Economy Like Dicembre 2019

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LIKE | ANNO I | N.9 | MENSILE | DICEMBRE | DATA DI USCITA IN EDICOLA: 3 DICEMBRE 2019

A SOLO 1 EURO!

Regali alla carta

food&travel Il menù di Natale e un viaggio nella cucina delle diverse regioni A pranzo con lo chef Antonio Guida Alla scoperta del caffè sostenibile

Coverstory Le Gift Card saranno protagoniste del prossimo Natale all’insegna della varietà infinita di scelta. Ecco come Epipoli, leader in Italia, ha sfruttato l’ingegno... di Archimede

lifestyle Alla scoperta della Scala, il tempio della musica lirica a Milano Perché l’open space è un bluff I consigli di stile di Bantoa





l'editoriale dell'OSPITE

Il canto di Natale

del pandoro ritrovato

CHI È Lucia Fracassi, amministratore delegato di

Melegatti da giugno del 2019

di Lucia Fracassi

È

la storia di un sogno che ne abbraccia un altro per diventare una realtà. O meglio, per ritornare ad esserlo. Perché il protagonista di questo canto di Natale 4.0 è Melegatti, azienda che è stata epitome e sinonimo del pandoro da 125 anni a questa parte. Poi qualcosa si guasta, arrivano gli inverni più freddi, la produzione che si interrompe. Abbiamo tutti letto abbondantemente attraverso la stampa specializzata, lo scorso anno, che cosa sia successo. In una parola: sembrava tutto finito. Ma, come ogni favola di Natale che si rispetti, arriva un “cavaliere bianco”. Non ha neanche bisogno di venire da lontano, basta la distanza che separa Verona da Vicenza. Lui è Roberto Spezzapria, figlio di una famiglia specializzata nella produzione di forge. L'imprenditore veneto, noto per reinvestire i profitti nelle aziende di proprietà, decide di lanciarsi in questa nuova avventura e di ridare vigore all'azienda. Rileva l’azienda dalla curatela fallimentare e decide di provare il rilancio partendo dalle eccellenze del territorio. È un gesto nobile, che ha l'obiettivo di restituire agli italiani un marchio storico, patrimonio di tutti noi e legato ai ricordi della nostra infanzia, come ci hanno ricordato i nostri consumatori. Siamo nel novembre 2018, il Natale è alle porte. E inizia la rinascita. Qualche mese dopo, grazie anche alla spinta propulsiva dei social network, Melegatti è ormai pronta a spiccare il volo. Ricomincia un fermento sempre più positivo, che parte da Pasqua e prosegue costante anche nei mesi successivi, per raggiungere il suo culmine con la produzione per Natale. Le linee vengono rimesse in moto cercando di andare a scovare piccole “chicche” per rendere i prodotti

ancora più golosi, come nel caso della farcitura realizzata con eccellenze locali. Dopo anni di silenzio, Melegatti torna a far sentire la sua voce con una campagna che comprende tv e digitale. L’intento è quello di riprendere a comunicare con i consumatori attraverso modalità innovative, con uno spot natalizio coinvolgente, ironico e con una forte componente emozionale. Ma, si diceva, la storia è composta da due sogni che si fondono. Raccontato quello di Melegatti, rimane il mio, Lucia Fracassi, a mia volta tra i protagonisti di questo piccolo racconto. Dopo esperienze – con crescenti responsabilità – nel

Nel mese di novembre 2018 Melegatti è stata acquistata dalla famiglia Spezzapria. E da allora ha ripreso a volare reparto finanziario di grandi aziende, fino ad arrivare a occupare la posizione di direttore generale e amministratore delegato, e dopo aver concluso la mia ultima vicenda lavorativa, entro in contatto a fine marzo, in modo fortuito, con l’azienda che vuole risorgere. Poi è tutto rapidissimo: ci siamo conosciuti e piaciuti dal punto di vista professionale. Quando mi è stato offerto di salire "a bordo" ho accettato con gioia. Così è ripartita la produzione, così è ricominciata la vita di tutti i giorni. È di nuovo Natale. (Testo raccolto da Marco Scotti)

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appuntamenti fino al 6 gennaio

Foresta natalizia La Foresta Natalizia di Birra Forst è un momento dell’anno che stuzzica tutti i sensi; offre ai suoi visitatori un ambiente sereno e ricco di emozioni, lontano dai ritmi di vita frenetici. Tutta da scoprire, la Foresta Natalizia ha riaperto i battenti il 20 novembre 2019. Un’atmosfera con tante luci scintillanti, focolari crepitanti, pittoresche casette natalizie, profumi inebrianti, incantevoli stand di oggettistica, una variegata gastronomia ed un’offerta d’intrattenimento unica per grandi e piccini: un invito a divertirsi, gustare, vivere e riscoprire un’aria festosa d’altri tempi. Il Natale è anche condivisione, per questo la Foresta

Natalizia è all’insegna della solidarietà con la sua raccolta di donazioni per l’associazione locale Onlus “L’Alto Adige aiuta” che sostiene persone bisognose in Alto Adige. Molteplici le possibilità per i visitatori. Una di queste è rappresentata dalle casette gastronomiche: immerse tra alberi decorati e romantici focolari si trovano le casette natalizie, nelle quali è possibile gustare i piatti tradizionali altoatesini abbinati alle specialità birrarie Forst, come ad esempio la birra natalizia, creata appositamente per l’occasione. Ognuna delle attraenti casette è unica nel suo genere e offre il calore ideale per passare del tempo insieme in una cerchia ristretta. Un’altra peculiarità è quella dell ristorante gourmet Felsenkeller, nel quale quest’anno il

leggendario executive chef altoatesino del Mandarin Oriental di Bangkok Norbert Kostner delizierà i suoi ospiti con creazioni gastronomiche esclusive della cucina tailandese. Questo luogo però è molto più di un ristorante d’alta gastronomia: ha anche la palla di Natale più grande al mondo.

Lagundo Merano (Bz)

5 – 8 dicembre

Chocomodica Modica città del cioccolato. Non è una novità ma ormai un binomio inscindibile. Perché è grazie a questo prodotto che è riuscita ad attirare visitatori. Per questo, la città dedica al cioccolato una tre giorni, trasformando i propri spazi e facendoli ancora più dolci, aggregando persone, dialogando con storici ed esperti, divertendosi a mettere le mani in pasta (di cacao), insieme a tutti i golosi e i curiosi di cose buone di secolare tradizione.

Modica (Rg)

fino al 15 dicembre

Candele a Candelara Sedicesima edizione della prima e unica festa italiana dedicata alle fiammelle di cera che si svolgerà nell’antico Borgo medievale dal 23 novembre al 15 dicembre 2019. Con due spegnimenti della luce elettrica, il paese sarà rischiarato dalla sola luce delle candele (17:30 e 18:30). Otto giorni tra mercatini natalizi, presepi, spettacoli, il Villaggio e l’Officina di Babbo Natale, artisti di strada e tante altre attrattive. Tanta gastronomia della tradizione per una vacanza ricca di emozioni.

Candelara (Pu)

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fino al 15 dicembre

Il borgo di Babbo Natale Ritorna l’appuntamento divenuto ormai un classico del borgo medievale piemontese. Ogni sabato e domenica, rispettivamente alle ore 11.00 e alle ore 10.00, nella centralissima Piazza Castello grandi e piccini potranno assistere all’arrivo di Babbo Natale. L’8 dicembre è prevista la corsa degli elfi, una gara non competitiva a ritmo libero aperta a tutti. Ogni giorno della manifestazione, nella Sala Affreschi, appuntamento con la cultura per i bambini dai 3 agli 11 anni con “Un libro sotto l’albero”.

Ricetto di Candelo (Bl)

fino al 29 dicembre

Presepe vivente nei sassi di Matera Un percorso presepiale, della durata di circa novanta minuti,riservate a due tipologie di visitatori: individuali e gruppi. Il Presepe Vivente nei Sassi di Matera – decima edizione – dal titolo “Tutto in quell’Istante” sarà realizzato in chiave teatrale, con la partecipazione di attori che metteranno in scena diversi contesti della vita quotidiana della Giudea di duemila anni fa, il tutto allestito in un percorso itinerante che si estende dal Centro Storico di Matera al Rione Sasso Barisano.

Matera

14 dicembre

Gourmet skisafari Sabato 14 dicembre si celebra l’inizio ufficiale della stagione invernale culinaria con il tipico (e attesissimo) Gourmet Skisafari. Si tratta di un goloso safari sugli sci a quota 2000 metri di altitudine nel cuore delle Dolomiti per il quale gli chef stellati che aderiscono al progetto “Sciare con gusto “ presenteranno le loro creazioni nei rifugi partner. Si tratta di piatti creati appositamente per l’iniziativa dell’Alta Badia con ingredienti di qualità caratteristici della cucina italiana. Il filo conduttore

dell’edizione 2019 – 2020 sono appunto i prodotti d’eccellenza di varie regioni d’Italia. Il bello di questa giornata è che non dovrete scegliere un rifugio o un piatto. Sciando da un rifugio all’altro avrete la possibilità di provare diverse delizie e, soprattutto, avrete la possibilità di incontrare personalmente gli chef, farci due chiacchiere e scoprire la loro

personale storia e il rapporto che hanno con la cucina e con l’Alta Badia. Un’occasione imperdibile che, grazie all’acquisto di un apposito pass, consentirà agli appassionati di sci e di cucina di godere di un’esperienza unica. E, soprattutto, senza sensi di colpa: per smaltire i manicaretti cucinati ad hoc dagli chef che hanno scelto di aderire alla manifestazione, infatti, basterà lanciarsi da una delle bellissime pista da sci che rendono l’Alta Badia uno dei luoghi simbolo per gli “sci-turisti”. Un modo alternativo per passare il penultimo sabato libero prima dell’arrivo del tanto agognato e desiderato Natale.

Alta Badia

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sommario

COVERSTORY

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Il mercato delle gift card Chi sono, che cosa vogliono diventare e perché sono in costante crescita queste carte?

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Pina Panunzio, lady Epipoli Un'intervista con la responsabile marketing del brand leader in Italia nel mercato delle gift card

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Test: e tu che gift card sei? Dodici domande serie (ma non troppo) per capire quale sia la carta regalo più adatta a voi

FOOD&TRAVEL

22 Il giro d'Italia con le specialità

più dolci in vista del Natale Un tour alla scoperta dei prodotti tipici e delle tradizioni delle regioni

26 Panettone, il re della tavola che

non vuole scendere dal trono Semplice, glassato o farcito: ecco perché non si può stare senza

28 Facile dire "menù di Natale"

ma qual è quello più giusto? Un viaggio nelle tradizioni gastronomiche, tra piatti e ricordi

32 Cucina buona in tempi cattivi

Ovvero, viva le pietanze povere Perché il pranzo di Natale era e rimane una festa per tutti

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42 Perché una tazzina di caffè a

un euro non è più sostenibile A colloquio con Francesco Sanapo, esperto degustatore e selezionatore

44 La fabbrica di sushi che ha

conquistato la Gdo KellyDely ha saputo diventare il fornitore di tutti i principali brand

36 Quell'incubo chiamato avanzi:

46 Quanto è lussuosa la mia

38 «In cucina c'è solo un dogma:

48 Il Capodanno è più bello se lo

che cosa mettere in tavola? Con le soluzioni svuota frigo si evitano gli sprechi e si aguzza l'acume

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divertirsi». Parla Antonio Guida Lo chef, due stelle Michelin, racconta la sua idea di cucina a Milano

suite... a 10.000 metri Viaggio nelle prime classi da sogno delle migliori compagnie aeree

si festeggia in Sicilia Una vacanza nell'isola diventa l'occasione per nuove scoperte



sommario

LIFESTYLE

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54 Se lo sport incontra la solidarietà

In redazione Marina Marinetti (caporedattore), Marco Muffato, Davide Passoni, Riccardo Venturi

la prima della Scala diventa mito Il 7 dicembre è un appuntamento imperdibile per gli appassionati di lirica

Hanno collaborato Gianfranco Brambati, Gilda Ciaruffoli, Luigi Ciccarelli, Lucia Fracassi, Francesca Frediani, Fiona May, Franco Oppedisano, Davide Schiavon, Monica Setta, Luca Vitale, Chiara Volontè

Ma quale lavoro agile, l'open space è un bluff smascherato da Harvard La mancanza di privacy incide negativamente sulla produttività del team

62 Con le sue biciclette Trek vuole

provare a migliorare il mondo Un'azienda da un miliardo di fatturato che sta puntando sulla e-mobility

64 A Roma si respira Natale: tutti gli

eventi che l'hanno animata Dai Fashion Glamour Awards alle feste delle pr più famose (e brave) della Capitale

66 Il nuovo trend per la moda è il

Vinyl, l'abbigliamento più rock Vestiti aderenti, animo ribelle: ecco tutti i suggerimenti delle influencer Bantoa

68 Ogni giorno è una festa con

il beauty calendario dell'avvento 24 cassettini che raccolgono, come scrigni preziosi, trucchi e altre sorprese

70 Tutta la potenza della cabrio Amg

Tre lettere che fanno la differenza (e non solo per il prezzo). Ecco perché

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Allegato alla LaFreccia, mensile di bordo di Frecciarossa-Trenitalia

Coordinamento Marco Scotti

56 Tra Tosca e... Toscanini: così 60

per Grimaldi Lines

Direttore responsabile Sergio Luciano

Fiona May testimonial Don Bosco L'atleta, plurimedagliata, è diventata uno dei volti dell'Associazione

Edizione speciale

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DATECI CREDITO

74 Se la pensione non è più un

miraggio il ramo vita si ferma L'introduzione di "Quota 100" ha cambiato le regole. Ma non è un bene

76 Rc auto: calano i prezzi anche al

sud, ma rimangono degli allarmi Gli incidenti, circa 2 milioni all'anno, costano alle compagnie 5 miliardi

78 Enigmistica 82 Le ragioni del gossip

Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi, Liliana Nori Segreteria di redazione Monia Manzoni Per la pubblicità su questa rivista commerciale@economymag.it Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Direttore Generale Pier Carlo Barberis Editore incaricato Domenico Marasco Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Casa editrice Economy s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Registrazione Tribunale di Milano n. 24 del 14/02/2019 Stampa Arti Grafiche Boccia Spa Via Tiberio Claudio Felice 7 84131 Salerno


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a.a. 2019-20

13 dicembre 2019 13, 17 e 24 gennaio 2020 dalle 10 alle 13


story

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coverstory

L'intervista

Sulle orme di Archimede ecco come

Epipoli ha vinto la sfida

Un segmento in costante crescita in Italia, quello delle Gift Card, che ha come leader di mercato l'azienda fondata da Gaetano Giannetto. Grazie a un sistema di partnership sempre più forte e a strategie... geniali di Marco Scotti

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omanda: qual è quello strumento che, negli Stati Uniti, è stato capace di creare un ecosistema che da solo vale qualcosa come 650 miliardi di dollari? È il comparto delle carte regalo, altrimenti note con il nome di Gift Card. Ma che cosa sono? Si tratta di strumenti prepagati (tipicamente in tagli da 25, 50 e 100 euro) che consentono di acquistare beni per un valore prestabilito in un negozio, in una catena o, ed è questo l’aspetto più innovativo, semplicemente presso esercizi che accettino come forma di pagamento una carta di credito. Ogni anno gli americani ne acquistano, mediamente, una quindicina a testa. In Italia il mercato è ancora in fase di svi-


Il mondo delle gift card

luppo ma sta crescendo bene e già oggi vale circa 500 milioni di euro con stime di incremento dei volumi per i prossimi dieci anni che dovrebbero farlo arrivare fino a 20 miliardi complessivi. Si tratta di un trend in costante ascesa, come testimoniato da un White Paper recentemente pubblicato negli Stati Uniti: oltre oceano, infatti, un americano su quattro ha intenzione di acquistare una Gift Card come regalo per le imminenti festività natalizie, più di qualsiasi altro tipo di dono, compresi i "sempre verdi" vestiti che sembravano avere un primato difficilmente attacabile. Di più: il 60% degli intervistati mette al primo posto tra i doni più desiderati proprio la carta regalo. Niente più smartphone, videogiochi o abbigliamento all’ultima moda. Il regalo utile e pratico ha soppiantato la sorpresa inattesa.

coverstory

Le ultime novità In casa Epipoli, come detto, si è sempre alla continua ricerca di nuove soluzioni e di nuove offerte per il pubblico. Per questo motivo è nata la Restaurant Card, che consente di recarsi in qualsiasi ristorante che accetti una carta Mastercard. il primo esperimento di questo tipo nel nostro Paese. Nel Regno Unito questa Gift Card rivolta al segmento food sta già ottenendo risultati molto interessanti ed è per questo che Epipoli la sta lanciando in Italia dove per tradizione il momento dei pasti è sinonimo di condivisione di convivialità e di tempo di qualità da trascorrere con famiglia e amici. Grazie alla Restaurant Card da questo Natale sarà possibile mettere sotto l’albero una gioiosa esperienza. Un’altra novità è la MyGiftCard Plus Si tratta di una carta regalo “in bianco” che è dotata di un codice.

Si tratta di una

Gift card che non nasce specializzata su un solo marchio ma che offre la libertà, a chi la riceve, di scegliere il proprio dono. Chi la riceve, infatti, si

Epipoli ha circa l'80% del mercato delle Gift Card in Italia. L'avventura è iniziata nel 2006 e oggi ha completato la sua offerta con due nuovi prodotti Epipoli: il leader in Italia Nel nostro Paese, a fare la parte del leone c’è Epipoli, leader indiscusso del segmento con circa l’80% della quota di mercato. Epipoli prende il nome dal quartiere siracusano dove nacque Archimede, il supremo matematico celebre per il suo “Eureka!” (“Ho trovato!”) perché proprio a Epipoli è nato, un paio di millenni dopo, un signore contraddistinto da altrettanta vivacità mentale: Gaetano Giannetto. La sua avventura, iniziata nel 2000, è proseguita nel 2006 con la nascita di MyGiftCard, che ha significato l’introduzione in Italia delle Gift Card. Oggi le Gift Card sono distribuite in oltre 50.000 punti vendita ed Epipoli ha contrattualizzato

reca sul sito e seleziona la soluzione preferita per redimerla all’interno del nutrito catalogo che l’azienda di Giannetto ha messo in piedi in questi 13 anni. Una idea vincente per chi non vuole sbagliare regalo in un mondo 2.0.

praticamente tutti i grandi Brand che oggi offrono i propri prodotti e servizi attraverso questo strumento che rappresenta un punto di convergenza tra canale, marketing e finanza. Vent'anni da numero uno Vent’anni dopo, e siamo ai nostri giorni, Epipoli, con i prodotti Restaurant Card e MyGiftCard Plus, le novità del Natale 2019, completa la sua offerta di Gift Card caratterizzate da una grande libertà di scelta e muta, al tempo stesso il suo ruolo: da distributore di Gift Card diventa, infatti, inventore di nuove soluzioni, un vero e proprio emettitore, issuer come dicono gli inglesi. E con questa capacità si affaccia al mercato mondiale portando in dote la creatività e l’execution che contraddistingue il nostro paese. Si perché Epipoli, dall’Italia, continua a vincere premi Internazionali e Giannetto è diventato uno dei punti di riferimento per quel che riguarda l’innovazione di questo mercato. Forse tra non molto non saranno quindi solo gli italiani, che, quando sceglieranno la loro Gift Card esclameranno “Eureka!”.

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coverstory

L'intervista

«Addio al regalo sbagliato» «L

e Gift Card rappresentano la nostra specializzazione e la nostra passione. Una definizione divertente che ci è capitato di sentire di recente è che sono l’alternativa tecnologicamente evoluta alla vecchia “busta” della nonna. Il regalo in denaro ma pieno d’affetto che si fa ancora oggi in tante famiglie tradizionali nei momenti importanti. E in effetti ci sono migliaia di motivi diversi per regalarne una Gift Card, perché sono tantissimi i partner con cui collaboriamo». Pina Panunzio, la manager che dal 2007 ha in mano il marketing e la comunicazione di Epipoli (oltre a essere membro del board), prova a descrivere così il mondo delle carte regalo, un business in costante crescita in cui la società, con il marchio MyGiftCard gioca la parte del leone. Dopo 10 anni spesi nelle agenzie di pubblicità, ha prima scelto di entrare in aziende del comparto lusso, poi ha deciso di dedicarsi interamente alle Gift Card, divenute ormai un’alternativa valida per qualsiasi tipo di regalo. Lei, pugliese d’origine, ricorda con un sorriso di quando “scendeva” a Molfetta con le valigie piene di regali. «Oggi, invece – ci racconta sorridendo – mi bastano delle bustine di carta che possono essere tranquillamente tenute all’interno di una borsetta». Panunzio, ma lei come si spiega questo successo inarrestabile delle vostre Gift Card? Prima di tutto perché permettono di eliminare definitivamente il rischio del regalo sbagliato o che non si usa. E ci si sbarazza dell’imbarazzo per la taglia o il colore non di gusto, che costringono chi riceve il regalo ad andarlo a cambiare alla prima occasione utile. Abbiamo un ecosistema di partner talmente vasto che possiamo venire incontro alle esigenze di chiunque. Per questo il primo claim che abbiamo creato era, ed è rimasto per molti anni: “Il regalo perfetto garantito dai Grandi Brand”. Non starà esagerando? No davvero, anzi: pensiamo ad esempio al mondo dello sport. Abbiamo fatto accordi con almeno due giganti della distribuzione che hanno però intenti completamente diversi. C’è Footlocker, che è il tempio della scarpa gergalmente nota come “da ginnastica” ma che ha invece una parte di abbigliamento imprescindibile anche per gli over 40. Sono accessori anche costosi, dei veri e propri “must have”. Poi c’è Decathlon, che rappresenta la democratizzazione dello sport e un viatico per chi si approccia a una nuova attività. È un gesto di cura donare una carta Decathlon: si invita il destinatario a cimentarsi con uno sport, sapendo che è un settore che lo interessa.

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pina panunzio, a capo della divisione marketing e comunicazione di epipoli. è anche membro del board dell'azienda

La Gift Card come passepartout? Sì, in effetti è così. Noi stiamo vendendo sostanzialmente un’esperienza, che è un bene di consumo, in costante crescita. Attraverso una carta regalo si va incontro a qualunque palato. Il nostro desiderio è quello di “giftcardizzare” qualunque esigenza della vita quotidiana. Ad esempio? Ad esempio nel ramo assicurazioni: abbiamo una partnership con Unipol che ci permette di vendere una Gift Card per assicurare gli amici a quattro zampe, cani e gatti che siano.Si tratta di un bellissimo prodotto che si può comprare in farmacia Dove vendete i vostri prodotti? Molto spesso il punto vendita della grande distribuzione organizzata che ci permette di raggiungere la clientela. Ma ci sono anche catene come la Feltrinelli e


Mondadori e alcuni retailer dell’elettronica di consumo. Dico sempre che il nostro espositore è il metro quadro più vivace e redditizio all’interno di un supermercato. Quando si arriva vicino alle casse, di fronte al nostro espositore con tutte le Gift Card, si apre un mondo di possibili soluzioni e di potenziali regali. Un vero e proprio acceleratore di idee che consente di trovare il dono giusto anche se, come capita sempre più spesso, ci si riduce all’ultimo per fare i regali. È un patchwork colorato e multifunzionale che dà la possibilità di sognare anche a chi sta facendo il dono. E a chi dice che si tratta di un regalo freddo e poco meditato come replica?

«Le gift card hanno una funzionalità asincrona, ovvero possono essere spese anche dopo mesi dal momento in cui si ricevono, moltiplicando il piacere del dono» Chenon è vero! . Basti pensare dei molteplici aspetti che Gift Card risolve. C’è una sfera di utilità, come nel caso della benzina, ma anche una stimolazione dell’area del piacere, quando si ottiene un buono da spendere in qualsiasi momento. E poi c’è quella che io definisco “Intention to Gift”. Mi spiego: se io so che a mia sorella piacciono i profumi, le regalo una Gift Card Douglas che ha 600 punti vendita in Italia e la costringo a soddisfare un suo desiderio di bellezza. E poi c’è una funzionalità asincrona che ci rende particolarmente orgogliosi… In che senso, scusi? Nel senso che è un dono che ha un anno di tempo per essere attivato e altri 12 mesi per essere speso. Significa, banalmente, che la Gift Card si può spendere per i saldi del dopo Natale, aumentando il potere d’acquisto del singolo coupon. E, ancora, si raddoppia il momento di godimento: quando lo si riceve e quando poi, fisicamente, lo si spende. Non è un regalo freddo perché offre una grande quantità di scelte. Poi ci sono altri due aspetti che vale la pena sottolineare. Quali sarebbero? Il primo è relativo a quello che io chiamo il “neorealismo” dei regali, il secondo riguarda la scelta di donare del tempo insieme. Fino a qualche anno fa il dono imponeva, per essere tale, di avere un determinato costo. Altrimenti si rischiava di fare brutta figura. E poi il prezzo doveva restare segreto, perché era maleducazione rivelarlo. Oggi invece, con i comparatori che consentono in tempo reale di vedere il valore di qualsiasi oggetto, il tema del prezzo non è più così importante e la forbice con il percepito è definitivamente caduta. L’altro aspetto? L’altro aspetto è quello relativo al voler trascorrere del tempo insieme. Se si dona a qualcuno una

Gift Card spendibile al cinema o per comprare i biglietti di un concerto o, ancora, per un centro commerciale si sta inviando un messaggio preciso al destinatario: si sta dicendo che si è pagato un determinato servizio ma che in quel luogo si va insieme. Insieme si va a fare shopping, insieme si sceglie di andare a sentire un concerto e così via. Abbiamo di fronte un’ampiezza e una libertà di scelta che sono impareggiabili. Pensiamo anche semplicemente al libro. Ovvero? Si dice sempre che in Italia si legge poco anche perché è sempre così difficile regalare un volume. Si rischia di non azzeccare l’autore, la tipologia e via discorrendo, ma se io dono una Gift Card da spendere in una libreria, si abbattono le barriere e si riesce a far sì che la persona in questione possa comprare esattamente ciò che desidera. Detto fra noi, la mia Gift card preferita è proprio una de la Feltrinelli! Infine c’è un’ultima dimensione, quella ludica. Ci dica di più… Abbiamo un accordo con GameStop che attrae sì i ragazzi, ma anche gli adulti appassionati di videogame. E in questa catena di negozi, che è una specie di “mecca” dell’intrattenimento per console, si può trovare qualsiasi cosa. E dunque mai più senza Gift Card? Naturalmente: è il regalo perfetto per qualsiasi occasione, senza più correre il rischio di donare qualcosa di sbagliato. E scusate se è poco…

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coverstory

a ciascuno la sua gift card

Quale Gift Card regalare? Il test che salva il Natale! Domande 1. Dove compri i regali di Natale? a) In negozi diversi a seconda di chi li riceverà b) Non so, dove mi capita c) Solo nelle migliori boutique d) Al centro commerciale e) Online 2. Quando compri regali di Natale? a) Lo faccio fare agli altri. Non sono mica Babbo Natale io! b) La settimana prima di Natale c) Con molto anticipo, non si sa mai d) Quando mi sento ispirato… e) All’ultimo momento, non riesco ad organizzarmi 3.Se il destinatario del tuo regalo fosse un oggetto sarebbe… a) Un libro, un fumetto, un film per scoprire nuovi mondi! b) Un paio di occhiali da sole c) Un giradischi d) Non fatemi domande difficili, in fondo questo è solo un test! e) Un paio di cuffie 4.Cosa fa nel tempo la persona a cui devi fare il regalo? a) Non ne ho idea, ma se mi date un attimo consulto Instagram b) Ha sempre da fare, non sa neanche cosa sia il tempo libero c) Organizza le serate perfette in compagnia dei suoi amici d) È un mistero che neanche Sherlock Holmes potrebbe risolvere e) Ha mille passioni, non riesco a stargli dietro! 5. Se il destinatario del tuo regalo fosse un animale sarebbe… a) Pensavo fosse un test divertente, ora inizio a sentirmi in difficoltà… b) Un gatto c) Una farfalla d) Un delfino e) Un dinosauro

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6. Quando la persona a cui devi fare il regalo va a fare la spesa… a) Ha sempre con sé la lista b) Credo che non sappia neanche dove sia il supermercato c) Dimentica sempre qualcosa d) …Spero che poi mi inviti a cena e) Acquista quello che capita 7. Cosa legge il destinatario del tuo regalo? a) Non so, immagino almeno la bacheca di Facebook b) Giusto il Menu del ristorante c) Di tutto, a patto che non duri più di 100 pagine! d) L’ultimo autore sulla cresta dell’onda e) Solo grandi classici 8. Cosa guarda in TV il destinatario del tuo regalo? a) quello che gli va b) programmi per scoprire nuovi mondi c) Non si perde neanche un talent d) Solo programmi on demand e) il Televideo 9. Cosa ne pensa della palestra il destinatario del tuo regalo? a) Non so, ma è un abile lanciatore di coriandoli b) La sauna è il suo posto preferito c) Non pensa: esegue! d) Ha trovato molti utilizzi alternativi per la tessera e) La palestra è sopravvalutata 10. Il suo personaggio cinematografico preferito a) Indiana Jones b) Luke Skywalker c) Quello famoso… dai, mi sfugge sempre il nome! d) Miranda Priestley e) La Principessa Sissi 11. Se il destinatario del tuo regalo fosse un cartone animato sarebbe…


Sei in crisi con i regali? MyGiftCard ha la soluzione per te: fai il test pensando alla persona a cui proprio non sai cosa regalare e scopri la Gift Card più adatta!

Punteggi:

Profili

Domanda 1

Da 0 a 12 punti – Epipoli Prepagata Mastercard

a) 3 - b) 1 - c) 6 - d) 1 - e) 8

Indecisione è il tuo secondo nome, ma noi abbiamo

Domanda 2

la soluzione per te: Epipoli Prepagata Mastercard… e il regalo

a) 1 - b) 3 - c) 6 - d) 8 - e) 1

lo decide chi la riceve!

Domanda 3 a) 3 - b) 6 - c) 9 - d) 1 - e) 8

Da 13 a 20 punti – MyGiftCard Plus

Domanda 4

Se il tuo destinatario è così poliedrico da lasciarti senza idee,

a) 1 - b) 3 - c) 6 - d) 8 - e) 4

allora la soluzione ideale è la MyGiftCard Plus: la carta che

Domanda 5

contiene tutto, Gift Card dei grandi marchi, esperienze, viaggi e

a) 1 - b) 3 - c) 6 - d) 8 - e) 3

tanto altro!

Domanda 6 a) 8 - b) 3 - c) 6 - d) 1 - e) 1

Da 21 a 36 punti – Restaurant Card

Domanda 7

Il tuo destinatario è curioso, attivo e amante della bella vita:

a) 1 - b) 3 - c) 6 - d) 8 - e) 5

regalagli una serata perfetta con la nostra Restaurant Card,

Domanda 8

la carta valida in tutti i ristoranti che accettano Mastercard… e

a) 1 - b) 3 - c) 6 - d) 8 - e) 2

buon appetito!

Domanda 9 a) 1 - b) 3 - c) 6 - d) 8 - e) 1

Da 37 a 52 punti – Gift Card Tamoil

Domanda 10

La carta perfetta per andare ovunque: il regalo ideale per chi è

a) 3 - b) 8 - c) 1 - d) 5 - e) 6

dinamico, attivo e sempre desideroso di scoprire posti nuovi. Si

Domanda 11

parte…

a) 1- b) 3 - c) 6 - d) 8 - e) 5

Domanda 12

Da 53 a 68 punti – Gift Card Zalando

a) 1 - b) 3 - c) 6 - d) 8 e) 2

Per un destinatario alla moda e molto attento al suo aspetto fisico, questa è davvero la carta ideale (soprattutto perché

a) Non siamo un po’ cresciuti? b) Cars c) Gli Aristogatti d) Monster & Co e) Wall-e

non rischi di sbagliare taglia e colore!)

Da 69 a 84 punti – Gift Card Douglas Un profumo, una crema, una coccola da profumeria… cosa c’è di meglio per chi ama prendersi cura di sé e del proprio corpo? E non devi neanche andare a rovistare nel suo

12. Il suo piatto preferito… a) Di certo glielo ha preparato la mamma b) Sapori classici, ma con un tocco di sperimentazione c) Sushi, sushi, fortissimamente sushi! d) Tradizionale, gustoso, meglio se abbondante e) Pizza, in tutte le sue versioni

armadietto per essere certo di non sbagliare!

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NOTIZIE E STORIE DI MOTORI


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I dolci di Natale

Il lato dolce del

Belpaese

Giro d’Italia nelle specialità al sapore di zucchero dedicate alle feste e legate a tradizioni golose che vanno a braccetto con riti e gesti antichi

Veneto Nadalina In dialetto si chiama nadalin ed è una focaccia dolce a forma di stella. Le sue radici risalgono ai “pan de oro” che, durante la Repubblica di Venezia, troneggiavano sulle più ricche tavole di Natale adornati, come molti altri cibi, di sottili lamine auree. Oggi il dolce mantiene il ricordo dell’oro nel colore della pasta mentre il clima di festa è rievocato dal suo aspetto.

Valle d’Aosta Micooula Da molti considerato l’antenato valdostano del panettone, è un “pane un po’ piccolo e un pò speciale” come vuole la traduzione del suo nome dal patois franco-provenzale. Originario del Medioevo e per tradizione con castagne nella vallata di Champorcher, è un pane di segale oggi arricchito anche con noci, fichi secchi, uva passa e, qualche volta, anche con pezzettini di cioccolato. Preparato per celebrare le festività natalizie è anche, secondo una leggenda, il dolce preferito degli ourdzon, i nanetti dei boschi. Ogni anno la Micooula è al centro di una festa che l’8 dicembre ad Hône omaggia la specialità con stand gastronomici.

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Trentino Zelten Rientra nella tradizione dei pani dolci, nati dalla cucina povera e nel tempo arricchiti con nuovi ingredienti. Dal Settecento sono diventati simbolo dell’abbondanza offerto in dono a partire dal giorno di Santa Lucia. Il nome è legato all’avverbio tedesco “selten” che vuol dire “a volte” e sottolinea la periodicità della preparazione sotto Natale. È un tipico pane di frutta, ma la ricetta varia da una valle all’altra e di famiglia in famiglia. Lo Zelten trentino è più ricco di pasta e più povero di frutta, ingrediente che invece abbonda nella versione sudtirolese.

Alto Adige Christollen Nella stanza più calda (stube) il giorno di Natale non devono mai mancare due segni augurali: un ramo di ciliegio fiorito (tagliato dall’albero portafortuna il giorno di Santa Barbara, 4 dicembre) e questo pane dolce molto simile allo strudel, zeppo di frutta secca e candita. Preparato già dai primi di dicembre, il Christollen viene spennellato di burro fuso e cosparso di zucchero a velo per evitare che arrivi troppo secco a Natale. Fino alla festa è usato come ornamento dell’ambiente accanto al classico pino con luci e decorazioni.

Liguria Pandolce È una sorta di panettone (più basso) che la Repubblica Marinara di Genova avrebbe importato dall’Oriente. Tra gli ingredienti spiccano la zucca candita, pistacchi, semi di finocchio e acqua di fiori d’arancio. Le usanze attorno al “grigheu” genovese sono però prettamente liguri. Impastato l’antivigilia era fatto lievitare sotto il letto per tenerlo al caldo. In tavola, adornato con un ramoscello d’alloro (simbolo di buon augurio), fungeva da nascondiglio per la letterina dei buoni propositi dei bambini. Al commensale più giovane spettava il taglio della prima fetta che, avvolta in un tovagliolo bianco, doveva essere offerta a un povero.

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I dolci di Natale

Emilia-Romagna Spongata 1454: le cronache narrano di spongate natalizie inviate in dono al duca Francesco Sforza di Milano. Di antiche tradizioni, ebraiche secondo alcuni, è un doppio disco di pasta frolla ripieno di mostarda di frutta, miele, mandorle, uvetta, pinoli, cannella. Il nome deriva probabilmente dall’aspetto spugnoso e irregolare della superficie.

Marche Frustignolo Da “frusto”, povero, questa torta natalizia per molti ha visto la luce ad Ascoli Piceno per usare gli avanzi. A base di fichi secchi, farina integrale, miele uvetta, noci, mosto cotto, secondo la ricetta antica prevede anche l’aggiunta della sapa, sciroppo a base di uva e noci che l’affianca a preparazioni simili in Grecia, Turchia e Tunisia.

I dolci regionali declinano due grandi filoni: quello dei Pani con frutta secca e i croccanti aromatizzati con spezie e miele Lazio Pangiallo Lo si preparava già nella Roma imperiale, quando era d’uso distribuire dolci dorati durante la festa del solstizio d’inverno per favorire il ritorno del sole. Tradizionalmente prevedeva l’impasto di frutta secca, miele e cedro candito, ricoperto da uno strato di pastella d’uovo. Una curiosità: nome e colore non sono collegati alla farina di granturco, apparsa dopo i Romani e usata raramente, ma a un pizzico di zafferano aggiunto nella glassa.

Puglia Carteddate Originarie della provincia di Foggia, sono diffuse in tutta la Puglia. Hanno una forma di rosa composta con nastri di pasta sfoglia, che devono essere sottilissimi come la carta oleata che si usava una volta, simile a quella da forno di oggi. Tradizionalmente impregnate di vincotto tiepido o miele, la loro versione varia nelle diverse famiglie. Alcuni optano per la frittura, altri per la cottura in forno.

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Il bicchiere? Passito “Di luce” e “di calore”, come li battezzò Luigi Veronelli, i passiti sono il bicchiere ideale per gustare i dolci delle feste. Si chiamano così perché prima della vinificazione l’uva è sottoposta all’appassimento, un processo che ha molti secoli alle spalle (lo utilizzavano già i Greci) e che

Campania Struffoli Tra i dolci più tipici di Napoli, alla pari con la sfogliatella e la celebre pastiera, queste palline di pasta fritta, addolcita con miele, sono un must alla fine del pranzo natalizio. Pare che nel Golfo di Napoli ci siano arrivati con i Greci, al tempo di Partenope. E dal greco deriverebbe il nome “struffolo”: da “strongoulos”, arrotondato. Impregnati di miele caldo sono serviti con una “spolverata” di confettini e frutta candita.

porta alla riduzione o eliminazione dell’acqua presente nell’acino. Lo scopo di sottoporre l’uva a una sorta di sovramaturazione è quello di aumentarne il tenore alcolico e zuccherino. Gli appassimenti sono ottenuti con tecniche differenti a seconda delle regioni e delle condizioni climatiche. L’uva, esposta al sole o appesa in locali areati, resta ad appassire per molti mesi. Durante l’appassimento perde notevolmente peso (100 chili freschi producono la metà di uva appassita). Nella torchiatura si ottengono al massimo 25 chili di mosto con una concentrazione zuccherina altissima.

Basilicata Passulate Croccantini serviti su foglie di limone, chiudono la cena della vigilia di Natale. Un’usanza condivisa con la Calabria come gesto di benvenuto. I dolci croccanti al miele sono composti da noci, mandorle, uva sultanina, chiodi di garofano, cedro candito, miele, farina e vino dolce passito.

Sicilia Giurgiulena Come per molti altri dolci siciliani la giurgiulena - specialità imparentata con il croccante, chiamata anche giuggiulena o cubàita - è erede della pasticceria araba. Ingrediente principe è il sesamo (per una dose destinata a quattro persone ce ne vogliono almeno 250 grammi), che in siciliano diventa a volte giuggiulena, gigiolena o ciciulena. Di lunga preparazione, richiede un riposo di 24 ore.

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Il re della tavola I

ntorno alle origini del panettone, il dolce simbolo della tradizione natalizia, esistono diverse storie, che spesso sfumano nella favola. La nascita del dolce da forno più amato dagli italiani è infatti tradizionalmente legata alla città di Milano, anche se i racconti della sua genesi sono vari. Tra i più accreditati, quello che ci parla dell’amore tra il falconiere Ughetto degli Atellani e la bella Algisa, figlia di un fornaio, dal quale il ragazzo si fece assumere e del quale si assicurò le simpatie preparando questo impasto con farina, uova, burro, miele e uva sultanina: un’intuizione che fece la sua fortuna, in ogni senso. Altri sostengono che all’origine del panettone ci sia un dolce bruciato alla corte di Ludovico il Moro. Per rimediate all’errore uno sguattero tentò di preparare qualcosa con i pochi ingredienti a sua disposizione e infornò, senza rendersene conto, cotanta delizia. Lo sguattero si chiamava Toni e il dolce prese il nome di pane di Toni… Pare però che la genesi del panettone affondi in realtà le radici in luoghi diversi e tempi ancora più remoti. Stiamo parlando della “cerimonia

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del ceppo”, rito di fine anno che incorporava in sé credenze pagane e usanze cristiane. La cerimonia prevedeva che il capofamiglia incidesse una croce sulla sommità di un “pane grande” per consacrarlo al nuovo anno. Tutti i familiari quindi si riunivano accanto al focolare, dove ardeva un ceppo di quercia sopra un letto di ginepro, per riceverne un pezzo e consumarlo in comunione con gli altri. Gli ingredienti di quel pane avevano un preciso significato: l’uvetta simboleggiava soldi, l’arancia amore e il cedro eternità, ovvero salute. Con l’andar del tempo si diffuse la consuetudine di preparare questo pane sacro solo con farina bianca di frumento, ingrediente che ne sottolineava l’eccezionalità: da qui il pane di Natale che venne chiama-


Ode al panettone

to pan del ton (“pane di lusso”), da cui panettone. Una tradizione, tante ricette Anche oggi la scelta degli ingredienti nella realizzazione del panettone è prioritaria, e la loro lavorazione ha ritmi e riti imprescindibili. Farina tipo Manitoba di finissima qualità, uova e burro freschi, miele e zucchero italiani, oltre a prodotti Dop o di origine tipica come le scorze di arance di Sicilia candite, la morbida uvetta sultanina della Turchia, il cedro candito di Diamante, le mandorle di Avola e l’aromatica vaniglia Mananara del Madagascar, sono alla base del panettone perfetto. Senza dimenticare la lievitazione, per la quale è impiegato esclusivamente lievito madre, e che richiede ben 72 ore di paziente attesa. Detto questo, ogni vero maestro pasticcere dà al proprio panettone una personalità unica. Numerose infatti le possibili varianti sul tema: c’è il

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Sbaraglia il carrello dei dolci durante cenoni e pranzi nei giorni di festa: semplice, glassato o farcito, il panettone è sempre protagonista. Tutti sappiamo che arriva da Milano, ma se le cose stessero diversamente? panettone al chinotto, quello al fico dottato cosentino (Calabria), al mandarino tardivo di Ciaculli, oppure all’albicocca e zenzero. Per assaporarne tutta la fragranza, il panettone va consumato entro dieci giorni dalla produzione! I prezzi variano dai 20 ai 40 euro anche se, bisogna dirlo, in questo tempo di crisi, sono in molti a cimentarsi nella preparazione casalinga di questo di dolce, nonostrante si tratti di una vera e propria impresa. Il panettone rappresenta per la pasticceria italiana un mercato da 29mila tonnellate e 217 milioni di euro di fatturato, nel quale il consumatore ricerca sempre più una proposta qualitativa. Sebbene l’80% dei panettoni siano distribuiti attraverso il canale Grande Distribuzione, la produzione di panettoni artigianali oggi vale107,3 milioni di euro, la metà del complessivo. A riprova del fatto che si può risparmiare su tutto, ma non sul re della tavola natalizia....

In principio fu il pane Era fatto di pasta lievitata e nobilitato con spezie, uvetta, frutta secca, miele o zucchero, il dolce tipico dell’Italia per così dire contadina. In sostanza un pane, ma dolce. Ancora oggi questa è la base di alcuni dei dolci natalizi più caratteristici, e davvero si potrebbe fare un viaggio attraverso il Bel Paese lungo le strade che portano a scoprire le mille varianti possibili – a volte davvero sottili – che consentono, partendo dagli stessi ingredienti, di ottenere una così notevole varietà di prodotti. Il nostro consiglio è intanto quello di iniziare a scoprire un angolo d’Italia recentemente definito come uno dei luoghi meno conosciuti e più belli del mondo, la Tuscia, ovvero i territori compresi nella provincia di Viterbo. Tra i prodotti agricoli più importanti della zona c’è la nocciola gentile romana, che entra di diritto nella preparazione del Pangiallo, il tipico dolce natalizio dell’area viterbese a base di frutta secca, tra cui, oltre alle nocciole, troviamo noci, mandorle, uvetta sultanina, pinoli, canditi, cannella, cioccolato; il colore giallo deriva dallo zafferano, impiegato almeno dal XVIII secolo. Il Pangiallo è quasi introvabile al di fuori del periodo natalizio, ed è caratteristico di buona parte del Lazio, con diverse varianti, ma nella Tuscia subisce l’influenza della tradizione umbra, e nella sua preparazione entra il pepe, che giustifica il fatto che spesso questo dolce sia noto anche con il nome di Panpepato.

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La tavola di Natale

25 dicembre

la festa è servita Un viaggio nelle tradizioni gastronomiche italiane, tra piatti e ricordi. Un’idea originale per un Natale itinerante

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a festa del Natale nasce nell’antica Roma da un rito pagano, la festa del sole. La chiesa nel IX secolo d.C. la sostituisce con la nascita di Gesù. Una grande festa portatrice sana di buoni sentimenti perché obbliga tutti a scoprirsi bisognosi di dare e ricevere amore. È per questa ragione che sentiamo il bisogno di addobbare la casa, di scambiare i regali, di preparare la tavola: è un modo per dire all’altro io ci sono e ho fatto questo per te. La tavola diventa l’occasione per ritrovarsi per tirare fuori il servizio delle occasioni, si pensa in anticipo alle decorazioni che devono creare l’atmosfera festosa dello stare insieme nell’attesa di gustare le ricette della tradizione. Sempre uguali, sempre rassicuranti. Ogni regione ha quindi il suo menù natalizio, a partire dalla Val d’Aosta, dove si serve il tacchino ripieno di pancetta, lardo di Arnad e foglie di alloro, profumato con grappa, castagne pelate cotte nel latte e poi nel sugo del tacchino. In Piemonte si usa imbandire la tavola di Natale con il tacchino che viene cotto a pezzi con le erbe profumate e un battuto di carote, sedano, cipolle e prezzemolo, si bagna con il vino bianco e il marsala e si aggiungono le bacche di ginepro, il tutto viene servito con un contorno di lenticchie e cardi. In Lombardia, il primo piatto è rappresentato dai tortelli di zucca che sposano le tradizioni rinascimentali dei Gonzaga. Dal 600 la ricetta è sempre la stessa: si toglie la scorza dalla zucca cotta nel forno e si amalgama con parmigiano, noce moscata, mostarda e amaretti tritati. Si taglia la sfoglia a quadri, si mette il ripieno e si chiude. Si condiscono i tortelli appena cotti con abbondante burro e parmigiano. Il dolce di questa regione è il panettone meneghino insieme al torrone di

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Cremona. In Veneto si cucina l’anatra ripiena e il cappone alla canevera cioè con la canna di bambù. La canna si infila nella parte alta del cappone; dopo avergli tagliato il collo e aver insaccato l’animale in una vescica di maiale, viene messo a bollire. Il bambù fa da periscopio, dalla canna sale il vapore, e quando è cotto viene tagliato a pezzi e servito con il cren, una radice trevisana sbucciata tagliata e grattugiata. In Emilia troviamo due tipi di cappone con e senza ripieno. L’altra pietanza che viene preparata nei giorni di festa è la costoletta di vitella alla ferrarese, che altro non è che un nodino di vitello dorato e poi gratinato in teglia con una besciamella arricchita da uova e una abbondante dose di tartufo di Leccio. In Liguria a Natale per una volta non si utilizza il pesto, i ravioli vengono infatti conditi con un ragù genovese misto di carne (vitello, maiale) con rosmarino e olio e lasciato cuocere a lungo. I ravioli hanno un ripieno di cervella, carne di manzo e maggiorana. Vengono mantecati con abbondante formaggio. In Toscana la tradizione impone di preparare il tacchino con un ripieno di castagne ridotte a purea che cuociono con tutti gli altri ingredienti. Ma


Tortino di panettone con cioccolato bianco e carpaccio di frutta fresca Ingredienti per 10 persone: 260 gr di panettone 150 gr di cioccolato bianco 60 gr di liquore all’arancia 4 uova 6 tuorli d’uova 200 gr di burro 100 gr di farina 100 gr di zucchero 500 gr di salsa vaniglia 1 kg frutta fresca (fragoline, banane, kiwi, ananas, ribes) zucchero a velo qb

In questo periodo più che mai la gastronomia dimostra di rappresentare un valore culturale ed emozionale che ha radici nel passato di ognuno di noi e ci dà le basi per affrontare il futuro è il cappone all’arancia il vero erede della cucina a base di agrumi della Firenze dei Medici, quando arance e simili venivano esportati in tutta Europa; troviamo tale influenza storica anche nei dolci profumati e speziate come il panforte, i ricciarelli, i cavallucci e le copate. L’Umbria non è da meno e fa mostra di sé con i gobbi alla perugina, i cappelletti in brodo, gli arrosti molto aromatici, mentre il cappone viene cucinato allo stesso modo della porchetta con un ripieno di fegato, lardo, rosmarino salvia e finocchietto selvatico. Nel Lazio si cucina l’anguilla tagliata a pezzi e infilata negli spiedini; viene prima marinata e poi cotta alla graticola, così che il grasso coli e la polpa rimanga custodita dalla pelle. Anche a Napoli il capitone la fa da padrone, ma qui viene cucinato in umido, fritto oppure in agrodolce con abbondante cipolla. In Campania, a differenza di quanto avviene nelle altre regioni, si usa portare a tavola una vasta varietà di frittelle e la ministra maritata (minestra in brodo con l’aggiunta di due tipi di carne) che sposa la verdura con la carne. Nelle Marche troviamo un primo piatto che deve i suoi natali a un generale

Procedimento: Montare uova e zucchero fino a ottenere un composto spumoso. In una casseruola far sciogliere cioccolato e burro unendoli al primo composto. Unire la farina aiutandosi con una spatola. Tagliare a dadini il panettone, inzupparlo con liquore all’arancia e quindi incorporarlo al composto. Imburrare gli stampini di alluminio, riempirli di composto e introdurre in forno preriscaldato a 180°C per 15 minuti, nel frattempo tagliare la frutta e condirla con poco zucchero e liquore all’arancia. Versare un poco di salsa vaniglia sui piatti, distribuire l’insalata di frutta, disporre il tortino al centro, spolverare con zucchero a velo e servire.

Gnocchetti di melanzane 300 gr di ricotta fresca 400 gr di polpa di melanzane 40 gr di fecola di patate un mazzetto di basilico 200 gr di parmigiano grattugiato 3 dl di olio extravergine d’oliva 2 kg di pomodorini freschi sale qb buccia di melanzana fritta Procedimento: Tagliare a metà le melanzane nel senso della lunghezza, adagiare in una teglia e porre in forno a bassa temperatura. Svuotarli, tritare la polpa e passarla al setaccio fine; in una terrina amalgamare polpa, ricotta, formaggio, basilico, fecola e sale, ottenendo un composto omogeneo. In una pirofila mettere un filo d’olio, la salsa dei pomodorini precedentemente frullata con olio e basilico; adagiare gli gnocchi di melanzane aiutandosi con un cucchiaio, gratinare con una spolverata di parmigiano in forno a 180°C per circa 10 minuti. Disporre gli gnocchi su un letto di salsa di pomodoro accompagnati da una julienne di buccia di melanzana fritta e basilico.

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La tavola di Natale

Sformato di baccalà e patate con pesto di rucola Ingredienti per 8 persone: 600 gr di baccalà ammollato 500 gr di patate 200 gr di cipolla 200 gr di carote 200 gr di sedano 100 gr di peperoni secchi 1 bicchiere di vino bianco 1/2 l di olio extravergine di oliva 50 gr di paprika due mazzetti di rucola 500 gr di pomodorini freschi 3 fogli di lauro sale e pepe qb Procedimento: Preparare un court boullion leggero con le erbe aromatiche, il vino e qualche foglia di lauro e lessarvi il baccalà per 5 minuti, quindi raffreddare e sgocciolare. Pelare le patate, affettarle e lessarle nel fondo di cottura del baccalà, poi asciugarle. Con l’ aiuto di un tagliapasta a cerchio, montare la preparazione intercalando sfoglie di baccalà e fette di patate, condire con olio alla paprika e decorare con coriandoli di peperoni secchi scottati in olio d’ oliva. Completare con il pesto alla rucola e con passata di pomodoro fresco. Per l’olio alla paprika: all’olio di cottura dei peperoni, ancora caldo, aggiungere mezzo cucchiaio di paprika. Per il pesto leggero: frullare ad immersione la rucola con l’ olio d’ oliva, poco sale e pepe.

Alici arriganati 500 gr di alici fresche aglio peperoncino fresco origano pepe rosso in polvere olio extravergine di oliva aceto Preparazione: Pulire le alici, privarle della testa. Soffriggere in un souté l’aglio, il peperoncino e abbondante origano; aggiungere le alici e cuocere a fuoco molto vivace; a cottura ultimata, spolverare con del pepe rosso in polvere e una spruzzatina di aceto.

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austriaco del tempo napoleonico i vincisgrassi, delle lasagne che differiscono da quelle bolognesi per il ragù di fegatini. L’Abruzzo vanta un piatto natalizio dannunziano, i cardoni in brodo, cardi lavati e spurgati tutta la notte con brodo di manzo e tacchino. In Molise troviamo i maccheroni alla chitarra conditi con un ragù d’agnello; mentre il peperoncino piccante è protagonista di una zuppa natalizia preparata con baccalà, anguilla e pomodoro, l’acciuretta. La Puglia ci accoglie con le sue carteddate, strisce di pasta fritta condite con miele e mosto cotto. Tagliolini all’uovo cotti con il brodo di cappone o di gallina sono il piatto cardine del pranzo di Natale in tutto il meridione. Sbarcando in Sicilia, come non ricordare che anche Platone scrisse in modo entusiasta dei dolci locali, come le cassate, i mostaccioli… una pasticceria talmente ricca da essere unica nel panorama gastronomico italiano. In Sardegna l’agnello e il maialino entrano con prepotenza nella tradizione principali del pranzo di Natale; l’agnello deve essere di 6 kg e arrostito a fuoco lento, mentre il porcettu non deve superare i 7 kg e viene sistemato sotto terra in un fosso realizzato appositamente coperto di foglie di mirto chiuso energicamente e coperto da fuoco moderato. Un posto d’onore in questo tour gastronomico lo riservo alla Calabria, la mia terra. Qui le feste natalizie, più che in altre regioni, sono un’occasione per riunire la famiglia. Si preparano dolci sontuosi e speziati di innegabile influenza araba come le pitte inchiuse e impigliate, a base di mandorle e uva passa con l’aggiunta di cannella, e poi le susumelle, u cumpettu, la pignolata, i graffioli, i sammartini, i nacatuli, i petrali… Dolci che nutrono il corpo e il cuore, perché (e in questo periodo dell’anno è più evidente che mai) la gastronomia non è solo un modo per alimentarci ma è un valore culturale ed emozionale che ha radici nel passato di ognuno di noi e ci dà le basi per affrontare il futuro.


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Per non spendere troppo... per

Cucina buona in tempi cattivi

Bando alla sobrietĂ : quando lo zucchero era un lusso e il tempo era scandito da pochi momenti di festa, era questo il motto che accomunava tutti, benestanti e non, che si riunivano attorno alla tavola per la cena della Vigilia o il pranzo del 25

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Pantrid maridaa Questa minestra di pane tritato (pàan triit), nota anche come pancotto, è una delle vivande più povere che ha nutrito generazioni di persone alle mense del nord Italia: il pane secco e avanzato, se mai ne avanzava, non veniva buttato via ma grattugiato e cotto nel brodo fino a ottenere una minestra più o meno densa. Nella versione “maritata” questa pietanza quotidiana veniva

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a pancia piena: anche per chi durante tutto l’anno faceva fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, cioè la gran parte dei contadini e del proletariato urbano, la festa di Natale era una pausa dalla fame e dalla privazione sofferte nella vita quotidiana. È fuorviante descrivere come “cucina povera” il monotono regime alimentare delle classi subalterne, di solito misero e insufficiente. Probabilmente sarebbe più corretto parlare di “cucina dei poveri”, fatta di pane nero e polenta, pochissima carne, alimenti conservati nell’aceto o affumicati, legumi e poco vino cattivo. Gli unici momenti in cui si riusciva a riempire la pancia era durante le ricorrenze e le festività: anche allora festa significava abbondanza. Soprattutto il Natale, che celebra la nascita e l’inizio della vita, offriva a tavola un ribaltamento della misera quotidianità. Nonostante fosse un rito le cui origini affondano nelle usanze pagane del solstizio invernale e della rinascita del sole e della natura, anche la religione cattolica accettava di buon grado il “ben di dio” messo a tavola, sebbene per tutto l’anno predicasse la sobrietà alimentare. La sua sacralità era evidenziata non solo dall’abbondanza ma anche dalla preparazione di ricette dedicate alla festa, non di rado consumate solo in questa occasione. Molte in realtà hanno ormai perso tale specificità: abituati al giorno d’oggi a una disponibilità alimentare che non risente di stagioni o distanze geografiche, attraverso un’industria alimentare che mette tutto a disposizione e incentiva ai consumi, riesce difficile comprendere come nel passato la vita fosse scandita anche dalle pietanze che, diverse da quelle povere quotidiane, si legavano agli eventi sociali: battesimi, matrimoni, carnevale, pasqua, funerali...

Nella foto tratta dal libro “La fame aguzza l’ingegno”,

sposata, cioè arricchita, anche con l’uovo e consumata, specialmente nel milanese, per le feste di Natale.

un pranzo

Diversamente da oggi, l’uovo era

in un’antica trattoria

un ingrediente prezioso e costoso,

di inizio a

‘900

Milano

specialmente in inverno quando le galline ne producevano pochi.

Ingredienti: (per quattro persone) 50 gr di burro 6 cucchiaiate di pane grattugiato (pane nero se si vuole rimane fedeli alla cucina povera) 2 cucchiaiate di Parmigiano 2 uova 1,2 litri di brodo di carne

Procedimento: Inzuppate con il brodo quattro cucchiaiate in una tazza, poi aggiungetelo in un tegamino dove avete fatto rosolare il burro, lasciando insaporire a fuoco lento. Nella zuppiera mettete il pane rimanente con le uova e il formaggio, sbattete bene con la forchetta e poi unite il brodo bollente e il pane rosolato, sbattendo ancora per qualche minuto.

“Magra” la cena, “grasso” il pranzo Esisteva sicuramente una motivazione di tipo economico che rendeva possibile solo poche volte l’anno una spesa alimentare consistente, ma i ricchi pranzi e le cene della festa rappresentavano soprattutto passaggi e momenti intessuti di ritualità. Veniamo dunque al cenone della Vigilia, generalmente di magro, cioè privo di carne, che in tavola metteva il capitone (al sud) o l’anguilla, il baccalà, ossia il merluzzo conservato sotto sale e

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Per non spendere troppo...

alimento poverissimo all’epoca, oppure piatti preparati con i molluschi come la pasta con le vongole. Nell’Italia dei cento campanili però ogni comunità aveva le sue usanze, e così in Veneto si consumava Insalata di rinforzo Era usanza in Campania accompagnare il capitone e il baccalà fritto della cena della Vigilia con questa insalata che, preparata il 24, continuava a essere “rinforzata” con l’aggiunta di ingredienti freschi fino all’Epifania. O almeno è questa una delle interpretazioni del nome del piatto, mentre l’altra versione si richiama alla sua funzione di rinforzare il cenone magro della vigilia. Gli ingredienti sono tutti poveri, come ad esempio cavolfiori e peperoni, spesso trascurati dai ricettari borghesi fino a Ottocento inoltrato. Ingredienti: 1 cavolfiore 100 gr di olive verdi e nere

il Risoto de la visilia (con fagioli, ghiozzi e anguilla), a Mantova e nella Bassa Padana erano consueti i Tortelli di zucca e a Borgotaro le Pappardelle di vigilia (con funghi e conserva di pomodoro). Per il pranzo di Natale si cucinava soprattutto la carne, la grande assente dalle tavole di contadini e proletari urbani tanto che, come ci ricorda un vecchio proverbio, “Se un povero mangia una gallina, o è ammalato il povero o è ammalata la gallina”. Protagonista era spesso il cappone, il maschio castrato e accuratamente ingrassato proprio per essere pronto per Natale, mentre in Lombardia era usanza la Tacchina ripiena, ma non mancavano pietanze più povere come il Cardone in brodo con polpettine di carne a Chieti, in Abruzzo, e i Maccaroin cun e trippe a Savona, in Liguria. Spesso il piatto principale era un abbondante lesso, accompagnato con la mostarda al Nord. Da queste carni si otteneva anche un brodo profumato e ricco nel quale si lessavano le paste ripiene, irrinunciabili nel pranzo Natale e con ricette peculiari di ogni località italiana: cappelletti, tortellini, ravioli, agnolotti... Piatti immancabili per ogni famiglia, che univano poveri e ricchi, la cui differenza risiedeva spesso non tanto nella qualità ma nella quantità. Probabilmente l’aggettivo più adatto per definire questi piatti è “grasso”, non solo perché contrapposto al “magro” della sera prima, ma soprattutto da intendersi come ricco, saporito, nutriente, lontano dalle sofferenze della fame e della magrezza. Non mancavano piatti di gusto agro-dolce di cui si è perso probabilmente anche il piacere, come gli Gnocchi dolci di Natale in Umbria (con cioccolato e noci) e la Nociata in Lazio (pasta con noci, zucchero e limone).

50 gr di cetriolini sott’aceto 1 peperone sott’aceto 4 acciughe sotto sale una cucchiaiata di capperi sotto sale, olio d’oliva e aceto Procedimento: Dopo aver lessato il cavolfiore in acqua salata tagliatelo a cimette e mettetelo nell’insalatiera insieme alle olive snocciolate, i capperi ben lavati, il peperone tagliato a listelle e le acciughe dissalate e diliscate. Condite con abbondante olio di oliva e poco aceto.

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Gli antenati del panettone Meritano un capitolo a parte i dolci, e non solo perché esistevano ricette che si preparavano soltanto per il Natale (come la Putizza, rotolo ripieno di biscotto e frutta secca, a Trieste, o la Spongata di Bresciello, dall’aspetto spugnoso e ripieno di marmellata, le Pinoccate a base di pinoli di Perugia, i Mustaccioli al profumo di noce moscata e cannella e la Pasta Reale con le mandorle in Campania, i Cannarìculi, gnocchi fritti calabresi), ma soprattutto perché nel mondo della povertà il sapore dolce era strettamente legato alla festività. In un panorama alimentare dominato dai sapori salati e acidi, legati spesso alla conservazione del cibo (sotto sale, affumicato, in salamoia) il sapore dolce del costosissimo zucchero era consueto per la cucina dei ricchi e diventava importante per i poveri nelle poche occasioni in cui ci si poteva concedere questo lusso. Se il panettone milanese è diventato il dolce natalizio forse più conosciuto grazie all’astuzia e all’inventiva dell’industria alimentare, nella realtà della tradizione i pani addolciti e farciti di semi, canditi, uvette, erano una pietanza natalizia di augurio di fertilità e ricchezza.


ph. ales&ales


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Le

E dopo il Natale...

ricette

Come cucinare con gli avanzi del cenone della Vigilia e del pranzo di Natale, trasformandoli in appetitose portate. A costo zero

del giorno dopo N Grazie alle cosiddette soluzioni “svuota frigo” non si evitano solo inutili sprechi. Riutilizzare con creatività gli alimenti avanzati è infatti un gesto semplice ma di grande responsabilità, che dà al cibo il giusto valore

elle feste di fine anno si finisce inevitabilmente per cucinare con abbondanza. E così puntualmente capita di ritrovarsi a pensare a come poter riutilizzare gli avanzi, dal panettone allo spumante, dal salmone affumicato alle carni e così via. Per evitare che ingredienti, anche preziosi, vengano a noia e vadano sprecati, occorre essere creativi per poterli riproporre in modo nuovo. Le verdure possono essere usate per fare zuppe o un buon brodo, la carne per le polpette, il cappone per un’insalata, il panettone in ricette anche di cucina salata. Ecco per voi alcune idee, tutte da copiare!

Risotto allo Spumante Ingredienti per 4 persone: 300 gr di riso Arborio 500 ml di Spumante secco o demi-sec 2 scalogni 50 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato 50 gr di burro brodo di verdure sale Affettare sottilmente gli scalogni e farli appassire in una casseruola a fondo spesso con la metà del burro fuso su fuoco dolce. Quando saranno quasi sfatti, alzare la fiamma e unire il riso e tostarlo mescolando in continuazione per 2 minuti. Unire la metà dello Spumante e, mescolando, farlo evaporare. Unire un mestolo di brodo bollente e portare a cottura aggiungendo altro brodo man mano che il precedente viene assorbito e dopo 10 minuti aggiungere lo Spumante rimasto. Togliere dal fuoco, aggiustare di sale, unire il burro rimasto e il formaggio, mescolare e lasciare mantecare per qualche minuto prima di servire.

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Polpette di carne alla salvia e limone Ingredienti per 4 persone:

Fettuccine al salmone affumicato e zenzero

500 gr di carne bollita di cappone o manzo

Ingredienti per 4 persone:

2 fette di pane vecchio senza

400 gr di fettuccine

4 cucchiai di latte

6 fette di salmone affumicato

50 gr di Parmigiano Reggiano

500 gr di zucchine

1 uovo

15 gr di zenzero fresco

15 gr di salvia

grattugiato

1 spicchio d’aglio (facoltativo)

5 dl di besciamella

1 limone non trattato

50 gr di Parmigiano Reggiano

2 pomodori essiccati sott’olio

grattugiato

2 cucchiai di olio extravergine

5 cucchiai di olio extravergine

d’oliva

crosta

aceto balsamico

d’oliva noce moscata sale

Sformatino di panettone con scamorza affumicata e zucchine

sale e pepe Ammollare il pane nel latte e quando sarà morbido riunirlo

Unire alla besciamella il

in una ciotola con la carne tritata,

moscata e aggiustare di sale.

Ingredienti per 4 persone:

Spuntare le zucchine, tagliarle a

300 gr di panettone

la scorza di limone grattugiata,

fiammifero e farle saltare in una

300 gr di zucchine

l’uovo sbattuto, il Parmigiano,

padella con 4 cucchiai di olio

100 gr di scamorza affumicata

sale e pepe. Amalgamare bene

ben caldo e lo zenzero per 3-4

olio extravergine di oliva

e formare delle polpette grandi

minuti a fuoco vivo. Cuocere

40 gr di burro

come una noce. Friggerle,

le fettuccine in abbondante

sale e pepe

poche alla volta, nell’olio ben

Parmigiano, una grattata di noce

la salvia, i pomodori e l’aglio tritati,

caldo. Quando saranno dorate

acqua salata, scolarle e condirle con la besciamella

Imburrare 4 stampini monoporzione

uniformemente, trasferirle

e le zucchine, mescolando

e foderarli

su carta assorbente.

con cura. Spezzettare il

con fettine sottili di panettone.

Servire le polpette, a piacere,

salmone e scottarlo nell’olio

Tagliare il panettone rimasto,

con un’insalata di pomodori

rimasto per 2 minuti. Unirlo alle

la scamorza e le zucchine a cubetti

e funghi e un filo di aceto

fettuccine, mescolare e servire

molto piccoli. Rosolare i cubetti

balsamico.

immediatamente.

di zucchina in una padella con poco olio e, quando saranno cotti, unire i cubetti di scamorza e di panettone e mescolare. Riempire gli stampini con il composto e disporli in una placca a bordi alti, con due dita d’acqua. Cuocere gli sformatini a bagnomaria nel forno già caldo a 150°C per 10 minuti circa. Sfornare, lasciare intiepidire e sformare le preparazioni al centro dei piatti. Servire.

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In cucina

l'unico dogma è divertirsi

Parola di Antonio Guida di Marco Scotti

«E

ra da un po’ che il gruppo Mandarin mi cercava. Quando mi hanno proposto di guidare il ristorante e tutta la proposta gastronomica del nuovo albergo milanese non ho potuto resistere e ho deciso di dare vita a Seta». Antonio Guida, chef salentino classe 1972, ha appena ricevuto un’attesa conferma: le due stelle Michelin per il suo ristorante a due passi dal Teatro alla Scala. Una carriera ricca di soddisfazioni, prima come chef in ristoranti blasonati – su tutti l’Enoteca Pinchiorri di Firenze – poi il timone della cucina del Pellicano di Porto Ercole a partire dal 2004. Qui Guida scala le gerarchie della cucina italiana, ottenendo la prima stella già due anni dopo e arrivando alla seconda nel 2010. Nel 2015 il grande cambiamento, dall’Argentario a Milano, per guidare una brigata complessiva di 35 cuochi al Mandarin Oriental.

Lo chef pugliese è "diventato grande" in Toscana. Ora guida l'intera offerta culinaria del Mandarin Oriental di Milano e dirige una brigata composta da 35 cuochi Guida, come cambia la cucina di un hotel rispetto a quella di un ristorante tradizionale? Non c’è poi grande differenza, io continuo a proporre la mia idea. Anche perché il 95% della clientela è composta da persone che non dormono nell’albergo e soprattutto da milanesi. È questo il dato che più mi inorgoglisce: essere stati accettati da una città complessa come questa. C’è una vocazione internazionale al Seta che cerca di venire incontro ai gusti di una platea diversa o mantenete una vostra cifra stilistica? No, la chiave rimane sempre quella di ascoltare, che è secondo me il valore principale per un ristorante. Ad esempio, quando

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vengono clienti asiatici, è buona abitudine per noi chiedere che cottura prediligano per il risotto. Altrimenti, se glielo offriamo cucinato secondo gli standard tradizionali, rischiamo che non venga apprezzato perché reputato crudo. A me non costa nulla far cuocere di più un piatto, e mostriamo almeno un minore rigore e rigidità, che non sono certo peculiarità di cui andare fieri. Ci racconta com’è nato il Seta? È stata prima di tutto una bellissima emozione. Mandarin mi ha cercato tante volte ma non ero convinto di volermi spostare dalla Toscana. Poi, sei anni fa hanno lanciato un altro “attacco” e questa volta è andato a segno. A quel punto ho visionato il progetto e ho accettato. La prima cosa che abbiamo fatto quando siamo arrivati qui è stata il training


a tutto lo staff, in cucina o in sala. Non ho neanche subito lo “shock” da nuova apertura, perché Il Pellicano era un ristorante stagionale che ogni anno viveva il fenomeno della riapertura. Avete anche uno staff molto giovane: è una scelta o è un accadimento casuale? In realtà è una cosa abbastanza casuale. È vero che l’età media è molto bassa, ma molte delle persone che lavorano qui sono con me da tanto tempo. Il pasticcere, ad esempio, è nella mia brigata da 14 anni, altri da cinque. E poi è molto importante il gruppo, perché è l’ingrediente segreto per raggiungere grandi traguardi. A proposito di ingredienti: lei prima parlava della necessità di essere flessibili: ma c’è un suo cavallo di battaglia che lei considera assolutamente intoccabile? Ancora una volta devo dire di no. C’è il mio signature dish che è il riso in cagnone con polvere al lampone e un contorno di crema di riso alle erbe. Una volta è venuto a pranzo un giornalista, che possiamo tranquillamente definire folle, che ha chiesto di effettuare delle modifiche. Sacrilegio… Inizialmente sembrava quasi che lo fosse: al posto del marcagno ha voluto un formaggio caprino e ha richiesto lamponi freschi invece che quelli disidratati. Non sapevo che fosse un giornalista, che voleva mettere alla prova la mia flessibilità, ma ho deciso comunque di accettare questa sfida. La cosa divertente è che lui ha apprezzato moltissimo sia i cambiamenti che il mio atteggiamento. Poi è ovvio: non è che possiamo venire incontro alle richieste di tutti, ma se capita l’occasione,

nell'altra pagina lo chef antonio guida. sopra gli spaghetti con anemoni di mare, gamberi,limone nero e crema di ravanelli marinati. sotto: il seta all'interno del mandarin oriental di milano

perché no? La cucina è talmente soggettiva che è difficile abbracciare i gusti di tutti. A volte, quando faccio il tradizionale giro tra i tavoli, mi diverto ad ascoltare le diverse impressioni dei commensali: ognuno ha una sfumatura diversa. Le è mai capitato che qualcuno la attaccasse, magari tramite i siti di recensioni? Non direi. Non voglio dire che qui ci sia la perfezione, ma è ovvio che se su 100 recensioni positive ce n’è una particolarmente negativa, si può pensare che ci sia almeno della scarsa informazione. Ad esempio perché una volta ho ricevuto giudizi su un piatto che era nel menù del Pellicano ma che non ho mai proposto a Milano. Ecco, Milano: che rapporto ha con il capoluogo lombardo? Devo dire solo grazie a questa città che amo profondamente. Ho un solo rimpianto: non riesco a godermela abbastanza, lavoro sempre. Ma quando ho il weekend libero sono tra i pochi che rimangono in città per conoscerla meglio. Milano è anche la città della moda: come affronta quelle culinarie? Ognuno deve fare la propria cucina, non inseguire esigenze e influenze esterne. Non avrebbe senso snaturare la propria idea per rincorrere qualcosa di effimero. Godiamoci quello che abbiamo ora, senza inutili forzature: perché impiegare un

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a pranzo con...

prodotto che viene dalla parte del mondo quando abbiamo sapori fantastici a due passi da casa? Ok lo yuzu, ok la curcuma o lo zenzero, ma non sono favorevole all’impiego a tutti i costi di ingredienti particolari o esotici. Proverebbe o servirebbe gli insetti? Nonostante abbia viaggiato tanto, non credo proprio di essere pronto a una sperimentazione di questo tipo. Ci sono cibi che non le piacciono? Può uno chef avere dei sapori o degli ingredienti che proprio non riesce ad apprezzare? Sono molto curioso in cucina, adoro assaggiare, scoprire, abbinare. In generale questo mestiere deve essere un divertimento, altrimenti diventa un dramma. Ci racconta come nasce un suo piatto? È un processo creativo che a volte è semplicissimo e altre invece è più tortuoso. Può capitare che si pensi a una serie di abbinamenti, che questa unione funzioni e che il nuovo piatto finisca subito in carta. Il riso in cagnone di cui parlavo prima è un esempio di questo. La mia fortuna è di aver lavorato in pasticceria, e ho imparato a mischiare diverse tecniche e ingredienti, come ad esempio il pomodoro per fare i dolci. Torniamo al suo ristorante: che clientela lo frequenta? Questo va un po’ a periodi. Ci sono momenti dell’anno in cui il pubblico è composto all’80% da milanesi, altri invece in cui

«Le Stelle Michelin (due, confermate anche quest'anno) sono un traguardo ma anche una bella responsabilità: costringono a migliorarsi continuamente» la proporzione si ribalta. Abbiamo tanti clienti lombardi, ma anche italiani che vengono qui apposta, organizzando le tappe dei loro viaggi in base al ristorante che vogliono provare. Ha mai ricevuto proposte bizzarre o eccessivamente lussuose? No, perché tendenzialmente chi frequenta il Mandarin e il Seta non è abituato a ostentare, nonostante una capacità di spesa elevata. Non ho clienti “bling bling”. Le sono state confermate le due Stelle Michelin: che rapporto ha con questo tipo di riconoscimenti? Si tratta di un bel traguardo, ma anche una grande responsabilità. È una motivazione per continuare a migliorarsi. Per un ristorante come questo è un premio fondamentale, ci aiuta a crescere e ci pone di fronte a una sfida continua, perché il piatto deve nascere e deve evolversi, magari grazie all’impiego di tecniche nuove. A me piacciono molto le sfide. Che rapporto ha con gli altri chef? Penso che provare le cucine dei colleghi più blasonati sia

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sopra antonio guida, federico dell'omarino, nicola di lena. sotto farfalle con zuppa di granchio, al profumo di coriandolo, frutti di mare e cocco

parte integrante di questo lavoro ed è una cosa che invito sempre a fare. Ma questo non per copiare, ma piuttosto per vivere un momento di relax. Per me andare a mangiare fuori è un vero e proprio attimo di godimento che non si conclude con una critica. Anzi. È una forma di rispetto verso chi fa questo mestiere. Che rapporto ha con la televisione? Ha aiutato molto questo mestiere, ha avvicinato tante persone all’alta ristorazione, perché fino a qualche anno fa gli chef – a parte forse un paio – erano sconosciuti. Io comunque preferisco stare in cucina invece che andare in televisione. Un altro canale che ci aiuta è quello dei social network: postare un piatto su Instagram ci permette di far vedere a un pubblico più ampio che cosa offriamo qui nel nostro ristorante. Un’ultima domanda: consiglierebbe il mestiere di chef? Eccome, rimane il più bel lavoro del mondo, anche se toglie tanto. Non ho mai provato a contare le ore di lavoro, altrimenti rischierei la depressione! L’importante è che ci sia spazio per il divertimento, altrimenti è meglio lasciar perdere, perché tutto diventa pesante. Per me la cucina è dinamica, un piatto non può stare in carta 20 anni. Va bene se si tratta di un signature dish, anche se io il riso in cagnone lo toglierei volentieri, è che non me lo lasciano fare…


arte

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Close, Saint Phalle e Zangelmi

incantano al Mar di Ravenna

I

l Comune di Ravenna in collaborazione con il MAR - Museo d’Arte della Città di Ravenna, nell’ambito della VI edizione 2019 della Biennale di Mosaico Contemporaneo, grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, di Edison e della Regione Emilia-Romagna annuncia tre eccezionali appuntamenti: la mostra di Chuck Close, quella di Riccardo Zangelmi e l'esposizione, per la prima volta in Italia, dell'opera di Niki de Saint Phalle Tête de Mort I. Chuck Close è salito alla ribalta della scena artistica tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, con autoritratti e ritratti, dipinti in scala monumentale dalla riproposizione di scatti fotografici, Chuck Close ha esplorato nel tempo un’ampia gamma di tecniche pittoriche, grafiche e fotografiche, tessili e, negli ultimi anni, musive, innovando il panorama artistico internazionale con soluzioni linguistiche e formali originali e di grande impatto. Le opere di Chuck Close testimoniano una instancabile ricerca delle possibilità di costruzione, ricostruzione e visualizzazione del volto umano, inestricabilmente legata alla condizione neuropsicologica dell’artista. Affetto da prosopagnosia - un disturbo cognitivo che non permette di riconoscere le persone per mezzo dei soli caratteri fisionomici - Close ha saputo trasformare una condizione di svantaggio nell’innesco di un percorso artistico che induce ad una riflessione sulle relazioni tra le persone. La mostra organizzata dal MAR è suddivisa in due sezioni. La prima è dedicata all’ultima serie di opere a mosaico, realizzate, nel corso di quest'ultimo anno, in collaborazione con Mosaika Art and Design di Montréal (Canada) e Magnolia Editions di Oakland (California). Il percorso espositivo presenta sette opere in mosaico di grandi dimensioni, tra cui due autoritratti e i ritratti del noto musicista, cantautore e poeta Lou Reed. La seconda sezione di mostra documenta, con materiali video e fotografici, il lavoro svolto dai laboratori Mosaika Art and Design e Magnolia Editions per la realizzazione dei mosaici della stazione Second Avenue-86th Street di New York Niki de Saint Phalle e Riccardo Zangelmi Tête de Mort I è una scultura in mosaico dalle grandi dimen-

Fino al 12 gennaio per la VI edizione della Biennale del Mosaico al Mar i contributi dei tre artisti, interpreti a diverso titolo e con tecniche differenti dell'arte musiva sioni raffigurante un teschio, realizzato da Niki de Saint Phalle nel 1988 con tessere in vetro specchiato e foglie di palladio, mentre è impegnata nella creazione delle sculture per il Giardino dei Tarocchi a Garavicchio, in Toscana, parco artistico esoterico unico nel suo genere aperto al pubblico nel 1998 dopo quasi venti anni dall’inizio dei lavori autofinanziati dall’artista. Riccardo Zangelmi, primo ed unico Lego Certified Professional italiano in un ristretto gruppo di sole 14 persone nel mondo, torna in questa occasione ad esporre negli spazi della Loggetta Lombardesca, presentando un evento personale per dopo essere stato già presente nella precedente edizione della Biennale con la sua opera Fly, realizzata con 105.000 mattoncini. La mostra è composta da 20 opere realizzate con quasi 800mila mattoncini colorati, e, secondo le intenzioni dell’artista, rappresenta un vero e proprio progetto creativo costituito da oggetti, ricordi e fantasie legati al mondo dell'infanzia, con l’obiettivo di far emergere il fanciullino che si nasconde in ognuno di noi. Niki de Saint Phalle, Tête de I, 1988, ©NIKI Charitable art foundation. All rights reserved. Collection Niki Charitable Art Foundation, Santee mort

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il mondo del caffè

L'insostenibile pesantezza...

del caffè a un euro di Chiara Volontè

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a' tazzulella e' cafè, cantava l’indimenticato Pino Daniele. C’è altro modo, soprattutto per noi italiani, di iniziare la giornata? Siamo già al bancone del bar di fiducia che sorseggiamo l’agognata bevanda, magari sfogliando il giornale – pardon, scandagliando minuziosamente i nostri profili social sullo smartphone – e con il nostro euro in tasca già pronto da consegnare al barista, non un centesimo in più. «Quando entro in un locale e il cameriere mi chiede un euro per la classica tazzina mi arrabbio. Ma non si rende conto che così sta svendendo il suo lavoro, al posto che valorizzarlo? Una cifra così bassa può contraddistinguere solo l’incompetente che non ha studiato. Senza contare che il caffè sta vivendo un periodo difficile a causa del cambiamento climatico e delle malattie che stanno affliggendo le varie piantagioni, che stanno letteralmente mettendo in ginocchio i produttori. Come si può pensare che si possa racchiudere tutto questo in un euro? Questa cifra è un danno per l’intera industria».

Il prezzo che gli italiani sono disposti a pagare è inconciliabile con la salute dell'ambiente e con il benessere dei lavoratori. Parola di Francesco Sanapo A introdurci nell’universo, tutto da scoprire, dell’oro nero è Francesco Sanapo, proprietario di Ditta Artigianale a Firenze (azienda specializzata nella selezione e nella vendita dei migliori caffè) e campione italiano di Cup Tasting, ovvero, più prosaicamente, di assaggio del nettare. Intenditore osannato a livello globale, l’imprenditore salentino di nascita ma toscano d’adozione è stato uno degli ospiti di punta della seconda edizione del Milan Coffee Festival, evento di riferimento per gli amanti del caffè e gli operatori del settore che si è appena concluso, e che ha saputo attrarre circa 6.000 visitatori, di cui 2.000 addetti ai lavori.

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«Il festival ha riscosso un enorme successo anche quest’anno, ma purtroppo nel nostro Paese c’è poca educazione nei confronti del caffè – ci racconta Sanapo - Non è ovviamente un rimprovero, ma spesso lo si beve come se fosse una medicina, solo per svegliarci al mattino o se ci sentiamo affaticati durante la giornata, senza dare il giusto valore alla tazzina. Fortunatamente, negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di una nuova generazione – intesa non come età anagrafica, ma come mentalità - di consumatori più attenti, che si relazionano al prodotto con un approccio nuovo. È sicuramente un inizio, ma la strada che ci consentirà di far conoscere il mondo dell’oro nero e la sua cultura è


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ancora molto lunga». L’esercito dei coffee lover, curioso di scoprire cosa si nasconde dietro la tazzina e in grado di capire che non si può svendere a un euro, è dunque in aumento. «Ho girato un documentario in Uganda proprio per sensibilizzare le persone anche dal punto di vista economico, e spiegare loro perché non possiamo continuare a vendere il caffè a un euro – prosegue Francesco Sanapo – Se a livello globale si portasse il costo della classica tazza a un euro e 50 si aprirebbe un mondo diverso non solo per l’intera filiera dell’oro nero, ma anche per la salute dei consumatori! Un produttore per vendere il caffè a due euro al chilo può andare e raccoglierlo sull’albero quando il frutto ha raggiunto il suo livello di maturazione? Ovviamente la risposta è no. Questi imprenditori depredano il territorio e i lavoratori. Basti pensare che in Uganda, tutti i ragazzi che abbiamo intervistato che lavorano nelle piantagioni vogliono scappare dalle zone di produzione perché non hanno alcun beneficio. Cambiare la percezione del valore del caffè è una sfida enorme». Effettivamente, per la maggior parte degli italiani è quasi un oltraggio pensare che la tazzina possa costare più di un euro, ma siamo davvero disposti a sorseggiare prodotti scadenti, che per di più hanno sfruttato lavoratori – tendenzialmente molto giovani, tra i 14 e i 18 anni - e devastato interi terreni? Sostenibilità è sicuramente tra le parole più utilizzate in questo 2019 ormai concluso, ma quanto è etica la cara tazzina da un euro, e non un centesimo in più? «Tutta la filiera che si cela dietro a un prezzo così basso non è sostenibile. Il tostatore, il torrefattore non può mai comprare materia prima d’eccellenza se il costo di una tazzina equivale a un euro – ci racconta Sanapo - L’intera industria si sta massacrando da sola mantenendo una cifra così bassa. Sono consapevole che soprattutto in Italia il caffè è di uso e costume popo-

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lare, ma questo non significa che non possa diventare etico». E se non ci interessa il tema sostenibilità, almeno pensiamo alle papille gustative e alla bontà della bevanda che stiamo sorseggiando. «In primis, un caffè è buono se il produttore si prende cura della propria terra, non rovinandola con agenti chimici per far sì che quel pezzo di terreno produca molto e per un tempo infinito – afferma il campione italiano di Cup Tasting – Poi, il torrefattore, il buyer o il crudista devono pagare la somma corretta, necessaria per mettere in atto la sostenibilità di quel produttore. Ma l’oro nero purtroppo è trattato come una commodity, in Borsa il valore è deciso da persone in giacca e cravatta che non hanno mai visto una piantagione di caffè o percepito lo sforzo che c’è dietro. Oggi stiamo avendo i prezzi più bassi di sempre: un euro a libbra. Significa quasi due euro al chilo il crudo! È scandaloso, costa più produrlo che venderlo, ma questo è quello che decide il grande mercato». Ma anche qualora decidessimo di cercare un bar che propone alla sua clientela un caffè buono e allo stesso tempo sostenibile, ci troveremmo in difficoltà qualora ricercassimo un prodotto da preparare e consumare nella nostra casa. I supermercati sono pieni di scaffali che propongono questo e quel brand, ognuno dei quali offre a sua volta aromi e miscele differenti. Districarsi e scegliere è difficile, anche perché la cultura relativa all’universo dell’oro nero è scarsa. «È difficile trovare caffè eccellenti all’interno della grande distribuzione organizzata, soprattutto perché si parla di confezioni che stanno nei supermarket per parecchio tempo, di conseguenza difficilmente saranno fresche. Il mio consiglio – concludo Francesco Sanapo – è quello di cercare le botteghe di una volta, in cui l’artigiano tosta i chicchi e vende il prodotto fresco». Ora che tutte le carte per scegliere un buon caffè sono in tavola – o meglio, in tazza – sappiate che per questo 2020 ormai alle porte l’oro nero più trendy avrà un sentore fruttato.

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Un gusto...esotico

sushi alla conquista della GdO La fabbrica del

di Gilda Ciaruffoli

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aremo il miglior sushi al mondo». È questa la promessa che una giovanissima Kelly Choi ha fatto, all’inizio della sua carriera, a Yamamoto-San, celebre maestro nell’arte del taglio del pesce, amico e mentore della fondatrice di KellyDeli. Siamo nel 2010, in Francia, dove Kelly e suo marito Jerome Castaing stanno gettando le fondamenta di quello che, in meno di 10 anni, diventerà il brand leader europeo nella vendita di sushi fresco, con un fatturato di 350 milioni in Europa (58 milioni in Italia), 800 fully-serviced stand sushi in 11 Paesi e due Central Kitchen: la prima ad Amsterdam e la seconda in Brianza, inaugurata lo scorso ottobre a Concorezzo. Ora, non sta a noi dire se quello a marchio Sushi Daily sia davvero il miglior sushi al mondo, ma di certo i prodotti KellyDeli stanno contribuendo a cambiare le abitudini alimentari italiane, trasformando la cucina giapponese da sfizio occasionale, ad abitudine quotidiana. «Vorremmo che il sushi entrasse nell’immaginario europeo come la pizza è entrata in quello asiatico, perdendo la sua connotazione etnica, ma diventato patrimonio dell’umanità», ci ha detto Kelly Choi in occasione dell’inaugurazione di

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Da Carrefour a Bennet, passando per Simply, Conad e molti altri: è KellyDely a rifornire le catene di supermercati. Fatturando 58 milioni di euro grazie alla sua nuova cucina centralizzata a Concorezzo Concorezzo. «Oggi il mercato del sushi in Europa esprime solo l’1% delle sue potenzialità, e per accrescere questa cifra è importante essere sempre più vicini alle esigenze dei consumatori – prosegue Choi – Noi da subito ci siamo collocati con i chioschi all’interno degli ipermercati, e oggi con le Central Kitchen e il delivery stiamo facendo passi avanti in questa direzione». Tutto è iniziato con una start up e una partnership con Carrefour per l’apertura del primo chiosco in un punto vendita di Lione. Ad oggi i chioschi restano il core business aziendale, grazie al loro concept innovativo a metà tra l’esposizione per la vendita e lo show cooking. I prodotti vengono confezionati al momento da veri e propri artigiani del sushi sotto gli occhi dei clienti, a partire dalla cottura del riso, dal taglio del pesce e delle verdure. Sul mercato italiano Sushi Daily è leader di settore con 157 chioschi aperti in soli sei anni all’interno delle catene Bennet, Carrefour, Il Gigante, Pam Panorama, Iperal, Conad, Iper, La grande i, Gruppo Poli, Pewex, Tigros, Sole365, Elite e Simply; a giugno 2018 è stato inaugurato il primo punto vendita con sedute nella Terrazza Termini della stazione di Roma. «Dopo la Francia, l’Italia è stato il primo Paese al quale si è rivolto KellyDeli, e ancora oggi è il secondo mercato del business globale del Gruppo, ma anche quello sul quale abbiamo in atto più collaborazioni – commenta il ceo Silvano Delnegro – In Francia il nostro interlocutore principale è Carrefour, in Italia abbiamo 15 retailer e i chioschi sono


in franchising: solo uno, quello di Carugate, è a gestione diretta, per il resto abbiamo accordi con le varie catene e rigiriamo lo spazio al singolo imprenditore che solitamente ne gestisce uno o due. Per ogni partner prevediamo una formazione diretta, con un training teorico e pratico per assicurare al cliente il nostro standard». Dunque si fa la spesa, si compra il sushi appena fatto, a un prezzo contenuto (la spesa media è 15 euro), e si torna casa. Una formula vincente al punto che l’obiettivo per il 2020 è di aprire ulteriori 40 chioschi in Italia, ampliando il mercato anche al Centro-Sud, perché al momento gli stand sono concentrati per il 70% nel Nord del Paese. Ma non basta. Perché le esigenze dei

il prodotto non ha

"shelf life", ovvero non rimane sugli scaffali: l'invenduto viene reso

clienti stanno cambiando. «Una recente ricerca inglese dice che a Londra, al momento del pranzo, le persone non vogliono percorrere più di 300 metri per mangiare, quindi o sei a 5 minuti dall’ufficio o da casa o sei fuori» commenta il ceo. «Il mondo della prossimità sta crescendo molto rapidamente, c’è uno shift strutturale di mercato che è qui per rimanere e crescere, e la sfida per noi è di assecondare questa tendenza mantenendo alta la qualità. Forse siamo partiti leggermente tardi, ma stiamo facendo un buon lavoro per recuperare». L’apertura della Central Kitchen di Concorezzo va in questa direzione. Inaugurata a soli sei mesi dal progetto iniziale, la struttura occupa uno spazio di 180 mq, quasi il doppio di quella olandese. Al suo interno al momento dell’inaugurazione operavano 5 persone, che a pieno regime dovrebbero essere 15, obiettivo previsto entro marzo 2020. La cucina è attiva dalle 22 alle 6 del mattino, orario durante il quale il sushi viene preparato: in un anno si stima che verranno lavorati oltre 7000 salmoni, cotto l’equivalente di 2000 sacchi di riso e prodotti circa 420.000 vassoi di sushi destinati a coprire il settore dei mercati di prossimità, con una prospettiva a regime di circa 40/50 vetrine. Per quello che riguarda la materia prima, è attiva già da tempo una collaborazione con Mondo Riso, di Vercelli, mentre il salmone arriva intero dal Nord Europa con 4 consegne settimanali. Dal punto di vista logistico la scelta di Concorezzo è strategica, con i mezzi che si immettono nel traffico alle 6 del mattino e una volta arrivati a Milano consegnano il prodotto ad Apecar elettriche e mezzi ibridi che coprono l’ultimo tratto per il punto vendita. A occuparsene FoodLogica, la stessa azienda che opera anche ad Amsterdam, e in quel caso l’ultimo miglio è coperto in bicicletta. Altro aspetto sostenibile dell’impresa sta nelle modalità di smaltimento del prodotto: il sushi che esce dalla Central Kitchen non ha shelf life, l’invenduto a fine giornata viene reso, e per ovviare a questo spreco sono in atto accordi con la app Too Good To Go che rende acquistabili prodotti a breve scadenza a un prezzo molto ridotto. Nel prossimo futuro è prevista l’inaugurazione di una terza Central Kitchen a Parigi e in programma ci sono altre aperture italiane. Inevitabile infine guardare al delivery. Al momento è possibile acquistare i prodotti Sushi Daily su Amazon, solo su Milano, ed è una novità delle ultime settimane. All’estero il brand è presente sullo shop on line alcuni retailer, come Carrefour, ed è in atto una collaborazione con Deliveroo. «Utilizziamo anche il canale delle Dark Kitchen – conclude Delnegro – cucine che vengono affittate direttamente dai grandi distributori. Si tratta di un mondo in evoluzione e di un’area che dovremo integrare con quella delle Central Kitchen proprio per il delivery».

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lusso ad alta quota

L'ultima frontiera del lusso: volare con i comfort di una di Chiara Volontè

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uite private e vanity set firmati dai più noti stilisti. Un maggiordomo personale e bicchieri dei migliori cristalli da cui bere champagne millesimato. No, non siete in un luxury resort a sette stelle, ma a oltre 10.000 metri di altezza. Perché non sempre viaggio intercontinentale in aereo equivale ad assumere le stesse posizioni dei contorsionisti cinesi e mangiare cibo precotto, surgelato e poi riscaldato, condividendo un metro quadrato con un vicino di sedile rumoroso. Se vi potete permettere di impegnare per la vostra traversata l’equivalente dell’acconto di un appartamento, sicuramente rimarrete molto soddisfatti dell’esperienza che le più lussuose compagnie aeree saranno liete di farvi vivere. E mentre chi vola in economy sta contando i secondi che lo separano dal tanto agognato atterraggio - giusto per capire se sarà ancora in grado di deambulare - voi vorrete rimanere con la testa fra le nuvole ancora a lungo, per farvi coccolare dal personale di bordo. Secondo lo studio “Best Airlines in the World” redatto da Skytrax, società di ricerca britannica nel campo dell'aviazione civile, è la Qatar Airways la regina della “prima classe”, che propone ai suoi ospiti un vero e proprio menù degustazione firmato da chef di fama mondiale, nonché una selezione di caviale servito in una coppa di cristallo artigianale. E dopo una bella mangiata, cosa c’è di meglio che

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suite

Altro che gambe rattrappite e vicini rumorosi: i viaggi intercontinentali cambiano faccia se si può contare su camere private, maggiordomo e servizi di altissimo livello

rinfrescarsi con un set di cortesia firmato Bric e Castello Monte contenente tutti prodotti per donare alla pelle un aspetto riposato, per poi sonnecchiare in un comodo letto matrimoniale? Chi viaggia per lavoro, o con la famiglia, potrà usufruire di Qsuite, uno spazio privato completamente personalizzabile, grazie a pannelli mobili che consentono di trasformare la cabina a seconda delle esigenze dei passeggeri. Ad aggiudicarsi la medaglia d’argento è la Singapore Airlines. Rinomata in tutto il mondo per gli elevati standard dei servizi – la compagnia ha vinto per 23 anni consecutivi il "World's Best Cabin Crew Service” -, sono altrettanto note le sue hostess, vestite con il tipico "Sarong Kebaya" (tessuto di cotone


nell'altra pagina la suite di singapore airlines. qui sopra la prima classe di lufthansa, a fianco il vanity set offerto dalla qatar airways

o seta drappeggiato intorno alla vita e indossato dalle donne dell’Asia del sud). Ma forse più che l’ospitalità della crew, a rendere il tragitto piacevole sarà la suite, progettata dal designer francese di yacht di lusso Jean-Jacques Coste. All’interno di ogni cabina, dotata di porta scorrevole per garantire una maggiore privacy, una chaise longue e un ampio tavolo renderanno piacevoli – e con vista – anche le ore di lavoro, mentre un letto a sé stante cullerà i sogni più dolci. E se si viaggia in coppia, due suite adiacenti possono essere trasformate in una camera doppia. Che dire della possibilità di prenotare la portata principale del pasto, servito in piatti Wedgwood di porcellana fine disegnati appositamente per Singapore Airlines, fino a 24 ore prima della partenza, scegliendo tra le creazioni di otto chef noti in tutto il mondo? Per trovare Carlo Cracco non dovrete più andare a Milano in Galleria, sarà sufficiente prenotare un biglietto di first class con la Singapore! Il gradino più basso – si fa per dire, sempre a 12.000 metri d’altezza siamo - del podio è occupato dalla All Nippon Airways (Ana), la più grande compagnia

aerea del Giappone. Le cabine di Ana, frutto dello studio dell’architetto giapponese Kengo Kuma, mixano i principi del design occidentale con i dettami della cultura giapponese. La suite, completamente isolata grazie a porte scorrevoli, presenta al suo interno un monitor panoramico da 45 pollici in 4k, il primo di questo genere ad essere stato installato su un aereo commerciale di linea; inoltre i pannelli mobili consentono di modulare lo spazio in base alle esigenze del cliente, anche accoppiando i posti. Un occhio di riguardo da parte di Ana per i clienti della business class, che si potranno accomodare in poltrone larghe il doppio rispetto a quelle precedenti; anche chi viaggia con questa tariffa avrà la possibilità di riorganizzare gli spazi, grazie alle porte scorrevoli. L’attenzione al comfort del passeggero contraddistingue da sempre la All Nippon Airways, che è stata la prima compagnia aerea a introdurre, nel 2010, la poltrona completamente reclinabile con accesso diretto al corridoio. A brillare nella top 10 stilata da Skytrax sono soprattutto le airline company asiatiche e arabe: medaglia di cartone per la Cathay Pacific di Hong Kong, mentre il quinto posto spetta a Emirates, compagnia di Dubai. Sesta posizione per Eva Air di Taiwan, seguita dalla cinese Hainan Airlines; a chiudere la classifica Thai Airways, compagnia di bandiera Tailandese. Dobbiamo scendere all’ottavo e nono gradino per incontrare una compagnia dell’Oceania e una europea. Qantas Airlines, compagnia di bandiera australiana, si aggiudica l’ottava posizione. Il cliente che ha scelto un biglietto di prima classe sarà già viziato in aeroporto, tra menù ricercati e trattamenti spa, ma il bello deve ancora venire! A bordo il palato sarà stuzzicato dalle creazioni dello chef e conduttore televisivo Neil Perry, mentre i sommelier sapranno abbinare i piatti ai migliori vini e champagne. Terminato il pasto la suite privata, dotata anche di una poltrona massaggiante, diventa una camera da letto a cinque stelle, con corredo Sheridan e materasso memory foam, senza dimenticare il pigiama con pantofole abbinate – per essere chic anche tra le nuvole – e il gel rinfrescante con maschera per gli occhi. Nono posto per la tedesca Lufthansa, che offre ai suoi ospiti trattamenti vip ancora prima del decollo, tra assistenti privati in aeroporto e limousine che accompagnano il cliente dall’hub alla scaletta del velivolo. Poltrone dotate di ogni comodità che si possono trasformare in letti, bagni da mille e una notte e set di cortesia con tutti i prodotti necessari per donare al viaggiatore un’aria riposata, fanno di Lufthansa una delle compagnie migliori al mondo. Ma, in particolare, i tedeschi sanno prendere per la gola i propri ospiti, grazie a una selezione di caviale e a piatti stellati, accompagnati da vini scelti direttamente dal sommelier campione del mondo Markus del Monego.

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food&travel

itinerari

In piazza o sul vulcano: capodanno in Sicilia

di Luigi Ciccarelli

Il mare che si fonde con il cielo, i monumenti, i profumi di una terra magica in cui trascorrere le vacanze natalizie diventano l'occasione per una nuova scoperta

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uando si pensa alla Sicilia, quasi sempre a venirci in mente sono immagini associate alla bella stagione: le spiagge, il mare cristallino, le strade e le piazze baciate dal sole, i suoi agrumi rinomati in tutto il mondo oppure la vegetazione rigogliosa che caratterizza l'intera isola. D'altronde, se si escludono i siciliani o i “continentali” che in Sicilia vivono o vi si recano per lavoro durante tutto l'anno, la maggior parte delle persone che decidono di visitare l'isola lo fa in occasione delle vacanze estive. Eppure, grazie alla sua storia millenaria, alla cultura e alle tradizioni che ancora oggi vengono tramandate e mantenute vive col passare delle generazioni, questa terra mantiene intatto il suo fascino anche nel periodo invernale. Anzi, proprio nel momento in cui le luci e i colori dell'estate si attenuano e viene smaltita la sbornia di odori, sapori e suoni tipici di ogni territorio che ha legato la sua vita al mare, l'isola svela fino in fondo la sua bellezza, sapendo regalare al visitatore fuori stagione sensazioni inattese e, perciò, ancor più sorprendenti. Per chi volesse lanciarsi alla scoperta della Sicilia più autentica lontano dall'alta stagione, dicembre è senza dubbio il periodo più indicato. Non soltanto perché, grazie alle festività natalizie, durante l'ultimo mese dell'anno possiamo concederci con più facilità una vacanza invernale, ma soprattutto perché è a dicembre che l'intera isola e i suoi abitanti si ritrovano tutti insieme a celebrare le più antiche tradizioni, a partire dalle quali si è formata nei secoli la loro cultura. Le tradizioni religiose Come in ogni parte del mondo, anche in Sicilia è stato attorno agli appuntamenti religiosi e alle tradizioni formatesi in occa-

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sione degli stessi che si è costruito il senso di appartenenza di ogni comunità locale. Tradizioni e usi che oggi, con le differenze del caso, ritroviamo in ciascuno dei territori siciliani e che nel corso dei secoli, come tante sinapsi, hanno trasmesso alla varie parti dell'isola un'unica identità e un comune sentire. Quindi, se si vuole conoscere da vicino e immergersi nella cultura locale siciliana, è in occasione di tali appuntamenti che si deve programmare una visita nell'isola, per poter così vivere in prima persona le tradizioni più sentite e partecipate dei siciliani. Le celebrazioni per il Natale È ovviamente il Natale l'appuntamento religioso attorno al quale si esprimono le più importanti tradizioni locali siciliane. Già a partire dai giorni dell'Immacolata, in più parti dell'isola è possibile ammirare i presepi realizzati dalle mani abili di artisti del passato e contemporanei, oppure lasciarsi affascinare dai presepi viventi che, fino al giorno dell'Epifania, mettono in scena la nascita di Cristo. Da non perdere sono i presepi di Caltagirone, tra cui spicca uno tra i più grandi d'Italia, composto da oltre 300 pezzi in terracotta esposti in uno spazio di circa 400 metri quadrati. In vista del


vo del nuovo anno sarà salutato con uno spettacolo in Piazza Ruggero Settimo e Piazza Castelnuovo. A Catania e a Messina, invece, il brindisi collettivo di fine anno si terrà nelle rispettive Piazza Duomo. Per chi, invece, è alla ricerca di un Capodanno decisamente diverso dal solito, una opportunità davvero rara è rappresentata dalla possibilità di trascorrerlo sulle pendici dell'Etna. A Nicolosi, in provincia di Catania, lo storico rifugio Sapienza, posto a circa 2000 metri di altezza, offre un pacchetto di Capodanno che prevede il cenone del 31, il pernottamento e, per il giorno di Capodanno, la possibilità di salire in funivia fino a 2500 metri di altezza. Per gli amanti del trekking, invece, l'associazione Passo Passo Trekking organizza un Capodanno naturalistico, con un programma che dura quattro giorni (dal 29 dicembre al 1° gennaio). Il ritrovo dei partecipanti sarà nel piccolo centro catanese di Sant'Alfio. Oltre ai percorsi di trekking, il pacchetto prevede il pernottamento presso le strutture alberghiere indicate dagli organizzatori e il cenone di fine anno.

Natale, un'altra della tradizioni più antiche che si tramanda ancora oggi è quella delle novene, che vengono suonate dagli zampognari nelle case private o dinanzi agli altari di quartiere posti in strada. Un'altra tradizione tipica del Natale siciliano è quella dello zuccu, falò che viene acceso la vigilia di Natale davanti alle chiese in molti paesi della Sicilia orientale.

Visitare la Sicilia con Grimaldi Lines Per concedersi una vacanza in Sicilia nel mese di dicembre, un'opzione che unisce comodità e risparmio è quella offerta da Grimaldi Lines, che tutto l'anno effettua i collegamenti marittimi Livorno-Palermo, Salerno-Palermo e Salerno-Catania. Fino al 18 dicembre, ad esempio, la compagnia di navigazione napoletana propone su tutte le tre tratte l'offerta “Cabina interna zero”, che prevede uno sconto speciale del 100% sul supplemento per la sistemazione in cabina interna. Fino al 31 dicembre, invece, ai passeggeri “over 60” che viaggiano sulle tre tratte viene applicato uno sconto del 20% su passaggio nave, supplementi sistemazione e veicoli al seguito. Soltanto per le linee da e per Palermo (Salerno – Palermo e Livorno – Palermo e viceversa), Grimaldi Lines offre infine il passaggio ponte a zero euro per i bambini fino ai 12 anni non compiuti.

Capodanno in piazza o...su un vulcano! Anche per la notte di San Silvestro, le opportunità offerte dalla Sicilia sono tante e in grado di incontrare i gusti più diversi. Per chi ama attendere e festeggiare l'arrivo del nuovo anno in piazza, scandendo il fatidico count-down in mezzo a una moltitudine di persone festanti, non c'è che l'imbarazzo della scelta. Anche per quest'anno, infatti, saranno numerose le piazze siciliane che organizzeranno il Capodanno in piazza, con spettacoli, musica e sereno divertimento. A Palermo l'arri-

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lifestyle

motori

Alfa Romeo rilancia la coppia da sogno Ecco le nuove

Stelvio e Giulia

Il Model Year 2020 delle due auto, un suv e una berlina, si traduce in un profondo rinnovamento. Un concentrato di tecnologia che va nella direzione della guida autonoma

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ualche anno fa venivano presentati due modelli che sarebbero diventati due pilastri per il rilancio del Marchio italiano: Alfa Romeo Giulia e Stelvio. Oggi, per il Model Year 2020, la berlina e il SUV del Biscione sono oggetto di un importante rinnovamento, che coinvolge principalmente due aspetti: la tecnologia e la guida autonoma. L’aspetto estetico di Giulia e Stelvio Model Year 2020 non cambia, mantenendo le stesse linee e gli stessi dettagli di sempre, con un design che fin dal lancio è stato di successo, ma arrivano nuovi colori, suddivisi in quattro categorie: Competizione, Metal, Solid e Old Timer. Nuovi il Verde Visconti, il Blu Anodizzato e il Bianco Lunare, oltre alle scenografiche tinte che riprendono i fasti del passato, l’Ocra GT Junior e il Rosso 6C Villa d’Este. L’abitacolo ha ricevuto in dote alcuni nuovi materiali che alzano

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ulteriormente la qualità percepita, mentre la consolle centrale è stata completamente ridisegnata per accogliere portaoggetti più ampi e accessibili, oltre all’inedita funzionalità wireless charger per lo smartphone. Nuovo anche l’utile vano davanti al portabottiglie, che su Giulia aumenta la disponibilità degli spazi interni. Inoltre, la leva del cambio presenta un rivestimento in pelle e accenti luminosi, mentre alla base del selettore c’è la firma tricolore. Il volante merita un capitolo a sé: ogni allestimento ha materiali e dettagli peculiari, con pelli traforate e non, alternate ad inserti lucidi o cromati. Anche i tasti presenti sulle razze sono stati ridisegnati per accogliere le funzionalità inerenti ai dispositivi di guida autonoma. Iniziando ad affrontare il capitolo tecnologico, il display TFT da 7” della strumentazione è di serie su tutte le versioni e propone un nuovo layout che integra le informazioni relative ai dispositivi di assistenza alla guida. Grandi novità anche per il sistema di infotainment, che è sempre da 8,8 pollici, ma ora è anch’esso di serie e cambia radicalmente nella sostanza. Lo schermo diventa touchscreen e propone una rinnovata veste grafica oltre a una nuova organizzazione che segue la logica dei widget, singoli blocchi gestibili e personalizzabili attraverso il drag and drop sulla home page come se fossero delle applicazioni dello smartpho-


in collaborazione con

ne. Muovendosi all’interno della “home” in senso orizzontale si possono visualizzare questi blocchi relativi alla radio, ai media, al telefono, al navigatore, al climatizzatore, ai servizi connessi, agli ADAS e a tanti altri elementi. L’aggiunta del touchscreen permette interagire con il sistema in base alle proprie preferenze o alla situazione di guida potendo scegliere anche di utilizzare il nuovo rotary knob, posto sul tunnel centrale. Al rinnovato infotainment di Giulia e Stelvio MY2020 si aggiungono gli Alfa Connected Services, una serie di servizi online per tenere sempre sotto controllo alcuni aspetti della vettura, dal check up, alla posizione ad altri aspetti di sicurezza e comfort. My Assistant offre la chiamata SOS in caso di collisione o emergenza e My Remote, invece, comprende diversi servizi, tra i quali la possibilità di controllare a distanza via smartphone/ smartwatch alcune funzionalità della propria vettura (apertura/ chiusura porte, lampeggio luci). Poi ci sono My Car, che consente di tenere sempre sotto controllo lo stato di salute e i parametri della vettura, e My Navigation, che comprende le applicazioni per la ricerca della destinazione e dei Point of Interest (POI) a distanza e gli avvisi in tempo reale sulle condizioni traffico, meteo e autovelox. Infine, ci sono My Wi-Fi, che permette di condividere la connessione internet tra più dispositivi a bordo, fino a un massimo di 8, My Theft Assistance, che avvisa il proprietario in caso di tentato furto, e My Fleet Manager, pensato per la gestione delle flotte. Tutti servizi utili e interessanti, alcuni già disponibili al lancio, altri arriveranno nel corso del 2020. Per quanto riguarda i motori, Alfa Romeo Giulia 2020 propone due propulsori d’ingresso: il 2.0 benzina da 200 CV e il 2.2 Diesel da 136 CV, con trazione posteriore e cambio automatico a 8 marce. La gamma prosegue con i già conosciuti 2.2 Diesel da 160, 190 o 210 CV e con il benzina da 2.0 da 280 CV.

Queste ultime due motorizzazioni citate appartengono alla gamma Veloce e sono abbinate alla trazione integrale Q4. Stesse cilindrate e potenze per Stelvio 2020, tranne che per il 136 CV, non prevista per il SUV italiano. Le versioni da 160 CV sono disponibili con la sola trazione posteriore, la 190 CV con entrambe le soluzioni, mentre le altre hanno tutte di serie l’integrale Q4. Dal punto di vista della dinamica, Giulia e Stelvio MY2020 non modificano il grande piacere di guida che da sempre le caratterizza, ma aggiungono un leggero miglioramento nell’insonorizzazione e, soprattutto, non tolgono nulla rispetto al passato. La vera novità che modifica l’esperienza dietro al volante, però, è il nuovo pacchetto di ADAS, sistemi di assistenza per una guida autonoma di se-

I nuovi sistemi di assistenza propongono Active Cruise Control, con riconoscimento dei segnali stradali e mantenimento al centro della corsia condo livello. Si parte dal Driver Attention Assist, che monitora la sonnolenza del conducente e lo avvisa in caso di necessità, si prosegue con il Lane Keeping Assist, che mantiene attivamente il veicolo all’interno della corsia e con l’Active Blind Spot Assist, che monitora gli angoli ciechi posteriori ed è in grado di applicare una correzione sullo sterzo per evitare la collisione. Confermato l’Active Cruise Control, che su Giulia e Stelvio MY2020 coopera con il nuovo sistema di riconoscimento dei segnali stradali (Traffic Sign Recognition e Intelligent Speed Control), mentre sono totalmente inediti il Traffic Jam Assist e l’Highway Assist. Questi due elementi supervisionano anche la guida laterale, mantenendo la vettura al centro della corsia in condizioni di traffico intenso (Traffic Jam Assistant da 0 a 60 km/h) o in autostrada (Highway Assist da 0 a 145 km/h). Il sistema si attiva con il Cruise Control e il tasto con il simbolo del volante sulla razza sinistra di quest’ultimo, che è, inoltre, dotato del sensore di prossimità. Un sistema avanzato (targato Bosch, come le altre tecnologie di sicurezza) rispetto ad alcune competitor, poiché è molto più preciso e sensibile rispetto al dover dare coppia al volante e quindi, non appena lo si lascia, passano solo 8 secondi perché vi avvisi di riprendere il controllo.

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lifestyle

sport senza frontiere

Fiona May testimonial di Fiona May

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di Missioni Don Bosco

una gioia scoprire di poter diffondere un messaggio importante legato alla solidarietà. In questo anno che sto vivendo in collaborazione con Missioni Don Bosco, vedrete sempre più spesso la mia immagine a fianco di bambini e di giovani di tutto il mondo accolti nelle diverse opere salesiane. Per una successione di eventi e di relazioni mi trovo con piacere a essere oggi una “testimonial” per questa importante Onlus. La prima volta è stato alla Corsa dei Santi lo scorso anno a Roma. Sport e solidarietà stanno bene insieme: lo sforzo di raggiungere un obiettivo che corona mesi e anni di allenamenti ha qualcosa che somiglia a quello di chi svolge azioni di aiuto alle persone e ai popoli più poveri, come fanno i missionari salesiani. Il risultato in entrambi i casi nasce dalla dedizione, dalla competenza, dalla pianificazione. Sono venuta a Valdocco ad aprile per vedere da vicino come opera Missioni Don Bosco: come dialoga con i suoi benefattori, come aiuta i religiosi e i volontari a progettare e ad avviare interventi sostenibili, com’è pronta a rispondere alle emergenze che si presentano. Ero qui proprio nei giorni in cui si mobilitava per soccorre le popolazioni colpite a marzo dal tornado in Mozambico. Ho capito che Missioni Don Bosco fa leva su un meccanismo davvero fondamentale: la preparazione culturale e tecnica dei giovani, in tutti i Paesi in cui opera. La formazione scolastica deve essere data a tutti, particolarmente a chi si trova più svantaggiato per ragioni economiche, geografiche, sanitarie. E poi, con le scuole professionali, si aiuta a definire le capacità di ciascuno in funzione delle opportunità di lavoro: i mestieri che servono nei villaggi e nelle città per migliorare la qualità della vita, per creare occupazione, per gettare le basi di un durevole sviluppo. In questi ultimi anni mi sono dedicata agli studi di economia e posso constatare che dove esiste un tessuto di base fatto di gente istruita e di bravi artigiani può svilupparsi un’agricoltura più efficiente e quindi allontanarsi lo spettro della fame, possono trovare il loro humus le attività artigianali che valorizzano i territori e generano ricchezza per tutti.

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La straordinaria atleta, già plurimedagliata alle Olimpiadi, è diventata il volto dell'ente salesiano. Per promuovere il matrimonio tra sport e solidarietà

Mi dedicherò volentieri a essere promotrice dell’attenzione alle mamme, con speciale attenzione alle mamme-bambine che purtroppo sono una realtà molto diffusa nel continente africano. E con gioia farò attenzione ai diversi progetti per i bambini vulnerabili del mondo sostenuti dall’ente salesiano di Torino. Per tutto questo anno continuerò a “mettere la mia faccia” per supportare le campagne di raccolta fondi per i progetti di Missioni Don Bosco. Sosteniamo insieme la fatica di tantissime persone a noi fisicamente lontane ma delle quali ci sentiamo davvero vicine agli obiettivi. Potete aiutare insieme a me le iniziative dell’ente salesiano che lavora per il futuro di tanti bambini, ragazzi e ragazze a rischio attraverso il sito www.missionidonbosco.org. Saranno i passi sempre più slanciati che faranno compiere un lungo salto in avanti a tanti giovani e giovanissimi nel mondo.



lifestyle

Miti e segreti della Scala

Tra Tosca e... Toscanini

Così la prima della Scala è diventata mito di Chiara Volontè

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lucevan le stelle” scriveva alla sua amata Tosca Mario Cavaradossi - protagonista maschile della celebre opera di Giacomo Puccini - fattosi di carne e sentimenti grazie all’interpretazione di Luciano Pavarotti. E brillava anche il Teatro Regio Ducale di Milano nella notte del 25 febbraio 1776, a causa delle fiamme divampate in circostanze misteriose, che lo inghiottirono completamente. Sgomento in città: poteva mai uno dei luoghi più importanti d’Europa quanto a cultura, rimanere senza teatro? Ovviamente no, pensò l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, che incaricò seduta stante il famoso architetto Giuseppe Piermarini di edificarne un altro. Ma non sulle ceneri – mancata Fenice – del Regio, bensì nell’area della fatiscente Chiesa di Santa Maria della Scala, così chiamata in onore di Beatrice Regina della Scala, discendente della potente stirpe veronese degli Scaligeri e sposa – nel 1345, a soli dodici anni – del signore di Milano Bernabò Visconti. Il tempio di Dio fu abbattuto perché era un altro il tempio che doveva brillare al suo posto – affermazione che non uscì sicuramente dalla bocca della rigida imperatrice d’Austria, che però a fatti si dimostrò sempre di posizioni più illuminate di quanto lei stessa volesse e potesse ammettere. Fu così che il 3 agosto 1778 il neonato Teatro Grande alla Scala, che prese il nome dall’omonima piazza in cui

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Il 7 dicembre è un appuntamento imperdibile per i melomani di tutto il mondo. Ma sapete perché La Scala si chiama così? E a chi si deve la sua costruzione? sopra: il teatro alla scala nell'omonima piazza. nell'altra pagina la "divina" maria callas, protagonista di alcune tra le recite più apprezzate della scala

sorse, emise il suo primo do di petto, cantando le arie de “L’Europa riconosciuta”, opera del compositore tanto caro alla corte asburgica Antonio Salieri, acerrimo antagonista e al contempo sincero estimatore del più celebre Wolfgang Amadeus Mozart. Il santuario della lirica prosperò per oltre 150 anni, tra un riammodernamento e l’altro – come nel 1909, quando il quinto ordine venne trasformato in prima galleria, con la rimozione delle separazioni tra un palco e l’altro - diventando la casa dei più grandi compositori. Fino alla notte tra il 15 e 16 agosto 1943 quando cadde, profondamente ferito, sotto i colpi dei raid alleati della Royal Air Force, e così Milano si trovò nuovamente senza teatro. E anche in questo caso la ricostruzione, che ini-


ziò con l’orchestra schierata di fronte al sipario che inscenò un concerto sulle macerie e il pubblico seduto su comuni sedie, fu rapidissima. La fenice – stavolta sì – ebbe l’onore di rinascere sulle note de “La gazza ladra” diretta da Arturo Toscanini. Fu l’11 maggio del 1946, e non fu solo la Scala a rialzare la testa quel giorno, ma anche le 5mila persone presenti all’interno del teatro e le diverse migliaia che, incantate, ascoltavano le arie in Piazza e nelle vie adiacenti, attrezzate per l’occasione con altoparlanti.

re che appartennero alle famiglie prima nobili e poi borghesi, che li potevano arredare a loro piacimento: era dalla suntuosità degli addobbi che si poteva riconoscere lo status della casata, mentre la tendina che dà sulla platea (che non è sempre stata rossa, tant’è che a metà Ottocento era azzurra) doveva essere rigorosamente uguale per tutti.

La prima del 7 dicembre Che si ami o meno l’opera, il 7 dicembre in tutto il mondo ha il medesimo significato: è la prima della Scala. L’habitus di inaugurare la stagione lirica milanese proprio in questa data, giorno del patrono della città meneghina Sant’Ambrogio, fu introdotto nel 1940 e reso norma dal 1951 per volere di Victor de Sabata. Il motivo? Il noto direttore d’orchestra, proprio il 7 dicembre 1951, diresse Maria Callas ne “I vespri siciliani” di Giuseppe Verdi: in questa occasione la diva ottenne il suo primo trionfo milanese. A partire dal 2008 la serata inaugurale è preceduta dall’anteprima giovani, una recita dell'opera che aprirà la stagione dedicata al pubblico con meno di trent'anni.

Non è tutto cristallo quello che luccica Quale fu il primo edificio pubblico a godere dell’illuminazione a Milano? Fu il Teatro alla Scala nel 1883, che stando a un manifesto dell’epoca era addirittura rischiarato a giorno grazie all’immenso lampadario centrale, composto da circa 400 lampadine. Un vero gioiello del design, degno di troneggiare nelle sale dei migliori musei, se non fosse che non è tutto cristallo: le cupolette, infatti, sono di plastica. Ma non sono motivi economici ad aver dettato questa decisione, bensì di sicurezza, per consentire alla struttura di essere più leggera. Giusto per dare l’idea delle dimensioni del lampadario, che non è quello originale ottocentesco ma una riproduzione realizzata a seguito dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale, basti pensare che per pulirlo sono necessari 20 giorni di lavoro, e nella coppa con cui è applicato al soffitto può entrare un uomo!

Tempio della lirica, e non solo… Opulento e trasudante storia, sembra sospeso in un tempo lontano, nato così e destinato a essere tale per sempre. Ma l’interno della Scala non è sempre stato come si presenta ai nostri occhi ora. Le sedie in platea, infatti, erano mobili e per potersi sedere occorreva noleggiarle. Questo perché a teatro non si assisteva solo alle rappresentazioni, anzi: spesso vi si svolgevano balli, feste in maschera e addirittura tornei a cavallo. L’atmosfera goliardica diventava addirittura losca nei ridotti della Scala, dove era pratica comune giocare d’azzardo. E lo sa bene Alessandro Manzoni, habitué dei tavoli della roulette, che stando alle cronache del tempo fu “salvato” dalla cattiva strada che stava prendendo dallo scrittore Vincenzo Monti. Senza contare che al secondo piano era stata allestita una cucina in cui venivano preparati deliziosi manicaretti che, spesso e volentieri, finivano nel piano sottostante, con grande lamento del pubblico. Per quanto riguarda i palchi, invece, è bene ricorda-

La Tosca Sarà l'opera in tre atti di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ad aprire la stagione il 7 dicembre. Il testo – ormai diventato un classico intramontabile – fu ricavato dal dramma omonimo di Victorien Sardou, ma fu ridotto da cinque a tre atti e snellito di molti particolari che costituivano la cornice storica realistica del dramma in prosa; inoltre la vicenda si concentrò principalmente sul triangolo Scarpia - Tosca - Cavaradossi, delineando le linee principali dei caratteri, anche se a scapito delle concatenazioni logiche degli avvenimenti. Era infatti il dramma amoroso che affascinava Puccini, molto più del contesto storico entro cui si era delineato. Gli eventi narrati nel melodramma si svolgono a Roma nell'atmosfera tesa che segue l'eco degli avvenimenti rivoluzionari in Francia, e la caduta della prima Repubblica Romana in una data ben precisa: sabato 14 giugno 1800, giorno della Battaglia di Marengo… Per il resto della storia, appuntamento alla Scala.

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lifestyle

Benessere

Il diradamento dei capelli? Per combatterlo c'è K

max – sintesi di Keratin Maximization - è la linea cosmetica pensata per migliorare l’aspetto dei nostri capelli e per risolvere con gesti semplici e veloci il problema del loro diradamento. Quest'anno il marchio compie 15 anni e lo fa presentando la nuova linea Black Edition, prolungamento della linea continuativa che è diventata negli anni un vero e proprio punto di riferimento per tutti coloro – uomini e donne – che soffrono di diradamento dei capelli o inizio di calvizie. Il segreto di Kmax risiede nelle fibre capillari, fino a poco tempo fa privilegio di pochi fortunati e oggi quotidianamente utilizzate da milioni di persone in tutto il mondo. In pochi secondi, le fibre di cheratina si legano elettrostaticamente ai capelli, rendendoli immediatamente più folti e splendenti. In particolare, le fibre Kmax sono le uniche naturali al 100%, interamente costituite da cheratina, dermatologicamente testate e senza coloranti aggiunti. La Black Edition di Kmax comprende tre nuovi formati di Concealing Hair Fibers – disponibile in 9 tonalità di colore per garantire un effetto finale naturale - e una Refill Bag per non rimanere mai senza e godere di un prezzo al grammo ancora più vantaggioso. I formati sono nuovi e davvero convenienti: 32, 15 e 5 grammi per i flaconi e 64 g per la Refill. In particolare il formato 5 gr è stato denominato TryMe perchè dà la possibilità di testare gli incredibili benefici dei prodotti Kmax in un formato travel davvero comodo. I

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Kmax

Una linea di prodotti, naturali al 100% e a base di cheratina, garantisce un argine per tutti coloro, uomini e donne, che iniziano a mostrare i primi segni di calvizie. Il segreto? Le fibre capillari che si legano ai capelli punti di forza di Kmax sono molteplici: innanzitutto si tratta di una linea realizzata interamente con prodotti naturali, la cui filiera produttiva è sottoposta a controlli rigorosi e costanti. L'assenza di coloranti chimici da un lato permette di evitare sgradevoli riflessi artificiali, dall'altro garantisce la sicurezza delle microfibre Kmax anche sulle pelli più sensibili. Inoltre sono prodotti 100% Made in Italy: l’intero processo produttivo, infatti, è localizzato in Italia, per garantire un prodotto di altissima qualità ad un prezzo competitivo. Infine, la linea Kmax è sviluppata nel Settore Ricerca & Sviluppo di Wilco srl - azienda italiana specializzata nella produzione e distribuzione di prodotti specifici per la perdita di capelli - e prodotta nella stessa sede: questo permette un abbattimento dei costi di produzione, un controllo continuo e una gestione prodotti veloce e flessibile. I prodotti Kmax sono venduti online, in farmacie selezionate e presso parrucchieri e tricologi.


Tra i marmi del Foro Italico L'ateneo dello sport di

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Università degli Studi di Roma “Foro Italico” è la quarta università statale di Roma, ed è l’unico ateneo italiano, e uno dei pochissimi europei, a essere interamente dedicato all’attività motoria e allo sport. Assicura tutti i livelli di formazione universitaria nello specifico campo delle Scienze del movimento umano e dello sport rilasciando i titoli di laurea triennale, magistrale e dottorato di ricerca previsti dall’ordinamento universitario ministeriale. L’Ateneo vanta oltre 80 anni di storia connotata da varie denominazioni - Accademia di Educazione Fisica (1928), ISEF Istituto Superiore di Educazione Fisica (1952), IUSM Istituto Universitario di Scienze Motorie (1998) e oggi Università degli Studi di Roma “Foro Italico” (2008) - durante i quali ha avuto una continua evoluzione e crescita quale unica specifica istituzione universitaria nazionale. La sua sede è situata nel grande complesso monumentale del Foro Italico, che ospita alcuni degli impianti sportivi più importanti della capitale. L’Ateneo dispone di 9 palestre modernamente attrezzate, lo Stadio dei Marmi, un Centro Remiero sul Tevere, laboratori linguistici, una biblioteca specializzata, laboratori scientifici e centri di ricerca, una mensa per gli studenti e il Centro Universitario di medicina dello sport e dell’esercizio fisico. Ad oggi l’Università “Foro Italico”, con i suoi circa 2000 iscritti, ha un’offerta formativa composta da un corso di laurea triennale, 4 corsi di laurea magistrale e un dottorato di ricerca. Il Dipartimento di Scienze motorie, umane e della salute è articolato in tre sezioni - Scienze del movimento uma-

Roma

La quarta università della capitale è uno dei pochissimi istituti europei interamente dedicato alle attività motorie. Il tutto in una delle cornici più belle del mondo no e dello sport; Scienze umane e sociali; Scienze della salute - nell’ambito delle quali molto sviluppata è l’attività di ricerca sui più diversi temi relativi all’attività motoria e allo sport, da quello tecnico-addestrativo a quelli biomedici, psicologici, formativi, socioeconomici, comunicativi ecc., con rilevanti ricadute a livello di ricerca di base. Offerta formativa Presso il Dipartimento di Scienze motorie, umane e della salute sono istituiti i seguenti corsi: • Corso di Laurea in Scienze motorie e sportive (triennale), articolato in due curriculum: Scienze motorie e sportive e Gestione e Organizzazione dello sport di alto livello. Si è ammessi alla selezione se in possesso della licenza di scuola media superiore o di altro titolo estero equivalente. • Corsi di Laurea Magistrale (biennale) - Attività motorie preventive e adattate - Attività fisica e salute (interateneo/titolo congiunto europeo) - Management dello sport - Scienza e tecnica dello sport

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lifestyle

smart working?

L’open space è un bluff smascherato da Harvard A

dire la verità un po’ lo sospettavamo. Ma ora che ad Harvard l’hanno dimostrato scientificamente, possiamo dirlo a voce alta: l’open space è... Be’, avete presente come Fantozzi definiva il lungometraggio La corazzata Potëmkin? Ecco. Altro che scatenare l’intelligenza collettiva, altro che aumentare l’interazione fra colleghi, altro che rendere trasparenti i processi: l’unico merito dell’open space, casomai, è la riduzione dei costi: quelli dei muri. Aumento però tutti gli altri, produttività in primis. A prendersi la briga di valutare l’effetto dell’open space sul lavoro, i ricercatori di Harvard Ethan Bernstein e Stephen Turban, con due indagini condotti nelle sedi centrali di altrettante grandi aziende americane. Hanno dotato i 55 dipendenti di una e i 100 dell’altra di badge intelligenti, seguendone gli spostamenti sia prima che dopo il trasloco dai tradizionali uffici

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Altro che incentivare la collaborazione tra colleghi: la mancanza di privacy incide negativamente sulla produttività del team. Lo dimostra una ricerca dell’ateneo. E l’esperto di Hr management lo conferma ai nuovi spazi aperti. Scoprendo cosa? Che addirittura nel 70% dei casi le interazioni dirette fra colleghi, anziché aumentare, diminuivano. E, paradossalmente, aumentava l’utilizzo di e-mail e servizi di instant messagging. «Quello che spesso si ottiene», scrivono i due ricercatori nella loro ricerca “The impact of the open workspace on human collaboration”, «è uno spazio aperto di impiegati fisicamente prossimi che fanno tutto il possibile per isolarsi mentre fingono di lavorare assiduamente in quanto tutti li possono vedere». La conseguenza diretta? «Anziché promuovere una più vivace collaborazione faccia a faccia, l’architettura aperta è apparsa innescare una reazione naturale umana di ritirarsi dal contatto diretto con i colleghi». Il corollario? «Come gli insetti sociali che sciamano entro limiti funzionalmente prestabiliti, anche gli essere umani hanno bisogno di stabilire precisi confini ai


contatti con gli altri».«Come in tutti i cambiamenti dei modelli organizzativi ci sono pro e contro», spiega a Economy Pier Carlo Barberis, founder degli Stati Generali del Mondo del Lavoro, con alle spalle una carriera come Hr director per aziende come Bmc Software, Sky Italia, Eurofly, UniSource, oltre all’esperienza in Hr management in Fca, Sheraton, Hrc Academy. «È un errore sposare acriticamente un modello addottandolo, per così dire, con “regole bulgare”: tutto va fatto con buonsenso. Anche nello smart working, che adotta proprio l’open come modalità principale». Detto da uno che nella sua pluriennale esperienza di direttore del personale nelle aziende più disparate ha vissuto decine di cambiamenti, c’è da credergli. «L’opportunità offerta dall’organizzazione ergonomica all’interno delle aziende in ambito oper space, che poi si collega alla logica moderna dello smart working, può essere un aiuto alle performance delle persone solo in alcuni settori», spiega. A parte le startup: «Si tratta di ambienti che richiedono condivisione e quindi è giusto adottare l’open space come modello, non solo nei settori digitali, ma anche in quelli più tradizionali. Nelle startup c’è un’esigenza maggiore di condivisione fra colleghi», dice. Per il resto, invece, occorre fare alcuni distinguo: «Esistono attività tradizionali e settori che hanno necessità di rispettare alcune fondamentali regole di privacy e di riservatezza, oltre che di concentrazione. L’ open space dev’essere adottato con buonsenso, inserendo sempre aree protette nelle quali chi ha necessità di fare conference call odi parlare con una persona, collaboratore o cliente, possa usufruire di uno spazio chiuso per motivi sia di privacy che di educazione e di rispetto, anche dell’interlocutore, che può essere un cliente come un collaboratore». Così, a fronte di colleghi che non controllano il volume della loro voce, creando un sottofondo decisamente letale per la concentrazione altrui, ci sono quelli che invece il volume lo controllano anche troppo, sussurrando al telefono con i clienti, che indispettiti per la difficoltà d’ascolto potrebbero rivolgersi altrove. Qualcosa sta cambiando, infatti. «Che il modello open space non funzioni lo stanno intuendo in molti», spiega Pier Carlo Barberis: «I grandi studi di architettura specializzati in progettazione office, se prima lo proponevano come soluzione per ogni ambito lavorativo, oggi sempre di più prevedono un mix tra spazi collettivi che radunano i collaboratori e postazioni protette, chiuse, in modo da avere, oltre alle agorà in cui si crea networking, sharing e contaminazione di idee, anche uffici privati in cui po-

Il modello dello spazio aperto sul luogo di lavoro non rispetta le esigenze di privacy e riservatezza e ostacola la concentrazione

Pier Carlo Barberis, founder degli

Stati Generali del Mondo del Lavoro

ter parlare in riservatezza per chiudere un accordo o trattare temi più o meno privati, per esempio in tema di amministrazione del personale». È anche una questione di posizionamento, non solamente dell’azienda, ma anche del ruolo personale occupato nell’organizzazione dal singolo individuo. Un po’ come la fantozziana pianta di ficus, simbolo del potere. E poi c’è un tema di riservatezza: «Pensiamo a un customer care o a dei consulenti finanziari un conto è un customer care», sottolinea Barberis. «La rumorosità dell’open space incide negativamente sia sulla produttività che sulla relazione col cliente. Non solo: avere un ufficio individuale posiziona il ruolo in azienda, aumentando la performance delle persone». E poi c’è la questione del controllo dei collaboratori: «L’open space si fonda sulla cultura del controllo, interpretata in modo molto spinto. Il modello è quello del cosiddetto micromanagement, che poi si traduce nel fatto che il tuo collega deve vedere cosa fai così non c’è bisogno più di qualcuno che ti controlli la performance, ma è l’ergonomia stessa dell’ufficio a dare la possibilità a tutti di vedere cosa fanno gli altri. Non è più il tuo capo che ti controlla, ma il tuo collega. Con l’effetto perverso che, anziché agevolare la collaborazione, l’open space, in alcuni casi , ha fatto tornare in auge quella che negli anni ‘50 si chiamava delazione». Quindi per non perdere gli effetti positivi dei cambiamenti degli spazi lavorativi bisogna pensare ad una evoluzione del modello «Non più un open space, ma un networking space», secondo Pier Carlo Barberis: «Sta cambiando il mood e anche la transizione da open space a networking space segue un approccio completamente diverso, con la contaminazione tra tradizione e innovazione».

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lifestyle

cicloturismo

L'impegno di

Trek per migliorare

il mondo con le di Luca Vitale

biciclette

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ambiare il mondo facendo andare più persone in bicicletta è l’impegno che costituisce parte integrante della mission di Trek, il colosso americano che con 1,5 milioni di bici vendute ogni anno nei cinque continenti, un fatturato globale di oltre un miliardo di euro, 17 sedi del mondo e 2.600 dipendenti, costituisce uno dei principali player mondiali del mercato. Da oltre 40 anni (Trek nasce nel 1976 all’interno di un granaio di Waterloo, nello stato del Wisconsin) il management di Trek crede fortemente

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davide brambilla, amministratore delegato di trek italia


oggi più che mai che la bicicletta sia una soluzione semplice a problemi complessi come traffico, inquinamento, salute e rappresenti uno strumento insostituibile per uno stile di vita sostenibile. Approdata in Italia nel 1991, Trek – 40 milioni di fatturato 2019 e oltre 30mila bicilette vendute all’anno – ha da poco inaugurato la nuova sede a Bergamo, mentre la rete distributiva può contare su 160 concessionari e 8 Trek Concept Store. «Il fatturato – precisa Davide Brambilla, amministratore delegato di Trek Italia – è diviso equamente tra i tre settori base: bici da strada, mountain bike e area elettrica, quest’ultima in forte crescita e con grosse potenzialità anche nel segmento

Il fatturato "flirta" con il miliardo di euro grazie a tre linee di business: bici da strada, mountain bike e area elettrica. E proprio quest'ultima è in forte crescita corsa». In sostanza le biciclette a pedalata assistita hanno aperto un nuovo mercato, allargato la fascia di utenza e cambiato il profilo tipico del cliente: «Il tipico amante delle due ruote, sia da corsa che mtb, sofisticato ed esigente, rimane affezionato alla pratica puramente sportiva e ai prodotti di fascia più alta spiega Brambilla -. Le biciclette elettriche invece hanno conquistato nuovi utenti ed è innegabile che stanno contribuendo a diffondere un concetto nuovo di mobilità, non solo nei centri urbani». Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, da sempre aree in cui si registra una grande passione e cultura per il ciclismo, sono le regioni più importanti per Trek Italia, ma il mercato è caratterizzato anche da dinamiche emergenti: «Per esempio notiamo un trend in forte crescita del mercato femminile – dice Brambilla -: sempre più donne si affac-

ciano al nostro mondo in tutte le discipline, anche se va detto che le proposte di e-bike, sempre più trasversali e complete, stanno contribuendo con una spinta importante». Donne che occupano un ruolo paritetico anche nel team Trek Segafredo: «Avere una propria squadra professionistica del circuito World Tour rappresenta la base di qualsiasi progetto di ricerca e sviluppo ed è anche grazie al contributo degli atleti Trek che oggi il mercato, aldilà dei numeri, ci riconosce un ruolo di leadership e di azienda in grado di produrre innovazioni e biciclette di eccellenza». Ricordiamo che, per quanto riguarda l’innovazione, Trek è stata la prima azienda a produrre telai in carbonio, mentre sotto il profilo dell’eccellenza che Trek garantisce a vita le proprie biciclette. A livello globale il 3% del fatturato viene investito in ricerca e sviluppo e in progetti per il riciclo dei materiali in carbonio scartati per ridurre gli sprechi e abbracciare una politica realmente green. In particolare il carbonio riciclato viene impiegato per rinforzare applicazioni termoplastiche, mentre sono in corso progetti di studio per l’utilizzo nei campi automobilistico, aerospaziale, medico e ricreativo.

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lifestyle

calda società

Sanremo 2020: e se le quote rosa fossero della star pre...Diletta? di Monica Setta

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a notizia è di quelle destinate a fare rumore. Diletta Leotta, conduttrice e giornalista sportiva volto di Dazn sarà con tutta probabilità la compagna di viaggio di Amadeus a Sanremo 2020. Le trattative sono in corso, ma le bocche sono tutte cucite soprattutto in viale Mazzini dove Diletta è stata avvistata recentemente almeno un paio di volte. Se il negoziato arriverà, come pare, al capolinea, fonti bene informate sostengono che alla Leotta andrà un compenso di poco inferiore ai 50mila euro. Bella, bionda e spumeggiante Diletta potrebbe approfittare del trampolino di Sanremo per approdare in Rai nei prossimi palinsesti conquistando magari un prezioso day time. Ma a Sanremo ci saranno anche Fiorello, Lorenzo Jovanotti e gran parte della band di Amadeus cioè Nicola Savino e tanti altri. Tanti maschi, sostengono a Rai 1, da qui l'esigenza di bilanciare con una donna stupenda come la Leotta. Prima dell'Ariston, la mondanità si snoda attraverso la kermesse di Natale con party cocktail e dinner. Il catalogo è questo, seguiteci! Parterre in rosa di prim'ordine al Momò di Roma per la prima edizione del premio Glamour Awards che nasce con l'obiettivo di premiare giovani operatori del settore moda: de-

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diletta leotta, volto di punta di dazn, e amadeus, che condurrà l'edizione

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del festival di sanremo

signer, sarti, fashion blogger, fotoreporter, make up artist, hair stylist e direttori di passerella. Tutti giovani studenti nel settore moda che verranno giudicati da una giuria di esperti e che potrebbero trovare fortuna: i fortunati vincitori, infatti, avranno un contratto di lavoro. Durante la cena di gala - tra una mousse di prosciutto e formaggio alle erbe ed un tortello alla panna verde - sono stati consegnati diversi premi. Il premio alla carriera è andato alla giornalista Silva-


Tali e tanti appuntamenti nella Capitale che rimane difficile tenere il conto. Tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre si tengono le feste più esclusive e gli spettacoli teatrali più di grido. Ma si vocifera che al Tazio di Palazzo Naiadi potrebbe arrivare una guest star d'eccezione... na Giacobini. Per il giornalismo, invece, alla capo servizio del tg3 Mariella Anziano. Per il cinema, all'attrice Elisabetta Pellini per il suo recente esordio come regista. Per la comunicazione ad Hoara Borselli sempre attenta a tematiche sociali e protagonista di Quarta Repubblica su Rete4. Per il teatro alla showgirl Milena Miconi. Per il management premiate Daniela Chessa (ufficio stampa dei David) e Lucia Lodi per l'associazione Raggio di Sole, fondatrice delle stanze make up dentro i reparti oncologici femminili in Campania.

a sinistra silvana giacobini. dall'alto la cantante alessandra amoroso e la pierre camilla morabito

Rose rosse a go gò, champagne e torta monumentale con tanti volti noti tra i tavoli. Dall' inviata Rai Camilla Nata, all' attore Mario Ermito, fino alle giornaliste Josephine Alessio (Rai News 24) e Antonietta Di Vizia passando per Lavinia Biagiotti e tanti altri. A presentare la serata il conduttore tv Anthony Peth oggi in forze alla Rai. Applauditissimo lo stilista Mario Orfei, reduce della New York fashion Week. Settimana incandescente per la mondanità romana, come dicevamo, alla vigilia delle feste di Natale. Mercoledì 20 novembre si è tenuto il concerto sotto le stelle in Vaticano con ricavato destinato all'ospedale bambino Gesù (posti da oltre 200 euro andati esauriti in un battibaleno) mentre sabato 23 all'Auditorium della Conciliazione Roberto Casalino è stato “Il fabbricante dei ricordi” presentato da Mauro Atturo con la special guest Alessandra Amoroso. Straordinario l'ufficio stampa della bella e brava Carola Assumma che è stato capace di coinvolgere tutta la Roma che conta per questo imperdibile appuntamento pre-natalizio. Il 29, poi, colazione di auguri da Maria Criscuolo mentre qualche giorno prima esattamente mercoledì 20 a fare gli onori di casa al Maxxi per la Giornata di prevenzione oculistica con Salmoiraghi & Viganò, è stata un'altra signora delle pierre capitoline, la splendida Camilla Morabito. Attese al suo evento molte celebs, a partire dalla spumeggiante Milena Miconi che il 4 dicembre debutta con Nadia Rinaldi e la figlia Sofia al Teatro Tirso de Molina con una commedia al femminile scritta e diretta dal marito, il bravissimo regista Mauro Graiani. Il 2 dicembre, invece, Adriana Volpe e Beppe Convertini invitano al Casale di Tor di Quinto per una elegante soirée dedicata alla charity. Il 3, infine, dinner di beneficenza di Niko Sinisgalli al Tazio di Palazzo Naiadi con una guest star d'eccezione. Sarà Jennifer Lopez?

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lifestyle

Vetrina outfit

Vinyl, il trend più rock! F

orme skinny e animo ribelle! Il Vinyl è una delle tendenze più originali della stagione invernale 2020, amato dalle fashion victim e sfoggiato dalle più famose it-girl. Pantaloni, gonne, trench, blazer e vestiti: l’importante è che tutto sia in vinyl, il tessuto “plastificato” a effetto vernice. Come ormai abbiamo capito, la moda donna 2020 ama i materiali effetto plastica, dal vinile al pvc, dal latex all'effetto vernice da portare rigorosamente dalla testa ai piedi in outfit total look, che richiamano atmosfere rock anni '80 e scenari futuristici! Una tendenza che prende ispirazione dallo street-style e che nello street style si concretizza. E come per ogni trend degno di nota, anche la community Bantoa ha interpretato il vinyl in outfit total look pensati per svariate occasioni. Ecco un assaggio delle nostre proposte, scopri di più su www.bantoa.com.

IN ROSSO VINYL Abbina un blazer in velluto rosso con una gonna in vinyl, per un look di tendenza. Completa l’outfit con un paio di stivaletti neri e gioca sul contrasto dei colori. Outfit by: tinkerbell Blazer Bodyflirt € 6,99 su www.bonprix.it Gonna: Pierre Darré € 25,00 su www.yoox.com Maglia con collo a lupetto: Oodji € 22,70 su www.amazon.it Stivaletti: Xti €29,00 su www.amazon.it Borsa: Y Not € 47,99 su www.privalia.com

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in collaborazione con

IL SOPRABITO 0utfit semplice ma d’effetto, reso strong dal soprabito in vinile rosso, abbinato a jeans con doppia cucitura in vita, maglione a righe con collo montante, stivaletti con applicazioni e borsetta Pollini. Outfit by: Pamela

VINYL E CINIGLIA Accompagna un maglione in ciniglia rosa con un pantalone a zampa bordeaux in tessuto vinyl, per uno stile diverso e di tendenza. Esalta questo outfit con un paio di stivaletti. Outfit by: moodoftheday

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VINYL L’ecopelliccia a fantasia floreale viene abbinata ad un vestito corto a tubino effetto vinyl senza maniche con zip. L’outfit si completa con un paio di stivali con stampa maxi a fiori e una tracollina nera. Outfit by: connymary

Pelliccia ecologica: Kaos Jeans € 54,00 su www.yoox.it

Ecopelliccia: Guess € 114,00 su www.yoox.it

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Stivaletti: 8 By Yoox € 99,00 su www.yoox.it

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lifestyle

beauty di Francesca Frediani

sorpresa grazie al beauty calendario dell’Avvento! Ogni giorno è una

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hi l’ha detto che il calendario dell’Avvento si esaurisce con il Natale? Nelle profumerie, nei reparti beauty dei centri commerciali e nei negozi monomarca delle aziende cosmetiche si trovano tantissime proposte regalo da scoprire giorno per giorno. Immaginate dunque ventiquattro cassettini che custodiscono trucchi formato mignon, piccole candele profumate e preziose mini taglie di creme o profumi da provare, amare, e riscoprire. Sono i calendari dell'Avvento Natale 2019 versione beauty: splendidi mini oggetti da must have da “scartare” come piccoli cioccolatini, per un effetto countdown all’insegna del gioco che ti condurranno verso il Natale. Ma si prestano perfettamente anche come idea regalo per iniziare uno scintillante nuovo anno, a tutta bellezza. Tra le proposte dei beauty brand trovate tanti prodotti skincare, lipstick , mascara cult e adorabili mini fragranze da fare scivolare in borsa e da tenere sempre con sé. 2) BOTTEGA VERDE Uno scrigno di bellezza che custodisce in ogni sua casella sorprese che ci rendono più belle, da scoprire giorno dopo giorno: dal mini smalto, alla crema mani, le minisize makeup o per il bagno e tanti altri accessori di bellezza. € 44,90 In vendita nei negozi monomarca e su www.bottegaverde.it

1) AMAZON Da Amazon un cofanetto speciale che racchiude 24 diversi prodotti: L'Oréal Paris, Max Factor, Foreo, Weleda, Revlon Professional sono solo alcuni dei brand presenti all’interno di questa speciale confezione in edizione limitata. Disponibile fino ad esaurimento scorte a € 69,00 www.amazon.it

I Calendari dell’Avvento tradizionali si diffondono in Germania a partire dal 1920. Sono fatti in cartone e costituiti da 24 finestrelle riempite con forme di cioccolata raffiguranti motivi natalizi. È una tradizione che prende da subito piede in Europa e negli Stati Uniti. I calendari tradizionali iniziano il conto la prima domenica dell'avvento, mentre oggi si usa iniziare il “conto alla rovescia” con il primo giorno di dicembre.

3) CARTHUSIA La cura per i dettagli rende unico ogni singolo prodotto dell’universo Carthusia, compreso anche il suo Calendario. Il formato ricorda un manoscritto antico, le finiture in tessuto rosso e oro applicate a mano diventano un omaggio alla tradizione e all’heritage dell’azienda, oltre che al Natale. L’interno racchiude diverse miniature tra fragranze e prodotti per la persona. Il giorno di Natale la sorpresa è un’Eau de Parfum in formato 50ml. Edizione limitata 500 pz € 280,00 www.carthusia.com

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Racchiusi all’interno di giocose confezioni immaginate ventiquattro sorprendenti cassettini che, come scrigni preziosi, raccolgono delle piccole meraviglie di bellezza 7. 7) ESSENCE Un calendario dell’Avvento originale, a partire dalla forma che ricorda una ruota panoramica. Al suo interno le beauty favourites di Essence, direttamente dall’assortimento standard in formato originale. Prodotti per labbra, viso, occhi e mani così come graziosi accessori per la vita di tutti i giorni in vista del Natale. € 29,99 www.essence.eu

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4) VANITY SPACE BLOG È online l'esclusivo Calendario dell'Avvento Beauty firmato Vanity Space Blog in collaborazione con Menta & Rosmarino! 30 regali per 30 giorni, in full size, delle più conosciute aziende indie del panorama “naturale”, che rispondono ai desideri di tutte le amanti della cosmesi green. In vendita sul Blog di Vanity Space al prezzo di € 105 (anziché € 520,00 come da reale valore commerciale). www.vanityspaceblog.it 5) L’ERBOLARIO Il Calendario dell’Avvento proposto da L’Erbolario è un libro magico che contiene 24 segreti di bellezza da scoprire giorno per giorno. Dietro ogni finestrella si nascondono le novità di Sfumature di Dalia, Iris, Danza di Fiori, Fior di Salina e i prodotti di trattamento viso e corpo tutti da provare! È venduto a € 49,00. www.erbolario.com

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8) CLARINS Il Calendario dell’Avvento Clarins è all’insegna dello skincare (per il viso e il corpo) e del make up. Presentate in formato vendita o travel size, per risplendere prima, durante e dopo le feste. Un must, ogni anno, da regalare e regalarsi. Sono in vendita in edizione limitata, su www.clarins.it e in una selezione di profumerie. Prezzo al pubblico consigliato: € 120,00. 9) SEPHORA Frosted Party : 1 casella al giorno e 24 sorprese da scoprire. Al suo interno diverse maschere per il viso tutte da provare, un rossetto #Lipstories, un eyeliner e tante altre sorprese all’insegna della bellezza. Tante piacevoli sorprese per iniziare il nuovo anno all’insegna della bellezza! € 39,90 nelle profumerie Sephora www.sephora.it

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6) DR. HAUSCHKA Il Calendario dell’Avvento di Dr. Hauschka prevede una selezione di trattamenti per il viso e per il corpo nei formati speciali: detergenti, creme, maschere, lozioni, balsami, oli e bagni per un benessere a 360 gradi, ogni giorno. Prezzo consigliato: € 79,00 www.dr.hauschka.com

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motori

a cura di Franco Oppedisano

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he senso ha confrontare una normale Mercedes Classe E Cabrio con la sua versione E53 Amg? Pensate che sia come mettere in gara un ristorante stellato contro una pizzeria? Ebbene, non è vero: quella “pizzeria” è una signora auto. Avercene di auto con questa eleganza, bellezza, raffinatezza. Ma poi c’è la questione della vil pecunia di mezzo: il prezzo. C’è una differenza sostanziale di listino che bisogna mettere sul piatto quando si sceglie una versione o l’altra. Chiunque, quando sceglie un’auto, parte dal budget. Altrimenti non dubitiamo che in giro vedremmo solo auto di gran lusso. E in questo caso, poi, non si tratta di utilitarie, ma stiamo parlando sempre di auto di alto livello. Cercare di capire cosa le differenzia e perché hanno prezzi tanto diversi, pur avendo una base comune può essere utile a chi, forse, sta pensando di comprarsi una gran bella cabriolet e interessante anche per chi, sfortunatamente, non lo sta facendo. In Comune Tutte le Classe E Cabrio hanno in comune una linea bellissima, quattro posti comodi e interni di altissimo livello. In più tutte hanno di serie il cambio automatico a 9 rapporti 9G-Tronic, con regolatore e limitatore di velocità, comandi al volante per l’uso sequenziale, il porgicintura automatico per guidatore e passeggero anteriore che può essere azionato anche da un apposito tasto sul cruscotto e una buona dose di elettronica per la sicurezza e il comfort di marcia. La versione Sport, senza supplemento di prezzo, ha i fari a led, l’aircap, una tendina che si alza sopra il parabrezza per rendere più confortevole la marcia quando si viaggia con la capote abbassata, cerchi in lega da 18 pollici e una telecamera posteriore. Anche la classica Classe E Cabrio dispone, più o meno, di tutti gli accessori che si trovano sul top della gamma Amg, ma per averli bisogna perdersi dentro la solita marea di optional a pagamento legati tra

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Cabrio Amg o non Amg

questo è il dilemma

loro in pacchetti, scegliere la motorizzazione diesel o benzina, scegliere la trazione a due o quattro ruote motrici. E magari farsi aiutare per non diventare matti. La versione Amg ha di tutto e in più degli elementi esclusivi. Fuori All’esterno le differenze tra le altri versioni e la Mercedes Classe E53 Amg sono quasi tutte poco significative e quelle che si notano di più sono le scritte discrete sulla calandra, sul portellone o sul parafango anteriore e quella, molto evidente, sui dischi di grandi dimensioni (370 x 36 mm con pinze fisse a 4 pistoncini) in materiale composito autoventilanti montati sull’asse anteriore. Un po’ più rilevanti sono il piccolo alettone posteriore, i rivestimenti sottoporta (certo, bisogna aprire la porta per vederli) e le mascherine tonde in cromo lucidato a specchio dei doppi terminali di scarico, ma bisogna proprio andarle a cercare e, più che un elemento di distinzione, sono una

logica conseguenza di una diversa motorizzazione. Dentro All’interno dell’abitacolo i sedili sportivi bicolore hanno un motivo grafico specifi-


Tre lettere che fanno la differenza e non solo nel prezzo: ogni motore è montato a mano e firmato dal tecnico che l’ha assemblato. Il risultato è una risposta brillante ai comandi e una spiccata dinamica di marcia

inserti in legno laccato lucido o rivestimenti in microfibra in corrispondenza dell’impugnatura.

co e la targhetta Amg, mentre le cinture di sicurezza sono rosse e ci sono elementi decorativi in carbonio o fibra di vetro argento opaco. Anche il volante è made in Amg, realizzato in pelle nappa con possibilità di personalizzazione, ad esempio mediante

Meccanica Tra gli altri elementi tecnici di spicco figurano il cambio a 9 marce Speedshift Tct Amg e una trazione integrale completamente variabile 4matic+ Performance Amg, ma bisogna essere degli esperti per sentire la differenza rispetto alla loro versione normale. Quello che si sente subito, invece, è il motore, che torna, come lo era in passato, a essere il protagonista assoluto dell’auto. Non tanto per la potenza (435 cavalli che non sono davvero pochi) quanto per il suono e per la perfezione della meccanica. I motori Amg sono un’opera d’arte. Ogni propulsore che esce dalla fabbrica tedesca di Affalterbach, dai quattro cilindri in linea e i ai V12, è montato a mano seguendo la filosofia di “one man, one engine” perché ogni motore è affidato a un unico tecnico che ne è responsabile

in ogni aspetto, dal montaggio dell’albero nel blocco motore fino all’inserimento degli alberi a camme, dal cablaggio fino al riempimento con olio motore. Non è una produzione in serie e ogni motore, come un’opera d’arte, viene firmato dal tecnico che l’ha creato. Il risultato pratico è una risposta molto brillante ai comandi dell’acceleratore e una spiccata dinamica di marcia. Insomma è un piacere sentirlo e guidarlo. In più l’ultima versione della Classe E53 Amg cabriolet monta un tre litri a benzina in linea con sovralimentazione doppia mediante turbocompressore a gas di scarico e compressore elettrico supplementare perché dispone di motorino d’avviamento/alternatore EQ Boost che in un potente motore elettrico le funzioni di motorino di avviamento e di alternatore ed è installato tra il motore e il cambio. Questa innovazione, ma anche la sovralimentazione intelligente con compressore elettrico supplementare e turbocompressore a gas di scarico, incrementano le performance e la dinamica, riducendo nello stesso tempo i consumi e le emissioni. Niente da dire sui quattro o sei cilindri realizzati da Mercedes, ma quello fatto a mano da Amg sono un’altra cosa. Il costo La versione base (come abbiamo detto già largamente accessoriata) con due ruote motrici e un motore diesel da due litri e 143 cavalli (E220d) costa 62 mila euro di listino. Se invece si vuole un tre litri a benzina da 367 cavalli a trazione integrale (la versione che non sappiamo perché si chiama E450) si arriva a 74.380 euro. Più o meno la stessa cifra (74.150 euro) se si vuole invece un motore ibrido bisogna accontentarsi del due litri a benzina (E350) da 299 calli più 13 dal propulsore elettrico. La versione Amg costa 101.960 euro, un mezzo appartamento a Milano e uno intero in quasi tutta Italia. Una follia per chi non se lo può permettere, la scelta giusta per chi può farla.

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DATECI

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dateci credito

Se la

Polizze, istruzioni per l'uso

pensione non è più un miraggio

il ramo vita si blocca S

anti, poeti e… pensionati. O, almeno, speranzosi di poter raggiungere la tanto agognata età del ritiro dall’attività lavorativa. È quanto emerge da un sondaggio realizzato dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi che certifica alcuni benefici apportati da “Quota 100”. La misura, introdotta dall’esecutivo giallo-verde composto da Lega e Cinque Stelle, sembrerebbe aver migliorato la percezione che gli italiani – specialmente quelli più giovani – hanno della pensione. Secondo l'Indagine 2019 sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani del Centro Einaudi, infatti, "il miglioramento temporaneo delle opzio-

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di Davide Schiavon

I dati del Centro Einaudi dimostrano come l'introduzione di "Quota 100" abbia rinfrancato gli italiani di poter raggiungere il tanto agognato traguardo. Un sollievo, però, che fa arrestare i piani ni di pensionamento ha effetti diretti sulle attese dei risparmiatori". Nel 2019 il 15% degli italiani intervistati è "scivolato nell'opzione ottimista di andare in pensione tra i 60 e i 65 anni". Una ventata di positività che ha innalzato anche l'importo medio della pensione che ogni intervistato immagina per il proprio futuro. Un ottimismo che però si traduce – è l’altra faccia della medaglia - in un mancato o insufficiente progresso delle forme


di assicurazioni individuali o collettive e dei fondi pensioni. Nel 2019, infatti, si è registrata una brusca frenata nella sottoscrizione di 'polizze vita'. Tra gli intervistati nello studio del Centro Einaudi, solo il 20% ha dichiarato di aver stipulato un'assicurazione vita. Il profilo tipo descrive un uomo tra i 45 e i 54 anni d'età, residente al Centro o al Nord, con istruzione universitaria, libero professionista, con una casa di proprietà e famiglia composta da uno o più figli. Risulta evidente il nesso tra stabilità economica e maggiore propensione a forme assicurative. Secondo le conclusioni tratte nell’indagine, “chi ha più risorse economiche gode anche di più coperture. I gruppi di risparmiatori via via più benestanti posseggono ampie coperture in tutti gli strumenti di protezione assicurativa della vita, della salute e del futuro”. La flessione nella raccolta premi nei rami vita e danni è del 2,3% rispetto all’ultima rilevazione – dato che emerge anche dai bollettini statistici dell’Ivass (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni). Nel complesso la raccolta si attesta a 141 miliardi di euro. Un dato su cui incide in maniera preponderante il calo del ramo vita, settore più rilevante nel mercato italiano. All’interno di questo comparto, però, hanno andamenti divergenti due tipologie di polizze: quelle rivalutabili continuano a mantenere la leadership in termini di raccolta premi ma evidenziano una considerevole flessione. Calano in maniera netta anche le nuove offerte nel settore vita: l’Ivass certifica una riduzione significativa (36%) comparando il primo semestre 2018 ai sei mesi iniziali di quest’anno. Pur essendo personalizzabili a seconda dei desideri del cliente, le polizze vita possono essere raggruppate in tre tipologie, quelle maggiormente conosciute: caso vita, caso morte, polizza mista. Nel ‘caso vita’ il cliente “scommette” sulla sua longevità, accumulando risparmi – bastano anche pochi euro mensili – per un lungo periodo. In caso di sopravvivenza del cliente alla scadenza della polizza (per esempio, venti anni dopo la stipula del contratto), l’assicuratore si impegna al pagamento di un capitale o di una rendita mensile. Questo tipo di polizza viene considerato come una pensione integrativa che molti scelgono per salvaguardare i propri risparmi. La polizza caso morte prevede invece il pagamento di un capitale al beneficiario qualora si verifichi la morte dell’assicurato. Il contraente può decidere di garantire denaro per i suoi congiunti nel momento in cui si verifichi il suo decesso. Esiste anche una polizza vita temporanea: il contraente stabilisce una scadenza entro la quale, in caso di decesso, l’assicuratore paga. La polizza caso morte è spesso scelta da famiglie monoreddito in cui uno dei due coniugi è l’unico a produrre reddito. La polizza mista può invece coprire contemporaneamente sia il caso vita (con liquidazione di un capitale alla

Le assicurazioni sulla vita diventano più rare al Sud. Una dinamica che è causata principalmente dalla differenza sui costi della rc auto tra Settentrione e Meridione scadenza del contratto - se l’assicurato è in vita) sia il caso di morte dell’assicurato nel corso della durata contrattuale. Questa particolare forma assicurativa può essere integrata prevedendo la garanzia di capitali anche nei casi di invalidità, infortunio, malattia o perdita del lavoro. C’è poi un caso curioso, quello delle cosiddette “polizze dormienti”. Le assicurazioni caso morte e quelle miste prevedono che, in caso di decesso del contraente, a riscattare il capitale siano beneficiari che, però, all’atto della stipula della polizza possono non essere presenti. E capita che molti beneficiari non sappiano di esserlo, anche dopo il decesso del contraente. Per la precisione, secondo uno studio Ivass, in Italia c’erano circa 190mila polizze dormienti, “risvegliate” proprio dall’Istituto dopo un’indagine che ha portato, nelle tasche degli ignari beneficiari, oltre 3 miliardi di euro. Capitali che, altrimenti, sarebbero finiti in un fondo. Differenze regionali Abbiamo visto come, secondo l'Indagine del Centro Studi Luigi Einaudi, il sottoscrittore tipo di polizze vita sia residente al Centro e al Nord Italia, con un reddito oltre la media. Lo certifica un analogo studio del preposto ufficio Fisac Cgil, la cui conclusione evidenzia come sia marcata la differenza tra Nord e Sud, anche nel comparto assicurazioni vita. Una differenza che, secondo gli esperti, è dovuta alle disparità che si registrano nel settore Rc Auto: al Sud l'assicurazione auto obbligatoria - e più costosa – fa da freno a tutte le altre possibili spese nel comparto assicurativo. L'assicurato medio residente nelle regioni meridionali tenderebbe a evitare la polizza vita per non gravare ulteriormente sulle spese familiari. L'Italia settentrionale continua a rappresentare il mercato di riferimento delle compagnie assicuratrici nel comparto vita. Si consideri che il 60% circa degli assicurati in questo settore risiede al Nord, e il 25% circa nella sola Lombardia. L'Italia centrale rappresenta il 20% circa del mercato, solo il 15% degli assicurati nel comparto vita risiede al Sud e il restante 5% circa sulle isole. Un quadro che evidenzia, ancora una volta, il netto scollamento tra Nord e Sud: se i numeri di alcune regioni italiane sono paragonabili ai più sviluppati paesi europei, al Sud le assicurazioni vita non sono una priorità, anche tra le fasce di reddito più alte.

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dateci credito

Polizze, istruzioni per l'uso

Rc auto: scendono i costi

(anche al sud)

Ma rimane l'allarme per i veicoli

non assicurati

"I

rrispettosi, spericolati, irresponsabili": questo profilo non proprio lusinghiero è stato tracciato dagli automobilisti di tutta Europa richiesti di descrivere lo stile di vita degli italiani. Il nostro è un popolo che – dati alla mano – trascorre molto tempo alla guida, ben al di sopra della media europea. Ma questa informazione non deve diventare una giustificazione per alcune statistiche per nulla commendevoli che, al contrario, dovrebbero costringerci a nasconderci dietro la lavagna, proverbiale cappello da asino in testa e doveroso rossore di vergogna. Una su tutte: un italiano su sei, dopo un tamponamento, approfitta dell'assenza dell'altro automobilista per darsi alla fuga. Secondo i dati dell'Aci i veicoli circolanti in Italia sono circa 51 milioni e 600mila su 61 milioni di abitanti. Una densità automobilistica che, in Europa, è seconda solo al Lussemburgo (che però ha seicentomila abitanti, paragonabile a Como e provincia). Numeri che determinano un florido mercato delle assicurazioni auto. Nel 2018 (dati forniti nell'ultimo bollettino statistico dell'Ivass, Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni), la raccolta di premi Rc auto è stata di circa 13 miliardi di euro, sostanzialmente stabile rispetto all'anno precedente – trend considerato positivo perché arriva dopo sei anni di costante flessione. Nello studio Ivass si evidenziano anche i numeri che riguardano i sinistri denunciati (2 milioni circa, la media è di uno all'anno ogni venti veicoli assicurati). Gli italiani pagano, al netto degli oneri fiscali e parafiscali, un premio medio di 337 euro, in calo rispetto allo scorso anno e in forte calo (-20%) rispetto a cinque anni prima. Ogni incidente costa, in media, 2.566 euro alle compagnie assicuratrici. Nel 2019 le cose dovrebbero andare ancora meglio: considerando i dati Ivass

La raccolta premi complessiva nel 2018 è stata di 13 miliardi di euro. I sinistri sono circa 2 milioni, che costano alle compagnie poco più di 5 miliardi all'anno

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relativi al secondo trimestre, il trend decrescente dei prezzi prosegue ed è soprattutto al Sud e nelle isole che il calo si fa più evidente. Spiccano i risultati raggiunti dalle province di Enna, Caltanissetta, Catanzaro e Vibo Valentia, dove rispetto al 2018 il premio medio costa il 4,5% in meno. Il livello dei prezzi, però – come vedremo – resta, anche secondo l'Ivass, "molto eterogeneo nel territorio italiano". Analizzando i dati diffusi dall'Osservatorio Rc Auto di Facile.it – che prende in considerazione i preventivi online - emerge però un dato in controtendenza rispetto agli altri studi di settore: la regione dove il premio medio è sceso più bruscamente è la Valle d'Aosta, territorio in cui, peraltro, le automobili costano di meno. Stupisce che, al contrario, le uniche due regioni dove il premio me-


I premi calano in tutta Italia. Ma attenzione: chi scende di classe dopo un incidente con colpa è a rischio salasso. L'aumento può essere anche del 98,6%, mentre la media nelle prime dieci province del Paese è del 75%

dio non diminuisce ma aumenta siano al Sud: in Puglia e in Calabria, rispetto al 2018, assicurare un'automobile online costa di più. Ma come si può cercare di abbassare il prezzo dell'Rc Auto (lecitamente)? Secondo l'Ivass l'89% delle polizze usufruisce di uno sconto medio del 34%. Alcune compagnie, ad esempio, danno la possibilità ai nuovi clienti di ottenere un taglio della tariffa installando sulla propria vettura una scatola nera. E infatti la black box si diffonde sempre più, soprattutto al Sud. A Caserta, ad esempio, il 63% degli assicurati ha scelto di montare la scatola nera sull'automobile: un primato italiano. Basta invece molto poco per pagare di più: precisamente basta un sinistro, un incidente che, secondo l'attuale sistema Bonus/Malus, fa scende-

re l'assicurato due classi di merito più in basso. L'Osservatorio di Facile.it ha eseguito uno studio analizzando i casi di tutti gli automobilisti che nell'ultimo anno, partendo dalla prima classe di merito, sono finiti in terza dopo aver causato un incidente. I più sfortunati tra costoro – laddove fortuna e sfortuna dipendono dalla provincia di residenza - pagheranno, nell'anno successivo, fino al 98,6% in più sul nuovo contratto. Il rincaro medio tra le prime dieci province italiane è del 75%. Differenze territoriali Nonostante le tante proposte di legge e le buone intenzioni le differenze tra le regioni e le province italiane, in tema di Rc Auto, sono ancora clamorose. Dal canto loro, le compagnie assicuratrici considerano alcune zone più "rischiose" perché con una frequenza di incidenti più elevata o con una maggiore varietà di pratiche fraudolente. Ma come si arriva dal premio medio della Valle d'Aosta (277 euro, in forte calo) a quello della Campania (935 euro, sostanzialmente stazionario)? Tra i due estremi c'è una fascia alta italiana che va dai 660 euro della Calabria (seconda regione più costosa) ai 624 euro della Puglia, fino ai 615 euro della Toscana. Sui 500 euro circa le regioni centrali: Lazio, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Molise, ma anche Sicilia e Piemonte. Intorno ai 400 euro tutte le altre regioni. ≤Le differenze sono decisamente marcate anche tra coloro che sono assicurati in prima classe, dunque mediamente affidabili, con pochissimi incidenti alle spalle. Sulle dicotomie tra le province italiane riferita agli assicurati di prima classe fa chiarezza una graduatoria dell'Osservatorio Rc Auto di Facile.it. È Prato la provincia dove l'offerta media di prima classe è più alta: 598,55 euro. Poco più in basso (595,93 euro) c'è Caserta e poi Napoli (580,62 euro). Il profilo tipo considerato da Facile.it è quello di un uomo di 40 anni che guida un'automobile del valore di 10mila euro circa. Questo ipotetico quarantenne pagherebbe, per assicurare la stessa vettura a Belluno 168,43 euro, oltre 400 euro in meno rispetto a Prato, Caserta e Napoli. Nel focus sulle grandi città, poi, è proprio il capoluogo campano a svettare. A Palermo, seconda in classifica, il premio medio per un assicurato in prima classe è comunque 200 euro più basso rispetto a Napoli: 379 euro. Tra le province più economiche, dopo Belluno figurano Aosta, Vercelli, Lecco e Pordenone. Parallelamente si fa largo un altro, preoccupante fenomeno. In Italia sono molti i veicoli non assicurati eppure circolanti: si parla dell'8% circa del parco totale, quasi tre milioni di veicoli che causano circa ventimila incidenti in un anno. Il risarcimento, in questo caso, spetta al Fondo di Garanzia per le vittime delle strada, alimentato comunque dalla compagnie assicuratrici – che sulle polizze dei loro clienti prevedono anche il pagamento di una quota destinata proprio al Fondo. (d.s.)

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Enigmistica Orizzontali 1. L’altro nome dell’aereoporto milanese di Linate 10. Quelle della Guardia di Finanza sono… gialle! 14. L’Arte di Ovidio 17 Arieggiare o ventilare un locale 18. Eremita o asceta dedito alla preghiera 21. Un canto di forma jazz 22. I criminali che commerciano in droga 24. La segue chi cerca di perdere peso 25. Nel centro del Prater 26. Il Nordio ex magistrato (iniz.) 27. Relativi ai sogni 28. In cima alla torre 29. Fu presidente dell’Inter dall’84 al ‘95 (iniz.) 30. Città svizzera sul lago di Ginevra 32. Un articolo spagnolo 33. Romanzo o film di genere poliziesco 35. I soprabiti privi di maniche 38. Arrabbiate, furiose

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39. Lo sono tutte le dittature 42. Il Frassica attore 43. Animale aculeato 45. Fu obbligato a farla Galileo Galilei 47. Con loro è lecito… scherzare 48. Una manifestazione canora degli anni ‘60 51. Nel centro del centro 52. Ci sono quelle opportune in cui parlare 54. Genova sulle targhe 55. Il Desio che guidò la spedizione sul K2 56. Il CD su cui si scrivono i dati 57. Sindrome di affaticamento psicofisico 58. Un quartiere di Genova 59. Il giorno che ha preceduto oggi 60. Il casato di Beatrice moglie di Lodovico Sforza 62. Gestiva le strade italiane 63. La Company casa di moda di Massimo Osti 64. Era scritto sulla croce 65. Le hanno le zampe dei felini 68. Lavora coi bilancieri ma non in palestra….

Il gusto di giocare

69. Il dittongo della maestra 70. Non teorico ma basato sull’esperienza pratica

Verticali 1. L’ultimo è quello di coda 2. Parlano dai pulpiti e dai palchi 3. La rete ferroviaria regionale parigina 4. Ricoperto da uno strato lucido e resistente 5. Era il fratello di Mosè 6. Un fallo del tennista 7. Il tipico pane indiano 8. Sconfinati come i… numeri 9. La stagione che si apre in montagna 10. Capire erroneamente, interpretare male 11. La moneta giapponese 12. Lo sono i vestiti che fasciano la figura 13. Una perla della costiera amalfitana 14. Buca che il golfista ottiene con un colpo solo


a cura di Gianfranco “Brambo” Brambati

Frase 11,12, 6

Frase 6, 5, 2,12

15. Il topo francese 16. Tirocinio formativo o di orientamento 19. Il pittore Basaldella 20. Abbreviazione di occupato 21. Cala alla fine dello spettacolo 23. Permette l’interscambio dei gestori telefonici 24. Ufficiali russi che presero parte ai moti del 1825 31. Il circuito di Imola su cui si corre il Moto GP 34. Il dittongo di Noale 36. Il segno dell’addizione 37. Insieme al cuscinetto, permette la rotazione 40. Uno strumento musicale di terracotta 41. Un paese del Cadore vicino a Pieve 44. La “pianura secca” della Siberia 46. Gestisce il trasporto pubblico a Milano 47. Immobile o saldamente piantato 49. Ci possono essere quelli mancini 50. Un gioco giapponese con le pedine bianche e nere 52. Una stella americana 53. Il New creato da Roosevelt 56. Inerenti ai sovrani o ai regnanti 60. Il piano americano che aiutò l’Europa nel dopoguerra 61. I bisonti delle austrade 63. Particella pronominale 65. Areonautica Militare 66. Il Crovi giallista (iniz.) 67. La prima persona singolare

La maggioranza

enigmistica

Frase 10, 7, 2, 9, 7

Inserire in ogni riga la risposta alla definizione data e riportare nell’ultima colonna a fondo grigio la lettera che compare per il maggior numero di volte nella stessa. Alla fine, le lettere daranno il nome di un noto gruppo musicale.

1. Sciocco, semplicione, buono a nulla 2. La dea greca della giustizia 3. Quella spagnola era detta “Invincibile” 4. Un’andatura del cavallo 5. Il cane da pastore scozzese come Lessie 6. Libero da un obbligo di carattere generale 7. La città di San Francesco

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enigmistica

a cura di Gianfranco “Brambo” Brambati

Vacanze differenti

Ci sono 21 piccole differenze tra l’immagine in alto e quella in basso. Riuscirete a individuarle tutte?

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Il cappello

Le lettere anteposte per trasformare ogni parola in un’altra, formeranno alla fine un detto popolare.

_ enti _ sporto _ tolta _mani

Biglietti da visita

_assaggio

_venti _otto _randa _netto _mari _asta _nubi _razzo _retino _mica

Anagramma – Sapete indovinare

_edere _trio _acca _evitare _stessa

quale sport praticava questa signora da giovane?

_merito _remore _mero _issa _uovo _meno _genti _aura _dea _sodo _avanti _sola AAAAAAAA – B – C – D – EEE – I I I – L L L – N – OO PP – RR – S – T – U – VV

Anagramma – Qual è il film preferito da questa giovanissima stella

Come un cavallo - Collegate tutte le 30 immagini per attinenza, analogia o anche in base a un doppio senso (anche umoristico). - Il gioco inizia dalla casella n° 7 - Ci si sposta come il movimento del cavallo degli scacchi (vedi schema)

del palcoscenico?

h h

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Anagramma – Quali film sono venuti a vedere questi turisti?

La parola misteriosa Trovate la parola che ha attinenza con le cinque elencate

-

NERO PONTI CONCA MATTINO PATRIA

La parola misteriosa è:

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LE RAGIONI DEL GOSSIP

a cura di Monica Setta

Mondanità dicembrina tra un drink con vista e uno spaghetto d’autore Gli auguri si scambiano nei locali più cool: a Roma Zuma spalanca le porte all’inverno con la nuova Winter Terrace e la capitale meneghina festeggia la prima stella Michelin conquistata da IT Milano

N

atale mood, aperitivi, pranzi, cene in città o fuori

pariolino di piazza Euclide - dove si sviluppa la vita Social della

porta, come da tradizione. Ma quali sono i posti

capitale. Qui transitano Francesco Totti, Ilary Blasi, Christian De

veramente “cool” dove è un must farsi vedere in

Sica, Barbara D’Urso oltre all’ex presidente della Confindustria

questo mondanissimo dicembre? A Roma, Zuma

Luca Cordero di Montezemolo e il supermanager Luigi Gubitosi.

spalanca le porte all’inverno con la nuova Winter Terrace,

Ma il vero trend è quello delle colazioni fuori porta. Ai Casali dei

all’ultimo piano di Palazzo Fendi, nel cuore della Capitale.

Pini della famiglia Fendi si mangia davanti al grande camino per

L’inaugurazione, in questo caso, è doppia, perché coincide

poi passeggiare nel prato sotto gli ulivi mentre a Grottaferrata a

con il lancio della nuova

Casa Brunori ci sono i funghi

cocktail list, con un itinerario

e i tartufi più buoni di tutta

sensoriale ideato da Lorenzo

la capitale. E a Milano? IT

Coppola, Head bartender

Milano conquista la Stella

di Zuma Rome, in chiave

Michelin a meno di 7 mesi

mixology, interpretando 5

dall’apertura. Il ristorante

cocktails in chiave sensoriale,

di via Fiori Chiari, nel cuore

uno per ciascuno dei 5 sensi.

di Brera, si inserisce nella

Ecco allora la vista con il

guida gastronomica più

Lights on Tokyo, a base di

ambita al mondo grazie

Casamigos Tequila Bianco.

al suo dna schiettamente

A seguire il tatto ed arriva

italiano e contemporaneo.

il Red Bang, con Kete One

A convincere gli esigenti

Vodka. All’udito è dedicato

giudici della “Rossa”, infatti,

il Bubbles, un cocktail con

è il riuscito connubio tra

Vermouth e Bubbly Sake…

eccellenza gastronomica ed

bollicine che parlano! Per

esperienza olistica, creata

l’olfatto poi il Passion a Roma,

attraverso un abito musicale

a base di Gin Arte con intenso

raffinato e un interior design

profumo di lavanda mentre

che parla il tempo presente.

per il gusto arriva il Greedy. Zuma resta uno degli indirizzi

IN SENSO ORARIO: LA TERRAZZA DELLO ZUMA, DANIELE SALADINI, BARBARA D’URSO E LUIGI GUBITOSI

La brigata di cucina è guidata dall’Executive Chef

più ambiti anche di pomeriggio mentre per quanto riguarda gli

Aldo Ritrovato e propone una carta entusiasta della tradizione

aperitivi al top una menzione speciale la merita il Grand hotel

culinaria italiana. Consulente d’eccellenza: Chef Gennaro

Parco dei principi Spa diretto da Daniele Saladini. A lui è riuscito

Esposito. Alessio Matrone, deus ex Machina del brand IT,

il colpaccio di prendere dall’Eden il nuovo bar manager Domenico

commenta: «È un onore per noi ricevere la Stella e ci emoziona

Maura che ha reso spumeggiante la carta dei drink del sontuoso

un risultato così importante a pochi mesi dall’inaugurazione.

5 stelle affacciato nel verde di villa Borghese e dei Parioli. Tra

Michelin ha capito il nostro spirito e premiato la nostra nuova

i divani damascati dopo le 19 si possono incontrare celebs e

idea di ristorazione. I nostri ospiti sanno che qui si mangia

protagonisti della business community che poi si fermano a

benissimo, ma vivono anche un ambiente, che è elegante e

cena nel ristorante con vista sulla scenografica piscina esterna.

divertente. IT è un luogo dove si può tirare tardi e stare bene in

Sempre chic l’Euclide di Vito Tricarico - due piani nel cuore

compagnia». Prosit.

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