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RISPARMIO INTELLIGENTE
INVESTIMENTI, L’ANTIVIRUS
zione del 3,1% (-0,5% il dato dell’area euro), La pandemia ha fatto a fronte di una crescita bene al risparmio. Può attività reali del La pandemia ha stimolato la tendenza al risparmio: ecco come e perchè delle apparire un dato para2,7% e una diminuziodossale, ma è avvalorato dai numeri, che non men- analoga a quella osservata nell’area euro, verosimil- ne delle passività pari allo 0,7%”. Nel complesso, tono. Nel primo trimestre del 2020, sotto la pressio- mente legata al movente precauzionale. la Consob faceva notare che la ricchezza netta delle ne delle chiusure di attività, il reddito disponibile L’incertezza sul futuro, insomma, ha spinto gli ita- famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile riè calato fino a doppia cifra, ma le famiglie italiane liani a rafforzare il patrimonio, anche sfruttando i maneva superiore al dato dell’Eurozona, mentre il tasso hanno continuato a caratterizzarsi per un più basso sostegni offerti dagli interventi pubblici, modifican- di risparmio lordo domestico continuava a essere infelivello di indebitamento nel confronto europeo. do la tendenza precedente quando il patrimonio fi- riore al valore registrato nell’area euro. Dalla fotografia ll tasso di risparmio, secondo il rapporto Consob nanziario aveva segnato un calo che aveva investito emergeva il quadro di un Paese che continua a mettere sulle famiglie, dopo essersi attestato a un valore in po’ tutti gli assets dai conti correnti ai mutui, dalle i loro soldi da parte, ma in cui quelli che riescono a... di poco superiore al 10% nel 2019, è aumentato azioni alle obbligazioni. Nel 2018, infatti, “le attividi circa 6 punti percentuali secondo una dinamica, tà finanziarie lorde avevano registrato una contracontinua a pagina 5> DI UGO BERTONE
EDITORIALE L’educazione finanziaria deve durare per tutto l’anno DI SERGIO LUCIANO
“Vendete pure pezzi di cielo, ma ditelo, che sono pezzi di cielo”: questo “motto” americano ha ispirato la cultura regolatoria degli Stati Uniti in materia di risparmio. L’unica cosa che le autorità statali americane chiedono a chi offre al pubblico prodotti finanziari da investimento è dire di che si tratta. Non entrano nel merito della qualità di quell’investimento, cioè se siano prodotti buoni o scadenti. Il cittadino è solo davanti a chi gli offre investimenti. E non si può dire che in America questo costume abbia creato più danni che in Italia. Da noi, invece, l’articolo 47 della “Costituzione più bella del mondo” prescrive ai legislatori la tutela del risparmio, cioè dice che la legge deve difendere i cittadini dal rischio di essere…bidonati. Ma nessuno in questo campo può difendersi davvero da questi rischi se non impara “come si fa”. E come si fa? Con l’educazione finanziaria.
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Criptovalute, investire da maleducati Intervista con il presidente della Consob Paolo Savona: «Troppi siti adescatori»
ALL’INTERNO
DI ALFONSO RUFFO
«È un rebus. Per risolvere il quale occorre farsi venire un’idea». Paolo Savona, economista, scrittore, ex ministro e presidente della Consob, accetta di parlare con Economy del cruccio delle Autorità di Vigilanza: l’avanzare impetuoso delle criptovalute in un mondo dove domina l’ignoranza della finanza virtuale e gli squali abbondano.
Quale idea? Ci vorrebbero un Keynes redivivo e una nuova Bretton Woods per mettere insieme tutti i Paesi del mondo e immaginare un nuovo ordine complessivo. Ma…
• CAPITAL GROUP
Reagire emotivamente alle oscillazioni di Borsa è un pericolo PAG 26>
• B.CA GENERALI PAOLO SAVONA
Ma in questo momento siamo al minino della cooperazione internazionale. La Cina se ne va in una direzione e gli Usa in un’altra mentre la Russia dice che chi riuscirà a dominare l’infosfera sarà la nuova potenzia globale. L’Europa? Si attarda. Eppure, il problema delle criptovalute non si può ignorare…
Certo che no, anche perché è molto più sviluppato di quanto si pensi. In Italia, per esempio, sembra che il 18 per cento dei risparmiatori abbia investito in Bitcoin. Come si spiega? Troppi siti adescatori. La Consob ne ha fatti chiudere 516 e altri sono sotto osservazione. continua a pagina 2>
Ragaini: «Non essere informati significa investire male«
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• BANCA IFIS
Il factoring amico di un istituto specialista in Pmi PAG 23>
• NORDEA
Cerone: «I risparmiatori hanno capito il ruolo della finanza verde» PAG 29>
LUSARDI: «AL VIA CON L’ECONOMIA NELLE SCUOLE» Parla la presidente del Comitato. A PAGINA 3>
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Sabato 30 ottobre 2021
«L’educazione finanziaria informi contro i rischi» La Consob lancia da tempo dei moniti: attenzione, le criptovalute sono strumenti pericolosi, vanno maneggiate da chi le conosce continua da pagina 1> Una stima indica che nel nostro Paese le truffe sono arrivate a circa 3 miliardi di euro, ma non esistono informazioni precise. Occorrono strumenti per prevenire e non solo agire quando ormai è troppo tardi. Chi dovrebbe controllare, allora? È uno dei problemi aperti. La Bri sostiene che vale il principio “stessi strumenti, stessa regolamentazione”, ignorando la base tecnologica sul quale si deve applicare. Non c’è difesa? La Consob e altre autorità lanciamo da tempo dei moniti: attenzione, tenetevene lontani, si tratta di strumenti pericolosi che, almeno allo stato attuale della permissività, vanno maneggiati da chi li conosce. Qualcuno si è arricchito. Sì, chi ha comprato all’inizio quando il Bitcoin valeva meno di 1 dollaro. Mentre oggi il valore oscilla enormemente attorno ai 40 mila dollari. C’è chi ha scritto che alla nascita con un Bitcoin potevi comprare una pizza, oggi una pizzeria. Il problema è ben più complicato perché parliamo di circa 6 mila cryptomonete. Non esiste un manuale che
L’EDITORIALE continua da pagina 1> Sì, proprio quell’educazione finanziaria alla quale il mese di ottobre che si sta chiudendo è stato dedicato. Diciamocelo: che noia quest’argomento. Già. Noioso e importante, come fare la dieta quando si è sovrappeso, o smettere di fumare quando si ha il vizio.
possa accompagnare le scelte dei risparmiatori tra le monete virtuali? No, un manuale elementare non esiste e dovrebbe esser fatto. Se avessi tempo lo scriverei io. Da che cosa partire per tentare di orientarsi? Intanto bisogna capire la contabilità decentrata e criptata (blockchain) su cui si basano le cryptocurrency. Poi conoscere alcuni elementi di base dell’intelligenza artificiale. Per quest’ultima esistono diversi trattati scientifici, tra i quali il più chiaro mi sembra quello di Pedro Domingos intitolato L’algoritmo definitivo. La macchina che impara da sola e il futuro del nostro mondo. I calcoli in materia imitano gli stimoli neurali del nostro cervello, sono quindi il nostro cervello potenziato… È abbastanza incredibile che la letteratura divulgativa sul tema sia così indietro. Non le sembra? Finora l’educazione finanziaria si è concentrata sull’assetto esistente. Ma l’assetto esistente sta saltando e non si sa come passare dal vecchio al nuovo. Viviamo nell’incertezza. Anche le banche sono sotto pressione… Come ha detto il mio collega
Però, ecco: l’educazione finanziaria, di cui finora lo Stato italiano si è detto promotore facendo in realtà ben poco per promuoverla, è una cosa essenziale per investire bene i propri risparmi, la risorsa – lo spiegano bene gli articoli di questo supplemento di Investire – che potrebbe ben più del Pnrr finanziare la no-
della Sec americana, Gary Gensler, le banche sono sottoposte a una violenta competizione da parte delle piattaforme tecnologiche che hanno metodi di gestione del sistema dei pagamenti molto meno costosi e molto più efficienti e stanno entrando sempre più nell’area dei crediti, dei derivati e dell’organizzazione delle securities. Un de profundis per il sistema bancario che abbiamo conosciuto? No, una profonda trasformazione alla quale devono prepararsi. Occorre che si
LA SEDE CONSOB A ROMA
chiedano con urgenza che cosa riserverà il futuro. La risposta dipende dalla decisione o meno delle banche centrali di dotarsi di una propria criptovaluta. Che cosa si aspetta? Forse il ritardo nelle decisioni è dovuto al fatto che le
stra crescita economica. Pensate: il Pnrr vale 209 miliardi di euro, mentre i risparmi delle famiglie italiane parcheggiati senza rendere nulla nei conti correnti bancari ammontano alla cifra da capogiro di oltre 1.500 miliardi di euro. Perché stanno lì? Perché la gente non capisce niente di investimenti e
banche uscirebbero dal circuito monetario perdendo l’attuale quasi monopolio sul sistema dei pagamenti. Diventerebbero inutili? No, perché se raggiungono l’efficienza delle piattaforme tecnologiche possono ancora gestire i pagamenti, ma dovranno specializzarsi nella gestione del risparmio e, quindi, essere più utili per la crescita reale. Quanto tempo ci vorrà perché la transizione si compia? Esistono altri due vincoli a quello indicato: l’esistenza di incisivo digital divide che impedisce a molte persone di entrare nel circuito virtuale dei pagamenti e i maggiori vantaggi di operare nella finanza per la finanza, trascurando la crescita reale. Non sono però ostacoli insormontabili. Siamo di fronte a una rivoluzione? Preferisco parlare di discontinuità, la quale dipende dalle scelte monetarie delle banche centrali e dalla preparazione strumentale di tutte le autorità di controllo della finanza. È una scelta politica o tecnica? Dietro c’è anche della tecnica. Ma la scelta di fondo è politica ed è legata al fatto che gli Stati Uniti considerano le criptovalute una
non si fida di nessuno. Un mix di prudenza, sana, e di paura, eccessiva. Ma soprattutto di ignoranza. Come vincere sia la paura che l’ignoranza? Se pensiamo al domani, con la scuola: dove finalmente l’educazione finanziaria è arrivata. Peccato che la scuola italiana non sia abbastanza seria: ma aver
manifestazione della libertà degli individui garantite dalla loro Costituzione, mentre la Cina questi problemi non se li pone e vuole mantenere il monopolio della moneta, perché è uno strumento importante di controllo del mercato. È quindi in atto uno scontro ideologico ad altissimo livello. La Cina, che ha messo al bando le transazioni in criptovalute, sembra anche più attrezzata sotto il profilo tecnologico. Non crede? Esiste una forte probabilità che la Cina sia in grado di entrare in tutti i circuiti finanziari criptati e tecnologici per il suo assetto costituzionale, un potere di cui gli Stati Uniti e quelli in regime liberal-democratico non possono disporre. Se fosse così la Cina starebbe un pezzo avanti. Nel controllo degli sviluppi delle cryptocurrency certamente, nel resto dipende dal tipo di organizzazione sociale che si desidera. È anche uno scontro di sistemi di libertà? L’essere umano sta appartenendo sempre di più alla società e meno a se stesso. Le conquiste dei due secoli precedenti si vanno indebolendo, ma ho il timore che la maggioranza pensi il contrario.
inserito l’educazione finanziaria dell’educazione civica ripristinata è meglio che niente. Ma chi non è giovane ed ha soldi non investiti? Deve farsi furbo. Cioè: informarsi, leggere, fare domande petulanti, non accontentarsi delle prime risposte, insomma, farsi furbo. È di questo che parliamo nel giornale che
avete tra le mani. Dando voce a istituzioni e operatori del mercato finanziario (quelli di prim’ordine). Con il presidente della Consob che, per esempio, spiega perché i Bitcoin sono pericolosi. Molte spiegazioni e buoni consigli. Per le famiglie ma anche per le imprese. Buona lettura!
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«Insegnare economia a scuola? Siamo pronti» La direttrice del Comitato per la programmazione e il coordinamento dell’attività di educazione finanziaria, evidenzia passi avanti e presenta le nuove iniziative in cantiere per elevare le conoscenze degli italiani in materia finanziaria e previdenziale
DI MARCO MUFFATO
Prendere esempio del Portogallo che ha introdotto l’educazione finanziaria nelle scuole. È l’unico modo per incidere in maniera positiva sull’alfabetizzazione degli italiani che ci vede fanalino di coda in Europa, preceduti solo da Malta. Ne parliamo con Annamaria Lusardi, docente di economia della George Washington University e soprattutto direttrice del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria in Italia (Comitato Edufin). Professoressa Lusardi, è tornato l’appuntamento con il mese dell’educazione finanziaria. Qual è il tema chiave di questa edizione? Quanto è cresciuta negli anni questa manifestazione e quanto sta incidendo nella relazione tra gli intermediari e i risparmiatori? Il tema che abbiamo scelto per la quarta edizione del Mese della Educazione Finanziaria è “Prenditi cura del tuo futuro! – L’ABC della finanza – Conoscere dà i suoi frutti”. Il Mese è continuato a crescere nel tempo, questo anno con più di 700 eventi in programma abbiamo aumentato di molto i numeri dello scorso anno. È un progetto che coinvolge stakeholder sia pubblici che privati e mette al centro le persone, le famiglie. È un’occasione unica di avvicinarsi ai temi della finanza, di imparare a prendersi cura del proprio benessere finanziario. Oggi dov’è più grave il problema della mancanza di educazione finanziaria in termini di età, sesso, condizione economico-sociale? I dati che abbiamo raccolto lo scorso anno e questo anno con la Doxa parlano chiaro. I gruppi più fragili in termini di conoscenze finanziarie sono i giovani, le donne, quelli con minore reddito e livello di educazione e quelli che vivono al Sud. Sono anche i gruppi finanziariamente più vulnerabili. I dati dimostrano che c’è una correlazione tra fragilità finanziaria e scarse conoscenze finanziarie. Chi meno sa ha più difficoltà a orientarsi nel mondo che lo circonda, ad affrontare i cambiamenti e a proteggersi dagli shock. E questo incide sulle disuguaglianze, ma anche sulla capacità di un Paese di produrre ricchezza. Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni, la nostra società è fondata sulla conoscenza. L’alfabetizzazione, compresa quella finanziaria, deve diventare una priorità, per non restare un privilegio di pochi. Secondo lei un consulente finanziario o un bancario devono porsi con il cliente anche in una logica di educatori finanziari? O è un compito che spetta ad altri e
a chi a suo parere? Credo che i consulenti debbano prendere in considerazione il fatto che la grande maggioranza dei loro clienti non possiedono buone conoscenze finanziarie, quindi il livello della comunicazione, della consulenza stessa deve essere adeguato al livello delle conoscenze esistenti. Le esperienze di altri Paesi, come il Portogallo, che hanno introdotto questa materia nelle scuole, ci dimostrano che l’educazione finanziaria ha bisogno di uno spazio di apprendimento dedicato e di programmi curriculari adeguati.
È arrivato il momento che l’educazione finanziaria approdi ufficialmente nelle scuole come materia di studio anche in Italia? E quali potrebbero essere i vantaggi e gli eventuali problemi da risolvere? È più che arrivato ed è ora che l’educazione finanziaria approdi a scuola, per esempio nella educazione civica che è ormai materia obbligatoria. A questo proposito abbiamo già preparato delle linee guida per l’educazione finanziaria dei giovani che possono essere usate nelle scuole e stiamo predisponendo il materiale per i docenti oltre a fare progetti pilota nelle scuole che sono interessate a farlo. La scuola è il luogo in cui le disuguaglianze, anche di genere, nell’ambito dell’alfabetizzazione finanziaria possono essere colmate non solo tra i giovani, ma tra gli adulti. Attraverso la scuola, attraverso i giovani, le conoscenze finanziarie possono entrare nelle famiglie italiane. L’introduzione dell’educazione finanziaria a scuola può avere un impatto importante non solo sui giovani, ma sull’intera società.
Chi ha acquisito cultura finanziaria come dovrebbe rapportarsi col proprio consulente? Sono le persone con una conoscenza finanziaria più elevata a rivolgersi ai consulenti. Chi conosce i concetti base della finanza riuscirà ad ascoltare e ad utilizzare meglio i consigli di un esperto.
Lei vive negli Stati Uniti dove i fondi pensione investono molto in azionario e dove i risparmiatori non hanno paura di investire nell’equity. Noi abbiamo tantissima liquidità giacente sui conti correnti, circa 2000 miliardi di euro. Con una diffusione di massa della educazione finanziaria il problema sarebbe superato a suo giudizio? È un problema complesso e non credo dipenda solo e soltanto dalla conoscenza finanziaria, ma gli studi ci dicono che chi sa di più partecipa di più nei mercati finanziaria e investe di più in titoli azionari e in generale investe meglio. Quindi un investimento in educazione finanziaria
ANNAMARIA LUSARDI, DIRETTRICE DEL COMITATO EDUFIN
«Abbiamo già preparato delle linee guida per l’educazione finanziaria dei giovani da usare nelle scuole e stiamo realizzando il materiale per i docenti oltre a fare progetti pilota per gli interessati» potrebbe dare buoni frutti, come dicevamo nel tema del Mese.
Nel Paese c’è un problema molto serio di scopertura delle prestazioni pensionistiche - tecnicamente si parla gap previdenziale - cosa può fare il Comitato su questo tema? Il Comitato si occupa non solo di educazione finanziaria ma anche di educazione previdenziale ed educazione assicurativa. All’interno del Mese abbiamo lanciato per la seconda volta la Settimana della educazione previdenziale, che si terrà dal 18 al 24 ottobre, con una particolare attenzione ai giovani, protagonisti del concorso “Un’idea per il futuro”. Un contest per sensibilizzare proprio le nuove generazioni sui temi della previdenza utilizzando il linguaggio dei giovani e il digitale. Quello delle pensioni è un altro tema importante ed urgente. Di cosa ha necessità il Comitato oggi per essere ancora più efficace? Buone idee, persone o budget? Le buone idee sono il punto di partenza, ma è necessario un budget adeguato e un team dedicato di persone. Poiché l’Italia è il fanalino di coda in tutte le statistiche sulla conoscenza finanziaria, dobbiamo investire molto e alla svelta se non vogliamo continuare a restare indietro.
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DALL’IGNORANZA, PRUDENZA E SFIDUCIA Il 50% degli italiani intervistati dall’Osservatorio Consob giudica inaffidabili gli intermediari
DI UGO BERTONE
continua dal taglio alto della pagina 1> farlo stanno diminuendo e piano piano lo stock di risparmio rischia di erodersi. Ma il quadro, complice la brusca caduta dei consumi e delle spese per viaggi e tempo libero, è cambiato dopo la pandemia. Non solo in Italia, tra l’altro. Il rapporto tra risparmio e reddito disponibile lordo è raddoppiato nell’intera area dell’euro. Le indagini della Commissione europea segnalano che le intenzioni di risparmio dei consumatori dell’area sono salite ai livelli massimi degli ultimi 20 anni. Il clima di incertezza che ha indotto un aumento del risparmio si è riflesso anche sui bilanci bancari. Nei dodici mesi terminanti a settembre i depositi delle famiglie sono cresciuti del 5,6 per cento (quasi 50 miliardi) che sono andati ad aggiungersi a quelli delle imprese (+24,4 per 70 miliardi) cresciuti grazie alle misure governative di sostegno al credito. Nei maggiori Paesi europei si è così osserva una rinnovata preferenza per la liquidità, a cui si accompagna un calo degli investimenti in azioni, obbligazioni e quote di fondi comuni, come evidenziato anche dai flussi finanziari nel primo semestre 2020. Per quanto riguarda l’Italia, il dato conferma una tendenza, consolidatasi nel corso dell’ultimo decennio, che ha visto diminuire il peso di azioni e obbligazioni e aumentare la quota di liquidità e di prodotti assicurativi e previdenziali. Le famiglie italiane, inoltre, si caratterizzano per investimenti finanziari pro capite inferiori a quelli riferibili alle famiglie francesi e tedesche. Insomma, le formiche italiane passano l’esame in termini di quantità. Ma la qualità? Gli italiani risparmiano nel modo giusto? La tirata d’orecchi arriva dal pulpito più autorevole. Dice Ignazio Visco: «Pur riducendosi nel tempo in rapporto al reddito disponibile, il risparmio delle famiglie italiane, che costituisce la principale fonte di finanziamento per gli investimenti, è stato storicamente un fattore di forza della nostra economia». Il governatore però aggiunge che «in una fase come quella attuale, dominata dall’incertezza e dalla debolezza della congiuntura, l’aumento della propensione al risparmio, se non si accompagna a un’adeguata ripresa degli investimenti e dell’attività produttiva, può causare una diminuzione della domanda aggregata e dei redditi, alimentando, a sua volta, una ulteriore crescita delle intenzioni di risparmio per motivi precauzionali e innescando, così, un circolo vizioso». Di qui l’invito alle formiche a tornare a spendere alimentando i consumi interni, perché la ripresa non si può nutrire di solo export. Fin qui la fotografia del risparmiatore italiano così come viene dipinto dall’iconografia tradizionale: prudente, scettico ma spesso credulone (a giudicare dagli scandali finanziari di cui è vittima). Affezionato alle formule più tradizionali di impiego del denaro, ma “tradito” dalle formule storiche di accumulazione: la casa, un tempo sicuro riparo contro l’inflazione, oggi bersaglio
IL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA IGNAZIO VISCO
Visco: «L’aumento della propensione al risparmio, se non si accompagna a una ripresa degli investimenti, può causare una diminuzione della domanda aggregata» di tasse e di spese, ed i titoli di Stato, oggi trascurati per interessi da prefisso telefonico. Ma è un ritratto ancora attuale? Che cosa è cambiato rispetto a dieci anni fa? Dal punto di vista degli strumenti rispetto al 2010 si è assistito a cambiamenti significativi, per effetto del progressivo calo del peso delle obbligazioni emesse da intermediari finanziari e del contestuale incremento della quota riferita ai fondi comuni di investimento. Negli ultimi 10 anni, inoltre, è cresciuta la quota di titoli oggetto di consulenza, raggiungendo il 90% per i fondi comuni e quasi il 94% per i derivati. Nello stesso periodo, è raddoppiato l’ammontare di titoli oggetto di gestione patrimoniale su base individuale, nella maggior parte dei casi fornito da Sgr; a giugno 2020 il 33% circa del portafoglio risulta costituito da titoli di Stato domestici. Ma come avvengono le scelte dei risparmiatori? È cambiato qualcosa con Internet e il tramonto dei borsini bancari? Ad aiutarci nell’analisi è l’Osservatorio Consob intitolato “L’approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane” che raccoglie i dati relativi a un campione di 3.274 individui, rappresentativo dei decisori finanziari italiani, di cui 1.105 intervistati anche nei due anni precedenti. Nella maggior parte dei casi i decisori finanziari sono uomini (73%), che condividono le proprie scelte con il partner nel 66% dei casi. Per quanto riguarda le attitudini psicologiche, continua a prevalere l’avversione al rischio e alle perdite. Sembra confermata la tendenza a seguire l’approccio tipico della contabilità mentale nella gestione delle finanze personali, che la maggior parte degli individui ritiene di poter effettuare potendo contare su capacità personali elevate. Tuttavia, più del 60% del campione si dichiara preoccupato per il mantenimento dell’attuale tenore di vita dopo il pensionamento, ammettendo al contempo di
non avere una visione chiara degli elementi rilevanti per la quantificazione delle risorse a cui avrà accesso dopo l’uscita dal mondo del lavoro. In merito alla fiducia nel sistema finanziario, infine, il 50% circa degli intervistati giudica inaffidabili gli intermediari finanziari in generale, mentre uno dei maggiori provider di servizi online (cosiddetti Gafa) riscuote un apprezzamento simile a quello espresso nei confronti della propria banca. Dal punto di vista della cultura finanziaria gli italiani hanno fatto qualche modesto passo in avanti, grazie ai giovanissimi. In particolare, la quota di intervistati che risponde correttamente a domande su conoscenze finanziarie di base oscilla dal 38% (concetto di diversificazione) al 60% (rapporto rischio-rendimento). Tuttavia il divario tra conoscenze reali e percepite ex-post (ossia successivo alla verifica puntuale delle nozioni) mostra un’attitudine a sovrastimare la propria cultura finanziaria nel 22% dei casi e a sottostimarla nel 20% dei casi, mentre circa il 40% degli intervistati non è in grado di valutare il numero di risposte corrette fornite. Resta insomma ancora molta strada da percorrere. Ma, per fortuna, si moltiplicano le iniziative. Merita al proposito segnalare l’opera di Global Thinking Foundation (www. Gltfoundation. com), la creatura di Claudia Segre, già segretario generale di Assiom Forex, che da cinque anni opera con straordinario vigore nel campo dell’educazione finanziaria con numerose esperienze sul campo, tra cui quelle rivolte alle famiglie dei Millennial e “Donne al quadrato”, percorso didattico per favorire scelte economiche consapevoli.
Qualche progresso si registra tra i più giovani nelle cognizioni di base: il 60% è consapevole che tra rischio e rendimento c’è una correlazione diretta e il 38% sa che significa diversificare
CLAUDIA SEGRE, GLOBAL THINKING FOUNDATION
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«Per insegnare l’abc della finanza (e non solo) il miglior docente è il consulente finanziario» L’associazione di categoria dei cf ha preparato, tramite un percorso formativo ad hoc, tantissimi associati per coinvolgerli nei progetti di alfabetizzazione finanziaria dei risparmiatori DI MARCO MUFFATO
Perché l’educazione finanziaria dei risparmiatori italiani abbia successo servono docenti preparati. I migliori sono coloro che di finanza e di investimenti ci vivono, interagendo ogni giorni con i propri clienti. A pensarla così è Luigi Conte, presidente Anasf, che spiega a Investire i motivi del suo convincimento. Presidente Conte, cos’ha fatto Anasf per migliorare l’educazione finanziaria dei risparmiatori italiani? E cosa intende fare in futuro? L’associazione è attiva sul fronte dell’educazione finanziaria ormai da anni: nel 2005 abbiamo realizzato la Carta dei Diritti dei Risparmiatori, che ha messo i primi punti fermi sulla necessità di trasparenza del mercato finanziario; dal 2009 eroghiamo nelle scuole “economic@mente – Metti in conto il tuo futuro”, con gli studenti come target. Dal 2019 abbiamo avviato l’iniziativa “Pianifica la mente – Metti in conto i tuoi sogni”, con l’obiettivo di trasmettere
ai risparmiatori i principali concetti di alfabetizzazione finanziaria. Il Congresso Nazionale del 2020 ha istituito in Anasf una commissione specifica formata dai responsabili territoriali per l’educazione finanziaria, presieduta dal responsabile nazionale, allo scopo di ampliare l’area, proporre, progettare e validare nuove iniziative, come ad esempio il progetto dedicato agli studenti delle scuole primarie. L’associazione collabora inoltre da anni alla realizzazione della Wiw e del Mese dell’educazione finanziaria, e poi con Feduf, la fondazione per l’educazione finanziaria, e con altre realtà locali, quali l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia e la Camera di commercio di Firenze. Per il prossimo futuro intendiamo continuare a presidiare e rafforzare queste attività dando così il nostro contributo fattuale all’innalzamento dell’alfabetizzazione finanziaria del Paese. Il risparmio deve diventare una materia di studio nelle scuole e nei licei? Ha una proposta sul tema?
In Italia l’educazione finanziaria non è obbligatoria nel programma scolastico nazionale. Tuttavia, sono molti i dirigenti e i docenti degli istituti che hanno acquisito consapevolezza dell’importanza della materia e richiedono all’associazione di erogare il progetto economic@mente alle nuove sezioni, anno dopo anno. Le esperienze nazionali e internazionali dimostrano che la scuola costituisce il principale canale per veicolare iniziative, conoscenze e competenze di educazione finanziaria e riveste un ruolo fondamentale perché consente di raggiungere una vasta fascia della popolazione, con riferimento a tutti i ceti sociali, e, agevola il processo di familiarizzazione dei risparmiatori di domani ai temi finanziari e di conseguenza produrre benefìci indiretti per le loro famiglie in quanto gli studenti possono veicolare le nozioni e le esperienze acquisite anche ai propri familiari. Per questa ragione auspichiamo che il legislatore istituisca l’insegnamento dell’educazione economica e finanziaria
Tutto l’impegno Anasf nel mese dell’educazione finanziaria Lo slogan ufficiale del
Mese dell’educazione finanziaria è “Prenditi cura del tuo futuro! – L’ABC della finanza – Conoscere dà i suoi frutti”. Anasf ha rinnovato la sua adesione alla quarta edizione del Mese dell’Educazione Finanziaria, organizzata dal Comitato per l’Educazione finanziaria a ottobre, e alla quinta World Investor Week promossa dalla Consob, evento inserito nell’iniziativa del Mef per la settimana dal 4 al 10 ottobre, con il progetto economic@mente – Metti in conto il tuo futuro, rivolto agli studenti delle scuole superiori di secondo grado e Pianifica la mente – Met-
ti in conto i tuoi sogni, l’iniziativa per risparmiatori e investitori, entrambi erogati in forma gratuita dai formatori Anasf. Sono 22 gli incontri che l’Anasf ha svolto con le scuole aderenti al progetto economic@mente per il mese #Ottobreedufin2021. L’iniziativa Pianifica la mente – Metti in conto i tuoi sogni si è svolta in Lombardia, con il Rotary Club di Merate (LC), con il Comune di Castegnato e di Orzinuovi (BS) e per la Toscana con Fidapa Bpw di Versilia. I protagonisti di #Prenditicuradeltuofuturo sono stati i formatori Anasf: Antonio Andreoli, Giulia Anzuini, Guglielmo Bernardi,
Gabriele Bonfanti, Corrado Bongiovanni, Pierlorenzo Bulgarini, Federico Cainelli, Emiliano Carassai, Pierfrancesco Cogliandro, Roberto Criscione, Giuseppina Criseo, Giovanni D’Aromando, Sabrina De Ranieri, Francesco Di Modugno, Emanuele Di Napoli, Andrea Di Pino, Luigi Fedeli, Fulvia Ferrari, Piero Luigi Gattolin, Luca Ghidini, Lorenzo Magelli, Viviana Magistri, Francesco Manocchio, Mario Martino, Massimo Peri, Renato Pustorino, Raffaele Rescina, Sebastian Spadaro, Mario Tintorini, Moreno Toppan, Stefania Vecchi.
LUIGI CONTE, PRESIDENTE DI ANASF
«Noi cf possediamo le competenze socio-economiche necessarie per contribuire alla crescita della cultura finanziaria tra gli investitori» come materia curriculare obbligatoria e agevoli, affiancandola, l’attività svolta da tutto il settore che lavora sul tema per la crescita del Paese.
Il consulente finanziario ha le carte in regola per essere un docente sui corsi di educazione finanziaria o basta la sua attività quotidiana di assistenza per contribuire alla crescita della cultura finanziaria tra i risparmiatori? Noi consulenti finanziari abbiamo il vantaggio di essere presenti nel tessuto delle famiglie italiane da sempre. Ne conosciamo le esigenze, il linguaggio per trasmettere le conoscenze e tradurle in scelte consapevoli e sostenibili. Possediamo le competenze socio-economiche necessarie per contribuire alla crescita della cultura finanziaria tra i risparmiatori e questo ruolo è intrinseco nella nostra professione in quanto viene svolto nell’attività quotidiana. L’associazione ha comunque ritenuto opportuno abilitare, tramite un percorso formativo ad hoc, le centinaia di colleghi e colleghe che svolgono i progetti di alfabetizzazione finanziaria per Anasf e sono numerosi i soci che intendono aggiungersi alla squadra di formatori Anasf per dare il loro contri-
buto. Nel corso di quest’anno scolastico svolgeremo una nuova tornata formativa per qualificare coloro che vogliono essere parte attiva per incrementare la capillarità degli interventi dell’associazione sul territorio.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi per un consulente finanziario nell’interagire con un cliente consapevole in materia di investimenti finanziari? L’obiettivo di una consulenza di valore risiede nell’interloquire con risparmiatori e investitori pienamente consapevoli delle proprie scelte. Attraverso il confronto e la relazione di fiducia è possibile tessere le basi per una cultura finanziaria che viene coltivata nel tempo, pianificare insieme gli investimenti e, nel rispetto delle inclinazioni dei clienti, raggiungere i traguardi prefissati. È importante instaurare il patto di fiducia con ogni risparmiatore affinché i rudimenti di educazione finanziaria vengano condivisi anche tra la rete delle sue conoscenze. Grazie al lavoro costante della categoria che rappresento è quindi possibile diffondere la cultura finanziaria a molte più famiglie di quante già sono avvezze all’utilizzo di strumenti di risparmio gestito.
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«NON SAPERE = INVESTIRE MALE» Intervista con Andrea Ragaini, vicedirettore generale di Banca Generali
DI ANGELO CURIOSI
Europei di calcio e pallavolo, Olimpiadi, ciclismo: il 2021 è stato ricco di vittorie per l’Italia. Ora però c’è un’altra partita che il nostro Paese deve assolutamente vincere, quella sull’educazione finanziaria. L’importanza della questione la si evince chiaramente dai numeri. Secondo una recente indagine condotta dall’Ocse, tra i Paesi del G20 l’Italia si classifica al 13esimo posto in quanto a educazione finanziaria. In pratica, siamo in terza fascia e con un punteggio medio inferiore a quello della media dei maggiori paesi industrializzati. Ma non finisce qui. La situazione si fa infatti ancora più seria se si analizza nel dettaglio la ricerca. Secondo l’indagine, infatti, solo il 30% dei nostri connazionali possiede competenze finanziarie adeguate. In sostanza siamo davanti ad un 70% di analfabetismo finanziario che deve preoccupare non poco un Paese come il nostro che vanta una quota di risparmio pro capite tra le più alte al mondo. «Quello dell’educazione fi-
ANDREA RAGAINI, VICE DIRETTORE GENERALE DI BANCA GENERALI
nanziaria è un problema non nuovo per l’Italia ma, considerando anche l’importantissimo stock di risparmio privato, negli ultimi anni si è fatto troppo poco per invertire una tendenza che ci vede ancora particolarmente indietro nelle classifiche internazionali», conferma a Investire Today Andrea Ragaini, vice direttore generale di Banca Generali, che aggiunge: «Il primo passo da fare è concettuale. Occorre infatti capire che una buona padronanza delle nozioni finanziarie è condizione necessaria per consentirci di prendere le migliori decisioni possibili nella vita di tutti i giorni».
Intervenire sul problema, però, non è semplice. Secondo diverse ricerche, infatti, quello della scarsa conoscenza finanziaria non è un problema che riguarda solo le nuove generazioni, ma anche quelle più mature. Anzi, secondo la già citata indagine Ocse, la fascia di popolazione più bisognosa di strumenti e competenze è quella over 50, ovvero quella che risulta essere anche la meglio patrimonializzata. La scuola da sola non basta quindi a risolvere un problema che richiede iniziative sistemiche importanti. Le conseguenze di uno scarso livello di educazione
«All’orizzonte si intravedono nuovi rischi, come un ritorno dell’inflazione, che rischiano di erodere la quota di risparmio parcheggiata sui conti corrente» finanziaria sono le più diverse, ma tutte ugualmente gravi. Una scarsa conoscenza della materia, infatti, espone le famiglie a diverse tipologie di rischio: dall’incapacità di gestire il patrimonio familiare fino alle scelte sbagliate in materia di investimenti, dal non saper pianificare il futuro a fare scelte non consapevoli nella scelta di un mutuo a tasso fisso o a tasso variabile. C’è poi un’altra conseguenza diretta che sta generando più di una preoccupazione sul sistema Paese: l’accumulo di liquidità sui conti correnti. La mancanza di competenza finanziaria, unita ad un livel-
A SCUOLA DI RISPARMIO
lo di preoccupazione per la situazione economica generale, sta infatti spingendo i depositi degli italiani verso vette mai raggiunte prima. Secondo le ultime rilevazioni di Bankitalia, infatti, le riserve accumulate in banca dai nostri connazionali superano i 1.823 miliardi di euro, viaggiando spedite verso quota 2mila miliardi. Per intenderci, stiamo parlando di cifre superiori all’intero Pil nazionale. Un dato su cui occorre intervenire al più presto così da disinnescare per tempo una possibile nuova bomba finanziaria. «I numeri della liquidità degli italiani dimostrano come l’educazione finanziaria sia anche una importante base per l’attività di diversificazione patrimoniale. Oggi i mercati azionari hanno già recuperato il terreno perso con la pandemia, ma all’orizzonte si intravedono nuovi rischi, come ad esempio quello di un ritorno dell’inflazione, che rischiano di erodere la quota di risparmio parcheggiata sui conti corrente. Occorre muoversi per tempo così da evitare brutte sorprese», conclude Ragaini.
Al via “Un salvadanaio per amico”, l’iniziativa per le scuole primarie sviluppata da Banca Generali e FEduF Qual è l’impatto dei nostri comportamenti sul pianeta, l’economia e la società? Qual è l’impatto delle nostre scelte? Quanto è importante agire subito? Cosa cambia se prestiamo maggiore attenzione ai nostri comportamenti? E come coniugare i sogni dei più piccoli con la vita quotidiana? A queste e molte altre risposte proverà a rispondere “Un salvadanaio per amico”, l’iniziativa didattica dedicata ideata da Banca Generali Private e promossa in collaborazione con FEduF (ABI) su tutto il territorio nazionale per avvicinare gli studenti delle scuole primarie ai temi del risparmio e della sostenibilità. L’incontro, inserito all’interno del programma scolastico e con una della durata di circa 90 minuti, punta a stimolare nei bambini una prima riflessione sul valore del denaro e sulla necessità di gestirlo responsabilmente per sé stessi e per la comunità, in un’ottica di cittadinanza consapevole. Accanto al tema del valore del ri
sparmio i bimbi sono aiutati a ragionare sul tema della sostenibilità, partendo dalle azioni quotidiane e personali che ognuno di noi può compiere, promuovendo quindi le “buone pratiche” di sviluppo sostenibile che creano valore aggiunto e preservano le risorse per le generazioni future. Il progetto, inoltre, mira a coinvolgere anche gli stessi docenti, con percorsi di formazione dedicati anche a loro. “La mancanza di educazione finanziaria rappresenta sia un problema che un rischio per il nostro Paese, specialmente in ottica futura. Per questo motivo
La kermesse, alla sua seconda edizione, è partita il 13 ottobre da Firenze e toccherà 15 città italiane dipanandosi lungo tutta la durata dell’anno scolastico
abbiamo scelto di rinnovare il nostro impegno al fianco di FEduF con un progetto che punta ad avvicinare i più giovani ai concetti chiave del risparmio e della sostenibilità. Come Banca private attenta ai patrimoni delle famiglie italiane, siamo consapevoli di quanto sia oggi importante educare le nuove generazioni ai temi economici per colmare quel gap con gli altri Paesi che ci vede sempre troppo indietro nelle classifiche mondiali di educazione finanziaria” commenta Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali. Giunto alla sua seconda edizione, Un Salvadanaio per Amico è partita il 13 ottobre da Firenze – in concomitanza con il mese dedicato all’Educazione Finanziaria – e prosegue per tutta la durata dell’anno scolastico. In totale, gli appuntamenti saranno nelle scuole elementari di 15 tra le principali città italiane: da Roma a Padova, da Lecce a Trieste, da Bologna a Napoli.
10 Sabato 30 ottobre 2021
«Una sfida educativa che spetta a tutti. E noi la sosteniamo da sempre» Le banche popolari - dice il segretario generale dell’Associazione tra questa categoria di istituti, Giuseppe De Lucia Lumeno - sono in prima fila per portare l’educazione finanziaria sul territorio DI SERGIO LUCIANO
Molti indicatori sociologici e statistici fanno pensare che l’educazione finanziaria degli italiani sia veramente arretrata, soprattutto tra i giovani. Quali sono le cause? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe De Lucia Lumeno, segretario generale di Assopopolari, l’Associazione tra le banche popolari italiane, da sempre molto attente a questo tema. Non penso che si tratti di un problema specificamente italiano. Penso piuttosto che l’impressionante accelerazione della rivoluzione tecnologica, registrata negli ultimi dieci anni, stia producendo conseguenze ancora tutte da decifrare anche su un piano puramente antropologico. I protagonisti attivi di questi rapidi e profondi cambiamenti in corso, per certi aspetti positivi ma in alcuni casi anche negativi, sono prima di tutto, proprio i giovani a cominciare dai cosiddetti millennial e, ancor di più, gli appartenenti alla generazione zero. Sicuramente i ragazzi hanno una dimestichezza impressionante con la tecnologia. In realtà per i giovani, nati alla fine del secolo scorso, e ancor di più quelli nati a inizio del nuovo, la tecnologia è, prima di ogni altra cosa, semplicità e gioco. Questo però non basta a farne dei cittadini in grado di compiere scelte economiche e finanziarie avvedute e consapevoli. Per questo l’educazione finanziaria riveste un ruolo di primissima importanza. Ad un ideale cittadino del futuro pienamente interno e partecipe della rivoluzione tecnologica non è affatto
detto che corrisponda un cittadino con un accettabile grado di alfabetizzazione finanziaria. E’ allora necessario investire molto sull’educazione finanziaria e non dare per scontato, come spesso si tende a fare, che siccome i giovani sono in grado di maneggiare la tecnologia siano per questo in grado di operare correttamente e consapevolmente nel sistema finanziario.
Ci sono poi almeno due generazioni che rischiano di restare del tutto fuori da questa rivoluzione tecnologica e di conseguenza da un accettabile grado di conoscenza. Lo sviluppo della tecnologia non può essere affrontato non tenendo conto dell’invecchiamento della popolazione. I trend demografici non lasciano spazio a dubbi: la popolazione sta invecchiando e l’Italia è uno dei Paesi in cui la terza età rappresenta una percentuale notevole della popolazione. A inizio 2021 le persone con oltre sessant’anni sono quasi 18 milioni e rappresentano un terzo della popolazione. Ma ci sono anche i bambini: come possono maturare una consapevolezza del valore, se la versione digitale della moneta consiste in una password numerica con cui è possibile “accedere” illimitatamente a beni e servizi? Per questi soggetti l’educazione finanziaria è un’esigenza primaria e il loro rapporto con le banche non è sostituibile dalla tecnologia tanto più senza quella formazione che un istituto bancario, facendo leva sulla conoscenza personale reciproca, sul supporto “umano”, può
dare garantire perché ritenuto interlocutore affidabile. Senza questo rapporto, senza questo lavoro di formazione in troppi sarebbero messi fuori non solo dal processo produttivo e lavorativo ma anche da quello sociale. A chi spetta di impegnarsi per ridurre il problema? Alla scuola? Sì, ma per il futuro. E allora a chi? Alle banche? Ai consulenti finanziari? Ai media? A tutti. Ognuno per le proprie competenze e capacità. Nessuno si deve e si può sentire escluso. Il tema dell’educazione e dell’inclusione finanziaria è finalmente entrato nell’agenda istituzionale, come dimostra anche il simposio internazionale organizzato nei giorni scorsi dalla Banca d’Italia, in occasione del prossimo G20 presieduto dal Primo Ministro Mario Draghi con la partecipazione del Governatore Ignazio Visco. Segnatamente, il credito popolare ha sempre seminato nei suoi territori qualche seme di educazione finanziaria. Come mai? E’ ancora così? I semi del credito popolare in materia di educazione finanziaria negli anni sono stati tanti e si iniziano a vedere anche i primi frutti. L’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari aderisce e partecipa, anche quest’an-
GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO, SEGRETARIO GENERALE ASSOPOPOLARI
no al Mese dell’Educazione Finanziaria, arrivata alla sua quarta edizione, come aveva già fatto dalla sua istituzione negli anni passati. Per l’edizione 2021, abbiamo pubblicato due volumi sulla piccola imprenditoria e sui giovani: “Banche Popolari, PMI e l’Educazione Finanziaria” e “I giovani, l’economia e la finanza”. Sono iniziative che si inseriscono in un percorso di impegno ultradecennale che le banche popolari e del Territorio stanno portando avanti su questo tema al fine di sensibilizzare e responsabilizzare sempre di più la propria clientela a partire proprio dai ragazzi e dalle scuole. Un impegno che ci vede impegnati anche in ambito internazionale attraverso un continuo e proficuo scambio di informazioni ed esperienze con altre realtà della Cooperazione Bancaria Internazionale che operano in America, Africa ed Asia. Dipendesse da lei, cosa farebbe da domani per migliorare la situazione? È necessario lavorare su questo tema avendo un’idea di fondo di cosa è e cosa deve essere lo sviluppo e la crescita. Una finanza al ser-
«In una fase di incertezza globale, la prossimità è un elemento essenziale per raggiungere quella consapevolezza economica indispensabile per essere più liberi nelle proprie scelte»
vizio dell’economia reale non soltanto continua a essere utile e necessaria per la realizzazione del bene comune, ma resta, ancora oggi, un valido antidoto ai facili e rapidi arricchimenti che, ostacolando una effettiva circolazione e distribuzione della ricchezza, rappresentano un rischio per i redditi, l’occupazione e la stabilità dell’intero sistema economico e che si avvalgono della mancanza delle adeguate conoscenze nonché dell’ingenuità e su un’arretratezza incolpevole ma non per questo meno dannosa in materia finanziaria di tanti. La separazione tra sviluppo della finanza ed economia reale, oltre a essere causa di squilibrio è anche disfacimento morale, politico e sociale, che prospera sull’ignoranza altrui. Il lavoro di Assopopolari su questo terreno è quotidiano ed è il frutto di un investimento strategico di risorse che ha visto diverse pubblicazioni realizzate negli ultimi anni, così come tanti sono i percorsi di conferenze a favore delle associate che operano poi autonomamente nei territori e nelle comunità di riferimento. In una fase di incertezza globale, la prossimità rappresenta un elemento essenziale ed imprescindibile per raggiungere quella consapevolezza economica indispensabile per essere più liberi nelle proprie scelte e nelle proprie azioni.
12 Sabato 30 ottobre 2021 DI FLAVIO PIVA *
L’educazione finanziaria riveste uno spazio di notevole importanza nella vita di tutti i giorni. Se si considerano le difficoltà del periodo appena trascorso - non ancora del tutto superato - vediamo come queste dinamiche abbiano impattato in maniera importante sull’andamento finanziario del Paese e, a livello microscopico, su tutti i cittadini. Infatti, durante il periodo pandemico le banche hanno risposto prontamente alla richiesta di supporto attivando dei sistemi a sostegno dei cittadini e delle imprese, sistemi che sono risultati fondamentali per affrontare i problemi di liquidità. Si è realizzata una sinergia funzionale tra le iniziative del governo e quelle delle banche, volte a minimizzare i danni della pandemia sui cittadini e sulle imprese. È indiscusso che si sia trattato di un momento tragico per il nostro Paese ma, questo periodo ha - in qualche modo - favorito una consapevolezza maggiore nei confronti della questione finanziaria e dell’importanza che essa riveste nella quotidianità. Le banche svolgono una funzione creditizia fondamentale, fungendo da intermediarie nel settore del credito tra coloro che offrono capitali e coloro che li richiedono in prestito. Chiaramente a questa funzione se ne aggiungono altre, come quella creditizia o di investimento, ma più in generale questa funzione di intermediazione è tanto scontata quanto fondamentale nel buon funzionamento dell’economia tutta. Avere la consapevolezza finanziaria significa, quindi, riconoscere l’importanza di questi elementi e il peso che essi hanno nel complesso sistema che compone la realtà in cui viviamo, questo perché l’aspetto finanziario è intimamente correlato ad altri meccanismi che permettono al sistema di rimanere in una condizione efficiente di funzionamento. Ciò da cui non si può prescindere è una corretta informazione sull’aspetto finanziario e quindi sul ruolo fondamentale che le banche svolgono, affinché ci sia una maggiore innovazione derivante dalla completa cognizione degli strumenti a
Anche allo sportello di una Bcc si formano clienti consapevoli Il Gruppo Iccrea sostiene lo sviluppo della conoscenza e competenza, fondamentale per rafforzare i diritti di cittadinanza attiva nostra disposizione. Purtroppo, al momento, nel nostro Paese la consapevolezza finanziaria esiste in una percentuale esigua di popolazione e qui risulta indispensabile e lodevole il lavoro svolto ad esempio dalla Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio. FEduF rappresenta la possibilità di rendere gli individui capaci di far fronte a momenti di difficoltà o di incertezza, come è stato il periodo nel corso della pandemia da Covid-19, e mostra ai cittadini come rispondere a queste incertezze attraverso un maggiore controllo delle proprie risorse economiche, poiché capire lo spazio entro cui ci muoviamo è essenziale oggi più che mai. L’obbiettivo, direttamente correlato all’informazione, è diffondere maggiore sensibilizzazione sui temi economici soprattutto nei giovani che rappresentano il futuro sostenibile e consapevole del Paese e in questa direzione sono già stati fatti diversi passi avanti, le giuste premesse sono state poste ma le radici devono essere stabili e per questo FEduF lavora per rendere l’informazione finanziaria un fondamento basilare nello sviluppo delle capacità utili a guidare il futuro del nostro paese. Con “Ottobre in BCC” anche il Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea promuove quindi un percorso info-formativo, articolato in quattro tappe che si svolgono lungo tutto il mese, a beneficio delle BCC, dei loro soci e clienti e non solo. Il primo di questi momenti è dedicato al “risparmio”, il secondo alla “protezione”, il terzo alla “previdenza” e l’ultimo agli “investimenti”. Tale percorso è pensato in piena coerenza con la missione della Cooperazione di Credito,
che mette da sempre al centro l’educazione finanziaria. I principi fondanti espressi all’articolo 2 dello Statuto delle banche cooperative esprimono lo scopo di miglioramento culturale di soci e comunità locali, anche con l’educazione al risparmio e alla previdenza, nonché con la crescita responsabile e sostenibile del territorio nel quale operano. In epoca pandemica, restano quanto mai attuali anche i valori espressi nella “Carta della Finanza Libera, Forte e Democratica”, siglata nel 2011 in occasione del 14° Congresso Nazionale del Credito Cooperativo per ribadire l’impegno delle BCC nell’agire economico, civile e sociale per il rilancio del Paese segnato dalla crisi economico-finanziaria innescata nel 2008. In essa si ribadisce la priorità per una finanza inclusiva, comprensibile ed educante, una finanza che offre strumenti per costruire il futuro ed autentica cittadinanza sociale: per questo deve essere accessibile e partecipativa, per generare integrazione, coesione e attenzione per il bene comune. Deve parlare il linguaggio comune delle persone in modo trasparente e paritetico, per porre le competenze al servizio delle esigenze delle persone, sinteticamente e con chiarezza. E deve accompagnarle nelle diverse fasi della vita, con discernimento e consapevolezza, accompagnando con i giusti consigli i processi di risparmio indebitamento, investimento e spesa. Lo stesso Gruppo Iccrea sostiene lo sviluppo della conoscenza e competenza, fondamentale per rafforzare i diritti di cittadinanza attiva delle proprie comunità di riferimento. È fondamentale la convinzione che l’educazione finanziaria non può essere scissa dagli
obiettivi della transizione alla sostenibilità e al digitale: sono pilastri per il rafforzamento della consapevolezza civile e informata sui temi di maggiore rilevanza. Anche alla luce dei nuovi scenari che si prefigurano nel mondo post-pandemico. In tal senso, l’educazione finanziaria diventa complementare all’istruzione scolastica e accademica, per avvicinare gli studenti al mercato del lavoro e formare i futuri soci, amministratori e collaboratori: si vuole offrire a ragazze e ragazzi le migliori condizioni per poter effettuare scelte consapevoli e commisurate alle proprie esigenze. Questo nella consapevolezza che l’avvicinamento dei giovani al mondo del Credito Cooperativo è determinante per il rinnovamento generazionale del sistema. Per la realizzazione del proprio progetto di educazione finanziaria, la Capogruppo Iccrea ha aderito a FEduF come partecipante ordinario. Ciò consente alle BCC, già molto attive nei propri territori nell’ambito dell’educazione finanziaria, la possibilità di accedere ai servizi di FEduF. In particolare, ai
pacchetti formativi predisposti dalla Fondazione e rivolti alla formazione di studenti -dalla scuola primaria alle ultime classi delle superiori-, ai percorsi didattici per lo sviluppo di competenze trasversali e di orientamento (ex alternanza scuola – lavoro) e alle iniziative formative rivolte alle comunità territoriali. Concludendo, solo 3 italiani su 10 hanno un grado di alfabetizzazione sufficiente a compiere scelte consapevoli in tema finanziario con enormi disparità per genere, professione e distribuzione territoriale. Questi numeri sono anche la conseguenza della scarsa cultura che viene insegnata nelle scuole, dove infatti i nostri studenti sono molto meno preparati rispetto agli studenti di altri paesi e hanno molte difficoltà nel prendere decisioni finanziarie responsabili. L’ultima indagine OCSE afferma che gli studenti italiani in grado di risolvere compiti complessi a livello economico-finanziario è meno della metà dei Paesi OCSE. Uno studente su cinque non ha le conoscenze di base necessarie per poter prendere decisioni finanziarie responsabili e ben informate. Dunque c’è davvero bisogno di consapevolezza economica in Italia, al fine di prosperare e rinnovarsi. Per questo il ruolo centrale di realtà come FEduF o l’importanza dei programmi sull’educazione finanziaria promossi da Banca d’Italia diventano davvero indispensabili. * Presidente della Bcc di Verona e Vicenza
Le nostre casse hanno la possibilità di accedere ai servizi di FEduF per l’educazione finanziaria
FLAVIO PIVA, PRESIDENTE DELLA BCC DI VERONA E VICENZA
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«IN CATTEDRA GLI INTERMEDIARI»
Per il segretario First-Cisl sono i professionisti della finanza a poter «far scuola» ai risparmiatori DI RICCARDO COLOMBANI*
Nei primi tre trimestri del 2021, secondo un report pubblicato su finbold.com, sono stati installati ben 13.342 Bitcoin Atm dei 28.329 oggi presenti a livello globale. In Italia, in base al Coin Atm Radar, sono 70, disseminati tra Bolzano a Siracusa. È un fenomeno in rapidissima evoluzione, difficile da decifrare. Lo stesso può dirsi delle innumerevoli crisi finanziarie degli ultimi 25 anni, che hanno provocato perdite e disperazione a milioni di risparmiatori in tutto il mondo. Le decisioni fallimentari assunte da molti trader, finanzieri, banchieri, quando non viziate da comportamenti delittuosi, rivelano peraltro che lo smarrimento ha riguardato anche i cosiddetti esperti, impotenti di fronte a fenomeni imperscrutabili, accomunati dall’avidità umana, in un contesto fondato sull’ideologia mercatista. Nemmeno le autorità di vigilanza sono riuscite ad interpretare correttamente le tendenze dei mercati e i comportamenti degli agenti economici e finanziari. Chi non ricorda lo sboom dei mercati azionari nel 2000, nonostante la percezione di “esuberanza irrazionale” di Alan Greenspan già nel 1996? Per non parlare del crack di Lehman Brothers nel 2008, che ha costretto le banche centrali ad adottare politiche monetarie ultra accomodanti e i principali Paesi ad una torrentizia produzione normativa, volta a preservare la stabilità dei mercati finanziari ed a tutelare il risparmio. Proprio la tutela del risparmio è l’obiettivo che nel 2017 l’Italia si è proposta disciplinando l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Il miglioramento delle competenze in materie finanziarie è infatti un processo indispensabile per l’acquisizione della necessaria consapevolezza nelle scelte di investimento. Si tratta quindi di una «novità» normativa
Casa e mattone da investimento non sono la stessa cosa
RICCARDO COLOMBANI, SEGRETARIO GENERALE FIRST CISL
Ma i consigli devono essere oggettivi e imparziali, slegati dalla logica malata del prodotto da vendere a tutti i costi fondamentale, tanto più in un Paese come l’Italia che associa a livelli elevatissimi di risparmio in rapporto al reddito una (mediamente) bassa cultura finanziaria delle persone. Altresì, l’elevata quota di risparmio congelata sui conti correnti bancari e postali, problema che si è acuito con la pandemia, indica la scarsa partecipazione dei risparmiatori al tessuto produttivo, in una fase cruciale per il nostro Paese. Pertanto, la definizione di una strategia nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale e l’istituzione del Comitato per il Coordinamento e la Programmazione delle attività dirette a tal fine sono state scelte lungimiranti. Così come lungimirante è un’iniziativa come quella del Mese dell’Educazione Finanziaria, con la sua apertura a soggetti sia pubblici che privati. È però
Bene l’oro ma non chiamatelo rifugio
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a casa, grande amore degli italiani. Soprattutto la prima, quella della famiglia e meglio ancora se è posseduta da più generazioni. La seconda casa è quella del tempo libero. E poi quelle per i figli per assicurare loro un riferimento iniziale. Queste tipologie non rientrano strettamente nel “mattone da investimento” anche se con gli anni possono rivalutarsi. Otto italiani su dieci abitano in una casa di proprietà. Non è così in altri Paesi europei come la Germania, che povera non è, dove i proprietari di casa si fermano a cinque su dieci. Trascinati da un approccio molto emotivo (la casa focolare, chiara derivazione da un Italia rurale), gli italiani mantengono lo stesso stato d’animo quando approcciano un acquisto di “muri da investimento” cioè destinati alla miglioria e alla rivendita. O all’affitto più o meno breve. Se la casa è da investimento la mente dovrebbe essere più fredda e la valutazione più attenta a ogni dettaglio. Una prima riflessione è sul “mattone che non tradisce mai”. Purtroppo si dice così ma non è così e, salvo particolari abitazioni o zone di pregio, proprio in questi anni si è registrata una perdita...
asta guardare un grafico di 10 anni per capire che l’oro è utile per la diversificazione del portafoglio. I gestori indicano un peso massimo del 5% o poco più .Non è “il” bene rifugio, se per rifugio si intende un investimento che garantisca sempre stabilità e incrementi di valore. Può perdere quota anche quando cadono le Borse e non è detto che si apprezzi in un periodo di grande incertezza come è stata la pandemia. Il suo prezzo fluttua, dipende dal prezzo d’acquisto e quello di vendita. Fra i vantaggi c’è una credibilità dei prezzi, frutto di scambi consistenti in tutti i mercati rilevanti. Nel settembre 2011 il metallo giallo aveva toccato un ottimo livello a 1921 dollari l’oncia (28,35 grammi). Un anno dopo era a quota 1753. Buon recupero fino al 2020 quando a luglio superava i 2000 dollari. Ora è vicino ai 1800 dopo mesi altalenanti. I grafici smentiscono anche la correlazione inversa con l’azionario. Non è confermato che le Borse in caduta producono un aumento del metallo giallo. Negli ultimi 15 anni la correlazione con l’azionario è stata del 63% cioè si muove prevalentemente nella direzione degli indici azionari. Anche...
evidente che queste attività non possono da sole determinare un rapido innalzamento della cultura finanziaria, specie tra le persone più anziane, che detengono la parte più cospicua del risparmio nazionale. Quali sono allora le possibili soluzioni? Il riferimento della legge nazionale alla definizione di educazione finanziaria dell’Ocse potrebbe rivelarsi determinante. Nella “Recommendation on principles and good practices for financial education and awareness” del luglio 2005, l’Ocse, proprio nel primo dei princìpi, definisce il processo di educazione finanziaria ed i mezzi che possono essere utilizzati: “information, instruction and/or objective advice”. La novità è rappresentata dal coinvolgimento possibile, a mio avviso indispensabile, degli intermediari finanziari nel processo di educazione finanziaria attraverso consigli oggettivi e imparziali (objective advice, appunto) rivolti ai risparmiatori, slegati completamente dalla logica malata del prodotto da vendere a tutti i costi. Affinché la ricerca del miglior interesse dei risparmiatori non sia definitivamente relegata a norma di buone intenzioni, è necessario adottare, in favore degli intermediari, delle politiche di incentivazione che dovrebbero essere codificate nell’ambito della Strategia nazionale dell’educazione finanziaria. C’è bisogno, insomma, di stimolare la responsabilità sociale d’impresa per far sì che l’educazione finanziaria sia una delle sue manifestazioni più qualificanti. In questo modo si raggiungerebbero tre obiettivi ugualmente preziosi: crescita delle competenze finanziarie delle persone; diminuzione del contenzioso intermediari-risparmiatori; fine delle pressioni commerciali che vedono sia i risparmiatori che i lavoratori vittime di un sistema distributivo dei prodotti finanziari che va immediatamente riformato. *Segretario generale First Cisl
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Il Fai-da-te sui mercati non è per tutti
l Fai-da-te nelle negoziazioni sui mercati non è da tutti. Non fosse altro perchè bisogna avere molto tempo a disposizione e strumentazioni professionali. Poter leggere report qualificati che non sono a disposizione gratuitamente. O se lo sono, arrivano prima agli investitori istituzionali e poi al risparmiatore. Chi gestisce i patrimoni di famiglie agiate o le grandi masse dei fondi pensione, dei fondi comuni, assicurazioni, fondazioni può schierare in campo personale specializzato, uffici studi, grandi consulenti che sanno anticipare i movimenti di mercato. I grandi investitori riescono ad avere maggiore accesso ai contatti con il management delle imprese quotate, hanno piattaforme tecnologiche sofisticatissime che usano algoritmi ormai per tutto. E sfruttano i centesimi di secondo fra ordini di acquisto e di vendita. Possono lavorare 24 ore su 24 monitorando tutti i mercati del mondo. Pensare di poter competere con tali apparati è veramente un’illusione. Ci si può accontentare di ottenere qualche guadagno finanziario accodandosi su tendenze in corso e senza la pretesa di arrivare per primi. Con un’efficiente piattaforma online...
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NEI PERIODI DI INDECISIONE BISOGNA SAPER DECIDERE. I big data, i megatrend, l’intelligenza artificiale possono dirci molto sul futuro degli investimenti. Ma quando accade l’imprevedibile – come negli ultimi 18 mesi – l’elemento umano fa ancora la differenza. Grazie a un team di gestione dedicato e a una strategia basata sulla velocità di pensiero, nell’ultimo anno
ANIMA ALTO POTENZIALE EUROPA è cresciuto del 7,6%*. Ora sta a te decidere. Scopri di più su altopotenziale.animasgr.it * Classe A. Performance a 1 anno al 30/09/2021. Fonte: ANIMA Sgr.
Performance media annua al 30/09/2021 Anima Alto Potenziale Europa - Classe A Indice di categoria**
1 anno +7,6% +6,7%
3 anni ann. +5,1% +1,9%
Fonte: ANIMA Sgr. La deviazione standard (volatilità), calcolata sulla base di tre anni, del fondo Anima Alto Potenziale Europa A, è del 5,3%. CFS Rating al 30/09/2021. ** Indice Fideuram della categoria Assogestioni di riferimento (Fondi flessibili). Rendimenti al lordo degli oneri fiscali. Avvertenze: Prima di adottare qualsiasi decisione di investimento, è necessario leggere il Prospetto, il Documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (il “KIID”), e il modulo di sottoscrizione, così come il Regolamento di gestione. Questi documenti, che descrivono anche i diritti degli investitori, possono essere ottenuti in qualsiasi tempo, gratuitamente sul sito web della Società di gestione (www.animasgr.it) e presso i Soggetti incaricati della distribuzione. È inoltre possibile ottenere copie cartacee di questi documenti presso la Società di gestione del Fondo su richiesta. I KIID sono disponibili nella lingua ufficiale locale del paese di distribuzione. Il Prospetto è disponibile in italiano. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Il collocamento del prodotto è sottoposto alla valutazione di appropriatezza o adeguatezza prevista dalla normativa vigente. ANIMA Sgr si riserva il diritto di modificare in ogni momento le informazioni riportate. Il valore dell’investimento e il rendimento che ne deriva possono aumentare così come diminuire e, al momento del rimborso, l’investitore potrebbe ricevere un importo inferiore rispetto a quello originariamente investito. Nel caso di stacco cedola, l’importo da distribuire potrà anche essere superiore al risultato conseguito dal fondo, rappresentando in tal caso rimborso di capitale.
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«Chi investe nel trading on line è più preparato sui mercati del risparmiatore medio» Il tema della carente educazione finanziaria nel Paese è serio ed è un problema anche per gli intermediari. Ma l’introduzione di restrizioni all’accesso al trading online sarebbe una misura sproporzionata
DI MARCO MUFFATO
Il punto di vista di Assosim su un tema che negli anni da soft è diventato cruciale per gli intermediari: quello dell’educazione finanziaria. Ne parliamo con il presidente dell’associazione Michele Calzolari. Dottor Calzolari, l’Italia è il fanalino di coda in Europa, precede solo Malta, per educazione finanziaria dei suoi abitanti. Dal suo personale osservatorio, di presidente dell’associazione di categoria degli intermediari dei mercati finanziari, come giudica questa lacuna? Alla lunga non rappresenta un problema anche per gli operatori? Il tema dell’educazione finanziaria assume particolare rilevanza nel nostro Paese. Dalla “International Survey of Adult Financial Literacy” pubblicata nel 2020 dall’Oecd emerge che l’Italia si colloca al penultimo posto, su 26 Paesi, per numero di adulti in possesso di un livello minimo di conoscenza finanziaria. Occorre al riguardo considerare che il dato negativo è il risultato di una formazione scolastica e universitaria lacunosa in ambito finanziario. Ne emerge sicuramente un quadro preoccupante che può essere corretto solo con azioni incisive volte a introdurre un’offerta formativa dedicata ai mercati e agli strumenti finanziari in tutti i percorsi di apprendimento a prescindere dallo specifico indirizzo. Per esempio anche un percorso caratterizzato da materie umanistiche o scientifiche dovrebbe dare spazio a una formazione finanziaria. Anche l’economia reale trarrebbe vantaggio da un più alto livello di educazione finanziaria degli investitori, i quali potrebbero accedere a un più ampio range di prodotti finanziari emessi per finanziare progetti imprenditoriali. Purtroppo, gli interventi
summenzionati producono benefici su un arco temporale piuttosto lungo, ma questo non esonera i policy maker italiani dall’avviare con urgenza un’inversione di rotta.
Negli ultimi due anni i volumi degli operatori del trading on line sono cresciuti molto. Siamo tornati ai tempi d’oro agli albori del 2000 con un pubblico retail sempre più numeroso che giocava in borsa salvo poi essere scottato dalla bolla dei titoli tecnologici? Non servirebbe una massiccia campagna di educazione finanziaria per consentire solo a investitori consapevoli di avvicinarsi al trading on line? Nel periodo più recente, caratterizzato dalla pandemia, il trading online è cresciuto molto - sul mercato Mta +40% circa nel 2020 rispetto al 2019, ma non intravediamo profili negativi in questa crescita. Gli intermediari attivi nel trading online sono tenuti a osservare le rigorose previsioni della Mifid 2 a tutela degli investitori. Pertanto i loro clienti operano in un contesto caratterizzato da un alto livello di investor
protection. Inoltre i clienti attivi sul trading online, che comunque rappresentano solo una piccola percentuale dei risparmiatori italiani, sono in genere quelli più avvezzi all’operatività in strumenti finanziari, potendo tra l’altro beneficiare di programmi di formazione online a loro dedicati dagli intermediari. Quanto all’introduzione di restrizioni all’accesso al trading online da parte degli investitori, si tratterebbe di una misura sproporzionata e in contrasto con le finalità della Capital Market Union, che vuole incentivare la partecipazione dei clienti al dettaglio ai mercati dei capitali. Occorre inoltre considerare che gli intermediari profilano i clienti in base a conoscenza e esperienza finanziaria prima di consentire loro di operare: in presenza di un livello basso, il cliente potrà operare solo su strumenti semplici e poco rischiosi. Quale educazione finanziaria serve nell’era Fintech? Nell’era Fintech il cliente deve acquisire, oltre alla conoscenza di mercati e strumenti finanziari, anche un’adeguata expertise
Assosim, punto di riferimento per il mondo del trading e non solo L’Associazione intermediari mercati finanziari – Assosim è un’associazione senza scopo di lucro, costituita nel 1986 e con sede a Milano. Sin dalla sua nascita ha costituito un importante punto di riferimento nella piazza finanziaria italiana, dapprima nel segmento del trading e, successivamente, nel contesto più ampio della prestazione dei servizi di investimento e accessori. La base associativa, originariamente costituita dalle sole Sim, include oggi anche banche, Sgr e succursali di intermediari esteri
che prestano in Italia servizi e attività di investimento. Nel loro insieme, le associate ad Assosim rappresentano pressoché il 100% degli ordini di provenienza italiana eseguiti sui mercati gestiti da Borsa Italiana. Dal 2007 possono far parte di Assosim – in qualità di “aderenti” – anche studi legali, società di consulenza e di information technology, che, mettendo a disposizione le loro competenze distintive soprattutto nell’ambito dei tavoli di lavoro dell’associazione, realizzano un’interazione sinergica con le associate.
MICHELE CALZOLARI, PRESIDENTE DI ASSOSIM
«I clienti attivi sulle piattaforme, che comunque rappresentano una piccola percentuale dei risparmiatori italiani, sono in genere quelli più avvezzi all’operatività in strumenti finanziari» digitale. Purtroppo, la clientela italiana ha un’età media piuttosto alta e a ciò spesso corrisponde una bassa familiarità con gli strumenti informatici e le nuove tecnologie.
Quanto è cruciale il tema di una corretta informazione finanziaria per migliorare la relazione tra operatori del settore e tra questi e i risparmiatori? Qual è l’impegno di Assosim in quest’ambito? Come ho già evidenziato l’educazione finanziaria è fondamentale non solo per gli investitori ma anche per gli stessi intermediari. A mio avviso una maggiore financial literacy avrebbe il beneficio di ridurre l’insorgenza del contenzioso in materia finanziaria, che spesso deriva da una scarsa comprensione da parte dei clienti delle numerose informazioni fornite ai sensi di legge dagli intermediari. A questo stesso riguardo vorrei ricordare che, come associazione, abbiamo manifestato in più occasioni - da ultimo la consultazione della Commissione europea sulla retail investment strategy - la necessità di approntare interventi di semplificazione dell’informativa ai clienti in modo da renderla più chiara e comprensibile. In questo ambito c’è spazio per un miglioramento sostanziale.
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INVESTIRE È DIFFICILE? NO E PER 3 MOTIVI Il sondaggio di J.P. Morgan Asset Management evidenzia i pregiudizi (infondati) di chi accumula liquidità
DI MARIO ROMANO
Molti pensano che investire sia difficile, per questo continuano ad accumulare risparmi in liquidità per finanziare spese che dovranno sostenere in un lontano futuro, malgrado i pericoli che i bassi tassi d’interesse comportano per la sicurezza finanziaria a lungo termine. Nell’ambito del sondaggio “Da risparmiatore a investitore” realizzato da J.P. Morgan Asset Management, sono state intervistate 6.000 persone in 10 Paesi europei per scoprire il motivo di questa tendenza. Il sondaggio, condotto a gennaio 2021, ha rivelato che solo 3 uomini su 10 investono regolarmente. Per le donne questa percentuale scende a una su cinque e quasi un quarto delle intervistate di età compresa tra 45 e 60 anni ha affermato di non considerare minimamente gli investimenti. Uno dei motivi per cui molti risparmiatori non investono è la radicata convinzione che investire richieda un impegno considerevole, in quanto è necessario tenere sempre d’occhio l’andamento degli investimenti effettuati. Molte persone pensano che investire sia difficile o che equivalga a giocare d’azzardo. In realtà, iniziare a investire è molto meno complesso di
PER MOLTI INVESTIRE È UNA SFIDA Convinzioni emerse sull’investimento, percentuale di intervistati Da tenere sempre d’occhio
Donne investitori
Donnne non investitori
Uomini investittori
Difficile dire come si stanno comportando
Uomini non investitori
Investire è complicato
Donne investitori
Donne non investitori
Donne investitori
Donne non investitori
Uomini investitori Donne non investitori
Investire è come scommettere
Uomini investitori Uomini non investitori
Donne investitori
Donne non investitori
Uomini investitori Donne non investitori
FONTE: J.P. MORGAN ASSET MANAGEMENT - SONDAGGIO DA RISPARMIATORE A INVESTITORE, GENNAIO 2021.
quanto si pensi.
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Non è necessario impegnarsi in lunghe ricerche per cominciare a investire Il sondaggio ha rivelato che le principali attrattive dei risparmi in liquidità sono la flessibilità, l’accessibilità e la possibilità di investire regolarmente piccole somme. Al contrario, gli investimenti vengono associati alla complessità, al gioco d’azzardo e a qualcosa che richiede un costante monitoraggio. Questi sono pregiudizi di lunga data, a cui l’industria degli investimenti ha risposto. I fondi comuni, che investono il capitale di molte persone e sono gestiti da investitori professionisti, sono un buon
modo per iniziare a investire. Infatti è probabile che molti investano già in questi strumenti i risparmi per la pensione. Questi fondi sono composti da portafogli diversificati di strumenti con livelli di rischio variabili (ad esempio azioni e, di norma, obbligazioni in virtù della maggiore stabilità) che sono gestiti in modo attivo sulla base del contesto di mercato.
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Non è necessario essere esperti per raggiungere l’indipendenza finanziaria Il 64% delle donne e il 57% degli uomini che non investono afferma che il principale ostacolo sia il timore che investire sia troppo difficile. Per investire con
QUI NEW YORK
successo non serve però un diploma o una laurea in economia. Bisogna invece avere obiettivi chiari e un’idea precisa del tempo a disposizione per realizzare i propri obiettivi finanziari (ad esempio andare in pensione o versare la caparra per l’acquisto della casa). E per chi pensa che l’esperienza sia la cosa più importante, vale la pena ricordare che non si è soli: come abbiamo già visto, uno dei principali vantaggi della scelta di un veicolo d’investimento gestito da un professionista rispetto a un conto di risparmio è il fatto che gli investitori professionali sanno come gestire gli investimenti attraverso le diverse fasi dei mercati.
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Per investire non è necessario essere ricchi Pensare che per investire sia necessario disporre di somme ingenti è un errore molto comune. Il rischio di perdita è uno dei motivi citati più di sovente per non investire, a cui si collega, per associazione, l’idea che valga la pena investire solo se si hanno molti soldi o comunque si è abbastanza ricchi per coprire le perdite se le cose non vanno per il verso giusto. Quasi tre quarti delle donne e circa il 67% degli uomini intervistati ha affermato di non voler investire per paura di perdere i propri risparmi. Infatti, il 60% delle persone che non investono associa l’investimento a una forma di gioco d’azzardo. In realtà non è necessario essere ricchi. Bastano 25 euro al mese per beneficiare dei vantaggi di un piano di risparmio regolare, che consente di investire quello che resta alla fine del mese, anche se si tratta di una cifra modesta. Inoltre, i piani di accumulo (Pac) possono aiutare ad attenuare le oscillazioni di mercato, dato che le fasi di ribasso possono essere sfruttate per acquistare più azioni, mentre nelle fasi di rialzo il valore dell’investimento aumenta.
Ignoranza finanziaria a stelle e strisce, i giovani non sanno come funziona una carta di credito e che esistono i prestiti studenteschi DI GLAUCO MAGGI
In America l’ignoranza finanziaria diffusa, tra i giovani in special modo, presenta tutti gli stessi aspetti deleteri che sono bene conosciuti nelle altre società capitalistiche, più due, made in Usa: l’utilizzo record delle carte di credito, e l’indebitamento sistemico di studenti e/o famiglie legato ai prestiti da decine di migliaia
di dollari (o centinaia di migliaia nei colleges più ambiti) per le rette universitarie. “Come ci possiamo aspettare che la gente prenda importanti decisioni nella vita senza alcuna educazione?”. A lanciare l’allarme negli Usa è, curiosamente, una docente italianissima di economia che ha fatto una brillante carriera nelle università americane, Annamaria Lusardi.
Attualmente è professoressa alla Scuola di Business della George Washington University, università per la ricerca a Washington DC, dove ha fondato e dirige il GWSB’s, Centro Globale di Eccellenza per la Formazione Finanziaria. “I miei studenti arrivano qui e non sanno neppure come funziona una carta di credito. E molti di loro non sanno neppure come funzionano
i prestiti studenteschi”, ha detto Lusardi in una recente intervista televisiva sul network CNBC. I promotori dell’educazione finanziaria, in accademia e nel mondo bancario, sanno che tanti problemi finanziari pratici che gli americani devono affrontare sono causati dal fatto che l’economia di base non è stata insegnata scuola. Questa
conoscenza offrirebbe ai giovani l’ABC su cui costruire sane abitudini di uso del denaro ed evitare i molti errori che portano poi ad una vita segnata da difficoltà e problemi economici personali devastanti. Lo conferma il “P-Fin”, personal financial index, che misura il livello di conoscenza e di comprensione dei mecca-
CONTINUA A LEGGERE>
nismi bancari e che, se adeguato, consentirebbe un efficace processo decisionale. Il P-Fin Index è un sondaggio annuale sviluppato dal TIAA Institute e dal citato Global Financial...
Sabato 30 ottobre 2021
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Che forza i Megatrend! Ecco come investire sul mondo che cambia Il fondo di ANIMA Sgr punta sui trend che rappresenteranno le migliori opportunità di investimento nei prossimi anni DI MARIO ROMANO
Il successo negli investimenti finanziari negli anni futuri passerà sempre più per la capacità di cogliere in anticipo rispetto al mercato le “Megatendenze” destinate a influenzare l’economia e la società. Ne parliamo con chi professionalmente individua e coglie le opportunità collegate ai nuovi trend: Claudia Collu, responsabile azionario globale di ANIMA Sgr, che con il suo team gestisce il fondo Anima Megatrend. Perché i Megatrend oggi sono un tema d’investimento centrale per la pianificazione degli investimenti finanziari? I Megatrend consistono in “forze” dirompenti in grado di modificare totalmente aspetti della società a causa di cambiamenti dell’economia globale, nell’andamento demografico, nell’urbanizzazione, nell’evoluzione tecnologica. Pertanto i Megatrend possono avere un impatto significativo non solo sulle abitudini di spesa delle persone e sulle strategie aziendali, ma anche sulle politiche dei governi. Per questa ragione è fondamentale individuare in anticipo i potenziali cambiamenti strutturali e investire nelle trasformazioni in atto per posizionare i portafogli dei nostri fondi su opportunità di crescita a lungo termine.
In cosa si differenzia il vostro fondo da altri sul mercato? ANIMA propone due soluzioni in base al profilo di rischio dell’investitore per puntare sui megatrend demografici, dall’azionario puro Anima Megatrend al fondo bilanciato, Anima Bilanciato Megatrend (50%
azioni e 50% obbligazioni). Anima Megatrend è un fondo azionario internazionale, con un portafoglio diversificato e un approccio attivo. L’investimento azionario è orientato verso titoli di società che operano in settori che potranno beneficiare dei trend strutturali di lungo periodo legati all’evoluzione demografica. Analizzare le varie generazioni, ovvero Millennials, Gen Z e Silver Economy, è fondamentale per capire i trend che potrebbero rappresentare opportunità di investimento negli anni a venire.
Quali sono i Megatrend che caratterizzano il vostro fondo? L’obiettivo di Anima Megatrend è quello di identificare le aziende in grado di trarre vantaggi dai cambiamenti demografici globali. Per questo motivo, all’interno del portafoglio, è presente un sovrappeso su alcuni settori esposti a trend secolari, come tecnologia e digitalizzazione, telecomunicazioni ed healthcare, le cui società
offrono le migliori prospettive di crescita degli utili, flussi di casa e bilanci solidi. In particolare, dall’inizio della pandemia, il settore sanitario, così come quello della tecnologia e dei servizi di comunicazione hanno chiaramente beneficiato di un aumento generalizzato della domanda. L’epidemia di Covid-19 infatti ha incrementato la richiesta di trattamenti, vaccini, diagnostica, reagenti, telemedicina, creando opportunità per le aziende farmaceutiche e delle biotecnologie. Inoltre il settore sanitario beneficia di trend strutturali: con l’invecchiamento delle popolazioni le spese sanitarie sono destinate a crescere sia per i consumatori che per i governi. La crisi sta rafforzando la tendenza secolare verso una maggiore spesa sanitaria da parte delle istituzioni e una copertura più universale, sia nelle economie sviluppate che in quelle emergenti. La tecnologia ha svolto un ruolo chiave nel mantenere a galla gran
CLAUDIA COLLU, RESPONSABILE AZIONARIO GLOBALE DI ANIMA SGR
parte dell’economia, quando molte attività industriali, dell’industria del tempo libero, della cultura e della ristorazione avevano chiuso in blocco. Più riunioni virtuali, meno viaggi di lavoro, meno spazi per uffici necessari, meno pendolarismo. La crisi ha accelerato la digitalizzazione dell’economia. La diffusione del Covid-19 ha portato a un aumento del telelavoro e le implicazioni per operatori, data center, reti aziendali, sicurezza e applicazioni software sono state innumerevoli. Il 5G e la banda larga superveloce sono diventati improvvisamente necessità sociali ed economiche. Inoltre l’ecosistema finanziario sta diventando sempre più digitale. Nel 2020 la penetrazione dei pagamenti digitali è cresciuta in modo significativo. Anche gli acquisti online hanno registrato un forte incremento con conseguente effetto positivo sui pagamenti online. L’accelerazione di questi trend, ci hanno
Anche ANIMA in campo nel mese dell’educazione finanziaria Da sempre per ANIMA rappresenta una priorità contribuire ad incrementare la consapevolezza finanziaria dei risparmiatori e delle famiglie, accrescendo le conoscenze di base sulla programmazione e gestione delle proprie risorse economiche. Due per il 2021 le iniziative promosse da ANIMA, in occasione del mese di ottobre, battezzato ormai da qualche anno a livello istituzionale, come il “mese dell’educazione finanziaria”. In primo luogo, il lancio delle nuove “pillole” video della rubrica “In poche parole” che, attraverso video interviste a professionisti di ANIMA della durata di circa 3 minuti, intendono spiegare con un linguaggio molto semplice, alcuni concetti chiave della finanza: dalla pianificazione finanziaria all’asset allocation, dal Pac al fondo pensione. Le video interviste della rubrica “In poche
parole” sono pubblicate sul canale youtube di ANIMA Sgr (https://www.youtube.com/c/ AnimaSgrChannel). Inoltre, da tempo, gli operatori professionali del risparmio hanno l’opportunità di approfondire le principali tematiche del mondo del risparmio gestito e della finanza, attraverso la piattaforma e-learning di formazione creata ad hoc: dalle basi di finanza e dei mercati finanziari, ai fondi comuni di investimento e ai fondi pensione, fino alla finanza pubblica e alla finanza sostenibile. I 19 corsi di e-learning realizzati da ANIMA nel corso degli anni in collaborazione con esperti e docenti delle Università Cattolica, Università Bocconi e Ca’ Foscari, sono indirizzati ai consulenti finanziari, private banker e gestori bancari e sono accessibili dall’Area premium del sito www.animasgr.it
portato a incrementare il peso sulle società maggiormente esposte nell’universo investibile.
A quale tipologia di risparmiatore è consigliato il fondo? L’obiettivo del fondo Anima Megatrend è di distinguere, a livello globale, le società che trarranno vantaggi dai cambiamenti demografici globali. Per andare incontro ai piccoli risparmiatori il fondo Anima Megatrend è particolarmente adatto alla modalità di sottoscrizione mediante Pac (Piano di accumulo del capitale). Il Pac è una soluzione pratica, flessibile e personalizzata, che permette di investire gradualmente, con cadenza periodica e per un periodo di tempo prefissato, piccole somme in uno o più fondi di investimento, che cumulate nel tempo possono portare ad interessanti risultati. In questo modo si viene ad adottare una strategia di investimento che diversifica anche dal punto di vista temporale. Il Pac, inoltre, presenta un ulteriore vantaggio: riduce gli effetti di eventuali oscillazioni dei mercati sottostanti e aiuta in questo modo a tenere sotto controllo l’emotività. Con che ottica un cf può inserirli nei portafogli dei clienti? Inserire il fondo Anima Megatrend all’interno del proprio portafoglio consente, innanzitutto, di orientare lo sguardo al futuro, portando così a ragionare in ottica di medio o meglio di lungo termine. Inoltre, investire a livello globale, puntando sulle società più innovative e in grado di rivoluzionare l’economia mondiale, comporta straordinarie potenzialità.
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IL FINTECH A MISURA DI PMI
Da AideXa nuovi servizi completamente digital dedicati ai piccoli imprenditori, accessibili in autonomia DI ROSARIA BARRILE
Nata a marzo del 2020 in piena pandemia, su impulso di due nomi “storici” del settore bancario, Roberto Nicastro e Federico Sforza, la nuova banca fintech AideXa si prepara a favorire non solo il rilancio economico di diversi piccoli imprenditori, particolarmente penalizzati dalla pandemia, ma anche la loro digitalizzazione, considerata funzionale alla ripresa del business. Se da un lato, infatti, le limitazioni imposte dal lockdown hanno accelerato la diffusione di servizi fruibili “da remoto”, dall’altro l’emergenza ne ha fatto percepire i vantaggi. Nel caso di Banca AideXa tale passaggio sfrutta le nuove possibilità offerte a livello tecnologico dall’open banking e dalle linee guida della PSD2, la direttiva europea che ha imposto alle banche di concedere anche a terze parti un accesso sicuro ai conti dei clienti e alle informazioni sui pagamenti. «L’open banking e la normativa Psd2 rappresentano una forte discontinuità perché danno la possibilità alle imprese di condividere i propri dati finanziari a soggetti terzi per erogare servizi più efficienti, creando di fatto una situazione di concorrenza all’interno del sistema creditizio, a beneficio dell’imprenditore stesso», precisa Federico Sforza, cofounder e Ceo di AideXa. «Il diritto alla condivisione dei dati con la nostra piattaforma consente di fatto all’impresa di ottenere finanziamenti abbattendo i tempi per l’erogazione senza dover preparare i numerosi documenti tipici di una richiesta di affidamento». Prestiti su misura per le pmi Banca AideXa, che dal mese di giugno ha ottenuto l’autorizzazione per la licenza bancaria, ha mosso i primi passi sul mercato con un servizio di finanziamento istantaneo - X Instant – rivolto specificamente a questo target, sfruttando le opportunità offerte dall’open banking e dall’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale. A rendere particolarmente innovativo questo prestito, che ha una durata di 12 mesi e un importo massimo di 100 mila euro, è la possibilità per l’imprenditore di sapere immediatamente se il finanziamento è stato accordato e di ricevere l’accredito sul conto corrente in 48 ore. La procedura non prevede lo scambio di documenti cartacei: grazie all’open banking l’imprenditore può collegare
FEDERICO SFORZA, CEO DI AIDEXA
con pochi click i conti delle banche con cui lavora. Dopo aver effettuato l’accesso al proprio internet banking direttamente dal sito della banca, Banca AideXa chiede l’autorizzazione per accedere alle informazioni del conto corrente in sola lettura. In alternativa, è possibile caricare gli estratti conto in formato pdf: bastano le liste dei movimenti degli ultimi 12 mesi dei conti correnti utilizzati per gestire l’impresa. Lo stesso meccanismo è alla base anche di X Garantito, il finanziamento che eroga fino a 300mila euro in 24 mesi con rate costanti a tasso fisso, dedicato alle società di capitali costituite da almeno due anni, con un fatturato superiore ai 100mila euro e che non abbiano superato complessivamente l’importo massimo garantito dal Fondo di Garanzia per le Pmi (pari a 5 milioni di euro). Per richiederlo bastano anche in questo caso pochi step: inserire la Partita Iva, scegliere l’importo fino ad un massimo di 300mila euro, condividere gli estratti conto tramite internet banking, valutare la proposta e confermare l’identità del legale rappresentante e dei titolari effettivi. Infine, occorre sottoscrivere il contratto e la domanda al Fondo di Garanzia con firma digitale. Ci pensa Banca AideXa a quel punto a fare richiesta al Fondo. In soli 20 minuti, senza documenti o moduli cartacei da preparare, l’imprenditore viene così a conoscenza della fattibilità, dell’importo e del tasso del finanziamento. La richiesta di valutazione è gratuita e non comporta alcun vincolo. L’importo viene erogato sul conto dell’impresa dopo che la richiesta è stata approvata dal Fondo di Garanzia. «L’integrazione delle soluzioni di numerosi partner tecnologici, tra cui Crif e Prestatech, ci ha permesso di costruire un processo di onboarding interamente digitale. In tal modo abbiamo centrato il nostro obiettivo di
«Abbiamo centrato l’obiettivo di snellire l’iter burocratico e facilitare la vita dei piccoli imprenditori, offrendo un’esperienza semplice, veloce e trasparente grazie all’uso delle tecnologie» snellire l’iter burocratico e facilitare la vita dei piccoli imprenditori, offrendo loro una esperienza semplice, veloce e trasparente grazie all’uso delle tecnologie. Inoltre, l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale sui flussi di cassa e su altre tipologie di dati consente di valutare un’azienda sulla base dell’andamento reale del business in modo da “affinare” la valutazione stessa del merito creditizio».
Supporto a distanza Nel modello operativo di Banca AideXa le possibilità di innovazione tecnologica offerte dalla Psd2 e dall’open banking si integrano con un servizio di supporto al cliente basato sulla relazione umana: attualmente circa 30 business banker hanno il compito di accompagnare gli imprenditori all’utilizzo degli strumenti a loro disposizione. «La relazione completamente digitale da sola non basta e il fatto di essere nati in piena pandemia ci ha spinto a fare alcune riflessioni in questo senso», sottolinea Sforza. «Fin da subito abbiamo sviluppato la possibilità di interagire anche da remoto con i nostri business banker. Si tratta di consulenti, in carne e ossa, esperti di impresa in grado di dialogare via chat, video e Whatsapp per poter rispondere a tutte le domande. In questo modo i clienti possono sfruttare i vantaggi del contatto “da remoto” pur mantenendo sempre la relazione con lo stesso consulente. Non basta più avere dei processi digitali efficienti, occorre anche saper costruire una relazione anche se con modalità e strumenti diversi rispetto al passato. Sicuramente i primi a utilizzare la nostra piattaforma sono stati imprenditori già digitalizzati ma sta crescendo l’interesse da parte di operatori più tradizionali che si sono dovuti misurare con i servizi da remoto in tempi di pandemia e che han-
no bisogno di essere accompagnati in questa transizione digitale contando sul supporto umano. Pensiamo, ad esempio, a tutti i ristoratori che hanno dovuto attrezzarsi agganciandosi a piattaforme di delivery o a chi si è cimentato per la prima volta con l’ecommerce». La licenza bancaria, ottenuta nel mese di giugno, fornirà ulteriore stimolo al piano di crescita dell’istituto, sia in termini di risorse che di prodotti e servizi offerti. Entro il 2022 è prevista l’assunzione di 100 figure professionali soprattutto nell’ambito tecnologico: Artificial Intelligence, Fintech, Big data e IT. Tra i servizi che potranno essere forniti in futuro vi sono, oltre a nuove tipologie di finanziamento, l’emissione di carte di credito e di debito e un conto corrente sviluppato ad hoc per gli imprenditori, che sfrutterà le possibilità offerte dall’open banking per proporre servizi a valore aggiunto. «Le piccole imprese, per intenderci quelle che hanno meno di 10 risorse umane, difficilmente dispongono di una figura come quella Cfo. L’accesso invece ad un’unica piattaforma che raccoglie i dati provenienti da più conti correnti consente invece a queste realtà di accostarsi in modo semplice a funzionalità considerate complesse e solitamente riservate alle imprese medio – grandi, tra cui la pianificazione finanziaria e gli strumenti di business financial management». Dai finanziamenti al conto deposito Dopo i finanziamenti X Instant e X Garantito, l’istituto fintech intende rivolgersi non solo Pmi ma anche alla clientela retail con un prodotto tradizionale come il conto deposito, proposto con lo stesso approccio interamente digital utilizzato per gli altri servizi. I rendimenti lordi offerti al 20 ottobre variano a seconda della durata, partonodallo 0,6% per i 3 mesi, allo 0,8% su 6 mesi, fino al 1,25% su 12 mesi, all’1,5% su 18 mesi e al 2% su 24 mesi. Sul sito di Banca AideXa è a disposizione dei clienti un calcolatore con il quale si può stimare in pochi istanti il rendimento del deposito, simulando diverse durate. È possibile versare da un minimo di 1.000 euro fino a un massimo di 100.000 euro. Così come gli altri prodotti di Banca AideXa, anche X Risparmio è accessibile on line: il processo per aprire il conto richiede un documento d’identità e la tessera sanitaria. Per confermare l’apertura del conto deposito bisognerà solo effettuare il bonifico con l’importo scelto.
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Flussi di cassa rapidi e snelli con la piattaforma digitale del pioniere del factoring Banca Ifis sviluppa il suo «apostolato» presso le imprese, soprattutto Pmi ma non solo, con un nuovo servizio, Ifis4business, che trasferisce i vantaggi dell’online-banking sul fronte dell’anticipo fatture
DI ANGELO CURIOSI
L’innovazione tecnologica e la collaborazione tra imprese sono due driver fondamentali per facilitare il supporto finanziario lungo tutta la filiera. Banca Ifis, nata nel 1983 come operatore specializzato nel factoring - mercato dove tutt’oggi presenta il miglior posizionamento competitivo - ha deciso di digitalizzare e automatizzare l’intero processo della Supply Chain Finance. Alla base c’è la necessità delle imprese di ottenere credito immediato per garantire e gestire i flussi di cassa. Un’esigenza ancora più forte laddove si verifichino ritardi nella riscossione dei pagamenti. Per questo il factoring che, in parole semplici, è un contratto stipulato sulla base di una cessione crediti ai fini di ottenere liquidità, è diventato uno strumento indispensabile per le Pmi, le quali rappresentano l’ossatura del sistema economico italiano. La crisi pandemica, l’esigenza di risposte immediate, il bisogno di sfoltire carte e burocrazia, anche in chiave sostenibile, così come la necessità di snellire e rendere più
VOCABOLARIO IL FACTORING COME STRUMENTO FINANZIARIO
Il factoring è un contratto con il quale l’impresa cede a una società specializzata (Factor) i propri crediti esistenti o futuri. L’operazione avviene al fine di ottenere subito liquidità e una serie di servizi correlati alla gestione del credito ceduto. Si tratta della gestione, amministrazione, incasso ed anticipazione dei crediti prima della loro scadenza. Dietro il contratto di Factoring si cela una fonte di finanziamento fondamentale per l’impresa che, in questo modo, può contare su una liquidità di cassa utile a pagare i propri fornitori e proseguire con l’attività. Il tutto, evitando di incorrere in sofferenze dovute al ritardo dei pagamenti da parte dei clienti.
ERNESTO FURSTENBERG FASSIO
processo di monitoraggio e incasso dei crediti ceduti. Nel caso dei cedenti, alcuni esempi pratici dell’innovabitore ceduto sia nella valutazione del zione portata da Ifis4business sono credito/fornitura. Da quella esperienza rappresentati dalle nuove modalità nasce un business model che è ancodi presentazione dei crediti da cedera oggi il modello di comportamento re (coerentemente con l’evoluzione che caratterizza il “fare credito” comdella fatturazione elettronica), dalla merciale di Banca Ifis. L’esperienza gestione degli anticipi e dal colloormai trentennale permette infatti alla quio diretto con i propri clienti reBanca di entrare direttamente nel raplativamente ad eventuali contestaporto di fornitura tra aziende, proponendo soluzioni personalizzate in base zioni o compensazioni sulle fatture, alle esigenze. Banca Ifis propone oggi il tutto all’interno della stessa piatsoluzioni di factoring pro solvendo, pro taforma. A partire da luglio 2021 soluto, garantite dal fondo di garanzia, Banca Ifis sta dunque procedendo di anticipo di crediti futuri, acquisto a all’attivazione di Ifis4business su titolo definitivo e anche l’opzione matutta la clientela factoring, nell’ottiturity: https://www.bancaifis.it/busica di portare a compimento il perness/pmi/factoring/tipologie/ corso di digitalizzazione dell’intera filiera del factoring. L’approccio marle, segnalare una modifica o omnicanale e digitale di Banca Ifis avanzare una richiesta di proroga si sta parallelamente focalizzando dei termini di pagamento alla Ban- anche sulla nuova clientela, grazie a ca. Il percorso è quindi proseguito una revisione completa dei processi inglobando nel processo digitale il digitali di “customer onboarding”, vero cliente della Banca: il “cedente”, partendo da modalità nuove di pricolui che cede le fatture dei propri mo contatto online con la Banca per clienti (“debitori ceproseguire con la racduti”) per richiederne colta dei dati e docuun anticipo del pagamenti anagrafici, fino mento, ricevendo così al riconoscimento e liquidità in tempi più firma della documenrapidi rispetto a queltazione a distanza e, li previsti dai propri in taluni casi, l’acquiaccordi commerciali, sto completamente oltre a essere suppordigitale di un servizio tato nella gestione del FREDERIK GEERTMAN finanziario.
La storia: un «mestiere» nel dna della Banca Banca Ifis nasce nel 1983 per
iniziativa di Sebastian Egon von Fürstenberg, ancora oggi azionista di riferimento e presidente del Gruppo Banca Ifis. Ifis, acronimo di Istituto di Finanziamento e Sconto Spa, è un intermediario finanziario captive del gruppo Americanino. La società si occupa di erogare supporto finanziario alla filiera produttiva a favore dei fornitori e “façonisti” del noto Gruppo di jeans. Il fido concesso ai diversi fornitori non è altro che il pagamento anticipato delle fatture. La società matura così una forte expertise e conoscenza delle piccole aziende e dello strumento del factoring, sia nella valutazione del defluidi i processi operativi sono stati i detonatori di una best practice assoluta nel mercato: la creazione di Ifis4business. Ifis4business è una piattaforma digitale nata per facilitare la vita all’imprenditore. Un online banking “a misura di impresa” che abilita tutta la clientela presente nell’intera filiera factoring a un’esperienza interamente digitale, senza mai dimenticare il valore della relazione umana e di fiducia che la Banca continua a presidiare con le sue 26 filiali commerciali e 110 commerciali, specialisti di credito alle imprese, nei diversi territori della Penisola. L’evoluzione strategica di Ifis4business è partita dalla digitalizzazione delle attività legate alla figura del “debitore ceduto”, per molti il protagonista del processo finanziario complessivo: colui che è “passivamente” tenuto al pagamento dei crediti ceduti dai propri fornitori. Banca Ifis ha scelto di valorizzarne il ruolo che ricopre all’interno della supply chain in cui opera, facilitandone la collaborazione operativa a supporto delle relazioni con gli altri attori della filiera, ovvero l’intera rete di fornitura. Ma cosa significa, in pratica? Monitorare online tutte le fatture cedute dai propri fornitori, confer-
Il mercato dei crediti commerciali arriva a 490 miliardi Secondo l’Osserva-
torio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato potenziale della Supply Chain Finance, ovvero dei crediti commerciali a bilancio delle aziende italiane, vale tra i 450 e i 490 miliardi (dati 2020) ma solo un quarto, pari a 120 miliardi, è servito da soluzioni tradizionali e innovative che consentono alle imprese di finanziare il
capitale circolante facendo leva sul ruolo e le relazioni della filiera. La Supply Chain Finance consente a un’impresa di finanziare il proprio capitale circolante, facendo leva sul ruolo che essa ricopre all’interno della filiera in cui opera e delle relazioni con gli altri attori. Il panorama degli strumenti è articolato e va dal tradizionale anticipo su fattura al factoring, reverse factoring, confir-
ming ma comprende anche l’invoice trading e dynamic discounting che utilizza la formula del prezzo ridotto o di uno sconto nella definizione dei termini di pagamento. Nella gestione della pandemia, questa soluzione finanziaria si è rivelata uno strumento strategico per l’aumento della resilienza delle imprese: uno strumento importante per supportare la crisi di liquidità, finanziando ordini e scorte.
24 Sabato 30 ottobre 2021 DI LUIGI ORESCANO
Uno dice “educazione” e immagina una classe d’asilo, poi dice “educazione finanziaria” e su quella classe scende il buio. “Ma qualcosa sta cambiando, se non per le scuole senz’altro per le imprese. Forse la pandemia è stata di stimolo”, dice Matteo Tarroni, un passato in Merrill Lynch e Credit Suisse, poi nel 2014 co-founder (con Ettore Decio e Fabio Bolognini) ed oggi Ceo di Workinvoice, la prima piattaforma in Italia per la vendita di fatture prima della loro scadenza (insomma un mercato on-line per il factoring, che mette a contatto diretto le imprese e le risorse finanziarie di tanti investitori diversi e non più delle banche, o non solo). “Siamo una start-up di lungo corso, l’abbiamo capito subito che la gara delle startup on è uno spint ma una maratona”, conferma sorridendo lui. Ma questa ex-start-up sta crescendo e portando risultati positivi: «E siamo convinti che il settore crescerà moltissimo, è proprio una questione di propensione al cambiamento, e in questo senso la pandemia ha rimescolato le carte». Ci spieghi meglio, dottor Tarroni… Sono successe alcune cose che hanno profondamente influenzato gli imprenditori proprio sotto il profilo della loro educazione finanziaria, cioè la loro attenzione e apertura al nuovo. Hanno pesato più tre mesi di lockdown che 3 anni di convegni sulla digitalizzazione. L’azienda e il consumatore hanno capito che i servizi finanziari si possono tranquillamente acquistare e utilizzare in modalità completamente digitale. Senza più andare in banca. Questo è il tipping point, il punto di non ritorno: nessuno vuole più tornare in banca, perder tempo a firmare risme di documenti, perché sa di poterlo fare da casa propria, o dall’ufficio della propria azienda, in metà del tempo, con più scelta e spesso più convenienza. E in questa evoluzione della sensibilità finanziaria di tante aziende anche piccole c’è stato un “di più” che è venuto incontro al nostro business. Cioè? Mai come in questa fase, e da quando è iniziata la pandemia, le aziende sono state duramente danneggiate dalle criticità che hanno investito la catena delle forniture, un macroevento gigantesco anche se sottorappresentato, che ha investito più o meno trasversalmente tutti i settori. Per varie ragioni: da una parte l’aumento dei prezzi delle materie prime per la ripresa, con i conseguenti shortage di disponibilità, poi l’aumento dei costi della logistica legati a quelli dei carburanti, e dunque molte aziende
ORA LE IMPRESE LO SANNO, LA CASSA RENDE COMPETITIVI L’analisi di Tarroni, co-founder e ceo di Workinvoice, la prima piattaforma italiana di factoring digitale: «Troppo lente le banche tradizionali»
MATTEO TARRONI
hanno subìto svantaggi se non danni ed hanno capito che non possono più permettersi di gestire la parte finanziaria della relazione con i fornituri in maniera inefficiente. Da qui il maggior ricorso al factoring? E a quello on-line, in particolare? I veri esperti di supply chain fanno quest’esempio: nel mondo tradizionale, l’impresa aveva un magazzino piccolissimo, il retail le mandava l’ordine e quella in due giorni gli faceva arrivare il maglioncino del colore voluto, perché sapeva produrre just-in-time. Sa qual è invece oggi la parola d’ordine sulla catena delle forniture? Non è più just-in-time ma… just-in-case, come dire: ti consegno la merce se la trovo! Scherzi a parte, questa metamorfosi delle dinamiche produttive e commerciali, a monte e valle dell’impresa manifatturiera, impone a quest’ultima di avere estrema efficienza anche nella finanza, per approfittare appunto just-in-case dell’opportunità di approvvigionamento vantaggioso, ad esempio: oggi dai microchip al legname – due delle materie prime rincarate alle stelle – sul mercato vince chi può pagare prima, per approfittare magari dell’ultimo container che sta partendo da Shenzen. E dunque? Dunque, venendo a noi, la finanza è diventata una leva straordinaria di competitività. Nessuno può più permettersi di aspettare 120 giorni per incassare i pagamenti, quindi bisogna
«Il nostro servizio è sempre più richiesto dalle aziende che hanno imparato, con la pandemia e la ripresa, il valore della liquidità. Noi non siamo una banca, competiamo ma possiamo anche essere complementari a esse» riuscire a vivere bene con la propria cassa. E per far questo, l’impresa ha capito che ha bisogno di strumenti diversi, non può andare più in banca per chiedere l’estensione del castelletto e ottenerla, se va bene, dopo sei mesi. E’ diventato tutto più efficiente. Quando un fornitore mi dice “Ho pronta una partita di legname, la vuoi?” devo essere pronto col denaro, mandarglielo e concludere. Prima trasformo le mie fatture in cassa, e meglio è. Insomma, in questo senso il vostro servizio è alternativo a quello delle banche tradizionali? Sì, ma può anche essere complementare. È il caso del nostro accordo con Banca Sella. Ce lo descriva! Banca Sella distribuisce come suo un prodotto realizzato da una fintech, noi. Una specie di private label del parabancario … Lo consideri come vuole, sta di fatto che il cliente di Banca Sella va sull’internet banking del suo istituto, come sempre, e vi trova un nuovo servizio, completamente digitalizzato, friendly ed efficiente. Attraverso quell’interfaccia, operando come sempre nell’ambiente Banca Sella, ci dà un input e noi lo elaboriamo, restituendo il dovuto output! Possiamo farlo senza problemi perchè non siamo una banca, siamo una fintech! Una volta non sarebbe mai successo, però, che una banca esternalizzasse un servizio così qualificante!
Ormai c’è rimasto solo il credito come settore in cui le imprese controllano tutta la filiera direttamente. Pensi se le imprese siderurgiche producessero direttamente le pentole, e le vendessero anche…E allora perché mai nell’industria del credito la banca dovrebbe essere in grado di gestire bene tutte le fasi del processo, realizzare tutti i prodotti, dall’origination in poi? La visione strategica sì, resta unica, in capo ad un solo consiglio d’amministrazione, ma sotto si disintermedia e si ricorre agli specialisti. Io non credo al mantra secondo cui presto le banche non esisteranno più. Al contrario, esisteranno in quanto intermediari di fiducia, organizzati diversamente. Negli Usa ad esempio ci sono sul territorio banche locali che competono con JpMorgan o Bank of America, da una parte dell’avenue c’è la filiale del colosso e dall’altra quella di una piccola banca che opera in due stati ma raccoglie la fiducia dei suoi clienti. E dunque? E dunque largo alle soluzioni innovative che rispondono alle nuove richieste del cliente. La banca ha 3 possibilità: svilupparsi il prodotto in casa, ma è difficile; fare un accordo commerciale con un partner al quale indirizzare il cliente, il che spesso però crea un problema di selezione avversa, perché il cliente indirizzato fuori spesso è quello indesiderabile; oppure ha una terza possibilità: affiarsi a una fintech specializzata che lavori per lei, come ha fatto Banca Sella con noi. Anche Azimut ha fatto scelto voi, giusto? Ha inserito il nostro servizio nel loro nuovo Azimut Marketplace, che offre anche le operazioni di finanza straordinaria della stessa Azimut Direct, alcuni servizi digitali forniti da Crif, l’instant lending di October, l’accettazione di pagamenti digitali di Satispay e alcuni servizi di valore aggiunto per l’impresa offerti di Amazon. Nel presentare i nostril servizi, Azimut Marketplace sottolinea, correttamente, l’anticipo fatture, che permette alle aziende di ricevere il 90% dell’importo delle proprie fatture in 48 ore. Insomma: per star dietro a queste novità, l’impresa deve informarsi, anzi info-educarsi alla nuova finanza… Si, e mediamente quest’educazione finanziaria al nuovo in partenza è molto bassa. Ma sono ottimista: il bisogno aguzza l’ingegno. Siamo entrati veramente in un’epoca in cui queste cose bisogna saperle, e saperle fare. Non si possono più accettare i tempi e i costi delle banche soprattutto sui prodotti e servizi di brevissimo termine. Lo vediamo dai nostri webinar. su temi che due anni fa attraevano 20 persone, oggi ne raccogliamo 200.
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INVESTIRE IN AZIONI CON OGNI CLIMA Reagire emotivamente alle oscillazioni è normale. Ma l’emotività è una cattiva consigliera
DI ROSARIA BARRILE
Temere le perdite è assolutamente umano. Lo psicologo premio Nobel Daniel Kahneman ha trattato la tematica nella sua teoria dell’avversione al rischio, dimostrando che la frustrazione correlata a una perdita di denaro è maggiore rispetto alla soddisfazione per i guadagni ottenuti. Dunque l’istinto naturale dell’investitore è quello di abbandonare il mercato in caso di forti ribassi e di reinvestire quando i titoli evidenziano netti rialzi. Ma entrambi gli atteggiamenti possono avere conseguenze negative, come ci spiega Paola Pallotta, managing director di Capital Group. L’economia comportamentale afferma che le persone agiscono spesso in modo irrazionale nel prendere decisioni di tipo finanziario. Quindi a quali condizioni è possibile compiere scelte logiche e consapevoli? Le reazioni emotive agli eventi di mercato sono perfettamente normali. È lecito sentirsi nervosi a fronte di una flessione dei mercati. Ma sono le azioni intraprese in questi periodi che possono fare la differenza tra il successo e l’insuccesso negli investimenti. Imprescindibile è aver intrapreso un autentico percorso di investimento. La prima raccomandazione è quindi quella di individuare un professionista con cui condividere un progetto ed essere pronti a navigare un mare che a volte può diventare tempestoso. Le oscillazioni, più o meno violente, dei mercati finanziari sono fisiologiche: la conoscenza di come funzionano deve costituire il punto di partenza di qualsiasi progetto di investimento. Il passo successivo è quello della condivisione di un piano e della conseguente definizione di obiettivi di vita innanzitutto, che diventano poi obiettivi di investimento. Il terzo elemento è conoscere se stessi: comprendere le basi della fi-
PAOLA PALLOTTA, MANAGING DIRECTOR DI CAPITAL GROUP
nanza comportamentale. Sapere che esistono euristiche e bias - come “l’ancoraggio” o il “bias della conferma” o quello della “disponibilità” -, che entrano in azione in modo automatico se non interveniamo, è l’unico modo per individuare i potenziali errori prima di commetterli.
Per loro natura i mercati azionari hanno sempre delle oscillazioni. Come affrontarle in modo corretto? I momenti negativi di mercato sono per definizione un momento in cui i prezzi scendono: spesso però il loro valore resta inalterato. Possono essere quindi anche dei momenti di opportunità per acquistare a prezzi di saldo. Quando ci troviamo di fronte ad un segno negativo occorre valutare se e come è cambiato il contesto circostante, sia della nostra vita che dell’oggetto del nostro investimento. Sono ancora valide le condizioni sulla base delle quali era stata fatta quella scelta? Il mio suggerimento è quello di adottare la logica del “what if”. L’abbiamo imparato dal mondo dell’aeronautica: così come fanno i piloti, durante un volo aereo, occorre controllare lo stato delle variabili in maniera continua. Nel momento in cui viene stabilito un piano con determinate mete, proprio come quello di volo, dobbiamo costantemente monitorare le condizioni: nella vita possono cambiare diverse situazioni, dalle entrate alle necessità familiari. Nel corso del viag-
gio del nostro investimento possono cambiare molti parametri, così come in un volo intercontinentale. Al pilota spetta il compito di adeguare la navigazione al mutare delle condizioni. Tornando ai mercati azionari: se il piano che abbiamo concordato in partenza ci era apparso valido e se le condizioni del contesto non sono mutate, a quel punto, anche di fronte a un segno meno, occorre resistere alla tentazione di vendere, ricordando che le oscillazioni di mercato sono fisiologiche, come già detto, ma anche temporanee. Quali sono gli errori comportamentali più frequenti? Tra quelli più frequenti vi è la “paura del rimpianto” che fa sì che le persone non apportino cambiamenti neppure quando sarebbe necessario invece farli. Questa paura spinge a restare ancorati alle scelte anche quando palesemente non sono più corrette: si tende a vendere quello che è andato bene e ad ostinarsi a tenere in portafoglio quello che invece ha un segno meno davanti, senza davvero analizzare se abbia senso farlo. Il “bias dell’ancoraggio” è invece quella tendenza che ci porta a fare delle valutazione sulla base di un parametro al quale ci siamo appunto ancorati, ma che in quel momento non è più valido, come ad esempio il prezzo di acquisto di uno strumento finanziario. Il “bias della conferma” invece ci porta a rafforzare una scelta cercando informazioni o prestando
un’attenzione maggiore nei confronti di quelle informazioni che ci confermano di aver fatto la scelta giusta. Un altro errore comportamentale molto diffuso è il “bias della disponibilità”: in virtù di questo errore siamo portati a ritenere come più probabili tutti quegli eventi che ci tornano alla mente più spesso o che ricordiamo meglio. Detto anche in altri termini: la maggiore disponibilità di informazioni su un determinato evento ci spinge erroneamente a ritenerlo più probabile anche quando non è suffragato da elementi reali.
Come sgombrare il campo dai bias? I bias funzionano purtroppo tutti insieme: sono elementi della natura umana ed essere consapevoli della loro esistenza ci può sicuramente aiutare a evitarne gli effetti. I bias alterano di fatto la percezione del rischio che si verifichino determinate situazioni. Il mio suggerimento è quello di rallentare in modo da interrompere ogni automatismo, anche decisionale. Le scelte compiute velocemente sono quelle più esposte all’influenza dei bias. L’alternativa è quella di sfruttarli, anche assecondarli per prendere decisioni più consapevoli. Faccio un esempio: il nostro cervello ha una propria contabilità mentale, come ha messo in evidenza Richard Thaler, premio Nobel per l’economia nel 2017 per temi di finanza comportamentale. Pur non essendo razionale, il nostro cervello organizza cassetti mentali nei quali “ripone” porzioni delle nostre disponibilità finanziarie a seconda della destinazione. Sempre il nostro cervello fatica inoltre a considerare il denaro come realmente fungibile e travasabile senza difficoltà tra da un cassetto e all’altro. Questo altro non significa che siamo intrinsecamente predisposti a ragionare per obiettivi separati e che la programmazione di un pia-
no di investimento coerente con la nostra naturale disposizione potrebbe esserci di grande aiuto.
Come affrontare la volatilità? È normale che nei periodi di volatilità di mercato entri in gioco la componente emotiva. Gli investitori capaci di non attribuire un peso eccessivo alle notizie di breve periodo hanno maggiori possibilità di elaborare una strategia di investimento di maggiore successo. Anche nell’affrontare questo tema il supporto del consulente finanziario può aiutare ad attribuire il giusto peso alle notizie distinguendo ad esempio tra temi di breve periodo o ed elementi di impatto più significativo. Se ci si concentra su alti e bassi a breve termine, la volatilità di mercato è senz’altro fonte di particolare preoccupazione. Conviene invece considerare un orizzonte temporale più lungo, dando la precedenza alla crescita a lungo termine dei propri investimenti e al progresso compiuto ai fini del conseguimento degli obiettivi previsti. Quali sono le parole d’ordine quando ci si avvicina al mercato azionario? Le tre parole chiave sono: il “tempo”, nel senso di durata dell’investimento, la “disciplina” che consiste nel costruire un piano di investimento ben definito, e la “diversificazione”. La diversificazione può contribuire a ridurre la volatilità per gli investitori interessati ad evitare lo stress causato dalle fasi ribassiste. Un portafoglio diversificato non garantisce guadagni né assicura che gli investimenti non diminuiranno in valore, ma riduce il rischio. Distribuendo gli investimenti su più classi di attivi, gli investitori possono abbassare gli effetti di forti oscillazioni nei loro portafogli. I rendimenti complessivi non toccheranno gli apici dei singoli investimenti, ma neanche gli abissi più profondi.
Sabato 30 ottobre 2021 Quando il mercato azionario
comincia a perdere quota il primo impulso può essere quello di uscire dall’investimento, salvo poi rientrarvi non appena le quotazioni raggiungono punte astronomiche. In entrambi i casi si tratta di due comportamenti istintivi che possono avere però effetti negativi sul portafoglio. Gli investimenti più efficienti, tuttavia, sono quelli in grado di superare i limiti dell’emotività e di mettere al centro la ricerca, la solidità dei dati e le strategie. Durante le fasi di instabilità dei mercati occorre reagire tenendo conto di tre aspetti, che vengono illustrati da Paola Pallotta, managing director di Capital Group: le flessioni di mercato sono parte del processo di investimento, nei mercati finanziari conta il tempo, non il market-timing ed è sempre consigliabile predisporre un piano e rispettarlo. «Le azioni», spiega Pallotta, «hanno guadagnato quota per buona parte dello scorso decennio, ma la storia ci insegna che i ribassi sono una parte inevitabile degli investimenti. La buona notizia è che le correzioni, definite come flessioni pari o superiori al 10%, i mercati ribassisti, che consistono in declini prolungati del 20% o più, e altre fasi d’instabilità non durano all’infinito. In
Col ribasso, sangue freddo e occhio alle strategie alla ricerca e alla solidità Evitare decisioni affrettate: gli investimenti più efficienti sono quelli in grado di superare i limiti dell’impulsività anche nei momenti in cui il listino volge alle perdite media, lo Standard &Poor’s 500 Composite ha perso almeno il 10% all’incirca una volta l’anno l’anno e il 20% o più ogni quattro anni, stando ai dati disponibili dal 1950 al 2019. Benché i risultati passati non siano indicativi di quelli futuri, ogni flessione è stata seguita da una ripresa e da un nuovo picco di mercato». Di fronte alle oscillazioni come individuare il market-timing? Nei mercati finanziari, e soprattutto in quelli azionari, conta di più il tempo, inteso come durata
dell’investimento, e meno il market-timing inteso come momento di ingresso. Le correzioni di
mercato non sono infrequenti e non devono spaventare. Tuttavia, quando gli investitori vedono diminuire il valore dei loro investimenti, la loro avversione alle perdite potrebbe spingerli a vendere. E dopo aver venduto, rimangono alla larga dal mercato. Ma questo atteggiamento ha un costo elevato per gli investitori, in quanto coloro che rimangono ai margini rischiano di essere tagliati fuori dalle fasi di forte apprezzamento che si verificano dopo le flessioni. Perdersi anche solo alcuni giorni migliori
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del mercato può incidere fortemente sui rendimenti complessivi. Come a non cedere all’emotività e alla spinta di uscire dall’investimento? Creare e attenersi a un piano d’investimento attentamente studiato è un altro modo per evitare di prendere decisioni poco avvedute, specie quando i mercati si muovono al ribasso. Il piano deve tenere conto di diversi fattori, tra cui la tolleranza al rischio e gli obiettivi di breve e lungo termine.Uno dei modi per evitare l’inutile sforzo di prevedere l’andamento del mercato è il metodo del “dollar cost averaging”, ossia l’investimento di un importo fisso a intervalli regolari indipendentemente dai rialzi e ribassi dei mercati. Questo approccio crea una strategia nella quale vengono comprate più azioni a prezzi inferiori e meno azioni a prezzi superiori. Nel tempo gli investitori pagano un importo mediamente più basso per ogni azione. Gli investimenti regolari non garantiscono un profitto, né proteggono dalle perdite. Ma dispongono l’investitore in una modalità “progettuale” e le flessioni di mercato durante il percorso sono effettivamente riconosciute come buone opportunità. ( r.b.)
Come concentrarsi sul successo «a lungo»
La storia offre diversi esempi di business sopravvissuti e persino prosperati anche in periodi di avversità
L
e ripercussione economiche della pandemia stanno contribuendo ad alimentare un clima di incertezza e a scoraggiare l’ingresso sul mercato da parte di alcuni investitori, come dimostrano i dati relativi all’elevata liquidità presente nel sistema economico. Ma per capire come muoversi, e dove trovare opportunità per futuri rendimenti, occorre considerare in prospettiva gli eventi adottando un punto di vista di lungo periodo. Capital Group ha analizzato le 18 principali crisi di mercato verificatesi a partire dalla Grande Depressione e in ciascun caso l’indice S&P 500 risultava più elevato a cinque anni di distanza. «Durante quei periodi di cinque anni, i rendimenti medi avevano superato il 18% annuo. I rendimenti hanno spesso raggiunto il picco dopo le flessioni più considerevoli, riprendendosi
rapidamente dopo aver toccato il minimo», spiega Paola Pallotta, managing Director di Capital Group. «Il primo anno successivo alle cinque principali fasi ribassiste verificatesi nel corso degli ultimi 90 anni ha fatto registrare rendimenti medi del 71%, benché questi siano stati i rendimenti medi durante le riprese in questione, ognuna di esse ha presentato caratteristiche differenti ed è possibile che future riprese risultino più moderate». Quanto può durare una fase prolungata di ribassi? In confronto alle riprese, le fasi ribassiste sono sempre risultate relativamente brevi. Anche se ogni trend ribassista è unico, negli Usa le fasi ribassiste dal 1950 hanno avuto in media una durata di 14 mesi, mentre quelle rialziste sono durate in media oltre cinque volte tanto.
Gli investitori si trovano spesso ad affrontare notizie preoccupanti, una significativa volatilità di mercato e ulteriori ribassi delle quotazioni azionarie. Tuttavia, quelli che continuano a concentrarsi sugli obiettivi a lungo termine si trovano nella posizione ideale per guardare oltre le temporanee turbolenze e attenersi al piano stabilito. Non sappiamo esattamente come si configurerà la prossima ripresa, ma l’esperienza passata ci insegna che i titoli azionari hanno spesso registrato un netto rialzo dopo flessioni sostanziali. Come individuare le opportunità da tenere in portafoglio nel lungo termine? La storia offre diversi esempi di business che hanno trovato modo di sopravvivere e persino prosperare in presenza di condizioni economiche difficili. Le società capaci di adattarsi
e crescere in questi contesti spesso offrono opportunità di investimento interessanti nel lungo termine. La ricerca fondamentale di tipo bottom-up è imprescindibile per distinguere le società resilienti da quelle che probabilmente non terranno il passo. Molte aziende, costituite durante periodi all’insegna dell’incertezza, hanno finito per diventare nomi prestigiosi. Basta pensare ad alcuni esempi: McDonald’s nasce nel 1948 dopo una crisi dovuta alla smobilitazione del governo Usa da un’economia basata sulla guerra. Airbus, Microsoft e Starbucks vengono invece fondate all’epoca della stagflazione, negli anni Settanta, un decennio segnato da due recessioni e da una delle peggiori fasi ribassiste della storia statunitense. Qual è l’errore cognitivo più frequente in questo particolare mo-
mento storico? Dare per scontato che a causa delle cattive notizie odierne questo non sia un buon momento per investire. Per quanto i problemi economici e geopolitici odierni possano apparire senza precedenti, se si guarda alla storia passata risulta evidente che ci sono sempre stati dei motivi per astenersi dagli investimenti. Nonostante le notizie negative però, nel lungo termine, i trend di mercato hanno sempre evidenziato una tendenza rialzista. Le opportunità di investimento più favorevoli emergono spesso proprio quando gli investitori si sentono particolarmente pessimisti. Per quanto l’epidemia da coronavirus rappresenti un evento senza precedenti, l’incertezza non è certo un fattore nuovo sul mercato che ha già dimostrato la propria resilienza nel corso del tempo. ( r.b.)
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IN CLASSE, A LEZIONE DI FINANZA
L’educazione finanziaria è stata inserita nelle ore dedicate all’educazione civica: cosa s’impara e come
DI ORIANA PIVOLI
Che cosa sono i tassi di interesse e qual è la differenza tra tasso semplice e composto? Come si calcola l’inflazione? Che differenza corre tra una cedola e un premio? E i bias cognitivi e le trappole comportamentali? La finanza è una materia che la maggior parte delle persone considerata un po’ ostica, ma che i nostri legislatori hanno deciso di poter introdurre nelle scuole, già a partire dalle medie inferiori, inserendola nell’ampio alveo dell’educazione civica. E così, insieme alla Costituzione e ai diritti e doveri dei cittadini, oggi vengono trasferite nelle aule anche le prime nozioni relative al danaro, al risparmio e all’investimento. Ovviamente l’Italia non si
di primo e secondo grado. La materia viene trattata dall’insegnante in base alla sua autonomia e anche con l’ausilio di esperti esterni, che in questo campo non mancano. Si calcola infatti che l’Italia si collochi al secondo posto in Europa dietro la Croazia per numero di iniziative legate all’educazione finanziaria nelle scuole. Secondo Alma Foti, vicepresidente e responsabile dell’area formazione dei cittadini e rapporti con i risparmiatori Anasf (Associazione nazionale consulenti finanziari), però, per fornire ai giovani studenti le competenze necessarie per comprendere come spendere e come risparmiare meglio il proprio denaro, soprattutto a chi non ne ha ha ancora in tasca, occorrerebbe più
le e nella formazione degli insegnanti. «L’educazione civica nelle medie superiori è gestita in maniera interdisciplinare», dice Boggio Rebutti. «Secondo noi il tempo che si dedica all’economia è poco, ed è sicuramente poco presente nella testa degli insegnanti». «Eppure un uso consapevole del
tempo. «Per trasferire concetti come la pianificazione finanziaria o l’investimento ci vorrebbero almeno dodici ore interamente dedicate, ed è quello che chiediamo da tempo alle istituzioni», dice Foti. Che aggiunge: «riteniamo che l’inserimento della materia nelle ore destinate all’educazione civica sia limitativo, perché l’educazione finanziaria meriterebbe proprio uno spazio a sé come una materia autonoma a tutti gli effetti». Ne è convinta anche Giovanna Boggio Robutti, direttore generale di Feduf, la Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio costituita dall’Abi tra le più attive nelle scuo-
denaro si sposa con consumi sostenibili, che sono al centro di ogni corso di educazione civica», aggiunge Boggio Rebutti. Le linee guida per le scuole di Feduf si ispirano a quelle a quelle elaborate dall’Ocse sul tema e si possono sintetizzare così: l’educazione finanziaria è un sapere di cittadinanza da proporre anche ai bambini più piccoli, ed è necessario aiutare gli insegnanti a familiarizzare con la materia. «Il nostro obiettivo è dotare gli insegnanti di competenze di base di economia e permettere agli studenti di esercitare i loro diritti di cittadinanza economica», dice Boggio Robutti. Che aggiunge: «Dalla
GIOVANNA BOGGIO ROBUTTI
muove da sola: tutti i Paesi del G20 stanno andando in questa direzione già da alcuni anni, Unione europea inclusa. Lo scorso anno un comitato europeo ha infatti invitato tutti i Paesi dell’Ue a introdurre l’educazione finanziaria nelle materie di studio obbligatorie inserendola a pieno titolo nel curriculum scolastico.
La finanza sui banchi di scuola In Italia l’educazione finanziaria è già entrata ufficialmente nelle scuole con la legge 92 del 2019 ed è stata inserita nelle 33 ore annuali di insegnamento dell’educazione civica per le scuole secondarie
ALMA FOTI
«Lo scopo è dotare i docenti di competenze di base di economia. Così gli studenti potranno esercitare i diritti di cittadinanza economica»
«Per trasferire concetti come la pianificazione finanziaria o l’investimento occorrerebbero 12 ore dedicate, ed è proprio ciò che chiediamo alle istituzioni» lezione appresa durante la crisi pandemica dovremmo tirare fuori il massimo e sfruttarla per un balzo in avanti, verso un mondo più inclusivo e resiliente». Imparare ad avere un rapporto corretto col denaro Ovviamente lo scopo dell’educazione finanziaria in ambito scolastico non è tanto conoscere la funzionalità di un conto corrente, ma imparare ad avere un rapporto corretto con il denaro e saper utilizzare uno strumento indispensabile per la vita, ponendo un accento particolare sul tema del risparmio e della pianificazione. Ma perché è emersa solo recentemente questa necessità? E perché se ne parla tanto adesso? Per tanti fattori: in Italia si lavora sull’educazione finanziaria dal 2008, dopo la Grande crisi finanziaria quando l’economia, e soprattutto la finanza, hanno occupato le aperture dei telegiornali rendendo popo-
IGNAZIO VISCO
lare un linguaggio che era ancora ermetico alla maggior parte degli utenti. Poi è arrivata la crisi dei debiti sovrani con lo spread ossessivamente in primo piano, e infine la pandemia da Covid-19 che ha accelerato la popolarità e l’utilizzo delle piattaforme di trading online. Quest’ultimo tema è stato toccato anche dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ai primi di ottobre, in occasione del simposio internazionale della Global Partnership for Financial Inclusion dal titolo “Coping with new (and old) vulnerabilities in the post-pandemic world”: «L’obiettivo comune», ha detto Visco, «è quello di fare in modo che nessuno rimanga indietro, contrastando il rischio di esclusione, ma anche quello di comportamenti finanziari che siano irresponsabili, come il sovra-indebitamento, che oggi è esacerbato dalla fuorviante facilità di accesso e anche dall’uso sconsiderato dei servizi finanziari digitali». «Da un lato i giovani sono digitali e bravissimi a utilizzare le tecnologie, dall’altro è inevitabile che non conoscano i contenuti veicolati», conferma Boggi Robutti. Che conclude: «I giovani utilizzano le piattaforme di trading online come una sorta di gioco di azzardo: è importante invece siano educati a comprendere bene i contenuti al di là è della forma che è digitale».
«L’obiettivo comune è di fare in modo che nessuno rimanga indietro, contrastando il rischio di comportamenti finanziari irresponsabili»
Sabato 30 ottobre 2021
DI CHIARA MERICO
Un impegno a tutto tondo sul fronte dell’educazione finanziaria, con un focus particolare sulla sostenibilità: è quello portato avanti da Nordea AM in Italia. Ne abbiamo parlato con Gianluca Cerone, head of advisory distribution per il mercato italiano di Nordea Asset Management. Ottobre è il mese dedicato all’educazione finanziaria, un tema sul quale la maggioranza degli italiani non ha un livello di conoscenza adeguato. Qual è la vostra esperienza in merito? La nostra esperienza rispecchia il quadro tracciato dai dati, che a partire da quelli Ocse confermano che in Italia per molte persone l’educazione finanziaria è ancora un oggetto misterioso. Il nostro Paese si colloca al penultimo posto tra le nazioni Ocse per alfabetizzazione finanziaria, superando solo Malta e ponendosi allo stesso livello di Romania e Montenegro. Per colmare queste lacune il nostro auspicio è che i governi mettano in atto strategie nazionali e progetti dedicati, come è già avvenuto in Portogallo e Nuova Zelanda. Da parte nostra continuiamo a sviluppare strumenti, sia rivolti a consulenti finanziari e private banker, sia dedicati ai clienti finali, che permettano di acquisire una maggiore consapevolezza delle tematiche finanziarie, non solo per quanto riguarda la terminologia e le definizioni, ma anche per la comprensione degli effetti di una mancata educazione finanziaria. La scarsa competenza in materia fa sì che gli italiani conoscano poco anche il mondo degli investimenti… Esistono diverse variabili sociodemografiche che influenzano i livelli di competenza finanziaria degli italiani: anzitutto l’età e il grado di istruzione. Il livello medio di competenze finanziarie aumenta con il titolo di studio; ma sappiamo anche che in Italia il numero di laureati è inferiore
Cerone (Nordea AM): «I risparmiatori vogliono approfondire il tema Esg» Secondo una survey realizzata da Nordea Am con Finer Finance Explorer cresce l’interesse per i prodotti green
GIANLUCA CERONE, HEAD OF ADVISORY DISTRIBUTION ITALIA DI NORDEA AM
alla media europea. L’altra variabile importante è l’età: a presentare le maggiori lacune sono gli over 50, e il nostro è uno dei Paesi con l’età media più alta d’Europa, quindi anche questo aspetto ha un forte impatto sull’alfabetizzazione finanziaria complessiva. Le conseguenze sono molteplici: la principale è una sensazione di continua “ansia finanziaria”, con le persone che non riescono a costruirsi una progettualità. Inoltre, a causa delle scarse conoscenze aumenta in maniera molto evidente la tendenza a non investire, che non genera valore e in più distrugge i patrimoni, che vengono erosi dall’inflazione. La scarsa consapevolezza riguarda anche la sostenibilità? Su questo aspetto abbiamo invece una bella notizia: da una recente survey che abbiamo condotto insieme a Finer Finance Explorer è emerso che i clienti hanno
una vera “fame” di Esg. E secondo noi la volontà di approfondire queste tematiche può essere un volano per accrescere l’educazione finanziaria nel suo complesso. Tre elementi della ricerca hanno suscitato in particolare la nostra curiosità. Il primo è la conoscenza degli investimenti Esg, che è raddoppiata nell’ultimo anno; il secondo è l’aumento della propensione a investire in prodotti Esg, che cresce con l’entità del patrimonio. Infine, il fatto che gli investitori più giovani siano molto più propensi degli altri a investire sostenibile. Questa “fame” di Esg focalizzata sui giovani, e che cresce con l’aumento del patrimonio, potrebbe essere la leva per convertire in investimenti quell’enorme mole di liquidità che giace sui conti correnti degli italiani. Come si caratterizza l’impegno di Nordea per l’educazione finanziaria?
«Siamo da tempo scesi in campo nell’educazione finanziaria, organizzando diversi eventi sul territorio e dando tante informazioni utili sul sito»
«Questa fame di Esg è evidente nei giovani e cresce con l’aumento del patrimonio. Potrebbe essere la leva per convertire in investimenti la liquidità che giace sui conti correnti» Su questo fronte la nostra società è scesa direttamente in campo, implementando una serie di attività concrete. Sul nostro sito abbiamo inserito una serie di strumenti accessibili da tutti, per prendere maggiore confidenza con la terminologia specifica. Abbiamo poi organizzato diversi incontri sul territorio, con sezioni dedicate all’educazione finanziaria. Infine, forniamo documentazione ad hoc per supportare il consulente nell’attività di educazione finanziaria nei confronti del cliente finale. In particolare, quali iniziative avete avviato per sensibilizzare gli investitori sull’importanza della sostenibilità nelle scelte di investimento? Nordea, a partire dalla sua riconosciuta credibilità sui temi Esg, ha messo in pista varie iniziative, tutte nel segno della nostra volontà di offrire un servizio a 360 gradi focalizzandoci in particolare sui consulenti finanziari e sui private banker, che sono il nostro interlocutore principale. In base ai cinque elementi distintivi che avevamo identificato come prioritari nel trasferire i nostri contenuti
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Esg, abbiamo avviato cinque progetti collegati: 1. Semplicità. Per dare spiegazioni semplici e chiare su prodotti, approcci e terminologia Esg abbiamo creato una documentazione nella quale mostriamo casi reali di engagement con le aziende. 2. Conoscenza. Per soddisfare la “fame”di conoscenza sui temi Esg abbiamo messo in pista due progetti: il primo è un tool sul nostro sito che punta proprio ad approfondire il know how delle tematiche legate alla sostenibilità. L’altro progetto riguarda una serie di iniziative ad hoc sul territorio, con corsi e seminari tenuti da esperti e dedicati a consulenti e private banker. 3. Impatto qualificato. Per spiegare qual è in concreto l’impatto dei nostri investimenti sulla sostenibilità abbiamo creato una documentazione ad hoc, gli Esg report. 4. Gamma prodotto. Il 70% della nostra offerta è costituito da prodotti che rispettano al massimo grado i criteri previsti della certificazione Esg. Questo vale sia per le strategie core, come la gamma Star, sia per i fondi tematici specifici azionari e obbligazionari su ambiente, inclusione, gender diversity. 5. Valori. Cerchiamo di applicare quotidianamente questi valori, con azioni concrete a sostegno dell’inclusione e dell’ambiente.
Investire Today
è un supplemento al numero di ottobre 2021 di Investire Registrazione Tribunale di Milano N. 126 del 27/3/1982 Numero iscrizione ROC: 29993 Editore Economy Group Srl Piazza Borromeo 1 20123 – Milano Direttore responsabile Sergio Luciano Distribuzione SO.DI.P, Via Bettola 18, Cinisello Balsamo – 20092 Stampa LitoSud s.r.l. Pessano con Bornago - 20160
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Rischi &Rendimenti: come investire in Venture Capital Perché una platea sempre più ampia di investitori professionali ed esperti si sta avvicinando a questa tipologia di investimento caratterizzata da livelli di rischio elevati e ritorni potenziali a doppia cifra
DI ROSARIA BARRILE
La consapevolezza dei benefici che può portare all’economia, favorendone l’innovazione e l’occupazione, ha spinto i policy maker di tutto il mondo ad assumere decisioni a sostegno del Venture Capital. Nel nostro Paese il decreto Rilancio ha introdotto alcune misure per rifinanziare gli strumenti di incentivazione agli investimenti – come i 200 milioni destinati al Fondo di sostegno al venture capital – e nuovi strumenti a supporto delle startup – quali l’istituzione del Fondo per il trasferimento tecnologico e del First playable fund e l’estensione dell’accesso alle risorse del fondo centrale di garanzia per le Pmi anche alle startup.
In Italia un potenziale ancora da sfruttare Il mercato italiano del Venture Capital soffre tuttavia di un forte ritardo rispetto agli altri Paesi, evidenziato da volumi di investimento ancora limitati, dalla scarsità di operatori strutturati e da un basso livello di coinvolgimento degli operatori internazionali. Il gap è ancora più ampio rispetto ai Paesi in cui il Venture Capital è la forma dominante di finanziamento in capitale di rischio nel comparto innovativo e tecnologico, come negli Usa dove la percentuale di posti di lavoro in aziende sostenute da VC (solo considerando le aziende ad azionariato diffuso) corrisponde al 24% e sale addirittura al 68% nella Bay Area. Nell’Ue la percentuale scende invece al 1.8%, in UK allo 0.8%, in Germania allo 0.3% e in Francia allo 0.1%. In Italia è perfino inferiore allo 0.01 per cento. Esiste pertanto un potenziale ancora inesplorato che potrebbe favorire l’innovazione e la creazione di posti di lavoro. Recentemente alcuni importanti passi sono stati fatti per sostenere l’ecosistema tech italiano, tra cui il CDP Venture Capital e il Fondo Nazionale per l’Innovazione, Enea Tech per il trasferimento tecnologico (no-
nostante gli alti e bassi), e il fondo Recovery, a disposizione delle aziende tech italiane. Nel contempo, una platea sempre più ampia di investitori professionali ed esperti, dal retail al family office, si sta avvicinando al Venture Capital sull’onda della crescita dei ritorni e di una normativa fiscale che incentiva fortemente questa tipologia di investimento (Decreto ministero dello Sviluppo economico del 28 dicembre 2020 Modalità di attuazione degli incentivi fiscali in regime de minimis all’investimento in start-up innovative e in Pmi innovative, ndr). Questa concentrazione di condizioni favorevoli potrebbe sostenere l’incremento degli investimenti in start up italiane sulla scia di quello già registrato nel primo semestre 2021 dall’ AIFI – Associazione Italiana Private Equity, Venture Capital e Private Debt: sono stati censiti 399 milioni investiti in startup, quasi il doppio di quanto registrato nel 2020 e per il 2021 ci si attende un nuovo record con il superamento del miliardo. Come selezionare le opportunità limitando il rischio Quali sono le prospettive di sviluppo del Venture Capital in Italia e perché la sua popolarità sta crescendo molto tra gli investitori? L’abbiamo chiesto ad Antonella Grassigli, recente vincitrice del titolo di Business Angel dell’anno, co-founder e ceo di Doorway. «Se da un lato le prospettive di rendimento, non correlato al ciclo economico, e i benefici fiscali si confermano allettanti», spiega Grassigli, «dall’altro, la rischiosità di questa asset class rende il Venture Capital un tema da maneggiare con cura data anche la sua natura di investimento tipicamente illiquido. Per questo motivo, abbiamo messo la riduzione del rischio al centro della nostra filosofia di selezione degli investimenti da proporre». Oggi esiste un’offerta abbastanza ampia di piattaforme online a
disposizione di chi intende investire in start up e Pmi innovative. Doorway ha scelto di focalizzarsi sul target Hnwi e degli investitori qualificati e professionali. Qual è il vostro modello operativo? «La nostra mission è quella di far incontrare investitori e aziende innovative ad elevata scalabilità in modo tale da fornire un ritorno finanziario», racconta Grassigli. «La fase di selezione dei progetti è cruciale e guarda non solo alle caratteristiche dell’azienda, ma, soprattutto, al potenziale di exit. Il processo è basato su una due diligence approfondita, affidata a professionisti interni ed esterni,che valuta i rischi e i potenziali benefici e definisce una valutazione pre-money equilibrata. Inoltre, il nostro approccio phygital: prevede numerose opportunità di incontro diretto tra investitori e founder. Nel giro di breve, inoltre, andremo ad offrire agli investitori anche la possibilità di costruire in autonomia un Pir alternativo grazie alla partnership con una primaria società fiduciaria italiana che si collegherà direttamente alla nostra piattaforma. In questo modo chi intende investire nell’economia reale può trarre vantaggio da un regime fiscale agevolato, che si estende anche alle eventuali minusvalenze, e dal nostro approccio alla selezione delle opportunità esistenti». Doorway è anche stata la prima piattaforma a integrare in modo sistematico i criteri Esg nel processo di selezione delle società. Che cosa significa questo per l’investitore? «Gli aspetti di sostenibilità orientano sempre più le scelte di investimento dei fondi di VC e diventano un fattore discriminante delle possibilità di exit. In linea con il nostro status di società “Benefit”, approcciamo la selezione guardando alla loro capacità di creazione di valore in senso ampio», prosegue la ceo e co-founder di Doorway. «Se al centro c’è il ritorno sull’investimento, l’aspetto di sostenibilità può contribuire
ANTONELLA GRASSIGLI, CEO DI DOORWAY
a potenziarlo. Partendo dal framework “La buona impresa” di PwC e Fondazione Buon Lavoro, abbiamo creato un modello proprietario di valutazione qualitativa che segmenta le aziende in quattro categorie in base all’approccio Esg. Nella selezione vengono così privilegiate quelle ad elevato potenziale di exit che creano un impatto positivo in termini Esg e, generalmente, solo il 2-3% di quelle valutate viene portato in fundraising».
Maggiore trasparenza e partecipazione all’investimento Quando si investe in una startup è importante anche guardare alla possibilità di influire sulla governance, ma raramente questo si rivela nel concreto fattibile. A quali condizioni è possibile incrementare la trasparenza per l’investitore? «Quando abbiamo pensato al nostro modello operativo, ci è sembrato naturale operare una sintesi tra l’esperienza dei soci fondatori, tutti Business Angel abituati ad apportare capitali e competenze, l’approccio dei fondi di Venture Capital, teso anche ad avere presenza nella governance, e le aspettative del nostro target di investitori esperti. Da qui è nato un modello che riunisce gli investitori in un Club Deal e raccoglie i capitali all’interno di una società veicolo dedicata. Questo permette di aumentare la massa critica e aver maggior peso nel Cda dell’azienda», racconta Grassigli. «Questa caratteristica ha un riflesso concreto sulla tutela degli investitori in quanto viene negoziato un contratto che regola i rapporti tra il veicolo e la startup anche in termini di diritti patrimoniali e gestionali. Alla guida del veicolo, scegliamo un “champion investor”, ovvero un investitore esperto del settore in cui la società opera, in grado di partecipare ai momenti decisionali più importanti nella vita dell’azienda e mantenere un flusso costante di informazioni verso gli altri soci».