Investire Maggio 2020

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Maggio 2020 Euro 5,00

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INVESTIRE | ANNO II | N.16 | MENSILE | MAGGIO | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 8 MAGGIO 2020 | POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

Conoscere, rischiare, guadagnare

Chi vola con l’antivirus LE OCCASIONI DI PHARMA, BIOTECH, TLC E WEB

PARLA TARANTO

PARLA M.DORIS

L’ALTRA COPERTINA

«È più che mai l’ora dello stock-picking»

«La ripresa arriverà è un treno da prendere»

Matteo Benetti, direttore generale di Banca Euromobiliare, guarda con ottimismo al futuro degli investimenti e detta l’agenda in vista della ripresa economica

INVESTIRE SPECIALIST

PONS: «UN TEAM ANTI CRISI»

QUINTO: «VIVA L’HI-TECH»

Il country head di Janus e la strategia anti-Covid

Il manager di F. Templeton punta sull’innovazione


«Nervi saldi per fare un buon portafoglio» Intervista con Matteo Benetti, a capo della private bank del Gruppo Credem: «Stiamo vivendo una fase che entrerà nei libri di storia, quindi occorre la massima lucidità per costruire il successo futuro. Non bisogna essere precipitosi ma nemmeno troppo attendisti. È il momento del metodo» SCANSIONA IL QR CODE PER GUARDARE L’INTERVISTA COMPLETA>


EDITORIALE

Ottimismo e lezioni da imparare di Sergio Luciano

M

entre queste righe vengono scritte, l’ultima campata del nuovo ponte Morandi di Genova, la diciannovesima, è in fase di installazione, a concludere il ricongiungimento dei due versanti della Val Polcevera. L’avrete già letto e riletto, sissignore, quando quest’articolo vi raggiungerà. Ma ci sono simboli che restano. E che insegnano. Da quel maledetto 14 agosto del 2018, da quelle povere 43 vittime, sembra passato un secolo, e sono appena venti mesi. Un commissariamento riuscito e affidato a un manager di valore, Marco Bucci; un progetto semplice e geniale, firmato Renzo Piano; una macchina industriale poderosa, guidata dalla Fincantieri di Giuseppe Bono. Le storie italiane di successo, esempi mondiali, prove di efficienza cinese in regime di piena democrazia, sono storie di uomini, di risorse mentali e competenze professionali più che di risorse economiche. Il completamento in tempi record del nuovo ponte - sotto questa regia, con questo pensiero dietro, con questi uomini – è una ventata di aria pura e rinfrancante dopo queste nove settimane di cappa deprimente, di un lockdown che ai primi di maggio si allenterà ma poco, ancora troppo poco per rilanciare davvero l’economia e l’umore di tutti noi. E allora, intanto che teniamo duro, intanto che ricacciamo indietro la rabbia e la delusione per le tante speranze di successi scientifici per ora smentite e le troppe promesse di veri aiuti economici statali al momento tradite, cerchiamo di ragionare. Sui dati ragionevolmente positivi per essere ottimisti; e sulle lezioni da imparare per il futuro. I dati positivi? Innanzitutto che la scienza ce la farà. Imitando purtroppo i peggiori politici molti scienziati in questi mesi hanno straparlato, ma tanti loro colleghi no. I protocolli terapeutici per contenere i casi gravi stanno rivelandosi efficaci, da quelli sierologici a quelli a base di clorochina e di anticoagulante; cinque gruppi di ricerca stanno lavorando negli Stati Uniti per un vaccino che potrebbe bruciare i tempi e arrivare in autunno, ma anche in Italia è in corso una sperimentazione avanzatissima. I mercati finanziari

hanno recuperato in aprile quasi la metà del terreno perso in marzo, a presagire che l’inondazione senza precedenti della liquidità statale che sta impregnando il mondo riuscirà a contenere gli effetti della crisi. Negli Stati Uniti, in Cina, Russia, Giappone e Gran Bretagna e persino in Europa migliaia di miliardi saranno spesi, e la Bce ha addirittura deciso di comprare perfino i junk-bond per difendere l’euro (e noi, con esso). E dunque? Restano, per tutto il mondo, alcune lezioni da cogliere. Qualcuna spicciola: lo smart-working obbligatorio e incessante stordisce, ma con buon senso e moderazione è una risorsa straordinaria che fa risparmiare tempo e denaro: l’abbiamo imparato, usiamolo. L’aria pulita grazie al traffico semiassente è una meraviglia: riduciamo l’uso dell’auto, quando sarà possibile. Ma soprattutto riflettiamo sulla precarietà del sistema che la pandemia ci ha ricordato. E sulle esagerazioni alle quali la globalizzazione ci aveva spinti. Intendiamoci: il Covid-19 non deve farci rinnegare la globalizzazione né ostracizzare la Cina. Però, certo, pretendere simmetria di norme – dalla sicurezza igienico-sanitaria alla tutela dei diritti umani e sociali – dai partner economici stranieri che vogliono fare affari con noi sarebbe, e dovrà essere, un imperativo categorico. Per non importare virus? Forse, ammesso di averlo importato. Sicuramente per non importare schiavismo. E ancora: una lezione per la finanza. Senza economia reale, senza il lavoro – anche quello dei braccianti che oggi mancano nelle nostre campagne – anche il lupo di Wall Street finisce nella tagliola della sua ricchezza sterile. Senza lavoro, senza benessere diffuso, senza eguaglianza nelle opportunità e tutela delle fasce più deboli, non può esserci pace e sicurezza. Il turbocapitalismo che ha preteso certi eccessi deve fare ammenda. Lo dicono ormai tutti, lo predica perfino quella Bibbia della finanza che è il Financial Times. Investire ha fatto dei principi Esg – enviroment, social and governance – una bandiera, sin dal primo numero. Continuerà così, anche quando – molto presto – la pandemia sarà alle spalle e le tentazioni di ripristinare non solo la normalità sana ma anche quella malata si ripresenteranno puntuali.

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Registrazione Tribunale di Milano N. 126 del 27/3/1982 Numero iscrizione ROC: 29993 Direttore responsabile Sergio Luciano Caporedattore Marco Muffato Newsroom Marina Marinetti, Davide Passoni, Marco Scotti, Riccardo Venturi,

Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori Hanno collaborato Antonio Quaglio (Consulente del direttore), Rosaria Barrile, Ugo Bertone, Giacomo Damian, Mauro Del Corno,Giuseppe D’Orta, Fabiana Giacomotti, Francesco Priore, Monica Setta, Nicola Ronchetti, Gloria Valdonio Contributors Enrico Cisnetto, Anna Gervasoni, Andrea Margelletti, Marco Onado,

Matteo Ramenghi, Giulio Sapelli, Franco Tatò Partnership Editoriali Anasf, Assoimmobiliare Redazione info@economymag.it Segreteria di redazione Monia Manzoni Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Editore incaricato Domenico Marasco

Responsabile commerciale Luca Ronzoni Casa editrice Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 Segrate - 02 7542097 Stampa Stampa Rotolito. S.p.a 20063 - Cernusco S.N. (MI)

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SOMMARIO Maggio 2020 di sergio luciano

Ottimismo e lezioni da imparare per il futuro

di marco onado

TITOLI FARMACEUTICI

PARLA PALMISANO

Il Covid-19 accende tutto l’“healthcare”

L’a.d. di Molmed, «Biotech: vola solo chi lavora sul virus»

COMPARTI SUGLI SCUDI

LE SGR PREVEDONO

Arrivano i portafogli anti-pandemia

I business vincenti legati allo sviluppo del 5G e dei servizi web

AMBIENTHESIS

SCELTE DI PORTAFOGLIO

La star della sostenibilità ambientale si presenta

Frequentare “porti sicuri” in attesa degli stimoli fiscali

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Imparare dagli errori per archiviare la pandemia

QUI PARIGI di giuseppe corsentino

Torna la Isf, la patrimoniale cancellata da Macron?

QUI NEW YORK di glauco maggi

Donald all’angolo, vince il partito della ripresa a “U”

IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

Il Covid-19 mette in ginocchio l’Africa: urge una vera moratoria

maggio 2020

Occhio ai titoli beneficiati dal coronavirus sempre più centrali nelle pianificazioni: che momento per le star biotech, healthcare, 5G e web

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COSMOPOLITICA di andrea margelletti

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di e.cisnetto

Azienda Italia da salvare col “Golden Power”

COVERSTORY

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di a.gervasoni

Capitali alle imprese? In campo il private capital

di giulio sapelli

18

di franco tatò

L’efficienza tedesca antivirus giova alla politica

Il mondo e il rebus del megadebito pubblico

Perchè restare atlantisti nonostante Trump

13 IL GERMANISTA 14 FINANZA REALE 16 III REPUBBLICA

78 80 81 82

MONDO

03 EDITORIALE 09 WATCHDOG 10 SISMOGRAFO



SOMMARIO

INVESTIRE SPECIALIST 36 38 40 41 42 44

BANCA MEDIOLANUM/ Per l’ad Massimo Doris «La ripresa arriverà, è un treno da prendere ora»

BANCA EUROMOBILIARE/ Il direttore generale Benetti: «È il momento delle buone occasioni» SCHRODERS/ È la grande occasione di otto temi d’investimento che combattono il Covid. Ecco come

RISPARMIO GESTITO/ Ronchetti spiega perchè Sgr e distribuzione sono legate da un destino comune COME ERAVAMO: I FONDI/ Il 2019 è stato l’anno d’oro per molti comparti. Vediamo quali

COME ERAVAMO: IL PRIVATE BANKING/

La crescita continua grazie a innovazione e offerta

56 58 59 60 62

FRANKLIN TEMPLETON/ Il country head Quinto: «Sui mercati vince l’innovazione»

SEDIE & POLTRONE/ Fabrizio Pirolli lascia Fideuram per la formazione di IWBank ANASF/ I consulenti finanziari con i webinar arricchiscono la loro community

BANCHE CENTRALI/ L’emergenza pandemia apre la strada alla Modern Monetary Theory

BUONI POSTALI/ Storia di un decreto che fa piangere ancora le famiglie italiane

65

MORGAN STANLEY/ Parla Rabitti: «Tornare sull’azionario si può, con ottimismo prudente»

46

JANUS HENDERSON INVESTORS/ Pons

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GENERALI IP/ Il ceo Trabattoni spiega perchè

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PERSONAGGI CHIAVE/ Francesco Taranto:

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TOTAL RETURN/ Quei fondi che offrono

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EFFETTO PANDEMIA/ Inflazione, perchè

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PROFESSIONE CONSULENTE/ Francesco

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EURIZON & CINA/ Tutte le ragioni per cui

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racconta come la struttura ha reagito all’emergenza «È più che mai il momento di fare stock picking» è la grande assente del mondo post-Covid

le obbligazioni del Dragone piacciono e tanto

JUNGLE GUIDE/ L’autore Alessandro Parravicini spiega come vincere nella giungla degli investimenti

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dopo la tempesta ritorna la semplicità

supporto contro l‘incertezza dei mercati Priore risponde ai quesiti dei lettori

POLE POSITION/ Ecco come l’intelligenza umana ha battuto quella artificiale

TALENT/ Competizione a tre sul portafoglio giusto per la “Fase 2” dei mercati

86 ENGEL & VÖELKERS

94 PERSONAGGI

88 ASTE IMMOBILIARI

96 BIBLIOTECA

90 COLLEZIONISMO

97 EDUCAZIONE FINANZIARIA

92 FASHION

98 MALALINGUA

Fase 2: chi vince e chi perde nel real estate

Il debitore e lo sgombero secondo il Milleproroghe

I consigli di Giulio Bolaffi sui beni rifugio

Il silenzio delle boutique e la crisi del tessile

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maggio 2020

Storia del supercommissario Vittorio Colao

“La finanza spiegata bene” da Mauro Del Corno

Il Golden Power cancella la contendibilità in Borsa

Covid-19, cronaca di una memorabile ripartenza



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WATCHDOG Marco Onado È professore senior di Economia degli intermediari finanziari nella Università Bocconi di Milano. È stato Commissario Consob. Collabora con “Il Sole - 24 Ore”, “Lavoce.info” e “voxeu.org”.

IL MONDO RISOLVA IL REBUS DEL MEGADEBITO PUBBLICO

L

a dimensione del debito pubblico mondiale sta di- ne. Se non sarà gestito diventerà un macigno che peserà in modo ventando tale da trascendere lo spazio di un articolo insostenibile sull’economia reale. Il Fondo monetario dice che il su una rivista, ma ci sono alcuni concetti che vanno debito italiano, che nel 2001 era pari al 100 per cento del Pil e chiariti e subito, sia pure in forma sintetica. che all’inizio della crisi era già oltre il 130%, supererà il 155%. Per essere concisi, ritengo che si debba iniziare dal Questo significa che nei primi due decenni del millennio il nostro riepilogo delle condizioni in cui il sistema economico mondiale, debito pubblico risulterà aumentato di un terzo: dobbiamo pree italiano più di altri, si trovava prima dell’esplosione della pan- occuparcene o no? Ovviamente non aiuta il fatto che molti altri demia. Avevamo in atto una combinazione di fattori complessi. grandi Paesi non stiano meglio o stiano appena un poco meglio: Innanzitutto, eravamo ancora in piena terapia intensiva dal do- gli Usa, con un rapporto del 131%, l’Eurozona con una media del po-crisi, la crisi finanziaria e poi del debito pubbico scoppiata nel 97,4, la Francia col 115, la Germania col 70, la Spagna col 113 ed 2008 e proseguita, con una serie di metamorfosi, fino al 2011- il Giappone con il 252 per cento. 2012. E la terapia intensiva a quella catena di crisi aveva già com- Siamo di fronte a un problema dalle tali proporzioni che richiedeportato, attraverso il diffondere degli aiuti monetari delle banche rebbe l’immediata attivazione di politiche di rientro, politiche da centrali ai mercati e al settore del credito, un aumento ulterio- disegnare fin d’ora, altrimenti il mondo rischia di non uscirne mai re del debito, sia pubblico che privato. Inoltre l’esplosione della più. E questo naturalmente vale tanto più per i Paesi più esposti, come quantità di moneta immessa dalle banche centrali nel sistema il nostro. Ma quali politiche di rientro si possono immaginare per una aveva comportato un anomalo simile evenienza? calo dei tassi di interesse. Nei termini del problema è Un quarto dei titoli pubblici molto difficile addentrarsi. Ma circolanti è andato sotto zero. due flash si possono conceE questa discesa generalizzata dere sia pure con i limiti di un dei valori aveva determinainquadramento generale. Se to un’espansione dei mercati si decidesse di utilizzare i fusenza precedenti. Ma quest’eturi avanzi primari dei bilanci spansione, naturalmente, non pubblici, ci condanneremmo a era tutta farina del sacco della rivevere quel che abbiamo viscrescita economica, tanto che suto negli ultimi quindici anni, gli ultimi rapporti del Fondo per altri cinquant’anni. L’idea monetario – e di molti altri di economisti come Blanchard autorevoli osservatori econo- LA SEDE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE per cui ogni debito è sostenibile mici - alla fine del 2019 erano grazie al fatto che comunque il già molto preoccupati che la crescita stesse rallentando. Dunque tasso di interesse è basso ci condanna alla giostra continua dei merun’euforia da sbornia di liquidità, cui le banche centrali erano sta- cati finanziari, e quindi non è la strada giusta. Se invece pensassimo a te costrette a sottoporci per evitare guai peggiori. qualche diversa forma di riduzione finanziaria del debito potremmo Questo era il contesto nel quale ha fatto irruzione la pandemia, forse prefigurare una migliore gestione del problema. e il congelamento dell’economia indotto dal generalizzato lock- Ma quali diverse forme? Per esempio la trasformazione di una down al quale tutti i Paesi colpiti hanno dovuto ricorrere per ar- parte del debito pubblico in debito irredimibile, che toglierebbe ginare i contagi ha drammaticamente aggravato il quadro. almeno agli Stati l’ansia del periodico rinnovo. Non sarebbe una A questo punto cosa succederà? Innanzitutto non possiamo na- formula inedita, perché i titoli irredimibili sono stati inventati e sconderci che la caduta produttiva sarà tremenda: è già in atto, utilizzati più volte nell’Ottocento e con successo. E c’è poi da non con proporzioni inedite e preoccupanti. La risposta fiscale che i considerare più un tabù nemmeno l’idea della monetizzazione governi hanno messo in campo - peraltro l’unica possibile - con- del debito. Anche in questo caso i precedenti storici non mancasiste in un massiccio ricorso al debito pubblico, che sta crescendo no, ed oggi – in più – ci induce a ricordarne l’efficacia la constatae crescerà in una misura mai sperimentata in passato, portando zione che il rapporto tra offerta di moneta ed inflazione è struttuil livello complessivo a quote ulteriormente anormali rispetto a ralmente cambiato: se così non fosse, avremmo già un’inflazione qualsiasi precedente. al 10% mentre quella che abbiamo non arriva neanche al 2%. In Ora, posto che l’emergenza richiede di non risparmiare le risorse fondo, il vivo dibattito sull’elicopter money e la cosiddetta nuova necessarie a famiglie e le imprese, dobbiamo iniziare già a preoc- teoria economica ruotano intorno a questi concetti. Sarebbe belcuparci di cosa faremo di questo debito in rapidissima lievitazio- lo se, almeno, se ne cominciasse a discutere apertamente. maggio 2020

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IL SISMOGRAFO Giulio Sapelli È Ordinario di Storia Economica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Enrico Mattei.

PERCHÈ RESTARE ATLANTISTI NONOSTANTE TRUMP

S

i può restare atlantisti un regime sovietico. Ma pensiamo anche quando le vicenanche ai regimi africani, la anzade politiche degli Stati nia, il Congo di Mobutu, il Togo. Uniti non raccolgono il Non dimentichiamo, tra le ragionostro consenso? E’ una ni storiche del nostro necessario domanda che ricorre, negli ultimi atlantismo, il prestito Morgan con anni. La risposta è un netto sì, che cui il banchiere sostenne l’Italia si alimenta di moltissime ragioni mussoliniana per la quale, altristoriche e di gravi e rilevanti evimenti, la crisi del ’29 sarebbe inidenze dell’oggi. Partiamo dalla stoziata cinque anni prima. Per poi ria. arrivare al piano Marshall, che L’atlantismo europeo e italiano napermise la ricostruzione europea scono con la Grande Guerra, quane italiana dopo la pace di Yalta. do l’intervento americano, al di là Oggi questa faglia geopolitica è delle cause scatenanti, venne spin- CHURCHILL, ROOSEVELT E STALIN ALLA CONFERENZA DI YALTA ancora attiva, ma dovrebbe esseto da grandi motivi umanitari che furono condensati dal re abbandonata verso la Russia e concentrata verso la Cina. Wilsonismo, che sposò la bandiera dell’autodeterminazione Infatti il patto Reagan-Gorbaciov di non ammettere paesi nazionale dei popoli europei, determinando la discutibile confinanti con la Russia né nella Nato né in altre istituzioni conseguenza del crollo dell’impero austroungarico. globali viene tradito nel 2001 con l’ammissione della Cina Su questo evento si delinearono due linee di pensiero. Quel- nel Wto, mentre la Russia vi è stata ammessa solo nel 2012, la sostenuta da Leo Valiani secondo cui la guerra indusse l’e- per il veto della Georgia che vi era entrata come la Cina nel mersione di un nazionalismo democratico già in incubazio- 2011: per citare alcune delle follie della politica unipolarine; e l’altra, cara a Francois Fejto, che condivido anch’io, per sta americana… la quale invece il crollo dell’Impero austro-ungarico dopo Adesso perché dunque si deve essere filoatlantisti? Proprio la Grande Guerra venne scientemente progettato a Versail- perché c’è la Cina, con tutta la sua potenza e con tutta la les e oltre dall’alleanza delle massonerie francese, inglese e sua determinazione ad espandersi, come finalmente hanno nordamericana. Molto corrobora questa tesi quanto gli Stati capito gli Usa. In questo senso è rilevante la posizione biUniti fecero per la ricostruzione tedesca, con il piano Davis e partisan che l’establishment americano ha assunto contro con il piano Jung – essendo già stata creata l’Urss, e volendo Pechino. La disputa sul commercio è un pretesto. Il probleda subito contrastarne il potenziale espansionismo. Interes- ma vero è la competizione tecnologica sull’Intelligenza artisante, al riguardo, ricordare che i tedeschi risposero parados- ficiale e sul controllo dello spazio. salmente a quegli aiuti concordando con Stalin la possibilità Oggi il mondo ha iniziato a rimettersi a posto con lo spostaper la Wermacht di svolgere in terra sovietica le loro manovre mento verso la Cina della prua della portaerei americana. Ci militari: perché già allora la Germania pensava ad uno spazio si aspetta che anche la Germania assecondi questa manovra comune con l’Urss che arrivasse fino alla Cina. e che dunque gli Usa non debbano più vedere in un’Europa a Con la Seconda Guerra Mondiale, questa faglia che avvicina trazione franco tedesca un pericolo per loro. Di questo mongli Stati Uniti all’Europa emerge nettamente. Con lo sbarco do, l’America continua a essere la locomotiva e, nonostante in Normandia, gli Usa superano il loro sordo conflitto con la cattura dei democratici da parte dell’alta finanza - che ha l’Urss: devono farlo perché scende in campo il Giappone. E portato al loro mulino l’acqua propagandistica dei tech-giant dalla vittoria nasce una seconda faglia di atlantismo, che ha e di Hollywood - la storia sta rimettando gli Usa al suo posto e una data di inizio formale nel ’58. In quell’anno, gli Usa in- ricollocando anche la Cina nel ruolo in cui deve stare. viano 5000 marines in Libano, perdendone molti, per pre- Quanto alla Russia, rilevo i recenti flirt italiani con il Cremvenire che il Libano si schierasse con la Siria e con l’Egitto lino e ritengo siano avvenuti su autorizzazione americana. di Nasser portando i tre Stati sotto l’influsso sovietico… Sia Perché oggi il rischio del mondo non è Putin. Putin deve, cerchiaro: non c’era e non c’è solo l’interesse per il petrolio a to, ammorbidire alcune sue posizioni, per esempio lasciando determinare queste manovre. La verità è che gli Stati Uniti l’Ucraina a se stessa ed accontenaodis della Crimea, ma gli hanno sempre lavorato per impedire la creazione di regime europei devono ricordare la ricetta di De Gaulle, che cioè filosovietici in Medio Oriente. E la Siria di Assad padre era l’Europa deve andare dall’Atlantico agli Urali. 10

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IL GERMANISTA Franco Tatò Manager eclettico e innovativo, è tra i pochissimi italiani ad aver diretto aziende in Germania, paese (e cultura) che ama ed è l’unico ad essere stato amministratore delegato sia di Rizzoli che di Mondadori

L’EFFICIENZA TEDESCA ANTIVIRUS GIOVA ALLA POLITICA

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n Germania, come ormai nella maggioranza dei paesi, non stume consolidato nei rapporti interpersonali e dalla elevata ci sono più notizie. Il coronavirus ha cambiato le priorità, percentuale di single. Non solo, il limitato numero di decessi a ciò che prima sembrava importante ha perso di significato, fatto sì che Angela Merkel raggiungesse nei sondaggi una popolaqualcuno si ricorda dell’Alitalia? Esiste ancora? e l’Ilva ?, ma rità record partendo da una posizione traballante che faceva presoprattutto si è perso l’orientamento della comunicazione vedere un suo ritiro anzitempo. Il problema si porrà comunque di ciò che è diverso dall’incombente pericolo della pandemia. perché solo due settimane dopo viene superata dal presidente Si ha però la diffusa sensazione che in realtà moltissimo stia ac- bavarese Soeder, un campanello d’ allarme come per un possicadendo a livello di discussione informale tra le parti politiche bile ritorno di Franz Joseph Strauss, mentre si sciolgono come per prepararsi al post pandemia, che si prevede molto diverso neve al sole le candidature alla successione della dimissionaria dal mondo da cui veniamo. Soprattutto in Italia si è molto stupiti Annegret Kramp-Karrenbauer come quella di Armin Laschet e del silenzio che circonda la preparazione dei provvedimenti pri- si stringono i ranghi intorno a Merz in vista del prossimo conma restrittivi, poi con qualche lentezza di riapertura delle attivi- gresso. Il probabile cambio ai vertici della Cdu sarà l’inizio di una tà, senza inutili polemiche. Infatti fin dall’inizio dell’esplosione del serie di aggiustamenti per posizionarsi favorevolmente rispetto virus in Germania, le opposizioni hanno dichiarato di sospendere alle esigenze del dopo virus. Avevamo visto prima dell’esplosione ogni attività che non fosse di collaborazione con il governo per una della pandemia che l’economia tedesca era in uno stato di quasi gestione efficiente delle drammatiche situazioni che il paese dove- sofferenza per la crisi del mercato delle automobili con preocva affrontare e alle quali alle quali nessuno era preparato. cupanti ritardi nello sviluppo delle automobili elettriche, e per Angela Merkel ha convocato tempestivai ritardi nella digitalizzazione non solo di mente una conferenza dei governi regionatantissime industrie private, ma anche delli e concordata una politica unitaria per gli la pubblica amministrazione. Questi prointerventi a protezione della sicurezza dei blemi sono ancora lì, certo aggravati. cittadini. Come conseguenza dell’immaMa la messa disposizione di un volume gine di concordia e di efficienza di questi di crediti di 550 miliardi affidando alle comportamenti, le misure coercitive hanbanche il compito di priorizzare gli interno ricevuto approvazione incondizionata, venti senza gravarle di rischi incalcolabili anche perché assistite dalle comunicazioni prodotti da qualche volpe specializzata scientifiche e delle analisi dell’istituto Koch nell’ambiguità dei provvedimenti, accolta che hanno aiutato a confinare nel gossip e molto favorevolmente, preannuncia l’ininelle titolazioni dei tabloid le discussione zio delle attività di aggiornamento delle su mirabolanti farmaci ancora ignoti alla imprese. Sap può diventare una star della ANNEGRET KRAMP-KARRENBAUER scienza o sulla utilità dei vaccini. I numeri borsa. Nel silenzio della pandemia, il pardella diffusione della pandemia in Germalamento lavorano con l’opposizione per nia hanno stupito tutti per la loro esiguità e per la rapidità con produrre decine di provvedimenti, come l’abbassamento dell’Iva la quale si è arrivati a passare il picco e quindi preparare la ri- al 9% sull’alimentazione, necessari a garantire il funzionamento presa delle attività. Se la bassa percentuale di mortalità è dovuta dell’economia e della società in tempo di virus. all’eccellenza dell’organizzazione sanitaria, basta pensare che in Questo quadro di diffusa stabilità ha rassicurato i mercati e i questo momento ci sono 1000 stanze per terapia intensiva libere Bond tedeschi hanno per la prima volta raggiunto l’interesse nein attesa di pazienti, il controllo della diffusione del virus è dovu- gativo, come i conto correnti svizzeri. Non dico questo per solleto al comportamento disciplinato dei cittadini nel rispetto delle citare commenti sarcastici, “ma come sono bravi questi tedeschi”, regole di distanza sociale. ma perché guardando tutti i provvedimenti di gestione delle Questo riconoscimento è stato fatto anche al Bundestag da parte problematiche inerenti alla pandemia, non c’è niente che non si della Cancelliera Angela Merkel durante il suo discorso di aper- sarebbe potuto fare anche da noi, soprattutto in Lombardia. tura della discussione sull’operato del governo. Durante questa Ciò che in questo momento l’industria tedesca teme di più è che le discussione Il segretario della AfD Gauland Ha fatto alcune pro- industrie italiane alla ripresa non siano in grado di onorare gli imposte sorprendenti come il ritorno al nucleare e al carbone, la pegni di consegna, ma classificherei questa preoccupazione nei norlimitazione delle auto elettriche, il trasferimento della responsa- mali travagli da adattamento. Prima della fine dell’anno il panorama bilità della protezione personale dal virus ai cittadini. Un trionfo politico tedesco subirà profondi cambiamenti e probabilmente moldel sovranismo autarchico fine a se stesso. ti dei protagonisti di oggi si vedranno ricollocati in vista delle prosIl rispetto esemplare delle regole è stato anche favorito dal co- sime elezioni. Aspettiamoci qualche interessante novità. maggio 2020

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FINANZA REALE Anna Gervasoni Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Liuc di Castellanza. È anche direttore generale dell’Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt)

NUOVI CAPITALI ALLE IMPRESE? IN CAMPO IL PRIVATE CAPITAL

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osa fare e come muoverci nella Fase 2? È questa la domanda che, in questi giorni si pongono gli imprenditori, gli operatori finanziari, noi tutti cittadini: non sarà facile né veloce tornare alla vita di prima. Ma in questi mesi abbiamo sperimentato nuovi modi di rapportarci con le tecnologie, con le persone, e soprattutto abbiamo riflettuto sui limiti dei modelli di business che davamo per scontati. Ci siamo adattati con molta disciplina a un grande cambiamento che ha portato a forti limitazioni della libertà personale e ora dobbiamo entrare in una nuova fase più aperta, ma ancora prudente, nel modo di relazionarci, spostarci e lavorare, che non sappiamo quanto durerà. Le task force cercano di realizzare vademecum su come comportarsi nelle relazioni interpersonali e sul luogo di lavoro. Il Governo sta mettendo in atto una serie di azioni che possano ridare impulso e sbloccare l’economia. Ma il successo della ripartenza sarà dato dalla somma delle azioni responsabili di noi cittadini, lavoratori, imprenditori. Chi guida attività e imprese, grandi o piccole, sta fronteggiando al meglio la crisi di liquidità e di fatturato – non in tutte le realtà, ma in molte - ma sta anche pensando a come migliorare il proprio prodotto o servizio, a come difendersi da eventualità come questa, pensando che tra pochi mesi possa ripresentarsi la necessità di una nuova chiusura. Nulla è dato per scontato. Le catene di approvvigionamento, di distribuzione, il contatto con la clientela, i siti produttivi, l’organizzazione del lavoro, la presenza internazionale, nulla sarà come prima. E’ il più incisivo periodo di ripensamento strategico collettivo. E gli effetti si vedranno anche sui mercati finanziari. Ci sarà un approccio diverso ai mercati, più apertura a cercare capitali attraverso canali nuovi e diversificati rispetto al passato. Per questo ci aspettiamo nel nostro Paese un ruolo crescente degli operatori di private capital, fornitori di capitale di rischio e di debito per le nostre imprese in cambiamento. Il nostro è un mercato troppo piccolo, a maggior ragione oggi. I dati del Pem - Private equity monitor, pubblicati qualche giorno fa dalla Liuc – Università Cattaneo, mostrano che nel primo trimestre di quest’anno sono stati annunciati 33 investimenti di private equity su aziende italiane; lo scorso anno nello stesso periodo erano stati 38. Una diminuzione lieve, tutta imputabile al mese di marzo, in cui finalizzare acquisizioni di partecipazioni è stato complesso. Ma bisogna aggiungere uno zero a questi numeri: al nostro Paese servono capitali pazienti, affiancati da competenze di operatori che si siedano a fianco degli imprenditori per condividere una nuova visione di sviluppo. Essere innovativi, nei prodotti, nei servizi, nei processi, rivedere i processi di internazionalizzazione pensando che le frontiere esistono e si possono chiudere, affrontare il cambiamento organizzativo 14

maggio 2020

Servono incentivi fiscali per far confluire risparmio istituzionale e privato verso le aziende italiane non quotate. La base per creare occupazione

pensando a nuovi modi di lavorare, anche da casa. Tutto questo richiede capitali. La finanza alternativa mai come oggi può dare un contributo, grazie agli operatori di private equity, private debt e venture capital e in alcuni casi ai fondi di turnaround. Ci saranno velocità diverse per la ripartenza, dipende dal settore, dalle capacità manageriali, dal posizionamento di mercato, ma anche dai capitali a disposizione. Dalla responsabilità delle tante famiglie imprenditoriali, che dovranno mettere in sicurezza l’investimento, cioè la loro azienda, che spesso rappresenta anche il loro lavoro. Serve un mercato finanziario più fluido, che tenga in conto anche le peculiarità del tessuto imprenditoriale italiano. In questo sarà fondamentale avvicinare il risparmio degli italiani alle necessità dell’economia reale del nostro Paese, ma con strumenti in grado di diversificare e abbattere i rischi. Per questo servono incentivi fiscali per far confluire risparmio istituzionale e privato verso le imprese italiane non quotate, ci vogliono operatori professionali che lo raccolgano e lo investano, con grande rispetto e cautela, tenendo conto delle nuove esigenze di sostenibilità e del nuovo contesto. In questo modo si offre un contributo alla creazione di occupazione e alla stabilità sociale.



TERZA REPUBBLICA Enrico Cisnetto È un editorialista, economista e conduttore televisivo italiano, ideatore della trasmissione televisiva Roma InConTra. È conferenziere, consulente politico-strategico e tifoso della Sampdoria

MIGLIORARE IL “GOLDEN POWER” PER SALVARE L’AZIENDA ITALIA

M

omenti speciali richiedono interventi speciali. Non si tratta di sentimentalismo nazionalista, né di irrazionale sovranismo, ma dell’oggettiva necessità di adattare le regole alla realtà economica in tempo di pandemia. Abbiamo di fronte una crisi di cui non conosciamo ancora la reale entità, un tessuto industriale già indebolito ma che potrebbe uscirne devastato, listini azionari crollati vertiginosamente. Insomma in questo scenario ci sono tutte le condizioni per cui, come purtroppo già avvenuto in passato, le migliori aziende del Paese possano essere vittime di agguati, di acquisizioni dall’estero, magari per quattro soldi. E poiché non possiamo permettercelo, ecco che è quanto mai necessario aggiornare, rafforzare e migliorare l’unico baluardo di cui disponiamo, il “golden power”. Già nell’autunno scorso un decreto del governo aveva imposto l’autorizzazione governativa sugli acquisti di imprese strategiche da parte di soggetti non europei in asset delicati. Adesso – avendo visto che Francia e Spagna sono già intervenute in tal senso – si è fatto un secondo passo, usando il decreto liquidità, aggiungendo i settori alimentare, assicurativo, sanitario, finanziario e della cybersicurezza a quelli di energia, trasporti, comunicazioni e della sicurezza nazionale che fin qui erano considerati strategici e quindi meritevoli di protezione. Diventa più ampio, quindi, il campo di applicazione del “diritto di veto” che l’esecutivo potrà esercitare su operazioni di acquisizione, anche di quote azionarie minoritarie, di tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica per l’economia nazionale. Si tratta di un intervento opportuno. Innanzitutto, perchè non possiamo permetterci che aziende che operano in settori chiave siano acquisite, tanto più se per un piatto di lenticchie, in una fase così convulsa del sistema economico mondiale. E poi perchè bisogna assolutamente mantenere in Italia le capacità di ricerca, innovazione e sviluppo, nonché il possesso di know-out tecnologico, pilastri sui cui si costruisce il benessere del futuro. Un parametro oggettivo di ciò si può ricavare dalla quantità di brevetti posseduti o registrati dalle varie aziende negli ultimi anni presso l’European Patent Office di Monaco di Baviera. Senza dimenticare il valore economico di queste imprese: non solo occupazione, valore aggiunto, indotto, capacità di attrarre investimenti, specialmente esteri, ma anche essere l’anello più importante di complesse catene di fornitura, capofila nella definizione di piani di sviluppo industriale di alcune filiere. In Italia esistono molte brillanti aziende strategiche, che generano ricchezza e che sono meritevoli di protezione con il golden rule, a partire da Eni, Enel e Snam. Una categoria 16

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IL MINISTERO DEL TESORO

Col decreto liquidità è stato ampliato il campo di applicazione del “diritto di veto” dell’esecutivo all’acquisto di imprese italiane dall’estero particolare, poi, si concretizza nei cosiddetti general contractor, soggetti pubblici o privati tra i quali Leonardo, Saipem, Fincantieri, Prysmian, Ansaldo Energia, Salini-Impregilo, Techint/Tenaris e Danieli. Alcuni di loro poi, oltre alla protezione, dovrebbero essere sottratti alla fluttuazione del mercato delle commodity (pensate al prezzo del petrolio, oggi più basso dei costi di estrazioni), e quotati in Borsa nel settore dei “prodotti e servizi industriali” meno esposto alle speculazioni (il caso di Saipem e Tenaris). E poi si potrebbe tenerli in considerazione per un utilizzo massimo e “distribuito” quando finalmente partirà la realizzazione di quel piano industriale di cui già avevamo bisogno prima del Covid19, ma di cui ora non possiamo fare a meno se vogliamo risollevarci. Insomma, rafforziamo la golden rule. Proteggiamo e sfruttiamo quei campioni che possono guidare la ripresa. Altrimenti da questa malattia non ci riprenderemo mai. (twitter @ecisnetto)


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I TITOLI BIOFARMACEUTICI SUGLI SCUDI

IL COVID-19 ACCENDE TUTTO L’«HEALTHCARE» di Gloria Valdonio

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hi aveva investito nelle aziende biofarmaceutiche prima della dichiarazione di “stato pandemico” da parte della Oms lo scorso 11 marzo ha potuto dormire sonni più tranquilli di chi non lo avesse fatto, almeno per quanto riguarda la salute del proprio portafoglio. Sono infatti numerose le aziende del settore che si trovano oggi sui massimi registrati negli ultimi anni. Il contesto poi resta ancora più favorevole, non solo per l’emergenza sanitaria in atto la cui soluzione arriverà solamente dalle scoperte scientifiche del settore, ma anche perché nei periodi di crisi economica le aziende farma sono considerate al riparo dalle tempeste in quanto i tassi di crescita del fatturato hanno minori fluttuazioni rispetto ad altri settori e mostrano una maggiore resistenza grazie alla domanda stabile, alle economie di scala e all’innovazione.

LA “NUOVA NORMALITÀ” FAVORIRÀ IL SETTORE BIOTECH, LE FORNITURE SANITARIE E I GRANDI GRUPPI FARMACEUTICI

Scomposizione per sotto-settore dell’indice MSCI Health Care (dati da inizio anno al 13/03) Life Sciences Tools&Services

1% Health Care Tech

5,9%

Health care Providers

13,1%

44,6% Pharmaceuticals

14,6%

Biotechnology

20,8% Health Care Equipment

FONTE: BLOOMBERG FINANCE L.P., STATE STREET GLOBAL ADVISORS

18

maggio 2020

E la domanda questa volta resterà ben sostenuta considerato che il virus secondo alcuni scienziati (ma non tutti) potrebbe accompagnare l’umanità per altri due anni, e perché - stando alle dichiarazioni dei leader politici - la crisi del Covid-19 è una “guerra” di salute pubblica e in guerra servono le armi. “Se i professionisti in ambito sanitario sono i nuovi soldati e i farmaci le nuove armi, è probabile che le popolazioni richiedano budget più sostanziosi per la sanità. Pertanto possiamo aspettarci un aumento della spesa pubblica in questo senso”, è scritto in un recente report di Candriam. Gli autori dell’analisi ritengono anche abbastanza verosimile che i titoli dell’healthcare saranno esposti a minori rischi durante le prossime elezioni statunitensi perché, “da qui a novembre, i candidati contrari a un aumento della spesa pubblica potrebbero essere costretti a dover scegliere tra concedere un incremento dei fondi per la sanità o perdere consenso tra gli elettori”. A questo riguardo bisogna ricordare che le prossime elezioni non riguardano solo la Presidenza Usa, ma che in gioco ci saranno anche molti seggi del Congresso e le elezioni statali. Per queste ragioni la “nuova normalità” sarà di supporto non solo per il biotech e le attrezzature sanitarie, ma anche per i gruppi farmaceutici più grandi e diversificati. “In ogni caso il Covid19 fornirà gas al settore anche nel lungo termine e prima o poi tutti i gestori istituzionali e di fondi dovranno considerare nella riallocazione dei portafogli anche il settore healthcare che negli ultimi anni è stato molto sottopesato”, spiega il team di analisti di Candriam. Prima della tempesta Prima di capire quale sarà l’influenza del Covid-19 sul futuro delle industrie farmaceutiche vediamo quale era la situazione prima dell’emergenza sanitaria. «Per il 2020», spiega Eugene


COVERSTORY I GESTORI ISTITUZIONALI E I FONDI SVOLTANO: AVEVANO SOTTOPESATO IL COMPARTO Hardonk, presidente di J. Lamarck (società advisor dei comparti Selectra J. Lamarck Biotech e Selectra J. Lamarck Pharma quotati su Borsa Italiana) «avevamo messo in conto un po’ di volatilità, soprattutto perché è l’anno delle elezioni americane e, come accade da più di vent’anni, non era da escludere nemmeno questa volta il ritorno della retorica politica, la cui soluzione per contenere la spesa sanitaria è sempre quella volta alla riduzione del costo dei farmaci. Cosa che penso quest’anno non avverrà». Ovviamente la pandemia ha soffiato via le nuvole che si addensavano sul settore e certamente sui cieli delle big pharma americane che, come detto, si trovano oggi sui massimi registrati negli ultimi anni. «Gli investitori che cercano opportunità relativamente sicure per entrare nel mercato potrebbero prendere in considerazione il settore sanitario, che ha sovraperformato su base relativa nella maggior parte dei giorni della crisi attuale e ha raccolto importanti flussi da parte degli investitori (vedi grafico sottostante, n.d.r.)”, è il parere di Francesco Lomartire, responsabile di Spdr Etfs per l’Italia.

FRANCESCO LOMARTIRE

Farmaci poco remunerativi... Ci sono però alcune considerazioni da fare. Come ricorda Christophe Eggmann, investment director per il settore sanitario di Gam, se le epidemie precedenti ci hanno insegnato qualcosa, è lecito credere che il coronavirus avrà un impatto molto limitato sulle società farmaceutiche. «L’esperienza ci ha dimostrato che in uno scenario pandemico, gli investitori

Performance dei settori dell’indice MSCI World 0

Percent

-10 -20 -30 -40

Energy

Materials

Financials

Industrials

Consumer discretionary

MSCI World

Communication services

Consumer Staples

Utilities

Healthcare

Real Estate

Info Technology

-50

FONTE: BLOOMBERG FINANCE L.P., STATE STREET GLOBAL ADVISORS, DATI DA INIZIO ANNO AL 13/03/2020

sono spesso attratti dalle azioni di società coinvolte nello sviluppo di un antivirale/vaccino per contenere la diffusione della malattia», dice Eggmann. Che aggiunge: «Purtroppo però lo sviluppo di nuovi farmaci non avviene dall’oggi al domani, e in tal senso è difficile che ci sia un’approvazione di un nuovo farmaco nel prossimo futuro». Un esempio a sostegno di Eggman lo fornisce il caso dell’americana Gilead: alcuni anni fa la casa farmaceutica ha sviluppato un farmaco chiamato Remdesivir come trattamento per il virus Ebola. Il farmaco ha dimostrato anche un’efficacia antivirale contro altri virus, tra cui la famiglia dei coronavirus, ed è ora in fase di sperimentazione in Cina. Il titolo Gilead Sciences ha fatto un balzo 16,1% a Wall Street il 17 aprile, dopo che un ospedale di Chicago ha dichiarato “positivi” i risultati ottenuti sui pazienti di Covid19 trattati con quella molecola. «Tuttavia», dice Eggmann, «una volta considerate le sfide legate alla proprietà intellettuale, la strada per l’approvazione del farmaco che rimane poco chiara, i prezzi bassi e altre considerazioni etiche, siamo portati a pensare che i benefici finanziari per Gilead saranno in ultima analisi probabilmente insignificanti». Non è così per il vaccino, che nel caso del coronavirus non sarà pronto prima del 2021 calcolando che i tempi per la realizzazione di un prodotto testato, sicuro e disponibile su larga scala sono di 18-24 mesi. Semmaggio 2020

19


GLI ETF DEDICATI AL SETTORE SANITARIO SONO SECONDI COME FLUSSI COMPLESSIVI DA GENNAIO A METÀ APRILE pre ammesso che sarà ancora utile e che non venga dichiarata molto prima la fine dell’emergenza.

...E farmaci remunerativi Per fare un esempio vicino nel tempo con il vaccino per l’influenza suina (sottotipo H1N1) del 2009 si calcola che Novartis abbia guadagnato un miliardo di franchi svizzeri, Glaxo Smithkline 1,7 miliardi di franchi, mentre Roche con il famoso antivirale Tamiflu ha guadagnato oltre 3 miliardi di franchi. «Il successo dello sviluppo del vaccino rimane la chiave per porre fine alla pandemia Covid-19», dice Jeff Meys, senior portfolio manager di NN Investment Partners. «Mentre i vaccini non saranno pronti a breve per il pubblico, attualmente ci sono oltre 50 candidati in fase di sviluppo. Questi includono farmaci di Moderna, Johnson e Johnson, Pfizer e Sanofi, e si avvalgono di vari approcci, aumentando così le probabilità di successo». “Tuttavia», aggiunge Meys, «ci vorrà del tempo per stabilire la completa sicurezza ed efficacia dei candidati prescelti». Attualmente non esiste nemmeno un trattamento antivirale specifico per Covid-19. Tuttavia i farmaci precedentemente sviluppati per il trattamento di altre infezioni virali come la Sars e il Mers sono in fase di test per vedere se possono essere efficaci anche contro il virus che causa Covid-19. Secondo Meys, è più probabile che un antivirale sia in commercio prima di un vaccino. E le aziende con prodotti antivirali in prova includono, oltre alla citata Gilead (Remdesivir), la Roche (Actemra) e la Clorochina, un farmaco generico prodotto da Bayer, Novartis, Mylan, Teva e altri. Ma non per questo Meys considera il settore healthcare attraente, anche dal punto di vista storico, rispetto ad altri settori. Infatti si prevede che la crescita a lungo termine sarà sostenuta da diversi forti trend demografici globali: «L’invecchiamento della popolazione in aumento e un’assistenza sanitaria nei mercati emergenti che sta diventando sempre più accessibile a una parte più ampia

JEFF MEYS

della popolazione sono gli elementi positivi per il settore nel medio e lungo termine», spiega Meys.

I consumi di marzo (variazioni rispetto a marzo 2019) CHI HA GUADAGNATO

CHI HA PERSO

Alimentari

Abbigliamento

-67,4%

Servizi per la casa

9,6%

-15,7%

Comunicazioni

8%

Pubblici esercizi

-68,4%

Carburanti

Farmaceutica

4%

Servizi ricreativi

-71,2%

Elettrodomestici

-54,3%

-44%

Tabacchi

3,5%

Alberghi

-75%

Mobili, tessili

-66,2%

Energia elettrica

0,5%

Trasporti aerei

-81%

Giochi, articoli sportivi

-66,3%

Cura personale

0,1%

Automobili

FONTE: ELABORAZIONI CONFCOMMERCIO

20

maggio 2020

-82,4%

La spesa sanitaria Per il breve periodo invece la spesa sanitaria pubblica di emergenza potrebbe produrre benefici diretti sui servizi del settore sanitario in tutto il mondo. Come spiega Lomartire ci saranno molte discussioni in tutti i Paesi su come suddividere la spesa per combattere l’epidemia di coronavirus e questo però non favorirà esattamente tutta la filiera. I sottosettori del comparto presentano driver e sensibilità diverse dal punto di vista economico (vedi grafico a torta a pagina 18). «Molte aziende», spiega lo strategist, «subiranno l’impatto negativo degli effetti a catena del coronavirus, come l’annullamento delle operazioni di routine e i ritardi nelle tempistiche cliniche e regolamentari e negli investimenti per la ricerca». Altri due fattori critici – avverte ancora Lomartire - saranno le interruzioni della filiera sanitaria (che già deve fare i conti con scarsità di tamponi, maschere, camici, ecc.) e la ridotta disponibilità di farmaci generici, per via della forte dipendenza dalla Cina per la produzione di principi attivi farmaceutici.

Portafogli antivirali Il settore healthcare è difensivo, visto il tipo di prodotti e servizi offerti, e ciò si


COVERSTORY può evincere dalla crescita degli utili relativamente stabile nel tempo. E anche il basso beta azionario ne sottolinea le caratteristiche di difensività. Il settore è quindi visto dagli analisti come un investimento di qualità, con rendimenti elevati e un rapporto debito/equity relativamente basso. Inoltre la maggior parte delle aziende sembra avere un flusso di cassa sufficientemente robusto per continuare a pagare i dividendi, cosa che non avverrà in tutti i settori. «Tuttavia per le imprese tecnologiche in ambito sanitario, la pandemia potrebbe generare parecchia crescita», dice Hardonk. «Così come gli ospedali e le aziende attive nel settore della distribuzione dei farmaci potrebbero trarre vantaggio dall’aumento dei ricoveri e della spedizione di dispositivi medicali». In ogni caso antivirali e vaccini occupano le copertine dei Tg e dei giornali e le aziende biotecnologiche sono in corsa, con il supporto delle autorità governative, per trovare una soluzione per il virus Covid-19. Nello scenario più probabile alcune società emergeranno vittoriose, premiando gli investitori con rendimenti accattivanti. «Da anni», dice lo strategist, «la nostra società raccomanda ai clienti di dedicare una parte consistente, ovvero dal 7 al 10%, del portafoglio dedicato alla salute, proprio alle aziende impegnate nella produzione di antivirali che negli ultimi anni sono state in grado di trovare soluzioni a malattie devastanti come l’epatite C o realizzare veri e propri vaccini contro virus responsabili di diverse patologie oncologiche come il cancro della cervice uterina o quello alla

EUGENE HARDONK

Flussi netti negli Etf settoriali domiciliati in Europa da inizio anno ($m) Info Technology Healthcare Utilities Materials Energy Real Estate Consumer Staples Industrials Communication services Consumer discretionary Financials

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

FONTE: BLOOMBERG FINANCE L.P., STATE STREET GLOBAL ADVISORS, DATI DA INIZIO ANNO AL 13/03/2020.

gola. Sembra poi che anche gli anticorpi monoclonali svolgano un ruolo essenziale per la riduzione dell’infiammazione causata dalla polmonite». Tra i comparti maggiormente favoriti, secondo Hardonk, ci sono, oltre all’immuno-oncologia, anche le tecnologie Crispr, mentre le terapie geniche in generale potrebbero avere un grande impatto sull’accelerazione dello sviluppo delle pipeline di farmaci, rendendo le aziende che operano in questo segmento partner interessanti per le grandi aziende farmaceutiche. Due aree legate alla lotta contro il Covid-19 sono particolarmente interessanti invece secondo Lomartire: la fornitura di kit per i tamponi e ovviamente lo sviluppo di vaccini per il virus. «Le aziende coinvolte in queste aree potrebbero trainare le performance del settore sanitario e la stragrande maggioranza di esse sono quotate sull’indice Msci World Health Care Index», dice lo strategist.

Titoli in evidenza Come si vede, c’è molta carne al fuoco. Dai dati pubblicati da State Street Global Markets a metà aprile si evince che gli investitori istituzionali sono stati acquirenti netti di titoli del comparto healthcare in Europa, Stati Uniti e a livello globale, venendo in media da un posizionamento precedente di ampio sottopeso. I titoli in evidenza sono quelli che nelle ultime settimane si sono messi in luce nella lotta contro il nuovo virus. I nomi più ricorrenti sono Vir Biotechnology, Moderna, Inovio, CureVac, Novavax e Roche. “A parte quest’ultima, che ha ottenuto risultati importanti con il Tolicizumab, un anticorpo monoclonale per l’artrite reumatoide, ritengo che potrebbero essere Regeneron, che sta lavorando su un approccio anticorpale grazie alla piattaforma tecnologica che ha già dimostrato risultati positivi nel corso dell’epidemia di Ebola del 2015, e Gilead Sciences le aziende più avanti nella ricerca della terapia”, aggiunge Hardonk. Quanto agli Etf, infine, quelli dedicati al settore sanitario domiciliati in Europa (e che replicano indici healthcare europei, statunitensi e mondiali) sono stati i secondi come flussi complessivi da inizio anno a metà aprile. maggio 2020

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INTERVISTA CON RICCARDO PALMISANO, A.D. DI MOLMED E PRESIDENTE DI ASSOBIOTECH

BIOTECH, BENEFICI A METÀ VOLA SOLO CHI LAVORA SUL VIRUS di Marco Scotti

S

i pensa che il settore farmaceutico sia quello più “beneficiato” da una pandemia. Tutti gli sforzi si concentrano nella ricerca di una cura e ci si immagina che la gran parte delle risorse disponibili convergano in quel comparto. «In realtà non sono solo rose e fiori – ci spiega Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec, l’associazione che riunisce le imprese nel comparto delle biotecnologie – anzi, da quando ha fatto la sua comparsa il Covid-19 le aziende che hanno progetti di ricerca clinica su nuovi prodotti, attività chiave per le imprese vocate all’innovazione, incontrano un problema enorme: gli ospedali sono impegnati a fare altro». Un serio problema di rallentamento dei progettiduro colpo per un comparto ad alto tasso d’innovazione, con un rapporto tra investimenti in ricerca e sviluppo e fatturato mediamente del 4,31%, più del triplo di quanto avvenga nel manifatturiero, dove questa percentuale si riduce all’1,05%. Palmisano, chi si immaginava il settore delle biotecnologie che staccava ricche cedole con guadagni enormi in Borsa rimane deluso dalle sue parole… C’è chi come Diasorin, che ha brevettato il test rapido per individuare il Coronavirus, ha visto salire di molto la propria valutazione a Piazza Affari. Per il resto il valore delle poche imprese biotech ad alto contenuto tecnologico ha avuto un immediato calo sui listini, salvo poi mostrare segni di recupero. A parte casi isolati e che dipendono molto dall’emotività legata all’affannosa ricerca del vaccino o di una cura efficace. La media delle piccole aziende del comparto biotech, che vivono per la natura stessa del ciclo di vita dei propri progetti un alto livello di aleatorietà, ha perso più di quanto avvenuto in altri settori dell’industria tradizionale. E questo per una serie di motivi. Ce li vuole ricordare? In primo luogo perché tutti quei soggetti che hanno avviato dei progetti di ricerca clinica sui prodotti, cioè la maggior parte, stanno riscontrando il blocco degli ospedali, che sono interamente dedicati all’assistenza dei malati da Covid-19. Tanti interventi sono stati rinviati e, allo stesso modo, tanti studi clinici come quelli sui Car-T. Perché per portare avanti questo tipo di trial clinico è necessario avere a disposizione dei letti di terapia intensiva, in caso di effetti gravi come la sindrome da rilascio di citochine. I posti però, com’è ovvio, sono destinati ai malati più gravi di quest’epidemia e tutta questa emergenza rallenterà di almeno sei mesi la conclusione degli studi clinici sulle nuove terapie. La cosa ha un impatto significativo sul time to market. Quali altri danni vi ha arrecato il Covid-19? 22

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RICCARDO PALMISANO, AMMINISTRATORE DELEGATO DI MOLMED

Il vistoso rallentamento delle attività regolatorie. L’Aifa, l’Istituto Superiore di Sanità, il Consiglio Superiore di Sanità sono deputati all’approvazione di farmaci e medical device, ma in questo momento sono i soggetti deputati alla gestione dell’emergenza e nel tentativo di impiegare medicinali già noti in modalità “off label”, cioè per scopi diversi da quelli indicati sul bugiardino. Ma questo rallenta evidentemente il processo di autorizzazione di nuove terapie e anche in questo caso siamo di fronte a un problema rilevante per aziende che vivono di innovazione come quelle biotech. Che lezione possiamo trarre dalla tragedia del Covid-19? Che la ricerca è fondamentale, che bisogna investire pesantemente e che o si è preparati, con una lunga storia alle spalle, oppure se si deve partire da zero si arriva a una soluzione quando l’emergenza è già finita. Prendiamo ancora Diasorin: ha una storia straordinaria, ha acquistato aziende negli Stati Uniti e quando ci siamo trovati di fronte al Covid-19 ha potuto avviare una serie di attività che l’hanno portata a realizzare il tampone rapido e i test sierologici. Lo stesso discorso vale per le aziende dell’area di Castelromano: Irbm, Takis e Reithera sono state da subito attive nella ricerca di un vaccino e grazie anche ad alleanze internazionali sono in prima linea per arrivare alla clinica e


COVERSTORY alla successiva autorizzazione. Ma in ricerca non si improvvisa. Dalla stessa tradizione di competenza anni fa nacque Okairos, che trovò il vaccino contro l’ebola e che poi fu acquisita per 250 milioni da Gsk, la stessa società che oggi detiene il campus vaccinale di Siena. Ma se ci spostiamo al settore delle terapie antivirali, siamo molto indietro, perché in Italia non abbiamo investito in ricerca biotech, in proteine ricombinanti o anticorpi monoclonali. Il risultato è che nessuno nel nostro Paese sta lavorando a una cura contro il Covid-19 ex novo. Lei parlava di investimenti, ma il pubblico che cosa fa? Partiamo dall’assunto che in Italia si investe troppo poco in ricerca e sviluppo: nei piani 2020 dovevamo puntare al 3%, mentre ancora lo scorso anno eravamo fermi all’1,3%, una cifra che è assai più bassa di quella dei nostri competitor europei, senza parlare di Usa, Giappone o Cina. E bisogna imparare da quanto successo in queste settimane nella collaborazione pubblico-privato per non perdere questo abbrivio quando l’emergenza sarà alle spalle. Nei Paesi scientificamente più evoluti, grazie al trasferimento tecnologico e ad una struttura di capitale di investimento matura, l’eccellenza della ricerca pubblica e no-profit alimenta le pipeline delle imprese innovative, con vantaggi per l’intero sistema, a partire naturalmente dai pazienti. Eppure l’Italia è un’eccellenza nel farmaceutico… È vero, negli ultimi due anni abbiamo superato la Germania dal punto di vista della produzione e abbiamo una percentuale altissima di export. Noi siamo eccellenti nella produzione di farmaci di sintesi chimica e la maggior parte della nostra produzione si concentra su farmaci fuori brevetto, che sono nobilissimi e che sono peraltro i più grandi alleati dell’innovazione grazie al risparmio.. Ma se vogliamo mantenere questa leadership anche nei prossimi 15 o addirittura 30 anni, non possiamo prescindere dalla capacità di attrarre player internazionali per portare avanti progetti di produzione biotecnologica come: proteine monoclonali, anticorpi ricombinanti, vaccini, insuline e terapie avanzate. La nostra ricetta è semplice: creare un ambiente attattivo affinché le imprese siano incentivate innanzitutto a trasformare fabbriche esistenti da stabilimenti di sintesi chimica a impianti di produzione biotech. È successo in Toscana, può succedere in tutta Italia. Gli stessi interventi di tipo fiscale e normativo sarebbero atti ad attirare da zero le multinazionali che al momento hanno nel nostro Paese soltanto gli uffici commerciali e per installare i loro nuovi impianti di produzione si muovono tra Irlanda, Belgio, Olanda, Francia o anche la vicina Svizzera. Abbiamo i nostri punti di forza, come maestranze eccellenti riconosciute in tutto il mondo e un costo del lavoro relativamente basso. L’emergenza Coronavirus prima o poi finirà: quali sono i temi su cui ci si dovrà concentrare? Un avvenimento enorme come questo ha scoperchiato diversi problemi. In primo luogo, come già detto, dobbiamo puntare forte sulla collaborazione tra pubblico e privato. La mobilitazione sta dando dei risultati importanti, come l’ospedale San

Matteo che lavora con Diasorin, il centro Pascale di Napoli che con Roche mette a punto il protocollo per l’artrite reumatoide. Novartis ha messo a punto una task force per portare a casa dei pazienti oncologici le terapie orali anche se non sono prodotti dalla stessa Novartis. Queste e tante altre iniziative in corso dovrebbero insegnarci che, insieme, si possono fare grandi cose. E poi bisogna continuare a fare ricerca su tutte le patologie. Perché, al di là dell’emotività del momento, rimangono in libertà ancora moltissimi “killer”. Ad esempio? Prima di tutto le malattie cardiovascolari. E poi c’è l’enorme settore dell’oncologia, dove alcuni tipi di tumori sono ancora totalmente irrisolti. Spesso riusciamo a incrementare l’aspettativa di vita di 3-5 mesi, ma non più. Bisogna lavorare sulla combinazione di diagnostica, prevenzione e terapie per ottenere nel campo di diversi tumori solidi gli stessi risultati che abbiamo raggiunto in molti tumori del sangue. Il problema è che la regionalizzazione della sanità è stata un disastro e ha prodotto una disomogeneità nei test di screening oncologico (mammografie, pap test, sangue occulto nelle feci), nelle vaccinazioni, o neall’assistenza ai malati rari, solo per fare degli esempi. Ecco, il Coronavirus ha il merito di averci fatto vedere come la centralizzazione non sia sempre un male, anzi. Poi resta aperto l’enorme problema delle malattie neurodegenerative, che hanno un impatto socio-sanitario drammatico. Ancora: c’è un mondo che da anni attira meno attenzione rispetto al passato, quello degli antibiotici, che deve essere ripreso per forza. A furia di sparare con il cannone contro i moscerini abbiamo sviluppato antibiotico-resistenza e ora bisogna tornare a fare ricerca. Pensa che il Coronavirus cambierà il rapporto che abbiamo con la Cina per quanto concerne i farmaci? Non credo proprio, non ce lo possiamo permettere. Stanno investendo tantissimo in R&D, non sono più soltanto un fornitore di prodotti base, moltissime multinazionali mandano a produrre in Cina e stiamo assistendo a un fenomeno di immigrazione di ritorno: cittadini cinesi che vengono a studiare qui ma poi tornano a casa. Estendendo il discorso anche alle biotecnologie in senso più ampio, c’è qualche ulteriore lezione da cogliere? Prima di tutto ci siamo accorti che non è così scontato trovare determinati prodotti freschi sullo scaffale del supermercato. Servirebbe quindi un sistema di agricoltura nazionale che sia più efficace e più efficiente, con minore consumo di suolo e di acqua e maggiore competitività. Serve un nuovo paradigma, perché gli ogm ormai sono superati, a causa di una furia distruttrice spesso immotivata, ma oggi abbiamo il gene editing che applicato all’agricoltura può farci fare un salto di qualità: non perdiamo questa ennesima occasione!. Infine, altra lezione di questo virus è che l’inquinamento è un alleato potentissimo delle infezioni: gli pneumologi già da anni segnalano un incremento delle malattie respiratorie, che aumentano la mortalità anche delle banali influenze. Bisogna andare verso una produzione di energia più pulita, non da fonti fossili, e anche qui la risposta sta nelle biotecnologie e nella bio-economia.

LA LEZIONE DEL COVID È CHE LA RICERCA RICHIEDE INVESTIMENTI IMPONENTI E COSTANTI

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L’AVANZATA DEI COMPARTI FARMACEUTICI

ARRIVANO I PORTAFOGLI ANTI-PANDEMIA di Rosaria Barrile

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ettore tradizionalmente considerato difensivo, in quanto meno esposto al ciclo economico, il farmaceutico e in particolare in questo momento il biotech, stanno catalizzando l’attenzione degli investitori soprattutto per le attese nei confronti della scoperta di un vaccino per il Covid-19. Tanti i prodotti tra cui scegliere per diversificare, sia a gestione attiva che passiva. Tante le opportunità, ma anche i rischi legati all’elevata volatilità dei prezzi, ai costi degli sviluppi della ricerca e all’incertezza dell’esito dei trial, gli studi clinici sui pazienti. Quali sono gli elementi per capire meglio il settore e su quali criteri effettuare la scelta? Per Andrea Di Salle, responsabile wealth management di IWBank, che rappresenta il punto di vista di chi, operando in architettura aperta, si trova a dover selezionare sul mercato gli spunti più interessanti in grado di

A GESTIONE ATTIVA O PASSIVA, QUESTO È IL MOMENTO DEI FONDI DEDICATI AI SETTORI FARMACEUTICO E BIOTECH

Nella foto Andrea Di Salle responsabile wealth management di IWBank

generare rendimento, «a differenza dei tradizionali investimenti, l’analisi di una società che si occupa di biotecnologie non trova tra i suoi fondamentali la solidità patrimoniale e la redditività dell’azienda. Anzi è ricorrente che fatturati e i redditi siano particolarmente bassi. Lo studio e la ricerca non generano redditi nell’immediato, servono anni, motivo per cui le aziende biotech per finanziarsi devono ricorrere sovente ad aumenti di capitalizzazione, finanziamenti pubblici e privati o, come accade, al supporto di case farmaceutiche. Ritengo che il settore farmaceutico sia quello da tenere in particolare considerazione: più la cura o il farmaco oggetto di ricerca è interessante, più aumenterà la capacità dell’azienda di attrarre nuovi investitori e di generare ottimi fatturati e quindi redditività. Fondamentale diviene quindi studiare ciò che sta dietro l’azienda, occorre informarsi sul farmaco, sulla capitalizzazione ed eventuali finanziamenti pubblici e privati, su eventuali collaborazioni con altre aziende di ricerca, sulla concorrenza e la visibilità della società stessa. Il settore delle biotecnologie è in forte espansione e questa crescita si riflette sui titoli delle società coinvolte. I rischi legati agli investimenti in questo campo sono quelli tipici dei settori innovativi dove la volatilità dei prezzi può essere elevata, influenzata da dinamiche non sempre riconducibili all’andamento economico, dove i costi della ricerca sono di norma elevati e dove il tasso di insuccesso, specie per le aziende start up o di piccola dimensione, è alto. In sintesi si tratta di un investimento ad alto rischio che può essere molto redditizio ma per il quale bisogna essere disposti a investire per un lungo periodo». I trend di sviluppo: vaccini, intelligenza artificiale, ingegneria genetica

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COVERSTORY Nonostante il settore per sua natura torni periodicamente sotto i riflettori, il diffondersi del Covid-19 ha inevitabilmente trasformato l’approccio al biotech segnando una sorta di momento spartiacque. «Mentre prima si favoriva un approccio fondamentale all’investimento principalmente basato sulla crescita prospettica degli utili e in maniera residuale sui catalyst, attualmente il secondo sta assumendo una importanza preponderante», ribadisce Mario Beccaria, responsabile asset management di Banca Generali. «Bisogna tenere in considerazione che le priorità del sistema sanitario e ospedaliero si sono dovute adattare al nuovo contesto, con conseguenti rifocalizzazioni di investimenti nel breve e nel medio periodo e di voci di spesa sui bilanci societari dei diversi sottosettori. In queste ultime settimane ci siamo focalizzati su quelle società che, a vario titolo, possono beneficiare della crisi in termini di crescita delle vendite. Mentre per l’anno corrente la crescita delle vendite per il settore biotech in generale potrebbe attestarsi tra il 2-5%, che rappresentano valori non da poco in questo contesto macroeconomico, alcune società potrebbero avere corrispondenti numeri di crescita di gran lunga superiori. Penso per esempio ai casi di Gilead, Moderna Theraupetics, Diasorin, Co-diagnostics per la loro partecipazione alla lotta contro il Covid-19, o anche Vertex, Biomarin, Incyte, Regeneron per la resilienza del loro business. La nostra view nella lotta contro il virus è positiva basandoci sul fatto che in questo decennio, si è accumulata esperienza su virus analoghi e nel campo dell’ingegneria e del software biotech si sono raggiunte capacità computazionali e di simulazioni di nuove molecole insperabili sino a poco tempo fa. Oltre a prestarsi come tema d’investimento sui fondi azionari globali, in Banca Generali abbiamo sviluppato da tempo un comparto - Lux Im Global MedTech - gestito dalla nostra Bg Fund Management Luxembourg, che focalizza i propri investimenti sui settori healthcare, medtech e biotech. Un approccio multidisciplinare all’investimento con conseguente diversificazione risulta premiante poiché la lotta contro il Covid-19 abbraccia numerosi campi della scienza e pensiamo che in futuro questi verranno ampliati. Pensiamo per esempio quale boost, impensabile sino a ieri, ha ricevuto il comparto del 3D printing, o a quali super calcolatori con utilizzo dell’intelligenza artificiale avremo bisogno in futuro per sconfiggere in tempi brevi ulteriori pandemie». ll Il settore biofarmaceutico ha sempre avuto un ruolo rilevante nei portafogli azionari ed è stato costantemente sovrappesato sia tramite l’investimento diretto in titoli, sia in Etf specializzati da parte di Euromobiliare Advisory Sim del gruppo Credem.

LA CRESCITA DEL BIOTECH NEL 2020 POTREBBE ATTESTARSI TRA IL 2 E IL 5%

Nella foto a destra, Piero Serafini senior portfolio manager di Euromobiliare Advisory Sim (Gruppo Credem). Sotto, Mario Beccaria, responsabile asset management di Banca Generali

«Le società biotecnologiche, con pipeline divenute più trasparenti, nel recente passato hanno dato ai colossi farmaceutici la possibilità di crescere attraverso acquisizioni mirate, soprattutto in un contesto di tassi bassi», puntualizzail portfolio manager Piero Serafini. «Il biotech più che un trend del momento starebbe progressivamente diventando un tema strutturale nei portafogli azionari. Il tema del vaccino, della cura terapeutica, congiuntamente all’enfasi su R&D, sono ritornati prepotentemente alla ribalta, costringendo anche i “generalisti” che investono sui mercati azionari ad approfondire il tema sul settore. Accanto all’appeal speculativo, le valutazioni del settore da qualche trimestre sono tornate molto a sconto rispetto alla loro media storica, ma soprattutto rispetto al Nasdaq, dove la maggior parte di esse sono quotate. Tuttavia l’elevato rischio di ogni singolo titolo, dovuto al semplice motivo che ben più dell’80% dei farmaci testati clinicamente sull’uomo non arriva ad essere commercializzato, unitamente alle elevate competenze necessarie per districarsi in questo difficile settore, rende indispensabile un approccio di portafoglio in quanto la maggio 2020

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SECONDO LA PIATTAFORMA MORNINGSTAR DIRECT SONO ATTUALMENTE 45 I FONDI COMUNI TEMATICI DISTRIBUITI diversificazione riduce la volatilità connessa al singolo titolo. I segmenti, che in questo periodo seguiamo più da vicino, oltre chiaramente a quelli vicini al tanto agognato vaccino, sono principalmente legati all’’oncologia, al Cns (il sistema nervoso, n.d.r.), o a quello noto con l’acronimo CAR-T (la super terapia contro i tumori del sangue, n.d.r.). Riteniamo che la fase due, quella della “riapertura”, non sia di particolare rilevanza per le sorti del settore, piuttosto sarà interessante analizzare la reazione dei principali nomi agli utili del primo trimestre, storicamente abbastanza debole, in modo da capire quale possa essere il “positioning” sul settore per individuare dei livelli di ingresso interessanti». Per Fideuram questo settore può essere inserito come componente satellite in un portafoglio multi-asset globale ampiamente diversificato. «La nostra view sul settore era già da tempo positiva per le prospettive di crescita”, sottolinea Renato Zaffuto, cio di Fideuram Investimenti Sgr. «In queste settimane il settore con i suoi centri di ricerca è in pieno fermento per trovare terapie e antidoti contro il Covid-19 e c’è stata una rapida espansione di test clinici. Gli studi di ricerca per combattere il coronavirus sono passati da uno solo a gennaio a 282 certificati al 10 aprile. L’impatto dell’emergenza coronavirus sul settore è duplice: da un lato si stanno potenziando sforzi di ricerca e sviluppo per terapie e vaccini; dall’altro si possono registrare ripercussioni sulla pipeline dei prodotti non legati a questa emergenza. Riteniamo che una porzione dell’esposizione all’azionario globale possa essere declinata attraverso investimenti tematici e in questo ambito: il settore delle biotecnologie può offrire un’opportunità per cogliere trend di crescita nel medio periodo e per diversificare. Abbiamo per questo già inserito a maggio del 2018 il tema biotech nelle 26

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SERVAAS MICHIELSSENS, CANDRIAM

proposte di investimento attraverso una suite di Gestioni Individuali multi linea “Fogli”, suddivisa in 4 sezioni. La famiglia “tema” contiene oltre 20 linee che investono in specifici temi di investimenti. Il “Foglio Biotech” investe prevalentemente in un basket concentrato di titoli azionari di società legate al settore della biotecnologia, inteso come settore che coniuga le più recenti scoperte dell’ingegneria genetica tramite l’isolamento, la clonazione e il reinserimento di organismi ospite di singoli geni».

Dai fondi comuni agli Etf In Italia, secondo la piattaforma Morningstar Direct, sono attualmente 45 fondi comuni tematici distribuiti che investono in questo settore del mercato azionario. Tra i gestori storicamente più impegnati in queste strategie si confermano Candriam e Pictet. «Pur avendo un approccio geografico agnostico, data la forte componente innovativa del biotech negli Usa, la maggior parte del nostro fondo Candriam Equities L Biotechnology è investita in aziende di questo Paese», racconta Servaas Michielssens, fund manager e senior biotechnology analyst di Candriam. «In genere, troviamo il miglior rapporto rischio rendimento nelle aziende che si trovano nella fase 2 dello sviluppo, ovvero che hanno completato i primi studi clinici sui pazienti, che ci permette di fare una valutazione approfondita dei farmaci in fase di sviluppo. Allo stesso tempo un’azienda in fase 2 in genere ha grandi potenziali di rialzo, poiché molti investitori trovano troppo rischioso investire in aziende non ancora alla fase commerciale. Non c’è un focus specifico su una malattia, investiamo in qualsiasi area terapeutica in cui vediamo un chiaro progresso, tuttavia i due segmenti più rappresentati sono le malattie orfane e il cancro. Entrambe sono aree ad alto bisogno insoddisfatto, grande innovazione e anche giustamente prezzate”. Per Tazio Storni, senior investment manager dei comparti tematici Pictet-Biotech e Pictet-Health di Pictet Asset Management, «il mercato ha reagito molto negativamente alla diffusione della Covid-19, ma nel settore biotech si sono verificati alcuni eventi che potrebbero limitare tale trend sfavorevole. Molte società biotech stanno cercando una soluzione per contenere la diffusione del virus e mitigarne gli effetti sulla salute. Potrebbero emergere rapidamente nuove


COVERSTORY

ANDREA FAVERO, BLACKROCK ITALY

FRANCO ROSSETTI, INVESCO

terapie promettenti; per lo sviluppo di vaccini, invece, le tempistiche saranno più lunghe. Il nostro fondo Pictet-Biotech sta sovraperformando l’indice Msci Acwi da inizio anno. Il principale contributo positivo è giunto dalla sovraesposizione a Regeneron, Vertex e Gilead. Nonostante l’attuale contesto il posizionamento del fondo però non è stato modificato. Prediligiamo le aziende con ampia liquidità o redditività. Abbiamo diverse aziende che lavorano su terapie contro il Covid-19. Continuiamo a preferire titoli di qualità elevata con attività diversificate che possono mitigare l’impatto del coronavirus. Il risultato è un portafoglio meno esposto alle mega cap rispetto al Nasdaq Biotechnology Index. A nostro avviso tale caratteristica rappresenta un importante elemento di diversificazione, dal momento che molte di queste società hanno prodotti nella fase finale del ciclo di vita». Tra le

strategie per investire sul biotech, diversificando e mitigando il rischio rispetto ad un investimento diretto in un titolo azionario, oltre ai fondi comuni vi sono gli Etf tematici tra cui quelli di Invesco e BlackRock. «Abbiamo lanciato Invesco Nasdaq Biotech Ucits Etf nel 2014, per rispondere al bisogno di numerosi investitori che ricercavano esposizione a temi più specifici rispetto a quelli coperti dagli Etf settoriali”, precisa Franco Rossetti, senior Etf relationship manager di Invesco. «Con oltre più di 200 titoli, l’indice Nasdaq Biotechnology comprende alcune grandi aziende farmaceutiche, ed in particolare società specializzate in biotecnologie. Ciò offre agli investitori un paniere composto da un’ampia gamma di società, che include grandi multinazionali, in grado di offrire numerosi prodotti, ma anche aziende più piccole, specializzate su un’unica linea di produzione. Questa diversificazione consente all’Etf di ricercare i possibili rendimenti provenienti da prodotti consolidati e largamente diffusi, e allo stesso tempo di fornire esposizione ad alcuni dei potenziali futuri successi ancora in fase di sviluppo. Ma tra i rischi di queste società, ricordiamo la possibilità che il prodotto non superi determinati passaggi nel processo di sviluppo, o addirittura che si imbatta in problemi post-approvazione da parte dei vari organismi competenti. Per mitigare questi rischi, una possibile soluzione è offrire un portafoglio diversificato». All’indomani della crisi sanitaria globale che stiamo vivendo, BlackRock al pari di altri asset manager, si aspetta un significativo aumento degli investimenti nel settore sanitario, sia da parte del pubblico che del privato. «L’Etf iShares Healthcare Innovation, negoziabile su Borsa Italiana, è ben posizionato per trarre beneficio da tale convergenza di capitali consentendo un accesso diversificato e a prezzi concorrenziali a società di tutto il mondo concentrate sull’innovazione nei servizi globali per la cura della salute», spiega Andrea Favero, head of asset managers di BlackRock Italy. «Nello specifico l’Etf investe globalmente in società che creano innovazione nell’ambito delle biotecnologie, dei dispositivi medici, tra cui strumenti per la cardio-robotica, e dei servizi sanitari, tra cui per esempio software per lo sviluppo di farmaci, caratterizzate da una domanda non ciclica che ha permesso all’ Etf iShares Healthcare Innovation di beneficiare di una performance resiliente anche in questo difficile primo trimestre del 2020».

Nella foto in basso, Tazio Storni, senior investment manager di Pictet-Biotech e Biotech-Health di PictetAM. Nella pagina accanto, Renato Zaffuto, cio di Fideuram Investimenti Sgr

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LE PREVISIONI DEGLI ASSET MANAGER

DAL BOSS DEL 5G AI SIGNORI DEL WEB di Davide Passoni

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n un’Europa che, a diverse velocità, affronta la cosiddetta “fase 2” della pandemia, l’economia prova a individuare gli asset strategici su cui fondare le basi per la ripresa, seppur con tempi da decifrare. L’hi-tech è un settore su cui puntare l’attenzione; mantiene infatti buoni fondamentali in quanto proseguono molte delle tendenze positive degli ultimi anni come l’incremento della velocità di rete, gli investimenti sul cloud e la vitalità dell’e-commerce. Investire ha chiesto un parere sul tema ad alcuni importanti asset manager, per capire le potenzialità dei player 5G nel trainare il mercato della ripresa. «Il panorama aziendale che si evolverà dopo la pandemia di coronavirus sarà diverso da quello che conoscevamo in precedenza. Come per i mercati, la vita non tornerà al modello precedente. Nell’ambito dei danni economici, ci sarà anche spazio per innovazione e progresso, e molte imprese diventeranno di conseguenza più forti», commenta Kunjal Gala, co-portfolio manager international di Federated Hermes. «La nostra attenzione rimane focalizzata sui driver strutturali di crescita a lungo termine, come lo sviluppo delle reti 5G. La fase di crisi che stiamo vivendo accelererà e renderà più profonda la penetrazione della tecnologia nel mondo delle imprese e nell’ambito della fornitura di servizi pubblici. Adottando una prospettiva a medio e lungo termine, è probabile si verifichino diversi cambiamenti nelle catene di fornitura globali, nei flussi globali di viaggi/turismo, nel comportamento delle famiglie e nel ruolo della tecnologia all’interno di tutti questi settori». «Le reti 5G», dice ancora Gala, «costituiranno la spina dorsale dei Big Data e dell’Internet delle cose (IoT) e saranno cruciali per le tecnologie di prossima generazione come quelle legate alle cosiddette fabbriche intelligenti, le città intelligenti e le auto intelligenti. Lo sviluppo su questo fronte promette di sbloccare il potenziale dell’automazione attraverso concetti quali velocità ultra-rapide e bassa latenza e le organizzazioni che trarranno i maggiori benefici dalla connettività di prossima generazione saranno quelle che saranno più veloci ad abbracciare i cambiamenti e, di conseguenza, quelle che saranno in grado di capitalizzare i nuovi requisiti tecnologici». «Ci aspettiamo», conclude, «che il 5G sia uno dei temi che continuerà a rappresentare un’opportunità per gli investitori nell’ambito dell’attua28

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I BUSINESS VINCENTI LEGATI ALLO SVILUPPO DEL 5G E DEI SERVIZI AVANZATI SU INTERNET

Nella foto Kunjal Gala, co-portfolio manager International di Federated Hermes

le incertezza economica associata alla diffusione globale del virus, all’indebolimento evidente sui mercati delle materie prime e ai possibili problemi relativi alla qualità del credito. Anche se non ci aspettiamo che i mercati ripartano direttamente verso l’alto dalle attuali condizioni, i prossimi mesi dovrebbero fornire un’ampia finestra per trovare aziende che trarranno vantaggio dai cambiamenti di stile di vita e di lavoro che possiamo aspettarci in un mondo post-virus». Sulla resilienza degli operatori di Tlc e sull’accelerazione della digitalizzazione punta Xiadong Bao, fund manager in Edmond de Rothschild Asset Management: «Le pratiche di distanziamento sociale adottate dai Paesi che, nel complesso, rappresentano una quota del Pil globale superiore all’80% per combattere Covid-19 rendono chiara la sempre maggiore importanza che la connettività ricopre nell’attuale contesto. L’epidemia non ha solo modificato le modalità di svolgimento delle attività d’ufficio, ma ha anche cambiato il modo in cui viene svolto il lavoro di ricerca. I professionisti della


COVERSTORY sanità globale e del mondo della ricerca collaborano oggi a un livello senza precedenti grazie alla connettività fornita dai dispositivi medici terminali e dalle infrastrutture di telecomunicazione. Anche l’intrattenimento online, l’e-commerce e il tracciamento logistico hanno svolto il loro importante ruolo durante la fase di lockdown. Sempre più dispositivi mobili vengono oggi utilizzati come veri e propri strumenti di produzione, che implicitamente ampliano il potenziale dei dispositivi connessi per la copertura della rete 5G». «La tendenza alla digitalizzazione nel percorso dall’offline all’online», prosegue, «sta chiaramente vivendo una fase di accelerazione ben oltre le condizioni di lockdown e le modalità con cui l’economia verrà riavviata può ancora dipendere dalla tecnologia e dalla connettività. Senza prendere in considerazione la discutibile applicazione di tracciamento che può individuare i potenziali rischi di contagio nei luoghi pubblici, il ruolo dei governi nella stabilizzazione e nello stimolo dell’economia può essere abilitato anche dalle moderne tecnologie, come la 5G. La Cina ha già annunciato un piano di stimolo per investire in nuove infrastrutture, tra cui il roll-out accelerato delle stazioni base 5G e la costruzione di un maggior numero di centri dati, che andrà certamente a beneficio dell’intera catena di fornitura 5G, per non parlare della corsa verso l’autosufficienza tecnologica in Cina nel contesto del confronto contro gli Stati Uniti». «Gli operatori di telecomunicazioni, in generale, sono stati in grado di garantire prestazioni resilienti durante le turbolenze del mercato che abbiamo vissuto nelle ultime settimane», conclude, «poiché la maggior parte di loro ha un bilancio solido e una generazione di flussi di cassa costante anche in un momento difficile in cui la maggior parte delle attività economiche si è arrestata. Inoltre un piano di capex molto più disciplinato per il 5G rende gli operatori di telecomunicazioni più interessanti in questo ciclo di migrazione tecnologica rispetto al 3G e al 4G. L’indispensabilità propria dei servizi di telecomunicazione oggi e la resilienza degli asset di telecomunicazione sono caratteristiche ormai riconosciute dalla comunità degli investitori». Infine David Ross, gestore azionario globale di La Financière de l’Echiquier,

SUGLI SCUDI ANCHE I FORNITORI DEI TASSELLI INTERMEDI, DAI SEMICONDUTTORI ALLE RETI

Nella foto sotto David Ross, gestore azionario globale di La Financière de l’Echiquier e, a destra, Xiadong Bao, fund manager in Edmond de Rothschild Asset Management

sposta l’attenzione dai grandi player delle tlc ai fornitori intermedi della catena 5G e agli utilizzatori finali delle reti: «L’emergenza Covid-19 ha accelerato due tendenze già in atto: Lavorare e fare shopping da casa, da cui traggono vantaggio aziende come Amazon e Microsoft. Anche se il 5G, in quanto nuova tecnologia, non ha svolto un ruolo importante, è fondamentale ormai disporre di una connessione internet ad alta velocità, ovunque. Pertanto il 5G sarà una componente importante nella pianificazione delle infrastrutture in quanto fornisce due grandi vantaggi: velocità e ubiquità. Permetterà in futuro di svolgere operazioni a distanza su più ampia scala, nel settore soprattutto dell’automazione industriale. Le fabbriche con il 5G non avranno più bisogno della presenza di un numero elevato di esseri umani diffusori di malattie poiché i sensori sparsi in tutto lo stabilimento saranno in grado di prelevare all’istante i dati da qualsiasi apparecchiatura o linea di produzione e riusciranno a valutare la necessità di una riparazione o ad anticipare i problemi di produzione. L’operaio, alla stregua dell’impiegato, lavorerà da remoto in un mondo 5G». «A mio parere», conclude, «non sono i fornitori di rete ad alta intensità di capitale che offriranno grandi opportunità di investimento bensì i fornitori dei tasselli intermedi, come i semiconduttori, e quelle aziende che utilizzeranno le reti del futuro per creare opportunità di guadagno, per esempio i fornitori di servizi Cloud per le imprese e i consumatori. Questo significa, per il nostro fondo azionario globale Echiquier World Equity Growth, che tra i vincitori nella competizione legata allo sviluppo del 5G ci saranno aziende come Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, Amazon e Microsoft».

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SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

AMBIENTHESIS PUNTA SULL’EXPORT E SI FINANZIA CON UN MINIBOND di Riccardo Venturi

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e aziende attive in campo di economia circolare e sostenibilità ambientale non solo hanno un ruolo sempre più importante viste le precarie condizioni di salute del pianeta, ma sono anche sempre più seguite con attenzione dal mondo della finanza e in particolare dai fondi di investimento, specie se quotate e in salute. È il caso di Ambienthesis, che ha da poco presentato un ottimo bilancio 2019, emesso un minibond da 8 milioni di euro con Intesa Sanpaolo nell’ambito del programma Elite – Basket Bond per finanziare il piano di sviluppo industriale, e che ha raggiunto un rating pubblico nella fascia investment grade, oltre a uno di legalità. I risultati economici 2019 hanno visto un utile netto consolidato pari a quasi 4.5 milioni in crescita del 37,8%; ricavi di gruppo che sfiorano gli 87 milioni con un aumento del 5.5%; un Ebitda incrementato del 34,2%, che supera i 7,3 milioni. «L’esercizio finanziario 2019 conferma il trend crescente delle performance aziendali di Ambienthesis» dice il presidente di Ambienthesis Giovanni Bozzetti, «una crescita connaturata non solo all’aumento di fatturato, efficienza e marginalità, ma anche all’innovazione, alla formazione, allo sviluppo internazionale, oltreché alla responsabilità sociale e al welfare aziendale». Un’azienda con queste caratteristiche ha e ha avuto i suoi pretendenti: «Non nego che nel corso del tempo diversi fondi e molti operatori esteri abbiano manifestato il loro interesse nei nostri confronti» conferma Bozzetti, «ma sinora abbiamo sempre declinato le lusinghiere offerte. Noi siamo interessati a un progetto di crescita industriale sia per linee interne che esterne; da quest’ultimo punto di vista ci stiamo 30

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LA SOCIETÀ DI TRATTAMENTO, RECUPERO E SMALTIMENTO DI RIFIUTI INDUSTRIALI ACCRESCE RICAVI (+37,8%) ED EBITDA (+34,2%)

Nella foto Giovanni Bozzetti, presidente di Ambienthesis

guardando attorno per poter fare acquisizioni nel nostro settore, sia in Italia che all’estero». Ambienthesis resta a oggi una quotata di tipo familiare. «Abbiamo un flottante molto basso, pari al 18%» mette in evidenza il presidente, «la maggioranza della società è riconducibile alla famiglia Grossi, che tra l’altro ha superato una delle sfide imprenditoriali più importanti, quella del passaggio generazionale: Simona e Andrea hanno a pieno titolo superato questa prova per l’intero gruppo Greenthesis di cui la quotata fa parte». Ambienthesis è specializzata nel trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti industriali, negli interventi di bonifica e risanamento ambientale, oltre che nella progettazione, realizzazione e ge-


COVERSTORY stione di impianti destinati allo smaltimento e al recupero dei rifiuti industriali e alla produzione energetica. Possiede e gestisce, tra gli altri, l’impianto di Orbassano, nei pressi di Torino, la più grande piattaforma in Italia per il trattamento dei rifiuti speciali, pericolosi e non, con una capacità di oltre 500mila tonnellate annue. L’attività si svolge un po’ in tutti i settori industriali: «Dall’oil and gas alle acciaierie ex Ilva all’Eni, altro nostro importante cliente» spiega Bozzetti, «fino alle aziende farmaceutiche, chimiche, petrolchimiche e a tutto il settore immobiliare nel quale siamo ritenuti dal mercato un punto di riferimento irrinunciabile per gli interventi di risanamento e bonifica ambientale». Ambienthesis opera su tutto il territorio italiano con diversi impianti, la maggior parte dei quali localizzati nel nord Italia: ma ce n’è anche uno in Puglia e uno nel Lazio. Le attività estere stanno conoscendo un forte impulso. «Il processo di internazionalizzazione è sicuramente una delle principali linee strategiche di sviluppo del nostro gruppo», sottolinea il presidente di Ambienthesis, «anche perché mettiamo a frutto, e vediamo che è molto apprezzata, un’attività trentennale specifica nel nostro settore. Quindi mettiamo a diposizione il nostro know how, la professionalità di tutti i nostri dipendenti, le nostre tecnologie e portiamo un valore aggiunto in termini qualitativi rispetto alle tematiche che affrontiamo nei vari paesi». Oltre alle attività in corso in Polonia e nel Regno Unito, Ambienthesis ha recentemente realizzato una joint venture con Bee’ah Sharjah Environment, il principale operatore nella gestione dei rifiuti negli Emirati Arabi Uniti. Con oltre 7000 dipendenti, Bee’ah è la società di gestione ambientale del Medio Oriente in più rapida crescita. «Medio Oriente in generale e Emirati Arabi Uniti in particolare sono mercati molto

AZIENDA CHE PRATICA IL “GREEN PRAGMATISM” Le attività di ricerca e sviluppo sono al centro dell’attività di Ambienthesis. «Il nostro intento è quello di perseguire la realizzazione di un modello imprenditoriale che sia ecosostenibile e al contempo pragmatico» spiega il presidente Giovanni Bozzetti, «il nostro motto è “green pragmatism”, improntato al miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita. Questo è il motivo per cui il settore R&D è strategico: proprio perché dobbiamo sempre innovarci tecnologicamente per poter individuare quelle metodiche che possano

garantire una migliore gestione del problema ambientale, e così facendo salvaguardare anche il nostro pianeta». Per questo in Ambienthesis si guarda ai lusinghieri risultati ottenuti nel 2019 non solo dal punto di vista dei numeri: «L’esercizio finanziario del 2019 si connatura per una crescita che non è solo in termini economici ma anche di innovazione», precisa Bozzetti. «Abbiamo costituito un team che si occupa di R&D, e intensificato le collaborazioni con primari istituti universitari e studi professionali».

interessanti», nota Bozzetti, «basti pensare che nella Visione 2071 degli Emirati si sono posti limiti molto stringenti per rispettare l’ecosistema del Paese e produrre la maggioranza di energia da fonti alternative rispetto all’oil». Il processo di internazionalizzazione dunque procede, trainato da un nuovo driver: «Il nostro trentennale know how, le nostre tecnologie, la nostra capacità di gestione integrata dei rifiuti in una logica di economia circolare vengono sempre più apprezzate all’estero», rimarca il presidente di Ambienthesis, «a testimonianza di una nuova bandiera del Made in Italy che è proprio quella ambientale, che si è aggiunta a quelle classiche, le 3 F (Food, Fashion, Furniture, n.d.r.) piuttosto che l’automotive. Questo lo dico non solo da presidente di Ambienthesis ma anche da presidente area esteri di Confindustria Cisambiente, l’associazione di Confindustria che raggruppa tutte le aziende che si occupano di ambiente ecologia e bonifiche; vediamo che c’è questa nuova frontiera del Made in Italy che è molto apprezzata all’estero». Oltre all’aspetto decisivo della R&D (vedi box), un altro settore in crescita nell’attività di Ambienthesis è quello del welfare. «Abbiamo attivato una serie di misure a sostegno dei nostri dipendenti» rileva Bozzetti, «anche perché siamo fermamente convinti che l’unica crescita di lungo periodo che può esistere in una realtà aziendale è quella che pone il capitale umano al centro di tutto». Last but not least, la responsabilità sociale. «È un aspetto che ritengo strategicamente vitale», puntualizza il presidente di Ambienthesis, «soprattutto in relazione alle condizioni ambientali globali che vedono il nostro pianeta sempre più sofferente. Siamo impegnati su più fronti in iniziative di diffusione di una maggiore cultura ambientale, volte innanzitutto alle scuole». Ambienthesis ha attivato un forum online con molte scuole dei territori dove sono localizzati i suoi impianti. «Abbiamo messo online, con l’aiuto anche di docenti universitari e dei nostri tecnici, moduli di insegnamento rivolti agli studenti e ai docenti affinché si possa spiegare questo mondo della gestione dei rifiuti e si possa trasferire ai ragazzi i comportamenti virtuosi» conclude Bozzetti. maggio 2020

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SCELTE DI PORTAFOGLIO

FREQUENTARE “PORTI SICURI” IN ATTESA DEGLI STIMOLI FISCALI di Ugo Bertone

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nche stavolta, come sempre capita nelle tragedie, qualcuno può dirsi soddisfatto per aver fatto un buon affare. E’ il caso di Bill Ackman, uno dei corsari più noti di Wall Street che in meno di una settimana ha messo a segno una plusvalenza spettacolare: 2,6 miliardi di dollari contro soli 27 milioni investiti in Cds, cioè negli strumenti usati per assicurare indici e un paniere di obbligazioni, per lo più ad alto rischio merce che, fino allo scoppio della pandemia, veniva scambiata a prezzi stracciati, data la fiducia ispirata dei mercati ma esplosa al rialzo quando l’ottimismo sbandierato da Donald Trump è stato rimpiazzato dalla paura per l’epidemia che ha riportato l’America ai tempi della grande Recessione. Ma i guadagni “monstre” di Pershing Square, il fondo gestito da Ackman hanno suscitato una bordata di critiche per lo show tv del finanziere: il 18 marzo Ack-

BILL ACKMAN

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PER FARE LE MOSSE GIUSTE, NON BASTANO I NUMERI DELL’ECONOMIA MA BISOGNA SAPER “GUARDARE OLTRE” man ha annunciato via Cnbc, il canale finanziario Usa, di voler dare il via alla grande liquidazione dei suoi investimenti, compresi in società come Hilton «destinata a valere zero» perché «sta per arrivare l’inferno e l’America non sarà più la stessa». Peccato che prima di parlare in tv Ackman avesse già venduto garantendosi un suo Paradiso privato. Meno controversa ma altrettanto fortunata la storia del gestore buono che vuol guadagnarsi un posto nel Paradiso ultraterreno: Jonathan Ruffer, finanziere di successo ma anche stimato benefattore che ha pagato di tasca propria il restauro dell’abbazia di Auckland nel cuore dell’Inghilterra, un’impresa che gli è costata 200 milioni di sterline. Mica troppo per uno che, facendo incetta di derivati legati al Vix, l’indice della paura, e di contratti a termine sull’oro, ha guadagnato 2,6 miliardi di sterline partendo da un investimento iniziale di 22 milioni. E adesso? «Non crediamo che la discesa dei mercati sia già finita», spiega il suo braccio destro Henry Maxey, «ma la strategia imperniata sul Vix, l’indice della paura, è ormai è diventata troppo cara. Il mercato oggi è caratterizzato dall’enorme sostegno della Federal Reserve che è destinato a tradursi in un aumento dei prezzi. Per questo abbiamo già cominciato a far incetta di titoli del Tesoro Usa legati all’inflazione. Ma merita attenzione anche lo yen, nella prospettiva di un calo del dollaro». Un consiglio a prima vista bizzarro, dati i tempi. In realtà l’inflazione sembra il minore dei problemi, almeno nel futuro immediato: il calo del petrolio assieme al livello infimo dei tassi di interesse stanno a testimoniare che è semmai la deflazione il pericolo che incombe sull’economia. Ma in una situazione del tutto inedita quale l’attuale non si può escludere nulla: più che compulsare i numeri dell’economia è importante saper “guardare oltre” con la mente sgombra da pregiudizi perché di questi tempi può davvero accadere di tutto, come dimostra l’incredibile crollo sottozero del petrolio texano, un fenomeno senza precedenti


COVERSTORY

È SAGGIO RIDURRE L’AZIONARIO E SPOSTARSI VERSO ORO E TREASURY che ha dimostrato la violenza che può avere l’impatto dell’epidemia sull’economia e i suoi riflessi sulla finanza, pur drogata da massicce iniezioni di liquidità. Certo, il tracollo del greggio trae origine anche da precise cause tecniche. «Ma è anche una prova eclatante», commenta Giuseppe Sersale di Anthilia Partners, «che l’economia moderna, globalizzata, interconnessa e tarata alla massima efficienza non è disegnata per subire un blocco delle attività. E questa non è una frenata, tipica delle recessioni, ma un vero e proprio blocco che da un lato crea accumuli difficili da assorbire e dall’altra sospensioni di approvvigionamenti altrettanto dannose in termini di fatturato e di reddito». In questa cornice in cui non si può escludere che qualche grande attore del mercato debba alzare bandiera bianca in segno di resa (indiziati i private equity piuttosto che le banche a differenza della crisi del 2008), la prima regola resta quella del controllo del rischio in attesa che venda scoperto il vaccino anti-coronavirus o quantomeno prenda corpo una strategia di contenimento del contagio che consenta di limitare i danni e così riprendere una vita quasi normale. Ma che tipo di ripresa sarà, quando ci sarà? L’ipotesi più ottimistica prevede una ripresa a “V”, tendenzialmente inflazionistica, in cui la domanda cresce più velocemente dell’offerta perché i consumatori hanno fretta di recuperare il terreno perduto. Oppure, una più cauta risalita a “U” intervallata da fasi a “W” , come sta capitando in Cina: le fabbriche tornano a produrre, ma i consumi privati restano deboli, un po’ per paura, un po’ per i costi sopportati durante la crisi. Difficile, anche a costo di scomodare l’intero alfabeto, trovare una risposta convincente. Ma un fatto è certo: tutti i Paesi, Stati Uniti in testa ma anche la virtuosa Germania, hanno deciso di far di più sul piano fiscale. E così, pur tra mille resistenze e cautele, sta prendendo corpo un programma di sostegno al reddito nel Vecchio Continente di qualche respiro. Insomma i mercati, che pur stanno incontrando delle difficoltà nel valutare gli sviluppi futuri di tanta incertezza, si stanno orientando verso un quadro che prevede un breve ma brusco calo dell’attività, dei ricavi e dei profitti, seguito dalla fine delle misure di isolamento e supportato da stimoli fiscali pluriennali in grado di far ripartire la crescita. E’quello che pensano i manager tedeschi, come dimostra l’indice Zew. Si dà insomma per scontata o quasi una ripresa delle attività dopo il lockdown, ma si è consapevoli che l’incertezza durerà finché non verrà prodotto (e distribuito) il vaccino che almeno settanta equipè di scienziati in giro per il pianeta stanno tentando di produrre. La prudenza perciò è d’obbligo anche perché non è affatto detto che il mondo

STEPHANIE KELTON

nuovo sarà eguale a quello che ci siamo lasciati alle spalle. E’ saggio, perciò, ridurre (ma non cancellare) le posizioni aperte negli asset più rischiosi, come l’azionario, e spostarsi verso i tradizionali beni rifugio, oro e Treasury a lungo termine in attesa di tempi migliori o, quantomeno, più prevedibili. Ma fino a quando occorrerà frequentare i “porti sicuri”? Senz’altro la cautela è d’obbligo almeno fino alla fine del secondo trimestre. Lo impone una congiuntura fragile, devastata dal tracollo del mercato petrolifero che introduce nuove incertezze in un quadro che già deve fare i conti con il boom della disoccupazione Usa a valori che fanno impallidire il ’29. Dà da pensare trovarci oggi con un dieci per cento di Pil in meno in molti Paesi per il 2020, con disavanzi pubblici del 10-15 per cento, con le filiere produttive inceppate, gli utili falcidiati e i buy back, il motore dei rialzi delle Borse Usa di questi anni, vietati a chi (quasi tutti) vuole usufruire degli incentivi distribuiti a piene mani dalla Casa Bianca. Per non parlare di settori leader per l’occupazione come il turismo ridotti a livello di pura sopravvivenza. Sono svanite quasi tutte le ragioni che, fino a pochi mesi fa, potevano consigliare di comprare (o vendere) azioni od obbligazioni. Ed è presto per capire come, sotto l’incalzare degli eventi sui vari scacchieri (l’Unione Europea, la Cina in ripresa, gli Usa che si preparano al voto in tempi di pandemia), evolverà la situazione a settembre quando, comunque vadano le cose, il mondo dei mercati si muoverà entro nuovi confini. Più a lungo persiste l’epidemia, più alti saranno i costi economici, con la possibilità che il rischio rimanga elevato in tutte le asset class a danno delle quotazioni. Ma d’altro canto ha preso corpo la garanzia di fatto di tassi a zero per tutto il futuro prevedibile e il crollo di tabù fiscali e monetari che già avevano iniziato a sgretolarsi sul piano intellettuale negli ultimi tempi. Il mondo, alle prese con una crisi che ha fatto giustizia del Fiscal Compact, dei vincoli di Maastricht e, in Usa, della riduzione del bilancio federale e di ogni altro scrupolo all’insegna dell’austerità, si è convertito nei fatti alla teoria MMT (Modern Monetary Theory) per cui lo Stato deve fornire ai mercati tutta la moneta che serve pr raggiungere il pieno impiego con l’unico vincolo dell’inflazione che, per ora, non è all’orizzonte, Solo il tempo ci dirà se le tesi brillantemente illustrate da Stephanie Kelton, bionda economaggio 2020

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ALESSANDRO GIGLIO

GIACOMO TILOTTA

ANCHE “CIGNI BIANCHI” IN PIAZZA AFFARI COME GIGLIO GROUP E COFINVEST mista cresciuta a Kansas City («fa piacere ascoltarla», confessa Paul Krugman, «anche se non capisco molte cose che dice») si riveleranno esatte. Per ora prendiamo atto che in Paesi come il Giappone, nonostante la costante immissione di liquidità ed il forte debito pubblico, l‘inflazione resta negativa. O che lo stesso Donald Trump guarda con un certo interesse alla Kelton, già consigliere economico di Bernie Sanders. Perdonate questa digressione, insolita in un articolo dedicato alle scelte di portafoglio. Ma in un momento così particolare, in cui Morgan Stanley dedica l’incipit a una citazione di Lenin (“ci sono decenni in cui non succede quasi nulla e settimane in cui succede di tutto”), è importante tentare di catturare lo spirito del mercato: non si apre una stagione di guadagni facili o tantomeno di recuperi rapidi. Ma la volontà dei governi nazionali e, si spera, dell’Unione Europea può fornire un paracadute con la spinta per uscire con profitto dalla stagione della pandemia scansando i cigni neri che popolano le acque insidiose. Intanto, nell’attesa di capire quali stimoli fiscali verranno messi in azione per far sì che l’attività economica possa riprendere rapidamente a livello normale (anche se in modo assai diverso dal passato) si possono individuare alcuni tempi per il portafoglio della primavera più tormentata del Bel Paese. Solo dopo, quando il quadro sarà più definito, sarà il caso di rivedere le strategie di portafoglio a medio-lungo termine sul fronte degli investimenti azionari. Per ora, non resta che sintonizzare le proprie strategie con un mercato anomalo, popolato di “cigni neri”. Magari alla ricerca dei rari cigni bianchi che emergono nei listini di Piazza Affari. 34

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Tra i vincitori di stagione figurano senz’altro alcuni campioni dell’economia digitale. Meglio di tutti ha fatto Netflix (+23% nell’ultimo mese), premiato dalla clausura imposta dal virus alle famiglie europee e a quelle americane piuttosto che Walt Disney (-1%): la crescita del servizio di streaming non compensano le perdite al botteghino o quelle dei parchi tematici. Da segnalare la performance di Notorious Pictures, quotata all’Aim: la società ha ceduto a Netflix i diritti di Love Wedding Repeat, una commedia brillante che nel giro di una settimana è salita al primo posto nella classifica mondiale della piattaforma. Nell’e-commerce, dominato da Amazon, spicca in casa nostra Giglio group, la società quotata a Milano che ha sfruttato alla grande la lunga frequentazione della piazza cinese. Alessandro Giglio, un passato da regista tv con Raffaella Carrà, ha siglato un accordo con Sinopharm, uno dei più grandi gruppi farmaceutici al mondo, quotato alla Borsa di Hong Kong per la distribuzione di prodotti sanitari, non solo mascherine, legate all’emergenza sanitaria. Giglio ha rapidamente adattato a tempi record il modello di business aggiungendo la sanità alle altre linee di prodotto (alimentari, design e moda). e Banca Imi conseguentemente ha rinnovato il Buy sulla società. Altro campione assoluto è Confinvest, su del 30% negli ultimi sei mesi. Il leader italiano nella compravendita di oro monetato ha sfruttato l’attrazione esercitata dal metallo giallo, il bene rifugio per eccellenza. Ma all’origine del successo c’è soprattutto una business idea di quelle innovative. La società ha sviluppato un approccio “multi canale” con l’introduzione di nuovi servizi. I clienti, per lo più in arrivo dalle banche, possono operare acquisti e vendite dal proprio conto corrente (come permesso dalla recente direttiva Ue) tramite la piattaforma Conto Lingotto, il volano di crescita da sviluppare nei prossimi anni. Insomma, anche ai tempi del coronavirus non mancano le opportunità. Giacomo Tilotta di AcomeA sgr fa notare al proposito che il Price to Book Value del mercato italiano è pari a 0,85, il livello più basso in Europa. Questo significa che Piazza Affari scambia a meno di 1 volta il capitale investito. Qualcosa, con prudenza, si può rischiare.


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INTERVISTA A MASSIMO DORIS

Doris: «La ripresa arriverà È un treno da prendere ora» di Sergio Luciano

LA SCIENZA CI OFFRIRÀ IL VACCINO E I FARMACI GIUSTI. LA NORMALITÀ TORNERÀ. E SUI MERCATI CI SONO GRANDI OCCASIONI DA COGLIERE

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a ripresa ci sarà, e sarà consistente. E’ una certezza fermissima che Ennio e Massimo Doris, rispettivamente fondatore ed amministratore delegato di Banca Mediolanum, sostengono da sempre ed hanno trasfuso nell’ultima iniziativa lanciata dal loro istituto per dare ai risparmiatori che gli hanno affidato i loro risparmi uno strumento su misura di questa fase critica che - parola dei Doris - evolverà senz’altro, anche se non è ancora possibile dire quando. Si chiama Double Chance, doppia opportunità, ed è un servizio finanziario che prevede un conto tecnico collegato a un piano di accumulo a breve termine in un mix di prodotti finanziari, distribuiti tra fondi azionari, polizze assicurative e portafogli di gestione finanziaria. Un modo per non tenere i soldi a non rendere nulla in un conto corrente comune, e farli rendere fino al 2% annuo lordo sulla sola giacenza residua non ancora investita. Il tasso varia in base alla tipologia di investimento, azionario o obbligazionario e alla durata del piano, con l’accredito degli interessi direttamente sul conto corrente ordinario. Attraverso un piano programmato di versamenti, due volte al mese, importi costanti verranno trasferiti, fino a esaurimento dell’intera somma inizialmente versata dal conto Double Chance in una selezione di prodotti e servizi distribuiti dalla Banca. Per ricominciare a rendere seguendo la ripresa dei mercati. Suggestivo, dottor Doris: ma funziona davvero? Davvero e da molto. E’ un servizio che abbiamo perfezionato e rilanciato ma esiste dal 2009. Si era nel pieno della crisi Lehman Brothers. Il pensiero comune era: “Il mondo finanziario così come lo abbiamo conosciuto è finito, crollerà tutto, chissà cosa accadrà”. Ubs organizzò una conferenza finanziaria, io e mio padre ci andammo. Un clima terribile. Venne il nostro turno di parlare. Mio padre proiettò una slide con una semplicissima scritta: “La crisi finirà”. Tutti sbalorditi, tutti lì con gli smartphone a fotografare la nostra slide. Poteva sembrare una banalità, eppure nessun altro la diceva. Pensi che un analista finanziario importante c’aveva raccontato che anche lui aveva ritirato i contanti dalla banca e li aveva portati a casa sua, chiudendoli nella cassapanca. Noi dicevamo: “Vedrete che 36

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MASSIMO DORIS, A.D. DI BANCA MEDIOLANUM

quest’anno faremo una raccolta record”. Così fu.

Veniamo ad oggi. Sin dall’inizio della crisi avete comunicato positività e ottimismo. Lo siete davvero, fino in fondo? Mi riallaccio al nome, Double Chance. Da un lato sono superpositivo, dall’altro molto preoccupato. Sul piano economico, è evidente che quest’anno sarà disastroso. Di quale portata, dipenderà dal tempo necessario a risolvere il problema sanitario. Solo dopo inizierà pienamente la ripresa economica. Dal punto di vista degli investitori, però, sono ottimista: viviamo una fase di straordinarie occasioni. La crisi finirà, e non tra tre anni: molto prima. La scienza ci offrirà il vaccino e i farmaci curativi necessari. La normalità ritornerà. E oggi, in tutti i mercati finanziari, ci sono grandi occasioni da cogliere. Il risparmiatore italiano – è un’espressione di mio padre che ripeto spesso – deve essere un cittadino del mondo quando investe. Ma poiché in questa fase storica dei mercati, viviamo una grandissima volatilità, occorre uno strumento che sappia sfruttarne le potenzialità, come Double Chance. L’idea di unire il rendimento, del conto tecnico e l’investimento graduale sui mercati nasce


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a seguito della crisi Lehman, e da allora funziona. Per la verità Double Chance è l’evoluzione di un servizio nato all’epoca del crollo delle Torri Gemelle. Sembrava di essere sull’orlo della Terza Guerra mondiale. Ebbene, alle 19 dell’11 settembre, mio padre spiegava già in tv aziendale ai banker che ci sarebbe stata, sì, una crisi finanziaria grave, ma, dopo una battuta d’arresto, il mondo avrebbe ripreso a crescere. Nelle pieghe della flessione dei mercati si nascondono grandi occasioni da cogliere.

CREDIAMO MOLTO NEL SERVIZIO DOUBLE CHANCHE UN CONTO TECNICO COLLEGATO AD UN PIANO DI ACCUMULO IN UN MIX DI TITOLI E POLIZZE

Già, comprare: e se poi il mercato scende ancora? Infatti, la risposta non è “quando comprare”, ma “come comprare”. In modo frazionato e programmato. Fu allora che per la prima volta inventammo il servizio “Big Chance”, progenitore di “Double Chance”.

Come funzionava? Il denaro investito veniva collocato inizialmente in un fondo monetario, che dava rendimenti ben diversi da quelli attuali, e poi in 3, 6, 9 o 12 mesi l’investimento passava dal fondo monetario ai fondi azionari. Nel 2009, i tassi andarono alle stelle, la nostra tesoreria sottoscriveva emissioni bancarie che rendevano il 5-6%. Era il momento di unirei il rendimento dei conti correnti tecnici con l’investimento sui mercati azionari. Nacque Double Chance, come doppia opportunità. E adesso l’abbiamo rilanciato.

Con quali risultati? Ottimi, direi! Abbiamo già raccolto 611 milioni nel primo trimestre…

Però, scusi: con questi prodotti non rischiate di spostare l’attenzione dei clienti dal rapporto con i banker all’attenzione sui prodotti? No, perché ovviamente è il banker che valuta, con e per ciascun suo cliente, se Double Chance fa per lui o no. Se sa che tra due mesi quel cliente deve cambiare l’auto, non glielo propone nemmeno. Anche stavolta Banca Mediolanum ha guidato il fronte degli ottimisti, anche e soprattutto con la comunicazione? Un tema sul quale mio padre e il nostro gruppo ritengo abbiano una notevole credibilità… Quando sembra che tutti vendano, c’è sempre qualcuno da qualche altra parte che compra, e che prepara i suoi buoni affari futuri.

Comunque informazione e comunicazione sono cruciali per voi, soprattutto in momenti come questo… Sì, ma ci vuole credibilità. Si deve essere convinti di quello che si dice.

Dunque lei lo è? Al punto che anche personalmente sto investendo in Borsa, e anche in modo consistente. E’ assurdo farsi prendere dal panico e non investire, avendo le risorse: veramente assurdo. Altro discorso se ho liquidità, ma priorità diverse: per esempio, investire nella propria azienda. Oppure se si è incerti della con-

tinuità del proprio reddito futuro e si vuole fare cassa. Non si investe per mancanza di fiducia nei mercati, ma per la propria situazione personale… Diversamente, è un peccato perdere queste opportunità. Sarebbe come buttar via una scommessa vinta. Giocare la schedina al lunedì… Senta, come ha funzionato il vostro sistema gestionale degli investimenti, in mezzo a tanta volatilità? Molto molto bene. Gli automatismi di Intelligent Investment Strategy permettono di dosare gli investimenti dal comparto obbligazionario a quello azionario e viceversa in base alle variazioni del valore quota di quest’ultimo. Se il prezzo medio di carico del fondo azionario registra un decremento del 10%, l’importo mensile dal comparto obbligazionario a quello azionario si duplica, fino a triplicarsi, quadruplicarsi e quintuplicarsi allo scendere dei mercati azionari. Quindi, le forti oscillazioni di questi giorni hanno permesso ai clienti di irrobustire la propria posizione azionaria sfruttando la discesa dei valori quota. Dal 26 febbraio al 9 aprile abbiamo avuto giornate con picchi di quintuplicazione degli acquisti.

Torniamo alla macroeconomia: cosa prevede? L’andamento di quest’anno, ripeto, dipende da quando finirà il lockdown. Credo che si dovrà fare uno sforzo maggiore per sostenere e rilanciare i settori più colpiti: ristorazione e turismo. Sussidi a fondo perduto. Altri settori, invece, anche dopo un trimestre pessimo ripartiranno. Le risorse europee andranno impiegate bene. A suo avviso questa crisi, con il grande impulso che ha dato allo smart-working, segna la fine degli sportelli bancari? No, gli sportelli non spariranno. Ma sicuramente conosceranno un’ulteriore fase di ridimensionamento. Se ieri si andava in banca 1 volta al mese, domani si andrà una volta ogni tre anni, non ci sarà più bisogno di avere la filiale sotto casa. Tornando a noi, in queste settimane abbiamo assistito a un’ulteriore accelerazione dell’uso della App. Anche la qualità dei rapporti personali tra i banker e i clienti è migliorata. Da anni avevamo introdotto la digitalizzazione del rapporto, con le videochiamate e la firma digitale. Con la reclusione forzata, cos’è accaduto? La rete ha intensificato l’uso delle piattaforme di video conference per incontrare i clienti e la sottoscrizione dei contratti digitali è passata dal 70 al 94%. Abbiamo infatti archiviato un mese di marzo da record e anche aprile sta andando molto bene, come raccolta netta totale e gestita. Presto i Family Banker torneranno a incontrare fisicamente i clienti, ma se le agende non si incroceranno, potranno sempre proporre una video conferenza. Questa modalità di comunicazione, che stiamo sperimentando in questi giorni, permetterà di aumentare i contatti e migliorare la relazione: aumentando la loro efficienza. Ci sarà un nuovo mix di modalità di relazione. C’è stato come… un corso accelerato, per tutti! maggio 2020

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LE INTERVISTE DI SOS INVESTIRE

Benetti (B. Euromobiliare): «È l’ora delle buone occasioni» di Marco Muffato

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PRIVATE BANK DEL GRUPPO CREDEM GUARDA CON OTTIMISMO AL FUTURO DEGLI INVESTIMENTI E DETTA L’AGENDA IN VISTA DELLA RIPRESA

«I

l periodo iniziale conseguente all’epidemia è stato molto intenso, dove l’emotività derivante dall’emergenza sanitaria e della negatività dei mercati finanziari ha determinato un forte stress nelle persone. In quel contesto come azienda abbiamo ridisegnato i nostri processi di accoglienza e di relazione con la clientela in modalità paperless, attuabili fin da subito e a basso contenuto di rischi operativi. Quindi abbiamo implementato tutti i servizi di internet e di mobile banking con nuove funzioni per offrire l’accesso a tutti i servizi bancari alla clientela. Abbiamo potenziato la web collaboration, rafforzando la consuetudine dell’utilizzo delle conferenze via web e smartphone con i nostri advisor di Euromobiliare sim così da favorire un approccio altamente specializzato nella delicata condizione dei mercati finanziari che stiamo vivendo. Nonostante la negatività del momento abbiamo visto anche qualcosa di positivo, per esempio la nostra capacità di reazione si è dimostrata un forte acceleratore per rivedere tanti processi e realizzarne di nuovi con un salto culturale importante verso il digitale. Con benefici innanzitutto per le relazioni al nostro interno e anche per il sottoscritto che abita lontano da Milano e che ogni mattina parte molto presto da casa per arrivare in tempo utile in ufficio. Lo smart working si è rivelato un sistema di lavoro molto efficiente». Così Matteo Benetti, direttore generale di Banca Euromobiliare, ha esordito in qualità di ospite di Sos Investire, la striscia quotidiana di approfondimento sul mondo del risparmio e degli investimenti, nella puntata andata in onda in diretta streaming sui principali social lo scorso 16 aprile. Benetti, uno degli aspetti fondamentale nella relazione tra la sede centrale e la propria rete di consulenti finanziari è il livello di servizio. In questo delicato momento storico che tipo di servizio avete offerto in più rispetto a quanto avveniva in precedenza ai consulenti finanziari e come siete riusciti ad erogarlo? 38

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MATTEO BENETTI

Mi permetta innanzitutto di ringraziare i colleghi delle nostre filiali che hanno fatto tantissimo, sono stati estremamente presenti nel momento più duro e sono stati fondamentali per garantire un elevato livello di supporto ai colleghi consulenti e private banker e ai loro clienti anche a distanza. Tutelare i nostri dipendenti e collaboratori è stato il primo pensiero. Più in generale abbiamo varato una serie di iniziative come la stipula di una polizza a protezione di eventuali rischi collegati al Covid-19 e abbiamo attivato un numero verde gratuito per dare consulenza specializzata di tipo medico ai nostri colleghi. Inoltre abbiamo effettuato delle video conferenze con la partecipazione di psicologi proprio per stare vicino ai nostri collaboratori in un momento così difficile anche dal punto di vista personale. Infine abbiamo, come è logico che fosse, videoconferenze quotidiane sull’andamento dei mercati finanziari. L’emergenza sanitaria ha fatto quindi da stress test al nostro modello di servizio che ha risposto in modo soddisfacente e i cambiamenti che abbiamo apportato sono stati realizzati in modo rapido ed efficace. Certo siamo una private bank, una realtà specializzata che si è avvantaggiata del far parte di un gruppo come il Credem che ci ha fornito ciò di cui avevamo bi-


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sogno per garantire il servizio e di trovare soluzioni adeguate per tutti i bisogni che i clienti ci hanno rappresentato in questo particolare momento. Facciamo un piccolo salto in avanti, parliamo della fase 2 e della fase 3 di Banca Euromobiliare. Vorrei capire quali sono i vostri piani nei prossimi mesi se vi discosterete dagli obiettivi che avete fissato prima dell’emergenza Covid oppure questi obiettivi rimangono validi… A febbraio e marzo abbiamo fatto ciò che era corretto fare e cioè verificato quale sarebbe stato l’impatto economico derivante dal significativo calo dei mercati finanziari e corretto il nostro piano di sviluppo sul breve periodo. Mentre sul medio periodo abbiamo scelto di proseguire negli obiettivi che ci eravamo dati, nulla cambia. E’ ovvio che sul breve termine il cambiamento più significativo con cui stiamo facendo i conti è il rallentamento dell’attività di reclutamento. Ma è una fase momentanea.

Ma colloqui di selezione li state continuando a fare anche a distanza? Assolutamente si, in particolare con quei professionisti con i quali avevamo avuto il primo incontro di persona, è una novità che stiamo testando.

A parte la lodevole iniziativa di supporto psicologico, in questa fase di mercati ad altissima volatilità che tipo di suggerimenti quali indicazioni state dando ai consulenti finanziari in che modo cercate di far si che i portafogli vengano tutelati al meglio? Mi fermo ancora un attimo sul tema della psicologia che è fondamentale perché proprio in questi momenti emerge la qualità del consulente finanziario, la capacità di essere lucidi e di agire con sangue freddo. Più si riesce a gestire il contesto esterno e più si è capaci di agire al meglio nella professione. Detto questo cerchiamo di ricordare i principi base. Il primo, la diversificazione: abbiamo assistito al massimo livello di perdite sui mercati finanziari della storia cui è seguito un buon recupero nelle successive settimane. Anche in un contesto così turbolento e volatile la diversificazione ti permette di approcciare questa situazione in modo sicuramente più tranquillo. In secondo luogo se si è

profilato correttamente il cliente e si sono condivisi gli obiettivi di medio periodo non vediamo la necessità di cambi significativi nella costruzione del portafoglio. Anche se è chiaro che possono esserci delle scelte tattiche e che bisogna essere pronti a cogliere il rimbalzo del mercato che sicuramente arriverà… Mi sembra lo scenario ideale per proporre dei piani di accumulo, non le pare? Il piano di accumulo è un sempre verde, soprattutto quando i mercati sono molto volatili, con prezzi alti oppure molto stressati come in questo momento. Ti permette di mettere da parte la componente emotiva a favore del metodo che in finanza alla lunga vince sempre. Quindi stiamo costruendo degli Oicr, che

«STIAMO VIVENDO UNA FASE CHE ENTRERÀ NEI LIBRI DI STORIA. QUINDI NERVI SALDI PER COSTRUIRE IL SUCCESSO FUTURO DEI PORTAFOGLI»

di loro prevedono un piano di accumulo interno, aggiungendo alcune opportunità, per una componente satellite del portafoglio, che si cominciano a intravedere in quei mercati orientali che hanno intrapreso la fase 2 prima di noi e quindi possono rappresentare una occasione. Come occasione può essere rappresentata da uei settori che verranno premiati dalle nuove condizioni di vita, penso al mondo dell’healthcare oppure a quello collegato allo smartworking. Ci aspetta un mondo diverso, con nuove opportunità da cogliere.

Cosa pensa di questo interesse forte anche nel mondo delle reti nei confronti dei prodotti illiquidi? È un tema anche oggi molto importante. Lo è diventato quando i mercati hanno cominciato ad avere dei prezzi molto alti perché da un periodo prolungato di rialzi e trovare delle occasioni vere di medio periodo non era così facile. Gli strumenti illiquidi, da utilizzarsi sulla clientela che ha la capacità di comprendere questo tipo di investimenti, rappresentavano una grande occasione per cogliere opportunità nel medio periodo. Ma oggi alla luce del nuovo contesto sono tornati di moda gli strumenti più classici che con i ribassi recenti hanno di nuovo la capacità di costruire valore nel medio periodo. Come gruppo stiamo attendendo che il mercato si normalizzi per poi riproporli perché se ben compresi dalla clientela rappresentano nel medio e lungo periodo una bella occasione di investimento.

Chiudiamo con un messaggio rivolto sia ai consulenti finanziari che ai loro clienti… Stiamo vivendo una fase senza precedenti, che troverà spazio nei libri di storia. In questi momenti è fondamentale mantenere i nervi saldi per saper cogliere le occasioni e per costruire i successi nell’allocazione dei portafogli dei prossimi anni. Quindi il messaggio è di non essere precipitosi ma nemmeno troppo attendisti: serve metodo per impostare o reimpostare correttamente i portafogli. Dobbiamo evitare di farci influenzare dall’emotività del momento: il mondo non finirà con questo contesto e quindi il futuro va guardato con occhi critici sì ma con la convinzione che tutto questo passerà e che supereremo bene anche questa prova. maggio 2020

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L’INTERVENTO

Schroders: la resilienza al Covid-19 degli investimenti tematici di David Docherty*

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a potenza dell’intelligenza umana si è mobilitata per combattere la pandemia. Ecco l’impatto sui principali temi di investimento che fanno dell’innovazione la propria forza.

1. Healthcare La pandemia sta mettendo in luce l’importanza dell’innovazione sanitaria per la società, e scienza e tecnologia saranno cruciali. Ciò porterà a ulteriori progressi nelle terapie avanzate, nella tecnologia medica e nei servizi di assistenza sanitaria, così come nell’healthcare digitale, sotto forma di ‘tele-salute’. I governi stanno prendendo atto della loro vulnerabilità e quindi l’incentivo a spendere di più nell’healthcare aumenterà.

agevolano. Le piattaforme video interattive si consolideranno. Il virus accelererà la transizione verso i pagamenti elettronici. Nel complesso, la convergenza di tecnologie ingegnose come l’intelligenza artificiale, il calcolo quantistico e l’internet delle cose incentiverà le innovazioni disruptive nel fintech, nelle comunicazioni e in numerosi altri settori.

DAVID DOCHERTY

5. Città Globali Nonostante la pressione indiscutibile che il coronavirus ha messo sulle autorità metropolitane, l’urbanizzazione resta un tema globale di lungo termine. L’emergenza sanitaria favorirà lo sviluppo di campus di ricerca medica. Inoltre, il lavoro da casa metterà in difficoltà il real estate degli uffici.

L’INTELLIGENZA UMANA IN CAMPO PER COMBATTERE L’EPIDEMIA. NE BENEFICERANN0 OTTO TEMI D’INVESTIMENTO. ECCO COME

2. Manifattura smart Dato l’enorme shock a livello di domanda e offerta subito dall’economia globale, ci aspettiamo lo sviluppo di catene di approvvigionamento locali parallele ai network globali. Gli investimenti nell’analisi dei dati saranno perentori e interesseranno anche altri filoni della manifattura intelligente (stampa 3D, automazione nella robotica, sensori, materiali avanzati). La produzione industriale affronterà alcuni venti contrari nel breve, ma la disruption mostra l’importanza di innovare per garantire reattività e produttività sia in tempi di calma che di crisi.

3. Nuovi stili di vita I consumatori si sono dimostrati piuttosto ingegnosi e intraprendenti. Anche quelli più lenti tecnologicamente stanno usando l’e-commerce e probabilmente lo faranno anche dopo. Le persone saranno spronate a prendersi maggiore cura della propria salute. Il turismo e gli eventi riprenderanno rapidamente. Anche la spesa per i beni di lusso è crollata, ma si sta già verificando la “rivincita dei consumi” in Cina, con i giovani che acquistano prodotti di prestigio in aree dove il lockdown si sta allentando. 4. Disruption Il legame tra innovazione e disruption è centrale come tema di investimento e perdurerà anche dopo. Il lavoro da remoto diventerà una pratica permanente, con vantaggi per le aziende che lo 40

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6. Climate Change Il 2020 sarà l’anno in cui il settore corporate capirà di poter fare di più, viaggiando di meno. I meeting virtuali saranno uno degli effetti secondari positivi della crisi, in quanto a impatto sul clima. Gli attuali prezzi deboli del petrolio non sono un buon incentivo per la decarbonizzazione, ma ci aspettiamo che la risposta fiscale dei governi rispecchi anche le loro priorità nella lotta al cambiamento climatico. 7. Transizione energetica Il tema della transizione energetica persiste, con il progressivo il passaggio dai combustibili fossili all’energia pulita. Serviranno 120mila miliardi di dollari di investimenti entro il 2050 per sfruttare le opportunità di generazione, trasmissione, distribuzione e stoccaggio di energia pulita e nell’efficientamento energetico.

8. Crescita sostenibile Ciò riguarda la sostenibilità nella sua accezione più ampia. Il coronavirus non ha fatto che ricordarci dell’importanza di relazioni solide tra le aziende e gli stakeholder, quali dipendenti, fornitori, clienti, regolatori e azionisti, tutti impattati dalla pandemia. Queste relazioni sono al centro della filosofia dei nostri investimenti sostenibili e il loro funzionamento sarà fondamentale per superare con successo la crisi. *Fund manager


INVESTIRE SPECIALIST

RISPARMIO GESTITO

Sgr e distribuzione legati da un destino comune di Nicola Ronchetti*

P

er i consulenti prima della pandemia era una gara tra le Sgr a chi faceva più tappe di roadshow, a chi sapeva scegliere i luoghi più suggestivi, a chi offriva ai convenuti i migliori buffet e i gadget più originali. Da tempo si aveva la sensazione che tutto ciò iniziasse a stonare con un clima di crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale, sociale e di governance. In fondo il cambio di paradigma era già stato innescato dal diffuso desiderio di una maggior sobrietà di cui l’industria del risparmio gestito si era già fatta portabandiera. Poi è scoppiata la pandemia, ci siamo tutti riscoperti più vulnerabili, abbiamo dovuto fare i conti con noi stessi. La segregazione nelle mura di casa, la distanza sociale ha prodotto due effetti, l’uno il contrario dell’altro. Il primo effetto è stato l’annullamento di alcuni eventi a livello internazionale, le Olimpiadi in Giappone, il Salone dell’auto a Ginevra, e i nostri saloni del mobile e del risparmio a Milano. Inizialmente ci siamo sentiti derubati di qualcosa di cui non avremmo mai pensato di poter fare a meno. L’industria del risparmio gestito è stata colpita in modo netto e inequivocabile anche perché la crisi e la prima uscita pubblica della neo presidente della Bce ha causato il maggior crollo di borsa degli ultimi cinquanta anni. Il secondo effetto è stato quello di generare nelle Sgr una capacità di reazione incredibile. Da sempre il mondo dei gestori e della gestione attiva sono abituati a interfacciarsi NICOLA RONCHETTI con modalità di comunicazione a distanza. Ecco quindi che l’industria del risparmio gestito con la tipica indole di chi non è abituato a giocare di rimessa, ha fatto di necessità virtù. Le tappe dei road show si sono presto trasformate in web conference, il numero dei consulenti finanziari che partecipava alle tappe dei road show e oggi segue una video conferenza invece che diminuire è aumentato mediamente del 34%. È indubbio che l’emergenza e i suoi effetti sui mercati hanno reso gli appuntamenti con le view dei gestori e delle Sgr assolutamente imprescindibili e ancor più importanti di prima e questo, in parte, potrebbe aver influito sulla crescita del dato. Quasi tutte le Sgr contattate da Finer hanno ammesso di essere piacevolmente sorprese della velocità con cui i consulenti finanziari si siano presto adattati ai nuovi canali di comunicazione. Tutte le Sgr stanno ripensando di rivedere le proprie strategie di

IL DIALOGO TRA CONSULENTI E ASSET MANAGER NON SI È INTERROTTO CON LA PANDEMIA. ANZI I SISTEMI DI WEB CONFERENCE HANNO MOLTIPLICATO LE OCCASIONI D’INCONTRO VIRTUALE comunicazione per il prossimo futuro, in una direzione comune: meno incontri sul territorio, maggior frequenza di web conference. Per le Sgr il focus sui contenuti e sui relatori delle web conference è e rimarrà centrale, molto probabilmente crescerà ulteriormente di importanza, in assenza di alcuni driver che spingevano a partecipare agli incontri, uno su tutti il piacere di socializzare incontrando professionisti e colleghi. I budget per nulla trascurabili (centinaia di migliaia di euro) relativi alle decine di tappe sul territorio saranno presto convertiti nella sottoscrizione di piattaforme digitali in grado di gestire web conference con migliaia di professionisti collegati. Questo nuovo modo di comunicare che certamente ci accompagnerà per un bel po’ di tempo e ha anche due conseguenze non banali: la prima è che vengono abbassate le barriere competitive, la seconda è che si rimettono in discussione le regole di ingaggio. Detto in altri termini se prima per poter incontrare sul territorio 3000 consulenti finanziari dovevi mettere sul tavolo tanti soldi e impegnare tanti uomini per l’organizzazione, la logistica e gli spostamenti ora quasi tutti possono farlo investendo meno di un decimo in una buona piattaforma. Il digitale avrà un impatto enorme anche sulle regole di ingaggio, piattaforme di wealth management, di risk assessment e di asset allocation, basate sul goal based planning saranno imprescindibili per i migliori professionisti e sostituiranno i più mediocri. Anche se presto torneremo a stringerci la mano è indubbio che il processo, per molti verso benefico, innescato dalla pandemia è inarrestabile e destinato a travolgere le nostre abitudini e a sollecitare il nostro ingegno più di prima. *Founder e ceo di Finer

maggio 2020

41


COME ERAVAMO NEL 2019/ IL RISPARMIO GESTITO

Un anno d’oro per i fondi comuni quasi record in molti comparti di Gloria Valdonio

P

GRAZIE ALLA POLITICA ACCOMODANTE DELLE BANCHE CENTRALI IL 2019 SI ERA CHIUSO CON RENDIMENTI A DUE CIFRE PER CHI HA INVESTITO IN QUESTA ASSET CLASS

ortiamo indietro le lancette dell’orologio al 31 dicembre 2019. Il bilancio dell’anno era positivo, addirittura molto positivo per alcune asset class, gli outlook erano orientati al rialzo tra le manovre accomodanti delle Banche centrali, le promesse dell’anno elettorale americano e gli indici di fiducia in moderato aumento. Dopo pochi giorni sarebbero partiti i primi segnali di uno shock economico e sanitario epocale,

di cui non si vede ancora la fine. Ma, tornando al 2019, tra le asset class che hanno segnato le migliori performance ci sono sicuramente i fondi comuni di investimento, con alcune categorie che hanno archiviato l’anno con rendimenti importanti, anche a due cifre, con la gestione attiva che ha

FONDI RETAIL TOP 10

FONDI RETAIL TOP 10 AZIONARI

PERFORMANCE PRODOTTI

2019

TLux Global Technology ZU $ Azionari Settoriali - Informatica e Tecnologia (Globale) 57,26% Threadneedle Management Lux SA - LU0957808578

3Y

VOL.

5Y

3Y

PERFORMANCE

FIDA Rating

PRODOTTI

2019

77,87% 156,48% 18,31%

3

TLux Global Technology ZU $ Azionari Settoriali - Informatica e Tecnologia (Globale) 57,26% Threadneedle Management Lux SA - LU0957808578

DWS Invest Brazilian Equities LC Cap EUR Azionari Brasile DWS Investment S.A. - LU0616856935

56,85% 116,70% 111,60% 27,72%

5

JPM China A-Share Opportunities C Acc EUR Azionari Cina A Shares JPMorgan AM Europe S.a.r.l. - LU1255011410

55,22%

56,31%

18,70%

Franklin Gold and Precious Metals A Dis EUR Azionari Settoriali - Metalli Preziosi e Minerali Franklin Templeton Inv. Sicav - LU0496367920

52,69%

13,39%

SISF Global Gold C Cap $ Azionari Settoriali - Metalli Preziosi e Minerali Schroder Inv. Mgmt Europe SA - LU1223082279

52,49%

31,86%

Pictet-Russia Index-R $ Azionari Russia Pictet AM (Europe) S.A. - LU0625742241

52,43%

BGF Next Generation Technology I2 Cap EUR Azionari Settoriali - Informatica e Tecnologia (Globale) BlackRock (Luxembourg) S.A. - LU1917165075

52,38%

SEB Nordic Small Cap C EUR Azionari Europa (Mercati Sviluppati) - Small Cap SEB Asset Management S.A. - LU0385664312

52,16%

Banor Sicav Greater China Equity J $ Ritorno Assoluto - Long Short Strategy Casa4Funds SA - LU1417208482

50,84%

UBS Lux Eq. Fd Tech Opp. (USD) P Cap $ Azionari Settoriali - Informatica e Tecnologia (Globale) UBS Fund Mgmt (Luxembourg) S.A - LU0081259029

49,88%

maggio 2020

VOL.

5Y

3Y

FIDA Rating

77,87% 156,48% 18,31%

3

DWS Invest Brazilian Equities LC Cap EUR Azionari Brasile DWS Investment S.A. - LU0616856935

56,85% 116,70% 111,60% 27,72%

5

-

JPM China A-Share Opportunities C Acc EUR Azionari Cina A Shares JPMorgan AM Europe S.a.r.l. - LU1255011410

55,22%

56,31%

18,70%

-

56,35% 22,39%

3

Franklin Gold and Precious Metals A Dis EUR Azionari Settoriali - Metalli Preziosi e Minerali Franklin Templeton Inv. Sicav - LU0496367920

52,69%

13,39%

56,35% 22,39%

3

20,17%

4

SISF Global Gold C Cap $ Azionari Settoriali - Metalli Preziosi e Minerali Schroder Inv. Mgmt Europe SA - LU1223082279

52,49%

31,86%

20,17%

4

44,10% 145,95% 17,30%

5

Pictet-Russia Index-R $ Azionari Russia Pictet AM (Europe) S.A. - LU0625742241

52,43%

44,10% 145,95% 17,30%

5

-

BGF Next Generation Technology I2 Cap EUR Azionari Settoriali - Informatica e Tecnologia (Globale) BlackRock (Luxembourg) S.A. - LU1917165075

52,38%

-

SEB Nordic Small Cap C EUR Azionari Europa (Mercati Sviluppati) - Small Cap SEB Asset Management S.A. - LU0385664312

52,16%

63,58% 129,14% 12,80%

-

-

UBS Lux Eq. Fd Tech Opp. (USD) P Cap $ Azionari Settoriali - Informatica e Tecnologia (Globale) UBS Fund Mgmt (Luxembourg) S.A - LU0081259029

49,88%

82,31% 133,45% 18,13%

3

3

Pharus Biotech E $ Hdg Azionari Usd Hedged Pharus Management Lux S.A. - LU1491986441

48,79%

13,08%

30,19%

-

-

-

-

-

-

63,58% 129,14% 12,80%

-

-

-

82,31% 133,45% 18,13%

FONTE: ANNUARIO FIDA 2019 SUL RISPARMIO GESTITO

42

3Y

-

FONTE: ANNUARIO FIDA 2019 SUL RISPARMIO GESTITO

-

-

-

-

-

-


INVESTIRE SPECIALIST

NELLA TOP-TEN DELLE PERFORMANCE DEL 2019 RISALTANO IL RENDIMENTO COMPLESSIVO DEGLI AZIONARI, SUPERIORE AL 20 PER CENTO CON I PRODOTTI CINA SHARES IN CRESCITA DEL 50 generato i migliori risultati a coronamento di un anno indubbiamente florido per i portafogli bilanciati. Come emerge dalla dettagliata analisi per settori elaborata dalla società di rating Fida, i mercati in generale hanno premiato i fondi esposti all’oro, quelli investiti in titoli energetici e risorse naturali grazie al balzo positivo del petrolio, mentre un ulteriore elemento di successo per gli investimenti è stata copertura in euro. Positivo anche il settore farmaceutico, che ha sovraperformato il biotech, risultato in lievissima flessione. Sempre l’analisi di Fida illustra come il settore dei consumi abbia messo a segno risultati non eccezionali, ma comunque costanti. Mentre in fondo alle classifiche di rendimento si sono posizionati due settori più difensivi, come le utilities e il real estate. Nel dettaglio, nella TopTen stilata da Fida spiccano i fondi azionari che hanno nel complesso realizzato rendimenti superiori al 20%, e specialmente i fondi Cina A-Shares, che ha archiviato il 2019 con un incremento poco inferiore al

FONDI RETAIL TOP 10 OBBLIGAZIONARI PERFORMANCE

PRODOTTI

2019

BlueBay Financial Capital Bond C GBP 25,35% Obbligazionari Gbp Hedged BlueBay Funds Management Co SA - LU1201006704

3Y

VOL.

50%, seguito dai fondi settoriali metalli preziosi e minerali (oltre il 45%), e dai fondi specializzati sul mercato russo (oltre il 40%). Per quanto riguarda il risparmio gestito focalizzato sul debito, i risultati del 2019 sono stati meno esaltanti rispetto agli asset azionari, ma comunque non sono mancate le buone occasioni e le maggiori variazioni per tipologia di fondo sono da imputare ai movimenti sul Forex, ovvero sulle valute, mentre le scadenze brevi hanno generato ritorni superiori a quelle lunghe. È così che i comparti focalizzati sui latin bond sono cresciuti mediamente del 2,3%, così come gli obbligazionari esposti alla corona norvegese. I fondi specializzati nel debito Usa, infine, sono stati penalizzati dal deprezzamento del dollaro. In generale, coerentemente con lo scenario orientato al rialzo che ha coinvolto la maggior parte delle asset class, i fondi high yield hanno ottenuto i risultati migliori, seguiti dai fondi investiti in obbligazioni convertibili.

FONDI RETAIL TOP 10 RITORNO ASSOLUTO PERFORMANCE

FIDA PRODOTTI

5Y

3Y

Rating

2019

34,14%

-

9,34%

-

Banor Sicav Greater China Equity J $ Ritorno Assoluto - Long Short Strategy Casa4Funds SA - LU1417208482

50,84%

3Y

VOL.

FIDA

5Y

3Y

Rating

-

-

-

-

24,31%

-

Swisscanto (LU) BF COCO NT $ Obbligazionari Convertibili Globali Swisscanto AM International SA - LU1734303610

25,27%

-

-

-

-

H2O Multiequities RC $ Ritorno Assoluto (Alta Volatilità) H2O AM LLP - FR0011978204

43,94%

23,67%

3

CS (Lux) Contingent Capital Euro DBH $ Obbligazionari Usd Hedged Credit Suisse Fund Management - LU1238154758

23,86%

29,93%

-

6,19%

-

H2O Allegro R Cap EUR Ritorno Assoluto - Tassi e Valute H2O AM LLP - FR0011015460

39,02% 111,94% 187,20% 19,57%

5

Algebris Financial Credit R Dis GBP Obbligazionari Gbp Hedged Algebris (UK) Limited - IE00BMMVW089

23,00%

20,79%

-

8,61%

-

BSF European Unconstrained E2 Cap EUR Ritorno Assoluto Europa BlackRock (Luxembourg) S.A. - LU1919855244

38,50%

-

-

-

-

Franklin Global Conv. Securities A EUR Obbligazionari Convertibili Globali Franklin Templeton Inv. Sicav - LU0727122854

22,11%

30,86%

54,06%

9,35%

5

CPR Invest Global Disruptive Opport. A EUR Ritorno Assoluto (Alta Volatilità) CPR Asset Mgmt - LU1530899142

37,54%

42,69%

-

15,09%

5

Base Investments Sicav Bonds Value Dis $ Obbligazionari Usd Hedged Base Investments Sicav - LU0852937969

21,80%

13,43%

-

6,52%

-

Lemanik Sicav Global Equity Opp. Ret Cap EUR Ritorno Assoluto (Alta Volatilità) Lemanik Asset Management S.A. - LU0334153201

36,54

59,98%

52,49% 12,60%

5

AXA WF US Dynamic High Yield Bonds F Cap $ Obbligazionari USA - Corporate High Yield AXA Funds Management SA - LU1105450883

20,78%

-

-

-

-

LUX IM Pictet Future Trends FX EUR Ritorno Assoluto - Long Short Strategy BG Fund Management Lux S.A. - LU1130036343

34,66%

31,71

12,10%

5

Hermes Global High Yield Credit F $ Hdg Obbligazionari Usd Hedged Hermes Investment Mngmnt Ltd - IE00BBJPFQ35

20,68%

-

-

-

-

Banor Sicav Rosemary S EUR Ritorno Assoluto (Alta Volatilità) Casa4Funds SA - LU0625191183

33,50%

13,80%

29,17% 12,80%

3

LO Funds Asia Value Bond P $ Obbligazionari Asia Pacifico Lombard Odier Funds (Europe) - LU1480985222

20,62%

15,99%

50,25%

6,69%

5

H2O Multibonds R Cap EUR Ritorno Assoluto Obbligazionari H2O AM LLP - FR0010923375

32,91% 100,66% 192,85% 18,49%

5

-

-

-

-

H2O Multistrategies R Cap EUR Ritorno Assoluto - Multi-strategy H2O AM LLP - FR0010923383

67,87% 146,78% 26,64%

5

Aberd.Stand.I Frontier Markets Bond A $ Obbligazionari Globali (Mercati Emergenti) - Corporate 20,24% Aberdeen Standard Inv. Lux SA - LU1725895616

FONTE: ANNUARIO FIDA 2019 SUL RISPARMIO GESTITO

29,64

-

FONTE: ANNUARIO FIDA 2019 SUL RISPARMIO GESTITO

maggio 2020

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COME ERAVAMO NEL 2019/ IL PRIVATE BANKING

Innovazione e offerta versatile, la crescita del private continuerà

«L’

analisi dell’indice fotografa un quadro molto interessante del private banking in Italia che sta mostrando grande innovazione e versatilità nell’offerta», commenta Andrea Ragaini, vice direttore generale di Banca Generali, da cinque anni al fianco della Business School della Liuc nell’analisi degli indicatori che portano ogni anno alla realizzazione dell’Indice sul settore. «Il recupero dei mercati ha contribuito alla creazione di ricchezza ma c’è da segnalare anche la crescente tendenza di investimenti alternativi che aumentano la protezione e la possibilità di avvicinare anche il risparmio all’economia reale. Con la crisi per la pandemia e lo spettro di una pesante recessione le sfide riguardano proprio il tema della protezione, della decorrelazione delle asset class negli investimenti, e il contributo del settore al sistema. Tutti elementi che la vicinanza dei private banker alla clientela stanno mostrando di affrontare con grande determinazione». In effetti dando uno sguardo all’indice dell’Osservatorio realizzato anche con il supporto di Goldman Sachs e Vontobel, il settore sembra in ottima forma. I dati del 2019 mostrano il settore del private banking in salute a 122,54 punti base, in crescita rispetto al 2018 dove il dato era di 116,06. Lanciato nel 2016 dall’Università di Castellanza insieme a Banca Generali, con un valore di 100 punti base (in riferimento all’anno 2015), la ricerca ha avviato la costruzione di un indicatore in grado di rappresentare in maniera efficace l’evoluzione del settore. Si è partiti dall’individuazione delle possibili aree d’influenza in grado di esercitare un impatto sul private banking, identificando tre componenti rilevanti, a loro volta declinabili in una serie di variabili determinanti: l’andamento del settore del private banking (il mercato in esame, 44

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di Annalisa Caccavale

L’INDICE DI SETTORE LO SCORSO ANNO ERA IN SALUTE. GRAZIE AGLI INVESTIMENTI ALTERNATIVI E AL GESTITO SI ERA VICINI A QUOTA 1000 MILIARDI DI PATRIMONIO

ANDREA RAGAINI

le masse gestite, la clientela potenziale e i prodotti offerti); l’evoluzione del contesto socio-economico di riferimento, cioè il nostro Paese (considerando per esempio lo stock di ricchezza delle famiglie italiane, l’andamento del Prodotto interno lordo e l’evoluzione della concentrazione del reddito in ambito domestico); l’andamento dei mercati regolamentati domestici (analizzato attraverso l’andamento del principale indice di Borsa, nonché di alcuni cluster di imprese creati ad hoc dall’Osservatorio con riferimento al comparto finanziario in esame e al luxury). Sulla base di tali indicatori, si arriva a costruire così il Private Banking Index (PB-I) che mostra, per il 2019 una crescita di oltre 22 punti base rispetto all’anno zero, il 2015 e di oltre 6 punti base rispetto al 2018 che era arrivato a 116,06. «Dopo la forte volatilità e lo shock di dimensioni epocali che stiamo vivendo è inevitabile la ricerca di protezione e la cautela da parte dei clienti, si riduce la propensione agli investimenti e prevale la volontà di rimandare le scelte nel tempo, ma è proprio in questi momenti che il supporto di un professionista al proprio fianco può aiutare a fare la differenza. Per questo crediamo ci sia spazio per una continua crescita per la professione», prosegue Ragaini. «L’impegno nel digitale è ormai radicato in tutte le principali realtà e come ab-


INVESTIRE SPECIALIST

biamo visto dalle analisi dell’indice la versatilità e innovazione nei servizi contribuiscono a creare nuove strade a tutela della ricchezza delle famiglie; anche in un momento difficile e complesso come quello che stiamo affrontando». A livello di contesto socio-economico, l’evoluzione del Pil offre un contributo limitato, dato il rallentamento rispetto alle attese a livello di crescita reale (+0,2% rispetto al dato Istat del 2018); la ricchezza netta delle famiglie italiane rimane sostanzialmente stabile, incrementandosi, di fatto, in linea con il contenuto tasso di crescita medio annuo dell’ultimo decennio. Lato industry del private banking, il numero di potenziali clienti è in crescita per il quarto anno consecutivo, mentre un significativo impatto sull’andamento dell’indicatore giunge dai molti e diversi servizi offerti dagli operatori sempre alla ricerca di un vantaggio competitivo. Notevole infine l’effetto prodotto dal peso degli investimenti alternativi e dall’evoluzione delle masse gestite: il comparto punta ormai ai 1.000 miliardi di euro di patrimonio gestito. Se da un lato il contesto macroeconomico appare in stallo, l’impulso più grande alla crescita giunge dalle dinamiche interne, dimostrando come esiste ancora del potenziale inespresso. Nel corso del 2019 il principale Indice di Borsa, dopo un 2018 di grande difficoltà, è risalito oltre il dato 2015 e si è attestato a 23.506 punti, contribuendo positivamente nel calcolo del Private Banking Index, «Il risultato migliore dell’ultimo quinquennio», afferma Anna Gervasoni ordinario della Liuc - Università Cattaneo e presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio. «Il dato in esame, chiaramente, si riferisce all’ultima seduta dello scorso anno, non sconta di conseguenza l’impatto negativo della crisi finanziaria determinata da Covid-19 che vedremo nel calcolo dell’indice del 2020».

Fin qui i dati del passato, un 2019 che sembra lontanissimo rispetto al momento che vive il Paese oggi, quindi cosa ci dobbiamo aspettare? «Per superare questa crisi serve l’impegno di tutti. Dal credito delle banche, dallo Stato nel favorire la liquidità e le tutele al lavoro, incentivando i settori più competitivi, e anche il risparmio può giocare la sua parte. Nel nostro piccolo, in Banca Generali, forti delle esperienze maturate nelle cartolarizzazioni e nella partnership con Credimi, abbiamo per esempio dato vita ad un progetto molto importante a favore delle pmi», riflette Ragaini. «Abbiamo infatti raccolto i crediti richiesti dalle partite Iva e dalle pmi tramite la piattaforma di Credimi e fatto confluire questi crediti in una soluzione di investimento per la clientela private che desidera diversificazione e decorrelazione dai mercati, in cambio ovviamente di un interesse appetibile. Questo prodotto ha il vantaggio di fornire subito liquidità alle aziende in difficoltà, e per i risparmiatori può contare sulle garanzie all’80% dallo Stato, cui si aggiunge un altro 10% dal gruppo Generali che ha partecipato all’operazione sottoscrivendo una tranche junior dell’investimento. E’ un modo concreto e proattivo per aiutare il sistema valorizzando il nostro lavoro di custodi del risparmio delle famiglie».

CON LA CRISI DELLA PANDEMIA, LE SFIDE PER IL COMPARTO RIGUARDANO IL TEMA DELLA PROTEZIONE E LA DECORRELAZIONE DELLE ASSET CLASS NEGLI INVESTIMENTI

L’EVOLUZIONE DEL PRIVATE BANKING INDEX (PB-I) NEGLI ULTIMI 5 ANNI Private Banking Private Banking Index (PB-I); Index (PB-I) 2019; 122,54 2018; 116,06 X

Private Banking X Index (PB-I) X s 2017; 115,05 Private Banking Index (PB-I) 2016; 108,36 s

Private Banking Index (PB-I) 2015; 100

X

2015

s

2017

X

2019

2016 X

2018

FONTE: OSSERVATORIO SUL PRIVATE BANKING

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INTERVISTA A FEDERICO PONS

«Asset manager, in team la risposta alla Pandemia» di Marco Muffato

C

om’è cambiato con il Covid-19 il lavoro di un grande player dell’asset management sull’importante mercato italiano del risparmio? Ne parliamo con Federico Pons, country head per l’Italia di Janus Henderson Investors, che ci offre anche un outlook sul futuro degli investimenti.

Pons, com’è cambiato il vostro lavoro con la pandemia? Il nostro lavoro quotidiano è cambiato completamente e, a dire il vero, all’inizio avevamo abbastanza timore di questo cambio per la mancanza di contatto con i clienti che è il fulcro della nostra attività. In realtà la tecnologia ci ha aiutato e ci sta aiutando molto: tra laptop, tablet e smartphone siamo completamente operativi. L’altra sorpresa positiva è stato il lavoro del team perché chiaramente quello che manca essendo a casa è la relazione diretta con i colleghi, ma con i sistemi di videomeeting o videocall, che fino a due mesi fa non conosceva nessuno, l’interazione tra di noi è continua, con due appuntamenti fissi il lunedì e il giovedì mattina alle 9, presenti noi otto della branch milanese e il team del marketing e client Sales support di Londra. Il paradosso è che il contatto è

molto maggiore ora rispetto a quando i nostri sales erano in giro in tutta Italia. Il ricorso al cosiddetto lavoro agile ha dimostrato di avere risvolti importanti e soprattutto positivi. Rappresentando un trend già in ascesa, si è ben compreso che lavorare da remoto funziona e molto bene. Non si tornerà più indietro, il trend ha acquisito una violenta accelerazione, entreremo in una fase di “new normal”, per non parlare dei benefici che ne deriveranno: penso in primis alla riduzione del traffico, dei viaggi e dell’inquinamento. Quindi grazie smartworking… Certo un bel cambiamento dai roadshow fisici a quelli virtuali… Che sono ugualmente efficaci. Attraverso call, chiamate via telefono a singoli consulenti oppure mediante videocall, con piccoli gruppi di cf ...Ben più complessa ma di grande impatto è l’organizzazione di veri e propri webinar con traduzione simultanea, che sono tenuti o dal team italiano oppure da Londra, con 400500 persone collegate. Utilizziamo WeBex oppure piattaforme webinar di provider esterni. Tutto sommato è anche una organizzazione più economica rispetto a quella dei roadshow sul territorio. Anche l’organizzazione di un singolo webinar costa svariate migliaia di euro, tra il costruire il micro sito, la traduzione in tempo reale dello speech in inglese del gestore, realizzare le presentazioni…Certo il roadshow fisico costa molto di più e penso alle spese legate all’organizzazione per un centinaio di persone invitate, ma ti permette di avere un contatto diretto con il consulente. Il webinar è comunque molto apprezzato dai cf che ricevono un’ottima assistenza, con la nostra visione sul mercato e sull’andamento dei fondi sottoscritti dai loro clienti. Superata la pandemia, i webinar soppianteranno i roadshow fisici? Rimarranno tutte e due le opzioni. Certo, prima se una rete ci chiedeva un incontro per la loro struttura di cf in una qualsiasi città d’Italia, si cercavano altre reti nelle vicinanze per ottimizzare l’impegno che solitamente portava via molto tempo di viaggio.. Ora con un webinar sarà più semplice rispondere a queste richieste. Mentre i grandi eventi con la presenza di gestori Janus Henderson credo che si continueranno a fare nel modo tradizionale. Cambiamo argomento: la sensazione è che i consulenti finanziari abbiano superato l’impatto emotivo della pandemia affiancando bene sul campo i clienti. È così? Sia i consulenti finanziari che i private banker si sono comportati benissimo, sono due mesi che fanno assistenza psicologica ai

IL COUNTRY HEAD RACCONTA COME LA STRUTTURA ITALIANA DI JANUS HENDERSON INVESTORS HA REAGITO ALL’EMERGENZA COLLEGATA AL COVID-19

FEDERICO PONS

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propri clienti per evitare gli errori tradizionali ovvero quando il mercato guadagna vogliono investire, quando il mercato crolla chiedono di disinvestire tutto. Lo abbiamo visto a metà marzo, quando il mercato ha perso il 15% i cf hanno dovuto fronteggiare le richieste dei clienti di disinvestire immediatamente. Il giorno dopo è risalito del 6% e chi era uscito voleva rientrare. Il loro ruolo psicologico, di convincere i clienti a stare fermi, è stato davvero cruciale e prezioso. A seguito di questa grande crisi, e visto che non c’è asset class che non abbia pagato dazio, secondo lei, per recuperare le perdite, il risparmiatore italiano sarà disposto rispetto al passato ad affrontare qualche rischio in più aumentando la propria esposizione all’azionario? È fisiologico se si vuole ottenere un rendimento sul lungo termine i risparmiatori devono leggermente alzare il proprio profilo di rischio. E in questo senso il compito del consulente finanziario è cruciale nei confronti dei clienti, consigliando le mosse giuste caso per caso. Se un cliente ha 50 anni, cioè con un orizzonte temporale di almeno 10-15 anni, consigliare di entrare nell’azionario in questo momento può avere senso. Devo dire che stiamo ricevendo anche molte richieste per i fondi corporate i cui prezzi favorevoli possono rivelarsi interessanti. Com’è cambiato il vostro outlook, quali sono gli aspetti forti sui quali si può contare per uscire da questo contesto di volatilità e da cosa bisogna stare alla larga? Le rispondo facendo riferimento alla visione del nostro economista Simon Ward. Le banche centrali stanno iniettando nel sistema una massa imponente di denaro e questo ci suggerisce la possibilità di una ripresa economica molto veloce, cioè a V, e con la forte probabilità nei prossimi 12 mesi di assistere a un trend di crescita dell’inflazione. Come è noto l’inflazione di solito è positiva per il mercato equity e negativa per il mercato obbligazionario. Quanto detto ci suggerisce di approfittare di questa congiuntura momentaneamente negativa per incrementare gli asset più rischiosi in un’ottica di lungo termine. Attraverso quali strumenti? Noi suggeriamo tre tipologie di asset. In primo luogo gli asset ciclici: per quanto appena detto penso ai Btp legati all’inflazione, che negli anni scorsi, in assenza di dinamiche inflattive, non hanno avuto particolare successo ma che ora possono invece rivelarsi un investimento interessante. In secondo luogo i mercati emergenti, che saranno i primi ad uscire dalla pandemia: penso alla Cina, che ha sofferto come mai negli ultimi 20 anni, che ora trascinerà nella ripresa con sè tutta l’Asia. Terza tipologia di asset su cui orientarsi sono i metalli preziosi in un’ottica di protezione del portafoglio. I metalli preziosi che sono già cresciuti parecchio e che cresceranno ancora come l’oro. Con queste premesse bisognerà adeguare il proprio portafoglio a un contesto che rispetto al passato sarà caratterizzato da inflazione e quindi occorre prepararsi a uno spostamento verso l’azionario. Dunque a maggio gradualmente si ripartirà: le previsioni sono che il Pil quest’anno perderà molto ma sappiamo perfettamente che i mercati finanziari anticipano qualsiasi trend positivo. Come per esempio la concreta possibilità di un recupero importante in Italia e su scala globale. La Bce sta stampando moneta per comprare i titoli di stato per cui sta già agendo positivamente sull’economia. Vede possibile una soluzione di sostegno alla helicopter money anche in Italia, erogando cioè denaro, senza passare dall’economia, direttamente ai cittadini?

Non è detto che quello che funziona negli Stati Uniti automaticamente funzioni anche da noi. I cittadini americani vivono “a debito”, non hanno capacità di risparmio che li aiuti ad affrontare crisi come questa. Che poi quando capita c’è l’ombrello dei 6 milioni di sussidi di disoccupazione…In Italia le cose vanno diversamente: l’italiano è un risparmiatore per cui ha qualcosa da parte per i tempi difficili. Soprattutto le misure di helicopter money da noi potrebbero non rivelarsi efficaci perché c’è il rischio concreto che i soldi che vengano distribuiti vengano risparmiati e non spesi con la conseguenza di non rimettere in moto l’economia. Sarebbe piuttosto preferibile in Italia immettere denaro attraverso gli investimenti pubblici, grandi, medie e piccole opere attraverso cui dare del lavoro alle persone. Parliamo di prodotti, quali sono in questo momento i temi commerciali forti? Ne abbiamo tre. Partiamo dal Balanced Fund, un bilanciato americano vecchio stile primi anni 2000, che è sempre andato benissimo e il cui mix di azioni e bond varia con le situazioni di mercato, , con l’azionario che in questo momento è poco sotto il 50%. È un fondo dal funzionamento molto semplice che piace molto perché tutti vogliono partecipare al mercato americano che è sempre il primo a riprendersi. Non a caso ha 20 miliardi di masse. Altra soluzioni di punta è Global Life Sciences Fund, che è un comparto sulla salute: è il tematico per eccellenza che le reti di consulenti finanziari stanno apprezzando molto. Infine il Global Technology Fund, che come si può intuire è richiestissimo in questo momento. I temi legati all’innovazione come healthcare e la tecnologia sono temi d’investimento dell’oggi o di lungo periodo? Assolutamente di lungo periodo. Prendiamo la tecnologia è un processo partito diversi anni fa, che va avanti impetuoso. In questa situazione di crisi le aziende che sono cresciute di più sono proprio le Faang, penso ad Amazon e a Netflix, un po’ meno a Facebook. Con la “nuova normalità” non torneremo alla vita di prima, sistemi come zoom e houseparty, le serie tv di Netflix li continueremo a utilizzare. E chi si è abituato a fare acquisti su Amazon Prime non c’è motivo che smetta preferendo recarsi in un centro commerciale. maggio 2020

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INTERVISTA A FRANCESCO TARANTO

«È più che mai il momento di fare stock-picking» di Sergio Luciano

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a globalizzazione non è finita, ma certo cambierà. Oggi è globale la reazione alla negatività pandemica, ma credo che una volta ripresa l’attività economica normale, un certo tipo di nuovo andamento dell’economia e dei mercati si affermerà, più attento alla differenziazione delle scelte, e quindi dei rischi, pur in una logica globalista»: Francesco Taranto, tra le personalità più autorevoli della finanza italiana, oggi vice presidente di Sorgenia e già Consigliere di amministrazione indipendente di eni,enel e altre società quotate è stato per quattordici anni amministratore delegato di Prime e poi consigliere di Pioneer. Ha visto, e gestito, numerose crisi finanziarie. In questi giorni di quarantena – racconta – ha anche riscoperto il piacere di operare direttamente sui mercati, da privato investitore, come ha fatto con grandi risultati per decenni da professionista. Ed ha idee precise sul lascito di questa, certo la più grave di tutte: «Mi sembra prevedibile un recupero anticipato delle economie dal lato asiatico – spiega - una successiva ripresa americana, e un inevitabile ritardo da parte dell’Europa, con differenze all’interno dell’Unione europea tra i diversi Paesi. Il mercato non è unico. Sul fronte dell’economia reale già si vedrà nei prossimi mesi con differenti riflessi all’interno dei mercati finanziari».

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Facciamo un confronto con le crisi del passato. L’ultima, quella del 2008-2009: come la confronta con questa che viviamo? La diversa origine della crisi,finanziaria quella del 2008,sanitaria e pandemica con estensione geografica progressiva quella attuale,hanno determinato un differente impatto sulle abituali abitudini di vita e di consumi dei singoli.Inevitabile anche l’impatto sui riflessi nei mercati. Tutti puntano ovviamente sui settori della farmaceutica e delle biotecnologie… Saranno certamente da osservare con maggiore attenzione per via della origine sanitaria della crisi, ci saranno tuttavia realtà vincenti e altre che avranno il passo più lento, e questa sarà anche la vera difficoltà per l’investitore, riuscire a identificare chi avrà il passo più lungo e veloce e chi meno. E da noi? Non voglio fare nomi. Posso dire però che oggi seguo sulla Borsa americana alcune realtà più vivaci e promettenti rispetto agli omologhi europei. Anche da noi ci sono piccole realtà che si distinguono in positivo. Dunque è il momento dello stock-picking, la scelta fior da fiore delle azioni più promettenti? Assolutamente sì, per forza di cose,con l’evidente difficoltà del 48

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FRANCESCO TARANTO

«CONSIGLIO LA DIVERSIFICAZIONE MASSIMA DEI RISCHI. I MERCATI, SUPERATA LA CRISI, SARANNO ANCORA PIÙ ATTENTI NELLE SCELTE» singolo investitore di operare autonomamente.Possiamo dire che la fine febbraio,l’inizio di marzo determinano l’avvio di un nuovo andamento nel mercato delle realtà quotate e l’andamento dei relativi grafici sarà un indicatore importante del loro differente procedere.Alla base,come sempre,sarà l’andamento degli utili a dterminare però nel tempo lo sviluppo delle quotazioni. Già: per quanto moltissime società stiano rinviando il pagamento dei dividendi… E’ una decisione che ciascuno prende in funzione di due cose. Innanzitutto di come la propria struttura finanziaria è in grado di sostenere le difficoltà dell’ immediato futuro, che sappiamo certamente non facile; e poi le possibilità e opportunità d’investimento da poter effettuare con la cassa preservata. Quindi trovo sia una scelta che, al di là del settore bancario dov’è giunta


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una precisa indicazione dalle autorità di controllo, è da realizzare in funzione di come le singole realtà identificano il proprio futuro. E quindi anche il modo con cui l’investitore guarda alle loro decisioni in merito deve riflettere una logica di misurazione delle cause e degli effetti di quella scelta. Nell’insieme, l’industria del risparmio gestito non ha subìto i riscatti che da più parti si temeva sarebbero arrivati. Come mai, a suo avviso? Credo che ci sia stata una reazione matura dei risparmiatori, quella di non alleggerire le loro posizioni dopo il crollo. Certo, sulle prime si subisce uno choc, l’evento negativo scuote, ma poi la vita riprende, i rimbalzi e i recuperi arrivano. E infatti non credo sia stato il panico ad aver caratterizzato le forti cadute dei primi giorni, semmai la necessità di ridurre l’eccesso di leva che connotava molti portafogli di grandi investitori istituzionali. I tempi sono cambiati… Cioè? Se ripenso al 19 ottobre dell’87, con la caduta di Wall Street e l’inizio della prima,vera crisi globale dei mercati,ricordo che le reazioni successive,soprattutto in Italia, furono dettate innanzitutto dal retail, che fece piovere sui listini un uragano di ordi-

«IL CROLLO DI INIZIO MARZO È DOVUTO SOPRATTUTTO ALLE NECESSITÀ DI ALCUNI GRANDI INVESTITORI. OGGI IL RETAIL È PIÙ MATURO E MEGLIO GUIDATO» ni di vendita. Stavolta no, ripeto: le reazioni negative registrate all’inizio di marzo credo siano state legate prevalentemente a necessità di grandi investitori istituzionali. E credo anche che stia subentrando una sorta di assuefazione, un fenomeno nuovo e impensabile da parte dell’investitore retai, anche per via della maggior maturità e professionalità di chi li assiste nelle decisione di investimento. Sicuramente c’è stata una notevole decurtazione dei patrimoni ma è importante guardare con maggior lucidità, resistendo al panico, al futuro, con una maturità maggiore, una certa pacatezza, attenzione alle prospettive che si presenteranno, a dove cercare nuove opportunità, evitando i comportamenti imitativi. Nell’87 ci fu una ventata di vero di panico… fu forse il primo momento di una vera globalizzazione dei mercati, una specie di prova generale. E nel ’90-’91? Nel ’90-’91 il mercato si spaventò molto, tememmo tutti che la guerra con l’Iraq potesse divampare ed estendersi, peraltro avevamo da poco superato i postumi della crisi dell’87 ed avevamo, per così dire, i nervi scoperti. E poi il 2001, le Due Torri: un attentato che segnò un’altra svolta. E che ha indirettamente giovato all’industria del risparmio gestito, anche previdenziale, quasi ad aver ispirato una nuova cultura della prudenza e della previdenza. Questa crescita del risparmio gestito ha concentrato un enorme potere nelle mani di chi doveva investire dando loro la possibilità di intervenire sui mercati, dopo gli choc iniziali, in modo più razionale e ragionato, con una nuova liquidità da poter far fruttare con i recuperi, un fenomeno interessante e ancora recente. Dunque l’industria del risparmio gestito, che lei conosce così bene, è maturata? È un mercato che si è molto evoluto. Trent’anni fa, la base di

riferimento dei promotori finanziari, come venivano chiamati allora, era costituita dai borsinisti, i responsabili bancari delle relazioni con la clientela, e tutto ciò che avevano largamente sotto controllo questi intermediari era il rapporto col cliente legato alle operazioni di breve termine, ma niente che andasse a guardare il mercato nei dettagli, tantomeno che analizzasse i fondamentali delle società emittenti. Poi è anche cresciuta una nuova generazione di professionisti, con una preparazione e una visione diverse da quelle di allora: e credo che anche questo dato di fatto oggi conti, e molto, nell’attutire l’impatto emotivo delle crisi, perché gli stessi primi interpreti del mercato oggi, i privste bankers, sanno presentarsi ai loro clienti con un volto nuovo, meno emotivo e più ragionato. Una serenità che si riflette sui clienti stessi… Un altro cambiamento importante potrebbe essere quello dei principi Esg, considerati importanti per gli investimenti di lunto termine. Che ne pensa? E’ un fenomeno lento, non ancora sedimentato nè davvero vastamente consolidato. Quando fui consigliere Pioneer ne vissi la fase di lancio, con i primi fondi specializzati nelle aziende sostenibili. Non ce ne fu un gran seguito immediato. Credo che ci sia oggi un’attenzione diversa, maggiore, ed è positivo che si sia creato un movimento culturale più sensibile nei confronti di questa realtà. E’ tutto da verificare però che a questa nuova sensibilità possa corrispondere anche quella adeguata redditività che deve accompagnare qualsiasi tipo di investimento. Infine: quando ripartirà davvero, dopo lo choc del Covid-19, l’economia mondiale; A fine anno? Secondo me la fine di quest’anno è troppo ravvicinata per sperare che conosca già la ripresa economica. La ripresa sarà ad U, non a V. Credo ci convenga accontentarci, per allora, di avere prospettive diverse e migliori. Puntiamo sul 2021 per vedere numeri rinfrancanti. Anche perché la pandemia si è distribuita nel mondo con tempi e caratteristiche diverse, è difficile capire come realmente agirà e come evolverà. Da una fase di crescita generalizzata credo che passeremo a una fase di crescita differenziata e per vedere un movimento corale bisogna attendere ben oltre fine del 2020. maggio 2020

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EFFETTO PANDEMIA

Inflazione, la grande assente dal mondo post-Covid di Gloria Valdonio

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econdo la letteratura accademica, a una violenta contrazione della domanda segue sempre una contrazione della capacità produttiva e dei prezzi. Nella fase di rimbalzo post-recessione però si rischia di ritrovarsi con una domanda che accelera, senza che l’offerta possa starle dietro. Ne segue quindi una inflazione dei prezzi. È questo un possibile scenario nei prossimi mesi? Secondo Alessandro Tentori, cio di Axa Im Italia, pur tenendo fuori dall’equazione elementi deflazionari che sono indipendenti dal ciclo congiunturale (come i fattori demografici oppure l’accumulazione strutturale di risparmio) non sarebbe questo lo scenario post pandemico, a dispetto delle teorie economiche. Vediamo di capirne la ragioni. Il denaro non corre Milton Friedman diceva che l’inflazione è sempre riconducibile a fattori monetari. Questo è vero però quando la velocità di circolazione della moneta è costante. Sfortunatamente in uno scenario in cui il Pil nominale cresce più lentamente della massa monetaria, la velocità di circolazione rallenta. «Negli Stati Uniti assistiamo dal 1997 a un rallentamento della velocità di circolazione del denaro e le varie misure di politica monetaria, in particolare il Qe, non hanno fatto che esacerbare questo trend», spiega Tentori. Eppure sono sempre più frequenti le posizioni che invocano la creazione di moneta come panacea. E contro l’ammonimento che monetizzare permanentemente deficit pubblici crescenti espone al rischio di spirali inflazionistiche viene proprio usata l’esperienza del Quantitative easing: la Fed ha quadruplicato il suo bilancio tra il 2009 e il 2015, lo stesso ha fatto la Bank of England, la Bce l’ha triplicato con vari interventi non convenzionali dal 2009 in poi, la Bank of Japan lo ha quintuplicato. Eppure di spirali inflazionistiche non si è vista l’ombra. I fattori strutturali Il copione dovrebbe rimanere lo stesso nella crisi pandemica del 2020 con i mercati che sono stati rassicurati dal whatever it takes delle Banche centrali e dai massicci piani di stimolo governativi negli Usa e in Europa. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno lanciato il più grande pacchetto di stimolo mai realizzato e stanno già pensando di farne seguire un altro. Ma, come spiega Alessandro Fugnoli, strategist di 50

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LE IDEE FORTI PER FARLA RIPARTIRE: GRANDI PIANI FISCALI GOVERNATIVI MIRATI AGLI INVESTIMENTI IN INFRASTRUTTURE E IN INNOVAZIONE

Nella foto in basso a sinistra Alessandro Tentori, cio di Axa Im Italia. Nella foto a destra Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos Partner

Kairos partner, questa crisi ha aperto un enorme buco nella domanda che rimarrà tale per un certo periodo anche dopo la fine della crisi. «Se guardiamo la Cina», dice Fugnoli, «la fine del lockdown non ha prodotto una ripresa dei consumi, perché una crisi come questa lascia segni profondi, e non c’è la voglia di festeggiare di quando finisce una guerra». Certo nei settori di base alimentare ci potrà essere una parziale crescita dei prezzi, ma per i beni voluttuari il deficit di domanda sarà estremamente alto. «Quando la Fed ha avviato programmi di acquisto di asset dopo la crisi finanziaria del 2008, il mercato si aspettava un rapido incremento dell’inflazione, ma tale aspettativa non si è mai concretizzata a causa delle tendenze strutturali in atto e del lungo processo di deleveraging che si è dovuto svolgere», spiegano Nicolas Leprince e Julien Tisserand, fund mana-


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gers asset allocation & sovereign debt di Edmond de Rothschild AM. «L’impatto più visibile che il Qe ha prodotto è l’inflazione dei prezzi degli asset, che in teoria aiuterebbe i consumatori con un “effetto ricchezza” positivo». Questo effetto, che avrebbe dovuto stimolare la domanda aggregata in misura sufficiente a generare inflazione, in realtà non è stato sufficiente a contrastare i fattori strutturali in gioco già dalla fase precedente alla crisi finanziaria che, come spiegano gli strategist, sono l’invecchiamento demografico, la globalizzazione, l’automazione nei vari settori, il crescente uso della tecnologia, e anche i prezzi più bassi delle materie prime, in particolare il petrolio che ha esercitato una pressione durevole al ribasso sull’inflazione.

Moneta e base monetaria Ma il fattore determinante che non consente all’inflazione di fare il suo corso è che il Qe delle Banche centrali non ha moltiplicato la quantità di moneta in circolazione, la quale anzi ha mediamente rallentato la sua crescita. E questo perché c’è una differenza fondamentale, benché spesso ignorata, tra la “moneta” e la “base monetaria”. La prima è rappresentata dall’insieme degli strumenti di pagamento (banconote, depositi bancari cui eccetera) ed è pertanto l’aggregato rilevante di cui valutare la correlazione con i prezzi. La “base monetaria” è invece l’insieme delle passività che una Banca centrale crea attraverso operazioni di mercato aperto convenzionali o non convenzionali (come il Qe). La “moneta” si crea nel secondo passaggio, cioè quando la banca decide che è più conveniente prestare quel denaro a un privato che la voglia spendere, trasformandola in “circolante” (e sostituendola nell’attivo di bilancio con il prestito concesso). Solo così la “moneta” si riproduce e si moltiplica in nuovi mezzi di pagamento, ed è quindi evidente che l’inflazione è legata alla crescita della “moneta”, e non della “base monetaria”. «Il Qe è denaro messo a disposizione che però torna indietro; è creazione di riserve in eccesso delle banche che vengono depositate presso la banca centrale senza ricaduta sull’economia reale», sottolinea Fugnoli.

Sopra, nelle foto da sinistra a destra Nicolas Leprince e Julien Tisserand, fund manager asset allocation & sovereign debt di Edmond de Rothschild AM

po (al di sotto dell’obiettivo della banca centrale), questo processo si traduce in ultima analisi in aspettative di inflazione più basse che rischiano di ancorare l’inflazione in maniera durevole a un livello basso nel processo di fissazione dei prezzi e dei salari delle imprese. E’ quello che è successo in Giappone e che ha iniziato a verificarsi anche nell’Eurozona. Quindi una dinamica positiva in termini di inflazione è importante per evitare questa vera e propria “trappola della bassa inflazione”. «Inoltre, nell’attuale contesto di grandi stimoli fiscali e di aumento del rapporto debito/Pil dei Paesi, uno degli ovvi benefici di un ciclo d’inflazione positiva, ma controllato, sarebbe quello di permettere ai Paesi di ridurre il proprio livello di indebitamento nel tempo, cioè, in altre parole, di ridurre il loro stesso debito», aggiungono i due strategist. Ma quali sarebbero le condizioni per la far ripartire l’infla-

UN LIVELLO DI INFLAZIONE MODERATO MA STABILE È AUSPICABILE PER PROMUOVERE CRESCITA OTTIMALE E COMPORTAMENTI VIRTUOSI TRA GLI AGENTI ECONOMICI

L’inflazione non è un demone Ma quali sarebbero gli eventuali vantaggi di una dinamica inflativa positiva? Gli studi economici hanno dimostrato che un livello di inflazione moderato ma stabile è il risultato più auspicabile per promuovere una crescita ottimale e un altrettanto ottimale comportamento tra tutti gli agenti economici. «Da un lato questa dinamica non stimola i consumatori a risparmiare sulla spesa e, dall’altro, le aziende hanno il necessario livello di visibilità sui prezzi futuri per stilare i propri piani di investimento con una certa fiducia», spiegano Leprince e Tisserand. È stato inoltre dimostrato che se l’inflazione realizzata rimane bassa per troppo tem-

zione? Grandi piani fiscali governativi mirati agli investimenti in infrastrutture e settori innovativi, che aumenterebbero la produttività e contribuirebbero a generare inflazione. «Aumentando la produttività, i salari potrebbero crescere e contribuire a consolidare la ripresa dell’inflazione», confermano Leprince e Tisserand. Che concludono: «Se questi investimenti fossero combinati con qualche forma di helicopter money per stimolare la domanda dei consumatori e delle imprese, ci sarebbe un’ulteriore spinta inflazionistica”. maggio 2020

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MERCATI

Quanto piacciono le obbligazioni del Dragone di Giuliana Gaetani

IL MERCATO DEI BOND CINESE È RICCO DI OPPORTUNITÀ CHE L’EURIZON FUND BOND AGGREGATE RMB SI PROPONE DI COGLIERE. VEDIAMO COME

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I mercato obbligazionario cinese può rappresentare un’interessante opportunità di investimento nell’attuale contesto di mercato, condizionato dall’evoluzione della pandemia di coronavirus. In questo panorama si colloca Eurizon Fund Bond Aggregate RMB, prodotto che permette di investire in obbligazioni denominate in renmimbi commercializzate sul China Interbank Bond Market e in altri mercati della Repubblica Popolare Cinese e di Hong Kong. Il team di gestione ha un’ampia conoscenza del mercato cinese e seleziona i titoli governativi e corporate, privilegiando le emissioni che presentano un buon livello di liquidità e un profilo di rischio/rendimento interessante. L’indice di riferimento è il Bloomberg Barclays China Aggregate Bond Index.

La Cina apripista della ripresa, ma l’incognita riguarda le misure di stimolo Primo Paese al mondo a fronteggiare l’emergenza Covid-19, la Cina è stata anche la prima a mostrare la strada per la ripresa: con il ridursi dei nuovi casi di contagio, molte imprese hanno ripreso l’attività e la popolazione è stata incoraggiata a tornare al lavoro e a riprendere una vita normale. Per questi motivi è probabile che le attività cinesi, incluso il renminbi, possano segnare performance superiori alle altre asset class. Tuttavia il recupero cinese potrebbe essere indebolito dal calo della domanda globale: per questo le autorità di Pechino hanno annunciato nuovi pacchetti di stimolo per stabilizzare l’economia e fronteggiare lo shock dal lato della domanda causato dall’epidemia. Tra le misure ci sono l’innalzamento del tetto del deficit, l’emissione di ulteriori titoli di Stato e di credito speciali e nuovi ritocchi al ribasso delle imposte. I pacchetti fiscali si concentreranno probabilmente sull’innovazione tecnologica e sull’urbanizzazione 2.0. Sul fronte delle banche centrali, le misure adottate dalla Popular Bank of China appaiono relativamente convenzionali: un aspetto che rivela come il governo cinese si stia sforzando 52

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Stephen Li Jen, ceo di Eurizon SLJ Capital

di coordinare gli interventi di breve termine necessari per contrastare l’emergenza legata alla diffusione del virus con il piano di riforme strutturali a lungo termine. La grande crisi finanziaria consentì alla Cina di compiere un balzo in avanti rispetto al resto del mondo. Lo shock indotto dal coronavirus verrà probabilmente colto dal Dragone come un’opportunità per tentare un nuovo strappo. Tuttavia fornire stimolo in eccesso e ridare fiato alla bolla immobiliare costituirebbero errori


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di politica economica, come ha dimostrato l’esperienza dei precedenti piani di stimolo fiscale di grandi dimensioni. Per questo motivo gli eventuali pacchetti di stimolo cinesi saranno probabilmente volti a stabilizzare l’economia e il tasso di disoccupazione, piuttosto che a dare impulso alla crescita economica.

Pechino non vuole ripetere l’errore del 2008-2009 «È ormai opinione comune che Pechino abbia commesso un errore nel 2008-2009, mettendo in campo misure di stimolo di tale entità che hanno contribuito alla formazione della bolla immobiliare e alla leva finanziaria in generale», ha osservato Stephen Li Jen, ceo di Eurizon SLJ Capital. «A partire dall’inizio del 2018 la Cina ha provato faticosamente a evitare di ricorrere a politiche di stimolo, e a mettere in atto misure di deleveraging e di riduzione del rischio senza provocare lo scoppio della bolla immobiliare. Adesso è altrettanto urgente per le autorità cinesi far sì che il Paese non cada in una profonda recessione, ma fino a questo momento la Cina non ha seguito le orme degli Usa e dell’Europa sulle politiche di stimolo. Finora, le misure annunciate sono relativamente modeste: io credo che gli investitori debbano aspettarsi che la Cina sia meno desiderosa di stimolare la sua economia».

Il mercato obbligazionario cinese, il nuovo porto sicuro L’asset class in cui Eurizon Fund Bond Aggregate RMB investe, il mercato obbligazionario cinese, si è dimostrata particolarmente resiliente durante la fase di forte avversione al rischio registrata a marzo, quando ha sovraperformato la maggioranza degli altri strumenti finanziari e ha continuato a proporsi come classe di attività rifugio, offrendo un porto sicuro nel corso della tempesta Covid-19. «Dal momento dell’esplosione della pandemia di coronavirus, il mercato delle obbligazioni cinesi onshore si è comportato più come un mercato obbligazionario sviluppato che come un mercato obbligazionario emergente: quando i tempi diventano duri, i rendimenti dei bond scendono», è il commento del ceo di Eurizon SLJ Capital. «Gli altri bond dei Paesi emergenti tendono a comportarsi come il credito in risposta agli shock negativi. Questo ha fatto sì che i bond con il rating più alto in Cina diventassero un fantastico porto sicuro in una situazione di stress». Una delle ragioni principali, ha sottolineato Li Jen, è il fatto che «gli investitori cinesi, che possiedono importanti quantità di asset finanziari, non possono andare all’estero. In questo modo i capitali non possono uscire dai confini cinesi, e questo significa che la correlazione negativa tra bond e azioni all’interno della Cina è stata preservata, a differenza di quanto è accaduto in molti Paesi sviluppati». Un’asset class sempre più attraente Inoltre il mercato obbligazionario cinese ha evitato una stretta sulla liquidità e sia il bid-ask medio della maggioranza dei bond, sia la volatilità del mercato obbligazionario domestico sono rimasti nel range pre-crisi. Alla luce dell’ampliamento degli spread tra i Treasury Usa e i titoli di Stato cinesi, l’attrattiva del mercato obbligazionario cinese risulta in crescita nell’attuale fase di incertezza sui mercati finanziari mondiali, e con ogni probabilità gli afflussi di capitali esteri verso il mercato obbligazionario cinese accelereranno nei prossimi

mesi. «Noi crediamo che il mondo si stia muovendo nella giusta direzione, considerando il mercato obbligazionario cinese, che è già il secondo più grande al mondo, come un’opzione di investimento concreta», ha osservato Li Jen. «I bond in renminbi, insieme ai Treasuries Usa e all’oro, sono stati tra i pochi asset al mondo ad aver restituito rendimenti positivi quest’anno. Allo stesso tempo il renminbi ha registrato performance molto positive: nonostante il deciso rallentamento dell’economia, la divisa cinese è rimasta stabile nei confronti del dollaro forte e ha sovraperformato rispetto all’euro».

I bond in renminbi saranno in grado di attrarre flussi continui Dove è possibile trovare opportunità di investimento nel mercato obbligazionario cinese? «Quando gli investitori europei diventeranno più attivi in questo mercato, è importante che siano sicuri e liquidi: infatti la sicurezza, intesa come bassi rischi di default, e la liquidità, intesa come ampi volumi di trading, sono il focus su cui ci concentriamo nella gestione del nostro fondo obbligazionario in renminbi», ha spiegato Li Jen. «Il rallentamento economico porterà a un’accelerazione delle trasformazioni strutturali del mercato del credito in Cina: questo significa che ci sarà un periodo di transizione, durante il quale alcuni nomi del credito finiranno sotto pressione, e gli investitori dovranno evitarli. L’altro tema è la liquidità: ci sono ampie porzioni del mercato obbligazionario cinese in cui i bond non sono scambiati sul mercato secondario e anche in questo caso gli investitori stranieri devono fare attenzione a evitarle». Sul fronte della situazione di mercato, per Li Jen «l’economia cinese sarà in difficoltà quest’anno, con la crescita che resterà bassa. Ci potrà essere una ripresa a ‘U’ nel secondo semestre, ma il vigore di questa espansione sarà contrastato da una relativa debolezza nel resto del mondo. Ora che la Fed ha adottato la Zirp (Zero interest rate policy, n.d.r.), cioè la politica dei tassi zero, i bond in renminbi offrono un consistente premio su tutti gli altri bond emessi dai Paesi sviluppati, e saranno con ogni probabilità in grado di attrarre flussi continui». maggio 2020

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INTERVISTA AD ALESSANDRO PARRAVICINI

I miei consigli per non perdersi nella jungla degli investimenti di Marco Muffato

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lessandro Parravicini, strategist di Swan Asset Management, è l’autore di “Jungle Guide. Investire: il modo più difficile per fare soldi facili”. Un manuale di singolare tempestività pubblicato a inizio pandemia, a febbraio. Il volume è infatti una bussola per imparare a gestire il denaro e muoversi all’interno dei mercati finanziari, che mette assieme nozioni economico-finanziarie con consigli pratici insegnando un “metodo” per stare (e guadagnare) sui mercati in uno scenario turbolento e confuso, come quello prodotto dal coronavirus. Della guida ne abbiamo parlato con l’autore.

LO STRATEGIST DI SWAN ASSET MANAGEMENT AUTORE DI “JUNGLE GUIDE”, UN MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER CHI INVESTE, SI RACCONTA

Parravicini, quali sono le ragioni che l’hanno spinta a scrivere Jungle Guide? Con quali obiettivi? Sostanzialmente due: mostrare come nella realtà si prendono le decisioni d’investimento, e come un risparmiatore deve ragionare se decide di investire. Non volevo fare l’ennesimo manuale di finanza, ALESSANDRO PARRAVICINI ma aiutare il non addetto ai lavori a capire la distanza tra ciò che ci si aspetta dai propri investimenti e come funzionano davvero i mercati. Di qui come il gestore professionista. anche l’idea del titolo, dato che il libro vuole essere una sorta di Proliferano corsi di finanza comportamentale tra i promanuale di sopravvivenza per chi investe, ma fatto con gli oc- fessionisti degli investimenti finanziari. Hanno portato un chi di chi sta dietro gli schermi da una vita. Mi avessero spiegato beneficio a suo giudizio? Gli operatori e i loro clienti sono questi concetti il primo giorno di lavoro, mi sarei risparmiato consapevoli delle dinamiche psicologiche che incidono tante fatiche! sulle scelte d’investimento? Quali sono i principali trucchi emotivi e gli aspetti psico- La finanza comportamentale ha contribuito a migliorare la qualogici che ci ingannano quando investiamo? lità delle decisioni d’investimento più di qualsiasi manuale ecoWarren Buffet dice: “Se non sai controllare le tue emozioni, non nomico. Il suo valore aggiunto è nell’aiutare tutti, professionisti puoi controllare il tuo denaro”. Investire è un’attività ripetitiva, e dilettanti, a riconoscere le situazioni in cui, istintivamente, in condizioni di incertezza, dove non possiamo influire sull’esi- siamo portati a prendere la decisione sbagliata, sull’onda delle to delle nostre scelte, e caratterizzata da un contesto instabile. emozioni. Così si dà concretamente risalto alla cosa davvero imSono le circostanze perfette per farci agire d’istinto. La scienza portante negli investimenti, ovvero il metodo che ci siamo dati ha dimostrato che il nostro cervello fatica a prendere le decisioni per decidere. È il famoso processo d’investimento che, senza il corrette in un contesto di incertezza e se aggiungiamo il carico movente del controllo delle nostre emozioni, è solo un astruso emotivo legato al timore di perdere soldi, abbiamo un cocktail tecnicismo poco convincente. Non possiamo controllare i merperfetto per compiere sistematicamente errori d’investimento. cati, ma possiamo controllare le nostre reazioni ad essi e l’entità Le decisioni economiche sono mosse sostanzialmente da tre delle nostre scommesse. Non serve altro per far bene in borsa. moventi: speranza, avidità e paura. Quando agiamo sotto la loro Nello scenario di turbolenza e di altissima volatilità colleinfluenza il risultato è spesso negativo e nel libro porto molti gato all’epidemia di Covid-19 quali a suo giudizio errori si esempi concreti, che riguardano sia il risparmiatore comune stanno commettendo e come si possono evitare? 54

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Gli errori sono sempre gli stessi: si compra alto e si vende basso perché si proietta all’infinito nel futuro quanto sta accadendo adesso. Vediamo i prezzi che crollano e, automaticamente, pensiamo ai soldi perduti. Dentro di noi mille voci urlano “scappa!”. Quando la pressione emotiva diventa insostenibile agiamo - ma succede lo stesso per i prezzi che salgono con forza e noi siamo ai lati del campo a pensare a quanti soldi avremmo potuto guadagnare… -. Tipicamente poi il trend cambia, e noi a recriminare… si evita tutto questo solo seguendo un metodo, unico perché adatto a noi. La verità è che sbagliare ci ferisce, mentre in questo campo bisogna ammettere a priori che ci sbaglieremo tante volte. George Soros ha già detto tutto, quando spiegò il suo successo così: «Non importa quante volte hai ragione e quante volte torto, ma quanto guadagni quando hai ragione e quanto perdi quando hai torto». Meglio un consulente o fare da sé? Come si fa ad evitare la scomoda posizione di “maiale dei mercati”? Per fare da sé bisogna essere disposti a dedicare tempo e impegno, leggendo e informandosi. Non è una cosa proibitiva, ma va pianificata bene. Pensare di poter “investire” con successo leggendo distrattamente le pagine economiche dei quotidiani è una ricetta sicura per perdere soldi. Ok il “fai-da-te” se siamo disciplinati, metodici e costanti. Attenzione però: più importante di conoscenza e preparazione è la chiarezza nel ragionare e il carattere nel restare fedeli al proprio metodo. Per questo affidarsi a un consulente può essere la cosa più sensata, ma di per sé non sufficiente. Bisogna lavorare insieme per capire bene cosa si vuole dai propri investimenti e qual è la soluzione che più si adatta alla nostra personalità; delegare le scelte ad un terzo, anche se esperto e di fiducia, lascerà sempre un margine di dubbio, che nei momenti di incertezza porterà a prendere le decisioni sbagliate. I mercati sono un grande mare, dove c’è spazio per ogni tipo di pescatore. Esistono tanti tipi di investitori di successo, ma tutti hanno un tratto comune: hanno sviluppato un metodo adeguato alle loro caratteristiche e lo applicano fedelmente. I “maiali” sono invece quelli che entrano senza convinzione in una posizione e cambiano idea solo perché il prezzo non va nella direzione sperata. Cambiare idea così, porta a perdere soldi; Jesse Livermore diceva che “i soldi veri sono fatti sedendo, non pensando”: sai cosa stai facendo e sei paziente, cambiando idea solo se mutano le condizioni alla base della tua scelta. Una critica e un complimento ai consulenti finanziari... Sono soprattutto complimenti: è un lavoro difficilissimo, dove alle competenze tecniche devi saper unire capacità psicologiche, appunto per aiutare il cliente a selezionare il mix di investimenti più adeguato alle proprie caratteristiche. La vera critica che spesso faccio, non a loro ma al sistema del risparmio gestito italiano, è l’eccessiva distanza che separa il lato “tecnico” di questo lavoro - la gestione dei portafogli - da quello relazionale - la consulenza -. Negli ultimi dieci anni i mercati finanziari sono cambiati enormemente ed investire è ancora più difficile, con molti nuovi prodotti solo in apparenza semplici. Temo che la pressione commerciale non lasci sufficiente tempo per approfondire adeguatamente la conoscenza dei mercati e dei prodotti. In questa fase qual è il suo personale outlook sugli investimenti? Su cosa puntare e cosa invece evitare? Il coronavirus è solo un acceleratore di tendenze già in atto da tempo. La globalizzazione e il liberismo economico vengono

soppiantati da una maggiore presenza del settore pubblico nell’economia e da un ritorno a varie forme di protezionismo. È caduto il tabù della monetizzazione dei deficit pubblici. Dopo molti anni passati a favorire il capitale, si tornerà a remunerare maggiormente il lavoro. I debiti pubblici stanno esplodendo ovunque e nessuno ci dice come li ripagheremo. Questi sono i trend di lungo periodo che vedo. Nell’immediato ci vuole prudenza sui mercati, che grazie alla liquidità delle banche centrali stanno già scontando un veloce ritorno alla normalità. Nei settori, preferenza per i difensivi e la tecnologia. A livello geografico Usa meglio di tutto. A mio avviso l’asset class con il rapporto rischio/rendimento più interessante è l’obbligazionario high yield, che è cheap ed ha il sostegno delle banche centrali. Più a lungo termine credo che la generale svalutazione delle monete continuerà a sostenere i beni rifugio come l’oro. In tale contesto le criptovalute acquistano una propria giustificazione economica di tipo fondamentale.

UNA GUIDA PER PROFESSIONISTI E DILETTANTI L’obiettivo è pratico: insegnare un “metodo” per stare (e guadagnare) sui mercati in uno scenario turbolento e confuso, come quello attuale della Pandemia. I mercati finanziari infatti sono una giungla, dove il fiuto da solo non basta. Alessandro Parravicini, che li frequenta professionalmente da quasi 25 anni e li conosce bene, in “Jungle Guide” spiega a professionisti e dilettanti come sviluppare una intelligenza finanziaria critica per guadagnare e sopravvivere alle loro logiche spietate. Quindi non tanto una raccolta di regolette su cosa fare e su cosa evitare, ma piuttosto una guida per “stare” sui mercati avendo chiari gli obiettivi dell’investimento e la strategia per raggiungerli. Partendo, prima di tutto, da un corretto approccio psicologico ai listini. Il libro presenta molti spunti collegabili all’attualità

borsistica, sia in termini di andamento dei mercati che della conseguente composizione di portafoglio, ed è davvero utile per chi vuole investire in modo consapevole. In definitiva un libro, che può avere diversi livelli di lettura (da quello squisitamente economico-finanziario a quello più attento alle implicazioni comportamentali dell’investitore) e che può quindi soddisfare le più diverse attese.

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INTERVISTA AL COUNTRY HEAD DI FRANKLIN TEMPLETON

Quinto: «Sui mercati vince più che mai l’innovazione» di Sergio Luciano

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-commerce, fintech, ma anche biotech e healthcare tecnologico: nella ripresa dei mercati bisogna guardare più che mai a tutto ciò che è tecnologia e innovazione»: è il forte richiamo che Michele Quinto, country head italy di Franklin Templeton lancia attraverso la ribalta di Sos Investire, il format web con cui il nostro Gruppo sta seguendo costantemente l’evouzione della crisi economica e finanziaria per capire e raccontare cosa accadrà. «Stiamo riscontrando sui mercati – prosegue - una sorta di asimmetria. Da una parte i listini sono in una fase di recupero, dall’altra i dati dal fronte dell’economia reale sono orrendi. La saldatura possibile è che i mercati scontano una forte accelerazione dell’innovazione tecnologica e della ricerca». Qualche esempio? A fine aprile sia Amazon che Netflix hanno toccato i massimi, addirittura hanno recuperato praticamente tutta la perdita subita nel mese di marzo. Questo perché il mercato sta scegliendo tra chi uscirà prima dalla crisi, ma soprattutto ne uscirà bene, cioè in modo funzionale a un contesto che sarà diverso. Si stanno delineando dei nuovi trend da un punto di vista non soltanto economico ma anche sociale che ridisegneranno tutta una serie di dinamiche sia relazionali che umane che poi si tradurranno in dinamiche finanziarie, in posizionamento dei portafogli. E noi stiamo proprio cercando di capire, nei portafogli, quali sono quelle aziende che hanno già adesso una sorta di concept legato alla disruption che attiveranno tutta una serie di novità all’interno dei prodotti o dei processi o delle catene di produzione che consentiran56

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MICHELE QUINTO

I LISTINI STANNO ANDANDO MEGLIO DELL’ECONOMIA REALE PERCHÉ SCONTANO UNA FORTE ACCELERAZIONE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DELLA RICERCA APPLICATA no al mondo di cambiare. Pensiamo all’e-commerce, tutti lo stiamo vivendo oggi come una necessità, più che come un hobby, come qualche tempo fa. Oggi 9 beni su 10 in Europa sono stati scambiati a livello digitale negli ultimi 40 giorni, quindi è probabile che questo trend proseguirà anche quando il lockdown finirà. Ok, l’e-commerce. E poi? Pensiamo alla genetica, al fintech, alla gestione dei dati, pensiamo alle mappature, al tracking, alle applicazioni che stanno cercando di portare un pò di chiarezza sui movimenti che noi facciamo in modo tale di avere un maggiore controllo sull’infezione. Il tema, insomma, non è solo contingente, legato a cosa sta accadendo oggi con il virus, ma crediamo


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che questi trend possano proseguire nel medio e lungo periodo, quindi oggi bisogna stare attenti, fare attenzione a quelle aziende che magari hanno avuto un crollo dei prezzi che è stato solo in parte giustificato dai fondamentali potrebbero essere in realtà una buona occasione d’acquisto. E anche farma e biotech… Naturalmente, e tutto ciò che è genetics. Da quando c’è stato il sequenziamento del genoma, qualche anno fa, si è scoperto un nuovo mondo. Le biotecnologie, con tutto ciò che riguarda l’healthcare tecnologico, è forse il settore che ha degli spazi potenziali di crescita più ampi rispetto a qualsiasi altro settore a livello mondiale.

Abbiamo parlato dei settori. E che dire dei mercati? Si stanno riprendendo soprattutto le borse dei Paesi in cui gli investitori credono che questa crisi passerà prima, sia da un punto di vista sanitario ma anche economico. Per quanto riguarda l’ambito sanitario, la Cina è stato il primo paese a entrare in questo incubo ed è piano piano ne sta uscendo, ha già iniziato a riaprire parte della sua economia nel mese a febbraio, poi più decisamente da marzo. I nostri gestori ci dicono che già a marzo la capacità produttiva cinese era arrivata nuovamente al 60%, poi nei primi 15 giorni è arrivata all’80%: insomma, pian piano sta tornando ad una normalità da un punto di vista produttivo.

Ma la Cina continuerà a trainare la crescita mondiale? Fortunatamente la Cina in questi anni ha cambiato il suo modello di sviluppo economico basandolo molto sulla domanda interna, ecco perché la sua ripartenza passa oggi meno dalla crescita della domanda estera, ma è più legata agli investimenti, ai consumi che i cinesi fanno. Questa è un’altra indicazione del fatto che probabilmente la Cina ne uscirà prima, anche a prescidere da quello che potrà accadere nel resto del mondo. Anche un eventuale secondo contagio, un eventuale peggioramento del clima economico esterno alla Cina, potrebbe essere gestito da loro in modo diverso rispetto da quello che accade in Occidente. Ol-

STIAMO GUARDANDO LA CINA NON SOLTANTO COME UNA SPERANZA, DAL PUNTO DI VISTA DELLA GUARIGIONE E DELLO SVILUPPO, MA ANCHE COME CONTRIBUTORE DELLA BILANCIA COMMERCIALE tre ad avere stimoli e strumenti forti di politica monetaria esattamente come quelli messi in campo da Fed e Bce, la Cina ha una politica fiscale potenziale che da sola potrebbe risolvere i suoi problemi e prosegue gli investimenti in infrastrutture. Quello che ci si aspetta è che la Cina oltre a risolvere i suoi problemi, potrebbe contribuire a risolvere i nostri. Stiamo guardando la Cina quindi non soltanto come una speranza, dal punto di vista della guarigione e dello sviluppo, ma anche un contributore attivo nella bilancia commerciale mondiale. Questo è il motivo per cui molte attività produttive anche in Europa stanno iniziando ad aprire sul quel fronte proprio in virtù di questi ordini che stanno iniziando ad arrivare dal mercato asiatico. I nostri gestori ci dicono che alcune catene di fornitura sono state riattivate tecnicamente in Cina, bisognerà capire se gli interlocutori saranno disposti a gestire i nuovi prezzi che si formeranno nelle diverse fasi della catena del valore perché non c’è dubbio che i prezzi tenderanno a crescere. Un’altra criticità della Cina è la dipendenza dal prezzo del petrolio. Il crollo del prezzo del petrolio non potrà che contribuire positivamente al loro bilancio, facendo aumentare le loro capacità e potenzialità di recupero, facendo risparmiare molti soldi. Che tipo di ripresa avremo, a U o a V? La maggior parte dei nostri gestori prevede una ripresa a U più che a V. Ci sono soltanto un paio di nostri gestori che hanno ancora la speranza che il tutto possa riprendere in un tempo più veloce rispetto a quello che gli altri si attendono. In realtà ci stiamo chiedendo quanto lunga potrà essere questa U, perché sinceramente non sembra che la parte bassa della “U” sia destinata a durare un solo trimestre. E’ probabile che per quello che abbiamo detto in precedenza, per tutti i nuovi usi, costumi, trend che piano piano si attiveranno a livello sociale ed economico, l’impatto della crisi sull’economia non sarà lieve. I dati del fondo monetario internazionale parlano chiaro, il mondo tornerà ai livelli successivi alla Seconda guerra mondiale.

E secondo lei quanto durerà la”U”? Non lo sappiamo, purtroppo, ma probabilemente durerà per qualche trimestre, però abbiamo la speranza che tutte queste iniziative, tutte queste azioni di politica monetaria e di politica fiscale, possano aiutare a risolvere il problema. A parte l’Unione Europea, per ora più lenta, tutti gli altri attori oggi sul mercato hanno fatto il loro dovere: la Fed la Bce… La quantità di denaro che è stata messa a disposizione di aziende, di imprese, di famiglie, dall’America, alla Germania, alla Francia è veramente imponente ed è stato erogata in maniera più tempestiva rispetto a quanto accaduto in altre crisi, questo creerà un ponte che consentirà ad alcuni per lo meno di sopravvivere e ad altri di iniziare a ricostruire e rilanciare. maggio 2020

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SEDIE & POLTRONE di Marco Muffato Casacche che si scambiano, volti noti che passano da un ruolo all’altro: il valzer delle poltrone è intenso nella finanza, dove vige ancora il merito e dove chi rende bene viene promosso o ricoperto di offerte allettanti. Agli HR il compito di attrarre i talenti, a noi quello di raccontare il risiko, oltre a notizie e indiscrezioni su un mondo ricco di costanti novità.

PIROLLI LASCIA FIDEURAM PER LA FORMAZIONE DI IWBANK

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a sempre una delle dimensioni su cui IWBank punta per lo sviluppo della propria rete, la formazione, si conferma al centro della strategia messa in campo dall’istituto guidato dal direttore generale Dario Di Muro. In tale ottica rientra l’ulteriore rafforzamento della struttura manageriale con l’ingresso di Fabrizio Pirolli (nella foto), che ricoprirà la carica di responsabile formazione rete e andrà a rinforzare l’area sviluppo rete governata da Paolo

Isidoro. Pirolli dispone di una consolidata esperienza nella realizzazione di moduli formativi di alto profilo applicati alla consulenza finanziaria. Proveniente da Fideuram, dove ricopriva l’incarico di responsabile formazione, in precedenza ha svolto la medesima funzione in Banca Sara. Può contare su passaggi anche in altre importanti realtà, tra cui Banca Generali – dove si è occupato nello specifico delle attività formative dedicate al segmento private.

UBP APRE AL RETAIL CON MARZI

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nion Bancaire Privée (UBP) estende in Italia l’attività di distribuzione dell’asset management agli investitori retail nominando Federico Marzi (nella foto) head of third party distributors. Marzi, che riporterà direttamente a Luca Gabriele Trabattoni, country Head Italy and Mediterranean Countries di UBP, sarà responsabile dello sviluppo dhella distribuzione retail con un focus sugli intermediari e sui canali dedicati alla clientela private.Marzi ha alle spalle quasi 20 anni di esperienza nell’industria dell’Asset Management. Proviene da Fideuram Sgr, dove dal 2016 è stato head of business development. In precedenza è stato in Muzinich, Euromobiliare Am Sgr e Bipielle Fondicri Sgr.

GAUTIER RIPERT COO DI CARMIGNAC

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armignac ha annunciato la nomina di Gautier Ripert (nella foto) in qualità di chief operating officer. Gautier sarà responsabile del monitoraggio del modello operativo, dati e soluzioni IT di Carmignac e dei dipartimenti tecnologia e Middle Office. Sarà inoltre membro del Comitato di sviluppo strategico. Gautier ha recentemente ricoperto la funzione di global head of operations di Axa Investment Managers. Nei 16 anni trascorsi presso Axa IM, ha occupato diversi ruoli nei dipartimenti operations e tecnologia ed è stato a capo di importanti iniziative di trasformazione per i dipartimenti di front office.

MONASTERO LASCIA KAIROS PER JUPITER AM

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upiter Asset Management ha annunciato l’ingresso di Marco Monastero (nella foto) come head of retail sales per il mercato italiano, nomina effettiva a partire dal 16 aprile. Nel suo ruolo Monastero riporta direttamente ad Andrea Boggio, country head per l’Italia e deputy head of Continental European

Sales, ed è responsabile della gestione e della crescita del segmento retail di Jupiter in Italia. Monastero entra in Jupiter dopo un’esperienza quinquennale in Kairos Partners Sgr, dove ha ricoperto il ruolo di senior sales manager, specializzandosi nella promozione e gestione delle vendite per retail, istitutional e wholesale.

ALLFUNDS, CATANZARO È IL COUNTRY HEAD

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llfunds, operatore indipendente nelle tecnologie al servizio del wealth management, ha rafforzato la propria struttura commerciale globale, articolandola in due nuove divisioni : pension & insurance e wealth management, che fanno capo direttamente a Gianluca Renzini, deputy general

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manager e Chief Commercial Officer. Licia Megliani (da 12 anni country head per l’Italia) è la nuova global head of pension & insurance division; il nuovo country head per l’Italia è Stefano Catanzaro (nella foto), già direttore generale per l’Italia di Bnp Paribas Securities Services.


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VITA ASSOCIATIVA

I consulenti finanziari sul web arricchiscono la loro community di Germana Martano *

LA DIGITALIZZAZIONE DELLE RELAZIONI HA DATO IMPULSO AI WEBINAR CHE ANCHE IN FUTURO SARANNO PREZIOSI PER L’AGGIORNAMENTO

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er chi come la nostra Associazione da sempre fa della vicinanza ai soci uno dei suoi valori fondanti il salto nel web, causa coronavirus, con l‘organizzazione di incontri virtuali a tutti i livelli sta dimostrando che nel dopo Covid Anasf potrà avere una nuova pelle. Rinnovata, e anche con un pizzico di charme in più. Da sempre Anasf ha organizzato la sua attività su più direttrici: se ad esempio, la tutela della categoria passa per rapporti col territorio come sentinella delle problematiche e si estrinseca nel confronto con tutte le sedi istituzionali coinvolte nella singola tematica. La vicinanza ai soci la abbiamo sempre espressa offrendo servizi ad hoc, come le consulenze fiscale e legale, e servizi collettivi, come l’organizzazione di seminari su tutto il territorio nazionale. Non abbiamo mai tralasciato, negli incontri in loco, territori anche difficili, in termini di raggiungibilità, perché da sempre l’Associazione ha creduto nella necessità di incontrare i propri soci, sia per fornire la formazione, sia per fare da collettore al-le istanze del territorio. Questa è sempre stata una strada vincente e sono convinta che lo sarà anche nel dopo Covid. Una Associazione come la nostra, che conta oltre 12mila soci, non può non esserci lì dove i soci vivono, lavorano, incontrano i clienti e gestiscono le relazioni professionali con i loro intermediari. Ma nel dopo Covid il salto obbligato nel web che stiamo vivendo in queste settimane potrà rappresentare una direttrice ulteriore di sviluppo, sia per raggiungere quei territori che per necessità vengono tralasciati, considerato che in ciascuna regione si riesce ad esserci in presenza non più di un paio di volte all’anno, sia per rinsaldare quella vicinanza virtuale che in questi giorni ci sta dando tanta soddisfazione. I webinar, avviati con la collaborazione di Progetica, e a cui parteciperanno, oltre ai relatori Anasf, anche gli sponsor JP Morgan e Goldman Sachs, hanno infatti riscosso e stanno ancora riscuotendo un ottimo successo, con il soldout dei posti disponibili in piattaforma in solo poche ore.

Certo, sono giorni in cui stiamo ciascuno riscoprendo, anche nelle vite personali, la necessità del confronto con l’altro, che se non si riesce a gestire in presenza ha un sapore ancora più interessante se GERMANA MARTANO, DIRETTORE GENERALE ANASF gestita virtualmente. Siamo distanti fisicamente ma comunque vicini, anche se solo virtualmente, e la natura umana di tutti noi si sta riscoprendo nella sua dimensione vera, con la necessità dell’incontro con l’altro da noi. Al di là della filosofia, la necessità di aggiornamento professionale che con i webinar stiamo riuscendo a soddisfare, anche ai fini del regolamento Consob che la prevede obbligatoria per ciascun consulente finanziario, potrà sicuramente sopravvivere al Covid perché, abbinata quando sarà di nuovo possibile, ai seminari in aula, potrà consentire ad Anasf di raggiungere un maggior numero di soci sul territorio, e ai soci stessi di conseguire, seguendo il tour formativo dell’associazione, un numero maggiore di ore, valide sia ai fini del mantenimento della certificazione Efpa sia a quello ex Mifid dell’aggiornamento professionale delle 30 ore. In questi giorni di isolamento forzato, resta la soddisfazione di potersi “incontrare” nella chat con gli altri partecipanti, di poter fruire di formazione di valore come da sempre Anasf la offre, di poter interloquire con docente e sponsor sui temi in oggetto. E, perché no, di “sentirsi un po’ più vicini” ai colleghi che non si vedono da settimane. Per noi è stata una scommessa e si sta rivelando una scommessa vincente, insieme a tutti gli altri servizi che Anasf da settimane sta fornendo ai soci come di consueto, ma anche a tutta quella necessaria per seguire la regolamentazione di queste settimane, convulsa, talvolta poco chiara, spesso farraginosa. * Direttore Generale ANASF Associazione nazionale consulenti finanziari maggio 2020

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LE MOSSE DELLE BANCHE CENTRALI

L’emergenza apre la strada alla Modern Monetary Theory di Mauro Del Corno

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nche le banche centrali più irreprensibili si stanno ormai abbandonando a pratiche monetarie estreme. Comprese quelle guardate con maggior imbarazzo fino a poco tempo fa. Bene inteso, il momento è eccezionale nella sua gravità, e nella imprevedibilità delle sue conseguenze. Pertanto è giusto che non si guardi solo alle risposte canoniche. Ma il rischio che si corre è grande. Il confine che separa una mossa audace da una mossa della disperazione è sottile. Nel momento in cui le autorità monetarie, il cui vero asset è la fiducia, dovessero apparire come impotenti pur avendo fatto ricorso anche agli interventi più estremi, le cose potrebbero rapidamente finire fuori controllo. Andiamo con ordine. Negli Stati Uniti e in Inghilterra si è iniziato a flirtare con due tecniche molto particolari: helicopter money e monetizzazione del debito. L’elicottero che lancia soldi dal cielo direttamente sulla folla è la metafora utilizzata per indicare un’azione della banca centrale che bypassa i normali circuiti bancari del credito. I soldi vengono creati dal nulla, “out of thin air”, e accreditati direttamente sui conti correnti di cittadini e/o imprese. Negli Stati Uniti ogni adulto riceverà 1.200 dollari sul conto, nel tentativo di sostenere consumi e domanda. Va ricordato che qui la rete di sostegno a chi perde il lavoro è molto più lasca che in Europa. Qualcosa di simile era stato fatto poche settimane prima ad Hong Kong. Non solo. La Federal Reserve, presieduta da Jerome Powell, ha accettato l’idea di comprare direttamente titoli di Stato emessi dal Tesoro, consentendo al governo di ridurre ulteriormente il costo del finanziamento. Ancora un poco più in là si è spinta la 60

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STAMPARE MONETA A MANETTA. HELYCOPTER MONEY E MONETIZZAZIONE DEL DEBITO SONO LE SOLUZIONI PER SOSTENERE L’ECONOMIA USA E DEL REGNO UNITO. CON DIVERSE CONTROINDICAZIONI

Nellla foto a destra il governatore della Fed Jerome Powell

Bank of England, guidata da Mark Carney, che ha deciso di prestare direttamente, e provvisoriamente soldi al Tesoro, bypassando completamente il mercato obbligazionario. Un passo verso la vera e propria monetizzazione del debito, ossia quando una Banca Centrale crea denaro per finanziare la spesa pubblica (in questi casi invece, almeno per ora, si tratta comunque di prestiti che, almeno in teoria andranno restituiti). Ai più avvezzi con queste tematiche saranno apparse tre lettere, MMT, Modern Monetary Theory, teoria monetaria moderna. Una sorta di bestemmia per chi segue le teorie monetarie tradizionali, che tuttavia sta guadagnando supporto persino dove mai si pensava avrebbe potuto farlo: Wall Street. Il che peraltro la dice lunga sulla pericolosa dipendenza tra mercati e supporto delle banche centrali che si è andata rafforzando negli ultimi 20 anni. Concepita negli anni ’70 da Warren Mosler, la MMT ripensa radicalmente il rapporto tra un governo e la banca centrale.


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La spesa pubblica, che deve puntare a realizzare la piena occupazione, si finanzia solo in parte attraverso fisco e mercato, al resto provvede la banca centrale stampando moneta. Quindi il deficit è un falso problema, poiché uno Stato sovrano non può mai fare default sul suo debito (per pagare gli interessi e rimborsare basta che la banca centrali stampi ancora un po’ più di soldi). Magari fosse tutto così facile e bello, viene da dire. I principali rischi di questo approccio sono due. Il primo è un’inflazione che finisce rapidamente fuori controllo, con il denaro che perde la sua fondamentale funzione di conservare valore e quindi diventa letteralmente carta straccia. Non sembra reggere il punto della teoria secondo cui la corsa dei prezzi potrebbe essere controllata attraverso le tasse. Il secondo è che con questa semplicità di finanziamento la spesa pubblica non sia solo quella “sana”, che mira a dare a tutti un lavoro ma finisca per diventare uno strumento poderosamente utilizzato a fini politici e clientelari. Eppure….eppure è possibile che di fronte a una situazioni del tutto eccezionale, e in via rigorosamente provvisoria, questa tecnica possa essere di un qualche aiuto. Ricordiamoci che, al momento, l’inflazione è davvero l’ultimo dei nostri problemi. Anzi, un aumento dei prezzi “fair” per il funzionamento delle nostre economie è qualcosa che agogniamo. Anni ed anni di politiche ultra-espansive non sono per esempio riuscite a riportare l’inflazione europea vicino a quel 2% considerato il valore ottimale. Lo stesso accade in Giappone dove la spinta monetaria è ancora più vigorosa e di vecchia data. A questo si aggiungano consumi in calo e un petrolio precipitato su valori quasi mai visti prima e si vede come al momento, di fattori che spingono sui prezzi ce ne sono in giro davvero pochi. Un’inflazione bassa o inesistente significa, tra l’altro, un ulteriore aggravio per chi ha debiti, Stati compresi, poiché il peso dei soldi da ripagare non si alleggerisce con il passare del tempo. Giusto però ricordare come la storia sia ricca di precedenti catastrofici quando si da mano libera alle rotative delle zecche. Il caso più tristemente noto è la Repubblica di Weimer , quando la banca centrale iniziò a stampare denaro per fornire al Governo le risorse per ripagare le onerosissime riparazioni di guerra imposte al paese dopo la prima guerra mondiale. Risultato? Banconote usate per tenere vivo il fuoco nei camini e aiuto all’avvento del nazionalsocialismo. Basta davvero poco per perdere il controllo della situazione ma, ripetiamolo, soluzioni estreme in condizioni eccezionali possono avere un senso, se limitate nel tempo. In fondo a proporre idee distante dalla convenzionalità è stato anche l’ex presidente della Banca centrale europea. Dalle colonne del Financial Times Mario Draghi ha suggerito di far assorbire dal debito pubblico il debito privato contratto per fronteggiare l’emergenza. A questo punto, un qualche “trattamento speciale” per lo smaltimento di montagne di debiti pubblici dovrebbe però essere messo in opera. La Banca Centrale Europea, oggi guidata da Christine Lagarde, ipotizza ora di creare una

Nella foto sopra Mark Carney, governatore della Bank of England. Nella foto in basso Christine Lagarde, presidente della Bce

bad bank comune dove far confluire miliardi di crediti malati, alleggerendo così i bilanci delle aziende, in vista di una facilmente prevedibile prossima impennata di Non Performing Loans. Qualche intervento comune sarebbe provvidenziale altrimenti in Europa ci troveremo con aziende forti che non ce la fanno perché sono in un Paese debole e aziende deboli che ce la fanno perché sono in un Paese forte. L’unica sirena di cui non bisogna davvero ascoltare il canto è quella secondo cui tutto può essere risolto e gestito con un qualche incantesimo monetario. Le banche centrali possono regalare tempo, rendere i debiti gestibili più agevolmente e quindi favorire investimenti pubblici. Possono dare una spinta ma la macchina economica deve rimettersi in modo da sola. Con diversi effetti collaterali, come quello di mantenere in vita “zombies”, attività che guadagnano meno di quello che servirebbe per pagare gli interessi sui loro debiti, ma galleggiano grazie al costo irrisorio o nullo di ulteriori prestiti. L’esperienza giapponese insegna. Così come insegna il caso svedese. La banca centrale svedese è relativamente piccola ma da sempre tra le più avanzate nello sperimentare soluzioni innovative. Nel Paese scandinavo i tassi sono stati a lungo al di sotto dello zero, una strada più tardi seguita anche dalla Banca centrale europea. Poco tempo fa la National Bank of Sweden ha condotto un approfondito studio sugli effetti a lungo termine dei tassi negativi. Ne è parso che gli strumenti di politica monetaria perdono via via di efficacia e tassi spinti troppo in negativo finiscono per danneggiate, anziché favorire, l’attività economica. maggio 2020

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RISPARMIO TRADITO

Buoni postali, quel decreto che fa piangere le famiglie italiane di Giuseppe D’Orta

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icordate i vecchi Cct e Btp? Ormai sono dematerializzati da oltre vent’anni, ma chi non è giovanissimo ricorderà i grandi fogli su cui erano stampate tutte le indicazioni di legge e con annesse le cedole da tagliare e presentare in banca a ogni data di maturazione degli interessi (vedi immagine in basso) Immaginate ora un Btp del tutto privo di informazioni sulla data di scadenza e sul rendimento. È ciò che avviene per molti anni con i buoni postali delle serie a termine e a 18 mesi. In particolare il fenomeno riguarda le serie a termine da AA1 ad AA5 emesse a partire dal 28 dicembre 2000 e con una sola data di scadenza al posto delle due fino ad allora previste. Ciò è accaduto fino al 31 dicembre 2002, ultimo giorno di emissione della serie AA5 e dopo il quale non sono stati emesse più serie a termine. I buoni a 18 mesi, invece, sono stati emessi in varie serie a partire dal 5 settembre 2005 e fino al 9 agosto 2015. L’imposta sugli interessi che grava su tutte le serie è del 12,5% mentre non si applica l’imposta di bollo, che ai tempi non esisteva ancora. Cosa sta accadendo? In mancanza di ogni genere di indicazione riguardo soprattutto la scadenza oltre che i tassi di rendimento, molti beneficiari si accorgono di essere in possesso di un titolo il cui diritto all’incasso è prescritto perché trascorsi più di dieci anni dalla scadenza. Genesi di un pasticcio Da dove nasce il pasticcio? All’approssimarsi della data di entrata in vigore dell’euro (1 gennaio 1999, mentre banconote e monete arrivarono a inizio 2002), anche le Poste prepararono 62

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STORIA PARADOSSALE DEI BUONI POSTALI A TERMINE E A 18 MESI EMESSI TRA LA FINE DEL 2000 E LA CONCLUSIONE DEL 2002. UNA VICENDA INCRESCIOSA CHE HA DANNEGGIATO FORTEMENTE MIGLIAIA DI RISPARMIATORI ITALIANI

Mario Draghi, quando era direttore generale del Tesoro, firmò il decreto 8 ottobre 1998 che disciplinava le “Caratteristiche tecniche dei buoni postali fruttiferi in euro”

i nuovi modelli di buoni fruttiferi. Allo scopo, il Ministero delle Comunicazioni emanò il decreto 8 ottobre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del successivo 14 ottobre. Il decreto, firmato anche dall’allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi, disciplinava le “Caratteristiche tecniche dei buoni postali fruttiferi in euro”, e al comma 2 dell’articolo 3 prevedeva: “All’atto di emissione del buono l’Agenzia postale appone sul verso del titolo (negli allegati contraddistinto da uno spazio in bianco, indicante “spazio


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riservato al tagliando dei rendimenti”, compreso nel riquadro centrale del verso) un tagliando indicante la serie, i rendimenti e il periodo di prescrizione”. In base al decreto, i buoni fruttiferi iniziarono a essere stampati con indicata sul retro, assieme ai riferimenti normativi dell’emissione, la dicitura: “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono”. Le nuove serie a termine AA e a 18 mesi furono invece istituite il 19 dicembre 2000, allorché fu emanato il decreto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica (ai tempi retto da Vincenzo Visco) disciplinante le “Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni”. Il decreto venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2000 ed entrò in vigore il giorno successivo. Si tratta di un decreto molto importante, che ha introdotto numerose modifiche all’intera disciplina normativa dei buoni fruttiferi e che ancora oggi è in vigore. Purtroppo, all’articolo 9 (Abrogazioni) fu sciaguratamente disposto che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato (...) il Decreto 8 ottobre 1998 del segretario generale delle comunicazioni di concerto con il direttore generale del tesoro recante “Caratteristiche tecniche dei buoni postali fruttiferi in euro” limitatamente all’articolo 3, comma 2, seconda parte, dalle parole “All’atto di emissione del buono ....” alle parole “... ed il periodo di prescrizione”. In parole povere, fu abrogata l’indicazione dei rendimenti e della scadenza sui buoni fruttiferi. Il foglio informativo non basta In mancanza di elementi essenziali riportati sul buono, il beneficiario non può per esempio verificarne la scaden-

Le nuove serie a termine AA e a 18 mesi furono istituite da un decreto del ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica Vincenzo Visco. Il decreto di fatto abrogò l’indicazioni dei rendimenti e della scadenza sui buoni fruttiferi

za e il conseguente termine di prescrizione. Il foglio informativo di ciascuna emissione specificava che la sottoscrizione del buono implica la conoscenza e l’accettazione del regolamento e delle condizioni applicate. Ma ciò può non essere sufficiente a esentare le Poste da responsabilità in caso di contestazioni per esempio sul termine di prescrizione, ma non solo. I decreti ministeriali di emissione prevedevano, al fine di assicurare la trasparenza delle condizioni, che fossero messi a disposizione della clientela i fogli informativi riportanti le condizioni, e che una copia degli stessi fosse consegnata al sottoscrittore. Le Poste possono trovarsi in difficoltà nel dimostrare di aver adempiuto a tali doveri di informazione, in particolare al secondo, anche perché alle richieste rispondono di non disporne più essendo trascorsi oltre dieci anni.

Le colpe dello Stato Da qui l’origine del disastro cui quotidianamente assistiamo. Un disastro che vede un numero enorme di persone scoprire che gli importi loro spettanti sono prescritti. Un aspetto inquietante è che tutto ciò è stato provocato da norme emanate dallo Stato, e per di più riguardanti ciò che rappresenta debito pubblico. L’articolo 5, comma 3, del Decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326 ha infatti sancito la trasformazione in società per azioni della Cassa Depositi e Prestiti, che è l’emittente dei buoni fruttiferi. La trasformazione ha comportato il trasferimento di tutti i buoni fruttiferi postali emessi fino al 13 aprile 2001 al Ministero dell’Economia e delle Finanze e la contestuale loro equiparazione a tutti gli effetti ai titoli del debito pubblico. Insomma lo Stato ha previsto la consegna ai sottoscrittori di titoli che rappresentano debito pubblico senza che su questi fossero riportate le condizioni economiche e la scadenza, e prevedendo fosse sufficiente la consegna del foglio informativo. Peggio ancora, non si sono tenute nella giusta considerazione le particolari caratteristiche dei buoni Fruttiferi cartacei: l’età media elevata dei sottoscrittori, l’enorme diffusione tra i risparmiatori, le modalità di vendita

IMMAGINATE UN BTP DEL TUTTO PRIVO DI INFORMAZIONI SULLA DATA DI SCADENZA E SUL RENDIMENTO. EBBENE, È QUELLO CHE AVVENNE PER MOLTI ANNI PER ALCUNE EMISSIONI POSTALI Ecco come era previsto, dal Decreto 8 ottobrre 1998, fossero emessi i buoni fruttiferi in euro. Ma il decreto fu poi abrogato all’articolo 3 comma 2, relativo all’indicazione dei rendimenti e della scadenza sui buoni fruttiferi

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agli sportelli postali, la loro durata pluriennale, i beneficiari spesso non coincidenti con i sottoscrittori (tipico il caso del nonno che li intesta al figlio e al nipote appena nato). Siamo in grado di mostrare anche come era previsto fossero emessi i buoni fruttiferi in euro. In questo caso è stata applicata una norma abrogata poco prima, e si comprende come il Decreto del 1998 precedente fosse giusto e come sia stato assurdo abrogare le indicazioni. (vedi allegato 2)

L’arbitro prudente sui rimborsi Cosa fare? L’Arbitro Bancario Finanziario, tramite il proprio Collegio di coordinamento investito del tema dopo numerosi pronunciamenti tra loro discordi dei sette Collegi territoriali, ha sancito dei requisiti molto stringenti per il rimborso: “La mancata consegna al sottoscrittore al momento dell’acquisto dei buoni del Foglio Informativo non impedisce all’intermediario di eccepire, allorché ne venga richiesto il pagamento, l’intervenuta prescrizione. Resta salva la possibilità, in presenza di idonea domanda e ricorrendone le necessarie condizioni, di stigmatizzare l’omissione dell’intermediario sotto il profilo della responsabilità precontrattuale e/o dell’inadempimento, valorizzando la mancanza di trasparenza e l’inottemperanza al dovere di informazione e ponendo ciò a confronto con l’indubbia negligenza dell’investitore”. Un ragionamento che lascia perplessi, ancora di più considerando che le Poste nemmeno esibiscono copia del modulo di sottoscrizione sostenendo -come detto in precedenza- di non possederlo più nei propri archivi. Molti dei sottoscrittori erano convinti di possedere un buono ordinario e non a termine, perché quello avevano richiesto, e senza nemmeno una data sul titolo non si sono mai posti il problema. E nemmeno mancano casi di errate informazioni ricevute agli sportelli postali quando ci si era recati a chiedere lumi. Meglio rivolgersi al giudice ordinario Purtroppo l’Abf ha deciso di ragionare in questa maniera e occorre di conseguenza impostare correttamente il reclamo e il successivo ricorso, altrimenti è opportuno rivolgersi non all’Abf bensì avviare una della vertenza davanti al giudice di pace oppure al giudice ordinario, a seconda dell’importo oggetto di contestazione, che dovrà tenere nel dovuto conto la nota sentenza di Cassazione a Sezioni Unite 15/06/2007, n. 13979, secondo la quale il collocamento dei buoni dà luogo alla conclusione di un accordo negoziale tra emittente e sottoscrittore e, nell’ambito di detto accordo, l’intermediario propone al cliente e quest’ultimo accetta di porre in essere un’operazione finanziaria caratterizzata dalle condizioni espressamente indicate sul retro dei buoni oggetto di collocamento, i quali vengono compilati, firmati, bollati e consegnati al sottoscrittore dall’ufficio emittente. In poche parole, viene sancito il principio secondo cui vale ciò che è riportato dalle condizioni presenti sul buono fruttifero e nient’altro.

Buoni con speranze di rimborso Un discorso a parte è dovuto per i buoni stampati secondo le indicazioni del primo Decreto Ministeriale, poi abrogato, che cioè erano già stati stampati dal Poligrafico dello Stato e che nelle agenzie postali si sono usati fino a esaurimento delle scorte, e l’indicazione “I rendimenti sono riportati sul 64

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L’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO HA SANCITO DEI REQUISITI MOLTO PRUDENTI PER IL RIMBORSO. RIVOLGERSI AL GIUDICE ORDINARIO O AL GIUDICE DI PACE OFFRE SICURAMENTE MAGGIORI CHANCE Nella immagine sopra si nota come il timbro dell’ufficio si sovrappone alle stampe del buono, rendendo incomprensibile la data di emissione

bollo apposto sul presente buono” rappresenta un notevole punto a favore proprio in virtù della citata sentenza di Cassazione. Quell’indicazione “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono” risulta infatti fuorviante per il portatore, il quale senza l’indicazione dei rendimenti non è messo in grado di conoscere la scadenza, e senza la scadenza non può essere consapevole del termine entro il quale incassare i buoni per evitare la prescrizione del proprio diritto. Per tali buoni, quindi, ci sono maggiori possibilità di rivalsa. Ci sono poi dei casi-limite sempre dovuti alla norma, come quelli in cui il timbro dell’ufficio si sovrappone alle stampe del buono, rendendo incomprensibile la data di emissione (vedi immagine sopra) Ma il vero “caso-limite” è rappresentato dall’intera storia: un decreto ministeriale che abroga una giustissima precedente disposizione e che stravolge un’abitudine pluridecennale, per di più senza tenere affatto conto del numero di interessati, delle loro modalità di utilizzo dei buoni e anche della loro composizione demografica. Sappiamo che è utopistico, ma un ripensamento del Ministero costituirebbe un atto di giustizia e anche un bel segnale di trasparenza. Vorrebbe anche dire: “Scusate, quella volta abbiamo davvero sbagliato ed ora poniamo rimedio all’errore”.


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INTERVISTA CON NICCOLÒ RABITTI

«Tornare sull’azionario si può ma con un ottimismo prudente» di Angelo Curiosi

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ià da diverse settimane il periodo storico che stiamo vivendo ha assunto caratteri epocali definitivi. E’ possibile, a suo avviso, provare ad avanzare una previsione sugli effetti economici complessivi della crisi? Stiamo fronteggiando una situazione che non ha precedenti nell’età contemporanea: basta questa sola semplice osservazione per prendere con cautela ogni previsione sull’evoluzione delle grandezze macroeconomiche e delle asset class d’investimento. La forte correzione subita dai listini azionari e da alcuni settori dell’obbligazionario ha indubbiamente creato spazi d’acquisto, ma è anche vero che l’evento all’origine della crisi non può essere considerato sotto controllo e che la prossima ripartenza delle attività economiche sarà fortemente condizionata dalle limitazioni imposte dalle autorità governative per scongiurare il rischio di una ripresa della pandemia. In sintesi, abbiamo la certezza di una recessione economica globale, ma non ci sono gli NICCOLÒ RABITTI elementi per poter prevedere in via definitiva se avremo una ripresa a “V”, quindi rapida, come accade nelle crisi determinate da fattori esogeni al sistema, o se a “U”, quindi più lenta.

PARLA IL CAPO DELLA RETAIL DISTRIBUTION ITALY DI MORGAN STANLEY I.M.: «LO STRUMENTO IDEALE PER UN RIENTRO SONO I PIANI DI ACCUMULO»

Guardiamo ai mercati. Cosa sta accadendo su obbligazionario e azionario? Entrambe le asset class hanno attraversato una fase difficile a causa della pandemia di Covid-19, con tutti gli asset finanziari che hanno sofferto una volatilità estremamente elevata. Ad ogni modo, sebbene ciò abbia portato a rendimenti totali negativi per quasi tutte le attività finanziarie, ha anche creato opportunità significative per gli investitori che sono disposti, e in grado, di cercare fra l’ampia gamma di opportunità e investire in modo attivo e flessibile. Nell’azionario, i portafogli concentrati su poche aziende di qualità, ad esempio, hanno dimostrato capacità di tenuta pur all’interno di un quadro negativo. Considerata sotto il profilo della gestione, questa fase di volatilità segna, in generale, una maggiore efficacia delle strategie attive. La libertà di azione, sganciata dai benchmark, alla base della gestione attiva, è stata

decisiva per fronteggiare il repentino calo dei mercati e contenerne l’impatto sul portafoglio. Nonostante la violenta correzione, ha senso, a vostro avviso, rientrare sull’equity? Quale approccio suggerite? In generale crediamo che si sia già creato il giusto contesto per poter tornare ad investire sull’azionario con ottimismo. I risultati che abbiamo visto nelle ultime settimane sono confortanti. Probabilmente la volatilità non cesserà da qui al prossimo mese ma ciò non vuol dire che l’azionario è da escludersi. Al contrario, è necessario guardare all’equity attraverso un approccio graduale e in quest’ottica i piani di accumulo (PAC) sono la soluzione più adeguata per tornare a investire. All’inizio dell’anno Morgan Stanley Investment Management aveva rilanciato questo strumento, che appartiene alla tradizione del risparmio gestito, proponendolo agli investitori con una novità: farsi carico dei costi di attivazione e dei costi amministrativi per la sottoscrizione delle rate successive, mensili o trimestrali. Un incentivo a orientarsi verso una forma d’investimento che punta alla valorizzazione di lungo periodo del capitale e contiene la volatilità. La forte correzione registrata dai mercati ha creato le condizioni ideali per utilizzare i PAC come strumento base per ritornare gradualmente sull’azionario. Ha parlato di una campagna lanciata all’inizio dell’anno. Qual è stata la risposta delle reti a questo strumento? La risposta delle reti di consulenti finanziari è stata molto buona, il che, peraltro, dice dell’evoluzione e della maturità raggiunta dall’industria del risparmio gestito. D’altra parte, prudenza e buon senso, princìpi che sono alla base dei PAC, certamente trovano un buon ascolto da parte degli investitori in una fase come questa contrassegnata dal disorientamento ma anche dalla consapevolezza che bisogna individuare delle strade per proteggere il proprio risparmio. maggio 2020

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INTERVISTA A CARLO TRABATTONI

Dopo la tempesta, ritorna la semplicità di Marco Muffato

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uperato il picco dell’urgenza sanitaria, si guarda ora alla “nuova normalità” dei mercati finanziari che restano caratterizzati da forte volatilità e incertezza alla luce dell’impatto sull’economia del coronavirus. Il grande player dell’asset management in Italia, Generali Investments, spiega l’importanza di uno sguardo focalizzato sul lungo periodo e strategie diversificate col denominatore comune della ricerca di qualità e trasparenza negli asset. «La crisi generata dalla pandemia globale sarà ricordata nei libri di storia per la sua drammaticità e, in prospettiva, superata l’emergenza ci aspettiamo un ritorno alla semplicità, con la ricerca di certezze anche nei processi di investimento», spiega Carlo Trabattoni, ceo di Generali Investments Partners. Trabattoni, la crisi sanitaria è evoluta in una crisi sui mercati senza precedenti, che reazione avete registrato dai clienti e quali iniziative avete attivato? Tra i clienti e i distributori abbiamo registrato in un primo momento incertezza e timori, per le tante variabili in gioco, ma poi è subentrata la coscienza delle competenze e dell’esperienza. Quello che abbiamo notato è che oggi c’è sicuramente una maggiore maturità finanziaria rispetto a crisi che abbiamo visto nel passato. In termini operativi abbiamo subito messo a fuoco i tre driver chiave da monitorare: l’evoluzione dello scenario pandemico, la stima dell’impatto economico e la valutazione della risposta fiscale alle misure di stimolo. Alla luce di questo modello abbiamo continuato a essere a fianco dei clienti utilizzando ogni strumento a disposizione: costanti contatti telefonici e video, webinar con i gestori, le analisi del team Research e panel online per offrire punti di vista differenti, per esempio sullo scenario geopolitico. 66

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«L’AVVENTO DI UNA NUOVA NORMALITÀ PASSA PER PRODOTTI CHE POSSANO VANTARE SOLIDITÀ E MASSIMA TRASPARENZA NEL PROCESSO D’INVESTIMENTO E SULLE POSIZIONI IN PORTAFOGLIO» Carlo Trabattoni, ceo di Generali Investments Partners

La crisi Covid-19 ha visto interventi storici monetari e di politica fiscale: come guardate allo scenario europeo e italiano rispetto alla recessione che si stima molto severa? La risposta della politica fiscale è il vero fulcro da cui dipenderà la stabilità dei prossimi anni. Le prime mosse registrate sono state potenti. Negli Usa il pacchetto fiscale da 2 trilioni di dollari rappresenta circa 10 punti del Pil e anche in Europa la risposta fiscale è stata forte, in termini di impulso e garanzie per impedire alla crisi di liquidità di trasformarsi in insolvenze e fallimenti. Ma le risposte sono state per lo più nazionali. La mancanza di solidarietà può esporre la stabilità dell’area euro nel lungo termine: se l’Europa vuole evitare un’altra crisi sovrana, deve agire in anticipo. Il rischio non è tanto per il 2020, in quanto l’acquisto della Bce coprirà prin-


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cipalmente le esigenze di finanziamento, ma per gli anni a venire.

Superata la fase di “picco”, si rientrerà verso “la nuova normalità”: come state consigliando di muoversi ai vostri investitori? A livello di riposizionamento dei portafogli, raccomandiamo prudenza nel ritorno all’azionario, favorendo i settori difensivi, visto che il quadro economico negativo ritarderà la ripresa delle azioni cicliche. Settori come il farmaceutico, i servizi pubblici e alle famiglie, l’alimentare e le telecomunicazioni reagiranno meglio, mentre altri soffriranno maggiormente, come materie prime, servizi commerciali e professionali, beni di consumo durevoli, viaggi. Sovrappesiamo in portafoglio il credito di maggiore qualità - l’Investment grade (anche denominato con l’acronimo Ig, n.d.r.) -: la combinazione rendimento/rischio è interessante, considerando il livello degli spread, il supporto politico e il livello storicamente basso di default nell’area Ig. Guardiamo con interesse anche ai real asset e al debito infrastrutturale in cui siamo attivi con Generali Global Infrastructure, un segmento che nel medio-lungo termine vedrà i frutti dagli ingenti investimenti pubblici. Nella nuova normalità sarà cruciale un’accurata gestione della liquidità: quali strumenti e soluzioni di investimento saranno più rispondenti alle esigenze dei risparmiatori? È probabile che il prossimo futuro vedrà un ritorno alla semplicità, verso prodotti che possano vantare solidità e massima trasparenza nel processo di investimento e sulle posizioni in portafoglio. A livello di asset class, il mondo che fino a poche settimane fa sembrava troppo poco remunerativo – come dicevo in precedenza il credito Ig - oggi torna ad essere inte-

ressante. Il nuovo paradigma non sarà più avere soluzioni di investimento che garantiscano necessariamente liquidità giornaliera, ma probabilmente soluzioni con liquidità più rarefatta – settimanale - ma con maggiore certezza nella solidità del processo di investimento, nella qualità e trasparenza degli asset sottostanti.

Ritenete che gli investitori mostreranno una differente propensione al rischio nel medio periodo? Magari a favore di investimenti sostenibili o strategie alternative? In questa fase riteniamo sia un fattore distintivo poter fare leva sulla nostra vasta gamma di competenze, per rispondere alle sfide e cogliere le opportunità. Attraverso la piattaforma multi-boutique di Generali Investments offriamo infatti oltre alle consolidate capacità di gestione degli asset assicurativi, un’ampia gamma di segmenti di investimento specializzati quali strategie alternative, private asset, investimenti sostenibili e real estate. Riteniamo che gli investitori italiani guarderanno con crescente interesse verso l’inclusione di strategie alternative e differenzianti, per aumentare la diversificazione e gestire la volatilità e il rischio. A vantaggio della protezione e dei risultati nel lungo periodo.

IL GRUPPO GENERALI SCOMMETTE SUL MODELLO MULTI-BOUTIQUE

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no dei pilastri della strategia del gruppo Generali è la crescita nell’asset management, attraverso una piattaforma multi-boutique in grado di combinare strategie di investimento tradizionali con soluzioni alternative e innovative, sviluppate da boutique specializzate. In particolare, la piattaforma multi-boutique si focalizza su competenze distintive nei real asset (Real Estate, Infrastructure, Private Equity e Private Debt) e in segmenti high conviction. Ogni società mantiene la propria autonomia negli investimenti, potendo al contempo far leva sui punti di forza del gruppo in termini di dimensioni, presenza geografica e attenzione al cliente. La piattaforma oggi include 16 realtà e al suo interno Generali Investments Partners offre

una consolidata competenza nelle gestioni a reddito fisso, azionarie tematiche e nei portafogli multi-asset e bilanciati. GIP coordina inoltre la distribuzione dell’offerta del modello multi-boutique. Le altre realtà che compongono la piattaforma includono: Generali Insurance Asset Management, che è specializzata in asset liability management (alm) e strategie Ldi rivolte alle compagnie del gruppo, compagnie di assicurazione esterne e fondi pensione; Generali Real Estate, dedicata alla gestione degli investimenti immobiliari, con le competenze per coprire l’intero ciclo di vita economico degli asset; Generali Global Infrastructure, focalizzata sul debito infrastrutturale, investendo lungo l’intera struttura del capitale.

E ancora: Aperture Investors, frutto della partnership tra il gruppo Generali e Peter Kraus, che offre un approccio unconstrained e un modello commissionale che allinea la redditività dell’azienda a quella dei suoi clienti; Sycomore Asset Management, leader nel settore degli investimenti sostenibili e pioniere nell’approccio Esg in Europa. Lumyna Investments, società di gestione di una delle maggiori piattaforme di alternative Ucits in Europa (dapprima era la piattaforma alternative Ucits di Merrill Lynch Investment Solutions). Infine spicca ThreeSixty Investments, partnership tra Generali e un team di professionisti guidato da Giordano Lombardo, focalizzata su soluzioni di investimento multi-asset.

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STRATEGIE D’INVESTIMENTO

Fondi “total return”, un supporto contro l’incertezza dei mercati di Luigi Conte e Tommaso Faina

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n questi momenti di mercati turbolenti, e soprattutto considerando la preoccupazione per l’andamento degli stessi nel prossimo futuro, viene naturale chiedersi se sia sensato allocare una parte del capitale in strategie total return. “I fondi total return sono un particolare tipo di fondi finalizzato all’ottenimento di un rendimento costante indipendente dall’andamento dei mercati”: come si evince dalla definizione fornitaci da Borsa Italiana, l’attrattività dei fondi total return (siano essi attivi o passivi/Etf) nella costruzione di un portafoglio si cela nel loro secondo obiettivo di rendimenLUIGI CONTE, VICEPRESIDENTE VICARIO ANASF TOMMASO FAINA, ANASF GIOVANI to, quello dell’indipendenza dello stesso dall’andamento dei mercati. Scriviamo secondo obiettivo d’investimento perché il primo, quello di ot- crollo come quello di marzo 2020) qual è il valore aggiunto del tenere un rendimento costante (ovviamente positivo), è tanto fondo stesso? ambizioso quanto non raggiungibile: nessun fondo d’investi- Per questo motivo, ai fini della nostra analisi selezioniamo all’inmento ha mai restituito ai clienti performance sempre positive, terno della categoria Ritorno Assoluto i 10 migliori fondi retail né tantomeno costanti. Diciamo che i fondi total return cercano per rendimento tra il 20/02/20 e il 21/04/20, per poi testarli su di ottenere un rendimento indipendente dall’andamento dei un orizzonte temporale più esteso, di 3 anni. mercati (soprattutto azionari) ma simile agli stessi in termini di La volatilità a 3 anni media di questo gruppo di 10 fondi è stata rapporto rischio/rendimento. pari al 10.5% a fronte di un rendimento medio annualizzato di Proprio la distribuzione dei rendimenti ci fornisce una prima -0.85% (-2.5% cumulato). La volatilità a 3 anni dell’indice azioevidenza empirica sulle diverse tipologie di gestioni total return: nario globale Msci World Eur è 14% mentre quella dell’indice nel lungo periodo le strategie basate esclusivamente sulla volati- obbligazionario globale Bloomberg Barclays Global Aggregate lità e l’utilizzo di derivati tendono a sotto-performare, a causa del Bond è pari al 4%. Il portafoglio “di mercato” con volatilità a 3 loro intrinseco effetto leva che genera la nota asimmetria delle anni paragonabile a quella dei fondi total return è stato dunque percentuali (+10 e -10% è peggio di +1 e -1), a maggior ragione un 65% azionario e 35% obbligazionario (media delle volatilità, se si tratta di strumenti passivi e quindi, per definizione, ancora che è tra l’altro sicuramente maggiore di quella che si sarebbe più “ingessati” di fronte al mutare delle condizioni di mercato. realmente realizzata). Questo portafoglio 65/35 però nello stesMa come utilizzare tali strategie nella costruzione dei portafo- so periodo avrebbe reso il 3.28%, ossia 1.08% annualizzato. gli? Affinché vi possa essere un efficientamento di portafoglio Concludiamo quindi dicendo che di fronte all’incertezza dei in termini di rischio/rendimento grazie all’utilizzo di queste mercati azionari un contenuto utilizzo di fondi total return, che strategie, come già detto le loro perfomance devono essere a loro volta abbiano un controllato utilizzo dei derivati, può porsì indipendenti dai mercati, ma anche non troppo dissimili su tare un beneficio in termini di rischio/rendimento, certo, ma ciò un orizzonte temporale di medio-lungo periodo. Un fondo per non toglie che sul lungo periodo si può ottenere un beneficio esempio che detiene un posizione net-short sui mercati azionari ancora più ampio rimanendo “sul mercato”, attraverso la clasUsa avrà sicuramente ottenuto un rendimento positivo a marzo sifica diversificazione di portafoglio azionario/obbligazionario. 2020, eppure se avesse aperto tale posizione nell’estate 2019 il Questo è stato sempre valido in qualsiasi periodo minimo di 3 suo rendimento a un anno sarebbe inferiore alla maggior parte anni (non due mesi) nel passato, e a nostro parere nemmeno nel dei fondi “a mercato”. E se per ottenere performance positive da futuro arriverà mai il giorno in cui la media di tutti i fondi total un fondo total return il cliente è chiamato a dover “azzeccare” return avrà restituito agli investitori un rendimento maggiore (o il market-timing (per esempio non detenendolo in mercati toro una volatilità minore, a parità di rendimento) rispetto al corricome quello del 2019 e acquistandolo invece subito prima di un spondente portafoglio di mercato in termini di volatilità. 68

NEL LUNGO PERIODO SI PUÒ UTILMENTE PUNTARE SU UN PORTAFOGLIO AZIONARIO/OBBLIGAZIONARIO

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INVESTIRE SPECIALIST

PROFESSIONE CONSULENTE Risponde Francesco Priore all’indirizzo priore.studio@virgilio.it Startupper e decano della consulenza finanziaria, Priore ha fondato l’Anasf e contribuito alla fondazione dell’Albo. Docente Universitario, autore e consulente di comunicazione e marketing finanziario. È stato direttore marketing della rete di Banca Fineco e membro del Cda di Consultinvest Sim.

FONDI AZIONARI, ISTRUZIONI PER L’USO

IL PASSAGGIO GENERAZIONALE

Professor Priore,

Carissimo Francesco,

ho investito buona parte

sono un consulente finanziario

del mio patrimonio, consigliato dal mio

che lavora da 25 anni sempre

consulente, in strumenti di risparmio

per la stessa Sim, buon portafoglio.

gestito. L’andamento degli investimenti,

Mio figlio vorrebbe affiancarmi in questa

è stato in linea con i miei obiettivi.

attività. Ho ancora qualche perplessità

In questo periodo di debacle delle borse

perché mio figlio non ha esperienza

il mio consulente mi consiglia

di acquisizione di clienti e delle difficoltà

di trasferire un po’ degli investimenti

che si incontrano, se dovesse averne

in fondi con una buona percentuale

bisogno come potrebbe reagire?

azionaria. Ho già aderito con il 10%

Io, nel contesto attuale, non posso fargli

delle risorse, mi conviene tentare di più,

da supervisore come si usava ai nostri

cosa mi consiglia?”

tempi.” G.R.

G

entile Giacomo, sarei tentato di dirle di sì, ma sarebbe poco professionale. Le scelte degli investimenti sembra che siano state oculate e prudenti. Un investimento prevalentemente azionario, se c’è una normale propensione al rischio, è certamente il più adatto a persone giovani che accantonano per continuare a vivere bene anche durante la quiescenza. Ma chi sono le persone giovani? I criteri negli ultimi 20 anni sono cambiati, la speranza di vita si è allungata ed è in crescita. Quando si andava in pensione a 65 anni con speranza di vita sino a 75, in genere già a 50/55 anni le persone venivano considerate “anzianotte”. Oggi la speranza di vita è sugli 85 e tra 10/15 anni sarà di 90 anni. A 50 anni oggi si è vicini “a metà del cammin di nostra vita”, a 65 ci sono due decenni e oltre da vivere. Ritornando all’investimento azionario, sino a tre mesi fa l’avrei sconsigliato, non per la sua età ma perché i corsi correvano più su che giù da 10 anni. Tutti gli osservatori preannunciavano la bolla, ma la crescita continuava, nessuno poteva prevedere la situazione attuale. Pertanto le dico, se le vanno un po’ di montagne russe, che il mercato potrebbe collassare ancora, un momento migliore per spostare altre risorse senza compromettere la sua sicurezza è poco probabile, sempre che diversifichi gestori e fondi.

R.I.

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oberto, ti capisco. Oggi, come speravamo un tempo, la nostra professione è diventata trasmissibile, ma la trasmissione, diversamente da quello che avviene per un normale Studio professionale che passa di padre in figlio (competenze incluse) è diversa perché per i consulenti le competenze vengono riconosciute alla persona, non alla professione. Le competenze tutti le acquisiscono sempre e soltanto sul campo. Un nostro bravissimo collega dieci anni fa si trovò nella tua stessa situazione, nonostante detenesse un portafoglio fidelizzato di oltre 100 milioni di euro: alle richieste del figlio di seguirlo nella professione aderì a patto che si sottoponesse a un preciso programma: imparare ad acquisire clienti e a rispettare un piano di attività indipendentemente dai risultati. Gli impose una dura gavetta, un anno da venditore a domicilio di un più che noto elettrodomestico, la scuola di vendita più dura ed efficace sul mercato italiano. L’anno dopo il giovane iniziò a svolgere l’attività, quattro nuovi contratti al giorno, il padre lo remunerava regolarmente per l’attività e solo a fine anno conguagliò la differenza positiva tra le provvigioni e la remunerazione. Oggi, il meno giovane consulente gestisce il portafoglio paterno e anche quello che si è costruito da solo. È l’esempio più efficace che io conosca. Auguri a entrambi. maggio 2020

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POLE POSITION

a cura di Buddy Fox

2011 E 2020, CORSI E RICORSI STORICI

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ochi ricordano Giambattista Vico. Lo studioso napoletano che visse in ristrettezze intorno alla metà del Settecento. Il suo lavoro riguardò la ricerca di leggi universali che ripetendosi costantemente sempre nello stesso modo costituiscono il punto di riferimento nello sviluppo delle nazioni. Apprezzatissimo da chi in seguito lo riscoprì, in particolare da Benedetto Croce secondo il quale “la storia del pensiero può essere intesa come un ricorso delle idee del Vico”, lo sfortunato filosofo mi apparso in sogno l’altra notte. La causa credo vada ricercata nella serata trascorsa a compulsare i dati macroeconomici dell’ultimo decennio, a onor del vero in compagnia di un eccellente Beaujolais del 2018. Il 2011 e il 2020 sarebbero piaciuti parecchio a Vico anche se non serve l’acume del grande napoletano per scoprire che condividono somiglianze e parentele. Nel 2011 sul trono della BCE era assiso il severo Jean Claude Trichet, francese assai criticato per la miopia (eufemismo) delle sue capacità strategiche: la disastrosa gestione dei tassi è entrata negli annali. Spaventato dall’impennata del costo del petrolio – crescita che anticipò una delle più grandi crisi economiche e finanziarie della storia – l’astuto Jean Claude varò un deciso aumento dei tassi mentre tutte le Banche Centrali li tagliavano come Edward mani di forbice. Un governo della Banca Centrale, mezzo della complessità di un’auto di Formula Uno affidato ad un conducente le cui capacità erano tutt’al più sufficienti per guidare un’Ape car. Non solo: le cancellerie ricordano molto bene anche la famosa lettera firmata da CHRISTINE LAGARDE Jean Claude che ci invitava ad una maggiore austerity di bilancio la cui sola conseguenza fu di aggravare le nostre già notevoli difficoltà di mercato. Sono passati nove anni. Oggi sul trono della BCE siede un altro cittadino francese, la gentile signora Christine Madeleine Odette Lagarde, nata Lallouette, criticata quanto il connazionale per pensieri, parole e decisioni, per una qual certa frettolosa superficialità che pare negare l’immane impresa compiuta da Mario The Great. Parliamo chiaro: oggi – esattamente come nove anni fa - stia-

mo attraversando una grave crisi. E, esattamente come nel 2011, l’Europa si fa matrigna confusa, incapace e indecisa. Un’incapacità ricorsiva nel processo di comprensione dei problemi, come direbbe il nostro Gianbattista Vico. Un’Europa la cui incertezza non solo acuisce i problemi ma si trasforma nel principale di essi; un continente diviso congelato dalla paralisi a cui conduce l’analisi infinita che non giunge mai a conclusione. Con una sola, ricorsiva in senso vichiano, certezza: la distinzione tra buoni e cattivi, quelli ligi al dovere e gli altri riottosi alle regole. Il Nord irremovibile nelle sue decisioni mantiene i privilegi, mentre il Sud sta di botte come si dice in gergo marinaro e l’Italia, bersaglio preferito dei baroni del Nord, fa la parte dell’orso nel gioco delle tre palle. Oggi come dieci anni fa il nostro debito è l’argomento preferito dalla speculazione per attaccare il nostro Paese. Chi arma, sostiene e incoraggia i cavalieri della speculazione pare essere, di nuovo come se fosse la prima volta, la Germania, la pallida madre d’Europa. Nel 2011 in prima fila c’era Deutsche Bank, sostituita oggi nella triste bisogna da Commerzbank. Due istituti bancari che in qualsiasi altro paese che non fosse la Germania – sottolineo: qualunque altro paese - sarebbero considerate fallite, ma essendo le due poverette “Hergestellt in Deutschland”, ovvero fatte in Germania, l’accanimento terapeutico che le mantiene in vita è del tutto legittimo.Ricordate cosa disse la Cancelliera Merkel nell’ormai lontano 2012? “Non vedo la possibilità di mutualizzare i debiti finché vivrò”. Che detto in parole ancora più semplici significa: dovrete passare sul mio cadavere prima che io accetti gli Eurobond. Alla fine del sogno, il vecchio saggio filosofo napoletano scuoteva la testa. Credo di avergli chiesto il motivo. Sorridendo mi ha detto: “Buddy, la Germania è una grande e potente nazione. Ma deve stare attenta. I corsi della Storia a differenza del 2011 questa volta potrebbero prendere una direzione diversa. Non solchiamo le acque perigliose del mare in burrasca su navigli separati e diversi: questa volta la barca è la stessa. Se va a fondo, annegheremo loro e noi insieme”.

NASDAQ BATTE DOW JONES 6 A 0

I

nutile girarci intorno, sono segreti di Pulcinella: il vincitore della Lotteria Corona ha un nome noto. Il suo volto si staglia all’orizzonte come le sagome dei tori ai bordi delle autostrade spagnole, mentre il computo delle imprese più o meno morte e ferite si allunga come l’elenco delle navi giapponesi affondate nella battaglia delle Midway. Detto in termini

WARREN BUFFETT

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maggio 2020

tennistici NASDAQ batte DOW JONES 6-0 con l’abbandono dell’avversario per crampi dopo il primo set. Semplificando ma non troppo, alla old-economy Lotteria Corona presenta un conto salatissimo, mentre le imprese che fanno parte del nuovo mondo tecnologico si fregano le mani. Pochi fortunati vincitori issano la bandiera dell’innovazione su una montagna di cadaveri. Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Eppure, quesito irrisolto delle cento pistole, ogni volta facciamo una fatica del diavolo a comprendere questa semplice banalissima evidenza: il nuovo, l’immateriale che connette, trasmette e comunica (sono queste le tre azioni della new economy) è il vincitore designato. Ha fatto fatica a comprenderlo persino quel genio (e non è un’iperbole: lo penso davvero) di Warren Buffett che non aveva creduto al Nasdaq al punto di comunicare sarcasticamente ai suoi azionisti “….abbiamo preso il XXI secolo per le corna, investendo nei settori d’avanguardia come i mattoni, i tappeti, i materiali isolanti e la pittura”. Era il lontano 2001. E poiché solo gli imbecilli non cambiano mai idea, Buffett si è (rapidamente) ricreduto al punto da comprare prima azioni Apple nonostante la grande rivalutazione del titolo, e poi anche Amazon ai massimi storici, dimostrando di ritenere che il potenziale futuro fosse ancora enorme. I fatti gli hanno dato tragicamente ragione.


INVESTIRE SPECIALIST

L’INTELLIGENZA UMANA HA BATTUTO QUELLA ARTIFICIALE

U

na farfalla agita le ali a Pechino e – zac! - una tempesta di neve si abbatte su Miami. E’ la teoria del caos, copyright di Edward Lorenz, il primo, nel 1962, ad analizzare l’effetto farfalla in uno scritto pubblicato nel 1963 preparato per la New York Academy of Sciences. Variante 2020: un uomo mangia un bel pipistrello in umido e - neanche il tempo di pulirsi i baffi - il mondo si ammala di polmonite interstiziale. E per finire il quesito all’esame di ammissione della prima asilo: “Indovina indovinello, chi fa l’uovo nel cestello?”.

Dobbiamo essere grati al Covid 19. Ci ha portato lacrime e sangue. Ci costerà fatiche e sacrifici che noi - la generazione che non ha conosciuto guerre né epidemie – avevamo visto solo al cinema. Ci chiederà impegno e inventiva, dopo aver chiesto il tributo della nostra libertà di movimenti. Oltre a tutte le vite che si è inghiottito come una divinità primordiale. Ma di una cosa, fosse la sola, dobbiamo essergli grati. Ha dimostrato, ancora una volta, che il Re è più nudo del Manneken pissen, la statuetta del piccino che orina a Bruxelles. Ci ha ricordato come le macchine (chiamiamole con il loro nome) non sono affatto “intelligenti”. Anche stavolta come accadde nel 2002, nessuna intelligenza artificiale ha previsto nulla. Anche allora fu un uomo a dare l’allarme: Carlo Urbani. È stato il primo medico a identificare la Sars, causata da un virus simile al Covid-19. Ha lanciato l’allarme pagando con la vita. Diciotto anni dopo è stato il turno di Li Wenliang, un ignoto medico cinese che oggi tutto il mondo ammira, ma in memoria, perché ha scoperto il misterioso virus, è stato bistrattato e ridicolizzato per aver denunciato il problema, poi riabilitato, riammesso in ospedale, e lì si è contagiato, morendoci. Aveva 34 anni, il dottor Wenliang, si occupava solitamente di tutt’altro – era specialista oculista - e aveva notato a dicembre sette casi di un virus che gli ricordava proprio la Sars, all’ospedale di Wuhan dove lavorava. La storia si è crudelmente ripetuta con lui. Viviamo in un mondo fortunato: 75 anni di pace, un secolo dall’ultima pandemia; un mondo incapace di accettare gli imprevisti, dominato dalla presunzione di avere tutto sotto controllo, di poter prevedere e anticipare. Proprio come accade nei mercati finanziari, la cui cura abbiamo messo in mano agli algoritmi “intelligenti”: dovrebbero prevedere, anticipare, ridurre i rischi di andare a sbattere. Invece, come la dannata zuppa di pipistrello, sanno solo seguire le vibrazioni come le pecore, col risultato di trasformare un raffreddore in crisi polmonare. Caro Covid, la mente umana sa ancora fare meglio dell’intelligenza ferrosa.

GIAMBATTISTA VICO PREVEDE UN NUOVO BOOM

S

ono un ricorsivista alla stregua di Gianbattista Vico? In questi giorni in cui molti fanno a gara a chi schizza più nero di seppia sul futuro, non posso non ripensare ai mitici anni ’50-’60 e poi ai magici ’80, età dell’oro per il nostro paese. Lo faccio sulla base dei miei strumenti, l’analisi dei cicli di Borsa. La seconda metà degli anni ’50 e poi tutto il decennio successivo, furono stagioni straordinarie. Un esempio su tutti: l’Autostrada del Sole, progettata e costruita in tempi record, rappresentò per molto tempo il benchmark di riferimento europeo per arditezza di soluzioni e qualità ingegneristica. Ricostruire, inventare – ricordate il mitico Moplen del Premio Nobel per la chimica Giulio Natta? – esportare, conquistare e… affascinare. L’Italia di quegli anni era davvero il miracolo che stupiva e ammaliava il mondo con la sua laboriosità e l’inventiva di artisti diventati famosi in tutto il mondo. Un periodo altrettanto felice, anche se non così fulgido, il nostro paese lo visse a cavallo degli anni ’80 nel periodo delle grandi innovazioni tecnologiche. In entrambi i casi, le due epoche felici, sono state inframezzate da crash di breve durata. Oggi, dopo aver vissuto un incredibile ciclo di crescita borsistica per ampiezza e durata generato dalla leva finanziaria e dai poderosi stimoli monetari delle Banche Centrali, stiamo vivendo una nuova fase di crash indotta dal maledetto Coronavirus. La domanda vichiana – corsi e ricorsi storici – è

dunque la seguente: accadrà come negli anni ’50 e ’80, la crisi sarà rapida e torneremo a riveder le stelle? La mia convinzione è che passata la bufera i listini riprenderanno a correre nel sole, proprio come ragazzini costretti a casa da mesi.

GIAMBATTISTA VICO

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TALENT

LA COMPETIZIONE TRA UN “FAI DA TE”, UN CF E UN ROBOADVISOR

Il portafoglio giusto è la vera sfida per la “Fase 2”

“U

na poltrona per tre” è una competizione tra tre portafogli realizzati da un “fai da te”, un consulente finanziario e un roboadvisor. Ha la durata di un anno e prevede la possibilità di rotazione del portafoglio, con un cambio di massimo due strumenti, al termine del primo semestre. Ogni mese partirà una nuova gara. Aggiornamenti e confronti L’aggiornamento sull’andamento di ciascuna di esse avrà cadenza semestrale. Tre concorrenti che non copiano La composizione dei portafogli è elaborata

LE SCELTE DEL “FAI DA TE”

di Giacomo Damian

in completa autonomia dai partecipanti al talent e oltre ad avere lo scopo della competizione vuole offrire spunti meramente informativi inerenti l’impiego di strumenti finanziari quotati sul mercato regolamentato italiano. Le informazioni e le analisi esposte pertanto non costituiscono sollecitazione al pubblico risparmio qualunque decisione di investimento e il relativo rischio rimane a carico dell’investitore. Investire non si assume alcuna responsabilità per l’eventuale utilizzo che il lettore potrà fare dei contenuti esposti.

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Portafoglio “fase 2”, la ripresa delle attività produttive, una scelta di titoli e strumenti che investono nei settori potenzialmente più favoriti per la fase di rilancio dell’economia.

TUTTA ITALIA: NEW ECONOMY, ETC SUL FTSEMIB E BTP

ISIN Mentre il governo Conte ha avviato la “Fase 2”, dando IT0005366767 il via libera al ritorno della produttività nel rispetto IT0005122400 delle quattro “D” (Distanza, Dispositivi, Digitalizzazione, US88160R1014 Diagnosi), attraverso un complesso piano di scaglionamenti e differenziazioni sociali, i IT0005373417 mercati, che spesso si dimostrano più cinici ma anche più pragmatici e semplificatori, sono XS1101721923 già avanti in quella che si può considerare la “Fase 3” e, in prospettiva, già pronti per GB0001500809 affrontare la quarta. Se per noi società civile la prima fase si è contraddistinta nella IT0005387052 quarantena, la chiusura totale di attività e libera circolazione, per i mercati la sequenza è stata la seguente: la sorpresa del virus che ha dato il via al ribasso, la presa di coscienza di una pesante recessione con la ricerca di un minimo nel panico, il rimbalzo per il sostegno delle banche centrali e per finire l’attuale fase che possiamo considerare come quarta, la predisposizione e la ricerca di energie per un possibile rilancio. Una fase di rilancio che non sarà uguale per tutti, spalmata in modo equo, ma che creerà grandi differenze tra chi saprà cogliere il nuovo mondo e le grandi occasioni post coronavirus e chi invece, da queste novità troverà ostacoli insormontabili.Perciò questo mese, abbiamo pensato alla creazione di un portafoglio che sia focalizzato nel rilancio, e nella ricerca di strumenti e società che da questo nuovo panorama siano capaci di trovare forza e restituire grandi rendimenti agli investitori. Si chiamerà “Fase 2 la ripresa” e per quanto riguarda il mio portafoglio gran parte della fiducia è stata data all’Italia, come sistema, come Paese e come singole imprese. Le mie preferenze sono orientate verso società della new economy,

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IL PROFILO DEL MATCH

FONDO

MIX

NEXI

20%

GIGLIO GROUP

20%

TESLA

20%

ELES

10%

SG ETC FTSE MIB +3X DAILY LEV COLLATERAL

10%

TULLOW OIL PLC

10%

BTP 15/05/30

10%

che del distanziamento, della digitalizzazione, ma anche della green economy, potranno avere e costruire i maggiori benefici. Aziende ancora poco conosciute come Giglio, società di e-commerce che offre piattaforme digitali dedicate al fashion, al food e ora anche nel campo farmaceutico e sanitario. O come Eles piccola realtà quotata all’Aim, società altamente specializzata nel settore dei semiconduttori, con una forte espansione all’estero e con un piano industriale molto ambizioso. Piccole realtà a cui vanno aggiunti pesi massimi come Tesla, una realtà sostenuta da grandi capitali, e Nexi che nei pagamenti digitali ormai è più che una promessa. A tutto questo, sempre per rimanere avvolti nel tricolore, c’è la grande spinta dell’Etc che punta sul FtseMib in leva e un Btp della durata di 10 anni con cedola semestrale. Unica eccezione della old economy, la Tullow Oil multinazionale anglo/irlandese di oil and gas, perché anche se non penso che il petrolio sia il futuro, a questi prezzi è comunque troppo sacrificato.


INVESTIRE SPECIALIST

LE SCELTE DEL CONSULENTE FINANZIARIO PAC TEMATICI, FONDI SU CINA ED ETF SULLE BIOTECNOLOGIE DENOMINAZIONE

ISIN

PESO

Amundi EURO High Yield Liquid Bond IBOXX UCITS

LU1681040496

18%

iShares Nasdaq US Biotechnology UCITS ETF USD

IE00BYXG2H39

15%

Fidelity Funds - China Consumer Fund A-Acc-USD

LU0594300179

12%

WisdomTree WTI Crude Oil Pre-roll

IE00BVFZGC04

18%

Invesco Belt and Road Debt Fund A Acc

LU1889097876

12%

WIRECARD

DE0007472060

10%

Morgan Stanley Investment Funds - Global Opportunity

LU0552385295

15%

Il portafoglio di Biagio Calabrese I recenti movimenti nei mercati azionari sono stati molto rapidi. Dopo aver raggiunto il massimo storico, l’indice S&P 500 ha avuto una caduta del 34%. Dopo pochi giorni di negoziazione, il mercato americano era formalmente in bear market. Da allora, è seguito un rapido rimbalzo del 20%. Cosa pensiamo di tutto ciò? E quali sono le prospettive a breve termine per i mercati azionari? E’ difficile rispondere a queste domande, ma guardando al passato, possiamo sperare in una rapida soluzione dell’emergenza. Quindi, propongo un portafoglio così ripartito: 1) Pac tematico sul petrolio, al momento la materia prima sulla bocca di tutti; 2) Pac su Corporate High Yield. Entrambi da acquistarsi in 6 tranche settimanali del 3% cadauna. La scelta dei Pac ha una sua logica: quella di accumulare nelle fasi di

ribasso dei mercati di riferimento. Altri temi di investimento toccheranno i mercati emergenti: 3) una parte azionaria con il fondo Fidelity China Consumer legato ai consumi interni nel Paese asiatico e una parte obbligazionaria dedicata al tema specifico denominato “la via della seta”, attraverso una sicav Invesco che offre la possibilità di entrare in un mercato estremamente vivo. 4) Un’altra quota sarà dedicata all’inserimento dell’azionario globale attraverso la sicav Morgan Stanley global opportunity per la sua gestione molto attiva e dinamica. 5) Vista l’attuale emergenza sanitaria, e la successiva fase di studio, innovazione e sperimentazione di nuovi farmaci o vaccini, non poteva mancare uno strumento di investimento su questo settore, per questo ho pensato fosse utile e profittevole inserire anche un Etf sul comparto biotecnologico, ossia l’iShares Nasdaq US Biotechnology Ucits, un comparto di mercato considerato già all’avanguardia, e che da questi momenti delicati e difficoltosi, saprà trovare opportunità per migliorare la nostra esistenza e per creare valore nei nostri portafogli. 6) L’ultimo inserimento riguarda un titolo azionario: Wirecard, si tratta di un’azienda leader nei pagamenti online e nelle soluzioni e-commerce, un settore che nelle future difficoltà di logistica e di negozi fisici, troverà sicuramente notevoli vantaggi.

LE SCELTE DEL ROBOT (elaborazioni di Investire sui dati Deus Technology) Se c’è un detto di borsa che rispetto ai più comuni non dà adito a fraintendimenti o equivoci, o che non si può interpretare a seconda delle condizioni di mercato, ma dà sempre un messaggio univoco questo è sicuramente il “never fight the Fed”, che tradotto in italiano significa non si va mai contro il volere della banca centrale Usa. Se la Fed è intenzionata a sostenere i mercati, vai in acquisto, mettiti al rialzo, perché in un modo o nell’altro ci riuscirà. In questi mesi di difficoltà e di ribassi, più volte avrete sentito ripetere che questa crisi ha caratteristiche diverse rispetto a quella del 2008, e che questa volta lo stampaggio di liquidità e gli interventi di sostegno finanziario hanno solo effetti palliativi, ma non efficaci per risolvere il problema. Eppure i fatti dimostrano il contrario, perché se scorriamo le fasi della crisi attraverso i grafici che ne scandiscono il tempo, ci potremmo rendere conto che il minimo nelle borse

europee si è verificato in concomitanza con l’intervento storico della Bce e della trappola verbale innescata dalla Lagarde, mentre il minimo a Wall Street è coinciso con l’annuncio epocale della Fed che ha promesso illimitatezza nella sua opera di sostegno in termini di immissione di liquidità. Dunque le banche centrali hanno ancora la loro efficacia, e nel susseguirsi degli eventi possiamo notare che a ogni virus finanziario, subito gli istituti centrali provvedono a creare un vaccino che sterilizzi la proliferazione del pericolo. Ed è su queste basi che i mercati, e successivamente l’economia reale, avranno la possibilità di impostare il rilancio, la cosiddetta “Fase 2”, quel processo di rilancio che avrà come compito di ridurre la recessione sia in termini di tempo, che di profondità. Per cogliere al meglio questa potenziale ripresa, abbiamo chiesto ai professionisti di Deus Technology di confezionare un portafoglio

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TALENT

contenente una selezione dei migliori strumenti diversificati nei settori con maggiore potenziale di sviluppo. Un portafoglio che è quasi perfettamente diviso a metà, dove una leggera preferenza è per il settore azionario, con una prevalenza nel settore biotech più coinvolto sia nella sperimentazione di nuove cure, sia nei maggiori flussi di capitale, perché la medicina diventerà sempre più centrale. Grande peso anche per l’information technology, che con il distanziamento sociale, diventerà

indispensabile. Per il comparto obbligazionario, l’altra faccia della medaglia, la scelta cade su corporate bond a investiment grade, selezionate in virtù di uno sviluppo sostenibile delle società appartenenti, società quotate sia in dollari che in euro. La quota rimanente del 10% del portafoglio d’investimento è equamente divisa tra cash e oro, quest’ultimo, in tempi di espansione monetaria estrema, diventa uno strumento insostituibile e, a tutti gli effetti, prezioso.

AZIONARIO BIOTECH E IT, CORPORATE BOND, CASH E ORO ISIN

NOME

14/02/2020

US92189F7261

VanEck Biotech ETF Dis USD

22,58%

US92204A7028

Vanguard Information Technology ETF Dis USD

21,78%

LU0533032263

Multi Units Lux Lyx MSCI Wld Consumer Staples TR ETF Acc EUR

5,64%

LU0346392482

Fidelity US Dollar Bond Fund Y Acc USD

18,28%

BE0945494350

Candriam Sustainable SICAV - Euro Corporate Bonds N Acc EUR

12,12%

LU0282388437

Parvest SICAV - Sustainable Bond World Corporate Cl Acc USD

9,60%

IE00B579F325

Invesco Physical Gold ETC

5,00%

Cash Euro

5,00%

L’ASSET MIX DEL MESE MACRO

PESO

AZIONARIO

50%

OBBLIGAZIONARIO

40%

COMMODITIES LIQUIDITÀ

PESO

MICRO

Biotech Information Technology Consumer Goods Global Corporate US Corporate Investmente Grade Euro Corporate Investmente Grade

22,58% 21,78% 5,64% 9,60% 18,28% 12,12%

5%

ETF Oro

5,00%

5%

Cash Euro

5,00%

The winner is... -1,66%

ROBO ADVISOR (Deus Technology)

-0,97% “FAI DA TE” GIACOMO DAMIAN

-17,26%

CF SIMONE CASALE LA CLASSIFICA È SEMESTRALE, I RISULTATI DEI PARTECIPANTI RISENTONO DELL’ECCEZIONALITÀ DEL CORONAVIRUS

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INVESTIRE SPECIALIST

Tre termini per capire dove va il petrolio P

ETROLIO: per capire l’attuale situazione del petrolio bisogna imparare a conoscere il significato di tre termini tecnici: “roll over”, “contango” e “backwardation”. Proverò a spiegarveli nel modo più semplice possibile. Sia gli indici di borsa che le materie prime (sottostanti) hanno ognuno uno o più derivati (detti future) di riferimento che ne guidano il prezzo, questi derivati hanno una data di scadenza, di solito trimestrale per gli indici, mensile invece per le materie prime. Nei pressi della scadenza, più o meno a metà mese, gli operatori devono decidere, per evitare il pagamento di una grossa penale (non è il termine corretto, ma per farvi capire) se chiudere il derivato o posticiparlo alla scadenza successiva, in quest’ultimo caso effettuano un’operazione di “roll over”, ovvero posticipano la chiusura alla scadenza successiva. Se durante il rollover il prezzo del future in scadenza è inferiore a quello della scadenza successiva si crea una situazione di “contango”, se invece è il contrario di “backwardation”. Presentati i protagonisti, possiamo spiegare in breve quanto sta accadendo al petrolio, una materia prima che oggi è sempre più legata all’andamento dei derivati. Mi riferisco alla giornata del 20 aprile quando l’oro nero, in presenza delle scadenza del future ha chiuso a -37$, un crollo dovuto al massiccio rollover di carta effettuato su una massiccia quantità di derivati di chi ha atteso fino all’ultimo sperando di limitare le perdite, con il risultato di aggravarle. Ma il giorno successivo il petrolio era di nuovo positivo, non è una magia, era entrato in corso il derivato con la nuova scadenza. Una volta il mercato delle materie prime, nel nostro caso il petrolio, era un luogo per specialisti, c’erano i Paesi produttori che facevano il prezzo ampliando o restringendo l’offerta, i consumatori, le società di raffinazione, e al netto delle crisi geopolitiche, il prezzo del sottostante era dettato dal ciclo economico e i derivati, servivano a chi produceva o stoccava a coprirsi da imprevisti che potevano mutare improvvisamente il prezzo. Ma era il sottostante il protagonista. Dal 2008 molto è cambiato perché a causa della grande liquidità, su ogni sottostante sono stati costruiti numerosi derivati e l’eccesso di liquidità, se punta massicciamente, è capace di esasperarne gli andamenti. Così è accaduto nel 2008 quando il petrolio ha visto il picco a $150, e così ad aprile a un prezzo ipotetico sotto lo zero. Che fare dunque, rischiare in questo caos perché il prezzo è basso? Sul lungo termine la situazione è molto più chiara perché meno influenzata dalla finanza, il petrolio ha una struttura discendente ben delineata, probabilmente perché è un’energia in sostituzione, quindi meglio lasciar perdere e guardare altrove.

B

OEING: l’aereo più famoso al mondo precipita. Sai che notizia, dirà qualcuno, scende tutto. Invece non è vero, ci sono ribassi diversi. Il caso di Boeing è eclatante, perché osservando il grafico ci si accorge che questa debolezza viene da lontano, ovvero da quando l’azienda all’apice del successo, diventando il titolo più pesante del Dow Jones, ha subito due incidenti (Indonesia ottobre 2018, ed Etiopia marzo 2019), i disastri aerei del 737 max, il modello che doveva rappresentare l’eccellenza tecnologica e il futuro dell’aviazione. Un vero cigno nero, che dopo il secondo disastro ha portato altrettante macerie sul titolo di borsa. Dal massimo di 440$, siamo caduti a 350$, valore pre coronavirus, per poi atterrare sotto il peso della crisi fino a 100$ tondi tondi. Ora il titolo annaspa, che fare? Comprare? Secondo voi, le aviolinee e i produttori di aerei hanno un futuro roseo davanti? Non credo.

B

UND: la Germania ora deve decidere, se mantenere un privilegio di afflusso di capitale attratti dal proprio titolo di stato, ma mettendo a repentaglio il futuro dell’Unione Europea, o se rinunciare a questo privilegio a favorendo una federazione europea con annessi e connessi. Che si chiami Eurobond o con un altro nome, sarà la condivisione o meno di un debito comune a decidere se il Bund a 10 anni potrà tornare ad avere un rendimento positivo.

T

ELECOM: se per alcune aziende il Covid-19 sarà un handicap che penalizzerà l’attività così come era strutturata in passato, per altre si paleserà come un’autostrada di opportunità. A far parte di quest’ultima categoria c’è sicuramente Telecom che vede nel Covid un acceleratore nella rivoluzione del lavoro, smart working, distant learning ed e-commerce, in attesa del 5G necessitano di una rete unica in fibra, e Telecom, magari in compagnia di Open Fiber è pronta a fornirla. Ciò che in “tempi di pace”, conoscendo la burocrazia italiana, sembrava irrealizzabile in tempi brevi, in momenti di emergenza come quello che stiamo vivendo, diventa una realtà necessaria e obbligatoria. Si aggiunga il fatto che una temibile rivale come Fastweb, considerata ai tempi di Scaglia una Ferrari della fibra ottica, una volta passati in mani svizzere ha perso quella brillantezza nell’innovazione che era divenuto un marchio di fabbrica, in questa parabola discendente, ha alzato bandiera bianca davanti a concorrenti finanziariamente (e politicamente) ben più attrezzati. Sbaragliata la concorrenza a Telecom manca solo l’ultimo “miglio”, il matrimonio con Open Fiber, operazione su cui una vecchia volpe come il fondo Usa Kkr sembra voler mettere occhi e capitali. maggio 2020

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COSMOPOLITICA Andrea Margelletti Presidente del Centro Studi Internazionali, docente presso la Facoltà di Scienze delle Investigazioni e della Sicurezza dell’Università di Perugia e Narni. Unico membro onorario delle Forze Speciali

IMPARARE DAGLI ERRORI PER ARCHIVIARE LA PANDEMIA

D

opo oltre un mese di lockdown, la maggior parte degli italiani hanno familiarizzato con le nuove abitudini e le nuove regole necessarie a limitare il contagio e cercare di fermare la pandemia da Covid-19. Non era scontato che accadesse e probabilmente la voglia di tornare a respirare, seppur con gradualità e prudenza, una nuova aria di libertà, fiducia e speranza ha agito come un catalizzatore importante per addomesticare gli impulsi anche dei più irrequieti. Con il decrescere nel numero dei contagiati e della curva epidemica, cresce nel popolo italiano la voglia di archiviare questa pagina buia della nostra storia e ripartire. Tuttavia non si può nascondere il fatto che, dopo la paura della malattia fisica, sull’Italia e sull’Europa aleggia il fantasma della malattia sociale ed economica. Dopo la pandemia, arriva la recessione. Questo non vuol dire solo un segno meno vicino agli indici di borsa o agli indicatori del Pil, ma perdita di posti di lavoro, contrazione dei consumi, aumento dell’incertezza. La cosiddetta “fase 2” non sarà solo quella in cui l’uomo imparerà a convivere con il virus, ma quella in cui bisognerà trovare ricette economiche e risposte politiche in grado di favorire il riavvio del motore produttivo nazionale e internazionale. Per trovare soluzioni adeguate non bisogna voltare le spalle a quanto abbiamo vissuto sinora. Al contrario bisogna analizzare a mente lucida quanto è accaduto, quali errori abbiamo commesso, quali vulnerabilità intrinseche ha il nostro sistema economico globale e soprattutto quali lezioni apprese potranno trasformarsi in buone pratiche. La prima riflessione doverosa proviene dalle parole di Mario Draghi, non l’ultimo arrivato in materia di economia e finanza, che hanno evidenziato come ci sarebbe bisogno di un importante rilancio della spesa pubblica e di un aumento del debito. Le imprese hanno bisogno di liquidità e con esse le famiglie che ci lavorano. La fase 2 deve dimenticare la parola austerity, dunque. Si potrebbe iniziare con un massiccio rinnovamento dei servizi e delle infrastrutture che, nel nostro Paese, continuano a latitare. Appare ipocrita definire infermieri e medici come i nostri “angeli custodi” dopo aver smantellato la sanità pubblica con scandali, corruzione e scelte politiche discutibili. Allo stesso modo, a cosa serve applaudire i miracoli dello Spallanzani dopo aver costretto le menti più brillanti del nostro Paese a lavorare per un tozzo di pane o, peggio, a emigrare in cerca di maggior fortuna. Il 78

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Made in Italy non deve essere solo cibo, vestiti e auto di lusso. Il Made in Italy devono essere le persone. In secondo luogo occorrerà ripensare quale globalizzazione intendiamo costruire. La diluizione della supply chain su tutto il pianeta ha mostrato come in fondo basta poco a spezzarla e a mettere l’economia in ginocchio. Quindi occorrerà rivitalizzare e rivalutare le catene di valore e le economie di scala su base locale e nazionale. Non sono né sovranista né populista, ma un Paese membro del G7 deve poter essere in grado di assorbire shock come quello pandemico con maggiori indici di resilienza. In terzo luogo bisognerà creare valore attraverso la tecnologia. Presumibilmente l’esperienza dello smart working dovuto alle misure di isolamento forzato ha tracciato una linea rossa rispetto al passato. Molte attività, soprattutto nei servizi, si possono svolgere da casa, riducendo la mobilità (e con essa l’inquinamento) e i consumi nei luoghi di lavoro. Ma se cresce lo smart working, deve crescere con esso la capacità e la sicurezza delle reti nonché il set di capacità informatiche dei nostri lavoratori, al momento tra il meno variegato e completo in Europa. Colmare il cosiddetto digital gap quindi e investire nuovamente nella digital economy. Infine la pandemia ci ha insegnato che il nostro mondo e le strutture sociali, i rapporti di produzione e gli equilibri economici che ci abbiamo costruito dentro (o sopra) non sono eterni e, soprattutto, sono molto più fragili di quello che pensiamo. Adesso la tempesta del virus passerà e, aspettando il vaccino, pretenderemo di tornare alla vita di prima. Tuttavia, oltre alle malattie, sul nostro pianeta e sulla vita dell’uomo grava la minaccia del cambiamento climatico. Un fenomeno molto più profondo e molto più pericoloso della pandemia. Un fenomeno che non può essere fermato con un semplice vaccino ma che necessita di un ripensamento profondo delle nostre strutture produttive e del nostro stile di vita. Dunque uno dei punti del rinascimento sarà la definitiva virata verso la green economy e verso l’adozione di soluzioni economiche sostenibili e innovative. Il superamento di un’economia basata sui combustibili fossili non può che favorire i non-rentier State, proprio come l’Italia. Non sottostimiamo il rischio ambientale (e le opportunità della green economy) come qualche mese fa abbiamo sottostimato il pericolo della pandemia. Questa volta non possiamo permettercelo.



QUI PARIGI di Giuseppe Corsentino

TORNA LA ISF, LA PATRIMONIALE CANCELLATA DA MACRON?

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isto che “in economia non ci sono pasti gratis” come insegnava ai tempi della Grande Depressione il buon Keynes, e visto – come ha ricordato il quotidiano Le Figaro – che anche il sistema economico francese non potrà reggere a lungo un ratio debito/pil del 140% e che, esauritosi il lavoro della Bce e dei tanti fondi europei inventati per sostenere economia e FRANCOIS MITTERAND produzione (dal Sure per la cassa integrazione al Mes per le spese sanitarie straordinarie), dovrà infine trovarsi qualcuno “pour regler la facture”; ecco, date tutte queste premesse (che, si badi, valgono anche per l’Italia, anzi di più, solo che la politica italiana preferisce trastullarsi con le task force di virologi e sociologi e con la retorica della solidarietà europea pretesa a dispetto della realtà), qui in Francia ci si comincia a interrogare su chi pagherà il conto di una stagione di spesa pubblica che potrebbe arrivare, stando alle stime, fino a 500 miliardi di euro se non di più. Morale: “à l’heure des comptes”, chi paga? Gli azionisti delle grandi aziende quotate in Borsa ai quali il ministero del Tesoro prima ha raccomandato di essere parchi nella distribuzione dei dividendi e poi ha imposto il blocco puro e semplice del “pay out” nel caso in cui le aziende avessero richiesto lo “chomage partiel”, la cassa integrazione, per i propri dipendenti o altre provvidenze economiche a carico dello Stato? E ancora: chi paga? Gli azionisti delle banche a cui la Bce ha chiesto di rinviare almeno a fine anno il pagamento dei dividendi, il tempo di vedere come reagiranno i mercati di fronte alla marea di titoli emessi dalle istituzioni finanziarie del pianeta? E così in questa Francia che sta vivendo una stagione di “onirisme financière” per usare la straordinaria definizione di Jean-Marc Vittori, editorialista principe del quotidiano economico Les Echos, o che “pensa di vivere in un mondo immaginario in cui l’argent coulerait à flot” per dirla con Le Figaro, ecco che si fa strada un’idea che smentisce il pensiero economico macroniano: alleggerire la pressione fiscale con l’obiettivo di liberare risorse da destinare agli investimenti (anche attraverso la Borsa e la finanza). Partendo da qui il presidente-ex banchiere di Rotschild, appena arrivato all’Eliseo, aveva cancellato d’amblé la storica Isf, l’Impôt de solidarité sur la fortune (creata nel 1989 dal governo Rocard, in 80

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piena era Mitterand, allo scopo di finanziare l’ Rmi, Révenue minimum d’insertion, il salario minimo: da qui la definizione di “imposta solidale”) sostituendola con l’Ifi, Impôt sur la fortune immobilier, una patrimoniale sulla ricchezza immobiliare, destinata a colpire i veri “rentier” con aliquote molto più alte rispetto all’investimento finanziario (tassato in media al 30%, la metà rispetto alla vecchia Isf). Alle proteste ideologiche della sinistra – Macron era stato immediatamente soprannominato “le president des riches” come si ricorderà – l’Eliseo e Bercy, cioè il ministero dell’economia, avevano risposto con l’istituzione di una commissione che avrebbe dovuto verificare l’impatto della nuova Ifi rispetto alla vecchia Isf (che nell’ultimo periodo aveva prodotto un gettito minimo, appena 5 miliardi di euro, perché i veri ricchi si erano tutelati con varie forme di “estero-vestizione” o espatriando realmente verso il Belgio o l’Olanda). Questa commissione non ha fatto in tempo a concludere i suoi lavori (nel 2020) che il coronavirus ha già infettato il dibattito politico. Facendo ritornare l’idea di rimettere in funzione il vecchio arnese fiscale dell’Isf. Rigurgito pavlovian-giacobino in un Paese già fratturato da un anno di agitazioni dei Gilet gialli (non si conta il numero di manifestazioni tutti i sabati a Parigi e nelle grandi città). Ha cominciato il segretario della Cfdt, la Cisl francese, che è pure il sindacato più riformista e dialogante (ha accettato la riforma delle pensioni a differenza della Cgt) e gli altri “tenor”, gli urlatori della sinistra radicale (a cominciare da Jean-Luc Mélenchon), tutti lì a seguire. Parola d’ordine: i ricchi debbono pagare. Ma quanti miliardi di euro aggiuntivi potrebbe generare una nuova Isf? La storia davvero non insegna niente. Nel 1945, dopo la guerra, il rapporto debito/pil era del 270%. Venticinque anni dopo era sceso al 15% e senza bisogno di tasse aggiuntive. La chiave, ricorda un grand commis poco noto e che non appare tutte le sere in tv, il direttore dell’Agence France Trésor (l’equivalente della nostra Maria Cannata quand’era in servizio), è la sostenibilità del debito francese e il livello bassissimo dei tassi d’interesse. La prima condizione c’è (in Italia, un po’ meno). La seconda pure a meno che l’ondata di denaro sollevata dalle banche centrali (Bce, Fed e tutte le altre) non riaccenda l’inflazione. Ma allora sarà tutta un’altra storia.


QUI NEW YORK

di Glauco Maggi

TRUMP ALL’ANGOLO, VINCE IL PARTITO DELLA RIPRESA A “U”

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a speranza è che sia una V, come Velocità, e non una U, come … Uffa quando arriverà? Gli investitori e gli imprenditori hanno oggi due preoccupazioni. La prima è di non prendere il coronavirus. La seconda è quale lettera alfabetica la ripresa economica e finanziaria prenderà a modello. Sarà una V ? Ossia un immediato rimbalzo verso l’alto, in opposta direzione del crollo verticale di marzo ma con la stessa velocità e pendenza? Oppure sarà una U? Cioè una DONALD TRUMP rinascita che deve strisciare sul fondo, per qualche mese o magari qualche trimestre, prima di impennarsi e recuperare i livelli di inizio 2020? Del primo partito è alfiere il presidente Trump. Nel momento in cui gli Usa torneranno “open for business”, questa la sua scommessa, la domanda di beni e servizi, sparita gioco forza per diktat sanitario-governativo, riapparirà in tutta la sua potenza. «Credo veramente che ogni cosa si risistemerà al suo posto giusto. Sarà bellissimo», ha detto il presidente alla conferenza stampa della Task Force della Casa Bianca il 22 marzo. «Io la chiamo domanda compressa. La gente sta morendo dalla voglia di andare fuori al ristorante. La gente sogna di riprendere l’aereo». I consumatori americani trainano circa il 70% dell’economia, come minimo, ed è ovvio che non ne possano più di reprimere tutte le abitudini piacevoli - viaggi, sport, spettacoli - che sono il sale della vita. Per non parlare delle attività vitali - produttive , commerciali, finanziarie - che smaniano ai blocchi di partenza e non vedono l’ora di riaccendere la luce. Ma è una speranza o una illusione? «Non puoi semplicemente girare l’interruttore e fare sì che ognuno riprenda a lavorare, anche se tutte le aziende amerebbero farlo», ha detto al New York Times Suzanne Clark, presidente della Camera di Commercio degli Stati Uniti. E ha usato una metafora stradale: “Non ci sarà immediatamente la luce verde. Si passarà dal semaforo rosso al giallo, e poi al verde”. E se è vero che gli americani hanno voglia di tornare alla normalità, a prevalere è la prudenza. Un sondaggio online della società di dati Civis Analytics, condotto tra marzo e aprile, ha scoperto che più di otto americani su dieci sono favorevoli alle attuali restrizioni alla riapertura dei ristoranti e delle palestre.

La caduta della propensione a spendere per attività di piacere eccede quella che era emersa dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre e dopo la grande recessione del 2008. La previsione del presidente è insomma un evidente messaggio psicologico teso a instillare nella psiche nazionale provatissima il suo abbagliante ottimismo, componente fondamentale necessaria, ma non sufficiente. Ci sono ostacoli oggettivi al riavvio sprint dell’intera US Corporation che danno (purtroppo) validi argomenti al partito della U. Anzitutto, la crisi è globale e non risparmia nessuna area geografica. Il Fondo Monetario Internazionale, il 14 aprile, ha detto di aspettarsi per il 2020 una contrazione del 3% reale del Pil a livello globale nel 2020, e questo drammatico ribaltone dalla crescita del 4,1% del 2019 ha un’ovvia conseguenza. Tutti i partner internazionali dell’America - i produttori di merci da esportare negli Usa e i consumatori di merci importate dagli Usa - rallenteranno le loro attività, e le frenate a Milano e a Pechino avranno ripercussioni a New York e a Los Angeles. La globalizzazione che ha sparso il coronavirus farà lo stesso con la crisi economica. Un esempio? Walter Isenberg, titolare del Sage Hospitality Group di Denver, ha visto il fatturato della sua catena di alberghi e ristoranti crollare da 3 milioni di dollari al giorno l’anno passato ai 40mila al giorno di oggi, e la sua testimonianza, resa al New York Times, gela l’entusiasmo del partito della V. «È destinata ad essere una ripresa molta lenta e molto lunga, fino a quando non ci sarà una medicina sicura o un vaccino. Non sono uno scienziato per valutare la psiche della gente, ma proprio non mi immagino che emerga da questa condizione affrettandosi a riprendere a viaggiare e a organizzare convention». Il pessimismo è ufficializzato dagli economisti. L’ NBRE (National Bureau of Economic Research), l’ente para-pubblico che monitora le espansioni e le recessioni in America, ha pubblicato il 13 aprile un documento elaborato da professori delle università Northwestern, Stanford, Chicago e Boston, che prevede una contrazione del Pil Usa dell’11% alla fine del 2020, rispetto alla fine del 2019. Sarebbe la maggiore contrazione annua dal 1946, e la conferma della vittoria del partito della U. maggio 2020

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IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

IL COVID-19 METTE IN GINOCCHIO L’AFRICA: URGE MORATORIA

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Africa chiede aiuto per af- quello della Nigeria, mentre secondo le frontare la pandemia. Secon- stime della Johns Hopkins University do un rapporto di Uneca (la il governo, le banche e le società cineCommissione economica per l’Africa si hanno prestato circa 143 miliardi di dell’Onu) la crisi da Covid-19 rischia dollari all’Africa tra il 2000 e il 2017, in di spingere tra i 5 e i 29 milioni di per- gran parte per progetti infrastrutturali sone in Africa al di sotto della soglia di su larga scala. Per la società di ricerca del Rhodium Group, povertà estrema di MA LE TRATTATIVE CON LA CINA, le recenti trattative 1,9 dollari al giorCHE DETIENE LA MAGGIOR QUOTA tra la Cina e i suoi no. I ministri delle debitori hanno porFinanze del G20 DEL DEBITO DEI PAESI AFRICANI, hanno concordato HANNO PORTATO ACCORDI MODESTI tato a moratorie sul debito relativamenuna sospensione coordinata dei pagamenti del debito te modeste e quasi sempre abbinate a dei Paesi più poveri dal primo maggio sostanziali prestiti aggiuntivi. Nel 2017 alla fine dell’anno, ma c’è un convitato per esempio Pechino ha cancellato 160 di pietra: la Cina. Pechino detiene in- milioni di dollari (circa il 2,5 per cento fatti la quota di gran lunga maggiore del totale) del debito del Sudan, così del debito dei Paesi africani: secon- come fatto con la Repubblica del Condo l’Overseas development institute i go (condonando 20 milioni di dollari di prestiti dalla Cina costituiscono circa debito su un totale di oltre 7 miliardi di il 33% del debito estero del Kenya, il dollari). «Non possiamo rispondere ad 17% di quello dell’Etiopia e il 10% di ogni richiesta di riduzione del debito

senza un’analisi dettagliata», ha dichiarato He Haifeng, direttore dell’Istituto di politica finanziaria dell’Accademia cinese delle scienze sociali. La Banca mondiale ha classificato 18 Paesi africani come “ad alto rischio” di crisi del debito, vale a dire il cui rapporto con il Pil supera il 50%.

LA GERMANIA QUANTIFICA IL FABBISOGNO MILIARDARIO DI MASCHERINE, SE LE FARÀ IN CASA «Abbiamo bisogno di un numero compreso tra gli 8 e i 12 miliardi di maschere protettive all’anno, se vogliamo consentire a tutti di lavorare, fare acquisti e guidare un autobus». Lo ha affermato il ministro dell’Economia e dell’Energia tedesco, Peter Altmaier. «Se una parte significativa delle maschere chirurgiche e di protezione per naso e bocca verrà prodotta in Germania, avremo ottenuto molto. L’obiettivo è produrne milioni già nella

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seconda metà dell’estate. Ma non è possibile dire alle aziende cosa o quanto produrre. Ci saranno sovvenzioni agli investimenti e garanzie di acquisto da parte del governo federale» ha aggiunto Altmaier. Il ministro dell’Economia e dell’Energia tedesco ha quindi ricordato che il proprio dicastero ha assunto la direzione centralizzata degli approvvigionamenti di materiale sanitario necessario per l’emergenza coronavirus.


IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

RAAB E I DUBBI DEL REGNO UNITO SULLA CINA

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l ministro degli Esteri britannico Dominic Raab (nella foto), sostituto del primo ministro Boris Johnson durante la convalescenza dopo il ricovero in terapia intensiva per coronavirus, ha affermato che dopo la fine della crisi il Regno Unito «non potrà riprendere a fare affari con la Cina come se niente fosse». Raab ha dichiarato che la Cina dovrà rispondere a “serie domande” sull’origine della pandemia. Pechino dovrà inoltre chiarire se un suo approccio iniziale diverso avrebbe potuto evitare il contagio mondiale. Un numero crescente di esponenti del Partito conservatore, di cui fanno parte sia Johnson che Raab, sta chiedendo al governo di rivedere urgentemente le relazioni del Regno Unito

RIAPRE IL DRAGONE E TAIWAN FA +40% DI ESPORTAZIONI Le imprese di Taiwan hanno registrato nel mese di marzo un aumento degli ordini di esportazione del 40,4% a 40,26 miliardi di dollari, cifra in crescita del 4,3% rispetto all’anno scorso. Una crescita arrivata dopo il calo di gennaio e febbraio e nonostante le previsioni di un ribasso annuale compreso tra il 9,3 e il 13,2%. Il dipartimento degli Affari economici ha attribuito l’impennata degli ordini di esportazione alla riapertura delle fabbriche e della logistica nella Cina continentale, mentre la pandemia di coronavirus nel Paese andava allentandosi. Le imprese hanno iniziato a ricevere ordini già a febbraio, ma non sono riusciti a evaderle a causa delle misure di controllo dell’epidemia. Tra i principali prodotti di esportazione, gli ordini per i prodotti legati alle tecnologie dell’informazione sono aumentati del 90,8% mese su mese a 11,54 miliardi di dollari.

con la Cina. A chi chiedeva se il governo britannico stesse valutando addirittura l’adozione di tariffe doganali sulle importazioni dalla Cina o possibili limitazioni agli investimenti cinesi nel Regno Unito, Raab ha risposto cercando di calmare le acque. Il ministro degli Esteri britannico ha spiegato che il governo intende lavorare assieme agli alleati e al resto della comu-

IL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO HA DICHIARATO CHE LA CINA DOVRÀ RISPONDERE A “SERIE DOMANDE” SULLA PANDEMIA

nità internazionale al fine di chiarire a fondo le responsabilità per il Covid-19, sulla base delle risultanze scientifiche. Soltanto in una fase successiva, ha sottolineato Raab, si potrà pensare a quale strada intraprendere nei rapporti futuri con la Cina. Non è chiaro se Raab si riferisse solo alla tempestività e alla completezza con le quali Pechino ha condiviso le informazioni sul coronavirus, o se alludesse anche alla controversa ipotesi secondo la quale il virus sarebbe stato creato nel laboratorio batteriologico di Wuhan, dal quale sarebbe sfuggito accidentalmente; un’ipotesi peraltro scartata dalla quasi totalità della comunità scientifica internazionale. maggio 2020

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IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

È GUERRA FREDDA TRA I FONDI D’INVESTIMENTO INTERNAZIONALI E L’ARGENTINA

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l criterio di scaricare sulle spalle dei creditori stranieri non è il modo corretto di arrivare ad una soluzione sostenibile». Con queste lapidarie parole i principali fondi di investimento internazionali, tra cui Blackrock e Fidelity, che fanno parte del Comitato di creditori dell’Argentina (Acc) in possesso di titoli di stato argentini, hanno respinto l’offerta di ristrutturazione presentata dal governo guidato da Alberto Fernandez. «L’Acc non può appoggiare la proposta fatta dall’Argentina, l’offerta è molto al di sotto delle aspettative. Non c’è stata una discussione signficativa con il governo, e Buenos Aires ha agito fino a oggi in modo unilaterale». L’Acc è rappresentato a livello legale dall’avvocato Dennis

ALBERTO FERNANDEZ E PAPA FRANCESCO

IL COMITATO DEI CREDITORI DELLO STATO SUDAMERICATO REPUTA INSUFFICIENTE L’OFFERTA DEL GOVERNO DI ALBERTO FERNANDEZ Hranitzky, già conosciuto in Argentina per aver chiesto nel 2012 l’embargo della nave scuola della marina mentre

LA STRETTA SULL’AFRICA SUB-SAHARIANA

«I VLADIMIR PUTIN

LA RUSSIA A SOSTEGNO DELLE SUE PMI

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a Russia non andrà in default come accaduto nel 1998. Lo ha assicurato il ministro dello Sviluppo economico della Federazione Russa, Maksim Reshetnikov. Nella crisi provocata dalla pandemia di coronavirus, «lo Stato deve aiutare gli imprenditori, così da stimolarli a portare avanti i loro affari in Russia. A differenza del 1998, quando abbiamo agito principalmente per salvare le grandi imprese, ora stiamo parlando delle piccole e medie» ha affermato Reshentikov. Il ministro dello Sviluppo economico ha inoltre ricordato che l’economia russa ha acquisito esperienza in termini di capacità di affrontare certi tipi di crisi. Il primo ministro russo Mikhail Mishustin ha spiegato che oltre 500 mila piccole e medie imprese con oltre 3 milioni di lavoratori riceveranno una forma di sostegno finanziario diretto da parte dello Stato. La crisi finanziaria russa del 1998 obbligò il governo e la Banca centrale a svalutare il rublo e a dichiarare il Paese inadempiente per il suo debito. A determinare la crisi furono in particolare il calo della produttività, un tasso di cambio troppo elevato tra il rublo e le valute estere e un cronico deficit fiscale. A favorire la rapida ripresa dopo il crollo finanziario dell’agosto del 1998 fu l’aumento dei prezzi del petrolio nel biennio successivo, un fattore che consentì alla Russia di registrare un importante surplus commerciale fra il 1999 e il 2000. 84

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si trovava in acque internazionali come misura coercitiva per reclamare il pagamento di un debito in contenzioso. L’offerta di ristrutturazione presentata dal governo argentino prevede uno sconto di 37,9 miliardi di dollari sugli interessi, un taglio di 3,6 miliardi del capitale dovuto e una moratoria di tre anni su una porzione di 68 miliardi di dollari del debito estero emesso sotto legislazione straniera e in mano a creditori privati. Il presidente Alberto Fernandez ha dichiarato che il paese si trova «in una situazione di default virtuale. Il nostro obiettivo è risolvere questa situazione senza compromettere ulteriormente la situazione dei settori più vulnerabili. Un debito sostenibile per noi è un debito che non danneggi l’Argentina».

l mondo sta affrontando una sfida seria e l’Africa sub-sahariana non sarà risparmiata». Lo ha affermato Abebe Aemro Selassie, direttore del dipartimento dell’Fmi per l’Africa. «Tutte le proiezioni indicano che la pandemia di Covid-19 esigerà un pesante tributo umano e causerà una grave crisi economica. La regione si troverà ad affrontare un crollo della crescita globale, condizioni finanziarie più rigide, un forte calo dei prezzi delle esportazioni e gravi interruzioni dell’attività economica a causa delle misure che sono state adottate per limitare l’epidemia virale. Di conseguenza, al momento prevediamo che quest’anno l’economia della regione si ridurrà dell’1,6%, il risultato peggiore mai registrato», ha aggiunto Selassie. Secondo l’ultima prospettiva economica regionale per l’Africa sub-sahariana del Fondo monetario internazionale, l’economia sub-sahariana dovrebbe tornare a crescere del 4% nel 2021. La regione sta affrontando una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, a causa degli effetti combinati della pandemia di Covid-19 e del crollo dei prezzi del petrolio e delle materie prime, che minaccia di vanificare i recenti progressi di sviluppo registrati in tutta la regione e che rischia di gravare sulla crescita del continente per gli anni a venire. L’Fmi ha annunciato interventi a beneficio di Burkina Faso, Ciad, Repubblica Centrafricana, Mozambico, Benin, Comore, Repubblica democratica del Congo (Rdc), Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Madagascar, Malawi, Mali, Niger, Ruanda, Sao Tomé e Principe, Sierra Leone e Togo. KRISTALINA GEORGIEVA


IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

LA TURCHIA NON VUOLE AIUTI DAL FMI

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l nostro presidente ha messo in chiaro che non firmeremo nessun accordo che ci metterà in posizione di debitori e ci imponga determinate condizioni». Lo ha affermato Goksel Aksan, capo dell’ufficio finanziario della presidenza turca, riferendosi alla crisi provocata dalla pandemia. Per Aksan dunque l’eventualità di ricorrere al Fondo monetario internazionale va vagliata alla luce di queste considerazioni. Recep Tayyip Erdogan ha escluso un nuovo accordo di prestito con l’Fmi dopo che quello precedente è scaduto più di un decennio fa. Una posizione adottata anche nel 2018, in occasione di una grave crisi monetaria. Le preoccupazioni però rimangono forti. Secondo l’economista Seyfettin Gursel, in seguito alla crisi il tasso di disoccupazione in Turchia potrebbe raggiungere il 26% e quella giovanile potrebbe toccare quota 40%. Altri tre milioni di persone potrebbero dunque perdere il lavoro. Gursel ha definito i congedi e le ferie non pagate come «disoccupati che sembrano occupati». Secondo gli ultimi dati ufficiali, risalenti al mese di gennaio, la disoccupazione in Turchia è pari al 13,8%, con quella giovanile al 24,5. Secondo dati del ministero del Tesoro e delle Finanze turco il debito lordo cumulato dal governo ammontava a 223 miliardi dollari a fine marzo, in aumento del 2,8% su base annua. Lo stock del debito lordo include il debito in essere da parte delle istituzioni del settore pubblico, della Banca centrale, di imprese private e famiglie. Circa 123,8 miliardi di dollari rappresentano debito interno, mentre 100 miliardi di dollari costituiscono RECEP TAYYIP ERDOGAN debito estero.

IL CILE FA I CONTI CON L’EPIDEMIA

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econdo la Banca mondiale, il combinato disposto dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia e della crisi dei prezzi delle materie prime costerà all’economia del Cile una perdita di 3 punti percentuali di Pil nel 2020. Nel 2021 la crescita potrebbe invece attestarsi al 4,8%, e al 2,8 nel 2022. Il Cile aveva chiuso il 2019 con un incremento dell’1,1% del Pil, con un rallentamento dell’attività nel SEBASTIN PINERA secondo semestre a causa delle forti proteste sociali iniziate nel mese di ottobre. «La massiccia risposta anticiclica del Cile contribuirà ad attenuare la crisi nel 2020, mentre la ripresa dell’attività economica sarà condizionata nel medio termine anche dal ripristino del consenso nei confronti della politica» si legge nell’analisi della Banca mondiale. Il presidente del Cile, Sebastian Pinera, durante un messaggio a reti unificate nel quale ha effettuato un bilancio provvisorio della diffusione dell’epidemia e ha annunciato alcune misure di allentamento della sospensione delle attività, in particolare per il settore pubblico, ha affermato che così come in altri Paesi anche in Cile si registrerà «un aumento della disoccupazione, fallimenti di aziende e riduzione dei profitti; la recessione colpirà specialmente la classe media e i settori più vulnerabili. Non esiste una contraddizione tra il proteggere la vita e la salute e proteggere il lavoro, il salario e la qualità della vita, perché anche da questi dipende la salute. Ci stiamo preparando in modo graduale e responsabile e privilegiando la salute e la vita dei cileni a questa nuova normalità che ci obbligherà a convivere con il coronavirus per un periodo di almeno altri due anni».

IL MAROCCO E LA NUOVA ERA: VIA ALLA PRODUZIONE DI RESPIRATORI ARTIFICIALI E MASCHERINE

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dattare lo strumento industriale per rendere i prodotti che sono diventati vitali, e oggetto di guerre commerciali tra le potenze mondiali in questa era di pandemia, è stato un approccio adottato da diverse società industriali marocchine». È quanto si legge in un articolo del settimanale panafricano “Jeune Afrique”. Che fa l’esempio della Società per lo studio e la produzione meccanica di precisione (Serpmp), capace di produrre centinaia di respiratori artificiali 100% Made in Morocco; e della filiale di un’azienda della zona industriale di Sidi Maarouf, che in passato è già stata in grado di reinventarsi, dopo il divieto dell’uso di sacchetti di plastica nel 2016, e

che ora sta adeguando la sua produzione alla situazione attuale mobilitando le sue macchine per la produzione di mascherine protettive. C’è anche un gruppo francese che produce assemblaggi meccanici

MUHAMMAD VI DEL MAROCCO

aeronautici dal 2005, in grado di adattare la sua unità all’aeroporto di Nouaceur per svolgere un non meglio precisato utile lavoro durante la crisi sanitaria. Le autorità marocchine hanno deciso di estendere lo stato di emergenza sanitaria fino al 20 maggio, come parte delle misure preventive per combattere la diffusione del nuovo coronavirus. Lo hanno reso noto i ministeri dell’Interno e della Salute di Rabat in un comunicato stampa congiunto. Tutte le misure precauzionali rimangono in vigore durante questo periodo aggiuntivo, adattandole ogni volta che è necessario. La decisione è stata assunta “per la protezione della salute dei cittadini”, precisa la nota congiunta.

Il giro del mondo in 30 giorni è a cura di Riccardo Venturi maggio 2020

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REAL ESTATE ENGEL & VOELKERS

Fase 2 del mercato immobiliare: dove si guadagna e dove si perde di Davide Passoni

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no degli effetti positivi di questa crisi è l’aver portato la casa al centro della nostra attenzione, facendo crescere la sensibilità verso aspetti come il confort e la qualità dell’immobile. È un fatto positivo e penso che il mercato potrà ripartire da qui, da una migliore conoscenza della casa e dell’abitare in sé». È un’osservazione non banale quella di Roberto Magaglio, licence partner di Engel & Voelkers Residential Milano; perché, se da una parte il lockdown da Covid-19 ha ingessato il mercato immobiliare residenziale e commerciale, dall’altra ci può fornire una maggiore consapevolezza del prodotto-casa che farà bene al mercato quando si rimetterà in moto. Sì, ma quando? «Clienti e investitori ci chiedono sicurezze ed evidenze, ma oggi le evidenze di mercato non ci sono perché si è congelato ai primi di marzo», osserva Gianluca Sinisi, Licence Partner di Engel & Voelkers Commercial Milano ed Engel & Voelkers Commercial Lombardia. «A metà marzo abbiamo inviato un questionario a 6.600 operatori del real estate clusterizzati tra retail, office, industrial & logistics e investment, che sulla base delle risposte ha evidenziato differenti percezioni della crisi. Forse all’inizio c’era maggiore positività, perché si pensava che la chiusura potesse durare meno. Nel nostro piccolo percepiamo una gran voglia da parte degli operatori di tornare sul mercato; è un aspetto positivo, unito alla consapevolezza che ci attende un momento complesso, in cui uno dei trend più interessanti che si intravedono è l’accelerazione forte nel passaggio dal commercio tradizionale a quello elettronico, che impatterà molto sul settore della logistica, uno di quelli che nella crisi ha sofferto di meno. Per86

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ALLA RIPRESA I VENDITORI CERCHERANNO DI TENERE I PREZZI ALTI E I COMPRATORI LI TROVERANNO CARI. COME CONSEGUENZA CI SARÀ UN DECREMENTO DEL NUMERO DELLE TRANSAZIONI Da sinistra a destra: Gianluca Sinisi, Licence Partner di Engel & Voelkers Commercial Milano ed Engel & Voelkers Commercial Lombardia e Roberto Magaglio, licence partner di Engel & Voelkers Residential Milano

sonalmente però, non vedo una strategia che ci consenta di capire quale deve essere la direzione da seguire, ci manca una guida a livello nazionale». «Condivido quanto detto da Sinisi», aggiunge Magaglio. «Abbiamo subito uno shock sanitario che ne ha indotto uno economico, non c’è domanda e non c’è offerta. Proprio perché siamo in questo territorio nuovo e manca la fiducia - una delle condizioni base per la serenità e la salute del mercato immobiliare -, credo che avremo davanti a noi un lungo periodo di assestamento dei valori: clienti e operatori non sanno più quali sono oggi i nuovi valori normali. Prenda la Borsa: ha le stesse dinamiche del mercato immobiliare, solo più veloci, perché gli operatori cercano di capire, andando a tentativi, quali sono i nuovi prezzi corretti degli asset. L’immobiliare


REAL ESTATE funziona più o meno allo stesso modo, ma più lentamente, perché il processo di ricerca del nuovo prezzo è lungo e faticoso: infatti la crisi degli spread del 2012 a Milano ha avuto strascichi fino al 2015-2016. Alla riapertura mi aspetto venditori che cercheranno di tenere alti i prezzi e compratori che li troveranno troppo cari, perché guadagneranno meno, non avranno avuto bonus o dividendi, avranno perso il lavoro o ridimensionato l’attività. Mi aspetto un ampliamento della forbice tra domanda e offerta e un significativo decremento del numero delle transazioni. Canoni in discussione In più sul residenziale, va considerato che il motore dello sviluppo, specialmente a Milano a partire dall’Expo 2015 in poi, era stato il mercato degli affitti a breve termine: questa crisi ha colpito proprio questo settore, quello più in salute. Penso che questo segmento resterà bloccato almeno per un anno; anche nella “fase 2”, non molta gente vorrà affitti brevi e molto prodotto sarà trasferito sul mercato delle locazioni a lungo termine, che prima soffriva di tanta domanda e poca offerta e passerà nella situazione opposta. Mi aspetto anche, di conseguenza, un decremento dei canoni di locazione, almeno da qui a Natale». In Germania ha fatto discutere il caso di Adidas, che aveva annunciato di non voler pagare l’affitto dei negozi, chiusi per pandemia, salvo poi tornare sui propri passi dopo aver avuto un corposo aiuto dallo Stato. «È una tendenza non solo dei colossi del fashion retail», conferma Sinisi, «i fondi di investimento nostri clienti stanno ricevendo richieste di dilazione dei pagamenti, riduzione o moratoria dei canoni. Stanno affrontando la situazione in maniera attenta con i propri legali e la linea è quella di andare incontro agli utilizzatori, ma con misure limitate ai periodi di difficoltà, perché questi interventi non portino a una riduzione del canone a regime, anche a tutela del valore dell’immobile. Già nel 2008, nel post Lehman Brothers, queste dinamiche erano ben presenti, specialmente nella richiesta generalizzata di abbassamento dei canoni da parte degli operatori retail». «Questo trend si vede anche sul residenziale e, onestamente, non me lo aspettavo - aggiunge

Magaglio -. Sugli affitti a lungo termine abbiamo avuto casi di clienti, anche a livello dirigenziale alto, che ci hanno chiesto una riduzione del canone da qui a qualche mese, perché si sono visti ridurre lo stipendio o cancellare i bonus per far fronte alla crisi. La tendenza dei proprietari, specialmente se hanno a che fare con buoni inquilini, è di concedere queste riduzioni». Di sicuro, ciò che ammazza i mercati è l’incertezza, specialmente nella gestione della crisi a livello politico. In questo senso, anche l’immobiliare rischia un ritardo competitivo con gli altri Paesi? «Non mi sono ancora confrontato con altre realtà estere per capire che risposte hanno avuto dai rispettivi governi», dice Sinisi. «Alla luce però di quello che fu il comportamento dopo le crisi del 2008 e del 2012, non mi stupisco del fatto che, come allora, anche quest’anno la situazione non sia gestita. Questa è una non gestione: ci si aspettano certezza, zero burocrazia, tempi brevi, ma per ora vediamo solo proclami».

Crollo per gli shopping center Su quali tipologie di immobili conviene puntare, dunque, passata la crisi? «L’unica tipologia sulla quale farei molta attenzione - conclude Sinisi - è quella degli shopping center, che erano già in sofferenza prima, con valori declinanti: per loro il Covid-19 è stata un’ulteriore picconata, perché proba-

MENO AFFITTI BREVI E PIÙ LOCAZIONI A LUNGO TERMINE, DOVE CRESCERÀ L’OFFERTA, CON LA DOMANDA CHE CHIEDERÀ SCONTI SUI CANONI

bilmente nei prossimi mesi le persone tenderanno a evitare luoghi chiusi e affollati come i centri commerciali. Per il resto penso che si aprano opportunità interessanti per gli investitori di medio e lungo termine, con un’ottica di almeno 5-6 anni, che comprano, per esempio, uffici o spazi commerciali in centro a Milano, con prezzi più bassi rispetto al pre-crisi. L’hotellerie potrà dare soddisfazioni, perché è uno dei segmenti che soffrono di più e potrà vedere un abbassamento dei prezzi, sempre nell’ottica del medio-lungo periodo. Gli uffici subiranno cali, forse ci sarà una battuta di arresto dei canoni e penso si affermerà ancora di più il settore della logistica, perché è la parte della catena del valore dalla produzione alla distribuzione che sarà interessata positivamente dai cambiamenti». «Sul residenziale», aggiunge Magaglio, «mi aspetto un repricing forte. Anche nel 2008 l’immobiliare aveva retto meglio rispetto al mobiliare, perché in Italia è un mercato molto più difensivo e meno dinamico rispetto ad altri. Anche nel residenziale l’emergenza sanitaria ha messo in evidenza dei macro trend che già c’erano; per esempio, negli ultimi 15-20 il mercato milanese, ma posso dire che la tendenza valga in generale, è passato dal puntare esclusivamente alla location all’affiancare a quest’ultima la qualità dell’immobile, intesa come confort abitativo. L’asset class più penalizzata nel residenziale sarà probabilmente il bilocale, prodotto classico da investimento per affitto a breve termine, che credo perderà un po’ di attrattività nel prossimo anno». maggio 2020

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IMMOBILIARE

IMMOBILI ALL’ASTA E DECRETO MILLEPROROGHE

È giusto che il debitore sgomberi solo dopo il Decreto di trasferimento? di Giuseppe D’Orta

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ello scorso numero abbiamo iniziato ad affrontare le novazioni apportate dal Decreto “Milleproroghe” alle esecuzioni immobiliari. Proseguiamo, sempre coadiuvati dagli avvocati Emma Iocca e Raffaella Chiappetta dell’omonimo studio legale, secondo cui pure quando a eseguire il pignoramento è una banca sulla base di un mutuo, i tempi per il rilascio dell’immobile non sono mai brevi. La posizione diviene sofferenza dopo mesi di contatti bonari, poi ci vuole tempo perché la pratica venga assegnata a un avvocato che studi la situazione e notifichi l’atto di pignoramento al debitore il quale spesso si “organizza” per risultare irreperibile. Inoltre, solo dopo la notifica del pignoramento, la sua trascrizione entro 30 giorni e dell’attesa per la restituzione del duplo da parte dell’ufficiale giudiziario, l’avvocato può depositare nei 15 giorni successivi il pignoramento per l’iscrizione a ruolo e la formazione del fascicolo da parte del cancelliere; entro 45 giorni l’istanza di vendita e nei successivi 60 giorni la documentazione ipocatastale con la ricostruzione ventennale dell’immobile (che se è particolarmente difficile, legittima la richiesta di una proroga di altri 60 giorni). Infine, il giudice dell’Esecuzione può chiedere un’integrazione, da fornire in altri 60 giorni. Solo alla fine viene nominato un perito stimatore che deve depositare la perizia entro tre mesi dal suo giuramento e viene fissata l’udienza ex articolo 569 del c.p.c. per autorizzare la vendita, sempre che il Comune abbia soddisfatto per tempo le richieste del perito. Solo alla prima udienza, sempre che non ci siano osservazioni o opposizioni, il Giudice potrà incaricare un professionista delegato alla vendita pubblica del bene il quale, nei 4 mesi successivi al ricevimento delle spese per effettuare la pubblicità, potrà fissare il primo esperimento d’asta che se positivo determinerà l’aggiudicazione dell’immobile e il tempo ultimo per ordinare la liberazione dell’immobile (che con la vecchia legge di solito avveniva entro 6 mesi). Si comprende così che già prima della nuova riforma occorrevano anni per liberare l’immobile, e il tempo aumenterà per effetto della nuova legge che consente al debitore di lasciarlo solo dopo il decreto di 88

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CON LA RIFORMA IL CREDITORE DOVRÀ ATTENDERE PIÙ A LUNGO IL RECUPERO CON MINOR SODDISFAZIONE ANCHE DEGLI STESSI DEBITORI ESECUTATI trasferimento che segue di mesi, o di anni, il decreto di aggiudicazione. Senza considerare che in epoche recenti, e fino a prima dell’entrata in vigore della legge n. 8/20, si è consentito ai soggetti in difficoltà di sanare la situazione con le procedure di sovraindebitamento e istituti come la conversione del pignoramento, la sospensione concordata e la possibilità, sollecitata e favorita negli ultimi anni dagli stessi giudici delle esecuzioni per tramite dei loro ausiliari, di vendere – anche a espropriazione iniziata privatamente l’immobile prima che venga aggiudicato. Inoltre c’è stato il lavoro di magistrati e avvocati più impegnati nell’attività di interpretazione del dato normativo, di attuazione e di fitta convegnistica, i quali hanno favorito la diffusione su tutto il territorio nazionale di prassi virtuose che tenessero conto della tutela del debitore e di tutti gli interessi che un’esecuzione immobiliare deve soddisfare, ossia le ragioni dei creditori, la ragionevole durata del processo e le ricadute sull’economia anche in termini di stabilità dei mercati immobiliari. Adesso è tutto da rifare. Il creditore dovrà attendere più a lungo il recupero, la partecipazione alle aste salvo quella degli investitori professionisti che non dovendo andare a vivere negli immobili potranno aspettare di acquistarli a prezzi stracciati. E tutto ciò con minore soddisfazione non solo dei creditori ma anche degli stessi debitori esecutati. Un aspetto positivo è invece l’aver eliminato la discrezionalità dei giudici, alcuni dei quali emettevano l’ordinanza alla prima udienza e non al momento dell’aggiudicazione creando una diseguaglianza e favorendo i debitori di quelle aree in cui il mercato delle aste giudiziarie è meno vivace.


MOTORI

FORD KUGA: IL SUV ELETTRIFICATO DELL’OVALE BLU

LE ONE-OFF DELLA FIAT 500 ELETTRICA: TRE ESEMPLARI PER UNA BUONA CAUSA È arrivata la terza generazione della Ford Kuga, uno dei modelli più iconici di sempre, completamente rinnovata nel design esterno ed interno, oltre a essere equipaggiata con una gamma completa di propulsori ibridi e da tecnologie innovative di assistenza alla guida. Le dimensioni della

Kuga aumentano, a tutto vantaggio dello spazio nell’abitacolo e del bagagliaio. A livello tecnologico a bordo del Suv Ford è presente il modem integrato FordPass Connect, mentre il sistema di comunicazione e intrattenimento Ford Sync 3 è supportato da un touch-screen centrale a colori da 8”, abbinato

al nuovo il display Lcd da 12.3” della strumentazione. La gamma motori della Kuga comprende le versioni Plug-In Hybrid, Kuga EcoBlue Hybrid (Mild-Hybrid) e Kuga Hybrid, oltre al diesel Ford Ecoblue da 2.0 litri e da 1.5 litri, ai motori EcoBoost da 1.5 litri e una nuova trasmissione automatica a otto rapporti.

KIA SORENTO: NUOVA GENERAZIONE SEMPRE PIÙ GLOBALE

È stata presentata la Kia Sorento, quarta interpretazione del Suv coreano, progettata con l’inedita piattaforma Suv globale di medie dimensioni, al quale si abbina per la prima volta una famiglia di motori ibridi “Smartstream”. Il design esterno della Sorento è stato ridefinito attraverso un family feeling piuttosto marcato, linee più nitide, dettagli hightech e proporzioni allungate. All’interno il Suv propone un abitacolo rinnovato, arricchito da un insieme di soluzioni tecnologiche, con due display digitali

in collaborazione con Autoappassionati.it

per strumentazione e infotainment, finiture con materiali di alta qualità e la spaziosità tipica del modello. Per quanto riguarda i motori si parte dall’Hybrid, che abbina il T-GDi da 1,6 litri a un pacco batterie ai polimeri di litio da 1,49 kWh e un motore elettrico da 44,2 kW. Questo motore produce una potenza di 230 CV, si abbina alla trazione è integrale, con cambio automatico a sei rapporti e il dispositivo all-terrain, per affrontare al meglio la guida a scarsa aderenza.

Tre one-off della neonata Fiat 500 elettrica sono state presentate a Milano all’evento tenutosi davanti al palazzo della Triennale. Il motivo? Benefico, a favore dell’ambiente. I tre esemplari unici verranno battuti all’asta e tutto il ricavato verrà devoluto a favore di una delle organizzazioni ambientaliste di Leonardo DiCaprio. La prima è la Fiat 500 Armani, con un’immancabile grande attenzione ai dettagli sartoriali: la carrozzeria è incisa per dare un effetto tridimensionale, il colore ricorda l’effetto seta e il logo GA viene ripreso sui cerchi e sulla capote in tela. La seconda è firmata Bulgari, capace di trasformarsi in un gioiello su quattro ruote, grazie alla tonalità degli esterni in color Saffron, mentre altri dettagli sono stati realizzati seguendo la tecnica della smaltatura. I cerchi sono un omaggio all’eleganza, con il design a stella. La terza è la Fiat 500 by Kartell, che propone un colore esterno virante sul blu elettrico, ottenuto con una vernice speciale, con tanto di loghi Fiat e Kartell trattati con policarbonato sabbiato, e interni con plastiche completamente riciclate.

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COLLEZIONISMO PAROLA DI GIULIO BOLAFFI

Beni rifugio, è l’ora dei compratori Pochi scambi e colpi da maestri di Davide Passoni

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er un collezionista, la quarantena da Coronavirus potrebbe essere stata l’occasione per godersi ogni giorno i propri pezzi pregiati, chiusi in casa insieme a lui. Ma l’idea dell’acquisto di un oggetto da collezione, così come quella del bene rifugio, potrebbe essere passata anche nella mente di chi, in un periodo di incertezza e di mercati altalenanti, ha sentito il bisogno trovare forme alternative per investire il proprio denaro. Sono, quello dei beni da collezione e dei beni rifugio, due mercati che vale ancora la pena di esplorare in momenti di crisi? Ne abbiamo parlato con Giulio Filippo Bolaffi, amministratore delegato di Aste Bolaffi, società del Gruppo Bolaffi che allestisce vendite all’incanto di oggetti da collezione. «Oggi i venditori stanno per lo più alla finestra, salvo chi ha imminenti problemi di liquidità: c’è molta incertezza su ciò che succederà nei prossimi mesi. Il lockdown ha impedito di portare avanti le transazioni, non solo di concluderle, perché prima di portarle a termine l’oggetto va visto dal vivo, non c’è smart working che tenga. E poi c’è un grosso punto interrogativo su quelli che saranno i prezzi una volta che tutto si sarà rimesso in moto: quando il mercato si risveglierà, non sarà lo stesso che abbiamo lasciato prima dello stop. La

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A FUNZIONARE MEGLIO SONO LE TRANSAZIONI DI BENI MULTIPLI, COME FRANCOBOLLI, OROLOGI, MONETE. PIÙ DIFFICILE TRATTARE PEZZI UNICI

Magliette sportive rare, grandi prezzi: dalla maglia gialla di Coppi al Tour del ‘52 alla rara maglia di Maradona di un Pisa-Napoli del ‘90-’91a quella classica col numero 10 della stagione ‘86-’87

sensazione è che i prezzi saranno più bassi trasversalmente in tutte le categorie, perché l’offerta sarà maggiore e minore la domanda. Un’ottima occasione per gli investitori di lungo periodo per comprare oggetti a prezzi più bassi di quelli pre-crisi, con l’idea che nel medio-lungo tornino a valere quanto valevano prima. Nel breve, il mercato è nelle mani dei compratori, non dei venditori». Ma quali sono i beni in cui investire ora, dove c’è più margine per fare buoni affari? «Durante il lockdown - prosegue Bolaffi si sono effettuate transazioni di beni che sono dei multipli, per i quali si sa ciò che si sta comprando, se la controparte è credibile: orologi, bottiglie di vino, monete, francobolli. In questi ambiti, il mercato è ancora vivo. Invece, per gli oggetti che sono pseudo pezzi unici - come nell’arte e nell’antiquariato - serve un esame fisico, per cui tutto si è fermato. Pensiamo anche a un domani in cui noi commercianti riapriremo con grandi restrizioni, che interesseranno anche i privati; essi non potranno entrare in una galleria d’arte, osservare quadri e sculture come si faceva prima, o andare nei mercatini e ai vernissage a causa delle restrizioni: tutti gli oggetti che escono da quei canali faranno più fatica a essere venduti». Di sicuro, chi acquista per collezionare segue logiche differenti da chi lo fa per mettere denaro al sicuro: «Sono sempre restio a usare la parola investimento parlando dei beni da collezione e anche nel caso dei beni rifugio va usata con cautela. L’investimento si fa con un’ottica finanziaria, per ricavare una plusva-


COLLEZIONISMO

«DA CINQUE ANNI SIAMO ENTRATI NEL SETTORE DEGLI SPORT MEMORABILIA, CHE PARLA ALLA SENSIBILITÀ EMOTIVA DEI COLLEZIONISTI» interessanti, ma fino a che il materiale non sarà messo sul mercato perché ci sarà incertezza sul prezzo di riferimento e sulla possibile risposta del mercato stesso, quegli oggetti saranno difficili da acquisire. Bisogna poi anche capire se l’acquirente è un opportunista, che compra oggi per rivendere tra sei mesi, oppure un collezionista, che è il nostro utente tipico, disposto a tenersi in casa l’oggetto e a goderselo per anni e poi, quando deciderà di venderlo, oltre a esserselo goduto avrà anche fatto un buon affare». A proposito di affari, Aste Bolaffi è l’unica realtà a operare in una nicchia, quella degli Sport Memorabilia, che non promette grandi guadagni (per ora), ma che parla a una parte emotiva molto sensibile del collezionista: «Ce ne occupiamo da cinque anni - conclude Bolaffi -, siamo stati i pionieri in Italia, dove siamo i punti di riferimento, mentre nel mercato anglosassone è un settore che ha una grandissima tradizione. Il nostro è un mercato giovane, per il quale negli anni si costituiranno i database con foto e prezzi, ma che oggi non ha raggiunto dei picchi perché c’è ancora tanta diffidenza nell’acquistare oggetti che possono sembrare autentici ma possono anche non esserlo. È prematuro considerarlo un mercato da investimento, anche se in mezzo a transazioni medie da 500 a 1000 euro ci sono eccezioni che si vendono per decine di migliaia di euro. Nell’ultima asta, una maglia della nazionale brasiliana indossata da Pelè è stata battuta per 30mila euro, la maglia gialla del Tour de France del ‘52 di Fausto Coppi per 25mila. Un anno prima, una rara maglia numero 9 indossata da Maradona in Pisa-Napoli nel campionato ‘90-’91 era stata battuta a 15mila euro, a 8.125 la classica numero 10 della stagione ’86-’87. Questo mercato non sarebbe pronto per ricevere migliaia di oggetti simili ogni anno, ma è in crescita, e lo sarà anche in futuro».

GIULIO BOLAFFI

lenza, che sia minima perché si rivende il giorno dopo, o più importante spostando in avanti l’arco temporale; nel caso del collezionismo si va oltre l’importanza dell’oggetto e la sua rarità e si entra in dinamiche di gusti, di intuizione dei trend futuri. I beni rifugio sono invece strumenti che, in un momento di crisi come quello attuale, dovrebbero compensare in sicurezza le perdite patite su altri mercati; storicamente, questo strumento è stato l’oro, lo è ancora oggi e lo sarà sempre di più. Nella nostra divisione che vende oro da investimento, la Bolaffi Metalli Preziosi, da febbraio abbiamo visto la richiesta di oro raddoppiare da un giorno all’altro: le persone vogliono avere lingotti fisici o monete perché non si fidano della situazione attuale e credono che il prezzo dell’oro non crollerà. Il medesimo discorso non lo vedo sugli oggetti da collezione; anche i Rolex, per esempio, che sono sempre stati come “assegni al portatore”, nella nostra ultima asta hanno subito una leggera flessione nonostante siano stati tutti venduti a prezzi buoni; però, invece di crescere pian piano ogni volta, anche le referenze più comuni, le “blue chip dell’orologeria” sono scese leggermente. Insomma, considerare gli oggetti da collezione come dei beni rifugio senza la passione e la loro conoscenza, non porta molto lontani. Sono per investitori di medio-lungo periodo, non sono oggetti così liquidi». Su quali asset puntare, dunque, oggi? «È molto complesso suggerire che beni acquistare - dice ancora Bolaffi -. Penso che ci saranno delle opportunità, perché a breve si potranno fare buoni affari e ci saranno persone che venderanno a prezzi

LE REGOLE D’ORO DELL’ESPERTO

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assata la tempesta del Covid-19 varrà ancora la pena puntare su collezionismo e beni rifugio, tenendo ben presenti però, come ricorda Aste Bolaffi, alcuni punti:

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Non comprare nulla se si pensa di rivendere dopo sei mesi: l’acquisto deve essere finalizzato a un investimento di medio-lungo periodo. Puntare su beni di alta qualità: a parità di oggetti, quelli di più alta qualità terranno sempre meglio il valore e nel tempo avranno una rivalutazione maggiore. Se anche nel breve dovessero soffrire, saranno i primi che torneranno ad avere una domanda importante. Acquisire quanta più documentazione accompagnatoria possibile a corredo dell’autenticità del pezzo che si vuole acquistare: a parità di oggetti, al momento della vendita documenti, certificati, pedigree ne faranno l’oggetto prediletto. Pensando a una possibile rivendita in situazione di incertezza, puntare su oggetti di respiro internazionale che, se uno o più mercati entrano in crisi, possono continuare ad avere richiesta in altri.

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FASHION SCENARI

Il silenzio delle boutique segna la grande crisi del tessile di Fabiana Giacomotti

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unque no, non si riapre ancora, non si riapre davvero; e un po’, bisogna dire, lo sospettavamo. Ce lo lasciavano intuire anche le cince che, pur con nostra grande gioia, sono tornate ad occuparci il terrazzetto da cui, fra una pausa e l’altra del lavoro (fuori e dentro casa perché sulle donne in genere si è scaricato anche questo, essendo le signore delle pulizie tutte rientrate a casa propria) osserviamo i tetti di Milano, intuendo le strade ancora quasi vuote sotto ai tetti. Sono ancora le padrone dei cieli cittadini, il loro canto si fa sentire alto sopra quello di un passaggio che non c’è, e nessuno se ne rende conto più di chi, come noi, vive in un centro occupato da negozi di generi in apparenza non essenziali: parrucchieri, librerie, profumerie e sì, anche negozi di abbigliamento. Molti dei 103mila esercizi di abbigliamento censiti nel 2018 in Italia, ormai pare ovvio, non riapriranno neanche il 18 maggio. Oltre 10mila erano stati falcidiati nei cinque anni precedenti dalla crisi, dalla concorrenza delle grandi catene e, nelle regioni digitalmente più sofisticate e dotate, cioè in genere al nord, dall’e-commerce. Due mesi di chiusura e lo spettro delle limitazioni al traffico nei locali e nei camerini, oltre alla sanificazione continua dei capi (ma molto poco chiara nei metodi accettabili), rischia di lasciarne sul campo un numero molto più alto. Quanto, resta da vedere; le variabili che rischiano di incidere sulla cifra delle serrande abbassate a fine anno sono infatti molte. In via generale, scrivendo per buonsenso, ci pare ovvio che chi possiede il locale, ha una sola commessa assunta e lavora con riparazioni e piccole confezioni, praticamente un modello commerciale degli Anni Cinquanta, rischia meno delle grandi catene del fast fashion o della moda di alta gamma che infatti hanno 92

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MOLTI DEI 103MILA ESERCIZI DI ABBIGLIAMENTO CENSITI NEL 2018 IN ITALIA, ORMAI PARE OVVIO, NON RIAPRIRANNO NEANCHE IL 18 MAGGIO

iniziato ad alzare le braccia. Prada ha proposto all’assemblea di non distribuire dividendi, lo stesso ha fatto Brunello Cucinelli: prima, arrivano i dipendenti e i posti di lavoro da salvaguardare, gli stakeholder possono aspettare un anno prima di rimpinguare i propri conti. Se è vero che la moda aveva bisogno di un dramma come questo per darsi nuovamente delle priorità e ripensare il proprio modello di produzione e distribuzione, deteriorato e del tutto insostenibile - come ha avuto modo di riconoscere il direttore di Vogue America Anna Wintour in una conversazione via Instagram con Naomi Campbell (gli aperitivi chiacchierini e pubblici via Skype e IG sono la moda del momento) - non ci sono dubbi che l’anello debole di questa catena di spesa siano proprio i commercianti. Non il consumatore finale che, dopotutto e soprattutto nei paesi di lungo e stanco consumo come l’Occidente, sa di poter vivere benissimo senza acquistare un solo fazzoletto per i prossimi cinque anni, e che comunque già da tempo aveva percepito l’insostenibilità ecologica del proprio shopping, iniziando a rallentarne il ritmo. I commercianti di abbigliamento saranno – lo sono già – i primi a pagare il conto del lockdown: i due o tre cronisti nazionali che si


FASHION sono precipitati a rallegrarsi del rebound di spesa dei cinesi nel primo giorno di riapertura dei negozi, festeggiando i venti milioni di dollari spesi in un giorno in borse e auto di lusso importate, non hanno capito quanto poco ci sia da sgolarsi e saltare di gioia. La reazione di un pugno di milionari che hanno acquistato borse Hermès a tiratura limitata e auto di grossa cilindrata per un giorno non compensano in alcun modo i milioni di cinesi che fanno shopping all’estero e che per anni non potranno viaggiare, e nemmeno l’inevitabile riflesso maslowiano di localismo e di difesa dei propri beni nazionali, che sarà la naturale reazione comportamentale dell’umanità e l’inizio della fine del globalismo sempre e comunque, come panacea e ideale approdo del capitalismo vecchia maniera. Non è un caso che, di recente, il Corriere della Sera abbia ripubblicato un intervento di Giovanni Sartori del 1993 che già metteva in guardia contro le insidie di un mondo senza confini. Guardiamo la questione dal punto di vista piccolo e locale di un commerciante, di un “bouticcaro” come si diceva negli anni Settanta in cui fiorivano e negli Ottanta e Novanta in cui la maggior parte di loro è diventata ricca. Se è vero che il 90 per cento della crescita dei consumi di lusso nel mondo è fatto dagli abitanti delle regioni cinesi, è anche vero che i due terzi di questa percentuale sono realizzati abroad, all’estero. E l’estero, per adesso, è un concetto lontano almeno quanto quello di globalizzazione. Tacciono le città, mute e desolate come Venezia che scopre adesso, a carissimo prezzo, il costo della trasformazione della Laguna in un mercatino di souvenir a basso prezzo e di parco divertimenti per le masse. Dunque tacciono anche le boutique di moda, alcune davvero incerte se ripartire o no. Oltre alle limitazioni agli accessi e alle incomprensioni sulle tecniche di sanificazione dei capi, comunque impossibili per chi non vende pantaloni di cotone ma abiti da sera o da sposa in seta (“dici che una svaporata basta”, ci chiede il grande buyer siciliano, forse ignaro che caldo e vapore sono l’habitat ideale di ogni virus, vedi la loro tendenza a nascere e svilupparsi nel sud est asiatico dove il tasso di umidità è sempre vicino al cento per cento), hanno troppe scadenze da rispettare, a partire da quella degli affitti per i quali non tutti possono chiedere sconti e agevolazioni.

Federico Marchetti, capo di Yoox Net-a-porter, primo operatore e-commerce mondiale specializzato nel fashion. Insieme con Amazon (foto nella pagina accanto) sta incrementando le vendite. Ma tutto il resto del comparto, basato sulle catene di negozi fisici, è in gravissima crisi: perfino un colosso come H&M (foto sotto) ha comunicato di non poter far fronte ai costi, con i fatturati fermi da due mesi.

PERFINO COLOSSI COME H&M O CALZEDONIA NON SOSTEGNONO GLI AFFITTI SENZA FATTURARE

Non è un caso che perfino un colosso come H&M e un grande network nazionale come Calzedonia abbiano comunicato di non poter far fronte all’affitto di migliaia di spazi a fronte di fatturati fermi. La collezione primavera-estate 2020 è ferma a prendere polvere dall’inizio di marzo: siamo entrati in lockdown con i piumini addosso, ne usciremo in t shirt a maniche corte, senza mai essere passati dal trench di gabardine, e nel frattempo la stessa Wintour ci ha mostrato che è perfettamente lecito stare a casa a lavorare con i pantaloni della tuta addosso. Insomma, il comparto ha saltato un’intera stagione, al punto che l’associazione dei buyer ha chiesto ai direttori delle principali testate di moda di pubblicare servizi di moda estiva almeno fino a tutto agosto. Sì, com’era fino a vent’anni fa, prima che la smania delle multinazionali del lusso di fare cassa e produrre utili accelerasse a dismisura il processo produttivo con dieci collezioni l’anno (in realtà, sempre quattro ma moltiplicate e spezzettate fra eventi, campagne e richiami per sembrare tali), sfilate e presentazioni sine die e in generale un ritmo insostenibile per tutti, comprese le società di servizi che ora sono, a loro volta, ferme. Giorgio Armani, sempre il primo a intuire i cambiamenti e a farli propri, ha pubblicato una lettera aperta in cui chiede al sistema della moda di rivedere tempi e modi. “Così non voglio più lavorare”, ha scritto, evocando anche questioni squisitamente etiche. Regolarsi sui nuovi ritmi, su una maggiore attenzione di chi farà shopping nei confronti della cosiddetta “autenticità”, che tenderà a premiare più la piccola boutique e la sartoria creativa sotto casa che il grande gruppo, e fare i conti con multipli che non potranno più essere attorno al 10, come è stato negli ultimi anni, sarà un processo lungo, e doloroso, per tanti. A partire dai due colossi LVMH e Kering. maggio 2020

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PERSONAGGI CHI È IL SUPERCOMMISSARIO

Colao, dai Carabinieri a Vodafone, porta nel Palazzo il culto del metodo di Monica Setta

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uello che fa oggi lo sappiamo tutti: Vittorio Colao è a capo della task force per combattere il Covid-19, chiamato direttamente dal Governo ad un compito difficilissimo. Ma chi è Vittorio Colao... io me lo ricordo bene, l’ho conosciuto bene perché ho scritto su di lui un libro nel lontano 2002. Quando lo incontrai la prima volta, più di 20 anni fa, aveva un figlio di un anno e mezzo, Edoardo, a cui dedicava ogni momento libero; gli feci una domanda, la prima di quell’intervista: “Che prezzo paga per il successo sul lavoro, nella sua vita privata?” e lui mi rispose testuale: “Pago lo stesso prezzo che pagano le donne, sconto le ore passate in ufficio con una minore qualità del rapporto in famiglia, ma cerco di recuperare dedicando a mia moglie e a mio figlio i momenti liberi, per esempio la mattina alle 7 con il primo caffè e la lettura dei giornali, sto qualche momento a coccolare il bambino”. Be’, devo dire che queste dichiarazioni mi colpirono moltissimo. E finirono in un libro - “Cuore di Manager”, edito Sperling & Kupfer, finito poi in classifica - che raccontava proprio la vita segreta, nel senso di privata, di alcuni protagonisti del capitalismo italiano. Colao, amministratore delegato di Omnitel, era un uomo grande, anche di statura, un bell’uomo, (tuttora), spesso vestito in pullover e blazer, con l’Arma dei Carabinieri nel sangue. Suo padre infatti è stato capitano dei carabinieri e lo stesso Vittorio ha fatto il militare nella Benemerita: raccontava sempre che degli anni vissuti nell’Arma aveva un ricordo bellissimo, e ancora negli anni 2000 cercava di ispirarsi ai Carabinieri per il suo modello monolitico di serietà e di rigore. E i suoi migliori amici raccontava che, guarda caso, erano proprio due carabinieri. 94

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FIGLIO DI UN CAPITANO, NE AVREBBE SEGUITO LE ORME, MA LA SUA SCOMPARSA PRECOCE LO INDUSSE A COMPLETARE GLI STUDI

Vittorio Colao, a capo della task-force di Palazzo Chigi sulla Fase 2

Ma che tipo è, nel privato, l’uomo che ha inventato la terza generazione dei cellulari? E’ un tradizionalista metodico, dona il sangue con regolarità - ha una tessera di donatore cosa a cui tiene tantissimo - appassionato di calcetto e di ciclismo, ma poco amante degli stadi, disgustato da alcuni episodi di violenza di ultras genovesi. Confessa di essere stonato e di non andare proprio d’accordo con la musica. La sua vita è stata costellata di caserme. Suo padre, calabrese di Fossato Serralta, viene trasferito come ufficiale dei carabinieri a Brescia dove conosce la mamma di Vittorio e la sposa. La famiglia si sposta poi a Milano, dove il ragazzo frequenta il liceo classico nella scuola privata del Cardinal Ferrari. Maturità a pieni voti, Università Bocconi, la leva militare tra il primo esame e la laurea. “Ho avuto la tentazione di seguire la strada di mio padre, ma lui morì improvvisamente e io decisi di completare gli studi. Dopo la laurea, la McKinsey, che alla metà dei favolosi anni 80 era il tempio laico dei giovani manager pronti a confrontarsi con la mentalità americana. Nella grande società di consu-


PERSONAGGI lenza che predicava i valori del mercato e del liberismo e in una società ingessata faceva proseliti diventando il rotary della redditività, Vittorio entra ma subito vince una borsa di studio all’Eni e sbarca ad Harward per seguire un master di due anni in business administration, Qui la sua creatività trova spazio e il giovane manager futuro teorico della rivoluzione dei cellulari, frequenta persino, e - state attenti, perché questa è una cosa molto importante per il ruolo che lui oggi sta ricoprendo - i corsi di competion nel mondo biologico. Harward passa e arriva la Morgan Stanley a Londra dove il nostro uomo resta solo 3 mesi, il tempo di uno stage che però darà molti frutti negli anni successivi. La passione segreta di questo ragazzo austero, è il winsurf che ha scoperto sul Lago di Garda, compra due vele molto belle e se ne va a Gargnano vicino all’ultima casa di Mussolini dove per anni trascorre tutti i sabati e le domeniche, finchè nel 91 viene reclutato da Corrado Passera, braccio destro di Carlo De Benedetti a Segrate, dove è in corso la guerra tra l’ingegnere e Silvio Berlusconi per il controllo della Mondadori: mesi molto formativi. Arrivano poi gli anni della famosa new economy e Colao incontra un’altra grande occasione. L’Omnitel, dove lavora con una persona che gli diventerà molto cara e che si sintonizzerà benissimo con lui: Silvio Scaglia. La coppia Scaglia-Colao funziona alla perfezione. Silvio è l’uomo della visione generale e Vittorio il tecnico lucido, analitico, razionale. Gli inizi in Omnitel ovviamente non sono facili, anzi la società rischia il flop, ma poi s’invola. Colao intuisce il valore di Internet e dell’Internet sul telefono mobile. Capisce che Internet è una rivoluzione epocale che sta ridisegnando i rapporti politici e sociali nel mondo. Cambieranno le regole, cambieranno i ruoli, che l’intermediazione è destinata a ridursi, la flessibilità in azienda sarà routine. Già: ma il vero manager della nuova economia digitale in che cosa sarà diverso rispetto ai colleghi della old economy? “Sarà più umano”, mi rispose, “perché meno ingessato e perché dara spazio anche ai valori affettivi e all’emotività, alla famiglia come alla squadra che è fondamentale per vincere ogni sfida soprattutto quella della globalizzazione”. Un uomo con queste idee potrebbe davvero aiutarci a vincere la sfida delle Fase 2. Ci scomettiamo?

L’APPRENSIONE DEGLI IMPRENDITORI

«O si riparte sul serio o l’Italia farà default»

MICHELE PERINI

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l covid 19 non è affatto alle spalle ma gli imprenditori chiedono di ripartire altrimenti l’Italia rischia il default. Michele Perini past president di Assolombarda e Fiera Milano è uno dei nomi più rappresentativi del salotto Confindustria le ed ha alle spalle anni di navigazione nel mare, spesso tempestoso, delle battaglie politiche e confindustriali. Il suo tono, per la prima volta, è allarmato. “Il governo fa il suo, Salvini anche. L’opposizione interpreta il malumore diffuso tra gli italiani, ma ormai attaccarsi è diventato uno sport nazionale” spiega Perini ad Investire “ma i politici non capiscono che sbagliano due volte. Intanto, come dicevo prima, nessuno ci pone al riparo dal rischio di default se non riusciamo a ripartire e poi l’odio diventa spesso il capro espiatorio per non affrontare i veri problemi del sistema paese”. “Spero che i grandi giornali, maggioranza e opposizione recuperino equilibrio abbassando a livello più civile il tono di questa che, malgrado la pandemia, sembra esser ancora una eterna, complessa campagna elettorale”. Ma l’ex presidente di Assolombarda e Fiera Milano non è il solo a segnalare il rischio di default. Olga Urbani, imprenditrice umbra regina del tartufo made in Italy in tutto il mondo, ribadisce che l’Italia a causa del covid 19 è sull’orlo del collasso. “Siamo in una situazione economica disastrosa, il governo sta facendo poco per le imprese italiane perché la maggioranza evidentemente pensa ad altro. Gli attacchi all’opposizione sono una manovra di distrazione dai temi più seri e dalle neces-

OLGA URBANI

sità di base che ha il nostro paese“, annota la Urbani, ”ci sono voci fuori dal coro che vanno difese perché dicono cose sensate. Io ho la stessa azienda in Italia e in America, ma quando rientro dagli Usa mi viene da piangere perché in Italia tutto era bloccato prima del covid19 dalla burocrazia. Noi imprenditori paghiamo il 64 per cento di tasse e non facciamo che chiudere le nostre aziende. E il governo attuale che cosa fa per evitare il crac totale del tessuto economico italiano? Io fossi in loro mi concentrerei sulle cose da fare. E ai giornaloni che fanno titoli assurdi direi di usare maggiore senso di responsabilità in una fase così delicata per il futuro di tutti noi”. Ancora più netto il commento di una signora della moda italiana nel mondo la fiorentina Silvana Coveri che dice una cosa molto seria e affilata : “Io sono una donna che ha sempre lottato per la libertà e in momenti delicati come quello che stiamo vivendo chiedo che giornali e politica dimostrino due cose : civiltà e buon senso. Combattere una battaglia vome questa è vome vivere una guerra ci vuole spirito fu unità nazionale per ripartire e vincere . Energico, infine, anche il commento di uno degli imprenditori più importanti del mezzogiorno, Gabriele Menotti Lippolis numero uno dei Giovani industriali di Confindustria sud. “Eviterei in futuro divisioni politiche cercando maggiore buon senso ed equilibrio. Ci vuole rispetto per tutti anche se non sono della nostra parte politica perché in questo momento il paese ha più che mai bisogno di tutte le forze sociali e politiche per tirarsi fuori dalla crisi”. maggio 2020

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BIBLIOTECA Antonio Quaglio Laureato in Economia aziendale all’Università di Venezia, è stato inviato e caporedattore a Il Sole 24 Ore. Collabora a www.ilsussidiario.net.

DALL’ORO AL CIGNO NERO, LA FINANZA IN UNDICI LEZIONI

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he differenza c’è tra una banconota e un pezzo di carta colorata?” Parte da una domanda giusta - per metà scolastica per metà ironica - Mauro Del Corno, veterano del giornalismo finanziario (da Radio 24 a “Sono le Venti” sulla Nove, passando per Il Sole 24 Ore, Il Fatto Quotidiano e Investire). Ed è ben intonato fin dal titolo il suo “La finanza spiegata bene - 11 lezioni di finanza spicciola; dall’oro al cigno nero” (GueriniNext 2020): forse il primo libro di “nuova educazione finanziaria” dopo il brusco cambio di stagione imposto dalla pandemia (l’ultimo capitolo, il “10+1”, arriva a rifletterci sopra). Già da prima dell’arrivo del coronavirus c’era aria di ripensamento: una voglia di “(ri)spiegare bene” la finanza attraverso un back to basic aggiornato, a voler in fondo chiudere la quasi ininterrotta ruminazione culturale e regolamentare seguito al crollo di Lehman Brothers. Una sfida classica per un giornalista: doverosamente attento (ma senza sudditanze) agli specialismi accademici e ad altrettanto debita distanza dalla divulgazione acritica. Evitando da un lato ideologie e antagonismi alla base del rigoglioso populismo finanziario fiorito rigoglioso ovunque nell’ultimo decennio; dall’altro il puro marketing travestito da “istruzioni per l’uso”, altro canone ormai consolidato (l’autore accenna giustamente, nella sua prefazione, ai rischi della sovrabbondanza di sedicenti fonti di educazione finanziaria in rete). Comunque: cos’è (cos’era?...) una banconota? Cos’è (cosa sarà, forse...) un bitcoin? Il primo quesito viene subito presentato completo di risposta fulminante, in voga a Wall Street ai temi del crack Lehman Brothers: “L’unica differenza con un pezzo di carta colorata è che Ben Bernanke dice che c’è una differenza”. La (carta) moneta è da molto tempo ormai un network infinito di miliardi di rapporti fiduciari garantiti da pochi banchieri centrali: anzitutto quello del dollaro e dell’euro (quest’ultimo salvato nel 2012 da tre sole parole - whatever it takes - pronunciate dall’allora presidente Mario Draghi). Eppur si muove, eppur sta in piedi, eppure risorge da sè stessa questa finanza in cui altri - spinti dalla globalizzazione digitale - sono convinti di poter fare i banchieri centrali: gli alchimisti del nuovo “oro”, di un’unità di conto universale quanto la Rete. “Bitcoin” dalle origini ancora misteriose - è diventato nome comune per “nuova infomoneta”, ma sono 1500 le valute digitali concorrenti

nel frattempo lanciate sul web: sostituiranno mai del tutto i buoni vecchi “pezzi di carta colorata”? Mentre è sfumato il sogno alternativo di una valuta cyberpunk sicuramente tutti i blockchain proliferati sembrano ancora lontani dal rottamare quel metallo giallo lucente che è da millenni sinonimo di “moneta” e bene rifugio per eccellenza. Una volta serenamente chiarito - con Lord Keynes - che “non c’è uomo su un milione che capisce davvero il denaro” - il libro corre sciolto, ma mai frettoloso, tra vecchie signore cui sempre troppo in fretta si predice o augura l’estinzione (le banche) e la palingenesi dello shadow banking; tra le luci psichedeliche della finanza derivata e l’attuale mondo zero rate, bizzarro ma come il Paese di Alice, ma tutt’altro che meraviglioso per il risparmiatore. Il filo conduttore è lo scrupolo informativo/formativo per chi sa poco (e magari è convinto di sapere molto: l’utilità della full re-immersion garantita dal libro può essere anche questa, per esempio i passaggi di psicologia finanziaria). Ma non manca mai il gusto di una pennellata come l’accenno ai future agricoli nei codici babilonesi di Hammurabi a fianco delle riflessioni sul fintech. Non passano inosservate, soprattutto pagine tutt’altro che raffreddate di newsanalyis sulla crisi dello spread italiano nel 2011 o sull’agonia della Grecia nel 2015. Non fa mai sconti a nessuno l’autore, che però non emette condanne aprioristiche e definitive: non sulla bolla internet di fine anni 90, che sembrava davvero irresistibile verso qualsiasi tradizionale paradigma; non sul “gioco del jolly” delle banche centrali entrato nella nomenclatura dei mercati post-2008 alla voce quantitative easing. Un volume intessuto di curiosità giornalistica non può che avere un finale aperto, anzi: doppio. L’originario capitolo conclusivo s’interroga - tuttora - sui rischi di nuova crisi finanziaria annidati in un mondo seduto sopra 250mila miliardi di dollari di debiti assortiti tra Stati, istituzioni e privati. “…e poi arriva l’epidemia. Che fa saltare calcoli e previsioni, tutto da rifare”. Non il libro di Del Corno, che include una prima “lezione di finanza” dallo specifico contagio del virus sui mercati: cash is king, di nuovo. Mai dimenticare di tenersi in tasca “pezzi di carta colorati”. Mai fidarsi troppo di una finanza di mercato che promette l’infinito imponendo i suoi assoluti. È forse per questo che il temibile Covid 19 può, per paradosso, non apparire un cigno nerissimo: getta certamente - anche alla finanza - un guanto di sfida di estremo impegno. Da raccogliere.

Riflessioni sui rischi di una nuova crisi finanziaria

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EDUCAZIONE FINANZIARIA Paolo Zucca Iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1979, già responsabile del supplemento de II Sole 24 Ore Plus 24. Partecipa a tutorial e iniziative contro l’eccessivo uso del contante. Twitter @pzu551

L’EFFETTO GOLDEN POWER CONGELA LA CONTENDIBILITÀ IN BORSA

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ra i tanti effetti erano già finiti sotto tutela, i nefasti del corotitoli della protezione, difenavirus, prima sa e sicurezza nazionale, tranella salute poi sporti e telecomunicazioni. nell’economia, c’è Con il decreto liquidità vengoanche la cancellazione del vono incluse banche e assicuracabolo “contendibilità” delle zioni, alimentare e sanità. Un aziende quotate. Già un po’ bel ventaglio di titoli quotati in crisi prima del Covid-19 è in piazza Affari saranno messi sparito da ogni dichiarazione al riparo da possibili scalao riflessione. Disconosciuto te di soggetti internazionali, anche degli intellettuali di anche se targati Ue. Restano matrice mercatista o liberal. le operazioni interne e proEppure, sulla scarsa contenprio nel pre-coronavirus ne dibilità delle imprese italiaera nata una ostile da parte di ne a listino si erano esibiti Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, in molti: Assonime, Consob, quest’ultima immobilizzata economisti, ministri, circoli nella difesa dalla Passitivity di studi economici, merchant PAOLO SAVONA, PRESIDENTE DELLA CONSOB Rules. Nel Testo Unico della banker e giornali. Finanza viene infatti impediVocabolo in passato osannato ta ogni azione (aumenti di cada molti ma non da tutti: era pitale, fusioni e acquisizioni, inviso ai dipendenti, fornitori distribuzione di patrimonio) e a molti manager delle soche ostacoli l’offerta pubblica. cietà target, tutti in allarme In nome della contendibilità. preventivo per l’arrivo di un Va nella stessa direzione della nuovo proprietario pronto a Golden power, e risponde al rivoltare la società per farla forte deprezzamento dei titocorrere di più o, nei casi pegli che faciliterebbe le scalate, giori, spezzarla e venderla a l’intervento della Consob per pezzi per recuperare prima allargare a ben 104 società possibile il denaro investito l’obbligo di comunicare l’acnella scalata. quisto di quote significative che, in rapporto alla diffusione Ma “contendibilità” voleva anche dire – almeno nella cultura del titolo, sono state fissate all’1-3-5 per cento. Il monitoragoriginaria di matrice anglosassone – la correzione di merca- gio ha una durata di tre mesi e si concluderà a metà luglio. to delle inefficienze, la massima attenzione a mantenere alta Le ipotetiche scalate diventano più difficili. Oppure riguarla capitalizzazione, la redditività e una dinamica virtuosa tra deranno titoli minori visto che l’elenco delle 104 aziende i soci. Punto di arrivo era la Public company, la società a capi- comprende tutte le società più significative. http://www. tale diffuso che si offriva alla piena scalabilità. E per questo consob.it/web/area-pubblica/bollettino/documenti/bolletpoteva attrarre meglio investitori grandi e piccoli. Nella scel- tino2020/d21326.htm ta dei piccoli azionisti, oltre al rendimento cedolare dei titoli, Il risparmiatore che ha investimenti in Borsa subirà l’effetc’era la speranza di una scalata. L’ampiezza del flottante, che to combinato della Golden Power e del coronavirus (che a avvantaggia la liquidità sul titolo e può favorire gli acquisti molti ha già tolto o ritardato l’incasso del dividendo) e dovrà sottotraccia da parte dei nuovi soci, era tenuta d’occhio. Quel abituarsi a un listino senza grandi colpi di scena. Penalizzaracconto sembra dimenticato. Tutto finito? te sono anche quelle società che avevano scelto di rendersi Per i prossimi mesi, se non prossimi anni, sembrerebbe di contendibili. Aumenterà il peso dello Stato e di soggetti pubsì. I governi nazionali hanno rafforzato le potenzialità della blici tra i grandi azionisti, la politica potrà dire la sua. E’ un Golden power (i poteri speciali dello Stato). Quindi settori bene? E’ un male? Lo capiremo nei prossimi anni, basta sapedefiniti strategici dovranno essere salvaguardati: dal 2012 re che Piazza Affari è cambiata.

Crescono i settori salvaguardati, con tanti titoli quotati al riparo da scalate di soggetti internazionali. Aspettiamoci un listino senza colpi di scena

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MALALINGUA Vittorio Borelli Giornalista di lungo corso, condirettore de Il Mondo, fondatore e direttore di East, già direttore delle relazioni esterne di Unicredito nella gestione Rondelli-Profumo

COVID-19, CRONACA DI UNA MEMORABILE RIPARTENZA

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l lockdown doveva duti nominati direttamente dai rare un mese, alla fine partiti. Così la direzione del durò quasi tre mesi. Tg1 andò a Luigi Di Maio, che E niente fu più come aveva un sarto e un parrucprima. Gli italiani si chiere più bravi di quelli di sentirono finalmente libeRoberto Fico; al Tg2 venne ri di attaccare a testa bassa nominato Giancarlo Giorl’Europa, lo Stato, la Regiogetti, che parlava un italiano ne, il Comune, la Confindufluente rispetto a quello zopstria, Cgil-Cisl-Uil, il medico picante di Luca Zaia; al Tg3 di famiglia, l’avvocato, il paarrivò Maria Elena Boschi, rente più prossimo e quello capace di bucare lo schermo più lontano, il condominio, molto meglio di Paola De Miil vicino di casa, la portinaia cheli. Ancor più sostanziali i rumena e perfino Amadeus. cambiamenti nei palinsesti. VELASQUEZ. RISSA DAVANTI ALL’AMBASCIATA DI SPAGNA Ma il cambiamento più soBarbara D’Urso venne incaristanziale riguardò la politica, cata di dirigere il nuovo prole sue modalità e i suoi programma Grazie&Disgrazie. tagonisti. La maggioranza Bianca Berlinguer seguì giallo-rossa guidata da GiuMauro Corona in montagna seppe Conte, festeggiò l’ave lasciò il posto a Luca Televenimento con una colossale se, marito della sorella, che rissa tra le sue componenti. lanciò la trasmissione NesNon si trattò di uno scontro suno mi può giudicare; Enridialettico, come era sempre co Mentana chiese a Urbano avvenuto prima del Covid, si Cairo di poter guidare sette trattò di una vera e propria maratone televisive alla setrissa di strada con tanto di timana e ne ottenne sei, con spintoni, schiaffoni e calciol’obbligo però di farsi aiutani tirati anche là dove non re sinergicamente da Marco si dovrebbe. Tra i più scalmanati le onorevoli Bellanova Travaglio e Paolo Mieli. Nel giornalismo scritto l’immagine e Taverna, i senatori Crimi e Renzi, i deputati Speranza e fotografica divenne prevalente sui testi. La regola secondo Guerrini. Invano Bruno Vespa e Giovanni Floris, mandati la quale fatti e opinioni devono restare separati fu abrogata da Conte, tentarono un’azione di peacekeeping. La rissa finì e si pubblicarono soltanto opinioni. I cronisti finirono così soltanto quando Mario Giordano, a nome del giornalismo in cassa integrazione e gli opinionisti ebbero libertà di ponsobrio, imparziale e soprattutto non gridato, promise di tificato su tutto lo scibile umano. Si narra che Ernesto Galli trasmettere tutto in diretta su Fuori dal Coro. Qualcosa di della Loggia abbia disquisito ripetutamente di microbioloanalogo successe anche nel centro-destra. Lì si fronteggiagia molecolare e che Federico Rampini abbia pubblicato un vano Silvio Berlusconi, favorevole al Mes, Matteo Salvini e libro sulla prevedibile scalata della Mongolia alla leadership Giorgia Meloni, primi firmatari di un disegno di Legge che finanziaria mondiale. Quanto ai social network… Bè, lì ci fu introduceva la fucilazione alla schiena nei confronti dei Meuna vera rivoluzione. Tutti si autoproclamarono giornalisti sdipendenti. In questo caso però, stanti gli evidenti impea condizione di azzeccare due participi passati e un condimenti di età e di genere, non si arrivò allo scontro fisico, giuntivo su tre. Non solo. Partendo dall’assunto che “non è ma volarono insulti come “nanetto ridens”, “ministro della vero ciò che è vero ma è vero ciò che piace”, si spalancarono malavita”, “figlia di un balilla ubriaco” e via dicendo. Anche le porte al Verosimile. Le fake news vennero bollinate come per il giornalismo televisivo il cambiamento fu radicale. In veritiere. Insulti e aggressioni verbali furono autorizzati in Rai per esempio si decise di porre fine alle ipocrisie: dopo nome di San’Egotismo, nuovo motore della Storia. il Covid i direttori di rete e dei telegiornali sarebbero sta- In conclusione: tutto andò bene e niente fu più come prima.

«Non si trattò di uno scontro dialettico, come avveniva prima, ma di una rissa di strada con tanto di spintoni, schiaffoni e calcioni tirati anche dove non si dovrebbe»

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ACCEDERE ALLE AZIONI CINESI DI CLASSE A

Studiato per investire sulla crescita strutturale cinese, JPMorgan Funds – China A-Share Opportunities Fund è gestito da un team esperto che lavora per individuare le migliori idee senza vincoli di benchmark e concretizzarle scegliendo aziende di qualità con elevato potenziale di crescita nel lungo termine. Per sapere di più www.jpmam.it

Messaggio pubblicitario PRIMA DELL’ADESIONE LEGGERE IL PROSPETTO E IL KIID (Documento contenente le informazioni chiave per gli lnvestitori), disponibili presso i Soggetti Collocatori autorizzati e sul sito internet www.jpmam.it Il valore degli investimenti e i proventi da essi derivanti possono variare e gli investitori potrebbero non recuperare interamente il capitale investito. Messaggio prodotto da JPMorgan Asset Management (Europe) S.à r.l., Via Catena 4, 20121 Milano. LV-JPM52562 | 01/19 | 0903c02a827d6242


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