Sì, e lo è al di là dei valori solidarietà sociale e sensibilità ecologica che la caratterizzano. Quando abbiamo fatto il business plan abbiamo fissato il break-even a tre anni. Ma la sfida è ben altra. Abbiamo osservato alcune delle esperienze analoghe internazionali, da N26 a Revolut. Stanno facendo milioni di clienti piccolissimi, raccolti con la monetica e qualche servizio accessorio. I più sono giovanissimi, e non hanno patrimonio. Qualcuno che ne ha, non si fida del tutto. Ma, fidelizzandosi su questi strumenti, la fiducia gli verrà. E nel frattempo questa clientela giovane crescerà. Chi oggi ha vent’anni e pochi spiccioli tra 10 ne avrà trenta e guadagnerà. Allora ci siamo detti: facciamoci conoscere a questa clientela fondamentale per il futuro, dimostriamogli la natura da sempre anticonvenzionale di Banca Mediolanum, e la conquisteremo. Peraltro, cosa possono offrire le banche di nuova generazione in termini di servizio? Delle bellissime piattaforme tecnologiche, ed anche la nostra lo è. Ma noi sappiamo bene che poi la maggior parte di quelli che hanno un po’ di risparmi, vogliono parlarne, confrontarsi con qualcuno. Ed è lì che scatteranno le sinergie con le nostre altre competenze. Con la nostra rete. E’ questo il disegno strategico, valido non solo per l’Italia. Quando, un domani, un cliente Flowe vorrà parlare con qualcuno, gli fisseremo un appuntamento con un nostro family banker. E intanto, come farete ad andare a break-even? Con i clienti che già iniziano a pagare i servizi premium, offrendo prodotti per giovani come le microassicurazioni o i piccoli prestiti. Ma ripeto: questo è un disegno strategico. Era strategico anche il cortome-
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traggio “Raccontami di me”? Molto bello ma a qualcuno più arte che business… Crediamo da sempre nella pubblicità. Ma per il messaggio che abbiamo lanciato con quel film, uno spot da 30 secondi non sarebbe bastato. Volevamo sensibilizzare le persone al fatto che gestire bene il proprio denaro non è semplicemente fare gli investimenti giusti al momento giusto, ma programmare con le scelte giuste il proprio futuro economico. Come nella carriera scolastica, in quella professionale, nelle scelte affettive e familiari. Anche nel risparmio si fanno a volte casualmente scelte che condizionano, che fanno la differenza. Pensiamo al risparmio previdenziale, in un mondo che invecchia e con un welfare in crisi ovunque. Senza programmazione si rischia. Questo è il messaggio del nostro film. Sì, ma non c’è neanche un riferimento, per esempio, a un vostro family banker… Ne abbiamo discusso, e abbiamo deciso di toglierlo per non rovinare l’emozione del messaggio e per non trasferirlo sul piano commerciale. L’obiettivo era fare cultura finanziaria. Peraltro, abbiamo seguito le orme dell’esperimento fatto, prima di noi, dal nostro Banco Mediolanum in Spagna. Un successo anche lì. Parliamo ancora di cultura finanziaria. Con 5000 banker in giro per l’Italia avete degli apostoli che parlano continuamente con le persone. Sono all’altezza anche delle nuove tematiche, per esempio quella sociale ed ecologica? Quella dei consulenti finanziari è innanzitutto una categoria iscritta a un albo e deve superare un esame di Stato: il che non è poco. Ma mentre una volta l’esame bastava, oggi giustamente c’è in più da seguire corsi di formazione obbligatoria, per conservare il proprio status legale. E ci sono test da superare: quindi c’è sempre un controllo attivo delle
ABBIAMO ACCENTUATO L’ATTIVITÀ NEI PRESTITI DI SOCCORSO, MA ANCHE SULL’EROGAZIONE DI CREDITI ALLE PERSONE ABBIAMO MESSO A SEGNO UN DECISO PROGRESSO
competenze. In generale, la formazione per noi è da sempre un punto di forza, e la Mediolanum Corporate University è stata la prima in Italia nel settore. In Banca Mediolanum, inoltre, utilizzando bene la tecnologia, riusciamo a sostenere i family banker nella loro attività ed anche a controllarne le scelte più complesse, per esempio nella definizione dei portafogli dei clienti. Torniamo all’azienda: i risultati 2020? Naturalmente è prematuro parlare di cifre ma dal punto di vista commerciale il preconsuntivo ad oggi ci fa sperare in una raccolta da record storico: 6,2 miliardi a fine ottobre, mentre il record precedente era stato di 6 miliardi nel 2009. Anche in termini di erogazione del credito nei primi 10 mesi abbiamo totalizzato 2,5 miliardi. E poi una buona raccolta assicurativa, sia nei rami danni che nella protezione. Record anche in queste attività. Insomma, le difficoltà del 2020 è come se non vi avessero coinvolti… Ma guardi, abbiamo reagito alla pandemia molto rapidamente. Abbiamo puntato a mettere in sicurezza tutti i nostri dipendenti, non abbiamo lasciato a casa nessuno, nemmeno quelli che avevano contratti a tempo determinato, per esempio nell’area eventi che ovviamente ha dovuto rallentare. Il nostro it ha fatto tripli turni per dotare tutti i dipendenti delle attrezzature per il remote-working, abbiamo comprato e configurato 1800 laptop, e poi smartphone, router per il wi-fi, e per i pochi dipendenti costretti dalle loro mansioni a venire fisicamente in ufficio abbiamo introdotto in busta un premio per il rischio. Abbiamo fatto una campagna di test sierologici, e adesso di vaccini antinfluenzali, e abbiamo dato a tutti una polizza sanitaria aggiuntiva con una grande compagnia esterna. Ok: ma per i clienti? Abbiamo accentuato la nostra attività storica dei prestiti di soccorso. Piccoli importi, tra i 5 e i 10 mila euro, che distribuiamo a chi ha più bisogno in collaborazione con associazioni importanti. Come a Genova la Santa Maria del Soccorso per le imprese rimaste vittime del crollo del ponte. Non è business, è solidarietà. E invece il business dei crediti? Noi siamo specializzati sui servizi alla persona, anche nel credito. Alla trimestrale posso dirle che abbiamo in bilancio 11,5 miliardi di attivo al dettaglio tra mutui, prestiti fini e cessioni del quinto dello stipendio. Inoltre, in questa situazione di emergenza dove sono state prestate garanzie statali, abbiamo anche aperto ai finanziamenti alle imprese, per 118 milioni di euro in totale, di cui alcuni, per un totale di circa 15 milioni, con garanzia Sace. Infine: soddisfatti o non ancora dell’attività di investment banking? È un’altra attività che sta andando molto bene, abbiamo portato in Borsa 3 aziende, emesso un convertibile, un minibond, fatto numerose complesse operazioni di m&a (merger and acquisition, ndr). Abbiamo anche organizzato due classi di Elite, il programma di formazione ai mercati finanziari di Borsa Italiana, e Covid permettendo ne faremo una terza. Stiamo avendo successo e ce lo aspettavamo: il mercato delle piccole e medie imprese non è ben coperto dall’offerta di questi servizi. Ma è il nostro mercato! dicembre 2020 - gennaio 2021
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SCENARI 2021
Tutto il fieno che sta nutrendo il Toro e le ragioni per pensare positivo di Ugo Bertone
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l 23 novembre scorso il Perù ha collocato un bond della durata di un secolo per un miliardo di dollari ricevendo richieste nettamente superiori dagli investitori istituzionali che si sono messi in fila per aggiudicarsi i titoli all’1,7%. Alla faccia di chi ritiene che la stabilità politica sia un prerequisito necessario per un investimento. A Lima e dintorni infatti negli stessi giorni regnava il caos politico: il presidente Martin Vizcarra è stato deposto dal Parlamento il 9 novembre scorso con l’accusa di avere ostacolato un’indagine per corruzione a suo carico. Sostituito da Manuel Merino, questi è stato costretto a dimettersi dopo soli cinque giorni per le proteste di piazza che contestavano la destituzione di Vizcarra. Alla fine, il Congresso ha nominato il centrista Francisco Sagasti, che completerà il mandato in corso fino alla scadenza del luglio 2021. Più o meno negli stessi giorni i titoli spazzatura hanno messo a segno rialzi spettacolari: le obbligazioni delle crociere Viking piuttosto che di American Airlines sono scese, in termini di rendimento, dall’11 al 4%. In Europa i junk bond sono passati dall’8 al 3%, grazie al balzo più robusto da più di 4 anni. E che dire dell’azionario? Nel corso del l’indice delle prime 40 blue chip di Piazza Affari ha accumulato un progresso di poco inferiore al 30% ovvero quasi 5.000 punti base. E con questi numeri novembre conquista la palma di miglior mese del terzo millennio. Pochi esempi per illustrare l‘effetto su tutti i listini della formidabile miscela di ingredienti che hanno risvegliato i mercati emergenti, le emissioni corporate e quelli del debito sovrano nonché i listini azionari, specie i comparti “value”, cioè i titoli più legati all’economia tradizionale, da tempo trascurati a vantaggio delle emissioni “growth”, già protagoniste della spettacolare ascesa della new economy. 42
PER ORA È GIUSTO APPROFITTARE DELLA RIPRESA POI VERRÀ AL PETTINE IL NODO DEL DEBITO CRESCIUTO AL 365 PER CENTO DEL PIL MONDIALE
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Un rally spettacolare che promette di proseguire, a detta delle principali teste d’uovo dei mercati azionari, anche perché buona parte degli stimoli approvati dai governi per sostenere i consumi sono finiti in risparmi accumulati per fronteggiare nuove disgrazie. Secondo Chris Watling di Longview Economics i risparmi sotto il materasso (solo una metafora, naturalmente) rappresentano tra il 7,5 ed il 10 per cento del prodotto lordo a livello mondiale, un livello anomalo che fa gola ai grandi gestori. Insomma per dirla con il Financial Times, “Anche se la pandemia deve essere ancora domata, prevale nettamente l’ottimismo sulla ripresa delle aziende. Secondo la stragrande maggioranza degli analisti per le azioni il 2021 sarà l’anno migliore dal 2003. Peccato però che, di norma, gli analisti si sbagliano…”. Così, con un tocco di ironia, il quotidiano della City prende cautamente le distanze dalla tendenza in rosa che emerge dai sondaggi. La crescita degli utili societari potrebbe essere del 50 per cento in Europa, al 22 negli Stati Uniti, dove il rally potrebbe proseguire per tutto il 2022 specie in alcuni settori, dalle compagnie aeree al turismo. Un exploit sostenuto dal recupero del pil a livelli da tempo sconosciuti in Occidente: +5% secondo la media delle previsioni, o +6% per Goldman Sachs. Un’avanzata sulla carta irresistibile che può essere compromesso (salvo infortuni sulla pandemia) solo da un eccesso di euforia. Anche se, al di là dell’ef-
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fetto vaccini, non mancano le incognite. In particolare: - La maratona infinita delle elezioni americane non è ancora finita. La data chiave è quella del 5 gennaio. Quel giorno gli elettori della Georgia, sceglieranno quali senatori mandare a Washington decidendo così se l’espansione sarà più sul piano fiscale (come avverrà se il Senato passerà ai democratici) o su quello monetario (come avverrà se il Senato rimarrà repubblicano) Intanto, in assenza di un accordo entro fine anno, 12 milioni di americani rischiano di perdere ogni forma di sussidio entro il 26 dicembre. - L’azione delle banche centrali. La Bce, pur scontando la resistenza dei banchieri del Nord, rafforzerà l’intervento sui bond (500 miliardi in più) oltre a mettere in campo nuove forme di sostegno. Ma basterà? - Le prime mosse dell’amministrazione Usa saranno cruciali sul fronte dell’energia, specie il petrolio. Il forte incremento dei prezzi a 50 dollari che ha coinciso con l’allentamento delle tensioni sui mercati, è stato messo a rischio dall’attentato al responsabile del progetto nucleare di Teheran. Come reagirà l’Iran? - La forza della domanda cinese, la novità che dopo aver rimesso in moto le economie dei Paesi emergenti può contribuire a sistemare i conti del made in Italy. La cinese: la sovraperformance dell’economia cinese (di fatto indenne dalla seconda ondata pandemica) dovrebbe peraltro essere sempre più evidente, man a mano che partirà anche il nuovo piano a 5 anni dal prossimo anno lunare che inizia a febbraio. In sintesi, le opportunità prevalgono nettamente sui fattori di rischio. Eventuali inciampi geopolitici potrebbero addirittura rappresentare occasioni per aumentare l’esposizione. Oppure, per sfruttare ritorni di fiamma di alcuni tempi già battuti durante il lockdown. Da segnalare al proposito l’ottima impostazione del giochi elettronici ma anche alcuni aspetti dell’economia “stay at home”. Fin qui il quadro generale su cui innescare la composizione di un portafoglio buono almeno fino alla primavera inoltrata facendo tesoro di alcune indicazioni di carattere generale: Va effettuata, se già non si è fatto, una rotazione del portafoglio che preveda, soprattutto nella parte europea, i titoli chiave della old economy. Da seguire innanzitutto le banche, in vista del risiko italiane e quello spagnolo. Potrebbe essere alle porte l’integrazione tra Banco Bpm e Bper ma anche per l’assorbimento di Mps in Unicredit. banche, auto e titoli oil. Per quanto riguarda l’auto sugli scudi Ferrari sostenuta dal gradimento dei clienti affluent per i nuovi prodotti. Ma i riflettori saranno concentrati sulla na-
Il nuovo presidente Francisco Sagasti. A sinistra una nave Viking. In basso, laboratori della Pfizer
scita di Stellantis, frutto delle nozze tra Fiat Chrysler e Peugeot. Senza trascurare i temi che promettono di essere i vincitori nel breve (e non solo). Tra questi: l’azionario cinese, l’energia pulita, il digitale e le batterie. In questi casi si ricorre agli Etf, una scelta che, nel caso della Cina, rischia di procurare delusioni. Gli exchange traded fund dedicati a Pechino spesso sono concentrati su titoli statali di grandi dimensioni, ovvero la parte dell’economia più indebitate e meno dinamica. Meglio puntare su Alibaba. È necessario saper sfruttare la fase dei tassi bassi, che non potrà durare all’infinito, ma che continua a regalare notizie che, solo pochi mesi fa, sarebbero state fantascienza pura. Il titolo a dieci anni del Portogallo, per esempio, tratta con uno yield negativo. Non meno impressionante la fotografia dei bond greci: decennale allo 0.66 per cento (d’un soffio meglio dei Btp, insomma) nonostante il rapporto debito/Pil di Atene. La speranza nel vaccino combinata con la crisi della politica dei dazi di Trump ha messo in moto un rapido ma robusto moto di rientro dei capitali nei Paesi emergenti, già abbandonati sotto la pressione della minaccia di recessione. Da marzo a fine ottobre 90 miliardi di dollari sono stati smobilitati dal Sud del mondo da finanzieri a caccia di “porti sicuri”. Ma dopo l’affermazione di Joe Biden è ripreso l’esodo verso Thailandia, Brasile o altri mercati emergenti. Ecco come la vede Stephane Monier di Lombard Odier: “Prevediamo una ripresa del commercio globale grazie a un cambiamento nelle relazioni Usa-Cina, e un migliore scenario commerciale per i settori che dipendono da catene produttive e logistiche complesse. Questo dovrebbe favorire una forte ripresa delle economie emergenti”. Insomma, almeno nel breve, il Toro non dovrebbe deludere. Banche centrali, vaccini assieme alla voglia di recuperare il terreno pubblico sembra in grado di garantire un avvio d’anno all’insegna del rialzo. I problemi all’orizzonte, per la verità, non mancano: il debito globale (considerata sia la componente pubblica che quella privata) è salito al 365 per cento rispetto al pil, con una nuova impressionante accelerazione rispetto ai dati di fine 2019 (320%). E, prima o poi, sarà necessario fare i conti con questa valanga che incombe sul nostro futuro, specie quando si risveglierà l’inflazione. Ma il rischio per ora sembra contenuto: approfittate della ripresa, finché si può. dicembre 2020 - gennaio 2021
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ESMA/1
Performance fee: volendo si cambia. Quanti Paesi Ue si adegueranno? di Giuseppe D’Orta
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L’ENTE UE SUGGERISCE DI RICONOSCERE LA FEE SOLO SE IL VALORE DEL FONDO FA SEGNARE UN NUOVO MASSIMO SUI 5 ANNI PRECEDENTI
o scorso 5 novembre, l’Esma, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, ha pubblicato i propri orientamenti riguardo l’applicazione di commissioni di performance nei fondi di investimento e nei fondi alternativi collocati ai comuni risparmiatori. Vediamo in concreto in cosa consistono.
I cinque orientamenti Gli orientamenti sono cinque, e precisamente: metodo di calcolo della commissione di performance, coerenza tra il modello di commissione di performance e gli obiettivi, la strategia e la politica di investimento del fondo, frequenza di cristallizzazione della commissione di performance, recupero delle performance negative (perdite), divulgazione del modello di performance fee.
La novità più importante La principale novità è rappresentata dalla previsione di un modello di commissione di performance addebitata soltanto a seguito del raggiungimento di un nuovo high-water mark durante il periodo di riferimento della performance, vale a dire al superamento del livello massimo toccato in un periodo precedente individuato in almeno cinque anni. Per dirla più commissione, la commissione si addebita solo se il valore del fondo fa registrare un nuovo massimo rispetto ai cinque anni precedenti.
Un esempio del nuovo meccanismo Un esempio aiuta a comprendere meglio il meccanismo. Ipotizziamo un fondo azionario Europa che abbia come benchmark l’indice Msci Europe e che lo superi. A questo punto è oggi legittimato a prelevare la commissione. Secondo le nuove disposizioni Esma invece occorre anche verificare se la quotazione del fondo ha superato la quotazione massima dei cinque anni precedenti. Soltanto se ciò è avvenuto, la società potrà addebitare la commissione di performance. La disposizione è prevista nell’Orientamento riguardante il recupero delle performance negative.
L’entrata in vigore Quello dell’high-water mark è un meccanismo da sempre esistente negli hedge fund ma pressoché sconosciuto nei fondi comuni collocati al retail, dove anzi la battaglia per un benchmark valido è tutt’oggi in corso. Sebbene i tempi in cui i fondi azionari si sceglievano come parametro di riferimento magari il tasso dei Bot oppure l’Euribor siano lontani, ancora oggi si notano fondi prelevare la commissione di performance con cadenza perfino 44
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a volte mensile. Anche su quest’ultimo aspetto l’Esma interviene, prevedendo l’applicazione solo annuale e sempre soltanto se viene superato l’high-water mark. Per i fondi già esistenti, le novità si applicheranno a partire dall’inizio dell’esercizio finanziario che ne segue di sei mesi la data di applicazione. Si parla, in sostanza, di inizio luglio 2021 con effetti che si vedranno a partire dall’esercizio decorrente dal 1 gennaio 2022.
Orientamenti non obblighi C’è però un serio interrogativo sugli orientamenti che, in quanto tali, rappresentano delle indicazioni e non sono imperativi. Si legge infatti che dalla data di applicazione, ovvero due mesi dalla pubblicazione, le autorità dei singoli Paesi aderenti all’Esma devono notificare all’authority europea se sono conformi, non sono conformi ma intendono conformarsi, oppure non sono conformi e non intendono conformarsi.
Che faranno Irlanda e Lussemburgo? Cosa faranno le autorità di vigilanza dei Paesi (il pensiero va a Irlanda e Lussemburgo) in cui si attirano le società di gestione proprio applicando una normativa a loro più favorevole (oltre che a una fiscalità migliore) rispetto a Paesi più rigorosi? Possibile immaginare che quei Paesi che prosperano proprio elargendo agevolazioni al settore finanziario facciano un passo indietro senza essere costretti? Anzi, non adeguandosi agli orientamenti finiranno per aumentare il vantaggio per le case di gestione che si domiciliano presso di loro. Sotto questo aspetto conterà molto la pressione dell’Esma sotto forma di moral suasion assieme alla pubblicità della rivoluzione annunciata ma che nei fatti rischia di non partire nemmeno, in barba all’obiettivo - come si legge - di rispettare principi di onestà ed equità ed evitare che costi indebiti vengano addebitati al fondo e di conseguenza ai suoi investitori. L’Italia si adeguerà ma… La vigilanza italiana si adeguerà probabilmente ai nuovi orientamenti ma senza obblighi per gli altri Paesi farà in tal modo un favore alle società di gestione che, sebbene italianissime dal punto di vista del collocamento, sono appunto domiciliate altrove, e danneggiando invece quelle in tutto e per tutto nazionali.
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ESMA/2
Melisso (Fineco Am): «Buone regole, ma rimane il no alle performance fee» di Marco Muffato
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ineco Asset Management è la società di gestione del risparmio interamente partecipata da FinecoBank. Operativa da luglio 2018, ha sede a Dublino e rappresenta un centro importante nella gestione e costruzione di soluzioni di investimento. La società è assurta a grande notorietà quando ha comunicato che avrebbe rinunciato alle performance fee addirittura presentando al mercato un bollino ad hoc che attestava la rinuncia a questa voce commissionale, tanto importante per molti operatori dell’asset management quanto discussa. Il tema delle performance fee è tornato di stringente attualità con le nuove indicazioni dell’Esma. Ne abbiamo parlato con Fabio Melisso, ceo di Fineco Asset Management.
Dottor Melisso, il nuovo testo Esma a suo giudizio è migliorativo o peggiorativo? Cambia la view sulle performance fees, rendendole meno negative e più meritocratiche? Le nuove linee guida indicate da Esma (European Securities and Markets Authority, ndr) rappresentano un elemento di svolta positivo nel dibattito delle commissioni di performance, che abbiamo seguito particolarmente da vicino. Sin dalla sua nascita, Fineco Asset Management ha scelto di non applicare le performance fee, dichiarando in più occasioni di non essere contraria a priori ai principi nobili per cui questo tipo di costo era stato introdotto. Sul mercato italiano tuttavia non tutti gli operatori rispettano tali principi, applicando strutture commissionali che garantiscono loro maggiori ricavi, ma gravano interamente su clienti e consulenti.
Che vantaggi porteranno in definitiva le nuove regole? All’interno delle nuove linee guida sono stati definiti con precisione elementi che finora erano stati lasciati alla discrezione delle singole società. Mi riferisco per esempio alla frequenza di applicazione del costo, che potrà avvenire solo una volta all’anno, e soprattutto alla definizione di un orizzonte temporale di medio periodo, pari a cinque anni, necessario per valutare se il fondo abbia effettivamente incrementato
il valore dell’investimento iniziale, e sia quindi possibile applicare una performance fee. Un recente studio di Mediobanca ha evidenziato come nel 2019 le commissioni di performance abbiano rappresentato il 36% degli utili delle principali Sgr italiane. Alla luce di queste cifre, l’intervento di Esma potrà portare a una maggiore trasparenza nei confronti di consulenti e clienti, spingendo gli operatori ad allineare i propri interessi a quelli di questi ultimi. Un’esigenza con cui ci troviamo perfettamente concordi e che condividiamo al punto da avere provato a stimolare quando a luglio abbiamo lanciato il bollino “No Performance Fees”.
Nella foto Fabio Melisso, ceo di Fineco Asset Management. In basso il bollino “No performance fees”, che la società di asset management ha realizzato e messo a disposizione del mercato
Il vostro bollino “No Performance fees” come è stato accolto nel settore? Che riscontro ha avuto con i clienti e con i consulenti finanziari? Per i consulenti finanziari Fineco ha rappresentato la possibilità di rafforzare il rapporto di fiducia con i propri clienti, spiegandone il significato e trasformandosi in un’occasione per approfondire la discussione. Uno dei motivi per cui questa iniziativa ha riscosso tanto interesse è l’accelerazione nella digitalizzazione nel paese, che ha portato a un incremento esponenziale della richiesta di informazioni, ad una maggior consapevolezza e quindi richiesta di trasparenza tra i risparmiatori. L’interesse per i mercati, e il desiderio di parteciparvi, sta incrementando il livello di educazione finanziaria degli italiani: ci auguriamo che questa spinta si trasformi concretamente nella richiesta di un “bollino verde” a tutte le società di investimento con cui si relazionano. Ritengo sia un’occasione da non perdere per avvicinarci agli altri paesi europei. Un’occasione che l’intero settore è chiamato a non sprecare.
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PATRIMONI E TERZA ETÀ
Longevi meno soli (e più ricchi) con la consulenza finanziaria di Emanuela Notari
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lc, International Longevity Center, ha pubblicato recentemente i risultati di un’indagine condotta in Gran Bretagna sui benefici non strettamente economici della consulenza finanziaria, con una riflessione puntuale sugli anziani, i cosiddetti Longennials, secondo una nuova definizione che mette l’accento sull’aspetto più innovativo della vecchiaia, un’inedita longevità, e sui rischi, finanziari e non, che questa comporta. La ricerca era stata preceduta, nel 2017, da una prima indagine, condotta in 4 fasi su un panel tra le 30.000/20.000 famiglie ciascuno, a dimostrazione dei benefici puramente economici, invece, della consulenza finanziaria. Cominciando dalla parte hard, quindi da quanto una corretta consulenza produce in più rispetto a condizioni analoghe in assenza di consulenza, l’Istituto britannico riassume in due punti il vantaggio oggettivo, anno su anno, di affidare la pianificazione dei propri investimenti e la propria gestione finanziaria ad un consulente professionista. Il primo beneficio riguarda un cambiamento di attitudine verso risparmio e investimenti nei mercati azionari. Le persone che hanno goduto di consulenza finanziaria, infatti, dimostrano una maggiore propensione al risparmio e all’investimento azionario, il che può apparire scontato, ma ciò che invece genera maggiore interesse è che la differenza di risultati, tra il gruppo più forte finanziariamente e quello meno, indica una maggiore propensione ad entrambe le cose – risparmio e investimenti - nel gruppo meno affluent: +9,7 punti percentuali di maggior propensione al risparmio e +10,8 punti percentuali di propensione ad investimenti azionari rispetto ai loro pari non 46
IL RAPPORTO CON I CONSULENTI FA ACCRESCERE LA PROPENSIONE AL RISPARMIO E SOPRATTUTTO INCREMENTA DI MOLTO IL REDDITO PENSIONISTICO
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consigliati. La stessa analisi sul gruppo più affluent, rispetto ai loro pari che non hanno avuto un consulente al proprio fianco, dà un +6,7% di disponibilità al risparmio e +9,7% all’investimento azionario. Il secondo beneficio riguarda il risultato economico, di una pianificazione finanziaria assistita. Circa questo aspetto salta agli occhi che il gruppo affluent che ha goduto di consulenza finanziaria ha guadagnato annualmente un +17% in financial assets e +16% in reddito pensionistico rispetto ai loro pari non assistiti. Ancora una volta da notare che il gruppo meno affluent ha ottenuto, invece, +39% in asset finanziari e +20% in reddito pensionistico. I dati sono del 2017. Questo già dice che la consulenza finanziaria può fare la differenza e che, contrariamente a quanto ancora credono in tanti, non è affatto destinata solo alle persone più ricche. Ma ciò che l’Ilc dice sui benefici non finanziari di una consulenza finanziaria è ancora più interessante, specie per una società contraddistinta dall’invecchiamento della popolazio-
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ne e dalla concentrazione della ricchezza finanziaria nelle mani degli over 65. Come dimostra l’indagine più recente, infatti, i benefici non economici della consulenza finanziaria possono influire pesantemente sulla qualità della vita delle persone meno giovani. Si tratta di benefici di tipo emozionale. Chi può contare su un consulente finanziario, per esempio, si sente più qualificato in termini di cultura finanziaria, tanto da apprezzare le spiegazioni che gli offre il suo consulente e trarne, questo è il dato che conta più di tutti, maggiore tranquillità. Di fatto coloro che si affidano a un consulente, specie tra i senior, affermano di acquisire un senso addirittura di sollievo perché, per prima cosa, si sentono meno soli nella gestione delle proprie finanze che, all’età della pensione, corrispondono in modo sempre più diretto alla dignità della sopravvivenza. Poiché molte persone approdano alla terza età ancora in coppia, la presenza di un esperto al proprio fianco toglie dalla loro coscienza il peso della responsabilità delle proprie decisioni finanziarie anche sulla vita di altre persone. Tutti gli esperti del mondo dicono che il benessere mentale in un anziano influisce direttamente sul suo benessere fisico, passando anche per quello sociale, quindi la tranquillità offerta dalla consulenza potrebbe valere, per un anziano, molto più di quanto si traduca in maggior reddito. Inoltre, una persona più giovane che subisca un rovescio finanziario o maturi difficoltà finanziarie ha ancora la possibilità di contare su se stesso per riprendersi, sulla propria forza fisica e psicologica, sul proprio lavoro o su uno a venire, sulla propria famiglia, sulla speranza in un futuro migliore. Gli anziani, invece, con il passare degli anni perdono vigore fisico, prestanza cognitiva, sostegno familiare e senso del futuro, senza parlare del sostegno di una professione che viene a mancare o si abbandona spesso troppo presto. Proprio ciò che va sotto il nome di capitale umano, di cui avrebbero bisogno in momenti di incertezza o difficoltà economica e che costituisce la resilienza di molti più giovani. E qui possiamo apprezzare un terzo beneficio. La consulenza finanziaria, per definizione - se intesa in modo corretto – dà i propri risultati sul medio-lungo termine, specie per chi non ha più l’età per rincorrere i mercati con speculazioni al minuto. Quindi serve per raggiungere obiettivi a medio-lungo termine, una dimensione della vita che, normalmente, va oltre la portata degli anziani o comunque esula dalle loro conversazioni, che ingenera in loro ansia e preoccupazioni, o, peggio, tristezza. Il futuro di un anziano è spesso è vissuto dal soggetto interessato come una minaccia fisica ed emozionale. La consulenza finanziaria, inducendo il cliente senior a parlare dei propri obiettivi a medio-lungo termine, gli offre la possibilità di guardare al futuro, dando profondità al suo sguardo e rasserenandolo riguardo le sue aspettative. Esiste poi una differenzia in termini di genere. Gli uomini sembrano apprezzare, nell’assistenza di un consulente finanziario, la sensazione di avere maggiore controllo sulle proprie finanze, certi che al verificarsi di eventi o minacce che interessino i loro risparmi ne sarebbero avvisati e consigliati prontamente, togliendo loro il mal di testa di tenersi informati e decidere autonomamente in un cicaleccio, quello sui mercati finanziari, spesso difficile da comprendere.
LA CONSULENZA FINANZIARIA INDUCE IL CLIENTE SENIOR A PARLARE DEGLI OBIETTIVI A MEDIO-LUNGO TERMINE E GLI DÀ MODO DI GUARDARE AL FUTURO Le donne, specie quelle più anziane, sembrano invece, almeno in Gran Bretagna, meno inclini ad avvalersi di consulenti, probabilmente nel timore di non comprendere ciò di cui un consulente parlerebbe loro, finendo così per perdere icontrollo sui propri risparmi, invece che guadagnarne. Se eventuali ricerche future nel nostro paese dovessero mostrare la stessa tendenza, sapendo che la demografia ci dice che saranno le donne a raggiungere vette più alte di longevità e, spesso, in solitudine e con redditi pensionistici propri bassissimi, i consulenti dovrebbero rendere edotti i propri clienti uomini di questo rischio, coinvolgendo il più possibile le proprie compagne nella pianificazione della vita, anche sul piano finanziario, per lo meno quanto basta a costruire la consapevolezza di non essere sole. A conforto sappiamo però, da studi comportamentali, che le donne meno anziane che hanno una professione, sono molto interessate a pianificare il proprio futuro e a garantirsi sostegno finanziario e copertura sanitaria per la vecchia. Inoltre grazie agli studi condotti presso l’Università San Raffaele di Milano che si avvale della collaborazione di un grande esperto di finanza comportamentale, il professor Matteo Motterlini, e da altri studi condotti negli ultimi anni negli Stati Uniti (Limra e Boston Consulting Group), le differenze di genere vanno a vantaggio delle donne in un paio di aree: 1. le donne non indulgono nel bias dell’eccesso di stima nelle proprie capacità, come fanno spesso gli uomini, spiegando così in parte lo scarso accesso a una consulenza finanziaria professionale; 2. la tendenza a preoccuparsi in modo olistico dei propri cari non permette alle donne di farsi sedurre dal brivido del rischio, con comportamenti finanziari più conservatori e obiettivi più a medio-lungo termine. dicembre 2020 - gennaio 2021
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FISCO & INVESTIMENTI
Strumenti finanziari, la tassazione è eccessiva. Ecco perchè di Giuseppe D’Orta
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qualizzatore. Una parola che appartiene al mondo dell’elettronica. A tutto può far pensare salvo che al fisco. Eppure il fisco italiano c’è riuscito. Si trattava di un meccanismo introdotto per compensare il fatto che gli interessi dei buoni postali maturano anno dopo anno ma, a differenza degli altri investimenti, si incassano solo al momento della riscossione. Il fisco si inventò quindi una sorta di “coefficiente di rettifica” da applicare agli interessi lordi maturati al momento della corresponsione dei buoni rimborsati dopo diciotto o più mesi dall’emissione. Tale coefficiente, introdotto dall’articolo 13 del Decreto Legislativo 21/11/97 n. 461 come regolato dal Decreto del Ministero della Finanze il 30/06/1998 e abolito dal Decreto Legislativo n.269/2003, prese appunto il nome di equalizzatore e fu applicato ai buoni postali emessi dal 10 dicembre 1998 al 31 dicembre 2003. L’imposta effettiva sui buoni emessi in quel periodo quindi è leggermente superiore al 12,5%, in modo da pareggiare il fatto che è stata pagata soltanto alla fine e non strada facendo. Il gettito dell’equalizzatore è stato esiguo a fronte di mille complicazioni per i tanti che al momento del riscatto non hanno compreso come mai l’importo della trattenuta non corrispondeva al 12,5%. Sebbene fosse complicato per i non addetti ai lavori e inutile ai fini del gettito che produceva, l’equalizzatore aveva comunque un motivo logico di esistere.
A FRONTE DI ALIQUOTE CERTE PARI AL 12,5% O AL 26%, IL CALCOLO EFFETTIVO DELL’ALIQUOTA CHE GRAVA SUGLI INVESTITORI È DI MOLTO SUPERIORE
Imposta sugli investimenti finanziari in default: salasso assurdo A non averne alcuno, invece, è l’imposta di bollo sugli strumenti finanziari andati in default. Fino a quando l’importo previsto dal comma 2-ter, articolo 13, della tariffa allegata alla parte prima del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642, era fisso a 34,20 48
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euro annui indipendentemente dal contenuto del dossier titoli l’imposta non era una gran preoccupazione, ma dopo che le modalità di applicazione sono state modificate dapprima dal Decreto Legge 98 del 6 luglio 2011 e pochi mesi dopo dal Decreto Legge 201 del 6 dicembre, le cose sono cambiate di molto e in peggio. Il primo provvedimento ha introdotto, per il solo secondo semestre 2011 in cui è stato in vigore, l’applicazione dell’imposta di bollo per scaglioni di imponibile, mentre il secondo ha previsto l’aliquota percentuale dello 0,1% per il 2012 e dello 0,15% per il 2013, divenuta poi 0,2% dall’anno in corso, con importo minimo annuo di 34,20 euro. Per il calcolo del controvalore su cui applicare l’imposta si considera il valore di mercato, o, quando non possibile, il valore nominale o di rimborso. Ciò è stato specificato dall’Agenzia delle Entrate con le Circolari 40/E del 2011 e 48/E del 2012. Non sono previste esclusioni, ed ecco l’enorme ingiustizia che vede per esempi un portatore di centomila euro nominali di un titolo in default essere tassato in base ad un valore del tutto fittizio di centomila euro, con relativo addebito di 200 euro annui! Tenuto conto che le procedure possono durare anche oltre un decennio, ecco un vero salasso che si aggiunge alla perdita.
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A favore dell’esenzione è di recente apparsa una risposta dell’Agenzia delle Entrate a un interpello presentato da un contribuente, ma questo genere di comunicazioni non ha valore generale e gli intermediari possono non tenerne conto.
Bond rilevanti per il capital gain anche in assenza di rimborso integrale Allo stesso modo, non ha valore generale la risposta all’Interpello n. 954-711/2016 (ma alcune banche la seguono pedissequamente e la stessa Abi ne ha parlato in termini favorevoli) secondo cui il credito di imposta da capital gain per le obbligazioni emerge anche nel caso di mancato rimborso integrale. Riportiamo la parte sostanziale: “Ciò posto, tenuto conto che la riduzione integrale del valore nominale delle obbligazioni comporta l’estinzione di tutti i diritti amministrativi e patrimoniali in esso incorporati, incluso il diritto al rimborso, si ritiene che la stessa da un punto di vista sostanziale sia equivalente ad un rimborso pari a zero. Pertanto, la persona fisica che deteneva tali obbligazioni - al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, di arti o di professioni o della qualità di lavoratore dipendente - alla data (della messa in liquidazione coatta amministrativa, n.d.r.), ha realizzato a tale data una minusvalenza”. Insomma, la scadenza di un’obbligazione assume rilevanza ai fini del capital gain qualunque cosa accada, incluso il mancato rimborso integrale.
Pagare due volte le imposte sullo stesso reddito Un altro assurdo in essere da oltre quindici anni è il dover pagare le imposte due volte sullo stesso reddito. Accade per i proventi erogati da soggetti non residenti. In pratica, il dividendo di società estere viene colpito prima dall’aliquota prevista dal Paese di origine (spesso c’è un’aliquota agevolata derivante dai trattati bilaterali contro le doppie imposizioni) e poi dall’aliquota italiana sul cosiddetto “netto-frontiera”, ossia l’importo già tassato nel Paese di origine. Penalizzati gli Etf emessi sotto forma di azioni Oltre a essere palesemente ingiusta per tutti gli investitori, questa modalità di tassazione finisce col penalizzare anche le società di gestione che emettono Etf sotto forma di azioni, i cui comparti a distribuzione sono poco graditi dal pubblico italiano proprio per questo motivo.
Il divieto di compensare plus e minus in uno stesso prodotto Gli Etf, come gli altri fondi comuni, non se la passano bene nemmeno riguardo il trattamento dei guadagni e delle perdite: i primi sono considerati redditi di capitale mentre i secondi rientrano nella categoria dei redditi diversi. Le due tipologie di redditi non sono tra loro compensabili, con la conseguenza assurda che non si permette di compensare plus e minus generate dal medesimo prodotto e si finisce spesso per pagare l’imposta anche se si hanno perdite precedenti da smaltire. Il credito di imposta per minusvalenze inoltre è valido solo fino alla fine del quarto anno successivo mentre nel regime amministrato le plusvalenze sono da pagare mese per mese ed anche se nello stesso mese si registrano minusvalenze, se queste ultime sono successive alla plusvalenza. La Tobin Tax ha fatto fuggire gli investitori da Piazza Affari Meglio stendere un velo pietoso, poi, sulla cosiddetta “Tobin Tax”
COL SEMI-PRETESTO DI EQUIPARARE LA TASSAZIONE TRA RENDITE FINANZIARIE E REDDITO DA LAVORO SI COMMETTE UNA NUOVA E GRAVE INGIUSTIZIA AI DANNI DEL RISPARMIO DEGLI ITALIANI italiana, introdotta dall’articolo 1, commi da 491 a 499, della legge 24/12/2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013) che si rivelata un enorme flop anche dal punto di vista degli introiti, di gran lunga inferiori a quelli previsti. Cifre che non risolvono niente per il fisco e che allontanano gli investitori dalla Borsa di Milano.
Che iniquità mettere sotto lo stesso livello la tassazione di lavoro e capitale Negli ultimi anni, poi, è emerso un ulteriore aspetto negativo. Con la motivazione di mettere allo stesso livello la tassazione di lavoro e capitale, ma soprattutto per incrementare gli introiti fiscali, l’aliquota ordinaria di tassazione è aumentata dal 12,5% al 20% prima ed al 26% poi. Sotto il primo aspetto - sebbene il risparmio derivi da reddito già assoggettato a tassazione - si potrebbe anche concordare ma, oltre al fatto che l’aliquota uguale a quella che colpisce i redditi di lavoro non è in realtà uguale perché l’Irpef è imposta progressiva e non ad aliquota secca, occorre pure considerare che l’equiparazione delle aliquote costituisce un aggravio non da poco perché la tassazione separata, in dichiarazione dei redditi o in regime amministrato dall’intermediario, non consente di beneficiare delle tante deduzioni e delle detrazioni come quelle per carichi familiari, spese mediche, interessi sui mutui prima casa, ristrutturazione edilizia, risparmio previdenziale di cui i lavoratori possono invece fruire. Con queste premesse si capisce quanto si dovrebbe intervenire per rendere più equa la fiscalità degli strumenti finanziari. Purtroppo questo tema non è nell’agenda di alcuna parte politica in questo momento. Politica che, senza distinguo, dovrebbe fare mea culpa per aver massacrato di imposte il risparmio degli italiani. dicembre 2020 - gennaio 2021
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PRIVATE BANKING
Rondini (Credem): «Che crescita nonostante la pandemia, nel 2020» di Marco Muffato
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a pandemia non ha fermato uno dei campioni nazionali del private banking come il Credito Emiliano. Anzi il 2020 si è rivelato un anno positivo per il business. Ne parliamo con Gianluca Rondini, responsabile private di Credem.
Qual è stato l’effetto della pandemia sulla vostra attività? Il 2020 è stato sicuramente un anno complesso, gli effetti della pandemia non sono stati semplici da affrontare, anche se le ondate di marzo e di novembre vanno valutate GIANLUCA RONDINI in modo differenziato, non tanto perché è diversa la presenza del virus ma perché è diversa la consapevolezza delle persone. A marzo i nostri professionisti e clienti vivevano un contesto incerto per i timori sulla salute personale con preoccupazioni per il patrimonio a causa del momento estremamente volatile sui mercati finanziari. Cos’è cambiato? Il contesto sanitario purtroppo rimane complesso ma le persone lo stanno affrontando con maggiore attenzione e consapevolezza, sanno che si potrà uscire da questa situazion e intravedono la luce in fondo al tunnel, grazie ai vaccini da un lato e dall’altro all’andamento dei mercati che in questi mesi ha creato tanto valore nei portafogli dei clienti, che hanno il merito, pur in mezzo alla bufera, di aver accettato i consigli dei private banker di proseguire nelle scelte d’investimento impostate senza farsi prendere dal panico. Che cosa ha rappresentato il passaggio dalla relazione fisica a quella digitale ai fini della relazione tra private banker e cliente? In un contesto che richiedeva il distanziamento fisico tra le persone ci è stata di grande aiuto l’esperienza maturata negli anni scorsi nel remote working, con i nostri private banker già in possesso di strumenti e procedure che hanno consentito il dialogo a distanza con i clienti attraverso la fornitura in via digitale di informazioni, consulenza e operatività sui mercati. Anche quando l’emergenza pandemia sarà solo un ricordo la relazione digitale col cliente rimarrà centrale per i private banker perché è in grado di amplificare la personalizzazione intensificando l’interazione. Passiamo ai numeri, che anno è stato il 2020? Un anno proficuo, avremo consuntivi di crescita migliori rispetto al 2019. Siamo a 700 milioni di euro di raccolta a novembre, mi aspetto di chiudere l’anno tra gli 800 e i 900 milioni di euro di nuovi afflussi. Il patrimonio private di Credem oggi ammonta a 21,5 miliardi di euro, alla fine del 2019 le consistenze erano pari 19,7 50
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miliardi: tra crescita della raccolta e capitalizzazione il patrimonio nel giro di un anno è cresciuto di 1,8 miliardi. Il nostro organico? Conta su 288 banker e 12 capi area. Disponiamo inoltre di 38 centri private, allocati in spazi riservati all’interno delle filiali. Quali vantaggi porterà il nuovo polo del private banking interno al gruppo Credem? Lo sviluppo del private banking è uno degli obiettivi più importanti del gruppo Credem e verrà realizzato attraverso l’attivazione del nuovo polo private che aggregherà le competenze e gli sforzi delle due business unit private di Credem e di Banca Euromobiliare, il tutto preservando le caratteristiche e le professionalità delle due reti. L’obiettivo è quello di esaltare la specializzazione con servizi ancora più focalizzati destinati alla clientela e ciò in costante sinergia con le altre business line del nostro gruppo bancario. Riteniamo che la sinergia con Banca Euromobiliare possa essere messa a frutto in particolare sul fronte del corporate finance e del M&a. I nostri private banker potranno ottenere supporto dai colleghi di Banca Euromobiliare per esigenze specifiche per esempio di passaggio generazionale oppure nella ricerca di soci di capitale per il cliente imprenditore. L’idea è di arrivare a uffici condivisi con servizi comuni: gli uffici di supporto alla rete, il marketing e l’investment center lavoreranno per entrambe le strutture. Questo significa che i nostri professionisti avranno interlocutori all’interno dell’azienda che “penseranno private”. Quanto descritto sarà operativo dal prossimo anno. Sul fronte del reclutamento quali sono i vostri obiettivi? Il nostro obiettivo è di inserire almeno altri 15 private banker, professionisti che ci aiutino a crescere apportando il loro patrimonio di relazioni e le loro competenze. Nel nuovo polo continueremo a investire sulla formazione, che dovrà consentirci di essere pronti a erogare un sistema multispecialistico d’offerta indispensabile per intercettare i bisogni della clientela più benestante. Prodotti di punta il prossimo anno? Il tema degli illiquidi è al primo posto, il premio di illiquidità che promettono questi strumenti in particolare Eltif e Fia - in un contesto di tassi bassi che rimarranno a lungo tali e in cui è difficile produrre rendimenti - possono rivelarsi preziosi anche per i benefici fiscali collegati. Eltif e Fia saranno disponibili nel corso del prossimo anno. Altri prodotti di punta saranno le soluzioni Esg richieste dai clienti che hanno a cuore il tema della sostenibilità. Abbiamo già attivato diversi fondi Esg e amplieremo presto la gamma.
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OUTLOOK 2021
Toschi (J.P. Morgan Am): «Azionario Usa cruciale, titoli growth sugli scudi» di Marco Muffato
ANCHE L’EQUITY CINA ACQUISTERÀ SPAZIO CRESCENTE NEI PORTAFOGLI GLOBALI. NÉ BOND NÉ ORO IDEALI PER DIFENDERE I RISPARMI Nella foto Maria Paola Toschi, market strategist di J.P. Morgan Asset Management
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a vision di uno degli asset manager più importanti al mondo sui trend d’investimento che potrebbero caratterizzare il 2021. Ne parliamo con Maria Paola Toschi, market strategist di J.P. Morgan Asset Management.
Il 2021 sarà un anno migliore per i mercati azionari e obbligazionari? Il 2020 finirà con un forte calo del Pil, ma governi e banche centrali hanno sostenuto le economie nella fase acuta del lockdown con massicci stimoli ancora necessari nella attuale seconda fase di contagi. C’è ancora incertezza sull’evoluzione del contagio e le nuove misure di distanziamento potrebbero produrre una fase di moderazione, ma gli interventi di sostegno hanno creato condizioni per una ripresa nel 2021, rafforzata dalla prospettiva del vaccino. I mercati azionari potranno beneficiare del nuovo ciclo espansivo. Per contro gli ingenti debiti prodotti dalle misure fiscali e l’aumento delle emissioni creerà sfide per i governativi, forzando le banche centrali a proseguire i programmi di acquisto per contrastare rischi di rialzo dei tassi. Peserà più il vaccino o il sostegno monetario delle banche centrali sull’andamento di mercati e asset class? L’arrivo del vaccino sarà cruciale ma l’effetto dipenderà dai tempi di distribuzione su ampia scala. Le banche centrali resteranno accomodanti. Fed e Bce sono pronte a intensificare gli sforzi per sostenere economie fragili. Ma è difficile immaginare maggiori impulsi monetari dopo la massiccia dose del 2020. Inoltre la fine dell’emergenza favorita dal vaccino potrebbe indurre i banchieri centrali a essere gradualmente meno espansivi e ciò potrebbe produrre volatilità come successo nel 2013
all’epoca del taper tantrum della Fed. Meglio i bond o l’oro per proteggere i propri risparmi? L’imponente azione delle banche centrali ha schiacciato i tassi a nuovi minimi. I governativi dei mercati sviluppati non offrono rendimento e faticano anche a fornire quella de-correlazione dagli asset rischiosi che li caratterizzava un tempo. Lo spazio per ulteriori cali dei tassi è minimo o inesistente. Mentre in caso di rialzo dell’inflazione, difficile ma non impossibile, il rischio di perdite è piuttosto elevato. Il calo del rischio prodotto da una soluzione sanitaria potrebbe rendere l’oro meno appetibile come fonte di protezione. Altre classi come alternativi liquidi, hedge fund macro e asset reali nelle infrastrutture, trasporti e real estate possono beneficiare dei piani di investimento europei e americani e aiutare a costruire portafogli solidi. Aree geografiche, dove orientare gli investimenti? L’azionario americano resterà cruciale. Le valutazioni medie sono salite ma le dislocazioni create dal lockdown offrono opportunità di rotazione settoriale. Si riscopriranno settori value ma quelli growth domineranno nel medio termine. La Cina, soprattutto con le azioni domestiche di classe A, occuperà uno spazio crescente nei portafogli globali. L’Europa potrebbe riguadagnare attenzione se il recovery fund riuscirà ad alimentare il processo di rinnovamento e minore rischio. I mercati emergenti potranno beneficiare anche di un dollaro debole. Per quanto attiene i settori tematici, dove si troverà più valore a suo avviso? La tecnologia resterà cruciale e domineranno le società in grado di attuare la transizione digitale anche in business tradizionali. Le vendite on-line continueranno a guadagnare spazio su quelle fisiche; i sistemi di pagamento smart e le fintech vedranno una crescita esponenziale, a discapito della finanza tradizionale penalizzata da bassa redditività e deterioramento del credito post pandemia; healthcare e terapie genetiche godranno di un grande sviluppo dopo lo shock da Covid19; la transizione energetica e la green economy saranno sostenute dal rinnovato slancio di Biden e sostituiranno gradualmente le energie tradizionali. I temi Esg diventeranno sempre più discriminanti nei processi di stock e security selection premiando le aziende più virtuose in base a criteri di sostenibilità. dicembre 2020 - gennaio 2021
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SCENARI
Aim, andamento lento da virus ma il 2021 prepara il riscatto di Chiara Merico
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ato nel 2009 per avvicinare le piccole imprese al mercato dei capitali, nonostante lo stop imposto dalla pandemia il listino Aim Italia continua a raccogliere l’interesse delle società e guarda alle nuove sfide del futuro. Con numeri certamente più contenuti nel 2020, l’anno funestato dal Covid: dal primo gennaio al 27 novembre, giorno in cui è stata ammessa alle negoziazioni la società di soluzioni di marketing Promotica, sono state 16 le società ad aver scelto la quotazione, di cui due – Industrie Chimiche Forestali e Franchi Umberto Marmi – attraverso operazioni di business combination e merger by incorporation (fusione per incorporazione, ndr), per un totale di capitale raccolto tramite le Ipo pari a 105,3 milioni di euro. Nel 2019 le nuove quotazioni erano state 35, di cui 31 Ipo e quattro ammissioni post business combination, per 207 milioni di euro di raccolta.
LA PANDEMIA HA DIMEZZATO IL NUMERO DI IPO NEL 2020, MA IL PASSAGGIO DI BORSA ITALIANA A EURONEXT FORSE AIUTERÀ IL LISTINO DELLE PMI A RITROVARE LO SMALTO PERDUTO
A sinistra, Nicola Tufo, partner audit & capital markets della società di revisione e organizzazione Rsm Italy.
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Anno interlocutorio «Questa decelerazione causata dall’incertezza economica ha fatto sì che il mercato Aim, che ancora non si distingue per la sua particolare liquidità, vedesse svanire l’effervescenza degli ultimi anni, con un impatto negativo sul virtuoso circolo di risorse finanziarie che attraverso le Ipo sarebbe arrivato all’economia reale», osserva Nicola Tufo, partner audit & capital markets della società di revisione e organizzazione Rsm Italy. “Tutto questo nonostante l’intensa domanda da parte degli investitori. Negli anni passati, infatti, l’Aim si è rilevato ‘l’unicorno’ di un mercato finanziario altrimenti povero di nuovi collocamenti. Ne è testimonianza, per esempio, la quotazione di Osai, l’undicesima matricola Aim del 2020, il cui collocamento si è chiuso registrando ordini per un controvalore superiore a 5 volte il quantitativo dell’offerta, raccogliendo 7,75 milioni di euro. Questo eccesso di domanda nel 2020 si è registrato su altre cinque Ipo, a conferma che sul mercato c’è tanta liquidità alla ricerca di investimenti di qualità». Dal 2009 sono state 198 le società che hanno debuttato su Aim Italia, raccogliendo un totale di 3,96 miliardi di euro in fase di quotazione, di cui il 95,3% in aumento di capitale. Per rispondere alle esigenze di quotazione di un più ampio numero di imprese, a luglio 2020 è stato poi introdotto un segmento riservato agli investitori professionali, che si rivolge in particolare alle startup, alle scale-up e alle società che per varie ragioni desiderano avvicinarsi al mercato in maniera più graduale. «Nonostante il complesso momento a livello globale causato dalla pandemia sin dai primi mesi del 2020, Aim Italia continua a rappresentare un motore per la crescita delle Pmi italiane che, attraverso la quotazione, trovano la modalità per accedere al mercato dei capitali», commenta Fabio Brigante, head of mid & small caps origination equity primary markets di Borsa Italiana. «La quotazione mette a disposizione delle società i mezzi necessari per affrontare con maggiore capacità di resilienza anche momenti difficili come quello attuale, potendo sempre contare sul mercato per raccogliere i capitali necessari al loro sviluppo. A oggi (27 novembre, ndr) sono 16 le società che nel 2020 hanno avviato un percorso di crescita grazie alla quotazione sul mercato di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese ed entro fine anno auspichiamo che questo numero possa crescere ancora».
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Vincitori e vinti Storie di successo e delusioni hanno costellato il percorso decennale di Aim Italia. Tra le vicende più note, purtroppo in negativo, c’è quella di Bio-on, la società bolognese di bio-plastiche che era arrivata a capitalizzare un miliardo di euro, prima di finire al centro di un’inchiesta che la portò a fine 2019 a dichiarare fallimento. Tra le società che hanno perso più del 90% del loro valore dal momento dell’Ipo su Aim Italia troviamo Imvest, Ki Group e Visibilia Editore. Tuttavia anche in un anno particolarmente complesso come il 2020 non sono mancate le performance positive sul listino dedicato alle piccole e medie imprese: come quella di Relatech, società che sviluppa soluzioni basate su tecnologie digitali come cloud, cyber security, blockchain, big data e intelligenza artificiale grazie alla piattaforma cloud-based RePlatform: da inizio anno al 24 novembre il titolo ha registrato la migliore performance di tutto il mercato Aim Italia, con un +151%. O ancora Monnalisa, azienda attiva nel settore dell’abbigliamento per bambini di alta gamma, che di recente ha annunciato la firma di un accordo di licenza con Chiara Ferragni e nel mese di novembre ha fatto registrare una performance di circa il +75%. Interessante anche la performance di Iervolino, global production company quotata il 5 agosto 2019, che ha raggiunto un margine ebitda (utile prima delle imposte, ndr) corrispondente a circa il 96% dei ricavi, grazie a una bassa incidenza dei costi di struttura. Dal momento dell’Ipo il titolo ha messo a segno una crescita del 110%.
A destra, Fabio Brigante, head of mid & small caps origination equity primary markets di Borsa Italiana
Marmi, attiva nella lavorazione e commercializzazione del marmo di Carrara, che a ottobre ha deciso di distribuire ai soci una cedola straordinaria pari a 0,23 euro per azione; Culti Milano, specializzata in fragranze d’ambiente, che ha staccato un dividendo di 0,08 euro per azione il 19 ottobre; Esautomotion, società di componentistica e meccatronica ad alta precisione per macchine industriali, ha invece messo in pagamento la seconda tranche del dividendo, di 0,025 euro ad azione, a partire dal 28 ottobre. Hanno
Il fascino delle cedole Un altro segnale positivo arriva dalle cedole: nonostante le difficoltà, infatti, nel 2020 il listino Aim ha visto sette società quotate deliberare la distribuzione di dividendi. Si tratta di Ediliziacrobatica, specializzata in lavori edili in doppia fune di sicurezza, che lo scorso 27 agosto ha deliberato la distribuzione di un dividendo ordinario pari a 0,096 euro per azione; Franchi Umberto
AIM, LE INFORMAZIONI UTILI SULLE 16 IPO NEL 2020 NOME AZIENDA
UNIDATA SEBINO CY4GATE INDUSTRIE CHIMICHE FORESTALI
REGIONE
CITTÀ
Lazio Lombardia Lazio Lombardia
Roma Madone Roma Marcello con Casone
TIPO DI OPERAZIONE
IPO IPO IPO Other Admission: Merger by incorporation of ICF Group in Industrie Chimiche Forestali Spa Emilia Romagna Cervia FABILIA GROUP IPO Lazio SOURCESENSE Roma IPO FENIX ENTERTAINMENT Lazio Roma IPO Lombardia RETI Busto Arsizio IPO Veneto LABOMAR Instrana IPO Toscana FRANCHI UMBERTO Carrara Business Combination: MARMI Inc. with Thespac Lazio ESI Formello IPO Lombardia TRENDEVICE Milano IPO Piemonte OSAI Torino IPO Lombardia EURO COSMETIC Trenzano IPO Lombardia TECMA SOLUTIONS Milano IPO Lombardia PROMOTICA Desenzano del G. IPO
INIZIO TRADING
MERCATO
SEGMENTO SETTORE
FLOTTANTE LIBERO %
DENARO CAPITALIZ. RACCOLTO DI MERCATO IPO (M€) (M€) 24/11/2020
16/03/2020 19/06/2020 24/06/2020 03/08/2020
AIM AIM AIM AIM
AIM AIM AIM AIM
Technology Industrials Technology Basic Materials
18.0% 13.4% 46.0% -
5.7 3.6 21.1 -
46.5 32.6 68.9 36.7
11/08/2020 12/08/2020 14/08/2020 10/09/2020 05/10/2020 05/10/2020
AIM AIM AIM AIM AIM AIM
AIM AIM Professionale AIM AIM AIM
Consumer Services Technology Consumer Services Technology Consumer Goods Industrials
17.8% 32.5% 15.9% 20.0% 17.9% -
1.7 3.5 1.5 2.5 29.9 -
7.8 19.9 13.8 10.0 128.2 261.5
26/10/2020 27/10/2020 03/11/2020 06/11/2020 09/11/2020 27/11/2020
AIM AIM AIM AIM AIM AIM
AIM AIM AIM AIM AIM AIM
Oil & Gas Consumer Services Industrials Consumer Goods Financials Consumer Services
22.6% 27.2% 32.1% 26.7% 29.2% 15.00%
3.0 2.7 7.8 9.0 8.5 4.8
16.5 9.5 32.3 25.9 41.9 28
FONTE BORSA ITALIANA
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deciso di distribuire cedole anche il broker assicurativo Assiteca, che ha premiato gli azionisti con un dividendo lordo di 0,07 euro in pagamento dal 30 dicembre; Pattern, società di progettazione, ingegneria e produzione di capi sfilata, che ha proposto la distribuzione di un dividendo ordinario di 0,05 euro per azione, e Gibus, brand italiano attivo nel design outdoor di alta gamma, che lo scorso 18 novembre ha deliberato la distribuzione di un dividendo lordo di 0,27 euro per azione. Una decisione che, come ha spiegato Gianfranco Bellin, presidente e amministratore delegato di Gibus, «conferma la strategia di creazione di valore per gli azionisti, perseguita attraverso i risultati conseguiti nell’esercizio 2019, con un utile netto pari a 2,7 milioni di euro, e confermata con la performance del 2020, anno in cui Gibus ha dimostrato di saper reagire con proattività e fiducia al contesto globale». Benefici dal passaggio di Borsa Italiana a Euronext E il futuro? Sulle prospettive dei prossimi mesi per il listino Aim Italia influirà ovviamente l’acquisizione di Borsa Italiana da parte di Euronext, che porterà alla nascita del «principale hub finanziario paneuropeo a supporto della raccolta di capitali”, come spiega Anna Lambiase, fondatore e ceo di Ir Top Consulting, secondo cui con il perfezionamento dell’operazione «verrà valorizzata ulteriormente Borsa Italiana che, con 464 milioni di euro in termini di ricavi e 264 milioni di euro di ebitda nel 2019, avrà un ruolo fondamentale nell’operatività, strategia e governance futura, in quanto maggior contributore in termini di ricavi per una quota del 34% sul totale dei ricavi dell’intero Euronext nell’ultimo bilanci». E anche per le Pmi, le aziende protagoniste del listino Aim Italia, l’integrazione delle due infrastrutture potrà avere effetti positivi, secondo Lambiase per due ragioni in particolare. «La prima riguarda l’ampliamento del network di investitori istituzionali internazionali
PER NICOLA TUFO DI RSM ITALIA «IL MERCATO DEI CAPITALI PUÒ ESSERE LA STRADA PRINCIPALE PER LA CRESCITA DELLE NOSTRE PMI»
che, grazie a un unico pool di liquidità, potranno investire sulle Pmi quotate di eccellenza esponenti del made in Italy». La seconda ragione «si collega al posizionamento del gruppo risultante dall’aggregazione che creerà un contesto geografico più attrattivo e diversificato, stimolando l’interesse delle aziende italiane a operazioni di m&a verso potenziali target a livello europeo». Per Lambiase «l’integrazione con Euronext potrà favorire sinergie tra i listini europei, valorizzando l’Italia come sistema di Pmi fortemente orientate all’innovazione e accelerando il processo di quotazione». Più incentivi fiscali, più Ipo «Per far sì che il 2021 sia foriero di nuove Ipo sull’Aim Italia, è necessario che il governo introduca sempre più incentivi fiscali di carattere strutturale, che possano stimolare ulteriormente le Pmi italiane a valutare percorsi di sviluppo e crescita come la quotazione a Piazza Affari», nota Tufo. «In questa direzione, for54
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Anna Lambiase, fondatrice di IrTop
tunatamente, sono rivolti i Pir alternativi, che si affiancano ai Pir tradizionali e prevedono da un lato un focus sulle piccole e medie imprese, dall’altro una particolare attenzione rivolta a investitori maggiormente patrimonializzati, con un orizzonte di investimento di medio/lungo periodo». La ratio con cui è stata pensata la misura, sottolinea l’esperto, «ha lo scopo di incentivare ulteriormente gli investimenti nell’economia reale canalizzando il risparmio privato - che in Italia vale oltre 4.400 miliardi di euro - in maniera sempre più efficace verso il sistema imprenditoriale italiano». Inoltre, secondo Tufo «occorre fare una riflessione sul diritto societario, che lo renda più funzionale alla specificità delle quotate», garantendo «la certezza delle tempistiche e la prevedibilità dei procedimenti di accesso al mercato. Tutti elementi che, legati a una necessaria sburocratizzazione del sistema impresa, aiuterebbero ad avvicinare sempre di più gli imprenditori ai mercati finanziari e a puntare su processi di crescita ‘straordinari’». Per l’esperto di Rsm Italy «il mercato dei capitali può essere la strada principale per la crescita delle nostre Pmi: la Borsa da sempre è un motore per la crescita delle imprese ed è fondamentale per queste ultime patrimonializzarsi e disporre dei capitali da investire in ricerca e sviluppo e in innovazione di processi e prodotti, elementi che direttamente o indirettamente portano vantaggi a tutto il Sistema Italia». Nell’ottica di avviare la ripresa post pandemia, infatti, come fa notare Tufo «l’Italia ha bisogno più che mai di aziende forti e solide dal punto di vista patrimoniale. La quotazione in Borsa è un ottimo strumento per ottenere questi risultati e mantenerli nel lungo periodo».
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DA HOUDINI ALLA SILICON VALLEY
Dalle mappe ai dischi, le sparizioni che il digitale trasforma in business di Matteo Ramenghi*
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el 1918, l’illusionista Harry Houdini fece una performance che lo rese famoso nel mondo. All’Hippodrome Theater di New York, sparò un colpo di pistola e in un istante un elefante da cinque tonnellate sparì dal palco. Allo stesso modo, alcuni oggetti ai quali siamo abituati da decenni o ancora di più stanno sparendo dalle nostre vite, ma non si tratta necessariamente di una brutta notizia. La recessione causata dal Covid-19 verrà recuperata come tutte le crisi del passato. Ma i grandi shock e le crisi economiche portano sempre dei mutamenti profondi nelle nostre abitudini, mettono in discussione i modelli economici esistenti e accelerano il cambiamento. Spesso si creano difficoltà per qualche settore economico, ma parallelamente si aprono nuove opportunità. Il Covid-19 ha accelerato drammaticamente alcune trasformazioni che erano già in corso. L’e-commerce e lo smart working erano tendenze già in atto che sono state velocizzate, con evidenti impatti sull’economia e sulle valutazioni di borsa, purtroppo spesso a discapito delle piccole imprese che rappresentano una quota molto rilevante dell’economia. Si tratta di un contesto fluido e molti cambiamenti non sono ancora ben delineati, ma alcune tendenze già visibili potrebbero offrire delle opportunità di investimento. Spesso si discute sull’automazione della crescente diffusione dei robot nella produzione, eppure vi è un cambiamento meno visibile e ancora più importante: la trasformazione di alcuni prodotti e servizi in formato digitale, di fatto smaterializzandoli. Gli effetti possono essere dirompenti: non acquistiamo più mappe ma usiamo quelle presenti sui nostri smartphone, oppure pensiamo a come sia cambiato il consumo di musica o di cinema che ormai transita prevalentemente online. L’offerta per i consumatori è aumentata e sono scesi i prezzi, ma tutti i prodotti accessori (dischi, scatole, libri di accompagnamento), così come i canali distributivi intermedi, sono stati fortemente ridimensionati. Nel campo della salute le nuove tecnologie per il monitoraggio dei parametri vitali consentiranno di ridurre i costi dei sistemi
sanitari migliorando la qualità del servizio. Il Covid-19 sta, inoltre, velocizzando l’introduzione della telemedicina, le cure fornite al di fuori degli ospedali sono meno onerose e risultano più comode per i pazienti. La tecnologia potrebbe ribaltare la modalità di accesso alle cure, passando da episodi sporadici a un monitoraggio costante con interventi molto più tempestivi. Si tratta di esperienze che vengono già portate avanti concretamente, anche nel nostro Paese, e che a livello globale hanno visto gli investimenti su questa nicchia crescere fino a un totale di 12 miliardi di dollari nel 2019. Ci aspettiamo che quest’anno si registri un’ulteriore accelerazione destinata a continuare nel tempo. Pure l’istruzione deve gestire nuovi modelli e creare contenuti innovativi. Oltre al tema della didattica a distanza, esplosa con il Covid-19, è ormai evidente la discrepanza tra le competenze trasmesse dagli attuali sistemi scolastici e le esigenze dell’economia digitale. La quarta rivoluzione industriale costringerà a formarsi in settori difficilmente automatizzabili per evitare la concorrenza delle macchine. Allo stesso modo stanno cambiando rapidamente le preferenze di consumo di pari passo all’aumentare delle conoscenze informatiche. Per fare un esempio, il campionato mondiale del videogioco League of Legends ha raggiunto i 60 milioni di spettatori nel 2018, ancora distante da una finale di Champions League o dal Super Bowl, ma si tratta comunque di una audience di tutto rispetto. Questo trend è destinato ad accelerare con la diffusione di tecnologie per la realtà aumentata e il 5G. Insomma le nostre abitudini e l’economia continuano a cambiare creando nuove opportunità. Il Covid-19 ha accelerato tante trasformazioni e oggi possiamo già guardare oltre i temi che hanno beneficiato immediatamente dalla pandemia (e-commerce e smart working). L’impiego della tecnologia nei settori tradizionali e la trasformazione di prodotti e servizi in formato digitale creerà nuove occasioni di diversificazione e crescita. o, un altro ingrediente necessario a rilanciare l’economia.
LE NOSTRE ABITUDINI E L’ECONOMIA STANNO CAMBIANDO E CREANDO MOLTE OPPORTUNITÀ DA NON TRASCURARE
* Chief investment officer di Ubs WM Italy
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LA «BLUE CHIP» DELL’AIM
«Digital Magics continua a crescere e darà soddisfazioni al mercato» di Sergio Luciano
«C’
è un grandissimo spazio di crescita per una società come Digital Magics. L’obiettivo che abbiamo è, in questa fase, quello di consolidare il nostro ruolo di incubatore e acceleratore di star-tup digitali, anche facendo leva sull’open innovation e sui numerosi programmi di accelerazione esistenti, per conseguire una forte crescita del nostro portafoglio e anche delle nostre partecipazioni»: Marco Gay. Fatturato aggregato ns partecipazioni che si attesta a 78 mio euro, con un cagr 20162019 del 40%. Marco Gay, amministratore delegato di Digital Magics – oltre che presidente di Anitec-Assinform e di Confindustria Piemonte condivide le strategie di sviluppo le strategie di sviluppo dell’azienda che amministra. «Siamo a tutti gli effetti leader nell’incubazione e nell’accelerazione delle start-up digitali, con oltre 70 partecipazioni, e la cosa pù interessante è che per due terzi sono attive nei settori del fintech e dell’insurtech, oltre che dell’enterprise software - tutto il mondo che si occupa dei processi 4.0 -. E poi c’è una forte presenza nel marketing e nell’ecommerce. Che in questa fase storica, contraddistinta dalla riduzione dei movimenti sociali, sta trovando più spazio».
PARLA MARCO GAY, A.D. DELLA SOCIETÀ LEADER NELL’INCUBAZIONE E NELL’ACCELERAZIONE DELLE START-UP DIGITALI: «LA NOSTRA SOCIETÀ GUARDA AI GRANDI SPAZI DI CRESCITA CHE HA DAVANTI A SÈ»
Dunque lei vede rosa per fintech, insurtech ed enterprise software? Assolutamente: le 3 aree, che rappresentano il 66 per cento del nostro portafoglio di partecipazioni insisrtono nei settori che sono a loro volta tra i primi 5 del mercato growth del venture capital europeo. Il 75% delle vostre partecipazioni – si desume dai conti - non supera i 4 anni di vita e il valore complessivo (net asset value) del portafoglio, re56
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centemente stimato da Banca Akros, si attesta intorno a 50 milioni di euro. Una valutazione che a oggi non si riflette adeguatamente nella capitalizzazione di borsa, di poco superiore a 25 milioni. Sì, siamo molto, troppo scontati dal mercato, Akros ci colloca a un valore di 6,7 per azione, contro i circa 4 attorno ai quali viaggiamo. Ma questo per me rappresenta un’evidente e grande possibilità di crescita. Del resto, sono stati tanti i titoli all’Aim che hanno sofferto della congiuntura. Dunque, come procederete? Noi siamo sicuri della qualità delle nostre strategia e quindi non cerchiamo scorciatoie per riaffermare il diritto a una crescita che riteniamo prima o poi debba arrivare spontaneamente. E dunque continueremo ad attrarre investimenti, garantendo a chi crede in noi un ritorno significativo grazie alle exit dalle società in portafoglio. Ecco, parliamone: dal 2003 avete investito in oltre 120 startup, muovendovi da protagonisti dell’innovazione italiana. E ci sono state molte buone
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exit. Più di recente, in particolare? È stata importante a febbraio l’exit, molto buona, da Money Moore, una realtà nata all’interno di un nostro programma di accelerazione, che abbiamo venduto a Klarna, uno dei principali player fintech europei. Quel che mi piace in quest’operazione è che Klarna ha deciso, con quest’acquisizione di porre la base di tutte le sue attività nell’area Emea proprio a Milano. Questa cessione ci ha garantito un ritorno pari a 3 volte il capitale investito, con un Irr di oltre il 100 per cento. Il fatturato aggregato delle partecipazioni, uno dei principali KPI monitorati anche dalla recente ricerca di Akros, mostra un tasso medio annuo di crescita pari al 40% nel periodo 2016-2019. E riporta anche che avete in media realizzato circa due exit all’anno con un ritorno medio di tre volte il capitale investito. Sì, e continueremo. Come stiamo continuando nel nostro monitoraggio del mercato. Per individuare sempre nuove opportunità d’investimento e anche nuovi talenti da attrarre, farli crescere e poi accompagnarli ad exit di sviluppo che permettano a loro di crescere come azienda e a noi di valorizzare il nostro patrimonio. In tutta Italia? Digital Magics è una realtà unica nel panorama nazionale ed europeo, con una presenza capillare sul territorio grazie alle sue otto sedi in Italia e una a Londra, in partnership con l’acceleratore iStarter. La visione è anche europea, insomma: vogliamo crescere e internazionalizzare noi stessi e le nostre strart-up, che sono sempre al centro della nostra strategia. Al centro della nostra attività, in effetti, c’è il mondo… Ambizioso…
NEGLI ULTIMI 10 ANNI, NELLE STARTUP DEL NOSTRO PORTAFOGLIO SONO STATI INVESTITI OLTRE 100 MILIONI, DI CUI 70 DA TERZI. E FACCIAMO OTTIME EXIT Sì, ma con le carte in regola. Pensi anche al supporto che possiamo avere dai nostri soci strategici: Tamburi, Pegaso, Innogest… oltre al fatto che io stesso sono socio dell’azienda. Sono altrettante caratteristiche positive che ci rendono player unici, ci permettono di sviluppare un grande network, aiutano la crescita delle nostre start-up, e del valore del nostro portafoglio. Ci parli ora del vostro strumento partecipativo convertibile… Sì, volentieri: uno strumento finanziario partecipativo “equity”, convertibile automaticamente in azioni della società, in sigla Sfp Dm 2020, che ha un controvalore complessivo massimo pari a 2 milioni. Ci permette di approfittare a pieno di questa fase della nostra impresa, caratterizzata da grandi opportunità. È accompagnato dall’emissione gratuita di warrant, 100 per ogni 1.000 euro investiti in Sfp, che a loro volta daranno diritto a sottoscrivere azioni nel rapporto di 1:1 con uno strike price fisso di 4,5 euro per 5 anni. Anche grazie a quest’emissione potremo dotarci delle risorse per accelerare gli investimenti sulle startup più promettenti che abbiamo già in portafoglio e intensificare l’attività di scouting, per individuare nuove potenziali aziende di successo e accrescere il ritorno per gli investitori. E nel frattempo ci diamo da fare: nei primi mesi del secondo semestre 2020 abbiamo realizzato l’ingresso in sei nuove società molto promettenti. Questi risultati ci danno una
forte convinzione di riuscire a determinare anche in futuro una solida crescita e una sostenibilità della nostra azienda. Una domanda per entrambi i cappelli con i quali lei può pronunciarsi, l’amministratore delegato di Digital Magics ma anche il presidente di Assinform-Anitec: il nostro Paese riesce oggi a fare sistema sull’innovazione come occorrerebbe o non lo fa ancora quanto dovrebbe? Col doppio cappello posso dirle che ci sono stati alcuni passi avanti di grande rilievo. Innanzitutto il rafforzamento del fondo di garanzia per le Pmi e degli incentivi all’investimento in capitale di rischio; anche il Fondo nazionale per l’innovazione che oltretutto è un nostro partner: ha già fatto 14 investimenti in partecipate di Digital Magics, per un totale raccolto di oltre 11,3 milioni di euro, l’ultimo dei quali è stato Bazoole, in cui ha impiega to 3,5 milioni di euro. Per noi il fatto che nelle partecipate ci siano investimenti di terzi rappresenta un grande supporto e un grande stimolo… Consideri che negli ultimi 10 anni, nelle startup del nostro portafoglio sono stati investiti oltre 100 milioni di euro, di cui 30 direttamente da Digital Magics e oltre 70 da terzi. Questo è un segnale importantissimo che testimonia quanto il mercato creda in noi e nella nostra attività”.In tutti e otto questi investimenti ci sono stati aumenti di capitale, naturalmente. E nell’insieme le chiedo a quanto ammonta il vostro più recente fund rasing? Le do una cifra precisa: negli ultimi otto aumenti di capitale eseguiti dalle nostre startup la raccolta è stata di quasi 9 milioni di euro, di cui circa 5,5 milioni investiti da Cdp con il Fondo Nazionale Innovazione. E anche su questo fronte, il funding, intendiamo accelerare. In realtà credo che però sia fondamentale fare sistema molto più di quanto sia stato possibile finora. Il progetto Digital Made in Italy che abbiamo lanciato punta proprio a questo, anche attraverso alleanze importanti. E’ il momento di fare sistema perché solo così il mercato dell’innovazione italiana potrà crescere e cogliere tutte le sue grandissime potenzialità, mettendo a frutto il grande talento che riusciamo ad esprimere anche all’estero. Del resto, oggi il nostro ritardo rispetto agli altri Paesi europei è molto alto e dunque anche i programmi della Next Generation Ue devono vederci attivissimi, in prima fila.
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IM PORT FOL I O
CUP
GAME
I nuovi campioni dei listini trascinano i portafogli di Giacomo Damian
S
i cantava nel “blu dipinto di blu”, ma più che un volo si trattava di un tuffo, perché quel blu non era quello del cielo, ma delle profondità del mare. Era il 1958, l’anno in cui viene pubblicato il “Gattopardo”, capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Un titolo che in Italia è diventato un modo di vivere. Sul Gattopardismo la Treccani scrive: “è l’atteggiamento di chi avendo fatto parte del ceto dominante in un precedente regime, si adatta a una nuova situazione simulando d’esserne promotore per poter conservare il proprio potere”. Detto più volgarmente “tutto cambia per non cambiare nulla”. E infatti il nostro atteggiamento è sempre lo stesso, dobbiamo arrivare sull’orlo del precipizio, per avere la reazione che ci porta a volare. Ma non sempre questo rischio va a buon fine, a volte capita di scivolare, e il blu dipinto di blu è quello delle profondità del mare. Gli abissi, ci cadi nelle tragedie nazionali. Come appunto nel 1958, quando l’Italia non si qualifica per i Mondiali di calcio. Un drammatico esperimento sociale che sarà ritentato, con successo, nel 1966 quando il “gattopardismo” si ripete, si rischia e si prende sotto gamba l’outsider Corea del Nord, che ci batte e ci rispedisce a casa. Sono anni difficili quelli tra il 1958 al 1966, poi l’Italia si riprende e nel blu torna a volare, fino a quel tragico novembre 2017, quando il gattopardismo torna ad assalirci e l’Italia prende sotto gamba l’avversario Svezia. Fuori di nuovo, niente mondiali e dramma nazionale. Ma il purgatorio è breve, perché questa volta (almeno nel calcio), tutto cambia per cambiare davvero. Un nuovo tecnico, e gioventù, molta gioventù, calciatori di talento. La 58
LA CONSULENTE FINANZIARIA TEDALDI RIMANE IN TESTA ANCHE NELLA SECONDA TAPPA DELLA NATIXIS IM PORTFOLIO CUP CON UN RENDIMENTO DEL +25%. SUL PODIO I CF VALDRIGHI E GAZZANIGA
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nazionale oggi è un piacere agli occhi e regala entusiasmo. Qualcosa di simile si riesce a scorgere sui mercati nazionali, e in particolare negli indici di Borsa di Piazza Affari, che dopo la penalizzazione dovuta al Covid, sembrava dirigersi su antichi sentieri di antichi vizi, le zavorre bancarie, l’eccesso di debito, la debole produttività, e la scarsa innovazione, ma con un colpo di reni è riuscita a stupire gli investitori, nazionali e internazionali. Un abbrivio di freschezza, perché anche in borsa il gattopardo sembra andare in letargo. Un listino di nuovi campioni, titoli che stanno provando a far volare nel blu il nostro listino e che stanno trascinando molti dei portafogli della Natixis IM Portfolio Cup che ha appena concluso la seconda giornata di campionato. Un torneo che sta regalando molte soddisfazioni, sia tra i consulenti finanziari sia tra i lettori, perché i rendimenti sono di tutto rispet-
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to: solo quattro negativi su sedici totali per questa giornata, e tutti positivi per quanto riguarda il computo totale da inizio campionato. In testa, leader indiscussa è sempre Valeria Tedaldi, che vince anche la seconda tappa e resta in testa alla classifica con un rendimento totale del 25,716% con anche un ottimo valore di Drawdown, tutto sommato contenuto. Il portafoglio di Valeria, una formazione d’attacco con la volontà di segnare molti goal, sia nella componente bond sia in quella equity, segue i temi più in voga, che grazie all’attuale situazione di mercato molto favorevole, sta spingendo verso quel cielo blu. Non bastasse, c’è quella punta di diamante davanti, il titolo Nio, il Cristiano Ronaldo del portafoglio, che di mese in mese, vede moltiplicare il suo valore, rendendo per ora inattaccabile la testa della classifica. Ma il campionato è appena cominciato, e se la prima posizione non cambia, nel resto della classifica c’è stravolgimento. Nella seconda giornata scivola Laura Parbuono, più per meriti altrui che demeriti propri, e penalizzata dalla crescita del Drawdown. Discesa a cui fa da contraltare il poderoso recupero di Gabriele Zeloni, che grazie alla forza dei mercati emergenti, al recupero del settore energetico e dal vigore della borsa italiana sopra citato, è riuscito a passare da un rendimento negativo a uno positivo. Una forza, che a causa della troppa volatilità di portafoglio, non gli permette altrettanti miglioramenti nella classifica generale. La conferma è invece Lorenzo Gazzaniga, che nonostante un rendimento lievemente scalfito, resiste sul terzo gradino del podio, grazie a una protezione di portafoglio forte come l’acciaio. Ma la grande prestazione di giornata è da attribuire a Fabrizio Valdrighi che con un portafogli equilibrato e diversificato, riesce a cogliere in pieno l’attuale fase espansiva di mercato, a cui si aggiunge la ciliegina di Xpeng, titolo in grande rialzo, una stella paragonabile a Messi, gli ha permesso il salto di qualità fino a raggiungere un rendimento di tappa del 10%. Un duello, quello tra Ronaldo (Nio) e Messi (Xpeng) che promette scintille, rendendo ancor più avvincente la sfida tra i due portafogli che si contendono la testa della classifica di questa entusiasmante Natixis IM Portfolio Cup.
CLASSIFICA SECONDA TAPPA: ZELONI CHE RECUPERO, È SUL TERZO GRADINO CONCORRENTE
RENDIMENTO
DROWDAWN MASSIMO INDICATORE COMPOSTO
Valeria Tedaldi
12,443
2,912
100,000
Fabrizio Valdrighi
10,453
4,058
77,074
Gabriele Zeloni
5,751
3,732
49,604
Thomas Cordaro
3,563
4,020
32,955
Pietro Calì
2,018
3,077
31,287
Media peer group
2,626
3,556
30,997
Francesco Bellocchi
1,875
3,484
26,780
Paolo Maiolati
2,200
4,085
23,583
Lorenzo Gazzaniga
-0,180
2,361
23,406
Dario Notarangelo
3,149
4,839
23,073
Claudio Carella
1,457
4,331
16,632
Marco Magli
0,340
3,635
15,544
Marco Mattei
0,870
4,231
13,716
Filippo Vannucci
-0,143
3,799
10,990
Alessandro Gambelli
0,310
4,242
10,015
Laura Parbuono
-1,079
4,065
2,608
Silvia Luchi
-0,659
4,669
0,000
PERIODO DI RILEVAZIONE DATI 15/10 - 15/11 2020. FONTE: FIDA
CLASSIFICA GENERALE: TEDALDI IN FUGA, SUL PODIO VALDRIGHI E GAZZANIGA CONCORRENTE
RENDIMENTO
DROWDAWN MASSIMO INDICATORE COMPOSTO
Valeria Tedaldi
25,716
2,912
100,000
Fabrizio Valdrighi
12,356
4,424
42,434
Lorenzo Gazzaniga
3,610
2,523
25,122
Media peer group
5,087
3,755
21,625
Dario Notarangelo
7,113
5,041
19,673
Pietro Calì
3,299
3,266
18,796
Paolo Maiolati
3,389
4,149
12,884
Francesco Bellocchi
2,536
3,746
12,729
Laura Parbuono
3,316
4,204
12,244
Thomas Cordaro
3,350
4,291
11,748
Filippo Vannucci
2,684
4,097
10,773
Alessandro Gambelli
3,928
4,761
10,462
Marco Magli
2,863
4,249
10,328
Claudio Carella
3,094
4,409
10,015
Marco Mattei
1,786
4,778
2,823
Gabriele Zeloni
2,969
5,629
0,972
Silvia Luchi
0,770
4,672
0,000
PERIODO DI RILEVAZIONE 15/09 -15/11 2020. FONTE:FIDA
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IM PORT FOL I O
CUP
L’EROE DELLA RIMONTA
Fabrizio Valdrighi: «Cuore viola e passione per risalire sul podio» di Giacomo Damian
HO CERCATO DI COSTRUIRE UN PORTAFOGLIO SENZA AZZARDI, CAPACE DI COGLIERE LA RIPRESA POST VACCINI
“O
h Fiorentina, di ogni squadra ti vogliam regina! O Fiorentina, combatti ovunque ardita e con valor! Nell’ora di sconforto e di vittoria, ricordati che del calcio è tua la storia!” Fabrizio Valdrighi (nella foto) da grande tifoso della “viola” queste parole le conosce bene, e in questo torneo ha voluto metterle in pratica. Per questo non si è demoralizzato dopo la classifica della prima giornata, realizzando nella seconda una super rimonta che l’ha portato al 2° posto.
Fabrizio con il tuo portafoglio in solo due giornate abbiamo visto la Fiorentina di Agroppi (retrocessione 1992/93) e quella di Trapattoni (scudetto sfiorato nel 1998/99), entrambi sorprendenti ma in modi diversi. Dopo la prima giornata ti sei sentito più Agroppi o Trapattoni? Mi sono sentito più Prandelli, conscio del potenziale della propria squadra ma totalmente inespresso sul campo. Ho cercato di costruire un portafoglio equilibrato senza troppi azzardi, capace di cogliere la ripresa post vaccino affidandomi a team di gestori leader nelle loro categorie. Xpeng, nonostante il forte contributo alla volatilità, ha ripagato molto e credo che possa avere ancora spazio. Insomma, ho costruito una buona squadra con un finalizzatore di qualità, il mio Gabriel Omar Batistuta! Da dove nasce la passione per il tuo lavoro? Il mondo della finanza mi ha sempre affascinato. Leggevo articoli di giornale e approfondimenti. Dopo gli studi di Economia sono entrato in banca, ma la piena realizzazione l’ho avuta scegliendo la strada della libera professione dove posso esprimermi liberamente. Come consulente quali consideri sia la tua migliore dote? La pianificazione e a questa affianco il lavoro in team e l’ascolto. Ho un collega, Federico, molto preparato con cui quotidianamente analizziamo strumenti finanziari e scenari di mercato. E Alessandro, un amico più giovane 60
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di me, persona che stimo per il suo sguardo sulla realtà. Credo che il confronto genuino, aperto e senza pregiudizi sia l’unica strada per crescere umanamente e professionalmente. Il 2020 è stato un importante stress test per il vostro settore, come hai gestito la tua professione e il rapporto con i clienti nelle settimane di lockdown? La prima ondata del Covid ha dimostrato che quando la salute è attaccata, tutto il resto viene dopo. I mercati che inanellavano chiusure negative sono rimasti in secondo piano nei pensieri dei clienti. Durante ogni telefonata ritornavo sulle motivazioni delle scelte fatte, li aggiornavo sui nuovi scenari e devo ammettere che abbiamo anche colto grandi occasioni. La richiesta principale era una sola: esserci! Rimanendo in tema di Covid, è esagerato dire che siete stati i medici per la salute dei risparmi e che è stato importante avere un consulente al proprio fianco? Il paragone è forte, però ci può stare! Come ci si affida al medico per avere cure ed indicazioni per la propria salute, così tutti dovrebbero avere un buon consulente, un professionista, a cui affidarsi per la cura del proprio patrimonio. Sempre usando la metafora calcistica, qual è stato nella tua carriera il goal più importante e quale l’autogol? Il goal più importante è la fiducia dei miei clienti. Si costruisce come una grande e faticosa azione a tutto campo. Mi capita ogni tanto di fare qualche autogol soprattutto quando do per scontate situazioni o eventi. Qual è secondo te l’errore più comune che vedi ripetersi negli investitori? La furia, il voler tutto e subito. Qualcuno ha mai raccolto i frutti di un albero subito dopo aver pianto in terra il seme? Non credo proprio! Come fare per correggerlo? La ricetta che uso è una corretta, metodica e approfondita pianificazione. Ogni strumento scelto ha un obiettivo da perseguire ed un orizzonte temporale da rispettare. Le eccezioni ci sono, ma restano appunto eccezioni. E infine la domanda che molti lettori attendono, come saranno per te i mercati nel 2021? Quali settori preferisci e quali i possibili pericoli? Credo fortemente che l’unico mercato in cui abbia senso investire è l’azionario. Settori proiettati nel futuro, aree geografiche già fuori dalla pandemia sono i miei preferiti.
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EDUCAZIONE FINANZIARIA
La costruzione di portafoglio e le strategie Esg di Alessandro Marolda*
N
egli ultimi anni, le strategie Esg (che integrano criteri ambientali, sociali e di governance) si sono fatte sempre più strada nei portafogli degli investitori, con flussi concentrati soprattutto in Europa. La discussione sull’investimento Esg ha fatto un salto di qualità e oggi non si concentra più solo sui valori degli investitori, ma spazia anche su aspetti quali la performance, il rischio e la diversificazione. Questo allargamento della discussione è per noi particolarmente apprezzabile, perché la nostra filosofia si fonda proprio sui meriti del rischio e della diversificazione. Allora, come dovrebbero porsi gli investitori di fronte all’idea di integrare la dimensione Esg nei loro portafogli? Innanzitutto non esiste un concetto universale di Esg e, al momento, manca anche una tassonomia definita (in corso di elaborazione da parte dell’Ue), per cui tutto è lasciato in gran parte alla libera interpretazione. Esistono però approcci fondamentalmente differenziati che possono condurre a risultati diversi. Per esempio, alcuni gestori scelgono un approccio basato su uno screening “negativo” per individuare quali azioni od obbligazioni escludere dall’universo investibile perché non rispondenti ai criteri Esg. Altri adottano invece un approccio di screening “positivo” per selezionare solo le azioni e le obbligazioni di società con modelli di business e ricavi strettamente aderenti ai criteri Esg. Esistono inoltre approcci misti e metodologie di costruzione di portafoglio che poggiano su filosofie e processi diversi. La nostra ricerca mostra che le impostazioni che utilizzano lo screening negativo tendono a essere più simili agli indici di mercato tradizionali sul piano della costruzione, del profilo rischio/rendimento e della diversificazione. Invece le strategie che privilegiano un approccio di selezione improntato al principio “best in class” o quelle che si identificano come “investimenti sostenibili” tendono a differenziarsi dagli indici tradizionali. In genere acquisiscono esposizione verso più fattori di rischio (per esempio, qualità, dimensioni e valore) e aumentano la diversificazione del portafoglio perché si comportano in modo diverso. Gli investitori dovrebbero riflettere attentamente sugli obiettivi che intendono perseguire con l’integrazione delle strategie Esg e, in particolare, dovrebbero valutare se le strategie scelte sono allineate con i valori, ma anche con i vantaggi connessi al rischio e alla diversificazione. Di recente, anche la performance delle strategie Esg è stata og-
getto di approfondimento. Sebbene non omogenea, quest’anno la performance delle strategie Esg è stata positiva, in particolare durante la crisi. Questo risultato è scaturito principalmente da alcuni bias settoriali, con un posizionamento sovrappesato su settori come la tecnologia e la salute e un sottopeso sull’energia. È fondato ritenere che, in prospettiva, le strategie potranno continuare a sovraperformare perché potranno contare, a parità delle altre condizioni, su elementi quali la dinamica positiva del settore, il sostegno di governi e istituzioni ufficiali che intendono promuovere le politiche green e un rischio inferiore. Tuttavia, come con qualsiasi altro stile d’investimento, la certezza assoluta non esiste e, a nostro avviso, bisogna mantenere l’enfasi sul rischio e sulla diversificazione, oltre che sul ruolo dei fattori Esg nella costruzione di portafoglio. Qual è l’apporto della strategia in termini di diversificazione quantitativa (correlazioni) e qualitativa (stili, settori, aree geografiche)? Si tratta di domande fondamentali per poter costruire portafogli solidi. Nel complesso l’integrazione della dimensione Esg nella costruzione di portafoglio può presentare una molteplicità di sfide. Per esempio, si continua a discutere se, nello spazio “green bond”, debba prevalere l’emittente o l’emissione. Non abbiamo tutte le risposte a queste complessità, ma siamo convinti che, in un mondo dominato da visioni soggettive, gli investitori dovrebbero prendere decisioni consapevoli basate su fatti tangibili. Da parte nostra, ci sforziamo di aiutare gli investitori e i consulenti migliorando la trasparenza sull’integrazione Esg. Usiamo dati e strumenti avanzati per consentire agli investitori di analizzare e individuare le esposizioni a svariati rischi sottostanti, che comprendono anche rischi extrafinanziari quali il rischio climatico e l’intensità di carbonio che, alla fine, potrebbero sconfinare nello spazio dei rischi finanziari. *Natixis Investment Managers Solutions
Prima dell’adesione leggere il Prospetto e il KIID disponibili presso i collocatori. Materiale fornito solo a scopo informativo da non interpretare come consulenza in materia di investimenti. I punti di vista e le opinioni espresse si riferiscono alla data indicata e possono cambiare in base alle condizioni di mercato e ad altre condizioni. Non vi è alcuna garanzia che gli sviluppi si verifichino come previsto. Tutti gli investimenti comportano un rischio, compreso il rischio di perdita di capitale. Il presente materiale è fornito da Natixis Investment Managers S.A., società di gestione del risparmio di diritto lussemburghese, o dalla propria succursale Natixis Investment Managers S.A., Succursale Italiana, con sede in Via San Clemente 1, 20122 Milano, Italia.
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L’INTERVISTA
Il private-equity è alla «r-evolution» e presto diventerà liquido e popolare di Annalisa Caccavale
“V
ent’anni dopo” è un titolo che Alexandre Dumas, dopo averlo dato al “sequel” dei Tre Moschettieri, potrebbe ben dare a un manuale sul private equity e sul venture capital in Italia: perché proprio vent’anni fa Anna Gervasoni, presidente di Aifi, e Fabio Sattin (nella foto), presidente esecutivo e socio fondatore di Private Equity Partners nonché professore a contratto di Private Equity e Venture Capital alla Bocconi, scrissero il loro manuale sul tema. E in questi giorni sta uscendo, di quel manuale, la sesta edizione. Appunto vent’anni dopo.
Professor Sattin, com’è cambiato da allora il settore? In questi ultimi anni il settore del private equity ha subìto notevolissime evoluzioni e cambiamenti, tanto da indurci a parlare, nel nostro manuale, di una vera e propria (R)Evolution del settore. Il bisogno di capitale di rischio è sempre più evidente, specialmente in Italia, anche a causa delle note vicissitudini del sistema bancario, della sottocapitalizzazione cronica di molte aziende, in particolare medio-piccole, e delle grandi problematiche connesse alla pandemia in corso. Tuttavia, gli strumenti di investimento adottati finora dagli operatori del settore - tipicamente, i fondi chiusi - non sono sempre stati in grado di fornire una risposta efficace alle esigenze delle aziende e degli investitori. Fino a che le cose erano facili ed andava bene per tutti, nessun problema. Ma con la crisi, molti nodi sono venuti al pettine. E il mercato, come sempre e per fortuna, reagisce e si adatta. Ecco quindi un fiorire di nuove strutture, anche nel nostro paese: holding quotate o non quotate; fondi quotati; SPAC; co-investment agreements; club deals; investimenti diretti da parte di family offices (anche consorziati tra loro) e fondi sovrani; evergreen funds; umbrella funds, search funds, pledge funds, SST (subsequent subscription tranche funds); hybrid funds e fondi di private debt in tutte le loro molteplici articolazioni. Tanti nuovi strumenti per fare la stessa cosa: identificare aziende ed imprenditori promettenti sui quali investire, aiutandoli nel loro percorso di sviluppo e di valorizzazione nella speranza, se le cose andranno bene e le aziende avranno effettivamente aumentato il loro valore, di realizzare un ritorno sull’investimento nei tempi e nei modi che, di volta in volta, saranno ritenuti i più opportuni, condividendo tali guadagni - ma solo se ce ne saranno - tra gestori ed investitori. E’ questa l’essenza dell’attività di private equity. Questo è l’obiettivo. E in questa sesta edizione del manuale abbiamo cercato di dare ampia evidenza a questa tematica evolutiva, anche entrando nello specifico dei singoli nuovi strumenti di investimento oggi a disposizione. Il mercato è diventato quindi globale? Le realtà locali che ruolo potrebbero avere oggi? 62
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PARLA FABIO SATTIN, FONDATORE DI PRIVATE EQUITY PARTNERS E DOCENTE ALLA BOCCONI, CHE HA APPENA RIEDITATO, VENT’ANNI DOPO, IL SUO MANUALE CON ANNA GERVASONI
Credo che anche per il settore del private equity valgano le considerazioni tipiche che si fanno a livello di strategia aziendale. O si cresce e si diventa molto grandi, e quindi ci si può permettere di essere generalisti, o ci si specializza in alcune nicchie di mercato ben definite, cosa che può consentire di avere dimensioni ridotte e, in alcuni casi, di limitarsi ad agire a livello locale. Quale ruolo può e deve ricoprire il soggetto pubblico per supportare l’attività del private capital a beneficio dell’economia reale? Per superare questa fase di profonda crisi sono necessari strumenti di intervento di natura straordinaria che possano giustificare l’impiego massivo di risorse pubbliche. Tuttavia, nell’ambito di un’economia di mercato, quando si fa riferimento ad un intervento dello Stato nel capitale di imprese in chiave di ripatrimonializzazione, il presupposto fondamentale è che questi interventi siano
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per loro natura temporanei e, superato il momento di crisi che li ha resi necessari, consentano, con meccanismi chiari e predefiniti, di ristabilire un appropriato equilibrio delle logiche del mercato e della concorrenza, evitando rischi di “spiazzamento” degli operatori privati o un’eccessiva o permanente presenza del soggetto pubblico nell’ambito del tessuto economico produttivo del paese. Su questi temi il settore del private equity può dare un importantissimo contributo, che deve essere sfruttato al meglio per il tramite di iniziative in partnership con il settore privato - tipicamente, i fondi misti -, selezionando - sempre con criteri di trasparenza - gli operatori di volta in volta più adatti ad affrontare le specifiche aree di intervento e predisponendo adeguati meccanismi di protezione del denaro pubblico e di incentivazione della partecipazione privata. Una parte del libro è dedicata anche agli strumenti di debito. Siamo a una concezione più ampia di private capital? Con un settore bancario già troppo esposto ed in evidente difficoltà, il private debt avrà un peso sempre più importante e, in tal senso, un contributo fondamentale verrà, come già accaduto in altri paesi, dagli operatori di private equity. Nell’ambito degli intermediari finanziari non bancari gli investitori in private equity sono infatti quelli che più hanno sviluppato, da sempre, una cultura di analisi aziendale fondamentale, entrando nella vita e nella specificità delle realtà imprenditoriali, effettuando accurate valutazioni e due diligence e sviluppando con le aziende dettagliati business plan e progetti di sviluppo, per poi affiancarle nella loro realizzazione. Non è quindi un caso che, come abbiamo riportato nel manuale, il più grande operatore di private equity al mondo, Blackstone, tramite la partecipata Gso, abbia investito 144 miliardi di dollari in strumenti legati al credito, raggiungendo in termini dimensionali gli ammontari gestiti dall’originaria attività di private equity. Lo stesso ha fatto un altro operatore storico come Kkr. La (R)Evolution del settore include anche questa tipologia di strumenti. Quali sono, secondo lei, i nuovi trend del mercato? Credo che i filoni principali sui quali si svilupperanno i nuovi trend sono quelli che vanno a risolvere alcune delle tematiche tipiche del private equity, anche tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie. Un primo tema è quello dell’ elevata illiquidità tipica di questa tipologia di investimento, che ha già portato e porterà all’utilizzo di nuovi strumenti, vedi ad esempio le Spac o i fondi quotati, consentendo anche ad investitori meno pazienti e di più piccole dimensioni di accedere al mercato. Dal punto di vista delle società partecipate, quasi sempre non quotate, uno dei limiti principali al ricorso al private equity è invece da sempre connesso alla scadenza alla quale sono normalmente assoggettati i fondi chiusi, che fino a poco tempo fa rappresentavano il veicolo principalmente utilizzato per effettuare questo tipo di attività. Si sono quindi sviluppati nuovi strumenti, come i club deals, che vanno a rimuovere questo limite che in molti casi costituisce un ostacolo fondamentale alla realizzazione di un investimento in capitale di rischio, in particolare quando si tratta di partecipazione di minoranza. Come abbiamo spiegato più nel dettaglio nel manuale, prevedo inoltre una graduale sostituzione dello strumento azionario con strumenti di debito ibrido per effettuare interventi di minoranza. Infine, sul fronte del fundraising,
il crowfunding certamente avrà un impatto notevole, in particolare per quanto riguarda il segmento del venture capital. Anche la normativa è molto cambiata in questi anni; questo perchè il ruolo della finanza alternativa è diventato così importante per l’economia reale? Proprio per le ragioni appena espresse ritengo che sia assolutamente necessario un impianto normativo che tenga conto di tutte queste dinamiche e delle caratteristiche dei nuovi strumenti di investimento. Sarà quindi necessario, affinché queste tendenze possano esprimersi al meglio ed in modo positivo e costruttivo, che siano fissate delle regole del gioco molto chiare, trasparenti ed adatte alle molteplici fattispecie di investimento che si vanno via via delineando. Limitandone gli aspetti burocratici, ma garantendo al contempo la necessaria trasparenza a tutela dell’ investimento e del risparmio. Lei è anche un investitore, come sta vivendo questo anno segnato dalla pandemia? Dal punto di vista più strettamente legato alle operazioni di private equity ed all’attività di “deal making” forse una delle conseguenze principali è rappresentata dalla grande difficoltà che si ha oggi nell’effettuare corrette valutazione aziendali. Infatti, l’utilizzo dei multipli, già molto superficiali come tipo di criterio di riferimento è oggi totalmente impossibile da utilizzare a fini valutativi. Ecco quindi la necessità di tornare a valutazioni di tipo strategico ed industriale, estremamente approfondite e che richiedono tempo ed elevatissime competenze. E questa è forse una delle poche conseguenze positive di questa drammatica situazione. Noi come Private Equity Partners effettuiamo numerose operazioni all’anno e questo è oggi uno dei principali problemi che ci troviamo a dover affrontare nella nostra attività di tutti i giorni. Ma per fortuna speriamo che trent’anni di esperienza nel settore e decine di operazioni condotte ci possano aiutare a trovare delle soluzioni anche a questo importante ostacolo. Il manuale è strumento di studio per consulenti, avvocati e moltissimi studenti che magari vogliono, entrare in questo mondo. Che consiglio gli darebbe? Il consiglio è di non puntare direttamente ad entrare in una società di private equity - se poi se ne ha la possibilità, ben venga -, ma di identificare dapprima quali possano essere altre categorie di operatori che consentono di sviluppare una formazione adeguata per poi approdare in questo interessante settore. Alla luce di tutti gli strumenti descritti nel manuale, secondo lei è vero che oggi è la finanza a dettare le regole della politica e quindi della vita di tutti noi? La finanza ha ed avrà sempre un ruolo molto importante per lo sviluppo economico e sociale di un paese, ed è quindi inevitabile che possa esercitare un’influenza talvolta anche rilevante nelle scelte politiche di una nazione. È sempre stato così e così sempre sarà. L’importante è che ci siano poi dei meccanismi di bilanciamento e di contrappeso che consentano di coniugare le esigenze e necessità legate agli aspetti finanziari con quelle relative allo sviluppo economico e sociale del paese, in una logica di sostenibilità di lungo termine, di equità sociale e, al contempo, di rispetto delle logiche di selezione meritocratica.
L’UTILIZZO DEI MULTIPLI, GIÀ MOLTO SUPERFICIALI COME CRITERIO DI RIFERIMENTO, È OGGI IMPOSSIBILE DA UTILIZZARE A FINI VALUTATIVI
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SCENARI IMMOBILIARI
La leva del property management per far rendere meglio il mattone di Franco Oppedisano
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ssett management immobiliare e property management. Alzi la mano chi sa qual è la differenza. In teoria, la prima si occupa della supervisione delle performance dell’investimento nel mattone con l’obiettivo di aumentare il valore e massimizzare il rendimento per il proprietario durante il ciclo di vita di un immobile (cioè dall’acquisizione alla cessione), mentre la seconda si esprime nella gestione operativa delle proprietà immobiliari, come la manutenzione fisica, le riparazioni e le ristrutturazioni, la riscossione dell’affitto, il pagamento delle spese, ecc. In realtà, è evidente che la prima non può funzionare senza l’altra perché un investimento immobiliare non è come un’obbligazione immateriale che si tiene a libro, ma qualcosa di fisico che va gestito quotidianamente. Ma se i confini tra le due gestioni sono labili, ancora più complicato è stabilire cos’è esattamente il property management. In questo caso ci viene in aiuto Futu.re, la sesta edizione del Rapporto sui servizi immobiliari in Italia e in Europa, elaborato da Scenari Immobiliari, che non solo chiarisce la questione, ma dà un quadro completo del settore. «Il property management» si legge nel Rapporto «costituisce il servizio di riferimento per i proprietari e per i gestori immobiliari, durante tutto il ciclo di vita dell’asset e in relazione ad un’ampia varietà di aspetti. Le attività riguardano infatti le fasi di acquisizione, gestione e valorizzazione, fino alla dismissione, quando, solo grazie ad una adeguata gestione durante gli anni di possesso, e al netto delle oscillazioni di mercato, è possibile ottenere il “capital gain” prefissato. Nonostante il ruolo centrale, o forse proprio grazie a questo e all’ampiezza delle responsabilità, definire i limiti del Pro64
IL RAPPORTO FUTU.RE DI SCENARI IMMOBILIARI FOTOGRAFA L’EVOLUZIONE DEI SERVIZI AVANZATI CHE CRESCONO ATTORNO ALL’EDILIZIA ED ALLA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ E DEI PATRIMONI CONNESSI
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perty management è complesso e gli equivoci dipendono spesso dal raggio di azione al quale lo si riferisce, considerando la sola attività amministrativa oppure, più spesso, esclusivamente la parte tecnica e operativa. In questo caso il property management opera in sovrapposizione con l’area del facility management, non considerando che oggetto del property management non è tanto, o non solo, l’esecuzione delle attività indicate, quanto il coordinamento e il controllo delle stesse». Futu.re fornisce anche un elenco delle maggiori società di assett management nel mondo (alla fine del 2019, per il quarto anno consecutivo, Blackstone si conferma in testa alla classifica con un valore di assett under management, Aum, pari a 248,2 miliardi di euro, con un aumento del 23,3% dei volumi investiti rispetto all’anno precedente), in Europa dove la prima società di gestione si conferma la svizzera Swiss Life Asset Managers che a dicembre 2019 deteneva un portafoglio di Aum di quasi 90 miliardi di euro, con un balzo del 10,9% rispetto all’anno prece-
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dente, e in Italia dove i numeri confermadi quest’anno. Anche le aziende che si ocno, sostanzialmente, gli equilibri e i vocupano di property management hanno lumi degli anni precedenti, con Generali incontrato difficoltà legate alla pandemia. Re, DeA Capital e Investire nelle prime tre In Italia tra le dodici aziende del settore posizioni per valore del patrimonio gestiche hanno risposto al questionario elato che va dagli 11 ai 6,8 miliardi di euro. borato da Scenari Immobiliari, cinque «Negli ultimi anni i grandi patrimoni gestimano un calo del fatturato nel 2020, stiti in modo professionale», sottolinea il quattro immaginano una cifra simile a rapporto di Scenari Immobiliari, «sono quella del 2019 e quattro pensano a un cresciuti in modo rilevante in Italia, come aumento delle entrate. Un quadro eterosi può osservare dall’incremento del nugeneo e complesso che rispecchia il difmero e del patrimonio gestito posseduto ferente mix dei servizi offerti, ma anche dai fondi immobiliari. In dieci anni il nula necessità di prendere atto dei cambiamero di fondi è cresciuto dai circa trecenmenti in atto e di adeguarsi. Per le soto del 2010 fino a superare i cinquecento cietà che forniscono servizi immobiliari, a fine 2019. Il valore del patrimonio netto questo periodo è stato caratterizzato da MARIO BREGLIA, SCENARI IMMOBILIARI dei fondi è più che raddoppiato, passando molto lavoro dedicato alla tutela della dai 34 miliardi di euro del 2010 fino agli 81 miliardi del 2019, sicurezza e della vivibilità degli spazi per gli occupanti degli imcon previsione di ulteriore crescita per il 2020. Le dieci principa- mobili che però non si è riflesso in un pari incremento di fatturali società italiane di asset management, costituite in gran parte to, perché considerato come un lavoro dovuto in relazione all’eda Sgr, detengono il 90% circa del totale degli asset gestiti e sfio- mergenza sanitaria. E l’impatto è stato importante non solo sul rano i sessanta miliardi di euro, una cifra rilevante ma ancora settore degli uffici, ma anche sui negozi, i centri commerciali, gli molto bassa se paragonata al patrimonio gestito dalle società di alberghi, le residenze, i locali artigianali e industriali e gli istituti gestione dei principali Paesi europei». di assistenza sanitaria. «Negli ultimi otto mesi in cui il mondo In un’epoca di tassi zero, gli investimenti nel mattone, tra i po- si è fermato a causa della pandemia da Covid-19 e lentamente chi che possono vantare un ritorno positivo in termine di ren- ripartito» afferma il Rapporto «si è assistito a una accelerazione dimento, stavano andando a gonfie vele, ma, come tutto il re- di alcuni processi già in atto, primo fra tutti quello della digitalizsto sul pianeta, hanno dovuto fare i conti con le conseguenze zazione, che ha permesso alle aziende di erogare nuove attività e dell’emergenza sanitaria. «La pandemia da Covid-19 esplosa a servizi innovativi al fine di assicurare l’operatività delle persone inizio 2020» scrive il Rapporto di Scenari Immobiliari «ha inevi- e la funzionalità degli spazi. Flessibilità capacità di adattamentabilmente influito sulle decisioni di investimento dei principali to, velocità nei momenti decisionali, prontezza nell’operatività e player internazionali modificando, in alcune aree del mondo, competenza sono qualità che devono caratterizzare i prestatori i flussi di capitali anche in maniera importante. Le previsioni di servizi in una fase in cui il riaggravarsi dell’emergenza saniindicano per la fine dell’anno un volume totale di investimenti taria sta frenando il ritorno progressivo a una nuova normalità in Europa di circa 270 miliardi di euro, rispetto ai 307 miliardi verso cui desideriamo ambire». dell’anno scorso, con un calo del 14%. Grazie al livello record di investimenti registrati nel primo triLe società leader nell’asset mestre di quest’anno con 85,5 miliardi di euro, il 52% in più rimanagement immobiliare in Italia spetto al primo trimestre 2019, quando ancora la pandemia non si era imposta globalmente, il consuntivo dei primi sei mesi seAUM SOCIETÀ gna comunque un leggero incremento (+2%) rispetto al primo (ASSET UNDER MANAGEMENT)* semestre 2019 (129 miliardi contro i 127 del 2019). Tuttavia, si deve precisare che nel secondo trimestre di quest’anno, il calo 11.000 1 Generali RE rispetto all’anno scorso è stato significativo, poco meno del 40 9.500 2 DeA Capital Re % in soli tre mesi». Guardando ai vari comparti europei, la logistica e il residenziale 6.850 3 Investire (in particolare il multifamily) sono quelli che hanno meglio per6.300 4 Kryalos formato e che hanno mostrato la miglior stabilità nonostante il forte momento di incertezza. Il comparto residenziale, rispetto 5.700 5 Coima all’anno scorso, ha registrato una crescita nel primo semestre 4.400 6 Prelios 2020 del 37% generando un volume complessivo di 33 miliardi di investimenti. Anche la logistica ha, fatto registrare un risul4.110 7 Fabrica Immobiliare tato positivo raggiungendo i 15 miliardi di euro di investimenti con una crescita del 5% rispetto al primo semestre 2019. Il 4.100 8 Bnp Paribas comparto terziario ha, al contrario, segnato una discesa di sedici 3.700 9 Covivio punti percentuali con 41 miliardi di investimenti, sette in meno rispetto ai quasi 48 miliardi dei primi sei mesi del 2019. Come 3.400 10 Antirion c’era da aspettarsi, ancora peggio è andato il segmento retail nel FONTE: ELABORAZIONE SCENARI IMMOBILIARI SU DATI FORNITI DALLE SOCIETÀ. * DATI IN MILIONI DI EURO quale gli investimenti sono scesi del 25% nel secondo trimestre dicembre 2020 - gennaio 2021
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a cura di Martina Zanetti
NOW GABRIELLA BERGLUND - responsabile per l’Italia di Comgest
«N
ella gestione azionaria da sempre cerchiamo società relativamente meno rischiose, con una crescita stabile e consolidata e una caratteristica di qualità molto elevata e questo vale anche per il 2021». Interviene Gabriella Berglund, responsabile per l’Italia di Comgest, nella striscia di approfondimento del magazine Investire. Cercando di fare una previsione sul mercato azionario per il 2021, settore di riferimento di Comgest, ci chiarisce come la crisi covid ha
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creato una dicotomia tra le società deboli e più forti, «Noi», continua Berglund, «ci tariamo su investimenti a lungo termine di almeno 3/5
anni, restiamo quindi fedeli a società che sul lungo periodo hanno più potenziale di crescita. I veri mega trend saranno sull’energetico, ma green, pulito, riciclabile, oltre a questi si uniscono quelli che hanno beneficiato della pandemia come farmaceutico e tecnologico, ma anche quelle società che hanno sofferto a causa delle chiusure, come viaggi e moda, ma che sul lungo sono validissime, senza dimenticare il tema degli Esg».
LORENZO RANDAZZO - senior institutional sales manager di Axa Investment Managers
renzo Randazzo, senior institutional sales manager di Axa Investment Managers intervenuto alla puntata di
InvestireNow dedicata alla Esg week, ha fatto chiarezza sul significato e sull’importanza dell’investimento sostenibile. «C’è stata un impennata sulla tematica Sri in questi ultimi anni. L’investimento sostenibile e responsabile significa integrare i criteri Esg nelle modalità e nel processo di investimento per creare valore all’investitore e per la società nel suo complesso nel medio-lungo periodo», commenta Randazzo, «l’investimento responsabile è un trend oramai chiaro e
definito e sta aumentando la consapevolezza dell’importanza di questo investimento nella realtà, e questo consente nella maggioranza dei casi un netto miglioramento dal punto di vista profilo-rischio-rendimento. Ci riteniamo pionieri in quest’ambito, non siamo i soli, tutta la comunità finanziaria si sta muovendo per dare un segnale forte e di cambiamento».
FABIO CAIANI - managing director, head of south east Europe di Nordea Asset Management
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zionariato attivo ed engagement possono essere agenti del cambiamento per aiutare le aziende ad adottare pratiche di business legate alla sostenibilità». È il concetto espresso da Fabio Caiani, managing director, head of south east Europe di Nordea Asset Management ospite di InvestireNow. Un esempio clamoroso dell’azione di engagement
di Nordea Am, è stata ricordata in trasmissione da Caiani, a proposito del rifiuto di investire in bond dello stato brasiliano nella famiglia dei prodotti Stars - che usa filtri molto stretti Esg e che pesa per 70 miliardi sui 270 miliardi totali di patrimonio dell’asset manager - a causa della poca reattività del governo Bolsonaro nell’evitare l’eccesso di incendi nella foresta amazzonica con danni ingenti legati alla distruzione di biodiversità e alla conseguente deforestazione. «Molti asset manager ci hanno
seguiti in questa iniziativa, per fare pressione sullo Stato brasiliano ed essere agenti di cambiamento positivo», ha concluso Caiani.
LUCA TESTONI - fondatore e direttore di EticaNews
«E
sg è l’evoluzione di quella che chiamavamo finanza sostenibile, è un nuovo linguaggio, è il modo con cui la finanza declina la sostenibilità e la responsabilità seguendo i tre pilastri, Environment, social and governance. Così Luca Testoni, fondatore e direttore di EticaNews, nonché creatore del Salone Sri, definisce il concetto Esg a InvestireNow. Secondo Testoni grazie a questo criterio la finanza riesce n a comunicare con l’economia
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reale, cosa che non succedeva da tempo. Alla domanda: come capisco se questo prodotto è sostenibile e rispetta i criteri Esg? Testo-
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ni specifica: «Questo è molto complesso ed è indispensabile cominciare riuscire ad orientarsi per non scivolare. In questa complessità la domanda non è solo sul prodotto, ma anche su chi gestisce e costruisce quel prodotto, sull’identità del soggetto che lo propone. Bisogna muoversi sempre con molta cautela, occorre studiarlo per comprenderlo a pieno».
SEDIE & POLTRONE di Marco Muffato Casacche che si scambiano, volti noti che passano da un ruolo all’altro: il valzer delle poltrone è intenso nella finanza, dove vige ancora il merito e dove chi rende bene viene promosso o ricoperto di offerte allettanti. Agli HR il compito di attrarre i talenti, a noi quello di raccontare il risiko, oltre a notizie e indiscrezioni su un mondo ricco di costanti novità.
KAIROS, RINDI PASSA IL TESTIMONE A CASTELLI
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lberto Castelli (nella foto) sarà il nuovo ceo di Kairos Partners Sgr e di Kairos Investment Management Spa a partire dal 1 gennaio 2021. A Castelli passerà il testimone Fabrizio Rindi, che dal settembre 2019 ha contribuito a traghettare il gruppo verso una nuova fase di sviluppo; come già preannunciato, Rindi assumerà il ruolo di presidente di Kairos Partners Sgr. Castelli lascia BancoPosta Fondi Sgr del gruppo Poste Italiane, dove ha ricoperto il ruolo
di amministratore delegato dal 2016. Nel suo lungo percorso professionale, iniziato in Fineco, Castelli ha ricoperto primarie posizioni nell’industria dell’asset management, tra le quali il ruolo di dg e cio per la divisione Investimenti Alternativi di Capitalia e ad di Lehman Brothers Asset Management Sgr. Ha anche avuto un’importante esperienza imprenditoriale come partner della società di consulenza finanziaria indipendente Eidos Partners.
PICTET WM, LOSITO AL COMANDO
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lessandra Losito (nella foto) è stata nominata nuova head of Pictet Wealth Management Italy a partire dal 1gennaio 2021. Risponderà a Sven Holstenson, head of Europe onshore of Pictet WM e sarà affiancata da Paolo Ramondetti come deputy head of Pictet WM Italy. Losito succede a Luca Toniutti che assumerà il nuovo ruolo di chairman della società. La Losito ha maturato più di 20 anni di esperienza nel settore finanziario e del private banking. È entrata in Pictet Wealth Management nel 2005, diventando responsabile dell’ufficio di Roma nel 2017 e dell’ufficio di Milano nel 2019. Ramondetti, in Pictet da 20 anni, ha una consolidata esperienza nel settore bancario e del private banking.
ALLFUNDS, È DAUGE IL CFO
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llfunds, piattaforma di distribuzione di fondi di parti terze, ha nominato Amaury Dauge (nella foto) chief financial officer. Basato a Madrid, Dauge farà parte del comitato esecutivo di Allfunds e riporterà direttamente al ceo Juan Alcaraz. Prima di entrare a far parte di Allfunds Dauge ha ricoperto il ruolo di chief financial officer e coo in Qontigo, e prima ancora è stato presidente e chief financial officer di Axioma. In precedenza è stato group chief financial officer di Euronext, dove ha guidato la scissione finanziaria e legale della società da Nyse Euronext e la successiva Ipo.
BANCA DEL FUCINO, BENETTIN GUIDA IL PRIVATE
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rosegue la fase di consolidamento di Banca del Fucino nel settore del private banking con l’ingresso di Pier Luigi Benettin (nella foto) con la carica di responsabile direzione private banking & wealth management. Benettin guiderà la rete dei private banker operanti su tutto il territorio nazionale e in particolare nelle storiche
aree di elezione del Lazio, dell’Abruzzo e della Sicilia e nella sede Private di Milano. Il manager vanta un’esperienza ultraventennale nel settore finanziario e proviene da Mps Capital Services Banca per l’Impresa, la corporate & investment bank del gruppo Montepaschi dove ha lavorato dal 2008.
JANUS HENDERSON, LACOURSIERE DIRIGE L’ESG
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anus Henderson Investors ha nominato Paul LaCoursiere (nella foto), global head of Esg (Enviroment, social, governance) Investments. LaCoursiere, che entrerà in carica a partire dal prossimo 6 gennaio, porterà con sé oltre 20 anni di esperienza nella ricerca sugli investimenti e guiderà l’inte-
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grazione dei criteri Esg nelle strategie della società. LaCoursiere, che sarà basato nella sede londinese di Janus Henderson e riferirà a Enrique Chang, global chief investment officer, arriva da Aviva Investors, dove ha ricoperto vari ruoli dal 2014: più di recente è stato global head of Esg Research.
INVESTIRE SPECIALIST
PROFESSIONE CONSULENTE Risponde Francesco Priore all’indirizzo priore.studio@virgilio.it Startupper e decano della consulenza finanziaria, Priore ha fondato l’Anasf e contribuito alla fondazione dell’Albo. Docente Universitario, autore e consulente di comunicazione e marketing finanziario. È stato direttore marketing della rete di Banca Fineco e membro del Cda di Consultinvest Sim.
SÌ A METTERE LE CONSULENZE IN GARA
CONSULENTI UE, OTTIMA PROSPETTIVA
Gentile professor Priore,
Carissimo Francesco,
sento la pubblicità di diverse Sim di
ho letto che si vuole creare un registro
consulenza finanziaria indipendente
unico dei consulenti finanziari in
che offrono consigli e assistenza ai “fai
Europa. Sono in attività da 25 anni,
da te”. Però rifletto sul fatto che le mie
seguo tutti i corsi di aggiornamento,
conoscenze, giusto quelle acquisite
ho conseguito tutte le certificazioni
leggendo Investire, forse non mi
possibili, però è vero che “gli esami non
consentirebbero di autogestirmi. Resisto
finiscono mai”?
alla tentazione? Grazie.
G
Luca T. Orazio C.
entile Orazio, come diceva O. Wilde “Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”, ma in questo caso si tratta dei suoi soldi. La gestione del risparmio non è una scienza esatta, però ha dignità accademica e le persone che se ne occupano a tutti i livelli devono avere comprovate competenze. I professionisti del settore possono, come tutti i professionisti, essere più o meno capaci ma hanno superato degli esami per esercitare. Ci sono solo due professioni rispetto alle quali molte persone sono convinte di poter fare da sé: la medicina e la consulenza finanziaria, soprattutto con l’aiuto del web. Guarda caso quelle che riguardano la salute e i soldi: se poi c’è la salute, i soldi diventano la prima preoccupazione. Se lei dovesse ristrutturare un sottotetto cercherebbe la soluzione in un tutorial su Youtube o si rivolgerebbe a un professionista? Le pubblicità che lei sente sono di Sim autorizzate - altrimenti la Consob le chiuderebbe - probabilmente efficienti; destano perplessità però quando parlano di “consulenza finanziaria indipendente” invece che recitare “servizio di consulenza finanziaria resa su base indipendente”. Che necessità c’è di modificare il dettato della normativa? Superando le perplessità le posso consigliare di sperimentare. Inizi con il minimo e si affidi per una parte dei suoi risparmi a una di queste Sim e per un’altra parte si rivolga alla sua banca per un servizio di consulenza finanziaria o a una Sim. Alcune offrono già, oltre il servizio di consulenza e collocamento, anche il servizio di consulenza finanziaria resa su base indipendente detto anche fee only. Se poi ha qualche conoscente che si fa gestire da un consulente finanziario di comprovata fiducia provi a fare una chiacchierata con il consulente, questa chiacchierata è gratuita. Un po’ come un consulto, si documenti di persona: la sensibilità in questo campo è fondamentale. Non è detto che il professionista più caro sia il migliore o viceversa. Il miglior consulente è quello che si occupa dei nostri risparmi con la stessa cura e assiduità come se si trattasse dei propri. Cercherebbe rendimenti ragionevoli, il rischio sopportabile e il costo più giusto, non è una ricetta difficile.
C
aro Luca, ho letto anche io la notizia, in un certo senso mi fa piacere perché nel 1988 mi recai a Madrid a incontrare Fonbellida, Commissario europeo alle Finanze, e poi a Bruxelles per incontrare il direttore della stessa Commissione. Allora era presidente di Eurofin, la prima associazione europea di consulenti finanziari francesi, inglesi, spagnoli e italiani. L’obiettivo era proprio proporre un Registro unico, un obiettivo previsto dallo statuto dell’Anasf. La speranza era che arrivasse un input da Bruxelles per smuovere il nostro Parlamento; il direttore della Commissione partecipò anche al Congresso Anasf di Ischia nel ’90, ma fummo più efficaci con il nostro Parlamento, ottenemmo l’Albo con la Legge 1/91. Trentadue anni non sono poi tanti...ce ne vorranno almeno altri tre per la realizzazione del Registro unico. Ma non è questo che ci fa stare tranquilli: noi abbiamo una legislazione ed un’esperienza consolidata, ritengo che tutti quelli che sono regolarmente iscritti all’Albo e abilitati a esercitare senza tutor non dovranno sostenere nuove prove, dovranno invece continuare ad aggiornarsi ma già lo fanno.L’altro aspetto, quello della libera circolazione, non mi sembra un’opportunità né una minaccia. La nostra attività professionale, oltre che dalle competenze, dipende dall’empatia e dalla capacità di comunicare. Comunicare in un settore così difficile è complicato, perché è anche dalla comprensione delle sfumature linguistiche, del cliente e del consulente, che passa l’intuizione prima e la comprensione poi delle esigenze non sempre coscienti o espresse con chiarezza; pertanto, non essere di madrelingua è un handicap difficilmente superabile. Già non avere l’accento regionale crea a volte diffidenza. Anche i gesti non sono comuni a tutti, ad esempio annuire per dire sì non appartiene a tutte le etnie. II prossimi anni ci riservano la consulenza finanziaria fee only e il passaporto europeo, è un’ottima prospettiva di crescita professionale e d’immagine. dicembre 2020 - gennaio 2021
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POLE POSITION
a cura di Buddy Fox
LA GRANDE SVENDITA DELLE BANCHE, NOBILI DECADUTE
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elle sale di contrattazioni, negli ultimi anni, circolava questo slogan: “Se non sai cosa fare, vendi banche italiane”. Un po’ irriverente come strategia, ma chi l’ha messa in pratica, dalla grande crisi finanziaria fino a oggi, ha sempre guadagnato. Fino a oggi, perché in questo bislacco 2020 qualcosa di buono tra le banche italiane si comincia a vedere. Due operazioni in particolare: l’Opa di Intesa su Ubi a inizio anno prima del covid e la recente operazione tra il Credit Agricole e il Creval, e una terza in gestazione che sembra coinvolgere l’Unicredit con la sempre più bistrattata Mps. E’ un’inversione di tendenza? Qualcosa si muove in quella che fu la foresta pietrificata, sono operazioni che fanno da cassa di risonanza e attirano l’attenzione, ma festeggiare sembra un po’ prematuro. Perché se nel breve le notizie gonfiano l’entusiasmo, viste con una prospettiva su qualche anno, improvvisamente si afflosciano come un sufflè. Un esempio lo abbiamo sull’operazione Creval, con un’offerta del Credit Agricole che da un premio del 20% sulle quotazioni recenti, ma su un titolo che gli azionisti storici hanno visto ormai ridotto in briciole. A guadagnarci forse è solo la Algebris di Davide Serra, che dopo aver spolpato la banca degli Npl a prezzi stracciati, ha ottenuto, tramite l’aumento di capitale, anche le azioni a prezzi da saldo. Perché se non è a prezzi stracciati, sul business delle banche
tradizionali, ormai non vale più la pena metterci nemmeno un cent. Sono troppi i difetti rispetto alle qualità. Dalla grande crisi sempre ostaggio degli Npl, zavorra e nodo mai risolto dalla nostra politica, e aggravato dal nostro sistema economico bancocentrico. E poi c’è la politica, nazionale ed europea che attraverso divieti e nuove normative, stressa l’attività principale mettendola in difficoltà. Le uniche note liete, arrivano una tantum dalla rivalutazione dei Btp, o dai deal, i matrimoni per rafforzare il patrimonio. Più grandi sono e più sono indigeste alla concorrenza. Le banche tradizionali sono come nobili decadute, l’unica possibilità di salvezza sono nei matrimoni di convenienza. E poi c’è la concorrenza delle nuove leve come Nexi, che non solo hanno il favore del legislatore, ma hanno nuove frontiere da esplorare, e soprattutto hanno molto cash che permette investimenti e acquisizioni. Elementi che fanno molto gola a un mercato affamato di rendimenti. E’ un po’ forte da dire, ma quello che è accaduto sul mercato delle banche nel 2008 è paragonabile alla bomba atomica di Hiroshima. Un’esplosione che ha indebolito un sistema, lasciando nel settore molte scorie radioattive, e ci vorranno molti anni prima di smaltirle. Scorie che faranno ancora molti danni, provocando una dura selezioni. Chi resisterà, ne uscirà con un organismo più forte, solo così potrà competere con i nuovi campioni della finanza. La stagione dei matrimoni è appena cominciata.
DOW JONES, COME MARADONA È UN MITO CHE NON TRAMONTA
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omeriggio di inizio estate, caldo afoso, umidità a pioggia, condizioni improbabili per molti calciatori, non per i campioni. Sul campo di gioco si assiste al sontuoso ricamo di piedi sopraffini: Balbo per Redondo, Redondo per Maradona, che passa a Caniggia che tocca a Redondo che appoggia a Maradona, il pibe de oro scocca la freccia che si infila all’incrocio. La partita è Argentina Grecia, ai Mondiali Usa del 1994, quella rete viene definita un flipper, in verità sono le prime tracce di quello che sarà chiamato “tiki taka”, ma soprattutto si rivede il ritorno del campione. “Goal! Goal meraviglioso, Maradona è vivo!” urla il telecronista mentre il giocatore buca lo schermo. Maradona è vivo, per l’ennesima volta fa la Fenice, rinasce e manda in visibilio i tifosi, un pubblico che non l’ha mai dimenticato. Non trovo miglior metafora per descrivere la vita del Dow Jones, l’indice di borsa per eccellenza, a Wall Street come nel resto del mondo, è sempre lui il campione degli investimenti. A volte viene dimenticato, a volte abbandonato, considerato anacronistico, ma lui, il Dow resta in piedi, un mito, come un monolite non viene mai scalfito, e quando meno te l’aspetti sferra il colpo del campione e segna un nuovo record. Dow Jones 30K, gli investitori vanno in visibilio come per un goal di Maradona. E pazienza se il Nasdaq corre di più, il Dow è il Dow, e il primo amore non si scorda mai. Il Dow Jones, l’indice forse più antico del mondo, nasce il 26 maggio 1896 dalla mente di Charles Dow. Inizialmente composto da 12 titoli, vede nel tempo aumentare i protagonisti, 70
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da 20 fino agli attuali 30. General Electric rappresenta la prima pietra, il colosso industriale, tranne una breve pausa, sarà sempre presente nel dream team, gli altri antenati da US Steel, ad American Tobacco, ad American Sugar, o falliranno, o saranno inglobate, o usciranno lasciando il passo alle nuove protagoniste del progresso industriale americano. Perché per resistere al tempo e alle mode, il Dow Jones ha bisogno di cambiare e rinnovarsi. Nato come indice industriale, simbolo della “old economy”, l’economia dei bulloni e del petrolio, tutto ciò che “fa rumore e si vede”, negli ultimi anni ha visto l’ingresso della cavalleria leggera, l’economia che viaggia nel web, titoli della “new economy” come Apple, Intel e Microsoft. L’unica caratteristica che non cambia e il particolare metodo di calcolo dell’indice, che non si basa sulla capitalizzazione delle società, bensì sul prezzo. Per dirla semplice, più costa l’azione e più il titolo pesa sull’indice. Rimase storico il caso del titolo 3M, società nota per i “post-it”, divenuto il traino e l’ariete che ha permesso al Dow di superare i livelli storici dei 10 e 20 mila. Oggi gli assist per segnare il goal dei 30K li forniscono titoli come Boeing, Home Depot e Unitedhealth, i nuovi pesi massimi. Ma qual è il motivo che ha spinto l’indice a superare questo nuovo traguardo storico? Si dice il vaccino, l’economia o la vittoria di Biden. La giustificazione che più mi convince è quella di Jp Morgan: con Biden la borsa salirà del 5%, con il rammarico che se avesse vinto Trump, sarebbe salita del 10%. Insomma, qualunque scusa è buona per rendere il Dow Jones immortale, come Maradona.
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ITACA, UN APPRODO SICURO PER IL MADE IN ITALY
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ake America great again” esortava Trump pensando di rifare grande l’economia americana con il rimpatrio delle aziende e della produzione a stelle e strisce. Poi ci sono stati gli slogan di certa parte di politica, dal “prima gli italiani” di Matteo Salvini a “la France avant tout” di Marie Le Pen a “il Brasile prima di tutto” di Bolsonaro. Oggi, in un contesto particolarmente critico nel quale ci troviamo a causa della pandemia, anche la pachidermica Europa sembra muoversi più velocemente per arrivare a fare la sua parte con lo stanziamento di risorse eccezionali del Recovery Fund o meglio il Next Generation Eu. Siamo di fronte a grandi progetti che prevedono la disponibilità di grandi risorse ma che tuttavia permangono nello stadio iniziale delle promesse. Belle ma ancora teoriche. Nell’attesa che i tempi della politica le facciano evolvere in stadi successivi, succede che a dare risposte concrete alle urgenze sempre più esigenti e pressanti siano i privati. È in questo solco che si pone la recente iniziativa, dal nome evocativo, che il banchiere Giovanni Tamburi (nella foto) ha voluto attivare con la sua Tip: mobilitare le grandi famiglie imprenditoriali italiane per investire 500 milioni sul Made in Italy più sano. Le prime lettere d’invito rivolte a quelle cento famiglie con le quali Tip ha storicamente lavorato, sono già state spedite e già vi sono risposte di interesse per questa Itaca. Perché così si chiama l’iniziativa. Un nome che in realtà è l’acronimo dei tre promotori: Sergio Iasi, Giovanni Tamburi e Angelo Catapano, ma che allo stesso tempo riesce a far risuonare l’idea di un nuovo viaggio verso nuove prospettive per tutte quelle imprese ita-
liane che si trovano oggi appesantite dai debiti finanziari, e che magari hanno ricevuto i finanziamenti messi a disposizione durante l’emergenza, e hanno quindi bisogno di irrobustirsi sul piano patrimoniale. I settori nei quali si muoveranno le valutazioni sono molti e vanno dal manifatturiero, all’abbigliamento, al lusso e retail, alla meccanica tech, al food, all’industria innovativa e sostenibile. Che siano aziende in mano a imprenditori o a private equity, non ha importanza. È importante invece che abbiano la capacità di “farci vedere la luce dopo la fase di riassetto che le ha immobilizzate” ha affermato Tamburi in una intervista al Corriere della Sera. “Perché cerchiamo sempre eccellenze, anche in fieri”.
COSA SAREBBE SUCCESSO SE LA LIRA...
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osa sarebbe successo all’Italia se qualche anno fa avesse ceduto al canto delle sirene che avrebbero voluto condurla fuori dall’Euro, promettendo il ritorno alla Lira come il più roseo avvenire? È una domanda lecita, soprattutto durante la tempesta economica in cui ci ha condotto la pandemia nella quale se non avessimo avuto la protezione dell’Europa avremmo visto la barca Italia affondare in una crisi socioeconomica devastante. Dunque, dato che la controprova in economia non esiste, quel che possiamo fare è un elenco di ciò di cui ci saremmo dovuti privare. Come ad esempio lo scudo della Bce sul nostro debito, un bersaglio attraente per la speculazione cattiva, sulla nostra economia, sui titoli di stato e sulle banche. Avremmo senz’altro dovuto rinunciare all’enorme espansione monetaria messa in atto sempre dalla Bce che prima ha riportato i tassi a zero e poi ha proceduto con acquisti a tempo indeterminato su tutto quel che si trova in pericolo. Un insieme di fattori che ha portato il nostro Btp a 10y a toccare il livello minimo di rendimento sotto lo 0,50%, un record! In uno scenario con la Lira, se ricordiamo gli anni dell’attacco di Soros, nel 1992, il record sarebbe stato nel segno opposto. Inoltre, avremmo dovuto rinunciare all’enorme aiuto dell’Europa, una
manna prodotta dal Covid e ammannita dal borsellino aperto di Bruxelles che risponde al nome di Next Generation Eu. Aggiungiamo infine anche l’occhio addolcito delle agenzie di rating: abbandonata la storica severità nei nostri confronti, oggi arrivano addirittura a premiare e incoraggiare i nostri sforzi emettendo giudizi ben diversi da quelli di soli 2 anni fa, quando il governo aveva un colore diverso, quando a capo c’erano politici consigliati da economisti che spingevano ad attaccare l’Europa minacciando l’Italexit. I nostri quotidiani titolavano così: Moscovici dà a Tria la lettera che fa schizzare lo spread. Standard & Poor’s taglia le previsioni sull’Italia. Da S&P monito all’Italia ma il governo rilancia “Non siamo il Botswana”. Chissà cosa avrebbero detto le agenzie di rating se oggi ci fosse ancora il governo “giallo verde”. Chissà come si sarebbero comportate Merkel e Ursula Von Der Leyen se ai tavoli di lavoro degli scorsi mesi estivi al posto di Gualtieri e Di Maio ci fossero stati Tria e Salvini. E invece i titoli recitano così: S&P conferma il rating e migliora le previsioni. Un decreto da 4 miliardi per far fronte all’emergenza S&P vede più rosa per l’Italia. Vien da dire che al Matteo nazional popolare, da quel famoso mojito in poi non gliene è andata bene una! Gli sarebbe bastato resistere qualche mese in più, adottare uno stile leggermente più contenuto e ingoiare qualche boccone, e alla fine sarebbe approdato con il “suo” governo in questa terra creata dal Covid dove qualsiasi debito è possibile e, soddisfazione delle soddisfazioni, con la complicità di un’Europa costretta a concederlo per cause umanitarie. E le agenzie di rating zitte, silenziate dalle politiche delle Banche Centrali. Chiedersi cosa sarebbe riuscito a proporre è invece un esercizio inutile. Anche se resta forte la convinzione che se la storia avesse concesso questa possibilità anziché toglierla, avrebbe smascherato un bluff invece che fornire un alibi. dicembre 2020 - gennaio 2021
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INTERVISTA A FABIO DE CILLIS (IG)
«I nostri certificati Turbo24 vincono sul mercato per knock-out» di Riccardo Venturi
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effetto leva e la garanzia di non perdere più di quanto investito. Ma anche la quotazione sul mercato regolamentato Spectrum e il fatto che se il knock-out (il livello– barriera raggiunto il quale la posizione si chiude automaticamente) viene raggiunto fuori dall’orario di apertura delle borse europee (9–17.30), il certificato non viene liquidato ma rimane congelato fino alla riapertura: il che può essere un grosso vantaggio se durante la notte la situazione si modifica nuovamente, permettendo di continuare a operare e di chiudere magari le posizioni in profitto (è quel che è successo a tanti trader la notte delle elezioni negli Stati Uniti). I turbo24 si affermano sui mercati, e per Fabio De Cillis (nella foto a destra), responsabile di IG per l’Italia, è tempo di tirare le prime somme.
EFFETTO LEVA, RISCHIO LIMITATO E OPERATIVITÀ 24H RENDONO QUESTI PRODOTTI DI IG UNA SOLUZIONE GRADITA AI TRADER, SIA ESPERTI CHE PRINCIPIANTI, PER AFFRONTARE ANCHE I CONTESTI PIÙ VOLATILI
Che bilancio si può fare a un anno circa dal lancio dei turbo24? Il prodotto sta prendendo sempre più piede. Abbiamo osservato che soprattutto nelle fasi più concitate di mercato, al crescere della volatilità aumenta l’interesse verso questa tipologia di strumento. Il motivo è legato ad alcune delle caratteristiche dei certificati turbo, e ad altre specifiche dei turbo24: se da un lato consentono di beneficiare dell’effetto leva, dall’altro offrono la tranquillità del rischio limitato. Se faccio un’operazione con un investimento da mille euro, so che il mio rischio è limitato al massimo a quei mille euro, qualunque cosa accada sul mercato: questo piace ai trader di ogni livello. Il trader esperto sa che se sul mercato si dovesse verificare un gap di prezzo, lui è soggetto a slippage anche violenti, e se aveva preventivato per quell’operazione di perdere massimo mille euro potrebbe perdere molto più di quello. Allo stes72
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so modo questi sono i timori che ha anche un trader che si sta avvicinando a questo mondo. Quindi per entrambe le categorie il fatto di avere il rischio limitato è certamente una tutela che garantisce tranquillità. Questi sono i due aspetti che combinati hanno portato i trader ad avvicinarsi ai certificati turbo, in generale. Poi ci sono alcune caratteristiche specifiche dei turbo24 che si differenziano rispetto a quanto già disponibile sul mercato. Ce li ricorda? I turbo24 sono uno strumento finanziario quotato su un mercato regolamentato, lo Spectrum. Il motivo per cui abbiamo scelto questa piattaforma è che consente tutta una serie di opzioni e flessibilità che altri mercati non sono in grado di offrire. Prima tra tutte, la possibilità di fare trading su questi prodotti 24 ore su 24, cosa che non è disponibile da nessuna altra parte. Questo è particolarmente importante, perché il fatto di poter intervenire sulle proprie posizioni a qualsiasi ora del giorno e della notte garantisce, ancora una volta, una certa tranquillità. Immaginiamo di aver aperto una posizione sull’indice italiano: se la sera o la notte succede qualcosa e i mercati prendono una piega violen-
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ta e opposta alla mia direzione, con uno strumento tradizionale devo restare a braccia conserte e attendere l’indomani che le borse riaprano; con i turbo24 a qualsiasi ora posso intervenire per chiudere la posizione, ridurre la size, eventualmente entrare sul mercato quando gli altri non possono farlo: un’opzione molto utile per tutti i trader. L’opzione è molto utilizzata? Accade frequentemente, perché un buon numero di trade sono fatti quando il mercato di riferimento è chiuso. Questo accade maggiormente sui mercati azionari europei, che hanno come orario di apertura quello dalle 9 alle 17.30. Alla loro chiusura i giochi non sono ancora del tutto fatti, l’America è aperta e va avanti ancora qualche ora. Per questo soprattutto dopo le 17.30 e fino alla chiusura dei mercati statunitensi l’attività è piuttosto frequente; oltre la chiusura dei mercati Usa, il numero dei trade si riduce.
Quali le altre caratteristiche specifiche dei turbo24? La protezione dei certificati turbo è offerta dal cosiddetto livello di knock-out, una barriera che il trader deve scegliere quando li compra. Se il mercato quota 10mila punti, per esempio, posso scegliere il knock-out poniamo a 9500 punti, e so che qualsiasi cosa accada sotto quel valore non andrò mai: se il knock-out viene raggiunto dal mercato la mia posizione si chiude automaticamente a zero. Ma nel caso dei turbo24 questo è vero solo quando i mercati di riferimento sono aperti: se opero su un indice europeo, il knock-out si attiva solo dalle 9 alle 17 e 30; negli altri orari se il knock-out venisse raggiunto, la mia posizione andrebbe in una sorta di standby. Non verrebbe liquidata in quel momento, ma i giochi si rifarebbero al mattino alla riapertura della borsa, e a quel punto avremmo due opzioni: se il mercato è ancora sotto la barriera, la posizione viene liquidata e so di non aver perso più di quanto ci ho messo; oppure il mercato invece rimbalza, torna a mio favore, la posizione rimane aperta e io continuo a tenere la posizione nel mio portafoglio. Questo in pratica offre una seconda vita alla mia posizione. L’abbiamo visto accadere in concreto a moltissimi dei nostri trader la notte delle elezioni negli Stati Uniti, praticamente a tutti quelli che avevano aperto delle posizioni sul mercato Usa. C’è stata una prima reazione negativa del Dow Jones che ha colpito i livelli di knock-out, ma le posizioni non si sono chiuse; poi nella notte il mercato ha recuperato, e la mattina i trader si sono trovati con le proprie posizioni ancora aperte e la possibilità di chiuderle anche in profitto. Non esiste alcun altro certificato al mondo che abbia questa caratteristica. Quando si alza la volatilità, tutte le caratteristiche che abbiamo visto si accentuano molto nei loro vantaggi. Altri punti di forza? Sul pricing abbiamo cercato di semplificare molto le cose per i trader inserendo uno strumento di calcolo, il turbo calculator, che permette di non doversi preoccupare in alcun modo della costruzione del prezzo, operazione che può creare qualche difficoltà. Con questo strumento si deve semplicemente scegliere il prezzo a cui acquistare il sottostante, e il sistema converte istantaneamente il valore dell’indice nel prezzo del turbo. Così mi posso concentrare sull’analisi del mercato su cui voglio operare; prendo il mio grafico dell’indice, faccio le mie analisi, individuo i miei livelli di ingresso sul mercato, vado a compilare il mio ordi-
SE IL LIVELLO-BARRIERA VIENE RAGGIUNTO FUORI DAGLI ORARI DELLE BORSE EUROPEE IL CERTIFICATO NON VIENE LIQUIDATO MA È MESSO IN STAND-BY ne e ottengo il prezzo. Sempre nell’ottica di migliorare l’operatività dei trader abbiamo aggiunto sui grafici del sottostante i livelli di knockout, incrociando le informazioni. Faccio l’analisi sull’indice, vedo sul mio grafico i valori di knock-out dei turbo di riferimento e posso fare l’operazione cliccando sul knock-out che mi interessa. Diventa tutto molto chiaro, perché di fatto mi sto concentrando sull’analisi e sul trading sul sottostante su cui voglio operare, utilizzando allo stesso tempo un prodotto che mi offre i vantaggi che abbiamo visto. Questi strumenti hanno zero commissioni. Per la prima parte del prossimo anno prevediamo inoltre un allargamento della base dei sottostanti; a indici, valute e materie prime aggiungeremo anche le azioni. Siete molto attivi sul piano della formazione. Quali le vostre ultime iniziative? Sulla formazione siamo molto attenti da sempre. Abbiamo appena concluso un evento digitale dedicato ai turbo con Giacomo Probo, trader professionista autore di un best seller sul trading, mostrando qual è l’approccio di un trader professionista ai mercati. Probo ha proposto una delle sue strategie operative, con l’utilizzo dei turbo24; abbiamo fatto vedere come il trading di alto livello fatto da un professionista ben si possa sposare con questi strumenti finanziari. Abbiamo avuto qualche migliaio di utenti registrati. Il 3 dicembre è partita la “Turbo24 Trading Room”, un appuntamento settimanale durante il quale un trader professionista - ne abbiamo selezionati 3 - farà trading in tempo reale sui turbo24 per un’ora. Sarà data la possibilità ai partecipanti di interagire con il relatore, fare domande, chiedere di fare operatività su strumenti particolari. Il tutto con il fine di cercare di contribuire il più possibile al successo dei trader che ci seguono, di dare contenuti formativi il più possibile pratici, replicabili, di qualità. I corsi sono gratuiti. dicembre 2020 - gennaio 2021
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© 2020 Morningstar, Inc. Tutti i diritti riservati. Le informazioni qui contenute: (1) sono di proprietà di Morningstar; (2) non può essere copiato o distribuito; e (3) non è garantito che sia accurato, completo o tempestivo. Né Morningstar né i suoi fornitori di contenuti sono responsabili per eventuali danni o perdite derivanti dall’uso di queste informazioni. Pubblicato in Europa da Janus Henderson Investors. Janus Henderson Investors è il nome con cui vengono forniti i prodotti e i servizi d’investimento da Janus Capital International Limited (n. di reg. 3594615), Henderson Global Investors Limited (n. di reg. 906355), Henderson Investment Funds Limited (n. di reg. 2678531), (ciascuna registrata in Inghilterra e Galles all’indirizzo 201 Bishopsgate, Londra EC2M 3AE e regolamentata dalla Financial Conduct Authority) e da Henderson Management S.A. (n. di reg. B22848, registrata all’indirizzo 2 Rue de Bitbourg, L-1273, Lussemburgo e regolamentata dalla Commission de Surveillance du Secteur Financier). Janus Henderson sono marchi commerciali di Janus Henderson Group plc o di una delle sue società controllate. © Janus Henderson Group plc. CCAT_1640/0920
NON VI OFFRIAMO L’INTERO UNIVERSO OBBLIGAZIONARIO. SCEGLIAMO SEMPLICITÀ E QUALITÀ. JANUS HENDERSON HORIZON STRATEGIC BOND FUND Morningstar Rating™
Una strategia incentrata sull’investimento tematico, pensata per gli investitori che cercano un fondo semplice e trasparente. Escludiamo la maggior parte dell’universo obbligazionario perché riteniamo che sia troppo rischioso o di bassa qualità. Non crediamo in un approccio classico e tradizionale: per noi l’economia è una scienza sociale guidata da temi che stanno rivoluzionando gran parte della nostra vita. Janus Henderson Horizon Strategic Bond Fund, un fondo diverso dagli altri.
janushenderson.com/itpa/strategicbond A scopo promozionale. Per investitori professionali. Capitale a rischio. La performance passata non è un’indicazione della performance futura. Niente in questo annuncio deve essere interpretato come un consiglio. Questo annuncio non è una raccomandazione per la vendita, l’acquisto o qualsiasi investimento. Si prega di leggere tutti i documenti del programma prima di investire. Le ipotesi e gli sgravi fiscali dipendono dalla legge vigente e dalle circostanze particolari di un investitore e possono cambiare. Janus Henderson Horizon Fund (il “Fondo”) è una SICAV lussemburghese costituita il 30 maggio 1985 e gestita da Henderson Management S.A. Leggere attentamente il Prospetto ed il documento contenente le informazioni chiave per l’investitore KIID prima di investire. Nel caso di investimenti effettuati tramite intermediari abilitati, si prega di rivolgersi direttamente a questi ultimi, in quanto costi, rendimenti e condizioni dell’investimento potrebbero differire. Il rating Morningstar si riferisce alla classe di azioni A2 USD (codice ISIN: LU1627460816) al 31 agosto 2020.
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MERCATI & MODE
Esg è il nuovo campo di gioco, ma poche Sgr fanno la differenza di Nicola Ronchetti
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re anni fa a parlare di investimenti Esg clienti (vedi grafico 1). Nel crollo dei mercati seguito erano in pochi, oggi la sigla da acronimo all’esplosione della pandemia, i fondi che integrano criptico è diventato il sacro mantra di fattori Esg hanno raccolto di più di quelli tradizioun’industria, quella del risparmio gestito e nali. Fra investitori e risparmiatori cresce dunque la della consulenza finanziaria, che prima di consapevolezza che sostenibilità e resilienza vanno altre ha saputo ascoltare un richiamo che partito in sordi pari passo. Il terzo fattore è legato alla credibilità di dina è diventato un vero e proprio urlo.Perché il succeschi gestisce e propone gli investimenti Esg. Oggi quasi NICOLA RONCHETTI so degli investimenti Esg sia duraturo e non passeggero tutte le Sgr fanno a gara e sbandierano ai quattro venti sono però essenziali almeno quattro fattori. Il primo fattore è lega- il loro essere Esg compliant. Purtroppo, in assenza di una tassoto alla domanda, cioè alla sensibilità e alla propensione a investi- nomia certa e di una certificazione ufficiale, acquista rendite di pore in fondi che integrano fattori Esg da parte dei risparmiatori: sizione chi riesce a comunicare meglio e in modo più convincente i numeri ci dicono che questa sensibilità c’è e cresce nel tempo. il suo essere Esg, che non necessariamente coincide con la realtà I livelli di conoscenza degli investimenti Esg sono aumentati in dei fatti. Il quarto fattore parte da un presupposto fondamentale: modo significativo dal 2018 al 2020 presso tutti i risparmiato- Esg non è un asset class, ma un prerequisito per qualsiasi tipo di ri italiani e soprattutto tra i segmenti più numerosi: + 20% sui investimento. In altri termini, dopo un’iniziale euforia in cui tutti piccoli e medi investitori e +13% sui clienti private e Hnw, che paiono inebriarsi e abbeverarsi alla fonte dell’ormai noto acronipartivano già molto più edotti sul tema (fonte: ricerca 2018 mo Esg, il successo di un fondo o di una Sgr dipenderanno come Finer per Assogestioni). Come quasi tutti i fenomeni di massa, prima e più di prima dalla sua capacità di generare valore per anche la sensibilità sulle tematiche Esg è partito dalle élite che l’investitore finale. Esg sarà dunque il nuovo campo di gioco, ma rappresentano gli opinion leader o i cosiddetti early adopter, per all’interno di esso le regole saranno le stesse del passato. In quediffondersi poi tra il resto della popolazione. Il secondo fattore è sto contesto è bene ricordare che l’industria del risparmio gesticonnesso alla proattività dell’offerta, consulenti finanziari, pri- to soffre – e non da oggi – dell’effetto commodity quantomeno vate banker e gestori bancari hanno un ruolo fondamentale in nella distribuzione retail. Ovverossia, sono poche le Sgr che riequesto. In un mercato come quello del risparmio gestito guidato scono a proporre prodotti dotati di una propria brand equity e dall’offerta, la sensibilità della domanda da sola non basta a fare di elementi di unicità e riconoscibilità che sappiano andare oltre decollare gli investimenti Esg è necessario il ruolo attivo della di- le performance, ovviamente necessarie ma non sufficienti per stribuzione. Nel 2018 il 66% dei cf dichiarava di aver proposto ai distinguersi tra migliaia di fondi e centinaia di asset manager propri clienti investimenti Esg, i quali però solo nel 22% dei casi (vedi grafico 2). Potremmo dire che Esg è come un cognome a ne ricordavano i contenuti, a sottolineare in modo inequivocabi- cui ogni asset manager che si rispetti deve dare il suo nome ed le una proposizione commerciale scarsamente efficace e forse esaltarne le caratteristiche distintive. Molte Sgr hanno comprepoco convinta da parte dei cf. Oggi a tre anni di distanza il qua- so la portata della sfida, qualcuna sta lavorando nella giusta diredro è completamente cambiato. Tutti i professionisti convengo- zione, la maggior parte sembra ancora navigare a vista. no che i cambiamenti climatici, le disuguaglianze sociali e – da *Founder e ceo di Finer ultimo – la pandemia abbiano aumentato la sensibilità dei loro Per i professionisti della gestione del risparmio la pandemia ha aumentato la sensibilità dei loro clienti verso gli investimenti Esg
Rischio commodity: per i Cf nella scelta di una Sgr l’importanza di distinguersi dalle altre è quadruplicata tra gli anni 2010-2020
Valori % fonti FINER® CF, PB e BM Explorer 2020
Valori % fonti FINER® CF, PB e BM Explorer 2010
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FONTE: FINER CF, PB E BM EXPLORER 2020
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FONTE: FINER CF, PB E BM EXPLORER 2010
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CERTIFICAZIONI ESG
Un corso per diventare esperti sui valori della finanza sostenibile
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di Mario Romano
alla collaborazione tra Anasf Servizi & Formazione Srl, Efpa e Sda Bocconi School of Management nasce il primo corso “Efpa Esg Advisor”. Dopo aver conseguito l’attestato di partecipazione, il corso consente agli interessati l’accesso all’esame per l’acquisizione della “Certificazione in tema di finanza sostenibile e investimenti Esg”. Il percorso formativo online “Efpa Esg Advisor”, rivolto ai consulenti finanziari, ha una durata di 24 ore e permette di acquisire specifiche competenze in materia di finanza sostenibile, utili sia a sviluppare sensibilità personali, sia a fornire un servizio di consulenza finanziaria ai propri clienti quanto più attuale e completo. La nuova piattaforma di distance learning virtuale realizzata da Sda Bocconi si compone di 8 moduli, suddivisi in 42 video-lezioni (gestibili in autonomia) supportate da slides commentate e test di autovalutazione commentati e dà la possibilità di registrare e fissare i progressi nonché entrare in contatto con il corpo docente nel caso di necessità di effettuare approfondimenti. Gli otto moduli sono: definizioni chiave per la finanza sostenibile, evoluzione e fattori di sviluppo;fattori Esg e impatto sull’analisi e valutazione dei titoli azionari e obbligazionari; approcci e strategie di investimento sostenibile/investimento Esg; la strategia di engagement per rafforzare l’importanza delle questioni di sostenibilità a livello di società; Oicr, fondi comuni di investimento sostenibili/Esg e i benchmark Esg; principali esempi di investimento ad impatto: i green bonds e i social bonds. E per concludere: breve analisi di ulteriori prodotti finanziari sostenibili;impatti normativi e regolamentari rilevanti per imprese di investimento e financial advisors connessi all’integrazione degli aspetti Esg. «Il percorso risponde alle nuove esigenze formative della nostra categoria, in un periodo storico di grande incertezza ma che al contempo ha valorizzato le best practice del mercato. I consulenti finanziari sono stati in questi mesi non solo interlocutori di fiducia per i loro clienti ma anche acceleratori di quel cambiamento che oggi più che mai percepiamo come necessario. I nostri soci hanno fatto emergere nei risparmiatori sensibilità latenti e oggi anche il regolatore ha inserito i
ANASF, EFPA E SDA BOCCONI INSIEME PER LA PREPARAZIONE DEI CONSULENTI FINANZIARI ALLA CERTIFICAZIONE SUI TEMI ESG
Marco Deroma, presidente di Efpa Italia e, a destra, il presidente dell’Anasf Luigi Conte
criteri Esg tra gli aspetti imprescindibili per la profilazione della clientela», ha dichiarato il presidente Anasf Luigi Conte. «L’associazione si è dimostrata sempre lungimirante e anche questa volta ha voluto anticipare l’esigenza formativa dei propri associati offrendo, a condizioni esclusive per chi fa parte del mondo Anasf, la possibilità di seguire un corso dedicato», ha aggiunto. Marco Deroma, presidente di Efpa Italia, ha aggiunto: «Abbiamo messo a punto questa nuova certificazione pensando agli oltre 70 mila consulenti finanziari europei che hanno già conseguito uno dei livelli di qualifica proposti da Efpa ma anche ai moltissimi colleghi che non hanno ancora intrapreso un processo di certificazione delle proprie conoscenze e competenze, poiché riteniamo che la cultura Esg debba essere parte del Dna di tutti i professionisti che intendono distinguersi e offrire il meglio alla loro clientela».
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FINANZA VERDE
PARLA ZANTONI, GESTORE DI KAIROS
«La lotta al cambiamento climatico? Genererà alpha» di Chiara Merico
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I CRITERI ESG NON SONO PIÙ UN TEMA DA SALOTTO. QUESTI PRINCIPI UNA VOLTA INSERITI NELLA COSTRUZIONE DEI PORTAFOGLI SI SONO TRASFORMATI IN FONTE DI CREAZIONE DI VALORE
ontrastare i problemi legati al cambiamento climatico è una sfida complessa e ambiziosa: serve un ripensamento globale dell’attuale modello di sviluppo per far sì che l’economia possa crescere minimizzando le emissioni di Co2 nell’atmosfera. In questo processo anche la finanza gioca un ruolo non marginale: le decisioni sull’allocazione dei capitali possono infatti rappresentare per le imprese e le istituzioni un incentivo a orientare il proprio sviluppo verso attività e tecnologie a basso impatto carbonico. Per contribuire in modo attivo alla realizzazione di un sistema economico più inclusivo, più aperto e trasparente, al servizio della collettività, dell’economia e delle imprese, Kairos ha lanciato Kis ClimateChange Esg, un fondo azionario tematico globale focalizzato sulle aziende in grado di offrire soluzioni alla transizione dell’economia da brown a green. «Si tratta di un fondo Esg con un focus prevalente sul climate change», spiega Francesco Zantoni (nella foto in basso), gestore di Kis (acronimo che sta per Kairos international sicav) ClimateChange Esg. «L’acronimo Esg identifica tutte quelle società che hanno un business attento all’ambiente, ma anche con un impatto sociale positivo e una corporate governance trasparente, che non adotti pratiche discutibili. La finanza si è mossa in anticipo rispetto alla politica, introducendo una sorta di codice per premiare le aziende che possono avere un impatto positivo sulla società». Per Zantoni «c’è stato un cambiamento di approccio importante: prima questi argomenti erano trattati come temi da salotto. L’aver inserito i criteri Esg nella costruzione dei portafogli ha permesso di trasformare questi principi in una fonte di generazione di alpha». A tale proposito è stato infatti dimostrato che le società Esg compliant sovraperformano rispetto ai benchmark. Kis ClimateChange Esg è un comparto azionario della Sicav di diritto lussemburghese Kairos International Sicav, che investe sia in aziende che forniscono soluzioni per contrastare il cambiamento climatico e facilitare la transizione energetica, sia in aziende che possano beneficiare della gestione degli effetti fisici del cambiamento climatico stesso. «Puntiamo su due 78
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tipologie di società: quelle che forniscono soluzioni al climate change e quelle che lavorano per mitigarne i rischi», evidenzia Zantoni. Con attenzione anche agli altri criteri: «Non possiamo prendere in considerazione, ad esempio, una società che combatte il cambiamento climatico, ma che sfrutta il lavoro minorile: così i criteri Esg fanno da secondo filtro, una sorta di certificazione di qualità per la scelta delle società in cui investire». In dettaglio, con riferimento alle società che offrono soluzioni per il cambiamento climatico «si tende spesso a fare l’errore di pensare che la categoria predominante sia quella delle energie rinnovabili, perdendo di vista altri aspetti, come le fonti di gas serra. Il 30% di questi gas è generato dalla produzione di energia, ma il 70% deriva da altri settori come i trasporti, le abitazioni, le produzioni industriali e anche l’agricoltura e l’allevamento», osserva Zantoni. «Il processo di contrasto al climate change non è solo transizione all’energia green, ma un processo di trasformazione di tutte le attività economiche e produttive, attraverso processi come la decarbonizzazione, la dematerializzazione e l’avviamento di percorsi di economia circolare. Combattere il climate change non significa solo investire in rinnovabili, ma soprattutto investire in nuove tecnologie, guardando a 360 gradi a tutto il mondo della produzione». Anche per quanto riguarda la seconda tipologia di imprese nell’universo di investimento del fondo, cioè quelle che lavorano per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico, per Zantoni «c’è tutto un sistema di infrastrutture e di risk management che va implementato. Se la situazione generale dovesse peggiorare a causa della forte incidenza dell’impatto delle attività umane sull’ambiente, bisognerà dare un impulso ancora maggiore alla ricerca scientifica e farmaceutica, investendo nelle società che studiano soluzioni per ridurre gli effetti del climate change».
FINANZA VERDE
PORTAFOGLI SOSTENIBILI
Anche per investire negli emergenti l’analisi Esg si mostra determinante A cura di Jana Velebova*
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criteri ambientali, sociali e di governance (Esg) hanno storicamente svolto un ruolo chiave nel nostro processo di investimento nei mercati emergenti. L’efficacia della gestione aziendale e della governance a livello statale, per esempio, è ampiamente riconosciuta come un importante driver di performance. Se le questioni ambientali e sociali ricoprivano un ruolo più marginale nell’analisi del debito sovrano e corporate in passato, oggi è in atto una trasformazione. Il cambiamento climatico sta causando periodi di siccità che stanno impattando sui bilanci I titoli del ferro rispettosi dei criteri Esg sovrani e la disuguaglianza di reddito a confronto con l’indice di settore in Brasile sta innescando disordini sociali, con effetti diretti sui mercati. Con un mondo in cambiamento, anche il nostro processo di investimento si è evoluto. Oggi il nostro dialogo attivo su temi come la deforestazione con i governi emergenti e su strategie a basse emissioni di carbonio con le aziende riflette un riconoscimento sempre più vasto degli effetti che questi fattori possono avere sui bilanci degli emittenti. Per esempio, a giugno 2020 abbiamo firmato, insieme un gruppo di investitori, una lettera aperta alle ambasciate brasiliane nei rispettivi Paesi di origine, chiedendo di aprire il dialogo ed esprimendo preoccupazione sulla crescente deforestazione e sull’impatto negativo per la biodiversità, per il clima e i diritti umani, che FONTE: BLOOMBERG, AGOSTO 2020 rappresentano un rischio sistemico per gli investimenti in Brasile. A luglio 2020 il Governo ha annunciato una moratoria di 120 giorni sugli incendi forestali, in risposta alla nostra iniziativa. Co-presiederemo un programma di impegno formale biennale con il Governo per affrontare la questione in modo sostenibile. Tuttavia, i rendimenti positivi di breve termine non possono sempre essere attribuiti in modo diretto a decisioni basate su un’analisi Esg, dato che le tempistiche dei cambiamenti sono difficili da prevedere e i mercati tendono a reagire a tali cambiamenti in notevole ritardo. Tuttavia l’integrazione dei fattori Esg offre altri benefici, come una mi80
L’INTEGRAZIONE DEI FATTORI VERDI DETERMINA MINORE VOLATILITÀ E ISPIRA PORTAFOGLI PIÙ SOLIDI E MENO SUSCETTIBILI AL RISCHIO DI BRUSCHI RIPREZZAMENTI
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nore volatilità e portafogli più solidi e meno suscettibili al rischio di bruschi riprezzamenti. Tali effetti sono illustrati nei seguenti esempi: Case study 1 Esclusione di una società di ferro e acciaio brasiliana La nostra analisi dei fattori Esg ha segnalato preoccupazioni notevoli riguardo alle pratiche Esg di una tra le principali società di produzione di ferro e acciaio del Brasile. I punti critici riguardavano l’utilizzo di dighe di contenimento nel processo produttivo della società, che a nostro avviso poteva essere gestito in modo migliore. Di conseguenza abbiamo deciso di non includere la società nei nostri fondi long-only emergenti. Tale sottopeso assoluto è stato mantenuto anche quando la società ha ottenuto un upgrade da parte di Moody’s nel 2019 (a B2 dal CCC che deteneva sin dal 2017), grazie ai miglioramenti nel profilo di liquidità. Sebbene i loro bond abbiano subito un sell-off a marzo 2020 in linea con quello dei competitor, la società è in ritardo sulla ripresa. Case study 2 Produttore indonesiano di alluminio promosso con riserva La nostra analisi ha messo in evidenza diverse problematiche strutturali Esg
a livello operativo per questa azienda produttrice di alluminio in Indonesia. Tali criticità sono ulteriormente aumentate dopo l’ultima operazione di acquisizione. Anche se ci sono segnali dell’intenzione di affrontarle, trattandosi di una società controllata dal Governo la velocità e la portata delle azioni correttive potrebbero essere ostacolate. Le preoccupazioni Esg stanno già impattando sui prezzi degli asset di questa azienda e potrebbero continuare a farlo. Consci dei rischi Esg, a maggio 2020 siamo passati a una posizione di sovrappeso solo moderato, raggiunta grazie a una nuova emissione a 30 anni, sebbene i fondamentali avrebbero giustificato un’esposizione più ampia. Pur avendo ottenuto un discreto successo inizialmente, i bond sono poi rimasti indietro rispetto ai competitor quasi-sovrani nella ripresa dopo il sell-off di marzo 2020. Con l’obiettivo di mitigare i rischi Esg abbiamo avviato un engagement con la proprietà governativa per mettere in evidenza le nostre preoccupazioni, incoraggiare una maggiore trasparenza e una migliore gestione degli effetti Esg legati alle operazioni di estrazione.
Case study 3 Russia, emittente sovrano dell’Europa orientale con un rating B sottopesato La nostra analisi Esg ha evidenziato problemi significativi con questo emittente sovrano, che è guidato da un regime autoritario, con l’attuale presidente in carica da oltre 20 anni. Le possibilità che i partiti dell’opposizione riescano a funzionare in modo efficace sono scarse. Il risultato delle elezioni del 2020, che hanno confermato l’attuale amministrazione al potere, è stato contestato, con domande sulla natura delle relazioni del paese con la Russia e critiche sulla gestione della crisi da Covid-19. A nostro avviso i rischi di disordini sociali e potenziali sanzioni da parte dell’Ue non erano sufficientemente prezzati. Di conseguenza abbiamo deciso di non includere questo Paese nei nostri fondi long-only emergenti. Abbiamo venduto le nostre posizioni, spostandoci su un sottopeso assoluto. Ciò che ci
Indonesia, i titoli dell’alluminio Esg compliant sono andati meglio del settore
FONTE: BLOOMBERG, AGOSTO 2020
Il regime autoritario russo (blu) crea un gap rispetto a emissioni di pari rating ma Esg
FONTE: BLOOMBERG, AGOSTO 2020
DAL BRASILE ALL’INDONESIA, DALL’ACCIAO ALL’ALLUMINIO ALLA RUSSIA, IL RISPETTO DEI PARAMETRI ESG FA GIÀ LA DIFFERENZA AGLI OCCHI DEGLI INVESTITORI ISTITUZIONALI preoccupava a livello Esg ha iniziato a impattare sul prezzo dei bond nel secondo trimestre del 2020, portando a una notevole sottoperformance rispetto ad altri Paesi simili. Riteniamo fermamente che l’importanza dei fattori Esg giocherà un ruolo sempre maggiore nel nostro processo di investimento. Con l’analisi Esg ora totalmente integrata nel nostro processo e diversi anni di esperienza pratica alle nostre spalle, siamo convinti che vedremo risultati positivi a livello di investimento. Il prossimo step nel nostro viaggio sarà un maggiore impegno nell’engagement, sia in modo diretto con altri emittenti, sia con l’industria nel complesso. Il nostro obiettivo è di generare risultati tangibili per una crescita più sostenibile e una maggiore salute e prosperità nei Paesi e nelle aziende in cui investiamo. Sebbene i nostri primi risultati a livello di engagement abbiano avuto successo, riuscendo ad accrescere l’attenzione e a introdurre un cambiamento, si tratta soltanto della punta dell’iceberg di ciò che pensiamo di poter ottenere. Siamo ottimisti sul fatto che le nostre ambizioni avranno risultati positivi nei prossimi anni. * Senior portfolio manager di BlueBay Asset Management (nella foto)
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IL DENARO DEI VIP A COLLOQUIO CON PINO STRABIOLI
«Niente diamanti ma amo le case e mi affido alle mani di un gestore» di Monica Setta
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ONDEGGIO TRA LA CICALA E LA FORMICA, NON SPERPERO E NON CONSERVO. HO TROVATO UN COMPROMESSO FRA RISPARMIO E SUPERFLUO
he rapporto ha Pino Strabioli con i soldi? È uno dei volti più popolari e apprezzati della Rai Uno di Stefano Coletta, un professionista affermato e di lungo corso... Per denaro o per passione? Direi che con i soldi ho un rapporto sano – risponde a Investire l’attuale conduttore del “Caffè di Raiuno”, ogni sabato mattina – un rapporto ereditato da una famiglia che viveva dignitosamente con uno stipendio. Mia madre mi ha insegnato il senso della misura. Do il giusto valore al denaro. Vivo della mia passione e questa è di per se un’immensa ricchezza”. Classe ’63, Strabioli cresce e studia a Orvieto, inizia a lavorare in teatro nel 1986 sotto la guida di Patrick Rossi Gastaldi ed esordisce in televisione nel 1992 a Telemontecarlo in T’amo TV, di Antonio Avati e Fabio Fazio. PINO STRABIOLI Nello stesso periodo inizia a collaborare con Rai 1 prendendo parte a 4 edizioni di Unomattina (19931997) e a 3 edizioni di Unomattina estate (1993, 1997-1998). Alla domenica su Rai Radio Due conduce il programma Grazie dei Fiori, nato dalla fusione dell’omonimo programma tv di Rai3 e della trasmissione radiofonica Viva Sanremo. Allora, Strabioli: un curriculum denso di momenti importanti. Ha fatto praticamente di tutto ma ha ancora tanta voglia di fare. E, a proposito di passione ma anche di soldi, non starà pensando a Sanremo 2021? Sanremo? Ma no, io sono un onesto lavoratore dello spettacolo, ho già un sacco di impegni a cominciare dal Caffè di Raiuno che conduco tutte le settimane con Roberta Ammendola . E che sta avendo uno straordinario successo! Il successo non è solo quello dello share ma quello del pubblico che ci segue con affetto ogni sabato. Non ho la fissazione dell’Auditel anche se ovviamente mi fa immensamente piacere sapere che il Caffè è sempre in crescita. Parliamo di denaro: Pino Strabioli è più cicala o formica? Ondeggio fra la cicala e la formica, non sperpero e non conservo. Ho trovato un giusto compromesso tra il risparmio e il superfluo. Mai stato un big spender. Che lussi si concede? Mi concedo ogni tanto un abito, un buon ristorante, una breve vacanza, un oggetto che mi colpisce, un quadro e logicamente 82
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libri. Se ho sperperato e continuo a farlo, è negli affitti: cambio casa ciclicamente, in questo posso essere considerato un “viziato”, è l’unico lusso che mi concedo, mi piace vivere nel cuore della città, nelle strade che ho sempre amato e che non potevo permettermi. Ricorda la prima paga del primo lavoro? La prima paga me la ricordo poco perché era davvero ridicola, ho iniziato con il teatro, l’investimento consisteva nello sbarcare il lunario. Investe da solo o si affida ad un gestore? Purtroppo non lo faccio, guardo il cielo e, scherzi a parte, mi affido al gestore. Altre follie ? Me ne racconta una magari legata al mattone? Ve la racconto volentieri, torniamo alle case e agli affitti, in un momento di follia decisi di prendere un bellissimo appartamento in un palazzo storico a due passi da Piazza Navona, ho fatto lavori, l’ho arredato ma poi…dopo qualche mese ho capito che non ce l’avrei mai fatta a mantenere quel tenore di vita. E via! Se le capitasse di diventare premier che cosa farebbe? Cercherei di abbattere le differenze, banalmente lotterei per una ripartizione equa, investirei sulla scuola e la cultura. Mi piace citare Papa Francesco “lavoriamo tutti per una economia più umana”. Il denaro non è il mio idolo. Ha mai investito in beni rifugio? Per rispondere dovrei chiamare la mia banca, di certo so che non ho mai investito in oro e tanto meno in diamanti, ho comprato una casa che poi ho venduto, ed ho qualche risparmio investito in reddito fisso. Le concediamo la bacchetta magica. Lei vince il biglietto migliore alla Lotteria. Che cosa ci fa? Compro la casa dei miei sogni, aiuto amici in difficoltà e in questo momento nel nostro settore ce ne sono tanti. Fondo una compagnia teatrale per produrre spettacoli. Come si può intuire da questa intervista non solo non potrò mai fare il ministro dell’economia ma neanche l’amministratore di un condominio. Però so che “il denaro non da la felicità ma certo ti fa vivere meglio”.
COSMOPOLITICA Andrea Margelletti Presidente del Centro Studi Internazionali, docente presso la Facoltà di Scienze delle Investigazioni e della Sicurezza dell’Università di Perugia e Narni. Unico membro onorario delle Forze Speciali
L’EREDITÀ DI TRUMP E LA GUERRA COMMERCIALE CON LA CINA
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a vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali ha creato forti aspettative riguardo alla potenziale inversione di rotta delle policies statunitensi nei confronti di alleati e avversari. È innanzitutto il caso dei rapporti con la Cina e della guerra commerciale in atto tra Pechino e Washington, elemento determinante per le dinamiche politiche ed economiche globali. La presidenza di Biden segue in linea temporale quattro anni di crescenti rivalità tra le due potenze: l’amministrazione guidata da Donald Trump ha fatto della guerra con la Cina un tema cardine, con un massiccio aumento della pressione su Pechino attraverso l’imposizione di dazi sui beni cinesi del valore di miliardi di dollari, le sanzioni a Huawei e, tra i più recenti, il divieto per le aziende statunitensi di partecipare ad aziende cinesi che hanno legami con lo sviluppo militare del Paese. L’eredità che Trump lascia a Biden nell’ambito dei rapporti con la Cina è tutt’altro che ignorabile, poiché porrà limiti sostanziali al raggio di manovra del neoeletto Presidente. Innanzitutto le grandi imprese statunitensi, pilastri dell’economia nazionale, non cederanno facilmente a una politica più moderata nei confronti di Pechino specialmente considerato che l’opinione pubblica statunitense negli ultimi anni si è molto indurita nei confronti della Cina, nella narrazione trumpiana oggetto di critica continua. Inoltre anche da parte cinese si è consolidata l’idea che le due potenze, indipendentemente da chi occupa la Casa Bianca, siano irrimediabilmente rivali. Questo anche a fronte in un corpo diplomatico cinese reso più intransigente dall’atteggiamento di Trump, con cui Biden dovrà confrontarsi per ridare valore all’azione diplomatica e riaprire il dialogo. Altro limite consistente è rappresentato dalla composizione del Congresso, con una maggioranza democratica non solida alla Camera e un Senato repubblicano, che renderà difficile, nei prossimi quattro anni, la concezione di una politica diametralmente opposta rispetto a quella osservata finora. L’orientamento della politica statunitense non è determinato in modo unilaterale dal Presidente: il Congresso ha un grande ruolo nella sua definizione e proprio per questo il passaggio di presidenza non verrà avvertito con enormi scossoni in termini di policy, specialmente nei rapporti con la Cina, dato che le tensioni riguardanti le relazioni commerciali di Stati Uniti e Cina rimarranno invariate al cambio di amministrazione. Quanto detto, peraltro, viene rafforzato anche da due importanti considerazioni: la prima è che Biden dovrà innanzitutto affrontare due problematiche ben più urgenti rispetto alla guerra commerciale con Pechino, ossia la gestione della pandemia da Covid-19 e le sfide poste dalla crisi economica a essa legata. Inoltre lo stesso neoeletto presidente ha riconosciuto a più riprese e anche con toni piuttosto sfrontati la necessità di assumere una postura “dura” nei confronti di una Cina che mira ad acquisire vantaggi sleali anche in modo scorretto, con forti lesioni al setto84
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JOE BIDEN, NUOVO PRESIDENTE AMERICANO
re delle alte tecnologie statunitense, e che viola in costantemente i diritti umani. Biden tuttavia potrebbe forzare Pechino a una maggiore apertura al dialogo utilizzando canali trasversali e in primis rafforzando l’alleanza con i leader europei e dell’Asia Pacifico, rese meno stabili dall’America First inneggiato da Trump. In effetti Biden si è sempre detto favorevole a un rinnovato impegno americano nelle relazioni con l’Europa, l’Alleanza Atlantica, il Quadrilateral Security Dialogue e i tradizionali alleati in Corea del Sud e Indonesia. Questo potrebbe fornire il presupposto per la creazione di una coalizione più compatta, che metterebbe necessariamente la Cina in condizione di scendere a compromessi, non trovandosi nella posizione di potersi alienare l’interezza dei Paesi occidentali e asiatici. Rafforzare le alleanze statunitensi metterebbe dunque Pechino in una posizione molto difficile, obbligandola alla cooperazione su alcune questioni, probabilmente più di una politica apertamente intransigente come quella portata avanti da Trump. Da parte statunitense a questo si combinerà, con tutta probabilità, una maggiore apertura al dialogo e una retorica meno pungente e più tipicamente diplomatica, ma anche un tentativo di cogliere le complessità multidimensionali della questione, stimolando una narrazione più approfondita anche attraverso l’analisi della debolezza di certe majors statunitensi vis à vis Pechino. L’assunzione di una postura più diplomatica e potenzialmente prevedibile non significa che verrà meno un atteggiamento rigido nei confronti di Pechino, specialmente su alcuni temi. Al contrario: lavorare con gli alleati permetterà di perseguire una strategia più compatta per ottenere condizioni più vantaggiose da Pechino, senza necessariamente dover scendere a compromessi o dimostrarsi più conciliante su questioni cruciali, ma anche senza dover ricorrere a una retorica caratterizzate da minacce reciproche e provocazioni via Twitter.
QUI NEW YORK
di Glauco Maggi
UN CONGRESSO DAL COLORE INDISTINTO
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nche se continuano le battaglie legali di Trump, le sue proteste sui media e i licenziamenti di collaboratori finiti in disgrazia, la sorte della Casa Bianca è ormai decisa. Biden sarà dal 20 gennaio il nuovo presidente. Ma se il presidente ha perso, il suo partito, il Gop, non ha solo tenuto, ma ha decisamente migliorato le sue posizioni alla Camera e nelle legislature statali. Degli 11 goERIC HOLDER vernatorati in palio, otto sono andati al Gop. Il “colore” del Congresso è ancora da determinare. Potrebbe essere “blu”, ossia interamente controllato dai Democratici alla Camera e al Senato, ma anche confermarsi misto, “blu e rosso”, con la Camera in mano ai deputati del partito di Biden, già oltre 218 sui 435 del totale, e il Senato controllato ancora dal Gop. Per sapere come finirà bisogna attendere il ballottaggio per i seggi dei due senatori della Georgia, che la legge dello Stato del Sud prevede avvenga il 5 gennaio nel caso in cui dal voto di novembre non sia uscito vincitore con oltre il 50% dei voti uno dei tanti candidati che si possono presentare senza aver superato la fase delle primarie come avviene altrove. I repubblicani godono del favore dei pronostici in almeno una delle due gare, quella in cui il candidato del Gop Eric Holder è arrivato al 49,8% sfiorando la vittoria secca. Se ce la facesse, i repubblicani, che hanno già 50 senatori assicurati (su 100) salirebbero a 51 e i Democratici vedrebbero sfumare il sogno di riconquistare il Senato per il terzo biennio consecutivo. I sondaggi hanno avuto ragione, alla fine, sulla sconfitta di Trump, ma hanno mancato clamorosamente le previsioni sul Congresso. Alla Camera i Dem avrebbero dovuto strappare 15-20 seggi al Gop, ma è successo l’opposto: sono stati i repubblicani a conquistarne per ora una decina riducendo significativamente il distacco dai Democratici (i conteggi di una dozzina di distretti residui, sul totale di 435, sono ancora in corso mentre scriviamo). Al Senato il capo della minoranza Dem Chuck Schumer, forte di 47 voti, era sicuro di conquistare almeno sei o sette seggi: del resto, quando un candidato detronizza l’avversario dalla presidenza, di solito trascina facilmente con sè la vittoria anche al Senato. Ciò non è avvenuto nella notte del 3 novem-
bre, e abbiamo visto che difficilmente succederà nei ballottaggi. Pure nei parlamenti dei singoli stati il partito repubblicano ha accresciuto, contro le aspettative dei Dem, il numero dei deputati e dei senatori. Ciò è importante, oltre che per le sorti dei cittadini, anche sul piano della politica nazionale. I governatori e le assemblee statali avranno infatti il potere di ridisegnare i confini dei distretti elettorali all’interno del proprio Stato tenendo conto dei dati del Censimento federale decennale che si è tenuto nel 2020. In sostanza, il controllo a livello statale della “mappa dei votanti” consente ai partiti di creare seggi su misura per il proprio elettorato. L’ex ministro della Giustizia di Obama, Eric Holder, aveva addirittura formato un Pac (comitato di azione politica), il National Democratic Redistricting Committee, al solo scopo di conquistare seggi nelle Assemblee e nei Senati locali proprio per avere la maggioranza e poter mettere le mani sulle leve che comandano la definizione dei confini elettorali per il prossimo decennio. Fiasco totale. “Il fallimento che potrebbe perseguitare i Democratici per un decennio. Joe Biden ha vinto la Casa Bianca, ma il potere Repubblicano negli Stati non se ne è andato affatto via”, ha titolato amaramente il 10 novembre la rivista dichiaratamente liberal e filo Dem The Atlantic, ammettendo la sconfitta strategica del partito di Biden. “In Stati come il Texas, la Florida, l’Iowa e la Carolina del Nord, la sorprendente forza di Trump nella corsa del 2020 ha reso praticamente impossibile per i democratici al ballottaggio cacciare i repubblicani in carica”, ha scritto Russell Berman. “Non c’è modo di ribaltare le Camere che i repubblicani hanno tenuto per decenni se stiamo perdendo con ampi margini”, ha affermato Ben Wexler-Waite, un portavoce di Forward Majority, un altro super Pac democratico, formato dopo le elezioni del 2016, che quest’anno ha speso più di 30 milioni di dollari nelle gare legislative statali. La sottoperformance dei Democratici, peraltro, non si è limitata agli Stati in cui Trump ha fatto bene. Sono caduti in Minnesota e hanno perso di poco la maggioranza nel New Hampshire. Tutti successi del Gop che non consolano Trump, ma fanno piacere ai conservatori e ai repubblicani che pensano al dopo Trump. dicembre 2020 - gennaio 2021
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IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI
PROVE TECNICHE DI CRISI ECONOMICA IN GERMANIA
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l Fondo monetario internazionale lan- Per l’Fmi, se in Germania non sarà poscia l’allarme sulle possibilità di ripresa sibile tenere sotto controllo la seconda dell’economia tedesca dalla crisi pan- ondata di Sars-Cov2 «potrebbe essere nedemica. «Le prospettive si sono indebolite cessario un blocco più rigoroso e duratudi fronte a una nuova ondata di contagi, e ro». Data l’incertezza, il governo federale aumentano i rischi al ribasso. C’è notevo- viene incoraggiato a continuare a fornire le incertezza», ha affermato l’economista sostegno all’economia. Anche la Federazione dell’industria Shekhar Aiyar, che IL FMI HA STIGMATIZZATO I RISCHI tedesca (Bdi) e l’Asdirige le indagini sulla Germania. L’Fmi DELL’ECONOMIA TEDESCA PER GLI sociazione centrale ha elogiato la gestioEFFETTI DELLA SECONDA ONDATA dell’artigianato tene della crisi da parte E DEL LOCKDOWN LIGHT IN ATTO desco (Zdh) hanno chiesto al governo di del governo federale durante la prima ondata della pandemia. fornire alle aziende liquidità il più rapidaIl blocco nazionale attuato in primavera ha mente possibile. contribuito infatti a frenare la recessione «Numerose imprese artigiane hanno ur«ben al di sotto di quella di altri grandi paesi gente bisogno di sostegno per sopravvieuropei». Nel terzo trimestre, è quindi inizia- vere a questo periodo e per poter rimanere operative» ha affermato il presidente della ta una forte ripresa. Ma con il drastico aumento dei contagi Zdh Hans Peter Wollseifer. A dicembre pro«le prospettive sono ora notevolmente seguiranno gli aiuti ponte per imprese e peggiorate, divenendo estremamente in- istituzioni più colpite dal blocco parziale. Il certe». C’è inoltre il rischio elevato che la governo federale si è impegnato a stanziare ripresa nel 2021, già debole secondo le sussidi analoghi nel prossimo mese, con una previsioni, si riveli ancora più deficitaria. spesa di 17 miliardi di euro. Tuttavia, per il
Bdi la proroga del “lockdown light” e l’inasprimento delle restrizioni «comprometteranno ulteriormente l’attività economica e la fiducia dei consumatori per il resto dell’anno». In questo modo, ha avvertito il presidente Dieter Kempf, «verrà colpita anche la ripresa nel prossimo anno».
GALOPPANO IN OTTOBRE I FATTURATI DELLE INDUSTRIE CINESI IN PIENA RIPARTENZA I profitti delle principali industrie cinesi (quelle con un fatturato annuo di almeno 2,5 milioni di euro) nel mese di ottobre sono aumentati del 28,2% rispetto allo stesso mese del 2019 a circa 83 miliardi di euro, facendo tornare positivo il saldo annuo: nei primi 10 mesi la crescita è stata pari allo 0,7%. Lo evidenziano i dati diffusi dall’ufficio nazionale di statistica. Il ritmo di crescita è aumentato di ben 18 punti percentuali rispetto a settembre. Nei primi dieci mesi i profitti delle imprese industriali controllate
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dallo stato sono scesi del 7,5%, mentre quelli delle imprese private sono cresciuti dell’1,1%. Durante i primi dieci mesi, gli utili dell’industria manifatturiera di attrezzature speciali hanno visto una crescita del 22,9%, con una crescita registrata anche in settori come la lavorazione dei sottoprodotti agricoli, la produzione elettronica, il tessile e la produzione automobilistica. L’industria dell’estrazione di petrolio e gas naturale ha invece visto i suoi guadagni crollare del 68,5%.
IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI
PUTIN CONQUISTA ORBAN COL VACCINO SPUTNIK V
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l ministro degli Esteri dell’Ungheria Peter Szijjarto ha ricevuto il ministro della Sanità russo Mikhail Murashko a Budapest, e ha ringraziato la Russia per aver scelto il suo paese come il primo a cui indirizzare un campione del vaccino Sputnik V contro il coronavirus. Szijjarto ha dichiarato anche che Mosca si è offerta di invitare esperti ungheresi negli stabilimenti russi che lo producono. Il governo di Budapest ha espresso l’intenzione di garantire alla sua popolazione una fornitura di vaccini la più rapida possibile. «Sarebbe irresponsabile rinunciare alle alternative, giacché vaccini sono in corso di sviluppo sia in oriente che in occidente, e non è ancora chiaro quali saranno disponibili in quantità sufficienti» ha aggiunto Szijjarto, specificando che l’esecutivo non
E TESLA APRE A PECHINO UNA FABBRICA DI RICARICHE La casa automobilistica statunitense Tesla aprirà una nuova fabbrica in Cina per produrre centraline di ricarica rapide per veicoli elettrici di terza generazione, note come Supercharger V3. La fabbrica sorgerà vicino al mega stabilimento dell’azienda a Shanghai. Attualmente, Tesla vende in Cina le sue auto elettriche Modello 3 e prevede di consegnare i suoi Suv Modello Y nel 2021. L’azienda statunitense conta di raggiungere la capacità di produzione di 10 mila centraline all’anno. Tesla ha venduto più di 13 mila veicoli in Cina a ottobre, e il suo stabilimento di Shanghai mira a produrre 150 mila berline Modello 3 quest’anno, alcune delle quali esportate in Europa. La Cina ora importa dagli Usa le centraline di ricarica per veicoli elettrici, solitamente installate in apposite stazioni o nei parcheggi. La Repubblica popolare, che offre ingenti sussidi per i veicoli elettrici e cerca di ridurre l’inquinamento da auto a benzina o diesel, ha ampliato la sua rete nazionale di punti di ricarica.
si lascerà influenzare «da lobby, anche se dovessero arruolare politici in Ungheria, a Bruxelles o altrove». Il ministro della Sanità russo ha dichiarato che la cooperazione sanitaria con l’Ungheria è «estremamente buona» e l’attività di testing dei vaccini è un elemento cruciale di tale cooperazione. Lo Sputnik V, sviluppato dal Centro nazionale di ricerca per l’epidemiologia e la microbiologia Gamaleya, è tra i 12 vaccini anti Covid in fase 3 a livello mondiale. È stato il primo ad essere registrato, l’11 agosto dal ministero della Salute russo. La sperimen-
IL MINISTRO DELLA SANITÀ RUSSO HA DETTO CHE LA COOPERAZIONE SANITARIA CON L’UNGHERIA È «ESTREMAMENTE BUONA»
tazione clinica in corso in Russia coinvolge 40mila volontari. Studi clinici sono stati annunciati anche negli Emirati Arabi Uniti, in India, Venezuela e Bielorussia. Inizialmente gli studi avevano dimostrato un’efficacia pari al 91,4% dopo 28 giorni dalla somministrazione della prima dose, ma gli scienziati hanno poi scoperto che con la seconda analisi intermedia Sputnik V è efficace al 95% 42 giorni dopo la prima dose. Il titolare degli Esteri ha spiegato anche che Budapest sta cercando di diversificare il suo approvvigionamento energetico, e da questo punto di vista la Russia mantiene un ruolo cardine. Il contratto di lungo termine per la fornitura di gas russo scade l’anno prossimo; partiranno presto i negoziati per il periodo successivo.
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IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI
LONDRA PREPARA LA BREXIT MA INTANTO MANGIA SEMPRE PIÙ ITALIANO
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e esportazioni italiane di cibo e bevande nel Regno Unito fanno registrare un balzo del 5,2%, in netta controtendenza con l’andamento stagnante del commercio estero per l’emergenza Covid. Il primo gennaio si avvicina insieme allo spettro della temuta Brexit “no deal” che, come sottolinea Coldiretti, provocherebbe l’introduzione di dazi e ostacoli amministrativi e doganali alle esportazioni, che scatterebbero con il nuovo status per il Regno Unito di Paese terzo rispetto all’Unione europea; di qui la corsa all’acquisto. Il Regno Unito è al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese nell’agroalimentare: le forniture nel 2019 hanno
raggiunto i 3,4 miliardi di euro, con una tendenza all’aumento nei primi otto mesi del 2020. Dopo il vino, che complessivamente ha fatturato nel 2019 sul mercato
inglese quasi 771 milioni di euro, spinto dal Prosecco dop, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti nel Regno Unito ci sono i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Importanti in particolare Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che raggiungono un valore attorno agli 85 milioni di euro. A preoccupare in caso di “no deal” è anche la tutela giuridica dei prodotti a indicazioni geografica e di qualità (dop/igp) che incidono per circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare made in Italy e che, senza protezione europea, rischiano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari.
SIA GESTISCE I PAGAMENTI IN ISLANDA
B ITALIA ED EMIRATI, INTESA SULL’ACQUA
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e opportunità di collaborazione tra Italia e Emirati Arabi Uniti nel settore della gestione del ciclo dell’acqua sono state al centro del webinar organizzato dall’ambasciata d’Italia ad Abu Dhabi, in collaborazione con la Khalifa University for Science and Technology e la Dubai Future Foundation, nel quadro del progetto “Innov Italy-Uae”. Il webinar, moderato dal professor Ernesto Damiani della Khalifa University, ha messo a confronto ricercatori e imprese per uno scambio di esperienze e di informazioni sui rispettivi progetti. Si è parlato anche di strumenti finanziari per l’economia circolare: Anna Monticelli di Intesa Sanpaolo ha illustrato il Circular Economy Lab, fondato dall’Innovation Centre del Gruppo bancario, ed ha evidenziato il plafond di 6 miliardi di euro per il finanziamento di progetti di economia circolare nel quadriennio 2018-2021, tra i quali quelli rientranti nel Memorandum d’intesa firmato nel gennaio scorso con il ministero dell’Economia emiratino. Il webinar è stato introdotto dall’ambasciatore ad Abu Dhabi, Nicola Lener, che ha sottolineato il ruolo dell’innovazione tecnologica nel perseguimento dell’obiettivo dell’accesso all’acqua ed ai servizi sanitari nel quadro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, e l’attenzione che ad esso verrà riservata dall’Italia in occasione della prossima presidenza del G20 e della co-presidenza della Cop26, anche per le sue connessioni con i consumi energetici e con il cambiamento climatico. 88
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anca centrale d’Islanda (Cbi) e Sia, società hi-tech europea leader nei servizi e nelle infrastrutture di pagamento controllata da Cdp Equity, hanno avviato un nuovo sistema di regolamento in tempo reale dei pagamenti all’ingrosso e la nuova piattaforma per gli instant payment. Grazie all’innovazione e alle tecnologie all’avanguardia di Sia, la banca centrale può ora avvalersi di un’infrastruttura più evoluta e strategica per i pagamenti di importo rilevante e al dettaglio. Cbi gestisce tutti i pagamenti interbancari del paese: elabora attualmente un significativo volume giornaliero di transazioni, fino a 1 milione, con picchi di 160 mila di operazioni all’ora, nonostante una popolazione di poco superiore ai 365 mila abitanti. Il nuovo sistema è stato sviluppato per gestire fino a 5 milioni di pagamenti al giorno ed elaborare mediamente ogni transazione in meno di 40 millisecondi. Il lancio del nuovo sistema di regolamento dei pagamenti all’ingrosso e della nuova piattaforma per i pagamenti istantanei consentono alla Banca centrale d’Islanda di posizionarsi in prima linea nel percorso di evoluzione delle infrastrutture di pagamento digitali. «In un’economia moderna, un sistema dei pagamenti efficiente e sicuro è uno dei presupposti per il regolare svolgimento delle transazioni commerciali. Dobbiamo sempre puntare all’utilizzo dei migliori strumenti disponibili sul mercato», ha detto Sturla Pálsson, direttore markets department della Cbi.
IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI
SPAGNA, ALLARME OCCUPAZIONE
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l punto debole della Spagna è la precarietà e temporaneità del mercato del lavoro: è necessario invertire la tendenza». Lo ha affermato la ministra del Lavoro Yolanda Díaz in un’intervista al quotidiano El Pais. Diaz ha aggiunto che le difficoltà relative al lavoro precario sono state sottolineate anche dal Fondo monetario internazionale, dalla Commissione europea e dalla Banca di Spagna. L’obiettivo del governo è pertanto quello di stabilire un quadro normativo che sia adatto al ventunesimo secolo, abrogando le disposizioni della legge sul mercato del lavoro del 2011 che non fanno che produrre «maggiori diseguaglianze». Secondo la ministra del Lavoro, quelle norme non sono servite a creare occupazione, «ma a svalutarla e a provocare il deprezzamento salariale più selvaggio». In questo modo, i cittadini si sono trovati di fronte al «dilemma tra lavoro precario o disoccupazione». Dopo il suo insediamento il 13 gennaio scorso, Diaz aveva raggiunto un accordo con le parti sociali per l’aumento del salario minimo a 950 euro. Per far fronte alla crisi del coronavirus, la ministra del Lavoro spagnola ha poi varato la cassa integrazione straordinaria e la legge sul telelavoro. È in fase di preparazione il provvedimento sui corrieri che, secondo il governo e la magistratura, sono impiegati dalle grandi aziende di consegna a domicilio come falsi autonomi. In merito ai forti ritardi del servizio statale per l’impiego, la ministra del Lavoro si è detta rammaricata, ma ha accusato i tagli effettuati dal partito popolare quand’era al governo.
FACEBOOK PROMETTE FILTRI ANTI-ODIO
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acebook ha annunciato l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale nella rimozione dei “discorsi d’odio” dalla sua piattaforma. Menlo Park ha pubblicato un rapporto sul tema in seguito a una crescente pressione proveniente dall’ala politica e culturale democratica progressista, uscita vittoriosa dallo scontro elettorale con Donald Trump, affinché il gigante tecnologico imprima un’ulteriore stretta ai limiti dei contenuti consentiti sulla piattaforma. «I progressi nelle tecnologie di intelligenza artificiale ci hanno permesso di rimuovere un maggior numero di discorsi d’odio da Facebook, e di trovarne altri prima che gli utenti ce li segnalino», si legge nel rapporto. L’azienda ha detto di aver rilevato «in modo proattivo» circa il 95% dei contenuti d’odio che ha rimosso negli ultimi tre mesi. Si tratta di un aumento significativo rispetto al circa 24% di fine 2017. Il fondatore e amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, è stato invece duramente contestato dai Repubblicani durante una recente audizione al Senato per la rimozione da quella ed altre piattaforme web dei profili di numerosi creatori di contenuti di orientamento conservatore. Nelle scorse settimane è anche emerso, suscitando polemiche, che Facebook ha sviluppato “Centra”, uno strumento per spiare il traffico dei suoi utenti anche su altri siti, e utilizzare le informazioni a fini commerciali o per la rimozione di account giudicati “indesiderabili” per il loro orientamento politico.
CASABLANCA, LA CITTÀ DEL MITO SOFFOCA AVVOLTA IN UNA NUVOLA DI SMOG
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onostante il lockdown in due riprese a causa della diffusione del Coronavirus, Casablanca, metropoli in perenne mutamento socio-economico nella quale le fabbriche crescono come funghi, soffoca sotto una cappa di smog. L’ecologa Hasna Kajji, insegnante della facoltà di scienze giuridiche, economiche e sociali di Ain Chock, nel denunciare la gravità della situazione ha affermato: «La questione delle sfide ecologiche nella capitale economica del Marocco ci riporta a quella dell’urbanizzazione della città che riflette, in modo concreto, questo processo in tutto il Paese». Secondo la Kajji, l’urbanizzazione di Ca-
sablanca è stata «arbitraria e non pianificata», per ragioni storiche le cui radici si estendono all’epoca del protettorato, quando il colonizzatore francese trasformò la città in un centro industriale accogliendo un intenso flusso migratorio che
ha contribuito in gran parte all’urbanizzazione e al boom demografico. Questa situazione ha fatto sì che Casablanca contenga un gran numero di problemi ecologici, come evidenziato da studi scientifici secondo i quali il 12% dei bambini in città soffre di asma. L’intensa crescita demografica e urbana della capitale economica del Marocco, unita a un fitto tessuto economico di attività industriali, commerciali e di servizi, solleva dunque molte domande sulla crescente necessità di una qualche forma di protezione ambientale, nonché sulla missione in tal senso dei funzionari locali, così come degli attori della società civile.
Il giro del mondo in 30 giorni è a cura di Riccardo Venturi dicembre 2020 - gennaio 2021
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FASHION LA METAMORFOSI IMPOSTA DALLA PANDEMIA
E-commerce, gaming, robo-influencer È la transizione digitale della moda di Fabiana Giacomotti
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iamo assolutamente certi che l’e-commerce, e tutto quello che vi ruota attorno, dalla logistica alla comunicazione social allo sviluppo dei palinsesti per le App, saranno il grande argomento del nuovo anno, nella moda e non solo. Però, prima di scrivere questo articolo su che cosa potremmo attenderci in un anno nuovo di grandi incertezze e trepide attese di buone nuove (vaccini ma anche calo spontaneo dei contagi, oltre a fondamentali banalità come l’apprendimento dell’uso corretto della mascherina da parte degli uomini), siamo andati a rileggere che cosa scrivemmo per questa stessa testata, sullo stesso tema, a marzo, cioè a pochi giorni dallo scoppio ufficiale della pandemia e dall’introduzione del primo di molti Dpcm. Volevamo verificare le nostre capacità previsionali, insomma assegnarci patenti di affidabilità. Sul tema degli eventi e delle manifestazioni fieristiche, scrivevamo che sarebbero state annullate tutte le fiere fino a giugno, ma che nonostante le dichiarazioni di pronto recupero a settembre da parte di una schiera di amministratori delegati, ragionevolmente sarebbero saltate almeno fino al 2021. Check, cioè avevamo ragione: le pandemie, purtroppo, non hanno la cadenza stagionale delle collezioni.
IL COVID HA RAGGELATO FATTURATI E UTILI DI TUTTE LE GRIFFE. GLI EVENTI SONO STATI CANCELLATI E RINVIATI. IL RECUPERO ESTIVO NON HA COMPENSATO. MA IL NUOVO AVANZA
Il crollo dei valori economici Il Salone del Mobile è slittato addirittura a settembre 2021 quando, si spera, i viaggi intercontinentali non saranno solo fonte di infinite quarantene e controlli; per quanto riguarda la kermesse fieristica di eccellenza della moda, Pitti Uomo, speriamo davvero che il ceo Raffaello Napoleone riesca 90
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a mantenere la nuova data di fine febbraio, pochi giorni prima delle sfilate. Secondo argomento: il calo drastico dei ricavi delle aziende del lusso. D’accordo l’e-commerce, ma tanti acquisti per farne cosa, se si trascorre tutto il tempo davanti al pc in smart working, dove al massimo si può sfoggiare la nuova camicia, e nemmeno troppo eccentrica per non dare nell’occhio? La scorsa primavera indicavamo in un’analisi di Mediobanca su dati di ricerca di Bain&Company un calo degli utili del 5 per cento per ogni mese di pandemia, e qui invece ci sbagliavamo tutti, perché il primo semestre di questo anno disgraziato si è chiuso molto peggio (qualcuno, come Lvmh, ha toccato il -84 per cento), ma i primi nove mesi si sono chiusi decisamente meglio del previsto grazie al recupero delle vendite e degli ordini durante l’estate; tra fine febbraio
FASHION e marzo 2021 sapremo come si sia chiuso l’anno, e qui non è ancora dato capire, perché nessuno è ancora in possesso dei dati sulle vendite natalizie; quelle relative a Black Friday e Cyber Monday sono state in genere inferiori al previsto, tranne nel caso di Amazon, al punto che gli sconti stanno proseguendo anche nel momento in cui scriviamo. Lo scorso marzo scrivevamo anche di altre cose, per esempio dei danni che una supply chain interrotta per mesi avrebbe provocato, e qui eravamo facili profeti, e del cambio definitivo nei comportamenti di acquisto se la lockdown e pandemia fossero durati. L’ultima ricerca Altagamma (vedere l’intervista al presidente Matteo Lunelli nelle prossime pagine) dimostra che sei mesi sono stati più che sufficienti per accelerare il processo di digitalizzazione delle aziende e favorire anche quello dei singoli, cioè di tutti noi. La caduta delle preclusioni Tutte le preclusioni che sembravamo avere nei confronti dello shopping online – e le taglie, e le difficoltà nei resi, e il piacere di scegliere di persone, de visu – si sono sciolte come neve al sole quando abbiamo sperimentato quanto sia efficiente, comodo e tutto sommato divertente fare acquisti senza alzarsi dal divano (in poco tempo si apprende anche il fitting di ogni singolo brand e si smette di ricevere capi troppo larghi o troppo corti, e adesso perfino la haute couture sta approcciando il virtuale, lavorando sulle misure fornite dal cliente e inviandogli i modelli in prova). A differenza del canale wholesale, in progressiva dissoluzione, l’online non accenna a interrompere la propria crescita nonostante la riapertura, di certo un po’ a singhiozzo, dei negozi: dal +21 per cento del primo trimestre, le vendite digitali sono passate al +72 per cento nel secondo trimestre fino al +102 per cento nel terzo. Per Kering, capogruppo di Gucci e Bottega Veneta, l’e-commerce è passato in un anno dal 6 al 13 per cento delle vendite retail. I consumatori più accorti hanno piuttosto iniziato a domandarsi quanto possa essere sostenibile un mondo di acquisti imballati ciascuno con carta velina, plastica e cartone: Yoox Net-à_Porter, tra pochissimi, ha fatto
SETTE EPISODI CINEMATOGRAFICI DI GUCCI, ADESSO BALENCIAGA: COMUNICARE IN MODO DIVERSO STA DIVENTANDO UN IMPERATIVO dell’imballaggio minimale e riciclabile un caposaldo della propria politica, ma ci pare evidente che la dark side del meraviglioso mondo dell’e-commerce sia un pianeta ingombro di rifiuti e che dunque sia lecito aspettarsi, da un lato, un serio impegno da parte delle aziende per far fronte a questa nuova fonte di inquinamento, e dall’altra a un aumento della ricerca di specialisti in ingegneria gestionale, specialisti di retail, biologi. E qui arriviamo al tema, dirimente, delle nuove professioni della moda. Che no, non è la finanza. Se l’e-commerce dovesse diventare il canale di acquisto dominante, e non ci sono dubbi che lo diventerà, ci pare evidente che dovrà appoggiarsi a professionalità diverse da quelle finora conosciute, sia per le attività commerciali vere e proprie sia per quelle di marketing e comunicazione.
Imma.gram, influencer virtuale giapponese con decine di migliaia di follower. Nella pagina accanto, un e-commerce integrato con una boutique maschile
Fiction e videogiochi E qui arriviamo alla notizia, recentissima, che dopo la serie cinematografica in sette episodi di Gucci, anche Balenciaga ha scelto di approfittare dell’interruzione imposta alle sfilate in presenza per sperimentare nuovi format di comunicazione che gli permettano di interagire con un pubblico sempre più vasto, e sempre più giovane, attraverso piattaforme e modalità di suo interesse. La prossima collezione verrà presentata attraverso un videogioco, “Afterworld: the age of tomorrow”. Gli invitati potranno esplorare i temi – e naturalmente gli abiti della collezione Autunno/Inverno 2021 di Demna Gvasalia - attraverso “il più grande progetto video volumetrico mai intrapreso”. In sintesi, scopriranno con i propri tempi un ambiente virtuale, attraverso un’esperienza point-and-click simile a Myst o The Witness. Il gaming, altro argomento a cui accennavamo un po’ titubanti lo scorso
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FASHION marzo, si sta rivelando un’altra delle tendenze in grande crescita: Louis Vuitton ha appena proposto la sua capsule League of Legends in forma sia reale sia virtuale, mentre Burberry ha diffuso il suo ultimo show su Tiwtch, una piattaforma video molto conosciuta fra gli appassionati di gaming. Già per chi ha superato i trenta, trentacinque anni, queste strategie appaiono lontane, difficili da capire e da approcciare: eppure, sono quelle più adatte per chi, come i megabrand, punta già ora, e giustamente, sui clienti di domani, frotte di ragazzini che vivono su Fortnite. Qualche settimana fa, all’annuale appuntamento “Voices” della testata online specializzata Business of Fashion, l’amministratore delegato della società di software Improbable, Herman Narula, ha dichiarato che il gaming sta rapidamente diventando “uno dei luoghi dove nasce la cultura”. Difficile dargli torto: perfino per un nostro progetto para-didattico legato alla valorizzazione dell’artigianato stiamo lavorando a un progetto di videogioco. La prima sfida che attende le aziende sarà dunque la presa di coscienza dell’importanza dei mondi virtuali per una fascia molto rilevante di clienti potenziali.
Federico Marchetti, fondatore di Yoox e capo di Yoox Net-A–Porter, pioniere assoluto dell’e-commerce nel fashion, ha fatto dell’imballaggio ecologico una scelta identitaria
YOOX NET-À-PORTER, FRA POCHISSIMI, HA FATTO DELL’IMBALLAGGIO MINIMALE E RICICLABILE UN CAPOSALDO DELLA PROPRIA POLITICA, MA IL TEMA DEGLI SCARTI È GRAVE
Da messaggi virtuali a shopping La seconda sfida sarà la capacità di trasformare messaggi virtuali in spese reali (Levi’s, per esempio, permette già di vestire i propri avatar con i propri stessi jeans grazie a un accordo con Bitmoji), e di continuare a farlo nel tempo, cioè quando gli attuali adepti di Fortnite avranno trent’anni. E per fare questo, non basteranno programmatori esperti, e nemmeno grafici, anche di buon gusto. Ci vorranno professionalità capaci di fondere tecnologia e scienze umane come mai è accaduto prima d’ora. Si renderanno necessari esperti di anime e di bellezza, oltre che di algoritmi. Nelle prime righe accennavamo alla figura degli sviluppatori di App-palinsesti: come immaginare uno sviluppatore di programmi personalizzati, ad hoc, senza presupporre che sappia anche di linguaggi, che sappia redigere testi attraenti, che abbia nozioni di psicologia e sociologia? 92
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E ancora, lo stilista del mondo virtuale, il designer di look per ologrammi. Alcuni studi iper-tech già fanno affidamento sui designer per vestire, truccare e pettinare gli avatar: nei prossimi anni è lecito immaginare che una quota non marginale di stilisti avrà conoscenze di intelligenza artificiale (noi vorremmo sapere, per esempio, chi vesta l’influencer digitale nipponica imma.gram, di cui siamo follower entusiaste) e algoritmi di realtà virtuale e aumentata. Quindi, e per tornare all’e-commerce, immaginiamo mondi digitali che consentano la famosa, ricercatissima “esperienza di acquisto”, e che le piattaforme finora hanno reso piuttosto deludente: specialisti di software con esperienze artistiche, o di architettura. Il tema è talmente sentito che vi si stanno applicando perfino gli atenei pubblici, solitamente i più restii al cambiamento: l’Università di Firenze ha lanciato un cortometraggio in 3D di presentazione dei progetti moda e ambiente degli studenti in collaborazione con Manifatture Digitali Cinema Prato di Fondazione Sistema Toscana. “La moda”, dicono,”deve diventare più rispettosa, nei confronti degli uomini e dell’ambiente, deve percorrere nuove strade, configurando una nuova modalità collaborativa fra tutti gli attori coinvolti nella realizzazione del prodotto”. Ecco, le collaborazioni. Nonostante la pandemia ci abbia resi da quasi un anno dei solitari forzati, sarà il lavoro trasversale e di gruppo, fra competenze diverse, la grande chiave del futuro. Saperi a disposizione l’uno dell’altro, su piani paritetici. E questa ci sembra davvero una specifica interessante.
FASHION IL PRESIDENTE DI ALTAGAMMA
Lunelli: «La tecnologia è essenziale ma l’artigianalità non tramonta» di Fabiana Giacomotti
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atteo Lunelli, presidente di Altagamma e di Cantine Ferrari, è portato per indole e per mestiere al buonumore. Quando si viene metaforizzati come “re delle bollicine”, d’altronde, non potrebbe essere altrimenti; rispetto a molti altri imprenditori del comparto, però, lui gode della fortuna di non doversi nemmeno calare nel ruolo. Rintuzza ogni lamentela, ogni dato negativo e ribatte a ogni contraddizione, pur comprensibile in un mondo complesso come quello del lusso, con una soluzione. Come conciliare la presunta riscoperta del valore intrinseco del prodotto, punto focale delle strategie di Altagamma, con le code chilometriche davanti allo store di Primark o di Lidl per accaparrarsi sneaker di rara bruttezza e totale insostenibilità ecologica? Naturali ambivalenze di comportamento, osserva, dicendosi anche certo che l’attenzione sempre maggiore dei consumatori per il prodotto alimentare chilometro zero (negli Anni Settanta si sarebbe definito “genuino”, ora si indica come “filiera locale”), si riverserà quanto prima anche sulla moda e sull’abbigliamento, trainata dalla maggiore attenzione dei giovanissimi per il benessere del pianeta, in qualunque forma esso si esprima. «Le difficoltà dei piccoli artigiani nell’approcciare un mercato che va spostandosi sempre più sull’e-commerce? Da lenire affiancandoli», chiosa Lunelli, come stanno facendo appunto i grandi brand. Il caso più famoso e creativo del momento nel sistema della moda è rappresentato da Fendi, che poco tempo fa ha annunciato il progetto ”Hand in hand”, collaborazione di Silvia Venturini Fendi con i migliori artigiani pellettieri italiani attorno alla Baguette, che è stata reinterpretata da venti artisti della pelle in totale libertà espressiva. Pur prestigiosissimo, questo portage non risolve ovviamente la transizione digitale del piccolo artigiano toscano che realizza le borse solo modellando la pelle, cioè senza cuciture, lungo una tradizione di maestria che risale al Seicento di Nicolas Lestage, calzolaio del Re Sole; però contribuirà a farlo conoscere su mercati che non potrebbe certamente approcciare se
non concentrando energie e investimenti. Il resto, osserva Lunelli, dovrà rientrare in un piano istituzionale a cui il governo non può sottrarsi, soprattutto in vista di una ripresa che ci sarà, e che sarà anche sostenuta. Poche settimane fa, all’annuale assemblea di forecast dell’associazione dei produttori di lusso dove si annunciava un calo di vendite del 23 per cento a fine anno, quest’uomo che pure, dice, ha ritenuto “doveroso” sostenere la propria filiera, accettando tutta l’uva prodotta dai sui fornitori e agevolando i pagamenti dei ristoratori semi-chiusi da mesi, ha usato parole di incoraggiamento e prefigurato una rapida ripresa nei prossimi sei mesi, che è quanto tutti volevano sentirsi dire e a cui ormai fanno riferimento di continuo. L’incontro è stato seguito online da migliaia di piccoli e grandi produttori. Le vendite di Natale non sono decollate; eppure, a parlare loro in questi giorni, sembrano rinfrancati: «Il rimbalzo sarà certo. Lo dice la storia del mondo e lo dice anche Altagamma». Il fato va favorito, e ci pare che Lunelli lo sospinga, quasi applicando la celebre massima di Talleyrand al contrario: “Félicitez vous, quelque chose restera” al posto del “calomniez” di perfida memoria. Non si calunnia, non si cercano colpevoli. Però bisogna prendere atto delle evoluzioni in corso, e queste dicono che il prossimo futuro sarà fatto di acquisti diretti. Cioè di e-commerce. Nei prossimi due- tre anni, secondo le rilevazioni di Altagamma e Bain&Company, il retail digitale dovrebbe crescere del 22 per cento. La differenza però, e come sempre, la darà la reattività delle imprese e la loro capacità di guidare i cambiamenti, e questo significherà non solo adattarsi ai continui cambi di velocità determinati da una situazione instabile come questa, ma anche “imparare a usare i big data”. Ascoltare il rappresentante delle imprese del lusso parlare con i toni e il lessico di Amazon fa una certa impressione, ma si tratta di un’evoluzione, l’ennesima, che muterà per sempre i processi di commercializzazione e marketing del lusso: “Entro il 2025 l’influenza del digitale sarà totalizzante”. Per il lusso, la grande sfida sarà non cambiare piuttosto il proprio appeal. Il ricorso all’artigianato sarà l’altra faccia dell’extreme makeover tecnologico, siamo pronti a scommetterci. dicembre 2020 - gennaio 2021
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NATIVI DIGITALI A RISCHIO DIGITAL DIVIDE
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i è sempre detto e scritto che chi ha accumulato (gli adulti) non ha molta dimestichezza con le tecnologie e chi ha tecnologie (i giovani) non ha ancora prodotto risparmi. Ma è veramente così? Basta solo aspettare e tutto andrà a posto? L’utilizzo massivo dei pc negli uffici ha ormai più di 30 anni. Nelle grandi imprese si arriva anche a 40 anni di esperienza e un impiegato, a questo punto neopensionato o vicino al traguardo, è in grado di digitare e muoversi con buona agilità sul pc fisso, sul tablet e alle funzioni operative dello smartphone. Per informarsi e muovere denaro. Eppure più riscontri ci descrivono realtà più complesse: i lavoratori italiani hanno faticato anche fuori dagli uffici, quindi hanno dovuto imparare da soli senza corsi aziendali. I ragazzi non sono tutti smanettoni e si presentano fragili all’appuntamento con la digitalizzazione accelarata dal Covid. L’Istat ci ha detto recentemente che un terzo delle famiglie non ha pc o tablet in casa, al Sud quattro su dieci sono privi dell’hardware di base e solo tre giovani su dieci hanno competenze elevate. A differenza della nostra percezione c’è un ritardo anche nei nativi digitali che non troveranno aiuto in casa e neppure potranno insegnare a genitori e nonni. Qualche supporto arriverà da patronati, associazioni, parrocchie o enti locali. O dai tutorial in rete. Il cellulare certamente aiuta per le funzioni base e per le applicazioni operative. Lavorazioni complesse hanno bisogno di dispositivi più capaci. La complicazione ora è la pandemia che sta spingendo forte sul digitale: dall’identità (lo Spid, il Sistema pubblico identità digitale per colloquiare con le pubbliche amministrazioni), ai pagamenti (e-commerce ma anche new banking e i consumi abituali), la scuola a distanza o la telemedicina. Nelle dinamiche del lavoro sembra impossibile assumere qualsiasi figura senza la capacità di operare sui tasti. In avvio del nuovo decennio, contro ogni attesa, si sta deter-
minando un digital divide (divario di conoscenze fra la popolazione) molto più pesante che in passato. Se ci si aggiunge che la copertura di rete penalizza per il momento le zone interne (gli sforzi italiani e della Ue intendono eliminare lo svantaggio) si può intuire che le ultime carrozze possono staccarsi e perdere il ritmo della locomotiva. Non sarebbe giusto e neppure costituzionale. Alcuni giuristi stanno sottolineando che l’opportunità digitale è ormai un diritto. Possono essere avviate delle iniziative legali, e creare giurisprudenza di riferimento, qualora non venissero assicurate ai cittadini pari condizioni di partenza. Facciamo un esempio semplice e tutto sommato innocuo: nel clickday di inizio novembre per il bonus bicicletta i 215 milioni sono stati esauriti rapidamente dai più abili o i meglio connessi. Chi è rimasto fuori ha potuto richiedere i fondi sempre via Internet e con lo Spid. Proviamo a immaginare un clickday per vaccinazioni, concorsi, aste, altre operazioni rilevanti in rete. Anziani ma anche adulti e giovani resterebbero fuori o partirebbero con un handicap irrecuperabile. Per l’occupazione l’articolo 4 della Costituzione debutta con “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Passiamo al denaro. Una recente rilevazione presso studenti universitari realizzata da Skuola.net, Ebico con il supporto di Unicredit ha misurato le capacità di una generazione che dovrebbe muoversi con pochi fondi e tecnicalità illimitate. Ne è emerso che la metà dei 2.500 intervistati non conosce le basi del risparmio e dell’impiego del denaro, non sa calcolare i rendimenti, non si preoccupa della pensione e ammette di non cercare informazioni. Lo faranno probabilmente avviando una famiglia. Sono però esposti alle truffe online (uno su due), sei su dieci non sanno cosa sia il phishing (truffe con false mail o Sms), hanno conti in banche fisiche più onerose. Dai nativi digitali non ce lo aspettavamo.
Un terzo delle famiglie non ha pc o tablet in casa, al Sud 4 su 10 sono privi dell’hardware di base e solo 3 giovani su 10 hanno competenze elevate
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MALALINGUA Vittorio Borelli Giornalista di lungo corso, condirettore de Il Mondo, fondatore e direttore di East, già direttore delle relazioni esterne di Unicredito nella gestione Rondelli-Profumo
TRUMP: «IO COME SOCRATE MI SCRIVO L’APOLOGIA»
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a notizia non è ancora stata divulgata, ma da fonti attendibili abbiamo appreso che Donald Trump sta scrivendo il proprio apologo. Tuttavia, preoccupati dalle centinaia di fake-news che galoppano quotidianamente in Rete, abbiamo chiesto a Maurizio Crozza, comico specializzato in politici sopra le righe, di verificare come stiano realmente le cose. Ecco cosa si sono detti Trump e Crozza su WhatsApp. Hello Donald, ho saputo che sarai tu a sostituire Milly Carlucci nella conduzione di Ballando con le Stelle. Maurizi, non esageriamo. Per prendere il posto di Milly avrei bisogno di un paio di tette da sballo e di due gambe come quelle di Melania, mia moglie. E poi lo sanno tutti che ho l’alluce valgo che mi impedisce di ballare la mazurca. Non lo sapevo, presidente, ma ne prendo atto con rispetto. Quanto ai rumors circa l’apologo che sta scrivendo, che cosa mi può dire? Un bel niente. Se lo raccontassi a te, che cosa direbbero i miei amici della Fox? Posso solo dirti che sto seguendo le orme di Socrate. Perbacco, questa sì che è una notizia. Socrate chi, il tuo nuovo capo delle pubbliche relazioni? Non dire cretinate. Vuoi rubare il mestiere ai giornalisti americani? Parlo di Socrate il filosofo, l’ex calciatore del Brasile che giocava proprio nella tua Roma. E no, io sono di Genova! Hai presente: “Con quella faccia un po’ così…” Uuuh, che permaloso. Sai a me quante ne dicono! Insomma, ho saputo da mio genero Kushner che, dopo il 7 a 1 rifilato dalla Germania al Brasile nei mondiali del 2014, Socrate ha scritto un grande apologo e si è poi suicidato. Con una dose esagerata di Guttalax, pare. Ne ha scritto anche certo Platone, che non so in quale squadra giocasse. Don, questa del Guttalax me la scrivo, magari mi torna buona per una serata da Giovanni Floris. Ma dimmi, che cosa hai intenzione di scrivere nell’apologo? Maurizi, oggi mi sembri più lento del mio amico Giuseppi di Roma. Nell’apologo racconterò che non si deve dar retta a tutto quello che dicono i cervelloni e, men che meno, gli scribacchini dei mass media. Sono molto d’accordo con te, presidente. Specialmente sui giornalisti che cercano di rubare il mestiere ai comici. Ma fammi qualche esempio concreto. 98
dicembre 2020 - gennaio 2021
Bè, pensa alla resurrezione di Lazzaro. Si dice che Lazzaro sia risorto dopo quattro giorni, ma lo sanno tutti, perfino Fauci, che già dopo tre giorni il corpo umano si decompone e che non è più in grado di risorgere! Donald, non so che cosa ne pensi il suo staff, ma fossi in te questa non la scriverei. Rischieresti di essere accusato di blasfemia. Io blasfemo? Al contrario: io credo che Gesù sia risorto prima che scadessero i tre giorni proprio per non diventare uno zombi! Capisco, ma resto dell’idea che sarebbe meglio sorvolare. Vabbè, chiederò consiglio a Steve Bannon. Comunque di esempi se ne possono fare tanti. Tu sei davvero convinto che la terra sia sferica e non piatta? Io ne ho parlato con l’astronauta James Lovell, quello che è andato in orbita con l’Apollo 13, e a precisa domanda mi ha risposto che, vista dall’alto, la terra è rotonda ma non necessariamente sferica. Oppure pensa alla storia della mela di Newton. Credi davvero che Newton abbia scoperto la forza di gravità perché una mela gli è caduta in testa? Solo un bambino può crederci. Io penso che gliene siano cadute in testa almeno una dozzina prima di avere l’intuizione che lo ha reso famoso. Non mi sento di contraddirti. Penso tuttavia che nel tuo apologo dovresti giustificare alcune dichiarazioni vagamente osè…. Tipo che le elezioni sono state truccate e che Joe Biden è un imbroglione. Io non mi rimangio niente! Sai perché dubito della legittimità del voto per posta? Perché ho saputo da Ivanka, mia figlia, che la stragrande maggioranza dei postini aderisce ai sindacati, tifa per gli All Blacks, guarda la Cnn e ascolta i dischi di Bono e di Bruce Springsteen. Seguimi Maurizi: ipotizzando che i postini di fede democratica siano un milione e che ciascuno di loro abbia potuto maneggiare cinque schede elettorali… Fai i conti e vedrai che si tratta di cinque milioni di voti. Proprio quelli che Biden ha rubato a me. Faccio un po’ fatica a starti dietro, ma credo che dipenda dal tuo slang. Piuttosto, è vero che Netfix ti avrebbe proposto di interpretare “The Donald 2, il ritorno e la vendetta”? Come dite voi in Italia, accà nisciuno è fesso. Si, te lo confermo. Anzi ti dirò che secondo i miei sondaggisti sarà il più grande successo televisivo del dopoguerra. Ne riparliamo nel 2024. Intanto salutami gli amici Silvio e Giuseppi. Sarà fatto, presidente. E Matteo, no? Matteo chi?