Investire Novembre 2020

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LA FORZA DEL GREEN I «bond verdi» attraggono sempre di più. Il volume delle emissioni aumenta, ma non è tutt’oro. Il punto sul mercato e i criteri per riconoscere la qualità sostenibile. Le case history di Acea, Banca Ifis, Credit Agricole e Unipol Sai

a la crescita a medio lungo

INVESTIRE | ANNO II | N.21 | MENSILE | NOVEMBRE 2020 | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 26 NOVEMBRE 2020 | POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/200 4 N° 46) ART. 1, COMMA 1, LO/MI

Conoscere, rischiare, guadagnare

IL MINISTRO AMENDOLA «Con i fondi Ue ristori, competitività e Sud»

INCHIESTA / La «valanga rosa»

che conquista i vertici della finanza

CARLO COTTARELLI

«Altro che improduttivi gli anziani fanno Pil»

TORNEI / È donna la vincitrice

della prima tappa di Natixis IM Cup

INVESTIRE TODAY / Sintesi e digitale THYMOS / La boutique d’affari

dello speciale sul risparmio intelligente che aiuta clienti anche in era Covid

INVESTIRE SPECIALIST

INTERVISTA CON FEDERICO GHIZZONI «SERVE L’ALLEANZA TRA BANCHE E FINTECH» • ETF / Un po’ di prudenza in più, di M. Onado • DEBITO / Perchè va cancellato, di G. Sapelli • GERMANIA / Chi dopo Angela, di F. Tatò • CINA/ Pechino alla nuova lunga marcia • M&A/ Sol&Fin va con Consultinvest


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NON VI OFFRIAMO L’INTERO UNIVERSO OBBLIGAZIONARIO. SCEGLIAMO SEMPLICITÀ E QUALITÀ. JANUS HENDERSON HORIZON STRATEGIC BOND FUND Morningstar Rating™

Una strategia incentrata sull’investimento tematico, pensata per gli investitori che cercano un fondo semplice e trasparente. Escludiamo la maggior parte dell’universo obbligazionario perché riteniamo che sia troppo rischioso o di bassa qualità. Non crediamo in un approccio classico e tradizionale: per noi l’economia è una scienza sociale guidata da temi che stanno rivoluzionando gran parte della nostra vita. Janus Henderson Horizon Strategic Bond Fund, un fondo diverso dagli altri.

janushenderson.com/itpa/strategicbond A scopo promozionale. Per investitori professionali. Capitale a rischio. La performance passata non è un’indicazione della performance futura. Niente in questo annuncio deve essere interpretato come un consiglio. Questo annuncio non è una raccomandazione per la vendita, l’acquisto o qualsiasi investimento. Si prega di leggere tutti i documenti del programma prima di investire. Le ipotesi e gli sgravi fiscali dipendono dalla legge vigente e dalle circostanze particolari di un investitore e possono cambiare. Janus Henderson Horizon Fund (il “Fondo”) è una SICAV lussemburghese costituita il 30 maggio 1985 e gestita da Henderson Management S.A. Leggere attentamente il Prospetto ed il documento contenente le informazioni chiave per l’investitore KIID prima di investire. Nel caso di investimenti effettuati tramite intermediari abilitati, si prega di rivolgersi direttamente a questi ultimi, in quanto costi, rendimenti e condizioni dell’investimento potrebbero differire. Il rating Morningstar si riferisce alla classe di azioni A2 USD (codice ISIN: LU1627460816) al 31 agosto 2020.



EDITORIALE

Attenti, ora la politica è padrona di Sergio Luciano

S

embra passato un secolo da quando Wolfgang Schauble era ministro dell’economia in Germania e predicava il fiscal compact, quel King Kong legislativo che avrebbe dovuto imporre agli Stati dell’Eurozona di ridurre il rapporto tra il loro debito pubblico e il Pil al 60%: una cura da cavallo che li avrebbe stesi tutti, non soltanto l’Italia scialacquona. Sembra un secolo da quando la Bce predicava l’austerità. Sembra un secolo da quando anche grattarsi il naso sembrava un aiuto di Stato proibitissimo. E ordinare alla scassatissima Popolare di Bari di salvare la devastata Tercas era proibito. Oggi, sciambola. La Banca centrale europea che stampa euro a manetta – si fa per dire – permettendo acquisti di titoli di Stato, in emissione e sul secondario, per appiattire lo spread e spegnere sul nascere la speculazione: soldi che non rientreranno mai e che, per una ibernazione delle vecchie leggi economiche, pur aumentando la massa monetaria non generano inflazione. L’Unione europea che emette debito comune, dopo aver esecrato per anni soltanto la prospettiva di una simile scelta. E stanzia una montagna di soldi, alla fine saranno 2000 miliardi, per la Next Generation Ue, etichetta elegante per dire: “Sussidiamo la ripresa”. E autorizza perfino l’ennesimo salvataggio Alitalia. O consente l’uso indiscriminato del golden power per non permettere che un’azienda senza più padroni veri come Mediaset vada dove la porta il mercato, cioè al miglior offerente. Potenza del virus. Potenza, cioè, della politica. Quando mancano i cavalli, corrono gli asini, dicevano le nonne. E quando mancano i capitali e i capitalisti – cioè, puntualmente, durante le crisi – irrompono sulla scena i decisori pubblici. Dotati – questo è il paradosso, e questo è il bello – dell’infinito potere di essere “garanti illimitati di ultima istanza”, non perché più bravi ma perché coperti dalle misteriose convenzioni che solo

la politica può garantire, per esempio che il debito giapponese al 250 del Pil non sia mai stato un problema mentre quello italiano al 132 lo era, o che la bolla dei derivati sia veniale e la bolla degli Npl sia mortale. La politica fa e disfa, non risponde con le sue tasche, vive di emozioni e soprattutto di promesse al vento, imperversa qualche anno, raramente un ventennio, e trascolora, a volte in ricchi esili a volte impiccata a testa in giù. Ma comanda con una forza che il capitale si sogna, e quindi spesso il capitale non può che tentare di reagire corrompendo i politici: ma questo è un altro film. Quel che si vuol dire è che, nel dopo Covid – che arriverà, prima o poi! – sarà la politica a dettare le regole: su cos’è Esg e cosa no; su come spendere i sussidi per il green; su come classificare il debito; su chi merita o chi non merita gli aiuti; su chi può vendere e chi no la propria azienda. L’Unione europea – degli Usa, al momento, poco è pronosticabile! – somiglierà un bel po’ di più a un’enorme confederazione social-statalista. È un male? Non necessariamente, e comunque è un fatto. Del quale il mercato deve tener conto: per approfittarne, comprendendo in tempo che i megatrend sarà la politica a riscriverli, nei mille modi detti o anche ad esempio ridefinendo se la Cina è – com’è – una dittatura sanguinaria e illiberale o se è un elegante partner commerciale cui affidare la comproprietà delle reti dei servizi strategici italiani; o anche ad esempio decidendo se Google può continuare a essere uno spaventoso monopolio mondiale, come Facebook, o se va fatto in dieci pezzi. Comprendendo in tempo i nuovi megatrend politicamente corretti, ci sarà da guadagnare moltissimo. Il green è l’unico punto fermo, l’unica certezza. Per questo ne abbiamo fatto una coverstory: la forza, la potenza del green è la forza delle leggi che lo finanziano, oltre e più che essere quella dei consumatori che lo comprano. Approfittiamone: non ci ricapiterà.

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Registrazione Tribunale di Milano N. 126 del 27/3/1982 Numero iscrizione ROC: 29993 Direttore responsabile Sergio Luciano Caporedattore Marco Muffato Newsroom Marina Marinetti, Marco Scotti, Riccardo Venturi, Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori

Hanno collaborato Antonio Quaglio (Consulente del direttore), Francesco Bellizzi, Mauro Del Corno, Giacomo Damian, Giuseppe D’Orta, Chiara Merico, Francesco Priore, Nicola Ronchetti, Monica Setta, Gloria Valdonio, Martina Zanetti, Paolo Zucca Contributors Vittorio Borelli, Enrico Cisnetto, Giuseppe Corsentino, Anna Gervasoni, Glauco Maggi, Andrea Margelletti, Marco Onado, Matteo

Ramenghi, Giulio Sapelli, Franco Tatò

Segreteria di redazione Monia Manzoni

Partnership Editoriali Anasf, Assoimmobiliare Casa editrice Economy Group s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Direttore editoriale

Alfonso Ruffo

Concessionaria esclusiva OYSTER S.r.l Amministratore unico Domenico Marasco Distribuzione Pressdi - Via Mondadori, 1 Segrate - 02 7542097 Stampa Grafiche Letizia 84040 - Capaccio Scalo ( SA )

novembre 2020

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SOMMARIO Novembre 2020

05 EDITORIALE 09 WATCHDOG 10 SISMOGRAFO

di sergio luciano

Attenti ora la politica è padrona

di marco onado

di a.gervasoni

Le virtù nascoste che spingono il private banking

di giulio sapelli

Perchè le banche centrali cancelleranno il debito

di e.cisnetto

Rifare la Sanità? Ok al Mes e aboliamo le Regioni

COVERSTORY GREEN BOND

PARLA MEDA (BANOR)

Più funzionali dei vecchi bond e gli emittenti si scatenano

Si fa presto a dire Esg. Ecco i criteri per scegliere bene

FONDI DA CERTIFICARE

BANCA IFIS

Le certificazioni di sostenibilità? Praticamente una jungla

Le quattro direttrici della svolta sostenibile

UNIPOL

ACEA

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Impegno a tutto campo su società e ambiente

Il piano 2020-2024 mette al centro la sostenibilità

CREDIT AGRICOLE

INTERVISTA A PIERRO

L’ad Maioli spiega la rivoluzione in nome della finanza green

La santa alleanza tra filantropia e finanza sociale

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di franco tatò

Due delfini di rango in gara per il dopo-Merkel

Più derivati negli Etf, si salvi chi può

La forza verde si abbatte sul mondo degli investimenti e nulla sarà come prima. Ok a strategie, bollini di qualità, prodotti ma solo se sostenibili

12 IL GERMANISTA 14 FINANZA REALE 16 III REPUBBLICA

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LA PAROLA AL MINISTRO Vincenzo Amendola, titolare del dicastero degli Affari europei, spiega come verranno usati i soldi (tantissimi) del Recovery Fund

SPECIALE DONNE AL COMANDO

38 6

FINANZA AL FEMMINILE

Tutte le donne che contano tra borsa, risparmio gestito e consulenza finanziaria novembre 2020

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DIFFERENZE DI GENERE

Il primato della presenza femminile va alle filiali bancarie, meno donne in private bank e reti


SOMMARIO

INVESTIRE SPECIALIST 46 48 50 52 55 56 58 60 61 62 64

CINA SUGLI SCUDI/ Quella di Pechino sarà l’unica economia in crescita nel 2020

PETROLIO/ L’oro nero teme il sorpasso? Anche in futuro sarà la fonte energetica numero LONGEVITÀ/ Buona salute e buon reddito,

come passare all’incasso del longevity dividend

NUMERIA/ Rsa di nuova generazione, sfida specialistica dell’immobiliare

IL MEGLIO DI TODAY/ Una sintesi degli articoli dell’edizione straordinaria di Investire Today

IL MONDO DI BANCA GENERALI/ Marco

Bernardi e Andrea Ragaini spiegano i nuovi progetti

PARLA VOLPATO (B. MEDIOLANUM)/ Nel

risparmio sono decisive le scelte fatte da giovani

VITOLO SVELA I PIANI /L’ad di Consultinvest racconta della aggregazione con Sol&Fin

INTERVISTA A BENETTI/ Clienti top, il gruppo Credem punta sul polo unico del private banking

LE PROPOSTE DI KAIROS/ Arriva l’Eltif, quel

ponte tanto atteso tra finanza e mondo delle imprese

DISRUPTION/ Le tecnologie dirompenti sono agli inizi dell’ascesa: quante opportunità d’investimento

65 68 68 70 71 72 74 75 76 77 79

L’OUTLOOK DI JP MORGAN)/ Per il country

SCENARI MACRO/ Ramenghi (Ubs WM): dal dogmatismo economico al pragmatismo di mercato GHIZZONI (ROTHSCHILD & CO)/ Matura l’alleanza tra banche tradizionali e fintech

NATIXIS IM CUP/1 La gara tra i cf subito

appassionante, la prima tappa va a una donna

NATIXIS IM CUP/2 L’intervista alla leader della classifica di ottobre, Valeria Tedaldi

NATIXIS IM CUP/3 La crisi ha acuito il bisogno di creatività nella costruzione del portafoglio

PRIVATE EQUITY/ Il gap digitale blocca l’Italia nello scomodo ruolo di Cenerentola

ALLIANZ GI/ Un nuovo metodo per la gestione del patrimonio: i punti di forza del Goal Based Investing INVESTIRENOW/ Quattro puntate da ricordare

del magazine in video-streming di Economy Group

SEDIE & POLTRONE/ IG Europe, Alessandro Capuano è il nuovo responsabile degli ETD

PROFESSIONE CONSULENTE/ La parcella può

diventare la remunerazione di riferimento per legge Ue

POLE POSITION/ Tassi zero fino al 2025? Il ritorno alla vita normale sarà scioccante. Ecco perchè...

head Alfieri i Paesi emergenti sono favoriti nell’equity

QUI NEW YORK di glauco maggi Fuga dal petrolio per salvare Wall Street

IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

Usa, si guadagna un botto a lavorare nelle energie rinnovabili

COSMOPOLITICA di andrea margelletti

Gli Stati Uniti rilanciano la corsa alle terre rare

MONDO

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83 84 88

90 LA PAROLA A COTTARELLI 96 BIBLIOTECA Gli anziani sono indispensabili per il Paese

Più Stato e più tasse, la ricetta del libro di Piketty

92 THYMOS

97 EDUCAZIONE FINANZIARIA

94 IL RE DELLA DIETA

98 MALALINGUA

Covid, una banca d’affari in aiuto dei clienti

Ritratto del risparmiatore Gianluca Mech

Dopo il Covid risparmiatori più attenti alla salute

Italia repubblica fondata sulla contraddizione novembre 2020

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WATCHDOG Marco Onado È professore senior di Economia degli intermediari finanziari nella Università Bocconi di Milano. È stato Commissario Consob. Collabora con “Il Sole - 24 Ore”, “Lavoce.info” e “voxeu.org”.

PIÙ DERIVATI NEGLI ETF, «STATE ATTENTI, LÀ FUORI»

L

a seconda ondata un intero capitolo ad analizzare il dell’epidemia fa volgeproblema del debito delle imprese re al peggio le previsionei paesi del G-7 che da livelli stoni già fosche per il 2021 ricamente elevati è ulteriormente e rende ancora più difcresciuto nel 2020, sia nella compoficili le scelte di investimento. Le nente bancaria, sia in quella obblibanche centrali hanno già risposto gazionaria. E non a caso negli Stati che non esiteranno ad aumentare Uniti proprio nel segmento più i loro già cospicui acquisti di titoli rischioso, quello dei titoli eufemiper coprire gli interventi pubblisticamente chiamati high-yield, le ci che si renderanno necessari (il emissioni sono più che raddoppiate programma di Biden prevede uno nella primavera del 2020 rispetto stimolo straordinario di 2 trilioni all’anno precedente. E si sa quandi dollari). In Europa si calcola che to sia sottile il crinale che separa i programmi di acquisto annunciati questi titoli dall’abisso del default. dalla Bce sono già adesso superioIn prospettiva questo significa che ri alle emissioni probabili, il che IL PROSSIMO PRESIDENTE USA JOE BIDEN prima di investire in obbligazioni abbatterà fra l’altro il costo per le o in fondi obbligazionari bisognerà casse statali, visto che gli interessi percepiti dalle banche centrali essere ancora più attenti di prima e, soprattutto nel secondo caso, nazionali vengono retrocessi al Tesoro. guardare bene alla composizione del portafoglio. A proposito: qualcuno avverta i Paesi “frugali” che la monetiz- La seconda notizia viene dagli Stati Uniti, dove la Sec ha consenzazione del debito pubblico è ormai nei fatti. Se ne facciano una tito agli Etf di aumentare l’uso di derivati per amplificare i renragione. Ma attenzione a cadere nella trappola che anche que- dimenti e ovviamente anche i rischi. E per di più non ha sentito sta volta tutto andrà bene per i mercati finanziari solo perché le il dovere di impedire la diffusione di questi strumenti al retail. È banche centrali continuano a iniettare liquidità a tutto spiano. È un segno della mutazione genetica che è avvenuta in questi strustato questo il motivo fondamentale per cui fin dalla primavera menti che, nati per essere la quintessenza della semplicità e della scorsa le borse hanno reagito positivamente, anche se – come si è gestione passiva - quindi utili per essere usati come “mattoncini” osservato più volte – in modo selettivo e premiando soprattutto low-cost di strategie di investimento più complesse - si sono via le grandi imprese tecnologiche. Ma non è detto, anzi è altamente via sofisticati e hanno sottratto spazio ai fondi tradizionali. Seimprobabile, che lo scenario di primavera si ripeta tale e quale. condo una recente stima, questi ultimi hanno registrato deflussi Il motivo fondamentale è semplice: prima ancora di questa ter- netti di fondi per oltre 300 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno ribile epidemia, l’economia globale era ancora faticosamente a favore ovviamente degli Etf. alla ricerca di un equilibrio stabile dopo la crisi del 2008 (e la È ragionevole prevedere che la mossa della Sec (che molti giusua coda europea successiva) e quindi le banche centrali erano dicano pericolosa) darà nuovo impulso al settore, aumentando costrette a mantenere bassi i tassi di interesse e ad annunciare non solo il rischio implicito in ciascuno dei fondi, ma anche il che ciò sarebbe durato ancora a lungo. Sono quindi molti anni rischio sistemico che questi strumenti tipicamente presentano, che i mercati si trovano costretti a fare i conti con il sentimento come hanno documentato molte ricerche fra cui una dello Eupiù pericoloso che ci sia: il search for yield, la ricerca affannosa ropean Systemic Risk Board che analizza con grande rigore le di rendimenti decenti e soprattutto superiori alle commissioni di varie imperfezioni che possono caratterizzare uno strumento gestione. E ovviamente la regola elementare è che per far questo solo apparentemente molto semplice. La conclusione principaoccorre accettare rischi crescenti: nei mercati finanziari nessuno le è che la strategia passiva di per sé comporta un forte rischio regala niente a nessuno. di co-movimenti nei prezzi dei titoli, che amplifica le oscillazioni Il 2020 quindi ha ulteriormente esasperato una situazione poten- perché troppi operatori si trovano dalla stessa parte del mercazialmente pericolosa di corsa ai settori e ai segmenti considerati to: nelle fasi negative è quindi elevata la probabilità che ci siano più capaci di resistere alla crisi indotta dalla pandemia. Ma il ri- solo venditori in circolazione, con le conseguenze che si possono schio latente, che era già elevato, ha raggiunto livelli molto peri- facilmente immaginare. C’era una volta una serie televisiva amcolosi. bientata in un distretto di polizia di New York in cui il sergente Bastano due esempi. Primo. La recente pubblicazione del Fon- concludeva le sue istruzioni ai poliziotti con un burbero: «State do monetario internazionale sulla stabilità finanziaria dedica attenti là fuori». Vale oggi per i mercati della pandemia. novembre 2020

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IL SISMOGRAFO Giulio Sapelli È Ordinario di Storia Economica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Enrico Mattei.

PERCHÉ LE BANCHE CENTRALI DEVONO CANCELLARE IL DEBITO

E

ra inaspettato il forte recupero in tutto il mondo de incubo sopra di sé, i debiti pubblici e privati. Questo dedell’attività manifatturiera. Se c’è una ripresa bito complessivo è in larga misura un debito non sano, fata “V” è quella della produzione. Ma come mai? to per sostenere la riproduzione della vita umana ma non Perché è una ripresa non tanto indotta dalla do- diretto agli investimenti, può dunque accumulare una bolla manda del consumatore finale ma, grazie a que- speculativa, soprattutto nelle aree dove non dominano le sta grande complessità del mondo industriale, è stata una banche centrali che possono cancellare il debito con un tratripresa della produzione di macchine per le macchine, di to di penna, come lo stanno di fatto facendo la Fed, la Banbeni intermedi, e di servizi nuovi per le imprese, ad alta tec- ca centrale giapponese, quella australiana… non dovendo a nologia, dallo smart working con le sue applicazioni all’intel- nessuno quei soldi, esse di fatto li stanno trasformando in un ligenza artificiale. Torna alla memoria la metafora Marshall: debito perpetuo. l’industria è una foresta, le imprese sono alberi, tra essi ci Ebbene la Bce dovrebbe fare la stessa cosa. Ma naturalmensono cespugli e fiori. te c’è un pericolo che In un certo senso la pansi staglia contro questa demia è stata il trionfo prospettiva logica: e prodi Ricardo, il trionfo del viene dalla corte costituprofitto capitalistico conzionale tedesca, la corte tro la rendita finanziaria di Karlsruhe. Il sostegno tout-court. alla ripresa, con la canPerò, naturalmente, dato cellazione sostanziale che si tratta di una ripredel debito, si potrebbe sa non dopo la pandemia fare anche con la Bce se ma nella pandemia – una l’Europa decidesse la che ripresa nessuno avetrasformazione di queva previsto, neanche chi sto enorme accumulo di scrive – in questa ripresa debito malsano in debito siamo riusciti a ridurre la perpetuo, considerandodistruzione della riprolo dunque inesigibile. LA SEDE DELLA CORTE SUPREMA TEDESCA A KARLSRUHE duzione della vita umana Questa è in sostanza la grazie al fatto che nella manifattura la difesa della vita ha po- nuova teoria monetaria praticata dal Giappone, dall’Austratuto essere conseguita sia nella produzione che al di fuori da lia e ora anche dal Nordamericana, dove non a caso è nata. essa, molto di più che nei servizi non essenziali all’impresa, Mi ha molto colpito che un grande economista come Paul De come il turismo e l’economia della socialità. Grauwe e Andrè Griebine abbiano sposato queste tesi, pur Qual è allora oggi il problema vero? E’ che c’è una serie di essendo profondamenti europeisti. Risolvere il problema servizi improduttivi per la riproduzione della società - della del debito pubblico è fondamentale, anche perché ad esso cultura, in primis la scuola o dei trasporti che servono anche si accompagna un enorme debito privato delle corporation. per l’industria – in cui si sta giocando la differenza e la com- Quindi le banche centrali devono prepararsi a risolvere anpetizione tra i vari paesi. che il problema del debito privato delle corporation. In particolare la differenza del mondo asiatico rispetto a Però se iniziamo a ragionare con calma, fuori dalla bagarre quello occidentale secondo me non risiede tanto nei regi- delle ideologie, occorrerà trovare assieme un modo per gami politici, spesso dittatoriali, ma sta nel fatto che il mondo rantire la sostenibilità di questa ripresa manifatturiera. La asiatico sa più di noi quanto è pericolosa la natura, che è ma- mia modesta proposta è: sussidi solo per quelli che vogliono trigna, che crea pericoli attorno agli uomini ed essi sanno di fare gli artigiani e gli imprenditori, basta con la liberalizzacorrerli. Gli asiatici sanno tutto questo e quindi per esempio zione del commercio. Bisogna moderare quest’espansione gestiscono con più prudenza e metodicità i trasporti, usano dei servizi non essenziali all’impresa. Di nuovo siamo arrigas speciali in misura massiccia, cosa che noi non facciamo, vati al 50% dell’offerta di lavoro ed ogni due possibili posti forse perché siamo dominati dalla lobby della disinfezione ce n’è uno che non si riesce a coprire. In Italia ogni tre posti chimica, non gasiera. nell’industria ce ne sono ormai due per i quali non si trovano E poi c’è un’altra cosa essenziale: questa ripresa ha un gran- le persone adatte. 10

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I TREND AL RIBASSO POSSONO ESSERE POSITIVI

Noi di Candriam riteniamo che gli investimenti debbano tenere conto dell’ambiente. I nostri esperti sviluppano pertanto strategie per investire in società che operano in maniera responsabile. Sosteniamo con impegno e trasparenza le realtà che registrano ottime performance grazie al ricorso a prassi sostenibili. CANDRIAM. INVESTING FOR TOMORROW.

Questo documento é fornito a scopo esclusivamente informativo, non costituisce un’offerta per l’acquisto o la vendita di strumenti finanziari, né rappresenta un consiglio di investimento o una conferma di transazione di alcun genere, eccetto laddove non sia espressamente così convenuto. Candriam consiglia vivamente agli investitori di consultare, tramite il nostro sito web www.candriam.com, le informazioni chiave per gli investitori, il prospetto e tutte le altre informazioni pertinenti prima di investire in uno dei nostri fondi, compreso il valore patrimoniale netto dei fondi. Queste informazioni sono disponibili in lingua inglese o nella lingua locale di ciascun Paese in cui la commercializzazione del fondo è stata approvata.


IL GERMANISTA Franco Tatò Manager eclettico e innovativo, è tra i pochissimi italiani ad aver diretto aziende in Germania, paese (e cultura) che ama ed è l’unico ad essere stato amministratore delegato sia di Rizzoli che di Mondadori

DUE DELFINI DI RANGO IN GARA PER IL DOPO-MERKEL

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opo un lungo periodo di cauta e quasi brillante gestione della pandemia, cosa che ha premiato Angela Merkel con un marcato incremento di popolarità, molti pensarono che si potesse chiederle a furor di popolo di ripresentare alla prossima occasione la sua candidatura per un quinto incarico da Cancelliera. Ora anche in Germania si è verificata una improvvisa impennata di contagi, tale da far pensare all’esplosione di una estremamente aggressiva seconda fase della pandemia, che allontana di almeno un anno la fine della gestione di emergenza. Ciononostante il governo tedesco mantiene un’altissima credibilità e fiducia da parte dei cittadini. Anche in Germania sono attivi e vocianti squalificati gruppi di novax e nomask, ma mancano, almeno leggendo i giornali, i grilli parlanti che intervengono contraddicendo o sfumando tutte le affermazioni scientifiche e fornendo il combustibile al desiderio di autonomia delle regioni in un clima di generale insicurezza. FRIEDRICH MERZ Il vero regista della strategia di contenimento delle infezioni nella prima fase è stato il Ministro della Sanità Jens Spahn, ora più che mai esposto in prima persona all’attenzione pubblica. Per capire il personaggio è utile ricordare quanto accaduto all’inizio del suo incarico di Ministro della Sanità. Non tutti sanno che in Germania non esiste un servizio sanitario nazionale paragonabile a quello italiano, ma un sistema estremamente parcellizzato di casse di previdenza aziendali, le Krankenkassen, finanziate dai contributi dei lavoratori e delle aziende, ciascuna con un suo statuto autonomo e una altrettanto autonoma gestione. Questo sistema ha sempre funzionato abbastanza bene, pur essendo particolarmente oneroso, ma soprattutto negli ultimi anni ha mostrato grosse difficoltà di coordinamento, che si sono manifestate soprattutto nell’applicazione confusa e rallentata dei provvedimenti governativi. A questo si aggiungano le spesso lamentate difficoltà nella gestione amministrativa integrata, difficoltà che ora frenavano in modo disomogeneo il progresso della digitalizzazione e dell’unificazione dei sistemi informatici. Dopo interminabili riunioni e reiterati tentativi di far partire le riforme divenute più urgenti rispettando gli assetti esistenti senza alcun risultato concreto, il Ministro è intervenuto personalmente commissariando tutte le Krankenkassen, azzerandone gli Statuti e facendo partire l’unificazione amministrativa e informatica delle condizioni, dei trattamenti e delle procedure. Ci vorrà tempo, ma la riforma è partita. Questo è Spahn,

nato nel 1980, la persona che quasi quotidianamente informa i cittadini sulla situazione pandemica, con grande chiarezza e senza reticenze: fatti, numeri, valutazioni, indicazioni, chiarimenti e anche ordini. Non a caso quindi, essendo ormai partita la corsa per la successione di Angela Merkel al prossimo congresso della CDU, Jens Spahn si è aggiunto come membro più giovane del gruppo di candidati ufficiali e cioè: Annegret Kraft-Karrenbauer, segretaria del partito al posto che fu di Angela Merkel; Armin Lachet, presidente del Land più importante, il Nordrhein Westfalen; e Friedrich Merz, mancato successore della Merkel per pochi voti all’ultimo congresso del partito. Di questi se proviamo ad escludere provvisoriamente la casalinga Annegret, e riflettiamo che il pur popolare Lachet è troppo accondiscendente, pacioccone e mellifluo per un periodo di postpandemia, rimangono i due seri contendenti Merz e Spahn, due ottimi candidati molto diversi, ma egualmente qualificati a guidare il paese in un percorso di riforme e di ripresa dopo la tragedia pandemica. Se avete occasione di vedere un lungo documentario preparato dalla televisione tedesca Ard, che segue con grande dettaglio un giro elettorale dei candidati in visita sistematica delle sezioni del partito nel Nordrhein Westfalen avrete, non solo una visione molto realistica della Germania contemporanea e dei suoi problemi, visti da un pubblico di borghesi conservatori illuminati, ma anche uno sguardo approfondito sul carattere, sulle intenzioni, sui programmi dei candidati. Se dovessi fare una scelta teorica, la persona migliore in termini obiettivi è sicuramente Friedrich Merz, uomo di grande preparazione finanziaria internazionale, liberale illuminato e moderno, saldamente inserito nei problemi del mondo contemporaneo. Non dimentichiamo però che il candidato alla successione di Angela Merkel dovrà prima essere la guida della campagna elettorale e poi colui che dovrà coalizzare gli interessi variegati dei Verdi, dei Socialistie dei liberali per una non evitabile faticosa coalizione. Roba da animale politico non tanto di esperienza, quanto di talento. La sorpresa Spahn potrebbe venire proprio da qui, dalla capacità di rappresentare nel modo più autentico gli interessi degli elettori Cdu rispetto agli altri membri di una futura coalizione, al momento ancora indeterminata. Credo però che tutti in questo momento si augurino che il Ministro della Sanità si occupi soprattutto di contenere la pandemia e solo in un secondo momento della sua candidatura alla guida del Paese.

Sono il giovane ministro della Sanità Jens Spahn e Friedrich Merz

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GLOBAL SUSTAIN Un portafoglio di elevata qualità, con basse emissioni di CO2 e progettato per la resilienza

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Il Morningstar Sustainability Rating, aggiornato al 31 agosto 2020, non è basato sulla performance del Comparto e non è equivalente al Morningstar Rating.

SCOPRITE DI PIÙ morganstanley.com/im/sustain

MASSIMO COINVOLGIMENTO. EMISSIONI MINIME. FONDATO SULLA QUALITÀ. Il valore degli investimenti e i proventi da essi derivanti possono aumentare come diminuire e il capitale restituito può essere inferiore a quello inizialmente investito. A USO ESCLUSIVO DEI CLIENTI PROFESSIONALI Comunicazione di marketing pubblicata da Morgan Stanley Investment Management Limited (“MSIM”), Società autorizzata e regolamentata nel Regno Unito dalla Financial Conduct Authority. Sede legale: 25 Cabot Square, Canary Wharf, London E14 4QA. Registrata in Inghilterra e Galles al n. 1981121. Questo tipo d’investimento comporta rischi aggiuntivi. Per l’informativa completa sui rischi si rimanda al Prospetto del comparto e al Documento contenente informazioni chiave per gli investitori. Documenti disponibili gratuitamente all’indirizzo sopra riportato oppure online all’indirizzo morganstanley.com/im. Il Morningstar Sustainability Rating™ è aggiornato al 31 agosto 2020. Il Morningstar Sustainability Rating™ isi propone di misurare la capacità delle società presenti nel portafoglio di un Comparto di gestire i rischi e le opportunità ambientali, sociali e di governance (ESG) rispetto agli omologhi di categoria Morningstar del Comparto. Il rating di sostenibilità massimo equivale a 5 globi e quello minimo un rating basso equivale a 1 globo. Nell’ambito del processo di valutazione, Morningstar utilizza i punteggi ESG di Sustainalytics relativi allo stesso mese della data del portafoglio. Il portafoglio del Comparto viene gestito attivamente ed è soggetto a modifiche, che ogni mese possono comportare una variazione del punteggio di sostenibilità di Morningstar e del Morningstar Sustainability Rating. Il rating si basa sul 98,7% del patrimonio gestito del Comparto. Gli indici Morningstar Low Carbon Risk sono ricavati dal segmento large e mid cap del corrispondente benchmark del mercato generale che replicano. Per essere idonea, una società deve essere stata sottoposta a una valutazione del rischio carbonio da parte di Sustainalytics, che offre ricerche sul carbonio relative a oltre 4.000 società di 130 settori industriali. I portafogli con basso punteggio per il rischio di carbonio e bassi livelli di esposizione ai combustibili fossili ricevono il Morningstar® Low Carbon Designation™ he consente agli investitori di individuare più agevolmente i fondi a basse emissioni. © 2020 Morgan Stanley. Tutti i diritti riservati.

3098337 Scad. 31/05/2021 9847928


FINANZA REALE Anna Gervasoni Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Liuc di Castellanza. È anche direttore generale dell’Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt)

LE VIRTÙ NASCOSTE CHE SPINGONO IL PRIVATE BANKING

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molto difficile fare piani per il futuro in queste settimane, tutto sta cambiando molto velocemente e anche nella finanza, gli orizzonti temporali si stanno riducendo. In questo quadro complicato, si trovano buone notizie nel recente Barometro sul private banking, realizzato dall’Osservatorio Private Banking promosso da Liuc - Università Cattaneo e Banca Generali con il supporto di Goldman Sachs e di Vontobel. Lo studio ha realizzato un interessante monitor semestrale che, attraverso poche e semplici domande rivolte ai protagonisti del settore, permette di dare una visone di quali dell’Osservatorio, c’è chi afferma anche che l’andamento con siano le aspettative degli operatori per i sei mesi successivi. il segno positivo di alcuni dati macroeconomici legati a una Nel semestre che si è appena concluso, il sentiment degli ripresa in area Euro potrebbe favorire l’afflusso di capitali intervistati dava segnali di tempesta con uno scenario di verso i cosiddetti risky assets, ovvero prodotti finanziari più possibile contrazione, ipotizzando per il private banking vicini alla clientela private. Il mondo del private banking e uno scenario fortemente critico. Tale ipotesi, in un quadro tutto il comparto degli investimenti nel suo complesso, da uleconomico finanziario molto negativo, è stata disattesa poi- timo, ha messo in programma strategie sempre più incisive, ché, dopo un breve momento di shock e riallineamento sul allo scopo di spostare parte della liquidità che ora è parchegcambiamento di scenario dei mercati finanziari, questa atti- giata sui conti correnti verso forme di attività che possano vità ha ripreso velocemente. È stata così confermato dai dati dare dei rendimenti maggiori, basandosi sempre sul profilo che la previsione di una prima parte dell’anno con una forte di rischio del proprio cliente. Insomma, si pensa ai così detti criticità, conclusasi però con il segno più; l’andamento po- strumenti finanziari illiquidi oppure a dei piani di investisitivo viene previsto per la seconda metà dell’anno con una mento progressivo. È chiaro che in questo momento siamo attesa di incremento sia delle masse gestite che della clien- tutti molto protettivi, sia verso le nostre famiglie, che verso i tela amministrata. Per tentare di quantificare tale crescita, i nostri risparmi però dobbiamo pensare che questa preziosa panelist dell’osservatorio prevedono un incremento nel pe- risorsa può essere immessa nell’economia attraverso degli riodo a cavallo tra il 2020 e il 2021 investimenti che contribuiscano a compreso tra il 3 ed il 7%. Come è diventare una delle leve di ripartenpossibile che in un Paese, ma non za della nostra economia, aiutando solo nel nostro, dove tutto sembra i protagonisti dell’economia reale si stia fermando se non addirittura ed avendo un occhio di riguardo ad riducendo, l’attività di private banimpieghi e ad attività sostenibili. Cerking, invece, sta crescendo? Gli intamente, il successo di tale strategia tervistati rispondono che è proprio sarebbe amplificato, e questo anche questo mondo, costruito sulla base a detta degli intervistati, da un contefiduciaria tra banker e cliente, che sto socioeconomico e politico stabile, diventa il fattore di successo in un non solo a livello nazionale ma anche contesto come quello attuale, dove a un piano più ampio, internazionale. protagonista è l’incertezza; la preSotto il profilo del risparmiatore si senza di tassi negativi o bassi deterpuò continuare a investire senza farmina un maggior ricorso al gestore si prendere né da troppi entusiasmi che diventa punto di riferimento cui né da eccessivi timori perché come affidare i propri risparmi. Inoltre, diceva un vecchio trader “si commolti clienti di fascia alta, si stanno pra al rullo di tamburo e si vende al spostando sempre più dalla banca suono di violino”. Stabilità, fiducia e tradizionale verso un istituto speottimismo sono fondamentali per cializzato, private, cercando rispouna ripartenza dei mercati a favore ste su misura. Sempre tra i panelist LA SEDE CENTRALE DI GOLDMAN SACHS A NEW YORK dell’economia e anche delle famiglie. 14

L’ultimo Barometro rivela che la fiducia banker-cliente è stata il fattore di successo nell’attuale contesto di grande incertezza

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kairospartners.com

International Sicav

Climate Change ESG

CRESCERE CON LE NUOVE TECNOLOGIE PER UN MONDO A IMPATTO ZERO L’incremento della temperatura del pianeta e la riduzione delle risorse naturali stanno modificando profondamente l’ambiente in cui viviamo. Ma la possibilità di invertire la rotta esiste e passa anche dalle nostre scelte di investimento. Oggi, infatti, emergono settori d’impresa in grado di offrire soluzioni concrete per favorire la transizione verso un mondo green, un processo di recente formalizzato anche a livello normativo dall’Unione Europea e sempre più centrale per l’opinione pubblica. KIS Climate Change ESG è la soluzione di Kairos che punta su questo megatrend, investendo nelle aziende capaci di contribuire alla costruzione di un sistema economico più sostenibile.

‘ensign’ è l’emblema iconico dell’impegno responsabile di Kairos per un mondo migliore, nella convinzione che lo sviluppo sostenibile sia il modello d’impresa del futuro da attuare nel presente.

Messaggio pubblicitario con finalità promozionali. Le informazioni qui contenute non costituiscono consigli di investimento, ma una mera descrizione dei prodotti. Prima dell’adesione leggere il Prospetto d’offerta, disponibile sul sito www.kairospartners.com e presso gli intermediari collocatori, il Key Investor Information Document (c.d. KIID), nonché il modulo di sottoscrizione, che congiuntamente rappresentano la documentazione vincolante per l’acquisto di azioni del comparto in Italia, che il proponente l’investimento deve consegnare prima della sottoscrizione. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. L’indicatore sintetico di rischio di KIS Climate Change ESG è classificato al livello 6 su 7, che corrisponde alla classe di rischio medio-alto. Questo documento e le informazioni in esso contenute non possono essere distribuite negli USA.


TERZA REPUBBLICA Enrico Cisnetto È un editorialista, economista e conduttore televisivo italiano, ideatore della trasmissione televisiva Roma InConTra. È conferenziere, consulente politico-strategico e tifoso della Sampdoria

RIFARE LA SANITÀ UTILIZZANDO IL MES E ABOLENDO LE REGIONI

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è una ragione molto semplice che spiega la diversa reazione di una larga parte degli italiani alle misure del governo prese a fronte della seconda ondata del Covid (lockdown strisciante) rispetto a quelle della prima ondata (lockdown pieno): la caduta verticale di credibilità per non aver, nel frattempo, attrezzato il Paese alla del tutto prevista nuova emergenza. E questa mancanza ha un nome preciso: Mes. La cui mancata attivazione, frutto velenoso di una politica che sa solo decidere di non decidere, lascia sostanzialmente nelle medesime condizioni di come era allo scoppio della pandemia sia il sistema sanitario con le sue storture, la principale delle quali è la mancanza di medici di base e la vacuità della medicina di territorio, sia le insufficienti strutture ospedaliere, le cui carenze vengono fatte pagare ai pazienti di tutte le altre patologie extra Covid. Ecco perchè i sacrifici di marzo furono accettati e quelli odierni no: non aver fatto nulla, e per di più avendo a disposizione quasi 40 miliardi che per ragioni politiche vengono lasciati a Bruxelles, non è accettabile. Dunque, al governo, se vuole uscire vivo da questa situazione e soprattutto consentire al Paese di sopravvivere, deve immediatamente attivare il Mes. Investendo quelle risorse, ottenute a costo pressochè zero, nella creazione di nuove strutture e nella modernizzazione delle esistenti, in un incremento delle risorse umane a disposizione, mediche e paramediche, in ricerca e tecnologie (digitalizzare l’intero sistema), nella riorganizzazione dell’assistenza sul territorio, nella ricostruzione della rete dei medici che favorisca le tanto evocate cure domiciliari. Insomma, dobbiamo tornare a investire in una Sanità “capillare”. Ma per evitare che diventi una Sanità di campanile, occorre che essa sia sottratta al federalismo straccione attuato in questi anni. D’altra parte, abbiamo costruito un sistema sanitario che si chiama nazionale ma che tale non è, sbriciolato com’è in realtà regionali l’una diversa dall’altra, cosa che ha complicato i processi decisionali, moltiplicato le procedure e lasciato spazio a gestioni clientelari delle Asl, attivato fenomeni distorsivi come il “turismo sanitario” e favorito i “costi non standard”. Producendo così una disomogeneità di trattamento dei cittadini che è un sonoro schiaffo in faccia ai diritti costituzionali. Il sistema sanitario quindi prima ancora che revisionato sul piano delle strutture e dei servizi, abbisogna urgentemente di essere riportato a unità e gestito con una forma mutualistico-assicurativa moderna, prendendo come modello il sistema olandese. Senza paura di essere tacciati di neo-centralismo, anche perchè il meccanismo di concentrazione della spesa non è una pruderie statalista ma una necessità funzionale. Per far questo occor16

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IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI LUIGI DI MAIO

re prendere atto che il cattivo stato di salute del sistema è figlio della regionalizzazione della Sanità varata nel 2001 con la sciagurata revisione del titolo V della Costituzione. E di conseguenza prendere atto che le Regioni, il cui budget è per l’80% dedicato alla sanità, non possono più costituire il fulcro del nostro decentramento amministrativo. In altre parole, il fallimento del federalismo fin qui realizzato ci dice senza mezzi termini che l’Italia non si può permettere un’architettura istituzionale che somma 20 Regioni, un centinaio di Province (già, sono rimaste in piedi) e oltre 8mila Comuni, senza contare le varie istituzioni di grado inferiore. Insomma, non si può rivedere la governance del sistema sanitario, riportandone la responsabilità in capo allo Stato salvo alcuni compiti operativi decentrati, senza di conseguenza affrontare una riforma complessiva del sistema amministrativo che abbia come primo obiettivo la sua semplificazione e razionalizzazione. Come? Fino a qualche tempo fa avrei risposto a questa domanda così: riducendo il numero e i compiti delle Regioni. Oggi, anche alla luce della pandemia, mi sono andato convincendo che le Regioni vadano del tutto abolite, rispristinando al loro posto un numero ridotto di (maxi) Province, non oltre 50. Oltre a ciò occorre accorpare i Comuni sotto i 5mila abitanti, che sono i due terzi del totale, e semplificare le strutture di grado inferiore. Troppo difficile? Vero. Me se non si fanno riforme di tipo straordinario quando da quasi un anno si è proclamato lo stato di emergenza, quando mai si potranno fare? (twitter @cisnetto)



MEGATREND

GREEN BOND, CINQUANTA SFUMATURE DI VERDE di Gloria Valdonio

U

na premessa. Nel mondo nuovo dei green bond siamo passati da un generico “verde” alle sue innumerevoli sfumature. Il settore è in tumulto, ma gli investitori si stanno facendo, non a torto, sempre più esigenti e pretendono obiettivi e risultati. La moda poi insegue alcuni target e con essa gli investimenti che non sempre guardano al ritorno economico, e quindi al rendimento, quanto piuttosto al futuro del business. Perché quello green è un universo giudicante, fatto di certificazioni, bollini e rating che possono incrinare l’immagine di un’azienda, o al contrario rilanciarla e farne un caso di successo o addirittura un benchmark. Molte aziende lo hanno capito e si sono convertite ai principi green, o della sostenibilità, perché inevitabile. Altri lo hanno solo dichiarato per migliorare l’immagine e raccogliere consenso. Questo è possibile perché, come spiega Francesco Castelli, responsabile obbligazionario di Banor Capital, oggi gli emittenti di green bond hanno la libertà di scegliere il certificatore che preferiscono, e i principi sono tanti. Anche nel risparmio gestito non esistono criteri univoci per costruire portafogli green, anche se in sede europea si sta cercando di individuare una soluzione. Nel frattempo l’industria si è autoregolamentata e gran parte degli emittenti oggi aderisce al Pri (Principles for Responsible Investment), che sono i criteri stabiliti dalle Nazioni Unite a cui si deve attenere una rete internazionale di investitori “certificati” per lo sviluppo di un sistema finanziario globale più sostenibile. «L’adesione però è su base volontaria e solo dal 2022 ci saranno normative più stringenti con obblighi di trasparenza relativi agli investimenti effettuati sulla base delle dichiarazioni di scopo», dice Castelli.

SONO PIÙ VALIDI DELLE FORMULE CLASSICHE, SECONDO I GESTORI, PER SOSTENERE LA STRATEGIA COMPLESSIVA DELLE AZIENDE E GLI EMITTENTI SI SCATENANO

Il rating del mercato In ogni caso, per gli investitori istituzionali e privati i criteri Esg (environment, social e governance) sono diventati un banco di prova. E la domanda di strumenti finanziari “verdi”, soprattutto obbligazionari, è in forte crescita. «Il mer18

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cato degli strumenti sostenibili continua a crescere in Europa e ad attrarre un forte interesse da parte dell’intera comunità finanziaria», conferma Pietro Poletto, global head of fixed income products and co-head of equity, funds & fixed income, secondary markets di Borsa Italiana. «Abbiamo quindi una grande opportunità per sostenere progetti di riconversione ecologica e crescita sostenibile, di imprese grandi e medio-piccole che caratterizzano il tessuto economico italiano». Come spiega Poletto, le sette emissioni di mini-bond green quotate sul segmento ExtraMot Pro (nato per offrire alle Pmi un primo accesso ai mercati dei capitali) di Borsa Italiana sono un’evidenza di un trend positivo anche nel nostro Paese. Dal suo lancio nel 2017, il segmento dedicato ai green e social bond di Borsa Italiana - trasversale ai mercati Mot, ExtraMot ed EuroTLX - ha quotato 147 titoli sostenibili di oltre 34 emittenti, per un outstanding complessivo di 140 miliardi di euro. Secondo gli operatori le aziende che emettono questi titoli non centrano solo un target di immagine, ma ottengono anche un premio dalla comunità finanziaria. «I bond verdi e sostenibili sono un elemento che ci permette di supportare le aziende nel loro percorso di transizione verso un business model sostenibile», spiega Christopher Kaminker, head of Sustainable investment research & strategy di Lombard Odier IM. «Per questo, stiamo investendo in queste obbligazioni che rappresentano anche un’efficace articolazione finanziaria della


COVERSTORY strategia di sostenibilità di un’azienda». Per Kamiker insomma la sostenibilità sta emergendo come uno dei più significativi fattori di rischio e di rendimento negli anni e nei decenni a venire. E i green bond offrono l’opportunità di sostenere la strategia delle aziende oltre a specifici progetti “verdi”. «Anche le aziende con requisiti di capex più modesti possono dimostrare un impegno verso la sostenibilità e la transizione», commenta Kamiker. «E questo suggerisce che, con il passare del tempo, i bond collegati al tema della sostenibilità potrebbero diventare tanto diffusi quanto le obbligazioni “tradizionali”, o addirittura in misura maggiore».

Flusso continuo La ragione per cui la stampa specializzata si occupa tanto di green bond e che, dopo aver conosciuto un tasso di crescita straordinario dalla grande crisi finanziaria del 2008 a oggi (grazie anche alla sponsorizzazione del Fmi), il settore non ha ancora espresso tutto il suo potenziale. Le emissioni infatti sono a getto continuo. Nel 2019 sono stati emessi bond per 250 miliardi di dollari, quasi il 50% in più rispetto al 2018, per un ammontare complessivo in circolazione di 580 miliardi. E già i primi dieci mesi del 2020 confermano il trend: dopo un temporaneo calo nella fase iniziale della pandemia di Covid-19, il mercato si è ripreso rapidamente raggiungendo un nuovo record di emissioni di 69 miliardi di euro solo nel terzo trimestre. E la Climate Bonds Initiative (organizzazione che si occupa di mobilitare il mercato obbligazionario verso un’economia a basse emissioni) prevede l’immissione di 350 miliardi di dollari nel 2020. Secondo NN Investment Partners (NN IP), il mercato è destinato a crescere fino a un trilione di euro entro la fine del 2021 per raddoppiare nel 2023. «La nuova pipeline di emissioni da parte di governi e aziende», spiegano gli strategist di NN IP, «rimane ampia, con una crescente diversità di emittenti e della gamma di nuove aree, come per esempio l’idrogeno verde». L’Europa, avendo fatto della “sostenibilità ambientale” un principio di governo del continente, è la locomotiva del settore con la quota più rilevante, pari al 45%, delle emissioni globali. Questa percentuale potrebbe crescere in tempi brevi. La Commissione europea ha recentemente enfatizzato le potenzialità dei green bond, presentando il pacchetto di misure “Energia pulita per tutti gli europei”, secondo il quale dal 2021 sarà necessario un supplemento di 177 miliardi di euro all’anno per raggiungere gli obiettivi individuati per il 2030 su clima ed energia per i quali questi nuovi meccanismi di finanziamento potrebbero giocare un ruolo essenziale. Le stesse Banche centrali, ricorda Christophe Donay, head of asset allocation & macro research di Pictet Wealth Management, preoccupate dalle possibili conseguenze del cambiamento climatico per la stabilità finanziaria, sono sempre più propense a integrare valutazioni di carattere ecologico nel loro processo decisionale. «Potremmo quindi assistere all’adozione di politiche di tassi estremamente bassi volte a creare le condizioni adatte a consistenti investimenti a lungo termine da parte di enti pubblici e privati. Di conseguenza, è plausibile un’erosione dei rendimenti degli strumenti a reddito fisso», spiega Donay.

Nella pagina accanto, Francesco Castelli di Banor Capital. Sopra a sinistra Pietro Poletto di Borsa Italiana, sopra a destra Christophe Donay di Pictet Wealth Management. Accanto a destra David Zahn di Franklin Templeton

Nazioni con il bollino È appurato che la domanda sta superando l’offerta, con conseguente sovrabbondanza di nuove emissioni alla quale partecipano anche organizzazioni internazionali ed enti pubblici. Quest’anno all’emissione inaugurale di titoli di Stato verdi hanno partecipato Germania, Svezia e Ungheria. Anche Danimarca, Portogallo, Austria e Spagna hanno messo in agenda la loro emissione. E non manca il Btp Green made in Italy, atteso nei prossimi mesi. Il recente annuncio da parte del Tesoro è arrivato a pochi giorni dall’emissione da sei miliardi del Bund verde tedesco, e agli strategist più maliziosi non è sfuggito che questo bond si sovrappone ai decennali tradizionali a un tasso lievemente più alto, e che l’emissione consente a Berlino di ottenere un risparmio di circa due decimi di punto, che corrisponde a diversi milioni di euro all’anno. «Questa crescita delle emissioni governative è stata innescata all’obiettivo europeo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050», spiega David Zahn, head of european fixed income di Franklin Templeton .«Un obiettivo reso ancora più eloquente dalla Germania, che ha deciso novembre 2020

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NEL 2019 SONO STATI EMESSI BOND PER 250 MILIARDI DI $, QUASI IL 50% IN PIÙ DEL 2018

Accanto a sinistra Bram Bos di NN IP

«È necessaria quindi una valutazione approfondita delle attività dell’azienda, dei suoi piani futuri e delle intenzioni, che devono essere rivolte al miglioramento delle attività di business». Secondo il gestore circa il 15% delle emissioni proviene da aziende coinvolte in pratiche controverse che contravvengono agli standard ambientali. «Solo l’85% dei green bond meritano l’etichetta», spiega Bros, «il resto è emesso da aziende che possono utilizzare i proventi per progetti sostenibili, ma che sono coinvolte in attività che hanno impatti negativi altrove». Per esempio, una compagnia ferroviaria potrebbe finanziare il trasporto a basse emissioni di carbonio attraverso obbligazioni verdi, pur essendo ancora fortemente coinvolta nel trasporto di combustibili fossili. «Gli investitori non devono fidarsi ciecamente dell’etichetta green», avverte Bros. In altre parole, c’è verde e verde. E ci sono anche altri colori. «I green bond possono essere emessi da aziende “brown” per il loro core business inquinante, ma alla ricerca dell’ambito marchio green», conferma Castelli. «È per questo motivo che noi consideriamo verde solo il bond emesso da un’azienda che presidia un business coerente con quei principi e ci assicuriamo che la raccolta, o una parte di essa, vada a finanziare effettivamente i progetti indicati». Un esempio di green bond virtuoso, secondo Castelli, è quello recente di Enel, che prevede uno schema in base al quale se l’azienda non rispetta determinati criteri di emissione nel tempo automaticamente compensa con rendimenti più alti gli obbligazionisti. «È uno schema interessante, che impegna l’azienda a un comportamento trasparente e coinvolge gli stakeholder in un business virtuoso», conclude Castelli.

di creare una curva dei green bond che rifletta l’andamento di obbligazioni a due, cinque e 30 anni». «In questo modo», aggiunge Zahn, «la Germania sta “sdoppiando” queste obbligazioni: per ogni titolo di Stato convenzionale emetterà un’obbligazione verde con la medesima cedola e di identica durata». «Le obbligazioni verdi sono uno strumento prezioso per i governi per raccogliere capitali per realizzare piani infrastrutturali in linea con gli obiettivi climatici nazionali e regionali», è il parere Jovita Razauskaite, portfolio manager green bonds di NN IP. «E in futuro vedremo aumentare la quota dei governi, dato che l’Ue prevede di finanziare un terzo del Recovery fund con il debito verde». Qualcuno si chiede però se la sostenibilità possa diventare un’arma di pressione, come lo spread, per indirizzare i Paesi verso alcune scelte di politica ambientale che magari sarebbero finiti nelle ultime pagine del calendario dei lavori. Se così fosse, la certificazione verde sarebbe un’arma di forte pressione che non riguarderebbe solo gli stakeholder di un’azienda, ma un’intera comunità. La politica nazionale potrà mantenere la sua autonomia? «Se l’idea di fondo di queste emissioni green è ambiziosa come quella di cambiare il pianeta, è vero anche che, ad oggi, rappresentano una percentuale davvero piccola delle emissioni governative complessive», spiega Castelli. Che aggiunge: «Certamente un Paese che L’EVOLUZIONE VIRTUOSA DEL SEGMENTO GREEN decidesse di emettere solo green bond si vincolerebbe molto, perché queste emissioni devono essere orientate a un capitoOutstanding Eur ML Listing Bonds lo di spesa o ambientale o sociale, cioè a 140.000 un progetto preciso e verificabile». Tonalità di verde Nel frattempo, anche la base di emittenti privati si è diversificata, con l’ingresso tumultuoso delle società industriali, migliorando così l’ampiezza e la liquidità del mercato. Ma c’è il problema già accennato all’inizio. «Purtroppo le aziende possono emettere green bond senza avere alcuna intenzione di affrontare le proprie questioni fondamentali in tema di sostenibilità» dice Bram Bos, lead portfolio manager green bonds di NN IP. 20

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FONTE: BORSA ITALIANA MARKETS ANALYSIS - 30 SETTEMBRE 2020

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BANOR E LA SOSTENIBILITÀ

NON È TUTTO ESG CIÒ CHE LUCCICA «E NOI DISTINGUIAMO I VALORI VERI» di Sergio Luciano

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i fa presto a dire Esg: è il nuovo mantra della grande finanza internazionale, è il criterio indicato da Blackrock come stella polare per i suoi investimenti e fatto proprio dall’American Roundtable ma è anche una moda finanziaria, come tale suscettibile di ripiegamenti. A poterne parlare con piena credibilità, tra le Sgr italianem c’è sicuramente al primo posto Banor, che segue i criteri della sostenibilità nella sua asset allocation da tempi non sospetti e sa precisamente perché valgono, al di là della moda: «Il nostro lavoro è proprio quello di andare a separare la forma dalla sostanza», spiega a Investire Angelo Meda, responsabile azionario e della ricerca Esg in Banor Sim, «eliminando tutte quelle che sono le metriche non significative - ma spesso comunicate in pompa magna dalle società per far parlar bene di sé - e concentrandosi su quelle che hanno un impatto materiale sulla performance finanziaria, che nel lungo periodo guida la valutazione delle aziende».

PARLA ANGELO MEDA: «SIAMO ATTENTI ALLE METRICHE CHE SONO RILEVANTI SULLA PERFORMANCE FINANZIARIA»

Dunque scegliendo bene i criteri Esg pagano? La pandemia sta portando una serie di cambiamenti strutturali in tante parti della nostra vita. Nel mondo finanziario, tra le altre cose, ha portato ancora una maggiore attenzione sulle tematiche di sostenibilità: lo si vede dall’andamento delle masse di Etf/ fondi specializzati che erano già in crescita fino al 2019 e hanno ulteriormente accelerato in modo parabolico nei mesi successivi all’arrivo del Covid. Da una analisi superficiale parrebbe che investire con dei semplici filtri Esg di tipo best in class o di esclusione porti a risultati superiori: guardando ad esempio il ritorno da inizio anno dell’indice Msci Europe Esg vediamo una sovraperformance rispetto all’equivalente non-Esg di circa 10 punti percentuali. Se però allunghiamo l’orizzonte di analisi a 10 anni vediamo che in realtà lo stesso indice Esg ha avuto un ritorno inferiore, nonostante questo forte recupero da inizio anno. Nel breve periodo infatti, come tutte le speculazioni, l’attenzione alle tematiche di sostenibilità può portare a performance elevate grazie a importanti flussi finanziari in arrivo su alcuni titoli, ma se non sono seguite nel lungo periodo da ritorni finanziari e da performance materiali sugli indicatori di sostenibilità chiave nel proprio settore questo effetto scema rapidamente andando a sfociare nel greenwashing. Dicono gli assicuratori che la compliance rispetto ai principi Esg è un forte supporto al risk management e dunque 22

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ANGELO MEDA, RESPONSABILE AZIONARIO E DELLA RICERCA ESG IN BANOR SIM

qualifica le imprese che la praticano come affidabili nel tempo. È d’accordo? È corretto, anche se si tratta solo di un lato della medaglia, specialmente sul lato azionario. Vari studi, incluso il nostro effettuato nel 2018 in collaborazione con il Politecnico di Milano, dimostrano che le società con migliori rating Esg hanno avuto una minore volatilità del ritorno del capitale e una maggiore stabilità degli utili e del dividendo, rendendole quindi un investimento meno volatile. Non è però sufficiente utilizzare l’analisi Esg come un mero strumento di risk management: è necessario considerare anche la creazione di valore nel lungo periodo derivante dall’adozione di buone pratiche Esg per vedere anche l’altro lato della medaglia e identificare le aziende capaci di capitalizzare le opportunità da esse create. Dal punto di vista obbligazionario


COVERSTORY invece l’analisi Esg è un ottimo strumento per la gestione del rischio: stante le caratteristiche degli strumenti obbligazionari, dove il rischio principale è legato al default dell’emittente e quindi può essere considerato un rischio asimmetrico - ovvero una grande perdita, anche se con una piccola probabilità di avvenimento -, aggiungere una analisi di sostenibilità dell’emittente consente di circoscrivere ulteriormente il rischio degli strumenti in portafoglio. Sia sul piano ambientale che su quello sociale però l’innalzarsi dei livelli di impegno richiesti dalla compliance Esg spalanca varchi enormi al social e al legal dumping. Malcostumi sui quali l’Occidente ha fatto pochissimo finora per contrastarli ed anzi spesso li ha usati a proprio vantaggio. Come migliorare le cose? Quando un segmento di mercato vede letteralmente un boom di interesse è normale che arrivino comportamenti opportunistici, i cosiddetti “furbetti del quartierino”. Anche nel mondo Esg, con pratiche più leggere come il greenwashing oppure più pesanti come il social dumping, si assiste a una serie di comportamenti non edificanti da parte dei partecipanti al mercato, sia dal lato emittenti che dal lato gestori. La soluzione ideale sarebbe un maggior livello di consapevolezza da parte dell’investitore finale, retail o istituzionale, in queste pratiche questionabili, che portino a una immagine negativa con le relative conseguenze verso quei soggetti colpevoli di utilizzare le tematiche Esg solo a proprio vantaggio senza integrarle nella propria strategia. L’intervento del legislatore, soprattutto nel cercare di fare chiarezza con iniziative come la European Taxonomy, dovrebbero servire a rendere più chiare queste tematiche chiave, lasciando poi al mercato la libertà di auto-regolarsi in base all’evoluzione del mondo Esg, ancora agli albori in termini di ricerca accademica e non. Parliamo ora di Banor: come state andando e quali linee strategiche avete scelto per il dopo-Covid? Banor sta continuando il suo percorso di crescita iniziato ormai 20 anni fa; valori come l’indipendenza, la trasparenza e la sostenibilità si sono rivelati, come in tutte le crisi passate, molto importanti nel dimostrare l’attenzione che abbiamo verso il cliente, fidelizzando quelli esistenti e portandone continuamente di nuovi. Come in tutti i settori, è necessario continuare a investire per rimanere un passo avanti alla concorrenza. Nel settore del risparmio gestito investire significa assumere nuove persone e spendere tempo, la risorsa più scarsa che abbiamo a disposizione, nella ricerca per poter affinare e migliorare continuamente i nostri processi di analisi e di investimento. Da questo punto di vista importante è la collaborazione in corso ormai da diversi anni con la School of Management del Politecnico di Milano, che ci concretizza in un Osservatorio sulla Sostenibilità che produce studi accademici periodici e supporta il Master su Sustainable Finance in partenza a breve. Quest’anno lo studio effettuato in collaborazione con il professor Giudici dimostra che non solo il livello assoluto del rating di sostenibilità è importante, ma anche il suo trend nel tempo: esiste quindi una relazione, molto importante per l’asset class obbligazionario high yield, tra le performance e il miglioramento/peggioramento del rating di sostenibilità delle aziende, richiedendo quindi una analisi dinamica e forward looking simile a quella finanziaria tradizionale anche per le tematiche di sostenibilità. E ora parliamo della congiuntura. Il Fondo monetario ha

SECONDO NOI L’ANALISI ESG È UN OTTIMO STRUMENTO PER LA GESTIONE DEL RISCHIO violato il tabu della ristrutturazione dei debiti eccessivi; ma potremo convivere con il maxi-debito che tutto l’Occidente sta accumulando in questi mesi o dovremo intervenire con misure straordinarie? Le ultime recessioni hanno portato a un aumento deciso dei debiti pubblici mondiali, trasferendo debito dal settore privato a quello pubblico: gli Stati Uniti, ad esempio, torneranno sopra il 100% di Debito/Pil, valori raggiunti solamente dopo la seconda guerra mondiale. Non esiste, però, un numero magico, un valore di debito/Pil oltre al quale devono scattare le ristrutturazioni: rispetto al passato, infatti, le banche centrali detengono una quota sempre più importante dei debiti pubblici, una quota che va dal 15% degli Usa al 44% della Banca del Giappone. Non ci sono precedenti storici per questa situazione, ma il primo pensiero in caso di crisi dei debiti sovrani andrebbe alla monetizzazione del debito, ovvero il congelamento o la cancellazione di quanto detenuto dalle banche centrali. Un qualcosa che viene categoricamente escluso dagli Stati più virtuosi, come la Germania, ma che potrebbe essere necessario in caso di emergenza viste le interazioni finanziarie tra le economie che non sarebbero in grado di sopportare il peso di alcuni default statali. Le tematiche toccate dal Fondo Monetario Internazionale, ovvero più trasparenza sui debiti pubblici, stime di crescita economica futura più realistiche e nuove legislazioni per le ristrutturazioni, vanno nella direzione di creare un ambiente più favorevole a delle ristrutturazioni più ordinate di quelle avvenute recentemente, con il caso Argentina e i suoi strascichi legali ancora in corso. È probabile, comunque, che dovremo convivere con livelli di debito più elevati nel passato e con nuovi indicatori di solvibilità, come per esempio il debito pubblico non detenuto dalle banche centrali. novembre 2020

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FONDI COMUNI

CERTIFICAZIONI DI SOSTENIBILITÀ? PRATICAMENTE UNA JUNGLA di Perrine Dutronc*

N

on esiste una definizione unica di “finanza sostenibile” e questo lascia ampio spazio all’interpretazione quando si parla di investimenti sostenibili. Le strategie di investimento sostenibile possono essere basate su temi ambientali o sociali come il cambiamento climatico o il capitale umano, ma anche su esclusioni, best in class, best in progress o sul potenziale progresso futuro. Gli investimenti sostenibili possono anche differire ampiamente in termini di obiettivi e di allocazione. Con i vari termini utilizzati - sostenibile, responsabile, Isr (Investimento socialmente responsabile), Esg (Environmental, social, governance), verde, clima, eco, transizione - la maggior parte degli investitori non è in grado di comprendere la crescente offerta di investimenti definibili responsabili.

IN EUROPA ESISTONO BEN 9 CERTIFICAZIONI DIVERSE CON 800 FONDI CERTIFICATI SU UN UNIVERSO DI 60MILA

Fondi certificati raddoppiati in un anno Le certificazioni o “etichette” sono state create per rispondere a questa mancanza di chiarezza e per rendere i prodotti finanziari sostenibili più facili da comprendere, attestando la qualità del processo. Un’etichetta, però, non può rendere più

semplice ciò che è già frammentato. Inoltre, le certificazioni sono viste come uno strumento per influenzare gli standard, i regolamenti e potenzialmente il futuro ecolabel europeo. Per questo motivo, molti paesi dell’Ue stanno ora accelerando per essere in prima linea sul tema e poter imporre la propria visione di investimento responsabile o verde e fissare lo standard. In tutta Europa, è emerso che esistono non meno di nove certificazioni diverse e 800 fondi certificati in un universo totale di 60.000 fondi (al 31 dicembre 2019). Sebbene ciò rappresenti solo l’1% del mercato totale, il numero di fondi certificati è raddoppiato in un solo anno. Istruzioni per l’uso Delle nove certificazioni, cinque possono essere qualificate come Esg (Environmental, social and governance) e quattro come

NUMMUS.INFO/ Il certificatore degli investimenti che rispettano la Dottrina sociale della Chiesa

M

olti investitori, sia privati cittadini che istituzioni, aderiscono ai principi internazionali Esg emanati dalle Nazioni Unite (PRI-United Nations Principles for Responsible Investment) e questo ha

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certamente facilitato lo sviluppo di una “sensibilità finanziaria” verso le buone pratiche di investimenti socialmente responsabili ma mancava certamente un “Indice” di riferimento recente e aggiornato in

novembre 2020

grado di tradurre i principi della Dottrina sociale della Chiesa Cattolica. A colmare la lacuna ci ha pensato Nummus.info, attiva da cinque anni nel campo dell’advisoring e dell’account aggregation

sul mercato italiano, la società trentina si rivolge prevalentemente ad investitori istituzionali a cui offre servizi di consulenza per il monitoraggio di grandi patrimoni. La società si avvale della


COVERSTORY NOMI E NUMERI DEI PLAYER DELLA CERTIFICAZIONE 31/12/2019 Crescita in 9 mesi 31/12/2019 Crescita in 9 mesi

Sri Label

31/12/2019

+121

137.8

x2.7

66

101

+36

30.2

x3.1

56

LuxFlag ESG

(Lussemburgo)

100

+55

42.9

x3.4

25

Towards Sustainability

265

-

138.6

-

78

Umweltzeichen

116

+12

14.8

x1.3

41

(Nordic Countries)

32

+9

11.4

x1.4

6

LuxFLAG Environment

10

+3

7.9

x1.3

6

LuxFlag Climate Finance

2

-1

0.05

x0.2

-

19

+8

6.1

x2.3

8

806

+392

302

x3.2

126

FNG-Siegel

(Germania, Austria, Svizzera)

ESG

NUMERO DI FONDI CON LIVELLI MULTIPLI

321

(Francia)

(Belgio)

(Austria)

Nordic Swan Ecolabel (Lussemburgo)

Elementi comuni e specificità (Lussemburgo) Per qualificarsi per una certificazione, Greenfin Label (Francia) vuol dire che il fondo si è impegnato ad escludere alcune attività o società che TOTALE non sono in linea con gli obiettivi ambienFONTE: NOVETHIC tali, sociali e di governance (Esg). In generale significa, ad esempio, che i combustibili fossili sono esclusi e che il processo di investimento e le partecipazioni in portafoglio sono trasparenti. Naturalmente, ci sono soglie, ambiti e requisiti di selezione Esg diversi. Alcune certificazioni introducono ulteriori requisiti di disclosure, come la segnalazione degli indicatori di impatto. Alcune etichette hanno, inoltre, definito un sistema a punti con requisiti minimi e un incentivo a sviluppare quella che è considerata una best practice. Le certificazioni “Green” impongono una quota minima di ricavi green, ma le soglie variano dal 10% al 37%. Ogni certificazione è una combinazione unica di elementi comuni e specificità che spesso riflettono le preferenze e le opinioni nazionali in materia di investimenti responsabili. La diversità delle certificazioni esistenti ne complica l’uso nella distribuzione dei fondi d’investimento al di fuori del mercato nazionale e solleva molti interrogativi: quale certificazione, quante certificazioni, quali implicazioni in termini di costi... Vediamo sempre più spesso fondi con più certificazioni, alcuni ne hanno fino a tre, il che porta a una domanda di buon senso: come questo può influire sulla filosofia d’investimento del fondo? ricerca Esg di Msci Esg Research che mette a disposizione analisi derivanti da Msciriguardanti il rating Esg, l’impatto sostenibile e le emissioni di CO2 e analisi personalizzate tramite l’utilizzo di una piattaforma proprietaria. Un processo continuo, minuzioso, assistito, che valida e certifica i portafogli anche

AUM IN MILIARDI DI EURO (Dati Morningstar e LuxFlag)

NUMERO DI FONDI

“Green labels”

“Green”. Tuttavia, il confine tra le certificazioni Esg e Green è sfumato. Per esempio, le etichette Esg includono la “E” di environment e quindi esaminano anche i criteri verdi, mentre le certificazioni “Green” richiedono un minimo di criteri/standard Esg. Tra i due tipi di certificazioni, si tratta di una questione di focus piuttosto che di una distinzione fondamentale nell’approccio, come illustrato di seguito. Nella giungla delle etichette, la “certificazione Isr” francese e la belga “Towards Sustainability” sono in testa con circa 300 fondi ciascuno, che rappresentano quasi i tre quarti del numero totale di fondi certificati e il 90% del totale degli assets in gestione dei fondi certificati.

secondo i principi etici esplicitati nel documento redatto da llecommissioni della Conferenza Episcopale Italiana sul tema “La Chiesa cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici di responsabilità sociale, ambientale e di governance”. «Con Nummus abbiamo voluto dar vita ad un

Certificazione europea Esg? La strada è lunga Ha certamente senso puntare a una certificazione come attestazione della qualità intrinseca del fondo e scegliere l’etichetta che corrisponda alla filosofia del fondo e che aiuti a trasmettere il messaggio di sostenibilità. Ha senso anche quando diventa un must have riconosciuto per distribuire un fondo in diverse giurisdizioni. Una futura certificazione europea metterà fine alla recente proliferazione di certificazioni nazionali? Finora è in discussione solo una ecologica che si limiterebbe a sostituire quelle “Green”, ma non quelle Esg. La strada potrebbe essere lunga prima di concordare una certificazione europea Esg. Per trasformare la giungla delle certificazioni in strumenti utili per gli investitori, cosa succederebbe se ci affidassimo al sistema a punti utilizzato da alcune di esse e definissimo dei requisiti minimi applicabili in tutta Europa, per poi assegnare ulteriori punti a criteri specifici che potrebbero variare da un Paese all’altro? *Sustainable Investing Specialist, Groupe La Française

centro di ricerca in evoluzione per la finanza etica e sostenibile», commenta Claudio Kofler, amministratore delegato di Nummus. info, «ci caratterizzano indipendenza, qualità e personalizzazione del servizio attraverso cui intendiamo indirizzare in modo etico le attività

economiche e finanziarie. Siamo inoltre soci del Forum per la Finanza Sostenibile e collaboriamo con partner internazionali in numerosi progetti. Siamo orgogliosi di cooperare con una Conferenza Episcopale per tradurre in servizi il grande patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa».

novembre 2020

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EFPA ITALIA

«COSÌ CERTIFICHEREMO IL KNOW HOW DEI CONSULENTI IN MATERIA DI ESG» di Sergio Luciano

«C

he il mondo stia andando verso un impiego delle risorse più socialmente responsabile è innegabile ed è molto importante», spiega Marco De Roma, presidente di Efpa Italia. Che non a caso, secondo le linee guida centrali e internazionali, si sta facendo parte attiva in questa generale crescita di competenze orientate ai valori Esg che così rilevanti stanno diventando per il mondo della finanza. E dunque ha deciso di lanciare una certificazione delle competenze Esg dei consulenti finanziari e di tutti coloro, per esempio i dipendenti bancari, che si occupano di consulenza: “Certificheremo le loro competenze sul tema. Il 19 novembre abbiamo previsto il seminario in cui presenteremo le nuove certificazioni, con Emanuele Carluccio che le terrà a battesimo. Potranno vivere stand alone oppure potranno essere offerte a chi non è certificato o ancora rappresentare un prezioso add-on per coloro che già sono certificati Eip o Efa Efp…” Come mai Efpa scende in campo con tanta decisione? Perché nel mondo si respira una nuova sensibilità su questi temi. Anzi, è come se il mondo fosse andato più veloce del mercato. Quindi riteniamo che la competenza sui temi Esg, oltre ad essere un bisogno del mercato, diventa al tempo stesso un’esigenza di chi invece deve intermediare questi prodotti. E quindi l’intermediazione sta scoprendo a sua volta il bisogno di avere più competenze in questo ambito. E dunque cosa farete in dettaglio? Condiviso questo bisogno di avere conoscenze certificate sul tema dei prodotti sostenibili, è ovvio che Efpa Europe – da tempo - stava attivandosi per arrivare a produrre una sua certificazione. Elementi sulla finanza sostenibile c’erano già nei programmi, anche in Italia, ma ora è 26

novembre 2020

IN ARRIVO UN SEMINARIO PER IL LANCIO DEL NUOVO STRUMENTO DI ACCERTAMENTO DELLE COMPETENZE

Marco De Roma, presidente di Efpa Italia

diverso. È Efpa Europe che deve proporre queste certificazioni, e in particolare l’Sqc – Standard qualification committee – che come organo scientifico di coordinamento delle attività di titte le affiliate, ha lavorato alla condivisione di programmi, standard e livelli di conoscenza, come va fatto quando partiamo con la certificazione sul territorio. Ecco il vero e importante vantaggio della certificazione Efpa in un momento in cui il mercato sta vedendo una poliedricità delle offerte dal punto di vista delle qualificazione certificazioni. E non avete pensato ad una certificazione delle emittenti o delle emissioni di titoli Esg? No, andremmo i limiti statutari, che sono quelli di far crescere il mercato della consulenza finanziaria. Entreremmo nel mondo della produzione, che impone di saper valutare gli investimenti dotandosi della necessaria strumentazione. Devi anche avere strumenti tecnici, devi saper vedere al di là. Invece restiamo nel solco delle nostre prerogative, tanto che comunque non offriremo direttamentre come Efa la formazione: per nuove certificazioni il formatore sarà Anasf Servizi e Formazione.


COVERSTORY SCELTE GREEN

BANCA IFIS, LE QUATTRO DIRETTRICI DELLA SVOLTA ESG

«I

di Victor De Crunari

l gruppo Banca Ifis vuole evidenziare l’impegno di integrare la sostenibilità nella strategia aziendale, per creare valore nel medio-lungo termine a favore di tutti i suoi stakeholder. Siamo consapevoli che sarà un percorso di cui questo è solo un primo passo, ma siamo altrettanto convinti che l’impegno di sostenibilità di un gruppo finanziario come il nostro non prevede alternative né, tantomeno, scorciatoie». È l’incipit della “dichiarazione non finanziaria consolidata” 2019 di Banca Ifis, firmata dal presidente Sebastien Egon Fürstenberg e dall’ad Luciano Colombini. Un documento che attesta un impegno concreto che ha come punti di riferimento l’Agenda 2030 dell’Onu e i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, e che si declina secondo quattro direttrici fondamentali su cui la banca fonda le sue attività e il suo percorso: etica e integrità nella gestione del business, centralità del cliente, attenzione alle persone e responsabilità verso il territorio e l’ambiente. La prima prende il nome di Ifis Integrity, e rappresenta il costante impegno del gruppo per garantire la qualità del credito e per diffondere la cultura e i valori aziendali all’interno e all’esterno. Banca Ifis promuove comportamenti virtuosi e coerenti con i valori del gruppo, quali la lotta alla corruzione, la tutela della privacy dei clienti e l’attenzione per la sostenibilità. Ifis Customers esprime la centralità del cliente, l’inclusione finanziaria e il sostegno all’imprenditoria. La banca vuole essere l’operatore italiano di riferimento nel supporto finanziario alle Pmi italiane, sostenendo così in misura rilevante l’economia reale. Nel settore dei non performing loans, Banca Ifis offre a famiglie e imprese la possibilità di concordare e gestire piani di rientro sostenibili. Grazie alla digitalizzazione e alla gestione trasparente delle informazioni, garantisce ai clienti velocità nelle risposte, servizi e prodotti di qualità. Ifis People rispecchia una banca fatta di persone che costruiscono solide e autentiche relazioni, all’interno e all’esterno. Banca Ifis crede nella valorizzazione, nella formazione, nella crescita, nell’inclusione e nel benessere di tutti i dipendenti e promuove, grazie alla nuova intranet Ifis4you, la condivisione delle informazioni e l’engament di tutte le persone. Attraverso piattaforme inclusive come Ifis Talent migliora i processi di recruiting, la gestione, la crescita e lo sviluppo manageriale, costruendo percorsi in linea con le esigenze e le competenze di ciascuno. Ifis Responsibility racchiude tutte le iniziative che hanno una ricaduta positiva per le comunità e per l’ambiente, che creano valore per il territorio in cui la banca opera e che sono al centro del suo impegno. Banca Ifis

Ernesto Furstenberg, vicepresidente di Banca Ifis

collabora con le istituzioni locali per valorizzare lo sviluppo sostenibile e, attraverso report, studi e progetti dedicati alla cultura d’impresa, rafforza il sostegno all’imprenditoria e alle comunità; un impegno che è stato rafforzato nel corso dell’ultimo anno. Sono stati lanciati specifici prodotti e programmi di finanziamento sostenibile per favorire lo sviluppo di attività d’impresa e comportamenti ecosostenibili; e grazie al progetto #ifisgreen sono state attivate numerose iniziative finalizzate a un uso efficiente delle risorse, all’impiego di energie rinnovabili e al sostegno della mobilità sostenibile. Tra queste un’offerta finanziaria innovativa sul contratto di leasing per l’acquisto di veicoli elettrici, che ha fatto raddoppiare il peso dell’elettrico sull’immatricolato nel 2020, facendo di Banca Ifis la top leader nel leasing elettrico con un market share sull’immatricolato 2020 del 38%. Leasing e noleggio riguardano anche depuratori d’aria e termo-scanner, oltre a innovative soluzioni come finanziamenti in leasing o noleggio di moderni generatori d’acqua dall’atmosfera per uffici eco-sostenibili e plastic-free. novembre 2020

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STRATEGIE & SOSTENIBILITÀ

UNIPOL, IMPEGNO A TUTTO CAMPO SU SOCIETÀ E AMBIENTE di Victor De Crunari

L’

adesione al global compact delle Nazioni Unite, il lancio di un prodotto di investimento assicurativo interamente sostenibile, la certificazione dei prodotti vita da parte di Bureau Veritas, il supporto di un consulente esterno specializzato per verificare il rispetto degli standard ambientali, sociali e di governance definiti dall’Investment Policy Sri. Sono alcuni punti dell’impegno quasi trentennale per i temi sociali e ambientali del gruppo Unipol. Un impegno iniziato nel 1993 con la pubblicazione del primo rapporto sociale di Unipol assicurazioni. La sostenibilità nel lungo periodo rappresenta l’aspetto cardine dell’approccio al business del gruppo, con l’integrazione dei fattori Esg - ambientali, sociali e di governance - nelle strategie e nei processi aziendali. Avere una strategia orientata alla sostenibilità significa per Unipol focalizzare il proprio impegno sull’innovazione, avendo come primario obiettivo il miglioramento della qualità della vita dei clienti, proponendo soluzioni per la tutela, il supporto e la realizzazione dei loro progetti; ed essere partner di imprese, istituzioni, comunità territoriali per affiancarne lo sviluppo e promuoverne il benessere, nel rispetto dell’ambiente e dei diritti umani e nell’osservanza di buone pratiche di condotta aziendale. Nel settore degli investimenti, fin dal 2012, il gruppo ha adottato una metodologia trasparente volta al presidio dei temi e dei rischi Esg, con l’attivazione di strategie di esclusione e di screening del portafoglio basato sul rispetto delle principali convenzioni Internazionali, verificate attraverso monitoraggi ex post con la collaborazione di un consulente esterno specializzato nell’assegnazione di rating Esg e nella costruzione di indici di sostenibilità. Nel 2017 il gruppo Unipol ha aderito agli Un-Pri (United Nations Principles for responsible investment), che rappresentano gli standard più autorevoli nell’ambito della finanza sostenibile, e nel 2018 al global compact delle Nazioni Unite, iniziativa globale che incoraggia e guida le aziende di tutto il mondo ad adottare pratiche sostenibili. Nel 2019 ha approvato le “Linee guida per l’indirizzo dell’attività di investimento con riferimento agli investimenti responsabili (Investment Policy Sri)” impegnandosi pubblicamente a rafforzare l’integrazione dei rischi e delle opportunità legati ai fattori Esg nel processo decisionale di investimento. Prodotti nel segno della sostenibilità. Le soluzioni assicurative danni e vita contribuiscono a rispondere alla continua evoluzione dei macro trend del business assicurativo definiti dall’os28

QUESTI I PUNTI SALIENTI DELL’AZIONE DEL GRUPPO ASSICURATIVO IN AMBITO GREEN. UN LAVORO CHE PARTE DA LONTANO, DAL 1993...

novembre 2020

servatorio Unipol reputational & emerging risk, e impattano soprattutto su tre di questi: climate change, precarietà e polarizzazione, human society 2.0. In particolare nel business vita sono in linea con i macro trend i prodotti relativi alla long term care, i prodotti per la copertura del rischio di premorienza (Tcm) e i prodotti per la pensione integrativa che integrano il welfare pubblico assicurando la salute e il benessere a tutte le età. Ai clienti che sottoscrivono questi prodotti in sinergia con UniSalute vengono offerte prestazioni sanitarie a prezzi agevolati e in tempi rapidi. Grazie a questa esperienza è stato recentemente lanciato un prodotto di investimento assicurativo interamente sostenibile, UnipolSai Investimento MixSostenibile, che rappresenta una possibilità per il cliente di compiere un ulteriore passo nell’impegno volto a promuovere una crescita sostenibile nel lungo periodo, inclusiva e rispettosa dell’ambiente. Si tratta di una soluzione assicurativa multiramo, collegata alla gestione se-


COVERSTORY parata Fondirend e al fondo interno Esg UnipolSai, che integra i fattori ambientali, sociali e di governance nei criteri di selezione e gestione degli investimenti. Gli strumenti finanziari sono selezionati in base a criteri che tengono conto di politiche di investimento orientate alla responsabilità ambientale, sociale e di buona governance. Nella storica gestione separata Fondirend sono integrati anche i fattori Esg nei criteri di selezione e di gestione degli investimenti, mentre il nuovo fondo interno Esg UnipolSai, istituito appositamente, adotta uno stile di gestione flessibile teso a selezionare gli strumenti finanziari con le migliori prospettive di rendimento, ponderate per il rischio, che soddisfino i criteri di selezione rivolti ad una valutazione della responsabilità Esg. Per entrambi i fondi viene adottato un approccio sistematico agli investimenti Esg su tutte le asset class, sulla base delle best practice di settore. L’utilizzo dei fattori Esg nel processo di investimento favorisce una gestione efficiente degli elementi di rischio del portafoglio, anche in contesti caratterizzati da elevata volatilità. Questi fattori rappresentano infatti aspetti di rilievo da considerare, sia nell’ottica di un migliore presidio del rischio che in quella della più efficace individuazione di ambiti di attività in grado di creare valore rispondendo alle maggiori istanze sociali e ambientali; l’inclusione proattiva di questi fattori nel processo di investimento favorisce il raggiungimento di rendimenti finanziari a lungo termine adeguati al rischio. La certificazione della gamma vita. Un ulteriore elemento distintivo dell’offerta vita UnipolSai è la certificazione dei prodotti vita (linee investimento, risparmio e previdenza), con cui il gruppo dal 2013 garantisce ai clienti il rispetto dei valori di trasparenza, equità e valore del prodotto, da parte di Bureau Veritas, leader mondiale nei servizi di controllo. La certificazione prevede la verifica di conformità e certificazione di qualità di UnipolSai secondo i valori di trasparenza (informazioni complete, comprensibili, tracciabili), equità (costo chiaro ed equilibrato) e valore del prodotto (tutela del capitale e investimenti selezionati), in merito ai processi di sviluppo del prodotto, di investimento e gestione della relazione postvendita con i clienti. L’integrazione dei fattori Esg è presidiata con il supporto di un consulente esterno specializzato, che

analizza costantemente gli emittenti e gli strumenti finanziari sottostanti al prodotto per verificare che rispettino gli standard ambientali, sociali e di governance definiti dall’Investment Policy Sri del gruppo, con riferimento alle norme e agli standard internazionali riconosciuti. Per la selezione delle imprese nelle quali investire sono tenuti in considerazione elementi di tipo ambientale (presenza di una strategia e di una politica di gestione che tenga in considerazione l’impatto ambientale dei propri processi produttivi), sociale (qualità delle relazioni instaurate tra l’impresa e tutti i suoi stakeholders) e di governance (struttura organizzativa, posizionamento di mercato, situazione regolamentare e politica dei Paesi nei quali l’impresa opera). I fattori di esclusione e di inclusione. Per quanto riguarda gli emittenti vengono esclusi gli investimenti in società che, nello svolgimento della loro attività principale, siano coinvolti in violazioni dei diritti umani e dei lavoratori, produzione di armi non convenzionali, gioco d’azzardo, sfruttamento delle risorse naturali che non tenga nel dovuto conto i relativi impatti ambientali, utilizzo sistematico della corruzione nella gestione del business. Nell’ambito degli investimenti in titoli governativi, con riferimento ai Paesi emittenti sono tenuti in considerazione elementi di tipo ambientale (ratifica delle principali convenzioni in materia di tutela ambientale), sociale (ratifica delle principali convenzioni in materia di rispetto dei diritti dell’uomo e dei lavoratori) e di governance (valutazione del contesto istituzionale del Paese in termini di presenza di istituzioni democratiche, libertà economica, livello di corruzione). Una particolare attenzione è riservata all’impatto delle scelte di investimento sul cambiamento climatico, riconosciuto come emergenza che richiede il massimo impegno da parte degli operatori del settore finanziario. Per quanto riguarda il fondo interno, gli Oicr (gli organismi di investimento collettivo del risparmio) possono rientrare nell’universo investibile qualora adottino strategie di investimento coerenti con metriche Esg. Gli Oicr governativi, qualora non dichiarino esplicitamente di adottare i criteri sopra specificati, possono comunque rientrare nell’universo investibile se puntano su emittenti governativi considerati “eligible” secondo i criteri Esg definiti nell’investment policy Sri del gruppo.

GLI ASSET SOTTOPOSTI A MONITORAGGIO DI SOSTENIBILITÀ LA PERCENTUALE DEGLI INVESTIMENTI CHE SODDISFANO I CRITERI

51,3 mld

50,6 mld

Ammontare dei titoli di capitale e di debito classe C.D. Patrimonio sottoposti a monitoraggio ambientale e sociale

Ammontare degli asset risultati sostenibili in seguito a monitoraggio

Percentuale di asset sottoposti a monitoraggio di sostenibilità sul totale degli asset in gestione (diretta e indiretta)

Percentuale di asset sottoposti sostenibili in seguito a monitoraggio

FONTE: UNIPOL

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IL PIANO INDUSTRIALE DEL GRUPPO

ACEA, LA SOSTENIBILITÀ MOTORE DELLA CRESCITA di Sergio Luciano

L

a sostenibilità è uno dei principali fattori caratterizzanti e strutturali che hanno guidato le scelte di business e la gestione operativa del Gruppo Acea nella definizione del piano industriale 2020-2024. Un piano ambizioso, determinato, ma non velleitario, sulla base dei risultati e della crescita fin qui maturati dal gruppo. Un piano che prevede ben 4,7 miliardi di investimenti complessivi, di cui appunto 2,1 miliardi (+400 milioni rispetto al Piano precedente) sono riferibili a specifici target di sostenibilità, scelti per priorità e rilevanza. Intendiamoci: è tutto un piano ambizioso, non solo sul fronte della sostenibilità. E del resto, «è un piano che conferma il percorso di crescita intrapreso e consolida il nostro posizionamento quale operatore a forte vocazione industriale», spiega l’amministratore delegato Giuseppe Gola: «Gli importanti risultati finora raggiunti ci permettono, nonostante la situazione di difficoltà in cui versa il Paese, di rivedere al rialzo i target economici e di business, supportando il percorso di ripresa economica, con una crescita capace di coniugare sostenibilità e creazione di valore nel tempo per tutti i nostri stakeholders e per il sistema Italia». Dunque un piano sfidante nella continuità. Una capacità di visione che si rileva capitolo per capitolo in tutte le aree di business. In particolare nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel fotovoltaico, e nell’impegno nella mobilità elettrica per contribuire in modo sempre più efficace alla transizione energetica e alla decarbonizzazione. «Elementi», sottolinea ancora Gola, «che ritroviamo espressi nell’acronimo Grids con cui ci piace sintetizzare le leve d’azione su cui puntiamo: 30

novembre 2020

Giuseppe Gola, amministratore delegato del Gruppo Acea

«GLI IMPORTANTI RISULTATI RAGGIUNTI CI PERMETTONO DI RIVEDERE AL RIALZO I TARGET ECONOMICI E DI BUSINESS» proseguire nel percorso di crescita - Growth - , incrementare lo sviluppo nelle rinnovabili - Renewables -, spingere sull’innovazione tecnologica anche nei processi industriali - Innovation -, raggiungere obiettivi sfidanti e superarli - Deliver-, con un approccio che fa dello sviluppo sostenibile un elemento fondante - Sustainability -». Il piano, dunque, prevede una crescita media annua dell’ebitda di circa il 7%, per raggiungere i 1,442 miliardi a fine 2024, rispetto agli 1,042 miliardi del 2019 (+38%). Un simile balzo andrà costruito non solo con la crescita organica – che comunque porterà 262 milioni – ma anche ad azioni di efficienza operativa, con un risparmio sui costi per quasi 81 milioni, e una crescita non organica tramite operazioni di M&a per circa 57 milioni. Ed anche i dividendi cresceranno in modo allettante: ne verranno distribuiti per 860 milioni, nel periodo, con una sensibile crescita rispetto al Piano precedente ed una cedola minima di 0,80 euro.


COVERSTORY Ma è la qualità del piano ad aver colpito gli analisti. Qualità di scopi e metodi. Per esempio gli investimenti: 4,3 miliardi sono riferiti all’ambito industriale, oltre l’80% in business regolati, e 0,4 miliardi a operazioni di merger & Acquisition (m&a). In particolare, 0,2 miliardi per attività di m&a, focalizzati su impianti di recupero e trattamento dei rifiuti e 170 milioni per attività di m&a per accelerare l’ampliamento del portafoglio di impianti fotovoltaici. Una importante spinta sarà anche data anche all’innovazione dove, nell’arco dei quattro anni del Piano sono previsti investimenti per 615 milioni su iniziative selezionate che riguarderanno principalmente la digitalizzazione e la creazione di sistemi di gestione intelligente delle Reti e dei servizi. Grande spinta verrà anche data al segmento dell’e-mobility per il quale al 2024 si prevede di aver installato oltre 2.200 colonnine di ricarica. Nel nuovo Piano di Acea infatti la crescita e la creazione di valore vengono progettate per viaggiare strettamente correlate al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità che caratterizzano sempre di più gli indicatori di performance. È stato inoltre calcolato che l’operatività che il Gruppo Acea metterà in atto nell’arco di Piano inciderà positivamente sul Pil italiano per circa 6 miliardi, generando occupazione direttamente e indirettamente per oltre 21.000 persone. Ma vediamo, settore per settore, come agirà il piano. Settore idrico. Nel quadriennio arriverà a generare un incremento di ebitda pari a 199 milioni sui risultati 2019, con una crescita media annua nel periodo 2019-2024 del 7% sostenuto da un piano di investimenti di 2,2 miliardi di Euro. Acea, in qualità di primo operatore idrico in Italia, “intende proseguire nell’azione di tutela della risorsa idrica migliorando la qualità e l’efficienza del servizio offerto nei territori in cui opera caratterizzandosi sempre più come una “Smart Water Company” per la gestione della risorsa idrica in una modalità sostenibile e responsabile. Le azioni più rilevanti che saranno messe in atto nell’arco di Piano riguarderanno l’avvio dei progetti per la messa in sicurezza dell’approvvigionamento idrico della città di Roma”. Infrastrutture energetiche. L’ebitda del settore al 2024 è previsto in aumento a 402 milioni di euro (+54 milioni rispetto al risultato del 2019) con una crescita media annua nel periodo 2019-2024 del 3%, sostenuto da un piano di investimenti di 1,3 miliardi. Acea intende rafforzare il proprio ruolo di attore principale nel processo di transizione energetica con progetti di sviluppo che abilitino l’incremento della domanda di energia elettrica e l’integrazione nel sistema di distribuzione della generazione distribuita. Le iniziative che il Gruppo intende perseguire in questa area riguardano principalmente l’evoluzione tecnologica della rete, con progetti di digitalizzazione tramite telecontrollo e sistemi di IoT (Internet of Things) e l’installazione di smart meter di seconda generazione. Generazione elettrica. Anche quest’attività farà crescere l’ebitda di 62 milioni, con investimenti in M&a per un totale di 0,2 miliardi. Grande impulso verrà dato alla produzione energetica da fonti green a sostegno della decarbonizzazione e della transizione energetica. Acea, infatti, intende incrementare il proprio portafoglio con circa 747 Mw di potenza installata da impianti fotovoltaici a fine 2024, di cui 569 Mw greenfield in aree industriali e agricole e 178 Mw da operazioni

IL PIANO DARÀ GRANDE SPAZIO ALLA INNOVAZIONE CON INVESTIMENTI PER 615 MILIONI DI EURO di M&a. La crescita avverrà anche attraverso partnership con partner finanziari in un’ottica di potenziamento del posizionamento nel settore, mantenendo una solida struttura finanziaria. I nuovi impianti, a regime, avranno una produzione di oltre 1,3 TWh annui, pari a circa 600 kt di emissione di CO2 evitata. Commerciale e trading. Anche qui l’ebitda crescerà a fine piano di 123 milioni, per una customer base di 1,6 milioni di clienti nel mercato libero, con un aumento complessivo della customer base del 17%. Contestualmente Acea si concentrerà nell’offerta di “Smart Services” per rafforzare la relazione con il cliente attraverso l’offerta di servizi a valore aggiunto, come quelli in ambito di efficienza energetica, e l’installazione di impianti fotovoltaici residenziali. Grande spinta verrà anche data al segmento dell’e-mobility per il quale al 2024 si prevede di aver installato oltre 2.200 colonnine di ricarica. Ambiente. Al 2023 il piano prevede che l’ebitda di questo settore si attesti a 127 milioni di euro (+75 rispetto al risultato del 2019) con una crescita media annua nel periodo 2019-2022 di circa il 20%, sostenuto da un piano di investimenti di 0,4 miliardi, di cui 0,2 in operazioni di M&A. Lo sviluppo si concentrerà soprattutto nel rafforzamento del ciclo della valorizzazione dei rifiuti, in coerenza con gli obiettivi di sviluppo di un’economia circolare, in particolare posizionando il Gruppo Acea come operatore di grande rilievo nel trattamento e nel riciclo della carta e della plastica. novembre 2020

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STRATEGIE

MAIOLI: «SOSTENIBILITÀ TOTALE, UNA SFIDA CHE CI VEDE AVANTI» di Sergio Luciano

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on è una moda. Il sistema bancario è ormai impegnato seriamente sulle tematiche della sostenibilità. E noi, come gruppo, possiamo considerarci precursori in questo ambito. Ci siamo impegnati a fondo da più di 10 anni. Non a caso, siamo i primi emittenti al mondo di green bond»: Giampiero Maioli (nella foto), amministratore delegato del gruppo bancario Crédit Agricole Italia, è un banchiere di lungo corso, da molti anni sulla tolda di tutte le attività italiane del più importante gruppo bancario e finanziario europeo. «Quello della sostenibilità è un percorso lungo», prosegue, «che ha coinvolto tutte le anime del gruppo e che sta finalmente entrando nelle politiche e strategie del mondo finanziario ma anche delle imprese. E considero il green deal europeo un piano epocale, il più grande dal dopoguerra, qualcosa che inciderà non solo nelle strategie e policy imprese ma nella vita e nei comportamenti di ogni cittadino». Per il banchiere, «i criteri Esg e in generale le metriche più affidabili che si sono delineate per la valutazione della qualità dell’impegno e dei risultati nella transizione energetica e ambientale hanno iniziato a entrare nei sistemi di valutazione del credito per varie ragioni. Innanzitutto perché è dimostrato il maggior valore delle aziende che investono in sostenibilità e che adottano le giuste modalità gestionali, di trasparenza, con al centro delle strategie che non siano solo finanziarie». Nel piano industriale varato due anni fa dal gruppo Crédit Agricole, in effetti, si teneva già in forte considerazione la sostenibilità: «Quello di Crédit Agricole è un approccio del quale sono orgoglioso e anche sostenitore», prosegue Ma32

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ioli: «nel piano industriale in essere di CA abbiamo deciso di indicare 4 pilastri: capitale umano, sostenibilità, cliente al centro e innovazione. L’abbiamo deciso due anni fa, quando non sapevamo quel che sarebbe successo, e tantomeno quel che stiamo vivendo oggi. Abbiamo puntato sul capitale umano, perché tutto quello che facciamo ruota intorno alla persona; e sulla sostenibilità perché è fondamentale per le aziende e le persone. Aggiungo che vogliamo raggiungere presto l’obiettivo che il 100% dei fondi collocati dalle nostre reti applichino nelle loro scelte di investimento i principi Esg, ma non solo: con Amundi abbiamo iniziato a creare pre-

IL CREDIT AGRICOLE PIONIERE DEL «GREEN» E LEADER MONDIALE NEI GREEN BOND


COVERSTORY cisi criteri di valutazione sull’effettiva capacità delle aziende in termini di sostenibilità, creando un rating qualitativo che potrebbe avere impatti su credito e su pricing”. E questa è l’altra novità che Maioli indica come quasi rivoluzionaria per il mercato del credito: «La rilevanza creditizia dell’impegno delle imprese nella sostenibilità è una strada tracciata dalla Bce che ha stabilito che, dal 1° gennaio 2021, i green bond saranno eleggibili come garanzie collaterali delle operazioni di prestito alle banche dell’Eurosistema. È un indirizzo molto forte in questo senso. Semmai un punto di attenzione che ci impegnerà ancora molto sarà come trasferire tutto questo patrimonio di nuovi valori al mondo del retail, delle Pmi, oggi colpite da esigenze di tutt’altra natura, oltre che dalla mera emergenza sanitaria. Il punto al quale tutti dobbiamo dedicare attenzione è come accompagnare le imprese alla transizione tenendo conto delle loro difficoltà sulla linea della continuità aziendale. Trovare soluzioni perché tutte le imprese possano arrivarci in un periodo ragionevole». In questo senso il sistema bancario italiano ha avuto un importante ruolo di supporto nella resistenza alla prima ondata della pandemia ed a quella che stiamo vivendo oggi: «È stato un ruolo chiave direi», sottolinea Maioli, «nel garantire i servizi essenziali ai clienti. Non era scontato. Le filiali bancarie sono tutte rimaste aperte durante il lockdown primaverile, in tutte le zone rosse, garantendo l’erogazione dei servizi, e colgo l’occasione per ringraziare i colleghi rimasti attivi in prima linea, esposti ai rischi del contagio più di tanti altri. Il sistema italiano ha gestito più di 3 milioni di moratorie per oltre 300 miliardi, solo noi come Crédit Agricole Italia abbiamo messo a disposizione 12 miliardi per 105 mila clienti tra moratorie, prestiti e finanziamenti garantiti dallo Stato. Per fortuna, il sistema si è fatto trovare molto preparato grazie anche al ruolo del regolatore: rispetto alla crisi 2008-2011 l’indice patrimoniale fondamentale (Cet 1 Ratio, ndr) è passato da 7 a 14 per cento, gli Npl sono stati ridotti dai circa 200 miliardi del 2015 a 80 miliardi: sono stati fatti sforzi enormi». Insomma la sostenibilità in ambito bancario è tutt’altro che una parola d’ordine o uno slogan: è una vera e propria linea guida, tanto che la “Banca Verde” – così come viene spesso citata, per il suo radicamento nel settore agroindustriale – è il 1° finanziatore della transizione energetica in Francia. Una sostenibilità che è dunque parte integrante del Dna aziendale: il percorso parte dalla Francia nel 2003, con l’adesione al Global Compact delle Nazioni Unite, ed approda con successo anche in Italia, secondo mercato domestico per il Gruppo, che nel nostro Paese è presente con tutte le sue linee di business, un totale di 14.000 collaboratori e più di 4,5 milioni di clienti per 76 miliardi di finanziamento all’economia. In questo quadro Crédit Agricole Italia e Amundi, la sgr del gruppo, ultimeranno il catalogo di offerta Esg entro il pros-

simo anno, per completare la migrazione verso il 100% di fondi Esg entro il 2021. E, come Maioli sottolineava, Amundi - primo asset manager europeo e fra i primi 10 a livello mondiale - ha adottato i criteri Esg fin dalla sua costituzione, affiancandoli ai tradizionali parametri finanziari. Attraverso la lente Esg Amundi valuta la qualità di una società e del suo management poiché tali aspetti incidono direttamente sulle performance finanziarie di un’azienda, sulla gestione dei rischi e rappresentano un driver fondamentale per la creazione di valore nel lungo termine. Del resto, Amundi è senz’altro una “pioniera negli investimenti responsabili”: con oltre 30 anni di esperienza nel settore, è stata membro fondatore e firmatario nel 2006 dei Principi per gli Investimenti Responsabili (PRI) delle Nazioni Unite. Oggi gestisce 331 miliardi di euro in investimenti responsabili e vanta un team di analisti dedicato che sviluppa e implementa le metodologie Esg proprietarie. E si impegna a spingersi ancora oltre: «In un momento in cui la sostenibilità è sulla bocca di tutti è importante presentare ai risparmiatori credenziali affidabili che testimonino un impegno serio, concreto e non opportunistico», conferma Paolo Proli, head of retail division and executive board member di Amundi. «Con oltre trecento miliardi di euro di masse gestite in modo sostenibile e un piano triennale che si completerà nel 2021 includendo i principi Esg in tutta la nostra gamma d’offerta, siamo l’interlocutore di riferimento per la clientela italiana sempre più interessata alle tematiche di sostenibilità e alla ricerca di un partner affidabile per la gestione dei propri investimenti responsabili. L’investimento responsabile è qui per restare. È in assoluto il megatrend più importante non solo per gli investitori, ma per tutti gli esseri umani. Essendo stati pionieri nel mondo della finanza sostenibile, ci presentiamo alla clientela italiana con risposte concrete ai loro bisogni di investimento sostenibile attraverso un’ampia gamma di soluzioni di investimento finalizzate a supportare la transizione energetica e a realizzare un impatto positivo in settori cruciali come la salute, l’istruzione e l’agroalimentare, contribuendo al tempo stesso a ridurre le disuguaglianze e a favorire l’inclusione». «Anche e soprattutto in questo momento è essenziale pensare non solo all’oggi, ma alle prospettive di lungo termine, per ognuno di noi, dei nostri clienti e dell’ambiente in cui operiamo», conclude Gianluca Bisognani, direttore marketing e digital di Crédit Agricole Italia. «È per questo che il nostro gruppo parla di futuro e lo fa in chiave sostenibile: per Crédit Agricole Italia significa farsi parte attiva verso il mercato e i nostri clienti, con la promessa di esserci, come partner competenti e affidabili nella costruzione dei piani di risparmio e investimenti, con in più l’impegno a sostenere settori cruciali come la salute e l’istruzione».

«LA BCE HA DECISO CHE CON IL 2021 I BOND VERDI SONO ACCOLTI COME GARANZIE COLLATERALI»

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PARLA PAOLA PIERRI

FILANTROPIA E FINANZA SOCIALE COSÌ LE AZIENDE AIUTANO LE PERSONE di Chiara Merico

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l lancio dei social bond europei, con l’emissione da parte della commissione Ue di obbligazioni per 17 miliardi di euro nell’ambito dello strumento Sure per finanziare le misure di sostegno ai lavoratori colpiti dalla pandemia, ha acceso i riflettori sul tema della finanza sociale. Quella di Bruxelles è infatti un’iniziativa di grande rilevanza, che ha contribuito a portare alla ribalta l’importanza di stabilire una relazione più stretta tra il mondo della finanza e le attività utili al progresso della società. Nell’ambito della finanza mainstream, stiamo assistendo a un «movimento molto lento ma ineluttabile», in base al quale le società del settore sentono sempre più «la pressione a introdurre nei loro prodotti elementi che rispettino i criteri di sostenibilità Esg (Environment, social, governance, ndr)», osserva Paola Pierri (nella foto), fondatrice e presidente esecutivo della Pierri Philanthropy Advisory, società specializzata in consulenza e formazione sui temi della finanza sociale. Tra le tre lettere che costituiscono l’acronimo, sottolinea Pierri, «la E di environment, ambiente, è quella che fa la parte del leone, mentre la S è quella di cui si parla meno, perché viene interpretata come la vecchia corporate philanthropy: l’azienda si occupa di gestire al meglio la sua attività principale e poi fa qualche donazione. Le aziende più avanzate sotto questo profilo finanziano iniziative di sviluppo nei territori di riferimento». E per quanto «tutti siamo contenti di questa accresciuta sensibilità» nei confronti della sostenibilità, «restiamo sempre nell’ambito dell’economia tradizionale, c’è poco di innovativo». Per andare oltre, rimarca Pierri, «c’è bisogno di iniziative che vengano dal basso e che cerchino di applicare qualche meccanismo di vera finanza sociale, cioè affrontare temi sociali complessi facendo leva su un know how tradizionale». La finanza sociale, spiega l’esperta, «dovrebbe andare a stanare una domanda più forte in termini di contenuti rispetto a quella mainstream, anche se ovviamente parliamo di un mercato più piccolo». Per chiarire meglio il concetto di finanza sociale Pierri utilizza un esem34

SI È CONCENTRATI SUL CORE BUSINESS FACENDO QUALCHE DONAZIONE SPORADICA. MA LA CORPORATE PHILANTROPY PUÒ CAMBIARE. IN MEGLIO

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pio concreto. «Prendiamo il tema della gestione della popolazione che invecchia. Le Rsa, diventate tristemente famose nei mesi della pandemia, sono una soluzione per chi ha parenti anziani ma non possono essere l’unica risposta a un’esigenza in crescita». In questo senso, «una soluzione di finanza sociale può essere acquistare un intero condominio e ristrutturare gli appartamenti per renderli abitabili dagli anziani. Nello stesso condominio si possono poi ricavare alloggi per studenti universitari, che in cambio di un affitto agevolato si offrano per fare la spesa, fare compagnia agli anziani, essere disponibili nelle ore notturne, nell’ambito di un contratto sociale. Oppure si possono riadattare due o tre appartamenti ad alloggi in cui vivono gruppi di badanti gestite da cooperative sociali, che possono alternarsi nella cura degli anziani coprendo anche esigenze diverse». Per rendere tutto questo possibile «ci vuole la finanza. Servono modalità per adattare le forme della finanza a soluzioni di questo tipo: l’importante è offrire una soluzione al problema sociale», commenta Pierri. «In Italia siamo portati a pensare che questi problemi si risolvano con le donazioni, ma non è così: il ruolo della finanza sociale è essenzialmente questo». Nel panorama attuale in questo ambito sono presenti moltissime «iniziative che vengono dal basso: alcune riescono, altre falliscono. E sono proprio queste piccole iniziative, spesso poco visibili ma molto importanti, a costituire il tessuto della vera finanza sociale».


PRODOTTI VERDI

COVERSTORY

a cura di Francesco Bellizzi

KIS CLIMATE CHANGE ESG

FONDI PASSIVI

BLACKROCK, LANCIA IL PRIMO ETF GOVERNATIVO AGGIUSTATO PER I RISCHI CLIMATICI

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nvestire nei titoli di Stato dell’Eurozona, bilanciando il rischio e prediligendo un’esposizione verso i Paesi meno esposti ai rischi del cambiamento climatico. È la strategia dell’iShares € Govt Bond Climate Ucits Etf, fondo lanciato a inizio ottobre su Xetra da BlackRock. Il fondo replica il Ftse Advanced Climate Risk-Adjusted Emu index, un indice che pondera i diversi Paesi sulla base di una valutazione del rischio climatico centrata su tre criteri: rischio fisico, rischio di transizione e resilienza. «Gli emittenti sovrani stanno affrontando una crescente pressione per soddisfare i criteri di sostenibilità», commenta Brett Olso (nella foto), head of iShares fixed income Emea di BlackRock. “Fino a oggi gli investitori disponevano di limitate opzioni efficienti dal punto di vista dei costi per esposizione a titoli di Stato che incorporano il rischio climatico. Questo lancio è l’ennesima testimonianza del nostro impegno ad offrire agli investitori una maggiore scelta nella costruzione di portafogli sostenibili”.

L’AZIONARIO GLOBALE DI KAIROS GUADAGNA DALLA LOTTA PER LA DIFESA DEL PIANETA

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i chiama Kis Climate Change Esg, il comparto sull’azionario globale denominato in euro, che Kairos Sgr ha lanciato a fine ottobre scorso. La selezione dei sottostanti (attiva, qualitativa e bottom-up) è orientata verso la ricerca di titoli che generano valore anche dall’integrazione nel proprio business dei fattori di governance sociale, ambientale e aziendale. Il nuovo prodotto della società del gruppo Julius Baer divide in due macro-categorie i titoli da selezionare: quelli che offrono soluzioni per contrastare il cambiamento climatico e quelli che offrono soluzioni per gestirne i rischi e gli effetti. La policy Esg del Kis Climate Change Esg si avvale della collaborazione di Sustainalytics. Il gestore del fondo è il portfolio manager Francesco Zantoni, tornato in Kairos lo scorso giugno. Zantoni ha esperienze nella riassicurazione di rischi naturali legati alla meteorologia e la progettazione e costruzione di grossi impianti per il settore oil&gas e power generation. «Questo nuovo fondo si posiziona accanto al Kis Activ Esg e al Kis Us Millennials Esg, lanciati l’anno scorso», commenta Guido Brera (nella foto), cio asset management di Kairos. «Abbiamo individuato settori ad alto potenziale», aggiunge Zantoni, «quali information technologies, life e material sciences, renewable energies e selezionato le società che puntano alla crescita degli utili senza dimenticare i cambiamenti climatici».

ANCHE LA SVIZZERA PUNTA SULL’AMBIENTE

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UBS: LA GAMMA VITAINVEST VA A GONFIE VELE E ADESSO SARÀ PIÙ VERDE

li investimenti sostenibili sono al primo posto tra le richieste della clientela privata. Questo è il fenomeno che Ubs Am ha notato nell’analisi dell’andamento dei prodotti nel terzo trimestre dell’anno. Ubs Am ha registrato, nel terzo trimestre dell’anno, una forte crescita dell’utile ante imposte della gamma Ubs Vitainvest su azioni e bond, che comprende previdenza professionale e risparmi previdenziali privati. Con 2.578 milioni di dollari di utili ante imposte, i fondi hanno registrato +92% su base annua e +41% su base rettificata1 (pari a 2.053 milioni). L’utile netto attribuibile agli azionisti, invece, è stato di 2.093 milioni e corrisponde a un aumento del 99% su base annua. Il rendimento del

capitale Cet12 (RoCet1) è stato del 21,9%. Tale crescita rappresenta una fetta importante dei 488 miliardi di dollari di asset sostenibili core che Ubs ha in pancia. Per questo motivo la sua società di asset management annuncia il riposizionamento della gamma per una maggiore integrazione dei criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (Esg). Un piano contenuto nel Climate Aware di Ubs Am. «La nostra capacità di concentrarci sui clienti e di ottenere un risultato finanziario così forte nei primi nove mesi del 2020 parlano da sé. Ubs ha tutte le carte in regola per scrivere un altro capitolo di successi della sua storia sotto la guida di Ralph», commenta il group chief executive officer Sergio P. Ermotti (nella foto). novembre 2020

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L’INTERVISTA FILO DIRETTO CON IL MINISTRO AMENDOLA

«Ristori, competitività e Mezzogiorno Così il governo userà i soldi europei» di Alfonso Ruffo

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na società più equa è anche una società più ricca. Così Vincenzo Amendola, napoletano, classe 1973, ministro per gli Affari europei con una lunga e variegata esperienza di partito (Pci, Pds, Ds, Pd) illustra nell’intervista che segue il principio ispiratore della sua attività di governo. Dunque: difendere le classi maggiormente colpite dal Covid, favorire la competitività delle imprese, rilanciare il Mezzogiorno chiave Paese. Amendola è l’uomo al quale il premier Giuseppe Conte ha delegato il complesso e delicato incarico di raccogliere, vagliare e portare a sintesi i progetti che entreranno a far parte del Piano nazionale di rilancio e resilienza cui è legata la prospettiva di ricevere 209 miliardi dall’Europa. Ministro Amendola, lungo quali direttrici si allineeranno i progetti del Next Generation Eu? I piani nazionali devono assicurare la doppia transizione verde e digitale, oltre a rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica e sociale. Questa è la sfida che i 27 Stati membri dell’Unione europea dovranno vincere tutti insieme per risollevarsi dalla crisi.

Quali criteri seguirete per selezionare le proposte che stanno piovendo sul suo tavolo? I criteri sono contenuti nelle Linee guida individuate dal Governo di concerto con le Regioni e gli enti locali, sulle quali si è espresso anche il Parlamento, approvando le risoluzioni di maggioranza alla Camera e al Senato. A queste si aggiungono le Linee Guida dell’Europa che indicano inoltre alcuni ‘progetti bandiera’, tra i quali figurano efficienza energetica degli edifici pubblici e privati e trasporto sostenibile. 36

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«I PIANI NAZIONALI DEVONO ASSICURARE LA DOPPIA TRANSIZIONE VERDE E DIGITALE, OLTRE A RAFFORZARE IL POTENZIALE DI CRESCITA, LA CREAZIONE DI POSTI DI LAVORO E LA RESILIENZA ECONOMICA E SOCIALE»

Avrete la forza di resistere alle spinte redistributive e premiare invece gli investimenti produttivi? Non si tratta di resistere alle spinte redistributive, il Next Generation Eu nasce nelle intenzioni dell’Europa come uno strumento per aiutare innanzi tutto le fasce della società più colpite dalla crisi innescata dal Covid e, al contempo, per favorire la crescita economica. Non a caso fra le missioni indicate nelle Linee guida italiane c’è la competitività del sistema produttivo. I partner nordeuropei ci accusano di aver messo in campo troppe misure di stampo assistenziale. Hanno ragione? I partner europei non possono accusarci di nulla perché i Piani nazionali di rilancio e resilienza saranno consegnati soltanto nel 2021. Punteremo a misure che favoriscano la crescita, come preannunciato nelle Linee guida. Come li convincerà delle nostre capacità? I partner europei hanno stima dell’Italia e ricordo che la stessa


L’INTERVISTA presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato l’adozione di un salario minimo europeo per far fronte alle esigenze di chi è più in difficoltà. Una società più equa, con una distribuzione più diffusa delle risorse, è anche una società potenzialmente più ricca. I soldi che arriveranno dall’Europa, se ce li meriteremo, dovremo poi restituirli. È chiaro questo concetto alla politica? Solo una parte di questi fondi è a prestito, a interessi molto bassi per altro, perché per la prima volta la Commissione europea – che ha un ottimo rating - emetterà debito comune. Il resto consiste invece in sovvenzioni a fondo perduto.

Alla fine, prenderemo i fondi del Mes o ce li faremo sfuggire? Sul Mes il confronto è aperto. Occorre valutare costi e benefici quindi decidere. Confido in un dialogo costruttivo e non ideologico tra le forze di Governo e il Parlamento. Comunque sia dobbiamo affrontare una sfida epocale. Come fare con l’apparato burocratico che ci ritroviamo? Un importante capitolo di Next Generation Eu riguarda appunto la digitalizzazione del sistema della Pa che comporterebbe anche una forte ‘sburocratizzazione’ del sistema. Procederemo a una riforma che colmi i ritardi storici dell’Italia anche su questo piano.

Quale impatto avrà il Recovery sul Mezzogiorno? Il Mezzogiorno sarà necessariamente beneficiario dei fondi messi a disposizione dall’Europa. Con il ministro Provenzano stiamo lavorando per superare le strozzature che rallentano l’economia del Sud e di conseguenza di tutto il Paese. Il Piano di Rilancio rappresenta una grande occasione di riscatto per il Mezzogiorno. Lei si può considerare un asburgico napoletano: ci vorrà più rigore o più fantasia per risollevare il Sud? Vanno di pari passo, come il genio italiano sa fare.

Faccia un appello a tutte le forze politiche e ai governatori regionali, molti dei quali neoeletti. La classe dirigente regionale e locale dovrà essere sempre più anche classe dirigente europea. Bisogna entrare nella mentalità secondo cui, grazie alla svolta impressa all’ Europa dal Next Generation Eu, nessun amministratore, nessun sindaco, nessun presidente di Regione potrà più ragionare soltanto con lo sguardo rivolto al proprio territorio, ma dovrà avere un orizzonte ampio, cogliendo tutte le opportunità che può offrire l’Unione europea. Ministro Amendola, per lei si tratta di superare una prova molto impegnativa. Si riterrà soddisfatto a quali condizioni? Il mio compito è esercitare le funzioni che mi competono da ministro nell’interesse esclusivo della nazione. Mi ritengo soddisfatto dunque di adempierle con disciplina e onore ogni giorno.

«CON IL MINISTRO PROVENZANO STIAMO LAVORANDO PER SUPERARE LE STROZZATURE CHE RALLENTANO L’ECONOMIA DEL SUD E DI TUTTO IL PAESE»

CON I CONTRATTI ISTITUZIONALI DI SVILUPPO UN ACCELERATORE SULL’IMPIEGO DEI FONDI

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a stella polare di Palazzo Chigi per impiegare finalmente con efficienza i fondi europei sono i Contratti istituzionali di sviluppo. Funzionano, e riscattano le regioni e anche gli enti locali minori che se ne avvalgono dalle accuse purtroppo spesso fondate rispetto al passato di non saper spendere i fondi europei. Ne è convinto e concretamente impegnato

a estendere al massimo l’impiego di questo strumento il Consigliere per il Sud scelto dal premier Giuseppe Conte: Gerardo Capozza, irpino, ex sindaco di Morra De Sanctis e già capo del cerimoniale di Palazzo Chigi. «La priorità per il territorio il Mezzogiorno è riuscire a spendere le risorse che vengono messe a disposizione in tempi certi

e su progetti precisi», spiega Capozza in un’intervista che uscirà integrale sul prossimo numero del mensile Economy. E snocciola i dati che dimostrano come con lo strumento dei Cis il miracolo sia possibile. In sostanza, i Comuni vengono aiutati da Investitalia e Invitalia a presentare i progetti che Palazzo Chigi poi approva, d’intesa con tutti i ministeri

interessati, in una sorta di conferenza dei servizi nazionale che accelera l’iter. Il presidente del consiglio fa da garante, gli uffici sono incaricati di ridurre al minimo gli inevitabili intoppi burocrati e di monitorare i soldi assegnati ma non spesi. Effettivamente ad esempio per i fondi strutturali europei è forse agevole impegnarli ma molto meno spenderli bene.

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DOSSIER donne al vertice

PARITÀ DI GENERE

Finanza, le donne lo sanno come si fa a comandare di Chiara Merico

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l mondo della finanza è ancora, almeno in Italia, considerato un club per soli uomini: nonostante i recenti progressi le donne al vertice sono ancora poche. Nelle grandi banche, calcola il Sole 24Ore, la percentuale di donne che ricoprono ruoli cosiddetti “C-level”, cioè a diretto riporto dell’amministratore delegato, si mantiene su un risicato 15%, mentre nelle assicurazioni sale al 35%. Nonostante ciò, nel panorama della finanza italiana non mancano le società – dalle reti di consulenza finanziaria alle case di gestione del risparmio, fino alla stessa Borsa Italiana – in cui la presenza femminile in ruoli apicali è già una realtà.

Le regine di cuori del gestito Secondo i dati Censis-Assogestioni il 40,3% degli italiani preferirebbe investire in un’azienda o in fondi di investimento guidati da donne, mentre il 39,9% sceglierebbe un consulente finanziario donna. Di conseguenza, anche nell’indu38

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Nelle foto, dall’alto e da sinistra: Alessandra Manuli a.d. di Hedge Invest Sgr; Alma Foti v.p.Anasf; Claudia Segre presidente di Global Thinking Foundation; Gabriella Berglund country head Comgest; Cristina Mazzurana managing d. Capital Group; Donatella Principe cmo Fidelity; Daniela Usai di Candriam; Loredana La Pace country head Goldman Sachs AM, Marta Testi Ceo di Elite; Germana Martano dg Anasf; Nevia Gregorini Bnp Paribas; Simona Merzagora managing d. NN IP; Stefania Paolo country head Bny M.; Cinzia Tagliabue a.d. Amundi; Teresa Calabrese Bnp-Paribas; Laura Nateri Lazard Funds; Paola Pietrafesa a.d. Allianz Bank FA

stria dell’asset management il numero di donne che ricoprono ruoli di responsabilità sta crescendo. «Oggi si vedono degli spiragli di una maggiore apertura alla diversità di genere per quanto concerne le posizioni di vertice anche nel settore finanziario, storicamente meno attento a valorizzare questo aspetto», commenta Cinzia Tagliabue, ad e dg di Amundi Sgr e deputy head of retail division di Amundi. «Credo che le donne abbiano una spiccata attitudine a creare contesti lavorativi che facilitano la collaborazione, l’innovazione e l’ascolto abbinando tutto ciò al pragmatismo e alla capacità di prendere decisioni tempestive, mettendo in primo piano la sostenibilità dei risultati dell’azienda e gli obiettivi collettivi e lasciando in secondo piano gli obiettivi personali». «Anche se i Capital Markets sono un settore con scarsa presenza di donne, soprattutto in posizioni di vertice, la rappresentanza femminile sta, per quanto lentamente, aumentando», conferma Nevia Gregorini, head of Exchange traded solutions di Bnp Paribas Corporate & Institutional Banking. In questo senso «la crisi del covid potrebbe avere un effetto ‘make or break’: se da un lato il peso della cura dei bambini e dell’homeschooling è ricaduto principalmente sulle donne, dall’altro la maggiore apertura verso lo smart working e il lavoro per obiettivi potrebbe diventare un trend di lungo periodo, favorendo l’incremento della presenza femminile». Fondamentale in questo senso è l’ambiente in cui si lavora. «Ho la fortuna di lavorare in un gruppo che valorizza il merito e le competenze


prima di tutto, e che si impegna attivamente per favorire la diversity e contrastare qualsiasi pregiudizio», racconta Stefania Paolo, country head per l’Italia di Bny Mellon Investment Management. Per la manager «il ‘tetto di cristallo’ nell’industria finanziaria esiste ancora, ma sono stati compiuti concreti progressi in favore della parità di genere, anche grazie agli sforzi di

head Italy di Goldman Sachs Asset Management. «In ogni caso ritengo che la presenza delle donne, così come la valorizzazione del loro ruolo e il riconoscimento dei loro meriti possano offrire un valido supporto per orientare in modo più efficiente la valutazione e l’assunzione dei rischi sui mercati». «Dirigere una società richiede grande impegno, forza e tanta passione. Per una donna il tutto si complica ulteriormente a causa della necessità di conciliare la carriera con la vita familiare», evidenzia Alessandra Manuli, a.d. di Hedge Invest Sgr. «La nostra società è nata nel 2001: ero molto giovane, mi ero laureata appena da due anni, ma avevo una grandissima passione per gli investimenti. Dal 2008 in poi la situazione è diventata più complicata e l’impegno richiesto, anche emotivo, è cresciuto verticalmente. Ogni mattina mi chiedo se sia giusto dedicare tutte queste energie al lavoro, ma la passione è ancora forte come il primo giorno». «Lavoro nel settore finanziario da oltre 25 anni e nel tempo ho costruito un percorso guidato dalla voglia di imparare, di crescere e di contribuire a cambiare le cose, cercando allo stesso tempo di conciliare la vita familiare perché fare carriera e avere una famiglia si può. Gli uomini lo fanno sempre», racconta Laura Nateri, managing director e country head Italia di Lazard Fund Managers. «Il confronto con i nostri colleghi è un’opportunità per imparare da chi siede nella stanza dei bottoni, una sfida perché farsi avanti in un mondo che parla una lingua diversa spesso richiede un dispiego di energie non indifferente». «Uno dei compiti più ardui ma al tempo stesso coinvolgenti del ruolo di manager è legato allo sviluppo e alle performance del team», evidenzia Simona Merzagora, managing director di NN Investment Partners. «In questi anni ho avuto la possibilità di creare un ambiente lavorativo agile, veloce, flessibile. Un team dove c’è il chiaro riconoscimento delle competenze e dei punti di forza sui quali investire per creare valore».

CRESCE LA PRESENZA FEMMINILE IN RUOLI APICALI E NEI “C-LEVEL” NEL SETTORE FINANZIARIO. LE MANAGER PIÙ IN VISTA SI RACCONTANO grandi gruppi come il nostro». «Nel mondo della finanza è necessario abbattere gli stereotipi e promuovere la diversità per migliorare i processi decisionali e incrementare i risultati aziendali”, nota Daniela Usai, head of retail Italy di Candriam. «Per ridurre il gender gap servono manager di società lungimiranti come Candriam, che incoraggiano i talenti femminili affidando loro ruoli di crescente responsabilità. Quanto più le donne ricopriranno ruoli apicali, tanto più potranno rappresentare dei modelli per le generazioni future. La mia carriera professionale è da sempre improntata alla costanza e alla determinazione: con la competenza e la grinta giusta si può arrivare ai vertici». Concorda Cristina Mazzurana, managing director di Capital Group in Italia: «è necessario imparare a prendere un responso negativo a una nostra richiesta non come una valutazione di merito sulla nostra persona, ma come una spinta a completare e migliorare la nostra conoscenza. Siamo noi per prime a dover credere di essere in grado di poter ricoprire certi ruoli». Anche il percorso di Gabriella Berglund, country head Italia di Comgest, è esemplificativo: «Sono entrata in Comgest nel 2010; da 8 anni seguo il mercato italiano per la società e a settembre di quest’anno ho avuto il piacere di inaugurare la nuova sede italiana». «Sebbene persista ancora una visione della finanza come un mondo a predominanza maschile, ora emerge dell’evidenza non solo circa il numero crescente di donne che operano in questo settore, ma anche le posizioni di rilievo che oggi riescono a raggiungere. Donne preparate, intraprendenti, motivate, con una forte passione per il loro lavoro», sottolinea Donatella Principe, director market and distribution strategy di Fidelity International. «Tuttavia, noi donne tendiamo a isolarci e combattere da sole, mentre gli uomini tendono a fare gruppo. Dovremmo creare anche noi un po’ di cameratismo, oltre a cercare il supporto e il confronto con altre donne». «Oggi la presenza delle donne in posizioni di leadership è in crescita nel mondo del risparmio gestito e nel settore finanziario in senso ampio: ne è la prova la recente nomina di Jane Fraser a ceo di Citigroup, seguita pochi giorni dopo da quella di Stephanie Cohen a co-head della divisione consumer and wealth management di Goldman Sachs», fa notare Loredana La Pace, country

Onda rosa a Piazza Affari Anche Piazza Affari punta da tempo sulla valorizzazione delle professionalità di sesso femminile: Borsa Italiana ha infatti avviato un progetto in questo senso che è culminato per esempio nella recente nomina di Marta Testi a ceo di Elite, il programma che sostiene la crescita delle imprese nazionali ad alto potenziale. Tra le altre manager ricordiamo Barbara Lunghi, che siede nel board di Borsa Italiana ed è responsabile dei mercati primari; Marina Famiglietti, HR managing director, nel board di Monte Titoli, Valentina Sidoti, head of global buyside & market analysis and regulation, nei board di MTS e Monte Titoli e infine Cristina De Haag, head of legal Italy, chairman nel Board di Bit Market Services. «È per me un onore essere alla guida di un team di persone ambiziose che negli ultimi otto anni hanno trasformato Elite da un’idea a un ecosistema internazionale con al centro un chiaro obiettivo: rendere i capitali privati accessibili a chi fa impresa», racconta la ceo di Elite Marta Testi. «Elite è una realtà che premia il talento senza alcuna distinzione di genere e che promuove da sempre i diversi punti di vista di ciascuno». novembre 2020

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DOSSIER donne al vertice Consulenza finanziaria al femminile Il mondo della consulenza finanziaria si sta tingendo sempre più di rosa, anche se al momento le donne sono solo poco più di un quinto degli iscritti all’albo dei cf abilitati all’offerta fuori sede. Nel 2019 la percentuale era del 21,6%, in lieve crescita rispetto al 21,4% del 2018, per un totale di 11.493 iscritte. Le donne sono arrivate anche ai vertici dell’associazione di categoria, l’Anasf. «La professione del cf è cambiata moltissimo: la formazione è fondamentale, oltre che obbligatoria, e le doti personali e umane nell’approccio con la clientela sono qualità indispensabili», spiega Alma Foti, vicepresidente dell’associazione. «Proprio per questo ritengo che le donne possano e debbano avere uno spazio sempre più grande in questo ambiente. L’empatia, la capacità di entrare in sintonia con le persone, la lettura del non detto e l’abilità a formulare le domande giuste appartengono senz’altro al mondo femminile. La donna è poi un’ottima promotrice di sé stessa». Inoltre, quella della consulenza «è una professione bellissima, per il rapporto che si crea con i clienti e per la possibilità che dà di gestire la giornata, organizzandola anche in funzione della propria famiglia». Eppure «Noi donne rappresentiamo soltanto un 20% circa del settore e questa percentuale è ancora più bassa se consideriamo i ruoli manageriali. La promozione di modelli femminili nel mondo della finanza è davvero carente: riservare uno spazio maggiore alla componente donna nel marketing migliorerebbe la situazione». «Di strada ne è stata fatta tanta, ma certo c’è ancora tanto da miglio-

SONO LONTANI I TEMPI IN CUI A UNA CONSULENTE DIEDERO IN PREMIO UN OROLOGIO DA UOMO rare, soprattutto in contesti ritenuti per convenzione e cultura tipicamente maschili come quello della finanza», nota Germana Martano, direttore generale dell’Anasf. «Ciò che è cambiato oggi è la consapevolezza: le donne si sentono più sicure di loro stesse, anche nel proporsi per posizioni ai vertici, e questo, nonostante a volte si scontri con la cultura italiana ancora poco avvezza alla parità di genere, rappresenta una svolta importante». Gli esempi non mancano: «A presiedere oggi il Comitato per l’educazione finanziaria del Mef è una donna, Annamaria Lusardi; e a dirigere il Financial Times, per la prima volta in 131 anni, è arrivata Roula Khalaf. I tempi sono certamente più maturi rispetto a quando decenni fa la consulente finanziaria Laura Arconti, socia Anasf e scomparsa lo scorso anno, venne premiata per i suoi risultati con un orologio da uomo». Per Martano «le tematiche di genere sono legate a quelle sociali: mettere le donne nelle condizioni di poter svolgere con serenità il proprio ruolo deve essere uno degli scopi di una politica che prenda in carico il tema del welfare. ». «Mi riconosco in alcune caratteristiche emergenti di leadership come l’ascolto e l’empatia, oggi molto ricercate e peculiari delle donne», nota Paola Pietrafesa, ad e dg di Allianz Bank Financial Advisors. “Dimostriamo anche un maggiore senso della protezione del bene, un driver che mi ha guidata nelle scelte per i nostri clienti, dipen40

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denti e consulenti. In Allianz Bank FA abbiamo investito molto per fare emergere le donne in ruoli apicali: già tre anni fa abbiamo istituito una commissione femminile all’interno dell’Accademia della nostra rete». «Al di là del genere, credo che la passione con cui si vive questa professione sia l’elemento fondamentale, così come la formazione ne è la discriminante», racconta Teresa Calabrese, recruiting manager e team manager di BNL-BNP Paribas Life Banker. «Quando ho iniziato questo mestiere le consulenti finanziarie erano una rarità: nel 1998, alla nascita dei comitati territoriali dell’Anasf, sono stata l’unica donna in Sicilia a farne parte, mentre altre colleghe iniziavano a farsi spazio in un settore fino ad allora predominio maschile. Eravamo delle pioniere. E sempre nel 1998 venne istituita la commissione Pari opportunità, della quale ero componente per il Sud: allora eravamo appena il 10% della categoria». Oggi il quadro è cambiato. «Grazie alla preparazione professionale molte colleghe come me hanno scelto carriere manageriali e si sono affermate in ruoli apicali lavorando con determinazione, rigore, programmazione, efficienza e sensibilità, un atteggiamento che riscontro anche in colleghi maschi. Ne ho la prova anche quando faccio formazione, ancor di più ora che Bnl-Bnp Paribas Life Banker mi ha dato la possibilità di portare la mia esperienza nel nostro master in consulenza patrimoniale», sottolinea Calabrese. «In Anasf contribuirò attivamente a valorizzare i rapporti con le università e per una proposta formativa sempre più distintiva, che guardi alla qualità e alla cultura finanziaria. Si è bravi consulenti finanziari e patrimoniali se si fa bene e con passione il proprio lavoro, che si sia uomo o donna». L’educazione alla finanza è al centro dall’attività di Claudia Segre, presidente di Global Thinking Foundation. «Quando ho iniziato a lavorare nel settore nel 1986, la diffusione degli stereotipi era palpabile», racconta. «Negli ultimi dieci anni l’affermazione femminile in ambito finanziario è molto cambiata, prima di tutto per la legge sulle quote rosa e poi per il cambiamento portato dalle nuove generazioni, svincolate da una mentalità conservatrice e maggiormente determinate a far valere i propri diritti». Per Segre «l’empowerment di genere è un’arma vincente perché ha senso per tutti e non è altro che la realizzazione di una società inclusiva ed equa».


RILEVAZIONI & RIFLESSIONI

Differenze di genere, cosa succede nella gestione del risparmio di Nicola Ronchetti*

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gni anno Finer realizza tre moniti), alla gestione del risparmio per arrivare ai protoraggi che coinvolgono altrettandotti assicurativi. Confrontare all’interno di queste te tipologie di professionisti: 3.300 differenti realtà le donne professioniste rispetto agli consulenti finanziari (CF Explorer), uomini consente dunque di avere un quadro ancor 1.700 private banker (PB Explorer) e più completo. Già la differente presenza di donne, 2.000 gestori bancari dedicati alla clientela affluent una minoranza tra i cf e i private banker mentre cir(BM Explorer). ca la metà tra i gestori, spiega molto delle diversità La percentuale di donne nei tre campioni passa dal NICOLA RONCHETTI tra le professioni. 19% dei consulenti finanziari, al 27% dei private banker per Parlando dei professionisti dipendenti, le donne sono meno arrivare al 48% dei gestori bancari. Si tratta di tre differenti soddisfatte rispetto ai loro colleghi uomini relativamente agli modelli di servizio, le reti, le banche private e le banche uni- aspetti retributivi. Questa differenza è molto più evidente tra le versali, caratterizzati da due differenti figure professionali: gli donne e gli uomini private banker, ma è netta anche tra i gestori agenti nel primo caso e i dipendenti nel secondo e terzo caso. bancari, dove gli uomini sono mediamente più soddisfatti della Anche la tipologia di clienti è differente, il cliente medio di una componente variabile a cui danno più importanza, mentre le rete di consulenti finanziari è mediamente un upper affluent o donne danno maggior rilevanza al welfare aziendale. Tra i conlow private, con consistenze finanziarie comprese tra i 200mila sulenti questa differenza è minima, mentre il divario tra genere e il milione di euro, quello delle banche private è mediamente è significativo su una serie di aspetti in cui le donne risultano un cliente con consistenze finanziarie comprese tra i 500 mila più soddisfatte degli uomini: l’attenzione, i supporti di markee i 2 milioni di euro e oltre, quello dei gestori bancari dedicati è ting, i prodotti, le operation e il coinvolgimento della mandante tipicamente un cliente affluent con consistenze finanziarie me- nei loro confronti. Anche durante i mesi del (primo) Lockdown diamente comprese tra da 50 mila e 200 mila euro. le cf donne hanno espresso una maggior soddisfazione sui supOltre che per consistenze finanziarie i tre modelli di servizio porti ricevuti dalla mandante e dal loro manager di riferimenrappresentano delle differenze sostanziali nei punti di forza: to. Un’altra differenza importante si registra dichiarazione di le reti sono storicamente molto forti nell’offerta di risparmio fedeltà alla propria mandante/banca nel medio lungo periodo gestito, nella capacità di operare in modalità digitale o remota. (5 anni): le donne cf e le dipendenti bancarie dedicate al segLe banche private sono tradizionalmente l’interlocutore privi- mento affluent esprimono valutazioni molto più elevate rispetlegiato dei clienti imprenditori, assicurando tra l’altro alle loro to ai loro colleghi. imprese l’accesso al credito. Le banche universali sono carat- Tra i private banker dipendenti le donne sono mediamente molterizzate da una storica presenza territoriale e da un’offerta di to più soddisfatte dei loro colleghi relativamente ai servizi accesprodotti e servizi che spaziano dagli impieghi (mutui e presti- sori rispetto alla gestione degli investimenti, segnatamente quelli relativi al wealth management, alla fiscalità, al passaggio successorio, club deal, private La presenza di donne è minima tra i consulenti finanziari insurance, corporate finance e private ine i private banker mentre cresce tra i gestori bancari (valori %) surance. In sintesi le donne professioniste Donne Uomini del wealth management, siano esse agenti o dipendenti, sono mediamente più soddisfatte dei servizi e dei prodotti, meno degli aspetti retributivi ma più fedeli. Le donne hanno un’apertura mentale maggiore anche nella proposizione dei servizi a maggior valore aggiunto, minor ansie da prestazione e acquisizione dei clienti, quindi agli occhi degli stessi sono più pacate, ugualmente determinate dei loro colleghi, ma più discrete Reti di consulenti finanziari Private banker Gestori bancari (reti) (dipendenti banche private) (banche universali) e protettive. Sarà un caso che nelle realtà di maggior successo la presenza delle donne FONTI: FINER CF EXPLORER 3.300 CONSULENTI FINANZIARI, FINER PB EXPLORER 1.700 PRIVATE BANKER, FINER BM EXPLORER 2.000 GESTORI BANCARI DEDICATI AL SEGMENTO AFFLUENT- GIUGNO LUGLIO 2020 è quasi sempre in crescita? novembre 2020

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STRATEGIE

La lunga marcia economica della Cina antivirus 2.0 di Gloria Valdonio

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QUELLA DI PECHINO SARÀ L’UNICA ECONOMIA IN CRESCITA NEL 2020. E NEL 2021 IL PIL POTREBBE AUMENTARE DELL’8,2% CON LA STRATEGIA DELLA DOPPIA CIRCOLAZIONE CHE MIRA ALL’AUTOSUFFICIENZA ENERGETICA E TECNOLOGICA

lzi la mano chi non è rimasto sorpreso dagli ultimi indicatori macro economici cinesi e dalla velocità con la quale Pechino si è ripresa dalla pandemia e dalla depressione economica che ne è seguita. Union Bancaire Privée (ma non è l’unica) ha deciso per esempio di ruotare, nel reddito fisso, dalle obbligazioni investment grade statunitensi ai titoli di stato cinesi. «I governativi cinesi offrono rendimenti interessanti per gli investitori orientati al reddito, soprattutto in considerazione della prospettiva di un ulteriore allentamento della politica monetaria e di un probabile rafforzamento dello yuan cinese», ha spiegato Norman Villamin, Cio wealth management di Ubp. «Con il premio di rendimento delle obbligazioni cinesi a dieci anni (CGB, ndr) vicino al massimo storico rispetto ai Treasury americani, le attese sono che questo differenziale di rendimento probabilmente si restringerà invece che allargarsi o, in alternativa, che lo yuan cinese possa rafforzarsi, a vantaggio degli investitori cinesi in titoli di Stato». Gli strategist non mancano di sottolineare che Bank of China resta uno dei pochi istituti centrali che ha ancora spazio di manovra per tagliare i tassi se il rallentamento dell’economia globale dovesse durare più a lungo del previsto. «E quindi», aggiunge Villamin, «le obbligazioni governative cinesi offrono, oltre al carry premium, profili di rischio-rendimento più simmetrici rispetto ai profili asimmetrici offerti dai titoli di Stato occidentali». Sta di fatto che la Cina è l’unico Paese indicato dal Fondo monetario internazionale in crescita nel 2020, a +1,9% secondo le stime di ottobre. Il governatore della Banca centrale di Pechino Yi Gang, forte dei dati della Golden Week che si è svolta la prima settimana di ottobre, si è spinto a stimare una crescita al 2%, forse persino superiore. Quanto al 2021, le note da allegre si fanno trionfali con Fmi che indica una crescita dell’8,2 per cento. C’è da dire che non tutti sono intonati su questa frequenza: S&P per esempio stima una crescita del Pil reale importante, ma meno eclatante del 6,9%, che dovrebbe aiutare la Cina a raggiungere un percorso di crescita più sostenibile ed equilibrato nel medio termine. 42

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Il leader cinese Xi-Jinping e il nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte

La doppia circolazione Il fatto è che la Brexit, i lockdown a singhiozzo o a macchia di leopardo, la frenata produttiva, il blocco del settore terziario e la conseguente la volatilità dei mercati sembrano arnesi occidentali. L’orientale Cina è invece la prima grande economia a riprendersi dalla pandemia da Covid-19 e l’unica del G20 a crescere quest’anno, mentre il Pil globale segnerà secondo il Fmi una flessione del 4,4%, la più violenta dalla Grande Depressione. E nel frattempo, mentre le altre nazioni contano le loro perdite, non umane ma economiche, Pechino conferma la sua leadership perseguendo una nuova stra-


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tegia di segno opposto rispetto alla globalizzazione che l’ha portata a un passo dagli Stati Uniti, nota come “economia a doppia circolazione”, chiave di volta del 14° Piano quinquennale (2021-2025) per raggiungere gli obiettivi di sviluppo all’insegna della riduzione della dipendenza del Paese dai mercati e dalla tecnologia d’oltremare e promuovere il consumo interno e i progressi tecnologici. «La globalizzazione sta affrontando un’inversione di tendenza, con un crescente protezionismo e unilateralismo», ha detto il presidente Xi Jinping in un recente discorso a Shenzhen. «La nostra economia si trova in un periodo critico di trasformazione, ma anche di crescita. Stiamo formando un nuovo modello di sviluppo con il ciclo economico interno che gioca un ruolo di primo piano». Xi ha anche assunto toni da Grande Timoniere, lanciando messaggi meno rassicuranti in occasione della cerimonia di commemorazione dei 70 anni dell’ingresso dei Volontari del popolo cinese nella guerra di Corea, l’unica combattuta contro gli Usa: «La vittoria nel conflitto è il promemoria per una nazione che è pronta a lottare contro tutti coloro che creino problemi alle porte della Cina. Dobbiamo accelerare la realizzazione della Difesa nazionale e della modernizzazione militare, con forze armate di livello mondiale», ha detto Xi annunciando in sostanza un importante piano di investimenti anche nei settori militare e della difesa.

Autarchia carbon free Ma riuscirà la Cina a raggiungere l’autosufficienza in ambito tecnologico e nella catena di approvvigionamento delle materie prime? «La Cina non sarà in grado di raggiungere l’autosufficienza in questi settori chiave in tempi brevi, anche se farà un grande sforzo per ridurre la dipendenza dai fornitori stranieri», spiega Shaun Roache, capo economista Asia-Pacifico di S&P Global Ratings. «Nel tempo ciò significherà un maggiore sostegno alle imprese nazionali, in particolare statali, in questi settori, sia tramite sussidi che attraverso regolamentazioni favorevoli». Come spiega lo strategist, nel settore tecnologico, nonostante gli enormi passi avanti compiuti per colmare il divario con l’Occidente, l’economia cinese continua a dipendere notevolmente dall’estero, soprattutto per quanto riguarda i semiconduttori e i beni strumentali di fascia alta. Nel settore energetico invece raggiungere rapidamente l’autosufficienza significherebbe utilizzare più carbone e questo sarebbe in contrasto con il recente impegno del presidente Xi di iniziare a ridurre le emissioni di carbonio entro il 2030. È noto infatti che la Cina ha fissato l’obiettivo della neutralità del carbonio entro il 2060 e i piani quinquennali aiuteranno Pechino a raggiungere o avvicinarsi a questo obiettivo attraverso misure concrete. «L’industria energetica è il più grande produttore di emissioni di carbonio, responsabile di circa il 40% delle emissioni totali del Paese», spiega Haiyan Li-Labbé, gestore azionario emergente di Carmignac. «La Cina dovrà ridurre ulteriormente l’uso di combustibili fossili, in particolare il carbone, che rappresenta quasi il 60% del consumo di energia primaria, pro-

muovendo l’energia solare ed eolica è destinato ad accelerare. E anche i veicoli elettrici vedranno una rapida crescita della penetrazione dall’attuale 4-5% al 25% stimato delle vendite complessive di auto nel 2025».

Norman Villamin, Cio wealth management di Ubp

In basso Shaun Roache, capo economista AsiaPacifico di S&P Global Ratings

Great China Tra neutralità del carbonio e crescita autarchica non è facile trovare la sintesi. Ma, come spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim, si tratta di obiettivi molto ambiziosi ma che si basano su alcuni punti fermi: la crescente importanza della domanda per consumi interna, con la classe media che potrebbe arrivare a raggiungere il 30% della popolazione, arrivando di fatto a superare la popolazione americana in termini assoluti (circa 300 milioni); e il ruolo preponderante sul mercato delle commodity, dove la Cina figura spesso tra i primi consumatori e importatori mondiali. «Il progetto di autarchia tecnologica vede come fulcro il polo di Shenzen, una sorta di Silicon Valley cinese, ma che nelle intenzioni del presidente dovrebbe espandersi fino a ricomprendere Macao, Hong Kong e Taiwan», spiega Cesarano. «Per l’Occidente questo vorrà dire probabilmente portare avanti un processo di revisione dei rapporti commerciali, con la Cina sempre più mercato di sbocco e meno base di produzione». Ma quali saranno in concreto le prime conseguenze del principio della doppia circolazione per le imprese straniere? Secondo gli strategist, molto dipenderà dai settori in cui operano. Come spiega Roache, nella parte di “circolazione esterna” dell’economia, le imprese straniere probabilmente considereranno la

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I dati sulle attività in Cina continuano a recuperare

Vendite di auto Entrate al botteghino

Vendite di proprietà Occupazione hotel

Volume passeggeri della metro Produzione di cemento

FONTE: CEIC, STR, CPCA, COMPANY DATA, MORGAN STANLEY RESEARCH. ULTIMI DATI DISPONIBILI AL 1 OTTOBRE 2020

Cina interessante per fare affari grazie ai vantaggi che il Paese presenta in termini di dimensioni, capacità ed eccellenza delle infrastrutture, con le politiche fiscali che rimarranno un fattore di supporto. «In alcuni casi, le imprese straniere avranno ancora accesso al crescente mercato interno cinese», spiega lo strategist. «Questi settori possono includere il settore finanziario e i beni di consumo, in cui in genere i rischi delle catene di approvvigionamento sono limitati o dove le imprese cinesi hanno costruito la propria capacità». «Ma in altri ambiti, compresi alcuni settori della tecnologia e dell’energia, l’ambiente imprenditoriale può diventare sempre più difficile, in termini di accesso al mercato e di parità di condizioni con le imprese nazionali», aggiunge Roache.

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A sinistra Haiyan Li-Labbé, gestore azionario emergente di Carmignac. A destra Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim

Obor e Vision 2035 A prima vista, la nuova strategia toglie la scena a One belt, one road (Obor), la precedente roadmap cinese tutta orientata all’esterno e al collegamento dei blocchi continentali Europa, Asia e Africa. Obor era a un punto piuttosto avanzato nel 2019, ma il Covid ha rallentato il piano che di per sé è molto complesso, coinvolgendo quasi 70 Paesi per un numero di abitanti pari a oltre la metà della popolazione mondiale. Ma è così? Una strategia esclude l’altra? «Obor fa ormai parte della costituzione cinese e non se ne andrà. Infatti sarà una parte importante della “circolazione esterna” dell’economia, offrendo alle imprese cinesi un modo per diventare globali», risponde Roache. Che aggiunge: «Allo stesso tempo va detto che il progetto ha incontrato alcuni ostacoli, perché i Paesi beneficiari della Via della seta si preoccupano delle implicazioni del debito o della misura in cui la loro economia interna potrebbe trarne beneficio». Considerata la necessità di esaltare i vantaggi per le parti, il governo cinese lo scorso anno ha ristretto la gamma dei progetti, compresi alcuni progetti europei, e ha dedicato più risorse per garantirne il successo. «Questo sarà importante se la Cina vuole dimostrare agli altri Paesi che il loro coinvolgimento comporta dei vantaggi», dice Roache. Ma forse le ambizioni cinesi si spingono più in là dei percorsi tracciati dalla via della seta. «È possibile che con il nuovo piano quinquennale Obor subisca un rallentamento a fronte però dell’accelerazione del progetto denominato Vision 2035, ossia di modernizzazione della Cina entro il 2035, una data considerata uno step intermedio per diventare un Paese definitivamente modernizzato entro il 2049, ossia quando cadrà il centenario della fondazione della Repubblica popolare cinese», conclude Casarano.


ANNIVERSARIO BROKER INDIPENDENTE

Key To Markets, compie 10 anni da protagonista del trading online di Victor De Crunari

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e sedi sono a Londra, Dubai, Mauritius e Nuova Zelanda, ma l’anima di Key To Markets, broker indipendente che offre l’accesso ai mercati finanziari a investitori istituzionali, imprese e trader privati, è tutta italiana, proprio come quella dei due fondatori, Giancarmelo Spampinato e Andrea Sabatini, che nel 2020 festeggiano con entusiasmo 10 anni di attività e successi. Uno degli atout di Key To Markets per i trader italiani è proprio l’italianità che permette di capire meglio le loro esigenze. A questa si aggiungono altri punti di forza dell’azienda, riconosciuti world-wide: dalla sicurezza che deriva dall’essere un broker regolamentato Fsc e Fca, all’implementazione e continuo upgrade della tecnologia Ecn, che garantisce rapidità, trasparenza e spread di mercato ridottissimi, su tutti gli strumenti tradabili. «Un nostro indiscutibile punto di forza, nonché punto di incontro tra i servizi offerti a professionisti e investitori privati, è proprio l’utilizzo della tecnologia Ecn» dice Andrea Sabatini, «grazie a quest’ultima, infatti, tutti i trades vengono eseguiti nel mercato reale senza l’intervento di intermediari, garantendo la massima trasparenza nel pricing, senza costi nascosti. No al Market Making, non esistono dunque conflitti di interessi: Key To Markets guadagna unicamente dalle commissioni sui volumi transati. Abbiamo a cuore le performance dei nostri trader. Solo chi guadagna infatti è disposto a continuare ad investire». Altro punto di forza è Key To Pay, una banca totalmente digitale collegata direttamente al conto trading. «Al momento sul mercato sono pochissimi i broker che mettono a disposizione dei clienti una carta prepagata proprietaria» mette in evidenza Sabatini, Key To Pay infatti è un istituto bancario creato e controllato dal gruppo Key To Markets e questo aspetto consente di offrire ai trader condizioni estremamente vantaggiose, a partire dai tassi di interesse sui depositi. La carta di Key To Pay è bidirezionale: si può caricare con i profitti ottenuti dalle operazioni sui mercati, o viceversa può essere utilizzata per depositare fondi sul proprio conto trading. In più, proprio come un conto tradizionale, permette trasferimenti su altre banche, spese online o al supermercato. Il punto di forza di Key To Pay, è la gestione dei tassi di cambio sulle valute, estremamente competitivi rispetto a quelli applicati dalle banche fisiche, ed esenti da commissioni. «Il mondo bancario sta diventando molto rigido» sottolinea Sabatini, «noi vogliamo realizzare un sistema automatizzato

IL NUOVO PUNTO DI FORZA È KEY TO PAY, LA BANCA DIGITALE COLLEGATA AL CONTO TRADING, CHE OFFRE SERVIZI A MISURA DELLE ESIGENZE DEI TRADER all’avanguardia in cui la sicurezza e la tracciabilità siano garantiti a condizioni sempre vantaggiose, grazie all’utilizzo di applicazioni basate sull’intelligenza artificiale per la gestione dei tassi di cambio». Key To Markets da sempre pone l’attenzione sulla personalizzazione dei propri servizi. «Siamo una boutique del trading» spiega Sabatini, «abbiamo clienti con depositi medi più alti rispetto ai nostri competitor. Sono attivi sulle nostre piattaforme numerosi fondi di investimento e gestori per i quali il nostro reparto tecnico realizza soluzioni tailor made ad hoc, sia dal punto di vista tecnologico e della liquidità, che dal punto di vista degli strumenti di trading disponibili in piattaforma nonché della leva applicata al conto». Last but not least, la velocità nei pagamenti che oggi fa davvero e orgogliosamente la differenza. «Insieme all’introduzione di Key To Pay, abbiamo sviluppato soluzioni di instant deposit in piattaforma e tutte le richieste di prelievo fondi sono evase entro 24 ore, senza vincoli temporali di deposito o costi aggiuntivi. Una prova ulteriore di affidabilità ed efficienza riconosciuta dai nostri clienti». novembre 2020

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ENERGIE

Eppure il petrolio è vivo e lotta insieme a (o contro di?) noi di Mauro Del Corno

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piacente deludervi, ma la notizia della morte del petrolio è grossolanamente esagerata. Parafrasando Mark Twain è questo il commento che si potrebbe fare alla previsione contenuta nel nuovo libro di Jeremy Rifkin “Un green new deal globale”. Il futurologo scrive tra l’altro che nel 2028, anno più anno meno, assisteremo al crollo della civiltà dei combustibili fossili. A quel punto la sopravvivenza del greggio sarebbe unicamente legata all’immensa dotazione infrastrutturale che ruota attorno al greggio. Raffinerie, campi di estrazione, piattaforme, oleodotti. Investimenti che Rifkin stima in

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LA CIVILTÀ DEI COMBUSTIBILI FOSSILI NON DEVE TEMERE LA TRANSIZIONE “VERDE”. L’INCREMENTO DELLE ENERGIE RINNOVABILI SARÀ CONSISTENTE MA NON MINERÀ LA LEADERSHIP DEL GREGGIO 100mila miliardi di dollari. Il punto chiave secondo l’autore è che dal 2019 l’energia prodotta da vento e sole costa meno di quella prodotta con gas e petrolio.

Il Covid ha ridotto la domanda È utile partire da qualche numero. Oggi l’85% dell’energia globale è generata utilizzando combustibili fossili. Subito prima dello scoppio della pandemia i consumi di greggio avevano sfondato il record storico di 100 milioni di barili al giorno. Il Covid ha certamente cambiato le carte in tavola. Ma come? La domanda di greggio si è ridotta di circa 10 milioni di barili al giorno e molto rapidamente, provocando una forte discesa dei prezzi. Alcuni settori come i trasporti aerei, grandi consumatori di carburante, rivedranno probabilmente i livelli pre-pandemia solo tra molto tempo. Tuttavia nel suo ultimo outlook, diffuso solo poche settimane fa, l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) stima, alle condizioni attuali, una domanda di greggio sopra i 100 milioni b/g almeno fino al 2040. L’ Iea fornisce effettivamente anche una proiezione alternativa e legata a uno scenario di sviluppo di fonti


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rinnovabili. L’inclinazione della curva è piuttosto marcata, tuttavia il 2028 dovrebbe vedere una domanda scendere sotto i 90 milioni di barili/giorno (non un crollo, insomma) per poi degradare fino ai 70 milioni del 2038. Intervistato da “Le Monde” il numero uno della francese Total, Patrick Pouyanné ha affermato: “Nel 2050 il petrolio sarà ancora qui. I nostri scenari prevedono per quella data un consumo tra i 40 e gli 85 milioni di barili al giorno”. Forse è un po’ come chiedere all’oste del suo vino ma il problema è che in questa fase sta diminuendo la domanda di energia in generale, non solo quella legata a petrolio e gas. E con prezzi in discesa e incertezza elevata la voglia di investire è poca. Sempre secondo la Iea il 2020 si chiuderà con un taglio degli investimenti di quasi il 20%.

Le possibili alternative «Un petrolio che costa poco può anche indurre a consumare più greggio e ad investire meno su fonti alternative», afferma Carlo Scarpa, esperto di energia ed economista dell’università di Brescia. «Penso che le previsioni di un imminente tramonto del petrolio siano destinate ad essere smentite dai fatti. Anche perché la questione delle dotazioni infrastrutturali è tutt’altro che di poco conto», continua Scarpa che aggiunge: «teniamo presente che per avere un sistema di mobilità davvero alternativo a quello attuale servono infrastrutture molto superiori di quelle che abbiamo oggi. Quindi somme ingenti e in questo momento, non vedo in giro una grande voglia di investire». Ci sono i piani verdi dei governi. L’Unione europea si sta (e sta) spendendo molto in questa direzione. L’utilizzo di una parte dei 750 miliardi di euro del Recovery fund è legato alla cosiddetta transizione verde. «È vero», concede Scarpa, «ma teniamo presente che in questi piani c’è solitamente anche una buona dose di retorica». L’ economista segnala invece altri due elementi che potrebbero accelerare la transizione. «Io vedo due novità significative», spiega. «La prima è la nuova batteria Tesla che se davvero come sembra assicura un’autonomia di un migliaio di kilometri e tempi di ricarica estremamente rapidi rappresenta un’alternativa davvero competitiva alle auto tradizionali. La seconda è la possibilità di utilizzare metano mischiato a idrogeno per un tipo di alimentazione più pulito rispetto ai combustibili tradizionali». Al momento le stime sulla diffusione delle auto elettriche non sono esplosive. Secondo Pwc nel 2040 circoleranno 164 milioni di vetture elettriche, vale a dire circa una vettura ogni sette. Diverse compagnie petrolifere si stanno adeguando, quelle europee sembrano le più attive. L’anglo olandese Shell, la francese Total e la nostra Eni hanno iniziato a investire in modo significativo nelle energie rinnovabili sposando una versione più ambientalista della loro missione. O almeno questo affermano. In generale qualche dubbio è legittimo. Un documento interno “fuoriuscito” dalla Exxon Mobil, fino a poco fa la prima compagnia petrolifera statunitense e da poco superata da Chevron, rivela uno scenario molto diverso. La compagnia ha infatti deciso di puntare ancora di più sul petrolio, e di investire 210 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni per aumentare la sua produzione di un milione

LE STIME SULLA DIFFUSIONE DELLE AUTO ELETTRICHE NON SONO ESPLOSIVE: NEL 2040 SOLO UNA VETTURA SU SETTE SARÀ ELETTRICA di barili al giorno. Nella visione del colosso Usa questa rimane la strada più semplice per alzare i profitti. Come ha raccontato il Financial Times, a dispetto della sua svolta verde annunciata all’ultimo Forum di Davos, il gigante dell’asset management Blackrock tiene strette le sue partecipazioni nelle più grandi compagnie petrolifere del mondo (tra cui il 6,7% di Exxon). E, soprattutto, vota regolarmente contro alle risoluzioni pro-ambiente presentate nelle assemblee dei soci delle aziende di cui è azionista.

Le mosse di Riad Tutto quanto riguarda il petrolio si muove su più piani. Più che in altri ambiti l’economia si intreccia con la geopolitica. Ci sono le compagnie ma ci sono anche i Paesi e i delicati equilibri sociali al loro interno. L’ Arabia Saudita è un Paese che gode del vantaggio di disporre di un petrolio di alta qualità e facile da estrarre e dunque con un bassissimo costo di produzione. Riad guadagna anche quando le quotazioni del barile sono depresse. Questo ha permesso al Paese di varare il National Transformation Plan and Vision 2030 che punta ad affievolire il legame tra economia e petrolio e sviluppare solare e nucleare. Ma sono pochi i Paesi che possono permettersi di fare altrettanto. Non il Venezuela, che “galleggia” sulle riserve più grandi del mondo ma con alti costi di estrazione. O la Libia e l’Iraq che, al pari di Caracas, non hanno né le energie né le risorse per avviare questo processo. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale molti Paesi sono già in sofferenza. Il break even fiscale (ossia quanto deve costare il petrolio perché un paese produttore sia in grado di pareggiare le sue spese con gli introiti del greggio) variano molto. In Arabia si colloca a 77 dollari/barile, anche perché Riad spende molto (sanità gratuita, sussidi per studiare all’estero etc). In Kuwait si scende a 48 dollari, in Nigeria si arriva sopra i 100 dollari così come in Iran o Algeria. Se il livello attuale delle quotazioni perdura le tensioni politico-sociali sono destinate ad aumentare. Difficile dire se questo giochi o contro a favore di una transizione verso fonti rinnovabili. In conclusione è prezioso ricordare quanto scriveva a chiusura del suo libro “Petrolio” quello che fu uno dei maggiori esperti italiani della materia, il responsabile delle relazioni internazionali dell’Eni Leonardo Maugeri. “Il mondo continuerà ad avere bisogno di petrolio e di gas per molti anni; poi - attraverso un più o meno lento processo di transizione – comincerà a chiedere ciò che le nuove frontiere dell’energia sapranno offrirgli. Già a partire dal prossimo decennio, probabilmente, petrolio e gas inizieranno a convivere con forme di energia diverse”, scriveva Maugeri. Era il 2001. novembre 2020

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NUOVE ASSET CLASS

Buona salute = buon reddito, ovvero come valorizzare il longevity dividend di Emanuela Notari

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I CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI INTRECCIANO SALUTE, LAVORO E RICCHEZZA IN UNA RICETTA PER IL RILANCIO DELLE ECONOMIE DEI PAESI CHE INVECCHIANO

accordo, la popolazione dei Paesi ricchi è sempre più longeva, ovvero invecchia. Ma dal punto di vista economico, è un bene o un male? Il fenomeno giova oppure nuoce alla società? Sorpresa: giova. O meglio: potrebbe giovare, e molto. Lo rivela un report stilato in seguito alla prima ondata di Covid-19 dall’International Longevity Institute di Londra, che da anni si occupa di leggere in modo più oggettivo possibile la realtà della nostra società sempre più vecchia, che dimostra come la salute degli anziani possa essere una chiave di rilancio per i Paesi in cui prospera, nel caso specifico quelli del G20. Ne esce un intreccio chiave tra longevità, occupazione, protezione del reddito, capacità di spesa e sostenimento dei consumi della popolazione over 60. Tanto che in calce ai risultati e alle analisi contenuti in questo report, l’Ilc chiama i Paesi del G20 sottoscrivere un Aging Society New Deal con l’obiettivo di massimizzare l’aging dividend, il dividendo che tutti noi potremmo godere se mettessimo a frutto le voci in attivo di una società anziana, non potendoci esimere da quelle in passivo. Siamo sempre più vecchi, questo è un dato di fatto registrato dalla demografia contemporanea e non vale solo per noi ma per tutta Europa, Giappone, Stati Uniti, anche se un po’ meno, e Cina, in prospettiva. Questo accade per due ragioni principali: abbiamo sempre meno figli e viviamo sempre più a lungo. Sempre più anziani, quindi, sempre più longevi. Le due cose messe insieme fanno invecchiare il mondo sviluppato e, a bocce ferme, rischiano di mettere in ginocchio i due sistemi che rispondono alla vecchiaia: quello previdenziale e quello sanitario. Per paesi come il nostro ancora fortemente influenzati da un sistema previdenziale a ripartizione, dove la forza lavoro sostiene direttamente le pensioni, la minaccia ai conti pubblici è incombente: secondo le previsioni Istat, nel nostro Paese nel 2045 ci saranno mediamente 2 over 65, quindi 2 pensionati, ogni 3 lavoratori i quali, oltre a sostenere la pensione di chi si è già ritirato, dovranno anche risparmiare per la propria, non più calcolata sulla retribuzione media annua ma sulla reale contribuzione. A ciò aggiungiamo una longevità inedita che fa stimare un’aspettativa di vita in Italia per metà secolo di 95 anni per le donne e 90 per gli uomini, con relativa estensione delle spese di consumo e di vita, cronicizzazione delle malattie e co48

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morbilità, necessità di assistenza sanitaria long term. Pensioni e costi sanitari legati all’invecchiamento della popolazione possono da soli affossare le nostre economie e il Covid ha espresso un’ulteriore minaccia, provando che il concetto di assistenza anziani cui siamo abituati con le case di riposo-Rsa non può reggere il confronto con l’invecchiamento di massa e con una minaccia pandemica. Ebbene: i costi dell’invecchiamento della popolazione rappresentano solo una delle colonne del bilancio di questa rivoluzione demografica, quella dei passivi. Ricordiamo che gli over 60 sono responsabili del maggior contributo ai consumi e al risparmio nazionali, quindi, di fatto, all’economia del paese, senza contare che spesso sono ancora alla guida di quelle Pmi che rappresentano la nostra ossatura industriale. Il costo previdenziale e sanitario dell’invecchiamento, quindi, è solo una faccia della medaglia, il suo rovescio; l’altra, quella che ne esprime la potenzialità di produrre ricchezza, va sotto il nome di longevity economy: massimizzare le opportunità per gli over 60 di continuare a guadagnare, contribuire e spendere. E continuare a sostenere le famiglie con quella forma non riconosciuta di lavoro che comprende la “gestione” dei nipoti e l’assistenza a congiunti bisognosi di cura (spesso marito o moglie, ma data la longevità attuale, anche anziani genitori). La colonna portante dell’aging dividend è il rapporto tra salute e lavoro. I dati raccolti nel rapporto mostrano che nei Paesi del G20 che spendono di più in prevenzione e spese sanitarie gli over 60 lavorano di più e spendono di più, tanto che gli analisti stimano che un incremento dello 0.1% delle spese sanitarie e di prevenzione potrebbe generare un incremento del 9% nei consumi degli over 60. Senza contare che buone condizioni di salute aumentano di quattro volte le chance di rimanere occupati tra i 50 e i 65 anni e di dieci volte tra i 65 e i 74. Quindi il primo ingrediente per risollevare le economie dei paesi più vecchi è la salute, poiché la salute permette di restare al lavoro più a lungo e di proteggere il proprio reddito. Secondo il rapporto Ltc, se tutti i Paesi del G20 potenziassero la categoria dei lavoratori senior portandola ai livelli di occupazione dell’Islanda, potremmo contare su un aumento del Pil del 7%, che sul totale dei Paesi G20 significherebbe 3.7 trilioni di dollari in più.

Come si incentiva il lavoro senior? Attraverso una serie di azioni dirette sia alle aziende sia ai lavoratori senior: da una parte si deve spingere le aziende a mettere in pratica politiche di flessibilità di orari, mansioni, incentivi e retribuzioni - con l’aiuto dello Stato e di politiche di pensionamento graduale e parziale - e dall’altra occorre rafforzare l’”occupabilità” dei lavoratori senior attraverso un continuo potenziamento delle loro competenze e iniezioni di nuove skills tecnologiche. Prima o poi si arriverà a una formazione costante nel tempo del ciclo lavorativo, un perenne aggiornamento delle proprie capacità e del proprio appeal lavorativo: il long life learning, la nuova frontiera della formazione. In fondo, la recente esperienza del Covid ha mostrato come

Il marchio del Longevity Institute di Londra, l’istituto di ricerca che ha fatto il report sul valore economico della longevità. Nella pagina a sinistra, la regina Elisabetta d’Inghilterra, 94 anni: un fenomeno di vitalità e lucidità in età avanzatissima

alla fine non sia poi così vero che gli anziani non sono in grado di utilizzare la tecnologia e se siamo riusciti a fare feste di compleanno in zoom e chiacchierate via Whatsapp con ultra-ottantenni, non deve essere impossibile aumentare la rispondenza dei lavoratori senior alle necessità digitali del lavoro. Tanto più quando lo smart working si impone come scappatoia per non perdere produttività e competitività, nel rispetto del diritto alla salute.

Il potenziale del mercato della cura alla persona L’Inghilterra che è una cultura tradizionalmente rispettosa verso gli anziani forse per via di una regina che sembra votata all’eternità - si è dotata di una lingua che intelligentemente distingue salute da cura: health - care. Salute e cura della persona sono, infatti, sostanzialmente due ambiti diversi che si rivolgono entrambi prevalentemente alla popolazione anziana. Gli investimenti nella salute non sono, quindi, necessariamente investimenti nella cura. L’inevitabilità del ricovero in casa di riposo per i nostri anziani, per esempio, è dovuta per larga parte a una profonda incapacità del nostro Paese, dove la sanità è garantita a tutti, di esprimere “cura”, quella cura che, in assenza di patologie invalidanti, potrebbe disegnare per loro un futuro diverso. Quanti anziani potrebbero evitare la casa di riposo se usassimo meglio le tecnologie per portare loro consulto medico in casa, per monitorare i loro segni vitali senza che siano guardati a vista, se le loro case fossero disegnate o adattate per evitare cadute, isolamento, solitudine, immobilità? Se esercizio fisico e socialità fossero disponibili ovunque? I Paesi dove la longevity economy è più sviluppata l’hanno capito e hanno fatto una bandiera dell’aging in place - invecchiamento in casa - sviluppando un mercato della cura che va ben oltre la somministrazione di medicinali e pannoloni ma coinvolge servizi di benessere, di intrattenimento e un mercato da noi ancora quasi inesistente di edilizia residenziale non specialistica. Di quest’ultimo tema parleremo nel prossimo appuntamento di Investire con la longevity economy. novembre 2020

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Rsa di nuova generazione, sfida specialistica dell’immobiliare di Sergio Luciano

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L’ESPERIENZA DI NUMERIA SGR CHE SVILUPPA STRUTTURE QUALIFICATE PER L’ASSISTENZA ALLA TERZA ETÀ E STA COLLOCANDO IL SUO TERZO FONDO

i fa presto a dire “sviluppo” immobiliare. Ma in tempi di crisi e di grande smarrimento strategico le idee chiare di Numeria Sgr non sono in molti ad averle. Si tratta di una società di gestione immobiliare che da sempre ha fatto anche e soprattutto iniziative di sviluppo, strada su cui insiste con rinnovata energia. E con alcune specializzazioni: una svetta tra le altre, oggi, ed è quella delle residenze sanitarie assistenziali. «Sì, siamo una Sgr un po’ particolare, delle poche rimaste, anzi una delle pochissime dedita allo sviluppo», spiega ad Investire Gian Luigi Rocco, l’amministratore delegato. «Le Sgr sono molto più patrimonializzate e puntano, tendenzialmente, a fare soltanto investimenti a reddito; noi al contrario abbiamo da sempre coltivato la peculiarità di fare sviluppo, soprattutto nel mercato sociosanitario dove siamo entrati nel 2007 timidamente e quasi per caso, quando questa asset class era quasi sconosciuta, raccogliendo l’invito di un gestore e di un investitore che volevano intraprendere appunto un percorso di sviluppo e abbiamo iniziato a studiare il sottostante del settore. Quindi definirci immobiliare è fuorviante, anzi pensiamo sia anche un po’ riduttivo: noi dobbiamo conoscere il sottostante molto bene. Di più: dobbiamo saperlo progettare e gestire». In queste settimane Numeria sta lanciando un nuovo fondo, Salute 3, che si occuperà appunto di sviluppare un progetto per nuove residenze sanitarie assistite. «Ne abbiamo già sviluppati due, i fondi Salute 1 e 2. Sono stati due veicoli di successo – racconta Rocco – che abbiamo lanciato nello sviluppo delle Rsa, nella gestione di tutta la filiera, dalla progettazione alla realizzazione alla messa a reddito. Con Salute 1 e 2 abbiamo venduto le strutture realizzate direttamente ai clienti istituzionali che ne resteranno proprietari per 18 o 36 anni, comunque a lunghissimo termine. Con quei due fondi abbiamo raccolto e investito rispettivamente 20 e 50 milioni, oltre alla leva finanziaria che abbiamo potuto attivare sulla base di questi mezzi propri, e abbiamo sviluppato un piano di investimento di oltre 300 milioni complessivi, realizzando o promuovendo la realizzazione di una cinquantina di strutture tra Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Marche e Friuli, oggi gestite sotto varie insegne, da Gheron a Codess, Universiis, Kos e altri». Il fondo Salute 1 è nato nel 2007 e scaduto nel 2015, è stato un fondo a capitalizzazione con un Irr attorno al 20%. Poi 50

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è stato lanciato Salute 2, un fondo che scade nel 2023 ed ha replicato il Salute 1 con un’aspettativa di Irr attorno al 15%, un veicolo sia di gestione che di sviluppo. «Ora, con Salute 3, abbiamo adottato la formula del fondo di gestione che compra Rsa già attive e già accreditate con il Sistema sanitario nazionale, con l’intento di erogare coupon su base semestrale - spiega ancora Rocco - Ci proponiamo come gestori non solo di risparmi privati (family office o private equity) ma anche di capitali istituzionali a lungo termine, di natura per esempio previdenziale. Puntiamo a raccogliere 100 milioni di equity per attivare, con la leva, un piano di investimenti a regime di 200 milioni. Il primo round di raccolta lo chiuderemo, secondo i nostri piani, entro la prima settimana di dicembre, poi ci sarà una riapertura con una seconda raccolta. E sia chiaro: il fondo Salute 3 investirà in

Gian Luigi Rocco, l’amministratore delegato di Numeria Sgr


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Rsa soltanto italiane». A latere funziona già, e bene, il fondo Salute Italia, un altro fondo specializzato nella gestione a reddito di Rsa, interamente sottoscritto da un veicolo di investimento partecipato anche da lcade France, un veicolo partecipato anche dalla Cassa depositi e prestiti francese. «Ricordo che fino al 2014 abbiamo lavorato con un ritmo che definirei normale – racconta l’amministratore delegato – ma da quel momento in poi abbiamo vissuto una forte accelerazione, abbiamo incontrato l’interesse di numerosi investitori principalmente francesi, portatori di una sensibilità verso questo settore sconosciuta in Italia, che hanno concentrato sull’Italia investimenti consistenti, sia perché il settore delle Rsa in Francia ha raggiunto una sostanziale maturità (ciò che ha portato a puntare sui mercati tedesco, spagnolo e italiano), sia per il forte deficit di offerta che si registra in Italia sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Oggi Numeria è uno dei principali sviluppatori in questo settore, un settore che sta andando bene per una serie di ragioni, con una domanda che cresce in modo insistente, e incontra un’offerta quantitativamente carente: “Mi piace citare un recente Report - sottolinea Rocco - in cui, prendendo spunto dalla crisi del Covid, si arrivava a sostenere un dato impressionante e purtroppo ben fondato, secondo cui mancano in Italia 600 mila posti letto, di Rsa o affini…» Insomma: qui da noi questo mercato deve cambiare, sia in senso qualitativo che dimensionale. «Il nuovo modello da adottare qual è? Secondo noi – spiega Rocco - la sanità pubblica dovrà essere sempre più concentrata nella cura delle

L’A.D. GIAN LUIGI ROCCO: «SONO CONTRARIO ALLA PRIVATIZZAZIONE SELVAGGIA DELLA SANITÀ CHE DEVE RESTARE PUBBLICA E GARANTIRE OTTIMALI CONDIZIONI DI CURA A TUTTI»

patologie acute, aprendosi al mercato privato per le altre. Una volta si costruivano ospedali da 1000 posti, adesso non più, ci si specializza. E dunque, lasciando il trattamento delle patologie acute al pubblico, le uniche strutture territoriali che sono in grado di gestire l’assistenza alla lungodegenza e la riabilitazione che segue la fase acuta di molte patologie, sono le Rsa. Che non sono più le vecchie case di riposo o le case-famiglia o le case d’accoglienza ma sono strutture sanitarie ad alta intensità medicale. Ebbene: in Italia oggi solo una piccola parte delle strutture attive risponde a queste caratteristiche. Nel modello di assistenza sanitaria del futuro, finchè si può l’anziano va assistito a casa sua, con un presidio domiciliare rafforzato e riqualificato. Noi, dunque, non ci sostituiamo a questa formula, anzi forniamo anche noi servizi di assistenza domiciliare sia alimentare che infermieristica. Poi c’è ancora un altro livello di intervento assistenziale: quello a favore di coppie o persone sole che possono ragionare su case alloggio, case famiglie, piccole comunità, un

format che andrebbe rafforzato, promosso e incentivato. Infine c’è un terzo livello d’assistenza che riguarda gli anziani in condizioni gravi e gravissime che richiedono un’intensa assistenza medicale e dall’altra parte persone bisognose di riabilitazione anche non anziane, penso a un 40enne che abbia avuto un ictus e necessiti di una appropriata ed anche lunga riabilitazione…». Inutile dire che in Italia, molto spesso, la componente immobiliare di queste strutture è vetusta e inadeguata, perché si tratta nella maggior parte dei casi di strutture piccole, pensate per accogliere l’anziano che non ha grossi problemi, quello che oggi le best practices prescrivono di curare a casa sua o in microcomunità, riservando alle Rsa il malato che non può essere più gestito in casa da una badante perché pluripatologico. «Quindi – precisa Gian Luigi Rocco – noi di Numeria concepiamo strutture ad alta intensità sanitaria, impiantisticamente evolute, orientate verso quel tipo di patologie, con una durata media di permanenza inferiore ai 2 anni, perché entro quel termine o subentra la riuscita della riabilitazione o purtroppo il fine vita. Insomma il sistema va cambiato, la crisi Covid lo dimostra, mentre oggi abbiamo ancora pochissimi posti letto di qualità e una larga parte di essi ancora inserita in vecchie case di riposo piccole, destrutturate e insomma decisamente inadeguate». La “filosofia” assistenziale di Numeria vota per una forte integrazione del pubblico con il privato: «Sono contrario alla privatizzazione selvaggia della sanità che deve restare pubblica e garantire ottimali condizioni di cura a tutti», ribadisce il manager, «tenendo sempre conto che il modello pubblico deve funziona al di là dell’aspetto economico solo quando si concentra su quel che deve fare e sa fare meglio, cioè la gestione delle patologie acute. Tutto il resto, cioè la diagnostica e assistenza, è ormai dimostrato che il pubblico non lo fa bene e lo fa a costi enormi». Su questo fronte l’integrazione con il privato è funzionale ad accrescere l’efficienza e l’economicità del servizio, lasciando al regolatore pubblico il compito non certo delegabile del controllo e della vigilanza del rispetto degli standard di qualità. novembre 2020

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Risparmiare sì, ma per poi guadagnare Un vademecum a non sprecare soldi

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l mese dell’educazione finanziaria, lo scorso ottobre, è volato via senza che mai, neppure una volta, qualche iniziativa di comunicazione sociale d’ispirazione istituzionale – il famoso “servizio pubblico” della Rai – abbia inciso e lasciato memoria nel grande pubblico. Che nel frattempo ha accumulato 1681 miliardi di euro sui conti correnti infruttiferi delle banche. Denaro risparmiato, sottratto al consumo e a volte con sacrificio, e non investito. Lasciato privo dell’opportunità di rendere! E’ evidente quindi che insegnare agli italiani l’abc del risparmio, cioè le regole di base per impiegare bene i soldi che si sottraggono al consumo quotidiano, sarebbe un compito essenziale per far evolvere la vita sociale. Tanto più che il risparmio è tra i valori democratici tutelati dalla Costituzione. Ma niente: non c’è niente da fare. Per questo, noi di Economy Group, attraverso la nostra testata Investire, abbiamo deciso di darlo con forza il nostro contributo, per piccolo che potesse essere. Abbiamo deciso di fare un nostro “servizio pubblico”. Innanzitutto abbiamo concentrato sul tema dell’educazione finanziaria molte delle domande che rivolgiamo agli ospiti di Investire Now. E poi abbiamo realizzato un’edizione straordinaria di Investire Today, sia digitale che cartacea, e l’abbiamo distribuita nelle edicole italiane il 31 ottobre. Nelle pagine che seguono – e che per comodità abbiamo chiamato “Il meglio di” Investire Today / Speciale risparmio – vi proponiamo una sintesi di quei contenuti. Ma aprendo il codice QR pubblicato in questa pagina potrete accedere, in modalità free, all’intero supplemento, 48 pagine di interviste, analisi, testimonianze e soprattutto di dati. Alcuni altri QR vi porteranno ad alcuni contenuti specifici. Ma quel che conta, per voi che ci seguite e per noi che cerchiamo di offrirvi il meglio dell’informazione economica e finanziaria che sappiamo produrre, è la multimedialità: carta stampata per 52

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chi ancora l’apprezza (e siamo in tanti); tempo reale, con i siti investiremag.it e economymag.it; audivideo con le produzioni di Investire Now e di Sportello Economy, che vivono sui nostri canali social Youtube, Linkedin e Facebook. E ancora le nostre newsletter, appunto l’Investire Today quotidiano, le altre newsletter specializzate di Investire e l’Economy Week, al lunedì. Tornando ai contenuti di queste pagine, è importante l’indagine sui consulenti finanziari, cui è dedicato l’articolo di Nicola Ronchetti, che rivela come negli ultimi vent’anni questi professionisti abbiano saputo evolvere trasformandosi da venditori a partner dei loro clienti. Come dimostrano poi i dati del Centro Einaudi, l’orientamento dei risparmiatori è fortemente alla ricerca di impieghi prudenti, e questo spiega la riluttanza a rischiare… Ma evidentemente – e non c’è bisogno per saperlo di alcuna particolare educazione finanziaria – chi non risica non rosica. Buona lettura, dunque, e soprattutto: buona educazione finanziaria!

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LA VISIONE E GLI IMPEGNI DEGLI ESPERTI E DEL MONDO DEL CREDITO

Lusardi “Nessuno pensa che con l’educazione finanziaria i cittadini si possano trasformare in esperti, però è fondamentale che tutti posseggano quelle conoscenze di base che aiutano tra l’altro anche a consultare i consulenti finanziari”, dice Annamaria Lusardi, direttore del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle iniziative di educazione finanziaria, a Investire Today. È molto importante sapere quali sono le domande da fare agli esperti”.

Sabatini “Le banche e gli altri intermediari, che sono in prima fila nel rapporto con i risparmiatori – dice il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini nel suo intervento sul Today svolgono certamente un ruolo importante: in qualità di consulenti, guidano i propri clienti nello scegliere i prodotti di investimento più appropriati e coerenti con il proprio profilo di rischio”. E le famiglie hanno bisogno di buoni consigli.

De Lucia Gli italiani hanno ancora fiducia nel futuro e nel risparmio, rileva il segretario generale dell’Associazione nazionale delle banche popolari Giuseppe De Lucia nella sua intervista al Today: “Utilizzare il risparmio per finanziare e pianificare le politiche di rilancio della nostra economia, oltre ai positivi risvolti di bilancio, manifesta il profondo legame del popolo italiano con il suo Paese”.


IL MEGLIO DI

SPECIALE RISPARMIO INTELLIGENTE

TALATO (ICCREA): «PIÙ CONSULENZA E OFFERTA»

SALVETTA (CCB): «PAC E PIP STRUMENTI UTILI»

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ggi il risparmio degli italiani è in mano prevalentemente agli over 55 - rileva nella sua intervista a Investire Today Gianluca Talato (foto), responsabile private e wealth management di Iccrea - e sul private banking la media è leggermente più alta. “Le scelte allocative di questo target di clientela si caratterizzano per un approccio prudente. Tuttavia, se adeguatamente informati, i clienti hanno dimostrato un forte interesse per soluzioni di investimento come quelle sopra citate, in grado di diversificare il rischio di portafoglio. Nel contempo questi clienti hanno dimostrato attenzione verso validi strumenti a favore del territorio e dell’economia reale come i Pir, sul cui volume riteniamo che l’evoluzione normativa avrà un impatto significativo. Per quel che riguarda poi il segmento dei giovani e dei piccoli risparmiatori, continua in maniera incessante per i nostri soci e clienti l’attività di consulenza in termini di allocazione del risparmio, con i pac e i piani previdenziali. A questa atti- vità si affianca la consulenza in tema di protezione attraverso i prodotti assicurativi: troppo spesso i giovani sottovalutano il fatto che con piccole somme potrebbero garantirsi future risorse economiche preziose”.(...)

a pandemia, che la scorsa primavera aveva portato al lockdown, ha avuto un effetto dirompente sulla capacità di tenuta emotiva dei risparmiatori e degli investitori. Lo spiega nella sua intervista Enrico Salvetta (foto), vice direttore generale vicario di Cassa Centrale Banca. “Il crollo dei mercati finanziari, unitamente ai comprensibili timori riguardanti la diffusione del virus, hanno fortemente influenzato un approccio prudente degli investitori rispetto agli strumenti del risparmio gestito, anche perché, in effetti, l’attenzione era rivolta altrove. Abbiamo registrato nei primi mesi maggiori disinvestimenti, con la conseguente crescita delle giacenze sui conti correnti. Una sostanziale differenza di approccio, tuttavia, si è registrata in presenza di Pac (i Piani di accumulo capitale, ndr) sui fondi o di Pip (Piano di investimento programmato, ndr) sulle gestioni patrimoniali. Abbiamo infatti registrato, nei clienti che si erano affidati a queste tipologie di gestione del risparmio, un comportamento anticiclico, di fiducia nei confronti della propria banca. Su questo aspetto ha certamente influito l’ottimo lavoro svolto dai nostri consulenti, che hanno svolto con impegno la loro attività” (...).

Consulenti e bancari, gente in fermento

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l vero nemico è l’asimmetria informativa, non solo per chi investe ma anche per i consulenti finanziari, la cui necessità - in tempi di mercato estremamente volatili - è di poter dialogare con clienti consapevoli in materia di investimenti per adottare pianificazioni finanziarie efficaci e condivise. Non è un caso che l’Anasf, l’associazione di categoria dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, sia impegnata da svariati anni sul terreno dell’educazione finanziaria delle giovani e adulte generazioni di investitori. Ne ha parlato con Investire Today Luigi Conte (foto in alto), presidente di Anasf sottolineando che “i risparmiatori che si rivolgono a noi risultano possedere un livello di educazione finanziaria più elevato rispetto alla media e questo risultato proviene dal loro rapporto con il consulente finanziario, che giorno dopo giorno offre un’occasione di educazione al risparmio e agli investimenti a cui i clienti di altri operatori non sono sottoposti”.

E qual è il punto di vista delle reti di vendita dei prodotti finanziari, al riguardo? È possibile conciliare le esigenze del business proprie dell’attività di financial advice con la possibilità di fare una corretta educazione finanziaria nell’interesse dei clienti? Non solo è possibile ma fa parte degli obiettivi delle Reti di consulenti finanziari dichiarati in un codice di comportamento. Lo ha detto con convinzione a Investire Today Paolo Molesini, presidente di Assoreti (foto in basso): “Il lavoro quotidiano delle Reti consiste nell’attività di consulenza finanziaria finalizzata a dare disciplina alla gestione degli investimenti del cliente sulla base dei suoi obiettivi e del suo profilo di rischio. A tal fine i consulenti finanziari sono con costanza al fianco del cliente e svolgono una importante attività di informazione e di gestione dell’emotività che nel tempo assume valore di vera e propria educazione finanziaria”.

E su Investire Today si è espressa un’altra categoria al centro del dibattito e delle prospettive legate a una migliore allocazione del grande risparmio che gli italiani sanno accantonare: quella dei lavoratori bancari, rappresentata da Riccardo Colombani, segretario generale First-Cisl (foto a destra in alto). Secondo il quale come ha scritto su Today - “L’educazione finanziaria non può essere affidata solo al sistema scolastico e al mondo dell’informazione: il processo rischia di essere troppo lungo e frammentato. Di conseguenza anche gli intermediari finanziari sono chiamati a dare il loro determinante contributo (...). A tal fine strumenti innovativi come i Pir e gli Eltif sono senz’altro utili, ma a oggi i loro numeri sono ancora contenuti: secondo Assogestioni a fine giugno il sistema dei 72 Pir contava masse in gestione per circa 17 miliardi di euro. Troppo poco. Per rivelarsi davvero attrattivi questi strumenti, o altri da definire ad hoc, dovrebbero essere corredati da garanzie statali a protezione del capitale investito” (...). novembre 2020

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Tutte le alternative al vecchio conto affinchè i soldi rendano almeno un po’ di Angelo Curiosi

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iuttosto che tenere i soldi ibernati sui vecchi, classici conti correnti, per chi non vuole correre il minimo rischio ma cerca di ottenere un po’ di rendimento dai suoi risparmi, c’è la soluzione del conto-deposito, di cui Banca Ifis è stata tra i pionieri e che ha ben descritto Saverio Bonavita, responsabile direzione centrale Capital Markets, nell’intervista rilasciata DA SINISTRA: LUCIANO COLOMBINI, STEFANO FOSSATI, FABRIZIO PALERMO, CINZIA TAGLIABUE a Investire Today. L’istituto che fa capo alla famiglia Furstenberg, di cui è vicepresident Ernesto Furstenberg Naturalmente, chi si avventura invece in Borsa convinto di guadaFassio ed amministratore delegato Luciano Colombini (nella gnare sicuramente e sempre, sappia che non è affatto detto che sia foto), ha un prodotto leader in questo segmento che è il conto de- così, sul breve termine. Soprattutto in tempi d’incertezza come gli posito Rendimax di Banca Ifis, aperto e gestito solo via web. In 24 attuali. E’ una delle osservazioni contenute nell’articolo scritto per ore dalla firma online del contratto, in caso di corretta ricezione del Investire Today da Stefano Fossati, direttore advisory & solutions bonifico di riconoscimento, grazie alla procedura di firma digitale di CheBanca!: “Solamente la scoperta e la produzione di uno o più e riconoscimento a distanza, è possibile attivare il conto deposito vaccini efficaci annulleranno il rischio di restrizioni ancora più gramantenendo il conto corrente nella propria banca. I rendimenti vi e ridurranno l’incertezza derivante da questa situazione”, ricorda vanno dallo 0,30 a 2,50% a seconda della durata del deposito vin- a proposito dei danni causati all’economia dalla crisi pandemica. E colato e delle altre opzioni che si possono scegliere. poi precisa: “A prescindere dalle più fosche previsioni che presentano Sta andando bene poi, nel nostro mercato, un’altra forma di rispar- una probabilità contenuta, il contesto rimane sostenuto da fattori positimio popolare “minimo” ma già redditizio, cioè i buoni e libretti vi: il supporto proveniente dalle politiche monetarie e fiscali continuerà postali. Sono emessi da Cassa depositi e prestiti e garantiti dallo ad essere elevato e quando possibile aumentato ulteriormente”. Stato italiano, e continuano a riscuotere successo presso i risparmiatori. Lo stock di risparmio allocato in buoni e libretti postali è infatti passato dai 252 miliardi di euro del 2015 ai 272 miliardi del primo semestre 2020, in forte crescita rispetto ai 265 miliardi di BERNARDI: «GUADAGNARE A BASSI RISCHI? SI PUÒ» fine 2019 grazie alla performance della raccolta netta di Cassa depositi e prestiti, e grazie alla nuova convenzione tra Cassa Depositi Gli italiani che tengono I loro soldi parcheggiati nei conti correnti ine Prestiti e Poste, promossa nel 2017 dall’attuale a.d. di Cassa, Fafruttiferi pensano di proteggerli dai rischi dei mercati finanziari, ma li brizio Palermo. espongono al rischio dell’inflazione, oggi minimo ma pur sempre in Sono dati positivi che non smentiscono però il problema di fondo: agguato. Ma le opportunità per impie gare quel denaro in modo più gli italiani risparmiano ma non investono. Cinzia Tagliabue, amfruttuoso senza accollarsi nessun grave pericolo sono ormai tante, ministratore delegato e direttore generale di Amundi Sgr, nonché e l’industria specializzata può dimostrarlo, quasi svolgendo una fundeputy head della divisione retail di Amundi mondo, non fa giri di zione educativa. Sono alcune delle riflessione che Marco Bernardi (nella foto), vice direttore generale di Banca Generali, ha condiviso parole sul tema: “Chi durante la pandemia ha conservato un redcon il pubblico di Investire Now e che Investire Today oggi ripropone. dito - osserva - ha comunque congelato i consumi e aumentato la Dottor Bernardi, cosa vi chiedono i vostri clienti in questo propria liquidità, che quindi ha raggiunto il record dei 1500 miliarperiodo nuovamente di apprensione? di, di cui oltre 1000 proprio appartenenti alle famiglie. Ebbene: che Le cose di sempre, semmai con più apprensione: non rischiare, antanta liquidità venga lasciata lì inerte non è un bene. Sottrae risorse che a costo di avere bassi rendimenti. Il problema è che oggi per i all’economia reale e non genera rendimento per il risparmiatore”. clienti un rendimento basso dovrebbe essere del 3%, come qualche Chi può parlare direttamente con il risparmiatore – banche e conanno fa, e permettere di avere comunque denaro immediatamente sulenti finanziari – può aiutarli a capire cos’è la pianificazione e ad liquidabile. allocare le giuste risorse per i suoi bisogni di lungo periodo. Per E’ questo il modello ideale anche diffuso nell’immaginario esempio, attraverso la pianificazione previdenziale, chi oggi ha 30 collettivo in Italia! Dunque, nessuna maturazione? o 40 anni, potrà comprendere la necessità di sottoscrivere forme Non sarei così drastico: che il rendi- mento senza rischio oggi sia più di previdenza complementare necessarie per colmare il futuro gap diffi- cile di un tempo è chiaro, ma non fino in fondo e non a tutti. Noi pensionistico. L’importante è superare la logica che induce a tenere da parte la liquidità come pura forma di protezione”. 54

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IL MEGLIO DI

SPECIALE RISPARMIO INTELLIGENTE

Banca Generali accelera nelle gestioni con le deleghe industriali

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timori di un ritorno acuto della pandemia pesano su mercati già alle prese con le distorsioni dalle politiche monetarie espansive delle banche centrali e le promesse di una pioggia di miliardi di stimoli fiscali dai Governi. Uno scenario poco promettente nel quale però si fanno spazio alcune gestioni all’avanguardia per le strategie tematiche e le modalità di advisory sottostanti, come quelle presentate da Banca Generali all’interno della propria sicav Lux Im. Nata un paio d’anni fa per le gestioni di fondi e fondi di fondi, Lux Im presenta oggi oltre 80 comparti in delega esclusiva con importanti asset manager internazionali. Tra questi, spiccano 5 soluzioni all’avanguardia col contributo di partner d’eccezione provenienti da ambiti “industriali”. “Abbiamo voluto creare delle soluzioni di investimento che sapessero andare in modo approfondito in alcuni ambiti tematici che riteniamo strategici nello scenario di sviluppo globale” spiega Andrea Ragaini, è vice

di Luigi Orescano

LA BANCA PRIVATE È LA PRIMA IN ITALIA A PROPORRE GESTIONI CON ADVISOR SPECIALIZZATI NEI SETTORI SU CUI PUNTARE. ENERGIA E DIGITALE GUIDANO LA RISCOSSA

direttore generale di Banca Generali, che aggiunge –“segmenti come le energie rinnovabili, l’innovazione e la tecnologia o il biotech, sono sempre più protagonisti non solo nel mondo degli investimenti ma anche nella vita delle persone, e saperne valutare il contributo nell’efficacia e portata dei prodotti, oltre al mero ambito finanziario, è un aspetto che riteniamo importante”. La società guidata da Gian Maria Mossa è la prima dunque a proporre questo tipo di comparti che possono contare sulla collaborazione tra il gestore finanziario e primarie aziende d’eccellenza in ciascuno ANDREA RAGAINI, VICE DG DI BANCA GENERALI degli ambiti prescelti in vesti di advisor. Nascono dunque le strategie Lux Im Consumer Tech, grazie al supporto del private equity Milano Investment Partner con forti competenze nel mondo del largo consumo e radici nella tecnologia, Lux Im Innovation Strategy che si giova della partnership con la società consulenti possiamo avere dunque di consulenza It – Reply - che affianca le scelte sulle aziende legate un ruolo da educatori, accompaalla blockchain e all’innovazione, Lux im Green Energy focalizzata gnare i clienti nelle scelte migliori, sulle rinnovabili con l’aiuto dell’esperto di energie alternative Solar comprendendone il forte bisogno Ventures, e Lux Im Global Medtech che si orienta sul biotech e il di protezione, di essere coperti di pharma con un team alla spalle di medici ed esperti internazionali. fronte a eventi imprevisti. D’altronA questi si è affiancata da pochi mesi un’altra gestione focalizzata de, scegliere protezioni finanziarie sulle energie rinnovabili –Alpha Green- con l’advisory di Ambienta, o altre soluzioni assicurative che leader nel private equity e investimenti alternativi nel settore. proteggano il proprio investimen“Queste deleghe industriali hanno saputo affrontare al meglio il to, significa anche, magari, perdecontesto difficile di questo 2020, riuscendo a registrare perforre qualche piccola opportunità... mance eccellenti. Sostanzialmente, in un anno in cui gli indici gloSta di fatto, però, che i depositi degli italiani sui conti correnti bali registrano performance leggermente negative nell’intorno del bancari hanno raggiunto un livello record, hanno eguagliato -1% e gli indici europei oscillano sul -10%, i ritorni dei nostri fondi il Pil: 1680 miliardi di euro... Non le sembra un gran peccato? tematici gestiti da Bgfml sono particolarmente premianti, insistenCondivido. In nome della sicurezza si deprezza il valore del proprio risparmio, lo si lascia erodere da quel pd’inflazione che c’è, si sodo su trend di crescita di medio-lungo periodo, che si ritiene constengono costi di gestione dei conti, se si lasciano giacenze superiori tinueranno ad attrarre i flussi di investimento” aggiunge Ragaini. I ai 100 mila euro si corre anche il rischio delle ripercussioni di evennumeri confermano le competenze nelle gestioni. Da inizio anno tuali problemi della banca... Ma soprattutto si perde l’opportunità di a fine agosto comparti come il Green Energy erano in doppia cifra avere un rendimento. Gli italiani purtroppo non brillano per educacome rialzi, e anche in termini di raccolta il contributo di queste zione finanziaria. (...) soluzioni rappresenta circa un terzo del totale da inizio anno della sicav Lux Im. Un ulteriore timbro distintivo ed esclusivo del modello di banca private della Banca del Leone. novembre 2020

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IL MEGLIO DI

SPECIALE RISPARMIO INTELLIGENTE

«Il risparmio è per la vita. Occorre guardare sia all’oggi che al domani» di Sergio Luciano

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iù depositi improduttivi sui conti correnti delle banche che Pil: è l’incredibile situazione che si è determinata in questo anno particolare. E quel denaro non giova in alcun modo immaginarci il mondo tra cinque anni, all’economia. Come sbloccare quest’imriusceremmo a recuperare la fiducia nepasse? cessaria per progettare il nostro futuro, Investire Today ne ha parlato con Stefapianificandolo. Non possiamo arrivare no Volpato, direttore commerciale di finanziariamente impreparati al moBanca Mediolanum, che del “risparmio mento in cui ci ritireremo dal lavoro, o intelligente” ha fatto una bandiera del alla richiesta dei figli di continuare gli suo lavoro personale e manageriale. studi all’estero o all’assistenza sanitaria “In realtà è da qualche anno che si regidei genitori anziani. Ecco come la consustra un trend di crescita della liquidità lenza finanziaria può fare la propria parnei conti correnti. Gli italiani pensano te. Deve ricoprire un ruolo sociale per le erroneamente che con quei soldi si posfamiglie, portando consapevolezza sulla sa far fronte a eventuali imprevisti. In renecessità di individuare e quindi investialtà, al verificarsi di un evento catastrore sui reali progetti di vita. Ricordiamofico, non basterebbero i risparmi messi ci che le scelte che facciamo da giovani da parte e la famiglia rimarrebbe senza avranno un impatto più o meno significaSTEFANO VOLPATO, BANCA MEDIOLANUM fonte di reddito. Altro mito da sfatare ritivo in età matura. Indietro non si torna. guarda la remunerazione dei conti correnti. Si tende a pensare Cosa fa e cosa può fare di più in tal senso una grande imche, con un tasso di rendimento a zero, non si guadagna nulla, presa del risparmio gestito come Banca Mediolanum? ma non si rischia nulla. L’inflazione, invece, seppur bassa, ero- Notoriamente Banca Mediolanum organizza molti eventi di de lentamente e inesorabilmente il potere d’acquisto, generando taglio finanziario con i propri clienti per coinvolgerli sui temi certamente delle perdite. A questa percezione generalizzata, si più disparati. Sono i Family Banker a organizzarli perché conoè aggiunta la crisi sanitaria e conseguentemente economica che scono molto bene le leve su cui sono particolarmente sensibili stiamo tuttora vivendo. Il clima di incertezza e di paura non ha i clienti che seguono. Affrontiamo, ad esempio, l’importanza fatto altro che accelerare l’esigenza di accumulare capitale per del passaggio generazionale, non solo in termini di ottimizcercare di recuperare sicurezza, rimandando i consumi a tempi zazione fiscale, oppure gli strumenti di finanza straordinaria, più stabili. Siamo quindi arrivati alla cifra record di quasi 1.700 per le imprese che hanno obiettivi di crescita. In questo periomiliardi parcheggiati, in modo infruttifero, sui conti correnti e do di impossibilità a organizzare incontri fisici, oltre a traslare una contrazione dei consumi che rischia di paralizzare il Paese. gli eventi sul mondo digitale, abbiamo pensato di affrontare Per fare in modo che i fondi che arriveranno dal Recovery Fund l’importanza di programmare il proprio futuro, con scelte ben e i provvedimenti del Decreto Rilancio diano i propri frutti, oc- consigliate, attraverso una forma di comunicazione diversa, il corre che i risparmiatori e gli imprenditori recuperino fiducia nel cortometraggio. In “Raccontami di me”, l’attrice Anna Foglietta futuro. Difronte a una percezione incerta del futuro, accentuata incontra se stessa da giovane e poi da matura e cerca di capire dal rincorrersi di notizie e previsioni, si resta immobili, ancorati a se le scelte consigliate e seguite da giovane sono state ottimali quello che io definisco “presente assoluto”. in età matura. Si tratta di una modalità di sensibilizzazione deQuale è il segreto per ristabilire un clima di fiducia nei licata che ha l’obiettivo di suscitare delle riflessioni sull’impatto risparmiatori sul loro futuro e sul futuro del Paese, oltre che può avere la pianificazione finanziaria nella vita. ovviamente al superamento del virus? Questa crisi ha dato un ulteriore impulso alla digiDobbiamo aiutare le persone ad alzare lo sguardo dal presente talizzazione della Scansiona il QR code e contestualizzare gli eventi, seppur drammatici e inaspettati, vostra rete, peper leggere l’articolo nel giusto contesto temporale. Il Coronavirus tra qualche tem- raltro già molto completo> po sarà neutralizzato da un vaccino che verrà somministrato avanzata: come su larga scala. Questa parentesi sanitaria, seppur drammati- procede questo feca, quanto spazio occupa in una vita intera? Se riuscissimo a nomeno? 56

PARLA STEFANO VOLPATO (B.CA MEDIOLANUM): «SONO DECISIVE LE SCELTE FATTE DA GIOVANI»

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Voglio trasformare la crisi in un momento di crescita per la mia azienda

Molti imprenditori stanno ripensando strategicamente all’organizzazione ed al modello di business della propria azienda per affrontare con fiducia il futuro e chiedono competenza e tempestività. I team multidisciplinari RSM offrono un approccio integrato per definire soluzioni mirate alle esigenze di ogni azienda che voglia crescere su solide basi.

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PARLA MAURIZIO VITOLO

«Consultinvest crescerà ancora ma non ci standardizzeremo mai» di Angelo Curiosi

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IL FONDATORE DEL GRUPPO COMMENTA LA NUOVA AGGREGAZIONE CON SOL&FIN, LA BOUTIQUE DI GIANFRANCO CASSOL. «OBIETTIVO DIMENSIONALE SONO I 5 MILIARDI, RESTANDO SEMPRE NOI STESSI»

ire che l’obiettivo sono i 5 miliardi di asset gestiti è giusto, ma è limitativo. Per Maurizio Vitolo, fondatore e presidente di Consultinvest, uno dei pochi gruppi finanziari indipendenti del nostro mercato, la crescita dimensionale che sta perseguendo con una politica di piccoli passi inarrestabili è soltanto uno dei binari su cui corre il suo convoglio. L’altro è la conferma e la valorizzazione costante dell’identità professionale del gruppo. Certo, è stata una crescita impressionante, quella di Consultinvest: nel corso degli ultimi 12 mesi – resi ancor più complessi dalle ripercussioni che la pandemia ha impresso su tutto il mondo amministrativo e burocratico – il gruppo ha perfezionato altre tre acquisizioni di rilievo, cioè la partnership con Alpenbank e l’acquisizione di Multilife, e - poche settimane fa – è arrivato il via libera della Banca d’Italia all’acquisizione del gruppo finanziario Sol&Fin, una boutique fondata da Gianfranco Cassol – forse il vero capostipite della professione del consulente finanziario in questo Paese, il manager che per primo individuò e valorizzò un certo Ennio Doris… - forte di oltre 150 professionisti. Il totale delle masse diventa superiore ai 2 miliardi di euro, la rete complessivamente conta su 450 professionisti presenti in tutta Italia e, compresa la società di gestione e la parte assicurativa, gli asset in gestione o sotto consulenza superano già i 3 miliardi. Però, va ribadito, Vitolo e il suo team non perseguono una crescita dimensionale fine a se stessa. L’altro obiettivo perseguito simmetricamente è l’identità professionale e, in fondo, culturale di tutta la rete, con le sue successive aggregazioni, nell’approccio personalizzato alla clientela: “Tutti predicano la personalizzazione», osserva il presidente, con quel filo di ironia che lo contraddistingue e che le origini partenopee hanno portato a crescere bene in terra emiliana, «ma poi vanno tutti verso una grande standardizzazione dell’offerta e dei servizi. Noi invece siamo cresciuto e contiamo di continuare a crescere, certo, ma restando uguali solo a noi stessi». E in che modo contate di riuscirci? La sfida dimensionale comporta fatalmente l’industrializzazione dei processi… La sfida dimensionale non va confusa con la standardizzazione. Certo, le operazioni si moltiplicano, e con esse l’onere organizzativo di gestirle sempre meglio. Ma per rispondere a questi impegni la soluzione c’è, e si chiama digitalizzazione e 58

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Maurizio Vitolo, fondatore e amministratore delegato di Consultinvest continua a sviluppare col suo team una politica di costante espansione

managerializzazione. Esattamente quello che Consultinvest sta facedo, ormai da tempo. Non sarebbe invece una soluzione gestire la crescita con la standardizzazione. Come potremmo affermarci su un mercato essendo uguali, tipologicamente, a concorrenti ancora molto più grandi di noi? E in concreto come pensate di preservare questo rapporto identitario con clienti che in qualche modo affluiscono sotto le vostre insegne da tante provenienze diverse? In concreto, il segno identitario di Consultinvest è quello di porsi come interlocutore unico del cliente su tutti i temi di suo interesse nella sfera patrimoniale. Tutti. Risolvendogli i problemi.


INVESTIRE SPECIALIST

Una volta ci occupavamo solo di un pezzetto, cioè della gestione del suo patrimonio finanziario più dinamico, o addirittura speculativo, perché la parte conservativa era sotto chiave, in banca. Oggi la nostra sfida è essere interlocutori del cliente a 360 gradi. Vi aiuta essere da tanti anni partecipati da un gruppo assicurativo qualificato come Vittoria? Diciamo che una delle nostre competenze, anche in questo caso assai rara nel panorama del mercato è quella assicurativa. Che ci aiuta ad avere un approccio gestionale patrimoniale globale accanto al cliente, capace di accompagnare chi si rivolge a noi nell’identificazione e nella messa a fuoco di tutti i suoi obiettivi familiari connessi al patrimonio ed alle metodiche per perseguirli. Peraltro, è quel che il mercato oggi chiede di più: le famiglie stanno cambiando e cambieranno ancora. Per molte fasce sociali l’esigenza di una consulenza personalizzata aumenterà ancora, e molto… Ma come fate ad assimilare culturalmente professionisti che provengono da realtà così diverse? Be’, intanto non è un caso che siano venuti con noi. Non stiamo comprando ettari di terreno agricolo o partite di commodities: stiamo aggregando competenze alle quali proponiamo di sceglierci come noi scegliamo loro… Provo a metaforizzare: lei sta dicendo che in fondo “chi si somiglia, si piglia”? Se vuole, accetto la sua semplificazione. In sostanza, noi - realtà indipendente ben decisa a restare tale – proponiamo ad altre realtà indipendenti, anche più piccole della nostra, di aggregarsi e lavorare insieme. E mi pare che questa proposta a oggi sia stata compresa e ac-

Gianfranco Cassol, fondatore di Sol&Fin, la boutique finanziaria che ha scelto di aggregarsi con Consultinvest, tra i pionieri del risparmio gestito in Italia

cettata con l’approccio giusto, visti i risultati, da molti professionisti di qualità. E l’implementazione di queste squadra che si uniscono a Consultinvest come procede? Le direi che sta procedendo bene, aggiungerei “secondo copione”, se non temessi di proporre un concetto che potrebbe essere frainteso. Abbiamo messo a punto una metodica rodata per assimilare i professionisti delle realtà che aggreghiamo. All’inizio c’è sempre una fase di conoscenza reciproca, poi successivamente arriva la dase dell’integrazione vera e propria, che parte dai valori, dalla condivisione di modelli culturali e professionali, oltre che di sistemi informatici. E’ più facile integrare computer che mentalità professionali qualificate. Ma evidentemente il nostro metodo funziona! E riuscite a declinare questa identità anche nella parte produttiva, nella progettazione di prodotti d’investimenti identitari? Assolutamente sì. Noi cerchiamo da sempre – e il mercato ci riconosce evidentemente una buona dose di successo – di creare prodotti patrimoniali e gestionali caratteristici, mai banali. In questi mesi, stiamo cambiando gradualmente tutta la gamma dei prodotti, superando quelli tradizionali… e innovandoli nei contenuti. Cosa ne pensa dei due trend del momento, quello per gli investimenti Esg e per gli investimento in economia reale? Ci stiamo lavorando anche noi, credo che non siano mode ma trend destinati a durare. È una delle cose da fare secondo la nostra strategia, diventare un operatore di grandissimo spessore, stabile, profittevole, unico. Torniamo a Sol&fin. Un’acquisizione che fa scalpore anche per l’alto lignaggio dell’ultima iniziativa imprenditoriale di uno dei fondatori del risparmio gestito italiano, Cassol. Soddisfatto? Ancora di più: direi orgogliosi, tutti noi, di aver potuto perfezionare quest’operazione a cui abbiamo lavorato con determinazione, nel segno della crescita e della continuità, e credendo fermamente nell’importanza strategica di unirci a una realtà unica per storia, serietà e professionalità come Sol&fin. L’operazione è un ulteriore traguardo nella nostra strategia di crescita per aggregazioni, da cui ripartiamo per proseguire nel nostro piano di sviluppo volto a posizionarci sempre più tra i protagonisti del mercato. Non mi dica che state già lavorando ad altro… Invece glielo dico! Siamo molto attivi sul mercato, siamo - come dire – sempre vigili, sempre attenti alle opportunità che si profilano. In questa fase stiamo facendo molte conversazioni, e pensiamo di poter concludere qualcosa di importante nel 2021. Queste operazioni hanno dei tempi di gestazione molto lunghi, perché, veda: queste sono aggregazioni, non semplici acquisizioni. Per realizzarle occorrono, certo, risorse finanziarie ma ancor più risorse professionali, umane. Direi vocazionali. Occorre che ci sia pieno accordo tra le parti che confluiscono. E naturalmente la rarefazione dei contatti interpersonali imposta dal Covid non aiuta. Le acquisizioni societarie non sono tutte uguali. Nel nostro mondo, quel che conta è la concorde confluenza delle competenze, delle visioni, delle sfide. Ecco: è questo che ritengo abbia finora contraddistinto la nostra crescita. E siamo fermamente decisi a continuare lungo questa strada. novembre 2020

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PRIVATE BANKING

Clienti top, il gruppo Credem punta sul polo unico di Marco Muffato

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a preso il via il progetto di sviluppo del private banking del gruppo Credem che prevede una governance unica delle due realtà attive in questo segmento, il private banking Credem e Banca Euromobiliare, che rimangono comunque distinte. In particolare a livello organizzativo è stata costituita una nuova business unit private all’interno di Credem, affidata a Matteo Benetti (che mantiene la carica di direttore generale di Banca Euromobiliare) in cui è confluito il canale private banking Credem, che, a giugno 2020 contava su 287 private banker e un portafoglio di 20,3 miliardi di euro. Il progetto preveMATTEO BENETTI, DG DI BANCA EUROMOBILIARE de il coordinamento, affidato a Stefano Pilastri, vice direttore generale Credem, del polo composto dalla neo costituita business unit private Credem e da Banca Euromobiliare, che con Paolo Zulian a capo del canale private e Paolo Zavatti, vice direttore generale, direttore commerciale e responsabile della consulenza finanziaria, vanta 410 professionisti tra private banker e consulenti finanziari e 11,7 miliardi di euro di portafoglio. Ma quali sono le ragioni che hanno portato il gruppo emiliano alla decisione di varare una governance unica per presidiare il segmento di clientela più benestante? E con quali obiettivi. Lo abbiamo chiesto proprio a Matteo Benetti.

ECCO TUTTI I VANTAGGI E GLI OBIETTIVI DELLA RIORGANIZZAZIONE SUL SEGMENTO DEDICATO ALLA CLIENTELA BENESTANTE

Benetti, com’è nata l’idea di realizzare un polo unico del private banking all’interno del gruppo Credem? L’idea nasce dall’analisi strategica dei nostri numeri e del nostro posizionamento: il 50% del margine di Intermediazione del gruppo è rappresentato da canali e fabbriche legate al mondo del wealth management. Questo è il risultato degli investimenti in uomini, strumenti e competenze effettuati sia da Credem sia da Banca Euromobiliare negli ultimi anni. Non a caso abbiamo conquistato nel private banking italiano una quota di mercato di Gruppo del 3%. Polo unico ma business unit private di Credem e Banca Euromobiliare che rimangono distinte, perchè? 60

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Il fatto che coesistano all’interno del polo due legal entities che rimangono distinte, così come i marchi commerciali, rappresenta secondo noi un punto di forza: siamo certi che il binomio che sta per nascere, Credem Private Banking e Banca Euromobiliare, saprà portare le singole strutture a nuovi livelli di eccellenza, senza sacrificare il valore delle differenze, ma anzi esaltandole.

Quali benefici concretamente deriveranno dal polo unico? Riteniamo che la creazione di un centro di competenza così elevato porterà immediati benefici sui servizi di consulenza patrimoniale, sull’efficienza organizzativa ma anche su altri business, come per esempio una nuova value proposition per imprese e imprenditori. Abbiamo compiuto un ulteriore passo evolutivo, in un momento storico caratterizzato da un contesto normativo e competitivo più stringente e da un nuovo paradigma tecnologico. Sul piano del reclutamento aumenterà l’appeal del gruppo dopo questa decisione? Quali sono i vostri obiettivi? Intendiamo sempre di più diventare un polo di attrazione per i migliori private banker e consulenti finanziari attivi sul mercato, provenienti da grandi gruppi bancari, reti o boutique specializzate. Oltre il tema della dimensione del portafoglio, per noi è determinante la condivisione dei nostri valori e la nostra visione: una consulenza sempre più patrimoniale, una relazione con la clientela che sfrutti anche le potenzialità della tecnologia e la creazione di valore nel medio-lungo periodo. Le nostre ambizioni sono, naturalmente, di crescere, conquistando ulteriori posizioni in classifica nel ranking del private banking in Italia.


INVESTIRE SPECIALIST

STRUMENTI ALTERNATIVI

Arriva l’Eltif di Kairos, il ponte atteso tra risparmio e impresa di Chiara Merico

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ome trovare opportunità di investimento interessanti e che possano offrire un significativo apprezzamento del capitale, in un contesto in cui il reddito fisso tradizionale non riesce più a consegnare rendimenti soddisfacenti e l’azionario è per sua natura legato alla volatilità dei mercati? In questo quadro gli Eltif (European Long Term Investment Funds) introdotti dalla normativa europea nel 2018, rappresentano una soluzione efficace per soddisfare questa esigenza, canalizzando nell’economia ROCCO BOVE, HEAD OF FIXED INCOME MASSIMO TRABATTONI, HEAD OF ITALIAN EQUITY reale sia i risparmi della clientela privata sia gli investimenti dei soggetti istituzionali e allo stesso tempo più lungo». Nasce così il comparto Renaissance Eltif di Kairos offrendo alle piccole e medie imprese una fonte di finanziamen- Alternative InvestmentSicav (KAIS), il primo Eltif di Kairos e to alternativa al tradizionale canale bancario. «Per questo pro- uno tra i primi Pir alternativi sul mercato, focalizzato sulle Pmi getto di respiro internazionale non c’è Paese più adatto dell’Ita- europee, prevalentemente italiane. Il comparto della Sicav di lia, che ha una struttura economica composta in larga parte da diritto lussemburghese Kairos Alternative InvestmentSicav inpiccole e medie imprese», spiega Massimo Trabattoni, head of veste prevalentemente in società quotate con capitalizzazione italian equity di Kairos. «In Italia c’è infatti un’altissima percen- inferiore ai 500 milioni di euro o aziende non quotate con potuale di risparmio, che però viene diretto verso i fondi comuni tenzialità di sviluppo. I gestori possono scegliere di inserire in tradizionali, e non va a sostenere le imprese. Serve coerenza tra portafoglio un ampio ventaglio di strumenti finanziari, da quelli le prospettive temporali dell’investimento e le esigenze delle azionari e semi-azionari a strumenti di debito, includendo paraziende, che hanno bisogno di capitali per lo sviluppo. In Italia tecipazioni in attività reali: Kais Renaissance Eltif investe con ciò che manca è proprio questo ‘collante’ e gli Eltif puntano a logiche e modalità che si avvicinano a quelle del mondo del pricolmare questo gap: si tratta di un ponte tra finanza e impresa, è vate equity e del private debt. La porzione di portafoglio non la finanza che si fa impresa con un orizzonte temporale corret- quotata sarà al massimo del 25%. Il prodotto si rivolge a una to». Un sostegno concreto alle imprese che ha ancora più valore clientela con una buona preparazione finanziaria e un’elevata nel panorama attuale. «Il progetto Eltif era stato concepito due capacità patrimoniale, per la quale l’esenzione fiscale che caanni fa, quando ovviamente nessuno poteva immaginare quello ratterizza i Pir alternativi rende ancora più interessante questo che sarebbe successo a causa del Covid-19. Ma se si inquadra il tipo di soluzione. Il fondo è disponibile alle sottoscrizioni fino progetto nel contesto attuale, che vede molte imprese in diffi- al 31 marzo 2021; la durata dell’investimento è di 6 anni con coltà proprio causa della pandemia, si può comprendere come possibilità di proroga per ulteriori 2 anni, fermo restando che la gli Eltif possano essere oggi uno strumento di politica econo- durata non potrà in nessun caso prorogarsi oltre il 31 dicembre mica, oltre che di investimento», sottolinea Rocco Bove, head 2028. «Questo prodotto rappresenta un ponte che deve portare of fixed income di Kairos. Canalizzare le risorse del risparmio il capitale dai risparmiatori verso le aziende», evidenzia Bove. privato verso le imprese è un obiettivo che gli Eltif condividono «La finanza non deve essere autoreferenziale, ma per l’imprecon i Pir, che però “inizialmente, nella prima versione tradizio- sa, ed è per questo che noi in Kairos siamo orgogliosi di questo nale, sono nati con questo intento ma si sono poi rivelati poco progetto. Kairos nasce da una partnership di imprenditori e ha efficaci per i limiti di investimento previsti dalla normativa, più imprenditori come clienti: ha nel Dna la necessità di portare imvicini a una logica di breve/medio termine. Le imprese seguono presa nella finanza e finanza nell’impresa. Facciamo questo da invece una logica pluriennale” spiega Bove. «L’Eltif dunque è un vent’anni, e soprattutto in questo momento questa attività può progetto a lungo termine in cui l’investitore ‘sposa’ il progetto, e innescare un circolo virtuoso. Il nostro ruolo naturale è fare gli ha una marcia in più proprio perché ha un orizzonte temporale imprenditori della finanza». novembre 2020

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TITOLI CALDI

Bene, la disruption è solo all’inizio! di Giuseppe D’Orta

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on tutti i suoi evidenti eccessi, il titolo Tesla rappresenta il simbolo delle tecnologie dirompenti contemporanee che sono destinate in pochi anni a stravolgere pressoché ogni settore economico e di conseguenza la vita di ogni abitante del pianeta. Alcune di queste tecnologie sono sotto gli occhi di tutti, basti pensare agli autoveicoli (non solo auto, ma anche camion) a trazione elettrica e a guida autonoma, come pure alle energie rinnovabili. Ma sono in arrivo anche rivoluzioni al momento meno visibili derivanti dall’intelligenza artificiale e dalla ricerca non solo tecnologica ma anche scientifica, come quella sul dna e sulle biotecnologie. Quella che secondo la quasi totalità degli addetti ai lavori è maggiormente destinata a giocare il ruolo principale nel settore disrupting è la cosiddetta intelligenza artificiale (AI). Una definizione sotto la quale viene ricompresa una notevole quantità di algoritmi che consentono di risolvere svariati problemi computazionali fino a pochi anni fa impossibili anche solo da ipotizzare. Ciò deriva dal fatto che il costo per l’elaborazione dei dati negli ultimi venti anni è diminuito di migliaia di volte, e quando il costo di una nuova tecnologia diventa inferiore al costo di quella precedente, ecco che la nuova, quella dirompente, ha la strada spianata.

Le promesse dei computer quantistici Grazie ai costi ormai esigui, i sistemi di intelligenza artificiale, che uniscono la biologia ispirata dai neuroni con l’informazione, hanno raggiunto un’abnorme precisione in tutta una serie di impieghi di classificazione imparando da dati etichettati. Il prossimo passo sarà rappresentato dall’unione dell’apprendimento e del ragionamento attraverso sistemi neuro-simbolici, che daranno vita a una forma di AI che sarà in grado di portare a termine molti compiti, agire in molteplici domini e imparare da piccole quantità di 62

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I PROSSIMI ANNI STRAVOLGERANNO LA NOSTRA VITA QUOTIDIANA. ANCHE L’ECONOMIA E LA FINANZA CAMBIERANNO RADICALMENTE VOLTO: OFFRENDO TANTE NUOVE OPPORTUNITÀ AGLI INVESTITORI

dati. Infine l’unione della fisica e dell’informazione ha fatto nascere la Teoria dell’informazione quantistica e il contemporaneo sviluppo del quantum bit (il qbit), che forma la base dei computer quantistici che, sebbene nati da pochi anni, dimostrano di avere il potenziale di risolvere problemi irraggiungibili anche per i più potenti tra i computer tradizionali. Il futuro dell’informatica sarà quindi radicalmente differente da come è stato fino ad ora. In poche parole, sarà possibile estrapolare informazioni rilevanti da enormi quantità di dati, basandosi su regole complesse che oggi non è possibile fare “apprendere” ai computer tradizionali, mentre lo faranno quelli della generazione futura, basata non sui soli bit, bensì da bit, neuroni e qbit. Questo futuro renderà possibili scoperte scientifiche e tecnologiche al momento inimmaginabili e che sarà possibile applicare in qualsiasi settore dell’economia. Chi riuscirà ad applicare efficacemente queste tecnologie per rivoluzionare il modello di business di uno specifico settore sarà destinato a diventarne il colosso, come oggi nei rispettivi settori lo sono Google, Facebook e gli altri colossi del tech. Umiltà per scegliere (bene) i titoli disruptive Come si scelgono i titoli “giusti”? Qui iniziano i problemi. Ai tempi dell’espansione delle ferrovie negli Usa, per esempio, le com-


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pagnie ferroviarie conobbero un boom anche borsistico che culminò col fallimento della gran parte di esse. Le ferrovie furono costruite, ma molti investitori persero l’intero capitale. Ciò non vuol dire che la gran parte delle aziende coinvolte nel boom dei titoli disruptive sia destinata al fallimento perché i tempi sono molto cambiati da allora, ma occorre mettere in conto dei fallimenti che però saranno compensati dalle performance ampiamente positive delle altre società. I settori in cui lavorano le aziende dirompenti sono molto complessi anche per gli esperti stessi, è quindi molto meglio evitare la “pesca miracolosa” che potrebbe riservare troppe sorprese negative, pregiudicando il risultato finale, diversificando invece il più possibile. In finanza, ogni approccio deve essere basato sull’umiltà senza ritenersi capaci come Warren Buffett o, rimanendo nel settore, Tony Seba, imprenditore e formatore che basa il proprio approccio agli investimenti sulle tecnologie dirompenti ed i cui quindici titoli menzionati nel suo celebre saggio del 2006 “Winners Take All” hanno moltiplicato il valore per trenta volte contro la “semplice” moltiplicazione per cinque dell’indice Nasdaq. Per esempio Seba puntò forte su Netflix nel 2006, ma chi di noi sarebbe stato capace di fare altrettanto? L’industria del risparmio gestito non si è certo lasciata sfuggire i mega-trend di cui stiamo parlando, ed offre un nutrito numero di fondi comuni e fondi-indice, ovvero Etf. Tutte le grandi, e meno grandi, società hanno istituito fondi specializzati nel comparto e adottanti una gestione attiva. A parere di chi scrive, è meglio evitare il rischio insito nell’affidarsi ad un gestore che per quanto capace può sempre incappare in una “pesca miracolosa” sfortunata al punto tale da pregiudicare in maniera notevole il rendimento. Parliamo di un settore nuovo per tutti, esperti inclusi. Gli Etf consentono invece di puntare sugli indici senza assumersi il rischio specifico rappresentato dai singoli titoli ed a costi di gestione molto inferiori (tra lo 0,4% e lo 0,6% annuo in media), fattore questo che pure pesa molto nel lunghissimo termine. Etf dedicati Tra questi ultimi se ne possono segnalare due che permettono di risolvere non solo il dubbio sui titoli da scegliere ma anche quello dei comparti su cui puntare. L’Alps Disruptive Technologies (Dtec), infatti, è un Etf che suddivide l’attivo in dieci parti uguali, ciascuna dedicata a un settore:

cloud computing, data and analytics, energia pulite, pagamenti mobili, fintech, innovazione nella salute, stampa 3D, intelligenza artificiale e robotica, cybersecurity e internet delle cose (IoT). Allo stesso modo, il Lyxor Msci Disruptive Technology Esg Filtered (Unic) si basa sull’indice Msci Acwi Imi Disruptive Technology Esg Filtered. La particolarità è che i titoli azionari inclusi sono selezionati anche sulla base dei criteri Esg (ambientali, sociali e di corporate governance). L’indice di riferimento è in questo caso il Msci Acwi Imi. Etf interessanti ma dedicati a specifici settori dirompenti sono invece Global X Internet of Things (Snnsr), Ark Autonomous Technology & Robotics (Arkq), Robo Global Healthcare Technology and Innovation (Htec), Global X Cybersecurity (Bug). Per l’Intelligenza artificiale sono poi da segnalare l’Etf Vanguard Information Technology (Vgt) e i più focalizzati iStoxx iShares Automation & Robotics (Rbot) nonché Rotr Lyxor Robotics & AI. (Roai). Puntiamo le nostre fiches sull’acqua Un altro comparto che è destinato ad essere al centro della scena economica è quello dell’acqua la cui produzione, trattamento e distribuzione assumeranno sempre maggiore importanza. Da segnalare sono iShares Global Water Ucits - Dist, Lyxor World Water (DR) - Dist, L&G Clean Water Ucits Etf USD Accumulating Etf. Si tratta, quasi superfluo dirlo, di prodotti che adottano strategie growth, selezionando titoli in settori con un forte potenziale di crescita e aziende che garantiscano una redditività elevata. I parametri classici quali l’indebitamento, i dividendi (spesso assenti a lungo) e altri sono tenuti assai in secondo piano nel processo di selezione delle aziende.

Il rischio c’è, ecco perché puntare sui Pac Inutile farsi illusioni: anche questi comparti sono soggetti agli svariati eventi che condizionano i mercati azionari. Occorre pertanto non dimenticare mai che si stanno maneggiando titoli azionari, sebbene molto promettenti. Un piano di accumulo, oltre a essere scelta obbligata per chi non dispone di capitali iniziali, consente di evitare indecisioni nei periodi più difficili dei mercati oltre che a reggere emotivamente i periodi che comportano perdite di importo non limitato, come per esempio quelli vissuti nei primi mesi di quest’anno. Si tratta pur sempre di strumenti del comparto tecnologico e della ricerca che da questo deriva in vari settori, nonché di titoli “growth”. Per decidere in concreto su quali etf del comparto “disruptive” puntare e con quali modalità è quindi opportuno consultare un consulente. novembre 2020

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OUTLOOK 2021

Alfieri (J.P. Morgan AM): «Sull’equity la congiuntura spinge i Paesi emergenti» di Marco Muffato

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he mesi attendono il mondo degli investimenti finanziari? Investire ha girato la domanda a Lorenzo Alfieri, country head per l’Italia di J.P. Morgan Asset Management. Ne è uscito un outlook con indicazioni preziose per addetti ai lavori e investitori.

Alfieri, l’esito delle elezioni Usa condizionerà la ripresa economica e quindi l’andamento dei mercati finanziari nel 2021? Che nuovo anno ci aspetta? Abbiamo fondati motivi per ritenere che ci attende una fase di crescita, non particolarmente condizionata dall’esito delle elezioni Usa. Ci saranno due fattori che a nostro avviso invece daranno la spinta ai mercati: in primo luogo il mantenimento di politiche monetarie fortemente espansive, in secondo luogo il vaccino per il Covid-19, con particolare riguardo ai tempi di approvazione e a quelli per arrivare una sua ampia diffusione. Oggi come oggi gli scenari macroeconomici incorporano già la possibilità di un utilizzo abbastanza diffuso del vaccino come fattore positivo. Conseguentemente i mercati stanno guardando con maggiore tranquillità al prossimo anno e sono disposti a guardare il bicchiere mezzo pieno. A proposito di mercati analizziamo le prospettive asset class per asset class. Partiamo dall’azionario… Ecco le aree che sembrano poter approfittare nel 2021 dei fattori congiunturali. Ai primi posti vediamo i Paesi dell’area asiatica e in genere degli emergenti per due ordini di fattori: nel 2020 sono stati i più rapidi a riorganizzarsi durante la fase più acuta della pandemia e quindi nel 2021 sono pronti a cogliere meglio dei Paesi nordamericani ed europei la potenziale ripresa economica. Altro aspetto che li favorisce è che i Paesi emergenti dovrebbero recuperare in modo significativo grazie alla debolezza strutturale del dollaro. Terzo fattore positivo per gli emerging market è il basso livello di inflazione grazie a petrolio e alle altre materie prime che sembrano mantenere quotazioni su livelli sostanzialmente bassi. Per riassumere, le aree d’investimento potenzialmente più interessanti sono i mercati asiatici con in testa la Cina, poi la Corea e la stessa India che hanno sofferto molto nella fase iniziale della pandemia ma che ora sono in forte recupero in chiusura dell’anno, tendenza che potrebbe continuare nel 2021. E per quello che riguarda i temi che andranno forte nell’equity? A nostro avviso nel 2021 sarà interessante 64

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mantenere posizioni tattiche sulla tecnologia ma anche ricominciare a guardare con maggiore attenzione ai settori ciclici - mi riferisco all’automotive e ai settori legati alla ripresa dei consumi e quei settori che hanno avuto forti ridimensionamenti a seguito della crisi come tempo libero, bancari ed energia. E per quanto attiene l’obbligazionario? I mercati obbligazionari rimangono poco appetibili. Lo è in particolare il mercato dei bond governativi a causa di rendimenti estremamente bassi per i Paesi più industrializzati, con la previsione di politiche monetarie espansive anche nel 2021 e, conseguentemente, una curva dei tassi che sulle scadenze brevi rimarrà molto bassa. Discorso diverso per i bond investment grade e high yield dove rimane opportuna un’attenta selezione e una ampia diversificazione poiché i rendimenti rimarranno bassi e i rischi di default potranno essere anche nel 2021 superiori alla media. Anche in questo caso i mercati più interessanti sono gli Usa per il corporate e l’high yield, l’Europa per il corporate e i Mercati emergenti sia per il corporate sia per l’high yield sia in valuta forte sia locale. Continuerà la crisi del greggio? Il petrolio in questo momento è ancora sotto forte pressione. Nel 2021 una ripresa più stabile dei consumi e la riapertura di alcuni settori ad alto utilizzo di petrolio, mi riferisco al comparto aereo, dovrebbero favorire una leggera ripresa del greggio e una stabilizzazione dei prezzi. Noi pensiamo che nel breve termine un calo strutturale del petrolio sia ancora prematuro. Dall’oro nero all’oro vero e proprio… Crediamo che la forte corsa dell’oro possa proseguire solo se ci saranno ancora forti incertezze per esempio la mancanza di una soluzione definitiva alla pandemia ovvero che il vaccino non arrivi o ritardi. L’oro potrebbe quindi rappresentare ancora un bene rifugio. Riteniamo però che il suo recupero nel 2020 sia stato già molto significativo. Fenomeno Esg, proseguirà il trend di crescita? Nel 2021 con l‘arrivo di una metodologia di valutazione del rating ufficiale e molto rigorosa ci sarà spazio per una fase di maturazione ulteriore del processo di selezione e strutturazione di prodotti sostenibili che renderà più efficiente il mercato e più facile per l’investitore una valutazione e una comparazione dei prodotti presenti sul mercato.


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SCENARI IN TEMPI DI COVID-19

Dal dogmatismo economico al pragmatismo di mercato di Matteo Ramenghi

L’

Europa e si su alcuni temi di lungo gli Stati termine particolarmente Uniti sono promettenti. particolarI grandi shock, come una mente colguerra o una pandemia, piti dalla seconda ondata spesso determinano camdi Covid-19 e hanno adotbiamenti profondi nelle tato nuove restrizioni per nostre abitudini, nei moevitare di congestionare delli economici e a livello i sistemi sanitari. Ciò ovgeopolitico. Il Covid-19 ha viamente si traduce in contribuito a velocizzare un impatto economico l’affermazione della Cina negativo che congelerà la come potenza economica: ripresa dell’economia avla capacità di controllare viata in estate. il virus rapidamente e di Difficilmente la situazio- SOLDATI ANTI-COVID. LA PANDEMIA HA RESTITUITO CENTRALITÀ ALLE ISTITUZIONI continuare a crescere ha ne economica si rivelerà fatto sì che lo scarto rigrave quanto in primavera: i governi continuano a fornire spetto alle economie più avanzate si sia ulteriormente ridotstimoli fiscali e le banche centrali non fanno mancare la li- to. Nei prossimi anni il peso della Cina sui mercati finanziari quidità, mentre i consumatori e quasi tutti i settori produtti- continuerà ad aumentare. vi si sono attrezzati per operare in un contesto più comples- Non ci sono dubbi che la pandemia spingerà alcune trasforso. Il progredire dei vaccini e l’abitudine a convivere con il mazioni che erano già in corso e che possono rappresentare virus dovrebbero consentire un graduale miglioramento nel interessanti opportunità per gli investitori. In meno di un corso del prossimo anno. anno si è registrato un aumento senza precedenti dell’e-comDiversamente dalla precedente crisi, governi e banche cen- merce e dello smart working. Si tratta di un contesto fluido e trali delle principali economie avanzate stanno mostrando molti cambiamenti non sono ancora bel delineati, ma alcune un atteggiamento pragmatico e proattivo. tendenze già visibili potrebbero offrire ritorni interessanti Da alcuni decenni, le politiche economiche sono state rigide per gli investitori (vedi l’adozione del 5G che ha registrasu inflazione e disciplina fiscale. Il controllo di inflazione e to un’accelerazione, in particolare dopo il lancio del primo deficit di bilancio spesso sembrava avere la precedenza ri- iPhone 5G di Apple). spetto alla crescita e all’occupazione. Ciò è apparso in modo Ci sono molte opportunità di diversificazione anche al di particolarmente evidente durante la crisi dei debiti pubblici fuori settore tecnologico. Ne sono un esempio i segmenti del in Europa. mercato che negli ultimi mesi sono rimasti indietro e che ofQuesta volta prevale la volontà di rilanciare l’economia uti- frono maggior potenziale di recupero, quali i titoli industriali lizzando tutti gli strumenti a disposizione, compresa la leva e le aziende di media capitalizzazione nell’eurozona e negli fiscale e consentendo che l’inflazione ecceda i target delle Stati Uniti. banche centrali per qualche tempo. Dagli Stati Uniti sono ve- Inoltre l’attenzione nei confronti dell’ambiente e della sonute indicazioni nette in tal senso, ma anche i passi avanti stenibilità è destinata ad aumentare, anche perché i governi fatti dall’Unione Europea negli ultimi mesi sarebbero stati indirizzeranno molte risorse in quella direzione. L’Europa impensabili solo un anno fa. riserverà una quota significativa del Recovery Fund alla conLa prospettiva di un nuovo ciclo economico supportato versione verde dell’economia, il Giappone e la Cina faranno da politiche monetarie e fiscali espansive continuerà a so- ingenti investimenti per ridurre drasticamente le proprie stenere i mercati. Possibili fasi di volatilità probabilmente emissioni mentre Biden in campagna elettorale ha promesso rappresenteranno un’occasione per adeguare le strategie un Green Deal negli Stati Uniti. La sostenibilità continuerà a d’investimento, anche in considerazione degli scarsi rendi- essere un tema chiave dal punto di vista economico e finanmenti offerti dal mercato obbligazionario, e per posizionar- ziario nei prossimi anni. novembre 2020

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SETTORI / IL FUTURO DEL CREDITO

Ghizzoni: «È matura una santa alleanza tra banche tradizionali e fintech» di Sergio Luciano le moratorie erano soltanto aziende in difficoltà finanziaria. Questa volta le hanno chieste prudenzialmente anche tante aziende in salute, per l’imprevedibilità del fenomeno Covid. Quindi non tutti i debitori in moratorio sono cattivi debitori. Ma comunque anche se volessimo mitigare le previsioni il peso del problema che si abbatterà sul sistema bancario sarà rilevante. E dunque? Dunque, per rispondere alla domanda, se si farà ripartire il calendar provisioning dove si era fermato, la botta sui bilanci bancari sarà consistente, e senza una bad-bank penso che sarà ben difficile per le banche collocare sul mercato rapidamente questa montagna di nuovi crediti deteriorati. Direi che una badbank diventa quasi un’ovvia conseguenza dell’applicazione delle normative pre-Covid, che erano state scritte in una fase di discreta ripresa economica, mentre col Covid siamo tornati al quadro del 2009-2010. E si chiede alle banche di ridurre drasticamente il peso degli Npl nel loro attivo. Dunque una struttura come l’Amco, la bad-bank pubblica italiana, con un approccio statale e risorse finanziarie di origine statale mi sembra indispensabile, non tanto per massimizzare il recupero quanto per gestirlo nel modo socialmente oltre che bancariamente più sostenibile. Lei pensa ad una Amco europea? Penso a una norma europea sulle amco nazionali che sintonizzi le regole delle varie piattaforme pubbliche, che dovranno lavorare in modo diverso da quelle private. Come missione, si focalizzano sul ritorno del capitale investito, possono mantenere le posizioni in portafoglio più a lungo e tentano di riportare in bonis le aziende sottostanti oppure recuperare quanto recuperabile se proprio non c’è possibilità di salvare le aziende indebitate. Così competono con le piattaforme private, ma con un maggior orientamento al sociale, pur conservando anch’esse l’obiettivo del ritorno sul capitale… Ma se il sistema economico potrà avvalersi di una so-

PARLA IL PRESIDENTE DI ROTSCHILD & CO ITALY, GIÀ AD DI UNICREDIT: «GLI ISTITUTI TRADIZIONALI SONO IN CRISI DI RICAVI, MA LE NEWCO SONO PICCOLE E POCHE»

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a storia dell’economia impone, quanto prima, una santa alleanza tra banche tradizionali e fintech. Alle prime, perché senza una digitalizzazione radicale rischiano di non stare più in piedi come prima; alle seconde, perché l’eldorado di una crescita indefinita appare ormai una prospettiva improbabile. Ne è convinto uno che questi temi li conosce come le sue tasche e costantemente li studia, Federico Ghizzoni, chairman Rothschild & Co Italy, già amministratore delegato di Unicredit. Cosa la porta a pensarla così, presidente? Forse l’esplosione degli Npl annunciatissima per gli anni del dopo-Covid? Oggi stiamo vivendo in una sorta di bolla dove moratorie e interventi politici vari non pongono problemi immediati di rimborso del debito. Dobbiamo però capire cosa accadrà quando tutte queste moratorie scadranno e se prima o subito dopo o magari contemporaneamente partirà il calendar provisioning voluto dall’Eba. Sicuramente all’indomani della fine delle moratorie in corso avremo una rapida ascesa di tutti debiti deteriorati. Qualche previsione? Difficile farne di esatte. Non credo che i 1400 miliardi di credidi deteriorati paventati dalla Bce siano lo scenario realistico, semmai sono il worste scenario, ma certo il problema si porrà, e consistente. Tra l’altro, in passato a chiedere 66

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Federico Ghizzoni oggi presiede Rotschild & Co in Italia ma ha guidato Unicredit nella difficile fase del dopo-Profumo riscuotendo la stima del mercato


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luzione del genere, questo non ridurrà il problema delle perdite dei conti bancari… Certo: la banca che cede gli Npl avrà comunque un impatto sul capitale e sul conto economico immediato. Ma l’Amco pagherà quegli Npl un po’ di più degli operatori privati, pur senza arrivare a riconoscere dei valori che farebbero diventare l’acquisto una sorta di aiuto di stato. A proposito: anche i crediti garantiti dallo Stato potrebbero finire tra gli Npl, per la parte non garantita… Certo: ma quelle garanzie sono state e sono necessarie per incoraggiare le banche a erogare comunque credito… L’Eba però non fa differenze tra crediti garantiti e non, anche i primi per la parte non garantita vanno ceduti e svalutati. Per questo servono le bad-bank pubbliche nazionali. Altrimenti il calendar provisioning potrebbe avere un impatto devastante. Non è un caso che tutti i Paesi stiamo chiedendo un posticipo dell’ applicazione della norma o una sua revisione, per rendere l’impatto spalmabile in un tempo più lungo. Accontanare risorse a copertura delle perdite in 12 o 120 mesi sono cose ben diverse… Il bivio è: se tu Autorithy mi fai applicare subito le vecchie scadenze come se non fosse accaduto nulla, aiutami sul fronte finanziario; oppure lasciamele applicare molto più in avanti nel tempo. E intanto alle banche si vieta di pagare dividendi! Un gatto che si morde coda. Mi spiego. Io sono una banche che ha 100 euro di capitale, potrei distribuire 10 euro di dividendo ma me lo proibiscono, e il mio capitale sale a 110, così che in teoria potrei erogare più credito. Ma cos’è successo in pratica? Che, volontariamente o meno, molte banche hanno preferito non erogare più credito per poter poi tornare a distribuire dividendi! Quindi hanno erogato ancor meno, e programmano di tornare presto al dividendo. E’ scattato insomma un naturale riflesso di protezione del capitale, a difesa contro l’incertezza su come e quando i dividendi saranno approvati. E insomma, la combinazione dei due fattori alla fine ha determinato ulteriore inasprimento del credito… Inevitabile che oggi le banche quotate siano scambiate a prezzi di saldo… Misurando i multipli di Borsa con il book value, le banche sono ampiamente sottovalutate, scambiano da 0,50 a 0,20 dei mezzi propri. Quindi, c’è un grosso problema di disaffezione da parte degli investitori. Del resto: guadagnano poco e distribuiscono pochissimo, i ritorni sul capitale sono da 10 anni inferiori al costo del capitale stesso. Trovare investitori, con simili premesse non è semplice! E del resto: da una parte le sofferenze sono esplose ed hanno imposto accantonamenti colossali. Dall’altra da qualche anno c’è un grave problema di calo dei ricavi bancari classici, non compensato da un simmetrico calo dei costi. Per cui gli investitori scappano. E’ un classico quadro da settore industriale in crisi? Si può invertire questa tendenza? Sì, e in diversi modi! Uno è il consolidamente bancario, anche se impatta sui costi. E poi c’è la prospettiva di aggregare banche e fintech… Cioè? Intanto smitizziamo un po’ il fintech. Non offre in realtà prodotti sofisticati e completi quanto il mondo finanziario tradizionale. Semplifica ed efficientizza i prodotti e i servizi semplici. Confrontando la qualità assoluta dei servizi offer-

«LA CONVERGENZA CONVIENE A TUTTI: ALLE BANCHE PER ABBATTERE I COSTI. E ALLE FINTECH PER AVVICINARSI A UN MODELLO ANCORA MOLTO QUALIFICATO» ti, ci sarebbe da andare sempre nelle banche classiche. Solo che le fintech offrono non tanto la vecchia customer satisfaction ma la customer experience. I clienti desiderano prodotti flessibili, da pagare in base all’utilizzo. E sempre nuovi, in rapporto con le nuove esigenze. Le fintech li erogano. Ma hanno un problema di scala economica: si somigliano tutte ed hanno capito che è difficile uscire dalla fase di start-up e fare un buon conto economico. Cos’accadrà allora, secondo lei, sul mercato? Ci sarà una fase 3 del fintech, o del post-fintech, una fase di grande cooperazione tra mondo bancario e finanziario tradizionale e fintech per complementarsi l’un l’altro. Le banche per abbattere il rapporto cost-income. E le fintech per avvicinarsi a un modello ancora molto qualificato e riconosciuto tutte le volte in cui occorra una consulenza vera, sistemi potenti, dimensioni finanziarie imponenti. Però le banche devono aprirsi alle nuove tecnologie e rompere l’attuale modello business, eccessivamente indifferenziato. Non a caso, siamo passati dalla fase in cui le banche ignoravano o conbattevano il fintech alla fase in cui le banche al 75% cercano la cooperazione con il fintech. Ma che dimensioni economiche ha il fenomeno? I dati sono chiari. Noi abbiamo sempre in mente i colossi come Alibaba, ma in realtà a livello globale il fintech dal 2016 ha raccolto 110 miliardi dollari di cui il 43% raccolti in Usa, il 28% in Asia – e quasi tutto in Cina – e il restante 23% in Europa, quasi tutto in Uk; negli Usa ci sono 72 fintech non quotate che hanno un valore contabile superiore al miliardo per un totale complessivo di oltre 400 miliardi di dollari. Nella nostra Italia, negli ultimi 4 anni sono stati raccolti circa 600 milioni. Per un funding medio di 2,6 milioni per ciascuna fintech. Quindi da noi le banche tradizionali soffromo e le fintech sono piccole e poche. Tanto più devono collaborare. novembre 2020

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IM PORT FOL I O

CUP

GAME

Natixis IM Cup inizia col botto e la prima tappa va a una donna di Giacomo Damian

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bbene signor Rocco, vinca il migliore». «Ciò spérémo de no». Fulminante Nereo Rocco. Uomo e allenatore dotato di grande ironia, autoironia e intelligenza, ingredienti molto importanti nella vita, ma soprattutto per sopravvivere nel calcio. La battuta è storica e si riferisce alla vigilia dell’incontro di calcio tra Padova e Juventus, dove era evidente che se avesse vinto il migliore non sarebbe stata la squadra del Paròn. Ma in quella risposta di Rocco era contenuta la sintesi del calcio dove l’imprevedibilità, sempre e in ogni partita, è un’insidia, perché nulla può essere mai dato per scontato. Forse i consulenti finanziari non conoscono il personaggio da me citato, ma inconsapevolmente, e per fortuna loro e di chi legge, sono equipaggiati di queste doti. Grazie all’esperienza di anni sui mercati finanziari, o all’umiltà, la virtù di chi fa intelligentemente questa professione, sono consapevoli che l’imprevisto (oggi diventato “cigno nero”) è ormai diventata una variabile da tenere sempre in considerazione, e per contenerla bisogna saper fare la professione con serietà e impegno, minimizzando l’improvvisazione. “Mi te digo cossa far, ma dopo in campo te ghe va ti!”, che tradotto dal linguaggio di Nereo Rocco significa che puoi costruire un’ottima squadra con i migliori giocatori, fare grandi strategie, poi toccherà ai giocatori (in questo caso strumenti di investimento) dare i risultati, che non sempre rispettano le attese, o non subito, perché per ottenere i risultati spesso 68

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LA VINCITRICE È VALERIA TEDALDI, CHE GRAZIE AL SUO PORTAFOGLIO MOLTO OFFENSIVO COMPOSTO DA TECNOLOGIA, CINA E CORPORATE BOND SI METTE IN SCIA AL BUON MOMENTO DEI MERCATI ci vuole tempo, come in un campionato di calcio, si possono perdere le prime partite, ma è alla fine del torneo che si guarda la classifica. Ed è su questi pilastri che abbiamo costruito la “Natixis IM Portfolio Cup”, una competizione tra consulenti finanziari che abbia come sfondo la metafora del calcio, e in primo piano il tema degli investimenti: la scelta degli strumenti, la gestione, la comprensione dei temi e dei termini sono tra le funzioni di questa iniziativa. Le regole del gioco Ci sono 16 consulenti, ognuno con la propria squadra/ portafoglio che abbiamo pubblicato su Investire di ottobre. C’è una classifica con un punteggio complessivo che è la somma di due voci: il rendimento del portafoglio e l’indice di drawdown. E c’è un tempo massimo, il torneo durerà 12 mesi, un tempo non sufficiente a giudicare la bontà di un investimento, ma è pur sempre un gioco, un esercizio e dovevamo fissare un limite. E come ogni gioco che si rispetti c’è un regolamento, costruito tenendo conto della delicatezza del tema, che riduca il più possibile la rilevanza dell’aleatorietà, ed è per questo che abbiamo fissato un limite preciso sia alla quota azionaria, sia a quella obbligazionaria e di una singola azione un singolo bond, proprio perché il tempo dell’investimento era limitato, abbiamo dato a tutti i consulenti lo stesso schema di gioco. L’investimento non si gioca in una finale di Champions, ma si deve osservare e affrontare come un lungo campionato in cui ci saranno dei rialzi e dei ribassi, ma con un risultato finale con il segno più davanti.

Uno schema fisso per tutti i concorrenti Uno schema fisso per tutti, non esclude che ognuno scelga dei giocatori/strumenti più o meno offensivi o difen-


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sivi, più orientati ad attaccare o a difendere. Nel regolamento abbiamo tenuto conto anche di questo, se il rendimento di per se premia la capacità di attacco e cioè la ricerca del profitto, noi abbiamo cercato anche un indicatore (il “droawdown”) che potesse mettere in evidenza le doti della difesa, e cioè il ridimensionamento del rischio e della volatilità. L’insieme dei due punteggi, rendimento (attacco) e indice di “drawdown” (difesa) andrà a formare il punteggio complessivo che determinerà l’ordine della classifica. Dopo aver presentato nel numero di Settembre la lista dei Consulenti Finanziari che partecipano al campionato, e aver svelato in quello di Ottobre tutte le squadre con i relativi strumenti di cui sono composte, ora si entra nel vivo con l’inizio della competizione.

COME UN GIOCATORE NON SI GIUDICA DA UN CALCIO DI RIGORE, COSÌ NON SI GIUDICA UN CONSULENTE FINANZIARIO E IL SUO PORTAFOGLIO IN UN SOLO MESE DI INVESTIMENTO

La prima giornata di campionato Nel periodo tra il 15 settembre e il 15 ottobre si è svolta la prima giornata di questo campionato e finalmente abbiamo la prima classifica. La prima classificata è Valeria Te-

daldi, che grazie al suo portafoglio molto offensivo composto da tecnologia, Cina e corporate bond si mette in scia al buon momento dei mercati. Gran parte del merito va a Nio, il Cristiano Ronaldo della situazione, che grazie a una quota importante in portafoglio, mette il sigillo sulla vittoria di giornata. In seconda posizione Laura Parbuono, distanziata ma con una buona armonia tra attacco (rendimento) e difesa (drawdown). La terza posizione va Lorenzo Gazzaniga, nota di merito è sua la migliore tenuta difensiva. Ultima posizione per Gabriele Zeloni, i mercati emergenti, la Russia e l’energia sono rimasti molto sottotono. Settori che potrebbero tornare in auge in caso di ripresa economica anche perché fino a oggi troppo penalizzati. Un anno intero ancora tutto da giocare Come un giocatore non si giudica da un calcio di rigore, così non si giudica un consulente finanziario e il suo portafoglio in un solo mese di investimento. Abbiamo un intero anno da affrontare, anno che sarà ricco di insidie e di imprevisti, e noi siamo qui pronti a contenerli e al tempo stesso cogliere le occasioni di rendimento per fare molti goal.

NATIXIS IM PORTFOLIO CUP: PARBUONO E GAZZANIGA NEL PODIO DELLA CLASSIFICA DI OTTOBRE* CONCORRENTE

RENDIMENTO

DROWDAWN MASSIMO

INDICATORE COMPOSTO

Valeria Tedaldi

11,799

1,585

100,000

Laura Parbuono

4,443

0,716

62,133

Lorenzo Gazzaniga

3,797

0,648

58,762

Alessandro Gambelli

3,606

1,041

55,293

Filippo Vannucci

2,824

1,149

50,062

Dario Notarangelo

3,835

2,846

45,811

Silvia Luchi

1,439

1,268

41,239

Pietro Calì

1,175

1,068

40,893

Marco Magli

2,514

2,428

40,586

Marco Mattei

0,909

1,301

37,935

Claudio Carella

1,561

2,277

35,905

Fabrizio Valdrighi

1,692

2,555

35,007

Paolo Maiolati

1,163

2,173

34,200

Francesco Bellocchi

0,648

2,054

31,897

Thomas Cordaro

-0,396

2,388

23,274

Gabriele Zeloni

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*PERIODO DI RILEVAZIONE DATI 15/9 - 15/10. FONTE: FIDA

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IM PORT FOL I O

CUP

IL VINCITORE DEL MESE

Valeria Tedaldi: «Ho vinto puntando sui trend di crescita» di Giacomo Damian

«E-COMMERCE, DIGITALIZZAZIONE, SETTORE SANITARIO, CAMBIAMENTO CLIMATICO E MONDO ESG: SONO TUTTI AMBITI DESTINATI A SVILUPPARSI»

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omplimenti Valeria Tedaldi, hai vinto la prima giornata della “Natixis IM Portfolio Cup” e hai sfatato un luogo comune che la finanza è maschio. Ci racconti come hai costruito questo portafoglio che ha realizzato un eccellente rendimento? Innanzitutto sono molto felice di questa vittoria di tappa, noi donne avremmo sempre più spazio in questo mondo di finanza e investimenti, una volta solo al maschile. Venendo al portafoglio, il Covid è stato un grande acceleratore di alcuni mega trend già presenti: il passaggio agli acquisti online, la digitalizzazione, il settore sanitario, maggior interesse rispetto al cambiamento climatico e alle questioni Esg. Ho cercato di racchiudere tutto questo, puntando su settori per i quali vedo un trend di crescita nel medio periodo. Quando ti sei innamorata della tua professione? Nel periodo delle superiori ho avuto modo di lavorare per una banca locale durante l’estate come stagista. Mi hanno colpito l’ambiente, le responsabilità e l’impegno che vedevo nelle persone vicine a me così ho deciso che terminati gli studi avrei tentato questa strada. Sicuramente non avrei mai immaginato che a distanza di poco più di 10 anni sarei arrivata a ricoprire il ruolo di direttore di filiale e poi consulente finanziario libero professionista. Sono molto orgogliosa del mio percorso finora. Il 2020 è stato un importante stress test per il vostro settore, come l’hai gestito? Ho contattato tutti i miei clienti, passando ore ed ore al telefono o in videochiamata. Eravamo di fronte ad una pandemia senza precedenti quindi nessuno poteva sapere quanto sarebbero scesi i mercati e soprattutto quando ci sarebbe stato il momento del rimbalzo. Quello che però ho cercando 70

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di trasmettere loro è stata la mia esperienza: uscire dalle posizioni quando siamo in caduta libera non è la soluzione migliore, i mercati per loro natura oscillano, anche molto come abbiamo visto, ma poi recuperano e li bisogna avere la forza di entrare. La ripresa è stata più rapida di quanto potessimo mai aspettarci e ad oggi quei clienti che volevano vendere si trovano in guadagno! Rimanendo in tema di coronavirus, è esagerato dire che voi consulenti siete stati i medici per la salute dei risparmi? No, in un certo senso è vero. Io penso che il lavoro del consulente diventi importante proprio in queste occasioni, perché quando tutto va bene sono bravi tutti. È nei momenti di difficoltà che invece avere un professionista che ti indica la strada più sicura, che a volte è anche la più difficile, ti aiuta a non fare scelte sbagliate. Quale consideri la tua migliore dote caratteriale in questo lavoro? La tenacia: io difficilmente mi arrendo e quando voglio qualcosa mi impegno al massimo per ottenerla. Qual è secondo te l’errore più comune negli investitori? Pensano di poter fare market timing, in pratica di comprare prima di un rialzo e di vendere prima di un ribasso con l’obiettivo di anticipare i movimenti di mercato. Come fare per correggerlo? Lo strumento per eccellenza che può correggere questa strategia è il piano di accumulo, dove l’investimento viene effettuato tramite versamenti periodici di capitale e quindi gli acquisti frazionati sono distribuiti su tutte le condizioni di mercato. Da capoclassifica non ti puoi sottrarre alla domanda che molti attendono: come vedi i mercati per la fine 2020? Quali settori preferisci e quali i possibili pericoli? C’è molta incertezza, elezioni americane e un nuovo lockdown generalizzato minacciano una nuova correzione. Non mi aspetto un nuovo marzo 2020 ma ritengo che in questo momento non bisogna prendere posizioni troppo esposte e aggressive. Per la componente azionaria del portafoglio prediligo i settori legati al mondo technology ed healthcare.


INVESTIRE SPECIALIST

ASSET ALLOCATION

La crisi ha acuito il bisogno di creatività di Alessandro Marolda*

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in dall’inizio della diffusione del Covid-19, è diventato luogo comune ritenere che “la crisi portata dal Coronavirus abbia accelerato l’adozione di tendenze di lungo periodo”, alludendo al brusco passaggio al tutto digitale, al lavoro da casa e ad altri cambiamenti del nostro stile di vita. Eppure la crisi ha acuito il bisogno di creatività, non solo nell’organizzazione del lavoro o nell’intera economia, ma anche nell’importante ambito della costruzione di portafoglio. Come possiamo costruire un portafoglio veramente diversificato quando una delle principali asset class, le obbligazioni governative tradizionali, offre rendimenti reali negativi e prospettive tutt’altro che allettanti? Gli investitori dovrebbero forse rassegnarsi a spostarsi un po’ più in alto sulla curva del rischio e ad allungare il proprio orizzonte temporale? La tendenza verso i tassi d’interesse zero ha avuto inizio durante la crisi finanziaria mondiale del 2008, ma la vera sfida per questa asset class si è concretizzata quando, con i recenti interventi delle Banche Centrali, si è arrivati alla sostanziale eliminazione del term premium e della volatilità. Si è così venuta a creare una situazione in cui l’allungamento delle duration offre ben poco rendimento aggiuntivo (o addirittura un term premium negativo, come nel caso del mercato dei Bund) e un “premio di ribilanciamento” inferiore, mentre la volatilità sul mercato è stata falcidiata dalle indicazioni prospettiche aggressive delle banche centrali. A tutte le fonti di rendimento tradizionali si è sostituita la speranza di rendimenti futuri ancora inferiori, combinata alla prosecuzione di una correlazione negativa tra obbligazioni governative e asset di rischio in un’ottica di diversificazione del portafoglio. Purtroppo non esiste un singolo asset o una singola classe di attivi che possa sostituire facilmente le caratteristiche desiderate – rendimenti reali positivi, liquidità elevata e correlazione bassa o negativa – che, nella “vecchia normalità”, erano tipiche delle obbligazioni governative. In realtà, anziché cercare questo Santo Graal, sarebbe opportuno che gli investitori si concentrassero sull’asset allocation e mirassero a ottenere risultati complessivi simili attraverso una costruzione di portafoglio scrupolosa e innovativa. In questo quadro, non si deve sottovalutare il ruolo delle valute in questo mondo con tassi d’interesse zero. Mentre l’indice Move, rappresentativo della volatilità implicita degli US Treasury, si è portato ai minimi storici, la volatilità delle valute è rimasta

alta. Questo fattore, unito alle tradizionali caratteristiche di valuta rifugio del dollaro, dello yen e del franco svizzero, può creare opportunità per gli investitori che cercano di diversificare il portafoglio e di compensare le potenziali perdite legate agli asset di rischio attraverso posizioni in valuta non coperte. Anche l’oro ha svolto un ruolo di ammortizzatore nelle recenti fasi di panico. Infatti, sebbene non distribuisca un vero e proprio provento, il “metallo giallo” può offrire agli investitori la possibilità di risultati superiori alla media proprio grazie alle sue doti di diversificazione. Le obbligazioni periferiche europee come i BtpP possono generare un rendimento reale positivo, mentre il maggior rischio associato a questi strumenti potrebbe essere controbilanciato dal recente lancio del Recovery Fund da parte dell’Ue. Analogamente, le azioni di alta qualità che distribuiscono dividendi e i Reit, molto sensibili alle variazioni dei tassi d’interesse, potrebbero essere una valida alternativa per generare un rendimento liquido. Infine, gli investitori possono scegliere di orientarsi verso strategie alternative – per esempio, Cta/Managed Futures o volatilità – che possono sfruttare favorevolmente gli eventi estremi attraverso posizioni corte o contratti legati alla crescente volatilità. Nel complesso, nessuno di questi asset è in grado di risolvere il problema singolarmente, ma la scelta di combinarli e di ponderarli proporzionalmente nei portafogli potrebbe riuscire ad alleviare la pressione causata dall’assenza di obbligazioni rifugio remunerative. Mentre gli investitori hanno dimostrato di sapersi adattare al trading da casa e alle riunioni virtuali, forse si rende necessaria altrettanta creatività anche nell’asset allocation per puntare agli obiettivi che, in passato, erano conseguibili attraverso un mix di base di azioni e obbligazioni governative. Siamo convinti che le soluzioni ci siano e continuiamo a concentrarci su una costruzione di portafoglio solida e innovativa, anziché sulla ricerca del prodotto perfetto. * Natixis Investment Managers Solutions Prima dell’adesione leggere il Prospetto e il KIID disponibili presso i collocatori. Materiale fornito solo a scopo informativo da non interpretare come consulenza in materia di investimenti. I punti di vista e le opinioni espresse si riferiscono alla data indicata e possono cambiare in base alle condizioni di mercato e ad altre condizioni. Non vi è alcuna garanzia che gli sviluppi si verifichino come previsto. Tutti gli investimenti comportano un rischio, compreso il rischio di perdita di capitale. Il presente materiale è fornito da Natixis Investment Managers S.A., società di gestione del risparmio di diritto lussemburghese, o dalla propria succursale Natixis Investment Managers S.A., Succursale Italiana, con sede in Via San Clemente 1, 20122 Milano, Italia.

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INTERVISTA A FRANCESCO GIORDANO

Il gap digitale blocca l’Italia nel ruolo di Cenerentola del private-equity di Annalisa Caccavale

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er rendersi più attraente agli occhi dei big del private equity, l’Italia deve assolutamente colmare il gap che ancora accusa sul fronte della digitalizzazione. E sull’infrastrutturazione del Paese i capitali internazionali non si lasceranno desiderare. È una delle osservazioni che Francesco Giordano, partner di PwC e capo dell’area private equity, ha fatto nel dialogo con Investire.

Dunque, dottor Giordano: avete appena presentato, insieme ad Aifi, i dati sul primo semestre del private equity in Italia. Un suo giudizio? Sicuramente è stato un semestre caratterizzato dall’impatto della pandemia. Il primo trimestre era partito in modo molto promettente ma l’effetto lockdown ha inciso sulla operatività, rallentando purtroppo alcune operazioni che erano state avviate precedentemente. Con la chiusura totale, per l’emergenza Covid-19, gli operatori si sono adattati alle nuove disposizioni e hanno lavorato ai dossier, senza fermarsi ma sicuramente rallentando alcune attività propedeutiche come ad esempio gli incontri con i manager o le visite alle imprese. Con l’ingresso della golden power non c’è stato alcun blocco delle attività però questa nuova regolamentazione ha allungato un po’ i tempi decisionali e pertanto molti deal che si sarebbero potuti chiudere nel primo semestre sono slittati nella seconda parte dell’anno, considerando i 45 giorni necessari per arrivare a conclusione. In generale il mercato italiano è in linea con il contesto internazionale anche nella sua leggera flessione dovuta, nel secondo trimestre, all’emergenza sanitaria. In questi ultimi tre mesi si è visto un calo degli investimenti e anche dei disinvestimenti, mentre è rimasta cospicua la raccolta perché molte attività di 72

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«IL MERCATO ITALIANO È IN LINEA CON IL CONTESTO INTERNAZIONALE ANCHE NELLA SUA LEGGERA FLESSIONE DOVUTA, NEL SECONDO TRIMESTRE, ALL’EMERGENZA SANITARIA. LA RACCOLTA PERÒ È RIMASTA COMUNQUE COSPICUA»

Francesco Giordano, partner di PwC e capo dell’area private equity

fundraising erano state già avviate precedentemente e hanno trovato conclusione nel primo semestre. Questo vale anche a livello europeo; di fronte ai rendimenti molto bassi di altri strumenti finanziari, il private equity è diventato molto attrattivo per tanti investitori che fino a oggi magari non erano interessati a questo asset. Guardando ai numeri della raccolta, sembra non ci sia stata alcuna incidenza da parte dell’emergenza Covid-19, anche se qualche operazione è venuta a mancare, come se lo spiega? C’è da dire che i tempi della raccolta e i tempi dell’investimento sono diversi e non possono essere messi in correlazione diretta o immediata. Il momento del fundraising e quello dell’impegno su un dossier non sono allineati ma conseguenti. Nella operatività naturale dei fondi, questi iniziano a guardare le nuove op-


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portunità dopo aver concluso almeno una parte della raccolta; fino a quando non hanno realizzato almeno il primo closing gli operatori non hanno la liquidità per impegnarsi economicamente in un investimento. Con un livello di raccolta come quello realizzato nella prima parte dell’anno, si possono valutare un numero maggiore di dossier e avere di conseguenza, una buona ricaduta sull’economia reale, basti pensare che a livello europeo il fundraising del primo semestre è stato pari a circa 53 miliardi di dollari e ci sarà un buona ricaduta di tale liquidità anche sull’Italia. A livello internazionale è successo qualcosa di diverso in ambito private equity? I fondi attendono di più prima di realizzare una operazione? Quello che si è notato, a livello internazionale e che vedo confermato anche a seguito delle chiacchierate con i miei colleghi a livello europeo, è che c’è stato allungamento della fase di studio nel senso che i fondi europei hanno avuto modo di fare maggiori approfondimenti legati alla loro strategia di investimento. Molti operatori di private equity generalisti hanno dedicato più tempo a scandagliare i trend di alcuni settori e all’interno di questi hanno cercato di capire quali fossero quelli vincenti per il futuro. C’è stata, in questi mesi, un’attenzione crescente che ha seguito soprattutto due direttive: guardare nuove opportunità all’interno di alcuni settori specifici e dare grande attenzione al portafoglio delle imprese per mettere in sicurezza le loro partecipate e poi, successivamente, per trovare delle opportunità di add-on ovvero di acquisizioni di aziende a loro utili, per far crescere più velocemente le proprie partecipate. Molti chiamano la prima fase, repair, attività in cui si sistema ciò che non ha funzionato, la seconda, reshape e rethink cioè di ridisegno e di analisi per pensare al loro futuro. In effetti, tutti noi con la pandemia abbiamo subito uno shock e abbiamo ripensato al nostro modo di lavorare. In Italia si fa un gran parlare di come usare l’opportunità del recovery fund. Lei su cosa pensa sia importante investire per migliorare l’appetibilità delle nostre aziende? Il Recovery Fund è sicuramente una grandissima opportunità che ha il sistema Italia per cercare di colmare i propri deficit. Come utilizzarli al meglio? Una priorità deve essere data alla digitalizzazione del nostro Paese. L’Italia ha un gap importante rispetto al resto d’Europa e va colmato. La digitalizzazione in generale e l’investimento nella tecnologia e nel mondo Ict diventano un’esigenza. La pandemia ci ha permesso di trovare in questo periodo di grande difficoltà l’opportunità di ripensare ad alcuni processi nell’offerta dei beni e servizi e nello svolgimento del proprio lavoro. Dico questo perché molte aziende erano impreparate e banalmente non avevano dotato i propri dipendenti di pc portatili e degli strumenti necessari per collegarsi da casa al pc dell’ufficio; nelle case non tutti erano preparati con una rete Internet in grado di supportare l’attività sul web di una famiglia intera dove i genitori dovevano lavorare e i figli seguire le lezioni della didattica a distanza. Ho letto che anche i tribunali si sono ora organizzati, con un grande salto tecnologico, prevedendo di fare le udienze in videoconferenza. La pandemia ci ha offerto la possibilità di velocizzare il no-

stro bisogno di connessione. Tutto ciò che riguarda non solo il software ma anche l’hardware di base è da potenziare. Questo processo, ha visto velocità diverse da nord a sud e quindi spero che i fondi ora a disposizione possano eliminare le differenze geografiche. Se guardo a cosa è accaduto in PwC vedo che l’emergenza sanitaria ha dato l’opportunità ad alcuni nostri collaboratori che vivevano al nord ma sono originari di altre zone, di tornare nelle loro case non dovendosi più spostare fisicamente dai clienti. Oggi possono lavorare tranquillamente anche lontano dal posto di lavoro e più vicini ai propri cari. Poi c’è tutta la parte di sanità e pubblica amministrazione che può beneficiare dalla innovazione tecnologica permettendo ai cittadini di prenotare e avere documenti in modo più semplice e online senza il bisogno di recarsi fisicamente negli ospedali o presso i comuni, riducendo così anche le possibilità di contagio. La digitalizzazione e le infrastrutture sembrano essere due punti fermi per il prossimo futuro dell’Italia, e i fondi sono dello stesso avviso? I fondi lo stanno già facendo. La parte infrastrutturale di digitalizzazione è una loro principale direttiva di investimento. Se guardiamo ai principali deal, vediamo come questi due ambiti siano la loro principale direttiva di investimento. Prendiamo ad esempio Telepass; non dobbiamo vederlo solo come operatore dei trasporti autostradali; il gruppo ha aumentato la possibilità di accrescere la mobilità nelle città, ha fatto accordi per il bike sharing, per la mobilità dei monopattini e ha chiuso alcuni accordi con le assicurazioni. Ci sono altre operazioni all’orizzonte nel mondo digitale come l’operazione Kkr e Telecom nelle infrastrutture. La stessa Lutech che dovrebbe tornare sul mercato e ha lanciato un’Opa su Techedge; un’altra grande operazione è quella Nexi – Sia. L’aspetto infrastrutturale deve andare insieme all’aspetto tecnologico: se hai infrastruttura ma ti manca il software o se hai il software ma ti manca l’infrastruttura non si può guardare al futuro. Non dimentichiamo poi il tema sicurezza: la cyber security è un altro ambito su cui focalizzarsi nei prossimi mesi. Qualche riflessione sulla chiusura di questo 2020? Dopo mesi di stallo, da luglio è cambiato il contesto dell’M&A e abbiamo visto un ravvivarsi di nuove operazioni perché il mondo del private equity ritiene che questo sia un buon momento per investire. Con la grande raccolta del primo semestre c’è molta dry powder e si possono realizzare grandi operazioni come quella legata al mondo del calcio, oppure su autostrade. Salvo sorprese legate a effetti non prevedibili al momento, abbiamo un buon sentiment sulla seconda parte dell’anno. Dice così perché si è ridotta la capacità di previsione? Studiare delle previsioni oggi è sempre più difficile; se ne possono fare su scenari macro e di medio livello però è vero, abbiamo ridotto l’orizzonte temporale e ciò è influenzato dall’effetto della pandemia che spaventa tutti e che incide sulla capacità previsionale. Così come i fondi, anche le aziende fanno fatica a fare piani di più lungo periodo e ciò influisce negativamente sulla operatività. Non ci sono buoni consigli che si possono dare se non quello di continuare a fare al meglio ciò che ci ha portato a essere oggi dei buoni investitori e dei buoni imprenditori.

«C’È STATO UN ALLUNGAMENTO DELLA FASE DI STUDIO. I FONDI HANNO VOLUTO FARE MAGGIORI APPROFONDIMENTI STRATEGICI»

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ALLIANZ GLOBAL INVESTORS

Ora nella gestione del patrimonio si fa Goal di Marco Muffato

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ocus sulla relazione tra consulente finanziario e investitore per migliorarla sempre di più con un nuovo metodo collegato alla gestione del patrimonio. Ne parla con Investire Lavinia Fattore, head of Marketing & Communication Italy di AllianzGI.

Un nuovo metodo, dunque: la tecnica “Goal Based Investing”. In cosa consiste? Il Goal Based Investing è un diverso approccio alla gestione del patrimonio, in cui il focus della relazione consulente-investitore cambia. Nel Goal Based Investing, infatti, l’investimento è tale solo se è collegato a un obiettivo di vita della persona o della famiglia - appunto, il “Goal”. Investire avendo chiaro l’obiettivo, farà cambiare, a ritroso, la relazione consulente-cliente, perché la direzione di questo rapporto sarà orientata al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato. Qual è l’obiettivo di Allianz GI Goal Based Investing Lab? La pianificazione per valori e obiettivi.È questo lo spirito con cui abbiamo deciso di costruire il primo Laboratorio sul Goal Based Investing in Italia. Un’evoluzione naturale, visto che da diversi anni siamo costantemente impegnati a supportare il consulente finanziario nel miglioramento delle abilità relazionali con l’investitore e ad accrescere la consapevolezza di quest’ultimo rispetto alle sue scelte di vita. Quali sono i vantaggi per i consulenti finanziari che approfondiscono questa tecnica? Vogliamo proporre ai cf un metodo di lavoro che sia focalizzato su valori e obiettivi, concentrandoci in particolare su: psicologia degli investimenti in un’ottica Goal Based; diagnosi dei valori e degli obiettivi prima della proposta della soluzione di investimento; modalità per rendere efficaci le scelte più che concentrarsi sull’efficienza ex-ante del portafoglio. Il vantaggio che ne deriverà per i consulenti sarà quello di riuscire a impostare una diversa relazione con i propri clienti, rendendoli più consapevoli e partecipi delle scelte, e aiutandoli a evitare quegli errori comportamentali dettati troppo spesso dall’emotività. Quali abilità dovranno acquisire? I consulenti, attraverso metodologie innovative basate sulla pianificazione per valori ed obiettivi, svilupperanno quelle abilità che saranno utili nel proporre gli investimenti ancorandoli agli aspetti emozionali cui le persone assegnano più valore, stimolandone in questo modo la partecipazione attiva. Saranno approfonditi temi specifici quali ad esempio gli aspetti psicologici dei clienti più ostici, le domande efficaci per scoprire i reLAVINIA FATTORE ali obiettivi dei clienti e gli errori da evitare 74

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L’INVESTIMENTO È TALE SOLO SE È COLLEGATO A UN OBIETTIVO DI VITA DELLA PERSONA O DELLA FAMIGLIA. LO SPIEGA IL METODO GOAL BASED INVESTING ADOTTATO PER I CONSULENTI FINANZIARI DEL GRUPPO ALLIANZ nei meeting di follow up. Ci si concentrerà anche sul “gap comportamentale”, ovvero la capacità profonda di identificazione e controllo di ciò che è riconoscibile e misurabile per l’investitore, cioè i suoi obiettivi e valori, e il conseguente collegamento a strategie d’investimento in grado di rafforzare il rapporto di fiducia tra consulente e cliente. In che consistono questi incontri formativi? Il Laboratorio è sviluppato in collaborazione con Luciano Scirè, fondatore di Goal Based Investing Italia e si rivolge ad un numero chiuso di consulenti finanziari (tra 80 e 100), proponendosi di fornire le best practice di questa tecnica.Il percorso è strutturato in un periodo di 6 mesi, nel corso dei quali sono previsti webinar formativi e di follow up, dove sono presentati e sottoposti direttamente ai partecipanti anche alcuni casi reali, oltre all’approfondimento di temi specifici e alla condivisione di esperienze. Saranno messi a disposizione dei consulenti documenti di approfondimento con articoli basati sul Goal Based Investing - pubblicati anche su un apposito portale dedicato di AllianzGI - oltre alla condivisione di video pillole. Quali altri interventi avete in previsione per i consulenti? Da anni siamo impegnati a supportare i cf nel miglioramento delle abilità relazionali con i clienti, accrescendone la consapevolezza rispetto alle scelte di vita. Costruite le premesse con la finanza comportamentale e con la domandologia, il nostro percorso si è arricchito di un ulteriore tassello: la pianificazione per valori ed obiettivi, ovvero il Goal Based Investing, che permetterà di fare tesoro di quanto acquisito nelle altre discipline. Saper porre le giuste domande, costruire l’empatia, essere consapevoli dei bias comportamentali dell’investitore, sono tre requisiti essenziali per procedere alla costruzione di portafogli resilienti. Proseguiremo anche in futuro con proposte di interventi di formazione innovativi ai nostri partner di distribuzione, nella direzione dello sviluppo di competenze per ottimizzare la relazione consulente-cliente.


a cura di Martina Zanetti

NOW PAOLO MARTINI Azimut, RAIMONDO MARCIALIS e JOE CAPOBIANCO

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inkedIn & gli altri social. Come diventare financial influencer” questo l’argomento che ha visto protagonisti i maggiori financial influencer italiani ed esperti sul tema. A condurci tra i dedali dei social network e come utilizzarli al meglio Paolo Martini, amministratore delegato e direttore generale di Azimut Holding, con oltre 32mila follower su LinkedIn, Raimondo Marcialis, amministratore delegato di Roboforadvisor che di follower ne conta oltre 12mila, e Joe

Capobianco, senior advisor di Kpmg nonché docente della Business School di Bologna oltre che docente dei corsi Investire Knowledge, che

è un grande cultore della materia social e depositario dei segreti per un utilizzo ottimale di LinkedIn. Una scelta non casuale quella di InvestireNow perché ispirata al tema della cover di Investire ottobre “Borsa chi influenza la rotta. Sulla scelta dei risparmiatori pesa la scelta dei ‘consulencer’, i consulenti finanziari abili nell’usare i social media per dialogare con i clienti e farne dei follower. Soprattutto via LinkedIn”.

ALESSIO COPPOLA - managing director head of southern Europe presso Rothschild & Co Am Europe

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e elezioni americane sono da sempre al centro dell’agenda degli investitori. Quest’anno

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iquest’attesa ha condizionato in maniera significativa l’evoluzione dei mercati portando un clima di incertezza che ci accompagnerà fino a primi di dicembre». Parte da qui l’intervista di Alessio Coppola, managing director head of southern Europe Rothschild & Co asset management Europe. «Il Covid per quanto rilevante nell’impatto economico e sociale resta un effetto temporaneo, il dato di crescita negativa economica che stiamo registrando non ha nulla a che

vedere con le altre crisi del 2009 o il 2001. Questo grazie alle banche centrali e ai governi che stanno dando supporto mai visto. Certamente la pandemia ha accelerato un percorso di trasformazione dell’Ue, che forse non avremmo visto nei prossimi 5, 6 anni». Infine suggerisce: «azioni medio lungo termine, liquidità, determinate obbligazioni e l’oro».

FABIO MELISSO - CEO di Fineco Asset Management

n questa seconda fase la volatilità è ripresa in maniera violenta. Dobbiamo avere un metodo razionale di investimento e non lasciarci prendere da paure e isterismi». Interviene Fabio Melisso, ceo di Fineco Asset Management nella striscia di approfondimento del magazine Investire. «Noi sosteniamo i nostri clienti proponendo prodotti diversificati a lungo termine, ma

anche con un orizzonte di breve, questo perché avendo tanti clienti ciascuno ha il suo profilo di rischio rendimento e ovviamente hanno diversi aspettative, bisogni e orizzonti temporali, ovviamente cercando di indirizzarli ed evitando che facciano scelte di pancia». Alla domanda sul trend Esg Melisso dichiara «Fineco AM e anche il Gruppo ha aderito ai principi Esg, ci crediamo molto e penso che sia una responsabilità da parte di tutti gli operatori e da parte dell’industry degli investimenti e del risparmio gestito che

ovviamente ha un ruolo cruciale selezionando le aziende che entrano nei nostri portafogli”. così si finanziano le imprese».

LUCA MAINÒ - founder & managing partner di Consultique Scf

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e piccole reti scelgono la strada della consulenza indipendente, con parcella, portafogli centrati sugli Etf e divisioni ad hoc? Non mi meraviglia e credo sia oggi una necessità per generare ricavi in un contesto molto complesso come quello in cui si muovono gli operatori del nostro settore”. È il commento di Luca Mainò, co-fondatore di Consultique Scf ed esponente di punta di Nafop, l’associazione di categoria dei consulenti autonomi con cui

ha esordito nella puntata di InvestireNow commentando la scelta strategica di Copernico Sim, una rete tradizionale che punterà

su parcella, Etf e una divisione dedicata alla consulenza finanziaria indipendente. Mainò a proposito dei fee only ha affermato: «Il trend di interesse riguarda sia professionisti che provengono dal settore delle reti, sia di under 30 che superato l’esame Ocf stanno muovendo i loro primi passi professionali all’interno delle Società di consulenza finanziaria».

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SEDIE & POLTRONE di Marco Muffato Casacche che si scambiano, volti noti che passano da un ruolo all’altro: il valzer delle poltrone è intenso nella finanza, dove vige ancora il merito e dove chi rende bene viene promosso o ricoperto di offerte allettanti. Agli HR il compito di attrarre i talenti, a noi quello di raccontare il risiko, oltre a notizie e indiscrezioni su un mondo ricco di costanti novità.

CHEBANCA!, CINQUE CF RAFFORZANO LA SQUADRA DI MARCONI

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a rete dei consulenti finanziari di CheBanca! guidata da Duccio Marconi (nella foto) si arricchisce di cinque nuovi cf raggiungendo quota 425 professionisti. Doppio ingresso in Emilia Romagna, targato IW Bank Private Investments: a Modena, sede di un nuovo ufficio, entra come private financial advisor il 45enne Rubens Ligabue, cui è stato affidato il ruolo di group manager per la provincia di Modena; mentre Claudio Cabassi (58 anni) va a rinforzare la

squadra di Parma mettendo a fattor comune la pluriennale esperienza maturata nel settore. Ingresso di qualità anche a Genova dove entra Federico Savoldelli (46 anni), già senior private banker e prima direttore di filiale di Bnl-Bnp Paribas. Nuovi arrivi pure in Basilicata, a Potenza, con Francesco Guadagno (45 anni) ex FinecoBank, e in Sardegna, a Sassari, con Elena Vidili (62 anni), già private banker di Banca Patrimoni Sella & C.

TRP, JACKSON GUIDA LA DIVERSITÀ

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. Rowe Price Group ha ingaggiato Raymone Jackson (nella foto), con la carica di global head of diversity and inclusion. Jackson sarà responsabile della strategia globale di diversità e inclusione della società, e supervisionerà i programmi legati a questi temi, oltre a implementare nuove strategie per aiutare T. Rowe Price ad attirare nuovi collaboratori, a promuoverne la crescita e a mantenerli all’interno della società. Jackson lavorerà a stretto contatto con il Comitato direttivo della società, il Black Leadership Council, i gruppi di risorse aziendali guidati dai dipendenti (che coinvolgono colleghi di sesso femminile, Lgbtq+, neri, latino-americani, asiatici e veterani). Jackson arriva in T. Rowe Price da Morgan Stanley.

MIFL, ENTRANO KEANE E NOVA

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ediolanum International Funds Ltd (MIFL), la piattaforma europea di asset management del gruppo bancario Mediolanum, ha nominto Karoline Keane (nella foto) come head of product development e Alberto Nova come head of marketing e communications. Entrambi riporteranno direttamente a Furio Pietribiasi, ceo di Mediolanum International Funds. Keane arriva da Man Group plc dove era direttore del product development nella divisione Global Sales Product Management, Nova arriva da Legg Mason, dove ha lavorato come responsabile marketing per Italia e Spagna, in precedenza ha lavorato per Invesco come marketing manager.

IG EUROPE, CAPUANO A CAPO DEGLI ETD

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G Europe ha nominato Alessandro Capuano (nella foto) a nuovo responsabile degli Exchange-traded derivatives (“Etd”). Nel suo nuovo ruolo in IG, Capuano avrà la responsabilità di sviluppare ed espandere ulteriormente l’offerta del gruppo per la clientela Etd. Lavorerà nella sede milanese di IG e riporterà ad Arnaud Poutier,

responsabile di IG Europe.Capuano ha lavorato in IG per quasi 13 anni dopo il suo ingresso in azienda nel 2006, è stato anche responsabile di IG Italia per dieci anni. Il manager torna in IG dopo un’esperienza in FinecoBank, dove è stato responsabile dello sviluppo del business all’interno dell’Unione Europea.

WIDIBA, DEL GIUDICE DISTRICT MANAGER DI MILANO

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idiba ha nominato Vincenzo del Giudice (nella foto) district manager di Milano. Già District Manager per il distretto di Napoli dal 2001, Del Giudice si inserisce nel piano avviato dall’area manager Roberto Di Mario di sviluppo dell’area geografica dove si intraprenderanno due progetti spe-

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ciali: uno dedicato ai top private e il secondo orientato a giovani consulenti finanziari con alto profilo attitudinale per i quali è previsto un periodo di affiancamento e l’affidamento di clienti self. A supporto della crescita locale, Del Giudice risiederà negli uffici adiacenti alla direzione generale della banca.


INVESTIRE SPECIALIST

PROFESSIONE CONSULENTE Risponde Francesco Priore all’indirizzo priore.studio@virgilio.it Startupper e decano della consulenza finanziaria, Priore ha fondato l’Anasf e contribuito alla fondazione dell’Albo. Docente Universitario, autore e consulente di comunicazione e marketing finanziario. È stato direttore marketing della rete di Banca Fineco e membro del Cda di Consultinvest Sim.

SERVE UN “NAVIGATOR” PER LA LONGEVITÀ

PARCELLA PER LEGGE UE. COSA CAMBIERÀ?

Gentile professor Priore,

Carissimo Francesco,

sono da molti anni cliente di un

leggo che l’autorithy europea sarebbe

consulente finanziario: ho un patrimonio

orientata a ridurre sempre più l’attuale

diversificato tra impresa, immobiliare e

sistema di remunerazione dei cf

mobiliare. Il cf che mi consiglia e assiste

abilitati, con l’eliminazione totale degli

da anni non mi sembra in grado di

inducement per passare a un servizio di

indirizzarmi in quelle che saranno le mie

consulenza finanziaria agli investimenti

esigenze future. Di qui a poco smetterò

fornito su base indipendente, con una

di lavorare e tutti gli assetti cambieranno.

remunerazione a parcella. Sarebbe

Come utilizzare il più possibile quanto ho

una rivoluzione che modificherà un

accumulato senza però rimanere a secco

approccio al cliente che funziona da 50

se la mia vita dovesse prolungarsi oltre

anni? La professione corre dei rischi?

il previsto? Perché i cf non si aprono a queste problematiche?

G

Matilde C.

entile Matilde, lei, sentendone il bisogno, ha intuito uno sviluppo della professione del cf. Gli stessi non sono più giovanissimi ed altrettanto si può dire dei clienti: la maggior parte e la più dotata patrimonialmente è in procinto di smettere di lavorare ma allo stesso tempo di non smettere di avere una vita attiva, anzi avendone i mezzi potrà dedicarsi alle tante attività culturali e non, spesso inconciliabili con il lavoro, che sino ad oggi sono state precluse. L’aspettativa di vita è fortunatamente cresciuta, ma questo nuovo periodo ha esigenze diverse dalle precedenti. Invece di accumulare patrimonio converrà decumularlo, intelligentemente; invece di risiedere in una grande casa forse converrebbe ristrutturare o cambiare avvicinandosi al centro di una grande città, in modo da poter continuare a essere autonomi e con tutti i comfort: palestre, cinema, teatri, ristoranti, negozi e per ultima anche l’assistenza sanitaria a portata di mano. In altri Paesi questa attività dei cf, cioè quella di saper indirizzare le scelte indispensabili per godersi meritatamente e serenamente questo periodo, esiste ed è definita “navigator”. I cf faranno bene ad acculturarsi rapidamente, perché i nuovi anche se pochi cf puntano proprio a soddisfare queste esigenze e i master per i navigator sono in arrivo. Augurandole che il suo cf abbia già sciolto gli ormeggi, le porgo i miei saluti.

Osvaldo G.

C

arissimo Osvaldo, la gestione del cambiamento comporterebbe dei notevoli problemi con qualche danno importante in partenza: la professione no, si passerebbe a una consulenza professionale come ora ma senza collocamento. Oggi i clienti pagano il servizio di consulenza agli investimenti tramite retrocessioni di oneri di sottoscrizione - che stanno scomparendo - tunnel d’uscita e management fee. Domani pagherebbero la parcella e sottoscriverebbero i servizi (fondi, ecc.) con classi di costi inferiori alle attuali. I fondi, quando collocano senza intermediari, riducono il management fee, sempre in proporzione all’ammontare sottoscritto. Se si tratta della mega sottoscrizione di un fondo pensione i costi si avvicinano addirittura allo zero. Nel momento in cui i clienti sottoscrivessero direttamente i servizi, lo farebbero a oneri ridotti; il corrispettivo del risparmio servirebbe per pagare la parcella dei cf e/o della società di consulenza. I clienti poi presumo dovrebbero occuparsi dell’acquisto e della gestione degli investimenti, che prevede un minimo di competenze e di dispendio di tempo. Un problema vero riguarda le reti che collocano soprattutto prodotti della casa. Il cambiamento obbligherebbe a stressare la qualità della gestione. Probabilmente verrebbero tagliati tanti rami secchi, quelli che essendo improduttivi generano solo oneri passivi. Il numero dei fondi presenti sul mercato supera quello dei cf. Forse la soluzione più semplice sarebbe quella di far scegliere, con assoluta trasparenza, ai clienti; e se si scoprisse che gli inducement incidono meno della parcella? novembre 2020

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POLE POSITION

a cura di Buddy Fox

TASSI ZERO FINO AL 2025? IL RITORNO ALLA VITA SARÀ SCIOCCANTE

T

utti chiusi dentro l’Hotel California. È il lockdown più dolce e agiato quello che sta vivendo la finanza, privilegiata anche nei momenti più difficili. I soldi circolano all’interno, si stampano a ciclo continuo, dal produttore al consumatore. Per spenderli, non c’è nemmeno bisogno di uscire, oggi c’è l’online basta un click, la merce sarà consegnata fuori dal cancello. Oggi la chiamano bolla, quell’esistenza in cui ogni individuo vive in una realtà tutta sua, un’illusione, o una protezione da un pericolo che oggi si chiama Covid. In realtà la bolla è usata in finanza fin dagli inizi dell’età moderna, un termine che vuole identificare una situazione di eccesso che prima o poi finirà con un’enorme scoppio. Il rumore che risveglia dai sogni, perché è questa la bolla, un sogno che sul più bello non si realizza, e al risveglio riporta alla cruda realtà. “Hotel Califonia” è questo, il denaro gratis perpetuo, ottenuto senza sforzi, nell’ozio, un sogno che continua da molti anni, una bolla che ancora non accenna a scoppiare. Anzi, sembra in arrivo un nuovo carico di oppiacei, tanto che secondo Rikkert Scholten (gestore obbligazionario di Robeco) i tassi rimarranno a zero almeno fino al 2025. I cicli di mercato non nascono dal nulla, si formano sulle macerie della precedente crisi, creano solide fondamenta e si sviluppano in lunghezza. Più solide sono le basi e più duraturo sarà il ciclo. Dal 2008 a oggi, giorno in cui il fallimento di Lehman Brothers ha fatto esplodere la bomba atomica sul sistema bancario tradizionale, le banche centrali di tutto il mondo, dalla Boj alla Fed, fino alla Banca Popolare Cinese, hanno pompato nel sistema 26.300 miliardi di dollari a tasso

decrescente, fino a raggiungere una negatività negli interessi. A uno scopo inizialmente curativo: chiudo il mondo in una bolla, protetto per essere restaurato, e a lavoro concluso si toglie la protezione e si torna ad affrontare l’alternanza dei cicli economici, è seguito un processo eccessivamente protettivo, dove al primo incidente, si ritorna immediatamente in cura. «“Relax”, said the night man, “we are programmed to receive/You can check out any time you like/But you can never leave”», questa è la strofa che conclude il capolavoro degli Eagles che ben descrive l’attuale situazione dei mercati. In 12 anni, grazie all’espansione economica mondiale, di occasioni per alzare i tassi ce ne sono state, in altri decenni economici l’avrebbero fatto, non questa volta, perché oggi viviamo in Hotel California e ogni scusa è buona per rimanere dentro la droga monetaria. Chiamatelo Covid, come era lo Spread, o la Brexit, o l’elezione di Trump o i dazi cinesi, dalla Lehman a oggi, prevenire è sempre stata la soluzione, anche quando non sembrava necessario. Nella finanza il lockdown dura da molti anni, e dentro l’Hotel California non è per nulla un sacrificio. Quanto durerà? Come finirà? Il Covid probabilmente prolungherà e accentuerà questo stato di estasi, per esempio non abbiamo ancora visto il tasso sul BTP 10Y a zero, e forse accadrà. Ma non sarà una bella notizia. C’è una generazione di nuovi investitori che non ha mai conosciuto un mercato ribassista, e che grazie alla droga monetaria, ha provato solo il lato generoso dei mercati diventando uno zombie rialzista. Il ritorno alla vita e alla luce del sole, rischia di essere uno shock pericoloso.

AMAZON, IL MONOPOLIO NON È A RISCHIO. ECCO PERCHÈ

“B

isogna sempre pensare di essere nel primo, intenso e febbrile giorno di vita di una startup” è l’atteggiamento che Jeff Bezos richiede a tutti i dipendenti di quella che dal 2019 è la più grande azienda quotata del mondo. Lo racconta il giornalista economico Brian Dumaine nel suo recentissimo saggio intitolato Bezonomia con il quale spiega che al di là dell’aneddotica legata al suo visionario quanto discusso fondatore, la vera unicità di Amazon è quella di essere realmente un’azienda “clientecentrica”. Infatti, attraendo sul sito numeri sempre crescenti di clienti attira al contempo sempre più venditori terzi ingolositi dal miraggio di accedere al mare magno dei potenziali acquirenti. E avere più venditori per Amazon significa più fatturato, maggiore possibilità di abbassare i prezzi per attrarre sempre nuovi consumatori che a loro volta attireranno nuovi venditori. Nei primi sei mesi del 2020 a causa della pandemia negli Stati Uniti si sono registrati livelli record di chiusure e di fallimenti di negozi. Tra gennaio e metà 78

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agosto hanno chiuso i battenti più di diecimila negozi al dettaglio ma c’è il rischio che il numero finale possa salire a venticinquemila. La qual cosa non può che contribuire a dare un’accelerata alla transizione in corso verso un mondo di acquisti online nel quale quel circolo così virtuoso per Amazon può trasformarsi in un vortice che si dirige verso il monopolio planetario difficile da arrestare.Gli ottimisti, in questi casi, sono convinti che la politica interverrà mettendo fine ai monopoli: è accaduto con le sette sorelle del petrolio, ed è accaduto nella telefonia con lo smembramento della AT&T, così accadrà con Amazon e tutte le regine della Silicon Valley. C’è una differenza di fondo molto importante, l’attacco ai monopoli del passato era sostenuto dai consumatori che vedevano nell’interruzione di un dominio, un maggiore potere d’acquisto favorito da politiche sui prezzi più vantaggiose. Dalla penalizzazione di Amazon, quale vantaggio trarranno i consumatori? Questa volta le vittime sono innamorate del proprio carnefice.


INVESTIRE SPECIALIST

LE PAGELLE DELLE AGENZIE DI RATING NON FANNO PIÙ PAURA. MA...

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ensate che Lucignolo o Pinocchio si sarebbero mai avventurati alla ricerca del paese dei balocchi se avessero saputo di potersi allegramente disinteressare delle valutazioni e dei voti ricevuti in pagella dagli insegnanti avendo la promozione assicurata in tasca sin dal primo giorno di scuola? Questo è il panorama rorido di indulgenze che il lockdown regala agli studenti. Che poi è lo stesso panorama che regala agli Stati in fatto di debito: con la certezza della protezione delle banche centrali, ha ancora un senso temere di ricevere il giudizio delle pagelle del rating? Anche gli Stati più birbanti o inefficienti si disinteresseranno dei rating e delle influenze sul debito ora che le priorità sono altre. Ora che l’urgenza è capire come spendere per crescere, ogni occasione è buona per rinviare i compiti, per essere meno diligenti e dedicarsi invece prima al piacere sollecitato delle spese. Sono lontani i tempi in cui le agenzie come severe maestre incutevano timore

e rispetto. Sono lontani i tempi del dopo crisi 2008 quando le punizioni colpivano gli scolari più indisciplinati, quelli che come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia (li chiamavano Pigs) si sedevano nell’ultimo banco per schivare l’occhio e la chiamata all’interrogazione risultando sempre impreparati o non avendo fatto i compiti a casa. Oggi il debito non è più una colpa, le banche centrali come genitori indulgenti sono pronte a firmare giustificazioni per avvalorare ogni scusa. A occuparsi del problema, ci penseranno le future generazioni. Auguri. Ma c’è già chi ha in mente una soluzione, una grande sterilizzazione del debito operata dalle banche centrali. Ma quale sarà il metro di giudizio per questa operazione? Ci saranno dei privilegiati? Ecco che le vecchie pagelle, e le maestre sussiegose del rating, potranno ritornare a essere protagoniste, più o meno severe a seconda delle convenienze presenti in campo.

ORO, CHE FASCINO INTRAMONTABILE

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un bagnante affamato che ha pagato con una banconota da dieci euro un panino comprato in un furgoncino che vende cibo di strada in una località costiera sul Baltico, è capitato di sentirsi dire “è meglio se paga con la carta”. A raccontarlo è il Frankfurter Allgemeine Zeitung in un articolo che evidenzia quanto nelle repubbliche baltiche – Estonia, Lettonia e Lituania – i timori legati alla diffusione della pandemia abbiano dato ulteriore spinta all’uso del pagamento digitale che, giusto per divagare, qui da noi si spera possa decollare sulla spinta dell’introduzione di politiche di cashback. Uno studio della banca centrale lettone, dunque, attesta che in media ad avvenire senza il classico passaggio di mano di banconote fruscianti, è il 64% delle transazioni. E per di più, nonostante le stesse banche centrali garantiscano che non vi è alcun rischio, ormai l’uso del contante è considerato non solo complicato e costoso, ma soprattutto

antigienico. Stessa causa, i timori legati al Covid-19, ma con effetti diversi è la corsa che si registra in larga parte nei Paesi occidentali, di molti investitori verso l’oro. Più di 60 miliardi di dollari sono finiti in oro quest’anno. Cioè il 50% in più che nella crisi del 2008. Evidentemente la vista del suo antico e proverbiale luccichio non rischia di fare arricciare il naso come avviene invece nei Paesi baltici di fronte alle banconote. E così, il prezzo del metallo prezioso è salito da 1.160 dollari l’oncia dell’estate 2018 al record di 2.073 dollari dello scorso agosto. La qual cosa lo ha reso uno dei beni del mondo della finanza, con le migliori prestazioni. Tra old economy e new economy, la partita non è ancora finita e il vincitore non è scontato. Probabilmente il mondo nuovo sarà composto da elementi appartenenti a entrambi le categoria. Da investitori il nostro compito sarà quello di saperli scegliere. novembre 2020

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HA I M AI P EN S A TO D I R A GGI UNG ER E PI Ù CL I EN T I CO N I L SO C IAL A D VER T I SI NG ?

PI AN O S OC IAL GEST I SCE P ER T E I P ROF I L I L I N KE D IN , F ACEBO O K E IN ST A GRA M - Or i e n t at i al r is ul t a t o - R e p o r t Se t ti m ana l i - P i an o E d it o r ia le s u m is ur a R ic h i e d i un p re v e nti v o: i n fo @pi a n o so c i al . c o m / 0 2 8 4 2 5 8 5 3 0 w ww . p i ano so c i al . c o m


QUI NEW YORK

di Glauco Maggi

FUGA DAL PETROLIO PER SALVARE WALL STREET

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e tre indizi fanno una prova, per l’epiani pensionistici utilizzando fattori correlati nergia fossile la condanna è sicura. Se al problema del clima. La California, di recente, non immediata, almeno strategica. ha sollecitato le autorità di regolamentazione a 1 - Il primo segnale viene dalla Cftc proteggere il sistema finanziario dagli shock le(Commodity Futures Trading Comgati al clima. E in ottobre Mary Daly, presidente mission), la Commissione federale Usa incaricadella Federal Reserve Bank di San Francisco, ha ta di regolare le transazioni sui futures, che ha detto che anche eventi meteorologici estremi pubblicato un rapporto il 9 settembre intitolato come gli uragani o gli incendi sconvolgono i si“Come trattare il rischio dei cambiamenti climastemi di pagamento: a suo avviso, ciò rende la tici nel sistema finanziario americano”. comprensione del rischio climatico fondamenUNA PIATTAFORMA PETROLIFERA Il lavoro del sottocomitato di esperti del Cftc, tale per un’economia sana e stabile. guidato da Robert Litterman, ex capo del risk management della 2 - Il secondo indizio sul futuro vacillante del petrolio l’ha dato un Goldman Sachs e fondatore della ditta di investimenti Kepos Ca- attore di prima grandezza nel settore, insospettabile visto il suo pital, arriva a una conclusione severa: “Il cambio di clima pone un nome: BP, British Petroleum. Il 4 agosto, ha riportato la Reuters, maggior rischio alla stabilità del sistema finanziario negli Stati Uni- il gruppo energetico BP ha comunicato di aumentare la sua spesa ti”. E offre al Congresso la sua ricetta: “I mercati finanziari saranno “a basse emissioni di carbonio” a 5 miliardi di dollari all’anno enin grado di incanalare le risorse in modo efficiente verso attività che tro il 2030. Nel contempo aumenterà la sua produzione di energia riducono le emissioni di gas a effetto serra solo se il prezzo del car- rinnovabile a 50 gigawatt (GW), riducendo la produzione di petrobone (e dei prodotti fossili in genere) a livello di economia generale è lio e gas del 40% rispetto al livello del 2019. La previsione di BP è tale da riflettere il vero costo sociale di quelle emissioni”. Il rapporto che la propria produzione di petrolio e gas si ridurrà di almeno un prosegue con questo avvertimento sulle conseguenze: “In assen- milione di barili al giorno rispetto ai livelli del 2019, in aggiunta za di un tale prezzo, i mercati finanziari funzioneranno in modo all’impegno a non esplorare nuovi giacimenti di petrolio e gas in sub-ottimale e il capitale continuerà ad affluire nella direzione sba- nuovi paesi. gliata, piuttosto che accelerare la transizione verso un’economia a 3 - La terza indicazione del trend viene da un op-ed uscito l’11 emissioni nette”. ottobre sul New York Times, firmato da tre discendenti di John D. In altre parole, anzichè affidarsi pienamente e solamente alle tec- Rockefeller Sr., il tycoon del petrolio, fondatore della Standard Oil. nologie più efficienti in attesa che forme di energia alternativa più Daniel Growald, Peter Gill Case e Valerie Rockefeller, membri pulita mettano fuori mercato il carbone, il petrolio e il gas naturale, della quinta generazione della dinastia, chiedono al mondo bancario la Cftc propugna un intervento del governo che scoraggi con una di tagliare gli investimenti a quelle imprese che non si impegnano in tassa l’utilizzo delle fonti più inquinanti. Si tratterebbe, insomma, di concreto, a loro volta, a tagliare le emissioni di carbonio. “I leader finanaccelerare con il dirigismo ciò che sta avvenendo fisiologicamente ziari di oggi devono abbracciare l’innovazione e andare oltre i profitti con le miniere di carbone. Anche se Trump è stato un difensore generati dai combustibili fossili per sviluppare al loro posto modelli delle miniere e un fautore della loro rinascita, soltanto quelle più bancari che saranno in grado di eccellere in un mondo a zero emissioefficienti e redditizie sono sopravvissute durante il suo mandato, ni di carbonio”, scrivono i tre eredi nel loro appello fortemente critico. mentre molte sono fallite: a ucciderle è stato il fracking, che ha ge- ”A oggi, il settore finanziario è andato in gran parte nella direzione opnerato una enorme produzione di gas naturale. posta. Dal 2016, 35 banche hanno incanalato 2700 miliardi di dollari Il rapporto della Cftc fornisce ben 53 raccomandazioni. Una di esse in società e progetti di combustibili fossili, un trend che garantirà un richiede alle società bancarie e non bancarie di affrontare i rischi mondo con sconvolgimenti climatici fuori controllo”, insistono i tre finanziari legati al clima, dando informazioni precise sul trend: il firmatari. Il tono è apocalittico. Ma se ti chiami Rockefeller, e la tua fagoverno e le autorità di regolamentazione finanziaria sono invitati miglia ha un secolo di emissioni di petrolio da farsi perdonare, caa fornire chiarezza su come prendere decisioni di investimento nei piamo il travaglio esistenziale e l’urgenza della catarsi. novembre 2020

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IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

LE MISURE DI SOSTEGNO DELLA GERMANIA ALLE PMI

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l ministro dell’Economia e dell’Energia massaggi, studi per tatuaggi e bordelli, tedesco, Peter Altmaier, ha annunciato che in Germania sono legali. Barbieri e aiuti rapidi, «entro la fine del mese», parrucchieri restano aperti nel rispetto per le aziende colpite dalle restrizioni at- delle norme di igiene. Sono chiusi impianti tuate in Germania a partire dal 2 novem- sportivi, palestre, piscine e parchi divertibre al fine di contenere la diffusione della mento, così come musei, cinema, teatri e pandemia. L’obiettivo è stanziare «almeno sale da concerto. Gli aiuti per le imprese e i lavoratori autoi pagamenti anticipaTUTTI I SOGGETTI INTERESSATI nomi maggiormente ti» prima della fine di DAL LOCKDOWN LIGHT colpiti dalla serrata novembre. A questo sono stati presentati scopo se necessario CHE VERRANNO RISARCITI dallo stesso Altmaier verranno mobilitate DALLO STATO TEDESCO e dal ministro delle le casse di risparmio. Altmaier ha sottolineato l’importanza del- Finanze Olaf Scholz. Le aziende, i lavoratola rapidità dei finanziamenti, visto che nu- ri autonomi, le associazioni e le istituzioni merose imprese hanno esaurito le riserve interessate dal “lockdown light” verrandi liquidità. I provvedimenti governativi no risarcite dallo Stato, che ha stanziato prevedono la chiusura di ristoranti, bar, ben 10 miliardi di euro. Alle imprese con club e di tutto il settore della gastronomia, un massimo di 50 dipendenti verrà rima parte i servizi di asporto e consegna a borsato il 75% del fatturato generato a domicilio. I pernottamenti in albergo e novembre 2019; per le aziende di dimennelle strutture equiparabili sono ammes- sioni maggiori, il rapporto scende al 70%. si esclusivamente per motivi di necessità. Scholz e Altmaier hanno inoltre comuniStop anche a saloni di bellezza, centri per cato l’estensione degli aiuti-ponte per le

imprese, già stanziati, e il miglioramento delle condizioni di accesso al sostegno pubblico per i settori più colpiti dalla crisi indotta dalla pandemia. Infine i prestiti rapidi erogati dall’Istituto di credito per la ricostruzione verranno adattati alle imprese che contano meno di dieci dipendenti.

LAVORARE NELLE ENERGIE RINNOVABILI CONVIENE: STIPENDI PIÙ ALTI E COPERTURE SANITARIE I posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili e pulite negli Stati Uniti possono pagare fino al 25% in più rispetto al salario medio nazionale, e hanno maggiori probabilità di essere coperti dall’assicurazione sanitaria e dai contributi previdenziali. È quanto emerge da uno studio condotto dall’E2, il gruppo di pressione dell’American council on renewable energy con sede a Washington, e dal Clean energy leadership institute con sede in California. Secondo lo studio i dipendenti del settore delle energie

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rinnovabili, dell’efficienza energetica, della modernizzazione della rete e dei veicoli elettrici guadagnano in media 48.000 dollari all’anno, pari a uno stipendio orario di 23,89 dollari. Nel settore dell’energia pulita, che comprende l’energia eolica, l’ammodernamento della rete e l’immagazzinamento delle batterie, lo stipendio sale a circa 50 mila dollari annui, una media di 25 dollari all’ora. Il salario orario medio nazionale nel 2019 era di 19,14 dollari, per un totale di circa 38.000 dollari all’anno.


IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

CINA, RADDOPPIARE IL REDDITO PROCAPITE PER IL 2035

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«assolutamente possibile» per la Cina raggiungere gli obiettivi prefissati nel piano quinquennale 2021-2025 e raddoppiare il volume economico totale e il reddito pro capite entro il 2035. Lo ha dichiarato il presidente della Cina, Xi Jinping, in un discorso pubblico sulla formulazione del 14mo piano per lo sviluppo economico e sociale nazionale e sugli obiettivi a lungo termine entro l’anno 2035 proposti dal Comitato centrale del Partito comunista. Secondo il leader cinese, l’economia nazionale ha la speranza e il potenziale per mantenere uno sviluppo stabile a lungo termine. Per raggiungere l’obiettivo, il presidente non fa mistero di puntare sulla globalizzazione: «Negli ultimi anni, insieme ai cambiamenti nell’ambiente politico ed economico globale, alla

EXPO 2020 DUBAI, IL VIA PREVISTO IL 1 OTTOBRE 2021 È online “sacesimest.it/expo2020”, il portale dedicato alle imprese italiane impegnate nei lavori di progettazione, costruzione e allestimento del Padiglione Italia di Expo 2020 Dubai. Un nuovo strumento digitale per accedere alle soluzioni assicurativo-finanziarie e ai servizi di advisory di Sace, che rafforza la collaborazione siglata nel 2018 con il Commissariato generale di sezione Expo 2020, a supporto sia delle aziende partecipanti all’Esposizione universale sia di quelle che vogliono cogliere l’opportunità dell’Expo per crescere nei mercati internazionali. L’appuntamento, che andrà in scena a Dubai dal primo ottobre 2021 al 31 marzo 2022, sarà una vetrina non solo per gli Emirati Arabi Uniti ma anche per il Made in Italy, una rampa d’accesso a mercati ad alto potenziale in cui la presenza e l’azione di Sace possono fare la differenza. Come i mercati dell’Asia, del Medio Oriente e Nord Africa, che non a caso rappresentano insieme complessivamente il 35% del totale degli impegni in essere di Sace.

recrudescenza della de-globalizzazione, dell’unilateralismo e del protezionismo da parte di un determinato Paese, la tradizionale circolazione globale è stata notevolmente indebolita», ha affermato Xi, con un evidente riferimento agli Stati Uniti di Trump, cui ha contrapposto la politica economica cinese: «Il nuovo modello di sviluppo non sarà affatto un circuito interno chiuso; si tratta invece di una doppia circolazione aperta che coinvolge sia i mercati nazionali che quelli esteri. La promozione di una circolazione economica interna su larga scala e regolare aiuterà ad attrarre me-

NEI PROGETTI DI XI JINPING ANCHE IL RADDOPPIO DEL VOLUME ECONOMICO TOTALE

glio le risorse globali, soddisfare i bisogni interni, elevare lo sviluppo industriale e tecnologico e promuovere nuovi vantaggi nella cooperazione economica globale». Durante il suo discorso, Xi ha anche sottolineato la necessità di promuovere la prosperità comune come requisito essenziale del socialismo: «La riduzione della povertà è stata la massima priorità per il partito sin dalla 18ma Assemblea nazionale e sollevare tutti i residenti rurali da tale condizione rappresenta un passo significativo verso la prosperità comune», ha spiegato. Più di 93 milioni di residenti in aree rurali della Cina sono usciti dalla soglia di povertà tra il 2013 e il 2019. novembre 2020

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IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

L’ARGENTINA PROVA A USCIRE DAL TUNNEL: IL FONDO MONETARIO APPREZZA GLI SFORZI

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Argentina non ha intenzione di chiedere un ampliamento del programma di prestiti al Fondo monetario internazionale. Lo ha affermato in un’intervista all’agenzia di stampa russa Sputnik il presidente argentino Alberto Fernandez. «Non c’è una questione del genere all’ordine del giorno. Siamo in trattative con l’Fmi per un programma triennale volto a raggiungere gli obiettivi che ci siamo sempre posti», ha detto Fernandez. Come specificato dal capo dello Stato argentino, questi obiettivi includono l’eliminazione della povertà, l’attrazione degli investimenti, lo sviluppo delle infrastrutture e l’accesso all’istruzione e all’assistenza sa-

IL PRESIDENTE ARGENTINO ALBERTO FERNANDEZ

nitaria. Tuttavia, secondo Fernandez, la necessità prioritaria per il Paese latinoamericano è riconquistare la fiducia degli investitori stranieri e sfruttare l’enorme

potenziale di sviluppo. Lo scorso mese il Fondo monetario internazionale ha effettuato una visita in Argentina, al termine della quale ha espresso un giudizio positivo sul programma economico nel medio termine elaborato dal governo di Buenos Aires, in particolare in materia fiscale. La task force dell’Fmi, che ha visitato Buenos Aires dal 6 all’11 ottobre, «ha accolto con favore l’impegno delle autorità a favore di politiche volte a garantire il consolidamento fiscale e la crescita proteggendo allo stesso tempo i settori più vulnerabili, consentendo una graduale riduzione dell’inflazione e stimolando la creazione di posti di lavoro, gli investimenti e le esportazioni».

LA GERMANIA IN SOCCORSO DELL’AUTO

D ITALIA E SERBIA, RELAZIONI SEMPRE MIGLIORI

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a ministra per l’Integrazione europea della Serbia, Jadranka Joksimovic, ha ricevuto il sottosegretario di Stato agli Esteri Ivan Scalfarotto, in visita a Belgrado. Al centro del colloquio l’ulteriore rafforzamento delle relazioni bilaterali, la cooperazione fra i due Paesi nell’ambito del processo d’integrazione europea della Serbia, le misure che i due Paesi stanno adottando contro il Covid-19 e la situazione all’interno della regione dei Balcani occidentali. Joksimovic ha dichiarato che le relazioni tra Italia e Serbia sono ad un alto livello, come dimostrato dalla cooperazione strategica sul piano politico e da una cooperazione economica eccellente, come pure dalla reciproca solidarietà, dimostrata prima in occasione delle alluvioni in Serbia nel 2014 e poi nel periodo dell’attuale pandemia. La ministra ha inoltre espresso soddisfazione per la possibilità di intensificare la cooperazione nello sviluppo di progetti nell’ambito della Strategia adriatico-ionica e dei programmi che consentiranno una migliore connettività all’interno della regione, oltre che una transizione più rapida verso un’economia innovativa e verde, contribuendo così a una più rapida integrazione della Serbia nell’Unione europea. Joksimovic ha ringraziato per l’aiuto fornito finora dall’Italia a questo processo, auspicando che entro fine anno si possa tenere una Conferenza intergovernativa con l’Ue per analizzare i risultati ottenuti fino a ora e presentare il piano stilato dalle autorità serbe per le attività del prossimo anno. 86

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ue miliardi di euro per sostenere il settore automobilistico della Germania nel suo processo di trasformazione. È la ragguardevole cifra che il ministro dell’Economia e dell’Energia tedesco Peter Altmaier intende utilizzare tra il 2020 e il 2024 per un comparto da anni in difficili condizioni, aggravate dalla crisi del coronavirus. L’obiettivo del programma di sostegno di Altmaier è «accelerare la trasformazione» del settore automobilistico tedesco e potenziarne «la forza innovativa». Per il ministro la Germania deve «rimanere un leader mondiale nell’industria dell’auto al tempo dei motori alternativi, della digitalizzazione e dell’automazione. Con questi fondi vogliamo avviare una trasformazione sostenibile, rapida e tecnologicamente neutra del settore automobilistico. Sono necessari investimenti in nuovi concetti e processi, nuovi prodotti, qualifiche e impianti di produzione». Il programma di Altmaier dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2021 e, nello stesso anno, dovrebbe essere avviata la maggior parte dei progetti. Si articola su tre direttrici. In primo luogo, la promozione degli «investimenti in nuovi sistemi, nell’Industria 4.0 e nella tutela dell’ambiente», con l’obiettivo di sostenere la «trasformazione della produzione» di auto. In secondo luogo devono essere sostenuti la ricerca e lo sviluppo delle innovazioni, come le app di intelligenza artificiale al fine di raggiungere la «trasformazione dei prodotti». Infine il sostegno alla costituzione di cluster per l’innovazione del settore dell’auto, e quindi all’ampliamento della produzione.


IL GIRO DEL MONDO IN 30 GIORNI

BANCHE SPAGNOLE: GIÀ TAGLIATI 120MILA POSTI

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ltre 120 mila posti di lavoro in meno. È l’effetto del radicale processo di ristrutturazione subito dalle banche spagnole dall’inizio della crisi finanziaria del 2008. Allora il settore finanziario poteva contare su 278.301 dipendenti, mentre alla fine dello scorso anno il numero è sceso a 175.899, con ulteriori tagli che sono stati annunciati da diversi istituti di credito per quest’anno e che dovrebbero portare l’organico complessivo a 158.300 persone entro il 2021. La pressione delle autorità di vigilanza nazionali e internazionali sta costringendo le istituzioni a chiudere nuovamente centinaia di uffici e a licenziare migliaia di dipendenti anche senza fusioni, in un periodo particolarmente duro a causa della pandemia. Da ultima, la banca spagnola Sabadell ha avviato le trattative con i sindacati per concordare un piano di uscite volontario di 1.800 lavoratori, che comprende un programma di prepensionamento e di congedo volontario incentivato. 500 esuberi riguarderebbero i servizi centrali e le filiali, 850 le posizioni amministrative e 450 gli agenti commerciali; il piano di ristrutturazione del personale dovrebbe essere operativo dal primo trimestre del 2021. Santander, che dispone di 192.578 dipendenti in tutto il mondo, ha lanciato un nuovo piano di aggiustamento che comporterà la diminuzione di oltre 3 mila impiegati tra quest’anno ed il 2021. CaixaBank e Bankia hanno annunciato il loro piano di fusione il 3 settembre che prevede la chiusura di 4 mila filiali in poco più di un anno.

GURRIA (OCSE): «VACCINO A OGNI COSTO»

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l Coronavirus è il nemico e, ogni giorno che questa minaccia perdura, causerà più costi, più disoccupazione e più Pmi che chiudono: per questo motivo bisogna mettere da parte il debito e dedicarsi a vincere questa battaglia, cercando di trovare un vaccino il prima possibile». Lo ha affermato il segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico Jose Angel Gurria, in un’intervista al quotidiano El Pais. Per Gurria senza la forte azione dei governi «sarebbe stato molto peggio». In tal senso, l’aumento del debito pubblico in tutti i Paesi del mondo deve essere visto come «un investimento per evitare il crollo dell’economia e per sostenere le famiglie». Secondo Gurria bisogna evitare lo stesso errore commesso durante la crisi del 2008 quando si è iniziato molto presto a porre limiti all’espansione fiscale, che invece avrebbe dovuto essere «più generosa e più lunga»: un errore pagato a caro prezzo. Il Fondo monetario intergenerazionale, l’Ocse e la Banca mondiale, ha rimarcato Gurria, hanno affermato da tempo che la priorità è «mettere fine al virus, perché ogni giorno che passa continua a lasciare un segno economico, finanziario e sociale. Spendere oggi è molto più produttivo, utile e meno costoso che preoccuparsi del rapporto tra debito e Pil». Per favorire la ripresa, secondo il segretario dell’Ocse è necessario che nel piano europeo per la ripresa una consistente parte di fondi siano non rimborsabili: la pandemia ha infatti costretto a fare «un passo avanti nella condivisione del rischio».

L’ODISSEA INFINITA DELL’AEROPORTO WILLY BRANDT DI BERLINO

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naugurato il 31 ottobre scorso con 14 anni di ritardo a causa di errori nella progettazione e problemi tecnici, il nuovo aeroporto Willy Brandt di Berlino rischia già di fallire a causa della difficile situazione finanziaria dell’operatore, l’azienda pubblica Aeroporti di Berlino-Brandeburgo. A lanciare l’allarme è il presidente della Federazione dei contribuenti di Germania (Bdst), Reiner Holznagel. «C’è da temere che il nuovo aeroporto non sarà mai in condizioni di funzionare con i conti in ordine, e che i contribuenti dovranno continuare a sussidiarlo» ha affermato Holznagel. Per il presidente del Bdst «non si conosce ancora la portata del disastro, poiché le

commissioni d’inchiesta sul Willy Brandt istituite dai parlamenti dei Laender di Berlino e Brandeburgo non hanno ancora ultimato i lavori». I costi per il nuovo aeroporto berlinese sono aumentati dai circa due miliardi di euro origina-

riamente previsti a oltre sei miliardi. A determinare questo incremento hanno contribuito i ritardi nei lavori di costruzione, ma anche numerose riprogrammazioni e ampliamenti della struttura. A causa della crisi del coronavirus, appare improbabile che il numero di passeggeri possa risanare le finanze dell’azienda pubblica Aeroporti di Berlino-Brandeburgo, la cui solvibilità non è garantita a causa di un disavanzo da 500 milioni di euro. Per far fronte alla situazione i proprietari della società, ossia il governo federale e i Laender di Berlino e Brandeburgo, hanno deciso il 9 settembre scorso un aumento di capitale da 300 milioni di euro.

Il giro del mondo in 30 giorni è a cura di Riccardo Venturi novembre 2020

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COSMOPOLITICA Andrea Margelletti Presidente del Centro Studi Internazionali, docente presso la Facoltà di Scienze delle Investigazioni e della Sicurezza dell’Università di Perugia e Narni. Unico membro onorario delle Forze Speciali

GLI STATI UNITI RILANCIANO LA CORSA ALLE TERRE RARE

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a pandemia mondiale da Covid-19 ha avuto, tra i suoi tanti effetti ed impatti, quello di accelerare il dibattito pubblico sulla necessità di imprimere una svolta green, sostenibile e tecnologica al modello di sviluppo economico e sociale internazionale. I tre concetti-cardine di quella che sarà la prossima rivoluzione (post) industriale sono strettamente connessi gli uni agli altri, poiché l’innovazione tecnologica è alla base del miglioramento dei livelli di resilienza dei nostri sistemi produttivi e sociali e rappresenta la chiave per l’incremento dell’efficienza energetica per combattere inquinamento e cambiamento climatico. Tuttavia, come sempre avvenuto nella storia dell’uomo, il mutamento del paradigma di sviluppo e le rivoluzioni tecnologiche hanno condotto al cambiamento delle faglie e dei vettori di conflittualità nella corsa a quelle risorse naturali indispensabili per la transizione economica. Basti pensare ai conflitti sorti dopo la prima rivoluzione industriale ed intensificatisi fino all’era dell’imperialismo colonialista per controllare i giacimenti di materie prime ed idrocarburi o per assicurarsi una posizione preminente nei mercati internazionali. Se allora le risorse della discordia erano ferro, rame e petrolio, in un futuro ormai prossimo saranno le terre rare, ossia quei 17 elementi della tavola periodica difficili tra trovare in concentrazioni elevate e su tutta la superficie terreste ma fondamentali per costruire cavi oceanici per le telecomunicazioni ultraveloci, processori per i nostri computer e smartphone, batterie per le nostre auto elettriche, pannelli per le nostre centrali solari. Inoltre, la corsa per le terre rare viaggia parallela a quella per la supremazia tecnologica globale che contrappone Stati Uniti e Cina ed il cui esito condizionerà il futuro degli equilibri politici internazionali. Oggi, nella partita per le terre rare, la Cina parte in gradissimo vantaggio. Dispone del 30% delle riserve globali accertate e, grazie ai mastodontici impianti di lavorazione, controlla oltre il 50% del mercato. Tuttavia questo a Pechino non basta: la crescita della domanda interna e la svolta hi tech dell’economia ordinata dal Partito Comunista ha fatto si che tali riserve domestiche non siano più sufficienti e che di conseguenza le imprese minerarie cinesi abbiano allargato a dismisura la propria presenza in Africa australe, dalla Repubblica Democratica del Congo fino al Sudafrica. L’obiettivo è quello di mettere in sicurezza le forniture e apporre un monopolio strategico verso le terre rare allo scopo di usarle anche come mezzo di pressione politica. Al contrario gli Stati Uniti navigano in cattive acque. Oltre a non disporre di significative risorse interne, importano l’80% del fabbisogno minerario delle terre rare proprio da Pechino. Un fattore di vulnerabilità non da sottovalutare in un momento di progressivo deterioramento dei rapporti tra Washington e Pechino. Il Presidente Trump ha più volte evidenziato come la dipenden88

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za statunitense dalla Cina deve essere quantomeno alleviata e, per questo motivo, ha lanciato l’offensiva verso il mercato internazionale di questi preziosi elementi chimici. La Casa Bianca ha inaugurato questa nuova spinta propulsiva muovendosi in due direzioni. La prima, in pieno stile “America Fist” trumpiano, riguarda il rilancio dell’esplorazione dei giacimenti domestici, allo scopo di rilanciare quella sezione dell’industria nazionale penalizzata dai processi di globalizzazione e dalla concorrenza straniera. Un disegno che ricorda molto la strategia usata nei confronti dell’industria idrocarburica e delle imprese della Rusty Belt. Ad agosto, il Pentagono ha firmato un contratto con l’australiana Lynas Corp., proprietaria della miniera Mount Weld nell’Australia occidentale, per iniziare il lavoro di progettazione e la ricerca su un impianto di separazione di terre rare in Texas. Inoltre, secondo Reuters, il Pentagono ha anche ripreso i finanziamenti a MP Materials, proprietario della miniera di Mountain Pass in California. Il Dipartimento di Stato ha anche annunciato che elargirà 28,8 milioni di dollari alla Urban Mining in Texas nell’ambito di un progetto per il recupero di terre rare da vari tipi di rifiuti elettronici. La seconda direzione, più marcatamente internazionale, riguarda l’espansione delle attività delle imprese statunitensi proprio in Africa australe, a cominciare dal Malawi e dal Sudafrica, in aperta concorrenza alla Cina. Vista la posta in gioco, prepariamoci ad assistere ad una lotta serrata per le miniere di terre rare in Africa. Una partita senza esclusione di colpi che, come spesso accade nel continente africano, potrebbe portare con sé un’onda lunga di instabilità.

La supremazia rispetto alla Cina si gioca anche sul controllo delle materie prime strategiche

DONALD TRUMP



L’INTERVISTA DIALOGO CON CARLO COTTARELLI

«Gli anziani sono indispensabili per la produttività del Paese» di Emanuela Notari

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ll’inizio di novembre a Genova si è tenuto il Silver Economy Forum e l’ospite di apertura della seconda giornata è stato Carlo Cottarelli, il quale si è preso la briga di spiegare che, come tutte le medaglie, anche l’invecchiamento della popolazione - un dato di fatto nel mondo avanzato e soprattutto in Italia dove la vita media è una delle più alte - ha due facce. A quella che rappresenta un peso per il sistema previdenziale (e sanitario) si giustapppone quella che potrebbe rappresentare un aumento della produttività e della crescita del paese attraverso un corretto impiego dell’esperienza e della risorsa economica rappresentata dalla parte più anziana della forza lavoro. «Non occorre scomodare i senatori dell’antica Roma per dire che gli anziani hanno qualcosa da dare alla società che i giovani non hanno: l’esperienza. E ci sono esempi, nel mondo, di imprese che hanno saputo ben conciliare la parte giovane con quella anziana della loro forza lavoro, e i rispettivi contributi, traducendo questa sintesi in maggiore produttività. I Paesi che come noi stanno invecchiando rapidamente sono interessati da due trend demografici che convergono: il basso tasso di natalità – in Italia siamo sotto 1.3 figli per donna – e l’aumento della longevità dovuto a migliori condizioni di vita e di lavoro. Purtroppo le evidenze dicono che i Paesi che si trovano in questa situazione vedono una diminuzione della loro produttività, oltre che un peso maggiore sul sistema previdenziale. È ovvio che meno nati 20 anni fa significa meno cittadini in età lavorativa 20 anni dopo. Mentre gli anziani continuano ad aumentare. Vuol dire che in un sistema come il nostro dove i lavoratori attuali sostengono gli attuali pensionati, si assottiglia la base del primo pilastro di 90

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«IN UN PAESE CON SEMPRE PIÙ LONGEVI E QUINDI MENO GIOVANI, VIVERE PIÙ A LUNGO DEVE POTER SIGNIFICARE ANCHE RESTARE PRODUTTIVI PIÙ A LUNGO NEL TEMPO» sostegno delle pensioni. La Ragioneria dello Stato ha prodotto una stima dei prossimi decenni in cui la spesa pensionistica statale aumenta rispetto al Pil, anche in presenza di fattori ottimistici come un aumento annuale della produttività di circa l’1-1.5%, un maggiore contributo delle donne al mercato del lavoro, un’importante diminuzione della disoccupazione e un flusso regolare di immigrati che si stabiliscono in Italia e vi lavorano. Anche prima della pandemia nessuno di questi parametri stava andando nella direzione auspicata dalla Ragioneria dello Stato. Come i parametri delle proiezioni di reddito pensionistico previste dalla busta Arancione che partono dal presupposto che le cose migliorino, mentre in realtà non è cosi... Ciononostante la busta arancione era uno strumento intelligente e imprescindibile per rendere consapevoli i cittadini di come le riforme cambieranno i redditi da pensione futuri.


L’INTERVISTA Consapevolezza che in Italia non c’è e che la decisione di sospendere la busta arancione non aiuta certo a creare. Ma il punto è anche che non si è fatto nulla per cambiare la mentalità del Paese, in particolare dei lavoratori. Da una parte è giusto e necessario che tutti i lavoratori sappiano da subito cosa li aspetta quando raggiungeranno l’età della pensione, tanto più che le pensioni di domani saranno ben diverse dalle pensioni che hanno sostenuto finora i nostri padri e i nostri nonni e che hanno creato le nostre aspettative. Ma dall’altra è indispensabile che, a fronte di una vita mediamente molto più lunga, l’atteggiamento dei lavoratori cambi e si smetta di aspettare con ansia la pensione per mettersi a riposo. Vivere più a lungo deve poter significare anche restare produttivi più a lungo. In un Paese con sempre meno giovani e sempre più anziani - sempre più longevi, con un’aspettativa di vita dopo la pensione di magari 20/25 anni - e un sistema previdenziale tuttora a ripartizione, dove la pensione degli anziani viene pagata attraverso le trattenute contributive di chi lavora, è chiaro che l’equilibrio previdenziale viene a mancare. Le riforme che si sono fatte finora hanno cercato di tamponare procrastinando l’età pensionabile, ma questo non basta. Bisogna che l’aumento di longevità e lo spostamento in avanti dell’età per la pensione coincidano con una reale maggiore produttività dei lavoratori più anziani. Concepibile per chi svolge un lavoro intellettuale e amministrativo, meno per chi svolge un lavoro manuale... Certo, è essenziale distinguere tra lavori usuranti e non. Ma l’evoluzione del terziario rispetto al settore industriale, specie in Italia, fa pensare che i lavoratori anziani che debbano sostenere un impegno lavorativo usurante siano sempre meno. E potrebbero inserirsi meccanismi di condivisione della transizione tra privato e pubblico, che propongano ai lavoratori più anziani un orario di lavoro ridotto, con rispettiva riduzione del salario, cui contribuisca lo Stato che, per incentivare la persistenza nel mondo del lavoro, offra una parte di quella pensione che viene procrastinata – e di quindi risparmiata da parte della previdenza pubblica - come incentivo per coprire la riduzione del salario.

Crede che il passaggio graduale da un sistema a ripartizione, dove i lavoratori attuali pagano le pensioni degli attuali pensionati, a un sistema a capitalizzazione, dove ognuno accantona per sé, potrebbe risolvere il problema dell’invecchiamento della popolazione? Il passaggio a un sistema a capitalizzazione gioverebbe se portasse a un aumento del tasso di risparmio. Purtroppo non ci sono chiare evidenze empiriche in favore di questa ipotesi. John Eatwell - professore di Cambridge – si è espresso da tempo in questo senso. Non appare evidente che imporre ai singoli di risparmiare e investire in fondi privati per proprio conto aumenterebbe il capitale del paese. Se poi qualcuno non risparmia abbastanza, alla fine resterebbe un problema etico dello Stato che non può lasciare che intere fasce di lavoratori si ritrovino da vecchi senza avere ciò che serve loro per vivere dignitosamente. Ricordiamoci inoltre che i fondi privati sono soggetti all’andamento dei mercati finanziari, tutt’altro che prevedibili. Come dice Eatwell è anche un problema di condivisione del rischio. Solo la certezza che un sistema che

«BISOGNA AIUTARE I LAVORATORI NON MANUALI AD AGGIORNARE LE PROPRIE COMPETENZE E CAPACITÀ PER MANTENERSI COMPETITIVI E ATTRATTIVI PER IL MERCATO DEL LAVORO FUTURO» “privatizza” il reddito da vecchiaia dia come risultato un aumento del capitale del paese può suggerire di muoversi in quella direzione. In assenza di tale assicurazione occorre trovare un sistema ibrido che distribuisca il rischio longevità con equità e senso dello Stato. Ma se non si cambia la mentalità, se non si rende il lavoro più flessibile – influendo anche sulla cultura aziendale del lavoro – non si potrà acquisire quella produttività necessaria per sostenere il beneficio di una vita più lunga. C’entra anche il problema dell’aggiornamento delle competenze… Assolutamente. Bisogna tutelare chi fa ancora un lavoro manuale evitandogli di doverlo protrarre in un’età che non sarebbe conciliabile, ma allo stesso tempo aiutare i lavoratori non manuali ad aggiornare le proprie competenze e le proprie capacità per mantenersi competitivi e attrattivi per il mercato del lavoro. E cominciare a creare sinergie tra le attitudini dei giovani e l’esperienza degli anziani. Alla fine l’andamento economico dello Stato non è molto diverso da quello di un’impresa di famiglia: i giovani portano nuove visioni e competenze, soprattutto tecnologiche, e gli anziani offrono la propria esperienza nella gestione dei problemi e nella costruzione di quelle visioni. È l’unica strada per rendere la longevità un bene sociale.

Non dimenticando la quota di ricchezza finanziaria detenuta dagli anziani, pari ad almeno il doppio del loro peso sulla popolazione… Per quanto si dica che questa ricchezza in Italia è liquida e molto poco investita, ricordiamoci che il denaro depositato sui conti correnti viene investito dalle banche nell’economia reale, a sua volta produttiva. Ben venga tutto ciò che le incentiva a investire nelle aziende e nella produttività del Paese. novembre 2020

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CAPITAL MARKET MERGERS AND ACQUISITIONS

Come fa una banca d’affari-boutique ad aiutare i clienti in piena era Covid di Luigi Orescano

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uando si tratta di fronteggiare un’emergenza senza precedenti, le strutture più snelle sono spesso – darwinianamente – le più rapide ed efficienti ad adattarsi: la storia di Thymos Business & Consulting, la finanziaria di m&a e consulenza fondata da Fabio Tesei con Marinella Latteri, conferma l’assioma. «Anche in condizioni normali riteniamo che la flessibilità e la velocità d’esecuzione siano due risorse chiave della nostra azienda», confermano, «ed ora che il Covid 19 ha imposto a tutte le imprese di riorganizzare il loro approccio al mercato, noi siamo stati in prima fila». Su due fronti, che sono poi entrambi decisivi per il futuro di ogni impresa: l’internazionalizzazione e il finanziamento. Tesei e Latteri, in quest’intervista con Investire, spiegano in che modo. «Partiamo dall’internazionalizzazione», esordiscono. «E diciamo subito che abbiamo messo a punto e proposto alla nostra clientela due strumenti per internazionalizzarsi senza viaggiare: il primo al quale abbiamo contribuito è ‘Negotium mundi’, il secondo è la partnership con Mtw Group, foreign market entry-advisors».

Di che si tratta, in dettaglio? Negotium mundi è in realtà un sistema di relazioni internazionali concepito per interconnettere persone ed aziende che operano nel mondo. Attraverso una rete di imprenditori e professionisti, di lingua italiana, presenti in tutto il mondo, combiniamo le attitudini innovative di alcuni con le capacità di presidiare mercati lontani di altri favorendo la crescita e l’innovazione! Negotium Mundi permette inoltre di presentare la propria azienda/necessità su un portale online presente in tutto il mondo e conoscere 92

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IL CASO DI THYMOS, CHE HA MOLTIPLICATO I DEAL FIRMATI CON SUCCESSO NEI MESI PEGGIORI DEL PRIMO LOCKDOWN E HA CHIUSO TRE OPERAZIONI A FIANCO DI DUE PMI

altre aziende con interesse verso le imprese italiane.

E l’altro strumento? Mtw Group è una società che fa da advisor specifico per l’accesso al mercato statunitense e ai mercati asiatici. Partendo dalla consulenza pre-ingresso per i mercati target, in funzione degli obiettivi dell’azienda, per passare poi al disegno della strategia di ingresso più funzionale attivando quelle azioni di marketing, b2b e di business development più efficaci per ottimizzare il posizionamento di brand/prodotto e il time-to-market, fornendo consulenza di pre-investimento e assistenza per l’investimento diretto nel mercato target, inclusa la due diligence, la ricerca di un business partner, m&a, costituzione societaria, assistenza legale, amministrativa e fiscale.


CAPITAL MARKET È presente direttamente negli Usa, a Hong Kong, a Singapore, in Malesia, a Dubai e naturalmente a Milano.

Ok: ma per iniziare ad esportare spesso servono soldi, molti. Soluzioni? Possono essercene varie, ma sicuramente meritano molta attenzione, mentre sono ancora relativamente poco conosciuti, i “finanziamenti agevolati per l’Internazionalizzazione” previsti dalla Simest, che includono prestiti da 100.000 euro per studi di fattibilità propedeutici ad investimenti in un mercato estero e da 350.000 euro per le aziende che intendono sviluppare progetti di market-entry extra Ue. Ok: fin qui i nuovi strumenti per l’internazionalizzazione. Ma Thymos è anche, anzi forse soprattutto, una banca d’affari-boutique che nei suoi undici anni di vita ha accompagnato decine di aziende verso il mercato dei capitali. Che c’è di nuovo su questo fronte? Ci sono state numerose novità. A partire da giugno 2020 abbiamo concluso tre operazioni di m&a in cui abbiamo svolto il ruolo di Advisor buy-side di due società quotate su Aim. In particolare Thymos si è occupata di fare lo scouting dei target, lo screening, e la trattativa sino al closing. Ed anzi, ci piacerebbe ringraziare questi nostri clienti, che hanno saputo riconoscere e apprezzare la nostra essenza di consulenti che non hanno un catalogo prodotto ma che studiano la situazione e poi trovano e implementano la soluzione finanziaria. In concreto, ci dite di che si è trattato? Partiamo da Maps, pmi innovativa quotata su Aim Italia attiva nel settore della digital transformation, che ha acquisito la Scs Computers, una software house attiva nell’healthcare e specializzata in ambito clinico, forte di 1,6 milioni di ricavi, in buona parte ricorrenti, con il 34% di Ebitda e 500 mila euro di cassa. Il controvalore dell’operazione è pari a 4,24 milioni di euro, diviso in due tranche: la prima, pari a 2,74 milioni di euro, al closing dell’operazione; la seconda, pari a 1,5 milioni di euro, allo scadere del quinto anno dal perfezionamento dell’operazione, con applicazione di un tasso di interesse annuo pari all’1,5%, da corrispondersi con periodicità semestrale da tale data. Maps, con l’obiettivo di finanziare la propria ulteriore crescita, ha approvato un contratto di investimento con Atlas Special Opportunities e Atlas Capital Markets, che prevede la possibile emissione di un prestito obbligazionario convertendo per un importo complessivo fino a 5 milioni di euro in più tranche, dotandosi così di uno strumento di finanziamento flessibile per supportare le operazioni di acquisizione di società sinergiche.

«UNO DEI MOTIVI PER CUI RELATECH HA DECISO DI QUOTARSI IN BORSA È STATO QUELLO DI POTER ACCELERARE LA CRESCITA PER ACQUISIZIONI DI AZIENDE»

E quali sono state le altre due operazioni? Le abbiamo fatte con Relatech, un’altra pmi innovativa quotata all’Aim che ha acquisito due società. La prima si chiama Mediatech, ed è leader in soluzioni in cloud e in cybersecurity; la seconda si chiama Xonne, ed è una pmi innovativa leader nelle soluzioni di realtà virtuale e aumentata, esperta in applicazioni innovative pronte per la digital customer experience nel post-Covid19 e per l’industrial iot, il famoso interne delle cose. Bene, spiegatecele! Be’, la prima in realtà contiene due operazioni collegate. L’acquisto del 60% di Mediatec e la partnership tecnologica con Nutanix, azienda leader nellacostruzione di infrastrutture Cloud iperconvergenti. per Relatech si tratta della sesta operazione di M&A negli ultimi 5 anni a conferma della vocazione e del track record oramai consolidato del management della Società. Nel 2019 l’azienda, con sede a Milano e Brescia, ha realizzato un fatturato di circa 3,6 milioni con un ebitda di 600 mila euro. La pluriennale esperienza di Mediatech nella realizzazione di infrastrutture e datacenter, nonché l’elevata specializzazione nel mondo del Cloud - private, hybrid, public, hyperconvergence -, saranno un’integrazione strategicamente perfetta. In questo senso, l’operazione è stata coronata dalla partnership con Nutanix, che non solo si integra perfettamente nel business model di Relatech ma contribuisce ad ampliare strategicamente l’ecosistema di partnership tecnologiche della Società.

Quindi Relatech e Mediatech, insieme… Relatech, oltre alle consolidate partnership già in essere con big vendor, quali Ibm, Oracle e Microsoft, darà inizio a nuove sinergie con operatori di primario standing a livello internazionale tra cui, appunto, Nutanix, azienda leader nella costruzione di infrastrutture Cloud iper-convergenti. Per l’azienda, quest’acquisizione rappresenta un rafforzamento strategico del core business e ne arricchisce la capacità di progettare, implementare e gestire Architetture IT e Infrastrutture Cloud digitali innovative ed efficienti ma capaci al contempo di garantire solidità e sicurezza. E com’è stata strutturata l’acquisizione? Diciamo innanzitutto che uno dei motivi per cui Relatech aveva deciso di quotarsi in Borsa era stato quello di poter accelerare la crescita tramite operazioni di acquisizione, sia attraverso l’utilizzo del cash flow operativo sia mediante l’utilizzo e la valorizzazione delle azioni proprie. E infatti, le azioni proprie acquistate ad inizio anno sono state utilizzate per una parte dell’acquisizione, senza pertanto diluire i soci preesistenti. L’operazione è stata conclusa per un corrispettivo pari a circa Euro 1,5 milioni per il 60% della partecipazione, con il pagamento al closing di una componente cash di circa 1 milione, ed una componente in titoli attraverso la cessione 70.175 azioni Relatech convenzionalmente valorizzate ad un importo di 7,13 euro cadauna - ovvero con un premio del 23% rispetto all’ultimo prezzo dell’azione registrato al termine dell’ultimo giorno di borsa aperto antecedente la data di annuncio -, oltre a una componente in earn-out collegata al raggiungimento di alcuni parametri di performance (Ebitda medio, ndr) di Mediatech negli esercizi fino al 2022. novembre 2020

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PERSONAGGI PARLA GIANLUCA MECH

Il re della dieta: «Risparmio come mangio, con moderazione» di Monica Setta

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ianluca Mech appare sorridentissimo, una scheggia di sole, sulla porta del suo ufficio romano a due passi dal villaggio Olimpico. Magro, tonico, perfetto nell’abito fresco di stiro che gli cade addosso come piombo e gli disegna una silhouette puntuale, elegante. “Eccomi” escalama accogliente mentre mi offre un croissant assolutamente a zero calorie, ultimo prodotto del suo variopinto menù che prevede anche una variante di Mont Blanc dimagrante (sì, avete letto bene. Ha lo stesso sapore della cascata di panna e marron glacé eppure non ti fa ingrassare nemmeno di mezzo etto, una sorta di miracolo laico della nutrizione contemporanea!). Dopo la cola-

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HA INVENTATO LA “TISANOREICA” OTTENENDO UN BOOM: «SONO UN RISPARMIATORE EQUILIBRATO. NON AMO RISCHIARE TROPPO E PREFERISCO UN PROFILO PROTETTIVO»

Gianluca Mech, ideatore della dieta Tisanoreica

zione, ci sediamo nella grande stanza - il suo pensatoio - dove resteremo due ore per questa lunga conversazione che Mech ha concesso a Investire. Gianluca, l’unico erede di una tradizione erboristica famigliare plurisecolare alla base della pratica della fitoterapia, oggi è presidente dell’omonima azienda Gianluca Mech S.p.A. e ideatore del metodo dimagrante Tisanoreica, secondo il principio della chetosi “verde” o “fito-chetosi”. Metodo, questo, da lui sviluppato in collaborazione con il Dipartimento di Anatomia e Fisiologia dell’Università di Padova. È l’uomo del momento perché la sua azienda nonostante il Covid e forse anche grazie alla pandemia aumenta utili e fatturato mentre tutte le altre piccole e medie imprese del made in Italy sono in crisi. In qualche modo Mech ha riabilitato la professione del dietologo fitoterapista. E oggi è visto a metà tra un santone dell’economia e un imprenditore brillante. «Sono semplicemente un imprenditore che studia molto e si impegna. Discendo da esperti fitoterapisti, specializzati nel metodo della Decottopia, un secolare processo di estrazione dei principi attivi di almeno dieci piante in forma liquida. Ho proseguito la tradizione dei miei avi che ha visto nascere la Balestra e Mech nel 1927 grazie ai nonni Adelaide e Rodolfo. Avevo sei anni quando ho seguito mio padre Giovanni in laboratorio aiutandolo nella preparazione degli estratti più semplici». Mech si è diplomato all’Istituto tecnico commerciale e poi si è laureato in lettere. Ma già nel 1987 prende in mano le redini della società di famiglia. Come mai? «Mi ha sempre attratto», spiega, «lo studio e l’approfondimento sulla salute e sul benessere del corpo. E negli anni ho anche svolto il ruolo di divulgatore scientifico delle più recenti scoperte e innovazioni in materia di nutrizione dietetica». Riandando indietro nel tempo a quel lontano ‘87, Gianluca entra nella nella stanza dei bottoni di una azienda molto par-


PERSONAGGI ticolare. «E inizio subito un impegno totale in azienda trasformandola in spa e dò vita a una collaborazione con il Dipartimento di anatomia e fisiologia dell’Università di Padova con cui metto a punto un sistema di dimagrimento fito-chetogenico, orientato alla perdita del peso e al mantenimento della forma raggiunta nel post-dieta. Sono stati anni duri in cui ho speso ogni energia per lanciare questo brevetto. Follie? Nessuna, direi. Investo i miei soldi nella ricerca. Appartengo alla specie di industriali che appena vedono un profitto lo reinvestono per crescere ancora. Come soggetto individuale Mech diventa così titolare di 3 brevetti: a) Integratore alimentare con attivatore proteico, depositato e concesso, oltre che in Italia, anche in Europa, Stati Uniti e Canada; b) Integratore alimentare proteico, depositato in Italia e con estensione internazionale e c) Integratore alimentare a base di estratti vegetali, depositato in Italia. Man mano che l’azienda cresce, crescono anche i guadagni. E come spende Gianluca i suoi utili, a parte reinvestire nella società? «Punto sempre sulla mia professione. Spendo per la promozione di ricerche scientifiche. Comincio a pubblicare anche 26 ricerche su autorevoli riviste scientifiche internazionali avviando iniziative e campagne volte ad affermare il diritto alla salute e l’importanza di una alimentazione equilibrata. Nel 2011 faccio uscire sul Nutritional journal la pubblicazione Effect of Ketogenic Mediterranean diet with phytoextracts and low carbohydrates/high-protein meals on weight, cardiovascular risk factors, body composition and diet compliance in Italian council employees».

«CONTINUO A STUDIARE E A INVESTIRE SULL’INNOVAZIONE PERCHÉ CREDO CHE GLI IMPRENDITORI ILLUMINATI DEBBANO FAR COSÌ» Uno dei capitoli del libro è dedicato alla Dieta Mediterranea Chetogenica, dove si parla appunto degli effetti positivi del Protocollo Tisanoreica. «E proprio nel 2011 la mia Gianluca Mech Spa», racconta, «sigla una convenzione con il Dipartimento di anatomia e fisiologia umana dell’Università di Padova, per lo svolgimento dell’attività di ricerca nel campo della nutrizione e dell’esercizio fisico, con particolare riguardo verso le diete fito-chetogeniche a basso contenuto di carboidrati sia in soggetti sani che non». E Mech aggiunge: «Non mi stanco di lavorare anche 14 ore al giorno, non mi concedo svaghi particolari, non ho aerei privati nè incarno l’icona classica del miliardario, anzi. Sono un uomo che da importanza al denaro in quanto mezzo e non fine. Il denaro serve a migliorare la qualità della vita, a finanziare sperimentazioni e ricerche. Se sono formica o cicala? Sono un risparmiatore equilibrato. Non amo rischiare eccessivamente ho un profilo più protettivo e finora non ho mai fatto il passo piu lungo della gamba». Altro anno di grazia è il 2012 quando viene pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Nutrients lo studio Long term successful weight loss with a combination biphasic ketogenic diet and mediterranean diet maintenance protocol.

Sempre in quell’anno si tiene a Praga la Seconda Conferenza Internazionale di pediatria durante la quale i maggiori pediatri europei e mondiali fanno il punto sul programma di monitoraggio internazionale avviato dalla Strategic Pediatric Alliance. Per la Gianluca Mech Spa è stata esposta una relazione dal titolo A Low Carbohydrate Diet: a Possible Solution for obese Children? dove è evidenziata l’importanza dell’alimentazione a basso indice glicemico nel bambino e si prospetta l’opportunità terapeutica della dieta fito-chetogenica nell’adolescente. Da quel momento i successi scientifici e aziendali si susseguono senza sosta. Nel 2016 in occasione della Giornata mondiale del Diabete, istituita nel 1991 dall’International Diabetes Federation e dall’Oms, Mech ha organizzato presso la Regione Lombardia, un incontro al fine di sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sulla prevenzione e gestione del diabete. Durante l’incontro è stato presentato lo studio The Effects of Different High-Protein Low-Carbohydrates Proprietary Foods on Blood Sugar in Healthy Subjects, condotto in collaborazione con il team di ricerca del Mech-Lab, laboratorio di ricerca dedicato allo studio della chetosi istituito presso il polo di Fisiologia del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova. Nel 2017 invece, con l’obiettivo di sensibilizzare adulti e bambini sul tema dell’obesità, Mech ha prodotto in collaborazione con la casa di produzione Morol il cortometraggio “Good Food”, un docufilm dedicato alla dieta mediterranea a cinquanmta anni dalla pubblicazione del rivoluzionario studio Seven Countries Study di Ancel Keys sul valore della Dieta Mediterranea a cui hanno partecipato anche Justine Mattera, Giorgio Colangeli e Salvatore Esposito. E le prossime tappe? «Continuo a studiare e ad investire sull’innovazione perché credo che gli imprenditori illuminati in questo momento di crisi dovuto alla pandemia siano solo quelli che pensano alla propria azienda e ai dipendenti, non al profitto personale» conclude «se mi pesa vivere una vita così impostata al sacrificio? Assolutamente no. Ho imparato che i risultati arrivano solo dopo tanta fatica. Non esistono eccezioni». novembre 2020

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BIBLIOTECA Antonio Quaglio Laureato in Economia aziendale all’Università di Venezia, è stato inviato e caporedattore a Il Sole 24 Ore. Collabora a www.ilsussidiario.net.

IL NUOVO PIKETTY RILANCIA: PIÙ STATO E PIÙ TASSE

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apitale e ideologia” di Thomas Piketty - sequel del mega-seller globale “Il capitale del XXI secolo” del 2014 - ha fatto la sua comparsa in originale francese quando il Covid si affacciava in Cina; ed è poi uscito in edizione internazionale inglese lo scorso febbraio, quando la pandemia ha bussato alle porte di Europa e Americhe. Un’operazione editoriale come minimo fortunata in partenza nell’intercettare uno zeitgeist apocalittico, reiterando una critica serrata alle certezze “ideologiche” dell’intera epoca liberalglobalista davanti a una globo drammaticamente privato di libertà e certezze. Le oltre 1.200 pagine sono certamente l’esatto opposto di un instant o di un pamphlet. Dopo l’estate il tomo è giunto anche in Italia, edito da La nave di Teseo: giusto in tempo per essere citato nei commenti all’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco. Che naturalmente non ha citato l’economista laico francese, editorialista di Liberation. Però non c’è dubbio che uno stesso “spirito del tempo” risuoni in entrambi i testi, per quanto diversi nei rispettivi format. Si notano in effetti poche soluzioni di continuità tra l’analisi economica delle diseguaglianze condotta da Piketty lungo due secoli di economia capitalista e la denuncia pastorale del Papa latinoamericano sull’insostenibilità delle ingiustizie sociali. Ed è visibile più di una convergenza circostanziata: anzitutto nell’attacco all’indiscutibilità del diritto di proprietà privata, assoluta e basilare nel liberismo capitalista. Il neo-statalismo che sta prepotentemente rialzando la testa nelle economie di mercato occidentali (con l’Italia come caso di studio) è figlio anche del Piketty-pensiero: che parla apertamente di “proprietà temporanea” dei mezzi di produzione. Perfino nella baricentrica America liberista la pensée dell’economista parigino è tornata a premere nelle ultime settimane. È ancora lui il teorico della tassazione strategica delle grandi ricchezze - anzitutto nello snodo delle successioni - che ha fornito robusto propellente politico a Bernie Sanders alle primarie dem per la Casa Bianca. Una questione che la faticata vittoria di Joe Biden rende di attualità ancora più stretta: quanto il nuovo inquilino “obamiano” della Casa Bianca saprà resistere alle pressioni della rinata ala radicale dei democratici Usa? Cioé: quanto la riforma fiscale pro-business varata da Donald Trump potrà essere smontata dopo gli indiscutibili impatti economici pre e in parte anche post-Covid? Nel frattempo la lettura (impegnativa) di “Capitale e ideologia” mantiene indubbiamente parecchio ciò che promette, anzitutto una narrazione THOMAS PIKETTY 96

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La rivoluzione oggi non potrà che prendere le forme di un vigoroso statalismo fiscale, che promuova il capitalismo sociale storica ricchissima e stimolante: nella quale per esempio la madre di tutte le rivoluzioni egualitarie - quella dell’Ottantanove francese - viene traguardata attraverso il suo contrappasso, pochissimo conosciuto. Negli stessi anni in cui i giacobini ghigliottinavano il re, ad Haiti gli schiavi liberati si rivoltavano contro i colonialisti francesi. Per Piketty non c’è differenza sostanziale - sul piano economico - tra lo sfruttamento feudale o coloniale e quello industrial-capitalistico, evoluto nella turbofinanza. Ma a differenza di quella immaginata da Karl Marx, la “rivoluzione” non può che percorrere oggi con decisione le vie di un vigoroso statalismo fiscale: sia nell’allocazione di “beni comuni” che andrebbero sottratti al mercato; ma soprattutto nel promuovere un “capitalismo sociale”. In questo le massicce imposizioni a grandi ricchezze ed alti redditi andrebbero a fornire, al livello più capillare, una “dote di capitale” individuale, in termini di effettiva “pari opportunità”. Ed è evidente la nostalgia di Piketty per i “favolosi” anni keynesiani del dopoguerra keynesiano. E’ del resto uno dei passaggi che hanno attirato al libro alcune fra già innumerevoli critiche. Non è vero, anzitutto, che l’era Thatcher-Reagan abbia tassato meno i Gdp “capitalisti”: le cifre dicono il contrario E’ vero che il turboliberismo ha aumentato enormemente i gap socio-economici ha riconosciuto Raghuram Rajan, economista di Chicago ed ex governatore della Bank of India. Ma la vera ineguaglianza, nel ventunesimo secolo, “è il gap di opportunità, di accesso alle competenze, di spazio: non di redditi e di ricchezza. Più alta spesa pubblica quindi inasprimenti fiscali possono essere necessari, ma non per punire i ricchi, quanto per aiutare i lasciati-indietro a trovare nuove opportunità”. E il confronto intricato e bollente fra fatti e idee, “richiede nuove idee, non vecchie e screditate”. Rajan invita a leggere il nuovo Piketty, “ad apprendere dal vasto accumulo di scienza esibito dal libro”: Ma non nasconde il suo “scetticismo per le soluzione proposte”. Il confine fra idee economiche e ideologie politiche è sempre sottile e combattuto.


EDUCAZIONE FINANZIARIA Paolo Zucca Iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1979, già responsabile del supplemento de II Sole 24 Ore Plus 24. Partecipa a tutorial e iniziative contro l’eccessivo uso del contante. Twitter @pzu551

DOPO IL COVID LA SALUTE È AL CENTRO DEI BISOGNI DEI RISPARMIATORI

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e il baricentro delle preoccupazioni degli individui sta diventando la salute, intesa come certezza di ottenimento di cure adeguate nel momento del bisogno, le compagnie di assicurazione sono – o diverranno presto - il principale interlocutore. Molto più della banca di sportello che per cercare margini da commissioni aveva già virato verso l’offerta di polizze, ramo Danni compreso. La testa dei decisori familiari si sta orientando verso la protezione del nucleo e semmai nell’allargamento dell’abitazione. Di questi temi il risparmiatore leggerà maggiormente, chiederà confronti e consigli. Cercherà qualche comparatore in grado di allineare le varie offerte in evoluzione, come avviene per i mutui. Diventerà più critico. Slitta in secondo piano la performance finanziaria del denaro liquido disponibile. La pandemia sta lasciando una traccia profonda nella psicologia degli esseri umani, entrerà nei libri di storia, sarà parte della memoria collettiva delle nazioni e quindi il crescente interesse verso l’investimento di copertura non è destinato a esaurirsi quando arriverà il vaccino salvatutti. La paura è diffusa in tutto il mondo, saremo tutti più allarmati all’apparire di un nuovo virus anche se nell’altra parte del mondo. La Vecchia Europa, così come il Giappone, affronta l’imprevista comparsa del contagio con una popolazione abbastanza ricca e abbastanza in età. La vita media si sta allungando in Italia di circa un mese ogni anno e nel 2019 gli uomini potevano raggiungere mediamente gli 81 anni a fronte degli 85,3 anni delle donne. Un recentissimo sondaggio commissionato in Francia dal Consiglio superiore del notariato mostra come i figli, o addirittura i nipoti se in età lavorativa, stanno pensando a polizze per proteggere i propri familiari e vogliono la copertura di una fase di maggior fragilità peggiorata dal Covid. Quindi vengono assicurati principalmente il coniuge e i figli

Le compagnie di assicurazioni più che le banche sembrano in grado di intercettare la futura domanda di sicurezza degli italiani e subito dopo, così dice il 75% degli intervistati, si allarga l’investimento ai genitori che altrimenti non lo farebbero. Si rafforza il ruolo di caregiver familiare, colui o colei che si occupa di destinare attenzione, tempo e denaro all’assistenza di stretti congiunti, in alcuni casi affetti da malattie complesse, dolorose, prolungate e onerose. Serviranno buone risorse messe da parte o investite in prodotti che garantiscano un apporto alle spese necessarie. Rispetto alle banche, in questi anni, le compagnie sono rimaste più defilate e quindi le famiglie hanno meno dimestichezza con i termini contrattuali. Nelle banche si entra – prima fisicamente e poi con servizi a distanza – molto più spesso che negli uffici di una compagnia. I contatti riguardano le Rc Auto e Danni, per le polizze Vita quasi sempre l’occhio va ai rendimenti finanziari. Certo da tempo sono state proposte le polizze Long term care (Ltc) di cui a malapena si conoscono le principali suddivisioni tra Vita intera (parte la rendita in qualsiasi momento subentri la non autosufficienza) o Temporanee (copertura con la rendita solo durante la vigenza della polizza). In queste settimane vedrete spuntare prodotti o servizi di compagnie e banche che legano le iniziative commerciali alla maggior copertura delle spese sanitarie, per ricoveri e/o assistenza. O banche che offrono convenzioni per tagliare i tempi di contatto con team di medici specializzati. Tutto bene, l’emergenza però non deve far dimenticare che prima di muovere denaro bisogna raccogliere più proposte e confrontarle. Imparando anche termini nuovi. novembre 2020

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MALALINGUA Vittorio Borelli Giornalista di lungo corso, condirettore de Il Mondo, fondatore e direttore di East, già direttore delle relazioni esterne di Unicredito nella gestione Rondelli-Profumo

L’ITALIA È UNA REPUBBLICA FONDATA SULLA CONTRADDIZIONE

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inimalismo on the road 1) Più si riducono i limiti di velocità, più aumenta la potenza dei motori. 2) Più si asfaltano strade, più si vendono fuoristrada. 3) Più migliorano i sistemi di sicurezza on board, più pedoni vengono investiti. 4) Più strisce gialle e blu si fanno, più aumenta il parcheggio sui marciapiedi.

Ah, la famiglia! 1) Calano i matrimoni e aumentano le unioni di fatto? Per l’Istat è un fatto statistico. Per l’Arcigay è un fatto normale. Per la Chiesa dipende dal fatto che l’Occidente sta smarrendo i propri valori. Per l’Islam è perché l’Occidente non ha più valori. Per Ignazio Larussa, invece, ci sono in giro troppi froci. 2) In Italia si fanno sempre meno figli? Il centrosinistra dà la colpa alla carenza di asili nido. Il centrodestra dà la colpa al libertinismo post sessantottino. Lo psicologo Massimo Recalcati dà la colpa al calo della libido. 3) Crescono gli episodi di violenza sulle donne? Per le femministe tutto dipende dalla cultura proprietaria dei maschi. Per gli psicanalisti il problema sta nelle angosce che attanagliano l’uomo contemporaneo. Per il cardinale Ruini la donna, però, deve smetterla di provocare. Mal d’economy 1) Più la crisi galoppa, più aumentano i depositi bancari. 2) Più aumentano i cassintegrati, meno cassa integrazione viene erogata. 3) Più fondi europei vengono destinati all’Italia, più aumenta la quota dei fondi non spesi. 4) Più lo spread va su, più Giulio Tremonti rilascia interviste al Corriere.

Leviatano grippato 1) Cala la produttività? Per la Confindustria la colpa è dei lacci e lacciuoli posti dai sindacati e dalla burocrazia. Per i sindacati la colpa è degli imprenditori che non investono. Per la burocrazia la colpa è della politica che non sa legiferare. Per la politica la colpa è dell’informazione che distorce. Per l’informazione la colpa è della globalizzazione combinata con la rivoluzione 98

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digitale. Per Matteo Salvini la colpa è degli immigrati. 2) La pletora delle piccole imprese italiane non ce la fa più a stare sul mercato? Gli economisti liberal suggeriscono di lasciar fare al mercato. Gli economisti lib-lab propongono investimenti pubblici per aiutare le imprese sane a fare un salto dimensionale. Il Movimento Cinquestelle propone di nazionalizzare tutto. 3) I consumi continuano a calare mettendo in ginocchio il commercio? I piccoli commercianti chiedono una riduzione delle (loro) tasse. La grande distribuzione chiede meno intralci per aumentare le (proprie) quote di mercato. Walter Veltroni chiede un mondo più giusto e più bello.

Libertà d’informazione 1) L’informazione deve essere serena e imparziale. Perciò si organizzano talk show con giornalisti equilibrati come Marco Travaglio, Vittorio Feltri e Mario Giordano. Talvolta viene invitato a fare da paciere il direttore di Dagospia Roberto D’Agostino, che si è fatto una reputazione tirando una bottiglia d’acqua a Giuliano Ferrara in diretta tv. 2) La Rai non deve essere più lottizzata. Perciò ogni nuovo governo nomina nuovi direttori di rete e di testata, ovviamente indipendenti. 3) La libertà d’informazione è sacra. Perciò si pubblicano sempre meno notizie e sempre più opinioni. Non si assumono più cronisti ma soltanto opinionisti. E per risparmiare si punta sul modello universalista di Ernesto Galli della Loggia. Zibaldoneide 1) Formiamo ricercatori e scienziati fra i più bravi al mondo, ma nei test Invalsi risultiamo sempre a cavallo f tra l’Occidente e l’Africa. 2) Siamo quasi tutti cattolici all’anagrafe. Ma al nostro cattolicesimo credono soltanto gli islamici radicali. 3) Dovendo scegliere fra l’uovo, la gallina e il culo caldo preferiamo di gran lunga tenerci tutto. 4) Siamo stati europeisti convinti, oggi siamo un po’ euroscettici, ma anche un po’ trumpiani e un po’ putiniani, per non dire dei filocinesi. Ci stiamo riavvicinando al nostro modello ideale: liberi sul libero mercato internazionale.




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