Economy Like Aprile 2019

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Edizione Speciale per la flotta Grimaldi Lines

Le regine ritrovate

In Sardegna il Colonna Village alza l’asticella degli standard in Costa Smeralda. E il restyling del leggendario Tanka Village sancisce il ritorno sulla scena delle strutture d’élite

food&travel Gli itinerari più affascinanti (e insoliti) tra Sardegna, Sicilia e Toscana. Lo speciale Vinitaly e il focus sul cibo degli dei, i tartufi

PASQUA Dolci e tradizioni: le interviste a due mostri sacri come Iginio Massari e Nicola Fiasconaro. E una raccolta dei riti più peculiari

piaceri Macchine d’epoca, francobolli e perfino maglie di calciatori famosi come Maradona: tutte le nuove tendenze del collezionismo


Scarabeo. So it all begins. Dall’idea alla forma. Dalla ceramica alle sue infinite possibilità. Da un design a un’atmosfera.

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l'editoriale dell'OSPITE

Sardegna I futuri possibili

sull’isola del silenzio

CHI È mario abis, milanese di origini sarde, è architetto, sociologo e sondaggista. insegna

“...incantevole spazio intorno a distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa…”

all’università iulm di milano.

'79 l'istituto di ricerca makno, oggi makno-rsm. ha fondato nel

(Dh Lawrence, Mare E Sardegna,1921)

di Mario Abis

P

er il viaggiatore e scrittore inglese la Sardegna, la sua natura dal mare alle montagne, i suoi borghi, i suoi altipiani erano una scoperta quasi magica per quello trasmettevano oltre che per quello che erano... ed erano il valore e l’emozione più grande, quello della libertà. A distanza di 100 anni tutto questo è in sostanza rimasto invariato. Il viaggiatore è diventato il turista: si annida residenzialmente in pochi posti superabitati, ma quei pochi che si muovono scoprono le emozioni della Sardegna, quella, come diceva Lawrence, che sta in alto. Quella della Sardegna è una lettura costantemente espansiva: il mare blu/verde/celeste fino al Genneragentu. La montagna incantata, dolce e rude. I percorsi nei borghi, pieni di poesia e di storia, in una costante variazione di contesti cromatici e luminosi. Se mai, rispetto al viaggio di Lawrence, si è aggiunto proprio in questi ultimi anni qualcosa: ed è la sua

natura archeologica, rappresentata da tutte le nuove scoperte archeologiche, i nuovi menhir, i giganti di monte Pramas, le nuove città sotterranee, e le narrazioni degli Shardana, un popolo di guerrieri e un’identità lontana, forse quella di Atlantide. Questo patrimonio - della Sardegna “alta” e profonda, della fluidità dei contesti e delle emozioni, la Sardegna del silenzio e della libertà - è unico e alternative non se ne vedono. Trasformarla in un valore economico-sociale non è facile, ma il valore di una industria turistica e culturale innovativa non sfugge. Quello degli itinerari originali, quello del turismo archeologico, quello della scoperta dei borghi, quello infine di un’estensione del suo valore in combinazione dei tanti “prodotti” ed emozioni che attraversano tutte le stagioni con i format e i target i più diversi. E oltre a questo le mille declinazioni in chiave di welfare dove domina l’ospitalità dei borghi e la qualità dell’ambiente. Non è difficile immaginare questo sistema come il luogo ideale della popolazione anziana che esce dalla depressione metropolitana e arriva nei luoghi magici. La combinazione fra la Sardegna del viaggiare e quella dello stare in uno stile di vita che diventa il nuovo welfare è la base di un visione futura di tutto quello che di nuovo può dare la grande isola del silenzio e della libertà.

La stagione s'allunga, e Summer diventa Like: un augurio al turismo

L

o scorso anno, i passeggeri dei traghetti Grimaldi per le isole ebbero la sorpresa, in giugno, luglio e agosto, di trovare a bordo una rivista, Economy Summer, che parlava di economia ma anche di costume, società, svaghi. Quest'anno, se state leggendo queste parole è perchè siete su una nave Grimaldi per la Sardegna o la Sicilia, come un anno fa;

ma avrete notato che la testata è cambiata, e anche un po' il giornale. Si chiama Economy Like - ma nella nostra testata la scritta Economy si è rimpiccolita, lasciando più spazio all'altra parola, Like. Significa innanzitutto che Economy Summer è piaciuto e l'editore, d'intesa con Grimaldi Group, ha deciso di raddoppiare l'offerta della rivista a bordo, da tre a sei mesi;

e poi che Economy, almeno a bordo, lascia un po' da parte l'informazione economica a favore dei temi della vita quotidiana, del divertimento, della famiglia. Dunque Economy Like allunga la sua stagione: la stessa opportunità che i sardi stanno costruendo con saggia pazienza. Like è quindi anche un augurio per tutti i sardi che vivono di turismo. (Sergio Luciano)

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appuntamenti 1 maggio

Festa di San Francesco a Lula Nella notte del primo maggio i fedeli si recano in pellegrinaggio nel santuario campestre ai piedi del monte Albo. Dopo trenta chilometri di cammino i pellegrini vengono accolti nelle “cumbessias”, piccole case intorno alla chiesa, dove viene offerto loro un piatto caldo di su filindeu, minestra cotta nel brodo di pecora e condita con formaggio e su zurrette (sanguinaccio). I devoti ripetono riti antichi che sono ancora molto vivi. Con sa bertula - la bisaccia - i pellegrini fanno un voto chiedendo uno scambio al Santo: in una tasca della bisaccia si adagia un

bambino malato, nell’altra le offerte. Sa pesada - la pesata - è un altro modo di chiedere aiuto al Santo, un bambino malato viene pesato e lo si riscatta offrendo carne d’agnello o di vitello per lo stesso peso. Quando la festa si conclude il simulacro di San Francesco viene portato in processione verso Nuoro, accompagnato da fedeli a piedi e a cavallo. A S’arbore, nelle campagne di Marreri, avviene l’incontro con i pellegrini provenienti da Nuoro e qui viene organizzato un banchetto detto appunto s’arbore (l’albero). Al grande pranzo all’aperto viene fatta partecipare, simbolicamente anche una piccola statua del Santo. La sera i priori (gli organizzatori) lasciano la festa in mano ad un corteo a cavallo che arriva fino a Nuoro, percorrendo i vicoli della città

vecchia; girano per tre volte intorno alla chiesa del Rosario e accompagnano il nuovo priore alla sua abitazione. Quest’ultimo custodirà lo stendardo fino al maggio successivo. La chiesa campestre di San Francesco si trova sul costone collinare dominato dal Monte Albo.

Lula (Nu)

25 aprile

Sagra del carciofo

Ad aprile il paese di Cerda in provincia di Palermo celebra il prodotto che più di ogni altro l’ha reso famoso: il carciofo. Il 25 del mese viene organizzata una colossale Sagra, giunta all’88° edizione, in cui il protagonista assoluto è l’ortaggio spinoso. Il centro agricolo di Cerda è conosciuto per la coltivazione del carciofo, di cui l’Italia è il maggiore produttore europeo. Il programma della Sagra prevede numerosi spettacoli folkloristici e balli. Il tutto potendo gustare i carciofi spinosi cerdesi, che saranno cucinati e distribuiti nei ristoranti locali in diverse specialità tipiche.

Cerda (Pa)

14 aprile

Selvaggia a Gallicana

Manifestazione dedicata alle erbe che nascono spontaneamente lungo la Valle del Serchio, con laboratori volti ad approfondirne la conoscenza ed escursioni guidate alla ricerca e raccolta di quelli che diventeranno ingredienti di succulente ricette. Si tratta di una vera e propria sorpresa per tutti coloro che non conoscano le infinite potenzialità delle erbe spontanee. Gallicano, piccolo borgo in provincia di Lucca, è pronto ad aprire le porte ai visitatori e ai curiosi, con cui condividere i suoi segreti culinari. Un viaggio alla scoperta dei vegetali più inattesi, un piccolo esercito che si compone di oltre 30 diversi tipi di erbe spontanee e piante tipiche di questo periodo.

Gallicana (Lu)

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25 – 28 aprile

Orcia Wine Festival

Protagonista del festival l’Orcia Doc, la denominazione di origine controllata che rappresenta i produttori di vino del territorio della Val d’Orcia, per l’appunto dal 2004 patrimonio dell’Umanità secondo l’Unesco. In queste terre caratterizzate da colline, cipressi, borghi meravigliosi, si trovano i vigneti che danno vita ai vini marchiati Orcia Doc, vini che saranno al centro dell’attenzione dal 25 al 28 aprile a San Quirico d’Orcia (Si), nel corso della decima edizione dell’Orcia Wine Festival. Un festival vero e proprio che a partire dal prodotto principe, il vino appunto, intratterrà con decine di eventi collaterali pensati per gli appassionati.

San Quirico d’Orcia (Si)

1– 4 maggio

Festa di Sant’Efisio

Giunta alla 363esima edizione, la Festa di Sant’Efisio richiama ancora oggi un gran numero di fedeli e partecipanti da tutto il mondo. Si narra, che il santo guerriero sconfisse la peste che stava decimando il popolo sardo, e in memoria di questo miracolo, che ogni anno, il primo di maggio, la statua di Sant’Efisio ripercorre la strada per raggiungere la località sulla costa dove avvenne il suo martirio. La vestizione della statua e la messa si svolgono nella piccola chiesetta a lui intitolata, nel quartiere di Stampace a Cagliari. La processione è aperta dalle traccas, pesanti carri tirati da buoi ornati di fiori, nastri e arazzi colorati.

Cagliari

1 – 31 maggio

Infiorata

Oltre 140 gradini bordati di maioliche colorate che ogni anno vengono adornati dalla celeberrima infiorata. Dal 1° al 31 maggio Caltagirone si colora grazie a migliaia di fiori che vengono depositati lungo la scalinata, tra i capolavori della Sicilia meridionale. Il borgo ospiterà questa manifestazione che rappresenta un unico, gigantesco disegno dalle sfumature studiate con cura dedicate alla Madonna di Conadomini, compatrona della città. A lei è dedicata l’antichissima chiesa che si può osservare in cima alla scalinata di Santa Maria del Monte. La Madonna di Conadomini è un’immagine sacra della Vergine Maria, che fu portata

a Caltagirone nel 1225 dalla famiglia Campochiaro, esule da Lucca perché di parte Guelfa. Donata sul finire del XVI secolo alla Chiesa Madre dedicata all’Assunta, è raffigurata seduta, con in braccio il Bambino Gesù ed avvolta in un manto trapunto di stelle; veniva esposta, al posto del Cristo portacroce tutte le volte che gravi calamità o carestie, affliggevano la comunità cittadina. Sempre la Madonna di Conadmini è la protagonista del corte A Rusedda in Fiore (il 26 maggio), una sfilata di carri e trattori addobbati con la pianta selvatica – appunto, a rusedda – che i ceramisti utilizzano per alimentare le fornaci. Ancora oggi il corteo si muove per le strade intricate e anguste del centro storico al suono delle brogne, sorta di grandi conchiglie. Il corteo è preceduto

da un vessillo, detto il triunfu, che raffigura la Madonna di Conadomini. Sui carri i contadini sono vestiti con i costumi tradizionali e portano in omaggio alla Madonna doni di ogni sorta (in natura) per la protettrice della città.

Caltagirone (Ct)

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sommario COVERSTORY

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Iginio Massari, il pasticciere che ha conquistato la tv A tu per tu con il "maestro" più famoso (e temuto) d'Italia

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Fiasconaro, il siciliano esperto di panettoni e colombe Altro che cassate, marzapane e croccante: qui si fa la rivoluzione

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Dai Vattienti alla Schiodatura: tutti i riti della Pasqua

Tradizioni antiche e folkloristiche per onorare la Resurrezione

LIFESTYLE

30 Estate smeralda 2019: tutti

i luoghi preferiti dai vip Dal Cala di Volpe al Romazzino: quali sono le spiagge più "in"

32 Per l'uomo trendy al collo è

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di rigore la cravatta handmade Il caso di Talarico, artigiano della moda che veste vip e politici

Quelle soft skills delle donne che fanno bene all'azienda Guffanti sceglie per la sua piattaforma fashion un team tutto al femminile La lista dei desideri Una vetrina a tema country fever con i prodotti dei brand più chic

39 Anche per solcare le onde serve

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avere la tenuta di strada La nuova ammiraglia della flotta Tecnorib si chiama Pirelli 1900

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Il catamarano che si piega e si porta in una borsa Pesa meno di 28 kg e si monta in circa 15 minuti: è il Minicat

Tutto il fascino dei motori di vecchia e nuova concezione Dal nuovo Suv di Bmw all'asta delle auto della MilleMiglia

Le crociere educative e le flotte che si allungano I progetti di Grimaldi per migliorare l'esperienza di viaggio



sommario

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Edizione speciale per Grimaldi Lines

FOOD&TRAVEL

Allegato alla LaFreccia, mensile di bordo di Frecciarossa-Trenitalia

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Alla scoperta dell'Ogliastra l'impenetrabile "isola nell'isola" Un territorio solo in apparenza aspro e inaccessibile che nasconde meraviglie

Direttore responsabile Sergio Luciano

57 La Sardegna è di nuovo charmant:

Newsroom Marina Marinetti (caporedattore), Marco Scotti (coordinatore), Riccardo Venturi

ecco i nuovi villaggi di Voihotels Il gruppo Alpitour rilancia due strutture: il Colonna Village e il Tanka Resort

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Goceano, la perla del nord dove il gusto incontra la storia Montagne e foreste, ricotta e mandorle: Sa Costèra è tutta da ammirare Sulle tracce di Montalbano, alla ricerca dell'immaginaria Vigata I luoghi e le storie del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri

66 Selvaggia o modaiola: ma qual

è il vero volto della Maremma? Tra boschi oscuri e campi da golf, antiche rocche e moderne cantine

70 Tutto quello che avreste sempre

voluto sapere sul vino Speciale Vinitaly, la più importante Fiera del settore giunta alla 53° edizione

76 Simonit&Sirch: i maestri

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di potatura delle vigne Un procedimento delicato e prezioso per mantenere la pianta in salute

Tunartufo, il cibo da re che trasforma terreno in un piccolo tesoro Bastano poche migliaia di euro per garantirsi una rendita da oltre 100mila

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PIACERI

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82 La nuova vita del collezionismo:

auto d'epoca e francobolli Le storie di Lopresto e Bolaffi, due nomi cari a tutti gli appassionati

88 Passare una notte da vip? Oggi si

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può (e non costa così tanto) Dal Bosco Verticale al cuore di Firenze: bastano poche decine di euro

La nuova frontiera del turismo è la vacanza digital detox I tour operator si attrezzano per offrire soggiorni "disconnessi"

94 E nigmistica 98 Le ragioni del gossip

Hanno collaborato Mario Abis, Germana Cabrelle, Corrado Capraro, Luigi Ciccarelli, Elena Conti, Marco Gemelli, Laura Lamarra, Marco Muffato, Anna Nudda, Luca Grossi Pieroni, Franco Oppedisano, Vincenzo Petraglia, Giancarlo Salemi, Marco Scataglini, Davide Schiavon, Monica Setta, Chiara Volonté, Vittorio Zampetti Grafica e impaginazione Raffaela Jada Gobbi Liliana Nori Claudia Spatafora Segreteria di redazione Monia Manzoni Presidente e A.D. Giuseppe Caroccia Consiglieri Costantino Baldissara, Sergio Luciano Editore incaricato Domenico Marasco Casa editrice Economy s.r.l. Piazza Borromeo 1, 20123 Milano Tel. 02/89767777 Registrazione Tribunale di Milano n. 24 del 14/02/2019 Stampa Arti Grafiche Boccia Spa Via Tiberio Claudio Felice 7 84131 Salerno




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COVERSTORY

Pasqua tra dolci e tradizioni

Iginio Massari

Il sovrano

della pasticceria D

ici pasticceria, dici dolci e la mente corre subito a lui, il Maestro, il terrore di tutti i concorrenti di Masterchef: Iginio Massari, classe 1942 ma nessuna voglia di farsi mettere da parte o di trasformarsi in una “macchietta” a causa della presenza sempre più massiccia in televisione. Il suo negozio di Milano, aperto a marzo dello scorso anno in “coabitazione” con la filiale di Intesa SanPaolo, è letteralmente preso d’assalto, specialmente nel weekend, quando la coda si snoda per tutti i portici di Piazza Diaz. Di fronte a un professionista della sua fama, diventato una celebrità (anche) per i modi burberi usati in televisione, la soggezione è quasi d’obbligo: ci si immagina un incontro con una sorta di divinità della pasticceria. Invece si tratta di una chiacchierata che si trasforma rapidamente in un viaggio tra i diversi sapori («sono sei e tutti codificati, servono ad aumentare la percezione dei gusti aromatici»), con brevi puntate nella storia dell’umanità («il primo frigorifero venne costruito nel 1771 ma è solo dal 1994 che si vendono quelli non inquinanti» ) e nell’editoria (dal momento che ha scritto decine di libri). Massari ha aperto la sua Pasticceria Veneto a Brescia nel 1971 e da allora si è affermato come una delle icone dell’arte dolciaria italiana. Massari, la Pasqua è sempre più vicina: come ci si prepara a questa ricorrenza? Abbiamo avviato la produzione delle colombe un paio di mesi prima della Festa,

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di Marco Scotti


«Nell'ambiente della pasticceria avevo fama a livello mondiale, ma è soltanto con la tv - e con Masterchef in particolare - che sono diventato noto al grande pubblico»

che per noi pasticceri rimane tra le più impegnative, per certi versi perfino più del Natale. Per quanto riguarda le uova, invece, iniziamo a metterle in vendita ai primi di marzo, perché hanno una durata minore. Le uova sono realizzate interamente a mano? Naturalmente sì, abbiamo stampi in cui coliamo il cioccolato, che poi facciamo raffreddare brevemente in modo da poter poi inserire all’interno la sorpresa. Una volta fatto questo concludiamo il processo di indurimento. Lei è ormai una celebrità paragonabile a una rockstar: ma è sempre stato così? No, nel mio settore sono sempre stato noto a livello mondiale, ma la notorietà sul grande pubblico me l’ha data la tv. E la trasmissione che mi ha dato più notorietà, anche se ci andavo una o due volte al massimo all’anno (come nel caso di questa edizione, ndr) è Masterchef. Com’è cambiata la sua pasticceria da quando ha iniziato? Festeggeremo 50 anni nel 2021. Le trasformazioni sono state enormi. Basta pensare che una volta si faceva caso marginalmente alla comunicazione, poi però si è scoperto che la televisione poteva dare una spinta alle vendite e nessuno ha più fatto “lo schizzinoso”. D’altronde, l’arbitro del successo di un prodotto rimane sempre il pubblico, e farsi conoscere di più di certo non è un male.

a vendere il modello contemporaneo a isobutano. È evidente quindi che l’evoluzione della pasticceria dipende enormemente dalla strumentazione che si ha a disposizione. Un tempo le bavaresi erano un cibo per i ricchi, venivano fatte sul momento e servite ancora fredde per evitare che si sciogliessero per il calore. Possiamo quindi dire che la pasticceria e la sua evoluzione dipendono dal frigorifero, dal congelatore e dall’abbattitore per quanto concerne la tecnologia. A questo bisogna aggiungere la stampistica in silicone, che permette di estrarre facilmente i materiali sia dal frigorifero che dal forno e che è nata 30 anni fa. Allora i prodotti avevano una certa acidità, mentre oggi ci sono dei materiali straordinari che non lasciano “traccia”. Ma l’ingrediente fondamentale rimane la conoscenza, senza la quale non c’è la possibilità di crescere.

Che cosa rende un pasticciere un vero professionista? Prima di tutto bisogna conoscere a fondo le materie prime. Sembra una banalità, ma padroneggiarne le peculiarità organolettiche permette di sapere che tipo di cottura fare, quanto vapore impiegare, come bilanciare i diversi sapori. E poi non ci si può mai dimenticare dell’evoluzione tecnica che sta dando un’enorme mano al nostro comparto. Lei lo sa quando è stato creato il primo frigorifero? Ammetto la mia ignoranza… Nel 1771! Era su rotaia e serviva per il trasporto del vino, non del latte. Ma i gas non erano ricircolati. Per arrivare poi al primo frigorifero commerciale siamo già nel 1913, mentre la diffusione in Italia avviene a partire dal 1954. Ed è solo nel 1994 che si inizia

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Pasqua tra dolci e tradizioni

Lei produce dolci, cioè il cibo della trasgressione per antonomasia: come concilia le sue creazioni con le istanze del mangiare sano che stanno sempre più prendendo piede? A forza di sentire parlare di cibo sano mi sono stufato: i medici che lo professano sono sicuramente prezzolati. E poi è stato scientificamente provato che se si mangia un cibo sano controvoglia dopo una settimana fa lo stesso effetto di uno non sano. Senza contare poi le mode. Le mode? Ma sì: nel mio negozio saranno passati milioni di celiaci, ma quelli veramente codificati sono 328.000, gli altri se lo sono inventato di sana pianta. Qualche giorno fa è entrata una cliente che si è dichiarata intollerante al latte e a tutti i derivati proteici, celiaca e diabetica. Quando mi ha chiesto “che cosa mi propone” io le ho risposto “di andare in ospedale”, perché la mia è una pasticceria, non una farmacia.

Oggi il mondo della pasticceria è pieno di mode alle quali ci si adegua con poca convinzione: dal cioccolato rosa alla mania della celiachia "inventata" Non ha prodotti dietetici tra le sue creazioni? Tutti i miei dolci sono dietetici: basta mangiarne metà porzione! A parte gli scherzi, faccio due dolci ipocalorici, per il resto penso che stia alla sensibilità di ciascuno capire che mangiare 500 grammi di miei dolci non sia esattamente una buona idea per la propria linea… Dietro alle sue creazioni c’è un lavoro lungo, laborioso, complicato. Secondo lei la gente lo capisce, ne ha la percezione? Decisamente no, tant’è che adesso che tutti si improvvisano grandi chef, qualcuno ha

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da obiettare sui prezzi che applico. La verità è che tutti si credono pasticceri – o giornalisti – ma la riprova del fatto che siano professioni che necessitano di una ricerca, di uno sforzo, di un lavoro costante sta nei risultati: chi entra qui dentro dicendo che i miei prezzi sono troppo alti, è capace poi di fare anche soltanto una meringa all’italiana? A proposito di mode: ogni tanto nella pasticceria si “scoprono” nuovi sapori o nuove materie prime, come nel caso del cioccolato rosa… Il Ruby? Ma quello non è un prodotto nuovo! Venne creato dalla Perugina all’inizio degli anni ’50 perché si era scoperto che il terreno più o meno acido cambiava la morfologia del cacao. Poi questo studio era stato abbandonato, salvo poi venire ripreso e diventare una moda. E lei in questi casi deve inseguire le nuove tendenze? Ho provato a usare il cioccolato rosa in un paio di dolci. Ma la mia unica missione è creare dei dolci che gratificano le persone. Anche perché in giro non vedo grandi figure pronte a rivoluzionare il mondo della pasticceria. E poi le mode sono veramente quanto di meno qualificante ci sia nel mio comparto. Le suggerisco un esperimento. Provi a sedersi a una tavola con altre persone e a dire che quello che sta mangiando è troppo salato. Che risultato otterrà? Che anche altri saranno della mia stessa opinione? Esattamente! Le mode valgono anche per i gusti, ci sono continue contaminazioni che rendono il tutto troppo labile per cer-


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Pasqua tra dolci e tradizioni

care di inseguire i sapori passeggeri. Io voglio fare creazioni che gratificano chi le mangia. Dopo il successo planetario della pasticceria di Brescia, dopo gli oltre 300 premi, dopo le trasmissioni televisive, dopo i campionati mondiali … l’apertura a Milano: com’è nata quest’idea? Si è trattato di un’opportunità che è arrivata all’improvviso. L’avevo pianificata per il 2020, poi una serie di circostanze ha fatto accelerare il processo che è diventato realtà a marzo del 2018. Pensi che sono stato il primo pasticciere a entrare in una banca! La verità è che abbiamo avuto una risposta troppo superiore alle nostre aspettative e abbiamo commesso anche qualche errore. Ad esempio? Può sembrare una stupidaggine ma non lo è: abbiamo fatto il pavimento del bagno bianco, il colore più sporchevole che ci sia. Questo significa che se puliamo troppo poco, la clientela si lamenta delle condizioni igieniche, ma se lo facciamo troppo spesso gli utenti si lamentano lo stesso perché il bagno è sempre occupato. Però la città vi ha accolto con grande entusiasmo… I milanesi decisamente sì: a livello di business siamo sempre stra-pieni tanto che i ragazzi che lavorano nel negozio fanno fatica a esaudire tutte le richieste. Abbiamo un locale di 65 metri quadrati, ma sarebbe servito un esercizio da 300. E non posso assumere altro personale perché non ho più spazio negli spogliatoi. E l’amministrazione? Ora il rapporto è molto migliorato, ma all’inizio ci elevavano contravvenzioni per

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Massari nella sua carriera ha vinto oltre 300 premi per la pasticceria. Dopo l'apertura di Milano nel 2018, ora è pronto (almeno) per Torino e Roma qualsiasi cosa. Eppure con l’apertura del mio negozio ho dato mandato ai miei ragazzi di pulire ogni mattina anche lo spazio antistante, che prima del mio arrivo, nonostante si trovasse a pochi passi dal Duomo, era molto degradato. Milano è la prima tappa di un nuovo percorso di aperture? Vediamo. I miei figli premono per aprire in diverse città, io sono un po’ più “calmo”. Comunque ci saranno altre “puntate”. In primo luogo Torino, cui seguirà Roma. La cosa che più mi piace è che sono le altre città a venire a cercarci. A Londra sono stati gli stessi inglesi a proporci di avviare una nuova attività, individuando cinque posizioni molto appetibili. Io però sono cauto: anche perché non abbiamo alle spalle grandi capitali e la tassazione in Italia è piuttosto elevata… Un’ultima domanda: di fronte al superlavoro e alle inevitabili arrabbiature non le è mai venuta la tentazione di dire “ma chi me l’ha fatto fare”? No mai, quello che faccio lo faccio perché riesca al meglio. Per questo sono riuscito a dare lavoro a oltre 140 persone. Sono un entusiasta, anche se a volte qualcuno scambia questa mia attitudine con l’essere un c….



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Pasqua tra dolci e tradizioni

Nicola Fiasconaro

Il siciliano

senza paura S

icilia. Terra di aranceti a perdita d’occhio. Terra di cassate e di granite. Terra di croccanti e di frutta marturana. Ma anche, ormai da un oltre trent’anni, di colombe e panettoni. L’approdo di questi dolci della tradizione settentrionale in Sicilia si deve a un marchio, Fiasconaro, che è diventato sinonimo di eccellenza dolciaria. Nicola, la seconda generazione dell’impresa di famiglia, ha saputo ottenere riconoscimenti in ogni angolo del globo, estendendo la produzione prima a tutta l’Italia e poi agli altri paesi in Europa e nel mondo. La “base” operativa è a Castelbuono, un paese in provincia di Palermo che

Una sfida che sembrava persa in partenza si è tramutata in un trionfo: fare panettoni e colombe a Castelbuono (Pa) rappresenta la porta d’accesso alle Madonie ma che domina anche il mare. Un luogo sospeso in cui si fondono montagne e spiagge, diventando così l’emblema della tradizione che sposa l’innovazione. Fiasconaro, ma com’è che un siciliano si è messo a fare le colombe e i panettoni? In effetti la domanda me la fanno in tanti. I Fiasconaro nascono come pasticceri siciliani, di quelli che fanno il croccante, la cassata e gli altri prodotti tipici. Una trentina di anni fa ho iniziato a interessarmi ai grandi lievitati e a produrre il panettone. E mi hanno preso per matto, anche se è proprio grazie alla Sicilia

che il mio panettone è così apprezzato. Chi ce li ha degli agrumi come i nostri per fare i canditi? Com’è nata l’idea di fare qualcosa di diverso? Il lievito madre e la pasta acida sono stati e sono tutt’ora un amore travolgente. Qui a Castelbuono abbiamo un microclima meraviglioso, tra le montagne e il mare: siamo una porta d’accesso alle Madonie e mio padre, esperto di alimentazione, ha deciso di assecondare la mia folle di idea di lanciarci nel commercio di panettoni. All’inizio ne realizzavamo 2.000 all’anno, oggi, nei momenti di picco, siamo arrivati a 10.000 al giorno. Al termine della stagione dei panettoni arriviamo a 1,2 milioni di kg. Un successo che non è passato inosservato, tant’è che un brand come Dolce & Gabbana si è accorto di voi e ha voluto disegnare la confezione dei panettoni.. Un accordo fantastico che ci ha permesso di incrementare le vendite di un buon 30% rispetto all’anno precedente. E per quanto riguarda le colombe? Anche in questo caso abbiamo registrato un deciso incremento, nell’ordine del 30%, senza bisogno di stringere accordi commerciali di nessun tipo. C’è una differenza sostanziale tra panettone e colombe, al di là dell’ovvio sapore…


E sarebbe? Che la colomba è più elitaria e copre un periodo di tempo più breve. La definirei quasi aristocratica. La si consuma solo un paio di volte all’anno e prevalentemente tra le famiglie benestanti. Il panettone, invece, è un dolce che unisce tutti quanti e che rappresenta il popolo: non c’è casa così povera da non avere sulla propria tavola, a Natale, un panettone. È più difficile fare il panettone o la colomba? Direi che la difficoltà è la stessa, questi due dolci sono molto simili essendo entrambi due paste acide. Forse la sfera del panettone è più semplice da realizzare, mentre la colomba ha una forma più “capricciosa”. Inoltre non va dimenticato che il panettone è ormai il dolce per antonomasia in Italia, tant’è che l’ha spuntata sul tiramisù per diventare il dolce ambasciatore del nostro paese nel mondo. Infine, nel nostro caso cambiano, e di molto, i volumi di produzione tra colombe e panettoni. A proposito di Italia, la pasticceria può essere un modo per farci conoscere ancora di più all’estero? Voi esportate perfino negli Stati Uniti e in Brasile ... Sì, ma abbiamo ancora tantissimo da imparare dai francesi. In questo momento difficile per gli equilibri del mondo, loro sono riusciti a trovare una formula di “gastronomia universale” che accontenta tutti. Sono più bravi di noi a fare marketing. Noi non arriviamo neanche a 50 miliardi di euro di fatturato dell’intero comparto agroalimentare, i francesi fanno almeno un terzo in più di noi. Basta pensare al vino: noi italiani proviamo a giocarcela sulle quantità, ma la verità è che la qualità pende tutta dalla parte dei francesi. Dobbiamo prendere esempio da loro, allora? Sì, e soprattutto dobbiamo smettere di piangerci addosso. Io vengo dalla Sicilia, una terra in cui troppo spesso ci piace lamentarci di quello che non funziona. E in-

vece bisogna iniziare a rimboccarsi le maniche. La mia azienda, ad esempio, si è imposta standard elevatissimi dal punto di vista della sicurezza alimentare. Esportiamo ormai in tutto il mondo un prodotto che garantisce determinate proprietà organolettiche e che deve arrivare sulla tavola di chi lo acquista in condizioni perfette. Torniamo a voi: siete partiti come pasticceria, oggi siete un piccolo impero! Neanche per idea! Siamo tre fratelli, tre soci, i nostri figli lavorano in azienda, ma io rimango un pasticciere: so fare le torte. È vero, adesso fatturiamo 18 milioni di euro e noi tre siamo i più vecchi dell’azienda. È vero, diamo lavoro a 140 persone a Castelbuono, tutte con un regolare contratto. Ma rimaniamo per spirito e per attitudine un’impresa familiare, una piccola azienda. Sono le persone che fanno la differenza e noi cerchiamo di venire incontro alle esigenze di ognuno. Un discorso che si sente di rado in Italia… Vero, soprattutto al sud. Qui da noi è pieno di imprenditori che vogliono fare i furbetti, noi invece cerchiamo di fare del nostro meglio per valorizzare le persone. Non ha mai pensato di ampliare ulteriormente il suo business, magari aprendo alla grande distribuzione organizzata? A me della Gdo non frega proprio niente! Sono nato pasticciere e morirò pasticciere. Noi stiamo portando avanti certi discorsi culturali sulla qualità delle materie prime, ad esempio sul grano siciliano. Ma se dovessimo aprirci alla grande distribuzione, come potremmo poi fare a mantenere la barra dritta? È un business che non mi affascina, soffrirei se i miei prodotti finissero lì. Qual è allora la sua aspirazione? Io voglio avere una pasticceria di alta moda: voglio poter andare in giro per il mondo dove c’è la grande cultura, l’arte, il design, la bellezza. Portando in dono la sicilianità dei miei prodotti. Questo è l’unico discorso che riesce a farmi battere il cuore, dei numeri non mi interessa proprio nulla!

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COVERSTORY

Pasqua tra dolci e tradizioni

Sacro, profano e

bizzarie:

mille e una Pasqua «S

toria, arte, tradizioni, parodia: il rito affonda le sue origini in ognuno di questi elementi. Ma il fattore principale, quello che ne permette la nascita, la diffusione e la radicalizzazione, è antropologico: infatti, all’interno della struttura umana coesistono una comprensione del quotidiano - legata alla nostra parte razionale - e una ricerca continua di quello che va oltre la logica dell’ordinario. Focalizzandoci sulle rappresentazioni messe in scena durante la Settimana Santa, il loro terreno di sviluppo è riconducibile soprat-

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di Chiara Volonté

tutto all’ambito della parodia, perché in questo momento dell’anno era possibile in qualche modo prendere in giro il clero ed esasperare determinati aspetti della tradizione cattolica». È la professoressa Gaia De Vecchi, docente di Teologia Morale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a guidarci attraverso gli oltre tremila riti pasquali che da nord a sud costellano il Bel


Paese dalla Domenica delle Palme al Lunedì dell’Angelo: un susseguirsi di processioni, feste popolari e sagre, durante le quali spesso il folklore tramuta le celebrazioni in veri e propri show con tanto di pubblico. «All’interno di determinate cerimonie, oggi le ragioni storiche e tradizionali si affiancano a quelle turistiche, e quindi economiche. Sicuramente persistono aspetti religiosi, ma accanto a questi ve ne sono anche di molto pratici - afferma De Vecchi - Il fatto che in certe zone ci siano manifestazioni di questo tipo implica anche che in uno specifico periodo dell’anno un certo numero di persone andrà a visitare quella località, e legato alla singola celebrazione magari c’è anche il dolce tradizionale da vendere, c’è l’alloggio da pagare… dobbiamo tenere in considerazione tutti questi risvolti». Un intreccio di vari costituenti, dunque, sostanzia i rituali pasquali italiani - ma non solo - a cui si somma il rapporto sacro/profano, cioè «un chiaro/scuro che non è né luce né ombra, ma è entrambi i termini insieme - prosegue la docente della Cattolica - gli elementi sacri e profani sono intrinseci alle vicende terrene sin dal principio, ancora prima della diffusione delle grandi reli-

.

Scoppio del Carro, Firenze Il protagonista della Pasqua fiorentina è il Brindellone, un carro decorato e ripieno di fuochi d’artificio, realizzato per la prima volta nel 1622. Questa particolare manifestazione della tradizione popolare toscana affonda le sue radici in eventi di natura in parte storica e in parte religiosa, ispirati dalla reliquia delle schegge del Santo Sepolcro, conservate nella chiesa dei Santi Apostoli. Leggenda vuole che i Crociati, di ritorno da Gerusalemme, avessero distribuito il fuoco sacro provocato da queste schegge, ed è proprio questo l’evento che viene rievocato dalla processione che accompagna il Brindellone - trainato da due buoi agghindati a festa - per le vie di Firenze fino a raggiungere Piazza del Duomo. E mentre

Un intreccio di vari costumi percorre la penisola da Nord a Sud e contamina i riti religiosi con elementi pagani che affondano le radici nell'antichità

all’interno della Cattedrale si canta il Gloria, l’arcivescovo accende con il fuoco sacro la Colombina, un razzo che, percorrendo un filo dall’interno della chiesa, va a colpire il Carro nella piazza, incendiando i fuochi d’artificio. Se lo scoppio del Carro risulta perfetto, per Firenze si preannuncia un anno positivo.

Rito dei Vattienti, Nocera Terinese (Cz) È una tra le rappresentazioni più

con inseriti 13 pezzi di vetro che sim-

cruente (e disconosciuta dalla Chie-

boleggiano i dodici apostoli e Cristo,

sa) e risale ai primi anni del XVII se-

e "la rosa", levigata e usata sia per

colo. Le strade di questa località in

preparare la pelle a ricevere i colpi,

provincia di Catanzaro ogni Sabato

sia per macchiare con il sangue le

Santo si imbrattano di sangue per-

mura e le porte delle case attraver-

ché, mentre sfila la processione della

sate dal corteo. I Vattienti sono ac-

Madonna Addolorata, i Vattienti - uo-

compagnati dall’”ecce homo” che,

mini vestiti con pantaloncini e ma-

scalzo e col capo coronato dalla “spi-

glietta scuri e che portano sul capo

na santa”, indossa un lungo drappo

un fazzoletto nero su cui poggia una

rosso e stringe tra le braccia una

corona di spine - camminano per le

croce avvolta da un panno scarlatto,

vie del paese percuotendosi il corpo

e da amici e parenti, pronti a versare

con due pezzi di sughero: "il cardo",

del vino sulle ferite sanguinanti.

gioni». E questo binomio si mostra anche tramite i travestimenti e la maschera, che consentono di assumere una nuova posizione. «Ci consentono anche di essere chi non siamo - continua De Vecchi - e infatti, proprio per il loro essere non definibili, la maschera e i travestimenti sono molto utilizzati nelle performance religiose, come “Il ballo dei diavoli” di Prizzi e “La festa dei Giudei” di San Fratello, entrambe ambientante in Sicilia». La trama di situazioni che contraddistingue le cerimonie pasquali italiane è rintracciabile anche in quelle celebrate nelle

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COVERSTORY

Pasqua tra dolci e tradizioni

Ballo dei Diavoli, Prizzi (Pa) La Domenica di Pasqua, per le vie di questo paesino in provincia di Palermo, bisogna stare attenti a non farsi

altre zone del mondo, perché «le raffigurazioni della Settimana Santa ripetono un intreccio di componenti di origine cattolica e primitiva, che riconosciamo non solo nel nostro Paese - spiega la professoressa - ma anche per esempio in Spagna, con la tradizione della scrocifissione e la processione degli incappucciati, entrambe tipiche della zona settentrionale della Sardegna. Oppure all’interno della cruenta “Processione dei Vattienti” di Nocera Terinese in provincia di Catanzaro, che per la violenza richiama le messe in scena di Filippine e Indonesia». Sono cinque i fattori ricorrenti che sostanziano il plot di ogni rappresentazione: spazio, tempo, cosmo, simboli, riti di passaggio. Per quanto concerne il primo elemento «la relazione sacro/ profano gioca un ruolo importante sulla percezione dello spazio fisico. Nell’antichità - commenta Gaia De Vecchi - c’era un lo-

Il termine "profano" deriva da "pro-faino", che in latino era il luogo antistante il santuario destinato alle cerimonie cus destinato al sacro, che era il tempio, e uno che stava davanti al santuario, cioè il “pro-faino”: era quindi netta la distinzione tra quello che era il luogo adibito alla divinità, e quello riservato al quotidiano. Nelle varie funzioni, invece, questi spazi diventino uno: la performance avviene per le vie della città, e il sacro irrompe». Relativamente al secondo costituente «all’interno dei riti il tempo ritorna riprendendo i componenti del passato, ma proseguendo in modo lineare - continua la docente - e richiamando così una serie di elementi anacronistici». Il nostro terzo fattore è il cosmo «che è la terra ma anche il cielo, è il mio essere qui e non essere qui. Ma anche spazio limitato

catturare, o si rischia di finire all’inferno! Infatti i diavoli, vestiti di rosso e con il viso coperto da una maschera di ferro con una larga bocca, e la morte, in abito giallo e con una balestra sotto al braccio, si aggirano per il borgo per imprigionare quante più vittime e condurle all’inferno. L’unico modo per venire rilasciati, se presi, è pagare un obolo; in caso contrario, si può dire addio alla propria anima. Ma il culmine della rappresentazione avviene di pomeriggio, quando i demoni tentano di impedire l'incontro, nella piazza principale della cittadina, tra il Cristo e la Madonna. Ad essi si oppongono gli angeli che scortano le due statue: è questo contrasto, effettuato secondo precise movenze ritmiche, che viene chiamato “Ballo dei diavoli”. Una volta sconfitti i diavoli, Gesù risorto e la Vergine si possono finalmente incontrare e il Bene trionfa sul Male.

che però tende al mio desiderio di assoluto - ci racconta Gaia De Vecchi - In tutti questi cerimoniali c’è un rapporto col cosmo che viene poi rappresentato con l’acqua, con la terra, col fuoco: si tratta della mia relazione con la natura». Interessante è anche l’uso dei simboli, che si richiama all’ambiguità che scaturisce dal duo sacro/profano, infatti «ogni oggetto

La Festa dei Giudei, San Fratello (Me) Di origine medievale e dalla forte

ni di color rosso con strisce di stof-

modo simboleggiano il diavolo. E così

commistione di elementi sacri e pro-

fa gialla, ricamate con motivi floreali

ritroviamo da un lato i devoti cristiani,

fani, questo rito va in scena dal Mer-

e perle - e ricoprono il volto con un

intenti nelle celebrazioni religiose del-

coledì al Venerdì Santo, e ricorda i

cappuccio rosso con una croce rica-

la Settimana Santa, dall'altro i Giudei

Giudei flagellatori che percossero e

mata sulla punta: agghindati in questo

- caricatura di chi gioì per la morte di

condussero Cristo al Calvario. Duran-

Gesù - che si aggirano per il paese di-

te la manifestazione, che coinvolge

sturbando la processione di comme-

tutti gli abitanti della cittadina in pro-

morazione della passione del Messia,

vincia di Messina, contadini e pastori

bevendo in ogni casa e suonando le

si travestono con un costume tradi-

trombe per disturbare le manifesta-

zionale - formato da giubba e calzo-

zioni religiose.

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Il Rito della schiodatura, Alghero Le rappresentazioni pasquali sarde

di candele che attraversa tutte le vie

fondano le loro radici nelle tradizioni

della cittadina, e durante la quale i fe-

spagnole. Di matrice catalano-arago-

deli procedono al ritmo di un antico

nese è il “Rito della schiodatura” del

passo di danza che mima l’atto del

Cristo e della sua deposizione nella

cullare, mentre le confraternite sfila-

culla, che avviene il Venerdì Santo,

no per il borgo indossando cappuc-

dopo l’adorazione: un corteo porta

ci a punta. La Domenica di Pasqua

gli strumenti (tenaglie e martello) che

il simulacro del Cristo risorto incontra

occorreranno per schiodare il Messia

quello della Vergine: gli uomini e le

dalla croce. Una volta adagiato Gesù

donne si riversano per le strade, fe-

nel giaciglio, dalla chiesa della Miseri-

steggiando la resurrezione con fuo-

cordia parte una processione a lume

chi d’artificio e voli di colombe.

può non rappresentare sempre la stessa idea, può figurarmi alla mente un’immagine immediata che però può rimandarmi in maniera non logica, ma poetica, ad altro. Per esempio il fuoco - asserisce la professoressa - ha una doppia valenza: le fiamme che distruggono, ma anche che illuminano. “Lo scoppio del carro” di Firenze (vedi box) rappresenta la distribuzione del fuoco benedetto, e lo è proprio perché fin dalle origini ha un duplice significato, positivo e negativo». «I riti di passaggio sono il nostro quinto ed ultimo fattore ricorrente - ci spiega De Vecchi - e spesso hanno a che fare con il vincolo sacro/profano, perché si situano sul terreno del chiaro/scuro, in cui i due fattori si richiamano in continuazione». Un altro aspetto interessante relativo alle rappresentazioni allestite durante la Settimana Santa riguarda le località in cui queste vengono inscenate: infatti, le manifestazioni più inusuali - non la classica Via Crucis - cruente e folkloristiche si realizzano soprattutto nelle regioni del sud Italia. «Questo tipo di messa in scena è più radicato nel meridione, mentre viene tendenzialmente snobbato nelle zone più settentrionali del Paese - ci racconta la docente - perché abbiamo avuto delle invasioni storiche diverse e abitiamo dei territori dalle connotazioni differenti. Un conto è essere dominati dagli spagnoli, altro è esserlo dagli austriaci; la Pianura Padana la si coltiva con una certa facilità, ben diverso è dover addomesticare

l’Aspromonte. Queste divergenze hanno fatto emergere tipi di feste diverse, e soprattutto nelle zone più meridionali i momenti di svago iniziarono ad essere percepiti come occasioni di distacco non solo dalla fatica ma anche dal quotidiano, rendendo queste celebrazioni sempre più ambigue». Nei confronti di queste performance “sui generis” che ormai di religioso hanno ben poco, e che anzi attirano un pubblico di turisti - e non propriamente di cattolici osservanti - pronto a scattare foto, la chiesa «è d’accordo con il rito laddove il profano mi aiuta a comprendere il teologico, dove l’antropologico mi permette di entrare in relazione con Dio e, seppur con le caricature e gli eccessi, mi consente di comprendere il mio rapporto con la trascendenza - conclude la professoressa Gaia De Vecchi - Ma il clero si pone in maniera sospetta, se non addirittura di condanna, nel momento in cui è l’uomo che vuole piegare la divinità a sé, per sottoporla al proprio volere e viverla in maniera superstiziosa e magica».

Rito della scrocifissione, Oliena (Nu) In Sardegna, le più caratteristiche rappresentazioni inscenate durante la Settimana Santa sono legate al rito della scrocifissione di Gesù. E anche questa, tipica della zona di Nuoro, prende il via dalla deposizione del Cristo dalla croce, il Venerdì: la statua viene occultata nel Duomo di Oliena fino al giorno successivo, quando se ne simula il ritrovamento. Contemporaneamente, il simulacro della Madonna viene portato in processione tra le varie chiese della città in simbolica ricerca del figlio, mentre tutta la popolazione va alla ricerca del Cristo Risorto, facendo tappa in tutti i luoghi sacri del paese fino al Sabato, giorno in cui la statua di Gesù viene finalmente ritrovata. Sempre a Oliena si è diffuso il rituale detto “S’Incontru”: i simulacri della Vergine e del Messia vengono condotti per la località in due processioni separate, fino a che avviene l’incontro, nella piazza principale. Le statue vi giungono da lati opposti e si salutano compiendo tre inchini; a quel punto, alla Madonna viene tolto il velo nero simbolo del lutto, svelando l’abito azzurro che manifesta la gioia della resurrezione.

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style

LIFE 36

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lifestyle

calda società

Estate smeralda 2019

istruzioni per l'uso È

stata l'incontrastata regina della Costa Smeralda per tantissimi anni, poi aveva diradato la mondanità scintillante perché più impegnata a seguire i tre figli che stavano crescendo. La sua bella villa a Porto Cervo è rimasta nel tempo il buen Retiro della famiglia ma solo adesso rientrata alla grande su Rai 2 alla guida di The Voice - Simona Ventura tornerà ad animare la vita smeraldina al fianco del nuovo amore, il giornalista Giovanni Terzi. Prepariamoci dunque a vedere Simona e Giovanni la prossima estate fra le spiagge e le feste più esclusive della Costa abbracciati, innamorati e felici come non mai. Ma l'estate 2019 rischia di essere quella decisiva per il rilancio definitivo del lusso patinato della vita Smeralda. Cambia tuttavia la geografia mondana dell'isola. Gente che va e gente che viene, locali che aprono o chiudono, riti che si ripetono oppure si trasformano diventando assolutamente inediti. Che cosa è 'in' e cosa sarà invece 'out' nella mondanità smeraldina che sta per arrivare? Noi vi sveliamo tutto in anteprima. Cala di Volpe new look Il dominus della Costa Smeralda è sempre lui, Franco Mulas, uno dei top manager più capaci e famosi del mercato dell'hotellerie a 5 stelle. Il gioiello degli alberghi lussuosi resta il mitico Cala di Volpe dove arriveranno Miuccia Prada e la famiglia Bertazzoni proprietaria del brand Smeg. Ma attenti ai veri ricchi, quelli che non compaiono sulle copertine dei giornali patinati ma hanno soldi e successo da vendere. Ecco gli avvocati di Latina Giuseppe Fevola e Irene Ferrazzo, ospiti abituali del Cala dove portano anche i figli Veronica e Federico. Bionda spumeggiante e bellissima, Irene Fevola fa arrivare nella suite casse di vestiti griffatissimi mentre i gioielli li compra spesso a Porto Cervo dove fa uno shopping importante ma discreto, preferibilmente nella boutique di Louis Vuitton. A luglio tornano Paolo Bonolis e la moglie Sonia con i figli. Fanno vita d'albergo, escono a volte per l'aperitivo in piazzetta ma tendono a ripararsi dai bagni di folla. Chiara Ferragni e Fedez saranno al Pitrizza, albergo super esclusivo da 5mila euro a notte dove soggiornano imprenditori del calibro di

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di Monica Setta

Cala di Volpe è tornata à la page, insieme al "vippissimo" Romazzino dove gustare una margherita da 50 euro In questa pagina, dall'alto verso il basso, simona ventura, monica bellucci e maria grazia cucinotta. nell'altra pagina flavio briatore con elisabetta gregoraci e daniela santanché


Corneliani o volti noti della tv come Mara Venier ed il marito Nicola Carraro. Altra famiglia che trascorre agosto al Cala è quella del giovane erede della Viar Walter Viaro figlio di Gualtiero e della bella Annamaria, medico e mamma. A timbrare il cartellino mondano anche Camilla di Borbone, Alba Parietti e Albertina Carraro figlia di Sandra, autentica regina dei salotti romani. Presenza confermata infine per Bernabò Bocca e la moglie Benedetta, figlia del banchiere Cesare Geronzi, che saranno in Costa con i figli. Tende bianche al Romazzino Ma c'è solo un lembo di spiaggia dove è doveroso transitare se si vogliono incontrare i veri miliardari di mezzo mondo. Si tratta del lido del Romazzino, piccolo 'golfo' su cui affacciano le ville favolose di Carlo De Benedetti, dei Merloni o di Vittorio Moretti re del Bellavista by Franciacorta. La casa piu colorata è proprio quella di Carmen Moretti, sposata con Martino De Rose, dove si organizzano divertentissime cene con grigliate di pesce e bollicine della maison di famiglia. Per chi soggiorna nell'incantevole regno del Romazzino a 5 stelle extra lusso doveroso pranzare sdraiati nell'acqua sulla piscina di acqua salata che lambisce il ristorante bar dove viene servita una squisita pizza Margherita da poco meno di 50 euro. Flavio Briatore ama gustare il buffet nello scenografico ristorante centrale vista spiaggia dove pranza con il figlio Natan Falco nato dalle nozze con Elisabetta Gregoraci. Diego Della Valle infine adora il caffè shakerato da gustare sulla piattaforma prendisole collocata nell'acqua smeraldina che si raggiunge agevolmente a nuoto dalla riva o con il tender scendendo da sontuosi panfili (come quello del re delle Tod's che si porta in barca sovente gli amici intimi Luigi Abete ed Enrico Mentana). Feste chic e choc Immancabile la festa di compleanno ago-

stana del Cala di Volpe - dove ogni tavolo costa almeno 2500 euro a persona - ma vietato mancare anche al compleanno dell'ereditiera Gabriella Dompé, ex moglie dell'imprenditore farmaceutico e mamma della bella Rosyana. Gabriella raduna la mondanità Smeralda più chic senza badare a spese. Champagne a fiumi, duemila rose bianche ed una cena sopraffina a base di aragosta. A San Lorenzo festeggia Daniela Santanché mentre a fine mese brinda anche la conduttrice tv Eleonora Daniele, in vacanza con il compagno e futuro sposo Giulio Tassoni il re delle farmacie più eleganti di Roma. A Porto Rotondo festeggia ogni anno Emanuela Tittocchia mentre un'altra festa piuttosto colorata è quella di Maria Monsé nuova icona del Grande fratello vip sposata (bene) con Salvatore Paravia (ascensori). Party floreale organizzato da Fawaz Gruosi con ospiti super vip come Monica Bellucci che la prossima estate arriverà con il nuovo giovane amore e le due figlie avute dall'ex marito Vincent Cassell. Cartellino ok pure per Maria Grazia Cucinotta ed il marito Giulio Violati, per Patrizia Pellegrino che continua a venire a Porto Cervo anche dopo la fine del suo ricco matrimonio con il miliardario Stefano Todini. A sorpresa arriverà Ania Pieroni, la donna che amò Bettino Craxi e che, ancora bellissima, possiede una casa a Porto Cervo. Tra i nuovi imprenditori presenti in Costa ecco Furio Barbarella, patron di una serie di supermercati Conad a Roma e titolare del famosissimo Assunta Roma, il ristorante più a la pagé della capitale dove cenano Elisa Isoardi, l'ex dg Rai Mauro Masi con Ingrid Muccitelli, la splendida Maria Francesca Profani con Elena dell'Isola e la signora dei petroli romani Daniela Jacorossi. Furio e la moglie Teresa Bolognese hanno appena comprato casa seguendo l'esempio di molti romani o milanesi che investono sulla costa approfittando dei prezzi più bassi. Pensate che una villetta di 100 metri quadrati con un piccolo giardino nei pressi dello Yatch club di Porto Cervo costa 'appena' 500 mila euro contro gli 800mila di 5 anni fa. Insomma sarà un'estate Smeralda mondanissima certamente non per tutti ma per molti.

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lifestyle

accessori

Al collo è di rigore

la cravatta

hand-made Una sapienza artigiana che non lascia nulla al caso: è la cifra distintiva di Talarico Cravatte Sartoriali, che veste vip e politici Maurizio Talarico, classe 1968, founder del cravattificio

Talarico Cravatte Sartoriali

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di Giancarlo Salemi

A

ngela Merkel ha adorato il foulard su pregiato twill orlato fatto a mano. Shinzo Abe indossa sempre cravatte a tinta unita molto sobrie. Donald Trump sfoggia con disinvoltura la cravatta rossa di raso lucida regalatagli da Gentiloni. Tre leader stranieri che indossano un capo rigorosamente made in Italy: Talarico Cravatte Sartoriali. Un brand di successo, cresciuto negli anni grazie alla sapiente regia del fondatore, Maurizio Talarico. Un laboratorio con i migliori artigiani nazionali, creato dal nulla in Calabria, che poi vede rappresentare le migliori opere in uno show room in via dei Coronari, nel cuore della Capitale. Cravatte che sono uno status symbol: l’arte sapiente dei sarti contro l’industria dell’omologazione. Pezzi (quasi) unici, che danno a chi li indossa la sensazione di essere davvero speciale. Già, perché in un ramo in cui la sartoria - come quella di Talarico - rischia di essere inghiottita da capi seriali proposti a prezzi a volte stracciati, per una piccola bottega d’artigiani per resistere al pressing delle multinazionali, poteva esserci solo una strada: puntare sulla qualità assoluta. Un lifestyle che viene riconosciuto e avvalorato proprio dalle numerose richieste dei clienti che preferiscono spendere di più e meglio per avere un prodotto ben fatto ed esclusivo. «Ho sempre avuto il pallino delle cravatte, anche da bambino. Era una passione tutta familiare, trasmessa da mio padre. Così nel 1999 ho provato a lanciare l’attività», racconta Maurizio, che è originario di Catanzaro, città storicamente vocata al tessile e alla produzione del baco da seta. Classe 1968, dopo il diploma in ragioneria vola a Milano per studiare pubbliche relazioni all’Università Bocconi. Finito il corso, però, anziché entrare in un ufficio stampa di qualche azienda, si dedica alla politica, ma per poco tempo perché nella sua testa c’è l’idea di un ritorno quasi alle origini, a quell’amore per le cravatte trasmessogli dal padre. Perché la cravatta? «Perché non passerà mai di moda», spiega, «ed in più è il simbolo di un uomo realizzato nella vita e negli affari». D’altra parte lo diceva in una delle sue famose massime anche Oscar Wilde che “una cravatta


ben annodata è il primo passo serio della vita”. Così Maurizio non ci pensa molto e apre il suo piccolo laboratorio in Calabria. In questa prima fase, si concentra soprattutto sulle aziende, gli enti, le istituzioni, i circoli. Sa che è sempre in voga l’uso di ordinare forniture cravatte con il logo della società o dell’ente, per venderle in sede o più spesso per regalarle a clienti, dipendenti, amici. Non è un caso, quindi ,che le sue cravatte “griffate” facciano il giro negli ambienti più esclusivi: Circolo Canottieri Aniene, Finmeccanica, Fincantieri, Poste, Aeronautica militare, Eni, Enel e via dicendo. «La nostra principale via di comunicazione è sempre stato il passaparola: se un amministratore delegato di una grande azienda porta una mia cravatta, un suo pari grado la noterà, e così via». Cravatte che vengono riconosciute in particolare per una cucitura a forma di x che si può realizzare solo manualmente e che testimonia, ancora una volta, come il prodotto non sia stato confezionato da un macchinario, ma dalle mani laboriose di un artigiano. «Sono cravatte che hanno solo un vero e proprio simbolo distintivo: la qualità» rimarca soddisfatto Talarico. Trentamila ne vengono prodotte ogni anno, in edizione limitata: nessuna replica, tre cravatte per ogni esemplare. Tutta italiana, e di grande qualità, la seta utilizzata per le creazioni. Disegni, fantasie e colori delle collezioni sono definiti direttamente da Talarico con il suo ufficio style. Ci sono l’azzurro Van Gogh, il rosso Picasso, il raso e il twill, le piccole geometrie concatenate, il pellicano, i pesci, i pois, le Regimental, tartarughe e pesci arabescati sui foulard, fantasie old England per le pochette (anche ascot e papillon). «Siamo grandi, ma allo stesso tempo siamo piccoli», spiega Maurizio: «Grandi nel senso che stiamo costruendo un grande marchio, piccoli perché comunque lavoriamo su una produzione limitata ma di altissima qualità». Un prodotto di nicchia, quindi, che va letteralmente a ruba pro-

prio quando bisogna fare un regalo durante le grandi occasioni. Basta guardare cosa succede sotto le festività natalizie quando lo show room di via dei Coronari si ritrova letteralmente svuotato. Fin dall’inizio, le sete e i disegni Maurizio Talarico se l’è andati a scegliere personalmente in Inghilterra, da David Evans a Crayford, poi in Francia da Art et image a Lione e naturalmente a Como. Nel 2005 il grande salto, con l’apertura della boutique di via dei Coronari, e quindi l’apertura anche al mercato al dettaglio. «Le nostre cravatte costano tra i 120 e i 180 euro, queste ultime ovviamente sono le più raffinate con sette pieghe nella seta. Tutte sono rigorosamente fatte a mano. Poi, un po’ per sfizio e un po’ perché sappiamo che hanno un mercato, facciamo ogni anno delle serie speciali con la trama in filamenti d’oro: non ne facciamo più di 30, costano 750 euro l’una, ma fra arabi e russi le vendiamo tutte». E non sono neanche le più care: «Ne facciamo ogni anno anche una decina di vicuna, una lana speciale proveniente dal Perù, e costano 1500 euro l’una. Che finiscono regolarmente». Per realizzare una cravatta di qualità occorrono tra i 35 e i 45 minuti, dipende soprattutto dal tessuto, se sono classiche, double, sfoderate, a 5 o a 7 pieghe ad unica tinta o con micro fantasia. «Artigiani si nasce, ma lo si può anche diventare: lo dimostra la mia storia» ripete Talarico, mentre sul suo sito online, come un album di ricordi, si possono leggere le frasi di apprezzamento dei suoi clienti più importanti: da Silvio Berlusconi a Romano Prodi, dal presidente Francesco Cossiga all’ex presidente degli Stati Uniti, George Bush. Così come si scopre che anche l’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella recente Conferenza sulla Libia tenutasi a Palermo ha scelto una confezione in legno di bolivar colorata con all’interno una cravatta o un foulard. Insomma, le cravatte di Talarico sono bipartisan. «Per essere un’azienda relativamente giovane abbiamo raccolto una serie di successi non indifferenti», conclude, «e di questo siamo davvero fieri, tanto che il nostro motto fra i dipendenti è “pochi anni, tante emozioni”».

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lifestyle

moda

Quelle soft skills delle donne

azienda

che fanno bene all'

L’imprenditrice Alessandra Guffanti per la sua piattaforma di distribuzione del fashion ha puntato su un team (quasi) tutto al femminile. Facendo leva su multitasking, networking e “pensiero laterale”

N

on per fare gli ideologi del gender, però una certa differenza tra uomini e donne c’è (e non c’entra col sesso). O meglio: ce ne sono almeno tre: multitasking, networking, lateral thinking. E indovinate un po’ di quale genere sono come una seconda pelle... «Mi rendo conto che nel mondo dell’impresa un discorso del genere può apparire fuori luogo, ma nulla dev’essere dato per scontato: non perché si appartiene a un sesso piuttosto che a un altro devono essere riconosciute certe capacità, ma d’altra parte le cosiddette “soft skills” vanno quantificate e non solo identificate». Con un giro di parole Alessandra

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APRILE 2019

di Marina Marinetti

Guffanti introduce un discorso per certi versi spinoso, per altri illuminante: la differenza tra uomini e donne in ambito lavorativo. Ed è più che titolata per farlo, dato che ha ricevuto il GGI Award dai Giovani Imprenditori di Assolombarda per la sezione Pmi al Femminile «per l’eccezionale attenzione profusa nello sviluppo e nella crescita delle risorse umane, in gran parte costituito da giovani donne, all’interno della propria azienda». Che poi è Guffanti Concept, la piattaforma strategica per la distribuzione del fashion che supporta i brand della moda donna, sposa e bambino nella fase di produzione, comunicazione e crescita nei mercati in Italia e all’estero, “reduce” dalla Milano Fashion Week di febbraio che ha visto sfilare negli oltre mille metri quadri del quartier generale di via Corridoni 37 più di 40 brand. Guffanti è un distributore multibrand nel segmento lusso: compra dai brand e rifattura alle boutique, con un notevole vantaggio strategico e logistico sia per i buyer che per i marchi distribuiti. E infatti ogni anno più di 500 brand bussano alla sua porta chiedendo di entrare nel “giro”. Allargare lo sguardo (e non solo quello) Alessandra Guffanti è stata la prima presidente del Gruppo giovani Imprenditori di Sistema Moda Italia «e ho voluto portare alla filiera l’idea che ci sono altri territori oltre a Milano e il nord: così ho organizzato la prima as-


Alessandra Guffanti

semblea a Napoli, la seconda in Umbria, la terza in Puglia. In vent’anni non erano mai uscite da Milano. «A noi donne un po’ di atteggiamento sfidante non ci manca», dice lei. Se oggi l’azienda fattura più di 10 milioni di euro di fatturato (con un giro d’affari che supera i 17), dei quali oltre il 40% all’estero, il merito è proprio della visione strategica di Alessandra Guffanti, una che la challenge della seconda generazione nella family company l’ha (stra)vinta. È lei che, entrata in azienda nel 1998, ne ha rivoluzionato il business model, “aggredendo” (se così si può dire) i mercati esotici: «Nel 2007 ho iniziato a seguire l’area internazionale e in tre anni ho visitato 53 città nell’ex Urss», racconta. «Sicuramente siamo stati avvantaggiati dal fatto che quello era un mercato che partiva da zero. Quell’expertise me la sono portata dietro anche in Asia, Cina e Corea e Medio Oriente»: tutti mercati dove Guffanti Concept ha come clienti boutique multibrand, monomarca e department stores del segmento lusso e commerciale, grazie a quello che Alessandra Guffanti sottolinea essere un punto di forza: « la capacità di scovare e portare sui mercati brand emergenti. Oggi il nostro lavoro di ricerca ci ha portati ad aggiungere anche brand australiani ai tanti brand del Made in Italy e di stilisti dell’Est Europa, russi ed asiatici». Nel 2018 l’azienda ha acquisito anche la rappresentanza per il mercato dell’Ex Urss della linea donna di Aspesi. L’importanza del pensiero laterale Il premio Giovani Imprenditori di Assolombarda? «È stato assegnato perché ho puntato su una squadra al femminile», spiega l’imprenditrice. E aggiunge: «Ma non ho puntato sulle donne perché lavoro nella moda e quindi la figura femminile è teoricamente più idonea, cosa che non penso affatto». E allora perché scegliere un team declinato quasi completamente al femminile? La ragione sta tutta nella differenza di genere. Che non è quella a cui state pensando. «Ho puntato sulle donne per la loro, anzi la nostra, attitudine al multitasking, per la naturale capacità nel cooperare, per l’inclinazione ad ascoltare. Le donne hanno nel dna una sorta di forma primaria di management che per un’azienda come la mia, che ha bisogno di un costante fine tuning, è essenziale». Morale della storia: secondo Alessandra Guffanti «il mondo femminile ha più spesso di quello maschile alcune soft skills cruciali. Purtroppo questa particolarità non sempre viene quantificata, non solo a livello di retribuzione, ma anche e soprattutto di competenze, nell’assegnazione dei compiti da svolgere». Quello che Guffanti non dice, o meglio non ufficializza, è l’altro lato della medaglia: spesso alle donne manca quel piz-

zico di intraprendenza che trasforma in risorsa qualunque elemento sfruttabile. Indipendentemente dall’ambito nel quale lo si è acquisito. Sul lavoro una donna, per esempio, difficilmente farà presente di conoscere una persona importante potenzialmente utile all’azienda, se questa fa parte della cerchia di amici, o magari è uno dei genitori della classe del figlio. Un uomo non si farebbe mai problemi: se ha in tasca un biglietto da visita utile, lo userà. Perché tutto fa network. «Lo dico sempre», interviene Guffanti: «mettete a sistema le vostre capacità. Centinaia di shaking hands – strette di mano, ndr – non servono a nulla se poi non organizziamo i nostri biglietti da visita e i nostri incontri . In altre parole, se non sappiamo valorizzare il network che abbiamo». Per mettere a sistema le soft skills femminili, Guffanti ha introdotto un brainstorming che si svolge ogni anno all’inizio di dicembre: «Bisogna avere il coraggio di trasferire ai colleghi un’idea nuova, così come un nuovo modo di pensare. Io sono molto fiera della nostra “due giorni di fine anno” in cui ci riuniamo tutti, dagli addetti del magazzino al capocontabile, e ci raccontiamo com’è andato il nostro anno. Non è una survey, ma una carrellata di relazioni con un tema specifico, che cambia ogni anno. Quest’anno abbiamo voluto spiegare come, rispetto all’attività che si svolge, ci siamo trovati a parlare con un alleato piuttosto che un concorrente, a seconda di come vediamo la relazione». Dietro le quinte del brainstorming di dicembre, spiega Guffanti, c’è l’evoluzione dallo scetticismo iniziale dei collaboratori alla gratificazione di sentirsi confermarne successivamente la validità: «Per il tuo vicino la soluzione l’hai sempre e questo ti porta ad avere la soluzione anche per te. Il pensiero laterale è molto funzionale nel business, ed è sempre un’attitudine femminile».

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lifestyle

Country fever wishlist

L

a primavera è esplosa e la campagna chiama. Occorre attrezzarsi con gli accessori giusti e il look adeguato. Come quello che vi proponiamo qui a sinistra, dalla collezione Resort di Ermanno Scervino: giacca scamosciata con nappe su camicia in crepe de chine e chiffon con piazzamento di pizzo e top (sempre in crepe de chine e pizzo), completato da un bozer fluido di viscosa e da uno stivale in camoscio stretch con tacco bicolor. Le altre proposte? Sono griffate Gucci, Hermès, Dainese, United Colors of Benetton, Versace, Acqua di Parma, Louis Vuitton. Perché l'occhio vuole sempre la sua parte. Anche in campagna.

HAND WASH + PACK E PENNELLO DA VIAGGIO (ACQUA DI PARMA)

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Tra floweries e stampe animalier, la primavera chiama lo shopping. L'ispirazione? La natura, ovviamente. Che griffes e stilisti nella stagione più bella hanno messo al centro delle loro collezioni

DALL'ALTO: OCCHIALI DA SOLE A MASCHERINA IN ACETATO (LOUIS VUITTON, € 450,00); MAGLIA (UNITED COLORS OF BENETTON); COLLANT FUCSIA A STAMPA LEOPARDO (GUCCI); CREEL IN WICKER AND SWIFT CALFSKIN, WOOLY STRAP (HERMÈS). A DESTRA DAL FONDO: GUANTI CORBIN AIR (DAINESE € 79,95); PLAID IMPRIMÉ EN CACHEMIRE (HERMÈS); BORSA IN PLEXI CON APPLIQUE FLOREALI MULTICOLOR, (VERSACE, € 3.790) E ANELLO FLOREALE IN METALLO SMALTATO CON STRASS, (VERSACE, € 320)

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motori a cura di Franco Oppedisano barche

Pirelli

bagnato estremo

che tiene la rotta S

portivo fuori, confortevole dentro e con l’inconfondibile disegno del battistrada sui tubolari: quelli del Cinturato™ Blue Wet Pirelli. Perché, in effetti, parliamo di “bagnato estremo”. La nuova ammiraglia della flotta Tecnorib si chiama Pirelli 1900: 18,5 metri di lunghezza, 5 di larghezza per 16 tonnellate di dislocamento. È il gommone della casa lombarda più grande di sempre e, come il Pirelli 1400, anche il 1900 porta la prestigiosa firma del Mannerfelt Design Team, studio con una lunghissima esperienza anche nella creazione di scafi da competizione. Lo scafo è realizzato in infusione, così come l’hard top in carbonio che si allunga verso poppa a proteggere il pozzetto, pensato per abbassare il baricentro e migliorare le performance. In sala macchine ci sono due MAN I6 da 800 HP ciascuno, con eliche di superficie, accoppiate alle trasmissioni Top System che consentono all’imbarcazione di raggiungere una velocità massima (da progetto, ovviamente) di 45 nodi, pur rimanendo sempre agevole da condurre

lifestyle

800 cavalli e 18,5 metri per l'ammiraglia della flotta Tecnorib: il 1900 firmato Mannerfelt design team

di Luca Grossi Pieroni

grazie al joystick e trim automatico che ne facilita la guida sia alle alte che alle basse andature. Immancabile, come su tutti i battelli della gamma, l’impronta degli pneumatici Pirelli, segno distintivo sui tubolari. Questa volta però la scolpitura cambia, e arriva il disegno del battistrada del pneumatico da bagnato Cinturato™ Blue Wet, utilizzato da Pirelli nella massima competizione automobilistica. Un omaggio all’expertise maturata da Pirelli in fatto di gomme da “bagnato estremo”. In crociera il confort è garantito da spazi accoglienti, come lo sconfinato prendisole a prua e il pozzetto completamente personalizzabile. Gli interni, poi offrono un’altezza fino a 2 metri: sotto coperta il living centrale con cucina, dinette (trasformabile in un posto letto aggiuntivo) e tavolo da pranzo è vivo, elegante ed essenziale. Legni detonalizzati, laccature ad effetto metallico dai colori morbidi e chiari, tessuti preziosi nelle due cabine, con altrettanti bagni (uno privato nella cabina armatoriale di prua) in Corian e mosaici: tutto è studiato per creare un’atmosfera calda ed elegante. Il jolly? Il gavone tecnico a poppa sulla dritta, trasformabile in terza cabina per l’equipaggio.

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lifestyle

motori a cura di Franco Oppedisano barche

Minicat la barca nella

A

borsa

vete mai pensato di poter infilare un catamarano nel bagliaio? Eppure è possibile. Per chi ama la vela comoda, facile da usare e divertente esistono i catamarani a vela smontabili della gamma Minicat. Dedicati agli appassionati di vela, ma anche per chi non ha mai veleggiato prima. Ai camperisti e ai diportisti. Ma anche a chi vuole portarsi la barca in spalla fino alla riva. Disponibili in quattro misure e allestimenti diversi, consentono di passare dal bagagliaio dell’auto all’acqua in meno di mezz’ora. Semplici da montare, facili da condurre, rispetto a qualsiasi barca a vela, non hanno problemi né costi di rimessaggio invernale: basta un garage, una cantina o anche un armadio, se non lo spazio sotto al letto. Le sacche di trasporto sono leggere e facilmente stivabili. Dal più piccolo Guppy, di circa 3 metri di lunghezza e mono-randa, al Minicat 460 Esprit, di quasi 5 metri, con randa fiocco e spinnaker, i catamarani smontabili Minicat possono essere equipaggiati anche con un piccolo motore fuoribordo elettrico o a benzina sino a 3 Hp. La struttura portante è in lega di alluminio, con un trampolino

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Pesa meno di 28 chili e si monta in un quarto d'ora: il catamarano più piccolo del mondo

di Vittorio Zampetti in tessuto sintetico. I due tubolari pneumatici a camera singola con valvola a doppia sicurezza si gonfiano in pochi minuti con la pompa a mano in dotazione e sono realizzati in tessuto gommato spalmato PVC “Valmex” e rinforzato altamente resistente alle abrasioni: è lo stesso usato per le imbarcazioni di rafting estremo. Per le derive sottoscafo, due chiglie longitudinali in Abs. L’Albero, in tre o quattro sezioni in base al modello, è in lega di alluminio e dispone di scassa-vela per la randa (alcuni modelli, sono dotati anche di fiocco), realizzata in dacron ”Dimension Polyant” da 175g/m. Tutti i Minicat sono equipaggiati da un unico timone central in Abs (o kevlar e carbonio, a seconda die modelli) fissato a poppa e dotato di doppia cima e strozza scotte per il sollevamento e l’abbassamento in fase di varo e di alaggio. In particolare, il nuovo Minicat Guppy è stato pensato per far avvicinare alla vela anche i neofiti: sistemato in una sacca di soli 28 chilogrammi, si monta in meno di 15 minuti e può trasportare sino a due adulti. Viene proposto al pubblico ad un prezzo di 2.700 €uro Iva compresa, e può essere acquistato anche online (www.minicat.it).


ph. ales&ales

Siamo presenti al Vinitaly Padiglione 8 Collettiva Sardegna – Stand 51


lifestyle

motori a cura di Franco Oppedisano

Nuova Bmw X4,

il Suv

esclusivo ma non troppo È

piuttosto bella, ma questo è solo un parere personale. Poi è piuttosto grande, piuttosto scattante, piuttosto comoda. È piuttosto appariscente, tecnologica, originale. Insomma la nuova X4 è "piuttosto" tutto. Trovarle un difetto è difficile, se si esclude il fatto di essere anche piuttosto costosa (a partire da 56mila euro), tanto da trovarsi fuori dalla portata di molti. Quindi è anche piuttosto esclusiva. Ma (si sa) è una Bmw e il costo di acquisto è quello di un'auto che offre, oltre lo status, davvero tutto ciò che un automobilista può desiderare. E forse anche qualcosina in più. Guidarla è semplicissimo, sfruttarla completamente quasi impossibile. Noi l'abbiamo provata su una pista di drifting e ci siamo divertiti a farla scodare per compiere delle curve. ma si potrebbe fare anche sulla neve o sulla sabbia. Se si ha di fianco un driver professionista o si è davvero dei manici nella guida. Non è detto che ce ne sia bisogno, ma volendo

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potete farlo, ve lo assicuriamo. E il fatto di poter affrontare senza scomporsi una situazione estrema la rende piacevole da guidare nelle situazioni normali, quelle che tutti affrontiamo ognigiorno. Se chi la compra ha voglia di conoscerla a fondo, troverà che tutta la tecnologia che oggi è possibile trovare su un’auto, c’è. Magari come optional, giusto per portare un po’

Con Audi un'unica card per l'auto elettrica Un unico contratto

Charging System, che

e un’unica card per

consente ai possessori

accedere a oltre 72 mila

di un veicolo a batteria di

punti di ricarica in 16 Paesi

accedere all’80% delle

europei, Italia compresa.

colonnine pubbliche

Audi è riuscita nell'impresa

europee gestite da un

complicata di semplificare

totale di 220 fornitori. Due

l’utilizzo dell’auto

i piani tariffari proposti: il

elettrica realizzando

primo per chi usa l’auto

il programma e-tron

soprattutto in città e


motori a cura di Franco Oppedisano

lifestyle

più in alto il prezzo finale. Qualche piccolo esempio? L’assistenza alla guida comprende il mantenimento della corsia con la protezione anticollisione alterale, il sistema di avviso per traffico e incroci, e il controllo active cruise con la funzione stop and go. Tradotto: l’auto vi segnala se attraversate le linee di carreggiata senza mettere la freccia e se rischiate di andare a sbattere, vi segnala gli stop che, forse, non avete visto e va anche da sola, specie se siete in coda. Poi parcheggia (sempre da sola) e se proprio volete farlo voi vi mette a disposizione una serie quasi infinita di

Scattante, comoda e superaccessoriata: al Suv bavarese non manca nulla. Neppure il (quasi) pilota automatico che parcheggia l'auto al posto vostro

In attesa della guida autonoma Volvo pensa già agli interni Provate a pensare se ci fossero dei binari invisibili

telecamere da tutti i punti di vista. C’è un pannello di controllo che arriva fino a 10,5 pollici touchscren, un sistema vocale che può eseguire istruzione liberamente formulate (non solo scelte tra quelle in memoria) e l’ultima generazione di head up display che proietta sul parabrezza i velocità segnali stradali e indicazioni di navigazione. Dulcis in fundo, la nuova X4 ha una funzione chiamata (tanto per rendere facile le cose), il Remote View 3D che offre al conducente la possibilità di ricevere un'immagine live tridimensionale del proprio veicolo e delle sue immediate vicinanze sullo smartphone. Alla faccia della privacy che, per fortuna, le auto (ancora) non hanno.

che dalla vostra casa vi portassero dovunque volete e a qualsiasi ora. Con voi tranquillamente seduti su una comoda poltrona a sorseggiare un caffè, a leggere o anche a sonnecchiare placidi. Uno scenario idilliaco che verrebbe guastato solo dall’ipotesi che in questi minuti liberi dobbiate lavorare, chattare con un seccatore, mettervi in videochiamata con Honk Kong per risolvere un problema. L’automobile, con l’avvento della guida autonoma, diventerà un “ambiente abitativo” e i costruttori ci stanno già lavorando. Volvo, ad esempio, ha presentato la concept car a guida elettrica 360c che propone quattro potenziali

prevede un canone di

prima fase di lancio del

modalità di utilizzo per i veicoli con guida autonoma

4,95 euro al mese e 0,45

servizio. In Italia i punti di

– come zona dedicata al riposo, ufficio mobile,

euro al kWh di corrente

ricarica sono quelli di Enel

salotto e spazio di intrattenimento – ciascuna

per le ricariche lente

X con cui Audi ha stretto

delle quali costituisce un’opzione di viaggio che

e 0,55 euro per quelle

un accordo anche per

potrebbe fare concorrenza a quelle offerte dalle

veloci, mentre il secondo,

fornire, come optional

compagnie aeree, ferroviarie e di pullman. «La

pensato per chi fa molti

gratuito a chi acquista la

360c esplora le possibilità che si aprono nel

chilometri, costa 17,95

e-tron, un sopralluogo

momento in cui si elimina il conducente in carne

euro al mese (il primo

e una consulenza per

e ossa, sfruttando la maggiore libertà che ciò

anno è gratuito per chi

l’aumento della potenza

implica in termini di design costruttivo e di utilizzo

compra un Audi e-tron)

elettrica di casa e per

del tempo di trasferimento, offrendo uno scorcio

e permette di accedere

la predisposizione di

di come la tecnologia di guida autonoma potrà

alle colonnine di ricarica

un sistema di ricarica

cambiare il mondo per come lo conosciamo.

superveloci spendendo

e dell’accesso alla rete

Le possibilità sono infinite», ha spiegato Mårten

8 euro, almeno in questa

pubblica Enel X.

Levenstam, Senior Vice President responsabile della Corporate Strategy di Volvo Cars.

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lifestyle

motori a cura di Franco Oppedisano

L'incanto delle

signore

reduci dalle Mille Miglia Da Bosch l'app che ti segnala se sbagli strada

L

a

vostra

prossima

auto

vi

segnalerĂ se state prendendo

una strada contromano. Il sistema lo ha sviluppato Bosch, si chiama, naturalmente in inglese, Wrong-way driver warning e invia un avviso al conducente che viaggia contromano e

agli

altri

vicinanze,

veicoli entro

connessi 10

nelle

secondi.

In

Germania giĂ funziona e ogni anno, trasmette circa 2mila avvisi di veicoli in

Il 13 maggio appuntamento con Finarte per aggiudicarsi una delle favolose vetture storiche protagoniste della manifestazione bresciana

circolazione

sbagliata.

Il

sulla

carreggiata

Wrong-way

driver

warning trasmette automaticamente dati di movimento al cloud Bosch. La

tecnologia

Bosch

confronta

quindi la direzione del veicolo con la direzione di marcia consentita. Se

combaciano,

N

on sono elettriche e se gli si accenna alla questioni delle emissioni non sanno neanche di cosa si sta parlando. Ma sono contese come delle belle donne (o begli uomini, fate voi) e possono valere anche milioni di euro. Sono le auto che hanno partecipato alle Mille Miglia e saranno in asta il 13 maggio, in un evento organizzato da Finarte il giorno di partenza della storica manifestazione bresciana. Se, fortunatissimi, ne avete una potete ancora pensare di separarvi da lei rivolgendovi alla casa d’aste milanese. Se, invece, vi piacerebbe averne un esemplare in garage potete pensare di battagliare a suon

44

queste

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due il

informazioni sistema

non

avvisa

il

guidatore contromano del suo errore e tutti gli altri veicoli in pericolo che si trovano nelle vicinanze. Naturalmente devono le automobili avere una app che utilizzi il gps di uno sviluppatore che abbia sviluppato una partnership con Bosch per fornire gratuitamente il wrong way driver warning.


STA ARRIVANDO

PRESTA3 per info: prestatori@prestiamoci.it

Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Salvo approvazione di PRESTIAMOCI. Per le informazioni precontrattuali e per conoscere le condizioni economiche dell’offerta sono disponibili sul sito www.prestiamoci.it il documento Informazioni Europee di Base sul Credito ai consumatori (Modulo IEBCC-SECCI) e copia dei testi contrattuali (Contratto Richiedente, Condizioni di Prestito, Foglio Informativo Richiedente, Regolamento del Marketplace). Le condizioni economiche dell’offerta, nello specifico in termini di tassi applicati (TAN e TAEG) e importo delle rate mensili, potranno subire variazioni, anche significative, in funzione dalla valutazione, da parte di Prestiamoci, dei requisiti e del merito creditizio del Richiedente/Consumatore. PRESTIAMOCI S.p.A. - Sede legale: Foro Buonaparte, 12 - 20121 Milano (MI) – Capitale sociale: Euro 2.937.235,71 i.v. - Codice Fiscale e Partita IVA: n. 09800370018 – Registro delle Imprese di Milano REA: n. MI-2048775 - Intermediario iscritto all’Albo degli Intermediari Finanziari ex art. 106 TUB (c.d. “Albo Unico”) con n. iscr. 208 (cod. 33608) e sottoposto al controllo ed alla vigilanza di Banca d’Italia – Società appartenente al Gruppo Finanziario Prestiamoci iscritto all’Albo dei Gruppi Finanziari (cod. 33608).


lifestyle

motori a cura di Franco Oppedisano

sarà molto accesa e sarà difficile, o meglio molto costoso, aggiudicarsela. Ma potete sempre ripiegare sulle più economiche (si fa per dire) Cisitalia 202 B Berlinetta, prodotta nel 1950 dagli Stabilimenti Farina, simile a quella esposta permanentemente al MoMA di New York, che ha una stima tra i 450 e i 600 mila euro, oppure una rarissima (sfido, è un’esemplare unico) S.I.A.T.A. Daina, prodotta artigianalmente dalla carrozzeria Motto, su telaio e meccanica Fiat 1400 modificati. Gli esperti stimano che valga tra i 420 e i 450 mila euro.

di rialzi per una Fiat 8V appartenuta a Emanuele Filiberto Nasi, nipote di Giovanni Agnelli che corse la Mille Miglia del 1957 ed è il più anziano esemplare di 8V sopravvissuto. Quanto costa? Lo scopriremo solo il 13 maggio. Per adesso la stima degli esperti va dagli 1,6 ai 2 milioni di euro. Probabilmente la competizione tra i collezionisti per la Fiat V8

Mal d'auto? Passa subito con gli occhiali di Citroen

A

dire

il

vero

davvero

Sembrano

sono strani.

gli

occhiali

di un film fantasy, ma basta indossarli per 10 o 12 minuti per risolvere il

problema

del

mal

La dune buggy torna con Vw in versione 100% elettrica

P

er ora è solo un prototipo, ma è una concept car che ci riporta indietro di almeno mezzo secolo e nello

stesso tempo fa un salto in avanti di alcuni anni. Perché

d’auto o del mal di mare

Volkswagen ha voluto riportare in vita la leggendaria

di cui soffrono almeno

dune buggy e ha voluto che avesse solo un motore

tre decine di milioni di

elettrico. Così, invece di usare il telaio del Maggiolino

europei. Li ha studiati una start up francese, mentre li

(nel frattempo uscito definitivamente di produzione)

vende sul proprio sito a 99 euro Citroen. E non potevano

come negli anni Sessanta, la casa tedesca ha deciso

non chiamarsi Seetroen. In pratica questi occhiali,

di utilizzare la piattaforma modulare Meb facendo una

indossati alla comparsa dei primi sintomi, ricreano la linea

versione totalmente elettrica. Fedele allo spirito originale,

dell’orizzonte con un liquido colorato che sincronizza la

la reinterpretazione della dune buggy di Volkswagen,

mente con il movimento percepito dall’orecchio interno,

o meglio la e-buggy come la vogliono chiamare in

mentre gli occhi restano fissi su un oggetto immobile

Germania, non ha né un tetto fisso né porte convenzionali,

come uno smartphone o un libro. Non hanno lenti,

mentre le ruote scoperte, dotate di pneumatici off road,

possono essere posti sopra un paio di occhiali veri e

e le fiancate aperte ne caratterizzano lo stile. «Il buggy è

sono utilizzabili anche dai bambini sopra i dieci anni. Sono

più di una semplice auto. È vitalità e passione su quattro

un dispositivo paramedico, brevettato e testato, che ha

ruote. Un classico che dimostra il legame emotivo che

una percentuale di efficacia del 95% dei casi.

la mobilità elettrica è in grado di creare», ha dichiarato il responsabile del design Volkswagen Klaus Bischoff.

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sailing Viaggiando s'impara...

...con Educa Dalla comunicazione mutlimediale alle scienze: il progetto di Grimaldi rivolto agli studenti delle scuole secondarie. Da spendere poi nel mercato del lavoro di Luigi Ciccarelli

S

e si lanciasse un sondaggio tra gli “Over-Anta” chiedendo loro qual è stata la fase più importante della propria vita, è pressoché certo che la maggioranza degli intervistati indicherebbe gli anni dell'adolescenza trascorsi tra i banchi di scuola. Si tratta, senza dubbio, di un periodo magico e irripetibile: una manciata di anni relativamente breve, ma determinante, in cui per la prima volta si sperimenta il senso vero dell'amicizia e dell'appartenenza a un gruppo. È in questi anni, inoltre, che si gettano le basi per il proprio futuro professionale e, quindi, per il prosieguo della propria vita. Agli studenti di oggi, che diventeranno gli over-anta di domani, si rivolge Grimaldi Educa, progetto ampio e composito del Gruppo Grimaldi, che racchiude tutte le iniziative che la società armatoriale napoletana dedica al mondo della scuola. L'idea Si tratta di una serie di attività pensate per gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado. La partecipazione alle iniziative del progetto è un'esperienza formativa da spendere successivamente nel mondo del lavoro, ma anche un'importante occasione di mobilità (che spesso si rivela essere la prima in assoluto per molti ragazzi). Alternanza Scuola-Lavoro Fiore all'occhiello di Grimaldi Educa sono i percorsi formativi svolti con la formula dell'Alternanza Scuola-Lavoro. Le attivi-

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tà prevedono programmi differenziati per licei (percorso in comunicazione multimediale) e per gli istituti nautici, alberghieri e tecnici. Questi ultimi hanno la possibilità di ricevere i primi insegnamenti, teorici e pratici, in merito alle varie operazioni che si svolgono su una nave. Le attività si svolgono sulle navi Grimaldi che dall'Italia fanno rotta verso Spagna, Grecia, Malta, Sardegna e Sicilia. L'esperienza a bordo, insieme alle attività sulla terraferma, rappresentano un mix di apprendimento e divertimento impareggiabile. Un'attenzione al mondo della formazione giovanile che nel 2018 è valso al Gruppo Grimaldi il prestigioso Bollino per l'Alternanza di Qualità, istituito da Confindustria per premiare le imprese che realizzano percorsi di alternanza di elevata qualità. Progetti didattici in viaggio L'altro pilastro del progetto Grimaldi Educa sono gli eventi, che si svolgono con la formula hotel on board (si dorme a bordo) o nave+hotel (arrivati nella città di destinazione ci si sistema in hotel e si ritorna sulla nave per il viaggio di ritorno). Agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado che amano la lettura viene proposto AMare Leggere, un vero festival della letteratura galleggiante, sulla rotta Civitavecchia-Barcellona. Per l'occasione la nave diventa una sorta di salotto letterario, con al centro i libri e le infinite storie ed emozioni che riescono a raccontare. Ogni edizione, inoltre, vede la partecipazione di scrittori, attori, giornalisti e fotografi, che interagiscono con gli studenti raccontando le loro opere e condividendo gli aspetti più interessanti


delle loro professioni. Di grande appeal per gli studenti (ma anche per gli insegnanti) è anche il Travel Game, originale torneo a squadre in cui le classi si sfidano a colpi di quiz sulle materie di studio o su argomenti di cultura generale. La formula e la tecnologia utilizzata dagli organizzatori ricordano molto da vicino i più affascinanti quiz visti in Tv negli ultimi anni. Diverse le partenze previste, verso Spagna e Grecia. Travel Game è anche tappa speciale del concorso didattico "High School Game", sfida culturale e multimediale che coinvolge le scuole superiori d'Italia. Le classi vincitrici dei singoli Travel Game partecipano alla finale nazionale, prevista a maggio a bordo di una nave Grimaldi ancorata al porto di Civitavecchia. Gli istituti superiori con un indirizzo più tecnico-economico possono scegliere, invece, il workshop “IFS-Impresa Formativa Simulata”, che consente alle loro imprese virtuali di incontrarsi a bordo per svolgere i loro scambi. Per le scuole secondarie di primo grado, invece, gli eventi di Grimaldi Educa sono

Se i grandi si cimentano con l'alternanza scuola-lavoro, i più piccoli imparano con la musica e con i viaggi nelle aree ad alto tasso di cultura e tradizione

“Seamphony” e “Nave della Scienza”. Il primo è rivolto agli istituti a indirizzo musicale ed è un vero e proprio festival della musica. Non pensate semplicemente a un gruppo di ragazzi che suonano mentre fanno una gita. Al contrario, parliamo di una vera e propria gara con tanto di giuria, che – per intenderci - nel 2018 è stata presieduta dal Maestro Simone Genuini, direttore della Juniorchestra, l'orchestra dell’accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma. Nave della scienza, invece, è un interessantissimo viaggio nella scienza, durante il quale gli studenti – grazie alle attività a bordo e una visita al Cosmo Caixa di Barcellona – si ritrovano a osservare da una prospettiva decisamente differente le leggi della fisica o i problemi e le opportunità connessi, ad esempio, al coding. Viaggi d'istruzione Come se non bastasse, Grimaldi Educa propone anche viaggi di istruzione verso Spagna e Grecia, ma anche in regioni ad alto tasso di tradizioni e cultura, come Sardegna, Sicilia, Lazio e Toscana. Un progetto inclusivo L'impegno del Gruppo Grimaldi nella promozione della formazione giovanile passa anche per il concetto di accessibilità delle navi. Lo scorso anno, grazie alla partnership con Bed&Care e Village4All (due portali dedicati alle vacanze dei disabili) è partito il progetto Grimaldi Turismo Accessibile, con il lancio di Your Disability Manager, servizio di assistenza online e telefonica per i passeggeri con speciali esigenze di viaggio (compresi i gruppi scolastici). «Vogliamo diventare un’eccellenza nell’accoglienza per tutti i diversi tipi di disabilità – spiega Francesca Marino, Passenger Department Manager di Grimaldi Lines – e la nostra attenzione per un turismo scolastico realmente inclusivo non può limitarsi ai soli viaggi d’istruzione. A breve attueremo innovative soluzioni per adattare alle esigenze di ogni singolo studente anche i percorsi di alternanza scuola-lavoro, che sono il fulcro del progetto Grimaldi Educa».

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sailing

Grimaldi allunga le sue navi gemelle Cruise Roma e Cruise Barcelona aggiungeranno 29 metri entro primavera di Davide Schiavon Un cantiere monstre per rendere le due navi, in servizio da oltre dieci anni, più capienti ma, soprattutto, più sostenibili dal punto di vista dell'ambiente

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rriva la primavera e anche per i cruise ferries Cruise Roma e Cruise Barcelona, le navi che Grimaldi Lines impiega sulla tratta Civitavecchia-Porto Torres-Barcellona, è tempo di farsi belli. Le due gemelle della flotta Grimaldi, consegnate dalla Fincantieri di Castellammare di Stabia al gruppo partenopeo tra il 2007 e il 2008, offrono già la comodità e i servizi tipici della crociera su tratte relativamente brevi, abbinati alla competitività e l’assoluta affidabilità delle navi Grimaldi. Sui 225 metri totali di Cruise Roma e Cruise Barcelona (54mila tonnellate, capacità massima tremila persone) è già possibile rilassarsi al centro benessere, tentare la fortuna al casinò, tuffarsi in piscina, scatenarsi in discoteca, scegliere con cura il ristorante per poi tornare nelle accoglienti cabine, che sono tra i fiori all’occhiello del gruppo. Numeri e traguardi importanti, sui quali però Grimaldi ha scelto di non attestarsi, perseguendo la filosofia di una costante innovazione - anche in chiave green. Tempo di restyling, dicevamo. Cruise Roma e Cruise Barcelona sono nello stabilimento Fincantieri di Palermo, dove la divisione Ship Repair and Conversion si sta occupando dell’allungamento delle navi. Da 225 metri, infatti, Cruise Roma e Cruise Barcelona passeranno a 254 metri: merito di un ‘troncone’ di 29 metri che sarà inserito in ognuna delle navi. L’allungamento sarà completato entro la primavera. Al termine dei lavori le navi gemelle non saranno solo più lunghe ma ospiteranno 660 metri lineari per merci pesanti in più, 80 nuovi posti letto in venti cabine, un ristorante ‘Family self-service’ con 270 posti a sedere, quattro sale poltrone per complessivi 450 posti. Durante i lavori d’allungamento saranno anche rinnovate alcune aree già esistenti, con la creazione di un ristorante tipico su ogni nave, e implementate le dotazioni di sicurezza in considerazione della nuova capacità. I cruise ferries diventeranno più pesanti (si passerà a 63.000 tonnellate), con una capienza complessiva massima di 3.500 persone e 271 automobili. Fin qui si è


parlato di dimensioni e capienze. È importante invece sottolineare quanto il rinnovamento e l’ampliamento voluti da Grimaldi Lines siano le nuove tappe di un percorso che, da anni, tende alla cura per l’ambiente. Si consideri che negli ultimi anni il gruppo Grimaldi si è impegnato nell’acquisto di 25 navi ‘green’ per circa 1,5 miliardi di euro, e tra queste sei ro-ro (cargo per il trasporto merci) hybrid, commissionate agli storici cantieri danesi Hansen. E anche nell’allungamento di Cruise Roma e Cruise Barcelona si riscontra l’attenzione verso l’ambiente e il desi-

derio di un trasporto via mare (in questo caso verso Spagna e Sardegna) che sia confortevole e sostenibile. Nei lavori programmati nei cantieri palermitani, infatti, saranno installati sulle navi gemelle quattro scrubber che, depurando i gas di scarico, abbasseranno drasticamente le emissioni di zolfo e ridurranno il particolato dell’80%. Un risultato che è cinque volte superiore all’obiettivo fissato dall’Organizzazione Marittima Internazionale (e valido dal 2020). Non solo: a bordo sarà presente un innovativo impianto di mega batterie a litio, che potrà alimentare la nave durante le soste nei porti senza dover ricorrere ai generatori. In questo modo si arriva al traguardo delle zero emissioni in porto, e di conseguenza: scomparsa delle temibili nubi di gas visibili da terra e della puzza di gasolio, città più vivibili e mari più puliti.

LA SCHEDA

CRUISE ROMA CRUISE BARCELONA 431 cabine interne ed esterne con aria condizionata, doccia e WC, di cui 2 equipaggiate per ospitare PMR e 16 con accesso animali, 50 Junior Suites e 18 Owner’s Suites dotate di letto matrimoniale, tv e frigo bar, 595 poltrone reclinabili, ristorante à la carte, ristorante self service, family self service, caffetteria, piscina con bar e fast food, salone, discoteca, casinò, centro benessere, sala videogiochi, saletta bambini, sala per conferenze, negozio, gelateria artigianale (solo su Cruise Roma), Servizio WI-FI a pagamento.

63.000 tonnellate di stazza lorda Lunghezza 254 m Larghezza 30,4 m Velocità 28 nodi Capacità passeggeri 3.500 Capacità veicoli 1.000

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itinerari

Ogliastra, cuore selvaggio di

Sardegna

Isola nell’isola, questa regione circondata dai monti e all’apparenza impenetrabile, riprende i caratteri di tutta la Sardegna, ma è a suo modo un mondo a parte. È un viaggio straniante quello che ci porta fino ad Alghero, tra monumenti naturali e misteriose vestigia, genti dalle mitiche origini e lingue mai sentite altrove

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testo e foto di Marco Scataglini


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dell’interno, alla ricerca di suggestioni ben diverse, non disgiunte dalle prime – che pure hanno la loro rilevanza – ma più strettamente connesse con quella che è l’autentica cultura della Sardegna.

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In apertura, la ista dall’alto, l’Ogliastra appare come un vasto e torre San Giovanni tormentato insieme di colline e roccia circondato di Serrala a Tertenia. da alte montagne, isolato, isolatissimo da tutto e da In alto, le splendide tutti: quando i pirati saraceni aggredivano le coste mura di Alghero, in cerca di bottino, qui forse nemmeno se ne accorgevano. Col dove passeggiare tempo l’isolamento è diventato un modo di essere e di pensare, al tramonto. una qualità dell’anima, una categorie morale, e il fatto che oggi i pirati utilizzino la Borsa di New York per le loro incursioni, non ha certo modificato le cose. Gli abitanti dell’Ogliastra (il cui nome pare derivi dalla ricchezza di Olivastri, anche secolari, che vegetano un po’ ovunque, oppure da un alto sperone di roccia nei pressi del golfo di Orosei chiamato Aguglia, da cui Agugliastra) hanno conservato, secondo i ricercatori, lo stesso dna dell’antico popolo degli Shardana, quelli, per intenderci, che prima edificarono le Domus de janas e poi i Nuraghe e le Tombe dei Giganti. Per scoprire una terra così, occorre necessariamente superare l’immagine stereotipata che ha della Sardegna il turista medio: che è quella di Le escursioni sono uno dei piaceri una sorta di immensa ciambella, un anello più intensi di cui si può godere di coste con un buco nel mezzo. E pensare in Sardegna. Il Monte Novo San che invece per i sardi era tutto l’opposto. Giovanni è raggiungibile partendo Dal mare venivano solo problemi: invasodalla caserma forestale Montes ri, pirati, malattie (le zanzare anofele se la di Orgosolo (bivio segnalato dal spassavano nei numerosi stagni costieri). paese): un sentiero conduce in circa Popolo di pastori, ma anche di contadini, mezz’ora sulla vetta, a 1316 metri mica di marinai. Gente abituata a stare di quota, da dove si gode uno dei mesi in mezzo alle montagne, seguendo il panorami più belli e intatti dell’isola. gregge delle pecore e lavorando il latte per Nell’area di Alghero, da non ottenere “l’oro bianco” della Sardegna, il perdere un’escursione a Capo formaggio pecorino. Occorre dunque fare Caccia. Difficilmente potrà capitarvi in modo, dicevo, che il visitatore non si lidi effettuare una passeggiata miti a osservare le selvagge coste dove il blu altrettanto mozzafiato, con affacci del mare è un riflesso glorificato dell’azzurvertiginosi su altissime e selvagge ro del cielo, dove pinnacoli di pura roccia si scogliere a picco su un mare gettano impetuosi nelle acque che ribolloblu profondo. Il sentiero parte no nell’accoglierli, ma magari punti la prua della propria attenzione verso le onde verdi

Piaceri

Sulle tracce di antichi popoli La Tomba dei Giganti di Triei è un buon inizio. Ma poi si rischia la sindrome di Stendhal col Nuraghe Serbissi a Osini, inserito in un contesto paesaggistico davvero suggestivo. E che dire della tomba dei giganti di Pradu Su Chiai a Villagrande Strisaili? Centinaia di siti di grande fascino punteggiano tutto il territorio e meriterebbero ben altro spazio di quello a mia disposizione. Però uno dei piaceri di questo tipo di turismo consiste proprio nel lasciarsi guidare un po’ dal caso, dando retta ai cartelli che indicano mete dai nomi impronunciabili. E poi c’è la Natura, il cui simbolo più potente è il Monte Perda ‘E Liana, un pinnacolo di roccia giurassica scalpellato dal vento e dalle stagioni nella forma esatta per giustificare il nome con cui sono note que-

dal parcheggio panoramico al termine della strada (sp 55) per Capo Caccia (circa un chilometro prima dell’ingresso alla Grotta del Nettuno, strada asfaltata a destra). Affacciandosi dalle rocce sovrastanti, si può ammirare una vista sensazionale sull’isola Foradada. Da qui un’esile traccia percorre la cresta e si getta tra la macchia, dirigendosi verso Torre della Pegna, a 271 metri sul livello del mare. Ci si deve allontanare dalla cresta solo per aggirare Punta Malrepos, che domina la stretta Cala d’Inferno, e proseguire poi parallelamente al mare. Diversi “omini” lasciati dagli altri escursionisti, aiutano non poco a trovare il percorso giusto.

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sto tipo di formazioni geologiche: tacchi. E poi ci sono le grotte, come quelle spettacolari di Su Marmuri, utero monumentale e profondo di questa terra, costellato di fantasmagorici monoliti, frutto del rapporto tra la roccia e l’acqua, e che oggi attirano migliaia di turisti in cerca di emozioni d’altri tempi, quando per questi oscuri antri si scendeva sino agli inferi. L’Ogliastra, che è un’isola nell’isola, riprende i caratteri di tutta la Sardegna, ma è a suo modo un mondo a parte. Arida, solare, spinosa, verde di quel verde glauco che inganna i sensi (sembrano boschi e sono

“Occorre che il visitatore non si limiti a osservare le coste dove il blu del mare è un riflesso dell’azzurro del cielo, dove pinnacoli di roccia si gettano impetuosi nelle acque, ma rivolga l’attenzione verso le onde verdi dell’interno, alla ricerca di suggestioni ben diverse” invece muri, muri vegetali d’accordo, ma sempre impenetrabili). E dura. Non dura come il granito, che quella è roccia per i ricchi, buona per edificarci sopra le villette o costruire i caminetti per i tiepidi inverni. No, qui è calda roccia vulcanica dal colore del sole o calcare proletario, roccia mutabile, candida come gesso, ruvida, spugnosa, molto più scontrosa ma anche cedevole agli effetti congiunti del sole, del vento, dell’acqua… Una roccia così può anche apparirti viva, in certi momenti. Per gli abitanti dell’Ogliastra ha significato lotta quotidiana per la sopravvivenza in una terra difficile, ma anche generosa. È una roccia che difende, alla quale si finisce per somigliare. Alghero: così lontana, così vicina E a proposito di “isole nell’isola”, non si può non citare un’altra meta che il viaggiatore interessato a scoprire la Sardegna più

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In alto: la Torre spagnola che si erge su una piccola propaggine granitica protesa verso il mare presso

Barisardo. A destra: le Grotte Su Marmuri tra le più belle e imponenti d’Europa

autentica deve mettere nel proprio Road Book. Si tratta forse della cittadina più bella della Sardegna (insieme alla non lontana Bosa), edificata sul mare, dal quale la separano massicce mura completamente restaurate: Alghero conserva intatta l’atmosfera un po’ “straniera” che l’ha sempre caratterizzata, trattandosi di una colonia catalana. Nella seconda metà del XIV secolo la città venne infatti abitata da popolazioni provenienti dalla Spagna, e da allora la lingua ufficiale (sebbene oggi sempre meno utilizzata) è stato il catalano. Anche l’atmosfera che si respira nei vicoli, con quelle architetture così esotiche, con le targhe bilingui delle strade, contribuisce ad aumentare il fascino di essere contemporaneamente in due posti (Italia e Spagna), e anzi in due epoche diverse, perché il catalano di Alghero è quello antico. La cittadina va sicuramente scoperta anche per gli interessantissimi dintorni. Oltre alla necropoli di Anghelo Ruiu (sulla strada Alghero-Porto Torres, presso lo svincolo per l’aeroporto di Fertilia), e al Nuraghe Palmavera, vale la pena di scoprire l’indimenticabile costa settentrionale, con i suoi grifoni, le sue grotte marine e le sue scogliere.


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Tanka e Colonna, bis d'assi per VoiHotels di Marco Gemelli

N

uova vita per il resort Colonna Village, che si appresta a vivere la sua prima stagione estiva sotto le insegne della catena Voihotels del gruppo Alpitour. La struttura è stata acquisita dal più grande gruppo turistico italiano, che ha avviato un piano di ristrutturazione per ridare lustro a un resort che è stato chiuso per un anno e necessita di ritrovare lo smalto e la qualità persi negli ultimi anni. Il Voi Colonna Village è unico nel suo genere: un villaggio della Costa Smeralda che gode di un'invidiabile posizione, davanti a una spiaggia candida che contrasta con il turchese delle acque della baia. Lo sguardo su perde da Tavolara alle isole di Mortorio, Soffi e Figarolo. L’apertura è prevista a fine maggio quando sarà conclusa la ristrutturazione delle 100 camere dell’area Beach Hotel e delle aree comuni di questa zona vicina alla spiaggia, servita da reception, ristorante e piscina dedicati. «Con il Voi Colonna Village scommettiamo per la seconda volta sulla Sardegna - commenta Paolo Terrinoni, Amministratore Delegato Voihotels - perché sappiamo bene qual è il potenziale del resort e la forza attrattiva dell’isola, la cui bellezza è riconosciuta in tutto il mondo. Quest’acquisizione è parte del progetto strategico che Voihotels sta sviluppando in questi

anni, proponendo nuove aperture e destinazioni in grado di valorizzare la eccellenza dello stile italiano. Investiamo quindi con la volontà di ripetere il successo registrato lo scorso anno al Voi Tanka Resort». In effetti già l’estate scorsa Voihotels aveva ridato splendore ad una delle strutture-simbolo del turismo luxury della Sardegna: il Tanka Resort di Villasimius, nel sud dell’isola. Il Fondo Antirion Sgr, società di gestione del risparmio indipendente, proprietaria del Tanka, ha affidato ad Alpitour nel marzo 2018 la gestione della struttura che meritava di ritrovare il successo. Il Voi Tanka Resort, che si estende su una superficie di 43 ettari, è immerso nella macchia mediterranea ed è situato davanti a una delle spiagge bianche più suggestive dell’isola, poco distante da Simius e dall’area marina protetta di Capo Carbonara. Non si tratta quindi di operazioni one shot: negli ultimi due anni Voihotels ha accelerato il processo di espansione, per incrementare le sinergie con la compagnia aerea Neos e per sviluppare i flussi turistici internazionali verso l’Italia. In quest’ottica, sempre nell’estate 2018, la compagnia alberghiera ha inaugurato il Voi Marsa Siclà in Sicilia, a Scicli, nelle terre rese note dalle vicende del Commissario Montalbano per ampliare la sua già ricca presenza sull’isola. La società Voihotels oggi conta 18 hotel, di cui 11 in Italia (Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria e Roma) e 7 all’estero (Cuba, Capo Verde, Madagascar e Zanzibar) e ha in programma nuove aperture per il 2019, sia in Italia che all’estero. La strategia del gruppo procede in due direzioni: da un lato sviluppare le proposte leisure nelle più belle località balneari per chi cerca comfort e relax all’insegna dell’italianità, dall’altro aumentare il numero delle strutture della collezione Lifestyle situate nei luoghi italiani più iconici, per attrarre una clientela internazionale che intende fare un’esperienza autentica dell’eccellenza made in Italy.

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Il fascino maestoso

di Anna Nudda

di Sa Costèra

È inaspettatamente florido e ricco di arbusti millenari il Goceano, la regione incastonata nella parte centro nord dell'isola. Ricca di siti archeologici e dolci sorprese per il gusto, questa terra segreta regala un viaggio di incredibile fascino

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È

una fitta distesa di tassi millenari a segnare l'ingresso nelle terre di Sa Costèra. Vero monumento della natura di spettacolare bellezza, la foresta di Sos Nibberos ci introduce alla scoperta di questa regione insolitamente verde, florida, ricca di aree di “rilevante interesse naturalistico”, oasi cioè di protezione floro-faunistica attraversate dal fiume Tirso e strette nell'abbraccio dell'omonima catena montuosa di cui Sa Punta Manna del Monte Rasu (1259 m) rappresenta la vetta più alta. Siamo in provincia di Sassari, nel cuore settentrionale dell'isola, dove Sa Costèra (nota ai più come Goceano) si stende per circa 480 kmq. Qui la maestosità dei plurisecolari tassi, che conferisce al paesaggio


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Ricotta, miele e mandorle

un aspetto fiabesco, lascia spazio solo ad alcune specie vegetali tra cui imponenti agrifogli e, nelle parti meno ombreggiate del sottobosco, una varietà di rovo unica al mondo (Rubus arrigonii, Camarda). A segnare il territorio di questo pezzo di "Sardegna nascosta", lontana dal glamour delle celebri coste ma non meno affascinante, anche gli splendidi boschi di roverella e agrifoglio nel Monte di Anela e la vegetazione igrofila di Ena 'e Lottori: boschi di leccio e agrifoglio, parcelle di pioppo tremolo e di pino laricio nel territorio di Bultei. Su tanto rigoglioso splendore veglia un maestoso esemplare di quercia da sughero alto 18 metri, in località Pedras Ruias. Nelle case delle fate Alla natura prorompente fa da contraltare una storia millenaria, che ha lasciato traccia di sé nei 340 siti archeologici disseminati nella regione, tra i quali impossibile non ricordare la necropoli Sos Furrighesos (Anela), le domus de janas dove si osserva la più alta concentrazione di raffigurazioni culturali

In apertura, Burgos con il suo castello edificato su un massiccio roccioso tra il

1133

1127 e il

Di grande rilievo nel Goceano è l’arte di preparare i dolci, profondamente radicata nella cultura locale. Ogni sagra, festa religiosa o familiare è caratterizzata da un dolce tipico mentre nel corso di tutto l’anno sono prodotti seadas ripiene di formaggio fresco o ricotta, fritte e insaporite con zucchero o miele, e bianchini, sos bianchinos, friabili meringhe con mandorle tostate e scorza di limone. A Pasqua la fantasia si sbizzarrisce in una molteplicità di forme e sapori: ne sono ottimi esempi sas copulettas, dolci di pasta ripiena di sapa (mosto di vino ristretto), miele e mandorle, dalla forma circolare e ricoperte con un sottile strato di glassa; sas casalina, sfoglia di pasta di semola con orli rialzati, ripiena di formaggio fresco zuccherato e aromatizzato con scorza d’arancia; e sos papassinos impasto di semola con strutto, uova, uva sultanina, noci o mandorle tritate, ricoperto da glassa decorata da palline colorate. Sa cogone de Sant’Antoni è la focaccia dolce preparata in occasione del falò di Sant’Antonio (16 gennaio), elastica e morbida, sulla quale viene disteso su pistiddu, un ripieno di mosto cotto, semola e scorza di arancia, e decorato con elementi in pasta: fiori, spighe di grano, grappoli d’uva ed elementi religiosi. Dove l'arte dolciaria trova però la sua massima espressione è nella preparazione de su catò, monumentale torta nuziale a forma di castello, decorata con motivi di buon auspicio per gli sposi e realizzato con un impasto di mandorle e zucchero.

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Da sinistra: dettaglio del tappeto di Nule realizzato con lana di pecora; nuraghe nel territorio di

Burgos e

su catò, torta nuziale a forma di castello

della Sardegna, tra cui ben visibile è la protome taurina, rappresentazione della divinità maschile, che proteggeva il sonno del defunto. I resti di numerosi nuraghi, tra i quali S’Unighedda (Burgos), Voes (Nule), e quello di Erismanzanu (Esporlatu), possono ancora essere visitati all’interno. E ancora, da vedere le terme Aquae Laesitanae (Benetutti) conosciute dai tempi dell’impero romano e oggi sfruttate da rinomati stabilimenti termali, e la Chiesa campestre di San Saturnino di età romana (XIII secolo). Di epoca medievale sono invece alcune chiese campestri e il Castello di Burgos, edificato su un massiccio roccioso tra il 1127 e il 1133, e dal quale si può ammirare uno splendido panorama. Tra i boschi e nei prati di Foresta Burgos si incontrano mandrie di cavalli e si ritrova la nicchia ecologica per l’asinello bianco dell’Asinara e l’asinello sardo. Da qui si prosegue per Bono, "capoluogo" del Goceano, con i suoi monumenti preistorici e la chiesa medioevale dalla facciata in trachite rosa, San Michele Arcangelo, costruita a cavallo tra il XIII e il XIV secolo.

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Le mani in pasta A farla da padrona da queste parti, inutile dirlo, è la pecora. Con la sua lana viene realizzato uno dei simboli artigianali della zona, il tappeto di Nule decorato con motivi floreali, faunistici e antropomorfi stilizzati a formare splendide figure geometriche. Il suo latte invece rende inconfondibili i sapori di questa terra, prendendo forma in tanti prodotti caseari lavorati a mano con tempi e tecniche che sanno d’antico, e che prendono il profumo delle erbe che disegnano i pascoli, il timo su tutte. Una grande varietà di pecorini sono prodotti dalla Latteria Sociale Sa Costèra, che con i suoi 500 soci (è una cooperativa) rappresenta un'importante realtà produttiva del Goceano. Non mancano i formaggi vaccini ottenuti da vacche allevate sui pascoli naturali. Per quanto riguarda il pane, immancabile protagonista della tavola è il croccante e saporito pane fresa: sottilissime sfoglie che accompagnano tutte le pietanze della cucina tradizionale. Prelibate anche sas cogones o pane modde: spianate di pane morbido di forma circolare preparato con la semola, sale e lievito naturale e decorato con motivi floreali incisi a mano prima della cottura. Gustosissima è la versione sa cogone chin berda, contenente ciccioli di grasso di maiale.

Ricotta, miele e mandorle

di semola con orli rialzati, ripiena di formaggio fresco zuccherato e aromatizzato con scorza d’arancia; e sos papassinos impasto di semola

Di grande rilievo nel Goceano

con strutto, uova, uva sultanina,

è l’arte di preparare i dolci,

noci o mandorle tritate, ricoperto

profondamente radicata nella

da glassa decorata da palline

cultura locale. Ogni sagra, festa

colorate. Sa cogone de Sant’Antoni

religiosa o familiare è caratterizzata

è la focaccia dolce preparata in

da un dolce tipico mentre nel corso

occasione del falò di Sant’Antonio

di tutto l’anno sono prodotti seadas

(16 gennaio), elastica e morbida,

ripiene di formaggio fresco o ricotta,

sulla quale viene disteso su pistiddu,

fritte e insaporite con zucchero o

un ripieno di mosto cotto, semola e

miele, e bianchini, sos bianchinos,

scorza di arancia, e decorato con

friabili meringhe con mandorle

elementi in pasta: fiori, spighe di

tostate e scorza di limone. A

grano, grappoli d’uva ed elementi

Pasqua la fantasia si sbizzarrisce

religiosi. Dove l'arte dolciaria trova

in una molteplicità di forme e

però la sua massima espressione

sapori: ne sono ottimi esempi sas

è nella preparazione de su catò,

copulettas, dolci di pasta ripiena di

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sapa (mosto di vino ristretto), miele

di castello, decorata con motivi

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di Corrado Capraro

Montalbano

Sulle tracce del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri, ci uniamo alle frotte di lettori che ogni anno, e da ogni parte del mondo, arrivano in Sicilia per intraprendere veri e propri tour culturali e gastronomici, alla ricerca delle immaginarie località di Vigata e Montelusa, per scoprire panorami e sapori evocati dalle storie dello scrittore agrigentino

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C

alura, sorbetti, templi dorici e montagne di marna bianca, profumo di mentuccia e gelsomini, la violenta dolcezza della pasta reale con il ripieno di pistacchio e tante mandorle, tanto pesce nell’azzurro più acceso del cielo e del mare, arancini e pasta coi broccoli, caponatine, cappuccetti fritti e polipetti affogati... potremmo continuare a mai finire nel lento procedere della vertigine di una lista che come un filo conduttore ci riporta a una sola meta: “il centro inventato della Sicilia più tipica”.


itinerari

Vado bene per Vigata? Siamo nella parte sud occidentale dell’isola. A pochi km dalla Valle dei Templi. Qui, in prossimità del capoluogo Montelusa, sorge il porto della località dove si svolgono le indagini di Salvo Montalbano e di Mimí Augello, quello di Vigata, nato per evitare un paradosso letterario. Andrea Camilleri, infatti, non avrebbe mai concesso alla “marina” della sua città, Porto Empedocle, di essere luogo di tanti fatti di sangue né, tantomeno, avrebbe mai potuto far muovere il suo eroe tra le strade di Agrigento, poiché la presenza ingombrante di “signori e questori” gli avrebbe concesso minor spazio di azione e di radicamento. Così Camilleri, sulla scia di Pirandello, ha dato vita a una Sicilia più vera di quella reale, della quale può macari immaginare i pensieri delle persone e che viene descritta in maniera precisa nelle strade, nelle caratteristiche del territorio e nelle tradizioni, creando un saldo universo di personaggi, suoni, profumi, gusti e colori. Lo scrittore agrigentino ha compiuto così il miracolo, trasformando Vigata in una località reale in tutto e per tutto, tanto che un numero sempre maggiore di appassionati e curiosi chiede di poterla visitare, giungendo a porre la fatidica domanda all’ignaro signore intento a pensare alle proprie cammurrie sul ciglio della strada: «da qui vado bene per Vigata?». La soglia tra reale e immaginario si è così sgretolata, il velo si è squarciato, aprendo una vera e propria “caccia ai luoghi”, durante la quale il lettore/ viaggiatore porta avanti la sua “indagine” tra Agrigento e Porto Empedocle seguendo le indicazioni contenute in questo o quel romanzo.

In apertura, Porto Empedocle. Sopra la marina di

la famosa casa del

Commissario Montalbano,

food&travel

La città immaginata (e quella reale)

entrambe mete

La ricerca dei luoghi di Montalbano ha dato

predilette

luogo all’organizzazione di veri e propri tour

dai viaggiatori sulle tracce del commisario più famoso d'Italia

tra Porto Empedocle e Agrigento. Il comune di Porto Empedocle ha associato al proprio nome Vigata e ha posto lungo il corso principale, Via Roma, un bronzo raffigurante Salvo Montalbano; all’ingresso della Torre di Carlo V (1554), recentemente restaurata, è stata posta un’epigrafe tratta dalla Strage Dimenticata romanzo ambientato nel 1848. Vigata, dunque, per il camilleriano viaggiatore assumerà il sapore e la magia delle cose perdute e poi ritrovate poiché si manifesta come reale, ad esempio con i suoi litorali, come Marinella, e le sue piccole case sulla spiaggia, tra le quali quella di Salvo Montalbano. E soprattutto con la Scala dei Turchi, una montagna di bianca marnite che

L’arricrio “Portò alla bocca il primo boccone, non l’ingoiò subito… che lingua e palato si rendessero pienamente conto

degrada, come una scala, sul mare, remoto approdo di pirati saraceni e oggi una delle dieci spiagge più visitate al mondo.

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food&travel

itinerari

del dono che veniva loro offerto”. Salvo Montalbano ha un rapporto viscerale con la tavola: capace di prepararsi da solo dei piatti semplici, pranza sovente da Enzo presso la trattoria San Calogero e poi compie una rituale passeggiata digestiva presso il molo di levante; in genere cena a casa, con i pasti preparatigli dalla edipica cammarera Adelina i cui manicaretti ricerca aprendo il frigo con solennità, speranzoso di chissà quale regalo della sorte. Da queste solitarie abbuffate, il commissario Montalbano trae il suo arricrio (verbo che può essere tradotto solo con “mistico piacere tendente all’estasi”) offrendosi al lettore goloso, privo di misura, ma anche custode della sacralità della più saggia tradizione che vede il cibo come il mezzo che la sua terra gli porge per raggiungere felicità e appagamento. Pasta coi broccoli, arancine, sarde e calamari, gamberoni e polipetti affogati o a strascinasale, caponatine di pesce spada e triglie di scoglio, cipollata di spatola e polpette di sarde divengono oggetto del desiderio da apprezzare da soli e in silenzio fino a perdersi tra i sapori. Questo “commissario gourmet solitario” diviene altresì depositario di segreti e confidenze su come preparare questo o quel piatto, e i lettori non aspettano altro che iniziarsi “alle segrete cose” nel ricercare a Porto

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Nella Valle dei Templi Nove templi dorici, i resti dell’agorà

della Concordia, intatto esempio

e delle fortificazioni, il ginnasio e

dell’equilibrio greco tra il bello e il

le necropoli, il quartiere ellenistico

buono.

romano e i suoi mosaici, i telamoni

Non si può andare nella zona di

dormienti che vivono l’eternità,

Agrigento senza fermarsi presso

uno tra i più ricchi musei di arte

uno dei siti archeologici più belli

greca del Mediterraneo. Ulivi

e curati al mondo: La Valle dei

saraceni, mandorli e carrubbi che,

Templi, magnifica testimonianza

in un parco di mille e trecento

della grandezza del mondo greco

ettari, fanno da sfondo tra agavi

d’Occidente e della sua mancanza

secolari e ginestre al tempio

di incertezze.


Nelle sue avventure, Montalbano diviene depositario di segreti e confidenze su come preparare questo o quel piatto, e i lettori non aspettano altro che iniziarsi “alle segrete cose” nel ricercare a Porto Empedocle l’archetipo di tutte le caponate e di ogni arancina Empedocle l’archetipo di tutte le caponate e di ogni arancina. Ma come spesso accade in ogni questione omerica che si rispetti, l’artefice non è uno solo. Andrea Camilleri trae infatti ispirazione dalla tradizione profonda di Porto Empedocle che, oggi più che mai, è riuscita a ritrovare la propria identità ripartendo dal territorio e dalle sue peculiarità. Perché la cucina di Montalbano è fatta di ricette, ma non solo, altrimenti andare a Porto Empedocle o a Casa Vigata in Rue Lèon Frot a Parigi sarebbe la stessa cosa. È invece il territorio a fare la differenza e in ogni preparazione questo emerge come un insieme di particolari impalpabili ma imprescidibili. Come il pesce freschissimo, che i ristoratori empedoclini si contendono dalle varcuzze che ogni mattina al molo vendono il pescato del giorno; come l’olio “di casa” prodotto dagli ulivi della Valle dei Templi, o le olive da tavola verdi o nere grandi ed esageratamente succulente, preparate con una salamoia che pare essere realizzata con chissà quali procedimenti arcani visto il risultato che raggiunge. Si pensi ancora al finocchietto selvatico, indispensabile per ogni pasta con le sarde che abbia dignità di portare questo nome, o le melanzane, i broccoli e i pomodori vere eccellenze della provincia di Agrigento, assieme alle arance e alle fragoline di Ribera o alle pesche di Bivona prodotte poco vicino.

La ricetta del commissario Caponatina di melanzane e pesce spada Ingredienti: nella pagina accanto in alto, la splendida

Cipolla, capperi, pinoli, olive

Scala dei Turchi

verdi, olio, aceto bianco, vino

e in basso il tempio

bianco, zucchero, melanzane e

Giunone, nella Valle dei Templi di Agrigento. qui sotto, Andrea Camilleri in di

compagnia del sindaco di

Porto

Empedocle

pesce spada Preparazione: Assistimate in una padella na cipuddra affettata fina fina e mittitici a sentimento: pinoli

a passeggio lungo

chiappara, olivi virdi e ogliu di

la marina

casa. Rosolato il tutto calatici macari nu quartu di litru di acitu bianco e nu mezzu litru di vinu bianco, zuccaru quanto abbasta, sale e pepe nero. A piena vuddrizione, smorzata la fiamma, fati cociri lentamenti. Frattanto, fati friiri a parti li milingiani e sculati l’ogliu. Quannu è quasi pronta la cuttura, mittitici nu pocu di polpa di pummadoru e doppu aver stringiuto a cipuddra, mittitici li milangiani e u piscispata tagliatu a cubbetti e rosolatu in una padeddra a parti con nu poco d’ogliu.

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Le due della

itinerari

anime

Maremma

di Elena Conti

C’è quella selvaggia e quella modaiola. Ci sono boschi oscuri popolati di cinghiali e morbide distese verdi cosparse di buche da golf. Cantine modernissime progettate da archistar accanto ad antiche rocche custodi di secoli di storia. Ci sono la costa e l’entroterra, con i rispettivi sapori e le diverse tradizioni. Insomma, ce n’è un po’ per tutti in questo lembo di Toscana bagnata dal Tirreno e pronta a stupirvi

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A

ssolata, struggente, selvatica, profumata di vento e di sale, di mirto e di ginestra, di pineta bruciata e di zuppa di pesce. Il mare dei Tirreni la sferza e l’accarezza a seconda delle stagioni e la penetra formando lagune, un tempo malsane e temute, oggi paradisi naturalistici, refugium peccatorum per uccelli migratori. Geograficamente, la Maremma corrisponde a una vasta area che abbraccia Toscana e Lazio e che ha nella costa grossetana la sua zona più conosciuta, anche se in realtà si tratta di un territorio dai confini difficilmente definibili, tutto affacciato sul Tirreno. Oasi d’arte in una terra ruvida Terra dalle origini sconosciute, il suo nome lo deve forse al latino maritima, o al castigliano marismas, palude, ed è forse quest’ultima l’interpretazione più plausibile visto che nei pressi di Castiglione della Pescaia ancora insiste la riserva naturale paludosa di Diaccia Botrona. Convenzionalmente è suddivisa in Maremma livornese o pisana, laziale e grossetana. È, in particolare quest’ultima, una terra aspra, dal paesaggio variegato, capace di suscitare emozioni contrastanti,

foto di Marcello Mazzeo

food&travel


itinerari

La Maremma è una terra aspra, capace di suscitare emozioni contrastanti con la morbidezza delle sue colline, il verde cupo dei boschi, il blu lucente del mare

foto di Marcello Mazzeo

con la morbidezza delle sue colline intessute nelle ombre dei pini marittimi e dei cipressi, che si stempera nel verde cupo dei boschi popolati di cinghiali selvatici e scivola nel blu lucente del mare, in questo cuore selvaggio di Toscana. Qui le tradizioni storiche e culturali sono ancora profondamente radicate negli uomini e nelle donne che un tempo hanno vissuto in questa terra amara, strappandole a stento il sostentamento, e oggi ne sfruttano l’enorme potenziale turistico. Una costa spettacolare che da Follonica, Punta Ala, Castiglione della Pescaia, Marina di Grosseto, si apre all’interno verso una Maremma minore che si visita con lentezza, fra borghi arroccati in cima ai colli e locande d’altri tempi, dove all’improvviso si possono scoprire suggestive cantine disegnate dai più grandi progettisti internazionali, studiate per sfidare le leggi dell’architettura, acquattate a ridosso delle colline, nascoste nel paesaggio. Vicino a Giuncarico, adagiata in un anfiteatro naturale, appare così all’improvviso la Rocca di Frassinello, con la cantina disegnata da Renzo Piano, dove si possono degustare eccellenti vini rossi. Altra cantina d’autore è quella di Pieve Vecchia a Campagnatico, progetto ambizioso nato da un'indagine archeologica (diretta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana) relativa a una cisterna romana; Cini Boeri ed Enrico Sartori hanno sviluppato il progetto rileggendo, in chiave quasi futuristica, le forme e gli spazi della struttura, e il suo rapporto con il territorio e il paesaggio circostanti. Nell’entroterra si incontrano quindi Tirli, Buriano, poi Gavorrano,

food&travel

vecchio paese di minatori, nel cui Castello di Pietra fu segnata la sorte di Pia de’ Tolomei, gettata nel dirupo dal marito Nello Pannocchieschi. Fra boschi, vigneti e una fitta macchia si arriva quindi a Sassofortino, attraverso una campagna che dopo ogni curva regala spettacolari vedute, e a Montemassi, fra strade costeggiate da cipressi e ulivi da cui si scorge ogni tanto il golfo di Follonica. Golf, yacht, mondanità Cantine spettacolari dunque, ma anche pinete secolari, siti archeologici, paludi e parchi naturalistici puntellano la Ma-

Dove finisce il mare In apertura, l'uscita delle imbarcazioni dal porto di

Castiglione della Pescaia. Sotto una veduta del Giglio e delle isole Formiche di Grosseto, all'orizzonte, dalla cima del castello

Castiglione della Pescaia.

di

La Maremma fa da spartiacque tra il Tirreno e il Mar Ligure, limite segnato da una linea ideale che congiunge Capo Corso all’isola d’Elba e al canale di Piombino. Al di sopra di tale linea, in Versilia per esempio, sappiate dunque che vi state bagnando in acque liguri. Questo almeno secondo l’Istituto Idrografico della Marina Militare Italiana. Già, perché nel comune sentire, invece, il confine tra il mar Ligure e il Tirreno ricadrebbe alla foce della Magra, in Liguria, e l’intera riviera toscana sarebbe tirrenica. Tutta la Toscana – e non solo la Maremma – del resto, al mare battezzato dagli Etruschi è legata a doppio filo, se si pensa che negli anni ’30 venne fondata una località balneare denominata Tirrenia e che il principale quotidiano di Livorno si chiama proprio Il Tirreno!

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L'affascinante

remma grossetana. A fare da contraltare all’immagine selvaggia, incontaminata e legata ai ritmi naturali che fin qui abbiamo dato di questo territorio, impossibile non citare le tante località turistiche dalla bellezza struggente che lo caratterizzano, intrise di storie di briganti e di avvistamenti di vip, fra yackt miliardari e gozzi di pescatori che convivono sotto lo stesso cielo turchese. Tra le più esclusive località della zona c’è Punta Ala. Denominata precedentemente Punta Troia, cambiò nome, traendolo dal gergo aeronautico, in onore dell’aviatore italiano Italo Balbo, che aveva acquistato alcune fortificazioni e ville nella zona e che poi divennero sue residenze. La località è rinomata per l’attrezzatissimo porto turistico e per le regate veliche internazionali che vengono organizzate dallo Yacht Club Punta Ala, culla di Luna Rossa, ed è meta turistica di élite in ogni stagione. Un’altra attrattiva del posto è il Campo da Golf Punta Ala, uno dei più belli d’Italia, situato in una zona panoramica con vista sul mare a pochi chilometri da Castiglione della Pescaia e Follonica, con leggere e naturali ondulazioni del terreno dove pini domestici e marittimi, sughere, lecci secolari, querce e cespugli di albatro rappresentano bellissimi ostacoli naturali per il gioco. A pochi chilometri di distanza il Golf Club Toscana, in località Pelagone a Gavorrano, 18 buche fra ulivi e macchia mediterranea, e solo poco più distante l'Argentario Golf Club che si trova in un’area protetta a 5 minuti dalla Riserva Naturale Duna Feniglia e a 25 km dal Parco dell’Uccellina.

laguna di

Orbetello, celebre per la sua pregiata bottarga.

Sotto,

i tortelli maremmani

food&travel

Cinghiale e bottarga Terra e acqua dominano la cucina maremmana, caratterizzata dai profumi della macchia mediterranea come rosmarino e ginepro, dalla cacciagione e dai prodotti del mare. Il piatto forse più conosciuto sono i tortelli maremmani, sicuramente da non perdere. Si tratta di una pasta all’uovo sottilissima, tagliata in grandi quadrati farciti con ricotta di pecora, spinaci, bietole o altre erbe di campagna, con l’aggiunta di un pizzico di noce moscata, cotti in acqua bollente per pochi minuti e poi conditi col ragù di cinghiale o con burro e salvia e spolverati di pecorino. Il cinghiale si trova spesso nella cucina locale, soprattutto cotto in umido per molte ore, dopo essere stato marinato nel vino rosso con bacche di ginepro e altri aromi. Anche il pesce è una costante della cucina della costa, cucinato sempre in modo molto saporito. Nella zona della laguna di Orbetello, famosa e pregiatissima è la bottarga che si ottiene esclusivamente dal cefalo Mugil Cephalus nel periodo in cui maturano le sacche ovariche (agosto-settembre). L’operazione di estrazione è esclusivamente manuale e ha bisogno di una particolare cura, poiché la rottura della sacca comprometterebbe tutto il lavoro. La bottarga è ottima come antipasto, condita con olio extra vergine di oliva, pepe e limone, oppure come condimento per gli spaghetti.

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foto di Marcello Mazzeo

itinerari


food&travel

speciale Vinitaly

Un assaggio di qualità alla 53° edizione di

Vinitaly

Produttori, importatori, ristoratori, tecnici, giornalisti specializzati e opinion leader si danno appuntamento al 53° Salone internazionale dei vini e distillati. Nuove tendenze e best practices a confronto di un settore cruciale del made in Italy di Vincenzo Petraglia

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I

n vino veritas recitava il vecchio, saggio proverbio latino. E mai concetto fu più azzeccato per un mercato del vino che, pur andando decisamente meglio rispetto al Pil generale del carrozzone Italia, fermo al palo, anzi rientrato in recessione, nonostante le grandi potenzialità che avrebbe per galoppare e macinare performance positive, è in qualche modo in grado di svelarci, di essere rappresentativo degli ingranaggi, delle virtù e dei limiti del nostro sistema Paese. Perché se è vero che col vino siamo decisamente su un altro pianeta, in quanto è un settore comunque in salute, è pur vero che non sta crescendo quanto potrebbe, almeno se lo si rapporta ai principali competitor e alle nuove opportunità di espansione offerte da paesi emergenti, soprattutto asiatici, Cina in primis, con una domanda di prodotti vinicoli sempre maggiore. A testimoniarlo anche gli ultimi dati Istat relativi all'anno 2018 che mostrano certamente aspetti confortanti per il mercato italiano del vino, ma anche aree di miglioramento per le


I trend di mercato e le nuove opportunità

S

tato dell'arte del mercato, trend e nuove opportunità,

pertanto trovare il giusto posizionamento. Siamo in una fase

punti di forza e aree di miglioramento del made in Italy

nuova, una fase positiva, ma in cui bisogna fare delle scelte.

applicato al vino secondo Giovanni Mantovani, direttore ge-

Le stellette acquisite non bastano, è necessario ripensare

nerale di Veronafiere, la società organizzatrice del Vinitaly.

alla presenza del nostro vino sui vari mercati, anche a livello di comunicazione, tenendo conto delle varie sfaccettature

Vinitaly, what's new?

e aspettative dei singoli mercati di riferimento.

Tante cose, fra tutte uno spazio maggiore riservato agli or-

Gli Stati Uniti restano per noi un mercato straordinario,

ganic wine. La sostenibilità è un tema che attraversa sem-

quello canadese nevralgico per l'importante crescita che

pre di più il mondo del vino in tutto il mondo e i vini biologici

lo caratterizza, mentre il mercato tedesco è da rivedere,

saranno sempre più richiesti dal mercato. Ciò rientra anche

affrontando in modo diverso la politica dei prezzi dei nostri

nel lavoro che stiamo facendo per rendere il Vinitaly una

prodotti. Sul fronte Sudamerica, altro grandissimo merca-

fiera più della domanda che dell'offerta. Nel nostro piano

to, ci siamo mossi bene, mentre dobbiamo recuperare nei

industriale la digital transformation avrà un impatto sempre

confonti della Cina. Il mercato cinese è cresciuto in manie-

più importante anche nell'ottica di miglioramento del quar-

ra impetuosa, siamo cresciuti, ma possiamo fare meglio,

tiere fieristico. Come Veronafiere abbiamo investito finora

soprattutto in promozione, comunicazione e presenza

oltre 5 milioni di euro e, attraverso l'implementazione di un

delle nostre aziende. Qualcosa che ha fatto finora molto

sistema di geolocalizzazione, avremo la possibilità di rileva-

meglio, per esempio, la Francia, in grado di intercettare

re informazioni molto utili fra gli operatori, diventando così

prima le potenzialità di questo mercato. Nell'immaginario

allo stesso tempo fiera e grande gestore

dei consumatori cinesi la Francia viene as-

di dati. Ciò aiuterà, fra l'altro, il Vinitaly a in-

sociata al vino, la Germania alla tecnologia

tercettare meglio bisogni, abitudini e gusti

e l'Italia al fashion. Dobbiamo intervenire

e a focalizzare il suo business in modalità

su questa idea consolidata facendo capi-

sempre più esperienziale.

re che l'Italia è anche tecnologia e vino. Possiamo e dobbiamo recuperare terreno

Parlando di nuove tecnologie, l'e-commerce ha profondamente infuenzato il mercato del vino...

in questo mercato!

Nella maniera più assoluta, e sarà interes-

Anche perché altri competitor stanno facendo in generale molto bene.

sante vedere come evolverà. Perché se

Infatti. Al di là della Francia, bisogna per

da una parte il commercio elettronico gio-

esempio guardare con sempre maggio-

ca un ruolo sempre più importante nei comportamenti di

re attenzione, anche se spesso ce ne dimentichiamo, alla

acquisto, dall'altra non si può non registrare come in paesi

Spagna, che sta facendo tanta qualità con un occhio parti-

quali la Cina, che hanno spinto tantissimo sull'e-commerce,

colare alla sostenibilità e ai prezzi, interessanti e competitivi.

si stia ora assistendo a un ritorno a un rapporto più diretto,

Un player di mercato, dunque, sempre più pericoloso.

a un processo human to human nell'impatto col mercato,

mazione della Vinitaly Academy o in generale si iscrivono

La Francia rimane comunque ancora il nostro main competitor. Cosa potremmo imparare dai nostri cugini d'Oltralpe e cosa potremmo a nostra volta insegnare loro?

a corsi di sommelier o legati al vino. Ciò è indicativo di una

Da imparare, sicuramente il modo di fare comunicazione e

domanda di conoscenza e relazione che la rete e l'e-com-

la capacità di cogliere i trend del mercato. Pensiamo sol-

merce non riescono a intercettare.

tanto al fenomeno dei rosé. I francesi hanno intercettato

dove assaggiare fisicamente un vino, testarlo, con i consigli di un esperto, assume un ruolo importante. Mi colpisce sempre quante persone ci chiedono di entrare nella for-

per primi una nuova esigenza del mercato e ne hanno fatto

Come vede il mercato italiano del vino, anche alla luce degli ultimi dati?

un'incredibile tendenza negli States, cosa che non siamo

Un mercato con luci e ombre. Siamo in una fase in cui bi-

sul mercato si paga. Ciò che abbiamo, invece, da insegnare

sogna tornare a pensare allo sviluppo del vino italiano sul

è la capacità di fare vini di ottima qualità con un approccio a

mercato internazionle. La competizione si è fatta molto più

livello di prezzi molto diverso da loro. Un qualcosa che può

agguerrita, i clienti sempre più attenti ed esigenti, bisogna

deporre a nostro favore in termini di competitività.

riusciti a fare noi, pur producendo degli ottimi rosé. Questo

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food&travel

speciale Vinitaly

quali, senza sedersi sugli allori fin qui conquistati, urge rimboccarsi le maniche e agire per trovare nuove strategie di espansione. Come ogni anno il Vinitaly (Verona, 7-10 aprile, www.vinitaly.com), la manifestazione fieristica italiana per eccellenza dedicata al vino, rappresenta un'occasione unica per fare il punto della situazione, far incontrare domanda e offerta e disegnare nuove strategie di sviluppo. Il made in Italy piace sempre di più Il vino italiano, secondo i dati appena diffusi dall'Istat sulle esportazioni, ha fatto registrare nel 2018 una crescita delle spedizioni di etichette nostrane verso i mercati internazionali in grado di produrre un fatturato di 6,2 miliardi di euro (+3,3%), con un incremento in dodici mesi di 200 milioni. Una crescita in valore cui però corrisponde una flessione delle quantità esportate (-8,1%), a conferma di come la strategia in atto ormai da diversi anni sia quella di un posizionamento più alto delle bottiglie made in Italy con prezzi mediamente maggiori. I vini spumanti sono il principale driver di crescita (+11% per 1,5 miliardi di euro), anche se l'incremento è progressivamente rallentato nel corso

Vini premium e da collezione Il 2019 sarà l'anno dei

l'altra tendenza che an-

Conti (considerato, con

vini premium, quelli cioè

drà

raf-

sole 6.000 bottiglie pro-

con un prezzo superiore

forzandosi è quella del

dotte all'anno, il miglior

ai 20 dollari a bottiglia,

collezionismo

vini

vino di Borgogna) del

soprattutto in Stati Uniti,

pregiati, che rientrano

1945 che hanno infran-

Russia e Cina, mentre

nei cosiddetti passion

to il precedente record

la tendenza green sarà

investments, forme di

mondiale

predominante in mer-

investimento

alternati-

una singola bottiglia di

cati storici quali Germa-

vo in periodi di volatilità

vino: 558.000 e 496.000

nia, Usa, Regno Unito

come questi stabilmen-

dollari. Il precedente hi-

e Giappone. Prodotti e

te più performanti del

gh-mark del mondo ap-

strategie di posiziona-

mercato

È

parteneva a uno Chate-

mento che vanno in tal

recente la vendita nel-

au Lafite Rothschild del

senso giocheranno per-

la sede newyorkese di

1869,

tanto un ruolo fonda-

Sotheby's delle due bot-

2010 a un compratore di

mentale per il successo

tiglie di vino più care di

Hong Kong per 232.800

di un vino. Non solo:

sempre: due Romanée

dollari.

Gli spumanti sono il principale driver di crescita del settore e i mercati più significativi sono Usa e Germania dell'anno fino al +3% di novembre e al -3% di dicembre. Riguardo le aree geografiche, i mercati più significativi per il nostro export sono gli Stati Uniti, con 1,46 miliardi di euro e una crescita del 4% (+1% in volume), e la Germania, con 1,04 miliardi di euro e un +4,9%

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ulteriormente dei

azionario.

d'asta

aggiudicato

per

nel

(anche se i volumi sono calati del 9%), seguiti da Regno Unito, +2% e 827 milioni (ma -8% per quel che riguarda i volumi), e Svizzera, che cresce del 5% per un totale di 377 milioni di euro (volumi -7%). Piuttosto deludenti i dati relativi all'export in Cina, dove le esportazioni dell’ultimo trimestre 2018 sono calate del 15% anno su anno; dai 130 milioni di euro totali dell’anno scorso si è passati a 127 milioni (-2%), dove invece competitor come la Francia hanno messo a segno performance migliori. Nuove sfide per un mercato che cambia Un gap da colmare se si considera, come ha dichiarato di recente Richard Halstead, il ceo di Wine Intelligence, la nota società di indagine del mercato enoico mondiale, che


Il Lemos. La storia di un’azienda. La forza del territorio. Il Lemos. The origins of a Cellar, the power of a land. Vinitaly 2019 7-10 aprile Pad 7 Stand E5 leonedecastris.com


food&travel

speciale Vinitaly

Nella vendita al dettaglio, la tecnologia sta portando innovazioni epocali, che vanno dall'e-commerce diretto al QR code per la tracciabilità del vino

Vinitaly, numeri da record Anche l'edizione numero 53 del Salone Internazionale dei Vini e dei Distillati ha fatto registrare il sold out, nonostante l'accresciuta superficie espositiva netta disponibile e nonostante gli ottimi numeri messi in archivio lo scorso anno: 32 mila buyer esteri su un totale di 128 mila presenze da 143 paesi. Fra le novità di

nel panorama della vendita al dettaglio del vino è in atto un grande cambiamento, una sorta di rivoluzione a livello globale determinata da diversi concomitanti fattori: la crisi economica in Occidente, l'ascesa di nuove classi agiate in Asia e la sempre maggiore diffusione degli strumenti tecnologici. Il commercio elettronico, in particolare, ma anche l'offerta di servizi come la possibilità per i clienti di ottenere informazioni su un prodotto leggendo tramite tecnologia QR-Code con i propri smartphone, giocherà un ruolo sempre più strategico con inevitabili ripercussioni positive sulla grande distribuzione. Che nel mercato interno italiano, per quel che riguarda il vino, è piuttosto stazionaria. Secondo l'ultimo rapporto di Iri, leader mondiale nella gestione di big data sulle vendite nella grande distribuzione, nel 2018 all'interno della Gdo, che offre uno spaccato importante di tutto il mercato interno del vino, sono stati venduti 619 milioni di litri (-4,4%) per un giro d'affari di 1,9 miliardi di euro (+2,9%). Anche se a fronte di questa flessione del 2018, le previsioni per il 2019 sono positive, i margini di miglioramento restano ampi.

quest'anno, il nuovo salone Vinitaly Design e un Organic Hall più grande. Il primo, dedicato ai prodotti e accessori legati al vino: oggettistica per la degustazione e il servizio, arredi per cantine, enoteche e ristoranti, packaging personalizzato. Il secondo, creato per rispondere a uno dei trend attualmente più in voga e accogliere Vinitalybio, dedicato ai vini biologici. Nell'ottica di rendere la fiera una manifestazione sempre più a misura di operatore, per i visitatori consumer è stato potenziato il fuori salone Vinitaly and the city (5-8 aprile) con tutta una serie di eventi, concerti live, incontri, visite guidate e degustazioni nel centro storico di Verona.

L'unione fa la forza Secondo uno studio presentato da Winemonitor-Nomi-

da un -15% della Campania a un -21% della Calabria.

sma a Vivite, il Festival del vino cooperativo, il vigneto

Al contrario, in territori dove la presenza di cooperati-

italiano negli ultimi 5 anni ha fatto registrare un calo del-

ve è significativa non si sono avuti cali e anzi, in alcuni

le superfici del 7% e le riduzioni maggiori hanno interes-

casi, si è registrata anche una crescita delle superfici a

sato le regioni dove mancano cooperative strutturate e

vigneto. In Italia la cooperazione vitivinicola conta oltre

dimensionate. Realtà come Campania, Sardegna, Lazio

9.000 addetti in 480 cantine cooperative, 141mila soci

(in cui si concentra solo il 12% delle cooperative), hanno

aderenti e una produzione pari al 58% del totale del

non a caso conosciuto la contrazione più significativa,

vino italiano.

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food&travel

speciale Vinitaly

Simonit&Sirch: i maestri di potatura delle

vigne

La potatura è un procedimento delicato e fondamentale per mantenere la pianta in salute e puntare ad un’ottima uva e a un vino di qualità. Perché rende le viti meno vulnerabili e migliora la circolazione della linfa. Con effetti benefici.

S

erve nella vita, oltre che alla vite: tagliare le eccedenze e i rami secchi, eliminare ciò che è sterile e non produce, insomma agire per sottrazione in funzione di un rinvigorimento nuovo. I preparatori d’uva Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, agronomi friulani classe 1966 e migliori consulenti a livello internazionale, della potatura ne hanno fatto un mestiere. Aggiungendo una & commerciale ai loro rispettivi cognomi, hanno brevettato una tecnica innovativa di potatura ramificata della vite in grado di favorirne la produttività, garantire

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di Germana Cabrelle

uve migliori e ridurre i costi in vigna. Hanno due sedi fisse: in Friuli Venezia Giulia a Corno di Rosazzo (Udine) e in Francia a Bordeaux. Per il resto, sono in giro per il mondo, poiché il loro metodo, definito una rivoluzione nella viticoltura, è richiesto in tutto il globo: Stati Uniti, Sud Africa, Australia, Austria, Germania, Francia, Croazia, Svizzera, Spagna, Portogallo, Argentina, Cile. Sono 130 le aziende che applicano il metodo Simonit & Sirch, soprattutto quelle più prestigiose, per le quali i vigneti sono un patrimonio inestimabile: i leggendari Château d’Yquem, Château La Tour, Domaines Leroy e tutte le aziende dei gruppi Moët&Chandon e Roederer. Dal corretto posizionamento delle forbici per non asportare le gemme della corona con il taglio, all’intervento su viti malate che normalmente sarebbero estirpate, la tecnica Simonit&Sirch viene definita “dendrochirurgia” ed è paragonabile a quanto fa un dentista per curare una carie. Con risultati incredibili, perché circa 90% della piante guarisce. E il vignaiolo torna a sorridere. Partendo dalla constatazione che spesso le viti si ammalano e infettano per una squilibrata impostazione delle potature, Marco Simonit, Oscar del vino 2012 come miglior agronomo viticoltore, e Pierpaolo Sirch, hanno studiato gli antichi vigneti italiani ed europei applicando il loro metodo alle esigenze della moderna vitivinicoltura e ai sistemi di


allevamento più intensivi. Al contempo, hanno ridato dignità professionale a un antico mestiere, quello appunto del potatore, aprendo ai giovani nuove interessanti prospettive di lavoro green. Il segreto sta tutto - come avveniva un tempo - nel paziente approccio individuale: pianta per pianta si effettuano piccoli tagli poco invasivi e orientati sempre sullo stesso lato, in virtù dei quali le piante reagiscono con una omogeneità di risposta vegeto-produttiva, si sviluppano in modo conforme, dimostrandosi più longeve e costanti nella qualità del prodotto. In veste di “Maestri di potatura delle vigne” Simonit & Sirch dal 2003 si dedicano ad attività di docenza e tutoraggio e ad oggi sono l’unico gruppo accreditato e strutturato a livello mondiale nel settore della formazione del personale addetto alla potatura manuale dei vigneti e alla selezione dei germogli. L’équipe Simonit&Sirch è oggi composta da una ventina di tecnici specializzati che trasmette il know how alle maestranze interne delle aziende con un metodo di formazione (coaching) specifico per la potatura della vite e per la dendrochirurgia che dura minimo 3 anni. Il Metodo Simonit&Sirch si fonda su altrettante quattro regole base che possono essere applicate universalmente: 1) permettere alla pianta di ramificare con l’età e occupare spazio col fusto e con i rami; 2) garantire la continuità del flusso linfatico; 3) eseguire tagli di piccole dimensioni sul legno giovane, poco invasivi;

La Francia a lezione dagli italiani

O

ltre che nei vigneti dell’Inra (L'In-

prestigiosi e preziosi vini al mondo (una

stitut national de la recherche

bottiglia da 6 litri del 1961 è stata bat-

agronomique, l’istituto di ricerca pub-

tuta all'asta da Christie's per 135.000

blica sotto il patronato del Ministero

£), Domaines Leroy

dell'Università e della Ricerca e del

con Chateau Haut Bailly, Chateau Lyn-

Ministero dell'Agricoltura e della Pe-

ch Bages, Chateau Batailley, Chate-

sca francesi), Simonit&Sirch sono stati

au Pichon Longueville Comtesse de

chiamati in Francia con il loro lavoro di

Lalande, Domaines Denis Dubourdieu

consulenza e formazione in alcuni noti

(ovvero Château Dôisy-Daëne, Clos

Châteaux della zona di Bordeaux, ad

Floridene, Château Reynon,Château

iniziare dai prestigiosissimi Château

Cantegril,

d’Yquem, che produce il più famoso

sono consulenti di Moët&Chandon,

e pregiato dei Sauternes, l'unico vino

la casa di Champagne più glamour e

al mondo ad avere la qualifica di "Pre-

conosciuta al mondo, e di Louis Roe-

mier Cru Supérieur", Château Latour,

derer, di cui seguono i vigneti di tutte le

Premier Gran Cru Classé, uno dei più

etichette nei vari continenti.

Château

per continuare

Haura).

Inoltre

4) utilizzare, quando necessario, la cosiddetta tecnica “del legno di rispetto” per allontanare il disseccamento dal flusso principale della linfa. Simonit & Sirch nel 2009 hanno fondato la Scuola Italiana di Potatura della Vite (con una quindicina di sedi nelle principali regioni vinicole della penisola) e nel 2016 a Bordeaux hanno istituito il Diplôme Universitaire de Taille et d’Epamprage, l’unico diploma universitario al mondo dedicato alla potatura della vite. Marco Simonit è autore di due Manuali di Potatura della Vite dedicati al Guyot (la cui versione francese nel 2018 ha vinto quello che viene considerato il Nobel della letteratura vitivinicola, ovvero il Premio internazionale Oiv 2018 nella sezione Viticultura) e al Cordone speronato, editi da L’informatore Agrario. Simonit viene spesso chiamato, in qualità di esperto, a consessi internazionali e nel 2018 è stato l’unico italiano tra i relatori del IX Symposium Masters of Wine di Logroño ne La Roja, in Spagna. Inoltre partecipa regolarmente come voce autorevole in varie trasmissioni televisive, fra cui – fin dal primo anno di messa in onda – a “I signori del Vino” di Rai 2. Ad oggi sono oltre 4000 i potatori formati da Simonit&Sirch ed oltre 10 gli istituti, tra Università e Centri di Ricerca in Italia e in Europa, coinvolti in collaborazioni scientifiche.

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food&travel

il lusso in tavola

C'è più gusto (e meno lavoro) a investire nel

tartufo

di Marco Gemelli

A fronte di poche migliaia di euro di interventi sul campo, la resa di un appezzamento di 25 ettari varia dai 100 ai 200mila euro. Con tempi di ritorno decisamente contenuti: appena un anno

A

ben vedere, è un paradosso che suona quasi come un duplice omaggio alla filosofia naturalistica: in un mondo che fa della pianificazione e della standardizzazione dei processi uno dei fattori cruciali del successo di un’impresa, il business del tartufo rimane – almeno in Italia – uno dei pochi campi in cui l’intervento dell’uomo, per quanto importante, alla fine deve cedere il passo alla volontà di Madre Natura, perché dà il meglio di sé quando non viene coltivato. Quel “gioiellino” bianco o nero che nasce sotto terra, che in base alle annate può arrivare a valere ben oltre i 4.000 euro al chilo ha un mercato tutto suo, con quotazioni che dal 1890 sono specificate in appositi borsini. La “Borsa” del Tartufo Al netto di pezzature ”importanti” che portano il prezzo verso l’alto, il punto di partenza per stabilire il costo del tartufo è

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il classico equilibrio tra domanda e offerta. Trattandosi di un prodotto le cui rese sono soggette a moltissime variabili da un capo all’altro d’Italia, è piuttosto facile che da un anno all’altro le quotazioni dl tartufo subiscano oscillazioni importanti. In effetti, bastano un paio di settimane di pioggia o di sole per far sì che il prezzo al chilo del tartufo schizzino alle stelle o – al contrario – lo rendano decisamente accessibile. Ogni zona vocata del nostro Paese ha il suo borsino online, siti specializzati che riportano le quotazioni (al cercatore, non al consumatore) tarandosi spesso su una pezzatura standard di 20 grammi. E dire che negli anni del dopoguerra, in alcune regioni i tartufi di dimensione inferiore a una palla da tennis venivano dati in pasto ai maiali. Era invece il 1890, quando la Giunta di Acqualagna (PU) - che si autodefinisce la “capitale del tartufo”, facendo storcere il naso ad Alba o San Miniato - deliberò l’acquisto di una bilancia per la pesa pubblica dei tartufi dandola poi in consegna a un pubblico pesatore. Oggi Acqualagna ha messo in rete la borsa del tartufo, e il suo esempio è stato seguito da tutte le città vocate: esistono il borsino dell’Atam (Associazione Trifulau Astigiani e Monferrini), quello di Alba, di Asti e così via. Quest’anno, il tartufo bianco di Alba è stato quotato 2500 euro/kg mentre il nero pregiato di Acqualagna viaggia intorno ai 500 euro/kg. L’Istat dal canto suo, a fine dicembre, indicava per il bianco dl Piemonte prezzi da 1000 a 1500 euro/kg per pezzature medio piccole (da 10 a 40 grammi) e da 1500 a 2000 euro/kg per pezzature da 50 a 100 grammi. Il tartufo può essere a pieno titolo considerato una sorta di “polizza assicurativa” per boschi e foreste. È solo grazie a investimenti


mirati di manutenzione e salvaguardia dell’habitat dove crescono i tartufi, infatti, che è possibile aumentare le probabilità di avere un buon ritorno economico dalla ricerca dei tartufi. Nel nostro Paese - primo produttore ed esportatore al mondo del tartufo bianco pregiato per quanto riguarda la qualità e quantità e dove è possibile raccogliere tutte le specie di tartufo impiegate in gastronomia - circa il 95% dei tartufi proviene da tartufaie naturali mentre la coltivazione è relegata a un ruolo marginale. «Nel caso del tartufo bianco – spiega Cristiano Savini, quarta generazione di una famiglia di tartufai toscani – questa percentuale sale al 100%: non esiste un metro quadro di terra dove sia coltivato il Tuber magnatum pico». Il pregiato fungo ipogeo, che appartiene all’ordine delle tuberacee ma non è un tubero, trova nei boschi italiani una serie di fattori che lo rendono tra i più apprezzati nel mondo, e al tempo stesso rifugge ogni tentativo di coltivazione. In diverse zone vocate – a partire da quelle storiche del Piemonte (Alba, Cuneo, Asti), della Toscana (San Miniato, San Giovanni d’Asso, le Crete senesi) o delle Marche (Acqualagna e Monti Sibillini) – gli imprenditori che hanno provato a “forzare” la coltivazione non solo non hanno ottenuto risultati significativi, ma hanno visto peggiorare le condizioni di partenza delle tartufaie naturali. «La strada è un’altra – conferma Savini, che nel 2007 trovò un tartufo da un chilo e mezzo, un record mondiale – e passa per un’opera di sensibilizzazione sulla cultura del prodotto. Senza chi investe nella cultura del prodotto anche i boschi ne risentirebbero: il tartufo bianco è diventato stimolo alla salvaguardia, alla cura e al ripristino dell’intero ecosistema specie in caso di frane, acquazzoni o gelate. Dove cresce il tartufo l’ambiente è sano: pensiamo alle Crete Senesi, dove la qualità è aumentata proprio grazie alla maggiore attenzione. I proprietari dei terreni e le

aziende di tartufi hanno maturato la consapevolezza di avere in mano un tesoro: prima le grandi famiglie italiane guardavano con interesse alle aree vitate e sacrificavano le zone tartufigene alla produzione vinicola, ora la tendenza si è invertita». A conti fatti, per ogni euro speso in manutenzione ordinaria – pulizia delle erbe infestanti, degli argini dei fiumi e degli scannafossi, rimozione degli alberi caduti e così via – il ritorno economico può aumentare del 50%, mentre opere come tagli indiscriminati o spostamento del corso dei fiumi possono avere ripercussioni fatali sulle zone tartufigene. A fronte di poche migliaia di euro di interventi su una superficie di 25 ettari, ad esempio, l’incremento della resa può oscillare tra i 100 e i 200mila euro. I tempi di ritorno, per questo genere di investimento, iniziano già dopo un anno. Certo, non è tutto così semplice: una tartufaia di 25 ettari dev’essere recintata, come misura sia contro gli ungulati che i tartufai non autorizzati, e ciò può costare fino a 100mila euro. Ecco perché in alcune regioni dove altrimenti il bosco sarebbe solo una spesa, esistono forti incentivi a investire in questo settore. A livello nazionale, poi, è stata recentemente introdotta una tassazione al 5%. Mentre in Francia esiste ancora una rete di moltissimi piccoli tartufai, in Italia il business è nelle mani di gruppi imprenditoriali più o meno grandi che “spostano” i tartufai anche a 50 km dalle zone abituali, alla ricerca di aree meno conosciute. In fondo, se nel nostro Paese il Piemonte ha fatto da capofila, seguito da Marche e Toscana, negli ultimi anni si sono affermate zone come la Lombardia sud-orientale, l’Emilia Romagna, l’Umbria e il Veneto. Il tartufo è spuntato anche in Molise (Larino e Spinete), Abruzzo (Aletela e Quadri), Basilicata, nell’interno del Lazio e a ridosso dell’Appennino, così come in Irpinia, nel Salernitano e in Calabria. Al punto che oggi dal bianco al nero pregiato, dal bianchetto allo scorzone fino all’uncinato, pressoché ogni regione d’Italia è in grado di mettere in tavola tartufo locale.

Fungo o tubero? Questo è il dilemma Sembra un tubero, eppure è

con sfumature rossastre e sottili

un fungo. Il tartufo, il cui nome

venature più chiare. Va consumato

scientifico è tubermicheli, è genere

rigorosamente fresco, e i “grandi

di fungo dell’ordine dei pezizales

classici” lo vedono accompagnare

della famiglia delle tubarecce.

pasta fresca come i tagliolini,

Pulito, il tartufo bianco si presenta

l’uovo fritto, tartare di carne o

alla vista di colore giallino con

patate: bastano pochi grammi

tonalità tendenti al verde, con

per impreziosire una portata. Da

superficie liscia e dimensioni da

degustare rigorosamente crudo, in

un’arachide a un pompelmo.

linea di principio va lamellato con

L’interno è invece marrone sbiadito

l’apposito tagliatartufi.

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piaceri 90

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piaceri

collezionismo

L’Alfa Romeo 6 C freccia d’oro

Il Re Mida dell'auto d'epoca e il sogno proibito dei

supervip di Laura Lamarra

Con Corrado Lopresto, il più famoso collezionista del mondo svela i segreti delle aste più esclusive dalla Ferrari 290 MM battuta per 22 milioni alla 500 che a febbraio verrà esposta al MoMA

C

hi ha potuto (e voluto) permetterselo ha investito negli ultimi anni in auto classiche, ormai uno tra i beni rifugio su cui puntare in un contesto economico globale turbolento e incerto. Il mercato delle auto d’epoca è cresciuto del +111% negli anni dal 2011 al 2016, quindi circa oltre il 20% annuo, arrivando a somigliare a quello delle opere d’arte di valore, con prezzi spesso da capogiro. Come la Ferrari 290 MM che Enzo Ferrari fece costruire per la Mille Miglia del 1956, battuta per 22 milioni di dollari in occasione dell’asta organizzata da

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Sotheby’s al Petersen Automotive Museum di Los Angeles a inizio dicembre. Bazzecole, se pensiamo alla Ferrari 250 GTO del 1962 venduta all’asta sempre da Sotheby’s ad agosto per 41,7 milioni. E quanto varrà la popolare Fiat 500 F del 1957 (ne furono prodotti più di 4 milioni di esemplari), dopo che si sarà “fatta un giro” al MoMa di New York, dopo verrà esposta dal 10 febbraio al 27 maggio 2019? Difficile dirlo. Perché rarità e stato di conservazione sono solo due dei fattori che ne determinano il valore dell’oggetto. Ma il fattore più importante resta sempre il prezzo che il collezionista è disposto a pagare per impossessarsene.


Corrado Lopresto, architetto e imprenditore milanese, è il più famoso collezionista di auto d’epoca italiano nel mondo. In basso, l’Alfa Romeo Giulietta SZ

Ora, però, il mercato delle vetture storiche si sta assestando verso l’apprezzamento dell’autenticità. «Il valore affettivo di questi cimeli è incommensurabile», afferma Corrado Lopresto, architetto e imprenditore milanese, considerato il più famoso collezionista di auto d’epoca italiano nel mondo. «L’affezione, personalmente, deriva dalla cura per la valorizzazione di pezzi, rigorosamente italiani, di un’unicità sorprendente, spesso neppure riconosciuti come tali e lasciati nell’indifferenza. Ho cercato e raccolto nella mia vita, in anni non sospetti, in cui queste “stranezze” non interessavano a nessuno, automobili che fossero diverse dalle altre, con una storia poco nota. Amo valorizzare e portare alla fama auto che spesso non l’hanno avuta nemmeno in passato, è una sfida in primis con me stesso». Riconoscere e riscoprire alcune auto mai viste, come l’Alfa Romeo 6C 1750,carrozzata da Aprile di Savona, un artigiano sconosciuto ma di grande talento, che realizzò quest’auto su disegno di Mario Revelli di Beaumont, o l’Alfa Romeo 6C 2500, carrozzata da Castagna, da tutti creduta una Touring, è percorso affascinante. «L’esperienza di anni di collezionismo e la grande conoscenza accumulata mi hanno permesso, prosegue Lopresto, di essere un talent scout del settore. La mia collezione però include anche pezzi noti come la Lancia Florida, la Giulietta SZ Coda Tronca, la prima Isotta Fraschini costruita e la più antica Lancia esistente al mondo. Accanto alle proposte scartate dai costruttori o ai prototipi dimenticati, vi sono anche importantissime pietre miliari del design e dell’industria automobilistica italiana. Tutte le mie auto hanno una storia da raccontare e sono esemplari unici, fuoriserie o auto in qualche modo particolari». Solo in Italia ci sono circa 4 milioni di “auto storiche”, ossia con più di 30 anni di vita secondo il nuovo Codice della Strada, (non più di 20 anni, come era fino al 2016), di cui la gran parte hanno un valore al di sotto dei 10 mila euro. Ma quali sono i parametri che attestano la preziosità di queste opere d’arte divenute da hobby a forme di investimento sicure nel lungo periodo? «La marca, il modello, l’anno di costruzione, il numero di telaio, lo sta-

to di conservazione, l’accuratezza del restauro, la completezza documentale sono solo alcuni drivers. Da alcuni anni un altro tema della mia Collezione, afferma Lopresto, è la ricerca dei telai “numero uno”: le teste di serie della produzione di modelli anche di grande diffusione, a loro volta unici in quanto a fascino e importanza storica». Una spinta all’acquisto dettata per molti non tanto dalla pura valutazione affettiva e/o economica, quanto per lo più dalla vanità e dalla soddisfazione di essere proprietari di un oggetto esclusivo, ambito dalla collettività, capace di attualizzare emozioni passate e di essere memoriale di epoche storiche, con i gusti e costumi di un tempo. Le flessioni del mercato, tipiche di un settore da sempre caratterizzato da andamenti discontinui, non devono preoccupare esageratamente; l’esclusivo è sempre in crescita. Così, nonostante la fisiologica flessione, registratasi nell’ultimo periodo, le auto d’epoca continuano a riscuotere grande interesse. Accanto alle mire speculative, molte sono fortunatamente le iniziative volte a recuperare il patrimonio culturale che rappresentano. Alcune Case automobilistiche hanno creato reparti dedicati al restauro di questi preziosi a quattro ruote: fra gli esempi, il Dipartimento Ferrari Classiche e il Polo Storico Lamborghini. «Il restauro», prosegue Lopresto, «è un’arte che richiede passione, studio approfondito, un lungo e impegnativo lavoro di ricerca e un’esecuzione accurata per ricostruire nel dettaglio l’epoca e il vissuto di ogni singola

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piaceri

collezionismo

auto, riportandola alle condizioni d’origine e rispettandone al massimo la storia». Un’eccezionale attenzione ai dettagli e alla conservazione delle condizioni di origine delle vetture, per un restauro filologico ad opera d’arte, che Lopresto acquisì in giovane età, a 18 anni, apprendendo sul campo i trucchi del mestiere, grazie anche al prezioso aiuto dei fratelli Giordano, anziani restauratori di Reggio Calabria. «Una passione nata in famiglia ma ostacolata dal papà, propenso ad aiutarmi solo per “cose serie” come studi, viaggi culturali e attività sportive, ma non per le auto. Sono cresciuto, nel sud della Calabria, tra vecchie auto che rimanevano in cantina come beni di famiglia mai ceduti. Tornavo a casa la sera, dopo gli studi e dopo l’officina, ancora con la puzza di benzina addosso che non andava via». Come si acquisisce competenza nel settore? «All’epoca con molta difficoltà. Leggevo l’unica rivista specialistica, trimestrale, esistente, La Manovella, ma fu il Museo di Torino, con la sua splendida biblioteca sulle auto, la grande fonte di ispirazione, da cui discese la mia passione maniacale per la cura del dettaglio che

Restauro accurato e poi i concorsi: ecco come il valore di ciò che era poco più di un rottame riesce a crescere vertiginosamente ritengo fondamentale. Non c’è un decalogo per un ottimo restauro, prosegue Lopresto, tutto è frutto di osservazione, studio, ricerca ed esperienza. Occorre rispettare lo stile del designer dell’auto, studiare il contesto storico, recuperare colori e materiali dell’epoca e rimanere fedeli alla stessa. Molti vogliono interpretare e migliorare, nulla di più sbagliato a mio avviso».A cosa si deve la sua attenzione esclusiva per il Made in Italy? «Approdai al mio primo acquisto negli ‘80: una Fiat Balilla a cui sono affezionato, un modello molto particolare, che potevo permettermi, e come al solito trovato per caso. Scrissi subito alla casa produttrice per saperne di più circa l’unicità del telaio. La seconda macchina fu una

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FIAT 1100 strapuntinata, modello lungo con i seggiolini. Scoperte italiane che mi hanno portato a sviluppare curiosità, passione e competenza per modelli particolari di auto rigorosamente Made in Italy: mai dimenticare le proprie origini». Relegare a puro ed egoistico patrimonio individuale esemplari dal carattere fortemente iconico, sarebbe un sacrilego. Così i numerosi concorsi ed eventi organizzati in tutto il mondo diventano piattaforme di condivisione e di confronto tra collezionisti e appassionati provenienti da ogni dove e palcoscenico autorevole e glamour per questi modelli a 4 ruote. «Per puro caso, prosegue Lopresto, giunsi al primo concorso d’eleganza a Villa d’Este, nel 2001, il più importante d’Europa. La mia macchina, un’Alfa 2500 Cabriolet Touring, in riparazione, venne notata dal selezionatore Droulers e da quel momento iniziai a lavorare sodo per prepararla al meglio. Dopo la straordinaria vittoria, la scelta dei successivi eventi a cui partecipare avvenne quasi per inerzia; specie all’estero le macchine italiane particola-


ri fanno discutere e sono molto richieste». Oltre 200 premi in 15 anni, raggiungendo, nel 2015, il traguardo dei 50 Best in Show. Tra i più rilevanti: cinque premi a Pebble Beach, considerato il più importante concorso a livello mondiale, sette Best in Show a Spa-Francorchamps, sei a Baden Baden, tre a Ludwigsburg e Firenze e ben quattro Coppe d’Oro a Villa d’Este, un record ancora ineguagliato da nessun’altro collezionista. «Vivo questi riconoscimenti con orgoglio e soddisfazione, come attestazione della validità dell’impegnativo lavoro di ricerca maniacale che conduco a garanzia della conservazione caratteristica». È questa la filosofia al centro del Suo operato, premiato FIVA, con il patrocino dell’Unesco, al concorso di Villa d’Este del 2016 per l’Alfa Romeo SZ Coda Tronca prototipo, eccezionale esemplare di restauro conservativo. «Tutte le mie auto sono sottoposte a un approfondito lavoro di ricerca, grazie al ricco archivio di documenti che ho raccolto negli anni, all’aiuto dei maggiori esperti del settore e alla ricerca sul campo». “Brutti anatroccoli” trovati nel 90% dei casi in condizioni scadenti, di cui Lopresto è sempre stato capace di coglierne sin da subito la bellezza, trasformandoli, con i suoi restauri, in capolavori. «L’unicità delle auto della collezione rende necessari studi dedicati, non potendo rifarsi ad un modello di serie», prosegue Lopresto, «e il restauro è sempre il compromesso tra la restituzione dell’aspetto che l’auto aveva in origine e la conservazione di tutto ciò che è arrivato fino a noi, magari con modifiche “storiche” che possono essere preservate. Attraverso processi in alcuni casi assolutamente nuovi, alcune auto della collezione sono state restaurate con un approccio totalmente conservativo, senza la sostituzione di nessun particolare: è il caso delle Alfa Romeo Giulietta SZ

Coda Tronca prototipo e 1900 SS Zagato». Auto che parlano di storia, design, usi e costumi di un’epoca, patrimonio valoriale da condividere e tramandare. «Abbiamo il dovere di valorizzare e non disperdere questa ricchezza culturale», dice Lopresto: «Le auto non le conservo per me. Sono esposte nei concorsi, nelle numerose mostre ed eventi dedicati al design italiano, al Museo dell’Automobile di Torino o in altri contesti di pregio come l’Autodromo di Monza o Piazza della Signoria a Firenze; nelle fiere di Stoccarda (2010) e Parigi (2015) e, l’Isotta Fraschini 8A SS, in quello che è considerato il “Louvre” delle auto d’epoca, la Collezione Schlumpf di Mulhouse. Sono sempre presenti anche a raduni e gare di regolarità nazionali ed internazionali, come Mille Miglia, GP Nuvolari, Giro di Sicilia, Targa Florio, Bergamo Historic GP, Vernasca Silver Flag». Ma per una valorizzazione efficace del settore, aggiunge, «noi collezionisti, tutti insieme, dovremmo fare squadra e far capire ai politici l’enorme valore intrinseco di queste auto; un valore da rispettare e preservare, da cui deriva l’importanza di

A sinistra, la Ferrari 275 GTB Alloy, uno dei migliori esemplari mai battuti da Sotheby’s Sopra l’iconica Alfa Romeo 6C 2500

agevolare e favorire, anziché contenere con divieti di circolazione sempre più pressanti, un settore capace di generare un indotto economico rilevante. L’auto d’epoca è anche un ottimo sbocco professionale per i giovani, sempre più attirati dal mix, motori e design, che parla di storia». «Il patrimonio automobilistico storico italiano è una ricchezza economica e valoriale, riflesso di epoche, su cui occorre focalizzare l’impegno di tutti», conslude il collezionista. «L’auto d’epoca ha un valore intrinseco e simbolico, impregnato di storia, cultura e bellezza del nostro Paese. Non sono auto, sono sculture affascinanti per privilegiati, opere stilistiche precorritrici di usi e costumi entrati poi nella quotidianità. Gli sforzi della Fifa, Federazione internazionale che raggruppa le macchine d’epoca, e il patrocinio dell’Unesco vanno nella direzione del riconoscimento crescente di questo patrimonio culturale. Non siamo di fronte a un Caravaggio, ma alla storia del design industriale».

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piaceri

collezionismo

Non solo oro (o francobolli) Beni rifugio? La «10» di La saga dei Bolaffi dalla filatelia alle aste: cresce il valore del vintage di Marco Scotti

I

nfastiditi dai bond tedeschi che offrono rendimenti sotto lo zero? Preoccupati dai titoli dei paesi emergenti che garantiscono alti profitti ma che sono “bombe a orologeria” sempre sul punto di esplodere? Gli investimenti alternativi ci sono: oggetti particolari, dai vini pregiati ai francobolli, o i cosiddetti beni rifugio, come il classico oro. Secondo l’Ufficio studi di Mediobanca, ad esempio, un investimento nel vino fatto all’alba del nuovo millennio avrebbe garantito, in quindici anni, un rendimento netto del 540%. Tradotto: mentre un euro investito in Borsa nello stesso periodo si traduceva in un capitale di 1,6 euro, la stessa cifra “parcheggiata” nei vini diventava 5,4 euro. Anche il whisky è un buon investimento, con un incremento di valore fino al 300% in otto anni. Chi ha cercato di venire incontro alle esigenze dei potenziali investitori, differenziando al massimo l’offerta, è la Bolaffi, storica azienda torinese nata nel 1890 come impresa filatelica e oggi capace di diversificare le proprie aste, in cui vengono pezzi rari e da collezione appartenenti alle categorie più disparate, dalle auto d’epoca alle maglie sportive celebri . Il Gruppo Bolaffi inizia la sua attività per l’intuizione di un ragazzo da poco diventato maggiorenne, Alberto, che abbandona il commercio di biciclette e piume di struzzo che

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Maradona era il business di famiglia per dedicarsi ai francobolli. A dare però la spinta a un’intuizione perché diventi un’eccellenza è il figlio di Alberto, Giulio Bolaffi, che diventerà uno dei più importanti filatelisti di sempre. Un uomo che prende le redini dell’azienda di famiglia agli inizi degli anni ’20 e che, oltre a offrire un grande contributo alla filatelia italiana, trova anche il tempo per combattere battaglie “giuste”, come la Liberazione dal nazi-fascismo: di madre ebrea, e quindi a tutti gli effetti anch’egli ebreo, Giulio Bolaffi decise di rimanere in Italia anche dopo la promulgazione delle leggi razziali nel 1938. Dopo l’armistizio dell’8 Settembre Bolaffi divenne partigiano nelle Valli di Lanzo, e, in seguito, fu nominato dal CLN come comandante della Divisione “Stellina” in Val di Susa con il nome di “Aldo Laghi”. Rifiutò ogni connotazione politica, ma aderì alle Formazioni di Giustizia e Libertà, pur sottolineando che si trattava di un ingresso «a carattere tipicamente militare, non vincolato ad alcun programma di partito». Conclusa la guerra, Bolaffi avviò un’attività editoriale pubblicando il primo settimanale di informazione del dopoguerra, “La settimana nel mondo”. Su questo periodico veniva pubblicata una rubrica dedicata ai francobolli, gettando così le base alla successiva “Settimana filatelica” e al mensile “Il Collezionista”. Inoltre, la Bolaffi avviò la pubblicazione dei cataloghi di francobolli che sostituirono i vecchi prezziari di vendita. Appare quindi evidente che Giulio Bolaffi non sia stato soltanto un imprenditore capace e un appassionato di francobolli, ma un uomo che ha contribuito in maniera attiva a migliorare la situazione post-bellica. Un ruolo di così grande importanza tale da essere celebrato – e non poteva essere altrimenti – da un francobollo italiano in suo onore. Il figlio


di Giulio, Alberto, è il primo a comprendere l’importanza di un’offerta che esuli dalla mera filatelia, che pure rimane il “core business” della Bolaffi. Si affianca così un’ulteriore attività editoriale, il Collector Club, che consente la vendita per corrispondenza. E, dal 1990, viene avviata la Aste Bolaffi, che inizierà a detenere una serie di record. Il primo raggiunto è del 1991, quando all’interno della prestigiosa collezione “Pedemonte” viene aggiudicato per quasi 800 milioni il Tre Lire Farouk, uno dei due soli esemplari al mondo, su busta, del rarissimo francobollo del Governo Provvisorio di Toscana e record mondiale, ancora oggi imbattuto, per un francobollo italiano. È solo questione di tempo prima che le aste si aprano anche ad altri ambiti: la numismatica, gli autografi, i documenti antichi, solo per citare qualche esempio. Il testimone passa nel 2012 a Giulio Filippo Bolaffi, che ha proseguito lungo il sentiero tracciato dai suoi predecessori continuando però la strategia di diversificazione iniziata da suo padre. La casa d’aste inizia a battere anche fotografie, vini rari e pregiati, gioielli, memorabilia sportivi, vintage tecnologiche, auto e moto d’epoca, orologi e manoscritti. Anche in questo caso i record non mancano: in tempi recenti è stato registrato il “top lot”, ovvero l’aggiudicazione di un raro diamante rosa per 755.000 euro. Oggi la Bolaffi può quindi poggiare su tante “gambe” diverse, forse di un mercato che continua a richiedere nuovi prodotti su cui investire. Non è un caso che nel trimestre settembre-novembre 2018 ha fatto registrare un sensibile aumento per quanto concerne le vendite di oro: 183 kg, 38 in più del venduto nello stesso periodo dell’anno scorso. Un altro settore che continua a funzionare molto bene è quello numismatico. L’ultima asta organizzata da Bolaffi, tra il 31 maggio e il 1° giugno, si è conclusa con un realizzo complessivo di oltre due milioni di euro. A far la parte del leone le monete italiane, soprattutto quelle degli stati più antichi. Il top lot dell’asta è stato il il Carlino da 5 Doppie coniato nel 1786 da Vittorio Amedeo III re di Sardegna, estremamente raro e in eccellente stato di conservazione, aggiudicato a 32.950 euro.

Nella selezione dei lotti esteri, spicca il secondo top lot della vendita: il 6 Ducati 1616 di Carlo II (29.280 euro). Passando alle coniazioni del Regno d’Italia, i migliori risultati sono stati messi a segno dal 100 Lire 1864 e dal 100 Lire 1878 di Vittorio Emanuele II (rispettivamente 21.960 e 19.500 euro) e, per la sezione “prove e progetti”, dal 20 Lire Elmetto “prova” coniato dalla Zecca di Roma nel 1928 (14.650 euro). Di grande rarità, poiché coniati entrambi in soli 100 esemplari, il gettone monetale da 20 centesimi in oro per l’Esposizione di Milano nel 1906 e quello da 2 Lire per la Fiera di Milano del 1928 sono stati battuti rispettivamente a 21.950 euro e 20.750 euro. L’asta ha confermato che l’ottimo stato di conservazione è premiante e, in alcuni casi, spinge il valore ben oltre le quotazioni di catalogo stabilendo nuovi riferimenti per il mercato: è il caso dello Scudo della Sede Vacante del 1823 di grande qualità aggiudicato a15.860 euro da una base di mille euro, e del 5 Lire 1813 Gioacchino Murat salito fino a 15.860 euro da soli 500 euro. Inoltre, in una recente asta che si è tenuta il 14 dicembre, sono stati battuti decine di memorabilia appartenenti al mondo del calcio, con oggetti curiose, maglie curiose come la numero “9” che Diego Armando Maradona indossò in un match contro il Pisa poche settimane prima di essere fermato dall’antidoping e iniziare la sua discesa agli inferi. Autentici cimeli che sono stati battuti anche a 6.000 euro - ancora Maradona protagonista, questa volta con l’iconica numero “10” con cui il Napoli conquistò il suo primo scudetto. La Bolaffi, infine, ha lanciato “ResaSicura”, una proposta di investimento con rendimento garantito. La proposta prevede l’acquisto di una selezione di francobolli originali del Regno d’Italia nuovi fior di stampa, emessi negli anni ’30: otto serie – tra cui tra cui IV Milizia, Roma – Mogadiscio, Volo diretto Roma – Buenos Aires - a 400 euro, con la certezza di una rivalutazione nel tempo e il realizzo alla scadenza di cinque anni. Al termine del periodo, Bolaffi si impegna a riacquistare la collezione, riconoscendo una rivalutazione del 25%. Si tratta di un bene rifugio alternativo e non soggetto a tassazione.

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piaceri

lusso

Una notte da

vip

costa meno di quel che si crede Soggiornare al Bosco Verticale di Milano piuttosto che nell’ex centrale termica di Cannaregio a Venezia: un’esperienza a portata di mano grazie alla formula degli affitti brevi. Ecco il “listino” di Halldis

V

olete togliervi lo sfizio di “provare” l’avveniristico Bosco Verticale a Milano, oppure vi incuriosisce l’ex centrale termica di Cannaregio a Venezia, o ancora vorreste vivere l’emozione di soggiornare in un palazzetto dai soffitti affrescati nel cuore antico di Firenze o Bologna? Se l’acquisto è al di là del vostro portafogli, perché non scegliere la strada della locazione? Magari breve. Con 73 euro a notte a persona, per esempio, si può affittare un appartamento per un weekend nel Bosco Verticale, il gioiello simbolo del Progetto Porta Nuova di Milano, dove un bilocale di 72 mq viene venduto a 1,1 milioni di euro (oltre 15.000 al mq). Spostandoci a Bologna, si può dimorare nel quattrocentesco palazzo Banchi che si affaccia sulla piazza Maggiore, al costo di 56 euro a notte a persona. Nello stesso palazzo un trilocale costerebbe fino a 1 milione di euro (più di 12.000 al mq). Invece, una notte a Maggio Palace, appartamento che sorge in zona Oltrarno a Firenze, progettato dall’architetto rinascimentale Baccio d’Agnolo, interamente affrescato con pitture del 700 e pavimento originale in cotto del 500, “costa” 77 euro a persona. Nella vicina via dei Serragli cinque locali di 160 mq si possono acquistare per 1 milione e 500.000 euro (oltre 9.300 al mq). Sempre 77 euro a notte è il costo a persona se si opta per la dimora di via Del Basili-

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di Marina Marinetti

co a Roma, a due passi da piazza Barberini, dove un quadrivani di 137 mq in un palazzo di via Crispi è in vendita a 1 milione e 350mila euro (oltre 9.800 al mq). Nei nuovi appartamenti di palazzo Mazzoni, ricavati nella locale ex centrale termica degli anni 30 nel quartiere Cannaregio a Venezia, con vista panoramica su tutta la città fino a piazza San Marco, si pagano 50 euro a notte a persona. Nello stesso stabile tre locali per 95 mq sono acquistabili a 630mila euro (oltre 6.600 al mq). Ad allestire il menù delle location da favola a portata di tasca è Halldis, società italiana che gestisce più di 2.000 proprietà in 25 località italiane ed europee, che ha comparato il costo del soggiorno in alcune proprietà che gestisce, con il valore di vendita di immobili simili per ubicazione e tipologia, riscontrato sui principali portali immobiliari. «L’affitto a breve termine è una sorta di prêt-à-porter del mondo immobiliare», spiega Antonio Rainò, responsabile Comunicazione e Marketing Halldis: «Anche online e con la carta di credito, si può “comprare” il diritto a usare una casa, magari di pregio, per pochi giorni. Il soggiorno in un appartamento iconico è ormai uno sfizio che tutti possono togliersi, al pari di un aperitivo nel bistrot di un cuoco stellato o di un accessorio di un brand della moda». E se la casa “da sogno” già l’avete? Beati voi. Perché potete metterla a reddito: «Oggi sono 500mila gli italiani che mettono a reddito le loro proprietà con la formula degli affitti brevi arrivando a guadagnare fino al 10% in più rispetto all’affitto tradizionale e si stima che nel nostro paese un milione di immobili potrebbero essere così locati», spiega Alberto Melgrati, CEO Halldis. «Il fenomeno degli affitti brevi, da tre giorni e 18 mes, è in grande crescita per il concorso della crisi immobiliare, l’aumento delle imposte sulla casa, e l’aumento la domanda, sia turistica che business».


Crema


lifestyle piaceri

accessori vacanze

Staccare la spina per le

batterie

ricaricare

di Chiara Volontè

Sembra un controsenso, ma non lo è: il Digital Detox è il nuovo trend dei viaggi organizzati. Così i tour operator si stanno attrezzando per offrire vacanze declinate sempre di più all’insegna del no-tech

S

taccarsi dall’iperconnessione e dalla sovraesposizione mediatica? È possibile. Anzi, è di tendenza, con la vacanza no-tech: sono sempre più le strutture pronte ad accogliere turisti desiderosi di mollare cellulare, pc e tablet per almeno un weekend, accompagnandoli attraverso un percorso di disintossicazione digitale. Chi ha studiato a fondo il fenomeno delle “vacanze disconnesse” ha colto al volo la necessità di creare un nuovo prodotto, individuare il target a cui rivolgersi e proporsi come primo tour operator in Italia a organizzare itinerari digital detox: «Durante un seminario sull’evoluzione digitale delle aziende ho incontrato Alessio Carciofi, autore del libro “Digital Detox”, che spiega come gestire l’equilibrio vita-lavoro - ci racconta Enrico Ducrot, Ad di Viaggi Dell’Elefante, che dal 1974 si occupa di vacanze di lusso - Il suo intervento mirato al giusto utilizzo della tecnologia ha aperto un dialogo riguardo l’idea di applicare tali metodologie al viaggio. E, dopo alcuni mesi di studio, in collaborazione con Carciofi abbiamo concepito una programmazione molto interessante». Un’esperienza diversa, che ha saputo cogliere le ultime esigenze del turismo, caratterizzata da «momenti educativi e di riflessione, che possono essere dei workshop formali o anche delle cene particolari - prosegue Ducrot - Ma non abbiamo uno schema, poiché ogni tour viene cucito su misura a seconda delle necessità del cliente». E questi percorsi di “disintossicazione digitale” suscitano in modo particolare l’interesse dalle aziende, che «sentono il bisogno di ricalibrare l’attenzione del middle management, dedicando il giusto tempo ai device senza esserne sopraffatti - continua

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Enrico Ducrot

l’Ad di Viaggi dell’Elefante - Le richieste sono state alcune decine, ma per il futuro ci aspettiamo un netto aumento. Abbiamo infatti constatato che ormai in quasi tutte le richieste di incentive che riceviamo ci sono domande mirate al digital detox». E per quanto riguarda le mete prescelte, «Islanda e Umbria sono state le destinazioni maggiormente richieste -conclude Ducrot - ma il Kerala, nell’India del Sud, è sicuramente il luogo dove un viaggio del genere può avere più successo. Infatti, i momenti di formazione e riflessione offerti dalle metodologie digital detox si sposano molto bene con l’esperienza dell’antica medicina ayurvedica, il cui scopo principale è quello di riequilibrare le forze energetiche». Per qualcuno, poi, l’offline è uno stile di viaggio da sempre: «Ai nostri ospiti suggeriamo attività molto semplici e a contatto con la natura - spiega Piero Giaculli, proprietario e gestore del Poecylia, resort sull’Isola di San Pietro, in Sardegna - come escursioni trekking e naturalistiche, yoga, meditazione sensitiva e degustazioni enogastronomiche con prodotti tipici del territorio». Ma non si tratta di cavalcare l’onda della moda, come tiene a precisare: «Sicuramente siamo una struttura digital detox, ma la nostra non è stata una scelta precisa e dettata dalle esigenze del mercato. Si tratta del nostro naturale modo di essere, di vivere, è una componente della nostra storia».



soldi

Cinque motivi per fidarsi dei

fondi comuni

Autonomia, controllo, diversificazione, trasparenza e solidità sono le parole chiave che per Assogestioni attestano l’affidabilità di questi strumenti finanziari, oggi nelle grazie di molti risparmiatori italiani

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ale la pena di investire i propri sudati risparmi in un fondo comune d’investimento? A sentire Assogestioni, l’associazione che raccoglie le società (anche conosciute con l’acronimo di Sgr, che sta per società di gestione del risparmio) che questi fondi li gestiscono e li promuovono, la risposta non può che essere affermativa. Su www. assogestioni.it sono indicate infatti le ragioni che differenziano i fondi dagli altri prodotti finanziari e che spiegano perché è utile averli anche in previsione di sempre possibili e temibili crisi finanziarie. Queste buone ragioni sono cinque e si chiamano: autonomia, controllo, diversificazione, trasparenza e solidità. Analizziamole una per una.

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di Marco Muffato

I soldi investiti sono in cassaforte. Partiamo dalla prima, quella della “autonomia”: brucia ancora a tantissimi risparmiatori, nel ricordo e nelle tasche, la vicenda del fallimento di Lehman Brothers nel 2008. Chi possedeva le singole obbligazioni di quell’emittente si trovò con il cerino acceso dei mancati rimborsi. Le obbligazioni com’è noto sono titoli di credito che conferiscono al sottoscrittore il diritto a ricevere il rimborso del capitale sottoscritto e una remunerazione a titolo di interesse, sempre che l’emittente non sia colpito da difficoltà finanziarie. Chi acquista fondi comuni di investimento invece non corre questo rischio, in quanto il patrimonio è separato da quello della società che lo gestisce, del distributore e dall’eventuale gruppo che controlla l’una o l’altra o entrambe. In sostanza le somme versate dai singoli confluiscono in una sorta di “cassa comune” che non può entrare a far parte del patrimonio della Sgr e - in caso di fallimento di quest’ultima – essere attaccata dai creditori, che non possono pregiudicare in alcun modo i diritti degli investitori. Controlli che più severi non si può. Il secondo motivo addotto da Assogestioni è legato al forte “controllo” che c’è su questo strumento d’investimento: il mercato dei fondi comuni infatti è governato da norme molto severe, con Banca d’Italia e Consob che vigilano sul rispetto delle regole a tutela dei risparmiatori. La vigilanza peraltro non è limitata alla sola


Se è vero - e lo è senz'altro - che non bisogna mai mettere tutte le uova nello stesso paniere, non bisogna neanche eccedere con la diversificazione

industria dei fondi, ma si estende anche ai collocatori. Sia gli intermediari, sia i consulenti finanziari infatti devono essere iscritti ad appositi albi (nel caso degli intermediari come le Sim è tenuto dalla Consob, nel caso dei consulenti finanziari è tenuto dall’Ocf, sotto la supervisione della stessa Consob) e possono essere oggetto di pesanti sanzioni. Insomma nessuno si può improvvisare “venditore” di fondi, ma deve essere “qualificato” e autorizzato. Non solo, il consulente deve presentare al cliente, al momento del primo incontro, una copia della dichiarazione redatta dalla Sim o dalla banca per cui lavora in cui risultino gli elementi identificativi della società, gli estremi di iscrizione all'albo e i suoi dati anagrafici. Mai mettere tutte le uova nello stesso paniere. Il terzo criterio è legato alla “diversificazione”: i fondi investono in diversi titoli e in vari mercati per cogliere le migliori opportunità e ridurre il rischio. In questo modo l’andamento di un singolo titolo non può influenzare significativamente il risultato dell’intero paniere. Un concetto assimilabile al vecchio adagio popolare che recita di non mettere tutte le uova nello stesso paniere, perché se cade la cesta si rompono tutte. Con i fondi la diversificazione viene affidata a un professionista, il gestore, il quale ha accesso a una grande quantità di dati e informazioni di cui difficilmente il singolo potrebbe disporre. Inoltre questo processo è costoso per l’investitore privato, che dovrebbe acquistare molti titoli azionari o obbligazionari per evitare la concentrazione su una sola area o settore. Nella diversificazione tuttavia non bisogna esagerare. Un portafoglio troppo frammentato non è necessariamente meno rischioso; al contrario è più costoso e quindi meno redditizio. Molti studi dimostrano che costruire la corretta asset allocation è più importante che scegliere i singoli fondi. È come un cuoco che può disporre di ottimi ingredienti, ma non sa cucinarli oppure usa troppo o troppo poco sale. Il valore della trasparenza. Spesso è scritto con caratteri piccoli ma ciò che importa è che ogni giorno il valore della quota di un fondo, in gergo tecnico

Nav (Net asset value), viene pubblicato sui quotidiani e online. L’investitore può cioè sapere sempre quanto vale il suo investimento, se si sta apprezzando o deprezzando. I fondi sono dunque strumenti trasparenti a differenza di altri prodotti bancari e assicurativi più opachi per i quali non sono prescritti gli stessi obblighi di pubblicità. In base alla normativa italiana le società di gestione devono valorizzare il patrimonio con cadenza almeno settimanale. La maggior parte però esegue questo calcolo ogni giorno, secondo regole predefinite. Il prezzo è ottenuto dalla somma del valore corrente di tutti i titoli in portafoglio, al netto delle spese, diviso per il numero totale delle quote. Per i fondi italiani il Nav pubblicato è quello di due giorni prima, perché è soggetto a tutta una serie di controlli che non permettono di avere il valore di chiusura del giorno stesso. Per gli esteri il ritardo è di un giorno. La pubblicazione quotidiana del prezzo della quota è utile per conoscere il valore al quale si acquista e si vende. Investire sul lungo periodo paga. Infine c’è l’aspetto della “solidità” dei fondi comuni per descrivere il quale bisogna partire da una premessa: molti investitori cadono nell’errore di comprare sui massimi e vendere sui minimi, con il risultato di ottenere rendimenti deludenti. In pratica inseguono i trend, anziché cavalcarli. Alcuni studi dimostrano che la performance di un fondo può discostarsi anche significativamente da quella realizzata dal singolo risparmiatore, che entra ed esce frequentemente. I fondi però sono strumenti di investimento e non di trading, in grado di aiutare i risparmiatori a navigare nelle acque agitate della Borsa. Nonostante la profonda crisi che ha colpito i mercati nel 2018, i migliori comparti azionari continuano ad avere rendimenti positivi nel quinquennio, che è l’orizzonte minimo per questo tipo di strumenti. Negli Stati Uniti un investitore tiene un fondo in media cinque o sei anni, senza preoccuparsi delle oscillazioni che può avere nel breve periodo. Questo atteggiamento ha aumentato la fiducia degli americani nel risparmio gestito a discapito dell’acquisto diretto di azioni e obbligazioni. L’attuale crisi ha carattere eccezionale, perché gli indici hanno raggiunto livelli di volatilità record e in appena due mesi hanno perso fino al 40% del loro valore. I tempi di recupero saranno probabilmente più lunghi rispetto al passato ma non per questo lo strumento fondo perde la sua solidità. Può diminuire il valore del suo patrimonio, può essere liquidato o fuso in un altro comparto se gli asset si riducono eccessivamente, può sospendere temporaneamente i riscatti a tutela degli investitori, ma assolutamente non può fallire. E in ogni caso tutte queste operazioni devono essere eseguite solo se previste nel prospetto informativo, secondo le modalità indicate, e mai all’insaputa del risparmiatore.

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Enigmistica Orizzontali 1. L’occhio del sommergibile 9. “Tace” in una romanza della Vedova Allegra 15. Lontanissimi antenati 18. Fu una delle bibliche piaghe d’Egitto 19. Non dignitoso per la persona 22. In milanese equivale all’articolo “il” 23. Il famoso Pérignon 24. Vasi panciuti di terracotta 27. Al centro del trucco 28. Fu una grande azienda italiana di elettricità 29. Vi si propagano le onde radio 31. Nasce dal Monviso 32. Imbarcazione fluviale da trasporto 35. Dolce e gradevole per i sensi 37. Filippo noto attore e regista 38. Celebre film in costume con Alberto Sordi 42. Il nome del musicista Bega (Mambo n°5)

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43. Un farmaco antimalarico 44. La Carol fotomodella e attrice 45. L’agrume per condire il pesce 48. Nota catena di supermercati 49. Preposizione articolata 50. Si chiedono agli specialisti 51. Gruppo di vacanzieri o escursionisti 52. Si mangiano coi “risi” 53. I personaggi di Pirandello in cerca d’autore 54. Sono caramelle di frutta ma anche filtri fotografici… 56. Il nomignolo del José che vinse il Triplete con l’Inter 57. Il ruolo di chi esercita un dominio senza rivali 60. Il Voi francese 61. Introduce un’ipotesi 62. Boschi che si riformano dalle piante tagliate

Il gusto di giocare

65. Una merendina della Kinder 67. “…..! il nemico ti ascolta!” 68. La sigla del Partito dei Lavoratori brasiliani 69. È l’identità segreta di Superman 71. Fascia di territorio sub-sahariano 73. Kit, storico compagno d’avventura di Tex Willer 77. Il dittongo nel peana 78. Il nome di Clooney e di Bush 79. Una macchina della Canon 80. L’Erode che fece uccidere Giovanni il Battista

Verticali 1. Specialisti nella cura delle patologie del piede 2. L’autore de “Il nome della rosa” 3. Un ballo di origine sudamericana 4. Scrisse Fontamara e Il segreto di Luca (iniziali)


5. Il teatro comunale di Modena 6. Sulle auto sportive possono essere in lega 7. Due romani 8. Può inviare in zone di guerra i caschi blu 9. In fondo alla valle 10. Può esserlo la casa o un amico… 11. Una star del film Casablanca 12. Stringate, concise 13. Nell’alfabeto greco precede il Sigma 14. Audace, spinto 16. Lo stato americano che ha per capitale Montpellier 17. Grandi ossa del bacino 20. Fu il partito di De Gasperi e Andreotti 21. Conquistarono Constantinopoli nel 1453 25. Due noti fratelli registi (Joel e Ethan) 26. Privo di serietà intellettuale o morale 30. Così inizia “Il 5 maggio” di Manzoni 31. Misura l’attività produttiva di uno Stato 33. La costruì Noè per affrontare il diluvio 34. L’animale che per definizione ride 35. Punto in cui una strada forma uno spazio più ampio 36. Lo è l’orbita dei pianeti del sistema solare 39. Il Franco musicista, fondatore della PFM 40. Divano con spalliera rialzata a una estremità 41. Il più leggero degli elementi solidi 46. Il numero uno americano 47. La Repubblica irlandese 51. Famoso stilista milanese (iniziali) 52. Si ragiona meglio quando sono ferme…. 53. Un tipo di benzina 55. Il verso del gatto 56. L’indimenticabile Bongiorno della TV 58. Ha inventato il teatro-canzone (iniziali) 59. Il verso del gatto 61. Segnale d’arresto obbligatorio 63. La Weber modella 64. Urgente in breve 66. La Direct del Conto Arancio 68. Vi militarono Nenni e Pertini 70. Nella boxe c’è anche quello tecnico 72. Le consonanti della casa… inglese 74. Ancona sulle targhe 75. Russian Today 76. Il sodio in chimica

Sodoku

Completare lo schema in modo che ogni riga, ogni colonna e ogni riquadro contenga le cifre da 1 a 9 senza ripetizioni.

Rebus Frase 7,2,10,5,5

Cambio di sillaba (passione sportiva) Incitare i concorrenti lungo il xxxxxxxx molti ritengono sia solo tempo perso, qualcuno poi pensa sia un vero vizio decisamente un po’ troppo xxxyyyxx

Cambio d’iniziale (quota 100) Tra i politici crescono sempre le

Frase 7,1’9,1’6,4,4

xxxxxxxx quando si tratta di riformare le xxxxxxx

Cambio di consonante (Don Giovanni in gita) Mi pare un sogno, esser qui che ti xxxxxxxxx sotto la cupola del Duomo di Parma, che come sai, fu dipinta dal Xxxyxxxxx.

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enigmistica

a cura di Gianfranco “Brambo” Brambati

Vacanze differenti

Ci sono 21 piccole differenze tra l’immagine in alto e quella in basso. Riuscirete a individuarle tutte?

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Tutte le soluzioni su www.economymag.it

Colonnato

Sali-Scendi

Inserite le risposte alle definizioni date e nelle caselle a fondo grigio apparrirà un vecchio adagio proverbio aggiornato ai nostri tempi… 1. Le comunicazioni scritte effettuate a norma di legge 2. Un insieme formato da cose molto diverse tra loro 3. Il lato sinistro di un natante (guardando da poppa verso prua) 4. I protestanti francesi di confessione calvinista 5. Ripugnante, disgustoso 6. Lo si applica nel calcio chiudendosi tutti in difesa 7. Il nome tedesco delle Stelle Alpine (e di molti alberghi….) 8. Mettere in minoranza chi governa 9. Piatto tipico della cucina romana 10. Redarguire severamente 11. Il tiro che nel basket si effettua saltando verso l’alto 12. La terza e ultima falange delle dita 13. Il ricambio del personale aziendale 14. Famosa maison d’alta moda francese 15. Lo hobbit protagonista del Signore degli anelli

Definizioni 1 Cento romani…. 2 A Venezia c’è quella Foscari 3 Quello de Triomphe si corre a Longchamps 4 Il prezzo ritenuto troppo alto 5 Fuggì con il padre Dedalo dal labirinto 6 Vi era incastrata una spada magica 7 Si eseguiva con la carta carbone

I calcoli curiosi

10 Sostegno metallico con travatura reticolare

Eseguite le operazioni inserendo i numeri delle definizioni date

11 Un mezzo di trasporto a tre ruote…

9 Un tipo di colore sintetico a base polimerica

- I giorni impiegati da Phileas Fogg per fare il Giro del Mondo + - I Cavalieri dell’Apocalisse + - Il totale di Spose e Fratelli di un famoso musical americano + - La prova che serve a verificare un calcolo matematico + - I comandamenti dati a Mosè sul monte Sinai + - I “...giorni del condor” nel film con Robert Redford =

12 L’acido che dà il sapore aspro al limone

- Le giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini

18 Il simbolo chimico dell’Ossigeno

13 Il contenitore naturale delle castagne 14 A Roma c’era quello Massimo 15 Vasi panciuti di terracotta 16 Ulisse lo uccise con un pugno 17 Un operatore logico

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LE RAGIONI DEL GOSSIP

a cura di Monica Setta

Rose rosse per San Valentino, ma anche peonie “ripiene” e bouquet di girasoli: perché il regalo floreale è il nuovo must «Il profumo svanisce, il cadeau resta», dice Luca Inannarone, il numero uno di Interflora. Così i vip puntano al concreto, omaggiando le loro conquiste con i fiori. Non solo per San Valentino o per occasioni speciali

T

ornano di moda le rose,ma anche i fasci enormi di gi-

recapitare da Vincent Cassell alla sua giovane moglie Tina Kuna-

gli arrivati in aereo da Casablanca per colpire al cuore

key o i bouquet di girasoli che un potentissimo imprenditore italiano

celeb abituate ad ogni genere di capriccio, dai brillanti

prenota da 6 mesi un giorno si e uno no per la sua giovanissima

agli aerei privati passando per i vestiti griffati e le Bugatti

amante showgirl di un famoso reality. Luca Iannarone ha la bocca

regalate (come è successo a Maria Francesca Protani, la giovane

cucita come tutti i top manager che si rispettino ma nel backstage

donna più bella di Roma, ex del ricchissimo Vincenzo Crimi) durante

del belmondo i retroscena a base floreali sono molteplici e tutti go-

un week end a Marbella. La notizia è che il traffico floreale on line è

dibilissimi. A Elisa Isoardi sono arrivate rose rosse con un peluche

in netta ascesa, pari al 70 per

il giorno di San Valentino men-

cento del movimento globale

tre lei conduceva La prova del

che ammonta a 260mila ordini

cuoco. Tutti avevano pensato

annui a domicilio. Non a caso

a Matteo Salvini però si è sco-

uno dei manager più cool del

perto presto che quei fiori non

2019 è Luca Iannarone ammi-

arrivavano da lui. Elisa infatti si

nistratore delegato e direttore

è fatta immortalare dai papa-

generale di Interflora. Clas-

razzi con ben due ammiratori :

se 1963, manager con lunga

lo chef Gianfranco Vissani ed

esperienza in

il giovane play boy miliardario

Iri (Finsider),

Johnson&Johnson,

Cesare

Alessandro Di Paolo. Nuovo

Fiorucci, Gruppo Buffetti e

compagno in vista dunque per

Gruppo Abete, Iannarone è al

la ex Lady Salvini? A quanto

vertice del gruppo dal 2003.

sostengono i bene informati

Dal suo ingresso all’interno

si tratterebbe di una bouta-

di Interflora, nata negli Stati

de. Vissani era uscito con la

Uniti nel 1908 e oggi leader

Isoardi per parlare di cucina

assoluto nella consegna di

e Di Paolo è una vecchia co-

fiori e piante a domicilio con

noscenza

una presenza di oltre 52.000

essendo stato l’agente tv non

punti vendita in più di 150

IN SENSO ORARIO LUCA IANNARONE, ELISA ISOARDI, FANNY CADEO E CATERINA BALIVO

paesi del mondo, i numeri di

della

conduttrice

solo suo ma anche di Caterina Balivo Veronica Maya ed

Interflora parlano da soli: Iannarone dirige un’azienda che in pochi

Eleonora Daniele. Tornando ai fiori, da segnalare una curiosa circo-

anni ha trasformato da associazione a business company con un

stanza. Nei giorni scorsi sono stati recapitati gigli e rose allo stesso

volume di affari pari a 20 milioni di euro, consegnando 260.000 or-

vicepremier Salvini da parte di una misteriosa ammiratrice che lo

dini ogni anno a domicilio. Fra le numerose intuizioni di Iannarone vi

ringraziava per quanto sta facendo per. l’Italia. A Fanny Cadeo sono

è la proposta di poter consegnare non solo fiori e piante, ma anche

arrivate invece 2mila rose rosse mentre Gwyneth Paltrow a cena

regali che rimangano nel tempo, quali oggetti preziosi e selezioni di

nel lussuosissimo Casa Coppelle sono giunte orchidee in scatole

champagne pregiati perché, afferma il manager, «la bellezza del fiore

di velluto con biglietti in pergamena recanti poesie di Pablo Neruda.

svanisce, il cadeau resta».

Nella atmosfera del ristorante più sontuoso della capitale il segno

Ovviamente lui sa tutto quello che nello showbiz mondiale è già

distintivo è una corbeilles formata da una bolla di cristallo con una

diventato leggenda. Esempi? Le peonie ripiene di diamanti fatte

rosa Baccarat. Ditelo con i fiori ma che siano “in”.

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APRILE 2019


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